XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 2 ottobre 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


      La VIII Commissione,
          premesso che:
              nell'ambito dello sviluppo della rete transeuropea dei trasporti, la Commissione europea ha compilato nel 2004 un nuovo elenco di 30 progetti prioritari da avviare prima del 2010 (si veda la decisione n.  884/2004/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, che modifica la decisione n.  1692/96/CE);
              uno dei 30 assi e progetti prioritari è l'asse ferroviario Lione – Trieste – Divača/Koper – Divača – Lubiana – Budapest – confine ucraino che fa parte del Corridoio V;
              attualmente è in via di definizione la proposta COM(2011)650 di regolamento sugli orientamenti dell'Unione europea per la rete transeuropea di trasporto (TEN-T), presentata il 19 ottobre 2011, che prospetta una revisione della rete TEN-T allo scopo di realizzare una rete completa ed integrata che comprenda e colleghi tutti gli Stati membri dell'Unione europea in maniera intermodale ed interoperabile, per contribuire alla realizzazione, entro il 2050 di uno spazio unico europeo dei trasporti basato su un sistema di trasporti competitivo ed efficiente;
              il nostro Paese è fortemente coinvolto nel completamento dei sistemi trasportistici europei individuati da corridoi verticali e orizzontali di interconnessione con l'intera Europa, che rappresentano un fondamentale elemento di sviluppo delle relazioni sociali e economiche dell'Europa allargata;
              il progetto del sistema AV/AC, in corso di realizzazione, rientra nelle politiche strategiche di interconnessione con l'Europa centrale e i mercati asiatici ed ha ripercussioni positive sull'intero apparato economico e produttivo del Paese, realizzando significativi incrementi dell'offerta e degli scambi commerciali;
              in molte aree del Paese i lavori sono già stati realizzati e alcune tratte sono già in funzione con soddisfazione dei cittadini e benefìci del sistema produttivo come ad esempio l'asse del corridoio 1 tra Milano e Napoli ormai completato;
              in alcuni casi il mancato coinvolgimento dei cittadini e delle amministrazioni locali interessate dal passaggio dell'AV/AC, sin dalla predisposizione del primo progetto preliminare ha creato accese contrapposizioni tra i cittadini e le amministrazioni centrali provocando effetti devastanti sia sull'ordine pubblico che sulla credibilità delle istituzioni;
              un esempio eclatante di tali carenze è rappresentato dal progetto della Val di Susa dove, dopo un approccio iniziale non chiaro, a seguito del lavoro fatto dal cosiddetto Osservatorio, il progetto è stato modificato in maniera sostanziale ma, nonostante ciò, proprio per la mancata chiarezza iniziale, si sono sviluppati movimenti di contestazione al progetto che nel tempo hanno travalicato i legittimi interessi degli abitanti e delle amministrazioni di quei territori per assumere una connotazione di contrarietà assoluta con gli interessi generali, sfociando in molte occasioni in ripetute e gravissime violazioni dell'ordine pubblico;
              si intravede il rischio che questi fenomeni si ripiano in altri prossimi scenari, come ad esempio quelli relativi al tratto Venezia Trieste, e che possano compromettere il completamento del sistema infrastrutturale della TAV nel nostro Paese;
              l'obiettivo del sopraccitato progetto prioritario 6, compreso fra Lione e Kiev, in cui ricade la nuova linea alta velocità/alta capacità Venezia-Trieste, è quello di dare risposta alla crescente domanda di trasporto merci da e per i Paesi dell'est europeo, mediante le seguenti strategie:
                  a) trasferire sui nuovi binari parte del traffico merci attualmente circolante sulla linea storica;
                  b) assorbire una quota significativa del traffico merci su gomma attualmente circolante sul corridoio autostradale;
              su questo corridoio sono in corso di costruzione i sistemi di infrastrutturazione della linea ferroviaria alta velocità/alta capacità con tratti già realizzati (Padova-Venezia, Milano-Torino), altri all'inizio dei lavori (Torino-Lione), altri in fase di finanziamento e/o progettazione definitiva);
              la definizione del tracciato spetta alle regioni interessate dall'attraversamento di tale opera;
              in Veneto e in Friuli Venezia Giulia è in corso di definizione il tracciato della Linea Venezia-Trieste fino al confine con la Slovenia che prevede nel tratto friulano, dal confine tra Veneto e Friuli Venezia Giulia fino a Trieste, il parallelismo con il sistema autostradale dell'A4, mentre il progetto presentato da Italferr il 20 dicembre 2010 presso la regione Veneto nel tratto della provincia di Venezia da Venezia a Portogruaro sposta il tracciato più a sud per poi riaffiancarsi all'A4 da Portogruaro in poi (cosiddetto «tracciato litoraneo»);
              tale tracciato litoraneo è fortemente contestato dalle amministrazioni locali come espresso con ordini del giorno dei rispettivi consigli e con le osservazioni formulate alla Commissione nazionale per la valutazione d'impatto ambientale, nell'ambito del parere di competenza;
              i motivi di contrarietà vanno ricondotti al gravissimo impatto ambientale che l'opera avrebbe su un sistema ambientale e idrogeologico molto delicato, essendo l'area interessata territorio di bonifica a rischio ricorrente di esondazioni e con gravi problemi di subsidenza;
              di conseguenza recentemente la regione Veneto ha nominato commissario alla TAV l'architetto Bortolo Mainardi con l'obiettivo di rivedere il progetto depositato e di studiare soluzioni alternative;
              il commissario Mainardi ha presentato un progetto di affiancamento all'attuale linea ferroviaria in data 23 aprile 2012 e, pur in assenza di elementi di approfondimento ancora da fornire, ha chiesto un parere di massima alle amministrazioni coinvolte, la maggior parte delle quali si sono già espresse anche formalmente;
              con lettera datata 13 luglio 2012 il commissario Mainardi ha informato i sindaci dei comuni interessati che «in questa prima fase semestrale di utile confronto ho registrato la conferma quasi unanime del dissenso dei Vs. Comuni al Tracciato “Litoraneo” del Progetto Preliminare dicembre 2010 mentre, rispetto all'ipotesi alternativa delineata dallo Studio di Fattibilità illustrato/consegnatovi in aprile u.s. che prevede il futuro corridoio “AV/AC” lungo l'attuale Linea Ferroviaria nella Tratta da Mestre/Carpenedo a Portogruaro, pur con tutte le Vostre comprensibili/legittime richieste di ulteriori chiarimenti/approfondimenti, ho registrato la Vostra essenziale preferenza e condivisione»;
              pertanto il commissario ha così dato atto di aver acquisito il parere favorevole di massima della maggior parte delle amministrazioni interessate salva la richiesta da parte delle stesse di ulteriori approfondimenti e modifiche (analisi domanda, analisi costi-benefici, verifica delle possibili varianti) che però non modificherebbero il corridoio impegnato;
              va altresì considerato che la soluzione prospettata ha costi minori e prevede prioritariamente l'ammodernamento e potenziamento della linea esistente, garantendo in prospettiva – con l'ipotesi da verificarsi del quadruplicamento – al sistema economico nazionale la realizzazione di una fondamentale opera infrastrutturale per il collegamento rapido con l'Europa dell'est;
              appare quindi evidente che, oltre ai problemi di natura ambientale e progettuale sottolineati sopra per il cosiddetto tracciato litoraneo, diventa fonte di ulteriore spreco di risorse e di conflitto con il territorio la prosecuzione della procedura di valutazione di impatto ambientale presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sul progetto litoraneo, considerata la volontà contraria a detto progetto già espressa dalle amministrazioni locali interessate e la stessa indicazione progettuale alternativa proposta dal commissario Mainardi;
              tale procedura, infatti, ove proseguisse, permetterebbe al cosiddetto «tracciato litoraneo» di avanzare nell’iter di approvazione in netto contrasto con quanto fino a qui espresso dalle comunità locali, dal commissario e dalla stessa RFI;
              il commissario Mainardi, l'8 agosto 2012, ha presentato un rapporto al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e al presidente della regione Veneto relativo alle tratte della TAV nel territorio veneto, evidenziando le proprie valutazioni sui due tracciati alternativi e chiedendo un intervento politico per la scelta della soluzione dell'affiancamento della nuova tratta da Mestre/Carpenedo a Portogruaro all'attuale linea ferroviaria; su tale ipotesi non sembra che il commissario abbia ricevuto risposta,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa di competenza diretta all'interruzione in via definitiva della procedura di valutazione di impatto ambientale in corso presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sul cosiddetto tracciato litoraneo, considerate le volontà espresse dalle amministrazioni comunali interessate, dallo stesso commissario Mainardi nonché da Rete ferroviaria italiana, anche attraverso una specifica azione politica di concertazione con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti che possa arrivare alla richiesta di sospensione del procedimento amministrativo in corso presso il Ministero dell'ambiente e del territorio e del Mare e all'elaborazione da parte della RFI di un nuovo progetto preliminare diretto a proseguire i necessari approfondimenti tecnici e la consultazione e coinvolgimento, anche nelle forme della progettazione partecipata, delle comunità ed amministrazioni locali, al fine di realizzare le soluzioni progettuali alternative di cui in premessa che limitano gli impatti ambientali e paesaggistici e riducono al minimo gli effetti derivanti dall'attraversamento dei centri abitati.
(7-00995) «Lanzarin, Forcolin, Callegari, Fabi, Dussin, Togni, Alessandri».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
          il Parlamento italiano si è più volte, nel corso degli ultimi anni, occupato del tema della tassazione sulle transazioni finanziarie riconoscendo i numerosi vantaggi derivanti dall'introduzione di questa tassa così sintetizzabili: a) pur applicata con un coefficiente minimo, rappresenterebbe un concreto strumento a sostegno dei conti pubblici degli Stati che a causa della crisi hanno subito un forte aumento del loro debito; b) assicurerebbe il giusto contributo del settore finanziario alla copertura dei costi dei piani di salvataggio e dei programmi di stimolo e di rilancio delle economie, nonché una più giusta parità di trattamento con gli altri settori produttivi sempre soggetti a prelievi fiscali; c) garantirebbe la riscossione di un gettito prevedibile permettendo di stabilire politiche di medio-lungo periodo sia per far fronte alle conseguenze sociali della crisi sia per sostenere programmi di aiuto allo sviluppo dei Paesi poveri e di contrasto dei cambiamenti climatici; d) frenando la speculazione, diminuirebbe l'instabilità dei mercati con ricadute positive anche per le imprese, in termini di minor rischio valutario, minori incertezze sui prezzi delle materie prime e minor rischi degli investimenti esteri;
          si annoverano a questo proposito, senza pretesa di esaustività, le risoluzioni n.  7-00333 a prima firma dell'onorevole Barbi, n.  7-00328 a prima firma dell'onorevole Zacchera, n.  7-00346 a prima firma dell'onorevole Evangelisti approvate nella seduta del 16 giugno 2010 della III Commissione della Camera; le mozioni n.  1-00817 a prima firma dell'onorevole Volontè e n.  1-00850 a prima firma dell'onorevole Tempestini approvate in Aula il 7 febbraio 2012; la interrogazione n.  5-04529 presentata dall'onorevole Barbi a cui si è dato risposta nella seduta del 4 maggio 2011 della III Commissione della Camera; i disegni di legge C. 3740 a prima firma dell'onorevole Sarubbi presentato il 30 settembre 2010 e disegno di legge C. 4389 a prima firma dell'onorevole Bersani presentato il 27 maggio 2011;
          il Consiglio dei Ministri delle finanze (Ecofin) del 22 giugno 2012, constatata l'impossibilità di procedere unanimi all'adozione della proposta di direttiva della Commissione europea [COM(2011)594] concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie da applicare in tutti gli Stati membri dell'Unione europea a partire dal 1o gennaio 2014, alla luce del dibattito pubblico orientativo svoltosi in tale seduta altresì accertato nelle sue conclusioni che vi fosse un «significativo numero» di delegazioni favorevoli a considerare l'introduzione della suddetta imposta attraverso la procedura della cooperazione rafforzata in ottemperanza a quanto stabilito dall'articolo 20 del Trattato dell'Unione europea e dagli articoli 326-334 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
          il Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2012 ha recepito l'orientamento espresso dall'Ecofin e nelle sue conclusioni ha confermato la volontà da parte di alcuni Stati membri di avviare la procedura della cooperazione rafforzata affinché la proposta relativa a una tassa sulle transazioni finanziarie sia adottata entro dicembre 2012;
          il Governo ha più volte confermato l'apertura dell'Italia a considerare l'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, e su sollecitazione di un giornalista nella conferenza stampa a latere del Consiglio Europeo di giugno, il Presidente del Consiglio Mario Monti, ha fatto intendere l'Italia tra i Paesi aderenti alla cooperazione rafforzata a condizione che altre misure di stabilità finanziaria proposte dall'Italia venissero accolte a livello europeo, condizione che si ritiene si possa considerare positivamente raggiunta alla luce del percorso intrapreso in Europa in questi mesi;
          i Paesi membri che si sono dichiarati favorevoli all'avvio della cooperazione rafforzata dovranno sottoscrivere una lettera congiunta alla Commissione europea in cui la richiesta di avvio della procedura venga formalizzata e si possa quindi procedere con le fasi successive previste dai trattati di autorizzazione, definizione normativa e adozione della tassa;
          in un articolo del 14 luglio 2012 del Sole24ore si rivelava che fosse già in circolazione una bozza di lettera redatta dal Governo tedesco ed inviata ai potenziali partner europei sottoscrittori della stessa. Inoltre, recenti contatti ufficiosi della campagna Zero Zero Cinque e di altre campagne europee per l'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie con esponenti dei Governi europei confermano che i negoziati sono in corso e secondo quanto riportato da agenzie di stampa il Presidente Barroso, in occasione del discorso sullo stato dell'Unione, ha ribadito di voler procedere rapidamente per l'istituzione della suddetta imposta nei Paesi che aderiranno alla cooperazione rafforzata  –:
          quale sia lo stato dell'arte dei negoziati in corso tra gli Stati membri dell'Unione europea che intendono aderire alla cooperazione rafforzata per l'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie;
          quale sia la posizione politica che sta assumendo l'Italia sulla proposta di lettera, attualmente in circolazione, che un significativo numero di Stati membri dell'Unione europea intende inoltrare alla Commissione europea, comunicando la propria disponibilità ad introdurre la tassa sulle transazioni finanziarie attraverso la cooperazione rafforzata e richiedendo pertanto l'avvio dell’iter previsto da tale procedura;
          tenuto conto che la proposta di direttiva che la Commissione europea elaborata su indicazione dei Paesi coinvolti nella procedura di cooperazione rafforzata può essere presentata per l'autorizzazione a procedere da parte del Consiglio europeo solo se corredata di un parere positivo del Council Legal Service (che si pronuncia sull'assenza o meno di effetti distorsivi e di squilibrio del mercato unico da parte della TTF), quali siano ad oggi le eventuali riserve di carattere tecnico nutrite dal Governo italiano sulla sottoscrizione della suddetta lettera per avviare tale procedura;
          quale tempistica si preveda di seguire tenuto conto dell'impegno assunto dal Consiglio europeo di adottare la proposta entro dicembre 2012.
(2-01680) «Sarubbi, Mogherini Rebesani, Fiano, Lucà, Grassi, Pedoto, D'Incecco, D'Antona, Ghizzoni, Siragusa, Rossomando, Fedi, Realacci, De Torre, Farinone, Brandolini, Murer, Miglioli, Bucchino, Ciriello, Bossa, Fogliardi, Gozi, Bobba, Recchia, Martella, Melis, Duilio, Pes, Sbrollini, Rubinato».


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
          in considerazione degli studenti provenienti da culture, religioni e Paesi diversi, il Ministro interpellato ha manifestato l'intenzione di modificare i programmi d'insegnamento della religione cattolica nelle scuole di ogni ordine e grado, trasformando «l'ora di religione» in un «corso di storia delle religioni o di etica»;
          l'epoca moderna ha dato luogo al processo di scristianizzazione attraverso il quale si tentò di eliminare la Chiesa come soggetto del processo formativo e culturale delle nuove generazioni;
          la dimensione religiosa ha, pur nell'esperienza della personalità, un profilo culturale, in quanto essa è mediata attraverso un rapporto di carattere comunitario, sociale o intersoggettivo;
          il tema dell'insegnamento della religione cattolica importa il chiarimento su quale dei tre livelli conoscitivi sopra richiamati si ponga l'accento, dal momento che alle tre diverse accezioni corrispondono una funzione e una dinamica sociale nonché interistituzionale diverse;
          in tale approccio chiarificatore, non si può non tener conto della distinzione che la modernità ha introdotto tra la religione intesa come istituzione culturale di accomunamento, e la religione intesa quale forma di potere e di organizzazione della società, secondo una riflessione che ha percorso, come ricordato, ampia parte dei secoli scorsi e l'epoca attuale, da parte di pensatori diversi, anche cattolici come Manzoni e Rosmini, Blondel;
          Giovanni Gentile ha voluto porre la religione cattolica nella riforma della scuola poiché, nella sua storia ideale dello spirito e dialettica dell'atto, ravvisava nella religione un passaggio tra infanzia e vita adulta, secondo una concezione laica e critica, attenta altresì alla psicologia dell'età evolutiva;
          in uno Stato liberale e democratico, quale quello fondato dalla nostra Costituzione, occorre peraltro chiarire se l'insegnamento di religione cattolica debba essere inteso come insegnamento o come indottrinamento;
          per questo riguardo, la disposizione normativa recata dall'articolo 9 della legge n.  121 del 1985 di ratifica del nuovo Concordato, non pare fornire equivoca risposta;
          le suddette disposizioni che apportano modificazioni al Concordato lateranense dell'11 febbraio 1929 tra la Repubblica italiana e la Santa Sede, sanciscono il riconoscimento da parte della Repubblica del «valore della cultura religiosa» e che «i princìpi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano», insieme all'impegno a continuare ad assicurare «nel quadro delle finalità della scuola», l'insegnamento di religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado;
          la medesima legge n.  121 reca un Protocollo addizionale, del quale il punto 5, riferito all'articolo 9 prevede, tra l'altro, che l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole sia impartito – in conformità alla dottrina della Chiesa e nel rispetto della libertà di coscienza degli alunni – da insegnanti riconosciuti idonei dall'autorità ecclesiastica, nominati, d'intesa con essa, dall'autorità scolastica;
          il suddetto Protocollo addizionale rinvia a una successiva intesa tra – le competenti autorità scolastiche e la Conferenza Episcopale italiana (poi eseguita con decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1985, n.  751, ove compare fra l'altro menzionato l'intento dello Stato di dare una nuova disciplina dello stato giuridico degli insegnanti di religione), la determinazione dei programmi d'insegnamento della religione cattolica per i diversi ordini e gradi delle scuole pubbliche; le modalità della sua organizzazione, anche in relazione alla collocazione nel quadro degli orari delle lezioni; i criteri per la scelta dei libri di testo; i profili della qualificazione professionale degli insegnanti;
          da tale disciplina emerge una concezione diversa rispetto al passato della cultura religiosa da parte dello Stato, il quale rende altresì disponibili spazi per lo studio delle altre religioni e più ampiamente del fatto religioso, garantendo, a un tempo, il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell'insegnamento di religione cattolica e il carattere confessionale di quell'insegnamento, il cui contenuto specifico consiste nel fornire agli studenti la conoscenza del cattolicesimo, della cui dottrina è depositaria la Chiesa cattolica;
          detto insegnamento è peraltro accessibile a tutti indipendentemente dall'appartenenza religiosa, laddove precedente formulazione fondamento e coronamento dell'istruzione pubblica pareva sottintendere invece una necessaria adesione alla religione cattolica;
          l'intesa tra l'autorità scolastica italiana e la CEI, resa esecutiva dal ricordato decreto del Presidente della Repubblica n.  751, ha determinato gli specifici contenuti per le materie previste dal punto 5, lettera b), del Protocollo addizionale;
          i programmi devono collocarsi nel quadro delle finalità della scuola e sono adottati per ciascun ordine e grado di scuola con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca previa intesa con la CEI, ferma restando la competenza esclusiva di quest'ultima a definirne la conformità con là dottrina della Chiesa;
          eventuali modifiche dei programmi potranno essere determinate, su richiesta di ciascuna delle parti, con le medesime modalità;
          detti programmi mirano a stimolare la ricerca della verità sul senso della vita e contribuiscono alla formazione della coscienza morale. Gli allievi dovranno maturare capacità di confronto tra il cattolicesimo e le altre religioni, rispettando le diverse posizioni che le persone assumono in materia etica e religiosa, passando gradualmente dal piano delle conoscenze a quello della consapevolezza e acquisendo capacità di meglio riconoscere il ruolo del cristianesimo nella crescita civile della società italiana ed europea. L'insegnamento della religione cattolica deve quindi offrire contenuti e strumenti specifici per una lettura della realtà storico-culturale in cui vivono gli alunni;
          ai sensi del punto 3 della precitata «Intesa», i testi per l'insegnamento della religione cattolica sono equiparati a tutti gli altri testi scolastici, anche per le modalità di adozione, che avviene su proposta dell'insegnante di religione e delibera dell'organo scolastico competente. Devono però «essere provvisti del nulla osta della CEI e dell'approvazione dell'ordinario diocesano»;
          gli obiettivi dell'insegnamento della religione cattolica rivestono un'alta valenza formativa ed educativa in una prospettiva interdisciplinare;
          l'insegnamento della religione cattolica presenta una dimensioni culturale non identificabile con la pratica religiosa e, avvalendosi di contenuti innovativi strettamente connessi alla realtà sociale, risulta parte integrante della complessiva formazione scolastica recando un significativo arricchimento per tutti gli allievi che se ne avvalgono, indipendentemente dalla loro fede religiosa  –:
          se il Ministro interrogato non ritenga opportuno garantire la specificità dell'insegnamento della religione cattolica nel pieno rispetto della normativa vigente, che ha recepito le indicazioni della CEI, in materia di programmazione dell'insegnamento della religione cattolica, salvo assumere iniziative per la revisione delle disposizioni recate dalla legge n.  121 del 1985 di ratifica del nuovo Concordato, nonché dell'intesa con la CEI, in materia di programmazione dell'insegnamento della religione.
(2-01684) «Polledri, Mazzocchi, Goisis, Rivolta, Negro, Cavallotto, Grimoldi, Maggioni, Bitonci, Laura Molteni, Chiappori, Fabi, Di Vizia, Desiderati, Montagnoli, Bragantini, Torazzi, Forcolin, Isidori, Fugatti, Fogliato, Lussana, Crosio, Rainieri, Vanalli, Centemero, Barbieri, Palmieri, Miserotti, Toccafondi, Bertolini, Paglia, Binetti, Pagano».

Interrogazione a risposta orale:


      GALLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          in data 28 settembre 2012 è appreso dagli organi di stampa nazionali, con personale profonda soddisfazione, della lettera inviata dal Ministro dell'economia e delle finanze, Vittorio Grilli, al direttore generale del tesoro ed al ragioniere generale dello Stato, nella quale si richiedono una serie di misure da adottare nei confronti di manager di società pubbliche coinvolti in vicende penalmente rilevanti;
          tali misure comprendono l'attivazione degli organismi di vigilanza e poi, verificati anche i danni di immagine per la società, la possibile revoca dall'incarico da parte dell'assemblea dei soci e la verifica di «azione sociale di responsabilità»;
          alcuni passi della comunicazione, come riportati dalla stampa, appaiono profondamente significativi: «Reputo opportuno – scrive il Ministro – che, in disparte la possibilità delle dimissioni spontanee dei soggetti coinvolti, venga adottata, nell'esercizio dei poteri dell'azionista, ogni iniziativa affinché gli organi societari, nel rispetto delle proprie competenze, effettuino i dovuti approfondimenti istruttori», «avuto riguardo agli elementi in possesso delle società nonché delle risultanze istruttorie, si abbia cura di adottare provvedimenti più opportuni per garantire l'efficienza delle aziende e l'immagine delle stesse, al fine di preservare il valore delle società e tutelare i diritti dell'azionista, di verificare, in presenza di comportamenti non rispondenti ai canoni di lealtà, correttezza e trasparenza, o di violazioni del codice etico, se si configurino i presupposti per revocare da parte dell'Assemblea dei soci la nomina degli amministratori coinvolti»; parallelamente – conclude la lettera – andrà verificata l'eventuale sussistenza dei presupposti per promuovere da parte degli azionisti «l'azione sociale di responsabilità»;
          altre recenti, e purtroppo sempre più frequenti, notizie di figure dirigenziali apicali coinvolte in fatti penalmente rilevanti vengono portate all'attenzione di magistratura e organi di informazione, il più delle volte legate a concessioni di appalti, nei quali è palese non solo l'abuso della propria posizione ai fini di ottenere a sé o a terzi indebite utilità, ma anche il danno diretto che tali comportamenti provocano alle aziende pubbliche, in termini economici, di qualità dei servizi e di immagine, e il danno indiretto a tutta la pubblica amministrazione e allo Stato;
          a titolo esemplificativo, si porta all'attenzione del Governo il caso del presidente di società partecipata da capitale pubblico, già condannato in primo grado ad un anno di reclusione per il reato di cui all'articolo 323 del codice penale – abuso d'ufficio – nel corso di procedimento penale in concorso con terzi per turbativa di pubblici incanti, che continua a ricoprire tale carica;
          l'azione promossa dal Ministro Grilli è non solo condivisa pienamente, ma auspicabile in ogni settore della pubblica amministrazione  –:
          se e con quali modalità si intenda estendere la lodevole e dovuta iniziativa del Ministro Grilli a tutti i Ministeri e a tutte le pubbliche amministrazioni dello Stato italiano, anche valutando la possibilità di assumere adeguate urgenti iniziative normative;
          se non si ritenga necessario assumere iniziative affinché, ad avvenuta sentenza di primo grado di condanna dell'amministratore, pur salvaguardando il principio dell'esperimento dei tre gradi di giudizio, sia resa obbligatoria, superando l'indipendenza del consiglio di amministrazione, la sospensione cautelare dalle funzioni ricoperte nella pubblica amministrazione e nelle società a capitale pubblico o partecipate dal pubblico, a prescindere dalle valutazioni espresse in sentenza. (3-02500)

Interrogazioni a risposta scritta:


      DI PIETRO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          nell'aprile 2010 contestualmente al suo insediamento come presidente della regione Lazio, Renata Polverini è stata nominata commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale;
          il bilancio della sua gestione in tale mansione è stato più volte asseverato deficitario dai tavoli tecnici con il Governo, ultimo dei quali quello del mese di luglio 2012 nel quale si certificano «gravi ritardi nell'attuazione del piano di rientro»;
          la presidente del Lazio, Renata Polverini, è dal 28 settembre effettivamente dimissionaria e quindi non più legata istituzionalmente alla regione se non per il disbrigo degli affari ordinari  –:
          se non si ritenga necessario procedere al più presto alla nomina di un nuovo commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario del Lazio. (4-17914)


      EVANGELISTI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          il 12 agosto 1944 si consumò a Stazzema l'efferato eccidio nazista nel quale rimasero uccise 560 persone, tutte civili;
          è di questi giorni la notizia che per la procura di Stoccarda tale eccidio non è documentato da prove sufficienti a determinare responsabilità per i 17 accusati che ancora sono in vita in quanto la semplice appartenenza a un'unità delle Waffen-SS non appare sufficiente a determinare la colpa di un singolo;
          Gerhard Sommer, uno degli accusati e ora novantunenne, fu condannato nel 2005 all'ergastolo insieme a altri otto imputati con sentenza emessa dal tribunale militare di La Spezia ma le autorità tedesche hanno sempre negato l'estradizione;
          si tratta di una decisione scandalosa che offende la memoria delle 560 vittime e addolora chiunque ancora creda giusto e doveroso cercare verità e giustizia per gli anni bui della seconda guerra mondiale;
          la ricerca della verità e l'attribuzione delle responsabilità rappresentano, infatti, ancora oggi un dovere nei confronti delle vittime e dei superstiti e un atto doveroso per non macchiare assolutamente la memoria di una delle stragi più atroci ed efferate di quegli ultimi anni di guerra  –:
          se non ritenga il Governo di attivarsi formalmente presso le autorità tedesche per rappresentare il forte interesse dell'Italia a che venga portato avanti il procedimento a carico dei responsabili di questa efferata strage di civili. (4-17919)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      PICIERNO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          la regione Campania pubblicava sul bollettino ufficiale n.  1 del 2005 l'esito di gara per l'affidamento dei lavori di completamento della rete fognaria in via Cancello stralcio funzionale del comune di Maddaloni, lavori che ad oggi non risultato ancora realizzati;
          la tratta che collega Maddaloni a San Felice a Cancello è ritenuta ad alto rischio alluvione per le esondazioni del collettore fognario ex Casmez, lungo circa 4 chilometri. Tale collettore fognario risulta privo di impianti di reflusso delle acque. Peraltro, sebbene raccolga le acque provenienti dall'intero bacino idrogeologico dei comuni di Valle di Suessola e dell'area maddalonese, esso si presenta incompleto nel tratto intermedio e terminale, provocando allagamenti e disagi alla popolazione locale, e potenzialmente pericoloso per la pubblica incolumità;
          tale collettore fognario è gestito dalla regione Campania, e ne sono utenti i comuni di Cervino, Valle di Maddaloni, San Felice a Cancello e Santa Maria a Vico, i quali hanno investito della problematica la prefettura di Caserta, ottenendo impegni in merito da parte del stesso prefetto;
          da quanto risulta, sarebbero state inviate agli enti interessati dettagliate relazioni circa l'entità dei danni procurati alla popolazione residente e alle attività commerciali, a seguito di copiose precipitazioni e conseguenti allagamenti;
          il settore regionale «Ciclo integrato delle acque» avrebbe effettuato sopralluoghi e redatto relazioni approfondite in merito;
          il progetto del 2009 per attivare opere di contenimento dei rischi provocati dalle esondazioni dovute al cedimento strutturale del collettore fognario ex Casmez, che inonda periodicamente l'area urbana di via Cancello, sottoscritto dal coordinamento istituzionale costituito dal comune di Maddaloni, regione Campania e provincia di Caserta e Benevento, non è stato mai terminato;
          le stesse opere di contenimento a monte delle acque nere e di riattivazione a valle dei canali di deflusso alternativi, già esistenti nella zona di Acerra, che avevano lo scopo di ridurre le esondazioni delle acque nere provenienti dal Beneventano e dalla Valle di Suessola, non sono mai state realizzate;
          sulla vicenda è stata presentata una interrogazione all'assessore all'ambiente Giovanni Romano, dalla consigliere regionale Angela Cortese, in data 15 febbraio 2012, ancora in attesa di risposta;
          la regione Campania appare all'interrogante del tutto inerte rispetto alla problematica in questione, peraltro più volte rappresenta dagli enti locali interessati  –:      
          se e quali iniziative, per quanto di competenza, e d'intesa con la regione Campania e gli enti locali interessati, si intendano assumere per una rapida risoluzione delle problematiche in premessa, e per scongiurare ulteriori e gravi danni alla popolazione residente in quell'area a tutela della pubblica incolumità ed in considerazione degli impegni assunti dal prefetto. (5-08036)


      OLIVERIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          negli scorsi giorni alcune navi della Tirrenia, Flaminia e Lazio, ancorate presso il porto di Crotone sono state ispezionate, per tre giorni, dagli ispettori della polizia giudiziaria del NISA (nucleo investigativo sanità e ambiente) con l'ausilio di personale tecnico specializzato, su richiesta del pubblico ministero del tribunale di Crotone Gabriella De Lucia, che ha aperto un procedimento a carico di ignoti, in relazione alla presenza di amianto a bordo delle navi suddette;
          nello specifico sulle imbarcazioni sono state effettuati numerosi rilevamenti di aria e materiali, in quanto secondo il pubblico ministero, vi è fondato «motivo di ritenere che a bordo delle navi della Tirrenia sia stato fatto largo uso di amianto e che il cattivo stato di conservazione del materiale, la mancata adozione delle misure di prevenzione necessarie e i noti effetti cancerogeni che derivano dall'inalazione delle fibre di asbesto, possono causare un pericolo grave sia per i lavoratori impiegati a bordo, sia per la salute collettiva» visto che tuttora risultano ancora utilizzate;
          il caso Tirrenia è scoppiato dopo un esposto presentato il 22 maggio 2012 da Giovanni Cuccaro, ex dipendente della società marittima affetto da mesotelioma pleurico, assistito dall'avvocato Ezio Bonanni presidente dell'Osservatorio nazionale amianto, che è stato imbarcato per anni, in particolare, presso le navi della flotta Lauro e su quella della Tirrenia attualmente ormeggiata a Crotone;
          la magistratura ha riproposto il tema dell'uso del porto come «cimitero» per traghetti in disuso, rifiutati da altri porti e ormeggiati a Crotone praticamente a costo zero; come evidenziato anche da una puntata della trasmissione «Report» andata in onda su Rai 3;
          sollecitazioni in merito al caso vi erano però state anche negli anni passati sia tramite vari esposti, che attraverso la presentazione di diversi atti parlamentari; la presenza dell'amianto a bordo di queste navi, a distanza di 20 anni dalla prima legge che nel 1992 ne vietava l'utilizzo e nelle successive integrazioni ne imponeva la dismissione e la bonifica, sarebbe testimoniata anche da alcuni filmati e documenti fotografici diffusi proprio dall'Osservatorio nazionale sull'amianto, e realizzate a bordo della navi stesse;
          sempre secondo i dati dell'Osservatorio nazionale sull'amianto sarebbero diversi i marittimi che hanno operato su queste navi ad aver contratto negli anni il mesotelioma pleurico, malattia correlata all'esposizione all'amianto;
          quella dell'amianto è una tematica che coinvolge ancora una volta tristemente la città di Crotone e il suo sviluppo industriale risalente al secolo scorso. In una realtà regionale totalmente dimenticata dallo sviluppo nazionale, le grandi fabbriche furono per la piccola cittadina una speranza di crescita economica, sociale e culturale ma alla fine degli anni ottanta, con la dismissione delle industrie Pertusola Sud e Montedison di proprietà del Gruppo Eni, la città si ritrovò a piangere un impoverimento che si rilevò addirittura uno strumento di morte;
          gli effetti negativi dell'attività industriale sul territorio permangono anche dopo la chiusura dell'attività industriale e un'area di ben 45 ettari risulta tuttora contaminata e da bonificare. Si tratta di una bonifica attesa da oltre un decennio. Il decreto n.  468 del 2001 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha, inoltre, inserito l'ex area industriale della città di Crotone nei siti inquinati di interesse nazionale;
          per decenni l'asbesto, o amianto, è stato poi utilizzato in applicazioni diverse e variegate in ambito civile e industriale, come testimoniato da un'altra inchiesta denominata «Black mountain» che ha accertato la presenza di materiali tossici compreso l'amianto nel sottosuolo di diverse scuole ed edifici pubblici della città pitagorica;
          gli operatori del porto di Crotone e i crotonesi stanno manifestando la loro preoccupazione in merito a questa situazione pericolosa e chiedono un intervento urgente, affinché le navi che oggi si trovano in rada nel porto vengano completamente bonificate, in quanto gravemente pericolose per la salute dei cittadini  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda promuovere per garantire la salubrità dell'aria e di un ambiente in cui operano lavoratori e passeggeri, ciò anche in considerazione del fatto che le leggi italiane sull'obbligo di dismissione e smaltimento dell'amianto ne vietano ormai da anni l'utilizzo nei cantieri navali;
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza del fatto se gli enti preposti al controllo della navigazione abbiano mai effettuato analisi o bonifiche delle navi ormeggiate nei piazzali portuali di Crotone. (5-08041)


      ALESSANDRI, LANZARIN, DUSSIN e TOGNI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          già con precedenti atti di sindacato ispettivo, interrogazione a risposta immediata in Commissione 5-04957, interrogazione a risposta in Commissione 5-00228; risoluzione in Commissione 7-00531, interrogazione a risposta immediata in Assemblea n.  3-02312, sono state evidenziate le criticità ed i profili ostativi che fanno giudicare non fattibile il progetto di realizzazione del deposito di gas a Rivara, nella regione Emilia Romagna;
          i drammatici eventi sismici del 20 e 29 maggio scorso che hanno colpito le Province di Ferrara, Bologna, Modena, Reggio Emilia, Mantova e Rovigo, hanno purtroppo dimostrato come gli allarmi e i pericoli per la sicurezza delle popolazioni, causati dalla delicatezza geologica del territorio, peraltro già chiaramente sottolineati negli atti sopra menzionati, siano concreti ed ora anche assolutamente incontrastabili;
          a seguito di tali eventi, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alle legittime preoccupazioni dei cittadini ha risposto nei mass media riconoscendo che «l'evento sismico va valutato con grande attenzione; lo stoccaggio è un tema che va riconsiderato. Devono essere fatti ulteriori accertamenti»;
          peraltro, a seguito del terremoto, docenti e ricercatori si sono opposti alla realizzazione del deposito facendo presente come nel mondo non esistono depositi di stoccaggio gas in acquifero che convivano con eventi sismici di magnitudo così alta nelle vicinanze;
          in relazione alle caratteristiche di tale struttura è stato chiarito come, diversamente da tutti gli altri casi di realizzazione di depositi sotterranei nel territorio nazionale in trappole naturali già originariamente sedi di giacimenti di gas, il progetto prevede lo stoccaggio di gas in un acquifero profondo con permeabilità per fatturazione naturale, ad una profondità di circa 2.500-2.800 metri, in una parte del territorio ove il gas non c’è mai stato (o qualora ci fosse stato è fuggito successivamente), in un'area che già in passato è stata colpita da violenti terremoti;
          precedentemente, il Ministero, previo parere della Commissione VIA-VAS aveva ritenuto ambientalmente compatibile l'esplorazione e la ricerca per la valutazione della fattibilità del progetto di stoccaggio, «al limitato fine dell'eventuale rilascio, ai sensi del Titolo II, Articolo 3, comma 7 del Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 21 gennaio 2011 e del successivo decreto attuativo n.  50918 del 4 febbraio 2011, dell'autorizzazione del Ministero dello Sviluppo Economico, d'intesa con la Regione interessata», a condizione che venissero ottemperate una serie di prescrizioni per la tutela dell'ambiente e dei cittadini;
          la regione Emilia Romagna ha già emesso il proprio parere contrario alla realizzazione del progetto e risulta che lo ha inviato al Ministero dello sviluppo economico;
          il 1o giugno 2012 sul sito del Ministero dello sviluppo economico si legge: «Il Ministero dello Sviluppo Economico ha avviato le procedure di rigetto dell'istanza di stoccaggio di gas naturale in acquifero sotterraneo (una formazione calcarea fratturata, oggi occupata da acqua) presentata alla Erg Rivara Storage srl. La decisione – che chiude un lungo e complesso iter valutativo – tiene conto di specifiche valutazioni tecniche e geologiche che configurano una sostanziale non idoneità del sito. Tali valutazioni sono state confermate anche dalla delibera del 24 aprile 2012 con cui la Regione Emilia-Romagna ha espresso formalmente parere negativo rispetto alla necessaria Intesa per la prosecuzione dell’iter»;
          il 6 giugno 2012 il Ministro, rispondendo in Assemblea all'interrogazione n.  3-02312 ha ribadito che non è mai stata concessa dal Ministero alcuna autorizzazione, né alcun parere favorevole in merito al deposito gas di Rivara e ha concluso che: «a seguito dell'evento sismico ho disposto, proprio nelle ore immediatamente successive al primo degli eventi sismici, un supplemento di istruttoria per verificare se esistevano le condizioni anche solo per autorizzare lo studio di fattibilità, ossia la parte preliminare. Nel frattempo, considerato che la regione Emilia Romagna aveva dato comunque parere contrario anche al progetto di studi preliminari, il Ministero dello sviluppo economico, di intesa con noi, ha negato anche l'autorizzazione agli studi preliminari. Quindi, la situazione attuale è che il progetto di studio, non solo il progetto di realizzazione dello stoccaggio, non è approvato»;
          il 20 giugno 2012 si apprende dalla stampa che il Ministero dell'ambiente avrebbe informato la regione Emilia Romagna di aver deciso un supplemento di istruttoria riguardo al deposito, appellandosi al principio di precauzione europeo, proprio in considerazione delle recenti scosse di terremoto  –:
          quali azioni immediate e chiarificatorie il Ministro intende adottare per tranquillizzare gli abitanti di San Felice sul Panaro, e di tutta la zona del modenesi ancora disastrata dai catastrofici eventi sismici del 20 e 29 maggio scorso, circa la definitiva fine del progetto del deposito gas di Rivara, in quanto, come lo stesso Ministro ha dichiarato in Assemblea non solo il deposito ma anche il progetto di studio e indagini non è stato mai approvato e, inoltre, il Ministero dello sviluppo economico d'intesa con la regione Emilia Romagna hanno deciso per la non idoneità del sito;
          sulla base di tali considerazioni a cosa serva un supplemento di istruttoria presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dal momento che la decisione della non fattibilità del progetto è stata già assunta e se, quindi si possa considerare definitivamente «chiusa» la pratica in questione. (5-08042)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 30 maggio 2003, n.  193 prevede che: «A decorrere dal 1o gennaio 2005, agli ispettori capo e qualifiche e gradi corrispondenti delle Forze di polizia e delle Forze armate che maturano dieci anni di anzianità nella qualifica o grado, è attribuito, dal giorno successivo al compimento del suddetto requisito, il trattamento economico previsto per gli ispettori superiori-sostituti ufficiali di pubblica sicurezza e qualifiche e gradi corrispondenti con meno di otto anni di anzianità nella medesima qualifica o grado»;
          l'articolo 5, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1995, n.  394, dispone che: «A decorrere dal 1o dicembre 1995 [...] nella tabella che segue, le anzianità di servizio del personale indicate a fianco dei vari gradi sono riferite agli anni di servizio comunque prestato»;
          il fg. di PERSOMIL – IV reparto 15 divisione-prot. n.  M–D GMIL IV 15 4 0574912 del 28 novembre 2008 ha precisato che la clausola di salvaguardia economica «[...] adegua non solo lo stipendio iniziale, ma anche tutti gli altri istituti economici fissi, continuativi ed accessori»;
          il trattamento economico dei militari, per effetto del combinato richiamato, ha quindi una doppia progressione in funzione del grado rivestito o attribuito e dell'anzianità di servizio militare;
          l'istanza datata 5 marzo 2012 del capo di prima classe F. S. – inviata con il fg. della MARISTAER di Grottaglie (TA) prot. n.  6/3418 del 12 marzo 2012 a MARICOMMI di Taranto – intesa ad ottenere la progressione del trattamento economico accessorio nel grado attribuito per aver superato i 25 anni di servizio militare non ha sortito nessuna risposta, nonostante la diffida datata 5 luglio 2012 – inviata con il fg. della MARISTAER di Grottaglie (TA) prot. n.  6/8631 dell'11 luglio 2012  –:
          quali immediate iniziative intenda adottare affinché la MARICOMMI di Taranto attui il combinato normativo in premessa e adotti i conseguenti provvedimenti a favore del militare di cui in premessa. (4-17915)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          la risposta del Ministro della difesa pro tempore pubblicata il 30 luglio 2005 all'interrogazione 4-13219 riporta che: «La Difesa pone grande attenzione sulla tematica dell'uranio impoverito e si è impegnata nella ricerca di verità scientifiche in tutte le direzioni e con la massima determinazione (...) in particolare (...) a) il capo Pilloni è stato sottoposto alle visite mediche periodiche previste per la categoria di appartenenza e dai vari protocolli sanitari pre e post impiego fuori area; b) ai sensi delle disposizioni di legge decreto legge n.  393 del 2000, convertito in legge n.  27 del 2001, l'interessato può godere della posizione giuridica di aspettativa fino alla sua completa guarigione. Ciò a differenza di quanto stabiliscono le norme che regolano lo stato giuridico del personale dei ruoli del servizio permanente, in base alle quali è prevista la cessazione del rapporto di servizio al superamento del secondo anno di aspettativa per infermità nel quinquennio. Il Pilloni ha presentato istanza per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell'infermità contratta, in merito alla quale dovrà esprimersi il competente comitato di verifica per le cause di servizio – organo collegiale indipendente – istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze (...)»;
          l'articolo 881 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66 (già novellato dall'articolo 4-ter della legge 28 febbraio 2001, n.  27, che ha convertito il decreto-legge 29 dicembre 2000, n.  393, e successive modificazioni) disciplina le disposizioni per il personale militare deceduto o che ha contratto infermità inabilitanti al servizio militare nel corso di missioni internazionali e prevede al comma 3 che: «Al personale militare in servizio permanente, che presta o ha prestato servizio in missioni internazionali e che ha contratto le infermità (...) non è computato nel periodo massimo di aspettativa il periodo di ricovero in luogo di cura o di assenza dal servizio fino a completa guarigione delle stesse infermità, che non devono comportare inidoneità permanente al servizio» e al comma 4 che: «Fino alla definizione dei procedimenti medico legali riguardanti il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, al personale (...) è corrisposto il trattamento economico continuativo nella misura intera»;
          il Pilloni ha presentato, in data 8 giugno 2004, la suddetta domanda e il comitato di verifica per le cause di servizio – con il parere n.  28554/2005 reso nell'adunanza n.  271/2007 del 15 ottobre 2007 – e il Ministero della difesa – con la determinazione della direzione generale delle pensioni militari III reparto 8a divisione 2a sezione n.  1713/D del 29 ottobre 2007 – hanno decretato che «l'infermità sofferta (...) è riconosciuta sì dipendente da causa di servizio»;
          in data 23 gennaio 2012 e 14 febbraio 2012 ha presentato la domanda per il riconoscimento di ulteriori patologie per causa di servizio;
          la IIa commissione medica ospedaliera D.M.M.L. di Taranto con il verbale BL/S n.  213 del 26 marzo 2012, in relazione alla sola idoneità al servizio militare, ha deliberato che «a decorrere dal 26 marzo 2012 è stato giudicato permanentemente non idoneo al servizio M.M. incondizionato, non idoneo alla riserva, da porre in congedo assoluto, idoneo all'impiego nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile del Ministero della difesa ai sensi della legge 266/1999»;
          con la raccomandata n.  05228649995-8 del 28 aprile 2012 al 5° reparto di MARICOMMI ROMA, il capo Pilloni, ha chiesto «la corresponsione del trattamento economico continuativo nella misura intera fino alla definizione dei procedimenti medico-legali riguardanti il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio ai sensi dell'articolo 881 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66 e successive modificazioni»;
          l'istanza non ha sortito nessuna risposta nonostante una formale diffida – inviata con la raccomandata 14476408892-3 del 13 agosto 2012  –:
          quali immediate iniziative intenda adottare per rispondere alle istanze del militare in premessa. (4-17918)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
          gli animali, come riconosciuto dal Trattato di Lisbona dell'Unione europea e dal codice deontologico dei medici veterinari, «sono esseri senzienti, non beni di lusso e come tali hanno il diritto alla tutela del loro benessere e della loro salute, garanzie queste che devono essere assicurate tanto più in una fase così delicata per l'economia di molte famiglie»;
          molto spesso, chi vive con un cane o un gatto deve già sostenere dei sacrifici per provvedere alle sue cure e per poter affrontare le spese veterinarie;
          come denunciato dalle associazioni animaliste e ambientaliste, nel nostro Paese, chi vive con un animale domestico si fa già carico di misure estremamente penalizzanti: l'aliquota iva più alta sulla salute degli animali (dal 20 al 21 per cento) e sui loro alimenti (dal 20 al 21 per cento);
          ad ottobre sarà operativo il nuovo redditometro, che – come dichiarato dal direttore dell'Agenzia delle entrate, nel corso dell'audizione presso la Commissione finanze della Camera – rappresenta un passaggio fondamentale nella «guerra contro l'evasione fiscale»;
          il redditometro ha come obiettivo quello di dare la caccia agli evasori, individuando gli scostamenti tra reddito dichiarato e spese effettivamente sostenute dai cittadini attraverso 100 voci di spesa;
          tra queste 100 voci di spesa sono state inserite le spese veterinarie;
          il risultato raggiunto in questo modo è quello di considerare «bene di lusso» il possesso di un animale domestico per il fisco; infatti, il cagnolino o il gatto che sonnecchia sul nostro divano è considerato un indice di ricchezza, al pari dello yacht o della Ferrari;
          gli animali da compagnia hanno un ruolo sociale all'interno dei nuclei familiari, sempre più scossi da una crisi economica che non sta dando tregua soprattutto a chi i sacrifici è abituato da sempre a farli;
          ogni proprietario di un cane o di un gatto ha già scelto di rinunciare a qualcosa per sé per poter affrontare spese veterinarie in favore del proprio animale;
          il possesso di un animale domestico non è sintomo di ricchezza, semmai di spirito di sacrificio a beneficio di chi, solo con la sua presenza, fa compagnia ad un anziano o ad un bambino o semplicemente ci accompagna nella fatica di un vivere sempre più complicato;
          una sicura conseguenza di tutto ciò sarà quella di contrarre le spese per le cure dell'animale e di incentivarne l'abbandono, scoraggiando – altresì – la già difficile opera pro-adozione degli animali abbandonati;
          quanto detto si pone in palese contraddizione con la legislazione attualmente vigente in materia di tutela degli animali, che pone l'Italia all'avanguardia in questo campo, e con l'attenzione che il Parlamento sta dedicando all'elaborazione di un nuovo testo finalizzato alla promozione della tutela degli animali d'affezione e alla prevenzione del randagismo, attualmente in discussione presso la XII Commissione Affari sociali della Camera e nei confronti del quale anche l'attuale Governo ha espresso il proprio apprezzamento  –:
          se non ritenga opportuno, alla luce delle considerazioni esposte in premessa, assumere iniziative per escludere le spese veterinarie per gli animali domestici dall'elenco di quelle comprese nel redditometro.
(2-01682) «Giammanco, Frattini, Cazzola, Romani, Biancofiore, Lorenzin, Ravetto, Giro, Crosetto, Ceccacci Rubino, Gioacchino Alfano, Bocciardo, Barani, De Luca, Biasotti, Calabria, Vincenzo Antonio Fontana, Repetti, Gibiino, Garagnani, Formichella, Catanoso, Bernardo, Torrisi, Mannucci, Mottola, De Girolamo, Mancuso, Frassinetti, Pelino, Antonino Foti, Gregorio Fontana, Savino».


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
          in data 14 giugno 2012, è stata svolta in Aula una interpellanza urgente (2-01544) presentata da deputati del Partito Democratico rivolta al Ministro dell'economia e finanze in merito al rinnovo della nomina dell'ingegnere Riccardo Mancini ad amministratore delegato della società Eur spa, società per azioni detenuta per il 90 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze e per il 10 per cento dal comune di Roma capitale che si occupa della gestione e della valorizzazione di alcuni beni patrimoniali dislocati nel quartiere Eur di Roma;
          nell'interpellanza si denunciava con allarme, secondo quanto si apprendeva da fonti di stampa, il presunto coinvolgimento di Riccardo Mancini negli atti dell'inchiesta sulla corruzione nella Selex. Notizie stampa di questi giorni confermano l'apertura di una indagine da parte della procura di Roma e l'acquisizione di una ingente mole di documentazione da parte della Guardia di finanza;
          in merito ai profili gestionali, si sottolineava che, nonostante l'ingente esposizione debitoria, Eur spa aveva costituito tre nuove società controllate, la Eur Congressi Roma srl, la Eur Tel srl e la Eur Power srl, per l'erogazione di servizi al comune di Roma capitale le cui finalità ad avviso degli interpellanti non erano del tutto chiare e le cui strutture avevano portato ad un aumento esponenziale del numero di incarichi e personale, con ciò contravvenendo palesemente ai reiterati indirizzi del Governo, del Parlamento e della normativa volti a ridurre il numero di società ed enti nel perimetro della pubblica amministrazione;
          per questo motivo si chiedeva quali criteri e quali valutazioni fossero stati alla base delle scelte che avevano determinato le nomine nel consiglio di amministrazione di Eur Spa, con particolare riferimento a quella di Riccardo Mancini di cui si ricordava anche una condanna ad un anno e nove mesi per violazione della legge sulle armi;
          il Governo si limitò solo a precisare che l'ingegner Mancini era stato riabilitato e, pertanto, era eleggibile a consigliere, senza fare alcun riferimento a quali criteri curriculari e quali valutazioni in merito ai progetti di governo della società fossero state alla base delle scelte che avevano determinato la sua nomina;
          insoddisfatto da una risposta che riteneva imbarazzata e imbarazzante il rappresentante del Partito Democratico nella replica sottolineò nuovamente l'inopportuna di quella nomina;
          da ulteriori notizie stampa, apparse in date odierna su tutte le principali testate nazionali, si apprende che l'inchiesta non solo non si è fermata, ma che la procura ha disposto perquisizioni presso l'ente Eur, mentre sarebbe confermata l'apertura di una indagine per corruzione e frode fiscale a carico dell'amministratore delegato Riccardo Mancini  –:
          se il Governo non intenda cambiare orientamento rispetto alla risposta fornita il 14 giugno 2012 e, conseguentemente, se non ritenga necessario togliere la fiducia e chiedere le immediate dimissioni all'amministratore delegato dell'Eur Spa.
(2-01683) «Causi, Ventura, Argentin, Bachelet, Coscia, Gasbarra, Gentiloni Silveri, Giachetti, Madia, Meta, Morassut, Pompili, Recchia, Tocci».

Interrogazioni a risposta immediata:


      DELLA VEDOVA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il Siope (Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici), nell'ambito dell'attività di rilevazione degli incassi e dei pagamenti effettuati da tutte le amministrazioni pubbliche, attraverso una codifica uniforme per tipologia di enti, da anni rileva anche le spese per il funzionamento degli organi istituzionali di regioni ed enti locali;
          la codifica Siope è definita: per le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 31 agosto 2012, con decorrenza 1o gennaio 2013, che ha sostituito il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 18 febbraio 2005 (in vigore dal 1o gennaio 2006 al 31 dicembre 2008) e il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 5 marzo 2007 (in vigore dal 1o gennaio 2009 al 31 dicembre 2012); per gli enti locali dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 10 ottobre 2011, con decorrenza 1o gennaio 2012, che ha sostituito i decreti del Ministro dell'economia e delle finanze del 14 novembre 2006 (in vigore dal 1o gennaio 2007 al 31 dicembre 2011) e del 18 febbraio 2005 (in vigore nell'esercizio 2006);
          nell'ambito della discussione sui cosiddetti costi della politica legati al funzionamento delle istituzioni regionali e locali, è opportuno acquisire una base informativa comune, sia per comprendere concretamente gli andamenti della spesa imputabile al costo degli organi politici, sia per approntare misure di correzione coerenti con l'obiettivo di assicurare una migliore efficienza delle istituzioni regionali e locali;
          per le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, al codice gestionale del sistema Siope 1101 – spese per organi istituzionali – corrispondono «le spese per l'acquisizione di prestazioni da parte dei soggetti la cui relazione con l'ente non è riconducibile ad un rapporto di lavoro dipendente o autonomo, ma deriva dall'appartenenza agli organi istituzionali: indennità di carica ai componenti del consiglio comunale, della giunta, del sindaco, dell'organo di revisione economico-finanziario, compensi derivanti dalla partecipazione dei componenti gli organi istituzionali alle riunioni degli organi, se spettanti, oneri riflessi, ecc.»;
          per gli enti locali, ai codici gestionali 1325 – spese per gli organi istituzionali dell'ente – indennità – e 1326 – spese per gli organi istituzionali dell'ente – rimborsi corrispondono, rispettivamente, « le spese per l'acquisizione di prestazioni da parte dei soggetti la cui relazione con l'ente non è riconducibile ad un rapporto di lavoro dipendente o autonomo, ma deriva dall'appartenenza agli organi istituzionali: indennità di carica ai componenti del consiglio comunale, della giunta, del sindaco, dell'organo di revisione economico-finanziario, compensi derivanti dalla partecipazione dei componenti gli organi istituzionali alle riunioni degli organi, se spettanti, oneri riflessi, ecc.» e le «spese derivanti dal rimborso spese sostenute dai componenti degli organi istituzionali – se spettanti, ad esempio per l'espletamento di attività di servizio al di fuori della sede di lavoro dei componenti gli organi istituzionali» –:
          a quanto ammontino rispettivamente i pagamenti, rilevati negli anni 2006, 2007, 2008, 2009, 2010 e 2011, relativamente ai codici gestionali: 1101 – regioni (dato nazionale e per singola regione); 1325 e 1326 - enti locali (dato nazionale e per comune capoluogo di provincia), anche in rapporto al totale delle spese di parte corrente sostenute dalle amministrazioni in oggetto (dato nazionale e per regione, per il codice 1101; dato nazionale e per comune capoluogo di provincia, per i codici 1325 e 1326). (3-02508)


      RAZZI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 21 del decreto legislativo 3 febbraio 2011, n.  71 (che riprende l'articolo 20 dell'abrogato decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n.  200), recante disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari, autorizza l'autorità consolare al rilascio e al rinnovo del passaporto ai connazionali residenti all'estero;
          l'articolo 18 della legge 21 novembre 1967, n.  1185, prevede la tassa annuale di concessione governativa per il passaporto ordinario per l'espatrio;
          l'articolo 66 del citato decreto legislativo (che riprende l'articolo 58 dell'abrogato decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n.  200) elenca una serie di atti che i consolati italiani all'estero hanno l'onere di rilasciare, gratuitamente, ad alcune categorie di soggetti, elencati in maniera tassativa:
              a) cittadini indigenti;
              b) indigenti non cittadini, se gli atti stessi sono necessari per procedure richieste da autorità italiane;
              c) cittadini residenti all'estero, o non cittadini, per accertati motivi di studio, di previdenza ed assistenza sociale;
              d) personale civile e militare dello Stato in servizio all'estero, nonché i loro familiari a carico;
              e) eminenti personalità estere e, eccezionalmente, nazionali, a titolo di cortesia;
          i connazionali residenti all'estero che non rientrano nella casistica elencata non godono di esenzione e sono, pertanto, obbligati a pagare, all'atto del rilascio o del rinnovo del loro passaporto, la tassa governativa;
          l'entrata in vigore dell'articolo 55, comma 6, della legge 21 novembre 2000, n.  342, ha agevolato i cittadini italiani, indifferentemente dal loro luogo di residenza, prevedendo che per l'espatrio verso i Paesi dell'Unione europea non sia più necessario pagare la tassa annuale di concessione governativa;
          la questione rimane irrisolta per i connazionali residenti in uno Stato non comunitario (come, ad esempio, la Svizzera e non solo) che sono costretti, spesso, a fare centinaia di chilometri per poter pagare la prevista tassa annuale per il passaporto;
          tale norma crea un'oggettiva differenza di trattamento tra i nostri connazionali residenti all'estero, magari in Paesi vicini tra di loro, appare del tutto anacronistica e sicuramente non determina entrate tali da non potere essere rivista e corretta –:
          se non si ritenga necessario ed urgente, al fine di evitare inopportune discriminazioni nei confronti dei nostri connazionali residenti all'estero, adottare iniziative volte ad eliminare questo ulteriore «balzello» gravante sulla numerosa comunità di italiani residenti in Paesi non comunitari, prevedendo come unico requisito, per fruire dell'esenzione, quello della residenza all'estero e della regolare iscrizione all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero. (3-02510)

Interrogazione a risposta scritta:


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'agenzia di stampa ANSA in data 27 settembre 2012 ha diffuso la seguente notizia: «Fondi PdL: L'Espresso, Polverini a Ponza con motovedetta Gdf. Anticipazione settimanale, ”a bordo governatrice e 4 amici”: A Ponza con la motovedetta della Guardia di Finanza. Secondo un'anticipazione del L'Espresso la governatrice del Lazio il 24 giugno scorso si recò nell'isola dell'arcipelago pontino per una manifestazione assieme a ”quattro suoi amici” usufruendo ”non di una ma di ben due motovedette delle Fiamme Gialle: una velocissima adottata per sconfiggere i contrabbandieri, ad aprire il convoglio e poi un comodo guardacoste lungo 22 metri per la governatrice, i suoi quattro amici e un carico di bagagli”. La governatrice dimissionaria andava ad assistere al Premio Caletta ”sedeva in prima fila assieme al neosindaco di Ponza Piero Vigorelli e a Bruno Vespa”. Il Premio Caletta, informa l'articolo de L'Espresso è venuto a costare circa 30 mila euro, raccolti tra sponsor privati e contributi pubblici, come spiega Alberto Lauretti, presidente di Almadela. Provincia e Regione dovrebbero stanziare 10 mila euro, mentre le spese di luci e palco sono state a carico del Comune»;
          secondo quanto Lauretti dichiara a L'Espresso «il grosso delle spese se ne vanno per i trasporti e i biglietti degli aliscafi, gli ospiti arrivano sempre con mezzi pubblici, così è stato per Paolo Bonaiuti, per il prefetto di Latina e tutti gli altri»  –:
          se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero ed in tal caso, chi sia il responsabile ed a che titolo il presidente della giunta regionale del Lazio ed i suoi «amici» abbia potuto godere di un servizio di trasporto da parte del naviglio della Guardia di finanza;
          se sia intenzione del Ministro adottare iniziative o provvedimenti volti a scongiurare in futuro analoghi utilizzi impropri del personale e dei mezzi della Guardia di finanza. (4-17923)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      DI PIETRO e MONAI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          lo scorso 19 agosto 2012, nella loro abitazione di Lignano Sabbiadoro, sono stati brutalmente uccisi due coniugi, noti imprenditori della zona, Rosetta Sostero e Paolo Burgato, a scopo di rapina;
          il tempestivo intervento dell'Arma dei carabinieri, con un eccellente lavoro investigativo, ha portato alla scoperta dei colpevoli: i fratelli di origine cubana, ma residenti in Friuli Venezia Giulia, Lisandra Aguila Rico, in carcere a Trieste con l'accusa di duplice omicidio e rapina pluriaggravati e il di lei fratello, Reiver Laborde Rico, latitante a Cuba, dove è fuggito subito dopo l'omicidio;
          la Convenzione di estradizione da Cuba si richiama alla legge 20 marzo 1930, numero 521, «Esecuzione della Convenzione di estradizione fra il Regno d'Italia e la Repubblica di Cuba, firmata in Avana il 4 ottobre 1928», confermata poi in occasione della firma del Trattato di pace fra Italia e Cuba del 30 giugno 1947;
          nel testo della citata Convenzione, si legge all'articolo 1 che: «le alte parti contraenti si impegnano ad arrestare e a consegnarsi reciprocamente le persone che sottoposte a processo o condannate dalla autorità giudiziaria competente di uno dei due paesi, per alcuno dei delitti indicati nel seguente articolo, si trovino nel territorio dell'altro»;
          l'articolo 4, invece, recita: «L'estradizione non sarà concessa: 1. a) pei delitti commessi nel territorio dello Stato richiesto; 2. a) pei delitti previsti esclusivamente nelle leggi sulla stampa; 3. a) pei delitti d'ordine esclusivamente militare, cioè quando il fatto non sarebbe punito per altre leggi che per quelle militari; 4. a) per i delitti politici o per fatti connessi a tali delitti. Non sarà considerato come delitto politico né fatto connesso a tale delitto: a. l'attentato contro la vita e la sicurezza personale di un capo di Stato o dei membri della sua famiglia; b. i delitti che siano stati determinati da un motivo di indole non politica. Inoltre, salvo le particolari circostanze del fatto, non sarà considerato politico ogni attentato, anche se diretto contro la collettività, che ponga in pericolo la vita umana o la sicurezza personale o la proprietà. L'estradizione può essere rifiutata se le autorità dello Stato richiesto sono competenti secondo le proprie leggi a giudicare il delitto»;
          tuttavia, l'articolo 3 recita: «Non è ammessa l'estradizione del proprio cittadino»  –:
          quali iniziative abbia intrapreso o intenda intraprendere il Governo italiano al fine di garantire alla giustizia italiana il corresponsabile di così efferato crimine. (5-08035)


      LO MORO, ORLANDO, AMICI e VILLECCO CALIPARI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          a quanto si apprende dai quotidiani calabresi, nei giorni scorsi il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria avrebbe disposto la chiusura della casa di reclusione «Luigi Daga» di Laureana Borrello in provincia di Reggio Calabria;
          si tratta di un istituto in cui vengono ospitati giovanissimi detenuti che scontano la prima pena. L'esperienza ha dimostrato che un sistema carcerario dedicato riesce a ridurre drasticamente le recidive e a garantire, quantomeno per i giovani che sottoscrivono il progetto di rieducazione previsto per gli ospiti del carcere di Laureana di Borrello, la funzione di rieducazione della pena prevista dalla Costituzione;
          grazie ai percorsi di recupero dedicati ai giovani detenuti, il carcere di Laureana Borrello si è imposto come modello carcerario, anche oltre i confini regionali e nazionali. Una felice eccezione in un sistema carcerario che vive grandi criticità e che, come più volte sollecitato dall'interrogante, in Calabria soffre della mancata nomina di un provveditore delle carceri calabresi;
          non possono essere ignorati i risvolti umani di una tale scelta la cui gravità si coglie pienamente dalla lettera di un ex ospite della struttura, pubblicata oggi su Il Quotidiano della Calabria, di cui si riporta un breve e significativo stralcio: «Grazie al trattamento di quest'istituto, voluto dal grande ormai scomparso ex provveditore Paolo Quattrone io e centinaia di altri ragazzi siamo stati “salvati” dalle grinfie di chi ci voleva soldati del crimine»  –:
          se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
          se non ritenga necessario ed urgente intervenire, per quanto di sua competenza, perché sia rivista la scelta del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e sia mantenuto in vita un istituto che si distingue positivamente nel sistema carcerario calabrese ed italiano e svolge una proficua azione di recupero di giovani alla prima detenzione disposti a cambiar vita. (5-08037)

Interrogazioni a risposta scritta:


      ANGELA NAPOLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          il sovraffollamento delle carceri italiane richiede con urgenza norme legislative che possano in qualche modo aiutare i detenuti affinché vengano garantiti i diritti umani;
          la mancanza di finanziamenti adeguati, le lentezze burocratiche, ma anche, a volte, difficoltà nel monitorare le situazioni esistenti, hanno per troppo tempo rallentato il cosiddetto «piano carceri», il ché dovrebbe custodire, al momento, le strutture esistenti in modo da garantire la buona distribuzione dei detenuti;
          l'istituto penitenziario «Luigi Daga» di Laureana di Borrello (Reggio Calabria) era una struttura «modello» e sperimentale in grado di contenere 68 detenuti, per lo più giovani, tra i 18 e i 34 anni di età, ai quali poteva venire garantito un percorso di detenzione associato ad un'adeguata attività di laboratorio: tre serre, una falegnameria e un laboratorio di ceramica;
          nel corso dell'anno la falegnameria pur lavorando a singhiozzo a causa dei tagli di bilancio, è riuscita, grazie al lavoro di 4 detenuti, a fornire tutto il mobilio per arredare il carcere di Crotone;
          due giorni fa i 29 detenuti (incomprensibile il numero di presenti a fronte dei 68 posti previsti) sono stati improvvisamente trasferiti, contribuendo così all'aumento del già presente sovraffollamento negli altri istituti e il personale di polizia penitenziaria, tutto distaccato, rientrerà nelle sedi di provenienza, mentre quello appartenente al comparto Ministeri, effettivamente assegnato all'Istituto, senza essere interpellato e senza consultazione delle organizzazioni sindacali, è stato già dislocato presso tutti gli istituti della Calabria;
          l'interrogante non ritiene che la carenza di organici esistente nelle carceri calabresi e la conseguente impossibilità di tradurre i detenuti nelle aule giudiziarie, possano essere colmate con la chiusura delle piccole strutture carcerarie esistenti, peraltro «modello», quale quella di Laureana di Borrello;
          probabilmente anche la mancata designazione di un provveditore regionale, dopo la tragica scomparsa del dottor Quattrone e l'incarico affidato ad un facente funzione, non aiuta a definire correttamente ed in modo efficiente la situazione di per sé non positiva, delle carceri calabresi;      
          l'interrogante manifesta grandi perplessità sull'opportunità di chiudere una struttura carceraria così importante e rieducativa per i giovani detenuti, facendola, peraltro, diventare abbandonata pur a fronte della nota necessità di risparmio  –:
          quali urgenti iniziative intenda assumere perché venga riaperto l'Istituto penitenziario «Luigi Daga» di Laureana di Borrello e perché si possa così garantire la detenzione rieducativa ai giovani detenuti. (4-17916)


      BENAMATI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          la procura della Repubblica presso il tribunale di Parma soffre di una grave mancanza di organico, con una percentuale d'incarichi scoperti che supera il 30 per cento delle posizioni necessarie, ed in conseguenza di ciò in data 3 marzo 2012, secondo notizie stampa, il procuratore capo dottor Gerardo Laguardia ha richiesto lo stato di sede disagiata;
          la procura della Repubblica presso il Tribunale di Parma copre un'ampia giurisdizione con un'utenza che corrisponde all'incirca al territorio della provincia di Parma, una delle aree più ricche e dinamiche dal punto di vista economico di tutto il Paese;
          la procura della Repubblica presso il tribunale di Parma si è temporalmente occupata di alcuni casi di corruzione e di reati contro la pubblica amministrazione fra i più noti in Italia (inchieste cosiddette green money, easy money e spot money fra le altre) che hanno condotto all'arresto di personalità di rilievo nell'ambito dell'amministrazione comunale di Parma ed alle dimissioni del sindaco dottor Pietro Vignali;
          la procura della Repubblica presso il tribunale di Parma ha seguito importanti casi di criminalità comune a sfondo razzista o finanziario come il caso «Bonsu» o il caso del «fallimento Parmalat»;
          la procura della Repubblica presso il tribunale di Parma è stata oggetto di numerose interrogazioni parlamentari in ordine a presunti malfunzionamenti ed irregolarità con richieste anche di verifiche ispettive da parte del Ministero;
          da informazioni stampa emerge che la procura della Repubblica presso il tribunale di Parma starebbe stata oggetto di accertamenti preliminari disposti sul suo operato dal Ministero della giustizia;
          in una situazione di oggettiva difficoltà si osserva che ben sei segnalazioni dettagliate e circostanziate presentate da dirigenti del Partito democratico di Fidenza riguardanti presunti danni erariali e presunti reati e illeciti amministrativi, relativi a comportamenti di membri dell'amministrazione e di società pubbliche del comune di Fidenza, non abbiano ottenuto né riscontro né seguito;
          diverse informazioni sul procedimento che ha coinvolto i due dirigenti politici del Partito democratico (rinviati a giudizio per diffamazione a mezzo stampa) hanno causato illazioni e scontri mediatici  –:
          se quanto in premessa corrisponda al vero e quali siano in considerazione degli accertamenti già in corso le reali condizioni operative della procura della Repubblica di Parma anche alla luce delle priorità manifestate dall'interno di quegli uffici. (4-17922)


      DI PIETRO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          l'interrogante in data 31 luglio 2012 ha presentato il question time n.  3-02428 concernente chiarimenti e iniziative in ordine a lamentate irregolarità relative allo svolgimento delle elezioni per il rinnovo del consiglio dell'Ordine e del Consiglio nazionale dei biologi;
          nella sua risposta, il Ministro ha affermato che la nomina del commissario straordinario dottor Giampaolo Leccisi – del quale l'interrogante ha chiesto la revoca – era fortemente voluta «perché la situazione dell'ordine era diventata assolutamente ingovernabile» (...) e «occorreva arrivare a nuove elezioni»;
          ancora dalla risposta si viene a sapere che «le attività elettorali sono iniziate, infatti, normalmente il 21 giugno scorso e sono attualmente in fase di ultimazione, nonostante la presenza di grande agitazione rispetto alla quale ho dovuto chiedere che il seggio venisse comunque presidiato in qualche modo, naturalmente dall'esterno, per garantire lo svolgimento di votazioni indispensabili al seggio per il rinnovo delle cariche ordinistiche. Le attività elettorali sono normalmente iniziate il 21 giugno scorso e sono in fase di ultimazione, dopo l'avvenuta consegna delle schede elettorali al presidente del seggio incaricato dello spoglio»;
          il capo del dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della giustizia dottor Eugenio Selvaggi, come da nota prot. m_dg.DAG.06/08/2012.0108651.U, ha sottolineato la necessità di «rendere disponibile al seggio l'elenco degli elettori ammessi al voto a mezzo posta nonché l'elenco che registra i nominativi di coloro che hanno votato a mezzo posta. Ciò al fine di mettere il Seggio elettorale in condizione di procedere allo spoglio dei voti verificandone la regolarità». La nota prosegue precisando che: «Come nella prima fase della votazione diretta, infatti, il seggio elettorale ha proceduto all'identificazione di coloro che hanno espresso personalmente il voto, analogamente è necessario, nella fase del voto per corrispondenza, procedere agli adempimenti utili a verificare regolarità ed autenticità dell'espressione del voto avvenuto mediante l'invio delle schede, nel rispetto delle modalità stabilite dalla legge. Resta, naturalmente, ferma la responsabilità del seggio e del suo Presidente di garantire il rispetto delle procedure elettorali, tra le quali, ovviamente, sono comprese l'annullamento delle schede irregolari, l'accantonamento delle schede dubbie e la denuncia all'autorità giudiziaria nel caso vi sia il sospetto di ipotesi di reato»;
          il dottor Selvaggi, in data 8 agosto 2012, preso atto delle dimissioni irrevocabili dei presidente del seggio e della necessità di nominarne uno nuovo, della presunta ius resistentiae allo svolgimento degli adempimenti necessari allo scrutinio dei voti espressi a mezzo posta nonché dalla crescente tensione nell'elettorato dei biologi alimentata da dubbi sulla regolarità del procedimento elettorale, ha disposto «la temporanea sospensione delle operazioni di scrutinio dei voti espressi per il rinnovo degli organi collegiali dell'Ordine Nazionale dei Biologi nelle elezioni indette dal Commissario Straordinario che dovranno essere riprese entro e non oltre il 5 settembre 2012»;
          con lettera indirizzata al commissario straordinario Leccisi, prot. 9392 dell'11 settembre 2012, il dottor Selvaggi ha dichiarato che «al fine di riprendere e concludere al più presto il procedimento elettorale sospeso e consentire il ripristino dell'ordinaria gestione delle attività istituzionali dell'Ordine dei Biologi, si rende necessario, in sede di autotutela, provvedere con carattere di urgenza alla revoca della richiamata Determinazione 1L/2012 emanata dal Commissario Straordinario il 6 giugno 2012 e alla contestuale costituzione di un nuovo seggio elettorale» e ha aggiunto che «per scongiurare il riproporsi di effetti paralizzanti, la nomina di presidente e vice presidente, di almeno tre scrutatori e di un segretario verbalizzante, dovrà avvenire non attraverso il criterio della rappresentatività delle liste ma applicando criteri in grado di assicurare la massima indipendenza e terzietà dei componenti del seggio, sia nella fase di completamento delle operazioni preliminari allo scrutinio, sia nelle fasi di apertura delle schede e di conteggio dei voti formulati personalmente o a mezzo posta, incluso l'eventuale svolgimento, prima della proclamazione degli eletti, di ”prove di resistenza” in presenza di schede di dubbia validità debitamente accantonate»;
          il 21 settembre 2012 sul sito Biologi per il rinnovamento è stato sottolineato il fatto che il commissario, straordinario Leccisi avrebbe «pensato di blindare l'accesso all'Ordine Nazionale dei Biologi e di procedere alle operazioni del Seggio elettorale a porte chiuse»;
          nella stessa data il dottor Selvaggi, con lettera indirizzata al dottor Leccisi, ha ritenuto «del tutto inesatte le notizie riportate sul sito sopra menzionato, rilevando che le operazioni elettorali non si trovano ancora nella fase dello scrutinio dei voti, bensì in quella preliminare». «Al riguardo» continua Selvaggi «risulta che il Presidente del Seggio garantirà la pubblicità dello scrutinio agli elettori, compatibilmente con le esigenze di sicurezza che il luogo richiede» e che «le questioni evidenziate nel suddetto sito relative alla mancata effettuazione dei controlli e verifiche circa il voto per corrispondenza, attengono a fase che è stata ormai ultimata e che era di pertinenza del Commissario Straordinario, il quale l'ha svolta alla presenza dei componenti del Seggio precedente; quindi in maniera del tutto trasparente»  –:
          se non ritenga opportuno bloccare le operazioni di scrutinio per fare chiarezza una volta per tutte su una vicenda che appare all'interrogante a dir poco nebulosa così da garantire la trasparenza, il rispetto dei principi di legalità e il contenimento delle spese per operazioni elettorali che si protraggono dal 2011;
          se non ritenga indispensabile, visto il perdurare della situazione di ingovernabilità dell'ordine, sostituire il commissario straordinario così come già richiesto nel sopracitato atto di sindacato ispettivo presentato dall'interrogante. (4-17924)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata:


      MISITI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          le infrastrutture ferroviarie per il treno ad alta velocità – tav – sono state realizzate o previste in tutto il territorio nazionale, escluso quello meridionale al di sotto della provincia di Salerno;
          tali infrastrutture sono ritenute fondamentali per gli sviluppi di un sistema ferroviario moderno e simile a quello di Paesi, come Francia, Belgio, Spagna e Germania, i quali hanno realizzato «quadruplicamenti» delle linee, così come avvenuto e avviene nel Centro-Nord d'Italia;
          la mancanza del quadruplicamento ferroviario nella Salerno-Reggio Calabria-Palermo condannerebbe il Mezzogiorno ad un'arretratezza di molti decenni rispetto al resto del Paese relativamente al sistema intermodale di trasporto;
          un moderno sistema ferroviario costituisce la struttura portante dello sviluppo industriale del Sud, che si basa sul turismo di massa ed archeologico, nonché sull'agroindustria, che necessitano di trasporti efficienti e rapidi sia dal Sud verso il Nord che dal Nord verso il Sud;
          il mancato ammodernamento ferroviario, conseguenza anche di una gestione basata su criteri monopolistici e statalisti, non favorisce la concorrenza e, quindi, in ultima analisi danneggia gravemente l'economia e i cittadini meridionali;
          la sinergia tra porto, ferrovie e autostrade consentirebbe di trasferire le merci e, soprattutto, i semilavorati provenienti dai Paesi emergenti verso il Centro-Nord Italia e il Centro dell'Europa in tempi brevissimi rispetto alla settimana che mediamente impiegano le navi da Gioia Tauro a Rotterdam o Amburgo;
          il Cnel ha calcolato in ventotto miliardi di euro il trasferimento dei fondi per le aree sottoutilizzate, destinati per legge al Mezzogiorno d'Italia, verso il resto del Paese per affrontare la crisi finanziaria 2007/2011;
          la previsione di spesa per costruire l'infrastruttura ferroviaria ad alta velocità tra Salerno e Palermo si aggira, secondo valutazioni realistiche recenti, intorno ai trentasei miliardi di euro, che potrebbero provenire dal recupero, durante la ripresa economica, dei suddetti ventotto miliardi di euro e da otto miliardi dai nuovi fondi per le aree sottoutilizzate nella programmazione 2013-2020 –:
          se il Governo non ritenga opportuna la predisposizione di un piano pluriennale finalizzato a realizzare nei prossimi quindici anni le infrastrutture ferroviarie per l'alta velocità tra Salerno e Palermo, allo scopo di favorire l'annullamento del gap infrastrutturale rispetto al Centro-Nord e così contribuire a unificare il Paese anche dal punto di vista economico, e se allo scopo non ritenga di adottare iniziative finalizzate ad avvalersi delle professionalità esistenti nel gruppo Ferrovie dello Stato italiane per avviare subito lo studio di fattibilità per i futuri progetti (tav) al Sud. (3-02503)


      DOZZO, MARONI, BOSSI, LUSSANA, FOGLIATO, MONTAGNOLI, FEDRIGA, FUGATTI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DUSSIN, FABI, FAVA, FOLLEGOT, FORCOLIN, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MARTINI, MERONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, POLLEDRI, RAINIERI, REGUZZONI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          in data 30 settembre 2012 il quotidiano la Repubblica ha pubblicato un articolo in cui si afferma che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha riattivato le procedure amministrative per la costruzione del ponte di Messina, per mezzo della commissione di valutazione di impatto ambientale della conferenza dei servizi, al fine di ottenere tutte le autorizzazioni necessarie sul progetto definitivo;
          ad ottobre 2011 il piano di investimenti della Commissione europea, che indica i trenta progetti prioritari fino al 2020, non ha contemplato la realizzazione del ponte di Messina, che comporterebbe un costo di 8,5 miliardi di euro;
          sulla stessa linea di arresto la delibera del Cipe 6 del gennaio 2012, che definanzia di 1,6 miliardi di euro il progetto, e il documento di economia e finanza di aprile 2012, che non lo ricomprende fra le opere infrastrutturali programmate;
          riaprire le procedure per il ponte sullo Stretto di Messina, soprattutto in questo momento, in cui le famiglie e le imprese italiane soffrono il peso della grave crisi economica, sarebbe una decisione irresponsabile e non giustificabile;
          i soldi destinati al progetto potrebbero essere investiti per la realizzazione di opere infrastrutturali che siano in grado di rilanciare l'economia e accrescere lo sviluppo del nostro Paese, come l'ammodernamento e la realizzazione di linee ferroviarie, comprese quelle ad alta velocità;
          il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Clini, attraverso il suo portavoce, ha smentito immediatamente le indiscrezioni pubblicate dal quotidiano la Repubblica in merito alla volontà di proseguire con la realizzazione del progetto, aggiungendo, al contrario, che l'intenzione del Governo è quella di chiudere il prima possibile tutte le procedure –:
          se il Ministro interrogato, in linea con quanto espresso dal Ministro Clini, non ritenga doveroso ritirare tempestivamente il progetto che prevede la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, allo scopo di interrompere l'istruttoria in corso, e assumere le iniziative per la messa in liquidazione della società Stretto di Messina s.p.a. (3-02505)

INTERNO

Interrogazione a risposta immediata:


      DI PIETRO, DONADI, FAVIA, DI STANISLAO e PALADINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          la perdurante congiuntura economica, le tensioni sociali che essa innesca – i tavoli di crisi aziendale aperti al Ministero dello sviluppo economico, dal Sud al Nord, coinvolgono 180 mila lavoratori – l'emergenza criminalità in varie città, da Napoli a Milano, i riflessi sull'Italia dell'assalto al consolato americano di Bengasi, con l'uccisione dell'ambasciatore americano in Libia, questione gravissima apertasi ed estesasi in poche ore ad altri Paesi della medesima area geografica e politica, costituiscono ulteriori, primari e rilevanti problemi per l'ordine pubblico;
          si è recentemente riunito il Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, presieduto dal Ministro interrogato, cui hanno preso parte il Sottosegretario De Stefano, i vertici delle forze di polizia e dei servizi segreti e il capo di stato maggiore della difesa, ed i componenti hanno esaminato le varie minacce – elencate nell’incipit della presente interrogazione – che turbano e aggravano le condizioni del territorio nazionale;
          gli organi della stampa hanno riportato alcune considerazioni dei componenti del Comitato, quali «la necessità di tenere alto il livello di attenzione attraverso una strategia che si fondi anche sul dialogo con tutte le parti interessate»; da segnalare, nel caso di specie, che tra le vertenze che preoccupano maggiormente, anche per il contesto sociale in cui maturano, figurerebbero l’Alcoa di Portovesme, l’Ilva di Taranto e la Gesip di Palermo;
          non è chiaro come l'alta considerazione verso le forze dell'ordine e della sicurezza, oltre all'estrema necessità del loro apporto, possano sposarsi con i tagli arrecati ai comparti dalla cosiddetta spending review – senso e scopo principali della quale sono la revisione dei criteri di spesa, la razionalizzazione e la conseguente ottimizzazione delle risorse finanziarie;
          l'intero comparto sicurezza è oggetto di tagli che si susseguono dall'avvio della XVI legislatura, in dicotomico rapporto con l'accrescersi delle emergenze e in stridente contrasto con i proponimenti del precedente Governo in ordine alla priorità dell'ordine pubblico e della sicurezza per il territorio e per i cittadini; ad avviso degli interroganti, non sembra esservi soluzione di continuità con riguardo alle scelte compiute con la spending review dal Governo attualmente in carica;
          ai tagli alla sicurezza, inoltre, si contrappone, ad esempio, il rifinanziamento del progetto «Strade sicure» – che vede protagonista l'Esercito –, rivelatosi costoso e fallimentare e che non può considerarsi una soluzione al blocco degli arruolamenti delle forze della sicurezza;
          altro esempio calzante è offerto dall'analisi condotta dallo stato maggiore dell'Arma dei carabinieri sui tagli da applicare in relazione ad essa: turn over bloccato per l'80 per cento, che in termini pratici consentirà il ricambio del personale, tra il pensionamento, uscita, arruolamento ed entrata, solo per il 20 per cento; su 1.000 carabinieri che si collocano in quiescenza ne saranno arruolati solo 200: il turn over dell'Arma dei carabinieri all'anno corrisponde a 2.290 carabinieri in uscita e con il blocco del turn over il rientro sarà solo di 464 unità annue; il blocco riguarderà gli anni dal 2012 al 2014, mentre nel 2015 il blocco del turn over passerà dall'80 al 50 per cento; i tagli comportano un'ulteriore sofferenza a livello operativo, una condizione di organico molto al di sotto delle necessità, il venire meno del 15 per cento del personale effettivo nei piccoli reparti; i tagli si abbatteranno, naturalmente, come una scure sulle assunzioni derivanti dai concorsi, di tutti i livelli e tipologie funzionali, dagli allievi ai marescialli, ai ruoli tecnico-logistici ufficiali, ai vice brigadieri, agli appuntati scelti;
          ad avviso degli interroganti ciò vanifica le legittime aspettative dei candidati vincitori e idonei, oltre a determinare profili critici di legittimità costituzionale;
          a tutt'oggi gli emolumenti assegnati alle forze dell'ordine risultano al di sotto di quanto sarebbe loro dovuto e, in forza del decreto-legge n.  78 del 2010 – che non ha riconosciuto, né rispettato le relative specificità –, è stato disposto il blocco stipendiale, il quale, in combinato disposto con il blocco del turn over, comporterà un aggravio di lavoro per tutti gli addetti, i quali dovranno continuare a garantire gli stessi standard lavorativi –:
          se non intenda adottare le iniziative necessarie ad esonerare totalmente i comparti dell'ordine pubblico e della sicurezza per gli anni dal 2012 al 2015 dall'applicazione del blocco del turn over e delle assunzioni, in particolare quelle riguardanti i concorsi già espletati, quale, ad esempio, quello dei marescialli dei carabinieri. (3-02509)

Interrogazione a risposta orale:


      BELCASTRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          in seguito alle vicende denunciate dal leader del Movimento Diritti Civili, dott. Franco Corbelli, impegnato da anni anche sul piano nazionale per la promozione della legalità e per il rispetto dei diritti, in merito agli avvenimenti che hanno caratterizzato e interessano la vita amministrativa del comune di Torano Castello in provincia di Cosenza;
          nel comune di Torano Castello in particolare si è stati e si è di fronte ad oggi ad un evidente e palese caso di conflitto di interessi con un amministratore, Guido Fazio, che con l'avallo del primo cittadino, Sabatino Cariati, ricopre contemporaneamente molteplici e differenti incarichi fra i quali assessore all'urbanistica, responsabile del settore urbanistico, ingegnere progettista, direttore dei lavori e titolare di una impresa edile che opera nello stesso comune, in relazione ai quali, come hanno riportato diversi organi di stampa, il dottor Corbelli ha sollecitato l'intervento del prefetto Raffaele Canizzaro e del procuratore della Repubblica Dario Granieri;
          in seguito a tali sollecitazioni ed alle denunce e per una autonoma valutazione della situazione da parte delle autorità competenti, sono state avviate due diverse inchieste da parte della procura della Repubblica e da parte della prefettura di Cosenza, le cui ragioni e il cui sviluppo sono stati ampiamente ripresi dagli organi di stampa e di informazione  –:
          quali siano le informazioni in possesso del Ministro in ordine alla situazione del comune di Torano Castello e in particolare se la prefettura di Cosenza abbia comunicato al Ministro esiti o sviluppi della propria inchiesta o determinazioni conseguenti. (3-02502)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BITONCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          con l'approvazione del decreto-legge n.  201 del 2011, è stata anticipata al 2012 l'entrata in vigore della imposta municipale propria (IMU) e che rivede numerosi aspetti dell'imposta prevista all'interno del decreto legislativo sul federalismo municipale, introducendo il fatto che il 50 per cento degli introiti provenienti dal gettito ICI (IMU) sulla seconda casa e sugli altri immobili non definibili come abitazione principale venga destinato allo Stato e riconoscendo altresì la possibilità per il comune di poter modificare, in aumento o in diminuzione e pur dentro un determinato intervallo, le aliquote base fissate dal decreto;
          lo stesso decreto stabilisce altresì come il fondo sperimentale di riequilibrio, come determinato ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n.  23, vari in ragione delle differenze del gettito stimato IMU ad aliquota di base rispetto al gettito incassato dai comuni ICI del 2010, così come risultante dal rendiconto al bilancio dell'ente del 2010;
          in virtù delle modifiche apportate alla normativa dell'IMU e contenute all'interno del decreto-legge n.  16 del 2012, oggi i comuni, in fase di predisposizione dei bilanci previsionali per l'esercizio 2012 iscrivono a bilancio il gettito derivante dall'applicazione dell'imposta municipale propria ad aliquote ordinarie sulla base dei valori stimati dal dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze;
          il dipartimento delle finanze ha aggiornato le stime del gettito annuale dell'imposta municipale propria sulla base del gettito incassato con l'acconto di giugno 2012, prevedendo per il comune di San Giorgio in Bosco (Padova) un valore di 1.598.050 euro, ovvero 154.115 euro in più rispetto alla stima di maggio effettuata dal medesimo dipartimento delle finanze ed ammontante 1.443.935 euro;
          lo stesso dipartimento rivede altresì i nuovi valori dell'ICI 2010 dello stesso comune di San Giorgio in Bosco, il cui importo è passato dai 1.087.986 euro di maggio a 1.058.043 euro, pari ad una riduzione di 29.943 euro;
          la combinazione delle modifiche apportate ai valori di gettito dell'imposta municipale propria e dell'imposta comunale sugli immobili 2010, il comune di San Giorgio in Bosco subirà, ai sensi dell'articolo 13 del decreto-legge n.  201 del 2011, un taglio al fondo sperimentale di riequilibrio di 307.876 euro, in luogo, tuttavia, di una riduzione allo stesso fondo sperimentale di riequilibrio che a maggio era stata quantificata in 123.818 euro, e al quale dovranno aggiungersi i 198.093 euro di taglio aggiuntivo ai trasferimenti ai sensi dell'articolo 28, commi 7 e 9, del medesimo decreto-legge n.  201 del 2011, in aumento di quasi 26.000 euro rispetto alla precedente stima di maggio operata dal dipartimento delle finanze;
          il maggior taglio operato sul fondo sperimentale di riequilibrio e le minori risorse a favore del comune, avranno certamente pesanti ripercussioni sugli equilibri finanziari dell'ente, giacché lo stesso ente, in sede di approvazione degli equilibri di bilancio il cui termine è fissato al 30 settembre 2012, ovvero al 31 ottobre per gli enti che non hanno ancora, alla data, approvato il bilancio previsionale 2012, dovrà necessariamente far fronte a tale ammanco, aumentando i tributi locali o diminuendo le voci di spesa corrente;
          numerosi comuni, oltre a quello di San Giorgio in Bosco, si ritrovano nella situazione per cui, a causa della revisione delle stime ministeriali sull'IMU e dell'ICI 2010, potrebbe non essere sufficiente aumentare le aliquote dell'IMU, principale leva oggi utilizzata dagli amministratori locali, per raggiungere i necessari equilibri di bilancio, anche in considerazione del fatto i medesimi enti dovranno altresì considerare i tagli imposti dal decreto-legge sulla spending review  –:
          su quali criteri siano state effettuate le stime ministeriali di gettito dell'IMU del comune di San Giorgio in Bosco, fornendo altresì le idonee precisazioni sulle attribuzioni ministeriali a valere sul fondo sperimentale di riequilibrio a favore del medesimo comune. (4-17917)


      DI PIETRO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          l'interrogante ha presentato tre atti di sindacato ispettivo n.  4/11868, 4/12174, 4/13751, rispettivamente in data 5 maggio 2011, 6 giugno 2011 e 2 novembre 2011, ancora senza risposta, nei quali segnalava le vicende di alcuni testimoni di giustizia – ruolo ben diverso da quello di collaboratore di giustizia – che hanno messo a repentaglio la propria vita per aiutare lo Stato nella lotta alla mafia e hanno riscontrato – una volta terminato il programma di protezione – difficoltà oggettive nel reinserimento socio-lavorativo;
          molte e sempre più frequenti sono le mail che l'interrogante riceve da parte di cittadini che hanno fornito la loro coraggiosa testimonianza alla magistratura, ultima quella dei testimoni Francesca Inga e Antonino Candela nati a Villafranca Sicula (Agrigento), emigrati in Germania per lavoro e tornati, in seguito, in Italia con la voglia di intraprendere un'attività commerciale nel paese d'origine;
          i coniugi dopo aver subito atti intimidatori e la distruzione dei locali commerciali da parte della criminalità organizzata furono testimoni, tra il marzo e l'aprile del 1996, dell'omicidio a sangue freddo di due uomini nel loro locale;
          i coniugi hanno trascorso sotto falso nome quattordici anni, impossibilitati a svolgere qualsiasi lavoro perché troppo pericoloso, lontano dagli affetti e crescendo due figlie in un mondo ovattato che le ha portate una all'anoressia nervosa, l'altra alla depressione  –:
          quali iniziative intendano intraprendere, nell'ambito delle rispettivi competenze, affinché chi decide di denunciare la criminalità organizzata, atto di grande responsabilità, non venga penalizzato e si faccia sì che tale scelta non mini la serenità della propria vita e quella dei familiari;
          se non ritengano opportuno, nella fattispecie, intervenire per garantire ai coniugi Candela e a tutti i testimoni di giustizia un adeguato reinserimento socio-lavorativo. (4-17920)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


      BINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          la legge sulla riforma universitaria, legge n.  240 del 2010, introduce come sostanziale novità, all'articolo 19, comma 1, lettera c), la possibilità che si possa seguire contemporaneamente, con una frequenza congiunta, sia una scuola di specializzazione che il dottorato di ricerca;
          in data 18 gennaio 2012 la dirigente dottoressa Teresa Cuomo ha risposto al rettore dell'università di Milano Bicocca, che la disposizione in oggetto, prevista all'articolo 19, comma 1, lettera c), della legge n.  240 del 2010 non è applicabile alle specializzazioni di area medica;
          la lettera terminava dicendo che con successivi provvedimenti relativi al dottorato di ricerca sarebbero state comunicate le disposizioni applicative;
          si sono appena conclusi gli esami di ammissione alle diverse scuole di specializzazione della facoltà di medicina e chirurgia e in molte sedi si stanno per esplicare gli esami di ammissione ai rispettivi dottorati di ricerca  –:
          se le disposizioni in questione siano applicabili alle specializzazioni di area medica e quindi sia possibile una frequenza congiunta ad una scuola di specializzazione e al dottorato di ricerca, oppure se quanto indicato nella lettera a firma del dirigente, dottoressa Teresa Cuomo, sia da intendersi come vincolante per l'anno accademico in corso 2012-2013. (3-02501)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      ZAZZERA e DI GIUSEPPE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          i docenti non abilitati di terza fascia insegnano da anni nelle scuole di ogni ordine e grado in quanto idonei all'insegnamento;
          tale idoneità discende oltre che dalla normativa nazionale e comunitaria, anche dai contratti a tempo determinato che questi hanno con gli istituti scolastici, dove il requisito dell'idoneità è condizione imprescindibile;
          questi docenti insegnano, valutano gli alunni, firmano registri, coordinano le classi, svolgono l'attività di commissari agli esami, fanno supplenze per maternità, per malattia, coprono cattedre vacanti su tutto il territorio italiano anche in sedi lontane dal luogo ove risiedono, sopportando tutti gli oneri economici necessari per l'esercizio della professione;
          conseguentemente, tali docenti svolgono le stesse mansioni dei colleghi abilitati e di ruolo, fornendo il loro fondamentale contributo al buon andamento del sistema scolastico italiano, ma a differenza di tutti gli altri, prestano il loro servizio in condizioni di precarietà contrattuale;
          la loro precarietà persiste nel tempo, sebbene la normativa disponga che dopo tre assunzioni a tempo determinato il rapporto di lavoro debba stabilizzarsi;
          come se ciò non bastasse, ai fini dell'accesso al tirocinio formativo attivo (articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n.  244) questi insegnanti subiscono un'ulteriore discriminazione perché equiparati ai neolaureati senza nessuna esperienza perché non hanno mai prestato servizio;
          inoltre il Ministero non ha neppure provveduto a comunicare il numero esatto di tali insegnanti, ormai meglio noti come «docenti invisibili», contribuendo a creare ulteriore confusione sul loro status giuridico  –:
          come intenda il Ministro risolvere le gravi questioni di cui in premessa attraverso criteri di equità ed uguaglianza, anche al fine di evitare soccombenze giudiziarie dovute alle irregolarità perpetrate nei confronti della categoria dei docenti non abilitati di terza fascia;
          quale sia l'esatto numero dei docenti non abilitati con almeno 360 giorni di servizio. (5-08038)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      ARACRI e ALESSANDRI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          da notizie di agenzia diramate il 27 settembre 2012, risulterebbe che in regione Lazio siano fallite le trattative per la vertenza Almaviva Contact, che riguarda 632 lavoratori del call center di via Lamaro a Roma;
          le notizie riferiscono che nell'ambito del tavolo di confronto tra sindacati, rappresentanti aziendali e dell'assessorato si è giunti alla rottura delle trattative avviate per evitare la chiusura della sede di Lamaro e di conseguenza ora l'azienda consegnerà con effetto immediato le lettere di cassa integrazione a zero ore per tutti i 632 lavoratori per cessazione di attività, e successivamente si appresta a chiudere il sito entro l'anno;
          su tale vicenda l'azienda già in precedenza, in particolare durante il 28 agosto 2012, aveva spiegato che la decisione di ricorrere alla cassa integrazione era dovuta alla flessione del mercato, pari al 15 per cento nell'ultimo anno, al calo delle tariffe riconosciute dai clienti che genera una sensibile riduzione dei margini di guadagno, ma anche agli standard produttivi e qualitativi del sito romano che, secondo i vertici societari, sarebbero inferiori rispetto a quelli delle altre sedi italiane;
          solo nella Capitale il gruppo Almaviva, che conta 16 mila dipendenti in Italia, occupa 4.900 persone, divise tra servizi informatici e call center. Questa attività impegna 2.600 operatori nelle tre sedi di via Lamaro, Scalo Prenestino e Casal Boccone. In una lettera ai dipendenti Almaviva ha spiegato che «considerati lo scenario macroeconomico attuale e l'andamento del mercato di riferimento, continuare a sostenere un'unità produttiva che genera un risultato economico e flussi di cassa gravemente negativi equivarrebbe a mettere a rischio la tenuta complessiva delle attività-svolte in Italia. Tra l'altro – conclude l'azienda – il 13 agosto i soci di Almaviva hanno deliberato un aumento di capitale di 48 milioni di euro, 15 dei quali versati dalla famiglia Tripi che controlla il gruppo. Almaviva inoltre ha ottenuto dalle banche un finanziamento per 90 milioni di euro»;
          Almaviva nel mese di febbraio 2012 ha siglato presso la sede di Unindustria, un accordo con le organizzazioni sindacali per la redazione di un contratto di solidarietà difensivo con una durata prevedibile di 12 mesi;
          l'attuale iniziativa di cessare le attività operative del centro di Lamaro vanifica la stabilizzazione dei lavoratori precari dei call center avviata negli anni scorsi con il sostegno pubblico in base, in particolare, alla legge n.  388 del 2000 (Finanziaria 2001) e alla legge n.  407 del 1990 (Disposizioni diverse per l'attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993);
          la situazione nella regione Lazio, nella città di Roma ed in particolare nel municipio X è già gravissima ed in questa situazione sarebbe drammatica la perdita di ulteriori posti di lavoro;
          sulla vicenda si sono già pronunciati sia la regione Lazio e sia il comune di Roma che hanno approvato atti di indirizzo verso i relativi esecutivi volti a richiedere la messa in atto di tutti gli strumenti, incluso l'eventuale coinvolgimento del Governo nazionale, per evitare che il territorio perda centinaia di posti di lavoro in questo grave momento di crisi occupazionale e per salvaguardare un'importante realtà aziendale presente nel territorio di Roma capitale  –:
          se sia a conoscenza della vicenda esposta in premessa e ad ogni modo se non intenda attivare le iniziative di competenza, anche in termini di moral suasion, nei confronti della società Almaviva, affinché receda dalla decisione di porre in cassa integrazione straordinaria per cessazione di attività i 632 lavoratori e lavoratrici addetti al settore call-center della sede di Roma e si pervenga ad una soluzione concertata che garantisca la salvaguardia dei livelli occupazionali;
          se ed in quali termini, nell'ambito della propria competenza, il Governo intenda intervenire nel caso in questione al fine di scongiurare la chiusura delle attività operative della società presso il sito di Lamaro così da favorirne il consolidamento e l'ulteriore sviluppo. (5-08039)


      BELLANOVA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 36 della nostra Costituzione sancisce che «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa»;
          pochi giorni fa il direttore di Canale 8, emittente televisiva salentina, durante il Tg serale ha rassegnato le proprie dimissioni asserendo che il gesto fosse «doveroso per difendere la dignità della nostra professione, considerata alla stregua di un hobby». Lo stesso sembrerebbe aver rassegnato le dimissioni a causa della situazione nella quale l'emittente ha tenuto e tiene giornalisti, operatori e personale negli ultimi mesi, con una decina di contratti non rinnovati e alcuni licenziamenti;
          qualche tempo addietro, un cameraman è stato licenziato dall'azienda per aver denunciato sul social network facebook la mancata retribuzione dello stipendio da mesi, nonostante gli operatori avessero continuato ad assicurare il servizio. Dopo questo evento, lesivo della dignità professionale e dei più elementari diritti di opinione, molti giornalisti, operatori di ripresa, redattori di testate on-line e addetti stampa hanno costituito spontaneamente il gruppo «Informazione Precaria» per determinare tempi e modalità di una protesta che, partendo dal singolo caso, «scoperchiasse l'ipocrisia che governa buona parte dell'informazione locale che ogni giorno racconta la precarietà altrui vergognandosi della propria o cedendo al timore del più becero ricatto occupazionale»;
          ieri l'ordine dei giornalisti della Puglia in una nota «osserva e valuta con grande preoccupazione la situazione diffusa su tutto il territorio regionale che coinvolge centinaia di giornalisti e giornaliste, cameraman, fotografi e operatori dell'informazione che restano senza lavoro o contratto [...] da alcune grandi testate nazionali a numerosi emittenti televisive locali, dai piccoli quotidiani alle free press, negli ultimi mesi sono molti i colleghi che sono stati licenziati anche da un giorno all'altro»;
          il problema della precarietà e della svalutazione del lavoro professionalizzato in questo settore sembrerebbe essere molto più diffuso di quello che potrebbe apparire. Dalle denunce che emergono anche a mezzo stampa, molto spesso giornalisti ed operatori del settore sono, purtroppo, soggetti ad una condizione di estrema ricattabilità che spesso si concretizza in condizioni lavorative ed economiche estremamente penalizzanti;
          va ricordato che il provvedimento legislativo sull'equo compenso del lavoro giornalistico è attualmente in corso di discussione al Senato ed a parere dell'interrogante rappresenterebbe una buona modalità per contrastare il precariato giornalistico che ha delle specificità e deve essere trattato attraverso un provvedimento specifico  –:
          quali iniziative il Ministro intenda assumere in merito per garantire a questi lavoratori maggiori tutele lavorative ed evitare al contempo gravi penalizzazioni che, purtroppo, queste persone molto spesso sono costrette a subire, ciò affinché la libertà d'informazione e di autonomia del giornalismo spesso invocata e troppo poco praticata trovi finalmente spazio.
(5-08040)

Interrogazione a risposta scritta:


      FOGLIARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          l'INPS non intende riconoscere ai fini pensionistici gli anni svolti come sindaco a tempo pieno, quindi senza il godimento di altri redditi, in un comune con più di 10.000 abitanti, nel periodo precedente al 21 agosto 1999;
          la legge n.  265 del 3 agosto 1999 riconobbe le indennità di carica dei sindaci di «comuni con popolazione maggiore di 10.000 abitanti», prima considerate «assimilabili» ai redditi da lavoro dipendente, perfettamente analoghe ai redditi di collaborazione coordinata continuativa e cioè assoggettate a contribuzione pertinente con la «gestione separata»;
          questa norma non è retroattiva e ha creato un «vuoto normativo» con l'entrata in vigore della «gestione separata» (gennaio 1995);
          anche volendo presentare ricorso, risulta che il «Comitato amministratore della gestione separata dell'Inps», a cui vanno indirizzati i ricorsi, sia scaduto tre anni fa ed è tuttora vacante;
          il riconoscimento di «lavoro dipendente» per gli anni trascorsi come primo cittadino a tempo pieno per gli anni precedenti al 1999 risulta impossibile, creando una evidente discriminazione di trattamento non solo tra chi ha servito la comunità prima di una data e chi dopo tale data, ma anche tra la categoria dei «lavoratori autonomi» e quella dei «lavoratori dipendenti» che possono beneficiare, in tal caso, dell'aspettativa  –:
          quali iniziative intenda adottare il Ministro affinché non vi sia tale disparità di trattamento dovuta alla non-retroattività della norma e affinché si riconosca quanto dovuto ai fini pensionistici ai sindaci che hanno lavorato a tempo pieno per la comunità in un dato periodo della loro vita. (4-17921)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


      SCILIPOTI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          da un ventennio, gli enti locali operanti sul territorio della regione Sicilia hanno sopperito alla carenza strutturale di personale in organico, ricorrendo all'utilizzo, a tempo determinato part-time (18-24 ore), di lavoratori (ai sensi della legge nazionale 67/88) con contratti di diritto privato (legge regionale 21 del 2003 e legge regionale 16 del 2006) personale A.S.U. (decreto legislativo 280 del 1997 e Circ. Ass. 331 del 1999) o ancora ex L.S.U. del decreto legislativo 468 del 1997 a carico del fondo nazionale per l'occupazione, aggirando in tal modo il blocco delle assunzioni;
          i lavoratori precari in questione hanno svolto e continuano a svolgere, avendo acquisito nel corso degli anni una notevole professionalità sia in campo tecnico che amministrativo, un'attività lavorativa divenuta indispensabile per l'erogazione di servizi pubblici essenziali;
          i lavoratori precari nel corso di questo lungo ventennio hanno costruito nuclei familiari e prodotto economia, sempre nell'attesa e nella purtroppo vana speranza, di addivenire ad una stabilizzazione duratura, attraverso l'instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo pieno ed indeterminato;
          l'assemblea della regione siciliana ad avviso dell'interrogante non è mai stata in grado di approvare leggi concrete volte ad una soluzione definitiva del problema del precariato, ma soltanto provvedimenti finalizzati a rinviare di volta in volta la problematica, attraverso proroghe di breve, medio e lungo termine, ultima in ordine temporale la legge regionale 24 del 2010;
          al 31 dicembre 2012, in attuazione della normativa nazionale, articolo 9, comma 28, del decreto-legge 78 del 2010 «misure urgenti di stabilità finanziaria», prorogata per l'anno 2012 ai sensi del combinato disposto dell'articolo 14, commi 24-bis e ter, rapporti di lavoro a tempo determinato, sia in scadenza, sia in essere, vigenti nell'ambito della regione siciliana, in mancanza di una trasformazione a tempo pieno e indeterminato, subiranno una soluzione di continuità;
          in virtù della normativa nazionale, cui non possono derogare nemmeno le regioni a statuto speciale, ed in osservanza del «patto di stabilità», ciascun ente operante sul territorio siciliano che utilizza personale in organico a tempo determinato, non può procedere ad una stabilizzazione in maniera autonoma ed in funzione delle proprie esigenze, ma soltanto attraverso concorso pubblico (categorie con diploma di scuola media superiore e laurea), o chiamata diretta (categorie fino ai diploma di scuola media inferiore), previa copertura economica infilando e nella misura del 20 per cento rispetto al personale posto in pensionamento nell'anno precedente;
          il problema posto in esame riguarda un precariato storico che non viene finanziato per puro assistenzialismo, ma in funzione di erogazione di servizi essenziali per la collettività;
          la soluzione di continuità di tale attività lavorativa potrebbe mettere a rischio economico migliaia di nuclei familiari con gravi ripercussioni sull'economia regionale siciliana producendo un «effetto escalation» su quella nazionale;
          gli interventi richiesti al Governo non comportano un particolare aggravio dei saldi di finanza pubblica, comunque giustificato dal carattere eccezionale del processo di stabilizzazione finalizzato a riconoscere e valorizzare le competenze professionali sviluppate dai dipendenti con contratto a termine (cosiddetto precari storici)  –:
          se e quali iniziative normative intendano adottare nell'immediato per risolvere questo problema contingente, con particolare riguardo alla proroga dei rapporti a tempo determinato nelle regioni a statuto speciale per il triennio 2012/2014 superando i limiti previsti dall'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 78 del 2010, tenuto conto della difficilissima situazione occupazionale dell'isola e quali iniziative di competenza, più in generale, si intendano intraprendere al fine di risolvere definitivamente il problema del precariato storico negli enti locali. (4-17913)

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:


      MANTINI, PEZZOTTA, VOLONTÈ, GALLETTI, ANNA TERESA FORMISANO, RUGGERI, COMPAGNON, CICCANTI, RAO, NARO e TASSONE. — Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
          l'assegnazione alla città di Milano dell'Expo 2015 riveste un ruolo strategico fondamentale, soprattutto per le ricadute virtuose che il progetto potrà avere in funzione anticiclica sulla crisi economica: è un'occasione eccezionale di sviluppo, un fattore di ripresa competitiva e di attrazione di investimenti, il cui traino dovrebbe produrre un incremento del valore aggiunto della Lombardia e dell'intero Paese;
          secondo le iniziali stime del 2010, in una ricerca effettuata dalla camera di commercio milanese su un campione di oltre 1.100 imprese, si prevedeva che l'Expo 2015 avrebbe rappresentato un'importantissima opportunità in grado produrre un giro d'affari imponente: si presagiva, addirittura, un incremento del fatturato intorno ai 44 miliardi di euro, con un incremento medio del giro d'affari di circa il 10 per cento, ed i posti di lavoro che potrebbero nascere grazie all'Expo sono stati valutati in circa 70.000;
          oggi queste stime sono largamente smentite dalle previsioni dei fatti, non solo a causa della crisi, ma soprattutto dei ritardi e delle gravi confusioni gestionali sotto il profilo giuridico, amministrativo e progettuale. Attualmente vi è un serio rischio di non poter concludere nei tempi previsti l'esecuzione del progetto, pur ridimensionato: infatti, l'appalto per la rimozione delle «interferenze» va avanti molto lentamente rispetto al necessario e, conseguentemente, i lavori per l'esecuzione della cosiddetta «piastra», di recente aggiudicati, non possono neppure iniziare;
          sussiste, inoltre, una notevole incertezza sulla governance relativa alla realizzazione del «Padiglione Italia», su cui si attende uno specifico decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di disciplina, mentre emergono con evidenza le difficoltà degli enti locali a far fronte agli impegni finanziari minimi assunti;
          l'apertura di Expo 2015 è formalmente prevista per il 1o maggio 2015, ma i terreni e le opere devono essere consegnati ben prima ai Paesi aderenti che devono realizzare i previsti padiglioni –:
          quali misure il Governo intenda con urgenza adottare per garantire il successo di Expo 2015 e se, a tal fine, intenda prendere in considerazione l'ipotesi di una richiesta al Bureau international des expositions di proroga di sei mesi della data di inizio della manifestazione. (3-02507)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
          la crisi economica non accenna a diminuire e, nonostante i vistosi proclami operati negli ultimi giorni, non si riesce ad intravedere una inversione di tendenza;
          nelle ultime settimane sono esplose le crisi di alcune realtà che hanno portato in piazza i lavoratori dell'Alcoa, della Carbosulcis, dell'Ilva;
          i lavoratori dell'Irisbus, del gruppo Fiat, hanno manifestato durante l'incontro tra il Presidente del Consiglio dei ministri Monti e l'amministratore delegato Marchionne;
          i lavoratori della Irisbus di Valle Ufita (Avellino), come quelli degli altri stabilimenti, a fine anno vedranno scadere la cassa integrazione con enorme danno per le famiglie e l'economia locale;
          quella dell'Irisbus è una realtà industriale intorno alla quale, negli anni, si è creato un indotto che dà lavoro a centinaia di famiglie, non solo in Irpinia ma nell'intero meridione;
          è inaccettabile che il management della Fiat, dopo aver incassato milioni di euro di sovvenzioni pubbliche, decida dall'oggi al domani di dismettere uno stabilimento di notevole entità, lasciando senza futuro un territorio già fortemente penalizzato dalla crisi economica in corso;
          tutto il comparto produttivo dell'Irpinia e del Mezzogiorno sta subendo gravi contraccolpi che rischiano di affossare ogni ipotesi di crescita dell'intera area, stante l'enorme influenza che il comparto FIAT ricopre in quel territorio;
          in più d'una occasione le aziende di trasporto hanno ravvisato l'esigenza di favorire lo svecchiamento dei mezzi di trasporto pubblico circolanti la cui età media in Italia si aggira intorno ai 12 anni, di gran lunga superiore a quella europea che si attesta intorno ai 7 anni di vita;
          si ravvisa l'esigenza di adottare un piano per il trasporto pubblico locale e di procedere al contestuale svecchiamento del parco mezzi per effetto del quale l'Irisbus potrebbe avere nuove commesse e quindi tenere in vita gli stabilimenti che si vogliono chiudere;
          appare urgente che sia il Presidente del Consiglio Monti che l'amministratore delegato Marchionne debbano chiarire se in Italia si devono produrre autobus anche per svecchiare un parco ormai obsoleto ed inquinante  –:
          quali iniziative intendano intraprendere, ognuno per la propria competenza, per redigere un piano di ristrutturazione della produzione di autobus in Italia al fine di rendere efficiente il servizio, ormai vecchio ed obsoleto, e garantire la occupazione di tutti gli operai ormai in cassa integrazione e, contestualmente, rilanciare un settore strategico per la crescita economica dell'intero Paese;
          se nei recenti incontri con la proprietà e il management FIAT sia stata affrontata la situazione dell'Irisbus di Flumeri e quali risposte siano state ottenute;
          se non intendano chiedere alla proprietà FIAT di predisporre un piano industriale finalizzato alla ripresa produttiva dello stabilimento Irisbus di Flumeri.
(2-01678) «Iannaccone, Belcastro, Porfidia, Brugger».


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
          dopo circa due mesi di trattative la multinazionale svizzera Glencore ha ufficializzato il ritiro dall'acquisizione dello stabilimento Alcoa di Portovesme;
          in una lettera della società si specifica che con l'applicazione dei meccanismi illustrati durante gli incontri di queste settimane si arriverebbe ad un costo finale dell'energia pari a 35 euro per megawattora prezzo che si è rivelato insufficiente a garantire la continuità produttiva di Alcoa... e che allo stato attuale e in questa situazione la società non sarebbe interessata a proseguire il discorso anche perché l'attuale gestore dell'impianto, alle stesse condizioni, accumula perdite rilevanti che hanno portato alla decisione di chiudere l'impianto;
          la Glencore aveva chiesto al Governo un impegno affinché il costo dell'energia non superasse i 25 euro a megawattora e che comunque qualora fossero a disposizioni soluzioni alternative sarebbe pronta a risedersi al tavolo anche se, secondo quanto affermato dal Ministro dello sviluppo economico, ci sarebbero altre aziende interessate anche se quelle fin qui conosciute non hanno entusiasmato i rappresentanti dei lavoratori e degli enti locali;
          il punto nodale della vicenda, confermato dalla decisione della Glencore, è quello di un mercato dell'energia in Sardegna bloccato, in cui ENEL non riesce ad abbattere la tariffa dei 35 euro per megawattora;
          nel Sulcis, il comparto di Portovesme ha una capacità di 900 megawattora, di cui 240 prodotti da un gruppo a carbone, 340 da un gruppo a tecnologia «letto fluido» (che può bruciare un mix di combustibile di carbone e biomassa legnosa) e due gruppi di 160 megawattora a olio combustibile;
          poiché gli oneri di produzione si aggirerebbero sui 120.130 euro a megawattora (circa il doppio di quelli delle centrali a carbone tedesche) è chiaro che si stia parlando di impianti tecnologicamente arretrati, cui si aggiunge il fatto che la totalità degli oneri non vengono spalmati su tutto il mercato elettrico ma scaricati per intero in loco;
          è opportuno ricordare che nel 1996 l'Alcoa subentrò all'azienda di Stato Alumix e che fu siglato un accordo in cui si stabilì che per un decennio l'Alcoa avrebbe pagato l'energia tra i 18 e i 20 euro al megawattora, ma con la liberalizzazione del mercato elettrico nel 2005 l'accordo andava aggiornato per cui si escogitò un sistema secondo il quale l'Alcoa pagava l'energia a costi di mercato ma riceveva uno sconto in bolletta che veniva pagato dalla totalità degli italiani. Quel sistema saltò per effetto delle leggi europee che impediscono aiuti di Stato lesivi della concorrenza;
          tuttavia, secondo un documento della Commissione europea, datato 29 novembre 2009 in risposta ad una richiesta del Governo Berlusconi, l'ENEL, in virtù di una sovraccapacità di generazione di elettricità in Sardegna, potrebbe concedere un prezzo concorrenziale leggermente superiore al costo marginale dell'energia, ma che proprio per la sua posizione di dominante non procederà mai ad effettuare questo sconto perché l'Alcoa non può acquistare energia altrove;
          il fatto che in Sardegna operi anche E.On non comporta differenze perché entrambi gli operatori non hanno interesse ad applicare prezzi inferiori per non creare effetti emulativi nel resto dell'Italia;
          il 27 marzo 2012 è stato siglato un verbale che registra l'accordo tra i Ministero dello sviluppo economico, il Ministero del lavoro gli enti locali e le rappresentanze sindacali secondo cui si sarebbe favorita la stipula di accordi con i maggiori produttori di energia elettrica e rimossi eventuali ostacoli commerciali o di altra natura;
          il Ministero dell'economia e delle finanze è ancora l'azionista di riferimento di ENEL con una quota di capitale sociale diretta ed indiretta del 31 per cento  –:
          quali siano le proposte rimaste in campo secondo quanto affermato dal Ministro interpellato;
          se non ritenga di dare seguito al citato impegno sottoscritto dal Ministro al fine di chiarire in maniera definitiva se esista realmente la possibilità di applicare prezzi concorrenziali leggermente superiori al costo marginale dell'energia, come affermato dal citato documento, e quali iniziative intenda adottare conseguentemente.
(2-01679) «Mereu, Galletti».


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
          il patto territoriale della Venezia Orientale (Venezia) ha rappresentato per il sistema economico e sociale di quel territorio una vera occasione di progresso;
          purtroppo, dopo la stagione esaltante della concertazione e dello sviluppo, i protagonisti di quell'esperienza si sono ritrovati a dover combattere contro una selva di norme e di balzelli che nulla hanno a che fare con lo spirito che sta alla base della concertazione come metodo di sviluppo;
          il soggetto responsabile del patto territoriale della Venezia Orientale, individuato nel comune di Fossalta di Piave (Venezia), è stato sempre vicino e puntuale nei confronti delle aziende del territorio sollecitando ripetutamente e, purtroppo inutilmente i vari Governi che si sono succeduti nel tempo senza avere risposta;
          infatti, infinite richieste di documentazioni, sopralluoghi, commissioni, non sono riusciti a chiudere ancora l’iter amministrativo dei soggetti beneficiari del contributo pubblico;
          una interrogazione era stata presentata dal primo firmatario del presente atto in data 23 aprile 2009 (n.  5-01334); a tale interrogazione fu risposto in data 17 ottobre 2011 dal Sottosegretario pro tempore Saglia il quale affermava che i disguidi evidenziati nell'atto ispettivo erano in via di risoluzione e che il Ministero era fortemente impegnato per la più celere conclusione delle verifiche prescritte e per la conseguente liquidazione dei saldi spettanti;
          da allora sono state liquidate solo poche aziende e a tutt'oggi sono ancora 11 le imprese creditrici per un importo totale di euro 617.000 euro;
          una nuova interrogazione su questo argomento è stata presentata a questo Governo nel mese di luglio 2012 senza avere risposta;
          si tratta di aziende di piccole e medie dimensioni che in una situazione di crisi come quella attuale troverebbero nel recupero di questo credito una vera e propria boccata d'ossigeno;
          numerose sono state ovviamente le sollecitazioni dirette all'ufficio competente tramite il Ministero per la definitiva chiusura della pratica;
          sono passati 13 anni (tre dalla presentazione della prima interrogazione), le aziende hanno svolto ampiamente i loro impegni nei confronti delle comunità, gli enti locali hanno fatto la loro parte e non è accettabile che disguidi di tale gravità possano verificarsi  –:
          se intenda dare disposizioni immediate e verificabili per la definitiva liquidazione di tutte le pratiche inevase specificando in sede di risposta i tempi e i modi di liquidazione dei crediti vantati dalle imprese e avviando nel contempo una verifica amministrativa sulla gestione di questo procedimento, al fine di individuare le responsabilità di questa gravissima e interminabile vicenda di mala gestione della cosa pubblica e gli eventuali e conseguenti provvedimenti sanzionatori.
(2-01681) «Viola, Schirru, Baretta, Margiotta, Martella, Merloni, Peluffo, Naccarato, Farinone, Iannuzzi, Marco Carra, Braga, Colaninno, Fioroni, Marchioni, Grassi, Boccuzzi, Zampa, Zaccaria, De Biasi, Velo, Zucchi, Lulli, Federico Testa, Sbrollini, Ferranti, Ginoble, Bocci, Bratti, Samperi, Mattesini, Sani, Sanga, Fadda».

Interrogazioni a risposta immediata:


      PALMIERI, BERGAMINI e BALDELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          lo sviluppo della cultura digitale e la progressiva digitalizzazione dell'economia e della società sono ormai considerati un elemento cardine per la crescita economica del Paese;
          l'investimento nelle tecnologie dell'informazione e della comunicazione rappresenta uno strumento indispensabile per uscire dalla grave crisi economica europea, come sottolineato anche dal Commissario europeo per l'agenda digitale Neelie Kroes e come dimostra l'elaborazione di una Agenda digitale europea, nell'ambito della strategia «Europa 2020», che fissa gli obiettivi di crescita dell'Unione europea per il decennio corrente;
          come risulta da puntuali rilevazioni statistiche, infatti, una crescita del 10 per cento della penetrazione della banda larga genera un aumento del prodotto interno lordo fra lo 0,9 e l'1,5 per cento;
          lo sviluppo della banda larga e la penetrazione di internet costituiscono, altresì, uno strumento di diffusione dell'informazione e consentono la resa di servizi al cittadino più efficienti e tempestivi;
          in questo quadro, la IX Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati ha avviato l'esame di due proposte di legge (atto Camera 4891 Gentiloni Silveri e atto Camera 5093 Palmieri) volte a sviluppare i servizi elettronici e digitali;
          in particolare, il nuovo testo unificato delle citate proposte di legge elaborato dalla Commissione il 26 luglio 2012, recante «Disposizioni per l'Agenda digitale», contiene interventi volti ad agevolare lo sviluppo delle infrastrutture e la diffusione della cultura digitale, a sostenere le start-up innovative, anche attraverso misure di incentivazione fiscale e di semplificazione, interventi in favore dell'inclusione digitale delle persone disabili e delle categorie deboli e svantaggiate, disposizioni per facilitare la digitalizzazione della pubblica amministrazione, attraverso l'adozione del software libero, l'interoperabilità delle banche dati delle pubbliche amministrazioni e la fornitura di servizi digitali al cittadino, con particolare riguardo ai settori della giustizia e della sanità;
          il documento di economia e finanza per l'anno 2012 presentato dal Governo, in coerenza con il predetto provvedimento, individua le iniziative che permetteranno al Paese di accelerare il processo di digitalizzazione, agendo su quattro assi: infrastrutture di rete, integrazione delle tecnologie dell'informazione nella pubblica amministrazione, digitalizzazione nei rapporti di imprese e cittadini verso la pubblica amministrazione (switch-off), spinta all'utilizzo del digitale e incremento delle competenze digitali –:
          se, come preannunciato, il Governo intenda adottare iniziative normative d'urgenza sull'agenda digitale e con quali tempi, nonché quali tematiche specifiche il Governo intenda includere nel provvedimento in questione. (3-02504)


      TRAPPOLINO, BOCCI, VERINI, SERENI, MARAN, BOCCIA, QUARTIANI e GIACHETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          lo stabilimento di Acciai speciali Terni, uno dei più competitivi al mondo per qualità della produzione e per la ricerca, occupa complessivamente circa 2.900 persone. Tale stabilimento, in anni recenti, è stato oggetto di un importante intervento di ristrutturazione, che ha comportato anche sacrifici occupazionali significativi;
          il 31 gennaio 2012 il gruppo tedesco ThyssenKrupp (titolare anche dello stabilimento di Terni) annunciava di avere raggiunto un'intesa con la società finlandese Outokumpu per la cessione di tutte le attività di Inoxum GmbH, quindi anche della società Acciai speciali Terni;
          nel piano strategico della Outokumpu Terni, insieme alla sede finlandese di Tornio, deve rappresentare uno dei due poli principali del gruppo caratterizzati dalla completezza del ciclo e dalla complementarità nella distribuzione delle qualità di acciaio inossidabile prodotto;
          questa operazione è stata sottoposta alla valutazione dell'Autorità antitrust europea e, finché non vi sarà il placet della suddetta autorità, l'accordo annunciato resta sospeso;
          l'Antitrust europeo ha rimandato, dal 26 settembre 2012 al 24 ottobre 2012 e successivamente al 16 novembre 2012, la decisione su tale acquisizione;
          secondo quanto dichiarato il 7 settembre 2012 dalla Vicepresidente del Parlamento europeo Roberta Angelilli, «la fusione tra Thyssenkrupp e Outokumpu riceverà sicuramente parere positivo dall'Antitrust europeo, ma bisognerà vedere a quali condizioni». Secondo fonti giornalistiche, rilanciate anche a mezzo stampa dalle associazioni sindacali, tali «condizioni» potrebbero comportare un ridimensionamento delle produzioni (circa 300 mila tonnellate annue in meno) dei «reparti a freddo»: quelli più prestigiosi in termini di mercato e di valore aggiunto economico e per i quali sono stati fatti, negli ultimi anni, investimenti per 500 milioni di euro. Alcune limitazioni riguarderebbero anche le produzioni dei «reparti a caldo»;
          secondo altre fonti giornalistiche, riportate in data 1o ottobre 2012, «la Commissione europea ha informato Outokumpu che la cessione delle produzioni “a caldo” e “a freddo” svedesi potrebbe non essere sufficiente per permettere l'approvazione dell'acquisizione di Inoxum da ThyssenKrupp. Outokumpu, pertanto, sta sottoponendo una proposta correttiva alternativa alla Commissione, secondo la quale lo stabilimento di acciaio inossidabile di Inoxum a Terni, in Italia, verrebbe ceduto»;
          l'eventuale cessione ad un altro gruppo industriale (ad oggi sconosciuto) ed il possibile ridimensionamento della produzione nello stabilimento di Terni sta creando forte preoccupazione negli enti locali e nelle associazioni sindacali territoriali. Se tali indiscrezioni si rivelassero vere, potrebbero comportare ricadute negative in termini di occupazione e fatturato per l'intero polo produttivo ternano;
          le associazioni sindacali hanno rimarcato l'assoluta «necessità di arrivare in tempi rapidi al positivo pronunciamento della Commissione Antitrust» come «primo passo fondamentale per la realizzazione del processo di fusione» tra Inoxum e Outokumpu;
          i rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl, Uil, Fismic e Ugl di Terni, dopo un incontro con l'assessore regionale dell'Umbria allo sviluppo economico Vincenzo Riommi, hanno avanzato la richiesta di sollecitare il Governo ad attivare un confronto sul tema della fusione Inoxum-Outokumpu. Per i sindacati il tavolo di confronto «non è più rinviabile e la questione della fusione Inoxum-Outokumpu deve essere considerata una vera e propria vertenza nazionale»;
          è, quindi, fondamentale, per i motivi esposti, che il Governo segua con attenzione e continuità l'evolversi della vicenda per accompagnare la transizione in atto verso esiti che garantiscano allo stabilimento di Terni competitività e qualità nella produzione e continuità dei livelli occupazionali. È, inoltre, auspicabile un'opportuna attenzione del Governo nei confronti delle indagini e del costituirsi progressivo delle decisioni dell'Antitrust europeo, in modo da accompagnare un'operazione industriale che potrà garantire un rinnovato slancio al sito produttivo di Terni;
          le istituzioni locali ternane e umbre, insieme ai rappresentanti dei sindacati, sono stati convocati per giovedì 4 ottobre 2012, alle ore 18, presso il Ministero dello sviluppo economico per affrontare la questione della fusione Inoxum-Outokumpu;
          la perdurante situazione di incertezza del polo produttivo di Terni, senza la presenza di una proprietà stabile e di un piano industriale competitivo ed efficace, rischia di ripercuotersi sull'intero sistema economico nazionale. Il nostro Paese è, infatti, il secondo produttore e consumatore di acciaio in Europa ed una riduzione della produzione (già in atto, di fatto, con la chiusura di alcuni reparti dell’Ilva di Taranto) comporterebbe un ulteriore calo di commesse da parte di aziende italiane e straniere, con conseguente ricaduta su tutto l'indotto e sull’export nazionale  –:
          se le notizie relative alla «proposta correttiva», citata in premessa, ed avanzata all'Antitrust europeo da Outokumpu corrisponda al vero e quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo per salvaguardare produzione e livelli occupazionali dello stabilimento Acciai speciali Terni e, conseguentemente, la competitività e la presenza del settore italiano della siderurgia. (3-02506)

Interrogazione a risposta scritta:


      DI PIETRO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'aumento delle accise sta avendo un impatto decisamente negativo sulle vendite dei carburanti, in particolare nella regione Friuli Venezia Giulia, che sta causando un vero e proprio «pendolarismo del pieno» verso i Paesi esteri confinanti, dove i prezzi sono molto più bassi;
          tale problema si sta verificando in special modo nella zona confinaria con la Slovenia, dove – nonostante la legge regionale 14 del 2010, modificata dalla legge regionale 11 del 2011, in attuazione della legge 549 del 1995 – l'aumento delle accise, dapprima con disposizioni del precedente Esecutivo e successivamente con quelle quelle disposte dall'attuale, ha portato a una «fuga» della clientela oltre confine;
          si sta assistendo dunque, da qualche tempo, a un vero e proprio «esodo» di consumatori che, oltre a non fare più il pieno in Italia, una volta oltre confine acquistano generi di ogni specie, causando un danno supplementare alla economia italiana; infatti, oltre all'enorme danno pari a circa -70 per cento, si deve sommare purtroppo una enorme perdita da parte di altre categorie come tabaccai, ristoratori, macellai e molti altri ancora  –:
          se non si ritenga di assumere iniziative, anche normative, per tamponare la «fuga» verso la Slovenia per l'approvvigionamento di carburanti e ridurre questa enorme fuoriuscita di risorse dalle casse italiane a favore di quelle slovene.
(4-17912)

Apposizione di firme ad una mozione.

      La mozione Palagiano e altri n.  1-01136, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Fabbri, Codurelli, Gianni, Gozi, Samperi, Raisi, D'Incecco.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Frassinetti n.  5-04405, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 marzo 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Centemero.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Ciccanti n.  5-07194, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 giugno 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ghizzoni.

      L'interrogazione a risposta orale Peluffo n.  3-02499, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Fiano, Duilio, Braga, Codurelli.

      L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Gidoni e altri n.  5-08031, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
          interrogazione a risposta in Commissione Di Biagio n.  5-06839 del 14 maggio 2012;
          interrogazione a risposta scritta Dell'Elce n.  4-17571 del 12 settembre 2012.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Zazzera e Di Giuseppe n.  4-17006 del 18 luglio 2012 in interrogazione a risposta in Commissione n.  5-08038.