XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 7 agosto 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


      La Camera,
          premesso che:
              la crisi economica che sta colpendo alcuni fra i principali Paesi dell'Eurozona, tra cui l'Italia ed il suo debito sovrano, impone un'accelerazione nelle decisioni da prendere in sede europea con la conseguenza che molte scelte di capitale importanza non riescono ad avere un adeguato esame da parte del Parlamento, che per le sue funzioni di rappresentanza del popolo italiano è il titolare della sovranità nazionale, e dell'opinione pubblica;
              recentemente l'Italia ha ratificato gli accordi siglati in sede europea, comunemente denominati fiscal compact ed ESM che determinano la cessione di rilevanti quote di sovranità nazionale, stigmatizzata da numerosi intellettuali ed esperti tramite i principali mass-media nazionali;
              in Germania la ratifica del trattato ESM ha determinato l'intervento della Corte Costituzionale tedesca di Karlsruhe volto a verificarne la legittimità costituzionale rispetto all'ordinamento vigente nella Repubblica federale di Germania e tale esame ha provocato il blocco della ratifica da parte del Bundestag almeno fino a settembre 2012, allorché la Corte avrà terminato le sue verifiche;
              i paventati, ma non scontati, interventi della Banca centrale europea finalizzati all'acquisto di titoli di Stato, e del cosiddetto fondo salva Stati a favore dell'Italia determinerebbero, attraverso la firma del memorandum d'intesa per accedere agli aiuti, quello che ai firmatari del presente atto di indirizzo appare un vero e proprio commissariamento del nostro Paese, almeno per quanto concerne le politiche economiche e di bilancio, con conseguenti gravissime limitazioni della sovranità nazionale;
              sul principale quotidiano italiano, il Corriere della Sera, domenica 5 agosto 2012 è apparso in prima pagina un editoriale a firma del noto intellettuale Ernesto Galli della Loggia che rileva come l'articolo 11 della Carta Costituzionale ammette che la Repubblica italiana possa acconsentire a limitazioni della propria sovranità solo «in condizioni di parità con gli altri Stati» e solo se «necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni»,

impegna il Governo

a valutare con estrema attenzione un'eventuale richiesta di intervento della Banca centrale europea e del Fondo salva-Stati da parte della Repubblica italiana e comunque a negoziare condizioni che non comportino di fatto indebite limitazioni della sovranità nazionale.
(1-01119) «De Angelis, Murgia, Mannucci, Castellani, Saltamartini, Martinelli, Antonio Martino, Moles, Bergamini, Ronchi, Cosenza, Aracri, Toccafondi, Dell'Elce, Frassinetti, Moffa, Bianconi, Crosetto, De Camillis, Laboccetta, Sbai, Ciccioli, Lainati, Minasso, Biasotti, Razzi, Cannella, Cossiga, Brunetta, Mussolini, Gottardo, Baccini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          consta agli interroganti che negli ultimi mesi il commissario straordinario della Croce rossa italiana, avvocato Francesco Rocca, con proprie ordinanze commissariali, abbia disposto la vendita di numerosi beni immobiliari facenti parte del patrimonio della predetta Associazione  –:
          se sia a conoscenza di quanto in premessa e quali siano i beni posti in vendita, chi ne abbia stabilito il valore e quale siano state le modalità seguite;
          se sui beni posti in vendita gravino vincoli e in tale caso quali;
          quale sia stato l'esito delle procedure di vendita e chi le abbia curate e se vi siano state dichiarazioni d'interesse da parte di soggetti istituzionali o privati e chi siano;
          se non ritenga opportuno disporre una immediata verifica amministrativa e contabile sull'operato dell'attuale gestione commissariale al fine di accertare se abbia effettivamente raggiunto gli obiettivi che ne determinarono la nomina e in caso contrario quali siano i motivi. (5-07610)

Interrogazione a risposta scritta:


      RIVOLTA e NICOLA MOLTENI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          la normativa nota come «spending review» ha determinato la soppressione della Consulta nazionale per il servizio civile, istituita dalla legge n.  230 del 1998;
          nei giorni scorsi l'interrogante ha avuto notizia della formazione di un «gruppo di lavoro» costituito da funzionari dell'Ufficio nazionale per il servizio civile e da rappresentanti dei maggiori enti di servizio civile a carattere nazionale;
          compito di tale gruppo di lavoro, a quanto risulta a carattere informale, è quello di individuare aree di miglioramento e sburocratizzazione nella gestione del servizio civile;
          in particolare uno dei primi obiettivi del «gruppo di lavoro» risulterebbe essere quello di avviare una sperimentazione riguardante la presentazione dei progetti di servizio civile, affinché tali progetti siano presentati esclusivamente per via informatica;
          non risulta all'interrogante che in tale confronto informale siano state coinvolte le regioni e le province autonome, realtà che nei fatti nel 2011 hanno gestito e valutato i 3/5 dei progetti di servizio civile nazionale presentati  –:
          se sia confermata la notizia della formazione del «gruppo di lavoro» generalizzato in premessa, da quando esso sia operativo, da chi sia composto;
          se sia parimenti confermata la notizia per cui tale gruppo di lavoro vede l'assenza di rappresentanti delle regioni e delle province autonome;
          se non ritenga il Governo che il mancato coinvolgimento di regioni e province autonome sia non solo in contrasto con il principio di leale collaborazione tra Stato e regioni, ma anche foriero di inefficienza, visto che sono proprio le regioni e le province autonome a gestire le modalità di presentazione e di valutazione inerenti gran parte dei progetti di servizio civile. (4-17324)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


      GIRLANDA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          a partire dall'ultima decade del mese di luglio 2012 sono scoppiati scontri tra le forze governative del Tajikistan e le bande armate guidate da Tolib Ayombekov, che controlla la tormentata regione dell'Asia centrale sin dalla fine della guerra civile che ha sconvolto il Paese tra il 1992 e il 1997; pare che i tumulti siano scoppiati dopo la morte di Abdullo Nazarov, capo dei servizi segreti nel capoluogo Khorog;
          secondo le autorità l'omicidio sarebbe stato ordinato proprio dal signore della guerra Ayombekov, che il presidente tagico Emomali Rahmon ora vorrebbe eliminare;
          il Paese è percorso da tensioni latenti tra le varie etnie, tra cui i movimenti indipendentisti islamici, tanto che nelle due ultime settimane, malgrado i tentativi di conciliazione in corso per riportare la situazione sotto controllo, si sono registrati oltre 200 morti, in modo particolare nella regione confinante con l'Afghanistan, le cui frontiere confinanti sono state chiuse;
          il Tajikistan, al di là della guerra civile degli anni Novanta in cui si sono mischiate lotte tra clan, interetniche e religiose, è una piccola polveriera al confine con l'Afghanistan che periodicamente rischia di esplodere: fattori come i conflitti tra centro e periferia, l'autoritarismo del presidente Rahmon – in carica dal 1994 e riconfermato più volte con elezioni truccate – la corruzione dilagante, il fatto di essere uno degli snodi fondamentali per il traffico di droga internazionale che parte da Kabul e, soprattutto, le infiltrazioni islamiche sia talebane sia uzbeke, hanno fatto della povera repubblica ex sovietica l'anello più debole di tutta l'Asia centrale;
          il confinante Kyrgyzstan è già stato scosso da due rivoluzioni del 2005 e nel 2010, l'Uzbekistan nel 2005 ha soffocato nel sangue la ribellione di Andijan con centinaia di morti: inoltre Cina e Russia, guardano con preoccupazione quello che accade nel Gorno-Badakhshan in quanto Pechino deve fare i conti con i movimenti indipendentisti di matrice islamica nella provincia di Xinyang, mentre Mosca ha in Tajikistan una base militare con circa 6 mila soldati e con il ritorno di Vladimir Putin al Cremlino si sta impegnando per riportare definitivamente Dushanbe nella propria orbita dopo i turbolenti anni della transizione postsovietica;
          nel 2013 in Tajikistan sono in calendario le elezioni presidenziali, nelle quali sembrerebbe che Rahmon voglia presentarsi senza troppi problemi, e cioè senza una provincia che si ribella e possa dare il via all'effetto domino in tutta la regione;
          la situazione di instabilità politica e sociale frena i rapporti commerciali e di interscambio tra l'Italia e il Tajikistan, con il rischio di compromettere la presenza e le attività italiane nella repubblica ex sovietica  –:
          se la situazione venutasi a creare nel corso delle ultime settimane minacci l'incolumità e le attività economiche e sociali dei nostri connazionali;
          a quanto ammonti il volume di scambi con il Tajikistan;
          quali iniziative il Ministro intenda adottare per favorire la composizione del conflitto e tutelare gli interessi italiani con la repubblica asiatica. (4-17332)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


      BOBBA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          si apprende dalla lettura di alcuni quotidiani che il 27 luglio 2012 si è tenuta una conferenza stampa, promossa dall'amministrazione comunale di Saluggia, a cui hanno partecipato anche esponenti delle forze politiche di opposizione e i rappresentanti delle associazioni ambientaliste. Nel corso della conferenza stampa è stata posta la questione della scadenza della proroga per la realizzazione del deposito D2, destinato ad ospitare buona parte dei rifiuti radioattivi conservati nel sito di Saluggia;
          a tale proposito si evidenzia che il permesso di costruire il deposito D2 era stato concesso, in deroga al piano regolatore, con ordinanza del Commissario delegato, generale Jean, del 13 dicembre 2005; che con successiva ordinanza del 24 febbraio 2006 venne stabilito che tale autorizzazione valesse «limitatamente alla parte necessaria allo stoccaggio dei rifiuti a bassa intensità già presenti nel sito allo stato solido»; che con nota del 28 luglio 2007 il Ministero per le attività produttive ha comunicato a Sogin, società interamente a capitale pubblico affidataria della gestione dei rifiuti radioattivi e dei relativi siti, che in data 31 dicembre 2006 era «terminato il regime emergenziale di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2003 e successivi» e che le attività connesse alla messa in sicurezza e allo smaltimento dei rifiuti radioattivi erano dunque «rientrate nel regime ordinario previsto dalle norme di settore»; che in data 26 giugno 2009 Sogin formulava istanza di proroga per l'ultimazione dei lavori; che con provvedimento del 3 agosto 2009 il responsabile del servizio tecnico urbanistico del comune di Saluggia concedeva una proroga di 3 anni, posticipando dunque la scadenza al 2 luglio 2012; che in data 7 giugno 2012 Sogin ha inviato una nota al comune di Saluggia comunicando, relativamente ai lavori di realizzazione del deposito D2, che tali lavori sarebbero proseguiti oltre il termine del 2 luglio, fissato dallo stesso comune come inderogabile. In particolare, va sottolineato che il comune di Saluggia aveva già dichiarato ormai nulla, non essendo stati ultimati i lavori, l'autorizzazione alla costruzione di una nuova cabina elettrica contenuta in un'ordinanza dell'allora commissario straordinario di Sogin;
          questo atteggiamento di Sogin, che ad oggi è supinamente subito dall'amministrazione comunale, appare del tutto incompatibile con la sua «mission» e con la sua natura societaria integralmente pubblica;
          il deposito D2 non è mai stato sottoposto a valutazione di impatto ambientale, e ciò sebbene la normativa europea, e in particolare la direttiva 85/337, impongano tale procedura per le strutture di immagazzinamento a lungo termine dei rifiuti radioattivi;
          spetta a Ispra rilasciare l'autorizzazione ambientale allo stoccaggio dei rifiuti radioattivi nel deposito D2 come in ogni altra struttura a tale scopo destinata, e che Ispra, con note del 28 maggio e del 12 giugno 2012 ha segnalato la «non conformità dei getti»;
          sia le forze politiche di opposizione sia diverse associazioni, a cominciare da Legambiente, a tali dichiarazioni, hanno duramente contestato i comportamenti sostanzialmente illegittimi di Sogin e l'immobilismo mostrato su questa vicenda dal comune di Saluggia –:
          se non intendano, ciascuno nell'ambito dei profili di competenza, assumere iniziative nei confronti di Sogin affinché vi siano comportamenti adeguati al ruolo e alla natura pubblica da parte della società;
          se non intendano, ciascuno nell'ambito dei profili di competenza, operare affinché il deposito D2 di Saluggia sia assoggettato a procedura di valutazione di impatto ambientale;
          se non intendano, ciascuno nell'ambito dei profili di competenza, appurare e rendere noto per quali quantità e tipologie di rifiuti Ispra abbia autorizzato lo stoccaggio di rifiuti radioattivi nel deposito D2 di Saluggia. (4-17325)


      GIRLANDA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          l'ailanto è una pianta infestante, dalla rapidissima proliferazione, le cui radici si estendono in larghezza fino anche a trenta metri sul suolo, dando luogo a colonie di nuove piante figlie;
          questa specie, introdotta in Italia per un tentativo di allevamento del lepidottero Philosamia cynthia originario dell'estremo Oriente per la produzione della seta, ormai si trova rinselvatichita nei boschi, sulle ripe, sui greti e anche su terreni aridi, sassosi e instabili, dalla pianura fino ai monti, diventando un'infestante molto aggressiva, poiché sostituisce progressivamente la vegetazione preesistente, formando colonie;
          la sua diffusione è sempre più estesa anche nei centri urbani, dove è usata, inopinatamente, come rapido rimedio contro i raggi solari; la pianta è infatti nota anche per l'estrema rapidità di crescita in altezza, nonché la capacità di resistenza anche in assenza di precipitazioni piovose;
          la sua rapida diffusione produce tuttavia due effetti altamente dannosi, soprattutto nei centri urbani: la distruzione della flora limitrofa e la diffusione capillare e distruttiva su edifici, costruzioni e monumenti, producendo così un aggravio dei costi di manutenzione ordinaria e straordinaria delle costruzioni e delle strade, nonché dei parchi pubblici e delle aree verdi  –:
          se i Ministri interrogati ritengano opportuno avviare iniziative di carattere nazionale, per ridurre o frenare la diffusione di questa pianta, a seguito degli effetti negativi prodotti in modo particolare nelle aree urbanizzate. (4-17327)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta orale:


      COMPAGNON. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          molti comuni della regione Friuli Venezia Giulia manifestano da tempo la propria preoccupazione ed il proprio disagio per la lentezza con la quale vengono trattati i provvedimenti autorizzativi pendenti presso la soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia;
          il ritardo con il quale giungono le risposte dalla predetta Soprintendenza crea un grave danno economico alle amministrazioni comunali e alle iniziative private, le quali spesso sono impossibilitate a procedere nei lavori programmati;
          la suddetta situazione è aggravata dal momento di crisi in cui le imprese dipendono sempre più dagli appalti pubblici per uscire a sopravvivere e a continuare a mantenere un discreto livello occupazionale;
          la soprintendente regionale, dottoressa Maria Giulia Picchione, da poco insediata, il 3 agosto 2012 ha rilasciato una lunga intervista al Messaggero Veneto, nella quale ha annunciato la propria visione urbanistica ed il proprio orientamento nella gestione dei vari progetti in cantiere per la città di Udine (allestimento degli stand previsti per la manifestazione Friuli doc, trasformazione della pavimentazione di via Mercatovecchio, nuovo sistema della viabilità cittadina e nuove zone pedonali, restrizioni alla animazione, ai dehors, ai chioschi degli edicolanti, agli impianti fotovoltaici e così via);
          gli organi istituzionali – soprintendenza e amministrazione nel caso specifico –, nonché le parti economiche e sociali coinvolte nella vita di una città dovrebbero trovare sempre – nel rispetto delle reciproche autonomie, onde evitare che si instaurino eventuali contenziosi poi difficili da ricomporre – una forma di fattiva collaborazione preventiva in grado, per un verso, di salvaguardare e valorizzazione il bene architettonico e, per altro verso, di tutelare le altrettanto legittime istanze delle varie attività commerciali ed imprenditoriali, nonché le consolidate tradizioni della cultura locale;
          ogni determinazione che coinvolge una comunità ed un territorio dovrebbe essere adottata partendo da una profonda conoscenza della storia e delle abitudini locali, delle sue tradizioni e della sua cultura, ove il «folclore» può rappresentarne spesso una rispettabile espressione;
          il momento economico senza precedenti che sta attraversando il nostro Paese dovrebbe sollecitare tutti gli attori (istituzionali, economici e sociali) ad unire le proprie energie per cercare di superare l'attuale fase recessiva  –:
          se non ritenga opportuno, nell'ambito delle proprie competenze, verificare la tempistica con la quale vengono adottati i provvedimenti autorizzativi presso la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia nonché, nel pieno rispetto delle diverse prerogative delle istituzioni coinvolte, operare una valutazione generale finalizzata ad un maggior rispetto da parte della predetta soprintendenza delle consolidate tradizioni e della cultura locale. (3-02436)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      DE PASQUALE. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          risulta all'interrogante che il signor Antonio Corsi, nominato a suo tempo presidente, dal Ministro per i beni e le attività culturali pro tempore Sandro Bondi, del tavolo nazionale per la promozione della musica popolare e amatoriale «bande musicali, cori e gruppi folklorici» istituito dallo stesso Ministro Bondi presso il Ministero per i beni e le attività culturali, attualmente non ricopra alcun incarico presso lo stesso Ministero per i beni e le attività culturali, che sia rientrato alla scuola in cui insegna da qualche mese e che comunque con il Ministero per i beni e le attività culturali non abbia più alcun rapporto di lavoro od incarico di nessun genere;
          nonostante questo, risulta all'interrogante, che il signor Antonio Corsi continuerebbe, in qualità di presidente del tavolo nazionale musica popolare e amatoriale, a convocare, non si comprende con quale autorità e con l'autorizzazione di chi, il tavolo nazionale per la promozione della musica popolare e amatoriale, presso la direzione generale per lo spettacolo dal vivo in piazza Santa Croce in Gerusalemme 9/A. Tavolo nazionale che dal 1o dicembre 2012, peraltro, risulta non più confermato come operativo ed esistente dall'attuale Ministro per i beni e le attività culturali;
          risulta all'interrogante che le convocazioni, che sarebbero state indirizzate a numerose associazioni del settore e a numerosi dirigenti tanto del Ministero per i beni e le attività culturali quanto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca oltre che per conoscenza al Ministro stesso, al capo di gabinetto e al direttore generale per lo spettacolo dal vivo, negli ultimi mesi siano già state due, di cui una martedì 28 febbraio ed un'altra martedì 31 luglio 2012; dette convocazioni sarebbero redatte su carta intestata del Ministero per i beni e le attività culturali e le riunioni sarebbero avvenute presso una sede del Ministero per i beni e le attività culturali stesso, usando degli uffici del Ministero per i beni e le attività culturali per le relative operazioni logistiche;
          inoltre, leggendo gli ordini del giorno riportati in dette convocazioni, emergerebbe, da parte del signor Corsi, una continuità di attività ed una autorità che fa pensare ad un incarico ufficiale per svolgere un compito che invece risulta non più autorizzato dal Ministro in carica;
          come se ciò non bastasse in data 3 luglio 2012 il signor Corsi su carta intestata del comune di Sgurgola del quale lo stesso è sindaco, avrebbe inviato, usando anche gli indirizzari dei quali era entrato in possesso durante l'incarico conferitogli presso il Ministero per i beni e le attività culturali, al Ministro per i beni e le attività culturali, i rappresentanti e settori del tavolo nazionale del Ministero per i beni e le attività culturali (tavolo che come sopra detto risulta soppresso), i partiti, federazioni e movimenti politici nazionali, ai sindaci e presidenti dei consigli comunali che hanno riconosciuto i gruppi di interesse comunale, i presidenti e maestri dei gruppi di musica popolare e amatoriale e alla stampa, una nota nella quale si informa dell'intenzione di formare una lista civica «Insieme per Lavoro-Cultura-Tradizioni del Popolo Italiano» alle prossime elezioni politiche nazionali e che si stanno avviando le opportune iniziative per la costituzione della lista civica di cui allega il progetto ed il logo  –:
          se il Ministro sia al corrente della situazione sopra menzionata e quali iniziative intenda adottare al fine di tutelare la dignità istituzionale ed il buon nome proprio e del Ministero per i beni e le attività culturali e di garantire la buona fede ed una giusta informazione nei confronti di tutte le associazioni che lavorano nel campo dello spettacolo dal vivo e che sono state coinvolte nelle convocazioni sopra descritte;
          chi abbia consentito l'uso improprio dei locali e del personale del Ministero per i beni e le attività culturali con aggravi anche economici per lo stesso Ministero;
          se il Ministro non ravvisi la necessità di segnalare i fatti all'autorità giudiziaria e alla procura della Corte dei conti.
(5-07613)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


      GRANATA e DI BIAGIO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          secondo fonti di stampa (La Repubblica, 31 luglio 2012, Cronaca di Palermo), sarebbe stato disposto il trasferimento del comandante del nucleo investigativo del comando provinciale dei Carabinieri di Palermo, maggiore Antonio Coppola, al nucleo tutela patrimonio culturale di Roma;
          il maggiore Coppola sta seguendo delicatissime indagini su Cosa nostra ed è unanimemente ritenuto la memoria storica degli ultimi dieci anni di indagini antimafia a Palermo;
          inoltre, dopo l'estate, verranno trasferiti tutti i vertici del comando provinciale, e cioè il generale Teo Luzi e il colonnello Paolo Piccinelli, comandante del reparto operativo;
          verranno trasferiti anche i colonnelli Giuseppe De Riggi e Pietro Salsano, che comandano rispettivamente il gruppo Palermo e il gruppo Monreale;
          trentacinque magistrati della procura di Palermo hanno sottoscritto un appello per evitare tali trasferimenti, in quanto ritengono che ciò possa rappresentare un indebolimento, se non addirittura una brusca battuta d'arresto, per le delicate indagini su Cosa nostra proprio nel momento in cui le stesse si stanno avviando a conclusione;
          pur nella certezza che gli attuali vertici dell'Arma dei Carabinieri nella provincia di Palermo saranno sostituiti da altrettanto validi ufficiali, sembra opportuno che, almeno fino alla conclusione delle indagini più delicate, quali ad esempio quella relativa all'omicidio di Davide Romano, boss del Borgo Vecchio, o quella relativa all'assassinio dell'avvocato Enzo Fragalà, gli ufficiali sopra menzionati non vengano trasferiti  –:
          se il Ministro interrogato intenda intervenire, per quanto di sua competenza, al fine di posticipare il trasferimento del maggiore Antonio Coppola, del generale Teo Luzi, del colonnello Paolo Piccinelli e dei colonnelli Giuseppe De Riggi e Pietro Salsano. (4-17315)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


      MOLGORA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la sera di venerdì 27 luglio 2012 si è verificata un'imponente frana in Val Camonica, dove il torrente Rabbia, affluente del fiume Oglio, ha scaricato quasi 400.00 metri cubi di fango e rocce;
          l'abitato di Rino di Sonico è stato sfiorato dalla frana e solo per puro caso non ci sono state vittime;
          la frana ha ostruito l'alveo del fiume Oglio, creando forti rischi di esondazione dello stesso;
          la strada statale è rimasta chiusa per quasi 24 ore e soltanto grazie al prezioso lavoro dei volontari della protezione civile e dei vigili del fuoco tutta la zona è stata riaperta;
          la provincia di Brescia aveva effettuato opere di contenimento sul torrente Rabbia per oltre 1 milione di euro che hanno evitato il peggio; la stessa provincia ha a disposizione altri 5 milioni di euro (derivanti dalla legge «Valtellina») per completare gli interventi che limiterebbero i rischi di nuove frane Val Rabbia ed in Val Camonica;
          le opere avevano subito un rallentamento per poter rispettare il patto di stabilità  –:
          se, stante la situazione di emergenza e stante il fatto che le opere eviterebbero immense spese di ripristino e salverebbero nuove vite, possano essere assunte iniziative volte a consentire la realizzazione al di fuori del patto di stabilità, indipendentemente dal trattamento delle relative entrate ai fini del patto. (3-02437)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      MARCHIONI e PIZZOLANTE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il 29 luglio 2010, al termine della discussione del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.  122, contenente misure urgenti di stabilizzazione finanziaria, è stato accolto l'ordine del giorno n.  9/3638/345, che impegnava il Governo ad adottare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, iniziative normative volte ad istituire un apposito fondo da destinare esclusivamente al completamento del passaggio dei comuni di San Leo, Pennabilli, Novafeltria, Sant'Agata Feltria, Talamello, Casteldelci e Maiolo dalla provincia di Pesaro e Urbino e dalla regione Marche, aggregandoli alla provincia di Rimini e alla regione Emilia-Romagna;
          nel predetto ordine del giorno sono stati quantificati in due milioni di euro i costi che tale aggregazione comporta ed è stata individuata la copertura attingendo dalla dotazione dell'articolo 25 della legge n.  88 del 2009, che prevedeva un fondo per l'acquisto di carburanti che non è stato mai attivato;
          l'8 febbraio 2011, il Ministero dell'interno ha precisato, inviandone comunicazione alla Camera dei deputati, che «per quanto riguarda il sostegno finanziario evocato, il fondo di che trattasi è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, con una dotazione di 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2009 e le modalità di erogazione e i criteri di ripartizione sono stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni»;
          non risulta agli interroganti che il citato decreto sia mai stato emanato, dalle schede allegate allo stato di previsione del bilancio del Ministero dell'economia e delle finanze per il triennio 2012-2014, nel programma 1,5 regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi imposte, in virtù del suddetto articolo 25 della legge 2009, n.  88 risulta iscritto un milione di euro  –:
          per quali ragioni il fondo risulti dimezzato;
          quali urgenti iniziative intenda adottare per assolvere all'impegno assunto con l'approvazione dell'ordine del giorno di cui in premessa. (5-07609)

Interrogazioni a risposta scritta:


      MANCUSO, GIRO e CROLLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il decreto-legge Salva Italia n.  201 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n.  214/2011 ha previsto l'accorpamento degli enti previdenziali pubblici INPS, ENPALS e INPDAP;
          causa la disastrosa situazione patrimoniale e finanziaria dell'INPDAP, oggi il cosiddetto SuperInps conteggia nel 2012 un disavanzo di oltre 5,97 miliardi, con un peggioramento di oltre 5,2 miliardi rispetto al preventivo per l'anno in corso, che era pari a 736 milioni;
          le entrate contributive nel 2011 sono complessivamente aumentate del 2,3 per cento, risultano iscritti quasi 20 milioni di lavoratori (pari all'86,9 per cento del totale degli occupati), che salgono a 23,8 milioni se si comprendono gli iscritti di ENPALS e INPDAP;
          la cattiva situazione finanziaria dell'ex INPDAP è da imputarsi interamente alla mala gestione dell'ente stesso e della previdenza dei dipendenti pubblici  –:
          se il Governo, al momento di imporre l'accorpamento di INPS, ENPALS e INPDAP, avesse tenuto conto che la situazione contabile della previdenza dei dipendenti pubblici avrebbe messo in seria difficoltà la gestione della previdenza dei dipendenti privati;
          se il Governo abbia intenzione di assumere iniziative a tutela delle pensioni dei dipendenti privati. (4-17320)


      MANCUSO, GIRO e CROLLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          l'INPS ora accorpa anche ENPALS e INPDAP;
          ciò ha comportato un allineamento, da parte di INPS, delle procedure di controllo tipiche delle pensioni private alle pensioni pubbliche, al loro metodo di calcolo e di erogazione;
          nel 2009 l'INPS adotta il sistema informatico UniEmens, che registra assunzioni, cessazioni e tutti i cambiamenti che possono modificare la situazione contributiva dei lavoratori privati;
          dal 2009 l'INPS pretende dai datori di lavoro che trasmettano in via telematica tutte le informazioni che riguardano la previdenza dei dipendenti;
          la situazione previdenziale dei dipendenti pubblici, invece, viene tenuta per lo più in modo cartaceo, complicandone e burocratizzandone la gestione;
          dai calcoli INPS è emerso, tra il 1996 e il 1998, un «vuoto informativo» sui contributi che la pubblica amministrazione ha versato ai suoi dipendenti, tale da rendere difficile se non impossibile il calcolo esatto dell'assegno per le pensioni miste e anche per quelle interamente contributive;
          questo comporta che buona parte delle pensioni pubbliche sono state finora calcolate per approssimazione e, data la mancanza di lamentele e proteste, è da supporre che siano state calcolate per eccesso;
          dai media è trapelata la notizia che alcune amministrazioni pubbliche non avrebbero pagato quanto dovuto all'INPDAP;
          data la crisi congiunturale di questi ultimi anni, molti sacrifici sono stati imposti ai lavoratori dipendenti privati;
          anche i lavoratori e i pensionati dei professionisti, la cui previdenza è gestita privatamente dalle Casse, sono stati chiamati a restrizioni e vincoli  –:
          se il Governo abbia contezza della mala gestione da parte dell'INPDAP della previdenza dei dipendenti pubblici;
          se il Governo intenda fornire elementi sulla veridicità del mancato pagamento, da parte di amministrazioni pubbliche, dei contributi all'INPDAP. (4-17322)


      MARCHIONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il comma 48 dell'articolo 31 della legge n.  448 del 29 dicembre 1998 individua, in una misura percentuale di quello determinato per l'esproprio, la procedura di calcolo per determinare l'importo del corrispettivo da pagare per la trasformazione da diritto di superficie a diritto di proprietà;
          il comma 48 infatti recita: «il corrispettivo delle aree cedute in proprietà è determinato dal comune, su parere del proprio ufficio tecnico, in misura pari al 60 per cento di quello determinato ai sensi dell'articolo 5-bis, comma 1, del decreto-legge 11 luglio 1992 n.  333 convertito in legge dell'8 agosto 1992 n.  359, escludendo la riduzione prevista dall'ultimo periodo dello stesso comma, al netto degli oneri di concessione del diritto di superficie, rivalutati sulla base della variazione, accertata dall'ISTAT». In sostanza tale corrispettivo è pari al 60 per cento di metà della somma tra valore venale e reddito dominicale rivalutato, diminuito degli oneri di concessione del diritto di superficie rivalutati;
          l'articolo 5-bis, comma 1 e 2 del decreto-legge n.  333 del 1992 (legge n.  359 del 1992) stabiliva il metodo di calcolo dell'indennità di espropriazione delle aree. Tale norma, che individua l'indennità di esproprio è stata dichiarata con sentenza n.  340 del 2007 costituzionalmente illegittima;
          la procedura del comma 48 è sempre stata applicata anche dopo la sentenza della Corte costituzionale. Si riteneva infatti che il giudizio della Corte fosse riferito alla determinazione delle aree da espropriare non alla procedura di calcolo per individuare il giusto corrispettivo che devono pagare coloro che chiedono di trasformare in diritto di proprietà un diritto di superficie per aree per le quali il comune aveva già concluso il processo espropriativo;
          la Corte dei conti con propria deliberazione depositata il 14 aprile 2011 ha però escluso la possibilità di fare riferimento ad una procedura di calcolo stabilita da previsioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale;
          dal 1998 ad oggi si contano a migliaia le trasformazioni da diritto di superficie, a proprietà con l'applicazione del comma 48 dell'articolo 3 della legge n.  448 del 1998, e molte sono attualmente in attesa  –:
          se non ritenga urgente assumere le iniziative di competenza per colmare il vuoto normativo nella materia suesposta, anche considerando l'opportunità di ripristinare o modificare il comma 48 dell'articolo 31 della legge n.  448 del 1998.
(4-17326)


      FAVA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          recentemente la Banca MPS è stata declassata a BAA3 dalla società Moody's;
          contemporaneamente si sono aperte le trattative tra azienda e sindacati circa il futuro piano industriale della banca;
          il Piano Industriale della Banca Monte dei Paschi di Siena prevede, in particolare, la cessione del Consorzio operativo di gruppo e del back office;
          il documento descrive in modo vago il rilancio della Banca ed in modo chiaro i tagli indiscriminati ai dipendenti, con l'introduzione dei contratti di solidarietà, della riduzione dello stipendio e dell'orario di lavoro e la cessione di un importante numero di filiali non avendo ancora previsto l'inclusione o meno dei dipendenti;
          il piano industriale prevede che 2360 dipendenti attualmente distaccati presso il Consorzio operativo di gruppo della Banca MPS saranno costretti a subire un cambiamento di contratto, da quello dei bancari a quello dei metalmeccanici, se, come pare, saranno assunti dalla società Bassilichi, con ovvio peggioramento delle proprie condizioni lavorative, contrattuali e stipendiali;
          il personale distaccato presso il Consorzio operativo di gruppo della Banca MPS ha prevalentemente operato al di fuori della regione Toscana per diversi anni e secondo le previsioni sarebbe riassorbito da una società privata con un contratto del comparto metalmeccanico e pesanti rischi di ricadute lavorative in futuro;
          il Consorzio operativo di gruppo potrebbe essere acquistato da un'azienda che per anni ha fatto i propri bilanci anche grazie alle commesse della Banca Monte dei Paschi, come avvenuto con le società Accenture, IBM o Bassilichi  –:
          se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se non intenda acquisire elementi sulle cause di tale situazione che comporta rilevanti problemi sul piano occupazionale;
          se esiste la possibilità che i contratti di solidarietà siano imposti a tutti, dirigenti compresi, e non solo ai dipendenti. (4-17340)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


      CASSINELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          come segnalato pubblicamente in più occasione dal Sindacato autonomo polizia Penitenziaria (SAPPE), la condizione delle carceri della Liguria è sempre più preoccupante: al 31 luglio 2012 i detenuti nei sette istituti penitenziari della Liguria sono 1.807, a fronte di una capienza regolamentare di 1.088 posti letto: nel carcere di Chiavari a fronte di una capienza regolamentare di 78 posti letto i detenuti effettivi sono 90, nel carcere di Marassi a fronte di una capienza regolamentare di 456 posti letto i detenuti effettivi sono 748, a Pontedecimo sono recluse 183 persone a fronte di una capienza regolamentare 96 posti letto, nel carcere di Imperia a fronte di una capienza regolamentare di 69 posti letto sono presenti 113 detenuti, nel carcere di La Spezia a fronte di una capienza regolamentare di 144 unità sono presenti 267 detenuti, nel carcere di Sanremo a fronte di una capienza regolamentare di 209 unità sono presenti 335 detenuti e, infine, nel carcere di Savona a fronte di una capienza regolamentare di 36 unità sono presenti 71 detenuti;
          nelle carceri liguri è attestata al 30 giugno 2012 una grave carenza di personale di polizia penitenziaria, diventata ormai insostenibile: 887 unità in forza a fronte di un organico minimo di 1264 unità per garantire la sicurezza e il funzionamento degli impianti. Più precisamente nel carcere di Chiavari sono presenti 49 unità a fronte di un organico minimo di 71 unità, nella casa circondariale di Marassi 329 unità a fronte di un organico minimo di 455 unità, nel carcere di Pontedecimo sono presenti 114 unità a fronte di un organico minimo di 161 unità, nel carcere di Imperia sono presenti 54 unità a fronte di un organico minimo di 78 unità, nel carcere di La Spezia sono presenti 130 unità a fronte di un organico minimo di 181 unità, nel carcere di Sanremo sono presenti 164 unità a fronte di un organico minimo di 250 unità e, infine, nel carcere di Savona sono presenti 47 unità a fronte di un organico minimo di 68 unità;
          il SAPPE ha anche evidenziato come il fatto che i detenuti della Liguria non siano impiegati in attività lavorative o comunque utili alla società (come i lavori di pubblica utilità) favorisca l'ozio in carcere e l'acuirsi delle tensioni, come risse, colluttazioni, tentativi suicidi ed atti di autolesionismo;
          nonostante questo quadro d'insieme, la situazione non è fino ad ora degenerata solo grazie alla grande professionalità dimostrata dagli agenti di Polizia penitenziaria che riescono a gestire situazioni spesso pericolose per l'incolumità loro ed anche dei detenuti  –:
          quali iniziative il Governo intenda assumere per far si che la situazione delle carceri della Liguria, che da tempo si manifesta come palesemente critica, venga ripristinata ai livelli di tollerabilità, utilizzando le risorse umane che si renderanno disponibili con il 165° corso di formazione per agenti di polizia penitenziaria che terminerà a novembre e il 166° corso che inizierà a gennaio 2013. (4-17316)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          recentemente, in data 30 luglio e 1° agosto 2012, sulla stampa sono emerse diverse segnalazioni aventi ad oggetto la cooperativa Lilium, un centro per la cura ed il ricovero dei minori con gravi disturbi psichiatrici con sede in via Verdi 18, S. Giovanni Teatino (Sambuceto), Chieti;
          secondo quanto pubblicato in tale data da alcuni siti di notizie online trentini e abruzzesi (tra gli altri: TrentoToday, TrentinoLibero, ChietiToday, Abruzzo24ore) e sul quotidiano abruzzese Il Centro, i gestori e gli amministratori della comunità in oggetto sarebbero stati denunciati presso la procura di Chieti. In particolare si riferisce che: «Secondo la denuncia dell'avvocato le segnalazioni ricevute in merito alla circolazione di droghe e alcool nella comunità sono state purtroppo confermate da un ragazzo di Padova. Nella relazione del dottor Paolo Cioni si afferma che il ragazzo ha dei ricordi e dei vissuti estremamente negativi sulla comunità terapeutica di Chieti: In particolare riferisce che “circolavano droga e alcool. Gli educatori ci portavano a comprarla al Parco Florida, vicino a Pescara”. In particolare cita un educatore [...] che sarebbe stato il referente di questo meccanismo»;
          negli stessi media, si riporta un'altra denuncia rivolta ai gestori e/o amministratori della cooperativa Lilium per avere questi ultimi omesso di denunciare una molestia sessuale praticata da un infermiere verso una ragazza minorenne ospite presso la comunità, come confermato da una nota in cui la comunità stessa afferma di «aver svolto repentinamente indagini interne, per appurare quello che realmente era accaduto, coinvolgendo anche i carabinieri e invitando la ragazza stessa a sporgere denuncia, cosa che, però, la minore si è rifiutata di fare»;
          i media riferiscono anche di altri abusi praticati all'interno della citata comunità. In particolare è stato riportato che: «La minore stessa e altri ospiti hanno scritto di ragazzi e ragazze legati ai letti e chiusi in stanza per ore, di una prassi secondo la quale nei primi tre mesi si vieta agli ospiti qualsiasi, contatto con l'esterno, di problemi di sicurezza con ragazzi che si scambiano gli psicofarmaci, di condizioni insopportabili che spingono i ragazzi a tentare la fuga e di droghe circolanti nella struttura»;
          in passato la comunità Lilium era già salita all'onore delle cronache. Ed invero: 1) già in data 12 aprile 2012, in un servizio del TGR Trentino Alto Adige di RAI 3, veniva riportata la vicenda della minore molestata sessualmente da un infermiere e trattenuta in comunità contro la sua volontà; 2) sul Messaggero Veneto del 4 luglio 2012 si riporta la notizia di un ragazzino di soli 13 anni legato al letto e picchiato dagli operatori; vicenda che attualmente vedrebbe sotto processo ben 33 operatori della cooperativa Cearpes (nel 2007 la cooperativa Lilium ha rilevato le attività della cooperativa Cearpes che era ubicata nelle stesse strutture e il direttore della cooperativa Lilium, Dominique Quattrocchi, era il presidente della cooperativa Cearpes); 3) sul quotidiano on-line PrimaDaNoi.it del 20 giugno 2009 veniva riportata la notizia di un ragazzino di 15 anni deceduto dopo sole 5 ore di permanenza nella comunità Lilium. In particolare il giornalista riferisce che: «secondo i genitori, il ragazzo non aveva mai avuto problemi cardiaci ed era in un buono stato di salute, fatto salve alcune patologie legate alla sua obesità (...). Quando i genitori hanno avuto modo di vedere il ragazzo senza vita hanno notato che gli erano stati rasati i capelli e che aveva dei lividi sul corpo. La Procura ha disposto il sequestro della cartella clinica e l'autopsia»;
          nella seduta del 3 aprile 2012 della Commissione per l'infanzia e l'adolescenza (http://www.camera.it/470 ?stenog=/dati/legl6 /lavori/stenbic/36/2012/0403&pagina=s030& cancelletto; Preside nte7.3) i rappresentanti dell'Associazione Pronto soccorso Famiglie avevano portato all'attenzione della commissione alcune situazioni sopra illustrate relative alla cooperativa Lilium, ma alla prima firmataria del presente atto non risulta che siano state fatte ulteriori indagini serie sulla comunità per verificare e correggere le eventuali irregolarità in essa presenti  –:
          se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di quanto sopra riportato e, in caso affermativo, quali siano le loro determinazioni al riguardo;
          se intendano avviare in tempi brevissimi un'ispezione presso la cooperativa Lilium di S. Giovanni Teatino, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di verificare direttamente con gli adolescenti attualmente ospitati nella comunità l'eventuale presenza delle gravi irregolarità indicate in premessa;
          se risultino quanti e quali finanziamenti statali la cooperativa Lilium abbia percepito negli ultimi cinque anni, per quali e quanti minori e per quali periodi di ospitalità;
          se risultino indagini in corso riguardanti la cooperativa Lilium e, in caso affermativo, per quali ipotesi di reato;
          se risultino indagini o procedimenti in corso riguardanti la cooperativa Cearpes e, in caso affermativo, per quali ipotesi di reato;
          se risultino indagini o procedimenti in corso riguardanti operatori o dirigenti della cooperativa Cearpes e, in caso affermativo, se attualmente tali operatori o dirigenti lavorino nella o siano connessi in qualsiasi modo con la cooperativa Lilium;
          se, più in generale, il Governo non ritenga di intervenire nei modi e con i mezzi che riterrà più opportuni al fine di promuovere una maggiore attività di controllo e verifica delle comunità alloggio presenti sul territorio nazionale al fine di approfondire ed elaborare le più opportune strategie di intervento a tutela dei minori. (4-17334)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      TULLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il traghetto Athara della Tirrenia, oggi Compagnia italiana navigazione in partenza dal porto di Genova con destinazione Olbia venerdì 3 agosto 2012 alle ore 21,30, è partito dallo scalo ligure con circa quattro ore di ritardo, lasciando a terra circa 30 mezzi di trasporto e 200 passeggeri, molti dei quali avevano acquistato con mesi di anticipo i biglietti;
          i passeggeri hanno dichiarato che mentre il personale della capitaneria si è da subito prodigato per contenere il disagio che si stava determinando, nessun dirigente della compagnia di navigazione avrebbe tempestivamente informato gli stessi dell'accaduto;
          dopo la mezzanotte la compagnia decideva di ospitare in hotel chi non era in grado di imbarcare sul Athara, rinviando la partenza per la Sardegna al giorno successivo;
          i circa 200 passeggeri e i mezzi al seguito sono potuti partire con un traghetto il giorno successivo alle 10,30, ma con destinazione Porto Torres, giungendo alle 20 e creando fortissimi disagi a chi aveva da percorrere centinaia di chilometri per giungere alla destinazione finale, in particolar modo a chi aveva scelto di non utilizzare l'auto  –:
          se sia a conoscenza dell'accaduto;
          quali cause abbiano determinato un così grave disservizio;
          se sia noto quali misure assumerà la compagnia nei confronti di chi ha subito il disagio. (5-07611)

Interrogazioni a risposta scritta:


      REALACCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il porto di Pescara, di competenza statale ai sensi della legge 28 gennaio 1994, n.  84 e della circolare DIV quarta – M–TRA/DINFR/4520 del 17 aprile 2008 della direzione generale dei trasporti dell'allora Ministero dei trasporti, risulta essere impraticabile a navi di più comune tonnellaggio a causa dell'insabbiamento dei fondali con gravi conseguenze per la sicurezza della navigazione, le attività di pesca e di commercio;
          l'insabbiamento dei fondali è da ricondurre non solo alla mancata manutenzione ma soprattutto ad una serie di errori di progettazione delle nuove banchine messi in essere nel tempo dal Provveditorato interregionale per le opere pubbliche. Tra questi si richiamano, nel 1984, i lavori di «lisciamento» delle palafitte a sostegno dei moli guardiani che hanno causato forti fenomeni di risacca all'interno del bacino vecchio tali comprometterne la sicurezza della navigazione, e, nel 1997, la realizzazione della diga foranea che, per sanare le conseguenze derivate dalle opere di «lisciamento» eseguite nel 1984, funge da tappo al decorso del fiume Pescara;
          già dal 2000 Legambiente Abruzzo nella sua attività di monitoraggio del porto e della costa congiuntamente alla marineria locale, sottolinea alcune criticità in merito alla situazione del porto di Pescara e della foce del fiume omonimo, tra cui:
              «il tappo di cemento della diga ha creato più problemi di quelli che ha risolto la sua impermeabilità è responsabile dei processi di desalinizzazione delle acque ed anche della formazione delle secche dell'avamporto che rappresentano ostacolo e pericolo per la navigazione dopo solo pochi anni dalla costruzione della diga»;
              «il porto, prima della realizzazione della diga foranea, era difeso da un intelligente sistema di protezione, basato sulle palafitte dei due moli, che impediva la risacca nel canale, garantendo la sicurezza dell'ormeggio e la tranquillità degli equipaggi, e lasciava anche al fiume la libertà di sfociare in mare. Cosa che, invece, l'attuale diga foranea non consente»;
              «il limo e la sabbia trasportati dal fiume vengono bloccati dalla diga foranea e si depositano all'interno del porto-canale formando secche che rendono pericoloso l'accesso in porto, la sua navigabilità, la sicurezza dei pescherecci. La diga foranea nata per difendere la marineria di Pescara, sta facendo danni proprio ad essa, mettendo a repentaglio barche e pescatori»;
          nell'agosto del 2012, Goletta Verde di Legambiente, campagna per la difesa del mare e delle coste italiane, a distanza di 12 anni dal primo allarme lanciato, prende atto del fatto che le previsioni sugli effetti della diga foranea sull'assetto portuale si sono tutte avverate, anche a fronte di un aumento delle sostanze inquinanti presenti nelle acque;
          da un articolo apparso il 3 agosto 2012 su il Centro il Presidente di Legambiente Nazionale, Vittorio Cogliati Dezza, afferma che: «oltre all'inquinamento provocato dal fiume a preoccupare è anche il pericolo esondazione. Il rischio idrogeologico finora è stato poco considerato. La situazione è peggiore di quella che si è verificata sul Magra un anno fa in Liguria. Se vi fossero precipitazioni di simile entità arrivasse qui, il Pescara non solo si troverebbe senza casse di espansione ma non avrebbe neppure uno sbocco al mare perché l'insabbiamento costituisce uno sbarramento»;
          il capo della protezione civile, Franco Gabrielli, nella dichiarazione apparsa sul giornale il Centro del 4 agosto 2012, ha altresì ribadito la necessità di intervento per risolvere la questione del porto di Pescara e tutti i rischi, alluvione in testa, connessi al mancato dragaggio, affermando: «Noi sottolineiamo sempre i rischi di alluvione, lo facciamo su tutto il territorio nazionale. Purtroppo non sempre ascoltati. Ma non intendo alimentare polemiche sul porto di Pescara. Anche perché la situazione è molto più chiara di quanto si voglia far credere»;
          le osservazioni alla VAS del proposta di piano regolatore portuale – porto canale di Pescara avanzate dai settori economici, sociali e professionali bocciano la proposta in quanto non risolverebbe le criticità strutturali, insabbiamento e deflusso delle acque, derivanti dagli interventi sbagliati realizzati nel passato ed invitano il comune a ripensare l'assetto portuale in maniera coerente alle esigenze ed alle potenzialità;
          in una dichiarazione, apparsa sul quotidiano il Centro del 5 agosto, il professore Paolo De Girolamo conferma la realizzazione di una nuova vasca di colmata accanto a quella esistente e ancora piena di fanghi, che costituisce de facto una realizzazione parziale della proposta di piano regolatore portuale, redatto dallo stesso professore Paolo De Girolamo e duramente contestato da vari settori economici, sociali e professionali in fase di osservazione alla VAS;
          nell'incontro svoltosi a Roma, il 23 luglio 2012, i Ministeri delle infrastrutture e del trasporti e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione, la provincia, il comune, la capitaneria di porto, l'Agenzia regionale per la tutela ambientale, hanno stabilito un piano di massima per ripulire i fondali del porto evidenziando notevoli criticità circa la tipologia e la qualità dei fanghi da dragare, i luoghi di stoccaggio o di smaltimento degli stessi e non ultimo il reperimento dei fondi necessari;
          tutti gli interventi realizzati nel porto di Pescara non sono stati mai sottoposti valutazione di impatto ambientale con evidenti conseguenze che ad oggi rendono il porto impraticabile e paralizzato a causa dell'insabbiamento dei fondali  –:
          quali misure urgenti intendano mettere in campo i Ministri interrogati per risolvere nel più breve tempo possibile la situazione del porto di Pescara al fine di ripristinarne la piena operatività quali piani intendano adottare per la messa in sicurezza dal rischio idrogeologico e di esondazione del fiume Pescara che sfocia nell'omonimo porto, se non si intendano acquisire elementi in merito al rispetto delle procedure di dragaggio dei fanghi al fine di evitare opere idrauliche che ripetano gli errori già compiuti in passato e che hanno reso inservibile il porto; quali orientamenti intendano esprimere i Ministri sulla proposta circa la realizzazione della nuova vasca di colmata che nei fatti anticipa la realizzazione delle opere previste nella proposta di piano regolatore portuale – porto canale di Pescara eludendo secondo l'interrogante, sulla base dei tempi di attuazione degli interventi, previsti per l'ottobre 2012, la procedura di valutazione di impatto ambientale.
(4-17312)


      COMMERCIO, LOMBARDO e OLIVERI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il Governo fin qui non ha ritenuto di riconoscere la realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia ed il continente mediante la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina quale condizione strategica indispensabile per assicurare un corretto e coerente processo di sviluppo del territorio;
          nessun serio programma di miglioramento e modernizzazione delle reti di collegamento infrastrutturale nel Sud può prescindere dall'attuazione di tale iniziativa, che, peraltro, nel corso della presente legislatura ha riottenuto in più circostanze l'assenso del Parlamento, che ne ha riconosciuto e legittimato la necessità e priorità strategica, in modo particolare per ciò che afferisce al trasporto su rete ferroviaria, ai fini del progressivo e veloce adeguamento agli standard europei dell'intera rete ferroviaria del meridione d'Italia;
          le infrastrutture di collegamento ferroviario e stradale dell'isola versano in condizioni a dir poco disastrose e minacciano di escludere questo territorio e la considerevole popolazione che vi insiste per chissà quanto tempo ancora da quegli indispensabili interventi di adeguamento della rete ferroviaria che, tra l'altro, permetterebbero l'attuazione di linee di alta velocità e alta capacità, accompagnando, ed anzi innescando in taluni casi, processi di crescita reale di aree interne oggi fortemente indebolite;
          l'assetto programmatorio complessivo concordato fra lo Stato e la regione siciliana presuppone di per sé la messa in opera di ogni iniziativa possibile tendente a migliorare le condizioni della rete ferroviaria e del sistema di trasporto ad essa connesso, considerando ciò quale elemento basilare, tra l'altro, per la definizione di un accettabile ed efficiente sistema di trasporto intermodale delle merci che sia effettivamente equilibrato ed equivalente rispetto all'intero territorio nazionale;
          l'intesa raggiunta con il general contractor dell'opera è stata asseverata dal CIPE e riconosciuta in tutti i suoi effetti – anche sanzionatori, con oneri assai ragguardevoli che raggiungono il mezzo miliardo di euro – dal Parlamento con l'approvazione in sede di legge finanziaria dello Stato  –:
          quali gravi motivi impediscano al Governo di assumere le necessarie iniziative per sostenere la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, tenuto anche conto che l'intervento di parte pubblica, diluito in più esercizi, non supera quello ordinariamente assicurato per opere medie realizzate o in fase di realizzazione in altre parti del territorio nazionale che, per di più, hanno una minore valenza strategica per lo sviluppo, se si tiene ulteriormente in considerazione lo spettro di influenza territoriale del ponte. (4-17331)


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il progetto denominato «ammodernamento della strada statale 16» tratto Maglie-Otranto prevede l'allargamento dell'attuale sezione con l'aggiunta delle strade complanari e tutta una serie di opere (cavalcavia, abbattimento di circa 10.000 alberi di cui 8000 ulivi, cui si sono aggiunte cripte bizantine e tante testimonianze archeologiche ignorate nei progetti);
          si tratta di un'opera concepita alcuni decenni fa, per una spesa iniziale prevista di 60 milioni di euro che non trova alcuna giustificazione rispetto allo sviluppo di carattere turistico nel frattempo maturato e sopratutto in questo periodo di ristrettezze finanziarie;
          in particolare, si segnala che, per quanto riguarda i lavoratori della ditta Palumbo che opera su lavori a progetti, i sindacalisti hanno fatto in modo che la ditta non rescindesse i contratti con i lavoratori di un passato concluso cantiere, e così per diversi anni questi sono rimasti in cassa integrazione in attesa di un futuro grosso appalto ed ora sono gli stessi sindacati a premere per l'avvio dei lavori;
          da notizie apprese risulta che questo progetto, con l'incalzare del problema occupazionale paventato dai sindacati eludendo qualsiasi confronto sociale (il progetto non si relaziona con il territorio), starebbe forzando la procedura per arrivare, in brevissimo tempo, al completamento di un iter che non ha visto alcuna partecipazione se non ad un tavolo promosso dal prefetto di Lecce in merito all'espianto ed eventuale rimpianto degli alberi di ulivo;
          per quest'ultimi, al momento, non è stata ancora definita una soluzione. Da notizie apprese sino ad adesso, sembrerebbe che la regione si stia adoperando per chiudere celermente, seppur con prescrizione, i lavori per il tratto Maglie-Palmariggi rinviando a successivi momenti di confronto la restante parte dell'opera. Allo stesso tempo, anche i comuni interessati – Otranto, Giurdignano, Palmariggi, Muro Leccese e Maglie – sono stati «sollecitati», o meglio, forzati ad approvare quanto di loro competenze;
          Italia Nostra ed altre associazioni, non sono riuscite ancora ad entrare in possesso del progetto esecutivo su supporto magnetico per consentire, con maggiore puntualità, di approfondire il progetto;
          la strada dovrebbe svolgere funzioni prevalentemente di servizio per finalità turistiche per cui si ritiene che il progetto debba acquisire almeno quelle caratteristiche di «strada-parco», come chiedono associazioni ambientaliste, comitati ed altri soggetti coinvolti nella tutela paesaggistica ed ambientale dell'area  –:
          di quali informazioni disponga il Governo in merito al progetto ed in particolare ai più recenti esiti del tavolo promosso dal prefetto di Lecce sull'espianto ed eventuale rimpianto degli alberi di ulivi;
          quali iniziative si intendano adottare perché sia messa a disposizione delle associazioni ambientaliste copia del progetto esecutivo in formato elettronico e vi sia un coinvolgimento delle popolazioni interessate;
          se siano al vaglio iniziative perché il progetto acquisisca almeno le caratteristiche di «strada parco»;
          quali ulteriori iniziative di competenza si intendano promuovere per la tutela del paesaggio e dell'ambiente che rischia invece un'ulteriore devastazione con la realizzazione di un'opera a giudizio degli interroganti superflua. (4-17333)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


      VITALI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          un incendio di probabili origini dolose ha distrutto nella notte tra il 5 ed il 6 agosto un capannone di 4.000 metri quadrati nella zona industriale di Francavilla Fontana, sede di un'attività di commercio all'ingrosso di articoli casalinghi, la «Regal casa»; le fiamme sono divampate attorno alle tre e hanno coinvolto l'intero stabile che è stato dichiarato inagibile. Sul posto anche stamani diverse squadre dei vigili del fuoco del comando provinciale di Brindisi e Lecce che hanno spento le fiamme e scongiurato ogni rischio ambientale. I carabinieri conducono le indagini sulle cause e sul movente di quello che sembrerebbe essere a tutti gli effetti un attentato;
          si tratta del secondo episodio incendiario dello stesso tipo avvenuto nel territorio francavillese in poco più di un mese. Il 17 luglio 2012, a poche centinaia di metri dal capannone distrutto la scorsa notte, un altro incendio ha devastato il «cash and carry» Centro casalinghi, un capannone di 20.000 metri quadri;
          a seguito dell'ultimo episodio il sindaco Della Corte ha chiesto al prefetto di Brindisi l'immediata convocazione di un tavolo per esaminare la situazione con i soggetti istituzionali interessati; sotto il profilo dell'ordine e della sicurezza pubblica la città di Francavilla Fontana, oggi è sicuramente tra le più a rischio dell'intero Salento;
          il Ministro Cancellieri, il 12 maggio 2012, a seguito dell'attentato alla scuola Morvillo-Falcone si impegnò ad «accendere un faro» e a rafforzare la presenza dello Stato su tutta la provincia di Brindisi, per debellare reiterati episodi criminali; tale impegno sembra sia rimasto solo un buon proposito senza apprezzabili risultati  –:
          quali provvedimenti intenda adottare il Ministro interrogato in relazione alla situazione esposta in premessa. (4-17314)


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          nel Veneto si sta verificando un fenomeno senza precedenti di incendi presso imprese ed aziende;
          secondo un recente articolo del 3 agosto 2012 pubblicato dal Corriere del Veneto a firma Marco Bonet in 7 mesi si sono sviluppati ben 29 incendi. Nel solo mese di luglio 2012 sono andate a fuoco 8 aziende: una ogni 4 giorni e se è facile pensare a cause legate al caldo torrido e alla siccità africana, decisamente più difficile è imputare a ragioni metereologiche i roghi, ben 6, che in piena stagione delle piogge, a marzo, hanno devastato altrettanti capannoni;
          oggetto delle fiamme sono state imprese che operano nei più disparati settori (ditte del legno e dei trasporti, di costruzioni e di profumi e perfino della frutta) ma soprattutto le aziende che operano nel business dei rifiuti: un terzo degli incendi ha colpito in quel settore, da Venezia a Rovigo, da Verona a Vicenza. Con un'ulteriore stranezza: nel 35 per cento dei casi, stavolta guardando all'intera lista, il fuoco è divampato nel fine settimana, quando il lavoro nei capannoni, se non del tutto fermo, procede quanto meno a ritmo rallentato;
          il primo caso è stato quello del magazzino di proprietà della ditta Luvisotto a Faè di Longarone, nel Bellunese: tredici mezzi dei vigili del fuoco furono impegnati una notte intera nello spegnimento di un deposito di materie plastiche. L'ultimo episodio, domenica 29 luglio 2012, è stato invece quello della Am Teknostampi di Crocetta del Montello, nel Trevigiano, dove una densa nube di fumo ha costretto le forze dell'ordine ad allestire un cordone protettivo di 500 metri (lo stesso gruppo, che fa capo a Paolo Zanetti, era peraltro già stato vittima nel luglio del 2011 di un altro incendio, che ha devastato il magazzino della Walmec di Mosnigo). Nel mezzo, tra Faè e Crocetta, una lunga scia di fuoco ha sfiorato praticamente tutte le province del Veneto, colpendo, come detto, in particolare quelle impiegate nello stoccaggio e nello smaltimento dei rifiuti, anche speciali e pericolosi: la EcoEnergy di Noventa, l'Ideai Service di Ballò, la Soraris di Sandrigo, la Ecopneum di Rovigo, la Nuova Esa di Marcon, la Enea Turossi di San Bonifacio, la F.lli Nalin di Megliadino San Vitale oltre, ovviamente, ad AcegasAps, la multiutility di Padova che ha visto andare a fuoco il suo termovalorizzatore il 17 marzo (fortunatamente si trattò solo di un principio di incendio) e 3 mesi più tardi, il 16 giugno, il suo impianto di riciclaggio;
          i casi elencati sono stati in gran parte già oggetto di interrogazioni parlamentari che a tutt'oggi non hanno avuto risposta –:
          quali iniziative si stanno adottando per monitorare la situazione;
          di quali dati disponga il Ministero in termini di andamento di reati di tipo ambientale nel Veneto negli ultimi 5 anni;
          se vi siano segnali o indicatori che fanno presumere un aumento della presenza di organizzazioni criminali in Veneto e se sono previsti a tal fine rinforzi delle forze dell'ordine in questa regione. (4-17328)


      ROSATO e SERENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il Corpo nazionale dei vigili del fuoco ha sempre corrisposto con impegno straordinario, in termini qualitativi e quantitativi, alle attese dei concittadini in tutti i compiti di prevenzione, vigilanza e soccorso tecnico urgente cui esso è preposto per legge e cui si trova quotidianamente a intervenire su richiesta di soggetti pubblici e privati;
          il Corpo sta realizzando uno straordinario sforzo per riuscire, con decrescenti risorse finanziarie e con carenze di organico, a sopperire alle crescenti richieste di intervento della popolazione per le piccole e grandi emergenze che colpiscono il nostro Paese;
          a fronte dei rilevanti compiti di sicurezza e di tutela della pubblica incolumità, ripetutamente e unanimemente riconosciuti come insostituibili, i vigili del fuoco non vedono tuttavia riconosciuto adeguatamente il lavoro svolto, infatti, come l'interrogante ha avuto modo di segnalare in precedenti interrogazioni ed interventi, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco soffre una sottodotazione stimabile, secondo i dati del Ministero dell'interno forniti nel corso della seduta della Commissione affari costituzionali della Camera dei deputati il 14 aprile 2011, in 3.300 unità. Tale stima, peraltro, non tiene conto dell'incremento di organico previsto dal piano «Soccorso Italia in 20 minuti» di 10.000 unità;
          il Corpo, anche per i compiti di natura ordinaria, si avvale di vigili discontinui che rappresentano un concorso stabile all'organizzazione del soccorso pubblico, e sono considerati una parte del personale qualificata indispensabile per il funzionamento dei comandi provinciali;
          le funzioni svolte nei comandi provinciali dai lavoratori discontinui sono chiaramente di tipo subordinato a ripiano parziale delle gravi carenze di organico del Corpo e del suo sottodimensionamento, con mansioni che variano dal servizio tecnico urgente (pronto intervento) ai servizi amministrativi;
          per tali ragioni con la legge 27 dicembre 2006, n.  296, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007), si è dato avvio alla stabilizzazione del personale volontario e discontinuo, con evidente consapevolezza del legislatore e del Governo che si tratta di una particolare forma di lavoro precario, all'interno della pubblica amministrazione, in un settore particolarmente delicato e complesso;
          stabilizzazione che attende ancora oggi di essere ultimata e che sta lasciando nell'incertezza migliaia di cittadini idonei che prestano la loro opera al servizio del Corpo come volontari, nonostante questo status non permetta loro di godere dei più basilari diritti spettanti al lavoratore subordinato;
          anche con il supporto dei vigili del fuoco discontinui, i comandi provinciali riescono con difficoltà a rispondere a tutte le richieste di intervento soprattutto nella stagione estiva che si caratterizza per il numero molto elevato di incendi;
          la carenza d'organico costringe alcuni distaccamenti a costituire delle squadre d'intervento in difformità con quanto stabilito dall'articolo 66 del regolamento di servizio del Corpo nazionale dei vigili del fuoco che prevede le squadre siano composte di cinque unità, di cui un capo partenza e un autista, e che vi possa essere in sostituzione di un vigile permanente, un volontario;
          la costituzione di squadre a formazione ridotta viene fatta a grave rischio della sicurezza dei vigili stessi e a danno del servizio che non può essere ottimale al pari di quello reso da una squadra al completo;
          nella serata del 20 luglio, il comando provinciale di Terni era impegnato a fronteggiare l'emergenza incendi che si era determinata, per oltre 72 ore, tra Spoleto e Terni e nei pressi di Acquasparta, cosicché a presidiare il comprensorio ternano e la zona dell'Amerino ci sono stati solo tre vigili del fuoco (un capo squadra, un vigile del fuoco permanente, e un vigile del fuoco discontinuo) che hanno operato l'intera notte avvalendosi di un'unità APS;
          il ridotto numero di personale del Corpo non è sufficiente a fronteggiare l'emergenza degli incendi boschivi, tant’è che nel caso della provincia ternana si è ricorso all'aiuto dei volontari della protezione civile di Orvieto per lo spegnimento dell'incendio, i quali hanno prestato la loro opera a titolo personale in quanto il dirigente della regione Umbria competente per la protezione civile avrebbe precisato al responsabile intercomunale di Orvieto che la normativa non consente ai volontari di protezione civile di intervenire direttamente sul fuoco;
          in occasione dell'incendio divampato nella provincia ternana si fa presente, tra l'altro, che un vigile del fuoco è rimasto intossicato dalle fiamme ed è quindi stato soccorso dagli operatori del 118; anche in considerazione di queste evenienze non è accettabile che nei comandi provinciali e nei distaccamenti il Corpo possa fare affidamento su un personale ridotto ai minimi;
          il caso, richiamato a titolo esemplificativo, vuole fare intendere la grave situazione nella quale le ridotte risorse finanziarie e umane stanno costringendo gli operatori del Corpo nazionale dei vigili del fuoco  –:
          se il Ministro sia a conoscenza della situazione che si è verificata nella provincia di Terni;
          se il Ministro sia a conoscenza della situazione in cui versano i comandi provinciali e distaccamenti e quali iniziative intende intraprendere per impedire che in futuro a presidio di un territorio vasto, come quello ternano, ci sia una sola squadra, pertanto composta da almeno 5 unità. (4-17330)


      BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          Fonti di stampa hanno riportato notizie in base alle quali si evince che, dal 1o gennaio 2009, in seguito alla chiusura del canile di Castelnovo Monti, che serviva i propri servizi sanitari a beneficio di un'ampia zona territoriale, corrispondente a quella dell'intera comunità montana della provincia di Reggio Emilia non vi sono più i canili sanitari a cui l'ordinamento giuridico attribuisce un importante funzione di tutela sanitaria: quella di individuare i casi di cani affetti da rabbia silvestre;
          il Regolamento di polizia veterinaria del 1954, impone la creazione ed il mantenimento di tali strutture a presidio della salute pubblica, per impedire il propagarsi della rabbia silvestre tra cani e altre specie animali, compresa quella umana;
          le strutture descritte devono controllare le condizioni di salute di cani domestici morsicatori e dei cani randagi proprio al fine di prevenire il propagarsi di eventuali contagi;
          si fa presente che la rabbia silvestre è nuovamente apparsa nella limitrofa regione veneto, circa due anni fa;
          sull'argomento sono stati presentati atti di sindacato ispettivo all'assessore competente, di cui si allega il testo della risposta dal quale si evince la disponibilità economica pari a 71,356,00 euro, ma la regione ha prorogato la realizzazione del canile al 31 maggio 2013;
          nel frattempo, a causa della mancata soluzione del problema, il 24 gennaio 2011 i Carabinieri della stazione di Villa Minozzo sono dovuti intervenire presso una abitazione privata del paese, dove personale medico giunto in elicotteri era intervenuto per prestare assistenza ad un bambino milanese di 2 anni rimasto ferito gravemente da un cane che lo aveva azzannato alla testa provocandogli gravi ferite tanto da doverlo trasportare con elisoccorso, perché in condizioni gravi, presso l'ospedale S. Anna  –:
          se sia a conoscenza dei fatti e, nell'eventualità positiva quale iniziative si intendano assumere per iniziare un'opera di monitoraggio della presenza dei cani randagi nella zona indicata anche a tutela della pubblica incolumità. (4-17335)


      DI PIETRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 16, comma 25, del decreto-legge 13 agosto 2011, n.  138, ha previsto che a decorrere dal primo rinnovo dell'organo di revisione successivo alla data di entrata in vigore dello stesso decreto-legge, i revisori dei conti degli enti locali – appartenenti alle regioni a statuto ordinario, speciale e alle province autonome – sono scelti mediante estrazione da un elenco nel quale possono essere inseriti, a richiesta, i soggetti iscritti, a livello regionale, nel registro dei revisori legali di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n.  39, nonché gli iscritti all'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili;
          in sostanza, i revisori gli enti locali non sono più scelti dai consigli comunali o provinciali, ma sorteggiati tra quanti ascritti in un apposito elenco e possessori di determinati requisiti, individuati con regolamento adottato dal Ministro dell'interno nel mese di febbraio 2012;
          tra i requisiti necessari ai fini dell'iscrizione dell'elenco figura il possesso di crediti formativi, conseguiti nel triennio 2009-2011;
          ad avviso dell'interrogante – considerando che l'introduzione delle nuove regole di nomina dei revisori degli enti locali si deve ad una disposizione della scorsa estate, subordinata all'emanazione del successivo regolamento – il combinato disposto configura una incongruente «tagliola»: crediti formativi validi al fine di acquisire il diritto all'iscrizione, in prima battuta, nel costituendo elenco, è cosa possibile a pochi professionisti;
          oltre il 90 per cento dei commercialisti – tra l'altro, i soli ad aver esercitato la revisione degli enti locali, poiché la normativa previgente disponeva espressamente la loro partecipazione nei collegi di revisione – potrebbe non aver accesso all'iscrizione, poiché privo di ufficiali crediti da esibire conseguiti entro il termine utile, il 31 dicembre 2011: ciò rende possibile che professionisti che sono revisori da anni, con grande esperienza acquisita, siano fuori e altri, con crediti acquisiti nel dicembre 2011, e poca esperienza, vi rientrino  –:
          se non intenda adottare iniziative normative finalizzate ad estendere il limite di riconoscibilità dei crediti formativi fino alla data di presentazione della domanda di iscrizione nell'elenco indicato o a quella di adozione del regolamento ministeriale. (4-17338)


      DE CORATO, CORSARO, BECCALOSSI, RAMPELLI e FRASSINETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          a Milano nel maggio scorso un gruppo di giovani denominatosi collettivo «Macao», ha occupato due edifici uno la Torre Galfa, di proprietà privata. Successivamente dopo essere stati sgomberati, hanno occupato Palazzo Citterio, di proprietà del Ministero dei beni e delle attività culturali, e anche da quest'ultimo dopo pochi giorni sono stati sgomberati dalle forze dell'ordine. Dopo questi due sgomberi, questi hanno occupato in una cinquantina l'area l'ex macello comunale in via Molise 68 di proprietà della Sogemi (società comunale che gestisce i mercati generali di Milano). Tale occupazione è avvenuta l'11 giugno 2012, dopo un peregrinare tra vari stabili comunali, come quello di viale Eginardo, e poi abbandonati per vari motivi. Il tutto è avvenuto sotto gli occhi di forti contingenti delle forze dell'ordine, che attenendosi alle disposizioni, si sono solo limitati ad osservare senza intervenire. In questa situazione il sindaco Pisapia ha pensato di risolvere la situazione offrendo un bene pubblico, l'area ex Ansaldo, agli abusivi ad avviso dell'interrogante mancando di rispetto e dando un messaggio profondamente diseducativo alle persone che onestamente attendono in graduatoria l'assegnazione uno stabile pubblico. Successivamente all'occupazione dell'area, la società Sogemi, comunicava alla stampa di aver presentato querela nei confronti degli occupanti abusivi del collettivo «Macao», perseguibili peraltro d'ufficio in base all'articolo 633 del codice penale;
          a tutt'oggi i suddetti occupano quell'area, senza che nessuna autorità di pubblica sicurezza abbia provveduto ad allontanarli o sgomberarli. Non contenti di ciò annunciano con comunicati stampa e attraverso internet un «summer camp» della durata di un mese e mezzo. Ricordo che quell'area dovrebbe essere posta in vendita dalla Sogemi e dal comune con un grosso introito vista la posizione urbanistica della stessa. Si ribadisce inoltre che a Milano vi sono almeno una decina di stabili occupati abusivamente dai centri sociali (area no-global e collettivi vari); solo negli ultimi mesi ne sono stati occupati tre, in via Apollodoro a Lambrate dal collettivo «Lambretta», in via Arbe e in via Scaldasole senza che siano state date notizie di denunce a carico degli occupanti, né che siano stati fatti dei tentativi da parte delle forze dell'ordine di allontanarli o sgomberarli;
          a ciò va aggiunto che da anni vi sono a Milano, come nel caso del centro sociale Leoncavallo o di quello di via dei malfattori, edifici occupati abusivamente senza che sia stata concesso l'ausilio della forza pubblica agli ufficiali giudiziari che avevano l'ordine di notificare lo sgombero. A tutt'oggi risultano occupati abusivamente dai centri sociali: La Panetteria Occupata a Lambrate, vecchio ritrovo di ex brigatisti, ma ora occupato da un collettivo di scienze politiche, in via Watteau il centro sociale Leoncavallo, in via Muratori il centro sociale Vittoria. In via Conchetta un altro di questi Centri Sociali ha occupato uno stabile da ormai più di vent'anni (sgomberato una sola volta e poi rioccupato). Infine il centro sociale il Cantiere che occupa uno stabile privato in viale Monterosa sempre a Milano;
          una decina di stabili pubblici e privati sono infatti occupati abusivamente da centri sociali, collettivi, no-global ecc. Ecco alcuni esempi: la Cascina Torchiera a Musocco, di proprietà comunale, lo stabile privato di viale Monterosa occupato abusivamente dal Centro Sociale «Il Cantiere, lo stabile privato di Watteau occupato dal Centro Sociale “Leoncavallo” a cui per 38 volte è stato notificato da un ufficiale giudiziario l'ordine di sgomberarlo (senza forza pubblica), il circolo dei Malfattori al Vigentino, di proprietà comunale a cui da 8 anni l'ufficiale giudiziario notifica lo sfratto senza forza pubblica, il Centro Sociale “Vittoria” in via Muratori, di proprietà privata, il Centro Sociale Cox 18, che occupa uno statile comunale in via Conchetta 18, il Centro Sociale «La Panetteria Occupata», stabile privato occupato in Via Conte Rosso a Lambrate, e altri ancora che sono diventate tutte vere e proprie zone franche all'interno della Città di Milano. Questi oltre a causare notevoli disturbi al residenti vicini sono luoghi da cui partono vere e proprie spedizioni contro le forze dell'ordine, oltre che danneggiamenti di varia entità nei confronti del patrimonio pubblico. Molti di questi peraltro sono entrati in vari filoni di inchieste come fiancheggiatori del terrorismo brigatista come quella sulle brigate rosse padovane. Infine questi centri sociali sono frequentati, come possono testimoniare i rapporti della DIGOS di Milano, da ex terroristi e sono in alcuni casi peraltro luogo di spaccio»  –:
          per quel che riguarda lo stabile occupato dal Collettivo «Macao» dalla metà del mese di giugno, quali siano i motivi per i quali prefetto e questore, dopo aver sgomberato gli abusivi nelle settimane precedenti dalla Torre Galfa, di proprietà di privati e da Palazzo Citterio di proprietà pubblica, non procedano allo sgombero e all'allontanamento dei suddetti occupanti essendo passato più di un mese e mezzo. Posto che è stata presentata denuncia dalla società comunale Sogemi, proprietaria dell'area, e che, da parte del questore, si dovrebbe procedere d'ufficio a norma dell'articolo 633 del codice penale anche considerato che essendo un'enorme area pubblica, destinata alla vendita vi è un danno per le casse comunali  –:
          quali siano i motivi per i quali a Milano i centri sociali abusivi non vengono sgomberati ma vengono piuttosto tollerati. (4-17339)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


      DI PIETRO, ZAZZERA e DI GIUSEPPE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il decreto-legge n.  95 del 6 luglio 2012 dal titolo «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini» dispone all'articolo 14, comma 14, il transito degli insegnanti tecnico-pratici delle classi di concorso C-999 e C-555 al ruolo ATA, con funzioni di assistente amministrativo, assistente tecnico e di collaboratore scolastico in base ai titoli di studio;
          tale disposizione risulta del tutto illogica oltre che illegittima dal momento che il R.D. 6 maggio 1923, n.  1054, all'articolo n.  97, assegnava alle amministrazioni provinciali l'onere di fornire ai licei scientifici e agli istituti tecnici commerciali e per geometri, gli assistenti e il decreto legislativo 7 maggio 1948, n.  1277, disponeva che tale personale confluisse negli insegnanti tecnico-pratici, inserendoli così all'interno del corpo docente;
          il decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n.  417 riguardante lo stato giuridico del personale docente, ribadiva all'articolo 118 l'applicabilità delle norme anche agli Assistenti dei licei e degli Istituti tecnici;
          con la legge 3 maggio 1999, n.  124, articolo 8, veniva disposto il passaggio allo Stato. Il comma 3 del suddetto articolo stabiliva specificatamente che «Il personale di ruolo che riveste il profilo professionale di insegnante tecnico-pratico o di assistente di cattedra appartenente al VI livello nell'ordinamento degli enti locali, in servizio nelle istituzioni scolastiche statali, è analogamente trasferito alle dipendenze dello Stato ed è inquadrato nel ruolo degli insegnanti tecnico-pratici»;
          con il passaggio allo Stato gli ITP sono stati inseriti nella classe di concorso C999, istituita appositamente con valenza temporanea, in attesa di ricollocazione nelle graduatorie delle classi di concorso ITP già in essere nello Stato;
          tale inquadramento non è mai stato realizzato e la classe di concorso C999 è stata considerata successivamente ad esaurimento; il personale ivi inquadrato ha continuato comunque a svolgere le funzioni ed i ruoli ricoperti in precedenza ed, anzi, nella stragrande maggioranza dei casi ha acquisito ed applicato competenze nelle moderne tecnologie, strettamente legate all'uso e gestione dei sempre più numerosi laboratori realizzati negli istituti;
          ora il passaggio obbligato in profilo e mansioni diverse, previsto dal succitato decreto-legge n.  95 del 2012, risulta secondo gli interroganti illegittimo in quanto non è consentito dal nostro ordinamento che prevede che «il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione» (articolo n.  2103 cc e articolo 13 dello statuto dei lavoratori);
          inoltre il passaggio al ruolo ATA è un chiaro demansionamento e ciò comporta una conseguente riduzione stipendiale in quanto il testo del decreto 95 del 2011 in esame prevede che sia mantenuto il trattamento salariale ma specifica che lo stesso è riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti;
          l'espulsione dal ruolo docente comporterà altresì l'impossibilità, per i docenti delle classi di concorso C999 e C555, di accedere al fondo d'istituto, alle figure strumentali, alla collaborazione al dirigente scolastico, alla partecipazione a progetti, alle attività di recupero, alle commissioni d'esame;
          il risparmio effettivo di tale operazione appare quanto mai limitato se non inesistente. Infatti molti insegnanti della classe di concorso C999 svolgono negli istituti attività che spesso nessun altro docente è in grado di garantire, quali la gestione dei siti web, delle reti informatiche, delle strumentazioni tecniche: gli istituti quindi dovrebbero, per mantenere gli standard didattici attuali, avvalersi di collaborazioni esterne;
          l'attribuzione dei posti vacanti e disponibili del personale amministrativo, tecnico e ausiliario ai docenti ITP delle classi di concorso sopra citate comporterà un'ulteriore contrazione dei posti per i precari ATA che da anni svolgono le loro mansioni con una professionalità tale da garantire il buon funzionamento delle scuole, dalle segreterie ai laboratori alla sorveglianza e alla cura degli ambienti scolastici  –:
          se il Governo intenda, alla luce delle sopraesposte premesse, recedere dalle proprie posizioni e, dopo aver effettuato una rilevazione negli Istituti per conoscere quali attività svolgano detti docenti e se la loro eliminazione possa comportare problemi nelle attività scolastiche, valutare la necessità di assumere ulteriori iniziative normative per lasciare questa categoria di docenti all'interno del proprio inquadramento professionale, utilizzandola eventualmente come dotazione organica aggiuntiva dell'istituzione scolastica, limitatamente allo svolgimento delle attività di laboratorio o per la copertura degli incarichi di supplenze brevi e saltuarie del personale docente, in modo tale da rendere possibile per le istituzioni scolastiche continuare a giovarsi della professionalità di queste categorie di docenti o qualora poi si rendesse necessario, il Governo potrebbe far ricorso alla mobilità anche intercompartimentale, nel rispetto della volontà dei docenti interessati e salvaguardando i diritti da essi acquisiti. (4-17318)


      PES. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          l'interrogante è venuta a conoscenza di una docente di scuola primaria (T.P.) laureata in scienze dell'educazione presso l'università di Lecce che ha fatto domanda di partecipazione al decreto ministeriale n.  85 del 2005 per le classi di concorso A036-A037 e A043-A050;
          tale docente è stata esclusa per le suddette classi in quanto docente a tempo indeterminato;
          ha, quindi, partecipato «con riserva» (perché docente di ruolo a tempo indeterminato) al corso decreto ministeriale n.  85 del 2005 e, avendo avuto la possibilità di scegliere per quale classe di concorso partecipare al corso abilitante, ha optato per la A043 e A050 superando il relativo esame finale;
          la situazione restrittiva riguardo la partecipazione al suddetto corso per solo docenti a tempo indeterminato (e, quindi, motivo della mia partecipazione «con riserva») è stata superata dall'articolo 1, comma 4-septies, della legge n.  167 del 2009 che riconosce l'abilitazione conseguita dai docenti con contratto a tempo indeterminato in servizio presso la scuola pubblica, ammessi con riserva ai corsi indetti con il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca n.  85 del 18 novembre 2005, pertanto T.P. ha richiesto il passaggio nella scuola secondaria di secondo grado che ottiene per l'anno scolastico 2009-10;
          l'USP di Taranto ha successivamente contestato la laurea in scienze dell'educazione in quanto titolo valido fino all'anno accademico 2000-01 per la classe A043-A050 come da decreto ministeriale n.  39 del 1998;
          gli esami richiesti per l'accesso alla classe di concorso A050 erano comunque stati sostenuti nel proprio piano di studi e che a tutt'oggi tale laurea, risultando essere titolo valido per l'accesso alla A036-A037, avrebbe permesso a T.P. di optare (come scelta per il corso DM85) per le suddette classi e, quindi, potersi abilitare per le stesse;
          l'USP ha proceduto alla revoca del passaggio pur avendo, T.P. superato l'anno di prova;
          nel frattempo, per sanare il titolo di studio contestato, in data 21 luglio 2011 ha conseguito anche il titolo di laurea magistrale in lettere moderne (LM14), titolo di accesso valido per le classi di concorso A043 e A050;
          in seguito al conseguimento del secondo titolo, richiede all'università degli studi di Bari il certificato del predetto titolo abilitante che le è stato rilasciato senza la dicitura «con riserva» in data 1o settembre 2011;
          l'USP nel diniego dello scioglimento di riserva fa riferimento alla sentenza negativa del TAR n.  7942/08 che aveva ammesso «con riserva» T.P. al corso abilitante, ma nel frattempo l'intervenuta disposizione legislativa di cui all'articolo 1, comma 4-septies, della legge n.  167 del 2009, aveva di fatto sanato la posizione dei docenti a tempo indeterminato che avevano superato l'esame finale, ritenendo l'abilitazione valida. La docente, pertanto, non ha preso in considerazione di percorrere altre strade sul piano professionale e lavorativo nelle legittime aspettative di aver ottenuto finalmente il risultato sperato;
          a tale proposito va precisato inoltre che l'USP di Taranto in maniera erronea, ha ritenuto che lo scioglimento della riserva a seguito del suddetto provvedimento legislativo (articolo 1, comma 4-septies, della legge n.  167 del 2009) inducesse a riprendere in esame la valutazione dei titoli posseduti «ora per allora», ma, in tale articolo non si fa nessun riferimento ad una tale valutazione;
          i successivi ricorsi al TAR da parte di tale docente sono stati necessari in quanto l'USP di Taranto, dopo 4 anni dall'iscrizione al suddetto corso e dopo ben 2 anni dal superamento dell'esame scritto e orale, ha effettuato il controllo dei requisiti di ammissione che doveva essere svolto per delega dell'ufficio scolastico regionale prima dell'avvio del corso;
          ciò ha impedito T.P. di effettuare altri percorsi (esempio SSIS);
          né l'USP, né la magistratura amministrativa hanno valutato i nuovi elementi prodotti dalla insegnante (certificato di abilitazione senza la dicitura «con riserva» rilasciato dall'università di Bari, i nuovi titoli di studio validi per l'accesso alle classi di concorso), circostanze che dovrebbero considerarsi avere un effetto sanante circa le posizioni della docente;
          l'USP, infatti, non ha convalidato le domande di passaggio della docente in questione per l'anno scolastico 2012/13 nonostante il possesso dei suindicati requisiti  –:
          di quali elementi disponga rispetto alla situazione descritta in premessa e quali iniziative intenda assumere in proposito. (4-17336)


      PES. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          l'interrogante è venuta a conoscenza della situazione di alcuni docenti di scuola primaria (L.C. e A.M. L.) laureati in pedagogia (equiparato alla laurea specialistica in «Scienze dell'educazione degli adulti e della formazione continua, classe 65/S), col titolo di accesso alla classe di concorso A037 come da decreto ministeriale n.  21 del 2005;
          tali docenti hanno partecipato con riserva, in quanto docenti a tempo indeterminato di Scuola primaria, al corso abilitante speciale bandito con decreto ministeriale n.  85 del 2005 del quale hanno superato, con esito positivo, gli esami finali;
          la situazione restrittiva, riguardo la partecipazione al predetto corso per soli docenti con contratto a tempo indeterminato è stata superata dall'articolo 1, comma 4-septies, della legge n.  167 del 2009 che riconosce «l'abilitazione all'insegnamento conseguita dai docenti con contratto a tempo indeterminato, in servizio presso la scuola pubblica, ammessi con riserva ai corsi indetti con i decreti del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca [...] n.  85 del 18 novembre 2005 [...]»;
          l'U.S.P. di Taranto ha successivamente contestato il titolo di studio in quanto valido, come da decreto ministeriale n.  39 del 1998, fino all'anno scolastico 2000/2001;
          il proprio piano di studio di tali insegnanti è equiparato, e in regola con gli esami richiesti dal predetto decreto ministeriale e che, se fossero state a conoscenza del difetto del proprio titolo, anche solo pochi mesi prima della discussione della tesi, avrebbero provveduto ad inoltrare richiesta di cambio di corso di laurea in «scienze dell'educazione» con il riconoscimento di tutti gli esami;
          la differenza, infatti, consisteva soltanto in un cambio di denominazione e non di percorso per l'accesso all'insegnamento alla classe di concorso A37 (filosofia e storia);
          in data 1o dicembre 2011 una candidata ha conseguito la laurea magistrale in filosofia e scienze dell'educazione (LM-78 – classe delle lauree magistrali in scienze filosofiche), titolo di accesso alla classe di concorso A/37, mentre un'altra dovrà discutere la tesi, dello stesso corso di laurea entro il corrente anno accademico;
          a seguito di richiesta delle docenti, l'università degli studi di Bari ha rilasciato regolare certificazione del predetto titolo abilitante senza la dicitura «con riserva» –:
          di quali elementi disponga rispetto alla situazione descritta in premessa e quali iniziative intenda assumere in proposito. (4-17337)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il TG3 e numerosi siti internet di informazione hanno riferito del caso del signor Francesco Maggi, impiegato all'Ilva di Taranto, dove per cinque anni ha curato la manutenzione di uno degli impianti ora sotto sequestro;
          in seguito al suo lavoro si sarebbe ammalato e gli sarebbe stato diagnosticato il linfoma di Hodgkin;
          in seguito il signor Maggi sarebbe stato licenziato  –:
          se quanto sopra esposto corrisponda a verità;
          in particolare se sia vero che il signor Maggi sia stato licenziato, e con quale motivazione ufficiale;
              se risulti se il signor Maggi abbia contratto il linfoma di Hodgkin in seguito al suo lavoro;
          a quanti altri lavoratori dell'ILVA di Taranto sia stato diagnosticato il linfoma di Hodgkin;
          se i colleghi del signor Maggi siano stati sottoposti a visita medica e diagnostica, e se risulti quale esito abbia dato tale visita. (5-07607)

Interrogazioni a risposta scritta:


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il 5 agosto 2012 risulta essere deceduto un ragazzo di appena 14 anni, schiacciato da un masso mentre stava effettuando lavori in un'abitazione privata a Corigliano d'Otranto, in provincia di Lecce;
          a quanto risulterebbe, il ragazzino era impegnato in alcuni lavori di scavo, quando è stato travolto da un grosso masso che si è staccato all'improvviso da una parete rocciosa, interessata dagli scavi, per la realizzazione di una fontana  –:
          quale sia l'esatta dinamica del grave incidente;
          se il cantiere allestito fosse in regola e se i lavori in corso fossero effettuati in maniera conforme alle leggi;
          come si spieghi l'utilizzo di un minorenne nei lavori del cantiere;
          se il ragazzo in questione era già stato utilizzato in precedenti lavori;
          quanti minorenni in Puglia siano rimasti vittime nel corso di incidenti sui luoghi di lavoro nei quali evidentemente, erano impiegati in contrasto con quanto previsto dalla legge n.  977 del 1967.
(4-17313)


      MANCUSO, GIRO e CROLLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la formazione professionale erogata a persone in cerca di lavoro o in mobilità potrebbe, e dovrebbe, essere ottimo trampolino per migliorare le proprie credenziali e facilitare l'occupazione;
          i corsi, nel nostro Paese, sono organizzati da una miriade di realtà: sindacati, associazioni di categoria, enti locali, professionisti, consulenti, enti legati a partiti politici;
          i finanziamenti necessari arrivano soprattutto dal Fondo sociale europeo: secondo l'ISFOL (Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori) le risorse complessive ammontano a 1,6 miliardi di euro l'anno;
          ai finanziamenti del Fondo sociale europeo si aggiungono stanziamenti ministeriali, regionali e dei fondi interprofessionali alimentati dal prelievo obbligatorio dello 0,30 per cento sui salari;
          tra gennaio 2010 e giugno 2011, secondo ISFOL, sono state erogate 95 mila ore di formazione continua con il coinvolgimento di 61 mila imprese e quasi 2 milioni di frequentanti;
          spesso l'assenza di controlli facilita delle vere e proprie truffe a danno dei partecipanti, oltre che sperpero di risorse pubbliche;
          non esistono programmi predefiniti o limiti alla durata o al numero dei partecipanti;
          a livello nazionale sono fortissime le disparità: l'Emilia è la regione dove i fondi vengono maggiormente utilizzati, in coda le regioni del Sud nel triangolo lombardia-Veneto-Emilia molte realtà funzionano, nel Sud del Paese l'inefficienza impera;
          in Sicilia, regione nella quale il tasso di disoccupazione è doppio rispetto alla media nazionale, la Corte dei conti ha quantificato in 1,9 miliardi di euro le risorse del Fondo sociale europeo riversate nell'isola dal 2003 al 2010, cui si aggiungono altre decine di milioni di euro per finanziare gli uffici pubblici per l'impiego;
          per ogni corso di formazione erogato in Sicilia in quegli anni ha trovato occupazione in disoccupato e mezzo;
          a volte i corsi prevedono sussidi mensili per gli iscritti, diventando potenti macchine di consenso  –:
          se il Governo intenda assumere iniziative per regolamentare in maniera precisa i programmi, la durata e il numero dei partecipanti ai corsi di formazione professionale;
          se il Governo intenda verificare l'opportunità di assumere iniziative normative per vietare che organismi quali i sindacati o i partiti politici eroghino corsi di formazione professionale;
          se il Governo intenda assumere iniziative per rafforzare e irrigidire i meccanismi di controllo previsti. (4-17323)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


      NUCARA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          l'ippodromo delle Capannelle ha un valore storico; inaugurato nel 1881, ancora oggi è il primo ippodromo d'Italia e come struttura sportiva ha avuto il privilegio di ospitare negli anni personaggi illustri e leggendari campioni;
          è situato in un'area di grande rilevanza storico-archeologica, visto che da esso sono visibili l'Acquedotto Claudio e la villa di Lucrezia Romana;
          l'impianto è attualmente gestito in concessione dalla società Hippogroup Roma Capannelle spa che ha chiesto, l'8 marzo 2011 il concordato, pensando così di poter proseguire le attività d'impresa, grazie a un piano di esdebitazione con i creditori e un progetto economico-industriale per gli anni 2011-2016 che prevede il pagamento del 100 per cento dei creditori privilegiati e del 25 per cento dei creditori chirografari;
          la Hippogroup Roma Capannelle spa fa parte della rete di promozione ippica che comprende le società di corse titolari della gestione degli ippodromi di Bologna, Cesena, Torino, Varese e del centro di allenamento di Castel San Pietro Terme (Bologna);
          le sue finalità sono la promozione e l'esercizio di iniziative sportive, industriali e commerciali, la gestione di ippodromi e di centri di allenamento, il miglioramento e lo sviluppo del ruolo del cavallo e delle corse oltre che la gestione dei giochi e delle scommesse ad esse dirette; può organizzare e realizzare eventi, spettacoli e manifestazioni artistiche, sportive e culturali e ogni attività ricreativa, anche editoriale avvalendosi in tutto o in parte anche dell'opera di terzi;
          la crisi aziendale nasce da fattori diversi: la crisi economica diffusa, la significativa riduzione delle scommesse ippiche di oltre il 43 per cento, visto il proliferare di giochi a premi e lotterie a forte richiamo mediatico e dal basso costo; la contrazione delle disponibilità di bilancio dell'UNIRE, la riduzione del calendario delle corse e la più esigua disponibilità degli importi messi in palio destinati a scuderie e allevatori; il congelamento dei contributi incentivanti gli investimenti negli ippodromi dal cosiddetto fondo investimenti UNIRE anno 2000;
          nonostante le predette circostanze la Hippogroup Roma Capannelle spa avrebbe effettuato investimenti in strutture, illuminazione, scuderie, e altro grazie ad aumenti di capitale;
          il contratto di concessione dell'importo di 2.380.000,00 euro annui, insostenibili per le circostanze sopra riportate è stato ridotto con il concordato a 1.000.000,00 di euro anche per gli effetti di una comunicazione che l'UNIRE il 15 febbraio 2011 ha inviato ai comuni italiani proprietari di ippodromi, al fine di ottenere una riduzione dei canoni di concessione;
          nel giugno 2010 la Hippogroup Roma Capannelle spa ha chiesto e ottenuto dalla regione Lazio i benefici della «cassa integrazione guadagni in deroga»;
          gli accordi fra la Hippogroup Roma Capannelle spa e il comune di Roma prevedevano che nel proseguimento dell'attività d'impresa fossero fatti salvi l'avviamento e l'occupazione (dipendenti nel numero di 72 unità) alla data della presentazione della rinegoziazione della concessione di locazione fino al 31 dicembre 2016;
          si è preferito dar corso alla procedura concordataria perché la continuità d'impresa tutela meglio le ragioni di tutti i creditori, dei dipendenti e della società che così ha evitato la dichiarazione di fallimento;
          la Hippogroup Roma Capannelle spa a far data dal 1° agosto 2012, a quanto consta all'interrogante, sarebbe intenzionata a cedere un ramo d'azienda avente attività diversa dal core business, utilizzato per la manutenzione del verde del comprensorio, delle piste di gara e di allenamento, delle aree ricettive aperte al pubblico, nonché della manutenzione ordinaria dei fabbricati attigui all'ippodromo;
          ad avviso dell'interrogante occorrerebbe verificare se la Hippogroup Roma Capannelle spa, in presenza di una concessione del comune di Roma e con un concordato in atto, possa modificare la sua «gestione e conduzione degli ippodromi» in una «semplice» funzione amministrativa;
          fra le finalità del concordato sarebbe espressamente richiamata quella del «contenimento del costo del personale» e nel testo dell'accordo si leggerebbe testualmente: «programmerà un piano di esodo incentivato ed effettuerà pensionamenti senza sostituzione dei ruoli»; non appare corretta dunque la decisione della Hippogroup Roma Capannelle spa di procedere alla cessione di un ramo d'azienda che, così come prospettata, potrebbe determinare il licenziamento dei dipendenti cui verrà chiesta la mobilità presso una diversa sede e/o località di lavoro, mentre gli accordi sottoscritti prevedono la salvaguardia dei posti di lavoro e una diversa procedura di esodo;
          l'iniziativa della Hippogroup Roma Capannelle spa, un privato che gestisce una concessione pubblica (con scadenza 2016) e che ha preso in carico dalla precedente amministrazione il personale (parte del quale vanta più di 16 anni di anzianità di servizio), secondo l'interrogante si configura come anomala e non giustificata, anche per il fatto che con il concordato l'azienda ha beneficiato anche di una cospicua riduzione degli oneri di concessione  –:
          quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere a tutela dei livelli occupazionali. (3-02438)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BELLANOVA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          sugli organi di stampa si legge di una questione legata ad un concorso bandito dall'università del Salento per il reclutamento di n.  3 posti di categoria C - personale tecnico-amministrativo, poi annullato e per il quale si è espresso, in questi giorni, il TAR;
          dalle ricostruzioni giornalistiche sembrerebbe che il direttore amministrativo dell'università del Salento a settembre 2011 abbia deciso di aprire i plichi e di riesaminare i contenuti degli elaborati dei vincitori. Inoltre, a conclusione del concorso, il 30 dicembre 2011, dopo aver «segnalato alla commissione d'esame gravi irregolarità – come segni di riconoscimento sui fogli, – e soprattutto che i compiti risultassero copiati da manuali di Giurisprudenza presenti su Internet e dal sito di Wikipedia» ha deciso di «annullare gli atti del concorso ricorrendo al principio dell'autotutela. Contestualmente presentò la denuncia alla Procura»;
          i tre vincitori del concorso hanno presentato ricorso al TAR contro la decisione del direttore amministrativo di annullare le prove;
          circa due settimane addietro il TAR ha emesso la sentenza in merito dando ragione ai candidati, tra le altre, con la seguente valutazione «non ci può essere la sovrapposizione di un burocrate alla valutazione di un organo tecnico che raggiunge il livello di conoscenze necessario (anche) attraverso la pluralità dei componenti»;
          per ciò che concerne l'interessamento della procura, nella motivazione della richiesta al gip di archiviazione della denuncia nei confronti della commissione giudicatrice per i tre posti messi a concorso dagli organi di stampa emerge che «non sono ravvisabili ipotesi di reato, dall'abuso di ufficio all'omissione di atti, a carico della commissione»,
          in data 4 agosto 2012 sulla Gazzetta di Lecce si leggono le asserzioni del procuratore Motta in merito «innanzi tutto non può non rilevarsi la irregolarità dell'iniziativa del direttore amministrativo (sulla cui legittimità lo stesso presidente della commissione giudicatrice ha formulato condivisibili perplessità) il quale, dopo la conclusione dei lavori della commissione (unico organo legittimato a valutare il merito degli elaborati e la loro regolarità) e dopo l'approvazione della graduatoria finale di merito di cui al verbale 16 dicembre 2009, ha ritenuto di «riesaminare» – in autonomia ed incontrollata solitudine – gli elaborati dei candidati, rilevando alcune anomalie nella stesura grafica degli elaborati il cui controllo esulava dalla semplice verifica sull'approvazione degli atti, di sua competenza, sfociando piuttosto in valutazioni di merito, appannaggio esclusivo della commissione»;
          ed inoltre «a voler astrattamente ipotizzare un interesse della commissione ad avvantaggiare uno o più dei concorrenti risultati idonei ovvero a danneggiare uno o più di quelli esclusi (interesse, peraltro, nemmeno adombrato nella segnalazione del direttore amministrativo) è di tutta evidenza che analogo interesse – simmetrico ma invertito – avrebbe potuto astrattamente avere proprio il direttore amministrativo; e tale interesse ben avrebbe potuto costituire il motivo della sua estemporanea iniziativa di «riesaminare» nel merito gli elaborati e di rilevare e segnalare le suddette «anomalie» (volendo escludere l'ipotesi di attribuire a lui l'alterazione grafica delle «minute») al fine di avvantaggiare uno o più dei concorrenti esclusi ovvero di danneggiare uno o più di quelli ammessi»;
          il rettore dell'università di Lecce qualche giorno dopo in una intervista al Nuovo Quotidiano di Puglia chiede che «il Procuratore riapra le indagini»;
          le organizzazioni sindacali in un comunicato apparso sugli organi di stampa chiedono che «la Procura avvii un'indagine su tutte le assunzioni, i concorsi e le procedure selettive che hanno portato alla costituzione dei nuovi organi collegiali e le commissioni di Ateneo [...] le varie denunce pubbliche fatte da tempo dalle organizzazioni sindacali in merito alla scarsa trasparenza nella gestione delle procedure e dei meccanismi di reclutamento all'interno dell'Università trovano peraltro una autorevole conferma nel Decreto di archiviazione, emanato dalla Procura della Repubblica di Lecce e confermato dal gip»;
          ed inoltre si legge «occorre chiedersi in realtà chi abbia veramente interesse a rifare un concorso, visto che la commissione giudicatrice nominata per rinnovare la procedura era costituita da un delegato del rettore e da un docente fisico di ingegneria e da nessun docente di diritto pubblico pur trattandosi di un concorso per amministrativi». Per le organizzazioni sindacali «una gestione delle procedure concorsuali in incontrollata solitudine crea enorme preoccupazione per gli esiti degli imminenti concorsi banditi dall'Ateneo, per le chiamate di docenti a seguito di procedimenti concorsuali ed anche per le procedure d'appalto dell'edilizia che l'Ateneo dovrà gestire»;
          si apprende, poi, che le organizzazioni sindacali nei prossimi giorni raccoglieranno tutti gli elementi circa la gestione dei concorsi e delle altre procedure «per farne oggetto di un esposto agli organismi competenti affinché venga avviata un'ispezione presso l'Ateneo salentino finalizzata al ripristino del rispetto delle norme, delle leggi e della trasparenza rimuovendo le cause della loro scarsa osservanza»;
          in questa situazione, a parere dell'interrogante, non si può consentire che aleggi alcun tipo di sospetto sull'università salentina, poiché prima di rappresentare il luogo dove il sapere, l'approfondimento e la conoscenza trovano la loro massima espressione, questa istituzione è l'organo deputato alla formazione delle coscienze critiche dei giovani. Si tratta del luogo nel quale i cittadini si aspettano ed esigono giustamente che siano rispettati i criteri della trasparenza e della meritocrazia –:
          se il Governo, per quanto sopra esposto, non ritenga di dover intervenire con urgenza in questa situazione, ai sensi dell'articolo 60, comma 6, del decreto legislativo n.  165 del 2001, per acclarare che ogni procedura messa in essere all'interno dell'ateneo salentino corrisponda ai criteri della trasparenza e del rispetto delle norme, ciò al fine di dissipare qualsiasi dubbio e restituire tranquillità ai cittadini salentini ed agli studenti che si affidano all'università di Lecce per la loro formazione umana e scientifica. (5-07612)

Interrogazione a risposta scritta:


      MANCUSO, GIRO e CROLLA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          il codice in materia di trattamento dei dati personali (decreto legislativo 196 del 2003) e il Codice dell'amministrazione digitale forniscono alla pubblica amministrazione istruzioni dettagliate per migliorare la propria efficienza;
          ANORC (Associazione nazionale per operatori e responsabili della conservazione digitale dei documenti) ha curato una ricerca presso gli uffici pubblici italiani verificando lo stato dell'arte dell'adozione delle procedure informatizzate previste dalla legge;
          l'indagine è partita dall'analisi dei siti delle amministrazioni per verificare la presenza o meno, nelle pagine web, di due figure emblematiche nello sviluppo dei processi informatici: il responsabile del trattamento dei dati personali e il responsabile della conservazione;
          il nominativo del responsabile del trattamento dei dati era pubblicato on line in meno del 30 per cento dei casi (tranne che sui portali delle Regioni, dove la percentuale è del 70 per cento);
          il nominativo del responsabile della conservazione non viene pubblicato nel 90 per cento dei casi;
          in oltre metà dei comuni e delle province il responsabile della conservazione non risulta nemmeno nominato;
          circa un ente locale su 10 affida in outsourcing il sistema di archiviazione del proprio materiale, con uno spreco di risorse economiche e di efficienza gestionale;
          tra i siti web dei Ministeri, solo quello dell'economia dispone, nell'informativa sulla privacy, dei nominativi dei responsabili del trattamento dei dati personali;
          ANORC non è riuscita a conoscere da nessun Ministero il nominativo del responsabile della conservazione;
          solo il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha ammesso di ricorrere a un servizio esterno;
          La mancata implementazione dell'archiviazione e della conservazione telematica dei dati presso la pubblica amministrazione comporta uno spreco di risorse finanziarie e un appesantimento burocratico;
          il Governo richiede numerosi adempimenti burocratici alle PMI e ai lavoratori italiani, perseguiti amministrativamente se non ottemperanti agli stessi  –:
          con quali modalità e in quali tempistiche il Governo intenda allineare le procedure della pubblica amministrazione alle disposizioni legislative. (4-17321)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


      PIANETTA. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          la procura di Torino sta indagando per verificare se esista una correlazione tra i pesticidi usati in agricoltura e sclerosi laterale amiotrofica;
          nel corso del 2011 in Piemonte si sono verificati 123 casi di SLA tra agricoltori;
          dai primi riscontri risulterebbe che tale incidenza sarebbe addirittura superiore a quella dei calciatori per i quali sarebbe 24 volte superiore alla media in relazione ai pesticidi utilizzati per l'erba dei campi da gioco;
          se confermata si tratterebbe dunque di questione estremamente preoccupante in termini di salute, ambiente e coltivazioni agricole  –:
          quali urgenti iniziative intendano mettere in atto i Ministri interrogati per accertare i fatti e quali eventuali interventi conseguenti intendano assumere.
(4-17317)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
          la società Ghizzoni spa è stata fondata nel 1950 e nel corso dei decenni la società ha progredito continuamente specializzandosi nel settore della costruzione di grandi condutture per gas e liquidi sino a diventare un riferimento del mercato italiano ed internazionale di settore;
          la società Ghizzoni ha sede operativa a Vidalenzo di Polesine (Parma) e sede legale a Macchia di Ferrandina (Matera);
          a livello europeo Ghizzoni ha operato con le maggiori imprese energetiche ed ha effettuato la costruzione dei pipeline in Italia, Svizzera, Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Irlanda, Austria, Grecia e Croazia per un totale di oltre 5.000 chilometri di condotte;
          la Ghizzoni ha indicato fatturati compresi fra i 130 e 220 milioni di euro, con punte di circa 250 milioni, nel triennio 2009-2011 e larga parte di questi sono stati realizzati all'estero;
          la Ghizzoni ha acquisito nel 2000 il ramo d'azienda Saipem Italia raggiungendo quindi un potenziale operativo diretto pari a circa 3.500.000 ore di lavoro/anno;
          la Ghizzoni si occupa in proprio dell'attività di ricerca e innovazione tecnologica ed è stata la prima azienda italiana a conseguire la certificazione tramite Lloyd's Register Quality Assurance, nel settore condutture;
          da un comunicato dell'azienda e dalla stampa si è appreso che la Ghizzoni in difficoltà economico-finanziarie ha deciso: «(...) sussistendone a suo parere i requisiti, di presentare istanza per il ricorso all'amministrazione straordinaria, così come prevista dalla legge Marzano. Tale decisione – si spiega ancora – conformemente allo spirito della legge, che disciplina la ristrutturazione delle grandi imprese in stato di insolvenza, è stata dettata dalla finalità di garantire l'efficace ristrutturazione dell'impresa perseguendo, unitamente alla garanzia dei creditori, l'obiettivo di preservare l'avviamento e la posizione di mercato della stessa, assicurando la ristrutturazione del passivo e l'eventuale dismissione delle sole attività non strategiche, oltreché, coerentemente con i detti obiettivi, i livelli occupazionali» come recita appunto il comunicato stampa;
          sempre come recita il comunicato le ragioni della presente situazione sarebbero da ricercarsi nella: «(...) crisi di liquidità che riguarda l'impresa, e che si inserisce nel più ampio quadro della gravissima congiuntura economico-finanziaria, oramai sistemica, da tempo persistente a livello mondiale e soprattutto europeo, mercato che più di tutti involge l'attività della Ghizzoni»;
          l'istanza nella quale Ghizzoni spa richiede l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria definita nel decreto-legge 23 dicembre 2003, n.  347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n.  39, recante «Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza» e successive modifiche ed integrazioni (di seguito decreto-legge n.  347 del 2003), risulta depositata in data 9 maggio 2012 ricorrendo lo stato di insolvenza e i requisiti dimensionali previsti dall'articolo 1 del medesimo decreto;
          il Ministero dello sviluppo economico, con suo decreto del 30 maggio 2012, ha ammesso la Ghizzoni spa alla procedura di amministrazione straordinaria ai sensi della legge n.  39 del 2004, nominando commissario straordinario il dottor Daniele Pecchini;
          nel medesimo decreto e nel successivo del 4 luglio 2012 vengono definiti in prima istanza le condizioni di debito e di personale atte a giustificare tale ammissione;
          il tribunale di Matera ha accertato la sussistenza della condizioni per l'ammissione alle procedure della legge n.  39 del 2004;
          il commissario straordinario è al lavoro sia per redigere le relazioni di legge, compreso quanto previsto all'articolo 4 della legge n.  39 del 2004 in termini di programma di ristrutturazione e sulle cause dell'insolvenza, sia per compiere le valutazioni necessarie ad identificare la sostenibilità di un progetto di riorganizzazione;
          molta inquietudine è già presente fra il migliaio di lavoratori coinvolti, diversi dei quali sono già in cassa integrazione straordinaria, per i quali è comunque necessario al più presto definire, anche sulla base dell'azione del commissario, l'applicazione coerente e corretta degli ammortizzatori sociali necessari e dovuti  –:
          se quanto riportato in premessa corrisponda al vero, quale sia il reale stato della situazione della Ghizzoni spa e quali ulteriori iniziative di competenza il Ministro intenda porre in essere per salvaguardare un grande patrimonio tecnologico italiano, i lavoratori, i creditori e l'integrità aziendale.
(2-01635) «Benamati, Motta, Bellanova, Lolli, De Pasquale, Fogliardi, Beltrandi, Cardinale, Piccolo, Fadda, Mantini, Ferrari, Fiorio, Burtone, Froner, Fontanelli, Castagnetti, Losacco, Picierno, Melis, Tullo, Baretta, Duilio, Rubinato, Viola, Touadi, Tocci, Sanga, Marco Carra, La Forgia, Barbi, Margiotta».

Interrogazione a risposta in Commissione:


      MARTELLA e VIOLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il 2 agosto 2012 i vertici di Acciaierie Beltrame Afv hanno comunicato alle organizzazioni sindacali la volontà di chiudere lo stabilimento di Marghera (Ve), che si occupa della commercializzazione dei prodotti;
          la decisione ha come immediata conseguenza il licenziamento dei 130 dipendenti occupati nella sede;
          nel luglio del 2011 Afv Beltrame aveva sottoscritto un accordo per l'utilizzo di due anni di cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione, con investimenti previsti per oltre 10 milioni di euro;
          secondo le organizzazioni sindacali gli investimenti realmente effettuati nel primo anno ammontano a non più di 2 milioni di euro;
          Afv Beltrame avrebbe dunque deciso di non tener fede agli accordi, sospendendo la cassa integrazione e gli investimenti  –:
          se sia al corrente della situazione;
          se non ritenga avviare, nell'ambito delle proprie competenze, una verifica sulla condotta di Beltrame Afv riguardo agli impegni assunti, azione, questa, che appare necessaria per tutelare i 130 lavoratori ed evitare una nuova situazione di crisi occupazionale nell'area. (5-07608)

Interrogazioni a risposta scritta:


      TULLO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          mercoledì 11 luglio 2012 sul giornale «la repubblica» edizione di Genova è comparsa la notizia relativa alla possibile chiusura dell'ufficio postale nella frazione Santa Vittoria di Libiola nel comune di Sestri Levante (provincia di Genova);
          la sede dell'ufficio è stata recentemente ristrutturata in considerazione del forte afflusso di pubblico; si tratta infatti della più grande frazione rurale del comune di Sestri Levante che raccoglie l'utenza di tutte le altre frazione dell'entroterra comunale;
          la notizia ha creato un elevato allarme e preoccupazione per il disagio che si determinerebbe, in particolare per le persone anziane che abitano la zona e anche per le attività economiche che usufruiscono del servizio;
          il consiglio comunale di Sestri Levante nella seduta del 25 luglio 2012 ha approvato all'unanimità un ordine del giorno per chiedere il mantenimento del servizio  –:
          trovi conferma l'intenzione di chiudere l'ufficio di Santa Vittoria di Libiola;
          se, pur tenendo conto degli obiettivi aziendali di equilibrio economico-finanziario, non si ritenga possibile, visto anche il notevole afflusso di pubblico, garantire l'operatività dell'ufficio postale. (4-17319)


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          in Italia sorgono sempre maggiori contestazioni e proteste contro centrali eoliche industriali realizzate e autorizzate in grande quantità. Associazioni ambientaliste, comitati, singoli cittadini ma anche personaggi della cultura e intellettuali hanno più volte richiamato l'attenzione sull'immane tragedia territoriale e paesaggistica che la nazione ha subito e continua a subire. Intere regioni sono colonizzate massicciamente da impianti realizzati e ad oggi risultano realizzate oltre 5500 torri eoliche al 2011 per quasi 7000 megawatt sul suolo Italiano in gran parte senza assoggettamento alla VIA. Ma soprattutto vi sono innumerevoli impianti autorizzate e quindi di possibile realizzazione per non meno di ulteriori 5-6000 megawatt;
          ad aggravare ulteriormente la situazione contribuisce la deregolamentazione introdotta per impianti eolici fino a 1 megawatt eludendo le già scarse norme di riferimento e la valutazione ambientale, anche di carattere cumulativo. Centinaia di questi impianti, che di fatto non sono ne «mini» (100 metri di altezza) e tutt'altro che «singoli», sono disseminati nelle aree rurali più pregiate senza che le istituzioni sappiano nemmeno dove e quanti siano;
          le linee guida nazionali in materia di insediamento di impianti da fonte rinnovabile hanno secondo gli interroganti clamorosamente fallito gli obiettivi, pur non ambiziosi, per le quali furono introdotte. Esse sono state redatte e approvate in grande ritardo rispetto alla proliferazione di tali impianti e soprattutto rispetto alla presentazione dei progetti che vantano regimi autorizzativi antecedenti all'entrata in vigore di tale provvedimento. Inoltre, anche la vincolistica territoriale delegata alle regioni dalle citate Linee Guida è miseramente fallita stante la sostanziale immobilità delle stesse regioni o nel migliore dei casi la redazione di misure tardive o del tutto superficiali;
          la situazione odierna è la persistenza a tutt'oggi di un far-west in cui il percorso autorizzativo di migliaia di progetti è avulso da qualunque logica pianificatoria e il degrado di territori di incommensurabile bellezza paesaggistica, aree archeologiche, zone di elevatissima importanza per la biodiversità, ecc. continua ad essere la regola e non l'eccezione. Continua ad essere così umiliato l'articolo 9 della Costituzione repubblicana e si assiste alla emorragia di valori identitari e territoriali che le popolazioni non potranno più vantare per un serio riscatto economico. È in tale contesto di sregolatezza che non potevano che essere agevolate significative e diffuse infiltrazioni della malavita organizzata nel settore;
          il PAN (Piano d'azione nazionale) sull'energia comunicato all'Unione europea prevedeva quella che gli interroganti giudicano l'assurda cifra di 12.000 megawatt di eolico a terra al 2020 e 8.000 megawatt di fotovoltaico, senza per altro alcuna valutazione in ordine alla sostenibilità territoriale come poi si è rivelato alla luce delle pesanti conseguenze paesaggistiche, ambientali e territoriali oltre che sulla magliatura della rete elettrica rurale con ulteriori costi a carico dei contribuenti;
          il predetto PAN è stato già disatteso in eccesso soprattutto per effetto del boom degli insediamenti fotovoltaici e il previsto vincolo comunitario del 26,30 per cento da FER elettriche sarà abbondantemente raggiunto già quest'anno con 8 anni di anticipo e aggravi economici per la nazione rispetto a oneri più contenuti che vi sarebbero stati se tale sviluppo fosse stato gradualmente distribuito nell'arco temporale fino al 2020 mentre lo Stato non ha fatto grandi passi in materia di risparmio e contenimento energetico. Considerando non solo quanto realizzato ma anche quanto autorizzato e in attesa di realizzazione, i 12.000 megawatt eolici previsti sono occultamente stati raggiunti senza che tuttavia lo Stato ne prenda atto;
          il Paese vive un momento di crisi economica e finanziaria gravissima. Il Governo Monti ha adottato misure severissime impegnando sia i cittadini che le imprese in pesanti sacrifici mentre ampi settori hanno subito ingenti tagli di spesa: dalla ricerca alla sanità, dalle scuole fino ai trasporti pubblici;
          proprio i trasporti pubblici risultano, tra quelli colpiti dai tagli finanziari programmati, un settore nevralgico per la vita dei cittadini ma paradossalmente anche un settore prioritario per contenere le emissioni di CO2;
          lo stesso governo italiano ha previsto (dopo il pareggio di bilancio) un rientro dal debito pubblico mediamente del 3 per cento del PIL all'anno per vent'anni, cioè circa 45 miliardi all'anno con conseguenze immaginabili per gli italiani;
          a tali sacrifici non partecipano le società energetiche da FER che hanno speculato e stanno capitalizzando rendite enormi con i precedenti sistemi incentivanti, con ricadute irrisorie sul tessuto produttivo italiano, avulso da tali tecnologie, comportando invece indubbi vantaggi per economie estere;
          per contro il Governo è riuscito a destinare una prospettiva di 230 miliardi di euro cumulati alla lobby delle rinnovabili elettriche, per di più lievitati di ulteriori 10 miliardi con le ultime modifiche ai decreti di riferimento mentre lo stesso Governo ricercava ulteriori 4 miliardi con tagli alle spese per evitare il prossimo aumento dell'IVA. Ciò comporterà un aggravio per le finanze dello Stato, proprio mentre in Europa ci viene imposto rigore nei conti pubblici, e indurrà una esasperazione del peso degli incentivi sulla bolletta energetica (già oggi pari a un quarto);
          i decreti relativi all'incentivazione della produzione elettrica da FER e da eolico nello specifico se da un lato rallenteranno la corsa a questa speculazione, dall'altra non apporteranno alcuna tutela di carattere territoriale, lasciandolo nel limbo della legge del più forte con l'occupazione di ampi territori con altre centinaia e centinaia di torri eoliche alte 150 metri;
          le stesse misure di incentivazione per l'eolico appena varate indurranno a privilegiare le aree relativamente più convenienti dal punto di vista della ventosità che tuttavia sono già state sfruttate. Questo si tradurrà anche in un ulteriore aggravio nelle zone del Mezzogiorno, già indecentemente martoriate da tali impianti e, di fatto, si tradurrà anche in una inutilità delle previsioni di ripartizione regionale di insediamenti rinnovabili stabilite con il cosiddetto burden sharing;
          come confortato da pareri dell'AEEG, sebbene in base all'obiettivo italiano del 17 per cento tra consumi finali attribuibili a FER e quelli attribuibili ad energia primaria, emerga come 1 tep nei consumi finali da fonti rinnovabili sia equiparabile alla riduzione di quasi 6 tep nei consumi totali di energia, è altrettanto incontrovertibile come 1 tep di maggiore produzione di energia elettrica da rinnovabile eolica (certificati verdi) comporti un onere annuo di 930 euro. Invece tale onere si ridurrebbe a 350 euro se derivante da rinnovabile termica o circa 100 euro se da interventi di risparmio energetico  –:
          se e come si intenda porre fine all'imbarazzante paradosso di risorse destinate massicciamente alle FER elettriche e a tecnologie così dannose come l'eolico nello specifico, sottraendo risorse ai trasporti pubblici vitali per una politica di mobilità e riduzione della CO2 in tale comparto;
          se nel rispetto della trasparenza e della accessibilità di informazioni ambientali contemplate da norme nazionali e direttive comunitarie non ritengano di avviare urgentemente una rapida indagine a cura di Terna e Gse e per definire la situazione (oggi poco chiara) relativamente a tutti gli impianti eolici in esercizio, già realizzati e in attesa di entrare in esercizio, in costruzione, in attesa di realizzazione poiché già in possesso di autorizzazione unica ex decreto legislativo n.  387 del 2003 ovvero in avanzata fase autorizzati va poiché in possesso del parere ambientale, che prelude all'autorizzazione finale;
          se alla luce delle motivazioni in premessa non ritengano di porre fine al finanziamento, ormai inutile e controproducente, anche in termini di contenimento da CO2, di ulteriori impianti eolici a scapito delle bellezze del territorio italico, favorendo invece opzioni più utili, meno impattanti e più strategiche per il Paese quali le rinnovabili termiche, l'efficienza energetica e perfino il trasporto pubblico, penalizzate dalla destinazione di ingenti risorse alle rinnovabili elettriche secondo gli interroganti scandalosa, oltre alla ineludibile opzione della ricerca;
          se alla luce della speculazione e danni indotti, in un momento in cui gli italiani sono chiamati a fare pesantissimi sacrifici, intendano onorare il rispetto nei confronti di questi ultimi assumendo iniziative per tassare le rendite garantite dei megaimpianti eolici e fotovoltaici;
          se, in subordine a quanto sopra, alla luce della scarsa iniziativa delle regioni, non ritengano di contenere la proliferazione eolica attraverso l'interdizione immediata agli incentivi per gli impianti ricadenti nel raggio di rispetto dalle emergenze paesaggistiche, naturalistiche e storiche del Paese, potenziale capitale endogeno dei territori da valorizzare in tempo di crisi;
          se i Ministri interrogati non ritengano di visitare le aree maggiormente colpite da tale fenomeno per meglio rendersi conto della situazione drammatica in cui versano e dei rischi di ulteriore e definitivo degrado che possono subire le scampate ricchezze paesaggistiche. (4-17329)

Apposizione di firme a risoluzioni.

      La risoluzione in commissione Rugghia n.  7-00966, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 agosto 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Vico, Bordo.

      La risoluzione in commissione Coscia e altri n.  7-00967, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 agosto 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Enzo Carra, Capitanio Santolini, Frassinetti.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Fugatti n.  4-17276, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 agosto 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

      L'interrogazione a risposta in commissione Fedriga n.  5-07603, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 agosto 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

      L'interrogazione a risposta in commissione Lanzarin e altri n.  5-07605, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 agosto 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Benamati n.  5-06956 del 30 maggio 2012.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Compagnon n.  4-17286 del 6 agosto 2012 in interrogazione a risposta orale n.  3-02436.

ERRATA CORRIGE

      Nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 23 luglio 2012, alla pagina 33197, prima colonna, le righe dalla prima alla quarta si intendono soppresse.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


      ALESSANDRI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          è almeno dal 2009 che viene denunciato il fenomeno del trasporto abusivo dei cavalli da equitazione e da corsa con le relative e gravi ripercussioni che esso riflette sull'economia e sul sistema delle piccole e medie imprese del trasporto. Tali situazioni sono state segnalate, in particolare dall'Associazione nazionale trasportatori cavalli (ANTRAC) di Bastia Umbra (Perugia);
          il distorsivo fenomeno del trasporto illegale dei cavalli da equitazione e da corsa ha assunto vaste proporzioni nel settore dell'ippica ed è in continua e preoccupante crescita. Secondo stime da accertare, l'ottanta per cento dei trasporti dei cavalli sportivi sarebbe effettuato da soggetti abusivi e del tutto sconosciuti al fisco;
          i trasporti illegali nell'ippica stanno costringendo alla chiusura centinaia di piccole e medie imprese del settore dei trasporti, impossibilitate a concorrere rispetto a soggetti che in virtù della loro abusività possono praticare prezzi notevolmente inferiori a quelli del mercato legale;
          i soggetti che effettuano i predetti trasporti abusivi si possono suddividere in due categorie: coloro che non posseggono alcuna licenza di trasporto e coloro che pur avendo una licenza per il trasporto in conto proprio, trasportano però cavalli di proprietà di terzi, segnatamente di istruttori di equitazione, di titolari di circoli ippici, di titolari di scuderie di cavalli da corsa o di persone fisiche proprietarie di cavalli;
          invero, il trasporto conto terzi può essere effettuato solamente da soggetti che risultino iscritti all'albo nazionale delle persone fisiche e giuridiche, in possesso di partita iva e che esercitano l'autotrasporto di cose per conto di terzi ed abbiano ottenuto apposita autorizzazione, così come previsto dall'articolo 41 della legge n.  298 del 1974;
          per capire l'entità del possibile fenomeno fraudolento, basterebbe esaminare le movimentazioni equine che avvengono nell'ambito dei concorsi ippici che settimanalmente si svolgono in seno al territorio amministrativo della Capitale, dove si spostano circa 300 cavalli a concorso per circa 4 o 5 concorsi. Ciò genera una movimentazione di circa 1.500 cavalli a settimana e mantenendo l'ipotesi dell'80 per cento di abusivismo sopra indicato, avremmo un'evasione corrispondente a circa 1.200 trasporti;
          i controlli per stroncare il grave fenomeno potrebbero riguardare i trasporti su strada e in tale circostanza procedere alla verifica del trasportatore, accertando se sia in possesso di licenza, quale sia la provenienza dei cavalli trasportati, i passaporti degli equini ed i relativi proprietari;
          altre verifiche si dovrebbero incentrare sugli ippodromi o nei circoli ippici nelle giornate di corse o di manifestazioni, andando ad accertare la sussistenza delle dichiarazioni di provenienza e di destinazione dei cavalli che le predette strutture devono trattenere in copia  –:
          se siano a conoscenza dell'esistenza del fenomeno dei trasponi abusivi nel sistema dell'ippica e se non intendano con urgenza assumere le opportune iniziative affinché siano effettuati maggiori e più mirati controlli nel settore dei trasporti dei cavalli da corsa e da equitazione, nonché presso i centri ippici nelle giornate di concorso, allo scopo di contrastare e reprimere comportamenti illegali commessi da parte di trasportatori abusivi. (4-11076)

      Risposta. — Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, riguardo agli aspetti relativi al benessere animale, in quanto il Ministero della salute non ha competenze in materia fiscale e commerciale, né potere di controllo rispetto ai danni economici subiti dalle imprese di trasporto per l'azione distorsiva dei trasportatori abusivi di cavalli sportivi.
      Il regolamento (CE) n.  1/2005 del Consiglio dell'Unione europea del 22 dicembre 2004 sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate, stabilisce le norme di benessere animale durante il trasporto avente finalità economiche.
      Pertanto, il Ministero della salute è costantemente impegnato nelle attività di vigilanza e controllo, per contrastare le violazioni di carattere amministrativo e gli illeciti penali che possano essere perpetrati durante il trasporto di animali vivi, ivi compresi gli equidi, sia nelle movimentazioni nazionali sia nei trasporti di provenienza comunitaria e internazionale.
      Al fine di migliorare e pianificare tali attività di controllo, è stato siglato e messo in atto un protocollo d'intesa tra il Ministero della salute e il Ministero dell'interno, volto al coordinamento delle diverse Autorità competenti (uffici veterinari per gli adempimenti comunitari - U.V.A.C., servizi veterinari delle Asl e polizia stradale). L'obiettivo del protocollo è pianificare i controlli sui veicoli e sulle imprese di trasporto, sia in strada che a destinazione, per tutelare la salute e il benessere degli animali trasportati e garantire la sicurezza stradale.
      Relativamente ai cavalli sportivi impiegati nel settore delle corse e dell'equitazione, si ritiene opportuno precisare che le «finalità economiche» del trasporto indicate come discriminanti ai fini dell'applicazione del suddetto regolamento, lasciano spazio ad una interpretazione piuttosto ampia, tanto da rendere difficile individuarle in maniera uniforme rispetto alle variegate realtà del settore.
      Per tale motivo il Ministero della salute negli ultimi anni ha fornito numerosi chiarimenti in merito all'esclusione del campo di applicazione del regolamento (CE) n.  1/2005, sia nel caso di trasporto di equidi in conto proprio sia in conto terzi.
      In particolare, è stato chiarito che il trasferimento di cavalli tra maneggi e le movimentazioni per attività ludico-sportive, ivi comprese le gare, non sono ascrivibili tra le attività economiche quando il trasporto è effettuato con veicoli di proprietà, presi in prestito o noleggiati, condotti dal proprietario dell'animale o detentore, ovvero quando il trasporto in conto terzi avviene senza alcun corrispettivo economico.
      Tuttavia, pur non rientrando nel campo di applicazione del citato regolamento, è auspicabile che anche nel trasporto senza finalità economiche i conducenti siano a conoscenza e osservino le disposizioni di carattere generale volte alla tutela degli animali trasportati.
      Relativamente all'opportunità di potenziare la vigilanza nei centri ippici, negli ippodromi e nei maneggi nei giorni previsti delle corse e dei concorsi equestri, il Ministero della salute ha invitato i servizi veterinari territorialmente competenti ad una maggiore attività di vigilanza durante tali manifestazioni.
      Per gli aspetti di propria competenza, il Ministero dell'interno ha segnalato che i compartimenti della polizia stradale per l'Umbria e per il Lazio, interessati direttamente dall'associazione nazionale trasportatori di cavalli di Bastia Umbra (PG) riguardo al trasporto abusivo di cavalli da corsa tra tali regioni, hanno intensificato i servizi mirati a contrastare tale illecita attività, in particolar modo in prossimità degli ippodromi romani ed in concomitanza degli eventi ippici.
      La Sezione della Polizia Stradale di Roma, allo scopo di monitorare e contrastare il fenomeno, si è avvalsa della collaborazione dell'Unione italiana incremento razze equine (U.n.i.r.e.), per acquisire maggiori informazioni sulla proprietà degli equini registrati e per fare emergere eventuali abusi nel trasporto, ai sensi degli articoli 26 e 46 della legge 6 giugno 1974, n.  298.
      I controlli sono stati effettuati congiuntamente con personale esperto in medicina veterinaria delle Aziende sanitarie locali al fine di verificare anche la regolarità delle condizioni di trasporto degli animali, la loro protezione ed il loro benessere.

Il Sottosegretario di Stato per la salute: Adelfio Elio Cardinale.


      BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto si legge dall'Agenzia di stampa Agenparl in un articolo del 4 aprile 2012, la regione Campania avrebbe speso 2,8 milioni di euro per la realizzazione del nuovo portale internet;
          la ditta incaricata dei lavori sul nuovo portale sarebbe la DigitCampania scarl. L'amministratore unico della società è Stefano Torda, collaboratore di lungo corso con diverse realtà del settore pubblico: capo dipartimento per l'innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio, consigliere di ministri (tra cui Moratti e Frattini), direttore generale dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e per gli affari regionali, il turismo e lo Sport ma anche revisore dei conti del Coni e presidente del collegio sindacale dell'ente nazionale di previdenza dei giornalisti italiani;
          a parere dell'interrogante in un momento di grave crisi economica la spesa intrapresa dalla regione appare alquanto esagerata, soprattutto in virtù del fatto che i soldi spesi dall'amministrazione della regione Campania derivano dai fondi dell'Unione europea;
          la regione Campania soffre di un forte deficit di bilancio dovuto alle amministrazioni precedenti, in particolare alla gestione Bassolino  –:
          se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
          se non ritenga opportuno verificare anche per il tramite del comitato di vigilanza se l'investimento operato dalla regione Campania con i fondi messi a disposizione dall'Unione Europea siano rispondenti agli obiettivi fissati dall'Unione europea. (4-16068)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente quanto segue.
      L'interrogante chiede di acquisire informazioni in merito all'affidamento, da parte della regione Campania, a DigitCampania scarl del servizio di realizzazione del nuovo portale internet.
      Al riguardo, il progetto di cui all'interrogazione consiste nella realizzazione del nuovo portale della regione Campania e si propone di offrire ai cittadini, oltre alla comunicazione istituzionale, soprattutto servizi on line.
      La realizzazione del nuovo portale appare necessaria in quanto quello in essere, realizzato più di dieci anni fa, è obsoleto e non è in grado di erogare alcun servizio ai cittadini.
      Il progetto è stato selezionato nell'ambito dell'obiettivo operativo 5.1 «Società della informazione del Por fesr Campania» e la sua esecuzione è stata affidata alla società DigitCampania scarl.
      Il progetto attuativo è stato presentato dalla predetta società per un importo di 4,5 milioni di euro, come previsto dalla deliberazione di Giunta regionale relativa all'affidamento. A seguito della valutazione, da parte del responsabile unico del procedimento, del quadro economico e dell'ammissibilità delle spese previste, è stata disposta l'ammissione a finanziamento sul programma operativo regionale per un valore massimo di 2,8 milioni di euro.
      A causa del severo taglio finanziario e della puntuale verifica in corso d'opera prevista dalla convenzione, la società non ha sottoscritto la convenzione, chiedendone la modifica, si è pertanto in attesa delle predette modifiche.
Il Ministro dello sviluppo economico: Corrado Passera.


      BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il Ministro interrogato è intervenuta in materia di pari opportunità, sostenendo esplicitamente che: «La riforma del mercato del lavoro dovrebbe interessare moltissimo alle donne». Dopo avere convocato per il prossimo 16 marzo 2012 l'incontro con le parti sociali per la riforma, il Ministro interrogato si è espressa in tema di occupazione femminile, proprio nel corso di un convegno sulle cosiddette quote rosa nel seguente modo: «Ci sono troppi osservatori, troppe commissioni e troppi pochi risultati. L'obiettivo deve essere di un'occupazione delle donne al 60 per cento»;
          l'Istat ci informa che ad oggi il dato è fermo al 46,9 per cento;
          il Ministro ha ancora affermato che la riforma del mercato del lavoro deve essere, di conseguenza più «inclusiva» perché gli unici incentivi presenti per migliorare l'occupazione delle donne «funzionano poco, a meno che non ci si metta una valanga di risorse»;
          il punto di snodo del ragionamento del Ministro è quello di pensare all'impiego femminile «non solo come un diritto» e che il problema è proprio il fatto che di questo argomento se ne parli molto senza agire;
          «Discutiamo troppo di donne» ha aggiunto il Ministro interrogato, «oggi dovremmo essere nello stadio nel quale le donne lavorano, magari con una certa flessibilità, perché questa è la normale vita di un adulto e non solo per contribuire al reddito familiare. Il lavoro dovrebbe essere espressione della propria personalità»;
          il Ministro ha poi elencato quelle che considera priorità quali le importanti tematiche dei congedi di paternità obbligatori, della conciliazione tra lavoro e famiglia e delle regole contro le dimissioni in bianco  –:
          in quale modo ritenga di poter raggiungere tali traguardi di civiltà, posto che sino ad ora il vigente ordinamento giuridico e gli attori di tale ha fatto di tutto pur di evitare il raggiungimento degli obiettivi fondamentali e condivisibili, ad avviso degli interroganti, su cui si è espressa.
(4-15267)

      Risposta. — Con riferimento alla interrogazione in esame, concernente le iniziative, i tempi e le modalità di attuazione con cui il Governo intende porre fine al fenomeno delle cosiddette «dimissioni in bianco», si rappresenta quanto segue.
      La pratica delle dimissioni in bianco consente all'impresa di licenziare un lavoratore o, più spesso, una lavoratrice, mascherando il licenziamento con finte dimissioni volontarie. Al momento dell'assunzione, infatti, la lavoratrice (o il lavoratore) firma le proprie dimissioni su un foglio privo di data. Il datore di lavoro inserirà la data quando lo riterrà opportuno – generalmente a seguito di malattia, infortunio o comportamento da lui considerato inappropriato – privando così la controparte delle tutele che la legge prevede.
      Tale comportamento assume una caratterizzazione particolarmente negativa quando le dimissioni in bianco sono utilizzate in caso di gravidanza della lavoratrice.
      Il Governo, e in particolare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali con delega alle pari opportunità, è particolarmente sensibile al tema e si è occupato – e continua ad occuparsi attraverso iniziative concrete, attualmente in corso di realizzazione – della problematica delle dimissioni in bianco, con particolare attenzione alla condizione delle lavoratrici madri e/o dei lavoratori padri.
      Durante il seminario di lavoro del 5 aprile 2012, organizzato dall'ufficio della consigliera nazionale di parità e dalla direzione generale per l'attività ispettiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sono stati illustrati i risultati dell'attività di vigilanza degli ispettori del lavoro svolta nell'anno 2011 relativi alla tutela fisica ed economica delle lavoratrici, con particolare riferimento all'analisi dei dati sul monitoraggio della convalida delle dimissioni – prevista dal Testo unico sulla maternità – presentate dalle lavoratrici madri e dei lavoratori padri.
      In tale occasione, sono state altresì illustrate le iniziative adottate in proposito: la predisposizione di una modulistica unificata, contenente una serie di domande che consentono un approfondimento sulla reale volontà della lavoratrice e/o del lavoratore di dimettersi, entrando anche nel merito della condizione familiare personale della/del dichiarante; la necessaria presenza fisica della lavoratrice e/o del lavoratore innanzi al funzionario della direzione territoriale del lavoro, senza possibilità di sostituzioni o deleghe; la previsione di una serie di domande volte ad approfondire le motivazioni delle dimissioni.
      Si è, inoltre, provveduto all'elaborazione di un modello di dichiarazione e di un
report per la rilevazione dei dati a carattere nazionale che devono essere utilizzati da tutti gli uffici preposti ad accogliere le dichiarazioni. Tali pratiche appaiono utili sia ai fini statistici – per consentire, ad esempio, il monitoraggio dei settori maggiormente interessati dal fenomeno in esame – sia per accertare la volontà e, soprattutto, la spontaneità delle dimissioni. Già oggi, infatti, è possibile – facendo riferimento ai dati tratti dal Rapporto di monitoraggio – individuare il numero delle dimissioni convalidate nell'anno 2011, che corrispondono a 17.681, e rapportarlo al dato dell'anno precedente (che risulta essere corrispondente a 19.017), individuando così una diminuzione delle convalide del 7 per cento.
      Le conclusioni emerse da tale seminario hanno evidenziato come l'attività di vigilanza costituisca un efficace deterrente contro i fenomeni di irregolarità; pertanto, anche per l'anno 2012 l'azione di vigilanza sarà orientata a verificare l'esistenza di fenomeni discriminatori fondati sul sesso, nonché l'effettività della tutela delle lavoratrici madri.
      Occorre ricordare, inoltre, che con la legge 28 giugno 2012, n.  92 recante «Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita» sono state introdotte, all'articolo 4, commi da 16 a 23, disposizioni volte a contrastare il fenomeno della pratica delle dimissioni in bianco.
      Tali norme sono dirette a contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco con l'introduzione di modalità semplificate. In tal senso, per garantire la corrispondenza tra la dichiarazione di volontà del lavoratore e l'intento risolutorio, viene rafforzato il regime della convalida, che diviene condizione sospensiva per l'efficacia della cessazione del rapporto di lavoro e viene aumentato il periodo di tempo entro cui la convalida può avvenire.
      Le disposizioni si preoccupano, altresì, di tutelare l'interesse dell'impresa a non restare vincolata ad un rapporto di lavoro che la lavoratrice o il lavoratore stessi considerano cessato, ma la cui cessazione, per inerzia, negligenza o altro, non viene formalizzata in termini definitivi.
      Di qui l'introduzione di modalità che permettano di accertarsi che il lavoratore sia effettivamente informato della necessità di convalidare le proprie dimissioni tramite invito scritto recapitato al domicilio indicato nel contratto di lavoro o comunicato al datore di lavoro – ovvero consegnato alla lavoratrice o al lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta – e che consentano di stabilire che, passato un certo periodo di inerzia della lavoratrice o del lavoratore, il datore di lavoro possa comunque ritenersi legittimamente liberato da quel rapporto di lavoro.
      In particolare, la legge di riforma del mercato del lavoro, nel sostituire il comma 4 dell'articolo 55 del decreto legislativo n.  151 del 2001, stabilisce una procedura di convalida delle dimissioni volontarie presentate dalla lavoratrice nel periodo di gravidanza o dalla lavoratrice o dal lavoratore entro i primi tre anni di vita del bambino (nonché di accoglienza del minore adottato o in affidamento) da parte del servizio ispettivo del Ministero del lavoro competente per territorio, estendendo, in tali casi, l'istituto del convalida anche al caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.
      Al di fuori di tali casi, tutti legati alla funzione genitoriale, sono previste modalità alternative di convalida al rispetto delle quali viene subordinata l'efficacia delle dimissioni o della risoluzione consensuale del rapporto.
      È previsto, infatti, che l'efficacia delle dimissioni della lavoratrice o del lavoratore e della risoluzione consensuale del rapporto è sospensivamente condizionata a:
          la convalida effettuata presso la direzione territoriale del lavoro o il centro per l'impiego territorialmente competenti, ovvero presso le sedi individuate dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale;
          la sottoscrizione di apposita dichiarazione apposta in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro ovvero attraverso ulteriori modalità semplificate da individuare con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

      Laddove non si proceda alla convalida o alla sottoscrizione, il rapporto di lavoro si intende risolto, per il verificarsi della condizione sospensiva, qualora la lavoratrice o il lavoratore non aderiscano, entro il termine di sette giorni dalla ricezione all'invito a presentarsi presso la direzione territoriale del lavoro o il centro per l'impiego territorialmente competenti o presso le sedi individuate dalla contrattazione collettiva ovvero all'invito ad apporre la predetta sottoscrizione, trasmesso dal datore di lavoro tramite comunicazione scritta, ovvero all'effettuazione della revoca.
      Entro il medesimo termine di sette giorni, sovrapponibili al periodo di preavviso lavorato, la lavoratrice o il lavoratore hanno facoltà di revocare le dimissioni e la risoluzione consensuale, offrendo la propria prestazione al datore di lavoro. La revoca può essere comunicata in forma scritta. Il contratto di lavoro, se interrotto per effetto del recesso, torna ad avere corso normale dal giorno successivo alla comunicazione della revoca. Per il periodo intercorso tra il recesso e la revoca, qualora la prestazione lavorativa non si sia svolta, il prestatore non matura alcun diritto retributivo.
      Le dimissioni sono inefficaci qualora, in mancanza della convalida ovvero della sottoscrizione, il datore di lavoro non provvede a trasmettere alla lavoratrice o al lavoratore la comunicazione contenente l'invito entro il termine di trenta giorni dalla data delle dimissioni e della risoluzione consensuale.
      È prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro nelle ipotesi in cui il datore di lavoro abusi del foglio firmato in bianco dalla lavoratrice o dal lavoratore al fine di simularne le dimissioni o la risoluzione consensuale del rapporto, salvo che il fatto costituisca reato. L'accertamento e l'irrogazione della sanzione sono di competenza delle direzioni territoriali del lavoro, con applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni della legge n.  689 del 1981.
      In conclusione, alla luce di quanto sopra illustrato, si ritiene che la legge 28 giugno 2012, n.  92 recante «Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita», al fine di prevenire i licenziamenti mascherati da dimissioni e superando la prospettiva unilaterale di ciascuna delle parti, introduca un meccanismo equilibrato tra la prioritaria tutela dei lavoratori e le esigenze dei datori di lavoro.

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.


      BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il governatore della Banca d'Italia, nelle considerazioni finali, le prime del suo mandato ha scritto un percorso per uscire dalla crisi che non sarà breve, poiché è confermata la previsione negativa sul prodotto interno lordo, in caduta quest'anno dell'1,5 per cento;
          la crisi, ad avviso del governatore, ha una sola via d'uscita, uno «stretto passaggio» che impone costi per tutti, sopportabili solo se ripartiti in modo equo e con una meta chiara: riduzione delle tasse, taglio della spesa pubblica con particolare attenzione all'istruzione e alla ricerca, lotta all'evasione, rafforzamento delle imprese e del sistema bancario. Lo afferma il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco nelle considerazioni finali;
          un percorso, quello verso la ripresa, che non sarà breve, perché la crisi non è solo italiana, così come non solo italiana è la via d'uscita. Visco ricorda l'importanza della politica monetaria della Banca centrale europea e delle altre autorità di regolamentazione che negli ultimi mesi «hanno evitato il tracollo». Ma da sola, la politica monetaria non basta: occorre compiere «passi avanti concreti nella costruzione europea che abbiano come traguardo finale l'unione politica»;
          sul fronte interno, «la produzione industriale, che aveva a stento recuperato nel secondo trimestre dello scorso anno meno della metà dei 25 punti percentuali persi nella recessione del 2009, è da allora caduta del 5 per cento». Palazzo Koch conferma dunque la previsione della caduta del prodotto interno lordo dell'1,5 per cento per quest'anno. «Una ripresa potrà affiorare verso la fine dell'anno, con possibilità tanto maggiore quanto più saranno efficaci gli interventi strutturali volti a migliorare l'utilizzo delle risorse pubbliche e private, quanto più chiara e decisa sarà la coesione mostrata dall'Unione europea»;
          in questa prospettiva, l'Italia deve affrontare e superare al meglio i problemi interni. Il governatore ha parole di apprezzamento per la politica di bilancio attuata dal Governo, e le «incisive riforme strutturali». La richiesta alla politica è di rinnovarsi, andando «incontro alle aspirazioni dei giovani», quella rivolta alle imprese è di fare «uno sforzo aggiuntivo per rafforzare il capitale nel momento in cui si assicura loro la semplificazione normativa»;
          particolarmente importante è, ad avviso degli interroganti, il passaggio dedicato alla difesa del sistema bancario dalle accuse di non erogare abbastanza credito alle imprese e alle famiglie. «Dall'inizio della crisi le banche italiane hanno compiuto notevoli progressi sulla strada del rafforzamento patrimoniale. La critica alle banche di essere disattente alle esigenze dell'economia non è corretta: sono esposte in misura rilevante nei confronti delle famiglie e delle imprese meritevoli di credito, anche se in difficoltà; possono continuare a sostenerle»  –:
          quali iniziative urgenti intendano assumere per dare soluzione alle criticità di cui in premessa, e quali specifiche ulteriori iniziative di competenza intendano assumere per garantire alle imprese il vitale accesso al credito in un momento in cui le imprese hanno la possibilità di produrre se solo hanno accesso alla liquidità necessaria per svolgere la propria vitale missione per l'intero Paese.
(4-16445)

      Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame con il quale gli interroganti chiedono di conoscere quali iniziative il Governo intenda adottare per garantire l'accesso al credito e per sostenere le imprese italiane, si rappresenta quanto segue.
      Preliminarmente occorre menzionare le iniziative adottate per ridurre il carico fiscale sulle imprese e per agevolare la concessione alle stesse di prestiti al fine di far fronte alle crisi di liquidità.
      In particolare con:
          il decreto legge n.  201 del 2011, articolo 3, comma 4, si è provveduto ad incrementare la dotazione del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese per un importo pari a 400 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014;
          con il decreto legge n.  1 del 2012, articolo 35 il Governo ha preordinato risorse per 5,7 miliardi di euro al fine di provvedere, con differenti modalità, all'estinzione dei crediti vantati nei confronti dello Stato;
          con il decreto legge n.  78 del 2010, articolo 31, comma 1-bis, si è prevista la possibilità di compensare i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle regioni, degli enti locali e degli enti del servizio sanitario nazionale per la somministrazione, fornitura e appalti con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo;
          in data 29 febbraio 2012, il Governo ha, inoltre, sottoscritto con l'associazione bancaria italiana e le associazioni di categoria un nuovo accordo finalizzato ad attivare una nuova moratoria sui prestiti bancari alle piccole e medie imprese allo scopo di offrire alle imprese nuovi strumenti per superare l'attuale stato di crisi, tramite la sospensione o l'allungamento dei finanziamenti nonché la concessione di finanziamenti proporzionali all'aumento di capitale realizzato dall'impresa;
          decreto-legge n.  185 del 2008, articolo 9 comma 3-bis, nel testo sostituito dall'articolo 13 della legge n.  183 del 2011 (cosiddetta legge di stabilità), ha disciplinato la certificazione da parte delle regioni e degli enti locali dei crediti vantanti nei loro confronti per le somministrazioni, forniture e appalti.
      In relazione ai succitati interventi normativi, si rammentano il decreto ministeriale 25 giugno 2012 pubblicato in gazzetta ufficiale il 2 luglio 2012, riguardante la certificazione dei crediti da parte degli enti locali e il decreto ministeriale 22 maggio 2012, pubblicato in gazzetta ufficiale il 21 giugno 2012, concernente la certificazione degli stessi da parte delle amministrazioni centrali. Con la certificazione si intende rendere il credito certo, liquido ed esigibile al fine di una sua compensazione oppure della sua cessione a banche o intermediari finanziari.
      Parimenti, con un altro decreto ministeriale del 25 giugno 2012, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 2 luglio 2012, in applicazione dell'articolo 31, comma 1 bis, del decreto legge n.  78 del 2010, si è provveduto a disciplinare la possibilità di utilizzare la certificazione dei crediti per compensare debiti verso i soggetti pubblici. I debiti compensabili sono quelli iscritti a ruolo per tributi erariali, regionali e locali, per contributi previdenziali ed assistenziali, premi di assicurazione obbligatoria e qualsiasi altro debito verso le regioni ed enti locali.
      In fase di definizione è, altresì, un quarto decreto riguardante l'intervento del fondo di garanzia delle piccole e medie imprese di cui all'articolo 15 della legge n.  266 del 1997; in particolare, all'articolo 4 (Sostegno alle imprese creditrici di pubbliche amministrazioni) è prevista la garanzia diretta del fondo, nel limite massimo del 70 per cento dell'operazione finanziaria, a fronte di anticipazioni di credito vantati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione. Con tale decreto si individuano le tipologie di operazioni finanziarie, le categorie di imprese beneficiarie, i settori economici di appartenenza e le aree geografiche per le quali si applica la garanzia del fondo e si interviene sull'importo della garanzia. È inoltre prevista la garanzia su operazioni di assunzione di partecipazioni nel capitale di rischio delle piccole e medie imprese (oggi consentita solo a banche e intermediari finanziari ex articolo 107 del testo unico bancario) anche ai fondi di investimento mobiliari chiusi.
      Si rammenta, inoltre, che il decreto ministeriale 22 maggio 2012, in applicazione dell'articolo 35, comma 1, lettera b) del decreto-legge n.  1 del 2012, dispone il pagamento dei crediti commerciali certi, liquidi ed esigibili, maturati alla data del 31 dicembre 2011 e connessi a transazioni commerciali per l'acquisizione di servizi e forniture, mediante l'assegnazione di titoli di Stato.
      In merito alle misure volte al taglio della spesa pubblica, in attuazione del principio spending review, si ricorda che  in data 5 luglio 2012 è stato approvato dal Consiglio dei ministri, il decreto legge n.  52 del 2012 recante «Disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica» ed è in fase di conversione il decreto legge n.  87 del 2012 recante «Misure urgenti in materia di efficientamento, valorizzazione e dismissione del patrimonio pubblico, di razionalizzazione dell'Amministrazione economico-finanziaria nonché misure di rafforzamento del patrimonio delle imprese nel settore bancario».
      Inoltre, con il decreto-legge del 22 giugno 2012, n.  83 recante «Misure urgenti per la crescita del Paese», contenente un pacchetto di misure urgenti e strutturali per stimolare il rafforzamento della competitività, la ripresa della domanda e lo stimolo al dinamismo imprenditoriale, sono state introdotte una serie di misure per le infrastrutture, l'edilizia, i trasporti, per l'agenda digitale e la trasparenza nella pubblica amministrazione.
      Con il citato decreto inoltre, sono stati introdotti nuovi strumenti di finanziamento e accesso al credito per le imprese. In particolare è previsto il riordino del Fondo speciale rotativo sull'innovazione tecnologica, che verrà denominato Fondo per la crescita sostenibile, ed avrà il compito di finanziare programmi e interventi per la competitività e il sostegno dell'apparato produttivo. Inoltre, sono state abrogate n.  43 norme di agevolazione alle imprese e semplificati i meccanismi per circa n.  27.000 operazioni di agevolazione alle imprese in capo al Ministero dello Sviluppo economico.
Il Ministro dello sviluppo economico: Corrado Passera.


      BENAMATI, MOTTA, FRONER e GNECCHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          Air Alps è una compagnia aerea regionale con sede a Innsbruck, Austria;
          questa compagnia opera anche in Italia e collega aeroporti come Bolzano e Parma con Roma-Fiumicino e con Milano Malpensa-Salerno;
          questa azienda è partecipata, in quota minoritaria, anche da aziende e enti locali italiani fra i quali la regione Trentino Alto Adige;
          Air Alps opera sul mercato italiano in collaborazione con Alitalia;
          da notizie stampa si apprende che le autorità austriache avrebbero revocato la licenza di volo all'Air Alps, mentre da alcuni giorni sono stati sospesi i voli di collegamento da e per Roma e da e per Milano Malpensa;
          la revoca della licenza di volo sarebbe connessa alla gravissima situazione finanziaria dell'azienda che avrebbe una situazione di bilancio connotata da perdite di qualche decina di milioni di euro;
          per quanto riguarda Parma, oltre ad essere un territorio interessato da un importane distretto industriale, la città è anche sede dell'autorità europea sulla sicurezza alimentare (EPSA);
          la brusca interruzione dei voli per Roma, anche a fronte di una continua e pervicace mancanza di informazioni puntuale e precisa da parta della compagnia, è già fonte di sensibili disagi e di danni economici ai cittadini ed in prospettiva all'aeroporto Verdi ed a tutta la città di Parma;
          non è al momento prevedibile quali soluzioni possa trovare la crisi della compagnia e quali soluzioni possano essere individuate per garantire la regolarità dei collegamenti da e per Parma;
          non sono, inoltre, chiare le ripercussioni occupazionali della crisi in atto sul personale della compagnia  –:
          se quanto riportato corrisponda al vero e quali iniziative intenda porre in atto il Ministero, nell'ambito delle sue competenze ed in collaborazione con i soggetti interessati, per evitare che la crisi della compagnia porti ad una definitiva cancellazione delle rotte in questione ed a penalizzazioni del personale dipendente.
(4-14530)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
      Come è noto la compagnia Air Alps è un vettore comunitario con sede in Austria, pertanto il soggetto deputato a vigilare su detta compagnia è la competente autorità austriaca.
      Nell'interrogazione in esame gli interroganti evidenziano alcune problematiche, assunte da notizie stampa, riguardo le attuali difficoltà della compagnia Air Alps, operante sulle tratte Bolzano-Roma Fiumicino, Parma-Roma Fiumicino e Milano Malpensa-Salerno, nonché la presunta revoca della licenza di volo da parte delle autorità austriache nei confronti della medesima compagnia aerea.
      L'ENAC, interessata al riguardo, ha comunicato che il vettore ha palesato problemi di rispondenza alla normativa tecnica per le operazioni di volo dal 13 al 27 gennaio, non operando voli sino alla fine dello stesso mese di gennaio.
      L'autorità austriaca non ha comunque ritenuto di sospendere la licenza di Air Alps che, come comunicato dall'ENAC, rimane tuttora valida.
      Va infine evidenziato che dopo la nota interruzione registrata a gennaio, alla ripresa dell'attività il vettore è stato oggetto di una ispezione eseguita da ENAC il 6 febbraio 2012 il cui esito ha confermato l'assenza di criticità tali da comprometterne l'operatività.
      Ciò detto, si rappresenta che ad oggi Air Alps continua ad operare voli in Italia giornalmente senza interruzioni.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.


      BERTOLINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la Commissione europea, dopo aver avviato una procedura, antidumping sul comparto delle piastrelle in ceramica, ne ha di recente iniziata una anche contro le importazioni di ceramica da tavola e da cucina, prodotte soprattutto in Cina;
          tale procedura interessa l'intero settore dell'industria della ceramica italiana, ed in particolare il distretto ceramico di Sassuolo-Scandiano, che rappresenta un comparto molto significativo dell'economia modenese e che vede impiegati numerosi attori economici;
          tale indagine è stata avviata in seguito ad una denuncia da parte di un importante gruppo di produttori europei di stoviglie in ceramica, assistiti dalle loro associazioni di categoria, tra cui la sassolese Confindustria Ceramica per l'Italia;
          dalla denuncia emergono dati preoccupanti: negli ultimi anni in Europa le importazioni dalla Cina di ceramica da cucina e da tavola sono molto aumentate, raggiungendo una quota del consumo comunitario superiore al 60 per cento, grazie ai prezzi particolarmente aggressivi. Nel primo semestre del 2011, infatti, il prezzo medio è stato dell'80 per cento inferiore al prezzo medio delle importazioni UE da altri paesi, arrecando danni notevoli all'industrie europee del settore;
          dal 2007 l'intero comparto ha perso oltre 10.000 posti di lavoro a causa di una concorrenza sleale delle importazioni in dumping, che a lungo termine lede gravemente le imprese UE;
          anche altri Paesi, come Colombia, Egitto e Indonesia, hanno avviato misure antidumping nei confronti delle importazioni cinesi di ceramiche da tavola e da cucina  –:
          se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
          quali ulteriori elementi abbia a disposizione in merito al problema indicato;
          se e quali iniziative intenda adottare, anche di concerto con la Commissione europea, per la lotta alla concorrenza sleale nel settore delle ceramiche, sia per quanto riguarda le piastrelle che le ceramiche da cucina e da tavola, che sta arrecando un rilevante danno economico ad un settore importante della nostra economia, fiore all'occhiello del made in Italy. (4-15045)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
      Il Ministero segue con particolare attenzione, in materia di antidumping, il settore delle ceramiche ed è in stretto e costante contatto con l'associazione italiana del settore interessato, Confindustria ceramica.
      Grazie alla piena collaborazione e al coordinamento con l'industria nazionale della ceramica, questa amministrazione ha esercitato una forte opera di persuasione in ambito europeo nei confronti degli altri Stati membri e della Commissione, ottenendo nel settembre del 2011 l'imposizione da parte della Unione europea di dazi antidumping verso l'importazione di piastrelle in ceramica provenienti dalla Cina (dazi tra 26,3 per cento e 69,7 per cento).
      A seguito di questo importante risultato ottenuto nel settore delle piastrelle, che consente ai produttori europei di essere difesi dalla concorrenza sleale in dumping da parte dei concorrenti cinesi per almeno i prossimi 5 anni, l'industria europea della ceramica ha richiesto l'avvio di un nuovo procedimento antidumping verso le importazioni di ceramiche da tavola e da cucina provenienti dalla Cina.
      Il 16 febbraio scorso l'Unione europea ha avviato ufficialmente il citato procedimento nei confronti anche di questo prodotto. L'indagine, che ha una durata massima di 15 mesi, mira a verificare tutti i requisiti necessari per l'imposizione dei dazi antidumping;
          l'effettiva esistenza del fenomeno di dumping lamentato dai denunzianti;
          l'esistenza del danno materiale sofferto dai produttori europei di ceramiche da tavola e da cucina;
          l'esistenza di un nesso di causalità tra il dumping e il danno dei produttori europei;
          l'accertamento che l'imposizione di dazi costituisca un beneficio complessivo per l'Unione europea (il cosiddetto test dell'interesse comunitario).
      Occorre sottolineare che tali requisiti sono previsti non solo dalla normativa comunitaria – Regolamento 1225 del 2009 – ma anche dalle Regole del commercio internazionale stabilite dall'organizzazione mondiale del Commercio (con la sola eccezione del test dell'interesse comunitario).
      La Commissione europea, che è l'organo competente per l'attuazione di tutta la fase investigativa, ha appena iniziato la propria attività di acquisizione di dati, informazioni e prove utili per verificare tutti i requisiti sopra citati. In tale fase sono previste visite di verifica degli ispettori comunitari presso alcune imprese produttrici europee, ma anche presso esportatori cinesi, al fine di verificare che le informazioni fornite dai privati siano corrette.
      Al termine della fase investigativa la Commissione presenterà una proposta al Consiglio, che verrà accolta qualora non venga respinta da una maggioranza semplice di Stati membri, ossia di 14 Paesi.
      Da parte italiana si conferma il massimo sostegno in difesa dell'industria nazionale e, come per il precedente caso delle piastrelle, si assicura il massimo impegno di questo Governo per sensibilizzare Stati membri e Commissione affinché si possa ottenere una maggioranza favorevole all'imposizione di dazi antidumping, sempre nel pieno rispetto della normativa comunitaria e dell'organizzazione mondiale del commercio.
Il Ministro dello sviluppo economico: Corrado Passera.


      BORGHESI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la legge n.  244 del 24 dicembre 2007 ed il decreto attuativo dell'11 settembre 2009 ha stabilito una presunzione legale circa l'intervento economico a favore dei soggetti talidomici che si fonda su due presupposti:
              a) la data di nascita (1959-1965);
              b) la condizione fisica riconducibile al farmaco (Talidomide) e cioè i soggetti affetti da amelia, emimelia, focomelia e macromelia;
      il ruolo delle commissioni medico-ospedaliere militari è verificare l'esistenza dei presupposti della presunzione sancita dal legislatore;
      sono 5 persone in tutta Italia (per quanto si conosce) ad essere state escluse dall'indennizzo da due commissioni medico-ospedaliere militari:
              commissione medico-ospedaliera di La Spezia:
                  S.G. – Focomelia avambraccio sinistro;
              R.B. – focomelia mano destra;
              M.P. – focomelia bilaterale arti inferiori;
              commissione medico-ospedaliera di Firenze:
                  G.B. focomelia mano;
              commissione medico-ospedaliera di Padova:
                  D.R. – disformismo congenito arti superiori (ectromelia bilaterale arti superiori);
          questi 5 signori sono già stati sottoposti a visita presso le rispettive commissioni medico-ospedaliere con esito che risulterebbe (errato) negativo;
          il colonnello G. del Ministero della difesa, ha in una occasione pubblica riconosciuto l'errore di 2 commissioni medico-ospedaliere ed ha assicurato il suo intervento. Anzi in un caso ha addirittura riconvocato un soggetto talidomidico già visitato modificando il giudizio precedente;
          deve essere però il Ministero della salute ad accettare la domanda di chi ha avuto esito negativo di ripetere la visita;
          dalla dottoressa S., dopo ben 8 mesi viene comunicato (a firma della dottoressa M.) che le loro seconde domande sono inammissibili con una motivazione a giudizio dell'interrogante del tutto inaccettabile e cioè che la nuova documentazione poteva essere presentata anche seconda visita vale a dire in precedenza;
          i signori sopra citati sono in grado di dimostrare di avere tutti i requisiti richiesti dalla legge, sono in possesso di tutta la documentazione sanitaria occorrente ed hanno le stesse disabilità/malformazioni di tutte le altre persone a cui è stato riconosciuto l'indennizzo (che però sono state visitate da altre commissioni medico-ospedaliere);
          alla dottoressa S., anche se la comunicazione è firmata dalla dottoressa M., sono stati necessari 8 mesi per scrivere una risposta che, a detta di numerosi legali che l'hanno letta, non ha assolutamente alcun fondamento giuridico;
          questa stessa dirigente non risponde nemmeno a precise lettere di chiarimenti inviate da deputati nell'esercizio delle loro funzioni;
          è inaccettabile che per veder riconosciuto un loro sacrosanto diritto gli interessati, debbano instaurare un contenzioso giudiziale nei riguardi del Ministero;
          il signor G., ad esempio, è nato nel 1959, ha tutti i requisiti e i documenti occorrenti e gli manca un braccio. A tantissime persone nelle sue stesse condizioni è stato riconosciuto il diritto, ma a lui no. E tutto questo, a quanto pare, per errore della Commissione che lo ha visitato la prima volta;
          il signor C.B. di Bologna a ottobre 2010 si sottopone a visita alla commissione medico-ospedaliera di Firenze, e a marzo 2011 riceve la notifica negativa da parte del Ministero della salute;
          ritorna allora personalmente alla commissione medico-ospedaliera di Firenze, la quale riconosce l'errore e lo sottopone a nuova visita;
          il 3 maggio 2011 la stessa commissione medico-ospedaliera di Firenze, composta dagli stessi dottori, lo visita con esito positivo;
          viene redatto un verbale integrativo a quello della prima visita, che viene inviato al Ministero della salute;
          a ottobre 2011 il Ministero della salute scrive al signor B. di aver ricevuto il suo secondo verbale ma di non poterne tenere conto in quanto la visita non era stata disposta dal Ministero medesimo. Tuttavia, il signor B. avrebbe potuto chiedere il Ministero di riesaminare la sua pratica;
          Brunini ripresenta la domanda e il 2 gennaio 2012 riceve la stessa risposta data agli altri 4 esclusi sempre a opera della dottoressa S.  –:
          di quali elementi disponga in merito ai fatti riportati in premessa;
          se intenda rivedere il comportamento del Ministero, autorizzando una nuova visita per chi è in grado di presentare nuova documentazione;
          se intenda avviare ogni iniziativa di competenza, anche disciplinare, in relazione all'inaccettabile comportamento della dottoressa S. (4-14970)

      Risposta. — La legge 24 dicembre 2007, n.  244, all'articolo 2, comma 363, ha riconosciuto ai soggetti affetti da sindrome da talidomide, determinata dalla somministrazione dell'omonimo farmaco, nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della micromelia, la corresponsione dell'indennizzo di cui all'articolo 1 della legge 29 ottobre 2005, n.  229. Al fine di definire l'ambito di applicazione della norma, per individuare i beneficiari del previsto indennizzo, con l'articolo 31 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n.  207, convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 2009, n.  14, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti», si è stabilito, al comma 1-bis, che il citato indennizzo si intende riconosciuto ai soggetti affetti da sindrome da talidomide nati negli anni dal 1959 al 1965. Successivamente, con il decreto 2 ottobre 2009, n.  163, è stato emanato il «Regolamento di esecuzione dell'articolo 2, comma 363, della legge 24 dicembre 2007, n.  244, che riconosce un indennizzo ai soggetti affetti da sindrome da talidomide, determinata dalla somministrazione dell'omonimo farmaco», con cui sono state fissate le modalità da seguire per il riconoscimento degli aventi diritto e per l'effettiva corresponsione dell'indennizzo in questione. Inoltre, la circolare 5 novembre 2009, n.  31 «linee guida per l'istruttoria delle domande di indennizzo dei soggetti affetti da sindrome da Talidomide» ha fornito indicazioni circa la presentazione delle domande e la documentazione da allegare, nonché circa il giudizio delle commissioni mediche ospedaliere. L'applicazione della normativa richiamata ha evidenziato importanti criticità inerenti al giudizio circa il nesso causale tra l'assunzione del farmaco in gravidanza e l'infermità. Sono, infatti, trascorsi più di quarant'anni dalla commercializzazione del farmaco, con una difficoltà oggettiva da parte della maggioranza degli istanti a reperire la documentazione sanitaria attestante l'assunzione dello stesso farmaco durante la propria gestazione. Dall'esame dei verbali medico-legali pervenuti a questo Ministero nel primo trimestre del 2010 è emerso infatti che, per la maggioranza dei casi, le commissioni, pur confermando la diagnosi delle infermità previste dalla legge condizionavano l'espressione del giudizio in questione alla presentazione di documentazione attestante l'assunzione della talidomide alla madre durante la gestazione. Pertanto, una quota significativa di soggetti, a fronte della diagnosi, formulata dalla commissione medica ospedaliera, di una delle infermità previste dalla legge n.  244 del 2007, nonché della rispondenza al requisito cronologico stabilito dalla legge 27 febbraio 2009, n.  14, era a rischio di vedersi preclusa la possibilità di accedere ai benefici economici. Per superare l'oggettiva difficoltà dei richiedenti di reperire la documentazione sanitaria attestante l'assunzione dello stesso farmaco durante la propria gestazione, il Ministero della salute e il Dicastero della difesa, che ha fornito il necessario contributo tecnico per dare applicazione alla normativa in questione, hanno avviato, avvalendosi anche di un apposito parere dell'Istituto superiore di sanità, un ulteriore approfondimento tecnico della materia, che ha consentito di individuare soluzioni operative utili alle commissioni mediche ospedaliere. Nel luglio 2010 le proposte formulate dal gruppo di lavoro interministeriale sono state illustrate al Ministero della difesa, che ha provveduto a dare le necessarie indicazioni alle predette commissioni. Le residue difficoltà applicative, sotto il profilo medico-legale della normativa di settore, evidenziatesi alla fine del 2010, sono state risolte in collaborazione con i competenti Uffici del Ministero della difesa che, interessati dal Ministero della salute, nel febbraio 2011 hanno provveduto, con le opportune direttive, a dirimere anche questi ulteriori aspetti critici. Sono stati notificati alcuni verbali che, tenuto conto dei requisiti di legge e medico-legali, non riconoscevano il nesso tra assunzione della talidomide e infermità. La valutazione dell'ammissibilità delle istanze, anche in fase di riproposizione, è effettuata dal Ministero della salute tenuto conto delle precise indicazioni in ordine alla presentazione dell'istanza e della documentazione sanitaria, nonché alle modalità operative finalizzate all'espressione del giudizio medico-legale delle commissioni mediche ospedaliere riportate nella circolare 5 novembre 2009, n.  31 e nella direttiva tecnica interministeriale Ministero della difesa e Ministero della sanità del 28 febbraio 1999, richiamata dalla medesima circolare. In merito alla riproposizione di istanza per il medesimo evento lesivo sulla base di nuova documentazione sanitaria, si è anche tenuto conto del parere espresso dal Ministero della salute con nota n.  100.1/Cons.813/2065 del 9 giugno 2010. Per quanto concerne le criticità circa l'operatività di talune commissioni medico ospedaliere, sarà cura del Ministero della salute interessare al riguardo la competente direzione generale del Ministero della difesa.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Adelfio Elio Cardinale.


      BOSSA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          nel 1987, con legge regionale n.  35, è stato adottato il piano urbanistico territoriale della area sorrentino-amalfitana, che fissa, tra le altre cose, una serie di tutele e vincoli urbanistici per uno dei luoghi riconosciuti come tra i più belli d'Italia e tra i più preziosi sotto il profilo del patrimonio naturalistico;
          successivamente, con legge regionale n.  19 del 2001, si è resa possibile l'edificazione di parcheggi interrati anche in aree dove sussistono i vincoli imposti dal piano urbanistico territoriale della penisola sorrentino-amalfitana; in particolare, l'articolo 9 della sopra menzionata legge, recitava, all'atto dell'approvazione: «le disposizioni della presente legge trovano applicazione anche nei territori sottoposti alla disciplina di cui alla legge regionale 27 giugno 1987, n.  35, e, in caso di contrasto, prevalgono sulle disposizioni di quest'ultima», introducendo così una deroga indiscriminata al Piano urbanistico territoriale;
          nel 2004, compresa la gravità della situazione, la stessa regione Campania promosse una modifica della legge n.  19 del 2001; con la legge n.  16 del 2004, fu cancellata la deroga generalizzata e introdotta la possibilità di realizzare parcheggi solo in situazioni di compatibilità e di rispetto dei vincoli posti dal piano territoriale;
          di recente il testo della legge n.  19 del 2001 è stato nuovamente modificato in senso peggiorativo; con la legge finanziaria del 2012, infatti, all'articolo 52, comma 5, lettere a) e b), si introducono due modifiche alla sopra citata legge n.  19 e si torna a consentire la realizzazione di parcheggi interrati anche nelle aree dove il piano urbanistico territoriale della costiera-amalfitana non lo consentirebbe;
          nello specifico viene modificato nuovamente l'articolo 9 della legge n.  19 del 2001 che, allo stato attuale, recita così: «le disposizioni della presente legge trovano applicazione anche nei territori sottoposti alla disciplina di cui alla legge regionale 27 giugno 1987, n.  35», introducendo quindi, di fatto, una nuova deroga indiscriminata;
          inoltre, con le modifiche di cui sopra, si va ad incidere sull'articolo 6 della legge n.  19 del 2001; esso imponeva ai costruttori la vendita dei box realizzati in regime di pertinenza con unità residenziali nel termine di 36 mesi dalla scadenza del procedimento abilitativo; quelli invenduti nel termine di 36 mesi dalla loro realizzazione, applicando le sanzioni previste dall'articolo 7 della legge n.  47 del 1985 (oggi articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica n.  380 del 2001), potevano essere oggetto di ordine di ripristino ed acquisizione in caso di inottemperanza; l'ultima modifica alla legge; n.  19 ha di fatto cassato il termine di 36 mesi;
          la legge regionale n.  19 del 2001 aveva, prima delle recenti modifiche, un suo presupposto di costituzionalità, in quanto, pur non individuando a priori le unità immobiliari cui rendere pertinenziali i box da realizzarsi, come invece prevede la legge nazionale n.  122 del 1989, limitava tale facoltà a un preciso arco temporale, quello dei 36 mesi; quest'ultima modifica è tale da far venir meno quelle ragioni di eccezionalità ed urgenza che sono state poste alla base della legge n.  19 del 2001 e ne hanno motivato la specialità rispetto ad altre disposizioni;
          l'articolo 6 della legge regionale n.  19 del 2001 prevede: «7-bis. ai fini della tutela della qualità ambientale e paesaggistica del territorio la realizzazione di parcheggi di cui ai commi 1 e 2, nel sottosuolo di aree sulle quali alla data di inizio dei lavori risultino presenti alberi o arbusti decorativi o da frutto avviene in modo da garantire la conservazione al di sopra del solaio di copertura dei parcheggi di uno spessore di terreno sufficiente ad assicurare la sopravvivenza in loco degli alberi o arbusti secolari e di alto valore botanico, agricolo o paesistico. Per gli alberi ed arbusti senza tali caratteristiche deve essere assicurato il reimpianto in eguale numero, specie ed età. 7-ter. L'adeguatezza dello spessore di terreno o l'assenza di alberi secolari e di altro valore botanico, agricolo o paesistico sono preventivamente accertati con perizia giurata redatta da un professionista iscritto all'ordine dei dottori agronomi e forestali o periti agrari. 7-quater L'inosservanza degli obblighi di cui ai commi 7-bis è 7-ter comporta l'acquisizione al patrimonio comunale secondo le procedure cui all'articolo n.  31 del decreto del Presidente della Repubblica n.  380/01;
          secondo quanto scritto sul Corriere del Mezzogiorno in data 2 febbraio 2012, a firma di Fabrizio Geremicca, «uno studio commissionato ad un agronomo dal Comune di Sorrento ha evidenziato che al di sopra di buona parte dei parcheggi interrati realizzati su suolo agricolo non erano stati ripiantati gli alberi, o ne erano stati risistemati meno di prima, o di diversa natura. Lo stesso è accaduto nelle altre zone della costiera, da Vico Equense a Massalubrense»;
          secondo un articolo pubblicato da Il Fatto quotidiano in data 27 aprile 2011, a firma di Vincenzo Iurillo, che riprende i numeri di un dettagliato esposto presentato dal WWF e chiamato «Boxlandia», sarebbero quasi 9mila i garage interrati realizzati negli ultimi anni sul territorio tra Vico Equense e Massa Lubrense, «sventrando gli uliveti e gli agrumenti che avevano reso celebre Sorrento nel mondo»;
          le ultime modifiche alla legge n.  19 del 2001 stanno seminando preoccupazione e incertezze sui territori della costiera sorrentino-amalfitano; in particolare, ci sono forti allarmi per una possibile impennata di speculazioni edilizie e di attacchi al paesaggio; inoltre, tali modifiche potrebbero rappresentare una sorta di implicita sanatoria di abusi specifici rilevati e perseguiti in questi anni;
          l'apertura di uno spazio speculativo così rilevante preoccupa e allarma anche per la nota presenza nell'attività edilizia, in provincia di Napoli, dei clan camorristici che potrebbero essere attratti dagli affari potenziali che tale riforma della normativa può prospettare in una zona ad altissima rilevanza economica  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sopra esposto;
          se il Governo non ritenga, per quanto di sua competenza, di valutare l'impugnazione della legge finanziaria 2012 della regione Campania, ai sensi dell'articolo 127 della Carta costituzionale, in virtù delle modifiche apportate alla normativa sopra richiamata, anche in considerazione del fatto che le citate modifiche favoriscono scenari economici suscettibili di infiltrazione da parte della criminalità organizzata. (4-15166)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta che lo scorso mese di febbraio è stato avviato l'esame, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, della legge della regione Campania n.  1 del 27 gennaio 2012, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della regione Campania (legge finanziaria regionale 2012)».
      Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha chiesto l'impugnativa, dinanzi alla Corte costituzionale, di diverse norme contenute nella legge della regione Campania n.  1 del 2012, tra le quali non è ricompreso l'articolo 52, comma 5.
      Le disposizioni contenute nel citato articolo 52, comma 5, della suddetta legge introducono delle modifiche alla legge regionale n.  19 del 2001 concernente «Procedure per il rilascio dei permessi di costruire e per l'esercizio di interventi sostitutivi – Individuazione degli interventi edilizi subordinati a denuncia di inizio attività – Approvazione di piani attuativi dello strumento urbanistico generale nei comuni obbligati alla formazione del programma pluriennale di attuazione – norme in materia di parcheggi pertinenziali – modifiche alla legge regionale 28 novembre 2000, n.  15 e alla legge regionale 24 marzo 1995, n.  8» e, in particolare, la sostituzione del comma 7 all'articolo 6 della legge regionale n.  19 del 2001 che nella formulazione vigente prevede che «Il permesso di costruire di cui al comma 2 scade decorsi 36 mesi dal suo rilascio. La mancata vendita in regime di pertinenzialità dei posti auto di cui al comma 2 costituisce, per la relativa parte dell'opera, difformità totale dal titolo edilizio e, in tale caso, si applicano le sanzioni amministrative previste dal decreto del Presidente della Repubblica n.  380 del 2001», nonché al primo comma dell'articolo 9 della medesima legge regionale n.  19 del 2001 la soppressione della parola «procedurali» dopo la parola «disposizioni».
      Nei confronti di tali disposizioni non sono stati riscontrati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dagli altri Ministeri competenti profili di illegittimità costituzionale.
      La suddetta richiesta di impugnativa, sottoposta all'esame del Consiglio dei ministri, è stata da quest'ultimo deliberata nella seduta del 16 marzo 2012, in conformità ai profili evidenziati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Il Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport: Piero Gnudi.


      CICCIOLI, CROLLA e MANCUSO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          è noto che l'ordinamento italiano persiste nella differenziazione del regime normativo proprio della prestazione lavorativa del personale denominato «volontario» del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
          l'articolo 4, comma 12, della legge n.  183 del 2011, («legge di stabilità per l'anno 2012») ha espressamente stabilito che: «i richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n.  139, non costituiscono rapporti di impiego con l'amministrazione»;
          è significativo sottolineare che tale disposizione è stata introdotta dal legislatore italiano mediante la modifica del testo dell'articolo 10 del decreto legislativo n.  368 del 2001 – adottato dalla Repubblica Italiana in recepimento della normativa europea posta dalla direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dalla CES nonché dall'UNICE e dal CEEP sul punto – e la conseguente introduzione di un'ulteriore ipotesi di deroga alle limitazioni di ricorso al cosiddetto «rapporto di lavoro a termine»;
          l'intervento in esame determina, pertanto, la sottrazione dal campo di applicazione della disciplina europea del rapporto di lavoro a tempo determinato di un cospicuo numero di lavoratori da sempre denominati «volontari» e «discontinui» ma, in verità, impiegati stabilmente ed organicamente nonché dietro retribuzione dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e dal Ministero dell'interno dal quale tale Corpo dipende, a mezzo di una sequenza ininterrotta di successivi «richiami» in servizio;
          tale impiego stabile ed organico dei lavoratori in questione da parte dell'Amministrazione dello Stato italiana – sia pure presentato nella veste formale del «richiamo in servizio» reiterato indefinitamente nel tempo – ad avviso degli interroganti non è in linea con la normativa comunitaria sui limiti del ricorso al rapporto di lavoro a termine;
          si veda, innanzitutto, la clausola 5 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato CES-UNICEP-CEEP recepito con la direttiva n.  1999/70/CE:
              «Misure di prevenzione degli abusi (clausola 5);
              per prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:
                  a) ragioni obiettive per lo giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;
                  b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;
                  c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.

          Gli Stati membri, previo consultazione delle parti sociali, e/o le porti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:
                  a) devono essere considerati “successivi”;
                  b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato»;
          con tale previsione, pertanto, è evidente che il legislatore comunitario, pur non imponendo la generalizzazione dell'obbligo di conversione del rapporto a tempo indeterminato dinanzi ad abusi del contratto di lavoro a tempo determinato, ha però comunque imposto la previsione di efficaci misure di contrasto di tali ipotesi di abuso; conclusione condivisa anche dalla giurisprudenza comunitaria (Corte di giustizia della Comunità europea, 4 luglio 2006, causa C212/04, cosiddetta sentenza Adeneler):
      «91. In primo luogo si deve rilevare al riguardo che l'accordo quadro non stabilisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato, così come esso nemmeno stabilisce le condizioni precise alle quali si può fare uso di questi ultimi.
      92.  Tuttavia esso impone agli Stati membri di adottare almeno una delle misure elencate nella clausola 5, n.  1, lettere da a) a e), dell'accordo quadro, che sono dirette a prevenire efficacemente l'utilizzazione abusiva di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi.
      93. Inoltre gli Stati membri sono tenuti, nell'ambito della libertà che viene loro lasciata dall'articolo 249, terzo comma, CE, a scegliere le forme e i mezzi più idonei al fine di garantire l'efficacia pratica delle direttive (v. sentenze 8 aprile 1976, causa 48/75, Royer, Racc. pag. 497, punto 75, e 12 settembre 1996, cause riunite C58/95, C75/95, C112/95, C119/95, C123/95, C135/95, C140/95, C141/95, C154/95 e C157/95, Gallotti e a., Racc. pag. 14345, punto 14).
      94.  Pertanto, quando, come nel caso di specie, il diritto comunitario non prevede sanzioni specifiche nel caso in cui sono stati comunque accertati abusi, spetta alle autorità nazionali adottare misure adeguate per far fronte ad una siffatta situazione, misure che devono rivestire un carattere non soltanto proporzionato, ma altresì sufficientemente effettivo e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in attuazione dell'accordo quadro»;
          di analogo tenore sono i passaggi dell'ulteriore pronuncia citata in sentenza (Corte giustizia CE, 7 settembre 2006, C53/04, cosiddetta sentenza Vassallo). Si vedano i seguenti passaggi:
              «48. la clausola 5 dell'accordo quadro non osta, in quanto tale, a che uno Stato membro riservi un destino differente al ricorso abusivo a contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione a seconda che tali contratti siano stati conclusi con un datore di lavoro appartenente al settore privato o con un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico (...) affinché una normativa nazionale, come quella controversa nella causa principale, che vieta, nel solo settore pubblico, la trasformazione in contratto di lavoro a tempo indeterminato di una successione di contratti a tempo determinato, posso essere considerata conforme all'accordo quadro, l'ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato deve prevedere, in tale settore, un'altra misura effettiva per evitare, ed eventualmente sanzionare, l'utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato stipulati in successione.
      50. Per quanto riguarda quest'ultima condizione, occorre ricordare che la clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro impone agli Stati membri l'adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure enumerate in tale disposizione e dirette a prevenire l'utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, qualora il diritto nazionale non preveda già misure equivalenti»;
          la Corte di Giustizia specifica inoltre – ad ulteriore conferma di quanto sopra rappresentato – che: «quando, come nel caso di specie, il diritto comunitario non prevede sanzioni specifiche nel caso in cui siano stati comunque accertati abusi, spetta alle autorità nazionali adottare misure adeguate per far fronte ad una siffatta situazione, misure che devono rivestire un carattere non soltanto proporzionato, ma altresì sufficientemente effettivo e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in attuazione dell'accordo quadro (sentenza Adeneler e a., cit., punto 94). Anche se le modalità di attuazione di siffatte norme attengono all'ordinamento giuridico interno degli Stati membri in virtù del principio dell'autonomia procedurale di questi ultimi, esse non devono essere tuttavia meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza), né rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) (v., in particolare, sentenze 14 dicembre 1995, causa C312/93, Peterbroeck, Racc. pag. 14599, punto 12, nonché Adeneler e a., cit., punto 95).
      53.  Ne consegue che, quando si sia verificato un ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato – come sicuramente accade allorquando il rapporto è senza fine reiterato nella forma del «richiamo temporaneo in servizio», si deve poter applicare una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale abuso ed eliminare le conseguenze della violazione del diritto comunitario. Infatti, secondo i termini stessi dell'articolo 2, primo comma, della direttiva 1999/70, gli Stati membri devono «prendere tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prescritti dalla [detta] direttiva» (sentenza Adeneler e a., cit., punto 102).
      54.  Non spetta alla Corte pronunciarsi sull'interpretazione del diritto interno, compito che incombe esclusivamente al giudice del rinvio, il quale deve, nella fattispecie, determinare se i requisiti ricordati ai tre punti precedenti siano soddisfatti dalla normativa nazionale pertinente. Tuttavia la Corte, nel pronunciarsi su un rinvio pregiudiziale, può fornire, ove necessario, precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale nella sua interpretazione (v. sentenza 21 febbraio 2006, causa C255/02, Halifax e a., Racc. pag. 11609, punti 76 e 77).
          costituisce circostanza già rappresentata alle autorità ministeriali quella secondo cui le funzioni svolte nei comandi provinciali dai lavoratori discontinui sono chiaramente di tipo subordinato a ripiano parziale delle gravi carenze di organico del Corpo e del suo sottodimensionamento, con mansioni che variano dal servizio tecnico urgente (pronto intervento) ai servizi amministrativi;
          non a caso, infatti, sulla base delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 526, della legge 27 dicembre 2006, n.  296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (cosiddetta «Legge finanziaria per l'anno 2007»), all'articolo 1, comma 526, si è previsto l'avviamento anche per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco della «stabilizzazione dei rapporti di lavoro del personale, in possesso dei requisiti», prevedendo la «trasformazione in rapporti a tempo indeterminato delle forme di organizzazione precaria dei lavoro» per i lavoratori discontinui che «alla data del 1° gennaio 2007 [...] da almeno tre anni abbia(no) effettuato non meno di centoventi giorni di servizio»;
          tale processo non ha, però, ancora prodotto i risultati auspicati e tali lavoratori rimangono nella situazione di precarietà sopra indicata appunto prodotta dalla successione senza limiti di tali rapporti nelle forme del «richiamo in servizio»;
          in sede di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2011, n.  216, è stato approvato, previo parere favorevole del Governo, un emendamento all'articolo 15 dello stesso, che prevede la proroga «al 31 dicembre 2013 (de)l termine della validità della graduatoria adottato in attuazione dell'articolo 1, comma 526, secondo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n.  296», ma tali misure, da un lato, non hanno avuto seguito mentre, dall'altro, non sembrano adeguate alla soluzione del tema;
          in data 26 gennaio 2012 il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/4865AR/66 con il quale si è impegnato a predisporre una nuova regolamentazione del servizio del volontariato nel Corpo che distingua nuovamente la figura del discontinuo, che a tutti gli effetti è un lavoratore a tempo determinato, da quella del volontario; tanto risulta doveroso, sia per rendere conforme la disciplina interna a quella europea sul tempo determinato sia per rendere certi i termini e le modalità per la conversione di tali rapporti a tempo determinato o comunque assicurare ai medesimi una debita prospettiva ripristinatoria o satisfattiva in qualsivoglia modalità  –:
          se i Ministri interrogati non ritengano che debbano essere intraprese iniziative per assicurare la conformità della legislazione italiana in materia ai vincoli derivati dalla disciplina europea del rapporto a tempo determinato e che debbano essere intraprese misure per assicurare il superamento di tali rapporti a tempo determinato e per completare il processo di conversione di tali rapporti a tempo indeterminato. (4-15914)

      Risposta. — L'articolo 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n.  139, stabilisce che il personale volontario che presta la sua opera per il corpo nazionale dei vigili del fuoco non è legato da un rapporto di impiego con l'Amministrazione dell'interno.
      Tale principio è stato ribadito dall'articolo 4, comma 12, della legge 12 novembre 2011, n.  183 – legge di stabilità 2012 –, in base al quale i richiami in servizio del personale volontario del corpo nazionale dei vigili del fuoco non costituiscono rapporto di impiego.
      La normativa di settore, inoltre, fissa un tetto massimo dei richiami in servizio dei volontari nell'arco dell'anno ed entro tale limite il comando provinciale può disporre dei richiami in servizio «a rotazione» secondo i criteri fissati dall'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica n.  76 del 2004, attingendo dalla graduatoria provinciale.
      Pertanto il personale volontario che per tradizione storica presta la sua opera di collaborazione per il corpo nazionale dei vigili del fuoco non è impiegato stabilmente ed organicamente nel corpo nazionale.
      Alla luce di quanto sopra esposto, non può quindi configurarsi una situazione di incompatibilità della normativa di settore con la normativa comunitaria sul lavoro a termine.
      Per quanto riguarda, infine, la richiesta di adozione di misure per il superamento dei rapporti a tempo determinato ed il completamento del processo di conversione dei rapporti a tempo indeterminato, si evidenzia che la «temporaneità» costituisce per tradizione storica il connotato essenziale del servizio prestato dal vigile del fuoco volontario.
      L'eventuale conversione
ex lege di tali rapporti di collaborazione in rapporti a tempo indeterminato, risulterebbe in contrasto sia con il principio costituzionale che, come è noto, stabilisce che l'accesso ai pubblici uffici avviene mediante concorso pubblico ed in particolare contrasterebbe anche con le disposizioni contenute nel decreto legislativo n.  217 del 2005 che stabilisce i criteri concorsuali per l'accesso alla qualifica di vigile del fuoco.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giovanni Ferrara.


      CONTENTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          ha suscitato qualche perplessità e il timore di nuovi ritardi nell'avvio dell'opera la notizia secondo cui sarebbe nato un contenzioso legale circa il valore del terreno di via Planton su cui deve sorgere il nuovo comando provinciale dell'arma dei carabinieri di Pordenone  –:
          quali siano le tempistiche di realizzazione del nuovo presidio dell'Arma nel capoluogo provinciale di Pordenone, indispensabile per il personale ivi dislocato e per la stessa utenza, e se la vertenza giudiziaria in atto possa pregiudicare o far slittare nel tempo la conclusione dell’iter. (4-15063)

      Risposta. — In relazione all'edificazione della nuova sede del Comando provinciale dell'Arma dei carabinieri di Pordenone, si rappresenta che la vicenda giudiziaria cui fa riferimento l'interrogante è conseguente alla richiesta della società «A.D.A.S. S.p.A.» di Pordenone (già proprietaria del terreno espropriato) di un «indennizzo per esproprio» superiore a quello inizialmente concesso dall'amministrazione comunale. Infatti la società Adas a fronte di un indennizzo pari a euro 2.550.000, ritenuto congruo dall'agenzia del territorio, ha avanzato azione legale per la maggiorazione del 10 per cento della predetta somma.
      La Corte d'appello di Trieste, nel marzo 2012, ha accolto il ricorso proposto dalla Società Adas e ha quantificato l'indennità di espropriazione dovuta dal comune di Pordenone in complessivi euro 3.613.620, obbligando l'ente locale a depositare presso la Direzione Provinciale del Tesoro la somma di euro 1.063.620 pari alla differenza tra la somma già depositata a titolo di indennità provvisoria e il superiore importo individuato, oltre agli interessi legali. Inoltre, ha condannato il Comune alla refusione delle spese di lite, generali ed accessorie, di legge.
      L'amministrazione comunale di Pordenone ha annunciato il ricorso in Cassazione.
      La controversia, che ha riguardato solo l'ammontare dell'indennità di esproprio, non inciderà sui tempi di realizzazione dell'opera, atteso che la proprietà dell'area è stata regolarmente acquisita dal comune e il relativo decreto non è stato oggetto di impugnazione da parte della società espropriata.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.


      DE GIROLAMO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'ondata di maltempo che ha travolto l'Italia nei primi giorni di febbraio 2012 ha provocato innumerevoli disagi all'intera popolazione: strade bloccate, treni rimasti fermi per ore, scuole chiuse, e disservizi di ogni genere;
          tra l'altro le precipitazioni nevose hanno provocato, in numerosi centri del Sud-Italia e in particolare nella provincia di Benevento, il blocco della fornitura di energia elettrica; sono state infatti circa 160.000 le utenze fuori servizio su 5,7 milioni di forniture gestite da Enel nelle regioni Lazio, Abruzzo, Molise e Campania;
          in particolare, nel beneventano, numerose famiglie hanno visto interrompersi il servizio elettrico, e le già pesanti difficoltà si sono ulteriormente aggravate a causa della lentezza delle attività per il ripristino della fornitura; in alcuni casi l'energia elettrica è ritornata dopo poche ore ma in altri dopo dodici o ventiquattro ore e in altri ancora è stato necessario installare un generatore;
          l'improvvisa mancanza di energia elettrica ha determinato gravi danni ed evidenti disagi alle famiglie, che, in tanti casi, oltre a dover patire il freddo per l'impossibilità del funzionamento della caldaia che alimenta gli impianti di riscaldamento, sono state costrette a gettare via tutte le conserve riposte nei congelatori  –:
          quali fossero i piani di emergenza predisposti dalle società che erogano il servizio elettrico, dato il bollettino neve della protezione civile diffuso nei giorni precedenti la clamorosa ondata di maltempo;      
          per quali motivi migliaia di famiglie siano rimaste senza energia elettrica per oltre una giornata e non siano stati compiuti i necessari e tempestivi interventi sulla rete al fine di ripristinare il servizio;
          per quali motivi oggi in tanti comuni il servizio elettrico sia ancora garantito attraverso i pali e le reti esterne che sono molto esposte alle intemperie, e non con i cavidotti sotterranei;
          quali iniziative si intendano adottare a tutela delle famiglie colpite dai guasti elettrici e se non si ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza affinché siano previsti sconti per chi ha patito i disservizi causati anche dal ritardo delle operazioni di ripristino della fornitura. (4-14858)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame si fa presente quanto segue.
      Il Centro-Italia nei giorni a partire dal 1 febbraio 2012, è stato colpito da un eccezionale periodo di freddo e maltempo che ha causato notevoli disservizi sulle linee e sulle infrastrutture di distribuzione di energia elettrica, con conseguente interruzione della fornitura per molti cittadini nelle aree del Lazio e della Toscana, nonché l'Abruzzo, la Campania e, marginalmente, le Marche.
      Il numero di utenti risultati sprovvisti di energia elettrica è stato di circa 360.000 clienti, di cui 160.000 nelle regioni Lazio Abruzzo, Molise e Campania, con una durata variabile del disservizio.
      I guasti sono stati provocati essenzialmente dall'eccezionale sovraccarico meccanico dei conduttori, dovuto a neve e ghiaccio e dalla caduta di alberi di alto fusto oltre la fascia di rispetto.
      Il concessionario del servizio di distribuzione nelle aree interessate è Enel distribuzione che ha lavorato sul territorio per risolvere l'emergenza, in stretto coordinamento con le autorità locali, i sindaci, la protezione civile, l'esercito e la guardia forestale.
      In ordine alle attività di ripristino, sentita Enel distribuzione risulta che la società si sia attivata immediatamente, a valle della diramazione dello stato di allerta, e, compatibilmente, con le difficoltà derivanti dalla percorribilità delle strade e di raggiungimento degli impianti, attuando il proprio piano di emergenza che, conformemente alla normativa tecnica (guida CEI 0-17), prevede tra le altre iniziative, la messa a disposizione di un congruo numero di gruppi elettrogeni ed il rinforzo delle squadre poste in preallarme su tutto il territorio interessato.
      Le riparazioni e l'installazione dei gruppi elettrogeni sono state ostacolate dalla impraticabilità delle strade per alberi caduti, e neve abbondante. In molti casi si è reso necessario l'intervento di mezzi speciali resi disponibili da Prefetture, protezione civile ed altri Enti.
      Tuttavia, grazie ai sistemi di telecomando della rete e all'impegno del personale, che ha operato in condizioni proibitive, è stato possibile riattivare il numero di utenze elettriche rapidamente e per un gran numero di clienti.
      Per quanto riguarda il ristoro delle interruzioni delle forniture subite dagli utenti, la società Enel distribuzione spa ha reso noto che sta terminando l'erogazione dei rimborsi ai sensi dalla delibera dell'autorità per l'energia elettrica e il gas n.  198/11.
      Tali rimborsi, la cui entità dipende dalla durata della disalimentazione, variano da 30 a 300 euro, per le utenze domestiche, da 150 a 1.000 euro, per le piccole utenze non domestiche (negozi, laboratori fino a 100 KW di potenza), mentre per le utenze industriali, dipendono anche dalla potenza contrattuale e possono arrivare fino a 6.000 euro.
      Possono beneficiarne tutti gli utenti serviti da una linea elettrica interessata da una interruzione di almeno 8 ore nei comuni con più di 50.000 abitanti, 12 ore nei comuni tra 50.000 e 5.000 abitanti e più di 16 ore in tutti i comuni più piccoli.
      I rimborsi sono accreditati automaticamente in bolletta, dalle rispettive società di vendita, senza la necessità di alcuna richiesta.
      Le società di vendita Enel (Enel servizio elettrico ed Enel energia) hanno già emesso la quasi totalità delle fatture con gli indennizzi.
      Complessivamente nella provincia di Benevento risultano erogati indennizzi per un'ammontare complessivo di circa 1,2 Milioni di euro.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Claudio De Vincenti.


      DE LUCA, GIAMMANCO, BARANI, GIOACCHINO ALFANO, VINCENZO ANTONIO FONTANA, MARINELLO, CICCIOLI, MASSIMO PARISI, MANCUSO, CROLLA, CASTELLANI, BOCCIARDO e TOCCAFONDI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          lo scorso 12 aprile 2012 il Ministro dell'ambiente della tutela del territorio e del mare, Corrado Clini, nell'ambito di un convegno promosso dall'Aitec aveva preannunciato la promulgazione di un decreto ministeriale relativo alla possibilità di utilizzare i combustibili solidi secondari (CSS) negli impianti industriali, quali cementifici, centrali elettriche e termovalorizzatori entro la fine del mese di aprile;
          le potenzialità dell'utilizzo del combustibile solido secondario nei processi industriali sono state stimate da uno studio di Nomisma Energia in un risparmio medio di 140 euro pro capite l'anno sulla bolletta a carico del contribuente, l'evitata emissione di circa 7,9 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno, nonché la creazione di 10.700 nuovi posti di lavoro nell'ambito del settore della green economy;
          tra gli altri vantaggi relativi all'emanazione del decreto, che svincola nei fatti il combustibile solido secondario dal ciclo dei rifiuti, vi è la riduzione della quantità di rifiuti che finiscono annualmente nelle 102 discariche del nostro Paese, la riduzione del consumo di risorse naturali e materie prime, l'aumento dei vantaggi derivanti dalla raccolta differenziata, la riduzione delle importazioni di energia dall'estero, da cui oggi siamo dipendenti per l'85 per cento del nostro fabbisogno nazionale;
          tale stato di cose verrebbe a sanare alcune criticità rilevanti che si registrano in particolare nelle regioni dell'Italia meridionale in relazione ai costi di gestione dei rifiuti per le amministrazioni locali, tali da consentire un risparmio medio in Italia di 40 euro l'anno a famiglia, con picchi di 192 euro l'anno in Campania e 146 euro l'anno nel Lazio;
          in Europa l'Italia è un Paese che presenta uno dei più bassi livelli di recupero termico, accompagnato da un tasso di conferimento di rifiuti urbani in discarica già oggi molto critico, che si attesta al 13 per cento, a fronte di un livello compreso tra il 30 ed il 40 per cento di Paesi quali la Germania, l'Austria, l'Olanda o la Svezia;
          i costi dell'energia rappresentano una delle principali voci di spesa nei bilanci delle aziende del nostro Paese, subendo in maniera particolare i costi derivanti dalle importazioni e dall'oscillazione del prezzo delle materie prime sul mercato, in primo luogo petrolio, carbone, gas ed elettricità  –:
          quali siano le motivazioni relative alla mancata emanazione del decreto che, insieme ai vantaggi di natura economica, energetica, sociale ed occupazionale sopra elencati consentirebbe di dare respiro a molte aziende in difficoltà nell'ambito dei costi di produzione ed approvvigionamento energetico. (4-16005)

      Risposta. — L'innovazione normativa richiamata dagli interroganti con l'atto di sindacato ispettivo in esame, si articola in due distinti provvedimenti.
      Il primo è uno schema di regolamento ministeriale che reca la disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS) ai sensi dell'articolo 184-
ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152, e successive modificazioni, da adottarsi ai sensi di quanto previsto dall'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988.
      In particolare, lo schema di decreto individua le condizioni alle quali determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS), di cui all'articolo 183, comma 1, lettera cc), del decreto legislativo medesimo, cessano di essere qualificati come un rifiuto speciale e sono da considerare, a tutti gli effetti, un prodotto (cosiddetta «
end of waste» nella terminologia della direttiva quadro 2008/98/CE in materia di rifiuti).
      Lo schema di decreto è stato trasmesso al Consiglio di Stato per il previsto esame lo scorso 8 giugno. Una volta acquisito il favorevole avviso dell'Alto Consesso lo schema di regolamento dovrà essere notificato alla Commissione europea per la procedura di informazione di cui alla direttiva 98/34/CE, come modificata dalla direttiva 98/48/CE, che comporta, per l'adozione del decreto, un periodo di sospensione di novanta giorni. Si ritiene, pertanto, verosimile che lo schema di decreto potrà essere adottato dal Ministro entro il prossimo mese di novembre.
      Parallelamente, ai sensi di quanto previsto dal comma 11 dell'articolo 214 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152, è stato predisposto uno schema di decreto del Presidente della Repubblica con il quale vengono individuate le condizioni alle quali l'utilizzo dei combustibili solidi secondari (CSS), di cui all'articolo 183, comma 1, lettera cc), del citato decreto legislativo, in impianti di produzione di cemento a ciclo completo, con capacità produttiva superiore a cinquecento tonnellate giornaliere di clinker, e, comunque, soggetti al regime delle autorizzazioni integrate ambientali (AIA) e dotati di certificazione di qualità ambientale secondo la norma UNI EN ISO 14001, ovvero di registrazione EMAS di cui al regolamento (CE) n.  1221/2009, gode di un regime giuridico semplificato
ad hoc, che assorbe e sostituisce ogni ulteriore atto di assenso eventualmente presupposto o comunque necessario ai sensi della Parte II del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152, del decreto legislativo 11 maggio 2005, n.  133, nonché, ove occorra, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.  380.
      Lo schema di decreto del Presidente della Repubblica è stato trasmesso lo scorso 31 maggio all'esame del Ministero dello sviluppo economico per l'acquisizione del previsto «sentito» di quel Dicastero.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      DE POLI. — Al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          l'autoriforma del CONI cancella i comitati provinciali CONI e le federazioni, con conseguenze pesanti per il futuro dello sport di base. In considerazione del fatto che queste strutture locali rivestono sul territorio un valore sociale ed educativo irrinunciabile;
          la presenza dei CONI provinciali e delle federazioni è vista come fondamentale, tra le altre cose, come supporto all'attività sportiva scolastica (giochi sportivi studenteschi, giochi della gioventù, alfabetizzazione motoria, giocosport) oltre alle numerose iniziative locali come organizzazione dei corsi di formazione, sportello per consulenza gratuita alle società sportive, feste provinciali dello sport, valorizzazione delle eccellenze del territorio;
          una delegazione dei presidenti dei comitati provinciali CONI che contestano l'autoriforma è stata in questi giorni, ascoltata in audizione dalla VII Commissione della Camera dei deputati Cultura, Scienza e Istruzione. In questa occasione hanno potuto ribadire la loro posizione sulla questione e avanzare le ragioni che motivano le iniziative critiche che stanno portando avanti. Infatti, i comitati provinciali del Coni sono sul territorio il presidio di riferimento per tutto il movimento sportivo: la capillarità delle sedi, la diffusa esperienza dei servizi e delle persone del Coni che operano gratuitamente, garantiscono il fondamentale valore educativo e sociale dello sport;
          a tutti appare evidente che se c’è lo sport nelle scuole lo si deve anche ai comitati provinciali del Coni, che sono interlocutori diretti e continui con tutti i comuni e le direzioni scolastiche. I presidenti dei comitati provinciali hanno presentato un documento «Dalla protesta alla proposta per una nuova riforma del Coni» dei Comitati – per correggere una visione centralista che mette in crisi l'organizzazione e la promozione sportiva sul territorio, l'attività delle Federazioni e delle associazioni, che hanno tutte base provinciale, disperdendo le importanti energie del volontariato che animano dal basso la pratica sportiva e la crescita sociale. Al termine dell'incontro in Commissione è stato dichiarato che «Il confronto con tutti i Parlamentari della Commissione è stato molto positivo, la loro ampia disponibilità lascia sperare che possa presto tradursi in un indirizzo di correzione di quanto c’è di sbagliato nell'autoriforma Coni, mantenendo il ruolo e le funzioni dei Comitati territoriali e delle Federazioni Provinciali come primo passo per la rivisitazione delle organizzazioni a sostegno della funzione sociale e formativa dello sport  –:
          se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative normative in merito alla riforma del CONI anche alla luce del documento presentato dai presidenti dei Comitati provinciali CONI. (4-15589)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, a seguito delle informazioni assunte dal CONI, si rappresenta quanto segue.
      Ai sensi dell'articolo 2, comma 3, del decreto legislativo 23 luglio 1999, n.  242, «l'organizzazione periferica del CONI è disciplinata dallo Statuto dell'ente». Ciò a conferma dell'autonomia organizzativa riconosciuta al CONI dal legislatore con la legge 31 gennaio 1992, n.  138, le cui disposizioni sono espressamente richiamate dallo stesso decreto legislativo n.  242 del 1999 all'articolo 13, comma 3.
      Il riordino dell'organizzazione territoriale del CONI rappresenta una delle principali aree di intervento del documento programmatico di autoriforma «Lo sport verso il 2020» approvato dal consiglio nazionale il 30 settembre 2011. In detto documento, si legge che «la struttura territoriale del CONI, con il volontariato che lo anima, rappresenta un asse portante dell'organizzazione sportiva italiana e in quanto tale deve essere al passo con i tempi e rispondere con prontezza ed efficacia alle istanze del territorio. Un riordino che ne valorizzi il ruolo e le funzioni appare pertanto indispensabile anche anticipando l'attuazione dei disegni di legge costituzionali all'esame del Parlamento, che prevedono la «soppressione del livello territoriale del governo provinciale».
      Al fine di dare attuazione alle indicazioni contenute nel citato documento programmatico, il consiglio nazionale, nella riunione del 30 novembre 2011, con la deliberazione n.  1451, approvata all'unanimità, compreso quindi il voto favorevole dei 6 rappresentanti delle strutture territoriali del CONI, ha approvato il testo di alcune modifiche allo Statuto del CONI, in particolare agli articoli 6, 7, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 34-
bis e 35, che si sostanziano essenzialmente nell'istituzione, in ogni provincia, della figura del delegato provinciale, in luogo dei comitati provinciali, e della sostituzione dei rappresentanti dei delegati provinciali ai rappresentanti, dei comitati provinciali in seno al consiglio nazionale e nella giunta nazionale del CONI, in un contesto complessivo di ottimizzazione ma non di riduzione di competenze.
      Il previsto riordino dell'organizzazione territoriale non comporta il venir meno delle funzioni attualmente svolte dai comitati provinciali, ma una razionalizzazione delle stesse, che verranno demandate in parte al comitato regionale e in parte ai delegati provinciali che rappresentano il presidio di livello provinciale dell'ente, attraverso un'adeguata rete comunicazionale informatica che valorizzerà ulteriormente l'apporto del volontariato. Ciò comporterà nel tempo una razionalizzazione degli spazi e degli assetti lavorativi, con evidenti ricavi, nell'ottica della modernizzazione e non della smobilitazione.
      Con riferimento alla predetta deliberazione n.  1451, si rappresenta, più in particolare, che, nel corso dell'attività di vigilanza per l'approvazione di competenza, l'ufficio per lo sport ha richiesto ulteriori elementi informativi circa i criteri e le modalità di designazione dei delegati provinciali che sostituiranno i soppressi comitati provinciali e sugli eventuali effetti della riforma nei confronti dell'associazionismo sportivo. Il CONI ha fornito con due note, rispettivamente del 29 febbraio 2012 e del 15 marzo 2012, i chiarimenti richiesti. Nello specifico, l'ente ha precisato che la nomina del delegato provinciale sarà disciplinata in un apposito regolamento delle strutture territoriali del CONI e che la modifica organizzativa non sarà produttiva di effetti pregiudizievoli nei confronti dell'associazionismo sportivo a livello territoriale periferico, in quanto il nuovo assetto sarà modulato in armonia con il sistema delle associazioni e istituzioni interessate.
      Le modifiche allo statuto del CONI sono state approvate con decreto interministeriale 10 maggio 2012.
      Con il decreto di approvazione le amministrazioni vigilanti hanno espresso la necessità che il delegato provinciale sia designato sulla base delle indicazioni delle strutture periferiche provinciali delle federazioni sportive e che sia mantenuto un minimo di organizzazione per ogni delegato provinciale.
      Con nota del 24 maggio 2012 il CONI ha trasmesso al dipartimento per gli affari regionali, il turismo e lo sport la deliberazione n.  1465 concernente il «Regolamento delle strutture territoriali del CONI». Al riguardo, in esito all'istruttoria effettuata, è emersa la necessità di acquisire ulteriori elementi da parte dell'ente che hanno, pertanto, comportato l'interruzione dei termini previsti per l'approvazione.

Il Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport: Piero Gnudi.


      DE POLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la focomelia è una grave malformazione congenita per cui gli arti superiori o inferiori non sono sviluppati in parte oppure del tutto. La malformazione può essere mono o bilaterale ed interessare porzioni più o meno estese degli arti colpiti. Nei casi più gravi sono presenti solo abbozzi rudimentali di dita all'altezza della spalla. Estremamente nota è la così detta vicenda dei «figli della talidomide»;
          nel corso degli anni Sessanta circa 10.000 neonati vennero al mondo con gravi malformazioni (focomelia), perché le madri, contro la nausea da gravidanza, avevano assunto pillole a base di talidomide, il Contergan, distribuito dalla Grunenthal GmbH, un farmaco che solo a posteriori si scoprì avere un'azione teratogena sull'embrione;
          il soggetto colpito da focomelia non possiede la parte più vicina al tronco di un arto. Questa malformazione può essere causata anche da eventi traumatici, infettivi o tossici patiti dal feto prima della nascita, oppure da fattori genetici. Si interviene attraverso l'utilizzo di protesi sostitutive;
          la distosi è una malformazione congenita o ereditaria delle ossa. La malattia ha origine durante la vita fetale, a causa di problemi nello sviluppo del feto o di un processo di ossificazione delle cartilagini avvenuto in modo non corretto;
          in quegli anni ci fu un'ondata di proteste contro la casa produttrice del farmaco e contro il Ministero della salute finche nel 1965 finalmente il farmaco fu ritirato dal commercio;
          nel 2008 è stata introdotta una norma nella legge finanziaria che prevede il risarcimento di chi riuscirà a dimostrare il collegamento tra una madre che ha assunto il talidomide durante la gravidanza e le infermità del figlio se nate tra il 1959 e il 1965;
          si stima che oltre 20 mila bambini nel mondo, di cui 10 mila in Europa, siano nati affetti da focomelia; questo difetto impedisce la crescita delle ossa lunghe. Ma è una stima probabilmente per difetto. Molti sono morti, altri non hanno avuto genitori che abbiano partecipato alle richieste di risarcimento. E lo stesso Ministero ha risposto che non se ne parlava neppure;
          nel 2009 il Ministero della salute finalmente ha delegato le Asl di tutt'Italia a effettuare attente valutazioni di questi casi. Questo, paradossalmente, ha ritardato l'esame delle pratiche e anche reso diversi, da luogo a luogo, i parametri seguiti. In base alla circolare del Ministero, ha diritto al risarcimento solo chi ha una prova in grado di confermare l'assunzione da parte della madre del talidomide. Ma un recente provvedimento del tribunale di Verona ha stabilito che potrebbe sussistere un vizio di legittimità costituzionale della normativa nella parte che limita l'indennizzo agli anni di nascita 1959/1965, disponendo l'accertamento medico legale per stabilire se la ricorrente abbia contratto focomelia a causa del talidomide  –:
          se il Ministro intenda, visto il grave handicap che causa questa malattia, assumere iniziative normative volte a riconoscere il diritto all'indennizzo alle persone nate al di fuori della forbice 1959-1965 per le quali sussiste il nesso di casualità con l'assunzione in gravidanza di talidomide. (4-16196)

      Risposta. — L'articolo 2, comma 363, della legge 24 dicembre 2007, n.  244, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge finanziaria 2008) stabilisce che l'indennizzo di cui all'articolo 1 della legge 29 ottobre 2005, n.  229, è riconosciuto agli affetti da sindrome da talidomide, determinata dalla somministrazione dell'omonimo farmaco, nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della macromelia.
      Al fine di definire l'ambito di applicazione della norma e per individuare i beneficiari del previsto indennizzo, con l'articolo 31 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n.  207, recante «proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti», convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 2009, n.  14, si è stabilito, al comma 1-
bis, che il citato indennizzo si intende riconosciuto ai soggetti affetti da sindrome da talidomide nati negli anni dal 1959 al 1965.
      Successivamente, il decreto ministeriale 2 ottobre 2009, n.  163, regolamento di esecuzione dell'articolo 2, comma 363, della legge 24 dicembre 2007, n.  244, ha fissato le modalità da seguire per il riconoscimento degli aventi diritto e per l'effettiva corresponsione dell'indennizzo in questione.
      Il giudizio medico legale è espresso dalle commissioni mediche ospedaliere di cui all'articolo 165 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n.  1092, ai sensi dell'articolo 2, comma 6, del citato regolamento di esecuzione emanato con decreto 2 ottobre 2009, n.  163, e non già dalle Aziende sanitarie locali come indicato nell'interrogazione parlamentare in oggetto.
      Le difficoltà applicative evidenziatesi, sotto il profilo medico legale della normativa di settore, sono state risolte in collaborazione con i competenti ufficio del Ministero della difesa che, interessati dal Ministero della salute, hanno provveduto, con le opportune direttive fornite alle commissioni mediche ospedaliere militari attive su tutto il territorio nazionale, a dirimere anche questi ulteriori aspetti critici.
      I limiti temporali previsti per accedere all'indennizzo
ex lege 244 del 2007 (soggetti affetti da sindrome da talidomide nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della macromelia nati negli anni dal 1959 al 1965) sono stabiliti dalla legge 27 febbraio 2009, n.  14, recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n.  207, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti».
      Pertanto, eventuali modifiche delle disposizioni normative in vigore, finalizzate ad ampliare l'arco temporale in questione, devono essere definite tramite iniziative legislative.

Il Sottosegretario di Stato per la salute: Adelfio Elio Cardinale.


      DI BIAGIO e RAISI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          l'emergenza freddo degli ultimi sette giorni ha sollecitato una vera e propria emergenza energetica in Italia riportando alla ribalta le criticità connesse all'erogazione di gas da parte dei fornitori stranieri e le difficoltà nella gestione delle importazioni da parte degli enti deputati nonché la debolezza delle infrastrutture;
          nella fattispecie è stata registrata una riduzione delle importazioni di metano, calate di un terzo rispetto ai flussi normali. Soltanto dalla Gazprom è stata registrata una diminuzione del 30 per cento delle forniture;
          a tale criticità si aggiunge l'impossibilità di poter usufruire del rigassificatore di Rovigo, che è la porta di accesso all'Italia del gas russo, dal quale passa circa il 10 per cento di tutto il gas importato transitante per l'Italia;
          nella sola giornata del 6 febbraio 2012 si è arrivati a 452 milioni di metri cubi di gas consumato sfiorando il record di consumi toccato il 17 dicembre 2010;
          il 90 per cento del gas consumato in Italia è di provenienza estera;
          inoltre è importante sottolineare che il 90 per cento della quantità di gas consumata in Italia ogni anno viene veicolata attraverso i gasdotti, sebbene esistano soltanto due rigassificatori, che limitano di fatto le possibilità energetiche del Paese;
          a seguito di tale difficoltà, il comitato strategico per il monitoraggio e l'emergenza gas che si riunisce presso il Ministero dello sviluppo economico ha previsto il taglio delle forniture di gas alle aziende che hanno stipulato con l'Eni i cosiddetti contratti «interrompibili»;
          a tale decisione si aggiunge quella di riconvertire – in via straordinaria – le centrali elettriche di Enel e Sorgenia al funzionamento con olio combustibile al fine di far fronte all'emergenza;
          malgrado sia previsto dalle formule contrattuali di Snam Rete Gas s.p.a. con le imprese, l'interruzione dell'afflusso energetico a queste rischia di comportare delle non trascurabili conseguenze economiche produttive nel Paese, in una situazione già vessata da una congiuntura economica infausta;
          sono circa 2000 le piccole e medie imprese italiane che hanno aderito alla procedura operativa di «interrompibilità» a fronte di una remunerazione finanziata paradossalmente dalle bollette degli utenti;
          l'Eni gestisce quasi il 50 per cento dell'approvvigionamento energetico del Paese, adoperandosi, a giudizio dell'interrogante, in dinamiche similmonopolistiche e limitando – di fatto – le ulteriori possibilità approvvigionamento dell'Italia;
          a ciò si aggiunge il fatto che il Governo intende procedere con la definizione di nuovi rigassificatori, anche in assenza di un chiaro e delineato piano energetico nazionale all'interno del quale collocare il ruolo rinnovato dell'Italia sul versante energetico europeo;
          di contro, il Governo non ha ancora provveduto a varare i decreti attuativi per l'incentivazione dell'immissione in rete del biometano che potrebbe consentire il superamento dell'attuale impasse energetica, ridurre i costi e contenere l'inquinamento, lasciando di fatto disattesa una importante potenzialità energetica per il Paese  –:
          alla luce dell'attuale impasse energetica italiana, dopo quella verificatasi nel 2006 e nel 2009 quale sia la strategia energetica che il Governo intende definire al fine di consentire una maggiore autonomia dalle importazioni, ridimensionare i costi e valorizzare la produzione energetica nazionale, anche attraverso il miglioramento della normativa in materia di incentivazione di combustibili alternativi. (4-14815)

      Risposta. — A partire dai primi giorni di febbraio 2012, si sono determinate in tutta Europa condizioni climatiche di freddo intenso e prolungato, che hanno investito tutti i paesi del continente europeo, oltre a Russia e Ucraina.
      In Italia il mese di febbraio 2012 è risultato il più freddo dal 1965, mentre le condizioni generali di estensione dell'innevamento sono risultate paragonabili a quelle storiche del 1929, del 1956 e del 1985. Nel periodo compreso fra il 2 e il 15 febbraio 2012, il fenomeno climatico è stato caratterizzato da:
          un picco di freddo nella giornata del 6 febbraio 2012 durante la quale le temperature sono state notevolmente inferiori all'andamento normale degli ultimi venti anni;
          uno scostamento del 48 per cento rispetto alla curva normale climatica di tutto l'arco temporale considerato.
      La situazione di criticità del sistema italiano dell'approvvigionamento del gas naturale, registrata nel febbraio 2012, è stata determinata dalla concomitanza di più circostanze, riconducibili sia a condizioni meteorologiche eccezionali per la durata, non irrilevante, che hanno determinato una corrispondente elevata domanda di gas naturale per i consumi del settore domestico e sia alla riduzione sensibile del coefficiente di utilizzo delle importazioni di gas naturale nel corso dello stesso arco temporale.
      Quest'ultima è dipesa dal verificarsi delle seguenti condizioni:
          riduzione dei volumi di gas provenienti dalla Russia tramite il punto di entrata nella rete nazionale dei gasdotti di Tarvisio;
          contemporanea, quasi totale, indisponibilità del terminale Gnl della società Adriatic Lng, posto nel mare Adriatico a circa 12 miglia dalla costa, che a causa dell'elevato moto ondoso e alle condizioni climatiche avverse non ha potuto operare per l'attracco delle navi gasiere per la discarica del Gnl;
          carenza di carichi navali per il terminale di Gnl situato nella costa ligure, a Panigaglia (La Spezia);
          ridotta importazione della produzione libica attraverso il gasdotto del punto di entrata siciliano di Gela (Caltanissetta), in relazione al graduale ripristino della produzione di gas interrotta in quel paese per gli eventi bellici del 2011;
          parziale indisponibilità del campo di stoccaggio di Ripalta (Cremona), in Lombardia, per i lavori necessari al ripristino della sicurezza impiantistica, a seguito della interruzione tecnica avvenuta nel 2011.
      L'esame delle condizioni verificatesi nel febbraio 2012, sopraelencate, unitamente a quelle dell'evento climatico del 2006 e alle interruzioni dell'approvvigionamento avvenute nel gennaio 2009 e nel corso del 2010, nonché le loro conseguenze, sono alla base del piano di azione preventiva e del piano di emergenza, in corso di elaborazione, che dovranno essere definiti entro dicembre 2012 dal Ministero dello sviluppo economico, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo n.  93 del 2011.
      Per quanto riguarda il terminale di Gnl a largo di Rovigo, il cui esercizio è stato attivato nel novembre 2010, si fa presente che lo stesso è l'ultima delle infrastrutture che in ordine cronologico è stata realizzata per l'importazione di gas naturale nel nostro Paese. Le criticità insorte per la sua ridotta operatività nel mese di febbraio 2012 evidenziano la necessità di incrementare la presenza di infrastrutture per l'approvvigionamento del gas naturale, al fine di fruire dei margini di sicurezza necessari a garantire la copertura anche delle punte di domanda.

      Per quanto riguarda l'utilizzo del biometano, fonte energetica espressamente citata nel testo in esame, l'articolo 20 del decreto legislativo n.  28 del 2011 prevede che il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, emani un decreto che dovrà determinare le regole e le modalità per l'incentivazione del biometano secondo i vari utilizzi tra cui:
          produzione di energia elettrica e termica in impianti di cogenerazione ad alto rendimento;
          carburante nei trasporti;
          immissione nelle reti del gas naturale per tutti gli utilizzi compatibili con il relativo prelievo.
      Tale provvedimento, che verrà definito dopo l'emanazione da parte dell'autorità per l'energia elettrica e il gas delle specifiche direttive relative alle condizioni tecniche ed economiche per la connessione degli impianti di produzione di biometano alle reti del gas naturale (come previsto dal citato articolo 20 del decreto legislativo n.  28 del 2011), indicherà le varie modalità di incentivazione nonché il relativo valore e durata dell'incentivo in modo da consentire agli operatori la scelta tra più soluzioni.
      Il Ministero dello sviluppo economico insieme all'Autorità per l'energia elettrica e il gas ha, comunque, già avviato i primi contatti con i rappresentanti dei sopra citati Ministeri concertanti in modo a procedere alla definizione di linee di intervento condivise.
      In merito al quesito posto nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta che il Ministero dello sviluppo economico è impegnato in tutte le sedi istituzionali a segnalare le riserve energetiche presenti nel sottosuolo nazionale che potrebbero essere utilmente valorizzate ai fini della riduzione dell'importazione di idrocarburi liquidi e gassosi dall'estero. Ciò al fine di attenuare l'impatto dei costi dovuti all'importazione del 90 per cento degli idrocarburi necessari al fabbisogno interno.
      Si segnala, infine, che il Ministro dello sviluppo economico è altresì impegnato ad operare, con il concorso dei Ministeri interessati, al fine di mantenere le forme di incentivazione necessarie per l'uso di combustibili alternativi che, in virtù dei provvedimenti amministrativi di prossima emanazione, potranno essere pienamente valorizzati anche nel nostro Paese.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Claudio De Vincenti.


      DI PIETRO e DI STANISLAO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          i commi da 627 a 629 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n.  244 (legge finanziaria per il 2008), hanno previsto la predisposizione da parte del Ministero della difesa di un apposito programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio, di cui alla legge n.  497 del 1978, in relazione alle esigenze derivanti dalla riforma strutturale connessa al nuovo modello delle Forze armate; al fine di agevolare e rendere più rapida la realizzazione di tale programma pluriennale è stata prevista, altresì, dalla stessa legge, «l'alienazione della proprietà, dell'usufrutto o della nuda proprietà di alloggi non più funzionali alle esigenze istituzionali» e l'assegnazione dei fondi alla Difesa;
          i punti qualificanti del programma di alienazione e rinnovo del patrimonio abitativo riconoscono il diritto di prelazione al conduttore non proprietario di altra abitazione nella provincia, nonché «la permanenza negli alloggi dei conduttori delle unità immobiliari e delle vedove, con basso reddito familiare, non superiore a quello determinato annualmente con apposito decreto del Ministro della difesa, ovvero con componenti familiari portatori di handicap, dietro corresponsione del canone in vigore all'atto della vendita, aggiornato in base agli indici ISTAT»;
          il decreto-legge n.  78 del 2010 recante «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività» ha previsto, con il comma 21-quater dell'articolo 6, che tali alloggi saranno soggetti ad aumento del canone a prezzi di libero mercato che provocherà alle famiglie interessate inevitabili ripercussioni economiche;
          dal coordinatore nazionale del Comitato nazionale utenza e valorizzazione demanio militare di abitazione (CASADIRITTO), si apprende che «dopo il Comando Aeronautica di Milano e quello di Bari, anche quello di Roma dal 25 settembre scorso sta provvedendo all'invio di lettere riportanti “l'invito” a lasciare l'alloggio. Questo procedere prematuro, che mette termine a un periodo almeno di tre anni...è intempestivo anche rispetto all'uscita del Decreto che riporterà l'elenco delle alienazioni degli alloggi, così come stabilito dal Decreto (Regolamento) del Ministro delle Difesa del 18 maggio 2010, previsto all'articolo 6»;
          lo stesso Comitato citato ha evidenziato che tali comunicazioni colpiscono «alla cieca», ovvero non tengono conto di quelle famiglie incluse nella normativa sopra menzionata (vedove, portatori di handicap, limite reddituale)  –:
          quali iniziative intenda adottare tese a tutelare gli inquilini degli alloggi del demanio militare;
          quali iniziative intenda prevedere, nella fase di applicazione dell'articolo 6, comma 21-quater, del decreto-legge n.  78 del 2010, per risolvere i problemi che stanno determinando le maggiorazioni di canone rispetto a quello già in vigore nei confronti degli utenti con reddito familiare annuo lordo non superiore a quello fissato annualmente dal decreto del Ministro della difesa richiamato in premessa;
          come intenda garantire, agli utenti che non superano la soglia di reddito familiare annuo lordo stabilita annualmente dal Ministro della difesa, con il decreto emanato ai sensi dell'articolo 9, comma 7, della legge 24 dicembre 1993, n.  537, l'applicazione del canone così come definito con l'articolo 43 della legge 23 dicembre 1994, n.  724, mirando a contemperare le esigenze dell'amministrazione con le condizioni sociali degli utenti. (4-09043)

      Risposta. — Con l'atto in argomento l'interrogante chiede di conoscere «quali iniziative intenda adottare tese a tutelare gli inquilini degli alloggi del demanio militare».
      Desidero osservare, in premessa, che il Dicastero ha posto in essere il programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio, in coerenza a quanto previsto dalla legge 24 dicembre 2007, n.  244.
      In tal senso, il decreto ministeriale 18 maggio 2010, n.  112, ora confluito nel decreto del Presidente della Repubblica n.  90 del 2010, recante il Regolamento di attuazione del programma pluriennale, va esattamente nella direzione della soluzione della problematica sollevata nell'atto.
      Voglio sottolineare, al riguardo, che è stata promossa una strategia innovativa che, mediante un taglio netto rispetto al passato, porta alla formulazione, nel medio e lungo periodo, di una politica alloggiativa su scala nazionale ed interforze, e nell'immediato a recuperare, con mirate assegnazioni straordinarie, quella parte di patrimonio non utilizzato per pregresse carenze manutentive.
      Tale azione regolamentare, quindi, viene finanziata anche con l'adeguamento al cosiddetto prezzo di mercato del canone di utilizzo degli alloggi detenuti in regime sine titulo, e tale adeguamento non è stato, come si vorrebbe pensare, una sorta di accanimento verso coloro che hanno perso la titolarità dell'alloggio assegnato, bensì è stato ricavato, d'intesa con l'agenzia del demanio, facendo riferimento alle quotazioni riportate dall'Osservatorio mobiliare Italiano dell'agenzia del territorio, che rilevando esclusivamente le quotazioni dei contratti di affitto regolarmente registrati costituisce un'attualizzazione dei canoni di concessione.
      Ciò, proprio per salvaguardare il personale interessato, e soprattutto coloro i quali rientrano nelle cosiddette «fasce protette», che sono stati tutelati, nel pieno rispetto dei princìpi costituzionali di trasparenza, equità e correttezza dell'azione amministrativa.
      A sostegno di quanto appena detto, devo far rilevare che, ancorché la disciplina primaria disponesse la rideterminazione del canone per tutto il personale «non avente titolo», sulla base del prezzo di mercato, del reddito e della durata dell'occupazione, è stata dedicata particolare attenzione alla tutela del personale rientrante nei parametri fissati dal decreto ministeriale annuale di gestione del patrimonio abitativo della Difesa, assicurando la non applicabilità della rideterminazione ai redditi fino alle soglie stabilite ogni anno con il decreto ministeriale di gestione degli alloggi (40.810 euro circa per il 2011 e 41.912 euro circa per il 2012) e prevedendo che il reddito dell'occupante e la durata pregressa dell'occupazione costituissero fattore di ponderazione per il calcolo dell'indice modulativo per la rideterminazione dei canoni.
      In tale direzione va il decreto ministeriale 16 marzo 2011, sulla rideterminazione del canone degli alloggi di servizio militari occupati da utenti senza titolo, pubblicato nella Gazzetta ufficiale 27 maggio 2011, n.  122, di attuazione dell'articolo 6, comma 21 quater del decreto legge 31 maggio 2010, n.  78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n.  122.
      È, comunque, importante sottolineare che rimane fermo l'obbligo di rilascio da parte degli stessi conduttori con titolo concessorio scaduto, ad esclusione delle cosiddette «categorie protette», in quanto la Difesa deve far fronte alla richiesta di unità abitative per coloro che, pur avendone titolarità, non possono usufruirne e sono costretti a pagare, loro malgrado, canoni allineati alla quotazione «reale» di mercato esterna, di gran lunga superiori, in certe aree e città, a quelli applicati dalla Difesa.
      Ciò posto, con riferimento alla questione che alcuni Comandi dell'aeronautica militare (Milano, Bari e Roma) avrebbero provveduto «all'invio di lettere riportanti l'invito a lasciare gli alloggi», rendo noto che, in linea generale, il Dicastero, a seguito dell'entrata in vigore del citato decreto del Presidente della Repubblica n.  90 del 2010, intende rinnovare una procedura di legge nei confronti dei conduttori con contratto di concessione scaduto.
      Ciò, nell'attenta ricerca della salvaguardia delle situazioni oggettive rinvenibili in termini reddituali e familiari dell'utenza di fatto interessata ed in base alle reali capacità di ripristino/riassegnazione all'utenza degli aventi titolo e, in tal senso, deve leggersi la campagna informativa avviata con le comunicazioni cui si riferisce l'interrogante.
      È quindi di tutta evidenza che, in un'ottica di corretta informazione e di massima trasparenza dell'agire amministrativo e lungi da ogni intento vessatorio, la comunicazione della Difesa agli utenti sine titulo, che, si ribadisce, non fanno parte delle categorie protette, per rientrare nella piena disponibilità degli alloggi di servizio e la segnalazione dell'avvio della procedura per l'adeguamento del canone ai livelli di mercato, costituiscono atti propedeutici, finalizzati a consentire la riassegnazione al personale in servizio – ed in attesa da molto tempo della disponibilità di alloggi, ripeto, di servizio – da parte dell'amministrazione.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      DI PIETRO e PALAGIANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          l'ondata di maltempo che ha colpito il Paese nella prima settimana di febbraio, e che ancora non accenna ad arrestarsi, ha causato numerosi disagi alla popolazione italiana;
          diversi centri abitati sono rimasti isolati per giorni, senza potersi approvvigionare in alcun modo;
          molte sono state le località rimaste prive di corrente elettrica, acqua, gasolio e gas;
          difficoltoso è stato, in particolare, il trasporto di prodotti alimentari da una zona all'altra del Paese poiché la rete viaria della penisola ha subito interruzioni e blocchi, con pochissime eccezioni nelle zone meno interessate dalla violenta perturbazione;
          la situazione di disagio ha dato vita a un vero e proprio assalto a negozi di generi alimentari e supermercati, in particolare per l'approvvigionamento di pane, uova, latte, frutta e verdura;
          il maltempo ha causato gravissimi danni anche alle numerose e preziose coltivazioni italiane; secondo quanto stimato da Coldiretti, il danno ammonterebbe già a cento milioni di euro «non solo per le difficoltà nei trasporti che hanno già impedito la consegna di oltre centomila tonnellate di frutta, verdura, uova, latte fresco ed altri prodotti deperibili, ma anche perché le piante cedono sotto il peso della neve. Si registra, inoltre, un'impennata nei costi di riscaldamento delle serre, mentre il gelo sta bruciando le verdure invernali nei campi, cavoli, verze, cicorie, carciofi, radicchio e broccoli e se l'ondata di gelo continuerà saranno destinati a morire anche viti e ulivi come nel 1985, con danni incalcolabili che si protrarranno nel tempo»;
          oltre agli agricoltori, i primi a pagare per questo grave danno alla filiera agroalimentare italiana, sembrano essere i cittadini che, negli ultimi giorni, hanno trovato un innalzamento esponenziale dei prezzi di alcuni particolari prodotti alimentari; ad esempio, il costo delle zucchine è raddoppiato in soli tre giorni, fino a raggiungere gli 8 euro al chilo; l'insalata costava 2 euro il 15 gennaio, prima dell'emergenza maltempo e prima del fermo dei TIR, oggi costa 5,5 euro con un aumento del 175 per cento;
          i prezzi sembrano letteralmente «gonfiati» anche per arance, mele, pere, melanzane e carciofi, che si vendono a 1,5 euro al pezzo, + 200 per cento rispetto a gennaio;
          attualmente la spesa mensile per famiglia è aumentata mediamente di circa 20 euro, ma l'osservatorio nazionale Federconsumatori prevede che, se il maltempo perdurasse e i prezzi continuassero a salire a questi ritmi, entro la fine dell'anno l'aumento sulla spesa mensile media per una famiglia sarà del 40 per cento ovvero di 132,89 euro in più al mese;
          è evidente che al di là delle maggiori difficoltà che trova il trasporto delle merci che viaggiano su gomma, e che può condurre ad un inevitabile deterioramento delle derrate alimentari veicolate, su tale difficile scenario per le popolazioni maggiormente colpite spunta l'ombra della speculazione  –:
          se sia a conoscenza di un così repentino ed evidente innalzamento dei prezzi di alcuni particolari generi alimentari altamente deteriorabili, e quali iniziative intenda prendere per impedire che si verifichino deprecabili manovre speculative ai danni dei cittadini italiani, che vivono già un notevole disagio sia per la grave crisi economica che sta caratterizzando il Paese sia per i problemi legati alle straordinarie avversità atmosferiche;
          se non intenda attivarsi al fine di valutare, per quanto di competenza, se vi siano specifiche responsabilità in merito agli ingiustificati aumenti dei prezzi e stabilire se in determinati episodi siano ravvisabili delle vere e proprie violazioni della normativa vigente. (4-14871)

      Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
      Nel primo quesito gli interroganti chiedono elementi di competenza relativi alle iniziative messe in campo dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, con riferimento alle conseguenze dell'ondata del maltempo che ha colpito il nostro Paese nei primi mesi del 2012, mentre nel secondo quesito si chiede quali siano gli eventuali provvedimenti volti a sanzionare possibili dinamiche speculative nei mercati alimentari e dell'ortofrutta.
      Per quanto riguarda nello specifico la prima questione, le criticità evidenziate furono tempestivamente poste all'attenzione del Garante per la sorveglianza dei prezzi, sin dai mesi di gennaio – febbraio 2012 quando, in aggiunta ai movimenti di protesta provenienti da alcune regioni del sud Italia (scioperi degli autotrasportatori e fermo dei Tir), il nostro Paese fu investito da una forte ondata di maltempo.
      A seguito delle segnalazioni e dei solleciti pervenuti all'osservatorio prezzi e tariffe, struttura di supporto del Garante, nell'ambito del tavolo di confronto sulla trasparenza delle dinamiche dei prezzi, fu avviato un monitoraggio puntuale sull'andamento dei prezzi nel settore dell'ortofrutta per verificare, in sede di confronto ed analisi tecnica, le effettive conseguenze sui mercati di riferimento e, più in generale, nelle filiere connesse al consumo, per tutti i cittadini.
      Nella specifica circostanza, furono prontamente pubblicizzati i principali canali di comunicazione e segnalazione istituzionali, tra cui la posta elettronica del Garante ed il relativo numero verde messo a disposizione dei consumatori.
      In particolare al Tavolo – presieduto dal Garante per la sorveglianza dei prezzi e dal Capo dipartimento per l'impresa e l'internazionalizzazione – parteciparono, oltre ai rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico e delle politiche agricole, alimentari e forestali, tutte le sigle sindacali, delle confederazioni degli artigiani e degli agricoltori, delle piccole e medie imprese e delle cooperative, dei rappresentanti dei consumatori, oltre che la Guardia di finanza e gli organismi tecnici di supporto, quali Istat, Unioncamere ed Ismea.
      Grazie proprio al supporto degli organismi tecnici consultati è stato possibile, già all'esito dell'incontro del 16 febbraio 2012, divulgare i primi riscontri sul monitoraggio richiesto, su dati Ismea, Istat ed Indis-Unioncamere (con il supporto di Bmti ed Infomercati), fornendo tempestive informazioni al pubblico, attraverso l'Osservatorio prezzi e tariffe del Ministero, pubblicate nell'ambito del comunicato stampa reso disponibile attraverso il sito web del Ministero dello sviluppo economico.
      In particolare, nell'immediato, si giunse alla conclusione secondo cui gli aumenti congiunturali di prezzo di alcuni prodotti ortofrutticoli, nei mercati all'origine e all'ingrosso, dovuti agli eventi climatici delle settimane tra gennaio e febbraio 2012, risultavano essere stati in parte riassorbiti e che il settore, nel suo complesso, si stava riallineando alle dinamiche di periodo.
      Nell'analisi di filiera (origine, ingrosso e dettaglio), sia per ortaggi che per frutta e agrumi, a fronte di aumenti dei prezzi tra la prima e la seconda settimana di febbraio (in modo particolare per gli ortaggi), furono evidenziate dinamiche complessive in calo rispetto ai valori medi sullo stesso periodo dell'anno 2011, soprattutto per le fasi all'ingrosso ed al dettaglio (frutta e agrumi avevano presentato un tendenziale al ribasso anche per la fase all'origine).
      Per quanto riguarda il secondo punto, ossia se si possano configurare eventuali responsabilità in merito agli aumenti dei prezzi e stabilire se in specifici episodi siano ravvisabili violazioni della normativa vigente, si rappresenta quanto segue.
      Il tema dei possibili rincari nel settore agroalimentare è stato oggetto della massima attenzione da parte di questo ministero e dell'osservatorio prezzi e tariffe che, nell'ambito delle pubblicazioni mensili dei dati statistici di riferimento, ha dedicato un'intera sezione della propria newsletter online al tema della dinamica dei prezzi nel settore agroalimentare, attraverso analisi puntuali realizzate con il supporto di Indis-Unioncamere e Bmti-Infomercati (newsletter prezzi e consumi, dell'osservatorio prezzi e tariffe).
      Sul punto, sia con riferimento alle segnalazioni pervenute in occasione del tavolo di confronto più sopra ricordato (relative ai primi mesi del 2012) che, successivamente, in relazione al monitoraggio mensile del prezzo all'ingrosso e all'origine dei prodotti agroalimentari (newsletter e dati dell'osservatorio), non risulterebbero pervenuti elementi tali da configurare ipotesi di generalizzate dinamiche speculative in questo settore tali da lasciar ipotizzare anche possibili violazioni normative; tale evenienza, d'altra parte, è periodicamente verificata dagli uffici del Garante per la sorveglianza dei prezzi, attraverso il vaglio delle molteplici segnalazioni pervenute quotidianamente tramite posta elettronica e/o il numero verde dedicato alle attività di Mister Prezzi.
      Va ricordato che, in ogni caso, nell'ambito delle ordinarie funzioni di monitoraggio dei prezzi dei beni e servizi di largo consumo, finalizzate a garantire la massima informazione ed il necessario orientamento all'acquisto per il consumatore, l'osservatorio prezzi e Tariffe pubblica regolarmente (con cadenza almeno mensile), sul proprio sito
internet, la dinamica dei prezzi all'ingrosso e all'origine dei prodotti ortofrutticoli, su dati Ismea ed Infomercati (e del relativo livello), nonché il prezzo minimo, medio e massimo di alcuni prodotti ortofrutticoli, fonte Istat, per le singole province italiane: proprio quest'ultima pubblicazione, ovvero i livelli di prezzo dei prodotti distinti per provincia, rappresenta un ulteriore ed utile strumento di orientamento per il cittadino nella guida all'acquisto consapevole ed informato, garanzia di trasparenza nel libero mercato, in cui la massima efficienza è determinata dalla scelta d'acquisto, a fronte di prezzi orientati secondo i princìpi della domanda e dell'offerta di mercato e di periodo.
      Infatti, ad oggi, superata l'emergenza maltempo, rimane aperta la questione del contenimento dei prezzi per il consumatore finale e della redistribuzione, all'interno della filiera, del valore aggiunto (inteso come differenza tra il prezzo al consumo e quello pagato al produttore).
      Al riguardo, tra le iniziative intraprese dal Governo, si segnala anche il decreto legge 24 gennaio 2012 n.  1, convertito in legge n.  27 del 2012 che, all'articolo 62, disciplinando le relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari, intende incrementare la trasparenza e l'efficienza nei rapporti di filiera, eliminando i comportamenti scorretti e speculativi, tutelando maggiormente gli operatori, migliorando così la gestione finanziaria del rapporto qualità/prezzo dei prodotti in tutte le fasi della catena commerciale.
Il Ministro dello sviluppo economico: Corrado Passera.


      DI PIETRO e BORGHESI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          in virtù dell'articolo 32 della Costituzione, nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. Pertanto, solo tramite una legge o atto normativo a essa equiparato (decreto-legge o decreto legislativo), può imporsi a taluno un trattamento sanitario che egli non intenda ricevere;
          ai sensi dell'articolo 33 della legge 23 dicembre 1978, n.  833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale), gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono di norma volontari;
          gli obblighi vaccinali dei militari sono stabiliti da atti normativi di livello secondario (nella fattispecie il decreto del Ministro della difesa 31 marzo 2003) e quindi non sono vincolanti ed è legittimo rifiutarli;
          i decreti e le direttive ministeriali, all'interno della scala gerarchica delle fonti del diritto, assumono il grado di fonte secondaria onde non possiedono la cogenza necessaria per superare la riserva di legge disposta dal citato articolo 32 della Costituzione;
          i vaccini sono molto contestati sul piano scientifico e, da decenni, sono sospettati di essere la causa – o la concausa – di tragiche malattie che hanno colpito un numero statisticamente spropositato di militari;
          la stessa direzione generale della sanità militare del Ministero della difesa, il 15 luglio 2010, ha bandito un concorso per il reperimento di un progetto di ricerca sulla «sicurezza, immunogenicità ed efficacia» delle vaccinazioni anti-infettive, il che attesta i dubbi nutriti dalla stessa Amministrazione circa l'innocuità dei cicli vaccinali imposti ai militari;
          la Commissione parlamentare d'inchiesta sui casi di morte e di gravi malattie che hanno, colpito il personale italiano impiegato all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, in relazione all'esposizione a particolari fattori chimici, tossici e radiologici dal possibile effetto patogeno, ha accertato che l'85 per cento dei militari che hanno contratto gravi malattie non è mai uscito dai confini nazionali per partecipare alle missioni di pace. Per tale motivo, è lecito ipotizzare che le cause di tali patologie nulla abbiano a che fare con l'eventuale esposizione con l'uranio impoverito (seduta Commissione n.  23 del 9 marzo 2011);
          l'ordine militare è normalmente un atto perentorio e incondizionato. Tuttavia, ai militari da sottoporre a vaccinazione, viene fatta sottoscrivere una previa dichiarazione di consenso informato;
          in particolare, al militare da vaccinare viene imposta la sottoscrizione di una «scheda anamnestico-informativa» con la quale questi dichiara di essere stato adeguatamente informato in merito alle pratiche vaccino profilattiche programmate»;
          secondo i documenti pubblicati dal portale web di informazione www.grnet.it, un sottufficiale dell'Aeronautica militare, è attualmente sottoposto a un procedimento disciplinare di rigore e a uno penale presso il tribunale militare di Roma (proc. N. 250/11 MAS R. mod. 21), esclusivamente per aver negato il consenso alla sottoscrizione di suddetta «scheda anamnestico-informativa» finalizzata alla sottoposizione a un ciclo di vaccinazioni impostegli dai superiori;
          solo per aver esercitato tale diritto, quindi, un cittadino in uniforme, con un eccellente curriculum e padre di famiglia, rischia ora un anno di carcere per il reato militare di «insubordinazione aggravata e continuata»  –:
          quali concrete misure intenda adottare per assicurare la effettiva innocuità dei vaccini imposti al personale militare;
          quali concrete misure intenda adottare per assicurare ai cittadini in uniforme il diritto costituzionalmente garantito di rifiutare un trattamento sanitario, nella specie la vaccinazione, che non è imposto da alcuna legge e che è sospettato di nuocere gravemente alla salute. (4-15575)

      Risposta. — Il tema della presunta nocività dei vaccini somministrati ai nostri militari è da tempo all'attenzione della difesa e, come noto, oggetto d'indagine da parte della terza Commissione parlamentare d'inchiesta sull'esposizione a possibili fattori patogeni.
      La materia, peraltro, è stata affrontata anche nell'ambito dei lavori svolti nel corso della XIV legislatura dalla prima Commissione parlamentare d'inchiesta e ulteriormente approfondito, nella XV legislatura, dalla seconda Commissione.
      L'ipotesi che i casi di malattie e decessi siano da correlare alla somministrazione di vaccini, appare poco sostenibile sia dal punto di vista tecnico-scientifico che etico-deontologico.
      Le modalità di somministrazione, infatti, sono sempre state rispondenti ai principi della buona pratica vaccinale e alle raccomandazioni delle organizzazioni internazionali che consentono la somministrazione anche contemporanea di vaccini non viventi o in associazione a vaccini viventi purché in sedi diverse, mentre indicano un periodo di almeno quattro settimane fra inoculi di vaccini viventi, qualora non somministrati contemporaneamente.
      In particolare, con decreto ministeriale 19 febbraio 1997 è stata approvata, previe le opportune verifiche, la schedula delle vaccinazioni e delle profilassi, scaturita da un lavoro scientifico condotto da un gruppo di esperti infettivologi e immunologi e validata dall'Istituto superiore di sanità.
      Successivamente, sulla base di considerazioni epidemiologiche e di nuove offerte di mercato, tenendo conto anche di segnalazioni di organizzazioni internazionali – quale l'Organizzazione mondiale della sanità – e delle autorità sanitarie locali dei teatri di operazione, la schedula stata aggiornata con decreto ministeriale 31 marzo 2003 e sottoposta a preliminare ratifica da parte del Consiglio superiore di sanità, supremo Organo consultivo nazionale decisionale in materia.
      La schedula esplicita le modalità applicative dei regimi immunoprofilattici, il calendario di inoculazione, l'organizzazione e le precauzioni prima e durante le sedute vaccinali, nonché la periodicità dei richiami e/o interruzione dei cicli vaccinali.
      Per ogni teatro operativo vengono emanate specifiche direttive sulla schedula vaccinale e sulle eventuali misure di chemio-profilassi antimalarica, o finalizzate alla prevenzione dei rischi biologici ambientali; l'attuazione dei moduli vaccinali adattati al singolo caso in relazione al pregresso stato vaccinale, deve essere, comunque, raggiunta prima della partenza per le zone di operazioni, così da garantire una sufficiente copertura.
      I vaccini acquisiti e impiegati dall'amministrazione sono tutti farmaci regolarmente autorizzati al commercio (in Italia o all'estero e, in tal caso, regolarmente importati ai sensi del decreto ministeriale 11 febbraio 1997) e dispongono di una scheda individuale, presente nelle confezioni, contenente indicazioni, controindicazioni ed eventi avversi o effetti collaterali, oltre alla composizione autorizzata.
      Come chiarito dalla dottoressa Salmaso (Istituto superiore di sanità), nel corso dell'audizione del 18 maggio 2011 presso la richiamata terza Commissione parlamentare d'inchiesta, «i vaccini somministrati al personale militare non sono diversi da quelli prodotti per la generalità della popolazione e sono gli stessi che, nel caso delle vaccinazioni obbligatorie, sono somministrate ai bambini, soltanto dopo l'effettuazione di controlli molto stringenti, effettuati, sulla base di procedimenti centralizzati a livello Europeo».
      In linea generale, la maggior parte del personale impiegato in missione, è stato già sottoposto a molte delle vaccinazioni previste, sia in età pediatrica, per effetto delle vigenti disposizioni di legge, sia al momento dell'incorporamento.
      In ambito militare, il successo delle misure vaccinali introdotte negli ultimi anni può essere sicuramente esemplificato dal significativo abbattimento di malattie infettive, quali la meningite meningococcica: oggi, non si registra più questa patologia, almeno con esiti letali.
      L'Italia allinea la propria politica vaccinale militare a quella delle altre nazioni facenti parte della Nato, nel cui ambito vigono accordi di standardizzazione tra i Paesi membri (Stanag 2037) che individuano protocolli vaccinali
standard, da garantirsi per tutti i militari.
      Naturalmente – e ciò vale per i vaccini come per ogni farmaco e ogni sostanza biologicamente attiva estranea introdotta nell'organismo – non esiste la garanzia assoluta ed inequivoca che tale sostanza sia innocua, né esistono modalità tecniche d'indagine preliminare che siano in grado di assicurare tale postulata innocuità.
      Non a caso, il legislatore, conformandosi a tali principi, ha opportunamente previsto la risarcibilità dei danni provocati dalle pratiche emotrasfusionali e vaccinali, considerando quest'ultime, comunque, atti obbligati per ragioni di preminente salute pubblica oltre che individuale (legge n.  210 del 1992).
      La questione dei possibili effetti nocivi dei vaccini è stata – come prima accennato – approfondita dalla richiamata seconda Commissione parlamentare d'inchiesta che, nella relazione conclusiva dei lavori, ha ribadito la correttezza delle modalità di preparazione dei vaccini, dei protocolli di somministrazione adottati dalle Forze armate italiane e, in generale, delle misure di profilassi igienico-sanitaria.
      Per contro, ha chiesto ulteriori approfondimenti – anche in applicazione della legge n.  210 del 1992 – evidenziando l'assenza di previa verifica del livello anticorpale presente nei singoli soggetti sottoposti alle vaccinazioni preventive, segnalando la necessità di esplorare il campo delle possibili interconnessioni fra corredo immunitario, ipotetico stato immunodepressivo e azione dei vaccini, così da evitare che in soggetti particolarmente predisposti o immunodepressi per qualsivoglia causa, possano determinarsi squilibri del sistema immunitario tale da indurre l'effetto «paradosso» di aumentare la vulnerabilità da parte di agenti patogeni.
      L'ipotesi di un'eventuale associazione tra le vaccinazioni e i tumori dell'apparato emolinfopoietico, con particolare attenzione alle popolazioni dei militari, è stata approfondita in sede scientifica dall'Istituto superiore di sanità – interessato dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali – che ha ampiamente revisionato la relativa letteratura scientifica internazionale, da cui è emerso che sono stati effettuati pochissimi studi, i cui risultati, nell'insieme, sono poco coerenti e l'evidenza è inconsistente.
      Al riguardo, meritevole di segnalazione è lo studio condotto nella coorte inglese dei veterani della guerra del Golfo e in una coorte di controllo: l'incidenza di tumori tra i veterani del Golfo, su 11 anni di
follow-up, è risultata identica a quella osservata nella coorte di controllo.
      Si assicura, comunque, che proseguire le indagini con totale apertura e trasparenza costituisce, per la Difesa e le Forze armate, una priorità assoluta, affinché possano essere raggiunte definitive certezze, nell'interesse del personale coinvolto, delle loro famiglie e dell'Istituzione.
      Relativamente, poi, all'obbligatorietà della profilassi vaccinale per il personale militare, si richiama la sentenza della Corte costituzionale n.  258 del 1994 che, testualmente, definisce relativa la riserva di legge sancita dall'articolo 32 della Costituzione, consentendo, quindi, il deferimento di una parte della disciplina a fonti diverse dalla legge.
      Pertanto, la disciplina di tale materia non può ritenersi in contrasto con il dettato costituzionale, in quanto le disposizioni di cui all'articolo 182 del decreto legislativo n.  66 del 2010 (Codice dell'ordinamento militare) e successive modifiche di cui al decreto legislativo n.  20 del 2010 e all'articolo 11 della legge n.  180 del 1978 («Accertamenti e trattamenti volontari sanitari e obbligatori») pongono un principio di normativa, lasciando all'amministrazione il potere di dettare parte della disciplina, potere che si concreta con le disposizioni di cui al menzionato decreto 31 marzo 2003 e alla relativa direttiva tecnica.
      Ciò premesso, appaiono pienamente legittime le disposizioni che prevedono l'obbligatorietà della profilassi vaccinale per il personale militare, con le limitazioni e le modalità di cui alla medesima direttiva.
      In proposito, è il caso di osservare che non è possibile fare eccezioni quando ci si riferisce alla «salute» di un gruppo convivente, una situazione tipica della specificità militare.
      In sintesi la vaccinazione del personale delle Forze armate risponde non solo a principi di salvaguardia della salute pubblica, ma anche di tutela del singolo individuo e della sua famiglia, oltre che di garanzia di efficienza operativa dello strumento militare.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      DI PIETRO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il comune di Roma Capitale – con determinazione dirigenziale n.  389 del 23 febbraio 2010 – ha indetto 22 procedure selettive pubbliche, per titoli ed esami, per il conferimento di posti in vari profili professionali, in esecuzione della deliberazione della giunta comunale n.  422 del 22 dicembre 2009;
          a seguito dell'elevato numero di domande di partecipazione pervenute (circa 300.000) è stata indetta – con determinazione dirigenziale n.  1580 del 23 luglio 2010 – una procedura ad evidenza pubblica, finalizzata all'affidamento dell'incarico per l'organizzazione delle selezioni;
          il bando di gara – pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 18 agosto 2010 – ha previsto che l'appalto venisse aggiudicato, secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell'articolo 83 decreto legislativo n.  163 del 2006, per un importo a base di gara pari ad euro 2.000.000,00;
          per la citata gara sono state presentate, ai sensi di legge, domande di partecipazione da parte delle imprese Cnipec, Praxi Spa, RTI Ambire Srl, Team Consulting Srl, Selexi Srl;
          le imprese concorrenti sono state invitate a partecipare alla gara indetta per il giorno 28 giugno 2011. La lettera di invito precisava testualmente che «si procederà all'apertura dei plichi, in seduta pubblica». Tuttavia, come risulta dal verbale della sessione del 28 giugno 2011, in quella occasione non si è provveduto al- l'apertura né delle offerte tecniche né della documentazione amministrativa, contrariamente a quanto era stato previsto nel disciplinare di gara e nella lettera di invito e a quanto prevedono indefettibili esigenze di rispetto del principio di pubblicità e trasparenza nelle gare;
          la gara – con determinazione n.  2643 dell'8 novembre 2011 – è stata aggiudicata alla società Praxi Spa, nota alla cronaca per lo scandalo di «parentopoli» delle selezioni Atac;
          il 15 febbraio 2012 il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso contro Roma Capitale nei confronti della Praxi Spa presentato da Selexi Srl, per la riforma dell'ordinanza cautelare del Tar Lazio-Roma: sezione II n.  00070/2012, concernente aggiudicazione gara per l'affidamento dell'incarico per l'organizzazione e la realizzazione di n.  22 procedure selettive pubbliche, per titoli ed esami, per il conferimento di posti in vari profili professionali;
          secondo i rappresentanti della Selexi l'impresa aggiudicataria dell'appalto, la Praxi Spa, e che ora gestisce le selezioni al Palalottomatica, risulterebbe priva di determinati requisiti previsti dal bando di gara, in particolare quello relativo al fatturato degli ultimi tre esercizi per servizi analoghi al settore oggetto della gara;
          risulta all'interrogante che a quanto sopra indicato sembrerebbe aggiungersi il fatto che l'amministrazione capitolina neghi l'accesso agli atti per verificare i criteri di assegnazione dei punteggi che ha permesso alla società Praxi di aggiudicarsi la gara;
          le prove hanno avuto inizio nella giornata di martedì 21 febbraio 2012, con il rischio concreto di essere invalidate qualora il Tar dovesse dare ragione alla Selexi Srl nell'udienza fissata per il giorno 18 aprile 2012  –:
          quali siano gli orientamenti del Ministro in ordine ai fatti indicati e se non ritenga, per quanto di sua competenza, di assumere iniziative volte a verificare il rispetto dei principi di imparzialità, buon andamento ed efficacia dell'azione amministrativa e di corretta gestione della spesa, anche ai sensi di quanto disposto dall'articolo 60 del decreto legislativo n.  165 del 2001. (4-15613)

      Risposta. — Si fa riferimento all'interrogazione relativa alle presunte irregolarità avvenute durante lo svolgimento delle procedure selettive pubbliche indette dal comune di Roma Capitale, nel febbraio 2010, per il conferimento di incarichi di vari profili professionali non dirigenziali (quali, ad esempio, istruttori e funzionari amministrativi, architetti e geologi).
      Al riguardo, dagli elementi emersi a seguito dell'istruttoria avviata dall'ispettorato per la funzione pubblica, si rappresenta quanto segue.
      In via preliminare si segnala che, a seguito dell'elevato numero di domande di partecipazione pervenute (circa 300.000), il comune di Roma Capitale – con determinazione dirigenziale n.  1580 del 23 luglio 2010 – ha indetto una procedura ad evidenza pubblica finalizzata all'affidamento dell'incarico per l'organizzazione delle selezioni.
      Il relativo bando di gara – pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica del 18 agosto 2010 – prevedeva che l'appalto venisse aggiudicato, ai sensi dell'articolo 83 del decreto legislativo n.  163 del 2006, secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.
      Nel merito, l'interrogante lamenta, in primo luogo, la mancata pubblicità dell'intera procedura segnalando che la lettera, con la quale le imprese concorrenti sono state invitate a partecipare alla gara indetta per il giorno 28 giugno 2011, precisava testualmente «si procederà all'apertura dei plichi, in seduta pubblica»; tuttavia, come riportato nel verbale della sessione del 28 giugno 2011 – citato nell'interrogazione in esame – in quell'occasione «non si è provveduto all'apertura né delle offerte tecniche né della documentazione amministrativa, contrariamente a quanto era stato previsto nel disciplinare di gara...».
      Al riguardo, l'Amministrazione procedente rinvia al verbale del segretariato - direzione generale, direzione appalti e contratti repertati n.  12201 del 28 giugno 2011, che attesta come «la competente commissione di gara in conformità a quanto previsto dal bando di gara, constatato che i plichi giunti sono sigillati in modo idoneo a garantire la inalterabilità degli stessi e, comunque, che non si rileva alcun segno di effrazione o alterazione, (...) dichiara aperta la seduta, procede all'esame dei n.  4 (quattro) plichi pervenuti tempestivamente al Segretariato - Direzione Generale, di cui all'allegato elenco sub A, che fa parte integrante del presente atto, relativo alle imprese invitate con la lettera di cui sopra (...)».
      In merito alla seconda questione segnalata dall'interrogante, concernente il diniego di accesso agli atti della procedura in esame opposto dal comune di Roma Capitale, la medesima Amministrazione, con nota protocollo 0027767 del 10 luglio 2012, richiama «la dichiarazione sottoscritta dal Legale rappresentante della Cnipec s.r.l., Ing. Plinio Venturini, allegata alla domanda di accesso agli atti dal medesimo presentata in data 7 ottobre 2011, nella quale lo stesso Ing. Venturini attesta la visione integrale del progetto tecnico presentato dall'aggiudicatario provvisorio», nonché l'avvenuta estrazione di copia «di quanto visionato, limitatamente alle parti per le quali l'aggiudicatario provvisorio, come da documentazione agli atti dell'amministrazione, non ha opposto motivata opposizione».
      Per quanto concerne poi la decisione dell'Amministrazione comunale relativa «all'avvio delle prove d'esame previste dai bandi delle procedure selettive prima della pronuncia nel merito da parte del Tribunale Amministrativo Regionale rinviata, nell'udienza del 18 aprile 2012, al 3 ottobre 2012, giova evidenziare – come precisato nella citata nota del 10 luglio 2012 – che l'Amministrazione capitolina ha attuato tale scelta, in ragione dell'indifferibile necessità di procedere tempestivamente all'avvio e alla conclusione delle procedere selettive in argomento, al fine di garantire attraverso un'adeguata implementazione dell'organico, una più efficiente erogazione dei servizi alla cittadinanza».
      Infine, per completezza, appare opportuno segnalare, come rilevato dalla Amministrazione in questione, che il tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione II, con ordinanze n.  70 e n.  71 del 12 gennaio 2012, ha già respinto le domande cautelare di sospensione dell'esecuzione della determinazione di aggiudicazione, proposte rispettivamente dalla società Selexi s.r.l. e dalla Cnipec s.r.l., entrambe concorrenti non aggiudicatarie.
      In conclusione, sulla base degli elementi istruttori forniti e attestanti «l'assoluta correttezza e la piena legittimità dell'operato della stazione appaltante e della Commissione incaricata della valutazione delle offerte relative alla gara per l'affidamento del servizio relativo all'organizzazione delle fasi di preselezione e selezione di n.  22 procedure selettive pubbliche», non appaiono riscontrabili, allo stato, profili di illegittimità in relazione alla procedura seguita, fatta salva ogni diversa valutazione da parte del giudice amministrativo già adito, attesa la pendenza del ricorso inoltrato al tribunale amministrativo regionale per il Lazio.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione: Filippo Patroni Griffi.


      DI STANISLAO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          è arrivata all'interrogante la notizia di una serie di denunce inviate alle istituzioni competenti riguardanti il pericolo per la salute pubblica e l'ambiente determinato dalla severa e continuata esposizione all'amianto aerodisperso presso il sito ex fornace Corvaia di Oricola (L'Aquila);
          il sito in questione è un fatiscente capannone di 10.000 metri quadrati, pericoloso per presenza di amianto e altri rifiuti pericolosi. Secondo gli esami condotti da ASL di Avezzano-Sulmona e ARTA Abruzzo, nel sito sono presenti ingenti quantità di sostanze pericolose per la salute: amianto in matrice friabile del tipo crisotilo o asbesto bianco e crocidolite o asbesto blu; in altre parole, polveri di eternit che, se inalate, risultano letali e cancerogene — la struttura, diroccata e aggredita dagli elementi atmosferici che da più di vent'anni ne provocano sfaldamenti e crolli appare sempre più degradata ed al limite del collasso; il cedimento della costruzione aggraverebbe, se possibile, lo stato di inquinamento in quanto accrescerebbe a dismisura il quantitativo delle microfibre amiantifere in aerodispersione — il relitto, grava su un'area sovrastante i pozzi d'acqua delle abitazioni, confina con un corso d'acqua naturale, con un depuratore, con un laghetto di pesca sportiva e con le cittadine vicine;
          ad oggi, non risulta alcuna messa in sicurezza, nessuna rimozione dei materiali inquinanti, nessuna bonifica del territorio;
          si resta in attesa di veder attuato quanto disposto da ARTA e ASL, ordinato dal comune di Oricola, sollecitato dalla protezione civile di Roma, dalla regione Abruzzo, dalla provincia e dalla prefettura dell'Aquila e, da ultimo, intimato dalla procura di Avezzano;
          l'obiettivo principale è senza dubbio la protezione dei cittadini che vivono nelle vicinanze, la tutela della loro salute e dell'ambiente circostante  –:
          di quali elementi disponga il Governo in merito alla situazione descritta, alle eventuali inadempienze degli organi competenti e, qualora le condizioni lo consentissero, se intenda intervenire per quanto di competenza al fine di salvaguardare cittadini e ambiente. (4-13729)

      Risposta. — Per quanto indicato nell'interrogazione in esame, riguardante l'esposizione all'amianto aerodisperso presso il sito ex fornace Corvaia di Oricola (L'Aquila), si rappresenta che la criticità segnalata era già conosciuta da questo Ministero a seguito di diverse segnalazioni pervenute dai cittadini di quella città, con le quali si denunciava la presenza di 10.000 metri quadrati di eternit e di altri rifiuti pericolosi sul territorio, nonché la mancanza di misure di prevenzione, messa in sicurezza e bonifica intraprese a tutela dell'ambiente.
      In seguito ai sopralluoghi effettuati, anche con l'ausilio dell'azienda sanitaria locale di Avezzano, con nota del 21 novembre 2008, l'agenzia regionale per la tutela dell'ambiente di L'Aquila, ha comunicato a questo Ministero la presenza di amianto a matrice friabile del tipo crisotilo e crocidolite
in situ e, a parere della stessa agenzia, i rifiuti pericolosi contenenti amianto dovevano essere smaltiti nei tempi e nei modi idonei; le operazioni di rimozione dovevano avvenire previa adozione di tutte le misure atte a tutelare i lavoratori addetti alla bonifica ed a garantire la salute pubblica.
      Pertanto, con ordinanza n.  21 del 13 settembre 2007, il sindaco del comune ha ordinato al signor Mario Di Berardino, in qualità di proprietario del terreno su cui insisteva la «ex fornace Corvaia», di provvedere, entro 30 giorni alla rimozione ed allo smaltimento dei materiali contenenti amianto, nonché all'adozione dei provvedimenti provvisori atti ad evitare che i predetti materiali restassero sotto l'azione degli agenti atmosferici.
      Contestualmente, veniva realizzata dall'ufficio tecnico del comune la delimitazione e la messa in sicurezza dell'area con opportuna recinzione.
      In seguito all'ordinanza comunale del 13 marzo 2008, dalla quale emergeva che alcun intervento prescritto era stato posto in essere dal proprietario dell'area, la struttura ex fornace e la relativa area di pertinenza sono state poste sotto sequestro ex articolo 354 c.p.p., da parte della guardia di finanza di Avezzano, sequestro successivamente convalidato dal GIP del tribunale territorialmente competente con provvedimento del 2 aprile 2008 (procedimento penale n.  698/08).
      Con sentenza del 16 settembre 2009, il tribunale di Avezzano ha condannato l'imputato alla pena di anni uno e mesi due di arresto ed euro 7.000,00 di ammenda, nonché al pagamento delle spese processuali. Visto l'articolo 256, comma 3 del decreto legislativo 152/2006 è stata altresì ordinata al signor Di Berardino la bonifica, il ripristino dello stato dei luoghi e la confisca dell'area sulla quale è realizzata la discarica abusiva.
      A seguito di segnalazioni pervenute al dipartimento di prevenzione - servizio di igiene, epidemiologia e sanità pubblica (in seguito SIESP) della ASL competente, da cittadini residenti nella località interessata, in data 26 gennaio 2012 è stato effettuato un sopralluogo da personale medico e tecnico del SIESP stesso, svoltosi alla presenza del signor Di Berardino, nel corso del quale si riscontrava la presenza di maestranze della ditta «Codiber s.r.l.» a lavoro all'interno del sito.
      Con l'avvenuto dissequestro dell'area da parte della corte d'appello di L'Aquila (ordinanza n.  1776/11 del 1o dicembre 2011), disposto affinché potessero iniziare i lavori di bonifica da parte della ditta «gestioni ambientali s.r.l.» di Anguillara (Roma), il proprietario del sito ha presentato una dichiarazione attestante la realizzazione della viabilità del cantiere, con lavori che si erano comunque già conclusi all'atto del sopralluogo del Siesp.
      Il piano di lavoro presentato dalla società gestioni ambientali s.r.l., società regolarmente iscritta all'albo nazionale gestori ambientali di questo Ministero (n.  RM/001825), è stato esaminato con esito favorevole dal servizio prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro (Spsal) della Asl medesima.
      Da ultimo si rappresenta che, con nota del 23 maggio 2012, il comune di Oricola ha comunicato che il proprietario della ex fornace di laterizi ha provveduto alla completa rimozione ed allo smaltimento della copertura in cemento-amianto dell'edificio.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      DI STANISLAO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il militare Cosimo Cassano è stato arruolato in data 28 ottobre 1999 nella Marina militare quale volontario in ferma breve triennale; ammesso alla rafferma per ulteriori due anni e poi risultato vincitore di concorso per il servizio permanente effettivo, prestò da ultimo servizio quale sottocapo «SPP/CNA-L/5», presso la caserma Paolucci di Roma - ufficio automobilistico;
          il giorno 9 ottobre 2002 il militare mentre si trovava nella caserma Paolucci, a causa del pavimento scivoloso cadde a terra battendo la testa contro la maniglia metallica di una porta. Alzatosi poco dopo in piedi accusò un intenso dolore alla testa accompagnato da conati di vomito che continuarono a persistere e un'amnesia che regredì nel giro di un'ora fino a scomparire;
          a causa di gravi motivi di salute del genitore, il militare fu costretto a partire subito dopo per Lecce. Durante il viaggio i dolori alla testa si accentuarono costringendolo, una volta giunto a destinazione, a restare a letto per i successivi 4 giorni. Il 13 ottobre ripartì per Roma con l'intento di riprendere servizio, ma all'arrivo fu ricoverato all'ospedale S. Pertini al reparto neuro-chirurgico per un'emorragia cerebrale. Il giorno dopo fu operato d'urgenza;
          il signor Cassano dopo mesi di degenza in ospedali e in centri di riabilitazioni specializzati, fu dapprima ritenuto temporaneamente non idoneo al servizio e successivamente non idoneo al proseguimento del servizio quale volontario in ferma breve;
          la patologia riscontrata fu «emiparesi facio-brachio-crurale sinistra quale esito emorragia in parietale destra evacuata chirurgicamente in altra sede»;
          con decreto 10 agosto 2004 n.  1209/04 il vice direttore generale della direzione generale per il personale militare del Ministero della difesa non riconobbe l'infermità come dipendente da causa di servizio;
          considerato che l'infermità del militare si è verificata nella condizione di «in permanenza di servizio», dovevano essere attribuiti i risarcimenti/indennizzi previsti dalla legge 308 del 1981 all'epoca dei fatti in vigore, tra cui la «speciale elargizione»  –:
          quali siano i criteri per l'attribuzione delle provvidenze economiche in relazione ad infortuni come quello di cui in premessa e se esistano casi analoghi a quello descritto. (4-14476)

      Risposta. — Le disposizioni contenute nella legge 3 giugno 1981, n.  308, attualmente abrogate a seguito del riassetto del Codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66, indicavano le diverse condizioni per l'attribuzione di vari benefici (pensione privilegiata ordinaria, equo indennizzo, speciale elargizione) a favore di militari di leva e di carriera infortunati o caduti in servizio.
      In particolare, per quanto concerne la corresponsione della speciale elargizione, gli articoli 5 e 6 della legge n.  308 del 1981 attribuivano tale beneficio, in misura e a condizioni diverse, ai familiari superstiti dei militari che risultavano:
          «caduti nell'adempimento del dovere in servizio di ordine pubblico o di vigilanza ad infrastrutture civili e militari, ovvero in operazioni di soccorso» (articolo 5);
          «deceduti in attività di servizio per diretto effetto di ferite o lesioni causate da eventi di natura violenta, riportate nell'adempimento del servizio» (articolo 6, commi 1 e 2);
          «deceduti durante il periodo di servizio» (articolo 6, comma 3), fatta eccezione per i casi di eventi dannosi occorsi a carico di militari «in licenza, in permesso e..... che, al momento dell'evento dannoso, si trovino fuori dal presidio senza autorizzazione» (articolo 1, ultimo periodo).

      Quanto ai presupposti soggettivi, nei primi due casi, il diritto alla speciale elargizione sorgeva in caso di evento dannoso occorso a carico di militari di leva o richiamati, di allievi delle scuole militari o di militari volontari o trattenuti, nonché di militari in servizio permanente o di complemento.
      Nel terzo caso, il beneficio economico era, invece, attribuito in caso di evento dannoso occorso a carico di militari di leva o richiamati, di allievi delle scuole militari o di militari volontari o trattenuti (con esclusione, pertanto, dei militari in servizio permanente e di complemento).
      È evidente, quindi, come la speciale elargizione fosse preclusa ai militari che subivano una menomazione dell'integrità fisica, come nel caso del Sottocapo in congedo della Marina militare italiana – cui fa riferimento interrogante – cui è stata negata la speciale elargizione e, fosse, invece, prevista, unicamente a favore dei superstiti dei militari deceduti.
      Fatta questa premessa, nel sottolineare la correttezza dell'azione amministrativa posta in essere dalla competente direzione generale della previdenza militare, della leva e del collocamento al lavoro dei volontari congedati, si sottolinea che l'Amministrazione non può prescindere dal parere del comitato di verifica per le cause di servizio.
      In particolare, con l'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n.  461 del 2001, in tema di procedimento per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio dei pubblici dipendenti, è stato affidato a un solo organo, il comitato di verifica per le cause di servizio, il compito di pronunciarsi sulla dipendenza o meno da causa di servizio dell'infermità o lesione da cui è affetto il soggetto.
      Il parere del comitato – istituito e operante alle dipendenze del Ministero dell'economia e delle finanze e la cui attività, quindi, è posta al di fuori delle attribuzioni istituzionali della Difesa – è vincolante per l'Amministrazione che ha soltanto la facoltà di richiedere un riesame dello stesso, qualora ne ravvisi le ragioni; preciso che, nel caso in cui il comitato, anche in sede di riesame, dovesse esprimersi negativamente, l'Amministrazione non può che conformarsi a tale parere.
      Per quanto attiene, poi, al provvedimento n.  1209 del 2004, con il quale «il vice direttore generale per il personale militare del Ministero della difesa non riconobbe l'infermità come dipendente da causa di servizio», l'Amministrazione non ha fatto altro che attenersi al parere vincolante e obbligatorio espresso dal comitato di verifica per le cause di servizio, il quale ha negato che la patologia sofferta dal militare fosse riconducibile a causa di servizio.
      Successivamente, l'interessato, avverso tale decreto di diniego, ha proposto ricorso al TAR Puglia che, con sentenza n.  3146 del 2007 ha accolto il ricorso per difetto istruttorio e annullato il decreto impugnato.
      L'Amministrazione ha, quindi, effettuato una nuova istruttoria, chiedendo il riesame del parere al comitato che, in data 22 luglio 2008, ha confermato il precedente parere negativo e, conseguentemente, è stato emesso il decreto n.  1441/N in data 22 settembre 2008, con cui è stata nuovamente decretata la «non dipendenza da causa di servizio».
      Avverso tale provvedimento, il militare ha proposto un altro ricorso al menzionato TAR Puglia che, in data 30 ottobre 2009, con sentenza n.  2369, ha respinto il ricorso.
      Avverso tale sentenza, lo stesso ha proposto appello al Consiglio di Stato del quale, allo stato attuale, si è in attesa di conoscere le decisioni che adotterà al riguardo.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      DI STANISLAO. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          nel poligono di Capo Frasca, capi di bestiame si sono venuti a trovare nella zona dei mitragliamenti e sono stati colpiti dai proiettili realizzati con metalli pesanti e quindi dalle nanoparticelle degli stessi. Il bestiame colpito è stato poi macellato e cucinato;
          non si è a conoscenza se l'attività di macelleria era stata autorizzata o meno e se le ASL abbiano effettuato controlli. Ma certamente le nanoparticelle depositate nei corpi degli animali sono nocive per la salute;
          la commissione senatoriale è stata informata dal presidente dell'Anavafaf sui fatti e su chi può testimoniare in merito. È emerso, altresì, che per uso di cucina veniva impiegata anche acqua di locali pozzi, ritenuta non potabile. Quest'ultima questione ha suscitato una polemica emersa anche nella stampa locale, L'Unione Sarda del 18 dicembre 2011, in cui si legge in merito: «il Comandante ha negato la presenza dei tre pozzi artesiani denunciati da anni dai militari in servizio a Capo Frasca(...)»;
          un testimone dell'attività nei poligoni afferma: «... il bestiame presente nella zona logistica del poligono (cavalli e buoi) spesso sconfinavano dal loro pascolo e si inoltravano nella zona bersagli del mitragliamento, colpiti dai proiettili degli aerei durante le esercitazioni venivano poi caricati sui mezzi e portati nella mensa per essere sezionati, cucinati e distribuiti nei pasti giornalieri al personale in servizio, compreso il sottoscritto»  –:
          se il Governo non intenda avviare immediati accertamenti al fine di verificare e trovare le eventuali responsabilità circa la denuncia emersa sul bestiame mitragliato con proiettili realizzati con metalli pesanti, macellato e poi cucinato nel poligono di Capo Frasca. (4-14552)


      DI STANISLAO. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il poligono di Capo Frasca è utilizzato anche da aeronautiche e dalle marine italiane, e non solo, infatti accordi internazionali prevedono che in quei luoghi si esercitino anche le aeronautiche tedesche e Nato per esercitazioni di tiro a fuoco aria-terra e mare-terra;
          il sito della regione Sardegna sottolinea che l'area del poligono occupa una superficie a terra di 14 chilometri quadrati e impegna un’«area di sicurezza a mare» interdetta alla navigazione, è però chiaro che la presenza del poligono abbia delle ricadute sul territorio tra le quali il divieto di esercitare la pesca e la presenza di ordigni inesplosi in mare e in terra;
          il poligono militare di Capo Frasca ha una estensione di circa 1416 ettari ovvero 25 chilometri di sviluppo costiero. Alcune ricerche dimostrerebbero che nelle comunità limitrofe all'area del poligono sarebbero in crescita i tumori: linfomi e della tiroide. Si tratterebbe di una zona pericolosa quanto quella di Quirra, eppure poco, molto poco si dice sul poligono interforze di Capo Frasca;
          prima della conclusione della guerra del Vietnam le esercitazioni statunitensi avvenivano proprio a Capo Frasca, solo nel 1998 sembra in quell'area di terra di Sardegna vengono sperimentati e provati gli aerei A10 Apache, aerei che a quanto sembra montavano armamento all'uranio impoverito;
          il colonnello Alfredo Nazzi, comandante dell'aeroporto di Decimomannu e dell'area Arbus e Marceddì, dichiara che a Capo Frasca solo proiettili inerti, che non c’è nessun pozzo artesiano nel poligono;
          invece pare proprio che il pozzo artesiano esiste, e che anche i militari segnalino da anni la cosa ai vertici, gli impianti servirebbero a pescare acqua contaminata dal sottosuolo;
          qualche mese fa la stampa locale ha dato risalto al caso di Giovarmi Madeddu, maresciallo, che tra il 1968 al 1987 ha lavorato nel poligono di Capo Frasca, con l'incarico di armiere nelle guerre simulate che in quegli anni venivano ospitate nel poligono. Madeddu ha un linfoma diffuso a grandi cellule. Non si tratta di un caso isolato, ma altre persone, forse 18 sono state colpite da un simile tumore al sistema emolinfatico, la sindrome per altro è uguale a quella di alcuni militari all'estero e presente anche in chi ha operato con l'uranio impoverito nell'area di Quirra;
          il giornale Nuova Sardegna ha intervistato il maresciallo Madeddu che afferma come a Capo Frasca non sia stata mai effettuata una vera bonifica del territorio, sono stati lasciati per venti-trent'anni i residui delle esercitazioni delle Forze armate di tutto il mondo. Ricorda soprattutto una radura, dove si accumulavano i proiettili. Quando pioveva si creavano dei pantani e l'acqua poi filtrava nel terreno. La stessa acqua che poi – attraverso un sistema di pozzi artesiani – veniva utilizzata per ogni uso nel poligono o nei vicini poderi. E in diversi casi l'Asl ha rilevato anomalie e impedito che venisse utilizzata per scopi alimentari;
          di recente anche il comune di Arbus ha chiesto all'assessorato regionale della sanità un nuovo impegno per accelerare al massimo l'avvio delle indagini epidemiologiche sui residenti in aree militari della Sardegna  –:
          se il Governo sia a conoscenza delle informazioni citate in premessa e quali siano i dati in suo possesso;
          se risultino vere le notizie concernenti le mancate azioni di bonifica del territorio del poligono di Capo Frasca e la presenza di acqua contaminata, se si siano mai effettuate indagini ed analisi sulle morti sospette e se non si ritenga di dover intervenire per avviare indagini epidemiologiche sui residenti in aree militari della Sardegna. (4-14562)

      Risposta. — Si risponde congiuntamente ad entrambe le interrogazioni in esame, in quanto attinenti ad analoga tematica relativa al poligono di Capo Frasca.
      Con riferimento al «bestiame mitragliato», le ipotesi al riguardo mancano di ogni riscontro fattuale: non risulta che, in passato, si siano addentrati animali negli spazi destinati all'addestramento al mitragliamento, e che gli stessi siano stati colpiti accidentalmente da proiettili, né tantomeno che siano stati consumati sul posto.
      In particolare, dalla fine del 1999 il servizio di mensa presso il poligono viene affidato a ditte esterne certificate – in possesso di tutte le autorizzazioni previste dalla legge – e il relativo contratto di affidamento è lo stesso che copre l'esigenza della base di Decimomannu.
      Da notare, inoltre, che le attività agropastorali, svolte dalla cooperativa allevatori, sulla base della concessione demaniale in corso, sono regolarmente controllate dalla azienda sanitaria locale (ASL) competente, mentre una commissione nominata dal comandante della base verifica che le attività della cooperativa siano conformi e rispettino i dettami della concessione in atto.
      Quanto ai «tre pozzi artesiani» – cui fa riferimento l'interrogante – presenti nel poligono, essi sono stati regolarmente notificati alle autorità competenti (provincia e regione) nel 1994 dall'allora 23o gruppo radar dell'Aeronautica militare (GRAM).
      L'acqua dei pozzi viene utilizzata solo per l'irrigazione e la pulizia dei mezzi militari e, certamente, non per uso umano.
      Si assicura che al personale è sempre stata distribuita acqua potabile in bottiglia sigillata e che, comunque, l'area ristorazione è collegata alla rete idrica esterna.
      Nel merito, invece, delle «mancate azioni di bonifica del territorio del Poligono di Capo Frasca», premesso che vengono utilizzati soltanto proiettili e bombe inerti che non producono esplosioni di alcun tipo, si fa presente che nel periodo settembre/ottobre 2011 è stata effettuata un'operazione di rimozione e di smaltimento del materiale ferroso rinvenuto nell'area.
      Tale bonifica è, tra l'altro, prevista ogni anno in concomitanza della chiusura del poligono, ovvero nei mesi di luglio/agosto.
      Si sta anche provvedendo, su richiesta del Comitato misto paritetico (COMIPA) della Sardegna, a redigere un disciplinare d'uso del poligono, allo scopo di regolamentare le procedure per autorizzare le attività all'interno del Poligono.
      Quanto, in ultimo, all'opportunità «di avviare indagini epidemiologiche sui residenti», il competente Ministero della salute ha comunicato, nel merito, che stante l'importanza della tematica e la mancanza di dati adeguati per una valutazione del rischio sanitario nell'area di Capo Frasca, la stessa è stata inclusa fra le aree oggetto dell'indagine epidemiologica sui poligoni militari della Sardegna, coordinata dall'Istituto superiore di sanità ed effettuata in collaborazione con la regione Sardegna.
      Lo
Scientific Board del progetto è stato istituito il 16 dicembre 2011 e i relativi lavori sono in atto.
      Lo scorso 25 giugno si è tenuta una riunione nel corso della quale sono stati presentati i primi riscontri – tuttora in esame – ed è emersa la decisione di completare tutti i lavori d'indagine entro e non oltre il 31 dicembre 2012, come auspicato dalla stessa Regione.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      DI STANISLAO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          Legambiente e il Coordinamento nazionale bonifica armi chimiche, hanno recentemente presentato il dossier «Armi chimiche: un'eredità ancora pericolosa»;
          dal dossier è emerso che sono oltre 30 mila gli ordigni inabissati nel sud del mare Adriatico, di cui 10 mila solo nel porto di Molfetta e di fronte a Torre Gavetone, a nord di Bari; 13 mila i proiettili e 438 i barili contenenti sostanze tossiche inabissati nel golfo di Napoli; 4.300 le bombe all'iprite e 84 tonnellate di testate all'arsenico nel mare davanti a Pesaro. E poi laboratori e depositi di armi chimiche della Chemical City in provincia di Viterbo, l'industria bellica nella Valle del Sacco a Colleferro e migliaia di «bomblet» (derivati dall'apertura delle bombe a grappolo) sganciati dagli aerei Nato sui fondali marini del basso Adriatico durante la guerra del Kosovo. E poi il Porto di Monfalcone e la Sardegna;
          per quanto riguarda la bonifica e la gestione dei siti contaminati, al Ministero della difesa spetta solo la competenza per le aree militari al momento della bonifica;
          il colonnello Antonello Massaro, direttore dell'Nbc, centro che fruisce dal 2009 di un finanziamento annuo di 1.200.000 euro per la propria attività ha dichiarato che la Convenzione di Parigi prevede che ogni Stato si impegni a distruggere e smaltire le armi chimiche sul suo territorio e quelle abbandonate sul territorio di altri Paesi, ma qui entra in gioco un discorso di policy nazionale e «per il momento, la policy del Ministero degli affari esteri è che l'Italia gestisca da sé gli ordigni presenti sul suo territorio»;
          la questione diventa ancor più problematica quando si parla di bonifica dei siti non militari, di cui non si conosce l'effettivo responsabile;
          un'indagine condotta dall'Ispra sulle conseguenze ambientali dell'abbandono delle armi chimiche in mare, condotta nel golfo di Manfredonia, ha rilevato nei pesci alterazioni del dna e degli enzimi epatici, presenza di arsenico nei muscoli e nel fegato superiori alla norma, ulcere riconducibili al contatto con l'iprite, sui cui contenitori i pesci vivono e si fanno la tana  –:
          se e come il Governo stia affrontando la gestione e la bonifica dei siti contaminati dagli ordigni inabissati in aree militari;
          se il Governo non ritenga di dover dare spiegazioni circa il caso del lago di Vico e della Chemical City, il centro di ricerca e produzione di armi chimiche voluto da Mussolini e attivo fin dagli anni Settanta che ha visto terminare nel 2000 le operazioni di bonifica dei serbatoi da parte del Ministero della difesa e che sebbene i militari hanno dichiarato che l'arsenico è un elemento di origine naturale non riconducibile né nell'iprite né nel fosforo e che quindi la fonte della contaminazione del lago va ricercata altrove, di fatto entro l'anno inizieranno i lavori di bonifica del lago, che erano già stati programmati in previsione della dismissione del sito considerato che il direttore dell'Nbc ha confermato già la presenza dei fondi necessari;
          come il Ministro responsabile della gestione e della bonifica dei siti contaminati in aree non militari intenda provvedere nell'immediato al fine di arginare i gravissimi pericoli ambientali derivanti dagli ordigni che continuano a rilasciare i loro veleni. (4-15245)

      Risposta. — La bonifica di ordigni esplosivi/residuati bellici è regolata dall'articolo 22 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66, come modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c del decreto legislativo 24 febbraio 2012, n.  20.
      Per quanto riguarda la «bonifica sistematica» (ricerca e individuazione di ordigni esplosivi/residuati bellici interrati) la Difesa, attraverso la direzione generale dei lavori e del demanio:
          provvede all'organizzazione del servizio e alla formazione del personale specializzato;
          esercita le funzioni di vigilanza sull'attività di ricerca e scoprimento di ordigni che possono essere eseguite su iniziativa e a spese dei soggetti interessati, mediante ditte che impiegano personale specializzato, e, a tal fine, emana le prescrizioni tecniche e sorveglia l'esecuzione delle attività.

      La Difesa, inoltre, su richiesta delle Prefetture, può fornire concorso per attività di ricerca con reparti specializzati.
      In caso di rinvenimento di ordigni bellici, invece, rientrano nelle competenze della Difesa le operazioni di disinnesco/brillamento, dette anche di «bonifica occasionale», che sono condotte da personale militare specializzato che opera, anche in questi casi, in forma concorsuale, sotto il coordinamento delle Prefetture competenti.
      In particolare, la Difesa provvede tramite il Centro tecnico logistico interforze (Ce.T.L.I.) alla distruzione degli ordigni a caricamento chimico eventualmente rinvenuti.
      Più in generale il Ce.T.L.I. opera per dare attuazione agli accordi internazionali sottoscritti dall'Italia sulla distruzione delle armi chimiche; il centro può contare fino al 2023 su un finanziamento annuale di circa 1,5 milioni di euro (legge n.  99 del 23 luglio 2009) e, in relazione alle sue potenzialità tecniche, è in grado di distruggere circa 1.500 ordigni l'anno.
      Passando ora alla situazione del lago di Vico e della «
Chemical City», tengo a sottolineare che la Difesa si era attivata fin dal 1994 avviando un'indagine di superficie, in linea con le norme vigenti in materia ambientale, ben in anticipo rispetto alle sollecitazioni delle amministrazioni locali.
      Alla fine del 2010 l'Agenzia regionale per la Protezione dell'ambiente (ARPA) del Lazio si è aggiudicata il contratto per la redazione e l'esecuzione operativa del piano di caratterizzazione del sito dell'ex magazzino materiali per la difesa nucleare, batteriologica, chimica di Ronciglione.
      Il piano approntato dall'ARPA è stato approvato il 19 ottobre 2011, in sede di conferenza dei servizi, con l'intervento di rappresentanti della regione Lazio, della provincia e della prefettura di Viterbo, dei comuni di Ronciglione e di Caprarola, nonché dell'ARPA del Lazio. A seguire sono già state avviate sia le attività della prima fase, che quelle tecnico-amministrative connesse con la seconda fase dell'intervento.
      È il caso di precisare, tuttavia, che il superamento del valore soglia per l'arsenico, di poche parti per milione, riscontrato presso l'ex sito militare non può giustificare l'alta concentrazione rinvenuta nel sedime a centro lago, dove sono state rinvenute anche alte concentrazioni di nickel e cadmio che, sicuramente, non hanno alcuna relazione con le attività militari. Pertanto, la fonte di contaminazione deve essere ricercata altrove.
      Per quanto concerne le aree marittime, si sottolinea che la Difesa ha sempre avuto riguardo per la salvaguardia del relativo ecosistema, anche con riferimento alla bonifica dall'eventuale presenza di ordigni.
      Si tratta di un'attività che ha impegnato le Forze armate fin dal primo dopoguerra e che, tra il 1945 e il 1950, ha portato al recupero e alla neutralizzazione di 9.345 tra «fusti e bombe ad aggressivi chimici», come riportato dalla documentazione concernente l’«Attività di dragaggio e sminamento eseguita dalla Marina Militare».
      Oggi la Forza armata continua a svolgere attività concorsuale per la bonifica del porto di Molfetta nell'ambito dell’«Accordo di programma per la caratterizzazione e la bonifica da ordigni bellici... del Basso Adriatico» (sottoscritto tra Ministero dell'ambiente, regione Puglia, comune di Molfetta ed altri enti interessati e in base al quale sono stati stanziati i fondi necessari), al quale fanno riferimento il «Protocollo d'intesa» del settembre 2008 e la «Convenzione di permuta» del settembre 2009 che regolano i rapporti fra le parti.
      Alla data del 18 giugno 2012, l'attività in mare ha consentito di individuare 898 posizioni di ordigni di cui 540 bonificati, pari ad una percentuale dell'ordine del 60 per cento.
      Per completezza di risposta si aggiunge che il competente Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, interessato al riguardo, ha trasmesso una nota dell'Istituto superiore per la prevenzione e la ricerca ambientale (ISPRA) nella quale si chiarisce che la bonifica delle cosiddette «aree di affondamento» di ordigni costituisce una problematica di difficile soluzione per motivi di carattere sia tecnico che economico, in quanto:
          l'affondamento di residuati bellici, dopo il secondo conflitto mondiale – così come in altre parti del mondo – è spesso avvenuto, per minimizzare i costi, in fondali non ufficialmente segnalati e non in quelli prescritti;
          l'attività della pesca a strascico, protrattasi nei decenni, ha determinato una consistente estensione delle aree «a rischio», poiché, a seguito di eventi di raccolta accidentale, i residuati bellici sono stati successivamente riaffondati in aree prima sgombre;
          i residuati bellici a caricamento chimico si trovano in uno stato di conservazione pessimo, a seguito della prolungata azione della corrosione marina; ciò determina ulteriori difficoltà di rimozione ed elevati rischi per gli operatori, oltre a richiedere l'impiego di mezzi tecnologicamente avanzati, con conseguente aumento dei costi.

      L'ISPRA conclude specificando che, fra le iniziative volte a minimizzare il rischio per gli ambienti marini e per chi opera in mare, potrebbe essere presa in considerazione la costituzione di un gruppo di esperti ad hoc, con il compito di stabilire priorità e modalità di intervento (prospezione, indagini ambientali e bonifica necessarie) per affrontare la complessa problematica.
      In conclusione, nel ribadire che la ricerca e la neutralizzazione su terra e in mare di ordigni esplosivi rientrano nelle attività di tipo concorsuale – cioè quelle che esulano dai compiti prioritari delle Forze armate e sono condotte su richiesta delle autorità competenti (sui quali ricadono gli oneri di spesa) – si conferma la disponibilità della Difesa a valutare con la massima attenzione le richieste di intervento.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      DI STANISLAO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          è stata votata in una recente seduta della Commissione d'inchiesta al Senato sulle problematiche connesse all'uranio impoverito all'unanimità la decisione di bonificare il Poligono di Salto di Quirra, escludendo a priori tutti gli altri poligoni;
          per quanto riguarda il poligono è stato detto che si deve considerare il poligono inquinato a una profondità di 5 metri. Si tratterebbe, dunque, di asportare una fascia di terreno inquinato di almeno 5 metri per un'ampiezza di 135 chilometri quadrati;
          ad oggi non è mai stato possibile effettuare la bonifica della ristretta fascia di Portoscuso di 1,5 metri di profondità, richiesta da vent'anni e considerata ormai zona permanentemente interdetta;
          la decisione di bonificare almeno 13.500 ettari solo per il caso di Salto di Quirra senza valutare le conseguenze, tra l'altro di notevoli entità, e soprattutto senza considerare tempi e modalità appare allo scrivente sbrigativa e ingiustificata tenendo conto inoltre dell'enorme quantità di scorie che verrebbe creata da sottoporre a lavaggio raccogliendo le acque inquinate da sistemare in cassoni in una discarica appositamente preposta. Procedure e problematiche che non sono state prese affatto in considerazione dalla Commissione d'inchiesta;
          tenuto conto che, fare le bonifiche laddove il terreno è stato inquinato in profondità con proiettili conficcati anche ad un metro di profondità dal suolo e che è stato contaminato da emissioni di torio costituisce un problema di grandissima difficoltà. È stato fatto un tentativo nei poligoni scozzesi di Eskmeals e Kirtkcudbright con altissimi costi e tempi molto lunghi  –:
          se il Governo non ritenga di intervenire perché si avvii apposita indagini con analisi e valutazioni sulla possibilità di bonificare i poligoni tenendo conto delle modalità, dei tempi, delle conseguenze e dei rischi per l'ambiente e per la salute umana a breve e a lungo termine.
(4-16497)

      Risposta. — Per la bonifica delle aree dei poligoni in Sardegna, il Dicastero si è attivato, di concerto con il Ministro per la coesione territoriale, per individuare adeguati stanziamenti già a partire dal corrente anno, mentre, per il triennio 2013-2015, sono in corso contatti con i rappresentanti del Governo coinvolti (ambiente e tutela/salute), con il presidente della regione autonoma Sardegna, dottor Cappellacci e con l'assessore all'agricoltura, onorevole Cherchi, per prevedere l'inserimento – già a partire dal prossimo disegno di legge per la stabilità – di un congruo finanziamento pluriennale per le opere di bonifica dei poligoni militari.
      A seguito di ciò, lo scorso 12 luglio, presso il Ministero della difesa, si è tenuto un incontro, svoltosi in un clima di piena e reciproca collaborazione, che ha confermato, ancora una volta, lo stretto legame che unisce, ormai da tempo, la Difesa al territorio sardo.
      In merito alle eventuali bonifiche da adottare, tali attività saranno prese in considerazione solo a valle di una fase di caratterizzazione delle aree interessate; pertanto, la profondità e l'estensione degli interventi da eseguire non sono state ancora determinate.
      Quanto ai «rischi per l'ambiente e per la salute umana», si è costituito, il 16 dicembre 2011, uno «
Scientific board» – su richiesta della regione Sardegna e dell'assessorato sanità – composto da esperti regionali e dell'istituto superiore della sanità, del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione salute (CNESPS), nonché da un esperto del dipartimento di Statistica dell'università di Firenze, con la finalità di valutare criticamente tutti gli studi ambientali e sanitari ad oggi condotti per l'area del poligono interforze del Salto di Quirra.
      Tale indagine epidemiologica prende in considerazione anche le aree della Sardegna sedi dei poligoni di Capo Teulada e di Capo Frasca.
      Il 25 giugno 2012 si è tenuta una riunione dello «
Scientific board» nel corso della quale sono stati presentati i primi riscontri – tuttora in esame – ed è emersa la decisione di completare tutti i lavori d'indagine entro e non oltre il 31 dicembre 2012, come auspicato dalla stessa Regione.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      DI STANISLAO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          le Nazioni Unite nel giugno 2011 hanno espresso preoccupazione per un'ondata senza precedenti di violazioni dei diritti umani in Bielorussia, e hanno chiesto al commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani di monitorare la situazione;
          con il Paese ancora in bilico sull'orlo di una crisi dei diritti umani, il Consiglio esaminerà nella seduta di partenza il 18 giugno 2012 nuove azioni da intraprendere;
          il Governo bielorusso ha preso di mira difensori dei diritti umani, giornalisti e avvocati. Attivisti dell'opposizione sono regolarmente sottoposti ad arresti arbitrari e condannati alla detenzione per «teppismo» e altri reati minori, spesso come misura preventiva per impedire loro di partecipare a proteste o svolgere le loro attività. Gli avvocati difensori esitano ad assumere «casi politici» per paura di essere radiati o di perdere la loro licenza. Quasi tutte le organizzazioni non governative che sono critiche verso il Governo operano sotto la minaccia costante di essere smantellate o che i loro membri siano arrestati;
          più di una dozzina di stranieri attivisti dei diritti umani sono stati espulsi o è stato impedito loro l'ingresso nel Paese nel corso dell'ultimo anno;
          a un certo numero di bielorussi – prevalentemente attivisti dell'opposizione – così come difensori dei diritti umani e giornalisti è stato impedito di lasciare la Bielorussia nel corso degli ultimi due mesi, le autorità non hanno nemmeno tentato di offrire ragioni credibili per questi divieti di viaggio;
          eppure i partner internazionali possono e devono cercare di fare pressione sui Governi repressivi per cambiare i loro modi, attraverso meccanismi internazionali progettati per tali scopi. Un'altra delibera del Consiglio dei diritti umani, questa volta chiedendo un meccanismo di controllo più forte come un Paese specifico relatore speciale, potrebbe essere utile nel monitoraggio e per limitare alcune delle violazioni che si verificano in Bielorussia su base giornaliera;
          l'esistenza stessa di un relatore speciale potrebbe contribuire a responsabilizzare la società civile in Bielorussia e rendere le persone meno vulnerabili alla persecuzione statale;
          dopo più di un anno di forte e coerente critica internazionale e sanzioni mirate imposte dalla Unione europea e dagli Stati Uniti, la Bielorussia rimane uno dei Paesi più repressivi d'Europa;
          i partner internazionali dovrebbero rimanere fedeli ai loro impegni sui diritti umani e agli attivisti locali della società civile in Bielorussia. La Bielorussia è una sfida difficile ma che la comunità internazionale dovrebbe continuare ad affrontare, anche attraverso strumenti di base a livello mondiale per i diritti umani, come il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite;
          il 26 gennaio 2011, inoltre, la Camera dei deputati ha approvato la mozione 1-00535 che impegna il Governo: a sostenere con forza l'azione europea circa l'introduzione di sanzioni personali, come la sospensione dei visti verso l'Unione europea, nei confronti degli esponenti del Governo e dell'apparato di sicurezza bielorusso che si sono resi responsabili delle gravissime violazioni delle norme democratiche e dei diritti umani in occasione delle ultime elezioni presidenziali, quanto meno fintantoché tutti i prigionieri e i detenuti politici non saranno stati liberati e scagionati da ogni accusa; a chiedere nelle sedi opportune e attraverso i canali diplomatici il rilascio immediato e incondizionato di tutte le persone arrestate durante la giornata elettorale e all'indomani della stessa, nonché dei prigionieri di coscienza riconosciuti da Amnesty international; a chiedere alle autorità bielorusse di fornire ai detenuti accesso senza restrizioni ai propri familiari, all'assistenza legale e alle cure mediche; a condannare fermamente le azioni delle autorità bielorusse a danno delle minoranze e a ribadire il proprio appello alla Bielorussia affinché rispetti i diritti umani e i diritti di tutti i suoi cittadini; a chiedere con forza che vengano garantite la libertà dei media, la libertà di associazione e di riunione, la libertà di religione per le chiese diverse dalla Chiesa ortodossa bielorussa e gli altri diritti e libertà politiche  –:
          se e come il Governo si stia adoperando per rispettare gli impegni assunti in relazione alle vicende della Bielorussia e se non ritenga di intervenire ulteriormente, in sede internazionale, per arginare l'attuale situazione, sempre più allarmante, che caratterizza il Paese e il suo popolo. (4-16566)

      Risposta. — L'azione del Governo italiano riguardo alla situazione in Bielorussia continua ad essere ispirata alla mozione n.  1-00635 approvata alla Camera dei deputati il 26 gennaio 2011.
      L'Italia ha infatti sempre seguito con estrema e costante attenzione le problematiche dell'applicazione dei princìpi dello stato di diritto e del rispetto dei diritti civili e politici nel Paese, sia a livello nazionale che nel quadro delle competenti istanze internazionali, in particolare in seno all'Unione europea.
      Dopo le elezioni del dicembre 2010, ben lontane dal rispetto degli standard internazionali in materia di corretto procedimento elettorale, e la grave repressione delle manifestazioni di protesta che ne erano seguite, l'Unione europea, con il sostegno dell'Italia, ha effettivamente adottato sanzioni nei confronti del Paese. Si tratta, in particolare, di restrizioni ai viaggi e congelamento dei beni nei confronti delle persone direttamente responsabili dell'insoddisfacente gestione delle elezioni e delle conseguenti repressioni delle contestazioni. Tra i destinatari dei provvedimenti – oltre a magistrati, giornalisti e rettori – figura lo stesso presidente Lukaschenko.
      Nonostante l'adozione di tali misure, la situazione nel Paese non è purtroppo migliorata ma anzi, potremmo dire deteriorata. Pertanto, nel giugno dello scorso anno, l'Italia ha contribuito all'adozione da parte dell'Unione europea di ulteriori sanzioni, anche a carattere economico: un
embargo sulla vendita di armi e materiali passibili di essere utilizzati per la repressione interna; restrizioni dei prestiti alla Bielorussia da parte di alcune organizzazioni finanziarie internazionali; misure restrittive nei confronti di imprese vicine all’establishment.
      Sempre in esito ad ulteriori involuzioni della situazione sul terreno, lo scorso gennaio l'Unione europea ha poi deciso l'ulteriore estensione delle misure di restrizione ai viaggi e congelamento dei beni nei confronti delle «persone responsabili di gravi violazioni dei diritti umani o della repressione della società civile e dell'opposizione democratica» anche nel periodo successivo alle elezioni del dicembre 2010. Tali restrizioni sono state adottate anche nei confronti delle «persone e gli enti che traggono beneficio dal regime di Lukaschenko e che lo sostengono».
      A tali sviluppi, Minsk ha prontamente reagito con il richiamo per consultazioni dei suoi ambasciatori a Bruxelles (Unione europea e bilaterale) e Varsavia, e con l'allontanamento di fatto col capo della delegazione dell'Unione europea e dell'ambasciatore polacco a Minsk. Gli Stati membri hanno conseguentemente richiamato per consultazioni tutti i loro ambasciatori bilaterali in segno di solidarietà con le delegazioni dell'Unione europea e della Polonia. In relazione a tale situazione, è stato poi convocato alla Farnesina l'ambasciatore bielorusso, nel contesto di un passo coordinato con tutti gli altri paesi dell'Unione europea. Sia gli ambasciatori dell'Unione europea che quelli bielorussi sono infine rientrati nelle loro sedi alla fine di aprile.
      La situazione si presenta ancora estremamente fluida e rimane oggetto di attento monitoraggio da parte dell'Unione europea.
      Conformemente agli atti di indirizzo politico adottati dalla Camera dei deputati il 26 gennaio 2011 (mozione 1-00535), il Governo continuerà a seguire con la massima attenzione la situazione in Bielorussia, in particolare nel contesto del Consiglio affari esteri dell'Unione europea e del Consiglio diritti umani delle Nazioni unite.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Marta Dassù.


      DI STANISLAO. — Al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          a fine settembre 2012 si terrà a Milano il Forum nazionale sulla cooperazione, promosso dal Ministro per l'integrazione e la cooperazione. La notizia è stata ufficializzata al tavolo interistituzionale dello 17 aprile 2012 e i lavori dei gruppi preparatori sono già in corso;
          lo scorso 7 giugno 2012 è apparso un articolo sul quotidiano L'Unità «Cooperazione, taglio finale. Dimezzati ancora gli aiuti» in cui si leggono le dichiarazioni del portavoce della Farnesina circa la disponibilità dei fondi per la Cooperazione allo sviluppo che nell'ultimo anno si è ridotta del 43 per cento, da 358 a 203 milioni di euro. Dal 2008 il calo è del 75 per cento. Il rappresentante ha lanciato un grido di allarme invocando la necessità di ripristinare le priorità negli interventi di cooperazione allo sviluppo;
          il Ministro per la cooperazione internazionale ha dichiarato nei giorni scorsi che in alcune parti del mondo la presenza dell'Italia diminuisce con serie conseguenze politiche ed economiche;
          la cooperazione internazionale ha subito un ulteriore e drastico taglio parallelamente ad un allarmante aumento di numeri e percentuali nel settore degli armamenti che vede l'Italia sempre tra i primi posti nelle classifiche;
          la settimana scorsa IAI (Istituto affari internazionali) e ISPI (Istituto studi politica internazionale) hanno annunciato la pubblicazione dell'annuario 2012 sulla politica estera italiana con questa premessa: «L'Italia è un Paese che, malgrado gli sforzi del governo, deve ancora attrezzarsi culturalmente e politicamente a fronteggiare la competizione internazionale per come è diventata negli ultimi anni. Recuperare terreno richiede “accordi bipartisan” per ridefinire strategie “condivise” e “uno sforzo collettivo che coinvolga tutte le istituzioni”;
          l'Italia, dunque, risulta secondo l'interrogante essere il principale responsabile dell'affondamento della credibilità europea per la cooperazione allo sviluppo, nonostante gli sforzi di quei Paesi europei che hanno incrementato la quota di aiuti e di quelli che, nonostante la crisi economica, hanno mantenuto i livelli degli anni precedenti;
          non solo l'Italia continua a mettere all'ultimo posto delle proprie scelte di bilancio l'aiuto pubblico allo sviluppo, ma questa scelta sta provocando l'allontanamento di tutta l'Unione europea dagli obiettivi continentali  –:
          come il Governo intenda spiegare l'ingiustificabile ulteriore taglio delle risorse per la cooperazione allo sviluppo nonostante i suoi stessi rappresentanti abbiano deprecato tali azioni auspicando d'altro canto maggiori interventi;
          se il Governo non ritenga, anche in vista del Forum nazionale sulla cooperazione di settembre, di avviare un aperto e approfondito confronto con tutte le altre parti sociali impegnate sul tema affinché il contributo dell'Italia ritorni a diventare sostanziale ed efficace a livello internazionale. (4-16595)

      Risposta. — Con l'interrogazione in esame, sono stati richiesti elementi in ordine alle iniziative che si intendono adottare a seguito dei tagli alle risorse per la cooperazione allo sviluppo e se il Governo, in occasione del prossimo forum nazionale sulla cooperazione, non ritenga utile avviare un approfondito confronto con tutte le parti sociali impegnate in materia, affinché il contributo dell'Italia torni a diventare sostanziale ed efficace a livello nazionale.
      A tale riguardo, si fa presente che le esigenze di contenimento della spesa pubblica, negli ultimi anni caratterizzanti le scelte di Governo nel nostro Paese, hanno portato ad una netta riduzione delle risorse a disposizione della cooperazione allo sviluppo. All'inizio del 2012 i fondi complessivamente stanziati per gli interventi della cooperazione italiana allo sviluppo sono stati pari a 203,7 milioni di euro. Rispetto al 2007, uno degli ultimi anni «di picco» nella dotazione finanziaria della direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri, i tagli alle risorse per la cooperazione italiana sono stati in misura superiore all'80 per cento.
      Nonostante la situazione generale di finanza pubblica continui ad imporre forti restrizioni al bilancio dello Stato e, nello specifico, alle risorse della cooperazione, questo Governo ha voluto dare un segnale di rinnovato interesse per le politiche di cooperazione del nostro Paese.
      In tal senso, l'impegno del Governo è di invertire tale orientamento di riduzione dei fondi per la cooperazione. Già nel documento economico finanziario (DEF) 2012 è indicato che, nel triennio 2013-2015, l'azione del Governo tenderà alla realizzazione di misure concrete per un «riallineamento graduale dell'Italia agli standard internazionali della cooperazione allo sviluppo, con l'obiettivo di migliorare la qualità e la quantità dell'Aiuto pubblico allo sviluppo (APS)». Per quanto riguarda gli stanziamenti del 2013 per la direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, il DEF indica un potenziale aumento di 125 milioni di euro dai livelli attuali.
      In questa ottica di rilancio generale dell'azione di cooperazione internazionale dell'Italia si inserisce l'iniziativa, che ho lanciato nel marzo scorso, di organizzare a Milano all'inizio di ottobre il forum nazionale sulla cooperazione.
      Questo evento rappresenterà un momento importante per rilegittimare e dare nuovo impulso alla politica pubblica di cooperazione dell'Italia. Si tratta di riconoscere che tale politica è essenziale per l'identità e la proiezione del nostro Paese all'estero e che non deve essere percepita più come marginale. Il forum sarà un momento di confronto importante in questo senso, nel quale tutti gli attori di cooperazione dell'Italia si incontreranno con le più alte cariche dello Stato.
      Per preparare al meglio questo appuntamento sono già stati costituiti dieci gruppi di lavoro, coinvolgendo tutti gli attori della cooperazione, pubblici e privati, che già ora si stanno riunendo per approfondire temi cruciali per un ripensamento strategico della cooperazione italiana. Oltre ai gruppi è stato avviato anche un percorso per inviare contributi
on-line.
      Il forum si chiuderà con il «patto nazionale per la nuova cooperazione internazionale dell'Italia», un manifesto politico breve che delineerà alcuni elementi del rilancio quantitativo e qualitativo della cooperazione italiana. A questo si allegheranno i documenti elaborati dai gruppi di riflessione che influenzeranno anche il processo di programmazione. Il forum sarà un momento che rilancerà la mobilitazione del Paese sul tema per ridare il giusto protagonismo e la dovuta responsabilità all'Italia per quanto riguarda le sfide globali.
      Accanto a questo percorso, le organizzazioni sindacali, le organizzazioni non governative, le autonomie locali e gli altri soggetti coinvolti, stanno realizzando propri incontri di preparazione al forum per presentare i loro contributi.

Il Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione: Andrea Riccardi.


      DI STANISLAO. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il 14 novembre 2011 il sito peacereporter.net pubblica un articolo dal titolo «Italia, la base della vergogna». L'articolo riporta notizie prese da un blog secondo le quali il 19 novembre 2010 a Decimomannu in Sardegna, nel corso dell'operazione di addestramento chiamata «Vega», un pilota israeliano compie una manovra altamente pericolosa. Dopo il decollo dalla base sarda un F16 del 106° squadrone della IAF (Israeli Air Force) esegue una rotazione di 360 gradi (un «tonneau», nel gergo dell'aviazione acrobatica). L'evoluzione è stata compiuta «senza motivo né vantaggio»: con queste parole un tribunale militare israeliano ha condannato il pilota a sette giorni di carcere e un anno di sospensione dal volo. La fonte delle notizie è il sito JewPI.com;
          la denuncia pubblicata riguarda la rotazione del velivolo lungo il suo asse longitudinale che è una manovra acrobatica che deve essere compiuta all'interno di aree specifiche e ad altitudini di sicurezza. Il sito JewPI riporta, altresì, che l'aereo ha anche oltrepassato il muro del suono, causando un «bang sonico» non autorizzato e al di sotto delle altitudini consentite. Della manovra altamente pericolosa, del «bang sonico», dell'arresto e della sospensione del pilota nessun organo di stampa italiano ha mai parlato;
          un articolo del quotidiano britannico Guardian riporta che la pratica degli F16 israeliani del «sonic boom» a basse altezze è diventata frequente nella Striscia di Gaza dopo la rimozione degli insediamenti ebraici nel 2005. Da allora, i piloti si esercitano sulla popolazione civile palestinese, producendo boati assordanti paragonabili a quelli di una bomba o di un terremoto. A volte lo spostamento d'aria è talmente forte da far sanguinare il naso;
          a Decimomannu si addestrano tali piloti;
          la base di Decimomannu dista pochi chilometri dall'abitato. Una decina di giorni fa si è conclusa l'edizione 2011 dell'operazione Vega, che ha visto centinaia di apparecchi da guerra europei – decine gli israeliani – e mezzo migliaio di militari prendere parte a esercitazioni di electronic warfare. L'operazione Vega rientra nella cooperazione militare Italia-Israele, stabilita dalla legge 17 maggio 2005, e nel «Programma di cooperazione individuale» con Israele, ratificato dalla Nato il 2 dicembre 2008;
          si ricorda che Israele, unica potenza nucleare della regione, rifiuta di firmare il Trattato di non-proliferazione ed ha respinto la proposta Onu di una conferenza per la denuclearizzazione del Medio Oriente. La base risulta essere fornita dei più sofisticati apparecchi e dei sistemi per l'addestramento al tiro. È inoltre l'aeroporto con il più alto numero di decolli e atterraggi presente in Europa, con una media di circa 60 mila movimenti annui, pari a circa 450 movimenti giornalieri;
          sul sito non ufficiale di Decimomannu si legge che «In pochi minuti di volo sono raggiungibili diverse aree adibite a poligoni aria-aria, aria-terra e bassa navigazione». Le aree coprono buona parte della Sardegna meridionale;
          Decimomannu ha una serie di incedenti alle spalle. Dalla fine della Seconda Guerra mondiale 64 aerei hanno subito danni, sono precipitati al suolo o in mare, in località che abbracciano tutta la Sardegna meridionale: Capo Frasca, stagno di Cabras, Capo Carbonara, Orroli, Capo Ferrato, Alghero, Arborea. Ventitré piloti sono morti, e numerosi aerei o pezzi di aereo sono andati perduti;
          pertanto, gli aerei che decollano da Decimomannu, sorvolano aree civili, con manovre «altamente pericolose» e scaricano il loro potenziale distruttivo in aree paesaggisticamente intatte, contaminando l'ecosistema, la biodiversità e, come si è visto per Quirra, anche gli esseri umani. A Capo Frasca, poi, sono stati testati i missili teleguidati AIM dell'Eurofighter prima dell'entrata in servizio;
          come per il poligono di Quirra, anche qui cominciano a emergere storie di malattie oncologiche, ematiche o linfatiche  –:
          se il Governo intenda chiarire e spiegare le attività di addestramento che si svolgono a Decimomannu in Sardegna, verificarne nell'immediato la pericolosità per la salute umana e per l'ambiente tenendo conto della vicinanza al centro abitato. (4-13948)

      Risposta. — A premessa chiarisco, con riferimento all'evento richiamato dall'interrogante, che, a seguito di specifica verifica, non risulta sia mai pervenuta alcuna segnalazione di bang sonico.
      Non risulta, inoltre, che sia stato rilevato o riportato alcun evento non conforme alle norme vigenti in materia di volo o alcuna manovra pericolosa effettuata da aerei militari italiani e/o stranieri durante l'intero svolgimento dell'esercitazione Vega 2010.
      Ciò premesso, la base di Decimomannu è sede del reparto sperimentale e di standardizzazione del tiro aereo (Rssta), nel cui ambito insiste l’
Air weapon training installation (Awti), struttura addestrativa multinazionale, attualmente oggetto di accordo (Technical Arrangement – T.A.) binazionale tra i Ministri della difesa italiano e tedesco.
      Il T.A. in vigore è stato firmato nell'ottobre 2003 e prorogato fino al 2013.
      Al momento, un gruppo di lavoro ha l'incarico di studiare e di proporre il testo aggiornato dell'accordo che tenga conto delle nuove esigenze/richieste delle due nazioni contraenti.
      La supervisione delle attività condotte a Decimomannu è materia del
(Main Awti Committee – Mac) presieduto da un ufficiale dello Stato Maggiore dell'aeronautica militare.
      I principali compiti del reparto Rssta sono:
          assicurare il supporto, derivante dagli accordi internazionali, necessario per l'attività di volo dei reparti aerotattici dell'Aeronautica militare e dell'Aeronautica militare tedesca, e fornire supporto a reparti di altre nazioni Nato rischierati;
          consentire l'addestramento aria-aria, aria-suolo, con l'utilizzo del poligono di Capo Frasca e dell'area addestrativa D-40;
          assicurare l'attività di ricerca e soccorso a favore dei reparti rischierati e concorrere allo stesso servizio di ricerca e soccorso (Sar) nazionale;
          assicurare il servizio
radar di avvicinamento al traffico aereo civile e militare nell'area centro-sud della Sardegna.

      Tutte le attività addestrative ed esercitative pianificate, programmate e autorizzate dal Rssta di Decimomannu sono, regolate dalle direttive inerenti la sicurezza del volo, in ottemperanza alle leggi vigenti in materia, il cui rispetto è garantito da un rigido controllo da parte degli organi preposti, al fine di salvaguardare la sicurezza del personale e della popolazione, oltre che la tutela ambientale del territorio.
      Il dicastero ha avviato, già da tempo, una serie d'iniziative per controllare e censire scrupolosamente il materiale utilizzato presso i poligoni.
      Cito, tra le principali, l'istituzione di «Comitati per la tutela ambientale» e l'elaborazione di un «Disciplinare Ambientale» – adattato nel 2004 in via sperimentale e dal 2008 in maniera definitiva – che regolamenta le procedure per autorizzare le attività all'interno dei poligoni.
      Nello specifico, l'addestramento aria-aria – che si svolge nell'area addestrativa sita a ovest della Sardegna – prevede l'applicazione di procedure e la condotta di tattiche per veicoli caccia, che simulano le varie fasi di combattimento in volo; nell'ambito di tali attività, gestite sotto il controllo di sistemi dedicati; non è previsto l'uso di armamento reale o di simulacri.
      L'addestramento aria-suolo, invece, si svolge sul poligono di Capo Frasca e comprende l'esecuzione di procedure e tattiche di velivoli caccia con simulazione di attività di bombardamento, in aderenza alle normative vigenti della sicurezza del volo.
      All'addestramento partecipano, contemporaneamente, fino a un numero massimo di quattro velivoli, proprio per garantire l'efficacia delle azioni di controllo e lo svolgimento in sicurezza dell'attività.
      L'addestramento aria-suolo si svolge con lo sgancio di bombe inerti/
dummy (ovvero senza carica esplosiva) e di bombe da esercitazione (che simulano la balistica di armamento/incluse bombe di precisione che per la guida si avvalgono delle coordinate fornite dal «Global Positioning System» Gps), nonché con attività di mitragliamento e sgancio di razzi.
      Ogni singola attività è sottoposta a una valutazione preventiva basata sulla documentazione tecnica del materiale da utilizzare ed è eseguito un controllo di coerenza tra le attività pianificate e quelle effettuate durante le esercitazioni, in coordinamento tra il personale del poligono e gli utenti, nonché un controllo successivo all'attività addestrativa, procedendo alla bonifica, qualora necessaria.
      La base di Decimomannu per le peculiarità addestrative che offre è utilizzata per lo svolgimento di esercitazioni nazionali (dell'Aeronautica militare e di altre Forze armate), interministeriali (tra cui la protezione civile) e internazionali (Nato o in conformità a accordi bilaterali).
      Come già evidenziato, le attività presso la base di Decimomannu comprendono anche un servizio di allarme di ricerca e soccorso in supporto alle attività addestrative, nonché, per l'espletamento di missioni in supporto della protezione civile, il trasporto in ospedale di soggetti traumatizzati e il trasporto di organi per trapianti.
      Premesso che i dati epidemiologici in possesso del Dicastero non rilevano anomalie nella manifestazione di patologie neoplastiche tra il personale che ha prestato o presta servizio presso il poligono, con riferimento alle richiamate «storie di malattie oncologiche, ematiche o linfatiche», risultano casi di militari affetti da patologie neoplastiche, ma la cui origine non è correlabile, in assenza di chiare evidenze scientifiche, all'attività di lavoro svolta presso il poligono.
      Con riferimento, invece, alla popolazione della zona, la Difesa non è in grado di fornire, il dato richiesto che involge specifiche e dirette competenze regionali.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      DI STANISLAO. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          secondo il Sipri Yearbook 2012, pubblicato il 4 giugno nel 2011 la spesa militate mondiale è arrivata a 1.740 miliardi di dollari: rappresenta la cifra più alta dalla caduta del muro di Berlino con un incremento dello 0,3 per cento in termini reali rispetto all'anno precedente. Questa spesa continua a trainare il commercio internazionale di armamenti convenzionali che, con quasi 30 miliardi di dollari, nel 2011 è tornato ai livelli degli anni novanta;
          il Sipri Yearbook segnala la sostanziale stabilità della spesa militare mondiale che oggi rappresenta il 2,5 per cento del prodotto interno lordo globale con un costo medio di 249 dollari per ogni abitante del pianeta. Gli Stati Uniti rimangono in testa alla classifica (711 miliardi di dollari, pari al 41 per cento del totale mondiale), seguiti da Cina (143 miliardi), Russia (71,9 miliardi), Regno Unito      (62,7 miliardi), Francia (62,5 miliardi), Giappone (59,3 miliardi), India (48,9 miliardi) e Arabia Saudita (48,5 miliardi);
          riguardo all'Italia, il Sipri stima una spesa militare nel 2011 di circa 34,5 miliardi di dollari affermando che «la spesa militare dell'Italia è meno che trasparente, nel senso che è distribuita tra i budget di diverse amministrazioni statali». Inoltre, nel rapporto si legge che «le per le missioni militari all'estero sono approvate dal Parlamento italiano in un bilancio separato da quello del Ministero della Difesa. Oltre 1 miliardo di euro di forniture militari addizionali e per ricerca e sviluppo sono ogni anno finanziate dal Ministero dello Sviluppo Economico. Come per la Grecia, le cifre della NATO riguardo all'Italia per il 2011 non erano disponibili al momento della stesura del rapporto»;
          anche il recente rapporto «Economia a mano armata» pubblicato nei giorni scorsi dalla campagna «Sbilancimoci !» analizza dai vari punti di vista le spese militari nazionali sotto molteplici aspetti. La questione centrale è l'esportazione degli armamenti in zone di guerra e ad alto rischio di rivolte;
          secondo l'Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo di Roma, nel mondo ci sono in circolazione circa 875 milioni di cosiddette «armi leggere» e il commercio di queste armi vede l'Italia come uno dei principali produttori e protagonisti. Solo nel biennio 2009-2010 l'Italia ha esportato oltre un miliardo di euro di «armi leggere ad uso civile» con un rilevante aumento soprattutto verso l'Asia, ma anche il Medio Oriente e l'intero continente africano. Ma vanno segnalate anche le esportazioni di queste armi verso Paesi sottoposti a embarghi internazionali (Cina, Libano, Repubblica Democratica del Congo, Iran, Armenia e Azerbaijan), verso Paesi in cui sono in atto conflitti e in cui si riscontrano gravi violazioni del diritti umani (la Federazione Russa, la Thailandia, le Filippine, il Pakistan, l'India, l'Afghanistan, la Colombia, Israele, Congo, Kenia, Filippine, e altro);
          l'OPAL, l'Osservatorio permanente sulle armi leggere di Brescia ha dichiarato che nel corso del 2011, cioè nel pieno delle rivolte delle popolazioni della cosiddetta primavera araba – sono state esportate dalle ditte della provincia di Brescia armi e munizioni per un valore complessivo di 6,8 milioni di euro ai Paesi del Nord Africa e di oltre 11 milioni di euro ai Paesi del Medio Oriente, oltre 1 milione di euro di queste armi esportate sempre dalle aziende bresciane in Bielorussia tra aprile e giugno 2011, poco prima che l'Unione europea la sanzionasse per gravi violazioni dei diritti umani  –:
          se il Governo non ritenga di assumere iniziative al fine di evitare che l'Italia continui a primeggiare in un settore, quello relativo agli armamenti, che nulla a che fare con una politica estera di pace, sicurezza e di cooperazione allo sviluppo;
          se e come il Governo intenda intervenire al fine di giungere ad una maggiore trasparenza è maggiori informazioni circa la spesa militare italiana con particolare attenzione all’export militare al quale l'Italia contribuisce in maniera fin troppo incisiva con probabili conseguenze drammatiche nei Paesi ad alto rischio bellico. (4-16567)

      Risposta. — Il trasferimento di materiali strategici è regolato dalla legge 9 luglio 1990, n.  185, una delle più avanzate in ambito europeo ed internazionale, che prevede la massima trasparenza e la più ampia informazione parlamentare.
      Il principio ispiratore è quello di far risalire a livello politico la responsabilità dell'esportazioni di armamenti subordinandoli, a prescindere dagli aspetti commerciali, alla politica estera e di sicurezza dello Stato.
      Da tale principio discendono importanti divieti; tra i più significativi rientrano quelli di esportare armi a paesi in stato di conflitto o i cui Governi si siano resi responsabili di violazioni delle convenzioni sui diritti umani, a paesi poveri che spendono per la difesa risorse eccessive nonché a paesi coinvolti nel terrorismo.
      La legge recepisce, inoltre, le istanze di trasparenza interna ed esterna emerse in sede Onu, prevedendo un'ampia e significativa informazione al Parlamento, e di conseguenza all'opinione pubblica, sulle esportazioni e importazioni di armi italiane.
      Ciò si estrinseca nell'obbligo posto a carico del Presidente del Consiglio dei ministri di presentare una dettagliata relazione al Parlamento entro il 31 marzo di ciascun anno in ordine a tutte le attività autorizzate e svolte entro il 31 dicembre dell'anno precedente, incluse quelle che avvengono nell'ambito di programmi intergovernativi.
      Inoltre, lo stretto coordinamento esistente tra i dicasteri interessati (esteri, difesa, economia e finanze, sviluppo economico) costituisce un'ulteriore garanzia di controllo, anche grazie alla possibilità di incrociare dati finanziari, fiscali, doganali ed economici.
      Con il recepimento, infine, della direttiva 2009/43/CE si è inteso eliminare dalle normative dei singoli Stati membri le disparità che possono impedire la circolazione dei prodotti per la difesa o distorcere la concorrenza nel mercato interno, dettando regole unitarie per la disciplina dei trasferimenti intracomunitari dei prodotti.
      Per quanto sopra esposto, assicuro l'interrogante, circa l'impegno del Dicastero per garantire la massima trasparenza nel settore, in piena aderenza alla normativa in vigore in materia.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      DOZZO, FUGATTI, DAL LAGO, MONTAGNOLI, FEDRIGA, BITONCI, FORCOLIN, MUNERATO, LANZARIN, DUSSIN, BRAGANTINI, FOLLEGOT, GIDONI, GOISIS, MARTINI, FABI, CALLEGARI e NEGRO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          migliaia di piccole e medie imprese specie del Nord-est stanno subendo gli effetti di una crisi divenuta ormai insostenibile, innescando scenari allarmanti che da tempo occupano le pagine di cronaca dei più importanti quotidiani nazionali;
          sono le storie di piccoli imprenditori di Padova, di Treviso, di Vicenza, di Venezia, di Rovigo, Belluno e Verona, ma anche di altre città, che dovendo fare i conti con una realtà sempre più segnata dai debiti e dalla paura del fallimento e dei licenziamenti, hanno preferito togliersi la vita piuttosto che rimanere schiacciati dalle cartelle esattoriali e dalla preoccupazione di non riuscire più a pagare gli stipendi;
          secondo notizie di stampa, infatti, sembrerebbe siano queste le ragioni che hanno spinto più di una quarantina di imprenditori artigiani del Nord-est a togliersi la vita dall'inizio della crisi; molti di loro sono ex operai che riusciti a mettersi in proprio hanno dato vita a piccole realtà imprenditoriali, spesso a conduzione familiare, che non sono riuscite a sopravvivere all'attuale fase recessiva;
          i casi di queste ultime settimane, che parlano di altre vittime soprattutto in Veneto, hanno riacceso il dibattito pubblico circa la necessità di trovare quanto prima soluzioni a questa emergenza che ormai è tale non solo sotto il profilo squisitamente economico ma addirittura esistenziale, con conseguenze ormai estreme;
          specie nel Veneto sono ormai migliaia le aziende che hanno formalmente aperto le procedure di crisi, con la conseguente perdita di posti di lavoro, ragion per cui è quanto mai urgente attuare una nuova politica di tutela delle piccole e medie imprese, anche attraverso il riconoscimento dell'importante ruolo che le stesse svolgono per lo sviluppo del sistema produttivo del Paese;
          le piccole e medie imprese, infatti, sono il motore dell'economia italiana, portatrici di valori umani, morali e professionali, che fino ad oggi sono stati fondamentali allo sviluppo del Paese. La Lega Nord da sempre sostiene la necessità di tutelare e valorizzare tale importante patrimonio produttivo ed occupazionale, chiedendo in particolare maggiori garanzie per favorire l'accesso al credito delle imprese e la liquidazione in tempi certi dei crediti da queste vantati nei confronti della pubblica amministrazione;
          i dati sulla congiuntura economica dimostrano infatti che le piccole imprese hanno tagliato i posti di lavoro in proporzione minima rispetto a quanto hanno perso in termini di fatturato, nonostante queste, più delle grandi imprese, siano state penalizzate dalla mancanza di liquidità, dovuta alle difficoltà di accesso al credito e ai ritardi nei pagamenti;
          il fenomeno dei ritardi di pagamento nel nostro Paese è allarmante e ben più consistente rispetto agli altri Paesi europei. Nell'Unione europea occorrono in media 63 giorni per il pagamento di una fattura da parte della pubblica amministrazione mentre in Italia i tempi medi di pagamento sono di 186 giorni. È evidente che simili atteggiamenti rischiano di generare danni irreparabili alle imprese privandole delle risorse necessarie da investire nella crescita e nello sviluppo;
          anche nella comunicazione della Commissione Europea «Small Business Act» viene sottolineata l'importanza delle piccole e medie imprese, in quanto creatrici di posti di lavoro e protagoniste della crescita delle comunità locali e regionali. Il Governo italiano nel recepire la citata comunicazione si è impegnato ad attuare una serie di iniziative a sostegno di queste importanti realtà produttive, ma fino ad ora nulla è stato fatto di concreto al riguardo  –:
          se sia nelle intenzioni del Ministro interrogato adottare seri e non più procrastinabili provvedimenti per la difesa e il sostegno delle piccole e medie imprese specie del Nord-est;
          se non ritenga opportuno realizzare gli interventi descritti in premessa, anche attraverso l'adozione di iniziative volte a:
              a) garantire il rispetto dei termini di pagamento previsti nei rapporti con la pubblica amministrazione e sbloccare in breve tempo i pagamenti dei crediti che le imprese vantano nei confronti delle amministrazioni pubbliche;
              b) favorire l'apertura ed il mantenimento delle linee di credito nei confronti delle piccole e medie imprese in un momento di così particolare difficoltà congiunturale;
              c) prevedere la possibilità di compensare i crediti che le imprese vantano nei confronti della pubblica amministrazione con i debiti tributari che le stesse hanno maturato. (4-15564)

      Risposta. — Gli interroganti chiedono di conoscere se il Ministro dello sviluppo economico intenda adottare seri e non più procrastinabili provvedimenti per la difesa e il sostegno delle piccole e medie imprese anche attraverso l'adozione di iniziative volte a garantire il rispetto dei termini di pagamento, a favorire l'apertura ed il mantenimento delle linee di credito, a prevedere la possibilità di compensare i crediti con i debiti.
      Si premette che la specificità della crisi economica che sta attraversando il sistema Italia all'interno di una crisi generalizzata a livello europeo ma anche a livello internazionale comporta una serie di scelte economico-sociali della materia trattata che realizzino una convergenza tra le esigenze di sviluppo e competitività dell'Italia con le stesse esigenze sentite fortemente anche a livello europeo di trovare soluzioni comuni e condivise per il rilancio di uno sviluppo complessivo della zona euro.
      Per quanto di competenza, il Ministero dello sviluppo economico rappresenta quanto segue.
      Il decreto-legge 24 gennaio 2012, n.  1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n.  27, contiene, all'articolo 35 «Misure per la tempestività dei pagamenti per l'estinzione dei debiti pregressi delle amministrazioni statali nonché disposizioni in materia di tesoreria unica», una serie di azioni volte ad accelerare il pagamento dei crediti commerciali da parte dello Stato connessi a transazioni commerciali per l'acquisizione di servizi e forniture.
      In particolare, sono previste risorse aggiuntive ai fondi speciali per la reiscrizione dei residui passivi perenti di parte corrente e di conto capitale, di cui all'articolo 27 della legge 31 dicembre 2009, n.  196, integrati rispettivamente degli importi di euro 2.000 milioni e 700 milioni per l'anno 2012, mediante riassegnazione, previo versamento all'entrata del bilancio dello Stato per il medesimo anno, di una corrispondente quota delle risorse complessivamente disponibili relative a rimborsi e compensazioni di crediti di imposta, esistenti presso la contabilità speciale 1778 «Agenzia delle entrate – Fondi di bilancio».
      I crediti maturati alla data del 31 dicembre 2011, su richiesta dei soggetti creditori, possono essere estinti, in luogo del pagamento disposto, con le risorse finanziarie su evidenziate, anche mediante assegnazione di titoli di Stato nel limite massimo di 2.000 milioni di euro. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze saranno definite le caratteristiche dei titoli e le relative modalità di assegnazione.
      Ai fini dell'estinzione dei crediti per spese relative a consumi intermedi, maturati nei confronti dei Ministeri alla data del 31 dicembre 2011, il cui pagamento rientri, secondo i criteri di contabilità nazionale, tra le regolazioni debitorie pregresse e il cui ammontare è accertato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, è altresì incrementato, per l'anno 2012, di un importo di euro 1.000 milioni, il fondo di cui all'articolo 1, comma 50, della legge 23 dicembre 2005, n.  266, mediante rassegnazione, previo versamento all'entrata del bilancio dello Stato di euro 740 milioni delle risorse complessivamente disponibili relative a rimborsi e compensazioni di crediti di imposta, esistenti presso la contabilità speciale 1778 «Agenzia delle entrate – Fondi di bilancio», e di euro 260 milioni mediante utilizzo del risparmio degli interessi derivante dal comma 9 dell'articolo 35 in questione.
      Si fa presente inoltre che, con riferimento all'attuazione della direttiva 2011/7/UE sui ritardi di pagamento, l'atto Senato AS 3129, in corso di esame in Commissione, reca disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alla Comunità europea (Legge comunitaria 2011); in particolare l'articolo 12, prevede che il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per dare attuazione alla direttiva 2011/7/UE sulla base dei principi e criteri direttivi di cui all'articolo 2, comma 1, lettere
a), b), c), e), f), g), e h) della summenzionata legge comunitaria, nonché di ulteriori principi e criteri direttivi quali l'individuazione di modalità applicative della direttiva 2011/7/UE, l'individuazione di una disciplina transitoria relativa ai pagamenti delle imprese che vantano crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni, l'adeguamento delle procedure contabili in materia di flessibilità di bilancio e il rafforzamento della programmazione dei flussi di cassa.
      Infine si rammenta che lo Statuto delle imprese è divenuto legge lo scorso 11 novembre legge n.  180 del 2011, pubblicata sulla Guri del 14 novembre 2011, n.  265.
      Il provvedimento sottolinea la forte attenzione del Governo verso le imprese di piccole e piccolissime dimensioni. Recependo quanto indicato nello
Small business act (Sba) adottato a livello comunitario, la legge definisce un vero e proprio Statuto delle micro, piccole e medie imprese (Mpmi) e prevede tra le sue finalità il sostegno per l'avvio di nuove imprese e la valorizzazione del potenziale di crescita, di produttività e di innovazione delle Mpmi stesse.
      La norma dispone alcune semplificazioni importanti soprattutto per le micro imprese, come ad esempio il divieto di introdurre nuovi oneri se non compensati da contestuali «alleggerimenti» o la possibilità di sostituire le verifiche delle autorità competenti con certificazioni rilasciate da enti autorizzati.
      Il provvedimento, inoltre, reca varie disposizioni sulle politiche pubbliche riguardanti le Mpmi. Nelle more del riordino del sistema degli incentivi
ex lege n.  99 del 2009 (prorogato fino al prossimo giugno) ed al fine di garantire la competitività delle micro, piccole e medie imprese e delle reti di impresa, lo Statuto riserva loro una quota minima del 60 per cento degli incentivi di natura automatica e valutativa, di cui almeno il 25 per cento destinato alle micro e piccole imprese.
      Infine, lo Statuto istituisce presso il Ministero dello sviluppo economico, il Garante per le micro, piccole e medie imprese quale portavoce delle esigenze delle milioni di piccole e medie imprese italiane.
      In merito al grave problema dei ritardi nei pagamenti relativi alle transazioni commerciali da parte delle grandi imprese nei confronti delle micro e piccole imprese sub-fornitrici, lo Statuto delega il Governo ad adottare, entro 12 mesi dalla sua entrata in vigore, un decreto legislativo che recepisca la direttiva Ue 2011/7, la quale stabilisce il termine di 30 giorni per i pagamenti di merci e servizi forniti dalle imprese alla pubblica amministrazione e di 60 giorni per i pagamenti fra privati (salvo diversi accordi contrattuali). Quest'ultimo intervento è volto a contrastare gli effetti negativi della posizione dominante di imprese sui propri fornitori o sulle imprese sub-committenti, in particolare nel caso in cui si tratti di micro, piccole e medie imprese. Lo Statuto, inoltre, prevede che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato possa procedere ad indagini ed intervenire in prima istanza con diffide e comminare sanzioni relativamente a comportamenti illeciti messi in atto da grandi aziende.
      Relativamente al Fondo di garanzia, il Governo è consapevole dell'importante ruolo da questo svolto soprattutto nei confronti delle Pmi in crisi di liquidità. Il ricorso al Fondo è stato massiccio: in particolare, dall'inizio del 2010 alla fine di settembre 2011, le operazioni accolte sono state più di 92 mila (di cui oltre 42 mila nei primi nove mesi del 2011) attivando un ammontare complessivo di finanziamenti per 15,7 miliardi di euro (6,6 miliardi nei primi nove mesi del 2011). Pari a 8,8 miliardi di euro è stato lo
stock dell'importo garantito (di cui 3,6 milioni nel solo 2011).
      Si fa presente che in considerazione del rilevante ruolo rivestito dalle micro, piccole e medie imprese nel sistema economico nazionale, già dal marzo 2010 è stato istituito presso il Ministero dello sviluppo economico il «tavolo permanente Pmi», cui partecipano le principali associazioni di categoria, comprese quelle del comparto artigiano, le rappresentanze delle regioni e dei comuni, il sistema delle Camere di commercio, la Presidenza del Consiglio dei ministri, Abi, Istat ed esperti dei principali centri studi di rilevanza nazionale.
      Il tavolo permanente Pmi è «un punto di riferimento e di ascolto atto a rilevare esigenze e fenomeni di cambiamento delle micro, piccole e medie imprese nel nostro Paese», con il compito di analizzare i principali fattori di debolezza strutturale del nostro sistema produttivo e di avanzare proposte operative di
policy per sostenere il mondo delle micro, piccole e medie imprese.
      Nel 2011 il tavolo ha avviato un percorso di approfondimento di alcune tematiche ritenute «prioritarie» per le Mpmi («reti d'impresa»; «finanza e credito»; «indicatori statistici»; «trasmissione e successione d'impresa»). Tale percorso intende proseguire nel 2012, non solo per rispondere ad emergenze di carattere congiunturale, ma anche e soprattutto per individuare azioni ed iniziative volte a risolvere i nodi strutturali delle nostre micro e piccole imprese.
      Si ricorda infine che a maggio di questo anno (22 maggio 2012) è stato presentato il pacchetto di iniziative predisposto dal Governo che disciplina i rapporti di credito e debito tra Pubblica amministrazione e imprese fornitrici. Con il riacutizzarsi della crisi negli ultimi mesi, il pacchetto di iniziative governative si propone di fornire liquidità alle aziende mediante il supporto del sistema bancario o attraverso compensazioni di crediti e debiti nei confronti delle amministrazioni pubbliche. Tali misure che constano di quattro decreti ministeriali sono un passo necessario di un percorso articolato in più
step che porterà a diminuire nel futuro l'accumularsi di debiti commerciali attraverso una migliore programmazione, un rapporto reciprocamente cooperativo con il fisco e il recepimento della Direttiva sui ritardi di pagamento.
      Nello specifico si vuole sottolineare che il pacchetto comprende quattro decreti:
          
a) due decreti di «certificazione», che riguardano la certificazione dei crediti scaduti nei confronti rispettivamente delle amministrazioni centrali (inclusi gli enti pubblici nazionali), immediatamente operativo, e uno per le regioni e gli enti locali, inclusi gli enti del servizio sanitario nazionale, che necessita del parere della Conferenza Stato-Regioni, che attuano l'obbligo per tutti gli enti della pubblica amministrazione a certificare gli eventuali crediti vantati dalle imprese. Con questa certificazione il fornitore potrà:
              compensare il suo credito nei confronti di regioni e enti locali con debiti iscritti a ruolo alla data del 30 aprile 2012 per tributi erariali e per tributi regionali e locali nonché per contributi assistenziali e previdenziali e per premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali (decreto «compensazioni»);
              ottenere un'anticipazione bancaria a fronte del credito certificato. L'anticipazione può essere assistita da una garanzia fino al 70 per cento da parte del Fondo centrale di garanzia (elevabile fino all'80 per cento in caso di apporto di risorse da parte delle regioni) e un importo massimo garantibile per singola impresa pari a 2,5 milioni di euro (il massimo consentito per legge);
              fare una cessione, pro soluto o pro solvendo presso intermediari finanziari riconosciuti;
          
b) un decreto «compensazioni» che riguarda le compensazioni dovute a seguito di iscrizione a ruolo, in attuazione della legge n.  78 del 2010.
          
c) un decreto che riguarda il Fondo centrale di garanzia, che prevede agevolazioni per le imprese creditrici della Pubblica Amministrazione.
Il Ministro dello sviluppo economico: Corrado Passera.


      FADDA. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          è necessario fare, chiarezza sullo stato di salute delle popolazioni del territorio interessato dal poligono interforze del Salto di Quirra in Sardegna;
          da tempo desta notevole preoccupazione l'alta percentuale di neoplasie diagnosticate tra gli allevatori che operano nei territori antistanti il poligono interforze del Salto di Quirra;
          le notizie apparse sulla stampa nei giorni scorsi, a seguito dell'indagine svolta dall'ASL di Cagliari, ha ulteriormente rafforzato il giustificato allarme e timore per la salute della popolazione di quei territori;
          non è ancora ufficialmente accertato qualsiasi nesso di casualità tra le attività di sperimentazione bellica e l'insorgenza di tali patologie sia negli uomini che negli animali;
          è urgente, necessario e non più procrastinabile conoscere i risultati dello studio nel quale era previsto un monitoraggio ed un controllo della radioattività dei terreni, delle acque e delle emissioni radar, nonché l'impatto cancerogeno delle nanoparticelle di metalli pesanti residui delle attività svolte;
          è necessario conoscere ufficialmente i risultati dell'indagine svolta dalla ASL di Cagliari viste anche le forti preoccupazioni da tempo espresse dai sindaci dei comuni limitrofi al poligono di Quirra  –:
          se si intenda finalmente fare immediata chiarezza su quanto sta avvenendo in questi territori della Sardegna, adottando – con l'urgenza del caso – tutti quei provvedimenti volti a stabilire il reale stato di inquinamento dell'area e necessari per garantire la tutela della salute delle persone e degli animali;
          quali siano le risultanze delle indagini epidemiologiche per determinare l'eventuale correlazione tra attività del Poligono e le morti nell'abitato di Quirra;
          se intendano riferire quali siano tutte le attività svolte nel poligono del Salto di Quirra e se tali attività siano poste costantemente sotto controllo, affinché sia verificato e quindi scongiurato un eventuale impatto inquinante e nocivo per l'ambiente. (4-10337)

      Risposta. — L'allarme sociale suscitato da quella che la stampa definisce «sindrome di Quirra» vede la Difesa impegnata concretamente e con tempestività per fare chiarezza sulle attività svolte nel poligono interforze del Salto di Quirra (Pisq) e per accertare l'eventuale impatto delle stesse, sull'ambiente e sulla popolazione circostante.
      Per quanto riguarda i controlli presso il Poligono, si rappresenta che:

          nell'anno 2002 sono state eseguite delle letture d'irraggiamento ed effettuati alcuni prelievi per verificare la presenza di uranio impoverito;
          è stata eseguita un'indagine da parte della Procura militare presso il Tribunale militare di Cagliari;
          è stato svolto, per conto della difesa, uno studio da parte del professor Riccobono, ricercatore dell'università di Siena, che ha eseguito un'indagine per stabilire lo stato dell'ambiente nella zona del poligono; l'ateneo senese ha reso disponibili i risultati dello studio svolto relativo ad oltre 1500 campioni e a circa 25000 determinazioni analitiche da cui, a conferma di quanto reso noto a suo tempo dal presidio multizonale della A.s.l. 8 di Cagliari si evinte che all'interno dell'area del poligono non è individuabile alcuna traccia di uranio che abbia un'origine diversa da quella naturale e con il riscontro di valori anomali di metalli pesanti di accertata origine naturale;
          è stata condotta un'attività di monitoraggio ambientale negli anni 2008-2010, conclusasi con la «Relazione conclusiva» del comitato misto territoriale per l'indirizzo, l'organizzazione, la verifica e il confronto delle attività del monitoraggio ambientale condotto nelle aree del Pisq;
          è stato svolto uno studio sul territorio e sulla radioattività naturale, a cura dell'università di Urbino, ultimato nel 2007;
          in applicazione a quanto disposto dal disciplinare di tutela ambientale del 2008, già applicato, in via sperimentale dal 2006, si provvede ad effettuare una verifica visiva dall'area in uso agli utenti, prima e dopo le attività, con le eventuali azioni sugli stessi ai fini della bonifica operativa e del ripristino ambientale;
          è stata effettuata una verifica – nei limiti delle professionalità disponibili presso il Pisq in ambito della sicurezza del lavoro e ambientale – delle schede di sicurezza dei materiali impiegati e delle schede di sicurezza ambientale.
      Inoltre, tutto il personale (civile e militare) in servizio presso il poligono è sottoposto a sorveglianza sanitaria, prevista dal decreto legislativo n.  81 del 2008 che prevede accertamenti sanitari mediante analisi di laboratorio e visite specialistiche volte a verificare l'idoneità allo svolgimento dell'incarico assegnato;
      Il personale militare viene altresì sottoposto a visite periodiche annuali al fine di verificare l'idoneità al servizio militare.
      Per quanto riguarda le attività di bonifica del poligono interforze del Salto di Quirra (Pisq), si fa presente che tutte le fasi caratterizzanti il procedimento e le azioni avviate per procedere alla bonifica ambientale sono state oggetto di costante comunicazione informativa all'Autorità Giudiziaria procedente – cui la difesa ha garantito la più ampia disponibilità – nell'ambito dell'inchiesta avviata dalla Procura della Repubblica presso il tribunale di Lanusei.
      In particolare, l'aeronautica militare, a seguito degli aspetti di criticità evidenziati della stessa Procura, ha predisposto uno specifico piano d'azione, nominando, successivamente, un apposito gruppo di lavoro che, in data 5 ottobre 2011, ha immediatamente effettuato i sopralluoghi tecnici presso il poligono e ha prodotto una serie di relazioni, a seguito delle quali sono state individuate e recintate, mediante concertina metallica e cavalli di frisia, le aree di IsPibiris, zona Accu Perda Majori (conosciuta anche come zona Torri o zona brillamenti), Arbaresus e Campo Pisanu (zona Arrivo Colpi).
      Sono stati, altresì, quasi completati i recuperi dei rottami metallici presenti nei fondali della zona di mare sottoposta a sequestro probatorio, indicati dall'autorità giudiziaria di Lanusei nell'ambito dell'inchiesta in corso.
      Le azioni di recupero e smaltimento dei rottami sono state avviate anche nei confronti dello specchio di acqua marino antistante Capo San Lorenzo, sottoposto, a suo tempo, a sequestro probatorio.
      È stata, inoltre, convocata, in aderenza al decreto ministeriale 22 ottobre 2009, Conferenza dei servizi che ha approvato il piano di caratterizzazione presentato dalla Difesa con la collaborazione di tecnici dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).
      A seguito di ciò, sono state avviate le azioni preliminari per il bando di gara volto ad aggiudicare, l'esecuzione del piano di caratterizzazione approvato che verrà reso esecutivo con le conseguenti azioni di bonifica, se necessarie, mediante le previste procedure tecnico-amministrative.
      In proposito, è il caso di evidenziare che le azioni poste in essere dalla Forza armata, sono, comunque, adottate a mero titolo cautelativo e di prevenzione, non essendovi, allo stato attuale, chiare, evidenze scientifiche circa la sussistenza di un nesso di causalità tra le attività svolte nel Pisq e l'eventuale impatto sull'ambiente e l'insorgenza di malattie tumorali e/o di malformazioni genetiche sia nell'uomo, sia nella specie animale.
      In particolare, per la bonifica del territorio, il Dicastero si è attivato, di concetto con il Ministro per la coesione territoriale, per individuare adeguati stanziamenti già a partire dal corrente anno, mentre per il triennio 2013-2015, è stato conferito mandato al Sottosegretario di Stato alla difesa, dottor Magri, d'interloquire con gli omologhi rappresentanti del Governo coinvolti (ambiente e tutela/salute) e con il Presidente della regione autonoma Sardegna, dottor Cappellacci, per prevedere l'inserimento, già a partire dal prossimo disegno di legge per la stabilità, di un congruo finanziamento pluriennale per le opere di bonifica dei poligoni militari.
      Per quanto concerne il quesito teso ad accertare «le risultanze delle indagini epidemiologiche», premesso che i dati epidemiologici in possesso del Dicastero non rilevano anomalie nella manifestazione di patologie neoplastiche tra il personale che ha prestato o presta servizio presso il poligono, risultano casi di militari affetti da patologie neoplastiche, ma la cui origine, tuttavia, non è correlabile, per le motivazioni già esposte, all'attività di lavoro svolta presso il poligono.
      Con riferimento, invece, alla popolazione della zona, la Difesa non è in grado di fornire il dato richiesto che involge specifiche e dirette competenze organizzative regionali.
      Quanto, in ultimo, alle attività svoltesi presso il Pisq, premesso che le stesse si svolgono nel pieno rispetto della normativa e delle procedure volte a garantire la sicurezza del personale, i relativi atti sono stati tutti acquisiti dalla Procura della Repubblica presso il tribunale di Lanusei nell'ambito dell'indagine dell'Autorità giudiziaria sul poligono, tuttora in corso.
      La Difesa – il cui atteggiamento è stato sempre improntato all'assoluta trasparenza – attende con fiducia gli esiti dell'indagine, con l'auspicio che si possano dare risposte chiare sulla base di dati scientificamente attendibili, nell'interesse prioritario e legittimo di quanti sono coinvolti.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      FALLICA, MICCICHÈ, GRIMALDI, MISITI, TERRANOVA, STAGNO D'ALCONTRES, IAPICCA, PITTELLI, PUGLIESE e SOGLIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          la situazione di disagio delle popolazioni delle isole minori siciliane necessita di una maggiore attenzione a livello nazionale, oltre alle difficoltà proprie del Mezzogiorno italiano i cittadini residenti in tali località sono costretti a subire difficoltà di trasporto e comunicazione che compromettono inevitabilmente le sfere economiche e sociali;
          il diritto alla continuità territoriale, promosso in sede europea, va inserito nell'ambito della garanzia, dell'uguaglianza dei cittadini nonché della coesione economica e sociale dei nostro Paese;
          è necessario assicurare un servizio di trasporto che non penalizzi i cittadini residenti in territori meno favoriti. Il trasporto è un elemento essenziale del diritto alla mobilità, sancito dall'articolo 16 della Costituzione, e costituisce un servizio di interesse economico generale, pertanto deve essere garantito a tutti i cittadini indipendentemente dalla loro provenienza geografica;
          in Italia la legge n.  144 del 17 maggio 1999 ha dato attuazione al regolamento CEE n.  2408/92, disciplinando le modalità di organizzazione della continuità territoriale per la Sardegna e le isole minori della Sicilia;
          in ambito europeo il principio della continuità territoriale, oltre che nel suddetto regolamento, ha trovato conferma nella risoluzione del 3 febbraio 2003, quando il Parlamento europeo ha affermato «la necessità imperativa che la politica dei trasporti contribuisca alla coesione economica e sociale, tenendo conto della peculiare natura delle regioni periferiche insulari». Sulla base del principio della «discriminazione positiva» deve essere garantita un'autentica parità fra i cittadini, per mezzo di determinate misure destinate a taluni territori e volte a controbilanciare i vincoli strutturali permanenti;
          dunque, il sistema dei trasporti è il perno fondamentale per lo sviluppo economico e sociale di un Paese moderno e per promuovere la mobilità delle persone e delle merci;
          per tali ragioni la Sicilia e i suoi cittadini invocano trasporti sicuri ed efficienti, a costi adeguati, privata dei quali l'isola subisce un grave danno a livello economico e sociale. Senza un adeguamento dei trasporti alle sopra indicate esigenze diminuiscono, gli scambi, il turismo e le opportunità di crescita e sviluppo, vivere e operare nelle isole minori deve essere un'opportunità e non una condanna  –:
          quali azioni incisive intenda intraprendere affinché la Sicilia e le sue isole minori possano fruire a pieno del principio della continuità territoriale, garantendo altresì il diritto alla mobilità dei cittadini siciliani. (4-16746)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
      A seguito dell'esito negativo della gara di cui alla
Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea C.18 del 21 gennaio 2012 svoltasi per l'affidamento in esclusiva dei collegamenti aerei da e per Lampedusa e Pantelleria ed al fine di garantire comunque la continuità territoriale aerea delle predette due isole minori della Sicilia, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la regione Sicilia, ha autorizzato l'ENAC ad una ulteriore proroga della convenzione per l'esercizio dei servizi in questione dal 25 marzo al 5 maggio 2012.
      La prioritaria esigenza di evitare l'interruzione dei servizi aerei onerati delle due isole, a partire dal 6 maggio, ha indotto il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'ENAC a verificare l'esistenza di eventuali vettori potenzialmente interessati ad una ulteriore proroga della suddetta convenzione fino alla fine della stagione
summer 2012.
      In esito a tale consultazione, il vettore Meridiana Fly ha formulato una proposta di operativo che prevede anche la messa in esercizio di un airbus A 319, così come chiesto dalle autorità locali delle isole, nei periodi in cui si registra il maggior picco di traffico.
      Pertanto, in via del tutto eccezionale, si è ritenuto opportuno concedere dal 6 maggio al 27 ottobre 2012 un'ulteriore proroga dei servizi affidandone la gestione al predetto vettore.
      Per quanto concerne il finanziamento, detta proroga è sostenuta esclusivamente con fondi ENAC in quanto la regione Siciliana non si è resa disponibile a contribuire per la propria quota parte di un terzo.
      Contestualmente, con il decreto n.  180 del 6 giugno 2012, si è provveduto ad abrogare il decreto ministeriale d'imposizione n.  372 del 2011 e il successivo decreto ministeriale n.  99 del 2012 che ne differiva la data di entrata in vigore in modo da consentire, subordinatamente al reperimento di sufficienti fondi per finanziare la nuova continuità territoriale siciliana, di stabilire i parametri di una nuova imposizione in sede di conferenza di servizi, in data da fissare, di concerto con le amministrazioni interessate. Il provvedimento ministeriale è stato pubblicato nella
Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n.  151 del 30 giugno 2012.
      Inoltre, allo scopo di continuare a garantire alle isole di Lampedusa e Pantelleria la continuità territoriale e di consentire la prevista nuova fase procedurale onerata a partire dal 28 ottobre 2012, con provvedimento del 15 giugno 2012, è stata concessa al Presidente della regione siciliana, che ne aveva fatto richiesta, la delega ad indire e presiedere una nuova conferenza di servizi per la ridefinizione dei parametri della nuova imposizione.
      Attualmente, si è in attesa dell'atto di convocazione della suddetta conferenza da parte del presidente della regione Sicilia.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere:
          quanti siano i dipendenti dell'Unione italiana tiro a segno (UITS);
          a quanto ammontino nell'anno 2009 le spese e le relative voci, sostenute dall'Unione italiana tiro a segno. (4-06962)

      Risposta. — L'unione italiana tiro a segno (UITS), ai sensi dell'articolo 59 del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010 n.  90, è ente di diritto pubblico, avente finalità di istruzione ed esercizio al tiro con arma da fuoco, sottoposto alla vigilanza del Ministero della difesa e realizza i fini istituzionali di istruzione, di addestramento e di certificazione per il tramite delle sezioni di tiro a segno nazionale.
      L'UITS risulta (dopo il riassetto degli enti disposto, ai sensi dell'articolo 26 legge n.  133 del 2008, per ridurne la spesa ed incrementarne l'efficienza e la qualità dei servizi resi) fra i cosiddetti «soggetti pubblici riorganizzati», stante il particolare rilievo che la connessa attività istituzionale ha assunto in materia di ordine pubblico e detenzione/circolazione delle armi (soprattutto dopo la sospensione del «servizio obbligatorio di leva»).
      In funzione della vigilanza esercitata sull'ente il Dicastero, ai sensi dell'articolo 30, comma 5, della legge 20 marzo 1975, n.  70, ogni anno entro il 31 del mese di luglio, trasmette al Parlamento una relazione sull'attività svolta, sui bilanci di previsione e sulla consistenza degli organici degli enti sottoposti alla sua vigilanza con allegati i bilanci di previsione stessi e le relative piante organiche e i conti consuntivi dell'esercizio precedente.
      La stessa documentazione viene trasmessa dall'UITS alla Corte dei conti che, a sua volta, relaziona al Parlamento sull'attività di controllo svolta sull'ente.
      Al riguardo, in merito a quanto richiesto ed al fine di agevolarne l'immediata fruizione, si allega alla presente risposta copia della relazione sull'attività svolta nel 2009, sul bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2010 e sulla consistenza organica dell'UITS (disponibile presso il Servizio Assemblea).
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere:
          quanti siano i dipendenti del Comitato per il marchio comunitario di qualità ecologica dei prodotti e per il sistema comunitario di ecogestione e audit;
          a quanto ammontino nell'anno 2009 le spese e le relative voci, sostenute dal Comitato per il marchio comunitario di qualità ecologica dei prodotti e per il sistema comunitario di ecogestione e audit. (4-06947)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente le spese sostenute dal comitato per il marchio comunitario di qualità ecologica nell'anno 2009, si rappresenta quanto segue.
      I regolamenti comunitari che hanno dato vita al sistema europeo di marchio di qualità ambientale sui prodotti (Ecolabel) e al sistema europeo di certificazione del sistema di gestione ambientale e audit delle organizzazione (Emas), prevedono che ogni Stato membro istituisca degli organismi competenti.
      Con il decreto interministeriale n.  413 del 2 agosto 1995, modificato successivamente con il decreto interministeriale n.  236 del 12 giugno 1998, è stato approvato il «Regolamento recante norme per l'istituzione ed il funzionamento del comitato per l'Ecolabel e l'Ecoaudit».
      L'articolo 2, comma 1 e comma 2 del predetto decreto, prevede che il comitato sia composto dai seguenti membri:
          1) un presidente designato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
          2) un vice presidente designato dal Ministero dello sviluppo economico;
          3) quattro membri designati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
          4) due membri designati dal Ministero della salute;
          5) quattro membri designati dal Ministero dello sviluppo economico;
          6) due membri designati dal Ministero dell'economia e delle finanze.

      I componenti possono restare in carica tre anni e l'incarico può essere rinnovato solo un'ulteriore volta.
      Il decreto ministeriale n.  413 del 1995, all'articolo 16, comma 1, stabilisce che il comitato con propria deliberazione predispone «I programmi di attività correlati dalle indicazioni finanziarie per la loro attuazione e dalla specificazione delle attività di supporto di competenza dell'ANPA» (oggi denominato ISPRA) per lo svolgimento di attività non rientranti nelle proprie finalità istituzionali. Tali programmi devono essere approvati con decreto del Ministero dell'ambiente di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico.
      Il comma 2 dello stesso articolo del decreto ministeriale n.  413 del 1995, stabilisce che «l'approvazione dei programmi costituisce il presupposto per l'utilizzo dei fondi» disponibili da norma di legge per l'attività del comitato.
      In base all'articolo 5, comma 2, della legge n.  344 dell'8 ottobre 1997, sono stabilite le somme finalizzate al funzionamento del comitato l'Ecolabel e per l'Ecoaudit, esse, per l'anno finanziario 2009, risultavano essere pari a euro 268.219,86.
      I programmi di attività del comitato prevedono che le somme destinate siano così articolate:
          
a) i compensi dovuti per legge ai componenti del comitato;
          
b) le spese per le trasferte dei componenti del comitato;
          
c) le spese di gestione (affitto locali, utenze, fornitura di attrezzature informatiche, eccetera);
          
d) le spese per l'organizzazione delle attività di promozione e informazione.

      Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha disposto nell'anno 2009 il pagamento della somma di euro 178.681,69, relativo al funzionamento del Comitato per il periodo dal 1o gennaio 2009 al 30 novembre 2009, data quest'ultima, della naturale scadenza, così ripartite:
        Compenso Componenti: euro 103.660,27;
        Ritenute IRPEF: euro 24.963,00;
        Ritenute d'acconto: euro 2.136,24;
        Riduzione Legge 662/96: euro 7.386,88;
        Riduzione Legge 266/05: euro 15.657,31;
        INPS: euro 14.435,94;
        IRAP: euro 10.442.05.

      Il Ministero dell'ambiente inoltre, ha impegnato a favore dell'Ispra la somma di euro 21.928,58, a titolo di rimborso delle spese sostenute per il funzionamento e la logistica del Comitato.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il 3 febbraio 2011 si è verificato un incidente sul lavoro a Custonaci, nel Trapanese, nel corso del quale è rimasto vittima un operaio di 49 anni, che si è ustionato mentre lavorava con della resina in uno stabilimento  –:
          di quali elementi disponga il Ministro interrogato in ordine alla dinamica dell'incidente e se risulti che le misure di sicurezza previste dalla normativa vigente siano state osservate;
          quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda intraprendere a fronte di un fenomeno, quello degli incidenti sul lavoro, spesso mortali, che ogni anno assume una dimensione che non è esagerato definire una strage.
(4-10743)

      Risposta. — L'interrogazione parlamentare in esame si riferisce agli accadimenti verificatisi a Custonaci (TP) il 3 febbraio 2011 in cui ha perso la vita il signor Filippo Savalli.
      Nel rispondere ai primi due quesiti, ci si limiterà in questa sede, a riportare gli elementi informativi acquisiti presso l'Azienda sanitaria provinciale (A.S.P.) di Trapani – servizio prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro (S.Pre.S.A.L.), nonché quelli forniti dall'Inail.
      Occorre precisare preliminarmente che il signor Savalli risultava iscritto alla Camera di Commercio di Trapani quale titolare della omonima impresa individuale operante nella vendita di prodotti per la lavorazione del marmo.
      Dagli accertamenti compiuti è emerso che il 3 febbraio 2011, giorno dell'incidente, il signor Savalli si trovava all'interno di una cabina di resinatura presso la segheria di marmo della società Santoro Marmi srl sita in contrada purgatorio di Custonaci (TP).
      Secondo quanto chiarito dallo S.Pre. S.A.L. di Trapani, l'incidente è stato causa della condotta imprudente del signor Savalli che, al fine di sciogliere una resina epossidica cristallizzata posta all'interno di un recipiente – in cui aveva versato precedentemente dell'acetone – si è introdotto nella predetta cabina senza alcuna autorizzazione da parte della società Santoro Marini. È stato accertato, infatti, che la miscela ottenuta ha provocato un'atmosfera i cui vapori hanno interagito con le scintille originate da un miscelatore – di sua proprietà – utilizzato per compiere la predetta operazione. Tale utensile presentava, infatti, un evidente malfunzionamento dal punto di vista elettrico.
      Si è verificata, perciò, una deflagrazione che ha investito in pieno il signor Savalli e gli ha causato ustioni mortali in diverse parte del corpo.
      Dagli accertamenti esperiti non sono emersi elementi idonei a configurare la sussistenza di un rapporto di lavoro; il signor Savalli, infatti, intratteneva con la ditta Santoro Marmi esclusivamente rapporti di natura commerciale.
      Sulla base di tali elementi l'Inail ha ritenuto che l'incidente mortale non rientri nella tutela assicurativa prevista dal decreto del Presidente della Repubblica n.  1124 del 1965 (recante il testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali). L'Inail ha, inoltre, evidenziato che trattandosi di «persona non tutelata» non ha effettuato ulteriori accertamenti anche in considerazione del fatto che non è stata presentata opposizione avverso il predetto provvedimento di definizione.
      Nel rispondere all'ultimo quesito posto nell'interrogazione in esame, occorre precisare che il tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali costituisce obiettivo strategico del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'Inail, nell'ottica del tendenziale azzeramento del fenomeno infortunistico e tecnopatico.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, infatti, intende perseguire la promozione di comportamenti rispettosi delle norme di legge applicabili in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed efficaci in funzione prevenzionistica, sia completando l'attuazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 (testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) e successive modifiche e integrazioni, sia favorendo ogni iniziativa promozionale idonea a determinare un accrescimento delle conoscenze in materia di salute e sicurezza nelle aziende, nei lavoratori e negli studenti, con particolare attenzione all'aspetto della formazione.
      In relazione allo specifico e gravissimo problema degli infortuni sul lavoro si rende necessario intervenire sulla formazione-informazione dei lavoratori e delle imprese, nonché sulla prevenzione e sul rafforzamento dei controlli da parte degli enti preposti, al fine di promuovere una consapevolezza sempre più ampia sulle esigenze della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è attivamente impegnato su tali fronti, nell'intento precipuo di favorire il dialogo e la collaborazione fra tutti i soggetti interessati, istituzionali e sociali, al fine di ridurre gli incidenti e le malattie professionali e la diffusione di sempre più elevati
standards di sicurezza nei luoghi di lavoro. L'esistenza in concreto di una efficace strategia di contrasto al fenomeno infortunistico non passa solo attraverso il completamento, mediante le fonti di rango secondario previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, del quadro giuridico di riferimento ma anche attraverso la realizzazione di una serie di azioni pubbliche e private dirette a migliorare la prevenzione e i livelli di tutela in tutti gli ambienti di lavoro.
      Per tale ragione, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta attivando ogni possibile sinergia con soggetti pubblici e privati, al fine di migliorare «l'impatto» delle rispettive attività in termini di efficacia.
      In tale ottica si colloca, ad esempio, la definizione con accordo in Conferenza Stato-regioni del 20 novembre 2008 dei criteri di impiego e l'attivazione delle somme (pari a 50 milioni di euro) di cui all'articolo 11, comma 7, del testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, da destinare in favore di attività promozionali della salute e sicurezza, tra le quali una campagna di comunicazione (per complessivi 20 milioni di euro) sulla salute e sicurezza sul lavoro ed attività di formazione su base regionale (per complessivi 30 milioni di euro).
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali – in attuazione del predetto articolo 11 – ha, inoltre, partecipato alla programmazione, alla predisposizione nonché al cofinanziamento della campagna nazionale a sostegno del piano di prevenzione sulle malattie professionali. Tale campagna promossa insieme all'Inail, al Ministero della salute, alle regioni ed alle province autonome, in collaborazione con le organizzazioni sindacali e di rappresentanza dei datori di lavoro, ha l'obiettivo di richiamare l'attenzione di tutti i soggetti coinvolti sui principali fattori di rischio.
      Con il decreto correttivo n.  106 del 2009 si è poi consentito il superamento delle difficoltà operative da più parti evidenziate nel corso dei primi mesi di applicazione del testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, perfezionando, in tal modo, il quadro normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e rendendolo, oltre che pienamente coerente con le normative internazionali e comunitarie in materia, idoneo a costituire il fondamento giuridico della strategia di contrasto al fenomeno infortunistico.
      L'imprescindibile finalità delle misure varate resta quella di rendere maggiormente effettiva la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro secondo linee di azione consistenti, tra l'altro, nel miglioramento dell'efficacia dell'apparato sanzionatorio al fine precipuo di assicurare una migliore corrispondenza tra infrazioni e sanzioni.
      A tale scopo si tiene conto dei compiti effettivamente svolti da ciascun attore della sicurezza, favorendo l'utilizzo di procedure di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi mediante regolarizzazione da parte del soggetto inadempiente. La sanzione penale è riservata ai soli casi di violazione delle disposizioni sostanziali e non di quelle meramente formali (come, ad esempio, la trasmissione di documentazione, notifiche, eccetera).
      Tutti gli interventi proposti garantiscono, in ogni caso, il rispetto dei livelli di tutela oggi assicurati ai lavoratori e alle loro rappresentanze in qualsiasi ambiente di lavoro e in tutto il territorio nazionale nonché l'equilibrio delle competenze tra lo Stato e le Regioni in materia.
      Il risultato finale dell'intervento legislativo di riforma potrà comunque compiutamente apprezzarsi una volta che verrà completata l'emanazione di provvedimenti attuativi del testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di grande rilevanza e impatto sulle aziende e sui lavoratori.
      Molte delle iniziative dirette alla attuazione delle disposizioni del testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sono devolute dal legislatore alla Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro (
ex articolo 6 del decreto legislativo n.  81 del 2008), composta, in maniera paritaria e tripartita, da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali competenti in materia, delle regioni, dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro.
      Ricostituita con decreto ministeriale del 3 dicembre 2008, la commissione ha costituito al suo interno nove gruppi «tecnici» di lavoro, nei quali è garantita la presenza paritetica di rappresentanti delle amministrazioni pubbliche (comprese le regioni) e delle parti sociali, per affrontare, in tali sedi, gli argomenti attribuiti dalla legge alla commissione (ad esempio l'elaborazione di linee metodologiche per la valutazione dello stress lavoro-correlato, l'individuazione delle regole di funzionamento della cosiddetta «patente a punti» per gli edili) e per i quali si prevedono attività finalizzate alla attuazione del testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
      Tali gruppi si sono regolarmente insediati e svolgono con continuità le attività ad essi attribuiti. All'esito delle attività istruttorie compiute in tali consessi, sono stati elaborati documenti di notevole importanza per gli operatori della salute e sicurezza sul lavoro e altri sono di prossima emanazione. Tra gli altri, si ricorda, che a seguito dell'adozione del parere sul concetto di «eccezionalità» di cui al punto 3.1.4 dell'allegato VI al decreto legislativo n.  81 del 2008, la commissione consultiva permanente – nella seduta del 18 aprile 2012 – ha ritenuto opportuno individuare specifiche procedure operative di sicurezza in «materia di sollevamento di persone con attrezzature di lavoro non previste a tal fine» allo scopo di garantirne la sicurezza nell'uso. Tali procedure costituiscono indicazioni di natura non vincolante per gli operatori e sono finalizzate a fornire indicazioni operative sulle modalità di utilizzo di dette attrezzature nei casi indicati dalla commissione.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha completato talune ulteriori attività previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, tra le quali occorre ricordare:
          la predisposizione, in data 17 novembre 2010, delle indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-correlato (articolo 28, comma 1-
bis, del «testo unico») da parte della commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro, con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.  304 del 30 dicembre;
          la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale n.  159 dell'11 luglio 2011 del decreto interdipartimentale del 13 aprile 2011, recante: «Disposizioni in attuazione dell'articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n.  106 in materia di salute e sicurezza sul lavoro» che disciplina le particolari modalità di svolgimento delle attività delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n.  381, delle organizzazioni di volontariato della protezione civile, compresi i volontari della Croce rossa italiana e del Corpo nazionale soccorso alpini e Speleologico, e i volontari dei vigili del fuoco;
          la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale n.  98 del 29 aprile 2011 – supplemento ordinario n.  111 – del decreto interministeriale dell'11 aprile 2011 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero della salute e con il Ministero dello sviluppo economico, che disciplina le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'Allegato VII del decreto legislativo del 9 aprile 2008, n.  81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo;
          la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale n.  60 del 12 marzo 2012 – supplemento ordinario n.  47 – dell'accordo, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n.  281 del 28 agosto 1997 tra il Governo, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, stipulato il 22 febbraio 2012, concernente l'individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell'articolo 73, comma 5, del decreto legislativo n.  81 del 9 aprile 2008, e successive modifiche e integrazioni;
          la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale n.  83 dell'11 aprile 2011 del decreto del 4 febbraio 2011 «lavori su impianti elettrici ad alta tensione» a firma del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, che definisce i criteri per il rilascio delle autorizzazioni alle aziende che effettuano lavori sotto tensione, in attuazione dell'articolo 82, comma 2, del decreto legislativo n 81 del 2008 e successive modifiche e integrazioni;
          l'istituzione, con decreto interministeriale del 27 maggio 2011 (pubblicato sul
bollettino ufficiale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n.  6 del 30 giugno 2011), del Comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici previsto dall'articolo 232, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 e successive modifiche e integrazioni.

      Merita menzione, inoltre, il decreto interministeriale recante regole tecniche per la realizzazione ed il funzionamento del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP), ai sensi dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 2008 n.  81 e successive modifiche e integrazioni.
      Il Sistema informativo nazionale per la prevenzione, in particolare, mira a fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l'efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, nonché per indirizzare le attività di vigilanza, attraverso l'utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l'integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate.
      Su tale decreto è stato acquisito il parere favorevole della conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano. Da ultimo, sul provvedimento si è espresso il Consiglio di Stato.
      Inoltre, nella medesima conferenza si sono perfezionati gli accordi concernenti gli articoli 34 e 37 del testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che disciplinano, rispettivamente, la formazione del datore di lavoro, che svolge in proprio dei compiti di prevenzione e protezione, e la formazione dei lavoratori, preposti e dirigenti. Tali accordi sono stati pubblicati nella
Gazzetta Ufficiale n.  8 dell'11 gennaio 2012.
      In ordine alle iniziative in materia di lavorazioni in «ambienti confinati», si evidenzia che nella
Gazzetta Ufficiale n.  260 dell'8 novembre 2011 è stato pubblicato il decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 14 settembre 2011 recante: «Norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati», a norma dell'articolo 6, comma 8, lettera g) del decreto legislativo n. 81 del 2008. Il decreto è frutto di un lavoro che ha coinvolto Stato, Regioni e parti sociali nell'intento, da tutti condiviso, di predisporre misure innovative ed efficaci a contrasto al fenomeno degli infortuni, gravissimi per numero e drammatici per modalità, verificatisi, negli ultimi anni, nei lavori in ambienti cosiddetti «confinati», quali silos, cisterne e simili.
      A tal proposito si fa presente che, al fine di fornire soluzioni tecniche, organizzative e procedurali per i lavori da realizzare nelle diverse tipologie di ambienti sospetti di inquinamento o confinati, la commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro – nella seduta del 18 aprile 2012 – ha adottato un manuale pratico. Tale manuale, come previsto dall'articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 2011, indica i contenuti di una procedura di sicurezza per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ed è rivolto a quanti operano a vario titolo in tale settore e, soprattutto, a tutte quelle micro e piccole imprese che si occupano di bonifiche e/o manutenzione in ambienti confinati.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali persegue l'obiettivo della riduzione del fenomeno infortunistico anche perseguendo la massima efficacia delle attività di vigilanza sui luoghi di lavoro di propria competenza. In tali ambiti, ed in primo luogo nell'edilizia, è stata da tempo fornita alle strutture amministrative di riferimento l'indicazione di realizzare, innanzitutto, le attività dirette a perseguire le violazioni in materia di salute e sicurezza più gravi, in quanto in grado di mettere in pericolo la vita dei lavoratori. Tale impostazione ha consentito di raggiungere risultati molto soddisfacenti.
      Infine, va ricordato come il Ministero del lavoro e delle politiche sociali abbia predisposto e messo a disposizione dell'utenza una sezione del sito internet specificamente dedicata alla diffusione di notizie e pubblicazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
      Tutto quanto sin qui esposto consente di affermare come la riforma delle regole volte a tutelare la salute e sicurezza sul lavoro abbia fornito l'Italia di un sistema di regole moderno e sistematicamente coeso, suscitando un interesse, finalmente non più solo specialistico, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro che costituisce, a sua volta, un importante punto di partenza per l'abbattimento del numero e della gravità degli infortuni.

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.


      FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il 15 luglio 2011 un operaio di 39 anni è deceduto all'interno di una cava di Spoleto; l'uomo, secondo quanto è dato sapere, era alla guida di un autocarro che si è ribaltato per cause ancora da accertare  –:
          di quali elementi disponga in merito alla dinamica dell'incidente;
          se siano state rispettate le normative previste sulla sicurezza del lavoro;
          quali iniziative si intendano promuovere o adottare in relazione a vicende come quella sopra segnalata, che per dimensioni – dall'inizio dell'anno risultano essere decedute almeno 270 persone per incidenti sul lavoro, 457.260 sono stati gli infortuni, 1.080 gli invalidi – assume i connotati di quella che non è esagerato definire una strage. (4-12733)

      Risposta. — L'interrogazione in esame si riferisce all'infortunio sul lavoro occorso, il 15 luglio 2011, al signor Paolo Cordella dipendente della società Tecnocar srl, avente sede legale in Gubbio (Perugia), che effettua lavorazioni presso le cave inerti.
      Nel rispondere ai primi due quesiti, ci si limiterà, in questa sede, a riportare gli elementi informativi acquisti presso la direzione territoriale del lavoro di Perugia nonché quelli forniti dall'Inail.
      Il giorno 15 luglio 2011, il signor Cordella, occupato qualifica di operaio e mansioni di autista, si trovava in località Vallocchia di Spoleto (Perugia) alla guida di un Dumer di proprietà della ditta, intento ad eseguire lavori presso una cava inerte.
      Dalle informazioni acquisite risulta che il mezzo, che procedeva a velocità ridottissima, abbia urtato la parete rocciosa presente a lato del tracciato interno alla cava e si è ribaltato.
      L'incidente, avvenuto intorno alle ore 10.30, ha causato una ferita alla testa, con copioso sanguinamento, che ha provocato il decesso del lavoratore.
      Sul luogo dell'incidente sono intervenuti i carabinieri di Spoleto, i funzionari del servizio di prevenzione sui luoghi di lavoro della ASL di Spoleto, nonché la Polizia mineraria della provincia di Perugia che dopo alcune verifiche non ha elevato alcuna sanzione per violazione delle norme in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei confronti del datore di lavoro.
      La competente sede Inail ha provveduto alla costituzione della rendita a superstiti ai sensi dell'articolo 85 del Testo unico n.  1124 del 1965 e all'erogazione del beneficio a carico del fondo per le vittime di gravi incidenti sul lavoro. In base allo stesso Testo unico, si è proceduto anche all'erogazione dell'assegno funerario.
      Nel rispondere all'ultimo quesito posto nell'interrogazione in esame, occorre precisare che il tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali costituisce obiettivo strategico del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'Inail, nell'ottica del tendenziale azzeramento del fenomeno infortunistico e tecnopatico.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, infatti, intende perseguire la promozione di comportamenti rispettosi delle norme di legge applicabili in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed efficaci in funzione prevenzionistica, sia completando l'attuazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 (Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) e successive modifiche e integrazioni, sia favorendo ogni iniziativa promozionale idonea a determinare un accrescimento delle conoscenze in materia di salute e sicurezza nelle aziende, nei lavoratori e negli studenti, con particolare attenzione all'aspetto della formazione.
      In relazione allo specifico e gravissimo problema degli infortuni sul lavoro si rende necessario intervenire sulla formazione-informazione dei lavoratori e delle imprese, nonché sulla prevenzione e sul rafforzamento dei controlli da parte degli enti preposti, al fine di promuovere una consapevolezza sempre più ampia sulle esigenze della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è attivamente impegnato su tali fronti, nell'intento precipuo di favorire il dialogo e la collaborazione fra tutti i soggetti interessati, istituzionali e sociali, al fine di ridurre gli incidenti e le malattie professionali e la diffusione di sempre più elevati standards di sicurezza nei luoghi di lavoro. L'esistenza in concreto di una efficace strategia di contrasto al fenomeno infortunistico non passa solo attraverso il completamento, mediante le fonti di rango secondario previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, del quadro giuridico di riferimento ma anche attraverso la realizzazione di una serie di azioni pubbliche e private dirette a migliorare la prevenzione e i livelli di tutela in tutti gli ambienti di lavoro.
      Per tale ragione, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta attivando ogni possibile sinergia con soggetti pubblici e privati, al fine di migliorare «l'impatto» delle rispettive attività in termini di efficacia.
      In tale ottica si colloca, ad esempio, la definizione, con accordo in conferenza Stato-regioni del 20 novembre 2008, dei criteri di impiego e l'attivazione delle somme (pari a 50 milioni di euro) di cui all'articolo 11, comma 7, del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, da destinare in favore di attività promozionali della salute e sicurezza, tra le quali una campagna di comunicazione (per complessivi 20 milioni di euro) sulla salute e sicurezza sul lavoro ed attività di formazione su base regionale (per complessivi 30 milioni di euro).
      Con il decreto correttivo n.  106 del 2009 si è poi consentito il superamento delle difficoltà operative da più parti evidenziate nel corso dei primi mesi di applicazione del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, perfezionando, in tal modo, il quadro normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e rendendolo, oltre che pienamente coerente con le normative internazionali e comunitarie in materia, idoneo a costituire il fondamento giuridico della strategia di contrasto al fenomeno infortunistico.
      L'imprescindibile finalità delle misure varate resta quella di rendere maggiormente effettiva la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro secondo linee di azione consistenti, tra l'altro, nel miglioramento dell'efficacia dell'apparato sanzionatorio al fine precipuo di assicurare una migliore corrispondenza tra infrazioni e sanzioni.
      A tale scopo si tiene conto dei compiti effettivamente svolti da ciascun attore della sicurezza, favorendo l'utilizzo di procedure di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi mediante regolarizzazione da parte del soggetto inadempiente. La sanzione penale è riservata ai soli casi di violazione delle disposizioni sostanziali e non di quelle meramente formali (come, ad esempio, la trasmissione di documentazione, notifiche, eccetera).
      Tutti gli interventi proposti garantiscono, in ogni caso, il rispetto dei livelli di tutela oggi assicurati ai lavoratori e alle loro rappresentanze in qualsiasi ambiente di lavoro e in tutto il territorio nazionale nonché l'equilibrio delle competenze tra lo Stato e le regioni in materia.
      Il risultato finale dell'intervento legislativo di riforma potrà comunque compiutamente apprezzarsi una volta che verrà completata l'emanazione di provvedimenti attuativi del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di grande rilevanza e impatto sulle aziende e sui lavoratori.
      Molte delle iniziative dirette alla attuazione delle disposizioni del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sono devolute dal legislatore alla commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro (ex articolo 6 del decreto legislativo n. 81 del 2008), composta, in maniera paritaria e tripartita, da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali competenti in materia, delle regioni, dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro.
      Ricostituita con decreto ministeriale del 3 dicembre 2008, la commissione ha costituito al suo interno nove gruppi «tecnici» di lavoro, nei quali è garantita la presenza paritetica di rappresentanti delle amministrazioni pubbliche (comprese le regioni) e delle parti sociali, per affrontare, in tali sedi, gli argomenti attribuiti dalla legge alla Commissione (ad esempio l'elaborazione di linee metodologiche per la valutazione dello stress lavoro-correlato, l'individuazione delle regole di funzionamento della cosiddetta «patente a punti» per gli edili) e per i quali si prevedono attività finalizzate alla attuazione del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
      Tali gruppi si sono regolarmente insediati e svolgono con continuità le attività ad essi attribuiti. All'esito delle attività istruttorie compiute in tali consessi, sono stati elaborati documenti di notevole importanza per gli operatori della salute e sicurezza sul lavoro e altri sono di prossima emanazione. Tra gli altri, si ricorda, che a seguito dell'adozione del parere sul concetto di «eccezionalità» di cui al punto 3.1.4 dell'allegato VI al decreto legislativo n.  81 del 2008, la Commissione consultiva permanente – nella seduta del 18 aprile 2012 – ha ritenuto opportuno individuare specifiche procedure operative di sicurezza in materia di sollevamento di persone con attrezzature di lavoro non previste a tal fine: ciò allo scopo di garantirne la sicurezza nell'uso. Tali procedure costituiscono indicazioni di natura non vincolante per gli operatori e sono finalizzate a fornire indicazioni operative sulle modalità di utilizzo di dette attrezzature nei casi indicati dalla commissione.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha completato talune ulteriori attività previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, tra le quali occorre ricordare:
          la predisposizione, in data 17 novembre 2010, delle indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-correlato (articolo 28, comma 1-
bis, del «Testo unico») da parte della commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro, con avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.  304 del 30 dicembre;
          la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale n.  159 dell'11 luglio 2011 del decreto interdipartimentale del 13 aprile 2011, recante: «Disposizioni in attuazione dell'articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n.  106 in materia di salute e sicurezza sul lavoro» che disciplina le particolari modalità di svolgimento delle attività delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n.  381, delle organizzazioni di volontariato della Protezione civile, compresi i volontari della Croce rossa italiana e del Corpo nazionale soccorso alpini e speleologico, e i volontari dei vigili del fuoco;
          la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale n.  98 del 29 aprile 2011 – supplemento ordinario n.  111 – del decreto interministeriale dell'11 aprile 2011 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero della salute e con il Ministero dello sviluppo economico, che disciplina le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'Allegato VII del decreto legislativo del 9 aprile 2008, n.  81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo;
          la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale n.  60 del 12 marzo 2012 – supplemento ordinario n.  47 – dell'accordo, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n.  281 del 28 agosto 1997 tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, stipulato il 22 febbraio 2012, concernente l'individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell'articolo 73, comma 5, del decreto legislativo n.  81 del 9 aprile 2008, e successive modifiche e integrazioni;
          la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale n.  83 dell'11 aprile 2011 del decreto del 4 febbraio 2011 «Lavori su impianti elettrici ad alta tensione» a firma del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, che definisce i criteri per il rilascio delle autorizzazioni alle aziende che effettuano lavori sotto tensione, in attuazione dell'articolo 82, comma 2, del decreto legislativo n.  81 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni;
          l'istituzione, con decreto interministeriale del 27 maggio 2011 (pubblicato sul
Bollettino ufficiale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n.  6 del 30 giugno 2011), del comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici previsto dall'articolo 232, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 e successive modificazioni e integrazioni.

      Merita menzione, inoltre, il decreto interministeriale recante regole tecniche per la realizzazione ed il funzionamento del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP), ai sensi dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 2008 n.  81 e successive modificazioni e integrazioni.
      Il SINP, in particolare, mira a fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l'efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, nonché per indirizzare le attività di vigilanza, attraverso l'utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l'integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate.
      Su tale decreto è stato acquisito il parere favorevole della conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano. Da ultimo, sul provvedimento si è espresso il Consiglio di Stato.
      Inoltre, nella medesima Conferenza si sono perfezionati gli accordi concernenti gli articoli 34 e 37 del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che disciplinano, rispettivamente, la formazione del datore di lavoro, che svolge in proprio dei compiti di prevenzione e protezione, e la formazione dei lavoratori, preposti e dirigenti. Tali accordi sono stati pubblicati nella
Gazzetta Ufficiale n.  8 dell'11 gennaio 2012.
      In ordine alle iniziative in materia di lavorazioni in «ambienti confinati», si evidenzia che nella
Gazzetta Ufficiale n.  260 dell'8 novembre 2011 è stato pubblicato il decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 14 settembre 2011 recante: «Norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati», a norma dell'articolo 6, comma 8, lettera g) del decreto legislativo n.  81 del 2008. Il decreto è frutto di un lavoro che ha coinvolto Stato, regioni e parti sociali nell'intento, da tutti condiviso, di predisporre misure innovative ed efficaci a contrasto al fenomeno degli infortuni, gravissimi per numero e drammatici per modalità, verificatisi, negli ultimi anni, nei lavori in ambienti cosiddetti «confinati», quali silos, cisterne e simili.
      A tal proposito si fa presente che, al fine di fornire soluzioni tecniche, organizzative e procedurali per i lavori da realizzare nelle diverse tipologie di ambienti sospetti di inquinamento o confinati, la commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro – nella seduta del 18 aprile 2012 – ha adottato un manuale pratico. Tale manuale, come previsto dall'articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 2011, indica i contenuti di una procedura di sicurezza per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ed è rivolto a quanti operano a vario titolo in tale settore e, soprattutto, a tutte quelle micro e piccole imprese che si occupano di bonifiche e/o manutenzione in ambienti confinati.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali persegue l'obiettivo della riduzione del fenomeno infortunistico anche perseguendo la massima efficacia delle attività di vigilanza sui luoghi di lavoro di propria competenza. In tali ambiti, ed in primo luogo nell'edilizia, è stata da tempo fornita alle strutture amministrative di riferimento l'indicazione di realizzare, innanzitutto, le attività dirette a perseguire le violazioni in materia di salute e sicurezza più gravi, in quanto in grado di mettere in pericolo la vita dei lavoratori. Tale impostazione ha consentito di raggiungere risultati molto soddisfacenti.
      Infine, va ricordato come il Ministero del lavoro e delle politiche sociali abbia predisposto e messo a disposizione dell'utenza una sezione del sito internet specificamente dedicata alla diffusione di notizie e pubblicazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
      Tutto quanto sin qui esposto consente di affermare come la riforma delle regole volte a tutelare la salute e sicurezza sul lavoro abbia fornito l'Italia di un sistema di regole moderno e sistematicamente coeso, suscitando un interesse, finalmente non più solo specialistico, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro che costituisce, a sua volta, un importante punto di partenza per l'abbattimento del numero e della gravità degli infortuni.

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.


      FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          presso la raffineria di Gela si è verificato un grave infortunio sul lavoro. Un operatore dell'impianto cocking 2 dello stabilimento dell'Eni, il signor Salvatore Cauchi, è rimasto ustionato da un getto di vapore fuoriuscito dalla flangia di uno scambiatore di calore sul quale si stava intervenendo per effettuare lavori di manutenzione;
          soccorso e trasportato in ospedale i medici hanno riscontrato ustioni di primo e di secondo grado al torace, alle braccia e alle gambe, per il 36 per cento della superficie corporea  –:
          quale sia l'esatta dinamica dei fatti;
          quali iniziative di sua competenza si intendano adottare per sollecitare e promuovere in ordine a quanto sopra esposto. (4-13025)

      Risposta. — L'interrogazione in esame si riferisce all'infortunio sul lavoro occorso, il giorno 22 agosto 2011, al signor Salvatore Cauchi, operaio alle dipendenze della Raffineria Eni di Gela (Caltanissetta).
      Nel rispondere al primo dei due quesiti, ci si limiterà, in questa sede, a riportare gli elementi informativi acquisiti presso l'Inail.
      Da tali elementi è emerso che, il giorno dell'infortunio, il signor Cauchi si trovava presso l'impianto
cocking 2 della suindicata raffineria, intento ad effettuare operazioni di bonifica di uno scambiatore di calore.
      Nel corso di tali operazioni, tecnicamente denominate «operazioni di pre-riscaldo», il lavoratore veniva improvvisamente colpito da un getto di vapore fuoriuscito da una flangia del macchinario.
      Immediatamente soccorso dal personale sanitario della raffineria, l'operaio è stato dapprima trasportato presso il locale presidio ospedaliero e, successivamente, trasferito al centro «Grandi Ustionati» dell'ospedale «Cannizzaro» di Catania, dove gli sono state riscontrate ustioni di 1o e 2o grado al torace, all'addome e alle gambe.
      In relazione all'infortunio, la competente sede l'Inail ha riconosciuto al lavoratore, fino al 20 settembre 2011, l'inabilità temporanea assoluta al lavoro con conseguente erogazione della relativa indennità economica prevista dall'articolo 66 del Testo unico n.  1124 del 1965. Dall'infortunio non sono comunque derivati postumi invalidanti di natura permanente.
      Nel rispondere al secondo quesito posto nell'interrogazione in esame, occorre precisare che il tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali costituisce obiettivo strategico del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'Inail, nell'ottica del tendenziale azzeramento del fenomeno infortunistico e tecnopatico.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, infatti, intende perseguire la promozione di comportamenti rispettosi delle norme di legge applicabili in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed efficaci in funzione prevenzionistica, sia completando l'attuazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 (Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) e successive modificazioni e integrazioni sia favorendo ogni iniziativa promozionale idonea a determinare un accrescimento delle conoscenze in materia di salute e sicurezza nelle aziende, nei lavoratori e negli studenti, con particolare attenzione all'aspetto della formazione.
      In relazione allo specifico e gravissimo problema degli infortuni sul lavoro si rende necessario intervenire sulla formazione-informazione dei lavoratori e delle imprese, nonché sulla prevenzione e sul rafforzamento dei controlli, da parte degli enti preposti, al fine di promuovere una consapevolezza sempre più ampia sulle esigenze della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è attivamente impegnato su tali fronti, nell'intento precipuo di favorire il dialogo e la collaborazione fra tutti i soggetti interessati, istituzionali e sociali, al fine di ridurre gli incidenti e le malattie professionali e la diffusione di sempre più elevati
standards di sicurezza nei luoghi di lavoro. L'esistenza in concreto di una efficace strategia di contrasto al fenomeno infortunistico non passa solo attraverso il completamento, mediante le fonti di rango secondario previste dal decreto legislativo n.  82 del 2008, del quadro giuridico di riferimento ma anche attraverso la realizzazione di una serie di azioni pubbliche e private dirette a migliorare la prevenzione e i livelli di tutela in tutti gli ambienti di lavoro.
      Per tale ragione, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta attivando ogni possibile sinergia con soggetti pubblici e privati, al fine di migliorare «l'impatto» delle rispettive attività in termini di efficacia.
      In tale ottica si colloca, ad esempio, la definizione, con accordo in Conferenza Stato-regioni del 20 novembre 2008, dei criteri di impiego e l'attivazione delle somme (pari a 50 milioni di euro) di cui all'articolo 11, comma 7, del testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, da destinare in favore di attività promozionali della salute e sicurezza, tra le quali una campagna di comunicazione (per complessivi 20 milioni di euro) sulla salute e sicurezza sul lavoro ed attività di formazione su base regionale (per complessivi 30 milioni di euro).
      Con il decreto correttivo n.  106 del 2009 si è poi consentito il superamento delle difficoltà operative da più parti evidenziate nel corso dei primi mesi di applicazione del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, perfezionando, in tal modo, il quadro normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e rendendolo, oltre che pienamente coerente con le normative internazionali e comunitarie in materia, idoneo a costituire il fondamento giuridico della strategia di contrasto al fenomeno infortunistico.
      L'imprescindibile finalità delle misure varate resta quella di rendere maggiormente effettiva la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro secondo linee di azione consistenti, tra l'altro, nel miglioramento dell'efficacia dell'apparato sanzionatorio al fine precipuo di assicurare una migliore corrispondenza tra infrazioni e sanzioni.
      A tale scopo si tiene conto dei compiti effettivamente svolti da ciascun attore della sicurezza, favorendo l'utilizzo di procedure di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi mediante regolarizzazione da parte del soggetto inadempiente. La sanzione penale è riservata ai soli casi di violazione delle disposizioni sostanziali e non di quelle meramente formali (come, ad esempio, la trasmissione di documentazione, notifiche, eccetera).
      Tutti gli interventi proposti garantiscono, in ogni caso, il rispetto dei livelli di tutela oggi assicurati ai lavoratori e alle loro rappresentanze in qualsiasi ambiente di lavoro e in tutto il territorio nazionale nonché l'equilibrio delle competenze tra lo Stato e le regioni in materia.
      Il risultato finale dell'intervento legislativo di riforma potrà comunque compiutamente apprezzarsi una volta che verrà completata l'emanazione di provvedimenti attuativi del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di grande rilevanza e impatto sulle aziende e sui lavoratori.
      Molte delle iniziative dirette alla attuazione delle disposizioni del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sono devolute dal legislatore alla Commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro (ex articolo 6 del decreto legislativo n.  81 del 2008), in maniera paritaria e tripartita, da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali competenti in materia, delle regioni, dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro.
      Ricostituita con decreto ministeriale del 3 dicembre 2008, la Commissione ha costituito al suo interno nove gruppi «tecnici» di lavoro, nei quali è garantita la presenza paritetica di rappresentanti delle amministrazioni pubbliche (comprese le regioni) e delle parti sociali, per affrontare, in tali sedi, gli argomenti attribuiti dalla legge alla commissione (ad esempio l'elaborazione di linee metodologiche per la valutazione dello stress lavoro-correlato, l'individuazione delle regole di funzionamento della cosiddetta «patente a punti» per gli edili) e per i quali si prevedono attività finalizzate alla attuazione del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
      Tali gruppi si sono regolarmente insediati e svolgono con continuità le attività ad essi attribuiti. All'esito delle attività istruttorie compiute in tali consessi, sono stati elaborati documenti di notevole importanza per gli operatori della salute e sicurezza sul lavoro e altri sono di prossima emanazione. Tra gli altri, si ricorda, che a seguito dell'adozione del parere sul concetto di «eccezionalità» di cui al punto 3.1.4 dell'allegato VI al decreto legislativo n.  81 del 2008, la commissione consultiva permanente – nella seduta del 18 aprile 2012 – ha ritenuto opportuno individuare specifiche procedure operative di sicurezza in materia di sollevamento di persone con attrezzature di lavoro non previste a tal fine al fine di garantirne la sicurezza nell'uso. Tali procedure costituiscono indicazioni di natura non vincolante per gli operatori e sono finalizzate a fornire indicazioni operative sulle modalità di utilizzo di dette attrezzature nei casi indicati dalla commissione.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha inoltre completato talune ulteriori attività previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, tra le quali occorre ricordare:
          la predisposizione, in data 17 novembre 2010, delle indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-correlato (articolo 28, comma 1-
bis, del Testo unico) da parte della commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro, con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.  304 del 30 dicembre;
          la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale n.  159 del 1o luglio 2011 del decreto interdipartimentale del 13 aprile 2011, recante: «Disposizioni in attuazione dell'articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008 n.  81, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n.  106 in materia di salute e sicurezza sul lavoro» che disciplina le particolari modalità di svolgimento delle attività delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n.  381, delle organizzazioni di volontariato della Protezione civile, compresi i volontari della Croce rossa italiana e del Corpo nazionale soccorso alpini e speleologico, e i volontari dei vigili del fuoco;
          la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale n.  98 del 29 aprile 2011 – supplemento ordinario n.  111 – del decreto interministeriale dell'11 aprile 2011 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero della salute e con il Ministero dello sviluppo economico, che disciplina le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'Allegato VII del decreto legislativo del 9 aprile 2008, n.  81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo;
          la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale n.  60 del 12 marzo 2012 – supplemento ordinario n.  47 – dell'accordo, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n.  281 del 28 agosto 1997 tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, stipulato il 22 febbraio 2012, concernente l'individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell'articolo 73, comma 5, del decreto legislativo n.  81 del 9 aprile 2008, e successive modifiche e integrazioni;
          la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale n.  83 del 1o aprile 2011 del decreto del 4 febbraio 2011 «Lavori su impianti elettrici ad alta tensione» a firma del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, che definisce i criteri per il rilascio delle autorizzazioni alle aziende che effettuano lavori sotto tensione, in attuazione dell'articolo 82, comma 2, del decreto legislativo n.  81 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni;
          l'istituzione, con decreto interministeriale del 27 maggio 2011 (pubblicato sul
Bollettino ufficiale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n.  6 del 30 giugno 2011), del comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici previsto dall'articolo 232, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 e successive modificazioni e integrazioni.

      Merita menzione, inoltre, il decreto interministeriale recante: «Regole tecniche per la realizzazione ed il funzionamento del Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione (SINP)», ai sensi dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo n.  81 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni.
      Il SINP, in particolare, mira a fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l'efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, nonché per indirizzare le attività di vigilanza, attraverso l'utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l'integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate.
      Su tale decreto è stato acquisito il parere favorevole della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano. Sul provvedimento si è da ultimo espresso anche il Consiglio di Stato.
      Inoltre, nella medesima conferenza si sono perfezionati gli accordi concernenti gli articoli 34 e 37 del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che disciplinano, rispettivamente, la formazione del datore di lavoro, che svolge in proprio dei compiti di prevenzione e protezione, e la formazione dei lavoratori, preposti e dirigenti. Tali accordi sono stati pubblicati nella
Gazzetta Ufficiale n.  8 del 1o gennaio 2012.
      In ordine alle iniziative in materia di lavorazioni in «ambienti confinati», si evidenzia che nella
Gazzetta Ufficiale n.  260 dell'8 novembre 2011 è stato pubblicato il decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 14 settembre 2011 recante: «Norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati», a norma dell'articolo 6, comma 8, lettera g) del decreto legislativo n.  81 del 2008. Il decreto è frutto di un lavoro che ha coinvolto Stato, regioni e parti sociali nell'intento, da tutti condiviso, di predisporre misure innovative ed efficaci a contrasto al fenomeno degli infortuni, gravissimi per numero e drammatici per modalità, verificatisi, negli ultimi anni, nei lavori in ambienti cosiddetti «confinati», quali silos, cisterne e simili.
      A tal proposito si fa presente che, al fine di fornire soluzioni tecniche, organizzative e procedurali per i lavori da realizzare nelle diverse tipologie di ambienti sospetti di inquinamento o confinati, la commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro – nella seduta del 18 aprile 2012 – ha adottato un manuale pratico. Tale manuale, come previsto dall'articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 2011, indica i contenuti di una procedura di sicurezza per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ed è rivolto a quanti operano a vario titolo in tale settore e, soprattutto, a tutte quelle micro e piccole imprese che si occupano di bonifiche e/o manutenzione in ambienti confinati.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali persegue l'obiettivo della riduzione del fenomeno infortunistico anche attraverso la massima efficacia delle attività di vigilanza sui luoghi di lavoro di propria competenza. In tali ambiti, ed in primo luogo nell'edilizia, è stata da tempo fornita alle strutture amministrative di riferimento l'indicazione di realizzare, innanzitutto, le attività dirette a perseguire le violazioni in materia di salute e sicurezza più gravi, in quanto in grado di mettere in pericolo la vita dei lavoratori. Tale impostazione ha consentito di raggiungere risultati molto soddisfacenti.
      Infine, va ricordato come il Ministero del lavoro e delle politiche sociali abbia predisposto e messo a disposizione dell'utenza una sezione del sito internet specificamente dedicata alla diffusione di notizie e pubblicazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
      Tutto quanto sin qui esposto consente di affermare come la riforma del quadro normativo volto a tutelare la salute e sicurezza sul lavoro abbia fornito l'Italia di un sistema di regole moderno e sistematicamente coeso, suscitando un interesse, finalmente non più solo specialistico, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro che costituisce, a sua volta, un importante punto di partenza per l'abbattimento del numero e della gravità degli infortuni.

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          tre lavoratori sono morti a poche ore di distanza a Bergamo, Roma e Oristano; si tratta di tre tragedie accadute il 25 novembre 2011;
          in particolare, intorno alle 5 del mattino del 25 novembre una violenta esplosione ha distrutto la cartiera Ca-Ma di Lallio, alle porte di Bergamo; l'operaio addetto alla caldaia, il signor Rosario Spampinato, 50 anni, è morto, mentre altri sette colleghi sono riusciti a salvarsi; poco dopo il signor Ioan Tohanean, ha perso la vita in un cantiere di costruzioni in zona Anagnina a Roma; infine a Oristano una commessa di 36 anni, la signora Maria Cristina Allegretti, dipendente di un negozio di detersivi alla spina, è morta dopo essere rimasta schiacciata da un distributore automatico che era stato appena scaricato da un camion nel cortile del negozio  –:
          l'esatta dinamica degli incidenti sopra citati;
          se risulti che le norme relative alla sicurezza sul lavoro siano state rispettate o disattese;
          quali iniziative urgenti si intendano promuovere, adottare, sollecitare a fronte di quanto sopra esposto. (4-14148)

      Risposta. — L'interrogazione in esame si riferisce agli infortuni mortali sul lavoro verificatisi il 25 novembre 2011 in provincia di Bergamo e nei comuni di Roma e Oristano.
      Nel rispondere ai primi due quesiti, ci si limiterà in questa sede, a riportare gli elementi informativi acquisiti presso le direzioni territoriali del lavoro di Bergamo, Roma e Oristano, nonché quelli forniti dall'INAIL.

      Per quanto riguarda l'infortunio verificatosi nel comune di Lallio (Bergamo) si precisa che l'infortunato signor Rosario Spampinato era alle dipendenze della Cartiera Ca-Ma s.r.l., avente sede legale a Vigevano (Pavia) e unità operativa nel predetto comune, con la qualifica di operaio specializzato.
      Dagli accertamenti compiuti e dalle dichiarazioni acquisite in sede ispettiva è emerso che il 25 novembre 2011, giorno dell'infortunio, il signor Spampinato si trovava nello stabilimento di Lallio della suddetta società dove lo stesso era addetto al funzionamento del generatore di vapore (caldaia) ed al controllo dello stesso.
      Per quanto concerne la dinamica dei fatti, si precisa che alle ore 4.30 circa, per cause ancora in corso di accertamento, si verificava l'esplosione della suddetta caldaia, la cui deflagrazione coglieva in pieno il lavoratore causandogli lesioni mortali. A seguito di detta esplosione, il locale caldaia e gli ambienti nelle immediate vicinanze dello stabilimento sono andati completamente distrutti; lo spostamento d'aria ha infranto le vetrate degli edifici circostanti e varie parti metalliche della caldaia sono state proiettate lontane dal luogo dov'era installata.
      Sul luogo dell'incidente sono intervenuti i carabinieri di Curno (Bergamo), i vigili del fuoco e il servizio asl 118. Dalle prime ricostruzioni effettuate dai carabinieri, sembrerebbe che lo scoppio della caldaia sia da ricondurre a una interruzione nella linea di produzione, a causa della rottura di una cinghia di movimentazione dei rulli di pressatura della carta.
      Si precisa, che per l'accertamento delle cause e delle responsabilità dell'incidente è aperto un procedimento penale presso la competente procura della Repubblica di Bergamo.
      Per quanto riguarda l'erogazione delle prestazioni dovute per tale infortunio mortale, la sede INAIL competente, in base alle risultanze istruttorie, ha costituito la rendita in favore del coniuge del lavoratore ed ha corrisposto l'assegno funerario, ai sensi dell'articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica n.  1124 del 1965. La stessa sede ha provveduto alla erogazione del beneficio a carico del Fondo per le vittime di gravi incidenti sul lavoro.
      Per quanto riguarda l'incidente verificatosi nel comune di Roma, dagli accertamenti effettuati e dalle dichiarazioni acquisite in sede ispettiva, è emerso che l'infortunato, signor Ioan Tohanean di anni 53, era alle dipendenze della B&B Costruzioni s.r.l., sita in Veroli (Frosinone), dal 1o ottobre 2010 con la qualifica di operaio comune e mansioni di manovale edile.
      La predetta società, il cui oggetto sociale consiste nella costruzione di strutture in cemento armato, era impegnata dal 10 ottobre 2011 nella costruzione della struttura in cemento armato di un fabbricato sito in località Centroni del comune di Roma. Si precisa che l'esecuzione di detti lavori era stata affidata in subappalto alla società B&B dalla 3F Costruzioni s.r.l. di Roma.
      Per quanto riguarda la dinamica dei fatti, il giorno 25 novembre 2011, giorno dell'infortunio, il signor Tohanean aveva iniziato il proprio turno di lavoro alle ore 7 e 30 e stava provvedendo ad accatastare alcuni pannelli di legno – di 2 metri di altezza per 50 centimetri di larghezza e 3 centimetri di spessore – utilizzati per il getto del calcestruzzo. In particolare, durante l'esecuzione di tale lavoro, 38 dei predetti pannelli crollavano e colpivano il lavoratore al volto il quale, schiacciato contro la parete dello scavo, subiva lesioni mortali.
      Sul luogo dell'infortunio sono intervenuti, inoltre, la polizia di Stato e il dipartimento di prevenzione dell'ASL RM-B. Si precisa, che per l'accertamento delle cause e delle responsabilità dell'incidente è aperto un procedimento penale presso la competente procura della Repubblica di Roma.
      Per quanto riguarda l'erogazione delle prestazioni dovute per tale infortunio mortale, la sede INAIL competente, in base alle risultanze istruttorie, ha costituito la rendita in favore del coniuge del lavoratore ed ha corrisposto l'assegno funerario, ai sensi dell'articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica n.  1124 del 1965. La stessa sede ha provveduto alla erogazione del beneficio a carico del Fondo per le vittime di gravi incidenti sul lavoro.
      Per quanto riguarda l'incidente verificatosi ad Oristano, dagli accertamenti effettuati e dalle dichiarazioni acquisite in sede ispettiva, è emerso che l'infortunata, signora Maria Cristina Allegretti – lavoratrice somministrata dall'agenzia Quanta Apl S.p.A. di Milano –, prestava la propria attività lavorativa di operatore di negozio, presso il punto vendita di detersivi «alla spina» della Comochi Industriale S.p.A. di Oristano.
      In particolare, il 25 novembre 2011, giorno dell'infortunio, presso il predetto punto vendita venivano consegnate, da parte della ditta di trasporti Bua F. Paolo di Nuraminis (Cagliari), quattro cisterne di detersivo da mille litri ciascuna. Per trasportare tali cisterne dal punto di scarico al magazzino bisognava attraversare un piazzale in cemento battuto, interessato da una evidente pendenza verso il muretto di recinzione. A tal fine era stato necessario utilizzare un carrello trasportatore a mano (transpallet). Tuttavia durante detta movimentazione, il carico si sbilanciava e la lavoratrice, che si trovava a fianco dello stesso, veniva travolta con conseguenze mortali, mentre tentava di bloccarne la caduta.
      Sul luogo dell'incidente sono intervenuti la polizia locale, il servizio asl 118 e i funzionari della asl 5 di Oristano. Si precisa, che per l'accertamento delle cause e delle responsabilità dell'incidente è aperto un procedimento penale presso la competente procura della Repubblica di Oristano. Nello specifico, sulla base degli accertamenti finora effettuati dagli ispettori del servizio SPRESAL della asl n.  5 di Oristano – ai quali sono state delegate le relative indagini – risultano violate le disposizioni degli articoli 36 e 37 del decreto legislativo n.  81 del 2008 in materia di informazione, formazione e addestramento dei lavoratori, nonché in materia di valutazione dei rischi.
      Per quanto riguarda l'erogazione delle prestazioni dovute per tale infortunio mortale, la sede INAIL competente, in base alle verifiche effettuate ha accertato l'assenza di aventi diritto alla erogazione della rendita prevista dall'articolo 85 del Testo unico n.  1124 del 1965 e del beneficio a carico del fondo per le vittime di gravi incidenti sul lavoro. La competente sede INAIL ha tuttavia provveduto alla corresponsione dell'assegno funerario.
      Nel rispondere all'ultimo quesito posto nell'interrogazione in esame, occorre precisare che il tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali costituisce obiettivo strategico del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'INAIL, nell'ottica del tendenziale azzeramento del fenomeno infortunistico e tecnopatico.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, infatti, intende perseguire la promozione di comportamenti rispettosi delle norme di legge applicabili in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed efficaci in funzione prevenzionistica, sia completando l'attuazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 (Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) e successive modifiche e integrazioni, sia favorendo ogni iniziativa promozionale idonea a determinare un accrescimento delle conoscenze in materia di salute e sicurezza nelle aziende, nei lavoratori e negli studenti, con particolare attenzione all'aspetto della formazione.
      In relazione allo specifico e gravissimo problema degli infortuni sul lavoro si rende necessario intervenire sulla formazione-informazione dei lavoratori e delle imprese, nonché sulla prevenzione e sul rafforzamento dei controlli da parte degli enti preposti, al fine di promuovere una consapevolezza sempre più ampia sulle esigenze della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è attivamente impegnato su tali fronti, nell'intento precipuo di favorire il dialogo e la collaborazione fra tutti i soggetti interessati, istituzionali e sociali, al fine di ridurre gli incidenti e le malattie professionali e la diffusione di sempre più elevati standards di sicurezza nei luoghi di lavoro. L'esistenza in concreto di una efficace strategia di contrasto al fenomeno infortunistico non passa solo attraverso il completamento, mediante le fonti di rango secondario previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, del quadro giuridico di riferimento ma anche attraverso la realizzazione di una serie di azioni pubbliche e private dirette a migliorare la prevenzione e i livelli di tutela in tutti gli ambienti di lavoro.
      Per tale ragione, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta attivando ogni possibile sinergia con soggetti pubblici e privati, al fine di migliorare «l'impatto» delle rispettive attività in termini di efficacia.

      In tale ottica si colloca, ad esempio, la definizione, con accordo in Conferenza Stato-regioni del 20 novembre 2008, dei criteri di impiego e l'attivazione delle somme (pari a 50 milioni di euro) di cui all'articolo 11, comma 7, del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, da destinare in favore di attività promozionali della salute e sicurezza, tra le quali una campagna di comunicazione (per complessivi 20 milioni di euro) sulla salute e sicurezza sul lavoro ed attività di formazione su base regionale (per complessivi 30 milioni di euro).
      Con il decreto correttivo n.  106 del 2009 si è poi consentito il superamento delle difficoltà operative da più parti evidenziate nel corso dei primi mesi di applicazione del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, perfezionando, in tal modo, il quadro normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e rendendolo, oltre che pienamente coerente con le normative internazionali e comunitarie in materia, idoneo a costituire il fondamento giuridico della strategia di contrasto al fenomeno infortunistico.
      L'imprescindibile finalità delle misure varate resta quella di rendere maggiormente effettiva la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro secondo linee di azione consistenti, tra l'altro, nel miglioramento dell'efficacia dell'apparato sanzionatorio al fine precipuo di assicurare una migliore corrispondenza tra infrazioni e sanzioni.
      A tale scopo si tiene conto dei compiti effettivamente svolti da ciascun attore della sicurezza, favorendo l'utilizzo di procedure di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi mediante regolarizzazione da parte del soggetto inadempiente. La sanzione penale è riservata ai soli casi di violazione delle disposizioni sostanziali e non di quelle meramente formali (come, ad esempio, la trasmissione di documentazione, notifiche, eccetera).
      Tutti gli interventi proposti garantiscono, in ogni caso, il rispetto dei livelli di tutela oggi assicurati ai lavoratori e alle loro rappresentanze in qualsiasi ambiente di lavoro e in tutto il territorio nazionale nonché l'equilibrio delle competenze tra lo Stato e le regioni in materia.
      Il risultato finale dell'intervento legislativo di riforma potrà comunque compiutamente apprezzarsi una volta che verrà completata l'emanazione di provvedimenti attuativi del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di grande rilevanza e impatto sulle aziende e sui lavoratori.
      Molte delle iniziative dirette alla attuazione delle disposizioni del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sono devolute dal legislatore alla commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro (ex articolo 6 del decreto legislativo n.  81 del 2008), composta, in maniera paritaria e tripartita, da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali competenti in materia, delle regioni, dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro.
      Ricostituita con decreto ministeriale del 3 dicembre 2008, la commissione ha costituito al suo interno nove gruppi «tecnici» di lavoro, nei quali è garantita la presenza paritetica di rappresentanti delle amministrazioni pubbliche (comprese le regioni) e delle parti sociali, per affrontare, in tali sedi, gli argomenti attribuiti dalla legge alla commissione (ad esempio l'elaborazione di linee metodologiche per la valutazione dello stress lavoro-correlato, l'individuazione delle regole di funzionamento della cosiddetta «patente a punti» per gli edili) e per i quali si prevedono attività finalizzate alla attuazione del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
      Tali gruppi si sono regolarmente insediati e svolgono con continuità le attività ad essi attribuiti. All'esito delle attività istruttorie compiute in tali consessi, sono stati elaborati documenti di notevole importanza per gli operatori della salute e sicurezza sul lavoro e altri sono di prossima emanazione. Tra gli altri, si ricorda, che a seguito dell'adozione del parere sul concetto di «eccezionalità» di cui al punto 3.1.4 dell'allegato VI al decreto legislativo n.  81 del 2008, la commissione consultiva permanente – nella seduta del 18 aprile 2012 – ha ritenuto opportuno individuare specifiche procedure operative di sicurezza in materia di sollevamento di persone con attrezzature di lavoro non previste a tal fine al fine di garantirne la sicurezza nell'uso. Tali procedure costituiscono indicazioni di natura non vincolante per gli operatori e sono finalizzate a fornire indicazioni operative sulle modalità di utilizzo di dette attrezzature nei casi indicati dalla Commissione.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha completato talune ulteriori attività previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, tra le quali occorre ricordare:
          la predisposizione, in data 17 novembre 2010, delle indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-correlato (articolo 28, comma 1-bis, del «Testo unico») da parte della commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro, con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.  304 del 30 dicembre;
          la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n.  159 dell'11 luglio 2011 del decreto interdipartimentale del 13 aprile 2011, recante: «Disposizioni in attuazione dell'articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n.  106 in materia di salute e sicurezza sul lavoro» che disciplina le particolari modalità di svolgimento delle attività delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n.  381, delle organizzazioni di volontariato della Protezione civile, compresi i volontari della Croce rossa italiana e del Corpo nazionale soccorso alpini e speleologico, e i volontari dei vigili del fuoco;
          la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n.  98 del 29 aprile 2011 – supplemento ordinario n.  111 – del decreto interministeriale dell'11 aprile 2011 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero della salute e con il Ministero dello sviluppo economico, che disciplina le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'allegato VII del decreto legislativo del 9 aprile 2008, n.  81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo;
          la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n.  60 del 12 marzo 2012 – supplemento ordinario n.  47 – dell'accordo, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n.  281 del 28 agosto 1997 tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, stipulato il 22 febbraio 2012, concernente l'individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell'articolo 73, comma 5, del decreto legislativo n.  81 del 9 aprile 2008, e successive modifiche e integrazioni;
          la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n.  83 dell'11 aprile 2011 del decreto del 4 febbraio 2011 «Lavori su impianti elettrici ad alta tensione» a firma del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, che definisce i criteri per il rilascio delle autorizzazioni alle aziende che effettuano lavori sotto tensione, in attuazione dell'articolo 82, comma 2, del decreto legislativo n.  81 e successive modifiche e integrazioni;
          l'istituzione, con decreto interministeriale del 27 maggio 2011 (pubblicato sul Bollettino ufficiale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n.  6 del 30 giugno 2011), del comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici previsto dall'articolo 232, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 e successive modifiche e integrazioni.

      Merita menzione, inoltre, il decreto interministeriale recante regole tecniche per la realizzazione ed il funzionamento del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP), ai sensi dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 2008 n.  81 e successive modifiche e integrazioni.
      Il SINP, in particolare, mira a fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l'efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, nonché per indirizzare le attività di vigilanza, attraverso l'utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l'integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate.
      Su tale decreto è stato acquisito il parere favorevole della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano. Da ultimo, sul provvedimento si è espresso il Consiglio di Stato.
      Inoltre, nella medesima conferenza si sono perfezionati gli accordi concernenti gli articoli 34 e 37 del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che disciplinano, rispettivamente, la formazione del datore di lavoro, che svolge in proprio dei compiti di prevenzione e protezione, e la formazione dei lavoratori, preposti e dirigenti. Tali accordi sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n.  8 dell'11 gennaio 2012.
      In ordine alle iniziative in materia di lavorazioni in «ambienti confinati», si evidenzia che nella Gazzetta Ufficiale n.  260 dell'8 novembre 2011 è stato pubblicato il decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 14 settembre 2011 recante: «Norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati», a norma dell'articolo 6, comma 8, lettera g) del decreto legislativo n.  81 del 2008. Il decreto è frutto di un lavoro che ha coinvolto Stato, regioni e parti sociali nell'intento, da tutti condiviso, di predisporre misure innovative ed efficaci a contrasto al fenomeno degli infortuni, gravissimi per numero e drammatici per modalità, verificatisi, negli ultimi anni, nei lavori in ambienti cosiddetti «confinati», quali silos, cisterne e simili.
      A tal proposito si fa presente che, al fine di fornire soluzioni tecniche, organizzative e procedurali per i lavori da realizzare nelle diverse tipologie di ambienti sospetti di inquinamento o confinati, la commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro – nella seduta del 18 aprile 2012 – ha adottato un manuale pratico. Tale manuale, come previsto dall'articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 2011, indica i contenuti di una procedura di sicurezza per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ed è rivolto a quanti operano a vario titolo in tale settore e, soprattutto, a tutte quelle micro e piccole imprese che si occupano di bonifiche e/o manutenzione in ambienti confinati.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali persegue l'obiettivo della riduzione del fenomeno infortunistico anche perseguendo la massima efficacia delle attività di vigilanza sui luoghi di lavoro di propria competenza. In tali ambiti, ed in primo luogo nell'edilizia, è stata da tempo fornita alle strutture amministrative di riferimento l'indicazione di realizzare, innanzitutto, le attività dirette a perseguire le violazioni in materia di salute e sicurezza più gravi, in quanto in grado di mettere in pericolo la vita dei lavoratori. Tale impostazione ha consentito di raggiungere risultati molto soddisfacenti.
      Infine, va ricordato come il Ministero del lavoro e delle politiche sociali abbia predisposto e messo a disposizione dell'utenza una sezione del sito internet specificamente dedicata alla diffusione di notizie e pubblicazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
      Tutto quanto sin qui esposto consente di affermare come la riforma delle regole volte a tutelare la salute e sicurezza sul lavoro abbia fornito l'Italia di un sistema di regole moderno e sistematicamente coeso, suscitando un interesse, finalmente non più solo specialistico, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro che costituisce, a sua volta, un importante punto di partenza per l'abbattimento del numero e della gravità degli infortuni.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          le agenzie di informazione hanno riferito dell'ennesimo morto sul lavoro; in questo caso si tratta del signor Michael Dell'Orso, di appena 19 anni, originario di Farindola; si trovava sul tetto di un loculo nel cimitero dei Colli di Pescara, dove stava potando degli alberi del cimitero insieme a un collega;
          sembra che uno dei rami a cui Dell'Orso si sorreggeva, si sia spezzato, provocando una caduta mortale  –:
          se il signor Dell'Orso fosse stato regolarmente assunto dalla ditta che aveva avuto l'incarico di potare e sistemare le piante del cimitero;
          se comunque risultino osservate o disattese le norme relative alla sicurezza sul lavoro;
          quali iniziative, nell'ambito delle competenze, intenda promuovere o adottare, tenendo presente che il fenomeno delle morti sul lavoro assume giorno dopo giorno le caratteristiche di una vera strage, dal momento che risultano, nel solo 2011, almeno 500 le persone che hanno perso la vita e che a queste morti occorre aggiungere altre cifre spaventose, ossia duemila invalidi e 846.877 infortuni. (4-14259)

      Risposta. — L'interrogazione in esame si riferisce all'infortunio mortale sul lavoro verificatosi il 14 dicembre 2011 al signor Michael Dell'Orso, dipendente della ditta individuale Renzetti Livio di Collecorvino (Pescara), durante i lavori di potatura degli alberi del cimitero di Colli Madonna di Pescara.
      Nel rispondere ai primi due quesiti, ci si limiterà in questa sede, a riportare gli elementi informativi acquisiti presso la direzione territoriale del lavoro di Pescara, nonché quelli forniti dall'INAIL.
      Preliminarmente si precisa che il signor Michael Dell'Orso, di anni 19, era regolarmente assunto dalla ditta individuale Renzetti Livio – operante nel settore della vivaistica e manutenzione di opere in verde – dal 9 marzo 2011 con contratto a tempo determinato sino al 23 dicembre 2011 con la qualifica di bracciante agricolo.
      Dagli accertamenti esperiti e dalle dichiarazioni acquisite in sede ispettiva è emerso che alle ore 14 circa del 14 dicembre 2011, giorno dell'infortunio, il signor Dell'Orso, insieme ad un collega, stava eseguendo i predetti lavori di potatura attraverso l'utilizzo di un mezzo di sollevamento mobile conosciuto come «ragno 30M con cesta». Nello specifico i lavori di potatura venivano eseguiti dal signor Dell'Orso, che operava all'interno del cestello del detto mezzo di sollevamento, mentre il collega si occupava di manovrarlo.
      Ultimate tali operazioni, il lavoratore abbandonava il cestello e si portava sul tetto dei loculi per rimuovere i rami tagliati che erano caduti in seguito alla potatura. Nel compiere tale operazione, il signor Dell'Orso perdeva l'equilibrio e, precipitando da un'altezza di quattro metri, batteva violentemente il capo sulla piattaforma metallica del mezzo con conseguenze mortali.
      Si precisa che al momento dell'incidente il lavoratore indossava il casco di protezione e l'imbragatura ma non è stato rinvenuto il cordino di ancoraggio dell'imbragatura al cestello del ragno mobile.
      Si rende noto, inoltre, che nel corso degli accertamenti, il datore di lavoro è stato sanzionato per non aver provveduto a sottoporre il lavoratore ad una adeguata formazione ed ad uno specifico addestramento in relazione all'uso del ragno mobile – ai sensi dell'articolo 71, comma 7, lettera a) del decreto legislativo n.  81 del 2008 – e al corretto utilizzo dei sistemi di protezione anticaduta di terza categoria – ai sensi dell'articolo 77, comma 5, lettera a), del decreto legislativo n.  81 del 2008 –. Il datore di lavoro è stato, inoltre, sanzionato per non aver vigilato sul rispetto delle procedure previste e sull'uso corretto dei mezzi utilizzati e dei dispositivi di protezione individuali messi a disposizione – ai sensi dell'articolo 18, comma 1, lettera f) del decreto legislativo n.  81 del 2008 –.
      Per quanto riguarda l'erogazione delle prestazioni dovute per tale infortunio mortale, la sede INAIL competente, in base alle risultanze istruttorie, ha costituito la rendita in favore dei superstiti del lavoratore ed ha corrisposto l'assegno funerario, ai sensi dell'articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica n.  24 del 1965. La stessa sede ha provveduto alla erogazione del beneficio a carico del Fondo per le vittime di gravi incidenti sul lavoro.
      Nel rispondere all'ultimo quesito posto nell'interrogazione in esame, occorre precisare che il tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali costituisce obiettivo strategico del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'INAIL, nell'ottica del tendenziale azzeramento del fenomeno infortunistico e tecnopatico.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, infatti, intende perseguire la promozione di comportamenti rispettosi delle norme di legge applicabili in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed efficaci in funzione prevenzionistica, sia completando l'attuazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 (Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) e successive modifiche e integrazioni, sia favorendo ogni iniziativa promozionale idonea a determinare un accrescimento delle conoscenze in materia di salute e sicurezza nelle aziende, nei lavoratori e negli studenti, con particolare attenzione all'aspetto della formazione.
      In relazione allo specifico e gravissimo problema degli infortuni sul lavoro si rende necessario intervenire sulla formazione-informazione dei lavoratori e delle imprese, nonché sulla prevenzione e sul rafforzamento dei controlli da parte degli enti preposti, al fine di promuovere una consapevolezza sempre più ampia sulle esigenze della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è attivamente impegnato su tali fronti, nell'intento precipuo di favorire il dialogo e la collaborazione fra tutti i soggetti interessati, istituzionali e sociali, al fine di ridurre gli incidenti e le malattie professionali e la diffusione di sempre più elevati standards di sicurezza nei luoghi di lavoro. L'esistenza in concreto di una efficace strategia di contrasto al fenomeno infortunistico non passa solo attraverso il completamento, mediante le fonti di rango secondario previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008 del quadro giuridico di riferimento ma anche attraverso la realizzazione di una serie di azioni pubbliche e private dirette a migliorare la prevenzione e i livelli di tutela in tutti gli ambienti di lavoro.
      Per tale ragione, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta attivando ogni possibile sinergia con soggetti pubblici e privati, al fine di migliorare «l'impatto» delle rispettive attività in termini di efficacia.
      In tale ottica si colloca, ad esempio, la definizione, con accordo in Conferenza Stato-regioni del 20 novembre 2008, dei criteri di impiego e l'attivazione delle somme (pari a 50 milioni di euro) di cui all'articolo 11, comma 7, del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, da destinare in favore di attività promozionali della salute e sicurezza, tra le quali una campagna di comunicazione (per complessivi 20 milioni di euro) sulla salute e sicurezza sul lavoro ed attività di formazione su base regionale (per complessivi 30 milioni di euro).
      Con il decreto correttivo n.  106 del 2009 si è poi consentito il superamento delle difficoltà operative da più parti evidenziate nel corso dei primi mesi di applicazione del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, perfezionando, in tal modo, il quadro normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e rendendolo, oltre che pienamente coerente con le normative internazionali e comunitarie in materia, idoneo a costituire il fondamento giuridico della strategia di contrasto al fenomeno infortunistico.
      L'imprescindibile finalità delle misure varate resta quella di rendere maggiormente effettiva la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro secondo linee di azione consistenti, tra l'altro, nel miglioramento dell'efficacia dell'apparato sanzionatorio al fine precipuo di assicurare una migliore corrispondenza tra infrazioni e sanzioni.
      A tale scopo si tiene conto dei compiti effettivamente svolti da ciascun attore della sicurezza, favorendo l'utilizzo di procedure di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi mediante regolarizzazione da parte del soggetto inadempiente. La sanzione penale è riservata ai soli casi di violazione delle disposizioni sostanziali e non di quelle meramente formali (come, ad esempio, la trasmissione di documentazione, notifiche, eccetera).
      Tutti gli interventi proposti garantiscono, in ogni caso, il rispetto dei livelli di tutela oggi assicurati ai lavoratori e alle loro rappresentanze in qualsiasi ambiente di lavoro e in tutto il territorio nazionale nonché l'equilibrio delle competenze tra lo Stato e le regioni in materia.
      Il risultato finale dell'intervento legislativo di riforma potrà comunque compiutamente apprezzarsi una volta che verrà completata l'emanazione di provvedimenti attuativi del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di grande rilevanza e impatto sulle aziende e sui lavoratori.
      Molte delle iniziative dirette alla attuazione delle disposizioni del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sono devolute dal legislatore alla commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro (ex articolo 6 del decreto legislativo n.  81 del 2008), composta, in maniera paritaria e tripartita, da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali competenti in materia, delle regioni, dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro.
      Ricostituita con decreto ministeriale del 3 dicembre 2008, la commissione ha costituito al suo interno nove gruppi «tecnici» di lavoro, nei quali è garantita la presenza paritetica di rappresentanti delle amministrazioni pubbliche (comprese le regioni) e delle parti sociali, per affrontare, in tali sedi, gli argomenti attribuiti dalla legge alla commissione (ad esempio l'elaborazione di linee metodologiche per la valutazione dello stress lavoro-correlato, l'individuazione delle regole di funzionamento della cosiddetta «patente a punti» per gli edili) e per i quali si prevedono attività finalizzate alla attuazione del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
      Tali gruppi si sono regolarmente insediati e svolgono con continuità le attività ad essi attribuiti. All'esito delle attività istruttorie compiute in tali consessi, sono stati elaborati documenti di notevole importanza per gli operatori della salute e sicurezza sul lavoro e altri sono di prossima emanazione. Tra gli altri, si ricorda, che a seguito dell'adozione del parere sul concetto di «eccezionalità» di cui al punto 3.1.4 dell'allegato VI al decreto legislativo n.  81 del 2008, la commissione consultiva permanente – nella seduta del 18 aprile 2012 – ha ritenuto opportuno individuare specifiche procedure operative di sicurezza in materia di sollevamento di persone con attrezzature di lavoro non previste a tal fine al fine di garantirne la sicurezza nell'uso. Tali procedure costituiscono indicazioni di natura non vincolante per gli operatori e sono finalizzate a fornire indicazioni operative sulle modalità di utilizzo di dette attrezzature nei casi indicati dalla commissione.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha completato talune ulteriori attività previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, tra le quali occorre ricordare:
          la predisposizione, in data 17 novembre 2010, delle indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-correlato (articolo 28, comma 1-bis, del «Testo unico») da parte della commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro, con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.  304 del 30 dicembre;
          la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n.  159 dell'11 luglio 2011 del decreto interdipartimentale del 13 aprile 2011, recante: «Disposizioni in attuazione dell'articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n.  106 in materia di salute e sicurezza sul lavoro» che disciplina le particolari modalità di svolgimento delle attività delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n.  381, delle organizzazioni di volontariato della Protezione civile, compresi i volontari della Croce rossa italiana e del Corpo nazionale soccorso alpini e speleologico, e i volontari dei vigili del fuoco;
          la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n.  98 del 29 aprile 2011 – supplemento ordinario n.  111 – del decreto interministeriale dell'11 aprile 2011 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero della salute e con il Ministero dello sviluppo economico, che disciplina le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'allegato VII del decreto legislativo del 9 aprile 2008, n.  81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo;
          la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n.  60 del 12 marzo 2012 – Supplemento ordinario n.  47 – dell'accordo, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n.  281 del 28 agosto 1997 tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, stipulato il 22 febbraio 2012, concernente l'individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell'articolo 73, comma 5, del decreto legislativo n.  81 del 9 aprile 2008, e successive modifiche e integrazioni;
          la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n.  83 dell'11 aprile 2011 del decreto del 4 febbraio 2011 «Lavori su impianti elettrici ad alta tensione» a firma del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, che definisce i criteri per il rilascio delle autorizzazioni alle aziende che effettuano lavori sotto tensione, in attuazione dell'articolo 82, comma 2, del decreto legislativo n.  81 del 2008 e successive modifiche e integrazioni;
          l'istituzione, con decreto interministeriale del 27 maggio 2011 (pubblicato sul Bollettino ufficiale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n.  6 del 30 giugno 2011), del comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici previsto dall'articolo 232, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 e successive modifiche e integrazioni.

      Merita menzione, inoltre, il decreto interministeriale recante regole tecniche per la realizzazione ed il funzionamento del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP), ai sensi dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 2008 n.  81 e successive modifiche e integrazioni.
      Il SINP, in particolare, mira a fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l'efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, nonché per indirizzare le attività di vigilanza, attraverso l'utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l'integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate.
      Su tale decreto è stato acquisito il parere favorevole della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano. Da ultimo, sul provvedimento si è espresso il Consiglio di Stato.
      Inoltre, nella medesima conferenza si sono perfezionati gli accordi concernenti gli articoli 34 e 37 del Testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che disciplinano, rispettivamente, la formazione del datore di lavoro, che svolge in proprio dei compiti di prevenzione e protezione, e la formazione dei lavoratori, preposti e dirigenti. Tali accordi sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n.  8 dell'11 gennaio 2012.
      In ordine alle iniziative in materia di lavorazioni in «ambienti confinati» si evidenzia che nella Gazzetta Ufficiale n.  260 dell'8 novembre 2011 è stato pubblicato il decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 14 settembre 2011 recante: «Norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati», a norma dell'articolo 6, comma 8, lettera g) del decreto legislativo n.  81 del 2008. Il decreto è frutto di un lavoro che ha coinvolto Stato, regioni e parti sociali nell'intento, da tutti condiviso, di predisporre misure innovative ed efficaci a contrasto al fenomeno degli infortuni, gravissimi per numero e drammatici per modalità, verificatisi, negli ultimi anni, nei lavori in ambienti cosiddetti «confinati», quali silos, cisterne e simili.
      A tal proposito si fa presente che, al fine di fornire soluzioni tecniche, organizzative e procedurali per i lavori da realizzare nelle diverse tipologie di ambienti sospetti di inquinamento o confinati, la commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro – nella seduta del 18 aprile 2012 – ha adottato un manuale pratico. Tale manuale, come previsto dall'articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 2011, indica i contenuti di una procedura di sicurezza per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ed è rivolto a quanti operano a vario titolo in tale settore e, soprattutto, a tutte quelle micro e piccole imprese che si occupano di bonifiche e/o manutenzione in ambienti confinati.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali persegue l'obiettivo della riduzione del fenomeno infortunistico anche perseguendo la massima efficacia delle attività di vigilanza sui luoghi di lavoro di propria competenza. In tali ambiti, ed in primo luogo nell'edilizia, è stata da tempo fornita alle strutture amministrative di riferimento l'indicazione di realizzare, innanzitutto, le attività dirette a perseguire le violazioni in materia di salute e sicurezza più gravi, in quanto in grado di mettere in pericolo la vita dei lavoratori. Tale impostazione ha consentito di raggiungere risultati molto soddisfacenti.
      Infine, va ricordato come il Ministero del lavoro e delle politiche sociali abbia predisposto e messo a disposizione dell'utenza una sezione del sito internet specificamente dedicata alla diffusione di notizie e pubblicazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
      Tutto quanto sin qui esposto consente di affermare come la riforma delle regole volte a tutelare la salute e sicurezza sul lavoro abbia fornito l'Italia di un sistema di regole moderno e sistematicamente coeso, suscitando un interesse, finalmente non più solo specialistico, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro che costituisce, a sua volta, un importante punto di partenza per l'abbattimento del numero e della gravità degli infortuni.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.


      FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il 19 dicembre 2011 alle fonderie Ariotti di Adro, in provincia di Brescia si è verificato un terribile incidente, lo scoppio di un forno industriale, che ha provocato la morte di un operaio, il signor Roberto Cavalleri di 47 anni;
          secondo le prime informazioni il signor Cavalleri sarebbe stato colpito da un corpo metallico  –:
          quale sia l'esatta dinamica dell'incidente;
          in particolare quali siano le cause che hanno provocato l'esplosione;
          se risultino essere state rispettate le normative relative alla sicurezza sul luogo di lavoro;
          quali iniziative si intendano promuovere, adottare, sollecitare, nell'ambito delle proprie prerogative, in relazione a quanto accaduto. (4-14291)

      Risposta. — L'interrogazione in esame si riferisce all'infortunio mortale sul lavoro occorso il 19 dicembre 2011 al signor Roberto Cavalleri, dipendente delle Fonderie Ariotti Spa di Adro (Brescia), società specializzata nell'attività di fusione di ghisa e metalli in genere.
      Nel rispondere ai quesiti posti, ci si limiterà in questa sede, a riportare gli elementi informativi acquisiti presso la direzione territoriale del lavoro di Brescia, nonché quelli forniti dall'INAIL.
      Preliminarmente si precisa che il signor Roberto Cavalleri, di anni 47, era regolarmente assunto dalle Fonderie Ariotti Spa dal 21 maggio 1980 con contratto a tempo pieno ed indeterminato con la qualifica di operaio specializzato e mansioni di fonditore di altiforni.
      Dagli accertamenti esperiti e dalle dichiarazioni acquisite in sede ispettiva è emerso che alle ore 9 circa del 19 dicembre 2011, giorno dell'infortunio, il signor Cavalleri, insieme al collega Luca Gheza, era sceso all'interno della buca di colata sottostante l'altoforno dell'azienda; nello specifico i due lavoratori dovevano rimuovere due lastre di metallo – delle dimensioni di 3 metri per 4 – che servono per il contenimento della sabbia utilizzata come intercapedine tra la staffa di colata e l'esterno. Durante le operazioni di rimozione della seconda lastra – effettuata con l'ausilio di un martello – si è verificato uno scoppio che ha investito in pieno il signor Cavalleri e lo ha scaraventato all'estremità della buca; i medici e lo staff dell'eliambulanza intervenuti sul posto ne hanno constatato il decesso – causatogli da lesioni mortali al torace – mentre il suo collega è rimasto illeso.
      Si precisa che l'operazione che i lavoratori stavano effettuando al momento dell'incidente viene eseguita, in tale stabilimento, più volte a settimana senza aver mai causato incidenti del genere; tale attività rientrava, inoltre, nelle mansioni svolte solitamente dai due lavoratori ed in particolare il signor Cavalleri poteva vantare un'esperienza trentennale in tale ambito.
      Sul luogo dell'incidente sono intervenuti, oltre all'ASL di Palazzolo sull'Oglio (Brescia), i carabinieri di Adro (Brescia) e i vigili del fuoco di Brescia, nonché gli ispettori del lavoro della direzione territoriale di Brescia e i funzionari dell'Inail.
      Per quanto riguarda l'erogazione delle prestazioni dovute per tale infortunio mortale, la sede INAIL competente, in base alle risultanze istruttorie, ha costituito la rendita in favore dei superstiti del lavoratore ed ha corrisposto l'assegno funerario, ai sensi dell'articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica n.  1124 del 1965. La stessa sede ha provveduto alla erogazione del beneficio a carico del Fondo per le vittime di gravi incidenti sul lavoro.
      Sono ancora oggetto di accertamento, da parte degli organi inquirenti coordinati dalla competente procura della Repubblica di Brescia, le cause che hanno prodotto lo scoppio che ha causato il decesso del lavoratore, sebbene sembra che occasionalmente il raffreddamento della ghisa fusa provochi l'emissione di modeste quantità di gas, generalmente non pericolose.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          un operaio il 20 febbraio 2012 ha perso la vita mentre lavorava su una gru a Grosseto;
          la vittima, il signor Flavio Montagnani, stava sostituendo un vetro alla cabina della gru con cui movimentava materiale edile, quando il braccio meccanico lo ha colpito al torace, uccidendolo all'istante  –:
          di quali elementi disponga in merito alla dinamica dell'incidente;
          se, nel caso in questione, siano state rispettate le norme e le procedure di sicurezza. (4-15006)

      Risposta. — L'interrogazione in esame si riferisce all'infortunio mortale sul lavoro occorso il 20 febbraio 2012 al signor Flavio Montagnani, dipendente della società Vibralcementi s.r.l. di Grosseto, società che si occupa di commercio all'ingrosso di materiali edili e noleggio attrezzature per l'edilizia.
      Nel rispondere ai quesiti posti, ci si limiterà in questa sede, a riportare gli elementi informativi acquisiti presso la direzione territoriale del lavoro di Grosseto, nonché quelli forniti dall'INAIL.
      Preliminarmente si precisa che il signor Flavio Montagnani era regolarmente assunto dalla Vibralcementi s.r.l., dall'11 aprile 2005 con contratto a tempo pieno ed indeterminato con la qualifica di operaio specializzato e mansioni di magazziniere.
      Dagli accertamenti esperiti e dalle dichiarazioni acquisite in sede ispettiva è emerso che il 20 febbraio 2012, giorno dell'infortunio, intorno alle ore 18.00, il signor Montagnani si trovava all'interno di un'officina della citata società, sita in Grosseto, nella quale viene effettuata la manutenzione dei mezzi meccanici aziendali.
      Al momento dell'incidente il lavoratore era a bordo di una macchina edile denominata «merlo» alla quale doveva essere sostituito, a cura di una ditta specializzata, un vetro laterale dell'abitacolo. Nello specifico il signor Montagnani, per ripulire la cabina dai residui del vetro rotto, si era posizionato sul lato esterno della stessa con la schiena sotto al braccio meccanico del mezzo, quando quest'ultimo, muovendosi improvvisamente verso l'abitacolo, lo colpiva causandogli lesioni mortali. Dalle prime indagini effettuate è emersa l'ipotesi che il signor Montagnani, nel compiere l'operazione sopra descritta, abbia urtato inavvertitamente una leva che ha azionato il predetto braccio meccanico.
      Sul luogo dell'incidente sono intervenuti il servizio ASL 118, la polizia locale ed il dipartimento di prevenzione dell'ASL n.  9 di Grosseto. Si precisa, che per l'accertamento delle cause e delle responsabilità dell'incidente è aperto un procedimento penale presso la competente procura della Repubblica di Grosseto che ha delegato le relative attività di indagine alla locale ASL.
      Per quanto riguarda l'erogazione delle prestazioni dovute per tale infortunio mortale, la sede INAIL competente, in base alle verifiche effettuate ha accertato l'assenza di aventi diritto alla erogazione della rendita prevista dall'articolo 85 del Testo unico n.  1124 del 1965 e del beneficio a carico del Fondo per le vittime di gravi incidenti sul lavoro. In mancanza dei superstiti sarà riconosciuto l'assegno funerario a chiunque dimostri di aver sostenuto le relative spese.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.


      FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          un uomo, il signor Alfonso Chirichiello di 51 anni, è morto folgorato da una scarica elettrica mentre manovrava un carico sospeso da un camion gru;
          il grave incidente è accaduto a Chivasso, in un cantiere edile in via Montegrappa  –:
          di quali elementi disponga in merito alla dinamica dell'incidente;
          se risultino essere state osservate le normative relative alla sicurezza sui luoghi di lavoro;
          in considerazione del fatto che dall'inizio del 2012 risultano decedute ben 219 persone per incidenti sul lavoro che 201.548 sono stati gli infortuni e che ben 476 sono stati gli invalidi, quali urgenti provvedimenti si intendano promuovere o adottare in relazione a quanto sopra esposto. (4-15471)

      Risposta. — L'interrogazione parlamentare in esame, si riferisce all'infortunio sul lavoro occorso, il giorno 23 marzo 2012, al signor Chirichiello Alfonso, dipendente della società Calabrese Autogru srl, con sede a Torino, esercente attività di trasporto merci con autoarticolati e noleggio di autogru con conducente.
      Nel rispondere ai primi due quesiti, ci si limiterà, in questa sede, a riportare gli elementi informativi acquisiti presso la direzione territoriale del lavoro di Torino, nonché quelli forniti dall'Inail.
      Preliminarmente, occorre precisare che, in data 19 marzo 2012, la società Polis Gru aveva commissionato alla società Calabrese Autogru srl lo smontaggio e il trasporto di una gru a torre da un cantiere edile sito in via Mazzè, nel comune di Chivasso, presso un altro cantiere sito nel medesimo comune, in via Montegrappa.
      In data 23 marzo 2012, il signor Chirichiello si trovava pertanto presso il cantiere di via Montegrappa intento, insieme ad un collega, ad effettuare le operazioni di scarico dei pezzi della gru edile trasportati, il giorno precedente, dal cantiere di via Mazzè, mediante due semirimorchi.
      In particolare, mentre il collega si trovava alla guida di un autogru, il signor Chirichiello provvedeva ad imbracare i pezzi della gru a torre, posti sui semirimorchi, impartendo al collega istruzioni per direzionarli verso il luogo ove avrebbero dovuto essere scaricati.
      Nel corso di tali operazioni, intorno alle ore 10:00, l'eccessivo avvicinamento del braccio della gru, o della fune metallica di sollevamento, ad una linea elettrica di media tensione, soprastante l'area del cantiere, determinava un arco voltaico con conseguente scarica elettrica sul suolo.
      Il signor Chirichiello, che in quel momento tratteneva con le mani un pezzo metallico movimentato, veniva investito dalla scarica elettrica decedendo sul colpo per folgorazione.
      Sul luogo dell'incidente sono intervenuti il servizio 118, i carabinieri di Chiavasso e, su delega dell'autorità giudiziaria, i funzionari dello Spresal dell'ASL TO 4 CHIVASSO.
      Si precisa, comunque, che le cause e circostanze dell'evento, nonché l'accertamento di eventuali responsabilità, sono tutt'ora al vaglio della competente autorità giudiziaria.
      Per quanto riguarda l'erogazione delle prestazioni di legge, in base alle risultanze istruttorie, la competente sede Inail ha provveduto a costituire la rendita a superstiti ai sensi dell'articolo 85 del testo unico n.  1124 del 1965 e ha corrisposto l'assegno funerario. La stessa sede provvederà inoltre alla erogazione del beneficio «una tantum» previsto per i familiari dei lavoratori vittime di infortuni mortali, non appena saranno trasferite le relative risorse finanziarie.
      Nel rispondere all'ultimo quesito posto nell'interrogazione in esame, occorre precisare che il tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali costituisce obiettivo strategico del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'Inail, nell'ottica del tendenziale azzeramento del fenomeno infortunistico e tecnopatico.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, infatti, intende perseguire la promozione di comportamenti rispettosi delle norme di legge applicabili in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed efficaci in funzione prevenzionistica, sia completando l'attuazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 (testo unico in materia di tutela della, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) e successive modifiche e integrazioni, sia favorendo ogni iniziativa promozionale idonea a determinare un accrescimento delle conoscenze in materia di salute e sicurezza nelle aziende, nei lavoratori e negli studenti, con particolare attenzione all'aspetto della formazione.
      In relazione allo specifico e gravissimo problema degli infortuni sul lavoro si rende necessario intervenire sulla formazione-informazione dei lavoratori e delle imprese, nonché sulla prevenzione e sul rafforzamento dei controlli da parte degli enti preposti, al fine di promuovere una consapevolezza sempre più ampia sulle esigenze della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è attivamente impegnato su tali fronti, nell'intento precipuo di favorire il dialogo e la collaborazione fra tutti i soggetti interessati, istituzionali e sociali, al fine di ridurre gli incidenti e le malattie professionali e la diffusione di sempre più elevati standards di sicurezza nei luoghi di lavoro. L'esistenza in concreto di una efficace strategia di contrasto al fenomeno infortunistico non passa solo attraverso completamento, mediante le fonti di rango secondario previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, del quadro giuridico di riferimento ma anche attraverso la realizzazione di una serie di azioni pubbliche e private dirette a migliorare la prevenzione e i livelli di tutela in tutti gli ambienti di lavoro.
      Per tale ragione, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta attivando ogni possibile sinergia con soggetti pubblici e privati, al fine di migliorare «l'impatto» delle rispettive attività in termini di efficacia.
      In tale ottica si colloca, ad esempio, la definizione, con accordo in conferenza Stato-regioni del 20 novembre 2008, dei criteri di impiego e l'attivazione delle somme (pari a 50 milioni di euro) di cui all'articolo 11, comma 7, del testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, da destinare in favore di attività promozionali della salute e sicurezza, tra le quali una campagna di comunicazione (per complessivi 20 milioni di euro) sulla salute e sicurezza sul lavoro ed attività di formazione su base regionale (per complessivi 30 milioni di euro).
      Con il decreto correttivo n.  106 del 2009 si è poi consentito il superamento delle difficoltà operative da più parti evidenziate nel corso dei primi mesi di applicazione del testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, perfezionando, in tal modo, il quadro normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e rendendolo, oltre che pienamente coerente con le normative internazionali e comunitarie in materia, idoneo a costituire il fondamento giuridico della strategia di contrasto al fenomeno infortunistico.
      L'imprescindibile finalità delle misure varate resta quella di rendere maggiormente effettiva la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro secondo linee di azione consistenti, tra l'altro, nel miglioramento dell'efficacia dell'apparato sanzionatorio al fine precipuo di assicurare una migliore corrispondenza tra infrazioni e sanzioni.
      A tale scopo si tiene conto dei compiti effettivamente svolti da ciascun attore della sicurezza, favorendo l'utilizzo di procedure di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi mediante regolarizzazione da parte del soggetto inadempiente. La sanzione penale è riservata ai soli casi di violazione delle disposizioni sostanziali e non di quelle meramente formali (come, ad esempio, la trasmissione di documentazione, notifiche eccetera).
      Tutti gli interventi proposti garantiscono, in ogni caso, il rispetto dei livelli di tutela oggi assicurati ai lavoratori e alle loro rappresentanze in qualsiasi ambiente di lavoro e in tutto il territorio nazionale nonché l'equilibrio delle competenze tra lo Stato e le regioni in materia.
      Il risultato finale dell'intervento legislativo di riforma potrà comunque compiutamente apprezzarsi una volta che verrà completata l'emanazione di provvedimenti attuativi del testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di grande rilevanza e impatto sulle aziende e sui lavoratori.
      Molte delle iniziative dirette alla attuazione delle disposizioni del testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sono devolute dal legislatore alla commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro (ex articolo 6 del decreto legislativo n.  81 del 2008), composta, in maniera paritaria e tripartita, da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali competenti in materia, delle regioni, dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro.
      Ricostituita con decreto ministeriale del 3 dicembre 2008, la commissione ha costituito al suo interno nove gruppi «tecnici» di lavoro, nei quali è garantita la presenza paritetica di rappresentanti delle amministrazioni pubbliche (comprese le regioni) e delle parti sociali, per affrontare, in tali sedi, gli argomenti attribuiti dalla legge alla commissione (ad esempio l'elaborazione di linee metodologiche per la valutazione dello stress lavoro-correlato, l'individuazione delle regole di funzionamento della cosiddetta «patente a punti» per gli edili) e per i quali si prevedono attività finalizzate alla attuazione del testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
      Tali gruppi si sono regolarmente insediati e svolgono con continuità le attività ad essi attribuiti. All'esito delle attività istruttorie compiute in tali consessi, sono stati elaborati documenti di notevole importanza per gli operatori della salute e sicurezza sul lavoro e altri sono di prossima emanazione. Tra gli altri, si ricorda, che a seguito dell'adozione del parere sul concetto di «eccezionalità» di cui al punto 3.1.4 dell'allegato VI al decreto legislativo n.  81 del 2008, la commissione consultiva permanente – nella seduta del 18 aprile 2012 – ha ritenuto opportuno individuare specifiche procedure operative di sicurezza in materia di sollevamento di persone con attrezzature di lavoro non previste a tal fine al fine di garantirne la sicurezza nell'uso. Tali procedure costituiscono indicazioni di natura non vincolante per gli operatori e sono finalizzate a fornire indicazioni operative sulle modalità di utilizzo di dette attrezzature nei casi indicati dalla commissione.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha inoltre completato talune ulteriori attività previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, tra le quali occorre ricordare:
          la predisposizione, in data 17 novembre 2010, delle indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-correlato (articolo 28, comma 1-bis, del «testo unico») da parte della commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro, con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.  304 del 30 dicembre 2010;
          la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n.  159 dell'11 luglio 2011 del decreto interdipartimentale del 13 aprile 2011, recante: «di esposizioni in attuazione dell'articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n.  106 in materia di salute, e sicurezza sul lavoro» che disciplina le particolari modalità di svolgimento delle attività delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n.  381, delle organizzazioni di volontariato della protezione civile, compresi i volontari della Croce rossa italiana e del Corpo nazionale soccorso alpini e speleologico, e i volontari dei vigili del fuoco;
          la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n.  98 del 29 aprile 2011 – supplemento ordinario n.  111 – del decreto interministeriale dell'11 aprile 2011 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero della salute e con il Ministero dello sviluppo economico, che disciplina le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'allegato VII del decreto legislativo del 9 aprile 2008, n.  81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo;
          la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n.  60 del 12 marzo 2012 – supplemento ordinario n.  47 – dell'accordo, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n.  281 del 28 agosto 1997 tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, stipulato il 22 febbraio 2012, concernente l'individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell'articolo 73, comma 5, del decreto legislativo n.  81 del 9 aprile 2008, e successive modifiche e integrazioni;
          la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n.  83 dell'11 aprile 2011 del decreto del 4 febbraio 2011 «lavori su impianti elettrici ad alta tensione» a firma del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, che definisce i criteri per il rilascio delle autorizzazioni alle aziende che effettuano lavori sotto tensione, in attuazione dell'articolo 82, comma 2, del decreto legislativo n.  81 del 2008 e successive modifiche e integrazioni;
          l'istituzione, con decreto interministeriale del 27 maggio 2011 (pubblicato sul bollettino ufficiale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n.  6 del 30 giugno 2011), del comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici previsto dall'articolo 232, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 e successive modifiche e integrazioni.

      Merita menzione, inoltre, il decreto interministeriale recante: regole tecniche per la realizzazione ed il funzionamento del Sistema informativo nazionale per la Prevenzione (Sinp), ai sensi dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 2008, n.  81 e successive modifiche e integrazioni.
      Il Sinp, in particolare, mira a fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l'efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, nonché per indirizzare le attività di vigilanza, attraverso l'utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l'integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate.
      Su tale decreto è stato acquisito il parere favorevole della conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano. Sul provvedimento si è da ultimo espresso anche il Consiglio di Stato.
      Inoltre, nella medesima conferenza si sono perfezionati gli accordi concernenti gli articoli 34 e 37 del testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che disciplinano, rispettivamente, la formazione del datore di lavoro, che svolge in proprio dei compiti di prevenzione e protezione, e la formazione dei lavoratori, preposti e dirigenti. Tali accordi sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n.  8 dell'11 gennaio 2012.
      In ordine alle iniziative in materia di lavorazioni in «ambienti confinati», si evidenzia che nella Gazzetta Ufficiale n.  260 dell'8 novembre 2011 è stato pubblicato il decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 14 settembre 2011 recante: «norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati», a norma dell'articolo 6, comma 8 lettera g) del decreto legislativo n.  81 del 2008. Il decreto è frutto di un lavoro che ha coinvolto Stato, regioni e parti sociali nell'intento, da tutti condiviso, di predisporre misure innovative ed efficaci a contrasto al fenomeno degli infortuni, gravissimi per numero e drammatici per modalità, verificatisi, negli ultimi anni, nei lavori in ambienti cosiddetti «confinati», quali silos, cisterne e simili.
      A tal proposito si fa presente che, al fine di fornire soluzioni tecniche, organizzative e procedurali per i lavori da realizzare nelle diverse tipologie di ambienti sospetti di inquinamento o confinati, la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro – nella seduta del 18 aprile 2012 – ha adottato un manuale pratico. Tale manuale, come previsto dall'articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 2011, indica i contenuti di una procedura di sicurezza per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ed è rivolto a quanti operano a vario titolo in tale settore e, soprattutto, a tutte quelle micro e piccole imprese che si occupano di bonifiche e/o manutenzione in ambienti confinati.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali persegue l'obiettivo della riduzione del fenomeno infortunistico anche attraverso la massima efficacia delle attività di vigilanza sui luoghi di lavoro di propria competenza. In tali ambiti, ed in primo luogo nell'edilizia, è stata da tempo fornita alle strutture amministrative di riferimento l'indicazione di realizzare, innanzitutto, le attività dirette a perseguire le violazioni in materia di salute e sicurezza più gravi, in quanto in grado di mettere in pericolo la vita dei lavoratori. Tale impostazione ha consentito di raggiungere risultati molto soddisfacenti.
      Infine, va ricordato come il Ministero del lavoro e delle politiche sociali abbia predisposto e messo a disposizione dell'utenza una sezione del sito internet specificamente dedicata alla diffusione di notizie e pubblicazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
      Tutto quanto sin qui esposto consente di affermare come la riforma del quadro normativo volto a tutelare la salute e sicurezza sul lavoro abbia fornito l'Italia di un sistema di regole moderno e sistematicamente coeso, suscitando un interesse, finalmente non più solo specialistico, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro che costituisce, a sua volta, un importante punto di partenza per l'abbattimento del numero e della gravità degli infortuni.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la mattina del 28 maggio 2012 ha avuto luogo un grave incidente sul lavoro in un cantiere in via Val Padana, nel quartiere Montesacro a Roma;
          in detto incidente, a causa della caduta di una gru risulta che un operaio è deceduto mentre altri due sono rimasti feriti  –:
          l'esatta dinamica dell'incidente;
          se le misure di sicurezza previste dall'attuale normativa siano state rispettate;
          quali iniziative urgenti si intendano promuovere, sollecitare, adottare in ordine a quella che assume di giorno in giorno i contorni di una vera e propria strage.
(4-16408)

      Risposta. — L'interrogazione parlamentare in esame si riferisce all'incidente sul lavoro verificatosi il 28 maggio 2012 a Roma, durante i lavori di ristrutturazione di un edificio ubicato in via Val di Sangro, in cui sono rimasti coinvolti i signori Ioan Dragota e Constantin Barcoce, dipendenti della società Albertini Costruzioni snc di Roma.
      Nel rispondere ai primi due quesiti, ci si limiterà in questa sede, a riportare gli elementi informativi acquisiti presso la direzione territoriale del lavoro di Roma, nonché quelli forniti dall'Inail.
      Preliminarmente si precisa che i predetti lavoratori erano entrambi regolarmente assunti dalla società Albertini Costruzioni snc; nello specifico il signor Ioan Dragota era assunto dal 6 ottobre 2010 con contratto a tempo indeterminato con la qualifica di manovale edile ed il signor Costantin Barcoce dal 1o ottobre 2008 con contratto a tempo indeterminato part-time, anch'egli con la qualifica di manovale edile.
      Dagli accertamenti compiuti e dalle dichiarazioni acquisite in sede ispettiva è emerso che il giorno dell'infortunio i predetti lavoratori stavano eseguendo i lavori preparatori per la messa in sicurezza dei frontalini dei balconi, si trovavano, pertanto, ad una altezza di circa 14 metri da terra, all'interno di un cestello metallico posto sul braccio elevatore di una piattaforma area.
      A causa dell'improvviso cedimento del giunto intermedio che movimentava la seconda parte del braccio meccanico, il cestello precipitava e, urtando la ringhiera del secondo piano della palazzina, si ribaltava. Il signor Dragota veniva sbalzato fuori dal cestello e, pur rimanendo agganciato alla cintura di sicurezza collegata al cestello, colpiva con la testa il ponteggio, con conseguenze mortali. Il signor Barcoce, invece, nel tentativo di tenersi aggrappato al cestello, riportava delle escoriazioni alle braccia e al corpo.
      Da quanto finora accertato, sembra, quindi, che l'evento possa essere ricondotto ad un cedimento strutturale di uno snodo che ancorava il cestello al braccio elevatore.
      Si precisa, inoltre, che gli infortunati erano forniti di dispositivi di protezione individuale (casco, cinta, scarpe antinfortunistiche) ed avevano sostenuto regolari corsi di formazione sulla sicurezza sul lavoro.
      Per quanto riguarda l'erogazione delle prestazioni dovute per l'infortunio mortale del signor Dragota, la sede Inail competente, in base alle risultanze istruttorie, ha riscontrato che il lavoratore era divorziato e non aveva familiari conviventi in Italia. È stata quindi inviata all'Ambasciata di Romania la richiesta dello stato di famiglia per individuare l'eventuale sussistenza di aventi diritto alla rendita a superstiti prevista dall'articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica n.  1124 del 1965. È stata, inoltre, richiesta la documentazione necessaria per l'erogazione del beneficio previsto per i superstiti dei lavoratori vittime di infortuni mortali (legge n.  296 del 2006 successivi decreti ministeriali di attuazione). Verrà, inoltre, corrisposto l'assegno funerario – ai sensi del citato articolo 85 – a chiunque ne faccia domanda e dimostri di avere sostenuto le spese funerarie.
      Per quanto riguarda l'erogazione delle prestazioni dovute per l'infortunio occorso al signor Barcoce Costantin, la sede Inail competente, in base alle risultanze istruttorie, ha riconosciuto al lavoratore predetto un periodo di inabilità temporanea assoluta al lavoro ed ha corrisposto l'indennità economica prevista dall'articolo 66 del citato decreto del Presidente della Repubblica n.  1124 del 1965. Al termine del periodo di inabilità l'Inail provvederà all'accertamento degli eventuali postumi permanenti derivati dall'infortunio.
      Sul luogo dell'incidente sono intervenuti i vigili del fuoco e la polizia di Fidene (RM) mentre sono ancora in corso gli accertamenti di natura amministrativa da parte della direzione territoriale del lavoro di Roma. Si precisa, inoltre, che per l'accertamento delle cause e delle responsabilità dell'incidente è aperto un procedimento penale presso la competente procura della Repubblica di Roma.
      Nel rispondere all'ultimo quesito posto nell'interrogazione in esame, occorre precisare che il tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali costituisce obiettivo strategico del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'Inail, nell'ottica del tendenziale azzeramento del fenomeno infortunistico e tecnopatico.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, infatti, intende perseguire la promozione di comportamenti rispettosi delle norme di legge applicabili in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed efficaci in funzione prevenzionistica, sia completando l'attuazione del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 (testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) e successive modifiche e integrazioni, sia favorendo ogni iniziativa promozionale idonea a determinare un accrescimento delle conoscenze in materia di salute e sicurezza nelle aziende, nei lavoratori e negli studenti, con particolare attenzione all'aspetto della formazione.
      In relazione allo specifico e gravissimo problema degli infortuni sul lavoro si rende necessario intervenire sulla formazione-informazione dei lavoratori e delle imprese, nonché sulla prevenzione e sul rafforzamento dei controlli da parte degli enti preposti, al fine di promuovere una consapevolezza sempre più ampia sulle esigenze della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche, sociali è attivamente impegnato su tali fronti, nell'intento precipuo di favorire il dialogo e la collaborazione fra tutti i soggetti interessati, istituzionali e sociali, al fine di ridurre gli incidenti e le malattie professionali e la diffusione di sempre più elevati standards di sicurezza nei luoghi di lavoro. L'esistenza in concreto di una efficace strategia di contrasto al fenomeno infortunistico non passa solo attraverso il completamento, mediante le fonti di rango secondario previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, del quadro giuridico di riferimento ma anche attraverso la realizzazione di una serie di azioni pubbliche e private dirette a migliorare la prevenzione e i livelli di tutela in tutti gli ambienti di lavoro.
      Per tale ragione, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta attivando ogni possibile sinergia con soggetti pubblici e privati, al fine di migliorare «l'impatto» delle rispettive attività in termini di efficacia.
      In tale ottica si colloca, ad esempio, la definizione, con accordo in conferenza Stato-regioni del 20 novembre 2008, dei criteri di impiego e l'attivazione delle somme (pari a 50 milioni di euro) di cui all'articolo 11, comma 7, del testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, da destinare in favore di attività promozionali della salute e sicurezza, tra le quali una campagna di comunicazione (per complessivi 20 milioni di euro) sulla salute e sicurezza sul lavoro ed attività di formazione su base regionale (per complessivi 30 milioni di euro).
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali – in attuazione del predetto articolo 11 – ha, inoltre, partecipato alla programmazione, alla predisposizione nonché al cofinanziamento della campagna nazionale a sostegno del piano di prevenzione sulle malattie professionali. Tale campagna promossa insieme all'Inail, al Ministero della salute, alle regioni ed alle province autonome, in collaborazione con le organizzazioni sindacali e di rappresentanza dei datori di lavoro, ha l'obiettivo di richiamare l'attenzione di tutti i soggetti coinvolti sui principali fattori di rischio.
      Con il decreto correttivo n.  106 del 2009 si è poi consentito il superamento delle difficoltà operative da più parti evidenziate nel corso dei primi mesi di applicazione del testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, perfezionando, in tal modo, il quadro normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e rendendolo, oltre che pienamente coerente con le normative internazionali e comunitarie in materia, idoneo a costituire il fondamento giuridico della strategia di contrasto al fenomeno infortunistico.
      L'imprescindibile finalità delle misure varate resta quella di rendere maggiormente effettiva la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro secondo linee di azione consistenti, tra l'altro, nel miglioramento dell'efficacia dell'apparato sanzionatorio al fine precipuo di assicurare una migliore corrispondenza tra infrazioni e sanzioni.
      A tale scopo si tiene conto dei compiti effettivamente svolti da ciascun attore della sicurezza, favorendo l'utilizzo di procedure di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi mediante regolarizzazione da parte del soggetto inadempiente. La sanzione penale è riservata ai soli casi di violazione delle disposizioni sostanziali e non di quelle meramente formali (come, ad esempio, la trasmissione di documentazione, notifiche, eccetera).
      Tutti gli interventi proposti garantiscono, in ogni caso, il rispetto dei livelli di tutela oggi assicurati ai lavoratori e alle loro rappresentanze in qualsiasi ambiente di lavoro e in tutto il territorio nazionale nonché l'equilibrio delle competenze tra lo Stato e le regioni in materia.
      Il risultato finale dell'intervento legislativo di riforma potrà comunque compiutamente apprezzarsi una volta che verrà completata l'emanazione di provvedimenti attuativi del testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di grande rilevanza e impatto sulle aziende e sui lavoratori.
      Molte delle iniziative dirette alla attuazione delle disposizioni del testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sono devolute dal legislatore alla commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro (ex articolo 6 del decreto legislativo n.  81 del 2008), composta, in maniera paritaria e tripartita da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali competenti in materia, delle regioni, dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro.
      Ricostituita con decreto ministeriale del 3 dicembre 2008, la commissione ha costituito al suo interno nove gruppi «tecnici» di lavoro, nei quali è garantita la presenza paritetica di rappresentanti delle amministrazioni pubbliche (comprese le regioni) e delle parti sociali, per affrontare, in tali sedi, gli argomenti attribuiti dalla legge alla commissione (ad es. l'elaborazione di linee metodologiche per la valutazione dello stress lavoro-correlato, l'individuazione delle regole di funzionamento della cosiddetta «patente a punti» per gli edili) e per i quali si prevedono attività finalizzate alla attuazione del testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
      Tali gruppi si sono regolarmente insediati e svolgono con continuità le attività ad essi attribuiti. All'esito delle attività istruttorie compiute in tali consessi, sono stati elaborati documenti di notevole importanza per gli operatori della salute e sicurezza sul lavoro e altri sono di prossima emanazione. Tra gli altri, si ricorda, che a seguito dell'adozione del parere sul concetto di «eccezionalità» di cui al punto 3.1.4 dell'allegato VI al decreto legislativo n.  81 del 2008, la commissione consultiva permanente – nella seduta del 18 aprile 2012 – ha ritenuto opportuno individuare specifiche procedure operative di sicurezza in «materia di sollevamento di persone con attrezzature di lavoro non previste a tal fine» allo scopo di garantirne la sicurezza nell'uso. Tali procedure costituiscono indicazioni di natura non vincolante per gli operatori e sono finalizzate a fornire indicazioni operative sulle modalità di utilizzo di dette attrezzature nei casi indicati dalla commissione.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha completato talune ulteriori attività previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008, tra le quali occorre ricordare:
          la predisposizione, in data 17 novembre 2010, delle indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-correlato (articolo 28, comma 1-bis, del «testo unico») da parte della commissione consultiva per la salute e sicurezza sul lavoro, con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.  304 del 30 dicembre;
          la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n.  159 dell'11 luglio 2011 del decreto interdipartimentale del 13 aprile 2011, recante: «disposizioni in attuazione dell'articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n.  106 in materia di salute e sicurezza sul lavoro» che disciplina le particolari modalità di svolgimento delle attività delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n.  381, delle organizzazioni di volontariato della Protezione civile, compresi i volontari della Croce rossa italiana e del corpo nazionale soccorso alpini e speleologico, e i volontari dei vigili del fuoco;
          la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n.  98 del 29 aprile 2011 – supplemento ordinario n.  111 – del decreto interministeriale dell'11 aprile 2011 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero della salute e con il Ministero dello sviluppo economico, che disciplina le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'allegato VII del decreto legislativo del 9 aprile 2008, n.  81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo;
          la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n.  60 del 12 marzo 2012 – supplemento ordinario n.  47 – dell'accordo, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo n.  281 del 28 agosto 1997 tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, stipulato il 22 febbraio 2012, concernente l'individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori, nonché le modalità per il riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validità della formazione, in attuazione dell'articolo 73, comma 5, del decreto legislativo n.  81 del 9 aprile 2008, e successive modifiche e integrazioni;
          la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n.  83 dell'11 aprile 2011 del decreto del 4 febbraio 2011 «lavori su impianti elettrici ad alta tensione» a firma del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, che definisce i criteri per il rilascio delle autorizzazioni alle aziende che effettuano lavori sotto tensione, in attuazione dell'articolo 82, comma 2, del decreto legislativo n.  81 del 2008 e successive modifiche e integrazioni;
          l'istituzione, con decreto interministeriale del 27 maggio 2011 (pubblicato sul bollettino ufficiale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n.  6 del 30 giugno 2011), del Comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici previsto dall'articolo 232, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 e successive modifiche e integrazioni.

      Merita menzione, inoltre, il decreto interministeriale recante regole tecniche per la realizzazione ed il funzionamento del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (Sinp), ai sensi dell'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 2008 n.  81 e successive modifiche e integrazioni.
      Il Sinp, in particolare, mira a fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l'efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, nonché per indirizzare le attività di vigilanza, attraverso l'utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l'integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate.
      Su tale decreto è stato acquisito il parere favorevole della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano. Da ultimo, sul provvedimento si è espresso il Consiglio di Stato.
      Inoltre, nella medesima conferenza si sono perfezionati gli accordi concernenti gli articoli 34 e 37 del testo unico in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che disciplinano, rispettivamente, la formazione del datore di lavoro, che svolge in proprio dei compiti di prevenzione e protezione, e la formazione dei lavoratori, preposti e dirigenti. Tali accordi sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n.  8 dell'11 gennaio 2012.
      In ordine alle iniziative in materia di lavorazioni in «ambienti confinati», si evidenzia che nella Gazzetta Ufficiale n.  260 dell'8 novembre 2011 è stato pubblicato il decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 14 settembre 2011 recante: «Norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati», a norma dell'articolo 6, comma 8 lettera g) del decreto legislativo n.  81 del 2008: Il decreto è frutto di un lavoro che ha coinvolto Stato, regioni e parti sociali nell'intento, da tutti condiviso, di predisporre misure innovative ed efficaci a contrasto al fenomeno degli infortuni, gravissimi per numero e drammatici per modalità, verificatisi, negli ultimi anni, nei lavori in ambienti cosiddetti «confinati», quali silos, cisterne e simili.
      A tal proposito si fa presente che, al fine di fornire soluzioni tecniche, organizzative e procedurali per i lavori da realizzare nelle diverse tipologie di ambienti sospetti di inquinamento o confinati, la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro – nella seduta del 18 aprile 2012 – ha adottato un manuale pratico. Tale manuale, come previsto dall'articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n.  177 del 2011, indica i contenuti di una procedura di sicurezza per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ed è rivolto a quanti operano a vario titolo in tale settore e, soprattutto, a tutte quelle micro e piccole imprese che si occupano di bonifiche e/o manutenzione in ambienti confinati.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali persegue l'obiettivo della riduzione del fenomeno infortunistico anche perseguendo la massima efficacia delle attività di vigilanza sui luoghi di lavoro di propria competenza. In tali ambiti, ed in primo luogo nell'edilizia, è stata da tempo fornita alle strutture amministrative di riferimento l'indicazione di realizzare, innanzitutto, le attività dirette a perseguire le violazioni in materia di salute e sicurezza più gravi, in quanto in grado di mettere in pericolo la vita dei lavoratori. Tale impostazione ha consentito di raggiungere risultati molto soddisfacenti.
      Infine, va ricordato come il Ministero del lavoro e delle politiche sociali abbia predisposto e messo a disposizione dell'utenza una sezione del sito internet specificamente dedicata alla diffusione di notizie e pubblicazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
      Tutto quanto sin qui esposto consente di affermare come la riforma delle regole volte a tutelare la salute e sicurezza sul lavoro abbia fornito l'Italia di un sistema di regole moderno e sistematicamente coeso, suscitando un interesse, finalmente non più solo specialistico, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro che costituisce, a sua volta, un importante punto di partenza per l'abbattimento del numero e della gravità degli infortuni.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.


      FAVA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          a seguito degli eventi alluvionali che hanno provocato gravi danni in tutto il territorio toscano culminando nei tragici eventi accaduti nel comune di Massa, con lo scopo di verificare le responsabilità politiche ed amministrative degli enti locali, l'interrogante entrava in possesso del «Rapporto generale di monitoraggio strategico 2009» elaborato dalla regione Toscana. Si puntava l'attenzione sullo stato di attuazione degli accordi di programma quadro siglati fra Stato e regione Toscana a seguito dell'Intesa Istituzionale di Programma sottoscritta nel 1999;
          l'accordo di programma quadro (APQ), vero e proprio strumento attuativo dell'Intesa istituzionale di programma, definisce:
              a) gli interventi da realizzare, specificandone i tempi e le modalità di attuazione;
              b) i soggetti responsabili dell'attuazione dei singoli interventi;
              c) la copertura finanziaria degli interventi, distinguendo tra le diverse fonti di finanziamento;
              d) le procedure ed i soggetti responsabili per il monitoraggio e la verifica dei risultati;
              e) gli impegni di ciascun soggetto firmatario e gli eventuali poteri sostitutivi in caso di inerzie, ritardi o inadempienze;
              f) i procedimenti di conciliazione o definizione dei conflitti tra i soggetti partecipanti all'Accordo;

          si tratta quindi di uno strumento di programmazione operativa che consente di dare immediato avvio agli investimenti previsti. L'accordo di programma quadro è sottoscritto dalla regione, dal Ministero dell'economia e delle finanze, nonché dalla o dalle amministrazioni centrali competenti a seconda della natura e del settore di intervento previsti;
              le funzioni di pianificazione, programmazione e controllo per la difesa del suolo sono di competenza delle autorità di bacino e della regione;
          l'attuazione degli interventi strategici di interesse regionale sono di competenza della regione, in concerto con le province, i comuni, i consorzi di bonifica e le comunità montane;
          l'azione regionale dovrebbe essere indirizzata a sostenere il processo di attuazione dell'intesa istituzionale di programma del marzo 1999;
          tale processo viene realizzato attraverso la messa a punto e la sottoscrizione di specifici accordi di programma quadro attuativi;
          la regione Toscana, nel corso degli anni, ha firmato svariati accordi di programma quadro ed atti integrativi degli stessi nei seguenti settori: beni culturali, asili nido, infrastrutture per il territorio, ricerca e trasferimento tecnologico, competitività dei territori e delle imprese, infrastrutture di trasporto, difesa del suolo e tutela delle risorse idriche, società dell'informazione. Non sono considerati gli accordi di programma quadro per gli investimenti sanitari;
          per la «difesa del suolo e tutela di risorse idriche», alla data del 30 dicembre 2009 sono stati sottoscritti e firmati sei accordi di programma quadro comprensivi dei relativi atti integrativi;
          come risulta dal rapporto generale di monitoraggio al 31 dicembre 2008, erano classificate come criticità finanziaria risorse pari a 173,25 milioni di euro (1,4 per cento del totale) e riguardavano interventi che, alla data di monitoraggio, erano privi di copertura finanziaria e risultavano concentrate nel settore dei trasporti, deducendo così che tutti gli altri interventi avevano la copertura finanziaria necessaria;
          come risulta dall'allegato al rapporto generale di monitoraggio strategico 2009, alla pagina 30, le risorse programmate per tutti gli accordi di programma quadro (escluso la sanità) ammontano nel complesso a 12.449,7 milioni di euro;
          come si evince dal testo dell'intesa istituzionale di programma tra il Governo della Repubblica e la regione Toscana, sottoscritta in data 3 marzo 1999, la difesa del suolo avrebbe dovuto costituire l'obiettivo primario con priorità assoluta del piano, in quanto, si legge «la presenza di condizioni di disequilibrio e di degrado espongono il territorio toscano a ricorrenti calamità quali alluvioni, frane, siccità, degrado qualitativo. I problemi idrici determinano il costante permanere di condizioni di rischio non solo in termini di incolumità delle popolazioni, ma anche in termini di precarietà delle attività umane presenti.»;
          l'analisi si è limitata a verificare gli accordi di programma quadro riguardanti la «Difesa del suolo e tutela risorse idriche» e, stando ai dati forniti dagli uffici della giunta al consiglio regionale e dagli atti presentati dalla giunta al consiglio, risulterebbe una estrema inefficienza sia nella programmazione che nel controllo degli interventi stabiliti negli accordi di programma quadro;
          i dati elaborati infatti sembrerebbero evidenziare che nell'accordo di programma quadro sottoscritto nel 1999 risulterebbero ancora da finire più del 70 per cento degli interventi previsti, nell'accordo di programma quadro sottoscritto nel 2002 come atto integrativo, risulterebbero ancora da finire all'incirca l'87 per cento degli interventi previsti, nell'accordo di programma quadro sottoscritto nel 2003 come II atto integrativo, risulterebbero ancora da finire all'incirca più dell'80 per cento degli interventi previsti, nell'accordo di programma quadro sottoscritto nel 2003 come III atto integrativo, risulterebbero ancora da finire tutti gli interventi previsti, nell'accordo di programma quadro sottoscritto nel 2006 come I atto integrativo – settore difesa del suolo – risulterebbero ancora da finire all'incirca il 90 per cento degli interventi previsti, nell'accordo di programma quadro sottoscritto nel 2007 risulterebbero ancora da finire tutti gli interventi previsti;
          la maggior parte dei lavori supera abbondantemente la data di fine esecuzione prevista negli accordi di programma quadro;
          l'avanzamento della spesa per il settore difesa del suolo e tutela risorse idriche è stata solo del 5 per cento nel corso dell'anno 2009 e del 46 per cento in totale  –:
          se il Ministro sia a conoscenza della situazione e intenda verificare le modalità con cui sono state utilizzate, dal 1999 ad oggi, le risorse economiche indicate in tutti gli accordi di programma quadro sottoscritti dalla regione Toscana, monitorando lo stato di realizzazione degli interventi e la loro effettiva funzionalità, anche effettuando le opportune segnalazioni agli organi competenti in relazione alle eventuali responsabilità sul piano amministrativo-contabile. (4-13904)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
      Alla sessione di monitoraggio del 30 aprile 2012 gli interventi attivati in accordi di programma quadro in materia di «difesa del suolo» ammontano complessivamente a 189, con costi programmati pari a euro 154.269.042,54, di cui realizzati euro 101.116.960,52. L'indice di realizzazione, pari al 65,5 per cento presenta un incremento del 21,1 per cento rispetto al 31 dicembre 2009.
      Nel periodo di riferimento 31 dicembre 2009 – 30 aprile 2012, un intervento è passato dalla sezione programmatica a quella attuativa (TOSDQ3), con un investimento pari a euro 6.510.000,00, mentre n.  12 interventi – per un valore complessivo di investimenti previsti di euro 32.432.029,81 – sono stati annullati a seguito di decisione concordata nel tavolo dei sottoscrittori per le seguenti motivazioni:
          non prevedevano risorse Fondo aree sottoutilizzate;
          mancavano dei necessari requisiti tecnico-finanziari.

      Alcuni di tali interventi sono stati già finanziati nell'ambito di accordi di programma, mentre per altri è previsto l'inserimento in atti di programmazione regionale quando se ne realizzeranno le condizioni tecnico-finanziarie.
      A parità di interventi (188) – al netto dell'intervento inserito nel 2010, che ovviamente presenta un minore stato di avanzamento – l'incremento dei costi realizzati tra il 31 dicembre 2009 e il 30 aprile 2012 è del 24,1 per cento mentre l'indice di realizzazione è del 68,5 per cento ed è in linea con l'andamento generale dell'intesa, che al 30 aprile 2012 è pari al 70,2 per cento.
      Al 30 aprile 2012 i progetti posti nello stato di concluso sono 149 (con un incremento di 99 rispetto al monitoraggio del 31 dicembre 2009); ulteriori 12 progetti hanno in corso l'espletamento delle ultime fasi procedurali e contabili e presentano costi realizzati pari al 100 per cento.
Il Ministro dello sviluppo economico: Corrado Passera.


      FIANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          nella seduta del Senato del 22 settembre 2010, il Sottosegretario di Stato per l'interno Mantovano ha reso un'ampia informativa sull'assassinio del sindaco di Pollica Angelo Vassallo, ucciso il 6 settembre 2010. Il Sottosegretario ha riferito che le indagini, coperte dal segreto e coordinate dalla direzione distrettuale antimafia di Salerno, sono state immediatamente avviate dall'Arma dei carabinieri, dalla squadra mobile di Salerno e da personale altamente specializzato dei ROS, dello SCO, dello SCICO oltre che della DIA di Salerno e non trascurano alcuna ipotesi, tanto meno quella di un agguato di stampo camorristico tenuto conto sia dell'impegno del sindaco Vassallo contro fenomeni come il traffico di droga e gli appalti irregolari sia dei crescenti segnali di interesse da parte della criminalità organizzata al territorio del Cilento finora esente da insediamenti camorristici;
          il Sottosegretario ha evidenziato l'estrema gravità di un atto quale l'assassinio di un sindaco, anche alla luce delle competenze assegnate a tale figura di amministratore, garantendo l'impegno del Governo tanto nel seguire le indagini sull'uccisione di Angelo Vassallo quanto nel garantire che i sindaci possano esercitare le loro delicate funzioni in un contesto di legalità e di sicurezza;
          a circa due mesi dalla scomparsa del sindaco Vassallo non ci sono notizie circa i mandanti dell'omicidio, ne altre informazioni in merito alle indagini;
          l'informativa fornita dal Sottosegretario riguarda indicazioni relative, ad un contesto territoriale molto ampio, comprensivo dell'intera provincia di Salerno e della regione Campania, e non pare cogliere, ad avviso dell'interrogante, riferimenti attinenti al pezzo di territorio in cui Vassallo è stato barbaramente trucidato;
          il Cilento è evidentemente ritenuto esente da infiltrazioni camorristiche conclamate, ma non esistono zone franche rispetto ai fenomeni di criminalità organizzata e da tempo vengono segnalati noti fenomeni di penetrazione camorristica nelle zone limitrofe al comune di Pollica;
          lo stesso Sottosegretario nell'informativa resa in Assemblea del Senato ha confermato che proprio ad Acciaroli ha dimorato in soggiorno obbligato per un lungo periodo, fino alla metà degli anni 90, il calabrese capo ’ndrina Franco Muto e ha riferito che viene segnalata da tempo, in particolare nelle relazioni della direzione investigativa antimafia, una situazione di fermento della criminalità organizzata nella provincia di Salerno;
          il Sottosegretario ha ritenuto di non fornire i numeri dettagliati delle forze in campo tra polizia di Stato, carabinieri e Guardia di finanza nel territorio di Salerno e provincia;
          Angelo Vassallo teneva molto, per quanto rientrava nelle sue possibilità e competenze, ad evitare che il territorio di Pollica fosse preso di mira dal traffico di droga, è noto infatti, che trattandosi di un sito turistico dotato di porto e con numerosi locali pubblici, li esiste un consistente volume di traffico e spaccio di stupefacenti;
          la camorra va dove ci sono interessi economici consistenti. E perciò oggi, dopo quell'efferato omicidio, è indispensabile assumere un grande impegno, sotto il profilo della prevenzione, per ridare sicurezza e fiducia al futuro delle comunità locali;
          un comprensorio così vasto come quello del Cilento, un comune così esteso come quello di Pollica, vanno tutelati attraverso presidi più adeguati e una dotazione numericamente più consistente sia per la magistratura inquirente che per le forze dell'ordine, anche e soprattutto ai fini di un controllo capillare dei territori più esposti e più sensibili. È questo che è emerso dalle dichiarazioni del procuratore distrettuale di Salerno, dottor Franco Roberti, titolare dell'ufficio che coordina le indagini, durante l'incontro con un gruppo di colleghi parlamentari della Commissione antimafia;
          non risulta che dopo l'assassinio del sindaco Vassallo ci sia stato un incremento di presidi delle forze di polizia sul territorio  –:
          quale sia il dettaglio dei numeri delle forze in campo tra polizia di Stato, carabinieri e Guardia di finanza nel territorio di Salerno e provincia con particolare riferimento al comune di Pollica ed i comuni limitrofi e se, dal mese di settembre 2010, vi sia stato un incremento delle presenze impegnate sugli stessi territori;
          se il Ministro interrogato non ritenga di assicurare un impegno reale nella lotta alla criminalità a partire da una dotazione più adeguata di uomini e risorse per le forze inquirenti nonché da presidi di forze dell'ordine in numero tale da assicurare la tutela del territorio;
          quali siano le iniziative che si intendono adottare per riaffermare nei territori ad infiltrazione mafiosa la presenza dello Stato, anche a tutela di posizioni così delicate e oggi particolarmente sovraesposte come quelle proprie dei sindaci.
(4-09387)

      Risposta. — Le indagini sull'omicidio del sindaco del comune di Pollica, Angelo Vassallo, coordinate dalla direzione distrettuale antimafia di Salerno, sono condotte, con sinergia operativa, dal servizio centrale operativo della polizia di Stato insieme alla sezione criminalità organizzata della squadra mobile di Salerno, al reparto operativo carabinieri Salerno, al raggruppamento operativo speciale dei carabinieri e dal gruppo investigazioni sulla criminalità organizzata della guardia di finanza.
      Tale «pool» investigativo ha la finalità di fare piena luce sugli autori materiali del delitto e sul movente; gli inquirenti, infatti, stanno verificando ed approfondendo ogni aspetto ritenuto d'interesse sia nel contesto dell'attività amministrativa condotta dal Vassallo, che in quello connesso alle relazioni professionali, familiari e personali del medesimo, nonché su possibili connessioni dell'omicidio con tentativi di investimento nel settore edilizio da parte di soggetti collegati alla criminalità organizzata, o con attività di traffico e di spaccio di sostanze stupefacenti. Pertanto non viene, allo stato, esclusa alcuna ipotesi d'indagine.
      Per quanto attiene la presenza e la distribuzione delle forze dell'ordine nel Cilento, si evidenzia che la polizia di Stato è presente nel territorio con il commissariato di pubblica sicurezza di Battipaglia, con i posto polfer di Sapri e con il distaccamento della polizia stradale di Vallo della Lucania.
      L'Arma dei carabinieri risulta impegnata con le compagnie di Agropoli, di Vallo della Lucania e di Sapri, rispettivamente con 12, 13 e 9 stazioni.
      Complessivamente, l'Arma impiega più di 350 militari ed il rapporto tra il loro numero e quello degli abitanti (pari a 1/781) è pressoché in linea con il dato provinciale (pari a 1/728), regionale (pari a 1/778) e quello nazionale (pari a 1/769).
      Infine, la guardia di finanza è presente con la compagnia di Agropoli, le tenenze di Sapri e di Vallo della Lucania, le Brigate di Marina di Casalvelino, di Santa Maria di Castellabate e di Marina di Camerota.
      Si evidenzia che nell'eventualità di programmi di controllo straordinario del territorio, il citato dispositivo territoriale viene supportato da unità specializzate provenienti dai reparti prevenzione crimine della polizia di Stato.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.


      FRASSINETTI, CECCACCI RUBINO, CATANOSO, FAENZI, REPETTI, BIANCOFIORE, BOCCIARDO, SALTAMARTINI e GIAMMANCO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          da fonti stampa risulta che negli scorsi mesi la Guardia di finanza ha scoperto a Mirandola (Modena) un casolare adibito a laboratorio clandestino di sperimentazione e ricerca sugli animali in cui, senza alcuna autorizzazione ed in condizioni igieniche pessime, si compivano atroci esperimenti e vivisezioni su animali vivi e test su dispositivi medici;
          la Guardia di finanza ha disposto l'immediato sequestro del casolare e delle attrezzature di laboratorio denunciando varie persone tra cui il responsabile del laboratorio;
          risulta che da un comunicato stampa della Lega antivivisezione del 22 dicembre 2011 l'università degli studi di Modena, autorizzata ai sensi del decreto legislativo n.  116 del 1992 ad effettuare test su animali, avrebbe richiesto un'autorizzazione in deroga per un progetto di ricerca senza uso di anestesia formulata proprio a nome del responsabile del laboratorio non autorizzato, indagato ed ora condannato per sperimentazione illegale su animali;
          è inaccettabile che l'università degli studi di Modena, prestando di fatto il proprio nome, consenta ad una persona indagata per reati tanto gravi di continuare ad effettuare esperimenti simili a quelli effettuati, presumibilmente, in maniera illecita sino a quel momento, con il rischio di prestarsi a un tentativo in extremis di regolarizzare un'attività sino a quel momento pienamente illegale  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto descritto in premessa ed, effettuate le idonee verifiche, se considerino opportuno negare all'università degli studi di Modena l'autorizzazione ad intraprendere il progetto di ricerca richiesto, verificando al contempo se gli organi dell'università di Modena, al momento della succitata richiesta di autorizzazione in deroga, fossero a conoscenza dei presunti e gravi illeciti commessi dal responsabile del laboratorio clandestino. (4-14348)

      Risposta. — L'impiego di animali ai fini sperimentali, in Italia, è disciplinato dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.  116, nel quale si prevede, tra l'altro, che l'impiego di animali in assenza di anestesia possa avvenire soltanto dopo il rilascio di una specifica autorizzazione concessa dal Ministero della salute, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, e solamente presso stabilimenti utilizzatori autorizzati dal Ministero della salute ai sensi dell'articolo 12.
      Per tutti gli esperimenti che ricadono nell'ambito della specifica autorizzazione ministeriale, trattandosi di progetti che richiedono una valutazione complessa sotto il profilo tecnico-scientifico in ordine alla indispensabilità dell'esperimento, alla non esistenza di metodi alternativi ed alla inutile ripetizione di esperimenti, il Ministero della salute si avvale del parere, previo preventivo esame, dell'Istituto superiore di sanità.
      Come indicato nell'interrogazione parlamentare in esame, l'università degli studi di Modena e Reggio Emilia ha presentato al Ministero della salute una richiesta di autorizzazione in deroga, ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo n.  116/92, per prove di biocompatibilità di materiali o dispositivi medici e dove il responsabile della ricerca risulta essere una persona denunciata per esercizio abusivo di test su animali.
      Al riguardo si precisa che la richiesta è stata inviata, in data 16 aprile 2011, dall'università degli studi di Modena e Reggio Emilia ed è stata esaminata dagli uffici competenti di questo Ministero e successivamente trasmessa, in data 6 maggio 2011, all'Istituto superiore di sanità, per le previste valutazioni tecnico-scientifiche.
      Il Ministero della salute è di seguito intervenuto presso la procura della Repubblica di Modena per acquisire ulteriori informazioni in merito alla situazione segnalata.
      Ad oggi, questo Ministero non ha rilasciato alcuna autorizzazione per il progetto di ricerca in questione.
      Per gli aspetti di propria competenza, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha segnalato che l'università degli studi di Modena e Reggio Emilia è autorizzata all'impiego di animali ai fini sperimentali, quale stabilimento utilizzatore, con decreto ministeriale n.  268/2011-A del 14 dicembre 2011.
      Una delle strutture che costituiscono lo stabilimento utilizzatore è il centro di servizi «Stabulario interdipartimentale» (CSSI).
      Il centro di servizi Stabulario interdipartimentale ha il fine di sostenere l'attività scientifica dei ricercatori, consentendo loro di svolgere ricerca scientifica «in vivo» in conformità alla normativa vigente ed alle linee guida della «Federation of european laboratori animal science associations» (Felasa), e mettendo a disposizione degli utenti, interni ed esterni, le strutture, il personale e le attrezzature di base per il mantenimento degli animali e per l'effettuazione delle procedure sperimentali.
      L'esecuzione degli esperimenti è ammessa solo a seguito del parere favorevole del Comitato etico per la sperimentazione animale universitario.
      Nel caso in questione, il centro di servizi Stabulario interdipartimentale non ha potuto dare seguito alla richiesta, avanzata dallo sperimentatore, di utilizzo dei propri locali, presentando ragioni di opportunità.
      Il centro di servizi Stabulario interdipartimentale ha sospeso l'istruttoria relativa all'autorizzazione, che non è stata rilasciata, per cui l'esperimento non ha avuto inizio.
      I locali del centro di servizi Stabulario interdipartimentale non sono mai stati utilizzati dallo sperimentatore.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Adelfio Elio Cardinale.


      GARAVINI, GIANNI FARINA e PORTA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          il consolato generale d'Italia a Colonia ha introdotto il sistema di prenotazione appuntamenti on line per i servizi consolari;
          tale sistema penalizza i soggetti che non hanno dimestichezza con i sistemi informatici e, in particolare, le persone anziane che non dispongono di connessioni internet e di computer;
          più in generale, gli utenti del consolato protestano per le lunghe attese cui sono costretti per fruire dei servizi consolari; l'appuntamento viene mediamente fissato nel termine di tre mesi, a cui va aggiunto il tempo necessario per l'effettivo rilascio dei documenti che, nel caso del passaporto, supera la durata di alcune settimane;
          il rilascio in tempi brevi delle carte d'identità e del passaporto è da considerarsi un servizio fondamentale, poiché tali documenti servono a dimostrare la regolarità del soggiorno nel paese di residenza e risultano necessari per il disbrigo delle attività quotidiane;
          soprattutto in prossimità del periodo estivo e delle vacanze, il pronto rilascio dei documenti d'identità diventa necessario affinché i cittadini possano intraprendere viaggi, varcare i confini e fare ritorno nel Paese d'origine, con evidenti effetti benefici anche per l'economia nazionale  –:
          come il Ministro interrogato intenda intervenire per garantire a tutti i cittadini un agevole accesso ai servizi consolari;
          se intenda pervenire a una riduzione dei tempi di attesa per la fruizione dei servizi consolari, eventualmente ricorrendo a una riorganizzazione del personale e a un suo rafforzamento, anche previa assunzione di cittadini residenti in loco. (4-16583)

      Risposta. — La Farnesina è fortemente impegnata ad ottimizzare la prestazione dei servizi agli italiani all'estero, anche tramite l'adozione di nuove tecnologie e metodi di lavoro. L'amministrazione degli esteri ha già realizzato e sta lavorando a sistemi informatici innovativi che consentono di ridurre i tempi di trattazione delle richieste dei connazionali, migliorare la comunicazione con gli uffici consolari e assicurare un utilizzo più efficiente delle risorse umane e finanziarie.
      In tale quadro si inserisce il completamento dell'installazione presso l'intera rete diplomatico-consolare del Sistema integrato di funzioni consolari (SIFC), al fine di consentire ai nostri connazionali di fruire mediante un apposito portale dei «servizi consolari on-line», attualmente già in fase di avanzata sperimentazione presso alcune sedi.
      L'utente, una volta registratosi sul portale, potrà accedere ad una serie di servizi-base, suscettibili di un graduale incremento. È peraltro già attivo e largamente utilizzato il servizio «prenota appuntamenti on-line» presso le principali Sedi della rete diplomatico-consolare. Tuttavia, l'introduzione delle innovazioni informatiche non comporta l'abbandono dei tradizionali sistemi di comunicazione con i cittadini. Questi ultimi possono infatti rivolgersi agli uffici consolari per ottenere informazioni circa i servizi erogati sia personalmente che con i consueti mezzi telefonici. Proprio a tal fine infatti sono stati modernizzati i centralini telefonici di molti uffici consolari.
      A Colonia, in particolare, il sistema della prenotazione on-line degli appuntamenti non preclude al connazionale la possibilità di essere ricevuto presso l'ufficio consolare senza appuntamento per comprovati motivi di urgenza, con particolare riguardo a quelli legati a salute, lavoro, studio, furto o smarrimento del documento. Si è dunque in presenza di un sistema flessibile che consente da un lato di elevare gli standard di efficienza e di trasparenza nell'erogazione dei servizi consolari, dall'altro di venire incontro alle esigenze dell'utenza. In media l'ufficio passaporti/carte d'identità del consolato generale d'Italia a Colonia riceve 70 connazionali al giorno, di cui solo 30 con appuntamento. Sempre in considerazione delle difficoltà che alcuni connazionali, in particolare le persone anziane, possono incontrare con i sistemi informatici, a Colonia è stata prevista la possibilità di richiedere telefonicamente l'assistenza dell'ufficio passaporti/carte d'identità per la prenotazione dell'appuntamento, chiamando un numero appositamente attivato in una determinata fascia oraria, e di farsi prenotare l'appuntamento direttamente dall'operatore consolare recandosi presso l'ufficio.
      I tempi di rilascio del passaporto sono fissati dalla normativa vigente in materia (articolo 8 della legge n. 1185 del 1967) in quindici giorni dal ricevimento della domanda. Ove si renda necessario il completamento dell'istruttoria il suddetto termine viene prorogato di altri quindici giorni.
      Fino a poche settimane fa sulla durata dell'istruttoria incidevano significativamente i tempi di risposta delle questure legati alle imprescindibili verifiche delle cause ostative al rilascio del passaporto. Il 6 giugno scorso è entrato in funzione, presso tutti gli uffici consolari, un nuovo sistema informatico che, consentendo la verifica in tempo reale di eventuali cause ostative, permette di ridurre al minimo i tempi di rilascio del passaporto ai cittadini italiani residenti all'estero. Grazie al nuovo programma, realizzato dal Ministero degli affari esteri in collaborazione con il Ministero dell'interno e l'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, i tempi di svolgimento dei controlli di rito passano dagli attuali 15/30 giorni a pochi minuti, qualora non vi siano ulteriori accertamenti da esperire.
      Si è lavorato alacremente affinché l'installazione e la messa in esercizio del nuovo software avvenissero prima della stagione estiva, durante la quale le domande di rilascio di passaporti toccano il loro picco, proprio per venire incontro alle esigenze dell'utenza.
      Quanto, infine, alla carta d'identità, si segnala che essa può essere rilasciata ai connazionali iscritti all'Aire soltanto previa acquisizione del nulla osta del comune italiano di riferimento. Sui tempi di rilascio incidono dunque i tempi di risposta dei comuni. A Colonia i tempi medi di rilascio sono di due/tre settimane dalla presentazione della richiesta.
      Le attuali gravi carenze di risorse umane e finanziarie a disposizione del Ministero degli affari esteri non consentono un rafforzamento del personale di ruolo e a contratto del Consolato generale a Colonia, sede che dispone comunque di un organico analogo a quello di uffici consolari di dimensione equivalente in Europa.
      Il personale attualmente in servizio presso la sede è articolato come segue:
          a) Personale di ruolo: 10 unità;
          b) Personale a contratto: 18 unità.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Staffan de Mistura.


      GIDONI, FABI, CALLEGARI, FORCOLIN e BITONCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          da diversi decenni è istituito un distaccamento volontario dei vigili del fuoco a Longarone, alle dipendenze del comando provinciale di Belluno, ricostruito a seguito della nota vicenda del disastro del Vajont;
          lo stesso è stato incluso nel progetto di sviluppo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco denominato «Soccorso Italia in 20 minuti»;
          nell'ultimo periodo si sono registrati in comune di Longarone più incendi, anche di grave entità, che hanno impegnato nelle operazioni di spegnimento squadre provenienti da Belluno, Pieve di Cadore e Vittorio Veneto;
          se fosse attivo un distaccamento di tipo permanente i tempi sarebbero stati certamente più tempestivi permettendo di contenere in modo significativo i danni;
          il potenziamento del distaccamento di Longarone aumenterebbe in modo significativo l'operatività anche a favore delle vicine località di Erto-Casso, Val di Zoldo nonché della stessa zona dell'Alpago con la sua ampia area industriale, così come si è potuto riscontrare a seguito di apposite simulazioni di intervento  –:
          se non ritenga opportuno trasformare l'attuale distaccamento volontario dei vigili del fuoco di Longarone in distaccamento permanente anche di tipo misto. (4-14839)

      Risposta. — Il problema segnalato dall'interrogante sull'opportunità di trasformare l'attuale distaccamento volontario dei vigili del fuoco di Longarone (Belluno) in distaccamento permanente, anche di tipo misto, non può, al momento, trovare una positiva soluzione per carenza di personale operativo.
      Al riguardo si rappresenta che il numero dei vigili del fuoco volontari si è ridotto a 14 unità a fronte di un significativo sviluppo del territorio sia sotto il profilo industriale che turistico.
      Si precisa, comunque, che dal punto di vista operativo le esigenze del comprensorio di competenza del distaccamento di Longarone, composto da 12 comuni con un bacino d'utenza di circa 20.000 abitanti, sono assicurate dai vigili del fuoco di Belluno e di Pieve di Cadore, che assicurano la salvaguardia della popolazione locale con circa 200 interventi l'anno.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giovanni Ferrara.


      GIOVANELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          si apprende da un libro-inchiesta di Gianluca Di Feo «Veleni di Stato» (Edizioni Rizzoli 2009) che nel luglio 1944, 1316 tonnellate di iprite sono finiti nei fondali davanti alle coste marchigiane, in particolare davanti alle baie di Fano, Pesaro e Gabicce all'interno di 4300 bombe d'aereo C500T catturate dalla Luftwaffe in una base di Urbino;
          sono materiali altamente tossici che pare siano ancora imprigionati nei fondali dell'Adriatico e che rilasciano lentamente il loro veleno in mare;
          il libro qui sopra citato è ampiamente documentato grazie agli studi e approfondimenti sugli archivi della Luftwaffe di Carlo Gentile, consulente delle principali inchieste giudiziarie sulle stragi naziste in Italia e docente dell'università di Colonia;
          L'unità comandata dal maggiore Meyer nascose nel deposito di Urbino notevoli quantità di ordigni, ma il 19 dicembre 1943 si indica dalla relazione di Hitler che dovevano essere spostati in Germania. Muovere le sostanze letali, per di più in periodo di guerra, era molto difficile; nel luglio 1944, quando il comando tedesco dispose» l'immediata evacuazione del deposito di Urbino senza riguardi per le possibili conseguenze», vennero trasportati con dei camion a Fano e a Pesaro alla vigilia dell'offensiva sulla Linea Gotica e fatti svuotare di notte in mare da squadre speciali. 84 tonnellate di armi chimiche mortali, conservate da involucri difettosi hanno poi rilasciato lentamente nelle acque dell'Adriatico le sostanze tossiche;
          nella seduta pomeridiana della Camera dei deputati del 20 novembre 1951, in risposta a una interrogazione dell'onorevole Capalozza, il Sottosegretario alla Marina mercantile, onorevole Tambroni, confermava la presenza di tale arsenale nei fondali e individuava anche le coordinate dei siti ove si sarebbero trovate almeno una parte delle bombe, ma da allora nulla si è fatto per la bonifica dell'area, né tantomeno è stato oggetto di discussione in ambito parlamentare;
          il sindaco di Pesaro, Luca Ceriscioli, in data 10 marzo e 30 aprile 2010 ha inviato al Ministro della difesa due lettere per sollecitare spiegazioni e provvedimenti sopra in oggetto;
          in data 21 giugno 2010 il sottosegretario alla difesa, onorevole, Giuseppe Cossiga, rispose al sindaco sostenendo che il dicastero «ha promosso i pertinenti approfondimenti» e che le ricerche e le bonifiche dell'area sono state portate a termine tra il 1945 e il 1950  –:
          se il Ministero della difesa, come da lettera del sottosegretario Cossiga citata in premessa, possa assicurare che i tratti di costa bonificati negli anni cinquanta sono aree bonificate corrispondenti ai siti di Fano, Pesaro e Cattolica;
          se non consideri opportuno a distanza di anni, usare nuove tecnologie di bonifica sperimentate in altri siti;
          se non si intenda provvedere con urgenza a un monitoraggio della situazione attuale e se non si intenda ricorrere ai fondi di cui al decreto ministeriale n.  308 del 2006 finalizzati al risanamento di aree inquinate. (4-11571)

      Risposta. — La Difesa ha sempre avuto riguardo per la salvaguardia dell'ecosistema marittimo, anche con riferimento alla bonifica di aree marittime dall'eventuale presenza di ordigni, che ha visto la Marina militare impegnata in approfondimenti e ricerche fin dal primo dopoguerra.
      In particolare, evidenzio che da un esame della documentazione concernente l’«Attività di dragaggio e sminamento eseguita dalla Marina militare», si è rilevato che, nel corso dell'attività condotta tra il 1945 e il 1950 nei porti e nelle acque interessate dalla presenza di ordigni bellici, è stato recuperato e neutralizzato un quantitativo di 9.345 «fusti e bombe ad aggressivi chimici».
      A questa documentazione sono accluse alcune rappresentazioni grafiche che individuano le aree marittime antistanti la città di Pesaro interessate dall'attività.
      Non risulta, invece, alcuna testimonianza di rinvenimenti, in epoca recente, di ordigni bellici con caricamento all'iprite nelle acque antistanti il litorale marchigiano-romagnolo.
      Nell'evidenziare che la ricerca e la neutralizzazione su terra e in mare di ordigni esplosivi rientrano nelle attività di tipo concorsuale – cioè quelle che esulano dai compiti prioritari delle Forze armate e sono condotte su richiesta dei dicasteri/autorità competenti (sui quali ricadono gli oneri di spesa) – si rappresenta che la richiesta di concorso per valutare l'opportunità di procedere a un'eventuale bonifica sistematica dei fondali antistanti Pesaro, dovrà basarsi sui seguenti presupposti:
          individuazione dell'effettiva area da sottoporre a bonifica (al momento, non esattamente definibile con le informazioni disponibili) previa attività di ricerca/prospezione a cura di impresa privata abilitata;
          valutazione delle effettive capacità operative necessarie per svolgere l'attività (mezzi e personale) e accertamento della complessiva sostenibilità tecnico-operativa del progetto e valutazione preliminare dei costi;
          identificazione del soggetto responsabile del finanziamento, nonché delle modalità tecnico-amministrative e contrattuali per assicurare alla Difesa il ristoro degli oneri da sostenere.

      Aggiungo, inoltre, che il competente Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, interessato al riguardo, ha trasmesso una nota dell'Istituto superiore per la prevenzione e la ricerca ambientale (ISPRA), nella quale viene rappresentato come la bonifica delle aree di affondamento appaia una soluzione di difficile soluzione, sia da un punto di vista tecnico che economico, in quanto:
          l'affondamento di residuati bellici, dopo il secondo conflitto mondiale – così come in altre parti del mondo – è spesso avvenuto, per ragioni di risparmio economico, in fondali non ufficialmente segnalati e non in quelli prescritti;
          l'attività della pesca a strascico, protrattasi nei decenni, ha determinato una consistente estensione delle aree «a rischio», poiché, a seguito di eventi di raccolta accidentale, i residuati bellici venivano successivamente riaffondati in aree prima sgombre;
          i residuati bellici a caricamento chimico si trovano in uno stato di conservazione pessimo, a seguito della prolungata azione della corrosione marina; ciò determina ulteriori difficoltà nella loro rimozione e un elevato rischio per gli operatori, oltre a richiedere l'impiego di mezzi tecnologicamente avanzati, con conseguente aumento dei costi.

      L'ISPRA, nella sua nota, conclude specificando che, fra le iniziative volte a minimizzare il rischio per gli ambienti marini e per chi opera in mare, potrebbe essere presa in considerazione la costituzione di un gruppo di esperti ad hoc, con il compito di stabilire priorità e modalità di intervento (prospezione, indagini ambientali e bonifica necessarie) per affrontare la complessa problematica.
      Posto quanto precede, confermo la disponibilità della Difesa a valutare con la massima attenzione le eventuali richieste di concorsi che perverranno dalle autorità competenti.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      GIRLANDA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i rapporti con le regioni e coesione territoriale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          in Germania dal 1° settembre 2011 i treni regionali saranno interamente gratuiti per i disabili con grave handicap;
          tale tipologia di progetto è stata sperimentata anche nel nostro Paese, nell'ambito di alcune tratte ferroviarie con grande afflusso di utenza, come la Torino-Milano;
          tale forma di beneficio potrebbe aiutare concretamente i disabili, soprattutto coloro i quali presentano esigenze di natura lavorativa o sanitaria, che rendono obbligatoria una mobilità di tipo periodico o pendolare;
          occorre effettuare gli investimenti per le eventuali necessarie modifiche sulle carrozze dei treni per ovviare agli handicap dovuti alla ridotta capacità motoria  –:
          se i Ministri interrogati ritengono possibile avviare un percorso che porti all'emulazione del modello tedesco, favorendo la gratuità dei treni regionali a livello nazionale per i disabili con grave handicap e se, a tale scopo, intendano avviare indagini conoscitive a livello ministeriale. (4-12392)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, con la quale si chiede di conoscere le iniziative che possano favorire la gratuità dei treni regionali a livello nazionale per i disabili con grave handicap, sulla base dei dati informativi forniti dai competenti uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si rappresenta quanto segue.
      Il regolamento (CE) n.  1371/2007 ha definitivamente introdotto l'accezione di «persona con disabilità» o «persona a mobilità ridotta» (PRM), definendole equivalenti, intendendo per tali quelle persone che, a causa di qualsiasi disabilità fisica (sensoriale o locomotoria, permanente o temporanea), disabilità o
handicap mentale, o per qualsiasi altra causa di disabilità, o per ragioni di età, vivono una condizione che richiede un'attenzione adeguata e un adattamento del servizio di trasporto.
      Si rammenta, inoltre, che con la legge 3 marzo 2009, n.  18 l'Italia ha ratificato la convenzione delle Nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità, con protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 che prevede anche l'istituzione dell'osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità. La citata convenzione stabilisce (articolo 20), quanto alla mobilità personale, che «gli Stati Parti adottano misure efficaci a garantire alle persone con disabilità la mobilità personale con la maggiore autonomia possibile, provvedendo in particolare a:
          
a) facilitare la mobilità personale delle persone con disabilità nei modi e nei tempi da loro scelti ed a costi accessibili;
          
b) agevolare l'accesso da parte delle persone con disabilità ad ausili per la mobilità, apparati ed accessori, tecnologie di supporto, a forme di assistenza da parte di persone o animali e servizi di mediazione di qualità, in particolare rendendoli disponibili a costi accessibili».

      Inoltre, quanto all'accessibilità alle persone con disabilità, in virtù dell'articolo 9 della medesima convenzione, sono da garantire, su base di uguaglianza con gli altri, le misure adeguate all'accesso all'ambiente fisico, ai trasporti, ai servizi aperti o forniti al pubblico, identificando ed eliminando ostacoli e barriere all'accessibilità.
      Con riguardo specifico alla gratuità dei treni regionali a favore dei disabili, le Ferrovie dello Stato italiane hanno rappresentato che la programmazione e la gestione dei servizi regionali – che assicurano principalmente la mobilità della clientela pendolare – è di competenza delle singole regioni, i cui rapporti con Trenitalia sono disciplinati da specifici contratti di servizio, nell'ambito dei quali vengono definiti, tra l'altro, il volume e le caratteristiche dei servizi da effettuare, sulla base delle risorse economiche rese disponibili.
      Ugualmente alle regioni compete stabilire le tariffe applicabili ai servizi ferroviari locali contrattualizzati, il cui valore – determinando l'entità dei ricavi da traffico – unitamente al corrispettivo, assicura l'equilibrio economico dei contratti di servizio.
      Pertanto, ogni iniziativa riguardante possibili agevolazioni tariffarie deve essere assunta (e formalizzata) in ambito regionale, contestualmente all'individuazione delle risorse occorrenti a coprirne il costo, al fine di mantenere l'equilibrio economico del contratto.
      Per quanto concerne il materiale rotabile, va tenuto conto che tutti i convogli di più recente generazione sono attrezzati per le esigenze della clientela disabile; peraltro, nei contratti di servizio stipulati sono previsti piani di investimento per il rinnovo del materiale destinato ai servizi locali.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Cecilia Guerra.


      GOZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          in data 17 aprile 2012 è entrato in vigore il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che stabilisce il tetto degli stipendi dei manager della pubblica amministrazione che ammonta a 293.658 euro prendendo come parametro di riferimento il trattamento economico complessivo del primo presidente della Corte di cassazione e riguarda chiunque abbia un rapporto di lavoro subordinato o autonomo a carico delle pubbliche finanze;
          secondo tale decreto, inoltre, per i dipendenti collocati fuori ruolo o in aspettativa retribuita, presso altre pubbliche amministrazioni, la retribuzione per l'incarico non potrà superare il 25 per cento del loro trattamento economico fondamentale;
          tale decreto rientra tra le misure dello schema di provvedimento concernente il limite massimo retributivo dei dipendenti pubblici, previsto nel decreto-legge «Salva Italia» e riveste grande importanza nella politica di contenimento dei costi degli apparati burocratici anche a seguito della pubblicazione delle retribuzioni dei manager pubblici;
          tali somme così sbloccate confluiranno nel fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato;
          l'articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 aprile sancisce che ai fini dell'applicazione della disciplina, «sono computate in modo cumulativo le somme comunque erogate all'interessato a carico del medesimo o di più organismi, anche nel caso di pluralità di incarichi conferiti da uno stesso organismo nel corso dell'anno», stabilendo l'obbligo di produrre tali dichiarazioni entro 30 giorni dalla pubblicazione del decreto  –:
          quali siano i tempi e le modalità di attuazione delle previsioni di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 17 aprile 2012, e segnatamente quali siano le attuali retribuzioni in godimento, comprensive di eventuali cumuli, e, considerati l'operatività retroattiva, le concrete modalità di recupero delle differenze attive relative alla pregressa annualità ed alle mensilità da gennaio a giugno 2012.
(4-16504)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente l'attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 23 marzo 2012. che stabilisce il limite massimo dei compensi percepiti dai dirigenti e dai manager dello Stato, si rappresenta quanto segue.
      La disciplina relativa al trattamento economico corrisposto ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni è contenuta, com’è noto, nell'articolo 23-
ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201, recante «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici», convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214: il citato articolo prevede che: «Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, è definito il trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165, e successive modificazioni, ivi incluso il personale in regime di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo, e successive modificazioni, stabilendo come parametro massimo di riferimento il trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione. Ai fini dell'applicazione della disciplina di cui al presente comma devono essere computate in modo cumulativo le somme comunque erogate all'interessato a carico del medesimo o di più organismi, anche nel caso di pluralità di incarichi conferiti da uno stesso organismo nel corso dell'anno».
      In attuazione di detta disposizione normativa è stato adottato – tenendo conto delle osservazioni formulate dalle competenti commissioni di Camera e Senato – il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 marzo 2012, vigente dal 17 aprile 2012.
      La disciplina limitativa delle retribuzioni è quindi in vigore a decorrere dall'anno 2012 e, a differenza di quanto sostenuto dal l'interrogante, non ha efficacia retroattiva con riferimento all'anno 2011.
      Ciò premesso, in merito poi alla richiesta dell'interrogante di conoscere «quali siano le attuali retribuzioni in godimento» si ricorda che, nel corso dell'esame in sede consultiva presso le commissioni riunite I e XI della Camera, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, nella seduta del 23 febbraio 2012. ha depositato agli atti un documento recante i dati relativi alle retribuzioni superiori a 293.658,95 euro, importo corrispondente, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del sopracitato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri al trattamento economico percepito nell'anno 2011 dal Primo Presidente della Corte di cassazione.
      Il documento in questione contiene un elenco dettagliato delle retribuzioni – che superano il citato limite massimo – corrisposte dalle amministrazioni centrali ai propri dipendenti.
      Si rappresenta, inoltre, che al fine di assicurare l'osservanza di tale limite retributivo, le pubbliche amministrazioni interessate dall'applicazione del citato decreto curano la raccolta delle informazioni rese dai propri dipendenti e consulenti in merito agli emolumenti percepiti a qualsiasi titolo; a tal fine, ai sensi del secondo periodo del comma 2 dell'articolo 3 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, i soggetti interessati «(...) sono tenuti a produrre all'amministrazione di appartenenza (...) una dichiarazione ricognitiva di tutti gli incarichi comunque in atto a carico della finanza pubblica, con l'indicazione dei relativi importi».
      Sulla base di tali comunicazioni, rese dagli interessati con riferimento all'anno 2012, le amministrazioni provvederanno ad operare la riduzione del trattamento economico per l'importo eccedente il limite predetto.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione: Filippo Patroni Griffi.


      IANNACCONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          da alcuni articoli di stampa unitamente ad alcune foto pubblicate si è venuti a conoscenza che la senatrice Anna Finocchiaro, avrebbe utilizzato la propria scorta personale per scopi non inerenti la funzione istituzionale prevista;
          infatti sembrerebbe che la stessa senatrice Finocchiaro, in occasione di alcuni acquisti presso un noto ipermercato, abbia usufruito del lavoro manuale degli uomini della scorta;
          la scorta viene assegnata per motivi di sicurezza personale, di tutela della persona e non per essere utilizzata come personale di servizio;
          se tutto ciò corrispondesse al vero sarebbe una cosa grave in quanto uomini della pubblica sicurezza sottratti ai compiti di presidio sul territorio e di tutela della sicurezza dei cittadini vengono destinati a ruoli non consoni alla loro professionalità  –:
          se non intende procedere, con immediatezza, ad una verifica dei fatti e, nel caso venissero accertati, provvedere alla immediata rimozione della scorta alla senatrice Anna Finocchiaro;
          se non intenda porre in essere, attraverso un atto interno, tutte le iniziative opportune al fine di evitare che casi del genere non si abbiano a ripetere nel futuro. (4-16321)

      Risposta. — In relazione ai fatti riferiti dall'interrogante, si comunica che la senatrice Anna Finocchiaro è destinataria dal mese di febbraio 2008 di un dispositivo di 4° livello «tutela su auto non protetta» di cui all'articolo 8 del decreto ministeriale 28 maggio 2003, integrato da un servizio di vigilanza generica radiocollegata, tuttora prorogato su proposta dei prefetti di Roma e Catania.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.


      JANNONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          da qualche tempo si è iniziato a parlare di una vera e propria «bicirivoluzione». Secondo i dati diffusi da Legambiente, in Italia ci sarebbero infatti circa 30 milioni di biciclette; in termini assoluti ci si troverebbe al sesto posto di una classifica mondiale ideale, dopo Cina (450 milioni), Usa (100 milioni), Giappone (75 milioni), Germania e India (63 milioni), anche se in giro per le nostre strade questa invasione di due ruote stenta un po’ a farsi notare, soprattutto se il confronto si estende con i principali Paesi dell'Europa. Rimane comunque il fatto che nelle città della nostra Penisola l'uso della bicicletta risulta più che triplicato negli ultimi dieci anni. Nel 2001 i cittadini che la sceglievano come mezzo di trasporto urbano rappresentavano infatti appena il 2,9 per cento della popolazione adulta (Istat), mentre oggi la percentuale ha ormai raggiunto il 9 per cento (in numeri assoluti circa 5 milioni di persone), risultando però ancora ferma al 3,3 per cento se ci si ferma a considerare il tragitto casa-lavoro e al 3,8 per cento se si considera la popolazione ciclistica in generale. Numeri alla mano – quelli messi a disposizione dal recente sondaggio «Gli italiani e l'uso della bicicletta», realizzato da Legambiente e Irp Marketing – il quadro degli utenti della strada a pedali appare alquanto composito e disomogeneo, soprattutto per quanto riguarda la distribuzione per sesso e aree geografiche. Se il 75 per cento degli intervistati dichiara infatti di utilizzare la bici solo in rare occasioni oppure mai, la ricerca mostra come gli utilizzatori abituali siano radicati soprattutto al Nord (18 per cento), mentre solo l'1 per cento risiede nel Mezzogiorno o nelle Isole; al Centro la loro percentuale è prossima allo zero, mentre sale al 23 per cento quella degli occasionali. I ciclisti italiani si dividono poi in eguale percentuale tra giovani, adulti e anziani, mentre tra i frequent biker urbani si trovano più uomini che donne (13 per cento contro 5 per cento);
          un quarto della popolazione intervistata considera la bicicletta un mezzo di trasporto a tutti gli effetti e solitamente la preferisce ad altre modalità di spostamento; tra i suoi utilizzatori abituali, circa una persona su dieci ha risposto che, nei giorni feriali, si muove a pedali almeno 3 o 4 volte a settimana, mentre il 14 per cento del campione dichiara una frequentazione solo occasionale (una o due volte a settimana). Le motivazioni principali che spingono i ciclisti urbani più fedeli a scegliere le due ruote sono la possibilità, nell'ordine, di mantenersi in forma e migliorare le proprie condizioni di salute (35 per cento), di trascorrere in modo piacevole il tempo libero (25 per cento), di avvalersi di una modalità di trasporto economica (17 per cento), di evitare ingorghi e code (16 per cento); solo il 5 per cento ritiene di offrire un contributo alla riduzione dell'inquinamento. Maggiore sicurezza, estensione dei percorsi protetti, diminuzione del traffico, riduzione della velocità delle auto, aumento delle infrastrutture dedicate e dei cicloparcheggi a prova di furto sono invece le richieste più frequenti formulate dal popolo delle due ruote. Altri interessanti spunti di riflessione arrivano invece dall'esperienza del bike sharing, il servizio di noleggio (letteralmente «condivisione della bicicletta») che rappresenta uno dei principali strumenti di mobilità sostenibile attraverso cui le amministrazioni pubbliche intendono favorire l'abbandono dell'automobile. Ormai attivo in 150 comuni italiani, secondo le stime nel corso del 2011 dovrebbe raggiungere i 200 mila utenti; in tal senso, le 6 mila bici disponibili in Italia sono tuttavia ancora poche, ma è basso soprattutto l'apporto che possono fornire a una migliore mobilità urbana. A Parigi e Lione, per esempio, il rapporto mezzi di bike sharing/abitanti è rispettivamente di uno a 100 e di uno a 160, a fronte dell'uno a mille nelle nostre tre città maggiormente attrezzate in questo senso (Milano, Modena e Cuneo);
          «l'affermazione del bike sharing a Milano dimostra che è comunque possibile cambiare la mobilità anche in Italia», dichiara Andrea Poggio, vicedirettore nazionale di Legambiente. «Ma i successi ancora più importanti raggiunti in tutta Europa ci dicono che siamo appena agli inizi. È per esempio fondamentale che le stazioni di bike sharing vadano ulteriormente potenziate in prossimità dei principali luoghi pubblici e strategici della città (municipio, posta, scuole, stazioni ferroviarie...) e a breve distanza tra loro (tra i 300 e i 500 metri), mentre si deve favorire anche un agevole interscambio tra il bike sharing e gli altri mezzi di trasporto (treno, metro, bus, auto). La ciclabilità non può essere infatti considerata una politica di trasporti di serie B, sia per attenzione politica che per investimenti necessari in termini di denaro e spazi urbani». Intanto, dopo tre anni di lavoro, il progetto europeo Obis si è concluso con la pubblicazione del primo manuale europeo sul bike sharing, la cui edizione italiana sarà inviata a tutte le amministrazioni comunali; il volume conterrà le indicazioni sui 51 principali servizi studiati nel dettaglio, i loro costi di gestione e le loro principali caratteristiche, ma anche le informazioni tecniche utili a chiunque intenda far partire queste tipologie di servizio o migliorare quelle già in atto;
          le città più importanti del nostro continente stanno infatti offrendo concrete possibilità a cittadini residenti e turisti di muoversi in maniera sostenibile in ambito urbano: Barcellona (che utilizza la medesima tecnologia e lo stesso operatore di Milano) ha raggiunto la cifra di 130 mila iscritti al servizio (contro gli attuali 12 mila abbonati del capoluogo lombardo), mentre Londra, ultima grande capitale in termini di tempo ad aver attivato il bike sharing, sta puntando tutto su questo tipo di mobilità per le prossime Olimpiadi e, nei primi due mesi, ha già potuto contare su una media di 20 mila utilizzi giornalieri. Tornando ancora nel nostro Paese, segnali positivi provengono dal trend di crescita che si verifica invece a livello amatoriale e agonistico, come ci conferma Renato Di Rocco, presidente della Federazione ciclistica italiana: «Negli ultimi cinque anni abbiamo lavorato molto sul superamento dei due grandi fattori di criticità legati alla nostra disciplina, cioè il fenomeno del doping e la sicurezza stradale; l'incremento dei nostri tesserati, che nel complesso supera le 109 mila unità, ci trasmette fiducia e ci porta a credere di essere dunque sulla strada giusta, convinzione ulteriormente testimoniata dall'aumento costante della categoria femminile e soprattutto dei giovanissimi»  –:
          quali iniziative di competenza i Ministri intendano adottare al fine di incrementare e diffondere l'utilizzo del bike-sharing nelle maggiori aree metropolitane italiane. (4-12590)

      Risposta. — In risposta all'interrogazione in esame, relativa all'incremento di utilizzo delle bike sharing nelle aree metropolitane italiane, si rappresenta quanto segue.
      Negli ultimi anni il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha portato avanti politiche di sviluppo di una mobilità sostenibile con la promozione della mobilità ciclistica, quale misura per la riduzione dell'inquinamento derivante dal traffico veicolare.
      La normativa vigente in materia di mobilità ciclistica è la legge 19 ottobre 1998, n.  366 recante «Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica».
      Tale legge nasce allo scopo di promuovere, in ambito sociale, l'uso delle biciclette come mezzo di trasporto, prevedendo in tal modo la possibilità di realizzare un sistema alternativo al trasporto individuale, che posso contribuire alla soluzione dei maggiori problemi di congestione del traffico urbano, con la conseguente diminuzione dei livelli d'inquinamento ambientale.
      È importante sottolineare che la legge in questione prevede all'articolo 6, non solo la costruzione di reti di piste ciclabili e ciclopedonali ma, anche, la promozione della mobilità su due ruote con interventi formativi ed informativi.
      Con i più recenti programmi di cofinanziamento, il Ministero ha contribuito allo sviluppo della mobilità ciclistica, presso enti locali ed aziende, persone fisiche e giuridiche, concedendo contributi che hanno permesso di avviare una costante diffusione della pratica ciclistica in Italia.
      Gli interventi avviati con tali contributi prevedono la realizzazione di diverse misure, tra le quali l'acquisto di biciclette classiche e a pedalata assistita, la realizzazione di postazioni di
bike sharing, il completamento di percorsi ciclabili, l'istallazione di colonnine di ricarica e pannelli fotovoltaici.
      Per quanto riguarda, in particolare, lo sviluppo di sistemi di
bike sharing, il Ministero ha cofinanziato diverse azioni con programmi di recente attuazione, quali il «Programma di finanziamento per il miglioramento della qualità dell'area nelle aree urbane e per il potenziamento del trasporto pubblico», istituito, in attuazione delle disposizioni previste dalla legge n.  296 del 27 dicembre 2007, con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministero dei trasporti del 3 agosto 2007.
      Il programma prevede che una quota parte (75 per cento) del fondo attribuita, attraverso appositi accordi di programma, alle 14 aree metropolitane italiane e una quota (14 per cento), attraverso uno specifico bando, ai comuni non compresi nelle aree metropolitane ed a rischio di inquinamento atmosferico.
      Sono stati erogati fondi per 25 progetti ammessi a cofinanziamento, per euro 33.127.115,92 con un contributo a carico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di euro 15.089.804,57.
      Con il programma di cofinanziamento che promuove la realizzazione di interventi strutturali per la realizzazione della mobilità in ambiente urbano, del 24 luglio 2006, sono stati cofinanziati 11 progetti di
bike sharing per un totale di euro 3.460.320,46 con un contributo a carico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di euro 1.244.623,59.
      Con i due programmi summenzionati sono stati ammessi a cofinanziamento 36 interventi di attivazione e potenziamento di servizi di
bike sharing, del valore di 36 milioni di euro, con contributo da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di 16,3 milioni.
      Inoltre, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in tema di
bike sharing, ha predisposto un apposito bando di cofinanziamento, recante bike sharing e fonti rinnovabili, pubblicato il 16 aprile 2010, con una dotazione di 14 milioni di euro.
      Il bando ha dato la possibilità, per comuni ed enti gestori di parchi nazionali e regionali, di accedere a contributi per la realizzazione di progetti di
bike sharing associati a sistemi di alimentazione mediante energie rinnovabili, i progetti cofinanziati sono stati 57 attribuiti ad altrettanti beneficiari.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      JANNONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          disoccupazione all'8,9 per cento, in media, e al 31 per cento per i giovani: gli ultimi dati che arrivano dal rapporto di dicembre 2011 dell'Istat non sono rassicuranti. Il numero dei disoccupati a dicembre raggiunge quota 2.243 milioni, in aumento dello 0,9 per cento rispetto a novembre. Il valore maggiore di gennaio 2004 e, se si fa riferimento alle serie trimestrali, in linea con i livelli record di dieci anni fa. Ma non c’è solo l'Italia: secondo Eurostat, la disoccupazione nella zona dell'euro ha raggiunto a dicembre il livello più alto dall'introduzione della moneta unica: 10,4 per cento livello tanto alto da spingere il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, a scrivere ai primi ministri di otto paesi con tassi di disoccupazione giovanile sopra la media, Italia compresa, per spingerli ad agire per usare presto e bene i fondi europei. Tra novembre e dicembre il livello degli occupati in Italia è rimasto sostanzialmente invariato. Ma rispetto allo scorso anno, diminuisce dello 0,1 per cento, concretamente di 221 mila unità. Diminuisce l'occupazione maschile, che tocca i valori minimi dal 1999, perdendo lo 0,4 per cento su base annua. A parziale consolazione, c’è il lieve aumento dell'occupazione femminile, dello 0,3 per cento;
          a preoccupare è anche, e soprattutto, il dato che riguarda i giovani tra i 15 e i 25 anni: il tasso di disoccupazione è in calo di 0,2 punti rispetto a novembre, ma in aumento di tre punti rispetto allo scorso anno, raggiungendo quota 31. Per fare un raffronto e intuire la gravità del fenomeno, nel 2007, il tasso oscillava tra il 19 e il 21 per cento. Per valutare le dimensioni del fenomeno su base territoriale ci sono i dati della Cgia di Mestre, che individuano nella Campania la regione con il tasso di disoccupazione più alto tra i giovani: 44,2 per cento. Ma correggendo il dato in considerazione dell'incremento degli inattivi (cioè di chi ha rinunciato a cercare lavoro), il tasso reale di marginalità arriva al 51,10 per cento. Seguono, tra le regioni con disoccupazione giovanile «reale» più alta, Basilicata, Lazio, Sicilia, Lombardia e Sardegna. Agli ultimi posti la Liguria e l'Umbria;
          se il Governo annuncia che nei primi posti dell'agenda ci saranno provvedimenti proprio sull'occupazione, i sindacati e le forze politiche si stanno interrogando su come fronteggiare l'emergenza. Tra i sindacati, il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni, sottolinea i dati sulle grandi imprese, che vedono un aumento dei licenziamenti del 35 per cento in sei anni: «Prima della crisi gli occupati erano 700 mila in più, se non ci fosse stata la cassa integrazione e in particolare la cassa integrazione guadagni straordinaria e in deroga, i disoccupati oggi sarebbero più di tre milioni». D'accordo Luigi Angeletti, della Uil: «Se siamo ancora sotto la media europea è solo per la cassa integrazione»;
          il mercato del lavoro italiano appare stanco ed immobile. L'Italia è un Paese incapace di sfruttare adeguatamente il nostro potenziale lavorativo, soprattutto quello femminile. Si stanno clamorosamente sprecando i talenti ed il dinamismo dei giovani al di sotto del 24 anni la disoccupazione supera il 30 per cento. È il dramma è che questi giovani hanno livelli di istruzione in media più bassi dei coetanei europei: un fatto che indebolisce non solo le loro prospettive di vita ma anche quelle di sviluppo dell'intero Paese. Occorre uscire da questo stallo e la priorità più urgente è la riforma delle politiche e più in generale del mercato del lavoro. L'esperienza tedesca dell'ultimo decennio dimostra che solo cambiando le regole si può riattivare il circolo virtuoso della crescita inclusiva;
          la prima nuova regola si chiama «attivazione». L'obiettivo cardine della politica del lavoro non deve essere quello di compensare la disoccupazione ma di mettere ciascun adulto nelle condizioni di lavorare, tramite un mix di servizi, incentivi fiscali e monetari, percorsi guidati. A partire dai Governi Schröder, la Germania è riuscita a mettere in piedi un sistema robusto ed efficiente di servizi per l'impiego pubblici e privati che si prende cura di ciascun disoccupato, soprattutto se «debole»: ultracinquantenni, giovani e donne con basse qualifiche. Questo sistema si è rivelato preziosissimo quando è scoppiata la crisi. Anche in Germania le imprese hanno fatto ricorso a qualcosa di simile alle integrazioni salariali temporanee, ma solo quelle imprese che avevano (hanno) prospettive rapide di recupero. Le altre hanno chiuso e i loro dipendenti sono entrati nel circuito dell'attivazione. La seconda regola è «protezione efficace e condizionata». Chi transita da un lavoro ad un altro deve poter contare su congrui trasferimenti proporzionali alla retribuzione, che durino il tempo necessario anche per eventuali ri-qualificazioni professionali concordate coi servizi per l'impiego. Vanno però evitati i sussidi «a perdere» senza contropartite da parte dei beneficiari. Di nuovo, con le riforme progettate dalla Commissione Hartz nei primi anni 2000, il Governo tedesco ha quasi rivoluzionato il suo sistema di ammortizzatori sociali. La percentuale di disoccupati che percepisce l'indennità è oggi in Germania tre volte superiore a quella italiana: ma i soldi si ricevono solo a patto di rispettare i requisiti di attivazione, anche se questo comporta spostamenti geografici o nuovi tipi di lavoro;
          la terza regola si chiama infine «prevenzione», soprattutto nei confronti dei più giovani. Come i Paesi scandinavi, anche la Germania ha avviato numerose iniziative per potenziare il raccordo scuola-lavoro e contrastare i rischi di «deragliamento» che possono manifestarsi nel passaggio da un ciclo formativo all'altro. Una vasta gamma di programmi locali ha affrontato in particolare la sfida dei cosiddetti «neet» (persone «not in education, employment or training», che in Italia ormai costituiscono una vera e propria piaga sociale): i giovani che «non fanno niente», non vanno a scuola né cercano occupazione. Il tradizionale sistema dell'apprendistato ha inoltre contrastato in Germania (anche se non del tutto) la proliferazione del cosiddetto precariato  –:
          quali iniziative intenda adottare, al fine di realizzare una riforma del lavoro che preveda un incremento di occupazione nel nostro Paese ed una conseguente re-integrazione al lavoro di quelle fasce di popolazione che sono state colpite dalla crisi economica. (4-14904)

      Risposta. — Con l'interrogazione in esame si chiede di conoscere quali iniziative il Governo intenda adottare per realizzare una riforma del mercato del lavoro che favorisca l'occupazione con particolare riferimento ai giovani e alle fasce di popolazione che maggiormente hanno risentito della crisi economica in atto.
      A tal fine, occorre intraprendere azioni di carattere generale capaci di comprendere ambiti diversi, da un lato, sollecitando i giovani a coltivare la passione per lo studio, evitando la dispersione scolastica e facilitando il loro ingresso nel mercato del lavoro, dall'altro, apprestando una serie di servizi che favoriscano l'incontro fra domanda e offerta di lavoro, anche tramite il rafforzamento delle politiche attive del lavoro sia nei confronti di coloro che sono in cerca della prima occupazione sia di coloro che necessitano di essere reinseriti nel mercato del lavoro.
      Con la legge 28 giugno 2012, n.  92 recante «Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita» sono state previste, oltre a diverse misure volte ad incrementare l'occupazione, anche una complessiva revisione del sistema degli ammortizzatori sociali.
      La citata legge mira espressamente a realizzare un mercato del lavoro dinamico, flessibile e inclusivo, idoneo a contribuire alla crescita e alla creazione di occupazione di qualità, ripristinando allo stesso tempo la coerenza tra la flessibilità del lavoro e gli istituti assicurativi.
      Le finalità dell'intervento si articolano secondo le seguenti linee direttrici: favorire l'instaurazione di rapporti di lavoro più stabili, ribadendo il rilievo prioritario del lavoro subordinato a tempo indeterminato; valorizzare l'apprendistato come modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro; contrastare l'uso improprio degli elementi di flessibilità introdotti negli anni; rendere più efficiente ed equo l'assetto degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive in una prospettiva di rafforzamento dell'occupabilità delle persone; promuovere una maggiore inclusione delle donne nella vita economica del Paese; favorire il reimpiego ovvero la tutela del reddito per i lavoratori ultracinquantenni in caso di perdita del lavoro.
      Per quanto riguarda il tema dell'occupazione giovanile, la legge di riforma del mercato del lavoro ha inteso potenziare il contratto di apprendistato, considerato come il principale canale di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.
      Riprendendo sostanzialmente l'impianto del decreto legislativo n.  167 del 2011 (cosiddetto Testo unico apprendistato), la riforma prevede una durata minima del contratto di apprendistato, introduce un meccanismo in base al quale l'assunzione di nuovi apprendisti è collegata alla percentuale di stabilizzazioni effettuate dal datore di lavoro e dispone l'innalzamento del rapporto tra apprendisti e lavoratori qualificati.
      Inoltre, per ridare slancio all'apprendistato, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, le regioni e le province autonome e le parti sociali, ciascuno per la parte di rispettiva competenza, sono fortemente impegnati nella predisposizione della disciplina attuativa del Testo Unico.
      In particolare, sono stati definiti due accordi fra Governo, regioni e province autonome, di cui il primo, siglato il 15 marzo 2012 ha per oggetto la definizione dei profili formativi per l'apprendistato per la qualifica e il diploma professionale mentre il secondo, siglato il 19 aprile 2012, è volto alla definizione di un sistema nazionale di certificazione delle competenze comunque acquisite in apprendistato, a norma dell'articolo 6 del decreto legislativo n.  167 del 2011.
      Con specifico riferimento al tema del recupero dei giovani che hanno lasciato prematuramente gli studi, si richiama la possibilità, offerta dall'apprendistato per la qualifica e il diploma professionale ai ragazzi che possiedono solo il diploma di licenza media, di acquisire, lavorando, una qualifica ed un diploma entro i 25 anni, superando il limite precedentemente stabilito per questa tipologia di apprendistato fissato al compimento dei 18 anni.
      La riforma dell'apprendistato, che si inserisce in un più ampio quadro di riordino e valorizzazione del sistema di istruzione e formazione tecnico-professionale, potrà rappresentare un potente strumento per facilitare l'inserimento lavorativo dei giovani attraverso l'integrazione fra il sistema dell'istruzione e della formazione e il mondo produttivo.
      Inoltre, al fine di favorire il collegamento stabile tra la scuola e il mondo del lavoro, anche tramite tirocini ed esperienze di lavoro, la riforma del mercato del lavoro prevede che il Governo e le regioni concludano, in sede di Conferenza permanente per i rapporti fra Stato, regioni e province autonome, un accordo per la definizione di linee-guida in materia di tirocini formativi e di orientamento. Fra i principi e i criteri direttivi, la legge prevede che ai tirocinanti venga riconosciuta una congrua indennità, anche in forma forfetaria, in relazione alla prestazione svolta.
      Per facilitare l'incontro fra domanda e offerta di lavoro, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha, inoltre, realizzato il portale
cliclavoro (www.cliclavoro.gov.it) che costituisce la borsa continua nazionale del lavoro di cui all'articolo 15 del decreto legislativo n.  276 del 2003.
      Scopo del portale è garantire la circolazione delle informazioni tra tutti gli attori coinvolti nel «sistema lavoro», offrire una gestione efficace ed integrata dei servizi, favorire una reale mobilità dei lavoratori sul territorio nazionale e garantire il raccordo con i sistemi delle imprese, dell'istruzione, della formazione e delle politiche sociali.
      Con la legge di riforma del mercato del lavoro è stato incluso fra i soggetti autorizzati a svolgere attività di intermediazione anche l'INPS, con riferimento ai lavoratori che beneficiano di prestazioni per le quali lo stato di disoccupazione sia un requisito.
      Fra le ulteriori misure introdotte dalla riforma, si evidenziano gli interventi in favore dei lavoratori anziani e delle donne e a sostegno della genitorialità.
      In particolare, per quanto riguarda gli interventi in favore dei lavoratori cosiddetti anziani, è stata prevista la possibilità che appositi accordi tra datori di lavoro che impiegano mediamente più di 15 dipendenti e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello aziendale, possono prevedere a carico del datore di lavoro la erogazione di una prestazione (di pari importo alla pensione che spetterebbe a legislazione vigente) in favore dei lavoratori in possesso di maggiore anzianità al fine di incentivarne l'esodo. In tale ipotesi, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere all'INPS la contribuzione fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento dei lavoratori interessati. Questi ultimi possono essere coinvolti nel programma di incentivazione all'esodo qualora raggiungano i requisiti minimi per il pensionamento (di vecchiaia o anticipato) nei 4 anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro.
      Al fine, poi, di incentivare l'assunzione per i lavoratori anziani e le donne nelle aree svantaggiate, la legge stabilisce che, in relazione ad assunzioni effettuate a decorrere dal 1o gennaio 2013, con contratto di lavoro dipendente, a tempo determinato anche in somministrazione, che riguardino lavoratori di età non inferiore a 50 anni, disoccupati da oltre 12 mesi, ovvero donne di qualsiasi età prive di impiego da oltre 6 mesi residenti in regioni svantaggiate, viene riconosciuta la riduzione del 50 per cento dei contributi a carico del datore di lavoro, per una durata di 12 mesi.
      Nell'ipotesi in cui l'iniziale contratto di assunzione sia trasformato a tempo indeterminato, la riduzione si prolunga fino a 18 mesi successivi alla data di assunzione. Analogo prolungamento è riconosciuto quando l'assunzione sia fin dall'inizio effettuata a tempo indeterminato.
      La legge più volte citata, per favorire l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro e il sostegno della genitorialità, introduce anche talune misure che consentono la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e la condivisione dei compiti di cura dei figli.
      In particolare, viene previsto, in via sperimentale, il congedo parentale obbligatorio in favore del padre lavoratore e la possibilità per la madre lavoratrice, per gli undici mesi successivi al congedo di maternità e in alternativa al congedo parentale, di richiedere al datore di lavoro la corresponsione di
voucher per l'acquisto di servizi di baby-sitting.
      Per quanto concerne le politiche attive e i servizi per l'impiego, nel rispetto delle prerogative di regioni e degli enti locali, la legge di riforma interviene al fine di rendere più inclusivo il mercato del lavoro.
      Nell'ottica, quindi, del rinnovamento delle politiche attive e del ruolo dei servizi per l'impiego, al fine di favorire l'incontro tra l'offerta di lavoro e la domanda (nuova o connessa alla perdita del posto di lavoro), la riforma pone, in primo luogo,
standard nazionali di riferimento.
      Nello specifico, si interviene modificando l'articolo 3 del decreto legislativo n.  181 del 2000, che individuava indirizzi generali ai centri per l'impiego ai fini della prevenzione della disoccupazione di lunga durata, definendoli Livelli essenziali delle prestazioni e prevedendo specifici Lep anche per i beneficiari di ammortizzatori sociali per i quali lo stato di disoccupazione costituisca requisito e per i beneficiari di integrazione salariale o di altre prestazioni in costanza di rapporto di lavoro.
      In tal modo, i centri per l'impiego acquistano un ruolo centrale nell'effettivo accrescimento del tasso di occupazione, incentivando la ricerca attiva di un nuovo lavoro attraverso azioni specifiche (tra cui colloqui di orientamento e iniziative di inserimento lavorativo), con modalità di ricerca di occupazione adatte al contesto produttivo territoriale e alla formazione del lavoratore.
      Viene, inoltre, stabilito un sistema di premialità che colleghi la ripartizione delle risorse del Fondo sociale europeo alle prestazioni di politiche attive e servizi per l'impiego.
      Allo scopo di realizzare la necessaria convergenza tra politiche attive e passive e la piena realizzazione di un sistema informativo unico, si dispone la realizzazione entro il 30 giugno 2013 di una banca dati condivisa tra l'Inps e i centri per l'impiego, che consentirà l'utilizzo congiunto dei flussi informativi provenienti dalla cosiddetta banca dati percettori.
      Infine, viene fissato il nuovo termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di riforma del mercato del lavoro per l'esercizio della delega di cui all'articolo 1 della legge n.  247 del 2007, includendo nella delega al Governo anche il riordino della normativa in materia di politiche attive accanto a quella dei servizi per l'impiego.
      Conseguentemente, sono stati aggiunti altri criteri direttivi finalizzati ad incentivare la ricerca attiva di una nuova occupazione, la qualificazione professionale dei giovani e la riqualificazione di coloro che sono stati espulsi dal mercato.
      Fra gli interventi più recenti adottati dal Governo si segnala anche la previsione di cui al decreto-legge n.  201 del 2011, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n.  27, il quale ha disposto alcune maggiorazioni delle deduzioni ai fini IRAP riferite al costo del lavoro, con particolare riferimento all'assunzione a tempo indeterminato di donne e giovani di età inferiore ai 35 anni. Il medesimo decreto all'articolo 24, comma 27, ha istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un Fondo per il finanziamento di interventi volti a favorire l'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne.
      Oltre a ciò, con il decreto-legge n.  1 del 2012, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n.  27, al fine di promuovere l'imprenditoria giovanile, è stata introdotta la possibilità di costituire società a responsabilità limitata semplificata, con capitale sociale da 1 euro fino a 10.000 euro, da parte di giovani che non abbiano compiuto i trentacinque anni di età. Il citato decreto, inoltre, all'articolo 9, ha previsto la possibilità di effettuare i tirocini finalizzati all'iscrizione negli albi professionali, per i primi sei mesi, in concomitanza con il corso di studio per il conseguimento della laurea di primo livello o della laurea magistrale o specialistica ovvero presso pubbliche amministrazioni, all'esito del corso di laurea.
      Inoltre, con l'articolo 59 del decreto-legge n.  5 del 2012, convertito, con modificazioni, dall'articolo1, comma 1, della legge 4 aprile 2012, n.  35, è stato esteso di ulteriori 12 mesi il periodo entro cui, nelle regioni del Mezzogiorno, i datori di lavoro che assumono a tempo indeterminato lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati possono usufruire del credito di imposta introdotto dall'articolo 2 del decreto-legge n.  70 del 2011, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 12 luglio 2011, n.  106, per la creazione di nuovo lavoro stabile nel Mezzogiorno.
      In proposito, si segnala, infine, che sono state definite, con decreto del 24 maggio 2012, le modalità di attuazione del citato articolo 2 del decreto-legge n.  70 del 2011. L'assunzione, da effettuare nei ventiquattro mesi successivi alla data di entrata in vigore del decreto-legge, riguarda lavoratori definiti dalla Commissione europea «svantaggiati» o «molto svantaggiati» nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna, nel rispetto delle condizioni previste dal regolamento (CE) n.  800 del 2008, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune.

Il Viceministro per il lavoro e le politiche sociali: Michel Martone.


      JANNONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          nei giorni scorsi si sono infatti verificati casi di sindrome emolitico-uremica (SEU) associati a infezione da escherichia coli produttore di verocitotossina (VTEC) in pazienti in età pediatrica probabilmente acquisite attraverso il consumo di latte crudo (non pastorizzato) contaminato. La stessa problematica si è verificata già altre volte negli scorsi anni, tanto che con un'ordinanza del 10 dicembre 2008, il Ministro della salute pro tempore aveva stabilito che «il latte crudo deve essere venduto attraverso i distributori automatici, appositamente registrati e controllati dalle Asl, che devono riportare correttamente l'indicazione che il latte crudo è da consumarsi previa bollitura, mentre in caso di cessione diretta è il produttore che deve obbligatoriamente informare su tale modalità di consumo». La bollitura è indispensabile per eliminare eventuali agenti patogeni presenti nel latte: nonostante i rigorosi controlli non è possibile garantire una totale sicurezza. «I bambini che l'anno scorso sono stati colpiti dalla sindrome emolitica uremica sono stati 40 – spiega Alfredo Caprioli, responsabile del Laboratorio comunitario differenza per l'escherichia coli presso l'istituto Superiore di Sanità –. Una bambina purtroppo non ce l'ha fatta, e il 25 per cento dei pazienti non recupera a pieno le funzionalità renali. La correlazione diretta tra la sindrome e l'assunzione di latte non c’è perché il nostro studio epidemiologico si basa sulle interviste alle famiglie. Ma è emerso che molti bambini avevano bevuto latte crudo nei giorni precedenti alla malattia, che ovviamente non era più disponibile per le analisi»;
          per «latte crudo» si intende quello vaccino che non ha subito trattamenti termici (per esempio la pastorizzazione a 72° per 15 secondi). La sua storia è iniziata nel 2004 in Lombardia, con una decina di punti vendita che in poco tempo sono diventati centinaia. Oggi i distributori sono 1.439 in tutta Italia distribuiti in 92 province. Non sono diffusi nelle grandi città, ma nei piccoli centri sono ormai una realtà da tempo e Assolatte stima un consumo di circa 7 milioni di litri all'anno (contro i 1.100 milioni di latte pastorizzato). Di certo è che il «latte crudo» è abbastanza economico, perché in genere un litro costa 1 euro (perché si accorciano le distanze e i costi di distribuzione) a cui va aggiunto solo qualche centesimo se non si porta la bottiglia di vetro. Inoltre, quasi tutto il costo viene conferito all'allevatore, un modo per incentivare la sostenibilità delle aziende agricole. Dal 2006 l'Istituto superiore di sanità segnala la possibilità di riscontrare occasionalmente nel latte crudo batteri patogeni come la salmonella, listeria, campylobacter e soprattutto l'escherichia coli O 157:H7, quest'ultima responsabile di infezioni intestinali che possono essere associate a complicanze gravi come la appunto la sindrome emolitico uremica (SEU) caratterizzata da insufficienza renale e frequente soprattutto nelle fasce deboli (soprattutto bambini). Molti produttori obiettano però che «il latte crudo dei distributori passa direttamente dalla mammella della mucca al contenitore refrigerato e la possibilità di infezioni sono quasi inesistenti». Il problema è spesso il mantenimento della temperatura a 4° in tutte le fasi della distribuzione (soprattutto nel trasporto a casa);
          Andrea Ghiselli, nutrizionista, ricercatore dell'Inran (Istituto nazionale ricerca alimenti e nutrizione) di Roma non ha dubbi: «Molto meglio il latte pastorizzato. La pastorizzazione è il miglior metodo per “sanare” il latte e non privarlo di importanti principi nutrizionali. Ciò non toglie che si possa consumare anche latte crudo, ma rigorosamente bollito per evitare seppur rari risvolti pericolosi per la salute. Certo, con questo processo si perde qualche valore nutrizionale, ma in una società iper nutrita come la nostra non è un gran problema»  –:
          quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di prevenire l'insorgenza di epidemia da escherichia coli, soprattutto nei bambini, nonché per verificare la corretta manutenzione dei distributori di latte crudo presenti nel territorio italiano. (4-15721)

      Risposta. — Il Ministero della salute è intervenuto già da molti anni sulla tematica concernente la vendita di latte crudo; è infatti del 2007 l'intesa Stato Regioni in materia di vendita diretta di latte crudo per l'alimentazione umana (provvedimento del 25 gennaio 2007), che ha definito le procedure igienico-sanitarie concernenti la vendita di latte in azienda ed attraverso distributori automatici.
      L'intesa prevede, in particolare, alcune prescrizioni a cui gli operatori del settore alimentare che commercializzano latte crudo devono attenersi. Tra tali prescrizioni vi è la notifica alle Aziende sanitarie locali (ASL) dell'attività di vendita di latte crudo in azienda e tramite distributori automatici, la verifica, in autocontrollo, della conformità dell'alimento ai requisiti generali di sicurezza alimentare (come previsto dall'articolo 14 del regolamento (CE) 178/2002) e lo svolgimento di campionamenti microbiologici volti a verificare l'assenza di microrganismi patogeni e delle loro tossine.
      L'allegato alla medesima intesa prevede, inoltre, che ai fini della prevenzione delle infezioni da escherichia coli verocitotossici, l'azienda di produzione che intenda commercializzare latte crudo deve effettuare controlli analitici in allevamento, sulle feci e sul latte, al fine di escludere eventuali positività da escherichia coli verocitotossici ed allontanare dalla produzione per latte crudo i soggetti portatori.
      Tale provvedimento ha consentito l'istituzione, presso le Asl, di un'anagrafica delle aziende che vendono il latte crudo e, quindi, l'effettuazione di controlli ufficiali mirati.
      Successivamente, sulla base di un parere del Consiglio superiore di sanità e per garantire la tutela della salute pubblica, è stata emanata l'ordinanza ministeriale 10 dicembre 2008 concernente «misure urgenti in materia di produzione, commercializzazione e vendita diretta di latte crudo per l'alimentazione umana».
      Con questo provvedimento è stato previsto, tra l'altro, l'obbligo di riportare sui distributori automatici e sulle bottiglie l'indicazione che il latte deve essere preventivamente bollito.
      A seguito del proliferare nel territorio nazionale dei distributori automatici di latte crudo, il Ministero della salute ha chiesto l'intervento del comando carabinieri per la tutela della salute – nuclei antisofisticazioni e sanità (NAS), che ha consentito di eseguire 156 ispezioni su tutto il territorio nazionale, ed ha richiesto alle regioni l'attuazione di un programma straordinario di controllo, con prelievo di 289 campioni e con sequestro di 8 distributori di latte crudo, richiamando inoltre ad un'intensificazione dei controlli sul rispetto dell'ordinanza e dell'intesa succitate.
      Nel corso del 2011 sono stati effettuati, in controllo ufficiale, 1186 accessi presso le aziende registrate per la vendita di latte crudo e 2436 accessi presso i siti di ubicazione dei distributori automatici.
      Dai dati sul censimento annuale è emerso che a fronte della riduzione del numero delle strutture registrate per la vendita di latte crudo, si evidenzia un aumento dei controlli ufficiali nel corso dell'ultimo anno. In particolare, il numero di accessi, sia presso gli allevamenti sia presso i siti di ubicazione dei distributori, è più che raddoppiato.
      Oltre ai provvedimenti ora menzionati, in data 27 marzo 2012, il Ministero della salute ha inviato una nota ufficiale a tutte le maggiori federazioni e società scientifiche, con cui venivano segnalati i casi di sindrome emolitico-uremica (SEU) associati a infezione da escherichia coli produttore di verocitotossina in pazienti di età pediatrica, probabilmente legati al consumo di latte crudo (non pastorizzato) contaminato.
      L'iniziativa intrapresa dal Ministero, in stretta collaborazione con l'Istituto superiore di sanità, ha come obiettivo quello di raggiungere in modo capillare tutte le figure mediche che hanno quotidianamente un ruolo cruciale nei rapporti con le famiglie, al fine di sensibilizzare e fornire una corretta informazione, basata su dati scientifici, circa la necessità di consumare latte crudo solo previo trattamento termico.
      Tale iniziativa si è aggiunta a tutte le misure di prevenzione e tutela già adottate dal Ministero della salute per questa problematica. La bollitura, infatti, fatti salvi gli obblighi igienico-sanitari fissati dalla normativa vigente, consente di eliminare l'eventuale presenza di agenti patogeni che possono essere presenti nel latte e di evitare, così, che gli eventuali pericoli microbiologici si possano trasformare in rischi reali per la salute.
      In data 28 marzo 2012, per una maggiore diffusione, si è provveduto a pubblicare la suddetta nota anche nel sito
internet del Ministero, al seguente indirizzo: http://www.salute.gov.it/dettaglio/dettaglioNews.jsp?id=1967&tipo=new.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Adelfio Elio Cardinale.


      JANNONE. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          una statua scheggiata, una ceramica sbeccata o un complesso marmoreo o di terracotta mancante di un pezzo potrà presto essere restaurato con i geopolimeri, materiali versatili compatibili con quello dell'opera d'arte per caratteristiche e durabilità. «In Italia si usano per il momento solo in laboratorio per testarli come adesivi, utili per unire frammenti combacianti provenienti per esempio da scavi archeologici, o per realizzare forme o parti mancanti», precisa Sabrina Gualtieri, ricercatrice Cnr dell'Istituto di scienza e tecnologia dei materiali ceramici di Faenza. All'estero sono invece già stati applicati su manufatti artistici dal gruppo di ricercatori dell'Accademia delle scienze di Praga. Nati per uso industriale perché resistenti alle alte temperature, i geopolimeri sono stati per lungo tempo il costituente principale di pannelli tagliafuoco per navi ed edifici. Da dieci anni a questa parte restauratori e ricercatori applicati ai beni culturali si sono avvicinati a questi materiali che a tutt'oggi si preparano in laboratorio mescolando una polvere reattiva a base di argilla o polvere di roccia con una soluzione alcalina fortemente basica in rapporti molari precisi, non prima di aver eseguito un'accurata analisi di caratterizzazione del materiale con cui è fatto il manufatto da restaurare. La sostanza così ottenuta si consolida a freddo (e comunque a temperature minori di 120 gradi) e dà origine a un geopolimero puro al quale vengono aggiunti additivi per rendere maggiormente compatibile l'intervento con il resto dell'opera: la polvere di terracotta è l'ideale per dare un colore ocra, mentre la sabbia riproduce molto bene le caratteristiche di un concio di arenaria;
          «La loro applicazione richiede prima di tutto uno studio come quello che abbiamo eseguito considerando tre caolini diversi, cioè tre tipi differenti di polvere reattiva», prosegue Gualtieri. «Quale sarebbe stata più adeguata a svolgere una funzione di adesivo ? Per saperlo si sono rotte mattonelle in terracotta misurandone la resistenza alla flessione, si è spennellato il geopolimero ottenuto sulla superficie di frattura e i materiali sono stati tenuti in incollaggio per 15 giorni», illustra la ricercatrice. «Trascorso questo periodo abbiamo rotto nuovamente le mattonelle e misurato la resistenza alla flessione. Ebbene, se per spezzare la terracotta occorreva applicare una pressione di 6 megaPascal, per il materiale incollato bastavano 2,5 megaPascal. Segno che i frammenti si potevano staccare facilmente e il preparato presentava caratteristiche idonee per un restauro reversibile»;
          i geopolimeri sono dunque un'ottima alternativa alle resine organiche che possono provocare ritiri e strappi, essere facilmente deteriorabili o completamente irreversibili. Tuttavia «il loro impiego deve essere sempre preceduto da uno studio di realizzazione che richiede una spesa e rende i geopolimeri attualmente non così competitivi rispetto ad altri tipi di prodotti di restauro», risponde Sabrina Gualtieri. Per abbassare i costi bisognerebbe trovare ditte intenzionate ad investire in questi materiali  –:
          quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di incentivare gli investimenti nello studio dei geopolimeri;
          quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di modificare la normativa inerente ai restauri italiani, introducendo anche l'utilizzo dei geopolimeri. (4-15743)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, con la quale l'interrogante chiede di sapere quali iniziative si vogliano adottare al fine di incentivare gli investimenti nello studio dei geopolimeri nonché al fine di modificare la normativa inerente i restauri italiani, introducendo anche l'utilizzo dei geopolimeri, si rappresenta quanto segue.
      La ricerca sui geopolimeri nel campo dei materiali per le operazioni di restauro dei beni culturali rappresenta uno studio di nicchia, all'interno di gruppi che si occupano di materiali geopolimerici per applicazioni industriali, medicali, eccetera.
      Spesso si tratta di ricerche libere, non o poco finanziate, che necessitano di tempi lunghi di sperimentazione per poter, in primo luogo, caratterizzare in maniera approfondita le materie prime, poi valutare il comportamento nel tempo di questi nuovi materiali.
      Allo stato attuale delle conoscenze, si è ancora in una fase di ricerca e studio sui processi di geopolimerizzazione, ossia di tutti quei trattamenti che ripristinano il materiale deteriorato partendo dal materiale stesso. Ricerche e studi sicuramente interessanti, promettenti e da seguire con attenzione: sarebbe auspicabile, comunque, una maggiore partecipazione alle fasi di prove e applicazioni sui materiali-test da parte degli operatori del restauro, ossia coloro che domani dovranno concretamente utilizzare i risultati delle ricerche in corso, prima di operare direttamente sui beni culturali.
      In merito all'utilizzo dei materiali geopolimerici nel campo dei beni culturali, in data 21 marzo 2012, presso l'area di ricerca del Centro Nazionale di Ricerca di Firenze – Sesto Fiorentino, si è svolta la quinta giornata di studio del gruppo di lavoro «geopolimeri» sui «materiali geopolimerici per i beni culturali», i cui lavori possono essere visionati al seguente sito
internet: www.icvbc.cnr.it/News/Giornata%20geopolimeri/Interventi.htm.
      Si ritiene che, nonostante i geopolimeri abbiano interessanti prospettive di uso in tutti i settori, compreso quello dei beni culturali, la ricerca ancora necessiti di approfondimenti e modificazioni.
      Come riporta l'interrogante, i geopolimeri sono ottenuti da argille e soluzioni alcaline fortemente basiche.
      La presenza di ioni alcalini, di sodio e potassio, in concentrazioni notevoli ne rende difficile l'utilizzo nel settore, così come nel passato è successo per materiali simili, quali i silicati di sodio e potassio, a causa dei loro sottoprodotti dannosi.
      Per quanto riguarda la reversibilità nell'uso di tali prodotti, essendo essi polimeri inorganici, essa è di difficile realizzazione in quanto per rimuovere una stuccatura oppure separare due parti di un oggetto bisognerebbe intervenire meccanicamente su opere d'arte spesso già in precario stato conservativo. A tal riguardo, si rammentano i danni nell'uso di malte cementizie nei restauri del passato e la necessità frequente di intervenire per la rimozione di tali interventi.
      Solo una comprovata stabilità chimica nel tempo e nelle diverse condizioni ambientali d'uso ne determinerebbe una possibile utilizzazione quale materiale costitutivo nella realizzazione di parti o elementi mancanti (da far eventualmente aderire alle parti originali con prodotti di diversa natura) o di intere copie di beni culturali.
      Relativamente alla richiesta di «modifica della normativa inerente ai restauri italiani, introducendo anche l'utilizzo dei geopolimeri» si ricorda che la normativa attuale non pone limiti nell'uso dei materiali innovativi quando se ne dimostra l'utilità e la non nocività, intesa quale requisito inclusivo di tutti quelli definiti per lo svolgimento di interventi conservativi di restauro a norma di legge.
      Tale libertà di ricerca e d'uso di diversi nuovi prodotti è, ad esempio, dimostrata dall'ampio uso di materiali nel settore provenienti dalle nanotecnologie sviluppati nell'ultimo decennio, quali nanocalci, nanosilici e nanoemulsioni acriliche, di cui esistono ampi studi e prodotti commerciali, corredati di necessarie schede tecniche e di sicurezza.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.


      JANNONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la quantità di elettricità quella prodotta, in particolare dalle fonti rinnovabili, non è potuta entrare nel sistema nazionale perché la rete non è grado di reggere il carico, come se non fosse mai stata prodotta, Anche se i cittadini, hanno pagato ugualmente gli incentivi alle compagnie interessate. L'allarme è stato lanciato dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas nella sua ultima relazione al Parlamento: «Il forte sviluppo delle fonti rinnovabili non programmabili – si legge nel documento – sta comportando il manifestarsi di problematiche di carattere tecnico ed economico. Da attribuire all'aleatorietà della produzione da fonti rinnovabili non programmabili e accentuate dalle carenze infrastrutturali delle aree in cui tali fonti sono prevalentemente localizzate»;
          una situazione che rischia di aggravarsi senza interventi mirati. Come spiega uno dei commissari dell'Autorità, Alberto Biancardi: «Gli impianti eolici e fotovoltaici, per lo più collocati nelle regioni del sud, sono cresciuti in modo esponenziale negli ultimi anni. Anche oltre le previsioni, spinti anche dal livello degli incentivi. E dal miglioramento delle tecnologie, con una crescita che solo due anni fa era impensabile. Al punto che già l'anno prossimo le fonti rinnovabili saranno in grado di soddisfare tutta la domanda di energia delle regioni meridionali. Il che comporta, però, dei seri problemi dovuti al fatto che le rinnovabili non producono energia in modo continuativo»: l'eolico, ovviamente, solo quando c’è molto vento, il fotovoltaico solo di giorno. Di conseguenza, le rinnovabili hanno dei picchi e delle ore di produzione che non sono programmabili. Ma il sistema elettrico non sempre è in grado di reggere e di distribuire (dispacciare è il termine tecnico) tutta l'energia prodotta dagli impianti «verdi». In qualche caso, per impedire il sovraccarico dei cavi l'energia è andata perduta, semplicemente non mettendola in rete;
          tra gli addetti ai lavori il tema è all'ordine del giorno già da qualche tempo. I tecnici di Terna, la società che gestisce in regime di monopolio la rete ad alta e altissima tensione in Italia, sono tra questi. La società ha preparato un dossier sull'argomento e ha proposto la realizzazione di «accumuli», sistemi che immagazzinano l'energia in eccesso prodotta dalle rinnovabili da essere poi usata nelle ore di punta. Proponendosi anche di realizzare questi impianti, ma scatenando una reazione da parte delle società di produzione, a partire da Enel, sostenuta da Assoelettrica, l'associazione di categoria, che propone, invece, di utilizzare gli impianti a gas, al momento inattivi per il calo della domanda conseguente alla crisi;
          «Il problema – anticipa Biancardi – è che il sistema è in equilibrio sempre più precario. Per la stabilità del sistema sono state bloccate, in qualche occasione, le importazioni perché il sistema non avrebbe retto. Ma il nostro approccio per trovare la soluzione deve essere funzionale. Bisogna capire cosa conveniente fare e cosa sia più economico. Non è detto, per esempio, che sia la realizzazione di accumuli o l'utilizzo delle centrali. Se costa di meno ampliare la rete, la amplieremo. Ma anche se fossero più vantaggiosi gli accumuli, non è detto che sia Tema a realizzarli. Vedremo». In ogni caso, l'Autorità sta pensando anche a modificare il regime degli incentivi che vengono pagati tramite le bollette per sostenere gli investimenti di Terna: «Proprio per i cambiamenti in atto, Terna potrebbe non essere più remunerata in base agli investimenti realizzati, ma agli obiettivi raggiunti, anche perché avrà obbiettivi sempre più sfidanti»  –:
          quali interventi il Ministro intenda adottare al fine di migliorare il dispaccio di energia rinnovabile in Italia, progettando una nuova rete, che non provveda soltanto all'immagazzinamento di quanto prodotto, ma anche alla sua rapida ed oculata distribuzione. (4-14097)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame si fa presente quanto segue.
      La crescita del settore delle energie rinnovabili negli ultimi anni è stata, come osservato dallo stesso interrogante, superiore alle aspettative e si è concentrata soprattutto nelle aree del meridione d'Italia.
      Le criticità sull'argomento riscontrate dall'interrogante sono relative alle forti difficoltà nell'erogazione del servizio di dispacciamento, con conseguenti riflessi negativi in termini di accesso al sistema elettrico della generazione da fonte rinnovabile; infatti il considerevole sviluppo delle fonti rinnovabili (eolico e fotovoltaico) e il conseguente impatto sulla rete elettrica, legato sia alle problematiche dovute alle congestioni di rete, sia alla non programmabilità di tali fonti è stato ed è oggetto di un costante monitoraggio e vigilanza da parte del Ministero dello sviluppo economico e dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas (AEEG), specie in ordine agli aspetti economici e di sicurezza di sistema.
      In questo contesto, da un lato, sono state attuate alcune modifiche normative al fine di garantire nell'immediato una gestione in sicurezza del sistema elettrico e, dall'altro, sono stati pianificati, per mezzo dei piani di sviluppo 2011 e 2012 predisposti dalla concessionaria, considerevoli interventi di sviluppo della rete di trasmissione, sia in termini di potenziamento e realizzazione di nuove infrastrutture di trasmissione, che con riferimento all'adozione di sistemi di accumulo in attuazione degli obblighi previsti dal decreto legislativo n.  28 del 2011, e da ultimo, dal decreto legislativo n.  93 del 2011.
      In particolare, per quanto attiene al primo aspetto sono state apportate modifiche all'articolo 19, comma 2, del decreto legislativo n.  28 del 2011 in materia di incentivazione della produzione da fonte rinnovabile, ad opera dell'articolo 21, comma 2, decreto-legge n.  1 del 2012 (cosiddetto decreto liberalizzazioni). Per effetto delle suddette modifiche è previsto che l'AEEG entro il 28 febbraio 2012 proceda, da un lato, ad un'analisi quantitativa degli oneri di sbilanciamento gravanti sul sistema elettrico derivante dalle fonti rinnovabili non programmabili e, dall'altro, ad adottare tra l'altro misure di protezione e di difesa delle reti elettriche necessarie per la sicurezza del sistema elettrico.
      A tal fine la stessa autorità (delibera 84/2012/R/EEL dell'8 marzo 2012), è intervenuta stabilendo l'adozione negli impianti di produzione connessi alla reti in media e bassa tensione di inverter per il controllo delle soglie di frequenza e della tensione, anch'esse opportunamente adeguate con tale provvedimento, per scongiurare eventuali disservizi e black-out sulla rete stessa.
      Per quanto attiene invece al secondo aspetto relativo ai nuovi interventi di potenziamento della rete elettrica, si deve rilevare che tali interventi, che ammontano nel complesso a circa 8 miliardi di euro, sono stati recentemente confermati dal gestore della rete di trasmissione nazionale nel piano di sviluppo 2012, quest'ultimo attualmente in fase di valutazione ambientale strategica e oggetto di consultazione pubblica presso l'Autorità per l'Energia elettrica d il Gas, in esito alla quale la stessa Autorità procederà all'espressione di valutazione dirette a questo Ministero.
      In particolare nel piano di sviluppo del 2012 sono previsti numerosi interventi nelle cosiddette aree critiche interessate da congestioni di rete dovute ad un surplus di generazione da fonte rinnovabile non programmabile, con relative ricadute positive in termini di gestione del servizio di dispacciamento e di riduzione di costi per la collettività.
      In tali aree sono stati pianificati, accanto ai tradizionali interventi di sviluppo della rete finalizzati al potenziamento del trasporto e all'aumento della magliatura della rete, anche l'installazione di sistemi di accumulo da realizzarsi prevalentemente nelle aree occupate dalle stazioni elettriche e in corrispondenza delle direttrici con maggiore criticità, caratterizzati da elevata modularità e tempi brevi di installazione (articolo 17, comma 3, decreto legislativo n.  28 del 2011 e decreto legislativo n.  93 del 2011.
      Pertanto nell'ottica del miglioramento del servizio di dispacciamento di produzione rinnovabile si può ritenere che tali misure costituiscano due modalità d'intervento che, allo stato, si ritengono volte ad assicurare la gestione in sicurezza del sistema elettrico e il miglior impiego della crescente potenza istallata da fonti rinnovabili.
      Circa poi le affermazioni dell'interrogante sulla necessità di comprendere quale possa essere la miglior soluzione, anche da un punto di vista economico, per far fronte allo squilibrio del sistema elettrico venutosi a creare, si conferma che il Ministero sta agendo su più fronti prioritari, cercando di:
          semplificare le procedure amministrative per realizzare più rapidamente le infrastrutture di rete necessarie, tra cui le procedure di valutazione del piano di sviluppo di Terna i cui tempi di approvazione sono purtroppo superiori all'anno;
          intensificare le risorse messe a disposizione per lo sviluppo di rete soprattutto nelle aree del sud, particolarmente interessate dallo sviluppo di eolico e fotovoltaico (ben 200 milioni di euro sono stati dedicati nell'ambito del programma operativo interregionale energia proprio al tema del dispacciamento dell'energia rinnovabile in rete, in aggiunta alle ingenti risorse derivanti dalla tariffa elettrica);
          integrare i sistemi di incentivazione delle fonti rinnovabili con misure atte a ridurre i problemi sulla rete. Ne è un esempio la nuova tariffa per l'autoconsumo su posto, particolarmente incentivante;
          infine, in coordinamento con quanto sta facendo l'Autorità per l'energia, verificare l'efficacia e l'efficienza di alcune soluzioni atte a mitigare il problema, come i sistemi di accumulo per i quali saranno dati a breve indirizzi a Terna.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Claudio De Vincenti.


      JANNONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la conferma della recessione tecnica dell'Italia arriva dall'Istat, che però, nel contempo, annuncia: «La crescita per l'intero 2011 è stata dello 0,5 per cento» e non dello 0,4 per cento stimato a febbraio. Tradotto: la situazione economica è peggiorata da giugno dello scorso anno, con lo scoppio della crisi internazionale e due trimestri consecutivi in calo, ma c’è spazio per sperare in una lieve ripresa nella seconda parte del 2012. La crescita acquisita per l'anno in corso, quella che si verificherebbe per il puro effetto trascinamento del 2011 se in tutti e quattro i trimestri dell'anno si registrasse crescita zero, è infatti ancora negativa e pari a –0,5 per cento, in miglioramento, però, rispetto alla stima preliminare del 15 febbraio quando si era fermata a –0,6 per cento;
          nel dettaglio, nel 2011, il prodotto interno lordo è cresciuto dello 0,5 per cento, in netta frenata rispetto all'1,8 per cento registrato nel 2010. L'istituto di statistica precisa che si fa riferimento al prodotto interno lordo espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2005, corretto per effetti di calendari e destagionalizzato. Rispetto alla stima preliminare del 15 febbraio il congiunturale viene confermato, mentre il tendenziale viene rivisto in miglioramento. Quanto all'intero 2011 l'Istat ricorda che il dato grezzo diffuso il 2 marzo indica una crescita dello 0,4 per cento. L'ultima previsione del Governo stimava, invece, un prodotto interno lordo nel 2011 a +0,6 per cento. Negli ultimi tre mesi dello scorso anno sono calate, su base congiunturale, tutte le componenti della domanda interna: le importazioni si sono ridotte del 2,5 per cento e le esportazioni rimaste stazionarie. La domanda nazionale al netto delle scorte ha sottratto un punto percentuale alla crescita del prodotto interno lordo (–0,4 i consumi delle famiglie, –0,1 la spesa della pubblica amministrazione e –0,5 gli investimenti fissi lordi). Anche la variazione delle scorte ha contribuito negativamente alla crescita del prodotto interno lordo (–0,4 punti percentuali), mentre il contributo della domanda estera netta è stato positivo per 0,7 punti percentuali. Dal lato dell'offerta, si rilevano andamenti congiunturali negativi per il valore aggiunto dell'industria (–1,7 per cento) e dei servizi (–0,1 per cento), mentre il valore aggiunto dell'agricoltura è aumentato dello 0,5 per cento;
          nel confronto internazionale, riferito al quarto trimestre, il prodotto interno lordo è aumentato in termini congiunturali dello 0,7 per cento negli Stati Uniti e dello 0,2 per cento in Francia, mentre è diminuito dello 0,2 per cento in Germania e nel Regno Unito e dello 0,6 per cento in Giappone. In termini tendenziali, si è registrato un aumento del 2 per cento in Germania, dell'1,6 per cento negli Stati Uniti, dell'1,4 per cento in Francia e dello 0,7 per cento nel Regno Unito, mentre il prodotto interno lordo è diminuito dell'1,0 per cento in Giappone. Nel complesso, il prodotto interno lordo dei Paesi dell'area Euro è diminuito dello 0,3 per cento rispetto al trimestre precedente ed è aumentato dello 0,7 per cento nel confronto con lo stesso trimestre del 2010. Attività economica in crescita invece per i Paesi dell'area Ocse a gennaio: il superindice calcolato dall'organizzazione con sede a Parigi è salito a 100,9 punti dai 100,5 di dicembre. Il dato, che resta inferiore di 1,6 punti rispetto a un anno fa, continua a segnalare un «cambiamento positivo» nel trend economico dell'area. «Possibile cambio positivo» anche per l'Eurozona, il cui indice è salito di 0,2 punti a 98,7, e l'Italia (+0,4 a 96,6). Sebbene le economie trainanti restino Stati Uniti (+0,7 a 102,5) e Giappone (+0,5 a 102,6), l'Ocse sottolinea che «segnali più forti, anche se timidi, stanno cominciando a emergere in tutte le principali economie Ocse e per l'Eurozona nel suo insieme». Nel dettaglio degli altri Paesi Ocse, invariato a 99,4 punti il dato del Canada, mentre la Francia segna +0,3 a 99,1, la Germania +0,1 a 98,1, il Regno Unito +0,1 a 98,9. Al di fuori dell'area, i dati indicano «segnali più forti di cambiamento positivo» per India (+0,7 a 96,7) e Russia (+0,2 a 102,1), mentre la Cina vive un rallentamento (-0,6 a 98,4) e il Brasile una «crescita al di sotto della media» (-0,2 a 93,2). Nell'insieme, le prime sette economie mondiali fanno segnare +0,5 a 101,2, mentre le cinque principali economie asiatiche (Cina, India, Indonesia, Giappone e Corea del Sud) registrano in gennaio un dato invariato a 99,1  –:
          quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di incentivare la ripresa economica italiana, con particolare riguardo alle realtà imprenditoriali del nostro Paese. (4-15407)

      Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame, con il quale l'interrogante chiede di conoscere quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di incentivare la ripresa economica italiana, con particolare riguardo alle realtà imprenditoriali del nostro Paese, si rappresenta quanto segue.
      Il Governo ha varato numerose misure mirate a stimolare l'economia, pur nel rispetto dei vincoli sul bilancio pubblico, rafforzati dall'approvazione del «Six Pack» e del «Fiscal Compact».
      In particolare, il Governo sta promuovendo seguendo le linee indicate dalla commissione europea nel rapporto su «L'Italia e la sfida dell'alto debito/bassa crescita», nel quale si raccomanda di avviare un pacchetto di riforme che diano impulso alla crescita senza tuttavia trascurare l'equità sociale.
      Seguendo le raccomandazioni della Commissione europea e degli altri organismi internazionali, il Governo, per rilanciare lo sviluppo, ha dunque puntato su un miglioramento delle condizioni generali in cui le imprese si trovano ad operare, piuttosto che su nuovi sussidi per le imprese.
      In primo luogo, i Governi che si sono succeduti in questa delicatissima fase del ciclo economico avevano già varato una serie di provvedimenti che miravano ad un uso più efficiente delle risorse pubbliche liberate dalla riduzione strutturale della spesa pensionistica, da una più efficace lotta all'evasione fiscale e da una revisione complessiva della composizione della spesa pubblica (cosiddetto spending review).
      Nel contempo si sta procedendo al progressivo spostamento del peso dei tributi, dai fattori produttivi che generano la crescita (lavoro ed imprese) verso i consumi e le proprietà, che hanno un minore impatto sullo sviluppo, inoltre, una significativa azione regolamentare e numerosi provvedimenti di liberalizzazione e di stimolo alla concorrenza consentiranno di ridurre gli oneri impropri gravanti su cittadini e imprese, liberando ulteriori risorse per usi più produttivi.
      In particolare, già il cosiddetto decreto «Salva Italia», accanto a provvedimenti di emergenza con effetti necessariamente restrittivi sulla dinamica del PIL, conteneva anche alcune misure a favore dello sviluppo. Tra queste si ricordano: l'aiuto per la crescita economica (ACE), che incoraggia e defiscalizza le nuove iniezioni di capitale effettuate dalle società; la deducibilità dell'intera componente del lavoro dall'IRAP per le società che assumono nuovi addetti, soprattutto se donne, giovani e nel Meridione per un importo di 4,5 miliardi fino al 2012; la creazione di un'agenda per l'internalizzazione delle imprese; il rifinanziamento del fondo di garanzia per le piccole imprese di euro 400 milioni per ogni anno a partire dal 2012 fino al 2014; le detrazioni per interventi di ristrutturazione, di efficientemente energetico e per le spese conseguenti a calamità naturali.
      Con i successivi decreti, denominati rispettivamente «Cresci Italia» e «Semplifica Italia», l'attuale Governo ha perseguito più direttamente l'obiettivo di stimolare e facilitare l'attività delle imprese, con misure di liberalizzazione dei servizi e di riduzione degli oneri burocratici.
      In particolare, il decreto «Semplifica Italia», approvato in via definitiva il 4 aprile 2012, mira a cambiare radicalmente i rapporti tra Pubblica amministrazione, cittadini ed imprese, liberando, altresì, risorse preziose per lo sviluppo grazie al miglioramento dell'ambiente imprenditoriale. Il provvedimento contiene una serie di interventi volti ad alleggerire il carico degli oneri burocratici gravanti sui cittadini e sulle imprese e a stimolare lo sviluppo di alcuni settori strategici al fine di rilanciare la crescita economica.
      In tal senso è stata prevista l'eliminazione di un numero consistente di norme che ponevano a carico di cittadini e imprese oneri molto significativi e difficilmente giustificabili.
      È stato altresì previsto il ricorso generalizzato ai poteri sostitutivi a richiesta dei privati cittadini, in caso di inerzia dell'Amministrazione.
      Inoltre il Governo sta valutando di anticipare l'attuazione della direttiva sui pagamenti della pubblica amministrazione, i cui ritardi mettono in difficoltà molte imprese.
      Con il decreto denominato «Cresci Italia» il Governo ha inteso rimuovere due grandi vincoli che hanno compresso per decenni il potenziale di crescita dell'Italia: l'insufficiente concorrenza dei mercati e l'inadeguatezza delle infrastrutture.
      Nel citato provvedimento la crescita economica è stimolata anzitutto con l'eliminazione dei vincoli burocratici (nulla osta, autorizzazioni, licenze) che ostacolano l'avvio delle attività d'impresa. Si è in tal senso provveduto all'abolizione delle autorizzazione e delle licenze per l'apertura di nuove attività commerciali e dei limiti imposti al loro numero, salvo i casi in cui ciò sia giustificato da un rilevante interesse pubblico. Inoltre è stata prevista una versione semplificata delle società a responsabilità limitata con capitale sociale di un euro, al fine di favorire i giovani imprenditori e le imprese di nuova formazione.
      Lo stesso decreto prevede la liberalizzazione dei servizi professionali, con l'abolizione delle tariffe professionali e minori vincoli per l'apertura di nuove farmacie e studi notarili.
      Sono state inoltre introdotte, al fine di ridurre il costo di numerosi servizi di imprese, anche una serie di misure per limitare il potere degli albi professionali di applicare clausole contrattuali contrarie al pubblico interesse.
      Il decreto introduce anche la liberalizzazione e lo scorporo della «rete» nel settore del gas, nonché una maggiore concorrenza sul mercato dell'elettricità per l'energia da fonti rinnovabili.
      Il potere delle autorità garanti della concorrenza sui servizi pubblici è stato rafforzato e sono stati introdotti incentivi per aumentare l'efficienza dei servizi e favorire il consolidamento delle aziende di servizio pubblico locali. Nel settore dei servizi bancari ed assicurativi è stata introdotta una maggiore concorrenza, intensificando, altresì, la lotta alle frodi.
      L'autorità per l'energia elettrica ed il gas sarà trasformata in un'autorità delle industrie a rete e regolamenterà anche le autostrade, le ferrovie, i porti, gli aeroporti, i trasporti locali e i taxi.
      Tutto ciò naturalmente comporterà un impatto sostanziale sui costi di approvvigionamento, produzione e distribuzione sopportati dalle imprese.
      Il Governo ha anche introdotto misure volte a favorire l'afflusso di capitali privati, quali la nuova regolamentazione dei «project bonds», il sostegno alle partenrships pubblico-privato nelle grandi opere pubbliche e alcuni provvedimenti specifici per il settore dell'edilizia.
      Inoltre, dal momento che la tutela dell'ambiente è una straordinaria opportunità di sviluppo per il Paese, il Governo, pur nella difficile congiuntura economica, ha mantenuto nel programma nazionale di riforma l'obiettivo di ridurre del 13,46 per cento l'impiego di energia primaria al 2020. È stata confermata l'operatività del «Fondo di Kyoto» dal marzo 2012, con una dotazione di 600 milioni di euro, allo scopo di realizzare interventi di riduzione delle emissione di gas serra. Un uso efficiente delle risorse può infatti creare nuove opportunità di fare impresa e migliorare la competitività delle aziende, riducendo il peso dei costi di approvvigionamento dell'energie e limitando anche l'esposizione alle oscillazione dei prezzi internazionali.
      Da ultimo è stato pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale del 26 giugno 2012, il decreto-legge n.  83 del 22 giugno 2012, contenente un pacchetto di misure urgenti e strutturali per stimolare il rafforzamento della competitività, la ripresa della domanda e lo stimolo al dinamismo imprenditoriale.
      Le principali misure adottate riguardano:
          le agevolazioni fiscali per lavori di ristrutturazioni: è stato previsto l'innalzamento, fino al 30 giugno 2013, delle soglie di detrazione IRPEF al 50 per cento (attualmente è prevista al 36 per cento) per lavori fino a 96 mila euro (attualmente fino a 48 mila euro), per favorire interventi di ristrutturazione edilizia;
          le agevolazioni fiscali per interventi di riqualificazione energetica: è stata consentita dal 1° gennaio 2013 al 30 giugno 2013 la detrazione di imposta del 50 per cento per le spese per interventi di riqualificazione energetica (fino al 31 dicembre 2012 resta valida la detrazione pari al 55 per cento;
          il ripristino dell'IVA per cessioni e locazioni di nuove costruzioni: la norma abolisce il limite temporale dei cinque anni, prevedendo quindi che le cessioni o locazioni di nuove abitazioni effettuate direttamente dai costruttori siano sempre assoggettate ad IVA, consentendo di conseguenza alle imprese di avvalersi della compensazione;
          l'apertura al mercato dei capitali per le società non quotate: viene incentivata l'emissione di cambiali finanziarie, obbligazioni e titoli similari e obbligazioni partecipative subordinate tramite la previsione di sponsor che garantiscano la liquidità dei mercati. In particolare viene fissato nel totale dell'attivo circolante il limite quantitativo di emissione, viene modificata la durata delle cambiali finanziarie (il termine inferiore viene ridotto a un mese e quello superiore viene aumentato a diciotto mesi), viene prevista la possibilità di dematerializzare i titoli e viene esteso alle cambiali finanziarie il regime fiscale previsto per le obbligazioni;
          la revisione della legge regolatrice del diritto fallimentare: è stata introdotta, con l'obiettivo di promuovere l'emersione anticipata della crisi delle imprese, una misura che introduce la facoltà di depositare un ricorso contenente la mera domanda di concordato preventivo, senza la necessità di produrre contestualmente tutta la documentazione finora richiesta.
          il recupero delle risorse per lo sviluppo: è previsto il riordino del fondo speciale rotativo sull'innovazione tecnologica, che verrà denominato fondo per la crescita sostenibile, e avrà il compito di finanziare programmi e interventi per la competitività e il sostegno dell'apparato produttivo. Inoltre sono state abrogate 43 norme di agevolazione alle imprese e semplificati i meccanismi per circa 27.000 operazioni di agevolazione alle imprese in capo al Ministero dello sviluppo economico.
Il Ministro dello sviluppo economico: Corrado Passera.


      LAFFRANCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          i fatti di cronaca degli ultimi mesi tratteggiano ormai un profilo dell'Umbria come mercato della droga tra i più fiorenti d'Italia, zona di furti e rapine, area d'infiltrazioni mafiose consistenti con annessi episodi di riciclaggio ed anche efferati omicidi, fenomeni ormai quotidiani che destano viva preoccupazione tra i cittadini della regione e, in particolare, per quelli che risiedono a Perugia;
          per citare solo gli ultimi episodi si ricorda la rapina in una villa della provincia di Perugia, che ha avuto come tragico epilogo l'omicidio di Luca Rosi nei primi giorni di marzo; a febbraio, una donna era stata oggetto di violenza sessuale nel corso di un colpo analogo sempre alle porte di Perugia. Alla fine di marzo, una rapina finita in tragedia, è costata la vita a due membri di una famiglia titolare di un'attività orafa, chiusa qualche anno fa;
          le forze dell'ordine hanno sempre agito con competenza e determinazione nonostante le carenze di uomini e mezzi;
          è compito, dunque, delle istituzioni restituire certezze e serenità ai cittadini dell'Umbria e per questo considerare centrale la questione sicurezza;
          il 5 marzo 2012 si è tenuto a Perugia il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica cui hanno partecipato i Sottosegretari De Stefano e Giovanni Ferrara  –:
          quale situazione abbiano potuto rilevare i rappresentanti del Governo;
          quali iniziative s'intendano adottare in merito;
          se non si ritenga necessario rafforzare gli organici e i mezzi delle forze dell'ordine al fine di rendere più efficace l'azione di contrasto alla criminalità sul territorio. (4-15864)


      LAFFRANCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          come già evidenziato nell'interrogazione del 3 maggio 2012, cui ancora non è stata fornita alcuna risposta, i fatti di cronaca degli ultimi mesi tratteggiano un profilo dell'Umbria oramai divenuta mercato della droga tra i più fiorenti d'Italia, zona di furti e rapine, area d'infiltrazioni mafiose consistenti con annessi episodi di riciclaggio ed anche efferati omicidi, fenomeni ormai quotidiani che destano viva preoccupazione tra i cittadini della regione e, in particolare, per quelli che risiedono a Perugia;
          per citare solo gli ultimi si ricorda la rapina in una villa della provincia di Perugia, che ha avuto come tragico epilogo l'omicidio di Luca Rosi nei primi giorni di marzo; a febbraio, una donna era stata oggetto di violenza sessuale nel corso di un colpo analogo sempre alle porte di Perugia. Alla fine di marzo, una rapina finita in tragedia, è costata la vita a due membri di una famiglia titolare di un'attività orafa, chiusa qualche anno fa;
          le forze dell'ordine hanno sempre agito con competenza e determinazione nonostante le carenze di uomini e mezzi;
          è compito, dunque, delle istituzioni restituire certezze e serenità ai cittadini dell'Umbria e per questo considerare centrale la questione sicurezza;
          il 16 maggio 2012, al Viminale, si è svolto un incontro tra il Ministro dell'interno e il sindaco di Perugia, dove è stato affrontato il tema della sicurezza del capoluogo, alla presenza del capo della Polizia, del comandante generale dell'Arma dei carabinieri e del prefetto di Perugia;
          secondo quanto riportato dagli organi di stampa, l'impegno assunto dal Ministro è stato quello di assicurare «un'adeguata e stabile presenza di agenti»  –:
          rilevato che tale espressione appare piuttosto generica, se non ritenga di dover declinare analiticamente gli impegni concreti assunti per ripristinare la sicurezza e l'ordine pubblico a Perugia. (4-16150)

      Risposta. — La città di Perugia è stata di recente alla ribalta delle cronache nazionali per due gravi fatti di sangue riconducibili al fenomeno criminale delle rapine in villa.
      Il primo episodio si è verificato la sera dei 2 marzo 2012 in località Ramazzano e si è concluso con l'uccisione di una delle persone presenti nell'abitazione al momento dell'irruzione dei malviventi, che, peraltro, sono stati già individuati e assicurati alla giustizia.
      Il secondo fatto di sangue è avvenuto nella notte tra il 5 e 6 aprile in un casolare della frazione Cenerente, all'interno del quale sono stati rinvenuti i cadaveri di due persone, presumibilmente assassinate nel corso di una rapina. Per questo episodio sono tuttora in corso le indagini coperte da segreto istruttorio.
      Le due vicende fanno seguito a quella avvenuta il 3 febbraio di quest'anno quando uno dei rapinatori ha consumato violenza sessuale ai danni di una donna, in un'abitazione di una località periferica ed isolata di Perugia. Il quadro generale relativo alla criminalità comune nella provincia di Perugia è caratterizzato da una forte presenza di cittadini extracomunitari dedita al traffico di sostanze stupefacenti – soprattutto quello al minuto su strada – alla tratta degli esseri umani ed allo sfruttamento della prostituzione.
      In particolare, la criminalità africana (composta per lo più da maghrebini e nigeriani) e quella albanese, in collegamento con organizzazioni radicate nei paesi produttori o di transito degli stupefacenti (come hashish, eroina e cocaina), mostrano una elevata flessibilità nella conduzione dei traffici di droga destinati al mercato locale. In tale contesto criminale si evidenziano sinergie anche con soggetti autoctoni.
      Nelle aree periferiche del capoluogo ed in provincia è presente il fenomeno dello sfruttamento della prostituzione. La caratteristica principale che contraddistingue tale fenomenologia criminale è la forte coesione ed estrema diffidenza verso persone, anche se malavitose, di altra nazionalità. Le vittime dello sfruttamento sono per la quasi totalità ragazze provenienti dai paesi dell'est europeo e la specifica delittuosità è riconducibile prevalentemente a criminali romeni e di altre nazionalità neocomunitarie, nonché a cittadini albanesi. Si riscontra, tuttavia, anche la presenza di gruppi centro-africani, soprattutto originari della Nigeria e in misura minore del Camerun, della Costa d'Avorio e del Ghana che sfruttano loro connazionali.
      Si registrano, inoltre, alcune forme di devianza riconducibili alla criminalità cinese, attiva nella gestione illecita dell'immigrazione e della manodopera clandestina, nonché nel controllo della prostituzione in appartamento.
      I delitti contro la persona sono riconducibili nella quasi totalità a contrasti o dissidi tra privati e, solo sporadicamente, sono risultati inquadrabili nella lotta tra bande per lo spaccio di sostanze stupefacenti.
      Peraltro, in alcuni casi, essi sono conseguenti a reati contro il patrimonio, a proposito dei quali è stata registrata una progressiva crescita, con parallelo incremento degli specifici episodi delittuosi (furti e rapine), riconducibili da un lato al fenomeno dei cosiddetti «pendolari» del crimine, soprattutto di origine napoletana e romana, ma frequentemente anche a piccoli gruppi di stranieri, spesso di nazionalità albanese e romena, come rilevato proprio con riferimento all'episodio delittuoso – evidenziato dagli interroganti – perpetrato a Ramazzano il 2 marzo 2012.
      Con riferimento al contrasto dello specifico fenomeno, la squadra mobile perugina, nel secondo semestre del 2011, ha avviato una complessa indagine, tuttora in corso, che ha portato a disarticolare una banda di 6 albanesi ritenuta responsabile degli «assalti» alle abitazioni compiuti nella provincia dal gennaio 2010 alla fine dell'inverno 2011.
      Già da qualche mese sono in atto servizi straordinari di controllo dei luoghi di aggregazione della popolazione clandestina in città, degli appartamenti sovraffollati, nonché verifiche e bonifiche degli stabili abbandonati.
      Ancora, in attuazione degli orientamenti emersi in seno al comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica – immediatamente convocato ogni volta che episodi di cronaca abbiano consigliato di acquisirne le valutazioni – si è resa più visibile ed attenta la presenza degli operatori di polizia nei luoghi critici della città, impiegando in modo coordinato anche agenti della Polizia municipale e di quella provinciale. Ciò con il duplice obiettivo di contrastare meglio e scoraggiare lo spaccio della droga e la criminalità diffusa che ad esso si intreccia nonché di incrementare la percezione di sicurezza dei cittadini.
      Nell'ottica del dialogo e del coordinamento tra prefettura e comune di Perugia, rientra anche il «Patto per Perugia Sicura», rinnovato il 14 gennaio 2011 – alla presenza del Ministro dell'interno pro tempore – dal prefetto, dal sindaco del capoluogo e dai presidenti della regione e della provincia.
      L'accordo ha inteso perfezionare lo sviluppo di sinergie tra tutti i soggetti coinvolti prevedendo, tra l'altro, attività di monitoraggio e pattugliamento coordinato tra forze di polizia statali e locali nelle zone nevralgiche e più sensibili della città, nonché la predisposizione di specifici progetti in materia di sicurezza urbana integrata su aree di intervento ritenute prioritarie.
      Per quanto riguarda lo stato di attuazione degli obiettivi del «Patto», si segnala che il comune di Perugia ha presentato alla regione due progetti a valere sul bando «Progetti volti a migliorare la sicurezza dei cittadini», finanziato in base alla legge regionale 14 ottobre 2008. Entrambi sono stati co-finanziati dalla regione Umbria per un importo complessivo di euro 121.897,15, cui vanno ad aggiungersi ulteriori euro 45.000,00 destinati al secondo stralcio di uno dei progetti denominato «Perugia Sicura».
      Nel marzo 2012 si svolto è in prefettura un vertice interforze. L'incontro ha testimoniato la vicinanza e l'attenzione del Governo ai problemi del territorio ed è stato, anche, l'occasione per sottolineare l'efficacia del lavoro di coordinamento e di sinergia tra l'autorità giudiziaria e quella di pubblica sicurezza e tra le autorità centrali e quelle locali, ai fini del contrasto ai fenomeni di criminalità.
      Nel corso della riunione è stato deciso l'invio temporaneo di reparti di rinforzo della Polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri per il potenziamento del sistema di controllo dei territorio attraverso la disposizione di ulteriori servizi di pattugliamento, nella fascia oraria 20.00/02.00, in aggiunta a quelli già previsti nel relativo piano coordinato.
      I risultati finora conseguiti hanno avuto il consenso della cittadinanza e degli stessi ambienti istituzionali.
      Lo stesso Ministro dell'interno Cancellieri, in un recente intervento all'assemblea dell'Anci Umbria a Perugia, ha evidenziato la necessità di tenere alta la guardia affinché «i livelli di sicurezza non vengano scalfiti, ma se possibile migliorati». A Perugia è stato già dato un forte contributo con i reparti prevenzione crimine che, ha ricordato il Ministro, stanno lavorando egregiamente.
      Non può, tuttavia, non rilevarsi che le risorse umane a disposizione della Polizia di Stato nella provincia sono sottodimensionate rispetto alle previsioni organiche.
      Relativamente ai mezzi, attualmente la questura di Perugia dispone di 17 vetture per il controllo del territorio, 38 vetture con i colori di serie, di cui 3 in giudiziale custodia, 16 vetture con i colori di istituto per servizi ordinari.
      È prevista, altresì, la prossima assegnazione alla questura di un'auto con i colori di istituto, per i servizi ordinari.
      Con le prossime distribuzioni di «volanti», pianificate tra la fine del 2012 e l'inizio dell'anno successivo, si provvederà a ripianare la carenza di autovetture per il controllo del territorio e a sostituire, ove necessario, quelle con maggior carico chilometrico.
      Per le autovetture con i colori di serie, invece, stante l'attuale soprannumero, non è stato previsto alcun potenziamento per l'anno in corso, salvo che venga avviata al fuori uso una cospicua aliquota di auto in dotazione.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.


      LO MORO, MINNITI, VILLECCO CALIPARI, MARINI, LARATTA, LAGANÀ FORTUGNO e OLIVERIO. — Al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          il consiglio regionale della Calabria ha recentemente approvato la legge regionale 10 febbraio 2012, n.  7, detta «Piano Casa 2» con ad oggetto «Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 11 agosto 2010, n.  21, nonché disposizioni regionali in attuazione del decreto-legge 13 maggio 2011, n.  70 convertito, con modificazioni, dalla legge 12 associazioni luglio 2011, n.  106»;
          tale legge regionale interviene sugli strumenti pubblici per il governo del territorio sino a giungere ai paradosso di rubricare come «misure per il settore edilizio» l'intervento diretto e sostanziale sulla legge urbanistica regionale attraverso un disegno continuo di «deroghe» che rendono possibili importanti trasformazioni fisiche e funzionali «al di là» degli strumenti di pianificazione urbanistica, abrogando i regimi di salvaguardia per gli strumenti urbanistici e sottraendo ai comuni il ruolo di artefici e decisori delle strategie urbane;
          la legge appare agli interroganti afflitta da gravi vizi di legittimità rispetto alle norme costituzionali che assegnano alle regioni specifici mandati e compiti, ma che inibiscono la possibilità per il legislatore regionale di invadere il campo di operatività delle norme nazionali di principio e di quelle di riserva statale;
          i rischi di una espansione edilizia incontrollata, in una regione già gravata da un elevato consumo del suolo, da un numero elevatissimo di abitazioni non occupate, da un abusivismo dilagante e da carenze di adeguati servizi e standard urbanistici, vengono drammaticamente accentuati da tale legge;
          tali problemi sono già stati sollevati da associazioni culturali e ambientaliste, dai gruppi di opposizione in consiglio regionale e in particolare dal gruppo consiliare del Partito democratico calabrese, che ha inviato un corposo dossier al Ministro interrogato in cui si illustrano in maniera analitica i possibili vizi di costituzionalità del provvedimento  –:
          quali siano gli orientamenti del Governo in relazione alla legge regionale della Calabria n.  7 del 2012 e se si intenda procedere alla sua impugnativa davanti alla Corte Costituzionale. (4-15297)

      Risposta. — Il Consiglio dei ministri, nella seduta del 6 aprile 2012, ha deliberato, a seguito della richiesta pervenuta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dal Ministero per i beni e le attività culturali, l'impugnativa della legge regionale della Calabria n.  7, in quanto alcune norme, modificando la precedente legge sul cosiddetto «piano casa», hanno introdotto previsioni contrastanti con i regolamenti statali che disciplinano la distanza tra gli edifici, la distanza degli edifici dal nastro stradale ed ulteriori prescrizioni tecniche, tra cui alcune volte a prevenire i rischi sismici. Altra norma della stessa legge è stata impugnata in quanto ha stabilito la sanatoria degli abusi edilizi realizzati in aree sottoposte a vincolo paesaggistico. In particolare:
          1) l'articolo 2, comma 1, prevede, genericamente, per gli interventi di cui agli articoli 4 e 5 della medesima legge regionale, l'ammissibilità della modifica della sagoma plano-volumetrica dell'edificio, in contrasto con il principio fondamentale in materia di governo del territorio contenuto all'articolo 5, comma 9, lettera
d), del decreto-legge n.  70 del 2011, convertito dalla legge n.  106 del 2011, che consente, ai fini dei previsti interventi di ampliamento e di demolizione e ricostruzione, le sole modifiche della sagoma necessarie per l'armonizzazione architettonica con gli organismi edilizi esistenti. La norma regionale, pertanto, viola l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
          2) L'articolo 2, comma 2, aggiunge all'articolo 2 della legge regionale 11 agosto 2010, n.  21, il comma 3 in base al quale gli interventi previsti dalla legge regionale possono essere realizzati in deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali comunali, provinciali e regionali, facendo salva, ma solo ai fini di eventuali delocalizzazioni, l'applicazione della normativa statale di principio che impone vincoli di vario genere. L'espressa previsione che le suddette discipline statali vincolistiche trovano applicazione solo in caso di localizzazione, implica la violazione della stessa normativa statale di principio in tutti gli altri casi di intervento edilizio (ad esempio in caso di interventi di ampliamento di cubatura) e, conseguentemente, comporta la violazione della competenza statale esclusiva o concorrente in diverse materie. Sulla scorta di tali argomentazioni si rileva l'illegittimità costituzionale delle seguenti norme:
              l'articolo 2, comma 2, lettera
a), della legge in esame, escludendo (in caso di intervento diverso dalla delocalizzazione) l'applicazione delle disposizioni del decreto ministeriale n.  1444 del 1968, che, per costante giurisprudenza della Corte costituzionale, contiene disposizioni integrative del codice civile, viola l'articolo 117, comma 2, lettera l), della costituzione che riserva allo Stato la materia dell'ordinamento civile;
              l'articolo 2, comma 2, lettere
b) e c), esclude (in caso di intervento diverso dalla delocalizzazione) l'applicazione delle disposizioni del decreto ministeriale n.  1404 del 1968 e del decreto del Presidente della Repubblica n.  495 del 1992, (regolamento di attuazione del Codice della Strada) contenenti norme sulle distanze minime a protezione del nastro stradale da osservarsi nella edificazione e dettate ai fini della sicurezza stradale. La citata previsione normativa viola, pertanto, l'articolo 117, comma 2, lettera h), ed l), della Costituzione che riserva allo Stato la materia della sicurezza e quella dell'ordinamento civile e penale (in tal senso vedi Corte costituzionale sentenza n.  428 del 2004);
              l'articolo 2, comma 2, lettera
d), esclude (in caso di intervento diverso dalla delocalizzazione) l'applicazione delle disposizioni del decreto ministeriale n.  236 del 1989, contenente prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica, sovvenzionata ed agevolata e, pertanto, viola l'articolo 117, comma 3, della Costituzione che riserva allo Stato il compito di fissare i principi fondamentali in materia di governo del territorio;
              l'articolo 2, comma 2, lettera
e), esclude (in caso di intervento diverso dalla delocalizzazione) l'applicazione delle disposizioni delle norme statali sulle costruzioni in zona sismica ed in particolare del decreto ministeriale 14 gennaio 2008 e, pertanto viola l'articolo 117, comma 3, della Costituzione che riserva allo Stato il compito di fissare i principi fondamentali in materia di protezione civile e governo del territorio (confronta sentenza Corte costituzionale n.  254 del 2010).

      L'articolo 2, comma 2, della legge n.  7 del 2012, in conclusione, nell'affermare che gli interventi ampliativi previsti dal «piano casa» possono essere realizzati in deroga agli strumenti territoriali, facendo salve alcune disposizioni «solo ai fini di eventuali delocalizzazioni», eccede dalle competenze regionali per la parte in cui introduce surrettiziamente la possibilità di realizzare alcuni degli interventi edilizi straordinari previsti dalla legge senza osservare prescrizioni statali vincolanti per le regioni, in violazione quindi dell'articolo 117, comma 2, lettere h), l), e s) e 117, comma 3, della Costituzione.
          3) L'articolo 4, comma 3, lettera
h), numero 6) prevede che nelle zone «A» e «B», ovvero nelle aree definite urbanizzate ai sensi della legge regionale della Calabria n.  19 del 2002, e nelle aree già edificate, gli interventi di ampliamento possono essere realizzati anche in deroga alle norme che disciplinano le distanze minime e le altezze massime di zona, se la tessitura urbana consolidata e l'immobile considerato risultano già a distanza inferiore o altezza superiore.

      Poiché le zone indicate dalla norma regionale comprendono i centri storici, essa contrasta con il principio fondamentale in materia di governo del territorio, contenuto nell'articolo 5, comma 10 del decreto-legge n.  70 del 2011, convertito, con modificazioni nella legge n.  106 del 2011, che esclude, tra l'altro, dalla realizzazione degli interventi di cui al comma 9 del medesimo articolo, ovvero di ampliamento e di demolizione e ricostruzione, gli edifici siti nei centri storici. La disposizione regionale in esame viola, pertanto, l'articolo 117, comma 3, della Costituzione che riserva allo Stato i principi fondamentali in materia di governo del territorio.
          4) L'articolo 5 comma 2, introduce un nuovo comma 2 all'articolo 5 della legge regionale della Calabria n.  21 del 2010, prevedendo, alla lettera
c), la non obbligatorietà del rispetto del decreto ministeriale n.  1444 del 1968 per gli interventi di demolizione e ricostruzione con aumento di volumetria. La disposizione contrasta con le prescrizioni del decreto ministeriale n.  1444 del 1968, in tema di altezza degli edifici e distanze tra i fabbricati, nonché di densità edilizia, che, come affermato dalla Corte costituzionale nelle sentenze n.  120 del 1996 e n.  232 del 2005, hanno carattere inderogabile in quanto materia inerente all'ordinamento civile e che rispondono ad esigenze pubblicistiche sovrastanti gli interessi dei singoli, e rientrano quindi nella competenza legislativa esclusiva dello Stato. La norma regionale viola, pertanto, l'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione che riserva allo Stato la materia dell'ordinamento civile;
          5) L'articolo 6, commi 3 e 6, ammettendo gli interventi in tutti i casi di condono conseguito anche mediante silenzio-assenso, apre la strada al condono edilizia con silenzio-assenso anche per gli abusi successivi al 1994 (e anteriori al marzo 2003) ricadenti nel terzo condono edilizio, introdotto dal decreto-legge n.  269 del 2003, convertito, con modificazioni, nella legge n.  326 del 2003, per i quali la condonabilità è esclusa a priori ed è dunque inconfigurabile il silenzio-assenso. Infatti il condono del 2003, a differenza dei precedenti due del 1985 (legge n.  47) e del 1994 (legge n.  724), soggiace a stringenti limiti di ammissibilità per gli abusi realizzati in aree sottoposte a vincolo (tra cui quello paesaggistico), giusta la previsione del comma 27, lettera
d), dell'articolo n.  32 del decreto-legge citato (Consiglio di Stato, sezione VI, 2 marzo 2010, n.  1200; Consiglio di Stato sezione IV, 19 maggio 2010, n.  3174, che hanno chiarito come «Ai sensi dell'articolo 32, comma 27, lettera d), decreto-legge 30 settembre 2003 n.  269, convertito dalla legge 24 novembre 2003 n.  326, sono sanabili le opere edilizie abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico, purché ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni: a) che si tratti di opere realizzate prima dell'imposizione del vincolo, anche se questo non comporta l'inedificabilità assoluta dell'area; b) che, seppur realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche; c) che siano opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai numeri 4, 5 e 6 dell'allegato 1 del citato decreto-legge n.  269 del 2003 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), senza quindi aumento di superficie; d) che vi sia il previo parere favorevole dell'autorità preposta al vincolo»).
      La normativa in esame, incidendo sulla tutela dei beni culturali e paesaggistici, limitandola, si pone in contrasto con il codice dei beni culturali e del paesaggio, espressione della potestà legislativa esclusiva statale sulla materia ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera
s), della Costituzione; la normativa in oggetto si pone, inoltre, in contrasto con l'articolo 9 della Costituzione nella parte in cui le suddette disposizioni regionali diminuiscono o eliminano le misure di tutela dei beni culturali e paesaggistici previste dalla vigente disciplina statale.
      Si rappresenta, inoltre, che, in ossequio al principio di leale collaborazione che deve informare i rapporti tra le amministrazioni statali e gli enti territoriali, al fine di addivenire ad una composizione preventiva del conflitto interistituzionale, il dipartimento per gli affari regionali ha condotto una intensa e proficua attività di mediazione con i Ministeri interessati e con la regione Calabria, la quale ha provveduto alla stesura di un testo di modifica del provvedimento di cui trattasi, testo approvato con legge regionale n.  18 del 30 maggio 2012 e pubblicato, in data 6 giugno 2012, supplemento straordinario n.  3 Bollettino ufficiale regioni n.  10 del 1o giugno 2012.

Il Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport: Piero Gnudi.


      LO MORO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato da un quotidiano regionale, nei giorni scorsi Massimo Di Stefano, un collaboratore di giustizia calabrese al quale di recente sarebbe stata revocata la protezione per «qualche imprudenza», sarebbe rientrato in Calabria, a Lamezia Terme, ed avrebbe affidato ad un cronista un appello del seguente tenore «Voglio dire allo Stato: o mi aiutate o mi metto a passeggiare in città fino a quando chi mi dà la caccia non porti a termine la propria missione» articolo di Giuseppe Natrella su Gazzetta del Sud del 26 marzo 2012 pag. 32 dal titolo «Per salvare la mia famiglia pronto anche a farmi uccidere»;
          il Di Stefano, che in occasione del suo rientro nella regione di origine, si sarebbe portato presso la prefettura e la questura competenti per protestare contro la revoca della protezione e dell'assistenza economica, non intenderebbe tornare in Calabria e chiederebbe di essere aiutato a trovare una fonte di reddito per mantenere se stesso e la propria famiglia;
          al cronista il pentito di ’ndrangheta, che da diciassette anni vive in una località protetta del Nord Italia insieme alla famiglia, avrebbe anche affidato delle confidenze su fatti delittuosi verificatisi negli anni scorsi a Lamezia Terme. In particolare, il Di Stefano avrebbe riferito che il mandante del duplice omicidio di Pasquale Cristiano e Vincenzo Tramonte, i due netturbini uccisi il 24 maggio del 1991, «sarebbe un autorevole esponente di una cosca lametina che ai netturbini aveva suggerito di non fare il proprio lavoro...» e precisato «di aver descritto il quadro della vicenda agli inquirenti fornendo indizi che avrebbero potuto portare all'identificazione dei killer e dei mandanti, ma lo scenario non fu approfondito... perché c'erano politici di mezzo»;
          il Di Stefano, inoltre, avrebbe raccontato la sua verità su altri delitti, ed in particolare sull'omicidio di Antonio Mercuri, candidato alle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Lamezia Terme, ucciso l'11 maggio 1986, sostenendo che a suo tempo aveva rivelato agli inquirenti i nomi dei mandanti («due politici») e dell'esecutore materiale del delitto;
          secondo quanto riportato dal cronista, infine, il Di Stefano avrebbe sostenuto che «Lamezia era ed è governata dalle cosche che in ogni campagna elettorale hanno scelto candidati e coalizioni da sostenere» e avrebbe confidato, con riferimento alle competizioni elettorali del 1993, di aver saputo che un grosso esponente politico era stato in città per fare degli accordi con la mafia («qualcosa c’è stato: c’è stato un avvicinamento, c’è stata una riunione» – articolo di G. Natrella pubblicato sulla Gazzetta del Sud del 26 marzo 2012, a pag. 20, dal titolo «Le ombre sull'omicidio di Antonio Mercuri»);
          a parere dell'interrogante, dichiarazioni di questo genere – ovviamente tutte da verificare se non già verificate – per la loro gravità, non possono restare nel vago specie perché riferite ad una città ed a un contesto sociale già duramente provati dalla difficoltà di fare definitiva chiarezza sugli intrecci politico-mafiosi che hanno portato per ben due volte, nel 1991 e nel 2002, allo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose  –:
          se siano a conoscenza della protesta posta in atto dal collaboratore di giustizia Massimo Di Stefano e della sua richiesta di aiuto;
          se ci siano le condizioni per intervenire sulle condizioni di vita del Di Stefano e della famiglia;
          se e quali iniziative, nei limiti delle proprie competenze, intendano adottare in relazione a quanto riportato in premessa, con specifico riguardo alle dichiarazioni del pentito sugli omicidi su cui rilascia confidenze e sulle interferenze della criminalità organizzata sulle competizioni elettorali svoltesi a Lamezia, compresa «quella del 1993» espressamente richiamata nell'articolo pubblicato dalla Gazzetta del Sud del 26 marzo 2012 dal titolo «Le ombre sull'omicidio di Antonio Mercuri». (4-15503)

      Risposta. — Il collaboratore di giustizia Massimo Di Stefano è stato ammesso, unitamente ai propri familiari, al programma speciale di protezione con delibera del 5 giugno 1995 adottata dalla Commissione centrale di cui all'articolo 10 della legge n.  82 del 1991, su proposta della procura della Repubblica di Catanzaro – Direzione distrettuale antimafia, per aver reso dichiarazioni in merito a numerosi omicidi perpetrati, negli anni 1985-1994, da una cosca malavitosa nel territorio lametino.
      II programma di protezione è stato più volte prorogato alla periodica scadenza.
      Tuttavia, con delibera del 27 aprile 2010, la citata commissione centrale ha revocato lo speciale programma di protezione, in quanto il predetto collaboratore, deferito alla procura della Repubblica competente, è stato condannato per detenzione illegale di armi, munizionamento e ricettazione. Le indagini svolte hanno consentito, inoltre, di accertare una copiosa produzione di certificati medici contraffatti ed altre falsificazioni a mezzo computer.
      Il provvedimento di revoca è stato impugnato davanti al TAR del Lazio che, con sentenza del 30 gennaio 2012, ha rigettato il ricorso, ritenendo pienamente legittimo l'operato della commissione centrale. In particolare, il giudice amministrativo ha considerando esenti da censure le valutazioni relative all'incompatibilità tra le violazioni di legge commesse dal Di Stefano ed il mantenimento del programma di protezione.
      Il 2 marzo 2012, è stata notificata all'interessato la delibera della commissione centrale che, in ottemperanza a quanto disposto dal giudice amministrativo, ha incaricato il servizio centrale di protezione del dipartimento della pubblica sicurezza di dare esecuzione alla revoca del programma di protezione.
      Si rappresenta che la cessazione del programma di protezione determina il passaggio dalle speciali misure contemplate dalla legge n.  82 del 1991 a quelle ordinarie che competono alle competenti autorità di pubblica sicurezza, sentito il comitato-provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.
      Secondo quanto riferito dal prefetto di Catanzaro risulta che l'8 marzo 2012, in relazione al previsto rientro del collaboratore di giustizia a Lamezia Terme o provincia di Catanzaro, sono state disposte idonee misure di tutela in sede di riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia. Tali misure sono state attivate con ordinanza del questore, ha altresì richiesto agli operatori di polizia di sottoporre a costante, assidua attenzione gli appartenenti a gruppi criminali del lamentino, con particolare riguardo alle cosche nei cui confronti il Di Stefano, negli anni scorsi, aveva fornito dichiarazioni accusatorie.
      Il collaboratore di giustizia risulta aver fatto rientro in provincia di Catanzaro il successivo 20 marzo, unitamente al proprio cognato. Entrambi, contattati da personale del commissariato di pubblica sicurezza di Lamezia, hanno manifestato la volontà di fermarsi nel territorio di origine, senza peraltro comunicare il luogo di dimora prescelto. Tale circostanza ha reso necessaria l'adozione di un ulteriore provvedimento del questore, per fissare, sia pure in modo temporaneo, specifiche e diverse modalità applicative del dispositivo tutorio già previsto.
      La questione della sicurezza personale del Di Stefano è stata ulteriormente esaminata il successivo 22 marzo, nel corso di una nuova riunione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica. In tale sede il questore ha comunicato che nella serata del 21 marzo il Di Stefano e suo cognato avevano lasciato il territorio della provincia per far ritorno nella località protetta.
      Informo, inoltre, che il Di Stefano ha effettuato alcune manifestazioni di protesta per la revoca del programma di protezione da ultimo il 3 luglio 2012 davanti al tribunale di Lamezia Terme.
      Voglio inoltre aggiungere che la già citata commissione centrale, nel corso della seduta del 19 aprile 2012 ha nuovamente esaminato la posizione del Di Stefano in relazione ad alcune istanze di natura economica.
      Sul punto la commissione ha rilevato, da un lato, che la posizione dell'interessato risulta definita per effetto del provvedimento amministrativo riconosciuto legittimo dalla pronuncia del TAR Lazio, dall'altro che non è possibile adottare nuove misure in assenza di ulteriori proposte dell'autorità giudiziaria competente.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.


      MANCUSO, CICCIOLI, DE LUCA, GIRLANDA, GIRO e CARFAGNA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          le statue dei bronzi di Riace sono parte inestimabile del patrimonio artistico e culturale italiano;
          in questi anni la Regione Calabria ha negato il prestito delle statue a numerosi prestigiosi musei internazionali e addirittura alla Presidenza del Consiglio in occasione del G8 organizzato alla Maddalena, ad avviso dell'interrogante per un frainteso senso di possesso dell'opera;
          in tutto il 2008 le statue hanno avuto 130 mila visitatori, di cui solo 50.085 a pagamento: un terzo dello zoo di Pistoia;
          tre anni fa, l'allora presidente dell'assemblea regionale Calabrese, Giuseppe Bova, propose di allestire nel grande androne di palazzo Campanella, sede del Consiglio calabrese, una sala dalle pareti di vetro dietro la quale i due bronzi, sdraiati, fossero sottoposti ad un check up in attesa del termine dei lavori di restauro del museo nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria;
          per i lavori furono stanziati 18 milioni di euro;
          la durata dei lavori prevista era, al massimo di un anno;
          i lavori furono bruscamente interrotti a causa dell'esaurimento dei fondi;
          la soprintendente Simonetta Bonomi ha giustificato la cosa spiegando che, su consiglio degli esperti, erano state via via aggiunte opere non previste, come la copertura in vetro del cortile interno, la climatizzazione speciale che offre alle statue la massima garanzia e la stanza in cui i visitatori possono essere sterilizzati prima di visitare il museo;
          la riapertura del museo è slittata a maggio 2011 e poi al 2012;
          da tre anni i bronzi giacciono al palazzo Campanella;
          a inizio marzo 2012 il Presidente della regione Calabria Giuseppe Scopelliti ha assicurato che i lavori saranno presto terminati, dato che la Regione «prevede» di stanziare 5 milioni di euro, mentre il Cipe «valuterà» lo stanziamento di ulteriori 6 milioni;
          nessuna certezza effettiva è data dell'effettivo stanziamento dei soldi    –:
          quali iniziative intenda adottare il Governo affinché siano terminati i lavori del museo della Magna Grecia, in modo che i bronzi di Riace, insieme al resto della collezione, possano essere nuovamente esposti al pubblico. (4-15339)

      Risposta. — In riferimento alla interrogazione in esame con la quale l'interrogante ha chiesto quali iniziative si sarebbero intraprese per terminare i lavori di restauro del Museo nazionale della Magna Grecia, in modo che i bronzi di Riace, insieme al resto della collezione, possano essere esposti al pubblico, si comunica quanto segue.
      Il progetto per la ristrutturazione del museo di Reggio fa parte delle opere realizzate per il centocinquantenario dell'unità d'Italia. L'intervento, ad oggi in gran parte eseguito, ha consentito il completo rifacimento e l'ampliamento dell'edificio a suo tempo progettato da Marcello Piacentini.
      Il progetto prevedeva inizialmente una spesa di circa 17 milioni di euro, appaltati dalla struttura di missione per il 150o dell'unità alla fine del 2007, per motivi di urgenza, sul progetto preliminare redatto dall'amministrazione.
      Gli approfondimenti progettuali, resisi necessari in sede di redazione del definitivo e poi del progetto esecutivo, hanno comportato l'individuazione di una quantità di opere aggiuntive, inizialmente non previste, ma essenziali per la funzionalità del museo, che hanno fatto lievitare i costi dell'opera, come di seguito descritto.
      Affrontata con maggiore cognizione la problematica della funzionalità del museo, il progetto è stato soggetto ad una completa revisione.
      In una prima fase si è deciso di dare corso anche al restauro di tutti i prospetti in travertino, a causa del rischio di distacco delle lastre, e si è, inoltre, convenuto che era inopportuno mantenere in sito gli uffici e la sala bronzi durante lo svolgimento dei lavori, come inizialmente previsto. Oltre ad una serie di interventi di carattere strutturale, originariamente non progettati, ma resi poi necessari dall'evoluzione della normativa antisismica, che hanno comportato la messa a nudo e il placcaggio dell'intera struttura in cemento armato, il nuovo progetto ha previsto la realizzazione di una quantità di opere che si sono rivelate indispensabili per la completa funzionalità dell'intervento.
      Ciò ha provocato un primo aumento di spesa rispetto alle previsioni iniziali, che è stato coperto da uno stanziamento aggiuntivo, di circa 4 milioni di euro, da parte della struttura di missione.
      Si tratta della realizzazione di un intero piano a livello interrato, quota fondazioni, per allocare i magazzini del museo, della realizzazione del nuovo
roof garden sul tetto dell'edificio per fare posto agli spazi per la ristorazione, della completa ristrutturazione del piano uffici con i relativi impianti di climatizzazione, della realizzazione di nuovi spazi attrezzati per la biblioteca e i laboratori di restauro e, infine, di un nuovo allestimento del museo con tecnologie d'avanguardia, comprensivo della nuova sala bronzi con un autonomo sistema di climatizzazione, atto a proteggere le opere dalle variazioni termoigrometriche indotte dai visitatori, ed un innovativo sistema di protezione sismica dei bronzi di Riace, progettato e realizzato dall'ENEA.
      Tutto questo ha comportato un incremento di spesa di ulteriori 11 milioni di euro, che sono stati ripartiti in due distinte richieste di finanziamento, una indirizzata alla regione Calabria, per l'importo di 5 milioni di euro, e l'altra inoltrata al CIPE, per la somma di 6 milioni di euro.
      A tale ultimo riguardo, va ricordato che, nel corso della riunione del CIPE del 23 marzo 2012, è stata approvata l'assegnazione di euro 6.000.000,00 del fondo per lo sviluppo e la coesione a favore del completamento delle opere di restauro del museo nazionale di Reggio Calabria, subordinando il trasferimento delle predette risorse all'acquisizione della delibera della Giunta regionale della Calabria, per il cofinanziamento di 5 milioni di euro.
      Infine, il 12 giugno 2012, la regione Calabria ha comunicato di aver deliberato la copertura finanziaria dei lavori di completamento del Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria e di aver provveduto a richiedere il progetto definitivo dell'intervento sul museo al fine di predisporre la relativa convenzione di concessione del finanziamento.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.


      MANCUSO, BARANI, DE LUCA, MANNUCCI e GIRLANDA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          il capriolo, in Trentino, è una specie in grande sofferenza;
          la riserva comunale di caccia Ronzo-Chienis, in occasione delle tre giornate dedicate alla mostra dei trofei, dal 23 al 25 marzo 2012, ha organizzato una lotteria al fine di raccogliere fondi per sostenere la riserva e, in parte, fare beneficenza;
          i biglietti della lotteria vengono messi in vendita al costo di 1 euro ciascuno;
          tra i 40 premi in palio vi è anche la possibilità di abbattere un capriolo;
          l'abbattimento avverrebbe nell'ambito degli abbattimenti programmati;
          fino a dieci anni fa ce n'erano 30 mila, oggi 9/10 mila;
          la causa principale della diminuzione della popolazione dei caprioli è dovuta agli eccessivi abbattimenti;
          dal punto di vista educativo, è senz'altro disdicevole considerare l'uccisione di un animale come un premio;
          gli altri premi consistono in oggetti come buoni vacanze, carabine e un telescopio;
          è davvero inopportuna e inammissibile l'equiparazione di un essere senziente con un oggetto inanimato;
          l'Ispra svolge, tra l'altro, funzioni in materia di tutela del patrimonio costitutivo della fauna selvatica  –:
          se il Governo intenda assumere ogni iniziativa di competenza anche per il tramite dell'Ispra e con il coinvolgimento delle regioni e degli enti locali, per evitare iniziative, come quella di cui in premessa, che finiscono, in modo deplorevole, per utilizzare un essere senziente come un oggetto inanimato. (4-15369)

      Risposta. — Per quanto indicato nell'interrogazione in esame, riguardante la diminuzione numerica dei caprioli in Trentino, dovuta agli eccessivi abbattimenti, si rappresenta quanto segue.
      La messa in palio, nelle lotterie organizzate dalle sezioni cacciatori, di permessi d'ospite giornalieri per l'abbattimento di capi di fauna selvatica, risulta essere una consuetudine molto diffusa nel Trentino e tale prassi non risulta essere in contrasto con la normativa vigente, a prescindere gli aspetti etici della materia che esulano dalle competenze di questo ufficio.
      Infatti, l'abbattimento del capriolo assegnato in premio, rientra nel piano di abbattimento approvato dall'ente gestore competente e quindi nei limiti delle quote di prelievo assegnate, tenuto conto che la provincia autonoma di Trento non comunica preventivamente i piani annuali di prelievo del capriolo.
      La stessa provincia autonoma ha riferito che il numero di caprioli censiti in provincia, risulta essere di 33.670 esemplari e non di 9/10 mila come riferito dall'interrogante.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      MANCUSO, CARFAGNA, BARANI, NASTRI, CICCIOLI, CROLLA e DE LUCA. — Al Ministro per i beni e delle attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          la biblioteca dei Girolamini (Biblioteca statale oratoriana del monumento nazionale dei Girolamini) è un'istituzione culturale statale della città di Napoli, la più antica biblioteca di Napoli;
          la biblioteca dei Girolamini contiene oltre 150 mila manoscritti e volumi antichi;
          recentemente, Tommaso Montanari, docente di storia dell'arte moderna all'università «Federico II» di Napoli, ha denunciato di aver visitato la Biblioteca e di averla trovata in condizioni di abbandono e degrado: disordine, polvere, pile di libri preziosi accatastate per terra, lattine vuote di Coca-cola abbandonate sugli antichi banconi;
          la gente che abita attorno al convento racconta di auto che escono cariche, nottetempo, dai cortili della biblioteca;
          nei giorni scorsi, il direttore della Biblioteca, Marino Massimo De Caro, ha denunciato alla procura della Repubblica la sparizione di 1.500 libri;
          De Caro è stato chiamato a collaborare con il Ministero per i beni e le attività culturali dal Ministro pro tempore Giancarlo Galan nel 2011 in qualità di consulente esperto per l'approfondimento delle tematiche relative alle relazioni con il sistema imprese nei settori della cultura e dell'editoria;
          tale incarico è stato poi confermato dal Ministro Lorenzo Ornaghi;
          Marino Massimo De Caro, accusato di ricoprire la carica nonostante mancante di titoli adeguati, confermò, tra l'altro, di essersi laureato presso all'università di Siena e di aver insegnato storia e tecnica dell'editoria nel master di specializzazione dell'università di Verona;
          in realtà De Caro si iscrisse all'università di Siena, dove si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza nell'anno accademico 1992/1993, restando iscritto fino al 2002, ma non ha mai conseguito la laurea;
          il sistema informatico centrale dell'università di Verona non registra alcun rapporto di insegnamento con De Caro  –:
          se il Governo intenda audire De Caro relativamente alle condizioni in cui versa la Biblioteca dei Girolamini, a lui affidata;
          se il Governo intenda assumere iniziative per stanziare appositi fondi per il restauro e il mantenimento della Biblioteca;
          se il Governo intenda revocare l'incarico di direttore della Biblioteca dei Girolamini a Marino De Caro, che non sembra possedere un adeguato percorso curriculare. (4-15779)

      Risposta. — Si fa riferimento all'interrogazione in esame, con il quale interrogante chiede informazioni relative alle vicende che hanno coinvolto la biblioteca annessa al monumento nazionale dei Girolamini di Napoli, denunciate dagli organi di stampa, per comunicare quanto segue.
      Il Ministero, al fine di accertare la reale situazione della biblioteca, in considerazione delle omissioni rilevate dalla direzione generale per le biblioteche, gli istituti culturali e il diritto d'autore, organo vigilante sulla gestione dell'istituto in parola, aveva disposto, su segnalazione della stessa, una verifica ispettiva, effettivamente avviata il 17 aprile 2012.
      L'ispezione non si è limitata alla sola verifica amministrativo-contabile, ma ha mirato anche a verificare lo stato della Biblioteca e dei volumi in essa conservati, nonché a fare chiarezza su quelli mancanti. L'ispezione è stata interrotta in data 19 aprile per il sequestro cautelativo della biblioteca, disposto, nella notte tra il 18 e il 19 aprile, dalla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario di Napoli ed eseguito con l'apposizione dei sigilli agli ingressi da parte dei Carabinieri del nucleo tutela patrimonio artistico, con la contestuale nomina del direttore della biblioteca nazionale di Napoli quale custode giudiziario della biblioteca dei Girolamini.
      Con decreto del segretario generale del 26 aprile 2012, questa Amministrazione ha istituito un gruppo tecnico di intervento emergenziale, per la programmazione di tutti gli interventi necessari al ripristino della sicurezza e della normalità nella biblioteca. I lavori del gruppo tecnico non interferiranno con il completamento dell'ispezione ministeriale, che sarà chiusa non appena l'autorità giudiziaria disporrà il dissequestro della biblioteca.
      Le effettive esigenze della biblioteca, peraltro tenute sempre in considerazione dal Ministero nell'ambito delle disponibilità di bilancio finalizzate al funzionamento delle biblioteche pubbliche statali, potranno essere stabilite all'esito dell'indagine della procura, dei lavori del gruppo tecnico, nonché dell'ispezione.
      Quanto alla revoca dell'incarico di direttore della biblioteca, si fa presente che l'incarico in oggetto è conferito dal conservatore del monumento nazionale, a norma della convenzione che regola i rapporti tra la direzione generale per le biblioteche, gli istituti culturali ed il dritto d'autore e il monumento nazionale dei Girolamini. Con nota del 23 aprile 2012, tuttavia, la direzione generale sopra indicata, ha chiesto al conservatore del monumento nazionale di provvedere alla revoca immediata della nomina conferita al signor Marino Massimo De Caro.
      Con lettera del 15 maggio 2012, Marino Massimo De Caro ha rassegnato le sue dimissioni dall'incarico di direttore della biblioteca, accettate con nota in pari data da parte del conservatore del monumento nazionale, padre Sandro Marsano.
      Con nota del 21 maggio 2012, il procuratore generale dei Padri Filippini ha revocato l'incarico di conservatore del monumento al reverendo padre Sandro Marsano, manifestando disponibilità alla stipula di un accordo grazie al quale questa Amministrazione assuma interinalmente tutte le competenze relative alla riaggregazione e tutela del patrimonio della biblioteca.
      Infine, il 24 maggio 2012, come peraltro reso noto dagli organi di stampa, i carabinieri per la tutela del patrimonio artistico hanno arrestato Marino Massimo De Caro. Assieme a lui sono state fermate altre quattro persone.
      Ogni ulteriore valutazione in ordine alle iniziative da assumere nei confronti della Biblioteca in esame è necessariamente rinviata al completamento delle indagini.
      Questa Amministrazione e il procuratore generale della confederazione dell'oratorio di San Filippo Neri, reverendo padre Edoardo Cerrato, hanno intanto, siglato un accordo con il quale sono stati nominati il nuovo conservatore del monumento del complesso dei Girolamini, nella persona del dottor Umberto Bile, vicedirettore del museo nazionale di Capodimonte, e il nuovo direttore della biblioteca annessa, con poteri di funzionario delegato, nella persona del dottor Mauro Giancaspro, direttore della biblioteca nazionale di Napoli, già indicato dalla procura della Repubblica di Napoli quale custode giudiziario della stessa Biblioteca, come sopra riferito.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.


      MANCUSO, CICCIOLI, GIRO, CROLLA, BARANI e DE LUCA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          da alcuni mesi i carabinieri stanno portando avanti l'operazione Caos, un'indagine sul fenomeno dell'assenteismo pubblico nella città campana di Boscoreale (Napoli);
          le immagini raccolte nell'indagine sono state riversate in circa 700 dvd;
          sotto indagine sono 125 dei 170 dipendenti comunali, con ipotesi di reato che vanno dal semplice uso improprio del badge marcatempo fino alla truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato, all'associazione per delinquere e al peculato;
          nell'aprile 2011, dopo alcune settimane di pedinamento, furono arrestati 45 impiegati comunali e altri 84 ricevettero l'avviso di fine indagine;
          il comune di Boscoreale è già stato commissariato per due volte per infiltrazioni camorristiche;
          nello scorso mese di marzo, secondo dati dello stesso comune, a Boscoreale l'assenteismo ha toccato una vetta del 18,3 per cento;
          all'inizio del suo mandato l'attuale sindaco, Gennaro Langella, aveva fatto installare all'ingresso degli uffici delle sofisticate macchine segna presenza in grado di identificare i dipendenti in base alle impronte digitali, non permettendo, quindi, la timbratura per conto terzi;
          per pressione sindacale le suddette macchine identificatrici sono rimaste inutilizzate, nonostante la spesa già sostenuta  –:
          se il Governo intenda inviare un'ispezione nel comune di Boscoreale per accertare i fatti descritti in premessa ai sensi dell'articolo 60, comma 6, del decreto legislativo n.  165 del 2001. (4-16018)

      Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'interrogante chiede al Governo se intende inviare un'ispezione nel comune di Boscoreale – ai sensi dell'articolo 60, comma 6, del decreto legislativo n.  165 del 2001 – per accertare le ragioni del mancato utilizzo delle «sofisticate macchine segna presenza in grado di identificare i dipendenti in base alle impronte digitali» installate per contrastare il fenomeno dilagante di assenteismo ed uso improprio del badge da parte dei dipendenti comunali.
      All'esito dell'approfondimento effettuato dall'ispettorato della funzione pubblica in merito alla questione prospettata, si rappresenta quanto segue.
      Il segretario generale del comune di Boscoreale, con nota del 4 giugno 2012, ha precisato che l'impianto meccanizzato di rilevazione delle presenze, sebbene già acquistato da Telecom Italia, non è stato ancora attivato poiché sono emersi dubbi circa la compatibilità di tale sistema con la vigente normativa in materia di tutela dei dati personali.
      Al riguardo, infatti, come evidenziato dal Garante per la protezione dei dati personali in una nota del 24 maggio 2011 «Resta (...) privo di giuridico fondamento l'utilizzo di sistemi di rilevazione delle impronte digitali per verificare l'esatto adempimento di prestazioni lavorative, ove siano attivabili misure “convenzionali” non lesive dei diritti della persona quali, ad esempio, apposizioni di firme anche in presenza di eventuale personale incaricato, fogli di presenza o sistemi di timbratura mediante
badge magnetico. Di regola, non è pertanto consentito il trattamento di dati relativi alle impronte digitali per accertare le ore di lavoro prestate effettivamente dai personale (...)».
      Pertanto, alla luce di tali considerazioni che raccomandano l'individuazione preventiva di altri sistemi in grado di assicurare la verifica delle presenze senza l'uso di dati biometrici, il responsabile del servizio gestione risorse umane del comune ha provveduto a formulare alla citata autorità garante una specifica richiesta di parere sulla questione, all'esito della quale è differita ogni conclusiva determinazione.
      Per quanto riguarda, poi, il profilo disciplinare derivante da comportamenti che, come evidenziato dall'interrogante, vanno dal semplice uso improprio del
badge marcatempo fino alla truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato e all'associazione per delinquere, si rappresenta che il decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.  150, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, ha previsto al Capo V, modifiche in materia di sanzioni disciplinari e responsabilità dei dipendenti pubblici, al fine di potenziare il livello di efficienza degli uffici e di contrastare i fenomeni di scarsa produttività ed assenteismo.
      La nuova disciplina, costituita da sanzioni disciplinari più forti e da un più rigido regime di responsabilità dei dipendenti pubblici, rappresenta un intervento di natura amministrativa incisivo e determinante ai fini dell'eliminazione delle criticità del precedente assetto normativo, caratterizzato dalla scarsa tempestività dell'intervento disciplinare, dalla lentezza dei procedimenti, dalla farraginosità delle fattispecie e dalla debolezza sanzionatoria.
      Con l'articolo 69 del citato decreto n.  150 del 2009 infatti, sono state introdotte una serie di disposizioni nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165, volte a contenere il fenomeno dell'assenteismo. In particolare:
          l'articolo 55-
bis ha fissato termini brevi e perentori per l'avvio e la conclusione dei procedimenti sanzionatori;
          l'articolo 55-
quater ha previsto l'ipotesi del «licenziamento disciplinare» per la «falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia»;
          l'articolo 55-
quinquies ha affermato la specificità del reato di «falsa attestazione o certificazione», che si va ad aggiungere alla generale previsione di truffa aggravata; sulla base di ciò si dispone che «Fermo quanto previsto dal codice penale, il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che attesta falsamente la propria presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 400 ad euro 1.600 (..). In tali casi, «il lavoratore, ferme la responsabilità penale e disciplinare e le relative sanzioni, è obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto o titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché il danno all'immagine subìti dall'amministrazione»;
          l'articolo 55-
sexies, infine, ha attribuito al dirigente la responsabilità per le ipotesi di mancato esercizio o decadenza dell'azione disciplinare che va ad integrare quella individuata dall'articolo 41 dello stesso decreto legislativo n.  150 del 2009 per la colpevole violazione del dovere di vigilanza sul rispetto da parte del personale assegnato ai propri uffici, degli standard qualitativi e quantitativi fissati dall'Amministrazione. Il comma 3 del citato articolo 55-sexies prevede che «Il mancato esercizio o la decadenza dell'azione disciplinare, dovuti all'omissione o al ritardo, senza giustificato motivo, degli atti del procedimento disciplinare o a valutazioni sull'insussistenza dell'illecito disciplinare irragionevoli o manifestamente infondate, in relazione a condotte aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare, comporta, per i soggetti responsabili aventi qualifica dirigenziale, l'applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione in proporzione alla gravità dell'infrazione non perseguita, fino ad un massimo di tre mesi in relazione alle infrazioni sanzionabili con il licenziamento, ed altresì la mancata attribuzione della retribuzione di risultato per un importo pari a quello spettante per il doppio del periodo della durata della sospensione».

      In ottemperanza al citato dettato normativo, il comune di Boscoreale ha avviato, nei confronti dei dipendenti che risultano indagati dall'autorità giudiziaria, i relativi procedimenti disciplinari ai sensi dell'articolo 55-quater, comma 1, lettera a), del citato decreto n.  165 del 2001.
      Allo stato risultano emessi sessantuno (61) atti di contestazione di addebiti disciplinari, cinquantasette (57) dei quali sospesi fino all'esito del parallelo giudizio penale (essendo stata riconosciuta la ricorrenza delle condizioni di cui all'articolo 55-
ter, comma 1, del citato decreto legislativo n.  165 del 2001), mente quattro (4) sono stati archiviati in quanto sono decaduti i relativi addebiti di rilievo penale e disciplinare.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione: Filippo Patroni Griffi.


      MENIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          l'antica stazione ferroviaria di Campo Marzio a Trieste è un patrimonio di fatto sconosciuto, da conservare e da sviluppare, tanto a livello museale, culturale, architettonico (di recente un dirigente delle ferrovie francesi lo ha definito «un gioiello da valorizzare, uno dei più bei musei ferroviari d'Europa»), quanto sotto il diverso profilo del mantenimento dei vecchi e tradizionali collegamenti di Trieste con l'Istria, e il centro dell'Europa;
          di questo patrimonio, Trenitalia sembra ad avviso dell'interrogante, non avere considerazione alcuna, avendo di fatto decretato la chiusura della stazione di Campo Marzio, capolinea di quella che ai tempi dell'Impero Asburgico si chiamava Transalpina, costringendo i volontari che la gestivano ad andarsene, triplicando loro un affitto già di per sé pesantissimo: canone quasi triplicato e innalzato da 54 mila euro l'anno (senza alcun aiuto pubblico) a 140 mila euro;
          nel museo annesso alla stazione sono conservate e mantenute vere e proprie meraviglie e testimonianze dei tempi dei treni a vapore: timbri, telefoni a manovella, quadri di comando, carri passeggeri, amperometri, pompe, scambi, segnali, divise, spartineve, fotografie, mappe, plastici, sigilli doganali per la piombatura dei vagoni, decorazioni in oro;
          ci sono, soprattutto, numerosi treni con carrozze di fine ’800 e tappezzeria intatta, che potrebbero essere adoperati per i cosiddetti «viaggi della nostalgia», ma, mentre Austria e Germania con questi viaggi ci guadagnano, Trenitalia sembrerebbe ritenere sia più semplice e produttivo chiudere;
          il rischio è anche, come segnalato, di giungere alla definitiva cancellazione di Trieste Campo Marzio dalla mappa ferroviaria italiana, e la cosa appare illogica di fronte alla semplice considerazione che da quella stazione, un secolo fa, si andava direttamente, o con una sola coincidenza, a Budapest, Belgrado, Praga, Cracovia, Stoccarda;
          tale quadro appare tanto più illogico di fronte al recente stanziamento di milioni di euro di fondi europei (progetto «Adria A») per riattivare i vecchi binari della stazione Campo Marzio che possono essere utilizzati per linee metropolitane  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sopra segnalato;
          se e come intendano intervenire per assicurare e promuovere un adeguato piano di interventi che miri a preservare e valorizzare il patrimonio museale, storico, artistico, culturale della stazione di Campo Marzio a Trieste e prevederne uno sviluppo, piuttosto che una cancellazione come decretato dai vertici di Trenitalia. (4-15046)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, nella quale si chiedeva se e come si ritenesse opportuno intervenire per assicurare e promuovere un adeguato piano di interventi che miri a preservare e valorizzare il patrimonio museale, storico, artistico, culturale della stazione ferroviaria di Campo Marzio a Trieste, per quanto di competenza di questo Ministero, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
      La soprintendenza regionale per i beni e le attività culturali del Friuli Venezia Giulia ha adottato, in data 24 febbraio 2004, il decreto di riconoscimento dell'interesse particolarmente importante della stazione di Campo Marzio nonché, in data 7 giugno 2004, il decreto di dichiarazione dell'eccezionale interesse della collezione denominata museo storico ferroviario.
      Con decreto del 26 marzo 2009, la direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia, a completamento dei precedenti provvedimenti, ha sottoposto a tutela una serie di fasci di binari e scambi, che corrispondono al tracciato originale del 1906, nonché una serie di rotabili d'epoca.
      Il ricorso straordinario al presidente della Repubblica, proposto dalla società rete Ferroviaria italiana spa, volto all'annullamento parziale del provvedimento appena citato di dichiarazione di interesse culturale, è stato respinto con decreto del 19 gennaio 2011, come risulta agli atti della direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l'architettura e l'arte contemporanee.
      I tre provvedimenti ora ricordati riconoscono il grandissimo interesse culturale della stazione di Campo Marzio, che, costruita nel 1906 dall'architetto delle ferrovie austriache Robert Seeling, fu chiamata in origine Triest Staatsbahnhof, per distinguerla dalla stazione della Ferrovia meridionale (l'attuale stazione ferroviaria di Trieste centrale).
      La stazione di Campo Marzio era dotata di un impianto centralizzato per la manovra degli scambi e si componeva di un grande fascio di smistamento con ventiquattro binari, di una tettoia viaggiatori con fabbricato di testa servito da quattro binari a scartamento ordinario ed uno a scartamento ridotto e di uno scalo merci con due vasti magazzini serviti da binari coperti. Tra il fabbricato viaggiatori ed i magazzini venne sistemato il piazzale a scartamento ridotto della «Parenzana» con le relative attrezzature.
      Fu anche realizzato un deposito locomotive con rimessa a dieci binari, servita da una piattaforma girevole di 18 metri.
      Nel 1942 venne rimossa la grande volta in ferro e vetro che proteggeva le testate dei binari, nel corso della raccolta del «ferro alla patria», che aveva, caratterizzato il periodo bellico.
      I servizi viaggiatori a lungo percorso diminuirono sino a cessare del tutto con la seconda guerra mondiale. Nel 1935 venne chiusa la Parenzana, dal 1945 cessava il servizio viaggiatori per la Transalpina e, con la chiusura della linea per Erpelle, nel 1959, la stazione perdeva il suo ultimo servizio passeggeri.
      Gli edifici vennero lasciati in degrado fino agli ottanta, quando si decise di aprire un museo nel fabbricato passeggeri e di restaurare il complesso.
      Nel 1984 fu inaugurato il museo ferroviario, che occupa una parte del fabbricato della stazione. Le collezioni ivi ospitate si sono costituite per iniziativa dei volontari del dopolavoro ferroviario di Trieste: sono articolate in varie sezioni interne ed una sezione esterna, dedicate ad illustrare la storia ferroviaria di Trieste e delle regioni ad essa storicamente collegate.
      La vasta collezione del museo, comprendente cimeli storici di vario tipo, è ospitata in varie sale dell'ala un tempo dedicata ai passeggeri. Nel primo salone, quello principale, decorato in stile
liberty, trovano posto molte fotografie d'epoca, rappresentanti i mezzi e le stazioni del «periodo d'oro» delle ferrovie friulane, alcuni tracciati in scala funzionanti e altri cimeli di grandi dimensioni.
      Nel corridoio principale vi sono reperti che ricordano l'attività del personale delle stazioni: vi trovano posto, per esempio, indumenti, documenti vari che spaziano da orari a schemi di funzionamento di locomotive e, particolarmente interessante, la ricostruzione di una biglietteria dei primi del novecento.
      Vi sono, poi, altre sale laterali, che ospitano reperti aventi come tema le tranvie triestine, i sistemi di manutenzione dei binari, la gestione dei tracciati.
      Nel 2009, come detto sopra, è stato riconosciuto l'interesse culturale anche dei binari e rotabili d'epoca presenti nella stazione di Campo Marzio: tre binari sono riservati all'esposizione dei rotabili, mentre il quarto è elettrificato ed è in esercizio.
      Si tratta di un gruppo di binari e scambi che corrisponde al piano del tracciato originale del 1906, rimasto invariato dalla sua apertura.
      Il riconoscimento dell'interesse culturale di questi binari (dei quali uno conserva la «fossa a fuoco», indispensabile per l'accensione e la manutenzione delle locomotive a vapore) e dei rotabili d'epoca ha voluto tutelare il loro mantenimento in esercizio: la manutenzione dei binari è di fondamentale importanza per la conservazione dei rotabili, per il loro movimento (anche in caso si renda necessario un intervento di restauro) ed il loro uso.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.


      MIOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          nei comuni di Este e Monselice, situati in provincia di Padova, in un raggio di soli 5 chilometri e all'interno del parco regionale dei Colli euganei (istituito con legge regionale n. 38 del 10 ottobre 1989, BUR n. 58 del 1989) operano ben tre cementifici;
          il suddetto parco rientra nei siti di interesse comunitario (nonché nella rete «Natura 2000») e il piano ambientale che lo regola, definisce le cementerie incompatibili con le finalità del parco medesimo, sollecitandone la riconversione o la delocalizzazione;
          malgrado questo, con delibera n.  316 del 29 dicembre 2010 la provincia di Padova ha espresso parere favorevole di compatibilità ambientale ad un progetto di rinnovamento allo stabilimento di Italcementi di Monselice, che permetterebbe di prolungarne l'attività per altri 30 anni. Con sentenza n. 803 del 9 maggio 2011, il Tar del Veneto ha riconosciuto il contrasto tra l'intervento progettato e le norme del piano ambientale. Su ricorso dell'azienda e di altri Enti il 17 gennaio 2012 sarà chiamato a pronunciarsi il Consiglio di Stato;
          a causa dell'elevato inquinamento prodotto da queste attività industriali e dal traffico ad esse collegato il «piano di tutela e risanamento dell'atmosfera» (approvato il 12 novembre 2011 dal consiglio regionale del Veneto) ha collocato, i comuni di Este e Monselice in zona A – da risanare;
          le attuali normative, e in particolare il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, prevedono per i cementifici dei limiti di emissione come sotto riportato:
              polveri totali: mg 30/Nm3;
              biossido di zolfo: mg 600/Nm3;
              ossido di azoto: mg 1.800/Nm3;
          sorprendentemente, per gli inceneritori (decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133 in attuazione della direttiva 2000/76/CE) si prevedono i seguenti limiti di emissione:
              polveri totali: mg 10/Nm3;
              biossido di zolfo: mg 50/Nm3;
              ossido di azoto: mg 200/Nm3;
          appare evidente la macroscopica ed incomprensibile diversità dei limiti di emissione tra cementifici e inceneritori per gli (stessi inquinanti, molto pericolosi per la salute. Ancora più incomprensibile risulta l'agevolazione ai cementifici se si considera che le quantità assolute in peso (concentrazione per portata) dei sopraccitati inquinanti sono normalmente assai superiori per un cementificio rispetto a quelle di un inceneritore;
          altra anomalia palese risulta dal fatto che non si tiene conto, nel fissare i limiti di emissione, della effettiva distanza tra tre impianti che producono cemento. Tra l'altro, i limiti di emissione concessi ai cementifici in questione sono tra i massimi consentiti dalla legge. Quindi la popolazione residente nell'area del parco si trova a dover sopportare un carico di pericoloso inquinamento ben superiore rispetto a quello, già molto elevato, di un singolo cementificio  –:
          se non ritenga di dover assumere iniziative normative, anche in tempi rapidi, al fine di adeguare le misure dei limiti di emissione dei cementifici per equipararle almeno a quelle degli inceneritori nonché al fine di adeguare i limiti di emissione in funzione della distanza dei cementifici tra di loro, delle distanze dagli insediamenti abitativi e all'interno di territori protetti. (4-14046)

      Risposta. — In relazione all'interrogazione n.  4-14046 dell'onorevole Miotto, vertente la presenza di tre cementifici all'interno del parco dei Colli Euganei, si rappresenta quanto segue.
      Come ben noto la disciplina ambientale relativa alle modalità di esercizio dei principali impianti produttivi, compresi gli inceneritori, discende direttamente dalla normativa comunitaria, in particolare dalla direttiva 96/61/CE (direttiva
Integrated Pollution Prevention and Control) e dalle direttive 89/369/Cee e 89/429/Cee (direttive WI) recentemente tutte rifuse nella direttiva 2010/75/Ue (direttiva IED), che l'Italia è chiamata a recepire entro il 7 gennaio 2013 (benché ancora non sia stato dato mandato al Governo per emanare i necessari provvedimenti legislativi).
      Il concetto cardine di tale quadro normativo è, verificato il rispetto di requisiti sito-specifici, quali prescrizioni valutazioni impatto ambientale o misure da piano di qualità dell'aria, richiedere l'applicazione negli impianti delle migliori tecniche disponibili, intese come le tecniche impiantistiche, gestionali e di controllo che, tra quelle economicamente sostenibili dal settore e tecnicamente realizzabili nello specifico impianto, garantiscono le migliori prestazioni ambientali.
      Non deve pertanto stupire che, per settori diversi per tecnologia e quadro economico di riferimento, le norme comunitarie, i documenti di riferimento definiti dalla commissione europea (i cosiddetti Bref) e le norme nazionali indichino prestazioni, e in particolare valori limite di emissione, completamente diverse.
      Senza voler illustrare in dettaglio la differenza dei processi industriali di inceneritori e cementifici, basti a tal fine considerare che il gestore di un impianto di smaltimento rifiuti lavora a tariffa, e può pertanto riversare immediatamente i costi sugli utenti, mentre il gestore di un impianto che realizza prodotti commerciabili può riversare i costi su un aumento dei prezzi solo nella misura in cui il mercato globale glielo consente.
      Alla luce di tali considerazioni appare evidente che i valori limite di emissione fissati dalle norme generali non sono a diretta garanzia di livelli minimi di tutela dell'ambiente o della salute, ma piuttosto a garanzia del fatto che il singolo gestore stia impegnando per la tutela dell'ambiente risorse almeno paragonabili a quelle a tal fine mediamente impegnate dai suoi colleghi operanti in una qualunque parte dell'Unione.
      Tale requisito è concettualmente qualcosa di diverso (e comunque in più) rispetto alla garanzia di livelli minimi di tutela dell'ambiente, che è assicurata con altri strumenti.
      Il problema segnalato dall'interrogante, infatti, non trova soluzione nell'imposizione dall'alto di valori limite di emissione generali più rigorosi di quelli indicati in sede comunitaria, azione che colpirebbe indiscriminatamente anche settori ed impianti per cui tali requisiti sarebbero eccessivi e rischierebbero di penalizzare ingiustificatamente il tessuto produttivo del Paese.
      La soluzione, piuttosto, va perseguita nella rigorosa verifica della compatibilità ambientale dei singoli impianti nei loro specifici contesti, in un percorso che concettualmente il legislatore comunitario ha individuato in pianificazioni e programmazioni sul territorio assoggettate a valutazione ambientale strategica, autorizzazioni alla costruzione che presuppongono valutazioni di impatto ambientale, autorizzazioni all'esercizio che verificano la coerenza delle condizioni d'esercizio con i piani di qualità ambientale (nel caso in specie con le misure del piano di qualità dell'aria).
      Considerazioni circa gli effetti, sulle condizioni di esercizio, della concentrazione di impianti in aree ristrette o sulla loro collocazione in zone di risanamento, infatti, non possono che essere approfondite caso per caso con riferimento alle norme del piano di qualità, azione che lo stesso onorevole interrogante ha indicato essere in corso.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      NICOLA MOLTENI e RIVOLTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          nella notte tra il 1° ed il 2 febbraio 2011 la sede del municipio di Bregnano, in provincia di Como, è stata oggetto di un atto vandalico e intimidatorio, consumato poco dopo la conclusione di una riunione della giunta;
          in particolare, risulta esser stata scagliata, da ignoti, una bottiglietta di plastica esplosiva, che ha colpito l'edificio in prossimità della finestra corrispondente ai locali che ospitano gli archivi municipali, senza causare danni materiali alla struttura dell'edificio;
          a seguito di tale gesto intimidatorio, l'amministrazione comunale ha prontamente sporto denuncia contro ignoti alle competenti autorità di sicurezza che sono celermente intervenute per gli opportuni adempimenti del caso;
          il gesto intimidatorio fa comunque seguito ad un sensibile deterioramento delle situazioni di sicurezza complessive del territorio comunale, che sta sperimentando una crescita significativa dei furti in appartamento, generando tra la popolazione una paura sempre più diffusa, nonostante gli opportuni e idonei strumenti di controllo del territorio messi in opera grazie alla collaborazione tra la polizia locale e le forze dell'ordine dello Stato  –:
          quali misure il Governo intenda adottare per favorire il ristabilimento dell'ordine pubblico nel territorio di Bregnano e nelle aree limitrofe e soprattutto per prevenire e monitorare con gli strumenti più idonei l'innesco di forme e atti striscianti di intimidazione nei confronti dell'amministrazione comunale e dei suoi cittadini, come quello verificatosi nella notte tra il 1° e il 2 di febbraio 2011. (4-10742)

      Risposta. — La notte del 1o febbraio 2011, presso l'ingresso del palazzo municipale di Bregnano, ignoti hanno dato fuoco ad una bottiglia di plastica contenente liquido infiammabile, procurando un danno di lieve entità al muro perimetrale.
      Le indagini, avviate a seguito della denuncia presentata dal sindaco, hanno escluso sia la matrice politica sia un movente di natura ritorsiva o intimidatoria, relegando l'episodio – che non è stato in alcun modo rivendicato – ad un mero atto vandalico. Al riguardo si rappresenta che le medesime indagini, coordinate dalla locale procura della Repubblica e condotte dal nucleo investigativo dell'Arma dei carabinieri, non hanno sortito esiti positivi e, pertanto, il relativo procedimento penale si è risolto con l'emissione di un decreto di archiviazione.
      Su un piano più generale, l'andamento dei reati denunciati nel territorio del comune di Bregnano non suscita particolari preoccupazioni sotto il profilo dell'ordine e della sicurezza pubblica. Se è vero, infatti, che nel settore dei delitti contro il patrimonio, soprattutto in relazione ai furti in abitazione, si è registrato all'inizio del 2011 un lieve incremento rispetto all'anno precedente, ciò è da ritenersi del tutto casuale e, in ogni caso, ristretto al limitatissimo ambito territoriale di Bregnano. Nei comuni limitrofi, invece, così come nel resto della provincia, si assiste a una sensibile diminuzione di tali reati.
      In ogni caso, allo scopo di incrementare la sicurezza percepita, la competente stazione carabinieri di Cermenate ha provveduto ad ottimizzare l'impiego delle proprie risorse per assicurare una maggiore presenza sul territorio, mentre la questura di Como è intervenuta predisponendo mirati dispositivi di controllo del territorio attraverso il rafforzamento delle pattuglie automontate antirapina e richiedendo un più costante ausilio da parte delle unità operative del reparto prevenzione crimine Lombardia.
      Tali misure, oltre all'evidente conforto di una diretta azione repressiva, hanno immediatamente sortito effetti premianti, suffragati dal riallineamento nell'anno in corso dell'incidenza statistica dei fenomeni delittuosi ai consueti livelli.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.


      NASTRI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per gli affari europei, al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto sostenuto dalla Coldiretti, l'Argentina avrebbe annunciato recentemente il blocco delle importazioni di prosciutto dall'Italia che nel 2011 ha esportato circa 264 tonnellate di salumi nel Paese sudamericano;
          a giudizio della suddetta associazione agricola, gli effetti della crisi sul commercio internazionale, in cui si registrano misure protezionistiche del tutto ingiustificate come quelle intraprese dalle autorità argentine, rischiano di bloccare l’export del made in Italy alimentare che per la prima volta ha oltrepassato i 30 miliardi di euro, un importo superiore in maniera rilevante rispetto al settore automobilistico, dei rimorchi e semirimorchi il cui fatturato per l'esportazione è fermo a 25 miliardi di euro;
          la chiusura alle importazioni di prosciutto italiano, che interessa anche la Spagna e il Brasile, a giudizio della Coldiretti, è stata chiesta dagli allevatori industriali argentini in cambio di un accordo, per autolimitarsi negli acquisti di materie prime suine all'estero;
          la decisione secondo la Coldiretti risulta in evidente contrasto con le regole basilari dell'Organizzazione mondiale del commercio  –:
          se quanto sostenuto dalla Coldiretti ed esposto in premessa corrisponda al vero e, in caso affermativo, quali iniziative intendano intraprendere, nell'ambito delle rispettive competenze, al fine di garantire e tutelare le imprese italiane del settore dalle ingiustificate misure protezionistiche intraprese dall'Argentina;
          se non ritengano conseguentemente necessario attivarsi immediatamente: presso l'Unione europea, affinché la stessa chieda in sede di Organizzazioni mondiali del commercio (WTO) chiarimenti in merito alle eventuali iniziative di ostruzionismo messe in atto dal Governo argentino che ostacolano l'ingresso dei prodotti alimentari provenienti dall'Italia e dall'Unione europea. (4-16286)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi forniti anche dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, si rappresenta quanto segue.
      In merito alla questione posta dall'interrogante riguardo il crescente ricorso da parte dell'Argentina a pratiche commerciali protezionistiche a danno delle importazioni e degli investimenti stranieri, si premette che tali misure restrittive e discriminatorie contrastano nettamente con la normativa dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), oltre a contrastare sia con gli impegni assunti dal Paese sudamericano in ambito G20 a favore di una continua apertura degli scambi, sia con lo spirito che dovrebbe animare il negoziato di libero scambio attualmente in corso tra Unione europea e Mercato comune del sud di cui l'Argentina è parte contraente.
      Il Ministero dello sviluppo economico segue da tempo la questione con grande attenzione ed è intervenuto a più riprese nelle competenti sedi europee, in particolare presso il comitato politica commerciale del Consiglio, per richiamare l'attenzione della Commissione Unione europea e sollecitare una risoluzione del problema.
      Il nostro Paese, insieme alla Spagna, è stato quello che ha fornito all'esecutivo comunitario il maggior numero di prove di tali pratiche protezionistiche, date le numerose e importanti aziende italiane coinvolte.
      In tal modo l'Italia ha contribuito ad accelerare il processo di raccolta, da parte della Commissione, di evidenze sufficienti ad adire il sistema di risoluzione delle controversie dell'Organizzazione mondiale del commercio (in data 25 maggio 2012) ed avviare consultazioni formali con l'Argentina.
      La richiesta della Commissione si fonda su tre principali misure restrittive assunte da Buenos Aires:
          1) la cosiddetta
Declaracion Jurada de importacion, ossia la richiesta di una «preautorizzazione» all'importazione;
          2) il sistema di rilascio delle licenze non-automatiche di importazione;
          3) la pratica di imporre agli importatori la prova dell'equivalente di beni importati con beni esportati.

      Qualora, nel corso dei 60 giorni previsti per la fase obbligatoria delle consultazioni, non si dovesse trovare un accordo tra le Parti, l'Unione europea potrebbe richiedere l'istituzione di un panel per dirimere la controversia.
      Già in precedenza, precisamente il 30 marzo 2012 l'Italia aveva sostenuto la presentazione da parte dell'Unione europea di una dichiarazione congiunta al Consiglio OMC sul commercio dei beni, in cui si auspicava la rimozione immediata delle misure, in quanto contrarie alla normativa OMC, e l'impegno ad astenersi da misure protezionistiche, più volte assunto da Buenos Aires in ambito G20.
      Per quanto riguarda specificamente le restrizioni alle importazioni di prosciutto, che non figurerebbero nella lista notificata all'OMC, l'Italia chiederà espressamente alla Commissione di inserire il punto all'ordine del giorno delle discussioni nei competenti Comitati OMC.
      Del resto, il Governo italiano ha offerto finora un contributo fattivo e il suo pieno sostegno alle iniziative avviate dalla Commissione a livello multilaterale per contrastare le ingiustificate misure protezioniste adottate dall'Argentina ed è disponibile a prendere in seria considerazione eventuali nuovi passi che la Commissione UE decida di intraprendere.
      Ad ogni buon conto, si assicura che da parte di questo Ministero si continuerà a seguire con grande attenzione la questione affinché si possa giungere ad una rapida soluzione e consentire, quindi, a tutti i nostri prodotti di accedere liberamente al mercato argentino.

Il Ministro dello sviluppo economico: Corrado Passera.


      NICOLUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          nel mese di febbraio era previsto l'arrivo in Italia di 900 scimmie provenienti dalla Cina e destinate alla sperimentazione in laboratorio presso la società Harlan di Correzzana (Monza e Brianza). Di queste, 104 sono effettivamente entrate nel territorio nazionale;
          dopo che la vicenda ha assunto una forte dimensione mediatica agli occhi dell'opinione pubblica, il Ministro della salute ha disposto una verifica immediata sul rispetto delle procedure previste dalla vigente normativa per quanto riguarda l'ingresso in Italia e il trattamento di primati destinati alla sperimentazione scientifica;
          secondo notizie di stampa, le proteste avrebbero provocato la decisione della Harlan di interrompere l'importazione dei primati;
          dopo questo ennesimo episodio, risulta ad oggi quanto mai necessario aprire in Italia una seria riflessione sulla opportunità di mettere fine alla riprovevole pratica della sperimentazione e della vivisezione animale, con ogni probabilità neanche più necessaria ai fini scientifici  –:
          quali siano le condizioni di salute e il trattamento attualmente riservato ai 104 esemplari già importati dalla Harlan;
          quali siano gli esiti dei controlli effettuati presso lo stabilimento di Correzzana e come intenda operare il Governo in futuro per affrontare casi simili e più in generale la tematica della sperimentazione su animali. (4-15882)

      Risposta. — A carattere generale, per quanto riguarda le autorizzazioni per l'importazione, si precisa che gli stabilimenti che intendono importare primati non umani in Italia devono preliminarmente presentare apposita istanza di autorizzazione al Ministero della salute, ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo n.  633 del 1996, al fine di ottenere il riconoscimento delle strutture di destinazione come organismo, istituto o centro ufficialmente riconosciuto.
      Le strutture devono essere regolarmente autorizzate quali stabilimenti di allevamento e di fornitura di animali destinati alla sperimentazione scientifica, ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.  116, che prevede apposita autorizzazione da parte dei comuni e lo svolgimento della vigilanza veterinaria da parte del servizio veterinario dell'Asl territorialmente competente.
      Considerato che per l'importazione di primati non umani è prevista la quarantena, la struttura di destinazione deve avere un nulla osta sanitario rilasciato dalla Asl competente per territorio, sulla base della presenza dei requisiti strutturali e gestionali.
      Verificata la sussistenza di tutti i requisiti evidenziati, il Ministero della salute rilascia l'autorizzazione per l'importazione da un determinato Paese di un numero contingentato di animali e per un periodo di tempo definito.
      L'autorizzazione prevede anche la certificazione sanitaria di scorta degli animali.
      L'autorizzazione concessa alla ditta «Harlan Laboratories» di Correzzana (MB) concerne un totale di 900 primati, per un periodo di un anno a partire dal febbraio 2012 e in lotti di massimo 156 soggetti per singola importazione: non è stata quindi autorizzata la possibilità di importate 900 animali in una partita unica.
      Prima dell'importazione nel territorio nazionale tutti gli animali sono controllati ai sensi del decreto legislativo n.  93 del 1993 dai posti di ispezione frontalieri veterinari (PIF – Uffici periferici del Ministero della salute) autorizzati a tal fine dalla Commissione europea: i controlli riguardano la verifica delle certificazioni sanitarie, dell'identificazione individuale, dello stato clinico, di salute e di benessere degli animali.
      Soltanto a seguito degli esiti favorevoli dei controlli viene autorizzato, da parte del Pif, l'ingresso degli animali in vincolo sanitario fino alla struttura di destinazione individuata dalla citata autorizzazione ministeriale.
      L'azienda sanitaria di competenza sulla struttura, informata immediatamente da parte del Pif dell'arrivo degli animali, procede alle immediate verifiche dello stato di salute degli animali medesimi e della loro corretta identificazione, provvedendo alla predisposizione della quarantena.
      Il servizio veterinario della Asl garantisce, inoltre, la vigilanza permanente sullo stabilimento dove risiedono gli animali.
      In merito all'arrivo di 104 scimmie provenienti dalla Cina, si segnala che il Ministro della salute, nel rispetto delle disposizioni vigenti, ha disposto una verifica immediata per quanto riguarda l'ingresso in Italia di primati non umani destinati alla sperimentazione scientifica. Ciò in relazione sia alle condizioni di viaggio sia al trattamento degli animali in Italia.
      L'esito di tale ispezione ha confermato il rispetto delle disposizioni normative in materia e la corretta applicazione delle procedure.
      Il comando carabinieri per la tutela della salute – N.A.S., dopo accurata ispezione presso lo stabilimento fornitore della ditta «Harlan Laboratories» di Correzzana, ha accertato il completo rispetto dei requisiti strutturali e gestionali della struttura, oltreché della normativa vigente.
      Si osserva inoltre che l'impiego dei primati non umani nella ricerca scientifica è disciplinato dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.  116, ed in molti casi è reso obbligatorio da legislazioni nazionali ed internazionali (farmacopea europea, Emea, Fda) per l'immissione in commercio di farmaci ad uso umano e veterinario.
      Attualmente il Ministero della salute svolge tutti i controlli e gli accertamenti ritenuti necessari per verificare la corretta ed uniforme applicazione del decreto legislativo n.  116 del 1992.
      In aggiunta all'attività di controllo dei servizi veterinari delle aziende sanitarie locali, finalizzata alla verifica degli aspetti igienico-sanitari, a cui spetta l'attività di vigilanza permanente sugli stabulari, ulteriori controlli sono effettuati dai nuclei operativi del comando carabinieri per tutela della salute.
      Tutti gli esperimenti vengono autorizzati dal Ministero della salute, che si avvale degli esami e del parere dell'istituto superiore di sanità, in quanto gli stessi richiedono una valutazione complessa sotto il profilo tecnico-scientifico, relativamente alla indispensabilità degli esperimenti, alla non esistenza di metodi alternativi ed alla inutilità della ripetizione di esperimenti.
      Nel nostro Paese i primati non umani, per la maggior parte degli esperimenti, sono utilizzati in prove di qualità, efficacia, innocuità di medicinali e di vaccini, mentre una minima parte di essi viene utilizzata nella ricerca e nello sviluppo di nuove terapie per le malattie neurologiche ed infettive.
      Si ricorda, da ultimo, che la direttiva comunitaria n.  63/2010/UE del 22 settembre 2010 inserita nel disegno di legge comunitaria per il 2011, all'esame delle competenti commissioni del Senato, prevede ancora la possibilità di utilizzare primati non umani e che gli stessi, tuttavia, non debbano provenire dalla raccolta effettuata nell'ambiente naturale, bensì da allevamenti autorizzati, vale a dire che siano nati in cattività.
      La stessa direttiva, nel rafforzare la tutela degli animali secondo i più recenti sviluppi scientifici, rappresenta un passo importante verso l'obiettivo finale della completa sostituzione delle procedure su animali vivi. A tal fine, essa cerca di agevolare e di promuovere lo sviluppo e diffusione di metodi alternativi.
      Alla luce delle valutazioni sopra fornite, questo Ministero ritiene che non sussistano i presupposti per procedere alla revoca delle autorizzazioni sanitarie per l'importazione.

Il Sottosegretario di Stato per la salute: Adelfio Elio Cardinale.


      NICOLUCCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          la situazione dei collegamenti ferroviari tra il Sud Italia e il resto del Paese risulta essere sempre più precaria perché, in dicembre, con la pubblicazione dei nuovi orari da parte di Trenitalia sono stati notevolmente depotenziati sia i collegamenti intercity che quelli eurostar;
          Trenitalia, inoltre, ha deciso di eliminare numerosi collegamenti ferroviari notturni tra il Nord e il Sud del Paese e di disinvestire ulteriormente nel settore dei trasporti locali con una scelta che evidentemente va nel senso di progressivamente concentrare tutte le risorse finanziarie e tecnologiche dell'azienda solo nell'alta velocità che viaggia in direzione delle aree economicamente più trainanti del Nord Italia;
          alla luce di tale situazione, gli utenti dei treni in servizio nel Mezzogiorno, soprattutto con riferimento al trasporto locale, lamentano inoltre la scarsa puntualità e i livelli a volte minimi di pulizia ed efficienza delle vetture;
          tali situazioni, sia con riferimento al tema degli orari che con riguardo agli standard qualitativi e di pulizia dei servizi ferroviari locali, determinano notevoli disagi ai cittadini del Mezzogiorno e, soprattutto, paiono in contrasto rispetto agli orientamenti dell'Unione europea in materia di trasporti ferroviari  –:
          quali iniziative di competenza, rispetto a Trenitalia, ritenga di assumere perché sia garantito un livello sufficiente di collegamenti diurni e notturni tra il Mezzogiorno e il resto del Paese;
          in che modo si possa far sì che il trasporto locale nel Mezzogiorno, invece di essere depotenziato come avviene oggi, goda degli investimenti necessari a garantire servizi efficienti alle decine di migliaia di pendolari che ogni giorni, tra disservizi e ritardi, usano il treno per spostarsi tra la propria casa e il posto di lavoro;
          come si intendano promuovere, in collaborazione con Trenitalia, iniziative finalizzate a intervenire con urgenza e in modo concreto perché il trasporto locale nel Mezzogiorno, al contrario di quanto avviene mediamente oggi, sia caratterizzato da standard quantomeno sufficienti in termini di puntualità, efficienza e pulizia. (4-15887)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
      Nell'ambito del «Servizio Universale», teso a garantire il diritto alla mobilità, rientrano quei servizi, tra cui i treni «Notte», che per poter essere effettuati necessitano di un corrispettivo, definito nell'ambito di un contratto di servizio nazionale (2009-2014), in quanto presentano un conto economico negativo.
      Al riguardo, Trenitalia, nel 2011 ha registrato una perdita complessiva di rilevante entità (oltre 200 milioni di euro), nonostante i corrispettivi, derivante principalmente dal forte calo della domanda del servizio universale e dalla conseguente contrazione dei ricavi. In tale ottica, con l'orario in vigore dal mese di dicembre 2011, ferme restando le tratte servite, si è reso necessario procedere ad una riduzione della percorrenza dei treni notte più costosi e meno frequentati.
      Pertanto, con l'orario in vigore dall'11 dicembre 2011 è stato definito un programma di rimodulazione dei collegamenti di Servizio universale che ha previsto l'attestamento su Roma dei treni notte da/per la Sicilia e su Bologna degli
intercity diurni e dei treni da/per la Puglia.
      Da Roma e Bologna è stato previsto il proseguimento verso le destinazioni del nord già servite in precedenza (e viceversa) attraverso interscambio, specie con i frequenti servizi alta velocità programmati. Questo servizio è offerto a costi (per il cliente) analoghi a quelli dei precedenti collegamenti notturni diretti, non è soggetto a limitazione di posti e apporta un risparmio sui tempi complessivi di viaggio.
      A seguito dei disagi che tale rimodulazione ha comportato per l'utenza, questo Dicastero si è fatto promotore di vari incontri tenuti con la società Trenitalia per effettuare di un prolungamento di alcuni collegamenti provenienti dal Sud, attualmente attestati a Roma e a Bologna, rispettando nel contempo l'obiettivo di una sostanziale parità dell'onere per il contratto di servizio a carico dello Stato.
      Pertanto, con il nuovo orario in vigore dal 10 giugno 2012, si è proceduto ad una ulteriore revisione del reticolo d'offerta «Notte» in contratto di servizio, con il ripristino di 4 coppie di collegamenti «Notte» su Milano (2 da/per la Puglia, 1 da/per la Sicilia e 1 da/per la Calabria).
      Si evidenzia, inoltre, che i collegamenti Eurostar, citati dall'interrogante, rientrano tra i servizi «a mercato» che non essendo oggetto di corrispettivi pubblici si sostengono esclusivamente con i ricavi da traffico, pertanto, la relativa programmazione dipende esclusivamente da valutazioni di carattere commerciale.
      Per quanto attiene, poi, ai servizi ferroviari regionali si evidenzia che le competenze in materia di programmazione ed amministrazione degli stessi sono state trasferite alle regioni ai sensi del decreto legislativo n.  422 del 1997.
      Si evidenzia, altresì, che la problematica del ripristino delle risorse da attribuire alle regioni per il trasporto pubblico locale, anche ferroviario, è all'attenzione di questo Governo: infatti con l'articolo 30, comma 3, del decreto-legge n.  201 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge n.  214 del 2011, è stato elevato a 1200 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2012, la disponibilità sul fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale di cui all'articolo 21, comma 3, del decreto-legge n.  98 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge n.  111 del 2011.
      Si segnala, inoltre, l'accordo tra Governo, regioni e comuni del 21 dicembre 2011 sulle ulteriori risorse da destinare al trasporto locale, sulla base del quale è tuttora in corso con le regioni e gli enti locali un tavolo tecnico di confronto per la sottoscrizione del «Patto per il TPL» e dei servizi ferroviari regionali volto ad efficientare e razionalizzare il settore.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Corrado Passera.


      PALAGIANO e DI PIETRO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          in data 22 febbraio 2012 il procuratore regionale per la Corte dei Conti del Lazio, dottor Angelo Raffaele De Dominicis, ha redatto una memoria per l'adunanza di inaugurazione dell'anno giudiziario 2012, dalla quale si evince come la corruzione nella pubblica amministrazione costituisca una drammatica evenienza essendo non già rivolta a finanziare la politica, ma fenomeno corruttivo a vantaggio individuale che colpisce in modo particolare la sanità;
          la regione Lazio ha le peggiori performance d'Italia in ambito sanitario nel rapporto risorse impiegate/servizi offerti ai cittadini, con un deficit che ancora nel 2012 è annunciato di oltre 600 milioni di euro; ciò nonostante l'aumento della tassazione regionale sia giunto a livelli insostenibili;
          i cittadini si trovano, così, a dover pagare per l'incapacità pluriennale di arginare disorganizzazione e fenomeni di corruzione – esemplificati dalla, ormai nota, vicenda di lady ASL, nella quale sono stati accertati fenomeni di corruzione e pagamenti non dovuti per decine di milioni di euro;
          un'amministrazione attenta ha il dovere di rimuovere dalle posizioni dirigenziali gli autori accertati di episodi corruttivi e di concussione, onde prevenire il ripetersi di tali fenomeni delittuosi. Questo principio non sembra essere stato adottato nelle strutture sanitarie della regione Lazio, tanto che un dirigente medico condannato in via definitiva continua a svolgere le stesse funzioni, che implicano decisioni nello stesso ambito per il quale ha subito condanna per corruzione;
          suscita scandalo infatti il caso del professor Michele Toscano, attuale primario di cardiochirurgia al policlinico Umberto I di Roma, condannato, con sentenza del tribunale di Firenze (29 novembre 2001), ad un anno e quattro mesi di reclusione, in quanto imputato dei delitti di cui agli articoli 319 e 319-bis del codice penale;
          in particolare, il professor Toscano, con più atti esecutivi, nella qualifica di direttore della cattedra di chirurgia cardiotoracica nell'azienda ospedaliera-universitaria «Le Scotte» di Siena, dietro corresponsione di somme di denaro – 80/100 milioni all'anno nonché diversi benefit personali, aventi comunque rilievo economico, aveva favorito illecitamente la società Hospital Technology nell'aggiudicazione delle forniture di presidi medico-chirurgici;
          il professor Michele Toscano nel corso dei numerosi interrogatori davanti al pubblico ministero ha ammesso i reati contestati;
          il professor Toscano, che a quanto consta agli interroganti attualmente sarebbe l'unico primario di cardiochirurgia al policlinico Umberto I, è di fatto il solo ad avere il potere di assegnare a sé e ad altri cardiochirurghi i casi da operare e a scegliere pertanto, ad esempio, quale tipo di protesi valvolare – modello e ditta – applicare al malato. Considerati i reati commessi nel 2001 e ammessi dallo stesso Toscano, il dubbio che tale scelta possa essere determinata da interesse personale, anche corruttivo, e non da quello del paziente, può sorgere legittimo;
          la prevenzione dei fenomeni corruttivi, in particolare quando questi riguardano la salute dei cittadini, deve essere la priorità di una pubblica amministrazione;
          in questo senso, le autorità sanitarie interessate – regione Lazio, direzione del policlinico – anziché mantenere nella posizione di primario-dirigente UOC di cardiochirurgia il professor Toscano, avrebbero potuto affidargli ad avviso degli interroganti una unità programmatica in un settore della cardiochirurgia che escluda qualsiasi possibilità di ripetersi dei fenomeni corruttivi per i quali lo stesso è stato condannato. A tutela del dirigente stesso, ma soprattutto della salute dei pazienti  –:
          se i Ministri, nell'ambito delle proprie competenze, intendano promuovere, con urgenza, una norma, valida per tutta la pubblica amministrazione, che escluda dalla possibilità di svolgere funzioni direttive di strutture e unità operative o programmatiche coloro che sono stati condannati in via definitiva per fatti di corruzione o concussione inerenti la stessa attività. (4-15307)

      Risposta. — Con l'interrogazione in esame l'interrogante, dopo alcune considerazioni sul fenomeno corruttivo in Italia e sulle conseguenze deleterie che provoca sia dal punto di vista economico che dal punto di vista delle pari opportunità in ambito sociale, sollecita l'adozione di una norma che disponga il divieto «di svolgere funzioni direttive di strutture e unità operative o programmatiche [per] coloro che sono stati condannati in via definitiva per fatti di corruzione o concussione inerenti la stessa attività», onde prevenire il ripetersi di tali fenomeni delittuosi.
      In particolare, nell'interrogazione in esame, si fa riferimento ad un accadimento specifico e circostanziato concernente il professor Michele Toscano il quale, benché condannato con sentenza del tribunale di Firenze in data 29 novembre 2001 ad un anno e quattro mesi di reclusione per i delitti di cui agli articoli 319 e 319-
bis del codice penale, ricopre attualmente l'incarico di primario di cardiochirurgia presso il policlinico Umberto I di Roma. Ad avviso dell'interrogante l'incarico ricoperto consentirebbe, altresì, al professor Toscano di essere «(..) il solo ad avere il potere di assegnare a sé e ad altri cardiochirurghi i casi da operare e a scegliere pertanto, ad esempio, quale tipo di protesi valvolare – modello e ditta – da applicare al malato».
      In considerazione di tale segnalazione, l'ispettorato per funzione pubblica, debitamente interessato della vicenda, ha avviato – ai sensi dell'articolo 60, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165 – apposita ispezione ai fini della verifica del corretto conferimento dell'incarico
de quo, nonché dell'osservanza delle disposizioni vigenti in materia di controllo dei costi, dei rendimenti e dei risultati.
      Per quanto attiene alla segnalazione dell'interrogante in merito al conferimento di un incarico direttivo a persona condannata per delitti contro la Pubblica amministrazione, si segnala, in via preliminare, che, allo stato, il divieto di ricoprire un pubblico ufficio o incarico di pubblico servizio è previsto solamente nei casi di condanna alla pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici ai sensi dell'articolo 28 e 29 del codice penale.
      Com’è noto, l'interdizione dai pubblici uffici, che può essere perpetua o temporanea, rientra nell'ambito delle pene accessorie ed in quanto tale segue la definitività della pena principale.
      L'interdizione perpetua consegue alla condanna all'ergastolo oppure o alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni, ovvero alla dichiarazione di abitualità o professionalità nel delitto, o di tendenza a delinquere; l'interdizione temporanea – che ha una durata fissa di cinque anni – consegue, invece, automaticamente alla condanna alla reclusione per un tempo non inferiore ad anni tre ovvero alla condanna per un delitto commesso con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio.
      Risulta evidente, da quanto accennato, che nel caso richiamato dall'interrogante la condanna irrogata nei confronti del professor Toscano, non presentando i presupposti richiesti dal citato articolo 28 del codice penale, non ha comportato l'applicazione della pena accessoria in questione.
      Per quanto attiene, invece, alla materia degli eventuali abusi che possono derivare dall'accentramento in capo al professor Toscano dei poteri di scelta in merito alle valvole cardiache da impiantare e dall'assegnazione a sé o ad altri dei casi da operare, si rinvia a quanto dedotto in una nota del 22 maggio 2012 dal dipartimento ad attività integrata «Cuore e Grossi Vasi» dell'azienda policlinico Umberto I.
      Il direttore del dipartimento chiarisce, nella citata nota, che nella riorganizzazione aziendale del policlinico, avvenuta nello scorso quinquennio, sono state istituite diverse strutture, oltre a quella di «Cardiochirurgia» diretta dal professor Toscano; la struttura dipartimentale (UOD) di «Cardiochirurgia d'Urgenza e dello Scompenso Cardiaco»; il Programma (UP) di «Biotecnologie Applicate alle Malattie Cardiovascolari»; il Programma (PRGM) «Cardiochirurgia Pediatrica» ed il Programma (UP) «Tecnologie Cellulari-Molecolari Applicate alle Malattie Cardiovascolari». Quelle elencate, come espressamente specificato nella nota, sono «tutte strutture e programmi coordinati autonomamente da altri dirigenti medici».
      Inoltre, come risulta da ciascun «Rapporto Operatorio» – necessariamente allegato alla cartella clinica – il dirigente medico/primo operatore (firmatario del rapporto operatorio medesimo) è responsabile, anche dal punto di vista medico-legale, dell'intervento eseguito e della tipologia di protesi valvolare impiantata, dallo stesso ritenuta più idonea per lo specifico caso clinico.
      Il caso portato ad esempio dall'interrogante, pur non presentando – per quanto suesposto – alcuna connotazione di illiceità, orienta, tuttavia, l'attenzione e l'interesse del Governo verso strategie che assicurino la prevenzione e il contrasto del fenomeno corruttivo nella pubblica amministrazione.
      A tal riguardo, si segnala che il Ministro della giustizia e il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, in continuità con gli obiettivi perseguiti dal precedente esecutivo, sono fortemente impegnati nel seguire l’
iter parlamentare del progetto di legge atto Senato 2156-B, recante «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione».
      Il nuovo testo del provvedimento, attualmente in corso di esame in terza lettura presso le Commissioni riunite affari costituzionali e giustizia del Senato della Repubblica, è volto a rafforzare e rendere più incisivi gli strumenti di prevenzione e repressione della corruzione attraverso l'adozione di diverse misure, tra cui in particolare: la previsione di casi di incompatibilità ed ineleggibilità, la predisposizione di piani anticorruzione, l'introduzione di premi e dell'anonimato per chi denuncia reati contro la pubblica amministrazione, nonché di un sistema di rotazione per i funzionari che lavorano nei settori più a rischio e la revisione di alcune fattispecie di reato.
      Con specifico riferimento, poi, alle iniziative sollecitate dall'interrogante – in merito alla previsione di una norma che escluda coloro che sono stati condannati in via definitiva per fatti di corruzione o concussione inerenti la propria attività dalla attribuzione di funzioni direttive di strutture e unità operative o programmatiche – si segnala quanto previsto dall'articolo 11 del citato disegno di legge in materia di non conferibilità e di incompatibilità degli incarichi dirigenziali.
      Tale disposizione – introdotta in seconda lettura dalla Camera dei deputati – reca una delega legislativa (da esercitare entro sei mesi) in materia di conferimento – a soggetti interni o esterni all'amministrazione – degli incarichi dirigenziali e di responsabilità amministrativa di vertice nelle pubbliche amministrazioni e negli enti privati sottoposti a controllo pubblico che esercitino funzioni amministrative, producano beni o servizi per amministrazioni pubbliche o gestiscano servizi pubblici.
      Si evidenzia, al riguardo, quanto disposto dal secondo comma, lettera
a), del citato articolo 11, ove viene indicato tra i principi e criteri di delega, quello della «non conferibilità di incarichi dirigenziali per coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale».
      Pertanto, in sede di attuazione della delega il Governo individuerà tutti quei casi – tra i quali rientra quello segnalato dall'interrogante – in cui, pur non sussistendo i presupposti previsti dal Codice penale per l'irrogazione della pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici, si profila tuttavia l'impossibilità, per ragioni di prevenzione, di conferire o mantenere incarichi dirigenziali nell'ambito delle pubbliche amministrazioni.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione: Filippo Patroni Griffi.


      PES, SCHIRRU, CALVISI, FADDA, MARROCU, MELIS e SORO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la Cooperativa sociale O.N.L.U.S. «Il Samaritano» è stata costituita ad Arborea (Oristano) nel 1997 per volere di don Giovanni Usai;
          la cooperativa è nata con l'obiettivo di favorire la nascita di un luogo gestito in forma comunitaria rivolto a condannati ammessi alle misure alternative di detenzione;
          attualmente la comunità gestita dalla cooperativa ospita 19 persone, di cui 5 soci ex svantaggiati che hanno concluso il percorso di pena ed ora sostengono con il loro lavoro l'azienda agricola, 14 soci svantaggiati in gran parte in misura alternativa alla detenzione;
          l'organico comprende inoltre un sociologo a tempo indeterminato full time, un amministrativo a tempo indeterminato part time, una pedagogista a tempo indeterminato part time e un agro-tecnico a tempo determinato part time, una psicologa libero professionista;
          un consulente del lavoro e un revisore unico supportano, dietro retribuzione, le attività amministrative;
          i soci svantaggiati, tutti condannati alle misure alternative al carcere, entrano nella cooperativa in seguito ad una specifica ammissione a socio e vengono inquadrati secondo il contratto delle cooperative, richiamando quelle delle cooperative agricole;
          gli ospiti ammessi diventano soci lavoratori secondo le vigenti normative in materia e sottoscrivono l'impegno a contribuire ai costi comunitari secondo quanto previsto dal regolamento depositato all'ispettorato del lavoro;
          la cooperativa gestisce 40 ettari di terreno in agro di Arborea e su questi insiste la struttura destinata alla vita comunitaria;
          l'azienda si occupa della produzione, coltivazione e confezionamento di ortaggi in campo aperto e serre, della raccolta e commercializzazione dei prodotti, della vendita al mercato e all'ingrosso di Cagliari e Oristano;
          con la cooperativa sociale «Il Seme» gestisce il punto vendita del mercatino di «Terra Madre» di Oristano;
          ha in appalto con il consorzio industriale di Oristano la manutenzione del verde pubblico dell'area industriale di Oristano;
          riceve contributi dalla regione Sardegna, assessorato sanità, dalla Chiesa, da privati, nonché dal Ministero della giustizia con il quale è in corso il progetto F.A.D.IN.DE;
          nello scorso mese di dicembre don Giovanni Usai è agli arresti domiciliari con l'accusa di violenza sessuale e favoreggiamento della prostituzione, reati che avrebbe commesso nell'ambito della sua attività di direttore della comunità;
          in seguito all'arresto di don Giovanni Usai gli archivi cartacei e informatici sono stati sequestrati dall'autorità giudiziaria;
          l'attività della cooperativa è seriamente compromessa  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza della vicenda sopra esposta;
          quali iniziative intendano assumere perché i progetti finanziati con contributi statali possano essere portati a compimento in considerazione della loro rilevanza sociale e a salvaguardia dei livelli di occupazione dei condannati a pene alternative alla detenzione. (4-10518)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente le attività della cooperativa sociale «Il Samaritano» onlus, nata nel 1997 per l'accoglienza, in misura alternativa alla detenzione, dei detenuti extracomunitari ed italiani provenienti da tutto il territorio nazionale, sulla base delle informazioni fornite dai competenti uffici, si rappresenta quanto segue.
      L'attività prevalente dalla cooperativa nell'azienda agricola, sita nel comune di Arborea, località Sassu, è quella della coltivazione e vendita di ortaggi. Tale attività viene svolta, quale percorso di risocializzazione, con l'affiancamento di un sociologo dipendente (attualmente direttore della struttura), da persone socialmente svantaggiate. I soci sono, inoltre, occupati nell'appalto per il verde pubblico dell'area industriale di Oristano.
      La cooperativa, che aderisce alla Confcooperative, viene annualmente sottoposta a revisione da parte della medesima associazione.
      A seguito del provvedimento di restrizione nei confronti di Don Giovanni Usai, di cui si fa cenno nell'interrogazione in esame, si fa presente che il nuovo consiglio di amministrazione, costituito in data 17 luglio 2011, ha nominato presidente il dottor Antonello Caria.
      Con riferimento ai progetti finanziati con risorse pubbliche, si rappresenta che il Ministero della giustizia-Cassa delle ammende ha sospeso il progetto F.A.D.IN.DE. relativo a 20 contratti di borse lavoro per detenuti in affido, mentre è stato riattivato, dopo un periodo di sospensione, l'accreditamento del tribunale di sorveglianza di Cagliari per l'affidamento sociale dei detenuti.
      Nell'ambito del progetto «Ad Altiora – Terra Madre 2», con capofila la Casa circondariale di Cagliari, la Cooperativa sta attivando un percorso di formazione del gruppo di lavoro da realizzare in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia dell'Università di Cagliari al fine di sviluppare il monitoraggio e l'analisi di percorsi per l'inclusione sociale di detenuti ammessi alle misure alternative.
      Per quanto riguarda i contributi regionali, la Cooperativa riceve un finanziamento annuale sulla gestione ordinaria, che copre sia le spese per il personale che spese varie di gestione. Tale contributo viene erogato dall'Assessorato Regionale alle Politiche Sociali e rendicontato allo stesso. La regione Sardegna, nel comunicare «che al momento non risultano in essere procedure per il finanziamento di progetti della cooperativa sociale Il Samaritano e della cooperativa sociale Il Seme», ha fatto presente che «con riferimento alla cooperazione sociale Il Seme risulta in corso una procedura di regolarizzazione/recupero relativa al contributo di euro 16.662,64 concesso ai sensi della legge regionale n.  5 del 1957 – annualità 1997, per il quale non è stato presentato il regolare rendiconto».
      Da ultimo, si segnala che la documentazione contabile, fiscale e lavoristica – anche quella su supporti informatici – è stata posta sotto sequestro dalla Autorità Giudiziaria. Sebbene la documentazione non sia stata ancora restituita, è stata fornita copia di tutti gli atti, rendendo così possibile la redazione del bilancio 2010 nonché quello del 2011, attualmente in corso di stesura.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Cecilia Guerra.


      PICCHI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          l'istituto del segreto brevettuale prevede che una domanda di brevetto non sia divulgabile durante i primi 18 mesi dalla data di primo deposito o priorità (oppure di 90 giorni, in caso di richiesta di accessibilità anticipata da parte del titolare), in base all'articolo 53, comma 3, del codice della proprietà industriale;
          scopo di tale istituto è di consentire al richiedente di godere di un vantaggio temporale prima che la concorrenza possa disporre del testo della domanda di brevetto; al contrario, dopo il 18esimo mese, il testo completo della domanda di brevetto viene pubblicato affinché diventi patrimonio della collettività e possa diventare a sua volta punto di partenza per lo sviluppo di ulteriori innovazioni;
          tale istituto risulta uno dei principi cardine del sistema brevettuale a livello internazionale ed uniformemente applicato in tutto il mondo per bilanciare gli interessi contrapposti del titolare di una privativa (i.e. salvaguardare i propri investimenti in ricerca e sviluppo) e quelli della collettività (i.e. ottenere una libera circolazione della tecnologia), incentivando al tempo stesso il progresso e l'innovazione tecnica; in particolare, tale istituto è universalmente reputato un efficace ed ineguagliabile strumento per incoraggiare rinnovazione tecnologica;
          la pubblicazione delle domande di brevetto italiane viene realizzata dall'ufficio italiano brevetti e marchi (UIBM) in seno al Ministero dello sviluppo economico tramite uno specifico data-base on-line gratuito (http:www.uibm.gov.it/uibm/dati) ed inoltre tramite il data-base on-line gratuito dell'ufficio brevetti europeo (EPO) (http:worldwide.espacenet.com) grazie ad uno specifico accodo tra l'UIBM e l'EPO; molti altri data-base vengono quindi aggiornati a partire da questi due data-base;
          l'UIBM mette altresì a disposizione dei mandatari abilitati uno sportello automatico telematico (Telemaco) per il deposito e la gestione delle privative industriali in cui è possibile compiere ricerche brevettuali avanzate;
          l'istituto del segreto viene rispettato completamente dallo sportello Telemaco; al contrario, nel data-base on-line dell'UIBM è possibile rintracciare i dati bibliografici (titolo, titolare, data di deposito, non la descrizione completa) delle domande di brevetto ancora in regime di segreto, comportando un notevole svantaggio competitivo per il titolare di una privativa, in specie in quei settori tecnologici ad elevato livello di litigation (i.e. nel settore bio-tecnologico e farmaceutico) dove solamente una generale identificazione dei dati bibliografici di una privativa può offrire un notevole vantaggio per un concorrente; per ovviare a questo fatto è noto che alcune multinazionali depositano all'estero tutte le loro domande di brevetto nate da ricerche effettuate in Italia  –:
          come il Ministro interrogato intenda migliorare il sistema di pubblicazione delle domande di brevetto italiane modo da garantirne completamente il segreto fino al 18° mese dalla data di deposito o priorità. (4-15990)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame si rappresenta quanto segue.
      L'Ufficio italiano brevetti e marchi dal 2005 mette a disposizione del pubblico, via
web, la propria banca dati – oggi accessibile all'indirizzo: www.uibm.gov.it/dati – contenente i soli dati, cosiddetti bibliografici, delle domande relative a tutti i titoli di proprietà industriale.
      Per le domande di brevetto per invenzione e per modello di utilità, in particolare, con tale pubblicazione vengono messi a disposizione del pubblico i dati relative a: numero della domanda, data di deposito, titolare, titolo. La pubblicazione avviene quando le domande vengono svincolate dal servizio brevetti del Ministero della difesa. Non vengono, invece, resi disponibili i documenti brevettuali veri e propri, vale a dire la descrizione, le rivendicazioni, gli eventuali disegni, poiché tali documenti sono accessibili al pubblico solo dopo lo scadere dei diciotto mesi (18) di segretezza o novanta (90) giorni, in caso di anticipata accessibilità, così come previsto all'articolo 53, comma 3, del decreto legislativo n.  30 del 2005 (codice della proprietà industriale), tramite consultazione o estrazione di copia del fascicolo presso la sala del pubblico dell'UIBM presso il Ministero dello sviluppo economico.
      Tramite tale regime di pubblicazione l'UIBM rispetta il regime di segretezza previsto dalla normativa vigente.
      A sostegno di quanto si è riferito si evidenzia che la pubblicazione dei dati bibliografici, come sopra elencati, viene effettuata nelle more della pubblicazione completa del Bollettino ufficiale dei brevetti a norma degli articoli 186 e 189 del citato codice della proprietà industriale e di cui, quindi, la banca dati sopra citata costituisce, nel rispetto delle norme vigenti, un mezzo sostitutivo.
      Dalla lettura combinata dei commi 1 e 2 dell'articolo 189, nonché del comma 1 dell'articolo 160, si evince, infatti, che la pubblicazione nel Bollettino ufficiale delle domande di brevetto per invenzione e per modello di utilità consiste nella pubblicazione del relativo numero e data, l'indicazione del richiedente e del mandatario, l'indicazione dell'invenzione o del modello in forma di titolo.
      L'articolo 186, comma 9, sempre del citato codice specifica, infine, che la pubblicazione del Bollettino è prevista in forma telematica.

Il Ministro dello sviluppo economico: Corrado Passera.


      PIFFARI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il lavoro nelle forze dell'ordine è riconosciuto nella letteratura e dalla dottrina delle scienze psicologiche come professione altamente stressante;
          gli eventi stressanti a cui sono esposti militari e forze dell'ordine, sono molteplici e spesso riconducibili alle mansioni (scontri violenti, incidenti, disastri) o al contesto di lavoro (clima organizzativo, norme culturali) in cui si opera;
          tra i numerosi studi sullo stress psicologico e mentale causato dall'attività professionale (Anshel, Robertson e Caputi, 1997; Dick, 2000; Mayhew, 2001; McNeill, 1996), già all'inizio degli anni Ottanta, sono stati ideati appositi strumenti di analisi volti proprio a misurare lo stress nelle forze di polizia, come ad esempio il «Police Stress Survey» (Spielberger et al., 1980);
          da questi studi è altresì emersa, in maniera evidente, una condizione disfunzionale tipica delle professioni di aiuto (helping profession) caratterizzata da esaurimento emotivo, depersonalizzazione (intesa come atteggiamento distante e spersonalizzato con i propri utenti) e ridotta realizzazione professionale;
          l'approccio didattico più comune in letteratura, individua due grandi categorie di stressor lavorativi in polizia (Kop, Euwema e Schaufeli, 1999; Patterson 2001): Stressor legati al contenuto del lavoro (Job content) e Strossar legati al contesto del lavoro (Job context);
          una parte della dottrina sostiene la tesi secondo la quale gli effetti degli stressor legati all'aspetto organizzativo e amministrativo del lavoro sono maggiori rispetto a quelli degli stressor legati alle mansioni lavorative, acuite a volte dalla mancanza di supporto da parte dei superiori o da fattori, quali ambiente ostile, il cosiddetto «clima di genere» o la «limitazione dell'espressione emotiva»;
          con il passare del tempo si è cominciato a osservare con più attenzione e da ottiche nuove il fenomeno dei suicidi nelle forze dell'ordine e lo stretto legame tra questi drammatici avvenimenti e i disturbi psicologici indotti dalla professione, dall'ambiente e dai rapporti interpersonali in tale ambito;
          per quanto riguarda il tasso di suicidio tra i poliziotti, 134 casi in 10 anni, lo studio comparativo tra la popolazione generale e il personale della polizia di Stato, Cuomo e Mantineo (2001), pur rilevando un'oscillazione di poco inferiore (nel 1995) e di poco superiore (nel 1997) ai valori della media nazionale, rivela un preoccupante trend in crescita su cui influiscono, per la maggior parte di essi, non solo cause esterne o personali ma anche sensazioni, più o meno reali, di vessazione o di mobbing a cui sono sottoposti particolari soggetti in difficoltà psicologica ed emotiva;
          in questo quadro si inserisce la segnalazione giunta all'interrogante di un caso emblematico di un vicesovrintendente assunto in polizia nel 1987 a seguito del regolare superamento di concorso pubblico e dimessosi nel 2002 a causa di evidenti contrasti con l'amministrazione;
          le numerose anomalie amministrative subite da suddetto funzionario e denunciate agli organi competenti hanno portato a una serie di giudizi contro l'amministrazione;
          il «fumus persecutionis» denunciato nel caso specifico, risulterebbe tuttora in atto, in quanto la legittima istanza di riassunzione, indebitamente respinta dal Ministero dell'interno – dipartimento della P.S. con atto annullato dal T.A.R. Lazio con sentenza immediatamente esecutiva 33229/2010 reg. sen.  del 14 ottobre 2010 depositata in data 8 novembre 2010, non risulta all'interrogante essere ancora stata eseguita dall'amministrazione condannata  –:
          se i Ministri interrogati siano al corrente di tali situazioni di disagio e in particolare se il caso descritto sia unico o se esistano in Italia casi simili;
          cosa intendano fare i Ministri interrogati per rafforzare lo sforzo affinché siano offerte agli operatori delle Forze dell'ordine migliori condizioni e supporti adeguati per far fronte a eventuali casi di disagio, in virtù della maggiore esposizione al rischio di tali operatori, a causa della delicata e difficile natura dell'attività svolta per il bene del Paese e dei cittadini;
          se non ritengano opportuno intervenire adeguatamente per limitare tali dannose fonti di disagio, derivanti direttamente dalla gestione interna delle risorse umane. (4-11797)

      Risposta. — La problematica esposta dall'interrogante è da sempre seguita con la massima attenzione dal Ministero dell'interno.
      Sono, infatti, numerose le attività poste in essere dal dipartimento della pubblica sicurezza nei confronti del personale della polizia di Stato per far fronte a potenziali condizioni di disagio. Tra queste, si pone la valutazione della personalità dei candidati già nelle procedure di assunzione.
      Inoltre, il Ministero dell'interno, fin dal 2003, ha sviluppato un organico programma di psicologia dell'emergenza, per il supporto ai dipendenti che hanno vissuto eventi di servizio caratterizzati da elevato potenziale psicotraumatico.
      Quanto alla lamentata mancata riammissione in servizio di un ex appartenente alla polizia di Stato, si informa che in esecuzione dell'ordinanza n.  17/2012, depositata il 10 gennaio 2012, con la quale il TAR Lazio ha disposto il riesame della relativa istanza presentata dall'interessato, la competente commissione per il ruolo dei sovrintendenti ha espresso parere favorevole all'attivazione della procedura di riammissione. Il predetto ex appartenente alle Forze di polizia è stato sottoposto ai previsti accertamenti psico-fisici ed attitudinali, al termine dei quali è stato dichiarato idoneo al servizio di polizia; pertanto il medesimo, nello scorso mese di giugno, ha partecipato al prescritto corso di formazione della durata di 30 giorni e, al momento, è in attesa di assegnazione.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.


      PORFIDIA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          attraverso l'intesa sancita il 3 febbraio 2005 in sede di Conferenza unificata, Stato e regioni hanno dato seguito in Italia alla riforma della politica di coesione comunitaria, unificando la programmazione della politica regionale comunitaria (finanziata dai fondi strutturali) con quella regionale nazionale (finanziata dal Fondo di cofinanziamento nazionale ai fondi strutturali e dal Fondo per le aree sottoutilizzate – FAS);
          il processo di unificazione si è realizzato anche rispetto alla politica ordinaria (finanziata con le risorse ordinarie del nostro bilancio) che, differentemente da quella regionale, persegue i propri obiettivi di coesione economica-sociale con modalità diverse, ovvero a prescindere dai divari nei livelli di sviluppo regionali;
          la programmazione regionale unitaria 2007-2013 è stata impostata pertanto secondo due principi fondamentali: da un lato, assicurando la distinzione a livello finanziario e programmatico dalla politica ordinaria a garanzia della sua aggiuntività; dall'altro, cercando la massima integrazione con la medesima politica ordinaria, al fine di perseguire gli obiettivi di competitività comuni;
          per realizzare il coordinamento tra la programmazione della politica regionale nazionale e quella a valere sui Fondi strutturali comunitari, la legge finanziaria 2007, all'articolo 105, ha previsto per il FAS uno stanziamento pluriennale con previsione settennale a carico del bilancio statale, e stabilito che il Quadro di riferimento strategico nazionale (QSN), presentato dall'Italia per la programmazione dei Fondi strutturali comunitari, costituisce «la sede della programmazione unitaria delle risorse aggiuntive nazionali e comunitarie e rappresenta, per le priorità individuate, il quadro di riferimento della programmazione ordinaria in conto capitale, fatte salve le competenze regionali»;
          il Quadro di riferimento strategico nazionale approvato con delibera CIPE 174/2006.doc, e adottato successivamente dalla Commissione europea, afferma il principio dell'unitarietà strategica delle politiche regionali, comunitaria e nazionale, anche attraverso un adeguamento e una progressiva convergenza delle modalità di attuazione delle due programmazioni;
          in tal senso, la delibera CIPE 166/2007.doc, – di attuazione del Quadro di riferimento strategico nazionale 2007-2013 e programmazione del FAS, oltre a ripartire le risorse assegnate al FAS per il periodo 2007-2013 tra le due macro aree Centro Nord e Mezzogiorno stabilisce anche i criteri per la programmazione degli interventi della politica nazionale aggiuntiva finanziata con il FAS;
          la predetta delibera mutua larga parte dei principi che regolano il processo di programmazione, implementazione, valutazione e monitoraggio dei fondi strutturali della politica regionale di coesione, con particolare riguardo ai seguenti aspetti: il periodo di riferimento programmatico (dai 3 ai 7 anni); la struttura dei programmi attuativi (regionali, interregionali, nazionali); i principi di base; gli ambiti di intervento; i principi di attuazione; le modalità e procedure di approvazione e attuazione dei documenti programmatici; la governance e la sorveglianza dei programmi (organismi di gestione, di certificazione, di controllo, comitati di sorveglianza); gli indirizzi e criteri per l'attuazione; la valutazione; il monitoraggio;
          nel 2009 il Cipe ha deliberato quanto segue (delibera n.  103 del 2009 – Assegnazione di un finanziamento per le piccole e medie opere nel Mezzogiorno):
              «1. Per il finanziamento di piccole e medie opere nel Mezzogiorno è disposta l'assegnazione, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dell'importo di 413 milioni di euro a carico del Fondo infrastrutture e, in particolare, a carico della voce “ Opere minori e interventi finalizzati al supporto dei servizi di trasporto nel Mezzogiorno». Il suddetto finanziamento sarà erogato secondo modalità temporali compatibili con i vincoli di finanza pubblica correlati all'utilizzo delle risorse FAS;
              2. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico, comunicherà – entro 30 giorni dalla data di pubblicazione della presente delibera nella Gazzetta Ufficiale – l'elenco degli interventi da finanziare a valere sulle risorse di cui al punto 1, esplicitando i criteri di priorità per la relativa indicazione e provvedendo a motivare l'eventuale inserimento di interventi concernenti opere di culto e di spese relative a studi, indagini e consulenze;
              3. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti provvederà a monitorare l'attuazione di ognuno degli interventi finanziati e a segnalare alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento della politica economica (DIPE) l'emergere di eventuali criticità, con particolare riferimento ai tempi di realizzazione dei predetti interventi;
              4. Al termine dei lavori concernenti gli interventi di competenza di ogni singolo Provveditore interregionale per le opere pubbliche, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti provvederà a trasmettere alla Presidenza del Consiglio dei ministri – DIPE una relazione nella quale riporterà i quadri economici a consuntivo degli interventi stessi, evidenziando le eventuali economie realizzate;
          5. I Provveditori citati, qualora non abbiano già proceduto al riguardo, provvederanno a richiedere – entro 60 giorni dalla data di pubblicazione della presente delibera nella Gazzetta Ufficiale – i CUP per gli interventi di competenza inclusi nell'elenco di cui al punto 2. Ai sensi della delibera di questo Comitato n.  24 del 2004, i CUP assegnati alle opere oggetto di finanziamento dovranno essere evidenziati in tutta la documentazione amministrativa e contabile riguardante le opere stesse»;

          la Corte dei conti ha registrato la delibera il 1° dicembre 2010;
          al dicembre 2011 dei 413 milioni di euro a carico del Fondo infrastrutturale solo 89 sono stati erogati e messi a disposizione dei provveditorati regionali  –:
          se e quando i Ministri interrogati intendano sbloccare i restanti fondi necessari al finanziamento delle piccole e medie opere nel Mezzogiorno. (4-14336)

      Risposta. — Con l'interrogazione in esame l'interrogante chiede al Governo di intervenire per sbloccare i fondi necessari per il finanziamento delle piccole e medie opere nel Mezzogiorno di cui alla delibera CIPE n.  103 del 2009.
      Al riguardo, in base alle informazioni trasmesse dal dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri, si rappresenta quanto segue.
      Con delibera 6 novembre 2009, n.  103 il CIPE ha assegnato 413 milioni di euro del fondo infrastrutture al primo stralcio di un programma relativo ad interventi a favore di piccole e medie opere nel mezzogiorno. A giugno 2011, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha trasmesso al CIPE l'elenco dettagliato delle opere inserite nel richiamato stralcio per la cui realizzazione risultavano già trasferite risorse pari a 103,3 milioni di euro.
      Con successiva delibera 6 dicembre 2011, n.  89 – registrata presso la Corte dei conti il 13 marzo 2012, registro n.  3, foglio n.  131 – il CIPE ha assegnato 123,3 milioni di euro, a carico delle risorse recate dall'articolo 32, comma 1, del decreto-legge n.  98 del 2011 a parziale sostituzione delle risorse non ancora trasferite della suddetta delibera n.  103 del 2009 (309,7 milioni di euro), destinate al finanziamento degli interventi di competenza del Provveditore interregionale alle opere pubbliche per la Sicilia e la Calabria.
      Con l'ulteriore delibera n.  6 del 2012 – registrata presso la Corte dei conti il 6 aprile 2012, registro n.  3, foglio 333 – il CIPE ha integralmente ripristinato la copertura delle residue risorse non ancora trasferite della delibera n.  103 del 2009, assegnando 186,4 milioni di euro (309,7 –123,3 milioni di euro) a carico del fondo per lo sviluppo e la coesione di cui alla legge di stabilita 2012, articolo 33, comma 3, al citato primo stralcio del programma.
      La citata registrazione della delibera n.  6 del 2012, beneficiando di una forte accelerazione dei tempi che questo Governo ha impresso, consente quindi l'attivazione delle procedure per l'effettivo utilizzo delle risorse in oggetto da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che opererà avvalendosi dei provveditorati interregionali per le opere pubbliche territorialmente competenti.
      Si segnala infine che con la citata delibera n.  89 del 2011 e con la delibera 23 marzo 2012, n.  34, registrata in data 18 giugno 2012, il CIPE ha autorizzato i provveditorati interregionali alle opere pubbliche delle regioni del mezzogiorno ad utilizzare i risparmi e le economie di gara, derivanti dalle opere inizialmente inserite nel richiamato primo stralcio, per il finanziamento di ulteriori opere, rispondenti alle categorie e alle linee guida di cui all'iniziale delibera n.  103 del 2009.

Il Ministro per la coesione territoriale: Fabrizio Barca.


      PORTA, BUCCHINO, GIANNI FARINA, GARAVINI, FEDI e NARDUCCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          in Brasile, il pagamento di alcune centinaia di pensioni INPS del mese di marzo, diventate 8.000 su 8.300 nel mese di maggio, è stato affidato alla rete degli sportelli della Western Union, in alternativa alla rete convenzionata del Banco do Brasil e Bradesco, senza che gli interessati siano stati informati in modo adeguato, nonostante la dichiarazione dell'ente affidatario dei pagamenti, l'ICBPI, di avere indirizzato una comunicazione ai consolati italiani;
          in Argentina è accaduta la stessa cosa, con l'aggravante che il numero dei pensionati INPS è notevolmente più alto, superando abbondantemente le 30.000 unità e coinvolgendo dunque una massa notevole di famiglie in condizioni di bisogno;
          le motivazioni di questa scelta esposte nei Paesi interessati dai rappresentanti dell'ICBPI collegherebbero la decisione all'esigenza di verificare l'esistenza in vita dei beneficiari delle pensioni mediante la presentazione diretta agli sportelli bancari, in alternativa alla documentazione di rito, e con l'impegno di fare tornare i pensionati alla rete convenzionata una volta compiuto l'accertamento;
          nei casi di persistente e provata impossibilità degli interessati a presentarsi fisicamente agli sportelli erogatori, è stata resa più complessa la documentazione formale che i procuratori debbono esibire per potere riscuotere al posto dei titolari delle pensioni, o previsti contatti diretti con gli uffici INPS, piuttosto complicati tecnologicamente e tali comunque da comportare un certo lasso di tempo prima di dare esiti concreti;
          l'inaspettato spostamento di anziani dagli sportelli abituali, presso i quali in genere essi avevano attivato anche conti correnti nei quali far transitare l'importo delle pensioni, a nuove e più distanti località (la rete Western Union è più limitata di quelle convenzionate) sta comportando intuibili e diffusi disagi soprattutto nelle maggiori conurbazioni urbane e sta accentuando i problemi di sicurezza già evidenti soprattutto in alcuni paesi dell'America Latina;
          l'inadeguata informazione e l'accentuato rigore delle verifiche formali provocano in non pochi casi l'impossibilità di riscuotere alle date fissate, con conseguenze serie per il regime familiare di persone che spesso possono contare solo o prevalentemente su quella fonte di reddito, per altro limitata;
          la Western Union paga le pensioni in euro esclusivamente in moneta locale, sicché non è da escludere che il cambio operato automaticamente comporti anche una perdita di valore dell'importo della pensione  –:
          se non ritenga di verificare con l'amministrazione dell'INPS i tempi di tale operazione, sollecitando la stessa a operare con procedure semplificate al fine si superare al più presto la situazione di disagio che si è determinata per decine di migliaia di pensionati;
          se non ritenga di rappresentare all'INPS, in particolare, l'opportunità di consentire alle donne in possesso di una documentazione diversa a causa dell'acquisizione del nome del marito di poter esibire un certificato di matrimonio da cui tale situazione risulta e un'attestazione del consolato che evidenzi trattarsi della stessa persona. (4-11875)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame con cui si chiede quali siano le iniziative che consentano all'Inps di effettuare i pagamenti delle pensioni in Brasile con procedure semplificate, si rappresenta quanto segue.
      In ordine alle suddette procedure, l'Inps ha comunicato che la banca (ICBPI) che gestisce i pagamenti delle pensioni all'estero, per un preciso obbligo contrattuale, è tenuta ad effettuare sistematicamente, almeno una volta all'anno, la verifica dell'esistenza in vita dei beneficiari delle pensioni. Tale accertamento rappresenta lo strumento più efficace per arginare i casi di riscossione fraudolenta delle prestazioni da parte di soggetti diversi, in caso di decesso del titolare.
      I precedenti tentativi di condurre la verifica attraverso richieste di certificazioni di esistenza in vita non hanno avuto esito positivo. Infatti, un consistente numero di pensionati non ha risposto all'invito e molte certificazioni pervenute non presentavano i necessari requisiti formali; spesso si trattava di semplici attestazioni dei pensionati o «validazioni» di dichiarazioni da parte di autorità non identificabili. La suddetta procedura avrebbe comportato la necessità di procedere alla sospensione dei pagamenti delle pensioni intestate a coloro i quali non avevano risposto o non avevano fornito una documentazione certa ed idonea.
      La banca in questione ha deciso di localizzare il pagamento di una rata di pensione presso sportelli
Western Union per ottenere la garanzia di pagare solo al legittimo beneficiano, previa verifica dell'identità e dell'esistenza in vita dello stesso.
      La riscossione personale da parte del pensionato costituisce la prova dell'esistenza in vita. In tal modo, una volta completata la verifica, il pagamento delle rate successive della pensione viene effettuata secondo le ordinarie modalità.
      Tenuto conto delle precedenti esperienze, sono state previste modalità dirette a rendere più agevole la verifica.
      Per limitare l'impatto dell'operazione è stato previsto uno scaglionamento delle attività:
          con il pagamento del 2 maggio 2011, sono stati interessati i pensionati che riscuotono mensilmente, residenti nel continente americano (Nord America, Centro America, Sud America);
          con il pagamento del 1o giugno 2011, la verifica è stata estesa ai titolari di pensioni mensili residenti in tutti gli altri paesi (Europa, Africa, Asia, Oceania);
          con il pagamento del 1o luglio 2011, la verifica ha interessato tutti i pensionati che vengono pagati semestralmente, in qualunque paese risiedano.

      Sono state attivate, inoltre, strutture di assistenza ai pensionati e resi disponibili numeri telefonici, di fax e caselle di posta elettronica cui inviare comunicazioni in modo da dare ai pensionati tutta l'assistenza necessaria. A tal fine, oltre agli uffici delle sedi territoriali, attraverso il sito istituzionale, www.inps.it, è raggiungibile il contact center INPS.
      Lo stesso ICBPI ha comunicato i numeri telefonici (0039 0432 744252, 0080077788800), di fax (0039 06 45485692) e l'indirizzo di posta elettronica (
servizio.inps@ichbi.it), da utilizzare per richiedere informazioni.
      Anche
Western Union, in alcuni paesi, ha attivato un help desk telefonico per la risoluzione dei problemi in tempo reale: ad esempio, in Argentina (tel. 0800-800-3030), in Brasile (tel. 0800-707-9330) e Venezuela (tel. 0800-226-4876).
      Ulteriori canali di informazione sono i patronati che sono stati informati delle attività pianificate dalla banca, per consentire loro di svolgere la consueta opera di assistenza nei confronti dei pensionati.
      Allo stesso modo, i consolati, preavvertiti attraverso il Ministero degli affari esteri, stanno fornendo un importante supporto ai pensionati.
      Per venire incontro alle difficoltà dei pensionati con difficoltà di deambulazione sono state previste modalità diverse da quelle
standard. In questi casi, infatti, sono previste due possibilità alternative:
          
a) indicare un delegato che viene abilitato da ICBPI alla riscossione, previa produzione di una procura vidimata da un'autorità locale, di un proprio documento di identità e di un certificato di esistenza in vita del pensionato rilasciato da un'autorità locale.

      In questo caso ICBPI provvede a rettificare il beneficiano del pagamento inviato a Western Union, in modo da consentire al procuratore di incassare la rata di pensione destinata originariamente al titolare della pensione. Contestualmente, viene acquisita la prova dell'esistenza in vita del pensionato e ripristinata la modalità di pagamento precedente;
          
b) inviare ad ICBPI un certificato di esistenza in vita del beneficiano, validato da autorità legittimata a farlo, e chiedere il rientro del rateo dallo sportello Western Union e la riproposizione del pagamento secondo le modalità precedenti. In questo caso, il pagamento viene localizzato all'ordinario ufficio pagatore secondo le modalità prescelte dal pensionato.

      Secondo quanto riferito dall'Inps, per evitare disagi ai pensionati è stato scelto un operatore dotato di numerosi sportelli nei paesi interessati. ICBPI, infatti, ha fatto sapere che la rete Western Union ha una diffusione territoriale più capillare rispetto a quella delle banche corrispondenti che gestiscono i pagamenti correnti. In Argentina, ad esempio, il corrispondente Banco Itaù effettua i pagamenti ordinari in circa 100 filiali, mentre Western Union ha reso disponibile circa 350 sportelli. In Brasile, oltre a centinaia di agenti non bancari, è possibile trovare postazioni Western Union all'interno delle filiali del Banco do Brasil, che è una delle più diffuse banche del paese.
      ICBPI, inoltre, assicura che i tassi di cambio utilizzati da
Western Union sono in linea con quelli di mercato. In tal senso, sarebbero stati segnalati dei casi (in Perù per esempio), in cui i pensionati hanno espresso il proprio apprezzamento per i tassi applicati. Comunque, ICBPI ha manifestato all'Inps la disponibilità ad approfondire casi in cui, in modo circostanziato, sia segnalata l'applicazione di condizioni di cambio sfavorevoli per i pensionati, nonché ogni ulteriore situazione di difficoltà incontrata dai pensionati nella riscossione delle pensioni.
      Quanto alle donne coniugate, che non dispongono di documenti di identità che riportino sia il cognome da nubile che quello da sposata, esiste la possibilità di inviare ad ICBPI un certificato di esistenza in vita, richiedere il rientro del rateo dallo sportello
Western Union e la riproposizione del pagamento secondo le modalità precedenti.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.


      REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          agenzie di stampa e testate giornalistiche di informazione locale marchigiane del 29 gennaio 2011 hanno riportato la notizia del rinvenimento di una testa di lupo mozzata, e volta appesa ad un cartello stradale turistico del Parco nazionale dei Monti Sibillini, lungo la statale Valnerina, a pochi chilometri dal comune di Visso (Macerata);
          alla testa mozzata era stato aggiunto un messaggio su cui c'era scritto: «signor sindaco-signor presidente», come presumibile generica minaccia incisa su un pezzo di latta legato alla testa dell'animale;
          a scoprire il macabro trofeo sono stati gli agenti del Corpo forestale dello Stato, che stanno svolgendo indagini. Al momento sono poi in corso analisi sulla testa dell'animale mentre sono già stati effettuati tutti i rilievi necessari per tentare di scoprire gli autori di questo gesto criminale;
          il fatto è avvenuto proprio in un momento delicato in cui nel parco, come precisa l'ente «si è aperto al dialogo costruttivo con le popolazioni locali per trovare soluzioni condivise al problema della predazione di animali selvatici». È infatti in corso un intenso confronto tra associazioni del territorio, Legambiente Marche, Parco dei Monti Sibillini e Coldiretti per coordinare azioni volte sia alla tutela della fauna selvatica sia degli allevatori che hanno stimato in 250 gli animali uccisi dai lupi del territorio;
          l'uccisione di questo lupo non è un caso isolato; nel 2009, ad esempio, sono stati ritrovati all'interno del parco ben 3 lupi morti contemporaneamente per avvelenamento da stricnina;
          il Parco nazionale dei Monti Sibillini è stato istituito nel 1993 e si estende a cavallo delle regioni Marche ed Umbria. L'ente gestore del parco, Ente parco nazionale dei Monti Sibillini, ha sede a Visso. Da anni il parco nazionale dei Sibillini, studia le tracce della presenza dei lupi. Si stima ce ne siano circa tra i 20 ed 25 esemplari, dai 3 ai cinque branchi, che in una notte possono muoversi per cacciare sino a 70-80 chilometri. Il trend di popolazione è stato in aumento sino al 2009, quando si è registrata una riduzione nel territorio dell'area protetta;
          il Parco nazionale dei Monti Sibillini ha avuto nel 2010 un contributo ordinario pari a soli euro 1.778.601 a ciò va aggiunta la scarsità di risorse umane: i dipendenti in servizio del parco sono solo 19 per la gestione di un territorio di circa 70.000 ettari, mentre il personale in servizio del Corpo forestale dello Stato è di circa 50 unità a fronte di un organico previsto di 70 unità;
          il parco nonostante le esigue risorse sta portando avanti importanti progetti per la riduzione dei conflitti con i grandi carnivori, grazie a fondi comunitari e regionali. In particolare, partecipa al progetto Life «Ex-Tra» in collaborazione con il PN Gran Sasso-Laga, il Parco dell'Appennino Tosco emiliano e partner di Romania, Bulgaria e Grecia; inoltre partecipa anche ad un progetto sui carnivori cofinanziato dalla regione Marche. Nelle attività di monitoraggio del lupo nel 2008 era coinvolto, in qualità di referente scientifico, anche il professor Luigi Boitani dell'università la Sapienza di Roma;
          la presenza del lupo in Italia ha toccato il suo punto più basso agli inizi degli anni settanta. Una stima indicava che la popolazione si era ridotta a un centinaio di lupi, concentrati sui monti dell'Abruzzo e della Calabria. Attualmente grazie alle leggi di protezione, il numero dei lupi è lentamente cresciuto e stime recenti lo calcolano in circa 600-700 esemplari, distribuiti lungo tutto l'Appennino, dall'Aspromonte fino alla Alpi marittime, con presenze anche sugli Appennini laziali e nella Toscana centro-meridionale; è comunque una specie tutt'ora a rischio estinzione  –:
          se il Ministro sia a conoscenza del grave fatto ai danni di un esemplare di fauna protetta nonché del preoccupante gesto intimidatorio nei confronti dell'Ente parco dei Monti Sibillini;
          se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, mettere in campo azioni concrete per coadiuvare le indagini e trovare i responsabili dell'odioso gesto;
          quali azioni intenda mettere in campo in accordo con l'Ente parco per far sì che simili episodi non si verifichino in futuro e se non intenda farsi parte attiva per risolvere la questione della convivenza tra il lupo e gli insediamenti umani all'interno dell'area protetta al fine di preservare la biodiversità, risorsa importante per tutto il territorio montano ed il turismo. (4-10849)

      Risposta. — In risposta all'atto di sindacato ispettivo di cui all'oggetto, concernente il rinvenimento di una testa mozzata di lupo nel parco dei monti sibillini, si comunica quanto segue.
      Il 27 gennaio 2011 il personale del comando stazione forestale di Visso (Macerata), informato della presenza di una testa di lupo appesa ad un cartello stradale, si recava sul luogo per i rilievi di rito redigendo comunicazione di notizia di reato all'autorità giudiziaria competente per abbattimento di specie particolarmente protetta e violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario, aggravato, circa la scritta trovata in prossimità della testa del lupo.
      La direzione del Parco nazionale dei Monti sibillini con propria nota del 2 maggio 2011, precisava che l'ente è da tempo impegnato a garantire la conservazione dei grandi carnivori anche mediante il progetto life denominato «extra», volto a mitigare la conflittualità tra popolazione residente e le problematiche derivanti dalla presenza dei grandi carnivori (lupi ed orsi), evidenziando tuttavia la carenza della dotazione organica nonché la carenza del personale di sorveglianza del corpo forestale dello Stato costituito da 45 unità a fronte delle 70 previste dalla pianta organica.
      Lo stesso ente parco come si evince nella nota allegata in copia, riferiva che il fenomeno del bracconaggio la cui prevenzione e repressione risulta particolarmente complessa anche alla luce delle limitate risorse disponibili ha già colpito altre volte, danneggiando specie di interesse comunitario e prioritario come il lupo e, il fatto di cui all'interrogazione parlamentare non rappresenta, purtroppo, un caso isolato.
      Oltre ai tre lupi morti per avvelenamento da stricnina nel 2009, altri due lupi sono stati trovati morti al laccio.
      Sarebbe molto importante avviare ulteriori programmi di comunicazione e valorizzazione per il coinvolgimento degli operatori economici e gli altri portatori di interessi, ma sussistono le medesime difficoltà sopra esposte in relazione alle esigue risorse umane e finanziarie disponibili.
      Lo stesso parco auspica un maggior coordinamento tra i servizi e corpi istituzionali (arma dei carabinieri, intendenza di finanza, polizia di Stato e Corpo forestale dello Stato), che potrebbero offrire un contributo decisivo alla riduzione se non alla eliminazione del fenomeno del bracconaggio.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      REALACCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          da libere associazioni di cittadini, importanti associazioni ambientaliste, come Legambiente e WWF Italia, da articoli apparsi sulla stampa regionale e agenzia di stampa nazionali, ad esempio un'ADN-Kronos del 6 febbraio 2012, si apprende che sarebbe ipotizzata la costruzione di una centrale a biomasse in comune di Orbetello (GR), in località Patanella;
          si sono dichiarate contrari alla costruzione di un impianto per la produzione elettrica a biomasse a Patanella il comune di Orbetello, la provincia di Grosseto e la regione Toscana;
          la nuova centrale, nell'ipotesi progettuale, utilizzerebbe per alimentarsi alghe dell'adiacente laguna per circa 10.000 tonnellate annue. A queste andranno ad aggiungersi altre migliaia tonnellate di materiali non ben definiti, come: fanghi provenienti dal vicino depuratore di Terra rossa e una quantità smisurata di inerti. Da ultimo terre e rocce, stoccate in un capannone già presente nell'area citata;
          secondo quando viene evidenziato da quanti si dichiarano contrari all'impianto alimentato a biomasse il bilancio costi/benefici, ambientali ed economici, è fortemente negativo. La quantità di alghe che verrebbero smaltite è, sulle stime, in proporzione molto bassa rispetto ai materiali che, come detto, giungerebbero all'impianto tra rifiuti umidi, fanghi, inerti e terra per alimentare le due linee da realizzare: la prima per la produzione di fertilizzante, la seconda interessata ad un processo di digestione anaerobica produrrebbe biogas e conseguentemente energia elettrica con potenza impianto pari a 0,5 mW;
          insistendo la centrale in un'area ad alto rischio idraulico sarebbe inoltre necessario realizzare un argine alto 3 metri per proteggere la struttura da eventuali inondazioni. A Patanella si costruirebbe infatti un impianto invasivo, realizzato in un'area di grande pregio naturalistico, che prevede l'utilizzo di una quantità notevole di materiali e rifiuti diversi per sostenerlo e alimentarlo;
          il sito di Patanella, protetto dal 1971, è tra l'altro un'area umida soggetta alla convenzione di Ramsar, ovvero di altissimo valore dal punto di vista naturalistico/paesaggistico per la presenza di rara fauna e avifauna selvatica. Inoltre, l'area individuata, oltre a possedere i numerosi vincoli elencati, è come sopraddetto a forte rischio idraulico e non potrebbe sicuramente sopportare un traffico di camion in entrata e in uscita, che sarebbe di oltre 100 carichi al giorno;
          alla fine del mese di dicembre 2011, inoltre, pochi giorni prima della scadenza del suo mandato l'ingegner Rolando Di Vincenzo, commissario delegato per il risanamento ambientale della laguna di Orbetello, ha annunciato alla stampa l'avvio dei lavori per «gli interventi di adeguamento ambientale dell'impianto provvisorio di trattamento delle biomasse algali in località Patanella»;
          fra i poteri di agire in deroga concessi al commissario con l'ordinanza del Presidente del Consiglio del 7 maggio 2011, non rientrano quelli di derogare all'obbligo di V.I.A. L'ordinanza conferisce infatti i poteri di derogare ad alcune norme del decreto legislativo 152 del 2006. Le prescrizioni derogabili sono dettagliatamente elencate e fra esse noti sono comprese quelle relative alla V.I.A. e alla «autorizzazione integrata ambientale» contenute nel Titolo III e nel Titolo III Bis (articoli 19-29 del citato decreto legislativo che non sono incluse nell'elenco delle norme alle quali il commissario può derogare per dare il via al progetto di centrale a biomasse in località Pantanella  –:
          se siano a conoscenza della vicenda e se intendano chiarire se la decisione di consentire l'avvio dei lavori per il sopraccitato impianto a biomasse da parte del commissario delegato per il risanamento ambientale della laguna di Orbetello sia legittima ed aderente ai poteri previsti dall'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 maggio 2011, trattandosi di questione sollevata anche dall'amministrazione comunale di Orbetello;
          se si intenda verificare, per quanto di competenza, se il progetto di centrale elettrica a biomasse sia compatibile con i vincoli ambientali, idraulici e paesaggistici e se non sia opportuno sottoporre anche il progetto preliminare alla procedura di «valutazione impatto ambientale» prevista per legge. (4-14883)

      Risposta. — In risposta all'atto di sindacato ispettivo di cui all'oggetto, relativa alla realizzazione di una centrale a biomasse nel comune di Orbetello, in località «Patanella», si comunica quanto segue.
      Il sito di bonifica d'interesse nazionale (S.l.N.) denominato «Orbetello – area ex Sitoco», che inizialmente comprendeva l'area dello stabilimento di fertilizzanti ex Sitoco, nonché lo specchio lagunare antistante lo stabilimento stesso, è stato perimetrato con decreto ministeriale del 2 dicembre 2002, ed ampliato, in un primo momento, con decreto ministeriale del 26 novembre 2007, inserendo totalmente la laguna di Orbetello (laguna di ponente e di levante). Successivamente con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n.  3841 del 19 gennaio 2010, sono state incluse anche altre aree a terra, tra le quali quella denominata «Patanella».
      Per la laguna di Orbetello (laguna di ponente e di levante), con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 gennaio 2002, recante: «Dichiarazione dello stato di emergenza in relazione al grave inquinamento della laguna di Orbetello», è stata sancita l'emergenza relativa alla necessità di rimuovere e smaltire le alghe, bonificare i sedimenti ricchi di sostanze nutrienti che innescano cicli periodici di eutrofizzazione – distrofia, con rischio di morie delle specie ittiche presenti in laguna e che creano serie ripercussioni sulla salute pubblica delle popolazioni circostanti.
      Tale stato emergenziale è stato prorogato con successivi decreti, attraverso i quali si è provveduto a far fronte ai rischi, con interventi finalizzati alla rimozione degli scarichi di sostanze nutrienti dall'ambiente lagunare, avviando un processo di progressiva e costante riduzione del potenziale energetico del sito e riducendo il rischio ambientale, sino ad arrivare al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 gennaio 2008 che, prorogando lo stato di emergenza in relazione agli interventi di bonifica da realizzare nel sito, ha tra l'altro modificato i motivi dello stato di emergenza, questa volta legati anche alla presenza di alti tenori di mercurio riscontrati nei sedimenti lagunari prelevati nella laguna di levante (in particolare davanti all'ex miniera Ferromin ed in una piccola area davanti ad Ansedonia) ed all'elevato rischio ambientale e sanitario ad essi connessi.
      Con l'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 dicembre 2011, lo stato di emergenza algale della laguna di Orbetello è stato prorogato al 30 giugno 2012.
      Nell'ambito di tale situazione «giuridico/ambientale» si colloca anche l'area di «Patanella», sulla quale, dal 1993 ad oggi, in virtù delle deroghe ambientali concesse ai vari Commissari delegati al risanamento ambientale della laguna di Orbetello, sono state stoccate oltre 100.000 tonnellate di materiale algale, rimosse dalla laguna stessa. In tale area, di oltre 30.000 mq, insiste quindi questo impianto di trattamento algale, costituito da un capannone industriale con tamponatura laterale e copertura in pannelli di vetroresina, con un volume di circa 7.500 mc.
      Nel 2007 il commissariato delegato ha fatto redigere un progetto preliminare per la realizzazione di un «Impianto di trattamento delle biomasse algali per la loro valorizzazione mediante produzione di terreni artificiali ed energetica» in località «Patanella» (area allora non ancora inserita nel sito di bonifica d'interesse nazionale, al pari dell'intera laguna di ponente e levante di Orbetello).
      Nell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n.  3706 del 2 ottobre 2008 recante: «ulteriori disposizioni concernenti gli interventi necessari per il completamento delle attività finalizzate al risanamento della laguna di Orbetello», all'articolo 1, comma 1, si evidenzia, in particolare, che il commissario delegato, oltre alle funzioni attribuite ai sensi delle ordinanze citate, pone in essere le seguenti attività:
          
a) la predisposizione della progettazione definitiva ed individuazione del connesso quadro finanziario per la realizzazione di un impianto di trattamento/smaltimento dei rifiuti prodotti dagli interventi di bonifica e depurazione in località Patanella;
          
b) lo studio delle migliori tecniche atte a consentire il naturale apporto di acqua di mare in laguna anche, ove ritenuto utile, mediante il ripristino del deflusso del fiume Albegna.

      A seguito di ciò, l'articolo 2, comma 1, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n.  3726 del 29 dicembre 2008 ha assegnato al Commissario delegato al risanamento ambientale della laguna di Orbetello la somma di euro 5.000.000,00 a valere sulle risorse iscritte nello stato di previsione dei Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'esercizio finanziario 2008 – programma 18.1 – capitolo 7510, trasferite sull'apposita contabilità speciale intestata al Commissario delegato per la messa in esercizio dell'impianto di trattamento delle biomasse algali in località Patanella, di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a) dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 2 ottobre 2008, n.  3706.

      Successivamente, il 2 gennaio 2011, in una riunione tenutasi presso il dipartimento della protezione civile, alla presenza del direttore tecnico pro tempore del dipartimento stesso, ed in sede di sopralluogo sul posto, avvenuto nei giorni successivi, è stato concordato, in pendenza dell'appalto e della successiva costruzione dell’«Impianto di trattamento delle biomasse algali per la loro valorizzazione mediante produzione di terreni artificiali ed energetici in località Patanella», di procedere all'adeguamento dell'impianto esistente, per poter ricondurre in tempi brevi l'attività di risanamento ambientale della laguna di Orbetello, a condizioni tali da poter essere gestita senza ricorso a deroghe normative.
      Nell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n.  3937 del 7 maggio 2011, recante: «disposizioni urgenti di protezione civile», si evidenzia che il commissario delegato provvede all'espletamento delle seguenti iniziative:
          
a) completamento dell'impianto di trattamento delle biomasse algali per la loro valorizzazione mediante la produzione di terreni artificiali ed energetica in località Patanella, rivisto ed integrato sulla base delle indicazioni contenute nella deliberazione n.  17 del 18 maggio 2010 dell'assemblea dei comuni della comunità di ambito Toscana sud, ed adeguamento ambientale dell'impianto provvisorio;
          
b) realizzazione delle opere di collegamento necessarie per innescare il naturale apporto di acqua di mare in laguna, se del caso anche mediante il ripristino del fiume Albegna;
          
c) promozione di tutte le attività necessarie a favorire la celere individuazione del Soggetto pubblico cui trasferire, entro e non oltre il 31 dicembre 2011, i rapporti giuridici pendenti, le competenze, delle opere e gli interventi relativi al sito di interesse nazionale comprendente la laguna di Orbetello.

      Pertanto, l'attività commissariale ha portato avanti due iniziative parallele:
          1) le procedure per l'affidamento della concessione di lavori pubblici per la realizzazione dell'impianto definitivo, denominato «impianto di trattamento delle biomasse algali per la loro valorizzazione mediante la produzione di terreni artificiali ed energetica in località Patanella»;
          2) le procedure per la progettazione, l'approvazione, l'affidamento e la realizzazione degli «interventi di adeguamento ambientale dell'impianto provvisorio di trattamento delle biomasse algali in località Patanella».

      In merito ai due progetti sopracitati, si evidenzia che il primo progetto (impianto definitivo) è stato trasmesso dal Commissario delegato alla Direzione generale per le valutazioni ambientali del Ministero dell'ambiente per la verifica di assoggettabilità a procedura di valutazione di impatto ambientale e la commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale – Via e Vas, con parere n.  544 del 7 ottobre 2010, si è espressa sulla assoggettabilità a Via del progetto stesso.
      Anche il secondo progetto, adeguamento ambientale dell'esistente impianto provvisorio, è stato trasmesso nel mese di febbraio 2012, dal dipartimento della protezione civile sempre alla medesima direzione generale per le valutazioni ambientali, e si è in attesa di una sua pronuncia.
      Tali progetti, relativi rispettivamente all'adeguamento dell'esistente impianto e la realizzazione dell'impianto definitivo di trattamento delle biomasse algali per la loro valorizzazione mediante la produzione di terreni artificiali ed energia in località Patanella, sono quelli che hanno condotto alle ben note vicende di contenzioso.
      In merito alle problematiche di contenzioso si evidenziano: la delibera della giunta comunale di Orbetello, n.  15 del 18 gennaio 2012, con la quale si è dato atto della necessità di intraprendere ogni necessaria iniziativa riguardo all'affidamento, da parte del Commissario Delegato al risanamento ambientale della laguna di Orbetello, dei lavori relativi all'impianto di trattamento di Patanella e la delibera n.  28 del 7 febbraio 2012, con la quale il comune di Orbetello ha deciso di agire in sede penale, civile e amministrativa avverso gli atti e comportamenti tenuti dal commissario delegato.
      Da ultimo, l'ordinanza cautelare n.  1229/2012 del Tar Lazio, a seguito del ricorso presentato dal comune di Orbetello, nei confronti del commissario.
      In merito alle problematiche di valenza ambientale, nel corso della riunione tenutasi in data 24 maggio 2012 presso il Ministero dell'ambiente, gli enti locali territorialmente competenti, compreso il comune di Orbetello, che ha aperto il contenzioso in atto con il commissario delegato, hanno convenuto per:
          
a) la sospensione della gara relativa all'impianto definitivo di trattamento delle biomasse algali per la loro valorizzazione mediante la produzione di terreni artificiali e di energia. Gli enti locali stessi si impegnano nella ricerca di soluzioni a questo alternative purché rispondenti ad esigenze di sostenibilità ambientale ed economica;
          
b) la necessità di un impianto di raccolta e trattamento primario delle alghe (lavaggio, asciugatura, triturazione e grossolana vagliatura), da utilizzare per almeno un triennio presso il sito di Patanella, per la preparazione delle alghe stesse, che dovranno essere successivamente conferite presso idoneo impianto già esistente ma ancora da definire;
          
c) che quest'ultimo impianto non dovrà costituire in alcun modo una prima installazione del progettato impianto definitivo di trattamento delle biomasse algali per la loro valorizzazione mediante la produzione di terreni artificiali ed energia, che non verrà più realizzato nell'area inizialmente prescelta.

      Da qui, il contenzioso relativo alla necessità di sottoporre il progetto definitivo per l'impianto di trattamento e valorizzazione energetica alla procedura di Via è, di fatto, superato, in quanto la realizzazione dell'impianto stesso è stata sospesa.
      Per quanto riguarda la possibilità di procedere alla nomina di un nuovo commissario delegato, il dipartimento della protezione civile reputa inopportuno procedere in tal senso, stante la fine dell'emergenza e le novità apportate dal decreto-legge 15 maggio 2012, n.  59, convertito dalla legge 12 luglio 2012, n.  100.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      REGUZZONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:      
          la Whirlpool, multinazionale che rappresenta il marchio leader in Europa nella produzione di elettrodomestici, ha annunciato il licenziamento di circa mille dipendenti, in Italia, nell'ambito del suo piano biennale di riorganizzazione;
          a Varese saranno seicento gli esuberi (cinquecento operai e cento impiegati), e sarà praticamente dismessa la produzione side by side (frigoriferi di alta gamma) di Cassinetta di Biandronno, sito già interessato da una procedura di cassa integrazione ordinaria;
          la motivazione degli esuberi, come confermato dall'azienda, è riconducibile alla crisi della domanda sul mercato, in un momento economico difficile e caratterizzato da forte inflazione, rincaro delle materie prime e calo delle vendite;
          la storia della Whirlpool è legata, a Varese, al celebre marchio Ignis, nato a Comerio nel 1943 e acquisito nel 1989 dalla Whirlpool Corporation, che mantiene tutt'oggi, proprio a Comerio, uno dei suoi centri strategici  –:
          quali iniziative il Ministro interrogato ritenga opportuno adottare, anche in termini di moral suasion, nei confronti della Whirlpool, affinché sia ritirata la richiesta di licenziamento e si attivi tra le parti un confronto per una soluzione concertata che garantisca la salvaguardia dei livelli occupazionali. (4-13883)

      Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente il nuovo piano industriale del gruppo Whirlpool con specifico riferimento alle scelte di management aziendale relative alla sede di Comerio (Varese) ed all'unità produttiva di Cassinetta di Biandronno (Varese) e alle conseguenti ricadute occupazionali, sulla base delle informazioni acquisite presso i competenti uffici di questo Ministero e del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
      La Whirlpool Europe s.r.l., appartenente alla
Whirlpool Corporation con sede in Benton Harbor, Michigan (USA), è la società cui fanno capo, in Italia, le attività produttive degli stabilimenti di Cassinetta di Biandroimo (Varese), Trento, Siena e Napoli, nonché la sede di Comerio (Varese); la società produce e commercializza grandi elettrodomestici con i marchi Whirlpool, Bauknecht, Ignis, Kitchenaid, Polar, Laden.
      La Whirlpool ha reso noto che la situazione congiunturale straordinaria, i cui effetti continuano a manifestarsi dal 2009, ha avuto importanti ripercussioni per il sito di Cassinetta di Biandronno, dove si è determinata una riduzione degli elettrodomestici prodotti nel periodo 2008/2011 di oltre 250.000 pezzi. Tali progressivi segnali di sofferenza, che avevano già indotto la Whirlpool Europe s.r.l, a ricorrere alla mobilità e alla cassa integrazione guadagni ordinaria, hanno portato la società a orientare le proprie strategie e i propri investimenti verso la produzione di un mix di prodotti in cui è minore la concorrenza dei siti produttivi dei paesi emergenti.
      In conseguenza di tale situazione, il
managment aziendale ha ritenuto di dover intervenire sugli attuali livelli occupazionali predisponendo un programma generale di riorganizzazione che interessa tutti gli stabilimenti presenti sul territorio italiano; tale programma prevede nello specifico la perdita di 1000 posti di lavoro di cui 180 nella sede di Napoli, 120 in quella di Siena, 100 in quella di Trento e 600 nei due siti della provincia di Varese.
      Nello specifico Whirlpool Europe s.r.l. ha dato avvio ad una procedura di mobilità
ex legge n.  223 del 1991 per la risoluzione del rapporto di lavoro con 600 dipendenti occupati nelle sedi della provincia di Varese, di cui 35 della sede di Comerio e 565 di quella di Cassinetta di Biandronno. In particolare tale procedura prevede la risoluzione del rapporto di lavoro con:
          350 operai impegnati nel reparto
Side by Side di Cassinetta di Biandronno (già interessato da una procedura di cassa integrazione guadagni ordinaria del quale è prevista l'intera dismissione;
          100 operai del reparto
Cooking di Cassinetta;
          50 operai impegnati in altri reparti produttivi di Cassinetta;
          100 impiegati occupati nelle due sedi presenti nella provincia di Varese.

      Tuttavia, azienda e parti sociali hanno concordato di ridurre, grazie all'utilizzo dei contratti di solidarietà difensivi – come già realizzato in altri siti del gruppo –, a 495 il numero dei lavoratori, occupati nei siti della provincia di Varese, da porre in mobilità. Con tale accordo è stata prevista, inoltre, la collocazione in mobilità dei lavoratori durante il biennio 2012-2013, garantendo loro un trattamento economico di accompagnamento alla maturazione del requisito pensionistico corrispondente al 100 per cento della retribuzione.
      Il 12 gennaio 2012 e stato siglato un ulteriore accordo, che prevede 5 possibili programmi di incentivazione all'esodo per coloro che manifestino l'intenzione di non opporsi al licenziamento:
          
a) incentivazione per dimissioni volontarie;
          
b) incentivazione per ingresso volontario in mobilità;
          
c) incentivazione per raggiungimento trattamento pensionistico in 6 anni attraverso l'utilizzo di ammortizzatori sociali;
          
d) incentivazione per collocazione, su base volontaria, presso imprese terze all'interno dei siti di Cassinetta e di Comerio;
          
e) incentivazione per collocazione presso imprese esterne attraverso la partecipazione ad un programma di outplacement.

      Si fa presente, inoltre, che la direzione generale per le politiche attive e passive di questo Ministero ha autorizzato con decreto direttoriale n.  63479 del 19 dicembre 2011, per il periodo dal 5 settembre 2011 al 4 settembre 2012, la corresponsione del trattamento di integrazione salariale in favore di 579 lavoratori dei 4251 complessivamente occupati presso l'unità produttiva di Napoli; per tali lavoratori, il 1o settembre 2011, era stato stipulato un contratto di solidarietà che stabiliva la riduzione di orario per 12 mesi. Con decreto direttoriale n.  63751 del 13 gennaio 2012 è stata, inoltre, autorizzata, per il periodo dal 28 ottobre 2011 al 27 ottobre 2012, la corresponsione del trattamento di integrazione salariale in favore di 541 lavoratori dei 4247 complessivamente occupati presso l'unità produttiva di Siena; anche per tali lavoratori, il 25 ottobre 2011, era stato stipulato un contratto di solidarietà che stabiliva la riduzione di orario per 12 mesi.
      Da ultimo, si informa che le parti sociali non hanno richiesto ai competenti uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali alcun incontro per l'esame della situazione occupazionale e che il Ministero dello sviluppo economico ha previsto l'apertura di un «tavolo di confronto» per l'esame delle problematiche relative al settore degli elettrodomestici.

Il Viceministro per il lavoro e le politiche sociali: Michel Martone.


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          ripetute segnalazioni avevano evidenziato la presenza di colonie di zanzare, di topi e finanche di scorpioni lungo il corso del torrente Arno comunemente denominato Arnetta in comune di Gallarate (Varese);
          la manutenzione degli alvei dei torrenti non è compito dei comuni, bensì dell'ex magistrato del Po e lo stato dell'Arnetta è stato documentato con dovizia di materiale fotografico dall'amministrazione gallaratese che ha inviato informazioni dettagliate all'ente competente;
          dal 2009 il comune di Gallarate aspetta risposte che non sono arrivate  –:
          quali interventi si stiano predisponendo, anche attraverso l'autorità di bacino, al fine di risolvere la situazione descritta in premessa. (4-16193)

      Risposta. — Per quanto indicato nell'interrogazione di cui all'oggetto, relativa alle condizioni in cui versa l'alveo e le sponde del torrente Arno, denominato Arnetta, nel comune di Gallarate, sulla base di quanto comunicato dal comune interessato, si rappresenta quanto segue.
      Per quanto riguarda il problema della presenza di colonie di topi, zanzare ed altri tipi di insetti segnalati dai cittadini gallaratesi lungo il reticolo idrico di cui trattasi, l'amministrazione comunale ha sempre provveduto, annualmente, a propria cura e spese ad effettuare, sia nei periodi invernali che estivi, interventi di derattizzazione e disinfestazione, limitatamente ai tratti accessibili e/o praticabili dai mezzi e dal personale incaricato.
      Negli anni 2010 e 2011, a partire dal mese di gennaio fino al mese di settembre, l'ufficio competente, sulla base delle proprie risorse economiche disponibili, ha effettuato complessivamente circa venti interventi di derattizzazione e dieci di disinfestazione.
      In merito alla proliferazione evidente della vegetazione nell'alveo e lungo le sponde del corso d'acqua sopracitato, l'associazione italiana produttori ovicoli, con nota del 15 maggio 2012 ha comunicato al comune di Gallarate il programma di manutenzione relativo all'anno 2012 il cui inizio, previsto dal 21 maggio 2012, prevede la pulizia della vegetazione spontanea del fondo delle casse di laminazione e delle arginature maestre e degli arginelli di separazione del torrente Arno nei comuni di Cavaria con Premezzo, Gallarate e Cassano Magnago, oltre alla pulizia della vegetazione spontanea del tratto cittadino del torrente Rile in Cassano Magnago e al ripristino delle piste arginati mediante ricarica con mirto stabilizzato.
      L'agenzia interregionale per il fiume Po, riguardo al torrente Arno, ha specificato che la precedente pulizia della vegetazione sulle stesse superfici è stata completata a maggio 2010, pertanto, attualmente, sono presenti arbusti, prevalentemente di acacia e salice, il cui diametro è di circa 5-7 centimetri, mentre per il torrente Rile nel tratto cittadino di Cassano Magnago, la pulizia precedente risale all'estate scorsa e la tipologia di vegetazione contempla prevalentemente la presenza di erbe infestanti, il cui taglio sarà effettuato entro il prossimo mese di agosto.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      ROSATO, RUGGHIA, VILLECCO CALIPARI, GAROFANI e MOGHERINI REBESANI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          in coerenza con le deliberazioni adottate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, l'Italia partecipa alla missione Nato in Libia;
          notizie di agenzia, riprese anche dalla stampa estera, riportano preoccupazioni espresse in ambienti NATO circa la possibilità che migliaia di missili terra-aria sarebbero scomparsi dagli arsenali del deposto regime di Gheddafi;
          il Segretario generale della NATO Anders Fogh Rasmussen ha definito la «questione preoccupante» durante una conferenza stampa presso la sede dell'Onu, alla vigilia di una riunione dei Ministri della difesa dei 28 Paesi membri dell'Alleanza a Bruxelles;
          il Segretario generale della NATO ha anche precisato di non essere disposto a fare «... commenti su questioni di intelligence», sempre riferendosi alle recenti notizie secondo le quali migliaia di missili anti-aerei SAM-7, di fabbricazione sovietica mancherebbero all'appello;
          per meglio chiarire il suo punto di vista il Segretario Rasmussen ha inoltre dichiarato che: «Spetta alle nuove autorità libiche, il controllo sugli stock di armi del deposto regime. Il Cnt deve accertarsi che le armi siano al sicuro o, se è il caso, decidere di distruggerle», ha aggiunto, auspicando anche che lo stesso Cnt autorizzi l'ingresso nel Paese di «ispettori internazionali»;
          gli interroganti condividono le preoccupazioni espresse ai vertici della NATO, consapevoli del pericolo che i missili terra-aria rappresenterebbero se fosse confermata la sparizione di armi particolarmente insidiose quali sono appunto questi missili terra-aria e del pericolo che costituirebbero se finissero in mani sbagliate  –:
          se il Ministro della difesa ritenga doveroso fornire elementi certi sulle notizie sopra riportate. (4-13440)

      Risposta. — L'arsenale dell'ex regime di Gheddafi, prima della crisi libica, era dotato di varie tipologie di armamento, tra cui missili terra-aria (MANPADS), principalmente di 1a generazione, acquisite tra fine anni ’70 e metà anni ’80 da paesi dell'ex Patto di Varsavia e dall'ex-Jugoslavia.
      Considerate le successive cessioni a paesi terzi (quali Iraq, Ciad eccetera) a sostegno della causa anti-occidentale perseguita da Gheddafi nel corso degli anni ’80 e tenuto conto del numero di sistemi missilistici impiegati durante il conflitto libico, ma soprattutto delle azioni di distruzione dei depositi d'armi dell'ex regime libico attuate sin dall'inizio delle operazioni aeree delle Forze NATO, le stime di 10.000 o addirittura 20.000 pezzi riportate su diversi organi di stampa appaiono eccessive.
      A tal riguardo, si consideri che l'intera produzione USA del missile anti-aereo spalleggiabile tipo STINGER si aggira intorno alle 20.000 unità.
      Ciò detto è possibile ipotizzare che una certa quantità di sistemi anti-aerei del tipo MANPADS possano essere stati immessi nel circuito del traffico illegale di armi.
      A tal riguardo, è in atto un'attenta attività di monitoraggio sia a livello nazionale sia internazionale da parte dei competenti organi di tutte le fonti disponibili.
      Ad oggi, non sono emersi riscontri informativi tangibili, né tantomeno, sono stati riportati eventi e/o progettualità ostili mediante l'impiego di tali sistemi nei contesti multinazionali in Africa e Medio Oriente.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      ROSSA e TULLO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          il teatro dell'Archivolto nasce a Genova nel 1986, rifondandosi sulle basi dell'originale formazione del 1978;
          fin dai suoi esordi opera in modo innovativo, alla ricerca di nuovi linguaggi e contaminazione tra gli stili, muovendosi tra prosa, letteratura, musica, danza;
          le produzioni caratterizzano l'Archivolto come una tra le più significative realtà del nuovo teatro italiano;
          nel 1997 l'Archivolto, dopo una lunga opera di restauro che lo ha visto impegnato come responsabile dei lavori e come finanziatore dell'operazione, ha restituito alla città il teatro Gustavo Modena, vero gioiello architettonico e unica sala ottocentesca di Genova;
          nel 2001 è stata restaurata la Sala Mercato dell'Ottocento, affiancata al teatro, ricavata dalla ristrutturazione dell'ex mercato comunale, dando vita così ad un centro polivalente di grande pregio architettonico situato in una zona periferica;
          il teatro opera in una zona a rischio degrado della città, e la presenza annuale di oltre 60.000 spettatori agli spettacoli sono linfa vitale per il quartiere, insieme alla riqualificazione e all'attività sociale che svolge il teatro con le sue iniziative culturali;
          nel 2003 il teatro dell'Archivolto si è costituito in fondazione;
          nel 2004 il teatro dell'Archivolto è stato riconosciuto teatro stabile privato e per questo riceve un contributo ministeriale esiguo (essendo il Fondo unico per lo spettacolo ripartito in base all'ereditarietà contributiva storica non aggiornata rispetto ai mutamenti e alle esigenze delle realtà teatrali, e da allora non è mai stato riadeguato alla nuova fisiologia della compagnia);
          i debiti pregressi che si sono sommati negli anni dovuti anche alle opere di restauro inerenti le strutture teatrali ammontavano nel 2008 a 2.200.000,00 euro;
          in seguito, il lavoro svolto con Arcus, il sostegno di enti pubblici, il contributo dei soggetti privati e delle imprese locali, e altresì la riduzione drastica delle spese tra cui il conseguente ridimensionamento del personale e del lavoro hanno permesso nel 2011 una riduzione di tale debito a 1.700.000,00;
          a fronte di un bilancio medio di 3.500.00,00 le entrate pubbliche corrispondono al 27-28 per cento;
          i contributi del Ministero per i beni e le attività culturali non hanno mai superato il 10 per cento;
          nel 2011 gli oneri sociali sono stati pari a circa euro 350.000,00 a fronte di un contributo ministeriale di euro 370.000,00;
          i criteri di valutazione quantitativa che, secondo la normativa sono alla base dell'assegnazione del contributo, valutano il 100 per cento degli oneri sociali e il 45 per cento dei costi di ospitalità;
          nel 2012 la Fondazione ha dichiarato 360.336 euro di oneri sociali e 128.150 euro di ospitalità;
          il contributo ministeriale quindi, in base ai criteri base dovrebbe essere almeno di 418.000 euro, a cui si dovrebbero aggiungere altri criteri, come il riconoscimento dell'attività svolta e la qualità artistica;
          pare ormai certo che la spesa di 1 milione di euro, destinata dal Ministero alla liquidazione dell'ETI, non sarà necessaria per una restituzione di crediti di imposta e ritornerà al fondo unico per la prosa, per essere divisa fra le varie qualifiche ministeriali (stabili pubblici, stabili privati, di innovazione, e altro);
          si sottolinea che negli ultimi tre anni, con grandi sacrifici ed enormi difficoltà, il bilancio è in pareggio, anche se il futuro risulta privo di certezze e prospettive  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga opportuno aumentare il contributo per il teatro Archivolto di Genova e permettere in tal modo che una realtà consolidata come quella descritta in premessa sia messa nelle condizioni di continuare ad operare. (4-16199)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame con cui l'interrogante chiede che sia aumentato il finanziamento statale a favore del teatro dell'Archivolto di Genova, si fa presente quanto segue.
      La Fondazione teatro dell'Archivolto di Genova, nell'ultimo biennio, ha beneficiato dei seguenti contributi statali a valere sul fondo unico per lo spettacolo destinato alle attività teatrali:
          Anno 2011: euro 370.041,00 a fronte di euro 337.330,00 assegnati nel 2010, con un aumento del 9,70 per cento. Detta percentuale di aumento è stata notevolmente superiore alla percentuale di aumento del 4,25 per cento prevista per il settore dei teatri stabili ad iniziativa privata ed è risultata la più alta rispetto a tutti gli altri stabili privati, la cui media ha rispettato la percentuale del 4,25 per cento;
          Anno 2012: euro 395.431,00 a fronte di euro 370.041,00 concessi nell'anno 2011, con un aumento del 6,86 per cento anche in questo caso di gran lunga superiore alla percentuale di aumento dello 0,91 per cento prevista per il settore degli stabili privati. Come nel 2011, la fondazione ha beneficiato di un aumento del contributo in assoluto più alto rispetto agli altri organismi stabili, proprio perché è stata ribadita la validità, sia dal lato qualitativo che quantitativo, dell'attività svolta negli anni dal Teatro dell'Archivolto.
      Per quanto riguarda il 2010, anno in cui si è registrato una sensibile diminuzione del fondo unico per lo spettacolo, con un inevitabile, drastico taglio dei contributi assegnati agli organismi teatrali (diminuzione media del 9 per cento rispetto al 2009), il contributo della fondazione ha subito il taglio minore (-8,3 per cento) rispetto a tutti gli altri stabili privati.
      Dai dati esposti, ne consegue che la Fondazione Teatro dell'Archivolto di Genova ha beneficiato, nel biennio 2011-2012, di un aumento del contributo di oltre il 17 per cento passando da 337.330,00 euro dell'anno 2010 a 395.041,00 euro assegnati nel 2012.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.


      PAOLO RUSSO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per papere – premesso che:
          la biblioteca del Girolamini di Napoli è stata sequestrata dai carabinieri del nucleo tutela patrimonio artistico, su disposizione della procura di Napoli. Il provvedimento è scattato per via di un'indagine sul furto di migliaia di volumi antichi;
          negli ultimi giorni è stata oggetto di un'inchiesta giornalistica;
          secondo il contenuto dell'articolo pubblicato il 17 aprile 2012 dal Corriere della sera a firma di Stella, il direttore della biblioteca avrebbe mentito sui titoli scolastici in suo possesso e sull'esperienza professionale acquisita al fine di ottenere la nomina (persino su titoli nobiliari);
          nello stesso servizio si denuncia lo stato di abbandono in cui versa la struttura;
          la biblioteca del Girolamini rappresenta un'istituzione culturale che affonda le radici nel lontano 1586 e che ad essa ha legato il suo nome il Vico che ne fu il principale ispiratore;
          la raccolta di testi posseduta rappresenta un patrimonio letterario prezioso per la qualità e la rarità delle opere custodite;
          le cronache cittadine hanno, negli anni, registrato varie e ripetute proteste e segnalazioni, prime tra tutte quella della Fondazione Giambattista Vico, presieduta dal professor Vincenzo Pepe, sullo stato della biblioteca e sulla sua precaria fruibilità  –:
          se non ritenga di dover attivare un'indagine approfondita per stabilire la verità dei fatti e conseguentemente evitare altri furti e scongiurare il declino di uno storico e prestigioso presidio culturale. (4-15773)

      Risposta. — In riferimento all'atto parlamentare in oggetto, con il quale l'interrogante chiede a questo Ministero se non ritenga di dover attivare un'indagine approfondita per stabilire la verità dei fatti riportati dalla stampa concernenti la biblioteca annessa al monumento nazionale dei Girolamini di Napoli, evitando altri furti e scongiurando il declino di uno storico presidio culturale, si comunica quanto segue.
      Il Ministero, al fine di accertare la reale situazione della biblioteca, in considerazione delle omissioni rilevate dalla direzione generale per le biblioteche, gli istituti culturali e il diritto d'autore, organo vigilante sulla gestione dell'istituto in parola, aveva disposto, su segnalazione della stessa, una verifica ispettiva, effettivamente avviata il 17 aprile 2012.
      L'ispezione non si è limitata alla sola verifica amministrativo-contabile, ma ha mirato anche a verificare lo stato della biblioteca e dei volumi in essa conservati, e gettare luce su quelli mancanti. L'ispezione è stata interrotta in data 19 aprile per il sequestro cautelativo della biblioteca, disposto, nella notte tra il 18 e il 19 aprile, dalla Procura della Repubblica presso il tribunale, ordinario di Napoli, eseguito con l'apposizione dei sigilli agli ingressi da parte dei carabinieri del nucleo tutela patrimonio, artistico, con la contestuale nomina del direttore della biblioteca nazionale di Napoli, quale custode giudiziario della biblioteca dei Girolamini.
      Con decreto del segretario generale del 26 aprile scorso, questa amministrazione ha istituito un gruppo tecnico di intervento emergenziale, per la programmazione di tutti gli interventi necessari al ripristino della sicurezza e della normalità nella biblioteca. I lavori del Gruppo tecnico non interferiranno con il completamento dell'ispezione ministeriale che sarà completata non appena l'autorità giudiziaria disporrà il dissequestro della biblioteca.
      Le effettive esigenze della biblioteca, peraltro tenute sempre in considerazione dal Ministero nell'ambito delle disponibilità di bilancio finalizzate al funzionamento delle biblioteche pubbliche statali, potranno essere stabilite all'esito dell'indagine della procura, dei lavori del gruppo tecnico, nonché dell'ispezione.
      Con note del 23 aprile scorso, la direzione generale sopra indicata, tenuto conto delle iniziative avviate dalla Procura della Repubblica, ha chiesto al conservatore del monumento nazionale, competente alla nomina del direttore della biblioteca secondo la normativa vigente in materia, di provvedere alla revoca immediata dell'incarico conferito al signor Marino De Caro quale direttore
pro tempore della biblioteca ed al procuratore generale della congregazione di San Filippo Neri, affidataria della gestione dell'ordinario funzionamento dell'intero complesso monumentale, di valutare l'opportunità della nomina di un nuovo conservatore del monumento nazionale, dando la propria disponibilità all'esame di soluzioni relative alla problematica concernente la tutela del patrimonio bibliotecario, da attuarsi dal momento in cui verrà meno il sequestro conservativo.
      Con lettera del 15 maggio scorso, Marino Massimo De Caro ha rassegnato le sue dimissioni dall'incarico di direttore della biblioteca.
      Con nota del 21 maggio 2012, il procuratore generale dei Padri Filippini ha revocato l'incarico di conservatore del monumento al Rev. P. Sandro Marsano, manifestando disponibilità alla stipula di un accordo, grazie al quale questa amministrazione assuma interinalmente tutte le competenze relative alla riaggregazione e tutela del patrimonio della biblioteca.
      Il 24 maggio 2012, come peraltro reso noto dagli organi di stampa, i carabinieri per la tutela del patrimonio artistico hanno arrestato Marino Massimo De Caro. Assieme a lui sono state fermate altre quattro persone.
      Ogni ulteriore valutazione in ordine alle iniziative da assumere nei confronti della biblioteca in esame è necessariamente rinviata al completamento delle indagini.
      Questa amministrazione e il procuratore generale della confederazione dell'oratorio di San Filippo Neri, Rev. P. Edoardo Cerrato, hanno, intanto, siglato un accordo con il quale sono stati nominati il nuovo conservatore del monumento del complesso dei Girolamini, nella persona del Umberto Bile, vicedirettore del museo nazionale di Capodimonte, e il nuovo direttore della biblioteca annessa, con poteri di funzionario delegato, nella persona del dottor Mauro Giancaspro, direttore della biblioteca nazionale di Napoli, già indicato dalla Procura della Repubblica di Napoli quale custode giudiziario della stessa biblioteca, come sopra riferito.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.


      SANTORI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 dicembre 2008, aggiornato il 15 marzo 2010, ha istituito le nuove attestazioni di pubblica benemerenza del dipartimento della protezione civile e ha abrogato la precedente normativa;
          il comma 2, articolo 1 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, come aggiornato il 15 marzo 2010, prevede che l'attestazione di pubblica benemerenza, sia concessa a titolo individuale ai cittadini stranieri, ai civili, ai militari e ai volontari che abbiano operato in zone interessate da eventi calamitosi o da grandi eventi individuati ai sensi dell'articolo 2 del medesimo decreto o che siano stati comunque coinvolti, a qualsiasi titolo, nella gestione degli eventi, nonché ai singoli cittadini che, in collaborazione con le istituzioni, e previa segnalazione delle stesse, abbiano contribuito ad alleviare i disagi e le sofferenze delle popolazioni colpite o interessate da eventi di protezione civile;
          con decreto del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri n.  6538 del 21 ottobre 2009 sono stati individuati, quali eventi straordinari ed eccezionali, il «Sisma in Abruzzo del 6 aprile 2009», «l'emergenza Rifiuti Campania 2008» e «il grande evento G8 da La Maddalena a l'Aquila»;
          con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 aprile 2011 è stata «concessa la pubblica benemerenza del Dipartimento della protezione civile per gli eventi individuati nel decreto del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri n.  6538 del 21 ottobre 2009»;
          tali benemerenze sono trasmesse dall'ufficio relazioni istituzionali del dipartimento della protezione civile agli interessati;
          al personale della polizia di Stato che ha partecipato agli eventi è stato conferito un unico attestato di benemerenza, anche in caso di partecipazione a più eventi;
          il sindacato UGL della polizia di Stato ha segnalato che, nell'ambito delle procedure concorsuali e delle progressioni di carriera, al predetto personale della polizia di Stato sarà attribuito un punteggio inferiore rispetto a quello spettante, a teso che viene rilasciato un unico attestato per più eventi e che, pertanto, il poliziotto che ha partecipato ad un solo evento viene giudicato dall'amministrazione come chi ha partecipato a più eventi;
          all'interrogante risulta altresì che i competenti uffici del Ministero dell'interno non abbiano ricevuto indicazioni per la corretta trascrizione degli eventi che hanno reso possibile il conferimento della predetta attestazione di benemerenza  –:
          se non si ritenga utile ed opportuno un approfondimento su quanto evidenziato, valutando la possibilità che ogni attestato di benemerenza sia relativo ad ogni singolo evento tra quelli individuati ai sensi dell'articolo 2 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
          se non si ritenga opportuno dare specifiche indicazioni agli uffici competenti del Ministero dell'interno, prevedendo – in via subordinata – che siano trascritti nel foglio matricolare tutti gli eventi che hanno consentito il conferimento dell'attestato, atteso che parte integrante del decreto di conferimento è l'elenco dei soggetti, secondo le rispettive classi e fasce, nel quale risultano specificati gli eventi ai quali hanno partecipato.
(4-15595)

      Risposta. — Le attestazioni di pubblica benemerenza del dipartimento della protezione civile sono state istituite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 ottobre 2004 con l'intento prioritario di conferire un riconoscimento a quanti, partecipando attivamente all'opera di soccorso nei territori colpiti da eventi calamitosi, hanno contribuito ad alleviare i disagi delle popolazioni interessate dalle situazioni emergenziali. In seguito la materia è stata rivisitata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 dicembre 2008, mentre con i successivi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 marzo 2010 e del 9 settembre 2011 sono state apportate modifiche alle caratteristiche tecniche delle insegne.
      Il decreto del capo del dipartimento della protezione civile del 28 aprile 2009 ha poi disposto – ai sensi dell'articolo 10, comma 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 dicembre 2008 – l'istituzione di un attestato di pubblica benemerenza del Dipartimento della protezione civile. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 ottobre 2009 ha infine individuato, quali eventi straordinari ed eccezionali, il «Sisma Abruzzo 2009», l'emergenza rifiuti «Campania 2008» e il grande evento G8
«From La Maddalena to L'Aquila».
      Circa le caratteristiche e i criteri di conferimento dell'attestazione, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 ottobre 2004 si limitava a suddividere in tre classi le attestazioni: queste venivano conferite senza alcun riferimento al numero degli eventi ai quali i soggetti partecipavano, in base ad una qualificazione dell'atto compiuto che spaziava dall'altissima rilevanza, all'eccellente rilevanza, fino alla semplice partecipazione ad operazioni coordinate dal Dipartimento della protezione civile (rispettivamente prima, seconda e terza classe).
      Successivamente, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 dicembre 2008 si è ritenuto di dover innovare la materia introducendo nuove procedure di segnalazione e individuando un percorso alla struttura per classi in grado di tener conto del valore manifestato dal soggetto durante la partecipazione agli eventi e della reiterata partecipazione agli stessi.
      In sostanza, sono state costituite tre classi di eccellenza, ciascuna delle quali suddivisa a sua volta in fasce in base alla partecipazione a un determinato numero di eventi. Nello specifico, la III classe si articola in ulteriori tre fasce, la prima delle quali si consegue con la partecipazione da 1 a 4 eventi, la seconda con la partecipazione da 5 a 9 eventi e la terza con la partecipazione da 10 a 14 eventi. Con la partecipazione ad un numero di eventi da 15 a 24 si consegue la II classe, mentre la I classe si consegue con la partecipazione al 25o evento.
      Da tali criteri di conferimento – e in applicazione della regola dettata dall'articolo 15, comma 9 del decreto del capo dipartimento della protezione civile del 28 aprile 2009 – deriva che il diploma di benemerenza viene rilasciato soltanto al raggiungimento della rispettiva classe o fascia, mentre ai beneficiari viene trasmesso un nuovo diploma solo in caso di evoluzione tra fasce o progressioni tra classi.
      Relativamente a quanto richiesto dall'interrogante circa l'opportunità di dare specifiche indicazioni agli uffici competenti del Ministero dell'interno per la trascrizione nel foglio matricolare di tutti gli eventi che hanno consentito il conferimento dell'attestato, si precisa che nell'elenco allegato ai decreti di concessione delle benemerenze, ovvero nell'albo generale (entrambi pubblicati sul sito
web del dipartimento della protezione civile) è possibile accertare, per ciascuno dei beneficiari, tutti gli eventi per i quali i medesimi sono stati segnalati.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giovanni Ferrara.


      SBAI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          i fatti di sangue e di intolleranza sono ormai in Afghanistan all'ordine del giorno;
          le proteste per il rogo dei volumi del Corano hanno rivelato ancora una volta quale clima vi sia per i soldati stranieri in Afghanistan;
          il Parlamento afghano ha chiesto al presidente Hamid Karzai di revocare l'accordo che garantisce l'immunità nel Paese ai militari stranieri;
          se fosse approvata questa richiesta, ogni soldato presente sul territorio afghano sarebbe a rischio di essere accusato e condannato arbitrariamente;
          in Iraq questa clausola non è stata mai approvata e gli Usa sono stati costretti, per questo e altri motivi, a lasciare il Paese;
          l'Italia mantiene ancora in terra di Afghanistan contingenti militari costantemente esposti a rischio;
          proprio i contingenti italiani verrebbero presi di mira per ogni azione anche di tutela della pace sul territorio  –:
          se il Governo non ritenga di valutare con attenzione, nel caso tale richiesta venga approvata, il permanere delle condizioni per la presenza in Afghanistan dei militari italiani esposti a rischi che non vengono contemplati nelle regole d'ingaggio delle missioni militari all'estero.
(4-15377)

      Risposta. — Il quadro giuridico delle relazioni che si istaurano fra lo Stato sul cui territorio si svolge una missione militare internazionale ed i Paesi che ad essa contribuiscono, trova riferimento in una molteplicità di strumenti giuridici (mandato, accordi, eccetera) negoziati, di massima, dalle organizzazioni internazionali per la sicurezza e la difesa (ONU, NATO, UE, eccetera) sotto la cui egida si svolge la missione stessa.
      La prassi è quella di ricorrere a specifiche intese, note come
Status of force agreements (SOFA), che regolano tutti gli aspetti relativi alla permanenza e all'operato dei contingenti, ivi compreso lo status giuridico del personale.
      ISAF
(International security assistance force), costituita a seguito delle risoluzioni ONU n.  1386 del 20 dicembre 2001 e n.  1510 del 2003, è una missione militare internazionale che trova fondamento giuridico su un mandato di peace-enforcement ai sensi del capitolo VII della Carta delle Nazioni unite, ed è guidata dalla NATO dall'11 agosto 2003.
      Gli aspetti giuridici che riguardano le relazioni tra ISAF e le Autorità afghane sono regolati, tra l'altro, da un accordo tecnico-militare (MTA) concordato tra l'autorità transitoria locale (Ministro degli interni) e il Comandante militare di ISAF
pro-tempore nel gennaio 2002.
      In linea generale, l'accordo conferisce al personale interessato le immunità di cui godono gli «esperti in missione», secondo la Convenzione dell'ONU del 1946 sui privilegi e le immunità.
      Nel confermare il ruolo a lungo termine della NATO nel processo di riforma dello stato afghano, il 6 settembre 2006, il presidente Karzai ed il Segretario generale dell'Alleanza
pro-tempore hanno firmato la «Declaration by NATO and the Islamic Republic of Afghanistan» nella quale si afferma la validità dell'accordo tecnico-militare del 2002 (la cui applicazione è monitorata da un organismo di coordinamento comune) e si auspica, l'avvio della discussione per un accordo sullo status delle forze della NATO che, al momento, risulta in fase di negoziazione.
      Nel recente vertice di Chicago, infine, è stato approvato il «Nato strategic plan for Afghanistan», nel quale, con riferimento al
post 2014, viene ribadito l'impegno a definire un SOFA che assicuri idonee garanzie di carattere giuridico al personale delle Nazioni che contribuiscono alla forza multinazionale di ISAF.
      Per quanto sopra esposto, si assicura che lo
status giuridico della presenza dei nostri militari in Afghanistan, nell'ambito della missione di ISAF, è oggetto di doverosa e costante attenzione da parte del Governo e non presenta elementi di criticità.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      SBROLLINI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          con la legge n.  128 del 27 luglio 2011, il Parlamento ha approvato una normativa che interviene sul sistema del prezzo dei libri;
          tale normativa, all'articolo articolo 2 stabilisce che:
              «1. Il prezzo al consumatore finale dei libri venduti sul territorio nazionale è liberamente fissato dall'editore o dall'importatore ed è da questo apposto, comprensivo di imposta sul valore aggiunto su ciascun esemplare o su apposito allegato; 2. E consentita la vendita dei libri ai consumatori finali, da chiunque e con qualsiasi modalità effettuata, compresa la vendita per corrispondenza anche nel caso in cui abbia luogo mediante attività di commercio elettronico, con uno sconto fino ad una percentuale massima del 15 per cento sul prezzo fissato ai sensi del comma 1; 3. Ad esclusione del mese di dicembre, agli editori è consentita la possibilità di realizzare campagne promozionali distinte tra loro, non reiterabili nel corso dell'anno solare e di durata non superiore a un mese, con sconti sul prezzo fissato ai sensi del comma 1 che eccedano il limite indicato al comma 2 purché non superiori a un quarto del prezzo fissato ai sensi del predetto comma 1. È comunque fatta salva la facoltà dei venditori al dettaglio, che devono in ogni caso essere informati e messi in grado di partecipare alle medesime condizioni, di non aderire a tali campagne promozionali; 4. La vendita di libri ai consumatori finali è consentita con sconti fino ad una percentuale massima del 20 per cento sul prezzo fissato ai sensi del comma 1: a) in occasione di manifestazioni di particolare rilevanza internazionale, nazionale, regionale e locale, ai sensi degli articoli 40 e 41 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.  112; b) in favore di organizzazioni non lucrative di utilità sociale, centri di formazione legalmente riconosciuti, istituzioni o centri con finalità scientifiche o di ricerca, biblioteche, archivi e musei pubblici, istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, educative e università»;
          come si vede, la legge consente, per Onlus e Biblioteche, la possibilità di acquistare libri con uno sconto massimo del 20 per cento, che è fortemente inferiore a quello che questi enti, precedentemente, riuscivano ad ottenere; esse, infatti, riuscivano ad acquistare volumi con sconti anche del 30 o del 40 per cento, in ragione dell'evidente funzione di pubblica utilità svolta;
          la riduzione degli sconti per le biblioteche significa ridurre ulteriormente la disponibilità economica per l'acquisto di libri, significa penalizzare fortemente strutture pubbliche che erogano servizi utili; significa, infine, provocare un danno al sistema istituzionale delle biblioteche e all'utenza;
          si rende necessario, a parere dell'interrogante, un intervento urgente per consentire una deroga a tale limite almeno per le biblioteche pubbliche  –:
          se non ritenga necessario un intervento urgente, anche sul piano normativo, nell'ambito delle proprie competenze e nei termini ritenuti più appropriati, per garantire al sistema delle biblioteche pubbliche un accesso libero a qualunque tipo di sconto per l'acquisto di libri che vengono utilizzati all'interno di un servizio di pubblica utilità. (4-16772)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, con il quale l'interrogante chiede se non si ritenga necessario un intervento urgente, anche sul piano normativo, per garantire alle biblioteche pubbliche statali un accesso libero a qualunque tipo di sconto per l'acquisto di libri che vengono utilizzati all'interno di un servizio di pubblica utilità, si rappresenta quanto segue.
      La legge n.  128 del 2011 è una legge di iniziativa parlamentare e che, quindi, ha rappresentato la volontà di tutte le forze politiche; inoltre, è stata presentata e sostenuta con l'accordo di editori, librai e distributori.
      La legge non regolamenta il prezzo dei libri, che resta libero, ma, all'articolo 2, limita al 15 per cento lo sconto che si può praticare al consumatore finale sul prezzo fissato dall'editore o dall'importatore. Tale limite è elevato al 20 per cento in favore di «organizzazioni non lucrative di utilità sociale, centri di formazione legalmente riconosciuti, istituzioni o centri con finalità scientifiche o di ricerca, biblioteche, archivi e musei pubblici, istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, educative e università».
      La legge si prefigge l'obiettivo di tutelare i piccoli operatori (librerie) che si trovano a subire la concorrenza di attori ben più forti della filiera del libro, tra cui catene e grandi distributori, come ad esempio le librerie
online, che sono in grado di praticare sconti più elevati rispetto ai piccoli librai. Per questo motivo è stata accolta con favore dall'AIE, l'associazione degli editori, e dall'ALI, l'associazione dei librai.
      L'articolo 3 della legge prevede, altresì, che, decorsi dodici mesi dall'inizio della sua applicazione, avvenuta il 1o settembre 2011, «il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro per i beni e le attività culturali e con il Presidente del Consiglio dei ministri ovvero con il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all'informazione e all'editoria, trasmette alla Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento per l'informazione e l'editoria, per il successivo inoltro alle Camere, una relazione sugli effetti delle disposizioni della presente legge sul settore del libro».
      In tale sede sarà valutata l'efficacia delle disposizioni di legge in oggetto a conseguire l'obiettivo prefissato e potranno essere formulate ipotesi di eventuali correzioni legislative.

Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.


      SCHIRRU, MONAI, BERRETTA, PES, BELLANOVA, FADDA, DAMIANO, BOBBA, CODURELLI, MEREU, GATTI, GNECCHI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI, POLI, BORGHESI e PALOMBA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la talidomide è una sostanza contenuta in un farmaco anti-nausea e ipnotico destinato soprattutto alle donne in gravidanza, diffuso in 50 Paesi sotto quaranta nomi commerciali diversi, introdotto nel mercato europeo nel 1957 e ritirato in Italia solo nel 1962, a seguito della accertata correlazione fra la sua assunzione e le malformazioni a carico dei nascituri;
          i neonati nascevano infatti con gravissime alterazioni congenite dello sviluppo degli arti: amelia (assenza degli arti) o diversi gradi di focomelia (riduzione delle ossa lunghe degli arti), generalmente più a carico degli arti superiori che quelli inferiori, e quasi sempre bilateralmente, pur con gradi differenti;
          la legge finanziaria per il 2008 riconosce il risarcimento per i danni da trasfusioni, vaccini e talidomide (articolo 2, comma da 361 a 364) e la corresponsione dell'assegno vitalizio ai soggetti talidomidici (come da linee guida in seguito pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del 13 novembre 2009);
          l'articolo 31, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n.  207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n.  14, dispone che siano riconosciuti indennizzi agli affetti da sindrome da talidomide nati dal 1959 al 1965, dato che il farmaco, avendo una scadenza di 36 mesi, può essere stato venduto e distribuito entro tutto questo periodo;
          ad oggi, tuttavia, si registrano notevoli ritardi nella corresponsione di tali provvidenze, nonché ritardi nell'accoglimento delle istanze dei soggetti interessati all'assegno vitalizio;
          tali ritardi sarebbero dovuti in parte – come da segnalazioni – a gravi carenze di personale negli uffici preposti alla liquidazione delle provvidenze stesse e alla ricezione delle nuove domande  –:
          se il Ministro sia a conoscenza della situazione sopra esposta; quali iniziative di competenza intenda adottare per accelerare la corresponsione delle provvidenze citate e l'accoglimento delle nuove istanze; se non ritenga urgente rafforzare l'efficienza degli uffici preposti allo svolgimento delle pratiche, considerando che molti dei superstiti talidomidici versano in serie difficoltà economiche. (4-13606)

      Risposta. — La tempistica della corresponsione dell'indennizzo per danno da talidomide previsto dalle leggi 24 dicembre 2007, n.  244 e 27 febbraio 2009, n.  14, è stata determinata dalla necessità di individuare idonee soluzioni al complesso delle difficoltà applicative, sotto il profilo medico legale della normativa di settore, con particolare riferimento al giudizio circa il nesso causale tra l'assunzione del farmaco in gravidanza e l'infermità.
      Sono, infatti, trascorsi più di quaranta anni dalla commercializzazione del farmaco, con una difficoltà oggettiva da parte della maggioranza degli istanti a reperire la documentazione sanitaria attestante l'assunzione dello stesso farmaco durante la propria gestazione.
      Ad evitare che a una quota significativa di soggetti, a fronte della diagnosi, formulata dalla commissione medica ospedaliera, di una delle infermità previste dalla legge n.  244 del 2007, nonché della rispondenza al requisito cronologico, stabilito dalla legge 27 febbraio 2009, n.  14, fosse preclusa la possibilità di accedere ai benefici economici, congiuntamente ai competenti uffici del Ministero della difesa, è stato disposto un ulteriore approfondimento tecnico, avvalendosi anche di un apposito parere dell'Istituto superiore di sanità (ISS), che ha consentito di dirimere, alla fine del 2010, le problematiche sopra evidenziate. Le residue difficoltà applicative, sotto il profilo medico legale della normativa di settore, evidenziatesi alla fine del 2010, sono state risolte in collaborazione con i competenti uffici del Ministero della difesa che, nel febbraio 2011, hanno provveduto a dirimere anche questi ulteriori aspetti critici.
      Per quanto concerne lo stato dei lavori per l'erogazione agli aventi diritto del vitalizio, il Ministero della salute ha provveduto ad istruire, notificare e liquidare le istanze per le quali le commissioni mediche ospedaliere hanno riconosciuto il nesso di causalità tra l'assunzione del farmaco e l'infermità.
      L'attività liquidatoria viene espletata secondo il criterio cronologico derivante dalla data di acquisizione agli atti dei documenti necessari alla liquidazione ed è subordinata alla disponibilità del capitolo di bilancio.
      Il decreto di variazione del capitolo di bilancio, recante la data 27 aprile 2012, ha consentito il prosieguo delle attività di corresponsione agli aventi titolo al vitalizio.

Il Sottosegretario di Stato per la salute: Adelfio Elio Cardinale.


      SCILIPOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la notissima tragedia verificatasi a Barletta in cui cinque donne sono morte per il crollo di una palazzina sul laboratorio tessile in cui lavoravano – in nero –, ha nuovamente riportato all'attenzione dell'opinione pubblica il fenomeno delle morti bianche dovute all'assenza di norme e strumenti di sicurezza o comunque alla loro elusione atti prevenire incidenti sui luoghi di lavoro;
          la scarsa attenzione mediatica in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro è evidenziata dallo spazio marginale ad esso dedicato anche nei notiziari televisivi (dati osservatorio europeo sulla sicurezza, curati dall'osservatorio di Pavia, da Demos e dalla fondazione Unipolis: considerando tutti i Tg nazionali di prima serata – Rai, Mediaset e La 7 – nei primi nove mesi del 2011, le notizie relative a incidenti sul lavoro risultano 32 e pesano per lo 0,1 per cento sul totale, cioè, praticamente nulla). Ciò riporta ad un livello di sensibilità sociale ridotto e certamente non adeguato;
          purtroppo i media si concentrano sui fatti più eclatanti e soltanto per il tempo limitato al clamore degli incidenti come, ad esempio, nel caso della multinazionale Thyssen a Torino, dove sette ragazzi hanno trovato la morte per un inaccettabile incidente sul lavoro in relazione al quale la magistratura ha dimostrato la gravissima responsabilità dei dirigenti aziendali che non applicavano le norme sulla sicurezza. Misfatti di tale portata non possono essere tollerati né accettati;
          dai dati dell'Osservatorio indipendente di Bologna sulle morti per infortuni sul lavoro (curato da Carlo Soricelli), tale fenomeno appare di proporzioni ampie e drammatiche. Infatti tra il 1° gennaio e il 9 ottobre 2011 si registrano ben 514 morti, che salgono a oltre 830, se si considerano gli incidenti nel percorso fra casa e lavoro con un aumento dei decessi del 13 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno;
          si tratta quindi di un «massacro diffuso» causato dal lavoro svolto in condizioni spesso precarie, irregolari e al di fuori di controlli, garanzie, norme. Tutto ciò in nome del mercato, del risultato e del profitto d'impresa;
          dai dati diffusi oggi dall'Anmil in occasione della 61° giornata nazionale per le vittime di incidenti sul lavoro indicano che ogni giorno tre persone muoiono sul lavoro;
          il presidente dell'Anmil, Bettoni, ha dichiarato che, pur risultando in calo gli infortuni cosiddetti in itinere, si assiste «ad un aumento preoccupante dei decessi nel settore dei trasporti e nel lavoro femminile, nonché nella fascia di età compresa tra i 50 e i 64 anni»;
          in questo quadro s'inserisce ad esempio, il gravissimo incidente in cui sono incorsi quattro informatori scientifici della multinazionale Astrazeneca mentre si recavano tutti con la stessa autovettura aziendale ad una riunione di lavoro da Roma a Napoli. Tre sono morti ed un quarto risulta in gravi condizioni;
          risulterebbe peraltro che in tale azienda i rappresentanti della sicurezza per diversi anni non hanno firmato il verbale allegato al documento di valutazione dei rischi perché in evidente contrasto con la valutazione dei rischi avanzata dall'azienda, presentando addirittura un loro verbale da allegare al documento medesimo;
          al riguardo, non solo sussisterebbe uno stress lavoro correlato non adeguatamente valutato per questi lavoratori a cui viene imposto di visitare un cospicuo numero di medici giornaliero, ma spesso le scelte aziendali all'utilizzo dell'auto aziendale, anziché favorire i più sicuri mezzi di trasporto pubblici quali ad esempio i treni;
          troppo spesso la logica del profitto mette in secondo piano il rispetto della persona umana prima ancora che i diritti dei lavoratori  –:
          se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano assumere iniziative al fine di garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro;
          quali iniziative intendano assumere nei confronti delle aziende dove si sono verificati incidenti sul lavoro mortali.
(4-14350)

      Risposta. — L'interrogazione parlamentare in esame, che richiama alcuni incidenti mortali sul lavoro, concerne le iniziative che il Governo intende perseguire per garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro.
      Come noto, il quadro normativo italiano prevede un sistema di sicurezza e salute sul lavoro che mira alla protezione dei lavoratori sul luogo di lavoro attraverso la valutazione dei rischi esistenti in azienda, l'informazione, la consultazione, la partecipazione equilibrata e la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti.
      In relazione allo specifico e gravissimo problema delle cosiddette «morti bianche» si ritiene necessario intervenire sulla formazione-informazione dei lavoratori e delle imprese, nonché sulla prevenzione e sul rafforzamento dei controlli da parte degli enti preposti, al fine di promuovere una consapevolezza sempre più ampia sulle esigenze della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è attivamente impegnato su tali fronti, nell'intento precipuo di favorire il dialogo e la collaborazione fra tutti i soggetti interessati, istituzionali e sociali, al fine di ridurre gli incidenti e le malattie professionali e la diffusione di sempre più elevati standard di sicurezza nei luoghi di lavoro. È stata quindi avviata ogni possibile sinergia con soggetti pubblici e privati, per migliorare «l'impatto» delle rispettive attività in termini di efficacia.
      In tale ottica si colloca la definizione dei criteri di impiego e l'attivazione delle somme, con accordo in Conferenza Stato regioni del 20 novembre 2008 (pari a 50 milioni di euro) di cui all'articolo 11, comma 7, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (recante «attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n.  123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro», cosiddetto «testo unico») da destinare per attività promozionali della salute e sicurezza, tra le quali una campagna di comunicazione (per l'importo complessivo di 20 milioni di euro) sulla salute e sicurezza sul lavoro ed attività di formazione su base regionale (per complessivi 30 milioni di euro). Tali somme sono state regolarmente impegnate e sono a disposizione per le relative attività.
      Con riferimento alle risorse stanziate per attività promozionali per gli anni 2009 (pari a oltre 37 milioni di euro) e 2010 (per circa 36 milioni di euro), sono stati predisposti i relativi decreti interministeriali (ex comma 2 del citato articolo 11) con i quali ripartire i finanziamenti tra i seguenti tre temi:

          a) progetti di investimento in materia di salute e sicurezza per le piccole e medie imprese.
          b) finanziamento di progetti formativi in materia. Oltre quattordici milioni di euro saranno impegnati per una campagna nazionale di formazione, le cui finalità e caratteristiche sono definite con accordo tra le parti sociali, da recepire in un bando Inail, e tredici milioni di euro saranno impegnati su base regionale.
          c) finanziamento di attività di istituti scolastici, universitari e di formazione dirette a inserire nei rispettivi programmi il tema della salute e sicurezza sul lavoro (5 milioni di euro).

      Con il decreto correttivo del 3 agosto 2009, n.  106 sono state superate le difficoltà operative da più parti evidenziate nel corso dei primi mesi di applicazione del testo unico, perfezionando in tal modo il quadro normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro rendendolo – oltre che pienamente coerente con le normative internazionali e comunitarie in materia – idoneo a costituire il fondamento giuridico della strategia di contrasto al fenomeno infortunistico.
      L'imprescindibile finalità delle misure varate resta quella di rendere maggiormente effettiva la tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro secondo linee di azione consistenti, tra l'altro, nel miglioramento dell'efficacia dell'apparato sanzionatorio al fine precipuo di assicurare una migliore corrispondenza tra infrazioni e sanzioni.
      A tal fine si tiene conto dei compiti effettivamente svolti da ciascun attore della sicurezza, favorendo l'utilizzo di procedure di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi mediante regolarizzazione da parte del soggetto inadempiente. La sanzione penale viene riservata ai soli casi di violazione delle disposizioni sostanziali e non di quelle meramente formali (come, ad esempio, la trasmissione di documentazione, notifiche, eccetera).
      In tale ottica si è provveduto ad una rivisitazione dell'entità delle sanzioni in modo da rendere le pene detentive eque rispetto alla gravità delle infrazioni e le ammende e le sanzioni pecuniarie proporzionate, oltre che alle violazioni, all'aumento dei prezzi al consumo, verificato su base Istat dal 1994 ad oggi. In ogni caso viene mantenuto il solo arresto (e non anche l'ammenda) per l'omessa valutazione del rischio nelle aziende a rischio incidente rilevante in quanto condotta gravemente pericolosa per la salute dei lavoratori.
      Come imposto dalla delega, tutti gli interventi proposti garantiscono in ogni caso il rispetto dei livelli di tutela oggi assicurati ai lavoratori e alle loro rappresentanze in ogni ambiente di lavoro ed in ogni parte del territorio nazionale e, al contempo, dell'equilibrio delle competenze tra lo Stato e le regioni in materia.
      Il risultato finale dell'intervento legislativo di riforma potrà, comunque, compiutamente apprezzarsi una volta che verrà completata l'emanazione di provvedimenti attuativi del testo unico di grande rilevanza e impatto sulle aziende e sui lavoratori.
      Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali mira alla riduzione del fenomeno infortunistico anche perseguendo la massima efficacia delle attività di vigilanza sui luoghi di lavoro di propria competenza. In tali ambiti, quindi innanzitutto in edilizia, è stata da tempo fornita alle strutture amministrative di riferimento l'indicazione di realizzare, innanzitutto, le attività dirette a perseguire le violazioni in materia di salute e sicurezza più gravi, in quanto in grado di mettere in pericolo le vite dei lavoratori.
      Con specifico riguardo alle iniziative di contrasto al fenomeno infortunistico, la direzione generale per l'attività ispettiva del Ministero, con la programmazione dell'anno 2012, ha concentrato la vigilanza sul miglioramento dei risultati qualitativi dell'attività ispettiva, da realizzarsi mediante una più mirata selezione delle realtà aziendali da sottoporre a controllo e di indirizzare l'attività di vigilanza esclusivamente al contrasto delle irregolarità di natura «sostanziale» che costituiscono una lesione dei livelli di tutela delle condizioni di lavoro in una logica di conseguimento dei risultati qualitativi piuttosto che sul piano meramente quantitativo.
      Inoltre, a fronte degli infortuni mortali occorsi in ambienti confinati, con le circolari n.  42 del 2010 e n.  13 del 2011, è stata promossa una specifica azione volta a monitorare e controllare gli appalti aventi ad oggetto attività manutentive o di pulizia su aree confinate, appalti che maggiormente espongono i lavoratori al rischio di asfissia o di intossicazione dovuta ad esalazione di sostanze tossiche o nocive.
      In tale modo si è orientata l'attività ispettiva nei riguardi di situazioni lavorative nelle quali è ragionevolmente prevedibile che si possano riscontrare violazioni più gravi e, anche grazie al fatto che i criteri meritocratici degli stessi ispettori sono stati ispirati a tali più gravi violazioni, si sono prodotti risultati molto soddisfacenti.
      Inoltre, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, tramite l'attività della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro (istituita ai sensi dell'articolo 6 del testo unico), ha, infatti, provveduto ad emanare provvedimenti di ausilio per gli operatori quali, ad esempio: le indicazioni per la valutazione dello
stress lavoro-correlato (articolo 28, comma 1-bis, del testo unico), da tempo attese per la rilevanza che tale «nuova» malattia professionale ha ormai assunto nel contesto lavorativo odierno, divulgate con circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 18 novembre 2010; il documento per l'attuazione del cosiddetto «sistema di qualificazione delle imprese», che ha lo scopo di individuare, in determinati settori, quali imprese possano operare e con quali requisiti, con riferimento ad elementi relativi alla salute e sicurezza sul lavoro. Tale sistema, che si realizzerà per mezzo di un decreto del Presidente della Repubblica (ex articoli 6 e 27 del testo unico), è in corso di definizione anzitutto per il settore edile mediante l'attivazione della cosiddetta «patente a punti», mentre altri settori debbono essere individuati dalla commissione consultiva. Ha, inoltre, esaminato le lavorazioni svolte in ambienti confinati (silos, cisterne, cunicoli, pozzi, eccetera), in ragione del drammatico ripetersi di gravissimi infortuni – si pensi, solo per citare alcune tra le ultime, alle stragi sul lavoro di Mineo e Molfetta nel 2008, di Sarroch nel 2009 e di Capua nel 2010 –, per le quali questo Ministero ha predisposto il decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n.  177, in cui sono state individuate una serie di misure ad hoc per fare fronte a questa grave problematica. Tali misure, condivise dai rappresentanti delle Regioni e delle Parti Sociali all'interno della commissione consultiva, inseriscono anzitutto le lavorazioni che si svolgono in ambienti confinati tra le attività del futuro sistema di qualificazione delle imprese, al fine di garantire ex lege che le imprese chiamate a svolgere tali operazioni siano soltanto quelle che applicano adeguate misure in termini di sicurezza.
      È da rilevare, inoltre, l'approvazione – in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano del 21 dicembre 2011 – del decreto interministeriale per la costituzione e la regolamentazione del Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP), redatto con il costante coinvolgimento del soggetto gestore del trattamento dei relativi dati (INAIL) e con quello delle Regioni.
      Nella medesima Conferenza sono stati, inoltre, approvati gli accordi – frutto di diverse riunioni con le Amministrazioni pubbliche «centrali» competenti in materia, con le regioni e le parti sociali – sui contenuti e le modalità della formazione del datore di lavoro che intenda svolgere «in proprio» i compiti del Servizio di Prevenzione e Protezione (articolo 34 del testo unico) e dei contenuti e delle modalità della formazione dei dirigenti, preposti e lavoratori (articolo 37 del testo unico).
      Si ricorda, poi, che con la circolare n.  8 del 24 maggio 2012 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al fine di garantire la tutela delle condizioni di lavoro nel settore agricolo e forestale, fornisce chiarimenti diretti a valorizzare la disciplina dell'uso sicuro di particolari attrezzature di lavoro quali le ceste autoprodotte portate dai trattori.
      Il frequente verificarsi di eventi infortunistici gravi nelle lavorazioni agricole e forestali è dovuto alla presenza di attrezzature portate spesso non compatibili con il tipo di trattore al quale sono collegate. Per questo le indicazioni fornite nella circolare richiamano la necessità che gli utilizzatori nell'uso delle attrezzature di lavoro non solo si attengano a quanto previsto dal decreto legislativo n.  81 del 2008, in modo particolare alle previsioni contenute nel titolo I e nel titolo III, ma che effettuino anche le opportune valutazioni affinché l'attrezzatura di lavoro risulti adeguata allo scopo per cui viene utilizzata e conforme alle indicazioni del fabbricante.
      Infine, sempre allo scopo di promuovere la diffusione di informazioni in materia, va rimarcato come il Ministero del lavoro e delle politiche sociali abbia predisposto e messo a disposizione dell'utenza una sezione del sito internet specificamente dedicata alla diffusione di notizie e pubblicazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
      Conclusivamente è possibile affermare come la riforma delle regole della salute e sicurezza sul lavoro abbia fornito l'Italia di un sistema di regole moderno e sistematicamente coeso suscitando un interesse finalmente non più solo specialistico sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, a sua volta importante punto di partenza per l'abbattimento del numero e della gravità degli infortuni e, quindi, delle sofferenze umane e dei danni sociali che simili eventi determinano.

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Elsa Fornero.


      STRIZZOLO e FOGLIARDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          nella edizione del 28 marzo 2012, del quotidiano economico Italia Oggi, a pagina 9, è stato pubblicato un articolo a firma di Stefano Sansonetti con il titolo «Equitalia e il controllore tuttofare» che fa riferimento, in particolare, alla nomina del dottor Giorgio Palasciano a presidente dell'organismo di vigilanza di Equitalia Centro, società controllata da Equitalia spa che, a sua volta, è partecipata e controllata dall'Agenzia delle entrate e dall'INPS;
          si tratta di un incarico delicato, essendo l'organismo di vigilanza quella struttura di cui le società si devono dotare per monitorare comportamenti e procedure interne e per prevenire, attraverso questo controllo, la commissione di reati che potrebbero far scattare la responsabilità amministrativa della società stessa;
          il decreto legislativo n.  231 del 2001, che disciplina la materia, stabilisce che il soggetto chiamato a svolgere tale funzione deve avere un profilo dotato di autonomia e di indipendenza che, da quanto emerge dai dati riportati dalle notizie di stampa sopra citate, presenterebbe dei dubbi e delle incertezze derivanti dai numerosi, e potenzialmente in conflitto di interesse, incarichi ricoperti dal professionista nominato da Equitalia Centro;
          sempre dall'articolo, si desume altresì come il nominato presidente dell'organismo di vigilanza, sia ancora oggi impegnato in un contenzioso che lo contrappone – per sua stessa ammissione – all'Agenzia delle entrate, vale a dire uno degli azionisti di controllo di Equitalia che, a sua volta gli ha affidato un incarico di estrema delicatezza;
          si ravvisa la necessità che, in una fase di grandi difficoltà e di tensioni nel rapporto tra contribuenti e amministrazione finanziaria, sia assicurata a tutti i livelli e in tutti gli organismi trattanti i delicati compiti di accertamento, gestione e riscossione dei tributi la massima trasparenza e la massima efficacia nell'interesse dello Stato e di tutti i contribuenti;
          i fatti riportati nell'articolo possono contribuire a ingenerare incertezza e sfiducia nei contribuenti, poiché appaiono agli interroganti in netto contrasto con il dovere di procedere nelle nomine con scelte improntate a trasparenza, imparzialità, efficacia ed efficienza  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti richiamati e se non ritenga opportuno procedere ad una verifica per accertare che le decisioni assunte siano conformi ai principi di buona amministrazione e di imparzialità e siano di garanzia per un corretto ed equilibrato rapporto tra fisco e contribuenti, nel pieno rispetto dell'assenza di conflitti di interesse di qualsivoglia natura;
          quali siano i criteri che l'amministrazione finanziaria e le sue partecipate o controllate seguono nella effettuazione delle nomine;
          per quali ragioni si sia dato seguito all'opzione di nominare gli organismi di vigilanza, posto che – sulla base delle recenti normative – le società interessate hanno la facoltà di attribuirne i compiti al rispettivo collegio sindacale. (4-15578)

      Risposta. — Con l'interrogazione in esame gli interroganti chiedono informazioni circa le procedure che hanno portato alla nomina del dottor Giorgio Palasciano a presidente dell'organismo di vigilanza di Equitalia centro Spa.
      Al riguardo l'Equitalia spa ha rappresentato che l'individuazione dei candidati avviene tenuto conto della riconosciuta elevata professionalità, della conoscenza della realtà aziendale e del contesto operativo della riscossione, nonché dei caratteri di autonomia e indipendenza funzionale dei nominati.
      Al momento della nomina in questione, è stata verificata l'inesistenza di cause di incompatibilità con l'incarico e/o ineleggibilità e asseverata la dichiarazione di sussistenza dei requisiti di onorabilità e di professionalità del dottor Palasciano. Ciò in coerenza con quanto previsto dal modello di organizzazione, gestione e controllo previsto dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n.  231 adottato dal gruppo Equitalia, la quale, tenuto conto della delicatezza dell'incarico, ha volontariamente esteso anche ai componenti degli organismi di vigilanza il possesso dei requisiti previsti dalla specifica normativa in materia di riscossione per i componenti degli organi sociali, nonostante la normativa non lo preveda.
      Si precisa, inoltre, che in Equitalia centro, l'organismo di vigilanza è stato istituito dal consiglio di amministrazione della società il 9 maggio 2011, precedentemente pertanto all'emanazione della legge 12 novembre 2011, n.  183 – legge di stabilità 2012 – la quale prevede precisamente all'articolo 14 (riduzione degli oneri amministrativi per imprese e cittadini) la possibilità di attribuire i compiti dell'organismo di vigilanza al collegio sindacale.
      Considerato che il mandato conferito all'organismo di vigilanza ha durata triennale, l'ipotesi di accorpamento delle sue funzioni nel collegio sindacale sarà valutato alla scadenza, tenuto conto delle eventuali, reali economie ottenibili, nonché degli impatti sull'efficacia del sistema dei controlli attuale.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Vieri Ceriani.


      STRIZZOLO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          a metà del mese di febbraio 2012 il soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli-Venezia Giulia, architetto Luca Rinaldi, ha lasciato la regione Friuli-Venezia Giulia per assumere la direzione della regione Piemonte a Torino;
          sono trascorsi ormai più di due mesi senza che vi sia stata la nomina di un nuovo soprintendente e ciò sta comportando dei ritardi nella emissione dei pareri previsti dalle normative vigenti su importanti opere già finanziate o in procinto di avere le approvazioni finali;
          si segnala, in particolare, che nella città di Udine vi sono interventi di recupero e di riqualificazione di edifici e di strutture importanti sotto il profilo storico, culturale e architettonico quali, ad esempio, l'ex macello comunale, l'ex frigo a servizio del vecchio mercato di via Sabbadini, edifici destinati a diventare «cittadella della cultura» e un nuovo lotto dei lavori di restauro del duomo udinese;
          molti interventi anche di carattere privato, che interessano edifici di particolare pregio, sono bloccati per la vacanza nel ruolo apicale della soprintendenza, comportando così delle ricadute negative anche dal punto di vista economico e sociale;
          le normative che disciplinano l'istituto del «silenzio-assenso», proprio per la mancata risposta – anche di tipo negativo – entro i termini previsti rispetto alle normali richieste di parere inoltrate per opere che riguardano il profilo paesaggistico-ambientale, rischiano di determinare, inoltre, conseguenze devastanti per il rispetto e la tutela dell'ambiente e del territorio  –:
          quali provvedimenti intenda assumere per superare urgentemente la vacanza di ruolo determinatasi con l'assegnazione all'architetto Luca Rinaldi della soprintendenza del Piemonte. (4-15782)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame con il quale l'interrogante ha chiesto quali provvedimenti volesse prendere questa Amministrazione per superare la vacanza di ruolo determinatasi in ordine alla soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia, si comunica che, in data 15 maggio 2012, conclusa la fase d'interpello per l'affidamento dell'incarico dirigenziale di livello non generale presso la stessa soprintendenza e, a seguito della firma del contratto, ha preso servizio il nuovo Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia, architetto Maria Giulia Picchione.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.


      NUNZIO FRANCESCO TESTA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          al comune di Casoria è invalsa l'abitudine di procedere alla nomina dei dirigenti senza rispettare l'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n.  165 del 2001, così come modificato dal decreto legislativo n.  150 del 2009 e successive modifiche;
          i decreti sindacali di nomina dei dirigenti sono stati già oggetto di attenzione da parte del Dipartimento della funzione pubblica a seguito di esposti di alcuni consiglieri comunali;
          il Dipartimento della funzione pubblica, attraverso i suoi servizi ispettivi, procedeva ad interventi interlocutori senza assumere i provvedimenti richiesti;
          a fronte del diffuso mancato rispetto della normativa, non provvedendosi nei modi di cui all'articolo 60, comma 6, del decreto legislativo n.  165 del 2001, sarebbe stato presentato, a quanto consta all'interrogante, un esposto in data 14 gennaio 2011 alla procura regionale della Corte dei conti per l'accertamento della responsabilità erariale;
          alcuni consiglieri comunali richiedevano gli interventi ispettivi del Ministero dell'interno e del Dipartimento della funzione pubblica ed esternavano l'amara riflessione che al comune di Casoria si poteva acquisire la nomina a dirigente senza mai aver vinto un concorso pubblico per tale funzione e senza aver mai svolto funzione direttiva o dirigenziale nella pubblica amministrazione ovvero in un'azienda privata;
          al comune di Casoria esiste una dotazione organica di 672 unità tra cui nove dirigenti, continuamente incaricati a tempo determinato, in contrasto con la normativa vigente e senza avere i requisiti soggettivi ed oggettivi per lo svolgimento delle funzioni dirigenziali;
          nove consiglieri comunali, con nota del 13 luglio 2011, chiedevano al sindaco l'annullamento in autotutela dei decreti di nomina dei dirigenti richiamando una pronuncia della Corte costituzionale (sentenza 324/2010) e numerose pronunce della Corte dei conti;
          sia la Corte costituzionale, con sentenza n.  324/2010, sia le sezioni riunite della Corte dei conti, con le pronunce 12, 13 e 14 del 2011, hanno chiarito che i comuni possono procedere a ricoprire i ruoli dirigenziali nel rispetto della percentuale dell'8 per cento della dotazione organica che a Casoria prevede n.  9 dirigenti per cui se ne potevano nominare solo uno;
          la stampa quotidiana e periodica hanno dato ampio risalto alla polemica sulla nomina illegittima dei dirigenti al comune di Casoria;
          il sindaco a fronte delle richieste di annullamento dei consiglieri comunali e delle organizzazioni sindacali rispondeva di aver provveduto così come avevano fatto i suoi predecessori. Oltre a ciò, coinvolgendo la giunta, si faceva approvare un atto di indirizzo in data 13 ottobre 2011 facendosi anche autorizzare la nomina di un altro dirigente che avveniva con decreto n.  143/2011;
          il collegio dei revisori con nota prot. 24425 del 18 luglio 2011 rilevava la violazione dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n.  165 del 2011 così come modificato dal decreto legislativo n.  150 del 2009 nella nomina dei dirigenti avvenuta con i decreti n.  123/2011, 124/2011, 125/2011, 126/2011, 127/2011, 128/2011, 129/2011, 132/2011;
          a fronte dell'inerzia sindacale il collegio dei revisori, con nota prot. 34205 del 24 ottobre 2011, inviava tutta la documentazione alla procura regionale della Corte dei conti della Campania per l'accertamento della responsabilità erariale, rilevando l'illegittimità del conferimento degli incarichi dirigenziali;
          il 15 febbraio 2012 veniva richiesto al presidente del consiglio da un consigliere comunale l'annullamento straordinario degli atti sindacali di nomina dei dirigenti al comune di Casoria, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 138 del decreto legislativo n.  267 del 2000;
          il 30 marzo 2012 lo stesso consigliere comunale del comune di Casoria richiedeva, sempre ai sensi dell'articolo 138 del decreto legislativo n.  267 del 2000, l'annullamento del regolamento per il conferimento degli incarichi dirigenziali, perché in violazione del decreto legislativo n.  150 del 2009 e diretto a coprire gli incarichi affidati in maniera illegittima;
          sul problema sono intervenuti i servizi ispettivi del dipartimento della funzione pubblica evidenziando l'illegittimità dei provvedimenti  –:
          di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto riportato in premessa e se si intenda assumere ogni ulteriore iniziativa di competenza, anche ai sensi dell'articolo 60, comma 6, del decreto legislativo n.  165 del 2001. (4-16010)

      Risposta. — Si fa riferimento all'interrogazione in esame concernente il conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato presso il comune di Casoria; tale conferimento, a parere dell'interrogante, sarebbe avvenuto in violazione dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165, come modificato dal successivo decreto legislativo n.  150 del 2009 che stabilisce che gli incarichi di funzione dirigenziale «... possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23 e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato ai soggetti indicati dal presente comma. La durata di tali incarichi, comunque, non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale di cui ai commi 3 e 4, il termine di tre anni, e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale il termine di cinque anni. Tali incarichi sono conferiti, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e post-universitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato. Il trattamento economico può essere integrato da una indennità commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Per il periodo di durata dell'incarico, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianità di servizio.
      Al riguardo, sulla base degli elementi emersi dall'istruttoria effettuata dall'elettorato per la funzione pubblica, si formulano le seguenti osservazioni.
      La questione di cui alla presente interrogazione, già sottoposta all'attenzione dell'ispettorato e oggetto di precedente corrispondenza tra quest'ultimo e il comune di Casoria, riguarda in particolare i decreti di nomina dirigenziale n.  123 del 2011; n.  124 del 2011; n.  125 del 2011; n.  126 del 2011; n.  127 del 2011; n.  128 del 2011; n.  129 del 2011; n.  132 del 2011.
      Con nota del 30 novembre 2011, il collegio dei revisori del comune di Casoria informava l'ispettorato per la funzione pubblica di aver investito della questione la procura regionale della Corte dei conti della regione Campania, per i profili di eventuale interesse e competenza.
      Il coinvolgimento della magistratura contabile si è reso necessario, a parere del collegio dei revisori, in considerazione della rilevante «persistente oggettiva violazione del novello decreto legislativo n.  141 del 2011»; tale decreto legislativo, recante «Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 150/2009 in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, a norma dell'articolo 2, comma 3, della legge 4 marzo 2009, n.  15», ha inserito, all'articolo 19 del decreto legislativo n.  150 del 2009 il comma 6-
ter stabilendo che «per gli Enti locali, che risultano collocati nella classe di virtuosità di cui all'articolo 20, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.  111, come individuati con il decreto di cui al comma 2 del medesimo articolo, il numero complessivo degli incarichi a contratto nella dotazione organica dirigenziale, conferibili ai sensi dell'articolo 110, comma 1, del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267, non può in ogni caso superare la percentuale del diciotto per cento della dotazione organica della qualifica dirigenziale a tempo indeterminato».
      In tal senso, atteso che la dotazione organica del comune di Casoria risulta pari a 672 unità tra cui 9 dirigenti, come segnalato dall'interrogante, al fine di garantire il rispetto del limite percentuale indicato dall'articolo 1, del decreto legislativo n.  141 del 2011, il numero complessivo degli incarichi dirigenziali a contratto non avrebbe dovuto superare una unità.
      Da segnalare infine che, alla successiva richiesta dell'ispettorato per la funzione pubblica volta a conoscere sia l'esito dell'esposto presentato alla Corte dei conti, sia eventuali determinazioni nel frattempo adottate da parte dell'amministrazione comunale, quest'ultima non ha fornito, ad oggi alcun riscontro.
      Alla luce di quanto sopra e nella considerazione dell'avvenuto deferimento della questione alla magistratura contabile, non appare esperibile, allo stato, nessun ulteriore intervento da parte di questa Amministrazione.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione: Filippo Patroni Griffi.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il consiglio centrale di rappresentanza della Marina militare, con la delibera n.  153 del 30 marzo 2010, preso atto che alla data della deliberazione non sono stati liquidati i compensi forfetari d'impiego agli equipaggi della Marina militare per il quarto trimestre 2009, ha approvato e diffuso un comunicato stampa con il quale dà notizia che: «In questi giorni gli equipaggi e gli enti operativi della Marina si sono trovati di fronte a un'amara sorpresa. Un laconico messaggio delle Superiore Autorità li ha informati che non ci sono i fondi per pagare il compenso forfetario d'impiego per le navigazioni effettuate negli ultimi mesi del 2009. Una vera e propria delusione e un danno economico per i Marinai che su quei soldi avevano già fatto debito conto. Il Cocer Marina auspica che in futuro ci siano maggiori stanziamenti e una più adeguata ripartizione dei fondi da parte della Difesa, per far sì che in futuro ai Marinai non manchino più le spettanze dovute. Questo Cocer esprime forte preoccupazione per le ripercussioni che il mancato pagamento avrà sul morale del personale e, comunque, nella peggiore delle ipotesi, ove non fosse possibile reperire tutti i fondi per pagare il dovuto al personale chiede allo Stato Maggiore della Marina di voler disporre una revisione delle modalità applicative del cosiddetto recupero compensativo, che non può certo essere equiparato alla forfettizzazione del compenso economico, in quanto quest'ultimo era già forfetizzato per il pagamento; quindi eventuali recuperi orari dovranno essere opportunamente sottoposti a nuova concertazione anche attivando, se necessario, la prevista Commissione Paritetica Ministeriale. Inoltre, il Cocer Marina chiede che nella distribuzione dei fondi rimanenti sia data priorità nei pagamenti dell'emolumento in parola, ai gradi inferiori, cioè a coloro che hanno la busta paga più bassa.»;
          il pagamento del citato emolumento è stabilito, a decorrere dal 2002, con i relativi decreti del Presidente della Repubblica di recepimento dello schema di concertazione per le Forze armate relativo ai quadrienni normativi ed ai bienni economici che si sono succeduti nel tempo;
          con l'interrogazione n.  4-03377, su iniziativa del partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm), gli interroganti hanno chiesto chiarimenti in relazione agli ingenti costi che il Ministero della difesa sostiene annualmente per il mantenimento degli organismi della rappresentanza militare e, al fine di contenere i costi che gravano sui bilanci dei Ministeri interessati, se non si ritenga opportuno che i delegati della rappresentanza militare siano aggregati, ovvero che ne sia disposto il trasferimento a domanda, presso le strutture dell'Amministrazione militare dove hanno sede i consigli presso i quali svolgono il loro mandato rappresentativo, destinando, conseguentemente, i risparmi realizzati al miglioramento del trattamento economico del personale militare  –:
          se il Ministro sia a conoscenza di quanto narrato in premessa e quali siano le immediate azioni per effettuare il pagamento delle somme dovute ai militari interessati. (4-06694)

      Risposta. — Ai sensi delle vigenti disposizioni, il compenso forfettario di impiego (CFI) è finalizzato a remunerare esclusivamente l'impegno del personale non dirigenziale (da tenente colonnello a militare di truppa) in esercitazioni e operazioni prolungate e continuative.
      In merito al
quantum spettante, si precisa che l'importo giornaliero si differenzia in funzione del grado del militare e del giorno della settimana di attività, con una precisa distinzione in termini finanziari tra i giorni feriali, il sabato ed i festivi.
      L'introduzione di una speciale indennità finalizzata a compensare l'attività di servizio in navigazione – quando le attività si susseguono senza interruzioni, imponendo al personale vincoli e limiti che rendono problematica l'applicazione delle disposizioni sull'orario di servizio e sullo straordinario ad esso connesso – è stato un obiettivo che la Marina ha fortemente perseguito negli anni.
      Nel 2001, la necessità di una speciale indennità è stata concettualmente recepita e, successivamente, consolidata con il provvedimento di concertazione del 2002 (decreto del Presidente della Repubblica n.  163 del 2002), che ha previsto il compenso forfettario di impiego, ai sensi della legge istitutiva n.  86 del 2001, per remunerare esclusivamente le esercitazioni/operazioni militari caratterizzate da particolari condizioni di impiego oltre il normale orario di lavoro, che si protraggono senza soluzione di continuità per almeno 48 ore.
      La norma istitutiva all'articolo 3, comma 4, della legge menzionata prevede che «il personale può essere impegnato nelle attività di cui al comma 1 fino ad un massimo di centoventi giorni l'anno e per non più di dodici ore giornaliere, salvo il verificarsi di comprovate ed inderogabili esigenze di carattere operativo. Durante lo svolgimento delle predette attività devono essere garantiti al personale il recupero delle energie psicofisiche e comunque la fruizione di adeguati turni di riposo».
      Il successivo comma 5 stabilisce, invece, che il compenso forfettario di impiego è da intendersi quale «indennità sostitutiva per il compenso per il lavoro straordinario e del recupero compensativo...» da attribuire «nell'ambito delle risorse ad essa assegnate...».
      Annualmente, in base alle esigenze rappresentate, lo Stato maggiore della Difesa provvede a ripartire tra le Forze armate le risorse rese disponibili sul relativo capitolo dalla legge di bilancio.
      Anche se l'attribuzione delle risorse condiziona sia la fase di pianificazione e di programmazione delle attività, sia quella di condotta delle operazioni/esercitazioni, va sottolineato che il compenso forfettario di impiego è solo uno degli strumenti che possono essere utilizzati per compensare l'impegno profuso dal personale per le attività operative e addestrative.
      Infatti, alla compensazione delle eccedenze orarie maturate rispetto al normale orario di lavoro concorre anche l'istituto dello straordinario nelle due forme: quella del recupero e quella remunerativa. Tale istituto è l'unico previsto per il personale dirigente, al quale non compete l'attribuzione del CFI.
      Va osservato che le richiamate potenzialità remunerative si sono attenuate negli anni, in quanto l'ammontare delle risorse finanziarie complessivamente disponibili per l'esigenza è stato oggetto di una costante riduzione, dovuta, per quanto ha tratto con l'istituto dello straordinario, anche all'incremento delle retribuzioni orarie, che ha determinato una contrazione dell'entità complessiva del monte ore al quale attingere.
      Si assicura, ad ogni buon conto, che lo Stato maggiore della Marina ha provveduto a sanare ogni pendenza riferita ai CFI maturato dal personale per l'attività svolta nel 2009. Ciò è stato possibile attraverso una rimodulazione dello stanziamento in ambito interforze, operata a cura dello Stato maggiore della Difesa, che ha permesso il recupero delle residue risorse finanziarie.
      Preciso che all'interrogazione n.  4-03377, richiamata nell'interrogazione in esame, è stata fornita risposta in data 12 settembre 2011.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          con il foglio M–D.AAVARM004/20207/DIP4/l/P13-8 del 21 maggio 2010 la direzione per l'impiego del personale militare dell'Aeronautica (DIPMA) ha, chiesto, a tutti i reparti dell'Aeronautica militare, di conoscere se il personale trasferito ai sensi della legge n.  104 del 1992 e del decreto legislativo n.  267 del 2000 abbia ancora i requisiti da cui era scaturito il trasferimento avente carattere di temporaneità presso la nuova sede, come previsto dalla direttiva DIPMA-UD-001 edizioni 2001, 2004 e 2007 nonché dagli ordini d'impiego di ciascun militare trasferito;
          tale richiesta, da parte della DIPMA, è stata avanzata anche per il personale trasferito per esigenze particolari di natura privata (ex para 4 direttiva DIPMA-UD-001) sebbene, per tali trasferimenti, non fosse previsto nessun carattere di temporaneità, né di dover comunicare alla DIPMA la risoluzione delle problematiche connesse alle esigenze particolari di natura privata da cui era scaturito il trasferimento a carattere definitivo presso una nuova sede. Tale personale, infatti, veniva trasferito solo se trovava «utile impiego», ossia solo ed esclusivamente se nell'Ente di destinazione era presente una vacanza organica tale da consentire la normale collocazione del medesimo militare e a condizione che vi fosse un rapporto di forza ottimale tra Ente cedente ed Ente di destinazione come specificato nella direttiva DIPMA-UD-001 edizione 2001, 2004 e 2007 e dagli ordini di impiego del personale trasferito ai sensi del cosiddetto «para 4» delle medesima;
          il citato foglio stabilisce, tra l'altro, che nelle more dell'imminente variante alla DIPMA 001, il personale trasferito con cosiddetto «para 4» venga inserito nella programmazione di reimpiego qualora siano cessati i presupposti alla base della movimentazione, contrariamente alla attuale direttiva ancora vigente  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda avviare affinché la DIPMA riveda le proprie determinazioni in relazione al solo personale trasferito per gravi problemi di carattere familiare o di servizio in virtù della disposizione contenuta nella direttiva citata;

quali provvedimenti intenda adottare nei confronti del personale che ha omesso di comunicare il venir meno dei requisiti che hanno dato titolo al trasferimento dalla originaria sede di servizio ai sensi della legge n.  104 del 1992 e del decreto legislativo n.  267 del 2000. (4-07624)

      Risposta. — I trasferimenti disposti ai sensi del paragrafo 4 della direttiva «DIPMA-UD-001», edizione 2007, emanata dalla direzione per l'impiego del personale militare aeronautico (DIPMA), sono provvedimenti «d'autorità», in quanto emanati d'ufficio a seguito di attività discrezionale di competenza del comandante di corpo.
      Pertanto, non possono considerarsi trasferimenti «a domanda», ma a questi sono assimilati solo sotto il profilo del trattamento economico.
      Ne consegue che il trasferimento «per esigenze particolari di natura privata» non conferisce al militare alcun diritto alla sede di servizio, né tanto meno può configurarsi come un «trasferimento a carattere definitivo», dal momento che i provvedimenti di trasferimento d'autorità disposti dall'Amministrazione militare attengono ad una semplice modalità di svolgimento del servizio sul territorio e rientrano nel
genus degli ordini (Consiglio di Stato – Sezione IV, sentenza n.  2641 del 2000).
      In generale, nel caso in cui venga accertata la cessazione dei requisiti posti alla base del trasferimento d'autorità e, nel contempo, si profili la necessità di soddisfare esigenze operative e funzionali, l'Amministrazione militare ha la facoltà di decidere il trasferimento dell'interessato presso un'altra sede di servizio.
      Tale trattamento è riservato anche al personale militare trasferito ai sensi della legge n.  104 del 1992 o del decreto legislativo n.  267 del 2000, portatore di esigenze tutelate dal legislatore ben più gravi di quelle riconosciute meritevoli dalla sola Amministrazione militare, allorquando cessino le condizioni che danno titolo a godere dei benefici contemplati da tali previsioni normative.
      La DIPMA, con la comunicazione in questione, non ha inteso stabilire una forma di automatismo per la quale alla cessazione delle esigenze particolari di natura privata consegue automaticamente il trasferimento dell'interessato ad altra sede di servizio.
      Si è trattato, invece, di un richiamo al fatto che, al venir meno dei presupposti che hanno determinato il trasferimento ai sensi del cosiddetto «para 4», il militare viene segnalato per un eventuale reimpiego, finalizzato a soddisfare le prioritarie esigenze di Forza armata rendendo disponibili posizioni organiche per tutelare eventuali particolari esigenze di altri militari, garantendo pari opportunità, in concreta applicazione dei principi di promozione della persona e di eguaglianza tra i cittadini, di cui agli articoli 2 e 3 della Carta costituzionale.
      In tale quadro, le disposizioni interne di Forza armata impongono l'obbligo per il militare trasferito ai sensi della legge n.  104 del 1992 o del decreto legislativo n.  267 del 2000 di informare l'Amministrazione circa l'eventuale cessazione dei requisiti che hanno dato titolo al trasferimento stesso, censurando eventuali comportamenti omissivi a seguito di debita valutazione da parte delle competenti autorità gerarchiche.
      Alla luce del quadro delineato, non si ravvisano i presupposti per un'eventuale revisione delle determinazioni adottate dalla Forza armata nel senso invocato dall'interrogante.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          in una agenzia stampa Apcom del 16 febbraio 2010 vengono riportate delle dichiarazioni del Ministro della difesa, Ignazio La Russa in merito all'operazione Mushtarak condotta dalle forze ISAF;
          secondo la fonte giornalistica il ministro interrogato avrebbe dichiarato che «nessun italiano partecipa all'operazione militare in corso nella provincia di Helmand, ma naturalmente c’è qualcuno nella linea di comando a Kabul»;
          il ministro avrebbe anche affermato che «Sì, si sta vincendo nel senso che stiamo occupando il territorio. Ma si sta vincendo senza avere eliminato il pericolo, perché stanno utilizzando il concetto “soldato vivo buono per la prossima volta”. Una vecchia frase di luogo comune che sintetizza un concetto militare. Gli insorti sono impegnati ma quando possono si sottraggono al combattimento. Certamente l'operazione va avanti con meno difficoltà del previsto e l'obiettivo del controllo del territorio viene raggiunto, questo però non toglie che le forze ribelli rimangono con poche perdite. Il problema è se hanno la possibilità di riorganizzarsi per attività di guerriglia anziché di confronto duro»;
          numerose agenzie di stampa hanno diffuso la notizia della morte di cittadini afghani non appartenenti alle forze ribelli coinvolte nei combattimenti;
          l'impiego di militari italiani, anche solo con compiti coordinamento e di comando, in azioni di guerra come è in effetti l'operazione Mushtarak, che prevede l'occupazione militare di un determinato territorio afghano, ad avviso degli interroganti, viola palesemente l'articolo 11 della Costituzione;
          sempre ad avviso degli interroganti le dichiarazioni del Ministro della difesa appaiono improntate a diffondere una chiara volontà del Governo italiano tesa all'occupazioni militare di un territorio straniero, con l'uso delle armi e finalizzata al totale annientamento delle forze ribelli  –:
          quanti siano i militari italiani che a qualsiasi titolo hanno preso parte alla predetta operazione Mushtarak, con quali incarichi, per assolvere quali ordini e se risultino coinvolti negli eventi bellici che hanno causato la morte di civili afghani. (4-06171)

      Risposta. — L'operazione «Mushtarak in Helmand», era stata lanciata, a suo tempo, dalle forze statunitensi, inglesi e canadesi, facenti parte del Command South di ISAF, a supporto delle forze di sicurezza afghane (Afghan national security forces ANSF), al fine di liberare quella provincia da forze ostili che i talebani ponevano protezione della coltivazione dell'oppio e, quindi, di permettere al Governo afghano di riaffermare la propria autorità e ricreare condizioni di stabilità e sicurezza.
      Nel merito, sulla base delle indicazioni dei competenti organi tecnico-operativi militari, le forze nazionali, schierate nella provincia di Farah, sono state interessate esclusivamente per contrastare eventuali «sconfinamenti» verso l'area di responsabilità italiana di
insurgents in ripiegamento dalla zona sud.
      Nel rappresentare che non si è in possesso di ulteriori elementi al riguardo, si rassicura l'interrogante che l'impiego dei nostri militari, nell'ambito dell’
international security Assistance Force (ISAF) è sempre stato coerente con il quadro che l'Esecutivo, in linea di continuità con i precedenti governi, ha sottoposto in più occasioni al Parlamento.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          gli articoli 31, 32, 33 e 34 della legge n.  212 del 1983 e gli articoli 14, 16 e 17 del decreto legislativo n.  196 del 1995 disciplinano le procedure e le modalità per l'avanzamento al grado superiore del personale militare sottufficiale;
          il Coir del comando squadra aerea dell'Aeronautica militare, con la delibera n.  2 del 12 gennaio 2010, ha portato all'attenzione dell'autorità militare la problematica dei sergenti appartenenti al 5° corso inseriti nell'aliquota di avanzamento fissata al 31 dicembre 2008 e non ancora promossi ancorché il procedimento di avanzamento è ad «anzianità» e non «a scelta», quindi legato alla sola verifica dei soli requisiti stabiliti dalla norma;
          nella medesima delibera è stato evidenziato che nello status di militare l'avanzamento al grado superiore rappresenta una crescita in termini professionali che si traduce anche in un riconoscimento economico che, seppur minimo, risulta quanto mai utile in questo particolare momento di evidente crisi economica;
          nel contempo, i paritetici corsi sergenti dell'Esercito e della Marina sono stati regolarmente promossi creando situazioni paradossali in cui gli appartenenti al 5° corso dell'Aeronautica attualmente sono divenuti degli inferiori di grado di personale con pari o minore anzianità. In particolare, l'avanzamento del 5° corso sergenti dell'Esercito si è concluso in appena nove mesi e tra non molto verrà promosso il 6° corso  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga doveroso intervenire affinché siano completate le procedure di valutazione in atto;
          quali siano le motivazioni che hanno impedito all'amministrazione della difesa di concludere il procedimento di valutazione relativo all'aliquota di avanzamento fissata al 31 dicembre 2008 e quale immediate iniziative intenda intraprendere affinché lo stesso sia concluso e in quanto tempo. (4-08182)

      Risposta. — Le procedure di «avanzamento» del 5o corso sergenti dell'Aeronautica militare (aliquota 31 dicembre 2008) hanno subito, effettivamente, un'imprevista dilazione dei tempi tecnici dovuta ad alcune difficoltà insorte per il completamento della documentazione caratteristica del personale interessato.
      La Forza armata, preso atto dell'inconveniente, si è prontamente attivata provvedendo, da un lato, ad intraprendere tutte le possibili iniziative mirate alla puntuale osservanza delle istruzioni sulla compilazione dei fogli matricolari e, dall'altro, a studiare le eventuali misure da adottare per evitare l'insorgenza, in futuro, di analoghi inconvenienti.
      Rassicuro l'interrogante che le procedure per l'avanzamento del personale militare sono oggetto di scrupolosa attenzione e applicazione da parte dei competenti organismi dell'Aeronautica militare.
      Ciò in quanto afferiscono aspetti importanti quali la gestione e l'impiego del personale e, più ancora, la motivazione al servizio che, per la specificità militare, assume una particolare valenza.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          da oltre un mese il maresciallo dell'Esercito Gelsomino Iannarone sta attuando uno sciopero della fame, astenendosi volontariamente dall'assunzione di alimenti solidi, per protestare contro il provvedimento disciplinare di stato con cui il Ministero della difesa, nella persona del generale Roggio, ne ha decretato la sospensione dal servizio per due mesi per avere mantenuto una capigliatura non decorosa per un militare;
          a causa delle conseguenze fisiche dovute alla prosecuzione della protesta il maresciallo Iannarone è stato ricoverato presso l'Ospedale militare «Celio» di Roma;
          il provvedimento disciplinare che è causa della estrema protesta è conseguente al procedimento penale svoltosi dinanzi al tribunale militare di Roma, in cui il militare veniva imputato del reato di cui agli articoli 173 e 47 n.  2 e 4 codice penale militare di pace, ovverosia di disobbedienza aggravata, per essersi rifiutato di obbedire all'ordine, attinente al servizio e alla disciplina militare intimatogli dal superiore gerarchico, di tagliarsi i capelli ad un'altezza consona al servizio e compatibile con l'uniforme militare. Il tribunale militare di Roma condannava il maresciallo Iannarone alla pena di mesi quattro di reclusione, ma successivamente la corte di appello militare di Roma, con sent. 94/2009 divenuta definitiva, lo assolveva dai reati contestati con la formula «perché il fatto non costituisce reato»;
          appare eccessivo e contraddittorio il provvedimento disciplinare di stato della sospensione comminato al maresciallo Iannarone già assolto per il medesimo fatto dalla corte di appello militare di Roma, con sent. 94/2009  –:
          se non ritenga di dover emanare apposite disposizioni volte ad evitare l'uso indiscriminato della potestà disciplinare per quei fatti già valutati in sede penale con esito favorevole a carico dell'incolpato;
          quali immediate iniziative intenda avviare per ripristinare la legalità secondo gli interroganti compromessa dall'attività del direttore generale del personale militare, generale Roggio, che ha emesso il provvedimento sanzionatorio e quali per tutelare la salute e la vita del militare in premessa. (4-10055)

      Risposta. — Dall'esame della documentazione relativa al caso segnalato dall'interrogante non sono emersi elementi di criticità nella gestione della vicenda, né per gli aspetti di carattere disciplinare, né per quelli di carattere sanitario.
      Per quanto riguarda, invece, la vicenda penale, il militare è stato assolto con la formula «il fatto non costituisce reato», che:
          ha efficacia di giudicato, in ordine alla sola statuizione che l'accadimento storico «non costituisce illecito penale» (articolo 653 del Codice di procedura penale);
          non preclude quindi, per pacifico orientamento giurisprudenziale, l'instaurazione di un procedimento disciplinare (Cassazione penale – Sezione VI – sentenza n.  6989 del 1995).

      Tale procedimento può essere finalizzato ad appurare la rilevanza disciplinare:
          del medesimo accadimento storico che è stato oggetto di valutazione penale (nel caso in esame, la mancata ottemperanza agli ordini). Afferma infatti il Consiglio di Stato (Sezione IV – sentenza n.  2111 del 2004): «Che, poi, il fatto è lo stesso che ha dato luogo alla sentenza penale, è vicenda collegata con la diversa valutazione che del medesimo è stata fatta in sede di ordinamento generale e in sede di ordinamento particolare, considerandosi il fatto rilevante sia rispetto agli interessi della collettività organizzata (sentenza penale) che con riferimento agli interessi dell'Arma dei carabinieri (provvedimento disciplinare)»;
          di accadimenti (cosiddette «mancanze autonome») che, seppur emersi nel corso del procedimento penale, non sono stati oggetto di valutazione da parte del giudice in quanto, anche su un piano astratto, non appaiono lesivi delle norme penali (nel caso in esame, l'eccessiva lunghezza della capigliatura). Anche a questo riguardo sussiste un pacifico orientamento giurisprudenziale (Sezioni unite della Cassazione – sentenza n.  23778 del 2010) per cui «il giudicato penale non preclude in sede disciplinare una rinnovata valutazione dei fatti accertati dal giudice penale, essendo diversi i presupposti delle rispettive responsabilità» e quindi «sussiste... piena libertà di valutare i medesimi accadimenti nell'ottica dell'illecito disciplinare».
      L'instaurazione del procedimento disciplinare dopo il passaggio in giudicato della sentenza penale è prevista dagli articoli 1392 e 1398 del Codice dell'ordinamento militare.
      Nel caso di specie, lo stesso giudice dell'appello, pur pronunciando sentenza assolutoria, ha ipotizzato il ricorso allo strumento sanzionatorio disciplinare nella considerazione che: «la condotta dell'imputato ha sicuramente violato la norma disciplinare... La sua violazione, peraltro, è alquanto grave».
      Ritengo, conseguentemente, che nel caso in questione i provvedimenti adottati e l'azione di comando si siano uniformati ai principi e alle disposizioni che regolano il corretto «agere» della Pubblica Amministrazione.
      Pertanto, non ritengo possibile porre in atto quanto richiesto dall'interrogante.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il giorno 7 maggio 2011 il telegiornale del canale televisivo LA7 ha trasmesso un filmato in cui si vede che il signor Vincenzo Michelini, a seguito delle contestazioni rivolte al Presidente del Consiglio dei ministri, viene trascinato per terra da alcuni uomini della sicurezza e poi spinto verso l'uscita;
          nel filmato si vede chiaramente che all'intervento contro il Michelini hanno preso parte anche due ufficiali dell'Arma dei carabinieri –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti in premessa;
          se gli uomini della sicurezza intervenuti contro il signor Michelini siano degli appartenenti all'Arma dei carabinieri o ad altri Corpi armati dello Stato e quali;
          se i due ufficiali dell'Arma dei carabinieri si trovassero sul luogo dei fatti di cui in premessa per ragioni di servizio, quali siano tali ragioni e chi li abbia comandati;
          se i due ufficiali siano intervenuti per ragioni di giustizia al fine di reprimere comportamenti o fatti illeciti e quale sia stato nel caso concreto l'illecito commesso dal signor Michelini tale da richiederne l'intervento. (4-11932)

      Risposta. — Il 7 maggio 2011, nel corso della manifestazione di chiusura della campagna elettorale del Pdl organizzata presso il «Palasharp» di Milano, alla presenza del Presidente del Consiglio dei Ministri e di altre autorità del Governo in quel momento in carica, tale Vincenzo Michelini ha protestato con veemenza nel corso dell'intervento dell'onorevole Silvio Berlusconi, tanto da provocare l'interruzione del comizio e l'intervento degli addetti alla sicurezza. In particolare, i servizi volti a garantire la sicurezza del Presidente del Consiglio vengono espletati dal dipartimento delle informazioni per la sicurezza, organo della Presidenza del Consiglio dei ministri.
      Alcuni rappresentanti delle Forze dell'ordine, presenti all'esterno della struttura per motivi di servizio, sono accorsi immediatamente per verificare quanto stesse accadendo e hanno rinvenuto il Michelini disteso a terra, attorniato da 4 o 5 stewards. Hanno quindi accompagnato l'uomo all'esterno del «Palasharp» e, constatato il suo stato di agitazione, hanno richiesto l'intervento del personale medico del 118 presente sul posto.
      A seguito della denuncia presentata dal predetto Michelini, risulta tuttora pendente un procedimento penale a carico di ignoti per il reato di percosse. Al riguardo si precisa che il giudice di Pace di Milano, con provvedimento del 10 aprile 2012, ha rigettato la richiesta di archiviazione emessa dalla procura in data 5 settembre 2011, disponendo ulteriori indagini, con termine di 120 giorni, per la identificazione dell'autore del reato.
      Infine, si rappresenta che a carico del Michelini non è stato adottato alcun provvedimento, non essendo responsabile di condotte penalmente rilevanti.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          sul sito web del periodico Libero Reporter è pubblicato un articolo a firma di Ferdinando Pelliccia, dal titolo «Pirateria marittima: pagato un riscatto per rilascio Bruno Pelizzari»;
          in cui si legge «Escludo che sia stato pagato un riscatto, l'Italia non paga riscatti». Con queste parole il 21 giugno 2012 il Ministro degli affari esteri, Giulio Terzi rispondeva a chi gli domandava del rilascio di Bruno Pelizzari e Deborah Calitz. Il primo un italo-sudafricano e la seconda sudafricana erano stati tenuti prigionieri in Somalia per quasi 20 mesi. Ebbene a quanto pare sarebbero stati invece, pagati 700 mila dollari per il rilascio di Bruno Pelizzari e Deborah Calitz. I due turisti-velisti erano stati catturati il 26 ottobre del 2010 al largo della costa della Tanzania dai pirati somali. Al momento della cattura erano a bordo dello yacht «Choizil» preso a nolo insieme allo skipper inglese, Peter Eldridge. Quest'ultimo, nel corso del dirottamento, riuscì a scappare. Eldridge venne poi, recuperato da una nave da guerra francese, la «FS Floreal» della forza navale europea, che seguiva a breve distanza lo Yacht sequestrato. L'imbarcazione venne poi, dirottata verso le coste Somale. I due ostaggi dovrebbero essere stati tenuti prigionieri a terra in qualche luogo remoto del territorio somalo a nord di Mogadiscio in quanto, dopo il sequestro, vennero sbarcati e lo yacht abbandonato. Probabilmente il Pelizzari e la Calitz sono passati di mano, venduti o scambiati, almeno un paio di volte durante la prigionia. Per il rilascio di Bruno e Debbie era stato inizialmente chiesto alle loro famiglie in Sudafrica 10 mln di dollari poi, di fronte al fatto che queste non erano in grado di pagare una cifra così alta si erano detti disposti ad accettare 500 mila dollari per poi, di nuovo alzare la posta a 4 mln di dollari. Delle trattative e della raccolta fondi si era occupata principalmente una delle 5 sorelle di Bruno, Vera Hect. Questo anche in seguito al fatto che le autorità di Johannesburg come tante altre, almeno ufficialmente, si sono fin dall'inizio dichiarate non disposte a trattare con i pirati somali ne tantomeno a pagare un riscatto. In un recente contatto Vera aveva riferito di essere riuscita a mettere insieme attraverso donazioni di privati solo 200 mila dollari. Ufficialmente il 21 giugno scorso il loro rilascio era stato presentato, sia dalle autorità italiane sia somale, come un successo delle forze di sicurezza somale che avevano compiuto un blitz militare riuscendo a liberare i due turisti velisti prigionieri in Somalia. Quel giorno il ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi, in merito alla liberazione aveva affermato: «Desidero ringraziare tutte le Istituzioni che grazie al loro lavoro tenace hanno consentito di giungere al risultato di oggi, al quale hanno fornito un contributo determinante anche le autorità somale del Governo Federale Transitorio». Il Ministro degli affari esteri pur rifiutandosi di dare elementi sulla dinamica del rilascio, avvenuto, come poteva del resto, se non c'era stato alcun blitz, aveva spiegato che il rilascio era avvenuto grazie all'intervento armato delle forze di sicurezza e dell'esercito locali. Sulla stessa «falsa» riga il Ministro della difesa somalo, Hussein Arab Isse aveva reso noto che le forze di sicurezza somale, assieme all'esercito avevano tratto in salvo una coppia sudafricana rapita 18 mesi fa. «L'operazione di salvataggio è iniziata mercoledì notte ed è andata avanti fino a questa mattina...», aveva spiegato il Ministro durante una conferenza stampa in cui erano presenti anche i due ostaggi liberati. Era chiaro a tutti, però, che il loro rilascio era stato certamente preceduto dal pagamento di un riscatto o meglio come lo stesso Pelizzari avrebbe confidato ad un giornalista, seguito ad una soluzione negoziata che è la stessa cosa. Finora i predoni del mare non hanno mai rilasciato una nave o un ostaggio senza non aver ricevuto in cambio il pagamento di un riscatto come contropartita. Ma a rendere ancora meno credibile la versione resa nota era anche il fatto che, per usare le parole del Ministro somalo, «i due sono stati liberati in modo sicuro». Se fossero stati veramente ostaggi dei miliziani islamici questi difficilmente si sarebbero fatti strappare dalle mani gli ostaggi integri basta vedere i casi precedenti. La notizia del pagamento di un riscatto è invece, molto più credibile come lo è anche la somma che sarebbe stata pagata, ossia i 700 mila dollari. In genere i pirati somali preferiscono catturare le grandi petroliere o i cargo, per il cui rilascio chiedono poi, dai 5 ai 10 milioni di dollari. Quando però, una «battuta» di caccia si mostra infruttuosa, per «recuperare» almeno le spese, ripiegano catturando piccole navi a vela da crociera. In genere per il rilascio dei «velisti-turisti» catturati le gang del mare somale chiedono circa 400 mila dollari a persona. Nel caso del Pelizzari e della Calitz gli ostaggi erano due e quindi 700 mila dollari deve essere stata appunto la cifra «negoziata» per ottenere il loro rilascio;
          si ribadisce che il Ministro ha smentito il pagamento di qualsivoglia riscatto  –:
          se i fatti narrati sul periodico Libero Reporter nell'articolo in premessa corrispondano al falso. (4-16788)

      Risposta. — Si confermano le dichiarazioni rilasciate dal Ministro Terzi il 21 giugno 2012, come richiamate dallo stesso interrogante.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Staffan de Mistura.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il Ministro interrogato, rispondendo all'interrogazione n.  4-04376 ha affermato che «In merito, così come ribadito in diverse sedi parlamentari e circostanze, si conferma ancora una volta che le Forze armate italiane non impiegano, né hanno mai impiegato, munizionamento contenente uranio impoverito e che non risultano scorte di tale munizionamento stoccate in depositi militari italiani. Allo stesso tempo, si ribadisce che tale tipologia di munizionamento mai è stata sperimentata, neppure da forze armate straniere che hanno effettuato esercitazioni sul territorio italiano»;
          un articolo dal titolo «Blitz nel poligono di Quirra, sequestrate casse radioattive» pubblicato sull'edizione del 26 febbraio 2011, del quotidiano La Nuova Sardegna, riportava la notizia che «sono cinque le casse metalliche, contenente materiale militare risultato radioattivo, poste sotto sequestro dal procuratore della Repubblica di Lanusei, Domenico Fiordalisi, a seguito dell'ispezione in due magazzini del Poligono di Perdasdefogu-Salto di Quirra. [...] nei prossimi giorni continuerà l'opera di scavo per portare alla luce tutto il materiale sepolto in una fossa e messo in luce dalle piogge dei giorni scorsi che hanno fatto affiorare parti di missili e di radiobersagli. Da un primo esame, il materiale potrebbe essere stato usato dall'Aeronautica tedesca durante esercitazioni effettuate negli anni ’60-’70 e poi interrato dopo la bonifica»  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga di fornire ulteriori elementi ad integrazione della risposta citata in premessa e se non intenda chiarire quale sia il contenuto delle casse poste sotto sequestro dall'autorità giudiziaria. (4-11073)

      Risposta. — Ai fini di una più ampia visione della problematica rappresenta con le interrogazioni in esame, con riferimento ai controlli effettuati presso il poligono interforze del Salto di Quirra (PISQ), si rappresenta che:
          nell'anno 2002 sono state eseguite delle letture d'irraggiamento ed effettuati alcuni prelievi per verificare la presenza di uranio impoverito;
          è stata eseguita un'indagine da parte della procura militare presso il tribunale militare di Cagliari;
          è stato svolto, per conto della Difesa, uno studio da parte del professor Riccobono, ricercatore dell'università di Siena, che ha eseguito un'indagine per stabilire lo stato dell'ambiente nella zona del poligono; l'ateneo senese ha reso disponibili i risultati dello studio svolto relativo ad oltre 1500 campioni e a circa 25.000 determinazioni analitiche da cui, a conferma di quanto reso noto a suo tempo, dal presidio multizonale della ASL 8 di Cagliari, si evince che all'interno dell'area del poligono non è individuabile alcuna traccia di uranio che abbia un'origine diversa da quella naturale e con il riscontro di valori anomali di metalli pesanti di accertata origine naturale;
          è stata condotta un'attività di monitoraggio ambientale negli anni 2008-2010, conclusasi con la «Relazione conclusiva» del comitato misto territoriale per l'indirizzo, l'organizzazione, la verifica e il confronto delle attività del monitoraggio ambientale condotto nelle aree del PISQ;
          è stato svolto uno studio sul territorio e sulla radioattività naturale, a cura dell'università di Urbino, ultimato nel 2007;
          in applicazione a quanto disposto dal disciplinare di tutela ambientale del 2008, già applicato in via sperimentale dal 2006, si provvede ad effettuare una verifica visiva dell'area in uso agli utenti, prima e dopo le attività, con le eventuali azioni sugli stessi ai fini della bonifica operativa e del ripristino ambientale;
          è stata effettuata una verifica – nei limiti delle professionalità disponibili presso il PISQ in ambito della sicurezza del lavoro e ambientale – delle schede di sicurezza dei materiali impiegati e delle schede di sicurezza ambientale;

      Per quanto riguarda, in particolare, le attività di bonifica del PISQ, premesso che i relativi atti sono stati tutti acquisiti dall'autorità giudiziaria procedente nell'ambito dell'inchiesta avviata dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Lanusei, il poligono si attiene, nello svolgimento dei compiti istituzionali, alle regole di tutela e di sicurezza dell'ambiente, di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152 (testo unico delle norme in materia di tutela ambientale) e al decreto ministeriale 22 ottobre 2009, nonché al pieno rispetto della normativa e delle procedure volte a garantire la sicurezza del personale.
      In tale ambito, fondamentale è il ruolo del comitato misto paritetico che valuta preventivamente le attività da svolgere nel poligono e procede alla loro autorizzazione solo dopo un attento esame dell'impatto ambientale.
      Chiarito tale aspetto, si evidenzia che le azioni avviate per procedere alla bonifica ambientale e tutte le fasi caratterizzanti il procedimento sono state oggetto di costante comunicazione informativa alla richiamata autorità giudiziaria, cui la Difesa ha garantito la più ampia disponibilità.
      Nello specifico, l'Aeronautica militare, a seguito degli aspetti di criticità evidenziati dalla stessa procura, ha predisposto uno specifico piano d'azione, nominando, successivamente, un apposito gruppo di lavoro che, in data 5 ottobre 2011, ha immediatamente effettuato i sopralluoghi tecnici presso il poligono e ha prodotto una serie di relazioni, a seguito delle quali sono state individuate e recintate, mediante concertina metallica e cavalli di frisia, le aree di Is Pibiris, zona Accu Perda Majori (conosciuta anche come zona Torri o zona brillamenti), Arbaresus e Campo Pisanu (zona arrivo colpi).
      Sono stati, altresì, quasi completati i recuperi dei rottami metallici presenti nei fondali della zona di mare sottoposta a sequestro probatorio, indicati dall'autorità giudiziaria di Lanusei nell'ambito dell'inchiesta in corso.
      Le azioni di recupero e smaltimento dei rottami sono state avviate anche nei confronti dello specchio di acqua marino antistante Capo San Lorenzo, sottoposto, a suo tempo, a sequestro probatorio.
      È stata, inoltre, convocata, in aderenza al decreto ministeriale 22 ottobre 2009, la conferenza dei servizi che ha approvato il piano di caratterizzazione presentato dalla Difesa con la collaborazione di tecnici dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).
      A seguito di ciò, sono state avviate le azioni preliminari per il bando di gara volto ad aggiudicare l'esecuzione del piano di caratterizzazione approvato che verrà reso esecutivo con le conseguenti azioni di bonifica, se necessarie, mediante le previste procedure tecnico-amministrative.
      In proposito, è il caso di evidenziare che le azioni poste in essere dalla Forza armata, sono, comunque, adottate a mero titolo cautelativo e di prevenzione, non essendovi, allo stato attuale, chiare evidenze scientifiche circa la sussistenza di un nesso di causalità tra le attività svolte nel PISQ e l'eventuale impatto sull'ambiente e l'insorgenza di malattie tumorali e/o di malformazioni genetiche sia nell'uomo, sia nella specie animale.
      Per la bonifica del territorio, il Dicastero si è attivato, di concerto con il Ministro per la coesione territoriale, per individuare adeguati stanziamenti già a partire dal corrente anno, mentre, per il triennio 2013-2015, è stato conferito mandato al Sottosegretario di Stato alla Difesa, dottor Magri, d'interloquire con gli omologhi rappresentanti del Governo coinvolti (ambiente e tutela/salute) e con il presidente della regione autonoma Sardegna, dottor Cappellacci, per prevedere l'inserimento, già a partire dal prossimo disegno di legge per la stabilità, di un congruo finanziamento pluriennale per le opere di bonifica dei poligoni militari.
      In merito, poi, ai «mezzi di protezione individuale», considerato che nel poligono non è stato mai previsto, ne autorizzato, l'impiego di munizionamento «speciale», conseguentemente, per il personale ivi operante, non è richiesta l'adozione di peculiari misure di protezione che non siano quelle relative alla specifica attività svolta.
      Tutto il personale (civile e militare) in servizio presso il poligono è sottoposto, comunque, a sorveglianza sanitaria prevista dal decreto legislativo n.  81 del 2008 che prevede accertamenti sanitari mediante analisi di laboratorio e visite specialistiche volte a verificare l'idoneità allo svolgimento dell'incarico assegnato.
      Il personale militare viene anche sottoposto a visite periodiche annuali, al fine di verificarne l'idoneità al servizio militare.
      Con riferimento, invece, ai mezzi di protezione per la popolazione civile, tale aspetto involge specifiche e dirette competenze organizzative regionali.
      Riguardo, in ultimo al
«contenuto delle casse poste sotto sequestro» – di cui all'atto n.  4-11073 – l'Aeronautica militare, pur nel pieno rispetto dell'attività inquirente, ha diffuso, in data 27 febbraio 2011, un comunicato stampa con il quale ha escluso la presenza di uranio impoverito e ha chiarito la natura del materiale contenuto nelle casse, escludendo ogni nocività dello stesso e conseguente rischio per la salute della collettività.
      Come si evince, peraltro, dai contenuti della «Relazione intermedia sulla situazione dei poligoni di tiro» – approvata dalla Commissione parlamentare d'inchiesta presieduta dal senatore Costa, nel corso della seduta 30 maggio 2012 sembra si possa affermare che, allo stato attuale delle ricerche, non sono state riscontrate tracce significative di uranio impoverito nel poligono.
      La Difesa – il cui atteggiamento è stato sempre improntato all'assoluta trasparenza – attende con fiducia gli esiti dell'indagine in corso, con l'auspicio che si possano dare risposte precise e definitive, sulla base di dati scientificamente attendibili nell'interesse prioritario e legittimo di quanti sono coinvolti.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          dal Policlinico militare di Roma dipende un dipartimento di lungodegenza ubicato nella città di Anzio;
          risulta, altresì, che all'interno di tale dipartimento, situato in un comprensorio di quattordici ettari, possano essere localizzati un anfiteatro e i reperti della villa imperiale dell'Imperatore Nerone che dalla costa si estende all'interno della struttura  –:
          quali siano i criteri per l'accesso alle struttura di lungodegenza, quale sia il ruolo di provenienza dei ricoverati o dei familiari aventi diritto, e se questo accesso risulti adeguatamente ispirato a norme di trasparenza o, per converso, non favorisca il personale ufficiali ed i relativi familiari;
          quanti siano attualmente i ricoverati, quale sia il numero del personale dedicato all'assistenza, del personale impiegato in attività amministrative, diviso per categoria e livello di specializzazione;
          se presso la struttura di cui in premessa sia presente un esubero di personale civile e se ne sia previsto il reimpiego in altri enti;
          se siano presenti all'interno della struttura personale «assistenti socio familiari» a seguito del paziente, esterno ai ruoli dell'amministrazione della Difesa, e, ove presenti, quali siano le modalità di autorizzazione all'accesso e se sia accertato e garantito il rispetto delle norme di tutela assicurativa e previdenziale;
          quale sia il numero, ed i carichi di lavoro dei servizi offerti dal poliambulatorio, dalle strutture laboratoristiche e degli altri servizi ivi localizzati;
          quale sia lo stato di manutenzione della struttura e se sia attestato e garantito il rispetto delle norme della sicurezza antincendio e della sicurezza dei lavoratori, anche in considerazione dell'estensione di insediamento di predetta struttura;
          se sia presente personale convenzionato e con quali carichi di lavoro;
          se il capo dipartimento sia destinato in base a criteri legati all'esperienza e alla specializzazione in geriatria e se siano presenti ulteriori specialisti nel settore delle lungodegenza;
          se la notizia concernente la localizzazione nel dipartimento di un anfiteatro e dei reperti della villa imperiale di Nerone sia vera e se siano state effettuate indagini da parte dei competenti organismi per valutarne l'importanza del patrimonio storico culturale;
          quali siano i costi complessivi per il mantenimento della struttura e del relativo personale e a quanto ammontino le spese per le attività di manutenzione del bene e dei relativi servizi nell'ultimo decennio;
          se nella circostanza non si ravvisi l'opportunità di modificare l'ordinamento delle struttura in unità di degenza socio assistenziale a gestione tecnico-infermieristica in modalità tali da soddisfare le emergenti necessità assistenziali e riabilitative, anche legate alle attività in teatro operativo;
          quali urgenti iniziative intenda il Ministro interrogato assumere in merito.
(4-13367)

      Risposta. — Il personale che può avere accesso al dipartimento di lungodegenza di Anzio è stabilito dal decreto interministeriale sanità/difesa del 31 ottobre 2000.
      Nello specifico, l'interessato compila una richiesta di ricovero, allegando la documentazione sanitaria comprovante lo stato di malattia che richiede il trattamento protratto o riabilitativo di lunga durata e, successivamente, valutata, da parte del direttore del policlinico militare «Celio» coadiuvato dagli specialisti interessati, la congruità della documentazione presentata, l'avente titolo viene inserito nella lista di attesa, facendogli prendere visione della sua posizione numerica; per l'inserimento nella lista non esistono «categorie» preferenziali.
      La lista di attesa è un documento pubblico consultabile presso la direzione del dipartimento e non è aggiornabile né modificabile in alcun modo; ad ogni nuova disponibilità di posto letto viene contattato il primo paziente in lista d'attesa e, qualora il paziente abbia già trovato altra collocazione di ricovero, viene acquisita una dichiarazione di rinuncia.
      Attualmente, alla data dell'11 luglio, sono ricoverati presso la struttura 31 pazienti, la cui assistenza sanitaria è coordinata dal capo reparto medicina, con il concorso degli ufficiali medici del dipartimento e del policlinico militare, mentre assistenza infermieristica è garantita dai sottufficiali infermieri professionali in servizio presso il dipartimento di lungodegenza.
      Quanto alla presenza della componente civile, non risulta vi sia personale in esubero rispetto alle unità previste dalle tabelle organiche.
      I pazienti spesso si avvalgono di
«assistenti socio familiari» con i quali intrattengono un rapporto lavorativo diretto, la cui regolarità viene verificata dalla direzione del dipartimento attraverso la visione e presa agli atti del contratto lavorativo e previdenziale. A tali assistenti socio-familiari viene richiesta, altresì, una polizza assicurativa integrativa contro eventuali danni a terzi/cose e, inoltre, trattandosi di personale civile estraneo alla Difesa, l'accesso alla struttura viene autorizzato solo dopo l'espletamento delle vigenti procedure di sicurezza.
      Il dipartimento dispone di un poliambulatorio che effettua prestazioni specialistiche di neurologia, cardiologia, psichiatria, dermatologia, chirurgia ed ortopedia, con un media annuale di circa 1.600 prestazioni.
      Il poliambulatorio offre anche un servizio laboratoristico per prelievi ed esami ematici, con una media annuale di 1100 prelievi.
      Le prestazioni specialistiche, tra l'altro, sono svolte anche a favore del personale avente diritto appartenente ad altri comandi/enti/reparti militari del basso Lazio, soprattutto in materia di medicina del lavoro.
      Il reparto di cura del dipartimento è ospitato in una struttura con seminterrato adibito a magazzini, due piani fuori terra con le stanze per degenza, un corpo centrale su tre piani che ospita il laboratorio analisi, la radiologia, la palestra, la sala per terapia occupazionale e altri locali di uso generale. L'immobile necessita del rifacimento del rivestimento dei prospetti deteriorati dall'esposizione alla notevole azione erosiva dovuta alla sua ubicazione in prossimità del mare.
      Gli impianti elettrici necessitano di una generale riprogettazione e il sistema antincendio si basa su estintori portatili; allo stato, è in corso di revisione il sistema degli idranti. La schermatura radiologica è efficace e costantemente monitorata secondo le norme vigenti.
      Presso la struttura operano specialisti civili nelle branche della neurologia, cardiologia, ortopedia e psichiatria, con un totale di 9 accessi settimanali.
      Quanto all'incarico di capo dipartimento di lungodegenza, la designazione di impiego per ricoprire tale incarico trascende dal possesso della sola specializzazione in branca clinico – geriatria. Di norma la scelta ricade su ufficiali medici che abbiano un adeguato bagaglio tecnico – professionale, con significativa impronta manageriale nella organizzazione e nella gestione delle risorse umane e finanziarie.
      Con riferimento, invece, alla
«localizzazione nel dipartimento di un anfiteatro e dei reperti della villa imperiale di Nerone», la caserma «Medaglia d'Oro al Valore Militare Col.me., Federigo Bocchetti», sede del dipartimento di lungodegenza è inglobata nel tessuto urbano di Anzio che sorge su un territorio caratterizzato, in buona parte, da siti archeologicamente significativi.
      Anche nel parco del dipartimento sono presenti una statua virile incompleta e il basamento di un gruppo marmoreo che furono posizionati nel 1934, in occasione dell'inaugurazione dell'allora «Sanatorio militare».
      Per quanto concerne gli oneri finanziari, nell'ultimo decennio, i costi medi annui complessivi sostenuti per il dipartimento ammontano a:
          mantenimento struttura euro 800 mila;
          personale convenzionato euro 50 mila;
          manutenzione bene euro 230 mila;
          servizi euro 163 mila.

      Riguardo, in ultimo, all'opportunità di modificare l'ordinamento della struttura, come ravvisato dall'interrogante, si fa presente che la problematica è allo studio nell'ambito della revisione della Sanità militare, attualmente in atto.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          con il decreto emesso in data 29 settembre 2011 il procuratore della Repubblica, dottor Domenico Fiordalisi, ha disposto, decorrenza dal 9 novembre 2011 la cessazione del sequestro preventivo del Demanio militare terrestre del Poligono interforze del Salto di Quirra (P.I.S.Q) di Perdasdefogu, e del sequestro preventivo degli animali da allevamento ancora presenti nell'area demaniale militare del P.I.S.Q. e ha contestualmente disposto la revoca dei decreti di sequestro probatorio sui rifiuti e aree terrestri del P.I.S.Q. e sui fondali marittimi interessati dalle attività svoltesi nell'area del poligono di mare di Capo san Lorenzo. La decretazione emessa in data 29 settembre mantiene tuttavia il sequestro probatorio di un missile ”Milan” e dei filmati relativi alle esplosioni;
          il 21 settembre 2011, il Sottosegretario di Stato alla difesa Giuseppe Cossiga, rispondendo a un atto di sindacato ispettivo con il quale alcuni deputati formulavano la richiesta di avviare le necessarie misure sanitarie e di bonifica e dare inizio ad una procedura di risarcimento a favore della popolazione e delle aziende colpite, affermò che «[...] In considerazione di ciò e tenuto conto sia del notevole impegno profuso dalla Difesa per fornire risposte certe alle problematiche emerse nell'area di Quirra, sia che allo stato attuale non sono risultate, in alcuna sede, evidenze circa eventuali correlazioni tra le attività militari e le patologie/malformazioni riscontrate nella popolazione locale e negli animali, non si ravvisa, ad oggi, l'esigenza di assumere specifiche iniziative volte a definire stanziamenti straordinari per avviare quanto richiesto [...]»;
          l'atto emesso dal procuratore Fiordalisi, oltre a chiarire e confermare l'esistenza dell'inquinamento ambientale causato dalle sostanze prodotte dalle attività militari e industriali, affermando che «[...] è emersa una grave compromissione ambientale di alcune aree oggetto del provvedimento di sequestro preventivo [...] si evince con chiarezza il pericolo per la pubblica incolumità determinato dal brillamento [...] di tutte le bombe e munizioni obsolete e fuori uso di tutti gli arsenali italiani dell'Aeronautica dal 1984 al 2008 [...]», ha disposto inderogabili prescrizioni nei confronti del Ministero della difesa quali «[...] l'allontanamento dei pastori (sia quelli molto numerosi, completamente abusivi, perché privi di concessione sia quelli che si ritengono titolari di concessione comunale ancora vigente) con le proprie greggi e con l'avvio di interventi straordinari di bonifica e messa in sicurezza del poligono [...]», quindi l'effettuazione della bonifica e della messa in sicurezza dei luoghi oggetto dell'indagine e dei revocati decreti di sequestro preventivo e probatorio al fine di consentire allo stesso Ministero della difesa di esercitare le attività militari e di sperimentazione in programma;
          ad avviso degli interroganti, alla luce delle ripetute dichiarazioni del Ministro interrogato circa l'interesse alla salute e alla tutela del personale civile e militare della Difesa, appare logico ritenere che i medesimi fattori di rischio e pericolo che hanno determinato l'allontanamento dei pastori e degli animali da pascolo dalle aree del poligono non possano non essere riferiti anche al predetto personale della Difesa che opera all'interno del poligono e che concorre alle differenti attività militari e industriali  –:
          quali immediati provvedimenti s'intendano disporre in esecuzione del decreto di cui in premessa, quali interventi di bonifica e messa in sicurezza delle aree dei poligoni interessate si intendano attuare, quali saranno le modalità di affidamento dei predetti interventi e quali i tempi;
          quali siano i programmi e le attività militari e industriali di cui sia stata autorizzata l'esecuzione nel corso del secondo semestre dell'anno in corso, o comunque a decorrere dalla data del 9 novembre 2011, e se al fine di soddisfare le necessità derivanti da dette attività non ritenga di dover imporre delle limitazioni alla permanenza del personale militare e civile nelle aree del poligono interessate, come e con quali mezzi;
          quali siano i mezzi di protezione individuale di cui può disporre il personale civile e militare della Difesa e quali quelli offerti alle popolazioni civili residenti nelle aree interessate dall'inquinamento ambientale di cui al decreto citato in premessa. (4-13431)

      Risposta. — Ai fini di una più ampia visione della problematica rappresenta con le interrogazioni in esame, con riferimento ai controlli effettuati presso il poligono interforze del Salto di Quirra (PISQ), si rappresenta che:
          nell'anno 2002 sono state eseguite delle letture d'irraggiamento ed effettuati alcuni prelievi per verificare la presenza di uranio impoverito;
          è stata eseguita un'indagine da parte della procura militare presso il tribunale militare di Cagliari;
          è stato svolto, per conto della Difesa, uno studio da parte del professor Riccobono, ricercatore dell'università di Siena, che ha eseguito un'indagine per stabilire lo stato dell'ambiente nella zona del poligono; l'ateneo senese ha reso disponibili i risultati dello studio svolto relativo ad oltre 1500 campioni e a circa 25.000 determinazioni analitiche da cui, a conferma di quanto reso noto a suo tempo, dal presidio multizonale della ASL 8 di Cagliari, si evince che all'interno dell'area del poligono non è individuabile alcuna traccia di uranio che abbia un'origine diversa da quella naturale e con il riscontro di valori anomali di metalli pesanti di accertata origine naturale;
          è stata condotta un'attività di monitoraggio ambientale negli anni 2008-2010, conclusasi con la «Relazione conclusiva» del comitato misto territoriale per l'indirizzo, l'organizzazione, la verifica e il confronto delle attività del monitoraggio ambientale condotto nelle aree del PISQ;
          è stato svolto uno studio sul territorio e sulla radioattività naturale, a cura dell'università di Urbino, ultimato nel 2007;
          in applicazione a quanto disposto dal disciplinare di tutela ambientale del 2008, già applicato in via sperimentale dal 2006, si provvede ad effettuare una verifica visiva dell'area in uso agli utenti, prima e dopo le attività, con le eventuali azioni sugli stessi ai fini della bonifica operativa e del ripristino ambientale;
          è stata effettuata una verifica – nei limiti delle professionalità disponibili presso il PISQ in ambito della sicurezza del lavoro e ambientale – delle schede di sicurezza dei materiali impiegati e delle schede di sicurezza ambientale;

      Per quanto riguarda, in particolare, le attività di bonifica del PISQ, premesso che i relativi atti sono stati tutti acquisiti dall'autorità giudiziaria procedente nell'ambito dell'inchiesta avviata dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Lanusei, il poligono si attiene, nello svolgimento dei compiti istituzionali, alle regole di tutela e di sicurezza dell'ambiente, di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152 (testo unico delle norme in materia di tutela ambientale) e al decreto ministeriale 22 ottobre 2009, nonché al pieno rispetto della normativa e delle procedure volte a garantire la sicurezza del personale.
      In tale ambito, fondamentale è il ruolo del comitato misto paritetico che valuta preventivamente le attività da svolgere nel poligono e procede alla loro autorizzazione solo dopo un attento esame dell'impatto ambientale.
      Chiarito tale aspetto, si evidenzia che le azioni avviate per procedere alla bonifica ambientale e tutte le fasi caratterizzanti il procedimento sono state oggetto di costante comunicazione informativa alla richiamata autorità giudiziaria, cui la Difesa ha garantito la più ampia disponibilità.
      Nello specifico, l'Aeronautica militare, a seguito degli aspetti di criticità evidenziati dalla stessa procura, ha predisposto uno specifico piano d'azione, nominando, successivamente, un apposito gruppo di lavoro che, in data 5 ottobre 2011, ha immediatamente effettuato i sopralluoghi tecnici presso il poligono e ha prodotto una serie di relazioni, a seguito delle quali sono state individuate e recintate, mediante concertina metallica e cavalli di frisia, le aree di Is Pibiris, zona Accu Perda Majori (conosciuta anche come zona Torri o zona brillamenti), Arbaresus e Campo Pisanu (zona arrivo colpi).
      Sono stati, altresì, quasi completati i recuperi dei rottami metallici presenti nei fondali della zona di mare sottoposta a sequestro probatorio, indicati dall'autorità giudiziaria di Lanusei nell'ambito dell'inchiesta in corso.
      Le azioni di recupero e smaltimento dei rottami sono state avviate anche nei confronti dello specchio di acqua marino antistante Capo San Lorenzo, sottoposto, a suo tempo, a sequestro probatorio.
      È stata, inoltre, convocata, in aderenza al decreto ministeriale 22 ottobre 2009, la conferenza dei servizi che ha approvato il piano di caratterizzazione presentato dalla Difesa con la collaborazione di tecnici dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).
      A seguito di ciò, sono state avviate le azioni preliminari per il bando di gara volto ad aggiudicare l'esecuzione del piano di caratterizzazione approvato che verrà reso esecutivo con le conseguenti azioni di bonifica, se necessarie, mediante le previste procedure tecnico-amministrative.
      In proposito, è il caso di evidenziare che le azioni poste in essere dalla Forza armata, sono, comunque, adottate a mero titolo cautelativo e di prevenzione, non essendovi, allo stato attuale, chiare evidenze scientifiche circa la sussistenza di un nesso di causalità tra le attività svolte nel PISQ e l'eventuale impatto sull'ambiente e l'insorgenza di malattie tumorali e/o di malformazioni genetiche sia nell'uomo, sia nella specie animale.
      Per la bonifica del territorio, il Dicastero si è attivato, di concerto con il Ministro per la coesione territoriale, per individuare adeguati stanziamenti già a partire dal corrente anno, mentre, per il triennio 2013-2015, è stato conferito mandato al Sottosegretario di Stato alla Difesa, dottor Magri, d'interloquire con gli omologhi rappresentanti del Governo coinvolti (ambiente e tutela/salute) e con il presidente della regione autonoma Sardegna, dottor Cappellacci, per prevedere l'inserimento, già a partire dal prossimo disegno di legge per la stabilità, di un congruo finanziamento pluriennale per le opere di bonifica dei poligoni militari.
      In merito, poi, ai «mezzi di protezione individuale», considerato che nel poligono non è stato mai previsto, ne autorizzato, l'impiego di munizionamento «speciale», conseguentemente, per il personale ivi operante, non è richiesta l'adozione di peculiari misure di protezione che non siano quelle relative alla specifica attività svolta.
      Tutto il personale (civile e militare) in servizio presso il poligono è sottoposto, comunque, a sorveglianza sanitaria prevista dal decreto legislativo n.  81 del 2008 che prevede accertamenti sanitari mediante analisi di laboratorio e visite specialistiche volte a verificare l'idoneità allo svolgimento dell'incarico assegnato.
      Il personale militare viene anche sottoposto a visite periodiche annuali, al fine di verificarne l'idoneità al servizio militare.
      Con riferimento, invece, ai mezzi di protezione per la popolazione civile, tale aspetto involge specifiche e dirette competenze organizzative regionali.
      Riguardo, in ultimo al
«contenuto delle casse poste sotto sequestro» – di cui all'atto n.  4-11073 – l'Aeronautica militare, pur nel pieno rispetto dell'attività inquirente, ha diffuso, in data 27 febbraio 2011, un comunicato stampa con il quale ha escluso la presenza di uranio impoverito e ha chiarito la natura del materiale contenuto nelle casse, escludendo ogni nocività dello stesso e conseguente rischio per la salute della collettività.
      Come si evince, peraltro, dai contenuti della «Relazione intermedia sulla situazione dei poligoni di tiro» – approvata dalla Commissione parlamentare d'inchiesta presieduta dal senatore Costa, nel corso della seduta 30 maggio 2012 sembra si possa affermare che, allo stato attuale delle ricerche, non sono state riscontrate tracce significative di uranio impoverito nel poligono.
      La Difesa – il cui atteggiamento è stato sempre improntato all'assoluta trasparenza – attende con fiducia gli esiti dell'indagine in corso, con l'auspicio che si possano dare risposte precise e definitive, sulla base di dati scientificamente attendibili nell'interesse prioritario e legittimo di quanti sono coinvolti.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa, al Ministro per la semplificazione normativa. — Per sapere – premesso che:
          il Consiglio dei Ministri in data 16 giugno 2011 – su proposta del Ministro della difesa e del Ministro per la semplificazione normativa – ha approvato uno schema di decreto legislativo che apporta alcune modifiche al Codice dell'ordinamento militare, emanato con decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66;
          la relazione illustrativa ha richiamato che «Le rettifiche delle imperfezioni del testo, sin qui riscontrate in sede applicativa dalle varie articolazioni dell'Amministrazione della difesa, tanto dell'area tecnico-operativa (Stati maggiori di Forza armata), quanto dell'area tecnico-amministrativa (Segretariato generale della difesa e Direzioni generali), possono riguardare meri errori materiali di trascrizione occorsi nella redazione del codice, sia di tipo dattilografico, sia di riproduzione delle partizioni testuali per riassetto delle fonti originarie. Tra questo genere d'intervento, si possono annoverare anche quei perfezionamenti tesi ad una maggiore chiarezza delle disposizioni, senza con ciò innovare le materie che ne sono oggetto» e all'articolo 4, comma 1, lettera s), che «completa all'articolo 811, relativo ai militari della Marina militare, il riassetto delle disposizioni che regolano l'ordinamento del personale di tale forza armata, con particolare riferimento al corpo degli equipaggi militari marittimi (CEMM), già disciplinato dal T.U. approvato con r.d. 18 giugno 1931, n, 914 e all'originario articolo 1 della legge 10 maggio 1983, n.  212»;
          lo schema proposto all'articolo 4, comma 1, lettera s), ha disposto che l'articolo 811, comma 2 è sostituito dal seguente: «All'interno di ciascun ruolo della Marina militare: a) gli ufficiali possono essere ripartiti in specialità ai fini dell'impiego e in relazione alle esigenze di servizio; b) i sottufficiali, i graduati e i militari di truppa del Corpo degli equipaggi militari marittimi (CEMM) sono distinti per categorie e specialità e le relative procedure per l'avanzamento al grado superiore si effettuano distintamente nell'ambito di ciascuna categoria e specialità»;
          l'articolo 3 della legge 6 marzo 1992, n.  216 ha delegato il Governo ad emanare il riordino delle carriere, delle attribuzioni e dei trattamenti economici dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica, allo scopo di conseguire una disciplina omogenea e senza prevedere nessuna peculiarità per la Marina militare;
          il decreto legislativo 12 maggio 1995, n.  196, e successive modificazioni, ha dato attuazione alla delega del Parlamento;
          tale operazione pone in risalto l'illogicità dell'azione legislativa prospettata addirittura nell'ambito della stessa Forza armata tra il corpo equipaggi militari marittimi e il corpo delle capitanerie di porto, nonché in antitesi con il previgente articolo 8, comma 1 e 2, della legge 6 agosto 1991, n.  255, ove già disciplinava identiche modalità di stato giuridico e di avanzamento;
          il codice dell'ordinamento militare, ha riprodotto – senza alcuna novazione – tutta la legislazione citata  –:
          se i Ministri interrogati non ritengano che l'intervento proposto all'articolo 811 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66 apporti una novazione sostanziale allo stato giuridico e all'avanzamento del personale del corpo degli equipaggi militari marittimi, e quali iniziative intendano assumere in proposito. (4-13684)

      Risposta. — La richiamata modifica dell'articolo 811 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66 (codice dell'ordinamento militare), non apporta alcuna innovazione sostanziale in materia di avanzamento del personale del corpo equipaggi militari marittimi (CEMM).
      Tale correttivo, introdotto con il decreto legislativo 24 febbraio 2012 n.  20, infatti, è scaturito esclusivamente dall'esigenza di perfezionare il riassetto – operato con il codice di cui sopra – delle disposizioni che regolano l'ordinamento del personale della Marina militare, con particolare riguardo al corpo degli equipaggi militari marittimi, già disciplinato dal Testo unico approvato con regio-decreto 18 giugno 1931, n.  914 e dall'originario articolo 1 della legge 10 maggio 1983, n.  212.
      Pertanto, non si ritiene di dover intraprendere alcuna iniziativa in merito, così come auspicato dall'interrogante.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          in base all'articolo 32, comma 2, della Costituzione italiana nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge;
          in base all'articolo 5 della legge n.  135 del 1990 la rilevazione dell'infezione da HIV deve essere effettuata con modalità che non consentano l'identificazione della persona; nessuno può essere sottoposto ad analisi tendenti ad accertare l'infezione da HIV se non per motivi di necessità clinica nel suo interesse; sono consentite analisi di accertamento di infezione da HIV, nell'ambito di programmi epidemiologici, soltanto quando i campioni da analizzare siano stati resi anonimi con assoluta impossibilità di pervenire alla identificazione delle persone interessate; la comunicazione di risultati di accertamenti diagnostici diretti o indiretti per infezione da HIV può essere data esclusivamente alla persona cui tali esami sono riferiti; l'accertata infezione da HIV non può costituire motivo di discriminazione, in particolare per l'iscrizione alla scuola, per lo svolgimento di attività sportive, per l'accesso o il mantenimento di posti di lavoro;
          in base all'articolo 6 della legge n.  135 del 1990 è vietato ai datori di lavoro, pubblici e privati, lo svolgimento di indagini volte ad accertare nei dipendenti o in persone prese in considerazione per l'instaurazione di un rapporto di lavoro l'esistenza di uno stato di sieropositività; alle violazioni di tali disposizioni si applica il sistema sanzionatorio previsto dall'articolo 38 della legge 20 maggio 1970, n.  300;
          in base all'articolo 15, comma 3, della legge n.  359 del 1990 nessun provvedimento può essere preso nei confronti di chi abbia rifiutato di sottoporsi agli accertamenti per la ricerca di anticorpi HIV o di chi, sulla base di tali accertamenti, sia risultato essere sieropositivo;
          nel 1994 si è espressa la Corte costituzionale – sentenza n.  218 – suggerendo che, qualora alcune attività lavorative o mansioni potessero comportare rischi di trasmissione dell'infezione verso terzi (in particolare questa ipotesi nasceva da un caso relativo ad attività in ambito sanitario) «dovrebbe» essere prevista la possibilità del datore di lavoro di richiedere all'interessato l'esecuzione del test, ciò perché l'interesse per la salute collettiva e la sua tutela, in base alle conoscenze medico-scientifiche dell'epoca, superava i diritti del singolo; che la conseguenza di questa sentenza possa essere quella di «screening di massa» è tuttavia espressamente negato dalla stessa Corte; la succitata sentenza demandava al legislatore il compito di individuare le eventuali mansioni che potessero esporre terzi a contrarre l'infezione da HIV e rispetto alle quali prevedere l'esecuzione del test. Ad oggi il Parlamento non si è mai espresso in tal senso; la Corte costituzionale con sentenza n.  218 del 1994 ha evitato di pronunciarsi sulla questione di costituzionalità dell'articolo 6, legge n.  135 del 1990, lasciando immutata la disciplina del «divieto per i datori di lavoro»; a conferma di ciò, la stessa cassazione penale, sezione III, nella sentenza 8 gennaio 1998, n.  43, ha statuito che costituisce il reato di cui all'articolo 6, legge n.  135 del 1990, e sono puniti a norma dell'articolo 38 Statuto dei lavoratori, il datore di lavoro e a titolo di concorso il medico che sottopongano all'esame per la ricerca della sieropositività lavoratori dipendenti o persone prese in considerazione per l'instaurazione di un rapporto di lavoro;
          già nel marzo del 1994 la Commissione nazionale AIDS del Ministero della salute ha approvato un documento nel quale viene specificato che «sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili sulle modalità di trasmissione dell'HIV non è giustificato, anzi sembra irragionevole, prevedere l'obbligatorietà di screening per l'HIV per gli operatori, anche del comparto sanitario». La Commissione, nel parere reso in relazione all'eccezione di incostituzionalità degli articoli 5 e 6 della legge, n.  135 del 1990 proposta dal pretore di Padova, ha effettuato una disamina dello stato delle conoscenze sulla trasmissione dell'infezione da HIV allo scopo di evidenziare quale sia il fondamento tecnico-scientifico delle disposizioni che non consentono l'esecuzione obbligatoria del test per l'accertamento dell'infezione da HIV; nel documento ha sostenuto che, seguendo le raccomandazioni dei Center for Diseases Control and Prevention statunitensi per la prevenzione della trasmissione del virus della immunodeficienza umana (HIV) che si basano sul rispetto delle precauzioni universali, pur in un settore particolarmente a rischio qual è quello sanitario, il rischio di infezione occupazionale può considerarsi solo ipotetico; ed ancora, la Commissione ha ricordato come la disciplina che è stata emanata nel nostro Paese, in coerenza con gli indirizzi delineati con decreto ministeriale 28 settembre 1990, ha definito l'insieme delle norme di protezione tanto per gli operatori delle strutture sanitarie che per quelli delle strutture assistenziali, sia pubbliche che private, con criteri di sistematicità e generalità per i diversi settori e ha rimarcato come le precauzioni previste sono da ritenersi adeguate tanto per la protezione degli operatori che per quelle delle persone assistite;
          sulla scorta delle succitate valutazioni medico-scientifiche, imprescindibili per il corretto inquadramento della questione dei rischi di contagio e della loro ricorrenza in concreto, risulta dunque superata la questione della tutela dei terzi, da inquadrarsi, semmai, in un contesto di politica di prevenzione del rischio comportamentale del singolo in linea con le indicazioni elaborate dall'ILO nel 2001 con “Il Codice di condotta nei luoghi di lavoro per la prevenzione del contagio da HIV», documento che ha messo in evidenza che il rischio di trasmissione del virus HIV è strettamente collegato a comportamenti personali, specifici e non casuali, normalmente non ricorrenti nei luoghi di lavoro;
          in Italia, all'esigenza di tutela dal rischio del contagio, ha risposto il legislatore con il decreto legislativo 19 settembre 1994, n.  626, in materia di prevenzione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; com’è noto la normativa, modificata ed integrata con il decreto legislativo n.  81 del 2008 ed il decreto legislativo n.  106 del 2009, prevede misure generali di tutela volte alla valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori ed alla loro eliminazione in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non sia possibile, alla loro riduzione al minimo; in particolare viene in evidenza l'obbligo di informazione e formazione sui rischi e sulle misure di sicurezza, unici strumenti privilegiati di strategia prevenzionale anche nella prevenzione del rischio di infezione da virus HIV; ne deriva che il datore di lavoro ha l'obbligo di assumere le concrete misure prevenzionali in relazione alla rilevanza, alla specificità e alla attualità del rischio di contagio rendendo edotti i lavoratori sui metodi di prevenzione, a prescindere dallo stato sierologico dei singoli;
          in base alle più recenti ed aggiornate conoscenze medico-scientifiche, richiedere un test per l'accertamento della positività per anticorpi HIV non costituisce garanzia che gli aspiranti concorrenti militari non siano entrati in contatto col virus in periodi immediatamente antecedenti o successivi all'esecuzione del test di cui sopra; la norma internazionale dell'ILO del 17 giugno 2010 ribadisce, peraltro, il divieto di esecuzione del test HIV in qualsiasi settore lavorativo, comprese Forze Armate, di polizia e corpi di vigilanza;
          in Italia, malgrado in nessun ambito possa essere prevista l'esecuzione obbligatoria del test per HIV per accedere o mantenere un posto di lavoro, presso l'Amministrazione della difesa vengono indetti bandi di concorso pubblico nei quali è ancora previsto l'obbligo di presentazione del test anticorpale HIV in data non antecedente i tre mesi rispetto a quella di convocazione a visita medica collegiale di idoneità  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra e quali iniziative intenda intraprendere per garantire il rispetto della normativa nazionale ed internazionale nelle procedure di selezione del personale della difesa. (4-14041)

      Risposta. — Le procedure concorsuali per il reclutamento nelle Forze armate comprendono, tra i requisiti per la partecipazione, il possesso dell'idoneità psicofisica che deve essere accertata secondo le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n.  90 recante «Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare», nel quale sono specificate le imperfezioni e le infermità causa di non idoneità al servizio militare e successive modifiche e integrazioni, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 febbraio 2012, n.  40.
      In particolare,
«le sindromi da immunodeficienza, anche in fase asintomatica», sono causa di non idoneità al servizio militare, ai sensi dell'articolo 582, comma 1, lettera e), numero 3) del richiamato decreto del Presidente della Repubblica.
      In materia, la Corte costituzionale si è espressa (sentenza n.  218 del 1994) dichiarando «l'illegittimità costituzionale dell'articolo 5, terzo e quinto comma, della legge 5 giugno 1990, n.  135 (Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS), nella parte in cui non prevede accertamenti sanitari dell'assenza di sieropositività all'infezione da HIV come condizione per l'espletamento di attività che comportano rischi per la salute dei terzi».
      La stessa Corte, inoltre, ha ritenuto superata la questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento all'articolo 6 della stessa legge, specificando che il divieto di accertamento della positività all'infezione da HIV sia inapplicabile non solo nella sanità, bensì in ogni altro settore in cui vi sia un serio rischio di contagio.
      Sulla base della richiamata pronuncia, le Forze armate rientrano a pieno titolo tra i settori a rischio contagio, in considerazione delle peculiari modalità di svolgimento dei compiti a loro devoluti, nonché degli evidenti fattori di rischio esistenti per la salute sia del personale militare sia di terzi.
      Si soggiunge che tali fattori sussistono anche per lo stesso soggetto sieropositivo, la cui infermità sarebbe elemento ostativo per l'effettuazione integrale della prevista schedula vaccinale obbligatoria.
      La doverosa tutela nei confronti del soggetto sieropositivo richiede, peraltro, che lo stesso non possa essere sottoposto a fattori di
stress fisici e che, al contrario, debba seguire un regime di vita e un'eventuale terapia adeguati.
      Si richiama, inoltre, l'articolo 3 della direttiva tecnica della sanità militare del 5 dicembre 2005, come modificato dalla lettera
e) del comma 1 dell'articolo 1, del decreto direttoriale 5 ottobre 2011 – emanato dalla Difesa – che contempla, tra le cause di non idoneità al servizio militare, «la positività per gli anticorpi anti-HIV».
      In applicazione, quindi, della normativa vigente in materia, i bandi di reclutamento devono obbligatoriamente prevedere criteri di selezione che comportano l'esclusione dalle procedure concorsuali dei candidati affetti dalle patologie ivi indicate.
      Pertanto, in considerazione di quanto sopra esposto, non si ritiene possibile porre in atto quanto richiesto dall'interrogante.

Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      ZACCHERA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che.
          con la legge n.  86 del 2001 all'articolo 3 comma 1, si stabiliva che «il personale dell'esercito, della Marina e dell'Aeronautica impegnato in esercitazioni od in operazioni militari caratterizzate da particolari condizioni di impiego prolungato e continuativo oltre il normale orario di lavoro, non è assoggettato, durante i predetti periodi di impiego, alle vigenti disposizioni in materia di orario di lavoro ed ai connessi istituti a condizione che le predette attività si protraggono senza soluzione di continuità per almeno quarantotto ore». Il successivo comma 4 di evidente garanzia cita: «il personale può essere impegnato nelle attività di cui al comma 1 fino ad un massimo di 120 giorni l'anno e per non più di 12 ore giornaliere, salvo il verificarsi di comprovate ed inderogabili esigenze di carattere operativo. Durante lo svolgimento delle predette attività devono essere garantiti al personale il recupero delle energie psicofisiche e comunque la fruizione di adeguati turni di riposo». In considerazione di quanto citato, il successivo comma 4 prevedeva che, con le successive procedure di concertazione, si sarebbe provveduto ad istituire una «indennità sostitutiva del compenso per lavoro straordinario e del recupero compensativo»;
          con il decreto del Presidente della Repubblica n.  163 del 2002, («Recepimento dello schema di concertazione per le Forze Armate relativo al quadriennio normativo 2002-2005»), all'articolo 9, comma 6, veniva istituita «l'indennità sostitutiva del compenso per lavoro straordinario e del recupero compensativo» denominata compenso forfettario di impiego «da corrispondere in sostituzione agli istituti connessi con l'orario di lavoro»;
          con le «Disposizioni applicative sull'orario di servizio e sul compenso per il lavoro straordinario ed 2006» al punto 3, lettera c), si è disposto che nell'arco di una giornata (00,00-23.59) le ore eccedenti l'orario lavorativo in vigore (36 ore settimanali) danno luogo alle «eccedenze massime di 4.5 ore lavorative per i giorni feriali e 12,00 festivi»;
          è ampiamente noto che, l'attività di navigazione su una nave militare è altamente operativa e merita dei riconoscimenti superiori rispetto alla ordinaria attività svolta a terra;
          a bordo delle navi si svolgono turni spesso di 4 ore di guardia e 4 di lavoro ordinario, e se le ore non di guardia capitano di notte spesso si svolgono esercitazioni;
          con messaggio del 24 marzo 2010 il comandante in capo della squadra navale in attuazione delle disposizioni dello Stato maggiore del 18 febbraio 2010, ordinava ai comandi dipendenti di riconteggiare le ore di attività svolta per la successiva enumerazione in natura con recupero compensativo, a causa di «in capienza dei fondi resi disponibile sul pertinente capitolo» dei CFI;
          da organi di stampa si viene a conoscenza di forme di malumore che sono sfociate in forme di protesta come astensione dalle mense;
          il CoCeR sez. Marina, ha richiesto un tavolo tecnico urgente per capire i motivi del mancato pagamento, avendo solo delle rassicurazioni dal capo di Stato Maggiore della marina senza sapere eventualmente come, quando e se possano essere pagate le indennità;
          lo stesso CoCeR Marina ha chiesto la sospensione delle disposizioni emanate dal comandante in capo della squadra navale in merito ai recuperi compensativi al posto delle indennità;
          quali siano le motivazioni che hanno portato alla decisione di non pagare le spettanze forfettarie del personale navigante;
          quali siano state le comprovate ed inderogabili esigenze di carattere operativo che hanno portato le unità navali a navigare più dei 120 giorni previsti dalla legge, con la conseguente incapienza dei fondi disponibili;
          nell'immediato se sia intenzione del Ministro interrogato trovare una soluzione per riconoscere, almeno forfetariamente (con il CFI), il lavoro svolto dal personale nell'ultimo trimestre 2009;
          se non ritenga sia il caso di cambiare le disposizioni dello Stato Maggiore della Marina che prevedono la remunerazione in natura con recupero compensativo nella misura di 4,5 ore per le navigazioni effettuate nei giorni feriali e 12 ore per quelle effettuate nei giorni festivi, in considerazione del fatto che il personale di bordo per turni ed esercitazioni di fatto non può avere le 12 ore di riposo garantito e che comunque non li possono trascorrere fuori la nave; posto che inoltre il compenso forfetario di per sé è in sostituzione dell'orario di lavoro e quindi risulterebbe paradossale «forfettizzare il forfetario»;
          se ritenga di escludere il personale navigante dal pagamento del compenso forfetario di impiego, in cambio del giusto riconoscimento di almeno un'ora di straordinario per ogni ora di navigazione effettuata oltre l'orario di servizio, in considerazione dei disagi e della mole di lavoro svolta a bordo senza soluzione di continuità. (4-06863)

      Risposta. — Ai sensi delle vigenti disposizioni, il compenso forfettario di impiego (CFI) è finalizzato a remunerare esclusivamente l'impegno del personale non dirigenziale (da tenente colonnello a militare di truppa) in esercitazioni e operazioni prolungate e continuative.
      In merito al quantum spettante, si precisa che l'importo giornaliero si differenzia in funzione del grado del militare e del giorno della settimana di attività, con una precisa distinzione in termini finanziari tra i giorni feriali, il sabato ed i festivi.
      L'introduzione di una speciale indennità finalizzata a compensare l'attività di servizio in navigazione – quando le attività si susseguono senza interruzioni, imponendo al personale vincoli e limiti che rendono problematica l'applicazione delle disposizioni sull'orario di servizio e sullo straordinario ad esso connesso – è stato un obiettivo che la Marina ha fortemente perseguito negli anni.
      Nel 2001, la necessità di una speciale indennità è stata concettualmente recepita e, successivamente, consolidata con il provvedimento di concertazione del 2002 (decreto del Presidente della repubblica n.  163 del 2002), che ha previsto il compenso forfettario di impiego, ai sensi della legge istitutiva n.  86 del 2001, per remunerare esclusivamente le esercitazioni/operazioni militari caratterizzate da particolari condizioni di impiego oltre il normale orario di lavoro, che si protraggono senza soluzione di continuità per almeno 48 ore.
      La norma istitutiva all'articolo 3, comma 4, della legge menzionata prevede che «Il personale può essere impegnato nelle attività di cui al comma 1 fino ad un massimo di centoventi giorni l'anno e per non più di dodici ore giornaliere, salvo il verificarsi di comprovate ed inderogabili esigenze di carattere operativo. Durante lo svolgimento delle predette attività devono essere garantiti al personale il recupero delle energie psicofisiche e comunque la fruizione di adeguati turni di riposo».
      Il successivo comma 5 stabilisce, invece, che il compenso forfettario di impiego è da intendersi quale «indennità sostitutiva per il compenso per il lavoro straordinario e del recupero compensativo...» da attribuire «nell'ambito delle risorse ad essa assegnate...».
      Annualmente, in base alle esigenze rappresentate, lo Stato maggiore della Difesa provvede a ripartire tra le Forze armate le risorse rese disponibili sul relativo capitolo dalla legge di bilancio.
      Anche se l'attribuzione delle risorse condiziona sia la fase di pianificazione e di programmazione delle attività, sia quella di condotta delle operazioni/esercitazioni, va sottolineato che il compenso forfettario di impiego è solo uno degli strumenti che possono essere utilizzati per compensare l'impegno profuso dal personale per le attività operative e addestrative.
      Infatti, alla compensazione delle eccedenze orarie maturate rispetto al normale orario di lavoro concorre anche l'istituto dello straordinario nelle due forme: quella del recupero e quella remunerativa.
      Tale istituto è l'unico previsto per il personale dirigente, al quale non compete l'attribuzione dei CFI.
      Va osservato che le richiamate potenzialità remunerative si sono attenuate negli anni, in quanto l'ammontare delle risorse finanziarie complessivamente disponibili per l'esigenza è stato oggetto di una costante riduzione, dovuta, per quanto ha tratto con l'istituto dello straordinario, anche all'incremento delle retribuzioni orarie, che ha determinato una contrazione dell'entità complessiva del monte ore al quale attingere.
      Si assicura, ad ogni buon conto, che lo Stato maggiore della Marina ha provveduto a sanare ogni pendenza riferita al CFI maturato dal personale per l'attività svolta nel 2009. Ciò è stato possibile attraverso una rimodulazione dello stanziamento in ambito interforze, operata a cura dello Stato maggiore della Difesa, che ha permesso il recupero delle residue risorse finanziarie.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      ZAMPA, LENZI, VASSALLO e BENAMATI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          con riferimento a quanto pubblicato da alcuni quotidiani nella cronaca della città di Bologna, è stata disposta la rimozione della dottoressa Paola Ziccone dalla direzione dell'istituto penale minorile del Pratello, stante l'esito positivo delle ispezioni predisposte sia prima del 2008 che nelle successive dalla direzione generale del dipartimento giustizia minorile e stante l'assenza di conclusioni negative derivanti da eventuali ispezioni;
          a tal riguardo si segnala al contrario il giudizio positivo dell'opinione pubblica che ha sempre considerato il Pratello come un fiore all'occhiello del dipartimento stesso, nonostante le oggettive difficoltà dell'istituto afflitto da carenza di personale (più volte denunciato dai parlamentari bolognesi con interrogazione al Ministero della giustizia) e il protrarsi dell'apertura di un cantiere per i lavori edili richiesti da interventi di ristrutturazione dello stabile sito nel centro di Bologna;
          il direttore del centro di giustizia minorile dell'Emilia Romagna, Giuseppe Centomani, il quale, riferendosi alla relazione che nel 2008 aveva valutato positivamente l'operato della dottoressa Ziccone, ha sostenuto che il suo contenuto era stato «messo in discussione dal successivo capo di Dipartimento sia nella forma che nel contenuto» e che la stessa relazione è invece risultata, ad una nuova analisi, «ampiamente destituita di fondamento» rappresentando il prodotto di una «attività ostile alla direzione dei centri fatta da parte del vecchio capo di Dipartimento in accordo con ambienti collegati politicamente alla vecchia direzione dell'Istituto»;
          secondo quanto diffuso dall'agenzia di stampa Dire nell'aprile 2011, cioè nel periodo di tempo che ha preceduto la decisione di trasferire ad altro incarico la dottoressa Ziccone, si registravano in Istituto «contrasti e incompatibilità ambientali» tra i dirigenti, la stessa Ziccone e Centomani  –:
          se sia noto e se corrisponda al vero quanto riportato in premessa;
          quali siano le ragioni che hanno determinato la rimozione della dottoressa Ziccone dalla direzione dell'istituto penale minorile di Pratello. (4-13298)

      Risposta. — La questione esposta dagli interroganti nell'interrogazione in esame, cristallizza alla data del 26 settembre 2011 la vicenda attinente l'avvenuta rimozione della dottoressa Paola Ziccone dalla direzione dell'istituto minorile di Pratello.
      Da tale prospettazione – temporalmente e contenutisticamente delimitata dagli avvenimenti riferiti nell'atto, ma anche in certo qual senso conclusa con la rimozione della dottoressa Ziccone dall'incarico ricoperto – traggono spunto le argomentazioni che gli interroganti pongono a sostegno della valenza professionale dell'ex direttore e dell'esigenza, dagli stessi avvertita, di maggiori delucidazioni per una migliore comprensione dell'accaduto.
      Ebbene, pur considerando la normale evoluzione degli eventi (che in una fase successiva ha visto la dottoressa Ziccone impugnare il provvedimento adottato dall'amministrazione ed il competente giudice del lavoro pronunciarsi sul merito della questione), è con riferimento al quadro temporale inizialmente descritto che sono stati richiesti i dovuti chiarimenti e che sono stati tempestivamente avviati i necessari riscontri amministrativi.
      Dalle informazioni acquisite dalla direzione generale del dipartimento della giustizia minorile, è emerso che, mentre la dottoressa Ziccone era direttore dell'istituto penale minorile di Bologna, si erano verificate talune situazioni emergenziali, indicative di una insostenibile conflittualità e di disordine organizzativo, che avevano esposto a grave pericolo il livello di sicurezza dell'istituto stesso. In particolare era stata rilevata una situazione di fatto sintomatica da un lato di gravi disfunzioni organizzative e, dall'altro, di un diffuso malcontento nei confronti del direttore dell'istituto, anche da parte del personale di polizia penitenziaria.
      In più di una occasione, inoltre, era stata registrata la contemporanea assenza per malattia sia del direttore dell'istituto, che del comandante di reparto e di un numero consistente di personale della Polizia penitenziaria. In un frangente, per far sì che il livello di sicurezza dell'istituto mantenesse i caratteri dell'adeguatezza capaci di assicurare tutte le esigenze contingenti, si era reso necessario l'invio in missione di alcune unità di Polizia penitenziaria da altre regioni, mentre, in un'altra circostanza era stata persino paventata la richiesta di allerta preventiva alla prefettura di Bologna.
      Quest'ultima evenienza era stata, peraltro, scongiurata soltanto grazie all'intervento organizzativo del dottor Roccaro, il quale nella qualità di direttore incaricato, nominato il 18 agosto 2011 su disposizione del capo dipartimento facente funzione, era riuscito a migliorare il clima lavorativo e con esso a garantire gli standards di sicurezza richiesti per la funzionalità dell'istituto.
      Le esigenze di continuità dell'azione amministrativa ed il primario interesse ad una buona amministrazione, avevano poi indotto il direttore generale ad affidare – fino a nuova disposizione – la direzione dell'istituto al predetto dottor Roccaro ed ad incaricare, in via provvisoria, la dottoressa Ziccone del coordinamento dell'area tecnica presso il Centro giustizia minorile di Bologna, anche al fine di assicurare all'incaricata un ulteriore accrescimento professionale.
      Queste, in sintesi le ragioni valutate dall'amministrazione per l'adozione del provvedimento di rimozione della dottoressa Ziccone dall'incarico inizialmente ricoperto e le motivazioni sottese al conferimento in via provvisoria della direzione dell'istituto al citato dottor Roccaro, per evidenti finalità di ottimizzazione e sicurezza delle attività della struttura.
      Dalle notizie da ultimo acquisite, risulta invero che la dottoressa Ziccone ha proposto ricorso al tribunale di Bologna, sezione lavoro avverso il provvedimento amministrativo. L'impugnazione è stata accolta nel merito all'esito dell'udienza del 29 maggio 2012. In data 6 giugno 2012, il dispositivo della sentenza è stato anticipato via mail dall'avvocato Giorgio Sacco, legale della dottoressa Ziccone, con richiesta di immediato reintegro della ricorrente nella precedente funzione.
      Detto ciò, va segnalato per completezza di informazione che la situazione complessiva dell'istituto minorile di Pratello, unitamente alle attività e alle iniziative intraprese dalla dottoressa Ziccone nella qualità di direttore del predetto istituto di Bologna, hanno formato oggetto di una ulteriore ed approfondita verifica, realizzata con ispezione amministrativa del 5-7 dicembre 2011.
      In esito alle predette verifiche amministrative, alla citata dottoressa Ziccone sono stati imputati ulteriori addebiti disciplinari con atto di contestazione del 23 dicembre 2011 e, alla conclusione del relativo procedimento, le è stata applicata la sanzione disciplinare della «sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per mesi tre». Tale provvedimento è stato notificato all'interessata il 30 maggio 2012.
      Ne discende, che potrà darsi esecuzione a quanto stabilito dal giudice del lavoro di Bologna soltanto al termine della sospensione disciplinare in atto. Va comunque segnalato che è intenzione dell'amministrazione proporre appello avverso la sentenza del tribunale di Bologna tramite l'avvocatura distrettuale dello Stato competente.
      In conclusione, appare manifesta l'assoluta infondatezza delle notizie apparse sulla stampa circa un atteggiamento persecutorio o ritorsivo nei confronti della dottoressa Ziccone, risultando i provvedimenti amministrativi, adottati nei confronti della stessa, come logica e naturale conseguenza dei rilievi e delle irregolarità riscontrate dall'ispezione svolta dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
Il Ministro della giustizia: Paola Severino Di Benedetto.


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          Italia Nostra denuncia il progetto di realizzazione di 16 pale eoliche alte 130 metri che incomberebbero per tre chilometri e mezzo di tragitto e ad appena sei e mezzo di distanza in linea d'aria sul crinale dei Monti del Sannio, sul sito archeologico più significativo del Molise, la città romana di Saepinum;
          gli scavi di Saepinum sono un simbolo del paesaggio storico e millenario del Molise e giacciono al centro di una piccola conca montana rimasta miracolosamente intatta;
          un dato riconosciuto dalla stessa legge regionale sulle energie rinnovabili del Molise che in un articolo tutela la Valle del Tammaro e i suoi crinali;
          il sito è immerso in un paesaggio agricolo incontaminato, sulla rotta dell'antico tratturo Pescasseroli-Candela, che da secoli indirizza le greggi dal cuore dell'Abruzzo al Tavoliere delle Puglie, vincolato con decreto ministeriale, poi modificato con il rischio di trasformarlo a strada di accesso all'area industriale eolica e alle varie piazzole degli ero generatori;
          altre dieci pale della stessa altezza dovrebbero sorgere nella vicina Pietrabbondante, insediamento sannitico famoso per il suo splendido teatro, di fronte al Monte Caraceno  –:
          quali iniziative si intendono avviare a tutela dei beni archeologici e paesaggistici minacciati dalla realizzazione dei suddetti impianti eolici. (4-08742)

      Risposta. — Si fa riferimento all'interrogazione in esame, concernente la realizzazione, da parte della società Essebiesse Power s.r.l., di un impianto eolico da 32 megawatt costituito da sedici torri dell'altezza di circa 130 metri, nell'alta valle del fiume Tammaro, su un crinale prospiciente la città romana di Saepinum e a ridosso di un antico tratturo.
      Al riguardo, sulla base delle documentate indicazioni fornite dai competenti uffici, si rappresenta quanto segue.
      La vicenda oggetto dell'atto di sindacato ispettivo trae origine dalla nota inviata in data 11 maggio 2005 dalla società Essebiesse Power s.r.l. alla soprintendenza per i beni archeologici del Molise, con la quale si trasmetteva il progetto di un impianto eolico da realizzarsi nei territori dei comuni di Cercepiccola e San Giuliano del Sannio.
      L'area prescelta per la localizzazione dell'impianto, sia in territorio di San Giuliano del Sannio (ove interessava le località «Castagna» e «Serre») sia in territorio di Cercepiccola (ove interessava le località «Cardete» e «Rovere»), è costituita dai crinali di una serie di colline che chiudono, verso nord-est, la valle del fiume Tammaro, entro la quale è adagiata l'antica città romana di Saepinum.
      Su tale progetto, il soprintendente per i beni archeologici pro tempore si espresse favorevolmente con nota n.  3789 del 18 maggio 2005, sull'assunto che l'area interessata dall'impianto non presentasse evidenze di interesse archeologico.
      Di diverso avviso si mostrò viceversa il direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici del Molise, il quale comunicò alla presidenza della regione Molise, con nota n.  3233 dell'11 agosto 2005, l'annullamento, in autotutela, della nota di autorizzazione all'impianto, emessa il 18 maggio 2005 dal soprintendente per i beni archeologici.
      In data 22 agosto 2005, a seguito di segnalazioni effettuate da privati circa la presenza di reperti archeologici, il soprintendente per i beni archeologici del Molise, assistito da alcuni funzionari, effettuò un sopralluogo nell'area prescelta per la localizzazione dell'impianto eolico, individuandovi un antico percorso tratturale, ancora connotato dal toponimo «strada comunale tratturo», nonché, lungo il suo tracciato, aree di giacenza di frammenti di tegole e cocci, probabile segno di un qualche insediamento lungo il percorso, forse costituito da una villa rustica o da una mansio.
      Frattanto il direttore regionale, con nota n.  2921 del 21 luglio 2005, aveva segnalato all'assessore regionale ai beni ambientali l'intendimento di avviare il procedimento per l'imposizione del vincolo paesaggistico proprio sui comuni di San Giuliano del Sannio, Cercepiccola e Cercemaggiore, anche al fine di salvaguardare l'incontaminato contesto paesaggistico «che incornicia il gioiello archeologico, monumentale e paesaggistico di Sepino-Altilia».
      Con successiva nota n.  3963 del 29 settembre 2005, indirizzata al capo del dipartimento per i beni culturali e paesaggistici del Ministero, la medesima direzione regionale, dopo aver tracciato una breve cronistoria in merito alle vicende concernenti la tutela paesaggistica dei territori di Cercemaggiore, Cercepiccola e San Giuliano del Sannio (risalenti al 1996 e già approdate ad un primo vincolo nel 1998, poi annullato dal tribunale amministrativo regionale Molise), ripropose, pertanto, l'emanazione, per i detti comuni, di un vincolo paesaggistico riguardante il loro intero territorio.
      A seguito di ulteriori ricognizioni territoriali ed indagini archeologiche effettuate fra la fine del 2005 ed i primi mesi del 2006, la soprintendenza per i beni archeologici accertò che il tratturello ancora ben visibile individuato nel corso del sopralluogo dell'agosto 2005 era la testimonianza di un percorso viario antico che si sviluppava sul crinale della collina, individuata con il toponimo «la Castagna», su cui si sarebbero dovute collocare le pale eoliche dell'impianto della Essebiesse s.r.l.
      Pertanto, al fine di salvaguardare l'antica testimonianza – uno dei pochi ed antichi assi riconosciuti della viabilità minore – sul tratturo in questione venne proposto il vincolo archeologico per l'intero suo tracciato ancora completamente leggibile (pari a circa 4.7 chilometri) e, ai due lati dello stesso, venne proposta la creazione di una fascia di tutela indiretta e diretta della profondità di 20 metri su ciascun lato.
      La proposta, formalizzata con nota dell'8 marzo 2006, venne approvata dal comitato regionale di coordinamento nella riunione del 9 marzo 2008, e il relativo procedimento venne formalmente avviato mediante comunicazione ai comuni interessati con note del 20 marzo 2006, n.  2224 e n.  2225.
      In data 26 giugno 2006, con decreto n.  10 del direttore regionale, in esito al suddetto procedimento, venne quindi dichiarato l'interesse archeologico particolarmente importante della «Strada comunale Tratturo» e venne altresì decretata la costituzione di una fascia di rispetto, della profondità di 20 metri, su ciascuno dei lati del percorso tratturale, nella quale era inibito ogni «intervento che ne alteri la fisionomia».
      Successivamente, in data 6 dicembre 2006, il direttore regionale inviò alla Essebiesse Power s.r.l. la nota n.  4889, con la quale si ribadiva che «malgrado in precedenza sia stato rilasciato un parere favorevole dalla Soprintendenza (...) all'attuazione del progetto (...) poiché successivamente a tale assenso sono emersi elementi di interesse archeologico, storico e culturale sul percorso del crinale sulla base dei quali è stato apposto il vincolo (decreto n.  10 del 26 giugno 2006) (...) che si allega in copia (...) si diffida codesta ditta dall'esecuzione del progetto medesimo che a quanto risulta in atti, utilizzerebbe il percorso di interesse storico come tracciato di servizio dei nuovi impianti».
      La Essebiesse s.r.l. inviò quindi alla soprintendenza per i beni archeologici in data 11 dicembre 2006 una variante progettuale con la quale veniva prevista una diversa collocazione dei singoli aerogeneratori, che rimanevano comunque distribuiti lungo la «Strada comunale Tratturo» (di cui si prospettava l'utilizzo come strada di cantiere e come tracciato per la posa in opera del cavidotto di vettoriamento dell'energia prodotta dall'impianto), ma al di fuori della fascia di rispetto imposta dal vincolo, misurata dal ciglio della strada.
      A questo punto, nonostante il chiaro tenore della citata nota del direttore regionale del 6 dicembre 2006, il soprintendente per i beni archeologici, con lettera n.  9537 dello stesso 11 dicembre 2006, confermò alla Essebiesse power s.r.l. «il parere favorevole già espresso (scilicet alla realizzazione dell'impianto eolico) salvo che qualsiasi lavoro dovrà essere seguito da personale della Sopraintendenza (...) Il fratturo dovrà essere ripristinato in battuto al termine dei lavori.
      Anche questo secondo parere favorevole venne peraltro annullato in autotutela dal direttore regionale, con nota n.  6108 del 15 dicembre 2006.
      Successivamente, il tribunale amministrativo regionale Molise, adito con ricorso dalla società interessata, nominò con sentenza n.  202 del 4 aprile 2007 un commissario ad acta, con il compito di procedere all'esame degli atti e provvedere, se del caso, al rilascio dell'autorizzazione unica, prevista dall'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n.  387 del 2003, per la costruzione e l'esercizio dell'impianto eolico di che trattasi.
      Il commissario nominato rilasciò la detta autorizzazione con atto n.  1000/CAA del 28 giugno 2007, ritenendo acquisiti, per quel che riguardava i profili di compatibilità dell'impianto con i conclamati interessi archeologici presenti nell'area, i pareri favorevoli resi dal soprintendente per i beni archeologici del Molise con le note n.  3789 del 18 maggio 2005 e n.  9537 dell'11 dicembre 2006 (e ciò nonostante i detti pareri fossero stati annullati in autotutela, come detto, dal direttore regionale).
      Inoltre – in contrasto con le prescrizioni del vincolo archeologico disposto con decreto n.  10 del 2006, che vietava ogni intervento nella fascia di rispetto di 20 metri delimitata ai due lati della «Strada comunale Tratturo» – il provvedimento del commissario ad acta giudicava assentibile la variante progettuale in base alla quale «il cavidotto da 20 kilowatt viene spostato dal tratturo, ivi previsto originariamente, a distanze che vanno da 3,00 metri a 10,00 metri dal ciglio dello stesso ed a profondità di 1,50 con le dovute schermature».
      Infine, in merito alla compatibilità del detto impianto con i valori paesaggistici del contesto, in corso di tutela su iniziativa della direzione regionale, il medesimo provvedimento autorizzatorio si esprimeva affermando che «non vi è dubbio che gli attuali impianti eolici possono costituire anche un ornamento al paesaggio naturale».
      Intanto, la direzione regionale aveva continuato a coltivare l’iter per il riconoscimento del rilevante interesse paesaggistico dell'area, pervenendo il 12 luglio 2007, con lettera n.  2790, a formalizzare la richiesta alla commissione per il paesaggio della regione Molise di procedere all'esame della proposta di tutela paesaggistica relativa agli interi territori, di incontaminata bellezza, dei comuni di Cercepiccola, Cercemaggiore e San Giuliano del Sannio.
      Successivamente, il 31 ottobre 2007, preso atto della circostanza che la regione Molise non aveva ritenuto di procedere alla convocazione della detta commissione per l'esame della proposta di vincolo, la direzione regionale diede avvio direttamente, con lettera n.  4170, all'iter procedimentale per l'imposizione del vincolo paesaggistico sui territori dei comuni sopramenzionati.
      Dal canto suo, la Essebiesse s.r.l, conseguita mediante il commissario ad acta l'autorizzazione unica, comunicò alla soprintendenza per i beni archeologici, con lettera n.  2210/10.13 del 22 ottobre 2007, che i lavori per la realizzazione del parco eolico sarebbero iniziati il giorno 10 dicembre 2007.
      In data 28 novembre 2007 la medesima società ottenne inoltre dalla soprintendenza per i beni archeologici l'autorizzazione, resa con nota n.  9501, a sistemare con misto di cava l'esistente tratturo che attraversa il parco eolico, alla sola condizione di mantenerne le caratteristiche dimensionali esistenti. Tale autorizzazione veniva rilasciata in considerazione della circostanza «che la sistemazione del tratturo con misto di cava è indispensabile per la sicurezza del passaggio degli automezzi necessari, che non sussistono tracce dell'antica sistemazione del tratturo stessa e che tale sistemazione non modifica la conservazione delle caratteristiche specifiche tutelate dal vincolo di interesse storico-archeologico».
      Peraltro, avverso l'autorizzazione unica rilasciata dal commissario ad acta e gli atti ad essa presupposti erano stati presentati ricorsi in sede giurisdizionale dall'associazione Italia Nostra, dalla provincia di Campobasso, dall'associazione Coldiretti.
      A seguito di tali iniziative, il tribunale amministrativo regionale del Molise, con ordinanza n.  425 del 5 dicembre 2007, dispose la sospensione dei lavori per la realizzazione del parco eolico. Successivamente, con sentenza n.  115 del 2009, il medesimo tribunale amministrativo accolse i ricorsi e annullò l'autorizzazione unica rilasciata dal commissario ad acta, riconoscendo la legittimità dell'operato del direttore regionale che aveva annullato i due atti di assenso all'impianto espressi dal soprintendente per i beni archeologici con le richiamate note n.  3789 del 2005 e n.  9537 del 2006.
      Nel frattempo, con nota n.  10520 del 3 dicembre 2008, la soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Molise aveva trasmesso al Ministero la formale proposta di vincolo paesaggistico per i territori di San Giuliano del Sannio, Cercepiccola e Cercemaggiore; proposta che sarebbe stata poi seguita dal formale provvedimento di vincolo del 23 luglio 2009.
      La decisione del tribunale amministrativo regionale del Molise che aveva annullato l'autorizzazione unica rilasciata dal commissario ad acta venne tuttavia ribaltata dal Consiglio di Stato con la sentenza n.  1020 del 2010, sulla base di una rappresentazione dei dati di fatto che appare però non del tutto completa. E invero, nella pronuncia si afferma che «sull'area oggetto di intervento non esiste vincolo archeologico», senza considerare quanto disposto dal citato decreto n.  10 del 2006, che aveva sottoposto a tutela oltre che il percorso tratturale, anche una fascia di terreno della profondità di 20 metri, «su entrambi i lati (scil: del tratturo) per conservare e garantire la sua leggibilità nel territorio», ossia nella fascia sulla quale il commissario ad acta aveva assentito che venisse collocato il cavidotto di vettoriamento dell'energia prodotta dall'impianto. Tale conclusione appare essere basata non già sul contenuto del provvedimento di vincolo archeologico n.  10 del 2006, ma sulle note del soprintendente archeologo n.  9501 del 2007 e n.  1577 del 2008, ancorché difformi rispetto alle prescrizioni imposte con il vincolo.
      A questo punto, la direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Molise, con nota n.  1013 dell'8 marzo 2010, dispose l'inibizione della ripresa dei lavori di realizzazione dell'impianto eolico, sulla base degli articoli 28 e 150 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio, che consentono di vietare l'inizio dei lavori, ovvero di disporne la sospensione, anche se già iniziati, qualora essi siano di danno per le caratteristiche di pregio culturale o paesaggistico di una determinata località.
      Con nota n.  1086 del 12 marzo 2010, il medesimo ufficio segnalò inoltre alla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario di Campobasso la vicenda concernente le autorizzazioni rilasciate dal soprintendente per i beni archeologici, con le quali di fatto si era consentito di arrecare danno a un bene vincolato quale era la «Strada comunale Tratturo».
      L'impresa presentò peraltro ricorso al Consiglio di Stato avverso il provvedimento di inibizione della ripresa dei lavori, ritenendo che l'atto fosse emesso in violazione del giudicato costituito dalla sentenza n.  1020 del 2010.
      Il ricorso venne accolto con la sentenza n.  3851 del 2010 ove si afferma l'illegittimità della sospensione dei lavori disposta dal direttore regionale in quanto lesiva dell'affidamento dell'impresa che, avendo già ricevuto un'autorizzazione alla trasformazione dei luoghi, non poteva «vedere rimessa in discussione la validità ed eseguibilità del titolo edilizio per effetto del sopravvenuto vincolo paesaggistico».
      La soprintendenza per i beni archeologici aveva intanto avviato con note del 9 aprile 2010, n.  2370, e del 28 aprile 2010, n.  2861 nuovi procedimenti di vincolo volti ad ampliare l'area tutelata intorno al tratturo.
      A tali note fecero seguito, al termine dei relativi procedimenti, i vincoli imposti dal direttore regionale con decreti n.  23 del 18 agosto 2010 e n.  25 del 23 agosto 2010.
      Anche avverso tali atti la Essebiesse s.r.l. propose ricorso al Consiglio di Stato per violazione del precedente giudicato.
      Con la sentenza n.  7761 del 3 novembre 2010, il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso, stabilì che le prescrizioni di tutela dettate con i provvedimenti impugnati per salvaguardare il contesto agrario attraversato dal tracciato dell'antico tratturo, nella misura in cui rendevano impossibile la realizzazione dell'impianto eolico assentito con l'autorizzazione unica del commissario ad acta n.  1000/CAA del 2007, dovevano ritenersi inapplicabili alla Essebiesse Power s.r.l., legittimata ad essere salvaguardata nel suo affidamento circa la realizzabilità dell'intervento.
      Il direttore regionale intervenne quindi di nuovo, rispettivamente con provvedimento n.  4952 del 15 novembre 2010 e con provvedimento n.  5216 del 1o dicembre 2010, ad inibire, dapprima in via provvisoria, e poi in via definitiva, l'inizio dei lavori, avendo verificato che la palificazione dell'impianto eolico era stata dislocata ad una distanza dall'antico tratturo inferiore a quella minima prescritta dalle linee-guida, dettate dalla regione Molise con delibera di giunta regionale n.  1074 del 16 novembre 2009 (entrata in vigore dopo che l'impianto eolico in discussione era stato autorizzato con il più volte citato provvedimento n.  1000/CAA del 2007, ma prima del febbraio 2010, data di emanazione della sentenza del Consiglio di Stato n.  1020, e quindi prima del formarsi del relativo giudicato e dell'insorgere dell'affidamento nell'impresa nella eseguibilità dei lavori autorizzati).
      Il ricorso avverso tali provvedimenti proposto dalla Essebiesse s.r.l., sempre per violazione del precedente giudicato, venne ancora una volta accolto dal Consiglio di Stato con sentenza n.  4037 del 5 luglio 2011.
      Nel frattempo, il consiglio regionale del Molise aveva approvato la legge 23 dicembre 2010, n.  23, con la quale non solo si sanciva l'inidoneità della vallata del Tammaro, e dei rilievi che la delimitano, alla localizzazione di impianti eolici (articolo 1, comma 1, lettera a)), ma si disponeva altresì che la realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili fosse esclusa in tutte le aree della regione sottoposte a tutela per il loro interesse paesaggistico o storico-artistico (articolo 1, comma 1, lettera b)).
      La richiamata legge regionale venne, tuttavia, impugnata in via d'azione dallo Stato innanzi alla Corte costituzionale, per violazione del principio, sancito dal decreto del Ministro dello sviluppo economico, emanato il 10 settembre 2010, con il quale è stato stabilito che le regioni possano individuare siti del loro territorio inidonei alla localizzazione di impianti per produrre energia da fonti rinnovabili, ma che tale individuazione debba avvenire con provvedimenti puntuali e motivati specificamente.
      Il ricorso in argomento è stato recentemente accolto dalla Corte costituzionale che, con sentenza n.  308 dell'11 novembre 2011, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'impugnato articolo 1, comma l, lettere a) e b), della legge in parola.
      Intanto il pubblico ministero operante presso il tribunale di Campobasso, cui la direzione regionale aveva trasmesso, come detto, fin dal marzo del 2010, tutte le informazioni in suo possesso sulla vicenda in argomento, aveva richiesto ed ottenuto, dall'ufficio del giudice per le indagini preliminari, la sottoposizione a sequestro penale dell'area già sottoposta a vincolo archeologico con decreto n.  10 del 2006. Il decreto di sequestro del 30 marzo 2011, depositato il 5 aprile 2011, evidenziava la sussistenza sia del fumus di reato sia del «pericolo che – se lasciato nella disponibilità degli autori dei lavori – il tratto di strada interessato possa essere definitivamente cancellato dal punto di vista delle sue peculiarità storiche ed archeologiche: continuando i lavori, il tratturo sarà sicuramente compromesso e il vincolo apposto completamente svuotato.
      Nonostante il provvedimento del giudice penale, la Essebiesse Power s.r.l., con nota n.  1907/10.00 del 19 luglio 2011, comunicò che, a seguito delle quattro sentenze del Consiglio di Stato a sé favorevoli (n.  1020 del 2010, n.  3851 del 2010, n.  7761 del 2010 e n.  4037 del 2011), aveva iniziato, già dal 18 luglio 2011, i lavori di realizzazione del parco eolico e che il giorno 21 luglio 2011 avrebbe dato avvio all'esecuzione dei lavori di scavo relativi alla realizzazione dei pali n.  10 e 11, richiedendo, per lo scavo, l'assistenza di un archeologo.
      A tale lettera il direttore regionale rispose con la nota n.  3391 del 20 luglio 2011, con la quale dispose la sospensione dei lavori, chiedendo chiarimenti sulla viabilità di cantiere che sarebbe stata utilizzata. Ciò in considerazione dell'inutilizzabilità quale strada di cantiere del tratturo e di tutta l'area sottoposta a vincolo archeologico con atto n.  10 del 2006 stante il sopravvenuto decreto di sequestro penale disposto dal giudice per le indagini preliminari. Con la stessa nota si richiedeva l'esibizione di un progetto alternativo di viabilità, poiché l'area dove l'impianto si sarebbe dovuto realizzare era ormai sottoposta a vincolo paesaggistico con decreto del luglio 2009, e in loco, se si escludeva il tratturo, non esistevano altri collegamenti viari che consentissero all'impresa di raggiungere i punti ove era stata approvata, dal commissario ad acta, la localizzazione dei pali eolici.
      In data 21 luglio 2011 venne quindi effettuato il sopralluogo richiesto dall'impresa in località «Castagna» dove sono localizzati i pali 10 e 11 come da progetto e dove erano iniziati già i lavori per la realizzazione del parco eolico. Il sopralluogo consentì di verificare sia l'affioramento, in situ, di materiale di interesse archeologico, sia la manomissione, in carenza di preventiva autorizzazione paesaggistica, di una preesistente stradina di campagna, che risultò essere stata sbancata, allargata e ricoperta con ghiaia per consentire il passaggio dei mezzi di cantiere.
      A seguito dei rinvenimenti archeologici, la soprintendenza per i beni archeologici dispose pertanto la sospensione dei lavori di scavo e di movimento terra ai sensi del già citato articolo 28 del codice dei beni culturali e del paesaggio.
      La direzione regionale, valutato il verbale del suddetto sopralluogo, nonché gli esiti di ulteriori verifiche in situ disposte negli stessi giorni allo scopo di verificare la eventuale esistenza di strade alternative al tratturo, idonee a consentire l'agevole raggiungimento dei punti di scavo per realizzare la palificata eolica così come approvata, dispose, con atto n.  3518 del 27 luglio 2011, la definitiva sospensione dei lavori, in attesa di un progetto di rilocalizzazione del cavidotto e di individuazione di una nuova viabilità di cantiere, ovvero, in alternativa, di un provvedimento di dissequestro dell'area eventualmente disposto dal giudice penale.
      La società interessata propose ancora una volta ricorso al Consiglio di Stato, il quale, con sentenza n.  210 del 19 gennaio 2012, ha recentemente dichiarato la nullità degli ultimi atti di tutela adottati dal Ministero e, in particolare, dell'ordinanza n.  4699 del 21 luglio 2011, nonché dell'ordinanza n.  3518 del 27 luglio 2011, giudicando ininfluente il vincolo paesaggistico introdotto con decreto del 23 luglio 2009, trattandosi di lavori iniziati prima della sopravvenienza del provvedimento di vincolo ed impediti nell'esecuzione per factum principis.
      In conclusione, a questo punto, a fronte di una pluralità di sentenze del Consiglio di Stato passate in giudicato che hanno consentito, nonostante la contrarietà del Ministero, la realizzazione di un grosso parco eolico a ridosso di quella pregevolissima area archeologica, l'unico vero paesaggio archeologico non compromesso che l'Italia possa vantare, che rischia di essere pregiudicato dalla realizzazione degli impianti, non paiono residuare soluzioni praticabili in via amministrativa. Soltanto il Parlamento, ove ritenuto opportuno, potrebbe forse ancora intervenire con una legge provvedimento di tutela di quell'area, pur non potendosi sottacere i dubbi sulla legittimità costituzionale di un siffatto intervento normativo, destinato a porsi in contrasto con un precedente giudicato.
Il Ministro per i beni e le attività culturali: Lorenzo Ornaghi.


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          l'Associazione Italiana Esposti Amianto (AIEA) ha evidenziato, presso il sito ex fornace Corvaia di Golfarolo, nel Comune di Oricola (AQ), l'esistenza di una grave e persistente situazione di rischio e di possibile danno alla salute per i cittadini che vivono nelle vicinanze del sito ex fornace Corvaia di Golfarolo, comune di Oricola (AQ) per la presenza di amianto nel sito in questione che non è stato rimosso né il relativo territorio è stato bonificato;
          il capannone di diecimila metri quadri in cemento/amianto, aggredito da fattori antropici e naturali, è oggetto da circa un ventennio di sfaldamenti e crolli e che un cedimento definitivo accrescerebbe a dismisura l'amianto aerodisperso e risulterebbe verosimilmente devastante per la popolazione residente;
          non si è provveduto né alla copertura con teli impermeabili fissati al suolo dei materiali classificati come pericolosi né alla rimozione del materiale accumulato nel cavo delle lastre di copertura del tetto e sul terreno né, più in generale, ad adottare tutte le misure, preliminari e/o definitive, indicate da ARTA per evitare che i materiali contenenti amianto fossero disturbati meccanicamente e/o aggrediti dagli eventi atmosferici;
          la tardiva quanto inefficace messa in sicurezza tramite recinzione non pone alcun riparo alla diffusione delle pericolose particelle di eternit;
          il sito è ubicato a ridosso di case abitate: le più vicine sono a 40 metri;
          le microfibre dell'amianto disgregato e corrotto, diffuse nell'aria e veicolate dal vento, sono, se inalate, letali e cancerogene anche a distanze notevoli;
          le ispezioni e gli esami effettuati dall'Agenzia per l'Ambiente ARTA Abruzzo hanno accertato e certificato la presenza di amianto in matrice friabile del tipo crisotilo o asbesto bianco e crocidolite o asbesto blu;
          il tempo trascorso dalle certificazioni ASL e ARTA che riferiscono di gravi rischi e pericoli è di tre anni e mezzo; a tal proposito va considerato che il materiale analizzato e il rapporto di prova saranno conservati dal laboratorio ARTA, dipartimento provinciale Teramo, per un periodo rispettivamente di 10 anni dalla data di esecuzione della prova analitica e per un periodo di 4 anni dalla sua emanazione;
          il tempo massimo di trenta giorni previsto dall'ultima ordinanza del comune di Oricola per lo sgombero e la bonifica è scaduto da tre anni;
          il tempo trascorso dal sequestro penale e dalle prime notifiche sanzionatone è di due anni e mezzo;
          il tempo trascorso dall'emanazione della sentenza del Tribunale di Avezzano è di un anno e considerato che la sentenza a cui si fa riferimento è stata impugnata ed il procedimento è passato dal tribunale di Avezzano alla corte d'appello dell'Aquila si preannunciano tempi lunghi, ulteriori proroghe e rinvii;
          si profila così uno scenario inaccettabile da parte di chi da decenni convive con l'amianto che necessita, a giudizio degli interroganti, da parte della pubblica amministrazione, l'esercizio dei poteri sostitutivi;
          emerge dunque una situazione di grave inadempienza e inottemperanza, rispetto a quanto stabilito dall'autorità Giudiziaria, dalle ordinanze sindacali e dalle vigenti leggi in ordine a: demolizione/rimozione delle strutture contenenti materiali pericolosi e amianto, lo smaltimento degli stessi e la bonifica del territorio;
          è necessario pervenire alla soluzione delle criticità evidenziate tenuto conto della documentazione già emessa e/o acquisita, dalla sentenza del procedimento n.  698/08 del tribunale di Avezzano, dell'ordinanza sindacale n.  21 (13 settembre 2007) del comune di Oricola, del decreto-legge n.  152/2006, stante il perdurante status di stallo della vicenda  –:
          si chiede di sapere se quanto sopra riferito corrisponda al vero;
          se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenga di inserire il sito ex fornace Corvaia di Golfarolo, comune di Oricola (AQ), nei siti di bonifica di interesse nazionale di cui al decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 18 settembre 2001 n.  468 (in riferimento all'articolo 1, comma 3, legge 9 dicembre 1998 n.  426) o quali altri provvedimenti intenda adottare per permettere alla messa in sicurezza e la bonifica in tempi certi e brevi.
(4-10287)

      Risposta. — Per quanto indicato nell'interrogazione di cui all'oggetto, riguardante l'esposizione all'amianto aerodisperso presso il sito ex fornace Corvaia di Oricola (L'Aquila), si rappresenta che la criticità segnalata era già conosciuta da questo Ministero a seguito di diverse segnalazioni pervenute dai cittadini di quella città, con le quali si denunciava la presenza di 10.000 m2 di eternit e di altri rifiuti pericolosi sul territorio, nonché la mancanza di misure di prevenzione, messa in sicurezza e bonifica intraprese a tutela dell'ambiente.
      In seguito ai sopralluoghi effettuati, anche con l'ausilio dell'Azienda sanitaria locale di Avezzano, con nota del 21 novembre 2008, l'agenzia regionale per la tutela dell'ambiente di L'Aquila, ha comunicato a questo Ministero la presenza di amianto a matrice friabile del tipo crisotilo e crocidolite in situ e, a parere della stessa Agenzia, i rifiuti pericolosi contenenti amianto dovevano essere smaltiti nei tempi e nei modi idonei; le operazioni di rimozione dovevano avvenire previa adozione di tutte le misure atte a tutelare i lavoratori addetti alla bonifica ed a garantire la salute pubblica.
      Pertanto, con ordinanza n.  21 del 13 settembre 2007, il sindaco del comune ha ordinato al signor Mario Di Berardino, in qualità di proprietario del terreno su cui insisteva la «ex fornace Corvaia», di provvedere, entro 30 giorni alla rimozione ed allo smaltimento dei materiali contenenti amianto, nonché all'adozione dei provvedimenti provvisori atti ad evitare che i predetti materiali restassero sotto l'azione degli agenti atmosferici.
      Contestualmente, veniva realizzata dall'ufficio tecnico del comune la delimitazione e la messa in sicurezza dell'area con opportuna recinzione.
      In seguito all'ordinanza comunale del 13 marzo 2008, dalla quale emergeva che alcun intervento prescritto era stato posto in essere dal proprietario dell'area, la struttura ex fornace e la relativa area di pertinenza sono state poste sotto sequestro ex articolo 354 c.p.p., da parte della guardia di finanza di Avezzano, sequestro successivamente convalidato dal giudice per le indagini preliminari del tribunale territorialmente competente con provvedimento del 2 aprile 2008 (procedimento penale n.  698 del 2008).
      Con sentenza del 16 settembre 2009, il tribunale di Avezzano ha condannato l'imputato alla pena di anni uno e mesi due di arresto ed euro 7.000,00 di ammenda, nonché al pagamento delle spese processuali. Visto l'articolo n.  256, comma 3 del decreto legislativo n.  152 del 2006 è stata altresì ordinata al signor Di Berardino la bonifica, il ripristino dello stato dei luoghi e la confisca dell'area sulla quale è realizzata la discarica abusiva.
      A seguito di segnalazioni pervenute al dipartimento di prevenzione – servizio di igiene, epidemiologia e sanità pubblica (in seguito Siesp) della azienda sanitaria locale competente, da cittadini residenti nella località interessata, in data 26 gennaio ultimo scorso è stato effettuato un sopralluogo da personale medico e tecnico del Siesp stesso, svoltosi alla presenza del signor Di Berardino, nel corso del quale si riscontrava la presenza di maestranze della ditta «Codiber s.r.l.» a lavoro all'interno del sito.
      Con l'avvenuto dissequestro dell'area da parte della corte d'appello di L'Aquila (ordinanza n.  1776/11 del 01/12/2011), disposto affinché potessero iniziare i lavori di bonifica da parte della ditta «Gestioni Ambientali s.r.l.» di Anguillara (Roma), il proprietario del sito ha presento una dichiarazione attestante la realizzazione della viabilità del cantiere, con lavori che si erano comunque già conclusi all'atto del sopralluogo del Siesp.
      Il Piano di lavoro presentato dalla società gestioni ambientali s.r.l., società regolarmente iscritta all'albo nazionali gestori ambientali di questo Ministero (n.  RM/001825), è stato esaminato con esito favorevole dal servizio prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro (SPSAL) della azienda sanitaria locale medesima.
      Da ultimo si rappresenta che, con nota del 23 maggio 2012, il comune di Oricola ha comunicato che il proprietario della ex fornace di laterizi ha provveduto alla completa rimozione ed allo smaltimento della copertura in cemento-amianto dell'edificio.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il 26 febbraio 2011 gli esperti inviati dalla procura di Lanusei per un'ispezione nel poligono di Quirra (Cagliari) hanno scoperto valori di radioattività cinque volte superiori alla norma;      
          informazioni giornalistiche parlano di 14 persone uccise dalla leucemia in un paese di 150 abitanti e di 14 bambini nati con gravi malformazioni, mentre secondo i veterinari delle asl di Lanusei e Cagliari, nel deposito che si trova a Capo San Lorenzo, si sono ammalati di cancro nel sangue 10 pastori su 18;
          secondo gli inquirenti in quei magazzini diversi soldati che lavoravano come magazzinieri si erano ammalati tutti della stessa patologia: linfoma di Hodgking;
          nel 2007, il Centro italiano di ricerche aerospaziali (Cira) ha versato al Ministero della difesa per l'utilizzo del poligono sperimentale interforze del Salto di Quirra un milione e duecentomila euro per tre anni con la possibilità di rinnovare l'accordo per ulteriori dieci anni  –:
          quali urgenti misure si intendano adottare per evitare l'esposizione a radioattività di persone ed animali nella zona;      
          se e quali controlli permanenti e scientificamente qualificati siano in atto o si intendano effettuare;
          se non si ritenga di avviare lo smantellamento del poligono di Quirra;
          se l'accordo tra il Centro italiano di ricerche aerospaziali (Cira) e il poligono sperimentale interforze del Salto di Quirra sia stato rinnovato. (4-11131)

      Risposta. — Con riferimento alla presunta «esposizione a radioattività» nell'area del poligono interforze del Salto di Quirra (PISQ), nel sottolineare che, ad oggi, non è stata rilevata radioattività diffusa nel territorio, l'Aeronautica militare ha provveduto, comunque, a recintare immediatamente, attraverso concertina, le aree/i materiali oggetto di esercitazione e sperimentazione, in precedenza sequestrate probatoriamente dall'autorità giudiziaria procedente nell'ambito dell'inchiesta, tuttora in corso, avviata dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Lanusei.
      Sono state, altresì, individuate le attività tecniche propedeutiche alla realizzazione di una recinzione metallica fissa delle aree individuate quali zone ad esclusivo utilizzo operativo del poligono.
      Per quanto riguarda, invece, i «controlli permanenti e qualificati», premesso che gli atti relativi alle attività di bonifica del PISQ sono stati tutti acquisiti dalla stessa pro- cura, è stata convocata, in aderenza al decreto ministeriale 22 ottobre 2009, la conferenza dei servizi che ha approvato il piano di caratterizzazione presentato dalla Difesa con la collaborazione di tecnici dell'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).
      A seguito di ciò, sono state avviate le azioni preliminari per il bando di gara volto ad aggiudicare l'esecuzione del piano di caratterizzazione approvato che verrà reso esecutivo con le conseguenti azioni di bonifica, se necessarie, mediante le previste procedure tecnico-amministrative.
      Come noto, nell'ambito delle misure urgenti per la crescita del Paese, l'articolo 35, comma 2, del decreto-legge 22 giugno 2012, n.  83 – attualmente in fase di approvazione, in seconda lettura, presso il Senato della Repubblica – consente di ricondurre anche i singoli siti militari o loro porzioni, alle categorie previste dalla normativa di carattere generale, di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152.
      La norma è volta a consentire più agevoli e puntuali procedure per la riconduzione dei siti appartenenti al demanio militare e alle aree a uso esclusivo delle Forze armate a parametri di contaminazione già esistenti, validati e collaudati, tenendo conto della natura delle attività militari svolte al loro interno o nelle diverse porzioni, ai fini delle relative bonifiche.
      In merito all'ipotesi di «smantellamento» del PISQ, si sottolinea che l'importanza capitale che rivestono, in generale, i Poligoni per l'addestramento e il mantenimento dell'operatività dello strumento militare, non rende possibile porre in atto quanto richiesto dall'interrogante, fermo restando, tuttavia, che la Difesa procederà, in piena coerenza con il progetto di revisione dello strumento militare, alla razionalizzazione dei poligoni sul territorio.
      Per quanto concerne, in ultimo, l'accordo tra il Centro italiano di ricerche aerospaziali (Cira) e il PISQ, si fa presente che lo stesso è stato rinnovato.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il rapporto OCSE 2011 di verifica dell'economia italiana, nella parte iniziale relativa alle valutazioni e raccomandazioni (assessment and recomandations) nella parte «Pursuing environmental objectives: getting governance right» in merito al decentramento di aspetti della politica ambientale nota che esiste una certa frammentazione nell'operato delle agenzie che fanno rapporti e controlli ambientali per cui i dati possono non essere uniformi ostacolando il miglioramento dei criteri di riferimento;
          anche la capacità analitica delle agenzie regionali di riferimento (ARPA) è variabile e nonostante i rappresentanti delle ARPA si incontrino più volte nel corso dell'anno sotto l'egida dell'ISPRA, il coordinamento non si estende per un comune lavoro a livello tecnico  –:
          se e quali azioni il Ministro intenda adottare perché le ARPA lavorino in un sistema integrato e più efficiente che eviti duplicazioni di sforzi tecnici in alcuni settori. (4-12030)

      Risposta. — In risposta all'interrogazione di cui all'oggetto, concernente la presunta esistenza di frammentazione tra operato delle Arpa e quello dell'Ispra, si rappresenta quanto segue.
      Con decreto n.  123 del 21 maggio 2010, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, veniva approvato il regolamento dell'Ispra (istituto superiore per la ricerca ambientale), organismo nato dalla fusione dell'Apat, Infs, e Icram.
      L'articolo 2 del citato regolamento, attribuisce all'Ispra, tra gli altri, il compito istituzionale di promuovere, anche attraverso il Consiglio federale di cui all'articolo n.  15 del regolamento stesso, lo sviluppo del sistema nazionale delle agenzie e dei controlli in materia ambientale, curandone il coordinamento e garantendo l'accuratezza delle misurazioni e il rispetto degli obiettivi di qualità e di convalida dei dati, anche attraverso l'approvazione di sistemi di misurazione, l'adozione di linee guida e l'accreditamento dei laboratori.
      In realtà tali compiti erano già svolti, sia pure in un quadro di riferimento e con un'organizzazione diversi, dall'APAT (già ANPA), ai sensi delle norme istitutive dell'Agenzia nazionale (legge n.  61 del 1994), uno degli enti confluiti nell'istituto ai sensi dell'articolo n.  28 della legge n.  133 del 2008.
      La legge 61/94 discende dall'esito di un referendum popolare (1993) con il quale è stata sancita la separazione tra i settori delle politiche pubbliche in materia di sanità e ambiente. Di fatto tale separazione già attuata a livello di governo centrale, con l'istituzione nel 1986 del Ministero dell'ambiente, si completa con la legge n.  61 del 1994 a livello di strutture tecnico-operative con l'istituzione dell'agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA) e il mandato alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano di istituire a livello territoriale strutture analoghe.
      Saltando tutte le fasi e le iniziative attuate prima dell'istituzione di Ispra, si può affermare che l'istituto e le Arpa-Appa, ancor prima dell'entrata in vigore del citato Regolamento, avevano avviato verso la fine del 2009 un processo di riorganizzazione delle attività interagenziali, con la previsione della definizione di un Programma triennale di attività interagenziali.
      La definizione della proposta di programmazione triennale, per ciò che concerne le attività di natura tecnica è stata affidata dal Consiglio federale al Comitato Tecnico Permanente, organismo costituito dai direttori tecnici delle Arpa-Appa e dalle figure tecniche apicali della struttura organizzativa dell'Ispra, mentre le attività di carattere organizzativo-gestionale o di natura trasversale, sono programmate dal consiglio federale stesso.
      Il programma triennale 2010-2012 (PT 2010-2012), approvato nella riunione del consiglio federale del 19 marzo 2010, riporta anche le attività ritenute prioritarie per il Sistema delle agenzie Ambientali, aventi come principale finalità il consolidamento delle capacità operative e l'armonizzazione delle modalità di attuazione.
      Il programma triennale 2010-2012 prevede la distribuzione delle attività tecnico-scientifiche delle agenzie in quattro ambiti omogenei, corrispondenti alle seguenti aree di attività:
          a) armonizzazione metodi di analisi, campionamento e misura – metrologia ambientale;
          b) monitoraggio e controlli ambientali;
          c) elaborazione – gestione – diffusione delle informazioni ambientali;
          d) attività integrate di sistema.
      Una particolare attenzione è stata dedicata, in questa fase di prima organica programmazione triennale delle attività di indirizzo delle Arpa-Appa, alla contestuale definizione di criteri e modalità di attuazione e controllo delle iniziative di sviluppo degli strumenti operativi di sistema.
      Le attività finalizzate allo sviluppo degli strumenti operativi sono ora chiaramente orientate ad assicurare lo sviluppo e l'armonizzazione delle capacità operative del sistema agenziale a partire, ovviamente, da quelle di natura conoscitiva: monitoraggio, controlli e gestione dell'informazione.
      Afferiscono a questo filone le attività che richiedono lo sviluppo di capacità operative e di prodotti che il sistema deve garantire senza soluzione di continuità. Questa tipologia di attività porta alla definizione e produzione di linee guida, procedure, metodi di prova, realizzazione di prodotti di reporting, ecc.
      L'insieme delle agenzie ambientali, per costituire un vero sistema, al di là degli aspetti legislativi, ha deciso di dotarsi di regole condivise che gli permettano di operare efficacemente sul piano tecnico. L'elemento qualificante di questa nuova fase dei rapporti tra Ispra ed agenzie ambientali è costituito, oltre che dalla programmazione, dal processo di validazione cui sono sottoposti i prodotti dei gruppi di lavoro.
      L'attività di validazione consiste essenzialmente nell'accertamento della solidità sul piano tecnico-scientifico, anche attraverso l'eventuale valutazione del prodotto da parte di Referee esterni e nella verifica della loro effettiva portabilità a livello dei componenti del Sistema agenziale. La validazione di una metodologia o di una procedura, ad ogni modo, non potrà prescindere dall'accertamento di quali e quanti componenti del Sistema dispongano realmente delle risorse tecnico-scientifiche per poterla adottare.
      Questo articolato sistema, che oggi vede impegnati in un comune lavoro tecnico circa 30 Gruppi di Lavoro con circa 200 partecipanti, dovrebbe garantire che si arrivi a costituire nel breve periodo una più efficace e produttiva rete tra le varie agenzie e Ispra che, attraverso l'espletamento di funzioni ed attività condivise ed attuate con le stesse modalità e regole, persegua la mission del sistema a partire dai settori più strategici, garantendo un'integrazione a livello tecnico (non essendo possibile nell'attuale quadro normativo pensare ad una integrazione più formale delle attività di Ispra e delle agenzie) ed evitando duplicazioni di sforzi e conseguente dispendio delle limitate risorse oggi disponibili per il sistema agenziale.
      Da questo punto di vista appare positivo il bilancio delle attività svolte nel primo anno della programmazione triennale (2010), che ha già visto approvati dal consiglio federale 7 prodotti (procedure analitiche, linee guida, rapporti tecnici) predisposti dai gruppi di lavoro e validati dal CTP, mentre altri 10 circa, in corso di ultimazione, saranno emessi entro l'anno 2011 al termine del processo di validazione.
      Per quanto riguarda nello specifico il principale oggetto dell'interrogazione, ovvero la capacità analitica delle Agenzie e la garanzia dell'uniformità dei dati ottenuti nell'ambito dei controlli ambientali effettuati si rimanda ai risultati ottenuti, tramite le attività di programmazione e validazione in precedenza descritte, nell'ambito dell'armonizzazione dei metodi di analisi, campionamento e misura (metrologia ambientale) e riportati nel seguito.
      Le attività di monitoraggio e controllo ambientale richiedono generalmente un'intensa e complessa attività analitica che include il campionamento, il trasporto e la conservazione del campione, il trattamento pre-analitico e l'analisi strumentale.
      I circa 100 laboratori delle agenzie producono ogni anno alcuni milioni di dati nell'ambito delle proprie attività di controllo su tutto il territorio nazionale. Il notevole sforzo analitico, tuttavia, deve accompagnarsi ad un costante miglioramento delle condizioni tecniche ed operative per garantire l'affidabilità della rete dei laboratori e la comparabilità dei dati prodotti su tutto il territorio nazionale. Su questi dati analitici si basano, infatti, decisioni di grande impatto pubblico quali ad esempio il blocco del traffico, la potabilità delle acque, la bonifica di un'area o la pianificazione di interventi di risanamento. A livello nazionale ed internazionale, proprio la comparabilità dei dati analitici è riconosciuta come uno dei presupposti per avere un quadro dello stato di qualità dell'ambiente omogeneo su tutto il territorio ed un obiettivo a cui la comunità scientifica e gli operatori del settore devono tendere anche per indirizzare una corretta politica ambientale.
      Ispra ha attivato per il triennio 2010-2012 una serie di gruppi di lavoro con il generale obiettivo di favorire l'omogeneità su tutto il territorio nazionale delle procedure e dei metodi di analisi, campionamento e misura a supporto delle attività di monitoraggio e controllo ambientali.
      L'attività è realizzata mediante definizione di procedure e modalità condivise per il campionamento e l'analisi, con produzione di linee guida, manualistica tecnica e stesura di metodi di riferimento applicabili da tutto il Sistema agenziale.
      Nello specifico, sono operative quattro linee di attività ed una rete di referenti. La gestione unitaria di aspetti fra loro omogenei, garantita dal CTP precedentemente richiamato, assicura un adeguato livello di coordinamento ed evita il rischio di sovrapposizione tra attività svolte dalle varie linee:
          armonizzazione metodi di campionamento ed analisi
          riferibilità delle misure
          armonizzazione procedure
          organizzazione circuiti interlaboratorio.

      Armonizzazione metodi di campionamento ed analisi.
      Questa linea di attività ha l'obiettivo di definire procedure condivise di misura con la convalida di metodi di campionamento ed analisi. Di seguito sono riportate le attività svolte per il periodo 2010-2012.
      È stata conclusa l'attività volta all'armonizzazione dei metodi per la determinazione degli idrocarburi nei suoli e nei rifiuti. Tale attività ha visto la partecipazione oltre che del Sistema agenziale anche di altre istituzioni tecnico-scientifiche pubbliche (Istituto superiore di sanità, CNR-IRSA, CRA). Il documento prodotto definisce il metodo di riferimento per tale misura e riporta gli esiti del processo di convalida, realizzato attraverso uno studio collaborativo a cui hanno partecipato i laboratori delle Agenzie e di altre istituzioni scientifiche italiane.
      È stato prodotto un documento conclusivo relativo alla prima fase di applicazione delle tecniche multivariate di PCA (Principal component analysis) sui dati raccolti dai laboratori delle Agenzie per la valutazione dell'efficacia dei metodi eco tossicologici su suoli contaminati.
      È conclusa l'attività relativa alla definizione di un protocollo per il mantenimento della linea cellulare stabilizzata di pesce RTG-2, nell'ambito dell'implementazione del regolamento comunitario Reach.
      È in fase di predisposizione il documento di valutazione dei risultati delle misure eseguite dai laboratori del sistema agenziale che hanno partecipato al progetto europeo EURAMET 924-part 3 (metalli in acqua a livello di environmental quality standard – EQS) per la verifica della rispondenza dei metodi di misura ai requisiti prestazionali fissati dalle direttive 2008/105/CE e 2009/90/CE recepite con decreto legislativo n.  219/2010.
      È in fase di predisposizione il protocollo sperimentale per l'analisi dei metalli nella frazione nel PM10 del particolato atmosferico su filtro con ED-XRF in collaborazione con ARPA Lombardia, per diverse tipologia di strumento. Il successivo studio sperimentale consentirà di convalidare tale metodo e verificarne l'equivalenza con il metodo di riferimento.
      È in corso l'attività che, in applicazione ai requisiti posti dalla direttiva 2000/60/CE, ha lo scopo di definire procedure e metodi di misura biologici di riferimento applicabili a tutto il Sistema agenziale.

Riferibilità delle misure.
      L'obiettivo della linea di attività è di curare l'applicazione dei concetti metrologici alle misurazioni in coerenza con le linee guida europee. La direttiva 2008/50/CE, recepita dal decreto legislativo n.  155/2010, ha enfatizzato, per il settore delle misure per il controllo ed il monitoraggio della qualità dell'aria, l'aspetto critico dell'assicurazione della qualità e della riferibilità delle misure. In tale contesto è in corso l'attività di Ispra per la condivisione con il sistema agenziale delle linee guida per l'assicurazione e il controllo di qualità (QA/QC) delle misure in accordo a quanto previsto dal decreto legislativo n.  155 del 2010.

Armonizzazione procedure.
      L'attività in corso si pone l'obiettivo della realizzazione di una linea guida che fissi le modalità di valutazione dell'incertezza di misura vicino ai valori dei limiti di legge. La valutazione dell'incertezza di misura in tale condizione è particolarmente critica in relazione ai provvedimenti che possono essere adottati dalle autorità di controllo sulla base dei risultati delle misure eseguite.

Organizzazione circuiti interlaboratorio.
      La normativa europea richiede agli stati membri di garantire che i risultati delle misure siano il più possibile riproducibili in tempi, luoghi, laboratori diversi e confrontabili. A tal fine l'organizzazione di circuiti d'interconfronto tra laboratori costituisce uno strumento fondamentale. Una rete di referenti, che vede la partecipazione di un rappresentante per ciascuna agenzia del sistema, ha il compito di collaborare con il servizio di metrologia ambientale dell'Ispra al fine di pianificare ed organizzare i circuiti interlaboratorio destinati ai laboratori delle Agenzie stesse. I circuiti interconfronto rappresentano uno strumento primario di controllo esterno della qualità delle misure prodotte da un laboratorio e, nel contesto del Sistema agenziale, inducono ad una armonizzazione delle procedure di misura adottate a livello nazionale e tendono ad assicurare la comparabilità dei dati analitici. La rete di referenti svolge la sua funzione attraverso:
          la definizione dei circuiti di interconfronto di interesse per il sistema delle Agenzie;
          la definizione degli schemi di attuazione dei circuiti di interconfronto;
          un efficace collegamento fra Ispra ed i laboratori delle agenzie;
          la partecipazione alla discussione dei risultati dei circuiti di interconfronto prodotti dai laboratori delle Agenzie, propedeutica alla stesura del rapporto finale del circuito.
      ISPRA ha avviato fin dal 2003 l'attività di organizzazione dei circuiti d'interconfronto, a cui i laboratori delle agenzie partecipano. Ad oggi sono stati organizzati 20 circuiti d'interconfronto di diversa tipologia (chimico, fisico, biologico), su diverse matrici ambientali (suolo, acqua, compost, rifiuti, aria) e per diversi parametri (chimici – organici ed inorganici –, ecotossicologici e fisici) e quattro studi collaborativi (per la convalida di metodi analitici).
      L'organizzazione dei circuiti di interconfronto Ispra si avvale della parallela capacità del servizio di metrologia ambientale dell'ISPRA di produrre materiali di riferimento. Tali materiali sono utilizzati e distribuiti gratuitamente ai laboratori delle Agenzie per i circuiti a cui partecipano e per il loro controllo interno di qualità. Il Servizio di Metrologia Ambientale dell'ISPRA è l'unica istituzione pubblica nazionale ed una delle quattro in Europa, accreditate per la produzione di materiali di riferimento ai sensi della ISO guide 34 e Uni En Iso 17025.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          dal sito http://rassegnecobio.myblog.it/archive/2009/01/07/un-breve-elenco-di-fonti-di-xeno-estrogeni.html si apprende che gli xenoestrogeni sono sostanze chimiche presenti al di fuori dell'organismo femminile che si comportano come gli estrogeni endogeni;
          sin dal 1991 sono stati pubblicati numerosi studi riguardanti l'azione di questi agenti chimici contenuti nell'ambiente ed in alcuni alimenti che si comportano come estrogeni sulle cellule bersaglio (mammella, utero, endometrio, salpingi, ovaie, intestino eccetera) delle donne;
          questi agenti esercitano in tali cellule una vera e propria azione di stimolo simile agli estrogeni, concorrendo a determinare alterazioni di tali cellule sottoposte a queste stimolazioni;
          in particolare si tratterebbe di diossina, DDT, Nonylphenolo (contenuto nei detersivi industriali, insetticidi, e prodotti di cura personali); Bisphenolo (ceduto dalle bottiglie di plastica bottiglie di polycarbonato e contenitori di plastica, nei cibi inscatolati); Alkylphenoli (prodotto dai prodotti di degradazione di detersivi); carne di manzo, pollo e maiale (poiché gli xenoestrogeni vengono usati normalmente per ingrassare gli animali e farli crescere rapidamente, oltre per determinare in loro una ritenzione idrica ed aumentarne il peso); Paraben Metile (in lozioni e gel cosmetici;
          quando somministrato oralmente il paraben metile è inattivo, per via sottocutanea il butylparaben produce una risposta estrogenica e positiva sui tessuti dell'utero); Atrazina (diserbante); Benzophenone-3, homosalate 4-metile-benzylidene la canfora (4-MBC), octyl-methoxycinnamate ed octyl-dimetile-PABA) (protettori solari, rossetti e cosmetica facciale)  –:
          se quanto riferito in premessa corrisponde al vero e di quali ulteriori informazioni disponga il Governo in merito ad effetti nocivi per la salute;
          quali misure si intendono adottare a tutela della salute dei cittadini. (4-14273)

      Risposta. — Secondo la definizione dell'Unione europea, gli xenoestrogeni, che rientrano tra gli interferenti endocrini (IE), rappresentano «un gruppo di sostanze che possono alterare la funzionalità del sistema endocrino, causando effetti avversi sulla salute di un organismo, oppure della sua progenie o di una (sotto) popolazione».
      I problemi relativi alla valutazione e prevenzione dei possibili rischi per la salute derivanti dall'esposizione a interferenti endocrini sono trattati nell'area tematica dedicata del sito dell'Istituto superiore di sanità (ISS): http://www.iss.it/inte.
      In estrema sintesi, gli interferenti endocrini sono un complesso ed eterogeneo gruppo di sostanze, comprendente diversi contaminanti persistenti (ad esempio, diossine, policlorobifenili), alcuni gruppi di pesticidi (ad esempio, etilene-bisditiocarbammati, triazine, triazoli), sostanze tuttora utilizzate in un'ampia varietà di prodotti di consumo (ritardanti di fiamma bromurati, perfluoro-ottano sulfonato, bisfenolo A, alcuni ftalati e parabeni), nonché sostanze «naturali» (ad esempio, la micotossina zearalenone, la genisteina presente nella soia e prodotti derivati). Queste sostanze eterogenee sono accomunate dalla capacità di interferire con la regolazione ormonale degli organismi, attraverso meccanismi e bersagli diversi: in particolare, l'equilibrio degli ormoni implicati nella riproduzione (estrogeni/androgeni) e della tiroide sono i bersagli meglio riconosciuti, anche se non i soli, degli interferenti endocrini.
      Le preoccupazioni nei confronti degli interferenti endocrini espresse dalla comunità internazionale si fondano su una base crescente di evidenze scientifiche.
      Tali preoccupazioni riguardano le associazioni fra l'esposizione a interferenti endocrini e aumentati rischi di patologie riproduttive (infertilità, abortività precoce, endometriosi, malformazioni urogenitali), rischi dello sviluppo neuro-comportamentale, rischi endocrino-metabolici (ipotiroidismo, diabete mellito) e tumorali (ad esempio, cancro testicolare), inoltre, una diffusa esposizione, soprattutto attraverso le catene alimentari.
      Tale esposizione avviene generalmente a dosi molto più basse di quelle che inducono effetti endocrini avversi negli studi sperimentali: tuttavia, non può venire in alcun modo trascurata sia la capacità di diversi interferenti endocrini di accumularsi nell'organismo sia la possibilità di un effetto «cocktail» fra sostanze con azione simile.
      È stata segnalata la potenzialità degli interferenti endocrini di alterare l'azione di vitamine ed antiossidanti e di ridurre l'efficacia di stili alimentari salutari (Baldi & Mantovani, Annali dell'ISS, 2008, 44(1):57-63).
      Tenuto conto della particolare vulnerabilità dell'organismo in via di sviluppo, sia in utero sia nell'infanzia, gli interferenti endocrini sono un importante fattore da considerare per la «sicurezza alimentare sostenibile», rivolta alla tutela delle generazioni a venire (Frazzoli Et Al, Annali dell'ISS, 2009, 45(1):65-75).
      Per la loro presenza ubiquitaria nell'ambiente ed i comportamenti peculiari di persistenza, biomagnificazione e bioaccumulo nella catena alimentare, la valutazione dei possibili rischi, legati alla loro esposizione, deve coinvolgere inevitabilmente differenti ambiti, tra cui quello ambientale e sanitario.
      Ed è proprio l'integrazione tra le conoscenze ottenute dai programmi per la sorveglianza ambientale e per la sicurezza alimentare che questo Ministero sta perseguendo, attraverso l'inserimento di alcuni dei suddetti composti nel piano dei controlli sugli alimenti prodotti in comparti ambientali a rischio, quali i siti di interesse nazionale (SIN) e/o aree adiacenti.
      Il piano, avviato nel febbraio 2011, prevede un'attività di monitoraggio che si esplica attraverso l'utilizzo di bioindicatori, quali animali della specie ovi-caprina (latte), vongole/mitili o galline ovaiole (uova).
      Per la realizzazione di tale Piano è stato adottato un sistema informativo geografico (GIS), in grado di rappresentare adeguatamente i territori ricadenti nei siti di interesse nazionale, e sviluppato anche un nuovo metodo analitico per la rilevazione del nonilfenolo nelle matrici alimentari.
      I risultati ottenuti, oltre a consentire una valutazione della migrazione di contaminanti nella catena alimentare, fornendo, quindi, un valido strumento per la valutazione del rischio sanitario, allo scopo di garantire un elevato livello di protezione della salute, costituiscono un valido supporto per i conseguenti interventi delle autorità competenti in materia ambientale.
      In un periodo di tempo di tre anni, il Piano consentirà di monitorare tutti i siti di interesse nazionale di interesse per la sicurezza alimentare.
      Inoltre, il Ministero della salute è impegnato, da anni, nell'attività di sorveglianza mirata al controllo della concentrazione, tra l'altro, di agenti contaminanti per l'ambiente, in animali vivi e in prodotti di origine animale, attraverso la predisposizione del Piano nazionale residui (PNR).
      Tale piano ha permesso, in passato, di mettere in evidenza problematiche ambientali presenti in alcuni territori, quali, ad esempio, la contaminazione da diossine nella Regione Campania e quella da esaclorocicloesano beta (HCH-beta) nella Regione Lazio.
      Va inoltre segnalato che il Ministero della salute, attraverso l'intervento di esperti qualificati, da tempo svolge attività collaborative presso i Comitati ed i gruppi di lavoro della Commissione europea, dell'european chemicals agency-Echa, dell'european food safety authority-Efsa, dell'organization for economic co-operation and Development-OECD e dell'organizzazione mondiale della sanità-OMS, per la valutazione dei rischi e per la definizione di misure di mitigazione del rischio ai fini della loro gestione in tutti i settori di destinazione d'uso finora citati.
      L'attività svolta dagli esperti coinvolti nel settore della sicurezza chimica del centro nazionale sostanze chimiche e del dipartimento ambiente e connessa prevenzione primaria dell'ISS, ha fornito un contribuito all'emanazione di disposizioni europee quali il regolamento CE n.  1907/2006 «Registration, evaluation and authorization of chemicals-Reach» sulla registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche, la direttiva 91/414/CEE sull'immissione all'impiego di sostanze fitosanitarie, la direttiva 98/8/CEE sull'immissione all'impiego delle sostanze ad uso biocida, il regolamento CE n.  1223/2009 sui cosmetici, il decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, sulla sicurezza dei prodotti o «Codice del consumo».
      Inoltre, esistono specifiche attività sviluppate a livello nazionale.
      In particolare, l'istituto superiore di sanità, quale ente di ricerca ed organo scientifico del servizio sanitario nazionale, ha coordinato il primo progetto nazionale sugli interferenti endocrini (2000-2003), finanziato dal Ministero della salute, e successivamente proseguito come progetto istituzionale interno. Una delle ricadute del progetto è stata la citata area tematica dedicata agli interferenti endocrini (http://www.iss.it/inte): oltre all'aggiornamento sulle attività scientifiche dell'ISS nello specifico settore (basi di dati, pubblicazioni, rapporti, workshop), l'area intende contribuire all'aggiornamento degli operatori ed alla promozione di iniziative di ricerca.
      Inoltre, a seguito dell'incontro nazionale della ricerca italiana sugli IE, è stato pubblicato il rapporto «interferenti endocrini: valutazione e prevenzione dei possibili rischi per la salute umana» (2009: rapporti Istisan 09/18), che affronta i due aspetti chiave della sicurezza alimentare e dei rischi per lo sviluppo pre- e post-natale.
      L'ISS ha coordinato il progetto «Previeni» (2008-2011; v. area tematica dedicata http://www.iss.it/prvn), finanziato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: obiettivo di «Previeni» è la messa a punto di biomarcatori utili per il monitoraggio degli interferenti endocrini negli ecosistemi e nelle popolazioni umane esposte. Il progetto è incentrato sulle sostanze tuttora non considerate nei controlli ufficiali (Pfos, ftalati, bisfenolo A) e sulla valorizzazione della biologia molecolare per la messa a punto di biomarcatori precoci. I risultati finali sono stati presentati il 25 ottobre 2011 e hanno mostrato una preoccupante esposizione interna agli interferenti endocrini, considerati tanto nella popolazione adulta quanto nel sangue di cordone ombelicale, associata essenzialmente al contesto di vita urbano e con aumentato rischio di infertilità e patologie riproduttive.
      Sulla base dei risultati ottenuti e considerando il principio di precauzione, sono in corso di elaborazione raccomandazioni per limitazioni d'uso e controlli degli IE, nonché per una migliore informazione dei cittadini.
      Due documenti ufficiali sugli interferenti endocrini sono stati prodotti dal comitato nazionale biosicurezza, biotecnologie e scienze della vita, organo consultivo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sulla base dell'elaborazione di gruppi di lavoro interdisciplinari: «La sorveglianza dell'esposizione a interferenti endocrini» (2007) e «Priorità e obiettivi per la valutazione e gestione del rischio per la salute umana e la qualità ambientale da esposizione a interferenti endocrini» (2010).
      In conclusione, in Italia vi è una significativa attività concernente gli interferenti endocrini da parte degli enti scientifici pubblici ed una costante partecipazione istituzionale presso le sedi internazionali.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Adelfio Elio Cardinale.


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          Loris Calcina, Presidente di Ondaverde Onlus, segnala che «dalla mattina al pomeriggio inoltrato del 18 Dicembre 2011, la torcia a mare del comprensorio API raffineria di Falconara Marittima è stata caratterizzata da un potente getto di fiamma della altezza di alcune decine di metri – in mattinata di colore chiaro/azzurrognolo e nel pomeriggio di colore rosso intenso – che a seconda della direzione dei venti ha determinato rumore costante simile ad un aereo ad alta quota e diffusione di cattivo odore simile a gomma bruciata»  –:
          se quanto segnalato corrisponda al vero;
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza di tali fenomeni;
          quali verifiche siano state fatte riguardo a questi fenomeni;
          quali siano i dati delle concentrazioni di inquinanti atmosferici ed acustici emessi dall'impianto;
          quali siano i dati delle concentrazioni di inquinanti atmosferici ed acustici rilevati dalle centraline ubicate nel territorio di Falconara Marittima;
          come intendano operare i Ministri interrogati per porre fine ai fenomeni in premessa. (4-14340)

      Risposta. — In risposta all'interrogazione di cui all'oggetto, concernente il potente getto di fiamma della torcia a mare del comprensorio Api raffineria di Falconara Marittima (Ancona), avvistato il 18 dicembre 2011, si rappresenta quanto segue.
      In base alle notizie fornite dall'Arpa Marche, che in data 29 dicembre 2011 ha svolto accertamenti mirati ad acclarare le circostanze dell'accaduto, risulta che non ci siano state anomalie sul funzionamento dell'impianto ma solamente la programmata fermata della turbina, così come richiesto dal gestore servizi energetici.
      Il G.S.E. ha infatti la facoltà di richiedere la fermata della turbina; tale operazione comporta necessariamente il convogliamento del «gas di sintesi» in torcia poiché questa è da considerare come «valvola di sicurezza» dell'intero impianto di raffineria.
      In questi casi un innalzamento della fiamma in torcia non è necessariamente un sintomo di inconvenienti o malfunzionamenti, semmai nel caso specifico, l'innalzamento della fiamma ha corrisposto ad una procedura di sicurezza concordata e definita tra l'Arpam ed il gestore.
      Della procedura descritta il gestore ha dichiarato inoltre di averne informato anche la capitaneria di porto, il comune ed i vigili del fuoco.
      Il gestore ha inoltre dichiarato con propria nota del 6 marzo 2012 n.  261/12, confermata dall'Arpam, che nel periodo interessato non si sono riscontrate sostanziali difformità dai normali trend di qualità dall'aria; in particolare i valori di emissione (ossido di zolfo) non hanno raggiunto concentrazioni elevate e nei limiti di quanto previsto dalle norme del codice ambientale mentre il Servizio radiazione/rumore dell'Arpam ha rilevato che in alcune zone si è verificato un incremento della rumorosità, mentre in altre (nello specifico dalla cabina di via Flaminia) il clima acustico non ha mostrato differenze significative
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          con l'interrogazione n.  4-10287 si evidenziavano le problematiche connesse alla presenza di amianto nel sito ex fornace Corvaia di Golfarolo, comune di Oricola (Aquila);
          nella seconda quindicina del mese di gennaio 2012, risultano iniziati i lavori di sgombero e/o bonifica del suddetto sito poiché secondo quanto riferito da esponenti l'Associazione italiana esposti amianto (AIEA) – sono stati rimossi i sigilli d'ingresso al sito;
          c’è movimento di uomini e macchine di scavo, taglio, movimentazione terra, e altro;
          il dipartimento di prevenzione dell'ASL, informato via telefono il 23 e il 25 e via e-mail il 24 del mese di gennaio 2012, ha confermato i lavori;
          si tratta di un sito dove un capannone di diecimila metri quadri in cemento/amianto è stato aggredito da fattori antropici e naturali, oggetto da circa un ventennio di sfaldamenti e crolli, e un cedimento definitivo accrescerebbe a dismisura l'amianto aerodisperso con effetti verosimilmente devastanti per la popolazione residente;
          tuttavia, nonostante l'inizio dei lavori in un sito così delicato da un lato e pericoloso dall'altro, non vi è alcuna evidenza di inizio lavori, né di cartelli di avviso per la popolazione residente né risulta la presenza di personale «qualificato» (con apposite tute, maschere protettive, specifiche attrezzature, e altro);
          tale situazione fa temere che lo sgombero dell'amianto avvenga in violazione della prevista normativa, con il rischio di contaminare ulteriormente e pesantemente l'ambiente di fibre aerodisperse e di sottoporre i cittadini a grave contaminazione;
          si fa presente che gli esami ARTA hanno rilevato sensibili quantitativi di polveri amiantifere giacenti sul terreno del sito; per cui se gli attuali lavori in corso fossero soltanto finalizzati all'ampliamento della strada di accesso e allo sgombero di terra/vegetazione dall'interno della fornace essi dovrebbero essere svolti da ditta qualificata, autorizzata e iscritta con tutte le protezioni e cautele del caso  –:
          se quanto riferito in premessa sia vero;
          quale sia il nominativo/ragione sociale della ditta incaricata dei lavori e se sia regolarmente iscritta all'apposito elenco del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
          quali ulteriori iniziative di competenza si intendano adottare per assicurare che i lavori avvengano nel pieno rispetto delle norme sullo smaltimento dell'amianto nell'interesse della salute dei cittadini e dell'ambiente;
          di quali ulteriori informazioni disponga il Governo in merito ai fatti riferiti in premessa. (4-14696)

      Risposta. — Per quanto indicato nell'interrogazione di cui all'oggetto, riguardante l'esposizione all'amianto aerodisperso presso il sito ex fornace Corvaia di Oricola (L'Aquila), si rappresenta che la criticità segnalata era già conosciuta da questo Ministero a seguito di diverse segnalazioni pervenute dai cittadini di quella città, con le quali si denunciava la presenza di 10.000 metri quadrati di eternit e di altri rifiuti pericolosi sul territorio, nonché la mancanza di misure di prevenzione, messa in sicurezza e bonifica intraprese a tutela dell'ambiente.
      In seguito ai sopralluoghi effettuati, anche con l'ausilio dell'A.S.L. di Avezzano, con nota del 21 novembre 2008, l'agenzia regionale per la tutela dell'ambiente di L'Aquila, ha comunicato a questo Ministero la presenza di amianto a matrice friabile del tipo crisotilo e crocidolite in situ e, a parere della stessa agenzia, i rifiuti pericolosi contenenti amianto dovevano essere smaltiti nei tempi e nei modi idonei; le operazioni di rimozione dovevano avvenire previa adozione di tutte le misure atte a tutelare i lavoratori addetti alla bonifica ed a garantire la salute pubblica.
      Pertanto, con ordinanza n.  21 del 13 settembre 2007, il sindaco del comune ha ordinato al signor Mario Di Berardino, in qualità di proprietario del terreno su cui insisteva la «ex fornace Corvaia», di provvedere, entro 30 giorni alla rimozione ed allo smaltimento dei materiali contenenti amianto, nonché all'adozione dei provvedimenti provvisori atti ad evitare che i predetti materiali restassero sotto l'azione degli agenti atmosferici.
      Contestualmente, veniva realizzata dall'ufficio tecnico del comune la delimitazione e la messa in sicurezza dell'area con opportuna recinzione.
      In seguito all'ordinanza comunale del 13 marzo 2008, dalla quale emergeva che alcun intervento prescritto era stato posto in essere dal proprietario dell'area, la struttura ex fornace e la relativa area di pertinenza sono state poste sotto sequestro ex articolo 354 c.p.p., da parte della Guardia di finanza di Avezzano, sequestro successivamente convalidato dal giudice per le indagini preliminari del tribunale territorialmente competente con provvedimento del 2 aprile 2008 (procedimento penale n.  698/08).
      Con sentenza del 16 settembre 2009, il tribunale di Avezzano ha condannato l'imputato alla pena di anni uno e mesi due di arresto ed euro 7.000,00 di ammenda, nonché al pagamento delle spese processuali. Visto l'articolo 256, comma 3 del decreto legislativo n.  152 del 2006 è stata altresì ordinata al signor Di Berardino la bonifica, il ripristino dello stato dei luoghi e la confisca dell'area sulla quale è realizzata la discarica abusiva.
      A seguito di segnalazioni pervenute al dipartimento di prevenzione – servizio di igiene, epidemiologia e sanità pubblica (in seguito SIESP) della azienda sanitaria locale competente, da cittadini residenti nella località interessata, in data 26 gennaio ultimo scorso, è stato effettuato un sopralluogo da personale medico e tecnico del SIESP stesso, svoltosi alla presenza del signor Di Berardino, nel corso del quale si riscontrava la presenza di maestranze della ditta «Codiber s.r.l.» a lavoro all'interno del sito.
      Con l'avvenuto dissequestro dell’ area da parte della Corte d'Appello di L'Aquila (ordinanza n.  1776/11 del 1o dicembre 2011), disposto affinché potessero iniziare i lavori di bonifica da parte della ditta «gestioni ambientali s.r.l.» di Anguillara (Roma), il proprietario del sito ha presento una dichiarazione attestante la realizzazione della viabilità del cantiere, con lavori che si erano comunque già conclusi all'atto del sopralluogo del Siesp.
      Il piano di lavoro presentato dalla società gestioni ambientali s.r.l., società regolarmente iscritta all'albo nazionali gestori ambientali di questo Ministero (n.  RM/001825), è stato esaminato con esito favorevole dal servizio prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro (Spsal) della azienda sanitaria locale medesima.
      Da ultimo si rappresenta che, con nota del 23 maggio 2012, il comune di Oricola ha comunicato che il proprietario della ex fornace di laterizi ha provveduto alla completa rimozione ed allo smaltimento della copertura in cemento-amianto dell'edificio.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Corrado Clini.


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          risultano essere giunte, con volo Air China, all'aeroporto di Roma Fiumicino, 900 scimmie destinate allo stabilimento di allevamento di animali della multinazionale USA «Harlan Italy» di Correzzana (Monza-Brianza), via Fermi, 8;
          tali animali sono destinati ad essere venduti a diversi laboratori e università, per la sperimentazione;
          a gruppi di 150 individui, gli animali sarebbero stati portati su camion presso la Harlan di Correzzana dove dovrebbero essere tenuti in quarantena  –:
          se l'importazione di animali dalla Cina sia stata effettuata nel rispetto della legislazione internazionale, in particolare della convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione (CITES);
          se gli animali importati dalla Cina siano selvatici o provenienti da allevamento;
          se le procedure di messa in quarantena siano state correttamente autorizzate ed eseguite, non presso gli stabulari dell'aeroporto di Fiumicino, bensì presso l'azienda che li ha importati;
          se risulti chi siano i clienti della Harlan Italy e se, in qualità di acquirenti finali, utilizzatori degli animali, abbiano richiesto ed ottenuto dal Ministero della salute le autorizzazioni in deroga previste dalla normativa      (articoli 8 e 9 del decreto legislativo n.  116 del 1992);
          se le condizioni di trasporto e detenzione degli animali rispettino le normative vigenti e le «esigenze etologiche» della specie;
          se risulti che tra gli utilizzatori finali degli animali vi siano enti, istituti e università pubbliche o paritarie destinatarie di finanziamenti pubblici;
          se il Ministero della salute – qualora abbia effettivamente autorizzato tali esperimenti in deroga – abbia condotto una approfondita analisi sulla reale utilità di tali esperimenti e sulla loro potenziale ripetizione e reiterazione. (4-15168)

      Risposta. — A carattere generale, per quanto riguarda le autorizzazioni per l'importazione, si precisa che gli stabilimenti che intendono importare primati non umani in Italia devono preliminarmente presentare apposita istanza di autorizzazione al Ministero della salute, ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo n.  633 del 1996, al fine di ottenere il riconoscimento delle strutture di destinazione come organismo, istituto o centro ufficialmente riconosciuto.
      Le strutture devono essere regolarmente autorizzate quali stabilimenti di allevamento e di fornitura di animali destinati alla sperimentazione scientifica, ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.  116, che prevede apposita autorizzazione da parte dei Comuni e lo svolgimento della vigilanza veterinaria da parte del servizio veterinario dell'azienda sanitaria locale territorialmente competente.
      Considerato che per l'importazione di primati non umani è prevista la quarantena, la struttura di destinazione deve avere un nulla osta sanitario rilasciato dalla azienda sanitaria locale competente per territorio, sulla base della presenza dei requisiti strutturali e gestionali.
      Verificata la sussistenza di tutti i requisiti evidenziati, il Ministero della salute rilascia l'autorizzazione per l'importazione da un determinato paese di un numero contingentato di animali e per un periodo di tempo definito.
      L'autorizzazione prevede anche la certificazione sanitaria di scorta degli animali.
      L'autorizzazione concessa alla ditta «Harlan Laboratories» di Correzzana (MB) concerne un totale di 900 primati, per un periodo di un anno a partire dal febbraio 2012 e in lotti di massimo 156 soggetti per singola importazione: non è stata quindi autorizzata la possibilità di importare 900 animali in una partita unica.
      Prima dell'importazione nel territorio nazionale tutti gli animali sono controllati ai sensi del decreto legislativo n.  93 del 1993 dai posti di ispezione frontalieri veterinari (PIF – uffici periferici del Ministero della salute) autorizzati a tal fine dalla Commissione europea: i controlli riguardano la verifica delle certificazioni sanitarie, dell'identificazione individuale, dello stato clinico, di salute e di benessere degli animali.
      Soltanto a seguito degli esiti favorevoli dei controlli viene autorizzato, da parte del posto di ispezione frontaliero, l'ingresso degli animali in vincolo sanitario fino alla struttura di destinazione individuata dalla citata autorizzazione ministeriale.
      L'azienda sanitaria di competenza sulla struttura, informata immediatamente da parte del posto di ispezione frontaliero dell'arrivo degli animali, procede alle immediate verifiche dello stato di salute degli animale medesimi e della loro corretta identificazione, provvedendo alla predisposizione della quarantena.
      Il servizio veterinario della azienda sanitaria locale garantisce, inoltre, la vigilanza permanente sullo stabilimento dove risiedono gli animali.
      In merito all'arrivo di 104 scimmie provenienti dalla Cina, si segnala che il Ministro della salute, nel rispetto delle disposizioni vigenti, ha disposto una verifica immediata per quanto riguarda l'ingresso in Italia di primati non umani destinati alla sperimentazione scientifica. Ciò in relazione sia alle condizioni di viaggio sia al trattamento degli animali in Italia.
      L'esito di tale ispezione ha confermato il rispetto delle disposizioni normative in materia e la corretta applicazione delle procedure.
      Il comando carabinieri per la tutela della salute-N.A.S., dopo accurata ispezione presso lo stabilimento fornitore della ditta «Harlan Laboratories» di Correzzana, ha accertato il completo rispetto dei requisiti strutturali e gestionali della struttura, oltreché della normativa vigente.
      Si osserva inoltre che l'impiego dei primati non umani nella ricerca scientifica è disciplinato dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.  116, ed in molti casi è reso obbligatorio da legislazioni nazionali ed internazionali (farmacopea europea, Emea, Fda) per l'immissione in commercio di farmaci ad uso umano e veterinario.
      Attualmente il Ministero della salute svolge tutti i controlli e gli accertamenti ritenuti necessari per verificare la corretta ed uniforme applicazione del decreto legislativo n.  116 del 1992.
      In aggiunta all'attività di controllo dei servizi veterinari delle aziende sanitarie locali, finalizzata alla verifica degli aspetti igienico-sanitari, a cui spetta l'attività di vigilanza permanente sugli stabulari, ulteriori controlli sono effettuati dai nuclei operativi del comando carabinieri per tutela della salute.
      Tutti gli esperimenti vengono autorizzati dal Ministero della salute, che si avvale degli esami e del parere dell'istituto superiore di sanità, in quanto gli stessi richiedono una valutazione complessa sotto il profilo tecnico-scientifico, relativamente alla indispensabilità degli esperimenti, alla non esistenza di metodi alternativi ed alla inutilità della ripetizione di esperimenti.
      Nel nostro Paese i primati non umani, per la maggior parte degli esperimenti, sono utilizzati in prove di qualità, efficacia, innocuità di medicinali e di vaccini, mentre una minima parte di essi viene utilizzata nella ricerca e nello sviluppo di nuove terapie per le malattie neurologiche ed infettive.
      Si ricorda, da ultimo, che la direttiva comunitaria n.  63/2010/Unione europea del 22 settembre 2010 inserita nel ddl comunitaria per il 2011, all'esame delle competenti commissioni del Senato, prevede ancora la possibilità di utilizzare primati non umani e che gli stessi, tuttavia, non debbano provenire dalla raccolta effettuata nell'ambiente naturale, bensì da allevamenti autorizzati, vale a dire che siano nati in cattività.
      La stessa direttiva, nel rafforzare la tutela degli animali secondo i più recenti sviluppi scientifici, rappresenta un passo importante verso l'obiettivo finale della completa sostituzione delle procedure su animali vivi. A tal fine, essa cerca di agevolare e di promuovere lo sviluppo e diffusione di metodi alternativi.
      Alla luce delle valutazioni sopra fornite, questo Ministero ritiene che non sussistano i presupposti per procedere alla revoca delle autorizzazioni sanitarie per l'importazione.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Adelfio Elio Cardinale.


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          un articolo dal titolo «Quel test ormai superato che condanna a morte i cavalli» a firma Margherita D'Amico pubblicato dal quotidiano La Repubblica nell'edizione del 27 aprile 2012 riferisce dell'emissione di ordinanze di sequestro sanitario per animali presunti affetti da anemia infettiva equina accertata non sulla base dei test adottati dalla Comunità europea (test di Coggins), ma sulla base di test sperimentali, peraltro effettuati da laboratori non certificati e non accreditati per l'esecuzione di detti test oltre ad una serie di innumerevoli irregolarità;
          risulta che in Italia la normativa di settore sia stata aggirata da circolari interpretative di procedure dedotte da manuali internazionali senza alcuna validazione da parte degli organismi estensori di tali manuali e che nell'esecuzione di tali test sperimentali siano state eluse le normali procedure di sicurezza che richiedono che le risultanze ottenute da un laboratorio siano successivamente confermate da un laboratorio terzo;
          sulla base delle risultanze positive a tali test sperimentali ed in presenza di test di Coggins negativi, siano stati avviati all'abbattimento numerosi equidi e che, per alcuni di questi, pubblici funzionari (ricercatori dell'Istituto zooprofilattico sperimentale del Lazio e della Toscana) abbiano versato somme di denaro al fine di disporre di tali equidi per l'ulteriore sperimentazione prima dell'abbattimento finale;
          l'equide femmina di nome Rocket, per la quale i proprietari e le associazioni di settore hanno ritenuto illegali le procedure adottate, rimanga sotto sequestro sanitario nonostante che i test di Coggins la dichiarino sana  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga necessario che sia fatta chiarezza nella normativa e nelle procedure, come già richiesto dalla dottoressa Paola Goulden nella veste di presidente della SIVE (Società italiana veterinari equini) che nel gennaio 2011, pronunciandosi sul caso Rocket, chiedeva al Ministero un «chiarimento istituzionale»;
          se il Ministro interrogato non ritenga doveroso che, per accertare lo stato di salute di Rocket, si proceda al dissequestro e, come più volte richiesto dai proprietari, siano ripetuti gli accertamenti da laboratori diversi da quelli che ne hanno certificato lo stato di malattia, sulla base dei test e delle procedure che il Ministero della salute vorrà dichiarare essere i test ufficialmente adottati dello stato membro Italia;
          se il Ministro interrogato – visto che le competenze del Centro di riferimento per l'anemia infettiva degli equini, trasferite con proprio decreto del 14 aprile 2011 dall'Istituto zooprofilattico sperimentale del Lazio e della Toscana (presso il quale veniva praticato quanto riportato dal quotidiano La Repubblica) all'Istituto zooprofilattico delle regioni Abruzzo e Molise e, successivamente, a distanza di soli 9 mesi, riassegnate con decreto del 9 gennaio 2012 nuovamente all'Istituto zooprofilattico sperimentale del Lazio e della Toscana – non ritenga di rivedere tale ultimo provvedimento, anche alla luce della diversa interpretazione delle norme e delle procedure manifestata dai due istituti. (4-15967)

      Risposta. — L'anemia infettiva equina è una malattia contagiosa propria degli equidi, la cui la notifica è obbligatoria sia nel territorio nazionale che in quello comunitario. Il Ministero della salute con successive ordinanze ha istituito un piano nazionale di sorveglianza, basato su controlli sierologici eseguiti dai servizi veterinari delle aziende sanitarie locali. I campioni devono essere analizzati dalla rete di laboratori ufficiali rappresentata dagli Istituti zooprofilattici sperimentali. I campioni risultati positivi devono essere poi confermati dal Centro di referenza nazionale che costituisce un centro altamente specializzato per la diagnosi e per lo studio dei diversi aspetti ecopatologici ed epidemiologici dell'infezione, la cui valenza è riconosciuta anche in ambito internazionale.
      In merito all'esigenza di chiarire normativa e procedure, si precisa che il Ministero della salute si è espresso più volte sulla validità dei test diagnostici. Nello specifico, sia il comunicato del Ministero della salute del 14 marzo 2005 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.  66 del 21 marzo 2005) sia la nota del Ministero della salute del 12 marzo 2007, indirizzata agli Assessorati regionali alla sanità-Servizi veterinari, agli Istituti zooprofilattici sperimentali e al centro di referenza nazionale per l'anemia infettiva – Istituti zooprofilattici sperimentali del Lazio e della Toscana, hanno ripreso quanto indicato dal Manuale dell'Office international des epizooties (O.I.E.) sui test diagnostici, il quale dettando le raccomandazioni da utilizzare nel commercio internazionale, recita testualmente che «i risultati possono anche essere confermati con la tecnica di Immunoblotting».
      Oltre all'immunoblotting, non bisogna dimenticare che il cavallo Rocket è risultato positivo al test Elisa e al test Pcr, con presenza di Rna virale nell'animale. Tali prove non rappresentano dei test obsoleti, bensì delle metodiche all'avanguardia, in grado di rilevare precocemente la presenza virale, sulla validità delle quali si è espresso anche il laboratorio di referenza comunitario, confermando quanto sopra riportato.
      In merito alla positività riscontrata nel caso in esame ed, in particolare, quanto alla legittimità dei provvedimenti finora adottati, si è pronunciato il TAR del Lazio con sentenza del 26 novembre 2010, ritenendo insussistenti i presupposti per l'accoglimento dell'istanza di sospensione dell'efficacia del provvedimento di sequestro sanitario presentata dai proprietari del cavallo.
      Rispetto a tale sentenza i proprietari dell'animale non hanno ritenuto di proseguire l’iter previsto dall'ordinamento giuridico sottoponendo la questione al Consiglio di Stato. Pertanto, le autorità competenti (nella fattispecie il sindaco quale massima autorità sanitaria locale) non possono non conformarsi alla stessa sentenza.
      Da ultimo, nel rammentare che il riconoscimento di centri specialistici presso gli istituti zooprofilattici sperimentali è prerogativa esclusiva del Ministro della salute (decreto legislativo 30 giugno 1993, n.  270, articolo 2, comma 2, lettera 1), si segnala che l'istituto zooprofilattico sperimentale dell'Abruzzo e del Molise nel dicembre dello scorso anno ha manifestato la necessità di intraprendere una serie di attività tecnico-scientifiche ed organizzative per la realizzazione e l'espletamento dei compiti propri dei centri di referenza ed, in considerazione delle complessità relative al riassetto dei propri organi di vertice non ancora concluso, ha condiviso con il Ministero della salute l'opportunità di riassegnare il centro di referenza nazionale per l'anemia infettiva degli equidi all'istituto zooprofilattico sperimentale del Lazio e della Toscana.
      Pertanto, non si ritiene opportuno rivedere il decreto del 10 gennaio 2012, adottato considerando anche le difficoltà organizzative evidenziate dall'istituto zooprofilattico sperimentale dell'Abruzzo e del Molise.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Adelfio Elio Cardinale.


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          nella provincia di Enna, si manifesta una forte pressione da parte di società operanti nel settore dell'eolico che hanno presentato ben 39 progetti di tipo industriale eolico che si aggiungerebbero a quelli già realizzati, in un territorio a forte vocazione agro-pastorale e turistica;
          tra questi, risulta pubblicato presso il comune di Enna, in data 24 novembre 2011, un avviso da parte della Geowind srl di Adrano, per la realizzazione di un parco eolico in contrada Castellazzo, con sette torri di oltre cento metri di altezza e quasi cinquanta metri di estensione della pala eolica; il progetto, già presentato anni fa, ebbe nel 2005 parere negativo dell'assessorato provinciale all'ambiente e interessa una zona che ricade tra le contrade Castellazzo, Bubudello, S. Antonino – bacino idrogeologico con la presenza di abbeveratoi e sorgenti, da cui parte l'acquifero Castellazzo-Caltanissetta per il rifornimento idrico della città;
          si tratta di una tra le zone più belle dell'interno Sicilia, per verginità e ampiezza di paesaggio con apertura a 360° dei boschi di piazza Armerina, del sito archeologico della Montagna di Marzo, verso l'Etna, Pizzo S. Calogero e le Madonie, Caltanissetta, Monte Cammarata, Mazzarino;
          la contrada è al centro di un'accoglienza turistica fondata su cultura e ruralità con agriturismi già avviati, allevamenti di bestiame secondo le normative europee, colture biologiche incompatibili con l'eolico industriale;
          l'articolo 9 della Costituzione Italiana, recita: «la Repubblica Italiana tutela il paesaggio e il patrimonio Storico e artistico della Nazione»;
          la contrada è corridoio di migrazione e ricchissima di avifauna specie falchi, poiane, seguita una coppia nidificante di aquile del Bonelli, ad altissimo rischio di collisione con le pale (alte ben 150 metri). A quest'ultimo proposito quasi tutte le specie di rapaci italiani sono incluse nell'allegato I della direttiva 79/409/CEE, che comprende le specie particolarmente meritevoli di tutela per le quali gli Stati membri (articolo 4) sono tenuti all'adozione di misure speciali di conservazione dei loro habitat di vita. Dunque la realizzazione delle centrali eoliche in tali ambienti costituirebbe un'evidente infrazione a precisi obblighi comunitari e vanificherebbe il lavoro di decenni per la salvaguardia delle specie protette;
          la mole di progetti eolici che interessano la provincia di Enna impediscono una effettiva partecipazione dei cittadini al processo di formazione delle decisioni ed una sana programmazione energetica  –:
          quali urgenti iniziative di competenza si intendano adottare in relazione alla realizzazione del suddetto parco eolico per assicurare il rispetto del valore costituzionalmente protetto del paesaggio e dei vincoli citati in premessa con particolare riferimento alla protezione degli uccelli;
          quali iniziative anche normative si intendano promuovere per favorire la partecipazione dei cittadini alle decisioni relative all'utilizzo dei rispettivi territori;
          se non si ritenga di rivedere il sistema degli incentivi alle rinnovabili elettriche in modo da disincentivare la realizzazione di parchi eolici di dimensione industriale. (4-14521)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
      Per quanto concerne l'installazione di impianti a fonti rinnovabili, occorre premettere che le linee guida nazionali, emanate con il decreto ministeriale 10 settembre 2010, prevedono che le regioni e le province autonome individuino le aree e i siti non idonei all'installazione di detti impianti, tenendo conto anche del sistema dei vincoli territoriali per la tutela dell'ambiente e del paesaggio.
      In considerazione del potenzialmente elevato impatto paesaggistico dei grandi impianti eolici, le citate linee guida nazionali comprendono un apposito allegato tecnico in cui analizzano gli impatti sulle varie componenti ambientali – flora, fauna, ecosistemi, – e si indicano le misure di riequilibrio ambientale per minimizzare o eliminare i suddetti impatti.
      Riguardo agli impatti non mitigabili, invece, linee guida prevedono la possibilità di definire, in conferenza dei servizi del procedimento di autorizzazione unica, eventuali misure compensative. A tale proposito si evidenzia che queste ultime devono essere rivolte ad interventi di miglioramento ambientale, di efficienza energetica, di diffusione delle fonti rinnovabili e di sensibilizzazione della cittadinanza su tali temi e non possono avere carattere meramente patrimoniale.
      Nella definizione di dette misure, si tiene altresì conto delle prescrizioni contenute nei provvedimento di valutazione di impatto ambientale (VIA), cui è assoggettata per legge l'iniziativa citata dall'interrogante. Anche in tale sede saranno prese in considerazione, dunque, le tutele paesaggistiche ed ambientali riferite al sito di localizzazione dell'impianto in questione.
      Si ricorda, inoltre, che con il decreto ministeriale 15 marzo 2012 (cosiddetto
Burden Sharing) sono stati stabiliti gli obiettivi relativi alla quota minima di incremento dell'energia prodotta con fonti rinnovabili per singola regione fino al 2020 e, in base a quanto disposto dall'articolo 3, comma 6, del citato decreto, è data facoltà alla regione di stabilire limiti massimi di produzione, per singola fonte rinnovabile, in misura pari a 1,5 volte gli obiettivi previsti nei rispettivi strumenti di pianificazione energetica per la medesima fonte.
      Al riguardo si fa presente che la regione, con delibera della giunta regionale n.  1 del 3 febbraio 2009, ha adottato il piano energetico ambientale regionale (PEARS) che è stato predisposto a seguito della procedura di valutazione ambientale strategica (VAS). Da contatti intervenuti per le vie brevi con la Regione, risulta presentata l'istanza di autorizzazione ma non ancora avviato il relativo procedimento.
      Per quanto riguarda la partecipazione dei cittadini alle decisioni dei relativi territori, fermo restando la competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in materia, si osserva che il nostro ordinamento ha recepito la diretta 2003/4/CE in materia di accesso al pubblico all'informazione ambientale con il decreto legislativo n.  195 del 19 agosto 2005 che, all'articolo 1, garantisce il diritto di accesso all'informazione ambientale e le modalità per il suo esercizio.
      Si segnala, inoltre che, con riferimento ai singoli procedimenti, l'accesso alle informazioni ambientali è assicurato, in via generale, dalla legge n.  241 del 1990 sul procedimento amministrativo e sul diritto di accesso e, nello specifico, dalla normativa in materia di VIA (come da quella in materia di VAS). La legge prevede, infatti, la partecipazione dei cittadini ai procedimenti di VIA, attraverso la pubblicazione dello studio di impatto ambientale. I cittadini interessati possono consultare e, presentare osservazioni e memorie al riguardo di cui si dovrà tener conto nel provvedimento finale di decisione.
      Infine, per quanto concerne l'ultimo quesito posto dall'interrogante, in materia di incentivi, si segnala che questo Ministero, di concerto con il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare e con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, ha recentemente emanato il decreto ministeriale 6 luglio 2012 «attuazione dell'articolo 24 del decreto legislativo, 3 marzo 2011, n.  28, recante norme per l'incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili diversi dai fotovoltaici», con il quale si stabilisce la riduzione degli incentivi, in particolare per gli impianti di grandi dimensioni.
      Per questa tipologia di impianti sono previste, tra l'altro, una riduzione degli incentivi e, dal punto di vista amministrativo, l'introduzione del meccanismo delle aste e dei registri per l'accesso agli incentivi stessi, che consentiranno in tal modo un controllo della spesa. L'obiettivo cui tende la nuova normativa è quello di coniugare lo sviluppo delle fonti rinnovabili in generale con la tutela ambientale, indirizzando il settore verso una crescita equilibrata e ordinata.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Claudio De Vincenti.


      ZAZZERA e DI STANISLAO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 3 della legge 29 marzo 2001, n.  86, ha sancito che «il personale dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica impegnata in esercitazioni od in operazioni militari caratterizzate da particolari condizioni di impiego prolungato e continuativo oltre il normale orario di lavoro, non è assoggettato, durante i predetti periodi di impiego, alle vigenti disposizioni in materia di orario di lavoro ed ai connessi istituti, a condizione che le predette attività si protraggano senza soluzione di continuità per almeno quarantotto ore» e per i giorni di effettivo impiego ha previsto «una indennità sostitutiva del compenso per il lavoro straordinario e del recupero compensativo da, definire attraverso le procedure di concertazione di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n.  195, e successive modificazioni»;
          l'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n.  171, a seguito delle procedure di concertazione, ha disposto che «al personale impiegato in esercitazioni o in operazioni militari caratterizzate da particolari condizioni di impiego prolungato e continuativo oltre il normale orario di lavoro, che si protraggono senza soluzione di continuità per almeno quarantotto ore con l'obbligo di rimanere disponibili nell'ambito dell'unità operativa o nell'area di esercitazione, continua a essere corrisposto il compenso forfettario di impiego, istituito con l'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n.  163, nelle misure giornaliere attualmente in vigore e riportate nell'allegata tabella 2, da corrispondere in sostituzione agli istituti connessi con l'orario di lavoro, per un periodo non superiore a 120 giorni all'anno [...] e che le esercitazioni, le operazioni e le attività [ ... ] sono determinate nell'ambito delle rispettive competenze dai Capi di Stato Maggiore di Forza armata, informandone il Capo di Stato Maggiore della Difesa»;
          il radio messaggio del Comando in capo della squadra navale n.  01566/N/C8CDIVCM del 20 marzo 2010, ha ordinato che «le attività condotte nei mesi di ottobre/novembre/dicembre 2009, già conteggiate con i compensi forfettari di impiego, causa incapienza dei fondi resi disponibili sul pertinente capitolo, siano riconteggiate in termini di straordinario e, su conforme direttiva già impartita, siano remunerate in natura con recupero compensativo da fruire entro il termine del 2010;
          la direttiva in questione ha impartito che lo straordinario non deve essere remunerato nella misura pari alla durata del servizio prestato, ma in maniera che agli interroganti appare arbitraria oltre che forfettaria;
          il recupero compensativo, forma alternativa di ristoro del militare chiamato a svolgere lavoro straordinario, deve di norma essere attivato dall'amministrazione entro un breve termine dal momento in cui la prestazione lavorativa è stata svolta, pena la sostanziale frustrazione della ratio del recupero compensativo  –:
          se il Ministro interrogato non intenda adottare, nel rispetto delle norme legislative, opportuni ed urgenti provvedimenti al fine di consentire la retribuzione dei compensi forfettari di impiego, fissati ex ante, per la tipologia di attività effettivamente espletata dagli equipaggi navali. (4-07031)

      Risposta. — Ai sensi delle vigenti disposizioni, il compenso forfettario di impiego (CFI) è finalizzato a remunerare esclusivamente l'impegno del personale non dirigenziale (da tenente colonnello a militare di truppa) in esercitazioni e operazioni prolungate e continuative.
      In merito al quantum spettante, si precisa che l'importo giornaliero si differenzia in funzione del grado del militare e del giorno della settimana di attività, con una precisa distinzione in termini finanziari tra i giorni feriali, il sabato ed i festivi.
      L'introduzione di una speciale indennità finalizzata a compensare l'attività di servizio in navigazione – quando le attività si susseguono senza interruzioni, imponendo al personale vincoli e limiti che rendono problematica l'applicazione delle disposizioni sull'orario di servizio e sullo straordinario ad esso connesso – è stato un obiettivo che la Marina ha fortemente perseguito negli anni.
      Nel 2001, la necessità di una speciale indennità è stata concettualmente recepita e, successivamente, consolidata con il provvedimento di concertazione del 2002 (decreto del Presidente della Repubblica n.  163 del 2002), che ha previsto il compenso forfettario di impiego, ai sensi della legge istitutiva n.  86 del 2001, per remunerare esclusivamente le esercitazioni/operazioni militari caratterizzate da particolari condizioni di impiego oltre il normale orario di lavoro, che si protraggono senza soluzione di continuità per almeno 48 ore.
      La norma istitutiva all'articolo 3, comma 4, della legge menzionata prevede che «Il personale può essere impegnato nelle attività di cui al comma 1 fino ad un massimo di centoventi giorni l'anno e per non più di dodici ore giornaliere, salvo il verificarsi di comprovate ed inderogabili esigenze di carattere operativo. Durante lo svolgimento delle predette attività devono essere garantiti al personale il recupero delle energie psicofisiche e comunque la fruizione di adeguati turni di riposo».
      Il successivo comma 5 stabilisce, invece, che il compenso forfettario di impiego è da intendersi quale «indennità sostitutiva per il compenso per il lavoro straordinario e del recupero compensativo ...» da attribuire «nell'ambito delle risorse ad essa assegnate...».
      Annualmente, in base alle esigenze rappresentate, lo Stato maggiore della Difesa provvede a ripartire tra le Forze armate le risorse rese disponibili sul relativo capitolo dalla legge di bilancio.
      Anche se l'attribuzione delle risorse condiziona sia la fase di pianificazione e di programmazione delle attività, sia quella di condotta delle operazioni/esercitazioni, va sottolineato che il compenso forfettario di impiego è solo uno degli strumenti che possono essere utilizzati per compensare l'impegno profuso dal personale per le attività operative e addestrative.
      Infatti, alla compensazione delle eccedenze orarie maturate rispetto al normale orario di lavoro concorre anche l'istituto dello straordinario nelle due forme: quella del recupero e quella remunerativa.
      Tale istituto è l'unico previsto per il personale dirigente, al quale non compete l'attribuzione del CFI.
      Va osservato che le richiamate potenzialità remunerative si sono attenuate negli anni, in quanto l'ammontare delle risorse finanziarie complessivamente disponibili per l'esigenza è stato oggetto di una costante riduzione, dovuta, per quanto ha tratto con l'istituto dello straordinario, anche all'incremento delle retribuzioni orarie, che ha determinato una contrazione dell'entità complessiva del monte ore al quale attingere.
      Si assicura, ad ogni buon conto, che lo Stato maggiore della Marina ha provveduto a sanare ogni pendenza riferita al CFI maturato dal personale per l'attività svolta nel 2009. Ciò è stato possibile attraverso una rimodulazione dello stanziamento in ambito interforze, operata a cura dello Stato maggiore della Difesa, che ha permesso il recupero delle residue risorse finanziarie.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.