XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 5 settembre 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


      La Camera,
          premesso che:
              la legge 18 luglio 1957, n.  614, ha affidato alla gestione governativa navigazione laghi l'esercizio delle linee di navigazione in servizio pubblico sui laghi di Como, Garda e Maggiore, prevedendo che l'eventuale disavanzo di bilancio sia coperto con i fondi stanziati annualmente dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a cui spetta la vigilanza sull'amministrazione affidata al gestore;
              la legge 12 novembre 2011, n.  183, (legge di stabilità 2012) ha determinato il dimezzamento delle risorse destinate al finanziamento della gestione governativa navigazione laghi, passando da 26 milioni di euro del 2008 ai 13 milioni del 2012; tagli lineari, di simile consistenza, erano già stati operati dalla legge finanziaria per il 2009 e dalla legge di stabilità 2011, e solo parzialmente compensati con successivi provvedimenti legislativi che consentivano di utilizzare gli avanzi di amministrazione risultanti dai bilanci 2007 e 2009, al fine di fronteggiare le spese per la gestione dei servizi di navigazione e scongiurare la compromissione del servizio;
              il recente decreto-legge 22 giugno 2012, n.  83, recante «Misure urgenti per la crescita del Paese», convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.  134, all'articolo 16 – Disposizioni urgenti per la continuità dei servizi di trasporto – attribuisce per l'anno 2012, alla gestione governativa navigazione laghi, al fine di garantire la continuità del servizio pubblico di navigazione sui laghi Maggiore, di Garda e di Como, risorse pari a 6 milioni di euro. Tali maggiori risorse sono destinate al finanziamento delle spese di esercizio per la gestione dei servizi di navigazione lacuale, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, quarto comma, della legge 18 luglio 1957, n.  614;
              tale stanziamento, pur importante, non consente comunque di compensare integralmente i tagli lineari sopra citati, né di far fronte al progressivo rincaro del costo del carburante necessario ai natanti; la situazione della navigazione lacuale è, inoltre, aggravata per effetto delle disposizioni previste dalla legge 15 dicembre 2011, n.  217, secondo cui sono assoggettati al pagamento dell'iva gli acquisti relativi al parco natanti, che, in precedenza, erano esenti ai sensi dell'articolo 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica n.  633 del 1972;
              la direzione della gestione governativa navigazione laghi, al fine di conservare l'equilibrio economico-finanziario, ha deciso, ed in parte già operato per l'anno 2012, scelte di riduzione del servizio di trasporto passeggeri, in particolare delle corse veloci, e di traghettamento degli autoveicoli, nonché l'aumento delle tariffe applicate, che colpiscono in particolare gli utenti pendolari; tale scelta penalizza specialmente gli utenti pendolari, genera conseguenze negative in termini occupazionali (anche rispetto alla possibilità di assunzione di lavoratori stagionali), di attrattività turistica delle aree lacuali e inibisce le potenzialità del trasporto su acqua, oltre che come fattore di sviluppo economico, anche come soluzione alle frequenti problematiche di mobilità dei territori lacuali;
              il tema della gestione del servizio di navigazione lacuale è stato oggetto di importanti provvedimenti legislativi. L'articolo 11 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n.  422, riprendendo l'articolo 98 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n.  616, prevedeva che entro il 1o gennaio 2000 la gestione del servizio di navigazione fosse trasferita alle regioni territorialmente competenti e alla provincia autonoma di Trento, previo risanamento tecnico ed economico a cura dello Stato, da realizzare in base a un piano predisposto dal Ministero dei trasporti ed approvato, entro il 31 marzo 1998, dal Ministero dei trasporti, di concerto con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, a seguito di intesa con le regioni interessate e con la provincia autonoma di Trento;
              nonostante l'articolo 2, comma 8, della legge 18 giugno 1998, n.  194, avesse disposto un finanziamento urgente ai fini del risanamento tecnico ed economico del servizio, ai fini della regionalizzazione, i termini per l'attuazione sono decorsi inutilmente per mancato accordo tra le regioni competenti, con conseguente perdita dei fondi stanziati;
              la mancata regionalizzazione della gestione governativa per la navigazione sui laghi Maggiore, di Garda e di Como rende progressivamente sempre più incerta la programmazione del servizio di trasporto lacuale, secondo le esigenze sociali, economiche, territoriali e di mobilità dei territori interessati;
              le regioni Lombardia, Piemonte e Veneto hanno, peraltro, recentemente confermato, nel corso di audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva condotta dal Senato sulle problematiche connesse al settore di navigazione sui laghi, la volontà di vedersi assegnare le competenze del trasporto navigazione lacuale, come riportato nel documento conclusivo votato dalla Commissione lavori pubblici del Senato l'11 gennaio 2012;
              il trasporto pubblico sui laghi, curato dalla gestione governativa navigazione laghi, risulta presentare oggi uno dei migliori indici di copertura dei costi con le entrate tariffarie fra quelli di tutte le aziende che gestiscono il trasporto pubblico locale, su gomma, rotaia o acqua. Il coefficiente di esercizio si attesta infatti intorno al 60 per cento contro il 35/40 per cento medio del settore del trasporto pubblico locale;
              il trasporto pubblico di navigazione rappresenta per i territori bagnati dai laghi di Como, Garda e Maggiore un elemento cruciale per la mobilità dei propri cittadini e delle attività economiche insediate, nonché per la crescita e lo sviluppo non solo turistico di queste aree,

impegna il Governo:

          ad assumere iniziative volte a prevedere un adeguato stanziamento di risorse finanziare necessarie a garantire la continuità del servizio pubblico lacuale in capo alla gestione navigazione laghi di Como, Garda e Maggiore, al fine di assicurare un livello adeguato di efficienza ed efficacia del servizio e la tenuta occupazionale, anche in considerazione dei risultati degli studi sulla revisione della spesa;
          ad adottare gli interventi di propria competenza utili a dare rapida attuazione al processo di regionalizzazione previsto dall'articolo 11 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n.  422, in particolare per quanto riguarda la predisposizione di un piano aggiornato di risanamento tecnico-economico necessario a definire, d'intesa con le regioni coinvolte, il trasferimento delle competenze in materia di gestione del trasporto pubblico lacuale e l'assegnazione delle conseguenti risorse in conto capitale e d'esercizio;
          ad accompagnare il processo di regionalizzazione con un piano industriale ed organizzativo che garantisca la migliore efficienza aziendale, l'efficacia e l'economicità del servizio pubblico di trasporto lacuale.
(1-01121) «Braga, Codurelli, Quartiani, Gianni Farina, Fiano, Lovelli, Marantelli, Pizzetti, Sanga, Velo, Narducci, Meta».
(Presentata il 4 settembre 2012)

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
          la difesa dei diritti civili e della cultura del diritto per affermare la giustizia di fronte a fatti tragici e violenti che offendono la dignità umana, in ogni situazione, è da tempo una costante caratterizzante della politica posta in essere dai Governi e dal Parlamento della Repubblica italiana;
          grazie a tale sensibilità morale e civile, oltre trent'anni dopo la drammatica vicenda innescata dalle giunte militari argentine nel periodo di dittatura, è stato possibile rinviare a giudizio e processare a Roma i responsabili e i torturatori dei desaparecidos di origine italiana, un processo in cui il Governo italiano si era costituito parte civile;
          recentemente la Commissione affari esteri della Camera dei deputati ha audito la Signora Estela Carlotto – presidente delle nonne di Plaza de Mayo –, accompagnata da autorevoli rappresentanti del mondo politico argentino e delle organizzazioni operanti a difesa dei diritti civili, rinnovando con ciò la tradizionale attenzione del Parlamento italiano al dramma dei desaparecidos;
          padre Giuseppe Tedeschi, nato a Jelsi (CB) il 3 marzo 1934, a soli 16 anni lasciò il suo Paese, per raggiungere il padre Luigi in Argentina, a Buenos Aires, insieme alla madre Maria Grazia Passarelli e ai quattro fratelli Antonio, Renzo, Michele e Filippo Giuseppe (José) nel 1954 entrò nel seminario di Bernal, poi a Moron per l'anno di noviziato, e al termine del tirocinio nelle case salesiane di Buenos Aires e degli studi filosofici a Bernal, venne consacrato sacerdote nel 1967 e inviato come prima sede a Mar del Plata;
          padre Tedeschi, in seguito, fu inviato per attività pastorale nel quartiere Don Bosco di Quilmes in una delle periferie più degradate della capitale argentina. In questo contesto sociale, caratterizzato da baraccopoli (Barrio di Villa Itati), a contatto con tanta sofferenza sociale e con tanta disperazione umana, egli si convinse che il suo apostolato richiedeva una scelta completa, una dedizione estrema. Pertanto, si fece povero tra i poveri, apri una scuola a casa sua, un pronto soccorso, si adoperò per far giungere latte e generi di prima necessità, si batté per garantire l'acqua a più di 40 mila persone, diede vita a un centro di assistenza contro la violenza e ad una biblioteca, accolse le fasce più emarginate ed i diseredati insegnando loro il mestiere di falegname e mobiliere. Inoltre, padre Giuseppe Tedeschi si impegnò per migliorare la viabilità nel Barrio, i servizi sociali e per elevare le condizioni di vita dei cittadini di quel ghetto;
          la vicenda di questo sacerdote italiano si inserisce nella tragica pagina argentina dei desaparecidos, delle persecuzioni, delle torture e dei massacri, che in quel periodo storico videro sterminare un'intera generazione con oltre 30 mila vittime. Per questa sua attività venne discriminato, isolato, diffamato, sequestrato, torturato e ucciso il 2 febbraio del 1976 a La Plata. Il suo corpo era talmente martoriato che nemmeno i fratelli riuscirono a riconoscerlo e si rese necessaria la verifica delle impronte digitali e del sangue per stabilire la sua identità;
          nella regione Molise, dopo 36 anni, è stata costituita un'Associazione sociale e culturale intitolata alla sua memoria ancora viva ed esemplare tra i cittadini del Barrio di Villa Itati dove, il 29 aprile 2012, nella Chiesa dove esercitava il suo ministero sacerdotale, è stata posta una targa a lui intitolata, alla presenza di una delegazione italiana;
          da più parti – da ultimo dal vice presidente della Commissione lavoro del consiglio regionale del Molise, Michele Petraroia – è stato chiesto alle istituzioni di riaprire l'inchiesta giudiziaria sulla morte del sacerdote italiano al fine di non rinunciare a fare chiarezza, individuare e perseguire i mandanti e gli esecutori del suo barbaro assassinio;
          il caso di padre Tedeschi suggerisce una più ampia riflessione sull'accertamento della verità per il rispetto che si deve testimoniare alla memoria storica e ai milioni di cittadini italiani emigrati in Argentina, che con il loro lavoro hanno dato un grande contribuito al suo sviluppo, un dovere al quale il Governo italiano e il Parlamento non possono essere insensibili, affinché anche per Padre Tedeschi si accertino le responsabilità e si renda giustizia  –:
          quale condotta stia assumendo il Governo per ottemperare ai doveri di responsabilità verso i connazionali come padre Tedeschi che sono stati vittima della dittatura militare argentina;
          quali azioni diplomatiche abbia in corso o intenda promuovere il Governo per fare luce, anche sul piano giudiziario, sull'assassinio del missionario salesiano molisano, padre Giuseppe Tedeschi, nato a Jelsi (CB) il 3 marzo 1934 e ucciso a 42 anni a La Plata (Argentina) il 2 febbraio 1976;
          quali azioni intenda adottare il Governo per verificare la possibilità che i responsabili dell'efferato delitto siano giudicati a Roma analogamente, per esempio, con quanto fatto per l'omicidio volontario premeditato – aggravato dalle sevizie e dalla crudeltà – degli italo-argentini Angela Aieta, Giovanni Pegoraro e di sua figlia Susanna, tre dei tanti desaparecidos dell'ultima dittatura argentina.
(2-01641) «Narducci, Franceschini, Maran, Tempestini, Barbi, Colombo, Corsini, Fedi, Arturo Mario Luigi Parisi, Pistelli, Porta, Touadi, Veltroni».

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
          si fa riferimento alla seduta del consiglio regionale del 14 agosto 2012 in merito alla situazione creatasi in Emilia Romagna per effetto dell'avviso di garanzia recapitato al Presidente della regione, nominato dal Governo medesimo commissario straordinario per il dopo terremoto;
          pur tenendo presente i fondamenti del nostro ordinamento giuridico concernenti la presunzione di innocenza fino a condanna definitiva, ed augurandosi l'estraneità del suddetto agli addebiti formulatigli, si fa presente al Governo che la vicenda in esame riguarda presunti finanziamenti illeciti ad una cooperativa e che nel caso di rinvio a giudizio si porrebbe il problema della necessaria trasparenza e correttezza delle decisioni da adottare, soprattutto in considerazione delle ingenti somme che verranno erogate alla regione in previsione della complessa opera di ricostruzione;
          al riguardo l'interpellante rileva che questa vicenda non è che la punta dell'iceberg di un'anomalo intreccio che si trascina da ormai troppo tempo fra sistema politico istituzionale, parte significativa del mondo cooperativo e politico tout cour, che ha determinato a parere del sottoscritto e di molti settori dell'opinione pubblica un'alterazione profonda delle regole del mercato, condizionamenti pesanti a livello sociale ed oggettivo indebolimento di ogni forma di pluralismo, sfociante nella stretta identificazione fra potere economico ed istituzionale gestito dalla sinistra  –:
          in considerazione di quanto sopra e del fatto che il recente sisma ha colpito intere collettività che desidererebbero contribuire unitariamente alla ricostruzione, se il Governo intenda emanare direttive che garantiscano innanzitutto un controllo di legalità ed anche politico sulle principali decisioni che il commissario presidente adotterà, tenendo presente lo scarso ruolo riservato alle minoranze istituzionali di fatto escluse da ogni decisione, al di là di mere informative che non garantiscono la necessaria trasparenza.
(2-01638) «Garagnani».

Interrogazioni a risposta scritta:


      ANIELLO FORMISANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          la stazione zoologica di Napoli, sorta nel 1873 dal sogno e dagli sforzi del grande naturalista prussiano A. Dohm, nacque in origine come ostello scientifico internazionale per ospitare i biologi marini di allora, che affascinati dalle teorie di Darwin trovavano nella stazione il supporto adeguato per studiare la fauna e la flora presente nel golfo, che in tempi moderni si possono definire ancora uno dei più ricchi contenitori per lo studio di alcuni aspetti della biodiversità marina;
          dal punto di vista del sostentamento economico, la stazione zoologica è sempre stata una creatura fragile, tant’è che già nel 1923 dovette intervenire Benedetto Croce, allora Ministro della pubblica istruzione, affinché lo status giuridico dell'istituto, da carattere privato, assumesse la connotazione di ente morale, grazie al quale l'ente riuscì a sopravvivere con piccoli finanziamenti da parte di istituzioni pubbliche e private fino al 1982; infatti in tale data con il concorso unanime del personale e di quasi tutte le forze parlamentari la stazione zoologica riuscì finalmente, con la legge n.  886 del 20 novembre 1982, ad essere disciplinata e dichiarata persona giuridica di diritto pubblico e poi ente nazionale di ricerca a carattere non strumentale operante nel campo della biologia marina, in virtù del decreto del Presidente della Repubblica del 5 agosto 1991;
          alla legge con la quale fu riconosciuto il carattere di soggetto pubblico seguì uno statuto e un regolamento del personale e dei servizi che definiva l'attività, gli organi di gestione e l'articolazione tecnica e amministrativa dell'ente; con la legge n.  886 del 1982 venne sancita l'autonomia di gestione dell'ente di cui tutt'oggi si invoca il mantenimento;
          nel marzo 2011, a seguito di quanto previsto dalla legge n.  213 del 31 dicembre 2009, concernente il riordino degli enti pubblici di ricerca, la stazione zoologica approva e trasmette al Ministero vigilante (Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca) il nuovo statuto; a statuto approvato, nell'agosto 2011 avviene la nomina del nuovo presidente nella persona del professor Enrico Alleva e a seguire quella del nuovo consiglio d'amministrazione; la figura del direttore generale resta coperta alla suddetta data dall'ingegner Marco Cinquegrani, assunto con apposito contratto nel 2008 con scadenza 2013;
          a tal riguardo, a tutt'oggi, risulterebbe che i nuovi organi di gestione, che a giudizio dell'interrogante sono stati solleciti nel rivendicare l'autonomia dell'istituto, non abbiano ancora fatto seguire allo statuto l'approvazione del nuovo regolamento del personale e dei servizi, la qual cosa lascia l'ente privo di una sua definitiva articolazione organizzativa scientifica, tecnica e amministrativa;
          la pianta organica in vigore prevede a regime un istituto di 132 unità distribuite su varie qualifiche e livelli secondo il contratto nazionale degli enti di ricerca che è lo stesso del CNR;
          il finanziamento attuale dell'ente da parte dello Stato è di 14 milioni di euro annui;
          allo stato attuale, nell'istituto lavorano 38 ricercatori, impegnati in progetti che abbracciano i vari settori della biologia marina; a supporto della attività di ricerca e di alta formazione che l'istituto svolge, attualmente, oltre ai citati ricercatori, opera nella stazione il seguente personale: 19 tecnologi, 38 collaboratori TER, 3 funzionari amministrativi, 16 collaboratori amministrativi, 1 operatore amministrativo, 5 operatori tecnici; il personale menzionato è suddiviso per competenze e mansioni secondo le varie articolazioni del vecchio regolamento dei servizi; al citato personale vanno poi aggiunte a vario titolo alcune unità di precariato scientifico e tecnico;
          recenti notizie di stampa indicavano che nell'ambito di «spending review» si prospettava l'incorporamento dell'istituto nel CNR, salvaguardandone il nome, le attività scientifiche ed il personale, prospettandosi un futuro idoneo a tutela del grande patrimonio scientifico ed umano che la stazione zoologica ha rappresentato e rappresenta per il Mezzogiorno e per l'intero Paese;
          se il Governo abbia valutato tutte scelte per tutelare il futuro e la sopravvivenza della stazione zoologica ascoltando tutte le voci che la compongono e non solo quelle volte a rivendicare la sua autonomia gestionale, che ad avviso dell'interrogante riflettono l'interesse di pochi e non l'interesse scientifico nazionale;
          se il Governo non intenda valutare l'opportunità di assumere iniziative per far rientrare la stazione zoologica dentro un organismo scientifico più grande, il quale salvaguardandone il nome, le attività, il personale in organico e il precariato avente diritto costituisca baluardo sicuro e base di lancio per nuove e più grandi avventure scientifiche.
(4-17384)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere: in quali casi e in quali date nella storia repubblicana sia stato apposto il segreto di Stato e per quali di questi è tuttora valido. (4-17389)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          da notizie di stampa si apprende che alcuni Paesi arabi ed occidentali, tra cui l'Italia, stanno elargendo denaro per «incentivare» la fuga di generali e politici con l'obiettivo di far crollare il sistema di Bashar al Assad  –:
          se risponde al vero quanto riportato dal quotidiano inglese The Times e da Il Giornale e, in caso affermativo, a quanto ammonti l'impegno italiano e su quale capitolo di spesa gravi. (4-17392)


      MIGLIORI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          la regione Toscana sta vivendo uno straordinario periodo di siccità che comporta gravi danni all'agricoltura;
          la regione Toscana, in data odierna, ha ufficializzato la richiesta di stato di calamità naturale e che le stesse organizzazioni agricole hanno definito potenzialmente gravissime le conseguenze economiche e sociali della siccità;
          la stessa autorità di bacino del fiume Arno ha scientificamente testimoniato l'entità senza precedenti del fenomeno che sta sconvolgendo la regione  –:
          quali iniziative urgenti il Governo intenda attuare per fare fronte a questa annosa situazione, quando il Consiglio dei ministri intenda decretare lo stato di calamità e quale sarà l'entità dell'intervento di supporto, tale da scongiurare gravi conseguenze sociali ed economiche che si aggiungerebbero alla già difficile situazione congiunturale che vive il nostro Paese ed anche la regione Toscana.
(4-17393)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          gli ufficiali del ruolo speciale dell'Arma dei carabinieri subiscono ingiustificate ed illogiche disparità di trattamento rispetto agli ufficiali del ruolo normale per quanto attiene alla progressione di carriera, al trattamento economico, all'impiego ed all'attribuzione degli incarichi di comando;
          numerose sono state le iniziative intraprese dagli ufficiali del ruolo speciale per sollecitare provvedimenti da parte dell'Amministrazione della difesa per sanare le suddette disparità di trattamento, tra cui più ricorsi al TAR, petizioni al Parlamento europeo ed a quello italiano ed una denuncia alla Commissione europea;
          nei mesi scorsi, alcuni militari del ruolo speciale hanno richiesto di conferire con il Ministro della difesa ed hanno presentato istanza al Ministero della difesa perché quest'ultimo intervenisse a modificare le permanenze minime nei gradi in cui l'avanzamento avviene ad anzianità, così da sanare le disparità di trattamento tra i tenenti ed i capitani del ruolo speciale ed i pari gradi del ruolo normale;
          in data 2 maggio 2012, con la missiva con protocollo 1/17398/7./.40/12LT, avente ad oggetto «Istanze al Sig. Ministro della difesa inerenti l'equiparazione formale e sostanziale degli Ufficiali del ruolo speciale dell'Arma dei Carabinieri ai parigrado del ruolo normale», il Gabinetto del Ministro della difesa ha comunicato al Comando Generale dell'Arma dei carabinieri ed allo Stato Maggiore della difesa che «con riferimento alle istanze in oggetto, trasmesse con i fogli n.  362/12-12/2005 del 10 marzo 2012, n.  7470/15-3-5 e n.  5972/15-9-7 del 28 marzo 2012, si comunica che il Signor Ministro ha preso atto delle problematiche/aspettative chiaramente ed esaurientemente evidenziate dagli interessati nonché delle argomentazioni fornite da codesto Comando Generale con particolare riferimento all'assenza di profili discriminatori nella legislazione vigente. Al riguardo si conferma l'impossibilità da parte dell'Autorità di Vertice Politico del Dicastero di intervenire, ai sensi dell'articolo 2248 del decreto del Presidente della Repubblica n.  66/2010, risultando tale facoltà riservata per specifiche finalità espressamente e tassativamente indicate dalla legge, tra le quali non è ricompresa l'eventuale equiparazione delle progressioni di carriera tra i differenti ruoli»;
          la legge 4 novembre 2010, n.  183 ha modificato l'articolo 1234, comma 2, lettera c) del Codice dell'ordinamento militare, prevedendo che l'anzianità nel grado di capitano del ruolo speciale degli ufficiali in servizio permanente dell'Arma dei carabinieri richiesta per la promozione ad anzianità al grado di maggiore è pari a dieci anni;
          in data 3 agosto 2011, facendo uso dei poteri conferitigli dall'articolo 2248 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66, che, sino all'anno 2016, in relazione a eventuali variazioni nella consistenza organica dei ruoli, nonché alle esigenze di mantenimento di adeguati e paritari tassi di avanzamento e di elevazione del livello ordinativo dei comandi, autorizza il Ministro della difesa a modificare annualmente, con apposito decreto, per ogni grado dei ruoli del servizio permanente, il numero complessivo di promozioni a scelta al grado superiore, nonché la previsione relativa agli obblighi di comando, la determinazione delle relative aliquote di valutazione e le permanenze minime nei gradi in cui l'avanzamento avviene ad anzianità, fermi restando i volumi organici complessivi, il Ministro della difesa, con decreto, ha determinato «1. Per gli anni 2010 e 2011, l'anzianità minima nel grado di capitano richiesta per la promozione ad anzianità al grado di maggiore del ruolo speciale degli ufficiali in servizio permanente dell'Arma dei carabinieri è determinata in 9 anni e 5 mesi. 2. Per gli anni 2010 e 2011 l'aliquota di valutazione per la promozione ad anzianità al grado di maggiore del ruolo speciale degli ufficiali in servizio permanente dell'Arma dei carabinieri è formata comprendendo tutti i capitani con anzianità di grado 2001»;
          i capitani ed i tenenti del ruolo speciale della Guardia di finanza permangono in tali gradi lo stesso periodo di tempo dei parigrado del ruolo normale, mentre i ruoli direttivi speciali della Polizia di Stato e del Corpo forestale dello Stato non sono mai stati alimentati, ed in tal modo solo per gli ufficiali del ruolo speciale dell'Arma dei carabinieri la diversa progressione di carriera rispetto all'identità di compiti e funzioni è percepita e vissuta come una vera e propria forma di discriminazione, la cui gravità evidentemente sfugge alle Autorità competenti;
          appare agli interroganti quantomeno contraddittorio ed illogico l'orientamento del Ministro della difesa riguardo alla possibilità di utilizzo delle prerogative di cui all'articolo 2248 del decreto legislativo n.  66 del 2010 in relazione alla problematica degli ufficiali del ruolo speciale e che suscita perplessità la circostanza che agli ufficiali che hanno prodotto istanza per la modifica dell'anzianità di grado non sia stata notificata copia della documentazione prodotta dal Comando generale dell'Arma dei carabinieri sulla base della quale il Ministero della difesa ha escluso «profili discriminatori nella legislazione vigente»  –:
          se non ritenga opportuno e urgente assumere iniziative normative per eliminare le disuguaglianze di trattamento subite dagli ufficiali del ruolo speciale dell'Arma dei carabinieri rispetto ai loro colleghi del ruolo normale, malgrado la sostanziale e formale identità di compiti ed attribuzioni, ed in particolare in relazione alla posizione dei maggiori, dei capitani e dei tenenti. (4-17400)


      REGUZZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la sordocecità è una disabilità unica e non esistono nel nostro Paese dati precisi su tale popolazione. Le ricerche effettuate in alcuni Stati europei hanno definito delle percentuali in base alle quali si stima che in Italia le persone sordocieche possano essere da 3.000 a 11.000. La popolazione sordocieca è molto eterogenea perché diverse sono le cause e diverso è il momento della vita in cui si diventa sordociechi. Una prima distinzione può essere operata tra chi nasce sordocieco o lo diventa nei primissimi anni di vita (14 per cento), nasce sordo e perde la vista (35 per cento), nasce cieco e perde l'udito (6 per cento), diventa sordocieco nel corso della vita o per i processi legati alla vecchiaia (45 per cento). La rosolia, contratta dalla madre nei primi mesi di gravidanza, è stata una delle principali cause di sordocecità e pluriminorazione congenita fino a qualche anno fa. Oggi esistono cause più eterogenee, quali sindromi rare (Usher, CHARGE, Waardenburg, Stickler, Norrie, Alport, e altre), trauma da parto, ipossia, malattie infettive postnatali, trauma cranico eccetera che determinano non solo le minorazioni sensoriali, ma anche ulteriori gravi problemi a livello neurologico, dello sviluppo e motorio. La sindrome di Usher è la causa prevalente per chi nasce sordo e poi perde la vista successivamente. I problemi visivi derivano da un deterioramento della retina, noto come «retinite pigmentosa». La sindrome di CHARGE è una rara entità nosografica, caratterizzata da diverse anomalie che si manifestano simultaneamente. Il nome CHARGE trae origine dall'acronimo delle iniziali (in lingua inglese) dei deficit più comuni presenti nelle persone che ne sono affette. A oggi non sono disponibili dati certi sulla popolazione pluriminorata psicosensoriale  –:
          se e quali azioni di supporto alle associazioni di malati sordociechi o comunque rappresentative dei malati delle patologie citate o ai centri di ricerca impegnati sulle malattie in argomento sono state attuate o verranno messe in atto attraverso i molteplici canali previsti (ad esempio, fondi 5 per mille, fondi ricerca Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e altro). (4-17413)


      MARMO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          il 5 agosto 2012 una devastante grandinata ha colpito una porzione del territorio della provincia di Asti, precisamente il nord astigiano, con probabile epicentro nel comune di Berzano di San Pietro;
          i danni sono stati cospicui, particolarmente tetti di abitazioni e di attività o di immobili pubblici, scoperchiati e gravemente danneggiati, oltre ad autoveicoli privati e mezzi agricoli fortemente compromessi;
          i danni riguardano anche il comparto agricolo, tutti da stimare, che vede soprattutto quasi azzerata la vendemmia della freisa e della malvasia le tipologie di vite presenti su quella porzione di territorio;
          le testimonianze di sindaci, amministratori del territorio, privati cittadini, oltre alle immagini pubblicate da giornali, canali internet, suffragano ampiamente le sopracitate premesse e sono la conferma di un area fortemente danneggiata e in profonda crisi  –:
          se il Governo e i Ministri interrogati abbiano conferma delle sopracitate notizie ed abbiano attivato le procedure per lo stato di calamità naturale per le aree coinvolte dalla grandinata del 5 agosto 2012 al fine di determinare le giuste procedure risarcitorie. (4-17448)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          il sostituto procuratore Raffaella Falcione ha chiuso nei confronti di Vincenzo Papadia un'indagine per truffa aggravata ed evasione fiscale per avere quest'ultimo svolto incarichi di consulenza per i comuni di Sabaudia ed Aprilia senza possedere i titoli indispensabili ai fini legali, come riportato dal quotidiano Latina Oggi del 25 luglio 2012, pagina 27;
          in particolare, il quotidiano Latina Oggi del 25 luglio 2012 (pagina 27) riporta il seguente passo: «non si arresta l'effetto Papadia sul Comune di Sabaudia. Ieri mattina del caso del super consulente indagato per truffa aggravata ed evasione fiscale se n’è discusso durante la riunione della commissione vigilanza. Nel corso della riunione è stata esaminata la documentazione relativa alle procedure degli incarichi affidati a Papadia. E ovviamente, come c'era da aspettarsi, sono emerse anomalie e stranezze. Innanzi tutto che sulle consulenze svolte da Papadia non c’è stato in alcun modo un controllo preventivo sia da parte del Consiglio comunale sia degli uffici competenti né tantomeno del collegio dei revisori»;
          inoltre, sempre sul quotidiano Latina Oggi del 27 luglio 2012 (pagina 31), è dato leggere quanto segue: «diversamente dai Comuni di Aprilia e Sabaudia, quello di Monte San Biagio non risulta essere stato “truffato” dal prof. che non è mai stato prof. Ma codice penale a parte, anche dalle parti di via Roma Papadia ha lasciato a suo modo il segno. È stato presidente del nucleo di valutazione, ma la vicenda per cui il suo passaggio a Monte San Biagio ancora lo ricordano in tanti è un'altra. È il concorso per l'assunzione in pianta stabile di alcuni lavoratori socialmente utili indetto dal Comune nel dicembre del 2008. Una data difficile da dimenticare perché in quelle ore a Monte San Biagio avvenne una sorta di miracolo: il giorno prima della selezione ai carabinieri venne inviata una lista di nomi. A vergare quell'elenco era stato un veggente: proprio quelli infatti vinsero il concorso»;
          dal sito del Comune di Aprilia: «L'amministrazione comunale ha deliberato il conferimento di un incarico legale per la difesa degli interessi del Comune di Aprilia nel procedimento penale aperto dalla Procura della Repubblica di Latina nei confronti di Vincenzo Papadia. Quest'ultimo ha fornito prestazioni professionali al comune di Aprilia fino al 2009 e gestito concorsi pubblici per diversi ruoli, tra cui quelli dirigenziali»;
          in data 8 agosto 2012 i consiglieri regionali del Lazio, Giuseppe Rossodivita e Rocco Berardo, Gruppo Lista Bonino Pannella Federalisti Europei, hanno presentato un'interrogazione alla presidente della regione Lazio per sapere se risulta che il signor Vincenzo Papadia coinvolto nelle indagini svolte dalla procura della Repubblica di Latina per truffa aggravata ed evasione fiscale in merito ad incarichi di consulenza svolti per i comuni di Sabaudia ed Aprilia, senza possedere i titoli indispensabili ai fini legali, sia stato componente effettivo di commissioni esaminatrici per concorsi indetti dalla regione Lazio o abbia in qualche modo svolto per questo ente incarichi di consulenza;
          su un sito web, ora oscurato, riferibile allo stesso Vincenzo Papadia vengono inseriti numerosi enti locali, dalle regioni alle comunità montane, che in qualche modo potrebbero aver avuto rapporti di consulenza, o aver svolto concorsi con l'assistenza dello stesso;
          a giudizio della prima firmataria del presente atto, considerata la vastità e la portata del fenomeno, ci troviamo di fronte ad un vero e proprio metodo illegale di cui si sono avvalse amministrazioni ed enti pubblici per «sistemare», a seconda delle diverse esigenze di convenienza, interessi tutt'altro che pubblici –:
          se risulti che il signor Vincenzo Papadia abbia sostenuto docenze per la scuola superiore della pubblica amministrazione presso la Presidenza del Consiglio;
          se risulti che il signor Vincenzo Papadia abbia sostenuto docenze, collaborazioni o abbia fatto parte di commissioni esaminatrici presso altre amministrazioni dello Stato o sottoposte a vigilanza dello Stato o enti pubblici;
          se non ritenga opportuno agire immediatamente per verificare quali siano eventuali enti sottoposte a vigilanza stabile interessati, oltre ai comuni già oggetto della indagine della procura di Latina, ciò al fine di comprendere se vi sia il rischio che tali collaborazioni, in caso fossero accertate, non possano potenzialmente determinare una diffusa illegittimità di diversi atti amministrativi, in particolare in materia di concorsi pubblici, assunzioni, avanzamenti di carriera, inquadramento di LSU, bandi di gare di appalto, assegnazioni delle stesse, stravolgimento quindi di piante organiche. (4-17470)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta orale:


      BUONANNO. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          Luca C. e la consorte Sara Peira, cittadini italiani, si sono trasferiti un anno fa circa da Torino a Sharm El Sheik in Egitto, colà avviando una attività di ristorazione;
          il 17 maggio del 2012 la coppia ha avuto la nascita del piccolo Samuele;
          purtroppo Samuele è affetto da fibrosi polmonare ed encefalopatia ipossico-ischemica, con gravissima compromissione della salute;
          il bimbo si trova, ora, ricoverato presso il reparto infantile del centro «Dar El Fuad» del Cairo;
          i genitori hanno completamente esaurito le loro disponibilità economiche e non sono più in grado di provvedere alle cure necessarie per tentare di salvare il bambino, atteso che ora si trova nell'incubatrice In coma farmacologico;
          i genitori stanno tentando di ritornare in Italia per sottoporre alle cure il bimbo in strutture sanitarie italiane, ma è necessaria una preventiva tracheotomia per la quale è stato loro richiesto il versamento di 65.000 pound, pari a circa 10.000 euro;
          i genitori, purtroppo, non dispongono di tale somma e vivono con disperazione la loro condizione di impossibilità di prestare le necessarie cure a Samuele  –:
          se e quali urgentissime iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, perché il piccolo Samuele possa sottoporsi alle cure necessarie e per consentire il suo ritorno in Italia. (3-02454)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      RENATO FARINA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          fonti accreditate (agenzia Habeshia) riportano che i militari libici stanno costringendo i profughi a farsi registrare dalle ambasciate dei loro Paesi di origine per poi espellerli con atti di violenza fisica; la Libia in questo modo starebbe violando la convenzione dell'Unione Africana che tutela di diritti dei profughi che richiedono asilo politico;
          risulta che più di 150 persone vivono in condizione ignobili per la loro dignità umana, subendo discriminazioni anche per motivi religiosi, a Hums le donne stanno vivendo gravi disagi e viene loro impedito perfino di lavarsi perché sono cristiane, mentre gli uomini sono continuamente picchiati e un ragazzo eritreo è stato colpito con un coltello alla schiena mentre dormiva; sono stati uccisi quattro profughi, tre di nazionalità eritrea e uno somalo; a Tuewshia risultano tra profughi eritrei e somali anche tre donne in stato di gravidanza e tutti riportano la sofferenza della mancanza di cibo, acqua sia potabile che per l'igiene personale; a Bengasi sono 400 le persone trattenute e usate come schiavi per lavorare o addirittura come oggetto di divertimento per i militari, le donne vengono abusate sessualmente e i bambini fatti oggetto di tiro a segno  –:
          di quali elementi disponga in relazione ai fatti riportati in premessa;
          se il Governo non intenda attivarsi presso gli organismi internazionali o attraverso la rete diplomatica al fine di promuovere il rispetto dei diritti umani fondamentali per i profughi in Libia.
(5-07734)


      RENATO FARINA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          Rimsha Masih è una bambina cristiana pakistana che è stata arrestata e incarcerata a Islamabad con l'accusa di blasfemia;
          la bambina, che soffre di un disordine mentale è stata accusata di aver volutamente bruciato alcune pagine del Corano, trovate tra gli altri rifiuti che portava con sé;
          notizie più recenti riportano l'arresto dell'imam Khalid Jadoon che aveva accusato Rimsha, perché colpevole di avere inquinato le prove e aggiunto, a detta di un testimone, le pagine del Corano alle ceneri di quanto la bambina aveva bruciato;
          fonti accreditate riportano che 600 cristiani che abitavano nelle vicinanze della zona dove Rimsha risiedeva sono scappati per salvarsi la vita; e si nascondono per sfuggire alle minacce dei fondamentalisti islamici della zona  –:
          di quali elementi disponga in relazione ai fatti riportati in premessa;
          quale sia lo stato della tutela della libertà religiosa in Pakistan e se il Governo abbia attivato iniziative diplomatiche in questa direzione, come impegnato dalla risoluzione a tutela della libertà religiosa nel mondo (1-00062) Mazzocchi e altri approvata alla Camera dei deputati.
(5-07737)

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          in attuazione del Regolamento (CE) 847/2004, la legge 28 gennaio 2009 n.  2 prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
          il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con l'Ucraina, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore  –:
          se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
          quali siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
          in caso di positiva conclusione, se vi siano ulteriori elementi migliorativi che il nostro Paese intende ulteriormente richiedere;
          se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-17412)


      REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          a seguito dei sommovimenti politici, dei fatti di sangue e degli scontri avvenuti in Libia, la situazione politica ed istituzionale della Repubblica Libica ha subito negli ultimi mesi profonde modifiche;
          il nostro Paese aveva intrapreso da tempo – in attuazione del Regolamento (CE) 847/2004 e della legge 28 gennaio 2009 n.  2 che prevedono una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti – la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con la Libia, inviando una Nota Verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore  –:
          quale sia la posizione del nuovo Governo libico sulla liberalizzazione degli accordi bilaterali sul trasporto aereo;
          se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
          quali siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
          se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-17414)


      REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          la situazione politica in Siria appare preoccupante;
          in attuazione del Regolamento (CE) 847/2004, la legge 28 gennaio 2009 n.  2 prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
          il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con la Siria, inviando una Nota Verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore  –:
          quale sia lo stato della trattativa e quale la posizione del Governo siriano;
          quali siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione e se e come l'attuale situazione politica interna può incidere sulla posizione del Governo siriano;
          in caso di positiva conclusione, se vi siano ulteriori elementi migliorativi che il nostro Paese intende ulteriormente richiedere. (4-17419)


      REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          l'Egitto ha visto recentemente un rinnovo completo e significativo dei principali organismi politici ed istituzionali;
          il nostro Paese ha intrapreso da tempo – in attuazione del Regolamento (CE) 847/2004 e della legge 28 gennaio 2009 n.  2 che prevedono una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti – la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con l'Egitto, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore  –:
          se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
          come le novità e le modifiche del quadro politico egiziano incidano o abbiano inciso su dette trattative;
          quali siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
          se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-17428)


      MANCUSO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          l'Islam è tradizionalmente la religione dominante in Nigeria;
          nel 1963 i fedeli cristiani rappresentavano il 35 per cento della popolazione totale, in netta minoranza in confronto agli aderenti islamici. A partire dall'ultimo quarto del Novecento, la popolazione cristiana raggiunse il 40 per cento accordo con i dati della CIA, (4) sfiorando il 48,2 per cento nel 2003 in base al censimento del Nigerian Religious and Demographic survey poco dietro ai musulmani che rappresentavano il 50,5 per cento del totale;
          nel Paese africano gli attacchi terroristici e stragisti a danno dei cristiani stanno raggiungendo proporzioni enormi;
          gli estremisti di Boko Haram, uno dei più gruppi terroristici anticristiani più attivi, dall'inizio dell'anno hanno commesso attentati in cui sono rimaste uccise 800 persone, delle quali oltre 150 di religione cristiana;
          molti di questi attentati avvengono direttamente nelle Chiese durante le funzioni, palesando il chiaro obiettivo di colpire persone di religione cristiana;
          l'area interessata dagli attacchi terroristici si sta allargando costantemente in modo preoccupante;
          il Ministro degli affari esteri Giulio Terzi ha affermato che occorre discutere una strategia comune europea e internazionale  –:
          se il Governo intenda farsi promotore di un tavolo per la definizione della strategia comune auspicata dal Ministro Terzi;
          se il Governo intenda promuovere iniziative diplomatiche al fine di arginare le attività terroristiche anticristiane in Nigeria e, più in generale, su tutto il territorio africano. (4-17441)

AFFARI EUROPEI

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Ministro per gli affari europei, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il CCR è una delle direzioni centrali dell'Unione europea, costituito da otto istituti di ricerca dislocati in altrettanti stati membri;
          a Ispra (Va) è localizzato uno dei centri comuni di ricerca, che da anni svolge parte della ricerca «diretta» finanziata e sostenuta dalla Commissione europea;
          il CCR di Ispra rappresenta una risorsa importante per il nostro Paese  –:
          quali siano i piani di sviluppo e i programmi di lavoro che la Commissione europea abbia previsto per il CCR in generale e per quello di Ispra in particolare per i prossimi anni;
          se della decisione sia stato investito il Consiglio dei ministri e quale sia la posizione assunta dal Governo italiano;
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intende attuare ai fini di sostenere e promuovere il CCR di Ispra.
       (4-17415)


      REGUZZONI. — Al Ministro per gli affari europei, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il BIC – business innovation center è un organismo che ha lo scopo di valorizzare la cultura imprenditoriale, assistere le piccole e medie imprese e favorire la crescita di nuove imprese unendo regioni, province, comuni, camere di commercio, banche, imprese, associazioni;
          in Europa sono oltre 100 i BIC, di cui oltre 30 nel nostro Paese  –:
          quali siano i BIC attivi nel nostro Paese, quali i piani di sviluppo e i programmi di lavoro abbiano attivato;
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di sostenere e promuovere i BIC esistenti;
          se esistano nuove ipotesi di nuovi BIC, ovvero come i BIC si inseriscano nelle strategie industriali di sostegno allo sviluppo economico del Paese;
          quali siano – in termini quantitativi il più precisamente possibile – gli impegni finanziari ed economici che stanno alla base delle iniziative promosse dai BIC, quali siano i fondi dello Stato ad essi destinati e quale il finanziamento da altri organismi (Unione europea, enti locali, imprese). (4-17416)


      REGUZZONI. — Al Ministro per gli affari europei, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          l'Unione Europea investe miliardi di euro nel sostegno allo sviluppo economico, attraverso numerosi strumenti di pianificazione, programmazione e supporto;
          esistono attività dirette (fonti di finanziamento dell'Unione ai singoli beneficiari) e attività indirette, attraverso la collaborazione ed il partenariato con soggetti (Stati nazionali, ragioni, enti pubblici o privati, banche) che utilizzano fondi UE per gestire propri bandi e/o propri programmi;
          esistono spazi significativi dedicati al mondo delle piccole e medie imprese;
          le notizie circa il numero, le caratteristiche quali-quantitative, le tipologie di detti finanziamenti appaiono frammentarie ed incomplete;
          le attività di comunicazione delle varie attività sono effettuate soprattutto attraverso bandi pubblici, pubblicati però su svariati mezzi istituzionali non sempre monitorabili costantemente da aziende di piccole dimensioni  –:
          se e quali strumenti di monitoraggio ed informazione il nostro Paese abbia attivato al fine di consentire alle PMI di accedere il più agevolmente possibile alle varie opportunità di finanziamento di cui in premessa;
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di sostenere e promuovere una corretta, efficace e completa informazione al riguardo.
(4-17417)

AFFARI REGIONALI, TURISMO E SPORT

Interrogazione a risposta scritta:


      CAPARINI. — Al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          l'attuale commissariamento dell'ACI di Brescia, con la nomina del dottore Vincenzo Grimaldi, con mandato di verificare eventuali problematicità di bilancio, ha comportato il congelamento della normale prassi legata all'organizzazione di qualunque manifestazione sportiva in capo all'Acb, compresa una gara di rally a livello internazionale quale la nota 40° edizione della «Cronoscalata Malegno Borno», creando un grave danno per le comunità camune, bresciana e lombarda e ponendo un serio pregiudizio ai fini dell'organizzazione della prestigiosa «1000 Miglia 2013» appuntamento di rilievo mondiale per il nostro intero Paese;
          nella relazione conclusiva del commissario Grimaldi si legge – come hanno pubblicato diversi organi di stampa – come mancassero i presupposti per il commissariamento dell'Aci di Brescia, tanto quelli per il suo proseguimento, poiché: «...emerge la sussistenza delle condizioni di riequilibrio finanziario dell'Aci di Brescia, atta ad evitare il rischio di pregiudicarne la futura operatività in corrispondenza dei compiti e delle finalità istituzionali»;
          da fonti legati all'Aci nazionale emerge come il commissariamento disposto all'Aci di Brescia si protrarrà sino ad un'eventuale revoca ministeriale, una volta accertato che le verifiche attuate sul bilancio dell'Aci di Brescia non abbiano fatto segnalare situazioni critiche;
          si premette anche che da quest'anno l'Aci di Brescia è chiamato a gestire in proprio l'organizzazione della prestigiosa ed importante gara «1000 Miglia 2013», competizione per auto storiche di importanza mondiale, occasione di promozione turistica per l'Italia intera, tradizione ed evento in corso di dichiarazione quale «patrimonio dell'Unesco»;
          iscrizioni alla «1000 Miglia 2013» sono prossime ad essere aperte alla metà di settembre, come accade da decenni ogni anno  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione in premessa;
          se persistano le motivazioni che hanno portato il Ministro ai commissariamento dell'ente e, nel caso, quali esse siano;
          se il Ministro non ritenga, alla luce della relazione già depositata dal commissario Vincenzo Grimaldi dalla quale emerge come mancassero i presupposti di un commissariamento, di intervenire immediatamente per revocare lo stato di commissariamento di Aci Brescia e restituire all'attuale consiglio direttivo e al suo presidente, dottore Aldo Bonomi, la piena gestione dell'ente;
          se non ritenga opportuno intervenire immediatamente per organizzare un tavolo di confronto con le associazioni interessate, in modo tale da verificare le cause che hanno indotto l'Aci di Brescia a sospendere le manifestazioni sportive in calendario ed imporre gli adeguati correttivi e le conseguenti risorse economiche;
          quali iniziative il Ministro interrogato intenda avviare per tutelare la manifestazione internazionale «1000 Miglia», evitando il ripetersi di attacchi pretestuosi all'Aci di Brescia anche nel tentativo di sottrarre la gestione operativa della gara automobilista storica all'ente bresciano ed alla comunità bresciana in generale.
(4-17444)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta immediata:


      NUCARA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          anche quest'anno Goletta Verde di Legambiente ha effettuato il suo tour nei mari italiani e presentato il bilancio sullo stato delle acque, indicando 120 punti critici, su un totale di 205 analisi microbiologiche;
          durante il mese di agosto 2012, mese delicato per i turisti italiani e stranieri, Legambiente ha presentato lo stato di salute del mare e delle coste, assegnando la maglia nera alla Calabria, con 19 punti critici;
          19 punti critici è bene ricordarlo su circa 800 chilometri di coste;
          tale rapporto ha segnalato una vera a propria emergenza foci, con 103 prelievi effettuati alle foci di fiumi, torrenti e canali;
          in piena stagione balneare Goletta Verde ha, quindi, lanciato l'allarme parlando di mare inquinato;
          Goletta Verde, ad avviso dell'interrogante, ha volutamente presentato dei dati parziali e non scientifici che hanno fatto scalpore;
          la faciloneria con la quale è stato redatto il rapporto è dimostrato dal fatto che la stessa Legambiente parla di 24 prelievi, quasi tutti effettuati alla foce di fiumi, di torrenti o di scarichi di depuratori, in zone che la normativa vigente indica appunto non balneabili. Lo stesso numero ristretto e limitato (soltanto il 5 per cento) delle analisi inficia l'attendibilità dei dati di Goletta Verde;
          ad avviso dell'interrogante, la malafede di Legambiente è data soprattutto dalla convinzione di essere smentita, così come è già successo nel 2011, allorquando la Calabria era stata posta al primo posto per mare inquinato, mentre, nel rapporto di balneazione del Ministero della salute presentato nella conferenza stampa del 13 giugno 2012, il 95,5 per cento delle acque calabresi risultavano conformi ai valori imperativi, posizionando la regione all'ottavo posto tra le regioni italiane;
          Goletta Verde era già a conoscenza che quei 24 punti erano stati valutati negativamente anche da Arpacal, la quale aveva apposto il divieto di balneazione, mentre sui restanti 630 prelievi Arpacal aveva dichiarato l'eccellenza del mare calabrese;
          conformemente ai criteri fissati dalla direttiva 2006/7/CE spetta alle regioni effettuare, al termine di ogni stagione balneare, la vera classificazione delle acque di balneazione;
          Legambiente riceve finanziamenti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e/o dalle regioni per svolgere tale tipo di attività, ma, visto i risultati scientifici di cui Goletta Verde si avvale per effettuare le analisi, sarebbe il caso di togliere questi finanziamenti ad un'associazione la cui credibilità viene continuamente minata da dati contraddittori che non servono a nulla, né per conoscere la realtà dell'inquinamento, né per aiutare gli organi competenti a trovare soluzioni efficaci;
          Legambiente annualmente effettua questa pseudo ricerca ma gli unici enti abilitati ad eseguire il controllo sulla balneabilità delle acque marine e a diffondere dati ufficiali sono le arpa regionali. Goletta Verde con i suoi dati privi di valore scientifico metterebbe in dubbio il rigore, imposto tra l'altro dalle direttive europee, con il quale le arpa regionali effettuano le analisi  –:
          se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per evitare che un'associazione ambientalista di parte, riconosciuta dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, diffonda notizie fuorvianti rispetto alla verità e tese soltanto a creare allarmismi nella popolazione e danno alle politiche regionali messe in campo a tutela del mare, provocando ingenti danni. (3-02443)
(Presentata il 4 settembre 2012)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BARBATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          la stagione balneare solleva timori e preoccupazioni nei bagnanti e amanti della natura, in special modo per la situazione delle acque lungo la costiera amalfitana e da Cuma a Castellammare di Stabia (Napoli);
          il Corrieredelmezzogiorno.it del 7 agosto 2012 riferisce a firma di Fabrizio Geremicca dell’«insufficiente depurazione delle acque campane» che insieme all'eccessivo apporto di nutrienti scaricati dall'uomo a mare» favorisce «i banchi di mucillagine che stanno rovinando nuotate e gite in barca». L'articolo informa che: «Il punto è che nessuno dei più importanti depuratori in funzione in Campania è a norma, rispetta i parametri imposti dalle leggi europee. Da nord a sud, ecco la mappa di impianti che, nel migliore dei casi, funzionano a scartamento ridotto. Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Orta di Atella (sfociano tutti nei Regi Lagni) e Cuma (immette le acque trattate nel mare di Licola), i depuratori che furono realizzati dalla Cassa per il Mezzogiorno e che furono affidati nel 2006 alla Hydrogest affinché li potenziasse, non hanno la linea deputata all'abbattimento dei fosfati. Delle sostanze, vale a dire, che giocano un ruolo fondamentale nei processi di eutrofizzazione delle acque e quindi di generazione delle mucillagini. Sono, inoltre, carenti anche in molte altre fasi del processo depurativo, nonostante alcuni interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria realizzati da un paio di anni ad oggi. Più a sud, ecco il depuratore di Napoli est, in via de Roberto. Proprietà della Regione, fu affidato tempo addietro a Termomeccanica. Riceve liquami di quasi un milione di abitanti. Ha una linea chimico fisica ed una di trattamento dei liquami attraverso i batteri, ma entrambe avrebbero bisogno di consistenti interventi di potenziamento. Del tutto assente il sistema di abbattimento dei fosfati. Nel 2000 una delibera regionale avviò il bando per affidare ad un privato, con la finanza di progetto, le opere indispensabili. Dodici anni più tardi la gara è stata annullata e neppure uno degli interventi previsti è stato effettuato. Neppure l'attivazione delle condotte sottomarine esistenti, che porterebbero almeno le acque in uscita dal depuratore al largo, anziché scaricarle in battigia. Resta inattuato, da parte della Regione, anche il collegamento tra il depuratore di Napoli est e quello di San Giovanni»;
          cinque associazioni ambientaliste si sono mobilitate per protestare contro il mare sporco in costiera amalfitana, promuovendo una petizione popolare per chiedere la depurazione totale delle acque reflue e proponendo «una task force nell'ambito della Conferenza dei sindaci incaricata di fare una analisi della situazione e di seguire gli sviluppi dei lavori di realizzazione dei suddetti sistemi di depurazione (www.eolopress.it);
          la costruzione dei cosiddetti «depuratori» è costata milioni di euro alle casse italiane indi ai cittadini oggi vessati da sacrifici e tasse;
          l'inquinamento marino e costiero comporta un duro colpo economico al comparto turistico;
          a parere dell'interrogante i fatti esposti sono gravi e tali da richiedere un intervento immediato di analisi delle acque antistanti le coste citate per valutare la gravità dell'inquinamento prodotto, procedere alla quantificazione esatta dei fondi stanziati nel corso degli ultimi venti anni per la costruzione delle opere depurative campane, e individuare responsabilità di costruttori e amministratori passati  –:
          se non ritengano i Ministri di assumere iniziative normative volte a inasprire le pene per i reati in materia ambientale per tutelare la salute umana e dell'ecosistema oggi fortemente compromessi dall'incuria e dalla disonestà dell'uomo.
(4-17382)


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          mentre i livelli di ozono in tanta parte del territorio nazionale hanno raggiunto valori simili a quelli rilevati durante l'afa del 2003, che provocò secondo Gilles Bruckner dell’Institut de Veille Sanitaire di Saint-Maurice, solo durante il mese di agosto in Europa, una mortalità superiore a 50.000 persone, gli interroganti constatano la mancata adozione di serie misure di prevenzione dalla parte delle autorità competenti;
          si è infatti rilevata, lunedì scorso 20 agosto a Lecco, la soglia di informazione di 180 μg/m3 da parte di tutte le stazioni e in 2 su 7 è stata superata la soglia di allarme di 240 μg/m3. Nella provincia di Milano, martedì scorso 21 agosto, 9 stazioni su 15 riportavano misurazioni oltre la soglia di informazione e a Trezzo sull'Adda è stata superata la soglia di allarme senza che scattasse alcuna reazione da parte della regione Lombardia, mentre tutte le centraline Arpa dislocate in provincia di Brescia hanno registrato livelli sopra la soglia di attenzione (180 microgrammi per metro cubo): 181 in città, a Darfo e Gambara, 195 a Sarezzo, 198 a Lonato. A Brescia il superamento è durato due ore, dalle 14 alle 16; a Lonato ben 7, dalle 13 alle 20. Nel Lazio dal 17 agosto il sito dell'ARPA non comunica più le misurazioni degli inquinanti atmosferici;
          per avere una cartografia complessiva della situazione italiana bisogna consultare siti stranieri, come quello francese di PREVAIR o dei siti di enti privati come lamiaaria.it (una iniziativa di Take Air srl);
          l'ondata di caldo prevista per questi giorni espone a seri e gravissimi rischi migliaia di persone in particolare anziani e persone affette da patologie cardio-respiratorie. Un recente studio della Environmental Protection Agency (Epa) americana ha evidenziato infatti i legami fra esposizione e l'insorgenza di attacchi cardiaci;
          queste persone pagano il prezzo di politiche che per decenni hanno fondato il trasporto di persone e di merce sulla rete stradale ed autostradale invece di dare precedenza al trasporto pubblico e su rotaia;
          secondo l'articolo 5.3 del decreto legislativo del 21 maggio 2004 di attuazione della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa, nelle zone in cui, «sussiste un rischio di superamento della soglia di allarme, le regioni e le province autonome competenti adottano piani d'azione che indicano le misure specifiche da adottare a breve termine» detti piani possono prevedere, secondo i casi, «misure di controllo graduali ed economicamente valide e, ove risulti necessario, misure di riduzione o di sospensione di talune attività che contribuiscono alle emissioni che determinano il superamento della soglia di allarme, in particolare del traffico di autoveicoli, nonché misure efficaci connesse all'attività degli impianti industriali e all'utilizzazione di prodotti»;
          inoltre, la decisione della Commissione, del 19 marzo 2004, afferma che «soltanto mediante drastiche riduzioni permanenti e su larga scala delle emissioni dei precursori dell'ozono si può ottenere una diminuzione sostenibile delle concentrazioni di picco dell'ozono e dei livelli generali dell'ozono nelle aree urbane e rurali in tutta l'Unione europea»;
          rimane tutt'ora senza risposta l'interrogazione 4-07991 su analoga emergenza del 2010  –:
          se si intenda acquisire dalle regioni e dagli enti locali maggiormente interessati dal fenomeno di questi giorni informazioni sulle misure adottate già quando viene raggiunta la soglia di informazione;
          se il Governo abbia chiesto alle autorità competenti la trasmissione dei piani d'azione adottati, laddove i livelli di ozono hanno raggiunto o stanno per raggiungere la soglia di allarme, ex articolo 5.3 del decreto legislativo del 21 maggio 2004 di attuazione della direttiva 2008/5O/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008 ed in caso negativo quali azioni di competenza si intendono promuovere ai fini dell'adozione dei suddetti piani;
          se si sia in ogni caso provveduto, attraverso innanzitutto il servizio pubblico radio-televisivo, a sconsigliare l'uso dei mezzi di trasporto privati a vantaggio di quelli pubblici, servizi che le autorità locali dovrebbero rendere gratuiti quando i livelli di ozono raggiungono la soglia di informazione;
          se siano al vaglio del Governo l'adozione di misure quali la chiusura degli uffici pubblici, delle scuole e dei servizi non essenziali, l'imposizione di una diminuzione dei massimi di velocità sulle strade e autostrade, l'arresto provvisorio degli impianti industriali più inquinanti come avviene da anni in Francia e l'introduzione di divieti temporanei dell'uso di certi solventi e certe vernici in particolare sui cantieri navali. (4-17394)


      BARBATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          la stagione balneare solleva timori e preoccupazioni nei bagnanti e amanti della natura;
          in special modo per la situazione delle acque lungo la costiera amalfitana e da Cuma a Castellammare di Stabia (Napoli);
          il Corrieredelmezzogiorno.it del 7 agosto 2012 riferisce a firma di Fabrizio Geremicca dell’«insufficiente depurazione delle acque campane» che insieme all’«eccessivo apporto di nutrienti scaricati dall'uomo a mare» favorisce «i banchi di mucillagine che stanno rovinando nuotate e gite in barca». L'articolo informa che: «Il punto è che nessuno dei più importanti depuratori in funzione in Campania è a norma, rispetta i parametri imposti dalle leggi europee. Da nord a sud, ecco la mappa di impianti che, nel migliore dei casi, funzionano a scartamento ridotto. Acerra, Marcianise, Napoli Nord, Orta di Atella (sfociano tutti nei Regi Lagni) e Cuma (immette le acque trattate nel mare di Licola), i depuratori che furono realizzati dalla Cassa per il Mezzogiorno e che furono affidati nel 2006 alla Hydrogest affinché li potenziasse, non hanno la linea deputata all'abbattimento dei fosfati. Delle sostanze, vale a dire, che giocano un ruolo fondamentale nei processi di eutrofizzazione delle acque e quindi di generazione delle mucillagini. Sono, inoltre, carenti anche in molte altre fasi del processo depurativo, nonostante alcuni interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria realizzati da un paio di anni ad oggi. Più a sud, ecco il depuratore di Napoli est, in via de Roberto. Proprietà della Regione, fu affidato tempo addietro a Termomeccanica. Riceve liquami di quasi un milione di abitanti. Ha una linea chimico fisica ed una di trattamento dei liquami attraverso i batteri, ma entrambe avrebbero bisogno di consistenti interventi di potenziamento. Del tutto assente il sistema di abbattimento dei fosfati. Nel 2000 una delibera regionale avviò il bando per affidare ad un privato, con la finanza di progetto, le opere indispensabili. Dodici anni più tardi la gara è stata annullata e neppure uno degli interventi previsti è stato effettuato. Neppure l'attivazione delle condotte sottomarine esistenti, che porterebbero almeno le acque in uscita dal depuratore al largo, anziché scaricarle in battigia. Resta inattuato, da parte della Regione, anche il collegamento tra il depuratore di Napoli est e quello di San Giovanni»;
          cinque associazioni ambientaliste si sono mobilitate per protestare contro il mare sporco in Costiera amalfitana, promuovendo una petizione popolare per chiedere la depurazione totale delle acque reflue e proponendo «una task force nell'ambito della Conferenza dei sindaci incaricata di fare una analisi della situazione e di seguire gli sviluppi dei lavori di realizzazione dei suddetti sistemi di depurazione» a ciò si aggiunge una petizione (www.eolopress.it);
          la costruzione dei cosiddetti «depuratori» è costata milioni di euro alle casse italiane indi ai cittadini oggi vessati da sacrifici e tasse;
          l'inquinamento marino e costiero comporta un duro colpo economico al comparto turistico;
          a parere dell'interrogante i fatti esposti sono gravi da richiedere un intervento immediato di analisi delle acque antistanti le coste citate per valutare la gravità dell'inquinamento prodotto, procedere alla quantificazione esatta dei fondi stanziati nel corso degli ultimi venti anni per la costruzione delle opere depurative campane, individuare responsabilità di costruttori e amministratori passati  –:
          se non ritengano i Ministri di assumere iniziative per inasprire le pene in materia ambientale per tutelare la salute umana e dell'ecosistema oggi fortemente compromessi dall'incuria e dalla disonestà dell'uomo. (4-17440)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta immediata:


      PERINA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          il patrimonio archeologico nazionale, senza sostanziali differenze tra Nord e Sud, continua ad essere, quasi totalmente, privo della necessaria tutela, salvaguardia e valorizzazione a causa di risorse economiche statali sempre più esigue;
          l'impossibilità a procedere, talvolta, anche soltanto ad opere di urgente manutenzione, spesso in siti di straordinario e riconosciuto interesse mondiale, è determinata anche dalla presenza, presso gli organi competenti, soprintendenze in primis, di un numero di funzionari e tecnici gravemente insufficiente;
          tra i tanti esempi in negativo di crolli e distruzioni di varia entità, che sfortunatamente il Paese è stato costretto ad esibire in questi ultimissimi anni, figura quello di Pompei;
          la celebre città campana, sigillata dalla cenere e dalla lava nel 79 d.C., con i suoi circa 65 ettari di estensione, ma soprattutto in virtù dei suoi elevati e dei suoi piani superiori, costituisce un unicum e rappresenta il secondo sito italiano, dopo il Colosseo, con quasi 2 milioni e mezzo di presenze annue di visitatori;
          a partire dal 2010, la città antica è stata ripetutamente mutilata di alcune significative parti: basti pensare ai crolli del 30 novembre 2010 di un muro perimetrale della Casa del Moralista e di due muretti, uno in Via Stabiana e l'altro presso l'accesso ad un ambiente di servizio laterale della casa del Lupanare piccolo; al crollo del 6 dicembre 2010 relativo alla Schola armaturarum iuventis pompeiani, nota come domus dei gladiatori; al crollo del 21 ottobre 2011 di un tratto di muro nei pressi di Porta di Nola, vicino la cinta muraria della città;
          tra il 2000 e il 2006, la politica regionale europea ha sostenuto 22 progetti di restauro nel sito di Pompei, per un valore complessivo di 7,7 milioni di euro, sulla base di un cofinanziamento del 50 per cento del costo totale;
          oltre alla mancanza di sufficienti risorse, (almeno) fino al recente passato, si è evidenziata una totale incapacità di gestione del sito: restauri protratti molto oltre i termini preventivati o, in alcuni casi, realizzati in maniera opinabile (è il caso, ad esempio, del Teatro Grande); aree ufficialmente «chiuse» alla visita, ma, alle volte, eccezionalmente riaperte ai più «generosi»; cumuli di macerie all'interno di botteghe in attesa di interventi; recinzioni divelte; strade sbarrate senza alcuna motivazione;
          a fronte di una cronica mancanza di fondi, si provvede ora, almeno in parte, con un investimento di 105 milioni di euro «combinando contributi Ue e nazionali», approvati il 29 marzo 2012 dalla Commissione dell'Unione europea nell'ambito del progetto «preservazione, mantenimento e miglioramento» del sito archeologico;
          il «Grande Progetto Pompei» (così è stata denominata l'intera operazione), che dovrebbe consentire al sito archeologico di uscire dalle precarie condizioni degli ultimi anni, sarà articolato per fasi distinte ed è prevista l'emanazione di vari bandi successivi;
          secondo il cronoprogramma stilato: il bando iniziale interesserà il restauro di cinque domus, per le quali è prevista anche l'installazione delle coperture di protezione; successivamente partirà la gara d'appalto per la messa in sicurezza e la riduzione del rischio idrogeologico del terrapieno delle «Regiones» III e VIII (quelle vicino a via dell'Abbondanza, dove ci sono stati i crolli del 2010); entro l'estate saranno aperti i bandi per le «Regiones» maggiormente a rischio (VI, VII e VIII); verranno poi effettuati lavori di consolidamento strutturale, protezione degli affreschi, recupero dei mosaici e delle singole tessere; le sei «Regiones» rimanenti, invece, saranno oggetto di bandi da avviare entro il 31 dicembre 2012, per cui i lavori inizieranno solo nel 2013;
          i bandi prevedono alti requisiti di affabilità, legalità e trasparenza, definiti nel quadro del protocollo di legalità, sottoscritto dalla prefettura di Napoli e dalla soprintendenza archeologica di Napoli e Pompei;
          in base alle fasi indicate e alle loro tempistiche, si è detto «già avviata» l'indagine idrogeologica propedeutica alla messa in sicurezza dei terreni demaniali ai confini dell'area di scavo lungo via dell'Abbondanza; entro luglio 2012 dovevano essere pubblicati i bandi per le «Regiones» maggiormente a rischio (VI, VII e VIII) per 10 milioni di euro circa (con consolidamenti strutturali, protezione degli affreschi e recupero dei mosaici);
          il progetto, finalizzato alla conservazione, manutenzione e miglioramento del sito archeologico di Pompei, ha tra gli obiettivi principali quello di consolidare e mettere in sicurezza le strutture e l'impianto urbano dell'area archeologica, a partire dalle aree qualificate «ad alto rischio» secondo quanto evidenziato dalla mappa del rischio archeologico;
          la «Carta del rischio archeologico», realizzata nei mesi scorsi dalla soprintendenza e sulla quale è incardinato l'intero progetto, finora, nonostante la sua rilevanza sia a fini conoscitivi che conservativi, è rimasta appannaggio di pochi, come ha avuto modo di affermare la stessa soprintendente archeologa di Napoli e Pompei, dottoressa Teresa Cinquantaquattro, («la mappa del rischio è un documento tecnico che non tutti possono visionare»);
          sarebbe, invece, assai utile conoscere la mappatura delle diverse criticità, realizzata senza dubbio con controlli specifici in loco, direttamente su ogni singolo monumento, tanto più che essa risulterà certamente corredata non solo di una documentazione fotografica ma di rilievi sistematici di dettaglio delle diverse parti della città  –:
          se il «Grande progetto Pompei» prosegua secondo le sue distinte fasi, come da programmi e, più in particolare, se siano state completate le indagini idrogeologiche propedeutiche alla messa in sicurezza dei terreni demaniali ai confini dell'area di scavo lungo via dell'Abbondanza, quali siano i risultati al riguardo e a che punto siano i bandi previsti per luglio 2012 nonché, in ogni caso, se non si ritenga opportuno fornire ulteriori e più dettagliate informazioni sulla «Carta del rischio archeologico» di cui in premessa.
(3-02449)
(Presentata il 4 settembre 2012)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BARBATO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          l'età del Bronzo in Italia comprende un periodo di oltre mille anni, suddivisa approssimativamente in: bronzo antico (2200 – 1600 a.C.), bronzo medio (1600 – 1300 a.C.), bronzo recente (1300 – 1200/1150) e bronzo finale (1200/1150 – 900 a.C.);
          risalente all'età del bronzo antico vi è a Nola (Napoli) il villaggio preistorico, denominato anche la «Pompei della Preistoria» perché seppellito dall'eruzione del Vesuvio detta delle Pomici di Avellino (1860-1680 a.C.);
          scoperto nel corso dei lavori per la realizzazione di una costruzione nella località Croce del Papa, al confine tra i comuni di Nola e Saviano;
          l'eccezionalità di questo sito archeologico, unico al mondo – secondo i più – sta nel fatto che le capanne, sepolte dall'eruzione vulcanica, si sono conservate attraverso il loro calco nel fango e nella cenere che le ha avvolte, sigillando anche tutte le suppellettili che si trovavano nelle stesse al momento dell'eruzione;
          il fango ha effettuato un vero e proprio calco delle strutture in legno e paglia, riempiendo anche le suppellettili che vi erano sistemate, come i vasi ed i forni. Gli oggetti più pesanti rimasero al loro posto appoggiati a terra; altri invece furono capovolti o cominciarono a galleggiare nella massa fangosa, spinti verso l'alto; quelli appesi alle pareti restarono bloccati. Il calco che si era formato ha fatto sì che numerosi dettagli siano ancora perfettamente leggibili, come i fasci di paglia o di giunchi che ricoprivano le pareti esterne o come i tessuti;
          è stato così possibile conoscere la forma che avevano queste costruzioni, l'orditura dei tetti e la carpenteria, l'organizzazione assegnata dagli abitanti delle stesse agli spazi delle proprie abitazioni;
          uno spaccato millenario trasmessoci grazie alla conservazione del fango e della cenere;
          il turismo archeologico, laddove sostenuto e strutturato, è volano per l'economia di un territorio;
          l'Istat ha comunicato nella primavera scorsa che in Campania la percentuale di disoccupazione è aumentata del 30 per cento nel primo trimestre, il numero dei disoccupati registra un forte aumento su base tendenziale (+30 per cento, pari a 646.000 unità);
          entro settembre 2012 il villaggio preistorico risalente all'età del bronzo antico sarà interrato ed al suo posto è prevista la realizzazione di una ricostruzione in scala reale dell'antico villaggio di capanne mentre in Germania presso lo «State Museum of Prehistory ad Halle» fino al 26 agosto 2012 è stata allestita una mostra con i reperti provenienti dall'area di scavo;
          a difesa della Pompei nolana si è schierata l'associazione locale «Meridies» presieduta da Angelo Amato De Sapis promotore tra l'altro di una petizione  –:
          alla luce dei fatti esposti di quali notizie disponga il Ministro interrogato circa l'interramento del villaggio e quali iniziative intenda assumere prontamente per la difesa di un inestimabile patrimonio storico-culturale che allo stato dei fatti tornerebbe ricoperto dal terreno;
          se non intenda avviare una programmazione di interventi atti a scongiurarne l'interramento e valorizzare il suolo che potrebbe calamitare turisti, esperti e studiosi da tutto il mondo. (4-17433)


      BARBATO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          negli anni ottanta nel corso dei lavori per la realizzazione di una scuola tra Ottaviano e Piazzolla di Nola (Napoli), in località Villa Albertini, fu ritrovato un capitello di inestimabile valore storico-artistico-culturale forse parte di una Villa Augustea o di un tempio;
          per alcuni anni è stato nel deposito di un'azienda edile, poi preso in consegna dai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale che lo hanno tenuto sotto sequestro, prima di dare il via libera al professor Giuseppe Vecchio per l'esposizione presso il museo archeologico di Nola;
          a detta di studiosi del settore detto «capitello» per dimensioni e tipologia è decisamente originale: l'ipotesi è che possa essere addirittura parte di una villa romana di livello;
          Giuseppe Vecchio, ispettore per l'area nolana della soprintendenza archeologica di Napoli, ebbe a definirlo «reperto importantissimo» (Il Mattino, 13 giugno 2011, a firma di Francesco Gravetti);
          il ritrovamento del «capitello» si deve al comitato civico di Ottaviano e del blog ottavianesi.it: Gennaro Barbato (vicepresidente), Marco Antonio Giorgio, Paola Castiglia;
          l'esemplare pesa almeno 400 chili, è in marmo bianco ed è di tipo «composito», costituito da un kalathos corinzio, con una sola corona di foglie d'acanto, a cui si sovrappone un capitello ionico a quattro facce completate superiormente da un abaco di nuovo corinzio;
          da indiscrezioni stampa ci sarebbe una indagine in corso, per capire come sia finito nel deposito, perché sia rimasto nascosto a lungo, se ci sono altri reperti ad Ottaviano o Nola;
          l'esposizione del capitello nolano aumenterebbero l'offerta turistico-culturale del territorio favorendo la valorizzazione complessiva del patrimonio archeologico dell'area vesuviana e nolana;
          ad avviso dell'interrogante occorre intervenire subito e ciò per due motivi: non sono stati effettuati ancora i saggi né è stato posto il vincolo archeologico  –:
          di quali notizie disponga il Ministro interrogato sul capitello e quali iniziative intenda assumere al fine di assegnargli la degna collocazione nonché la meritata visibilità così come appassionati del genere, studiosi e turisti desiderano per tutto ciò che è storia di questo Paese. (4-17434)


      ROSATO, STRIZZOLO e MARAN. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          la soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici svolge, tra le altre, importanti competenze in materia di autorizzazione dell'esecuzione di opere e lavori di qualunque genere sui beni culturali, di espressione di pareri nelle conferenze di servizi, di controllo e amministrazione dei beni in consegna;
          la soprintendenza istruisce le pratiche per l'espressione dei pareri obbligatori o per il rilascio delle autorizzazioni, necessari ai soggetti privati e alle pubbliche amministrazioni per poter intervenire su alcune strutture e alcuni beni paesaggistici;
          nonostante il periodo di recessione, sono molte le pratiche richieste da privati e dalle pubbliche amministrazioni, agli uffici della soprintendenza del Friuli Venezia Giulia;
          secondo alcuni dati, riportati anche dalla stampa locale, circa i due terzi del territorio sono sottoposti a vincolo paesaggistico, e a quello monumentale sottostanno tutti gli edifici pubblici con più di 50 anni, numerosi specie nella provincia di Trieste;
          si fa presente, quindi, che la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia è oberata di pratiche, e i soggetti privati e le pubbliche amministrazioni sono costrette ad attendere tempi molto lunghi per poter ottenere i pareri o le autorizzazioni necessarie; i silenzi dell'ente, quindi, incidono sulle attività edilizie;
          a questo si aggiunge che, dal 13 giugno 2012, l'apertura al pubblico degli uffici è stata limitata a due ore e mezza a settimana; e la direzione della soprintendenza ha precisato che in orario e giorni diversi il ricevimento da parte dei funzionari non è più possibile;
          questo orario molto limitato crea non pochi disagi agli utenti che devono interfacciarsi con la soprintendenza;
          alcune segnalazioni, apparse anche sulla stampa locale, hanno manifestato le forti perplessità di alcuni professionisti in merito alle nuove regole definite dalla direzione e anche l'ANCI regionale ha manifestato preoccupazione e disagio per la lentezza con cui vengono trattate le pratiche pendenti e, di conseguenza, il ritardo con cui arrivano le risposte;
          inoltre, è accaduto ad alcuni professionisti, che, raggiunta la sede nell'orario di apertura al pubblico, non sia stato dato loro modo di depositare alcune pratiche in quanto il responsabile d'ufficio riferito alla provincia specifica fosse assente dalla sede perché in ferie;
          in un momento in cui vi è bisogno che le imprese possano produrre ricchezza, nel settore edile è importante che gli uffici pubblici non ostacolino le attività delle aziende; quindi, si ritiene indispensabile che anche la soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia possa garantire tempi di apertura al pubblico più consoni e un'organizzazione interna che riesca garantire un rapido svolgimento delle istruttorie necessarie  –:
          se il Governo è a conoscenza della situazione di difficoltà nella quale versa la soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia, e quali iniziative intende avviare affinché sia possibile garantire tempi di apertura al pubblico più ampi e un rapido svolgimento delle istruttorie necessarie. (4-17450)


      ROSATO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          l'Istituto italiano per gli studi filosofici di Napoli è stato fondato, sotto gli auspici dell'Accademia dei Lincei, nel 1975 attorno alla biblioteca umanistica partenopea di oltre centomila volumi;
          dal 1983 è ospitato, per volontà dell'allora Ministero dei beni culturali, all'interno del palazzo Serra di Cassano, dove svolge la propria attività di ricerca e studi, con il supporto di borsisti ed esperti provenienti da tutta l'Europa, che sono valsi il Diploma d'onore del Parlamento europeo;
          l'istituto si è trasformato in un centro culturale non solo nel ramo filosofico-umanistico ma anche in quello scientifico, facendosi protagonista di molti seminari che hanno visto il contributo di eminenti studiosi italiani e stranieri tra i quali, per citarne solo alcuni, il Premio Nobel Rita Levi Montalcini, il Premio Nobel Carlo Rubbia, il compianto Norberto Bobbio, il Premio Nobel James Tobin, il Premio Nobel Sheldon Glashow e il Premio Nobel Ilya Prigogine;
          l'istituto nel 1980, ha dato vita alla Scuola di studi superiori di Napoli che ha contribuito e contribuisce a formare molti giovani grazie alle lezioni di docenti provenienti da tutto il mondo;
          che un istituto di tale autorevolezza abbia sede in Italia onora una tradizione culturale letteraria e filosofica di indubbia rilevanza internazionale e ci riempie di responsabilità nell'esserne custodi;
          tuttavia l'abbandono che vivono i beni culturali negli ultimi anni e i tagli profondi alle sovvenzioni statali hanno reso sempre più difficile il lavoro dell'istituto;
          è per queste ragioni di tipo economico che la permanenza all'interno del palazzo Serra di Cassano di Napoli, cornice all'altezza dei prestigiosi testi ospitati, si è resa impossibile;
          l'intero patrimonio dell'istituto, che consta oggi in trecentomila volumi, sarà trasferito dalla propria biblioteca ad un capannone nel comune di Casoria (Napoli);
          una biblioteca che ha fatto la storia della cultura umanistica e scientifica in Italia e che raccoglie testi e volumi di valore inestimabile, rischia di essere collocata in una struttura del tutto inadeguata, non fruibile o raggiungibile da studenti e studiosi professionisti;
          anche dal valore cui si dà la cultura si percepisce la civiltà e la modernità di un Paese, e la storia ci insegna che i periodi bui sono coincisi con i periodi nei quali la cultura e i suoi beni erano relegati in un angolo, mentre al contrario i momenti più illuminanti della storia hanno visto protagoniste l'arte e la letteratura;
          non possiamo permetterci che la formazione delle nuove generazioni sia compromessa da alcune scelte miopi, così come non è accoglibile che un tale patrimonio, che fin qui si è arricchito grazie anche alla sua fama internazionale, venga dimenticato e abbandonato dalle istituzioni;
          vale la pena riprendere le riflessioni di Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere «gli italiani devono recuperare non soltanto il senso economico della cultura, ma anche in una certa misura il suo senso sociale, di elemento alla base delle sue produzioni di eccellenza e occasione per dare opportunità di lavoro a tanti giovani che hanno capacità e qualità da vendere»;
          la cultura e i suoi beni sono una marchio del made in Italy che in passato ha reso anche in termini economici, e ignorare questo suo aspetto rischia di limitare le opportunità di rilancio dell'economia che oggi rappresenta una priorità di questo Paese  –:
          se il Ministro, avuto contezza di quanto sta accadendo all'Istituto italiano per gli studi filosofici di Napoli, non intenda agire per evitare che lo stesso sia costretto, per ragioni economiche, a trasferire il proprio patrimonio culturale dall'attuale biblioteca ad un inaccessibile capannone nella periferia della provincia napoletana. (4-17452)


      BARBATO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          il «dolium» è un grande contenitore di terracotta, dalla forma sferica, con un'altezza compresa fra 1,50 e 1,60 metri e una larghezza superiore a 1,50 metri nel punto di massima espansione. La sua capacità era di circa 1.500-2.000 litri e per questo motivo era il miglior vaso per contenere il vino ma anche l'olio nonché legumi e grano;
          i dolia venivano fissati nella parte centrale dell'imbarcazione, mentre lo spazio rimasto libero a poppa e prua era occupato dal carico di anfore;
          numerosi esempi sono rinvenibili in Pompei, nell'entroterra antico vesuviano ed a Terzigno, qui nel 1981 quando venne alla luce la villa rustica romana di cava Ranieri, in località Boccia al Mauro destò notevole interesse tra gli archeologi. Liberata dalla coltre di lapilli del Vesuvio risalenti all'eruzione del 79 d.C. la villa restituì oltre a 36 dolium, ancora contenenti le derrate alimentari dell'epoca, solidificate dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C.;
          insieme ai dolia furono scoperti anche gli scheletri di cinque individui, presumibilmente i proprietari e i loro servi, che portavano con sé monili d'oro, vasellame d'argento e un sostanzioso gruzzolo di monete;
          riferisce il corrieredelmezzogiorno.it dell'8 agosto 2012 che è avvenuto qualche giorno prima il crollo della «copertura nel sito archeologico dell'antica villa rustica romana di cava Ranieri» ovvero «La vecchia tettoia in lamiera sostenuta da pali in legno posta a protezione del sito ha ceduto, rovinando sugli antichi resti», perlopiù dolia;
          il crollo della tettoia di protezione della villa rustica sarebbe imputabile all'usura dei pali in legno posti a sostegno della tettoia che protegge il sito;
          detta tettoia sarebbe stata costruita (si apprende dalla videointervista) nei primi anni ottanta utilizzando dei comuni pali in legno;
          senza manutenzione da parte della soprintendenza di Napoli e Pompei;
          ad interessarsi al caso Gennaro Barbato vice presidente comitato civico di Ottaviano sensibile al problema;
          la cura dei beni archeologici di cui l'area vesuviana è ricca, è interesse dello Stato preservare da intemperie, furti ed incuria;
          detti reperti inseriti in un percorso storico naturalistico-archeologico rappresenterebbero un volano per l'economia locale in termini di turismo sul territorio indi posti di lavoro e produttività  –:
           se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
          se non si intendano acquisire informazioni sulle inadempienze che hanno lasciato abbandonato a sé stesso un sito meritevole dei più elementari strumenti di messa in sicurezza favorendo il crollo della tettoia sugli antichi dolia;
          quali siano i motivi per i quali, nonostante le reiterate pubbliche denunce di inadempienza sollevate da più parti nei confronti della soprintendenza, non si intervenga in maniera decisa con un mirato piano di monitoraggio dei beni archeologici immediatamente confinanti con il sito di Pompei affinché si possa procedere all'idonea conservazione e manutenzione di tutti i beni archeologici ad esso limitrofi (Terzigno, Nola, Oplonti, e altri) della provincia di Napoli e quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato sul caso esposto affinché la memoria non vada perduta e con essa la possibilità di far decollare turisticamente la zona segnalata. (4-17459)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'acqua potabile è una risorsa primaria destinata al consumo che permette la sopravvivenza degli esseri viventi e le fondamentali attività umane. La potabilizzazione dell'acqua consiste nella rimozione delle sostanze contaminanti dall'acqua per consentirne il normale consumo domestico ed alimentare nel rispetto delle norme volte alla tutela della salute umana;
          il decreto legislativo 2 febbraio 2001, n.  31, e successive modificazioni e integrazioni, è il riferimento normativo italiano che, recependo la direttiva europea 98/83/CE, disciplina il campo delle acque potabili e definisce anche i criteri e i parametri analitici, microbiologici e chimico-fisici, ai quali un'acqua deve sottostare per potere essere definita potabile. La stessa normativa, modificata ed integrata con il decreto legislativo n.  27 del 2002, definisce che le acque destinate al consumo umano sono quelle trattate o non trattate, destinate ad uso potabile, per la preparazione di cibi e bevande, o per altri usi domestici, a prescindere dalla loro origine, siano esse fornite tramite una rete di distribuzione, mediante cisterne, in bottiglie o in contenitori; le acque destinate al consumo umano sono altresì quelle utilizzate in un'impresa alimentare per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione o l'immissione sul mercato di prodotti o di sostanze destinate al consumo umano, escluse quelle, individuate ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera e) del decreto legislativo n.  31 del 2001, la cui qualità non può avere conseguenze sulla salubrità del prodotto alimentare finale;
          l'articolo 10 del decreto legislativo n.  31 del 2001 stabilisce quali siano i provvedimenti da adottarsi e le limitazione dell'uso qualora le acque destinate al consumo umano non corrispondano ai valori di parametro fissati dalla normativa in vigore. È compito del gestore, individuate tempestivamente le cause della non conformità, indicare i procedimenti necessari per ripristinare la qualità, dando priorità alle misure di esecuzione, tenuto conto dell'entità del superamento del valore di parametro pertinente e del potenziale pericolo per la salute umana. Sia che si verifichi, sia che non si verifichi un superamento dei valori di parametro, qualora la fornitura di acque destinate al consumo umano rappresenti un potenziale pericolo per la salute umana l'erogazione della stessa deve essere vietata al fine di adottare altri idonei provvedimenti a tutela della salute, tenendo conto dei rischi potenziali e reali per l'individuo e per le collettività;
          sulle unità navali militari di ultima generazione, già consegnate alla Marina militare italiana (Portaerei Cavour, Nave Caio Duilio, Nave Andrea Doria), nonché sulle FREMM (fregate europee multi missione), attualmente in fase avanzata di allestimento presso il comando Marinalles di La Spezia, è presente un impianto di potabilizzazione delle acque di bordo che consentirebbe l'autosostentamento del fabbisogno idrico di bordo con produzione autonoma di acqua potabile, microbiologicamente pura e priva di contaminanti chimico-fisici ed organolettici  –:
          se il Ministro della difesa sia a conoscenza dell'effettivo funzionamento dei succitati impianti di bordo e del recepimento della normativa succitata presso l'amministrazione difesa, nello specifico presso il Comando in aapo della squadra navale (CINCNAV);
          se il Ministro della difesa sia a conoscenza della tipologia dei controlli laboristici finora disposti dai comandi delle unità navali sopracitate e se essi siano stati sempre conformi ai dettami del decreto legislativo n.  31 del 2001 e successive modificazioni e integrazioni;
          se il Ministro della difesa sia a conoscenza della periodicità dei sopraccitati controlli e di eventuali anomalie finora riscontrate, dalle strutture sanitarie militari o civili, sulle acque di bordo destinate al consumo umano, con particolare riguardo ai valori di «trialometani», «idrocarburi» ed eventuale riscontro di batteri quali la «legionella»;
          se il Ministro della difesa sia a conoscenza di eventuali sospensioni di erogazione dell'acqua destinata al consumo umano trattata dall'impianto di potabilizzazione in dotazione alle succitate unità navali e dell'avvenuta opera di informazione, in favore del personale dipendente imbarcato, sui rischi derivanti da eventuali esposizioni a sostanze contaminanti e cancerogene disciolte nell'acqua destinata al consumo umano;
          se il Ministro della salute, sulla scorta di quanto sopra, intenda promuovere una azione di informazione, in favore dell'amministrazione difesa, sui rischi derivanti da contaminanti disciolti nelle acque da destinare al consumo umano e sui rischi di carcinogenesi ad essi attribuibili alla luce delle recenti evidenze scientifiche nazionali ed internazionali. (5-07724)

Interrogazioni a risposta scritta:


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          sul quotidiano on-line Città della Spezia in data 9 agosto 2012 è stato pubblicato l'articolo dal titolo «Amianto sulle navi, il pm torinese Guariniello prescrive la bonifica» in cui si legge «[...] Le navi che presentano ancora strutture in amianto dovranno essere bonificate. Lo ha prescritto il pubblico ministero della Procura di Torino Raffaele Guariniello che indaga sulle morti avvenute tra i marinai che hanno prestato servizio tra il 1981 ed oggi. Sarebbero circa 300 le vittime del mesotelioma pleurico, questo dicono i dati dell'inchiesta e che vede indagata una ventina di ufficiali. Tutti gli indagati devono rispondere di omissione colposa di cautele antinfortunistiche, mentre si valuterà caso per caso l'ipotesi di omicidio colposo. Le indagini, effettuate dagli organi di vigilanza interni alla Marina, hanno evidenziato la mancanza di impianti di aspirazione localizzata sulle navi, soprattutto durante le operazioni di manutenzione, pulizia e riparazione, e l'assenza di presidi sanitari a difesa degli operatori che vi hanno prestato servizio»;
          la risposta all'interrogazione 4-14374, presentata dagli stessi interroganti, riporta che «(...) il piano attuato dalla Marina militare per la risoluzione del problema della presenza di amianto a bordo delle unità navali è nel pieno della sua fase esecutiva e procede regolarmente, sulla base della documentazione di mappatura prodotta dal Registro italiano navale (Rina). L'attività sinora svolta ha permesso di bonificare completamente il 20 per cento e, parzialmente, il 44 per cento delle 155 unità con presenza di materiali contenenti amianto a bordo, attualmente in servizio con equipaggio fisso, nonché di avviare ulteriori attività di bonifica, tuttora in corso, la quale avviene, principalmente, nell'ambito delle soste manutentive programmate delle unità. Anche l'ambiente circostante è sottoposto a verifiche periodiche (di massima annuali) per accertare l'assenza di pericolosità per la salute del personale imbarcato (rilievo delle fibre aerodisperse, secondo un protocollo stabilito dall'Università di Genova) e ogni unità navale è dotata di specifici dispositivi di protezione individuale per le fibre di amianto, nonché di un definito protocollo d'intervento, da attuarsi nel caso si verifichino avarie a carico di impianti o componenti con materiali contenenti amianto. Le unità navali ancora non completamente bonificate vengono utilizzate nelle varie attività addestrative e operative, in quanto l'amianto, ove presente, risulta adeguatamente confinato e incapsulato, ferma restando, ovviamente, l'adozione delle richiamate misure a tutela della salute del personale imbarcato (...)»;
          alla luce dell'articolo richiamato la risposta fornita dal Ministro della difesa al citato atto di sindacato ispettivo offre un quadro che non appare agli interroganti corrispondente alla situazione descritta nell'articolo stesso  –:
          se non ritenga urgente fornire chiarimenti sulla vicenda;
          quanti e quali siano le situazioni di inquinamento ambientale riscontrate da Marivigilanza e quale sia il conseguente rischio per i lavoratori militari e i dipendenti civili delle ditte e dell'arsenale.
(4-17395)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          consta agli interroganti che nei confronti di numerosi appartenenti all'Esercito siano state disposte delle azioni di recupero di somme relative al compenso forfettario di impiego pagato nel periodo 2007-2010 e che dette azioni di recupero non siano state adeguatamente motivate in relazione alla ritenuta errata corresponsione da parte dell'amministrazione datoriale  –:
          quanti siano esattamente i militari nei cui confronti siano state avviate o siano da avviare le predette azioni di recupero, quali siano gli importi medi pro capite e quale sia il totale complessivo delle somme da recuperare;
          quali siano gli istituti previsti per compensare le ore di lavoro straordinario eventualmente svolte da ciascun militare interessato nei periodi di corresponsione dell'emolumento in premessa e se non ritenga che la responsabilità della errata corresponsione delle predette somme sia da imputare all'autorità che ne abbia autorizzato il pagamento ovvero a quella che abbia segnalato i nominativi dei militari per l'inclusione negli elenchi dei percettori del medesimo compenso. (4-17396)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il giorno 15 agosto 2012 sul sito web www.forzearmate.org è stato pubblicato un articolo dal titolo «Sentenza di assoluzione del delegato CO.I.R. dell'A.M. Papini Luca che si era rifiutato di partecipare ad una riunione del CO.I.R. di appartenenza»  –:
          quali siano state le azioni intraprese e quali quelle immediate che intenderà intraprendere per risarcire il maresciallo Papini Luca dei danni patiti;
          se alla luce della decisione dei giudici di primo grado e di appello non ritenga sia giunto il momento di estendere ai militari il pieno godimento del diritti associativi e sindacali. (4-17398)


      ROSATO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il 25 febbraio 2012 è stato indetto un bando per esami e titoli per il reclutamento di 1886 allievi carabinieri effettivi, riservato, ai sensi dell'articolo 2199 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66, ai volontari delle Forze Armate in ferma prefissata di un anno o quadriennale; e lo stesso si è concluso il 26 marzo 2012;
          dal bando stesso si evince che «i candidati idonei, fino a concorrenza dei posti messi a concorso saranno dichiarati vincitori secondo l'ordine delle graduatorie ed ammessi alla frequenza del corso formativo, che si svolgerà presso i Reparti di istruzione di assegnazione» e che «i vincitori del concorso, senza attendere alcuna comunicazione, dovranno presentarsi presso i Reparti di istruzione, nella data e con le modalità che saranno resi noti, verosimilmente a partire dal 21 settembre 2012»;
          le graduatorie sono state rese disponibili e, di conseguenza, i 1886 vincitori individuati del bando di reclutamento degli allievi carabinieri effettivi si sono resi disponibili per presentarsi ai reparti a partire da settembre di quest'anno;
          con il provvedimento di revisione della spesa, la presa in organico presso i reparti dei 1886 vincitori del bando, risulta all'interrogante, abbia subito un arresto a causa del contenimento della spesa e del blocco del turnover disposti anche per il Ministero della difesa;
          che si dovesse procedere ad una riduzione della spesa era noto all'Esecutivo ben prima del 6 luglio 2012, quindi, quando il Ministero della difesa ha pubblicato l'avvio del bando per 1886 allievi carabinieri, ha fatto intendere ai candidati che lo stesso non sarebbe stato poi inficiato da previsioni di tagli della spesa ai ministeri;
          su tali garanzie, i 1886 allievi carabinieri che hanno vinto il concorso, si aspettano la presa in carico presso i reparti e sono in attesa di capire il loro destino alla luce del taglio alle risorse decretato nel provvedimento sulla revisione della spesa del 6 luglio;
          dietro questi numeri ci sono vite e aspettative di 1886 ragazzi e ragazze che hanno vinto un regolare concorso del Ministero della difesa e che sulla base di ciò hanno assunto delle decisioni personali e si sono organizzati di conseguenza, rinunciando, in alcuni casi, anche ad altre offerte di lavoro;
          il settore della difesa e della sicurezza è stato colpito da molteplici tagli di risorse finanziarie ed umane negli ultimi anni, e l'avvio del bando rappresentava l'atteso e sperato cambio di marcia che da tempo veniva chiesto  –:
          se e attraverso quali azioni, il Ministero intende tutelare i vincitori del bando per il reclutamento di 1886 allievi carabinieri, anche garantendo i vincitori eventualmente non chiamati per i limiti imposti dal taglio del turnover, che la loro posizione in graduatoria verrà salvaguardata attraverso la posticipazione dell'assunzione. (4-17451)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il giorno 11 luglio 2012 si sono svolte le operazioni di voto per l'elezione dei membri del Consiglio centrale della rappresentanza militare. Sezione Esercito;
          al punto n.  4 del verbale redatto ai sensi dell'articolo 888 del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n.  90, si legge che per la categoria «B» sono state utilizzate 12 schede elettorali a fronte di soli 11 elettori;
          al punto 5 del medesimo verbale «PROSPETTO DEI VOTI RIPORTATI DA CIASCUN CANDIDATO», sempre relativamente alla Categoria «B», non risultano esservi state «schede bianche» e «voti nulli», mentre nella colonna «Totale schede utilizzate» è posta l'annotazione «12 DI CUI 1 (UNA) DETERIORATA»;
          il giorno 17 luglio il maresciallo ordinario Alessandro Mosti presentava ricorso gerarchico avverso le operazioni di votazione dei delegati del CoCeR, cat. «B» Esercito XI espletate in data 11 luglio 2012, chiedendone la riforma o l'annullamento. Il successivo giorno 18 luglio anche il primo maresciallo luogotenente Donato Gallina ricorreva gerarchicamente avverso le medesime operazioni di voto;
          i militari ricorrenti hanno lamentato: «Che verso le ore 11.30 circa del giorno suindicato il ricorrente nel mentre attendeva il proprio turno per esprimere il suo personale voto notava che il delegato del CoIR, cat. “B”, Mar. Ca. Pesciaioli Giuseppe, appartenente al CoIR del Comando Capitale, alla presenza dei designati scrutatori, procedeva al ritiro della matita e della scheda di voto, consegnate pro minibus dal Presidente del seggio, Gen.  D. Gerometta Paolo, e dopo essersi accertato dell'integrità e regolarità della scheda si recava all'interno della cabina, adeguatamente predisposta, al fine di esprimere la propria volontà elettorale; [...] lo stesso Mar. Ca. Pesciaioli usciva dalla cabina e, con una motivazione sommaria e alquanto generica, chiedeva la sostituzione della sua scheda affermando a gran voce che, per una mera svista materiale, aveva scritto il nome del candidato “Librizi” invece di “Librizzi”; Che conseguentemente la scheda veniva sostituita e il delegato CoiR Mar. Ca. Pesciaioli rientrava nella cabina elettorale per esprimere il suo voto [...] L'articolo 887, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 90/2012 così recita: “Le schede sono nulle se sprovviste di autentica, oppure se presentano scritture o segni estranei alla votazione stessa”. Nella fattispecie in oggetto, non possono dirsi rispettate le prescrizioni anzidette dal momento che il Mar, Ca. Pesciaioli ha riconosciuto l'integrità della prima scheda e alcuna irregolarità è stata lamentata al Presidente del seggio elettorale al momento della consegna. A riprova di ciò, lo stesso Presidente del seggio non ha palesato alcun deterioramento o presenza di cattivo stato della scheda sostituita al momento della riconsegna da parte del Mar. Ca. Pesciaioli.[...]»;
          entrambi i ricorsi venivano rigettati dal Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, generale Graziano, con la seguente motivazione: «Al riguardo, rilevo, preliminarmente, che il termine temporale previsto per la presentazione di eventuali ricorsi concernenti i procedimenti per l'elezione dei delegati della Rappresentanza Militare è stabilito in 48 ore dalla conclusione delle operazioni di voto (11 luglio 2012), così come previsto dalle disposizioni diramate dallo Stato Maggiore dell'Esercito con la Direttiva “Rappresentanza Militare. Attività elettorale per l'anno 2012” (Lettera n.  509/TEC3/1.10.04/01 in data 5 aprile 2012). 3. Per quanto sopra, pertanto, nella considerazione che il ricorso in argomento è stato presentato oltre i termini previsti, lo stesso è rigettato. 4. Quanto al merito delle doglianze sollevate, evidenzio, peraltro, l'infondatezza delle motivazioni addotte, tenuto conto della correttezza della procedura adottata durante lo svolgimento delle suddette operazioni di voto, perfettamente aderente alle già citate disposizioni (e, in particolare, per quanto riguarda la sostituzione delle schede deteriorate “per negligenza o per ignoranza”, a quanto previsto dal paragrafo 8, sottoparagrafo b, comma 2, sottocomma f, dell'annesso 7 all'allegato C della succitata direttiva) [...]»;
          il maresciallo capo Pesciaioli in data 16 luglio aveva rilasciato ai due ricorrenti una dichiarazione in forma scritta nella quale si legge «Il sottoscritto Pesciaioli Giuseppe, [...] Maresciallo dell'Esercito in servizio presso il Centro di Selezione Nazionale dell'Esercito, delegato della Rappresentanza Militare della categoria “B” nel “COIR Roma Capitale”, [...] in qualità di partecipante alle votazioni per l'elezione del COCER Esercito, [...] in data 11 luglio 2012 alle ore 11.30 circa, entravo nel posto di votazione sito in Palazzo Esercito in Roma, via Napoli, 5° piano, corridoio n.  4 stanza 14, per partecipare alle operazioni di voto per le Elezioni Cocer EI anno 2012. Ricevevo l'occorrente per votare (matita e scheda) dalle mani del Pres. del seggio Generale Paolo Gerometta, Presidente del seggio nonché Candidato a Presidente del Cocer Esercito, ne constatavo l'integrità e mi accingevo alla cabina elettorale per votare. Nella cabina non erano presenti gli elenchi dei candidati quindi sono dovuto entrare ed uscire più volte per recarmi a leggere i nomi dei candidati affissi all'esterno della cabina. Malgrado avessi letto più volte i nomi dei candidati, realizzavo di aver sbagliato a votare. Uscivo e lo dichiaravo a voce alta, dichiarando di aver sbagliato a scrivere il nome di un candidato, (avvero avevo scritto Librizzi con una sola “Z” zeta). La scheda, dopo una consultazione tra il Presidente e un Tenente colonnello all'uopo convocato per una opportuna valutazione, mi veniva sostituita e rivotavo dopo aver consegnato la scheda già votata al Presidente del Seggio Generale Paolo Gerometta. La seconda scheda veniva inserita nell'urna elettorale, mentre la prima restava agli atti. La prima scheda, quella dove ho sbagliato a scrivere, non presentava segni di deterioramento o difetti di alcun genere, conteneva esclusivamente l'espressione errata del mio voto»  –:
          la disposizione citata dal generale Graziano al paragrafo 1, lettera h, dell'annesso 7 all'allegato C, stabilisce unicamente che «Eventuali ricorsi dovranno essere definiti in tempo utile (48 ore) per dar modo agli elettori di potersi candidare al Consiglio di ordine superiore» e non stabilisce quindi alcun termine per la presentazione del ricorso gerarchico che, ad avviso degli interroganti, resta quello previsto per l'impugnazione degli atti amministrativi stabilito in 30 giorni dalla conoscenza dell'atto o del fatto lesivo;
          l'annotazione «12 DI CUI 1 (UNA) DETERIORATA» posta nella colonna relativa alla Categoria «B», «Totale schede utilizzate», è palesemente contrastante con la dichiarazione del maresciallo Pesciaioli «La prima scheda, quella dove ho sbagliato a scrivere, non presentava segni di deterioramento o difetti di alcun genere, conteneva esclusivamente l'espressione errata del mio voto»;
          se consti al Ministro che l'irregolarità citata non sia stata l'unica avvenuta nel corso delle operazioni di voto per l'elezione dei Consigli della rappresentanza militare e che anche altri militari abbiano presentato ricorsi avverso i procedimenti elettorali e gli atti di proclamazione degli eletti;
          se i fatti in premessa corrispondano al vero e in tale caso quale immediate azioni intenda intraprendere per ripristinare la legalità e conseguentemente quali siano i tempi per la ripetizione delle operazioni di voto e quali le azioni nei confronti del presidente del posto di votazione generale Paolo Gerometta;
          se non ritenga opportuno segnalare i fatti in premessa alla competente autorità giudiziaria. (4-17463)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          consta agli interroganti che attualmente il generale di divisione Paolo Gerometta ricopra l'incarico di Capo del I Reparto affari giuridici ed economici del personale da cui dipende anche l'ufficio trattamento economico, condizione militare e coordinamento, e che il medesimo sia anche membro del Cocer, sezione Esercito, e che in seno a detto organismo svolga la funzione di presidente essendo il più elevato di grado;
          tra le attività di competenza della rappresentanza militare rientrano quelle afferenti il trattamento economico e la condizione militare, e tali fanno assumere al citato militare la duplice veste di parte e controparte nelle attività di tutela degli interessi collettivi del personale militare;
          l'Istituto della rappresentanza militare ha dato ampia prova di essere uno strumento fortemente inadeguato per soddisfare, anche in minima parte, le crescenti necessità di tutela reclamate dal personale rappresentato che mira costantemente alla concretezza e alla libertà d'azione delle associazioni sindacali –:
          se, in attesa di una auspicabile estensione dei diritti sindacali anche al personale militare, non ritenga opportuno destinare il generale Paolo Gerometta ad altri incarichi tali da non compromettere la serenità delle azioni del consiglio che lo stesso presiede, ciò anche al fine di non azzerare completamente quella residuale attività di tutela che è sottratta al controllo del vertice militare. (4-17466)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
          l'articolo 1 della legge 12 luglio 2011, n.  133, nel modificare il comma 3 dell'articolo 8 del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n.  103, ha consentito, anche alle casse ed enti di previdenza obbligatoria che adottano il sistema di calcolo contributivo per la determinazione delle prestazioni pensionistiche, di programmare l'aumento del contributo integrativo dall'attuale misura del 2 per cento fino ad un massimo del 5 per cento, così sostanzialmente equiparando la disciplina delle stesse con quella delle casse ed enti di previdenza che trovano privatizzate la loro regolamentazione nel decreto legislativo n.  509 del 1994;
          la ratio legis è evidente se si considera che il legislatore – nella consapevolezza della inadeguatezza delle prestazioni pensionistiche calcolate con il sistema contributivo – ha inteso riconoscere la facoltà alle casse ed enti di previdenza di cui al decreto legislativo n.  103 del 1996 e a quelli al decreto legislativo n.  509 del 1994, sempreché questi ultimi abbiano riformato il criterio di calcolo delle prestazioni secondo il criterio di calcolo delle prestazioni proprie del sistema contributivo, di destinare parte del contributo integrativo all'incremento dei montanti individuali, così da migliorare immediatamente le pensioni dei liberi professionisti;
          la potenziale criticità sulle conseguenze che la ridistribuzione di una quota del contributo integrativo avrebbe potuto comportare, in termini di equilibrio patrimoniale e quindi, di sostenibilità futura per le singole casse e gli enti di previdenza, è stata attentamente valutata tanto in sede di proposizione del disegno di legge che in sede di analisi del testo in Commissione Bilancio al Senato. Ed, infatti, già nel testo originario del disegno di legge era previsto che le delibere assunte dalle singole casse ed enti di previdenza in tema di richiesta di aumento e ridistribuzione del contributo integrativo sottoposte all'approvazione dei Ministeri vigilanti, che valutano la sostenibilità della gestione complessiva e le implicazioni in termini di adeguatezza delle prestazioni»;
          la V Commissione Bilancio del Senato, poi, nel sottolineare la preoccupazione circa il «... rischio che all'aumento della contribuzione corrisponda un incremento eccessivo delle prestazioni che alteri l'equilibrio economico e finanziario delle Casse professionali», ha ritenuto opportuno «... introdurre una clausola che commisuri eventuali prestazioni previdenziali aggiuntive ai maggiori contributi, garantendo l'equilibrio finanziario delle Casse professionali», così emendando il testo del disegno di legge in approvazione con la specificazione «...senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica garantendo l'equilibrio economico, patrimoniale e finanziario delle stesse»;
          (seduta del 2 marzo 2011). L'inciso in esame è l'espressione dell'attenzione del legislatore affinché non si creino squilibri di bilancio delle casse ed enti di previdenza dei liberi professionisti, che renderebbero necessario un intervento integrativo dello Stato, con conseguenti «... maggiori oneri per la finanza pubblica»;
          il relatore del progetto di legge in Senato, nel presentare lo stesso all'Assemblea, ha evidenziato, tra le altre, l'avvenuto recepimento delle modifiche «...non sostanziali cui la Commissione Bilancio ha condizionato il parere favorevole...». Nella discussione parlamentare, pertanto, non si sarebbe mai potuto pensare che dall'emendamento proposto dalla Commissione Bilancio potessero derivare effetti «sostanziali», apparendo invece chiaro che esso mirava solo a ribadire il principio della sostenibilità anche di lungo periodo della gestione previdenziale;
          i Ministeri vigilanti, nell'approvare le delibere di modifica dei regolamenti previdenziali, adottate dalle singole casse ed enti di previdenza che hanno inteso adeguare la propria disciplina con la facoltà riconosciuta dalla legge n.  133 del 2011, hanno condizionato l'efficacia delle singole deliberazioni all'inserimento di una specificazione che limita il diritto del libero professionista di poter richiedere la contribuzione integrativa nella misura maggiore rispetto all'attuale 2 per cento nei confronti della pubblica amministrazione. L'interpretazione che i Ministeri vigilanti danno della norma ed, in particolare, l'autonoma estrapolazione dal testo legislativo dell'inciso «... senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica» e l'altrettanto autonoma interpretazione restrittiva, secondo cui il legislatore avrebbe inteso sottrarre la pubblica amministrazione dall'aumento del contributo integrativo, contraddica, ad avviso dei firmatari del presente atto di sindacato ispettivo, la ratio legis che è quella di garantire pensioni più adeguate mediante l'aumento reale dei versamenti contributivi e smentisce nei fatti la reale volontà espressa dall'Assemblea e dalla stessa Commissione che ha proposto l'inciso emendativo;
          una simile interpretazione, poi, se confermata, si risolverebbe nell'imposizione di un differenziato sistema di contribuzione, in base al quale i professionisti che prestano la loro opera nei confronti dei clienti privati applicherebbero il contributo integrativo nella più elevata misura stabilita dalla cassa o ente di previdenza (con conseguente aumento dei loro montanti contributivi e quindi della loro futura pensione), mentre i professionisti che fatturano a pubbliche amministrazioni dovrebbero continuare ad applicare il contributo integrativo nella misura attuale del 2 per cento, con la conseguenza che i loro montanti e le loro pensioni sarebbero inferiori;
          di una simile differenziazione non vi è traccia nella norma di legge, che al contrario – nella sua formulazione letterale letta nella sua interezza «(...) senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica garantendo l'equilibrio economico, patrimoniale e finanziario delle stesse (...)» – altro non significa che il modo in cui si devono evitare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica consiste nel garantire l'equilibrio di bilancio delle singole casse ed enti di previdenza;
          gli stessi Ministeri vigilanti, poi, non hanno eccepito alcunché rispetto alla interpretazione restrittiva della applicabilità della maggiore aliquota del contributo integrativo verso la Pubblica amministrazione ad altra cassa di previdenza, quale quella dei dottori commercialisti che seppur privatizzata ai sensi del decreto legislativo n.  509 del 1994 adotta il criterio di calcolo delle prestazioni secondo le regole del sistema contributivo, così sostanzialmente differenziando situazioni identiche entrambe disciplinate dalla stessa legge n.  133 del 2011  –:
          se il Governo intenda consentire ai liberi professionisti che prestano la loro opera nei confronti delle pubbliche amministrazioni di applicare l'aliquota del contributo integrativo nella misura maggiore deliberata dalle singole casse ed enti di previdenza, dal momento che la inoperatività dell'aumento dello stesso contributo si porrebbe al di fuori della logica del sistema, ed in più avrebbe l'effetto di incidere in modo irrazionale sul trattamento pensionistico dei professionisti che svolgono la loro opera in misura prevalente con le pubbliche amministrazioni, discriminandoli – senza che vi sia una giustificazione razionale e perciò in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione – rispetto a coloro che hanno invece una clientela prevalentemente privata;
          se il Governo, anche alla luce di quello che appare ai firmatari del presente atto di sindacato ispettivo un evidente contrasto dell'interpretazione assunta dai Ministeri vigilanti rispetto alla chiara volontà del legislatore e alla stessa ratio della legge n.  133 del 12 luglio 2011, intenda tempestivamente comunicare alle casse ed enti di previdenza dei liberi professionisti quale debba essere la operatività della norma e, quindi, in quale misura debba essere applicata l'aliquota del contributo integrativo rispetto alle pubbliche amministrazioni, anche al fine di prevenire potenziali contenziosi che vedrebbero coinvolti immediatamente e direttamente le singole casse ed enti di previdenza.
(2-01645) «Lo Presti, Della Vedova».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
V Commissione:


      COMMERCIO, ZELLER e BRUGGER. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 13, comma 17, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214, riduce il Fondo sperimentale di riequilibrio ed il Fondo perequativo di cui, rispettivamente, agli articoli 2 e 13 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n.  23, nonché i trasferimenti erariali dovuti alle regioni Sicilia e Sardegna, in misura corrispondente al maggior gettito derivante dalla nuova disciplina dell'imposta municipale propria (IMU) recata dai commi 1 a 14 dello stesso articolo 13;
          a seguito delle modifiche introdotte in sede di conversione del decreto-legge, è stato precisato che si debba far riferimento al maggior gettito «stimato» e che i due fondi e i trasferimenti erariali considerati dal comma 17, dell'articolo 13, anziché essere «ridotti», «variano in ragione delle differenze del gettito ad aliquota di base»;
          per le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonché per le province autonome di Trento e di Bolzano, l'articolo 17 prevede che esse assicurino, con le procedure previste dall'articolo 27, della legge 5 maggio 2009, n.  42, sul federalismo fiscale, il recupero al bilancio statale del predetto maggior gettito stimato dei comuni ricadenti nel proprio territorio;
          l'articolo 27 della legge n.  42 del 2009 stabilisce che le regioni a statuto speciale e le province autonome concorrano al nuovo assetto fiscale delineato secondo criteri da stabilire con norme di attuazione relative ai rispettivi statuti, da emanarsi entro 30 mesi dall'entrata in vigore della legge medesima, termine successivamente soppresso dall'articolo 28, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201;
          fino alla conclusione delle procedure applicate alle autonomie speciali, vale a dire fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui allo stesso articolo 27, che dovranno assicurare il recupero al bilancio statale del maggior gettito, a valere sulle quote di compartecipazione dei tributi erariali di spettanza delle suddette regioni e province autonome, è accantonato un importo corrispondente al maggior gettito stimato;
          il prelievo avviene sui comuni, ai quali spettano le maggiori somme derivanti dallo svolgimento delle attività di accertamento e riscossione dell'imposta erariale, in aggiunta alle prerogative previste dalla legge statale, ai sensi dell'articolo 80 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n.  670, recante lo statuto d'autonomia, i comuni sono autorizzati a prevedere, con proprio regolamento, eventuali agevolazioni in materia di imposta municipale propria, a carico degli stessi che le hanno disposte;
          l'importo complessivo stimato della riduzione del recupero è pari per l'anno 2012 a 1.627 milioni di euro, per l'anno 2013 a 1.762,4 milioni di euro e per l'anno 2014 a 2.162 milioni di euro;
          in occasione dello svolgimento dell'interrogazione a risposta immediata in Commissione n.  5-06513 del 29 marzo 2012, il Ministero dell'economia e delle finanze aveva comunicato che la quota parte dell'importo di 1.627 milioni di euro per l'anno 2012, relativa ai comuni della provincia di Bolzano, ammontava a 16 milioni di euro;
          tale somma, veniva specificato, era il risultato delle elaborazioni effettuate dal dipartimento delle finanze per la stima delle maggiori entrate comunali derivanti a livello nazionale dall'introduzione della nuova imposta municipale sugli immobili, in considerazione anche della metodologia di ripartizione del medesimo importo su base comunale concordata con l'ANCI in sede di lavori del «Tavolo tecnico-politico permanente in materia di finanza locale»;
          in quell'occasione non era stato precisato però che, trattandosi di un importo «stimato», esso avrebbe potuto essere o sarebbe stato inevitabilmente oggetto di revisione, posto che, ad oggi, sembrerebbe che l'importo complessivo che la provincia di Bolzano dovrebbe assicurare al bilancio dello Stato sia stato rivisto in ragione dell'effettivo incasso IMU, percepito dai comuni a seguito del pagamento della prima rata dell'imposta municipale propria di giugno 2012 da parte dei cittadini;
          in altri termini, l'intero maggior gettito imposta municipale propria rispetto alle complessive entrate da ICI sarebbe ora da assicurare al bilancio dello Stato  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di un'effettiva variazione della quota, successiva all'avvenuto pagamento della prima rata dell'IMU e relativa alla somma complessiva pari a 1.627 milioni di euro, che la provincia autonoma di Bolzano deve assicurare al bilancio dello Stato per l'anno 2012, indicandone eventualmente l'ammontare e il disposto normativo in base al quale il Governo ritiene di poter trattenere il maggior gettito «effettivo», posto che l'articolo 13, comma 17, considera solo quello «stimato» o, in alternativa, confermando quello della quota stimata in precedenza e corrispondente a 16 milioni di euro. (5-07743)


      CERONI e GIOACCHINO ALFANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 2, comma 239, della legge finanziaria per il 2010 (legge 23 dicembre 2009, n.  191), ha previsto la destinazione, in coerenza con un apposito atto di indirizzo parlamentare, di un importo fino ad un massimo di 300 milioni di euro alla realizzazione di interventi necessari per la messa in sicurezza e l'adeguamento antisismico delle scuole. Le risorse effettivamente disponibili per tale finalità afferiscono al Piano straordinario per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, di cui all'articolo 80, comma 21, della legge 27 dicembre 2002, n.  289, e sono riferibili a contributi quindicennali che, ai tassi di interessi attuali, svilupperebbero un capitale disponibile per investimenti stimabile in circa 115 milioni di euro;
          nella seduta del 25 novembre 2010, le Commissioni riunite V (bilancio, tesoro e programmazione) e VII (cultura, scienza e istruzione) della Camera dei deputati hanno approvato la risoluzione n.  8-00099 proposta dall'onorevole Gioacchino Alfano ed altri, recante interventi in materia di edilizia scolastica, che prevede l'assegnazione di complessivi 114,3 milioni di euro, tenendo conto della quota di 2,5 milioni di euro che il gruppo parlamentare dell'Italia dei valori ha chiesto di destinare al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato;
          in data 21 luglio 2011, non essendo ancora stata data esecuzione alla predetta risoluzione, le Commissioni riunite V (bilancio, tesoro e programmazione) e VII (cultura, scienza e istruzione) della Camera dei deputati hanno audito il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, senatore Mario Mantovani, in merito all'attuazione della stessa risoluzione. Nel corso dell'audizione, il Sottosegretario Mantovani ha assicurato che tutti gli interventi indicati nella predetta risoluzione avrebbero avuto attuazione, seguendo tuttavia percorsi procedurali differenziati. In particolare, il Sottosegretario ha affermato che tutti gli interventi indicati nella risoluzione concernenti otto regioni del sud sarebbero stati inclusi in un piano, in corso di perfezionamento, finanziato per un importo complessivo di circa 400 milioni di euro provenienti dal Fondo per le aree sottoutilizzate. Sul piano procedurale, il piano avrebbe dovuto essere esaminato da parte della Conferenza Stato-regioni e dal CIPE. Per i restanti interventi presenti nella risoluzione più volte citata e concernenti le regioni del Centro-Nord, lo stesso Sottosegretario Mantovani ha manifestato l'esigenza di approvare una nuova risoluzione che ricomprendesse, oltre agli interventi relativi al Centro-Nord contenuti nella prima risoluzione, anche ulteriori interventi per circa 41 milioni di euro, sempre relativi al Centro-Nord e indicati dal Senato. Nella risoluzione avrebbero, inoltre, dovuto ricomprendersi gli interventi relativi alle scuole paritarie situate nelle regioni meridionali presenti nella prima risoluzione, in quanto tali interventi non avrebbero potuto, in ogni caso, essere oggetto del piano da sottoporre all'approvazione del CIPE. Tale nuova risoluzione avrebbe dovuto utilizzare integralmente i 115 milioni di euro disponibili;
          le Commissioni riunite V (Bilancio, tesoro e programmazione) e VII (Cultura, scienza e istruzione) della Camera dei deputati hanno, quindi, approvato, nella seduta del 2 agosto 2011, una nuova risoluzione (onorevole Gioacchino Alfano ed altri n.  8-00143) recante interventi relativi al Centro-Nord e alle scuole paritarie situate nelle regioni meridionali, per complessivi 114,3 milioni di euro. In questo ambito, su richiesta del gruppo parlamentare dell'Italia dei Valori, una quota pari a 2,5 milioni di euro è stata destinata al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato;
          è da considerare che l'articolo 33, comma 3, della legge di stabilità per il 2012 (legge 12 novembre 2011, n.  183) ha poi disposto che al Fondo per lo sviluppo e la coesione (ex Fondo per le aree sottoutilizzate) venga assegnata una dotazione finanziaria di 2.800 milioni di euro per l'anno 2015, per il periodo di programmazione 2014-2020, da destinare prioritariamente alla prosecuzione di interventi indifferibili infrastrutturali, nonché per la messa in sicurezza di edifici scolastici, per l'edilizia sanitaria, per il dissesto idrogeologico e per interventi a favore delle imprese sulla base di titoli giuridici perfezionati alla data del 30 settembre 2011, già previsti nell'ambito dei programmi per il periodo 2007-2013. I predetti interventi sono individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delegato per la politica di coesione economica, sociale e territoriale, su proposta del Ministro interessato al singolo intervento;
          su questa materia si è successivamente intervenuti nell'ambito dell'esame del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201. In particolare, il comma 5-bis dell'articolo 30 del decreto-legge prevede che, al fine di garantire la realizzazione di interventi necessari per la messa in sicurezza e l'adeguamento antisismico delle scuole, entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, il Governo dia attuazione all'atto di indirizzo approvato dalle Commissioni parlamentari competenti il 2 agosto 2011, ai sensi dell'articolo 2, comma 239, della legge 23 dicembre 2009, n.  191 e successive modificazioni, e adotti gli atti necessari all'erogazione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione territoriale per le medesime finalità, ai sensi del citato articolo 33, comma 3, della legge 12 novembre 2011, n.  183 e, nell'ambito della procedura ivi prevista, riferisca alle Camera in merito all'attuazione di tale disposizione;
          in data 26 luglio 2012, rispondendo ad una interpellanza presentata dai deputati Ceroni e altri, il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Guido Improta, in rappresentanza del Governo, ha dato conto dell'attività svolta dall'Esecutivo ai fini della predisposizione del decreto interministeriale attuativo della risoluzione parlamentare da ultimo richiamata;
          in tale occasione, il sottosegretario Improta ha, tra l'altro, evidenziato come sia stato istituito un tavolo interministeriale, nel cui ambito sono stati approfonditi tutti gli aspetti che rallentano l'adozione del richiamato decreto;
          le predette criticità appaiono tuttavia oramai risolte e, in particolare, il Sottosegretario Improta ha precisato come con nota del 4 aprile 2012 il Dipartimento per la programmazione economica e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio, abbia confermato che il decreto in questione potrà essere adottato senza ulteriori passaggi al CIPE;
          tuttavia, il medesimo Sottosegretario ha fatto presente come continui a permanere una criticità legata al problema del finanziamento a favore delle scuole paritarie non statali, non essendo ancora del tutto chiaro se, ai sensi della vigente normativa, sia possibile finanziare gli edifici privati e conseguentemente, è stata predisposta una richiesta di parere al Consiglio di Stato, attualmente in attesa del formale concerto da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
          parallelamente, è stata peraltro anche predisposta la bozza di un unico decreto interministeriale nel quale confluiscono quello di cui alla risoluzione in questione nonché quello di autorizzazione all'utilizzo dei contributi pluriennali di cui alla legge n.  296 del 2006, attualmente all'esame del Ministero dell'economia e delle finanze  –:
          se il Governo, al fine di dare immediata attuazione agli interventi previsti dalla risoluzione parlamentare approvata il 2 agosto 2011 che si prospettano, sotto ogni profilo, come necessari ed urgenti e di evitare che le risorse ad essi destinate vadano in economia, non ritenga di adottare tempestivamente il decreto interministeriale in questione, stralciando gli interventi in favore delle scuole paritarie non statali e riservandosi di inserirli in un ulteriore decreto da adottare una volta pervenuto il parere del Consiglio di Stato. (5-07744)


      BITONCI e CHIAPPORI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          nel 2010, il comune di Diano Marina (Imperia), insieme agli altri comuni del Golfo Dianese (Diana Castello, Diano Arentino, Diano San Pietro, San Bartolomeo al Mare, Cervo, Villa Faraldi), ha sottoscritto un accordo di collaborazione tecnica con l'autorità d'ambito territoriale ottimale idrico di competenza dell'area per la redazione del progetto definitivo ed esecutivo del collettamento reflui da Diano Marina al depuratore di Imperia, finanziati dalla regione tramite i fondi FAS per 3 milioni di euro;
          la somma rimanente e necessaria per il finanziamento dell'opera dovrà essere sostenuta dai singoli comuni che beneficeranno dell'opera, ripartendo il relativo costo sulla base dei volumi idrici fatturati negli anni scorsi, pena la perdita del finanziamento dell'opera che rappresenta per il territorio un punto fondamentale per lo sviluppo turistico dell'area, anche in ragione dell'estrema importanza che il settore del turismo rappresenta per i comuni del Golfo;
          parte delle risorse stanziate dal comune di Diano Marina, così come quelle di altri comuni dell'area e destinate a sostenere il finanziamento dell'opera, non possono tuttavia oggi essere pienamente impiegate a causa delle vigenti disposizioni in materia di patto di stabilità interno con la conseguenza che l'ente non è in grado di dare seguito alla realizzazione di un'opera prevista da tempo e con gravi ripercussioni sia per l'ente stesso, sia per il territorio interessato  –:
          se non ritenga opportuno, almeno per le opere che vengono finanziate anche da fondi europei e in ragione della strategica importanza dell'opera e degli stringenti vincoli del patto di stabilità interno che limitano la possibilità per gli enti del territorio di sostenere il finanziamento dell'opera, valutare la possibilità di assumere iniziative per escludere dalla base di calcolo per la determinazione del limite programmatico del patto di stabilità interno gli importi finanziati con fondi FAS in casi come quello descritto in premessa, tenendo presente che i fondi FAS, se non spesi entro il 2015, saranno revocati cosa che determinerebbe una procedura di infrazione comunitaria nei confronti della regione Liguria. (5-07745)

Interrogazioni a risposta scritta:


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il quotidiano online la Voce di Manduria in data 29 agosto ha dato notizia che «Militari del comando provinciale della guardia di finanza di Taranto hanno individuato nelle campagne di Manduria un terreno sul quale erano coltivate piante di marijuana dell'altezza media di un metro e mezzo. (...) composta di piantine per oltre 300 grammi di sostanza stupefacente.» E che «Le fiamme gialle, al fine di individuare i coltivatori delle piante hanno predisposto un servizio di osservazione mediante l'appostamento di militari del nucleo polizia tributaria di Taranto» che si è protratto per diversi giorni. La notizia è corredata da una foto in cui si vedono 10-12 arbusti divelti e corredati di radice. E, in conclusione viene infine data notizia che i presunti responsabili del fatto specifico «sono stati denunciati a piede libero alla magistratura per illecita coltivazione di sostanze stupefacenti»  –:
          quanti militari del nucleo polizia tributaria di Taranto e per quanti giorni abbiano partecipato al servizio di osservazione;
          se il sequestro di «300 grammi di sostanza stupefacente» sia notizia fornita dal comando provinciale della guardia di finanza di Taranto;
          se la quantità dichiarata sia relativa al prodotto mostrato in foto e quindi anche del fusto e dalle radici, ovvero solo delle foglie e quanto fosse il principio attivo contenuto, onde evitare di dover infine appurare che i semi utilizzati fossero quelli solitamente presenti nei mangimi per uccelli in libera vendita.
(4-17399)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere:
          se corrispondano al vero le notizie apparse sulla stampa relativamente a un significativo «surplus» della differenza tra entrate-uscite preventivate e reali, con la conseguente creazione di un cosiddetto «tesoretto»;
          se e come il Governo intenda utilizzare dette risorse. (4-17429)


      ROSATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          secondo l'articolo 2109, comma 4, del codice civile e l'articolo 39 del contratto collettivo nazionale del lavoro firmato il 6 luglio 1995 per il comparto della pubblica amministrazione, così come modificato dall'articolo 12 del contratto collettivo nazionale del lavoro del 13 maggio 1996, le ferie non possono essere assegnate e quindi fruite dal dipendente durante il periodo di preavviso delle dimissioni;
          secondo l'articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 8 aprile 2003, n.  66, il periodo di ferie di quattro settimane annuali «non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro»;
          secondo il medesimo contratto collettivo nazionale del lavoro firmato il 6 luglio 1995, la trasformazione in indennità delle ferie non godute può aver luogo esclusivamente con riferimento a quelle non godute dal dipendente per rilevanti ed indifferibili ragioni di servizio;
          l'articolo 5, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95, ha modificato tale disciplina introducendo il divieto di corresponsione di trattamenti economici sostitutivi delle ferie non godute, anche nel caso di cessazione del rapporto di lavoro;
          la disposizione prescrive che eventuali disposizioni normative o contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione;
          il combinato disposto tra l'articolo 2109 del codice civile, l'articolo 39 del contratto collettivo nazionale del lavoro 6 luglio 1995 per il comparto della pubblica amministrazione e l'articolo 5, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95, genera situazioni nelle quali lavoratori, che si sono visti non attribuire le ferie per ragioni rilevanti ed indifferibili di servizio, non possono godere appieno del periodo minimo di ferie annuali e non ottengono nemmeno il giusto indennizzo;
          va ricordato che il periodo minimo di ferie annuali è stato stabilito, dalla direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, in quattro settimane;
          il divieto di fruire delle ferie nel periodo di preavviso accompagnato dal divieto di ottenerne la cosiddetta monetizzazione, rischia di palesare una violazione dell'articolo 7 della direttiva comunitaria sopra richiamata;
          inoltre, questa situazione crea evidenti disparità tra lavoratori del medesimo comparto perché vi sono dipendenti che hanno goduto delle ferie spettanti e altri che non ne hanno goduto e quindi perdono un loro diritto;
          si ravvisa che la sopravvivenza di tutte le disposizioni normative nazionali e contrattuali richiamate commette una violazione del principio di uguaglianza di trattamento e della normativa europea in materia di ferie annuali  –:
          se il Governo intenda intervenire assumendo iniziative normative per rivedere il divieto della monetizzazione delle ferie non godute o per abrogare il divieto di fruire delle ferie nel periodo di preavviso. (4-17447)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


      La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
          l'agguato mafioso e l'uccisione del boss Gaetano Marino avvenuto il 23 agosto 2012 sul lungomare di Terracina segue a meno di un mese l'uccisione di Modestino Pellino, affiliato al clan Moccia, in piazza a Nettuno;
          due episodi che confermano come il litorale laziale e il sud pontino siano oramai considerati terreno privilegiato da parte delle organizzazioni criminali e camorristiche;
          riciclaggio di denaro, investimenti nell'edilizia, controllo del traffico di droga rappresentano i forti interessi economici delle organizzazioni criminali. È su questi interessi, inoltre, che si è aperta una lotta spietata per la supremazia di un clan su l'altro nell'occupazione di fette di territorio;
          il basso Lazio e il litorale sono da tempo individuati come terreno di penetrazione come dimostrano i due ultimi omicidi: le numerose relazioni della direzione investigativa antimafia e della direzione distrettuale antimafia lo hanno da tempo confermato eliminando qualsiasi dubbio su ipotetiche zone immuni da fenomeni mafiosi;
          è accertata, inoltre, una presenza di esponenti di famiglie camorristiche della vicina Campania che passano lunghi periodi nelle cittadine turistiche del sud pontino, ed è rilevata la presenza nello stesso territorio di esponenti delle ’ndrine calabresi  –:
          quali impegni si intendano assumere al fine di potenziare la presenza delle forze dell'ordine e delle forze investigative da destinare alla provincia di Latina;
          se non si ritenga necessaria ed urgente una iniziativa diretta all'istituzione di una sezione della direzione investigativa antimafia e della direzione distrettuale antimafia nella provincia di Latina;
          se alla luce di quanto sopra esposto la razionalizzazione delle circoscrizioni giudiziarie, con la soppressione delle sezioni distaccate di Terracina e Gaeta, appaia consona o se meritevole di una riflessione al fine di rafforzare la presenza dello Stato mentre la criminalità cerca di occupare nuovi territori.
(2-01644) «Amici».

Interrogazioni a risposta orale:


      LO PRESTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          da un articolo di stampa apparso sul Corriere della Sera del 9 agosto 2012 a firma di Giovanni Bianconi, si legge di colloqui riservati in carcere tra l'europarlamentare Sonia Alfano (Idv) e il senatore Giuseppe Lumia (Pd) con il boss Renato Provenzano, avvenuti nel maggio e luglio 2012, finalizzati a convincere il boss mafioso a pentirsi e a contribuire a fare luce sulle stragi di mafia e sulla trattativa fra Stato e mafia conseguente alle stragi;
          l'articolo riferisce che Provenzano non avrebbe del tutto declinato l'invito chiedendo in cambio garanzie per i propri figli;
          vi si riporta, inoltre, che al colloquio ha assistito, come prevede la legge, personale della polizia penitenziaria, il quale ha redatto una relazione inviata alla direzione generale delle carceri alle procure di Palermo e Caltanissetta, nonché alla direzione nazionale antimafia;
          la pubblicazione di tale notizia, che avrebbe dovuto essere tenuta riservata, potrebbe compromettere sia l'eventuale pentimento del boss mafioso che, soprattutto, l'incolumità dei parlamentari Alfano e Lumia, protagonisti di questa iniziativa  –:
          come mai il contenuto delle trascrizioni di tali colloqui sia stato reso pubblico, e quali passaggi gerarchici esse abbiano subito, al fine di individuare eventuali responsabilità nella fuga di notizie e quali iniziative di competenza intendano assumere per garantire la sicurezza dei parlamentari Alfano e Lumia e favorire il pentimento del boss Provenzano. (3-02452)


      CICCHITTO, CORSARO e COSTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          il 9 agosto 2012 il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo di Giovanni Bianconi intitolato «Il tour in cella dei politici per far pentire i boss»;
          l'articolo in questione dà notizia della visita effettuata il 26 maggio 2012 da parte del parlamentare PD Giuseppe Lumia e dell'eurodeputata IDV Sonia Alfano a Bernardo Provenzano, presso il carcere di Parma;
          il 4 luglio 2012 (dopo che al detenuto in questione, ristretto al 41-bis, «era stato notificato l'avviso di conclusione delle indagini per l'omicidio Lima e la trattativa Stato-mafia) gli onorevoli Lumia ed Alfano hanno incontrato di nuovo Provenzano alla presenza (prevista dalla legge) dei «responsabili della polizia penitenziaria, che hanno redatto una relazione inviata alla direzione generale delle carceri alle Procure di Palermo e Caltanissetta, nonché la Direzione nazionale antimafia»;
          gli agenti di custodia «...hanno annotato che buona parte del dialogo tra il padrino e l'eurodeputata Sonia Alfano (presidente della Commissione speciale sulla criminalità organizzata di Strasburgo) si è svolta in dialetto siciliano», verosimilmente al fine di rendere meno comprensibile a terzi il contenuto del colloquio stesso;
          nello stesso mese gli onorevoli Lumia ed Alfano avevano incontrato in carcere anche Filippo Graviano, Francesco Bidognetti ed Antonino Cinà;
          tali visite «ispettive», secondo i due onorevoli, erano finalizzate a sollecitare il pentimento di detenuti in regime di 41-bis;
          nell'articolo in questione si sostiene, correttamente, come: «Di norma i “ colloqui investigativi ” con i detenuti per saggiarne la disponibilità al “ pentimento ” spettano al procuratore nazionale antimafia, alla polizia giudiziaria o ai magistrati autorizzati dal ministro della Giustizia; i rappresentanti degli organi elettivi, invece, possono entrare nelle carceri per verificare le condizioni di detenzione»;
          nello stesso articolo si rivela che: «Dal contenuto delle relazioni su questi due colloqui, però, emerge che il senatore e l'eurodeputata hanno parlato di molto altro»;
          l'eurodeputata Sonia Alfano «...ha promesso una nuova visita, e Cinà se n’è mostrato lieto»;
          le rivelazioni contenute nell'articolo di Giovanni Bianconi sul Corriere della sera sollecitano riflessioni fortemente negative su una vicenda decisamente sconcertante ed inquietante  –:
          se il Ministro interrogato nell'ambito delle sue competenze sia a conoscenza dei fatti rivelati dal Corriere della sera e quali siano o suoi orientamenti merito;
          per quali ragioni le visite non siano state interrotte quando i colloqui debordavano da quanto previsto dalla legge;
          quali iniziative abbia posto in essere il DAP rispetto alle direzioni carcerarie ed al Ministero di giustizia;
          quali siano i provvedimenti che intenda porre in essere relativamente a quanto è avvenuto ed al fine di scongiurare il ripetersi di simili «trattative» private effettuate in dispregio alla legge;
          se il Ministro interrogato non ritenga di dover chiarire in termini esaustivi i contorni di una vicenda sicuramente preoccupante e quali iniziative intenda, eventualmente, assumere, al fine di scongiurare il ripetersi di analoghi, deprecabili comportamenti. (3-02453)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          da un articolo di Giovanni Bianconi apparso sul Corriere della Sera il 9 agosto 2012 si apprende che il senatore Giuseppe Lumia e la deputata europea Sonia Alfano hanno effettuato una serie di visite ispettive volte a sollecitare il pentimento di alcuni detenuti in regime di 41-bis;
          a seguito di un primo colloquio del 26 maggio 2012 con Bernardo Provenzano che chiedeva di poter incontrare i propri figli, «Invece dei figli, qualche giorno dopo con il vecchio capomafia andarono a parlare i magistrati della Procura antimafia di Palermo. In assenza dell'avvocato, cercarono di capire se potevano emergere elementi utili alle indagini; o almeno qualche disponibilità per il futuro. Non ottennero nulla»; il 4 luglio si è svolto un secondo colloquio «Al quale hanno assistito, come prevede la legge, i responsabili della polizia penitenziaria, che hanno redatto una relazione inviata dalla direzione generale delle carceri alle Procure di Palermo e Caltanissetta, nonché, la Direzione nazionale antimafia». L'articolo riporta che «gli agenti di custodia hanno annotato che buona parte del dialogo tra il padrino e l'eurodeputata Sonia Alfano (presidente della Commissione speciale sulla criminalità organizzata di Strasburgo) si è svolto in dialetto siciliano»;
          a detta del giornalista i due parlamentari sono «impegnati in una sorta di tour delle prigioni che pare finalizzato a sollecitare alcuni boss a collaborare con gli inquirenti, tanto che a maggio avevano provato pure con Filippo Graviano (...) con il capo-camorrista del clan dei casalesi Francesco Bidognetti, (...) con Antonino Cinà, il medico mafioso (...)»;
          infine, si sottolinea che «Di norma i “colloqui investigativi” con i detenuti per saggiarne la disponibilità al “pentimento” spettano al procuratore nazionale antimafia, alla polizia giudiziaria o ai magistrati autorizzati dal ministro della Giustizia; i rappresentanti degli organismi elettivi, invece, possono entrare nelle carceri per verificare le condizioni di detenzione. Dal contenuto delle relazioni su questi due colloqui, però, emerge che il senatore e l'eurodeputata hanno parlato di molto altro»  –:
          se sia a conoscenza di quanto narrato in premessa;
          se il senatore Giuseppe Lumia e la deputata europea Sonia Alfano avessero un particolare permesso per fare dei colloqui che andassero oltre l'accertamento delle condizioni di detenzione;
          se corrisponda al vero che Bernardo Provenzano sia stato interrogato, ovvero abbia solo «incontrato» i magistrati della procura antimafia di Palermo in assenza dell'avvocato e, nel caso sia accaduto, se sia conforme alle disposizioni di legge;
          quali iniziative abbia preso il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria dopo la prima visita a giudizio degli interroganti a dir poco anomala e se siano state avviate indagini su dette visite.
(5-07739)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          lunedì 6 agosto 2012 la prima firmataria del presente atto, assieme al proprio consulente, avvocato Alessandro Gerardi, ha visitato la casa circondariale di Velletri;
          nel corso della visita la delegazione è stata assistita e/o accompagnata dall'ispettore di polizia penitenziaria Proietti;
          il vecchio padiglione del carcere di Velletri (la struttura è composta da due edifici ovvero da un padiglione vecchio e da uno nuovo) attualmente detiene una percentuale di detenuti doppia rispetto alla capienza regolamentare, ossia circa 380 detenuti reclusi all'interno di celle singole occupate da due persone, e a volte anche da tre. Nel reparto isolamento si trovano reclusi 17 detenuti, mentre 10 giorni fa ve ne erano 30;
          la stragrande maggioranza dei detenuti, ben 263, sono in attesa di giudizio (di questi 160 sono imputati, 77 appellanti e 26 ricorrenti), i rimanenti (118) stanno invece scontando una pena definitiva. Tra i reclusi, 186 risultano essere tossicodipendenti e 115 di nazionalità straniera;
          all'interno della struttura che contiene i bracci detentivi, si trovano ubicati al piano terra l'ufficio matricola, l'ufficio ispettori, quello del comandante di reparto e la stanza dove i magistrati del tribunale di Velletri tengono le convalide degli arresti. Alcune delle predette stanze sono ricavate da ambienti che nulla hanno perso delle loro caratteristiche originarie di celle detentive. Qui gli spazi per gli operatori sono ridotti al minimo e, a volte, risultano essere pure scarsamente illuminati. Nella stanza delle convalide, inoltre, è stato installato un videoproiettore che però è fuori uso da parecchio tempo;
          sempre al piano terra è allocata la sezione «transito» all'interno della quale vengono rinchiuse le persone appena arrestate (i cosiddetti «nuovi giunti») in attesa di trovare una più adeguata sistemazione. Al momento della visita nelle celle-transito non vi era nessuno, ma capita spesso che al loro interno, per ragioni di mancanza di spazio, vengano rinchiusi alcuni detenuti anche per molti giorni prima di essere assegnati alla sezione di riferimento. Nella sezione «transito» non vi sono né i «camminamenti» né gli spazi dove poter effettuare l'ora d'aria, sicché i «nuovi giunti», durante l'attesa, rimangono costantemente chiusi all'interno delle celle;
          oltre all'elevato tasso di sovraffollamento, il disagio che i detenuti sono costretti a patire non è irrilevante se è vero, come è vero, che nell'istituto penitenziario in questione vi sono solo quattro educatori (sui sei previsti in pianta organica) effettivamente in servizio (a fronte di ben 517 detenuti reclusi tra vecchio e nuovo padiglione), e due soli psicologi operativi (di cui solo uno a tempo pieno). La carenza di psicologi è molto grave, anche perché nel carcere veliterno si riscontra un elevato indice di detenuti affetti da gravi disagi psichici (peraltro all'interno dell'istituto manca un reparto di osservazione psichiatrica), costretti a rimanere chiusi in cella 20 ore al giorno. Non a caso negli ultimi tempi, tra la popolazione carceraria, si sono verificati frequenti casi di autolesionismo e di tentato suicidio, mentre due detenuti si sono tolti la vita nel 2009 e nel 2010;
          di fronte all'avvento della stagione estiva, la direzione dell'istituto sta cercando, per quanto possibile, di dare attuazione alle circolari emanate dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria volte ad arrecare un minore stress fisico e psicologico ai detenuti. Le celle, infatti, sebbene permangano costantemente chiuse, presentano i blindi aperti nel corso dell'intera giornata, il che evita un eccessivo surriscaldamento degli spazi detentivi. In ogni sezione, inoltre, è presente un refrigeratore dove i detenuti possono conservare in modo adeguato frutta, verdura ed ogni genere di bibita (secondo alcuni però un solo refrigeratore non basterebbe a soddisfare le esigenze di 52 detenuti. Al 4° B, ad esempio, hanno il frigo comune di sezione rotto e i detenuti sono spesso costretti a buttare via il cibo andato a male). Inoltre ai detenuti, soprattutto a quelli che lavorano e che quindi possono permettersi il cosiddetto «sopravitto» è permesso cucinare nelle celle (ovviamente solo pietanze che non richiedono una cottura particolarmente difficile). In alcuni spazi della socialità sono disposti dei lavabi per lavare i panni (che però hanno i rubinetti rotti) e sono messi dei fili per stenderli;
          venendo alle modalità di fruizione dell'ora d'aria si osserva che ai detenuti spettano due ore d'aria la mattina (passeggi comuni, campo sportivo o palestra), mentre il pomeriggio gli stessi possono fruire di altre due ore di socialità negli appositi spazi predisposti in ogni singola sezione. Ai detenuti a volte è concesso anche pranzare e cenare nelle celle in gruppi di non più di quattro; per il resto della giornata, però, ogni singola persona rimane rinchiusa all'interno del proprio spazio detentivo, senza la possibilità di muoversi nel corridoio della sezione, cosa che, invece, è concessa ai detenuti che hanno trovato sistemazione nel nuovo padiglione;
          lo scarso numero degli educatori in servizio provoca evidenti disagi: manca, infatti, il rapporto umano tra singolo detenuto ed educatore e le relazioni di sintesi a volte vengono chiuse con notevole ritardo;
          le condizioni di lavoro del personale di polizia penitenziaria sono assolutamente inadeguate e fuori da ogni previsione contrattuale, con carichi di lavoro insopportabili. Il contingente di polizia penitenziaria assegnato risulta pari a 195 unità, a fronte della pianta organica che ne prevede 227; lo stesso pertanto risulta essere fortemente sottodimensionato rispetto alle esigenze del servizio. Ma v’è di più. Delle predette 195 unità, infatti, 30 sono a disposizione della C.M.O. di Roma, senza considerare che altri 19 sono adibiti esclusivamente al nucleo traduzioni e piantonamenti. Pertanto, alla data della visita, il contingente effettivamente disponibile assommava ad appena 146 agenti. La carenza di organico costringe gli agenti di polizia penitenziaria a turni di lavoro veramente stressanti anche perché, con l'apertura del nuovo padiglione e perciò con l'aumento della popolazione detenutali, il personale non è stato minimamente reintegrato;
          i cancelli di accesso ai singoli padiglioni detentivi sono tutti a comando manuale, sicché, considerato il traffico di persone (detenuti, agenti, sanitari, educatori, e altro) e di generi (alimentari e altro) le innumerevoli aperture e chiusure degli stessi effettuate in un unico turno di servizio determinano un carico di lavoro assolutamente insopportabile per gli agenti di polizia penitenziaria. Sebbene con una spesa irrisoria sarebbe possibile provvedere all'automazione dei cancelli, nulla è stato fatto, anche da questo punto di vista, per alleviare i carichi di lavoro del personale;
          a detta del personale penitenziario, la situazione può dirsi per certi versi peggiorata a seguito dell'apertura – avvenuta nel mese di ottobre 2011 – del nuovo padiglione detentivo costato 8.600.000 euro (lo stanziamento dei fondi è contenuto nella legge n.  259 del 1992) e costruito conformemente alle norme del regolamento penitenziario (ogni cella, ad esempio, è dotata di bagno e doccia), sebbene la sua edificazione abbia sottratto ampi spazi prima destinati alle attività ricreative dei detenuti (il campo di calcio, ad esempio risulta fortemente ridimensionato rispetto a prima, in quanto larga parte della sua superficie è stata utilizzata proprio per tirare su il nuovo padiglione (senza considerare che attualmente – nonostante i fondi stanziati dalla regione Lazio – lo stesso campo sportivo risulta del tutto inagibile). L'apertura del nuovo padiglione, infatti, non è stata accompagnata dalla conseguente, adeguata e proporzionata assunzione di nuovi agenti di polizia penitenziaria, di educatori, psicologi e assistenti sociali; e, quindi, di un numero di operatori in grado di garantire la cura dei detenuti e, soprattutto, lo svolgimento delle attività rieducative per essi previste dalla legge; contemporaneamente al nuovo padiglione non risultano essere state costruite nemmeno le nuove caserme per gli agenti di polizia penitenziaria, sicché non si capisce proprio dove gli agenti – che un domani dovessero essere assunti – potranno alloggiare una volta immessi in servizio; il nuovo padiglione non dispone nemmeno della sala colloqui e, per questo motivo, gli agenti hanno un ulteriore aggravio di lavoro per accompagnare i detenuti nelle sale del vecchio edificio;
          nonostante fino a poco tempo fa all'interno del carcere veliterno vi fosse un'azienda agricola, le persone recluse che attualmente lavorano alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria sono poco più di 50. Ve ne è solo uno che lavora in carcere per conto di imprese e/o cooperative esterne, mentre, tra i «semiliberi», 2 lavorano in proprio e 13 alle dipendenze di datori di lavoro esterni;
          gli spazi destinati alle attività ricreative o lavorative non sono conformi a quanto disposto dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n.  81 (da questo punto di vista le ASL competenti dovrebbero provvedere con maggiore solerzia alle opportune verifiche, secondo quanto disposto dall'articolo 11 dell'ordinamento penitenziario). Il fine del reinserimento sociale delle persone recluse mediante il lavoro, come la delegazione ha potuto constatare, è frustrato dalla mancanza dei finanziamenti e dalla indisponibilità di attività qualificata all'interno del carcere per un numero sufficiente di persone, visto e considerato che attualmente sono appena poco più di 50 i carcerati che riescono a lavorare (peraltro a turno e per pochissime ore durante la giornata), svolgendo prevalentemente mansioni generiche (scopino e altro). Se poi a tutto ciò si aggiungono anche le evidenti carenze del personale civile (assistenti sociali, educatori e psicologi) e della polizia penitenziaria, ne viene fuori un quadro davvero desolante all'interno del quale le condizioni di vita dei detenuti e quelle di lavoro degli operatori non risultano affatto conformi ai parametri costituzionali ed alle direttive europee, nonché alle norme del regolamento penitenziario;
          l'istituto penitenziario di Velletri, pur essendo stato edificato in epoca relativamente recente (i lavori di costruzione dell'edificio sono iniziati sul finire degli anni ’80 e la struttura è stata consegnata nel 1992), presenta condizioni materiali non certo ottimali: la struttura, infatti, è spesso soggetta ad infiltrazioni d'acqua e necessita di periodici lavori di manutenzione a causa della continua e repentina usura delle parti comuni (sia sul tetto che sulle tubature, sebbene rifatti recentemente, si devono effettuare a cadenza periodica nuovi lavori di riparazione). Purtroppo col passare degli anni i lavori di manutenzione ordinaria dell'edificio stanno diventando sempre più sporadici a causa del taglio dei fondi, i quali, sono diminuiti circa del 40 per cento rispetto agli anni precedenti. Mancano perfino i soldi per cambiare la targa apposta all'esterno dell'edificio carcerario e scarseggia il budget per l'acquisto degli strumenti ordinari di lavoro quali cartucce, stampanti e computer;
          la sala colloqui presenta ancora il muretto divisorio, il che costituisce una evidente violazione del regolamento penitenziario (secondo quanto riferito dall'ispettore Proietti, entro il mese di ottobre 2012 dovrebbero essere effettuati i lavori per la sua eliminazione). Peraltro i familiari dei detenuti si mettono in fila per i colloqui sotto il sole. Vengono alle 10 per fare il colloquio alle 13. Non c’è una pensilina per ripararsi né la disponibilità di un po’ d'acqua. Attualmente i colloqui si svolgono due volte a settimana (in precedenza erano 3). Una settimana, il mercoledì e il sabato e la successiva il martedì e venerdì. Ciò crea molti problemi e in diversi fanno il colloquio 1 volta ogni due settimane. Il problema potrebbe essere risolto se si potessero fare i colloqui su prenotazione, come avviene in alcuni istituti;
          le condizioni igieniche del carcere di Velletri sono pessime e ai limiti della tollerabilità: le lenzuola delle celle vengono cambiate una volta ogni 15 giorni (fino a poco tempo fa addirittura una volta al mese) e sono spesso rotte, corte e macchiate. In ogni sezione, ognuna delle quali composta da 26 stanze dove alloggiano 52 detenuti, vi sono quattro docce, ma spesso ne funzionano solo due. I locali delle docce, come i bagni ubicati all'interno delle celle, presentano macchie di umidità e tracce di muffa alle pareti. In pratica le docce sono fatiscenti e malfunzionanti, pericolose per l'igiene e per l'incolumità dei detenuti. Nelle celle vi sono evidenti segni di infiltrazioni d'acqua e – a detta dei detenuti – dai bagni a volte escono persino le blatte. Qualche detenuto ha riferito di aver trovato scarafaggi persino nella pasta;
          nel corso della visita ispettiva molti detenuti si sono lamentati del vitto e del sopravvitto: il primo perché di qualità scadente e di scarsa quantità, il secondo in quanto i prezzi risultano essere troppo elevati rispetto a quelli che si praticano all'esterno;
          l'amministrazione non fornisce gli attrezzi per pulire le celle: i detenuti devono comprarsi nello spaccio interno stracci, palette, scope e spazzoloni. Per quanto concerne i pacchi con la biancheria sporca da consegnare ai familiari, i detenuti devono consegnarli due giorni prima e, nel frattempo, si accumula altra biancheria sporca;
          nel carcere di Velletri la cronica carenza di fondi non permette alla direzione dell'istituto di far fronte in modo adeguato a tutte le esigenze della popolazione detenuta con riferimento al reperimento dei medicinali, sicché molti farmaci scarseggiano e altri sono fruibili però non a titolo gratuito;
          il detenuto F.T. riferisce di aver fatto richiesta di trasferimento nella casa di reclusione di Noto (la sua famiglia è residente a Catania). Deve scontare ancora 18 anni e ha un estremo bisogno di lavorare. Ha una figlia di 17 anni che non vede da 3 anni e 8 mesi per problemi economici;
          un detenuto che lavora come «spesino» racconta che prima guadagnava 460 euro al mese, ma negli ultimi tre mesi, pur svolgendo lo stesso lavoro di prima, ne guadagna 70;
          G.C. riferisce di aver fatto un mese fa richiesta di trasferimento a Rebibbia. Ha la madre di 65 anni malata di tumore e cardiopatica e un figlio di 7 anni che non vede da 4 anni. Ha girato diversi istituti e il suo fine pena è nel 2018;
          B.M.K. racconta di avere bisogno di un avvocato non d'ufficio perché è accusato di omicidio ma reclama di essere innocente;
          S.C. riferisce di aver presentato diverse richieste di trasferimento in Calabria senza ricevere mai risposte. Ha due bambini. Ogni due mesi, tra l'altro, deve essere tradotto a Catanzaro Siano per processi. Fa avanti e indietro e non comprende il motivo per quale non possa essere assegnato direttamente nell'istituto calabrese;
          alcuni detenuti – per «ripulire» le mura fatiscenti e sporche delle celle – hanno incollato una sorta di tappezzeria sui muri utilizzando i fogli dei notes. Qualcuno per aver fatto quest'opera encomiabile, sostiene di aver ricevuto rapporto;
          S. C. ha fatto richiesta per comunità Ceis-La Quercia (VT); il 15 novembre 2011 ha inviato il programma al magistrato di sorveglianza ma ancora non ha ricevuto risposta. È detenuto da 4 anni e finisce nel 2015. I suoi abitano a Latina. Ha un figlio di 10 anni che non vede da due perché non vuole farlo venire in carcere per i colloqui, mentre in comunità sarebbe più semplice incontrarlo;
          P.G. riferisce di aver richiesto da ben due mesi un permesso per stare 8 ore con sua figlia di 16 anni che non vede da due anni. Il magistrato di sorveglianza, però, non gli avrebbe mai risposto;
          M. P. ha effettuato un solo colloquio negli ultimi tre mesi. Ha chiesto l'avvicinamento a casa (Catanzaro) per avere più contatti con i propri familiari. Deve scontare ancora sei anni;
          M. B. ha chiesto di essere trasferito a Rieti o a Civitavecchia perché ha una detenzione lunga da scontare;
          M. S. riferisce che gli sono venuti i «funghi» a causa della eccessiva umidità presente nella sua cella;
          E. A. riferisce che in tredici mesi di reclusione non è ancora riuscito a chiamare i suoi famigliari in Egitto;
          il detenuto E.I. riferisce di essere depresso e che non viene seguito da uno psicologo. A volte, dice, è stato sul punto di compiere un «gesto estremo»;
          F. A. uscirà fra due mesi e riferisce di voler andare in comunità ma non riesce a trovarne una disponibile ad accoglierlo. Fuori dal carcere non ha familiari e nemmeno una abitazione;
          un detenuto di nazionalità inglese è stato evacuato dal carcere di Ferrara a causa del terremoto e ora non può più fare i colloqui con i propri familiari per la notevole distanza che lo separa dalla sua residenza. Inoltre, prima, nel carcere di Ferrara, svolgeva una regolare attività lavorativa, che però dopo il trasferimento non ha più potuto portare avanti;
          in genere i detenuti con i quali la prima firmataria del presente atto ha parlato nel corso della visita ispettiva riferiscono di non riuscire ad avere un colloquio con la direttrice e sostengono che il magistrato di sorveglianza, dottor Sclafani, non avrebbe mai visitato le celle detentive e non evaderebbe le loro richieste di colloquio  –:
          quali urgenti iniziative si intendano assumere per garantire normali condizioni di vita ai detenuti ed agli operatori del carcere di Velletri; in particolare, entro quali tempi si preveda che l'istituto possa rientrare nella dimensione regolamentare dei posti previsti;
          cosa intendano fare, per quanto di competenza, per garantire il diritto alla salute dei detenuti e, in particolare, entro quali tempi verrà ripristinata un'adeguata assistenza psicologica e psichiatrica;
          cosa si intenda fare per garantire ai detenuti l'attività trattamentale, sia essa di studio e/o di formazione e lavoro, atta a preparare il futuro reinserimento sociale previsto dall'articolo 27 della Costituzione;
          come si intenda risolvere la grave e perdurante carenza di personale di polizia penitenziaria assegnato presso il carcere di Velletri;
          se non si intenda sopperire alla cronica carenza del personale della polizia penitenziaria attingendo ai tantissimi agenti distaccati per ragioni di servizio;
          se non si intendano adottare, per quanto di competenza, opportune iniziative al fine di aumentare l'organico degli educatori, degli psicologi e degli assistenti sociali in servizio presso il predetto istituto di pena, in modo da rendere lo stesso adeguato al numero delle persone recluse;
          se si intendano incrementare i fondi relativi alle mercedi per il lavoro dei detenuti, quelli riguardanti i sussidi per i più indigenti, quelli per le attività trattamentali e, infine, quelli da destinare alla pulizia dell'istituto e, in particolare, delle celle;
          se non si ritenga di dover urgentemente disporre il completo rifacimento della vetusta ed obsoleta sala-colloqui presente nell'istituto di pena in questione in modo da garantire un miglior contatto umano tra detenuti e familiari e, più in generale, entro quali tempi verrà garantito un normale funzionamento dell'istituto quanto alla manutenzione delle celle, dei bagni e delle docce;
          se non si intenda disporre anche per il carcere di Velletri la possibilità di effettuare i colloqui dei detenuti con i propri familiari su prenotazione, come avviene in altri istituti di pena;
          se ed in che modo si intendano potenziare, all'interno della struttura penitenziaria in questione, le attività di orientamento e formazione al lavoro e di ricerca di posti di lavoro da offrire ai detenuti, in particolar modo per quelli che hanno quasi finito di scontare la pena;
          se corrisponda al vero che la legge n.  199 del 2010 e la sua recente estensione a 18 mesi per l'esecuzione presso il domicilio delle pene venga applicata agli aventi diritto solo a ridosso del fine pena e, comunque, quanti siano i detenuti che hanno beneficiato dell'intero periodo richiesto;
          se il magistrato di sorveglianza abbia mai dato disposizioni per il rispetto della normativa riguardante le condizioni di detenzione e, in caso affermativo, quali siano le ragioni per le quali le disposizioni stesse non siano state rispettate;
          quale sia il carico di lavoro del magistrato di sorveglianza di Velletri e se siano note le ragioni di quella che agli interroganti risulta un'inadeguata e carente risposta alle istanze avanzate alla stessa da parte dei detenuti;
          in che modo si intenda intervenire in merito ai casi singoli segnalati in premessa. (4-17380)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato dal Corriere Fiorentino dell'8 agosto 2012, Rhee He Cheung, 48enne, di nazionalità coreana, detenuto nel carcere di Sollicciano, si è tolto la vita la sera del 4 agosto 2012, poco prima di mezzanotte;
          l'uomo, solo in cella, in cima al letto a castello, ha assicurato il lenzuolo alla testiera e si è avvolto al collo l'altra estremità del brandello di stoffa. Al che è stato sorpreso da un agente di polizia penitenziaria, che prima ha provato a farlo desistere e poi si è allontanato per dare l'allarme. Ed è stato in quel momento che il detenuto è caduto dal letto, battendo la testa sul tavolo ed è finito per terra. Ogni soccorso si è rivelato inutile;
          sulla tragica vicenda la procura della Repubblica ha aperto un'inchiesta, al momento senza ipotesi di reato e a carico di ignoti, per fugare ogni dubbio sulle cause della morte, il pubblico ministero, dottor Luigi Bocciolini ha disposto l'autopsia;
           Rhee He Cheung doveva scontare una condanna definitiva a sei anni e quattro mesi per due rapine. Avrebbe riacquistato la libertà nel giugno del 2014. Non aveva moglie, né figli in Italia. I suoi parenti erano rimasti in Corea. Nel gennaio 2012, era stato trasferito a Sollicciano da Perugia;
          appresa la notizia, Franco Corleone, garante dei detenuti di Firenze, ha diramato il seguente comunicato: «Rhee He Cheung, detenuto coreano, aveva chiesto il trasferimento a Roma in aprile per poter avere dei colloqui con i parenti attraverso l'Ambasciata Coreana. In giugno, dopo una visita del mio ufficio al signor Rhee, ho sollecitato il Dap per il suo trasferimento a Roma. Purtroppo non ho avuto risposta e il signor Rhee He Cheung, ha iniziato uno sciopero della fame, ha poi tentato il suicidio e cadendo ha battuto la testa, è entrato in coma ed è morto. Se la direzione del carcere avesse preso sul serio la richiesta del signor Rhee He Cheung e avesse affrontato con i volontari e con il Garante la questione, questa tragedia non si sarebbe verificata. Ho inviato una lettera al Capo del Dap, per denunciare questo ennesimo episodio di trascuratezza che deve interrogare le coscienze e prendere un impegno perché sia davvero l'ultima morte, che non può essere rubricata come frutto del caso»  –:
          se sia vero quanto esposto in premessa;
          se, indipendentemente dalla inchiesta aperta dalla magistratura, non ritenga di dover accertare i motivi che hanno spinto il detenuto al suicidio anche al fine di verificare se, con riferimento ad esso, non siano ravvisabili profili di responsabilità disciplinari in capo al personale penitenziario;
          per quali motivi il detenuto non sia stato trasferito a Roma e come mai il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria non abbia ritenuto di dare alcun tipo di seguito alla richiesta proveniente dal garante per i diritti dei detenuti di Firenze;
          cosa intenda fare per rispettare il principio della territorializzazione della pena;
          se il Ministro, per la riduzione del numero di suicidi tra i detenuti, oltre ai naturali rapporti di valorizzazione e di rispetto della persona, non ritenga opportuno incrementare la pratica dell'identificazione del «profilo» della persona ad alto rischio di suicidio. (4-17383)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il quotidiano Calabria Ora del 6 agosto scorso ha pubblicato a pag. 7 un articolo titolato «Al 41-bis con un tumore. Negato il diritto alla salute»;
          secondo quanto riferito nell'articolo del quotidiano calabrese, il cinquantacinquenne Tommaso Gentile «sopravvive con una serie di patologie che potrebbero cacciargli via parecchi anni di vita, forse tutti quelli che possono ancora restargli. Tommaso Gentile sopravvive rinchiuso in una cella del carcere di Parma, sottoposto, da un paio d'anni, al regime del 41-bis. “Il paziente, disponibile al colloquio, manifesta forte controllo emotivo ma riferisce di umore oscillante per la preoccupazione di un possibile tumore”, scriveva due mesi fa la psicologa del carcere. Il “paziente” sapeva che l'azienda sanitaria di Reggio Emilia stava per diagnosticargli un carcinoma mammario. Avrebbe avuto conferma di ciò nel giro di qualche giorno. L'ultima tessera di un quadro clinico più che compromesso. Sempre l'area sanitaria regionale dell'amministrazione penitenziaria scrive nell'aprile 2012: “Il detenuto è affetto da cardiopatia ipertensiva, sindrome delle apnee morfeiche, obesità, diabete mellito di tipo 2”. Per farlo respirare durante le ore di sonno gli hanno attaccato un apparecchio per la ventilazione. Pesa un centinaio di chili, a parte quelli persi negli ultimi due mesi e, per uno ch’è alto un metro e settanta, sono molti. Ha il sangue che gli mangia i nervi e gli organi, perché è pieno di zuccheri in eccesso che, insieme all'ipertensione, gli stanno divorando le arterie coronariche e tutto il resto del sistema cardiocircolatorio. È quel tipo di diabete che ti fa cadere a pezzi gli arti, ti fa diventare cieco, più presto che tardi, nel suo caso; gli addetti ai lavori la chiamano “polineuropatia diabetica”»;
          scrive ancora Calabria Ora nell'articolo citato «Gentile dovrebbe trascorrere, in tutto, dieci anni in carcere, per reati associativi legati all'usura e all'estorsione. Non ci stanno omicidi, non si sta la droga. E anche quando fosse l'uomo più pericoloso del mondo, persino la giurisprudenza italiana prescrive delle deroghe. Una sentenza del 3 marzo 2011, emanata dalla Corte di Cassazione, parla chiaro. Un detenuto combinato così male, dovrebbe esser trasferito agli arresti domiciliari. Eppure Tommaso Gentile chiede molto meno. Chiede di essere operato in una struttura adeguata a trattargli quel tumore che ormai gli cresce in petto e che già s'irradia ai noduli ascellari. Ha chiesto di essere operato al Regina Elena di Roma. E di ricevere l'assistenza dei familiari. Richiesta accordata dal giudice di sorveglianza di Reggio Emilia. Manca solo una firma, al trasferimento da Parma all'ospedale romano, quella del funzionario del dipartimento per l'amministrazione penitenziaria presso il Ministero della giustizia. Una firma che non arriva, non si capisce perché. Il fascicolo è sul tavolo del funzionario del DAP e lì qualcuno sembra aver deciso che deve restare, chiuso e fermo»;
          la prima firmataria del presente atto, sollecitata dai familiari che si erano rivolti all'Associazione «nessuno tocchi Caino», il 2 agosto scorso invia un’e-mail al capo del DAP dottor Giovanni Tamburino, al Vice-Capo dottor Luigi Pagano e al Responsabile del trattamento dei detenuti Calogero Piscitello; nel testo del messaggio, nel fornire delucidazioni sul caso, l'interrogante scrive ai responsabili del DAP «vi prego di intervenire immediatamente autorizzando il ricovero di questo detenuto.»;
          il dottor Piscitello contatta telefonicamente l'interrogante riferendo che il signor Tommaso Gentile «si è rifiutato di farsi operare nell'ospedale di Parma e che all'ospedale dei tumori Regina Elena di Roma non c'era posto ed il signor Gentile era ancora in lista d'attesa»; il 7 agosto il DAP precisa che corrispondeva al vero il fatto che il magistrato di sorveglianza avesse disposto il trasferimento del detenuto al Regina Elena di Roma, ma che il nosocomio romano, il 9 luglio, aveva comunicato l'indisponibilità del posto letto; da parte loro i familiari del detenuto facevano sapere all'interrogante che – data la gravità della situazione – se avessero saputo per tempo la notizia, avrebbero immediatamente scelto di far operare il congiunto a Parma; ora i familiari attendono «che il giudice di sorveglianza di Reggio Emilia risponda alla istanza presentata dai legali nella quale è chiesto di voler autorizzare il trasferimento del Gentile Tommaso presso l'Ospedale Civile di Parma al fine di consentirgli di essere sottoposto ad intervento chirurgico di mastectomia mammaria e di voler regolamentare la visita, e quindi la presenza, dei familiari durante il periodo di degenza»;
          il diritto alla salute, sancito dall'articolo 32 della Costituzione, rappresenta un diritto inviolabile della persona umana, non suscitabile di limitazione alcuna e idoneo a costituire un parametro di legittimità della stessa esecuzione della pena, che non può in alcuna misura svolgersi secondo modalità idonee a pregiudicare il diritto del detenuto alla salute ed alla salvaguardia della propria incolumità psico-fisica;
          l'articolo 11 della legge 26 luglio 1975, n.  354, sancisce una rigorosa disciplina in ordine alle modalità ed ai requisiti del servizio sanitario di ogni istituto di pena, prescrivendo tra l'altro che «ove siano necessari cure o accertamenti diagnostici che non possono essere apprestati dai servizi sanitari degli istituti, i condannati e gli internati sono trasferiti (...) in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura»;
          la sentenza della Corte di cassazione n.  46479/2011, del 14 dicembre 2011 ha evidenziato, fra l'altro, come «il diritto alla salute del detenuto va tutelato anche al di sopra delle esigenze di sicurezza sicché, in presenza di gravi patologie, si impone la sottoposizione al regime degli arresti domiciliari o comunque il ricovero in idonee strutture»  –:
          se intendano fornire chiarimenti cronologici in merito allo svolgimento della vicenda;
          per quali ragioni, nonostante le decisioni del magistrato di sorveglianza, la famiglia e lo stesso detenuto Tommaso Gentile non siano stati informati per tempo del fatto che l'ospedale Regina Elena di Roma avesse comunicato il 9 luglio 2012 l'indisponibilità del posto letto e, quindi, il diniego al ricovero;
          cosa intendano fare, immediatamente e per quanto di competenza, per garantire il diritto alla salute e alla vita del signor Tommaso Gentile. (4-17386)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'8 agosto la prima firmataria del presente è stata raggiunta dalla telefonata della familiare di un detenuto morto nel carcere di Civitavecchia; la vicenda è così riassunta:
          Luigi Didona aveva 49 anni, era stato incarcerato per reati legati al suo stato di tossicodipendenza, una vita passata tra istituti penitenziari e comunità; si trovava da un mese e mezzo nel carcere di Civitavecchia proveniente da quello di Santa Maria Capua Vetere;
          da quando era stato trasferito si erano interrotti i colloqui con la sorella che, morti i genitori, si era fatta carico di seguire il ragazzo; la donna, non aveva mezzi sufficienti ad affrontare il viaggio per raggiungere Civitavecchia da un paesino della provincia di Caserta;
          giovedì 2 agosto 2012 Luigi Didona stava mangiando nella sua cella quando un pezzo di carne gli è andato di traverso e si stava strozzando, cosa che capita con una certa frequenza a chi è sottoposto ad una forte terapia di psicofarmaci. Subito soccorso dal medico del carcere richiamato dalle urla del suo compagno di cella, Didona veniva condotto in autoambulanza all'ospedale San Paolo di Civitavecchia. Durante il tragitto l'uomo ha diversi arresti cardiaci e, appena arrivato al pronto soccorso, viene immediatamente intubato. Venerdì 3 agosto il suo fisico non regge all'ennesimo arresto cardiaco e muore;
          la triste vicenda di questo detenuto ha anche altri risvolti che non possono essere trascurati:
              le sue condizioni di salute erano così compromesse che giovedì 2 agosto il magistrato gli riconosce l'incompatibilità con la detenzione, disponendone la scarcerazione ma, nelle more della notifica dell'atto; Luigi Didona – come detto – muore per arresto cardiaco;
              lunedì 6 agosto viene negata ai familiari la possibilità di vedere per l'ultima volta il loro congiunto; il 7 agosto viene eseguita l'autopsia su suo corpo e il giudice dispone un percorso per il rientro della salma nel paesino d'origine che nega la sosta nella parrocchia per la celebrazione della messa funebre: Luigi Didona deve andare direttamente al cimitero per essere definitivamente sepolto con grande dolore dei parenti, della sorella e del fratello che avrebbero voluto un momento di raccoglimento nella parrocchia del paesino del casertano prima della tumulazione;
          Ristretti Orizzonti raccoglie ulteriori notizie anche dai quotidiani che, riportati i fatti sopraesposti dalla scrivente, interpellano la direttrice del carcere di Civitavecchia Sergi che afferma: che la sepoltura senza funerale è «una prassi consolidata» e che «i familiari non si sono potuti permettere il trasporto e la tumulazione, tanto che se ne è fatto carico l'istituto stessi»; riguardo alle dinamiche che hanno portato Didona alla morte dichiara: «Un incidente che può capitare a chi ha problemi psichici. Era così povero che, pur non avendo più i denti, non si era potuto permettere una dentiera. Aveva 49 anni, non era anziano, ma viveva una situazione di disagio assoluto»;
          l'articolo 28 dell'Ordinamento penitenziario stabilisce che «particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie»  –:
          se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
          per quali ragioni Luigi Didona fosse stato trasferito, peraltro senza avvertire i familiari, così lontano dai suoi affetti;
          se sia noto per quali ragioni l'incompatibilità della salute di Luigi Didona con lo stato di detenzione in carcere sia stata decisa così tardi, di fatto cioè il giorno della sua morte;
          per quali ragioni sia stato impedito alla famiglia di vedere il loro congiunto prima dell'autopsia e di far celebrare la messa in suo ricordo;
          perché a Luigi Didona, privo di denti, non sia stata fornita una dentiera;
          se corrisponda al vero quanto affermato dalla direttrice del carcere di Civitavecchia che la sepoltura senza funerale sia «una prassi consolidata». (4-17388)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa ADNKRONOS il 30 agosto 2012, un detenuto quarantenne di origini italiane si è suicidato nel carcere di Udine impiccandosi con una cintura del suo compagno di cella;
          l'uomo era arrivato nel capoluogo friulano solo da poche ore, proveniente dal carcere di Padova per sfollamento. Era stato arrestato nella città patavina per violenze ai familiari e all'atto dell'arresto era stato ricoverato nel reparto psichiatrico, per oltre dieci giorni, considerato i disturbi psichici di cui soffriva;
          si tratta del 36esimo detenuto che si è tolto la vita dall'inizio dell'anno;
          secondo quanto dichiarato dal segretario generale della Uil Penitenziari, Eugenio Sarno, «questa strage silenziosa dei suicidi in carcere continua nel più assoluto silenzio e nella quasi totale distrazione della stampa, della società e della politica, nonostante i fervidi solleciti del Presidente Napolitano rispetto alla prepotente urgenza, che si perpetua nel tempo, e alla vergogna dell'Italia in Europa per le condizioni delle proprie prigioni. Considerato che a oltre un anno da questo autorevole pronunciamento del Capo dello Stato nulla è mutato per alleviare le criticità del sistema penitenziario non possiamo, amaramente, non rilevare come, pur nella loro incisività e forza, le parole di Napolitano siano state sostanzialmente inutili»  –:
          se e come il 30 agosto 2012 fosse garantita la sorveglianza all'interno dell'istituto di pena di Udine e se con riferimento al suicidio dell'uomo non siano ravvisabili profili di responsabilità in capo al personale penitenziario;
          con chi dividesse la cella e di quanti metri quadrati disponesse il detenuto morto suicida;
          se il detenuto morto suicida fosse alloggiato all'interno di una cella rispondente a requisiti di sanità e igiene;
          di quali disturbi psichici soffrisse il detenuto, se lo stesso fosse seguito da uno psicologo nel carcere di Padova e se sia noto a quale terapia, anche farmacologia, fosse sottoposto;
          se nel corso della detenzione nel carcere di Padova, ossia prima di giungere a Udine, il detenuto fosse stato identificato come potenziale suicida e, in questo caso, se fosse tenuto sotto un programma di osservazione speciale;
          se una volta giunto a Udine, il detenuto sia stato sottoposto ad una attenta vigilanza da parte del personale della polizia penitenziaria attesi i suoi disagi psichici. (4-17435)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          lunedì 20 agosto 2012 l'interrogante ha effettuato una visita di sindacato ispettivo alla casa circondariale «Carmelo Magli» di Taranto accompagnata dagli esponenti radicali Maurizio Bolognetti e Maria Antonietta Ciminelli; la visita, durata molte ore, è stata guidata dalla direttrice Stefania Baldassarri e dal Comandante Giovanni Lamarca;
          l'Istituto tarantino ha in carico 595 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 200 posti, sebbene sul sito internet del Ministero della giustizia sia indicata una ricettività legale di 315 posti; i detenuti in attesa di primo giudizio sono 153 mentre coloro che scontano una sentenza definitiva di condanna sono 318; in alta sicurezza sono ristretti in 103; ben presto, con la ripresa, dopo la pausa estiva, dell'attività giudiziaria, l'istituto tornerà alla media dei 700 detenuti presenti; il 40 per cento degli ospiti sono tossicodipendenti e, fra questi, 20 sono in trattamento metadonico;
          il carcere di Taranto, entrato in funzione a metà degli anni ottanta presenta molte problematiche strutturali, date le scarse risorse destinate centralmente per la manutenzione sia ordinaria che straordinaria: alcune aree risultano transennate perché pericolanti; alcune sale colloqui hanno ancora il muretto divisorio: una di esse è definita «la pescheria» per il cattivo odore che emana l'ambiente sovraffollato all'inverosimile; il percorso per i familiari (bambini e persone anziane comprese) che si apprestano ad incontrare il congiunto detenuto, è sotto il solleone (o con la pioggia, d'inverno) o con coperture, come quella della pensilina prossima all'ingresso, che dovrebbero essere coibentate essendo «roventi» d'estate e con infiltrazioni d'acqua nella stagione delle piogge; per mancanza di spazi, l'ex campo sportivo è stato diviso in due e adattato a passeggio per le ore d'aria: un deserto polveroso privo di servizi e di approvvigionamento di acqua; la casa circondariale è destinataria del piano carceri per la costruzione di un padiglione da 200 posti i cui lavori sono ancora nella fase di aggiudicazione attraverso gara; all'interno dell'area c’è però un padiglione a 48 posti inutilizzato perché per metterlo in funzione – magari per una custodia attenuata come suggerisce la direttrice – oltre al personale, occorrerebbero modifiche strutturali essendo stato concepito per ospitare detenuti malati di aids; un'altra nota dolente, riguarda la caserma degli agenti dove c’è un piano intero transennato e dove le stanze per il pernottamento degli agenti sono addirittura peggiori delle celle di detenzione; nell'istituto non c’è l'area verde per gli incontri della popolazione detenuta con i figli minori; mancano del tutto spazi per attività sportive e ricreative e il teatro non viene utilizzato a causa della carenza di personale e della mancanza di fondi da destinare alle attività trattamentali; la biblioteca, invece, è ben fornita anche grazie ad una donazione di libri effettuata un anno e mezzo fa da parte della Presidenza del Consiglio;
          fra le celle visitate ci sono quelle della sezione A, ubicata al primo piano: il sovraffollamento è evidente considerato che in celle di circa 10 metri quadrati sono ospitati tre detenuti e, a volte, anche quattro;
          il corpo degli agenti di polizia penitenziaria ha un deficit di organico pari a 40 unità; dei 357 agenti previsti dal decreto ministeriale dell'8 febbraio 2001, ne risultano effettivamente assegnati 317 di cui 53 impiegati presso il nucleo traduzioni e piantonamenti;
          la situazione degli automezzi del nucleo traduzioni è disastrosa a causa della sospensione della manutenzione ordinaria per mancanza di fondi; inoltre capita che le scorte siano sottodimensionate e che a volte non si possano nemmeno rimborsare i buoni-pasto; a proposito dei vari tipi di traduzione, risulta veramente uno spreco la scorta per accompagnare i detenuti ai domiciliari: tre uomini che fanno sostanzialmente i «tassisti» per un servizio che potrebbe essere semplicemente abolito visto che il detenuto, se decide di contravvenire a quanto prescritto dalla legge, può «evadere» da casa un momento dopo essere stato accompagnato ai domiciliari; spesso queste traduzioni prevedono viaggi lunghissimi anche di centinaia di chilometri per raggiungere comunità per tossicodipendenti o domicili situati nelle regioni settentrionali;
          l'area educativa risulta sottodimensionata essendo costituita da un responsabile e da 4 educatori; anche l'assistenza psicologica è carente se consideriamo che è portata avanti da 2 psicologi ex articolo 80 che fanno in tutto 78 ore mensili e da una psicologa ASL che fa 60 ore e che si occupa esclusivamente dei nuovi giunti;
          la prima firmataria del presente atto intende sottolineare – perché non accade quasi mai nelle altre visite ad istituti penitenziari – l'ottimo rapporto del magistrato di sorveglianza sia con la direzione e il comando dell'istituto sia con la popolazione detenuta: non è un caso che sotto ferragosto siano stati concessi circa 80 permessi premio e che la legge n.  199 del 2010 abbia riscontrato un esito positivo per oltre 200 detenuti che hanno avuto la possibilità di scontare gli ultimi mesi di pena ai domiciliari;
          molti dei detenuti trascorrono 20 ore della giornata in cella; 100 in media sono infatti coloro che durante l'anno frequentano un corso scolastico (medie e superiori), 85 sono i posti di lavoro disponibili a rotazione ogni sei mesi e 5 coloro che sono ammessi al lavoro esterno; a differenza di altri istituti è molto positivo il fatto che le mercedi non siano solo simboliche e che i lavoranti riescano a guadagnare intorno ai 6/700 euro al mese; buono è il rapporto con il cappellano che, gestendo una casa famiglia, è disponibile a fornire l'alloggio a quei detenuti, soprattutto stranieri, che non hanno un domicilio per poter scontare a casa il residuo periodo di pena come previsto dalla legge n.  199 del 2010 e successive modificazioni; il volontariato è presente con due associazioni mentre il rapporto con le istituzioni – provincia e comune – è connotato dall'assoluta mancanza di collaborazione quasi a significare che il carcere sia un corpo estraneo inserito nella città;
          ai detenuti è consentito fare la doccia a giorni alterni per contenere i consumi idrici a causa dell'ingente debito che l'amministrazione penitenziaria ha con l'Acquedotto Pugliese spa;
          fra i casi particolari, si segnalano:
              A.S.    proveniente dal reparto psichiatrico dell'ospedale Moscati di Taranto, si trova in carcere a causa di un residuo pena di un mese e 20 giorni per poi tornare presso la comunità Il Delfino dove è assegnato;
              E.D.B. ha il fine pena fra sette anni e ha fatto richiesta di trasferimento a Rebibbia o a Civitavecchia per poter fare un valido percorso riabilitativo visto che ha due figli minori ospitati in istituti; non fa colloqui da dicembre, cioè da quando è venuta via da Teramo;
              G.C. ha presentato istanza di trasferimento al Carcere di Pozzuoli; suo marito è morto suicida;
              M.B. è una ragazza rumena di 22 anni che scoppia in lacrime non appena le chiediamo come stia; orfana di madre, è venuta in Italia prima di Pasqua con il suo ragazzo che l'ha coinvolta in una rapina nella città di Bari; è spaventata e afferma di non essere mai stata in carcere e di non conoscere nessuno nel nostro paese né di sapere alcunché della sua posizione processuale perché ha visto il suo avvocato d'ufficio una sola volta; direttrice e comandante si occuperanno della sua vicenda soprattutto sotto l'aspetto della difesa legale  –:
          quale sia effettivamente la capienza regolamentare del carcere di Taranto e cosa intenda fare per urgentemente riportare la popolazione detenuta ai livelli di ricettività legali, secondo quanto previsto dall'ordinamento penitenziario e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo;
          cosa intenda fare per rimuovere le illegalità strutturali degli edifici dell'intero complesso della casa circondariale di Taranto, tenuto presente che alcune criticità evidenziate in premessa rischiano di mettere in pericolo la salute e la vita del personale e dei detenuti;
          a quando risalga e cosa vi sia scritto nell'ultima relazione della ASL di competenza in merito alle condizioni strutturali degli edifici anche sotto il profilo igienico-sanitario;
          se intenda immediatamente provvedere a stanziare fondi per la manutenzione straordinaria così da fronteggiare i problemi più urgenti e se intenda ripristinare i fondi pressoché esauriti della manutenzione ordinaria;
          cosa intenda fare per incrementare il budget destinato alle attività trattamentali e per ripianare il debito verso l'Acquedotto Pugliese S.p.A così che, fra l'altro, i detenuti possano farsi la doccia tutti i giorni;
          quanto al Corpo degli agenti di polizia penitenziaria, se intenda intervenire per ripristinare l'organico, per rimettere in funzione il parco macchine e furgoni del nucleo traduzioni e per ristrutturare il piano oggi transennato e chiuso degli alloggi della caserma agenti;
          se intenda raccogliere il suggerimento di evitare l'accompagnamento dei detenuti allo loro abitazione (o altro luogo specificato nei provvedimenti quale una comunità terapeutica o una casa-famiglia) quando accedano al beneficio della detenzione domiciliare;
          se intenda incrementare il personale dell'area trattamentale e dell'assistenza psicologica;
          se intenda valutare, per promuovere iniziative per estenderle magari a livello nazionale, le buone pratiche della magistratura di sorveglianza di Taranto;
          se intenda in qualche modo intervenire nei limiti della propria competenza perché sia effettivamente assicurata l'assistenza legale ai detenuti, soprattutto stranieri, sprovvisti di avvocati di fiducia;
          cosa intenda fare per i casi segnalati in premessa. (4-17442)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          sul quotidiano Il Manifesto Sardo del 1o settembre 2012 è apparso l'articolo scritto da Roberto Loddo che di seguito si riporta nella sua versione integrale: «L'internamento di Valeria Porcheddu nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere (Mantova) è la dimostrazione che il termine ultimo per il superamento degli attuali Opg è un inganno. Nonostante la legge 9/2012 fissi tra il primo febbraio e il 31 marzo 2013 la chiusura definitiva, dalla Sardegna continuano silenziosi e indisturbati gli internamenti nelle «galere dei folli». Ad oggi, le organizzazioni aderenti al comitato sardo «Stop Opg» non conoscono le linee guida dell'assessorato regionale alla salute per la presa in carico delle cittadine e dei cittadini sardi internati nei sei Opg della penisola. La Regione Sardegna e i dipartimenti di salute mentale dovrebbero attivare progetti individualizzati di cura e assistenza, ma dai quotidiani sardi apprendiamo solamente di nuovi internamenti e ipotesi di apertura di strutture segreganti da sostituire agli attuali Opg. Questa vicenda conferma anche le cattive pratiche in atto nel mondo della salute mentale. È come se la legge 180 in Sardegna non fosse mai stata attuata e il movimento per la riforma della legge psichiatrica con Franco Basaglia non fossero mai esistiti. Invece di garantire la cura nei percorsi riabilitativi, nelle relazioni col mondo esterno e nella restituzione dei diritti di cittadinanza si continua a spedire le persone fragili come Valeria negli Opg. Valeria Porcheddu è una ragazza di 23 anni che dalla notte del 14 agosto 2012 è imprigionata in Opg. Il vero scandalo di questa vicenda è che non si conoscono le motivazioni che hanno determinato il suo internamento. A differenza di altri casi come quello del cittadino senegalese Abdou Lahat Diop, il dipartimento di salute mentale di Oristano nega ogni genere di informazione ai rappresentanti del comitato sardo «Stop Opg» adducendo motivazioni legate a privacy e segreto professionale. Valeria è stata prelevata dall'abitazione di sua madre Adriana Zampedri (in sciopero della fame da 18 giorni) dai carabinieri di Cabras (Oristano) su mandato del giudice di sorveglianza. Dalla stampa e dai social network leggiamo che «il suo reato sarebbe quello di essersi allontanata dalla comunità di recupero per tossicodipendenti di Alghero in seguito alla scadenza dei termini della libertà vigilata, scadenza di ben 4 mesi durante i quali nessuna comunicazione di conferma della stessa è mai arrivata». L'attenzione mediatica sull'assurda vicenda di Valeria ha portato alla mobilitazione anche il comitato nazionale «Stop Opg». I rappresentanti del comitato nazionale hanno contattato Ettore Straticò, neo direttore dell'Opg di Castiglione. Il dottor Straticò ha garantito ai rappresentanti il suo impegno per il rientro di Valeria nell'isola. Ma non basta sapere che Valeria potrebbe tornare. Vogliamo sapere la data certa del suo rientro e il perché di questo insensato internamento. Se davvero esistono, vogliamo sapere quali motivazioni hanno portato il tribunale di sorveglianza a decidere sulla misura di sicurezza e dichiarare Valeria socialmente pericolosa e incapace di intendere e di volere. Se mai siano state immaginate, vogliamo conoscere le alternative all'Opg che la Asl di Oristano e il dipartimento di salute mentale hanno messo in campo per assistere e prendersi cura di Valeria. Liberiamo Valeria prima che sia troppo tardi. Prima che le illegalità e gli abusi che ogni giorno subiscono le 1.300 persone internate negli Opg trasformino lo Stato italiano in un criminale seriale»  –:
          se sia noto quali siano i motivi che hanno provocato l'internamento di Valeria Porcheddu nell'ospedale psichiatrico giudiziario;
          se vi siano – e quali siano – le alternative all'ospedale psichiatrico giudiziario che la Asl di Oristano e il dipartimento di salute mentale hanno messo in campo per assistere e prendersi cura della donna indicata in premessa;
          quante persone risultino essere state internate negli ospedali psichiatrici giudiziari italiani dopo l'entrata in vigore della legge n.  9 del 2012;
          se corrisponda al vero che non sia ancora avvenuto il riparto tra le regioni dei finanziamenti finalizzati alla presa in carico da parte delle ASL delle persone internate attraverso la predisposizione di progetti terapeutico riabilitativi individuali;
          quali iniziative urgenti di competenza il Ministro intenda adottare così da consentire alle ASL di prendere in carico le persone internate facendole dimettere all'interno di progetti terapeutico-riabilitativi-individuali;
          quali siano i motivi per cui gli ospedali psichiatrici giudiziari non vengono ancora chiusi nonostante ciò sia espressamente previsto dalla legge n.  9 del 2012. (4-17443)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato dagli organi di stampa e, in particolare, dal sito www.polpen.it, potrebbe slittare l'apertura del carcere di Bancali: l'inaugurazione, inizialmente prevista per ottobre, sembra infatti slittare in primavera. Il problema sarebbe legato a ritardi sulle procedure amministrative come i collaudi;
          in attesa il vecchio carcere di Sassari è stato oggetto di una visita della delegazione di consiglieri provinciali della commissione sanità. Durante l'ispezione del penitenziario fino alla rotonda, accompagnati dal comandante della polizia penitenziaria Sandra Cabras, i consiglieri hanno appreso che tra i 130 reclusi ci sono anche ben quattro bambini in fasce. Uno ha pochissimi giorni: alla mamma detenuta è stato dato giusto il tempo di partorire, per poi tornare dentro quando il neonato aveva soli tre o quattro giorni. Altri camminano appena. Ma tutti e otto, madri e figli, sono costretti a vivere nel «nido», una grande cella con qualche gioco  –:
          quali siano le cause esatte che impediscono l'apertura del carcere di Bancali per il prossimo mese di ottobre e se non siano ravvisabili eventuali responsabilità in merito a questo ritardo;
          se intenda intervenire per fare in modo che i bambini detenuti con le loro madri nel carcere di Sassari possano avere nel corso della giornata momenti di vita all'esterno dell'istituto senza vivere 24 ore su 24 l'incubo delle sbarre;
          se vi siano e quanti siano ad oggi i bambini sotto i tre anni reclusi in carcere insieme alle madri. (4-17445)


      RENATO FARINA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          l'interrogante, durante la visita ex articolo 67 della legge sull'ordinamento penitenziario effettuata il 29 agosto 2012, ha potuto constatare che accanto alla casa circondariale Bassone di Como, sorge la cosiddetta aula bunker, costruita di fianco al carcere, costata dieci miliardi di lire, utilizzata per tre o quattro volte per un maxi processo negli anni 92/93, ormai da quasi vent'anni abbandonata a se stessa;
          questa aula bunker è collegata con un tunnel al carcere;
          non esistono al momento progetti operativi per il recupero della struttura;
          il Sappe (sindacato degli agenti penitenziari) ha già sollevato il problema in passato, non ottenendo risposta;
          esponenti della cooperativa sociale Homo Faber, presenti da 9 anni nel carcere con un «centro stampa» che impegna circa 20 detenuti, hanno manifestato all'interrogante la speranza di un uso del cosiddetto bunker per la collocazione di laboratori per consentire il lavoro dei detenuti e per esperienze pilota di rieducazione  –:
          se quanto esposto corrisponda al vero;
          se non intenda promuovere, di concerto con regione, provincia e comune, la ristrutturazione di questo edificio, predisponendolo per esperienze di lavoro per i detenuti, così da obbedire al dettato costituzionale che all'articolo 27 prevede che le pene «devono tendere alla rieducazione. (4-17458)


      RENATO FARINA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          l'interrogante ha effettuato una visita alla casa circondariale di Como-Bassone il 29 agosto 2012;
          durante detta visita il detenuto C.R., di cittadinanza tunisina, ha fatto presente di essere in attesa del decreto di espulsione e di rientro obbligatorio nel suo Paese, come da lui richiesto secondo le opportunità di legge;
          il comandante degli genti di polizia penitenziaria ha confermato la veridicità del fatto, asserendo che il consolato generale della Repubblica Tunisina a Milano, dopo che da mesi sono stati avviati contatti e inoltrato la pratica, non dà alcuna risposta;
          tale atteggiamento di fatto ostruzionistico e dilatorio dei consolati di Stati dinanzi a casi simili pare essere una costante  –:
          se questo atteggiamento risulti ai Ministri interrogati;
          se esistano, a riguardo di pratiche simili, casi costanti o meno di sostanziale ostruzionismo;
          se intenda esercitare e in quale forma iniziative presso le rappresentanze diplomatiche della Tunisia e di altri Stati coinvolte in queste lentezze burocratiche. (4-17462)


      RENATO FARINA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          negli articoli del 29 marzo 2012 a firma Claudio Pappaianni sul settimanale L'Espresso e del 9 agosto 2012 a firma Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera vengono riportate le notizie delle visite dei parlamentari negli istituti di pena ex articolo 67 ordinamento penitenziario;
          l'interrogante ha telefonicamente prima, e poi via mail in data 9 maggio e 5 giugno richiesto al DAP (dipartimento amministrazione penitenziaria) e precisamente al responsabile della divisione detenuti e trattamento un elenco delle visite effettuate nel corso degli ultimi anni ex articolo 67, senza mai ricevere risposta  –:
          se sia vero che il DAP non possa fornire un rapporto su tale elenco di visite e in tal caso come spieghi che negli articoli citati gli autori riportino informazioni chiaramente estratte da detti rapporti. (4-17467)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          sulle condizioni della casa circondariale di Teramo, la prima firmataria del presente atto ha già presentato due interrogazioni a risposta scritta – n.  4-04862 con riferimento alla visita ispettiva del 2 novembre 2009, e n.  4-05612 con riferimento alla visita ispettiva del 25 dicembre 2009 – rimaste a tutt'oggi senza risposta, nonostante i continui e numerosi solleciti;
          il 15 agosto 2012 la prima firmataria del presente atto è tornata per la terza volta a visitare la casa circondariale di Teramo, insieme a Marco Pannella, presidente del senato del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito, a Riccardo Chiavaroli, consigliere regionale della Regione Abruzzo, e ai militanti radicali Rosa Quasibene, Orazio Rapili, Renato Ciminà, Paolo Francesco Palombo e Gianmarco Ciccarelli;
          il penitenziario, costruito alla fine degli anni settanta, sorge in località Castrogno, una frazione del comune di Teramo; all'interno della struttura dall'inizio dell'anno si sono consumati già quattro suicidi;
          la visita ha avuto una durata di 7 ore e 30 minuti, con inizio alle ore 15; non erano presenti né il direttore dell'istituto né il comandante di polizia penitenziaria; la delegazione è stata ricevuta e accompagnata dal vice comandante di polizia penitenziaria Igor De Amicis e, nella seconda fase della visita, dall'ispettore Papini (polizia penitenziaria);
          la situazione riscontrata è la seguente: la casa circondariale di Teramo è gravemente sovraffollata; i detenuti presenti sono 418 (376 uomini e 42 donne), a fronte di una capienza regolamentare di 231 posti; con riferimento alla posizione giuridica, 236 detenuti scontano una condanna definitiva, 62 sono in attesa di primo giudizio, 37 appellanti, 30 ricorrenti, 34 con posizione giuridica mista con definitivo, 18 con posizione giuridica mista senza definitivo; i detenuti stranieri sono 82, così suddivisi: 23 provenienti dalla Romania, 12 dall'Albania, 11 dal Marocco, 10 dalla Nigeria, 8 dalla Tunisia, 4 dall'Algeria, 2 da Slovacchia e Macedonia, 1 detenuto proveniente da Libia, Egitto, Sierra Leone, Somalia, Ruanda, Burkina Faso, Bolivia, Georgia, Croazia, Svizzera;
          secondo quanto riferito, dall'inizio dell'anno, soltanto 17 detenuti sono usciti dal carcere in virtù della legge 199 del 2010 (e successive modifiche); 398, invece, sono stati i nuovi ingressi dall'inizio dell'anno;
          al sovraffollamento si affianca una marcata carenza di personale di polizia penitenziaria: gli agenti assegnati all'istituto sono 180 ma le unità effettivamente in servizio sono soltanto 160 (a causa di distacchi e malattie di lungo corso), mentre è di 203 agenti la dotazione organica dell'istituto prevista dal decreto ministeriale del 2001 (previsione effettuata in relazione ad una popolazione detenuta di gran lunga inferiore a quella attuale); il deficit di organico di polizia penitenziaria si ripercuote negativamente sulla vita dei detenuti e sulla vita degli stessi agenti, costretti a operare in condizioni di stress per fare fronte a un notevole carico di lavoro; nuovi agenti, secondo quanto riferito, prenderanno servizio dal prossimo autunno, ma l'incremento effettivo sarà di sole quattro unità, perché sei delle dieci unità previste sono già attualmente distaccate presso il carcere di Castrogno: «ci saranno in futuro quattro nuove unità, ma sono poche», sottolinea il vice comandante De Amicis;
          il nucleo traduzioni della polizia penitenziaria di Teramo ha un elevato numero di movimentazioni: nel 2011 ha effettuato 1314 traduzioni (di cui 399 per ragioni sanitarie), per un totale di 1997 detenuti tradotti; nel 2012 (dato parziale) sono state effettuate 806 traduzioni (di cui 324 per ragioni sanitarie), per un totale di 1074 detenuti tradotti; «Me maggiori criticità del nostro istituto sono riconducibili al sovraffollamento, alla carenza di personale di polizia penitenziaria e all'alto numero di detenuti con problematiche di tipo sanitario, psichiatrico, o legate alla tossicodipendenza», afferma il vice comandante De Amicis; i detenuti tossicodipendenti iscritti al Ser.T di Teramo sono 90; 80 detenuti sono affetti da patologie di tipo psichiatrico e circa 250 detenuti manifestano disturbi di personalità e forme di disagio psicologico; i detenuti con una cardiopatia conclamata sono 27, mentre 23 soffrono di ipertensione arteriosa; i detenuti con una doppia diagnosi sono 14; all'interno dell'istituto operano 6 medici (che assicurano una copertura h24), 1 psichiatra per 18 ore settimanali, 9 infermieri più 1 caposala (ciascuno impegnato per 36 ore settimanali, assicurano una copertura dalle 7 alle 22); l'area sanitaria, secondo quanto riferito, ha effettuato all'interno 6044 visite dall'inizio dell'anno;
          gli educatori effettivi sono 4, atteso che 2 dei 6 educatori assegnati al carcere di Castrogno sono distaccati in un altro istituto; l'assistenza psicologica, assicurata soltanto da 2 psicologi volontari, risulta del tutto inadeguata a fare fronte alle esigenze della popolazione detenuta; a Castrogno lavora solo il 10 per cento dei detenuti, a rotazione: si tratta esclusivamente di lavori domestici alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria, mentre non sono presenti lavorazioni interne o collaborazioni con cooperative o imprese esterne; negli ultimi anni, secondo quanto riferito, le ore lavorative complessive si sono progressivamente ridotte, a causa dei consistenti tagli alle mercedi; molti detenuti, inoltre, sottolineano l'esiguità dei compensi; un detenuto lavorante, con la mansione di spesino, mostra la sua busta paga del mese di maggio: 74 euro, che si riducono a 41 euro per le varie trattenute (fra le quali 13 euro vincolati per affrontare eventuali emergenze); un altro detenuto riferisce di guadagnare 19 euro ogni 10 giorni e denuncia: «lavoro 11 ore al giorno ma mi pagano per 1 ora e mezza»; l'istituto si sviluppa su quattro piani (oltre al piano terra, dove è ubicata l'infermeria) e non è dotato di ascensore; ogni piano corrisponde a una sezione; al primo piano sono ristretti i detenuti protetti; il secondo piano ospita detenuti in regime di alta sicurezza; il terzo e il quarto piano ospitano detenuti comuni in regime di media sicurezza; ogni sezione consta di 50 celle e si articola, a sua volta, in due semisezioni da 25 celle; a parte, in un'area del penitenziario prossima all'ingresso, si trovano la sezione femminile, in cui è ristretta anche una detenuta con un bimbo di età inferiore a 3 anni, e un piccolo reparto che ospita 3 detenuti semiliberi;
          le celle sono tutte di uguale dimensione (circa 9 metri quadrati): progettate per ospitare un detenuto, ne ospitano generalmente 2 e in alcuni casi 3; i detenuti trascorrono 20 ore al giorno chiusi in cella; tutte le celle sono sprovviste di doccia, in violazione dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n.  230 del 30 giugno 2000; l'erogazione di acqua è razionata, con una sospensione di 2 ore e mezzo al mattino (dalle 8.30 alle 11) e di 3 ore nel pomeriggio (dalle 14 alle 17); l'erogazione di acqua calda non è assicurata nemmeno nei mesi invernali; l'accesso alla doccia comune è consentito ogni giorno, tranne la domenica e i giorni festivi; in tutte le celle il letto a castello è fissato al pavimento in cemento; la condizione dei materassini di gommapiuma su cui sono costretti a dormire i detenuti è pessima; alle finestre sono applicate, oltre alle normali sbarre, reti a maglia stretta che ostacolano la visuale esterna e limitano la circolazione di aria e l'ingresso di luce naturale: secondo quanto riferito, queste reti sono state installate recentemente per evitare che i detenuti buttino i rifiuti dalla finestra; le celle non sono dotate di frigorifero;
          in molti casi nella stessa cella sono reclusi detenuti che scontano una condanna definitiva e detenuti in attesa di giudizio, senza che sia assicurata la separazione dei condannati dagli imputati;
          una delle maggiori criticità è connessa al ruolo e alle funzioni del magistrato di sorveglianza, che – come segnalato da moltissimi detenuti e come si appalesa dalle condizioni di detenzione, per molti aspetti non conformi alla normativa vigente – non riesce a espletare in modo pieno e puntuale i compiti che la legge gli affida; fino a non molto tempo fa era competente sul penitenziario teramano il magistrato di sorveglianza di Pescara, Alfonso Grimaldi; da circa un mese è subentrato un nuovo magistrato di sorveglianza;
          molti detenuti sottolineano che il rapporto con gli agenti di polizia penitenziaria è buono, mostrando piena comprensione del fatto che gli agenti sono costretti a lavorare sotto organico: «le guardie sono brave, con loro non abbiamo problemi»; «non possiamo lamentarci degli agenti, il problema è che nemmeno loro ce la fanno perché sono pochi»;
          la prima sezione è destinata ad ospitare detenuti «protetti»: sex offender, ex appartenenti alle forze dell'ordine ed ex collaboratori di giustizia;
          nella «prima semisezione sud» sono ristretti i cosiddetti sex offender; G.D.L. ristretto nella cella n.  18, riferisce di non aver ricevuto alcuna risposta all'istanza rivolta al magistrato di sorveglianza per scontare il residuo della pena presso il proprio domicilio, ai sensi della legge n.  199 del 2010: «mi restano da scontare 10 mesi, ho fatto richiesta più di due mesi fa ma non mi ha mai risposto nessuno; qui il magistrato di sorveglianza non è mai venuto»;
          G.T. anch'egli ristretto nella cella n.  18, dice di aver presentato domanda per un colloquio con il magistrato di sorveglianza da circa un anno, senza aver mai ricevuto alcuna risposta; G.T. inoltre lamenta le condizioni del materasso: «guardate in che stato è, io sono allergico, mi gratto tutto il tempo»;
          un detenuto ristretto nella cella n.  5 denuncia carenze nell'assistenza sanitaria: «ho un problema alla mano, ho subito un intervento al carpale, ma il chirurgo non viene»; e ancora: «sono senza denti, ho chiesto la dentiera ma non me l'hanno messa»; M.L.F. ristretto nella cella n.  8, lamenta: «ho una lesione D10 e D11, ho l'incompatibilità con il regime carcerario firmata dal direttore sanitario; quando ero fuori prendevo un medicinale, il Frontal, che qui non riesco ad avere, me lo hanno dato solo nel primo perito, la psichiatra ha fatto l'impossibile ma è una sola»;
          G.C. ristretto nella cella n.  8, riferisce di soffrire di apnee notturne di grado severo e mostra una macchina di ausilio per la respirazione notturna: «ho bisogno di questa macchina per respirare, il problema è che il filtro diventa nero dopo 4 giorni; loro dicono che posso stare, io sono qua da un anno e 2 mesi, ho fatto istanza per l'affidamento ai servizi sociali»; un detenuto ristretto nella cella n.  14 afferma di trovarsi molto meglio in questo istituto che nel carcere napoletano Poggioreale, da cui proviene, ma aggiunge: «io sono definitivo con fine pena nel 2023, non dovrei stare in questo carcere che è una circondariale, giusto ? Dovrei stare in una casa di reclusione»;
          nella cella n.  10 è ristretta M. (all'anagrafe S.S. detenuta transessuale che vorrebbe essere trasferita nel carcere romano di Rebibbia, dotato di un apposito reparto per persone transessuali; riferisce di trovarsi nel carcere di Castrogno da quasi 3 anni e lamenta il fatto di non avere la possibilità di fare la doccia da sola: «non sono operata, ho preso ormoni; mi costringono a fare la doccia con gli uomini, loro mi insultano, mi chiamano frocio, si masturbano, io vorrei fare la doccia da sola»; questa detenuta transessuale riferisce di averne parlato con due magistrati di sorveglianza, un anno fa e nel mese di aprile, senza che il suo problema abbia a tutt'oggi avuto soluzione: «un anno fa ho parlato con il dottor Grimaldi, ad aprile con un magistrato di sorveglianza donna; io vorrei andare a Rebibbia»;
          i detenuti della cella n.  23 denunciano l'assenza del magistrato di sorveglianza: «il magistrato di sorveglianza non si vede mai, ho fatto la domanda per un colloquio 3 mesi fa e non mi ha risposto»; «sono in questo carcere da 2 anni: qua, a visitare le celle per vedere come stiamo, il magistrato di sorveglianza non è venuto mai una volta»;
          un detenuto ristretto nella cella n.  25 afferma: «vorrei chiedere una cortesia per un mio compagno di cella, lui è un clochard, non ha abitazione, i servizi sociali sono sempre assenti»; questo detenuto senza fissa dimora, di nome A.S. conferma: «sono 2 anni e mezzo che sto qua, l'assistente sociale mi ha chiamato solo una volta la prima settimana»; S.S. detenuto con trascorsi di dipendenza da cocaina, mostra la foto del figlio di 3 anni e racconta commosso la sua vicenda: «io lavoravo, ero in affidamento ai servizi sociali, ora sono in carcere da 6 mesi, mi hanno arrestato perché mi trovavo in un posto che non corrispondeva all'itinerario prescritto per andare al lavoro, ma io ho deviato soltanto per andare in un centro commerciale per acquistare un anellino per mia moglie che era incinta; mi hanno arrestato e ho avuto anche la disgrazia che mia moglie abbia perso il figlio che portava in grembo»;
          il vano doccia comune è composto da tre postazioni doccia sprovviste di diffusore; le condizioni sono discrete: buone quelle del pavimento, meno buone quelle del tetto; anche alla finestra del vano doccia sono applicate reti a maglia stretta;
          nella «prima semisezione nord» sono ristretti ex appartenenti alle forze dell'ordine ed ex collaboratori di giustizia;
          J.P. detenuto di 37 anni ristretto nella cella n.  26, appare in stato di grande sofferenza e riferisce di soffrire di disturbi da attacchi di panico (DAP): «sto veramente male, non sono compatibile con il carcere»;
          E.T. detenuto diabetico, cardiopatico e con 6 by-pass, afferma che da circa 20 giorni non gli passano più il farmaco Folina perché la farmacia dell'ospedale ne è sprovvista e non glielo fanno nemmeno comprare; il figlio F.T.    detenuto nella stessa cella, soffre di apnee notturne e avrebbe bisogno di un apparecchio per respirare che però da 4 mesi non gli viene fornito;
          H.I. detenuto rumeno ristretto nella cella n.  38, lamenta condizioni di salute a suo dire incompatibili con la detenzione, e mostra un documento redatto dall'ASL di Teramo in data 11 luglio 2012 da cui risulta che il detenuto è affetto da diabete insulino-dipendente, grave polineuropatia sensitiva e motoria agli arti inferiori con difficoltà deambulatoria, esiti di orchiectomia parziale sinistra con disfunzione erettile, varici agli arti inferiori con insufficienza venosa cronica, bronchite asmatiforme, insonnia;
          R.T. detenuto di 49 anni di Giulianova (Teramo), versa in condizioni di estrema povertà e vorrebbe un sussidio per acquistare generi di prima necessità: «non ho soldi, sono solo, la mia famiglia è morta tutta quanta, non ho soldi nemmeno per fare la barba, vorrei un sussidio almeno per comprare le lamette da barba o un bagnoschiuma»;
          D.V. ristretto nella cella n.  46 afferma di aver fatto richiesta di colloquio con il magistrato di sorveglianza almeno 2 anni e mezzo fa, ma non gli è stato mai accordato; molti detenuti lamentano che i giorni di liberazione anticipata vengono concessi con grande ritardo; qualche detenuto afferma: «i giorni di liberazione anticipata arrivano quando siamo già usciti, tanto ci fanno aspettare»;
          la delegazione prosegue la visita recandosi al secondo piano; la seconda sezione ospita 115 detenuti in regime di alta sicurezza; l'apertura, ad opera degli agenti, delle porte da cui si accede alle varie sezioni richiede un tempo di attesa superiore a due minuti, a causa della carenza di personale; il vice comandante a tal proposito afferma: «abbiamo chiesto all'Amministrazione di dotarci di cordless per comunicare fra di noi, ma ci ha detto di no adducendo ragioni di sicurezza non meglio specificate; questi tempi di attesa sono un problema quando c’è qualcuno che sta male»; la delegazione inizialmente si reca nella «seconda semisezione nord»;
          nella cella n.  34 sono ristretti 3 detenuti sistemati in un letto a castello a tre piani; questi detenuti denunciano l'impossibilità di accedere ai corsi scolastici: «qui non c’è scuola, noi dell'alta sicurezza non possiamo frequentare i corsi»; anche i detenuti di altre celle lamentano il fatto di non poter seguire i corsi scolastici;
          per i soli detenuti comuni, invece, sono attivi corsi di scuola elementare, media, e istituto alberghiero: quest'ultimo con classi di prima e di secondo anno e con circa 18 partecipanti ai corsi nel 2012;
          il penitenziario di Castrogno ha una dislocazione extraurbana e collinare ed è difficilmente raggiungibile con i mezzi del trasporto pubblico; in relazione a quest'aspetto, molti detenuti sottolineano le difficoltà che affrontano i familiari per recarsi presso l'istituto per lo svolgimento dei colloqui: «per i colloqui è complicato, il carcere non è collegato dal punto di vista dei trasporti»;
          le salette per i colloqui sono due e, secondo quanto riferito, i tempi di attesa per i familiari sono piuttosto lunghi; un detenuto riferisce che la moglie e i 3 figli si mettono in fila alle 8.00 del mattino e riescono ad entrare generalmente intorno alle 12; «con 400 detenuti i tempi di attesa per i colloqui inevitabilmente si dilatano», spiega il vicecomandante, che aggiunge: «però diamo la possibilità di accorpare le ore per chi ha familiari che vengono da lontano»; le salette per i colloqui hanno ancora il muretto divisorio, in violazione della normativa vigente: «non è stato fatto alcun intervento, sono rimaste così come le avete viste nel 2009», riferisce il vice comandante De Amicis;
          alcuni detenuti lamentano carenze nell'assistenza sanitaria: «se stai male qui ti danno la pillola che cura tutto»; un detenuto della cella n.  36, seconda semisezione nord, racconta: «sono stato male per un'infezione alla prostata, avevo la febbre a 40 gradi, avevo il catetere con il sangue dentro e la dottoressa nemmeno mi ha controllato»;
          alcuni detenuti sottolineano di non aver potuto fare la doccia nonostante il caldo soffocante: «oggi è ferragosto, la domenica e i festivi niente doccia»; altri evidenziano l'assenza di acqua calda;
          M.G.F. ristretto nella cella n.  38, ha visto rifiutarsi «per motivi di sicurezza» l'istanza ai trasferimento in Calabria dove vive la figlia di dieci anni con un grave disturbo neurologico; il detenuto in questione viene comunque tradotto in Calabria, nel penitenziario di Catanzaro-Siano, in occasione delle udienze processuali; un detenuto ristretto nella cella n.  30 afferma: «con queste reti alle finestre non ci vedo più, gli occhi mi si stanno ammalando»;
          V.B. ha presentato istanza di trasferimento a Rebibbia, Frosinone e Viterbo, ma gli è stata rigettata nonostante la motivazione della domanda fosse legata non solo alla necessità di stare vicino alla famiglia, che è residente a Napoli, ma anche alle specifiche necessità della figlia di 4 anni non vedente, in attesa di trapianto della cornea, che può incontrare solo in istituti che abbiano sale colloqui adeguate: «il medico ha attestato che mia figlia non può affrontare un viaggio lungo e ha bisogno di una sala asettica per il colloquio», riferisce; V.B., che ha altri tre figli minori dei quali il più grande ha dieci anni, aggiunge: «faccio pochi colloqui perché mia moglie deve badare a nostra figlia»; G.E. detenuto di 64 anni, riferisce di essere gravemente malato e di aver fatto richiesta di colloquio con il magistrato di sorveglianza da almeno 5 o 6 mesi, senza aver ricevuto alcuna risposta;
          molti detenuti denunciano che «l'educatrice, la psicologa e l'assistente sociale qui non si vedono mai»;
          alcuni detenuti in passato hanno lavorato ad un progetto (il progetto L.A.D.) volto alla pitturazione delle celle, finanziato dalla cassa delle ammende; da qualche tempo i lavori sono stati sospesi a causa della carenza di agenti di polizia penitenziaria: «io vorrei lavorare, ma hanno fermato i lavori perché non ci sono le guardie che ci guardano», racconta un detenuto; «non abbiamo materialmente agenti che stiano a controllare», conferma il vice comandante, sottolineando che accanto alla carenza di personale c’è il sovraffollamento ad ostacolare il proseguimento di questa esperienza: «è evidente che se pitturiamo una cella, in quell'ambiente non possono dormire»;
          alcuni detenuti, facendo riferimento all'ubicazione della cabina telefonica (posta nel corridoio della sezione), lamentano il fatto che le telefonate non possano svolgersi in un luogo adeguato a garantire la riservatezza delle comunicazioni; la delegazione si reca nella «seconda semisezione sud»;
          U.B. ventunenne di Rosarno (Reggio Calabria) ristretto nella cella n.  3, racconta che la madre è reclusa nel carcere di Vigevano, il padre nel carcere dell'Aquila e i fratelli negli istituti di Viterbo e Benevento: «vorrei andare in un istituto dove c’è uno dei miei fratelli perché mia sorella è l'unica fuori e non ce la fa a girare tutte le carceri»; U.B. inoltre lamenta l'impossibilità di accedere a corsi scolastici: «sono arrivato qui a 18 anni, volevo proseguire la scuola superiore ma qui non c’è possibilità di studiare»;
          L.A.P. ristretto nella cella n.  19, riferisce di aver presentato diverse istanze di trasferimento per avvicinarsi alla famiglia che risiede in provincia di Palermo, senza aver mai ricevuto alcuna risposta: «non vedo le mie figlie dal novembre del 2009, sto qui da un anno e mezzo e non ho mai fatto un colloquio, ho chiesto di andare al Pagliarelli, anche per un breve periodo; la prima domanda l'ho fatta circa 9 mesi fa, l'ultima un mese fa, mai una risposta; prima ero nel carcere di Palmi: avevo chiesto un avvicinamento alla famiglia, e invece mi hanno dato un allontanamento»;
          molti detenuti lamentano l'assenza di attività: «non c’è un corso, non c’è la possibilità di studiare, nella saletta della socialità non ci sono nemmeno un tavolo e uno sgabello e il calcetto non funziona; se facciamo la domandina per parlare con l'educatore non ti chiama nessuno; va bene che noi siamo alta sicurezza, ma in questo modo non riusciamo ad andare avanti, possiamo fare 30 anni così ? Di quale rieducazione stiamo parlando ?»; un detenuto afferma: «qui ci dicono che se vogliamo 5 giorni di permesso dobbiamo collaborare»;
          C. lamenta di non aver ricevuto risposta alle domande presentate alcuni mesi fa per avere un colloquio con il direttore e con l'educatrice; questo detenuto riferisce di essere ormai prossimo alla liberazione e si dice preoccupato per i tempi burocratici di restituzione dei soldi che ha sul libretto: «so che a un altro detenuto che sul libretto aveva 1.000 euro gliene hanno dati soltanto 200 euro e gli altri dopo 4 mesi»;
          la delegazione prosegue la visita recandosi nella terza sezione (3 piano), che ospita detenuti comuni in regime di media sicurezza; le condizioni di manutenzione della struttura sono peggiori rispetto a quelle dei piani inferiori;
          i detenuti della «terza semisezione nord» lamentano l'assenza di attività e le condizioni in cui sono costretti a vivere: «con questo pavimento in cemento mangiamo polvere dalla mattina alla sera», afferma un detenuto; molti sottolineano lo stato di avanzato deterioramento dei materassi: «questi materassini in spugna sembrano colla, sono appiccicosi, non li cambiano non da anni ma da decenni, sono scaduti e strascaduti, c’è la forma della persona»; nella saletta ricreativa è presente soltanto un tavolo da ping pong inutilizzabile perché sprovvisto di racchette e pallina; oltre alle sbarre, reti a maglia stretta sono applicate alle finestre della sala ricreativa e della doccia comune;
          «l'educatore non funziona bene: se ti chiama, lo fa dopo diversi mesi dalla domandina», evidenziano in tanti;
          S.A. detenuto di 71 anni ristretto nella cella n.  28, appare in cattive condizioni di salute, è completamente sdentato e non riesce a parlare; N.H. riferisce di essere il suo piantone volontario («lo faccio gratis, spero che almeno mi possa fruttare come buon comportamento») e segnala che S.A. ha problemi al cuore, è stato operato alla lingua e non mangia da 3 giorni: «dovrebbe avere il vitto liquido ma non lo ottiene tutti i giorni, a volte gli danno il vitto solido, ma lui non può mangiarlo»;
          A.P. ristretto nella cella n.  35, riferisce di non vedere da un anno e mezzo il padre malato e di aver presentato per questo un'istanza di avvicinamento colloqui nelle carceri di Secondigliano (Napoli), Avellino, Benevento, Cassino, Santa Maria Capua Vetere: «mio padre ha un tumore, non può viaggiare, ogni tanto viene a trovarmi mia madre ma solo se l'accompagna qualche amica; io sono in questo carcere da 3 mesi, prima ero a Poggioreale, non ho mai preso un rapporto e ho sempre tenuto un buon comportamento: anche se a Poggioreale eravamo 11 in una cella, preferivo stare lì perché la lontananza dalla famiglia mi pesa troppo, soprattutto per le condizioni di salute di mio padre»;
          C.M. ristretto nella cella n.  30, riferisce di aver presentato al magistrato di sorveglianza l'istanza di concessione dei giorni di liberazione anticipata più di otto mesi fa, il 7 gennaio 2012, aver ricevuto alcuna risposta;
          in una cella della «terza semisezione sud» è ristretto G.S.    che riferisce di essere tossicodipendente e iscritto al Ser.T. dal 1993, e lamenta: «il dottor Paolini, responsabile dell'area sanitaria, e il dottor Valerio Filippo Profeta, medico del Ser.T., dicono che non sono tossicodipendente e dunque non ho la possibilità di accedere alla comunità, ma io sono tossicodipendente ! Come fanno a sostenere il contrario ?»;
          un detenuto recrimina di non riuscire a vedere la televisione dal letto: «con questi letti saldati a terra non c’è nulla da fare: chi sta giù non può vedere la tv»;
          un detenuto della cella n.  2 afferma di non aver potuto spedire alla prima firmataria del presente atto una barca a vela costruita in cella: «volevo mandargliela ma non mi hanno consentito di inviarla»;
          C.P. ristretto nella cella n.  17, racconta di aver fatto richiesta di poter essere presente al funerale della nonna, morta il 1o febbraio, 2012, e di non aver ricevuto alcuna risposta: «avrebbero potuto dirmi no, non puoi andarci, invece non mi hanno detto nulla»; A.A.D.S.    riferisce di essersi visto rigettare la richiesta di trasferimento a Napoli, dove vorrebbe tornare per stare vicino al figlio di 7 anni che ha gravi disturbi psicologici dovuti proprio alla separazione dal padre; non vede il figlio dal 16 aprile; il tetto del vano doccia della «terza semisezione sud» è in pessime condizioni a causa dell'umidità;
          i detenuti accompagnano l'uscita della delegazione dal reparto con applausi e cori («Pannella è uno di noi»);
          anche la quarta sezione ospita detenuti comuni in regime di media sicurezza: in questo piano però sono presenti principalmente detenuti stranieri e detenuti con problemi di tossicodipendenza; la delegazione si reca inizialmente nella «quarta semisezione nord»; L.B. ristretto nella cella n.  50, non ha ricevuto alcuna risposta all'istanza presentata lo scorso 25 aprile 2012 per chiedere di poter scontare il residuo della pena presso il proprio domicilio, ai sensi della legge n.  199 del 2010; questo detenuto riferisce di avere un lavoro e di aver chiesto, con istanza presentata sempre il 25 aprile 2012, di poter usufruire della misura dell'affidamento in prova al servizio sociale, senza aver ricevuto anche in questo caso alcuna risposta; inoltre, L.B. dice di aver presentato il 30 aprile istanza di liberazione anticipata: «ma ancora niente, non riesco ad avere nemmeno i 45 giorni di liberazione anticipata, il magistrato di sorveglianza non risponde»;
          nella cella n.  45 è ristretto A.E.    che finisce di scontare la sua pena nell'agosto del 2013, e afferma di avere un tumore alla prostata e di essere stato dichiarato incompatibile con il regime carcerario sia dai sanitari del carcere di Regina Coeli che da quelli del carcere di Teramo, ma la sua istanza è stata rigettata perché il magistrato di sorveglianza sostiene, invece, che il suo stato di salute è perfettamente compatibile;
          M.D.G. ristretto nella cella n.  44, è un detenuto tossicodipendente che, piangendo, riferisce di aver tentato il suicidio: «sto male, ho ansia, il Ser.T. non mi segue; ho 4 figli piccoli: due gemelli di 4 anni, uno di 3 anni e l'ultimo ha un anno e mezzo; sono stato arrestato per un vecchio reato risalente al 2002, prima lavoravo come operatore ecologico, adesso ho finito, sono povero, ho cercato di togliermi la vita»;
          M.F. è un detenuto tunisino che da tempo è sceso sotto i 2 anni di residuo pena: per questo motivo ha presentato 7 mesi fa la richiesta di essere espulso nel suo Paese, ma non ha mai ricevuto risposta; stesso discorso per il suo compagno di cella C.R. che ha presentato l'istanza 2 mesi fa; il fratello di M.F. si è suicidato il 12 settembre 2009 nel carcere di Prato;
          J.C.N.W.N. detenuto ruandese ristretto nella cella n.  35, non ha ancora ricevuto alcuna risposta all'istanza di liberazione anticipata presentata il 15 maggio scorso;
          molti detenuti sottolineano l’«inesistenza» di assistenza psichiatrica e psicologica;
          G.D.S. giovane detenuto ristretto nella cella n.  37, racconta commosso: «dall'inizio dell'anno in questo carcere si sono suicidati quattro di noi e non è stata fatta nemmeno una messa per ricordarli, ci sono rimasto male»; G.D.S. prosegue: «ho chiesto di andare in cappella per fare una preghiera, ho fatto un'apposita domanda, ma niente, io sono qua da 4 mesi, non l'abbiamo mai visto un cappellano e la messa non si fa»;
          E.H. e A.E. ristretti nella cella n.  39, riferiscono di essere in attesa di giudizio da 10 mesi e mostrano grande preoccupazione per la loro sorte processuale; questi detenuti conoscono pochissime parole di italiano;
          nella cella n.  42 sono ristretti M.M. detenuto della Sierra Leone, e J.O. nigeriano di 40 anni; quest'ultimo riferisce di trovarsi in carcere da meno di un mese e di non conoscere le ragioni del suo arresto;
          un numero consistente di detenuti stranieri non parla e non comprende la lingua italiana, dichiara di non conoscere la propria situazione processuale e riferisce di non aver mai incontrato il proprio difensore d'ufficio;
          molti detenuti, specialmente stranieri, versano in condizioni di totale indigenza e affermano di non ricevere alcun sussidio, nemmeno per fare fronte ad esigenze primarie;
          A.B.F.    detenuto tunisino, è disperato perché gli è arrivato un vecchio definitivo del 1998 (in tutto 6 anni, di cui 3 scontati); prima dell'arresto si è sposato e ha avuto 3 bambine che vivono con la madre a Martinsicuro: «così ho perso tutto»; gli hanno rigettato l'istanza di affidamento in prova presso l'impresa edile dello zio;
          R.T. detenuto rumeno, riferisce di avere un residuo pena di 6 mesi e di aver presentato domanda per finire di scontare la condanna in Romania, senza aver mai ricevuto alcuna risposta; anche J.A.B. con un residuo di pena da scontare inferiore a 2 anni, ha chiesto di poter tornare in Romania;    
          C.F. racconta che il 4 luglio 2012, gli è nata una bambina e ha chiesto di poterla riconoscere, ma nessuno gli ha fatto sapere alcunché; la delegazione visita, infine, la «quarta semisezione sud»;
          alcuni detenuti lamentano le condizioni di estrema povertà in cui sono costretti a vivere: «non abbiamo i soldi nemmeno per lo shampoo»; altri evidenziano la scarsa varietà del vitto: «da 3 giorni mangiamo solo riso, qui ci danno sempre e solo riso»;
          B.C. è un marocchino di 23 anni ristretto nella cella n.  3; questo detenuto, che presenta vistose cicatrici in diverse parti del corpo (braccia, petto, pancia, cosce), conseguenza di atti di autolesionismo, appare in stato di forte agitazione e racconta così la sua vicenda: «ho problemi di tossicodipendenza con la cocaina, il Ser.T. non funziona, per calmarmi mi danno una terapia, il farmaco si chiama Akineton; prima ero nel carcere di Marassi (Genova), poi 6 mesi a Verona, ora qua da 3 mesi; a Verona sono stato sempre al 14-bis, anche qui, ora me l'hanno tolto da 3 giorni; a Verona ho tentato il suicidio tre volte; qui non mi aiuta nessuno, sono senza soldi, vorrei almeno lavorare; 3 mesi fa ho fatto la domanda per tornare in Liguria per stare vicino alla mia ragazza, non mi hanno risposto neppure per dirmi di no»;
          H.E.H. detenuto tunisino di 29 anni, riferisce di essere in carcere dal 2008 e di avere il fine pena nel giugno 2013; il suo timore è di essere espulso in Tunisia, mentre lui vorrebbe andare in Francia, dove dice di avere i documenti e un figlio di 4 anni: «sto qua senza fare colloqui, senza la famiglia, senza soldi, senza lavoro; ho girato 7 carceri, ormai ho quasi finito la mia pena ma non voglio tornare in Tunisia, lì c’è una situazione di guerra, voglio andare in Francia dal mio bambino; sono dentro per violazione della legge sulla droga»; un detenuto della cella n.  10 lamenta: «stiamo chiusi tutto il giorno, ho fatto mille domandine per parlare con il magistrato di sorveglianza ma non mi ha risposto, ho scritto anche al direttore ma nemmeno lui mi ha risposto, mi mancano soltanto 10 mesi da scontare, vorrei qualche lavoretto, sarei disposto pure a lavorare gratis, come volontario, pur di non stare tutto il giorno chiuso in cella»;
          M.D. ventisettenne albanese ristretto nella cella n.  15, ha un residuo pena di circa 17 mesi e afferma di aver presentato sia un'istanza per accedere alla misura alternativa di affidamento in prova al servizio sociale sia, in alternativa, una richiesta di trasferimento in Albania, dove vive la famiglia; non ha ancora ricevuto risposta;
          C.O. ristretto nella cella n.  4, ha fatto richiesta di trasferimento negli istituti di Napoli Secondigliano, Benevento e Isernia, per stare più vicino alla famiglia; ha 5 figli, tutti minorenni; questo detenuto inoltre riferisce di aver fatto richiesta di un colloquio con il magistrato di sorveglianza, senza ancora essere riuscito a incontrarlo: «è da un anno che faccio domande per parlare con il magistrato di sorveglianza, qui non esiste il magistrato di sorveglianza»;
          nella cella n.  17 sono ristretti due gemelli macedoni di 25 anni: V.M.    riferisce di aver indirizzato al magistrato di sorveglianza un'istanza per un permesso, e di non aver ricevuto alcuna risposta dopo oltre 2 mesi dalla presentazione della domanda; A.M. soffre di vene varicose e lamenta carenze nell'assistenza medica; L.M. ristretto nella cella n.  24, ha il fine pena nel febbraio 2013 e lo scorso 24 giugno ha presentato la domanda per scontare il residuo della pena presso il proprio domicilio, ex legge n.  199 del 2012: «ancora non mi ha risposto nessuno»;
          F.T. detenuto di 25 anni ristretto nella cella n.  22, ha il fine pena nel 2018 e vorrebbe seguire corsi di liceo scientifico, che nel carcere di Teramo non sono attivi; per questo ha presentato una richiesta di trasferimento nella casa di reclusione di Porto Azzurro (Livorno);
          M.R. detenuto rumeno di 27 anni recluso nella cella n.  25, ha un residuo pena di 6 mesi e lamenta di non aver ricevuto alcuna risposta all'istanza presentata circa 3 mesi fa per scontare il residuo della pena presso il domicilio, ai sensi della legge 199 del 2010; con riferimento all'assenza dell'ascensore, l'ispettore Rapini evidenzia la gravità di questo limite strutturale: «in questo carcere abbiamo detenuti malati di cuore: in caso di emergenza come li portiamo fuori ?»;
          secondo quanto riferito da molti detenuti, gli spazi dove si svolgono le ore d'aria (i cosiddetti passeggi) sono dotati di una copertura molto piccola, che assicura una zona d'ombra solo al mattino ma non al pomeriggio: «di pomeriggio c’è sempre il sole e il passeggio è un forno crematorio»;
          l'articolo 28 della legge 26 luglio 1975, n.  354 (ordinamento penitenziario), stabilisce che «particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie»;
          l'articolo 15 della medesima legge prescrive che «nel disporre i trasferimenti deve essere favorito il criterio di destinare i soggetti in istituti prossimi alla residenza delle famiglie»; il comma 2 dell'articolo 62 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n.  230 (Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà), dispone che «particolare attenzione è dedicata ad affrontare la crisi conseguente all'allontanamento del soggetto dal nucleo familiare, a rendere possibile il mantenimento di un valido rapporto con i figli, specie in età minore, e a preparare la famiglia, gli ambienti prossimi di vita e il soggetto stesso al rientro nel contesto sociale»; l'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n.  230 del 30 giugno 2000 prevede che «Il magistrato di sorveglianza, nell'esercizio delle sue funzioni di vigilanza, assume, a mezzo di visite e di colloqui e, quando occorre, di visione di documenti, dirette informazioni sullo svolgimento dei vari servizi dell'istituto e sul trattamento dei detenuti e degli internati»; il 1o comma dell'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n.  230 del 30 giugno 2000 prevede altresì che «Il magistrato di sorveglianza, il provveditore regionale e il direttore dell'istituto, devono offrire la possibilità a tutti i detenuti e gli internati di entrare direttamente in contatto con loro. Ciò deve avvenire con periodici colloqui individuali, che devono essere particolarmente frequenti per il direttore. I predetti visitano con frequenza i locali dove si trovano i detenuti e gli internati, agevolando anche in tal modo la possibilità che questi si rivolgano individualmente ad essi per i necessari colloqui ovvero per presentare eventuali istanze o reclami orali. (...)»  –:
          quali siano le ragioni per le quali, nonostante le segnalazioni contenute nelle interrogazioni a risposta scritta – n.  4-04862 (visita ispettiva del 2 novembre 2009) e n.  4-05612 (visita ispettiva del 25 dicembre 2009), non si sia ritenuto di dover intervenire per rimuovere le evidenti illegalità riguardanti il carcere di Teramo-Castrogno;
          quali urgenti iniziative si intendano assumere per garantire normali condizioni di vita ai detenuti ed agli operatori del carcere di Castrogno; in particolare, entro quali tempi si preveda che l'istituto possa rientrare nella dimensione regolamentare dei posti previsti; cosa intendano fare, negli ambiti di rispettiva competenza, per garantire il diritto alla salute dei detenuti e, in particolare, entro quali tempi verrà ripristinata un'adeguata assistenza psicologica e psichiatrica;
          cosa si intenda fare per garantire ai detenuti l'attività trattamentale, sia essa di studio e/o di formazione e lavoro, atta a preparare il futuro reinserimento sociale previsto dall'articolo 27 della Costituzione;
          se non si intendano adottare le opportune iniziative al fine di aumentare l'organico degli agenti penitenziari, degli educatori e per quanto di competenza degli psicologi e degli assistenti sociali in servizio presso il predetto istituto di pena, in modo da rendere lo stesso adeguato al numero delle persone recluse;
          se non si ritenga di dover urgentemente disporre il completo rifacimento della vetusta ed obsoleta sala-colloqui, dotata ancora del vietato muretto divisorio, in modo da garantire un miglior contatto umano tra detenuti e familiari e, più in generale, entro quali tempi verrà garantito un normale funzionamento dell'istituto quanto alla manutenzione, al riscaldamento, all'accesso quotidiano alle docce;
          per quale ragione si sia deciso di installare recentemente le vietate grate a maglie strette davanti alle sbarre delle finestre, limitando in tal modo sensibilmente l'ingresso della luce; se ed in che modo si intendano potenziare, all'interno della struttura penitenziaria in questione, le attività di orientamento e formazione al lavoro e di ricerca di posti di lavoro da offrire ai detenuti, in particolar modo per quelli che hanno quasi finito di scontare la pena; se ritenga di dover intervenire affinché siano separati i detenuti imputati da quelli già condannati;
          quale sia il carico di lavoro della magistratura di sorveglianza di Teramo e se intenda assumere iniziative ispettive in considerazione di quella che agli interroganti risulta essere un'inadeguata e carente risposta alle istanze avanzate alla stessa da parte dei detenuti;
          se, in base ai commi 1 e 2 dell'articolo 69 della legge 26 luglio 1975, n.  354 il magistrato di sorveglianza di Teramo vigilando come è suo compito sulla organizzazione degli istituti di prevenzione e di pena abbia mai prospettato al Ministro della giustizia le esigenze dei vari servizi del carcere di Teramo-Castrogno con particolare riguardo alla attuazione del trattamento rieducativo;
          se il Ministro della giustizia intenda intervenire in merito ai casi descritti in premessa;
          stante la richiesta di alcuni detenuti del carcere di Teramo-Castrogno di poter scontare la pena o vivere la custodia cautelare vicino al proprio contesto familiare, cosa intenda fare il Ministro per rendere possibile il mantenimento di un valido rapporto del detenuto con i propri familiari e i figli, specie in età minore;
          se il Governo non intenda assumere iniziative volte a destinare maggiori fondi e risorse al potenziamento delle misure alternative al carcere, anche attraverso la creazione di percorsi protetti di reinserimento sociale e lavori socialmente utili per tutti i condannati a pene inferiori ai tre anni di reclusione;
          quali iniziative abbia intrapreso il Governo a seguito dei quattro suicidi che si sono verificati quest'anno nel carcere di Teramo;
          se non ritenga di dover intervenire per assicurare la mediazione culturale per i detenuti stranieri che non sono nemmeno in grado di conoscere la propria condizione processuale;
          se e quali iniziative intenda assumere per rendere effettiva la possibilità per i detenuti stranieri che lo richiedano di scontare gli ultimi due anni di pena nel Paese d'origine; se non ritenga di dover intervenire per assicurare l'assistenza religiosa, messa domenicale compresa, richiesta da un buon numero di detenuti anche assumendo gli opportuni contatti con la Curia di Teramo;
          di quali elementi disponga il Governo con riferimento all'attuazione della legge n.  199 del 2010, e quali iniziative, anche normative, di competenza intenda assumere al riguardo qualora rilevasse che tale attuazione è insoddisfacente. (4-17468)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          domenica 19 agosto 2012 l'interrogante è tornata a visitare il carcere di Potenza accompagnata dagli esponenti radicali, Maurizio Bolognetti e Maria Antonietta Ciminelli;
          il giorno della visita i detenuti presenti erano 114 a fronte di una capienza regolamentare di 156 posti secondo la risposta del Governo all'interrogazione n.  5-06717 e di 210 secondo quanto pubblicato sul sito del Ministero della giustizia;
          fatto sta che tutti i detenuti si trovano ristretti nella sezione penale, essendo quella giudiziaria chiusa per ristrutturazione e il sovraffollamento è immediatamente visibile dalla presenza di letti a castello, come nella cella n.  8 dove si trovano i cosiddetti «protetti», sistemati in due letti a castello, uno a due piani e l'altro a tre; i detenuti stranieri sono in tutto 16; i tossicodipendenti sono in tutto 30;
          i detenuti escono dalle loro celle per le canoniche 4 ore d'aria e per 2 ore da trascorrere nella saletta della socialità; spesso nelle stanze detentive convivono tanto i detenuti condannati quanto quelli che sono in attesa di giudizio; l'offerta scolastica si limita alle elementari e alle medie mentre durante l'anno si svolgono corsi di informatica e di vivaista ai quali però non possono partecipare i detenuti «protetti» per carenza di personale;
          nel carcere di Potenza, il rapporto fra detenuti e agenti è ottimo e alcuni ristretti napoletani lo confrontano con quello, pessimo, avuto con gli agenti di Poggioreale; gli agenti spiegano che sono riusciti ad organizzare un paio di mesi di cineforum e con orgoglio fanno notare una locandina intitolata «Olimpiadi all'ombra»: l'area trattamentale di concerto con l'area sicurezza ha organizzato, nel periodo 6 luglio-9 agosto, un torneo di calcetto a 8, un corso di basket e poi tornei di battimuro, morra cinese e sprint dei 10 metri (il «passeggio» non consente distanze maggiori); pur essendoci la biblioteca questa non viene utilizzata per mancanza di personale;
          quanto al lavoro, la delegazione trova la situazione migliorata: il salario non è così miserrimo come riscontrato nelle visite precedenti (poche decine di euro al mese): ora i giudicabili prendono 650/700 euro mensili mentre i definitivi sono retribuiti con circa 500 euro; unico neo è che le mercedi vengono corrisposte con 4-5 mesi di ritardo;
          dal punto di vista strutturale e di condizioni igienico-sanitarie si segnala un miglioramento generalizzato dell'istituto anche se permangono alcune vistose carenze che ancora colpiscono la dignità delle persone private della libertà nel carcere di Potenza: nelle celle 21, 22 e 23 c’è ancora il WC a vista e nella sala colloqui persiste il muretto divisorio; in aggiunta, in alcune celle, sono state recentemente installate davanti alle sbarre delle finestre delle reti a maglia stretta che riducono l'ingresso della luce e dell'aria; il muro di cinta non ha avuto alcun intervento manutentivo nonostante crolli a pezzi come segnalato in precedenti atti di sindacato ispettivo;
          nel carcere di Potenza non esiste il reparto e il servizio «nuovi giunti»;
          fra i detenuti incontrati, si segnalano i casi di:
              O.G. lamenta la distanza dalla famiglia e ci dice che ha 4 bambini; fortunatamente annuncia che il suo fine pena arriverà fra 110 giorni;
              A.M.F. da maggio ha chiesto un colloquio con il magistrato di sorveglianza senza aver ricevuto risposta; da tre mesi non può vedere i suoi 2 figli minori e le sue condizioni familiari sono così disagiate che sua moglie è ospite insieme ai due bambini della casa di accoglienza «Il Quadrifoglio»; il detenuto è molto preoccupato per il momento in cui uscirà dal carcere perché potrà disporre solo di un lavoro in nero (con i giorni di liberazione anticipata, sarà libero a febbraio del prossimo anno);
              M.B. deve scontare ancora molti anni (fine pena 2018); sei mesi fa, quando era detenuto a Poggioreale, ha presentato istanza per essere trasferito nella casa penale dell'isola di Gorgona per poter lavorare e riabilitarsi pienamente; non avendo ricevuto risposta, ha il dubbio che la sua richiesta non sia stata trasmessa al DAP; M.B. ha un figlio di 16 anni che vive con la madre, ha perso un fratello in un incidente automobilistico e ha visto morire un suo compagno di cella di soli 47 anni stroncato da un infarto;
              a G.C. manca solo un mese per finire di scontare la sua pena; è molto sconfortato perché ha due figli minori affetti da epilessia e uno dei due non lo vede da 17 mesi;
              A.P. come molti, è stato trasferito a Potenza da Poggioreale per sfollamento; a Poggioreale, il 20 marzo 2012, ha presentato istanza per accedere alla legge n.  199 del 2010 e successive modificazioni, ma ancora non ha ricevuto risposta; adesso gli mancano 11 mesi e teme che la risposta arrivi a ridosso del fine pena;
              B.P. anche lui si trova a Potenza da tre mesi per sfollamento dal carcere di Poggioreale; è molto preoccupato perché a Poggioreale aveva preparato tutte le carte per essere trasferito all'Istituto a Custodia Attenuata per Tossicodipendenti (I.C.A.T.T.) di Lauro e ora non sa più niente;
              D'O.S. il 12 giugno ha presentato istanza per accedere alla legge n.  199 del 2010 e successive modificazioni ma teme che la risposta arrivi quando avrà finito di scontare l'intera pena, cioè a febbraio 2013;
              M.E.B. è in una situazione di estrema indigenza e ha molto bisogno di svolgere un qualsiasi tipo lavoro;
              M.A.D. è stato trasferito dal carcere di Brescia dove ha potuto fare fino alla metà del terzo anno di geometra; nel carcere di Potenza non può proseguire gli studi perché le scuole si fermano alle medie;
              V.S. racconta che da incensurato è stato condannato a un anno e sette mesi per inosservanza del DASPO e che lui stesso si sia consegnato nel carcere di Potenza appena la sentenza è divenuta definitiva; il 20 luglio 2012 ha presentato istanza per accedere alla legge n.  199 del 2010;
              P.P. quando stava a Poggioreale, per l'esattezza l'8 maggio 2012, ha fatto richiesta per la concessione dei giorni di liberazione anticipata senza ricevere risposta; avendo un fine pena molto lungo, il 30 marzo del 2011 ha avanzato istanza per essere trasferito a Rebibbia, anche in questo caso, senza ottenere risposta;
              M.L.: si tratta di un caso già segnalato in un'interrogazione precedente della prima firmataria del presente atto; M.L. padre di cinque figli che vivono a Voghera fu trasferito a Potenza da Pavia; quando l'interrogante lo incontrò doveva scontare ancora 20 mesi di reclusione; ora gli mancano 9 mesi e, oltre al rigetto dell'istanza riguardante la legge n.  199 del 2010, si è visto respingere anche l'istanza di trasferimento con la motivazione che «le carceri della Lombardia sono sovraffollate»;
              C.L. trasferito da Secondigliano, racconta che la moglie e la figlia soffrono di epilessia e che in 3 anni e mezzo ha potuto vederle solo 10 volte. C.L. vorrebbe tornare a Secondigliano e ha presentato domanda di trasferimento;
              L.T. lamenta problemi per ottenere i benefici: un'azienda, è pronta ad assumerlo e pur avendo ottenuto il parere favorevole del Sert e della direzione, non riesce ad ottenere l'affidamento;
              P.P. sostiene di aver già scontato la condanna di 1 anno e sei mesi;
              B.P. vorrebbe essere trasferito a Napoli per stare vicino alla famiglia;
              S.D. ha fatto richiesta di accedere alla legge n.  199 del 2010 ma ancora non ha ricevuto risposta;
              G.M. è da dicembre a Potenza per un reato commesso nel 2002;
          il reparto femminile ospita 17 detenute; alcune di loro si lamentano di poter fare poche docce;
              C.R. è da due mesi in lista di attesa per un intervento chirurgico;
              M.F. e le sue compagne detenute A. e M. sono state trasferite a Potenza per sfollamento dal carcere di Pozzuoli; M.F. non vede il figlio di 3 anni da un anno e mezzo e il grande, che ha dieci anni, non lo vede da quando è stata trasferita, cioè da due mesi; anche i colloqui telefonici non le sono consentiti perché sono ancora in corso accertamenti sull'utenza;
          particolarmente toccante è stato per la delegazione l'incontro con una detenuta rumena 22enne entrata da pochi mesi in Italia che si esprimeva con difficoltà e che in un pianto a dirotto ha spiegato di non aver parlato con l'avvocato d'ufficio e di non sapere alcunché della sua condizione processuale;
          rispondendo alla precedente interrogazione n.  5-06717 il Ministero della giustizia aveva rappresentato che a causa della riduzione degli stanziamenti sui capitoli di spesa per l'edilizia penitenziaria non era stato ancora possibile eseguire gli interventi relativi: 1) alla ristrutturazione delle sale colloqui ai sensi dell'ordinamento penitenziario; 2) alla ristrutturazione del muro di cinta che richiede una spesa di importo pari a 5 milioni di euro; 3) al risanamento ed adeguamento al decreto del Presidente della Repubblica n.  230 del 2000 dei reparti detentivi e della sala colloqui: per il lotto dei lavori la spesa stimata è di 3.150.000,00 euro; 4) al ripristino dell'integrità delle coperture del fabbricato (la spesa prevista è di 32 mila euro); 5) al ripristino degli impianti termici, per un costo pari a 31 mila euro; 6) al ripristino dell'impianto antincendio per un importo di 15 mila euro;
          l'articolo 28 della legge 26 luglio 1975, n.  354 (ordinamento penitenziario), stabilisce che «particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie»;
          l'articolo 15 della medesima legge prescrive che «nel disporre i trasferimenti deve essere favorito il criterio di destinare i soggetti in istituti prossimi alla residenza delle famiglie»;
          il comma 2 dell'articolo 62 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n.  230 (Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà), dispone che «particolare attenzione è dedicata ad affrontare la crisi conseguente all'allontanamento del soggetto dal nucleo familiare, a rendere possibile il mantenimento di un valido rapporto con i figli, specie in età minore, e a preparare la famiglia, gli ambienti prossimi di vita e il soggetto stesso al rientro nel contesto sociale»;
          l'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n.  230 del 30 giugno 2000 prevede che «Il magistrato di sorveglianza, nell'esercizio delle sue funzioni di vigilanza, assume, a mezzo di visite e di colloqui e, quando occorre, di visione di documenti, dirette informazioni sullo svolgimento dei vari servizi dell'istituto e sul trattamento dei detenuti e degli internati»;
          il 1° comma dell'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n.  230 del 30 giugno 2000 prevede altresì che «Il magistrato di sorveglianza, il provveditore regionale e il direttore dell'istituto, devono offrire la possibilità a tutti i detenuti e gli internati di entrare direttamente in contatto con loro. Ciò deve avvenire con periodici colloqui individuali, che devono essere particolarmente frequenti per il direttore. I predetti visitano con frequenza i locali dove si trovano i detenuti e gli internati, agevolando anche in tal modo la possibilità che questi si rivolgano individualmente ad essi per i necessari colloqui ovvero per presentare eventuali istanze o reclami orali. (...)»  –:
          quali urgenti iniziative si intendano assumere per garantire normali condizioni di vita ai detenuti ed agli operatori del carcere di Potenza; in particolare, entro quali tempi si preveda che l'istituto possa rientrare nella sua piena funzionalità;
          cosa si intenda fare per incrementare l'attività trattamentale, sia essa di studio e/o di formazione e lavoro, atta a preparare il futuro reinserimento sociale previsto dall'articolo 27 della Costituzione;
          se non si intendano adottare le opportune iniziative al fine di aumentare l'organico degli agenti penitenziari, degli educatori e, per quanto di competenza, degli psicologi e degli assistenti sociali in servizio soprattutto in vista della riapertura del reparto oggi chiuso;
          quando si interverrà per disporre il completo rifacimento della vetusta ed obsoleta sala-colloqui, dotata ancora del vietato muretto divisorio, in modo da garantire un miglior contatto umano tra detenuti e familiari e, più in generale, entro quali tempi verrà garantito un normale funzionamento dell'istituto quanto alla ristrutturazione del muro di cinta, al risanamento ed adeguamento dei reparti detentivi, al ripristino dell'integrità delle coperture del fabbricato, al ripristino degli impianti termici e dell'impianto antincendio;
          se ed in che modo si intendano potenziare, all'interno della struttura penitenziaria in questione, le attività di orientamento e formazione al lavoro e di ricerca di posti di lavoro da offrire ai detenuti, in particolar modo per quelli che hanno quasi finito di scontare la pena;
          se ritenga di dover intervenire affinché siano separati i detenuti imputati da quelli già condannati;
          se intenda assumere iniziative ispettive con riferimento a quella che agli interroganti risulta essere un'inadeguata e carente risposta della magistratura di sorveglianza alle istanze avanzate alla stessa da parte dei detenuti;
          se, in base ai commi 1 e 2 dell'articolo 69 della legge 26 luglio 1975, n.  354 il magistrato di sorveglianza di Potenza vigilando come è suo compito sulla organizzazione degli istituti di prevenzione e di pena abbia mai prospettato al Ministro della giustizia le esigenze dei vari servizi del carcere di Potenza, in particolare riguardo alla attuazione del trattamento rieducativo;
          se il Ministro della giustizia intenda intervenire in merito ai casi descritti in premessa;
          cosa intenda fare il Ministro per rendere possibile il mantenimento di un valido rapporto dei detenuti nel carcere di Potenza con i propri familiari e i figli, specie in età minore;
          se il Governo non intenda assumere iniziative volte a destinare maggiori fondi e risorse al potenziamento delle misure alternative al carcere, anche attraverso la creazione di percorsi protetti di reinserimento sociale e lavori socialmente utili per tutti i condannati a pene inferiori ai tre anni di reclusione;
          se non ritenga di dover intervenire per assicurare la mediazione culturale per i detenuti stranieri che non sono nemmeno in grado di conoscere la propria condizione processuale;
          di quali elementi disponga il Governo con riferimento all'attuazione della legge n.  199 del 2010 e quali iniziative, anche normative, di competenza intenda assumere al riguardo qualora rilevasse che tale attuazione è insoddisfacente. (4-17469)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


      COMPAGNON. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.— Per sapere – premesso che:
          in seguito a dei danni provocati da una frana lungo la tratta ferroviaria Sacile-Gemona, dal 6 luglio 2012 i collegamenti su ferro sono sostituiti da un servizio su gomma;
          Ferrovie dello Stato spa ha annunciato, tuttavia, che il servizio di autobus sostitutivo è garantito solo fino all'8 dicembre 2012, data dopo la quale non si conoscono le determinazioni della direzione centrale di FS;
          sono francamente incomprensibili le motivazioni del perdurare della sospensione del servizio ferroviario, atteso che la rete appare operativa: non risultano, infatti, visibili i danni causati dalla frana e dal deragliamento del Minuetto e la ferrata appare in perfetto stato, visto che anche la ghiaia del sedime è stata perfettamente risistemata lungo il tratto interessato;
          non è la prima volta che la linea Sacile-Gemona viene messa in discussione: nel 2009 è stata chiusa per tre mesi – ufficialmente per lavori di potenziamento – e quasi ogni estate, con varie giustificazioni, FS ha sospeso la circolazione dei treni per alcune settimane;
          secondo Ferrovie Spa la manutenzione della suddetta linea comporta costi (circa 1 milione di euro all'anno) che non troverebbero bilanciamenti nelle entrate, vista la bassa frequentazione di passeggeri, per gran parte rappresentati da studenti;
          è attualmente vigente il contratto di servizio che prevede il mantenimento della linea fino al 2014, contratto che peraltro la regione è intenzionata a prorogare per il servizio passeggeri;
          l'operatività della linea Gemona-Osoppo rappresenta una questione annosa la cui dismissione rischierebbe di ricadere negativamente anche sulle attività produttive e le industrie che operano nell'ambito del distretto del CIPAF – Consorzio per lo sviluppo industriale ed economico Alto Friuli, ove lo scalo ferroviario movimenta ogni anno oltre 35.000 carri e circa 1 milione e mezzo di tonnellate di merci;
          il business dei treni storici che tanto successo stanno avendo all'estero, così come il diffusissimo fenomeno della formula «bici+treno» (che quest'anno ha avuto un incremento esponenziale lungo la Pontebbana grazie all'introduzione del servizio Micotra Udine-Villach) dovrebbero offrire l'occasione per rivalutare le potenzialità della linea che non può essere circoscritta alla solo utenza scolastica e/o pendolare, ma che dovrebbe invece tener conto della vocazione turistica della zona;
              la regione Friuli Venezia Giulia e le diverse amministrazioni locali ritengono che il territorio interessato non abbia bisogno di nuove e costose infrastrutture, ma di progetti chiari, moderni e mirati, adeguati alle nuove esigenze riconducibili alle prospettive di sviluppo testé richiamate;
          nel comprendere le necessità degli equilibri di bilancio societari, si ritiene tuttavia che la gestione di un servizio pubblico universale dovrebbe andare oltre il semplice esercizio contabile  –:
          quali urgenti iniziative, per quanto di propria competenza, ritenga di promuovere nei confronti dei vertici di Ferrovie dello Stato spa volte ad avviare un tavolo di lavoro con tutte le parti interessate (comuni della Pedemontana, regione Friuli Venezia Giulia e la stessa Ferrovie dello Stato) per fare definitiva chiarezza circa le reiterate chiusure della suddetta tratta ferroviaria, nonché per progettare un serio piano di valorizzazione e rilancio della vallata, sfruttando le potenzialità turistiche del territorio. (3-02451)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      IANNUZZI. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          dal 1o gennaio 2011 è entrato in vigore il nuovo sistema tariffario lungo l'autostrada Napoli-Pompei-Salerno, fondato su pedaggi differenziati e legati al chilometraggio effettivamente percorso;
          il nuovo meccanismo si basa sul principio dell'isocosto, in base al quale gli introiti della SAM (Autostrade meridionali), società concessionaria di tale autostrada, dovranno, con l'introduzione della tariffa differenziata, risultare eguali a quelli dell'anno 2010, quando erano in vigore i precedenti pedaggi unici ed indifferenziati lungo l'intera tratta ed a prescindere dal percorso in concreto effettuato;
          infatti, i nuovi pedaggi differenziati non debbono risolversi in un indebito ed illegittimo incremento di introiti per la SAM, a danno delle comunità interessate;
          del resto, nell'attivare il nuovo modello tariffario, sono stati applicati, ad avviso dell'interrogante, senza la neppur minima giustificazione, pedaggi più elevati e «salati» per i cittadini rispetto a quelli pure preannunciati dal Governo nella seduta della Commissione trasporti della Camera del 21 luglio 2010;
          infatti, in particolare, dal gennaio 2011 la tariffa minima è stata fissata a 0,80 euro e non già a 0,60 euro come invece indicato a luglio 2010, ed è stato poi introdotto quello che all'interrogante appare un assurdo e immotivato aumento della tariffa unica, rimasta ancora in vigore per gli utenti non muniti di telepass, che è stata elevata da 1,60 euro a ben 2 euro, con un aumento pesantissimo ed abnorme del 25 per cento, un aumento che non ha alcun riscontro in tutti gli aumenti tariffari divenuti operativi dal 1o gennaio 2011 sulle diverse tratte autostradali in ogni parte d'Italia, nelle quali il suddetto incremento non supera mai qualche punto percentuale;
          per queste ragioni è necessario conoscere ed acquisire le cifre precise relative agli introiti ricavati dalle SAM dal 1o gennaio 2012 in poi, nell'esercizio dei fondamentali e doverosi compiti di controllo e vigilanza che spettano all'ANAS ed al Governo nei confronti della SAM, nonché per l'indispensabile informazione che deve essere assicurata puntualmente e tempestivamente al Parlamento;
          ove fossero registrati introiti superiori e più alti, la tariffa dei pedaggi differenziati e quella del pedaggio unico per gli automobilisti senza telepass dovrebbero essere immediatamente ridotte, nell'interesse generale dei cittadini, dei territori e delle comunità coinvolte, delle tantissime persone che ogni giorno utilizzano l'autostrada per esigenze di studio e di lavoro;
          in risposta all'interrogazione firmatario del presente atto n.  5-06202, il Sottosegretario alle infrastrutture e ai trasporti Guido Improta, nella seduta della VIII Commissione del 24 aprile 2012, ha fornito i dati ufficiali relativi al volume di traffico e degli introiti realizzati dalla SAM, nel 2011 lungo l'autostrada Napoli-Pompei-Salerno;
          in base a questi dati, è risultato che nel 2011 «il nuovo sistema tariffario ha determinato» «un maggior introito da pedaggio alla società concessionaria» «per un totale di 2.234,313 euro», con un incremento significativo rispetto al 2010;
          di conseguenza dal 1o gennaio 2012 sono stati giustamente ridotti i pedaggi differenziati;
          occorre ora verificare i livelli di introiti per la SAM nel corso del 2012;
          infatti, ove le entrate per la Società concessionaria, superassero i livelli del 2010, andrebbe stabilita una nuova, giusta e doverosa diminuzione dei livelli tariffari;
          quali siano le cifre precise relative agli introiti conseguiti dalla Società Autostrade meridionali nell'anno 2012, per verificare il livello delle entrate derivanti dai pedaggi differenziati lungo l'autostrada Napoli-Pompei-Salerno rispetto a quello delle entrate provenienti dal pedaggio unico ed indifferenziato in vigore fino al 31 dicembre 2010, e per determinare, ove ne ricorressero le condizioni, la tempestiva e congrua riduzione per il 2013 dei livelli tariffari dei pedaggi. (5-07731)


      IANNUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          dal prossimo 9 settembre 2012, diventeranno operativi nuovi e pesanti tagli nei collegamenti ferroviari in Campania lungo diverse linee regionali ed interregionali;
          tali ulteriori tagli sono ancor più gravi ed ingiustificati dopo la drastica riduzione che si è verificata in Campania nei collegamenti ferroviari nel 2010 e nel 2011, a causa delle consistenti e rilevanti decurtazioni, decise dal Governo Berlusconi nei trasferimenti erogati dallo Stato alla regione Campania per il trasporto pubblico ferroviario;
          in particolare verrebbero soppressi in misura pesantissima i collegamenti lungo le linee Benevento-Avellino – Salerno, Benevento-Avellino, Avellino-Salerno;
          inoltre il rischio della soppressione investirebbe anche i collegamenti Salerno-Mercato San Severino e l'unico collegamento giornaliero Benevento-Avellino-Roma;
          altri tagli riguardano le tratte Torre Annunziata-Castellammare di Stabia e Sessa Aurunca-Minturno;
          inoltre pesanti tagli hanno già gravemente colpito i collegamenti ferroviari della Campania verso la Calabria;
          intere zone dell'entroterra campano subiranno riduzioni molto forti nei collegamenti ferroviari;
          ne discenderebbe, complessivamente una pesante contrazione dei collegamenti ferroviari atti a garantire la mobilità delle popolazioni nei territori della Valle dell'Imo, del Sannio e dell'Irpinia, e, più in generale, dell'intera regione;
          ne deriverebbero difficoltà e disagi molto duri per le esigenze di lavoro e di studio di tantissimi pendolari;
          questi nuovi tagli nei collegamenti ferroviari sono ancor più gravi ed insostenibili, considerando la netta e negativa riduzione nel trasporto pubblico su gomma già verificatisi in tante realtà della Campania che ha investito diverse Aziende pubbliche di trasporto;
          si verificherebbe una riduzione molto pesante del servizio ferroviario reso da Trenitalia nell'ambito del relativo contratto di servizio fra la regione Campania e Trenitalia;
          duramente penalizzati sono i collegamenti ferroviari dalla Campania verso la Calabria;
          su questi temi, di rilevanza decisiva per le comunità della Campania, l'interrogante ha già presentato la interrogazione a risposta in Commissione 5-06546 del 4 aprile 2012  –:
          se e quali iniziative il Governo intenda con tempestività assumere, per quanto di competenza, anche nel rapporto con Trenitalia s.p.a., per scongiurare un pregiudizio così forte e pesante nello svolgimento in Campania di un servizio essenziale come il trasporto pubblico ferroviario, con particolare riguardo ai disagi gravissimi alle comunità campane a causa della prevista soppressione (a partire dal 9 settembre 2012) di tante corse ferroviarie in Campania, soppressione che colpirebbe le province di Salerno, Avellino, Benevento, Caserta e Napoli, nonché i collegamenti ferroviari fra la Campania e la Calabria. (5-07732)

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          lungo l'autostrada Aosta-Torino vi sono tratti particolarmente pericolosi per la presenza di curvature accentuate dell'asse stradale;
          in particolare in località Quincinetto negli ultimi anni sono occorsi numerosi incidenti, anche mortali ed anche nelle ultime settimane  –:
          se e quali accertamenti il Governo abbia svolto al riguardo e se e quali interventi intenda effettuare a seguito di dette considerazioni. (4-17406)


      REGUZZONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          l'incrocio tra le Autostrade Aosta-Torino e Torino-Milano è da anni interessato da lavori di non meglio precisata natura;
          la segnaletica orizzontale di tipo giallo è già stata rifatta diverse volte in diversi anni;
          non vi è posizionamento di cantiere visibile a chi transita  –:
          se e quali motivi siano alla base del protrarsi dei lavori e come mai non sia ancora posto fine alla situazione di perdurante pericolosità. (4-17409)


      REALACCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          come risulta da numerosi articoli di stampa del Natale del 2009 forti precipitazioni piovose provocarono l'esondazione del fiume Serchio, anche a causa del cedimento di un argine che allagò ettari di territorio pisano e lucchese, causando gravi danni alle abitazioni, alle strutture produttive e alla rete viaria, interessando particolarmente la strada statale Aurelia nel territorio del comune di Vecchiano (Pisa). Ora a distanza di quasi tre anni rimane ancora molto da fare in particolare sulla rete viaria del territorio sopracitato;
          per riparare ai gravi danni della disastrosa alluvione del 2009, con provvedimento della Protezione Civile; fu deciso di prevenire la risistemazione della statale Aurelia nel tratto di alcuni chilometri dall'uscita delle autostrade Firenze Mare e Genova Livorno in direzione Viareggio e la realizzazione dei nuovi svincoli tra l'uscita autostradale e la via Traversagna a Migliarino. Il progetto, come si evince anche da numerosi articoli (ad esempio su la Nazione cronaca di Pisa dell'11 agosto e su Il Tirreno del 13 agosto 2012), fu approvato da tutti gli enti competenti il 27 gennaio 2011 ed era nato proprio a per far fronte ai danni della rovinosa alluvione e per mettere in sicurezza un tratto che per pericolosità ha pochi eguali in Italia ed Europa;
          proprio nella zona delle uscite autostradali e la via Traversagna – che sono tra le più basse del territorio vecchianese – le acque del Serchio sono rimaste per molto tempo causando danni gravi ai terrapieni dell'Aurelia, rendendola non più idonea a supportare nel tempo il traffico pesante e provocando anche ripercussioni sulla mobilità e sulle attività economiche della zona;
          come lamenta da tempo e ripetutamente l'amministrazione comunale di Vecchiano il ritardo nei lavori di sistemazione dell'Aurelia rappresentano un danno a scapito non solo dell'esigenza di spostamento degli automobilisti ma anche delle attività commerciali presenti. Attività che, secondo articoli di stampa locale, sono ancora in attesa dei risarcimenti dopo la chiusura di quasi un mese del tratto di statale tra l'uscita del casello autostradale di Pisa nord e l'incrocio con Torre del Lago  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda e quali strumenti urgenti voglia mettere in campo per risolvere il problema della piena fruibilità di un'arteria vitale per i cittadini e le attività turistiche e produttive della Versilia;
          se il Ministro voglia poi intervenire, per quanto di competenza, anche favorendo una concertazione fra Anas Spa Autostrade per l'Italia e le istituzioni locali coinvolte, a partire dal comune di Vecchiano allo scopo di accelerare la conclusione degli interventi programmati.
(4-17446)


      NICOLUCCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          nei giorni scorsi la linea Circumvesuviana è stata funestata da due gravi incidenti in altrettanti passaggi a livello privi di sbarre e invece dotati, in base agli articoli 64 e 65 del decreto del Presidente della Repubblica n.  753 del 1980, di segnali luminosi e acustici;
          il primo incidente è avvenuto a Somma Vesuviana, dove un'auto è stata travolta dal convoglio con la morte di una passeggera e con il grave ferimento della seconda donna presente al suo interno. Il secondo incidente, della medesima dinamica, ha visto la morte di un uomo al passaggio a livello di Poggiomarino;
          le prime testimonianze riportate dalla stampa locale affermano che i meccanismi luminosi e acustici, in entrambi i passaggi a livello, erano perfettamente funzionanti. Questo elemento deve, a parere dell'interrogante, far riflettere, fermo restando che i passaggi a livello senza sbarre sono come ricordato previsti da norme in vigore, sulla necessità di garantire piena sicurezza soprattutto in corrispondenza di passaggi a livello rivelatisi, nel concreto, particolarmente pericolosi e a rischio;
          infatti sia nel 1999 che nel 2003 vi erano stati, nei medesimi punti, precedenti incidenti mortali, tanto che testimonianze riportano di proteste e petizioni inviate, ai competenti uffici, da parte di molti cittadini sulla pericolosità dei passaggi a livello senza sbarre in questione  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali eventuali iniziative di competenza, con riferimento alle norme del decreto del Presidente della Repubblica n.  753 del 1980, ritenga utile assumere per rendere più efficace la sicurezza dei passaggi a livello senza sbarre. (4-17455)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
          nella notte tra il 29 ed il 30 di agosto si è consumato l'ennesimo atto criminoso nei confronti del sindaco di Taurianova, Domenico Romeo, attraverso la distruzione di piante da frutto nella proprietà dell'azienda di famiglia con danni enormi che si aggirano a molte migliaia di euro;
          questo atto criminoso è l'ultimo di una lunga catena che ha colpito il sindaco in periodi anche recenti (l'uccisione dei cavalli, la distruzione di un box, la distruzione di alberi di frutta) e si è consumato dopo poche ore che si era svolta a Taurianova una tradizionale ed ampiamente partecipata ricorrenza storico-religiosa, nella quale aveva avuto un grande ruolo il primo cittadino, il cui operato come amministratore è improntato a grande impegno, saggezza, equilibrio e a principi etici;
          gli interpellanti fanno presente che più volte, attraverso lo strumento del sindacato ispettivo, è stato chiesto al Governo di porre in essere interventi adeguati, sia per quanto riguarda la prevenzione, ma anche volti ad accertare quale fosse la matrice di questi inqualificabili fatti ed è singolare che, fino ad oggi, non vi è stata nessuna individuazione di responsabili in un paese come Taurianova;
          le aggressioni nei confronti degli amministratori della Calabria si susseguono ad un ritmo crescente, a Taurianova come in altre realtà della Calabria, con il chiaro disegno di una minoranza criminale di indebolire le istituzioni democratiche e di creare un clima di tensione e di rottura sociale vanificando tutti gli sforzi per assicurare, attraverso la convivenza civile, un'azione operosa in favore della popolazione;
          da quanto su esposto, si evince una situazione allarmante della regione, instaurata da un gruppo di malfattori che tenta ancora, attraverso azioni criminose, di bloccare ogni processo di conquista civile ed umana a cui tende la stragrande maggioranza dei calabresi  –:
          di quali elementi disponga in relazione agli atti criminosi che hanno riguardato nel passato il sindaco di Taurianova e se siano state avviate indagini sul recente fatto dello scorso 28-29 agosto.
(2-01643) «Tassone, Occhiuto, D'Ippolito Vitale, Galletti».

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
          si fa riferimento ai recenti fatti di cronaca accaduti a Porto Empedocle e a Reggio Emilia, nei quali all'interno di famiglie di religione e cultura islamica sono accaduti fatti di estrema violenza che hanno colpito, in un caso, una donna incinta picchiata selvaggiamente dal marito, perché voleva togliere il velo e nell'altro una ragazza dal padre in quanto vestiva all'occidentale, fatti dei quali si è occupata la cronaca giornalistica in questa settimana e in quella precedente. Il sottoscritto, pur rendendosi conto della legislazione italiana che prevede determinati fatti di reato perseguibili d'ufficio solo in casi di gravità particolari, ritiene ed in tal senso, auspica un intervento del Governo che il medesimo debba assumere iniziative urgenti in tutto il territorio nazionale atte a far comprendere senza ombra di dubbio che la legislazione italiana ha regole precise anche per quanto riguarda i rapporti interfamiliari che tutti sono tenuti a rispettare, mussulmani compresi, che non possono invocare come attenuanti presunte regole familiari e culturali, beneficianti a volte di un'indulgenza eccessiva da settori della magistratura inclini a vedere nell'extracomunitario una persona esente da responsabilità o colpe;
          in questo senso, ritiene pure, che la scuola debba farsi carico, soprattutto nei confronti delle giovani generazioni di origine extracomunitaria ed islamica nei casi particolari, di trasmettere i valori fondamentali e fondanti della tradizione culturale italiana ed europea, che si ispirano al rispetto della persona e alla matrice culturale cristiano-giudaica che deve essere rispettato senza inutili attenuazioni, e conseguentemente auspica da parte del Governo medesimo e del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca una circolare direttiva ai dirigenti scolastici regionali e provinciali atta a ricordare ai docenti l'obbligo imprescindibile di insegnare alle giovani generazioni il rispetto della storia e della tradizione culturale, giuridica e religiosa del popolo italiano, in presenza peraltro di settori del corpo docente estremamente politicizzati e caratterizzati da un «terzomondismo» di marca sessantottina, tendenti a svilire i suddetti valori nazionali nei confronti degli studenti extracomunitari. Inoltre sarebbero opportune modifiche nel codice penale che prevedano esplicitamente un aggravio di pena per i reati summenzionati  –:
          se il Governo intenda accogliere e dar sollecitamente attuazione alle proposte formulate in premessa.
(2-01639) «Garagnani».

Interrogazioni a risposta scritta:


      SIMONETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 151, comma 1, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL) approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267, fissa al 31 dicembre di ciascun anno «il termine per la deliberazione del bilancio di previsione per l'anno successivo da parte degli enti locali e dispone che il termine può essere differito con decreto del Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in presenza di motivate esigenze»;
          il comma 2 dell'articolo 193 dello stesso TUEL prevede che l'ente locale, con periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell'ente locale, e comunque almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno, provveda con delibera ad effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi finanziari dell'ente stesso, dando atto della permanenza degli equilibri di bilancio;
          a seguito delle numerose innovazioni normative introdotte nel corso dei mesi da parte del Governo, tra cui l'introduzione dell'imposta municipale propria, e in virtù del fatto che, ad oggi, numerosi enti non conoscono ancora perfettamente l'esatto ammontare delle risorse a propria disposizione e che verranno ulteriormente ridotte sulla base delle disposizioni contenute nel decreto-legge inerente alla «spending review», è stato definito, con un decreto del Ministro dell'interno del 2 agosto 2012 e dopo i precedenti tre posticipi (31 marzo, 30 giugno e 31 agosto), al 31 ottobre 2012 il termine per la deliberazione del bilancio di previsione degli enti locali per l'anno 2012;
          con il differimento del termine per l'approvazione del bilancio preventivo a data successiva alla scadenza per l'approvazione degli equilibri dello stesso, è di fatto impossibile effettuare la ricognizione degli equilibri dello stesso, tanto per gli enti che lo hanno già approvato ma che, alla luce delle recenti modifiche normative, potrebbero vedersi costretti a rivederlo, quanto per quegli enti che, ad oggi, in attesa di avere un quadro normativo e finanziario più stabile, non lo hanno ancora approvato  –:
          se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative normative per prorogare il termine del 30 settembre 2012 per l'approvazione degli equilibri di bilancio in data successiva al 31 ottobre 2012.
(4-17381)


      CAPARINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          si apprende dalla cronaca che sono sempre più in aumento i reati di furto, truffa e i raggiri spesso commessi a danno delle persone anziane, anche con gravi conseguenze fisiche;
          l'allarme furti in abitazione e di borseggi interessa tutte le realtà geografiche del Paese, con un'incidenza particolare nel Nord Italia;
          da decenni l'organico della questura di Brescia è sottodimensionato rispetto alla pianta organica, inoltre, negli ultimi 5 anni la Polizia di Stato a Brescia ha avuto un decremento di 60 unità per pensionamenti e riforme dal servizio per inabilità fisica, senza mai essere adeguatamente reintegrato;
          l'attuale formulazione dell'articolo 61, primo comma, numero 5, del codice penale prevede la fattispecie della circostanza aggravante comune legata all'avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all'età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa;
          parte della giurisprudenza della Cassazione ha riconosciuto che la debolezza fisica dovuta all'età senile costituisce una minorazione delle capacità difensive del soggetto che impedisce il tentativo di reazione possibile a una persona giovane e di ordinaria prestazione fisica, particolarmente quando la violenza non venga esercitata con uso di arma o altro mezzo intimidatorio, ma solo con mezzo fisico manuale, e quando risulti che la vittima del reato è stata scelta dall'aggressore in considerazione dell'età avanzata;
          tuttavia, ai fini della configurabilità dell'aggravante di cui al suddetto articolo, l'età, specie se non accompagnata da fenomeni patologici di decadimento delle facoltà mentali, ed il basso livello culturale del soggetto passivo, non rientrano, di per sé, tra le circostanze attinenti alla persona che possono ostacolare la difesa privata  –:
          quali misure intendano introdurre nell'ordinamento dedicate agli anziani con l'obiettivo di una maggiore e migliore tutela della persona in età avanzata e del suo diritto di vivere serenamente;
          se non si intenda assumere un'iniziativa normativa per introdurre una nuova circostanza aggravante comune nell'articolo 61 del codice penale, consistente nell'aver commesso il fatto in danno di persona che abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età, e prevedendo il richiamo a tale fattispecie anche nel secondo comma dell'articolo 640 del medesimo codice;
          se non si ritenga intervenire dotando il personale di pubblica sicurezza della questura di Brescia di un incremento di unità operative e di mezzi adeguati a fronteggiare l'allarme criminalità. (4-17385)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il sito on line del Corriere della Sera e il Corriere del Veneto hanno pubblicato un articolo, da Vicenza della giornalista Benedetta Centin;
          nel citato articolo si informa che due vigili del fuoco nel corso di un'operazione di spegnimento di un incendio in un appartamento di Torri di Quartesolo, provocato da un corto circuito, dovendosi assicurare che all'interno non ci fosse nessuno, si sono trovati le mani ustionate, con le dita deformi, coperte di bolle alte un paio di centimetri, nonostante indossassero gli appositi guanti forniti dal Ministero dell'interno, che fanno parte dei cosiddetti dispositivi di protezione individuale;
          entrambi gli operatori sono stati portati all'ospedale San Bortolo del capoluogo, per essere medicati. I sanitari hanno diagnosticato loro ustioni di secondo grado. Uno dei due vigili del fuoco, così come riportato nel referto medico, se la caverà in una decina di giorni; l'altro, ricoverato nel reparto di chirurgia plastica è in stretta osservazione e non si sa ancora quando verrà dimesso; secondo le prime notizie i due vigili del fuoco sono entrati assieme nell'appartamento in fiamme, avendo accesso dalla finestra del bagno, per controllare se effettivamente, come era stato loro segnalato, c'erano all'interno due donne. La ricerca è stata negativa e nel giro di qualche minuto sono usciti. Una volta bagnati, come da prassi, si sono tolti i guanti di protezione: entrambi avevano le mani compromesse, con ustioni di secondo grado stando al referto dell'ospedale San Bortolo  –:
          quale sia l'esatta dinamica dell'accaduto e se quanto riferito dalla giornalista Benedetta Centin corrisponde a verità;
          in caso affermativo quali iniziative e provvedimenti si siano adottati e si intendono predisporre per accertare la dinamica dei fatti, e soprattutto la qualità dei dispositivi di protezione individuale che vengono forniti al personale in servizio e come si sia potuto verificare l'episodio sopra evidenziato, visto che dovrebbe trattarsi di guanti collaudati e certificati;
          se episodi e fatti come quelli accaduti a Torri di Quartesolo si siano verificati negli ultimi dodici mesi anche in altre occasioni;
          se non si ritenga di dover promuovere e sollecitare opportuni provvedimenti per accertare eventuali responsabilità.
(4-17387)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          con l'atto di sindacato ispettivo 4-12016 in merito alle celebrazioni per il 159° anniversario della fondazione della polizia di Stato, gli interroganti hanno chiesto di sapere «quanti uomini e mezzi siano stati effettivamente impiegati nelle attività per le celebrazioni di cui in premessa, per quanto tempo e quale sia stata la spesa complessivamente sostenuta»;
          la risposta a firma del Sottosegretario di Stato per l'interno non fornisce, secondo gli interroganti, in alcun modo le informazioni richieste  –:
          quale sia il numero esatto di uomini e quanti mezzi siano stati effettivamente impiegati nelle attività per le celebrazioni di cui in premessa, per quanto tempo e quale sia stata la spesa complessivamente sostenuta in dettaglio. (4-17397)


      BERTOLINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          i carabinieri di Reggio Calabria, nell'ambito del gruppo interforze della prefettura, hanno creato un programma informatico che permette di visionare con estrema semplicità la storia di un cantiere pubblico e di controllarne l'andamento;
          il software, denominato «Sciamano», è in grado di elencare i contratti, i nomi delle ditte che lavorano in subappalto, le imprese che forniscono materiali e mezzi, di identificare ogni camion presente nell'area di lavoro e gli operai che prestano la loro opera e viene aggiornato quotidianamente in base alle novità rilevate dalle forze dell'ordine che controllano i cantieri o dai titolari delle imprese appaltatrici, vincolate dai protocolli per la legalità;
          il cervellone del server, inoltre, elabora un report di facile lettura e fornisce un'analisi del rischio infiltrazioni in base alle anomalie riscontrate;
          «Sciamano», pur essendo costato solo 120 mila euro, è un software all'avanguardia e si sta rivelando un'arma efficace per contrastare e prevenire le infiltrazioni mafiose nei cantieri pubblici, tanto da aver permesso di portare a termine con successo due operazioni antimafia nei cantieri dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria;
          nonostante la grande utilità di tale software, che consente di ridurre sensibilmente i costi della prevenzione antimafia e permette alle imprese di non dover attendere tempi biblici per ottenere le informative antimafia dalle prefetture, nessuna autorità pubblica ne ha fatto finora richiesta per la ricostruzione post sisma in Emilia;
          per adottarlo sarebbe sufficiente chiedere l'autorizzazione al gruppo interforze della prefettura di Reggio Calabria e potrebbe essere impiegato anche nei cantieri privati, garantendo la tracciabilità di forniture, di materiali e di manodopera;
          il suo utilizzo è previsto per l'Expo 2015 e per la ricostruzione de L'Aquila e sta per essere adottato per la realizzazione di opere pubbliche in provincia di Taranto, in Liguria e in Toscana  –:
          se corrisponda al vero che questo nuovo software sia così utile, efficace ed economico nel controllo e nella prevenzione nell'ambito delle indagini sulla criminalità organizzata;
          quali siano i motivi per i quali il software di nome «Sciamano» non sia stato richiesto in previsione dell'apertura dei cantieri, sia pubblici sia privati, per i lavori di ricostruzione post sisma in Emilia;
          se non ritenga opportuno autorizzare l'utilizzo del programma per estendere all'Emilia, colpita dal sisma, i benefici garantiti da «Sciamano» nel contrasto e nella prevenzione delle infiltrazioni mafiose nei cantieri edili per la ricostruzione. (4-17432)


      BARBATO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          il sindacato autonomo Lisiapp della polizia penitenziaria ha denunciato il 22 agosto scorso che vi sono «troppi privilegi. Troppe scorte»;
          secondo il segretario generale aggiunto Luca Frongia della menzionata sigla sindacale: «Lo Stato italiano spende troppo per garantire la sicurezza delle personalità, come ex ministri, ex sottosegretari e alti dirigenti della giustizia e del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria» proponendo perciò «una revisione totale del sistema scorte e dei suoi servizi, dove sono coinvolti gli uomini della polizia penitenziaria»;
          la denuncia pubblica del Lisiapp è stata sollevata a margine dello scandalo di alcuni ex ministri ed ex sottosegretari in giro per la Liguria questa estate;
          «la spending review ha imposto tagli e sacrifici agli italiani, ma per queste situazioni, di tagli ne sono stati visti davvero pochi in particolare poi nel dicastero della Giustizia e nel Dap» e, continua il segretario generale aggiunto delle LISIAPP, «La Polizia penitenziaria è allo stremo delle sue capacità operative»;
          il servizio è garantito «grazie agli uomini e le donne del Corpo e al loro sacrificio che và al di là del ruolo istituzionale»;
          si evince sempre dalla denuncia Lisiapp che: «l'acquisto di vetture speciali (per chi ?), Bmw serie 3 e 5, Audi serie 6, Land Rover. Per quest'ultima il suo uso era per il trasporto di collaboratori e pentiti. Nel corso del tempo ci siamo accorti che l'uso era cambiato o meglio non è mai stato utilizzato per quel fine, ed assegnato ad alti burocrati della Giustizia» e che «in molti casi, la “protezione” dura oltre il proprio mandato, facendo così allungare quel privilegio non più consentito per un paese in grave crisi finanziaria come il nostro»  –:
          quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati in merito ai fatti esposti e ciascuno per la propria competenza se non intendono procedere alla revisione del sistema scorte e con quali criteri nonché comunicare lo stato attuale e reale complessivo delle scorte e loro costi.
(4-17439)


      BITONCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          organi di stampa locale (Gazzettino di Padova e Mattino di Padova) riportano la notizia secondo la quale nei giorni scorsi, nel popolare quartiere di Padova, un giovane cameriere sarebbe stato aggredito alle prime luci dell'alba da alcuni malintenzionati di origine nord-africana ai quali aveva precedentemente fornito informazioni stradali;
          il giovane cameriere, che si stava dirigendo al lavoro, ha subito il furto del proprio borsello, contenente documenti personali e denaro, evidenziando anche delle escoriazioni varie sul corpo a causa dell'aggressione subita;
          l'aggressione ai danni del giovane rappresenta solo l'ultimo di una lunga serie di episodi di violenza e che vedono coinvolti per lo più stranieri, quasi sempre di origine nord-africana, che in diversi luoghi della città, dall'Arcella alla stazione, danno spesso vita ad episodi di aggressività, sia sulle persone che sulle cose;
          la crescente spirale di violenza che in questi mesi si sta registrando a Padova sta creando estrema preoccupazione tra gli abitanti della città portando, suo malgrado, la città veneta e la preoccupazione evidenziata dai sui cittadini alla ribalta nazionale  –:
          se, considerati i fatti sopra descritti e la grave situazione venutasi a determinare, non ritenga opportuno adottare idonee iniziative nell'ambito delle proprie competenze per aumentare il livello di controlli nei luoghi più sensibili della città.
(4-17457)


      DI PIETRO, PALOMBA e MESSINA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          si sta assistendo negli ultimi 10 mesi – a giudizio degli interroganti – al lento smantellamento della direzione investigativa antimafia (DIA);
          va ricordato che la direzione investigativa antimafia ha al suo attivo, tra il 2009 e il giugno 2011, sequestri di beni mafiosi per 5,7 miliardi di euro e la confisca di altri per un valore di 1,2 miliardi di euro, cifre che rappresentano l'introito maggiore per il Fondo unico giustizia;
          l'attività di questo organismo, solo per fare alcuni esempi, ha consentito di capire gli intrecci tra mafia e politica nel Nord e nel Sud Italia, nonché di condurre le principali inchieste di supporto ai pm di Palermo in relazione alla trattativa Stato-mafia. Questi esempi possano fare supporre, ad avviso dell'interrogante che l'attività della direzione investigativa antimafia sia diventata scomoda per alcuni;
          la legge di stabilità per l'anno 2012 ha drasticamente ridotto il Trattamento economico aggiuntivo (Tea), una compensazione economica che riconosce la specificità del lavoro dei membri delle forze dell'ordine che operano nella direzione investigativa antimafia. Inoltre, sia pure in termini ridotti, la Tea non è stata più erogata dal novembre 2011;
          il bilancio della struttura nel suo complesso, è stato fortemente ridimensionato: si è passato dai 28 milioni di euro dell'anno 2001 ai 9 milioni del 2012;
          secondo la legge istitutiva della direzione investigativa antimafia del 1991, dovevano fare parte di questa struttura tra le tremila e le quattromila persone. A tutt'oggi la direzione è composta da circa 1.400 persone, 12 centri operativi e sette sezioni distaccate, con centri che non hanno più personale appartenente alla Polizia di Stato, la quale non manda più ne funzionari, ne ispettori;
          un protocollo d'intesa dell'aprile scorso è stato sottoscritto dalla direzione investigativa antimafia e dal Corpo forestale dello Stato che metterà a disposizione i propri nuclei specifici e la propria competenza in materia di tutela del territorio. Il rischio è che vada persa la specificità della direzione investigativa antimafia, l'esperienza di tale struttura in materia di reati associativi;
          si stanno creando, come all'Aquila, per l'Expo Milano 2015 e ora per il terremoto in Emilia Romagna, dei gruppi interforze ad hoc per il controllo degli appalti quando la direzione investigativa antimafia ha già al suo interno un osservatorio centrale sugli appalti;
          la sensazione degli interroganti è che si voglia svuotare la direzione investigativa antimafia del suo significato originario, di risorse finanziarie ed umane;
          se questa sensazione corrispondesse al vero, sarebbe un'ulteriore conferma del fatto che i magistrati vengono lasciati soli nella lotta alla criminalità organizzata. Tagliando fondi e svilendo lentamente ruolo e stipendi di poliziotti, carabinieri e finanzieri, che lavorano per questa struttura, pensata e voluta da Giovanni Falcone, si sguarnisce un presidio fondamentale. Il Governo non può sostenere la lotta alle mafie solo a parole e poi, nei fatti, eliminare professionalità, esperienze e specificità  –:
          se il Governo intenda avviare lo smantellamento della direzione investigativa antimafia, e, in caso contrario, quali iniziative concrete intenda assumere per rafforzare il ruolo, la specificità nonché le risorse finanziarie, umane e professionali della direzione investigativa antimafia.
(4-17461)


      ZAZZERA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          notizie stampa dell'anno 2012 riportano che a Bisceglie (BT) si stanno verificando alcuni episodi delinquenziali che generano notevole preoccupazione tra i cittadini;
          in particolare, il 12 luglio 2012 i carabinieri della tenenza di Bisceglie hanno arrestato due giovani con l'accusa di concorso in spaccio di sostanze stupefacenti;
          i due ragazzi hanno fornito una dose di cocaina ad un tossicodipendente di Bisceglie in via Aldo Moro, la strada centrale della città;
          proprio in riferimento a tale ultimo episodio, il direttivo del circolo dell'Italia dei Valori «Peppino Impastato» ha denunciato in una nota prot. 00025732 del 29 giugno 2012 inviata al sindaco di Bisceglie ed al presidente del consiglio comunale, che vi sarebbero «incalzanti voci secondo cui nella vicenda sarebbe implicato un membro del Consiglio Comunale di Bisceglie»;
          ciò ad avviso del circolo, getterebbe un'ombra di profonda negatività su tutta la componente politico-amministrativa biscegliese oltre che genererebbe una comprensibile ulteriore sfiducia nelle istituzioni locali;
          successivamente alla notizia del presunto coinvolgimento di un consigliere comunale nell'episodio, il sindaco di Bisceglie, Francesco Spina, ha invitato gli amministratori a sottoporsi al test antidroga per la ricerca di cocaina, iniziativa svoltasi il 3 settembre 2012 presso l'istituto di medicina legale del policlinico di Bari  –:
          se il Ministro sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali iniziative intenda assumere per contrastare tali fenomeni anche rafforzando la presenza sul territorio della forze dell'ordine. (4-17465)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
          il Ministro interrogato ha annunciato l'imminente indizione di un bando per un concorso a cattedre che sarà pubblicato il 24 settembre 2012 e ha affermato che l'assegnazione dei ruoli del personale docente previste per l'anno scolastico 2013-2014 (pari a circa 22.000 unità) dovrà avvenire attingendo per il 50 per cento dei posti disponibile dalle attuali graduatorie ad esaurimento e per il restante 50 per cento dai vincitori del concorso in questione;
          il Ministro ha inoltre dichiarato che l'indizione del concorso risponde alla necessità di rispettare la normativa vigente in materia di reclutamento scolastico (legge n.  124 del 1999, articolo 1) che stabilisce che: «l'accesso ai ruoli del personale docente della scuola ... ha luogo, per il 50 per cento dei posti a tal fine annualmente assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50 per cento, attingendo alle graduatorie permanenti di cui all'articolo 401»;
          in realtà tali dichiarazioni evidenziano secondo gli interpellanti l'estrema superficialità con cui questo Governo sta affrontando i problemi che riguardano la scuola e i suoi lavoratori, dal momento che non tengono conto di alcune premesse irrinunciabili per affrontare seriamente la questione del reclutamento del personale docente;
          innanzitutto, il Ministro sembra ignorare il fatto che le graduatorie permanenti sono state trasformate dalla legge n.  296 del 2006 (articolo 1, comma 605, lettera c)) in graduatorie ad esaurimento, in un'ottica di contenimento della spesa e di utilizzazione razionale di personale selezionato, favorendo in tal modo l'assorbimento del precariato scolastico; a tale fine, contestualmente, era stato varato anche un piano triennale che avrebbe dovuto portare all'assorbimento di 150.000 insegnanti precari in tre anni;
          il Ministro omette di dire anche che nel frattempo e cioè a partire dall'anno scolastico 2007-2008 invece di applicare il predetto piano di assunzioni, il precedente Governo ha scelto di privare il sistema di istruzione pubblica italiano di circa 90.000 insegnanti (in applicazione dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge n.  112 del 25 giugno 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  133 del 6 agosto 2008 recante «norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale utilizzo delle risorse umane della scuola» dei decreti attuativi ad esso correlati) e, attraverso la legge n.  111 del 15 luglio 2011 (articolo 19, comma 7), confermata dall'attuale Governo, è stata impedita, a partire dall'anno scolastico 2012/2013 un'integrazione degli organici rispetto all'anno scolastico precedente (quindi si bloccano gli organici, dopo averli decurtati di 90.000 unità rispetto al 2008);
          tali decisioni hanno di fatto impedito fino ad oggi il naturale assorbimento dei precari inseriti all'interno delle graduatorie ad esaurimento che hanno già conseguito l'abilitazione a seguito del superamento di prove concorsuali e che hanno, nel corso degli anni, garantito il funzionamento del sistema di istruzione italiano adeguandosi a condizioni lavorative svantaggiose e discriminatorie rispetto ai colleghi di ruolo (stipendi di luglio e agosto ormai quasi sempre non pagati, trattamento di fine rapporto maturato su 10 invece che su 12 mesi; mancato riconoscimento della progressione di carriera e degli scatti di anzianità), nella prospettiva della futura stabilizzazione, maturando al contempo il diritto ad un inquadramento lavorativo stabile, come sancito dalla normativa europea contro gli abusi di contratti a termine da parte dei datori di lavoro (direttiva comunitaria 99/70/CE che obbliga il datore di lavoro a trasformare il contratto da tempo determinato a tempo indeterminato dopo tre anni di servizio);
          inoltre, il Ministro nell'affermare che da 1999 ad oggi si è in attesa di un concorso per nuovi insegnanti omette di precisare che dall'anno accademico 1999-2000 all'anno accademico 2007-2008 i vecchi concorsi sono stati bloccati per far spazio a nuove procedure di formazione e reclutamento dei docenti, nell'ottica del superamento delle vecchie procedure concorsuali e per adeguare il profilo professionale degli insegnanti italiani a quello dei colleghi europei: nel 1999 sono state infatti istituite, in attuazione della legge n.  341 del 1990, le scuole di specializzazione all'insegnamento superiore (SSIS), a numero chiuso e programmato per favorire una pianificazione seria delle assunzioni e risolvere in modo definitivo il problema del precariato scolastico; le SSIS erano di durata biennale, articolate in due aree: una socio-psico-pedagogica, l'altra didattico-disciplinare e prevedevano il superamento di una prova finale che ai sensi della legge n. 306 del 2000 (articolo 6-ter) ha valore concorsuale;
          in realtà, la normativa vigente in materia di reclutamento scolastico (la sopra citata legge n.  124 del 1999, articolo 1) stabilisce che «l'accesso al ruoli del personale docente della scuola ... ha luogo, per il 50 per cento dei posti a tal fine annualmente assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50 per cento, attingendo alle graduatorie permanenti di cui all'articolo 401», ma stabilisce anche che, per favorire lo smaltimento del precariato scolastico, «nel caso in cui la graduatoria di un concorso per titoli ed esami sia esaurita e rimangano posti ad esso assegnati, questi vanno ad aggiungersi a quelli assegnati alla corrispondente graduatoria permanente», senza la necessità di ricorrere a nuove procedure per il reclutamento;
          attraverso il meccanismo dello scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, giova ricordarlo, è possibile garantire alle nostre scuole un sistema di reclutamento basato sul principio del merito, concetto questo ribadito anche da una recente sentenza della Corte costituzionale, la sentenza n.  41 del 2011, che riconosce le graduatorie ad esaurimento istituite «per individuare i docenti cui attribuire le cattedre e le supplenze secondo il criterio del merito»  –:
          se il Ministro, preso atto del quadro particolarmente complicato dell'attuale precariato scolastico e delle pesantissime penalizzazioni subite già da anni da questa categoria di lavoratori, non ritenga opportuno evitare di indire un concorso che si configurerebbe oggi come un ulteriore fattore di instabilità, ma piuttosto intenda procedere al reclutamento esclusivamente attraverso lo scorrimento delle graduatorie ad esaurimento anche lì dove le graduatorie dell'ultimo concorso risultino esaurite proprio per favorire l'assorbimento del precariato scolastico, cresciuto esponenzialmente a causa di politiche scolastiche dissennate attuate dagli ultimi governi.
(2-01642) «Di Pietro, Zazzera, Borghesi, Di Giuseppe».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          sul quotidiano La Repubblica del 9 agosto 2012 si racconta la vicenda di Rosanna Lovino, originaria di Ruvo di Puglia, una ragazza disabile diciannovenne che nonostante si sia diplomata con 100 e lode e possa esibire una pagella costellata di 9 e di 10 si è vista respingere da numerose università italiane la sua richiesta di iscrizione;
          Rosanna Lovino, disabile al cento per cento, è costretta sulla sedia a rotelle da quando aveva quattro anni a causa di una grave patologia che le ha inibito la crescita fisica e le impedisce persino di alimentarsi; tuttavia, nonostante il suo grave handicap è riuscita a studiare grazie a un metodo elaborato apposta per lei, fatto di webcam che trasmettono parole e volti di compagni e docenti direttamente a casa sua, cifre e codici digitati su un computer nei quali la ragazza traduce i suoi pensieri e le risposte ai quesiti scolastici;
          ad avviso degli interroganti questi rifiuti, con motivazione e giustificazione di carattere prettamente economica, costituiscono una intollerabile discriminazione e violazione dei diritti costituzionalmente garantiti a ciascun essere umano  –:
          di quali elementi disponga il Governo sui fatti di cui in premessa e in particolare se trovi riscontro il fatto che questo metodo sia giudicato troppo oneroso e complesso da praticare e che per questa ragione gli atenei contattati avrebbero rifiutato l'iscrizione di Rosanna Lovino;
          se non si ritenga di effettuare un monitoraggio per accertare se e quanti casi simili a quelli di Rosanna Lovino si siano verificati negli ultimi due anni;
          quali iniziative di competenza il Governo intenda promuovere, sollecitare o adottare, a fronte di quanto sopra esposto ed evidenziato. (5-07719)


      LENZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          dalle pagine del Corriere della Sera dello scorso 29 agosto 2012 apprendiamo che un illustre medico, il dottor Giuseppe Remuzzi, primario di neufrologia e dialisi agli ospedali riuniti di Bergamo, nonché unico italiano nei comitati di redazione del lancet e del new England Journal of medicine, ha dichiarato di aver sbagliato almeno quindici delle domande formulate nell'esercitazione dei test d'ingresso per la scuola di medicina pubblicate nel sito del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
          la consapevolezza che un esperto in medicina quale il dottor Remuzzi non avrebbe passato i test di ammissione così come proposti oggi ai giovani che intendono iniziare un percorso di studi dovrebbe aprire una riflessione sui contenuti dei test che pare siano troppo generici e privi di riferimenti attinenti alla reale professione del medico  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga opportuno rivedere i contenuti dei test d'ammissione per la scuola di medicina al fine di individuare le reali attitudini dei candidati che intendono realizzarsi in un campo come quello della medicina che richiede specifiche caratteristiche.
(5-07730)


      SIRAGUSA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il 4 settembre 2012, i quotidiani la Repubblica e il Giornale di Sicilia hanno riportato la notizia della protesta degli assistenti amministrativi, tecnici di laboratorio e collaboratori tecnici (ATA), precari, contro la riduzione del numero di posti disponibili nella provincia di Palermo: i numeri per gli incarichi di quest'anno sarebbero ridotti di molto rispetto a quelli dell'anno 2012;
          nell'articolo di Repubblica si legge «Nella sola provincia di Palermo quasi 200 Ata, che hanno lavorato fino a pochi mesi fa, rischiano di rimanere a casa»;
          il Ministero avrebbe autorizzato 120 immissioni in ruolo Ata, ma tali previsioni sarebbero inficiate da un errore dell'ambito territoriale di Palermo;
          infatti, al Giornale di Sicilia un collaboratore scolastico dichiara che «Ci aspettavamo 120 posti e, invece, ben che vada, ne avremo 30. Il Ministero ha assegnato in totale 120 posti, dopo i trasferimenti – accusa –, ma c’è stato un errore e questo numero comprende anche i 59 spostamenti di personale proveniente da altre province. Dei 61 posti che restano il 50 per cento deve essere assegnato ai “riservisti”, le categorie protette...» e un'assistente amministrativa precaria aggiunge «Ci sono solo 56 posti, ma dopo i trasferimenti ne sono rimasti 29 – spiega –. Di questi 20 saranno occupati dagli insegnanti tecnico-pratici, poi ci sono gli insegnanti non idonei che per legge devono andare nelle segreterie e i passaggi di profilo dei collaboratori scolastici. E a noi cosa resta ? ...Intanto il ministero dell'Istruzione ha comunicato ai direttori generali che, in attesa che tutte le procedure del passaggio dei docenti inidonei siano completate le scuole possono nominare i supplenti assistenti amministrativi fino all'arrivo dell'avente diritto. Quindi supplente per poche settimane e poi a casa»;
          nello stesso articolo si legge anche una dichiarazione del Provveditore il quale dichiara che «purtroppo in numeri sono questi. C’è stato un errore informatico e abbiamo sbagliato i trasferimenti dei collaboratori scolastici, – ammette –. Stiamo ricontrollando una per una le posizioni. Ma questi errori avvengono perché il personale dell'ufficio è ridotto al lumicino e perché le procedure che dovrebbero essere avviate ad aprile ce le comunicano il 2 agosto. Un ingolfamento di lavoro che ha impedito finora di conferire le reggenze delle scuole sottodimensionate e di nominare tutti i direttori amministrativi»  –:
          se il Ministro interrogato non intenda intervenire autorizzando posti Ata in deroga e se non intenda intervenire perché al più presto sia riparato l'errore dell'ambito territoriale di Palermo e possano essere chiamati in servizio i 120 soggetti la cui assunzione è stata autorizzata dal Miur.
(5-07735)

Interrogazioni a risposta scritta:


      MURO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          dalle istruzioni operative di cui alla circolare ministeriale del 10 agosto 2012 n.  6103, al punto A23 dell'allegato A, si evince che i docenti di scuola primaria, non abilitati all'insegnamento della lingua inglese, devono essere coattivamente iscritti ad un corso per conseguirne i requisiti;
          tale disposizione andrebbe a confliggere con la recente nota Prot. n.  0005092 – 4 luglio 2012 – AOODGPER, firmata dal direttore generale, relativa proprio alla frequenza della sopra menzionata tipologia di corsi, con la quale l'amministrazione a fronte di specifici quesiti, chiariva che stante l'attuale assetto normativo, non può sussistere alcun obbligo per gli insegnanti di scuola primaria di acquisire competenze al fine di insegnare anche la lingua inglese;
          inoltre l'obbligo di frequenza a corsi di formazione confligge con il disposto dell'articolo 64 del CCLN, che sancisce il «diritto», ovvero la scelta, del docente di iscriversi o meno;
          ad essere penalizzati nel caso di specie sarebbero i docenti nel corso dell’«anno di prova», neo assunti dopo anni di «precariato» i quali a causa della continua reiterazione dei contratti a tempo determinato, hanno già in corso contenziosi di rilevante entità con l'amministrazione;
          gli stessi verrebbero costretti ad un'attività che non è prevista da alcuna legge, esponendo così l'amministrazione stessa ad essere soccombente in ulteriori contenziosi e ad un ulteriore aggravio per le finanze pubbliche derivante dal danno erariale che si andrebbe a determinare  –:
          se il Ministro interrogato per quanto di sua competenza intenda intervenire e quali iniziative voglia adottare al fine di chiarire in via definitiva la disposizione normativa ed evitare un'interpretazione erronea e difforme dalla legge da parte con conseguente penalizzazione per i docenti. (4-17401)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          la sindrome di McCune-Albright è una malattia genetica rara caratterizzata da endocrinopatie periferiche multiple, displasia fibrosa ossea poliostotica e macchie cutanee caffè-latte. Esordisce in genere in età pediatrica. Può causare frequentemente pubertà precoce e lesioni ossee progressive con fratture spontanee e deformità. La sua causa è stata riconosciuta recentemente; si tratta di una mutazione attivante del complesso recettore-proteina G che determina iperfunzione cellulare e ipersecrezione ormonale negli organi colpiti. Non esiste una terapia specifica, ma attualmente sono in corso sperimentazioni sul trattamento medico delle endocrinopatie periferiche e della displasia fibrosa ossea. La sindrome colpisce circa un individuo per milione di abitanti  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) fornire adeguata assistenza alle famiglie ai giovani e giovanissimi in età scolare e pre-scolare;
              c) sviluppare la ricerca in questo settore;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese o nell'Unione europea, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          se e quali forme di coordinamento tra i Paesi dell'Unione europea siano state attuate o si intendano attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento;
          se e quali misure di finanziamento nazionali o comunitarie siano state attivate per finanziare ricerche e studi sulla patologia in argomento. (4-17402)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          la sindrome di Wolf-Hirschhorn (WHS) è nota dal 1965 ed è caratterizzata da problemi clinici differenti, apparentemente non correlati fra loro, solitamente presenti fin dalla nascita, che coinvolgono organi, apparati e funzioni diverse, e sono riconducibili a una piccola perdita (microdelezione) di materiale genetico a carico del braccio corto del cromosoma 4. L'ampiezza di questa delezione può essere variabile tra paziente e paziente. I soggetti con WHS mostrano problemi di scarso accrescimento, sia nel corso della gravidanza, sia nella successiva vita postnatale, ritardo delle prime tappe dello sviluppo, come stare seduto autonomamente, fare i primi passi o dire le prime parole, e successivo ritardo intellettivo. Particolarmente caratteristica è la struttura della fronte, degli occhi e del naso. Sono inoltre molto frequenti le malformazioni del sistema nervoso centrale, degli occhi, del palato, del cuore, dell'apparato scheletrico, gastrointestinale, genitale e urinario. È frequente la comparsa di crisi convulsive di difficile controllo con le terapie mediche. In generale, i soggetti con WHS possono avere infezioni ricorrenti, a carico sia delle alte sia delle basse vie aeree. Sono spesso presenti problemi, anche gravi, di alimentazione spontanea che possono portare alla necessità di un trattamento riabilitativo specifico. La diagnosi può essere sospettata in ogni età della vita, di solito in base all'aspetto fisico, ai problemi della crescita e al quadro neurologico. Quando l'ipotesi è formulata, deve essere confermata attraverso la dimostrazione della microdelezione del braccio corto del cromosoma 4, mediante l'esecuzione di un'analisi cromosomica mirata, come il cariotipo con bandeggio prometafisico o l'uso di tecniche di laboratorio più sofisticate e precise, come l'ibridazione in situ con sonda fluorescente (FISH). Spesso il classico esame cromosomico, con bandeggio standard, è normale: questo non deve trarre in inganno e fare abbandonare le indagini. L'impegno maggiore del trattamento di questi soggetti, oltre al controllo dei problemi medici rilevati, è rivolto alla riabilitazione in ambito psicomotorio e intellettivo e al supporto precoce della comunicazione. L'obiettivo è l'acquisizione e il mantenimento del benessere delle autonomie possibili e di una comunicazione funzionale e la prevenzione dei possibili peggioramenti. Se infatti nel complesso l'evoluzione dei soggetti con WHS in ambito psicomotorio e intellettivo non è di tipo degenerativo, sono possibili cambiamenti peggiorativi spontanei o indotti dalla trasformazione delle condizioni ambientali. Nel tempo le richieste dell'ambiente diventano sempre più complesse e questo può aggravare la disabilità a seconda del danno primitivo e dei deficit accumulati «strada facendo» in ragione della mancata acquisizione di esperienze e di nuove capacità. In queste situazioni, sono necessari ulteriori interventi riabilitativi mirati  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale; sviluppare la ricerca in questo settore;
              b) quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          se e quali forme di coordinamento tra i Paesi dell'Unione Europea siano state o si intendano attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento;
          se e quali misure di finanziamento nazionali o comunitarie siano state attivate per finanziare ricerche e studi sulla patologia in argomento. (4-17404)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          la retinite pigmentosa è una disfunzione della retina caratterizzata dalla comparsa di zone abnormi di pigmento nella retina. La retina subisce un progressivo deterioramento, perdendo la capacità di trasmettere al cervello le informazioni visive. I sintomi principali sono cecità notturna, reazione alla luce (abbagliamento), limitazione del campo visivo. Si accompagna anche a cataratta o sordità. Persone affette da retinite pigmentosa possono essere miopi, ipermetropi, soffrire di deformazioni della cornea, strabismo e altro. Al momento non esiste cura che arresti lo sviluppo della malattia o che la guarisca. L'amaurosi congenita di Leber (ACL) è una forma di retinopatia ereditaria caratterizzata da grave ipovisione o cecità già presenti alla nascita o dai primi mesi di vita. I bambini affetti da tale patologia presentano movimenti oculari caotici, erratici e pupille scarsamente reattive alla luce. L'ACL rappresenta il 10-18 per cento dei casi di cecità congenita nei bambini; la sua incidenza è di 2-3 per 100.000 bambini nati.  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
              c) fornire adeguata assistenza ai giovani e giovanissimi in età scolare e pre-scolare;

          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          se e quali forme di coordinamento siano state o si intendano attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento. (4-17405)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, al Ministro per gli affari europei — Per sapere – premesso che:
          la malattia di Best, o distrofia maculare vitelliforme, è una rara distrofia bilaterale della macula, ad eredità autosomica dominante, caratterizzata dall'accumulo di materiale giallastro a livello della macula. Anche per questa malattia, al momento, non è disponibile nessuna terapia efficace  –:
          se e quali azioni il Governo ha attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese e nei Paesi dell'Unione europea, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          se e quali forme di coordinamento siano state o si intendano attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento;
          se e quali forme di coordinamento tra i Paesi dell'Unione europea siano state o si intendano attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento;
          se e quali misure di finanziamento nazionali o comunitarie siano state attivate per finanziare ricerche e studi sulla patologia in argomento. (4-17407)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          accade spesso che le ossa craniche si saldino precocemente durante la vita fetale. Il bambino nasce con malformazioni craniofacciali e/o degli arti. In rapporto alle suture saldate si distinguono vari tipi di craniostenosi: 1) craniostenosi semplici, quali la trigonocefalia, la scafocefalia e la plagiocefalia; 2) craniostenosi complesse quali la sindrome di Apert, di Crouzon, di Pfeiffer, e altro;
          per evitare gravi complicanze è necessario che il bambino sia operato entro il primo anno di vita  –:
          quali centri in Italia siano abilitati ad effettuare gli interventi chirurgici in argomento;
          se detti centri coprano il servizio per tutto il territorio nazionale;
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza delle patologie in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) fornire adeguata assistenza alle famiglie;
              c) sviluppare la ricerca in questo settore;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti le patologie in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo. (4-17408)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la sindrome di Von Hippel Lindau è una malattia rara, a carattere prevalentemente ereditario, che può presentare diverse manifestazioni cliniche;
          pur effettuata la diagnosi di paziente affetto da VHL è impossibile prevedere se e quali manifestazioni cliniche si presenteranno nella vita dell'individuo o dei suoi familiari, ove portatori della stessa mutazione genetica;
          le principali manifestazioni della Sindrome di Von Hippel Lindau possono essere: angioma retinico; emangioblastoma al sistema nervoso centrale (per esempio cervelletto, colonna spinale); tumore al sacco endolinfatico; feocromocitoma; cisti, tumore ai reni; cisti, tumore neuroendocrino o cistadenoma al pancreas; cistadenoma dell'epididimo, si sempre la diagnosi è difficile: pur essendo una malattia prevalentemente ereditaria, nei vari membri affetti di ciascuna famiglia si manifesta spesso con modalità, tempi e localizzazioni differenti;
          ad oggi non esiste una cura per la sindrome di Von Hippel Lindau, tuttavia esistono differenti terapie per affrontare, ridurre ed in alcuni casi prevenire quelle che sono le varie conseguenze cliniche della malattia;
          la concreta efficacia delle terapie dipende spesso dalla tempestività della diagnosi e, dal momento che la maggior parte delle conseguenze cliniche sono inizialmente quasi o totalmente asintomatiche, diventa di fondamentale importanza sapere di essere affetti dalla Sindrome VHL e quindi effettuare i vari controlli previsti a cadenza periodica (generalmente annuale). La diagnosi si ottiene con certezza soltanto attraverso un test genetico  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo. (4-17410)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          RING 14 indica un'alterazione a carico del cromosoma 14, che acquista una conformazione ad anello in quanto le due estremità, del braccio lungo e del braccio corto, si fondono insieme. La fusione avviene per due eventi di rottura, uno all'estremità del braccio corto e l'altro all'estremità del braccio lungo, cui in genere consegue perdita parziale di materiale genetico informativo del cromosoma 14. L'anomalia cromosomica può interessare tutte le cellule o essere a mosaico con una linea cellulare che ha perso un cromosoma 14 completo (monosomia 14). L'alterazione cromosomica RING 14 si associa a una serie di segni e sintomi ricorrenti, è dunque causa di una sindrome, caratterizzata da ritardo psicomotorio e anomalie fenotipiche multiple. Altre anomalie del cromosoma 14 sono: delezioni parziali, traslocazioni. Il cromosoma 14 può essere interessato anche da altre anomalie strutturali, quali delezioni parziali interstiziali del braccio lungo, traslocazioni bilanciate o sbilanciate con altri cromosomi, in cui la forma del cromosoma rimane lineare e non si circolarizza. I segni e i sintomi associati a delezioni parziali lineari includono ancora ritardo psicomotorio e anomalie fenotipiche multiple, e sono in parte, ma non del tutto, simili a quelli associati a RING 14. In tutti questi casi la diagnosi iniziale si avvale di un semplice esame cromosomico;
          riguardo alla sindrome RING 14, i segni e i sintomi più costanti sono a carico del sistema nervoso centrale e della retina, tuttavia essi variano in numero e gravità nei singoli pazienti. L'entità del ritardo mentale e motorio e dell'ipotonia è infatti variabile, anche la microcefalia non è costante. Il linguaggio è in genere compromesso, anch'esso in maniera variabile. La retina può essere interessata da iperpigmentazione, da piccole macchie bianco-giallastre nella media periferia, le stesse che interessano la macula; è possibile il formarsi di cataratta. L'epilessia è un segno clinico costante, a esordio precoce (anche nelle primissime settimane/mesi di vita), si manifesta con crisi generalizzate o parziali a semiologia complessa e sospetta origine fronto-temporale, può risultare di difficile controllo farmacologico o assumere un andamento capriccioso con lunghi periodi contrassegnati da poche crisi; non sono rari gli stati di male epilettico, soprattutto parziale. Gli organi endotoracici ed endoaddominali sono normali. Sono possibili discromie iperpigmentate della cute. Un difetto immunoglobulinico (anche IgA di superficie) giustifica il rischio elevato di infezioni respiratorie e, probabilmente, anche i disturbi gastrointestinali  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della condizione genetica in argomento che permetta di migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle persone affette da anomalie del cromosoma 14, di sviluppare terapie efficaci per la cura delle principali tipologie connesse a detta condizione genetica e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) fornire adeguata assistenza alle famiglie a ai giovani e giovanissimi in età scolare e prescolare;    
              c) sviluppare la ricerca in questo settore;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la condizione genetica in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          se e quali forme di coordinamento tra i Paesi dell'Unione europea siano state o si intendano attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento;
          se e quali misure di finanziamento nazionali o comunitarie sono state attivate per finanziare ricerche e studi sulla patologia in argomento. (4-17420)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          la miopatia congenita centro nucleare, la miopatia congenita miotubolare, la miopatia da N.d.d., la miopatia mitocondriale, la miopatia nemalinica, la miopatia siringomielia, la miopatia distale, la distrofia dei cingoli, la distrofia miotonica di Steinert, la distrofia muscolare congenita (deficit/merosina), la distrofia facio-scapolo-omerale, l'amioplasia (artro-griposi multipla congenita) e altre miopatie costituiscono patologie rare che spesso causano gravi disabilità  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza delle patologie in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti le patologie in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          se e come siano attuati programmi di assistenza ai malati delle patologie in argomento. (4-17421)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          la vitiligine è una malattia della pigmentazione che si manifesta sulla superficie cutanea con chiazze bianche di varia grandezza. Fasi di stabilizzazione e di riattivazione si susseguono spesso in maniera imprevedibile. Può comparire a qualsiasi età, spesso in coincidenza con eventi stressanti psicologici e fisici o traumi di varia natura. Colpisce fino al 2 per cento della popolazione mondiale indipendentemente dall'origine etnica o dal fototipo, dal sesso o dallo stile di vita e si può associare a patologie autoimmuni. Pur non influendo sulla durata della vita, ne condiziona pesantemente la qualità per i suoi effetti sfiguranti soprattutto in chi ha la pelle scura o in chi si abbronza facilmente. Nella forma segmentale le chiazze si trovano raggruppate in un'unica regione del corpo; nella forma focale, le zone depigmentate sono di piccole dimensioni e sono presenti sulle estremità, sul viso, sulle pieghe e sui genitali; nella forma generalizzata le lesioni sono molto estese e spesso confluenti mentre nella forma universale, più rara, tutto il corpo è affetto dalla malattia  –:
          se e quali azioni il Governo ha attuato o intende attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese o nel mondo, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico italiano al riguardo;
          se e quali forme di coordinamento siano state o si intendano attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento;
          se e quali forme di coordinamento tra i Paesi dell'Unione europea siano state o si intendano attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento;
          se e quali misure di finanziamento nazionali o comunitarie siano state attivate per finanziare ricerche e studi sulla patologia in argomento. (4-17422)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          recenti notizie di stampa riportano notevoli successi di equipe del nostro Paese nel trattamento della SLA, in particolare attraverso l'utilizzo di cellule staminali adulte;
          la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), conosciuta anche come «morbo di Lou Gehrig», «malattia di Charcot» o «malattia dei motoneuroni», è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce i motoneuroni, cioè le cellule nervose cerebrali e del midollo spinale che trasmettono i comandi per il movimento dal cervello alla muscolatura scheletrica (volontaria). Ciò determina atrofia con perdita progressiva della forza muscolare fino ad arrivare a una progressiva paralisi e poi alla morte per insufficienza respiratoria. Nel paziente SLA rimangono tuttavia integre le funzioni cognitive, sensoriali, sessuali e sfinteriali. Generalmente si ammalano di SLA individui adulti di età superiore ai 20 anni, di entrambi i sessi, con maggiore frequenza dopo i 60 anni;
          l'incidenza è di circa 1,5-2 casi ogni 100.000 abitanti con una prevalenza di 6-8 malati ogni 100.000 abitanti; in Italia si manifestano in media tre nuovi casi di SLA al giorno e attualmente si contano circa 5.000 ammalati. Al momento non esiste una terapia capace di guarire la SLA: l'unico farmaco approvato è il Riluzolo, la cui assunzione può rallentare la progressione della malattia  –:
          quali siano i risultati concreti ottenuti nel campo della cura di detta patologia anche attraverso i metodi sperimentali che utilizzano cellule staminali;
          se e quali altri trial clinici sono approvati o in corso di approvazione degli enti preposti;
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese o nel mondo, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico italiano al riguardo. (4-17423)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          la talassemia è un'emoglobinopatia ereditaria diffusa in ampie zone del Mediterraneo, in Asia e nelle grandi metropoli del mondo, meta di immigrazione dalle zone di maggiore diffusione della talassemia. In Italia è diffusa principalmente nelle isole, Sardegna e Sicilia, in ampie zone del Sud, e nel Delta del Po;
          nella provincia di Ferrara sono circa 150 i pazienti curati al day hospital della divisione pediatrica dell'ospedale Sant'Anna, che è anche sede del centro coordinatore del sistema «Hub e Spoke» dei centri accreditati dalla regione Emilia Romagna per la cura della talassemia;
          le cure principali sono le trasfusioni e la chelazione del ferro indotto dalle trasfusioni stesse, per evitare accumuli nei principali organi vitali che provocano le complicanze più gravi della talassemia  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) sostenere le famiglie anche attraverso centri di ascolto e assistenza;
              c) sviluppare la ricerca in questo settore;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo, con particolare ma non esclusivo riferimento alla positiva esperienza della regione Emilia Romagna;
          se e quali forme di coordinamento tra i Paesi dell'Unione europea siano state o si intendano attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento;
          se e quali misure di finanziamento nazionali o comunitarie siano state attivate per finanziare ricerche e studi sulla patologia in argomento. (4-17424)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il MaRP è un centro universitario interdipartimentale per le malattie rare del polmone, nato un anno fa a Modena;
          le pneumopatie rare sono un gruppo eterogeneo di numerose patologie. Le principali sono le malattie interstiziali idiopatiche del polmone (note anche con il termine di interstiziopatie polmonari), di cui la fibrosi polmonare idiopatica (FPI) rappresenta l'entità più rilevante dal punto di vista clinico ed epidemiologico. Le più recenti valutazioni epidemiologiche effettuate negli Stati Uniti hanno fornito valori di incidenza intorno a 16 per 100.000 abitanti. L'andamento della FPI è cronicamente progressivo, con episodi acuti di riacutizzazione della malattia, che possono condurre i pazienti rapidamente in terapia intensiva per la comparsa di un'insufficienza respiratoria acuta. La prognosi della FPI è invariabilmente infausta: dal 50 al 70 per cento dei pazienti muore entro 5 anni dal momento in cui la malattia viene diagnosticata. Paragonata ad altre patologie più «note», la mortalità a 5 anni della FPI è più elevata di quella del cancro intestinale (40 per cento), del cancro della mammella (13 per cento) e del cancro della prostata (2 per cento), mentre non è molto dissimile da quella del cancro del polmone (85 per cento). Purtroppo, a oggi, nessuna terapia si è dimostrata in grado di ridurre la mortalità dei pazienti con FPI: il trapianto di polmone resta un'opzione praticabile almeno per una parte dei pazienti e sono in corso numerosi trial terapeutici con farmaci sperimentali. Tra le altre malattie rare del polmone sono comprese la linfangioleiomiomatosi, la granulomatosi a cellule di Langerhans, la polmonite interstiziale bronchiolocentrica, la sarcoidosi polmonare, l'enfisema da deficit di alfa-1-antitripsina e la proteinosi alveolare  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) sostenere il MaRP e le associazioni di malati che lo promuovono;
              b) promuovere una migliore conoscenza delle patologie in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              c) sostenere le famiglie anche attraverso centri di ascolto e assistenza;
              d) sviluppare la ricerca in questo settore;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo. (4-17425)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          le malattie autoimmuni sono malattie multifattoriali ad andamento cronico, in parte resistenti ai vari approcci terapeutici;
          le persone che ne sono affette necessitano di essere seguite clinicamente in ambienti specializzati, spesso per tutta la vita. Varie e numerose sono le malattie autoimmuni; tra quelle con maggiore frequenza abbiamo: sclerosi multipla (nelle varie forme); artrite reumatoide; lupus (nelle varie manifestazioni); sclerodermia; connettiviti; sindrome di Sjögren; malattia di Behçet;
          il costo a carico del bilancio pubblico è sicuramente notevole, e potrebbe essere ridotto solo a fronte di azioni di prevenzione e/o nuovi approcci terapeutici derivanti dalla ricerca scientifica  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza delle malattie auto-immuni, delle loro cause e dei possibili percorsi diagnostici;
              b) promuovere una più approfondita conoscenza medico-scientifica che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              c) sviluppare la ricerca in questo settore;
              d) fornire supporto a malati e famiglie, anche attraverso centri di ascolto e assistenza;
          se e quali azioni di supporto, compresi i finanziamenti attraverso vari strumenti previsti dalle normative vigenti (esempio: 5 per mille o i nuovi annunciati introiti derivanti da una nuova aliquota di imposta sulle bibite gassate) abbia attuato o intenda attuare a favore delle associazioni di malati;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese o nel mondo, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo. (4-17426)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          non esiste dal punto di vista medico, una precisa definizione di «malattia rara» poiché esse non costituiscono un «gruppo nosologico» ben determinato e classificabile;
          dicendo «Malattie rare» si intendono dalle 6000 alle 7000, o forse più, malattie estremamente diverse tra loro. La maggior parte di queste malattie (circa il 90 per cento) sono di origine genetica;
          in questo gruppo estremamente eterogeneo vi sono: malattie metaboliche, sindromi malformative, malattie neurologiche, malattie infettive, parassitosi, tumori, e altro;
          le malattie rare sono patologie che colpiscono una bassa percentuale della popolazione. Queste malattie sono accomunate da una definizione di tipo «burocratico»: «una malattia è definita rara quando ha una prevalenza inferiore a 5 persone su 10.000». Da ciò deriva che essere colpiti da una malattia rara costituisce un doppio problema, sia perché per molte di tali malattie non esistono cure, sia perché la loro rarità ne condiziona un'inadeguata conoscenza da parte dei medici e quindi, una scarsa possibilità di diagnosi precoce;
          la condizione del «malato raro» o della sua famiglia è spesso legata ad un inevitabile sentimento di «solitudine»;
          il Governo ha annunciato nuove tasse sulle bibite gassate  –:
          se e quali azioni il Governo ha attuato o intende attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza delle malattie rare, delle loro cause e dei possibili percorsi diagnostici;
              b) promuovere una più approfondita conoscenza medico-scientifica che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              c) sviluppare la ricerca in questo settore;
              d) fornire supporto a malati e famiglie, anche attraverso centri di ascolto e assistenza;

          se e quali azioni di supporto, compreso i finanziamenti attraverso vari strumenti previsti dalle normative vigenti – come ad esempio il 5 per mille o i nuovi annunciati introiti derivanti da una nuova aliquota di imposta sulle bibite gassate – abbia attuato o intenda attuare a favore delle associazioni di malati di malattie rare;
          se e come l'impegno del nostro Paese sia paragonabile a quello dei principali Paesi dell'Unione Europea;
          se esista e quale un meccanismo di coordinamento europeo sul tema delle malattie rare e quali siano gli esiti qualitativi e quantitativi;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese o nel mondo, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo. (4-17427)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          le immunodeficienze primitive (IP) sono malattie congenite causate da alterazioni del sistema immunitario che comportano un'aumentata suscettibilità alle infezioni. Molte forme di IP hanno trasmissione ereditaria e si manifestano nei primi mesi dopo la nascita; in alcuni casi invece, pur essendo congenito, lo stato di immunodeficienza si rende clinicamente evidente solo nell'età adulta. Non rientrano tra le IP le condizioni di alterata funzione del sistema immunitario conseguenti a infezioni (per esempio AIDS), stati di grave malnutrizione o indotte da farmaci. I soggetti affetti da IP presentano, sin dalla prima infanzia, un'aumentata predisposizione alle infezioni da patogeni intracellulari o extracellulari. Inoltre, a dispetto dei progressi ottenuti, ancor oggi alcune IP hanno una prognosi severa, offrendo una qualità di vita assai modesta (e una vita di relazione molto limitata) e rimangono gravate da un significativo rischio di mortalità. La prognosi delle IP pertanto non può essere generalizzata e varia a seconda dell'alterazione immunologica e della possibilità di un congruo intervento terapeutico, nonché della gravità delle complicanze infettive (le infezioni possono essere particolarmente severe), neoplastiche (specie leucemie o linfomi) o di altra natura (per esempio emorragiche) che accompagnano la malattia di base. Per evitare l'instaurarsi di queste complicanze, è fondamentale la tempestività della diagnosi, che finisce con l'essere la variabile più rilevante in grado di influenzare la prognosi e le aspettative di vita. L'esatta incidenza globale delle IP non è nota, in parte perché le informazioni sono frammentarie, in parte perché molte IP sono tuttora non riconosciute e le stime ufficiali sono molto prudenti e considerano che comunque le frequenze riportate siano sottostimate rispetto al reale;
          una diagnosi precoce e misure di intervento appropriate sono in questi casi assolutamente indispensabili per offrire prospettive di guarigione o comunque di vita relativamente normale alle persone affette. La maggior parte delle immunodeficienze primitive viene trasmessa secondo meccanismi ereditari ben noti. In molti casi è oggi possibile stabilire, per i soggetti che appartengono a famiglie con IP, il rischio di avere figli affetti. Per alcune di tali malattie è anche possibile effettuare la diagnosi prenatale  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza delle patologie in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) fornire adeguata assistenza alle famiglie e ai giovani e giovanissimi in età scolare e prescolare;
              c) sviluppare la ricerca in questo settore;

          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la condizione genetica in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo. (4-17430)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          la discinesia ciliare primaria (PCD) o sindrome delle ciglia immobili è una malattia ereditaria caratterizzata da anomalie nella mobilità delle cilia delle cellule epiteliali e/o dei flagelli. Epiteli ciliati si trovano a livello delle vie respiratorie alte, della trachea, dei bronchi fino ai bronchioli, del sacco lacrimale, del pavimento ependimale, del canale centrale del midollo spinale, dell'endometrio, della cervice, delle tube di Falloppio, dei dotti efferenti tra testicolo ed epididimo. Ne consegue che le alterazioni della funzionalità ciliare danno luogo a sintomi clinici a carico di diversi apparati. La discinesia ciliare predispone a frequenti infezioni polmonari e delle vie respiratorie alte, con conseguenti bronchiectasie e sinusiti croniche. Se trascurato, il paziente con PCD può degenerare in bronco-pneumopatia cronica ostruttiva e insufficienza respiratoria. Il quadro clinico con destrocardia, bronchiectasie, situs viscerum inversus, sinusiti croniche è considerato come sindrome di Kartagener  –:
          se e quali siano i centri di eccellenza per la cura di detta malattia;
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di coordinare gli sforzi tra i vari centri di eccellenza regionali;
          se e quali azioni il Governo ha attuato o intende attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo. (4-17431)


      CAPARINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il Consiglio di Stato in data 3 agosto 2012 aveva revocato la sentenza del TAR che annullava il concorso per 355 posti da dirigente scolastico e con successiva ordinanza cautelare ha, di fatto, posticipato al 20 novembre di quest'anno la decisione nel merito alle obiezioni sollevate dai ricorsisti;
          così facendo, proprio a ridosso dell'inizio dell'anno scolastico, ha generato il caos. Il risultato è che in Lombardia oggi sono scoperte 500 sedi su 1.227;
          con l'avvicinarsi dell'inizio delle scuole le opzioni di cui si sta discutendo in queste ore sono due: o gli attuali dirigenti di ruolo «coprono» temporaneamente le sedi vacanti creando comunque un notevole disagio oppure, per «tappare i buchi», si pesca da quelle regioni che pur avendo personale in esubero hanno comunque indetto il concorso;
          il presidente della regione Lombardia Roberto Formigoni ha chiesto al Ministero di dare le massime garanzie ai 355 vincitori ed indire un nuovo, immediato, concorso è l'unica soluzione per uscire da questa empasse, ovviamente tenendo conto degli effetti della sentenza di merito se eventualmente favorevole;
          è opinione dell'interrogante che per circoscrivere i danni economici e consentire la nomina dei nuovi dirigenti fin dall'inizio del 2013 sia necessario attivare una procedura d'urgenza evitando soluzioni pasticciate e di ripiego  –:
          se il Ministro interrogato procederà al più presto all'indizione di un nuovo concorso per dirigenti scolastici scongiurando la paralisi del sistema scolastico lombardo;
          se il Ministro intenda dare le massime garanzie ai 355 vincitori ovviamente tenendo conto degli effetti della sentenza di merito se eventualmente favorevole. (4-17436)


      MANCUSO e BARANI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          l'istruzione e la conoscenza sono diritti imprescindibili per l'essere umano;
          Rosanna Lovino, 19 anni, si è diplomata quest'anno al liceo classico Carmine Sylos di Terlizzi (Bari) col massimo dei voti e (100 e lode);
          Rosanna Lovino vorrebbe ora iscriversi all'università, facoltà di psicologia;
          la ragazza soffre della sindrome di Werdnig-Hoffman, la forma più grave di atrofia muscolare spinale;
          è costretta a letto e riesce a scrivere al computer utilizzando due mouse, uno dei quali azionato con il dito del piede;
          sebbene rallentata nel fisico, la mente di Rosanna Lovino è attenta e vigile, la sua intelligenza brillante;
          la Lovino ha potuto finora seguire i corsi scolastici in teleconferenza;
          la sua città è Ruvo di Puglia e da quando frequentava le elementari (alla Giovanni Bovio) e poi le medie (alla Cutugno) il comune di Ruvo ha aiutato la sua famiglia nel sostenere le spese del pc, della webcam e del collegamento telematico con le scuole;
          alle superiori, poi, è stata la regione Puglia a farsi carico dei costi;
          nonostante abbia fatto richiesta a molte università italiane, nessuna ha dato risposta favorevole;
          il problema è che gli esami dovrebbero essere sostenuti in presenza, cosa impossibile per la Lovino;
          la Lovino ha recentemente inviato una richiesta di interessamento alla sua questione al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
          la telematica e l'informatica fanno ormai parte integrante della nostra vita  –:
          se il Governo intenda assumere eventuali iniziative di competenza per sostenere parte dei costi necessari per attuare un collegamento in videoconferenza tra la residenza di Rosanna Lovino e una facoltà di psicologia in una università italiana ovvero se il Governo intenda promuovere l'istituzione di una borsa di studio a favore di giovani che raggiungano importanti traguardi negli studi senza lasciarsi vincere dalle difficoltà fisiche, assegnando la prima di queste borse di studio a Rosanna Lovino anche per assicurare in concreto che si affermi il principio di pari opportunità;
          se il Governo intenda prevedere la possibilità che in casi eccezionali come questo, possano essere autorizzati esami universitari a distanza. (4-17460)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


      SCANDEREBECH. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          è stato lanciato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali un allarme sulla crisi che mette a rischio il futuro industriale del Paese, citando in particolar modo la Fiat;
          la situazione reale della disoccupazione nel nostro Paese, sia nelle grandi città che nelle piccole, è molto peggiore, a parere dell'interrogante, di quanto i dati teorici esprimono;
          ancora non è stato avviato e realizzato il progetto Fabbrica Italia che l'azienda torinese aveva assunto come impegno con il Governo;
          la provincia di Torino è oggi epicentro della disoccupazione a livello europeo, circa 220 mila disoccupati, che rappresentano circa il 10 per cento della popolazione;
          una crisi ancora più profonda si registrerebbe con l'aumento della disoccupazione dei lavoratori del gruppo Fiat;
          il gruppo Fiat-Chrysler, nonostante gli impegni verbali assunti sulla volontà di mantenere gli impianti produttivi nel nostro Paese, sembra non avere, a parere dell'interrogante, alcuna intenzione di rafforzare o mantenere tali produzioni, ma si accinga a ridimensionare e chiudere molti dei suoi stabilimenti, a vantaggio di nuove sedi in Nord America, America latina e Asia  –:
          se il Governo non intenda, alla luce di quanto indicato in premessa, assumere ogni iniziativa di competenza per pervenire ad impegni scritti e chiarimenti, sul futuro degli stabilimenti esistenti in Italia e sulla cifra di 20 miliardi di euro annunciata per il progetto Fabbrica Italia. (3-02442)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      PICIERNO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          nel 2009 il signor B.A. e sua moglie adottano una bambina di 6 anni, con un passato difficile e doloroso alle spalle;
          la madre adottiva in questione, psicologa libero-professionista, al fine di stare vicina alla bambina nel periodo immediatamente successivo all'ingresso in famiglia della stessa, decide di avvalersi del congedo per maternità, interrompendo la propria attività lavorativa;
          il congedo per maternità, così come quello per «paternità», è previsto al testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n.  53, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n.  151. In particolare, l'articolo 26 del citato decreto legislativo, che si occupa delle adozioni e affidamenti, al comma 1, prevede un congedo per maternità, per un periodo massimo di cinque mesi, anche per le lavoratrici che abbiano adottato un minore, cui corrisponde il diritto ad una indennità;
          con l'entrata in vigore della legge 24 dicembre 2007, n.  244, l'adozione di bambini di nazionalità italiana è stata equiparata a quella di bambini di nazionalità straniera, stabilendo che il congedo di maternità può essere fruito per l'adozione di minori anche oltre il precedente limite dei sei anni di età previsto per i bambini di nazionalità italiana;
          a seguito di richiesta d'indennità da parte della famiglia in questione, l'ENPAP – Ente nazionale di previdenza e assistenza per psicologi ha rigettato la domanda, poiché il regolamento non era stato adeguato alla nuova normativa, mantenendo i precedenti limiti per indennità di maternità;
          l'ENPAP respinge anche il ricorso avverso tale decisione, presentato dai legali della famiglia, che doveva essere inoltrato, peraltro, presso lo stesso organismo che in precedenza aveva rigettato la domanda;
          a questo punto, sconfortati e scoraggiati dall'onerosità di un'eventuale ulteriore azione legale avverso tale incomprensibile ingiustizia, i due coniugi decidono di rinunciare all'azione di rivendicazione del sacrosanto diritto all'indennità di maternità loro negata  –:
          se e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza e nell'esercizio dei poteri di vigilanza sugli enti previdenziali, al fine di evitare che in futuro possano verificarsi altri casi come quello descritto in premessa, che ledono un diritto di grande civiltà, come quello al congedo per maternità o per paternità, acquisito dall'evoluzione del nostro ordinamento giuridico. (5-07720)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordi – onlus (ENS) è sottoposto alla vigilanza e al controllo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali sul concreto perseguimento delle finalità istituzionali e riceve un contributo ordinario annuo a carico del bilancio dello Stato;
          l'ENS riceve un contributo statale ordinario in base alla disciplina del contributo statale a favore delle associazioni nazionali di promozione sociale, contenuta nella legge n.  438 del 1998, che ha modificato e integrato la legge n.  476 del 1987. Il predetto contributo è assegnato: per il 50 per cento alle cosiddette associazioni storiche, tra le quali l'ENS, tra cui è ripartito in parti uguali;
          per il restante 50 per cento alle cosiddette associazioni non storiche tra cui è ripartito ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge n.  438 del 1998;
          la gestione finanziaria dell'ENS è sottoposta al controllo della Corte dei conti ai sensi della legge 21 marzo 1958, n.  259, «Partecipazione della Corte dei Conti al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria»;
          l'ultima relazione della Corte dei conti presentata al Parlamento sulla gestione finanziaria degli enti sottoposti a controllo in applicazione della legge 21 marzo 1958, n.  259, risale per l'ENS al 20 dicembre 2006 per gli esercizi 2004 e 2005;
          non risulta agli interroganti che la Corte a norma dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n.  259, abbia riferito sulla gestione dell'Ente nazionale sordi (ENS) degli esercizi finanziari successivi al 2005;
          agli interroganti risulta che l'ENS ha chiuso in forte disavanzo di amministrazione consecutivamente gli esercizi 2010 e 2011 (- 922.759,01 euro il 2011, in peggioramento rispetto a - 701.273,57 euro dell'esercizio 2010);
          con la circolare n.  4407 dell'11 maggio 2012 con oggetto «situazione congiunturale e piano programmatico» indirizzata ai consigli regionali Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordi, alle sezioni provinciali ENS e per conoscenza al consiglio direttivo nazionale dell'ENS la sede centrale dell'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordi ha comunicato:
          «la posizione debitoria può essere così rappresentata e riassunta:
              oneri tributari a provenienza territoriale, costituiti da cartelle esattoriali Gerit equitalia, per un importo ancora lievitante di euro 1.394.135,51, cartelle emesse per errata gestione a livello regionale e/o provinciale degli adempimenti fiscali (es.: attività svolte sotto forma istituzionale ma che in realtà avrebbero dovuto essere soggette a contabilità Iva ed Irap) che peraltro condizionano negativamente e pesantemente la regolare certificazione del DURC, documento indispensabile per ottenere i contributi degli Enti locali e dello Stato, fatto che, ovviamente, condiziona anche la regolare attività dell'Ente;
              oneri finanziari, ovvero i rapporti con le banche in merito a mutui e bilanci di cassa, contratti etc, a partire dal 2001 (euro 5.319.461,30);
              impegni da capitalizzare sul patrimonio immobiliare, attraverso ristrutturazioni ed investimenti (euro 2.283.856,58);
              accantonamento del trattamento fine rapporto del personale dipendente (euro 489.264,25);
              impegni di spesa per attività istituzionali (legge 296/2006) 5 per mille 2008/2009 (euro 200.000,00);
              contributi a sedi territoriali a saldo dicembre 2011/maggio 2012 (euro 646.080,00);
              pagamento sospesi, terzi e fornitori (euro 316.220,00);
              ammortamento e svalutazione crediti divenuti obsoleti e/o inesigibili (euro 1.754.874,30);
              il tutto per un totale complessivo di euro 12.403.891,94;
              ognuno di questi impegni costituisce un ostacolo nella gestione ordinaria della Sede Centrale Ens e dunque dell'ente nella sua interezza»;
          l'articolo 15 del decreto legge 6 luglio 2011, n.  98, convertito, con modificazioni dalla legge 6 luglio 2011, n.  111, come integrato dall'articolo 1, comma 14, del decreto-legge 13 agosto 2011, n.  138, convertito con modificazioni, della legge 14 settembre 2011 n.  148 dispone, tra l'altro che:
              «Fatta salva la disciplina speciale vigente per determinate categorie di enti pubblici, quando la situazione economica, finanziaria e patrimoniale di un ente sottoposto alla vigilanza dello Stato raggiunga un livello di criticità tale da non potere assicurare la sostenibilità e l'assolvimento delle funzioni indispensabili, ovvero l'ente stesso non possa fare fronte ai debiti liquidi ed esigibili nei confronti dei terzi, con decreto del Ministro vigilante, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, l'ente è posto in liquidazione coatta amministrativa; i relativi organi decadono ed è nominato un commissario.(...) Le disposizioni del presente comma non si applicano agli enti territoriali e agli enti del servizio sanitario nazionale. Fermo quanto previsto dal comma 1, nei casi in cui il bilancio di un ente sottoposto alla vigilanza dello Stato non sia deliberato nel termine stabilito dalla normativa vigente, ovvero presenti una situazione di disavanzo di competenza per due esercizi consecutivi, i relativi organi, ad eccezione del collegio dei revisori o sindacale, decadono ed è nominato un commissario con le modalità previste dal citato comma 1; se l'ente è già commissariato, si procede alla nomina di un nuovo commissario. Il commissario approva il bilancio, ove necessario, e adotta le misure necessarie per ristabilire l'equilibrio finanziario dell'ente; quando ciò non sia possibile il commissario chiede che l'ente sia posto in liquidazione coatta amministrativa ai sensi del comma 1 (...);
              il Ministero dell'economia e delle finanze - dipartimento della ragioneria generale dello Stato con circolare ministeriale n.  33 del 28 dicembre 2011 ha fornito le opportune indicazione al fine della concreta individuazione dei criteri per l'applicazione dell'articolo 15 del decreto legge 6 luglio 2011, n.  98, convertito, con modificazioni, della legge 6 luglio 2011 n.  111, evidenziando tra l'altro che la locuzione “ ente sottoposto alla vigilanza dello Stato ”, senza ulteriori specificazioni, vada riferita a tutti gli enti ed organismi pubblici, anche con personalità giuridica di diritto privato, ad esclusione delle società, che rientrino nella sfera di vigilanza dell'amministrazione statale. In merito alla sussistenza di un rapporto di vigilanza da parte dello Stato nei riguardi di un ente appare utile evidenziare che lo stesso può ritenersi comprovato da un insieme di indici, tra i quali si menzionano, a titolo esemplificativo e non esaustivo, i seguenti: la concessione di trasferimenti o contributi; la presenza di rappresentanti dell'amministrazione centrale negli organi di amministrazione e/o controllo; la trasmissione dei documenti contabili (bilanci preventivi, consuntivi, variazioni, eccetera) dei bilanci o dei documenti contabili anche senza l'espressa previsione dell'approvazione; la previsione dei pareri di competenza in merito ai provvedimenti che disciplinano l'organizzazione, l'attività ed il funzionamento dell'ente pubblico (statuti, regolamenti ed altro); l'attribuzione della competenza alla nomina di commissari alle Amministrazioni centrali»;
          il Ministero dell'economia e delle finanze - dipartimento della ragioneria generale dello Stato con nota protocollo n.  0058811 inviata il 4 luglio 2012 all'avvocato Marco Antonangeli e per conoscenza al Ministero del lavoro e delle politiche sociali - direzione generale per il III settore e le divisioni sociali, alla Corte dei Conti e all'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordi (E.N.S.), si è espresso in ordine all'applicabilità all'E.N.S. dell'articolo 15, commi 1 e 1-bis del decreto-legge n.  98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  111 del 2011: «tenuto conto che l'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordi – Organizzazione non lucrativa di utilità sociale-Onlus è sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e riceve un contributo ordinario annuo a carico del Bilancio dello Stato, si ritiene che le disposizioni di cui al comma 1 e 1-bis dell'articolo 15 del decreto legge 6 luglio 2011 n.  98, convertito con modificazioni dalla legge 6 luglio 2011 n.  111, possano trovare applicazione nei confronti dello stesso»  –:
          in che modo il Governo intenda intervenire per accertare l'effettiva gravità della gestione economico-finanziaria denunciata dal presidente dell'Ens e, qualora fosse confermata, quali iniziative di competenza intenda assumere. (5-07723)

Interrogazioni a risposta scritta:


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il 22 agosto 2012, un operaio rumeno di 54 anni è deceduto questo pomeriggio mentre lavorava in un cantiere della Saib, ditta che produce pannelli truciolari, a Fossadello di Caorso nel piacentino;
          secondo una prima ricostruzione l'uomo stava compiendo lavori di manutenzione e saldatura su un macchinario;
          la macchina si sarebbe messa in moto d'improvviso stritolando l'operaio  –:
          quale sia l'esatta dinamica del tragico incidente;
          se le normative relative alla sicurezza del lavoro siano state rispettate;
          quali iniziative, di competenza, si intendono promuovere, sollecitare, adottare in ordine a quanto sopra evidenziato. (4-17391)


      MANCUSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'opera dei carabinieri nella società civile e nelle missioni da loro svolte all'estero assume un valore incommensurabile e insostituibile;
          il decreto-legge n.  95 del 6 luglio 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge n.  135 del 2012, cosiddetto decreto sulla spending review, ha previsto il blocco parziale del turn over dell'80 per cento nell'Arma;
          questo significa non solo meno concorsi per l'accesso all'Arma, ma anche l'esclusione dal reclutamento di molti vincitori di concorso;
          più di 1.600 di essi, infatti, non potranno accedere all'Arma, pur avendo vinto il concorso relativo;
          in particolare il forte disagio colpisce i vincitori dei concorsi allievi carabinieri 1548, 1552 e 1886;
          i vincitori in questione hanno sopportato notevoli spese per poter svolgere le diverse prove d'esame nella città di Roma, oltre che aver dedicato tempo e fatiche allo studio e alla preparazione;
          la pubblica sicurezza lamenta carenza di mezzi e personale che questo taglio non potrà che aggravare  –:
          se il Governo intenda assumere iniziative normative dirette a sottrarre alla disciplina del decreto-legge n.  95 del 2012 le procedure di concorsi già in itinere. (4-17438)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata:


      CATONE. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          il patrimonio zootecnico della specie bufalina nella regione Campania consta di circa 250.000 capi di cui 150.000 solo nella zona del casertano e la restante quota è distribuita prevalentemente nel salernitano;
          nel 2007 un'epidemia di brucellosi colpì i due terzi degli allevamenti, infettando in media il 20 per cento dei capi di ciascun allevamento, compromettendo in maniera serissima la produzione di quell'annualità e causando la perdita di centinaia di posti di lavoro;
          in seguito all'epidemia fu adottato un piano epidemiologico per debellare la brucellosi consistente nell'abbattimento dei capi infetti e nella vaccinazione del restante numero di capi;
          a denuncia dell'Associazione salernitana allevatori bovini equini ovini e caprini in data 5 maggio 2011 contestava alla regione Campania la mancata risposta ai numerosi solleciti ad avviare la procedura di vaccinazione delle mandrie contro la brucellosi mediante il vaccino RB51, risolvendo così definitivamente il problema, invece di continuare a procedere con profilassi molto più costose e del tutto insoddisfacenti per gli operatori del settore  –:
          quali provvedimenti si intendano adottare per salvaguardare il patrimonio bufalino della regione Campania e, conseguentemente, il livello occupazionale che da esso deriva, e se si intendano attivare i controlli più opportuni per tutelare la salute dei bovini avendo un monitoraggio della situazione aggiornata al 2012.
(3-02444)
(Presentata il 4 settembre 2012)


      DOZZO, MARONI, BOSSI, LUSSANA, FOGLIATO, MONTAGNOLI, FEDRIGA, FUGATTI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DUSSIN, FABI, FAVA, FOLLEGOT, FORCOLIN, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MARTINI, MERONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, POLLEDRI, RAINIERI, REGUZZONI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          con una recente intervista al quotidiano Avvenire il Ministro interrogato, chiamato ad esprimersi sulle prospettive politiche del dopo 2013, ha affermato la necessità che la prossima legislatura assicuri una linea di continuità con quanto realizzato dall'Esecutivo in carica, auspicando un governo «Monti-bis» e comunicando la sua disponibilità a farne parte;
          le riflessioni fatte dal Ministro interrogato prefigurano effetti catastrofici che deriverebbero dall'operato di un Governo che si ponesse in una logica di discontinuità con l'attuale e sono fondate su un asserito carattere di eccezionale efficacia dell'azione di questo Esecutivo, smentito dal peggioramento di molti indicatori economici, primi tra tutti il livello della pressione fiscale e del tasso di disoccupazione;
          il Ministro interrogato, nel ritenere che l'opinione pubblica non abbia ancora compreso l'importanza della ritrovata credibilità internazionale di questo Esecutivo, ammette la distanza tra i cittadini e il Governo tecnico, trascurando però i veri motivi di tale divario e cioè la assoluta mancanza di conoscenza da parte dell'attuale Esecutivo del Paese reale, del suo sistema imprenditoriale e delle connesse eccellenze, a vantaggio di una minuziosa conoscenza della teoria, dell'economia dei manuali, delle esigenze dei mercati e dei tecnocrati europei;
          le considerazioni espresse dal Ministro interrogato appaiono inopportune visto il carattere di emergenza proprio del Governo in carica, che agisce in condizioni straordinarie, governando principalmente a colpi di decreto, e si pongono in frontale contrasto con quegli elementari principi di democrazia in virtù dei quali la forza di un Governo è commisurata alla legittimazione popolare acquisita attraverso libere elezioni;
          le affermazioni sopra riportate suscitano particolare perplessità se si considera che provengono da un servitore dello Stato, essendo l'attuale Ministro un alto dirigente dello Stato, tenuto perciò a conoscere e a rispettare le fondamentali regole di funzionamento del nostro ordinamento sancite dalla Costituzione  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga opportuno chiarire quanto espresso nell'intervista citata in premessa, in particolare in relazione al principio democratico alla base dell'ordinamento costituzionale.
(3-02445)
(Presentata il 4 settembre 2012)


      DE CAMILLIS e BALDELLI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          il settore agricolo, com’è noto, sta affrontando una delle crisi più dure degli ultimi decenni, accentuata anche dalla situazione economica internazionale che certamente non contribuisce a sostenere le imprese del settore e l'intera filiera produttiva;
          il comparto del pomodoro rappresenta una delle coltivazioni ortofrutticole a maggiore valore aggiunto per le aziende agricole italiane;
          la crisi economica sta riversando i suoi effetti negativi in particolar modo sulle imprese agricole che operano nella filiera del pomodoro da industria, le quali stanno affrontando una serie di disagi legati sia a fattori climatici come la siccità, sia a certi comportamenti alquanto discutibili del comparto industriale della filiera che impone un prezzo non remunerativo, provocando un evidente effetto distorsivo nel mercato;
          nel 2010 la Commissione agricoltura della Camera dei deputati, con una risoluzione, impegnò il Governo ad adottare iniziative urgenti per contrastare i danni per l'intera filiera del pomodoro italiano, sottoposta, peraltro, ad un complesso sistema di norme e controlli qualitativi, che derivano dalla concorrenza sleale praticata dai prodotti importati da Paesi terzi, in particolare dalla Cina, in cui l'assenza di regole e controlli efficaci determina gravi danni alle imprese europee e, in particolare, a quelle italiane, con pesanti ripercussioni sulle vendite e sui ricavi;
          occorrono interventi urgenti volti a contrastare i tentativi di speculazione in atto da parte di alcune aziende di trasformazione e ad introdurre norme e controlli più incisivi per contrastare tutti i casi di concorrenza sleale dei prodotti di importazione  –:
          quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda intraprendere per tutelare le imprese agricole che operano nella filiera del pomodoro nazionale e per garantire il rispetto delle regole, anche a tutela del consumatore, ed in particolare quali risultati siano stati ottenuti dal Governo, nell'ambito degli impegni intrapresi anche a livello comunitario, per l'introduzione di norme e di controlli più incisivi per contrastare le situazioni di concorrenza sleale. (3-02446)
(Presentata il 4 settembre 2012)


      OLIVERIO, ZUCCHI, BRANDOLINI, MARIO PEPE (PD), MARAN, BOCCIA, AGOSTINI, MARCO CARRA, CENNI, CUOMO, DAL MORO, FIORIO, MARROCU, SANI, SERVODIO, TRAPPOLINO, QUARTIANI e GIACHETTI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          l'agricoltura italiana, a causa della più grave siccità degli ultimi dieci anni, registra danni che, secondo le prime stime della Coldiretti, ammonterebbero a circa un miliardo di euro, con pesanti tagli alla produzione nazionale che vanno dal -20 per cento del pomodoro e del girasole, al -30 per cento del mais, al -40 per cento della soia, al -50 per cento per la barbabietola da zucchero e per il girasole, mentre la vendemmia si preannuncia una delle più contenute dell'ultimo secolo anche se di buona qualità;
          secondo il presidente della medesima organizzazione del settore «siamo di fronte agli effetti dei cambiamenti climatici nei confronti dei quali occorre intervenire con aiuti finanziari per affrontare l'emergenza ma anche con misure strutturali», sottolineando «l'importanza delle opere infrastrutturali per la conservazione dell'acqua con il necessario potenziamento degli invasi per l'avvenuta modifica della distribuzione della pioggia»;
          quasi tutte le regioni stanno subendo gli effetti della siccità, con particolari problemi per il Veneto, la Lombardia, l'Emilia Romagna, la Toscana, le Marche, l'Umbria, l'Abruzzo, il Lazio, la Campania, la Puglia e la Calabria;
          come ricordato anche dai dirigenti di Confagricoltura, il tema della siccità nel nostro Paese ha bisogno di scelte strategiche che – superando l'approccio emergenziale e contingente finora seguito e attraverso il coinvolgimento dei diversi dicasteri interessati, delle regioni e della amministrazioni locali interessate – appresti un pacchetto di iniziative, quali la realizzazione di programmi di investimento in ricerca agronomica e irrigua, la progettazione di piccoli e grandi invasi ivi comprese le dighe per realizzare adeguate riserve di acqua, politiche di supporto finanziario, anche utilizzando i fondi dell'Unione europea, per la realizzazione di investimenti da effettuarsi sul territorio e nelle aziende per migliorare l'utilizzo dell'acqua, massimizzandone la sua efficienza e riducendone la dispersione;
          sono noti e di lunga data i problemi e la scarsa efficienza del sistema idrico italiano dove, secondo la Cia-Confederazione italiana agricoltori, si perde mediamente più di un litro d'acqua su tre. Uno spreco inaccettabile che pregiudica le potenzialità morfologiche del nostro Paese e che è la conseguenza della cronica mancanza di investimenti e di scarsa attenzione verso i consumi e le riserve del sistema idrico italiano, anche attraverso lo sviluppo di impianti di irrigazione con tecnologie a basso consumo  –:
          quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di alleviare gli effetti sul comparto dell'agricoltura della siccità che si è registrata nel corso dell'estate 2012, anche al fine di scongiurare un possibile riflesso sui prezzi delle derrate alimentari, dichiarando lo stato di calamità per il settore, in prospettiva di una più organica definizione di una politica infrastrutturale volta a colmare i problemi dell'efficienza degli acquedotti e a favorire un consumo responsabile del bene idrico. (3-02447)
(Presentata il 4 settembre 2012)


      DELFINO, GALLETTI, NARO, LIBÈ, DE POLI, COMPAGNON, CICCANTI, VOLONTÈ, RAO, TASSONE e OCCHIUTO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          la questione delle quote latte ha assunto un rilievo significativo per il bilancio stesso dello Stato, con un importo posto a carico dell'erario, e quindi dei contribuenti, pari ad oltre 1,5 miliardi di euro;
          questo importo si è accumulato nel corso degli anni, dal 1996 al 2009, senza che, con tutta evidenza, ne sia stato efficacemente perseguito il recupero;
          con riferimento alle tredici campagne lattiero-casearie dal 1995/1996 al 2007/2008, l'onere che il Paese ha sopportato, in conseguenza degli esuberi produttivi riscontrati nelle campagne medesime, è stato pari a 2.492 milioni di euro versati alla Commissione europea che, come precisa la Corte dei conti, «rappresentano una perdita netta e irrecuperabile per l'economia italiana», perdita che avrebbe dovuto gravare sui produttori eccedentari, ma invece «è stata finora finanziata in gran parte con i fondi pubblici»;
          in ordine alle medesime campagne, il predetto importo, imputabile ai produttori in questione per 2.226 milioni di euro, è stato riscosso per 301 milioni di euro, restando ancora da riscuotere 1.925 milioni di euro; tale importo decresce a 1.871 milioni di euro nel 2009, ultimo anno finora relazionato dalla Corte dei conti;
          nel corso delle campagne 2010/2011, a seguito di ulteriori adesioni alle rateizzazioni, l'importo ancora dovuto dai produttori eccedentari risulterebbe superiore a 1,5 miliardi di euro;
          stando ai dati riportati nella relazione della Corte dei conti, la perdita netta complessiva del contribuente italiano ammonta a oltre 4 miliardi di euro;
          alle aziende debitrici sono state offerte ben 3 occasioni di rateizzazione, dapprima con la legge n.  119 del 2003, successivamente con la legge n.  33 del 2009 e, da ultimo, con il decreto-legge n.  16 del 2012, convertito dalla legge n.  44 del 2012, con modalità idonee a farvi accedere il debitore che versi in situazioni di obiettiva difficoltà economica;
          la parte più significativa del debito accumulato risulta dovuta da non più di un migliaio di soggetti;
          nonostante si tratti di un credito accertato e posto a carico dell'erario, l'ente attualmente incaricato della riscossione è l'Agea, l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura;
          al momento, non risulta attiva alcuna procedura di recupero forzoso, fatta eccezione per la compensazione con gli aiuti comunitari, visto che con le recenti sentenze il Tar del Lazio non ha giudicato legittimo il ricorso da parte di Agea alla procedura di iscrizione a ruolo mediante Equitalia per le somme divenute esigibili dopo la mancata adesione alla rateizzazione di cui al decreto-legge n.  5 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  33 del 2009;
          ciò avviene nonostante la costante attenzione da parte degli organismi comunitari sull'effettiva riscossione in capo ai produttori del prelievo sul latte, al fine di evitare il suo tramutarsi in un aiuto di Stato non autorizzato;
          di conseguenza, l'unico strumento a disposizione dell'Agea, oltre alla compensazione con gli aiuti, resta la procedura di cui al regio decreto n.  639 del 1910, strumento certamente di minore efficacia dell'iscrizione a ruolo e senza che l'Agea sia dotata delle necessarie strutture per la riscossione, e in contrasto, oltretutto, con il noto principio comunitario, sancito fin dal trattato istitutivo, in base al quale ciascuno Stato membro deve porre in essere, ai fini della tutela finanziaria dell'Unione europea, le stesse misure adottate a tutela dei propri interessi finanziari;
          ad oggi, non è stata data attuazione all'articolo 8-septies, comma 2, del decreto-legge n.  5 del 2009, norma di perequazione verso i produttori che si sono messi in regola rispetto a coloro che hanno beneficiato di quote integrative a titolo gratuito, a causa della mancata attivazione e dotazione, prevista «in misura non inferiore a 45 milioni di euro per l'anno 2009», del relativo fondo;
          la mancata effettiva riscossione del prelievo non rateizzato costituisce un'ulteriore sperequazione nei confronti di coloro che rispettano le regole, a vantaggio di chi sostanzialmente non ne riconosce la valenza;
          ad oggi, non è stata data attuazione all'articolo 39, comma 13, del decreto-legge n.  98 del 2011, convertito dalla legge n.  111 del 2011, recante disposizioni attuative in materia di riscossioni;
          la Commissione agricoltura della Camera dei deputati, il 18 luglio 2012, ha approvato, con parere favorevole del Governo, all'esito del dibattito sulle risoluzioni Delfino n.  7-00860, Zucchi n.  7-00912, Beccalossi n.  7-00920 e Biava n.  7-00934, la risoluzione conclusiva Delfino n.  8-00194 che impegna l'Esecutivo «a riscuotere le somme ancora dovute con la massima efficacia mediante Equitalia spa, in qualità di incaricata dell'esercizio dell'attività di riscossione nazionale dei tributi e contributi»  –:
          considerato l'impatto sulla finanza pubblica derivante dalla mancata riscossione dei prelievi supplementari dovuti dai produttori eccedentari, e quindi sulla collettività, e vista la gravità e l'urgenza della questione, quali iniziative tempestive ed efficaci siano state già adottate e intenda adottare il Governo per dare tempestiva attuazione all'impegno assunto con la risoluzione Delfino n.  8-00194 approvata dalla Commissione agricoltura il 18 luglio 2012. (3-02448)
(Presentata il 4 settembre 2012)

Interrogazioni a risposta scritta:


      MARMO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          il dipartimento dell'ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari è l'organo tecnico dello Stato incaricato del controllo ufficiale dei prodotti agroalimentari e dei mezzi tecnici di produzione;
          tale dipartimento agisce con funzioni di prevenzione e di repressione delle frodi e dispone di personale altamente specializzato che opera con la qualifica di ufficiale e agente di polizia giudiziaria, in sede ispettiva, analitica ed amministrativa;
          le competenze di tale dipartimento fanno capo al decreto-legge istitutivo del 18 giugno 1986 n.  282, convertito con modificazioni dalla legge il 7 agosto 1986 n.  462, e l'organizzazione fa riferimento al decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 2012 n.  41;
          a tale dipartimento fanno capo anche 5 laboratori accreditati con personale altamente specializzato;
          nell'organizzazione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, opera anche il nucleo antifrodi del Corpo forestale dello Stato, con competenze simili o analoghe a quello dell'ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi in materia di controlli nel settore agroalimentare;
          il decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012 n.  135, cosiddetta «spending review», all'articolo 2 comma 10, prevede il riordino delle amministrazioni pubbliche adottando regolamenti di organizzazione, applicando, tra l'altro, misure volte alla concentrazione dell'esercizio delle funzioni istituzionali attraverso il riordino delle competenze degli uffici eliminando eventuali duplicazioni, e alla riorganizzazione degli uffici con funzioni ispettive e di controllo;
          nell'ottica del risparmio della spesa pubblica e per la valorizzazione del made in Italy, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, potrebbe accorpare l'ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi ed il nucleo antifrodi, ottenendo una razionalizzazione dei controlli, maggiore incremento della professionalità, riduzione del numero degli organismi con funzioni simili, ottimizzazione della spesa e dell'impiego del personale, aumento dell'efficienza e dell'efficacia dell'azione pubblica, rispettando le necessità e l'esperienze del settore  –:
          se nell'ottica della riorganizzazione pubblica si intendano accorpare l'ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi ed il nucleo antifrodi, ottenendo gli obiettivi di cui nella premessa. (4-17449)


      NASTRI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          l'estate in corso è stata caratterizzata da ondate di caldo di livello molto duraturo (oltre 75 giorni, iniziato a metà giugno) a fasi alterne anche in maniera intensa;
          in molte aree geografiche la siccità, che ha agevolato gli incendi, ha determinato gravi problemi per l'agricoltura e per l'intera filiera del comparto, causando ingenti danni alla raccolta e cali alla produzione di circa 20-30 per cento per numerosi prodotti agricoli;
          l'emergenza idrica in particolare nella regione Piemonte, soprattutto per le esigenze dell'agricoltura, è stata oggetto di attente valutazioni, a causa della stagione estiva che si è contraddistinta per le scarsissime piogge;
          gli interventi per la realizzazione di nuovi invasi all'interno dell'area geografica della suddetta regione per la raccolta dell'acqua, risultano di conseguenza necessari e strettamente connessi con quanto suesposto, al fine di fronteggiare il persistente fenomeno della siccità e dell'allarme idrico in Piemonte, che sebbene non abbia raggiunto livelli di estrema criticità rispetto ad altre regioni, necessita tuttavia un piano pluriennale di interventi volto a soddisfare le esigenze dei territori piemontesi;
          il presidente della regione Piemonte con riferimento a quanto suesposto ha recentemente affermato che nei prossimi anni, occorrerà la realizzazione di almeno 5 nuovi invasi, alcuni dei quali già progettati ed inseriti all'interno dei inserito nel Piano irriguo nazionale e finanziato in parte dal Ministero interrogato, come quello in Valle Sessera, in provincia di Biella, al fine di evitare un collasso dei settori produttivi ed in particolare di quello agricolo  –:
          quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
          se in considerazione di quanto esposto in premessa e con riguardo alla regione Piemonte, la cui area geografica risulta essere d'importanza strategica per il settore agricolo a livello nazionale, non intenda prevedere ulteriori finanziamenti a sostegno della realizzazione di nuovi invasi per la raccolta dell'acqua al fine di fornire una risposta, strutturale e non episodica, alla siccità che devasta sempre più spesso intere aree agricole del Piemonte e dell'Italia. (4-17453)


      NASTRI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          i danni causati dall'eccezionale ondata di caldo africano, che ha caratterizzato l'intera stagione estiva, ha ulteriormente aumentato la già grave situazione del comparto agricolo e delle filiere di produzione;
          la siccità unitamente alla carenza d'acqua hanno provocato un collasso dovuto al calore per decine di prodotti agricoli, con deperimento organico delle piante di mais, girasole, soia, bietola, pomodoro, uva e i raccolti sono stati falcidiati;
          numerose organizzazioni di categoria come la Confagricoltura e la Coldiretti evidenziano, in particolare, come fra le regioni più colpite dal caldo record, il Piemonte risulta essere quella fra le più penalizzate;
          in diverse aree del Piemonte sono stati compromessi i raccolti di cereali e foraggi ed i pascoli del cuneese risultano essere «sfrattati» dalla mancanza di foraggio, con le mandrie ed i greggi che si preparano a lasciare gli alpeggi con oltre un mese d'anticipo;
          gli animali del territorio montano della regione, non riescono ad alimentarsi a causa dell'emergenza siccità e l'unica alternativa, secondo quanto sostengono le associazioni di categoria, è costituita dall'acquisto e dal trasporto negli alpeggi di foraggio, con costi insopportabili per le aziende agricole piemontesi;
          alla grave situazione climatica, si aggiungono ulteriori problemi del comparto causati sia dalla presenza di lupi, che richiede una sorveglianza continua, che dalle speculazioni sulle assegnazioni degli alpeggi che fanno lievitare gli affitti  –:
          quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
          quali iniziative intenda intraprendere, nell'ambito delle sue competenze, in aggiunta a quelle già previste dalla regione Piemonte, al fine di sostenere l'agricoltura piemontese, che come nelle altre regioni del Paese, è afflitta da una profonda situazione di crisi che desta forte preoccupazione. (4-17454)


      MUNERATO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          da diversi anni, lungo le rive del fiume Po, pescatori di frodo, soprattutto di origine ungherese e rumena, sono stati sorpresi in flagranza da forze dell'ordine di Rovigo e di Mantova mentre pescavano in gran quantità di pesce siluro e danneggiando in questo modo l'habitat fluviale del fiume;
          l'annoso fenomeno non ha mai trovato una soluzione concreta, ed anzi, si è maggiormente accentuato in questi ultimi mesi nell'asta interregionale fra Ficarolo-Stellata-Governolo-San Benedetto Po, mentre, purtroppo, la polizia provinciale rodigina e mantovana, a causa della scarsità degli organici e dei mezzi operativi, non riesce a contrastare a pieno il fenomeno;
          lo stesso fenomeno sta destando estrema preoccupazione anche tra i numerosi pescatori sportivi che quotidianamente affollano le rive del Po e che attraverso le innumerevoli segnalazioni, anche a mezzo stampa locale, denunciano come il pescato illegale di questi pescatori, che qui giungono grazie a permessi turistici spacciandosi quindi per appassionati di fiume, sia formato per lo più da pesci-siluro, ma anche da barbi, lucci e cavedani, venga solitamente ripulito con l'acqua inquinata del fiume, congelato e quindi trasportato, senza il rispetto di nessuna norma igienica nell'est Europa, dove viene confezionato ed etichettato;
          secondo alcuni pescatori rodigini dell'area, la provincia di Rovigo concederebbe permessi di pesca fluviale a soli 8 euro mensili, quando, in Croazia si arriva a pagare fino a 25 al giorno e mentre in Ungheria e in Romania la pesca nei fiumi è rigidamente controllata  –:
          se non ritenga opportuno verificare la possibilità di potenziare i controlli nell'area a tutela della salute dei consumatori anche per il tramite del Corpo forestale dello Stato. (4-17464)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      MANCUSO e BARANI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          l'8 agosto 2012 il quotidiano ha pubblicato un articolo in cui venivano messe a confronto l'ASL di Salerno e la Milano 1, simili per bacino di utenza, ovvero per quanti abitanti fanno riferimento ai servizio;
          l'ASL di Salerno, oggi unica ma fino a poco fa divisa in tre ambiti, insieme all'azienda ospedaliera Ruggi d'Aragona, copre il fabbisogno di 1.106.099 abitanti;
          la Milano 1 ne serve 924.417, circa 180 mila pazienti potenziali in meno;
          nelle ASL, per legge, tutti i medici sono dirigenti suddivisi su due livelli;
          alla Milano 1 vengono spesi ogni anno 14.274.654,30 euro per pagare 209 dirigenti;
          all'ASL di Salerno all'azienda ospedaliera Ruggi vengono spesi 241.233.237 euro l'anno per 2.895 dipendenti, ovvero 66 mila euro al giorno, 27 mila euro l'ora;
          alla ASL di Milano 1 lavora un dirigente ogni 4.423 abitanti, a Salerno uno ogni 447;
          lo stipendio dei dirigenti salernitani è composto da una posizione fissa (stipendio base), una variabile, una retrocessione per risultato e una voce «altro», in cui è possibile enumerare le più variegate voci;
          il dottor Verrioli, anatomo patologo della ASL di Salerno, nel 2011 ha incassato uno stipendio di circa 700 mila euro;
          tale stipendio potrebbe essere giustificato solo con una giornata lavorativa annua di 72 ore per 365 giorni l'anno;
          la legge prevede che, in uno stipendio, la componente aggiuntiva non possa essere superiore a quella base;
          ci sono circa 100 casi, tra gli stipendi dell'ASL di Salerno riferiti all'anno 2011, in cui la sproporzione per le due voci, invece, è notevole trasformando uno stipendio base di 50 mila euro in un totale di 320 mila euro;
          l'8 agosto Antonio Squillante ha preso il posto del colonnello dei carabinieri Maurizio Bortoletti (già sostituto dal commissario Stefano Caldoro) come manager dell'ASL di Salerno  –:
          se il Governo intenda mandare i propri ispettori presso l'ASL di Salerno per verificare la congruità della gestione del personale e il conteggio degli stipendi;
          quali iniziative normative, con il necessario coinvolgimento delle regioni, intenda adottare il Governo per evitare simili disparità tra le realtà regionali.
(5-07722)

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:


      DI PIETRO, DONADI, EVANGELISTI, BORGHESI, PALOMBA e MESSINA. — Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
          presso il tribunale di Palermo è in corso un procedimento penale sulla cosiddetta trattativa tra pezzi di Stato e uomini delle istituzioni con la mafia nel biennio 1992-1994, contrassegnato dagli attentati in Sicilia, a Roma e a Firenze;
          l'inchiesta, chiusa dai pubblici ministeri di Palermo a metà di giugno 2012, non è la prima che fa emergere la collusione tra lo Stato e la mafia. Infatti, nel 1998, la sentenza della corte d'assise di Firenze sulle stragi del 1993 certificò che i colloqui degli allora ufficiali del Ros dei carabinieri Mori e De Donno con l'ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino «avevano tutte le caratteristiche per apparire come una “trattativa”, e l'effetto sui capi mafiosi fu quello di convincerli, definitivamente, che la strage era idonea a portare vantaggi all'organizzazione». I giudici di Firenze si spinsero a ipotizzare che i contatti carabinieri-Ciancimino avessero aperto la via all'arresto di Totò Riina, al prezzo di «sostanziali concessioni ai mafiosi», ad esempio, è risaputo oggi, l'allentamento del cosiddetto «carcere duro». E scrissero: «Questa eventualità fa rabbrividire ogni persona avveduta, ma è inidonea a influenzare questo giudizio che non concerne i contraenti dalla parte di qua di questo ipotetico contratto illecito, ma coloro che, del contratto, sarebbero stati i beneficiari». I contraenti dalla parte di qua sarebbero gli ufficiali dell'Arma e i loro eventuali mandanti politici; i beneficiari, invece, i boss mafiosi, processati e condannati in quella circostanza;
          i pubblici ministeri di Palermo ritengono di aver composto un altro pezzo del complesso mosaico chiedendo il giudizio anche per alcuni di coloro che stavano «dalla parte di qua», cioè gli uomini dello Stato: Mario Mori, Giuseppe De Donno, Antonio Subranni, Calogero Mannino, Marcello Dell'Utri. Accusati, ai sensi degli articoli 338 e 339 del codice penale, di «minaccia o violenza a un corpo politico dello Stato», per aver rafforzato la volontà ricattatoria dei mafiosi nei confronti del Governo. L'accusa formulata dai pubblici ministeri di Palermo dà corpo all'ipotesi avanzata dai giudici di Firenze, che s'erano dovuti fermare agli imputati «della parte di là», i rappresentanti di Cosa nostra (Totò Riina, Giovanni Brusca, Leoluca Bagarella, Bernardo Provenzano, Nino Cinà);
          sono stati, inoltre, indagati per false informazioni ai pubblici ministeri Giovanni Conso e Giuseppe Gargani, e per falsa testimonianza Nicola Mancino;
          considerato il reato contestato, è certamente un atto doveroso la costituzione di parte civile del Governo nel procedimento relativo alla trattativa Stato-mafia. Il Governo è, infatti, parte lesa e, come tale, può esercitare, secondo la legge, la facoltà riconosciuta alle parti lese di costituirsi parte civile;
          a giudizio degli interroganti, nel caso specifico tale facoltà è un dovere. Una decisione in senso contrario sarebbe un grave gesto di disinteresse e incuria nei confronti dello Stato e la dichiarazione che le massime istituzioni dello Stato sono indifferenti, se non contrarie, all'accertamento della verità;
          l'udienza preliminare del processo di Palermo è stata fissata per il 29 ottobre 2012  –:
          se non si intenda autorizzare la costituzione di parte civile dello Stato, da proporsi già nell'udienza preliminare, nel procedimento penale in corso presso il tribunale di Palermo, relativo alla trattativa Stato-mafia, in cui il Governo è parte lesa.
(3-02450)
(Presentata il 4 settembre 2012)

SALUTE

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
          si fa riferimento al decesso di un malato psichico avvenuto a Casalecchio in circostanze poco chiare, senza entrare nel merito delle responsabilità penali sulle quali sta indagando la magistratura, pone il problema della revisione della legge Basaglia soprattutto per quanto concerne i «malati gravi» con patologie irrecuperabili per i quali il trattamento TSO non è sufficiente e che una volta dimessi costituiscono un grave pericolo per se stessi ed i famigliari, con alcuni del quali il sottoscritto ha recentemente parlato;
          inoltre, si sottolinea anche la necessità di un intervento preciso del Governo e del Ministro della salute soprattutto per superare le resistenze di quella parte di psichiatri aderenti alla corrente di psichiatria democratica, che anche recentemente hanno duramente polemizzato con la maggioranza che ha votato il testo base di riforma della Legge Basaglia in commissione affari sociali e prevalentemente hanno una visione ideologica della cura del malato psichico superata dall'evoluzione della società e rivelatasi palesemente inadeguata se non pericolosa ad affrontare i casi più gravi;
          l'interpellante sollecita l'esecutivo al fine di una maggior vigilanza sui servizi territoriali, ed in particolar modo a Bologna, per garantire una gestione della malattia psichiatrica e, del malato in quanto tale, lontana da visioni ideologiche che spesso non vengono incontro alle reali esigenze del malato, dei famigliari che lo circondano ed ai quali vengono date risposte non collimanti e spesso insufficienti rispetto a quelle della scienza ufficiale  –:
          quali iniziative intenda assumere il Governo in relazione alle questioni poste in premessa.
(2-01640) «Garagnani».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'agenzia Ansa il 18 agosto 2012 ha diffuso la notizia, da Torino, di un caso di mesotelioma pleurico, per ora non mortale, contratto da un'ex impiegata in servizio per venti anni nella sede RAI di Torino;
          sulla vicenda è in corso un'inchiesta della magistratura, e risultano iscritti nel registro degli indagati per l'ipotesi di reato di lesioni colpose una quindicina di dirigenti dell'azienda televisiva pubblica per omicidio colposo  –:
          quali informazioni si dispongano in relazione a quanto sopra evidenziato;
          quali iniziative di competenza si intendano promuovere, sollecitare, adottare. (5-07721)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          le distrofie retiniche ereditarie sono un gruppo di patologie molto gravi che rappresentano una delle più frequenti cause di cecità di origine genetica nel mondo occidentale;
          a seguito della conclusione del progetto sul «genoma umano», che ha reso possibile la determinazione della sequenza del DNA umano, si sono rese disponibili molte conoscenze che hanno permesso lo sviluppo di test genetici atti ad identificare le varie forme di distrofie retiniche ereditarie che provocano la cecità nell'uomo;
          secondo alcune fonti scientifiche, la prevalenza stimata in Europa per queste malattie va da 3,5 a 10,4 su 100.000 individui e, sulla base di tale stima, in Italia le persone affette da distrofie retiniche sarebbero circa 20.800;
          i test genetici costituiscono l'applicazione medica più importante per confermare la diagnosi, la prognosi, il trattamento e l'identificazione presintomatica della patologia;
          la situazione della diagnosi genetica in Italia si evidenzia dai dati riportati nell'ultimo censimento della Società italiana di genetica umana (SIGU, 2007), in fase di aggiornamento, da cui emerge il ridotto numero di «geni» (556) diagnosticati in Italia rispetto a quelli possibili (circa 1.500);
          particolarmente indicativi sono i risultati emersi dallo studio focalizzato su un campione di 6 malattie, non inerenti alle distrofie retiniche, volto a definire l'appropriatezza dei test genetici, da cui emerge che, in alcuni casi, la percentuale di positività al test oscillava tra il 2,82 e l'8,83 per cento. Questi risultati evidenziano un uso spesso inappropriato del test genetico che si ripercuote in un basso numero di pazienti con caratterizzazione genetica, a conferma del fatto che la valutazione delle indicazioni di un test genetico è complessa e deve tenere conto di molti fattori, che richiedono competenze multidisciplinari ed operatori culturalmente preparati. La razionalizzazione si rende necessaria anche in considerazione dell'incremento del numero di test genetici (10-30 per cento per anno in media), in assenza di criteri di appropriatezza della domanda e dell'offerta;
          come dichiarato, nel 2006, dall'OCSE nel documento riguardante l'appropriatezza e la qualità dei test genetici e come ribadito più volte da documenti internazionali e nazionali concernenti la sicurezza del cittadino, solo i test di provata utilità in termini clinici e di costo-efficacia possono essere implementati nella pratica clinica e offerti secondo principi di appropriatezza e di eticità;
          per tali ragioni si è creata sul territorio una rete nazionale di strutture altamente qualificate per l'esecuzione dei test genetici per le distrofie retiniche ereditarie che contribuiscono alla diagnosi ed alla costruzione di percorsi assistenziali e di follow up dei pazienti;
          le strutture si avvalgono delle più recenti tecnologie di genetica molecolare quali le piattaforme di «sequenziamento massivo in parallelo» che consentiranno di ottenere una più rapida e certa caratterizzazione genetica dei pazienti. Inoltre, tali centri si avvalgono di un'attività di genetica ben strutturata ed organizzata in percorsi multidisciplinari in grado di garantire la soddisfazione del paziente e l'ottimizzazione dei costi. Tra le peculiarità di tali strutture vi è l'aggiornamento culturale e scientifico degli operatori del settore, la formazione degli operatori sanitari di altre discipline e l'informazione al pubblico;
          i test genetici, seppur proposti con soluzioni diverse, consentono una diagnosi genetica accurata, grazie alla quale il paziente può essere informato riguardo alla prognosi ed essere indirizzato verso le cure e i trattamenti più opportuni;
          a livello terapeutico sono disponibili tre opzioni fruibili a livello sperimentale: la terapia farmacologica; la terapia con protesi retinica; la terapia genica;
          queste reti multidisciplinari, oltre a fornire una concreta risposta di assistenza ai pazienti ed ai genitori di bambini affetti da patologie ereditarie debilitanti, si pongono come punto di riferimento per i clinici, i pediatri e gli oculisti, offrendo un servizio di informazione e di sensibilizzazione continuo, forte di un solido know how maturato grazie ad esperienza e qualità del personale coinvolto, ottenendo quindi un'appropriata prescrizione del test genetico solo dopo attenta valutazione clinica;
          infatti, un'appropriata richiesta del test genetico, a seguito di idonea visita oculistica, preceduta dalla consulenza genetica pre e post test, assicura la sua corretta erogazione;
          valorizzare e offrire visibilità alle reti di eccellenza risponde al duplice obiettivo di fornire ai pazienti migliori prestazioni in termini di diagnosi, riabilitazione ed accesso alle sperimentazioni e di generare un risparmio per il servizio sanitario nazionale, evitando esami inutili e migrazione all'estero dei malati  –:
          se e quando il Governo intenda approvare le linee guida riguardo interventi di prevenzione per le malattie genetiche oculari elaborate dalla Commissione nazionale per la prevenzione della cecità istituita dal Ministero della salute;
          se intenda adottare tutte le misure al fine di informare e uniformare l'adesione di tutti i centri oculistici italiani ad una delle reti per le malattie rare oftalmologiche esistenti sul territorio nazionale, così da garantire alle persone affette da queste patologie di ricevere, diagnosi accurate e tempestive consentendo, al tempo stesso, di razionalizzare le spese sanitarie, con sicuri abbattimenti dei costi;
          che tipo di azioni intenda intraprendere, per una mirata formazione degli oculisti nel campo delle malattie oculari ereditarie, così da evitare diagnosi inutili e l'uso di test genetici non validati, dannosi per i pazienti ed onerosi per il servizio sanitario nazionale;
          se intenda il Governo sostenere la creazione di centri di riferimento in via specialistica e qualificata per le malattie oftalmologiche a base genetica. (5-07725)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il sindacato autonomo dei Vigili del fuoco Conapo ha denunciato che dopo quelli di Vicenza, anche vigili del fuoco nel viterbese e a Modena avrebbero riportato gravi ustioni alle mani a causa dell'irraggiamento di calore durante lo spegnimento di incendi;
          simili episodi autorizzano i dubbi sull'idoneità dei guanti acquistati dal dipartimento dal quale dipendono i vigili del fuoco  –:
          se siano a conoscenza dei fatti sopra riferiti, e se questi corrispondono a verità come si spieghi quanto accaduto;
          se si siano disposte le opportune e urgenti verifiche sui guanti in dotazione ai vigili del fuoco per verificare ed eventualmente accertare difetti di fabbricazione tali da mettere a repentaglio l'incolumità dei vigili che li indossano;
          quali iniziative si intendono promuovere, adottare, sollecitare in ordine a quanto sopra esposto. (5-07726)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          un commerciante, il signor Domenico Naviglio, di 48 anni, di Afragola, la sera del 15 agosto accusando forti dolori al petto e respiro affannoso, si reca al pronto soccorso di Villa dei Fiori, ad Acerra;
          dopo una decina di minuti il signor Naviglio risulterebbe essere stato dimesso, un giorno di prognosi e un antinfiammatorio;
          risulterebbe che il signor Naviglio sia stato sottoposto all'esame dell'elettrocardiogramma e alla misura della pressione arteriosa, e secondo il verdetto dei medici non risultava nulla di preoccupante; quanto al dolore lancinante al petto, secondo i sanitari, era da attribuire a un colpo d'aria o del climatizzatore;
          tre ore dopo il signor Naviglio è deceduto nella sua abitazione  –:
          se non si ritenga di dover assumere, iniziative, per quanto di sua competenza, al fine di accertare l'esatta dinamica dei fatti. (5-07727)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere: quali siano le quantità di farmaci e il numero di detenuti trattati negli anni 2010 e 2011 per istituto di pena e categoria farmacologica secondo la classificazione ATC. (5-07728)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          in data 2 luglio 2012 la Consip ha pubblicato il bando di gara per la fornitura di presidi per l'autocontrollo della glicemia e servizi connessi per le pubbliche amministrazioni, che individua due lotti: lotto 1 (Presidi per l'autocontrollo della glicemia) e lotto 2 (Presidi per l'autocontrollo della glicemia – Tecnologia avanzata);
          la razionalizzazione della spesa imposta dalla situazione contingente richiede scelte di grande responsabilità sociale, in cui l'interesse generale al risparmio tenga conto anche di tematiche legate a particolari esigenze sanitarie;
          si rende necessario adottare criteri di economicità nell'ambito dell'erogazione dei presidi, salvaguardando, però gli standard di riferimento internazionali per la qualità della diagnostica;
          è necessario differenziare le tipologie di pazienti e fornire ad ognuno lo strumento adeguato. Secondo la fenotipizzazione elaborata da un gruppo di diabetologici, vi sono pazienti, professionalmente attivi, che utilizzano lo strumento prevalentemente al di fuori dell'ambiente domestico i quali, effettuando ripetuti controlli giornalieri, hanno bisogno di strumenti facilmente trasportabili e di piccole dimensioni; altri pienamente coinvolti nel self management e che necessitano di strumenti ad alta tecnologia con i quali interagire (associazione al dato di eventi, e di sport; identificazione dei trend ipo ed iper secondo il pattern management, eccetera); soggetti che utilizzano la telemedicina per il contatto con il team; pazienti che necessitano di strumenti all-in-one; persone in terapia con microinfusore e che necessitano di glucometro in grado di interagire via bluetooth o wireless con la pompa insulinica; altri ancora che necessitano di strumenti in grado di misurare glicemia e/o chetonemia. Vi sono, inoltre, pazienti che evidenziano una non aderenza al trattamento, altri in terapia insulinica multiiniettiva in burn-out al calcolo dei carboidrati, o che devono essere introdotti al CHO counting e necessitano di suggeritore di boli e/o di supporto motivazionale, altri ancora in burn-out dalla compilazione del diario cartaceo, o con impossibilità di compilazione dello stesso, che necessitano di strumenti in grado di offrire una presentazione strutturata del dato memorizzato; pazienti pediatrici che necessitano di strumenti ad altissima accuratezza, che consentano prelievi da siti alternativi e con minimi quantitativi di sangue capillare; persone anziane con bassa manualità e deficit visivo; soggetti che dipendono da terzi per la misurazione della glicemia; pazienti che necessitano di strumenti in grado di misurare glicemia e/o chetonemia ed altri che sono portatori di patologie potenzialmente trasmissibili;
          le società scientifiche di diabetologia, hanno sostenuto che la gara Consip presenta alcune criticità, in quanto il capitolato tecnico non definisce espressamente l'accuratezza e la precisione dei presidi, mentre sarebbe necessario un adeguamento tempestivo agli standard ISO DIS 15197:2011; il numero dei kit posto a base d'asta risulta esiguo; il disciplinare prevede la facoltà del diabetologo di scegliere presidi non previsti dalla convenzione Consip, senza fornire alcun prezzo di riferimento e non lasciando intendere quale sia il soggetto che debba provvedere al pagamento; il criterio di aggiudicazione dimostra una prevalenza dell'aspetto economico (70 per cento) su quello tecnico-qualitativo (30 per cento); le interferenze analitiche sono dichiarate ma non valutate; manca una prova di accuratezza e precisione; le valutazioni delle caratteristiche degli strumenti sono generiche e mancano quelle relative, ad esempio, alla praticità d'uso e alla visibilità; per garantire la libertà di scelta e non obbligare il paziente alla sostituzione del glucometro già in suo possesso, sarebbe opportuno definire un importo massimo di partenza, a cui possono adeguarsi più fornitori, assicurando l'adozione di differenti glucometri ad un prezzo uniforme su tutto il territorio nazionale; a garanzia di un'effettiva qualità è necessario procedere a periodici controlli a campione e prevedere l'istituzione di un'agenzia indipendente deputata allo svolgimento di tali attività  –:
          se il Ministro della salute non reputi necessario ed opportuno, alla luce delle conseguenze connesse alla gara Consip, provvedere a individuare un prezzo unico di riferimento a livello nazionale per le diverse tipologie di presidi per la rilevazione della glicemia, per garantire risparmi certi della spesa e al tempo stesso, salvaguardare la qualità effettiva dei riflettometri e la libertà di scelta dei diabetici e dei diabetologi, alla luce anche delle tipologie di pazienti;
          quali misure di competenza intenda adottare al fine di sospendere la gara Consip, tenuto conto che la scadenza per la presentazione delle offerte è il 24 settembre 2012, così da far decorrere dal 1° ottobre l'applicazione di un prezzo unico, che garantisca la qualità dei presidi e la libertà di scelta;
          se intenda sollecitare la commissione per i medical device, istituita presso il Ministero, a individuare e a classificare i dispositivi medici secondo le specifiche caratteristiche tecnologiche e scientifiche.
(5-07729)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il quotidiano Il Gazzettino nella sua edizione del 28 agosto ha pubblicato un articolo della giornalista Cristina Antonutti, dal significativo titolo: «Madre trascurata e disidratata nella residenza da 1.800 euro al mese»;
          in particolare si raccoglie la testimonianza-denuncia del signor L.B. di Brugnera: «Mia madre era disidratata, dimagrita, aveva una bronchite e piaghe da decubito. Ora è in ospedale, sottoposta a flebo e ricostituenti, speriamo che si riprenda e di poterla riportare a casa presto. Ma non intendiamo lasciar perdere. Non è possibile che in una struttura da 60 euro al giorno un anziano venga trascurato»;
          la madre del signor L.B. ha 81 anni; quattro anni fa è stata colpita da un ictus ed è rimasta invalida. In tutti questi anni è stata accudita dal marito, fino a quando, un mese e mezzo fa, e stato a sua volta colpito da ictus. «D'accordo con mia sorella – spiega il figlio della donna – l'abbiamo messa in Rsa a Sacile per un mese, poi è stata scelta una residenza per anziani. Andavamo ogni giorno a trovarla. Notavamo che stava dimagrendo e che era disidrata. Continuavano a dirci che beveva e che mangiava. Ci hanno detto che gli ematomi che aveva nel braccio erano dovuti a un prelievo di sangue, mentre la dottoressa del pronto soccorso ha spiegato che sono i segni lasciati da una mano, probabilmente sono stati procurati mentre la sollevavano dal letto. Avevamo lasciato una crema da applicare a ogni cambio del pannolone, sarà stata usata una volta, tanto che mia madre è tutta piagata»;
          i figli lamentano anche una certa confusione nella somministrazione dei medicinali che l'anziana doveva assumere: «L'ultima settimana ci siamo fermati a turno io e mia sorella per farla bere e mangiare, era così trascurata. Eppure in quella struttura si pagano 1.800 euro al mese, mia madre l'abbiamo portata lì nella speranza che potesse star bene. Abbiamo chiesto parlare con la responsabile, ma fino a ieri non è stato possibile. Senza poi contare che sono dovuto tornare per prendere alcuni indumenti di mia madre, mi avevano detto di ripassare perché erano in lavanderia. Così ho fatto, ma me li hanno dati ancora sporchi»;
          quali iniziative, per quanto di sua competenza, ritenga opportuno promuovere in relazione a quanto accaduto, in particolare al fine di pervenire ad una ridefinizione anche sul piano normativo dei criteri di autorizzazione e delle modalità di controllo per questo tipo di strutture avviando altresì, in collaborazione con le regioni, una ricognizione delle strutture di cura che ospitano anziani e invalidi. (5-07740)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il sito on line del quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno ha pubblicato il 22 agosto 2012 la drammatica storia di una donna, malata di sclerosi multipla, «senza assistenza e con 700 euro al mese»;
          in particolare, la signora Luisa Patruni, di Bari, costretta dalla sua malattia a vivere da molti anni su una sedia a rotelle, vive in un piccolo appartamento nella città vecchia; ha necessità di fare cateterismo intermittente 6-7 volte al giorno, e ha necessità di assistenza per anche le più elementari attività come cibarci e lavarsi;
          il caso della signora Patruni, secondo il vicepresidente del circolo Acli-Dalfmo di Bari Michele Fanelli, che ha segnalato il caso, «evidenzia che l'attuale situazione economica nazionale e locale, sta penalizzando i poveri cittadini che vivono una situazione di disagio e di disabilità sociale di estrema difficoltà. Nella nostra città ci sono casi disperati di disabili, che non ricevono l'aiuto e l'assistenza necessaria per poter andare avanti»  –:
          se quanto raccontato da La Gazzetta del Mezzogiorno circa la situazione della signora Patruni corrisponda a verità;
          in caso affermativo, quali iniziative di sua competenza si intendano promuovere, sollecitare, adottare al fine di evitare che la situazione economica nazionale e il ridimensionamento delle risorse pregiudichino i livelli essenziali delle prestazioni sociali. (5-07741)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          secondo un rapporto curato dal «Tribunale per i diritti del malato» dell'associazione Cittadinanzattiva risulterebbe che il servizio di terapia del dolore di Teramo, vari reparti oncologici della città di Roma, con Policlinico Umberto I e Villa San Pietro-Fatebenefratelli in testa, sono alcune delle segnalazioni definite più «amare» relative ai disservizi estivi di sanità;
          tra gli esempi citati, il caso di una signora di 62 anni, malata oncologica costretta per una complicanza a ricorrere all'ospedale e stare tre giorni e tre notti su una lettiga per la chiusura del reparto, per consentire al personale di smaltire le ferie e poi ricoverata in ortopedia;
          la desertificazione dei servizi sanitari – secondo i responsabili del tribunale per i diritti del malato dal momento che indubitabilmente la desertificazione dei servizi sanitari è sempre da imputare a un problema di organizzazione e programmazione, come avvenuto per i cittadini abruzzesi, privati per quasi un mese del servizio di terapia del dolore, e costretti ad andare fuori regione con evidenti spese di mobilità passiva per l'amministrazione ;
          le decisioni sembrano ferme a quando l'80 per cento dei cittadini partivano, mentre ormai le città rimangono attive e questo dovrebbe prevedere un adeguamento dei servizi senza nessuna sospensione  –:
          se non si ritenga necessario e opportuno intervenire, per quanto di competenza, per verificare che non siano in ogni caso compromessi i livelli essenziali di assistenza. (5-07742)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          numerosi quotidiani e siti internet (Il Messaggero del 4 settembre, il settimanale Oggi, il sito on line Corriere.it), hanno riferito della grave e stupefacente vicenda accaduta all'inviato del settimanale Panorama Pino Buongiorno;
          in particolare il giornalista racconta di come la sua vita sia improvvisamente cambiata quando è stato posto da parte del medico curante dinanzi alla scelta: «O ti amputo il piede entro domani, oppure muori di setticemia»;
          la responsabilità, sostiene Buongiorno, «è del primario del Policlinico universitario di Tor Vergata a Roma, che mi ha avuto in cura. Nei prossimi giorni presenterò un esposto in procura con nomi e cognomi anche perché l'ultimo medico che mi ha curato mi ha detto chiaramente che se fossi andato prima da lui, non avrei mai perso il piede»;
          la vicenda in questione comincia a settembre dello scorso anno, quando il primario del Policlinico di Tor Vergata che da tempo ha in cura Buongiorno per il piede diabetico, gli annuncia improvvisamente che è necessario un intervento per salvare il salvabile. L'operazione avviene presso la clinica Quisisana, ma, a detta sempre di Buongiorno, l'ortopedico avrebbe ammesso di essere gravemente in difficoltà e quando l'infezione prosegue, decide di inviare il giornalista in un centro di eccellenza a Cotignola;
          qui Buongiorno sarebbe stato posto dinanzi alla scelta inaspettata e feroce: la vita, o perdere un arto e diventare disabile  –:
          di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa e quali urgenti iniziative di competenza si intendano assumere o promuovere al riguardo. (5-07746)

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il Ministro della salute ha dichiarato recentemente che il Governo intende recuperare risorse economiche attraverso una nuova tassazione delle bibite gassate;
          tali nuove risorse economiche potrebbero – ad avviso dell'interrogante – essere destinate al sostegno di iniziative a favore della salute dei più giovani;
          tra le numerose patologie che necessitano di investimenti, vi sono senza dubbio le malattie oculari infantili rare. Tali patologie sono molteplici e diverse e si tratta di malattie ereditarie che comportano deficit visivi gravi. Possono manifestarsi alla nascita o nei primi mesi di vita e anche se al momento per la maggior parte di esse non sono disponibili terapie risolutive, sono stati ottenuti risultati incoraggianti con la terapia genica;
          si definiscono malattie rare tutte quelle patologie gravi, invalidanti e prive di terapie specifiche che presentano una bassa prevalenza in Europa, meno di 5 casi su 10.000 pazienti, e che rappresentano un problema sociale in quanto i pazienti spesso hanno difficoltà a ottenere diagnosi e cure adeguate;
          a titolo esemplificativo si citano:
              amaurosi congenita di Leber; aniridia; Arterite a cellule giganti; atrofia essenziale dell'iride; anomalia di Axenfeld-Rieger; cheratocono; ciclite eterocromica di Fuchs; Mattia di Coats; sindrome di Cogan; coloboma congenito del disco ottico; congiuntivite lignea; degenerazione marginale o Malattia di Terrien; degenerazione nodulare di Salzmann; degenerazioni della cornea; distrofia combinata della cornea; distrofia corneale endoteliale o posteriore polimorfa; distrofia corneale granulare; distrofia corneale maculare e reticolare; distrofia dei coni; distrofia di Meesmann; distrofia endoteliale di Fuchs; distrofia ialina della retina; distrofia vitelliforme di Best; distrofia vitreoretinica; distrofie ereditarie della cornea e della coroide; distrofie retiniche ereditarie; distrofie stromali della cornea; malattia di Eales; emeralopia congenita; anomalia di Morning Glory; neuropatia ottica ereditaria; malattia di Norrie; sindrome di Oguchi; pemfigoide benigno delle mucose; persistenza della membrana pupillare; anomalia di Peter; retinite pigmentosa; retinite punctata albescens; retino-blastoma; vitreoretinopatia essudativa familiare; sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada  –:
          se e quanta parte – qualitativamente e quantitativamente – delle nuove risorse che il Governo intende recuperare attraverso una nuova tassazione delle bibite gassate verranno destinate allo scopo di sostenere le azioni sanitarie, mediche e di ricerca scientifica a favore della cura delle patologie oculari infantili;
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intende attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza delle patologie in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
              c) fornire supporto a malati e famiglie, anche attraverso centri di ascolto e assistenza ovvero attraverso il sostengo alle associazioni di malati;
          se e quali iniziative anche normative il Governo abbia intrapreso o intende intraprendere per migliorare le possibilità di una diagnosi precoce di dette patologie. (4-17403)


      REGUZZONI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          la dermatomiosite (infiammazione dei muscoli e della cute), la sclerodermia tipo Parry-Romberg (una malattia della cute e dei tessuti sottostanti che provoca atrofia di metà volto), la connettivite mista (una malattia infiammatoria cronica che colpisce soprattutto le articolazioni, il polmone e la circolazione periferica) e le vasculiti sistemiche, in cui il dato preminente è l'infiammazione dei vasi sanguigni (malattia di Behçet, porpora di Henoch-Schoenlein ricorrente, poliangioite microscopica, panarterite nodosa, granulomatosi di Wegener, malattia di Takayasu) sono le patologie tra le malattie reumatiche dell'infanzia che possono provocare invalidità o minacciare la vita del bambino e per le quali le terapie disponibili sono poche e spesso non basate su studi controllati;
          il Ministro della salute ha dichiarato recentemente che il Governo intende recuperare risorse economiche attraverso una nuova tassazione delle bibite gassate;
          tali nuove risorse economiche potrebbero – ad avviso dello scrivente – essere destinate al sostegno di iniziative a favore della salute  –:
          se e quali azioni il Governo ha attuato o intende attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza delle patologie in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
              c) fornire adeguata assistenza ai giovani e giovanissimi in età scolare e pre-scolare;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti le patologie in argomento siano in corso nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          se e quali azioni di sostegno alle associazioni di malati siano state attuate anche attraverso le erogazioni previste dal 5 per mille;
          se e quanta parte – qualitativamente e quantitativamente – delle nuove risorse che il Governo intende recuperare attraverso una nuova tassazione delle bibite gassate verranno destinate allo scopo di sostenere le azioni sanitarie, mediche e di ricerca scientifica a favore delle associazioni o delle ricerche in argomento.
(4-17411)


      REGUZZONI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          la celiachia è un'intolleranza permanente al glutine, sostanza proteica presente in avena, frumento, farro, kamut, orzo, segale, spelta e triticale;
          l'incidenza di questa intolleranza in Italia è stimata in un soggetto ogni 100/150 persone. I celiaci potenzialmente sarebbero quindi 400.000, ma ne sono stati diagnosticati intorno ai 75.000. Ogni anno vengono effettuate 5.000 nuove diagnosi e ogni anno nascono 2.800 nuovi celiaci, con un incremento annuo di circa il 10 per cento;
          per curare la celiachia, attualmente, occorre escludere dalla dieta alcuni alimenti più comuni, quali pane, pasta, biscotti e pizza, ma anche eliminare le più piccole tracce di farina da ogni piatto. Questo implica un forte impegno di educazione alimentare. Infatti l'assunzione di glutine, anche in piccole dosi, può causare danni;
          la dieta senza glutine, condotta con rigore, è l'unica terapia che garantisce al celiaco un perfetto stato di salute;
          un'alimentazione priva di glutine necessita l'acquisto di prodotti che hanno costi notevolmente superiori rispetto ai prodotti «normali»;
          il Ministro della salute ha dichiarato recentemente che il Governo intende recuperare risorse economiche attraverso una nuova tassazione delle bibite gassate;
          tali nuove risorse economiche potrebbero essere destinate – tra le altre cose – al sostegno di iniziative a favore della salute o tese a favorire stili di alimentazioni più corrette o ad aiutare economicamente i malati che necessitano di cure o alimentazioni particolari, come nel caso della celiachia  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) fornire adeguata assistenza alle famiglie a ai giovani e giovanissimi in età scolare e prescolare;
              c) sviluppare la ricerca in questo settore;

          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          se e quanta parte – qualitativamente e quantitativamente – delle nuove risorse che il Governo intende recuperare attraverso una nuova tassazione delle bibite gassate verranno destinate allo scopo di sostenere le azioni sanitarie, mediche e di ricerca scientifica a favore delle associazioni o delle ricerche o dei malati di celiachia. (4-17418)


      MANCUSO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il reato di truffa è ancora più odioso quando a danno delle fasce deboli della popolazione;
          nei primi 7 mesi del 2012 sono stati smascherati dalla Guardia di finanza circa 3.400 truffatori, di cui 1.844 falsi indigenti e 1.565 falsi disabili;
          allo Stato le truffe di questo tipo costano 60 milioni di euro l'anno e all'INPS, in quanto erogatore di pensioni sociali, 2,5 milioni;
          il nucleo speciale spesa pubblica e repressione frodi comunitarie di Roma ha recentemente scoperto 418 italiani residenti all'estero che percepiscono indebitamente l'assegno sociale di povertà;
          a loro favore, negli anni, lo Stato aveva erogato un totale di 9 miliardi di euro che difficilmente potranno essere completamente recuperati  –:
          se il Governo intenda assumere iniziative normative dirette a prevedere pene maggiormente severe e restrittive per reati di questo genere;
          se il Governo intenda assumere iniziative normative dirette a prevedere pene maggiormente severe e restrittive per i medici che certifichino una falsa disabilità;
          se il Governo intenda assumere iniziative normative dirette a prevedere pene maggiormente severe e restrittive per gli organismi che avessero eventualmente certificato una falsa indigenza;
          se il Governo intenda assumere iniziative normative dirette a permettere alle persone disabili e indigenti escluse dalle graduatorie di presentarsi come parte civile contro i truffatori. (4-17437)


      NICOLUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          negli scorsi giorni il presidente della regione Campania, Stefano Caldoro, ha pubblicamente parlato dei problemi che colpiscono la sanità campana a causa da una parte del blocco del turn-over sul piano delle assunzioni e dall'altra della riduzione dei finanziamenti statali nell'ambito del Fondo sanitario nazionale;
          in particolare, come evidenziato da Caldoro, per motivi legati al rientro dal disavanzo sanitario da cinque anni la Campania è sottoposta a blocco del turn-over nella sanità, il che comporta, parametrando la situazione regionale con la media del resto d'Italia, la mancanza di circa cinquemila addetti;
          per quanto riguarda la riduzione dei finanziamenti nell'ambito del Fondo sanitario nazionale, il presidente Caldoro ha evidenziato come la Campania riceva circa 350 milioni di euro in meno rispetto a quanto sarebbe necessario soprattutto alla luce dell'evoluzione demografica e sociale (e quindi di conseguenza delle sue necessità socio-assistenziali) della popolazione campana;
          a parere dell'interrogante le questioni evidenziate dal presidente della regione Campania sono di assoluto rilievo assoluto anche perché, pur con le differenze dovute a dimensioni e popolazioni di riferimento diverse di caso in caso, esse riguardano la generalità delle regioni meridionali nelle quali il comparto sanità vive oggi una situazione di generalizzata e grave sofferenza, in definitiva con un danno per i cittadini e per la qualità delle prestazioni mediche e assistenziali ad essi prestate  –:
          quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere in merito a quanto esposto in premessa. (4-17456)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      BOBBA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          in data 31 luglio 2012, presso la IX Commissione permanente della Camera dei Deputati, Trasporti, poste e telecomunicazioni, il Sottosegretario di Stato allo Sviluppo economico, Massimo Vari, nel rispondere all'interrogazione n.  5-06662 dell'On.  Nastri, relativa alle conseguenze del piano di riorganizzazione dei servizi postali, con particolare riferimento alla soppressione del Centro di meccanizzazione postale di Novara, chiariva: «Per completezza, si ritiene, infine, di far presente che, per effetto dell'articolo 21, comma 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201 (convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214), risulta attribuita all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni la competenza prevista dall'articolo 2, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 22 luglio 1999. n.  261, relativa alla “determinazione dei criteri di ragionevolezza funzionali alla individuazione dei punti del territorio nazionale necessari a garantire una regolare ed omogenea fornitura del servizio”. L'Agcom ha comunicato che la stessa intende svolgere un'apposita istruttoria, avente ad oggetto tra l'altro, la distribuzione dei punti di accesso al servizio postale universale; un'attività istruttoria all'esito della quale, se dovesse emergere l'opportunità di una diversa e più efficiente regolamentazione della materia, si procederà ad indicare i relativi criteri»;
              Il Corriere eusebiano è stato uno dei primissimi giornali a dare risalto pubblico al progetto di Poste Italiane che prevede la chiusura del Centro meccanizzato postale di Novara e il trasferimento della lavorazione della corrispondenza delle province del quadrante nord-orientale (Vercelli, Biella, Novara e Vco) a Torino;
              la prospettiva di dover riorganizzare la consegna del settimanale del Corriere Eusebiano, così come di molte altre piccole e medie testate piemontesi, su Torino aveva messo in allarme gli editori che, attraverso la Federazione italiana piccoli editori di giornali, Fipeg, aveva subito chiesto chiarimenti;
              in data 28 agosto 2012 grazie all'interessamento della provincia di Vercelli, si è svolto in Sala Baltaro nella stessa provincia, un confronto tra una delegazione della Fipeg, guidata dal presidente Pietro Policante e il responsabile servizi postali del Nord Ovest Paolo Garganese e, in tale sede, il dirigente di Poste italiane si è dimostrato molto disponibile a trovare soluzioni, anche differenziate, per andare incontro alle esigenze delle varie testate che ricadono nei territori del quadrante Nord Orientale del Piemonte;
              Poste italiane si è impegnata a mantenere a Novara l'accettazione delle copie dei vari giornali distribuiti in abbonamento postale, garantendo il trasferimento delle stesse al Cmp di Torino tramite una navetta notturna i cui costi saranno a carico delle Poste stesse. Un segnale importante per aziende che già devono fronteggiare un periodo di crisi generale e che rischiavano di doversi sobbarcare ulteriori spese e complicazioni organizzative;
              nella stessa sede, la Fipeg e i direttori delle testate presenti, hanno sollecitato un rapporto più dialogico tra giornali e Poste al fine di non trovarsi ciclicamente di fronte a scelte unilaterali che costringono le aziende editoriali a operare in costante emergenza  –:
          se non si ritenga urgente e doveroso intervenire affinché, oltre al rispetto dei livelli occupazionali e della qualità del servizio postale, così come già chiarito in precedenza dal Sottosegretario Massimo Vari, si pongano in essere tutte le iniziative utili ad evitare che le piccole e medie testate, già duramente provate, siano sottoposte a decisioni repentine e improvvise che non tengano conto nemmeno delle eventuali ricadute che comporterebbero sulla loro diffusione potendo ragionare, in alcuni casi, addirittura la chiusura delle stesse. (5-07733)


      FADDA, CALVISI, MARROCU, MELIS, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, PES e SCHIRRU. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          come è evidenziato dalla stampa locale e nazionale si fa sempre più drammatica la situazione dei minatori della Carbosulcis che stanno rispondendo alla possibile perdita dei propri posti di lavoro con una occupazione della miniera di Nuraxi Figus presidiata dalla notte del 26 agosto;
          la disperazione degli stessi minatori fa pensare a possibili gesti di protesta inconsulti ed eclatanti;
          la Sardegna è colpita da una crisi che investe più che in qualsiasi regione un intero assetto produttivo e occupazionale localizzato sopratutto nel territorio del Sulcis dove lo smantellamento costante delle sue industrie – sia di trasformazione, quali Eurallumina e Alcoa, sia estrattive – sta determinando un disagio sociale giunto oramai a livelli di preoccupazione non più accettabili e che destano serio allarme sociale;
          le prospettive di utilizzo della miniera di Nuraxi Figus in un'ottica di attività estrattiva strategica e fonte energetica nella totale disponibilità del sistema energetico regionale, sono strettamente legate alla valorizzazione del sito minerario attraverso gli indispensabili sviluppi tecnologici ed eco sostenibili programmati all'interno della realizzazione del polo tecnologico europeo «Zero Emission» che avrà la finalità di mantenere i livelli occupazionali della miniera stessa in un'area in difficoltà estrema dal punto di vista socio-economico;
          Carbosulcis è una società della regione Sardegna rimasta unica nel Sulcis ed in tutta Italia nella gestione dell'attività estrattiva del carbone, fonte energetica fondamentale, il cui impatto ambientale può essere ridotto fino a quasi emissioni zero grazie alle nuove tecnologie, economicamente anche vantaggiose;
          il potenziale produttivo della struttura è di 1.500.000 tonnellate di carbone mercantile all'anno e le riserve stimate del giacimento carbonifero ammontano ad oltre 2 miliardi di tonnellate;
          la società ha investito risorse per intensificare le proprie attività di ricerca per migliorare i sistemi di estrazione ed implementare le produzioni combustibili fossili;
          già il decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1994, nell'ambito di un piano di disinquinamento del territorio del Sulcis-Iglesiente, prevedeva, ai fini dello sviluppo del bacino carbonifero del Sulcis, una concessione integrata per la gestione della miniera di carbone e la realizzazione e gestione di nuovi impianti di gassificazione per la produzione di energia elettrica a ciclo combinato con una potenza netta compresa tra 350 e 450 megawatt nonché per la cogenerazione dei fluidi caldi e assicurava al concessionario l'acquisto dell'energia elettrica prodotta, a prezzi stabiliti, e una serie di agevolazioni finanziarie;
          il progetto prevedeva l'uso di tecnologie pulite di tipo avanzato per l'utilizzo del carbone e la realizzazione di un impianto IGCC (ciclo combinato di gassificazione integrata) nel comune di Portoscuso di potenza elettrica netta di 450 MWE, con l'utilizzo prevalente del carbone proveniente dalle miniere del Sulcis;
          lo stesso decreto del Presidente della Repubblica stabiliva che l'ENEL, anche in considerazione di quanto previsto dalla legge 27 giugno 1985, n.  351, articolo 4, comma 1, acquistasse il carbone prodotto, nella misura massima impiegabile da ENEL nella centrale convenzionale Sulcis, ad una tariffa incentivata di 160 lire per chilowattora per i primi otto anni di esercizio, mentre per i successivi anni di esercizio il prezzo stabilito era quello previsto dalla delibera CIP n.  6 del 29 aprile 1992;
          dal gennaio 1996 la Carbosulcis Spa, titolare della concessione mineraria «Monte Sinni» per la coltivazione del giacimento carbonifero del Sulcis, è stata trasferita alla regione Sardegna che avrebbe dovuto guidare la transizione verso la definitiva privatizzazione;
          il processo di privatizzazione della miniera si protrae, ormai, da anni ed è stato particolarmente travagliato a seguito delle numerose inadempienze sia del governo regionale che di quello nazionale;
          il progetto della centrale a carbone gestita insieme alla miniera, ripreso con la legge n.  80 del 2005, ha subito l'ennesimo ritardo in seguito all'apertura, da parte dell'Unione europea, di una procedura di infrazione che configurava la sovvenzione pubblica, prevista per la costruzione e il funzionamento della centrale a carbone, e l'impegno dell'ENEL ad acquistare l'energia a prezzi maggiorati, aiuti di Stato;
          si stanno registrando gravissimi ritardi di attuazione della legge n.  99 del 2009, varata sia per sanare la procedura di infrazione comunitaria sulla privatizzazione della Carbosulcis sia per attuare il progetto miniera-centrale elettrica con il valore aggiunto dello stoccaggio dell'anidride carbonica «ad emissioni zero», e che, ad oggi, rappresenta l'unica possibilità di sopravvivenza del giacimento carbonifero;
          in attesa della pubblicazione degli atti della gara internazionale per la realizzazione del progetto, all'incremento della attività estrattiva del carbone del Sulcis potrebbe utilmente affiancarsi l'applicazione di una nuova tecnica (la «lisciviazione» del carbone) che abbattendo la presenza dello zolfo contenuto nel carbone del Sulcis, ne ridurrebbe l'impatto ambientale non solo in termini di emissioni di gas e fumi, ma anche di residui della combustione (ceneri e gessi) da conferire in discarica;
          l'investimento nella applicazione del processo di lisciviazione, a valle della estrazione del carbone, potrebbe essere sostenuto anche da aiuti pubblici, in linea con la decisione del Consiglio europeo del 10 dicembre 2010, che per le miniere di carbone consente gli aiuti per la ricerca, lo sviluppo e l'innovazione, gli aiuti per la tutela dell'ambiente e gli aiuti per le attività di formazione;
          l'aumento delle quantità di carbone estratto dai giacimenti sardi, e successivamente processato secondo la tecnologia brevettata da Carbosulcis spa, può ampliare la disponibilità di una fonte energetica nazionale, la cui utilizzazione più intensa contribuisce alla sicurezza degli approvvigionamenti  –:
          quali interventi urgenti intenda adottare il Governo, in ordine alla soluzione delle problematiche clamorosamente evidenziate dalla vertenza dei minatori del Sulcis;
          quali provvedimenti ulteriori il Governo ritenga necessari al fine di dare immediata attuazione alla legge n.  99 del 2009 che consente appunto la costituzione nel Sulcis del polo tecnologico europeo dell'energia «zero emission»;
          se il Governo ritenga di doversi avvalere della facoltà assegnata agli Stati membri dell'Unione europea di disporre la priorità al dispacciamento di energia elettrica prodotta da impianti di generazione alimentati, in misura anche non esclusiva, da carbone nazionale, introducendo esplicitamente tale previsione nel decreto legislativo che recepisce la direttiva 2009/72/CE, al fine di rafforzare la sicurezza negli approvvigionamenti energetici. (5-07736)


      CICU, SAGLIA, VIGNALI, ABRIGNANI e TESTONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il Progetto CCs Sulcis riguarda non solo la gestione della miniera di carbone del Sulcis e la produzione di energia elettrica, ma anche la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica; attualmente esso occupa 534 unità di lavoro, impegnati nella concessione mineraria, ma, nel caso fosse integralmente attuato coinvolgerebbe circa 1500 lavoratori, tra miniera, centrale, centro ricerca e sistema CCS;
          la risorsa carbone del Sulcis-Iglesiente è strategica per lo sviluppo della Sardegna e per la sicurezza energetica del Paese; già dal 1994, ai fini dello sviluppo del bacino carbonifero, veniva disposto l'affidamento di «una concessione integrata per la gestione della miniera e per la produzione di energia elettrica e cogenerazione di fluidi caldi mediante gassificazione». Con il decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 marzo 1994, n.  56, recante: «Attuazione del piano di disinquinamento del territorio del Sulcis-Iglesiente», si disponeva che la produzione combinata di energia elettrica e calore fosse assimilata a fonte rinnovabile come definita dalle leggi n.  9 e n.  10 del 1991. Per motivi finanziari l'affidataria ATI Sulcis rinunciò alla prosecuzione del progetto e nel 2003 si arrivò alla risoluzione della stessa convenzione con conseguente disimpegno della medesima ATI;
          nel riproporre l'assegnazione di una concessione integrata per la gestione della miniera di carbone del Sulcis e la produzione di energia elettrica, con l'articolo 11, comma 14, del decreto-legge n.  35 del 2005, convertito con modificazioni dalla legge n.  80 del 2005, veniva esteso il quadro delle agevolazioni sui prezzi di cessione dell'energia (cosiddetto CIP6) – limitato dal decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1994 alla sola produzione tramite gassificazione – anche alla produzione con tecnologie equivalenti. La gara avviate dalla RAS nel 2005 andò deserta e il procedimento si arenò anche a causa di un'indagine della Concessione europea per violazione della materia di aiuti di Stato;
          nel 2009, permanendo inalterate le motivazioni circa la strategicità e la potenzialità del carbone Sulcis, al fine di promuovere l'innovazione tecnologica, la sicurezza energetica e la riduzione di emissione di gas effetto serra, con la legge n.  99 del 23 luglio 2009, articolo 38, comma 4, modificativo dell'articolo 11, comma 14, del decreto-legge 14 marzo 2005, n.  35, è stata proposta l'assegnazione di una concessione integrata per la gestione della miniera di carbone del Sulcis e la produzione di energia elettrica, estendendo nell'ambito della concessione integrata, anche la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica prodotta dall'impianto di produzione di energia elettrica;
          l'iniziativa, da realizzare il project financing, prevede lo sviluppo della filiera tecnologica del carbone «Zero Emission», con la realizzazione di una centrale termoelettrica da circa 450 megawatt netti, mediante l'impiego di miscele di carboni di basso rango. Il «Progetto CCs Sulcis» è stato predisposto su incarico del Governo e della Regione dalla Sotacarbo spa in attuazione della legge n.  99 del 2009;
          il progetto è giudicato positivamente dalla Commissione Europea per gli aspetti di innovazione tecnologica e per gli aspetti di forte integrazione degli impianti di cattura della CO2 con le caratteristiche geologiche del giacimento carbonifero, nonché per la opportunità di sperimentare nello stesso sito diverse tecniche di cattura e confinamento della CO2;
          i punti di forza del Progetto, in sintesi, sono:
              a) il sito del Sulcis ha caratteristiche uniche in Italia per capacità di stoccaggio della CO2 nel Giacimento Carbonifero profondo (circa – 1.000 mt), localizzato in prossimità della stessa centrale. Lo stoccaggio avverrà negli strati profondi del giacimento carbonifero e iniezione negli acquiferi salini sottostanti, con contestuale liberazione e captazione di metano (ECBM enhanced coal bed methane);
              b) la sua realizzazione consentirebbe di costruire in Sardegna il polo tecnologico di ricerca, di dimensione europea, per l'energia pulita da carbone, con l'applicazione di tecnologie ad alta trasferibilità industriale e replicabile in altre regioni del pianeta;
              c) consentirebbe, inoltre, di assicurare una fondamentale opportunità di rilancio per la Sardegna e in particolare per il Sulcis Iglesiente, in quanto garantirebbe una ricaduta occupazionale in fase di costruzione di circa 2.000 unità e a regime di circa 1.500 unità, (diretti e indotto)
          tuttavia, con riferimento alla compatibilità del progetto con le normative comunitarie, la Commissione europea ha invitato il Governo italiano a fornire dettagliate spiegazioni sul funzionamento del meccanismo di finanziamento e proponendo soluzioni alternative al fine di garantire che la misura non costituisca una restrizione alla libera circolazione delle merci nel mercato. Rispetto a tale richiesta sono state fornite dal ministero dello sviluppo economico a Bruxelles argomentazioni, giudicate, per il momento, insufficienti dalla Commissione; il 24 luglio 2012 la Commissione ha inviato un'ultima richiesta di chiarimenti per la quale il ministero dello sviluppo economico dovrà dare le risposte;
          il 26 agosto 2012 i minatori hanno occupato la miniera; una trentina lavoratori si è asserragliata a 373 metri di profondità. L'accesso ai pozzi è stato bloccato da cumuli di carbone e mezzi meccanici; la protesta è proseguita con modalità similari nei giorni successivi;
          il 29 agosto 2012 il Consiglio della regione Sardegna ha approvato all'unanimità un ordine del giorno sulla vertenza che impegna la giunta regionale a sollecitare il Governo nazionale riguardo l'attuazione alla legge n.  99 del 2009, a sostenere attivamente la vertenza e la lotta dei lavoratori;
          nello stesso giorno il sottosegretario De Vincenti dichiara a Repubblica che il progetto di riconversione della miniera di Nuraxi Figus così come è stato presentato non è attuabile a causa degli alti costi, rapportati ai ricavi, ricadenti sulla collettività, promettendo tuttavia importanti interventi nel campo delle infrastrutture del turismo e delle energie rinnovabili con un finanziamento in gran parte della Comunità Europea di circa 350 milioni di euro; il ministro dell'Ambiente Clini invece dichiara al giornale La Nuova Sardegna, che sarà «difficile» la realizzazione del progetto della cattura della CO2 nel Sulcis. A margine della dichiarazione di Clini, Enel rilascia un comunicato in cui esplicita di voler onorare il suo contratto per acquisire carbone dalle miniere del Sulcis, che dovrà essere addizionato con carbone a minor tenore di zolfo. Enel dichiara che è la Regione a dover promuovere un bando di gara internazionale per il progetto CCS dove Enel è un partecipante «non privilegiato»;
          le modalità di finanziamento del progetto Sulcis sono analoghe a quelle adottate per finanziare tutte le rinnovabili italiane che hanno un costo annuale stimabile in circa 9 mld di euro all'anno e che il «Progetto Sulcis» peserebbe per ulteriori 200 milioni di euro per soli otto anni con importanti obiettivi tecnologici di valenza nazionale ed europea e di particolare rilevanza per il sistema economico della Sardegna;
          è imminente la scadenza della proroga di cui all'articolo 12 del decreto-legge 216 del 2011 relativa alla pubblicazione del bando di gara internazionale per la individuazione del concessionario  –:
          quali provvedimenti o iniziative intenda adottare il Governo per la sollecita e definitiva soluzione della vicenda esposta in premessa. (5-07738)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BRIGUGLIO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          a seguito dell'accordo di programma per l'Area dello Stretto di Messina, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 gennaio 1990, è stata stipulata, in data 4 dicembre 1990, apposita convenzione tra il comune di Messina e il Ministero dei trasporti, inerente i lavori per la costruzione dello svincolo autostradale Giostra, collettore autostradale nord da svincolo Giostra ad Annunziata, svincolo autostradale Annunziata 1o, 2o e 3o Lotto, con la quale il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si è impegnato ad erogare complessivi 122 miliardi (oggi euro 62.007.741,69);
          della somma convenuta sono stati trasferiti al comune di Messina 28 milioni di euro, quindi residua ancora da ricevere una somma pari a circa 34 milioni di euro;
          nei mesi scorsi il sindaco di Messina, nella qualità di commissario per l'emergenza viabilità e traffico, ha inoltrato, senza riscontro, richiesta di accreditamento di euro 20.658.000,00, per ulteriori stati di avanzamento lavori effettuati, che fanno raggiungere all'opera circa 82,35 per cento del totale dei lavori previsti;
          i consiglieri comunali di Messina, Nello Pergolizzi e Giuseppe Melazzo, in relazione a tale specifica ed importante tematica hanno inoltrato al sindaco, anche nella qualità di Commissario per l'emergenza viabilità e traffico, diverse richieste di accesso agli atti e interrogazioni in merito all'attività svolta e, ad oggi, il sindaco non ha ritenuto di dover fornire alcuna risposta o chiarimento agli stessi;
          con nota del 28 aprile 2012, i consiglieri comunali suindicati hanno chiesto al Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, al direttore generale del dipartimento infrastrutture e trasporti, al direttore generale del dipartimento per lo sviluppo del territorio, al presidente del consiglio comunale e al segretario generale di conoscere i tempi e le modalità di erogazione delle somme richieste dal comune di Messina per il finanziamento dei lavori per la costruzione dello svincolo autostradale Giostra, ed in particolare dei residui 34 milioni di euro (inizialmente pari a 122.000.000.000 di lire) a suo tempo impegnati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
          a tutt'oggi, nonostante l'ulteriore nota con richiesta di riscontro, inviata in data 20 giugno 2012, sono pervenute esclusivamente n.  2 note a firma del direttore generale del dipartimento infrastrutture, con le quali vengono fornite risposte insufficienti, indicando come responsabile dell'ufficio centrale di bilancio c/o il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che dovrà effettuare una verifica delle proprie risultanze contabili;
          informalmente si è appreso che i 34 milioni di euro, originariamente impegnati in favore del comune di Messina, allo stato attuale non sarebbero più nella disponibilità, in quanto il finanziamento non risulta più iscritto nel bilancio dello Stato;
          se così fosse il comune di Messina potrebbe essere esposto ad un contenzioso con la ditta appaltatrice, che potrebbe decidere di bloccare i lavori, in considerazione della presentazione di fatture per stato avanzamento lavori di circa 20 milioni di euro, ad oggi non pagate, e che con ogni probabilità vedrebbe soccombente l'amministrazione, con il conseguente insorgere di un ingente debito fuori bilancio  –:
          se il Ministro interrogato intenda fornire chiarimenti circa i tempi e le modalità di erogazione delle somme richieste dal comune di Messina per il finanziamento dei lavori per la costruzione dello svincolo autostradale Giostra, ed in particolare dei residui 34 milioni di euro (inizialmente pari a 122.000.000.000 di lire) a suo tempo impegnati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
          se il Ministro interrogato, per quanto di sua competenza, nel caso in cui rispondesse invece al vero che le somme originariamente impegnate in favore del comune di Messina non sarebbero più nella disponibilità, in quanto il finanziamento non risulta più iscritto nel bilancio dello Stato, intenda rifinanziare l'opera dello svincolo autostradale Giostra, collettore autostradale nord da svincolo Giostra ad Annunziata, svincolo autostradale Annunziata 1o, 2o e 3o lotto. (4-17390)


      GALLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          come segnalato dall'associazione Assoconsum, in data 15 giugno 2012 veniva aggiudicata alla Società ELECNOR S.A. la procedura negoziata ad offerta economicamente più vantaggiosa Apr000042931. Cig Lotto 1 – 3071040e5d Cig Lotto 2 – 3071041f30 Cig Lotto 3 – 30710430db Lavori di installazione e manutenzione di linee aeree e interrate in mt e bt, cabine secondarie mt/bt e lavori su gruppi di misura elettrici, con/senza presenza di tensione, interventi su chiamata per guasto, nonché attività accessorie come attività propedeutiche alle progettazioni di linee/impianti (inclusi rilievi celeri metrici e catastali, elaborati tecnici, e altri), interventi edili di modesta entità in cabina primaria at/mt ed, eventuale, attività accessoria di taglio/potatura piante e sfalcio erba, da eseguirsi nell'ambito delle regioni Piemonte e Liguria della distribuzione territoriale rete Piemonte e Liguria di ENEL Distribuzione spa; importo complessivo di euro 245.000.000 e appalti simili sono stati assegnati sempre a Elecnord S.A. in tutto il territorio nazionale;
          come anche evidenziato da un articolo apparso sul quotidiano La Stampa del 14 agosto 2012, tale appalto è stato vinto dalla società spagnola con un ribasso del 30 per cento, e sempre nello stesso articolo si riportano le affermazioni delle associazioni di categoria che raggruppano le imprese nazionali che finora avevano ottenuto i precedenti appalti, e che non hanno potuto sostenere un tale ribasso, Ance, Anie, Assitel, supportate da Confindustria: «Le modalità adottate da Enel per l'affidamento dei lavori di pronto intervento sulla rete di distribuzione dell'energia elettrica in Italia stanno mettendo a serio rischio la sopravvivenza del sistema di oltre 200 imprese in tutta la penisola che occupano complessivamente oltre 5.000 addetti». Di conseguenza rischia di venire compromessa anche la qualità del servizio elettrico nazionale;
          sempre nell'articolo si citano le dichiarazioni dell'amministratore delegato di un'impresa che opera provincia di Novara: «questa ditta spagnola effettua più un lavoro commerciale che non tecnico come svolgono le nostre imprese in Piemonte. Abbiamo cercato di avere da Enel la documentazione relativa all'impresa vincitrice ma ci è stato negato. Cosa che per le dirette concorrenti dovrebbe avvenire per prassi»;
          ricorsi al TAR sono già stati presentati sia in Piemonte che nel Lazio;
          Elecnor S.A., a riprova di quanto appreso dalla stampa di non avere personale tecnico adeguato in Italia, sta provvedendo alla ricerca di personale specializzato nelle aree di pertinenza degli appalti;
          Enel spa ha ottenuto nel 2011 un utile di 4,097 miliardi, e il costo dell'energia elettrica italiana è il più caro d'Europa, il doppio di quello in Francia, e applicando la politica delle tariffe al massimo rialzo e degli appalti al massimo ribasso, strangola due volte le imprese italiane: la prima applicando un'assurda tariffazione che porta la nostra corrente elettrica a costare il doppio di quella dei francesi, e quindi i nostri prodotti industriali sono più costosi e meno concorrenziali anche a causa dell'inefficienza sul piano finanziario del prodotto offerto da ENEL; la seconda volta strangola l'impresa italiana applicando per la scelta delle società incaricate dei lavori in esterno il concetto del massimo ribasso, come accaduto con la spagnola Elecnor S.A.;
          è utile evidenziare che appaltare dei servizi al massimo ribasso senza tenere conto dei correttivi dovuti alla reale presenza territoriale, alla storicità del rapporto, alla qualità del servizio, al fatto che ciò potrebbe o meno comportare un aiuto al Pil nazionale, quindi alle nostre famiglie, è atto di profonda cecità, atto di profonda incomprensione rispetto a ciò che è attualmente la situazione economica nazionale, atto sperequativo nei confronti del sistema imprenditoriale italiano che sarà costretto a chiudere attività importanti o a lavorare in perdita pur di non chiudere, tentando un subappalto per le opere appaltate già a un prezzo impossibile  –:
          se si intenda intervenire, per ENEL e tutte le altre società a maggioranza di capitale pubblico, sulle modalità di appalto al fine di anteporre alla logica del massimo ribasso – logica che ha dato innumerevoli volte prova di non essere, al di là dell'immediata convenienza finanziaria, il metodo migliore per ottenere efficienza, efficacia, alta qualità dei servizi e continuità degli stessi – la logica del massimo rapporto qualità/prezzo;
          se si intenda, da subito, intervenire su eventuali nuove procedure di appalto aventi analoghe caratteristiche;
          se e come si intendano garantire i lavoratori italiani che verranno assunti da Elecnor S.A. rispetto all'applicazione del contratto di lavoro italiano e non secondo la direttiva Bolkestein 2006/123/CE;
          se si intenda intervenire per quanto di competenza affinché l'interesse di puro utile finanziario delle aziende partecipataci pubblico non crei dumping a settori imprenditoriali italiani. (4-17471)

Apposizione di firme ad una mozione e modifica ordine firmatari.

      La mozione Montagnoli e altri n.  1-01078, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 giugno 2012, deve intendersi sottoscritta anche dagli onorevoli Volontè e Compagnon e, contestualmente, con l'accordo degli altri sottoscrittori l'ordine delle firme deve intendersi così modificato: «Montagnoli, Beccalossi, Fogliardi, Volontè, Moroni, Borghesi, Bragantini, Negro, Martini, Saglia, Dal Moro, Ferrari, Gelmini, Federico Testa, Brancher, Alberto Giorgetti, Molgora, Corsini, Compagnon».

Apposizione di una firma ad una mozione.

      La mozione Montagnoli e altri n.  1-01078, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 giugno 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cesario.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

      L'interrogazione a risposta immediata in assemblea Perina n.  3-02449, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Granata.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
          interrogazione a risposta scritta Della Vedova n.  4-16264 del 24 maggio 2012.
          interrogazione a risposta scritta Perina n.  4-16912 del 10 luglio 2012.
          interpellanza Delfino n.  2-01634 del 6 agosto 2012.