XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 12 ottobre 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


      La Camera,
          premesso che:
              il 23 aprile 2010 a seguito delle elezioni regionali del marzo 2010 con delibera della Presidenza del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2010, è stato nominato Commissario ad acta per la prosecuzione piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della regione Lazio, Renata Polverini;
              i punti del mandato commissariale del 23 aprile 2010 erano:
                  1. Prosecuzione delle azioni di supporto contabile e gestionale; 2. Razionalizzazione e contenimento della spesa per il personale; 3. Razionalizzazione della spesa per acquisto di beni e servizi; 4. Intervento sulla spesa farmaceutica convenzionata; 5. Intervento sulla spesa farmaceutica; 6. Definizione dei contratti con gli erogatori privati accreditati, in caso di mancata stipula, di quanto prescritto dall'articolo 8-quinquies, comma 2-quinquies, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.  502, e ridefinizione delle relative tariffe; 7. Stipula dei protocolli di intesa con le Università pubbliche e private; 8. Riassetto della rete ospedaliera con adeguati interventi per la dismissione/riconversione dei presidi non in grado di assicurare adeguati profili di efficienza e di efficacia e revoca degli accreditamenti per le corrispondenti strutture private accreditate; 9. Completamento del riassetto della rete laboratoristica e di assistenza specialistica ambulatoriale; 10. Riequilibrio dell'offerta a favore delle strutture territoriali intermedie e dell'assistenza domiciliare; 11. Introdurre misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie in misura proporzionata al disavanzo residuo stimato per l'anno 2008; 12. Approvazione del piano sanitario regionale in coerenza con il Piano di rientro; 13. Modifica dei provvedimenti approvati dalla regione in carenza o difformità dal preventivo parere di approvazione da parte dei Ministeri interessati all'attività di affiancamento, in coerenza con le linee del Piano di rientro; 14. Potenziamento della struttura amministrativa interna, con sviluppo delle relative professionalità, funzionale alla corretta gestione dei procedimenti in modo stabile e duraturo;
              con delibera della Presidenza del Consiglio dei ministri del 3 marzo 2011, e a seguito delle dimissioni del precedente sub commissario, dottor Mario Morlacco, nominato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 17 ottobre 2008, è stato nominato quale sub commissario per l'attuazione del Piano di rientro della regione Lazio e affiancamento al commissario ad acta il dottor Giuseppe Antonio Spata;
              con delibera del Consiglio dei ministri del 20 gennaio 2012 si è proceduto a rimodulare il mandato del commissario ad acta (nominato con DCM 20 aprile 2010) e del sub commissario (nominato con DCM 3 marzo 2011), e contestualmente si è nominato, con decorrenza dal 1o febbraio 2012, un nuovo sub commissario, dottor Gianni Giorgi, definendo per entrambi i sub commissari specifici ambiti di competenza;
              in data 27 settembre 2012 Renata Polverini, ha firmato la lettera di dimissioni da presidente della regione Lazio ma non da commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro,

impegna il Governo

a nominare, nel rispetto delle procedure previste dalla legge, un nuovo commissario ad acta estraneo all'attuale amministrazione sanitaria laziale per la realizzazione degli obiettivi di risanamento finanziario previsti nel piano di rientro.
(1-01169) «Farina Coscioni, Maurizio Turco, Fioroni, Gentiloni Silveri, Recchia, Bernardini, Beltrandi, Melis, Livia Turco, Sbrollini, Mazzarella, Boccuzzi, Zamparutti, Mecacci, Bobba, Capano, Benamati, Duilio, Baretta, Agostini, Calvisi, Melandri, Barbi, Villecco Calipari, Gasbarra, Fontanelli, Miotto, D'Incecco, Touadi, Fadda, Marrocu, Carella, Scarpetti, Morassut, Rugghia, Bossa, Schirru, Bachelet, Garofani, Grassi».

Risoluzioni in Commissione:


      La IV Commissione,
          premesso che:
              il MUOS (mobile user objective sistem) è un moderno sistema di telecomunicazioni satellitare della marina militare statunitense, dotato di cinque satelliti geostazionari e quattro stazioni di terra, di cui una a Niscemi, dotate di tre grandi parabole del diametro di 18,4 metri e due antenne alte 149 metri, in banda UHF. Sarà utilizzato per coordinare capillare tutti i sistemi militari statunitensi dislocati nel globo, in particolare i droni, aerei senza pilota che saranno allocati anche a Sigonella;
              il programma MUOS, gestito dal dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, e ancora nella sua fase di sviluppo e si prevede la messa in orbita dei satelliti entro il 2015;
              ad oggi risultano realizzate tre stazioni a terra, installate in Virginia, nelle isole Hawaii ed in Australia, tutte dislocate in zone desertiche. Solo quella che sta per essere realizzate in Sicilia si insedierà in un'area vicinissima ai centri abitati;
              l'autorizzazione all'installazione nasce dalla stipula di un accordo bilaterale Usa-Italia del 2001 e ratificato nel 2006;
              la base militare americana NRTF-8 (Naval Radio trasmitter Facility) operativa dal 1991, dove sarà installata la stazione MUOS, monta già 41 antenne in banda HF e una banda F alta circa 140 metri e con potenza di emissione nell'ordine dei 500-2.000 KW il cui scopo è la trasmissione sotto la superficie del mare con sommergibili militari. Da studi basati sui dati raccolti dall'ARPA Sicilia è scientificamente fondato il timore che l'installazione attuale superi già i limiti di legge imposti sulle emissioni elettromagnetiche;
              la base militare si trova all'interno della riserva naturale della Sughereta di Niscemi, uno dei pochi parchi naturali con alberi da sughero in Italia con una fitta e rigogliosa vegetazione tutelata da leggi che vietano a chiunque di danneggiare o deturpare fauna e fora presenti. Nel 2000 il parco è stato inserito nella Rete Natura 2000 come sito di importanza comunitaria (SIC). Nel 2008 il piano territoriale di Caltanissetta stabilisce che presso la Sughereta di Niscemi non è concesso realizzare nuove costruzioni e infrastrutture compresa l'installazione di antenne e tralicci;
              i comitati No MUOS esprimono fortissime preoccupazioni riguardo le conseguenze dell'installazione di tale sistema su: salute umana, ecosistema della Sughereta di Niscemi, qualità dei prodotti agricoli, diritto alla mobilità e allo sviluppo del territorio, diritto alla pace e alla sicurezza del territorio e dei suoi abitanti;
              secondo autorevoli indagini mediche e studi americani i campi elettromagnetici prodotti potrebbero interferire su qualunque apparecchiatura elettrica, quali by-pass, sedie a rotelle, pace-maker, anche a distanza di oltre 140 chilometri. Questa condizione comporterebbe «a lunga distanza» insorgenze tumorali agli organi riproduttivi e leucemie;
              il Governo italiano ha dato il via libera all'opera, abbandonando al loro destino i cittadini non solo di Niscemi, ma di tutta a Sicilia. Le firme già raccolte per dire no al sistema militare americano sono decine di migliaia;
              il 6 ottobre scorso circa cinquemila persone, provenienti da ogni provincia della Sicilia e da alcune regioni d'Italia, hanno partecipato, a Niscemi alla manifestazione nazionale «NoMuos»;
              ai 25 comitati dei «No Muos» si sono uniti i ragazzi di Vicenza del comitato «No dal Molin», che si battono contro l'ampliamento della base Nato vicentina. Un lungo corteo, composto da uomini, donne e bambini, è partito da contrada Apa, alla periferia di Niscemi, per raggiungere, dopo un percorso di quattro chilometri, l'ingresso principale della base americana di telecomunicazioni. La manifestazione, vigilata da una ampio schieramento di forze dell'ordine, si è svolta senza incidenti;
              contestualmente la stazione che ospita il sistema satellitare di telecomunicazioni ad altissima frequenza (UHF) delle forza armate Usa è stata sequestrata dalla magistratura per violazione delle leggi sull'ambiente. Oggetto del sequestro sono stati proprio l'area e gli impianti del sistema di comunicazioni (Muos) della stazione «Naval radio transmitter facility» (Nrtf) di contrada Ulmo. Il provvedimento è stato emesso dal giudice per le indagini preliminari su richiesta della procura di Caltagirone, a conclusione di indagini avviate nel luglio del 2011. La motivazione principale è che la stazione radio si trova nella riserva naturale «Sughereta di Niscemi», area a inedificabilità assoluta in un sito di interesse comunitario;
              l'esecuzione del sequestro preventivo è stata affidata a carabinieri ed agenti della polizia municipale presso la procura di Caltagirone, con l'ausilio dei carabinieri della compagnia di Sigonella e degli avieri del 41o Stormo;
              l'installazione nell'area di Niscemi è stata al centro di numerose proteste di residenti, rappresentanti locali e associazioni ambientaliste. Il sindaco di Niscemi chiese l'intervento dell'Agenzia regionale per l'ambiente (Arpa) per capire se l'installazione della nuova stazione di controllo terrestre delle forze armate degli Stati Uniti, può provocare danni ambientali o alle persone. Da allora cominciò a formarsi un vasto movimento d'opinione che si è espresso contro l'installazione delle enormi parabole militari a Niscemi e che ha portato alla nascita del «no Muos». In questi anni si sono svolte numerose manifestazioni e marce contro l'impianto;
              le valutazioni inserite in un rapporto dei consulenti tecnici del comune di Niscemi, sono state recentemente anche messe agli atti di una audizione al Senato della Repubblica. Esse mostrano come la sola entrata in funzione dei trasmettitori del Muos, potrebbe avere come conseguenza patologie legate al sistema emolinfatico, leucemie, specialmente infantili. Il dato più recente è l'evidenza di queste malattie in popolazioni che vivono vicini agli elettrodotti, che ha portato ad ampliare le distanze. Tra gli effetti non letali c’è per esempio l'ipertermia. Le onde vengono assorbite dal corpo e lasciano del calore. Per certi tessuti, come il cristallino dell'occhio, questo può provocare l'insorgenza di cataratta. La fauna verrebbe danneggiata dai campi. Ulteriori interferenze vi sarebbero poi nel traffico aereo: gli aeroporti di Sigonella, Comiso e Fontanarossa sono vulnerabili. L'inquinamento dello spazio aereo civile non è stato tenuto in conto,

impegna il Governo:

          alla luce dei recenti sviluppi e dell'inchiesta della magistratura, a rivedere totalmente l'autorizzazione a procedere con il programma MUOS Mobile User Objective System presso la base militare americana NRTF-8 di Niscemi avviando, nell'immediato, le necessarie iniziative per una moratoria sia per quanto riguarda la costruzione del Muos, sia per il sistema di antenne già presente nella riserva;
          ad elaborare un rapporto attuale con dati e fonti circa i denunciati pericoli rappresentati dalle radiazioni elettromagnetiche e il processo di militarizzazione che i territori e i cittadini siciliani potrebbero essere costretti a subire tenendo conto, principalmente, della vicinanza ai centri abitati, caratteristica non presente negli altri 3 siti (Virginia, Hawaii, Australia).
(7-01007) «Di Stanislao».


      La VI Commissione,
          in materia di «fabbricati fantasma» l'articolo 19 del decreto-legge n.  78 del 2010 prevedeva, (commi 8 e 9), che «entro il 31 dicembre 2010 i titolari di diritti reali sugli immobili che non risultano dichiarati in catasto individuati secondo le procedure previste dall'articolo 2, comma 36, del decreto-legge n.  262 del 2006, sono tenuti a procedere alla presentazione, ai fini fiscali, della relativa dichiarazione di aggiornamento catastale» e che «entro il medesimo termine del 31 dicembre 2010 i titolari di diritti reali sugli immobili oggetto di interventi edilizi che abbiano determinato una variazione di consistenza ovvero di destinazione non dichiarata in catasto, sono tenuti a procedere alla presentazione, ai fini fiscali, della relativa dichiarazione di aggiornamento catastale»; l'Agenzia del territorio, successivamente alla registrazione degli atti di aggiornamento presentati, avrebbe reso disponibili ai comuni le dichiarazioni di accatastamento per i controlli di conformità urbanistico-edilizia, attraverso il portale per i comuni;
          con il «Milleproroghe» del 2011 (decreto-legge n.  225 del 2010, articolo 2, comma 5-bis) il suddetto termine veniva spostato al 30 aprile 2011, motivando la proroga con la massa delle operazioni in corso, sia per quel che riguarda le iscrizione a catasto, sia per l'attribuzione della rendita catastale presunta;
          con il decreto-legge n.  201 del 6 dicembre 2011 del Governo Monti (articolo 13, comma 14-ter) si è stabilito che, «I fabbricati rurali iscritti nel catasto dei terreni devono essere dichiarati al catasto edilizio urbano entro il 30 novembre 2012». In questa serie di immobili ci sono:
              a) i «fabbricati ex rurali», ovvero edifici che hanno perso i requisiti di ruralità e che occorre censire;
              b) i «fabbricati rurali» ovvero fabbricati che sono corretti in mappa, che occorre accatastare e che possono mantenere i requisiti soggettivi ed oggettivi di ruralità;
              c) i «fabbricati di montagna», i cosiddetti «scau o baite» per i quali è comunque indispensabile provvedere all'accatastamento;
          con il comunicato dell'Agenzia del territorio 5 marzo 2012 sono stati resi noti i risultati dell'attività di iscrizione degli «immobili fantasma», di seguito evidenziati:
              2.228.143 particelle del catasto terreni, nelle quali si è constatata la presenza di potenziali fabbricati, non presenti nelle banche dati catastali;
              al 30 aprile 2011, i tecnici dell'Agenzia avevano già completato l'accertamento su 1.065.484 particelle, grazie anche all'adempimento spontaneo dei contribuenti;
              nell'arco temporale compreso tra il 2 maggio 2011 e la fine del medesimo anno è stato avviato il processo di attribuzione della rendita presunta sulle rimanenti 1.162.659 unità immobiliari;
              gli immobili ancora da trattare nel 2012 sono 368.664;
          con il decreto-legge n.  16 del 2 marzo 2012 (articolo 11, comma 7) si è stabilito che entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo (quindi entro il 3 settembre 2012), devono essere presentati gli atti di aggiornamento catastale per le unità immobiliari per le quali è stata attribuita la rendita presunta, ai sensi del comma 10 dell'articolo 19 del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78; l'adempimento è a carico dei titolari di diritti reali sugli immobili; l'obbligo sorge a seguito dell'affissione in ciascun comune, a cura dell'Agenzia del territorio, delle rendite catastali presunte; il decreto peraltro quadruplica le sanzioni catastali previste per la mancata presentazione degli atti di aggiornamento catastale dopo l'attribuzione della rendita presunta;
          con il comunicato dell'Agenzia del territorio 5 maggio 2012 (pubblicato in Gazzetta lo stesso giorno) è stato reso noto l'elenco dei «Comuni interessati dall'attività di attribuzione della rendita presunta ai fabbricati non dichiarati in Catasto ai sensi dell'articolo 19, comma 10, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.  122. Attività di pubblicazione per la notifica degli esiti»;
          da ultimo l'articolo 23-quater del decreto-legge n.  95 del 2012, convertito con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.  135, concernente la revisione della spesa pubblica, dispone che l'Agenzia del territorio sia incorporata nell'Agenzia delle entrate;
          in relazione alla mole di aggiornamenti catastali ancora da effettuare, sia per gli immobili «fantasma», che per i fabbricati rurali, le associazioni professionali interessate segnalano le difficoltà inerenti all'attuazione di questi adempimenti derivanti da diversi fattori concomitanti; quanto ai primi, si tratta infatti dei fabbricati di cui è complesso anche ricostruire la proprietà, in quanto appartenenti a più proprietari nessuno dei quali residente o per i quali sono state omesse le dichiarazioni di successione, oppure sono stati eseguiti atti di compravendita senza volture, oppure a livello cartografico esistono dei forti problemi di mappa in quanto la mappa catastale non risulta corrispondente allo stato dei luoghi; per quanto riguarda i fabbricati rurali, oltre alle criticità già segnalate, è stata evidenziata la presenza di «code telematiche», che stanno intasando gli uffici periferici dell'Agenzia del territorio;
          si prospetta pertanto la necessità di prorogare sia il termine del 30 novembre 2012 previsto dal decreto-legge n.  201 del 2011 del Governo Monti (articolo 13 comma 14-ter) per i fabbricati rurali, sia il termine del 3 settembre 2012 di cui al decreto-legge n.  16 del 2 marzo 2012 (articolo 11, comma 7) per la presentazione degli gli atti di aggiornamento catastale, per le unità immobiliari per le quali è stata attribuita la rendita presunta, al fine di evitare ai contribuenti l'applicazione di sanzioni la cui origine non sta nell'inadempimento del soggetto obbligato, ma nelle difficoltà sopra evidenziate,

impegna il Governo

ad assumere iniziative normative per prorogare i termini di scadenza previsti dall'articolo 13, comma 14-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201, convertito con modificazioni legge 22 dicembre 2011, n.  214, nonché dall'articolo articolo 11, comma 7, del decreto-legge del 2 marzo 2012, n.  16, convertito con modificazioni dalla legge 26 aprile 2012, n.  44, tenendo conto dei carichi di lavoro che fanno capo all'Agenzia del territorio, dei ritardi derivanti dall'incorporazione della medesima nell'Agenzia delle entrate e delle segnalazioni di criticità provenienti dalle associazioni dei soggetti professionali che svolgono i necessari adempimenti, a tutto l'anno 2013.
(7-01006) «Bernardo, Costa».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
          in Qatar e in Arabia Saudita non sono rispettati i diritti umani come risulta dalla lettura dei rapporti annuali di Amnesty international;
          nei due Paesi citati vige una variante estremista e radicale dell'Islam, tale da non permettere diritto di dissenso o critica, libertà religiosa, tutela delle minoranze;
          nei due Paesi citati le donne, in particolar modo, non hanno alcun diritto, nemmeno quello di sottoporsi ad intervento chirurgico senza un parere positivo del marito e di un parente prossimo maschio;
          nel 2012 si è perfezionato l'acquisto di talune strutture in Sardegna da parte dell'emiro del Qatar;
          esiste una holding bilaterale per gli investimenti di cui sono azioniste le maggiori banche private saudite e banche italiane;
          persiste dunque, come si evince dai seguenti riferimenti, un intenso scambio commerciale e finanziario fra Italia e le due nazioni del Golfo;
          Yves Bonnet, ex capo della DST francese, ha di recente rilasciato un'intervista a La Dépêche du Midi nella quale afferma esistere legami finanziari fra il binomio Qatar/Arabia Saudita e le reti radicali islamiche francesi. Intervista rilasciata in occasione degli arresti di salafiti appartenenti ad una rete terroristica in Francia e pronti ad un attentato, armati e preparati;
          Bonnet parla di un dossier sul Qatar e sulla necessità di aprirlo per capire realmente dove si annidino i legami con le reti radicali e i loro finanziamenti;
          nell'intervista si parla inoltre della costituzione di una commissione d'inchiesta per stabilire modi e destinazioni del finanziamento qatarita in Francia;
          la Qatar Foundation, ha deciso di investire 50 milioni di euro nella gestione delle bainlieu francesi;
          in Italia sussiste un filo continuo di finanziamenti, diretti e indiretti, che hanno portato anche a scontri aspri;
          in particolar modo i fondi si indirizzano, soprattutto in maniera indiretta tramite il finanziamento di associazioni, verso la realizzazione di moschee e centri culturali;
          esempio ne siano, in questo senso, la moschea di Firenze e quella di Colle val d'Elsa, tuttora sospesa per controllo sulla provenienza dei fondi;
          un altro episodio da tenere sott'occhio in questo senso è l'incontro del sindaco di Palermo e dell'emiro del Bahrain, che ha dichiarato di voler investire in Sicilia e di voler, contestualmente, costruire una mega moschea;
          il Ministro della giustizia belga Annemie Turtelboom ha denunciato che «In alcuni casi, le scuole (radicali islamiche) sono create alla espressa richiesta del regime grazie a fondi che provengono dall'Arabia Saudita»;
          nella sostanza non si riesce a seguire sempre il flusso dei fondi che giungono in Italia dall'Arabia Saudita e dal Qatar e soprattutto non è semplice ricostruire il percorso dei fondi dalle associazioni alla realizzazione dei centri di culto  –:
          come il Governo intenda procedere in relazione a queste vicenda;
          se intenda il Governo istituire, al fine di controllare la destinazione dei fondi provenienti dai Paesi del Golfo Persico e aiutare le istituzioni a comprendere la situazione attuale, una commissione ad hoc;
          se intenda il Governo acquisire elementi in merito alla vicenda dell'offerta di investimenti e della possibile costruzione della mega-moschea a Palermo da parte dell'emiro del Bahrain.
(2-01704) «Sbai, Bernini Bovicelli, Massimo Parisi, Vignali, De Nichilo Rizzoli, Simeoni, Giro, Abrignani, Savino, Nirenstein, Ventucci, Renato Farina, Nola, Toccafondi, Holzmann, Lamorte, Saltamartini, La Loggia, Frassinetti, Piso, Calabria, Brunetta, Pianetta, Dell'Elce, Lazzari, Garagnani, Pelino, Milanese, Del Tenno, De Camillis, Di Virgilio, Lunardi, Mancuso, Dima, Di Caterina, Gregorio Fontana, Cassinelli, Landolfi, Di Centa, Centemero, Lehner, D'Anna, Cosentino, Petrenga, Miserotti, Cosenza, Castiello, Rampelli, Prestigiacomo, Palmieri, Luciano Rossi, Ceroni, Armosino, Stradella».

Interrogazioni a risposta scritta:


      BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il 25 febbraio 2012 ai sensi dell'articolo 2199 del decreto-legge 15 marzo 2010, n.  66 fu bandito per esami e titoli il concorso per il reclutamento di 1886 allievi carabinieri effettivi, riservato, ai volontari delle Forze armate in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale;
          tale bando disponeva che «valutate le attuali disponibilità finanziarie che autorizzano i reclutamenti per l'anno 2012 di allievi carabinieri effettivi e di volontari in ferma prefissata quadriennale delle Forze armate»;
          delle 20.500 domande circa pervenute erano stati selezionati 3000 concorrenti;
          le procedure di concorso sono terminate il 19 settembre 2012;
          il decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95, recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini» (c.d. «spending review») dispone misure contenitive relative a bandi e concorsi;
          l'approvazione della revisione di spesa pubblica comportando il blocco del turn over al 20 per cento, ha troncato tutti i sacrifici, i sogni e le aspirazioni dei giovani concorrenti che aspiravano alla divisa dell'Arma;
          l'interrogante ha appreso da alcuni concorrenti che le spese sostenute dai medesimi in termini di libri di studio, documentazione, viaggi, trasporto, albergo (tre prove), vitto, analisi clinico-mediche, hanno raggiunto finanche i 1300 euro di spesa;
          ad agosto 2012 l'Istat ha riferito tra l'altro che il tasso di disoccupazione in Italia è pari al 10,7 per cento;
          dal 21 settembre 2012 i vincitori del concorso, senza attendere alcuna comunicazione, si sarebbero dovuti presentare presso i reparti di istruzione;
          il decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n.  90, concernente il testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n.  246 e legge 13 dicembre 2010, n.  220 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2011)» disciplinano la materia;
          un Paese non può crescere senza una forza qualificata che lo difenda, senza giovani carichi di entusiasmo. Non si può risparmiare sull'arruolamento delle unità di difesa e di controllo, va garantita la sicurezza per i cittadini;
          la durata della graduatoria è di 18 mesi;
          gli idonei vincitori hanno sudato e meritato di entrare in graduatoria. I candidati classificatisi nella graduatoria redatta ai sensi dell'articolo 14, comma 1, lettera a), del bando di concorso: dal n.  1 n.  211 sono risultati vincitori del concorso e sono stati immessi direttamente nell'Arma dei carabinieri, dal n.  212 al n.  370 sono stati dichiarati vincitori del concorso e saranno immessi nell'Arma dei carabinieri dopo avere ultimato la ferma nelle Forze Armate in qualità di volontario in ferma prefissata quadriennale (VFP4), dal n.  371 al n.  1934 sono stati dichiarati idonei non prescelti e costituiscono riserva per sostituire, entro i termini stabiliti dal bando di concorso i vincitori che rinunciano alla frequenza del corso o che si trovano nelle condizioni che ne determinano l'esclusione  –:
          quali iniziative intende assumere il Ministro rispetto ai fatti esposti, se non intenda chiarire la situazione concorsuale esposta in premessa, e assumere iniziative per superare i problemi creatisi con il turn over innalzandolo al 100 per cento delle assunzioni al fine di non deludere i legittimi interessi dei giovani risultati idonei e vincitori al concorso. (4-18082)


      BARBATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la costruenda sede monumentale della BCE – Banca centrale europea a Francoforte dovrebbe diventare operativa nel 2014, lo apprendiamo dal Corriere della Sera del 30 settembre 2012 che riprende un articolo del Sunday Telegraph;
          il nuovo edificio è costituito da tre unità fondamentali: la Grossmarkthalle, a sviluppo orizzontale e due torri gemelle poligonali alte rispettivamente 185 e 165 metri;
          inizialmente la spesa totale dell'opera doveva essere: 850 milioni di euro;
          un preventivo lievitato di ulteriori 350 milioni fino a raggiungere 1,2 miliardi di euro di spesa, destinata forse a crescere ancora;
          i ritardi di sei mesi hanno interessato particolarmente le opere edili nella Grossmarkthalle, un imponente edificio storico a carattere industriale del 1928 che fungerà da entrata principale;
          secondo la Banca centrale europea i tempi previsti non sono stati rispettati a causa delle «complessità degli interventi di restauro necessari nella struttura originaria del monumento storico tutelato» e i lavori straordinari su questa struttura da soli hanno fatto crescere il budget di circa 100-150 milioni di euro. Altri 200 milioni di rincari sono stati prodotti dall'aumento del costo dei materiali e delle attività nel settore delle costruzioni;
          Richard Ashworth, leader del gruppo degli eurodeputati conservatori britannici ha dichiarato che «usare tutti questi soldi per un unico complesso è davvero uno spreco spettacolare. Fortunatamente per il Regno Unito i costi graveranno solo sulle 17 nazioni dell'eurozona e non su tutti i membri dell'Unione»;
          da circa un anno e mezzo, gli europei ed in particolare gli italiani sono stati chiamati ad enormi sacrifici con gravi ripercussioni sul sistema pensionistico e dell'assistenza alle fasce deboli e pertanto tale spesa suscita, in questo particolare momento storico sfavorevole, indignazioni nell'interrogante  –:
          in quale misura l'Italia starebbe contribuendo alla costruzione di questa «avveniristica» e «faraonica» opera destinata ad essere la prestigiosa sede della BCE;
          se intenda ottenere una rendicontazione di spesa dei soldi ricevuti ed impiegati o impegnati dalla BCE negli ultimi anni in special modo per quelli provenienti dall'Italia. (4-18084)


      DI GIUSEPPE e BORGHESI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          i quotidiani di giovedì 11 ottobre 2012 hanno riportano l'episodio denunciato dalla trasmissione Rai3 «Chi l'ha visto» del 10 ottobre 2012, che ha trasmesso un video amatoriale in cui si vede la reazione di un bambino di dieci anni, che cerca disperatamente di liberarsi dagli agenti di polizia, che cercano di trascinarlo e caricarlo su un auto, priva di contrassegni, con l'intento di portarlo via da una scuola elementare di Cittadella (Padova);
          nel video si nota chiaramente come i tentativi di liberarsi del bambino siano vani e come il minore chieda disperatamente aiuto ad una zia presente all'accaduto;
          i quotidiani La Stampa e Il Messaggero, parlano dell'accaduto e riprendono il filmato trasmesso dalla trasmissione «Chi l'ha visto»;
          l'episodio si è verificato a seguito di un'ordinanza della corte d'appello di Venezia, che stabiliva «l'allontanamento del minore dall'ambiente materno, e il suo affido in via esclusiva al padre», con collocamento in una comunità;
          la mamma di Leonardo, il minore, ha dichiarato: «Sono andata nella casa famiglia con il pediatra e ho chiesto che il bambino venisse visitato, ma non mi è stato permesso»; ha anche dichiarato che al minore era stata diagnosticata la Pas (sindrome da alienazione parentale);
          sarebbe opportuno comprendere le ragioni del diniego opposto dalla casa famiglia e quindi dagli assistenti sociali circa la visita pediatrica;
          gli assistenti sociali avevano provato altre quattro volte, dal 25 agosto in poi, a eseguire il provvedimento che toglieva il ragazzo alla madre, per affidarlo al padre. La prima volta il bambino si era rifugiato nella sua cameretta, rimanendo aggrappato alla rete del letto per ore ed altre ancora aveva opposto una resistenza tale da far sospendere l'esecuzione. Appare chiarissimo alla scrivente, visto il delicato equilibrio del minore, che il comportamento tenuto dagli agenti di polizia, già deprecabile in casi di relativa normalità, sia assolutamente da condannare in una vicenda così complessa;
          la professoressa Marina Zanon, preside della scuola, ha dichiarato: «Anch'io sono rimasta sconvolta e turbata da quanto ho visto ieri. Ho visto le immagini di Chi l'ha visto, fornite alla trasmissione dalla zia del piccolo, e mi hanno fatto piangere, perché penso alla situazione drammatica in cui si trova ora il piccolo»;
          molti genitori degli alunni della scuola elementare di Cittadella (Padova), in questi giorni stanno protestando contro l'accaduto;
          in una nota del Presidente del Senato Schifani si legge che le immagini proiettate: «hanno creato indignazione e sgomento in tutti noi italiani. I bambini hanno diritto ad essere ascoltati e rispettati, e ogni provvedimento che li riguardi deve essere posto in essere con la prudenza e l'accortezza imposti dalla loro particolare situazione minorile. Comportamenti come quello al quale abbiamo tutti assistito, meritano immediati chiarimenti ed eventuali provvedimenti». Dichiarazione perfettamente condivisibile;
          sono necessarie urgenti iniziative per limitare prima, ed eventualmente risarcire poi, il trauma psicologico-emotivo cagionato al minore;
          il questore di Padova, Vincenzo Montemagno, con inaudita mancanza di delicatezza, ha dichiarato: «È stata una spettacolarizzazione messa in atto dai familiari materni in una vicenda complessa», commentando l'intervento dei suoi uomini nella scuola di Cittadella. Un commento, a parere della scrivente, inopportuno e deprecabile;
          il lavoro della Commissione parlamentare per l'infanzia ha già evidenziato come spesso i diritti dei minori vengono violati anche in un Paese ricco ed industrializzato come l'Italia, e l'episodio in oggetto ne è la dimostrazione. Appare evidente che la garanzia dei diritti dei minori dovrebbe essere un pilastro fondamentale anche per il nostro Paese;
          anche la recente ratifica della Convenzione di Lanzarote, strumento necessario alla lotta contro gli abusi sui minori, evidenzia come e quanta attenzione si debba porre all'indirizzo dei bambini, non è quindi pensabile né accettabile che si transiga su episodi come quello in oggetto, qualsiasi violenza lascia tracce indelebili nella psiche dei minori  –:
          se il ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto e quali iniziative intenda prendere in merito all'accaduto;
          se non si ritenga necessario individuare gli agenti che hanno eseguito il prelevamento del minore, anche attraverso l'intervento del capo della polizia Antonio Manganelli. (4-18100)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      GHIZZONI e COSCIA. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          sono state espletate le prove per l'accertamento linguistico degli insegnanti da destinare all'estero, prove indette con decreto-legge n.  4377 del 7 ottobre 2011 pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 18 ottobre 2011, n.  83, 4a serie speciale;
          è prevista ai sensi dell'articolo 113 del CCNL scuola, l'emanazione, da parte del Ministero degli affari esteri, dell'ordinanza per la riformulazione e l'aggiornamento delle graduatorie permanenti che entreranno in vigore, ai sensi del decreto-legge n.  225 del 2010 convertito, con modificazioni, dalla legge n.  10 del 26 febbraio 2011, dall'anno scolastico 2013/14;
          la valutazione dei titoli posseduti dai candidati idonei è regolamentata dalla «Tabella D» del succitato CCNL scuola;
          le graduatorie permanenti riformulate e aggiornate a conclusione delle procedure appena richiamate troveranno piena efficacia, ai sensi dell'articolo 2, comma 4-novies, del decreto-legge n.  225 del 2010 a partire dall'anno scolastico 2013/2014;
          la mancata emissione dell'ordinanza entro il mese di ottobre per l'aggiornamento delle graduatorie provocherebbe di fatto l'impossibilità di quanto disposto a livello normativo e de facto la nullità del concorso appena espletato, creando una serie di conseguenze sull'amministrazione di tutta la complessa materia delle istituzioni italiane all'estero, nonché per la promozione della lingua e cultura italiana  –:
          se il Ministro, alla luce di tali riflessioni, non ritenga necessario emettere al più presto possibile la suddetta ordinanza, al fine di ottemperare a quanto previsto da novellata norma di cui all'articolo 2, comma 4-novies, del decreto-legge n.  225 del 2010. (5-08128)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BITONCI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il signor Gianfranco Zanon è un pensionato che percepisce meno di 700 euro mensili, è residente in Castelfranco Veneto, e in data 17 gennaio 2012, ha coronato il suo sogno di recarsi in Argentina per incontrare i parenti;
          durante un trasferimento da Mar del Plata a Mendoza, a causa di un virus contratto durante il viaggio, è arrivato alla destinazione in condizioni di salute gravissime;
          i parenti avvisarono immediatamente il Console italiano a Mendoza, signor Pasquale Pede, di quanto stava accadendo, chiedendogli informazioni su quale struttura ricoverarlo. Il Console suggeriva il ricovero presso l'ospedale italiano di Mendoza. Il signor Zanon Gianfranco fu ricoverato in questa struttura, salvo apprendere successivamente che era privata, quindi a pagamento;
          in questa struttura il signor Zanon rimase in coma farmacologico fina al 27 marzo 2012, per poi essere trasportato in un ospedale pubblico, dal quale è stato dimesso il 7 aprile 2012 per rientrare in Italia. Tramite lo stesso Console la famiglia ha chiesto alla regione Veneto, USL 8, di farsi carico delle spese sanitarie sostenute nella struttura privata, ma la risposta è stata negativa;
          il signor Zanon non aveva stipulato assicurazioni per il periodo del viaggio, e se non fosse stato ricoverato immediatamente in quella struttura non sarebbe sopravvissuto;
          oggi, il signor Zanon Gianfranco si ritrova a far fronte ad una richiesta di pagamenti per queste prestazioni di poco inferiore ai cinquantamila euro. La famiglia lo ha aiutato nelle spese per i viaggi e per un acconto versato pari a cinquemila euro necessario ad ottenere l'autorizzazione per uscire dall'ospedale privato ed entrare in quello pubblico;
          la famiglia non è in grado di coprire ulteriori spese;
          sarebbe opportuno un intervento tempestivo delle istituzioni italiane per risolvere questa vicenda che altrimenti rischia di assumere risvolti costosissimi e prolungati nel tempo a dismisura, lasciando il signor Zanon nell'incertezza del suo futuro da povero pensionato  –:
          se intendano assumere iniziative normative per evitare che casi come quello descritto in premessa possa ripetersi.
(4-18092)


      FRASSINETTI, DE ANGELIS, PISO, CICCIOLI, CENTEMERO, ZAZZERA, BARBARO, HOLZMANN, GRIMOLDI, SALTAMARTINI, GINEFRA, SBAI, LISI e DIMA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          l'associazione culturale «L'Amicizia» (As Sadakah) – centro italo-arabo per il Mediterraneo –, attiva dal 1994 nel promuovere iniziative di dialogo tra l'Italia e tutti i Paesi arabi, aveva organizzato nei giorni scorsi una serie di incontri istituzionali in Italia dei parlamentari siriani Maria Saadeh (rappresentante della comunità cristiano-cattolica), Wail Al Ghabra (leader moderato dell'indipendente Waid 3) e Samir Al Khatib (scrittore ed esponente del Baath, partito di maggioranza a Damasco) con parlamentari e politici italiani, con la stampa, con il comitato Italia-Siria, con la comunità siriana di cittadinanza italiana, con la comunità di Sant'Egidio;
          il Ministro interrogato avrebbe fatto pressione sull'ambasciata d'Italia a Beirut, affinché venissero negati i visti di ingresso alla delegazione siriana in occasione dei suddetti incontri con le istituzioni italiane;
          gli incontri tra la delegazione parlamentare siriana, costituita da rappresentanti di maggioranza e di opposizione del Parlamento eletto legittimamente in Siria, e i membri delle nostre istituzioni erano improntati su principi di dialogo e pace, organizzati allo scopo di ricercare una soluzione diplomatica alla grave crisi che da tempo interessa la Siria;
          il diniego del visto alla delegazione siriana, la cui visita in Italia era stata programmata da lungo tempo, rappresenta un atto di inaudita gravità che vanifica i tentativi di dialogo e cooperazione tra Italia e Siria che il Centro Italo Arabo aveva tentato di perpetuare con il supporto delle istituzioni parlamentari;
          la ricerca della pace e della tolleranza tra i popoli attraverso il dialogo e la diplomazia rientra tra le finalità della Nostra Repubblica espresse nei principi costituzionali consacrati nell'articolo 11 della Costituzione che così recita: «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo»  –:
          se corrisponda al vero quanto esposto in premessa relativamente alle pressioni esercitate dal Ministro interrogato per il diniego dei visti di ingresso ai parlamentari siriani e, nel caso in cui tale circostanza risulti veritiera, quali siano le ragioni per le quali il Ministro interrogato abbia ostacolato il rilascio dei visti d'ingresso alla delegazione dei parlamentari siriani. (4-18099)

AFFARI REGIONALI, TURISMO E SPORT

Interrogazione a risposta scritta:


      BITONCI. — Al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la grave crisi economica e finanziaria che ha colpito i diversi settori economici non ha risparmiato nemmeno il Veneto, dove la situazione occupazionale è particolarmente difficile nell'area compresa tra i comuni di Abano e Montegrotto Terme, territorio rinomato a livello mondiale per le cure termali e che ha nel settore del turismo il punto di forza dell'economia locale;
          il settore termale è un comparto economico che nell'area tra Abano e Montegrotto ha sempre registrato valori molto significativi e con una offerta ricettiva di quasi 20 mila posti letto;
          la gravità della crisi ha portato la proprietà delle numerose strutture ad effettuare dei tagli di risorse, tra i quali quelli sul personale; numerose attività sono ricorse, infatti, ad una flessibilità maggiore;
          uno dei casi più drammatici è senza dubbio quello dell'hotel Bertha di Montegrotto Terme, dove da mesi 37 dipendenti vivono in una situazione paradossale e legata al fatto che la struttura alberghiera è stata dichiarata chiusa per fallimento;
          dall'aprile del 2012 i dipendenti si ritrovano infatti senza stipendio, ed esaurito il periodo di sospensione, non possono accedere ad alcun ammortizzatore sociale in quanto la attuale società di gestione dell'albergo – Stemas s.r.l. – ha ottenuto il fallimento così da dichiararsi estranea alla vicenda;
          nel corso dei mesi precedenti, i lavoratori coinvolti hanno già effettuato numerose manifestazioni di protesta, ed organi di stampa locale di Padova di questi ultimi giorni riportano la notizia secondo la quale alcuni dei dipendenti presidiano di notte la struttura alberghiera, in attesa di avere rassicurazioni da parte dell'attuale società circa il credito avanzato;
          contemporaneamente alla situazione del Bertha Hotel, i medesimi organi di stampa riportano altresì la notizia secondo la quale è convocato presso la provincia di Padova per la prossima settimana un incontro tra le parti sindacali, l'amministrazione provinciale e le proprietà di cinque grandi strutture alberghiere della medesima area termale, per decidere il futuro dei dipendenti impiegati in queste cinque strutture  –:
          quali urgenti iniziative intenda adottare il Governo per sostenere il settore termale dell'area tra Abano e Montegrotto Terme, specificando altresì quali azioni si intendono attuare al fine di salvaguardare i livelli occupazionali dei dipendenti interessati dalla situazione. (4-18089)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      RUGGHIA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          in data 27 dicembre 2002, in sede di esame del piano regolatore generale adottato dal consiglio comunale di Ciampino, la Soprintendenza per i beni e le attività culturali del Lazio, ha definito ville e casali storici, come quello dei Monaci, Maruffi e dei Francesi, la presenza storico-monumentale più significativa del comune di Ciampino;
          nella stessa comunicazione la Soprintendenza ha affermato che la tutela, del patrimonio storico, artistico, archeologico e monumentale di Ciampino impone una particolare attenzione;
          l'area delle Mura dei francesi del comune di Ciampino, situata tra la via dei Laghi, via del Sassone, via dell'Ospedaletto è delimitata da una cinta muraria impreziosita dal portale, gioiello dell'arte barocca del ’600, dell'architetto Rainaldi, noto per aver progettato palazzo Pamphili a piazza Navona e terminato i lavori del Campidoglio dopo la morte di Michelangelo;
          il portale, recentemente crollato per incuria e per responsabilità degli attuali proprietari, con decreto 9 febbraio 1935 del Ministro dell'educazione nazionale, venne dichiarato di importante interesse e sottoposto a tutela ai sensi della legge 20 giugno 1909, n.  364;
          le mura segnano i confini di quella che fu la tenuta Colonna che comprendeva un giardino privato (Parco-Barco) e la «Casina-buen ritiro» del cardinale Ascanio Colonna, Viceré di Aragona, dove fu accolto Papa Clemente VIII Aldobrandini, primo Papa a villeggiare nella campagna romana dai tempi di Sisto V;
          nell'area delle Mura dei francesi, il tribuno Cola di Rienzo, nel 1347, fece accampare il proprio esercito durante la guerra intrapresa contro gli Orsini di Marino;
          la stessa area fu teatro dell'epica battaglia di Marino, vinta da Alberico da Barbiano contro i «francesi» della famigerata compagnia bretone al soldo dell'antipapa Clemente VII, all'epoca dello scisma d'occidente;
          con delibera di consiglio comunale n.  42 del 27 marzo 2006, il comune di Ciampino ha destinato l'area delle Mura dei francesi a piano di zona di edilizia economica e popolare, legge 18 aprile 1962, n.  167;
          il 4 febbraio 2008, la Soprintendenza per i beni architettonici e del paesaggio del Lazio, con la nota n.  37350/B, ha comunicato agli interessati e al comune di Ciampino l'avvio della procedura per l'individuazione di un'arena di rispetto al bene denominato Portale seicentesco e Mura dei francesi, avente come finalità di conservare lo scenario in cui si trova che conserva, altresì, i residuali connotati della tenuta Colonna, garantendone l'integrità e la fruibilità pubblica;
          il comune di Ciampino, in data 6 marzo 2008, con nota inviata alla direzione regionale per i beni e le attività culturali del Lazio e alla Soprintendenza per i beni architettonici e del paesaggio del Lazio, opponendosi al vincolo sull'intera area, ha confermato la volontà di realizzare il piano di zona 167 per soddisfare contemporaneamente sia i bisogni della Soprintendenza che del Comune, entrambi generati da pubblico interesse;
          in data 3 febbraio 2009, il CO.RE.CO. della direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio, proponendo l'ampliamento dell'area di tutela, ha confermato all'unanimità le prescrizioni indicate nella comunicazione di avvio del procedimento (non modificabilità dello stato dei luoghi con particolare riferimento ai coni visivi che si aprono sui Colli Albani, la non abbattibilità delle alberature, l'edificabilità solo per uso agricolo e altro);
          il direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'epoca, come risulta dal verbale, concordò con le decisioni del CO.RE.CO. Successivamente però, in data 15 giugno 2009, decreto il vincolo solo per i portali e le mura, rendendo possibile la costruzione degli edifici di edilizia economica e popolare in un'area di grande rilevanza paesaggistica, storica e culturale;
          numerose sono le testimonianze archeologiche da ricondurre all'area, inscritte e distinte dal toponimo Casale o Mura dei francesi. Rinvenimenti di strutture e manufatti antichi sono documentati dal XIX secolo, quando furono messi in luce «ambienti romani» al di sotto della vaccheria e un'iscrizione con dedica alla divinità italica Semo Sancus; quindi, senza indicazione topografica puntuale, i resti di un edificio sacro di età tardo antica che attesterebbe una delle prime presenze del culto cristiano nel Patrimonium Appiae ed, infine, una fistula acquaria in piombo menzionante Valerius Messala;
          nel corso delle indagini archeologiche, preventive alla realizzazione del piano di zona 167, recentemente sono stati rinvenuti i ricchi ambienti di una grande villa; se questa dovesse essere attribuita a Valerio Corvino Messala, console del 31 A.C., ci si troverebbe di fronte alla residenza suburbana di uno dei personaggi più influenti della cultura di età augustea del cui circolo letterario Tibullo fu principale esponente;
          l'esigenza di tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio storico, artistico, culturale, archeologico e paesaggistico del territorio è fortemente avvertita dalla popolazione  –:
          se non intenda, anche alla luce dei recenti ritrovamenti archeologici, assumere tutte le iniziative di competenza necessarie a tutelare la godibilità pubblica di tutta l'area compresa nelle antiche Mura dei francesi, garantendone l'integrità e la fruibilità. (5-08124)

Interrogazione a risposta scritta:


      BARBATO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          gli esperti della soprintendenza di Napoli e Pompei contano almeno 15 ville romane ad Ottaviano, di cui una a 500 metri di altezza; la «Villa del Pensatore»;
          diverse decine sono quelle censite tra S. Anastasia, Pollena Trocchia e Somma Vesuviana, dove, grazie alla Università degli studi di Tokyo, è stata portata alla luce una villa con dipinti, statue a grandezza naturale e mosaici;
          sette invece sono le ville di epoca romana trovate dalla soprintendenza nella cava Ranieri a Terzigno (Napoli). In questo sito sono stati inoltre ritrovati resti umani, monili, orecchini, collane e bracciali d'oro. Inoltre, poiché si tratta di una cava dismessa, a cielo aperto, di pietra vulcanica, presenta meravigliose stratificazione geologiche. In Francia nel 1977 hanno creato su un sito simile, il parco dei vulcani di Alvernia e nel 2002 Vulcania;
          a Longola, nei pressi di Poggiomarino, è stato scoperto un villaggio preistorico databile all'età del bronzo, abitato da una popolazione indigena osca che Virgilio indica nell'Eneide (VII, 738) col nome di «Sarrasti». Una «Venezia» preistorica sul fiume Sarno completa di capanne, attrezzi da lavoro e canoe. Strutture palafitticole ricavate tra canali artificiali e relative ad un periodo che abbraccia un arco temporale di otto secoli che va dal XV al VI secolo avanti Cristo;
          la città di Sarno conserva un teatro ellenistico romano, il cui primo impianto risale al 100 avanti Cristo, scavato durante gli anni Sessanta. Sempre a Sarno, nelle sale dello storico palazzo Capua, è stato inaugurato, nel 2011, il nuovo museo archeologico nazionale, con una selezione dei materiali provenienti dagli antichi abitati e necropoli (più di 2400 tombe) della valle del Sarno corrispondenti agli attuali insediamenti di Sarno, San Marzano sul Sarno, San Valentino Torio. Tracce risalenti all'età neolitica, IV millennio avanti Cristo, alla metà VIII e inizio VII secolo avanti Cristo;
          Avella, l'antica Abella, ospita un anfiteatro, un museo, tombe romane alte fino a dieci metri disseminate ovunque, reperti che vanno dal paleolitico al medio evo, un imponente castello costruito da Longobardi;
          l'area descritta si estende dall'immediata periferia di Napoli, lungo le pendici del Monte Somma-Vesuvio, fino alla piana del fiume Sarno e nella valle tra il Monte Somma-Vesuvio e gli Appennini, costituendo un'autentica miniera di storia ed archeologia, purtroppo, flagellata dalla disoccupazione, dalla criminalità organizzata e dal degrado;
          alla luce di tali considerazioni e del lavoro svolto da Gennaro Barbato (vicepresidente fondatore del Comitato Civico di Ottaviano), dai giornalisti Francesco Gravetti e Antonio Cangiano rispettivamente de Il Mattino di Napoli e Il Corriere del Mezzogiorno e da Marco Antonio Giorgio del sito www.ottavianesi.it. è evidente, ad avviso dell'interrogante, che è quanto mai urgente intervenire al fine di mettere in rete questi tesori, creando una sorta di «Percorso degli dei» che li valorizzi e li tuteli finanche attraverso un aumento dell'affluenza turistica e, dunque, dell'occupazione. Affluenza turistica che, mentre in Italia crolla del 12 per cento, in Campania registra un incremento del 2 per cento  –:
          di quali notizie disponga il Ministro interrogato sullo stato del suddetto patrimonio archeologico e se non ritenga opportuno intervenire, con la massima urgenza, al fine di garantire in ogni caso, iniziative di competenza, anche di natura normativa a salvaguardia, tutela, valorizzazione ed incremento di visibilità delle opere e dei paesaggi descritti. (4-18081)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


      DI STANISLAO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il Capo di Stato Maggiore della Marina, solo pochi giorni si esprimeva con un comunicato stampa in termini di preoccupazione per «i tagli intervenuti dal 2004 in poi, che hanno messo a rischio la capacità di gestione day by day, l'addestramento, la manutenzione dei mezzi e l'efficacia dei nostri sistemi»;
          anche altri settori della Sicurezza e difesa vivono tali difficoltà. Ad esempio i piloti dell'Aeronautica militare, nei limiti del possibile, svolgono le esercitazioni con simulatori di volo ai fini del risparmio. I sindacati di polizia e il Co.Ce.R. dell'Arma hanno spesso denunciato le difficoltà di funzionamento della loro attività, come la scarsità di carburante per le autovetture di servizio. Lo stesso avviene anche per le motovedette della guardia costiera che devono limitare al minino l'attività di polizia per garantire il soccorso dei naufraghi e clandestini;
          in seguito all'atto parlamentare n.  4/17954 a firma dell'interrogante, è apparso sui mass-media e blog un grandissimo numero di esternazioni contro tali atteggiamenti «sfarzosi» usufruendo del personale di guardia a bordo delle navi;
          fermo restando il pieno rispetto verso l'istituzione della Forza armata marina è quindi fondamentale che il comportamento di un singolo non debba comportare la generalizzazione verso tutti i «marinai» che nel silenzio della quotidianità lavorano e si sacrificano;
          emerge chiaramente dai blog, che l'ammiraglio comandante capo della squadra navale non goda della stima di diversi militari;
          si evince dai vari siti internet e blog e giornali che anche l'uso dell'elicottero sia stato molto frequente, tale da stimolare diverse critiche su tale utilizzo  –:
          quante ore di volo di esercitazione deve avere un generale di Corpo di Armata per mantenere il brevetto;
          quante siano le ore di volo dell'attuale comandante in capo della squadra navale, dall'assunzione dell'incarico ad oggi;
          quante e chi fossero le persone a bordo con lui durante i trasferimenti e se i motivi di tali spostamenti fossero da attribuire all'amministrazione o per esercitazione;
          se nei confronti del comandante in seconda di nave Mimbelli sia stato attivato un procedimento disciplinare ed in caso affermativo se non ritenga di bloccare immediatamente tale procedimento in considerazione che, tale comunicazione rappresenta solo l'esecuzione di una chiara e ripetuta volontà del Ammiraglio Comandante in Capo. (4-18097)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


      GALLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          le dichiarazioni del Presidente dell'Autorità dell'energia elettrica e del gas, ingegnere Bortoni durante la trasmissione Uno mattina andata in onda il 3 ottobre 2012, costituiscono l'occasione per una riflessione complessiva sulla governance del sistema elettrico e sugli interventi che il Governo potrebbe porre in essere anche con riferimento allo stesso ruolo dell'Autorità;
          durante la citata trasmissione della RAI Uno Mattina il presidente dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, ha evidenziato, come ormai rituali, i soliti aumenti trimestrali dell'elettricità e del gas;
          in detta trasmissione il giornalista ha evidenziato come il periodico e costante aumento dei prezzi elettrici non possa essere una normalità, ed oltre a chiedere il motivo di questi aumenti, ha espressamente domandato al Presidente chi è l'Autorità e perché e come controlla questi prezzi;
          in risposta, il presidente dell'Autorità ha motivato gli aumenti con l'elevata dinamica delle quotazioni del petrolio che, a suo dire, avrebbe sfiorato ultimamente un incremento del 20 per cento, dichiarando inoltre che l'Autorità è un'entità «indipendente dal Governo», con ciò sancendo che tale ente non si fa condizionare dalle politiche governative, a suo dire tese alla salvaguardia delle proprie società elettriche e degli incentivi distribuiti a pioggia e con liberalità;
          l'ingegnere Bortoni ha chiaramente sostenuto, per completare la difesa dell'Autorità, che la stessa tutela i cittadini consumatori, propugnando l'efficienza e la razionalità del sistema elettrico, oltre che la riduzione degli sprechi, compito sul cui svolgimento è lecito avere dei dubbi, a parere dell'interrogante, dati gli effetti sui costi dell'energia in ben diciassette anni di storia dell'Autorità, considerato che il nostro Paese ha i più elevati prezzi dell'elettricità in Europa;
          a fronte delle dichiarazioni del Presidente dell'Autorità occorre effettuare un chiaro riscontro contestuale circa la loro congruità, onde evitare che in esse si nasconda della demagogia e che celino una realtà assai diversa;
          a tale fine è bene evidenziare che non vi è nessuna traccia, nell'ambito delle delibere dell'Autorità inerenti alle tariffe, della notizia dell'aumento del petrolio del 20 per cento, come causa unica dei rincari, infatti il petrolio non è aumentato del venti per cento;
          il presidente dell'Autorità inoltre evita di fare riferimento al più appropriato prezzo della borsa elettrica che nell'ultimo trimestre è aumentato solo del 5 per cento rispetto alla restante parte dell'anno ed ora, ad ottobre, è in continuo calo, a quotazioni più basse di gennaio;
          che le dinamiche dei prezzi abbiano diversa origine, lo confermano le stesse delibere che, seppur complicate e, ad avviso dell'interrogante, volutamente ermetiche, rappresentano una realtà ben diversa e molto preoccupante, come ad esempio emerge analizzando innanzitutto la delibera n.  384 dell'Autorità che aumenta dal primo ottobre il prezzo dell'elettricità per il cosiddetto mercato parallelo dell'elettricità di maggior tutela, gestito di fatto solo dall'Autorità, che, a parere dell'interrogante, non si comporta come un ente indipendente che osserva il mercato e lo corregge, ma lo gestisce di fatto;
          non si può non rilevare come nel momento in cui il presidente dell'Autorità annuncia che il prezzo è in salita, si sta parlando proprio di un prezzo che ha determinato l'ente da lui presieduto ed il paradosso è che l'Autorità determina il prezzo dell'energia per una grossa parte del mercato – di fatto monopolizzato dalla società governativa acquirente unico – sulla base di una comunicazione dello stesso acquirente unico, condizionando pesantemente l'esercizio stesso del mercato libero;
          l'affermazione dell'effettiva esistenza di un mercato libero è stata contestata dall'intervistatore RAI, che ha preso a riferimento le gravi e contrarie affermazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato in merito al mercato elettrico;
          una grande parte del mercato è ancora monopolizzato dalla Acquirente unico, controllata dall'altra società governativa GSE: un mercato non liberalizzato che l'Autorità giustifica adducendo la necessità di proteggere le fasce più deboli della clientela dalle insidie del mercato libero, come se il mercato libero fosse da rifuggire invece che da promuovere e difendere come bene sostanziale della nostra nazione, e come richiesto dalle direttive comunitarie recepite;
          cosa ancor più sconcertante, a parere dell'interrogante, è come l'Autorità determini queste tariffe di mercato: nella periodica delibera le tariffe di mercato vengono sistematicamente modificate sulla base della sopra citata comunicazione dell'Acquirente unico, e i contenuti di tale comunicazione non sono assolutamente citati nella delibera, in apparente non conformità a quanto previsto dall'articolo 2, comma 12, lettere c), e), i) ed l) della legge 14 novembre 1995, n.  481, rendendo impossibile capire come e dove si approvvigiona questo acquirente, le cui richieste sono puntualmente accolte senza nessun commento ed osservazione;
          l'acquirente unico agisce senza alcun rischio di impresa: non ha addossato nemmeno un minimo rischio che induca e promuova una salutare efficienza interna, e lo si può vedere ben scritto in delibera quando si dice che «i residui emersi dai confronto dei costi sostenuti dall'Acquirente unico rispetto ai ricavi conseguiti dalle bollette ai clienti non liberi sono recuperati attraverso un sistema di perequazione a carico del cliente», ovvero un sistema perequativo che consente gestioni anche non positive, forte della possibilità di attingere ripianamenti dagli utenti finali;
          in proposito è bene porre particolare attenzione su alcune frasi contenute in due delibere – 268 e 383 – che aumentano i prezzi delle tariffe destinate a coprire quelli che vengono definiti «oneri generali»: ci si aspetta, a rigore di legge, nonché di serietà e logica, che l'Autorità faccia riferimento a questioni strutturali, di risparmio, di contenimento dei costi, di tutela del consumatore, del cittadino, per garantire la sostenibilità della bolletta elettrica, mentre secondo il testo della premessa della delibera n.  268: «con la comunicazione dei 7 giugno 2012, la Sogin (società del Governo per la gestione dei rifiuti radioattivi) ha trasmesso all'Autorità un aggiornamento del piano finanziario per il 2012, ai sensi di una delibera dell'autorità, evidenziando l'esigenza di ulteriori erogazioni a proprio favore» cui non segue nessuna ulteriore analisi, critica e commento, nemmeno un semplice ammonimento a spendere meno, visti i tempi e l'Autorità sancisce al primo articolo della delibera: «articolo 1. Disposizioni alla cassa conguaglio. La cassa provvede all'erogazione alla Sogin di 20 milioni di euro entro il 15 luglio, 20 milioni di euro entro il 31 luglio, e di 20 milioni di euro entro il 15 settembre»);
          ovviamente questa erogazione di 60 milioni di euro che non ha nessuna relazione con i costi industriali della fornitura elettrica, grava interamente sulle spalle dei cittadini consumatori che hanno avuto un immediato aumento del quindici per cento dell'aliquota A2, appositamente destinata a pagare Sogin, tutto ciò senza che nessun organo di tutela se ne accorgesse o ne desse notizia, essendo questo aumento affossato nell'insieme della tariffa totale;
          l'erogazione nella successiva delibera n.  383 viene ancora accresciuta, sempre con la stessa metodologia, con 15 milioni di euro da erogare alla Sogin il 15 ottobre 2012, 10 milioni da erogare entro il 15 novembre e 15 milioni da erogare il 14 dicembre;
          è evidente l'assoluta mancanza di critica e di intenzioni almeno formali nella direzione di una doverosa spending review;
          il testo della delibera n.  383 dell'Autorità che modifica i prezzi ad ottobre è il seguente: «con la deliberazione 158, l'Autorità ha adeguato in aumento la componente tariffaria A3 al fine di coprire il fabbisogno economico stimato e di garantire la sostenibilità finanziaria degli oneri posti in capo dei GSE (per le fonti rinnovabili ed assimilate)», ma al settimo punto dice: «secondo le previsioni aggiornate fornite dai GSE, tale fabbisogno risulta superiore alle stime di 100 milioni di euro e che tale aumento è reso problematico dalla contemporanea riduzione del gettito per effetto delle contrazioni dei consumi», ed all'ottavo: «il deficit accumulato in capo ai conto A3 è ad oggi stimabile in circa 1,5 miliardi di euro»;
          nella delibera dell'Autorità non figura nessuna osservazione su questo criterio del tutto anomalo dove il Governo decide di distribuire cospicui incentivi, ma non calcola gli oneri che gravano direttamente sul cittadino utente, oneri la cui determinazione in bolletta è demandata all'Autorità;
          a parere dell'interrogante come da prassi l'Autorità non ha avanzato nessun ammonimento, nessuna protesta strutturata a difesa del cittadino, nonostante la situazione notevolmente preoccupante dell'aliquota A3 che ormai è fuori da ogni controllo, con costi a sviluppo esponenziale, con un insostenibile deficit che si sta accumulando non pubblicizzato, in particolare a carico del cittadino che prima o poi è chiamato a pagare;
          l'Autorità in definitiva, a parere dell'interrogante, si occupa in ogni delibera solamente dell'equilibrio di bilancio del Gse, Sogin, e altro ma non dell'equilibrio di bilancio delle famiglie e delle imprese italiane;
          senza procedere ad altri esempi, quelli qui evidenziati sono così eclatanti da poter concludere che la concreta mancanza di indipendenza dell'Autorità dalle società governative, secondo l'interrogante, è del tutto evidente, come pure la totale indifferenza, di fatto, dell'Autorità per le sorti dei cittadini pagatori;
          appare strategico per la nazione l'obiettivo di una riduzione delle tariffe elettriche analizzando le delibere emesse dall'Autorità in materia di tariffe e perequazioni in questi ultimi dieci anni e verificando la congruità delle stesse tariffe e perequazioni, al fine di eliminare le elargizioni senza giustificazione  –:
          se non si ritenga di effettuare un accertamento sul conseguimento e sulla verifica dell'efficienza e gestione da parte delle società governative, che hanno ottenuto elargizioni così poco controllate da parte dell'Autorità, in relazione al contenimento dei prezzi energetici, ed in tal caso come e in quali termini si intenda agire per ottenere un miglioramento;
          se non si ritenga che il sistema delle sovvenzioni sia da rimodulare in relazione all'attuale realtà economica anche al fine di eliminare ogni forma di speculazione legata alle normative vigenti che assoggettano tutti i cittadini a pagare un contributo all'indirizzo degli investitori del rinnovabile;
          se non si ritenga che le iniziative energetiche rinnovabili necessitino di un'analisi attenta dei bilanci economici e di ricontestualizzazione di tali iniziative;
          se non si ritenga di dover assumere iniziative, anche normative, al fine dell'eliminazione delle componenti speculative degli incentivi;
          se non si ritenga di dover assumere iniziative normative, anche urgenti, per correggere l'anomalia per cui fatti non legati all'effettivo costo industriale del sistema elettrico comportino aggravio di spese per i cittadini;
          se non si ritenga opportuno assumere un'iniziativa normativa per rafforzare l'indipendenza dell'Autorità, ad esempio fissando rigidi criteri di competenza per la definizione degli organi dirigenti e garantendo anche una omogenea rappresentatività di tutte le componenti del mercato, che possano generare nell'attività dell'autorità una efficacie azione di garanzia. (3-02534)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      VICO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          l'ormai nota vicenda che ha interessato la frode compiuta dai responsabili della società Tributi Italia Spa ai danni di circa 400 comuni italiani e dall'interrogante ampiamente denunciata dall'ottobre del 2009 riassume in sintesi la sfiducia che in questi anni i cittadini-utenti sono stati costretti a collezionare di fronte a soprusi condotti ai loro danni da spregiudicati faccendieri;
          per tale ragione la politica e le istituzioni hanno l'obbligo di fornire delle risposte concrete sui temi che riguardano l'accertamento dei tributi, la loro riscossione e successivo versamento nelle tesorerie degli enti e l'indispensabile fase di controllo sulle società concessionarie incaricate;
          le vicissitudini di Tributi Italia spa iniziano, infatti, all'indomani dell'acquisizione di altre società come Ausonia o Gestor, già nel 2009 quando il comune di Aprilia (Roma) e successivamente quello di Ferrandina (Matera) denunciano il mancato trasferimento da parte della società di Saggese, degli incassi provenienti da ICI, Tarsu, Tosap nelle casse dell'ente locale;
          il tutto malgrado questi comuni, così come gli altri, riconoscessero alla società in questione un aggio altissimo nelle provvigioni riconosciute per il servizio;
          oltre al mancato riversamento dei tributi la Tributi Italia spa avrebbe in alcune occasioni anche prodotto fidejussioni false con documentazione fittizia;
          le fidejussioni dovevano essere rilasciate da società iscritte all'albo ufficiale degli intermediari finanziari, gestito dall'ufficio italiano cambi fino al 1o gennaio 2008 e poi dalla Banca d'Italia e alcune di loro risulterebbero fallite o inadempienti, altre addirittura scomparse come risulta dai sindaci che hanno cercato di recuperare il mancato riversamento dei tributi locali;
          sarebbe, alla luce di ciò, assolutamente urgente conoscere quali controlli siano stati effettuati dagli organi competenti sulle società fidejussorie;
          non è da escludere anche l'emissione di cosiddette «cartelle pazze» per giustificare crediti maggiori nei confronti degli enti per cui la società di Saggese riscuoteva i tributi;
          allo stato attuale la Tributi Italia risulta Indagata in vari procedimenti penali nelle procure di Sassari, Siracusa, Saluzzo, Latina, Brindisi, Bari, Napoli e Bologna, ma non è escluso che tanti altri piccoli comuni frodati dal «sistema-Saggese» stiano procedendo in queste ore ad avviare procedimenti con le accuse di peculato, falso, frode e truffa aggravata;
          un sistema, appunto, che era già stato segnalato al Ministero dell'economia e delle finanze attraverso interrogazioni del firmatario del presente atto, emendamenti e audizioni in Commissione. Chiare denunce di irregolarità erano giunte in questi anni anche all'ANCI (Associazione nazionale comuni italiani) e all'ANACAP (Associazione nazionale delle aziende concessionarie dei servizi di accertamento e riscossione dei tributi e delle entrate patrimoniali degli enti locali);
          due realtà, l'ANCI e l'ANACAP, che fanno parte della Commissione per la tenuta dell'albo delle agenzie di riscossione in cui si ravvisa anche un conflitto d'interessi in quanto il ruolo di presidente è affidato all'avvocato che segue le vicende giudiziarie di Tributi Italia spa;
          la mole debitoria accertata di Tributi Italia nei confronti dei comuni è di circa 90 milioni di euro, ma non è da escludere che la conta possa riservare ulteriori sorprese;
          un discorso a parte meritano i dipendenti della società in questione in cassa integrazione in deroga e senza sostegno economico dal mese di aprile 2012;
          si tratta di 1.200 dipendenti che attendono con ansia informazioni e rassicurazioni sul loro futuro e che dal 2010 (anno successivo alla cancellazione dall'albo della società) attendono dal commissario straordinario la presentazione di un piano industriale che indichi le soluzioni occupazionali possibili  –:
          cosa intenda fare il Ministro dell'economia e della finanze per colmare le lacune sulla normativa che regola i controlli di queste società incaricate della riscossione dei tributi e quali attività ispettive ritenga di esercitare nei confronti della commissione che doveva vigilare sull'operato di Tributi Italia;
          quali iniziative di competenza intenda porre in atto per la salvaguardia del credito vantato dai comuni. (5-08131)

Interrogazioni a risposta scritta:


      MARCHI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          è stato recentemente emanato il decreto legislativo 19 settembre 2012, n. 169 recante «Ulteriori modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 13 agosto 2010, n.  141, recante attuazione della direttiva 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori, nonché modifiche del titolo V del testo unico bancario in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi»;
          sullo schema di decreto legislativo del Governo la V Commissione permanente della Camera dei deputati, nel parere espresso alla VI Commissione permanente della Camera dei deputati ha, tra l'altro, formulato la seguente osservazione, con il parere favorevole del rappresentante del Governo: «si valuti l'opportunità di prevedere un comma aggiuntivo all'articolo 112 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia che preveda che i soggetti che operano nella finanza mutualistica e solidale siano iscritti in una sezione separata dell'elenco di cui all'articolo 111, comma 1 del medesimo testo unico e possano svolgere la propria operatività, in considerazione del valore sociale, nel rispetto delle modalità operative determinate dalla Banca d'Italia»;
          sullo stesso schema di decreto legislativo la VI Commissione permanente della Camera dei deputati, nel parere espresso, con l'avviso favorevole del rappresentante del Governo, ha, tra l'altro, formulato la seguente osservazione: «con riferimento all'articolo 3 dello schema di decreto, valuti il Governo l'opportunità di integrare il dettato dell'articolo 112 del TUB, al fine di prevedere che i soggetti operanti nel settore della finanza mutualistica e solidale siano iscritti in una sezione separata dell'elenco degli operatori dei microcredito di cui all'articolo 111, comma 1, del medesimo TUB, nonché di prevedere, in considerazione del valore sociale del loro ruolo, che essi possano svolgere la propria attività nel rispetto delle modalità operative determinate dalla Banca d'Italia»;
          nel decreto legislativo 19 settembre 2012, n.  169, non si trova riscontro delle osservazioni sopra richiamate della V e della VI Commissione permanente della Camera dei deputati  –:
          quali siano le motivazioni che hanno indotto il Governo e, in particolare, il Ministro dell'economia e delle finanze, a non tenere conto delle osservazioni formulate dalla V e dalla VI Commissione permanente della Camera dei deputati, relativamente alla finanza mutualistica e solidale, e come intenda operare per rispondere normativamente al valore sociale del ruolo degli operatori di tale settore. (4-18079)


      PAGANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il decreto-legge n.  1 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n.  27, recante Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, meglio noto come «decreto liberalizzazioni», ha introdotto, tra le altre disposizioni, un meccanismo di premialità per le aziende virtuose sotto il profilo della legalità;
          in considerazione della suddetta disposizione, le aziende che dimostrino di sfuggire a qualsiasi collusione con le organizzazioni criminali dovrebbero poter contare su una sorta di regime economico agevolativo: dalla maggiore facilità di accesso al credito ad una via preferenziale nei rapporti con la pubblica amministrazione, specie in caso di commesse e appalti. Agevolazioni volte a compensare eventuali costi esterni (tra cui racket e concorrenza sleale) riconducibili alla presenza delle organizzazioni criminali nei loro mercati di riferimento e a rendere preferibile per le aziende stesse la scelta di un'attività onesta;
          il meccanismo introdotto dal decreto liberalizzazioni prevede che l'individuazione delle aziende che scelgono di rimanere «pulite» passi attraverso l'attribuzione di un «rating di legalità», una sorta di punteggio attribuito sulla base di vari indicatori tra cui lo status giudiziario dei responsabili delle società, il possesso da parte dell'impresa dei certificati, la regolarità della sua rete di forniture, l'adozione di codici etici, la denuncia di eventuali atti di estorsione e inquinamento criminale del mercato, l'adesione ad associazioni antiracket;
          in data 13 agosto 2012 l'Autorità garante nella concorrenza e del mercato ha pubblicato sul sito una bozza di regolamento al fine di raccogliere le valutazioni dei soggetti interessati in vista dell'emanazione definitiva dello stesso;
          secondo l'articolo 5-bis del decreto-legge le aziende interessate a richiedere l'assegnazione del rating di legalità dovrebbero essere in possesso, tra gli altri, dei seguenti requisiti:
              1) sede sul territorio nazionale;
              2) fatturato minimo di due milioni di euro riferito alla singola impresa o al gruppo di appartenenza;
          a parere dell'interrogante il rating di legalità costituisce un ottimo strumento per premiare le imprese che scelgono la via dell'onestà, ma la seconda condizione sopra esposta, ossia il riferimento al fatturato quale condizione per richiedere l'assegnazione del rating, meriterebbe una profonda revisione, specie in considerazione del peculiare tessuto basato soprattutto sulle attività di piccole e micro imprese, infatti, tale scelta rischia di penalizzare fortemente l'accesso al credito (peraltro già difficile nell'attuale momento storico) di quelle aziende che, sebbene si siano opposte alle pressioni e alle ritorsioni della al pari di quelle di più grandi dimensioni, scontano il fatto di avere entità e fatturato modesti  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritengano opportuno porre in essere le iniziative normative di loro competenza volte a riconsiderare una scelta che rischia di risultare iniqua e discriminatoria e che ha il duplice l'effetto di isolare dai benefici dell'attribuzione del rating di legalità molte aziende virtuose contribuendo a scoraggiare la ripresa economica del Paese. (4-18091)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


      BENAMATI, RAISI e CAZZOLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          nel decreto legislativo 7 settembre 2012, n.  155, si prevede la soppressione, tra l'altro, di tutte le sezioni distaccate di tribunale;
          in tale decreto legislativo l'articolo 11 prevede che l'efficacia degli articoli 1-2-3-4-5-7 decorre dopo un anno dalla pubblicazione del decreto stesso;
          l'articolo 9 prevede, nelle disposizioni transitorie, che le udienze fissate dinanzi ad uno degli uffici destinati alla soppressione per una data compresa tra l'entrata in vigore del decreto e la data di efficacia di cui all'articolo 11 sono tenute presso i medesimi uffici, senza distinguere tra udienze fissate nei processi già sul ruolo e quelli di nuova iscrizione;
          la semplice lettura del testo non pare lasciare spazio a dubbi: visto che l'articolo 1 ha efficacia dal settembre 2013 e che le udienze debbono continuare a tenersi sino a quella data presso l'ufficio soppresso, parrebbe acquisito che, fino alla data del settembre 2013, l'attività giudiziaria debba continuare con le modalità normali sino all'effettiva soppressione dell'ufficio;
          vi sono invece indicazioni che in alcuni uffici centrali accorpanti (peraltro in numero esiguo) sono stati emanati decreti, a cura dei presidenti del tribunale accorpante, che prevedono una sorta di anticipato trasferimento di varie attività giurisdizionali delle sezioni distaccate ritenendo che, sino dal settembre 2012, tutte le cause di nuova iscrizione a ruolo, sia di cognizione ordinaria che di procedimenti cautelari, monitori o di sfratto, così come le nuove iscrizioni di affari di volontaria giurisdizione, debbano essere iscritti e le udienze tenute, presso la sede centrale del tribunale accorpante e non più presso la sezione distaccata;
          sempre in tali decreti si prevede che dal 31 dicembre 2012 cesserebbe del tutto il ruolo della sezione distaccata relativo alle nuove iscrizioni;
          i provvedimenti su indicati si giustificherebbero con un'interpretazione desunta dalla relazione ministeriale che ha preceduto l'emanazione del decreto legislativo;
          un caso specifico è quello del recente decreto del presidente del tribunale di Bologna del 4 ottobre 2012 riguardante anche la sezione distaccata di Porretta Terme;
          a conoscenza degli interroganti non risulta che tali iniziative siano conseguenza della emanazione di alcuna circolare in tal senso da parte del Ministero;
          appare evidente che la mancanza di univoche indicazioni applicative può portare, e porterà, alla proliferazione di decisioni e applicazioni del decreto legislativo del tutto ineguali rispetto invece a situazioni aventi la medesima identità  –:
          se tutto quanto in premessa risponda al vero e quindi se la suindicata applicazione del decreto sia frutto di direttive e di interpretazione autentica del Ministero o di iniziative autonome svincolate da ogni obbligo normativo prese dai singoli dirigenti periferici delle strutture accorpanti e se non opportuno un intervento chiarificatore del Ministero che indichi con certezza quali debbano essere le modalità e i limiti di effettiva applicazione del decreto al fine di assicurare uniformità di trattamento. (5-08114)

Interrogazioni a risposta scritta:


      CANNELLA, LISI, SALTAMARTINI, CICCIOLI e CONTENTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere - premesso che:
          l'avvocato Calogero Dolce dopo anni di processo presso il tribunale di Aosta, imputato per truffa per una cifra di tremila euro, è stato assolto per non aver commesso il fatto;
          sin da subito il pubblico ministero dottor Luca Ceccanti ha disposto il sequestro del suo conto corrente sul quale non ha potuto effettuare nessuna operazione, né versamenti, né prelevamenti, per circa un anno;
          il provvedimento del magistrato ha prodotto l'effetto di impedire il pagamento di tutte quelle spese onorate con l'addebito sul conto corrente quali le rate del mutuo per l'acquisto dell'abitazione e le altre scadenze, causando così al Dolce la decadenza del beneficio del termine del mutuo della sua prima ed unica casa, l'inserimento nella black-list e la preclusione di ogni sorta di finanziamento o credito o rinegoziazione del mutuo, oltreché lo sfratto per morosità del suo studio professionale e, cosa ben più grave, l'avvio della procedura esecutiva immobiliare della sua unica casa;
          la banca ha preteso l'immediato pagamento del residuo del mutuo, per come detto sopra era decaduto dal beneficio del termine, e quindi ha pignorato e presentato istanza di vendita;
          il 15 gennaio 2010 si è tenuta l'udienza di giuramento del C.T.U al fine della valutazione dell'immobile, mentre il prossimo 15 ottobre 2010 sarà decisa la data della vendita dell'immobile;
          il residuo del mutuo e il debito per lo sfratto per morosità non supera la somma di euro 200.000,00 mentre il valore commerciale dell'immobile è di circa un milione di euro, ma, come è notorio, all'asta il prezzo ricavato sarà di molto inferiore al valore commerciale dell'immobile;
          l'interessato ha proposto ricorso alla Corte europea per la salvaguardia dei diritti umani per le possibili violazioni commesse dalla procura di Aosta, il ricorso è stato assegnato alla seconda sezione ed è in attesa del giudizio, ma nel frattempo, l'avvocato Dolce rischia di perdere tutto;
          fin dai prodromi della vicenda, il difensore di fiducia dell'avvocato Dolce chiese come atto istruttorio che il pubblico ministero precedente ponesse in essere degli specifici atti di indagine e in particolare, tramite i propri consulenti di ufficio, rintracciare ed identificare con qualsiasi strumento, attraverso, a titolo di esempio, l'identificazione dell'IP, chi ha in effetti operato sul conto corrente del signor Bruno Lang sul cui conto erano stati eseguiti dei bonifici costituenti l'oggetto del reato contestato all'avvocato (ogni accesso ad internet lascia tracce univoche che portano senza dubbio al soggetto che ha avuto accesso al conto corrente del signor Bruno con relativa località geografica e utenza), questo atto di indagine è determinante al fine di escludere la responsabilità dell'avvocato Dolce;
          nella sentenza assolutoria il giudice estensore tra le motivazioni riporta quanto segue: ”sarebbe stato necessario, ma non veniva fatto nel corso delle indagini preliminari, disporre l'acquisizione dei cosiddetti files di log, che consentono l'identificazione dell'ora e del giorno nel quale le comunicazioni in esame erano avvenute, nonché del numero e dell'intestatario dell'utenza telefonica dalla quale provenivano;
          in difetto dell'acquisizione dei suddetti files di log non è dunque possibile stabilire se dall'utenza in uso o nella disponibilità di Lang Bruno Enrico siano stati trasmessi gli ordini di esecuzione di bonifici di cui all'imputazione;
          l'acquisizione di tali dati, da'compiersi mediante l'adozione di decreto ai sensi dell'articolo 132, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n.  196, mai effettuata in precedenza durante le indagini preliminari, non appare più possibile, per decorso del termine biennale di conservazione della documentazione del traffico telefonico, previsto dall'articolo 132 comma 1 predetto”;
          appare dunque evidente che il pubblico ministero precedente abbia omesso un atto fondamentale che avrebbe potuto portare all'immediato dissequestro del conto senza così causare danni irreparabili all'avvocato Dolce  –:
          se il ministero non intenda assumere iniziative ispettive per l'eventuale esercizio dei poteri di competenza;
          se non ritenga di dover valutare eventuali percorsi che possano portare ad un intervento per l'esame del corso al fine di un bonario componimento con l'intermediazione del cancelliere della Corte europea così come previsto dalla procedura. (4-18083)


      PALADINI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP), con un provvedimento a dir poco criticabile, ha deciso di chiudere la Casa di reclusione «Luigi Daga» di Laureana di Borrello (Reggio Calabria), una struttura sperimentale di eccellenza in tema di rieducazione e reinserimento dei detenuti, tanto da essere assunta come modello di riferimento al quale tendere nella riorganizzazione delle strutture penitenziarie operanti in Italia, ormai obsolete e, per le loro condizioni, offensive dei diritti dei detenuti, quest'ultimi costituzionalmente garantiti;
          l'istituto «Luigi Daga» rappresenta l'effettiva concretizzazione dei principi cardine del nostro ordinamento penitenziario che pone al centro dei propri interventi trattamenti tesi a favorire, da parte del detenuto, l'abbandono delle logiche criminali e l'inizio di un percorso alternativo alla devianza e finalizzato al reinserimento sociale;
          la casa di reclusione Luigi Daga, che oggi di fatto è stata smobilitata, produce conseguenze gravissime sotto un duplice profilo, uno di ordine generale come segnale negativo nei confronti del pianeta «carceri», l'altro più prettamente legato alla realtà socio economica calabrese che, danneggiata dalla criminalità mafiosa, subisce anche il fallimento, reale e simbolico, di esperienze che offrono una speranza di riscatto per molti detenuti;
          un provvedimento di tale gravità sicuramente non è frutto di una decisione estemporanea ma collegabile a circostanze per le quali sarebbe opportuno avere chiarimenti ai vari livelli istituzionali, tenuto conto, altresì, degli orientamenti espressi recentemente dal Ministro della giustizia sulla necessità di promuovere gli interventi alternativi alla detenzione;
          al contrario, la giustificazione addotta per motivare la chiusura dell'istituto «Luigi Daga» sarebbe riconducibile a carenze di personale penitenziario nelle altre strutture detentive della Calabria, e in particolare ad esigenze di natura giudiziaria per il rischio di non poter celebrare numerosi processi, laddove, dai dati raccolti, sembrerebbe che il personale trasferito per buona parte non sarebbe stato utilizzato nelle traduzioni di detenuti;
          la compatta reazione istituzionale e politica di questi giorni, a fronte di un provvedimento illogico e abnorme ha costretto il Dap attraverso una sua nota ufficiale del 3 ottobre 2012, a motivare il provvedimento di chiusura in termini di provvisorietà, ma circostanze emerse negli ultimi giorni farebbero pensare ad una chiusura definitiva dell'esperienza, atteso che il personale di polizia penitenziaria è stato assegnato ad altri istituti di pena della regione  –:
          se, i Ministri interrogati siano a conoscenza del provvedimento emesso dal Dap di chiusura dell'istituto «Luigi Daga» e delle motivazioni che ne hanno determinato l'adozione;
          se, il provvedimento adottato abbia tenuto conto, per le motivazioni di cui in premessa, dell'alto valore sociale e rieducativo dell'istituto penitenziario Luigi Daga e se siano stati valutati attentamente soluzioni alternative che potessero evitare la chiusura di un centro sperimentale così innovativo e riconosciuto a livello nazionale internazionale;
          se siano emerse gravi circostanze nel tempo riconducibili a istituzioni o enti competenti a vario titolo sulla struttura penitenziaria tali da determinare il provvedimento di chiusura;
          se, non ritengano opportuno, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, adottare i necessari provvedimenti che portino alla revoca dell'atto amministrativo adottato individuando ipotesi alternative compatibili con le esigenze di razionalizzazione organizzativa del sistema penitenziario;
          se, non ritengano opportuno, in via subordinata, sospendere l'efficacia del provvedimento e attivare un confronto con il governo regionale della Calabria per l'individuazione di risorse aggiuntive che possano evitare la chiusura dell'istituto penitenziario. (4-18085)


      PALADINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          il grave, ennesimo episodio di omicidio-suicidio verificatosi all'interno di una caserma dell'Arma, ripropone intensamente interrogativi e perplessità circa le dinamiche dei rapporti all'interno delle caserme nonché l'azione di comando gerarchico;
          nelle Forze armate sono molto carenti gli organismi che possano sostenere il personale che si trova in difficoltà mentre l'ufficio istituito a suo tempo dal Ministro Spadolini presso lo Stato Maggiore Difesa che doveva curarsi delle vittime in ambito militare è stato a chiuso;
           mancano periodici controlli psichiatrici ai nostri corpi armati che vivono quotidianamente condizioni di stress e forti condizionamenti dovuti alla particolare professione svolta;
          si deve intraprendere un percorso di civile e adeguata introspezione non sottovalutando il più piccolo segnale di disagio, indice a volte di malessere che in particolari situazioni erompe in forma drammatica  –:
          se, il Ministro interrogato, per quanto di competenza, non ritenga urgente istituire un osservatorio permanente nelle caserme programmando pure una seria, approfondita attività di controllo al fine di scongiurare il ripetersi di analoghi episodi. (4-18087)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          con decreto emesso il 30 novembre 2009, eseguito l'8 gennaio 2010, il tribunale per i minorenni di L'Aquila ha disposto l'apertura del procedimento di adottabilità della minore M.L., nata ad Avezzano il 15 maggio 2006, figlia di M.M. e S.A.;
          a fondamento della decisione, il tribunale, così come risulta dalla motivazione del decreto, pone in rilievo la assoluto inadeguatezza dei genitori, in particolare del padre collocatario, ad occuparsi della minore che non ha, a causa della vita sentimentale estremamente disordinata del genitore, alcuna figura valida di riferimento;
          l'apertura del procedimento di adottabilità non sembra peraltro sia stata preceduta dall'esperimento della normale (e doverosa) attività istruttoria volta a verificare la disponibilità ad accogliere la minore da parte di altri parenti;
          il 15 gennaio 2010 la minore, su iniziativa della Direttrice della «Casa Famiglia Immacolata Concezione – Suore Zelatrici Sacro Cuore Ferrari», è sottoposta a visita ginecologica presso l'ospedale di Teramo, per l'accertamento di possibili abusi sessuali;
          il 18 gennaio 2010 è redatta una relazione a firma della direttrice e della psicologa dell'istituto, in cui, preso atto dell'esito negativo dell'accertamento medico, si ipotizza comunque che potrebbe trattarsi, in assenza di segni fisici evidenti e specifici, della tipica situazione di un genitore che agisce senza violenza apparente, che mette in atto ricatti affettivi, assumendo un atteggiamento seduttivo e sfruttando l'ingenuità della bambina;
          la relazione è depositata presso la cancelleria del tribunale solo l'8 febbraio del 2010;
          il 20 gennaio 2010, il padre della minore, come dallo stesso riferito, è autorizzato ad avere contatti telefonici con la minore;
          il 2 febbraio 2010, pur pendente il procedimento di adottabilità, il padre visita la figlia presso la sede della «Casa Famiglia» di Silvi Marina, presenti la direttrice e la psicologa della struttura;
          l'8 giugno 2010 le stesse redigono una seconda relazione pervenuta il 14 giugno 2010 presso la procura ed il tribunale per i minorenni di L'Aquila, in cui è si afferma che «l'abuso sessuale intrafamiliare» avrebbe trovato conferma in dichiarazioni della minore ad esplicito contenuto sessuale;
          una terza relazione, datata 4 febbraio 2011, trasmessa altresì alla procura della Repubblica presso il tribunale di Avezzano, evidenzia una esigenza ancor più determinata di richiesta di sospensione delle visite del padre alla bambina;
          il 14 marzo 2011, il tribunale per i minori de L'Aquila, fa divieto al padre di avere contatti anche telefonici con la figlia minore;
          nella motivazione del provvedimento de quo si legge: «... nel corso del procedimento è stato possibile accertare che la bambina ha comportamenti fortemente sessualizzati e un vocabolario non adatto alla sua età»;
          sui fatti indaga quindi la procura della Repubblica presso il tribunale di Avezzano (procedura penale n.  438/10), per il grave delitto di cui agli articoli 609-bis, 609-ter e 609-quater, 61 n.  5 del codice penale;
          nel corso delle indagini sono sentite per sommarie informazioni la direttrice e la psicologa della «Casa Famiglia». Quest'ultima conferma che la minore, rivolgendosi al padre avrebbe utilizzato espressioni ad esplicito contenuto sessuale;
          con ordinanza dell'11 marzo 2011, il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Avezzano, in accoglimento della richiesta presentata dal pubblico ministero il 18 gennaio 2011, dispone procedersi con incidente probatorio all'audizione della minore;
          l'incidente probatorio, dopo alcuni rinvii, è celebrato il 1o luglio 2011;
          il pubblico ministero procedente, con atto del 5 novembre 2011, preso atto dell'esito dell'incidente probatorio, formula richiesta di archiviazione, accolta con provvedimento del giudice per le indagini preliminari di Avezzano il 9 gennaio 2012;
          il padre, con atto depositato in cancelleria il 1° marzo 2012, chiede la revoca del citato decreto adottato dal tribunale per i minorenni il 14 marzo 2011, che, come si è detto, vietava allo stesso ogni contatto con la figlioletta;
          il 7 maggio 2012 M.M. sentito dal presidente del tribunale per i minorenni dottor Vittoria Correa;
          ad oggi lo stesso attende ancora la decisione del tribunale  –:
          se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
          quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro della giustizia per verificare la sussistenza di eventuali responsabilità disciplinari da parte dei magistrati del tribunale per i minorenni de l'Aquila, che, nonostante l'archiviazione del procedimento penale a carico del padre (articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater, 61 n.  5), non hanno ancora provveduto sulla richiesta di quest'ultimo di poter rivedere la figlia. (4-18101)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
          si apprende da organi di stampa che a breve con l'introduzione del nuovo piano dei voli invernale la compagnia di bandiera Alitalia non effettuerà più i collegamenti Cagliari-Milano;
          la tratta rappresenta la seconda per volume di traffico tra la Sardegna e il resto del territorio nazionale e viene operata in regime di continuità territoriale come da accordo di programma, da marzo vigente in proroga, stabilito tra regione Sardegna, Enac e compagnie aeree;
          in vista dell'imminente trattativa per il rinnovo del bando sulla continuità territoriale la strategia di Alitalia sembrerebbe quella, come denunciato anche da altri colleghi in atti di sindacato ispettivo da loro presentati in materia, di operare uno strappo agli accordi intrapresi e un tentativo di non riconoscere per il futuro nessuna eventuale proroga o inserimento di altri vettori nella trattativa, in funzione dell'apertura al libero mercato sulle tratte in questione con conseguente ritorno a voli a tariffe non calmierate e frequenze libere;
          sempre da quanto si apprende da organi di stampa pochi giorni fa sarebbe stato presentato alla procura della Repubblica di Cagliari e alla Corte dei conti un esposto in cui si denuncia come Alitalia negli ultimi mesi abbia operato sui cieli sardi in violazione degli oneri di pubblico servizio previsti dal regime di continuità territoriale in vigore, con conseguenti gravissime responsabilità amministrative, giuridiche ed erariali;
          l'abbandono dell'operativo voli previsto dall'ex compagnia di bandiera e la politica assunta sull'operatività così come dai fatti esposti se confermata costituirebbe un atto gravissimo in violazione degli accordi sulla continuità territoriale e un'ulteriore smacco per la regione Sardegna e per tutti i suoi cittadini, che vedrebbero eluso ancora una volta il loro diritto alla mobilità costituzionalmente garantito  –:
          se non intenda verificare la veridicità dei fatti denunciati e, qualora accertati, attivarsi con ogni iniziativa in suo potere per ripristinare le condizioni di normalità operativa sui cieli sardi, secondo quanto previsto dall'accordo di programma vigente al momento in regione Sardegna;
          quali urgenti iniziative in suo potere intenda adottare in vista della deliberazione del nuovo accordo sugli oneri in regime di continuità territoriale aerea per la regione Sardegna per garantire una partecipazione dei vettori interessati quanto più trasparente e virtuosa possibile nel pieno rispetto del diritto alla mobilità di tutti i cittadini sardi.
(2-01702) «Mereu».

Interrogazione a risposta orale:


      ALBONETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il prossimo 27 ottobre 2012 scade l'ultima proroga del contratto con Meridiana che assicura la continuità territoriale tra la Sicilia e l'isola di Pantelleria, tramite voli giornalieri da e per Palermo e Trapani;
          si segnala la situazione di assoluta incertezza per i mesi successivi a cui si aggiunge il venir meno del secondo traghetto;
          sono circa 300 i viaggiatori giornalieri interessati a questi spostamenti, in particolare residenti, medici, insegnanti, professionisti, militari, eccetera;
          il prossimo 28 settembre 2012 è previsto un incontro a Roma tra Stato, regione ed Enac per affrontare la problematica  –:
          che cosa intenda fare il Governo per assicurare in tempi utili, la prosecuzione del servizio, garantendo la continuità territoriale ai residenti. (3-02533)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      ANTONINO RUSSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          in data 5 agosto 2012, a seguito di un vasto incendio sul versante a monte della strada statale 186 che ha interessato ampi territori ricadenti nei comuni di Partinico, Borgetto e Monreale, si è verificato lo scoscendimento di materiale roccioso dalla scarpata sul piano viabile del tratto della suddetta strada tra i chilometri 19 e 24 circa;
          immediatamente, l'ANAS, con nota del 7 agosto 2012, invitava l'azienda regionale forestale demaniali di Palermo a ispezionare e bonificare il versante superiore della strada statale nel tratto interessato al fine di prendere tutti gli accorgimenti necessari per evitare in futuro scoscendimenti di materiale sul piano viario che creano pregiudizio alla sottostante circolazione stradale e, nelle more degli interventi suddetti, con ordinanza n.  24 del 7 agosto 2012 precludeva il transito sulla statale con deviazione su viabilità alternativa;
          l'imminente inizio del periodo feriale ha impedito che si avviasse immediatamente un percorso serio e costruttivo volto alla riapertura dell'importante arteria viaria;
          solo dopo alcune settimane si sono tenuti incontri presso l'ANAS tra i rappresentanti degli enti locali coinvolti, la protezione civile, l'azienda regionale demanio forestale;
          al termine di tali incontri l'azienda regionale demanio foreste autorizzava l'ANAS ad inviare esperti rocciatori sul luogo dell'incendio per verificare i danni e per quantificare un primo sommario intervento utile al fine di riaprire l'arteria stradale;
          in data 21 agosto 2012 l'ANAS chiedeva alla prefettura di Palermo la convocazione urgente di in tavolo tecnico per la disamina congiunta delle problematiche e delle competenze in merito alle attività da porre in essere per la tutela del territorio e la fondamentale riapertura della strada statale;
          tale richiesta veniva accolta e, in data 5 settembre 2012, dopo poco più di un mese dall'incendio e dalla chiusura della strada, si teneva una conferenza di servizio presso la prefettura di Palermo per definire le modalità, i tempi ed i costi dell'intervento, oltre che per stabilire il soggetto che dovrebbe farsene finanziariamente carico;
          nel corso della riunione, inoltre, l'ANAS presentava al prefetto di Palermo la relazione tecnica, redatta in seguito al summenzionato sopralluogo della squadra di rocciatori, all'interno della quale è presente una stima sommaria dei soli interventi di disgaggio dei massi in condizioni di maggiore instabilità che seguiti da alcuni interventi di manutenzione della rete paramassi esistente di competenza Anas, consentirebbe la riapertura della statale in condizioni minime di sicurezza;
          tale relazione tecnica veniva successivamente consegnata all'ingegnere capo del genio civile regionale di Palermo per le determinazioni di competenza;
          al fine di superare i problemi di natura finanziaria, a seguito di una riunione di giunta del governo regionale di inizio settembre 2012, l'assessore Gaetano Armao informava il prefetto di Palermo dell'impegno del Governo a coprire le spese per la cifra di 200.000 euro autorizzando l'assessorato alle infrastrutture allo sforamento del patto di stabilità, evenienza adesso superata dalla rinegoziazione dello stesso patto con il Governo nazionale avvenuta nei giorni scorsi; resta comunque immutata la disponibilità del governo regionale a farsi carico dei costi per gli importi stimati;
          nonostante ciò, poco si è mosso. Anzi, sembrerebbe che gli interventi non possano realizzarsi perché, il geni civile in sede di riunione tenutasi il 4 ottobre 2012 presso gli uffici ANAS – alla presenza di tecnici ANAS, dei sindaci dei territori interessati, della protezione civile regionale – comunicava che non erano presenti i termini per poter intervenire in regime di somma urgenza;
          pare che, se si operasse in semplice regime di urgenza, le opere potrebbero essere effettuate, ovviamente, previo svolgimento delle procedure ordinarie; frattanto, seguendo le notizie della stampa locale, sembrano stranamente lievitare le cifre delle spese necessarie per approntare le prime opere di disgaggio necessarie per la riapertura;
          nei giorni scorsi, in occasione di un nuovo sopralluogo operato durante una manifestazione di protesta da parte del sindaco di Borgetto e da altri rappresentanti istituzionali, politici e sindacali locali emergeva che, a distanza di più di due mesi, non vi era nessun masso né detrito sulla sede stradale e meno che mai grandi massi impossibili a rimuoversi, vista l'impossibilità all'accesso di mezzi pesanti preclusa dai blocchi cementizi posti dall'ANAS alle due estremità del tratto interrotto;
          ad oggi, dunque, sono passati più di due mesi e mezzo e non si vede alcuno spiraglio risolutivo. Tutto ciò nonostante l'apparente disponibilità di ognuno dei soggetti coinvolti a fare la propria parte  –:
          se il Ministro sia a conoscenza di tale incresciosa vicenda;
          quali misure intenda adottare al fine di consentire al più presto la riapertura dell'arteria stradale;
          se non intenda verificare se vi siano stati e continuino ad esserci comportamenti omissivi che provocano lo stallo denunciato e l'impossibilità di riaprire la strada statale 186. (5-08112)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      SIRAGUSA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          in data 1o ottobre 2012, l'interrogante si è recata presso la prefettura di Trapani per verificare che le procedure irregolari di convalida della proroga del trattenimento dei migranti, emerse in precedenti visite presso i centri di identificazione ed espulsione di Trapani, fossero cessate;
          ad oggi sembrerebbe che le convalide delle proroghe dei trattenimenti si facciano alla presenza delle persone interessate e non si proceda più attraverso proroghe «cartacee», sanzionate anche dalla Corte di cassazione con la sentenza n.  4544 del 2010, senza la presenza dell'immigrato e senza la possibilità di esercitare un effettivo diritto di difesa;
          nella stessa data, l'interrogante ha visitato nuovamente il centro di identificazione ed espulsione di Milo;
          risulta all'interrogante che la maggior parte delle persone sbarcate quest'anno e poi respinte in base all'articolo 10, comma 1, (respingimento immediato) del testo unico sull'immigrazione, magari dopo giorni dall'ingresso nel territorio e di detenzione amministrativa informale in centri di accoglienza a porte chiuse, non avrebbero ricevuto alcun provvedimento né avrebbero potuto fare valere una richiesta di asilo o i loro diritti di difesa; un modo, questo, per evitare l'applicazione della direttiva 2008/115/CE sui rimpatri, che sembrerebbe escludere dal suo campo di applicazione i respingimenti immediati;
          altre volte gli immigrati sono stati destinatari di un provvedimento di respingimento differito adottato dal questore; un istituto quello del respingimento differito ex articolo 10, comma 2, del testo unico sull'immigrazione, che consente gli spazi più ampi alla discrezionalità amministrativa anche perché la norma che lo contiene non disciplina neppure i mezzi di ricorso, ed a lungo sia i giudici di pace sia i tribunali amministrativi hanno negato la loro competenza, al punto che è stato reso impossibile agli immigrati qualunque diritto di difesa (al momento si attende una decisione sulla competenza da parte della Corte di cassazione);
          dopo che alcuni giudici di pace hanno cominciato ad annullare provvedimenti di respingimento differito, come lo scorso anno ad Agrigento, sembrerebbe che si sia passati ai respingimenti immediati ex articolo 10 comma 1 del testo unico 286 del 1998, senza alcun provvedimento del questore, come una mera prassi di polizia, ma con il trattenimento in strutture informali e non nei centri di identificazione ed espulsione, senza alcuna convalida del magistrato, peggio senza che sia neppure comunicato il trattenimento ad un magistrato;
          in questi casi si tratta di persone entrate e trattenute per giorni in luoghi diversi dai centri di identificazione ed espulsione sotto stretta sorveglianza di polizia, come capannoni in zone portuali soggette a controllo militare, senza nessun provvedimento che possa essere almeno impugnato, per essere poi accompagnate in aeroporto e dopo l'identificazione del console del Paese di (presunta) provenienza, imbarcate sull'aereo e rispedite in patria;
          casi nei quali sembrano configurarsi espulsioni e respingimenti collettivi vietati dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dalla sentenza della Corte di Strasburgo sul caso Hirsi il 23 febbraio del 2012;      
          una detenzione «in incommunicado» vietata dalla legge e dal Regolamento frontiere Schengen del 2006, che impone formalità e garanzie precise per i respingimenti in frontiera, che però è ancora frutto degli accordi negoziati dall'allora Ministro dell'interno, Maroni, a Tunisi, il 5 aprile 2011, quando si convenne di fare partire dall'Italia con cadenza settimanale due voli di rimpatrio diretto verso la Tunisia, senza attendere il riconoscimento individuale delle persone, ma solo sulla base dell'attestazione di nazionalità da parte di un console;
          a quanto appreso dall'interrogante, solitamente dai centri di prima accoglienza/detenzione all'aeroporto di Punta Raisi di Palermo viene portato un numero superiore di persone destinate al rimpatrio, e quelli che il console non riconosce, vengono portati nel centro di identificazione ed espulsione di Milo o trasferiti in altri centri di identificazione ed espulsione;
          a differenza della visita precedente nel centro di identificazione ed espulsione, l'interrogante ha rilevato come le sbarre dei portoni di ferro fossero affumicate dal fuoco, e alcuni immigrati mostrassero segni di manganellate in fase di riassorbimento. La fase più calda delle fughe si colloca tra luglio ed agosto, ma ancora in questi giorni le contestazioni sono violente e per la prima volta in diverse visite effettuate l'interrogante è stata scortata nella sua visita da un gruppo di poliziotti schierati tra lei e l'ingresso della cella con scudi, manganelli e visiera, nonostante avesse chiesto di evitare tale schieramento di forze; sembrerebbe che le fughe siano state tantissime, alcune sono riuscite e sono state fughe di massa, in altri casi quasi tutti gli immigrati sono stati ripresi;
          decisivo, in questo caso, l'intervento di pattuglie antisommossa di stanza a Trapani, alloggiate in albergo e chiamate ad intervenire quando la tensione sale o si verificano fughe; sempre nel corso della visita, l'interrogante ha notato nel gabbiotto di guardia all'ingresso decine di zaini degli agenti di polizia ammucchiati, come se fossero arrivati in massa poco prima della visita: forse si temeva una sommossa o l'ennesimo tentativo di fuga; o si stava controllando una situazione ancora incandescente, dopo la fuga verificatasi due giorni prima, della quale si è appreso da canali giornalistici perché nessuna delle autorità incontrate vi ha fatto riferimento;
          l'esasperazione constatata è tanta, anche perché molti immigrati, specialmente quelli provenienti dal circuito carcerario, non sanno quale sarà il loro destino e sono costretti ad attendere il passare dei giorni senza nulla da fare;
          il centro di Milo oggi è una struttura nuova, ma tutto è ad avviso dell'interrogante isolamento e annientamento della personalità: cemento, materassi per terra, pochi tavoli: la prefettura ha comunicato all'interrogante che gli immigrati li rompono e li utilizzano contro gli agenti nei tentativi di fuga; e poi solo muri e sbarre, non una sola occasione per trascorrere il tempo, solo pratiche di controllo, appelli continui e condizioni disumane di isolamento di persone alcuni provenienti dal carcere per il fine pena, altri colpevoli soltanto di non avere il documento di soggiorno o di ingresso in regola; in una situazione di promiscuità che contribuisce ad esasperare le tensioni;
          anche a seguito della prassi dei respingimenti sommari di cui sopra e della riduzione oggettiva delle partenze dal nord africa (meno di un decimo rispetto allo scorso anno), la popolazione del centro di identificazione ed espulsione di Milo ormai è quasi esclusivamente composta da ex detenuti, o da richiedenti asilo che hanno potuto formalizzare la loro domanda solo dopo avere ricevuto un provvedimento di respingimento ed espulsione; qualcuno ha riferito all'interrogante di avere subito torture nei commissariati di polizia in Tunisia, o in altri Paesi ritenuti a torto tranquilli;
          si è osservato inoltre quanto sia difficile, se non impossibile, per i richiedenti asilo fare ricorso contro le domande rigettate, a fronte di costi ormai impossibili da sostenere per un migrante e della chiusura dei consigli dell'ordine sul gratuito patrocinio e dei tempi per avvalersi di un avvocato di fiducia;
          per i migranti che manifestano l'intenzione di chiedere asilo, come si è constatato proprio nel corso della visita nel centro di identificazione ed espulsione di Milo, servono anche due mesi per la formalizzazione della domanda nel modello C 3 e per l'avvio della procedura presso la commissione territoriale;
          molti i casi di immigrati che hanno segnalato all'interrogante di non avere più notizie del proprio avvocato d'ufficio. Alcuni immigrati si trovavano detenuti da oltre sei mesi, in un caso addirittura da dieci mesi, senza un motivo specifico ed individuale che giustificasse questo ulteriore prolungamento del trattenimento, accertamento richiesto caso per caso dalla direttiva sui rimpatri 2008/115/CE che il nostro legislatore ha attuato in Italia con gravi omissioni e difformità;
          in base al considerando 16 della direttiva comunitaria 2008/115/CE, che dopo la scadenza del termine di attuazione (25 dicembre 2010) ha acquistato una precisa portata precettiva sul piano del diritto interno, «il ricorso al trattenimento ai fini dell'allontanamento dovrebbe essere limitato e subordinato al principio di proporzionalità con riguardo ai mezzi impiegati e agli obiettivi perseguiti. Il trattenimento è giustificato soltanto per preparare il rimpatrio o effettuare l'allontanamento e se l'uso di misure meno coercitive è insufficiente»;
          l'articolo 14 della Direttiva sui rimpatri suggella il carattere residuale della detenzione amministrativa, in quanto il trattenimento risulta applicabile solo quando «non possano essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive». Nei casi in cui sia evidente la impossibilità di procedere al rimpatrio forzato, come ad esempio dopo periodi di trattenimento in carcere o nei centri di identificazione ed espulsione, seguiti dalla rimessione in libertà, con l'intimazione a lasciare entro 7 giorni il territorio nazionale, o quando manca la collaborazione dei consolati dei Paesi di provenienza nel fornire i documenti di viaggio, la detenzione amministrativa degli stranieri irregolari rimane dunque priva di fondamento legale. La stessa direttiva comunitaria stabilisce poi, con il considerando 17, che i cittadini dei paesi terzi trattenuti dovrebbero essere trattati «in modo umano e dignitoso, nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali». In base allo stesso considerando il trattenimento dovrà avvenire «di norma» negli appositi centri di permanenza temporanei, salvi casi eccezionali in cui è data facoltà allo Stato di trattenere gli immigrati in attesa di allontanamento in un istituto penitenziario, avendo in tal caso cura di assicurare che siano ivi tenuti separati dai detenuti ordinari (articolo 16 paragrafo 1);
          secondo l'articolo 15 della direttiva comunitaria sui rimpatri, il trattenimento dell'immigrato irregolare sottoposto ad una procedura di espulsione dovrebbe avere la durata più breve possibile ed è soggetto a riesame «ad intervalli ragionevoli» su richiesta dello straniero o d'ufficio, dovendo comunque cessare allorché risulti che «non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi o che non sussistono più le condizioni di cui al paragrafo 1» (articolo 15 § 4);
          evidente a questo punto il contrasto tra l'articolo 14 dell'attuale testo unico n.  286 del 1998, come novellato dal decreto-legge del 17 giugno 2011 poi convertito con la legge 2 agosto 2011 n.  129 e le corrispondenti previsioni vincolanti della direttiva comunitaria 2008/115/CE in materia di trattenimento e successive proroghe della detenzione amministrativa. La direttiva 2008/115/CE, inoltre, all'articolo 15 comma 4, prevede che «quando risulta che non esistano più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi», o che non esistano più rischi di fuga o comportamenti dell'interessato contrari al rimpatrio, «il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente rilasciata»;
          le norme di legge vigenti in Italia e le prassi applicate rilevate durante la visita suddetta nel centro di identificazione ed espulsione di Milo appaiono in contrasto con l'articolo 8 della direttiva comunitaria 2008/115/CE, secondo cui «ove gli Stati membri ricorrano – in ultima istanza – a misure coercitive per allontanare un cittadino di un paese terzo che oppone resistenza, tali misure sono proporzionate e non eccedono un uso ragionevole della forza. Le misure coercitive sono attuate conformemente a quanto previsto dalla legislazione nazionale in osservanza dei diritti fondamentali e nel debito rispetto della dignità e dell'integrità fisica del cittadino di un paese terzo interessato»;
          la situazione nei centri di identificazione e di espulsione, ed a Milo in particolare, è diventata sempre più incandescente anche dopo la fine dell'emergenza sbarchi dal Nord Africa del 2011, proprio per il prolungamento a 18 mesi della detenzione amministrativa e per l'abbattimento sostanziale di tutte le garanzie di difesa in vista dell'accompagnamento forzato in frontiera. Una procedura che sembra rimasta l'unico strumento per contrastare la cosiddetta immigrazione clandestina, che si abbatte sui cosiddetti migranti economici e sui richiedenti asilo denegati o ai quali si vieta di fatto un tempestivo accesso alla procedura, ma che colpisce anche immigrati residenti da anni in Italia, «colpevoli» soltanto di essere stati licenziati dal proprio datore di lavoro o di avere commesso un lieve reato. Una procedura generalizzata, costosa ed inefficace, sebbene il ricorso alla detenzione amministrativa sia limitato dall'articolo 13 della Costituzione soltanto a «casi eccezionali di necessità ed urgenza»;
          diversi i casi constatati dall'interrogante nel corso della sua visita al centro di identificazione ed espulsione di Milo, di migranti trattenuti nonostante non vi siano i connotati di necessità ed urgenza che legittimano da un punto di vista costituzionale e comunitario il ricorso alla detenzione amministrativa prolungata oltre i termini necessari caso per caso per esperire i tentativi di rimpatrio. Si tratta in generale di immigrati residenti da lungo tempo in Italia, molti dei quali hanno avuto in precedenza un permesso di soggiorno che poi hanno perso per la commissione di reati o per il mancato rinnovo del permesso di soggiorno per altre ragioni. Un immigrato nel corso della visita ha addirittura affermato di essere nato in Francia e di essere cittadino comunitario, un altro che la questura del luogo di residenza aveva ingiustificatamente ritenuti falsi i suoi documenti di soggiorno, un altro ancora lamenta una grave forma di allergia che gli provoca soffocamento, sostenendo di avere già avuto delle gravi crisi di dispnea e di essere imbottito di cortisone, dopo un esame ospedaliero che aveva sancito la compatibilità del suo stato con la detenzione in un centro di identificazione ed espulsione;
          si può ritenere, come altre volte nel corso delle visite nei centri di identificazione ed espulsione che gli immigrati provenienti dal circuito carcerario, dove hanno scontato anche pene prolungate per reati gravi, abbiano raccontato solo una parte della loro storia, anche a causa dei tempi ristretti della visita. Emerge evidente comunque come il circuito perverso carcere-centro di identificazione ed espulsione, e talvolta ancora carcere, non giova all'effettiva esecuzione dei provvedimenti di allontanamento forzato, ed in questo senso si ricorda la sentenza della Corte di giustizia del 2011 sul caso El Dridi;
          si pone dunque l'esigenza, recentemente ripresa dal Rapporteur delle Nazioni unite sui diritti umani in Italia, nell'ultimo rapporto sull'Italia pubblicato in questi giorni che, anche attraverso misure amministrative urgenti, si spezzi il circuito carcere-centro di identificazione ed espulsione, come peraltro già previsto dalla circolare Amato-Mastella del 2007 e dal rapporto sulla situazione nelle carceri e nei centri di identificazione ed espulsione, approvato con voto unanime pochi mesi fa dalla Commissione sui diritti umani del Senato presieduta dal senatore Pietro Marcenaro. Occorre procedere alla identificazione degli immigrati detenuti in carcere prima della loro scarcerazione, ed evitare di ingolfare il sistema dei centri di identificazione ed espulsione con immigrati irregolari dei quali è ormai certa l'impossibilità di una espulsione con accompagnamento forzato. Altrettanto importante è ridurre solo a casi particolari i trattenimenti amministrativi che eccedono i sei mesi, come peraltro imposto dalla direttiva 2008/115/CE  –:
          se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa circa i respingimenti immediati e la detenzione in luoghi informali, e se non ritenga di dover intervenire immediatamente, per dare piena applicazione alla direttiva comunitaria 2008/115/CE sui rimpatri e al fine di assicurare al migrante tutte le garanzie di difesa;
          se non ritenga altresì di promuovere l'abrogazione dell'articolo 10 comma secondo, del testo unico sull'immigrazione che, prevede i cosiddetti respingimenti differiti disposti dal questore, trattandosi di norma ad avviso dell'interrogante di dubbia costituzionalità;
          se non ritenga di dover con urgenza trovare un raccordo con il Ministero di giustizia perché si provveda al riconoscimento degli stranieri detenuti prima della loro scarcerazione e si interrompa il circuito perverso centri di identificazione ed espulsione-carceri;
          se non convenga infine con l'interrogante, sulla necessità di dover ripensare le politiche adottate dal precedente Governo in materia di contrasto dell'immigrazione irregolare e di accordi bilaterali con i Paesi di provenienza e transito, affinché i fatti denunciati in premessa, e soprattutto i casi di cosiddetto detenzione informale in centri di accoglienza chiusi nei giorni successivi allo sbarco non abbiano più a verificarsi. (5-08113)


      PELUFFO e FIANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere — premesso che:
          in una pagina dell'ordinanza firmata dal gip di Milano, Alessandro Santangelo, c’è l'esatta suddivisione del procacciamento dei voti da parte dei vari boss, anche «storici», della ’ndrangheta in Lombardia a favore dell'assessore regionale, Domenico Zambetti, finito oggi in carcere;
          Zambetti, secondo l'accusa, avrebbe ottenuto circa 4 mila voti pagando 200 mila euro, ossia «50 euro a voto». La raccolta dei voti andò così, secondo il gip: «Gli esponenti della cosca “Barbaro-Papalia” procuravano circa 500 voti nella loro area di tradizionale influenza (Corsico, Buccinasco e hinterland sud di Milano)» Eugenio Costantino aveva procurato circa 700-800 voti nell'area del Magentino, nella città di Milano venivano raccolti complessivamente 2.500 voti di preferenza»; a Milano «la maggior parte dei voti venivano raccolti da Ambrogio Crespi»;
          per portare voti a Zambetti gli uomini dei clan avevano preso anche «contatti con il gruppo criminale capeggiato da Pepe Onorato», «storico» capo della ’ndrangheta in Lombardia e anche con la «criminalità» campana e siciliana», poi anche contatti con Antonio Paolo e Giuseppe Ferraro dei Morabito-Bruzzaniti-Palamara;
          uno degli arrestati, Giuseppe D'Agostino, avrebbe contattato «anche Pio Domenico, uno dei capi della locale della ’ndrangheta di Desio» C’è anche un chirurgo che, in provincia di Milano, a Rho, si è rivolto alla ’ndrangheta per avere voti. Si tratta di Marco Scalambra, 55 anni, uno degli arrestati nel blitz che questa mattina ha visto scattare le manette attorno ai polsi di una ventina di persone tra le quali l'assessore Domenico Zambetti. A confermare l'episodio è il magistrato che ha coordinato l'indagine condotta dai carabinieri, Giuseppe D'Amico, nel corso delle elezioni comunali del 2011 Scalambra, ha dichiarato il pubblico ministero, ha contattato Eugenio Costantino, considerato uno dei principali referenti della ’ndrangheta al Nord, per raccogliere voti per Marco Tizzoni di una lista civica il quale rifiutò l'aiuto;
          sulla vicenda di Rho il procuratore aggiunto Ilda Bocassini dice: «Abbiamo anche chi si è fortunatamente rifiutato di pagare i voti anche se non c’è stata denuncia e questo è un altro segnale preoccupante e inquietante perché significa che si ha paura»;
          dopo l'appalto assegnato da Metropolitana Milanese per la pulitura dell'area di Rho-Pero dove si svolgerà Expo 2015, anche la gara che ha assegnato i lavori della piastra dell'Esposizione universale del 2015 è sotto inchiesta da parte della magistratura;
          i pubblici ministeri Antonio D'Alessio e Paola Pirotta, del pool specializzato in reati contro la pubblica amministrazione guidato dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo, hanno inviato nella sede di Infrastrutture Lombarde, controllata dalla regione, che ha assegnato i lavori per la realizzazione della piastra, l'ossatura su cui verrà creata la piattaforma Expo fatta di allacciamenti, canali, viabilità e reti di comunicazione, all'Associazione temporanea d'imprese guidata dalla società per azioni «Ing. E. Mantovani»; il valore dei lavori era stimato in circa 270 milioni di euro, ma la cordata vincente, tra nove offerte, se l’è aggiudicata con un ribasso pari al 41 per cento;
          secondo quanto apparso sulla stampa per questo appalto, e altri bandi come quello per il piano di trasformazione urbana di Pieve Emanuele successivo all'abbattimento delle torri dell'ex Enpam, sono indagati, tra gli altri, il direttore generale di Infrastrutture Lombarde Antonio Rognoni, ritenuto molto vicino a Formigoni, il responsabile dell'ufficio gare Pier Paolo Perez, l'avvocatessa Carmen Leo. L'ipotesi di reato è la «turbata libertà del procedimento di scelta del contraente». Si sospetta, insomma, che il bando sia stato confezionato su misura dei vincitori;
          il valore dei lavori era stimato in circa 270 milioni di euro, ma la cordata vincente, tra nove offerte, se l’è aggiudicata con un ribasso pari al 41 per cento. Il dottor Rognoni, secondo quanto riportato dallo stesso governatore Roberto Formigoni, gli avrebbe espresso «preoccupazione» per un taglio così rilevante dei costi previsti;
          in considerazione della rilevanza che il mercato degli appalti pubblici riveste, specie nel settore delle infrastrutture degli insediamenti produttivi strategici, ricompresi nel Programma infrastrutture strategiche, di cui alla legge 21 dicembre 2001, n.  443 (cosiddetto legge obiettivo), il Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere assicura l'attuazione delle disposizioni e delle misure contenute nel decreto ministeriale 14 marzo 2003, per l'espletamento delle attività in tema di prevenzione dell'infiltrazioni delle organizzazioni criminali;
          l'organismo collegiale è stato istituito nel quadro delle iniziative antimafia predisposte dall'articolo 15, comma 5, del decreto legislativo n.  190 del 2002, ora recepito nell'articolo 180, del decreto legislativo n.  163 del 2006, Codice dei contratti pubblici;
          il quadro delle competenze del Comitato di coordinamento è stato poi ampliato a seguito dell'entrata in vigore della legislazione d'urgenza per l'Abruzzo e per Milano EXPO 2015 e il piano carceri (articolo 16 del decreto-legge n.  39 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  77 del 2009; articolo 3-quinquies del decreto-legge n.  135 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  166 del 2009, e l'articolo 17-quater del decreto-legge n.  195 del 2009, convertito con modificazioni dalla legge n.  26 del 2010;
          con decreto del Ministro dell'interno, in data 23 dicembre 2009, di concerto con i Ministri della giustizia e delle infrastrutture e dei trasporti, è stata istituita presso la prefettura – ufficio territoriale del Governo di Milano, la sezione specializzata del Comitato di Coordinamento per l'Alta sorveglianza delle grandi opere, in attuazione dell'articolo 3-quinquies, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 2009, n.  135, convertito dalla legge 20 novembre 2009, n.  166). Con successivo decreto del Ministro dell'interno in data 13 gennaio 2010, è stata formalizzata la composizione della predetta sezione. Tale struttura opera a supporto dell'attività del prefetto e in raccordo con il Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere nonché con il gruppo interforze centrale per l'EXPO 2015 (GICEX)  –:
          se da infrastrutture Lombarde SPA e dagli organi di vertice della regione sia arrivata agli organismi di controllo per l'infiltrazione mafiosa la segnalazione del pericolo di un massimo ribasso anomalo e se siano stati attivati immediatamente tutti i controlli necessari;
          se gli organismi di controllo Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere nonché con il gruppo interforze centrale per l'EXPO 2015 (GICEX) dispongono di materiali, mezzi e uomini necessari per contrastare il pericolo di infiltrazione mafiosa negli appalti di Expo 2015. (5-08129)


      BELLANOVA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          dalle notizie odierne di stampa emerge una vicenda che sembrerebbe gravissima nei suoi contenuti e che pare riportare sotto i riflettori la mala pratica della «compravendita» di consensi elettorali;
          una famiglia a seguito di uno sfratto dello Istituto autonomo case popolari ha denunciato pubblicamente «in campagna elettorale ci hanno promesso case e soldi in cambio del voto e ora ci cacciano via [...] durante la campagna elettorale sono venuti a farci mille promesse sulla casa e ci hanno dato 120 euro, oltre ai buoni benzina, chiedendoci il voto»;
          la campagna elettorale alla quale si fa riferimento è quella delle scorse amministrative per il comune di Lecce;
          il Partito democratico di Lecce nel maggio 2012 ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica nel quale si denunciava un presunto «mercato dei voti»;
          il periodo di crisi economica che l'Italia sta attraversando è certamente duro ed a risentirne maggiormente sono proprio quelle persone in maggiori difficoltà, come famiglie composte da giovani, spesso monoreddito ed è per questo che a parere dell'interrogante la pratica delle facili promesse e del «do ut des» risulta essere ancora più spregevole  –:
          se, stante quanto riportato in premessa, siano state avviate indagini;
          quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo, anche al fine di evitare che fatti come quelli riferiti con il presente atto non abbiano più a verificarsi. (5-08132)

Interrogazioni a risposta scritta:


      SAVINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          nella giornata di ieri, 10 ottobre 2012, la trasmissione «chi l'ha visto» ha trasmesso che come vittima un minore di dieci anni;
          una lunga guerra di carte bollate tra 2 genitori che dal 2004 si disputano la custodia del figlio di dieci anni e che ieri ha avuto il suo drammatico e doloroso epilogo in una scuola elementare di Cittadella;
          sulla base di un decreto della corte di appello di Venezia che ha stabilito l'allontanamento del minore dall'ambiente materno e il suo affido in via esclusiva al padre con previo collocamento in una comunità, poliziotti, assistenti sociali, un medico e il padre del bambino, si sono presentati alla direttrice dell'istituto scolastico dove il bimbo frequenta la quinta elementare per portarlo via;
          già altre quattro volte, riporta la stampa locale (Il Gazzettino e il Mattino di Padova 11 ottobre 2012) avevano tentato di eseguire il provvedimento e il bambino si era fortemente opposto con un'energia disperata, tanto da decidere di effettuare l'allontanamento in ambiente neutro, la scuola;
          ieri dunque, quando le forze dell'ordine si sono presentate, la dirigente dell'istituto ha provato a far allontanare il bambino dalla classe ma il bimbo ha subito capito e si è rifiutato;
          visto il rifiuto del bambino di uscire dalla classe, il direttore scolastico ha fatto uscire i compagni e ha fatto entrare le forze dell'ordine. A questo punto la dolorosa e sconcertante sequenza documentata da un video: il bimbo è aggrappato al suo banco piange e si dispera, non vuole essere portato via; le forze dell'ordine lo trascinano a forza tra urla e singhiozzi disperati, due persone lo tengono per le gambe, un'altra lo afferra per le spalle, il bimbo cade a terra e viene trascinato via. Le urla del piccolo che chiede alla zia di aiutarlo sono disperate ed altrettanto disperate sono le urla della zia che chiede agli agenti di fermarsi perché «i bambini non si portano via, perché i bambini vanno ascoltati», e infine la richiesta di un'ambulanza perché il bimbo sta male e dice di non respirare. Ma il bimbo che ripete che non riesce a respirare, schiacciato nei sedili posteriori della volante, viene portato via. Infine, la zia si avvicina ad un agente donna e chiede, in uno stato comprensibilmente concitato, informazioni sulla disposizione del tribunale e questa le risponde «Non sono tenuta a darle informazioni, sono un ispettore di Polizia e lei non è nessuno.»;
          neanche i peggiori criminali vengono trattati così. Questo evento traumatico rimarrà indelebile nella memoria del bambino e avrà delle ripercussioni enormi sulla sua crescita e sulla sua serenità, solo un bambino di dieci anni;
          sempre notizie di stampa (Il Gazzettino e Il Mattino di Padova 11 ottobre 2012) riportano che la madre del bambino ha dichiarato di essersi recata presso la casa famiglia con il pediatra ma che le è stato negato il permesso di vedere il figlio;
          la madre ha altresì dichiarato che il provvedimento della corte di appello si baserebbe sul fatto che al bambino è stata diagnosticata la PAS, una forma di alienazione parentale guaribile solo con l'allontanamento dal genitore;
          questa cosiddetta PAS (parental alienation syndrome) è una controversa ed ipotetica dinamica psicologica disfunzionale che secondo le teorie dello psichiatra statunitense Richard A. Gardner (morto suicida nel 2003 all'età di 72 anni), si attiverebbe in alcune situazioni di separazione e divorzio conflittuali non adeguatamente mediate e secondo cui se il bambino non viene prelevato dalla famiglia materna, allocato in un luogo neutro per essere «resettato» non potrà mai riallacciare il rapporto con il padre;
          la scuola dovrebbe essere un luogo dove il dubbio diventa certezza, deputato all'insegnamento e all'apprendimento della cultura anche civile e sociale ed, infine, un luogo di assoluta sicurezza  –:
          se tutto quanto descritto in premessa corrisponda al vero;
          se i Ministri interrogati non ritengano che, anche in presenza di una diagnosi, sempreché di diagnosi si possa parlare, di PAS non ci siano metodi alternativi a quello del reset affettivo per riavvicinare un genitore ad un figlio;
          se, altresì, i Ministri interrogati non ritengano che la metodologia adottata dagli agenti di polizia sia illegittima e se non ritengano di dover assumere provvedimenti nei loro confronti;
          se non ritengano, infine, di dover intervenire al più presto affinché casi come questo non accadano più, affinché i minori non siano più strappati improvvisamente ai loro affetti nel rispetto dell'interesse supremo della loro salute psicofisica. (4-18086)


      NACCARATO e MIOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il 21 luglio 2011 Edilbasso spa, società di costruzioni con sede a Loreggia (Padova) è stata sottosta alla procedura di scioglimento e liquidazione come previsto dal decreto del tribunale di Padova n.  20 del 2011 ai sensi della legge fallimentare. Il 19 luglio 2012 il tribunale di Padova ha pronunciato il decreto di omologa del concordato preventivo autorizzando la continuazione di parte dell'attività di Edilbasso spa attraverso il contratto d'affitto di ramo d'azienda a favore di Faber Costruzioni Srl;
          tra i soci di Faber costruzioni srl compaiono alcune persone presenti nelle indagini da parte della procura di Milano relativamente all'operazione «Tenacia» contro le infiltrazioni della ’ndrangheta nell'impresa di costruzioni lombarda Perego Strade srl. In particolare, è stato socio di Faber Costruzioni Srl Giovanni Barone – in seguito all'acquisizione il 16 marzo 2011 del 65 per cento delle quote cedute dalla società Algisa Srl, poi ricedute dallo stesso Barone ad Algisa Srl il 28 giugno 2011 – ed è socio Adriano Cecchi, dopo l'acquisizione da parte della società Immobiliare Milano Srl – di cui Cecchi detiene il 10 per cento del capitale sociale – il 29 dicembre 2011 del 10 per cento delle quote di Faber Costruzioni Srl cedute da Leonard Martin Myatt, cittadino britannico residente a Birmingham. Al mese di agosto 2012 i soci di Faber Costruzioni Srl risultano: Algisa srl (con il 65 per cento delle quote), Alessandro Basso (20 per cento); Immobiliare Milano Srl (10 per cento) e Bit engineering srl (5 per cento);
          sia Barone che Cecchi compaiono a vario titolo nell'inchiesta della magistratura milanese, in quanto hanno ricoperto gli incarichi rispettivamente di liquidatore (dal 4 novembre 2008 alla liquidazione) e di sindaco (dal 14 novembre 2008 all'approvazione del bilancio 2010) di Perego Strade Srl; e rispettivamente di liquidatore (dal 19 dicembre 2008 alla liquidazione) e di sindaco (dal 19 dicembre 2008 all'approvazione del bilancio 2010) di Perego Holding Spa;
          oltre a Barone e Cecchi, nell'ambito dell'operazione «Tenacia» risulta un altro professionista attivo a Padova: Roberto Di Bisceglie, 49 anni, consulente aziendale originario di Foggia, accusato dalla procura di Milano, in concorso con altri, di aver distratto fondi e dissipato il patrimonio sociale della Perego General Contractors srl e di emissione di fatture e altri documenti per operazioni inesistenti. In passato, Di Bisceglie risulta essere stato condannato per bancarotta fraudolenta in concorso, omissione/falsità in registrazione obbligatoria, e violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto. Sempre nell'ambito dell'operazione «Tenacia», la procura di Milano ha sequestrato a Di Bisceglie la somma di 330 mila euro. Di Bisceglie è stato socio unico e amministratore delegato della società «Inside Srl» con sede a Padova in via Masini 6 fino al settembre 2011 e risulta come socio della società «Profin Snc di Zandonà Francesco e C.», con sede sempre in via Masini 6 a Padova, e amministratore unico della società «Aldo Ferarrese Srl» con sede a Bovolone (Verona), mentre a quello che consta all'interrogante sarebbe stato socio della società «Euro Consulting Srl», sempre con sede a Bovolone poi trasferita a Foggia;
          sulle modalità del fallimento/liquidazione di Edilbasso spa gli interroganti, insieme ai deputati Fiano, Maran, Amici, Quartiani e Giachetti, hanno già espresso perplessità e preoccupazione attraverso l'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n.  3-02214 nel corso della seduta della Camera n.  622 del 17 aprile 2012, a cui ha dato risposta il Ministro per rapporti con il Parlamento, confermando l'allarme secondo cui l'attuale congiuntura economica può costituire un terreno fertile per l'attecchimento dei tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata in aree geografiche finora non colpite endemicamente da fenomeni mafiosi;
          dall'indagine sopra citata emerge un elemento oggettivo da valutare con attenzione da parte degli organi inquirenti dello Stato: ben tre soggetti – Barone, Cecchi e Di Bisceglie – presenti, con ruoli e incarichi diversi, nelle vicende che hanno caratterizzato il fallimento della Perego Strade Srl, società pesantemente infiltrata dalla criminalità organizzata e al centro dell'inchiesta della procura di Milano, hanno svolto e/o svolgono attività imprenditoriali a Padova. A riguardo, gli interroganti esprimono preoccupazione per il rischio che tali presenze non siano casuali, ma rispondano a un'unica e precisa strategia di penetrazione nel tessuto economico padovano e del Veneto;
          gli interroganti, in diverse occasioni e attraverso numerosi atti di sindacato ispettivo al Ministro, hanno lanciato l'allarme sulla sintomatica presenza di gruppi e persone legate alla criminalità organizzata di tipo mafioso nel tessuto economico sociale del Veneto, come dimostrato dalle indagini svolte dalla direzione investigativa antimafia riportate nelle relazioni semestrali del Ministero dell'interno al Parlamento;
          l'allarme sulla crescente presenza e sulle attività illecite della criminalità organizzata in Veneto è stato ribadito anche dalla Commissione nazionale antimafia riunitasi a Venezia il 19 aprile 2012  –:
          se il Ministro sia al corrente dei fatti esposti in premessa;
          alla luce delle numerose inchieste in corso in Veneto sulla presenza – in particolare nell'ambito del riciclaggio di denaro e nelle attività di natura economica – della criminalità organizzata nella regione e dei rapporti delle relazioni semestrali del Ministero dell'interno sull'attività della direzione investigativa antimafia, quali concrete misure di competenza il Ministro intenda assumere al fine di esercitare un'efficace azione di prevenzione e contrasto contro l'evidente strategia dei gruppi criminali di tipo mafioso di utilizzare la crisi economica per consolidare la propria presenza nel tessuto imprenditoriale e finanziario locale. (4-18096)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      GHIZZONI e COSCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          nel 2012 ha compiuto venticinque anni di vita uno dei programmi comunitari più noti ed amati, il programma ERASMUS che permette agli studenti universitari e delle accademie di belle arti di tutta Europa di trascorrere un periodo di studio semestrale o annuale presso un'università o un'accademia di un altro Paese dell'Unione europea, ottenendo al rientro il riconoscimento degli esami superati all'estero mediante un apposito sistema di crediti formativi (ECTS = european credit transfer system);
          il programma ERASMUS ha permesso finora a milioni di giovani europei di condurre un'esperienza formativa all'estero, entrando in contatto con la cultura, la società e il mondo giovanile di un altro Paese, costituendo a giudizio unanime uno dei più potenti e significativi strumenti di integrazione europea fino ad aver portato alla definizione di una «generazione ERASMUS» a cui sono stati dedicati molti film e libri e in cui molti giovani si riconoscono pienamente;
          gli studenti ERASMUS fruiscono di una borsa di studio destinata a contribuire almeno in parte alle loro spese di mobilità che è finanziata in parte dalla Unione europea e in parte dagli Stati nazionali e in taluni casi dalle istituzioni formative e che è amministrata per il tramite delle agenzie nazionali ERASMUS;
          all'inizio di ottobre il presidente della commissione bilancio del Parlamento europeo, Alain Lamassoure, ha dichiarato che il programma ERASMUS avrebbe esaurito i finanziamenti dell'anno in corso già durante il mese di ottobre, come pure si sarebbero presto esauriti i finanziamenti dei programmi comunitari per la ricerca e l'innovazione;
          la preoccupazione di Lamassoure è stata poco dopo confermata dai portavoce della Commissione europea e anche dal vicepresidente della Commissione onorevole Antonio Tajani;
          l'Agenzia nazionale italiana per ERASMUS ha comunicato di aver ricevuto finora solo l'80 per cento dei finanziamenti previsti per l'anno 2012 mentre per il restante 20 per cento vi è molta incertezza e si attendono notizie sicure dagli uffici dell'Unione europea;
          tra gli studenti italiani già vincitori di un programma ERASMUS, in procinto di partire o addirittura già partiti per l'università o accademia straniera, si è diffusa grande preoccupazione per la possibile parziale riduzione della borsa di studio quando ormai tutta l'organizzazione e i piani finanziari per il trasferimento all'estero sono stati già completati;
          l'analoga preoccupazione riguarda gli studenti stranieri già in Italia o in procinto di venire in Italia;
          il problema della carenza di fondi riguarda anche e soprattutto il 2013, per cui, allo stato attuale, l'intero programma ERASMUS potrebbe fermarsi durante il prossimo anno anche se il relatore al bilancio 2013 dell'Unione europea, l'onorevole Giovanni La Via, ha affermato che sono stati previsti emendamenti ai tagli di bilancio previsti dal Consiglio europeo a causa della crisi finanziaria globale che valgano almeno a salvare il programma ERASMUS ma anche altri programmi strategici;
          lo stesso commissario europeo al bilancio, Janusz Lewandowski, si è impegnato a presentare il 23 ottobre 2012 una proposta di emendamento al bilancio che vada nella stessa direzione  –:
          come il Ministro intenda agire a livello nazionale e comunitario per garantire il pagamento per intero delle borse di studio ERASMUS agli studenti italiani vincitori per il primo semestre dell'anno accademico 2012/13 e per salvaguardare e possibilmente sviluppare ancora il programma ERASMUS per il secondo semestre 2012/13 e per gli anni a venire;
          a quanto ammontino esattamente: il finanziamento europeo e quello nazionale al programma ERASMUS per l'anno 2012 e quelli previsti per il 2013; la quota già versata dall'Unione europea all'Agenzia nazionale italiana per il 2012; la spesa totale prevista per le borse di studio a studenti italiani erogate nel 2012 e da erogare nel 2013;
          se non ritenga di assumere iniziative per rivedere l'importo della borsa di studio ERASMUS alla luce delle attuali difficoltà finanziarie di molte famiglie italiane che possono indurre gli studenti, soprattutto se di famiglie poco abbienti, a rinunciare all'opportunità di un soggiorno formativo ERASMUS all'estero pur cosi importante per la crescita culturale e personale, per le occasioni lavorative e per una nuova cittadinanza europea che offrono ai giovani. (5-08123)


      DE PASQUALE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          con il decreto ministeriale 14 marzo 2012, n.  31, si sono definiti i posti disponibili a livello nazionale per le immatricolazioni ai corsi di Tirocinio formativo attivo per l'abilitazione all'insegnamento nella scuola secondaria di primo e di secondo grado per l'anno accademico 2011/2012;
          il decreto associa ogni classe di concorso all'ateneo dove si svolgerà il corso;
          la definizione dei posti disponibili per il Tirocinio formativo attivo si è caratterizzata da distribuzioni anomale: in alcuni ampi territori mancano del tutto previsioni per alcune classi di concorso, per alcune delle quali ci sarebbe ampia necessità, perché esaurite in molte province; in altri territori, si assiste ad un eccesso di posti messi a bando, in classi di concorso che sono in esubero perfino a livello nazionale;
          è stata particolarmente grave la mancata attivazione del Tirocinio formativo attivo per tutte le discipline artistiche e musicali che afferiscono all'alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM);
          dopo le proteste delle organizzazioni sindacali il dipartimento per l'istruzione e la direzione generale del personale hanno dichiarato che l'attivazione del TFA per tutte le discipline artistiche e musicali che afferiscono all'AFAM non è stata prevista per mancanza di coordinamento tra le varie competenze del Ministero e pertanto è tutto rinviato al 2012/2013;
          rispetto a tali chiarimenti nell'anno scolastico in corso non si è riscontrato alcun intervento  –:
          quali iniziative il Ministro intenda assumere in merito all'attivazione del Tirocinio formativo attivo docenti delle discipline artistiche e musicali afferenti alla categoria concorsuale dell'AFAM.
(5-08125)


      DE PASQUALE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          da una notizia riportata il 6 ottobre 2012 sul Fatto quotidiano si apprende che in un volume di tecnologia Materiali settori produttivi energia adottato per le scuole medie, sono illustrati alcuni famosissimi marchi industriali, come Barilla, Tod's, Apple e, addirittura, un'intera pagina dedicata al menù di McDonald's e agli effetti del fast-food;
          il codice di autoregolamentazione adottato dagli editori scolastici recita, all'articolo 42 che «L'editore si impegna a non inserire messaggi pubblicitari, né espliciti né redazionali, nei libri e negli altri strumenti didattici di adozione» e, inoltre, l'articolo 44 prevede che «Nei casi in cui l'esemplificazione di messaggi pubblicitari sia necessaria a fini didattici (per esempio nei capitoli sul linguaggio della pubblicità nei testi di italiano e sulla grafica pubblicitaria nei testi di disegno e istruzione artistica) l'editore si impegna a scegliere esempi di pubblicità adatti all'età dello studente e comunque che non stimolino consumi giovanili»;
          per esempio, la pagina dedicata al McDonald's nella quale si legge che «Alimentarsi al fast food non sempre e non necessariamente significa assumere calorie e grassi in eccesso, ma possiamo anche al fast food assumere una razione alimentare corretta sia per la qualità e proporzione dei nutrienti, che per la quantità di calorie», stimola il consumo giovanile di prodotti (bevande zuccherate, patatine fritte, hamburger e salse) che, ad avviso dell'interrogante, contribuiscono direttamente all'epidemia di obesità e diabete presente in Italia (un bambino su tre è sovrappeso o obeso);
          essendo assolutamente ormai note le tecniche persuasive che si nascondono dietro una pubblicità, anche al punto da far cambiare opinione, appare quindi urgente porre l'attenzione su tale argomento che può influenzare negativamente l'educazione e lo stile di vita dei nostri giovani  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'eventuale presenza di immagini di prodotti commerciali illustrati nei libri di testo adottati in alcune delle scuole italiane e se al riguardo non ritenga opportuno intervenire, anche con un'apposita iniziativa normativa, al fine di prevedere il divieto di inserire messaggi pubblicitari all'interno dei libri di testo e di ogni strumento didattico. (5-08126)


      ZAZZERA, DI PIETRO e DI GIUSEPPE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il bando di concorso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24 settembre 2012 per la copertura di 11.524 cattedre, presenterebbe diversi profili di dubbia legittimità;
          secondo un articolo pubblicato su Orizzonte Scuola del 4 ottobre 2012, «Il bando ministeriale [...] viola alcuni commi e articoli del Testo Unico (decreto legislativo 16/04/21994, n.  297) come modificato dalla legge n.  124 del 1999. Se è vero, infatti, che l'articolo 400 autorizza il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca a bandire ogni tre anni un concorso e non ogni due o l'anno prossimo, appare evidente un abuso di potere il cancellare le graduatorie di merito per quelle classi concorsuali non esaurite e indire concorsi per classi non soltanto non esaurite ma piene di abilitati inseriti in graduatorie trasformate ad esaurimento dal legislatore nel lontano 2006 (legge n.  296) proprio per assorbire il precariato, nonché illegittimo prevedere nuove idoneità in presenza di vecchi vincitori»;
          in particolare, «Il Parlamento, nell'approvare recentemente la legge n.  106 del 2011 ha ribadito come la chiusura delle graduatorie sia funzionale al rapido assorbimento dei precari della scuola, in questo sostenuto dalla Cassazione» (Orizzonte Scuola del 4 ottobre 2012);
          conseguentemente, è già pronto un ricorso per i docenti precari abilitati inseriti nelle graduatorie ad esaurimento o nelle graduatorie di merito per invalidare il suddetto bando;
          lo scopo del ricorso è quello di «annullare, bloccare o ritardare l'intera procedura concorsuale per espressa violazione di legge, almeno fino a quando non saranno esaurite tutte le graduatorie, come avvenne nel 1999 quando fu indetto il concorso soltanto per delle graduatorie esaurite, prima che fossero disciplinate le ex-graduatorie permanenti» (Orizzonte Scuola del 4 ottobre 2012);
          secondo la Federazione Gilda-Unams (FGU) le violazioni sarebbero molteplici: «la legge stabilisce che l'abilitazione all'insegnamento viene assegnata attraverso il concorso mentre secondo il bando il titolo può essere acquisito soltanto da chi prende il posto in cattedra. E ancora: per legge la prova di inglese per la scuola primaria è facoltativa ma il bando di concorso [...] la rende obbligatoria» (IlFattoQuotidiano del 9 ottobre 2012);
          pertanto anche il sindacato degli insegnanti Gilda ha già provveduto ad impugnare il bando per chiederne l'annullamento al Tar del Lazio;
          il ricorso alla giustizia amministrativa contro il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sembra ormai una necessità per tutelare i diritti dei docenti. «In data 26 settembre 2012 si è tenuta la prima udienza dinanzi al Tar del Lazio (Sezione Terza Bis) per confermare i ricorsi proposti da coloro che erano stati esclusi dal testo per l'accesso al Tfa. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, [...] ha accolto tutti i ricorsi confermando i decreti cautelari con ordinanza motivata» (InformazioneScuola.it del 28 settembre 2012);
          secondo Barbara Borriero, coordinatrice Associazione docenti invisibili da abilitare (ADIDA), «Ora il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca sarà costretto a rivedere le proprie posizioni e ad ammettere in sovrannumero tutti coloro che ci daranno mandato per predisporre con noi il ricorso» (InformazioneScuola.it del 28 settembre 2012);
          anche l'ADIDA impugnerà il cosiddetto concorsone «per tutti i precari che da anni lavorano nella scuola e ingiustamente sono lesi da questo concorso che non riconosce i loro titoli e il servizio prestato per anni e anni nelle scuole della Repubblica» (InformazioneScuola.it del 28 settembre 2012)  –:
          se il Ministro intenda valutare l'opportunità di sospendere la procedura del concorso considerato il rischio concreto che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca risulti soccombente in giudizio, e a tal proposito se abbia valutato le conseguenze economiche rispetto al numero dei ricorsi;
          qualora i giudici amministrativi dovessero accogliere i ricorsi presentati dai docenti così come già avvenuto in precedenza, come si giustifichi la continua adozione di provvedimenti illegittimi contro la categoria degli insegnanti. (5-08127)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
          il decreto-legge 1° ottobre 2007, n.  159, convertito, con modificazioni dalla legge 22 novembre 2007, n.  222 sono state modificate le modalità di iscrizione e l'accesso alle prestazioni previste dal decreto ministeriale n.  463 per gli iscritti alla «Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali INPDAP»;
          in particolare, le prestazioni creditizie: piccoli prestiti, prestiti pluriennali prestiti garantiti e mutui hanno rappresentato una delle attività che meglio valorizzava le risorse della gestione INPDAP;
          l'articolo 3-bis del summenzionato decreto-legge ha abolito l'iscrizione obbligatoria alla gestione unitaria del credito, sostituendola con la sola possibilità di iscrizione facoltativa con adesione esplicita preventiva, per i pensionati degli enti e amministrazioni pubbliche e per i dipendenti delle medesime amministrazioni iscritti a gestioni pensionistiche diverse dall'INPDAP;
          il passaggio alla nuova forma di iscrizione ha procurato non pochi disguidi e disparità di trattamento  –:
          se sia a conoscenza di quanto su esposto;
          se non ritenga di assumere iniziative normative che rendano valida l'adesione esplicita alle prestazioni creditizie e sociali da parte dei lavoratori pubblici e dei pensionati esprimibile in qualsiasi momento essa venga presentata;
          se non ritenga che la richiesta di accesso alle prestazioni creditizie o sociali rappresenti adesione esplicita.
(2-01703) «Berretta».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      VICO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          l'ormai nota vicenda che ha interessato la frode compiuta dai responsabili della società Tributi Italia spa ai danni di circa 400 comuni italiani e 1.200 dipendenti «licenziati di fatto», dall'interrogante ampiamente denunciata dall'ottobre del 2009 riassume in sintesi la sfiducia che in questi anni i cittadini-utenti sono stati costretti a collezionare di fronte a soprusi condotti ai loro danni da spregiudicati faccendieri;
          dal 2010 i dipendenti Tributi Italia sono stati posti in cassa integrazione in deroga e dall'aprile 2012 non percepiscono alcuna indennità;
          il commissario straordinario di Tributi Italia, Luca Voglino, ha annunciato, fin dal 2010, la presentazione di un piano industriale a tutt'oggi non reso;
          risulterebbe, in queste ultime ore, la volontà del commissario di procedere alla chiusura dello stato passivo ed al riparto delle somme creditorie;
          solo una decina di dipendenti di Bari e di Chiavari hanno continuato a lavorare – fino alla data odierna – presso le rispettive sedi;
          i dipendenti in attesa di ricollocazione, sulla base del piano industriale annunciato, sono circa 500 unità  –:
          quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati affinché il piano industriale e di ricollocazione del personale abbia un esito positivo;
          quali iniziative intenda assumere il Ministro del lavoro e delle politiche sociali al fine di assicurare il sostegno al reddito per i dipendenti posti in cassa integrazione. (5-08111)


      MATTESINI, POLLASTRINI, PELUFFO, FIANO, RAMPI, SCHIRRU, BELLANOVA e VIOLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          le cronache locali della stampa milanese riportano l'avvenuto licenziamento di 10 donne perché in maternità;
          il fatto è avvenuto a Corbetta nei magazzini Serlog, dove il consorzio Rondine ha appaltato ad alcune cooperative i lavori per lo smistamento di libri e riviste;
          in data 27 settembre è stato firmato un accordo tra sindacati, rappresentanti del consorzio Rondine e le cooperative interessate, per «travasare» tutti i dipendenti da una società all'altra. L'intesa prevede che le due cooperative esistenti (Systema e Metropoli) lascino il posto alla subentrante Vamaco, mantenendo tutti i posti di lavoro (162 dipendenti di cui 120 donne);
          uno dei punti dell'accordo regolamenta proprio la situazione in cui si trovano le 10 lavoratrici in maternità, alcune delle quali ancora in attesa del bambino, altre che hanno già partorito. Infatti al punto 4 dell'accordo si legge che: «il personale assente, al momento del cambio di appalto per eventuale sospensivo giustificato (maternità, malattia, infortunio, e altro) transiterà alla nuova società cooperativa alla fine dello stesso»;
          il licenziamento delle 10 donne è stato giustificato per «giusta causa per cessazione dell'attività» violando sia il suddetto accordo, sia due leggi: quella che impedisce il licenziamento per le donne in maternità che quella sulla mobilità;
          sono ormai molteplici e diffusi in tutto il territorio nazionale ed in tutti i settori, casi di difficoltà lavorative e licenziamenti di donne in maternità, nonostante le leggi esistenti tra cui la specifica normativa contro le dimissioni in bianco  –:
          cosa intenda fare il Governo per garantire il diritto al lavoro delle 10 lavoratrici licenziate e vigilare sulla corretta applicazione delle leggi esistenti, al fine di impedire che l'accesso ed il mantenimento del lavoro siano messe in continua discussione dalla scelta di maternità. (5-08116)


      CAZZOLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          da gennaio 2014 l'aliquota contributiva dovuta alla gestione separata Inps salirà gradualmente sino al 33,72 per cento nel 2018 per i collaboratori «esclusivi» e al 24 per cento quella dei collaboratori «non esclusivi»;
          tale incremento contributivo, che è previsto dalla legge di riforma del mercato del lavoro n.  92/2012 che ha voluto equiparare la previdenza dei parasubordinati a quella dei subordinati (per i quali, ai fini pensionistici, si versa il 33 per cento all'Inps) produrrà un aumento dei contributi lasciando irrisolta la vera questione per i parasubordinati: l'accredito contributivo. Che è poi la vera «precarietà» che li continuerà a distinguere dai dipendenti;
          ciò che contraddistingue le tre categorie di lavoratori – dipendenti, autonomi e parasubordinati – sono proprio le regole per l'accredito contributivo, poiché mentre per dipendenti e autonomi esiste un meccanismo che garantisce che a ogni giorno, settimana, mese o anno «di lavoro» corrisponda esattamente un giorno, settimana, mese o anno «di contributi», lo stesso meccanismo non opera nel caso dei contributi dovuti alla gestione separata. Questo meccanismo si chiama «minimale contributivo»: è l'importo minimo, al di sotto del quale non si possono calcolare i contributi da pagare;
          per quanto riguarda la gestione separata Inps, infatti, i contributi sono calcolati e pagati sugli effettivi compensi dei lavoratori, senza alcun vincolo di importo minimo, mentre un «minimale» opera ai fini dell'accredito contributivo, nel senso che per avere l'accredito di un giorno, di un mese o di un anno di contributi utili ai fini della pensione è necessario che risulti pagato un tot preciso di contributi predeterminato per legge, guarda caso, proprio sul «minimale» (che è preso a prestito dalla categoria degli artigiani e commercianti);
          per l'anno 2012 l'importo minimo di contributi che deve pagare il lavoratore Iscritto alla gestione separata per avere un anno o un mese di «accredito contributivo» è, rispettivamente, pari a euro 4.138,60 (4.031,10 ai fini pensionistici) e 344,88 (335,93 ai fini pensionistici) per chi paga l'aliquota del 27,72 per cento. Ciò significa che l'Inps, in presenza di versamenti contributivi per 4.140 euro, accredita un anno intero di contributi; mentre in presenza di versamenti inferiori a 4.139 euro, accredita tanti mesi quante volte l'importo di 344,88 euro entra nell'importo di contributi versati. In quest'ultimo caso, allora, diventa possibile che l'Inps, per un lavoratore che abbia lavorato un intero anno, accrediti meno di un anno di contributi ai fini della pensione. Ciò si traduce in una sperequazione di trattamento in quanto il collaboratore, pur avendo lavorato per un anno pieno, non ha la garanzia di avere accumulato un anno di «anzianità contributiva» che gli servirà per maturare i requisiti per andare in pensione. Ciò dipende dal fatto di aver guadagnato in misura tale da avergli permesso, indirettamente, di rispettare il versamento minimo di contributi;
          tradotto in termini di compensi, per raggiungere il versamento minimo che permette di ottenere un anno di accredito di contributi, il lavoratore deve guadagnare almeno 14.930 euro (dati riferiti al 2012), ossia 1.245 euro mensili. In base a questo meccanismo, il collaboratore che guadagna la metà, ossia 622 euro al mese (7,465 euro l'anno), deve lavorare due anni per avere dall'Inps il riconoscimento di un anno di contributi utili ai fini dei requisiti per la pensione;
          alla luce di quanto sopra dunque, l'aumento dell'aliquota contributiva della gestione separata non sembra porterà benefici alle condizioni dei lavoratori parasubordinati in modo tale da avvicinarli – come pure è stato sostenuto nelle relazioni accompagnatorie della riforma – alle tutele godute dai lavoratori dipendenti, ciò proprio in ragione dei fatto che non è stata corretta l'anomalia sull'accredito contributivo. Il risultato che si produrrà è che il collaboratore costerà di più, cioè ci sarà un aumento del costo del lavoro parasubordinato non solo alle imprese ma agli stessi lavoratori. Infatti quando (dal 2018) verrà raggiunta l'aliquota del 33,72 per cento, le imprese avranno subito un incremento del 4 per cento e i collaboratori del 2 per cento, con le prime che devono sopportare il 22,48 per cento dell'onere contributivo (cioè i due terzi di 33,72 per cento) e i secondi l'11,24 per cento (cioè un terzo di 33,72 per cento);
          il rischio è che, soprattutto nel periodo di crisi attuale dove le aziende sono costrette a fare i conti con un mercato sempre più in contrazione i cui effetti si ripercuotono sulla disponibilità finanziaria destinata all'acquisizione di lavoro, l'aumento di aliquota contributiva potrebbe ritorcersi esclusivamente sui collaboratori con il doppio svantaggio di ridurre il compenso netto incassato (con il rischio che scenda al di sotto del livello minimo contributivo necessario) e conseguentemente si riduca il periodo di accredito contributivo utile per la pensione per effetto del meccanismi di calcolo operati dall'INPS per gli iscritti alla gestione separata. Quindi il lavoratore che avrà lavorato un anno rischia, ai fini dei requisiti per la pensione, di vedersi accantonato meno di un anno di contributi, con la conseguenza di vedere allontanare l'epoca di pensionamento  –:
          se il Ministro interrogato nell'ambito delle proprie prerogative, intenda – anche attraverso apposite iniziative normative – introdurre il «minimale contributivo» obbligatorio anche per i collaboratori «esclusivi» iscritti alla gestione separata dell'INPS, nonché introdurre per gli stessi eventuali forme di decontribuzione parziale dell'aliquota contributiva obbligatoria verso schemi previdenziali integrativi in particolare a favore delle giovani generazioni, come previsto dall'articolo 24, comma 28, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201 come modificato dalla legge di conversione 22 dicembre 2011, n.  214 recante «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento del conti pubblici». (5-08118)


      ZUCCHI, BRANDOLINI, AGOSTINI, LOVELLI e CENNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la legge del 27 marzo 1992, n.  257 «Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto», è stata approvata per bandire l'uso dell'amianto in Italia e, specificatamente al capo IV «Misure di sostegno per i lavoratori», articolo 13 «Trattamento straordinario di integrazione salariale e pensionamento anticipato», per intervenire a favore di chi ha un'aspettativa di vita ridotta a causa dell'esposizione al cemento amianto, che nei peggiori dei casi può causare un mesotelioma, aggravando la situazione e riducendo ulteriormente l'aspettativa di vita;
          statisticamente, per il mesotelioma la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi si ferma poco al di sotto del 20 per cento nella fascia di età compresa tra i 45 e i 54 anni e diminuisce progressivamente con l'aumentare dell'età, ed attualmente non esistono cure per estirparlo definitivamente;
          l'intervenuta riforma delle pensioni, contenuta nel decreto legge n.  201 del 6 dicembre 2011, cosiddetto «Salva Italia», recita, all'articolo 24, comma 1: «Le disposizioni del presente articolo sono dirette a garantire il rispetto, degli impegni internazionali e con l'Unione europea, dei vincoli di bilancio, la stabilità economico-finanziaria e a rafforzare la sostenibilità di lungo periodo del sistema pensionistico in termini di incidenza della spesa previdenziale sul prodotto interno lordo, in conformità dei seguenti principi e criteri:
              a) equità e convergenza intragenerazionale e intergenerazionale, con abbattimento dei privilegi e clausole derogative soltanto per le categorie più deboli»;
          i lavoratori colpiti da mesotelioma dovrebbero essere considerati «categorie più deboli» a causa delle difficoltà di lavoro e della ridotta aspettativa di vita e quindi aventi diritto di usufruire della suddetta deroga;
          all'attenzione del Ministro fu portato il caso del signor Tiberio Paolone, nato il 28 dicembre 1959, lavoratore in una fabbrica di ascensori, che ha contratto un mesotelioma a prognosi infausta, tramite una lettera dello stesso, spedita in data 23 febbraio 2012 al Ministro e seguita da numerosi solleciti;
          alla data del 31 dicembre 2011 con i benefici previdenziali per i lavoratori esposti all'amianto previsti dalla legge n.  257 del 1992, il signor Paolone ha maturato un'anzianità contributiva pari a 38 anni e 1 mese e quindi, con la normativa precedente alla legge n.  201 del 2011, lavorando fino a giugno 2013, avrebbe maturato 40 anni di contributi, ottenendo la possibilità di andare in pensione;
          con la normativa vigente il signor Paolone matura il diritto alla pensione solo nel 2015, con l'infelice possibilità che la prognosi della malattia peggiori e che deceda prima di tale data;
          il signor Paolone ha nuovamente sollecitato il Ministro tramite due email e il 27 marzo 2012 ha ricevuto una prima risposta dal Ministero che rassicurava di aver passato la questione alla direzione generale per le politiche previdenziali e assicurative, competente per la materia;
          dopo ulteriori solleciti, sempre via mail al Ministero, il signor Paolone ha ricevuto una comunicazione da parte del direttore generale per le politiche previdenziali e assicurative in cui si dichiara che: «Allo stato, tuttavia, la normativa vigente in materia di accesso alla pensione non consente, con riferimento alla fattispecie da Lei rappresentata, ulteriori benefici rispetto a quelli già individuati per l'esposizione all'amianto»;
          il caso del signor Tiberio Paolone è soltanto una delle fattispecie, pur non numerose ma gravissime, che si sono generate con l'introduzione del decreto-legge n.  201 del 2011;
          la tutela della salute dei lavoratori è ampiamente garantita dall'articolo 38 della Costituzione  –:
          se e quali iniziative intenda assumere allo scopo di specificare e mettere in atto strumenti adeguati a garantire le tutele previste dalla legge n. 257 del 1992 per i lavoratori colpiti da mesotelioma;
          se il Ministro intenda assumere iniziative normative per chiarire nel testo della legge le categorie «deboli» aventi diritto alla deroga;
          se non ritenga che i grandi invalidi del lavoro ed i malati di mesotelioma possano essere considerati categorie deboli;
          se e quali iniziative intenda assumere per eliminare tutti i casi di ambiguità conseguenti. (5-08121)

Interrogazioni a risposta scritta:


      RONDINI e MONTAGNOLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          secondo la vigente normativa (testo unico n.  1124 del 1965) l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali è finalizzata ad indennizzare, mediante l'erogazione di prestazioni sanitarie ed economiche, le conseguenze negative di eventi verificatisi per cause di lavoro e dai quali possa conseguire inabilità temporanea, permanente assoluta o parziale ovvero, nei casi più gravi, la morte;
          a seguito della riforma del sistema assicurativo attuata con decreto legislativo n.  38 del 2000, è stato introdotto nella tutela assicurativa anche il cosiddetto «infortunio in itinere», riconoscendo l'indennizzabilità di infortuni avvenuti durante il cammino per recarsi al lavoro o di rientro da esso;
          lo stesso decreto legislativo n.  38 del 2000 ha anche previsto il risarcimento del danno biologico (articolo 13), che viene erogato sotto forma di capitale per gradi di invalidità pari o superiori al 6 per cento ed inferiori al 16 per cento e sotto forma di rendita per menomazioni superiori al 16 per cento;
          la legge contempla poi la rendita ai superstiti in caso di infortunio mortale del lavoratore o di morte per avere contratto una malattia professionale, disciplinando gli aventi diritto e le percentuali di importo;
          è accaduto talvolta che la stampa abbia riportato falsi casi di infortunio erroneamente indennizzati ovvero reali casi di infortunio non indennizzati  –:
          se e quanti siano stati negli ultimi dieci anni i casi di indennizzo per inabilità temporanea e permanente erroneamente riconosciuti;
          quanti risarcimenti del danno biologico, nello stesso arco temporale, siano stati riconosciuti dall'Istituto e se e quanti non dovuti;
          se ci siano state revoche di rendite ai superstiti e quante siano state, sempre con riferimento agli ultimi dieci anni.
(4-18080)


      BOBBA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la Società Jolly Club srl con sede in Cigliano (Vc) Via S.Clara 7 P.I. 001728410026 nella persona dell'amministratore unico signor Bonino Maria Rita svolge attività commerciale turistica, nello specifico una piscina estiva con idroscivoli, con periodo di apertura 1o giugno fino al 31 agosto di ogni anno solare;
          negli anni 2010-2011-2012 la citata società ha assunto alle proprie dipendenze, tramite consulente del lavoro ragazzi dai 18 ai 25 anni, con regolare autocertificazione che attesta la frequenza a corsi di studio, muniti di brevetto di «assistente bagnanti» in qualità di bagnini, con il metodo dei vouchers;
          l'attività esercitata dalla società non può prescindere dalla presenza di personale addetto all'assistenza ai bagnanti, e la commissione provinciale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo, nel verbale di visita, raccomandava la presenza di almeno 4 bagnini;
          la società Jolly Club nel solo 2012, per garantire standard di sicurezza garantiva la presenza di almeno 10 assistenti ai bagnanti, provvedendo per 9 di questi ad una contrattazione di tipo accessorio corrispondendo i voucher e 1 assunto come lavoratore dipendente;
          tali assunzioni regolarmente inviate agli enti di competenza, e secondo le normative pubblicate sul sito INPS vengono contestate, a seguito di sopralluogo degli stessi ispettori INPS, in quanto non risponderebbero ai requisiti di lavoro accessorio ma ascrivibili nella categoria di lavoro dipendente subordinato;
          nel verbale del 16 settembre 2012, redatto dall'INPS, viene contestato all'amministratore unico della società la violazione dell'articolo 39, comma 1 e 2 del decreto-legge n.  112 del 2008, convertito nella legge 21 agosto 2008, n.  133, essendo appunto riferita a più di dieci lavoratori, il rapporto contrattuale di assunzione;
          a parere dell'interrogante la vicenda in premessa evidenzia problematiche interpretative riguardo alla normativa sul lavoro accessorio occasionale in particolar modo relativamente al tipo di rapporto, ai soggetti e ai settori produttivi interessati e alla mansione che si può richiedere al prestatore;
          venerdì 28 settembre 2012, dopo sollecitazione da parte del sindaco di Cigliano, signor Corgnati, al fine di avere chiarimenti sulla legislazione, l'ufficio relazioni esterne del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, faceva presente tramite e-mail di aver provveduto ad inoltrare la richiesta ai competenti uffici, ma ad oggi non vi è stata ancora risposta  –:
          se non si ritenga urgente e doveroso specificare il merito della legge n.  191 del 23 dicembre 2009, nonché la gestione del lavoro accessorio occasionale, anche al fine di evitare che aziende come quella in premessa, pur volendo rispettare tutte le previsioni di legge e garantire la sicurezza della propria attività, si ritrovino sanzionati. (4-18088)


      MILANATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          in provincia di Padova nei comuni di Abano Terme, Montegrotto Terme, Galzignano, Battaglia e Teolo è situata la più grande stazione fangoterapica d'Europa capace di servite 3 milioni di visitatori annui, con una capacità ricettiva di oltre 11 mila camere e 18 mila posti letto;
          le acque termali del bacino euganeo rappresentano una risorsa unica al mondo per le loro indiscusse qualità geotermiche;
          tutti gli stabilimenti del bacino termale euganeo hanno ottenuto dal Ministero della sanità il livello di qualificazione «Io Super» che indica il rispetto delle risorse naturali del bacino e la rigorosa disciplina nell'utilizzo delle acque al fine di preservare questo dono naturale che sgorga in questa zona;
          la crisi economico-finanziaria di portata mondiale che ha caratterizzato questi anni, ha colpito pesantemente anche il bacino termale euganeo mettendo a serio rischio occupazionale 5.000 lavoratori del comparto, escludendo l'indotto;
          la situazione economica è molto compromessa anche a seguito della concorrenza accanita da parte delle strutture termali delle nazioni limitrofe (Slovenia ed Austria) e dalla mancata copertura rispetto al passato delle spese termali da parte dei servizi sanitari nazionali dei singoli Stati europei;
          provincia, regione, organizzazioni sindacali e rappresentanti degli albergatori stanno da tempo lavorando per risolvere il problema e hanno individuato nello strumento del contratto territoriale una possibile soluzione, che però richiede il supporto di strumenti quali l'indennità di sospensione e la Cassa integrazione guadagni in deroga per periodi di tempo limitati necessari a consentire la salvaguardia degli attuali livelli occupazionali;
          lo strumento dell'indennità di sospensione nel periodo di chiusura degli alberghi, finora utilizzato in 90 giornate lavorative all'anno e che dal prossimo anno con la riforma sarà ridotto a 90 giornate nel biennio mobile, ha consentito da una parte la stabilizzazione dei posti di lavoro e dall'altra ha fatto conseguire all'INPS un notevole risparmio, in quanto una parte dell'indennità (20 per cento) è stata sostenuta dall'ente bilaterale OBTA  –:
          se non ritenga, vista l'urgenza, di assicurare per i lavoratori del Bacino Termale Euganeo la proroga della Cassa integrazione guadagni in deroga per l'anno 2013 per un massimo di 60 giornate lavorative, con successiva limitazione della Cassa integrazione guadagni in deroga per il biennio 2014/2015 a sole 30 giornate lavorative;
          se non ritenga inoltre di assumere altre urgenti e concrete iniziative per rafforzare la qualità dell'offerta dell'area termale, consentendole altresì di essere più competitiva sul mercato internazionale;
          cosa intenda, infine, fare per salvaguardare la tipicità dell'impresa termale e dell'indotto a questa collegato. (4-18090)


      MIOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 21 del decreto legge 6 dicembre 2011, n.  201, convertito con modificazioni dalla legge n.  214 del 22 dicembre 2011, ha disposto la soppressione dell'INPDAP e dell'ENPALS dal 1o gennaio 2012 e l'attribuzione delle relative funzioni all'INPS, che succede in tutti i rapporti attivi e passivi;
          le tappe del processo d'incorporazione sono tracciate nei commi successivi dello stesso articolo:
              il comma 2 ha previsto la deliberazione, entro il 31 marzo del corrente anno, dei bilanci di chiusura degli enti soppressi e, entro 60 giorni da tale data, l'emanazione dei decreti interministeriali per il trasferimento delle relative risorse strumentali, umane e finanziarie all'INPS;
              il comma 7 ha stabilito che «Entro tre mesi dall'emanazione dei decreti di cui al comma 2, l'INPS provvede al riassetto organizzativo e funzionale conseguente alla soppressione degli Enti di cui al comma 1, operando una razionalizzazione dell'organizzazione e delle procedure»;
          il riassetto organizzativo e funzionale conseguente alla soppressione dell'INPDAP e dell'ENPALS impone, pertanto, a norma del citato comma 7, la razionalizzazione dell'organizzazione del nuovo INPS; la quale dovrà contribuire alla riduzione dei costi complessivi di funzionamento del nuovo ente nel triennio 2012/2014;
          tale finalità trova concreta attuazione anche mediante l'integrazione delle risorse degli enti citati ed, in particolare, tramite la valorizzazione del capitale umano e delle specializzazioni presenti nell'Istituto nel suo complesso;
          la valorizzazione del personale assume, infatti, un ruolo preminente quale presupposto per una razionale allocazione delle risorse umane, che tenga conto delle competenze specialistiche dei dipendenti di ciascun ente e delle effettive esigenze degli uffici  –:
          quali adempimenti siano stati posti in essere ai sensi dei commi 2 e 7 dell'articolo 21 del decreto-legge n.  201 del 2011;
          quali indirizzi orientino il processo di riorganizzazione sopra accennato, ed in particolare quali criteri consentano di valorizzare le professionalità presenti nell'Istituto, rispettando le esperienze pluriennali maturate e garantendo pari opportunità a tutto il personale delle aree e dirigenziale – dei diversi livelli – in servizio nel nuovo ente, indipendentemente dalla pregressa appartenenza INPDAP, Enpals o Inps, anche con riferimento alle posizioni che si rendano vacanti, evitando ingiustificate marginalizzazioni. (4-18095)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      BURTONE. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          nelle ultime settimane diverse aziende zootecniche in territorio di Vaglio Basilicata hanno registrato la perdita di capi ovini per gli attacchi portati dai lupi;
          vi sono stati anche servizi giornalistici della testata regionale rai che ha posto in evidenza una casistica di aggressioni che sta creando non pochi danni agli operatori economici;
          si tratta di aziende operanti nelle aree interne che fronteggiano già notevoli difficoltà per continuare ad operare nel settore considerati gli elevati costi e i prezzi fin troppo competitivi da sopportare  –:
          quali iniziative di competenza intendano assumere per affrontare tali problematicità, anche al fine di tutelare le attività zootecniche con azioni tese a limitare e contenere il fenomeno degli attacchi al patrimonio zootecnico con particolare attenzione al comprensorio in questione.
(5-08119)


      RAINIERI e NEGRO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          in attuazione del regolamento (CE) n.  882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai controlli ufficiali volti a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali, il decreto legislativo n.  194 del 2008 disciplina le modalità di rifinanziamento degli stessi e stabilisce l'entità delle tariffe ponendole a carico degli operatori dei settori interessati dai controlli;
          il suddetto decreto legislativo esclude dall'ambito di applicazione delle norme relative al rifinanziamento dei controlli gli imprenditori agricoli per l'esercizio delle attività di cui all'articolo 2135 del codice civile;
          l'esclusione in parola, introdotta con la legge n.  96 del 2010, ha inteso agevolare l'imprenditore agricolo in considerazione dell'aleatorietà dell'esercizio della sua attività, dipendente da fattori esterni e ambientali difficilmente controllabili, ad avviso degli interroganti di fatto in contrasto con il disposto della norma comunitaria;
          il regolamento n.  (CE) 882/2004 dispone infatti l'obbligo per gli Stati membri di assicurare la riscossione di una tassa sui controlli relativi a tutte le attività di cui all'allegato IV, sezione A, e all'allegato V, sezione A, ovvero alle attività di macellazione e di sezionamento di capi di bestiame, di lavorazione della selvaggina, di produzione di latte e di produzione e immissione in commercio dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura, e non ammette pertanto l'esonero tout court degli imprenditori agricoli dalla normativa recata dal decreto legislativo, come disposto con la legge n.  96 del 2010 che investe tutte le attività descritte dall'articolo 2135 del codice civile;
          l'articolo 8, comma 14, del decreto-legge 13 settembre 2012, n.  158, reintroduce l'applicazione agli imprenditori agricoli della tariffa per i controlli delle aziende sanitarie locali relativi alle attività di produzione primaria, limitando la sua esclusione a casi specificatamente previsti entro determinati limiti produttivi;
          come si legge dalla relazione introduttiva al succitato decreto-legge la modifica del decreto legislativo n.  194 del 2008 si rende necessaria al fine di evitare di contravvenire all'obbligo comunitario sancito dall'articolo 27, paragrafo 2, del regolamento n.  (CE) 882/2204;
          la modifica recata dalla legge n.  96 del 2010 pone tuttavia il problema della efficacia temporale dell'esclusione introdotta, posto che la norma è stata interpretata nel senso di operare dal luglio 2010, senza nessun effetto retroattivo e/o interpretativo;
          se l'esenzione degli imprenditori agricoli, ex articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo n.  194 del 2008 è illegittima alla luce della normativa europea, così come evidenziato nella relazione introduttiva al decreto-legge n.  158 del 2012 e nella norma correttiva da esso introdotta, lo Stato, al fine di evitare la procedura di infrazione, dovrebbe procedere al recupero di quanto non riscosso tra gli anni 2010-2012  –:
          di quali ulteriori elementi disponga il Ministro in relazione a quanto espresso in premessa e se non ritenga urgente predisporre iniziative normative di chiara interpretazione, al fine di consentire alle regioni e alle dirigenze delle aziende sanitarie il proseguimento delle attività relative ai controlli ufficiali in materia di igiene e sicurezza alimentare. (5-08122)

Interrogazione a risposta scritta:


      FAVA, MONTAGNOLI, FOGLIATO, BITONCI, GRIMOLDI, CHIAPPORI, CALLEGARI, BRAGANTINI, DI VIZIA, RONDINI, CAVALLOTTO, ALLASIA, BONINO e POLLEDRI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          nel settore dell'olio extravergine di oliva sono sempre più frequenti ipotesi di frodi e contraffazioni per ingannare i consumatori sulla vera natura dei prodotti costituiti, molto spesso, da oli di oliva deodorati, di bassa qualità, di valore commerciale tre volte inferiore a quelli di effettiva provenienza nazionale;
          al fine di prevenire e contrastare fenomeni fraudolenti, non sono state sufficienti le recenti normative relative all'indicazione della designazione dell'origine dell'olio extravergine di oliva, approvate, con le modifiche al regolamento (CE) n.  1019/2002 e, sul piano interno, con il decreto ministeriale 10 novembre 2009;
          recentemente, infatti, sono emerse diverse criticità, perché la normativa, pur definendo i contenuti essenziali delle diciture obbligatorie previste nell'etichettatura dei prodotti offerti in vendita, non indica con precisione le modalità grafiche con cui l'obbligo deve essere attuato e ciò consente alle imprese di apporre le indicazioni di interesse con modalità o caratteri che ne rendono difficile la corretta percezione da parte dei consumatori;
          dal rapporto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali 2011 sulle attività del Corpo forestale dello Stato nel settore della sicurezza agroambientale e agroalimentare, emerge che il personale del nucleo agroalimentare forestale, a seguito di una lunga indagine iniziata a settembre 2010 e finalizzata a verificare la filiera di qualità dell'olio extravergine di oliva, ha riscontrato, presso diversi stabilimenti di confezionamento a Firenze, Reggio Emilia, Genova e Pavia documenti di trasporto falsificati utilizzati per regolarizzare una partita di 450 mila chilogrammi di olio extravergine di oliva destinata ad essere commercializzata per un valore di circa 4 milioni di euro;
          dal medesimo rapporto emerge l'importanza dei metodi diagnostici finalizzati ad accertare, attraverso la presenza del livello di alchil esteri nell'olio, l'avvenuta deodorazione del prodotto, operazione di rettifica dell'olio di oliva che consente di trasformare oli di oliva non commestibili e di scarsa qualità in oli di oliva senza difetti, ma che, una volta subito questo trattamento, non possono più essere commercializzati come oli extravergini di oliva;
          con riferimento all'applicazione della normativa comunitaria (regolamento 24 gennaio 2011, (CE) n.  61/2011) che definisce alcune caratteristiche fisiche e chimiche degli oli d'oliva nonché i relativi metodi di valutazione sono emerse, tuttavia, notevoli criticità sotto il profilo delle caratteristiche e della qualità degli oli, posto che, i limiti fissati a livello comunitario per la presenza di alchil esteri negli olii extravergini è troppo elevato e rischia di incentivare la messa in commercio di olii di scarsa qualità, magari miscelati ad oli di migliore fattura o di legalizzare vere e proprie frodi ai danni dei consumatori, che vengono poste in essere adottando pratiche finalizzate a «deodorare» gli oli con caratteristiche organolettiche non adeguate;
          la presenza di metil esteri nell'olio di oliva è legata all'azione di un enzima nell'ambito del normale processo di lavorazione delle olive e non costituisce un indizio di cattiva qualità dell'olio. Diversamente, la presenza di un valore elevato di etil esteri è indice di fermentazione e di cattiva conservazione delle olive (nell'ambito di una produzione artigianale o a regola d'arte di olio extravergine di oliva, posta in essere rispettando le buone pratiche di raccolta e di estrazione dell'olio, la sommatoria degli alchil esteri non supera i 25/30 mg/kg);
          per tutte le indicate ragioni, l'articolo 43, comma 1-bis, del decreto-legge 22 giugno 2012, n.  83, recante misure urgenti per la crescita del Paese ha disposto che «al fine di prevenire frodi nel settore degli oli di oliva e di assicurare la corretta informazione dei consumatori, in fase di controllo gli oli di oliva extravergini che sono etichettati con la dicitura “Italia” o “italiano”, o che comunque evocano un'origine italiana, sono considerati conformi alla categoria dichiarata quando presentano un contenuto in metil esteri degli acidi grassi ed etil esteri degli acidi grassi minore o uguale a 30 mg/kg. Il superamento dei valori, salve le disposizioni penali vigenti comporta l'avvio automatico di un piano straordinario di sorveglianza dell'impresa da parte delle Autorità nazionali competenti per i controlli operanti ai sensi del regolamento (CE) n.  882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004»;
          l'olivicoltura italiana è presente in quasi tutte le regioni caratterizzandone il paesaggio e, assicurando la produzione di oli di oliva vergini di elevata qualità, tanto da rappresentare un settore produttivo strategico per il made in Italy agroalimentare e per l'economia locale;
          la tutela dell'identità dei prodotti nazionali contro le frodi alimentari e, nello specifico, degli oli di oliva vergini prodotti da olive nazionali, garantisce la solidità, la competitività e la distintività delle imprese agricole italiane;
          le azioni fino ad oggi intraprese nella lotta alle frodi ed alle contraffazioni non risultano ancora sufficienti e le risultanze delle attività di controllo fanno registrare una dilagante diffusione del fenomeno di illeciti nel settore oleario, posti in essere tramite operazioni tendenti a spacciare oli stranieri e di bassa qualità come oli di oliva vergini di provenienza italiana o, comunque, di categoria superiore;
          a fine settembre 2012, un funzionario della sede fiorentina dell'ispettorato per la tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, sarebbe stato arrestato dalla Guardia di finanza di Siena nell'ambito dell'inchiesta su olio «extravergine» tagliato con quello straniero, perché preannunciava i controlli dell'ispettorato e se ritenga di dover procedere, in conseguenza della gravità della misura, alla completa riorganizzazione dell'ufficio
territoriale  –:
          di quali elementi disponga in relazione a quanto riportato in premessa;
          quali iniziative intenda avviare per assicurare l'uniforme applicazione delle norme da parte dei funzionari dell'ispettorato per la tutela della qualità e repressione frodi e dagli altri organi di controllo sottoposti all'indirizzo e al coordinamento del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;
          quali misure intenda promuovere per assicurare il tempestivo avvio di un sistema adeguato ed efficiente di controlli a partire dalla prossima e imminente campagna di produzione olearia. (4-18098)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      CENNI, FOGLIATO, CATANOSO, DI GIUSEPPE, DELFINO, OLIVERIO, BRANDOLINI, SERVODIO, TRAPPOLINO, FIORIO, ZUCCHI e AGOSTINI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          secondo una indagine effettuata da Coldiretti/Swg «la contrarietà degli italiani agli organismi geneticamente modificati (Ogm) negli alimenti riguarda il 71 per cento della popolazione, una percentuale che è rimasta stabile negli ultimi cinque anni»;
          un quadro molto ampio e rappresentativo delle associazioni agricole, della pesca, dei consumatori, delle associazioni ambientaliste ha in più occasioni rappresentato la contrarietà di grandissima parte dei cittadini italiani circa la coltivazioni di Ogm nel Paese; non tanto per «ataviche ed ingiustificate paure», ma alla luce di autorevoli pareri tecnici e scientifici;
          è stata pubblicata nei giorni scorsi, nei media di tutto il mondo, la notizia secondo cui gli alimenti che contengono organismi geneticamente modificati avrebbero un pericoloso effetto tossico sugli animali;
          questa conclusione è stata avvalorata da un ampio studio francese sulla tossicità del mais transgenico «Nk 603» e del Roundup (un erbicida tra i più venduti al mondo ed associato prevalentemente al mais transgenico, entrambi prodotti dalla multinazionale statunitense Monsanto) realizzato su 200 topi da Gilles-Eric Seralini, ricercatore di biologia fondamentale e applicata all'Università di Caen, e pubblicato sulla rivista «Food and Chemical Toxicology»;
          i risultati di tale indagine hanno rilevato un effetto tossico del mais «Nk 603» e del «Roundup» sugli animali. Secondo le conclusioni dei ricercatori francesi le sostanze analizzate potrebbero essere «tossiche anche per gli uomini. Diversi test che abbiamo effettuato su cellule umane vanno nella stessa direzione. Sono almeno quindici anni che gli Ogm vengono commercializzati. È davvero un crimine che finora nessuna autorità abbia imposto la realizzazione di studi di lunga durata»;
          da tale ricerca, realizzata lungo due anni su 200 ratti, è stato infatti rilevato che, anche a piccole dosi, l'assorbimento a lungo termine del mais geneticamente modificato, così come nel caso del «Roundup», agisce come un veleno molto spesso mortale, i cui effetti colpiscono prioritariamente i reni, il fegato e le ghiandole mammarie. Al diciassettesimo mese dell'esperimento è stato inoltre osservato che i topi alimentati con gli Ogm avevano una mortalità di cinque volte superiore rispetto agli altri;
          il mais transgenico «Nk 603» nell'Unione europea non può essere coltivato ma ne è lecita l'importazione;
          nell'Unione europea è attualmente autorizzata la coltivazione di due sementi Ogm: il mais «Mon 810», prodotto da Monsanto, e la patata «Amflora» prodotta da Basf. Solo il «Mon 810» è realmente coltivato nell'Unione europea, anche se soprattutto in Spagna, per l'80 per cento della superficie totale. Altri 44 prodotti transgenici sono stati autorizzati da Bruxelles per la commercializzazione, come il mais «Nk 603», al centro dello studio francese, utilizzato per alimentare il bestiame che però deve essere abbattuto entro i 5 anni di vita per non registrare effetti negativi sulla salute dell'animale stesso, a fronte di una aspettativa di vita di 15-20 anni;
          i risultati della ricerca francese hanno creato forte preoccupazione, a livello internazionale, circa la reale pericolosità per la salute umana dei prodotti transgenici;
          a seguito dello studio circa 130 organizzazioni, fra cui Wwf, Greenpeace e Attac, hanno lanciato un appello alle autorità francesi a sospendere le autorizzazioni per l'importazione ed il consumo mais transgenico «NK603», mentre la Russia ha sospeso temporaneamente l'importazione di mais «NK603»;
          il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Mario Catania ha affermato lo scorso 29 settembre: «Chiederò a breve al Ministro della salute, Renato Balduzzi, di valutare la necessità di approfondimento sulla questione Ogm che è troppo importante e delicata per non ricevere l'attenzione totale. Sono infatti un po’ preoccupato sullo studio francese che evidenzia potenziali dannosità per la salute umana»;
          lo studio francese sugli Ogm sta inevitabilmente caratterizzando il dibattito istituzionale europeo: il 28 settembre 2012 i 27 Stati dell'Unione europea non hanno infatti trovato l'accordo sulla importazione in Europa del mais transgenico «Mir 162» (prodotta da Sygenta), nonostante il parere favorevole della Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa). Le conclusioni del team diretto da Gilles-Eric Seralini hanno infatti rimesso in discussione la durata di test di valutazione scientifica dell'Efsa, considerati troppo brevi;
          la stessa Commissione europea, per voce del commissario alla salute John Dalli ha chiesto all'Efsa di analizzare lo studio di Gilles-Eric Seralini;
          in data 4 ottobre 2012 l'Efsa ha chiesto al ricercatore francese Gilles-Eric Seralini di fornire maggiori informazioni sul suo studio sulla tossicità del mais transgenico NK 603 del gruppo Monsanto per potere emettere un parere sull'argomento entro la fine del mese. «Senza questi elementi, è poco probabile che lo studio si riveli affidabile, valido e di buona qualità»: ha indicato l'Efsa in un comunicato. «In particolare – precisa una nota – le lacune constatate non permettono attualmente all'Efsa di ritenere le conclusioni come scientificamente valide. Inoltre, i numerosi interrogativi relativi alla concezione e alla metodologia dello ricerca implicano che non si può tirare nessuna conclusione sulla presenza di tumori nei ratti testati»;
          il ricercatore francese Gilles-Eric Seralini ha subito risposto che «non fornirà nessun dato supplementare all'Autorità europea per la sicurezza alimentare. Aspettiamo che loro ci forniscano quelli che hanno permesso di autorizzare il mais transgenico “Nk 603” e l'erbicida “Roundup”, oltre a tutti gli altri Ogm». Per l’equipe di ricercatori francese è infatti «assolutamente scandaloso che l'Efsa tenga segreti dei dati che gli hanno consentito di valutare la bontà degli Ogm e del pesticida incriminato. In ogni caso noi a loro non daremo nulla. Pubblicheremo tutto su un sito pubblico, quando loro avranno fatto la stessa cosa»;
          va ricordato che la Corte di giustizia Unione europea (Sez IV, 6 settembre 2012 in causa C-36/116) ha condannato l'Italia per aver vietato la coltivazione di mais Mon810, un cereale geneticamente modificato sviluppato dalla transnazionale statunitense Monsanto: «La messa in coltura di Ogm quali le varietà del mais Mon 810», ha spiegato la Corte di giustizia europea, non può essere «assoggettata a una procedura nazionale di autorizzazione quando l'impiego e la commercializzazione di quelle varietà sono state autorizzate dall'Unione»;
          la Coldiretti ha chiesto al Governo di esercitare subito «la clausola di salvaguardia fino all'adozione delle misure comunitarie dirette a consentire a ciascuno Stato interessato di agire di propria iniziativa per quanto riguarda il divieto di proliferazione di organismi geneticamente modificati. Risulta ormai inderogabile alla luce delle informazioni scientifiche e delle determinazioni economiche adottate a livello internazionale, assumere misure di sospensione dell'immissione sul mercato e di utilizzazione di prodotti geneticamente modificati importati da paesi terzi a fronte del rischio di contaminazione di alimenti e mangimi. Solo l'esercizio della clausola di salvaguardia, introdotta a livello europeo in deroga alla libera immediata circolazione dei prodotti già autorizzati, consente infatti di poter evitare quei rischi biologici all'ambiente e alle peculiarità agroecologiche del nostro territorio compromettendo l'identità delle nostre produzioni»;
          il presidente della Cia Giuseppe Politi ha dichiarato: «Lo studio shock realizzato in Francia sulla tossicità del mais transgenico e del Roundup conferma le nostre preoccupazioni. Il principio di precauzione è il limite invalicabile. Per questo chiediamo al Governo di intervenire in sede Unione europea per sospendere il rilascio delle autorizzazioni per la coltivazione e le importazioni di questa varietà. Nello stesso tempo ribadiamo l'urgenza di attivare l'Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare al fine di porla in sintonia con l'authority europea di Parma. Serve un'Agenzia senza troppi lacci e impedimenti burocratici, ma in grado di intervenire e operare in modo snello e tempestivo per affrontare i problemi e gestire in maniera valida situazioni di rischio e i sistemi di rapido allarme sotto il profilo agroalimentare»;
          Confeuro ha ribadito la «necessità di un confronto scientifico, tecnico e politico serio sul tema degli organismi geneticamente modificati». L'associazione ha chiesto che «venga al più presto approvata una normativa precisa e trasparente, soprattutto da parte della Comunità europea»;
          le regioni italiane hanno espresso in numerose occasioni la loro contrarietà a legiferare sulle linee guida di coesistenza tra colture convenzionali, biologiche e geneticamente modificate, formalizzando in sede di Conferenza Stato-regioni la unanime intenzione di chiedere al Governo l'adozione di misure di salvaguardia, oltre a predisporre atti e normative tese a dichiarare i loro territori «liberi da Ogm»;
          da un punto di vista normativo la Corte costituzionale, fin dal 2006, ha assegnato con chiarezza la competenza sulla definizione di linee guida sulla coesistenza alle regioni;
          l'Italia vanta infatti un vasto e diversificato patrimonio di alimenti tipici certificati che rappresentano un volano insostituibile per lo sviluppo sostenibile occupazionale, economico e sociale. Il nostro Paese è al primo posto in Europa per prodotti di qualità riconosciuti a livello comunitario: 239 fra Dop, Igp e Stg;
          permane conseguentemente, oltre alla tutela della salute dei consumatori, l'esigenza fondamentale della promozione e della valorizzazione della qualità del nostro sistema agro-alimentare attraverso l'applicazione del principio di «salvaguardia» (previsto dalla Direttiva 2001/18/CE) e la possibilità di dichiarare l'intero territorio nazionale come libero da Ogm, come già hanno fatto altre nazioni come l'Austria, Grecia, Ungheria e Francia  –:
          se i Ministri interrogati non ritengano necessario intraprendere iniziative urgenti per promuovere, in sede europea, una analisi approfondita e dettagliata dello studio francese sugli ogm coinvolgendo tutte le istituzioni comunitarie preposte al fine di verificarne i risultati con oggettiva attendibilità ed indiscutibile certezza e se non ritenga conseguentemente necessario promuovere, in sede comunitaria, un protocollo unico per la definizione di studi «a lunga durata» sugli effetti degli ogm sugli animali e sulla salute umana;
          se non ritenga utile, in attesa di una analisi approfondita dei risultati dello studio francese e della recente sentenza della Corte di giustizia europea, appellarsi alla clausola di salvaguardia fino all'adozione delle misure comunitari dirette a consentire a ciascuno Stato interessato di agire di propria iniziativa per quanto riguarda il divieto di proliferazione di organismi geneticamente modificati. (5-08115)


      BURTONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          a Catania un ragazzo che si è sottoposto ad intervento chirurgico per trapianto di cuore è stato colpito da ictus che gli ha provocato una forma di epilessia molto grave;
          per contrastare questa patologia il ragazzo è costretto a prendere un farmaco specifico: il Keppra;
          la famiglia del ragazzo è in gravi difficoltà economiche con il padre cassintegrato;
          con l'esenzione il farmaco in questione costava 2 euro a confezione;
          ora con le nuove norme introdotte dal governo il Keppra ha un prezzo pari a 46 euro a scatola e non sono previste esenzioni;
          esistono certo anche antiepilettici generici e il paziente potrebbe assumere anche questi ma il suo neurologo ha prescritto in maniera esclusiva il Keppra vista la gravità del quadro clinico della patologia;
          è un farmaco salvavita  –:
          se e quali iniziative il Governo intenda assumere per evitare che il costo del farmaco possa impedire la cura del ragazzo e quindi valutare il ripristino di una esenzione o di un costo congruo del Keppra. (5-08117)

Interrogazioni a risposta scritta:


      MOTTA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          la Federazione erboristi italiani (FEI), associazione di categoria aderente a Confcommercio imprese per l'Italia, in data 15 maggio 2012 ha diffuso un proprio comunicato stampa nel quale richiamava le numerose segnalazioni e rimostranze giunte da parte degli operatori del settore erboristico a seguito della pubblicazione il 10 maggio 2012, sul sito internet espresso.repubblica.it dell'articolo «Ti droghi ? Dillo al Ministro» a firma di Gianfrancesco Turano;
          l'articolo riferisce della spedizione alle famiglie, da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero della salute, di un questionario finalizzato «a studiare le abitudini e gli stili di vita della popolazione italiana e di valutare l'eventuale consumo di alcune sostanze potenzialmente nocive»;
          alla pagina 9 del questionario, i riquadri G7, G8 e G9 interrogano gli intervistati sulla conoscenza e l'utilizzo di sostanze psicoattive indicando, al riquadro G9, le erboristerie come luoghi di possibile approvvigionamento delle stesse;
          secondo la FEI questa indicazione espone il settore rappresentato ad essere assimilato, agli occhi dei cittadini, a canali illegali di spaccio di sostanze stupefacenti, danneggiando in tal modo l'immagine della categoria  –:
          quali siano i presupposti che hanno indotto il Ministro interrogato a predisporre il questionario in premessa e se non ritenga di intervenire ufficialmente fornendo precisazioni ai cittadini al fine di tutelare l'onorabilità del settore erboristico. (4-18093)


      GIANNI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 prevede obbligatoriamente la presenza nei centri di riabilitazione di «personale di area pedagogica» (pedagogista), ben differenziato dagli «educatori»;
          tutte le regioni hanno recepito il sopra indicato decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997;
          il contratto collettivo nazionale di lavoro sanità privata prevede il pedagogista come dirigente di ruolo sanitario non medico e non si comprende per quale motivo il contratto collettivo nazione di lavoro sanità pubblica non lo preveda, visto e considerato che il sopra indicato decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 ha per oggetto: «Approvazione dell'atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private»;
          l'inserimento del pedagogista dirigente di ruolo sanitario non medico nell'elenco delle professioni sanitarie non comporterebbe, oltretutto, aggravio di spesa nei bilanci del servizio sanitario delle regioni in quanto le rette pagate alle strutture pubbliche e private accreditate «sono onnicomprensive di tutte le prestazioni sanitarie riabilitative previste per ogni singolo soggetto» e la prestazione pedagogica è prevista nel su indicato decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997;
          in questa situazione i centri di riabilitazione privati, accreditati dal servizio sanitario regionale che devono assumere obbligatoriamente i pedagogisti, secondo quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1999, devono fare ricorso al parere n.  53 del 16 dicembre 1983 del Consiglio sanitario nazionale e alla successiva sentenza del Consiglio di Stato n.  763 della sezione V del 13 luglio 1994;
          questo parere e questa sentenza spiegano che le posizioni funzionali del pedagogista sono equiparate al profilo professionale dello psicologo di cui all'allegato 2 del decreto del Presidente della Repubblica n.  761 del 20 dicembre 1979, quindi l'inquadramento del pedagogista viene fatta nei ruoli nominali;
          tutto ciò non significa che il pedagogista diventi psicologo o lo psicologo diventi pedagogista, ma che il pedagogista viene inquadrato, sotto il profilo della retribuzione e della qualifica, come lo psicologo con lo stesso stipendio e la stessa qualifica di dirigente di ruolo sanitario non medico  –:
          quali siano i motivi ostativi al mancato inserimento nell'elenco delle professioni sanitarie del pedagogista;
          quali iniziative il Ministro della salute intenda intraprendere al fine di assicurare tale inserimento, anche in considerazione del fatto che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dipartimento dell'istruzione – direzione generale per lo studente, l'integrazione, la partecipazione e la comunicazione – non ha potuto inserire il pedagogista nelle «linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici dell'apprendimento, allegate al decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 12 luglio 2011, proprio in virtù della non presenza del pedagogista nell'elenco delle professioni sanitarie. (4-18094)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      GHIGLIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il decreto-legge n.  83 del 22 giugno 2012, convertito con modificazioni dalla legge n.  134 del 7 agosto 2012, prevede la norma finalizzata «allo sviluppo della mobilità sostenibile, attraverso misure volte a favorire la realizzazione di reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica e la sperimentazione e la diffusione di flotte pubbliche e private di veicoli a basse emissioni complessive, con particolare riguardo al contesto urbano, nonché l'acquisto di veicoli a trazione elettrica o ibrida»;
          l'articolo 17-decies del citato decreto, rubricato «incentivi per l'acquisto di veicoli», riconosce un contributo per l'acquisto di un veicolo nuovo a basse emissioni in misura pari al 15 ovvero al 20 per cento del prezzo d'acquisto, in relazione alle emissioni di CO2 complessive;
          sono trascorsi i 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, termine entro il quale l'articolo 17-undecies, comma 4, del suddetto decreto stabilisce che siano previste le modalità per la preventiva autorizzazione all'erogazione e le condizioni per la fruizione dei contributi di cui sopra con un decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico  –:
          quali siano le tempistiche per l'adozione del decreto di cui in premessa.
(5-08120)


      VIOLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          TERNA spa è concessionaria dello Stato per la trasmissione e dispacciamento dell'energia elettrica e per lo sviluppo dell'energia elettrica nazionale, giusta concessione emanata in data 20 aprile 2005 e divenuta efficace in data 1o novembre 2005, sulla base di quanto disposto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 maggio 2004;
          tra gli interventi previsti nel «Piano di Sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale» edizione 2007 da Terna spa, vi è la linea alta tensione Padova-Venezia, riconfermata nei Piani degli anni successivi;
          la realizzazione delle nuove infrastrutture elettriche, incrementando il livello di magliatura della rete elettrica di trasmissione nazionale, ha lo scopo di garantire adeguati margini di affidabilità e sicurezza di esercizio e di continuità del servizio di trasmissione, in una delle sezioni maggiormente critiche del sistema elettrico italiano, favorendo, contestualmente, lo scambio di energia tra le aree di produzione di Fusina e Marghera e le aree di carico di Venezia e Padova con conseguenti notevoli benefici in termini di copertura del fabbisogno energetico, eliminazione delle congestioni, riduzione del rischio di disservizi e riduzione delle perdite di trasmissione;
          con decreto n.  239/EL-105/143/2011, emanato il 7 aprile 2011, all'articolo 1, il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha approvato il progetto definitivo per la realizzazione, da parte di TERNA, del complesso di opere denominato «Razionalizzazione della rete elettrica di alta tensione nelle aree di Venezia e Padova», autorizzando la costruzione e l'esercizio delle suddette opere, con dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza, indifferibilità ed inamovibilità delle stesse;
          con il medesimo decreto, all'articolo 2, è stato imposto il vincolo preordinato all'esproprio e/o asservimento coattivo sui beni interessati dall'opera in oggetto, siti nei Comuni di Camponogara, Dolo, Fosso, Mira, Mirano, Spinea, Stra, Venezia, Vigonovo, in provincia di Venezia e nei comuni di Legnaro, Padova, Sant'Angelo di Piove di Sacco, Saonara, in provincia di Padova, indicati negli allegati al progetto approvato;
          tale progetto prevede la realizzazione di una nuova condotta di elettricità alta tensione da realizzarsi mediante al costruzione di tralicci in superficie alti 60 metri nella maggior parte del percorso, per poi essere realizzata mediante interramento nel tratto finale tra Marghera e Fusina nel comune di Venezia;
          alcuni dei comuni interessati (Saonara, Vigonovo, Fosso, Dolo e Camponogara) hanno presentato ricorso al TAR Lazio che ha rigettato tali ricorsi e quindi hanno annunciato ulteriore ricorso al Consiglio di Stato;
          tale ricorso non si opponeva alla realizzazione dell'elettrodotto ma di fatto chiedeva l'interramento della linea da 380 kv nei rispettivi comuni;
          altri comuni (Mira, Mirano e Spinea), sempre interessati alla realizzazione dell'opera, hanno chiesto ora l'annullamento del decreto del Ministero dello sviluppo economico di autorizzazione unica con il quale è stato approvato il progetto definitivo per la costruzione dell'elettrodotto, formalizzando la richiesta anche loro di interramento della linea elettrica così come prevede il progetto nella parte finale tra Marghera e Fusina e in molte altre parti del Paese sempre ad opera dello stesso concessionario. Tale comportamento progettuale diverso appare incomprensibile per gli amministratori e per le popolazioni di tutti i comuni sopracitati;
          l'opera in questione interessa un territorio e il tessuto urbano della Riviera del Brenta e del Miranese con un'importante valenza ambientale storica culturale e paesaggistica. Un'area caratterizzata dalla presenza di un patrimonio inestimabile di ville venete di storiche dimore di campagna e da una rete importante di vie d'acqua che la rendono unica sotto il profilo ambientale;
          oltre a prevedere uno spreco inaccettabile di suolo (circa 20 ettari) si prevedono due nuove stazioni elettriche localizzate in ambiti di notevole valenza paesaggistica. In particolare la stazione di Malcontenta è prevista in un area compresa tra il Forte Tron Villa Foscari La Malcontenta e la laguna veneta tutelata anche dall'Unesco che l'ha inserita nel proprio piano di gestione per una adeguata difesa e valorizzazione;
          nel comune di Spinea la nuova linea si aggiungerebbe ad altre già esistenti, senza che vi sia da parte di Terna alcun impegno a migliorare questa situazione, come invece aveva richiesto lo stesso comune in una apposita conferenza di servizi del 2010 nella quale aveva chiesto l'interramento della linea nel proprio territorio;
          il comune di Mirano ha chiesto ripetutamente di incontrare Terna senza ottenere risposta;
          lo scorso 27 luglio 2012 il consiglio provinciale di Venezia, ribadendo la non contrarietà all'opera, ha votato all'unanimità un ordine del giorno che chiede l'interramento della linea alta tensione Padova-Venezia;
          contro questa ipotesi progettuali sono sorti nei territori dei Comuni sopracitati comitati spontanei di cittadini che manifestano il grande disagio della popolazione per un progetto non condiviso;
          destano infatti grande preoccupazione tra la popolazione residente i possibili rischi per la salute a causa di campi elettromagnetici provocati dalla realizzazione di una linea elettrica aerea a 380 mila volt  –:
          quali iniziative intenda assumere il Governo per intervenire su TERNA, concessionaria dello Stato, per modificare il progetto prevedendo l'interramento della linea a.t., così come richiesto dalle amministrazioni citate compenetrando la necessita di sviluppo e ammodernamento della rete stessa con l'obiettivo di garantire il più possibile il diritto alla salute dei cittadini e la salvaguardia ambientale e paesaggistica dei territori interessati come fortemente richiesto dalle amministrazioni e associazioni spontanee di cittadini dei territori interessati. (5-08130)

Apposizione di una firma ad una mozione.

      La mozione Binetti e altri n.  1-01166, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Anna Teresa Formisano.

Apposizione di firme ad una risoluzione.

      La risoluzione in Commissione Viola e altri n.  7-01005, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 ottobre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Lanzarin, Fugatti.

Ritiro di una firma da una mozione.

      Mozione Bersani e altri n.  1-01118, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 luglio 2012: è stata ritirata la firma del deputato Nucara.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
          interrogazione a risposta orale Rugghia n.  3-02308 del 4 giugno 2012 in interrogazione a risposta in Commissione n.  5-08124;
          interrogazione a risposta in Commissione Motta n.  5-07026 del 6 giugno 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18093;
          interrogazione a risposta in Commissione Albonetti n.  5-08007 del 27 settembre 2012 in interrogazione a risposta orale n.  3-02533.