XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 10 settembre 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


      La Camera,
          premesso che:
              le più recenti previsioni della Svimez indicano, per il 2012, un quadro congiunturale assai più negativo nel Mezzogiorno rispetto al resto del Paese, in quanto il prodotto interno lordo pro capite annuo fa segnare una flessione del 2,9 per cento, a fronte del -1,4 per cento del Centro-Nord;
              in un simile contesto recessivo, si prevede che la regione Calabria farà registrare una flessione del 3,2 per cento del prodotto interno lordo nel 2012;
              l'occupazione nel primo trimestre del 2012, secondo l'Istat, è diminuita in Calabria del 4,9 per cento rispetto al valore medio del 2011, proseguendo il pesante trend in atto dal 2007. La diminuzione degli occupati riguarda in misura più accentuata la componente femminile (-7 per cento rispetto alla media del 2011);
              in Calabria, il tasso di disoccupazione complessivo nel primo trimestre del 2012 ha raggiunto il 19,5 per cento (17,8 per cento per gli uomini, 22,4 per cento per le donne), contro il 10 per cento della media italiana e il 17,7 per cento del Mezzogiorno, con il dato relativo ai giovani, compresi tra i 15 ed i 24 anni, salito nel primo trimestre del 2012 al 35,9 per cento, in aumento di 6,3 punti percentuali rispetto al primo trimestre del 2011;
              già nel 2010 si riscontrava un ampio divario fra il prodotto interno lordo pro capite della Calabria: 16.657 euro (dato più basso fra i territori del Mezzogiorno) e il prodotto interno lordo pro capite della Lombardia pari a 32.222 euro, a fronte del dato medio nazionale di 25.583 euro; il peggioramento della situazione economica, dovuto alle conseguenze della crisi mondiale, ha portato a un'ulteriore diminuzione del prodotto interno lordo calabrese. In tale contesto, le industrie italiane e anche quelle calabresi hanno sposato sempre più spesso la scelta della delocalizzazione verso i Paesi dell'Est Europa o i Paesi in via di sviluppo, come Romania, Croazia, Turchia e Messico. Questi Paesi crescono dal 4 all'8 per cento l'anno ed hanno un prodotto interno lordo pro capite annuo che non si discosta di molto rispetto a quello della Calabria;
              il sistema della viabilità e del trasporto di merci e passeggeri in Calabria sconta un pesantissimo quadro di perduranti ritardi e di inefficienze nei lavori di ammodernamento e sviluppo della rete infrastrutturale regionale, aggravata dalle scelte di Trenitalia, che ha soppresso molti treni a lunga percorrenza, ponendo la Calabria in una condizione di vero e proprio isolamento geografico;
              il Cnel ha calcolato in ventotto miliardi di euro i fondi per le aree sottoutilizzate che il Mezzogiorno ha ceduto temporaneamente in favore delle aree più ricche del Paese per far fronte alla crisi economica 2007-2012;
              la Commissione europea ha deciso recentemente di procedere alla modifica di alcune modalità di assegnazione dei fondi strutturali destinati agli investimenti produttivi nelle aree sottoutilizzate, riducendo la quota di cofinanziamento nazionale dal 50 al 25 per cento, e ciò consentirà all'Italia di contare su ben otto miliardi di euro di risorse europee aggiuntive;
              il Cipe ha approvato, il 20 gennaio 2012, un provvedimento in virtù del quale saranno finanziati interventi di messa in sicurezza del territorio per circa 680 milioni di euro. Le sette regioni del Mezzogiorno che ne beneficeranno saranno: Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. In particolare, per la Calabria, l'accordo sottoscritto il 10 gennaio 2012 prevede un importo complessivo di 220 milioni di euro;
              la prevenzione e il contrasto alla ’ndrangheta costituiscono un «prerequisito» di ogni efficace politica di risanamento e di crescita della regione,

impegna il Governo:

          ad assumere le necessarie iniziative per finanziare, tenuto conto del nesso molto stretto tra sviluppo economico-territoriale e legalità, il programma straordinario per gli uffici giudiziari e la polizia giudiziaria della regione Calabria, approvato all'unanimità della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere nella seduta del 25 gennaio 2012;
          ad utilizzare i fondi nazionali aggiuntivi derivanti dall'abbassamento della quota di cofinanziamento nazionale in materia di fondi strutturali destinati agli investimenti produttivi nelle aree sottoutilizzate della Calabria;
          a favorire l'incontro tra le parti sociali affinché, ferma restando la parità giuridica del contratto nazionale di lavoro, si valorizzino le strutture decentrate territoriali per inserire nei contratti la parte economica strettamente legata alle condizioni economiche e sociali dei territori, in modo che lo Stato possa intervenire con fiscalità di vantaggio per rendere competitivi i territori del Mezzogiorno rispetto a Paesi come Romania, Croazia, Turchia e Messico;
          a sbloccare i 220 milioni di euro per la sicurezza del territorio previsti dall'accordo del 10 gennaio 2012 approvato dal Cipe il 20 gennaio 2012;
          ad assumere iniziative per finanziare, di intesa con la regione e gli enti locali, l'adeguamento sismico degli edifici strategici e dei manufatti ferroviari e stradali con più di quarant'anni di servizio, nonché per incentivare il risparmio energetico in tutto il patrimonio edilizio pubblico e privato;
          a promuovere l'accelerazione della bonifica delle aree industriali dismesse nella città di Crotone;
          a realizzare piani di sviluppo archeologici per accrescere l'offerta turistica, anche attraverso il potenziamento dei servizi di accoglienza dei siti archeologici di Sibari, Roccelletta di Borgia, Locri e Kroton;
          a predisporre un piano pluriennale per estendere l'alta velocità/alta capacità anche alla tratta Salerno-Reggio Calabria, per poi proseguire nella regione Sicilia fino a Palermo, con finanziamenti derivanti dai fondi per le aree sottoutilizzate da recuperare una volta superata la crisi economica.
(1-01124) «Misiti, Pittelli, Miccichè, Fallica, Grimaldi, Iapicca, Pugliese, Soglia, Stagno d'Alcontres, Terranova».


      La Camera,
          premesso che:
              la grave congiuntura economico-finanziaria che sta attraversando l'intera area dell'euro, con inevitabili ricadute negative sulla crescita, lo sviluppo e l'occupazione, sta avendo, negli ultimi anni, un profondo e significativo impatto sul tessuto economico e produttivo delle singole regioni italiane;
              le forti tensioni sui mercati finanziari e la conseguente drastica contrazione dei consumi hanno reso necessario, anche nel nostro Paese, alcune manovre correttive di finanza pubblica che, se per certi aspetti stanno gradualmente contribuendo ad una correzione dei conti, per altri, invece, determinano notevoli «squilibri» territoriali, dal punto di vista della concreta ed effettiva ripartizione, tra i diversi livelli di governo, dei «costi» sostanziali dell'avviato processo di risanamento finanziario;
              il «prezzo» più alto della crisi, infatti, lo stanno pagando proprio quelle zone che, già strutturalmente deboli, versano in condizioni di difficoltà e di estremo disagio sociale, economico ed infrastrutturale;
              una recente indagine del Centro studi sintesi per IlSole 24 Ore sull'andamento economico delle regioni italiane tra il 2007 ed il 2011 ha messo in luce un quadro socio-economico estremamente sconfortante per il Mezzogiorno: Molise, Basilicata, Puglia, Campania e Calabria occupano gli ultimi posti nella graduatoria stilata incrociando una serie di fattori indispensabili per comprendere la dinamicità e lo sviluppo economico di un territorio (propensione all’export, produttività, tasso di occupazione, indice di imprenditorialità, grado di apertura commerciale, sofferenze su crediti d'impresa, numero di brevetti europei, prestiti alle imprese);
              i dati statistici, confermati da altri e autorevoli centri di ricerca, certificano una condizione economico-strutturale, in particolare per la regione Calabria, estremamente drammatica e preoccupante;
              una nota del 20 giugno 2012 sull'economia calabrese redatta dalla filiale di Catanzaro della Banca d'Italia, inoltre, ha evidenziato: un deciso rallentamento dell'attività economica rispetto al 2011 (secondo le stime di Prometeia sull'andamento del prodotto interno lordo, il prodotto regionale in termini reali è cresciuto dello 0,2 per cento, a fronte di una media nazionale dello 0,5 per cento); un significativo calo del fatturato nel 53 per cento delle aziende con sede in Calabria (per il 2012, il saldo dei giudizi delle imprese sul fatturato è previsto in peggioramento); un'evidente contrazione degli investimenti da parte delle imprese (nel 2011 il saldo tra la percentuale delle aziende che indicano un incremento degli investimenti e quelle che ne indicano un calo è diventato negativo; nel 2012, in base alle indicazioni delle imprese, l'accumulazione di capitale dovrebbe diminuire ancora), per effetto del permanere di ampi margini di capacità inutilizzata, di segnali di ulteriore rallentamento della domanda e delle tensioni sulle condizioni di finanziamento; una sostanziale diminuzione delle esportazioni di prodotti regionali, per effetto di un forte calo delle vendite verso l'Unione europea e, in particolare, verso i Paesi in cui è in atto una crisi del debito (Spagna, Grecia, Portogallo); una forte riduzione della produzione e dell'occupazione (circa il 15 per cento) nel settore delle costruzioni e delle produzioni manifatturiere;
              il 16 luglio 2012 è stato, poi, presentato un importante studio di Confindustria Cosenza – «L'ombra lunga della crisi. Rapporto sull'economia calabrese nel 2011 e primo trimestre 2012»: dalla sintetica ricostruzione delle condizioni del contesto socio-economico, che caratterizzano la Calabria, sono emersi chiaramente i rilevanti ritardi di natura strutturale che bloccano l'intera economia territoriale, le difficoltà e le lungaggini «burocratiche» che quotidianamente si trovano ad affrontare le imprese, nonché i forti divari nei livelli di crescita e di sviluppo rispetto al quadro di riferimento nazionale e comunitario;
              a rendere estremamente fragile un contesto territoriale, quale quello calabrese, duramente provato dal punto di vista socio-economico, e a peggiorare le stime circa una possibile ed effettiva capacità di ripresa e di crescita dell'attività economico-produttiva regionale, contribuiscono decisamente numerosi altri fattori, per così dire politico-istituzionali, che, di fatto, hanno creato, nel tempo, delle gravi e perduranti situazioni emergenziali che, in molti casi, hanno reso necessaria la nomina, da parte del Governo, di commissari straordinari delegati per l'espletamento delle procedure relative alla realizzazione degli interventi risolutivi programmati;
              basti pensare alla presenza di un sistema di viabilità e di trasporto di merci e passeggeri altamente inefficiente, alla soppressione, da parte di Trenitalia, di molti treni a lunga percorrenza, che, di fatto, pongono la Calabria in una condizione di vero e proprio isolamento geografico, allo stato di cronico dissesto della sanità regionale unitamente alle condizioni allarmanti di precarietà sul versante occupazionale ed ambientale;
              tali situazioni «locali» rischiano di compromettere seriamente l'intero sistema economico nazionale, in quanto alimentano un clima di assoluta incertezza per le imprese circa l'evolvere delle condizioni del mercato, determinando un forte ridimensionamento della credibilità in termini di effettiva e complessiva capacità di ripresa, con conseguente contrazione degli investimenti e rallentamento dell'attività produttiva nel suo complesso;
              la Calabria, oltre ad essere un territorio con grandi potenzialità, per la ricchezza delle sue risorse umane, culturali e ambientali, riveste un ruolo strategico per la sua particolare posizione geopolitica, che, di fatto, ne fa l'area più avanzata di una «piattaforma» logistica che unisce l'Europa ai Paesi del Mediterraneo e sempre più ai grandi traffici mondiali;
              a fronte di una diffusa deresponsabilizzazione dei vari livelli di governo, istituzionali e socio-economici, il rischio serio è che il gap fra la Calabria e le regioni più avanzate aumenti in maniera esponenziale, per cui appare quanto mai urgente ed inderogabile un chiaro e decisivo impegno da parte di tutti i soggetti istituzionali e socio-economici attivi sul territorio per l'attivazione di un serio e concreto percorso di condivisione delle scelte programmatiche, delle politiche di sviluppo, nonché delle connesse responsabilità,

impegna il Governo:

          ad assumere ogni iniziativa, anche economica, utile a rilanciare e a rendere efficace una politica di coesione territoriale volta a colmare significativamente i divari territoriali determinati dalla crisi economica e finanziaria in atto che vedono, in particolare, le regioni meridionali, e, nello specifico, la Calabria, sempre più lontane dagli standard nazionali medi di efficienza, produttività e occupazione;
          a sviluppare ed implementare un piano organico di selezionati investimenti, anche infrastrutturali, per le regioni meridionali, che, tenendo principalmente conto del ruolo geopolitico strategico della Calabria, favorisca lo sviluppo di un ambiente economico realmente in grado di accrescere la produttività degli investimenti e la competitività complessiva del sistema produttivo e di trainare l'intera attività economica nazionale;
          ad attivare, nel più breve tempo possibile, un tavolo di programmazione pubblico-privato con lo scopo principale di monitorare e controllare lo stato delle situazioni emergenziali e delle criticità che investono da anni la regione Calabria, ed avviare un programma strategico e condiviso di sviluppo e crescita territoriale che abbia, tra i suoi obiettivi, in particolare: l'individuazione e l'attivazione di strumenti organici e integrati di programmazione (sia generali che settoriali) in grado di razionalizzare e finalizzare l'insieme delle risorse e degli strumenti di intervento disponibili (comunitari, nazionali e regionali); il superamento dei ritardi strutturali e infrastrutturali, al fine di far recuperare efficacia ed efficienza all'intero sistema economico-produttivo regionale; il potenziamento e l'ammodernamento della dotazione infrastrutturale viaria e del trasporto merci e passeggeri regionale e l'attivazione di un piano organico di prevenzione delle calamità naturali e del dissesto idrogeologico.
(1-01125) «Angela Napoli, Della Vedova».


      La Camera,
          premesso che:
              «La disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che essere onesti sia inutile.». Questo pericolo avvertito con lucido realismo da Corrado Alvaro, resta ancora oggi, purtroppo drammaticamente attuale;
              la «questione calabrese», nella sua assoluta individualità, è la prova lampante della varietà ed eterogeneità assunte dalla «nuova» questione meridionale, così come chiarito dalla più accorta letteratura specialistica. Esistono specificità non solo di carattere economico, ma anche storico e sociale che fanno della Calabria un caso assolutamente particolare e, si badi, non omogeneo. Esistono, infatti, differenze sostanziali tra le singole sub-regioni geografiche, tali da richiedere interventi differenziati e coerenti con le prospettive e le suscettività dei singoli territori;
              la storia e l'evoluzione dei centri della costa jonica settentrionale sono profondamente diverse da quelle conosciute dalle genti del vicino marchesato crotonese; ma anche molto differenti dalla realtà del reggino, ossia dagli assetti e dalle condizioni sociali della costa tirrenica della regione. Eterogeneità e singolarità che, inevitabilmente, si acuiscono nel nesso tra le aree montuose dell'interno e quelle costiere. Non cogliere adeguatamente tali differenziazioni territoriali all'interno dello spazio politico-amministrativo calabrese significa, di fatto, rendere di scarsa efficacia ogni politica tesa ad affrontare, per risolverli, i preoccupanti ritardi che ne assillano le rispettive popolazioni e ostacolano lo stesso sviluppo virtuoso dell'intero Paese nel quadro europeo unitario;
              necessitano, ovverosia, interventi diversi e specifici; serve un approccio differente rispetto a quello che caratterizza l'intervento rivolto ad altre regioni del Meridione;
              la Calabria conta 2.010.709 abitanti, secondo i dati Istat. La Sicilia conta 5.045.176 abitanti, più del doppio, la Campania 5.835.561, la Puglia 4.090.402. Reggio Calabria, la città calabrese più popolosa, conta appena 186.464 abitanti, unica sopra i centomila, più città media che area metropolitana, nonostante la stretta e funzionale interazione con Messina, sulla sponda sicula. Catanzaro, con i suoi 93.144 abitanti, tende a porsi verso la soglia dei centomila. Tutte le altre città ne restano ben lontane: Lamezia Terme con 71.273 abitanti, Cosenza con 70.044 abitanti, Crotone con 62.182 abitanti, per ricordare le maggiori, mentre nel restante territorio gli ulteriori centri di livello gerarchico superiore si fermano sotto la soglia dei 50 mila abitanti;
              nel confronto con le altre regioni del Mezzogiorno la realtà urbana calabrese appare ancora più lontana da assetti capaci di esprimere una solida armatura urbana, efficientemente distribuita sul territorio regionale;
              Palermo conta 653.522 abitanti, Catania 290.571 e nessuno degli altri capoluoghi siciliani conta una popolazione inferiore a 60 mila abitanti. Bari ne conta 320.146, Taranto 195.882, mentre nel resto della Puglia, Foggia, Andria, Lecce Barletta, Brindisi, Altamura, Molfetta contano tutte una popolazione superiore ai 60 mila abitanti. Ma esistono molti altri centri, disseminate su tutto il territorio regionale, tra cui Manfredonia, Bisceglie e Trani, con popolazione superiore ai 50 mila abitanti. Napoli, poi, l'antica capitale, sia pur tra tanti problemi insediativi, conta quasi un milione di abitanti, mentre nella regione tante sono le città popolose, con oltre i centomila, e numerosissime sono le città con più di 50 mila abitanti;
              basterebbero questi dati per rendere trasparente la particolarità della regione calabrese, tuttora povera di una concreta e solida ossatura insediativa in grado di ordinare, coordinare e promuovere la crescita e lo sviluppo del territorio regionale;
              in sostanza, non va dimenticato che il processo di urbanizzazione – che ha caratterizzato l'innovazione indotta dagli effetti diffusivi della rivoluzione francese, segnandone uno dei tratti di maggiore modernità, così come, più in generale, le rivoluzioni borghesi, da cui è scaturito il vento ideale che ha favorito la separazione della campagna e del relativo modello produttivo, dalle dinamiche proprie dei centri urbani – in Calabria inizia in maniera evidente solo nel secondo dopoguerra, cioè, con oltre 150 anni di ritardo, ed avviene, non poteva essere altrimenti, in maniera traumatica e contraddittoria, accompagnato da un consistente flusso migratorio verso i centri urbani esterni alla regione. La conseguenza maggiormente dirompente di questa drammatica storia di marginalità estrema va ricercata nello svuotamento drastico delle campagne, in una regione a forte caratterizzazione agricola, e nella nascita di piccoli centri urbani, del tutto improduttivi, perché carenti di una propria borghesia in grado di contribuire ad un coerente posizionamento competitivo nello scenario moderno;
              da ciò scaturisce la rappresentazione di una «geografia urbana» costruita su di una miriade di piccoli centri, spesso confinati, le cui modeste dimensioni si rivelano economicamente insostenibili, anche e sopratutto nell'ottica di una coerente offerta di servizi ai cittadini. Nello stesso tempo, effetto di un malinteso individualismo campanilistico, manca la propensione a creare unioni di comuni. Se ne contano solo una nella provincia di Catanzaro e tre in quella di Cosenza. Resiste, in altri termini, una tendenza al piccolo, al particolare, che non è unicamente dimensionale, bensì culturale, sociale e, quindi, inevitabilmente, geopolitica e geoeconomica;
              ulteriore tratto tipico della regione calabrese è il convivere, da secoli oramai, con una dimensione che potrebbe ben definirsi di «passaggio» e di «transizione», cioè di carattere intermedio, compresa a cavallo di due differenti egemonie. Nel regno borbonico, non a caso delle «due sicilie», le capitali erano Napoli e Palermo. Lì erano le grandi dinastie, le famiglie nobiliari; lì erano il cuore del regno e il concreto «centro» della sua direzione politica ed economica. In quelle regioni e città – il centro e il core di una civiltà – sarebbero nati, poi, quei ceti protagonisti delle rivoluzioni borghesi, pur essi stessi rapidamente soffocati dall'immobilismo meridionale. Al margine, vi è, poi, la dimensione di «transizione», propria della regione Calabria, territorio destinato ad un «passaggio» che non lascia spazio a forme aggregative autonome; poli gravitazionali intorno a cui costruire sviluppo autocentrato. Spazio geografico di «transito», giammai di innovazione territoriale virtuosa, realtà perpetuatasi sin da tempi remoti: da quelli della dominazione normanna, poi, molto più di recente, con il «passaggio» dei garibaldini e, infine, qualche anno più tardi, con l'avanzata senza ostacoli delle truppe alleate di liberazione;
              una dimensione di «transizione» che deve essere superata, proprio in quanto legata alla stessa confusione della «questione calabrese» con la più generale «questione meridionale», di cui certo è pur parte integrante e, tuttavia, distinta;
              la storica carenza di una media borghesia imprenditoriale, prima ancora che industriale, è acuita dall'eterno contrasto tra i piccoli proprietari e i braccianti, dall'incapacità di una classe intermedia capace di compattarsi ed esprimere energie produttive virtuose, tratto questo davvero tipico della storia calabrese degli ultimi secoli, assolutamente determinante anche negli equilibri politici caratteristici del primo periodo repubblicano. Altrettanto interessante sarebbe riflettere sul peso politico e sociale che tuttora riveste nella regione la famiglia; anche ciò potrebbe contribuire ad avvalorare la mancanza di una rete di media imprenditorialità, la cui affermazione ha caratterizzato il processo di modernizzazione non solo in Europa, ma anche in molte altre realtà del nostro Paese;
              a confermarlo è un altro dato che traspare dalla considerazione dei caratteri salienti dell'emigrazione calabrese: quel 70 per cento del flusso che, carente di esplicita professionalità, si indirizza nel settore dei servizi (elaborazioni della Svimez su dati Istat);
              l'emancipazione economica e produttiva resta l'obiettivo da raggiungere ed ottenere, con il radicamento sul territorio di un solido capitale umano, forte di una media borghesia imprenditoriale autoctona (non di quella piccola, marginale, inadatta a costruire opportunità di sviluppo in ogni direzione). Un più operoso tessuto sociale, forte di competenze professionali e di capacità imprenditoriali, all'interno di un contesto dotato di adeguato capitale sociale, rappresenta l'unico mezzo attraverso cui si potrà conseguire una vera, vitale e persistente emancipazione economica e produttiva;
              le leve dello sviluppo, su cui innestare adeguate azioni promozionali, vanno individuate, con puntuale proiezione geopolitica, nelle naturali propensioni dei diversi territori che descrivono l'articolazione regionale della realtà calabrese, con opportuna valorizzazione dei beni ambientali e delle specificità delle tradizioni locali e delle competenze presenti nel sociale;
              prioritariamente, il settore turistico è certamente quello su cui più di ogni altro si può investire, al fine di creare un nuovo e duraturo sviluppo del territorio, rinunciando alle trasformazioni massive, di dannoso impatto ambientale e di breve vantaggiosità finanziaria: 780 chilometri di coste, tre massici montuosi che raggiungono i duemila metri, con innevazione naturale e costante per un lungo arco di tempo durante l'anno, sono indubbi «fattori» di eccezionale potenzialità su cui sarà opportuno riflettere circa le convenienze geoeconomiche sostenibili. Parimenti, a completamento di uno scenario di straordinario impatto emotivo, è da includere la presenza di un patrimonio storico e culturale unico nel suo genere, anche per la presenza di tre importanti minoranze linguistiche. Elementi questi che fanno della Calabria una regione dotata di un vasto patrimonio su cui investire con decisione ma con altrettanta attenzione circa le reali proiezioni territoriali;
              si tratta di un investimento che è possibile solo, però, a condizione di una rinnovata azione di contrasto alla criminalità organizzata, che sui ritardi e sulla povertà della regione è cresciuta fino a diventare una delle realtà criminali più potenti del mondo. Deve assolutamente essergli sottratto il controllo del territorio. Creare lavoro è fondamentale, ma non può essere un alibi, serve, inutile nasconderlo, in Calabria come in altre regioni del sud Italia, anche un'azione decisa di repressione del fenomeno malavitoso sul territorio, un'offensiva dello Stato capace di considerarsi, su questo fronte, davvero definitivamente in guerra. Se non viene risolto questo problema, qualsiasi forma di investimento nel Meridione d'Italia finirà, comunque, per arricchire le organizzazioni mafiose: in tal caso, l'intervento pubblico non si risolverebbe solo in uno spreco di risorse, bensì, persino, in quello che, ai firmatari del presente atto di indirizzo, pare un involontario «crimine»;
              tuttavia, intervenire è indispensabile non concentrando risorse solo nel turismo, perché, com’è evidente, la regione Calabria non può essere destinataria di un'economia monosettoriale, decisamente inadeguata a soddisfare gli equilibri occupazionali e le esigenze della società. Indubbiamente, quello turistico può essere l'architrave su cui reindirizzare e, poi, rilanciare lo sviluppo regionale, investendo adeguate risorse nel settore delle infrastrutture, prima di tutto, in quanto presupposto fondamentale per la mobilità e la più ampia circolazione dei beni, in una regione che di infrastrutture è drammaticamente carente. Serve un piano di investimenti in tale ambito coerente con le reali esigenze del territorio, puntando proprio sulla funzione di «transito», sulla portualità, sull'avanmare e sulle relazioni sia di media distanza, sia di più ampia gittata nel Mediterraneo e, poi, verso l'Atlantico e il Nord Europa. In tale prospettiva, la Calabria può diventare, e tale dovrebbe essere considerata, non solo l'arteria di collegamento verso la Sicilia, ma verso l'intero Mediterraneo: non solo via terra, ma anche e sopratutto via mare. In quest'ottica, i porti di Reggio Calabria e Gioia Tauro rappresentano un patrimonio su cui investire, anche alla luce delle recenti trasformazioni in atto nella quasi totalità del Nord Africa. In questo senso, è bene sottolineare che la Calabria rappresenta una realtà geostrategica di primaria importanza per il nostro Paese e, per estensione, per tutta l'Unione europea;
              tuttavia, proprio in termini di opportunità di crescita intersettoriale, le più concrete remore derivano dalla circostanza che la Calabria è la regione meno industrializzata d'Italia, come dimostra il fatto che, con una popolazione che rappresenta poco più del 3 per cento di quella nazionale, il reddito prodotto dalle industrie è di poco superiore all'1 per cento. L'industria di base ha un ruolo assolutamente marginale; le rare aziende (chimiche, meccaniche, metallurgiche) si concentrano in pochissime aree, come Crotone e Vibo Valentia;
              diversamente, in questo quadro, l'agricoltura resta un settore fondamentale per l'economia della regione, considerato che, tuttora, il numero degli addetti (16 per cento) è il triplo della media nazionale, pur se, in termini di reddito prodotto, il valore aggiunto conseguito resta molto basso Un settore caratterizzato, del resto, da contraddizioni profonde sul piano del dimensionamento aziendale, dell'impiego di mezzi tecnici, delle scelte colturali, dei processi distributivi e della commercializzazione, che richiedono appropriate politiche, in grado di superare le condizioni di arretratezza che limitano le opportunità di crescita dell'agricoltura calabrese,

impegna il Governo:

          ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, affinché in Calabria, e non solo, si promuova in tempi rapidi e con decisione, la creazione di unioni di comuni, razionali con le esigenze di governo attuali, necessità questa ancora più evidente alla luce della prossima abolizione delle province;
          ad istituire un tavolo di confronto permanente con la regione, le istituzioni locali, i rappresentanti delle realtà datoriali e i principali investitori nel settore del turismo, per delineare un piano di interventi concreti, a partire dalla necessaria formazione e da investimenti finalizzati alla creazione nella regione di un sistema turistico adeguato e competitivo;
          a delineare per la regione Calabria una specifica fiscalità di vantaggio, nonché strumenti di sburocratizzazione amministrativa, in particolare per investimenti nel settore turistico, in modo da convogliare verso la regione nuovi investimenti;
          a delineare, in accordo con le rappresentanze dei soggetti pubblici e privati coinvolti, gli interventi necessari per adeguare ed ammodernare il sistema infrastrutturale calabrese, rendendolo efficiente e coerente con le esigenze del territorio, in particolare, individuando specifici interventi:
              a) per lo sviluppo dell'area portuale della provincia di Reggio Calabria;
              b) per il completamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria;
              c) per il potenziamento e la messa in sicurezza della strada statale 106 Jonica;
              d) per il potenziamento e la messa in sicurezza della strada statale 18 tirrenica;
              e) per il potenziamento dell'aeroporto dello stretto di Messina, a servizio di due città metropolitane: Reggio Calabria e Messina;
              f) per il rafforzamento dell'aeroporto di Crotone;
          ad individuare, in considerazione del fatto che attualmente in Calabria ci sono ufficialmente 5.300 posti barca, con un rapporto di 7,2 posti barca per chilometro di costa, nei limiti delle proprie competenze ed in coordinamento con le istituzioni ed i soggetti privati coinvolti, gli strumenti adeguati e gli investimenti necessari al potenziamento dei porti turistici, con particolare attenzione a quelli di Sibari, Tropea e Vibo Valentia, assicurando che l'intervento del Governo sia mirato, in particolare, a garantire la messa in opera di interventi effettivamente necessari ed evitando che vengano messi in campo escamotage per costruire strutture finalizzate ad operazioni di speculazione edilizia che produrrebbero solo nuove colate di cemento sulla costa;
          alla luce del fatto che il recupero dei centri storici e il loro mantenimento rappresentano un volano di sviluppo economico dalle enormi potenzialità e che un'azione dello Stato, in tal senso, rappresenterebbe una fonte di valore aggiunto per l'economia dell'intera nazione, a promuovere la riqualificazione dei centri storici, non solo calabresi, e ad assumere iniziative normative, affinché si possa contare su un sistema di incentivi fiscali adeguato a promuovere gli interventi di ristrutturazione e valorizzazione del patrimonio architettonico, storico e culturale, valutando l'opportunità di intervenire sul sistema di detrazioni oggi vigente, affinché queste siano finalizzate, o almeno destinate in via prioritaria, alla valorizzazione del patrimonio artistico e culturale;
          ad individuare un piano di interventi straordinari per sostenere il settore agricolo calabrese, focalizzando quelli che possono far acquisire la tendenza alla produzione di alta qualità e alla sua adeguata commercializzazione;
          ad intervenire, con ogni mezzo a disposizione e con le iniziative che si riterranno opportune, in coordinamento innanzitutto con la regione Calabria e tutte le istituzioni preposte, per impedire e prevenire nuove speculazioni ed abusivismo edilizio;
          ad individuare le iniziative necessarie affinché sul territorio si possa promuovere il radicamento di una realtà imprenditoriale di medie dimensioni e autoctona, in modo da consentire in via prioritaria: l'affermazione di un'industria turistica moderna e adeguata, non più relegata all'iniziativa singola, individuale e sporadica; lo sviluppo delle necessarie infrastrutture, non solo turistiche e ricettive; la creazione di unioni di comuni più coerenti con le necessità organizzative e amministrative nel governo del territorio; un contrasto deciso, fermo e risoluto alla criminalità organizzata sul territorio che possa rendere attrattivi gli investimenti in Calabria; interventi fiscali incentivanti all'investimento.
(1-01126) «Nucara, Ossorio, Brugger».


      La Camera,
          premesso che:
              le forti tensioni sui mercati finanziari, che hanno interessato l'eurozona in generale, e l'Italia in particolare, nel 2011 e nel primo semestre del 2012, hanno comportato l'adozione di misure drastiche per contenere gli andamenti della finanza pubblica ma, al tempo stesso, la limitatezza delle risorse ha impedito di utilizzare strumenti adeguati a sostenere l'economia reale italiana;
              nel periodo considerato si è registrato un secco peggioramento di tutti i principali indicatori economici che, se analizzati a livello regionale, evidenziano una specifica negatività della regione Calabria;
              secondo uno studio di Confindustria Calabria, il quadro congiunturale della regione è peggiorato nel primo trimestre del 2012, sulla scia di un rallentamento dell'attività produttiva riscontrabile già a partire dal secondo trimestre del 2011. L'indicatore di attività economica e del prodotto interno lordo nelle regioni italiane (Regioss) rileva un rallentamento dell'economia calabrese che, a partire dal secondo semestre del 2011, si intensifica e si protrae fino alla fine dell'anno, stime confermate da Prometeia, secondo cui il prodotto regionale in termini reali nel 2011 è cresciuto dello 0,2 per cento, meno della media nazionale;
              il tasso di crescita delle imprese, debole se calcolato tra il 2010 e il 2011, assume nel primo trimestre del 2012 un segno negativo e mostra una caduta più consistente rispetto a quanto registrato nel primo trimestre del 2011;
              secondo il rapporto della Banca d'Italia sull'economia della Calabria, il permanere di ampi margini di capacità inutilizzata e i segnali di ulteriore rallentamento della domanda, a cui si sono associate, a partire dalla seconda parte dell'anno, le tensioni sulle condizioni di finanziamento, hanno ostacolato gli investimenti da parte delle imprese: nel 2011, il saldo tra la percentuale delle aziende che indicano un incremento degli investimenti e quelle che ne indicano un calo è diventato negativo. Nel 2012, in base alle indicazioni delle imprese, l'accumulazione di capitale dovrebbe diminuire ancora;
              le turbolenze finanziarie e le difficoltà di raccolta sui mercati internazionali hanno, infatti, complicato le possibilità di accesso al credito da parte delle imprese e delle famiglie calabresi. L'inasprimento è stato operato principalmente attraverso l'aumento del costo medio dei finanziamenti, in particolare di quello praticato alle imprese più rischiose; è diminuita la domanda di mutui per l'acquisto di abitazioni da parte delle famiglie consumatrici e si è registrato un indebolimento ulteriore del credito al consumo;
              sulla base di elaborazioni condotte su dati di fonte Eurostat, relativi a 88 regioni appartenenti alle 5 principali economie europee (Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Spagna), nel raggruppamento delle regioni simili per prodotto pro capite, incidenza di occupati impiegati nella manifattura e nei servizi a maggiore contenuto tecnologico, quota di valore aggiunto industriale sul totale e tasso di occupazione, la Calabria, già nel 2007, presentava valori particolarmente contenuti (superiore solo a quelli delle due regioni insulari di Canarie e Corsica);
              analizzando il mercato del lavoro, si rileva un'impennata della disoccupazione, con un aumento del 50 per cento nel periodo gennaio-marzo 2012 rispetto allo stesso periodo del 2011, in concomitanza con la forte riduzione del tasso di inattività, lasciando intuire l'esistenza di un processo di fuoriuscita di un numero consistente di persone dalla condizione di inattività a quella di disoccupazione. A quest'effetto si aggiungono i fenomeni di disoccupazione in senso stretto, conseguenti a situazioni di crisi strutturale segnalate dall'aumento della cassa integrazione straordinaria;
              l'accrescersi della consapevolezza della difficile situazione economica e finanziaria del Paese, l'aumento dei prezzi e l'annuncio delle necessarie misure restrittive da parte del nuovo Governo hanno, infatti, prodotto fenomeni settoriali di ristrutturazione e riconversione produttiva in vista dell'attenuazione del potere di acquisto dei redditi e delle capacità di consumo delle famiglie, contribuendo in maniera decisiva all'esplosione della disoccupazione, partita nell'ultimo trimestre del 2011;
              sempre secondo il rapporto della Banca d'Italia, pur essendo il livello di istruzione tra i giovani in Calabria superiore alla media nazionale e a quello delle regioni meridionali, la loro condizione occupazionale è, tuttavia, peggiore rispetto al resto d'Italia. I tassi di occupazione sono significativamente inferiori a quelli medi italiani sia tra i laureati, sia tra i diplomati. La condizione occupazionale dei laureati è, tuttavia, migliore di quella dei diplomati, che in Calabria hanno il più basso tasso di occupazione tra le regioni italiane (18,3 per cento), quasi la metà della media nazionale;
              la relazione tra condizione occupazionale e livello di istruzione può essere valutata anche osservando l'impatto della crisi sulle persone che né lavorano, né svolgono un'attività di studio o formazione (neet - not in education, employment or training), le quali nel triennio prima della crisi erano il 26,2 per cento tra i diplomati e hanno raggiunto il 32,5 per cento nel triennio successivo (quasi 12 punti percentuali in più della media italiana), mentre i neet tra i laureati nello stesso periodo sono diminuiti, dal 38,5 al 35,2 per cento (la differenza con la media italiana, pur in diminuzione, è rimasta su livelli elevati e pari ad un 25 per cento in meno);
              in una regione già scarsamente aperta al commercio internazionale come la Calabria, le esportazioni di merci della regione hanno rallentato, continuando a crescere meno di quelle del Mezzogiorno e dell'Italia, per effetto di un forte calo delle vendite verso l'Unione europea e, in particolare, verso i Paesi in cui è in atto una crisi del debito (Spagna, Grecia, Portogallo). I comparti dell'agroalimentare, dei prodotti chimici e dei macchinari, che complessivamente costituiscono oltre il 70 per cento delle esportazioni, hanno subito una flessione;
              secondo i dati dell'indagine Istat sui consumi delle famiglie, la spesa media mensile in Calabria nel 2010 era di 1.787 euro, inferiore del 27 per cento alla media nazionale e del 5 per cento rispetto a quella del Mezzogiorno. La crisi ha inciso sensibilmente sui consumi delle famiglie: dal 2007 al 2010 la spesa, valutata a prezzi costanti e tenendo conto della composizione dei nuclei familiari, si è ridotta del 12 per cento, attestandosi sui valori più bassi dell'ultimo decennio. Nel triennio 2008-2010, la quota delle famiglie con un livello di spesa inferiore alla soglia di povertà relativa è stata in media del 26,1 per cento, contro il 23,2 nel Mezzogiorno ed l'11 per cento in Italia;
              sebbene nel 2011 le presenze presso gli esercizi ricettivi siano cresciute del 3,5 per cento (favorite, almeno in parte, dalla temporanea riduzione della concorrenza da parte di alcuni Paesi dell'area, colpiti da turbolenze sociali interne, Egitto, Tunisia e Grecia), la componente straniera in Calabria rispetto al movimento turistico complessivo è ancora ben lontana dalla media nazionale e da quella del Mezzogiorno;
              il sistema della viabilità e del trasporto di merci e passeggeri nelle province calabresi sconta un pesantissimo quadro di perduranti ritardi e di inefficienze nei lavori di ammodernamento e sviluppo della rete infrastrutturale regionale, collocandosi agli ultimi posti della graduatoria nazionale;
              il gap infrastrutturale tra la Calabria ed il resto del Paese è andato progressivamente aumentando sia per i mancati investimenti da parte dei Governi che si sono succeduti, che per le scelte definite e realizzate dal gruppo Ferrovie dello Stato-Trenitalia (che hanno prodotto una rilevante e penalizzante riduzione dei servizi ferroviari nella lunga e media percorrenza, nonché in maniera ancora più pesante e drastica nei servizi per le merci);
              in questa fase delicata è fondamentale ricercare e valorizzare l'apporto di iniziative finanziate interamente da capitali privati e tali da consentire la creazione di nuovi posti di lavoro, considerando l'indotto diretto ed indiretto, e sostenere la debole economia locale anche attraverso la riqualificazione di aree, e la realizzazione di nuove infrastrutture, rivitalizzando l'economia del territorio sia direttamente che indirettamente con positive ricadute dal punto di vista occupazionale, imprenditoriale e fiscale, oltre il recupero di opere infrastrutturali oggi abbandonate;
              nella relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere al Parlamento approvata nella seduta del 25 gennaio 2012, si rileva che, tra i fattori che ostacolano maggiormente il processo di adeguamento competitivo e il livello di attrattività dei territori del Mezzogiorno, pesa notevolmente la presenza di una radicata e diffusa criminalità organizzata, che scoraggia la normale attività economiche;
              sempre secondo la relazione, il principale fattore di condizionamento dello sviluppo è la concorrenza sleale operata da imprese mafiose o colluse che – operando con pratiche corruttive o di intimidazione (o con entrambe) – negano l'applicazione del principio cardine dell'economia di mercato: la libera concorrenza. In particolare, in questo quadro, diventano decisivi il condizionamento degli appalti pubblici e l'accesso asimmetrico ai capitali,

impegna il Governo:

          a programmare un piano di risorse straordinarie da affiancare ai finanziamenti ordinari, al fine di realizzare le migliori condizioni di sicurezza, giustizia e legalità per i cittadini e le imprese calabresi, contribuendo alla riqualificazione dei contesti caratterizzati da maggiore pervasività e rilevanza dei fenomeni criminali e all'incremento della fiducia da parte della cittadinanza e degli operatori economici, così come anche raccomandato dal nuovo ciclo di programmazione comunitaria in materia di sicurezza e diffusione della legalità;
          a sostenere con ogni utile iniziativa la mobilitazione della società civile manifestatasi nel corso del tempo attraverso i «movimenti antimafia», che, in forme e modalità diverse, è stata decisiva per il raggiungimento di importanti successi nella lotta alle mafie;
          a rafforzare progetti e iniziative finalizzate a promuovere e diffondere la cultura della legalità e della partecipazione democratica, poiché solo se la lotta alle mafie si radicherà nelle coscienze e nella cultura dei giovani essa potrà costituire un'utile risposta all'incalzare dei fenomeni criminali;
          a sollecitare, in ambito europeo, una riprogrammazione dei fondi europei finalizzandone la destinazione non solo alla modernizzazione delle infrastrutture delle regioni meridionali in generale e della Calabria in particolare, ma anche al potenziamento dei servizi che aiutano l'inclusione sociale (cura dell'infanzia e degli anziani non autosufficienti, interventi per la legalità in aree ad elevata dispersione scolastica, progetti promossi da giovani del privato sociale) e gli interventi per la crescita (promozione e sviluppo, imprese e ricerca, valorizzazione dell'aree di attrazione culturale; efficienza energetica; promozione dell'innovazione; auto-impiego e auto-imprenditorialità per i giovani; apprendistato e uscita dai neet; riduzione dei tempi della giustizia civile);
          a pianificare un programma di investimenti integrati e coordinati che punti non solo ad annullare il divario accumulato sul versante delle infrastrutture fisiche, ma anche sul rapido sviluppo delle infrastrutture immateriali;
          a prevedere adeguate misure che agevolino i processi di internazionalizzazione, il potenziamento della capacità di innovare e di esportare delle imprese calabresi, la cui presenza sui mercati esteri è ferma da moltissimi anni a una quota pari allo 0,1 per cento delle esportazioni nazionali;
          a potenziare gli investimenti in capitale umano, sviluppo delle competenze e istruzione;
          ad adottare iniziative utili, d'intesa con le istituzioni competenti, a ristabilire condizioni di accesso paritarie nel mercato del credito, sia per le imprese che per le famiglie calabresi, che scontano un gap evidente rispetto alle altre regioni italiane, credito che risulta essenziale per le prospettive di sviluppo dell'economia della regione.
(1-01127) «Casini, Cesa, Galletti, Tassone, Occhiuto, D'Ippolito Vitale, Compagnon, Ciccanti, Rao, Naro, Volontè».


      La Camera,
          premesso che:
              il contesto recessivo, che investe l'economia dell'Occidente e il Paese, rischia di travolgere in maniera più incisiva le regioni del Mezzogiorno e, in particolare, la Calabria, come confermano autorevoli centri di ricerca istituzionali e come può agevolmente evincersi dagli indicatori economici e sociali, i quali evidenziano che il dato regionale dell'occupazione, già gravemente in affanno, nella prima parte del 2012 è diminuito in Calabria di circa il 5 per cento ed il prodotto interno lordo procapite permane nettamente il più basso d'Italia, ben al di sotto della soglia dei 18.000 euro, considerata la frontiera della vivibilità;
              il dato occupazionale desta maggiore preoccupazione se si considera che il tasso di disoccupazione complessivo della Calabria (19,5 per cento) è circa il doppio della media nazionale (10 per cento) e cresce, in particolare, per le donne;
              proprio nei giorni scorsi il Presidente del Consiglio dei ministri ha ribadito che il Mezzogiorno è parte determinante della strategia di crescita ed equità dell'Italia. Tuttavia, il Sud nel suo insieme non offre ai cittadini e alle imprese, rispetto ad altre aree del Paese, quei servizi necessari, tanto da creare una «lesione» del contratto sociale;
              i principi di coesione territoriale, sociale ed economica, su cui si fonda il Trattato dell'Unione europea, individuano, infatti, nella riduzione delle disparità regionali la condizione per la crescita e lo sviluppo dell'Unione europea intera; tale quadro, quindi, impone un'attenzione specifica da parte del Governo, finalizzata a ridurre la disparità tra i territori, promuovendo iniziative imprenditoriali pubbliche e private, completando l'infrastrutturazione primaria del territorio calabrese ed avviando più rapidamente quella secondaria;
              la giunta che oggi guida la regione Calabria è impegnata in un progetto di riforma che prevede, tra le altre cose, il recupero del gap economico innanzitutto attraverso il taglio degli sprechi nel settore sanitario e quello degli enti sub regionali «inutili»; ciò in controtendenza rispetto all'assenza precedente di una politica di intervento mirata e complessiva, con una visione d'insieme;
              nello specifico, tenendo conto dei settori di valenza strategica per la regione, il piano di riforma già avviato dalla regione ha mostrato segni di ripresa in diversi ambiti di riferimento;
              per quanto riguarda il settore infrastrutturale, premesso che il processo di sviluppo e di ammodernamento della Calabria è stato senz'altro ostacolato negli anni da una situazione orografica assai difficoltosa, che ha molto condizionato sia la scelta dei tracciati che la costruzione delle ferrovie e di tutta la linea viaria, la regione risulta ancora priva di un sistema adeguato al proprio territorio;
              in uno scenario in profonda evoluzione dal punto di vista delle infrastrutture e dei servizi per la mobilità, in cui l'Italia stessa è chiamata ad individuare possibili traiettorie di sviluppo e competitività, la Calabria è ora più che mai chiamata ad individuare in tempo strategie di posizionamento all'interno dei mercati globali in grado di moltiplicare gli effetti positivi presenti nel nuovo contesto che, tuttavia, una infrastrutturazione di base alquanto carente rispetto al resto del Paese può rischiare di compromettere: l'assetto attuale delle infrastrutture e dei servizi di trasporto e logistica disponibili nel Mezzogiorno, ed in Calabria in particolare, condiziona, infatti, la mobilità delle merci a scala nazionale ed internazionale;
              lo stesso piano per il Sud, su cui il Governo ha concentrato attenzioni e risorse in coerenza con i principi europei di coesione territoriale, crescita e competitività, ha individuato, tra le priorità strategiche, «l'obiettivo infrastrutturale di realizzazione nel Sud di un sistema ferroviario, stradale e portuale moderno capace di favorire l'unificazione nazionale del Paese ed accrescere le possibilità di sviluppo del mercato interno»;
              è noto, tra l'altro, che il divario in termini di dotazione infrastrutturale e in termini di qualità dei servizi offerti di trasporto e logistica del Sud rispetto al resto del Paese è elevato. Questa situazione, oltre a limitare le possibilità di crescita delle imprese e a deprimere le condizioni sociali dei cittadini del Mezzogiorno costituisce, evidentemente, un elemento di criticità per la crescita dell'intero Paese, soprattutto in termini di impatti sulla competitività e sulla sostenibilità dello sviluppo;
              una più adeguata dotazione di reti infrastrutturali e logistiche è la principale leva capace di offrire al Mezzogiorno, ed in particolare alla Calabria, nuove ed importanti opportunità di sviluppo, offerte dalla sua naturale proiezione nel Mediterraneo, storico crocevia di scambi internazionali. Diviene, quindi, sempre più pressante l'esigenza di rivedere, nel suo insieme ed in maniera organica, il «sistema infrastrutturale», cioè il complesso di istituzioni, regole, strumenti e risorse che ne determinano il funzionamento;
              in un simile contesto, la questione del coordinamento delle politiche tra i diversi livelli di governo interessati – variabile capace di garantire gli auspicati effetti virtuosi – diventa cruciale ed acquista maggiore rilievo se letta alla luce delle recenti politiche del Governo in tema infrastrutture, con collegamenti e servizi di trasporto che «moltiplicano» la necessità di importanti meccanismi di interlocuzione;
              il sistema ferroviario della Calabria vive un momento difficile; il porto di Gioia Tauro, inserito fra i porti che saranno connessi al sistema ferroviario europeo Ertms, ha bisogno di interventi strutturali finalizzati all'ammodernamento entro il 2015 dei collegamenti su rotaia, pena la possibile esclusione dello stesso dal sistema ferroviario;
              tra l'altro, è recente la notizia dell'interesse di diversi armatori sullo scalo di Gioia Tauro, su cui l'autorità portuale sta proficuamente lavorando, tra cui la sigla in corso di perfezionamento di un accordo di cooperazione con la «Port Authority» (committente dei lavori a Ground zero di New York) nella logica della promozione della cosiddetta rotta di Suez che unisce tre mercati, quello orientale, mediterraneo e americano;
              per creare condizioni realmente incentivanti per gli investitori e per rendere effettivamente Gioia Tauro un hub internazionale che restituisca all'Italia la centralità nel Mediterraneo, è necessaria una visione diversa e uno sforzo comune attraverso l'istituzione di una zona economica speciale; l'8 settembre 2012 la giunta regionale della Calabria, su proposta del presidente Scopelliti, ha, infatti, deliberato gli indirizzi per la richiesta al Governo di misure straordinarie per lo sviluppo dell'area di Gioia Tauro, proprio attraverso la creazione di una zona economica speciale;
              in questo contesto appare, quindi, ineludibile la necessità di uno sforzo unitario che porti alla costituzione di un piano strategico dei trasporti e della mobilità, individuando le vere priorità sulle quali puntare;
              in tal senso è necessario anche assumere una posizione chiara e netta rispetto al ponte sullo stretto di Messina, affinché si possano rivendicare con fermezza le risorse economiche già investite ed evitare possibili ricorsi, con ulteriore aggravio per le casse statali, da parte delle imprese che già hanno firmato accordi, tenendo conto che un collegamento stabile con la Sicilia è fondamentale per completare e sviluppare l'autentico nodo strategico delle direttrici transeuropee;
              la situazione relativa all'autostrada Salerno-Reggio Calabria registra, a fronte di un'estesa complessiva in territorio calabrese di 294 più 920 chilometri, lavori ultimati per 101 più 200 chilometri, lavori in corso per 118 più 720 chilometri, appalti in corso per 16 più 400 chilometri, lavori da finanziare per 58 più 600 chilometri; i lavori di completamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, la cui completa ristrutturazione è stata avviata con la legge obiettivo del 2001, devono essere portati a compimento nel più breve termine possibile, in quanto i cantieri sempre aperti di una delle più grandi arterie del Paese costituiscono un grave ostacolo alle esigenze di mobilità dei cittadini e un danno all'immagine dell'Italia; nel luglio 2012, il presidente dell'Anas, Pietro Ciucci, ha dichiarato che «il primo obiettivo dell'Anas per l'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria è quello di completare tutti i lavori finanziati e già avviati entro la fine del 2013, aprendo al traffico ulteriori 93 chilometri. L'andamento dei lavori a tutt'oggi consente di confermare tale obiettivo, che si pone come una sfida in termini di impegno costruttivo e di risorse finanziarie»;
              con riferimento alla tratta calabrese dell'autostrada jonica E90-strada statale 106, sull'estesa complessiva pari a circa 400 chilometri, risultano lavori finanziati e/o in corso esclusivamente per 82 chilometri;
              i rallentamenti che impediscono lo sviluppo di un adeguato sistema infrastrutturale concorrono ad aggravare le già annose problematiche relative ai trasporti su gomma e i disagi strutturali legati alla presenza di cantieri ed interruzioni presenti, soprattutto, sulla principale arteria di comunicazione rappresentata dalla Salerno-Reggio Calabria, aumentano i costi di gestione e non consentono un'efficiente programmazione delle attività di trasporto;
              sul fronte della direttrice ferroviaria Battipaglia-Reggio Calabria si registra l'assenza di previsione di adeguati finanziamenti e interventi finalizzati all'estensione del sistema alta velocità/alta capacità che, al contrario, rappresentano un elemento preminente per le strategie di sviluppo della regione nel comparto; dato poi il grande sviluppo dell'alta velocità già consolidato fino alla città di Salerno, è necessario il suo completamente sino a Reggio Calabria, per ottenere un collegamento reale sia per merci che per viaggiatori sull'intero Paese;
              la consistente riduzione dei collegamenti ferroviari a lunga percorrenza, che ha riguardato sia i servizi di Trenitalia sul libero mercato che i servizi universali, da un lato, ed il paventato declassamento degli aeroporti di Reggio Calabria e Crotone a scali di «interesse locale» nel contesto del piano nazionale degli aeroporti, dall'altro, concorrono ad ostacolare ulteriormente la competitività e la sostenibilità dello sviluppo calabrese;
              il trasporto ferroviario in Calabria è stato, infatti, negli ultimi anni particolarmente trascurato, attraverso una politica di investimenti in tale settore che ha fortemente penalizzato la regione; era tra l'altro previsto per il 9 settembre 2012 un'ulteriore riduzione di treni, attraverso la soppressione delle sei coppie di convogli che viaggiano tra la Campania e l'alto tirreno calabrese. Un'ipotesi scongiurata grazie all'intervento della regione Calabria che si è attivata, di concerto con le regioni Campania e Basilicata, avviando la procedura per il ripristino;
              su questo fronte, non basta però l'intervento delle regioni, ma è necessaria un'azione mirata da parte del Governo nei confronti di quelle aziende che gestiscono i servizi del trasporto pubblico, e che, quindi, non possono ragionare esclusivamente sulla base di «tratte in perdita», proprio perché si tratta di servizi primari per i cittadini;
              sempre in ambito infrastrutturale, come accennato, meritano particolare menzione le realtà aeroportuali calabresi: Crotone, che ha visto circolare quasi 400.000 passeggeri negli ultimi quattro anni con un incremento del 18 per cento nel solo 2011; Lamezia Terme, aperto al traffico commerciale nazionale ed internazionale e gestito in concessione dalla Società aeroportuale calabrese spa per la durata di 40 anni a decorrere dal 10 luglio 2008; l'aeroporto civile di Reggio Calabria, che ha fatto registrare nel 2011 un traffico nazionale di oltre 511.000 passeggeri con un incremento del 12,8 per cento rispetto al 2010, aperto al traffico commerciale nazionale ed internazionale e gestito a titolo parziale dalla Società di gestione per l'aeroporto dello Stretto spa;
              tali aeroporti costituiscono, per la Calabria, una non trascurabile fonte di opportunità occupazionale per la popolazione locale e di sviluppo economico per il sistema imprenditoriale regionale;
              la presenza dei tre scali rappresenta, inoltre, un canale indispensabile e imprescindibile per la crescita del settore turistico che, ad oggi, rappresenta ben il 5,6 per cento del prodotto interno lordo regionale, generando ricchezza per gli operatori pari ad oltre 2 miliardi di euro e che, secondo i dati riportati nel rapporto del 2012, dal titolo «L'economia della Calabria», della Banca d'Italia, ha fatto registrare un incremento delle presenze complessive negli esercizi ricettivi calabresi pari al 3,5 per cento e addirittura del 15,7 per cento per le sole presenze straniere;
              nell'ottica di rilancio della produzione e dell'occupazione calabrese, sarebbe poi auspicabile l'inserimento di alcune aree già individuate dalla giunta regionale (Gioia Tauro, Crotone, Vibo Valentia) tra le «aree di crisi industriale complessa», attivando le procedure previste dal decreto-legge 22 giugno 2012, n.  83, recante «Misure urgenti per la crescita del Paese»;
              si tratta di territori soggetti a recessione economica e a perdita occupazionale di rilevanza nazionale, derivante soprattutto da crisi di più imprese con effetto sull'indotto. In caso di esito positivo e, pertanto, soltanto a seguito dei criteri che saranno stabiliti con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sarà possibile attivare le procedure di cui all'articolo 27 del «decreto sviluppo» con i progetti di riconversione e riqualificazione industriale;
              per quanto riguarda il settore ambientale, dato che la Calabria è una terra ricca di parchi e di oasi protette, che offre all'intero Paese la ricchezza di un territorio dal valore inestimabile, è nell'interesse nazionale la tutela dell'ambiente e della biodiversità del paesaggio calabrese; oltre ai tre parchi naturali nazionale del Pollino, della Sila ed dell'Aspromonte, occorre infatti considerare i parchi naturali regionali, le riserve naturali terrestri, le riserve marine e le aree protette;
              in particolare, il Parco della Sila è stato riconosciuto patrimonio dell'Unesco, entrando a far parte dei siti più belli del mondo considerati patrimonio mondiale dell'umanità. L'inserimento del parco nella lista dell'Unesco è stato reso possibile grazie all'importante progetto di rilancio e di promozione avviato dall'ente parco, nonché all'attenzione dimostrata dal governo regionale;
              data la particolare conformazione, non va trascurato in Calabria il fenomeno dell'erosione costiera, che sta «consumando» da alcuni anni in Italia oltre il 42 per cento dei litorali (Lo stato dei litorali italiani – Gruppo nazionale per la ricerca sull'ambiente costiero – Cnr – 2006); si tratta di un fenomeno in atto al livello globale che, secondo alcune stime, riguardano fino all'80 per cento delle spiagge esistenti sul pianeta. Gli studi di settore stimano che in Italia oltre 1600 chilometri di costa sono soggetti a fenomeni di erosione e si tratta, per la maggior parte, di spiagge «adatte» alla balneabilità;
              anche se si tratta di un fenomeno nazionale, in molte regioni l'erosione costiera raggiunge punte davvero allarmanti; in particolare in Calabria, regione caratterizzata da una grandissima estensione costiera, colpisce ben 300 chilometri su 700 chilometri regionali, ovvero il 43 per cento della sua costa;
              il 20 gennaio 2012 il Cipe, con l'approvazione della delibera cosiddetta «Frane e versanti», ha sbloccato 679,7 milioni di euro per interventi contro il dissesto idrogeologico nel Mezzogiorno, grazie ai quali verranno finanziati 518 interventi identificati tra il 2010 e il 2011, attraverso un processo di collaborazione tra le sette regioni del Sud interessate e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Sulla cifra totale, 352 milioni di euro sono messi a disposizione dalle regioni sui programmi attuativi regionali e 262 milioni di euro attraverso i programmi attuativi interregionali. Le sette regioni del Mezzogiorno che beneficeranno degli interventi sono, oltre alla Campania, Basilicata, Calabria, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia; in particolare, per la Calabria l'accordo sottoscritto prevede un importo complessivo di 220 milioni di euro;
              sul versante della giustizia, è necessario ricordare che la presenza dei tribunali costituisce un baluardo di garanzia di legalità irrinunciabile per assicurare il rispetto della legge;
              il decreto legislativo approvato nell'agosto 2012 dal Consiglio dei ministri e recante la nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, nel dare attuazione alla delega prevista dall'articolo 1, commi da 2 a 6, della legge 14 settembre 2011, n.  148, volta a riorganizzare la complessiva distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, ha recepito purtroppo solo in parte i rilievi posti dalle Commissioni giustizia della Camera dei deputati e del Senato, confermando la soppressione del tribunale di Rossano;
              la soppressione del tribunale di Rossano rappresenta la perdita di un importante presidio di giustizia che abbraccia uno dei territori più popolosi e complessi dell'intera regione, caratterizzato da enormi flussi di traffico lecito ed illecito, ed il cui controllo è fortemente ambito da una criminalità organizzata sempre più intraprendente e violenta; la cancellazione del tribunale di Rossano danneggia, quindi, ulteriormente la già precaria organizzazione giudiziaria della regione Calabria, sia per la situazione di forte deficit delle infrastrutture esistente, sia per la purtroppo non trascurabile presenza di organizzazioni malavitose sul territorio, oltre che causare un aggravio di lavoro sugli uffici rimanenti, già ora oberati di procedimenti pendenti;
              l'organizzazione giudiziaria della Calabria, tra l'altro, era stata oggetto di un'importante relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, che aveva proposto un piano straordinario con interventi immediati a sostegno degli uffici giudiziari e della polizia giudiziaria calabresi, dando la possibilità agli stessi di acquisire risorse umane (anche temporaneamente), tecnologie, strutture e mezzi adeguati; tali interventi si rendono necessari dopo una serie di gravissimi episodi che hanno caratterizzato l'ultimo anno e che «confermano ancora una volta l'inquietante potenza criminale della ’ndrangheta, che ormai si è insinuata in tutto il paese, in Europa e nel mondo»;
              occorre, inoltre, tener conto della circostanza che la geografia giudiziaria della Calabria rispettava sostanzialmente i parametri di una dislocazione per territori omogenei, senza disfunzioni o presenza di tribunali di piccole dimensioni; semmai il problema è sempre stato costituito da una perenne carenza degli organici giudiziari e dal mancato allargamento delle piante organiche degli stessi, nonostante le ripetute richieste d'intervento. Richieste che non hanno mai trovato accoglimento da parte del Consiglio superiore della magistratura, nonostante le sollecitazioni pervenute tanto dal territorio quanto dai Ministri della giustizia che si sono succeduti;
              sul fronte della sanità, va innanzitutto rilevato che la Calabria è soggetta al piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario; in due anni, il commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro, ovvero il presidente della regione, ha praticamente dimezzato il debito originario (pari a 259 milioni di euro), riducendolo di ben 140 milioni di euro, attraverso piani di razionalizzazione e potenziamento delle strutture esistenti, tenendo conto della necessità di mantenimento e miglioramento del livello di servizio;
              grazie a questi risultati, è stata erogata alla regione l'anticipazione della premialità per gli anni pregressi in relazione al debito ante 2007, è stato autorizzato un mutuo contratto con la Cassa depositi e prestiti, ed è stato altresì autorizzato l'utilizzo dei fondi per le aree sottoutilizzate per la copertura del debito sanitario;
              lo stallo imposto alle attività avviate dal commissario delegato per l'emergenza socio-economico-sanitaria in Calabria ha, di fatto, posto un drammatico freno all’iter che, virtuosamente avviato, ha consentito, tra l'altro, l'avvio concreto delle attività legate alla realizzazione dei nuovi ospedali previsti dall'accordo di programma integrativo, sottoscritto dal Ministro della salute e dal presidente della regione Calabria in data 6 dicembre 2007 (ospedali della piana di Gioia Tauro, della Sibaritide, di Vibo Valentia e di Catanzaro), tappa imprescindibile del difficile percorso di miglioramento dell'offerta sanitaria in tutto il territorio regionale;
              con riguardo all'area relativa all'agricoltura, punto di forza del tessuto economico regionale, il fatto che la Calabria sia fra le prime tre regioni italiane per numero di aziende agricole garantisce anche la manutenzione ed il governo del territorio sia da un punto di vista orografico, sia da un punto di vista paesaggistico, aspetto non secondario rispetto al connubio con il turismo;
              il territorio regionale, con le sue specificità ambientali e paesaggistiche, rappresenta un elemento fondamentale per l'agricoltura: infatti, per effetto del microclima e per le condizioni morfologiche ed identitarie del territorio, l'agricoltura calabrese è di nicchia e fornisce prodotti di grande qualità. Tutto ciò che rappresenta ricchezza può venire meno se, in futuro, non si sapranno rappresentare, in sede di revisione della politica agricola comune, le istanze di questi territori e di queste specificità. Per cui il fatto stesso che la politica agricola comune porterà alla diminuzione di pagamenti diretti può rappresentare un elemento di debolezza per il futuro dell'agricoltura calabrese;
              in merito alle politiche di innovazione, dato il contesto europeo (in particolare il programma europeo Horizon 2020), nonché quello nazionale, che vede agenda digitale e start up innovative tra gli argomenti principali in fase di discussione all'interno del Consiglio dei ministri, la Calabria non può non essere destinataria ma, soprattutto, protagonista di una nuova stagione di progettazione nel settore dell'innovazione, dell'economia della conoscenza e dello sviluppo di nuove infrastrutture immateriali;
              le aree strategiche su cui appare opportuno definire azioni di intervento sono: politiche ed azioni a sostegno delle smart city, finalizzate all'adozione di modelli integrati di sviluppo urbano poggiati sui criteri di sostenibilità ambientale e sulle tecnologie dell'informazione e della comunicazione; politiche ed azioni a sostegno dell'ormai noto paradigma «Internet delle cose»: dotare cioè il territorio della Calabria, come sta già avvenendo in tutta Europa, di sensori e oggetti intelligenti finalizzati alla governance del territorio, nonché politiche ed azioni a sostegno delle prescrizioni dell'agenda digitale italiana,

impegna il Governo:

          a sostenere il rilancio e lo sviluppo della regione Calabria e del Mezzogiorno attraverso un lavoro sinergico con le istituzioni locali, seguendo la strada già tracciata con una serie di iniziative che mirano:
              a) a valorizzare e rendere protagonista la porta sul mondo del Mezzogiorno che è l'infrastruttura di Gioia Tauro, sostenendo e supportando la regione presso la Commissione europea, nel percorso di definizione di misure di fiscalità di vantaggio nell'area retroportuale di Gioia Tauro attraverso la costruzione di una zona economica speciale, sul modello di quanto già sperimentato in svariati poli produttivi situati a ridosso di realtà portuali consolidate, che sia in grado di stimolare una rapida crescita attirando investimenti, e ad avviare un'interlocuzione con i gruppi imprenditoriali nazionali ed internazionali per l'insediamento di attività produttive rilevanti nell'area retroportuale di Gioia Tauro, attesi anche i benefici discendenti dalle misure proposte e dalle attività in corso legate alle misure di sostegno alle attività produttive incluse nell'accordo di programma quadro «Polo logistico intermodale di Gioia Tauro»;
              b) a predisporre un piano unitario strategico e condiviso per il rilancio del sistema infrastrutturale della regione e del Mezzogiorno, attraverso un'importante e mirata azione nei confronti delle aziende che operano per garantire il servizio pubblico, affinché siano assicurati investimenti e politiche di innovazione, con particolare riferimento alla realizzazione dell'alta velocità fino a Reggio Calabria;
              c) ad assicurare un nuovo approccio alla questione infrastrutturale per non rischiare un'ulteriore contrazione dei livelli occupazionali e un ridimensionamento delle esigenze di mobilità da parte dei cittadini calabresi, attivandosi per completare i lavori dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria e della strada statale 106 jonica;
              d) a sostenere forme di tutela nei confronti dei disagi e degli squilibri che la presenza di particolari vulnerabilità del tessuto socio-economico calabrese amplifica nel contesto dei servizi di trasporto su gomma, le cui irregolarità sul fronte dell'offerta creano disagi ed evidenti squilibri agli operatori di un comparto il cui efficiente funzionamento dipende, in primis, dal rispetto delle precise disposizioni legislative in materia;
              e) a potenziare l'aeroporto internazionale di Lamezia Terme per permettere collegamenti di passeggeri e merci sempre maggiori, e ad attivarsi, in conformità a quanto previsto dal piano nazionale degli aeroporti elaborato dall'Enac, per consentire il potenziamento degli aeroporti calabresi, affinché questi possano essere pienamente inseriti nella riorganizzazione e nella razionalizzazione del settore dei trasporti aerei al rango di aeroporti nazionali, tenendo conto della pluralità di azioni avviate tanto dalla regione quanto dalle società di gestione, nonché dell'impatto strategico delle strutture nel contesto regionale e dell'intero Mezzogiorno;
              f) a promuovere un piano di valorizzazione delle risorse ambientali calabresi, prestando particolare attenzione ai parchi naturali, alle riserve naturali terrestri ed alle riserve marine, oltre a potenziare gli interventi di tutela ambientale, con attente attività di controllo;
              g) ad attivare un tavolo tecnico tra Governo e regione a sostegno dell'attuazione della riforma del settore idrico regionale e dell'elaborazione di un piano coordinato di misure tese alla valorizzazione della risorsa idrica, anche in linea con le politiche nazionali e comunitarie, favorendo un'interlocuzione con gruppi imprenditoriali attivi nel settore dell'uso produttivo delle risorse idriche, attese le rilevanti potenzialità del territorio calabrese;
              h) a sostenere gli sforzi profusi dalla regione per l'attuazione di interventi strutturali di contrasto ai movimenti franosi, alle esondazioni e all'erosione costiera, mediante la previsione di uno sforzo eccezionale in termini di priorità di scelte e di risorse finanziarie, per la messa in sicurezza dei centri urbani e degli insediamenti produttivi, che consentirà di assicurare ai cittadini ed agli operatori economici un contesto di generale sicurezza e di più salda certezza degli investimenti effettuati;
              i) a sbloccare il finanziamento di 220 milioni di euro previsti per la Calabria dall'accordo Cipe del 20 gennaio 2012 richiamato in premessa, al fine di attuare gli interventi per la messa in sicurezza del territorio;
              l) a realizzare, secondo le linee tracciate dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, con la relazione approvata all'unanimità il 25 gennaio 2012, un'organizzazione degli uffici giudiziari calabresi che non faccia abbassare i livelli dei presidi di legalità nell'interesse dei cittadini, per le evidenti ragioni legate alla specificità territoriale ed all'impatto della criminalità organizzata, rivalutando la decisione relativa alla soppressione del tribunale di Rossano;
              m) in materia di sanità, a mantenere gli impegni recentemente assunti, adottando ogni possibile iniziativa diretta a superare l'attuale blocco delle attività del commissario ad acta per il rientro dai disavanzi sanitari, predisponendo ogni atto utile alla prosecuzione dell'attuale fase commissariale in gestione ordinaria, al fine di procedere al raggiungimento di un obiettivo strategico per il miglioramento della sanità calabrese, che è rappresentato dalla realizzazione delle nuove strutture ospedaliere (di Sibaritide, Gioia Tauro e Vibo Valentia) già finanziate e in fase di procedura di aggiudicazione;
              n) a riconoscere alcune aree già individuate dalla giunta regionale (Gioia Tauro, Crotone, Vibo Valentia) quali «aree di crisi industriale complessa», attivando le procedure previste dal decreto-legge 22 giugno 2012, n.  83, recante «Misure urgenti per la crescita del Paese»;
              o) a promuovere la realizzazione di un fondo per le imprese calabresi con applicazione del credito d'imposta, strumento molto apprezzato dalle aziende per le sue caratteristiche di semplicità, automaticità e trasparenza, concesso sempre nel rispetto dei criteri e dei limiti di aiuto stabiliti dalla Commissione europea;
              p) a sostenere, nell'ambito dei negoziati per la riforma della politica agricola comune, una politica non penalizzante dei pagamenti diretti, e a individuare interventi specifici per il sostegno all'agricoltura calabrese e alla produzione di alta qualità;
              q) ad attuare specifiche politiche ed azioni a sostegno delle prescrizioni dell'agenda digitale italiana all'interno del territorio della regione Calabria, attraverso il completamento della banda larga, l'avvio di azioni nell'area dell’open government e degli open data per «aprire» gli strumenti di governance politica alle esperienze locali di cittadinanza attiva.
(1-01128) «Cicchitto, Corsaro, Santelli, Baldelli, Galati, Dima, Golfo, Antonino Foti, Traversa, Aracu, Bertolini, Bianconi, Cicu, Di Virgilio, Laffranco, Osvaldo Napoli, Saltamartini».


      La Camera,
          premesso che:
              la Calabria vive in questo periodo un momento difficile, di sofferenza, con ampie zone grigie di remissività allo stato attuale delle cose in ogni settore, e non riesce a liberarsi da alcuni limiti, figli di una cultura delle clientele e del favore, in luogo di quella del primato dei diritti, che ne impediscono un sano ed armonioso sviluppo della vita sociale, economica e politica;
              la politica «di clientela» in Calabria occupa troppi spazi e specula sui bisogni delle fasce più deboli della popolazione, impedendo colpevolmente la soluzione definitiva dei problemi. La particolare debolezza degli apparati produttivi e delle relazioni di mercato, l'asfissia di presidi democratici autonomi, la fragilità del tessuto associativo, la diffusione pervasiva di insediamenti mafiosi, il peso patologico del settore pubblico nell'economia fanno sì che nella regione la politica rappresenti il grande e tendenzialmente unico regolatore della vita di ciascuno e di tutti;
              i rappresentanti politici devono tornare ad essere modello di eticità, lungimiranza e dedizione alla cosa pubblica, ancor di più in una regione come la Calabria, afflitta, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, da incuria e dispregio generalizzato per i beni pubblici. La politica deve tornare ad essere competenza, capacità, responsabilità;
              secondo un report della Banca d'Italia, nel 2011 l'attività economica della Calabria ha ristagnato dopo il lieve recupero del 2010;
              secondo le indagini della Banca d'Italia presso le imprese industriali con almeno 20 addetti, il 53 per cento delle aziende con sede in Calabria ha registrato un calo del fatturato, contro il 45 per cento che ha osservato un aumento. Per il 2012, il saldo dei giudizi delle imprese sul fatturato è previsto in peggioramento;
              il permanere di ampi margini di capacità inutilizzata e i segnali di ulteriore rallentamento della domanda, a cui si sono associate, a partire dalla seconda parte del 2012, le tensioni sulle condizioni di finanziamento hanno ostacolato gli investimenti da parte delle imprese: nel 2011 il saldo tra la percentuale delle aziende che indicano un incremento degli investimenti e quelle che ne indicano un calo è diventato negativo; nel 2012, in base alle indicazioni delle imprese, l'accumulazione di capitale dovrebbe diminuire ancora;
              le esportazioni di merci della regione hanno rallentato, continuando a crescere meno di quelle del Mezzogiorno e dell'Italia, per effetto di un forte calo delle vendite verso l'Unione europea e, in particolare, verso i Paesi in cui è in atto una crisi del debito (Spagna, Grecia, Portogallo);
              i comparti dell'agroalimentare, dei prodotti chimici e dei macchinari, che complessivamente costituiscono oltre il 70 per cento delle esportazioni, hanno subito una flessione;
              il settore delle costruzioni ha risentito in maniera accentuata dell'avversa congiuntura economica. Secondo l'indagine della Banca d'Italia presso le imprese del settore, la produzione e l'occupazione si sono ridotte. Sul mercato dell'edilizia residenziale, le transazioni sono diminuite per il quinto anno consecutivo;
              con riferimento ai soli servizi privati non finanziari, l'indagine della Banca d'Italia su un campione di imprese con almeno 20 addetti segnala che il 55 per cento delle imprese ha registrato un calo del fatturato, mentre solo un quinto di esse ha indicato un aumento. L'andamento del commercio ha riflesso la diminuzione del reddito disponibile reale e dei consumi delle famiglie;
              sono diminuite sia le immatricolazioni di autovetture, sia le vendite di altri beni durevoli. Ha, invece, avuto un andamento positivo il settore del turismo, dopo un triennio di crisi;
              nel 2010, il tasso di disoccupazione tra i giovani calabresi nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni è stato del 39 per cento. Questo, a fronte di un tasso di scolarità maggiore che nel resto del Paese. Nel 2008, la percentuale dei giovani iscritti alla scuola secondaria superiore era del 97,6 per cento. I laureati sono passati da 5.800 nel 2001 ad una cifra pari a 13.500 nel 2008;
              oggi si stima che il tasso di disoccupazione giovanile sia salito addirittura al 65 per cento, mentre quello delle donne al 41 per cento. Un notevole capitale umano, poco utilizzato. Infatti, soltanto il 28,3 per cento dei giovani tra i 15-34 anni risultano occupati. Un capitale umano che prende la strada dell'emigrazione e che vede come prima regione di destinazione dei flussi migratori la Lombardia e come seconda l'Emilia Romagna;
              la probabilità di trovare lavoro entro un anno per i disoccupati calabresi è stata sensibilmente influenzata dalla crisi economica, scendendo dal 29 per cento del 2008 al 23 nel 2010, valore in linea con quello del Mezzogiorno, ma inferiore di oltre cinque punti alla media nazionale;
              le ore autorizzate di cassa integrazione guadagni sono cresciute fortemente nel 2011, sebbene meno che nel 2010, con un andamento molto più negativo di quello del Mezzogiorno;
              in Calabria l'area del precariato comprende anche un bacino piuttosto largo di lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità. Sono più di cinquemila (5.200) i lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità in Calabria, rispetto ai quali si perpetuano i problemi della mancata adozione di misure organiche di stabilizzazione e dell'incertezza di fondi per pagare i sussidi;
              nel corso del 2011 la crescita del credito erogato dagli intermediari bancari alla clientela residente in Calabria ha decelerato rispetto al 2010 ed è stata simile a quella media nazionale. Nei primi mesi del 2012, secondo i dati provvisori, i prestiti bancari sono lievemente diminuiti rispetto allo stesso periodo del 2011;
              nel 2011 i prestiti bancari alle famiglie consumatrici hanno rallentato; alla riduzione del ritmo di crescita registrata dai finanziamenti erogati per l'acquisto di abitazioni si è associato il calo del credito al consumo nella seconda parte dell'anno. A dicembre 2011 il tasso di interesse medio sui mutui per l'acquisto di abitazioni era superiore di 1,1 punti percentuali rispetto a un anno prima. La crisi si è riflessa in una minore partecipazione delle famiglie al mercato dei mutui immobiliari; negli anni più recenti le nuove erogazioni si sono orientate nuovamente verso formule indicizzate;
              in Calabria la crisi nel 2011 ha bruciato 249 imprese, praticamente ci sono stati 15,8 fallimenti ogni 10 mila aziende attive. A livello regionale – come rivela lo studio sull'andamento dei prestiti al sistema imprenditoriale negli ultimi dieci mesi – i più penalizzati sono gli imprenditori calabresi. Con il ricorso ai prestiti bancari, gli imprenditori delle piccole aziende calabresi sono, infatti, chiamati a pagare i tassi di interesse più alti (9,11 per cento): una regola che vale sia per il settore delle costruzioni (dove i calabresi pagano tassi dell'8,10 per cento) che per quello del manifatturiero e dei servizi. Anche in questo caso è forte divario tra Nord e Sud: in Trentino, per esempio, l'accesso al credito è relativamente meno caro: interessi al 5,5 per cento. Quasi la metà;
              l'accesso al credito è ormai sempre più un privilegio per pochi e da qui al prossimo futuro ci si troverà molto spesso dinnanzi ad imprese che «chiudono per crediti» non riscossi, e con debitore – ovviamente – la pubblica amministrazione. Infatti, ad esempio, le aziende sanitarie locali possono arrivare ad accumulare ritardi anche di oltre 4 anni;
              in un contesto così sfavorevole non aiutano, anzi penalizzano fortemente, le decisioni del Governo in materia di riduzione della spesa, in particolare sul pubblico impiego, dove addirittura si corre il rischio di mettere in discussione i livelli occupazionali esistenti, oltre che rendere, di fatto, impossibile l'accesso delle nuove generazioni al mercato del lavoro pubblico;
              gli stessi interventi previsti nel piano per il Sud varato dal Governo rischiano di essere riduttivi se non inquadrati in un modello di sviluppo compatibile con le specificità territoriali e, quindi, funzionali ad una rapida integrazione della regione Calabria nel sistema produttivo nazionale ed internazionale;
              in questo contesto, le questioni del lavoro in una regione come la Calabria, caratterizzata dalla drammatica stratificazione di emergenze sociali, ambientali e civili, possono trovare soddisfacente riscontro solo nell'ambito di comuni strategie di sviluppo;
              la più grande di dette emergenze, tale da mettere a repentaglio il futuro stesso del territorio, è data dal dissesto idrogeologico. Il degrado della regione, da questo punto di vista, evoca in termini inderogabili ed urgenti una sorta di rivoluzione culturale nelle strategie di Governo. È necessario addivenire all'allestimento di un complessivo piano di riqualificazione ambientale, sulla cui attuazione concentrare tutte le risorse finanziarie reclutabili in campo europeo, nazionale e regionale. Tale iniziativa, nel risistemare un territorio altrimenti inidoneo a qualunque sviluppo, garantirebbe un consistente tasso occupazionale, soprattutto appannaggio dei giovani, che sempre più numerosi abbandonano la loro terra alla ricerca di lavoro e di futuro;
              le condizioni del mare calabrese sono oggettivamente precarie. Questo dato, insieme a quelli inerenti al territorio, evidentemente pregiudicano, soprattutto, lo sviluppo del turismo verso il quale, indubbiamente, la Calabria può e deve aspirare;
              dal punto di vista ambientale la Calabria è «formalmente» in emergenza. La dichiarazione dello stato di emergenza è del 1997. In dodici anni per la gestione dell'emergenza ambientale in Calabria si sono avvicendati 11 commissari;
              dopo 12 anni di commissariamento, sul versante del ciclo integrato dei rifiuti, la Calabria è ancora all'anno zero, nonostante alcuni esempi di virtuosità riscontrabili in pochi comuni che, con propria iniziativa, hanno applicato il metodo della raccolta differenziata;
              i pochi impianti di trattamento e smaltimento esistenti in Calabria stanno esaurendo le loro capacità di intervento. La situazione è delicata e potrebbe esplodere da un momento all'altro. In Calabria ogni mille metri di costa c’è un depuratore. In tutto sono 700. Quelli sul litorale, però, sono solo tubi che fanno viaggiare tonnellate di rifiuti, avanti e indietro. Sono depuratori «fantasma». Il mare è sempre sporco, in certi giorni la schiuma biancastra è una striscia lunga 250 chilometri. Il Tirreno è diventato il bidone dell'immondizia di 2 milioni d'abitanti;
              un obiettivo decisivo è, dunque, connesso al potenziamento ed allo sviluppo in Calabria di attività diffuse legate all'economia verde. La sostenibilità ambientale quale patto tra le varie generazioni sarà sempre più la sfida e il metro di valutazione delle politiche pubbliche e degli investimenti economici a scala globale;
              un altro obiettivo importantissimo è relativo alla costruzione di una nuova e più efficace concezione di welfare, basato meno su trasferimenti monetari assistenziali ai singoli e più sull'offerta di servizi di sostegno ai bisognosi e ai meritevoli. Si assiste poco e male chi ne ha bisogno e disabili, ammalati cronici, intere categorie sociali sono lasciate sole. È necessario un welfare inclusivo e attivo, orientato a creare le condizioni per assicurare maggiore coesione;
              questa sfida appare tanto più difficile in quanto il governo Scopelliti dimostra tutta la propria indifferenza, se non vere e proprie ostilità, nei confronti dell'innovazione quale sistema di rigoroso rispetto delle necessità regionali. Basti rievocare l'inaccettabile «legge casa» che sostanzialmente determina una brutale espansione dei tassi della volumetria edificabile che già oggi, soprattutto lungo le coste, spicca per incompletezza strutturale e disseminato insediamento territoriale. Tanto più che da accreditatissime valutazioni di settore si desume l'inquietante dato per cui in Calabria esiste un numero maggiore di abitazioni rispetto agli abitanti;
              la stessa utilizzazione dei fondi europei ha conosciuto di recente una destinazione, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, dal chiaro tenore clientelare, rispetto al quale occorrerebbe con immediata risolutezza prendere le distanze;
              un grande piano di riqualificazione ambientale comprenderebbe, di fatto, la tutela e la valorizzazione dello straordinario patrimonio storico, archeologico e naturalistico, effettivo presupposto di uno sviluppo soprattutto turistico davvero strutturale;
              in questo quadro è inammissibile la persistenza del commissariamento per l'emergenza ambientale che per lunghi lustri ha, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, semplicemente sperperato qualche miliardo di euro senza assicurare alcun reale ritorno in termini di servizio alla popolazione;
              va citata la specifica realtà crotonese, in attesa da quasi un ventennio di un processo di decontaminazione quale intervento risarcitorio dei danni procurati all'ambiente e alla salute dei cittadini lungo oltre mezzo secolo di industrializzazione priva dei minimi presidi strutturali e tecnologici, atti a scongiurare effetti purtroppo ancora in essere e dalle proporzioni davvero drammatiche;
              la straordinarietà delle sfide presenti nella realtà calabrese, proporzionali a una sistematica inidoneità di governo, evocano responsabilità di indifferente colorazione politica;
              con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 giugno 2012, è stata decretata la compatibilità ambientale e il beneplacito al proseguimento dell'iter autorizzativo della centrale a carbone di Saline Ioniche, in provincia di Reggio Calabria. Ma sentenze della Corte costituzionale hanno stabilito il principio secondo cui la localizzazione degli impianti energetici non possa avvenire in assenza di intesa con la regione interessata (si veda la sentenza n.  383 del 2005). La letteratura scientifica dimostra in maniera inequivocabile come gli impianti a carbone costituiscono un danno conclamato alla salute delle persone e dell'ambiente. L'impatto sanitario del carbone, anche prendendo a riferimento gli impianti più moderni, è valutato almeno 5 volte superiore a un equivalente impianto a gas rispetto alle morti premature causate dall'inquinamento e circa doppio in termini di emissioni di gas climalteranti;
              la destinazione del territorio calabrese a centro per la produzione energetica non può che minare alla base ogni seria prospettiva di sviluppo turistico e agricolo della Calabria, le uniche concrete e valide alternative economiche e occupazionali a lungo termine a una miope politica economica che vede il futuro della Calabria nero come il carbone;
              in riferimento all'altra grande questione che è quella infrastrutturale, al di là di un qualche progresso registrato nei lavori di ammodernamento della A3, permane non solo la consueta deficienza viaria e ferroviaria, ma addirittura la regione è oggetto di una spoliazione di servizi che, se non riparata, è destinata a desertificare gran parte del suo territorio. In questi termini, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, sono violati persino fondamentali diritti costituzionali;
              la spesa dello Stato per il ponte sullo Stretto, a parte ogni altra considerazione, porterà a rinunciare alla realizzazione di opere ben più importanti e urgenti:
                  a) ferroviarie: dal potenziamento e collegamento della rete tirrenica con Taranto e Bari al potenziamento dei collegamenti tra Catania, Messina e Palermo, fino all'adeguamento di linee vecchissime come la Palermo-Agrigento e la Ragusa-Catania;
                  b) portuali: con il rafforzamento dei collegamenti e delle strutture nelle aree portuali di Messina, Palermo, Trapani, Catania, Villa San Giovanni, Gioia Tauro e Taranto;
                  c) stradali: dall'adeguamento della statale jonica al completamento dei collegamenti alla A3 in Calabria al completamento della Palermo-Messina, fino all'adeguamento dei collegamenti tra Catania, Siracusa e Gela;
              per quanto concerne i trasporti ferroviari, i problemi principali sono dovuti all'obsolescenza delle carrozze, alla mancanza di servizi alle fermate, ai guasti alle linee elettriche;
              in nessuna regione italiana l'ammontare degli stanziamenti per il servizio (ossia il contributo a Trenitalia o agli altri concessionari per avere più treni in circolazione) e per l'acquisto di nuove carrozze arriva nemmeno allo 0,4 per cento del bilancio regionale;
              i container movimentati nel Mediterraneo mediante transhipment tra il 2006 e il 2015 cresceranno del 50 per cento; le movimentazioni Nord-Sud e viceversa nel Mediterraneo danno un ruolo decisivo al porto di Gioia Tauro se verranno sistemati e attivati i servizi ferroviari. Diventa indispensabile costruire una piattaforma logistica transnazionale che gestisca la distribuzione di merci nel continente europeo. Va costruita una rete che, oltre agli attuali porti di Corigliano e Rossano, dovrebbe coinvolgere anche i porti di Messina, Catania e Augusta. Occorre progettare e realizzare un distripark, una piattaforma logistica avanzata dove le merci vengono prelevate dai container e, attraverso attività logistiche e l'immissione di valore aggiunto (quali il confezionamento, l'etichettatura, l'assemblaggio, il controllo di qualità e l'imballaggio), vengono poi preparate per la spedizione, adattandole alle richieste del cliente finale e ai requisiti del Paese di destinazione. Questo sistema può determinare una ricaduta positiva a livello occupazionale per la molteplicità delle competenze necessarie;
              la strada statale 106, fatta eccezione per alcuni tratti, è l'identica infrastruttura degli anni ’30: non solo bandiera di arretratezza ma elemento di emarginazione di circa metà della popolazione regionale. A fronte di tutto questo le Ferrovie continuano a disconoscere il diritto alla mobilità dei calabresi e lo stesso Governo nazionale si appresta a cancellare due strutture aeroportuali. La cosa appare ai firmatari del presente atto di indirizzo come inquietante cifra della scarsa conoscenza, da parte dell'attuale Ministero, della realtà di un'intera regione;
              in Calabria si è consolidata una vera e propria «metodologia del disservizio». Tale metodologia è l'aspetto prevalente del sistema sanitario in Calabria, mostrando sempre le stesse caratteristiche di un sistema caratterizzato da debolezza strutturale in una micidiale combinazione tra Governo regionale, che non riesce a imporre scelte di rinnovamento, governo aziendale, troppo spesso senza capacità di gestione, degrado e inadeguatezza strutturale dei presidi sanitari, disorganizzazione amministrativa e gestionale, comportamenti professionali non adeguati. Tale «metodologia del disservizio» a volte può risultare fatale, pregiudica le esigenze assistenziali, impedisce un efficace governo della spesa e conduce a rilevanti disavanzi finanziari;
              il deficit corrente che si accumula ogni anno è pari ad altri 200-250 milioni di euro. La giunta Scopelliti ha certificato il debito del settore in 1,45 miliardi di euro;
              la Calabria, con 2.011.677 abitanti, ha una rete ospedaliera composta da 37 strutture pubbliche e 35 case di cura accreditate. Il rapporto tra strutture ed abitanti è di una ogni 27.937. Da una recente indagine risulta che almeno 25 delle 37 strutture sono da considerarsi inutili, antieconomiche e assommano servizi improduttivi e ripetitivi. Appare singolare la coincidenza tra reparti ospedalieri scarsamente funzionanti e cliniche private, situate a poca distanza, che operano in maniera valida sulle stesse funzioni specialistiche «disastrate» degli ospedali;
              la Calabria è la regione con il più alto numero di posti letto nelle strutture private (il 32 per cento contro il 19 per cento nazionale). La spesa per la sanità privata è tra le più alte d'Italia, pari a 1 miliardo e 200 milioni di euro all'anno (dato 2005). Nello stesso anno la spesa per le strutture pubbliche era di 1 miliardo e 600 milioni. Il secondo dato è che in Calabria il 94 per cento delle strutture socio-assistenziali sono private. Molto spesso tali numeri nascondono non solo sprechi, ma anche vere e proprie truffe;
              con un numero di strutture, pubbliche e private, abnorme rispetto alle dimensioni della regione, la Calabria non figura tra le regioni virtuose, anche con riferimento al problema delle liste d'attesa;
              non si può certo trascurare il ruolo della criminalità organizzata nel mancato sviluppo della regione. In testa alle preoccupazioni degli operatori economici risultano i problemi dell'usura e dell'estorsione. Serve un'analisi e una riflessione sui costi della criminalità in termini di mancato sviluppo e rallentamento dell'economia locale. Si rileva, peraltro, una recrudescenza degli episodi di violenza e criminalità, con un marcato aumento soprattutto nell'area del capoluogo e dello Ionio;
              un territorio riesce ad essere competitivo se è in grado di produrre conoscenza, ovvero se risulta capace di fare ricerca, elaborando le conoscenze scientifiche per future applicazioni produttive e, quindi, producendo innovazione. Da qui l'importanza, da una parte, dei processi di formazione e di accumulazione della conoscenza, responsabili della qualità delle risorse umane, e, dall'altra, del legame tra ricerca scientifica e industria, in quanto passaggio indispensabile per la crescita tangibile del sistema economico;
              lo sviluppo civile e lo stesso sviluppo economico della Calabria dipendono dalla qualità delle risorse umane, dalle competenze e conoscenze diffuse nell'intero corpo sociale. La conoscenza è l'ingrediente di base del nuovo paradigma di sviluppo. Solo attraverso rilevanti e sistematici investimenti nella formazione e nell'istruzione è possibile conseguire livelli di qualità delle risorse umane adeguati ai nuovi bisogni dell'odierna società della conoscenza;
              la lotta alla ’ndrangheta deve essere prioritaria, preventiva, quotidiana e non estemporanea dettata solo dalle emergenze. I calabresi sono desiderosi di riscatto e la lotta alle cosche passa anche, e soprattutto, dalla questione morale, divenuta ormai in Calabria più un accessorio che un valore da mantenere e perseguire,

impegna il Governo:

          ad attuare un'immediata inversione di tendenza nelle politiche finora praticate, come richiamata nelle premesse, in assenza della quale, senza alcuna indulgenza a tentazioni retoriche, la Calabria verrebbe definitivamente rigettata al di fuori del contesto nazionale ed europeo e, al contempo, alcune sue aree interne escluse dallo stesso contesto regionale;
          in particolare, a produrre uno sforzo straordinario per velocizzare, per quanto di competenza, tempi e procedure per l'erogazione dei fondi strutturali, accelerando programmi e progetti attraverso un corretto e celere utilizzo delle risorse, orientando la spesa verso tre principali ambiti d'intervento: infrastrutture, investimenti e lavoro;
          a promuovere la convocazione di un tavolo tecnico, compartecipato dai principali attori della filiera agrumicola, per formulare le linee programmatiche di indirizzo e di intervento volte a contenere i costi di produzione, riorganizzare la commercializzazione e migliorare la qualità dei prodotti, rivedere la politica dei prezzi, adoperandosi affinché le arance calabresi possano ricevere adeguata remunerazione in rapporto alla loro qualità e genuinità e a sostenere l'inserimento, nel piano strategico nazionale per lo sviluppo rurale, di misure per la conversione e diversificazione agrumicola, dando la priorità alle zone ad agrumicoltura commercialmente obsoleta;
          a promuovere una rimodulazione del fondo sociale europeo, concentrando le misure esclusivamente sulla «occupabilità» per dare risposte immediate ai tanti giovani calabresi sul fronte occupazionale;
          ad attivare uno specifico «tavolo Calabria» tra il Governo, gli enti territoriali e le rappresentanze delle parti sociali, mirato a superare le criticità esistenti e a favorire la piena integrazione della regione nel sistema Paese mediante iniziative per:
              a) il ripristino di una fiscalità di vantaggio per le imprese che assumono con contratti a tempo indeterminato;
              b) un piano straordinario, anche con risorse europee aggiuntive, per svuotare il bacino del precariato nel settore pubblico (lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità);
              c) il sostegno agli investimenti nella green economy;
              d) il collegamento tra la riqualificazione ambientale e le politiche per l'occupazione;
              e) il sostegno alla riqualificazione dei centri storici, agevolando il rafforzamento strutturale degli edifici pubblici e delle abitazioni dei comuni calabresi (in merito soprattutto all'adeguamento sismico ed al risparmio energetico);
              f) la promozione di un'agricoltura di qualità tramite:
                  1) la riduzione delle accise gravanti sui carburanti, da applicarsi al prezzo alla pompa del gasolio e dei prodotti energetici destinati all'utilizzo in agricoltura, nella pesca e nell'itticoltura, per i prossimi 3 anni per affrontare la grave crisi del settore dell'agricoltura e della pesca professionale;
                  2) l'obbligatorietà dell'indicazione dell'origine o della provenienza del prodotto, nella pubblicità ed in ogni forma di comunicazione commerciale;
              g) l'accelerazione in sede comunitaria della proposta di inserire un capitolo sul Mediterraneo nel regolamento di base della nuova politica comune della pesca;
              h) il potenziamento e non smantellamento degli uffici giudiziari ubicati nelle aree ad alta densità mafiosa;
              i) la definizione di risorse certe per un piano organico di prevenzione e di recupero del dissesto idrogeologico;
              l) un nuovo impulso alla bonifica delle aree industriali dismesse del crotonese ex Pertusola ed ex Fosfotec;
              m) la rinuncia definitiva al ponte sullo Stretto;
              n) il ritiro del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 giugno 2012 che ha decretato la compatibilità ambientale e il beneplacito al proseguimento dell'iter autorizzativo della centrale a carbone di Saline Ioniche;
              o) la predisposizione di un piano straordinario per il potenziamento e l'ammodernamento della rete viaria (A3, strada statale 106, strade di collegamento) e del sistema ferroviario, integrando con risorse nazionali le risorse del por Calabria destinate a questo ambito;
              p) il progetto, in riferimento al porto di Gioia Tauro, di una piattaforma logistica transnazionale che gestisca la distribuzione di merci nel continente europeo, costruendo una rete con i porti di Corigliano, Rossano, Messina, Catania e Augusta e mettendo in campo una piattaforma logistica avanzata (districpark), dove le merci vengono prelevate dai container e, attraverso attività logistiche e l'immissione di valore aggiunto, vengono poi preparate per la spedizione nei vari Paesi europei;
              q) la definizione di regole più stringenti per agire sulle situazioni di conflitto di interesse con le regioni di chi partecipa agli utili delle aziende sanitarie private accreditate;
              r) la definizione di regole nazionali che riducano i posti letto nella sanità privata e le convenzioni per quei servizi già sufficientemente offerti dal settore pubblico;
              s) un maggior sostegno finanziario agli atenei regionali, aumentando gli investimenti nella ricerca applicata (università, sedi del Cnr e altro);
              t) la permanenza in Calabria dei ricercatori, anche attraverso il finanziamento di tirocini di ricerca e/o di percorsi formativi di eccellenza nelle pubbliche amministrazioni, nelle università e nelle imprese.
(1-01129) «Di Pietro, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Messina, Barbato, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Monai, Mura, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Rota, Zazzera».


      La Camera,
          premesso che:
              con il decreto legislativo n.  146 del 2000 sono stati istituti i ruoli direttivi «ordinario» e «speciale» del Corpo di polizia penitenziaria, ruoli che fin dalla riforma del 1990, con la legge n.  395, costituivano il presupposto irrinunciabile per un'effettiva parificazione della polizia penitenziaria alle altre Forze di polizia ad ordinamento civile;
              successivamente fu emanato il decreto legislativo 5 ottobre 2000, n.  334, recante la disciplina dei nuovi assetti della Polizia di Stato e del Corpo forestale dello Stato;
              i due citati decreti legislativi creano una forte disparità tra i funzionari della Polizia di Stato e quelli della Polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello Stato, visto e considerato che: a) i funzionari del Corpo di polizia penitenziaria sono penalizzati rispetto ai colleghi della Polizia di Stato e del Corpo forestale dello Stato per quanto attiene alla qualifica iniziale nei ruoli, successiva ai corsi di formazione, che risulta di «vice commissario» per la polizia penitenziaria (parametro stipendiale pari a 133,25), e di «commissario capo» per le altre Forze di polizia (parametro stipendiale pari a 144,50); b) sono previsti sviluppi di carriera notevolmente più lenti per i funzionari del Corpo di polizia penitenziaria, atteso che il personale del ruolo dei commissari della Polizia di Stato e del ruolo direttivo del Corpo forestale dello Stato raggiunge il livello apicale (rispettivamente di «vice questore aggiunto» e di «vice questore forestale») in ruolo aperto (cui hanno accesso tutti i funzionari) dopo cinque anni e sei mesi di effettivo servizio nel ruolo; per la polizia penitenziaria, invece, è prevista la promozione al livello equivalente (di «commissario coordinatore»), attraverso uno «scrutinio per merito comparativo» a ruolo chiuso, dopo una permanenza, nelle rispettive qualifiche, superiore rispetto alla permanenza richiesta nelle altre due forze di polizia;
              allo stato attuale pertanto, tra i Corpi di polizia ad ordinamento civile, l'unico che risulta essere non allineato rispetto agli altri è proprio il Corpo di polizia penitenziaria, i cui funzionari sono fortemente sperequati in termine di progressione in carriere e dal punto di vista economico;
              tale differenziazione non trova ragione di esistere se è vero, come è vero, che i funzionari dei due ruoli svolgono le stesse funzioni, così come previsto dagli articoli 6 e 21 del decreto legislativo n.  146 del 2000;
              vi è dunque la necessità di procedere nell'immediato ad un riordino dei ruoli direttivi e dirigenziali della polizia penitenziaria, il che peraltro potrebbe avvenire anche a costi molto contenuti ovvero utilizzando le risorse stanziate per le vacanze organiche dei ruoli direttivi ordinario e speciale e del ruolo degli ispettori;
              l'articolo 65 della legge n.  121 del 1981 (alla quale si richiama la legge n.  335 del 1990) sancisce che: «gli appartenenti ai ruoli dell'amministrazione della Pubblica sicurezza hanno doveri di subordinazione gerarchica nei confronti: a) del Ministro dell'interno; b) dei Sottosegretari di Stato per l'interno, quando esercitano, per delega del Ministro, attribuzioni in materia di pubblica sicurezza; c) del capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza»;
              la citata norma, nell'esigenza di individuare un raccordo con la necessità di subordinare il personale della Polizia di Stato a figure apicali non incardinate nel Corpo ha sancito, all'ultimo comma della norma in parola, la subordinazione funzionale (e non gerarchica) «degli appartenenti all'amministrazione della pubblica sicurezza verso il prefetto e, nei casi previsti dalla legge, verso le altre autorità dello Stato»;
              viceversa, l'articolo 9 della legge n.  395 del 1990, sebbene richiami espressamente la prima parte del citato articolo 65 – stabilendo anch'essa, quindi, che gli appartenenti al Corpo della polizia penitenziaria hanno doveri di subordinazione gerarchica nei confronti del Ministro dell'interno; dei Sottosegretari di Stato per l'interno, quando esercitano, per delega del Ministro, attribuzioni in materia di pubblica sicurezza, nonché del capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza – stabilisce che, a differenza della dipendenza funzionale prevista dalla seconda parte dell'articolo 65 della legge n.121 del 1981, il personale appartenente al Corpo di polizia penitenziaria è dipendente gerarchicamente (e non funzionalmente) anche dal provveditore regionale e dal direttore dell'istituto, cioè nei confronti di soggetti che non fanno parte del suddetto Corpo, creando con ciò una «subordinazione gerarchica» tra figure professionali non aventi status giuridici affini;
              tutto ciò crea una discrasia nel parallelismo tra la legge istitutiva del Corpo della polizia penitenziaria e la legge n.  121 del 1981,

impegna il Governo:

          ad assumere le necessarie iniziative normative per correggere la palese asistematicità normativa causata dalle sperequazioni di trattamento (tutte citate in premessa) previste per il personale dei ruoli direttivi del Corpo di polizia penitenziaria rispetto alle progressioni in carriera stabilite per i funzionari delle altre Forze di Polizia ad ordinamento civile, in particolare prevedendo che il personale già in servizio appartenente ai ruoli direttivi «ordinario» e «speciale» con qualifica di vice commissario in prova, vice commissario e commissario penitenziario sia inquadrato, anche in soprannumero riassorbibile, nella qualifica di commissario capo penitenziario dei medesimi ruoli;
          ad adottare le opportune iniziative normative al fine di creare una carriera esecutiva unica all'interno del Corpo della polizia penitenziaria, ciò attraverso l'unificazione dei ruoli agenti – assistenti – sovrintendenti, attesa l'inutilità di lunghe e costose procedure concorsuali per la selezione dei sovrintendenti;
              a mutare il sistema della dipendenza gerarchica attualmente esistente tra i direttori degli istituti di pena e gli agenti della polizia penitenziaria in dipendenza funzionale conferendo ai direttori il potere di direzione e di indirizzo.
(1-01130) «Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti, Vitali, Angela Napoli, Giachetti, De Nichilo Rizzoli, Mario Pepe (Misto-R-A), Torrisi, D'Ippolito Vitale, D'Anna».


      La Camera,
          premesso che:
              aspre sono state, nelle scorse settimane, le polemiche scatenate dall'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, sul rischio default della Regione siciliana e sulla sua crisi di liquidità, che gli erano stati segnalati dal vice presidente di Confindustria siciliana, Ivan Lo Bello;
              la richiesta d'intervento da parte degli imprenditori era motivata da fatti eccezionali: «dall'insostenibile crisi finanziaria della regione ancora più evidenziata dall'incertezza legata alla vicenda del bilancio 2012; dall'assenza di strategie e politiche mirate al risanamento; dall'assenza di un'efficace programmazione per l'utilizzo dei fondi strutturali e delle poche risorse disponibili per arginare gli effetti della recessione; dalla consapevole preoccupazione che l'attuale classe politica continui a mostrare inadeguatezza e mancanza di responsabilità»;
              secondo gli industriali isolani, si è all'epilogo di una lunga stagione politica ed economica, che non riguarda solo il governo Lombardo, e che si è basata esclusivamente su una capillare distribuzione assistenziale e clientelare delle risorse pubbliche;
              la Sicilia rischia di diventare la Grecia del Paese, con i dipendenti e i pensionati regionali che saranno i primi a trovarsi senza stipendio in caso di crollo;
              la stessa direzione generale per la politica regionale della Commissione europea aveva trasmesso una lettera a Palazzo dei Normanni, imputandole la mancanza di controlli sull'utilizzo dei fondi strutturali;
              la Regione siciliana, il cui statuto fu approvato con legge costituzionale, è, per le competenze di cui è titolare, per così dire, la «più speciale» fra le regioni a statuto speciale (come scrivono Floriana Cerniglia e Pasquale Hamel): solo la Sicilia è, infatti, intestataria della cosiddetta competenza esclusiva nelle materie di cui all'articolo 14 e 15 dello statuto; l'esercizio del potere legislativo trova solo il limite dei principi costituzionali e delle leggi di grande riforma;
              si tratta di competenze, dunque, molto ampie in materie decisive nella vita della regione. Il loro esercizio comporta un notevole impegno finanziario e lo stesso statuto ha previsto un regime di finanziamento adeguato;
              la regione è titolare di un proprio patrimonio, che è poi quello che lo Stato le ha trasferito, ma ha anche autonomia tributaria e, con l'eccezione delle imposte di produzione e delle lotterie e dei tabacchi, tutte le imposte esatte nel territorio siciliano sono riversate nelle casse della regione. A completamento del quadro, bisogna considerare l'articolo 38, concernente il fondo di solidarietà nazionale, che prevede un versamento annuo dallo Stato alla regione, il cui ammontare avrebbe dovuto compensare la minore entità dei redditi di lavoro in Sicilia rispetto alla media nazionale. Il parametro, che avrebbe dovuto regolare il versamento, si è rivelato di difficile calcolo ed è stato, quindi, contrattato anno su anno, portando nel tempo nelle casse della regione una quota rilevante di risorse. Negli ultimi anni è stato comunque via via ridotto;
              se a questo si aggiungono i fondi destinati a specifici scopi e quelli comunitari nel quadro delle politiche di coesione, appare chiaro che la Sicilia avrebbe potuto avere quanto necessario per assolvere la sua missione;
              i documenti ufficiali della regione stessa e la relazione della Corte dei conti del 29 giugno 2012 sul rendiconto generale della Regione siciliana per l'esercizio finanziario 2011, confermano, invece, che l'istituzione regionale siciliana non solo è afflitta da una contingente crisi di liquidità, ma che questa crisi può divenire cronica, considerato l'uso non prudente con cui sono state amministrate le risorse nel corso degli anni;
              come già detto, il 29 giugno 2012 la Corte dei conti ha trasmesso il giudizio di parificazione per l'esercizio finanziario 2011 e a premessa alla sua analisi dei saldi scrive «con i se non si fa la storia e non si fa nemmeno la contabilità», alludendo alla poca chiarezza di alcune voci contabili e, in particolare, di quella relativa ai residui attivi;
              la presidente delle sezioni riunite della Corte dei conti, Rita Arrigoni, ha parlato di un quadro «allarmante con un debito regionale in continua crescita che tra novembre e dicembre 2011 ha visto attivare nuovi prestiti per 818 milioni di euro, determinando una complessiva esposizione a fine anno per circa 5 miliardi e 300 milioni, un debito destinato a salire malgrado l'impugnativa del commissario dello Stato»;
              malgrado la crisi e le casse vuote, la Regione siciliana si distingue ancora una volta per gli elevati costi del personale: nel 2011 cinquantasei milioni di euro in più rispetto al 2010, che fanno lievitare i costi per le casse della regione fino ad un miliardo e 84 milioni di euro;
              secondo la relazione citata: «Il rendiconto generale relativo all'anno finanziario 2011 registra una situazione di notevole, preoccupante deterioramento: tutti o quasi i saldi fondamentali di bilancio presentano valori negativi. Così per il saldo netto da finanziare e per il ricorso al mercato, mentre crescono a dismisura le obbligazioni da onorare in esercizi futuri in corrispondenza con un volume di residui passivi cresciuti da 5 a 7 miliardi di euro»;
              per la magistratura contabile sarebbe «auspicabile un sostegno alla Sicilia da parte del Governo nazionale. Ciò varrebbe a dare nuovo, realistico impulso a quelle misure, pur previste da recenti iniziative regionali, che non hanno avuto risultati apprezzabili. Il che vale per il piano di riordino delle società regionali, per la riorganizzazione del sistema di gestione dei rifiuti, per la riduzione degli enti sanitari, nonché per le nuove regole sulla trasparenza, sulla semplificazione, l'efficienza, specialmente con le iniziative previste a contrasto della corruzione e della criminalità organizzata»;
              il bilancio della regione del 2012, che avrebbe dovuto essere approvato entro il 31 dicembre 2011, è stato approvato nell'aprile 2012, con quattro mesi di ritardo. Peraltro – unico caso nella storia dell'autonomia siciliana – la manovra ha registrato oltre 80 norme impugnate dal commissario dello Stato;
              se si guarda anche ai dati relativi al bilancio di competenza della regione per l'esercizio finanziario 2012 si riscontrano ancora molte opacità e un peggioramento dei conti. Infatti, per il 2012 il totale delle entrate finali comprensive di accensione dei prestiti ammonta a 16 miliardi e 866 milioni di euro, ma poiché le spese finali comprensive del rimborso prestiti ammontano a 26 miliardi e 266 milioni di euro, la differenza – pari a 9 miliardi e 400 milioni di euro – viene coperta ancora una volta dalla «voce contabile tanto suggestiva quanto discutibile» (come ha scritto sempre la Corte dei conti) di «avanzo finanziario presunto» (questa stessa voce, nel bilancio di competenza per il 2011, era un valore più basso: 9.265.599 di euro);
              nel 2012, la necessità di reperire risorse continua, dunque, ad aumentare, nonostante le spese finali (senza considerare il rimborso dei prestiti) rispetto al 2011 siano calate (-5,1 per cento), ma in maniera inferiore alle entrate (al netto dell'accensione dei prestiti), che invece scendono del 6,7 per cento. Quindi, anche nel 2012, la crescita della spesa di competenza è più alta di quella delle entrate di competenza;
              un'altra incongruenza – ad esempio – si rileva osservando che, mentre la quota dei tributi erariali spettanti alla regione nel 2012 cala del 6,4 per cento, il gettito irap, invece, aumenta dello 0,6 per cento. E addirittura i tributi propri dovrebbero aumentare dell'1,7 per cento. Dati poco verosimili stante un calo stimato del prodotto interno lordo per il 2012 in Sicilia del 2,6 per cento;
              ma a volere indicare le criticità della gestione – scrivono gli autori già citati – si potrebbero riempire pagine intere: si tratta di primati negativi che s'inanellano l'uno dopo l'altro, a cominciare dall'espansione dell'area dell'occupazione pubblica improduttiva, portando oltre il limite delle compatibilità finanziarie i conti della regione. La Regione siciliana, che non brilla certo per efficienza delle sue strutture amministrative, ha il numero più alto di dipendenti pubblici, si parla di ben oltre 20 mila unità, ai quali si debbono aggiungere soggetti che a vario titolo percepiscono dalla regione un reddito mensile e che ammonterebbero a circa 140 mila unità. Un esercito nel quale sono compresi circa 28 mila forestali, quanti ve ne sono in tutto il resto del Paese, che gestiscono non sempre bene il purtroppo modesto patrimonio boschivo dell'isola;
              si deve innanzitutto azzerare da subito l'inutile pletora di consulenti che gravano sulle casse della regione, anche perché la Regione siciliana può contare su oltre 1800 dirigenti e certamente non ha alcun bisogno di consulenti nominati a spese dei cittadini;
              è paradossale che in questa situazione, sia pure dimissionario, l'attuale presidente della giunta siciliana continui in queste settimane a fare nomine;
              in Sicilia continuano a manifestarsi segnali di inarrestabile declino. Anche nel 2011 l'economia siciliana ha risentito della fase ciclica negativa che ha causato un rilevante calo del prodotto interno lordo;
              ben poco è stato fatto per avviare un reale processo di sviluppo, a cominciare dal necessario adeguamento delle infrastrutture. A questa lista, si aggiungono altri primati: un tasso di disoccupazione stabilmente tra i più alti tra le regioni italiane, un prodotto interno lordo pro capite che è tra i più bassi, il tutto condito da una qualità nell'offerta dei beni e servizi pubblici più bassa di altre aree del Paese;
              di tutto ciò, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, sono responsabili politicamente i partiti che, anche nelle scorse legislature, hanno contribuito alla creazione di questo stato della finanza pubblica regionale e quelli che, col loro silenzio, non hanno fatto nulla per arrestarne gli effetti ed invertirne la rotta;
              appare incredibile che proprio la Regione siciliana – così bisognosa di interventi di sostegno alla propria economia – rischi di perdere per carenze istruttorie 1,6 miliardi di euro, tra fondi dell'Unione europea e cofinanziamento nazionale, se non spesi entro il 2013;
              poco credibile è risultata la difesa d'ufficio dell'operato della giunta regionale da parte del presidente Lombardo tesa a dimostrare la sostenibilità della finanza regionale;
              il giudizio durissimo della Corte dei conti, che fa capire quanto la Regione siciliana sia oggi distante da quella immaginata dai padri dello statuto e dell'autonomia, sancisce la difficoltà strutturale della Sicilia a riformarsi eliminando sprechi e inefficienze e impone a tutti – forze politiche, forze sociali e cittadini – uno sforzo comune per rinnovare la classe dirigente regionale e avviare, insieme allo Stato, un processo di risanamento e sviluppo;
              per questo le prossime elezioni regionali rappresentano un punto di non ritorno: o le forze politiche e gli elettori riusciranno a dar vita a una nuova classe dirigente, staccata dal sistema di potere che si è consolidato negli anni, oppure si andrà verso il default;
              serve per l'isola un accordo tra Stato e regione per il risanamento dei conti, una sorta di Maastricht siciliana che impedisca all'isola di sprofondare definitivamente. E, in parallelo, va avviata un'azione a largo raggio per rilanciare uno sviluppo sostenibile per l'isola basato sull'innovazione, il turismo, l'agricoltura e le energie rinnovabili, attuando, attraverso uno snellimento delle procedure nel rispetto delle leggi, una politica a «burocrazia zero» a favore delle attività imprenditoriali,

impegna il Governo:

          a concordare con la prossima giunta regionale una tabella di marcia di rientro dal debito e di azzeramento del deficit che, evitando la logica dei tagli lineari, delinei viceversa una severa revisione delle spese e un'azione che deve condurre a ridurre gli sprechi, eliminare le consulenze esterne e riorganizzare la macchina burocratica;
          a concordare con la giunta regionale meccanismi periodici di controllo e di rendicontazione dei progressi conseguiti ed a valutare, alla luce di tale rendicontazione, le modalità dell'erogazione dei trasferimenti dovuti alla regione;
          contemporaneamente, ad assumere e/o a rendere esecutive e ad accelerare tutte le iniziative disponibili per il rilancio dell'economia e dell'occupazione in Sicilia;
          ad erogare alla regione gli indennizzi previsti per l'attività di estrazione e raffinazione dei prodotti petroliferi, dando attuazione a quanto previsto dallo statuto regionale, posto che in Sicilia sono ubicati tre stabilimenti petrolchimici e cinque raffinerie, diversi pozzi a seguito della scoperta di giacimenti di petrolio greggio, il gasdotto italo-algerino, che rifornisce prevalentemente l'Italia continentale nonché diversi Paesi europei, attraversa l'isola, mentre è recente la scoperta da parte di Eni ed Edison di alcuni giacimenti di metano al largo della costa fra Agrigento e Gela (tutte insieme queste risorse energetiche costituiscono circa il 60 per cento del consumo nazionale);
          ad adottare ogni iniziativa di propria competenza affinché tutti i partiti non candidino alle prossime elezioni regionali i soggetti imputati o condannati per ogni tipo di reato e, in particolar modo, per reati contro la pubblica amministrazione e relativi alla collusione con la mafia e la criminalità organizzata.
(1-01131) «Messina, Di Pietro, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Barbato, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Monai, Mura, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Rota, Zazzera».

Risoluzioni in Commissione:


      La VI Commissione,
          premesso che:
              i costi delle polizze assicurative per la copertura assicurativa dei rischi derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore su strada stanno subendo da anni una serie di aumenti pressoché continui, che rendono sempre più insostenibile per i cittadini adempiere all'obbligo di disporre di una copertura assicurativa per la responsabilità civile per i danni derivanti dalla circolazione su strada dei veicoli a motore;
              tale dinamica dei prezzi delle polizze delle assicurazioni per la responsabilità civile auto si connette con il fenomeno, sempre più preoccupante, soprattutto in alcune zone del Mezzogiorno, delle frodi assicurative nel settore, che viene addotto dalle compagnie assicurative come giustificazione dell'incremento dei costi delle polizze;
              i comportamenti fraudolenti, che si esplicano sia attraverso truffe volte ad ottenere indebiti risarcimenti, sia attraverso l'elusione dell'obbligo di assicurazione, oltre ad essere di per sé inaccettabili, trattandosi di un fenomeno criminale, costituiscono un elemento di grave inefficienza del mercato assicurativo e una causa di distorsione della concorrenza, determinando un aggravio per il sistema assicurativo, che viene normalmente addossato dalle compagnie ai consumatori, attraverso il meccanismo dei prezzi delle polizze assicurative, oppure su tutti i contribuenti, i quali finanziano attraverso la fiscalità generale i meccanismi di risarcimento previsti per i sinistri causati da veicoli non assicurati;
              in tale contesto la Commissione finanze, al termine di un'ampia attività istruttoria durante la quale sono state ascoltate tutte le componenti del settore, con i contributi delle compagnie assicurative, del Governo, dell'ISVAP e delle forze dell'ordine, ha definito, grazie alla volontà convergente di tutti i gruppi politici, un articolato intervento normativo, approvando, in sede legislativa, il testo unificato delle proposte di legge C. 2699-ter, approvata dal Senato, C. 1964 Barbato, C. 3544 Pagano e C. 3589 Bragantini, di cui il primo firmatario del presente atto di indirizzo era relatore, recante istituzione di un sistema di prevenzione delle frodi nel settore dell'assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore;
              il Governo si è avvalso del lavoro parlamentare svolto nel corso dell'esame in sede referente delle appena ricordate proposte di legge e ha inserito alcune delle norme elaborate dalla Commissione nel decreto-legge n.  1 del 2012, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività;
              in particolare, l'articolo 29 ha disposto, nell'ambito del sistema di risarcimento diretto previsto per le assicurazioni responsabilità civile auto, che i valori dei costi e delle eventuali franchigie sulla base dei quali vengono definite le compensazioni tra compagnie siano calcolati annualmente secondo un criterio che incentivi l'efficienza produttiva delle compagnie ed in particolare il controllo dei costi dei rimborsi e l'individuazione delle frodi;
              l'articolo 30 ha inoltre introdotto l'obbligo, per le imprese operanti nel ramo RC auto, di trasmettere all'ISVAP una relazione annuale contenente informazioni sul numero dei sinistri per i quali la compagnia ha ritenuto di svolgere approfondimenti in relazione al rischio di frodi, il numero delle querele o denunce presentate all'autorità giudiziaria, l'esito dei conseguenti procedimenti penali, nonché le misure organizzative interne adottate per contrastare i fenomeni fraudolenti;
              in tale ambito le imprese di assicurazione sono inoltre tenute a indicare in bilancio e a pubblicare sui propri siti internet una stima circa la riduzione degli oneri per i sinistri conseguente all'attività di controllo e repressione delle frodi autonomamente svolta;
              l'articolo 31, al fine di affrontare il problema della contraffazione dei contrassegni relativi ai contratti di assicurazione RC auto, ha previsto la progressiva dematerializzazione, nel termine di due anni, dei contrassegni e la loro sostituzione con sistemi elettronici o telematici;
              sempre in merito a tale tematica si è inoltre previsto che il Ministero dei trasporti formi un elenco dei veicoli a motore che non risultano coperti dall'assicurazione RC auto, stabilendosi che il Ministero comunichi l'inserimento dei veicoli nel citato elenco ai proprietari, i quali avranno 15 giorni di tempo per regolarizzare la loro posizione;
              si è altresì consentito di rilevare la violazione dell'obbligo di assicurazione responsabilità civile auto anche attraverso i dispositivi, le apparecchiature e i mezzi tecnici per il controllo del traffico e per il rilevamento a distanza delle violazioni delle norme di circolazione, attraverso i dispositivi e le apparecchiature per il controllo a distanza dell'accesso nelle zone a traffico limitato, nonché attraverso altri sistemi per la registrazione del transito dei veicoli sulle autostrade o sulle strade sottoposte a pedaggio;
              l'articolo 32 ha introdotto la possibilità, per le imprese assicurative, di richiedere l'ispezione volontaria del veicolo prima di stipulare il contratto di assicurazione obbligatoria responsabilità civile per i veicoli a motore, prevedendo in tal caso una riduzione delle tariffe, nonché la possibilità di installare, con il consenso dell'assicurato, meccanismi elettronici che registrano l'attività del veicolo e ne consentano il monitoraggio (cosiddette «scatole nere» o analoghi meccanismi);
              lo stesso articolo 32 ha inoltre introdotto alcune modifiche in materia di attestazione dello stato del rischio consegnata dall'impresa all'assicurato, sia per quanto riguarda la specificazione della tipologia dei danni eventualmente liquidati, sia per quanto riguarda l'obbligatoria trasmissione delle informazioni riportate sull'attestato di rischio alle banche dati finalizzate al controllo sull'assunzione dei contratti di assicurazione obbligatoria responsabilità civile auto;
              ulteriori modifiche hanno altresì riguardato la disciplina del risarcimento del danno, sia per quanto concerne l'ispezione del veicolo danneggiato e la sua eventuale riparazione, sia stabilendo che il danneggiato non possa rifiutare gli accertamenti necessari alla valutazione del danno, sia rendendo obbligatoria la consultazione della banca dati sinistri di cui all'articolo 135 del Codice delle assicurazioni da parte dell'impresa di assicurazione, a fini di prevenzione e contrasto dei fenomeni fraudolenti, prevedendo una procedura volta a consentire all'impresa di assicurazioni di non presentare offerta di risarcimento, e di compiere ulteriori approfondimenti, ove dalla consultazione della banca dati sinistri si riscontrino almeno due «parametri di significatività», nonché vincolando l'impresa di assicurazione che, all'esito degli approfondimenti compiuti, non ritenga di formulare una proposta di risarcimento, a presentare querela per il reato di frode assicurativa;
              in tale contesto sono state introdotte, accanto alla banca dati sinistri, due nuove banche dati: la banca dati «anagrafe testimoni» e la banca dati «anagrafe danneggiati», demandando ad un regolamento dell'ISVAP, tra l'altro, la definizione degli obblighi di consultazione delle banche dati stesse da parte delle imprese di assicurazione in fase di liquidazione dei sinistri;
              si è altresì ristretta la risarcibilità del danno biologico per le lesioni di lieve entità, prevedendo che queste ultime, se non suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, non potranno dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente e che il danno alla persona per tali lesioni possa essere risarcito solo a seguito di riscontro medico legale;
              l'articolo 33 ha quindi inasprito la normativa sanzionatoria per gli esercenti una professione sanitaria che attestano falsamente uno stato di invalidità derivante da un incidente stradale da cui derivi il risarcimento del danno connesso a carico della società assicuratrice;
              l'articolo 34 ha introdotto l'obbligo, per le compagnie assicurative, di informare il cliente, prima della sottoscrizione del contratto, sulle tariffe e sulle altre condizioni contrattuali proposte da almeno tre diverse compagnie non appartenenti a medesimi gruppi;
              l'articolo 34-bis ha rivisto la disciplina del meccanismo del cosiddetto bonus-malus previsto nei contratti di assicurazione RC auto, stabilendo che la variazione in diminuzione del premio si applichi automaticamente;
              l'articolo 34-ter sancisce l'obbligo, per le compagnie, di risarcire il danno derivante da furto o incendio di autoveicolo, indipendentemente dalla richiesta del rilascio del certificato di chiusa inchiesta, prevedendo che tale predetto certificato sia invece richiesto per il risarcimento del danno derivante da furto o incendio di autoveicolo per i procedimenti giudiziari nei quali si procede per il reato di cui all'articolo 642 del codice penale (fraudolento danneggiamento dei beni assicurati e mutilazione fraudolenta della propria persona);
              peraltro il Governo non ha ritenuto di seguire la strada, che pure era stata indicata nel testo elaborato dalla Commissione, di prevedere anche l'istituzione di un apposito organismo pubblico deputato a contrastare tali fenomeni fraudolenti, affiancando in tal modo l'azione di prevenzione e repressione delle frodi assicurative che deve essere svolto sia dalle compagnie assicurative sia dalle forze dell'ordine e della magistratura;
              nel complesso, l'insieme degli interventi normativi finora adottati non sembra aver ancora sortito effetti decisivi rispetto all'obiettivo di ridurre i costi per i consumatori delle polizze RC auto, che secondo stime recenti, continuano a registrare aumenti annui consistenti;
              occorre dunque assumere ulteriori iniziative per sciogliere il circolo vizioso, in base al quale l'elevato numero di truffe costituisce giustificazione per una costante lievitazione dei costi delle polizze, a scapito dei consumatori onesti;
              è infatti necessario evitare che il meccanismo di mutualità che naturalmente caratterizza la stessa logica intrinseca al meccanismo della copertura assicurativa sia piegato da pratiche distorte, che finiscono per premiare l'illegalità e per rendere economicamente insostenibile il costo delle polizze;
              a tale problematica si aggiunge inoltre l'effetto dirompente del progressivo abbandono, da parte delle compagnie assicurative, del mercato delle polizze RC auto in molte aree meridionali, adducendo anche in questo caso la motivazione dell'elevato numero di sinistri fraudolenti;
              tale comportamento, che si realizza sia attraverso lo smantellamento delle strutture agenziali e di quelle dedicate alla liquidazione dei sinistri ubicate nelle aree meridionali, sia attraverso la definizione di condizioni di polizza talmente onerose da renderne impossibile, per l'utente medio, la stipula o il rinnovo, impedisce, nei fatti, a moltissimi utenti residenti nel Mezzogiorno di adempiere all'obbligo, imposto dal legislatore a seguito di una scelta compiuta in sede comunitaria fin dalla direttiva del 1969, di disporre di una copertura assicurativa per poter mettere in circolazione su strada i veicoli a motore;
              tale tematica è già stata oggetto della risoluzione n.  7-00904 D'Antoni, approvata dalla Commissione finanze il 14 giugno 2012, con la quale si è impegnato il Governo a dare quanto prima attuazione alle predette previsioni legislative, nonché a fornire al Parlamento, entro il 30 giugno 2012, compiute e dettagliate informazioni circa lo stato di attuazione delle nuove norme, in particolare per quanto riguarda la tempistica relativa all'emanazione degli atti normativi secondari previsti in tale ambito, nonché circa gli effetti di tali misure,

impegna il Governo:

          ad adottare misure più incisive per favorire la diminuzione del costo dei premi relativi alla copertura assicurativa dei rischi derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore su strada a carico degli assicurati, segnatamente per quanto riguarda il contrasto alle frodi nel settore, procedendo in particolare:
              a) a creare una struttura pubblica appositamente dedicata alla repressione e prevenzione del fenomeno delle frodi nel settore delle assicurazioni RC auto che si affianchi in tale opera alle stesse compagnie assicurative, all'autorità di vigilanza sul comparto, nonché alle forze di polizia ed alla magistratura;
              b) a definire misure che impediscano l'abbandono del mercato delle polizze RC auto nelle regioni del Mezzogiorno da parte delle compagnie assicurative, evitando che queste ultime eludano sostanzialmente l'obbligo a contrarre che grava su di esse in tale settore;
              c) a fornire al Parlamento, entro il 15 settembre 2012, una compiuta informativa del resto già prevista nella richiamata risoluzione n.  7-00904, circa l'attuazione delle norme in materia assicurativa contenute nel decreto-legge n.  1 del 2012 e circa gli effetti che esse hanno determinato sul livello dei prezzi delle polizze e sul fenomeno delle frodi assicurative.
(7-00972) «Barbato, Cesario, Pugliese, Ventucci».


      La XIII Commissione,
          premesso che:
              le aflatossine sono micotossine prodotte da funghi principalmente appartenenti al genere Aspergillus ed in particolare da A. flavus e A. parasiticus;
          queste tossine costituiscono un pericolo reale, essendo l'aflatossina B1 l'epatocancerogeno più potente che si conosca; se gli animali vengono alimentati con mangimi che le contengono, un loro metabolita, l'aflatossina M1, viene trasferito al latte;
          il Regolamento CE n.  466/2001 dell'8 marzo 2001 stabilisce, relativamente alle aflatossine, che «non si può fissare una dose giornaliera tollerabile e, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche e tecniche, nonché dei progressi compiuti nelle pratiche di produzione e stoccaggio, non è possibile impedire lo sviluppo delle suddette muffe ed eliminare quindi completamente la presenza di aflatossine nelle derrate alimentari. Peraltro i limiti per le aflatossine vanno fissati al livello più basso possibile»;
          lo sviluppo degli Aspergilli tossigeni avviene anche sulle derrate immagazzinate e mal conservate (mais, arachidi, frutta secca, spezie e altro), visto che questi funghi sono in grado di sopportare la scarsità d'acqua; tuttavia, condizioni climatiche di gran caldo, umidità relativa elevata e stress idrico ne favoriscono lo sviluppo anche in pieno campo;
          è stato dimostrato che le infezioni da Aspergillus spp nel mais ed il relativo accumulo di aflatossine nelle cariossidi, sono legate a prolungate situazioni di stress della pianta causate da carenza idrica ma, specialmente, di umidità relativa e di temperature elevate;
          nel 2012 si sono verificate condizioni di aridità, eccessi termici e umidità relativa elevata dell'aria per almeno 80/90 giorni su un ciclo colturale del mais che mediamente può essere di 120/140 giorni;
          come conseguenza di tali condizioni atmosferiche, favorevoli allo sviluppo delle infezioni da Aspergillus spp, era attesa, come peraltro confermano i primi dati relativi alla raccolta in corso, la presenza di aflatossine nella granella di mais;
          va tenuto conto, in ogni caso, che, al momento, si sta valutando il raccolto delle aree più difficili e che non è ancora stata effettuata l'operazione di pulizia e selezione fisica sul «semilavorato essiccato grezzo», per recuperare quota importanti del prodotto all'utilizzo come feed e food;
          qualora i primi dati venissero confermati, emergerebbe una situazione di considerevole preoccupazione poiché la salute umana può subire gravi conseguenze nel caso in cui quantità di aflatossine superiori ai limiti di legge siano assunte dall'uomo direttamente oppure attraverso il consumo di latte prodotto da animali che siano stati alimentati con granella di mais contaminata oltre i limiti di accettabilità che la norma prevede per tale utilizzo. Tale problematica riguarderà anche gli alimenti derivati da quel latte;
          è quindi doveroso anche un monitoraggio approfondito durante la fase di raccolta del prodotto, che si esaurirà entro il mese di settembre;
          è necessario predisporre una serie di interventi operativi a tutela della salute umana sicuramente e prima di tutto, ma anche misure economiche delle imprese agricole e stoccatrici coinvolte;
          una prima misura precauzionale potrebbe consistere nel riservare fin da subito all'alimentazione umana e ai mangimi per vacche da latte le scorte del mais dello scorso anno che sono «pulite» per aflatossine;
          va, tuttavia, programmato un insieme organico di misure di prevenzione, per evitare di rincorrere le emergenze, adottando adeguate misure di monitoraggio, informazione ed eventuale formazione degli operatori di filiera;
          una possibile via d'uscita, per affrontare eventi non ordinari come le condizioni climatiche nell'annata 2012, può essere individuata ispirandosi anche alla legislazione igienico-sanitaria statunitense;
          negli Stati Uniti, la Food and drug administration (FDA, USA) ha indicato dei livelli massimi consigliati («raccomandazioni») di micotossine negli alimenti, con particolare riguardo al mais e agli altri cereali, distinti per le diverse specie e categorie animali, con ampi limiti di sicurezza in rapporto a quelli in grado di determinare nel bestiame eventuali problemi tossicologici. A questi affianca anche un'analisi di rischio che stima, su base probabilistica, la possibilità che il pericolo si trasformi in danno per il consumatore;
          anche negli U.S.A. la normativa per il settore latte è molto più restrittiva;
          l'Unione europea opera, invece, sulla base del concetto di precauzione, che risulta essere molto più rigido, e considera meno di quanto si fa negli Stati Uniti le conseguenze economiche per gli operatori delle diverse filiere;
          nell'ambito del rapporto con le istituzioni dell'Unione europea andranno cercate misure per affrontare le possibili situazioni legate ad eventi naturali eccezionali che comportino conseguenze economiche negative per produttori e stoccatori, incolpevolmente danneggiati;
          a prescindere da ogni modifica normativa, in previsione del ripetersi di eventi climatici avversi appare, inoltre, necessario mettere a punto protocolli di produzione e lavorazione che consentano di contenere il rischio aflatossine nel mais, considerando fattori critici quali ad esempio: valutazione dell'eventuale suscettibilità varietale; verifica delle pratiche agronomiche e delle possibilità di contrasto delle infezioni da Aspergillus, effettuazione di controlli pre-raccolta e pre-essicazione per selezionare eventualmente il prodotto in lotti a contaminazione diversificata, progettazione e collaudo di linee di lavorazione con selezionatori optomeccanici di grani alterati, e altro,

impegna il Governo:

          a emanare, in considerazione della straordinarietà di una situazione in cui la presenza di aflatossine potrebbe pregiudicare oltre il 50 per cento dei raccolti con ingentissimi danni non solo sul prodotto cerealicolo nazionale, ma anche sull'intera filiera agroalimentare, un provvedimento che, in deroga alle presenti disposizioni disponga una deroga temporanea, in presenza di adeguate misure di tracciabilità e di possibilità di controllo della stessa, che consenta l'innalzamento dei limiti per le aflatossine nel mais destinato all'alimentazione animale, purché esso sia utilizzato nelle produzioni in cui questo non comporti rischi per la salute umana;
          a vagliare la possibilità di prevedere un criterio di protezione assoluta, sottoposto al principio di precauzione, per la filiera umana e lattiero-casearia, riservando a questa l'impiego del mais meno contaminato e utilizzando la granella a più elevato contenuto di aflatossine per alimentare solo le specie animali che non trasferiscono metaboliti delle aflatossine ai prodotti dalle stesse derivati;
          a ricercare, nell'ambito del rapporto con le istituzioni dell'Unione europea, misure per affrontare le possibili situazioni economiche a rischio di produttori e stoccatori incolpevolmente danneggiati dall'evento naturale eccezionale, anche al fine di evitare tentativi di elusione dei controlli con conseguente rischio di contaminazione delle filiere sensibili.
(7-00973) «Bellotti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


      BURTONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il territorio di Pisticci in data 26 agosto 2012 è stato colpito da un vastissimo incendio durato quasi tre giorni che ha distrutto 900 ettari di vegetazione e colture, mettendo a rischio l'incolumità di diversi nuclei familiari nonché di operatori e soccorritori;
          le dimensioni dell'incendio sono state tali che esso risulta il più vasto che ha interessato il territorio lucano in questo anno; nel comprensorio non si era mai verificato un fenomeno di questa portata distruttiva;
          ci sono voluti ben tre giorni per avere ragione delle fiamme;
          diverse attività agricole sono state duramente colpite e ora si trovano in difficoltà, in particolar modo per quanto riguarda alcuni allevamenti privi di foraggio;
          la regione Basilicata è in grado di fornire i danni complessivi davvero molto ingenti;
          parte rilevante della superficie distrutta ha interessato la vegetazione legata a rimboschimento per prevenzione di frane, considerata la instabilità del territorio già colpito da numerose e storiche frane che sono costate vittime a questa comunità;
          diventa assolutamente necessaria una pianificazione, in accordo con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per una opera di ripristino della vegetazione e di manutenzione idraulico forestale del territorio  –:
          se e quali iniziative il Governo, considerata l'eccezionalità dell'evento, intenda adottare per dichiarare lo stato di emergenza per calamità naturale e venire incontro ad un territorio così duramente colpito. (3-02457)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          nell'ambito del cosiddetto decreto «svuota-carceri» (decreto-legge 22 dicembre 2011, n.  211) il Parlamento ha inserito in sede di conversione in legge (legge 17 febbraio 2012, n.  9) l'articolo 3-ter che detta disposizione per il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) i quali, dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici comuni (legge n.  180 del 1978), sono rimasti le uniche istituzioni chiuse destinate ai soggetti autori di reato non imputabili o con imputabilità ridotta a causa di infermità di mente, intossicazione da alcol o sostanze stupefacenti, sordomutismo. Per usare la stessa terminologia utilizzata per identificare il decreto-legge n.  211 del 2011, si potrebbe parlare di «decreto svuota-OPG»;
          nonostante il citato provvedimento legislativo, i sei OPG presenti sul territorio italiano (Castiglione delle Stiviere, Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino, Napoli, Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto) - la cui definitiva chiusura è stata fissata dal legislatore entro il prossimo 31 marzo 2013 – continuano ad operare, con ciò perpetuando la cosiddetta «doppia istituzionalizzazione» del soggetto sia come malato di mente sia come autore di reato, il tutto in un contesto di neutralizzazione e abbrutimento degli internati causato dalle pessime condizioni strutturali e di carenza di personale che aggravano la gestione di alcuni di questi istituti, come ha drammaticamente denunciato la «Relazione sulle condizioni di vita e di cura all'interno degli ospedali psichiatrici giudiziari» redatta il 20 luglio 2011 dalla Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del servizio sanitario nazionale, presieduta dal sen.  Ignazio Marino;
          è sufficiente leggere alcuni brani della relazione per comprendere come i problemi di gestione delle carceri italiane appaiano addirittura (ed il che è tutto dire) di poca importanza in relazione agli OPG, strutture che in tutti questi anni hanno vissuto in una preoccupante condizione di vera e propria «extraterritorialità»;
          alla prima firmataria del presente atto sembra doveroso riportare alcuni passi della citata relazione della Commissione parlamentare, poiché gli stessi offrono un drammatico spaccato delle condizioni di vita all'interno degli ospedali psichiatrici giudiziari, strutture all'interno delle quali tuttora persevera la logica manicomiale che trascura le esigenze della persona in favore della tutela della sicurezza sociale attraverso la mera neutralizzazione dell'internato: «(...) Gravi e inaccettabili sono le carenze strutturali e igienico-sanitarie rilevate in tutti gli OPG, ad eccezione di quello di Castiglione delle Stiviere e, in parte, di Napoli; tutti gli OPG presentano un assetto strutturale assimilabile al carcere o all'istituzione manicomiale, totalmente diverso da quello riscontrabile nei servizi psichiatrici italiani (...)»; (...) la dotazione numerica del personale sanitario appare carente in tutti gli OPG visitati rispetto alle necessità clinico-terapeutiche dei pazienti affidati a tali istituti; in particolare le competenze mediche specialistiche appaiono globalmente insufficienti in tutti gli OPG rispetto ai numeri dei pazienti in carico, in relazione alle necessità di raggiungere sufficienti prestazioni di finalità riabilitativa per ciascun degente sulla base di un progetto riabilitativo personalizzato (...)»; «(...) Pratiche di contenzione fisica ed ambientale, le cui «modalità di attuazione ... lasciano intravedere pratiche cliniche inadeguate e, in alcuni casi, lesive della dignità della persona, sia per quanto attiene alle azioni meccaniche, sia talora per i presidi psicofarmacologici di uso improprio rispetto alla finalità terapeutica degli stessi”; «(...) Nell'OPG di Barcellona Pozzo di Gotto per 329 pazienti è prevista la dotazione di un medico, due infermieri professionali ed un educatore, con assenza di figure sanitarie corrispondenti a psichiatri e psicologi, in un contesto caratterizzato da pessime condizioni strutturali. Nell'OPG di Aversa erano presenti, durante il sopralluogo, 320 degenti con un medico e due infermieri e furono riscontrate condizioni «tali da rendere disumana la permanenza di qualsiasi individuo» («pavimenti danneggiati in vari punti; soffitti e pareti con intonaco scrostato ed estese macchie di umidità; ovunque cumuli di sporcizia e residui alimentari; letti metallici con vernice scrostata e ruggine; sgradevoli esalazioni di urina; armadietti vetusti; effetti letterecci sporchi, strappati ed evidentemente insufficienti; finestre, anche in corrispondenza di letti, divelte o con vetri rotti»); non meno gravi le carenze assistenziali: «assenza di cure specifiche; inesistenza di qualsiasi attività; la sensazione di completo e disumano abbandono del quale gli stessi degenti si lamentavano. I degenti, nella assoluta indifferenza, oltre ad indossare abiti vecchi e sudici, loro malgrado di presentavano sporchi e maleodoranti»; (...) Nell'OPG di Montelupo Fiorentino è stato rilevato un sovraffollamento (celle sino a 9 posti letto) «che impedisce ogni movimento alle persone ospitate». Non è un caso che sia stato disposto il sequestro di alcune parti delle strutture degli OPG di Montelupo Fiorentino e Barcellona Pozzo di Gotto;
          è indubbio che il quadro emerso dall'indagine della Commissione rende non più tollerabile la permanenza degli OPG, così come oggi sono gestiti e strutturati, e non può che indurre a salutare con favore ogni sforzo verso il superamento dell'attuale situazione che evidenzia la crisi profonda in cui versano queste istituzioni, così come peraltro emerge anche dalla lettura del recente libro-inchiesta scritto dalla deputata radicale Maria Antonietta Farina Coscioni e intitolato «Matti in Libertà»;
          l'articolo 3-ter del decreto-legge n.  211 del 2011 contiene alcuni elementi che suscitano una certa preoccupazione;
          ed invero – come sottolineato anche nello studio del dott. Marco Pelissero pubblicato sulla rivista diritto penale e processo n.  8/12 – il progetto di regionalizzazione delle strutture destinate a sostituire gli attuali OPG presenta due profili critici, il primo sul piano dei finanziamenti ed il secondo sul piano dei tempi di attuazione: per quanto concerne la copertura degli oneri derivanti dalla attuazione del progetto, le somme stanziate risultano insufficienti (articolo 3-ter, comma 6, della legge citata); quanto ai termini fissati per il definitivo superamento degli OPG, le date indicate sono così ravvicinate che è impossibile rispettarle: al 31 marzo 2013 alle misure di sicurezza dovrebbe essere data attuazione esclusivamente all'interno delle neocostituende strutture, ma il Governo non ha ancora approvato in via definitiva il decreto, la cui adozione era prevista per il 31 marzo 2012, che dovrebbe fissare i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi, anche con riguardo ai profili della sicurezza, delle nuove strutture sanitarie. Al momento, infatti, è presente solo una intesa sullo schema del decreto (datato 14 giugno 2012), intesa sancita dalla conferenza unificata (Rep. Atti n.  98/CU del 25 luglio 2012) e nella quale è previsto che le strutture residenziali sanitarie per l'esecuzione delle misure di sicurezza dell'OPG e della casa di cura e di custodia dovranno avere una gestione interna esclusivamente sanitaria, attribuita alle aziende sanitarie con la direzione tecnica dei dipartimenti di salute mentale;
          in particolare, lo schema di decreto prevede che le strutture saranno destinate ad ospitare un numero massimo di venti pazienti con camere preferibilmente ad uno e due posti letto, fino ad un massimo di quattro, e che l’èquipe multi professionale dovrà comprendere medici psichiatri, psicologi, infermieri, terapisti della riabilitazione psichiatrica/educatori, OSS, ma le dotazioni indicate dal decreto appaiono insufficienti per garantire – come prevede lo stesso allegato A – gli «obiettivi di salute e di riabilitazione... tramite l'adozione di programmi terapeutico-riabilitativi e di inclusione sociale fondati su prove di efficacia». In particolare, se si considera il rapporto tra personale sanitario e riabilitativo, emerge una netta prevalenza del primo, con il rischio che il trattamento degli internati dimessi dagli OPG sia più sanitario che riabilitativo;
          i limiti finanziari ed i termini capestro fissati dall'articolo 3-ter sopra citato fanno sì che il superamento definitivo degli OPG appaia, più che una riforma attuata, un scommessa che rischia tuttavia di naufragare se non saranno messi a disposizione cospicui finanziamenti (al momento insufficienti) e se non sarà effettivo il rapporto tra controllo penale ed interventi sul territorio dei servizi di salute mentale;
          il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari potrà essere raggiunto solamente laddove i servizi territoriali saranno in grado di attivare queste nuove strutture sanitarie regionalizzate, garantendo al contempo i supporti necessari per interventi di reinserimento sociale attraverso prescrizione terapeutico-riabilitative che privilegino gli spazi di libertà;
          in caso contrario, se cioè i servizi territoriali non riusciranno a garantire efficaci supporti per assicurare il controllo della pericolosità sociale non elevata dei pazienti al di fuori di strutture chiuse, la scommessa fatta dal legislatore sarà persa in partenza ed il controllo penale dell'autore di reato infermo di mente rimarrà «OPG centrico», quantomeno in quelle regioni che non sapranno assicurare il rispetto degli standard richiesti dalla legge, con tutto ciò che ne conseguirà in termini di violazione degli articoli 3 (principio di uguaglianza) e 32 (diritto alla salute) della Costituzione;
          esattamente come per la questione-carcere, l'effettiva attuazione del programma costituzionale di rieducazione dell'autore di reato richiede notevoli investimenti finanziari, in termini di implementazione delle strutture e di rafforzamento del personale;
          il timore è ancora una volta che la riforma rimanga solo sulla carta e non sani la violazione dei diritti umani che negli OPG quotidianamente si consuma in danno di quelli che alcuni hanno già definito «Vite di scarto» della società moderna;
          inoltre, dopo l'entrata in vigore della legge n.  9/12, all'interno delle strutture carcerarie sono stati attivati i cosiddetti «repartini» da utilizzare temporaneamente per le persone dimesse dagli OPG. Il che sta sicuramente avvenendo nelle carceri abruzzesi, dove per questo motivo risultano essere state aperte circa 19 nuove celle, nonché nella struttura penitenziaria Pagliarelli di Palermo, all'interno della quale sono stati rinchiusi 25 ex internati nell'OPG di Barcellona Pozzo di Gotto;
          a giudizio della prima firmataria del presente atto è grave e preoccupante che le persone attualmente internate vengano dimesse per poi tornare detenute nelle carceri, così di fatto delegando al Dap problemi che dovrebbero essere risolti dalle singole regioni. Il rischio è che nell'immediato futuro gli istituti all'interno dei quali si eseguono le misure di sicurezza vengano utilizzati come «mini-OPG»  –;
          quali siano i motivi della mancata emanazione del decreto, la cui adozione era prevista per il 31 marzo 2012, che avrebbe dovuto fissare i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi, anche con riguardo ai profili della sicurezza, delle nuove strutture sanitarie e se al riguardo il Governo non intenda provvedere immediatamente;
          se non intenda prevedere e/o garantire che all'interno delle nuove strutture sanitarie regionalizzate il personale riabilitativo prevalga su quello sanitario, in modo che il trattamento degli internati dimessi dagli OPG possa essere più accentuato sul versante riabilitativo che non su quello sanitario;
          se ritenga che le somme stanziate per il progetto di regionalizzazione delle strutture destinate a sostituire gli attuali OPG di cui all'articolo 3-ter, comma 6, del decreto-legge n.  211 del 2011 siano sufficienti;
          se, ai fini dell'effettiva attuazione del programma costituzionale di rieducazione dell'autore di reato, il Governo non intenda predisporre più adeguati investimenti finanziari, in termini di implementazione delle strutture e di rafforzamento del personale, garantendo nel contempo ai pazienti – mediante i servizi territoriali – i necessari supporti per interventi di reinserimento sociale attraverso le opportune prescrizioni terapeutico-riabilitative;
          quante celle l'amministrazione penitenziaria abbia dovuto costruire per accogliere le persone dimesse dagli ospedali psichiatrici giudiziari;
          quante persone, dopo l'entrata in vigore della legge n.  9 del 2012, sono state dimesse dagli ospedali psichiatrici giudiziari e rinchiuse dentro le carceri;
          quali provvedimenti urgenti intenda adottare, sollecitare e/o promuovere, affinché le strutture penitenziarie non vengano utilizzate come mini-OPG e se a tal proposito non ritenga opportuno emanare una circolare ministeriale. (4-17504)


      DI PIETRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          su Finmeccanica, ad oggi, esistono tre filoni di inchiesta in corso a Napoli, Roma e Busto Arsizio;
          la prima, per accertare o meno l'esistenza di un «sistema» che avrebbe orientato nomine e appalti legati a Finmeccanica, per cui l'attuale amministratore delegato e presidente del gruppo, Giuseppe Orsi, è indagato per corruzione internazionale e finanziamento illecito;
          la seconda, della procura di Roma, che indaga sui rapporti tra le gerarchie ecclesiastiche e i pochi privilegiati ammessi all'interno dello Ior, la banca vaticana, che con la garanzia dell'anonimato possono mettere al sicuro il proprio denaro e per cui è indagato Gotti Tedeschi e in conseguenza delle indagini sono emersi rapporti stretti con l'attuale amministratore delegato e presidente di Finmeccanica, Giuseppe Orsi;
          la terza, condotta dalla procura di Busto Arsizio che sta invece indagando su una commessa di dodici elicotteri della Agusta Westland, del gruppo Finmeccanica, al Governo indiano avvenuta nel 2010. L'ipotesi di accusa è che per concludere la vendita degli elicotteri a Nuova Delhi siano state versate tangenti a esponenti politici indiani e dati finanziamenti ai partiti italiani, in particolare alla Lega Nord;
          da un articolo pubblicato sul Corriere della Sera di mercoledì 5 settembre 2012, si apprende che dalle rivelazioni contenute nei verbali degli interrogatori del banchiere Ettore Gotti Tedeschi sarebbe emerso che l'attuale amministratore delegato di Finmeccanica Giuseppe Orsi, gli avrebbe confidato di aver affidato «false consulenze» alla ex moglie di Vittorio Grilli, attuale Ministro dell'economia e delle finanze e di aver «così risolto alcuni problemi» della signora;
          infine si apprende dall'articolo del Corriere della Sera che Gotti, di fronte alla trascrizione di una conversazione intercettata il 23 maggio 2012, mentre era a cena con Orsi in un ristorante a Roma, avrebbe dichiarato agli inquirenti che gli avrebbe detto di aver risolto e messo a posto alcuni problemi che aveva la ex moglie di Grilli, attraverso l'affidamento, da parte di Finmeccanica, di «consulenze false»;
          in un articolo de Il Fatto Quotidiano di giovedì 6 settembre 2012 viene riportato, invece, come già all'inizio dell'estate erano uscite indiscrezioni su una consulenza da 100 mila euro data da una controllata della Finmeccanica a Lisa Lowenstein, americana, ex moglie del Ministro dell'economia e delle finanze Vittorio Grilli;
          dall'intercettazione ambientale del 23 maggio 2012 emergerebbe che Orsi temesse che il suo numero due, il direttore generale di Finmeccanica, Alessandro Pansa, gli «facesse le scarpe» e sapesse che Pansa gode dell'appoggio pieno di Grilli, all'epoca ancora vice-ministro dell'economia e delle finanze, ma da tempo dominus delle società a controllo statale nella veste di direttore generale del Tesoro;
          in base al complesso degli elementi sopra riportati Grilli avrebbe quindi usato il suo potere per favorire gli interessi dell'ex moglie, propiziando benefici di vario tipo provenienti dalle società su cui esercita il potere  –:
          se il Governo e il Ministro competente, qualora i fatti sopra descritti rispondessero al vero, intendano mettere in atto tutte le azioni in loro potere per verificare a che titolo siano stati firmati questi contratti fittizi, se esista un conflitto di interessi o una contraddizione nel ruolo svolto dal Ministro Grilli legate alle consulenze citate e soprattutto a quanto ammonti l'entità di queste consulenze;
          quali iniziative intendano intraprendere per azzerare il vertice della società Finmeccanica, individuando dei tecnici, veri competenti di industria, mercati e tecnologia, per non disperdere quel patrimonio di professionalità necessario al Paese per la ripresa e la crescita, visto ormai il coinvolgimento in numerose inchieste giudiziarie che compromettono l'immagine e la credibilità del gruppo Finmeccanica nel mondo. (4-17525)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          in attuazione del Regolamento (CE) 847/2004, la legge 28 gennaio 2009 n.  2 prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
          il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con il Venezuela, inviando una nota verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore  –:
          se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
          quali siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
          in caso di positiva conclusione, se vi siano ulteriori elementi migliorativi che il nostro Paese intende ulteriormente richiedere;
          se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-17510)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


      DE CAMILLIS. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          alla vigilia di Ferragosto il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha rilasciato alla multinazionale petrolifera la Petrol celtic l'autorizzazione alla trivellazione del fondo marino del mare Adriatico precisamente nei pressi delle isole Tremiti;
          la decisione del Ministro è andata contro la volontà degli enti locali e delle regioni Molise, Abruzzo e Puglia che si erano espresse negativamente alle perforazioni presso le coste del loro territorio;
          è vero che la competenza al rilascio delle autorizzazioni è strettamente statale, in quanto regioni ed enti locali non hanno alcuna voce per quanto riguarda il mare;
          ma autorizzare le trivellazioni in contesti di grande pregio paesaggistico e naturalistico e di conclamata vocazione turistica rappresenta una clamoroso errore, anche dal punto di vista economico;
          si ricorda che già dall'anno scorso la vicenda era stata affrontata dal precedente Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il quale aveva assicurato un maggior coinvolgimento degli enti locali, attraverso la convocazione di una conferenza di servizi, anche se non prevista dall’iter procedurale, per consentire una maggiore trasparenza e informazione a tutte le parti coinvolte, prima della conclusione delle autorizzazioni;
          in questi casi sarebbe opportuno coinvolgere anche soggetti di diritto internazionale come Euroregione adriatica, al fine di tutelare integralmente il tessuto economico-produttivo di un importante zona dell'Europa anche per evitare comportamenti speculativi da parte delle regioni balcaniche vicine;
          si evidenzia che secondo le stime del Ministero dello sviluppo economico, la ricerca per individuare ed estrarre petrolio in Italia potrebbe portare al massimo circa 130 milioni di tonnellate e anche estraendo tutto il petrolio recuperabile nel sottosuolo e sotto il mare italiano, la quantità ottenuta sarebbe sufficiente, ai consumi attuali, a garantire l'autonomia per soli 20 mesi;
          è evidente che l'estrazione di petrolio non conviene sia per l'esigua quantità ottenibile dai giacimenti italiani ma ancor di più perché compromette irrimediabilmente il patrimonio paesaggistico e naturale delle coste italiane, ponendo una grave ipoteca sullo sviluppo e la tutela di ampie aree del mare e del territorio italiano;
          le nuove trivellazioni in tutti i mari italiani sono incompatibili con lo sviluppo di attività sostenibili come il turismo di qualità e la pesca;
          sarebbe opportuno che il Governo ripensasse la politica in materia perforazioni petrolifere in quanto si garantiscono solo gli interessi delle multinazionali e non si determina nessun beneficio reale per la collettività italiana  –:
          quale sia l'opportunità per lo sviluppo del nostro Paese e del territorio interessato di aver concesso alla Petrol celtic il permesso di perforare il fondo marino del mare adriatico contro la volontà degli enti locali e delle regioni Molise, Abruzzo e Puglia;
          quali iniziative intenda assumere il Governo per tutelare le coste italiane, in particolare quelle del mare Adriatico dalle perforazioni petrolifere;
          se non si ritenga opportuno un maggior coinvolgimento degli enti locali, delle regioni e dei soggetti istituzionali europei, nel rilasciare l'autorizzazione alle prospezioni e trivellazioni petrolifere presso le coste italiane. (3-02456)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BURTONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          con l'arrivo dei primi temporali estivi e di una piccola perturbazione, il litorale di Metaponto Lido è stato nuovamente interessato dal fenomeno erosivo, che vede la spiaggia arretrare di diversi metri ingoiando con se anche diverse file di ombrelloni degli stabilimenti balneari;
          dal 2008 ad oggi si sono persi oltre 30 metri di spiaggia e il fenomeno non sembra arrestarsi;
          vi è forte preoccupazione da parte dell'amministrazione comunale e degli operatori turistici, anche in vista della imminente stagione invernale che potrebbe aggravare le condizioni del litorale;
          diventano indispensabili i frangiflutti;
          si tratta di interventi molto delicati e urgenti per salvaguardare uno dei lidi più belli del Paese  –:
          se e in quali tempi il Governo intenda promuovere, per quanto di competenza, un tavolo istituzionale con comune di Bernalda, regione Basilicata e operatori economici per un piano di recupero e conservazione del litorale di Metaponto.
(5-07760)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


      SCHIRRU e CODURELLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il Concorso indetto il 25 Febbraio 2012 dal Comando generale dell'Arma dei carabinieri per il reclutamento di 1886 allievi carabinieri effettivi, riservato, ai sensi dell'articolo 2199 del decreto legge 15 marzo 2010, n.  66, ai volontari delle Forze armate in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale, in servizio o in congedo e, ai sensi del decreto legislativo novembre 2011, ai concorrenti in possesso dell'attestato di bilinguismo era finalizzato al reclutamento di 1886 allievi carabinieri effettivi; riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno VFP1 quadriennale VFP4 oppure in rafferma annuale, in servizio o in congedo;
          il concorso bandito nel mese di febbraio 2012 è ancora in svolgimento in quanto le visite di idoneità si protrarranno fino al mese di settembre 2012, dopo di che si procederà a stilare la graduatoria finale per il previsto arruolamento allievi carabinieri entro la fine del 2012;
          con l'approvazione della spending review lo scorso 7 agosto 2012, nello specifico con il blocco del turn over al 20 per cento, si parla di tagli perlomeno dell'80 per cento e/o dell'annullamento dei concorsi per i prossimi anni e pare che il numero degli allievi assunti a seguito del citato concorso possa ridursi da 1886 a sole 241 unità;
          su 20.500 domande presentate inizialmente si è arrivati ad una platea di 3000 aspiranti candidati che nell'anno in corso hanno dovuto sostenere prove di ogni genere, attitudinali e psicofisiche, affrontate con grande impegno e significativo investimento economico, soprattutto da parte delle famiglie dei giovani, molte delle quali hanno fatto enormi sacrifici per aiutare i propri figli a realizzare il sogno di una vita;
          il concorso pubblico (denominato 2 IST) per l'ammissione al 2° corso triennale (2012-2015) di 490 allievi marescialli del ruolo ispettori dell'Arma dei carabinieri (Gazzetta ufficiale n.  74 del 16 settembre 2011) è stato bandito nel settembre 2011 dal Ministero della difesa e le prove concorsuali sono terminate nel mese di giugno del 2012. Da quel momento i giovani aspiranti sono in attesa della graduatoria finale e delle convocazioni che dovrebbero permettere di reclutare i 490 vincitori alla scuola allievi marescialli di Velletri entro il mese di settembre;
          il giorno 7 agosto 2012 il COCER carabinieri ha emesso un comunicato, con cui si annuncia che con l'applicazione della spending review e quindi con il blocco del turn over i concorsi su indicati subiranno i seri ridimensionamenti:
              a) concorso Marescialli triennale, da 490 a 150 posti;
              b) concorso per accademia militare, da 50 a 40 posti;
              c) concorso per allievi carabinieri, da 1886 a 241 posti;
          in particolare, per i concorsi banditi nel 2011, quali allievi marescialli e allievi ufficiali, non si evince in modo esplicito dall'interpretazione della legge se questa sarà applicabile anche ai posti a concorso indicati da tali bandi, in quanto la rivalutazione della spesa risulta essere applicata nel triennio che va dal 2012 al 2014;
          si potrebbe ritenere che i concorsi programmati e banditi per nell'anno 2011 che vanno a coprire vacanze organiche del 2010 non rientrino nella riduzione del turn-over previsto dalla spending review, per cui risulterebbero illegittime le riduzioni a cui dovrebbero andare incontro i vincitori dei concorsi banditi nel 2011, cosa diversa per il concorso per allievi carabinieri bandito già nell'anno solare 2012 che copre posti vacanti del 2011 (come previsto dallo stesso decreto governativo);
          numerose sono le e-mail e le telefonate che gli interroganti ricevono sul tema: giovani uniti dal desiderio di vestire una divisa, concretizzare le proprie aspirazioni, pronti a rischiare la vita pur di difendere il proprio paese, giovani che, avendo svolto servizio presso una Forza Armata, si prefissavano l'obiettivo di realizzarsi e poter servire lo Stato e che ora si ritrovano delusi e amareggiati con la paura di non venire assunti, pur vincitori di concorso;
          il timore che permea questi giovani è inoltre che il Governo possa risparmiare sulle forze di Polizia e sulle forze armate, non garantendo la sicurezza per la qualità della vita dei cittadini  –:
          se le notizie riportate in premessa abbiano fondamento; come e quali iniziative il Ministro intenda avviare per evitare che l'ipotizzato provvedimento si realizzi, andando di fatto in direzione prevista opposta allo spirito della manovra di risparmio considerato che ridurre ai minimi termini, tagliando sul numero dei vincitori, un concorso che ormai si avvia alla conclusione sia antieconomico a investimenti già chiusi per lo Stato, con il personale dichiarato idoneo, mentre sarebbe molto più coerente utilizzare tutta la graduatoria degli idonei dell'attuale concorso in atto, pur rallentando eventualmente la frequenza di uscita di futuri concorsi.
(4-17514)


      BARBATO. — Al Ministro della difesa, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          a Bagnoli, decima municipalità del comune di Napoli ha sede una delle più grandi basi Nato in Italia;
          circa 70 lavoratori degli appalti di pulimento, facchinaggio e manutenzione del verde, da decine di anni impegnati presso la struttura della base, sono attualmente in stato di agitazione, promuovendo manifestazioni e scioperi, a difesa del proprio lavoro e dei diritti occupazionali;
          ad oggi vedono messo pesantemente a rischio il proprio posto di lavoro;
          a poco meno di un mese dal progressivo trasferimento delle attività della NATO presso la nuova base di Lago Patria, e quindi dell'aggiudicazione dei nuovi appalti per i suddetti servizi, non essendovi garanzie concrete sull'applicazione delle norme contrattuali riferite al cosiddetto «passaggio di cantiere», tese al mantenimento degli attuali livelli occupazionali, di fatto si corre il rischio che questi lavoratori perdano il lavoro;
          da notizie acquisite dalla sigla sindacale UILTuCS Campania che segue la vicenda, la nuova struttura NATO di Lago Patria, molto più estesa delle attuali strutture, avrebbe la possibilità di assorbire ben oltre le attuali maestranze nel nuovo appalto;
          la UILTuCS – UIL, rappresentativa di questi lavoratori, da circa un anno e mezzo ha posto la problematica sia alla committenza NATO (AJFC Naples), affinché inserisse nei bandi di gara le più opportune ed efficaci garanzie occupazionali, sia alle diverse istituzioni italiane (regione Campania, provincia e comune di Napoli, prefettura, e altro), scontrandosi con un «muro di gomma» della NATO e l'indifferenza delle Istituzioni sul futuro di queste persone e le loro famiglie;
          risulterebbe all'interrogante che, a fronte del trasferimento della base e dell'indizione dei bandi di gara per l'aggiudicazione dei nuovi appalti (1o ottobre 2012), la NATO non abbia ancora inserito alcuna clausola che possa tutelare il lavoro ed il reddito degli attuali addetti dipendenti delle diverse aziende che attualmente gestiscono tali appalti;
          non sarebbe garantito il cosiddetto «passaggio di cantiere», procedura specificamente prevista dall'articolo 4 del vigente CCNL di Categoria (Multiservizi Integrati – Industria);
          dai riscontri sindacali ci sarebbe il fondato rischio che sarebbe messo in discussione lo stesso concetto di «passaggio di cantiere»;
          l'azienda che attualmente gestisce gli appalti della gran parte del pulimento e della manutenzione del verde (EUROSAFETY spa) – direttamente o attraverso altra società sembrerebbe partecipante anche ai nuovi bandi di gara in previsione delle nuove aggiudicazioni e della prossima cessazione degli attuali appalti (28 febbraio 2013), ma, anziché attrezzarsi per avviare la classica procedura prevista dal citato articolo 4 del CCNL a tutela dei livelli occupazionali, ha aperto con nota del 2 agosto 2012, una procedura ex legge n.  223 del 1991, per il licenziamento collettivo di tutti gli attuali dipendenti impegnati nei cantieri NATO;
          la committenza AJFC Naples (NATO), secondo la UILTUCS CAMPANIA non starebbe nemmeno garantendo l'applicazione del decreto del Presidente della Repubblica n.  2083 del 18 settembre 1962, – articolo 9, con particolare riferimento all'articolo 9 lettera «A» (divieto di subappalto) – l'attuale appalto relativo ai lavoratori impegnati nella gran parte del pulimento e nella manutenzione del verde risulta assegnato all'azienda GSA soc. cons. p.a. che lo ha «girato» alla sua consorziata EUROSAFETY spa;
          l'azienda EUROSAFETY spa ha recentemente provveduto in modo unilaterale e forse in violazione del CCNL alla riduzione oraria e retributiva dei lavoratori addetti alla manutenzione del verde determinando una significativa perdita di reddito;
          tale situazione segnalata alla committenza, non ha trovato ancora nessun riscontro e costringerà ad attivare le più opportune azioni legali;
          il timore dei lavoratori è che essi possano essere assorbiti nelle liste di mobilità con i relativi sgravi contributivi e di legge e, successivamente con chiari «fini sociali» procedere a possibili assunzioni ex novo degli stessi lavoratori con perdita di diritti acquisiti e di reddito;
          l'articolo 9 (sopra menzionato) dispone che: «sarà sancito l'obbligo degli appaltatori di osservare nei confronti del personale, a pena di decadenza del contratto, le disposizioni di legge sulla tutela del lavoro ed i contratti collettivi vigenti»;
          la Nato deve secondo l'interrogante esplicitare che trattasi di «passaggio di cantiere» attivando le norme di cui all'articolo 4 del CCNL di categoria – applicato servizi di pulizia industria multi servizi – tesi alla salvaguardia degli attuali livelli occupazionali in quanto la portata dei nuovi appalti presso la nuova base è largamente superiore a quella degli attuali;
          il comando Nato dovrebbe farsi parte diligente per assicurare la costituzione di un tavolo con le azienda interessate al passaggio di cantiere per facilitare la procedura;
          la committenza NATO è tenuta all'applicazione della legge e dei contratti collettivi nazionali italiani in materia di lavoro e suoi diritti  –:
          quali sia la procedura e chi debba assumersi la responsabilità di garantire il rispetto della normativa vigente;
          sempre in base all'articolo 9,    se la committenza abbia mai dato comunicazione di tali appalti all'ispettorato del lavoro competente;
          se trattandosi di appalti di servizi di pulizia, manutenzione del verde e facchinaggio, regolamentati dalle leggi italiane e dalle norme contrattuali vigenti, in occasione del trasferimento della base Nato da Bagnoli a Lago Patria, trattandosi di un passaggio di cantiere, la Nato debba applicare la legge italiana ossia l'articolo 9 legge decreto del Presidente della Repubblica n.  2083 del 18 settembre 1962.
(4-17519)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


      EVANGELISTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          nel carcere di Sollicciano, come più volte denunciato anche con altri atti di sindacato ispettivo di diversi parlamentari ma anche perché, nel corso di periodiche visite, gli stessi hanno avuto modo di toccare con mano le condizioni della struttura fiorentina, il primo e più grave problema è legato al sovraffollamento: i detenuti ospitati, ad oggi, a fronte di una capienza regolamentare di 480, risultano essere 980, dove mille è ritenuta una soglia psicologica pericolosissima;
          il quadro della situazione certamente presenta anche altre numerose criticità;
           una di queste riguarda la possibilità dei detenuti, una volta a settimana, di acquistare una serie di prodotti alimentari e non, oltre quel che viene servito loro dall'amministrazione penitenziaria;
          i prodotti, però, risultano essere troppo cari, ancorché senza particolari possibilità di scelta; nel numero di agosto della newsletter della Ottava sezione del carcere di Sollicciano, L'Ottava onda, è stato realizzato un utile raffronto tra i costi di prodotti di largo consumo proposti in carcere e quelli di un comune supermercato dal quale è facilmente desumibile una oggettiva e inaccettabile varianza in senso economicamente «punitivo» per i detenuti; qualche esempio di comparazione: un dopobarba Denim in carcere costa 4,03 euro, al supermercato 2,99; quello della Nivea 7,16 euro addirittura mentre al supermercato 4,23; spazzolino da denti 2,58 invece che 1,80 euro; piatti di plastica 4,20 e altrove 2,40 euro;
          lo scorso anno la questione era stata sollevata dall'associazione Ristretti Orizzonti attirando l'attenzione del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap) il quale si attivò emanando una circolare mirata allo specifico problema;
          dopo un anno tutto risulta ancora fermo tanto che lo stesso capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha poi ammesso nel corso dell'ultima relazione annuale la mancata risoluzione del problema  –:
          se sia a conoscenza della problematica evidenziata in premessa e quali iniziative intenda intraprendere per far sì che le disposizioni del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria vengano rigorosamente applicate all'interno delle carceri per evitare la sgradevole sensazione di un ulteriore danno che si aggiunge all'essere costretti a vivere in condizioni inaccettabili. (4-17517)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa lo scorso 6 settembre un detenuto di 71 anni, Luigi D.S., si è suicidato impiccandosi con un lenzuolo all'interno della sua cella singola, nel braccio G 8 del carcere di Rebibbia Nuovo Complesso;
          l'uomo, originario di Paliano (in provincia di Frosinone), si trovava in carcere per scontare una condanna definitiva a 14 anni di reclusione per un omicidio compiuto nel 2005. Affetto da problemi respiratori, il detenuto aveva un fine pena fissato per il 2015;
          sulla vicenda il garante dei diritti dei detenuti della regione Lazio ha dichiarato: «È l'ennesimo dramma della solitudine in carcere che siamo costretti a commentare in questo difficile anno; tredici decessi in questo 2012, fra cui quattro suicidi, sono la spia di un estremo disagio fisico e psicologico che si vive all'interno degli istituti di pena della nostra Regione dove, ormai, il numero dei detenuti presenti continua a crescere senza sosta. In queste condizioni è estremamente difficile per gli agenti di polizia penitenziaria, per i volontari e per gli altri operatori presenti in carcere riconoscere i segni e prevenire il disagio interiore che vivono gli anziani e le altre categorie più fragili di detenuti. Un disagio che, a volte, può far sembrare la morte la via di uscita più facile»;
          mentre la prima firmataria del presente atto stava scrivendo la premessa è giunta la notizia che, sempre a Rebibbia, un altro detenuto in età avanzata si era tolto la vita; così veniva riportata sul sito www.clandestinoweb.it: «Un altro caso di suicidio sempre nel penitenziario di Rebibbia è stato invece segnalato dal Garante dei detenuti di Roma Capitale, Filippo Pegorari che racconta: “Un detenuto di 75 anni che si trovava al nuovo complesso di Rebibbia e che aveva ottenuto i domiciliari, poco prima di usufruire del beneficio si è suicidato. La notizia ha sconvolto tutti – prosegue – non soltanto i compagni di reparto ma anche la direzione carceraria che visto l'età del detenuto e la salute dello stesso erano contenti che l'uomo potesse tornare a casa. Non conosciamo ancora i motivi del gesto dell'uomo ma la sua morte addolora tutti”»;
          in totale, sono 38 i detenuti che si sono tolti la vita nelle carceri italiane in questi primi otto mesi dell'anno  –:
          quali iniziative siano state adottate dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per assicurare l'incolumità dei due detenuti, se fosse garantita la sorveglianza all'interno dell'istituto di pena in questione e se, con riferimento ai due suicidi, non siano ravvisabili profili di responsabilità in capo al personale penitenziario;
          con chi dividessero la cella e di quanti metri quadrati disponessero i detenuti morti suicidi;
          se i due detenuti fossero alloggiati all'interno di celle rispondenti a requisiti di sanità e igiene;
          se nel corso della detenzione i due detenuti fossero stati identificati come potenziali suicidi e, nel caso, se fossero tenuti sotto un programma di osservazione speciale;
          quante siano le unità dell’équipe psico-pedagogica e se e come possano coprire o coprano le esigenze dei detenuti del carcere di Rebibbia Nuovo Complesso;
          quali siano le condizioni umane e sociali degli istituti di pena laziali, in particolare se non ritenga di assumere sollecite, mirate ed efficaci iniziative, anche a seguito di immediate verifiche ispettive in loco, volte a ripristinare il rispetto della legge costituzionale e ordinaria, nonché dell'ordinamento e dei regolamenti penitenziari, all'interno delle strutture penitenziarie laziali, contrastando il pesante sovraffollamento e ampliando la dotazione del personale di polizia penitenziaria e di quello addetto ai servizi di assistenza e sostegno psicologico. (4-17520)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BURTONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          la strada statale 407 Basentana è una delle infrastrutture se non l'infrastruttura più importante della Basilicata che collega la A3 alla jonica;
          detta superstrada è però oggi in condizioni davvero pessime;
          per il viadotto di Calciano, crollato a seguito della alluvione del marzo 2010 ancora una volta si continua a sollecitare il cronoprogramma della ricostruzione, anche in relazione al fatto che non è possibile rischiare il collasso completo della infrastruttura e quindi anche del viadotto rimasto in piedi su cui si circola a doppio senso di marcia;
          oltre un anno e mezzo sembrano davvero troppi per ricostruire un viadotto di poche centinaia di metri;
          si evidenziano le pessime condizioni del manto stradale lungo l'arteria a partire dallo svincolo di Tricarico fino all'altezza di Bernalda;
          in particolare, la corsia di marcia in entrambe le direzioni si presenta per gli automobilisti in condizioni disastrate;
          il tratto da Salandra a Ferrandina, tranne che per pochi tratti, è davvero ai limiti della praticabilità;
          poiché si sta andando verso l'autunno e l'inverno, le condizioni potrebbero peggiorare con le precipitazioni che arriveranno rendendo il percorso ancora più sconnesso;
          urgono pertanto interventi di ripristino del manto stradale, che migliorino le condizioni di sicurezza per chi percorre la strada statale 407  –:
          se e quali iniziative il Ministro intenda assumere in maniera urgente nei confronti dell'Anas per rinnovare la bitumazione del manto stradale dallo svincolo di Tricarico a Bernalda ed, in particolare, per il tratto da Salandra a Ferrandina in entrambe le direzioni di marcia, perché è davvero ai limiti della praticabilità. (5-07761)

Interrogazione a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          in un articolo apparso su un importante quotidiano nazionale il segretario della Uil di Milano e Lombardia ha espresso – riguardo l'aeroporto di Malpensa – la richiesta a Governo ed Enac di assumere una posizione urgente e precisa;
          in particolare – sostiene Walter Galbusera «... si estende la consapevolezza delle gravi difficoltà economiche dell'aeroporto di Malpensa che, assenza di interventi adeguati e tempestivi rischiano di trasformarsi in crisi irreversibile. Ci si rende conto che sta fallendo miseramente il progetto strategico (l'unico realistico se si vuole mantenere l'unicità del sistema Malpensa-Linate) che affida al sito varesino la funzione di garantire i collegamenti di lunga distanza in attesa di un vettore che garantisca una piena attività di Hub e a Linate il ruolo di City Airport con un volume di traffico ridotto rispetto a quello attuale. Per la verità sulla stessa linea dovrebbe attestarsi anche il piano aeroportuale nazionale elaborato dal Ministero delle infrastrutture e dall'Enac. Ma la realtà oggi si muove in senso opposto: altro che raddoppiare il traffico di Malpensa portandolo a 40 milioni di passeggeri. Linate ha acquisito una funzione di Hub ma a vantaggio dei grandi aeroporti europei come Londra, Parigi e Francoforte. I passeggeri in transito nel 2011 a Linate per destinazioni intercontinentali sono stati 630.000 contro i 450.000 di Malpensa. Esattamente il contrario di quello che dovrebbe essere. Ciò è stato reso possibile dall'aggiramento del Decreto Bersani bis anche con la complicità di Alitalia. Poiché non tutti i voli sono uguali ne deriva un drastico impoverimento di Malpensa a danno in primo luogo delle operazioni di assistenza agli aeromobili, delle attività commerciali, del catering e delle attività alberghiere. Di questo passo l'aeroporto di Malpensa rischia di diventare l'appendice malata di Linate e si trasformerà da opportunità di sviluppo a fattore di crisi ....». Infine, conclude Galbusera «È tempo che il Governo affronti con chiarezza e determinazione questa vicenda e che dia attuazione agli interventi, già per altro previsti dalle norme, per sconfiggere ogni forma di localismo e dare concretezza alle annunciate politiche di sviluppo attuando il Piano annunciato dallo stesso Ministero e dall'Enac»;
          le preoccupazioni espresse dal leader sindacale milanese nascono da elementi oggettivi e in gran parte condivisibili  –:
          se il Governo condivida le preoccupazioni espresse e quali risposte intenda fornire;
          se corrisponda al vero che si sia verificato – come pare – un «aggiramento del Decreto Bersani bis anche con la complicità di Alitalia» e quali provvedimenti Enac ed il Governo abbiano assunto od intendano assumere. (4-17505)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


      FOGLIARDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il 30 giugno 2012, da articoli apparsi su L'Arena e su il Corriere di Verona si è appresa la notizia della nomina di Stefano Passerini a presidente della Società «Funivia Malcesine Monte Baldo» un impianto situato nella zona nord del Lago di Garda, in provincia di Verona. La stessa notizia è poi stata ripresa in numerosi altri articoli dei giorni seguenti;
          in un successivo articolo pubblicato domenica 8 luglio sul Corriere di Verona si spiega che il signor Stefano Passerini è un sovrintendente della polizia di Stato in servizio alla squadra nautica di Peschiera del Garda;
          secondo quanto si legge nell'articolo, la carica di presidente della società Funivia di Malcesine presenta profili di incompatibilità con l'appartenenza alla polizia di Stato. Ed in effetti, anche senza un preventivo approfondimento del quadro normativo, ad una prima sommaria valutazione appare quantomeno inopportuno che un poliziotto rivesta un incarico di presidenza di una società con fini di lucro di rilevante importanza economica, e che per giunta opera nel medesimo contesto territoriale di competenza dell'ufficio di appartenenza del poliziotto medesimo. Tale perplessità viene poi a consolidarsi nel momento in cui si passino in rassegna le fonti normative;
          l'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n.  335 (ordinamento del personale della polizia di Stato che espleta funzioni di Polizia), prevede che i poliziotti non possano «esercitare il commercio, l'industria né alcuna professione o mestiere o assumere impieghi pubblici o privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro salvo i casi previsti da disposizioni speciali». Occorre poi prendere in considerazione quanto dispone l'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165, che si applica anche agli appartenenti alla polizia di Stato. Si prevede infatti, al comma 7, che: «I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti, o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza ... In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, dal percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti»;
          se l'autorizzazione sia stata o meno richiesta, nelle forme che il successivo comma 10 esplicita, non è dato saperlo. Quel che è certo è che, qualora tale autorizzazione sia stata richiesta, si faticherebbe a comprendere quali siano state le ragioni che hanno consentito di superare l'apparentemente inderogabile preclusione posta dal combinato disposto delle menzionate norme;
          nel caso in cui l'autorizzazione non fosse mai stata richiesta, allora, oltre ai profili di natura disciplinare, diverrebbe operante anche la previsione dell'obbligo di versare il compenso ricevuto nel bilancio del Ministero dell'interno;
          e questo varrebbe non solo per l'incarico di presidente della funivia di Malcesine, che è stato appena assunto, ma anche per l'omologo incarico di presidente di una diversa società, e cioè la Funivia Preda Costabella, che da quel che risulta dai vari articoli pubblicati sarebbe stato ricoperto dal Sovrintendente Passerini nei mesi scorsi;
          si segnala che il sovrintendente Passerini è, tra l'altro, assessore in carica del comune di Costermano (Varese), che pure insiste nel bacino del Lago di Garda, territorio nel quale il predetto opera quale appartenente alla squadra nautica della Polizia di Stato;
          si deve ancora evidenziare che l'articolo 51 dell'ordinamento della polizia di Stato, il già citato decreto del Presidente della Repubblica n.  335 del 1982, prevede che dipendente interessato deve essere diffidato a cessare entro quindici giorni l'attività incompatibile, pena la decadenza dall'impiego  –:
          se il sovrintendente della polizia di Stato Stefano Passerini abbia chiesto l'autorizzazione ad assumere l'incarico di presidenza della funivia Prada Costabella prima, e della funivia di Malcesine poi;
          nel caso in cui sia stata chiesta e concessa tale autorizzazione quali siano le valutazioni che hanno indotto a non rispettare il divieto normativo dal quale emerge come pacifica la incompatibilità;
          nel caso in cui l'autorizzazione non sia stata chiesta, cosa intenda fare il Ministro dell'interno sia dal punto di vista disciplinare, sia quanto al recupero delle somme percepite dal Sovrintendente Passerini per gli incarichi di presidenza delta Funivia Preda Costabella a della Funivia di Malcesine;
          sempre nel caso di omessa richiesta di autorizzazione, se sia stata attivata la procedura della diffida ai sensi dell'articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica n.  335 del 1982, e se siano state assunte le iniziative disciplinari nei confronti del poliziotto in questione;
          se, in ogni caso, anche a prescindere dall'esercizio di attività incompatibile ed alle conseguenze che da ciò discendono, considerato che il sovrintendente Passerini, come gli articoli di stampa spiegano, è persona stabilmente inserita nei meccanismi di gestione della cosa pubblica del territorio gardesano, e che il suo ruolo di assessore del comune di Costermano lo porta ad avere un altrettanto stabile coinvolgimento politico, non si ravvisino anche gli estremi dell'incompatibilità ambientale ex articolo 55 del decreto del Presidente della Repubblica n.  335 del 1982 e non sia quindi opportuno disporre anche un trasferimento del medesimo ad altro ufficio della polizia di Stato di un diverso contesto territoriale, allo scopo di tutelare il prestigio ed il corretto funzionamento degli uffici della polizia di Stato e di garantire la regolarità e la continuità dell'azione amministrativa, essendo del tutto evidente il pericolo, se non addirittura la probabilità, di conflitti di interesse in cui potrebbe essere coinvolto il sovrintendente Passerini. (4-17503)


      BERTOLINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          in Italia sono sempre più numerosi gli episodi di violenza e di segregazione a danno di donne straniere da parte dei loro familiari di sesso maschile;
          nel mese di agosto è registrato un aumento di casi di violenza, denunciati dalla stampa locale e nazionale, che coinvolgono tutto il Paese dal nord al sud;
          a Milano un giovane cingalese di 20 anni ha aggredito la madre di 40 anni perché vestita all'occidentale: caso questo inverso rispetto ai tanti casi di violenza, ove a imporre gli usi del paese d'origine non è il genitore straniero, bensì un giovane nato e vissuto in Italia, chiaro segno di una integrazione mancata;
          a Marghera (Venezia) una bambina macedone di 13 anni è riuscita a scappare dalla casa-prigione del suo giovane marito di 17 anni, raccontando la sua triste storia alla Polizia che l'aveva trovata in strada, coperta di lividi in ogni parte del corpo;
          la ragazza era stata venduta, a seguito di un matrimonio combinato, per 3000 euro dalla famiglia di origine per sposare un ragazzo macedone di 17 anni, che viveva a Marghera con la sua famiglia;
          appena giunta a destinazione alla ragazza era stato vietato di uscire di casa, di guardare la televisione o di parlare al telefono, i suoi compiti erano pulire e cucinare, ma appena aveva provato a ribellarsi, erano arrivate le torture da parte del marito e della suocera, che sono stati arrestati, dopo aver tentato di rifugiarsi presso un campo rom nel napoletano;
          a Porto Empedocle una giovane di origine tunisina, incinta di tre mesi, è stata presa a schiaffi dal marito egiziano di 20 anni, perché gli aveva chiesto il permesso di togliersi il velo per il troppo caldo mentre camminavano per strada;
          a scongiurare il peggio sono stati i passanti, che hanno chiamato subito la polizia, la quale ha arrestato il marito per lesioni personali, mentre la ragazza è stata ricoverata all'ospedale San Giovanni per il pericolo che abortisse;
          ad Arco, in provincia di Trento, un operaio indiano di 40 anni ha picchiato selvaggiamente la moglie di 35 anni, davanti agli occhi inconsapevoli delle due figliolette di 3 e 5 anni, perché colpevole di essere incinta di quattro mesi di un'altra bambina, anziché di un figlio maschio;
          la donna è riuscita ad avvisare il 112, quando il marito si è addormentato ubriaco ed è stato denunciato per maltrattamenti in famiglia, le bambine affidate ai servizi sociali, mentre la donna è stata ricoverata in ospedale con una prognosi di 25 giorni;
          a Milano, per la domenica dell'Id Al Fitr, cioè la celebrazione di fine ramadan, il comune ha messo a disposizione dei musulmani il velodromo Vigorelli e alla celebrazione ha partecipato anche l'assessore al lavoro Cristina Tajani, definendo la manifestazione una «bella festa», senza però notare che mentre centinaia di uomini sono entrati dall'ingresso principale, poche decine di donne sono entrate dall'ingresso secondario;
          le donne, segregate in un'area apposita, hanno seguito la celebrazione isolate e lontano dall'imam, chiaro segnale di come siano considerate persone che non godono degli stessi diritti degli uomini, che vanno tenute in disparte e umiliate. Peccato che l'ex sindacalista Tajani non abbia assolutamente rilevato tale aspetto della manifestazione;
          episodi come questi sono offensivi per la dignità di tutte le donne, il frutto di un oscurantismo religioso e di un radicalismo islamico estremo, che vanno severamente condannati  –:
          se i Ministri siano a conoscenza di tali episodi e quali altri elementi abbiano in merito;
          quali siano gli orientamenti del Governo in merito ai fatti sopraindicati tenuti nel nostro Paese nell'ultimo mese;
          quali provvedimenti urgenti intendano adottare per scongiurare l'aumento di casi di violenza di tale genere;
          se siano in grado di fornire dati relativi a vicende che vedono coinvolte donne straniere, vittime di violenze e soprusi all'interno dei propri nuclei famigliari avvenuti nel nostro Paese negli ultimi cinque anni;
          se non ritenga necessario avviare, con la collaborazione degli enti locali, una indagine approfondita per verificare quante situazioni analoghe, non denunciate, ci siano nel nostro Paese e la reale situazione delle donne straniere che vivono in Italia. (4-17516)


      BITONCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          organi di stampa locale (Gazzettino di Padova del 5 settembre 2012) riportano la notizia secondo la quale il comune di Padova avrebbe stanziato 680 mila euro per elargire il bonus produzione per i dirigenti operanti all'interno dell'amministrazione comunale;
          i medesimi organi di stampa locale riportano altresì la notizia secondo la quale sarebbe comunque in atto una trattativa sindacale per riconoscere agli altri dipendenti dell'ente un riconoscimento di poche centinaia di euro, venuto meno nel corso del 2011;
          recenti provvedimenti governativi, dal decreto legislativo n.  78 del 2010 al decreto noto come «spending review» contengono numerose disposizioni finalizzate ad una rimodulazione del livello di spesa all'interno della pubblica amministrazione, sia centrale che periferica, allo scopo di calmierare il livello della spesa pubblica nazionale giunta ormai a livelli assolutamente insostenibili;
          se non ritenga opportuno, all'interno delle proprie competenze e in ragione della grave situazione economica, sollecitare specifici controlli sulle spese effettuate dalle amministrazioni centrali e periferiche e relative ai premi di produttività per i propri dipendenti anche coinvolgendo, in una forma di responsabilizzazione condivise, le autonomie territoriali in una riflessione comune sulla riduzione della spesa pubblica. (4-17527)


      RIVOLTA e MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il decreto legislativo 16 luglio 2012, n.  109, recante «Attuazione della direttiva 2009/52/CE che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti dei datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare», permette la regolarizzazione di lavoratori extracomunitari senza permesso di soggiorno;
          l'interrogante ha rintracciato in internet il sito www.sanatoria2012.com che già dalla home page dichiara di poter trovare «la soluzione ad ogni problema», affermando tra l'altro : «ti mancano i requisiti per la sanatoria ? Se la risposta a questa domanda è sì, allora possiamo aiutarti»;
          il sito in questione sta pubblicando numerosi inserti pubblicitari sul social network «Facebook»;
          nel sito si afferma che si tratta di servizi a pagamento, come del resto specificato nella pagina «condizioni di servizio». Infatti, non vi è un numero telefonico di riferimento, né un indirizzo. Esiste solo un indirizzo di posta elettronica cui segnalare l'interesse di accedere a «servizi». Si afferma inoltre «Non chiedeteci un incontro di persona perché non ne concediamo. La nostra e la vostra sicurezza prima di tutto»;
          per poter parlare telefonicamente con questi «prestatori di servizi» l'interessato deve sborsare 100 euro, ovviamente tramite WesternUnion o Money Gram;
          esistono ovviamente «onorari» anche per «il rilascio di documenti (prova di presenza sul territorio)» ed addirittura per la «ricerca del datore di lavoro». Una pratica completa pare poter arrivare ad un costo complessivo di 8.500 euro, di cui almeno il 60 per cento versato anticipatamente;
          quanto riportato nelle righe precedenti è addirittura pubblicato sul sito all'indirizzo http://www.sanatoria2012.com/index.php? option=com–content&view=article&id=3&I temid=104&lang=it;
          sempre nel sito questi «consulenti» dichiarano «Sei irregolare e non hai la prova di presenza sul territorio italiano prima del 31 dicembre 2012 ? Possiamo fornirti tramite il nostro servizio la prova originale che necessiti, completamente verificabile» oppure «Sono irregolare ma il mio datore di lavoro non ha i requisiti per farmi la sanatoria, oppure non ho il datore di lavoro. Come posso fare ? Siamo in grado di offrirti un datore di lavoro con i requisiti, disposto ad assumerti. Non pagherai nulla al datore di lavoro (questo è illegale). Pagherai solo il nostro onorario comprensivo di ogni spesa ed onere e ci incaricheremo di redattare la pratica per il datore di lavoro ed inoltrarla. Il giorno della convocazione il datore di lavoro designato si presenterà insieme a te per la firma del contratto di lavoro. Ogni prosieguo successivo del rapporto lavorativo sarà di libera gestione tra te ed il datore di lavoro una volta che è stato rilasciato il permesso di soggiorno»;
          quanto pubblicato nel sito in oggetto appare agli interroganti in pieno contrasto con la normativa in essere e sembra prefigurare a tutti gli effetti la volontà di commettere atti delittuosi, quali ad esempio la ricerca di falsi datori di lavoro compiacenti ovvero la fabbricazione di documentazione falsa atta a dimostrare la presenza dell'extracomunitario irregolare sul territorio italiano  –:
          se siano state avviate indagini rispetto ai fatti descritti in premessa;
          se siano state assunte iniziative ove se ne rilevino i presupposti, perché si giunga all'immediato oscuramento del sito descritto in premessa. (4-17528)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      CAVALLARO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95, contenente disposizioni per la revisione della spesa pubblica all'articolo 14, comma 13, stabilisce che: «il personale docente permanentemente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del direttore generale dei competenti uffici scolastico regionale competente transita nei ruoli del personale amministrativo, tecnico e ausiliario con la qualifica di assistente amministrativo o tecnico», comunemente noto come personale ATA;
          il Governo ha indicato in circa 28 milioni di euro la cifra che per quest'anno deriverebbe dallo spostamento dei docenti inidonei nei profili di assistente tecnico o amministrativo, con un indiscutibile risparmio di spesa;
          tale norma fin da subito ha incontrato la netta opposizione sia dei diretti interessati, chiamati ad intraprendere una mansione, quale quella di assistente amministrativo, molto complessa e gravosa per soggetti affetti da varie patologie e indirettamente migliaia di lavoratori precari, che già svolgono tale funzione, a cui si sottraggono i posti di lavoro disponibili;
          gli insegnanti inidonei sono circa 3.500 affetti da gravi patologie, dequalificati a causa della malattia, spesso contratta per causa di servizio che, pur non potendo più essere in classe per gravi motivi di salute, continuano a prestare la propria esperienza professionale e culturale, ponendola a servizio della comunità scolastica, svolgendo comunque un'importante funzione di supporto al Piano dell'Offerta Formativa;
          la loro nuova utilizzazione, anche in ambiti provinciali diversi dal proprio, come stabilisce il decreto, potrebbe rivelarsi estremamente gravosa non solo in termini di mobilità, per soggetti che, già gravati da problemi psico-fisici, avrebbero difficoltà a svolgere funzioni di segreteria o affini che richiedono comunque competenze tecniche ed amministrative specifiche;
          sotto il profilo organizzativo non è da sottovalutare che il dipendente affetto da gravi patologie possa assentarsi, anche frequentemente, a causa di visite mediche o di un aggravamento della propria condizione, cosa che costringerebbe l'istituzione scolastica a ricorrere a figure supplenti;
          la qualità stessa delle prestazioni in ambito scolastico potrebbe essere compromessa dalla diminuzione di personale formato ed esperto nelle procedure amministrative, finanziarie e organizzative gestite dalle scuole per l'attuazione dell'offerta formativa;
          i docenti inidonei hanno fatto presente che a livello nazionale il contingente previsto per le immissioni in ruolo del personale ATA sui profili amministrativi e tecnici è di 2.662 posti, a fronte dei circa 3.500 docenti inidonei e che, stante così le cose, anche quando quest'ultimi dovessero transitorie nei profili ATA, sarebbero già soprannumerari prima del passaggio e perciò passibili di mobilità;
          l'applicazione della normativa impedisce per i prossimi anni la prosecuzione dell'attività lavorativa di personale che ha accumulato in questi anni professionalità ed esperienze anche decennali, necessari per raffermarsi della scuola dell'autonomia e che già precario rischia di veder ulteriormente compromessa ogni possibile forma di stabilizzazione –:
          se il Ministro interrogato, alla luce di quanto sopra esposto, ritenga opportuno intervenire sulle scelte adottate, individuando diverse forme di collocamento del personale docente inidoneo per evitare che, a fronte di un risparmio finanziario immediato, si verifichino conseguenze gravissime sia sui diretti interessati che sulla qualità delle prestazioni all'interno del comparto scuola. (5-07758)

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'epidermolisi bollosa (EB) è una malattia genetica rara appartenente a un gruppo eterogeneo di genodermatosi. La malattia si caratterizza per l'estrema fragilità della pelle: nelle forme severe anche la frizione più lieve genera bolle che danno poi origine a lacerazioni. Si conoscono molte forme di EB, ma la classificazione internazionale ha individuato tre gruppi principali: semplice, giunzionale e distrofica, in relazione allo strato dell'epidermide in cui avviene il distacco che origina le bolle. Le forme più gravi sono quelle giunzionale e distrofica. In questi pazienti sono interessate anche le mucose, gli occhi, il tratto oro-faringeo; a causa della retrazione cicatriziale, le mani e i piedi tendono a chiudersi. Si rendono pertanto necessari ripetuti interventi di chirurgia plastica ricostruttiva. Sempre in relazione alle continue lacerazioni cutanee e alla conseguente perdita di liquidi ed elettroliti, i malati sono affetti da anemia cronica e il processo di accrescimento è seriamente coinvolto. La prevenzione delle infezioni attraverso medicazioni quotidiane è l'unico presidio. È altamente raccomandato il controllo delle piaghe torpide, perché le incessanti lacerazioni possono dare luogo a tumori cutanei aggressivi. Come abbiamo riferito, si tratta di una malattia genetica: la speranza di una cura viene dalla terapia genica;
          nel 2006 l'equipe guidata dal professore Michele De Luca dell'università di Modena ha realizzato con successo la prima terapia genica al mondo su un paziente affetto dalla forma giunzionale. L'obiettivo è implementare ed estendere la terapia a tutte le altre forme di EB. Nel 2008, il centro di medicina rigenerativa (CReM) di Modena si configura come principale realtà scientifica, italiana ed europea, collegata alla patologia e all'individuazione delle future terapie  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
              c) fornire supporto a malati e famiglie, anche attraverso centri di ascolto e assistenza ovvero attraverso il sostengo alle associazioni di malati;
              d) per supportare il CReM;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese e nel mondo, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo. (4-17506)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'autismo è un disturbo generalizzato dello sviluppo del bambino. La persona affetta da tale patologia si caratterizza soprattutto per le grandi difficoltà nella comunicazione, che in alcuni casi è quasi completamente assente. Tale difficoltà altera le funzioni relazionali compromettendo spesso l'aspetto cognitivo;
          attualmente risultano ancora sconosciute le cause di tale manifestazione. Più precisamente si dovrebbe parlare di disturbi dello spettro dell'autismo (autistic spectrum disorders);
          rientra nei disturbi pervasivi dello sviluppo assieme, fra le varie forme, anche alla sindrome di Asperger e alla sindrome di Rett;
          l'incidenza varia da 5 a 50 persone su 10.000, a seconda dei criteri diagnostici impiegati, che si sono sviluppati e migliorati nel corso dei tempi, e colpisce prevalentemente i soggetti maschili con un tasso 2-4 volte superiore rispetto al sesso femminile; si manifesta quasi sempre entro i primi 3 anni di vita;
          le persone, con autismo presentano spesso problemi comportamentali, che nei casi più gravi possono esplicitarsi in atti ripetitivi, anomali, auto o eteroaggressivi (esempio, autolesionismo, e altro);
          i sintomi riguardano soprattutto le aree del linguaggio, dell'interazione sociale e del rendimento intellettivo;
          l'autismo si trova a volte associato ad altri disturbi che alterano in qualche modo la normale funzionalità del sistema nervoso centrale come epilessia, sclerosi tuberosa, sindrome di Rett, sindrome di Down, sindrome di Landau-Klefner, fenilchetonuria, sindrome dell'X fragile, rosolia congenita  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) fornire adeguata assistenza alle famiglie;
              c) fornire adeguato supporto anche attraverso personale docente adeguatamente formato ai bambini in età scolare e prescolare;
              d) sviluppare la ricerca in questo settore;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese o nel mondo, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico italiano al riguardo. (4-17507)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          UNIAMO è l'alleanza italiana tra organizzazioni di pazienti, fondata con lo scopo di promuovere e curare le politiche di tutela e migliorare la qualità della vita di tutte le persone affette da malattie rare. È stata fondata nel luglio 1999 a Roma su iniziativa di un gruppo di associazioni. Oggi la coalizione rappresenta più di 70 associazioni di pazienti affetti da malattie rare e fa parte di un network europeo, EURORDIS, formato da associazioni di pazienti provenienti da 18 Stati membri della Comunità Europea. UNIAMO è membro del Consiglio delle Alleanze di EURORDIS (CNA) che ha ideato la Prima giornata europea delle malattie rare del 29 febbraio 2008;
          la principale finalità della federazione è la promozione della politica della presa in carico globale del malato raro e si sostanzia nel:
              a) proporre interventi legislativi nazionali a favore delle malattie rare e dei farmaci orfani;
              b) promuovere la ricerca e l'informazione favorendo il coordinamento fra ricerca di base, clinica e biotecnologica;
              c) sviluppare l'accesso alle terapie proponendo adozioni di atti legislativi per l'applicazione del regolamento europeo;
          sono federate in UNIAMO associazioni di malati delle seguenti malattie rare: acondroplasia, alopecia areata, amaurosi congenita di Leber, anemia di Blackfan Diamond, atassia-telangiectasia, atrofia essenziale dell'iride, atrofia ottica di Leber, cheratocono, ciclite eterocromica di Fuchs, cistite interstiziale, congiuntivite lignea, deficit alfa-1-antitripsina, deficit di G6PD (favismo), deficit dell'ormone della crescita, degenerazione della cornea, delezione del cromosoma 22, diabete insipido, discinesia ciliare primaria, malattie endocrine, distonie, distrofie retiniche ereditarie, drepanocitosi, emeralopia congenita, difetti ereditari della coagulazione, epidermolisi bollosa, estrofia vescicale, febbre mediterranea familiare, fibrodisplasia ossificante progressiva, immunodeficienze primitive, ittiosi, leucodistrofie, linfangioleiomiomatosi, lupus eritematoso sistemico, malattia di Darrier, malattia di Eales, malattia di Niemann Pick, malattia esostosante, malattie metaboliche ereditarie, malattie reumatiche infantili, malformazioni ano-rettali, mastocitosi, microcitemia, miopatie rare, neoplasie endocrine multiple, neurofibromatosi, osteogenesi imperfetta, panipopituitarismo, patologie endocrine ipofisarie, diabetiche, porfiria, pseudoxantoma elasticum, pubertà precoce, retinite pigmentosa, sclerodermia, sclerosi tuberosa, SGA (Short Gestional Age), sindrome di Aicardi-Goutières, sindrome di Apert, sindrome di Behr, sindrome di Cogan, sindrome di Crouzon, sindrome di Ehlers-Danlos, sindrome di Goldenhar, sindrome di Kartagener, sindrome di Klinefelter, sindrome di Muencke, sindrome di Noonan, sindrome di Oguchi, sindrome di Ollier-Maffucci, sindrome di Pfeiffer, sindrome di Poland, sindrome di Rett, sindrome di Tourette, sindrome di Turner, sindrome di Williams, sindrome emolitico uremica, sindrome nefrosica idiopatica, sindromi neurodegenerative da accumulo di ferro, talassemia, teleangiectasia emorragica ereditaria, vitreoretinopatia essudativa familiare  –:
          se e quali azioni di supporto alle associazioni di malati aderenti a UNIAMO o comunque rappresentative dei malati delle patologie citate o ai centri di ricerca impegnati sulle malattie rare siano state attuate o verranno messe in atto attraverso i molteplici canali previsti (ad esempio, fondi 5 per mille, fondi ricerca del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca). (4-17508)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          le malattie reumatiche sono malattie infiammatorie a causa spesso sconosciuta che, pur prediligendo le articolazioni, possono interessare ogni organo e apparato. Hanno comunemente un andamento cronico e possono causare gravi conseguenze come limitazioni articolari rilevanti, insufficienza renale, riduzione di crescita e seri danni oculari. Nel loro complesso, costituiscono una delle maggiori cause di disabilità nel bambino. La più frequente è l'artrite cronica giovanile. L'artrite cronica giovanile comprende diverse malattie, tutte caratterizzate da un'infiammazione articolare persistente;
          le cause sono sconosciute, ma verosimilmente dipendono da una risposta immunitaria eccessiva nei confronti di agenti infettivi banali che, in alcuni soggetti predisposti, genera una forma di autoaggressione. Il nostro sistema immunitario, infatti, è deputato a difenderci da virus e batteri e per fare questo è in grado di identificare ciò che è estraneo all'organismo per aggredirlo. In queste malattie, però, viene in parte perduta questa capacità, per cui la risposta verso un agente infettivo si tramuta in un'autoaggressione che continua anche dopo che l'agente infettivo è stato eliminato  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza delle malattie reumatiche, delle loro cause e dei possibili percorsi diagnostici;
              b) promuovere una più approfondita conoscenza medico-scientifica che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              c) sviluppare la ricerca in questo settore;
              d) fornire supporto a malati e famiglie, anche attraverso centri di ascolto e assistenza;
          se e quali azioni di supporto, compresi i finanziamenti attraverso vari strumenti previsti dalle normative vigenti (esempio: 5 per mille) abbia attuato o intende attuare a favore delle associazioni di malati;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese o nel mondo, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          se le politiche di taglio e di riordino dei fondi della sanità abbiano interessato o interesseranno anche le disponibilità economiche destinate a finalità suindicate.
       (4-17509)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          il Governo ha recentemente adottato un decreto inerente la materia sanitaria, confermando al contempo una sostanziale politica di contenimento dei costi della sanità;
          l'atrofia muscolare spinale (SMA) è una delle più gravi malattie neuromuscolari dei bambini. Al momento non esiste nessuna cura; 1 bambino su 6.000 ne è affetto; sotto i due anni è la principale causa genetica di morte; 1 persona su 40 è portatore sano. In Italia sono alcune migliaia i bambini e gli adulti affetti. La SMA è dovuta all'assenza di un gene che produce una proteina necessaria all'attività delle cellule nervose che inviano gli impulsi motori; i muscoli volontari subiscono così una progressiva paralisi. La SMA viene suddivisa in tre principali forme chiamate: Malattia di Werdning-Hoffmann (SMA I); SMA Intermedia; SMA lieve, Malattia di Kugelberg-Weelander (SMA III). I bambini affetti dalla forma più comune e più grave hanno un'aspettativa di vita molto ridotta e per sopravvivere oltre i due anni di età hanno spesso bisogno di un respiratore meccanico. I bambini e gli adulti affetti dalle forme più lievi sono costretti dalla progressione della malattia a muoversi su carrozzine elettriche, con una mobilità limitata degli arti superiori, delle mani e del capo. Le capacità intellettive rimangono intatte  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
              c) fornire adeguata assistenza alle famiglie;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese o nell'Unione europea, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          se e quali forme di coordinamento siano state o si intendano attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento;
          se le politiche di taglio e di riordino dei fondi della sanità annunciate o eseguite abbiano interessato o interesseranno anche le disponibilità economiche destinate alle finalità suindicate. (4-17511)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          esistono malattie o difetti genetici che se diagnosticati precocemente possono essere oggetto di intervento chirurgico o affrontati con le dovute cure; tra queste l'esostosi multipla ereditaria;
          con il termine esostosi multipla ereditaria si definisce una malattia genetica che interessa l'apparato osteoarticolare determinando la crescita di protuberanze ossee (esostosi) localizzate principalmente sulle ossa lunghe, con maggiore frequenza in prossimità delle articolazioni. L'esostosi multipla è di solito una malattia ereditaria con modalità di trasmissione autosomica dominante e se un genitore ne è affetto esiste una probabilità del 50 per cento che la malattia venga trasmessa ai figli. Più raramente la malattia è determinata da una mutazione genetica spontanea;
          le mutazioni interessano i geni EXT1 ed EXT2 localizzati rispettivamente sui cromosomi 8 e 11. Le esostosi possono causare diversi problemi. L'osso interessato può rimanere di dimensioni inferiori alla norma, diventare asimmetrico o incurvarsi. Le esostosi possono comprimere vasi sanguigni, tendini o nervi e quindi originare tendiniti, borsiti eccetera. La percentuale di degenerazione delle esostosi in tumori maligni (condrosarcomi) è del 2-5 per cento. Questo avviene solitamente in età adulta;
          la malattia è trattata prevalentemente con interventi chirurgici, mirati a rimuovere le esostosi che creano problemi di compressione nervosa e a correggere le deviazioni e le dismetrie degli arti. Spesso chi è affetto da questa malattia può anche provare vergogna e isolarsi dal mondo circostante per timore di essere rifiutato o evitato dalle altre persone. Occorre invece farsi aiutare ad accettare la malattia ed è necessario che intorno al paziente si crei una rete sociale in cui possa sentirsi sostenuto e compreso;
          è possibile fare un esame prenatale: sul trofoblasto o sui villi coriali tra la l0a e la 12a settimana di gestazione, oppure sugli amniociti tra la 16a e la 18a settimana di gestazione. La diagnosi precoce può aiutare nella formulazione di una strategia di intervento chirurgico sul neonato, di contrasto e prevenzione degli effetti negativi  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
              c) fornire adeguata assistenza ai giovani e giovanissimi in età scolare e pre-scolare;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          se e come le politiche tese a limitare il costo della diagnostica prenatale possano influire negativamente sulle possibilità di cura precoce della patologia in argomento. (4-17512)


      GIANNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          rallentare l'assunzione del personale precario inserito in graduatorie ministeriali e graduatorie ad esaurimento, attraverso l'indizione di un concorso da cui deriverà il protrarsi all'infinito del doppio canale significa da un lato, ostacolare la concretizzazione del diritto, sancito dalla legge, alla stabilizzazione del rapporto di lavoro di tutti i docenti inseriti in graduatorie ad esaurimento e dall'altro, illudere tutte le giovani leve che aspirano all'insegnamento;
          ostacolare un diritto, oltre ad essere contro la legge e la coscienza, è contro l'interesse di tutti;
          compito dello Stato è assolvere il suo debito con i precari, come sancito dalla legge e ribadito nelle premesse del decreto ministeriale n.  92 del 12 ottobre 2011 «Salvaprecari»: «il personale docente ed educativo incluso nelle graduatorie ad esaurimento previste dall'articolo 1, comma 605, lettera c) della legge 27 dicembre 2006, n.  296 e il personale ATA inserito nelle graduatorie permanenti di cui all'articolo 554 del decreto legislativo 16 aprile 1994 n.  297, nonché nelle graduatorie provinciali ad esaurimento di cui ai decreti ministeriali 19 aprile 2001, n.  75 n.  35 del 24 marzo 2004 ha titolo alla graduale immissione in ruolo sui posti annualmente disponibili e autorizzati»;
          l'articolo 400, comma 1 del decreto-legge 16 aprile 1994 n.  297 (Testo Unico) recita: «I concorsi per titoli ed esami sono indetti su base regionale con frequenza triennale», se per 13 anni questa indicazione del testo unico non è neppure stata presa in considerazione, è segno che lo Stato non ha l'obbligo di bandire i concorsi, soprattutto se non sussistono le condizioni;
          l'obbligo, invece, è quello di assorbire le graduatorie ad esaurimento e risolvere e superare il problema del precariato. Il Ministro stesso aveva dichiarato di voler modificare il testo unico sulla ripartizione della percentuale dei ruoli da attribuire tra graduatorie ad esaurimento e concorsi, proprio per dare una risposta a questo problema;
          i prossimi abilitati con i tirocini formativi attivi vanno in seconda fascia graduatoria di inserimento e lì aspettano il proprio turno. Se il precedente Ministro ha voluto (senza che nessuno potesse impedirlo) slegare l'abilitazione dal reclutamento, ciò non vuol dire che senza i requisiti necessari, come, ad esempio, lo scorrimento delle graduatorie, si possa riattivare la procedura concorsuale;
          per questi motivi il concorso dovrebbe essere bandito solo su classi con graduatorie ministeriali e graduatorie ad esaurimento esaurite, cioè prive di aspiranti;
          a detta dell'interrogante si sta compiendo l'ennesima, ingiusta nefandezza ai danni del precariato sotto l'indifferenza della classe politica, questo concorso rischia di sortire l'effetto di far perdurare il doppio canale all'infinito e nient'altro;
          occorre, infatti, dare certezza a chi è già inserito nelle graduatorie di poter essere assunto attraverso un regolare turnover e a chi aspira ad abilitarsi di poterlo fare senza ledere i diritti altrui;
          il concorso va bandito laddove vi siano graduatorie ad esaurimento e graduatorie ministeriali esaurite, poiché è doveroso da parte dello Stato dare una risposta innanzitutto a coloro i quali svolgono servizio nella scuola dal 1999 ad oggi senza aver mai avuto la possibilità di entrare in ruolo;
          appare difficile assorbire il precariato, senza un piano di immissioni adatto a tale scopo, e poi bandire un nuovo concorso che rischia seriamente di produrre un'inesauribile doppia lista di attesa;
          non si capisce per quale motivo chi ha conseguito l'idoneità nel 1999 dovrebbe rinunciare per sempre al ruolo, dopo essere stato sfruttato per anni con le supplenze né può essere colpa sua se dal ’99 ad oggi i concorsi non sono stati più banditi, ma delle scelte scellerate dei Governi che si sono succeduti;
          l'interrogante non è contrario al concorso in sé come procedura per la selezione di docenti «giovani», «capaci» e «meritevoli», la contrarietà e sull'indizione di un concorso su insegnamenti con graduatorie ad esaurimento strapiene, che significa al contempo togliere posti di ruolo ai precari in attesa e istituire un eterno doppio canale che non garantisce nulla a nessuno;
          dal 2000 a oggi migliaia di precari sono stati assunti senza superare alcun'altra prova concorsuale o selettiva, sicché non è legittimo né giusto proporre il concorso a chi è rimasto in graduatoria;
          il Governo non ha il dovere di bandire concorsi per legge, ma ha il dovere, in ragione della legge n.  296 del 2006 e delle normative europee, di stabilizzare tutti i precari;
          il concorso in sé produce graduatoria di merito, come previsto dagli articoli 399 e 400 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione, decreto legislativo 16 aprile 1994, n.  297  –:
          se non ritenga necessario valutare che il concorso sia bandito solo su classi con graduatorie ministeriali e graduatorie ad esaurimento esaurite, cioè prive di aspiranti poiché è doveroso da parte dello Stato dare una risposta innanzitutto a coloro i quali svolgono servizio nella scuola dal 1999 ad oggi senza aver mai avuto la possibilità di entrare in ruolo;
          come intenda, con quali iniziative, atti e in che tempi, assorbire le graduatorie ad esaurimento e risolvere e superare il problema del precariato nella comparto della scuola. (4-17515)


      GIANNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il sistema impresa, in particolar modo le piccole e media imprese hanno rappresentato e rappresentano l'ossatura dell'apparato economico e della crescita nel nostro Paese;
          in particolar modo la ricerca e l'innovazione sono state, per molto tempo ma certamente non ora, un vanto per il nostro sistema produttivo ed hanno generato benessere e vantaggi per tutto il Paese;      
          oggi anche su questo terreno, che diventa fondamentale stante la globalizzazione del sistema produttivo, si rischia di non essere più competitivi eccetto alcune eccellenze;
          Assoricerca continua a denunciare una situazione paradossale che la dice lunga su come stia andando avanti la ricerca industriale, sostenendo in pratica che vi è un ritardo di ben cinque anni nell'erogazione dei finanziamenti per la ricerca (FAR – fondo agevolazione ricerca) fermi presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
          tutto ciò appare paradossale alla luce di quanto sta avvenendo nel mondo reale dove gli incredibili ritardi della parte pubblica stanno producendo la chiusura di imprese e laboratori di ricerca per mancanza di liquidità;
          Assoricerca, in una lettera inviata ai Ministri competenti il 27 agosto 2012, mette l'accento su quanto apparso sul sito Sirio in merito alle domande, per il corrente anno, di finanziamento per piccole commesse di ricerca che dovranno essere trasmesse telematicamente dal 17 settembre 2012 e non più dal 21 dicembre così come prima stabilito;
          tale data sarebbe stata cambiata quattro volte, con modalità che hanno reso difficile il percorso delle imprese, le quali, senza un ragionevole preavviso, hanno dovuto anticipare nel mese di agosto le intese tecnico-commerciali per la stipula dei contratti da presentare a settembre;      
          tali cambiamenti di date da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca appaiono all'interrogante del tutto incomprensibili in una situazione in cui, al contrario, non si fa nulla per accelerare l'erogazione dei finanziamenti che giacciono improduttivi presso lo stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dal 2008;
          sul tema dei ritardi dei finanziamenti vi erano già state in passato denunce pubbliche, ma la realtà non è cambiata e anzi, come ebbe modo di rilevare in un articolo sul Sole 24 Ore, il professor Leonardo Chiariglione, si è arrivati a un gioco delle parti in cui tutti fanno finta: si finge il progetto, si finge il lavoro, si finge la dimostrazione finale, con il risultato che alla fine i soldi pubblici arriveranno, ma la materia oggetto del finanziamento sarà ormai obsoleta e superata dalla velocità attuale della tecnologia;
          tale denuncia, che pare confermata da più parti, segnala un'ulteriore grave situazione che rischia di affondare definitivamente la parte sana di un sistema di piccole e medie imprese che proprio sulla ricerca ha fondato la propria esistenza  –:
          se non si ritenga necessario, urgente e opportuno assumere iniziative formali per concedere alle imprese interessate un ragionevole margine di tempo per quanto riguarda il finanziamento di piccole commesse di ricerca;
          cosa s'intenda fare per rilanciare la ricerca produttiva nel nostro Paese e per far sì che si ponga fine in maniera definitiva a questa situazione inaccettabile per cui i già limitati finanziamenti esistenti sono lasciati improduttivi per molti anni presso il Ministero, costringendo molte piccole imprese e laboratori a fallire per mancanza di risorse. (4-17523)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          l'agenzia ANSA ha diffuso la notizia che l'8 settembre 2012 a Somaglia, in provincia di Lodi, un moldavo di 33 anni, titolare di un'azienda di smaltimento di eternit di Desenzano del Garda è deceduto dopo essere precipitato dal tetto di un capannone in cui si riparano mezzi pesanti nella zona di Somaglia;
          secondo le prime informazioni l'uomo stava procedendo, in subappalto, con lo smantellamento del tetto in amianto, quando la stessa copertura ha ceduto, facendolo precipitare a terra da un'altezza di circa sette metri  –:
          di quali elementi disponga in merito all'esatta dinamica dell'incidente;
          se le norme relative alla sicurezza siano state rispettate;
          se l'uomo che – secondo quanto riferito dall'agenzia ANSA era impegnato in una operazione di rimozione dell’eternit – fosse in possesso dei requisiti e delle attrezzature richieste per una simile delicata operazione. (4-17526)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
          si fa riferimento alla situazione grave in cui versa il comparto agricoltura in Emilia Romagna dovuta al record di siccità raggiunto in questi mesi: dal 1° maggio al 31 agosto scorso sono stati 90 i giorni consecutivi con precipitazione minore di 5 millimetri in molte aree della pianura e dei rilievi della regione;
          la Coldiretti Emilia Romagna sottolinea che in base ai dati dell'Arpa (Agenzia regionale dell'ambiente) si è verificata una siccità nei terreni che non ha eguali negli ultimi sessant'anni;
          le piogge diffuse sul territorio regionale degli ultimi tre giorni, secondo Coldiretti, non sono state purtroppo sufficienti a risollevare la situazione nelle campagne, dove le province hanno rilevato danni per un miliardo di euro a causa della mancanza di pioggia, con perdite superiori al 50 per cento nel mais da granella, nelle foraggere e nelle piante industriali (pomodoro da industria, barbabietole, girasole), ma con danni rilevanti anche per ortofrutta e viticoltura;
          in una situazione in cui la mancanza di pioggia è sempre più diffusa sarebbe importante, ad avviso dell'interpellante, trovare risorse per realizzare misure strutturali che consentano di accumulare acqua durante i mesi più piovosi per redistribuirla sul territorio regionale nei momenti di bisogno  –:
          quali iniziative intenda intraprendere per il comparto agricoltura dell'Emilia Romagna per risolvere la situazione di difficoltà degli operatori del settore colpiti prima dal grave terremoto ed ora dalla pesante siccità, eventualmente prevedendo consistenti aiuti analogamente a quanto fatto in altre parti d'Italia.
(2-01649) «Garagnani».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      SANI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          la provincia di Grosseto è una zona ad alta vocazione agricola, ambientale e zootecnica caratterizzata dalla presenza di numerose imprese del settore (anche agriturismi), di moltissimi prodotti tipici e di diversificate riserve naturali;
          il comparto primario, declinato in tutte le sue attività (produttive, ricettive, turistiche, allevamenti, di carattere ambientale) rappresenta quindi un volano determinante per la crescita sociale, economica ed occupazionale del territorio;
          la provincia di Grosseto è stata colpita, nei mesi scorsi, da una prolungata siccità che ha provocato gravissimi danni alle colture ed agli allevamenti a causa soprattutto della mancanza di foraggio;
          a seguito di tale problematica la provincia di Grosseto, di concerto con i comuni del territorio e le associazioni di categoria, hanno chiesto al Governo ed ai Ministeri competenti di decretare lo stato di calamità naturale;
          secondo le prime stime dell'amministrazione provinciale di Grosseto la siccità ha infatti danneggiato oltre il 40 per cento dell'intero comparto agricolo, per una perdita quantificabile in oltre 104 milioni di euro. «Abbiamo registrato forti criticità – ha dichiarato Enzo Rossi, assessore provinciale allo Sviluppo rurale – su tutto il territorio, con danni ingenti, anche se non uniformi, sulle principali colture. Si è perso gran parte del raccolto e si prospetta un forte decadimento sulla qualità di quello raccolto. Preoccupazioni arrivano, poi, per i problemi legati alla zootecnia, che vanno dai costi maggiori per l'approvvigionamento di acqua (sono, infatti, numerose le aziende che si sono avvalse del servizio di autobotti) alla scarsità delle scorte e alla produzione del latte. Si considera al momento una diminuzione nella produzione del latte, sia ovino che bovino, di almeno il 30 per cento della produzione ordinaria, poiché il bestiame non ha potuto pascolare foraggio verde. È assolutamente necessario ottenere, con la massima urgenza, lo stato di calamità naturale – conclude l'assessore provinciale – per ufficializzare le perdite subite dai produttori. A rischio non ci sono soltanto i raccolti e le produzioni di quest'annata, ma la sopravvivenza di molte aziende del nostro territorio»;
          molti altri prodotti locali sono stati compromessi: ad esempio secondo l'Asga (associazione degli apicoltori delle province di Siena, Arezzo e Grosseto) nel 2012 la produzione di miele subirà una diminuzione del 65 per cento rispetto all'anno precedente;
          la siccità non sta causando soltanto danni alle aziende agricole ma ha già prodotto pericoli e ripercussioni negative sulla popolazione residente, sul patrimonio naturale, faunistico ed ambientale e su gran parte del tessuto sociale, economico, produttivo ed occupazionale locale;
          in particolare la mancanza di piogge ha inevitabilmente determinato, seppur indirettamente, la crescita del fenomeno degli incendi. Grosseto è stata infatti, nelle scorse settimane, una delle province italiane maggiormente colpite dagli incendi: sono bruciati 663 ettari (412 di superficie boschiva e 221 di non boschiva). Alcuni episodi, che hanno interessato aree di vasta entità, hanno inoltre causato gravi danni economici agli enti territoriali, ai cittadini ed alle imprese, causato la morte di animali da allevamento e reso necessaria l'evacuazione di molte persone. In particolare il 7 luglio nel comune di Castel del Piano si è sviluppato un incendio che ha interessato circa 60 ettari di terreno; il 19 luglio, nel comune di Massa Marittima, un incendio ha distrutto quattro appartamenti di un azienda agrituristica e bruciato oltre 70 ettari di bosco; il 17 agosto un incendio, nel comune di Arcidosso, ha rasentato alcune abitazioni; il 18 agosto, nel comune di Scarlino, un incendio ha causato la chiusura temporanea del tratto stradale dell'Aurelia; nella seconda metà del mese di agosto incendi hanno bruciato oltre 40 ettari della storica pineta di Marina di Grosseto (comune di Grosseto), costretto alla evacuazione oltre 1100 ospiti di alcune strutture ricettive locali, distrutto un maneggio uccidendo 19 cavalli;
          la siccità sta inoltre causando gravi danni all'ecosistema e all'ambiente. Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf, ha rilevato sul territorio di Grosseto «sofferenze evidenti degli alberi, già con le foglie gialle»; le piante – ha sottolineato – a fronte di una forte siccità invece di assorbire anidride carbonica la immettono». La mancanza di piogge sta poi provocando la risalita delle acque saline di alcuni fiumi della provincia di Grosseto: meduse, orate, triglie ed altri pesci di mare sono stati infatti individuati, nel fiume Ombrone, ad alcuni chilometri dalla foce. Tutti questi fattori legati alla siccità hanno compromesso il ricco e diversificato patrimonio naturalistico locale compromettendo le condizioni di animali stanziali e della fauna migratoria (in alcuni casi di rarissime specie protette) che utilizza l’habitat territoriale nei mesi estivi  –:
          se il Governo, alla luce delle gravi e diversificate problematiche esposte in premessa, non ritenga di accogliere in tempi brevi le richieste degli enti locali e decretare conseguentemente lo stato di calamità naturale a causa della siccità nella provincia di Grosseto;
          se il Ministro competente non ritenga utile predisporre provvedimenti, anche integrando con progetti mirati il Piano irriguo nazionale, per poter contrastare efficacemente gli effetti dannosi della siccità, anche in considerazione del fatto che tale forma di calamità naturale si verifica sempre con maggiore frequenza nel nostro Paese. (5-07757)


      CENNI e OLIVERIO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 12 del decreto-legge numero 95 del 2012 (convertito con modificazioni dalla legge n.  135 del 7 agosto 2012), ha disposto la soppressione dell'Inran (Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione) prevedendo che le sue funzioni siano attribuite al Cra (Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura) ed all'ente Risi, per il personale giunto dall'Ense;
          lo stesso articolo del decreto-legge ha disposto, attraverso decreti di natura non regolamentare, l'individuazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie da trasferire al Cra ed all'ente Risi che dovranno essere emanati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, di concerto con il Ministero della pubblica amministrazione ed il Ministero dell'economia e finanze, e la messa in mobilità per il personale dell'Inran già Inca;
          in merito al trasferimento dei dipendenti ex Ense all'ente Risi molti gruppi parlamentari hanno espresso fondate riserve, esprimendo preoccupazione per la possibile perdita di profili e professionalità chiaramente appartenenti al comparto della ricerca e rilevando la possibile nascita di profili di conflitto di interessi tra le competenze dell'ente Risi e quelle in essere nell'ex Ense;
          le associazioni sindacali di categoria hanno denunciato che, ad oggi, la riorganizzazione del personale ex Inran non sarebbe stata ancora definita e che non sono stati erogati gli stipendi relativi al mese di agosto 2012;
          tale situazione sta generando grande preoccupazione nel personale oggetto di trasferimento  –:
          se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e quale sia la situazione esatta relativa al personale trasferito al Cra e all'ente Risi;
          quando verranno erogati ai dipendenti ex Inran gli stipendi relativi al mese di agosto 2012 e se i ritardi relativi ai pagamenti siano causati dal processo di riorganizzazione prodotto dall'articolo 12 del decreto-legge numero 95 del 2012;
          quali siano gli indirizzi del Ministro interrogato rispetto alla riorganizzazione ed alla procedura di mobilità dei dipendenti ex Inran e se gli strumenti normativi preposti permetteranno di salvaguardare le specificità e le professionalità del personale coinvolto;
          se questa ipotesi di riorganizzazione sia considerata dal Ministro definitiva o invece si ritenga di dover verificare, anche in occasione di un completamento riorganizzativo del sistema degli enti e delle società controllati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, ulteriori evoluzioni. (5-07759)

Interrogazione a risposta scritta:


      NASTRI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          la gravissima siccità che ha colpito la maggior parte delle regioni italiane e le varie ondate di calore, determinate dagli anticicloni sahariani, stanno creando non pochi problemi alla vendemmia che è attualmente in corso;
          il caldo con temperature estreme per molti mesi e le scarsissime piogge, hanno provocato una generalizzata diminuzione delle quantità d'uva che, secondo gli operatori del settore, sono risultate ridotte non tanto nel numero dei grappoli, quanto nel contenuto del succo, che è stato minore del normale;
          il predetto fenomeno determinerà una minore produzione che, al momento è stimata fra il 15 e il 20 per cento, portando probabilmente la quantità di vino ottenuta al di sotto della soglia psicologica dei 40 milioni di ettolitri, la più bassa di sempre in Italia, con il rischio di essere superati dalla Francia e forse anche dalla Spagna;
          nell'attuale fase generale di recessione in Europa e con un calo di consumi in Italia di vino, l'interrogante evidenzia come tuttavia un elemento positivo sia prevedibilmente rappresentato dal fatto che, per il 2012, non ci saranno molte eccedenze di produzione, con i prezzi all'origine che dovrebbero essere salvaguardati e il reddito agricolo che potrebbe non essere eccessivamente penalizzato;
          l'interrogante rileva altresì come il nostro Paese è stato richiamato in diverse occasioni, in sede comunitaria, proprio per le eccedenze di vino prodotte e rimaste invendute, che hanno usufruito della distillazione obbligatoria e pagata da tutti i contribuenti italiani, fino a pochi anni fa; di conseguenza una vendemmia difficile come quella che presumibilmente dovrebbe essere quella dell'anno in corso, non determina necessariamente uno scenario complessivamente negativo;
          l'interrogante ciononostante ricorda come la viticoltura e la produzione di vino siano, per il nostro Paese, un fenomeno economico e sociale di grande importanza;
          in Italia infatti i vigneti coprono oltre 600 mila ettari, ovvero circa 6 mila chilometri quadrati, pari al 5 per cento del territorio nazionale e la proprietà media per viticoltore, inoltre, risulta essere di appena un ettaro e mezzo, con una parcellizzazione che non ha eguali a livello mondiale;
          quanto esposto determina il coinvolgimento di oltre 400 mila soggetti coinvolti nella produzione di uva da vino in modo diretto, ai quali nella fase di vendemmia, vanno aggiunti tutti coloro che partecipano alla raccolta e nell'arco dell'anno, tutti coloro che lavorano nelle circa 25 mila cantine distribuite nel territorio;
          in considerazione di quanto detto, l'interrogante evidenzia, come circa 1 milione di soggetti siano coinvolti a diverso titolo in quella che rappresenta la produzione agricola più diffusa e capillare del Paese;
          i dati macroeconomici rilevano inoltre, come la produzione vitivinicola, contribuisca per circa 14 miliardi di euro di fatturato diretto, senza considerare l'indotto e l’export che risulta essere, con circa 4,5 miliardi di euro, il più importante del settore agroalimentare italiano;
          a giudizio dell'interrogante, in considerazione di quanto esposto, occorrono interventi e misure volte a tutelare e sostenere con maggiore incisività il comparto agricolo vitivinicolo italiano, la cui filiera costituisce un segmento rilevante e prestigioso per l'intera economia nazionale, con i vini che rappresentano una delle punte d'eccellenza del made in Italy a livello mondiale  –:
          quali siano gli orientamenti del Ministro con riferimento a quanto esposto in premessa;
          se, in considerazione del previsto calo di produzione fino al 20 per cento a causa della siccità e delle prevedibili conseguenti negative ripercussioni sul profilo economico e produttivo del comparto vitivinicolo nazionale, non ritenga necessario assumere compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili e nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato, iniziative ad hoc volte a rilanciare la viticoltura italiana, il cui settore come esposto in premessa, rappresenta un fenomeno economico e sociale strategico per il nostro Paese. (4-17524)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


      PISICCHIO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          da alcuni mesi si registrano nell'ambito dell'università del Salento episodi controversi causati dalle dichiarazioni e dalle determinazioni unilaterali e di perplessa legittimità del rettore e del direttore generale, che ad avviso dell'interrogante risultano gravemente lesive delle disposizioni di legge e statutarie oltre che dell'immagine dell'ateneo. Ciò è accaduto con riguardo alla composizione sia dei nuovi organi collegiali e statutari, sia delle commissioni concorsuali;
          in particolare gravi irregolarità sembrano riscontrarsi ad avviso dell'interrogante con riguardo alla composizione di alcuni organi collegiali, previsti dal nuovo statuto di ateneo. Le elezioni per la nomina dei componenti del Senato accademico sono state precedute da un'accesa campagna elettorale, nel corso della quale il rettore non ha esitato ad appellare i docenti dissenzienti in modo che appare all'interrogante diffamatorio anche sugli organi di stampa locale;
          successivamente le nomine dei componenti del consiglio di amministrazione e del nucleo di valutazione, spettanti al senato accademico su proposta del rettore, evidenzierebbero una scelta compiuta su base prettamente fiduciaria, a giudizio dell'interrogante sostanzialmente arbitraria;
          in entrambi i casi il procedimento si è basato infatti su una call pubblica ed una conseguente preselezione compiuta dal rettore che ha proposto alcuni nominativi al Senato accademico per la designazione ufficiale su base elettiva;
          questa fase preselettiva, svolta monocraticamente dal rettore risulta all'interrogante essere stata compiuta in modo non trasparente, di fatto pretermettendo candidati che apparivano rispondere pienamente ai criteri previsti dalla call;
          analoghe perplessità si possono prospettare ad avviso dell'interrogante con riferimento alle preselezioni effettuate dal rettore e relative al nucleo di valutazione e al collegio di disciplina;
          va ricordato che il collegio di disciplina è un organo di garanzia dell'ateneo, ha il potere di adottare sanzioni disciplinari, su iniziativa dello stesso rettore, per cui sembra inopportuno che il rettore stesso intervenga in maniera così perentoria nel procedimento di elezione;
          altre motivate perplessità sono generate dalla composizione delle commissioni concorsuali, là dove appare particolarmente significativa la vicenda che ha condotto al decreto del direttore amministrativo dell'università del Salento n.  676 del 30 dicembre 2011 (pubblicato sul sito dell'università in data 11 gennaio 2012) concernente l'annullamento degli atti della selezione pubblica, per titoli ed esami, per la copertura a tempo pieno ed indeterminato di n.  3 posti di categoria C – area amministrativa per le esigenze funzionali delle segreterie della facoltà di ingegneria industriale e dei corsi di laurea magistrale ed interfacoltà (sede di Brindisi) e della facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali dell'università del Salento, bandito con D.D. n.  449 del 30 ottobre 2008;
          con tale decreto il direttore amministrativo ha ad avviso dell'interrogante arbitrariamente asserito sussistenti «situazioni concretizzanti violazione di legge», assumendo l'esistenza di un plagio in alcuni elaborati concorsuali. Sicché, discostandosi dai rilievi critici formalizzati dal responsabile del procedimento amministrativo (Manfredi De Pascalis), per un verso ha trasmesso la documentazione concorsuale al procuratore della Repubblica presso il tribunale di Lecce e, per altro verso, ha annullato gli atti della commissione giudicatrice, disponendo di procedere alla nomina di nuova commissione giudicatrice per l'espletamento della citata procedura selettiva;
          la procura della Repubblica, tuttavia, ha richiesto l'archiviazione della denuncia nei confronti della commissione giudicatrice, confermando la liceità del relativo giudizio e, per contro, considerando come «improvvido», «inammissibile», «estemporaneo» e «illegittimo» l'operato del direttore amministrativo;
          nel decreto di archiviazione pubblicato dalla Gazzetta del Mezzogiorno, ed. Lecce, del 4 agosto 2012, si legge: «Innanzi tutto non può non rilevarsi l'irregolarità dell'iniziativa del direttore amministrativo [...] il quale, dopo la conclusione dei lavori della commissione (unico organo legittimato a valutare il merito degli elaborati e la loro regolarità) e dopo l'approvazione della graduatoria finale di merito di cui al verbale 16 dicembre 2009, ha ritenuto di «riesaminare» – in autonomia ed incontrollata solitudine – gli elaborati dei candidati, rilevando alcune anomalie nella stesura grafica degli elaborati il cui controllo esulava dalla semplice verifica sull'approvazione degli atti, di sua competenza, sfociando piuttosto in valutazioni di merito, appannaggio esclusivo della commissione». Tale determinazione, a detta del Procuratore capo, «ha comportato una inammissibile ed illegittima valutazione del merito degli elaborati, certamente sottratta al potere di verifica formale attribuito al direttore amministrativo». In tal senso il decreto di archiviazione così conclude: «A voler astrattamente ipotizzare un interesse della commissione ad avvantaggiare uno o più dei concorrenti risultati idonei ovvero a danneggiare uno o più di quelli esclusi (interesse, peraltro, nemmeno adombrato nella segnalazione del direttore amministrativo) è di tutta evidenza che analogo interesse – simmetrico ma invertito – avrebbe potuto astrattamente avere proprio il direttore amministrativo; e tale interesse ben avrebbe potuto costituire il motivo della sua estemporanea iniziativa di “riesaminare” nel merito gli elaborati e di rilevare e segnalare le suddette “anomalie” (volendo escludere l'ipotesi di attribuire a lui l'alterazione grafica delle “minute”) al fine di avvantaggiare uno o più dei concorrenti esclusi ovvero di danneggiare uno o più di quelli ammessi»:
          rilievi sostanzialmente analoghi sono contenuti nella sentenza del TAR Lecce n.  1366/2012 del 12 luglio 2012, la quale ha accolto le ragioni dei ricorrenti avverso l'annullamento degli atti della commissione giudicatrice e la nomina di una nuova commissione giudicatrice, disponendo addirittura la condanna dell'amministrazione al rimborso delle spese processuali; ciò sul presupposto che «la violazione, ad opera dell'amministrazione resistente, di postulati pacifici in tema di procedure concorsuali (ed in primis, il divieto di impingere in valutazioni di merito) impedisce qualsiasi forma di compensazione»;
          il giudice amministrativo, in particolare, ha ritenuto insussistenti nell'operato del direttore amministrativo quei necessari presupposti soggettivi e oggettivi legittimanti la relativa azione: «del tutto illegittimamente il D.A. ha sostituito la propria valutazione in merito alla genuinità degli elaborati concorsuali, alla diversa valutazione operata dalla commissione. Valutazione che, anche alla luce delle note a chiarimenti rese da quest'ultima, deve ritenersi del tutto immune da quei vizi di palese illogicità, incoerenza, incongruenza, che sole giustificano (C.d.S, IV, 15 febbraio 2010, n.  835) un sindacato dell'organo verificatore (il DA.) sulle scelte discrezionali della commissione esaminatrice»;
          per ultimo, alle comprensibili critiche emerse sugli organi di stampa a seguito della pubblicazione dei fatti evidenziati, il rettore ha risposto minacciosamente: «È un manipolo di persone che fa prevalere all'interesse della comunità accademica i suoi rancori personali e i suoi interessi e che adesso ha superato ogni limite. Non ho mai inteso censurare nessuno, in tutti questi anni chiunque ha detto quello che ha voluto nei toni volgari che ha creduto di poter utilizzare, ma ora è arrivato il momento che ci si assuma fino in fondo la responsabilità delle proprie dichiarazioni» (Quotidiano di Lecce, 6 agosto 2012);
          nel caso delle composizioni tanto degli organi collegiali e statutari, quanto delle commissioni di concorso, il rettore e il direttore amministrativo dell'università del Salento hanno dimostrato ad avviso dell'interrogante di perseguire il medesimo disegno di politica amministrativa, volto a nominare componenti fiduciariamente vincolati. Ciò ha comportato, nel primo caso, la discriminazione, secondo l'interrogante arbitraria, dei docenti dissenzienti dalle scelte di politica rettoriale e, nel secondo caso, la realizzazione di determinazioni di dubbia legittimità;
          ad avviso dell'interrogante, peraltro, il principio costituzionale dell'autonomia universitaria non può essere inteso dall'amministrazione dell'università del Salento quale motivo legittimante la violazione degli altri vincoli costituzionali e dei principi giuridici coinvolti. Ciò, con riguardo, per un verso, alla libertà di manifestazione del pensiero (articolo 21), riconosciuta a tutti i cittadini in condizioni di eguaglianza (articolo 3) e senza limitazioni con riguardo alla possibilità di accedere liberamente a tutti gli uffici pubblici e alle cariche elettive (articolo 51) e, precipuamente, riconosciuta ai docenti universitari in ragione della garanzia loro accordata («L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento», articolo 33); per altro verso, con riferimento ai principi costituzionali di legalità, imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa (articolo 97)  –:
          quali urgenti iniziative, inclusa un'ispezione amministrativa, ai sensi dell'articolo 60, comma 6, del decreto legislativo n.  165 del 2001, il Governo intenda adottare per porre fine alla grave situazione in cui versa l'ateneo salentino.
(4-17529)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


      FUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          nel corso del recente 14o congresso mondiale sul dolore cronico, svoltosi a Milano a fine agosto 2012; è emerso che, mondo, una persona su 5 soffre di dolore cronico e che in Italia la percentuale è pari al 26 per cento della popolazione totale;
          è stata inoltre elaborata la stima secondo cui una persona su 2 è colpita dal mal di testa almeno una volta l'anno, mentre ogni adulto ha sofferto di un episodio di dolore muscolo-scheletrico;
          il paziente tipo che soffre di dolore cronico, indipendentemente dalla provenienza, è donna (56 per cento dei casi) e ha un'età media tra i 40 e i 50 anni;
          in un caso su 5 la patologia porta alla perdita del lavoro o a un ridimensionamento del percorso professionale e nel 21 per cento dei casi influisce sullo stato emotivo, portando alla depressione  –:
          quali iniziative, nell'ambito delle politiche sanitarie portate avanti dal Governo, il Ministro interrogato ritenga eventualmente di assumere in merito a quanto riportato in premessa. (4-17518)


      GIANNI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          nell'ambito della spending review sembra che si debba incidere sulle unità operative di medicina del lavoro, in particolare quella dell'università di Siena, di cui è direttore il professor Pietro Sartorelli;
          i posti letto dell'università senese per il reparto di medicina del lavoro sarebbero stati ridotti da due ad uno, anche se ciò sarebbe in via provvisoria;
          recentemente l'avvocato Ezio Bonanni, presidente dell'Osservatorio nazionale amianto, associazione maggiormente rappresentativa dei lavoratori e cittadini esposti e vittime dell'amianto, ha messo in evidenza il ruolo fondamentale che questa Unità Operativa svolge e potrebbe ancora svolgere;
          i pazienti e i familiari apprezzano la tempestività con la quale l'U.O. di medicina del lavoro di Siena ha reso possibile ottenere delle diagnosi di gravissime patologie asbesto correlate in una fase che ha permesso il tempestivo intervento degli altri specialisti, e in casi di asbestosi, di evitare che si giungesse ad una fase acutissima ed irreversibile, e in caso di tumori, di giungere alla diagnosi che ne ha permesso le cure tempestive e anche interventi chirurgici, in alcuni casi risolutivi, e quindi di ottenere, oltre ad un ottimo risultato terapeutico, anche di salvare vite umane, in un connubio nel quale la concreta attività ha permesso di rendere attuale e vivo il precetto costituzionale di cui all'articolo 32, pietra miliare della nostra civiltà giuridica e capace di innervare e dare senso alle nostre istituzioni;
          corre l'obbligo di evidenziare come il centro operativo di medicina del lavoro diretto dal professor Sartorelli ha ottenuto significativi risultati, specialmente nella regione Toscana, e ci si riferisce soprattutto ai lavoratori dei siti della Val di Cecina, della provincia di Livorno, Pistoia, eccetera, che sicuramente sono a già a conoscenza del Ministro, anche perché gli sono stati illustrati nel recente incontro del 22 febbraio 2012 con la stessa Associazione ONA;
          il centro operativo è in grado di svolgere esami quali quello mineralogico del liquido del BAL, in grado di caratterizzare l'esposizione, ed è unico nel nostro Paese, e raro nel resto del pianeta, e costituisce dunque una vera e propria eccellenza, oltre ad essere il centro di riferimento della regione Toscana per le malattie professionali;
          il centro operativo di Siena si è distinto anche in ordine alla diagnosi e terapia di patologie asbesto correlate che hanno colto i lavoratori esposti all'amianto in siti che non sono ubicati nella regione Toscana;
          poiché assistiamo ad un incremento delle patologie asbesto correlate già in essere e che si accentuerà per i prossimi anni, lo scrivente auspica e si augura che sia portato a termine il programma di rafforzamento organizzativo della struttura, come già a suo tempo prospettato dall'allora assessore regionale alla salute, onorevole Enrico Rossi, ora presidente della Regione;
          ora, per effetto della spending review, si corre il concreto rischio di limitare fortemente le attività dell'U.O. di medicina del lavoro dell'azienda ospedaliera universitaria senese, con gravissimo pregiudizio per i lavoratori esposti e vittime dell'amianto, che sono sottoposti al controllo periodico di sorveglianza sanitaria, e con il rischio di ritardo nelle diagnosi, che potrebbe impedire il trattamento chirurgico dei tumori asbesto correlati, oltre che delle altre malattie professionali;
          tutto ciò dopo che lo Stato è responsabile per avere bandito con assoluto ritardo l'uso dell'amianto nel nostro paese, e dopo che c’è stata la condanna da parte della Corte di Giustizia dell'Unione europea, con la decisione del 13 dicembre 1990  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tutto ciò;
          se il Ministro della salute abbia effettivamente disposto che ci debba essere una riduzione delle risorse anche per i centri altamente specializzati e di eccellenza, e che si contraddistinguono per gli ottimi risultati in termini di tutela della salute per i lavoratori esposti e vittime dell'amianto e degli altri agenti patogeni in ambiente lavorativo, per effetto della spending review;
          quali iniziative di competenza il Ministro della salute intenda adottare per evitare che tutto ciò accada. (4-17521)


      GIANNI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il signor P.N. già maresciallo dell'Aeronautica militare, ora in pensione, in seguito ad esposizione professionale ad amianto, ha contratto mesotelioma pleurico, che appare totalmente indifferente alle terapie tradizionali: pur essendo stato sottoposto nell'ultimissimo periodo a ben tre cicli di chemioterapia, l'ultima TAC effettuata in questi giorni ha evidenziato l'inefficacia delle cure nella riduzione della massa tumorale e una violenta recrudescenza della malattia;
          l'unica possibilità che è rimasta per contrastare il fatale decorso potrebbe essere il ricorso a terapie sperimentali che hanno già dimostrato la loro efficacia su altri pazienti (come dimostrato dalla letteratura scientifica internazionale disponibile su Pubmed) ma che, allo stato attuale, comporterebbero il loro acquisto da parte del paziente, in quanto si tratta di farmaci fuori indicazione specifica per questa malattia;
          il signor P. ha scritto una lettera al Ministro della salute, nella quale ha messo in evidenza come egli faccia riferimento a quei farmaci biologici, disponibili sul mercato, che hanno capacità di inibire specificatamente la crescita delle cellule tumorali e che tuttavia al paziente non vengono prescritte e fornite dal Servizio sanitario nazionale;
          come risulta da fonte wikipedia spese che il paziente dovrebbe affrontare sarebbero pari a circa 64.800$ l'anno, pari a circa 3.500 euro al mese: «il costo di uno dei due farmaci è 64.800$ l'anno mentre il suo prezzo per una pillola di 100 mg a livello internazionale vanno da $20 a $30»; (fonte wikipedia);
          esistono anche protocolli attualmente aperti, che hanno già dimostrato efficacia e nei quali il paziente non può essere inserito, in quanto il signor P.N. è stato già trattato con due diversi protocolli chemioterapici;
          anche questo, a giudizio dell'interrogante, è un cavillo burocratico che non ha alcuna ragione nelle norme di diritto e nell'articolo 32 della Costituzione, perché questo modo di fare preclude al paziente l'accesso ad una terapia che potrebbe essere efficace e che sicuramente potrebbe prolungare le aspettative di vita;
          l'onere economico a cui andrebbe incontro il paziente è dell'ordine di 3.500 euro/mese, chiaramente insostenibile per una normale famiglia, ed è per questo che egli si è rivolto al Ministro della salute, perché possa intervenire sia per quanto riguarda la sua posizione, sia per quanto riguarda gli altri casi, e assicurare il rimborso delle spese per queste cure mediche;
          nella sua lettera, inoltrata anche nella sua qualità di appartenente dell'Osservatorio nazionale amianto, il signor P.N. fa riferimento alle osservazioni dell'avvocato Ezio Bonanni in ordine al fatto che il mesotelioma è una patologia orfana (orphan disease), rispetto alla quale non esistono trattamenti ritenuti efficaci, legittimando così in seconda linea la richiesta del tutto ragionevole dell'utilizzo di farmaci allo scopo compassionevole, perché vi sono delle evidenze sulla loro efficacia, seppur limitata in questo tipo di neoplasia, senza che ciò determini un maggior dispendio economico, tenendo conto del contestuale risparmio derivato dalla mancata somministrazione di radioterapia e chemioterapia  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tutto ciò;
          se il Ministro intenda adottare iniziative in materia, e, in caso affermativo, quali, riferite al paziente e a tutti gli altri che hanno la stessa patologia (mesotelioma) per il caso in cui fosse dimostrata l'inefficacia delle terapie invasive (radioterapia e chemioterapia), rispetto alle terapie sperimentali, che hanno dimostrato invece una qualche efficacia. (4-17522)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BURTONE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la Helesi stabilimento industriale operante in Valbasento in provincia di Matera ha attivato la procedura di cassa integrazione ordinaria per 35 delle 42 unità per le prossime 8 settimane a causa della contrazione del mercato;
          sulle unità complessive 16 risultano essere a contratto a tempo determinato in scadenza il prossimo mese di dicembre 2012;
          si paventa il non rinnovo dei contratti a termine;
          si tratterebbe di un fatto molto grave considerato che la società greca beneficia degli incentivi pubblici legati al contratto di localizzazione stipulato nel 2006;
          in relazione a quanto espresso l'interrogante ritiene quanto meno opportuna una convocazione in sede ministeriale per capire il futuro di questa realtà produttiva che ad oggi risulta ancora una incognita per i lavoratori  –:
          se e quali iniziative il Governo intenda attivare al fine di conoscere il futuro produttivo dello stabilimento Helesi con particolare riferimento al rispetto di quanto previsto nel contratto di localizzazione a salvaguardia dei livelli occupazionali, a partire dalla stabilizzazione dei contratti a termine. (5-07762)

Interrogazioni a risposta scritta:


      DI PIETRO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          nel 2008 è stato avviato il passaggio alla tv digitale, a partire dalla Sardegna per finire lo scorso luglio con la Sicilia, che doveva apportare maggiore efficienza nelle trasmissioni televisive e che invece ha creato non pochi problemi, tanti quanti sono stati gli switch-off;
          le proteste hanno riguardato, e riguardano, la visione di immagini a scacchi, voci spezzate, schermi oscurati e più che una svolta appare come una impervia strada in salita;
          i black out riguardano soprattutto una decina di regioni, ma i disservizi sono ancora presenti praticamente sull'intero territorio nazionale, grandi città comprese;
          come riportato da un articolo apparso sul quotidiano la Repubblica del 28 agosto 2012 «... le telefonate al numero verde attivato dal Ministero dello sviluppo economico (800.022.000) che tra settembre 2011 e agosto 2012 (periodo in cui sono stati effettuati due switch-off per 22 milioni di abitanti) sono arrivate a quota 270 mila, di cui 95 mila per informazioni generali, 52 mila per assistenza sul decoder, 50 mila per problemi di ricezione di rete e 72 mila per altre segnalazioni»;
          in particolare l'interrogante sottolinea i disservizi creatisi in Molise a seguito dell'avvento del digitale terrestre, regione nella quale i cittadini non possono avere libero accesso né alle televisioni di Stato (per le quali è richiesto il canone annuale), né ad altre frequenze televisive  –:
          quale sia la vera ragione del disservizio e quali iniziative urgenti intenda intraprendere per assicurare il corretto e stabile funzionamento del digitale terrestre in Molise e sull'intero territorio nazionale. (4-17513)


      DI PIETRO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          in data 21 marzo 2012 l'interrogante ha presentato un atto di sindacato ispettivo 4-15414 al Ministro in indirizzo al fine di portarlo a conoscenza delle vicende legate alla società Aeroporti Molise s.p.a. e di chiedere un suo intervento in merito;
          il Ministro ha inviato, con una nota del 15 giugno 2012, la risposta a tale interrogazione dichiarando che «la proposta di Piano Nazionale degli aeroporti, attualmente all'esame dei competenti uffici ministeriali, salve limitate eccezioni, non prevede l'istituzione di nuovi aeroporti e – soprattutto – non prevede la realizzazione di un aeroporto in Molise», confermando sostanzialmente che un aeroporto in Molise sarebbe inutile, costoso e, pertanto, irrealizzabile;
          il gruppo consiliare IDV alla regione Molise, in sede di approvazione del bilancio preventivo per l'anno 2012, ha presentato un emendamento alla legge finanziaria per chiedere il piano di dismissione della società Aeroporti Molise, emendamento poi bocciato dal Consiglio regionale;
          dal 1998 la società Aeroporti Molise s.p.a., in liquidazione dal 14 ottobre 2010, non ha mai prodotto un atto e ha sostenuto costi fino a 102 mila euro annui, di cui 22.950 sono stati versati dalla regione Molise per il tramite di Fin Molise, finanziaria della regione  –:
          se il Governo non intenda confermare che non è prevista la realizzazione di un aeroporto in Molise nel Piano nazionale degli aeroporti e pertanto se non intenda, per quanto di competenza, evitare qualsiasi assegnazione di risorse statali per la finalità sopra indicata. (4-17530)

Apposizione di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

      La mozione Di Pietro e altri n.  1-01123, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dagli onorevoli Granata e Angela Napoli e, contestualmente con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme deve intendersi così modificato: «Di Pietro, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Granata, Angela Napoli, Palomba, Messina, Barbato, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Monai, Mura, Paladini, Palagiano, Piffari, Porcino, Rota, Zazzera».

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

      L'interrogazione a risposta orale Libè n.  3-02222, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 aprile 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Dionisi.

Cambio di presentatore di interpellanza.

      Interpellanza n.  2-00857, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 ottobre 2010, è da intendersi presentata dall'onorevole Evangelisti, già cofirmatario della stessa.

Pubblicazione di un testo riformulato.

      Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Scilipoti n.  4-17499, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n.  681 del 6 settembre 2012.

      SCILIPOTI. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
          in data 30 dicembre 2009, la signora Campo Innocenza Maria ha inviato esposto-denuncia al Ministro dell'economia e delle finanze – ed al Sottosegretario al Ministero dell'economia e delle finanze – nei quali lamentava che:
              il 6 aprile 2004, il Comando compagnia della Guardia di finanza di Torino aveva notificato alla Banca San Paolo IMI la richiesta di accertamenti bancari emessa dal sostituto procuratore della Repubblica di Ragusa. Il 7 giugno 2004 l'ufficio affari e contenzioso di San Paolo IMI comunicava che sono emerse risultanze positive presso la filiale di Ragusa. La filiale San Paolo IMI di Ragusa il 10 agosto 2004, comunicava alla Guardia di finanza il solo conto corrente n.  10/645666;
              il 12 luglio 2007, l'indagata Arestia Giovanna, nell'interrogatorio reso alla Guardia di finanza di Ragusa dichiara: «ed ho curato l'apertura di un suo conto avente numero 10/645629»;
              «io sono stata titolare per molti anni del conto corrente n.  10/645629 su cui vi erano delle ingenti somme di denaro, conto il quale è anche servito per effettuare delle delicate operazioni finanziarie le quali ho svolto con la consulenza dell'avvocato Nobile Giovanni e poi dell'avvocato Nobile Carmela. Tale conto corrente, non è stato mai riportato dalla Banca San Paolo IMI alla Guardia di Finanza»;
              come si evince dalla relazione della dottoressa Giuseppa Marraro, esperta di analisi e comparazione di scrittura, nominata Ctu su assegni e distinta per incarico del pubblico ministero dottor Emanuele Diquattro, il conto corrente in questione viene citato tra quelli per i quali risultava intestataria la signora Innocenza Campo e del quale il Ctu doveva verificare l'autenticità della sottoscrizione su due assegni e una distinta di versamento –:
          se, sulla base degli atti depositati, sia noto quale sia stato l'esito degli Esposti-Denuncia, inviati dalla signora Innocenza Maria Campo in data 30 dicembre 2009, indicati nella premessa;
          se siano state accertate responsabilità disciplinari nei confronti del personale della Guardia di finanza di Ragusa che non diede conto dell'esistenza del conto corrente indicato in premessa. (4-17499)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Farina Coscioni n.  5-07729 del 5 settembre 2012.

Ritiro di una firma da un'interpellanza.

      Interpellanza Evangelisti e altri n.  2-00857, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 ottobre 2010: è stata ritirata la firma del deputato Orlando Leoluca.

ERRATA CORRIGE

      Interrogazione a risposta scritta Zazzera n.  4-17465 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n.  680 del 5 settembre 2012. Alla pagina 33894, prima colonna, alla riga diciannovesima, deve leggersi: «in particolare, il 12 giugno 2012 i» e non «in particolare, il 12 luglio 2012 i», come stampato.

      Mozione Montagnoli Alessandro ed altri n.  1-01122 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n.  681 del 6 settembre 2012.
      Alla pagina 33943, dalla terza riga, alla pagina 33945, alla quarantottesima riga, deve leggersi:
      «La Camera,
          premesso che:
              il servizio di gestione della navigazione pubblica laghi di Garda, Como e Maggiore è attualmente in capo ad un organismo del Ministero dei Trasporti e delle infrastrutture, la Gestione Governativa Navigazione Laghi, che movimenta diversi milioni di passeggeri l'anno, fra turisti e residenti nei centri lacuali;
              le riduzioni di trasferimenti statali in questi ultimi anni hanno dimezzato i contributi alla Gestione Governativa Laghi, portandoli da 26 a 13 milioni. Le minori risorse trasferite, sommate all'aumento delle imposte sui carburanti ed in particolare sul gasolio, aggravano i costi di gestione e mettono a rischio la continuità del servizio pubblico di navigazione;
              sostenere la navigazione pubblica sui laghi significa sostenere una possibile integrazione e un'alternativa alla difficile e in certi periodi dell'anno non più sostenibile, mobilità su gomma. Non solo è necessario mantenere il servizio in essere, ma sarebbe auspicabile prevedere interventi per incentivare anche il servizio notturno al fine di migliorare le condizioni ambientali e quelle del trasporto nel territorio attraverso un'offerta efficiente e unitaria di tutti i sistemi trasporto presenti sul territorio creando una connessione funzionale fra il trasporto pubblico locale, inteso anche come navigazione, e i sistemi di mobilità di ordine superiore come il sistema aeroportuale e la rete ferroviaria nazionale;
              il taglio del 50 per cento sul fondo di esercizio per il trasporto pubblico in capo alla Gestione Governativa Navigazione Laghi ha portato ad una diminuzione delle corse e un ridimensionamento del personale e le previsioni per l'immediato futuro sono assolutamente drammatiche, dato anche il blocco delle assunzioni di lavoratori stagionali. Le conseguenze di tali azioni penalizzano specialmente gli utenti pendolari, generando conseguenze negative in termini occupazionali (anche rispetto alla possibilità di assumere lavoratori stagionali), di attrattiva turistica delle aree lacuali e inibisce le potenzialità di trasporto su acqua, oltre che come fattore di sviluppo economico, anche come soluzione alle frequenti problematiche di mobilità dei territori lacuali;
              il recente decreto-legge 22 giugno 2012, n.  83, recante «Misure urgenti per la crescita del Paese», convertito, con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n.  134, all'articolo 16 – Disposizioni urgenti per la continuità dei servizi di trasporto – attribuisce per l'anno 2012, alla Gestione Governativa Navigazione Laghi, al fine di garantire la continuità del servizio pubblico di navigazione sui laghi Maggiore, di Garda e di Como, risorse pari a 6 milioni di euro. Tali maggiori risorse sono destinate al finanziamento delle spese di esercizio per la gestione dei servizi di navigazione lacuale, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, quarto comma, della legge 18 luglio 1957, n.  614;
              tale stanziamento, pur importante, non consente comunque di compensare integralmente i tagli lineari sopra citati, né di far fronte al progressivo rincaro del costo del carburante necessario ai natanti; la situazione della navigazione lacuale è, inoltre, aggravata per effetto delle disposizioni previste dalla legge 15 dicembre 2011, n.  217, secondo cui sono assoggettati al pagamento dell'Iva gli acquisti relativi al parco natanti, che, in precedenza, erano esenti ai sensi dell'articolo 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica n.  633, del 1972;
              il decreto legislativo 19 novembre 1997, n.  422, all'articolo 11 prevede che la gestione governativa per i laghi Maggiore, di Como e di Garda sia trasferita alle regioni territorialmente competenti e alla Provincia autonoma di Trento. Questo passaggio sarebbe dovuto avvenire entro il 1o gennaio 2000, previo risanamento tecnico-economico ma tuttora la gestione è centralizzata a livello statale, ma la regionalizzazione del servizio non è tuttora avvenuta;
              in attuazione al succitato decreto legislativo, la regione Lombardia ha promulgato la legge regionale 30 ottobre 1998, n.  25, in cui si prevede, all'articolo 29, che la giunta regionale è autorizzata a stipulare accordi di programma con le Regioni e la provincia autonoma interessate per l'organizzazione della gestione della navigazione per i laghi Maggiore, di Como e di Garda;
              il decreto legislativo 28 maggio 2010, n.  85, recante «Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell'articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n.  42», all'articolo 5, comma 1, prevede che vengano trasferiti a livello territoriale i beni appartenenti al demanio idrico e relative pertinenze, ad eccezione dei laghi di ambito sovraregionale per i quali non intervenga un'intesa tra le regioni interessate, ferma restando comunque la eventuale disciplina di livello internazionale;
              la «devoluzione» della gestione e il passaggio di proprietà dei laghi dallo Stato alle regioni è quindi già previsto all'interno del decreto sul federalismo demaniale, che coinvolge tutti i laghi ad eccezione di quelli Maggiore e di Garda, che necessitano di un accordo fra le regioni bagnate dalle acque lacuali;
              le regioni Lombardia, Piemonte e Veneto hanno, peraltro, recentemente confermato, nel corso di audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva condotta dal Senato sulle problematiche connesse al settore di navigazione sui laghi, la volontà di vedersi assegnare le competenze del trasporto navigazione lacuale, come riportato nel documento conclusivo votato dalla Commissione lavori pubblici del Senato l'11 gennaio 2012;
              il trasporto pubblico sui laghi, curato dalla Gestione Governativa Navigazione Laghi, risulta presentare oggi uno dei migliori indici di copertura dei costi con le entrate tariffarie fra quelli di tutte le aziende che gestiscono il trasporto pubblico locale, su gomma, rotaia o acqua. Il coefficiente di esercizio si attesta infatti intorno al 60 per cento contro il 35/40 per cento medio del settore del trasporto pubblico locale;
              in un'ottica di funzionalità e di efficienza, nel ripensamento delle modalità di organizzazione del servizio, la navigazione sui laghi potrebbe anche non essere gestita necessariamente a livello pubblico. L'ingresso dei privati potrebbe introdurre elementi di logica imprenditoriale in grado di risollevare l'intero settore e risolvere i problemi economici-finanziari;
              inoltre, viste le diverse esigenze e movimentazioni di traffico, la gestione potrebbe non essere unica per tutti i laghi, ma autonoma e indipendente, trasferendo sul territorio di riferimento questo importante servizio;
              è necessario mettere in atto interventi concreti sull'intera area lacuale, anche prevedendo un potenziamento e una riqualificazione del sistema di collettamento e depurazione delle acque del lago di Garda con la realizzazione del nuovo depuratore per la sponda bresciana e il raddoppio o, dove occorre, il rifacimento delle condotte sub lacuali esistenti con la loro conseguente dismissione,

impegna il Governo

          nelle more del trasferimento alle regioni interessate, ad assumere iniziative volte a prevedere un adeguato stanziamento di risorse finanziarie necessarie a garantire la continuità del servizio pubblico lacuale in capo alla gestione navigazione laghi di Como, Garda e Maggiore, al fine di assicurare un livello adeguato di efficienza ed efficacia del servizio;
          ad adottare gli interventi di propria competenza utili a dare rapida attuazione al processo di regionalizzazione previsto dall'articolo 11 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n.  422, in particolare per quanto riguarda la predisposizione di un piano aggiornato di risanamento tecnico-economico necessario a definire, d'intesa con le regioni coinvolte, il trasferimento delle competenze in materia di gestione del trasporto pubblico lacuale e l'assegnazione delle conseguenti risorse in conto capitale e d'esercizio;
          a porre in essere ogni utile iniziativa volta ad accompagnare il processo di regionalizzazione anche in termini di riassetto organizzativo del servizio pubblico di trasporto lacuale, al fine di conseguire i necessari caratteri di efficienza, efficacia ed economicità del servizio medesimo, oltre che di migliore sostenibilità ambientale;
          a valutare l'opportunità, nell'ambito del processo di regionalizzazione, di intervenire con gli appositi strumenti, anche di carattere normativo, per modificare l'attuale gestione dei laghi prealpini, da una parte rendendo possibile l'ingresso ai privati nell'ente pubblico e dall'altra prevedendo una gestione organizzativa e finanziaria autonoma per ciascun lago;
          a provvedere tempestivamente, per quanto di competenza, con azioni volte a potenziare e riqualificare il sistema di collettamento e depurazione in particolare delle acque del lago di Garda.
(1-01122)
«Montagnoli, Braga, Beccalossi, Volontè, Moroni, Cesario, Borghesi, Fogliardi, Bragantini, Brancher, Compagnon, Corsini, Dal Moro, Ferrari, Gelmini, Alberto Giorgetti, Martini, Molgora, Nicola Molteni, Negro, Reguzzoni, Rivolta, Saglia, Federico Testa, Codurelli, Renato Farina, Fiano, Lovelli, Marantelli, Meta, Narducci, Pizzetti, Quartiani, Sanga, Velo, Pastore, Fogliato, Fugatti, Froner».

      e non come stampato.