XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 13 settembre 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


      La Camera,
          premesso che:
              le mafie giovandosi della crisi di liquidità dovuta alla negativa congiuntura economica stanno sviluppando ancor più il proprio profilo criminale nelle realtà di tutto il Paese secondo una logica predatoria, come ben evidenziato nella relazione al Parlamento del 2011 dai nostri servizi di sicurezza e informazione;
              soggetti e gruppi di matrice eversiva, sfruttano il disagio sociale, conseguente alla crisi economica che sta investendo il nostro Paese per innalzare il livello di scontro con le istituzioni come peraltro dimostrato dall'attentato compiuto a Genova, nel mese di maggio 2012, ai danni dell'ingegner Roberto Adinolfi dirigente Ansaldo e dalle precedenti campagne di invio di pacchi e lettere bomba;
              centinaia di uomini sono impegnati quotidianamente in Val di Susa per assicurare la tutela dei cantieri finalizzati alla realizzazione di una linea ferroviaria di alta velocità sulla tratta Torino-Lione;
              migliaia di donne e uomini delle forze dell'ordine sono impegnati quotidianamente per garantire l'ordine pubblico nelle centinaia di manifestazioni di protesta o di disagio connesso alla crisi economica che si svolgono in tutta Italia, come per esempio nell'ultima manifestazione di lavoratori dell'Alcoa a Roma;
              migliaia di donne e uomini del soccorso pubblico sono quotidianamente impegnati nelle emergenze grandi e piccole del nostro Paese, con professionalità e abnegazione eccezionali ed in condizione di grandissime ristrettezze materiali;
              il blocco delle assunzioni previsto dall'articolo 14, comma 2, del decreto-legge n.  95 del 2012, determinerà una riduzione in tutti i Corpi dello Stato appartenenti ai comparti sicurezza, difesa e soccorso pubblico;
              nelle sole forze del comparto sicurezza questo significherà la diminuzione di oltre 18.000 unità nel triennio, con ricadute negative anche sull'innalzamento dell'età media delle donne e degli uomini delle forze dell'ordine;
              la lotta alle mafie, la garanzia dell'ordine pubblico, la capacità e la possibilità di intervento rapido per il soccorso pubblico e la promozione della legalità, equivalgono ad un investimento per aumentare la competitività, la crescita e lo sviluppo economico del Paese, nonché la sicurezza dei cittadini che è precondizione per il mantenimento della fiducia nelle istituzioni,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per reperire i fondi necessari a garantire l'assunzione di nuovo personale nei comparti sicurezza, difesa e soccorso pubblico, sbloccando totalmente il limite previsto dal blocco del turn over al 20 per cento per il triennio 2012/2014.
(1-01140) «Fiano, Rosato, Arturo Mario Luigi Parisi, Naccarato, Bressa, Minniti, Villecco Calipari, Recchia, Touadi, Orlando, D'Alema, Tullo, Franceschini, Rossomando, Peluffo, Laganà Fortugno, Esposito, Garavini, Veltroni».

Risoluzioni in Commissione:


      La VII Commissione,
          premesso che:
              il 10 luglio 2012 è stato presentato il libro bianco sullo sport italiano a cura del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) nel quale si evidenziano le criticità del mondo sportivo del nostro Paese;
              in particolare, viene messa in evidenza la scarsa attività motoria e sportiva nella scuola di ogni ordine e grado, senza dimenticare il grave dato dell'abbandono sportivo che nei giovani tra i 15 e i 20 anni raggiunge la cifra record in Europa del 50 per cento;
              l'educazione motoria, fìsica e sportiva scolastica rappresenta sia una componente essenziale per un'equilibrata crescita fisica, culturale e sociale dei giovani studenti, che uno strumento di tutela della salute in tutto l'arco della vita;
              il Ministero della salute ha presentato i dati sulla obesità e del sovrappeso tra le alunne e gli alunni italiani che ci pongono ormai al primo posto in Europa, anche e per effetto della elevata sedentarietà degli adolescenti e della scarsa attività motoria in ambito scolastico;
              all'interno del dato sull'obesità esiste una differenza di tendenza tra i due sessi: i tassi degli uomini mostrano una leggera tendenza all'aumento, mentre quelli delle donne tendono a scendere. L'obesità non risparmia i bambini: secondo i dati forniti dall'ISTAT, in Italia nella fascia di età di 8 anni, ben il 36 per cento bambini ha problemi di eccesso di peso, il 24 per cento è in sovrappeso e il 12 per cento decisamente obeso;
              a livello geografico in Campania (49 per cento – sovrappeso e obesità insieme) un bambino su due ha problemi, mentre in Valle d'Aosta (23 per cento) un bambino su quattro;
              complessivamente è sempre il Meridione a presentare le prevalenze di obesità e sovrappeso più elevate ma, per la prima volta, si osserva un aumento del tasso di obesità nel Nord-ovest, area tradizionalmente a più bassa prevalenza, che supera quello del Centro;
              sempre più genitori sollecitano il potenziamento delle strutture sportive pubbliche e l'aumento delle ore di attività fisiche scolastiche, atteso che solo un'alunna/o su cinque pratica attività sportiva per più di un'ora alla settimana;
              non vanno dimenticati i costi sanitari e sociali dovuti alla scarsa attività motoria e sportiva scolastica: le patologie croniche legate all'obesità e al sovrappeso (metaboliche, cardiovascolari, oncologiche, eccetera) sono la concausa di circa il 60 per cento dei decessi annui;
              il trasferimento delle funzioni e del personale amministrativo degli uffici scolastici provinciali e regionali sta determinando forti preoccupazioni tra i docenti e i coordinatori provinciali di educazione fisica e sportiva;
              è opportuno non ridurre il ruolo nazionale dell'istruzione e, in particolare, delle attività motorie e sportive delle alunne e degli alunni che non possono essere lasciate al seppur lodevole ruolo delle autonomie scolastiche;
              nell'ambito più generale dell'istruzione e della sua funzione quale strumento per fornire pari opportunità alle alunne e agli alunni delle diverse aree territoriali, un ruolo importante e fondamentale deve essere riservato ai servizi territoriali di educazione fisica e sportiva sotto la direzione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca,

impegna il Governo:

          a presentare entro brevissimo termine, come per altro promesso dal Ministro Gnudi nel mese di gennaio in una intervista a Stadium, giornale del CSI, un piano nazionale per le attività motorie e sportive e in raccordo con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca specificamente per le attività motorie e sportive scolastiche;
          a convocare un tavolo interistituzionale, con la partecipazione di rappresentanti delle associazioni interessate, al fine di individuare strategie e strumenti utili a rafforzare il sistema di istruzione nazionale, anche attraverso un rilancio delle attività motorie, fisiche e sportive.
(7-00978) «Barbieri».


      La IX Commissione,
          premesso che:
              con lo switch-off in Sicilia nel mese di luglio 2012 si è definitivamente concluso il passaggio dall'analogico alla piattaforma digitale televisiva terrestre-DTT;
              a compimento del suddetto percorso permangono, tuttavia, notevoli disagi segnalati da cittadini/utenti ed attinenti a svariati problemi tecnici sia a livello nazionale che a livello locale (in modo particolare sulla fascia adriatica e nelle zone di confine);
              tra settembre 2011 e agosto 2012 il Ministero dello sviluppo economico ha ricevuto più di 300 mila segnalazioni relative alla cattiva ricezione del DTT e alla sintonizzazione ai decoder, problematiche che hanno prodotto teleschermi oscurati in Basilicata e Sicilia, interferenze e sovrapposizioni di canale nelle Marche ed in Emilia Romagna, mancanza di copertura in Abruzzo, interruzione della visione delle emittenti locali in Puglia e, per ultimo, alcuni black-out in Friuli Venezia-Giulia;
              gli inconvenienti non riguardano solo zone cosiddette «svantaggiate» per la particolare orografia del territorio, ma sono segnalati con frequenza anche a Roma, Venezia, Genova e su vaste aree lungo la costa adriatica che, peraltro, hanno effettuato il passaggio al digitale da uno o due anni;
          mentre l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha confermato la persistenza dei disagi sulla rete nazionale, il Ministro dello sviluppo economico ha rassicurato sull'efficienza del servizio, imputando i maggiori disagi alle condizioni degli impianti riceventi per lo più obsoleti e alla loro scarsa manutenzione;
              pur riconoscendo che il passaggio dall'analogico al digitale rappresenta una positiva rivoluzione che ha aperto il mercato televisivo, consentendo agli utenti la visione di una grandissima piattaforma di nuovi canali, tuttavia, la persistenza dei ritardi e delle inefficienze tecniche sopra descritti è diventata intollerabile e necessita di un intervento veloce e risolutore;
              è necessario, quindi, che gli organi preposti al controllo e al monitoraggio del sistema intervengano per risolvere nel più breve tempo possibile tutte le problematiche ancora persistenti sul territorio nazionale, garantendo la regolare visione dei programmi televisivi agli utenti, i quali sono stati costretti a sostenere un sacrificio economico per attrezzarsi con le nuove tecnologie e che, peraltro, continuano a pagare e rinnovare il canone RAI-TV,

impegna il Governo

a mettere in atto tutte le iniziative di competenza per risolvere in tempi celeri le problematiche tecnico-strutturali ad oggi ancora presenti sul territorio nazionale e legate alla visione della piattaforma digitale televisiva terrestre, garantendo la massima trasparenza ed assistenza ai cittadini.
(7-00975) «Compagnon, Mereu».


      La XII Commissione,
          premesso che:
              la potenziale pericolosità dei materiali contenenti amianto (M.C.A) dipende dall'eventualità che siano rilasciate nell'ambiente fibre aerodisperse che possono venire inalate provocando principalmente tre malattie: l'asbestosi, cicatrizzazione dei tessuti del polmone, il cancro al polmone-mesotelioma;
              l'amianto è fuori legge in Italia dal 1992, grazie all'approvazione della legge 27 marzo 1992, n.  257 «Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto», che prevede essenzialmente:
                  a) il divieto di estrazione, lavorazione e commercializzazione dell'amianto;
                  b) la bonifica degli edifici, delle fabbriche e del territorio;
                  c) misure per la tutela sanitaria e previdenziale dei lavoratori ex esposti all'amianto;
                  d) misure per il risarcimento degli stessi e per il riconoscimento della qualifica di malattia professionale e del danno biologico;
              nonostante tale divieto ne restano 32 milioni di tonnellate in tutto il Paese e la maggiore presenza si rileva in Piemonte, Liguria, Lombardia ed Emilia Romagna;
              di fatto in tutto il Paese si continua a rinvenire amianto in manufatti ancora in opera, soprattutto in grandi impianti a servizio di processi produttivi, navi e traghetti, oltre che negli ambienti di vita pubblica (scuole, ospedali e altri edifici aperti al pubblico) e, secondo le stime del registro nazionale dei mesoteliomi sono circa 3.000 ogni anno le persone che nel nostro Paese perdono la vita in seguito a patologie asbesto correlate (con un tasso di incidenza di mesotelioma pleurico che per il 2004 risulta essere di 3,49 casi per 100.000 abitanti per gli uomini e di 1,25 per le donne), e circa il 30 per cento dei casi sono attribuibili ad esposizione non professionale;
              tali dati già di per sé estremamente allarmanti non tengono conto delle così dette «vittime attese», poiché, visti i tempi lunghi di incubazione, si presume che il picco della mortalità per le patologie correlate all'amianto si raggiungerà intorno al 2020;
              tale dato epidemiologico è di estrema gravità ed impone che si dia corso al più presto al processo nazionale e complessivo di «fuoriuscita dall'amianto» sia per la popolazione lavorativa che per la popolazione generale;
              alla luce di queste considerazione diventa necessario recuperare il ritardo nell'attuazione del fondo per le vittime dell'amianto con l'obiettivo di un progressivo ampliamento della platea anche alle vittime non assicurate presso l'INAIL ovvero alle vittime alle quali l'INAIL medesimo non abbia riconosciuto inabilità superiore al 16 per cento,

impegna il Governo:

          a definire un'intesa con le regioni e le province autonome volta a concordare le modalità di sorveglianza sanitaria della popolazione generale soggiornante nelle aree di crisi e della popolazione degli esposti ed ex esposti lavorativi nonché il percorso di presa in carico delle patologie asbesto-correlate;
          promuovere le attività di ricerca epidemiologica e patogenetica, di diagnosi precoce e di terapia delle patologie asbesto-correlate;
          a promuovere una revisione dell'operatività del fondo per le vittime dell'amianto con l'obiettivo di un progressivo ampliamento della platea anche alle vittime non assicurate presso l'INAIL ovvero alle vittime alle quali l'INAIL medesimo non abbia riconosciuto inabilità superiore al 16 per cento;
          a dare seguito alle conclusioni contenute nel rapporto finale del gruppo di studio (ex decreto ministeriale 8 aprile 2008) del Ministero della salute;
          a convocare la seconda conferenza nazionale governativa sull'amianto da preparare insieme a tutti i soggetti coinvolti, ovvero centri di ricerca, regioni e associazioni delle famiglie e dei familiari delle vittime.
(7-00979) «Miotto, Lovelli, Argentin, Bossa, Bucchino, Burtone, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Murer, Sarubbi, Sbrollini, Livia Turco».


      La XIII Commissione,
          premesso che:
              le aflatossine sono micotossine prodotte da funghi principalmente appartenenti al genere Aspergillus ed in particolare da A. flavus e A. parasiticus;
              queste tossine costituiscono un pericolo reale, essendo l'aflatossina B1 l'epatocancerogeno più potente che si conosca; se gli animali vengono alimentati con mangimi che le contengono, un loro metabolita, l'aflatossina M1, viene trasferito al latte;
              lo sviluppo di tali funghi tossigeni, ampiamente diffusi in natura, avviene nei nostri ambienti cerealicoli in campo quando le condizioni climatiche di gran caldo, umidità relativa elevata e stress idrico ne favoriscono la diffusione e la crescita;
              è stato dimostrato che significative infezioni da Aspergillus spp. nel mais ed il relativo accumulo di aflatossine nelle cariossidi, sono legate a prolungato stress della pianta causato da carenza idrica ma, specialmente, da temperature particolarmente elevate. Tali condizioni si sono riscontrate nell'estate del 2012 per una durata eccezionale di 80-90 giorni in molti areali;
              come atteso, la conseguenza di tali condizioni favorevoli allo sviluppo delle infezioni da Aspergillus spp. è che i primi dati relativi alla raccolta in corso confermano una diffusa ed elevata presenza di aflatossine nella granella di mais, quantomeno nel raccolto delle aree climaticamente più difficili e colpite dall'andamento meteorologico ricordato;
              le operazioni di pulizia e selezione fisica sul «semilavorato essiccato grezzo», consentono di ridurre la contaminazione e recuperare quote importanti del prodotto all'utilizzo;
              qualora i primi dati venissero confermati, emergerebbe una situazione di considerevole preoccupazione per la commercializzazione e il possibile impiego della granella nel settore feed (zootecnico-mangimistico) e food (alimentare e industriale);
              ferma restando l'assoluta priorità nei confronti della salute umana e del benessere degli animali allevati, si evidenzia che la presenza di aflatossine deve essere oggetto di massima attenzione solo se assunte dall'uomo direttamente oppure attraverso il consumo di latte e derivati caseari prodotti da animali che siano stati alimentati con granella di mais contaminata oltre i limiti di accettabilità che la norma prevede per tale utilizzo;
              va fatto un doveroso e approfondito monitoraggio durante la fase di raccolta del prodotto;
              è necessario predisporre e adottare una serie di interventi operativi per individuare le partite più contaminate a tutela della salute umana sicuramente e prima di tutto, ma anche misure economiche a tutela delle imprese agricole e stoccatrici coinvolte;
              si evidenzia la urgente necessità di:
                  a) riservare fin da subito all'alimentazione umana e ai mangimi per vacche da latte le scorte del mais dello scorso anno che sono «pulite» per aflatossine;
                  b) adottare un insieme organico di misure di prevenzione, per evitare di rincorrere le emergenze, assumendo adeguate misure di monitoraggio, informazione ed eventuale formazione degli operatori di filiera;
                  c) mettere a punto protocolli di produzione e lavorazione che consentano di contenere il rischio aflatossine nel mais, considerando fattori critici quali ad esempio: valutazione dell'eventuale suscettibilità varietale; verifica delle pratiche agronomiche e delle possibilità di contrasto delle infezioni da Aspergillus, individuazione di indicatori sistematici volti a fornire un'informazione predittiva sull'eventuale sviluppo di muffe tossigene, effettuazione di controlli pre-raccolta e pre-essicazione per selezionare eventualmente il prodotto in lotti a contaminazione diversificata, progettazione e collaudo di linee di lavorazione con selezionatori optomeccanici di grani alterati, sviluppare test diagnostici rapidi da utilizzare in situ per valutare quali/quantitativamente la concentrazione di aflatossine nel prodotto;
                  d) affrontare eventi non ordinari come le condizioni climatiche nell'annata 2012, ispirandosi anche alla legislazione igienico-sanitaria statunitense;
                  e) ricercare misure, nell'ambito del rapporto con le istituzioni dell'Unione europea, per affrontare le possibili situazioni legate ad eventi naturali eccezionali che comportino conseguenze economiche negative per produttori e stoccatori, incolpevolmente danneggiati;
                  f) creare, con criteri armonizzati, un database nazionale per raccogliere in modo sistematico i dati nazionali provenienti sia dalle attività di controllo ufficiale sia da quelle di atocontrollo aziendale al fine di poter disporre di una attendibile massa critica da fornire in tempi rapidi alle istituzioni della Unione europea ed a quelle internazionali,

impegna il Governo:

          ad assumere, in considerazione della straordinarietà di una situazione in cui la presenza di aflatossine potrebbe pregiudicare oltre il 50 per cento dei raccolti con ingentissimi danni non solo sul prodotto cerealicolo nazionale, ma anche sull'intera filiera agroalimentare, iniziative normative che, in deroga alle disposizioni vigenti dispongano una deroga temporanea, in presenza di adeguate misure di tracciabilità e di possibilità di controllo della stessa, che consenta l'innalzamento dei limiti per le aflatossine nel mais destinato all'alimentazione animale per quelle produzioni, quali carni e uova, in cui questo non comporti rischi per la salute animale e umana, con particolare riguardo alla filiera dei prodotti per l'infanzia e di quelle dedicate a fasce di consumatori potenzialmente più esposte, come ad esempio dei celiaci;
          a vagliare la possibilità di prevedere un criterio di protezione assoluta, sottoposto al principio di precauzione, per la filiera umana e lattiero-casearia, riservando a questa l'impiego del mais meno contaminato e utilizzando la granella a più elevato contenuto di aflatossine per alimentare solo le specie animali che non trasferiscono metaboliti delle aflatossine ai prodotti dalle stesse derivati;
          a ricercare, nell'ambito del rapporto con le istituzioni dell'Unione europea, misure per affrontare le possibili situazioni economiche a rischio di produttori e stoccatori incolpevolmente danneggiati dall'evento naturale eccezionale, anche al fine di evitare tentativi di elusione dei controlli con conseguente rischio di contaminazione delle filiere sensibili.
(7-00974) «Bellotti».


      La XIII Commissione,
          premesso che:
              la siccità e le alte temperature che hanno colpito molte zone del Paese sono un evento atmosferico eccezionale che ha creato – e sta creando tuttora – danni alle coltivazioni agricole, che si avvicinano al miliardo di euro;
              i danni sono ingentissimi e non adeguatamente coperti da assicurazioni;
              per il mais le perdite oscillano dal 30 per cento alla totalità del raccolti sui terreni non irrigati;
              per le colture di soia e barbabietola il danno mediamente si attesta al 50 per cento;
              inoltre ci sono perdite significative di qualità e quantità per i foraggi, il girasole, la frutta estiva, il pomodoro, l'uva, con la vendemmia a rischio, le olive;
              anche la produzione di latte registra un calo significativo;
              in alcune zone si evidenzia un'annata preoccupante anche per fungaie e castagneti, infatti, in assenza di pioggia, non possono crescere adeguatamente, diventando di scarsa commerciabilità;
              tra i molti danni, diretti ed indiretti, provocati o aggravati dalla siccità non vanno dimenticati quelli che sta sopportando la zootecnia; strette nella morsa dell'aumento dei prezzi delle principali materie prime, dei costo del petrolio e dei suoi derivati e della riduzione dei prezzi dei prodotti, le imprese zootecniche italiane sono ormai allo stremo;
              si è delineato, infatti, un quadro economico insopportabile per le aziende zootecniche che si aggrava giorno dopo giorno, nel silenzio e nel disinteresse complessivo verso la loro situazione;
              occorre rilevare, stante il periodico ripetersi di annate di grave siccità, la necessità di attuare con maggiore celerità gli interventi previsti dal piano irriguo nazionale che certamente contribuirebbe a superare le ricorrenti avversità climatiche;
              in tal modo si rischia di perdere un tessuto produttivo vitale e fondamentale per il made in Italy agroalimentare,

impegna il Governo:

          ad assumere iniziative per assicurare un'adeguata dotazione finanziaria per il fondo di solidarietà nazionale con il quale compensare le perdite produttive degli agricoltori e delle regioni maggiormente colpite da tale evento climatico;
          a promuovere in sede di Conferenza Stato-regioni, tramite il Comitato tecnico permanente di coordinamento in materia di agricoltura, un apposito tavolo di lavoro per il ristoro dei danni provocati dalla siccità e per la verifica dell'attuazione degli investimenti riguardanti il piano irriguo nazionale.
(7-00976) «Delfino, Naro».


      La XIII Commissione,
          premesso che:
              l'olio di oliva è nel nostro Paese, in molteplici realtà territoriali, un prodotto di qualità e di eccellenza;
              l'Italia è il primo importatore mondiale di olio che per il 74 per cento viene dalla Spagna, il 15 per cento dalla Grecia e il 7 per cento dalla Tunisia;
              il nostro Paese ha una produzione nazionale di circa 480 mila tonnellate, due terzi dei quali extravergine, e vanta con 43 denominazioni certificate (tra dop e Igp), il maggior numero di produzioni riconosciute dall'Unione europea. L'olio italiano di qualità certificata rappresenta pertanto un'eccellenza delle filiera agricola nazionale e costituisce un importante segmento delle esportazioni italiane;
              nonostante questi risultati, il comparto produttivo dell'olio di oliva di qualità nel nostro paese ha registrato, negli ultimi anni, alcuni preoccupanti segnali di crisi causati prevalentemente dagli alti costi di produzione, dalla scarsa remunerazione per i produttori, dai mutamenti climatici, e da patologie conseguenti, nonché dal crescente numero di contraffazioni;
              il grave problema delle frodi alimentari, soprattutto nel settore olivicolo fa crollare i prezzi del vero extra vergine d'oliva e oltre al danno economico si raffigura anche un danno grave alla salute umana;
              il prezzo pagato agli agricoltori per il vero olio di oliva è crollato del 30 per cento anche per effetto degli inganni e delle frodi che danneggiano il settore e che colpiscono produttori e consumatori;
              i prezzi pagati ai produttori agricoli crollano per effetto della concorrenza sleale provocata dalle contraffazioni nonostante il fatto che i consumi di extravergine delle famiglie sono aumentati del 4,2 per cento nel 2012 e la produzione nazionale si è ridotta addirittura del 6 per cento nell'ultima raccolta;
              l'arrivo di olio di oliva straniero in Italia ha raggiunto il massimo storico di 584mila tonnellate e ha superato la produzione nazionale, in calo nel 2011 a 483mila tonnellate;
              il risultato del sorpasso è il fatto che oggi la maggioranza delle bottiglie di olio proviene da olive straniere senza che questo sia sempre chiaro ai consumatori, ma si assiste anche ad una forte riduzione della qualità dell'olio in vendita, oltre che a una pericolosa proliferazione di truffe e inganni;
              questa situazione, che penalizza il Paese, dal punto di vista economico e produttivo, viene confermata dai risultati della recente indagine promossa dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della contraffazione e della pirateria in campo commerciale e agroalimentare discussa dalla Camera dei deputati approvata il 6 dicembre 2011;
              le frodi e le falsificazioni sottraggono all'agroalimentare nazionale ben 164 milioni al giorno che potrebbero invece generare reddito e occupazione;
              alla Camera dei deputati sono state presentate proposte di legge contro la contraffazione dell'olio di oliva ed in particolare per la promozione di una corretta informazione al consumatore, sottoscritte da numerosi parlamentari di differenti gruppi politici;
              tali proposte di legge sono finalizzate a favorire la crescita delle produzioni di qualità nel settore olivicolo e a contrastare pratiche commerciali scorrette nell'ambito della filiera degli oli di oliva vergine. Un sistema di norme pensate a tutela dei consumatori e della reale concorrenza tra le imprese, in grado di preservare l'autenticità del prodotto, la veridicità della provenienza territoriale e la trasparenza delle informazioni, sia in etichetta che nell'ambito delle pratiche commerciali,

impegna il Governo:

          a costituire un tavolo di filiera presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali al fine di sostenere, insieme alla Conferenza Stato-Regioni, efficaci e coordinate azioni di sostegno, di controllo e di promozione della produzione dell'olio di oliva italiano;
          a verificare le iniziative promosse dalle organizzazioni produttive per realizzare un più forte e qualificato coordinamento delle azioni portate avanti per lo sviluppo di marchi e di attività di promozione mirati alla efficace valorizzazione dell'olio extravergine nazionale.
(7-00977) «Delfino, Naro».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
          l'ambasciatore degli Stati Uniti in Libia, J. Christopher Stevens, tre funzionari americani e una decina di poliziotti libici sono stati uccisi martedì 11 settembre 2012 sera durante l'attacco al consolato di Bengasi, perpetrato da esponenti di una milizia islamica, che ha rivendicato l'assalto e il saccheggio del consolato stesso;
          l'azione è iniziata in serata, intorno alle 21,30, quando una folla armata di lanciarazzi e armi automatiche ha preso d'assalto l'edificio, dandolo poi alle fiamme. Gli assalitori hanno poi issato la bandiera nera islamica al posto di quella americana; gli scontri sono andati avanti per diverse ore e vi avrebbero preso parte diversi membri della milizia islamica Ansar al-Sharia, che ha rivendicato l'attacco spiegando che si è trattato di una vendetta per l'uccisione di Abu Yahya al-Libi, cittadino libico e numero due di al-Qaeda;
          tale ipotesi è sostenuta anche dal fatto che una bomba fu fatta esplodere nelle vicinanze del consolato Usa a Bengasi dopo che a giugno Washington aveva annunciato l'uccisione di Abu Yahya al-Libi;
          martedì 11 settembre sera è stata attaccata da dimostranti anche l'ambasciata americana al Cairo, a causa di un film su Maometto, prodotto da egiziani copti negli Stati Uniti, considerato blasfemo e offensivo per l'Islam e che ha causato rimostranze anche a Tunisi, in Afghanistan (dove i talebani hanno invocato la guerra santa contro gli Stati Uniti) e in Iran;
          il sottosegretario libico agli interni, Wanis al-Sharif ha dichiarato che «gli Stati Uniti avrebbero dovuto ritirare il loro personale diplomatico in Libia quando la notizia della produzione di un film “blasfemo” sul profeta Maometto ha cominciato a diffondersi e nonostante ci fosse già stato un incidente simile quando Abu Yahya al-Libi è stato ucciso. Sarebbe stato necessario che prendessero precauzioni, è una loro colpa che non le abbiano prese»;
          all'ipotesi che collega l'attacco all'uscita del film su Maometto si riferisce anche il Vaticano, il cui portavoce p. Lombardi ha dichiarato come le «ingiustificate offese e provocazioni» hanno scatenato ancora una volta episodi di «violenza inaccettabile». «Il rispetto profondo per le credenze, i testi, i grandi personaggi e i simboli delle diverse religioni è una premessa essenziale della convivenza pacifica dei popoli». «Le conseguenze gravissime delle ingiustificate offese e provocazioni alla sensibilità dei credenti musulmani – ha aggiunto – sono ancora una volta evidenti in questi giorni, per le reazioni che suscitano, anche con risultati tragici, che a loro volta approfondiscono tensione ed odio, scatenando una violenza inaccettabile;
          le autorità libiche hanno tuttavia accusato anche i sostenitori dell'ex regime di Muammar Gheddafi, i quali sarebbero in collera per l'arresto di Abdullah al-Senussi, ex capo dell’intelligence libica ai tempi del dittatore ed estradato in Libia la scorsa settimana dalle autorità mauritane oltre alla rete di al-Qaeda per l'attacco contro il consolato statunitense a Bengasi;
          ferme condanne all'atto terroristico sono state espresse da Capi di Stato e di Governo, dalle Nazioni Unite, la NATO e l'alto rappresentante per la politica estera dell'Unione europea Catherine Ashton;
          il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, precisando che «non ci sono giustificazioni» per quanto accaduto ieri, ha dichiarato che l'attacco contro il consolato americano di Bengasi è stato portato a termine «da un gruppo di dimensioni ridotte e barbaro»;
          il presidente americano Barack Obama ha dichiarato che gli Stati Uniti «lavoreranno con le autorità libiche per individuare e assicurare alla giustizia “gli assassini” autori dell'attacco all'ambasciata Usa in Libia», inviando al contempo 200 marine e due navi da guerra per rafforzare la sicurezza nelle sedi diplomatiche di Tripoli e Bengasi;
          le autorità libiche hanno disposto lo stato d'allerta per le forze di polizia del paese, che a Tripoli sono state già dispiegate in vista dell'elezione del Primo ministro da parte dell'Assemblea nazionale della Libia, prevista per il 12 settembre 2012 e che è stata inizialmente annullata per motivi di sicurezza; il 13 settembre 2012 l'Assemblea nazionale libica ha eletto l'ex vice premier Mustafa Abu Shagour (ha cominciato la sua carriera come accademico negli Stati Uniti prima di ritornare in Libia l'anno scorso) come nuovo primo ministro per un periodo di transizione di 18 mesi;
          la Libia ha votato il 7 luglio 2012 nel solco di una tradizione moderata, mettendo da parte le ideologie, per eleggere un Governo rappresentativo che portasse sicurezza e ricostruisse la nazione, per creare una nuova costituzione e diventare un modello di governo democratico in quella che si può definire una «politica» a maggioranza islamica;
          la sicurezza è uno dei problemi fondamentali che il nuovo Governo deve affrontare, considerando le molte armi ancora in mano alle milizie e il fatto che tali milizie non siano state ancora smantellate;
          in occasione della visita del Governo italiano a Tripoli, il presidente del Consiglio Mario Monti e il premier libico Abdel Rahim Al Kib hanno firmato un «patto» di amicizia, la «Tripoli declaration» in cui le due parti hanno concordato di valutare e costruire i loro rapporti, a partire dagli «accordi già sottoscritti fra loro, andando avanti con la realizzazione delle varie attività attraverso commissioni tecniche specializzate nei vari settori» di interesse reciproco;
          il documento è ispirato «alle vittorie della rivoluzione del 17 febbraio» e, ricordando «i martiri che hanno sacrificato le loro vite per permettere libertà e dignità al popolo libico» riafferma «la speranza dei libici di costruire un nuovo Stato basato sulla democrazia, sui diritti umani e sulla promozione della pace regionale e internazionale, della sicurezza e dello sviluppo»;
          in tale sede l'Italia si è impegnata ad aiutare le autorità libiche a proteggere i confini del Paese nordafricano e le sue strutture petrolifere raggiungendo una prima intesa per quanto riguarda i crediti legittimi da parte di enti libici verso la Penisola e viceversa; è stato inoltre sottoscritto un accordo per la pesca che prevede una cooperazione economica, tecnica e scientifica fra i due Paesi anche per la lavorazione, trasformazione e commercializzazione di prodotti ittici e la cantieristica navale; nell'ambito della sicurezza il Ministro della difesa ha annunciato, sempre in tale sede, la firma di un accordo di cooperazione che prevede la formazione in Italia di 250-300 libici (non solo fra i militari) e l'invio di 100 addestratori in Libia; si è poi definito l'ulteriore contributo italiano alla stabilizzazione del Paese, a partire dalla sicurezza, il controllo delle frontiere, la formazione ed il reintegro dei miliziani, il disarmo e la messa in sicurezza degli ordigni chimici e convenzionali, la collaborazione bilaterale sulla quantificazione gestione dei flussi migratorie e la cooperazione sanitaria  –:
          se e come il Governo intenda realizzare gli obiettivi di cui alla dichiarazione di Tripoli, in particolare sul versante della sicurezza, vista la situazione riportata in premessa.
(2-01663) «Pianetta, Renato Farina, Corsaro, Crolla, Boniver, Osvaldo Napoli, Malgieri, Angeli, Biancofiore, Picchi, Porcu, Bernardo, Rosso, Formichella, Dell'Elce, Torrisi, Sisto, Cassinelli, Contento, Savino, Ventucci, D'Alessandro, Nizzi, Toccafondi, Bertolini, Landolfi».

Interrogazione a risposta orale:


      BIANCONI e BECCALOSSI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          nel Corriere della Sera del 16 ottobre 2011, il Presidente del Consiglio oggi in carica, invitava in un articolo – in modo perentorio, anche se in un'ovattata prosa semicuriale, non scevra da qualche pretesa ironia – l'ex Presidente del Consiglio a farsi da parte anche al fine di risparmiare «all'Italia se non il ludibrio, almeno il biasimo per aver causato il disastro»;
          il «disastro» a parere dell'odierno Presidente del Consiglio sarebbe stato quello, nella sostanza, di «trasformare l'Italia da Stato fondatore in Stato affondatore dell'Unione Europea» e «di rendere ancora più precario il futuro e la stessa dignità del popolo italiano»;
          l'invito nasceva dalla constatazione a suo dire, che la «permanenza in carica dell'attuale presidente del Consiglio (la “p” minuscola è la sua n.d.r.)» era vista «come una circostanza ormai incompatibile con un'attività di governo adeguata, per intensità e credibilità a sventare il rischio di crisi finanziaria a creare una prospettiva di crescita»;
          nello stesso articolo l'attuale Presidente del Consiglio precisava scultoreo che «le principali responsabilità di questa situazione vengono attribuite al Governo Italiano in carica da circa tre anni e mezzo» (riferito al Governo Berlusconi n.d.r.);
          in quello scritto, dal Presidente del Consiglio oggi in carica veniva anche lumeggiato uno scenario di discredito internazionale del Governo italiano allora in carica che – si capiva – non aiutava certo e, per implicito auspicava una netta inversione di tendenza, con il ricorso a personalità credibili e accreditate;
          fu, per inciso, in quell'occasione che l'odierno Presidente del Consiglio ipotizzava che all'allora presidente del Consiglio (la minuscola è sempre sua n.d.r.) «forse fanno velo un'ovattata percezione della realtà e una cerchia di fedelissime e fedelissimi che, a giudicare dalle apparizioni televisive, toccano livelli inauditi di servilismo»;
          due settimane più tardi, il 30 ottobre 2011, l'odierno Presidente del Consiglio, pensò non più di redigere un articolo, ma di scrivere direttamente una lettera all'allora Presidente del Consiglio, pubblicata anch'essa nel Corriere della Sera;
          in questa lettera l'attuale Presidente del Consiglio espone, a parere degli interroganti, tesi e teorie assai discutibili, che rilette oggi, alla luce degli accadimenti e delle certezze acquisite, la dicono lunga sui punti di vista soggettivi ed opinabili di chi le scrisse, soprattutto la tesi, invero curiosa, che «l'euro non è in crisi» e che quindi per conseguenza non necessiterebbe di alcuna azione per salvarlo;
          la sostanza di quella lettera era che il problema italiano era una «crescita inadeguata» e che era necessario costruire il Governo economico europeo «con un'Italia che con altri, Germania e Francia, concorresse attivamente a plasmarlo anziché come sta avvenendo con un'Italia costretta ad accettare passivamente forme di Governo dell'economia che vengono improvvisate soprattutto allo scopo di “disciplinare” il nostro Paese»;
          la lettera terminava con un sostanziale invito, a passare la mano, ed invitava a rinunziare al populismo e a futuri successi elettorali e ad un evidente addebito di storiche responsabilità su possibili fallimenti e disastri apocalittici;
          tutto poi si svolse secondo gli auspici e i desiderata dell'odierno Presidente del Consiglio. Si è avuto così un Presidente del Consiglio stimato e accreditato in tutto il mondo. Da Obama ai circoli finanziari e intellettuali dell'Occidente, dai «mostri sacri» della finanza e del mondo bancario, dalle istituzioni europee, dalla Germania, dalla Francia e altri;
          in Italia si è avuto un Presidente del Consiglio, voluto, sostenuto dal Presidente della Repubblica, da tutti i maggiori poteri, di qualsiasi genere e natura, con un sostegno mediatico senza precedenti nella storia nazionale, con una maggioranza di 4/5 circa delle forze parlamentari;
          la causa del disastro era finalmente rimossa ed incominciava la faticosa opera di un Governo, per usare le parole dell'odierno Presidente del Consiglio, «adeguato», «compatibile», «credibile», «creatore di prospettive di crescita», garante «del futuro e della dignità del popolo italiano», solido di un credito internazionale, forte di aiuti e sostegni mondiali, europei, nazionali, senza precedenti, libero da obblighi populisti ed elettoralistici capace di creare «un'inversione di tendenza»;
          ma soprattutto un Governo libero di operare come meglio credeva a tutto campo cosicché in Italia vi potesse essere una «crescita adeguata» e l'Italia fosse artefice in parità con Francia e Germania dell'Europa e non più costretta ad accettare le imposizioni europee (e germaniche) spesso «improvvisate»;
          sono di questi giorni le sintesi dell'opera di questo Governo a quasi un anno da quegli scritti del Corriere della Sera, a giudizio degli interroganti vero impegno programmatico del Governo Monti. Dalle parole ai fatti, e i fatti si dimostrano dati alla mano. E si può passare quindi ai dati;
          a fine agosto 2012 infatti l'Istituto di statistiche dell'Unione europea ha divulgato i dati sull'andamento dell'economia nell'eurozona;
          le statistiche riguardanti la salute del nostro Paese indicano come la crescita adeguata sia stata una mera enunciazione, una promessa populista ancorché secondo gli interroganti formulata con aristocratico, distaccato, asettico linguaggio;
          le statistiche europee dicono che per l'Italia il prodotto interno lordo si attesta sui seguenti valori:
              2o trimestre 2011: -0,2 per cento;
              2o trimestre 2012: -2,5 per cento;
              l'ISTAT ha precisato il dato annuo: -2,6 per cento;
              rapporto debito-prodotto interno lordo:
                  2o trimestre 2011: 119,5 per cento;
                  2o trimestre 2012; 123,3 per cento;

              inflazione:
                  luglio 2011: 2,1 per cento;
                  luglio 2012: 3,6 per cento;
              disoccupazione:
                  giugno 2011: 8,1 per cento;
                  giugno 2012: 10,8 per cento;

              produzione industriale:
                  giugno 2011 (base 2005): 86,3 per cento;
                  giugno 2012 (base 2005): 82,6 per cento;
          nonostante dunque la realtà virtuale e populista enunciata dal professor Monti e dai suoi loquaci colleghi, in uno con un tam tam mediatico senza precedenti, dopo circa un anno di lavoro indefesso, senza opposizione di rilievo, con un uso abnorme di fiducie e di decretazione d'urgenza, avendo il sostegno di tutti i poteri che contano in campo nazionale europeo e mondiale, non c’è stata crescita, se non dei dati negativi, anche nell'unico settore dove l'Italia nell'Unione europea era virtuosa e cioè quello dell'occupazione;
          si è battuto ogni record nazionale per perdita di posti di lavoro (un milione e mezzo) e come precisa l'ISTAT è stato battuto un altro record e cioè la diminuzione della capacità di consumo delle famiglie: -10 per cento;
          né varrebbe invocare la crisi dell'Eurozona, sia perché sia pur nella crisi, il differenziale in negativo, nei confronti del nostro Paese cresce vistosamente, sia perché tale crisi era già presente e se ne ravvedevano gli sviluppi già al tempo degli articoli del professor Monti, il quale sicuramente più di altri, visti gli incarichi, gli accrediti, il curriculum, avrebbe dovuto metterla nel conto nel momento nel quale attribuiva al Governo di centro-destra ogni tipo di responsabilità e di incapacità nel superare le difficoltà e si proponeva di fatto come successore;
          non c’è dubbio dunque che le promesse a giudizio degli interroganti populiste dell'odierno Presidente del Consiglio si siano rivelate fallaci;
          come è di tutta evidenza che la «cura» alla quale il Governo Monti accreditato come credibile, competente, efficiente non ha prodotto che effetti negativi;
          l'aumento delle imposte e delle tasse indiscriminato ha depresso i consumi e ha causato un balzo inflattivo. La visione ragionieristica, che appare agli interroganti vicina a quella di un commissario giudiziale concordatario, che ha guidato i provvedimenti governativi, ha prodotto un innesco micidiale (noto peraltro sia alla pratica che alla dottrina) di inflazione-deflazione, depressione-crollo psico-economico, rischio di rottura della coesione sociale. Insomma, un disastro;
          viste le competenze degli attuali Ministri e vista la notorietà di questo processo si fa fatica a pensare che tutto ciò non sia stato intenzionale;
          recessione strutturale, aumento del differenziale debito-prodotto interno lordo, diminuzione (ovvia) delle entrate tributarie, riduzione delle transazioni, si sono accompagnate a misure devastanti, quali l'IMU e l'aumento delle accise sui carburanti;
          l'IMU ha avuto come effetto quello di far precipitare l'acquisto di immobili al 62,7 per cento rispetto al 69,3 per cento del 2011, nonostante la evidente diminuzione dei valori immobiliari;
          quest'ultima ha comportato la devastazione del comparto «ricchezza privata», pilastro positivo dell'economia italiana del 20 per cento circa, per la parte relativa ai beni immobili posseduti da privati. Così per incassare 23-25 miliardi di euro se ne sono bruciati in termini di ricchezza circa 800;
          un'agenda dunque, quella del Governo in carica, che ha procurato un danno evidente al Paese, che solo un anno fa, seppur vittima della crisi e sotto attacco della speculazione, aveva degli indicatori economici che continuavano a tenere; oggi, invece, il fallimento emerge senza possibilità di dubbio da tutti gli indicatori economici: la serie di provvedimenti adottati non ha giovato all'Italia aggravandone la situazione. Tra l'altro, anche Il Sole 24 ore nei giorni scorsi ha messo in evidenza come la maggior parte dei provvedimenti del Governo in carica non sia nemmeno entrata in vigore: moltissime misure hanno bisogno di decreti attuativi, e fin qui se ne sono visti poco più di uno ogni dieci necessari;
          questa è la dimostrazione secondo gli interroganti che efficienza, competenza e credibilità non hanno dato certo i frutti promessi;
          ma al di là dei dati negativi in assoluto, il dato allarmante – nonostante i proclami ad avviso degli interroganti populisti del professor Monti e dei suoi colleghi – è il confronto con gli altri Paesi dell'Eurozona;
          la distanza su tutti gli indicatori dell'economia fra l'Italia e il resto dei Paesi dell'area euro si è notevolmente allargata nell'ultimo anno. È quindi fallito il cuore della missione che il Premier si era dato: portare l'Italia più vicino agli altri Paesi europei, governare un Paese in grado di essere artefice in parità con Francia e Germania dell'Europa. Sembra però difficile farlo se proprio negli ultimi mesi la parità con gli altri Paesi sembra essere un risultato più che mai lontano;
          parità che è smentita nei fatti, non fosse altro dalla diversità di iter sul cosiddetto «fondo salva Stati», appeso per mesi, nonostante le urgenze dei mercati, alla decisione della Corte costituzionale germanica;
          ulteriore dimostrazione di un'altra promessa demagogica e populista del professor Monti, di una supposta possibilità tra Germania e quanto meno tra gli altri Paesi più importanti, nella conduzione dell'Eurozona. Laddove è quotidianamente dimostrata la incontestata leadership germanica basata però sull'anteposizione degli interessi e della sovranità nazionale alle finalità comunitarie;
          il che rimanda all'altro dossier del Governo Monti sulla perdita progressiva di sovranità nazionale, già in alcune scelte di variazione costituzionale e ben lumeggiata sul medesimo Corriere della Sera dal professor Galli Della Loggia;
          ordunque, c’è la convinzione negli interroganti che all'odierno Presidente del Consiglio non facciano velo un'ovattata percezione della realtà e una cerchia di fedelissime e fedelissimi, che a giudicare dalle apparizioni televisive, dagli scritti giornalistici, dalle dichiarazioni in ogni luogo, toccano, ad avviso degli interroganti, livelli di inaudito servilismo  –:
          se attese le promesse, le premesse, le dichiarazioni e visti i risultati, non ritenga opportuno rivedere le proprie posizioni e agire di conseguenza magari rimettendo senza ritardo il proprio mandato e passare la mano, sia per la credibilità delle istituzioni democratiche del nostro Paese, sia per risparmiare a se stesso il ludibrio e il biasimo degli italiani per aver causato il disastro. (3-02469)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      LOLLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:
          con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n.  3898 del 17 settembre 2010, all'articolo 4, è stata istituita una struttura di missione con sede a L'Aquila al fine di gestire efficacemente le procedure amministrative connesse alle occupazioni d'urgenza ed alle espropriazioni finalizzate alla realizzazione di moduli abitativi di durevole utilizzazione, di cui all'articolo 2 del decreto-legge n.  39 del 28 aprile 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n.  77, nonché di moduli abitativi provvisori e di moduli scolastici ad uso provvisorio di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n.  3790 del 9 luglio 2009, e connesse opere di urbanizzazione. Inoltre, con l'articolo 1 del predetto decreto-legge n.  39 del 2009 si è disposto di tenere nel territorio della città di L'Aquila il grande evento dell'organizzazione del Vertice G8, e pertanto con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n.  3954 del 22 luglio 2011 sono state affidate alla medesima struttura anche le procedure amministrative connesse alle occupazioni d'urgenza e le espropriazioni delle aree ritenute necessarie a consentire lo svolgimento del G8 a L'Aquila;
          la citata struttura ad oggi governa procedimenti concernenti le espropriazioni dei suoli occupati relative a circa 6.000 (seimila) particelle catastali, a fronte di 25.000 (venticinquemila) aventi diritto, il cui costo preventivato è di circa 200.000.000,00 (duecentomilioni) di euro di cui 90 milioni già impegnati con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n.  4013 del 23 marzo 2012;
          detta struttura inoltre opera in ragione di una normativa derogatoria alla procedura ordinaria in materia di espropriazioni per pubblica utilità limitando i tempi e contenendo in maniera rilevante i costi relativi agli indennizzi per esproprio definitivo ed indennità di occupazione temporanea. Si vedano le ordinanze (articolo 4 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3857 del 10 marzo 2010, articolo 12 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3978 dell'8 novembre 2011, articolo 7 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3996 del 17 gennaio 2012 e articolo 25 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 4013 del 23 marzo 2012);
          con l'articolo 67-bis, comma terzo, del decreto-legge sopra citato, il personale (non apicale) della struttura in parola è stato provvisoriamente assegnato dal 16 settembre 2012 al 31 dicembre 2012 agli enti locali dismettendo in un sol colpo con detta norma, l'organizzazione di una struttura fondamentale per il governo dei processi correlati alle espropriazioni in atto, ed omettendo di conservare le deroghe normative di facilitazione dei procedimenti in corso a mente delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri citate;
          la struttura non presta la sua opera solo per il comune di L'Aquila bensì per tutti i comuni del cratere sismico del territorio abruzzese, e una cessazione anche temporanea di queste attività produce nell'immediato, un aggravio di spesa per lo Stato in termini di indennità di occupazione, di circa 700.000,00 (settecentomila) euro al mese a scalare [circa 20.000,00 (ventimila) euro al giorno], dovuto al ritardo nel pagamento delle indennità di occupazione, oltre gli interessi legali (nella misura del 5 per cento annuo) da computarsi su tutte le indennità espropriative, nonché la dispersione del know-how operativo e gestionale maturato dalle unità di personale assegnato alla struttura di missione delineando, così, uno stallo dei procedimenti espropriativi e vanificando il lavoro e le attività ad oggi poste in essere con gravi ripercussioni sul già martoriato tessuto economico e sociale della città dell'Aquila e dei comuni del cratere;
          la criticità sopra esposte risultano confermate anche dal capo del dipartimento della protezione civile nazionale dottor Franco Gabrielli nella nota pervenuta al Ministero dell'economia e delle finanze n.  CG/0058970  –:
          quali iniziative si intendano assumere, permanendo la necessità di liquidare gli indennizzi da riconoscere per le occupazioni d'urgenza e le espropriazioni poste in atto correlate al sisma:
              a) per il mantenimento dell'impianto normativo in deroga preesistente, attraverso specifiche ordinanze per far sì che siano contenuti i costi per lo Stato ed accelerate le procedure di indennizzo (un esempio, superamento della terna arbitrale dei tecnici, e della commissione provinciale sugli espropri);
              b) per il trasferimento dei fondi necessari (attualmente le risorse risultano assegnate alla protezione civile nazionale) per la liquidazione degli indennizzi ed in capo a quali enti, tenendo conto che l'attività di determinazione della stima e la relativa comunicazione agli aventi diritto deve necessariamente avvenire per termine di legge entro il 31 dicembre 2014;
              c) per la proroga di tutte le convenzioni poste in atto dal dipartimento della protezione civile (una su tutte, la convenzione con l'Agenzia del territorio del 26 novembre 2012 ed ulteriori proroghe, concernente l'attività estimale e catastale) e dei contratti posti in essere dalla struttura di missione per la definizione delle procedure amministrative di liquidazione (ad esempio il software gestionale utilizzato e modificato appositamente per tale tipo di lavorazione straordinaria o i contratti per l'accatastamento delle unità immobiliari urbane);

          se, in considerazione delle complessità e delle problematiche in essere, non sia il caso di mantenere l'impianto organizzativo preesistente della struttura di missione, al fine di evitare un inutile aggravio di costi sull'erario per le motivazioni di cui in premessa. (5-07788)


      BOBBA e ROSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          in data 6 settembre 2012 il quotidiano La Stampa pubblicava un articolo dal titolo «Il ministro “sponsor” del Quadrante», nel quale si riporta la corrispondenza tra Roberto Simonetti, presidente della provincia di Biella e il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, Filippo Patroni Griffi;
          l'articolo citato riportava la seguente ricostruzione: «Simonetti gli aveva scritto il 28 luglio, perorando la causa del Quadrante. Il ministro ha risposto il 10 agosto, anche se poi la lettera è arrivata solo a Parlamento riaperto. Patroni Griffi scrive quasi come un innamorato: “molto accurato, acuto e ben documentato” lo studio che il presidente leghista ha allegato alla sua lettera, per dimostrare che la quadri-Provincia è l'unica cosa seria da fare. “Trovo che la sua proposta – amoreggia il ministro – dia corpo a una lettura corretta ed anzi avanzata delle esigenze che hanno spinto governo e Parlamento a delineare la speciale procedura di riordino”. Patroni Griffi invita Simonetti a combattere, ossia ad “adoperarsi affinché la sua proposta ottenga il necessario sostegno in seno al Consiglio delle autonomie locali, di cui lei è componente, e in Regione”.»;
          a parere dell'interrogante, ma anche del presidente della provincia di Vercelli, Carlo Riva Vercellotti, l'iniziativa del Ministro Filippo Patroni Griffi rivolta al rappresentante di un singolo ente, incide gravemente sulle prerogative e sulle competenze di altre istituzioni pubbliche chiamate congiuntamente a raggiungere l'obiettivo di «riordino» delle province piemontesi secondo i criteri e la metodologia prevista dall'articolo 17 della legge 135 del 2012;
          secondo l'articolo 133 della Costituzione, l'articolo 21, comma 3, del testo unico enti locali di cui al decreto legislativo n.  267 del 2000 e l'articolo 4, comma 6, della Carta europea dell'autonomia locale, ratificata con la legge 3 dicembre 1989, n.  439, il riordino da formalizzare non può prescindere dalla partecipazione, dal coinvolgimento e dalla condivisione da parte dei comuni, nonché degli organismi territoriali rappresentativi della società civile;
          ad oggi questi momenti di partecipazione e condivisione sono ancora in corso al fine di consentire, nei termini previsti, la presentazione al Governo di una proposta definitiva;
          a parere dell'interrogante la corrispondenza-iniziativa del Ministro è censurabile sia per la sua gravità e per la violazione dei canoni di imparzialità ed indipendenza, sia perché invade le prerogative e le competenze di altre istituzioni pubbliche nella misura in cui un rappresentante del Governo esprime, sine titulo, giudizi di gradimento verso «ipotesi di riordino» non ancora partecipate, né portate all'esame e alla valutazione dei comuni, del consiglio delle autonomie locali e della regione Piemonte;
          in particolare, l'esortazione del Ministro così come riportata dal quotidiano («Patroni Griffi invita Simonetti a combattere, ossia ad “adoperarsi affinché la sua proposta ottenga il necessario sostegno in seno al Consiglio delle autonomie locali, di cui lei è componente, e in Regione”») appare ancora più grave, in quanto si potrebbe interpretare come tentativo di far pressione politica presso la regione Piemonte perché «l'ipotesi gradita» dal Ministro possa sortire l'effetto desiderato  –:
          se non si ritenga urgente e doveroso verificare e chiarire quanto prima le dichiarazioni del Ministro di cui in premessa e, nel caso, e richiamare il Ministro a ristabilire la priorità e l'importanza della partecipazione, del coinvolgimento e della condivisione da parte dei comuni, nonché degli organismi territoriali rappresentativi della società civile. (5-07791)

Interrogazioni a risposta scritta:


      LO MORO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          all'inizio di agosto la Corte dei Conti ha depositato in Parlamento un documento di analisi sullo stato dell'edilizia carceraria in Italia;
          ampi stralci dell'indagine sono dedicati al completamento dei carcere di Arghillà di Reggio Calabria che dovrebbe essere utilizzabile tra il 2014 e il 2015, grazie alle risorse di 21,5 milioni di euro e al suo inserimento nel piano carceri così come aggiornato all'inizio dell'anno;
          nel corso del 2011 i 21,5 milioni sono stati impegnati a favore del commissario delegato il quale ha indicato quale stazione appaltante il provveditorato interregionale alle opere pubbliche per la Sicilia e la Calabria;
          il carcere di Arghillà da anni costruito manca delle strutture complementari come le strade di accesso;
          in Calabria, così come in tutta Italia il fenomeno del sovraffollamento delle carceri sta creando non pochi problemi dal punto di vista della convivenza dei detenuti e del personale della polizia penitenziaria costretto a turni defatiganti e a condizioni di lavoro a limite;
          a questo proposito si ricorda che solo alcuni giorni fa nel carcere di Rossano a Cosenza, due agenti sono stati aggrediti da un detenuto e hanno riportato lesioni giudicate guaribili in 7 giorni. I sindacalisti del Sappe, Giovanni Battista Durante e Damiano Bellucci, hanno ricordato come episodi simili si stiano verificando sempre con più frequenza a causa delle condizioni precarie in cui si trovano a vivere i detenuti all'interno delle carceri dovuta al sovraffollamento degli istituti di pena;
          i sindacati chiedono la nomina di un provveditore alle carceri assente da circa tre anni in Calabria;
          ad oggi sono circa 2978 i detenuti ospitati nelle strutture calabresi a fronte di una capacità di 1870 posti  –:
          se, a fronte dei fatti esposti in premessa, non si ritenga di porre l'attenzione sulla vicenda e possibilmente accelerare il completamento del carcere di Arghillà che potrebbe ospitare una volta messo in funzione 150 detenuti;
          se non si intenda provvedere alla nomina di un provveditore generale delle carceri calabresi che si occupi della Calabria a tempo pieno, garantendo la possibilità agli operatori penitenziari di avere un interlocutore istituzionale, come già chiesto nell'interrogazione 4-15754. (4-17606)


      REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          è in corso di svolgimento a Milano la Manifestazione fieristica «Milano Unica», tra i più importanti eventi mondiali del settore;
          durante la cerimonia inaugurale alla presenza del Presidente del Consiglio dei ministri, il presidente di Milano Unica Silvio Albini ha rivolto — tra l'altro — al Governo una serie di richieste lanciando al contempo l'appello che segue: «Presidente Monti, Lei conosce molto bene i problemi e le zavorre che gravano sull'industria e, in particolare, sul nostro comparto: fiscalità eccessiva, costo del lavoro troppo alto, ma basso quando arriva in busta paga, costi dell'energia troppo alti rispetto alla media europea; difficoltà a finanziare l'incessante necessità di innovazione di processo e di prodotto; burocrazia...»;
          il comparto del tessile-abbigliamento-calzatura-pelletteria rappresenta una colonna insostituibile del tessuto economico e produttivo italiano  –:
          se e quali iniziative il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere per fornire adeguate risposte alle sollecitazione degli imprenditori tessili. (4-17610)


      REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          in sede di insediamento dell'attuale Governo — durante il dibattito sul voto di fiducia — l'interrogante ha sostenuto che l'attuazione delle politiche annunciate dal Governo avrebbe causato una forte contrazione dell'attività economica, portando il Paese ad una vera e propria recessione;
          il Governo opponeva stime di crescita prossime allo zero, rifiutandosi di correggere — anche durante l'approvazione dei provvedimenti successivi — gli errori che si stavano commettendo a detta di molti, tra cui l'interrogante;
          i dati OCSE diffusi recentemente assegnano al nostro Paese per l'anno in corso una diminuzione del PIL di almeno il 2,4 per cento, dato non previsto in nessuna relazione del Governo;
          se e come il Governo giustifichi i propri errori di valutazione sulle stime e sull'impatto delle manovre attuate;
          se e come intenda porvi rimedio;
          se e come i Ministri interrogati intendono rapportarsi al Parlamento nel modo più corretto, ammettendo i propri errori e traendone le opportune valutazioni e conseguenze ovvero perlomeno sottoponendo le propri giustificazioni al Parlamento. (4-17613)


      GALLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il Tribunale di Napoli ha dichiarato ammissibile, ai sensi dell'articolo 140-bis del codice del Consumo, la class-action promossa da Asso-Consum Associazione di tutela dei consumatori contro la Banca della Campania s.p.a (parte del gruppo Banca popolare dell'Emilia Romagna), che ha applicato unilateralmente su conti non affidati la commissione di mancanza fondi; quest'ultima si è rivelata infatti identica alla commissione di massimo scoperto, abolita per legge nei casi di assenza di fido dal Testo unico bancario;
          a titolo esemplificativo si cita parte del contenuto delle dichiarazioni di Assoconsum, da cui si apprende che Banca della Campania ha applicato su conti non affidati interessi per 122 euro circa per uno scoperto di 550 euro per 22 giorni;
          tale tasso appare ricadere nel caso di usura, tanto che la stessa Associazione si è rivolta alla magistratura per verificare se vi siano gli estremi di tale fattispecie;
          Assoconsum ha manifestato inoltre l'intenzione di intentare un'ulteriore class action nei confronti del gruppo BPER in quanto alcuni correntisti si sono rivolti all'associazione in cerca di tutela per analoghi fatti;
          le recenti innovazioni legislative promosse dal Governo sanzionano tali comportamenti;
          la realtà economica in cui versa il Paese rende indispensabile sia a livello familiare che a livello imprenditoriale la possibilità di accedere al credito nelle migliori condizioni possibili e nella totale chiarezza e trasparenza contrattuale  –:
          quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di evitare la possibilità che vi siano iniziative in evidente contraddizione con le norme che vietano l'applicazione di commissioni di massimo scoperto;
          se non si intendano assumere iniziative, anche normative, per eseguire un'azione di monitoraggio e verifica delle condizioni applicate in relazione alle normative vigenti a tutela dei risparmiatori anche al fine di evitare una compromissione dei diritti dei risparmiatori medesimi. (4-17629)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      CODURELLI, FEDI, BUCCHINO, PORTA e TEMPESTINI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          S.C. giovane volontario di Sirtori (Lecco) è stato arrestato nel giugno 2012 con l'accusa di violenza sessuale su minore in Guatemala. Rimesso dopo pochi giorni in libertà, dietro cauzione, è rimasto in questa condizione fino alla metà di agosto 2012, quando è iniziato il processo. Il processo è stato aggiornato al mese di ottobre e se condannato rischia fino a dieci anni di prigione;
          il giovane volontario da circa 7 anni lavora nel Paese sudamericano occupandosi di progetti di sviluppo e sostegno alle popolazioni locali nella zona di San Luca;
          è accusato di aver abusato di una bambina di appena sette anni, un'alunna di una scuola che lui stesso ha contribuito a realizzare. La piccola, secondo quanto riferiscono le fonti di informazione locale, ha rivelato ai genitori di essere stata molestata più volte, l'ultima il 7 giugno;
          S.C. si è sempre proclamato innocente e molti insegnanti ed alunni della scuola in cui il giovane collabora si sono mobilitati in suo sostegno;
          dopo due mesi di indagini e accertamenti non sono emerse prove di reato se non appunto le testimonianze della presunta vittima e i medici che hanno visitato la bambina asseriscono che non c’è stata alcuna violenza sessuale;
          i genitori del giovane volontario hanno chiesto da subito sostegno all'ambasciata italiana in Guatemala e a fine agosto l'interessamento e l'intervento dei funzionari e dei diplomatici della Farnesina nonché di Amnesty International;
          nell'ultima comunicazione con il Ministero degli affari esteri i genitori di S.C. esprimono crescente preoccupazione per la situazione del figlio che a loro giudizio appare sempre più come un complotto, vista l'assenza di prove di colpevolezza e l'accanimento di pubblici ministeri e avvocati nei suoi confronti;
          secondo i genitori del volontario, inoltre, gli avvocati difensori non possono fare molto perché nelle udienze qualunque argomentazione o prova a discolpa da loro presentata, viene puntualmente e categoricamente respinta, i rappresentanti dell'ambasciata non vengono ammessi alle udienze, ed è stata negata al ragazzo la presunzione di innocenza prevista dalla legge  –:
          se sia a conoscenza del grave fatto esposto in premessa che coinvolge un nostro connazionale all'estero, se intenda acquisire elementi d'informazione, ove non risultassero già in possesso dell'ambasciata al fine di fornire una dettagliata relazione alla famiglia, contenente anche indicazioni precise sul sistema giudiziario locale, oltre ad adottare tutte le azioni diplomatiche e bilaterali tese a consentire la tutela legale del nostro connazionale.
(5-07790)

Interrogazioni a risposta scritta:


      JANNONE. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il fenomeno del «turismo sessuale» riguarda tre milioni di persone in tutto il mondo. Ci sono gli «occasionali», ma molti si organizzano attraverso «agenzie» che, ormai, si sono specializzate in questo tipo di «prodotti». A Fortaleza e Natal (Brasile) ogni anno arrivano circa 700 mila persone, un decimo sono nostri connazionali. Molti si limitano a un'esperienza con ragazze più grandi, ma tanti altri possono essere definiti pedofili. Questo mercato molto proficuo non conosce crisi e vede gli italiani in prima fila. Li chiamano «travelling sex offender», le persone che viaggiano in cerca di esperienze sessuali, soprattutto con minori. Professionisti, studenti, operai, impiegati lasciano a casa famiglie o fidanzate, partono per un viaggio di piacere, finiscono quasi sempre in un girone infernale. Ogni anno, secondo l'Organizzazione mondiale del turismo, tre milioni di persone partono a scopo sessuale, un sesto con predilezione per bambini e adolescenti. Negli ultimi anni gli italiani hanno scalato le classifiche di questo commercio: sono tra i primi in Brasile, Colombia, Repubblica Dominicana, si dice che siano quarti nelle classifiche mondiali, di certo sono i primi in Kenya;
          quando si muovono lo fanno in vari modi, c’è il turista fai-da-te che improvvisa e c’è quello che si affida a un network dello sfruttamento: organizzazioni spesso invisibili fatte di agenzie di viaggio, basisti e piccoli tour operator locali. Accanto alle organizzazioni criminali più strutturate che gestiscono la tratta di esseri umani e trasportano le «schiave» nei Paesi più ricchi dove si trovano i clienti, ci sono infatti gruppi più piccoli che gestiscono il flusso inverso: quello dei clienti che si recano nei Paesi poveri dove i corpi sono in vendita a poco prezzo. Qui la geografia del sesso e quella della povertà coincidono. Questi circuiti sono gestiti da agenzie turistiche e ragazze prepay. Quando si parte non sempre si sa cosa si trova. L'Osservatorio brasiliano contro lo sfruttamento ha monitorato come si muovono i compratori di sesso. A Fortaleza e a Natal circa 700mila turisti europei sbarcano ogni anno in cerca di corpi in vendita, 80mila gli italiani. Tra di loro c’è il turista che si arrangia da sé una volta arrivato in Brasile, ci sono traduttori e guide turistiche che mettono in contatto i clienti con le prostitute, ci sono infine agenzie in loco che procacciano le ragazze dalle quali prendono una percentuale, offrendo cataloghi patinati sui quali il turista può scegliere la «merce» preferita, pagando un pacchetto «full optional». Non solo. Le agenzie spesso hanno referenti italiani;
          «Accade sempre più frequentemente che sono i capigruppo, che partono dall'Italia, ad avere contatti diretti nel Paese di arrivo con le famiglie delle ragazze, in modo da mettere su un piccolo business sessuale. Per il resto i mediatori sono i tassisti e gli stessi poliziotti», racconta Maria Rosa Dominici, membro della ong Intervita. Ma tutta l'America Latina è terra di conquista. «In Colombia ci sono addirittura ragazze e ragazzi “prepay” – continua Dominici – da qualche anno infatti il turista che arriva in aeroporto può comprare da un mediatore dell'organizzazione, contattata via internet dall'Italia, una carta prepagata con la quale avrà diritto all'albergo e alle prostitute per un certo numero di giorni»;
          sono tanti i modi per nascondere lo sfruttamento sessuale. In Mongolia si ha notizia di un tour operator internazionale che organizza viaggi sessuali spacciandoli per battute di pesca sportiva. Insospettabile. C’è poi la Moldavia: «Questo è il Paese con più chat-line a luci rosse al mondo e con casi sempre più ricorrenti di pedopornografia. Qui il fenomeno del turismo sessuale è in espansione – denuncia don Cesare Lodeserto, presidente della Fondazione Regina Pacis, che vive dal 2007 in Moldavia (in Italia è stato condannato per la gestione del Cpt di San Foca) – In questo Paese ci sono molte agenzie turistiche che organizzano viaggi con prestazioni sessuali comprese nel prezzo. Funziona così: l'agenzia contattata dall'Italia fornisce formalmente solo l'appartamento, ma nel pacchetto è già prevista la prostituta, talvolta minorenne. Le agenzie hanno tutte sede in Moldavia, ma i titolari possono essere anche italiani». «Negli ultimi anni si è abbassata molto l'età, il turista sessuale ha fra i 20 e 40 anni e non corrisponde più ai vecchi cliché», racconta Marco Scarpati, a capo dell'Ecpat, associazione in prima linea nel combattere il turismo sessuale che coinvolge i minori. «Sono uomini sempre più giovani e sempre più voraci, sono divoratori di corpi a cui non bastano pochi rapporti ma devono averne molti, sempre di più, in un viaggio di 15 giorni possono avere fino a 20/30 incontri». I turisti sessuali che vanno con minori, dice Scarpati, si possono dividere in tre categorie: «Quelli occasionali che fanno un viaggio di lavoro e cercano un'esperienza, sono la maggioranza, quelli abituali che fanno uno o più viaggi l'anno e i pedofili veri e propri». Quest'ultimi spesso vivono in Italia una vita irreprensibile, ritirata, navigano molto su internet, nulla rivela la loro feroce inclinazione. «Si calcola che sono circa 80 mila gli italiani che vanno a caccia di bambini e adolescenti», spiega Scarpati;
          ma i confini tra chi va con adulti e chi con minori è labile: ovunque domina il consumismo sessuale, il rapporto di dominio, il potere del denaro. A ogni latitudine il filo rosso che lega le vittime è quella della povertà. Maria, una ragazza intervistata, racconta: «Sono nata in un villaggio, a 15 anni mi sono trasferita a Bucarest per non morire di fame, ho iniziato a lavorare in un locale molto frequentato da turisti, il proprietario ci forniva documenti falsi in cui risultavamo maggiorenni, nel caso ci fossero stati controlli. Raramente però mi sono capitati clienti che chiedevano i documenti. Solo recentemente le cose sono un po’ diverse e tutti fanno più attenzione. Gli italiani che venivano erano spesso in Romania per lavoro, dicevano di preferire le ragazze dell'Est alle italiane che pretendono troppo e se la tirano». Proprietari di locali sfruttatori, un modello di business diffuso un po’ ovunque: è il «bar owner» spesso a gestire la prostituzione;
          le strade di questo particolare tipo di turismo cambiano, nuove destinazioni si affiancano alle vecchie e per capire dove va il mercato basta seguire la geografia della povertà e delle guerre. Accanto alla Thailandia, al Brasile, alla Cambogia, a Cuba, Bangladesh, Colombia, Ucraina, Bulgaria, si aggiunge il Nepal, Macao e i nuovi predatori battono oggi anche i villaggi senza tempo della Moldavia. Le richieste dei clienti modellano i luoghi, ma le vittime sono sempre loro: ragazzi dai 13 ai 17 anni, ma si può partire dai 7, costretti a forza o spinti dal bisogno come le adolescenti cambogiane che vendono la loro verginità per pochi euro. Così il turismo sessuale è un business mondiale che arriva a fatturare tra gli 80 e i 100 miliardi di dollari annui (Organizzazione mondiale del turismo)  –:
          quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di contrastare il fenomeno del «turismo sessuale», anche grazie ad una stipula di trattati internazionali.
(4-17608)


      REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          in attuazione del Regolamento (CE) 847/2004, la legge 28 gennaio 2009 n.  2 prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
          il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con Sri Lanka, inviando una Nota Verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore  –:
          se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
          quale siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
          in caso di positiva conclusione, se vi siano ulteriori elementi migliorativi che il nostro Paese intende ulteriormente richiedere;
          se e quali iniziative il governo intenda attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-17614)

AFFARI EUROPEI

Interrogazione a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Ministro per gli affari europei, al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          è stata più volte espressa da più parti la volontà della Turchia di sedere a pieno titolo nelle nazioni europee;
          la liberalizzazione di servizi e mercati rappresenta un fattore chiave di condivisione tra i paesi membri dell'UE;
          in attuazione del Regolamento (CE) 847/2004, la legge 28 gennaio 2009 n.  2 prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
          il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con la Turchia, inviando una Nota Verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore  –:
          quali siano gli impegni assunti tra il Governo turco e la UE in tema di liberalizzazione dei servizi e dei mercati;
          se il Governo turco abbia attuato misure tese a liberalizzare il settore dei servizi in generale, ed in particolare del settore del trasporto pubblico, del trasporto aereo, dei servizi aeroportuali;
          se sia pervenuta una conclusione dei negoziati tra la Turchia e il nostro Paese in tema di trasporto aereo ovvero quale sia lo stato della trattativa;
          quale siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
          in caso di positiva conclusione, se vi siano ulteriori elementi migliorativi che il nostro Paese intende ulteriormente richiedere;
          se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-17615)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      PILI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          domenica 26 agosto 2012 alle ore 22.30 i minatori della Carbosulcis occupavano la miniera di Nuraxi Figus, Gonnesa, nel Sulcis Iglesiente per sollecitare l'avvio delle procedure relative alla realizzazione del progetto integrato miniera – centrale – cattura e stoccaggio CO2 di cui all'articolo 11, comma 14, del decreto-legge 14 marzo 2005, n.  35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n.  80, concernente «Disposizioni urgenti nell'ambito del piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale», così modificato dalla legge n.  99 del 2009: «14. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 8, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1994 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.  56 del 9 marzo 1994, la regione Sardegna assegna una concessione integrata per la gestione della miniera di carbone del Sulcis e la produzione di energia elettrica con la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica prodotta»;
          due giorni dopo, il 28 agosto 2012, la struttura Enel delegata alle relazioni esterne, responsabile per gli affari istituzionali, predisponeva in tutta fretta una nota sul tema Sulcis con l'effetto ad avviso dell'interrogante di sminuire, disinformare e conseguentemente bloccare il progetto di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 28 gennaio 1994;
          tale struttura Enel guidata dal responsabile degli affari istituzionali avvocato Francesco Giorgianni, senior vice president, nelle stesse ore in cui i minatori erano impegnati in una durissima protesta con l'occupazione delle gallerie, predisponeva una nota denominata «considerazioni sul polo energetico del Sulcis» che, negli intenti dell'Enel, doveva bloccare la montante onda emozionale legata alla protesta dei pozzi e nel contempo indurre le forze politiche e istituzionali condizionate e/o condizionabili a depotenziare il progetto Sulcis;
          negli uffici di viale Regina Margherita 137 a Roma, dove, secondo informazioni in possesso dell'interrogante, veniva redatta la nota richiamata, la struttura dei rapporti istituzionali aveva avuto dal management dell'Enel il preciso obiettivo di fornire dati macroscopici tesi a condizionare dichiarazioni di Ministri, rappresentanti istituzionali e politici sino alle più alte cariche dello Stato che in quelle ore erano intervenute direttamente sulla vicenda dei minatori della Carbosulcis;
          in tal senso la nota veniva vistata dal responsabile degli affari istituzionali avvocato Giorgianni nella sera del 29 agosto 2012 con l'obiettivo di trasmettere a tutti i potenziali referenti istituzionali e politici la nota, sin dalla serata del 29 e della giornata del 30;
          dalla mattina del 30 per l'intera giornata dalla mail dell'avvocato Francesco Giorgianni, (francesco.giorgianni@enel.com) la nota veniva trasmessa a vari uffici pubblici, sia per le vie brevi che a mano;
          sin dalle prime parole della nota «Considerazioni sul polo energetico Sulcis» si lascia intendere l'obiettivo evidente di tutelare gli interessi dell'Enel a scapito del progetto Sulcis e infatti si parla di «diversi interessi afferenti al polo energetico del Sulcis Iglesiente»;
          questa la premessa del documento inviato: «Nella presente nota si riassumono sinteticamente i diversi interessi afferenti al polo energetico del Sulcis Iglesiente e le posizioni di Enel al riguardo»;
          la nota è articolata in 3 paragrafi: Alcoa; Eurallumina, Carbosulcis e progetto integrato;
          per quanto riguarda l'Alcoa è espressamente scritto: «riguardo la vicenda Alcoa l'Enel è stata interessata per una possibile fornitura dedicata attraverso la centrale elettrica del Sulcis. La questione è stata approfondita in un tavolo tecnico dove si è dimostrato che tale soluzione non è perseguibile in quanto i soli cash cost della produzione, senza cioè nemmeno considerare una necessaria remunerazione del capitale investito, sono già dell'ordine dei 90 euro/MWh contro i circa 75 euro/MWh di mercato. Alcoa, grazie ai meccanismi regolatori vigenti, si approvvigiona di energia elettrica a prezzi in linea con la media europea per il settore dell'alluminio (33 euro/MWh). Per raggiungere questa competitività nel costo dell'energia è necessario che si proroghino/implementino interventi della stessa natura di quelli in essere (interrompibilità, interconnector)»;
          per quanto riguarda l'Eurallumina è scritto: «Enel è stata interessata per la possibile fornitura di vapore necessaria ai loro processi industriali. Il tavolo tecnico che ne è conseguito ha analizzato nel dettaglio tutte le possibili soluzioni, tra le quali la costruzione di una caldaia ad hoc da parte di Eurallumina nel proprio perimetro di impianto risulta essere la più efficace da un punto di vista tecnico, gestionale ed economico. Enel conferma la propria disponibilità a fornire carbone per il funzionamento della nuova caldaia al proprio costo di approvvigionamento, trasporto e movimentazione franco punto di consegna, mettendo a disposizione la propria struttura logistica»;
          per quanto riguarda la Carbosulcis e progetto integrato è scritto nella nota: la miniera di carbone del Sulcis Iglesiente ha una storia produttiva complessa, la struttura geologica associata alla pessima qualità del carbone estratto (basso potere calorifico, alto contenuto in zolfo e ceneri) rendono l'estrazione del carbone del tutto anti-economica»;
          «di seguito – prosegue la nota – si riportano i principali parametri che descrivono la qualità del carbone del Sulcis confrontati con quello importato per la centrale esistente»;

Parametro      Carbone Sulcis Carbone importato
Potere calorifico inferiore kcal/kg 5.000 5.000
Zolfo % 6 0,6
Ceneri % 16 6
Temperatura fusione ceneri oC 1.250 1.340

          «per rendere industrialmente compatibile il mantenimento in produttività della miniera (e dei relativi livelli occupazionali) – prosegue la nota – la soluzione individuata sin dal 1994 è quella di realizzare una nuova centrale a carbone che garantisca un adeguato consumo di carbone locale e con prestazioni ambientali all'avanguardia tali da giustificare un ritiro dell'energia a prezzi analoghi a quelli garantiti per lo sviluppo delle energie rinnovabili dal provvedimento CIP6/92»;
          negli anni Novanta (a partire dal decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1994) si è ricercata tale soluzione con lo sviluppo di una centrale – afferma la nota – che puntasse sulla gassificazione del carbone (IGCC) ma i rischi connessi all'implementazione industriale di tale tecnologia hanno fatto sì che nessun operatore la ritenesse concretamente realizzabile»;
          la legge n.  80 del 2005 – prosegue l'Enel – ha cercato di superare tale criticità, allargando anche ad altre tecnologie la logica del decreto originario a patto di ottenere performance ambientali equivalenti e da questa legge derivò poi un bando di gara internazionale promosso a dicembre 2006 dalla regione Sardegna»;
          «Enel, – afferma la nota – pur avendo dedicato uno sforzo particolare in termini di risorse allocate alla valutazione dell'iniziativa ed avendo contattato potenziali partner con cui intraprendere il progetto, decise nel 2007 di non presentare l'offerta al citato bando di gara, che peraltro andò completamente deserto a testimonianza della criticità economico-industriale del progetto stesso»;
          «a valle di alcune indicazioni pervenute nel frattempo dalla Commissione europea, continua in quella che all'interrogante appare un'opera di disinformazione la struttura Enel – che aveva comunque chiarito che con ogni probabilità non avrebbe approvato lo schema del bando di gara in quella forma, la vicenda è stata di nuovo contestualizzata con la legge 99/09 che ha rimosso le condizioni di fornitura di energia elettrica a costo ridotto per le imprese industriali della zona e ha invece introdotto l'obbligo di realizzare un sistema di cattura e stoccaggio dell'anidride carbonica prodotta dall'impianto (CCS)»;
          «in ogni caso resta centrale il tema del riconoscimento di una remunerazione CIP6 all'impianto – continua secondo l'interrogante a disinformare e screditare la nota dell'Enel – (400 M€/anno per i primi 8 anni, 150 M€/anno negli anni successivi), che aldilà dell'onerosità risulta fragile in termine di accettabilità europea (aiuti di Stato, vedi procedura di infrazione C36/2008)»;
          «si sottolineano – ribadisce ulteriormente la “velina” di viale Regina Margherita – quindi i consistenti rischi dell'iniziativa, dalla parte dei ricavi per la fragilità dello schema di incentivazione, e dalla parte dei costi e rischi industriali per le difficoltà estrattive connesse alla miniera ed alle incertezze legate ai progetti CCS»;
          la disinformazione e la distorta rappresentazione dei dati raggiungono, ad avviso dell'interrogante, il livello più alto della nota quando essa affronta i costi del progetto integrato nuova centrale + impianto CCS sostenendo che «la realizzazione di una nuova centrale a carbone da 660 MW nel Sulcis comporta un costo del 30 per cento più alto rispetto a impianti più grandi come Civitavecchia o Porto Tolle (1980 MW), non potendo beneficiare delle economie di scala. L'investimento diventa ancora più oneroso se si aggiunge la CCS alla nuova centrale. Guardando a progetti CCS simili, occorrerebbe investire circa altri 1,2 miliardi di euro per l'impianto, oltre a circa 100 milioni di euro l'anno in più per i costi gestionali»;
          è sufficiente richiamare alcuni dei dati riportati nella nota per comprendere la distorta rappresentazione della situazione e il tentativo ad avviso dell'interrogante maldestro di manipolare la realtà;
          il documento dei manager dell'Enel, che doveva restare segreto, inviato a vari organi istituzionali forniva un quadro ad avviso dell'interrogante alterato di tutti i dati relativi al progetto energetico del Sulcis;
          si trattava di quella che all'interrogante appare una vera e propria azione di «killeraggio» politico, economico e industriale messa in campo da soggetti ben individuati dell'ente di Stato, un'operazione maldestra giocata sulla pelle dei lavoratori e della Sardegna pur di continuare ad esercitare un'azione devastante di monopolio sull'isola;
          tra il 29 e il 30 agosto, durante le fasi più concitate dell'occupazione mineraria, il manager delegato ai rapporti con le istituzioni avrebbe avuto l’input superiore di predisporre un dossier «avvelenato» per indurre Ministri e esponenti politici non solo a denigrare ma a bocciare come antieconomico e insostenibile il progetto della Carbosulcis;
          l'avvocato Francesco Giorgianni, senior vice president responsabile degli affari istituzionali dell'Enel, direttamente dalla sua posta elettronica trasmetteva a più riprese il dossier e in alcuni casi lo stesso veniva caldeggiato su più tavoli;
          l'Enel dunque, per quanto consta all'interrogante, agiva attraverso il suo delegato ai rapporti istituzionali per indurre esponenti politici e uomini delle istituzioni a rappresentare numeri falsi, destituiti di ogni fondamento pur di affossare i progetti sardi;
          risultavano dati che all'interrogante appaiono palesemente inventati, come il costo dichiarato dall'Enel nel dossier di 400 milioni di euro all'anno per 8 anni per la centrale elettrica a fronte di costi reali di meno della metà. Tre miliardi e duecento milioni di euro a fronte di un costo reale di un miliardo e mezzo;
          l'Enel, dunque, pur di screditare il progetto, in quelle ore di concitata occupazione della miniera, divulgava con una nota una cifra del tutto non corrispondente alla realtà con il solo obiettivo di far giungere ai propri referenti nelle istituzioni dati tali da far respingere il progetto a suon di dichiarazioni mediaticamente utili a proteggere l'Enel e i suoi interessi a scapito di quelli della Sardegna;
          nella «velina elettrica» dell'Enel si cita la realizzazione di una nuova centrale a carbone da 660 megawatt dichiarando un costo superiore a Civitavecchia o Porto Tolle del 30 per cento, anche in questo caso una cifra che all'interrogante risulta infondata;
          nel progetto Sulcis la centrale è disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica del 1994 che fissa un tetto minino di 350 megawatt e un massimo di 450 megawatt. Si tratta anche in questo di dati secondo l'interrogante infondati inviati nei gangli delle istituzioni con l'effetto di mettere fuori gioco il progetto integrato Miniera – centrale Sulcis – cattura e stoccaggio CO2;
          nel dossier l'Enel affronta, poi, la realizzazione degli impianti per la cattura e lo stoccaggio di CO2 per i quali, secondo il dossier, occorrerebbe investire 1,2 miliardi di euro quando invece il progetto sardo ne prevede la metà. Anche in questo caso si tratta secondo l'interrogante di un palese tentativo di mettere in cattiva luce il sistema integrato della miniera – centrale – cattura e stoccaggio CO2 a fronte di un costo della centrale di Porto Tolle dell'Enel di fatto uguale a quello sardo;
          risultano ad avviso dell'interrogante imbarazzanti e addirittura vergognose le argomentazioni pseudo giuridiche sull'incentivazione proposte nel dossier: quando si afferma che «la Commissione Europea aveva chiarito con ogni probabilità che non avrebbe approvato lo schema del bando» si manifesta a giudizio dell'interrogante la totale insipienza di questo dossier proprio perché se l'Unione europea avesse «chiarito» non si sarebbe dovuta usare la formulazione «con ogni probabilità»;
          appaiono, infine, sul versante Carbosulcis, davvero esaustive le considerazioni finali dove si «sottolineano i consistenti rischi dell'iniziativa, dalla parte dei ricavi per la fragilità dello schema di incentivazione e dalla parte dei costi e rischi industriali per le difficoltà estrattive connesse alla miniera ed alle incertezze legate ai progetti CCS»;
          resta da domandarsi per quale motivo l'Enel si preoccupa così tanto dei costi e dei rischi industriali, per quale motivo si sente in dovere e in diritto di censurare l'incentivazione, la stessa che dovrebbe utilizzare a Porto Tolle;
          ci si chiede per quale motivo reputi incerti i progetti legati alla cattura e stoccaggio della CO2 se sono gli stessi che deve realizzare a Porto Tolle;
          quasi a prevenire le azioni successive dei lavoratori dell'Alcoa l'Enel apre nel dossier «anti Sardegna» un capitolo Alcoa dove afferma che la centrale Sulcis è antieconomica perché ha un costo della produzione di 95 euro a MWh, senza calcolare, dice il dossier, la remunerazione del capitale investito, a fronte di circa 75 euro a MWh di mercato;
          dati che, secondo l'Enel, renderebbero impossibile un contratto bilaterale con Alcoa;
          resta da domandarsi per quale motivo quella centrale abbia costi così elevati; per quale motivo abbia una così scarsa redditività; per quale motivo si scarichi quell'inefficienza tutta sul sistema sardo e del Sulcis e non sull'intero territorio nazionale; se sia forse responsabilità dei lavoratori di Alcoa o dell'Eurallumina se l'Enel ha impianti inefficienti  –:
          se i Ministri interrogati abbiano ricevuto tale dossier, in qualsiasi forma, cartacea o elettronica, o se ne fossero venuti a conoscenza e in quale modo;
          se i dati in loro possesso relativamente alle questioni affrontate corrispondano a quelli del dossier;
          se intendano fornire i dati reali rispetto ai progetti presentati nei rispettivi dicasteri;
          se intendano esprimere, in che tempi e con quali procedure, un parere conforme alle norme vigenti relativamente al sistema integrato miniera – centrale e cattura e stoccaggio CO2 così come previsto dalle leggi in materia a partire dal decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1994;
          se intendano dare piena attuazione alle previsioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 gennaio 1994, con particolare riferimento alle fonti di finanziamento e ai meccanismi di incentivazione previsti;
          se intendano dare piena attuazione alle disposizioni di tale decreto del Presidente della Repubblica in relazione al fatto che il dimensionamento della centrale deve attestarsi rispetto ad un minimo e un massimo stabilito nel decreto;
          se intendano ridimensionare il progetto a favore di progetti intervenuti successivamente rispetto a quello già decretato nel 1994 violando così ad avviso dell'interrogante il principio che tutela gli atti assunti precedentemente a quelli ultimi. (5-07795)

Interrogazioni a risposta scritta:


      JANNONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          più cemento, più rifiuti, meno spiagge, ma meno emissioni di Co2 e passi avanti nella riconversione energetica: ci sono alcune ombre e qualche luce nell'annuario dei dati ambientali 2011 presentato dall'Ispra, l'istituto superiore per la protezione e la ricerca del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. La crescita del consumo di suolo in Italia procede a ritmi sostenuti, malgrado la sostanziale stabilità demografica. «A livello nazionale il ritmo ha ormai superato i 100 ettari al giorno e la superficie impermeabilizzata copre più del 6 per cento dell'intero territorio nazionale», si legge nell'annuario. Il cosiddetto soil sealing, cioè il sigillamento del suolo che impedisce l'assorbimento dell'acqua, ricorda l'Ispra, ha pesanti ripercussioni sull'equilibrio idrografico ed è più accentuato «in Lombardia, Veneto e Campania con concentrazioni maggiori in corrispondenza delle aree urbane, sulle coste e lungo i principali assi stradali»;
          «In 7 anni (2000-2007), il 37 per cento dei litorali ha subito variazioni dell'assetto delle linee di riva superiori a 10 metri e i tratti di costa in erosione (897 chilometri) sono ancora superiori a quelli in progradazione (851 chilometri)», avverte il dossier. L'arretramento della linea di riva e la perdita di superficie costiera «sono particolarmente evidenti e profonde in corrispondenza delle foci dei fiumi». Nel periodo di riferimento, «sono andati persi 600.000 metri quadri di spiagge». Risulta poi «in crescita il numero dei litorali stabilizzati artificialmente: circa 250 gli interventi realizzati nell'arco dello stesso periodo, insieme a 16 km di nuove scogliere e più di 1 km di opere radenti». In Italia secondo l'istituto è «ancora alto il livello di minaccia per la biodiversità che rischia di essere irrimediabilmente perduta». Nel dettaglio, «oltre il 50 per cento dei vertebrati – pesci d'acqua dolce, anfibi e rettili – come il 15 per cento delle piante superiori e il 40 per cento di quelle inferiori». «La trasformazione e modificazione degli habitat naturali (per il 50,5 per cento delle specie minacciate), l'uso di pesticidi e l'inquinamento delle acque (per il 32 per cento) insieme a taglio dei boschi ed incendi (17,5 per cento) sono, tra tutte le influenze antropiche indirette, le minacce più frequenti», avverte l'Ispra. Tra quelle dirette rientrano invece «il bracconaggio e la pesca illegale (che minacciano il 21 per cento delle specie a rischio)»;
          «Cresce la produzione di rifiuti urbani che nel 2010 si attesta a 32,5 milioni di tonnellate (+1,15 per cento rispetto al 2009)». Aumenta, rispetto al 2009, «anche il pro capite dei rifiuti urbani (536 kg per abitante), circa 4 kg all'anno in più per abitante». A livello di macroarea geografica, «il centro fa ancora registrare i maggiori valori di produzione pro capite, con circa 613 kg per abitante per anno, mostrando tuttavia una progressiva riduzione già a partire dal 2006». Il nord e il sud, con 533 e 495 kg per abitante per anno mostrano valori analoghi a quelli del 2005. È enorme il divario quello che si registra tra diverse aree del Paese per quanto attiene la raccolta differenziata dei rifiuti. Le maggiori percentuali di raccolta si rilevano per il Veneto e il Trentino Alto Adige entrambi con tassi superiori al 57 per cento (58,7 per cento e 57,9 per cento) e per il Piemonte e il Friuli Venezia Giulia con tassi vicini al 50 per cento (50,7 per cento e 49,3 per cento). Valori lontanissimi da quelli ottenuti in molte zone del Mezzogiorno. La Sicilia, «maglia nera», si ferma al 9,4 per cento, la Calabria al 12,4 per cento, il Molise al 12,8 per cento e la Basilicata al 13,3 per cento;
          sul fronte della qualità dell'aria, «biossido di zolfo, ossido di carbonio, benzene e piombo – sottolinea ancora l'annuario Ispra – non costituiscono attualmente un problema, se non a livello locale e in specifiche circostanze» mentre continua, invece, «l'emergenza per PM10, PM2,5 ed ozono(03), anche se il 2010 – esclusivamente per il PM10 – segna un valore positivo». Infatti, «oltre la metà delle stazioni di monitoraggio presenti sul territorio (58 per cento) registra valori al di sotto dei limiti». La fonte principale di inquinamento atmosferico per il PM10 «si conferma il settore civile (45 per cento), seguito dai trasporti con il 24 per cento (di cui poco più dei 2/3 provenienti da quello stradale), dall'industria (15 per cento) e dall'agricoltura (9 per cento)». Situazione diversa per l'ozono estivo (03): «Nel 2011 (da aprile a settembre compresi) l'obiettivo a lungo termine per la protezione della salute umana (120 micorgrammi/m3) non è stato superato solo nell'8 per cento delle stazioni»;
          «Per quanto riguarda i cambiamenti climatici, il 2010 è stato per l'Italia il diciannovesimo anno consecutivo con anomalia termica positiva e il suo valore è il diciottesimo della serie a partire dal 1961», certifica lo studio. Inoltre, «negli ultimi 14 anni i giorni estivi (con temperatura massima dell'aria maggiore di 25 gradi) e le notti tropicali (con temperatura minima maggiore di 20 gradi) sono stati sempre maggiori delle rispettive medie climatologiche». Sono però in calo «del 3,5 per cento le emissioni totali di gas ad effetto serra passando, tra il 1990 e il 2010, da 519,25 milioni di tonnellate di Co2 equivalente (mtco2eq) a 501,32 mtco2eq», anche se, in base al protocollo di Kyoto, «l'Italia dovrebbe portare le proprie emissioni a livelli del 6,5 per cento, ossia a 483,26 mtco2eq (2008-2012)». Oltre che all'andamento generale dell'economia, il calo delle emissioni (per quanto ancora insufficiente) è frutto anche delle trasformazioni del settore energetico dove si «evidenziano una serie di cambiamenti in atto negli approvvigionamenti». Una modifica «del mix delle fonti primarie» che non ha «comunque ridotto l'elevata dipendenza energetica del nostro Paese, che passa dall'82,8 per cento del 1990 all'82,1 per cento del 2010». Si è quindi «ancora lontani dall'obiettivo di consumo di energia (energia, non elettricità, ndr) rinnovabile assegnato all'Italia (17 per cento del consumo finale lordo): la percentuale del 2009, infatti, appare decisamente inferiore (8,9 per cento)»  –:
          quali iniziative il Ministro intenda adottare, alla luce di quanto attestato dal rapporto Ispra, al fine di preservare il territorio italiano dall'eccessiva cementificazione, nonché per rispettare concretamente quanto stipulato con la firma del Protocollo di Kyoto. (4-17587)


      JANNONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          Legambiente ha presentato, pochi giorni fa a Roma, un catalogo in cui sono state raccolte cento storie esemplari, concrete, positive, per raccontare la sfida della «green economy» contro la crisi economica. Casi reali, esposti in una mostra e analizzati in un convegno, come paradigmi di una prospettiva auspicabile di crescita e sviluppo all'insegna dell'ecosostenibilità. Si parte da un nuovissimo impianto industriale, che rivitalizzerà in Sardegna l'ex polo petrolchimico di Porto Torres: un complesso industriale di oltre duemila ettari che verrà bonificato. Una joint venture fra Versalis (Gruppo Eni) e Novamont, la maggiore azienda europea per la produzione di bio-plastiche da fonti rinnovabili, costituirà la società Matrica (madre, in sardo). Sarà la centrale della chimica verde: il progetto prevede due impianti per produrre derivati di oli vegetali, come plastiche biodegradabili e oli lubrificanti, per un investimento complessivo di oltre 700 milioni di euro;
          in Liguria esiste l'abitazione più ecologica d'Italia. Un edificio che coniuga rispetto dell'ambiente, economicità di esercizio e salubrità. La casa dei vigili del fuoco di Albenga comprende 24 appartamenti, con un piano terra di 800 metri quadri destinato a uffici pubblici. Tutto a consumi zero: riscaldamento, condizionamento estivo, acqua calda sanitaria e per elettrodomestici, energia elettrica per usi comuni. Nella palazzina sono state adottate luci a led, una pompa di calore geotermica alimentata dal fotovoltaico, pannelli solari termici integrati architettonicamente, isolamento differenziato secondo l'esposizione delle faccia materiali naturali quali sughero, lana di legno, lana di pecora, fibra di legno mineralizzata, tutti provenienti dal riciclo;
          nel parco della Maiella, area protetta che si estende per 74.095 ettari e interessa 39 comuni delle province di Pescara, L'Aquila e Chieti, con oltre 50 mila residenti all'interno dei suoi confini e con la presenza di specie floristiche e faunistiche di particolare interesse, sono presenti oltre 100 attività di artigianato artistico con 240 addetti e 9.000 aziende agricole, 20 prodotti agroalimentari tipici del territorio, per un fatturato annuo di circa 13 milioni di euro; una rete di 160 ristoranti e trattorie, 100 alberghi con una ricettività di 6.400 posti letto, ai quali se ne aggiungono altri 2.800 in 83 strutture extra alberghiere (B&B, ostelli, pensioni). Positivo il saldo economico: per preservare questi beni, lo Stato impegna fondi per 2.200.000 euro all'anno, circa 30 euro per ettaro, mentre il valore dei prodotti e dei servizi ammonta a 15.343 euro all'anno per ettaro;
          a Terranuova Bracciolini, paesino in provincia di Arezzo, la californiana Power One è proprietaria di uno stabilimento con know how tutto italiano che produce inverter per eolico e fotovoltaico, quel componente che trasforma in corrente alternata la tensione continua generata da fonti rinnovabili. L'azienda oggi occupa circa 1.200 persone, più del doppio rispetto a tre anni fa. Il mercato di Power One è al 50 per cento in Italia, segue quello tedesco con il 25 per cento, poi Australia, Francia, Regno Unito, Spagna, Usa e Cina. In Campania gli orti urbani e sociali di Legambiente sono già realtà, da dieci anni. Nel parco archeologico di Pontecagnano se ne contano ormai una sessantina, affidati ad anziani in pensione: producono melanzane, zucchine, peperoni e pomodori, secondo i metodi dell'agricoltura biologica. A Eboli invece si applica l’Horticultural Therapy per pazienti diversamente abili o con disabilità psichiche. E sono 18 gli orti sociali e didattici di Succivo. Poi ci sono quelli urbani e digitali del progetto Nonnet: i pensionati insegnano agli studenti campani la coltivazione biologica e i ragazzi diventano tutor per l'alfabetizzazione digitale degli over 60;
          gestione della raccolta differenziata, realizzazione di manufatti con materiale recuperato e produzione di valore aggiunto per il territorio: è il «miracolo» di Revet, società di Pontedera (Pisa) che serve più di 200 comuni in Toscana. Si tratta di una storia che inizia nel 2009, quando l'azienda — specializzata nel recupero e trattamento dei rifiuti — si è impegnata in un progetto di ricerca sul riutilizzo delle cosiddette plastiche eterogenee (compongono le vaschette, piatti e bicchieri usa e getta, pellicole da imballaggio per le quali non esistono filiere di rivalorizzazione). Il risultato si chiama «Plasmix», materia prima di seconda generazione utilizzabile per produrre utensili e componenti di vario genere;
          il Trentino-Alto Adige, invece, da più di vent'anni punta sul cicloturismo, tanto da sviluppare un terziario che vale 85 milioni di euro l'anno. Il progetto è stato avviato nel 1988, quando alle nuove forme di turismo slow pensavano in pochi: la provincia di Trento ha realizzato una grande pista ciclo-pedonale che oggi si snoda per oltre 410 chilometri dal Garda alle Dolomiti, attraversando siti di grande valenza ambientale e interessando 90 comuni. L'anno scorso è stata percorsa da oltre 2 milioni di cicloturisti, italiani e stranieri. Fino a qualche anno fa la scuola di Favignana rimaneva spesso chiusa durante l'inverno, per mancanza di personale a causa delle difficoltà logistiche. E numerose famiglie erano costrette a trasferirsi altrove. L'istituto comprensivo Antonino Rallo di Favignana, Levanzo e Marettimo ha deciso di risolvere questo problema lanciando, nel 2006, CLSSI 2.0: attraverso le nuove tecnologie si sperimenta una formula di formazione a distanza con le scuole sulla terraferma. Così è stato invertito il trend dell'abbandono invernale e diverse famiglie sono tornate a vivere sull'isola  –:
          quali iniziative i Ministri intendano adottare al fine di sviluppare, su tutto il territorio nazionale, competenze e sistemi di gestione delle risorse ambientali, utili all'economia locale, e, nel contempo, ecosostenibili come indicato dagli esempi esposti da Legambiente. (4-17591)


      JANNONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          nonostante la diminuzione dei flussi di denaro destinati ad opere a rischio d'infiltrazione mafiosa, i fatturati delle cosche specializzate nell'aggressione all'ambiente aumentano perché i clan diventano più aggressivi e il denaro illegale si muove in maniera sempre più disinvolta nei circuiti della finanza internazionale. È la denuncia che viene dall'ultimo rapporto di Legambiente, Ecomafia 2012. Una tendenza confermata dai numeri. Nel 2011 i traffici gestiti da ecomafiosi sono arrivati a quota 16,6 miliardi di euro. I reati sono aumentati del 10 per cento, arrivando a 93 al giorno. In particolare, sono triplicati gli illeciti nel settore agroalimentare e in quello del patrimonio artistico. In crescita anche gli incendi boschivi e i reati contro gli animali;
          il rapporto registra un affondo aiutato da complicità che cominciano a venire alla luce grazie a una maggiore pressione delle forze investigative che, nel 2011, hanno effettuato 8.765 sequestri, 305 arresti (100 in più rispetto all'anno precedente) con 27.969 persone denunciate (7,8 per cento in più rispetto al 2010). Solo nei primi mesi del 2012 ben 18 amministrazioni comunali sono state sciolte per infiltrazione mafiosa e commissariate (erano 6 lo scorso anno). «Il confine tra legalità e illegalità è sempre più labile», commenta il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza. «Questa mafia, che si è trasformata per diffondersi ovunque, sembra non essere intaccata nemmeno dagli arresti dei boss. Mentre l'unico strumento che si è dimostrato efficace, la destinazione sociale dei beni confiscati, rischia di essere rimesso in discussione dall'ipotesi di vendita ai privati, con la concreta possibilità che i beni tornino in mano ai mafiosi. Su oltre 10.500 beni confiscati, infatti, solo 5.835 sono stati destinati a finalità istituzionali o sociali. Il resto è bloccato in un limbo»;
          la maggior parte dei reati registrati (il 47,7 per cento) riguarda, purtroppo, ancora una volta quattro regioni del sud d'Italia, con la Campania in testa (5.327 infrazioni), seguita dalla Calabria (3.892), dalla Sicilia (3.552) e dalla Puglia (3.345). Mantiene il quinto posto il Lazio (2.463), mentre la prima regione del Nord in classifica è la Lombardia (con 1.607 reati), seguita dalla Liguria (1.464). «La novità che sta emergendo è l'intensificarsi delle attività di riciclo del denaro sporco e un'internazionalizzazione finanziaria più spinta dei proventi delle attività criminali», osserva Enrico Fontana, responsabile dell'Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente. «Ma c’è anche da rilevare per la prima volta una flessione del ciclo illegale legato ai rifiuti e al cemento: segno di una pressione delle indagini che comincia a produrre i primi effetti. Ora c’è bisogno di un ulteriore salto. Per questo lanciamo la campagna Abbatti l'abuso: le case illegali vanno demolite come prevede la legge»  –:
          quali interventi il Governo intenda adottare, nel breve periodo, per contrastare efficacemente il fenomeno delle ecomafie, che risulta essere in costante crescita ed evoluzione. (4-17627)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta orale:


      COMPAGNON. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          il comune di Paularo (UD) è assegnatario di un contributo regionale di 440.356,83 euro – dei quali 256.318,50 destinati ad imprenditori privati – per il completamento dei lavori di ristrutturazione dell'ex scuola elementare sita nella frazione di Dierico da adibirsi ad albergo diffuso;
          il progetto prevede il recupero e la valorizzazione di un vecchio edificio di proprietà comunale risalente agli anni Quaranta, attualmente in balìa di atti vandalici ed agenti atmosferici;
          un Albergo diffuso rappresenta un originale modello di sviluppo del territorio che non crea impatto ambientale. Per dare vita ad un albergo diffuso non è necessario costruire nulla, dal momento che ci si limita a recuperare/ristrutturare e a mettere in rete quello che esiste già. Inoltre, un albergo diffuso funge da «presidio sociale» e anima i centri storici, stimolando iniziative e coinvolgendo i produttori locali considerati come componente chiave dell'offerta; un albergo diffuso infatti, grazie all'autenticità della proposta, alla vicinanza delle strutture che lo compongono e alla presenza di una comunità di residenti riesce a proporre più che un semplice soggiorno, uno stile di vita;
          il 9 agosto 2012, con una sorprendente decisione, la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia-Giulia avrebbe negato l'autorizzazione alla realizzazione dei lavori di ri- strutturazione dell'ex scuola elementare di Dierico, adducendo tra le altre, per quanto risulta all'interrogante, la sconcertante motivazione di una (presunta) falsa destinazione ad albergo diffuso dell'edificio;
          si evidenza, a tal fine che, nell'ambito del bando relativo al progetto di albergo diffuso, il comune di Paularo e risultato primo in graduatoria, ciò a testimonianza della cura con la quale il progetto, nel pieno rispetto della normativa vigente, è stato redatto per rispondere al meglio alle esigenze del territorio senza alterare le strutture interne dell'edificio;
          la preoccupazione del comune di Paularo è motivata anche dalla circostanza che due ulteriori progetti strategici di recupero di edifici storici di proprietà comunale rischiano anch'essi di perdere altri finanziamenti regionali per oltre un milione di euro, in quanto fermi da quasi un anno negli uffici della suddetta Soprintendenza;
          il cronico problema della lentezza con la quale vengono trattati tutti i provvedimenti autorizzativi pendenti presso la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia è stato più volte denunciato da numerosi comuni friulani (nonché dal firmatario del presente atto con Interrogazione n.  3-02436), dal momento che le conseguenze di questi ritardi creano gravissimi danni economici alle amministrazioni comunali e alle iniziative private e rischiano, in un momento di crisi economica senza precedenti, di far perdere contributi e finanziamenti tangibili  –:
          se non si ritenga opportuno, nell'ambito delle proprie competenze, valutare l'avocazione, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 233 del 2007, al direttore regionale per i beni e le attività culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia, di tutti i provvedimenti autorizzativi dell'intera regione pendenti presso la sopra richiamata Soprintendenza. (3-02472)

Interrogazioni a risposta scritta:


      FAVA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          «Palazzo Diavoli» è un edificio sito in Siena, nell'attuale via Fiorentina, che fu residenza della famiglia dei Turchi: tale struttura assume l'attuale denominazione verosimilmente o perché, secondo la versione popolare, vi si svolsero riti satanici, orge o messe nere, o perché essa è legata alla vittoria senese del 1526, che portò alla dispersione dell'esercito del Papa Clemente VII e della Repubblica di Firenze, grazie all'intervento di forze sovrannaturali e diaboliche; la parte più antica della struttura risale al XIV secolo e venne poi sopraelevata e munita di torre cilindrica;
          nei primi anni del XIV secolo vi fu aggiunta la Cappella, oggi oratorio, attribuita ad Antonio Federighi;
          il piano regolatore «Secchi» del comune di Siena, risalente al 1991, già considerava detta area come edificabile, ed il terreno sul quale scanno realizzati gli immobili è classificato come fabbricativo anche dal vigente regolamento urbanistico;
          la proprietà dell'area, prospiciente Palazzo Diavoli, sulla quale è stato installato il cantiere, a far data dall'11 giugno 2012, per la realizzazione di sei villette, è della Società di Esecutori delle Pie Disposizioni di Siena, che l'ha acquistata dal comune di Siena;
          tale cantiere insiste sull'area immediatamente adiacente al prospetto nord-ovest del Palazzo dei Diavoli;
          lo statuto della società, all'articolo 2, prevede la «tutela e valorizzazione dei beni di interesse storico ed artistico»;
          il costo totale dei lavori è stato preventivato in 1 milione e 50 mila euro;
          stando alle autorizzazioni concesse, le abitazioni dovranno essere realizzate entro il giugno 2014;
          la tutela di un bene storico deve prevalere su un pregresso atto della pubblica amministrazione, quale il vecchio parere della direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici;
          il comune di Siena aveva previsto, nel piano triennale delle opere pubbliche, un camminamento dall'ingresso della Novartis sino all'inizio della strada di Marciano, percorrendo il tratto che si trova sopra il muro che costeggia la via Fiorentina, girando dietro il Palazzo Diavoli;
          questa soluzione lasciava presupporre che lo spazio verde esistente potesse essere utilizzato dagli abitanti della zona come giardino pubblico, a disposizione dei ragazzi che frequentano il limitrofo impianto sportivo, dei bambini e degli anziani;
          l'autorizzazione a costruire, avallata dalla Soprintendenza, contraddice detta previsione comunale; l'autorizzazione a costruire è effettuata sulla base del parere di non rilevanza storica di una capanna esistente nel lotto di intervento, che invece è un edificio censito nel catasto leopoldino del 1897;
          nel rendering, del cartello di cantiere risulta che, una volta terminata l'edificazione, verrebbe nascosto alla vista di chi proviene da nord (Firenze e via Francigena) lo scorcio più interessante dello storico monumento, connotato dall'alta torre rettangolare e dal torrino cilindrico; vi potrebbero, oltre all'impatto visivo, essere anche rischi per gli ambienti sotterranei, essendo presente nel sottosuolo un labirinto di gallerie e di cunicoli, collegati probabilmente con il sistema dei cosiddetti «bottini» di Siena, il sistema sotterraneo del vecchio acquedotto medievale; esiste una lettera della Soprintendenza di Siena per i beni architettonici e paesaggistici del 22 agosto 2012, che sovrasta il parere precedente della direzione regionale del 2005, e chiede alla Società di Esecutori delle Pie Disposizioni di effettuare una verifica di interesse culturale sulla capanna esistente  –:
          se intenda valutare la possibilità di assumere iniziative per un blocco immediato dei lavori, considerata anche l'opportunità dell'adozione di una prescrizione di tutela indiretta ai sensi dell'articolo 45 del decreto legislativo 42 del 2004, che contiene norme atte ad evitare che al Palazzo diavoli «sia danneggiata la prospettiva» e ne «siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro». (4-17611)


      ANGELA NAPOLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          l'Abbazia Florense è il più antico ed imponente monumento di San Giovanni in Fiore (Cosenza), la cui origine risale agli inizi del 1200 e presenta caratteristiche tutte sue che sono divenute peculiari dell'architettura florense;
          nonostante periodici rimaneggiamenti e pur tra alterne vicende, la struttura abbaziale florense presenta ancora oggi molti degli elementi architettonici originali quali il portale e alcune murature, nonché i simbolici rosoni lobati, espressione piena di spiritualità tipicamente Gioachimita;
          l'Abbazia Florense versa in condizioni estremamente critiche, con pericolose lesioni alla struttura che ne compromettono la stabilità;
          oggi non si possono visitare i cori notturni dell'Abbazia, perché l'accesso è chiuso, ma si potrebbe entrare dando una spallata a una porta del centro studi Gioachimiti, ubicato nell'ala est; i sotterranei sono scarsamente illuminati e pressoché inaccessibili; le ossa di Gioacchino si trovano nella navata sinistra, in un angolo lasciato assolutamente al buio;
          nell'agosto del 2007 erano iniziati i lavori di consolidamento, restauro e rifunzionalizzazione del monumento, con i finanziamenti elargiti dal Pit Sila;
          il monumento, però, venne sequestrato cautelativamente dalla procura di Cosenza poiché secondo l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture i tecnici dei lavori erano stati nominati irregolarmente con delibera di giunta municipale in violazione della normativa sugli appalti ed i diversi contenziosi apertisi tra Soprintendenza, comune e società appaltatrice hanno portato al fermo dei lavori;
          tra l'altro è stato inoltrato un esposto alla procura della Repubblica sulla vicenda che ha coinvolto la residenza sanitaria assistenziale ubicata in locali dell'Abbazia;
          infatti, i locali dalla residenza sanitaria assistenziale, interni al complesso, secondo le indagini svolte dai carabinieri del nucleo di tutela del patrimonio culturale (Ntpc) di Cosenza, per quanto risulta all'interrogante sarebbero di proprietà del comune di San Giovanni in Fiore, tanto che dal 1946 al 2006 la parrocchia ha gestito anziani bisognosi in quei locali con la concessione del comodato gratuito degli immobili da parte del comune;
          nel 2006 il parroco del tempo cedette ufficialmente l'attività per debiti accumulati e con la nuova gestione l'attività divenne lucrativa;
          esiste anche un documento, rilasciato dal dirigente del tempo dell'ufficio legale del comune di San Giovanni in Fiore, con cui la regione Calabria accreditò nel 2007 la residenza socio-sanitaria in questione, benché si trovasse in locali di proprietà del comune e non esercitasse l'attività dal ’46;
          la vicenda della residenza sanitaria assistenziale interna all'Abbazia si aggiunge al degrado generale in cui si trova l'intero bene monumentale  –:
          quali urgenti iniziative di competenza intenda attuare per incentivare la ripresa dei lavori dell'Abbazia Florense e affinché vengano salvaguardate la memoria, la cultura e l'arte di questo prezioso monumento calabrese. (4-17625)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


      SCHIRRU, VILLECCO CALIPARI, LAGANÀ FORTUGNO, CICU, GATTI, MATTESINI, BELLANOVA, GNECCHI, CALVISI, SIRAGUSA, ARGENTIN, FADDA, MELIS, MARROCU, PORCU e PES. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il decreto del Ministero della difesa del 5 dicembre 2005 recante «Direttiva tecnica riguardante l'accertamento delle imperfezioni e delle infermità che sono causa di non idoneità al servizio militare, all'articolo 4, comma a), per quanto riguarda l'ematologia e le malattie primitive del sangue e degli organi emopoietici prevede che: «La microcitemia costituzionale o trait talassemico non è causa di inabilità al servizio militare quando presenta le seguenti caratteristiche: – Hb maggiore di 11 gr/dl per i maschi e 10 gr/dl per le femmine; regolare sviluppo somatico; assenza di splenomeglia; assenza di segni di emolisi; sideremia e ferritina normali o aumentate»;
          in alcuni bandi di concorso per le forze armate e di polizia sembra che non si sia tenuto conto della nuova normativa richiamata in premessa, che ricorda tra l'altro le differenze dei valori di Hb diversi tra uomini e donne (se il valore minimo nell'uomo portatore di anemia mediterranea è individuato in 11 g/dL, il valore minimo per la donna deve essere differenziato di almeno 1 g/dL, quindi il livello di tolleranza per la donna portatrice di anemia mediterranea sul valore minimo deve essere almeno 10 g/dL);
          in seguito a quella che appare una mancata osservanza della norma pubblicata in Gazzetta Ufficiale n.  300 del 27 dicembre 2005, si è creato un ulteriore disagio a chi aveva già con grande impegno sostenuto costi e sacrifici, sia nello studio che nella preparazione al superamento delle prove psico-fisiche e attitudinali dei concorsi citati;
          si palesa quindi, ancora una volta, la non applicazione delle norme che prendono in esame le diverse caratteristiche fisiche tra uomini e donne nel rispetto del principio di pari opportunità  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga di adoperarsi per ripristinare lo stato di diritto sanando l'evidente discriminazione;
          quali iniziative intenda avviare per l'eventuale modifica dei regolamenti interni per i bandi di concorso pubblici destinati all'arruolamento nelle forze armate, al fine di assicurare il corretto recepimento delle norme che comportano – come nei casi di cui in premessa – un aggiornamento dei criteri di selezione, nel pieno rispetto delle norme vigenti in materia di pari opportunità per uomini e donne. (4-17592)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
          il 6 agosto 2012 il Ministero dell'economia e delle finanze ha pubblicato sul portale del federalismo fiscale stime relative, tra le altre, all'aggiornamento del gettito annuale dell'IMU sulla base dei versamenti in acconto di giugno 2012;
          a giudizio di molti comuni le stime pubblicate non sembrerebbero in alcun modo confortate dagli incassi contabilizzati con la prima rata di giugno essendo, in molti casi, più del doppio di quest'ultima;
          in una nota di chiarimento, il Ministero afferma che la stima è operata tenendo in considerazione la circostanza che alcuni contribuenti hanno optato per il versamento in tre rate dell'IMU sull'abitazione principale. Inoltre, per i versamenti relativi ai fabbricati rurali la prima rata è versata nella misura del 30 per cento dell'imposta. Infine, si devono considerare i versamenti relativi ad alcune fattispecie impositive ai fini IMU riguardanti, in particolare, i contribuenti ancora mancanti gli immobili cosiddetti «fantasma» non dichiarati in catasto, i fabbricati rurali da accatastare entro novembre e gli immobili di proprietà del comune;
          a fronte di queste nuove stime basate su previsioni a giudizio degli interroganti alquanto aleatorie, reale e certo è stato il nuovo aggiornamento della riduzione ai trasferimenti che ha interessato, in particolare, il fondo sperimentale di riequilibrio;
          proprio nel momento in cui l'Istat comunica una caduta del prodotto interno lordo rispetto al secondo trimestre del 2011 pari al 2,6 per cento (in precedenza era –2,5 per cento) si operano ulteriori tagli su enti che potrebbero essere, invece, un necessario volano per lo sviluppo;
          ancora più grave e allarmante è il caso dei comuni interessati dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 cui il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 1° giugno 2012 ha sospeso il pagamento dell'IMU al 30 settembre 2012, sospensione successivamente prorogata fino al 30 novembre 2012;
          in considerazione di questa sospensione, sulla base dei versamenti in acconto di giugno il Ministero dell'economia e delle finanze ha, in alcuni casi, persino triplicato le stime di gettito dell'IMU sull'abitazione principale con conseguente e proporzionale taglio dei trasferimenti, probabilmente ipotizzando che molti contribuenti residenti nei comuni colpiti dal sisma avessero usufruito della possibilità di sospensione;
          si prenda, ad esempio, la situazione del comune di Minerbio in provincia di Bologna, uno dei cento comuni terremotati. Il Ministro dell'economia e delle finanze aveva inizialmente stimato un gettito IMU 2012 pari a 2.178.883 euro. Durante l'estate tali previsioni sono state riviste a 4.863.657 euro (più che raddoppiate) e sono stati di conseguenza aggiornati i tagli ai trasferimenti per recuperare il maggior gettito previsto: il FSR pari ad euro 443.247,05 viene recuperato per euro 156.839,98 (quota ancora da incassare), il fondo sviluppo investimenti viene recuperato per euro 23.547,37 (quota ancora da incassare), inoltre viene incrementato il taglio aggiuntivo ai trasferimenti ex articolo 28, commi 7 e 9 del decreto-legge 201 del 2011 che passa da 268.551 a euro 597.466;
          infine viene quantificato l'importo che l'ente è tenuto a restituire per incapienza di risorse per 2.604.598,23 euro che saranno trattenuti dall'Agenzia delle entrate in sede di versamenti IMU;
          mentre la stima iniziale di 2.178.883 euro poteva essere tutto sommato ragionevole (forse solo un po’ ottimistica), quella di 4.863.657 è ad avviso degli interroganti fuori di ogni comprensione ed incide su un bilancio con una spesa corrente a bilancio attualmente di 7,2 milioni di euro;
          ci si chiede come sia possibile che ad un comune che deve far fronte a spese urgenti ed aggiuntive a fronte di un grave evento quale il terremoto si chiedano oltre due milioni di euro;
          l'impressione è che la fedeltà fiscale degli emiliano-romagnoli, confermata dalle ultime indagini, si riveli un boomerang: tutti i sindaci e i parlamentari delle zone terremotate hanno sollecitato i proprietari di case non colpite a pagare l'IMU per permettere ai comuni di ripartire il prima possibile;
          si è trattato di un consiglio ad avviso degli interpellanti sbagliato, poiché fedeltà fiscale e solidarietà non rientrano nei conti e hanno finito per penalizzare gli stessi comuni già provati dal sisma  –:
          se non ritenga sovrastimato il gettito dell'IMU, in particolare quello relativo all'abitazione principale, per i comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 e se intenda riconsiderare i tagli ai trasferimenti alla luce delle note difficoltà finanziarie che si trovano, loro malgrado, ad affrontare.
(2-01662) «Lenzi, Miglioli, Santagata, La Forgia, Causi, Marchi, Marchignoli, Marchioni, Marco Carra, Albini, Vassallo, Motta, Benamati, Amici, Servodio, Morassut, Fluvi, Pizzetti, Gozi, Zampa, Arturo Mario Luigi Parisi, De Pasquale, Lolli, Tocci, Picierno, Cardinale, Losacco, Burtone, Beltrandi, Ventura, Colaninno, Lulli, Zunino, Bersani, De Micheli, Ghizzoni, Bossa, Castagnetti, D'Incecco».

Interrogazione a risposta in Commissione:


      FEDRIGA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          con atto di sindacato ispettivo n.  5-05754 l'interrogante chiedeva «di fare piena luce sulle scelte strategiche, sugli investimenti e sulle spese per gli organi statutari effettuate dall'ENPAPI (Ente nazionale di previdenza ed assistenza della professione infermieristica)»;
          il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, in sede di risposta in data 17 gennaio 2012, nel riferire i costi per gli organi amministrativi e di controllo per gli anni 2008 e 2009, precisava tuttavia che «la vigilanza dell'Enpapi spetta altresì al Ministero dell'economia e delle finanze»;
          a parere dell'interrogante è essenziale la massima chiarezza e trasparenza circa le scelte strategiche, gli investimenti e le spese dell'ENPAPI, soprattutto per quanto riguarda i costi degli organi sociali e quelli sostenuti per l'acquisto della nuova prestigiosa sede in via Farnese, quartiere Prati, a Roma;
          in particolare, pare che l'ente abbia assunto impegni di investimento per circa 86 milioni di euro, sui quali il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, in sede di risposta alla succitata interrogazione, ha rappresentato che «trattasi di impegni di investimento assunti dall'Ente, e riportati tra i conti d'ordine del bilancio consuntivo per l'anno 2009, nella voce “Impegni” che accoglie le somme impegnate per la sottoscrizione di fondi di investimento (e) che tali investimenti sono realizzati con le disponibilità rivenienti dalle riserve appostate in bilancio e che si alimentano annualmente dei versamenti per i contributi correnti», precisando che al riguardo «il covigilante Ministero dell'economia e delle finanze non ha, ad oggi, formulato osservazioni»;
          l'Enpapi è l'ente di previdenza di infermieri professionali, assistenti sanitari, vigilatrici d'infanzia, che esercitano la professione in forma autonoma, associata o in cooperativa, e una non oculata gestione da parte dello stesso ente significherebbe mettere a repentaglio i versamenti contributivi ed i trattamenti pensionistici di questa categoria di lavoratori, tale da poter determinare, tra l'altro, un intervento delle competenti autorità giudiziarie per eventuali gravi responsabilità amministrative  –:
          se il Ministro non ravveda nei recenti investimenti operati dall'Enpapi, incluso l'acquisto della nuova sede romana di via Farnese, nonché nella spesa lievitata negli ultimi anni per gli organi statutari, una gestione poco oculata dell'Ente e quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire agli iscritti trasparenza e irreprensibilità nella gestione dei loro versamenti contributivi. (5-07782)

Interrogazioni a risposta scritta:


      JANNONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          i mercati restano sempre fragili e sulle prospettive dell'economia gravano rischi pesanti perché il circolo vizioso crisi bancaria-crisi del debito sovrano si è «intensificato»: è questo il giudizio del Fondo monetario sulla fase attuale dell'Eurozona in un documento in cui si tenta di dare una spinta concreta alla nascita di una vera unione bancaria, conferendo maggior margini di manovra alla Banca centrale europea. Per l'Eurozona il Fondo monetario internazionale stima una contrazione dello 0,3 per cento quest'anno (invariata da aprile) e una crescita di 0,7 per cento nel 2013 (-0,2 per cento rispetto alla stima precedente). Viene confermato che la fase attuale è molto difficile e piena di incertezze per l'unione monetaria: la domanda interna privata resterà debolissima perché banche e famiglie continueranno a rimettere in sesto i bilanci, cauti business e consumatori, alta disoccupazione. Inoltre il Fondo monetario internazionale conferma l'indicazione di politica monetaria avanzata il 21 giugno: «La Bce ha spazio per ridurre i tassi di interesse dispiegando misure non convenzionali addizionali per superare lo stress in alcuni mercati». Nel frattempo però la Banca centrale europea ha portato il tasso centrale a 0,75 per cento. Il Fondo monetario internazionale consiglia alla Banca centrale europea di definire «un programma trasparente di “quantitative easing” comprendente un acquisto considerevole di bond sovrani possibilmente preannunciato», fornire ulteriore liquidità con «facility» ltro addizionali e di procedere a maggiori acquisti nell'ambito del «securities markets programme»;
          l'Fmi spezza più di una lancia a favore di un'azione particolarmente intensa nei Paesi che hanno più margini per agire e che si trovano in una posizione di surplus con l'estero (innanzitutto la Germania). «Aumenti dei salari e dei prezzi degli asset nel nord sarebbero una parte del processo naturale di riequilibrio delle fonti di crescita e aiuterebbe a ridurre in modo appropriato gli alti surplus di parte corrente», scrivono gli economisti di Washington.  Inoltre «differenziali di inflazione più alti faciliterebbero l'aggiustamento dei prezzi relativi nel sud dell'Eurozona». D'altra parte «un'inflazione più alta nel nord ridurrebbe il rischio di una spirale deflazionistica nel sud». Il rischio di una deflazione nell'Eurozona, in ogni caso, viene giudicato basso. La preoccupazione per l'economia si basa su cinque rischi fondamentali: fiducia ancora più bassa a causa del «deleveraging» bancario e del consolidamento dei bilanci; rischio di stagnazione e riduzione di lungo termine della crescita potenziale; il fallimento di una grande banca sistemica; rallentamenti nelle riforme in qualche Paese con effetto imitativo altrove; timore per l'integrità dell'Europa che potenzialmente può portare a stress finanziario più profondo e alla fuga dei correntisti dalle banche di diversi Paesi;
          le misure anti-crisi prese a fine giugno 2012 per il sostegno finanziario nei confronti dei Paesi sotto il tiro dei mercati e per ricapitalizzare le banche sono positive, ma ora occorre accelerare sull'unione bancaria. È questo il giudizio del Fondo monetario internazionale contenuto nel rapporto sull'Eurozona. L'unione monetaria si trova «in un punto a metà strada scomodo e insostenibile» per cui occorre «una dichiarazione unificata di sostegno di tutti questi passi da parte dei governi con un chiaro calendario di decisioni». In sostanza, il Fondo monetario internazionale ritiene che l'Eurozona non abbia ancora «flessibilità economica o strumenti di policy per fronteggiare» il contagio finanziario. Non ci sono strumenti finanziari «sufficienti» di condivisione del rischio, non ci sono ancore comuni per sostenere le banche o altri strumenti che possono ammorbidire gli effetti degli choc sui bilanci pubblici. Di qui una serie di proposte (le stesse indicate a giugno): via libera agli eurobond, «una forma limitata di introduzione di debito comune con appropriata salvaguardia in termini di “governance” come passo intermedio verso l'integrazione delle politiche di bilancio e di condivisione del rischio». In seguito, occorre costruire velocemente l'unione bancaria che deve essere fondata su tre pilastri: schema paneuropeo di garanzia dei depositi finanziato da una tassa sul settore (in caso di stress ricorso a risorse condivise degli stati o per l'Eurozona a linee di credito della Banca centrale europea; meccanismo paneuropeo di «risoluzione» con il potere di farne pagare il peso ai privati (bail-in); supervisione comune. Il Fondo monetario internazionale chiede una «accelerazione del calendario» anche prevedendo l'intervento dell'Efsf/Esm per finanziare i due sistemi per i depositi e la risoluzione delle banche (oppure attraverso l'emissione di eurobill). In parallelo occorre procedere verso l'unione di bilancio. Alcune indicazioni fornite dal Fondo monetario internazionale per rilanciare l'economia degli Stati consistono nella riduzione delle imposte fondata su tagli della spesa pubblica per distribuire in modo migliore il carico dell'aggiustamento di bilancio e aiutare la crescita, nell'attuare le riforme definite a partire da quella sul mercato del lavoro e nel decentramento della determinazione dei salari  –:
          quali interventi i Ministri intendano proporre, in sede europea, affinché vengano accolte le indicazioni fomite dal Fondo monetario internazionale;
          quali iniziative il Ministro dell'economia e delle finanze intenda adottare, dopo le affermazioni del Fondo monetario internazionale, affinché nel nostro Paese possa diminuire la pressione fiscale, senza inficiarne la ripresa economica. (4-17586)


      JANNONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          ci sono dieci grandi città italiane con più di 50 mila abitanti che sono ad un passo dal crak finanziario Napoli e Palermo in cima alla «lista nera»; poi Reggio Calabria, finita in rosso già nel 2007-2008 ed ora oggetto di un'inchiesta della magistratura. E a seguire tante altre amministrazioni, grandi e meno grandi (come Milazzo), magari fino ad oggi virtuose, potrebbero essere costrette a chiedere il «dissesto», che significa scioglimento della consiglio, entrata in campo della Corte dei Conti e commissario prefettizio. L'ultimo colpo, o se si vuole il colpo di grazia, sta infatti per arrivare: è una norma inserita nel decreto sulla spending review che nelle pieghe delle nuove regole che impongono l’«armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio» impone di svalutare del 25 per cento i residui attivi accumulati sino ad oggi. Si tratta di entrate contabilizzate ma non ancora incassate, come possono essere i proventi delle multe e le tasse sui rifiuti. Cifre importanti, che servono a «fare» il bilancio di un ente che spesso, per prassi, modifica queste voci pur sapendo di non riuscire a poter incassare il 100 per cento degli importi messi a bilancio. Incassi spesso molto dubbi, insomma, che ora non possono più servire a far quadrare i conti;
          «a rischio sono almeno una decina di grandi città» confidano i tecnici del governo che stanno monitorando la situazione. «La situazione sta diventando ogni giorno più difficile», conferma il presidente dell'Anci Graziano Del Rio. Che punta il dito contro l'ennesimo taglio dei trasferimenti, contro le misure introdotte dalla spending review, e che rilancia l'allarme di tanti colleghi sindaci. «Tagliando di colpo i residui attivi è chiaro che i bilanci non quadrano più». Di per sé il principio, argomenta Del Rio, non sarebbe nemmeno sbagliato, «ma serve più gradualità per dare tempo ai sindaci che hanno utilizzato questa modalità di adattarsi. Perché altrimenti anche comuni virtuosi, come ad esempio Salerno, a questo punto sono a rischio»;
          in base ai dati a disposizione del Viminale il fenomeno dei comuni che hanno dichiarato il dissesto negli ultimi due anni è letteralmente esploso: da 1-2 casi all'anno si è passati a circa 25, comprese anche amministrazioni del Centro-Nord dove questo tipo di fenomeno fino a ieri era sconosciuto. Eclatante il caso di Alessandria, il cui sindaco solo poche settimane fa, ha dichiarato fallimento a seguito di 100 milioni di euro di debiti. Stessa sorte in precedenza era toccata a comuni più piccoli come Riomaggiore (Sp), Castiglion Fiorentino e Barni in provincia di Como;
          c’è un problema di tenuta dei bilanci e ce n’è uno ancora più serio di cassa. Che spesso il sindaco di turno si trova vuota. Perché la centralizzazione della tesoreria decisa di recente ha sì fatto affluire alla cassa nazionale qualcosa come 9 miliardi di liquidità aggiuntiva ma, al tempo stesso, ha reso più complicato da parte degli enti poter beneficiare di anticipazioni da parte del sistema bancario. Prima col proprio tesoriere municipale ogni sindaco poteva contrattare e in casi di emergenza otteneva liquidità praticamente anche gratis, ora se si rivolge ad una banca deve certamente pagare gli interessi. Ammesso che il prestito riesca ad ottenerlo. A tutto ciò occorre poi aggiungere gli ennesimi tagli ai trasferimenti imposti dalla spending review: 500 milioni di euro già entro fine 2012 e 1 miliardo di euro all'anno dal 2013;
          «A 4 mesi dalla chiusura dei bilanci 2012 – spiega Del Rio – anche i 500 milioni di tagli ai trasferimenti previsti per quest'anno sono molto pesanti. Rappresentano una quota molto importante dei nostri bilanci e cancellarli così di colpo non solo crea altri problemi di cassa ma sconvolge anche gli obiettivi del patto di stabilità». Per questo l'associazione dei comuni, che domani tornerà a manifestare a Roma contro i nuovi tagli, manda al Presidente del Consiglio Monti un messaggio preciso: «Attenzione a forzare la mano, perché avanti di questo passo il giorno in cui comuni come Milano, Napoli e Torino usciranno dal patto di stabilità basterà questo solo gesto a scassare i conti dell'intero Stato». Conclude Del Rio: «Siamo disponibili a ragionare, ma le cose vanno fatte con criterio. E soprattutto bisogna tenere conto che come Comuni negli ultimi anni abbiamo già dato 22 miliardi di euro»  –:
          quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di evitare che una parte consistente dei comuni italiani, come denunciato dall'Anci, cadano in dissesto economico. (4-17589)


      BITONCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          secondo le prime interpretazioni emerse in questi ultimi giorni e così come riportato anche da organi di stampa nazionale (Italia Oggi di Martedì 11 settembre 2012), i dottori commercialisti, stando alla circolare n.  4/20123 del registro imprese della CCIAA di Padova, non sarebbero autorizzati a effettuare la cessione di quote della società a responsabilità limitata semplificata in seguito alla riserva di competenze al notaio per l'accertamento dei requisiti anagrafici;
          nello specifico, il registro delle imprese di Padova, all'interno della direttiva n.  4/2012, si chiede se per la srls (s.r.l. semplificata e che prevede agevolazioni di spesa limitate al solo momento di start up dell'impresa per gli under 35) sia ammessa una cessione di quote redatta ai sensi dell'articolo 136, comma 1-bis, del decreto-legge n.  112 del 2008 dal momento che l'accertamento dell'età anagrafica under 35 in sede di costituzione è obbligo imposto e sanzionato per il solo notaio dall'articolo 49 (novellato) della legge notarile n.  89 del 1913, così che dal medesimo documento sembra potersi ritenere che il registro delle imprese propenda per il diniego verso l'operatività dei commercialisti  –:
          se il Ministro non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza al fine di precisare che l'autorizzazione a effettuare la cessione di quote della srls in seguito alla riserva di competenze sia effettuabile anche dai dottori commercialisti regolarmente iscritti all'albo. (4-17595)


      MARINELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il comune di Predappio ha una popolazione complessiva di circa 6.500 abitanti e un volume di spesa corrente di circa euro 4 milioni annui. Le stime elaborate nel mese di maggio 2012 dal Ministero dell'economia e delle finanze prevedevano che il comune avesse entrate per circa euro 1.065.000 a fronte delle quali era stato assegnato un trasferimento per fondo sperimentale di riequilibrio (FSR) pari a euro 752.000. I versamenti fiscali effettuati nel mese di giugno 2012 erano assolutamente in linea con le stime ministeriali di maggio e con i dati previsionali del comune;
          tuttavia le stime dell'IMU effettuate dal Ministero dell'economia e delle finanze nel mese di luglio 2012, quale aggiornamento alle stime in precedenza effettuate, sono state riviste al rialzo, assegnando al comune un introito complessivo di euro 1.741.000 e, corrispondentemente, il trasferimento dal Fondo sperimentale di riequilibrio (FSR) è stato azzerato;
          dai dati ministeriali forniti dall'Istituto per la finanza e l'economia locale (IFEL), nel caso di Predappio, l'incremento (presunto) delle entrate è da attribuire a due fattispecie: ritardo nei pagamenti a carico dei contribuenti, per euro 164.000,00 (quota del comune) corrispondenti al 9,4 per cento del gettito totale e, soprattutto, al gettito derivante dagli immobili comunali, per euro 471.600 (sempre solo la quota comunale), corrispondenti al 27 per cento del gettito totale;
          di fatto il Ministero ha stimato che più di un immobile su quattro nel territorio predappiese appartenga al comune e che circa il 10 per cento dei contribuenti non abbia effettuato il pagamento dovuto in sede di acconto;
          in particolare, per quanto riguarda il dato IMU sugli immobili di proprietà del comune (peraltro un incasso solo virtuale, perché per realizzarlo il comune dovrebbe pagare sé stesso), le cifre che il comune ha a disposizione, forniscono un quadro di importo considerevolmente più basso, pari a circa euro 66.000 (quota del Comune);
          l'articolo 9, comma 8, del decreto legislativo sul federalismo municipale (n.  23 del 2011) esenta dall'IMU gli immobili posseduti, nel proprio territorio, dai comuni, se destinati esclusivamente ai compiti istituzionali; il medesimo decreto legislativo ha istituito il Fondo sperimentale di riequilibrio (FSR) quale un fondo triennale destinato ad accompagnare in forma equilibrata la devoluzione della fiscalità immobiliare alimentato dal gettito o da quote del gettito derivante dalla fiscalità immobiliare (cedolare secca sugli affitti, IRPEF sui redditi fondiari, imposte ipotecarie e catastali e di bollo)  –:
          se le stime in materia di gettito dell'IMU elaborate a luglio 2012 dal Ministero dell'economia e delle finanze siano fondate su dati reali o su presunzioni;
          se non ritenga opportuno rivedere le stime di gettito IMU del comune di Predappio, in particolare per quel che riguarda le stime degli immobili di proprietà del comune medesimo, non essendo verosimile che esso sia proprietario di un quarto degli immobili del proprio territorio. (4-17596)


      NASTRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 16 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011 n.  214, recante «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici», cosiddetto «decreto salva-Italia», ha previsto a partire dal 1° maggio 2012 l'introduzione di una tassa annuale per le unità da diporto, stabilendo inoltre sanzioni amministrative tributarie che vanno dal 200 al 300 per cento dell'importo non versato, oltre all'importo della tassa dovuta, per omesso ritardato o parziale versamento dell'imposta;
          la suesposta ed ulteriore tassa, a giudizio dell'interrogante, contribuisce ad aggravare ulteriormente le già precarie condizioni economiche e finanziarie in cui si trova il comparto della nautica italiana, che rappresenta una delle eccellenze del made in Italy a livello mondiale, in considerazione del fatto che la pesante crisi economica internazionale e la recessione che hanno colpito anche il nostro Paese, coinvolgono direttamente la nautica e il vasto indotto, mettendo a rischio la sopravvivenza di numerose imprese del settore e determinando l'avvio di procedure per delocalizzare il sistema produttivo;
          ulteriori profili di criticità, a giudizio dell'interrogante, si evidenziano, dalle conseguenze negative e penalizzanti derivanti sia dal tributo imposto, rappresentato dalla «tassa di soggiorno» che costituisce l'ultimo di una serie di eccessivi adempimenti fiscali che gravano sul comparto della nautica che da un'esagerata ostilità nei riguardi dei cosiddetti settori di lusso, che nonostante la recessione in corso, garantiscono un numero rilevante di posti di lavoro a livello nazionale;
          secondo recenti stime effettuate da Ucina-Confindustria, la politica di rigore ha determinato effetti negativi sia sul fronte delle mancate entrate tributarie, derivanti dal gettito inizialmente previsto dal Governo (su 115 milioni di euro previsti, sono stati riscossi soltanto 23 milioni) sulla «tassa di soggiorno», (trasformata successivamente in tassa di possesso), che dalla mancata riscossione dell'iva, determinando la perdita d'occupazione per circa 20 mila posti di lavoro;
          nel mese di gennaio 2012 infatti oltre il 40 per cento dei possessori di barche, hanno disdettato i posti previsti, confermando la scarsa convenienza nel possedere imbarcazioni di diporto, nonostante la vocazione marinara del nostro Paese;
          a giudizio dell'interrogante, in considerazione di quanto esposto occorrono interventi urgenti a sostegno della filiera della nautica, volti a diminuire l'eccessiva imposizione fiscale e tributaria e ad incentivare gli acquisti delle imbarcazioni, poiché il proseguimento della situazione attuale in cui si trova la nautica italiana determina, come esposto, danni ingentissimi al turismo nautico e alle stesse casse dell'erario;
          giova ricordare, inoltre, che il comparto della nautica si contraddistingue come uno dei primi fra i trenta migliori settori manifatturieri italiani, uno dei pochi che ha il potenziale per ripartire e sopravanzare le economie trainanti a livello europeo quale quella tedesca  –:
          quali orientamenti, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
          quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano intraprendere, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili, al fine di incentivare la politica delle strutture portuali e diportistiche italiane, nonché di rivedere il sistema della tassazione per le unità da diporto eccessivamente gravoso e penalizzante per un settore essenziale per l'economia nazionale come la nautica, il cui indotto (portualità e servizi) determina complessivamente circa 90 mila posti di lavoro. (4-17598)


      FAVA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il sisma che ha colpito le regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, oltre ai notevoli danni arrecati alle popolazioni e alle imprese, ha generato un clima di incertezza tra gli operatori economici in merito agli adempimenti e ai versamenti tributari;
          i lavoratori dipendenti che risiedono nei comuni terremotati del 20 e 29 maggio 2012 hanno usufruito della sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari prevista dal decreto MEF del 1o giugno 2012 per le mensilità di giugno, luglio e quattordicesima 2012;
          l'articolo 8 del decreto-legge n.  74 del 2012, per unificare il termine di sospensione degli adempimenti e versamenti tributari, ha fissato al 30 settembre, il termine di sospensione per tutti gli altri adempimenti di cui al citato articolo 8, portato al 30 novembre 2012 dalla legge di conversione 1o agosto 2012, n.  122;
          l'emanazione del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 24 agosto 2012, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.  202 del 30 agosto 2012, fissa dunque al 30 novembre 2012 il termine finale del periodo di sospensione per i versamenti e gli adempimenti tributari;
          il decreto ministeriale prevede, inoltre, che le modalità di effettuazione degli adempimenti e dei versamenti sospesi (scadenti nel periodo dal 20 maggio al 30 novembre) saranno stabilite da apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze;
          il differimento del termine del periodo di sospensione disposto dal citato decreto ministeriale 24 agosto 2012 produce effetti su tutti gli adempimenti fiscali tranne che sull'effettuazione ed il versamento delle ritenute da parte dei sostituti d'imposta alla fonte, come chiarito dall'Agenzia delle entrate nel comunicato stampa del 16 agosto 2012;
          dalla lettura di tale comunicato emerge che, ferma la proroga del periodo di sospensione degli adempimenti e versamenti fiscali al 30 novembre 2012, le ritenute in costanza del periodo di sospensione devono essere operate e versate alle relative scadenze  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e intenda assumere iniziative per un ulteriore differimento del termine al 2013, posto che i lavoratori sono ben consapevoli che quanto non pagato dovrà essere restituito, ma i modi e i tempi di recupero devono essere dilazionati con raziocinio, poiché con il loro stipendio fanno fronte alle esigenze del quotidiano e non è possibile permettere che esso venga ridotto del 60 per cento.
(4-17609)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


      MUNERATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n.  148, stabilisce il riordino delle circoscrizioni giudiziarie e la strategia di revisione della struttura giudiziaria prevede la chiusura di oltre 600 uffici di giudici di pace o, in alcuni casi, il loro accorpamento a quelli della principale città più vicina;
          la definizione delle sedi che dovrebbero essere interessate dalla disposizione governativa non tiene in adeguata considerazione alcuni importanti aspetti, quali il numero degli abitanti del bacino di utenza, il carico di lavoro, la estensione del territorio;
          organi di stampa locale (Corriere del Veneto di sabato 10 agosto 2012) riportano la notizia secondo la quale nel solo Veneto verranno accorpate le 13 sezioni distaccate del Veneto, ovvero Chioggia, San Donà, Portogruaro, Dolo, Castelfranco, Conegliano, Soave, Legnago, Este, Cittadella, Schio, Pieve di Cadore ed Adria;
          con riferimento alla sezione distaccata di Adria (Rovigo), si evidenzia chiaramente come la decisione del Governo abbia determinato estrema preoccupazione negli abitanti del territorio, tra gli amministratori locali quanto tra la cittadinanza, laddove l'amministrazione comunale, in particolar modo, il sindaco della città di Adria stessa, già nell'ottobre del 2011, rilevava l'importanza strategica del tribunale e la necessità di pensare, in luogo di una chiusura totale del tribunale locale, ad una soluzione alternativa;
          la soppressione del tribunale di Adria determinerebbe infatti grande disagio ai cittadini della città e di tutte le città limitrofe e che si trovano nell'area dei comuni del Delta che dovrebbero recarsi così al presidio di giustizia più vicino, anche solo per assolvere adempimenti vari e nonostante l'elevata distanza dal tribunale più vicino, ovvero Rovigo, difficilmente raggiungibile a causa della scarsità dei servizi di collegamento tra le due città;
          il 10 agosto 2012, il Consiglio dei ministri ha dato via libera definitivo ai decreti legislativi di revisione delle circoscrizioni giudiziarie, prevedendo la soppressione di tutte le 220 sedi distaccate di tribunale, tra cui anche quella di Adria, la riduzione e l'accorpamento di 31 tribunali e di 31 procure, mantenendo i presidi giudiziari nelle aree ad alta infiltrazione di criminalità organizzata (Caltagirone e Sciacca in Sicilia; Castrovillari cui sarà accorpato il tribunale di Rossano, Lamezia Terme e Paola in Calabria; Cassino cui sarà accorpata la sezione distaccata di Gaeta nel Lazio), dotando di un ufficio di procura anche il tribunale di Napoli nord, e disponendo la soppressione di 667 uffici di giudici di pace, oltre che la ridistribuzione sul territorio del personale amministrativo e dei magistrati restanti, per i quali non sono previsti né esuberi né messa in mobilità  –:
          se non ritenga opportuno, alla luce della strategica importanza per l'intero territorio dei comuni del Delta rodigino, specificare i criteri sulla base dei quali è prevista la soppressione della sezione staccata di Adria, valutando altresì, qualora emergano le condizioni, la possibilità di assumere iniziative per rivedere l'attuale provvedimento governativo. (4-17603)


      MAGGIONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          suscita indignazione la vicenda avvenuta a Mortara nel mese di luglio 2012 e riguardante la immediata scarcerazione disposta dal gip del tribunale di Vigevano nei confronti di un ventisettenne senza fissa dimora proveniente dai territori Palestinesi occupati, a meno di quarantotto ore dall'arresto effettuato dalla squadra mobile;
          il ventisettenne era stato inseguito e bloccato dalla polizia di Mortara con l'accusa di violenza e resistenza a pubblico ufficiale e per aver fornito false generalità, dato che poche ore prima aveva aggredito durante un normale controllo un vigile di 48 anni, successivamente ricoverato in ospedale con una prognosi di nove giorni;
          sembra che l'aggressore conoscesse bene il vigile e nutrisse nei suoi confronti motivi di rancore dal momento che, un anno prima, l'agente aveva seguito le pratiche per l'espulsione del ventisettenne, che era in Italia come clandestino;
          tuttavia, in sede di convalida dell'arresto, effettuato in flagranza di reato, il giudice ha ritenuto di non procedere alla convalida disponendo l'immediata scarcerazione del ventisettenne, in quanto il gip gli ha contestato solo il reato di lesioni e non ha valutato che l'aggressione fosse direttamente collegata al servizio che l'agente stava svolgendo;
          l'epilogo della vicenda ha lasciato sconcertate le autorità locali, che esprimono perplessità riguardo alla decisione del magistrato che ha disposto la liberazione del delinquente;
          suscita amarezza che l'aggressione perpetrata nei confronti di un tutore della legalità sia rimasta impunita, almeno per il momento;
          simili vicende contribuiscono ad accrescere il senso di sfiducia nei confronti delle decisioni di alcuni magistrati che, ad avviso dell'interrogante, consentono con grande facilità a delinquenti di ogni tipo di poter tornare immediatamente liberi dopo l'arresto compiuto in flagranza di reato;
          ad avviso dell'interrogante, pure nel rispetto del potere discrezionale che spetta al magistrato, non si dovrebbero assumere decisioni così delicate senza tenere in adeguata considerazione i precedenti penali e la capacità a delinquere del condannato  –:
          se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative normative in materia. (4-17628)


      NASTRI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          la recente approvazione da parte del Governo dei decreti legislativi riguardanti la revisione e la redistribuzione delle circoscrizioni giudiziarie, i cui modelli organizzativi sono stati spesso precari ed inefficienti sotto il profilo della produttività e della carenza di specializzazione e il cui impiego di risorse a volte è risultato spropositato rispetto alle esigenze, è stato oggetto nel corso degli anni, di approfondite analisi e di valutazioni anche critiche;
          a giudizio dell'interrogante, risulta pertanto condivisibile la necessità di adeguare le dimensioni dei tribunali e conseguentemente degli uffici del pubblico ministero, ad una serie di variate situazioni sociali, strutturali e criminali, sebbene alcune disposizioni introdotte siano discutibili;
          il decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri il 10 agosto 2012 dispone, nell'ambito della ridefinizione della geografia giudiziaria, la rideterminazione delle piante organiche delle procure e dei tribunali;
          le norme indicate dal suddetto provvedimento, con riferimento alla nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero della regione Piemonte in particolare, a giudizio dell'interrogante, determineranno nel breve periodo una serie di singolari ed anomale conseguenze;
          nella città di Alessandria, la cui dotazione organica dei magistrati della procura, dovrebbe passare da 8 a 14 magistrati, 3 dei quali provenienti a seguito dell'accorpamento dalle sedi di Tortona, Acqui Terme e Casale Monferrato, si determinerà un sovraccarico dell'attività professionale, in considerazione del numero di iscrizioni pari a 9405 a mod.21 nell'anno 2009-2010 per tutte e quattro le attuali e suddette sedi, a differenza della procura di Novara il cui numero di iscrizioni risulta essere 6745;
          quanto suesposto, a giudizio dell'interrogante, implicherà la conseguenza che, per un numero di iscrizioni superiore ad una percentuale che non raggiunge il 50 per cento, la procura di Alessandria avrà l'80 per cento in più dei magistrati rispetto a quelli di Novara;
          il raffronto con la procura della città di Cuneo, invece, risulta essere peggiore se si valuta che il numero di magistrati complessivo, risulterà essere di 12 unità ed un numero complessivo di iscrizioni a mod.21 pari a 7653, determinando un disequilibrio in considerazione del fatto che per circa mille affari iscritti e trattati saranno previsti 4 magistrati in più rispetto a Novara;
          a giudizio dell'interrogante, in considerazione di quanto esposto, occorre un'analisi più approfondita da parte del Ministro interrogato, al fine di evitare disarmonie e squilibri, come quelli riferiti alle citate procure della regione Piemonte, le cui conseguenze rischiano di determinare pesanti e negative ripercussioni per alcuni uffici giudiziari, che non avendo avuto sedi sub provinciali da accorpare, saranno evidentemente penalizzati;
          a giudizio dell'interrogante inoltre, risulta altresì necessario, rivedere i parametri utilizzati dal Ministero, per l'assegnazione della presenza che, stante l'attuale impostazione delle disposizioni previste, appare casuale e non legata a ragioni di razionalità di sedi sub provinciali;
          un dimensionamento medio degli uffici giudiziari che non sia inferiore a 35-40 unità per i tribunali e di circa 14-15 unità per quelli del pubblico ministero, a parere dell'interrogante, è in grado di garantire la specializzazione, l'eliminazione delle incompatibilità tra giudicanti e soprattutto la possibilità di assorbire le carenze e le eventuali criticità  –:
          quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
          se, con riferimento alla ridefinizione delle piante organiche delle procure e dei tribunali in particolare della regione Piemonte, nonché alla situazione complessiva configurata in merito alle procure della medesima regione, non ritenga opportuno assumere ulteriori iniziative normative volte a prevedere un dimensionamento degli uffici giudiziari che consideri i rilievi esposti in premessa. (4-17630)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      IANNUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano costituisce una area di straordinario valore paesaggistico, ambientale, con un ricco patrimonio di beni culturali, archeologici storici, ed artistici, fra i quali innanzitutto l'area archeologica di Paestum, l'area archeologica di Velia-Elea e la certosa di Padula; con le bellissime aree marine protette di «Santa Maria di Castellabate» e di «Costa degli Infreschi e della Masseta»;
          questa zona, che vanta tante località costiere di eccezionale bellezza, che consentono una balneazione di straordinaria e riconosciuta qualità, ha tutte le condizioni per divenire sempre più un polo turistico di assoluta rilevanza, a livello nazionale ed internazionale;
          tuttavia, anche in tale auspicabile prospettiva, è necessario e doveroso potenziare e migliorare il sistema dei collegamenti, dei trasporti e delle mobilità, con congrui ed adeguati investimenti infrastrutturali;
          è indispensabile, in particolare, ammodernare, rafforzare e rendere più veloci e funzionali i collegamenti ferroviari verso l'area del parco del Cilento e del vallo di Diano;
          in questa ottica fondamentali sono il potenziamento e lo sviluppo della stazione di Agropoli, importante cittadina, in costante e positiva crescita;
          tale stazione di Agropoli dovrebbe divenire lo snodo ed il centro fondamentale di un più moderno sistema di collegamenti ferroviari verso il parco e dovrebbe, pertanto, essere potenziata adeguatamente;
          a tal fine si impone di modernizzare e velocizzare le tratte ferroviarie in questa vasta e significativa area, che deve essere ricompresa nei programmi di potenziamento, velocizzazione ed adeguamento tecnologico dell'asse ferroviario Salerno-Battipaglia-Reggio Calabria e nella prospettiva di prolungamento da Salerno verso il Sud della linea dell'alta velocità – alta capacità ferroviaria;
          la stazione di Agropoli, in questa ottica di potenziamento dell'intero sistema dei collegamenti ferroviari, potrebbe, così, svolgere la funzione, di estrema rilevanza, di stazione del parco nazionale del Cilento e di vallo di Diano; in questa giusta prospettiva la stazione va valorizzata e potenziata  –:
          quali iniziative, anche nell'ambito del rapporto istituzionale con la regione Campania e con R.F.I. (Rete ferroviaria italiana), il Ministro ritenga di assumere, per sviluppare e modernizzare le reti ed i collegamenti ferroviari verso l'area del Parco nazionale del Cilento e del vallo di Diano di eccezionale valore culturale, ambientale, paesistico, storico, archeologico ed artistico e di enorme potenzialità turistica, in particolare potenziando la stazione ferroviaria di Agropoli e così realizzando la moderna e funzionale stazione al servizio del parco, snodo centrale di un moderno e funzionale sistema dei collegamenti ferroviari verso il Cilento e la Calabria, nel quadro degli investimenti infrastrutturali relativi al potenziamento, alla velocizzazione ed all'adeguamento tecnologico dell'asse ferroviario nel Mezzogiorno, lungo la direttrice Salerno-Battipaglia-Reggio Calabria. (5-07786)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BRAGA, CODURELLI e FIANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          nei giorni scorsi, precisamente tra l'11 e il 12 settembre 2012, si è verificata una preoccupante sequenza di affissioni inneggianti il fascismo e i fasti del Ventennio nel centro della città di Como;
          i manifesti che recitano: «È stato fatto più in vent'anni di fascismo che in sessant'anni di democrazia», cui segue un lungo elenco di opere e iniziative messe in atto e concretizzate durante il regime fascista con tanto di effige di Mussolini, sono stati appesi a portoni, vetrate e muri delle sedi del sindacato Cgil di Como, dove peraltro il 1° maggio 2012 sono anche state ritrovate delle sacche di sangue solitamente utilizzate per le trasfusioni, di alcune associazioni democratiche e antifasciste del capoluogo lariano quali l'Anpi (Associazione Nazionale partigiani d'Italia), l'Istituto Peretta che studia la resistenza locale, il circolo Arci Xanadù, l'associazione Italia-Cuba, nonché, fatto quasi sacrilego, sul Monumento alla Resistenza europea inaugurato nel 1983 dall'allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini sulle cui lastre monumentali sono incisi brani di lettere di coloro che per gli ideali di libertà e di indipendenza sacrificarono la propria vita;
          l'attacco avvenuto a Como, chiaramente coordinato, grave e altamente offensivo dei valori e delle istituzioni democratiche, arriva in un momento delicato e di tensione sociale per il nostro Paese, e benché non sia stato rivendicato e non rechi firma alcuna, può essere inequivocabilmente riconducibile a persone o a gruppi di estrema destra con evidente apologia di fascismo;
          questi episodi fanno seguito ad altre manifestazioni di intolleranza e di richiamo all'ideologia fascista organizzate nel territorio comasco da gruppi organizzati di estrema destra, sfociati in atti di vandalismo nei confronti di personalità impegnate nell'affermazione dei valori della Resistenza e della Costituzione e persino nell'organizzazione di un convegno negazionista in occasione della giornata della memoria il 27 gennaio 2012;
          a ciò si aggiunge il raduno che si tiene ogni anno il 28 aprile a Giulino di Mezzegra a ricordo dell'uccisione di Benito Mussolini e Claretta Petacci, durante il quale gruppi di nostalgici e skinhead si esibiscono abitualmente in inni fascisti e saluti romani, nonostante nel nostro ordinamento la legge «mancino» 25 giugno 1993, n.  205, vieti l'ostentazione di simboli fascisti o che a esso facciano esplicito riferimento;
          episodi di tale gravità contribuiscono pericolosamente a creare ed esasperare un clima di tensione e contrapposizione sociale già molto elevato che, se non frenato e controllato, potrebbe sfociare in estremismi e generare reazioni violente  –:
          quali misure e iniziative di propria competenza intenda assumere per fronteggiare ed evitare il ripetersi di gravi atti di vandalismo e di episodi di propaganda di idee e simboli fascisti nel territorio comasco. (5-07787)

Interrogazioni a risposta scritta:


      LO MORO. — Al Ministro dell'interno. — per sapere – premesso che:
          il 12 settembre 2012 a Catanzaro era prevista una iniziativa organizzata dai sindacato autonomo di polizia Coisp Calabria intitolata «Responsabilità e bene comune: sicurezza e legalità nei quartieri a sud», volta a sensibilizzare sul tema l'opinione pubblica;
          lo stesso sindacato in data 5 settembre 2012 ha inviato una lettera aperta al Ministro interrogato con la quale si evidenziano le condizioni in cui gli operatori dello Stato si trovano ad operare in Calabria;
          nella missiva il segretario del Coisp Calabria, Giuseppe Brugnano, denuncia «il vuoto istituzionale che persiste sulla questione sicurezza, alla quale è strettamente correlata la questione diritti degli Operatori della Sicurezza e loro tutela» invitando il Ministro dell'interno a visitare la Calabria per prendere visione personalmente dei problemi denunciati;
          nella lettera vengono esplicitati problemi concreti riguardanti le singole province: «a Catanzaro, potrà agevolmente cogliere le notevoli difficoltà in cui è costretto ad operare l'Ufficio Scorte della Questura, la cui manutenzione delle auto blindate (compreso il cambio dei pneumatici) deve essere svolta a Napoli: 800 km di viaggio, Illustre Ministro, con gravosi costi economici e considerevoli rischi per l'incolumità degli Operatori della Sicurezza e degli stessi destinatari delle misure di scorta»;
          continua il sindacato «a Lamezia Ferme, potrà invece apprendere della situazione di emergenza del Commissariato, di recente sottoposta all'attenzione della Commissione Parlamentare Antimafia, alla luce dei tragici episodi di cronaca che hanno insanguinato la ”città della piana”, e che consiste nella drastica riduzione di uomini e mezzi o anche nell'inefficienza dei soli strumenti informatici»;
          si legge ancora «a Reggio Calabria, potrà ancora intuire come le attuali risorse umane siano scarsamente sufficienti per coprire i servizi di Polizia essenziali, con grave nocumento dell'attività della Polizia di Stato che da anni viene condotta sul territorio della locride dai Commissariati di Siderno e Bovalino. Tale deficit, come ben ricorderà, venne ampiamente riscontrato all'atto dello sbarco degli immigrati sulla spiaggia di Portigliela, circostanza in cui il COISP intervenne sulla sistemazione degli immigrati ospitati a Siderno Superiore, constatando amaramente le condizioni di carenza di uomini e mezzi nel Commissariato di Siderno; in un altro caso il COISP fu costretto ad evidenziare il deficit in questione, il «caso Lanzetta», in cui rilevanti apparsero le difficoltà delle forze dell'ordine di Siderno e Bovalino nel contribuire a garantire la vigilanza fissa all'abitazione del sindaco dimissionario di Monasterace;
          a Vibo Valentia e a Crotone, denuncia il Coisp Calabria, i comprensori sono stati denudati di qualsiasi possibilità di «sviluppo», che, nella accezione più elevata del termine, deve essere riferito al progresso sulla sicurezza e sul controllo del territorio. Inoltre, la spending review pone a rischio Vibo e Crotone, in quanto prende una possibilità di copertura del turnover degli operatori di polizia del solo 20 per cento nel triennio 2012-2014 e del 50 per cento per il 2015, cioè una perdita di oltre 7000 operatori per la sola polizia di Stato per un'amministrazione che è già sotto di circa 15.000 unità in organico;
          le carenze denunciate dal Coisp sono ben note nella loro gravità;
          delle stesse si tiene conto nella mozione sulla Calabria (1-01118), presentata dal PD (prima firma Bersani), di cui si è svolta nei giorni scorsi la discussione generale, con la quale si chiede, in particolare di «finanziare, tenuto conto del nesso molto stretto tra sviluppo economico-territoriale e legalità, il programma straordinario per gli uffici giudiziari e la polizia giudiziaria della regione Calabria, approvato all'unanimità della Commissione parlamentare antimafia nella seduta del 25 gennaio 2012»  –:
          se il Ministro intenda predisporre, per quanto di competenza, gli strumenti necessari per affrontare in maniera significativa i problemi che affliggono la polizia di Stato, e più in generale, le forze dell'ordine, in Calabria. (4-17594)


      NASTRI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, rappresenta una struttura dello Stato ad ordinamento civile, che assicura anche servizi di difesa civile, di soccorso pubblico e di prevenzione ed estinzione degli incendi su tutto il territorio nazionale, nonché lo svolgimento di altre attività assegnate al Corpo nazionale dalle leggi e dai regolamenti, secondo quanto previsto dal decreto legislativo n.  139 dell'8 marzo 2006;
          da diversi anni il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che svolge tra l'altro anche servizi di protezione civile ai sensi dell'articolo 11 della legge 24 febbraio 1992, n.  225, è costretto ad affrontare una situazione di evidente difficoltà, a causa della pianta organica del personale, il cui organigramma è complessivamente formato da circa 32 mila unità, di cui almeno 16 mila hanno un contratto di lavoro precario;
          l'interrogante segnala che circa 4 mila di essi, circa ogni 20 giorni sono richiamati in servizio, in considerazione delle prerogative e dei compiti di pronto soccorso che il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, è chiamato quotidianamente ad esercitare su tutto il territorio nazionale e ciò comporta da un lato costi elevati per l'amministrazione finanziaria dello Stato e dall'altro non consente di ammortizzare l'investimento in termini di qualità del servizio e di ottimizzazione dei costi;
          tutti i vigili del fuoco il cui contratto risulta precario hanno, inoltre, ricevuto sia in precedenza che tuttora: addestramento, equipaggiamento, dotazioni DPI e nei giorni in cui svolgono la propria attività, viene loro riconosciuto il vitto;
          alcuni di essi, in servizio da più di 20 anni, la cui età è compresa tra i 40 e i 45 anni o addirittura tra i 45 e i 48 anni, confermano a giudizio dell'interrogante un'ammirevole fedeltà e dedizione al Corpo, unitamente ad una preparazione tecnica, sempre costante e crescente al fianco delle compagnie permanenti;
          ulteriori valutazioni positive sono rappresentate, a giudizio dell'interrogante, dagli attestati e dai riconoscimenti di merito da parte delle autorità pubbliche che i vigili del fuoco ricevono per il difficile e pericoloso lavoro che svolgono;
          il progetto ammirevole del «Soccorso Italia in 20 minuti», introdotto efficacemente nel corso della XIV legislatura dal Governo Berlusconi, che prevedeva l'abbattimento della risposta in termini di sicurezza, garantita dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, entro circa 20 minuti (tempo di risposta dalla chiamata di soccorso all'arrivo sul luogo dell'intervento da parte di una squadra dei vigili del fuoco), non è proseguito purtroppo a causa della carenza di fondi, ma conferma, a giudizio dell'interrogante, l'efficienza e l'operatività di tutto il personale dei vigili del fuoco a livello nazionale;
          l'interrogante segnala, inoltre, la volontà esistente all'interno del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell'interno, di sanare le criticità suesposte derivanti dai contratti di lavoro precari esistenti, al fine di restituire sia ai diretti interessati che alle rispettive famiglie, maggiore sicurezza e serenità con riferimento alle particolari e delicate peculiarità derivanti dal lavoro che essi svolgono, unitamente ad un importante risparmio in termini economici, per la pubblica amministrazione statale;
          in considerazione di quanto esposto, a giudizio dell'interrogante, appare necessario adottare ogni iniziativa volta a stabilizzare il personale precario e successivamente avviare le procedure di assunzione attraverso concorsi pubblici  –:
          quali orientamenti, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
          se non ritengano di assumere iniziative urgenti a favore dei vigili del fuoco, i cui contratti di lavoro precedentemente riportati risultino precari, al fine di stabilizzare a pieno titolo e a tempo indeterminato all'interno dell'organigramma del Corpo nazionale, coloro che:
              a) abbiano superato la regolare prova attitudinale ginnico-sportiva e la visita medica per accertare l'idoneità fisica al servizio;
              b)    con un contratto di lavoro precario abbiano superato i 45 anni e siano in possesso di specialità ottenute all'interno dei nuclei cinofili, nonché titolari di brevetti da sommozzatore, elicotteristi, possessori della patente di guida VF di III e IV (per tali requisiti il limite d'età è innalzato a 48 anni);
              c)    abbiano ottenuto il punteggio di 4 punti per l'anno, prestato come servizio militare nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
              d)    abbiano ottenuto il punteggio di 2 punti per ogni anno di iscrizione negli elenchi del personale precario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
              e)    abbiano ottenuto il punteggio di 0,20 punti ogni 20 giorni di servizio prestato;
              f) siano iscritti nelle liste del personale precario del Comando provinciale dei vigili del fuoco da almeno 5 anni e che abbiano prestato 120 giorni di servizio nell'ultimo quinquennio dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2011. (4-17599)


      BOSSA e PICCOLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il comune di Scafati, provincia di Salerno, è il primo comune dell'agro nocerino sarnese per popolazione (più di 50mila abitanti); dal 2008 è guidato dal sindaco Angelo Pasqualino Aliberti, del PdL, che ricopre contemporaneamente anche l'incarico di consigliere presso la provincia di Salerno, mentre la moglie, Monica Paolino, è consigliera regionale della Campania;
          la vicenda amministrativa del comune di Scafati è oggetto, da settimane, di circostanziate denunce da parte dei consiglieri comunali di opposizione relativamente al rischio di infiltrazioni camorristiche;
          in particolare, viene denunciato un ruolo preminente svolto nella gestione della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti dall'impresa Overline srl, oggetto di una interdittiva antimafia, trasmessa dalla prefettura di Salerno in data 28 giugno 2012;
          la ditta Overline srl sarebbe sotto il controllo dei fratelli Fontana, di Casapesenna, comune della provincia di Caserta, vicina al clan dei casalesi e del gruppo facente capo al boss Michele Zagaria, recentemente arrestato; i fratelli Fontana sono da diversi anni sotto i riflettori della magistratura inquirente perché sospettati di rapporti con i fratelli Zagaria; una informativa della questura di Caserta, del 2010, secondo quanto riportato dal quotidiano Il Mattino, in un articolo a firma Rosaria Capacchione, individua rapporti «sistematici e strutturali» tra i componenti della famiglia Fontana e i fratelli Michele, Pasquale e Antonio Zagaria;
          la Overline srl, da alcuni anni, risulta non appartenere direttamente ai fratelli Fontana ma a tale Antonietta Orefice, a cui è stata ceduta proprio dai Fontana nel 2009, dopo che l'impresa di questi ultimi era stata colpita da interdittiva antimafia. La Overline srl ha, però, sede presso lo stesso indirizzo del Gruppo Fontana srl, e ha lavorato a lungo nella raccolta dei rifiuti lungo l'asse Napoli-Caserta;
          il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti sul territorio di Scafati è gestito dalla società pubblica Acse, una multiutility comunale che gestisce vari servizi, dai rifiuti ai parcheggi; tale società si rivolge spesso all'esterno, affidando appalti e segmenti di servizi a imprese private;
          la ditta Overline srl è risultata vincitrice di significativi appalti nel campo dei rifiuti presso la Acse, tra cui l'appalto per il trasporto e smaltimento della frazione umida, proveniente dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani della città di Scafati nell'anno 2011, a seguito di gara ad evidenza pubblica con procedura europea; la stessa ditta è risultata vincitrice anche per l'anno 2012, in raggruppamento con Compost Campania srl, di un appalto per circa 800mila euro;
          alla Overline srl, inoltre, è stata affidata, senza gara nell'agosto del 2011, il servizio di carico, trasporto e smaltimento della frazione indifferenziata dei rifiuti urbani per un importo di 87.750 euro;
          altre imprese in odore di camorra hanno ottenuto, in passato, appalti presso il comune di Scafati e, in seguito ad interdittiva antimafia, si sono visti revocare l'affidamento; il riferimento è alla Campania appalti srl, alla Di Bello srl di San Cipriano D'Aversa;
          il segretario comunale del comune di Scafati è la dottoressa Immacolata Di Saia, già segretario comunale del comune di Casapesenna, provincia di Caserta; il nome della dottoressa Di Saia, nell'ordinanza del 7 febbraio 2012 del Gip del tribunale di Napoli Foschini, viene accostato, come sua persona di fiducia, a quello dell'ex sindaco di Casapesenna, Fortunato Zagaria, arrestato il 10 febbraio scorso (e poi scarcerato dal Riesame) e accusato di essere vicino al boss Michele Zagaria;
          all'atto del suo insediamento, il nuovo sindaco di Casapesenna, Giovanni Zara, poi «sfiduciato», ha sostituito il segretario Di Saia, scatenando la reazione dell'ex sindaco ed esponente di rilievo della maggioranza Fortunato Zagaria, che, anche per questa ragione, sarebbe arrivato a determinare la sfiducia verso Zara;
          in particolare, nell'ordinanza del Gip Foschini si fa riferimento al fatto (pagine 16 e 17) che «il Segretario Di Saia è persona vicina a Fortunato Zagaria e mostra di non tenere in alcun conto le indicazioni di Zara» e che il condizionamento degli uffici pubblici risulta essere un obiettivo principale di Fortunato Zagaria per mantenere la Pubblica Amministrazione prona agli interessi della camorra come evidentemente era stato quando lui stesso era sindaco;
          la dottoressa Immacolata Di Saia sembra riscuotere particolare fiducia nell'ambito delle amministrazioni comunali guidate da sindaci del PdL; oltre ad essere segretario comunale a Scafati, infatti, attualmente presiede sia l'Organismo indipendente di valutazione sia quello del controllo di gestione del comune di Castellammare di Stabia (dove è stata segretario comunale), guidato dal sindaco del PdL, Bobbio; ha ricevuto, inoltre, negli ultimi anni, incarichi di responsabilità presso molti comuni del Casertano, tra cui Casapesenna, San Cipriano d'Aversa e Casal di Principe, tutti sciolti per condizionamento camorristico, e parte della zona di influenza del leader campano del PdL, Nicola Cosentino  –:
          se sia a conoscenza di quanto sopra riportato e se non ritenga urgente assumere, attraverso i competenti canali istituzionali, informazioni e riscontri sulla correttezza e legittimità delle attività e delle procedure amministrative messe in atto dall'amministrazione comunale, tenuto conto delle reiterate segnalazioni e degli esposti; se, conseguentemente, non ritenga sussistenti i presupposti per disporre l'accesso, con le modalità previste dalla normativa vigente in materia, per accertare se, nell'ambito dell'apparato politico-amministrativo, emergano elementi su collegamenti diretti e indiretti, con la criminalità organizzata, ovvero sussistano forme di condizionamento degli amministratori che possano compromettere la libera determinazione degli organi elettivi ed il buon andamento dell'amministrazione comunale, nonché il regolare funzionamento dei servizi alla stessa affidati. (4-17605)


      NACCARATO e RUBINATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il 6 settembre 2012 il personale della questura di Treviso ha eseguito una serie di perquisizioni a carico di 18 persone accusate a vario titolo di associazione militare. Secondo gli inquirenti, gli indagati – tutti appartenenti al «Movimento di liberazione nazionale del popolo veneto» (Mlnv) – avrebbero costituito un corpo armato denominato «Polisia Veneta». Nella lista dei denunciati risultano, in particolare. Paolo Gallina, attuale comandante della polizia municipale nel comune di Cornuda (Treviso) e presidente del Mlnv; Sergio Bortotto, responsabile della vigilanza in un supermercato a Villorba (Treviso); e Loris Zanatta, titolare del pub «Vivavoce» adibito a sede della «Polisia Veneta»;
          nella lista degli indagati risultano alcune persone coinvolte in un'analoga indagine sulla «Polisia Veneta» che a novembre 2009 aveva indotto le procure della Repubblica di Venezia, Treviso e Belluno a formulare l'accusa di costituzione di associazione militare, dopo che alcune perquisizioni nella sede della Life (Liberi imprenditori federalisti europei), nelle abitazioni degli indagati, e nel comando della polizia municipale di Comuda avevano evidenziato la disponibilità di armi per il gruppo. In particolare, nell'abitazione di Gallina è stato sequestrato un arsenale composto di nove pistole, due fucili a pompa e un migliaio di proiettili di vario calibro. Nel corso dell'indagine, sono emersi anche i piani di addestramento militare del sodalizio, comprese sessioni di tiro con armi da fuoco in una baita nella zona Pedemontana veneta. Secondo gli inquirenti, la propaganda degli organizzatori della «Polisia Veneta» aveva coinvolto circa 80 persone, pronte a collaborare alla strategia separatista del Mlnv, la cui ideologia considera le forze dell'ordine della Repubblica italiana alla stregua di «nemici dell'autogoverno del popolo veneto»;
          il decreto legislativo n.  66 del 2010 con l'articolo n.  2262 del codice dell'ordinamento militare – predisposto dal Governo Berlusconi e dal Ministro per la semplificazione normativa pro tempore Roberto Calderoli – ha abrogato il reato di associazione militare previsto dal decreto legislativo n.  43 del 14 febbraio 1948. La cancellazione temporanea del grave delitto ha prodotto l'interruzione dell’iter giudiziario nei confronti degli aderenti alla «Polisia Veneta» vanificando gli elementi di indagine raccolti dalla Digos di Treviso nell'ultimo triennio. La ripresa delle indagini e la persecuzione del reato sono stati possibili solo grazie al decreto legislativo n.  20 del 24 febbraio 2012, predisposto dal Governo Monti, che ha abrogato l'articolo 2268 del codice dell'ordinamento militare previsto nel decreto legislativo n.  66 del 2010 reintroducendo il reato di associazione militare;
          l'interrogante, insieme alla deputata del Gruppo PD Simonetta Rubinato, ha già espresso a questo Ministero forte preoccupazione per le vicende che hanno coinvolto gli aderenti alla «Polisia Veneta», come risulta nell'interrogazione a risposta scritta n.  4/04996 presentata nel corso della seduta della Camera n.  245 del 12 novembre 2009;
          l'interrogante esprime, altresì, preoccupazione per il rischio di sottovalutazione della capacità operativa e dell'ideologia di stampo separatista del gruppo paramilitare legato al Mlnv. Nonostante lo sparuto numero di aderenti alla «Polisia Veneta», l'assenza di un blocco sociale di riferimento e l'evidente assurdità di obiettivi e proclami, è doveroso rilevare che l'inquietante fenomeno, negli ultimi anni, è stato alimentato dalla condotta tenuta da alcuni rappresentanti delle istituzioni regionali venete, che hanno provveduto, in molteplici occasioni, a giustificare le rivendicazioni dell'Mlnv rilanciandone i punti essenziali;
          tale strategia è stata di recente rilanciata da alcuni esponenti locali della Lega Nord nonché dal presidente della regione Veneto Luca Zaia, con l'evidente obiettivo ad avviso dell'interrogante di recuperare il consenso e l'immagine della Lega Nord dopo i fatti di natura giudiziari che hanno coinvolto l'ex tesoriere del partito Francesco Belsito e altri esponenti del partito;
          a questo, il 7 settembre 2012, si sono aggiunte le dichiarazioni del sindaco di Verona, e segretario nazionale della Lega Nord, Flavio Tosi dal palco della Festa del partito a Treviso, secondo cui l'indagine si configurerebbe come la persecuzione di reati di opinione da parte di forze dell'ordine politicamente schierate, come sottolineato dal segretario veneto del Sindacato unitario lavoratori polizia (Siulp) in un comunicato di solidarietà alle forze di polizia e alla magistratura pubblicato sulla stampa locale. In particolare, secondo Tosi «Quando era Maroni Ministro dell'Interno l'obiettivo principale era la lotta alla mafia. Adesso, invece, se la prendono con dei poveracci che hanno le loro idee»;
          come riportato dai quotidiani locali, il 3 settembre 2012 sul sito internet del Mlnv (www.mlnv.org) è apparso un proclama di minacce nei confronti del Presidente della Repubblica – atteso in visita a Venezia il 6 settembre – recante le seguenti espressioni: «La sua sicurezza e incolumità personale non saranno garantite, fermo restando il legittimo ricorso al diritto di rappresaglia»;
          la disarticolazione del gruppo paramilitare della «Polisia Veneta», il sequestro del rilevante numero di armi e dei relativi proiettili nonché del materiale di propaganda e di numerose uniformi, sono stati resi possibili grazie alla capacità operativa, alla professionalità e al costante impegno del personale della questura di Treviso  –:
          se il Ministro sia al corrente dei fatti esposti in premessa;
          quali iniziative concrete di competenza il Ministro intenda assumere per prevenire e contrastare l'organizzazione e le attività dell'associazione militare «Polisia Veneta» legata al Movimento di liberazione nazionale del popolo veneto;
          quali concrete iniziative di competenza il Ministro intenda porre in essere al fine di garantire l'efficienza e la massima operatività delle forze dell'ordine in Veneto, e in particolare nella provincia di Treviso, anche mediante lo stanziamento di ulteriori risorse finanziarie, ovvero di mezzi ed equipaggiamento adeguati alle operazioni di prevenzione e contrasto.
(4-17623)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


      BURTONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          la sede siciliana del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha definito, ancora una volta con ritardo, rispetto alla necessaria programmazione legata all'inizio dell'anno scolastico, il nuovo quadro di assegnazione dei dirigenti scolastici;
          parecchie sedi avranno nuovi dirigenti scolastici, a seguito dei movimenti decisi dall'ufficio, a volte senza la dovuta valutazione della continuità di servizio e dell'attività programmate negli anni scorsi;
          la presentazione di numerosi ricorsi potrebbe creare il clima di caos che si è registrato lo scorso anno, quando in meno di 20 giorni sono state operate ben 52 variazioni su 168 movimenti per correggere gli errori riconosciuti dallo stesso ufficio;
          sovvertendo l'approvazione del tavolo tecnico regionale e il parere delle istituzioni scolastiche di alcune province, è stato varato un piano di dimensionamento e di razionalizzazione discrezionale punitivo di alcune comunità e, comunque, in contraddizione con i parametri nazionali secondo i quali, come sostenuto dal presidente dell'ANDIS, professor Santo Molino, dovrebbero restituire 100 sedi alla Sicilia e, in particolare, 20 nuove sedi alla provincia di Catania;
          hanno provocato proteste e contestazioni le scelte operate per la città di Acireale, che, per via di accorpamenti immotivati e discrezionali, è passata da nove istituzioni scolastiche a sei istituti comprensivi;
          appare incomprensibile, in particolare, la vicenda della scuola «Puccio La Spina», di Acireale, che pur avendo, negli anni scorsi, visto crescere la popolazione scolastica, ha dovuto subire il trasferimento della dirigente scolastica, professoressa Maria Castiglione, protagonista di un'attività didattica formativa apprezzata, dalle istituzioni locali e dalle famiglie degli alunni interessati, e meritevole di essere continuata  –:
          se non ritenga opportuno inviare degli ispettori ministeriali per verificare la corretta applicazione delle procedure di assegnazione degli incarichi dirigenziali;
          quali altre iniziative intenda adottare per evitare quelle che all'interrogante appaiono condizioni di improvvisazione e di irrazionalità nell'attività dell'ufficio regionale scolastico della Sicilia, e per rivisitare con principi di legalità e trasparenza alcune scelte che non appaiono adeguate ai bisogni della comunità scolastica siciliana. (3-02470)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      SIRAGUSA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il 24 agosto 2012 il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto che prevede l'immissione in ruolo di oltre 21.000 insegnanti;
          ad oggi, tuttavia, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a quanto consta all'interrogante, non ha dato piena applicazione al decreto 3 agosto 2011 «Programmazione triennale di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente, educativo, ed ATA, per il triennio scolastico 2011-2013. Schema di decreto interministeriale» per la parte riguardante le immissioni in ruolo del personale ausiliare tecnico e amministrativo: 7.000 le unità previste nel decreto, 5300 quelle annunciate in più occasioni dal Ministro in carica;
          nel frattempo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha pubblicato la nota n.  6522 del 5 settembre 2012 sulle operazioni di inizio d'anno del personale ATA e l'avvio delle operazioni di conferimento delle supplenze;
          sembrerebbe tuttavia che molti uffici territoriali stiano bloccando tali operazioni, in attesa dell'emanazione da parte dei Ministri competenti del decreto sul passaggio dei docenti inidonei e degli insegnanti tecnico-pratici verso i profili ATA;
          si tratta di una vera e propria empasse a cui è necessario porre rimedio con urgenza;
          nulla osta infatti che si provveda all'immissione in ruolo degli ATA non coinvolti dal passaggio dei docenti inidonei e degli insegnanti tecnico-pratici, come per esempio i collaboratori scolastici, per i quali ci sono circa 5000 posti vacanti  –:
          se il Ministro non ritenga di dover dare piena applicazione al decreto 3 agosto 2011 e se non intenda procedere alle immissioni in ruolo del personale Ata non coinvolto dal passaggio dei docenti inidonei e degli insegnanti tecnico-pratici verso i profili Ata. (5-07785)


      DE PASQUALE e LOLLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 14, comma 13, del decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95 (Spending review) stabilisce che: «il personale docente permanentemente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del direttore generale dei competenti uffici scolastico regionale competente transita nei ruoli del personale amministrativo, tecnico e ausiliario con la qualifica di assistente amministrativo o tecnico»;
          nella stessa relazione tecnica al provvedimento si evidenzia che su 3.565 unità di personale docente dichiarato permanentemente inidoneo per motivi di salute ma idoneo ad altri 2010/2011) hanno chiesto di transitare nei ruoli ATA, in virtù di quanto disposto dal decreto-legge n.  98 del 2011, solo 600 unità;
          tale dato dimostra che si tratta di personale che potrebbe e comunque, anche in virtù di una propria dignità lavorativa, desidera impegnarsi come già avviene all'interno dell'attività didattica, nelle biblioteche scolastiche e nei laboratori, apportando le proprie competenze ad un progetto attinente alla propria qualifica professionale;
          la loro nuova utilizzazione, anche in ambiti provinciali diversi dal proprio, come stabilisce il decreto, potrebbe rivelarsi estremamente pesante non solo in termini di mobilità, per soggetti che, già gravati da problemi psico-fisici, avrebbero difficoltà a svolgere funzioni di segreteria o affini che richiedono comunque competenze tecniche ed amministrative specifiche;
          dal punto di vista dell'impegno lavorativo l'attività di segreteria potrebbe essere molto gravosa per tali soggetti e per questo, anche a causa delle giustificate assenze per motivi di salute, si potrebbe determinare un disservizio a discapito dell'attività didattica e amministrativa delle segreterie scolastiche stesse;
          inoltre, indirettamente così si andrebbero a sottrarre posti di lavoro che dovrebbero, invece, impegnare migliaia di lavoratori precari che hanno sempre svolto tali funzioni;
          già in fase di discussione del succitato provvedimento il Gruppo del Pd ha avanzato la proposta, rispetto alla quale il Governo si è impegnato accogliendo l'ordine del giorno n.  9/05389/140, di prevedere la possibilità di, collocare in quiescenza tale personale inidoneo applicando le disposizioni previgenti alla riforma «Fornero»;
          ad oggi non risulta ancora firmato il decreto attuativo della succitata norma  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, in fase di predisposizioni del decreto attuativo, definire disposizioni nel senso indicato in premessa, al fine di individuare un piano per l'utilizzo del personale dichiarato inidoneo, tenuto conto delle effettive condizioni di salute e delle competenze acquisite dagli stessi;
          se non ritenga di assumere iniziative, riprendendo analoghe norme per diverse categorie di dipendenti della pubblica amministrazione in esubero, per applicare a tale personale inidoneo le disposizioni pensionistiche previgenti alle norme di cui all'articolo 24 del decreto-legge convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214;
          se non ritenga comunque indispensabile, al fine di garantire un adeguato svolgimento delle attività di segreteria, indicare un limite di assegnazione di personale inidoneo all'insegnamento che non superi una unità per istituzione scolastica. (5-07789)

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la Delezione Cromosoma 22 è una sindrome di natura genetica caratterizzata dalla mancanza di un frammento (delezione) del cromosoma 22. A essa sono riconducibili alcune sindromi, descritte a partire dagli anni Sessanta da diversi gruppi di ricerca, quali la sindrome di Di George, velocardiofacciale di Shprintzen, Conotruncal Anomaly Face Syndrome e altre sindromi affini. Attualmente sono accorpate in un unico quadro, con espressività clinica altamente variabile, sotto il nome di «sindrome da delezione 22q11.2». Alcuni casi sono di difficile riconoscimento e il test per la diagnosi genetica (ibridazione in situ fluorescente, FISH) non è ancora molto diffuso. Le persone con delezione 22 presentano spesso un aspetto esterno e segni clinici riconoscibili e comuni tra loro; a volte però l'aspetto esterno è sfumato e i segni clinici sono variabili. È bene ricordare, quindi, che non sempre tutte le caratteristiche sono presenti contemporaneamente in un bambino o in un adulto con delezione 22. Gli aspetti clinici di un bambino con questa sindrome si manifestano con particolari caratteristiche fisiche quali: dismorfismi del volto, malformazioni cardiache, anomalie del palato, alterazioni del sistema immunitario, alterazioni del metabolismo calcio-fosforo e altre caratteristiche fisiche. Inoltre, possono presentare aspetti neuropsicologici, che variano dalle competenze cognitive a quelle sociali. La gestione clinica dei pazienti con questa sindrome, visto il quadro multisistemico, richiede la collaborazione di diversi specialisti tra cui il genetista, il pediatra, il cardiologo, l'endocrinologo, il neurologo, il chirurgo plastico, l'immunologo, lo psichiatra. Il sospetto clinico deve essere confermato con l'analisi citogenetica molecolare (FISH) sul sangue periferico, che dimostra la microdelezione nella regione 22q11. La maggioranza dei casi origina da nuova mutazione, essendo solo il 15-20 per cento dei casi a ricorrenza familiare;
          è possibile eseguire la diagnosi prenatale mediante la FISH per il cromosoma 22 su cromosomi ottenuti da colture di cellule prelevate con l'amniocentesi o la villocentesi  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della condizione genetica in argomento che permetta di migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle persone affette da anomalie del cromosoma 22, di sviluppare terapie efficaci per la cura delle principali tipologie connesse a detta condizione genetica e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) fornire adeguata assistenza alle famiglie e ai giovani e giovanissimi in età scolare e prescolare;
              c) favorire una diagnosi precoce e una corretta informazione alle famiglie;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la condizione genetica in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo. (4-17616)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          la malattia di Lafora (ML) è una malattia neurologica che fa parte del gruppo delle epilessie miocloniche progressive. La prevalenza stimata, nei paesi occidentali, è inferiore a 1/1.000.000. La ML si manifesta durante la tarda infanzia e l'adolescenza ed è caratterizzata da convulsioni e spasmi mioclonici e crisi occipitali focali associate ad amaurosi transitoria; la sua evoluzione determina una degenerazione del sistema nervoso e un deterioramento cognitivo che conduce a uno stato di totale dipendenza del malato. La malattia è dovuta ad alterazioni che colpiscono uno dei due geni noti situati entrambi sul cromosoma 6, chiamati EPM2A ed EPM2B (o NHLRC1), e che causano un cattivo funzionamento nelle proteine da loro prodotte, rispettivamente laforina e malina. La funzione di queste proteine non è ancora ben chiara, sebbene si pensi che siano coinvolte nel metabolismo del glicogeno, dal momento che la loro mancanza provoca l'accumulo di zuccheri (corpi di Lafora) in vari tessuti dell'organismo;
          la malattia si trasmette geneticamente con una modalità autosomica recessiva; un bambino presenterà la malattia solo se riceve due copie difettose del gene, una da ciascuno dei genitori, entrambi portatori sani dell'alterazione genetica. Il bambino con una sola copia difettosa del gene non svilupperà la malattia nel corso della sua vita, per cui è definito portatore sano;
          la diagnosi di ML può essere ipotizzata in base alla presenza di familiari affetti, l'età d'esordio, le modalità caratteristiche di presentazione dei sintomi, il rapido deterioramento della funzione cognitiva e le significative peculiarità dell'elettroencefalogramma (EEG). La diagnosi può essere facilmente confermata mediante una biopsia cutanea della regione ascellare, che evidenzia la presenza di corpi di Lafora (accumuli di zuccheri) nelle cellule dei dotti sudoripari. Il test genetico è molto utile dal punto di vista diagnostico dal momento che mutazioni nei due geni conosciuti si riscontrano in più del 90 per cento dei casi. Il test genetico non è in grado di identificare gli altri casi perché resta ancora (almeno) un altro gene da identificare. La diagnosi prenatale è possibile solo quando l'anomalia genetica è stata identificata in un membro della famiglia. Non esiste allo stato attuale una terapia in grado di arrestare o rallentare la progressione della malattia. Tuttavia è possibile limitare la sintomatologia epilettica con farmaci antiepilettici e antimioclonici. Il supporto psicologico e sociale è di fondamentale importanza  –:
          se e quali azioni il Governo ha attuato o intende attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          se e quali forme di coordinamento tra le regioni siano state o si intendano attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento. (4-17617)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la sindrome di Crisponi è una sindrome rara ad ereditarietà autosomica recessiva, descritta nel 1996 in 17 bambini, da 12 famiglie della Sardegna meridionale. Dopo tale segnalazione, sono nati in Sardegna altri tre bambini per un totale di 14 famiglie. Altre segnalazioni in letteratura: due bambini affetti, uno italiano e un olandese di origine portoghese. Sono stati segnalati, ma non ancora divulgati nella letteratura medica, altri bambini affetti dalla sindrome in due famiglie di origine turca in Germania, una bambina in Argentina, un bambino in Arabia Saudita, altri probabili casi dalla Grecia e dall'Italia;
          le caratteristiche cliniche fondamentali, evidenti già dalle prime ore di vita, sono rappresentate in sintesi dalla contrattura accessuale tetaniforme della muscolatura mimica e dell'orofaringe, con conseguente impossibilità alla suzione e alla deglutizione con scialorrea (salivazione abbondante) continua, pianto soffocato con periodi di apnea variabili, moderato ipertono accessuale con tendenza all'opistotono che si manifesta dopo stimoli anche lievi e durante il pianto e conferisce al volto una particolare espressione. Le contratture tendono a scomparire nelle fasi di quiete e nel sonno. Sono presenti aspetti dismorfici del viso con faccia ampia, naso grande con narici anteverse, filtro lungo, guance piene. Le mani presentano camptodattilia bilaterale con prevalente contrattura del III e IV dito sul palmo e le altre dita sovrapposte. Talvolta sono presenti micrognazia, anomalie di inserzione della dita dei piedi, torcicollo e reflusso gastroesofageo. Il decorso clinico è stato caratterizzato inoltre da gravi difficoltà nell'alimentazione e dalla comparsa di febbre continua remittente sui 38°C con puntate di ipertermia irregolare oltre i 42°C, in epoca variabile, dalla nascita ad alcune settimane, e accompagnate in alcuni pazienti da manifestazioni convulsive generalizzate. La maggioranza dei bambini è deceduta dopo un periodo di alcune settimane o mesi coincidente con febbre oltre i 41°C. L'evoluzione clinica di questi pazienti è stata contrassegnata da una lenta regressione della sintomatologia distonica, da una persistenza della distermia, da una lenta ripresa dell'alimentazione spontanea. Nel corso degli anni è comparsa una grave cifoscoliosi parzialmente corretta con l'uso del corsetto, ma progressivamente ingravescente, da richiedere in un caso l'intervento chirurgico. In tutti i bambini, dopo circa 5 anni dalla nascita, si è manifestata una sudorazione paradossa, evidente in particolare nella stagione fredda, preceduta da brividi di freddo e copiosissima sudorazione con variabile frequenza settimanale. È presente un ritardo psicomotorio di gravità variabile. È stato recentemente isolato il gene-malattia  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) stabilire le ragioni che vedono il nostro Paese, ed in particolare la Sardegna, quale predominante area geografica di localizzazione della sindrome di Crisponi nel mondo;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
              c) supportare i bambini e le famiglie colpite da casi della patologie in argomento;

          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo. (4-17618)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la fibrosi polmonare è caratterizzata da un'estesa nuova formazione di tessuto connettivale, cioè tessuto di sostegno, normalmente presente in tutto l'organismo e nello stesso polmone. Le cause che determinano questa malattia possono essere molteplici, ma esiste anche una forma idiopatica, cioè di cui non si conosce, ad oggi, la causa. Si tratta di una malattia a decorso cronico, che si aggrava nel tempo, e dall'esito generalmente infausto per il paziente;
          alcune ricerche condotte al Policlinico Tor Vergata (PTV] e coordinate dal professor Giuseppe Novelli hanno portato ottimi risultati tramite l'utilizzo — in soggetti murini — di cellule staminali  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) promuovere lo sviluppo della ricerca in questo settore, con particolare riferimento al prosieguo degli studi del PTV;
          quali altre ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo. (4-17619)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il neuroblastoma è un tumore dell'infanzia che origina dal sistema nervoso simpatico. Alla diagnosi, nella maggior parte dei casi, si presenta con metastasi allo scheletro e al midollo e, allo stato attuale, su quattro bambini solo uno si salverà. Il neuroblastoma è la prima causa di morte per malattia in età prescolare. È considerato dal mondo scientifico un ottimo modello di studio per la molteplicità delle sue caratteristiche biologiche che ne giustificano la definizione di «insieme di tumori» e quindi l'eventuale estendibilità dei risultati all'oncologia in generale. Mentre in molte patologie le moderne terapie hanno prodotto notevoli risultati, nel neuroblastoma gli sforzi profusi negli studi non si sono ancora tradotti in cure promettenti  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di sviluppare la ricerca in questo settore;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese o nel mondo le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo. (4-17620)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          la sindrome dell'X fragile è la forma ereditaria più diffusa di ritardo mentale. Essa è causa anche di altri problemi dello sviluppo, come disfunzioni specifiche dell'apprendimento, autismo e difficoltà comportamentali significative. Prende nome da un sito «fragile» del cromosoma X che appare, dagli studi di laboratorio, come «rotto». Si stima che una femmina su 2.500 e un maschio su 1.000 siano portatori del gene della sindrome dell'X fragile. Sia i maschi sia le femmine possono essere affetti, sebbene i maschi siano di solito più severamente compromessi e più frequentemente identificati. Tra la popolazione femminile complessiva risulta portatrice sana una donna su 260. La sindrome dell'X fragile può colpire più componenti della stessa famiglia, perciò, diagnosticare un bambino X fragile ha implicazioni genetiche di primaria importanza anche per il resto della famiglia. La donna portatrice sana della sindrome ha il 50 per cento di probabilità di generare un figlio affetto dalla malattia  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al riguardo;
          se e quali forme di coordinamento tra i Paesi dell'Unione Europea siano state o si intendano attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento;
          se e quali misure di finanziamento nazionali o comunitarie sono state attivate per finanziare ricerche e studi sulla patologia in argomento. (4-17621)


      REGUZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          il deficit di alfa 1-antitripsina (AAT) è una malattia ereditaria autosomica recessiva caratterizzata da bassi livelli plasmatici di alfa 1-antitripsina. L'alfa 1-antitripsina è una proteina che normalmente viene prodotta dal fegato e che ha il compito di proteggere il polmone dall'azione lesiva di alcuni enzimi; la mancanza o la riduzione di questa proteina è una malattia ereditaria rara che, in Italia, colpisce un soggetto ogni 3-5 mila, con maggiore frequenza al Nord. Il deficit di AAT non è pericoloso di per sé, ma comporta un elevato rischio di sviluppare enfisema polmonare, bronchite cronica, bronchiettasie e, in età pediatrica, un aumentato rischio di malattie del fegato;
          il trattamento della patologia polmonare nei pazienti con deficit di alfa 1-antitripsina non differisce da quello effettuato nei soggetti pneumopatici cronici; il trattamento peculiare è rappresentato dalla terapia sostitutiva con alfa 1-antitripsina estratta dal plasma di donatori sani, al dosaggio di 60 mg/kg/settimana per via endovenosa, in ambiente ospedaliero. Si può giungere in casi particolari al trapianto polmonare. Il trattamento per il comparto epatico è comune a quello delle epatopatie, compreso il trapianto di fegato;
          anche se è stato inserito nell'elenco delle malattie rare redatto dall'Istituto Superiore di Sanità, molti aspetti clinici del deficit di alfa 1-antitripsina sono ancora poco conosciuti ed è una malattia che riceve poca considerazione da buona parte del settore medico  –:
          se e quali azioni il Governo abbia attuato o intenda attuare ai fini di:
              a) promuovere una migliore conoscenza della patologia in argomento che permetta di sviluppare terapie efficaci e prassi condivise sia in Italia sia a livello internazionale;
              b) sviluppare la ricerca in questo settore;
          quali ricerche scientifiche o trial clinici riguardanti la patologia in argomento siano in corso nel nostro Paese, le relative tempistiche, i risultati raggiunti, l'impegno del settore pubblico al guardo;
          se e quali forme di coordinamento tra i Paesi dell'Unione Europea siano state o si intendano attuare ai fini di concentrare in centri di eccellenza le principali competenze mediche, biologiche e scientifiche riguardanti la patologia in argomento;
          se e quali misure di finanziamento nazionali o comunitarie siano state attivate per finanziare ricerche e studi sulla patologia in argomento. (4-17622)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      MARANTELLI e MIGLIOLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          l'11 novembre 2011 la società Induplas di Varese (che aveva 60 dipendenti) è stata dichiarata fallita a causa del naufragio complessivo della controllante, la multinazionale greca Petzetakis;
          tale fallimento è avvenuto dopo tre anni di profonda crisi, con utilizzo di ammortizzatori sociali, nella quale i lavoratori hanno subìto ripetuti e lunghi ritardi nel versamento delle spettanze a causa dell'irresponsabilità della multinazionale che ha ammesso la gravità della situazione solo negli ultimi mesi del 2011;
          il curatore fallimentare ha inoltrato nello scorso mese di maggio la richiesta Cassa integrazione guadagni straordinaria;
          i lavoratori attualmente interessati, una quarantina, non percepiscono nessun emolumento dallo scorso mese di giugno;
          il calvario di questi lavoratori e delle loro famiglie è aggravato dalla difficoltà di trovare una ricollocazione considerato che la metà ha più di 50 anni  –:
          quali ostacoli stiano ritardando l'adozione del decreto di Cassa integrazione guadagni straordinaria. (5-07781)

Interrogazioni a risposta scritta:


      GARAVINI, GIANNI FARINA, FEDI e PORTA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          gli oltre 400.000 pensionati INPS che risiedono all'estero, dopo aver subito gli effetti delle campagne per la certificazione dell'esistenza in vita, per la compilazione dei modelli reddituali e le altre onerose richieste da parte dell'istituto previdenziale, sono oggi investiti da una nuova ondata di comunicazioni riguardanti il ricalcolo della pensione sulla base dei redditi 2009-2010;
          l'operazione, in sé legittima, avviene senza che l'INPS dia esaurienti spiegazioni delle decisioni adottate, né agli interessati, né ai patronati; le sedi dei patronati all'estero, in conseguenza di questo comportamento, sono invase quotidianamente da pensionati che richiedono la ragione di eventuali modifiche intervenute sull'ammontare delle rispettive pensioni;
          l'INPS ha di recente stipulato un «accordo tecnico-operativo» con i patronati volto a «garantire le condizioni per lo svolgimento di una puntuale azione di assistenza dei pensionati» e, in caso di indebiti, «a mettere a disposizione degli enti di patronato gli elementi utili per effettuare le necessarie verifiche»;
          anche in questa occasione, sembra trovare conferma la linea di sostanziale burocratizzazione nel rapporto tra l'istituto previdenziale italiano e i pensionati all'estero, i quali, spesso per il basso trattamento reddituale sono comprensibilmente sensibili anche alle minime variazioni dei loro proventi pensionistici  –:
          se non ritenga di assumere iniziative affinché da parte dell'istituto previdenziale italiano vi sia un atteggiamento di maggiore dialogo con gli utenti, comunque, mettendo i patronati italiani, veri interlocutori dei pensionati sui territori, nella condizione di fornire le notizie necessarie agli interessati. (4-17593)


      DI PIETRO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          in data 2 luglio 2012 la Fondazione di ricerca e cura Giovanni Paolo II sita in Campobasso ha comunicato alla regione Molise che avvierà le procedure di riduzione del proprio personale dipendente in servizio presso la fondazione stessa secondo le modalità di cui all'articolo 24 della legge n.  223 del 1991;
          il ridimensionamento del personale annunciato è di circa 50 unità;
          la Fondazione di ricerca e cura Giovanni Paolo II con un alto livello di specializzazione sia medico che paramedico e una vasta offerta di servizi ai pazienti ricopre un ruolo di primaria importanza nell'ambito della sanità molisana;
          la persistente crisi economica e i suoi disastrosi effetti sono già riscontrabili nel tessuto sociale del Molise, regione con diffusa precarietà occupazionale  –:
          di quali elementi informativi disponga il Governo con riferimento alla richiamata vicenda e quali iniziative di competenza intenda assumere in relazione ai profili occupazionali. (4-17602)


      DI PIETRO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          l'interrogante ha presentato due atti di sindacato ispettivo n.  4-06461 in data 10 marzo 2010 e n.  4-16839 in data 4 luglio 2012, ancora senza risposta, in merito alla chiusura e alla riconversione dell'azienda molisana Società Meridionale Inerti (Smi) che mantiene molto incerto il futuro occupazionale dei suoi dipendenti;
          nel 2009 la SMI ha chiuso il proprio stabilimento di Mafalda (Campobasso), e il terreno dove sorge il sito è stato ceduto a una società commerciale con sede in Chieti, la Dafin S.p.A. autorizzata – con delibera del consiglio comunale n.  25 del 26 novembre 2008 – a realizzare un impianto a biomasse;
          il piano di sviluppo industriale della DAFIN, come si evince dal «progetto Mafalda» pubblicato sul sito web della società, prevedeva un generico impegno al reimpiego di parte delle unità lavorative già impiegate presso la SMI, senza specificarne il numero e le modalità contrattuali;
          per gli oltre ottanta lavoratori della SMI è partito il 26 ottobre 2009 il regime di cassa integrazione ordinaria, trasformatosi in cassa integrazione straordinaria dal 21 dicembre 2009 fino al dicembre 2011, data dalla quale è iniziata la cassa integrazione in deroga, che è stata rinnovata per gli attuali 66 beneficiari il 4 agosto fino al 28 ottobre di quest'anno;
          con determina dirigenziale n.  4 del 22 gennaio 2009 la regione Molise – direzione generale II – servizio energia ha rilasciato, in favore della DAFIN, l'autorizzazione unica per la costruzione, sullo stesso sito, di una centrale termoelettrica della potenza termica di 49,9 MWt e della potenza elettrica di 12 MWe, escludendo precedentemente la necessità di una valutazione di incidenza su un'area di importanza comunitaria (S.I.C.) con la determina dirigenziale n.  203 del 12 dicembre 2008;
          le perplessità espresse dalla commissione tecnica di verifica della V.I.A. e la V.A.S. del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in ordine alla mancata sottoposizione del progetto alla valutazione di impatto ambientale evidenziano quantomeno una carenza di istruttoria nell'attività della conferenza di servizi;
          il TAR del Molise, con la sentenza 201000179 dell'8 aprile 2010 concernente «Approvazione schema convenzione per realizzazione impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili», ha annullato la delibera n.  25 del 26 novembre 2008 del consiglio comunale di Mafalda che autorizzava la realizzazione di un impianto alto fino a 40 metri in area «Artigianato e piccola industria», nella quale area è permesso solo l'insediamento di fabbricati artigianali di altezza massima non superiore a 8 metri e ha, altresì, annullato la determina dirigenziale n.  4 del 22 gennaio 2009 della regione Molise, giudicandola basata sul «... mero presupposto (del tutto indimostrato) che rimpianto non abbia effetti significativi sull’habitat naturale»;
          il Consiglio di Stato, con la sentenza 201101979 del 31 marzo 2011, ha respinto l'appello presentato dalla DAFIN s.p.a., confermando la sentenza del TAR, rilevando, tra l'altro, che non esistono analisi dettagliate ed esaustive dell'impatto ambientale generato dall'impianto, ma solo informazioni lacunose; rilevando, altresì, che la ricaduta di sostanze inquinanti potrebbe compromettere la tutela del bosco e del fiume Trigno;
          il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 7 marzo 2012 «Quinto elenco aggiornato dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea in Italia, ai sensi della direttiva 92/43/CEE», individua tra i S.I.C. della regione Molise quello denominato Macchia Nera – Colle Serracina (codice IT 228226, superficie 525 ettari), in agro di Mafalda (Campobasso), sul quale sorge lo stabilimento della Società Meridionale Inerti (SMI);
          numerosi studi sulle emissioni delle centrali a biomassa di potenza superiore a 1 megawatt hanno evidenziato la presenza di sostanze altamente nocive per l'ambiente e la salute dei cittadini, tra cui biossido di carbonio, biossido di azoto, acido cloridrico, ossido di zolfo, vapori di esano e le famigerate «polveri sottili» (PM10); senza contare le tonnellate di ceneri prodotte dalla combustione che ricadranno inevitabilmente sui terreni circostanti, con gravi ripercussioni sulle colture locali;
          esiste la concreta possibilità che l'impianto progettato possa essere gradualmente trasformato in un inceneritore che brucia combustibile derivato da rifiuti (CDR), come già verificatosi per l'impianto di Pozzilli. La centrale termo-elettrica «Energonut», infatti, era nata nel 1992 per ricavare energia utilizzando gusci di nocciole, salvo poi estendere nel tempo la tipologia di rifiuti bruciati fino ad arrivare alle farine animali e al CDR, semplicemente sottoponendosi a un nuovo iter autorizzativo; l'impianto di produzione termoelettrico sorgerebbe a poche centinaia di metri di distanza da esercizi commerciali e fondi agricoli, che vedrebbero compromesse le proprie attività economiche, a causa delle sostanze inquinanti prodotte dalla combustione dei materiali utilizzati come biomassa;
          la regione Molise, secondo quanto si apprende da numerosi fonti di stampa, ha già di gran lunga superato l'obiettivo comunitario fissato per il 2020 del 20 per cento del fabbisogno energetico da soddisfare tramite le energie rinnovabili  –:
          se sia a conoscenza della drammatica situazione dei lavoratori della SMI e se non intenda intervenire al fine di salvaguardare i livelli occupazionali;
          quali iniziative di competenza intenda assumere in relazione al progetto che mina l'integrità di un'area di importanza comunitaria sostanze altamente nocive per l'ambiente e la salute dei cittadini e che non da ultimo compromette le attività economiche locali. (4-17624)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


      JANNONE. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          in occasione della world water week in corso a Stoccolma, evento internazionale sul futuro della risorsa acqua a livello globale organizzato da Stockholm International Water Institute (SIWI) e dalla FAO Jan Lundquist, Andrea Segrè, Valentin Thum e altri scienziati hanno firmato un appello contro lo spreco di cibo e acqua. Segrè, presidente di Last minute market, è l'unico italiano presente a Stoccolma, è intervenuto per lanciare l'appello mondiale contro lo spreco alimentare e illustrare i risultati della campagna nell'istituzione dell'europarlamento, dove si richiede che il 2014 sia l'anno europeo contro lo spreco alimentare. Nel documento si legge: «Alla prima Conferenza Mondiale sull'Alimentazione, svoltasi a Roma nel 1974, l'allora Segretario di Stato americano Henry Kissinger fece una dichiarazione lodevole: “ Tra dieci anni nessun bambino andrà a letto affamato ”. All'epoca c'erano buone ragioni per essere ottimisti. Per anni la produzione alimentare mondiale era aumentata più velocemente rispetto al tasso di crescita della popolazione. Il numero di persone che soffrivano di denutrizione era stato gradualmente ridotto. L'impiego diffuso di sementi ad alte rese, i massicci investimenti nell'irrigazione e meccanizzazione per incrementare la produzione di cibo avevano dato risultati tangibili sia per gli agricoltori sia per i consumatori. Per circa due decenni la Rivoluzione Verde aveva migliorato la sicurezza alimentare e le condizioni di vita di centinaia di milioni di persone. Tuttavia, verso la metà degli anni ’90, più di mezzo miliardo di persone soffriva la fame. Da allora in poi, il numero di persone che vanno a letto affamate è tornato ad aumentare»;
          paradossalmente, le statistiche alimentari hanno continuato a mostrare dati positivi tanto sulla produzione quanto sulla quantità di cibo disponibile sui mercati. Ciononostante un numero crescente di persone soffre di insicurezza alimentare a causa della povertà. La maggior parte dei più poveri del mondo (circa un miliardo di persone) non solo ha limitato accesso al cibo disponibile per mancanza di denaro e di potere contrattuale, ma ha anche limitato accesso ad altri beni di prima necessità e ai servizi come ad esempio l'acqua. Questa condizione, già di per sé grave, è ancor più preoccupante se si considera che ogni anno circa 1,3 miliardi di tonnellate di cibo prodotto vengono perse e sprecate nei passaggi fra il campo la tavola. Si tratta di circa a un terzo dell'intera produzione mondiale, pari 170-180 chilogrammi pro capite. D'altro canto i dati sull'obesità forniscono numeri altrettanto «pesanti»: circa 1,5 miliardi di persone di età superiore ai 20 anni risultano in sovrappeso;
          come si legge nel documento: «Nel mondo non vi è alcuna carenza di cibo, ma piuttosto un surplus. Naturalmente, è essenziale produrne abbastanza per una popolazione in crescita, costituita da persone con sempre maggiore potere d'acquisto, soprattutto nei paesi emergenti. Ma se una buona parte della produzione va persa, rovinata, scartata o utilizzata male, è opportuno ampliare la prospettiva e individuare strategie che coniughino la produzione di cibo, la riduzione degli sprechi e delle perdite con diete sostenibili per una popolazione in aumento. (...) All'interno del bilancio totale dell'Unione europea, che è di poco meno di 150 miliardi di euro (187 miliardi di dollari), circa il 40 per cento viene utilizzato per la politica agricola comune. Le sovvenzioni all'agricoltura tendono a stimolare la produzione indipendentemente da considerazioni di sicurezza alimentare regionale e globale. È impressionante notare che una stima conservativa del valore economico globale dei rifiuti alimentari sia superiore al bilancio totale dell'UE e quasi il doppio del contributo totale allo sviluppo globale»;
          secondo i redattori ed i firmatari del documento, occorre avere un approccio nuovo e pragmatico. Se le perdite e gli sprechi di cibo venissero ridotti della metà, il risparmio d'acqua globale – solo per l'irrigazione – sarebbe nell'ordine di 450 chilometri cubi. Ciò equivale a sei volte il flusso di acqua del Nilo nel lago Nasser o la quantità totale di acqua utilizzata dal settore industriale a livello globale: «(...) È vero, la riduzione delle perdite richiederà ulteriori investimenti in trasporti, stoccaggio e in un migliore accesso al mercato in particolare per i piccoli produttori dei paesi più poveri. Ma non investire può risultare molto più costoso nel lungo periodo. (...) La sfida è molto diversa nelle parti ricche del mondo, dove lo spreco alimentare – che si concentra alla fine della filiera – è un problema relativamente più grande. I consumatori svolgono un ruolo importante in questo senso, ma la colpa non è tutta loro: lo spreco è generato da un'inadeguata interazione tra agricoltori, industria alimentare, mercati all'ingrosso, grande e piccola distribuzione, ristorazione, consumatori»;
          molti importanti stakeholder sono attualmente impegnati nello sforzo di promuovere una società in grado di coniugare il risparmio delle risorse con l'apporto di un giusto nutrimento per una popolazione mondiale in crescita. Alcune recenti iniziative sono promettenti. Nel mese di gennaio 2012, è stata approvata dal Parlamento europeo una risoluzione che chiede agli Stati membri dell'UE di dimezzare lo spreco alimentare entro il 2025, di dedicare il 2014 come anno europeo contro lo spreco alimentare e di adottare misure che impediscano la produzione di rifiuti quali, ad esempio, la revisione dell'etichettatura riguardante la data di scadenza e l'adozione di sistemi di recupero sostenibili come Last minute market. Anche le iniziative imprenditoriali sono le benvenute. Questo, infine, l'auspicio formulato: «Ridurre le perdite e gli sprechi di cibo, e quindi le perdite di acqua e di altre risorse, richiede azioni congiunte e coordinate lungo tutta la filiera alimentare, dai produttori fino ai consumatori e ai policy makers. Il futuro dei nostri figli e nipoti sarà diverso dalla situazione passata e attuale. In una generazione, circa 9 miliardi di persone vivranno in un mondo con immense opportunità, ma anche in un mondo in cui i limiti delle risorse naturali e le dinamiche ambientali influiranno sempre più sugli individui, l'economia, la società. Una delle conseguenze più tangibili del riscaldamento globale sarà che la disponibilità di acqua diventerà sempre più variabile, mentre la domanda aumenterà. L'incredibile spreco di cibo del nostro tempo di crisi non è dunque una scelta sensata per un futuro desiderabile. Il nostro futuro sostenibile deve essere senza spreco» –:
          quali iniziative i Ministri intendano adottare, alla luce del documento presentato alla world water week in corso a Stoccolma, al fine di ridurre, tramite politiche volte al risparmio e al recupero delle risorse primarie e secondarie, lo spreco di acqua e di cibo, utilizzando, al contempo, i rifiuti organici come concimi o materiale da biomassa. (4-17588)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      VIOLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          a partire dal mese di agosto 2012 sono stati segnalati in Veneto e in modo particolare in provincia di Venezia numerosi casi di positività alla West Nile Fever, malattia causata da un virus, veicolato da zanzare del genere culex, che provoca gravi encefaliti nell'uomo;
          tale situazione desta gravi preoccupazioni tra la popolazione considerata l'elevata presenza degli insetti vettori, che pur andando verso la stagione a loro meno favorevole, hanno di fatto contribuito ad un aumento della presenza della malattia nel territorio;
          i cavalli sono un'altra specie colpita dal virus e quindi rappresentano un possibile punto critico nella trasmissione della malattia  –:
          quale sia l'incidenza della malattia nel nostro Paese (numeri di casi, mortalità e altro), e con quale distribuzione geografica;
          se il Ministero della salute non ritenga di sviluppare, di intesa con le regioni interessate, un adeguato e finanziariamente sostenuto piano di prevenzione di questa patologia, nei confronti degli insetti vettori, con piani di disinfestazione che riducano la loro presenza, nei confronti dei possibili animali serbatoio della malattia come i cavalli e naturalmente nei confronti della popolazione con l'obiettivo di ridurre e (se possibile) eliminare la suddetta malattia, attraverso piani di monitoraggio e controllo ad esempio dei donatori di sangue, considerando che la maggior presenza di questi casi si è sviluppata in un territorio come quello del litorale veneziano caratterizzato nel periodo estivo da una massiccia presenza di turisti provenienti da ogni parte di Italia e di Europa. (5-07783)

Interrogazioni a risposta scritta:


      JANNONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          secondo gli ultimi dati censiti, la spesa degli italiani per il ticket farmaceutico, tra il 2010 e il 2011, è aumentata del 34 per cento, raggiungendo un valore assoluto di un miliardo e 337 milioni di euro, cioè 22 euro a testa. L'aumento è dovuto al fatto che alcune regioni hanno introdotto la tassa sui farmaci a metà dello scorso anno, e più in generale ad un incremento dell'acquisto di prodotti con ricetta. Il dato è stato fornito dal rapporto nazionale OsMed 2011 su «L'uso dei farmaci in Italia», presentato a Roma dall'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) all'Istituto superiore di sanità che da oltre dieci anni raccoglie i dati e redige il rapporto. Dei 26,3 miliardi di euro fatturati dal mercato farmaceutico italiano, oltre il 75 per cento è stato rimborsato dal Servizio sanitario nazionale (SSN) ed erogato in gran parte da farmacie pubbliche e private;
          nel complesso, la spesa farmaceutica territoriale, sia pubblica – farmaci prescritti dal medico di medicina generale e ritirati dal paziente in farmacia (47 per cento del totale di spesa), e farmaci erogati dagli ospedali (29 per cento) – che privata (un quarto della spesa totale) rispetto al 2010 è diminuita dell'1,6 per cento. Più marcata la riduzione (-4,6 per cento) di quella a carico del servizio sanitario nazionale che nel 2011 è stata pari a 12,4 miliardi di euro. È cresciuta invece la prescrizione di medicinali (+1 per cento) per un totale di un miliardo e centomila confezioni prescritte; un lieve aumento (+0,7 per cento) ha riguardato i farmaci di classe A-SSN: ogni mille abitanti sono state prescritte 963 dosi di farmaco al giorno, la Sicilia con 258 euro pro capite è la regione con il valore più elevato di spesa pubblica per questa classe di farmaci. «Il dato positivo di OsMed 2011 riguarda un inizio di contenimento di spesa legato alla diminuzione (-6 per cento) del prezzo medio ponderale dei farmaci – afferma Roberto Raschetti, direttore del reparto di farmaco-epidemiologia dell'Istituto superiore di sanità (ISS); persiste, anzi raddoppia, la distanza tra regioni che prescrivono molto e regioni più virtuose, gap che dal 20 per cento del 2000 passa al 50 per cento del 2011, segnale questo di scarsa appropriatezza più che di reali bisogni di salute»;
          la spesa privata (farmaci di classe A che il cittadino paga di tasca propria, classe C con ricetta e per automedicazione) è stata pari a 6.346 milioni di euro con i 64 euro pro capite del Molise fino ai 129 della Val d'Aosta. Cresce del 21 per cento rispetto al 2010 la spesa privata dei farmaci di classe A; contenuto l'aumento dei farmaci di classe C e di automedicazione. La spesa relativa ai farmaci erogati dal pubblico (ospedali, Asl, IRCCS e altro) ammonta a 7,5 miliardi di euro, rappresentando oltre un quarto della spesa complessiva per farmaci in Italia nel 2011. Tuttavia, se il servizio sanitario nazionale risparmia, il cittadino no; infatti, dal pagamento del ticket, sia la quota di compartecipazione pagata dal cittadino per i generici sia la quota del ticket fisso per ricetta, l'introito è stato di un miliardo e 337 milioni di euro (+34 per cento sul 2010): «Poco meno del 60 per cento della quota potrebbe essere risparmiato – osserva Giuseppe Traversa, ricercatore del reparto di farmaco-epidemiologia dell'ISS – basterebbe prendere il generico che ha lo stesso prezzo di riferimento del farmaco originale: un'altra quota, ovvero 580 milioni di euro, deriva dai ticket introdotti dalle varie Regioni»;
          resta invariato l'atteggiamento degli italiani nei confronti dei farmaci, fin troppo utilizzati. Nel corso del 2011 ogni italiano ha acquistato in farmacia circa 30 confezioni di farmaci, in totale ne sono state vendute un miliardo e 800mila. La spesa media pro capite è stata di 434 euro. Il 75 per cento della popolazione ricorre ai farmaci però con differenze di genere (70 per cento per gli uomini, 80 per cento per le donne) e di età che resta il principale fattore predittivo dell'uso di medicinali: la spesa media di un assistito over 75, infatti, è circa 13 volte maggiore rispetto a quella di una persona tra i 25 e i 34 anni di età: la differenza diventa 17 volte maggiore se riferita alle dosi. La popolazione con più di 65 anni assorbe il 60 per cento della spesa; viceversa nella popolazione pediatrica fino ai 14 anni, a fronte di elevati livelli di prevalenza tra il 50 e l'80 per cento, si consuma il 3 per cento delle dosi e della spesa. Bambini e anziani sono le categorie che fanno più uso di farmaci: 8 bambini su 10 ricevono in un anno almeno una prescrizione (soprattutto antibiotici e antiasmatici). Tra gli anziani in conseguenza di patologie croniche spesso associate (ipertensione-diabete) l'utilizzo di farmaci arriva a toccare il 100 per cento;
          i farmaci usati nelle terapie per il sistema cardiovascolare restano saldamente al primo posto nella classifica di quelli più utilizzati, con una spesa complessiva di oltre 5 miliardi di euro. La spesa media pro capite a carico del servizio sanitario nazionale è di 72,7 euro. La quantità di statine prescritte continua a lievitare rappresentando il sottogruppo a maggiore spesa (16,4 euro pro capite). Rilevante la spesa per i farmaci del sistema nervoso centrale (13 per cento) che occupano il secondo posto nella spesa farmaceutica nazionale con 3.410 milioni di euro seguiti dai farmaci per l'apparato gastrointestinale e metabolismo, per i quali nel 2011 si sono spesi 3.382 milioni di euro; seguono ancora, al quarto e quinto posto, gli antineoplastici e immunomodulatori, (erogati esclusivamente a carico del servizio sanitario nazionale) con una spesa di 3.157 milioni di euro (12,1 per cento) e gli antimicrobici per i quali si sono spesi 2.722 milioni di euro. Farmaci dermatologici (88 per cento della spesa), genito-urinari e ormoni sessuali (60 per cento) e farmaci dell'apparato muscolo-scheletrico (53 per cento) sono a carico quasi per intero del cittadino;
          il progetto «Osservatorio sulla prescrizione farmaceutica alla popolazione immigrata» – che l'istituto superiore di sanità porta avanti con la collaborazione di altre istituzioni e società scientifiche – ha permesso di disegnare e di inserire nel rapporto OsMed 2011 un primo profilo sull'uso dei farmaci dei cittadini di origine straniera: un immigrato su due ha ricevuto nel 2011 almeno una prescrizione; l'età media degli utilizzatori è 35 anni. Le donne tra i 15 e i 65 anni ricorrono di più ai farmaci, mentre uomini e donne oltre i 65 anni ne fanno meno uso. I farmaci più prescritti sono antibatterici, gastrointestinali e respiratori. Sovrapponibile a quello degli italiani è l'utilizzo dei farmaci cardiovascolari, mentre è superiore tra gli immigrati il ricorso ad antidiabetici, antinfiammatori e gastroprotettivi  –:
          se il Ministro intenda assumere iniziative per adottare, su scala nazionale, quanto alcune regioni stanno già effettuando, con la suddivisione dell'importo del ticket sanitario in base al reddito percepito;
          quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di diffondere un uso consapevole dei farmaci generici;
          quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di diminuire la spesa dei cittadini italiani relativa al ticket sanitario, riguardante le prescrizioni mediche.
(4-17590)


      JANNONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          nel 1996, a quasi vent'anni dalla riforma psichiatrica, si scoprì che esistevano ancora 63 strutture di cura psichiatrica aperte con 17.000 internati. Un decreto del Ministro pro tempore Bindi stabilì che andavano chiuse e riutilizzate o, se vendute, i soldi ricavati dovevano andare al progetto obiettivo sulla salute mentale. Oggi, la Commissione d'inchiesta del Senato presieduta da Ignazio Marino ha inviato le forze dell'ordine in 82 strutture e ha scoperto che molte sono inutilizzate. Il primo dato, è che i vecchi manicomi non esistono più, ma ci sono molte situazioni poco chiare. Si legge dalla relazione dei Nas: «Gli ambienti sono stati per lo più ristrutturati e riutilizzati dalle Asl anche per l'assistenza e cura dei malati psichiatrici. Dati in comodato d'uso gratuito. Dismessi e non utilizzati. Venduti o locati in tutto o in parte a comuni, università o privati e i relativi ricavi utilizzati anche per la creazione di strutture destinate ai malati psichiatrici». «Le somme derivate dalle vendite o locazioni, a volte, sono state versate direttamente nelle casse regionali, rendendo difficile una ricostruzione dettagliata del loro successivo utilizzo»;
          secondo gli ultimi dati a disposizione del Ministero della salute che si riferiscono al 2009 il sistema di assistenza è diviso in due settori. L'attività residenziale, vale a dire comunità terapeutiche e case famiglia, dove i ricoverati vengono seguiti da uno staff di psichiatri e di personale infermieristico. Il ricovero in comunità terapeutica non può superare i 2 anni ed il numero massimo degli assistiti è di 20 persone. Alcuni numeri: 1.679 strutture, 19.299 posti, 30.375 utenti. L'attività semiresidenziale è gestita dai centri diurni dove il paziente va la mattina e la sera torna a casa. I numeri: 763 strutture, 12.835 posti, 32.030 assistiti. L'assistenza residenziale, quella dove il malato vive, nasconde spesso nelle strutture private convenzionate una riproduzione del vecchio manicomio. Non sempre le Asl sono in grado di effettuare controlli continui e stringenti. In molte strutture private convenzionate, come il Don Uva di Bisceglie, il manicomio è chiuso ma la comunità di recupero usa gli stessi metodi del passato;
          la relazione dei Nas descrive una situazione che appare piuttosto lontana dai dettami della più recente normativa. Perché il decreto firmato nel 1996 dal Ministro della sanità pro tempore Rosy Bindi parla chiaro: «I beni mobili e immobili degli ospedali psichiatrici dismessi sono destinati alla produzione di reddito, attraverso la vendita o l'affitto, e i soldi destinati all'attuazione del progetto obiettivo Tutela della salute mentale». Ma non basta. «Le Regioni hanno due anni di tempo per chiudere i manicomi e realizzare centri diurni e case alloggio. Per quelle che non rispetteranno la legge sono previste le sanzioni: una riduzione dello 0.50 per cento del fondo sanitario regionale. A partire dal 1998 il taglio salirà al 2 per cento». Il motivo dell’ultimatum è che, con loro grande sorpresa, gli ispettori del Ministero, nel ’96, avevano scoperto che gli «internati» erano ancora 17.068: 11.882 rinchiusi in 63 ospedali psichiatrici pubblici e 5.186 in 13 strutture private. Niente a che vedere con i 102.300 ricoverati nel 1956 ed i 78.538 «matti da slegare» nel 1978, anno in cui venne approvata la legge Basaglia. Oggi, in base ai dati di cui sopra, i manicomi non esistono più e i circa 60 mila pazienti psichiatrici sono gestiti, appunto, attraverso le strutture residenziali e semiresidenziali pubbliche e private;
          a Reggio Calabria, la provincia ha ceduto a titolo gratuito ai carabinieri l'ospedale psichiatrico del rione Modena. L'Arma ha ringraziato per il regalo e ha trasformato la struttura nella scuola allievi. A Napoli l'ex ospedale psichiatrico di via Liveri è chiuso e inutilizzato, stessa sorte per quello il «Leonardo Bianchi» di Capodichino. A Pistoia l'ospedale psichiatrico «Ville Sbertoli» ha chiuso i battenti nel 1996 e non li ha più riaperti. Stessa fine per l'ex convento dei domenicani di Colorno, in quel di Parma. In Liguria, la regione ha venduto l'ex di Cogoleto alla Fintecna Immobiliare e alla Valcomp per 13 milioni e 648 mila euro. Il ricavato non è stato reimpiegato per servizi di assistenza, ma per il ripiano del disavanzo sanitario regionale. Stessa fine dovrebbe fare lo storico «presidio sanitario per la tutela della salute mentale» di Quarto Genova, struttura in cui, tuttavia, vivono ancora 80 «cronici», la regione ha già cartolarizzato l'immobile, valore 16 milioni e 206 mila euro, acquirenti le stesse società di Cogoleto, ma nessuno vuole comprare gli edifici a causa della presenza dei malati, per questo la regione ha pensato bene di lanciare un'asta pubblica: quattro residenze sanitarie assistenziali con un'offerta al massimo ribasso. In Puglia, a Bisceglie, campeggia l'ex ospedale psichiatrico «Don Uva», che negli anni ’90 accoglieva più di 2 mila ospiti. Nel ’98 si erano ridotti a poco più di mille ma l'atmosfera non era proprio salubre: malati che si genuflettevano al passaggio del direttore, mentre i più audaci gli baciavano la mano: personale scarso, terapie immaginarie, molti decessi sospetti. Oggi la struttura si è rinnovata ma l'amministrazione ha deciso di chiedere la cassa integrazione a zero ore per i dipendenti;
          il dottore Peppe Dell'acqua, salernitano, ha avuto subito la fortuna di iniziare a lavorare con Franco Basaglia nell'ospedale psichiatrico di Colorno a Parma. Nell'ottobre del ’71, con il gruppo Basaglia, si è trasferito a Trieste partecipando all'esperienza di trasformazione e chiusura dell'ospedale psichiatrico. In 40 anni di lavoro si è dedicato alla programmazione e gestione dei servizi di salute mentale nel territorio, svolgendo nel contempo consulenze scientifiche in Italia ed all'estero. Collabora con l'Organizzazione mondiale della sanità insegna psichiatria sociale presso la facoltà di psicologia dell'università di Trieste. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche ed è tra i promotori del Forum salute mentale, avamposto per la tutela della legge n.  180 e la promozione delle buone pratiche in salute mentale; ha commentato così la situazione degli ospedali psichiatrici dopo il 1996: «In termine di tempi, di strategie e di risultati conseguenti alla chiusura, le differenze tra le Regioni appaiono evidenti nella loro insensata profondità. Diseguaglianze incomparabili, ingiustificabili rispetto all'uguale diritto costituzionale alla cura di ogni cittadino che abita il nostro paese, sono il frutto non desiderato delle scelte regionali che nel corso dei 20 anni successivi alla legge di riforma avevano già prodotto 20 diversi sistemi sanitari»  –:
          quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di dare concreta attuazione a quanto predisposto dalla legge «Basaglia», recuperando le strutture deputate a cura psichiatrica, in complessi utili alla società ed inserendo i malati, che si trovano ancora ricoverati, in protocolli di cura domiciliare o comunitaria, con la precisa finalità del reinserimento dei pazienti in ambiti in cui l'attenzione per la singola persona sia la priorità assoluta.
(4-17607)


      MIOTTO. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          con la legge 27 marzo 1992, n.  257 «Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto» si vietava la produzione nonché l'utilizzazione dell'amianto in Italia;
          nonostante siano passati venti anni dall'approvazione di tale legge si stima che ci siano ancora tra i 30 e i 40 milioni le tonnellate di materiale contaminato che debbono essere smaltite e nonostante ciò la commissione, prevista dall'articolo 4 della legge n.  257 del 1992 che avrebbe dovuto governare il passaggio da un'Italia pesantemente contaminata a un'Italia bonificata non è più operativa come il gruppo di lavoro nazionale che in un primo momento aveva sostituito la commissione ha cessato le sue funzioni undici mesi fa, comportando quindi la totale assenza di una cabina nazionale di regia che coordini la bonifica del territorio;
          l'articolo 10 della legge n.  257 del 1992 prevedeva che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottassero piani di protezione dell'ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall'amianto, ma a tutt'oggi tale mappatura non è completa visto che regioni come la Calabria e la Sicilia non hanno ancora trasferito i dati e regioni quali la Campania e la Puglia hanno effettuato un censimento solo parziale e gli stessi censimenti non sono omogenei, in quanto i sistemi di monitoraggio utilizzati sono diversi;
          a rendere fallimentare lo smaltimento dell'amianto ci sono anche gli elevati costi dello smaltimento stesso e la totale o quasi mancanza di discariche che fa sì che solo il 40 per cento venga smaltito in Italia, mentre il restante 60 per cento viene smaltito all'estero;
          con la legge n.  244 del 2007 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)» all'articolo 2, commi 440-443, l'allora Governo Prodi istituì il «Fondo nazionale per il risanamento degli edifici pubblici» con una dotazione pari a 5 milioni di euro per il 2008, al fine di finanziarie gli interventi diretti ad eliminare i rischi per la salute pubblica derivanti dalla presenza di amianto negli edifici pubblici;
          tale fondo, di fatto, non è mai stato operativo visto che è stato interamente svuotato dal decreto legge 27 maggio 2008, n.  93 «Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie», per poter concorrere a coprire finanziariamente la totale abrogazione dell'ICI sulla prima casa da parte del Governo Berlusconi;
          all'articolo 6, comma 6 della legge n.  257 del 1992 si prevede che annualmente il Governo trasmetta al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione delle norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto mentre l'ultima relazione presentata risale ormai a due anni fa  –:
          quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere per far sì che venga costituita una cabina di regia a livello nazionale che non solo coordini la bonifica del territorio dall'amianto ma provveda così come era previsto dall'articolo 10, comma 4, ad adottare un piano di protezione dell'ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica del territorio;
          se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative per rifinanziare il fondo di cui all'articolo 2, commi 440-443, della legge n.  244 del 2007 affinché si possa iniziare a dare concreta attuazione alla bonifica dall'amianto di tutti i siti interessati;
          se il Governo non ritenga opportuno intervenire sia normativamente che finanziariamente affinché possa essere modificato il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 13 gennaio 2011 attuativo del fondo per le vittime dell'amianto istituito dall'articolo 1, comma 241, della legge 28 dicembre 2007, n.  244, al fine di poter estendere le prestazioni previste da tale fondo non solo a coloro che abbiano contratto una patologia asbesto-correlate per esposizione all'amianto e alla fibra «fiberfrax» riconosciute dall'INAL e dal soppresso Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA) ma anche ai familiari delle vittime o a coloro che comunque pur non lavorando direttamente con l'amianto siano stati comunque esposti avendo poi contratto tali patologie;
          quali siano i motivi ostativi che abbiano impedito dal 16 febbraio 2008 ad oggi di poter presentare la relazione al Parlamento così come prevista dall'articolo 6, comma 6, della legge n.  257 del 1992. (4-17612)


      GINOBLE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la legge n.  38 del 15 marzo 2010 «Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore» tutela il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative ed alla terapia del dolore stabilendo sia per la persona malata sia per il suo nucleo familiare un adeguato ed appropriato sostegno sanitario e socio assistenziale;
          secondo quanto riferito da numerosi pazienti di Teramo e provincia, nonché da diversi organi di stampa il 6 agosto 2012, presso l'ospedale «Giuseppe Mazzini» di Teramo, sarebbe stata sospesa, senza alcun preavviso e senza fornire alcuna spiegazione, per un periodo di tre settimane, l'attività dell'ambulatorio di «terapia del dolore;
          a causa di tale chiusura, anche i pazienti più gravi, in cura presso tale ambulatorio non avrebbero ricevuto alcuna indicazione su strutture alternative a cui rivolgersi in caso di necessità, ritrovandosi così, da un giorno all'altro, senza alcuna assistenza;
          nella stessa data del 6 agosto 2012, l'unità operativa di oncologia medica è stata chiusa ed i pazienti degenti ricoverati presso altre unità operative dello stesso ospedale, con interruzione della continuità di cura e il determinarsi di difficoltà a somministrare protocolli di complessa applicazione in un ambiente non specialistico;
          la chiusura di un servizio pubblico di questo genere è in palese contrasto con la carta dei diritti del malato e lede i diritti inviolabili dell'uomo  –:
          se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e, pur nel rispetto delle competenze regionali in materia di sanità, non ritenga opportuno e doveroso assumere iniziative, anche per il tramite del commissario ad acta per il rientro dai disavanzi sanitari regionali, per ottenere informazioni dettagliati in merito a quanto accaduto, verificando in particolare se tale situazione sia causata da esigenze di razionalizzazione e contenimento della spesa, affinché venga garantito con certezza ai pazienti il diritto alle cure palliative ed alla terapia del dolore, così come stabilito dalle leggi vigenti. (4-17626)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta orale:


      GRASSANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          dal conto nazionale delle infrastrutture e dei trasporti 2010-2011 del Ministero si evince che la spesa per il mantenimento delle auto, negli ultimi 20 anni, è più che raddoppiata, passando da 47,8 miliardi a 103,7 miliardi di euro;
          di tale spesa, quella per i carburanti, ammonta a quasi la metà ed il costo, sempre negli ultimi 20 anni è aumentato del 170 per cento;
          gli italiani hanno speso per benzina e gasolio oltre 41 miliardi nel 2010, mentre nel 1990 ne spendevano poco più di 15 miliardi;
          il prezzo dei carburanti ha come riferimento l'andamento del prezzo del petrolio;
          il prezzo del petrolio negli ultimi dieci anni è triplicato, passando da 30 dollari al barile del 2002 ai circa 95 dollari del giugno 2012, con un picco nel 2008 di circa 140 dollari al barile;
          tale andamento del prezzo è determinato dai quantitativi di produzione del greggio e dalle tensioni politiche tra Paesi consumatori e Paesi produttori;
          il prezzo al 30 agosto 2012 della benzina verde oscilla tra gli euro 1,82 e gli euro 1,929, ed il prezzo del diesel tra gli euro 1,701 e gli euro 1,819, con un riferimento del prezzo del petrolio di 95,45 dollari al barile;
          nel 2008 quando il prezzo del petrolio toccò il picco massimo di dollari 146 al barile, la benzina super costava circa euro 1,5 al litro;
          nella composizione del prezzo finale dei carburanti incide in maniera preponderante il peso delle accise che vengono incassate dallo Stato centrale e dell'IVA;
          questo aumento dei prezzi dei carburanti incide in maniera devastante sui costi agricoli rendendo il comparto poco concorrenziale in Europa e nel Mondo;
          l'aumento incide anche sui costi alimentari, considerando che un pasto per giungere sulla tavola delle famiglie percorre mediamente circa 2.000 chilometri, causando un ulteriore aggravio ai bilanci domestici  –:
          se e quali iniziative si intendano mettere in atto al fine di calmierare il prezzo dei carburanti, valutando anche la riduzione del peso delle accise statali. (3-02468)


      ALESSANDRI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il continuo incremento dei prezzi di vendita dei carburanti praticati dai produttori al consumatore è divenuto un serio problema per le famiglie, per i trasporti, per la crescita dell'inflazione e per i costi di produzione dei settori energivori, segnatamente per il comparto agricolo;
          dalla fine del mese di agosto 2012 il prezzo al pubblico della benzina ha superato il valore di due euro al litro: un costo insostenibile soprattutto per i consumatori e ad ogni modo alla lunga insostenibile anche per tutti i comparti produttivi del nostro Paese;
          anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha segnalato più volte al Governo ed al Parlamento come le cronache di questi mesi continuino a mettere in risalto una vera e propria «emergenza dei prezzi dei carburanti» in relazione alla quale occorre, ad avviso dell'autorità, dare un segnale forte alle imprese e ai cittadini. L'Autorità fa presente che, per quanto si siano fatti numerosi passi in avanti nel processo di riforma delle rete distributiva dei carburanti – da un lato rimuovendo gli ostacoli all'uscita di impianti inefficienti e creando le condizioni per una maggiore indipendenza di una quota crescente di impianti di distribuzione dalle società petrolifere, dall'altro, migliorando le informazioni al consumatore sui prezzi dei carburanti – non può non rilevarsi, quanto agli impianti completamente automatizzati (cosiddetto full ghost), che appare critica la limitazione alle sole aree extraurbane, prevista dal decreto legge n.  1 del 2012 «liberalizzazioni» (articolo 18). Ciò in quanto, fuori dai centri abitati, gli impianti in genere sono molto grandi (spesso nuovi), con infrastrutture per la vendita di prodotti non oil e dunque non particolarmente indicati per la modalità ghost (limitare alle sole aree extraurbane questa tipologia di impianti potrebbe dunque rivelarsi una norma priva di riscontro pratico);
          l'autorità sottolinea come andrebbe invece considerata con favore l'istituzione di un sito internet dove i consumatori possano trovare le informazioni relative all'ubicazione delle stazioni di servizio ed ai prezzi in esse praticati, così da determinare maggiore trasparenza del mercato a vantaggio degli utenti;
          in effetti, in sede di adozione e di approvazione del decreto legge n.  1 del 2012; il Governo aveva tenuto conto di specifiche indicazioni poste dall'Autorità al fine di imprimere maggiore concorrenza nel settore della vendita dei carburanti e vi aveva dato seguito ai sensi degli articoli da 17 a 20 del decreto stesso;
          in particolare, il predetto articolo 17, come modificato dal Senato ed ora vigente, mira a promuovere, nel settore della distribuzione di carburanti, lo sviluppo di operatori indipendenti ed impianti multimarca, agendo anche sulla diversificazione delle tipologie contrattuali che legano produttori e distributori di carburanti. Inoltre, punta a favorire una più generale liberalizzazione delle attività svolte dai gestori di impianti di distribuzione carburanti;
          la disposizione in questione recepisce da un lato la richiesta, contenuta nella segnalazione 5 gennaio 2012 dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, di promuovere, nel settore della distribuzione di carburanti, lo sviluppo di operatori indipendenti ed impianti multimarca. Dall'altro lato, promuove una diversificazione delle tipologie contrattuali che legano produttori e distributori di carburanti. Infine, favorisce una più generale liberalizzazione delle attività svolte dai gestori di impianti di distribuzione carburanti;
          per la citata segnalazione dell'Autorità garante, un elemento del sistema della distribuzione carburanti in Italia che appare meritevole di immediate modifiche proconcorrenziali è «quello relativo ai rapporti tra soggetti a diversi livelli della filiera, da un lato i proprietari degli impianti (assai spesso anche fornitori e raffinatori) e dall'altro i gestori. Tali rapporti risultano allo stato eccessivamente vincolati da quella che a lungo è stata l'unica forma contrattuale ammessa dalla legge (decreto legislativo n.  32 del 1998), vale a dire la cessione dell'impianto dal proprietario al gestore in comodato gratuito e il corrispondente contratto di fornitura in esclusiva del prodotto. Ciò ha comportato, da una parte, che i gestori possono approvvigionarsi solo dalla società petrolifera che ha la proprietà dell'impianto, o che abbia concluso con il proprietario dello stesso un contratto di convenzionamento, e dall'altra, che ciascuna società petrolifera rifornisce di carburanti solo i punti vendita che espongono i suoi marchi e colori. Gli aspetti economici di tali rapporti sono inoltre fissati da accordi aziendali stipulati tra le società petrolifere e le associazioni di categoria dei gestori (articolo 1, comma 6, del decreto legislativo n.  32 del 1998 e articolo 19, comma 3, della legge n.  57 del 2001);
          su questo specifico tema l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, ha sottolineato che le due citate tipologie contrattuali, comodato gratuito e fornitura in esclusiva, appaiono intimamente connesse e che al mutare dell'una dovrebbe necessariamente mutare anche l'altra. Di recente, l'articolo 28 del decreto-legge    n.  98 del 2011 ha previsto che in alternativa al contratto di fornitura si possano utilizzare anche altre tipologie contrattuali per l'approvvigionamento degli impianti, purché tali tipologie di contratti siano state precedentemente tipizzate attraverso la stipula di accordi aziendali tra le società petrolifere e le associazioni di categoria dei gestori. L'Autorità ritiene che tale normativa vada modificata nel senso di estendere la liberalizzazione delle forme contrattuali a tutte le relazioni tra proprietari e gestori e dunque anche a quelle relative all'utilizzo delle infrastrutture (per cui è attualmente previsto solo il comodato gratuito), consentendo l'utilizzo di tutte le tipologie contrattuali previste dall'ordinamento (ad esempio: l'affitto dell'impianto di distribuzione) e, soprattutto, eliminando il vincolo della tipizzazione tramite accordi aziendali, che, oltre a rallentare il processo di apertura alle nuove forme contrattuali, non consente di superare elementi di natura collusiva nel processo di fissazione dei modelli di contratto. Questa piena liberalizzazione delle forme contrattuali consentirebbe, da un lato, di aumentare l'autonomia del gestore rispetto al soggetto proprietario dell'impianto incentivando, ad esempio, forme di aggregazione di piccoli operatori nell'attività di approvvigionamento, dall'altro, potrebbe consentire alle società petrolifere di rifornire anche punti vendita non appartenenti alla propria rete rendendo possibile la nascita di impianti nella sostanza multimarca. L'accrescimento dell'autonomia degli attori del mercato ed in particolare dei gestori consentirebbe a questi ultimi di caratterizzarsi come veri e propri soggetti imprenditoriali, in grado di utilizzare tutti gli strumenti commerciali per ricavarsi i propri spazi sul mercato, rispondendo alla pressione concorrenziale degli altri soggetti non verticalmente integrati e contribuendo essi stessi ad una maggiore concorrenzialità del mercato della distribuzione di carburante»;
          pertanto, l'articolo 17 del decreto-legge n.  1 del 2012, come convertito con modificazioni dalla legge n.  27 del 2012, ha previsto, attraverso la riformulazione dei commi 12, 13 e 14 dell'articolo 28 del decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98, convertito dalla legge 15 luglio 2011 n.  111, più incisive misure volte a promuovere concretamente e ulteriormente la diversificazione delle forme contrattuali tra proprietari degli impianti e gestori ulteriori e diverse rispetto a quelle, attualmente previste, del comodato, fornitura e somministrazione;
          in tal senso si prevede che, fermo restando quanto disposto con il decreto legislativo 11 febbraio 1998, n.  32, e successive modificazioni, possono essere adottate, alla scadenza dei contratti esistenti (o anche nel loro corso, se vi è assenso tra le parti) differenti tipologie contrattuali per l'affidamento e l'approvvigionamento degli impianti di distribuzione carburanti. Tali nuove tipologie contrattuali dovranno essere definite, nel rispetto delle normative nazionali e comunitarie, mediante accordi sottoscritti tra organizzazioni di rappresentanza dei titolari di autorizzazione o concessione e dei gestori maggiormente rappresentative, depositati presso il Ministero dello sviluppo economico. Si prevede, inoltre, la possibilità in ogni momento di stipula di accordi tra titolari degli impianti e gestori per l'effettuazione del riscatto degli impianti da parte del gestore, previo indennizzo secondo criteri definiti con decreto del Ministero dello sviluppo economico;
          per garantire l'effettiva introduzione di tali nuove tipologie contrattuali è stato stabilito che il deposito degli accordi concernenti le nuove tipologie contrattuali sarebbe dovuto avvenire entro il 31 agosto 2012, e in difetto vi avrebbe provveduto in via sostitutiva, su richiesta di ciascuna delle parti, il Ministero medesimo. Inoltre, si è precisato che tra le nuove forme contrattuali potrà essere compresa anche una concernente la vendita non in esclusiva da parte di gestori titolari della sola licenza di esercizio, nonché la definizione di criteri per la costituzione del mercato all'ingrosso dei carburanti;
          sempre ai fini della maggiore trasparenza e concorrenzialità nel settore dei carburanti, le norme in questione, in particolare l'articolo 19 del predetto decreto legge n.  1 del 2012 nel testo vigente, per consentire il miglioramento delle informazioni al consumatore sui prezzi dei carburanti, ha stabilito, tra l'altro, che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, ossia entro il 24 settembre 2012, con uno o più decreti del Ministero dello sviluppo economico devono essere definite le modalità attuative della disposizione di cui al secondo periodo dell'articolo 15, comma 5, del decreto legislativo 6 settembre 2005, n.  206, in ordine alla cartellonistica di pubblicizzazione dei prezzi presso ogni punto vendita di carburanti, in modo da assicurare che le indicazioni per ciascun prodotto rechino i prezzi in modalità non servito, ove presente, senza indicazioni sotto forma di sconti, secondo il seguente ordine dall'alto verso il basso: gasolio, benzina, GPL, metano. In tale decreto si deve prevedere che i prezzi delle altre tipologie di carburanti speciali e il prezzo della modalità di rifornimento con servizio debbano essere riportati su cartelloni separati, indicando quest'ultimo prezzo come differenza in aumento rispetto al prezzo senza servizio, ove esso sia presente. Con il medesimo decreto si devono stabilire, altresì, le modalità di evidenziazione, nella cartellonistica di pubblicizzazione dei prezzi presso ogni punto vendita di carburanti, delle prime due cifre decimali rispetto alla terza, dopo il numero intero del prezzo in euro praticato nel punto vendita;
          vista la preoccupante e grave situazione dell'aumento dei prezzi dei carburanti e le difficoltà economiche delle famiglie italiane oltre che dei settori dei trasporti e dell'agricoltura, sarebbe indispensabile dare attuazione, nell'immediato, alle norme proconcorrenziali nel sistema della distribuzione carburanti previste dal decreto-legge n.  1 del 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge n.  24 del 2012;
          quali siano le informazioni che il Governo possa riferire in ordine al delicato e serio problema dell’«emergenza dei prezzi dei carburanti» e quali siano i tempi previsti per l'emanazione dei decreti ministeriali previsti dagli articoli 17 e 19 del medesimo decreto legge in merito all'effettiva introduzione di nuove tipologie contrattuali tra proprietari degli impianti e gestori ulteriori e diverse rispetto a quelle, attualmente previste, del comodato, fornitura e somministrazione ed in merito alle modalità di evidenziazione, nella cartellonistica di pubblicizzazione dei prezzi presso ogni punto vendita di carburanti, delle prime due cifre decimali rispetto alla terza, dopo il numero intero del prezzo in euro praticato nel punto, oltre che l'evidenziazione per ciascun prodotto, dei prezzi in modalità non servito, ove presente, senza indicazioni sotto forma di sconti, secondo l'ordine dall'alto verso il basso, del gasolio, della benzina, del GPL e del metano, facendo in modo che il prezzo della modalità di rifornimento con servizio sia riportato su cartelloni separati, indicando quest'ultimo prezzo come differenza in aumento rispetto al prezzo senza servizio, ove esso sia presente. (3-02471)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      ANNA TERESA FORMISANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il fallimento della società Videocon di Anagni, decretato dal tribunale di Frosinone il 25 giugno 2012, oltre alle dirette responsabilità della proprietà, è anche il segno delle conseguenze della situazione economica in cui versa il Paese che, almeno fino ad oggi, non ha saputo individuare e dare una risposta alle richieste da parte del territorio di un intervento risolutore della vicenda;
          si sta parlando di un'area geografica, che sta vivendo la progressiva scomparsa di significative realtà imprenditoriali, alcune delle quali storicamente legate al territorio ciociaro;
          attualmente è aperto un tavolo presso la regione Lazio volto ad individuare soluzioni in vista della scadenza della cassa integrazione per i circa 1300 lavoratori alla fine dell'anno in corso;
          sarebbe un vero peccato assistere alla perdita di professionalità e capacità strutturali nel campo manifatturiero, meccanico e chimico presenti e che potrebbero essere facilmente ed immediatamente utilizzati in nuovi progetti industriali;
          il Governo è impegnato a individuare gli strumenti più idonei per realizzare i programmi e le politiche industriali annunciate con l'agenda per la crescita  –:
          se non ritenga di promuovere in tempi rapidi le procedure utili a realizzare un accordo di programma con un preciso e dettagliato contratto di sviluppo, coinvolgendo le istituzioni universitarie presenti nel territorio, le associazioni industriali, gli enti, le organizzazioni sindacali e tutti i soggetti interessati al rilancio dello sviluppo economico ed industriale e al benessere dei lavoratori e delle loro famiglie. (5-07784)


      FRONER. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          a circa 300 lavoratori attualmente impiegati nelle sedi periferiche della IBM (157 presso la sede di Roma) è stato notificato in data 1o agosto 2012 il trasferimento nella sede di Segrate a partire dal 17 settembre, trasferimento che dovrebbe avvenire completamente a spese degli stessi lavoratori;
          «esigenze di riorganizzazione e maggior valorizzazione delle strutture di staff e delle relative attività, mediante accentramento delle stesse presso la sede di Segrate, in un'ottica anche di economicità ed efficienza di gestione nonché di riduzione dei costi.»: è la motivazione addotta da IBM per giustificare il trasferimento;
          la IBM Italia non è un'azienda in crisi: infatti dalla pubblicazione del bilancio 2011 si evince che l'utile è aumentato di circa il 100 per cento rispetto al 2010;
          la IBM è un'azienda che sviluppa e vende prodotti svolgendo attività lavorativa da qualsiasi luogo: lo dimostra il fatto che in anni recenti il customer fulfillment (amministrazione) ha subìto un forte decentramento di attività verso Madrid, e il sales transaction hub (supporto alle vendite) verso Budapest;
          appare pertanto all'interrogante che la motivazione addotta di una maggiore efficienza che si otterrebbe dall'accentramento a Segrate sia del tutto pretestuosa e possa indurre molti lavoratori a dimettersi, fatto particolarmente grave perché dei lavoratori oggetto del trasferimento, circa il 60 per cento sono donne e circa il 30 per cento sono titolari di benefici di cui alla legge n.  104 e categorie protette  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere, anche attraverso l'apertura di un tavolo di confronto con le rappresentanze sindacali. (5-07792)


      SIRAGUSA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          con decreto ministeriale n.  97320 del 9 aprile 2001 è stato riconosciuto a La Società Di Giovanna srl, con sede in Sambuca di Sicilia, un contributo ai sensi della legge n.  488 del 1992 e di cui al progetto n.  22915/11 8o bando;
          con nota del 28 ottobre 2010, prot. n.  0032342, il Ministero dello sviluppo economico ha poi accolto la richiesta di differimento della data di entrata a regime presentata dalla suddetta società ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del decreto ministeriale 3 dicembre 2008;
          i commi 36, 37, 38 e 39 dell'articolo 3 della legge n.  244 del 24 dicembre 2007 (legge finanziaria 2008), hanno ridefinito i termini e la relativa applicazione della perenzione amministrativa ovvero la prescrizione grazie all'atto interruttivo previsto per legge del diritto ad ottenere i fondi dovuti dallo Stato alle imprese a titolo di contributo in conto capitale nell'ambito della legge n.  488 del 1992;
          quanto sopra citato ha prodotto un abbassamento da 7 a 3 anni del periodo di iscrizione nel bilancio delle pubbliche amministrazioni dei residui delle spese in conto capitale relativi sia al pagamento di corrispettivi per appalti, forniture di beni e servizi, che di stanziamenti a favore delle imprese (legge n.  488 del 1992, patti territoriali, programmazione negoziata e altro) e la rassegnazione dei fondi destinati alle imprese che erano risultate aggiudicatarie dei fondi entro il 2004;
          in concreto, a seguito di tale modifica sono stati cancellati dal bilancio dello Stato i fondi iscritti per le competenze del 2004 e dei precedenti anni delle imprese beneficiarie degli incentivi della legge n.  488 del 1992 divenendo «perento», ossia sospeso, il loro credito all'erogazione delle agevolazioni stanziate;
          pertanto tutte le richieste di erogazione dei fondi avanzate dalla Di Giovanna srl sono rimaste inevase;
          risulta infatti all'interrogante che la banca concessionaria ha provveduto ad interrompere la trasmissione della richiesta di erogazione della pratica poiché rientrante nella perenzione amministrativa;
          ciò ha comportato, inevitabilmente, una stangata per il bilancio dell'impresa che, anteriormente al 2004, aveva presentato domanda di aiuto per il progetto di cui sopra diventando beneficiaria del decreto in questione;
          tale aiuto ha contribuito a far sì che l'impresa diventasse una azienda vinicola di primissimo valore per il territorio di Sambuca;
          il pagamento del rimanente 10 per cento dell'aiuto concesso, pari a circa 47.000 euro, in condizioni di mercato svantaggiate, e nel periodo in cui versa l'economia, rappresenterebbe per l'azienda una iniezione di fiducia che sicuramente consentirebbe alla medesima di superare senza ulteriori difficoltà la gravità delle condizioni anzi dette  –:
          se il Ministro interrogato non intenda attivare, per i motivi sopra esposti, le procedure necessarie affinché le somme residue spettanti all'azienda di cui in premessa, a titolo di contributo in conto capitale, vengano reiscritte nel capitolo di spesa di provenienza e coperte con somme stornate dal fondo speciale per la rassegnazione dei residui perenti. (5-07793)


      FAVA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il Consorzio latterie Virgilio è una cooperativa di secondo grado costituita nel 1966 che comprende oggi 110 aziende con più di 2.500 allevatori;
          Virgilio distribuisce i suoi prodotti su tutto il territorio nazionale, attraverso una rete capillare di negozi ed un'ampia diffusione fra supermercati e ipermercati;
          le sue attività principali sono la lavorazione delle creme e del latte, la stagionatura di formaggi propri o conferiti, la porzionatura e il confezionamento del formaggio e la macellazione di suini;
          presso lo stabilimento di Bagnolo S. Vito, l'attività consiste invece nella macellazione e sezionamento dei suini conferiti dalla base sociale, avendo come mercato di riferimento la fornitura di tagli freschi all'industria alimentare (industria di trasformazione, grossisti e prosciuttifici);
          i tagli forniti nello specifico sono le cosce destinate ai circuiti di lavorazione delle D.O.P. del prosciutto di San Daniele, del prosciutto di Parma, del prosciutto di Carpegna, del prosciutto Veneto;
          il macello di Bagnolo impiega, tra manodopera diretta e indiretta, centinaia di persone, che consentono all'impianto di essere un punto di riferimento per qualità delle lavorazioni;
          notizie che giungono dagli ambienti del commercio carni rivelerebbero il progetto ad un rilevante soggetto del settore di procedere ad una proposta di fusione con il macello mantovano;
          i numeri dei fatturati delle due imprese consorziate impedirebbero la sopravvivenza di uno dei due impianti di macellazione  –:
          se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se non intenda monitorare l'eventuale iniziativa al fine di evitare che una scelta industriale si riveli una operazione tale da compromettere i livelli occupazionali. (5-07794)

Interrogazioni a risposta scritta:


      ROSATO e STRIZZOLO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          Hypo Alpe-Adria-Bank Italia spa, è un istituto di credito affiliato alla Hypo Kärnten, che impiega ad oggi 403 lavoratori su tutto il territorio nazionale, anche se con una accentuata presenza nella regione Friuli Venezia Giulia dove operano 200 dipendenti;
          la direzione amministrativa della società ha comunicato recentemente il taglio del personale di 118 unità rendendo noto che 50 esuberi riguarderanno la direzione generale di Tavagnacco (Udine) e i restanti interesseranno i trenta sportelli distribuiti sul territorio nazionale;
          il ridimensionamento dell'organico è stato motivato dall'azienda non esclusivamente da ragioni di mercato e dalle conseguenze che il calo del mercato medesimo ha comportato sui bilanci delle banche; Hypo Group Alpe Adria, che è socio di riferimento, è stato nazionalizzato nel 2009 attraverso l'acquisizione da parte del Ministero delle finanze austriaco e questa operazione è stata approvata nel mese di agosto 2010 dalla Commissione europea a condizione di un ridimensionamento del volume di bilancio e della riprivatizzazione degli istituti controllati, compreso quello italiano;

il ridimensionamento     è drastico in quanto, ad oggi, la direzione italiana è intenzionata a non ricorrere agli strumenti di ammortizzazione sociale previsti in questi casi, quali l'utilizzo del fondo esuberi, di contratti a tempo parziale o la riduzione dell'orario di lavoro;
          in precedenza l'azienda è già ricorsa a tagli del personale attraverso il mancato rinnovo di contratti a termine e lo scorporo di Hypo Leasing, con annessi 80 dipendenti, ai quali non viene applicato più il contratto collettivo nazionale dei lavoro bancario;
          si precisa che tale decisione fu assunta dall'azienda senza una trattativa con il personale ed estromettendo le rappresentanze sindacali  –:
          se i Ministri intendano attivarsi, anche attraverso la convocazione di un tavolo nazionale, al fine di trovare una soluzione quanto più condivisa dalle parti sociali nell'ambito della riorganizzazione interna, che permetta un ridimensionamento degli esuberi ed il ricorso agli strumenti di ammortizzazione sociale per coloro che comunque verranno licenziati. (4-17597)


      BARANI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il piano di ristrutturazione organizzativa del servizio postale, presentato la scorsa primavera da Poste Italiane spa, prevede una diversa distribuzione sul territorio dei portalettere con rilevanti effetti negativi sull'occupazione e sulla regolarità del servizio, compromettendo a giudizio degli interroganti una delle funzioni proprie della società Poste e il concetto stesso del servizio universale per il quale lo Stato riconosce i relativi contributi proprio per assicurare la capillarità e la qualità del recapito postale;
          per i sindacati il piano determinerà molti licenziamenti nel 2012 e fra le regioni maggiormente colpite da questa politica riorganizzativa c’è la Toscana e in particolare la provincia di Massa Carrara;
          in particolare, dal sito di Uncem Toscana si può scaricare l'elenco ufficiale di razionalizzazione del servizio che Poste Italiane spa ha redatto l'11 luglio 2012 e che interessa per la Toscana 174 uffici ed in particolare la provincia di Massa Carrara (114 uffici); eccone l'estratto con il provvedimento accanto:
              Massa Carrara Canevara Massa: chiusura;
              Massa Carrara San Terenzo Monti Fivizzano: chiusura;
              Massa Carrara Caprigliola Aulla: chiusura;
              Massa Carrara Sassalbo Fivizzano: chiusura;
              Massa Carrara Altagnana Massa: chiusura;
              Massa Carrara Campiglione Fivizzano; chiusura;
              Massa Carrara Colonnata Carrara: chiusura;
              Massa Carrara Forno Massa: chiusura;
              Massa Carrara Gassano Fivizzano: chiusura;
              Massa Carrara Gragnana Carrara: chiusura;
              Massa Carrara Serricciolo Aulla: chiusura;
              Massa Carrara Chiesa di Rossano Zeri: chiusura amministrativa;
              Massa Carrara Miseglia Carrara: chiusura amministrativa;
              Massa Carrara Codiponte Casola in Lunigiana: chiusura;
          la percentuale maggiore degli sportelli che vengono soppressi riguarda piccoli centri o aree di montagna, ovvero luoghi dove il servizio postale svolge una funzione essenziale e che comunque nel corso degli anni hanno subito una fortissima riduzione degli orari di apertura;
          il piano non sembra tener conto nemmeno delle evidenti carenze e inefficienze che il Servizio di recapito già presenta nella provincia di Massa Carrara ed in particolare nella Lunigiana; così come non sembra tener conto della fragilità idrogeologica del territorio provinciale e dello stato di abbandono delle zone montane e di alcuni corsi d'acqua che causano frequenti eventi alluvionali provocando gravi danni alle attività produttive e commerciali, e rendendo ancora più difficile la già precaria situazione economica;
          gli effetti negativi del processo di razionalizzazione del servizio – come detto già in atto da svariati anni – da parte della società Poste italiane spa sono ormai evidenti, in Toscana e nella provincia di Massa Carrara in intere porzioni di territorio dove la società ha provveduto, nel tempo, a chiudere o razionalizzare gli uffici postali, a ridurre gli orari di apertura degli sportelli, in particolare nelle aree geograficamente più svantaggiate come quella della Lunigiana, e infine a sospendere il servizio «porta-lettere» del sabato  –:
          quali siano gli orientamenti del Governo in merito alle iniziative annunciate dalla società Poste italiane in materia di riorganizzazione del servizio di recapito e se tale piano sia considerato compatibile con gli obiettivi del contratto di programma e con il principio dell'universalità del servizio in un territorio che risente di forti disagi idrogeologici ed economici;
          come i Ministri interpellati intendano intervenire al fine di scongiurare che gli effetti di tale piano possano tradursi in un ulteriore aggravarsi delle tensioni occupazionali nella provincia di Massa Carrara. (4-17600)


      LUSSANA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          i cittadini del comune di Valbrembo (Bergamo) lamentano da anni gravi disagi legati all'ubicazione dell'ufficio postale, il cui accesso è collocato su una strada stretta e in salita con pendenza media del 7,5 per cento, senza marciapiede e dove il traffico è sempre sostenuto, poiché la via viene utilizzata come via di ingresso al paese;
          i portalettere sono quindi esposti a continui pericoli, anche perché sono costretti a parcheggiare i ciclomotori per le operazioni di carico della corrispondenza che avvengono direttamente sull'insidiosa carreggiata. Nel 2009 è stato redatto anche un verbale dal settore prevenzione, sicurezza e salute sui luoghi di lavoro dell'Asl;
          gli organi di stampa locale hanno denunciato la violazione dei diritti delle persone con problemi di deambulazione e disabilità che sono, nei fatti, impossibilitate ad accedere agli uffici postali a causa della scala d'ingresso ripida, del marciapiede stretto ed in pendenza e del parcheggio riservato ai disabili privo di ogni requisito di conformità;
          l'amministrazione comunale di Valbrembo ha proposto la soluzione a Poste Italiane individuando un edificio poco distante dall'ubicazione attuale degli uffici postali dotato di un ampio parcheggio e di un ascensore e di ingressi senza alcuna barriera architettonica, ma la società postale non ha tuttora fornito una risposta al riguardo;
          la situazione sopra descritta si discosta notevolmente da quanto si legge sul sito di Poste italiane, in cui la società si vanta di aver elevato in breve tempo e in maniera significativa gli standard di efficienza, e di aver incontrato il crescente apprezzamento dei clienti e si discosta altrettanto notevolmente dagli obiettivi di qualità espressi con chiarezza nel contratto di servizio stipulato con il Ministero;
          il decreto legislativo n.  261 del 1999, adottato in attuazione della direttiva 97/67/CE, che stabilisce regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio, riconosce carattere di attività di preminente interesse generale alla fornitura dei servizi postali, nonché alla realizzazione ed all'esercizio della rete postale pubblica  –:
          quali iniziative di competenza il Ministro intenda intraprendere per far sì che tutti gli utenti, ivi compresi coloro che hanno problemi di mobilità e disabilità, vedano garantito il diritto di usufruire di un servizio di preminente interesse generale, come quello postale, come stabilito dal decreto legislativo 261 del 1999;
          se non ritenga opportuno assumere iniziative affinché la società Poste Italiane acceleri la decisione riguardo ad una differente ubicazione dell'attuale ufficio postale, conforme alla normativa nazionale e comunitaria. (4-17601)


      REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          è in corso di svolgimento a Milano la manifestazione fieristica «Milano Unica», tra i più importanti eventi mondiali del settore;
          Sistema Moda Italia, organizzazione dei produttori tessili, ha reso noto alcuni dati congiunturali e strutturali del settore. In particolare: «Nel primo semestre del 2012, secondo le elaborazioni del Centro Studi di Sistema Moda Italia, la Tessitura ha visto la produzione diminuire del -15,3 per cento. Nei primi 5 mesi del 2012, in diminuzione anche le esportazioni di tessuti sia in valore (-5 per cento), sia soprattutto in quantità (-10,4 per cento). In positivo solo l'export verso Cina (+7,4 per cento), Stati Uniti (+6,8 per cento) e Portogallo (+3,2 per cento). Tuttavia il saldo commerciale positivo, che nello stesso periodo sfiora il miliardo di euro, risulta ancora in crescita visto il contrarsi delle importazioni (...). Nel 2011 la tessitura italiana (nella presente accezione comprensiva di tessuti lanieri, cotonieri, linieri, serici e a maglia) si è avvicinata agli 8,4 miliardi in termini di giro d'affari complessivamente generato, mettendo a segno un incremento del +9,3 per cento su base annua (...). In virtù del risultato conseguito lo scorso anno, la tessitura conferma il suo ruolo di primo piano nell'ambito della filiera Tessile-Moda italiana, facendo segnare un'incidenza sul fatturato totale del 16 per cento circa (Fig. 1), quota che sale al 39,2 per cento circoscrivendo l'analisi al solo «monte» della filiera. Con riferimento alla tessitura, il comparto preponderante è sempre costituito dalla produzione laniera, che assicura quasi il 37 per cento del fatturato di comparto (...). Il 2012, confermando le attese degli analisti economici e di molti operatori del settore, si profila un anno molto complesso per la tessitura nazionale, come del resto indicano i dati ad oggi disponibili proprio con riferimento alla prima parte dell'anno. E anche per il secondo semestre le prospettive restano in chiaroscuro. Secondo i dati diffusi dall'ISTAT relativamente alla produzione industriale (corretta per i giorni lavorati), nei primi due trimestri del 2012 la tessitura italiana (in questo caso sono esclusi i tessuti a maglia) ha evidenziato contrazioni particolarmente gravose rispetto ai corrispondenti periodi del 2011. Dopo aver registrato una dinamica positiva per 5 trimestri consecutivi a partire dal gennaio 2010 fino al marzo 2011, la produzione italiana di tessuti mostra un progressivo deterioramento delle attività. Il primo trimestre del 2012 ha accusato la dinamica peggiore dal 2010 fino al periodo qui monitorato, segnando un calo del -17,7 per cento; non di meno, lo stesso secondo trimestre cede quasi il -13 per cento. Guardando al complessivo primo semestre dell'anno, la tessitura italiana ha, pertanto, assistito ad un decremento della produzione pari al -15,3 per cento (...). Anche analizzando il commercio con l'estero (i cui dati, al momento della redazione della presente Nota, sono relativi al periodo gennaio-maggio 2012) si ricava una fotografia poco confortante per la tessitura italiana. In particolare, nei primi 5 mesi del 2012, l'export di tessuti italiani ha segnato un'inversione di tendenza, entrando in area negativa. Se già il primo trimestre si era chiuso con un calo delle esportazioni di tessuti pari al -3,1 per cento, con il dato dei cinque mesi si passa a rilevare un accelerazione del tasso di decremento delle vendite estere, corrispondente al -5 per cento. Nel caso dei volumi, il calo risulta più gravoso, ovvero pari al -10,4 per cento. Sul fronte dell'import, che nei primi cinque mesi del 2011 aveva assistito (sospinto dai rialzi nei valori medi unitari) ad un vero e proprio boom del +39,7 per cento (contro un +0,2 per cento a volume), nel 2012 si rileva un netto ridimensionamento, corrispondente ad un calo del -24,5 per cento a valore e del -22,8 per cento a volume (...). Analizzando i flussi di export sotto il profilo geografico, da gennaio a maggio 2012 risultano in flessione sia i mercati intra-UE (-6,6 per cento), sia le aree extra-UE pur in misura meno marcata (-3,2 per cento). Se si osservano i primi dieci mercati di sbocco, solo tre (di cui due extra-UE) presentano dinamiche positive: la Cina, al quinto posto, sperimenta un incremento del +7,4 per cento, gli Stati Uniti si mantengono in crescita, segnando un +6,8 per cento, quindi il Portogallo ha fatto registrare una variazione del +3,2 per cento. Di contro, la Germania (pur confermandosi primo mercato di sbocco dei tessuti italiani) accusa una flessione del -9 per cento, mentre l'export verso la Francia perde il -13,9 per cento, dato su cui grava soprattutto l'arretramento del tessuto di cotone. Se la Romania, dopo il boom del 2011, contiene le perdite al -2,5 per cento, la Tunisia, complice la situazione socio-politica del Paese, presenta un calo del -21,1 per cento. Persino le vendite di tessuti dirette ad Hong Kong risultano in flessione (-13,6 per cento). Nonostante tale risultato, sommando il valore dell'export verso Hong Kong a quello diretto in Cina, la Francia verrebbe sorpassata dall'area Cina-Hong Kong che risulterebbe, pertanto, il secondo mercato di sbocco della tessitura italiana per un valore complessivo di circa 153 milioni di euro, poco lontana dalla Germania»;
          il comparto del tessile-abbigliamento-calzatura-pelletteria rappresenta una colonna insostituibile del tessuto economico e produttivo italiano;
          i dati sopra rappresentati rischiano di rinnovare le spinte alla delocalizzazione produttiva che in passato hanno visto una vera e propria diaspora dell'industria tessile, con danni per i lavoratori, la qualità dei prodotti destinati ai consumatori, il sistema economico del Paese  –:
          se e quali iniziative il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere per sostenere l'industria tessile nel presente, difficile momento congiunturale e – al contempo – scoraggiare le delocalizzazioni produttive. (4-17604)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Polledri e altri n.  4-17547, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

      L'interrogazione a risposta scritta Caparini e Rainieri n.  4-17557, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

      L'interrogazione a risposta scritta Dozzo e altri n.  4-17570, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Ritiro di un documento di indirizzo.

      Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: Risoluzione in Commissione Bellotti n.  7-00973 del 10 settembre 2012.

Ritiro di firme da una interrogazione.

      Interrogazione a risposta scritta Dell'Elce e altri n.  4-17571, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 settembre 2012: sono state ritirate le firme dei deputati: Osvaldo Napoli, Moffa, Ravetto, Luciano Rossi, Formichella.

ERRATA CORRIGE

      Risoluzione in Commissione Toto e Proietti Cosimi n.  7-00936 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n.  659 del 3 luglio 2012. Alla pagina 32440, prima colonna, dalla riga trentacinquesima alla riga trentaseiesima, deve leggersi: «effettuata con postazione mobile non presidiata;» e non «effettuata con postazione mobile presidiata;» come stampato.

      Risoluzione in Commissione Compagnon e Mereu n.  7-00950 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n.  667 del 17 luglio 2012. Alla pagina 32953, prima colonna, dalla riga trentunesima alla riga trentaduesima, deve leggersi: «effettuata con postazione mobile non presidiata;» e non «effettuata con postazione mobile presidiata;» come stampato.