XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 15 ottobre 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


      La Camera,
          premesso che:
              «la disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che essere onesti sia inutile». Questo pericolo, avvertito con lucido realismo da Corrado Alvaro, resta ancora oggi, purtroppo, drammaticamente attuale;
              la «questione calabrese», nella sua assoluta individualità, è la prova lampante della varietà ed eterogeneità assunte dalla «nuova» questione meridionale, così come chiarito dalla più accorta letteratura specialistica. Esistono specificità non solo di carattere economico, ma anche storico e sociale che fanno della Calabria un caso assolutamente particolare e, si badi, non omogeneo. Esistono, infatti, differenze sostanziali tra le singole sub-regioni geografiche, tali da richiedere interventi differenziati e coerenti con le prospettive e le suscettività dei singoli territori;
              la storia e l'evoluzione dei centri della costa jonica settentrionale sono profondamente diverse da quelle conosciute dalle genti del vicino marchesato crotonese; ma anche molto differenti dalla realtà del reggino, ossia dagli assetti e dalle condizioni sociali della costa tirrenica della regione. Eterogeneità e singolarità che, inevitabilmente, si acuiscono nel nesso tra le aree montuose dell'interno e quelle costiere. Non cogliere adeguatamente tali differenziazioni territoriali all'interno dello spazio politico-amministrativo calabrese significa, di fatto, rendere di scarsa efficacia ogni politica tesa ad affrontare, per risolverli, i preoccupanti ritardi che ne assillano le rispettive popolazioni e ostacolano lo stesso sviluppo virtuoso dell'intero Paese nel quadro europeo unitario;
              necessitano, ovverosia, interventi diversi e specifici; serve un approccio differente rispetto a quello che caratterizza l'intervento rivolto ad altre regioni del Meridione;
              la Calabria conta 2.010.709 abitanti, secondo i dati Istat. La Sicilia conta 5.045.176 abitanti, più del doppio, la Campania 5.835.561, la Puglia 4.090.402. Reggio Calabria, la città calabrese più popolosa, conta appena 186.464 abitanti, unica sopra i centomila, più città media che area metropolitana, nonostante la stretta e funzionale interazione con Messina, sulla sponda sicula. Catanzaro, con i suoi 93.144 abitanti, tende a porsi verso la soglia dei centomila. Tutte le altre città ne restano ben lontane: Lamezia Terme con 71.273 abitanti, Cosenza con 70.044 abitanti, Crotone con 62.182 abitanti, per ricordare le maggiori, mentre nel restante territorio gli ulteriori centri di livello gerarchico superiore si fermano sotto la soglia dei 50 mila abitanti;
              nel confronto con le altre regioni del Mezzogiorno la realtà urbana calabrese appare ancora più lontana da assetti capaci di esprimere una solida armatura urbana, efficientemente distribuita sul territorio regionale;
              basterebbero questi dati per rendere trasparente la particolarità della regione calabrese, tuttora povera di una concreta e solida ossatura insediativa in grado di ordinare, coordinare e promuovere la crescita e lo sviluppo del territorio regionale;
              in sostanza, non va dimenticato che il processo di urbanizzazione – che ha caratterizzato l'innovazione indotta dagli effetti diffusivi della rivoluzione francese, segnandone uno dei tratti di maggiore modernità, così come, più in generale, le rivoluzioni borghesi, da cui è scaturito il vento ideale che ha favorito la separazione della campagna e del relativo modello produttivo, dalle dinamiche proprie dei centri urbani – in Calabria inizia in maniera evidente solo nel secondo dopoguerra, cioè, con oltre 150 anni di ritardo, ed avviene, non poteva essere altrimenti, in maniera traumatica e contraddittoria, accompagnato da un consistente flusso migratorio verso i centri urbani esterni alla regione. La conseguenza maggiormente dirompente di questa drammatica storia di marginalità estrema va ricercata nello svuotamento drastico delle campagne, in una regione a forte caratterizzazione agricola, e nella nascita di piccoli centri urbani, del tutto improduttivi, perché carenti di una propria borghesia in grado di contribuire ad un coerente posizionamento competitivo nello scenario moderno;
              da ciò scaturisce la rappresentazione di una «geografia urbana» costruita su di una miriade di piccoli centri, spesso confinati, le cui modeste dimensioni si rivelano economicamente insostenibili, anche e sopratutto nell'ottica di una coerente offerta di servizi ai cittadini. Nello stesso tempo, effetto di un malinteso individualismo campanilistico, manca la propensione a creare unioni di comuni. Se ne contano solo una nella provincia di Catanzaro e tre in quella di Cosenza. Resiste, in altri termini, una tendenza al piccolo, al particolare, che non è unicamente dimensionale, bensì culturale, sociale e, quindi, inevitabilmente, geopolitica e geoeconomica;
              ulteriore tratto tipico della regione calabrese è il convivere, da secoli oramai, con una dimensione che potrebbe ben definirsi di «passaggio» e di «transizione», cioè di carattere intermedio, compresa a cavallo di due differenti egemonie. Nel regno borbonico, non a caso delle «due Sicilie», le capitali erano Napoli e Palermo. Lì erano le grandi dinastie, le famiglie nobiliari; lì erano il cuore del regno e il concreto «centro» della sua direzione politica ed economica. In quelle regioni e città – il centro di una civiltà – sarebbero nati, poi, quei ceti protagonisti delle rivoluzioni borghesi, pur essi stessi rapidamente soffocati dall'immobilismo meridionale. Al margine, vi è, poi, la dimensione di «transizione», propria della regione Calabria, territorio destinato ad un «passaggio» che non lascia spazio a forme aggregative autonome; poli gravitazionali intorno a cui costruire sviluppo autocentrato. Spazio geografico di «transito», giammai di innovazione territoriale virtuosa, realtà perpetuatasi sin da tempi remoti: da quelli della dominazione normanna, poi, molto più di recente, con il «passaggio» dei garibaldini e, infine, qualche anno più tardi, con l'avanzata senza ostacoli delle truppe alleate di liberazione;
              una dimensione di «transizione» che deve essere superata, proprio in quanto legata alla stessa confusione della «questione calabrese» con la più generale «questione meridionale», di cui certo è pur parte integrante e, tuttavia, distinta;
              da tenere presente che proprio questa dimensione di «passaggio» e di «transizione» ha determinato per la regione calabrese una realtà di isolamento ben più accentuata della «insularità» delle due grandi isole-regioni. Isolamento evidente, in particolare, se confrontato con la Sicilia perché caratterizzato da una carenza strutturale di infrastrutture e collegamenti;
              la storica carenza di una media borghesia imprenditoriale, prima ancora che industriale, è acuita dall'esterno contrasto tra i piccoli proprietari e i braccianti, dall'incapacità di una classe intermedia capace di compattarsi ed esprimere energie produttive virtuose, tratto questo davvero tipico della storia calabrese degli ultimi secoli, assolutamente determinante anche negli equilibri politici caratteristici del primo periodo repubblicano. Altrettanto interessante sarebbe riflettere sul peso politico e sociale che tuttora riveste nella regione la famiglia; anche ciò potrebbe contribuire ad avvalorare la mancanza di una rete di media imprenditorialità, la cui affermazione ha caratterizzato il processo di modernizzazione non solo in Europa, ma anche in molte altre realtà del nostro Paese;
              a confermarlo è un altro dato che traspare dalla considerazione dei caratteri salienti dell'emigrazione calabrese: quel 70 per cento del flusso che, carente di esplicita professionalità, si indirizza nel settore dei servizi (elaborazioni della Svimez su dati Istat);
              l'emancipazione economica e produttiva resta l'obiettivo da raggiungere ed ottenere, con il radicamento sul territorio di un solido capitale umano, forte di una media borghesia imprenditoriale autoctona (non di quella piccola, marginale e inadatta a costruire opportunità di sviluppo in ogni direzione). Un più operoso tessuto sociale, forte di competenze professionali e di capacità imprenditoriali, all'interno di un contesto dotato di adeguato capitale sociale, rappresenta l'unico mezzo attraverso cui si potrà conseguire una vera, vitale e persistente emancipazione economica e produttiva;
              le leve dello sviluppo, su cui innestare adeguate azioni promozionali, vanno individuate, con puntuale proiezione geopolitica, nelle naturali propensioni dei diversi territori che descrivono l'articolazione regionale della realtà calabrese, con opportuna valorizzazione dei beni ambientali e delle specificità delle tradizioni locali e delle competenze presenti nel sociale;
              prioritariamente, il settore turistico è certamente quello su cui più di ogni altro si può investire, al fine di creare un nuovo e duraturo sviluppo del territorio, rinunciando alle trasformazioni massive, di dannoso impatto ambientale e di breve vantaggiosità finanziaria: 780 chilometri di coste, tre massicci montuosi che raggiungono i duemila metri, con innevazione naturale e costante per un lungo arco di tempo durante l'anno, sono indubbi «fattori» di eccezionale potenzialità su cui sarà opportuno riflettere circa le convenienze geoeconomiche sostenibili. Parimenti, a completamento di uno scenario di straordinario impatto emotivo, è da includere la presenza di un patrimonio storico e culturale unico nel suo genere, anche per la presenza di tre importanti minoranze linguistiche. Elementi questi che fanno della Calabria una regione dotata di un vasto patrimonio su cui investire con decisione ma con altrettanta attenzione circa le reali proiezioni territoriali;
              si tratta di un investimento che è possibile solo, però, a condizione di una rinnovata azione di contrasto alla criminalità organizzata, che sui ritardi e sulla povertà della regione è cresciuta fino a diventare una delle realtà criminali più potenti del mondo. Deve assolutamente essergli sottratto il controllo del territorio. Creare lavoro è fondamentale, ma non può essere un alibi, serve, inutile nasconderlo, in Calabria come in altre regioni del sud Italia, anche un'azione decisa di repressione del fenomeno malavitoso sul territorio, un'offensiva dello Stato capace di considerarsi, su questo fronte, davvero definitivamente in guerra. Se non viene risolto questo problema, qualsiasi forma di investimento nel Meridione d'Italia finirà, comunque, per arricchire le organizzazioni mafiose: in tal caso, l'intervento pubblico non si risolverebbe solo in uno spreco di risorse, bensì, persino, in quello che, ai firmatari del presente atto di indirizzo, pare un involontario «crimine»;
              tuttavia, intervenire è indispensabile non concentrando risorse solo nel turismo, perché, com’è evidente, la regione Calabria non può essere destinataria di un'economia monosettoriale, decisamente inadeguata a soddisfare gli equilibri occupazionali e le esigenze della società. Indubbiamente, quello turistico può essere l'architrave su cui reindirizzare e, poi, rilanciare lo sviluppo regionale, investendo adeguate risorse nel settore delle infrastrutture, prima di tutto, in quanto presupposto fondamentale per la mobilità e la più ampia circolazione dei beni, in una regione che di infrastrutture è drammaticamente carente. Serve un piano di investimenti in tale ambito coerente con le reali esigenze del territorio, puntando proprio sulla funzione di «transito», sulla portualità, sull'avanmare e sulle relazioni sia di media distanza, sia di più ampia gittata nel Mediterraneo e, poi, verso l'Atlantico e il Nord Europa. In tale prospettiva, la Calabria può diventare, e tale dovrebbe essere considerata, non solo l'arteria di collegamento verso la Sicilia, ma verso l'intero Mediterraneo: non solo via terra, ma anche e sopratutto via mare. In quest'ottica, i porti di Reggio Calabria e Gioia Tauro e, innanzitutto, l'aeroporto di Reggio Calabria, rappresentano un patrimonio su cui il Governo deve investire, anche alla luce delle recenti trasformazioni in atto nella quasi totalità delle nazioni del Nord Africa. In questo senso, è bene sottolineare che la Calabria rappresenta una realtà geostrategica di primaria importanza per il nostro Paese e, per estensione, per tutta l'Unione europea;
              tuttavia, proprio in termini di opportunità di crescita intersettoriale, le più concrete remore derivano dalla circostanza che la Calabria è la regione meno industrializzata d'Italia, come dimostra il fatto che, con una popolazione che rappresenta poco più del 3 per cento di quella nazionale, il reddito prodotto dalle industrie è di poco superiore all'1 per cento. L'industria di base ha un ruolo assolutamente marginale; le rare aziende (chimiche, meccaniche, metallurgiche) si concentrano in pochissime aree, come Crotone e Vibo Valentia;
              diversamente, in questo quadro, l'agricoltura resta un settore fondamentale per l'economia della regione, considerato che, tuttora, il numero degli addetti (16 per cento) è il triplo della media nazionale, pur se, in termini di reddito prodotto, il valore aggiunto conseguito resta molto basso Un settore caratterizzato, del resto, da contraddizioni profonde sul piano del dimensionamento aziendale, dell'impiego di mezzi tecnici, delle scelte colturali, dei processi distributivi e della commercializzazione, che richiedono appropriate politiche, in grado di superare le condizioni di arretratezza che limitano le opportunità di crescita dell'agricoltura calabrese;
              l'articolo 18, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.  135, attribuisce alla città metropolitana le funzioni fondamentali delle ex province soppresse e le seguenti funzioni fondamentali: pianificazione territoriale generale e delle reti infrastrutturali; strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, nonché organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano; mobilità e viabilità; promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale;
              in particolare, sempre ai sensi dell'articolo 18, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2012, n 95, alla città metropolitana spettano: il patrimonio e le risorse umane e strumentali della provincia soppressa, a cui ciascuna città metropolitana succede a titolo universale in tutti i rapporti attivi e passivi; le risorse finanziarie di cui agli articoli 23-24 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n.  68;
              ancora, ai sensi dell'articolo 18 del decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95, sono organi della città metropolitana: il consiglio metropolitano; il sindaco metropolitano (il quale può nominare un vicesindaco ed attribuire deleghe a singoli consiglieri). Essi durano in carica per un periodo di cinque anni;
              si è stabilito, inoltre, che in sede di prima applicazione, è di diritto sindaco metropolitano il sindaco del comune capoluogo; successivamente lo statuto della città metropolitana potrà stabilire che il sindaco metropolitano: a) sia di diritto il sindaco del comune capoluogo; b) sia eletto secondo le modalità stabilite per l'elezione del presidente della provincia; c) sia eletto a suffragio universale e diretto, secondo il sistema previsto dagli articoli 74 e 75 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n.  267 del 2000;
              alla luce di quanto accaduto recentemente, nonché del relativo commissariamento del comune di Reggio Calabria, appare evidente l'impossibilità di procedere alla costituzione dell'area metropolitana di Reggio Calabria anche attraverso il processo democratico del coinvolgimento diretto della volontà cittadina. Tale processo, con tutte le responsabilità che comporta, ricade, infatti, nelle specifiche attività di carattere politico che ben difficilmente possono essere demandate all'attività commissariale,

impegna il Governo:

          ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, affinché in Calabria, e non solo, si promuova in tempi rapidi e con decisione, la creazione di unioni di comuni razionali con le esigenze di governo attuali, necessità questa ancora più evidente alla luce della prossima abolizione delle province;
          ad istituire un tavolo di confronto permanente con la regione, le istituzioni locali, i rappresentanti delle realtà datoriali e i principali investitori nel settore del turismo, per delineare un piano di interventi concreti, a partire dalla necessaria formazione e da investimenti finalizzati alla creazione nella regione di un sistema turistico adeguato e competitivo;
          a individuare e dare pratica attuazione ad un numero consistente di zone franche urbane per attivare un'imprenditoria endogena e attirare capitali e l'imprenditoria esogena;
          a delineare per la regione Calabria una specifica fiscalità di vantaggio, nonché strumenti di sburocratizzazione amministrativa, in particolare per investimenti nel settore turistico, in modo da convogliare verso la regione nuovi investimenti;
          a delineare, in accordo con le rappresentanze dei soggetti pubblici e privati coinvolti, gli interventi necessari per adeguare ed ammodernare il sistema infrastrutturale calabrese, rendendolo efficiente e coerente con le esigenze del territorio, in particolare, individuando specifici interventi:
              a) per lo sviluppo dell'area portuale della provincia di Reggio Calabria;
              b) per il completamento urgente dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria;
              c) per il potenziamento e la messa in sicurezza della strada statale 106 Jonica;
              d) per il potenziamento e la messa in sicurezza della strada statale 18 tirrenica;
              e) per il potenziamento e il rilancio dell'aeroporto dello Stretto, a servizio di due città metropolitane: Reggio Calabria e Messina, essendo in proposito necessario attivare investimenti infrastrutturali per rendere economico lo scalo dello Stretto;
              f) per il rafforzamento dell'aeroporto di Crotone;
          a dare rapida attuazione agli interventi a favore dei lavoratori in mobilità, dei licenziati, dei giovani e delle donne disoccupati, degli inattivi e di coloro che né lavorano, né svolgono un'attività di studio o formazione (neet), nonché a continuare negli sforzi per creare un contesto favorevole allo sviluppo economico ed alla crescita dell'occupazione, utilizzando una parte significativa delle risorse derivanti dalla terza e ultima riprogrammazione dei fondi comunitari, da realizzare entro ottobre 2012;
          a promuovere, coerentemente con quanto recita l'articolo 119, quinto comma, della Carta costituzionale, «la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona», con un forte presidio nazionale degli interventi finanziati con il piano di azione coesione, con particolare riferimento ai servizi di cura per la prima infanzia e gli anziani, per i quali sono complessivamente stanziati in Calabria oltre 100 milioni di euro, verificando, in tale contesto di promozione dei diritti di cittadinanza, la possibilità di concentrare le risorse del fondo sviluppo e coesione per gli obiettivi di servizio sugli interventi volti ad aumentare i servizi socio-assistenziali per bambini ed anziani nei comuni, nonché l'opportunità di estendere la sperimentazione della nuova social card familiare a tutti i comuni della Calabria o, in alternativa, ai soli comuni capoluogo e valutando ogni altro adempimento, di competenza del Governo, necessario a migliorare l'efficienza delle strutture ospedaliere;
          a promuovere, attraverso un tavolo permanente Cipe-regioni del Mezzogiorno e Trenitalia o altri concessionari, un efficace monitoraggio della qualità del servizio di trasporto passeggeri di media e lunga percorrenza, anche con riferimento al contratto di servizio con Rete ferroviaria italiana, nel più ampio tema della mobilità nel Mezzogiorno e dal Sud verso il Centro-Nord e viceversa, che interessi anche la razionalizzazione e il rafforzamento del sistema portuale e aeroportuale calabrese, anche attraverso un progetto che preveda l'utilizzo, in modo integrato e intermodale, dell'attuale assetto del trasporto (treni, aliscafi, bus e aerei), per rendere più efficiente ed economica la gestione del sistema stesso, in sinergia con il sistema dei trasporti della Sicilia;
          ad assumere in tempi rapidi ogni atto necessario per dare attuazione all'accordo di programma quadro che ha previsto finanziamenti per un totale di 459 milioni di euro a favore dell'area di Gioia Tauro, per accelerare le procedure e dare compiuta attuazione agli impegni sottoscritti, anche attraverso l'adozione di ogni atto necessario affinché l'area portuale di Gioia Tauro sia segnalata alla Commissione europea come zona in cui garantire le condizioni infrastrutturali ancora necessarie per superare l'attuale assenza di interazione tra ambito portuale e retro portuale, tra impianto portuale e sistema produttivo;
          ad assumere, in tempi ragionevoli, una posizione definitiva in merito al progetto del ponte sullo Stretto, mantenendo in ogni caso la destinazione delle somme al sistema infrastrutturale calabrese e siciliano;
          a finanziare il programma straordinario per gli uffici giudiziari e la polizia giudiziaria della regione Calabria, nell'interesse dei cittadini e in coerenza con le linee guida approvate all'unanimità dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, nella seduta del 25 gennaio 2012, e a garantire a tutti i livelli, tenuto conto del nesso particolarmente stretto tra sviluppo economico-territoriale e legalità, adeguati presidi di legalità, anche con riferimento al complesso della rete dei tribunali calabresi;
          a sollecitare i soggetti attuatori affinché avviino celermente gli interventi di riduzione del dissesto idrogeologico, di bonifica dei siti inquinati e di manutenzione del territorio di cui alle delibere del Cipe del 3 agosto 2011, 20 gennaio 2012 e del 3 agosto 2012, in forza delle quali sono stati stanziati per la regione Calabria, rispettivamente, 723 milioni di euro, 199 milioni di euro e 38 milioni di euro, anche tramite le verifiche e i sopralluoghi effettuati dal team di tecnici delle strutture del Ministero per la coesione territoriale;
          ad adottare ogni iniziativa utile per una celere attuazione degli interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici già finanziati con le risorse di cui alla delibera del Cipe del 20 gennaio 2012, n.  6, ai sensi della quale oltre 42 milioni di euro sono destinati alle scuole della Calabria;
          a sostenere, per le regioni obiettivo convergenza, nell'ambito dei negoziati per la riforma della politica agricola comune, una riforma non penalizzante dei pagamenti diretti, favorendo l'inserimento nel greening anche dell'olivicoltura e dell'agrumicoltura, nonché una riforma che preveda un aiuto specifico in favore delle coltivazioni tipiche di tali aree, anche sotto forma di maggiorazione degli aiuti diretti della politica agricola comune;
          a sollecitare la realizzazione di interventi per lo sviluppo dei principali siti archeologici, anche per accrescere l'offerta turistica regionale, rendendola adeguata e competitiva, attraverso, in particolare, il potenziamento dei servizi di accoglienza delle aree archeologiche di Sibari, Roccelletta di Borgia, Locri e Kroton (con l'istituzione di un parco archeologico relativo alla vecchia polis crotoniate e all'area sacra di Capo Colonna), nel quadro dell'ampia riprogrammazione dell'intervento per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale delle regioni del Sud, finanziato attraverso le risorse dei fondi strutturali comunitari, di cui una larga parte riguarda il patrimonio archeologico della regione Calabria, nonché a verificare la possibilità, d'intesa con le diverse realtà territoriali interessate, di recuperare il tracciato dell'antica via Popilia, quale strumento per il recupero dell'identità storica di un territorio vasto e multiforme e delle sue molteplici interrelazioni;
          alla luce del fatto che il recupero dei centri storici e il loro mantenimento rappresentano un volano di sviluppo economico dalle enormi potenzialità e che un'azione dello Stato, in tal senso, rappresenterebbe una fonte di valore aggiunto per l'economia dell'intera nazione, a promuovere la riqualificazione dei centri storici, non solo calabresi, e ad assumere iniziative normative affinché si possa contare su un sistema di incentivi fiscali adeguato a promuovere gli interventi di ristrutturazione e valorizzazione del patrimonio architettonico, storico e culturale, valutando l'opportunità di intervenire sul sistema di detrazioni oggi vigente, affinché queste siano finalizzate, o almeno destinate in via prioritaria, alla valorizzazione del patrimonio artistico e culturale;
          ad individuare un piano di interventi straordinari per sostenere il settore agricolo calabrese, focalizzando quelli che possono far acquisire la tendenza alla produzione di alta qualità e alla sua adeguata commercializzazione;
          ad intervenire, con ogni mezzo a disposizione e con le iniziative che si riterranno opportune, in coordinamento innanzitutto con la regione Calabria e tutte le istituzioni preposte, per impedire e prevenire nuove speculazioni ed abusivismo edilizio;
          ad individuare le iniziative necessarie affinché sul territorio si possa promuovere il radicamento di una realtà imprenditoriale di medie dimensioni e autoctona, in modo da consentire in via prioritaria:
              a) l'affermazione di un'industria turistica moderna e adeguata, non più relegata all'iniziativa singola, individuale e sporadica;
              b) lo sviluppo delle necessarie infrastrutture, non solo turistiche e ricettive;
              c) la creazione di unioni di comuni più coerenti con le necessità organizzative e amministrative nel governo del territorio;
              d) un contrasto deciso, fermo e risoluto alla criminalità organizzata sul territorio che possa rendere attrattivi gli investimenti in Calabria;
              e) interventi fiscali incentivanti all'investimento.
(1-01170) «Nucara, Ossorio, Brugger».

Risoluzioni in Commissione:


      La IV Commissione,
          premesso che:
              vi è l'assoluta necessità di sanare il vuoto normativo creatosi a seguito dell'entrata in vigore del codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo n.  66 del 2010 e al conseguente parziale inserimento in tale corpo normativo delle disposizioni di cui alla legge n.  308 del 1981, recante norme in favore dei militari di leva e di carriera appartenenti alle Forze armate, ai Corpi armati ed ai Corpi militarmente ordinati, infortunati o caduti in servizio e dei loro superstiti;
              in particolare, la citata normativa n.  308 del 1981, interamente abrogata a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo n.  66 del 2011, prevedeva il riconoscimento di una speciale elargizione in favore del personale militare che a causa di servizio o durante il periodo di servizio avesse subito un evento dannoso che ne avesse determinato una menomazione dell'integrità fisica; la medesima normativa riconosceva, altresì, in loro favore il diritto alla pensione privilegiata nonché i benefici previsti dagli articoli 15 e 16 della legge n.  91 del 1980;
              tale riconoscimento non risulta più contemplato dal codice dell'ordinamento militare e tale vuoto normativo è stato, in particolare rilevato dall'Associazione nazionale italiana assistenza vittime arruolate nelle forze armate e famiglie dei caduti che da molti anni ormai si occupa del tema relativo alla tutela dei diritti delle forze armate e in questo ambito ha dedicato estrema attenzione alla problematica relativa ai gravi danni alla salute subiti dal personale militare che, in diversi contesti operativi in Italia e all'estero, è venuto a contatto con uranio impoverito;
              la legge n.  308 del 1981 fu infatti una legge fondamentale per i risarcimenti sia per il personale militare ammalatosi nei poligoni e nei depositi, sia per il personale in missione all'estero prevedendo il conferimento della «speciale elargizione»;
              in data 11 aprile 2012 la commissione Difesa attraverso la risoluzione n.  8-00171 ha impegnato il Governo: a confermare quanto già affermato riguardo alle precauzioni messe in atto dai competenti organi della difesa per tutelare il personale civile e militare che si trova impiegato o risiede in zone a rischio contaminazione, anche con riferimento ai possibili effetti dannosi derivanti dalle attività militari che si svolgono nei poligoni militari; a rendere note, le conclusioni dello studio Signum, già illustrate dal professor Amadori presso la Commissione d'inchiesta presieduta dal senatore Costa; a fornire i dati relativi al numero di pareri espressi negli ultimi dieci anni dal comitato di verifica per le cause di servizio – organo istituito e operante alle dipendenze del Ministero dell'economia e delle finanze – il cui parere assume carattere vincolante e obbligatorio per l'amministrazione riguardanti la dipendenza da causa di servizio di una determinata infermità o della morte del personale militare, specificando il numero dei pareri contrari ed i criteri adottati; ad estendere le attività di monitoraggio ambientale e le indagini epidemiologiche già avviate per il PISQ, anche ai poligoni di Capo Teulada e Capo Frasca, compatibilmente con le rise finanziarie disponibili e di concerto con le attività in essere da parte della regione Sardegna-assessorato alla sanità;
              durante l'esame dello schema di decreto legislativo recante ulteriori modifiche al codice dell'ordinamento militare (Atto n.  500), la Commissione Difesa ha rilevato che andrebbe verificato se in sede di recepimento nel codice della legge n.  308 del 1981, recante Norme in favore dei militari di leva e di carriera appartenenti alle Forze armate, ai Corpi armati ed ai Corpi militarmente ordinati, infortunati o caduti in servizio e dei loro superstiti siano state riprodotte testualmente le norme preesistenti nella parte in cui riconoscono una speciale elargizione in favore del militare che – non solo a causa di servizio ma anche durante il periodo di servizio – abbia subito un evento dannoso che ne determini una menomazione dell'integrità fisica;
              occorre provvedere alle gravi carenze esistenti e tutelare tutti i diritti dei militari malati e delle loro famiglie,

impegna il Governo:

          avviare tutte le necessarie iniziative normative per modificare il nuovo codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo n.  66 del 2010 al fine di:
              a) ricomprendere tra i soggetti beneficiari della speciale elargizione contemplata nell'articolo 1895 del codice dell'ordinamento militare, anche il personale militare, compreso quello volontario, che per causa di servizio o durante il periodo di servizio abbia subito un evento dannoso che ne abbia comportato una particolare menomazione dell'integrità fisica e riconoscere al medesimo personale il diritto alla pensione privilegiata, attualmente contemplato unicamente in favore di taluni parenti superstiti del personale militare caduto vittima del dovere, in servizio di ordine pubblico o di vigilanza a infrastrutture civili e militari, ovvero in operazioni di soccorso, ovvero deceduti successivamente per la stessa causa;
              b) modificare la cifra per la speciale elargizione, stabilita con la legge n.  308 del 1981 a 50.000.000 di lire e fissata nel nuovo codice dell'ordinamento militare a euro 25.822,84, portandola a distanza di 31 anni almeno ad euro 65.000;
              c) affrontare la questione dei risarcimenti dovuti ai figli nati con deformazioni di personale ammalatosi a causa di patologie genetiche derivate dall'uranio impoverito.
(7-01009) «Di Stanislao».


      La XIII Commissione,
          premesso che:
          i ripetuti eventi sismici che nello scorso mese di maggio hanno interessato le province di Bologna, Modena, Reggio Emilia, Ferrara, Mantova e Rovigo, hanno causato ingenti danni al settore agroalimentare che, in questi territori, rappresenta un bacino di riferimento per molti dei prodotti che si forgiano dell'esclusivo marchio «made in italy»;
          l'area colpita dal terremoto è caratterizzata da una rete economica costituita da tante piccole e medie aziende e cooperative agricole operanti nei settori vitivinicolo e ortofrutticolo oltre che in quelli lattiero-caseario e zootecnico che rappresentano l'eccellenza del sistema economico locale con alcune delle produzioni più prestigiose al mondo quali il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano;
          i danni subiti dalle strutture produttive e di stagionatura hanno messo in forte difficoltà la filiera dei formaggi DOP, tanto che ad oggi, alcuni caseifici non hanno ancora ripreso la produzione;
          come evidenziato dalle ultime rilevazioni, benché siano ancora in corso le operazioni di recupero del formaggio, le forme coinvolte nei crolli ammontano complessivamente ad oltre 600.000 unità, di cui almeno 330.000, pari al 10 per cento della produzione complessiva, risultano irrimediabilmente danneggiate a causa della rottura della crosta, mentre quelle che possono proseguire il processo di maturazione per essere stagionate a Parmigiano Reggiano, sono state trasferite in altri depositi all'uopo attrezzati;
          i caseifici e i produttori bolognesi, modenesi e mantovani colpiti dal sisma hanno perso, oltre a significative quote di prodotto per un danno economico quantificato in oltre 100 milioni di euro complessivi, strutture di magazzinaggio ed impianti indispensabili a garantire la continuità della trasformazione del latte e temono probabili speculazioni e ribassi sulle quotazioni correnti in grado di alterare la concorrenza in fase di consumo e compromettere la stabilità dell'introito;
          i produttori devono inoltre rivedere i rapporti con le banche a seguito della perdita del «pegno» necessario alla erogazione del credito;
          il decreto-legge 22 giugno 2012, n.  83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.  134, stanzia 19 milioni di euro per misure a sostegno del settore agricolo e interventi di contrasto alle crisi di mercato;
          è indispensabile, in considerazione della imminente predisposizione della legge di stabilità per il 2013, che il suddetto importo non subisca alcuna decurtazione, né venga destinato ad altre assegnazioni o finalità,

impegna il Governo

ad assumere urgentemente idonee iniziative atte a destinare almeno 19 milioni di euro, nell'ambito dello stanziamento previsto dall'articolo 59, comma 3, del decreto-legge 22 giugno 2012, n.  83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.  134, per il risarcimento dei danni arrecati dal sisma al sistema dei formaggi DOP.
(7-01008) «Rainieri, Negro, Callegari, Fogliato».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


      I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
          i detenuti in custodia cautelare e quelli condannati in via definitiva per reati sentenziati come «non ostativi», sono cittadini aventi pieno diritto al voto; tutti costoro, in base agli articoli 8 e 9 della legge 23 aprile 1976 n.  136, possono votare nelle carceri con la costituzione di un seggio elettorale speciale;
          la predetta normativa è applicabile anche alle elezioni regionali, provinciali e comunali per effetto delle disposizioni contenute nell'articolo 1, lettera d), decreto-legge n.  161 del 1976, convertito dalla legge n.  240 del 1976;
          consentire ai detenuti in custodia cautelare e a quelli condannati in via definitiva per reati «non ostativi», il pieno esercizio del diritto di voto, significa dare concreta, piena ed effettiva attuazione a quel principio sancito e riconosciuto dall'articolo 27 della Costituzione in base al quale la pena deve sempre tendere alla rieducazione; al contrario, rendere impraticabile per il singolo detenuto la partecipazione libera al voto nel corso delle prossime elezioni nazionali, regionali e amministrative vuol dire avallare un meccanismo di cancellazione sociale dell'individuo recluso nonché una inaccettabile operazione di privazione dei suoi diritti che agli interroganti appare ignobile;
          vista la complessa procedura prevista dalla normativa di riferimento, il diritto di voto da parte dei detenuti rischia di rimanere tale solo sulla carta se non tempestivamente preceduto da una campagna informativa dentro le carceri per far si che gli stessi detenuti siano messi al corrente di quali sono gli adempimenti necessari che loro per primi sono chiamati ad assolvere nel caso avessero intenzione di votare esercitando un loro diritto fondamentale;
          ed invero, sulla base di quanto disposto dalla citata legge n.  136 del 1976, questa speciale procedura elettorale si avvia al momento della pubblicazione di una circolare sull'esercizio del diritto di voto dei detenuti elettori, che il dipartimento amministrazione penitenziaria invia ai vari provveditorati regionali, i quali poi provvedono ad affiggerla nelle bacheche dei vari istituti di pena sparsi sul territorio nazionale; dopodiché il singolo detenuto, preso atto dei contenuti della comunicazione del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, deve far pervenire alla direzione del carcere di appartenenza una dichiarazione della propria volontà di esprimere il voto nel luogo in cui si trova;
          la predetta dichiarazione, con in calce l'attestazione del direttore dell'istituto che comprova lo stato di detenzione del dichiarante, deve essere successivamente inoltrata tempestivamente al sindaco del comune nelle cui liste elettorali il detenuto risulta essere iscritto al fine di consentire alle amministrazioni l'iscrizione del richiedente nell'apposito elenco e l'invio della relativa tessera elettorale. La richiesta deve pervenire al sindaco non oltre il terzo giorno antecedente la votazione;
          come è facilmente intuibile, le procedure sopra richiamate, le sole che consentono ai detenuti di essere informati riguardo la loro particolare condizione di votanti e gli adempimenti necessari per poter esercitare questo diritto, devono essere avviate tempestivamente e con sufficiente anticipo rispetto alla prossima scadenza elettorali;
          risulta infatti che allorquando, come nel caso delle elezioni politiche del 2006 e del 2008, si è provveduto a disporre, avviare e organizzare questo complesso meccanismo burocratico-amministrativo con colpevole ritardo, il tasso di votanti negli istituti di pena è stato particolarmente basso, atteso che, su una popolazione stimabile in più di 30 mila detenuti aventi diritto di voto, appena il 10 per cento circa ha avuto modo di esercitare tale imprescindibile diritto-dovere;
          l'enorme astensionismo delle persone detenute non è quindi solo dovuto a disinteresse, spesso è anche conseguenza di ritardi nell'informazione e nelle procedure che intercorrono dalla «domandina» del singolo detenuto al rilascio della tessera elettorale da parte dei comuni, fino all'allestimento dei seggi «volanti» negli istituti di pena;
          a giudizio degli interroganti è pertanto necessario, se solo si vuole rendere effettivo e non ostacolare il diritto di voto tra i detenuti, che gli organi competenti: a) affiggano fin da subito nelle bacheche delle carceri le istruzioni di ciò che tutte le persone recluse sono chiamate a fare per essere ammesse al voto in carcere; b) avviino con largo margine di tempo le operazioni di registrazione nelle liste elettorali e le consegne delle tessere dei detenuti elettori;
          sul diritto di voto ai detenuti, la prima firmataria del presente atto ha già presentato l'interrogazione a risposta scritta n.  4-06146 alla quale non è mai stata data risposta nonostante i solleciti del 22 marzo 2010, 12 aprile 2010, 12 ottobre 2012, 1o dicembre 2010, 12 gennaio 2011, 3 febbraio 2011, 3 marzo 2011, 23 marzo 2011, 15 aprile 2011, 23 maggio 2011, 6 luglio 2011, 21 settembre 2011, 16 novembre 2011, 15 febbraio 2012, 11 aprile 2012, 4 luglio 2012, 26 luglio 2012  –:
          quanti siano i detenuti, anno per anno e tornata elettorale per tornata elettorale, che hanno esercitato il diritto di voto nel corso degli ultimi dieci anni in occasione dei vari appuntamenti elettorali (elezioni politiche e/o amministrative);
          quanti siano i detenuti attualmente presenti nelle carceri italiane aventi pieno diritto al voto;
          se, in vista delle prossime tornate elettorali, il Ministro della giustizia, per il tramite del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, intenda sollecitare i direttori degli istituti penitenziari affinché attraverso i mezzi più adeguati – dall'affissione sulle bacheche delle carceri alla consegna a mano ad ogni detenuto delle istruzioni per esercitare il diritto di voto – le persone recluse siano effettivamente informate sugli adempimenti da compiere per essere ammessi al voto in carcere;
          se da questo punto di vista l'amministrazione penitenziaria intenda avviare con largo margine di tempo le operazioni di registrazione nelle liste elettorali dei detenuti elettori e le consegne delle tessere a questi ultimi;
          se, in vista delle prossime elezioni nazionali, regionali e amministrative, il Ministro dell'interno intenda emanare una circolare affinché si assicuri in modo tempestivo, l'esercizio del diritto di voto dei detenuti che non hanno perso il godimento dei diritti civili e politici.
(2-01705) «Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti».

Interrogazione a risposta scritta:


      DI PIETRO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          il caso Abu Omar è noto ed è stato oggetto di diversi atti di sindacato ispettivo anche nelle scorse legislature;
          è del 19 settembre 2012 la notizia del via libera della Corte di cassazione riguardo alla riapertura del processo sul caso Abu Omar a carico di Nicolò Pollari e Marco Mancini, imputati per il sequestro dell'ex Imam di Milano; la V sezione penale della Cassazione ha, infatti, ritenuto nulla la sentenza di non luogo a procedere pronunciata in appello il 15 dicembre 2010; e di nuovo a processo dovranno andare anche i tre capicentro del Sismi, Giuseppe Ciorra, Raffaele Di Troia e Luciano Gregorio;
          nella fattispecie, la Cassazione ha disposto un nuovo processo d'appello per gli ex vertici del Sismi poiché risultano esserci troppe ombre sull'interpretazione relativa al segreto di Stato per cui lo stesso non può costituire una causa di impunità;
          occorrerà attendere le motivazioni della Cassazione per poter procedere di nuovo alla celebrazione del processo d'appello;
          in tutto questo tempo il non luogo a procedere è stato sempre confermato con le sentenze che si sono succedute, mentre, nel frattempo, nessuno dei Ministri della giustizia succedutisi ha mai avviato la richiesta di estradizione per i membri dei servizi segreti americani e i due precedenti Presidenti del Consiglio hanno sempre confermato il mantenimento del segreto di Stato sulla vicenda;
          non a caso anche Wikileaks aveva pubblicato nel dicembre 2010 i cablogrammi dei messaggi trasmessi dall'ambasciata americana a Roma a Washington laddove si faceva esplicita richiesta di non coinvolgimento della Cia nelle indagini  –:
          se non ritenga che ricorrano ormai sia l'esigenza sia l'opportunità di escludere l'applicabilità del vincolo giuridico del segreto di Stato alla fattispecie di cui in premessa. (4-18111)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      RUBINATO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          in un'area ubicata tra le frazioni di Porcellengo e Castagnole del Comune di Paese, in provincia di Treviso, si prevede di realizzare un progetto di riclassificazione della discarica denominata «Castagnole» – di proprietà della ditta T.ER.R.A. – per destinarla allo smaltimento di 460.000 metri cubi di amianto in un periodo di circa 10 anni;
          l'ambito di riclassificazione è ubicato ad una distanza di circa 200-250 metri dal consorzio agrario, dal centro di Raccolta differenziata (CERD) e dal centro SITA/Protezione Civile (spesso visitato da scolaresche anche dei comuni limitrofi); il sito è prossimo (circa 400 metri) ad un primo nucleo di abitazioni della frazione di Castagnole, a 350 metri da un primo nucleo della frazione di Porcellengo e a 850 metri dal suo centro urbano, densamente popolato;
          gli impianti (discariche) autorizzati a ricevere amianto in Italia sono meno di 10 ed il Veneto non ne ha nemmeno uno;
          esiste di fatto in Italia una carenza di impianti in grado di smaltire tali materiali;
          a livello nazionale, manca una pianificazione che preveda la predisposizione di siti di smaltimento possibilmente nelle aree dove l'asbesto (materia prima per la produzione del cemento-amianto) è stato a suo tempo estratto, per far sì che quel tipo di materiale continui a rimanere confinato in aree/siti dove questo è già presente ab origine;
          in ogni caso, appare necessario mettere a punto anche Italia tecnologie in grado di trattare i rifiuti contenenti amianto in modo tale da renderli inerti e recuperabili per l'uso edilizio, come avviene già in altri Paesi;
          il territorio di Paese è stato sede di attività industriali ad elevato impatto ambientale (fonderie, tintorie, industrie alimentari) che hanno segnato il territorio con un rilevante inquinamento entro e fuori terra, cui occorre aggiungere la coltivazione di numerose cave (che rappresentano ben il 13 per cento del territorio agricolo), nonché gli allevamenti intensivi, la fungicoltura ed il florovivaismo, esercitato prevalentemente entro ampie serre pavimentate, piuttosto che a campo libero o su suolo libero entro serra coperta;
          a partire dagli anni 1970/1980 il Comune di Paese, come altri comuni della provincia di Treviso, ha avuto un considerevole sviluppo dell'edilizia residenziale nelle frazioni e nelle aree agricole;
          l'aumento della popolazione residente che ha riguardato in modo particolare il Comune di Paese e le tante attività produttive insediate hanno reso necessario realizzare numerosi impianti per lo smaltimento dei rifiuti urbani;
          come segnalato nel «piano di assetto del territorio» il territorio di Paese è interessato da un grave fenomeno di inquinamento delle acque sotterranee determinato dalla consuetudine di localizzare nelle cave, prima sede di attività estrattiva, discariche, in alcuni siti, anche abusive, di rifiuti; questo ha determinato modifiche irreversibili del territorio agricolo; infatti, le caratteristiche idrogeologiche dei terreni dell'alta pianura trevigiana (materasso ghiaioso di origine alluvionale estremamente permeabile) crea un elevato rischio di inquinamento delle falde: in caso di sversamenti di sostanze inquinanti solubili (è il caso dei diserbanti o nitrati di origine agricola) queste penetrano con estrema facilità nella falda idrica sotterranea, con grave decadimento qualitativo della risorsa stessa (che, in alcuni casi, risulta non idonea agli usi legittimi);
          il decreto ministeriale 471 del 1999, nel disporre limiti restrittivi alla qualità delle acque sotterranee, prevede la competenza delle amministrazioni comunali in ordine ai procedimenti di bonifica che richiedono ingenti risorse sia finanziarie che professionali a carico delle medesime amministrazioni e dei responsabili dell'inquinamento delle acque;
          nell'alta pianura trevigiana esiste un forte degrado nella gestione dei rifiuti, essendosi ormai consolidata la consuetudine di trasformare cave dismesse in discariche; Paese, con un'alta concentrazione di cave-discariche (ben 10 presenti sul territorio comunale), è un caso esemplare di estremo degrado, ma situazioni analoghe presentano anche nei comuni di Villorba, Montebelluna, Spresiano, Vedelago, Istrana;
          secondo le indicazioni dei geologi e secondo quanto prescritto in tutti i piani territoriali (regionali, provinciali, comunali) il territorio dell'alta pianura è il meno adatto ad ospitare discariche; in questo caso infatti qualsiasi perdita accidentale dagli impianti si riversa direttamente nel patrimonio idrico; è questo un rischio a cui è esposto in particolare il territorio veneto; nelle altre regioni della pianura padana vi sono infatti condizioni analoghe in territori molto più ristretti e con caratteristiche idrogeologiche diverse;
          in assenza di un chiaro e certo vincolo posto dalla legge i privati proprietari dei terreni dove si trovano cave dismesse trovano conveniente chiedere l'autorizzazione all'esercizio di una discarica; appare pertanto necessario porre un vincolo alla realizzazione di discariche nelle zone ad elevata vulnerabilità degli acquiferi sotterranei (e, in generale, nelle aree di ricarica degli acquiferi) o, quantomeno, autorizzare in tali aree solo discariche per inerti, finalizzate al ripristino ambientale di zone degradate come le cave;
          il Consiglio di Stato, con decisione del 20 marzo 2007, ha stabilito che l'esistente discarica «Castagnole», autorizzata con provvedimento della provincia di Treviso del 21 ottobre 2004, n.  843, non avrebbe potuto ricevere anche rifiuti contenenti amianto – anche se legati in matrice cementizia – disponendo altresì l'annullamento del provvedimento provinciale; pertanto anche i conferimenti contenenti amianto avvenuti in data anteriore al provvedimento del Consiglio di Stato (circa 80.000 tonnellate tra il 2005 e il 2006) sono privi del relativo titolo abilitativo;
          conseguente alla pronuncia del Consiglio di Stato è l'ordine di esecuzione all'amministrazione della provincia di Treviso e il conseguente obbligo di ripristino della situazione quo ante al provvedimento annullato, con la bonifica del sito e il risarcimento – per i danni conseguenti – a carico della ditta TERRA quale proprietaria della discarica «Castagnole»  –:
          se intenda assumere iniziative normative affinché su tutto il territorio nazionale – nelle zone individuate dalle regioni come aree ad elevata vulnerabilità degli acquiferi sotterranei – sia autorizzata solo la localizzazione e l'esercizio di discariche per inerti, e solo se finalizzate al ripristino dei luoghi e sia vietata qualsiasi altro tipo di discarica o impianto di smaltimento dei rifiuti;
          se vi siano elementi in merito alla tempestiva elaborazione dei piani territoriali regionali di coordinamento e dei piani di gestione dei rifiuti delle regioni, che devono essere approvati entro il 31 dicembre 2013 secondo quanto previsto dall'articolo 199 del Testo unico ambientale, al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi descritti in premessa. (5-08135)

Interrogazione a risposta scritta:


      DI PIETRO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          con decreto legislativo 13 agosto 2010, n.  155, è stata data attuazione alla direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa;
          l'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n.  155 del 2010 assegna alle regioni e alle province autonome il compito di provvedere alla zonizzazione;
          la legge regione Molise 22 luglio 2011, n.  16, concernente «Disposizioni per la tutela dell'ambiente in materia di inquinamento atmosferico», dispone, all'articolo 3, lettera a), che «sono di competenza della Giunta regionale le funzioni relative all'individuazione e classificazione delle zone ed agglomerati di cui al decreto legislativo 4 agosto 1999, n.  351 (attuazione della direttiva 96/62/CE in materia di valutazione e gestione della qualità dell'aria ambiente), al decreto legislativo 21 maggio 2004, n.  183 (attuazione della direttiva 2002/3/CE relativa all'ozono nell'aria) ed al decreto legislativo 3 agosto 2007, n.  152 (attuazione della direttiva 2004/107/CE concernente l'arsenico, il cadmio, il mercurio, il nichel e gli idrocarburi policiclici aromatici nell'aria ambiente), per lo svolgimento delle attività di valutazione e di gestione della qualità dell'aria»;
          l'articolo 18 del decreto legislativo n.  155 del 2010 disciplina la diffusione delle informazioni al pubblico che «devono essere aggiornate e precise e devono essere rese in forma chiara e comprensibile»;
          la regione Molise risulta del tutto inadempiente rispetto all'attuazione degli obblighi di legge previsti dalla legislazione comunitaria, nazionale nonché da quella regionale tanto che il Ministro interrogato ha inviato nel marzo 2012, una lettera al presidente della regione Michele Iorio parlando di «grave violazione della normativa comunitaria»;
          per scongiurare la procedura di infrazione comunitaria contro l'Italia che scaturirebbe automaticamente dal perdurare degli inadempimenti della regione, il Ministro interrogato ha avvertito: «sarò costretto a ricorrere all'applicazione dei poteri sostitutivi previsti dall'articolo 5 del decreto legislativo del 31 marzo 1998, n.  112, e all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n.  131» e quindi a procedere, dopo la Sanità, al commissariamento sull'Ambiente;
          in data 18 settembre 2012 il presidente della regione Michele Iorio ha dichiarato che «persistono delle condizioni di inadempienza formale per quanto riguarda la macrozonazione»;
          allo stato, non risulta istituito in Molise alcun registro tumori, con la conseguenza facilmente comprensibile che il combinato disposto tra l'inadempienza rispetto alla zonizzazione e la omessa raccolta e aggiornamento dei dati epidemiologici crea una vera e propria voragine conoscitiva;
          la regione Molise, a quanto consta all'interrogante, continuerebbe a rilasciare, anche in data successiva alla ricezione della diffida del Ministro, autorizzazioni per impianti di incenerimento e di produzione di energia da biogas e/o di biomassa, senza previa verifica delle emissioni di PM 2,5 nonché senza verifica sulla concentrazione dei predetti impianti all'interno della stessa area  –:
          se, al fine di scongiurare l'apertura di una procedura di infrazione comunitaria contro lo Stato italiano, non ritenga opportuno fissare un termine per l'attuazione di quanto stabilito dalla legge in ordine alla zonizzazione del territorio superato il quale procedere al commissariamento della regione Molise. (4-18104)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      GIULIETTI e TRAPPOLINO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto emerge dalla lettera inviata dal Ministero per i beni e le attività culturali agli organizzatori di Umbria Jazz Winter, il contributo finanziario richiesto per il Festival Jazz orvietano 2012 che avrà luogo ad Orvieto dal 28 dicembre al 1o gennaio 2013, non sarebbe stato concesso per mancanza di «criteri di qualità», per la comprovata non rilevanza musicale e culturale dell'evento. Tutto ciò nonostante lo stesso dicastero abbia contribuito ininterrottamente per 11 edizioni allo svolgimento di tale manifestazione, riconoscendone il pieno valore «artistico e culturale»;
          Umbria Jazz Winter per il panorama musicale e culturale italiano e internazionale è un appuntamento di assoluto rilievo, riconosciuto da tutta la stampa italiana ed estera del settore per la qualità dei musicisti e degli artisti presenti;
          con la partecipazione di numerosi spettatori locali, nazionali ed internazionali, oltre 30.000 presenze ad edizione, la manifestazione assume quindi anche una valenza economica per l'intera comunità di Orvieto e del suo circondario  –:
          quali siano le motivazioni e le valutazioni che hanno determinato tale decisione;
          quali criteri di valutazione siano stati utilizzati per affermare che il cast degli artisti sia di «non comprovato valore artistico»;
          quali siano stati, viceversa, i criteri che hanno invece ritenuto di «comprovato valore artistico e culturale» altri festival jazz nazionali che, ad opinione della stampa italiana ed estera del settore, vengono giudicati da una platea di tecnici inferiori per qualità artistica a quello orvietano. (5-08134)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


      DI PIETRO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          il quotidiano Il Tempo in data 24 agosto 2005 ha pubblicato un articolo dal titolo: «Faro della Consob e degli inquirenti anche sulla prima fase della scalata alla banca nazionale del lavoro, fra il 2002 e il 2003. Una pista dal Lussemburgo alla Svizzera. Quel prestito perché Dorint acquistasse BNL rilevato dalla filiale di Zurigo della banca di Abete.»;
          secondo il quotidiano romano nel 2002 in Lussemburgo sarebbe stata Capitalia a concedere un prestito da 115 milioni di euro alla società Dorint S.A., riconducibile all'imprenditore Diego Della Valle, spianandogli la strada verso BNL. Un'operazione che sarebbe stata seguita quasi subito dalla decisione di Capitalia di girare lo stesso prestito alla sede di Zurigo di BNL, che così è diventato, secondo il quotidiano, il vero finanziatore di Dorint S.A.;
          una volta raccolti quei fondi, Dorint S.A., finanziaria lussemburghese del Gruppo Della Valle, iniziò ad acquistare sul mercato azioni BNL, salendo al 2,828 per cento a inizio aprile 2003 e al il 4,6 per cento il 20 aprile 2003 per poi consentire l'ingresso di Diego Della Valle nel Consiglio di Amministrazione di BNL il 18 giugno 2003;
          il quotidiano Milano Finanza, sul proprio sito internet (MF-DJ News), ha ripreso l'articolo pubblicato sul quotidiano Il Tempo e ha aggiunto che «secondo alcune indiscrezioni la ricostruzione del quotidiano sarebbe basata su un esposto presentato al collegio dei sindaci, alle società di revisione, alla Consob, alla magistratura e alla Banca di Italia da un ex dipendente del Gruppo Capitalia operante nel settore finanziamenti.»;
          l'ingegnere Giovanni Consorte, nelle dichiarazioni spontanee rese all'udienza del 7 ottobre 2010, nell'ambito del processo relativo alla cosiddetta «Scalata B», ha riferito che al 23 aprile 2003 la Dorint S.A. deteneva azioni BNL pari al 4,6 per cento del capitale sociale, del valore di 124 milioni di euro, e nel novembre del 2004, a seguito di un aumento di capitale sociale effettuato da BNL, deteneva azioni pari al 4,99 per cento del capitale sociale della banca, per un investimento complessivo di 196 milioni di euro;
          tali circostanze risultano anche da vari articoli di stampa, tra i quali: «Bnl sugli scudi. Della Valle entra nel Cda» del 7 giugno 2003 e «Bnl: patto parasociale tra Generali, Bbva e Della Valle» dell'11 aprile 2004;
          i suddetti articoli hanno anche riportato dell'ingresso del signor Diego Della Valle nel consiglio di amministrazione di BNL a metà del mese di giugno 2003, nonché la stipula di un patto parasociale tra Dorint S.A. (4,99 per cento), BBVA (14,90 per cento) e Assicurazioni Generali (8,50 per cento) alla fine del mese di aprile 2004;
          sempre nell'ambito delle dichiarazioni spontanee rese all'udienza del 7 ottobre 2010, nell'ambito del summenzionato processo, l'ingegnere Giovanni Consorte ha dichiarato di aver esaminato i bilanci di Dorint S.A. al 31 dicembre degli anni dal 2002, al 2006, depositati in giudizio, allo scopo di verificare, per quanto possibile, la fondatezza delle notizie riportate dal quotidiano Il Tempo e da MF e il loro eventuale collegamento con l'operazione Unipol-BNL;
          nella medesima sede, l'ingegnere Giovanni Consorte ha evidenziato, inoltre, quanto segue: nel bilancio di Dorint S.A. al 31 dicembre 2002, appare un loan payable (prestito bancario) di 115 milioni di euro, che non figurava nel bilancio della stessa al 31 dicembre 2001. Nel 2002, la società realizzava un utile netto di circa 4,6 milioni di euro;
          il bilancio di Dorint S.A. al 31 dicembre 2003 riportava finanziamenti per 140,5 milioni di euro e utili non distribuiti per 129 milioni di euro. Risultavano accresciuti fortemente gli utili non distribuiti e nell'attivo risultavano presumibilmente investimenti finanziari per 267,7 milioni di euro;
          nel bilancio del 2004, i finanziamenti salgono ulteriormente da 140 milioni di euro a 232,9 milioni di euro (+ 92,4 milioni di euro). Inoltre, rimangono oltre i 129,9 milioni di euro gli utili non distribuiti;
          la somma di queste risorse risulta investita in partecipazioni, che passano da 267,7 milioni di euro del 2003 a 448,6 milioni di euro nel 2004 (+ 180,9 milioni di euro);
          la cifra di 448,5 milioni di euro corrisponde agli investimenti finanziari effettuati ragionevolmente oltre che per l'arrotondamento delle azioni dal 4,66 al 4,99 per cento in BNL, anche per seguire l'aumento di capitale di BNL del 2004, oltre che per acquisire azioni RCS. È quindi ragionevole che i finanziamenti siano serviti allo scopo;
          infine, nel bilancio al 31 dicembre 2005 i finanziamenti salgono da 232,9 milioni di euro a 310 milioni di euro (con scadenze degli stessi, sia entro l'anno, che oltre l'anno);
          dal bilancio 2006 risulta che i debiti scendono a 116 milioni di euro da 310 milioni di euro e Dorint S.A. realizza un utile di esercizio di 242,2 milioni di euro, che, a giudizio dell'interrogante, quasi certamente è il risultato della vendita delle azioni BNL a BNP Paribas  –:
          di quali elementi disponga in relazione alla vicenda descritta in premessa, anche per il tramite della Consob, e se non intenda adottare iniziative normative per il rispetto delle regole e la trasparenza del settore bancario.       (4-18110)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          vengono richiamate tutte le premesse riportate nelle interrogazioni a risposta scritta n.  4-15167 del 5 marzo 2012 e n.  4-15469 del 26 marzo 2012, che non hanno ancora trovato riscontro;
          sull'argomento in questione, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, di lavori, servizi e forniture è intervenuta con la deliberazione n.  46 adunanza del 3 maggio 2012 avente ad oggetto «Quesiti in merito alle modifiche introdotte dall'articolo 45, comma 1 del decreto-legge n.  201 del 6 dicembre 2011, così come convertito con la legge 22 dicembre 2011, n.  214, alla disciplina delle opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione»;
          sul medesimo argomento, l'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, di lavori, servizi e forniture è intervenuta anche con la deliberazione n.  43 adunanza del 4 aprile 2012 avente ad oggetto «Piano delle Ispezioni 2011 – Opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione – ispezioni svolte presso gli uffici delle amministrazioni comunali di Roma e Milano»;
          nella Deliberazione n.  43 del 4 aprile 2012, è stato ritenuto in diritto, tra le altre cose, quanto di seguito riportato: «Il campo di applicazione della norma recata dall'articolo 16, comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n.  380 del 2001, così come introdotto dall'articolo 45, comma 1, del decreto-legge n.  201 del 2011 convertito nella legge n.  214 del 2011, ovverosia la non applicabilità del codice per le opere di urbanizzazione primaria sotto soglia eseguite dal privato titolare del permesso di costruire, appare eccessivamente ampio. La liberalizzazione introdotta consente all'operatore privato di gestire contratti fino ad un valore di 5 milioni di euro, senza tracciabilità degli eventuali, e consistenti, ribassi d'asta, subappalti, qualificazione delle imprese esecutrici dei lavori stessi, vigilanza dell'autorità, per opere di urbanizzazione di pubblica utilità che saranno acquisite al patrimonio comunale. Si ritiene possa applicarsi, in sede convenzionale, una soglia più bassa rinvenibile in quella stabilita dall'articolo 122 comma 7 del decreto legislativo n.  163 del 2006, pari ad un milione di euro, al di sotto della quale liberare dagli obblighi di rispetto del codice, mantenendo la procedura stabilita dall'articolo 122, comma 8, del codice, per i lavori di importo superiore»  –:
          se il Ministro interrogato condivida il giudizio sulla norma, contenuto nella citata deliberazione dell'Autorità, in base al quale, nel nostro Paese è, dunque, lecito gestire contratti fino a 5 milioni di euro, «senza tracciabilità degli eventuali, e consistenti, ribassi d'asta, subappalti, qualificazione delle imprese esecutrici dei lavori stessi, vigilanza dell'Autorità, per opere di urbanizzazione di pubblica utilità che saranno acquisite al patrimonio comunale», e intenda assumere iniziative per correggere il comma 2-bis dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n.  380 del 2001 secondo le indicazioni suggerite nella deliberazione n.  43;      
          se il Ministero interrogato abbia ricevuto richieste di informativa sul nuovo comma 2-bis dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n.  380 del 2001 così come introdotto dall'articolo 45, comma 1, del decreto-legge n.  201 del 2011 convertito nella legge n.  214 del 2011, da parte della Commissione europea in seguito ad eventuali denunce pervenute alla medesima Commissione riguardanti inadempimenti del diritto comunitario aventi come oggetto il comma 2-bis dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n.  380 del 2001.
(4-18105)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


      GIULIETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          col deposito delle motivazioni, in data 3 ottobre 2012, da parte della Corte di Cassazione, della sentenza relativa alla nota vicenda della scuola Diaz di Genova, risulta definitivamente accertato che nella notte tra il 21 e il 22 luglio 2001 vi fu una devastante irruzione delle forze di polizia, che si sono rese responsabili di una sanguinosa aggressione ai danni dei 93 pacifici occupanti della predetta scuola, poi tratti illegittimamente in arresto;
          al fine di giustificare l'illecito comportamento di cui sopra, i responsabili dell'aggressione e degli illegittimi arresti, si sono successivamente resi responsabili di una serie di reati di falso e di calunnia;
          di tale condotta «cinica e sadica», secondo l'apprezzamento dei giudici, si erano resi responsabili alcuni funzionari di polizia in posizioni apicali, che in questi anni e fino alla rimozione imposta dal giudicato di condanna, non solo hanno conservato tali posizioni, ma hanno addirittura ottenuto ulteriori avanzamenti in carriera;
          dalle suddette motivazioni emerga altresì che l'allora capo della polizia, dottor De Gennaro, e l'attuale capo della polizia, dottor Manganelli, pur non partecipando con responsabilità dirette ai gravi illeciti penali, si sono resi responsabili di comportamenti che hanno oggettivamente favorito l'avvio e gli sviluppi della drammatica vicenda;
          per quanto riguarda in particolare il dottor De Gennaro, risulta accertato che egli, nelle ore immediatamente precedenti l'irruzione nella scuola Diaz, aveva dato la direttiva di operare una «più incisiva» azione di repressione e di procedere agli arresti del caso, all'uopo inviando a Genova funzionari apicali per sostituire i funzionari locali nella guida delle operazioni;
          per dare attuazione alla direttiva, si era tenuta nella questura di Genova una riunione, all'esito della quale il comando delle operazioni era stato assunto, in sostituzione di un funzionario «dissociatosi dalla linea assunta per lo svolgimento dell'operazione», da Francesco Gratteri, definito nella sentenza «figura apicale che ha svolto un ruolo centrale nelle vicende processuali» e che «ha dato impulso alla scellerata opera mistificatoria»;
          lo stesso dottor Gratteri era stato inviato presso la scuola Diaz dal suo diretto superiore dottor Manganelli, con il quale era rimasto in stretto contatto durante l'intera giornata del 21 luglio 2001, nel corso della quale, tra le 20,30 e le 0,31, si erano registrati 19 contatti telefonici tra i due;
          evidenti appaiono pertanto, al di la delle responsabilità penali, le responsabilità funzionali dell'allora e dell'attuale capo della polizia  –:
          se il Ministro interrogato abbia preso cognizione delle motivazioni della sentenza della Corte di Cassazione e quali determinazioni intenda adottare alla luce delle stesse. (4-18112)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


      EVANGELISTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il gruppo Intesa Sanpaolo ha avviato il licenziamento di 600 giovani apprendisti, al termine dei quattro anni di contratto agevolato, «per ragioni economiche» non meglio specificate, soprattutto che non si spiegano alla luce degli utili del gruppo bancario che nell'ultima semestrale vantava «un robusto utile netto», «risultati positivi» e un posizionamento d'eccellenza «tra i gruppi bancari più solidi a livello internazionale»;
          come dichiarato da Walter Polimeno, segretario provinciale della Fiba Cisl al Il fatto quotidiano del 9 ottobre 2012: «Il licenziamento sarà progressivo, il processo è iniziato il 2 ottobre, quando i primi 20 ragazzi sono stati mandati via. E continuerà così in tutta Italia. Più o meno ogni 2 settimane arriveranno le lettere di licenziamento, finché gli apprendisti non saranno stati lasciati a casa tutti»;
          Adriano Cosentino, segretario provinciale della Uilca Uil ha dichiarato: «Quei ragazzi hanno lavorato accanto a noi per quattro anni con la promessa di una lettera di assunzione all'orizzonte, invece all'ultimo si sono visti accompagnare alla porta. È inaudito che la Carisbo, dove lavoravano 8 dei ragazzi già licenziati, un'azienda che ha distribuito quest'anno 24 milioni di euro di dividendi attingendo dalle riserve, sia in grado di firmare questa scellerata strategia»;
          Anna Raffaini, segretaria Carisbo e delegata della Fisac Cgil ha spiegato che: «Tutto è iniziato lo scorso maggio quando la riforma Fornero ha stabilito un allungamento della vita lavorativa che ha bloccato un piano industriale che doveva consentire al Gruppo un sostanzioso risparmio in termini economici. A quel punto, l'azienda ci ha informati che avrebbe dovuto ridurre i costi e finanziare alcuni passaggi, come l'uscita degli esodati»;
          la collocazione del fondo per gli esodi, a seguito della riforma delle pensioni del Ministro interrogato, costerà infatti alla banca circa 120 milioni di euro in più. Così, a giugno, il gruppo ha comunicato ai sindacati l'apertura di un «procedimento di ristrutturazione»;
          un piano che, però, i rappresentanti dei lavoratori non hanno accettato subito, perché prevede, tra le altre cose, la chiusura di circa 1000 sedi in tutta Italia, e quindi migliaia di esuberi, la riduzione del costo del lavoro, la rimodulazione degli integrativi, l'introduzione di giornate di «solidarietà», cioè non lavorate, e gli orari di apertura al sabato. In sostanza, quindi, secondo i sindacati si tratta del «taglio completo di tutto ciò che avevamo conquistato attraverso la contrattazione aziendale»;
          a luglio i sindacati avevano indetto uno sciopero, che ha registrato un'adesione superiore al 70 per cento, a seguito del mancato accordo sul piano presentato dalla banca. In seguito la trattativa è ripresa, ma di punto in bianco – secondo il sindacato – è arrivato il ricatto: il licenziamento dei 600 apprendisti attualmente assunti in tutta Italia;
          dichiarano i sindacati: «Ogni anno vengono investiti dall'azienda 230 milioni di euro in consulenze professionali, 76 milioni per lo stipendio dei manager, 300.000 euro di aumento di stipendio per l'amministratore delegato e 800 milioni di euro di dividendi per gli azionisti, chi in Italia può vantare queste cifre al giorno d'oggi ? Eppure ora vogliono licenziare i nostri apprendisti, ragazzi che come tanti in questo paese hanno famiglia, bollette da pagare, l'affitto e persino il mutuo. Ideato dalla banca, ironia della sorte, appositamente per loro che, con un contratto simile, altrimenti non avrebbero potuto avervi accesso»;
          il 5 ottobre 2012 il Ministro interrogato ha convocato il Ceo di Intesa Sanpaolo, Francesco Micheli, per chiedere conto dei licenziamenti;
          da notizie di stampa si apprende che il Ministro abbia spiegato al manager «che la sua riforma del mercato del lavoro sia stata concepita proprio per tutelare il lavoro dei giovani e degli apprendisti in particolare. E che, quindi, sarebbe stata sorpresa da una decisione così drastica da parte della banca»;
          come ha spiegato l'amministratore delegato Enrico Cucchiani, nel recente incontro con i sindacati al Lingotto, del futuro degli apprendisti si parlerà nelle riunioni già fissate tra Micheli e le organizzazioni sindacali del 9, 10 e 11 ottobre 2012;
          la riforma delle pensioni del Governo Monti, ad avviso dell'interrogante pessima che ha generato il problema dei cosiddetti esodati, ha tra i suoi effetti collaterali anche la situazione descritta;
          è inaccettabile, inoltre, che la prima banca italiana, che produce utili, metta in atto tanti licenziamenti in un momento di crisi economica e sociale come l'attuale. La banca, in quanto impresa, si prefigge lo scopo di realizzare profitti, ma non può e non deve essere consentito alla stessa di sottrarsi alla sua responsabilità sociale, in primis verso i suoi lavoratori e le loro famiglie;
          il Governo, inoltre, non può consentire il licenziamento di 600 apprendisti nel momento stesso in cui la riforma del lavoro Monti – Fornero ha posto tra i principali obiettivi quello di rivedere e valorizzare i contratti di apprendistato come canale prevalente per l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro  –:
          quale sia stato il contenuto dell'incontro tra il Ministro e il Ceo di Intesa-San Paolo e quali iniziative il Ministro intenda assumere per contrastare e impedire il licenziamento dei giovani apprendisti. (4-18108)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


      REALACCI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          l'Italia, dopo la Spagna, è il secondo produttore ed esportatore in Europa e nel mondo di olio di oliva, con una produzione nazionale media di oltre 464000 tonnellate, due terzi dei quali extravergine e con oltre 40 denominazioni d'origine protetta riconosciute dall'Unione europea;
          nel nostro Paese, l'olivo è diffuso su circa un milione di ettari in coltura principale e su di una superficie di poco inferiore in coltura secondaria, tanto che in alcune regioni italiane, l'olivicoltura è di gran lunga la principale attività agricola, sia in termini di occupati che di percentuale di superficie coltivata;
          l'olivicoltura italiana è una risorsa importante per la maggior parte delle regioni, svolgendo anche una pregevole funzione paesaggistica oltre a garantire la produzione di oli di oliva vergini di elevata qualità, tanto da rappresentare un settore produttivo strategico per il made in Italy agroalimentare e per l'economia locale;
          la tutela dell'identità dei prodotti nazionali contro le frodi alimentari e, nello specifico, degli oli di oliva vergini prodotti da olive nazionali, è uno strumento fondamentale per le imprese agricole italiane al fine di battere la concorrenza sul mercato di olio proveniente da altri Paesi mediterranei;
          tuttavia, l'olio extravergine di oliva è uno dei prodotti agroalimentari italiani più esposto a rischio di frode e contraffazione a danno dei consumatori, con la frequente immissione sul mercato, tra l'altro, di oli di oliva deodorati, di bassa qualità, aventi un valore di mercato molto inferiore a quelli di reale provenienza nazionale;
          le azioni fino ad oggi intraprese nella lotta alle frodi e alle contraffazioni necessitano di essere ulteriormente rafforzate per risultare più efficaci a contenere tali fenomeni di illegalità. Le risultanze delle attività di controllo fanno registrare un'ampia diffusione di illeciti nel settore oleario, consistenti nello spacciare oli stranieri e di bassa qualità come oli di oliva vergini di provenienza italiana o, comunque, di categoria superiore;
          le recenti disposizioni concernenti l'indicazione della designazione dell'origine dell'olio extravergine di oliva, approvate, con le modifiche al regolamento (CE) 1019/2002 e, sul piano interno, con il decreto ministeriale 10 novembre 2009, non sono state in grado di contrastare in modo efficace tale fenomeno;
          la legislazione, infatti, pur stabilendo quali debbano essere le diciture obbligatorie previste nell'etichettatura dei prodotti commercializzati, non indica esattamente le modalità grafiche con cui l'obbligo deve essere attuato e ciò permette alle imprese di stampare in etichetta indicazioni con modalità o caratteri che ne rendono difficile la corretta interpretazione da parte dei consumatori;
          dal rapporto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali 2011 sulle attività del Corpo forestale dello stato nel settore della sicurezza agroambientale e agroalimentare, emerge che il personale del nucleo agroalimentare forestale, a seguito di una complessa inchiesta iniziata a settembre 2010 e finalizzata a verificare la filiera di qualità dell'olio extravergine di oliva, ha rilevato, presso diverse ditte di confezionamento a Firenze, Reggio Emilia, Genova e Pavia, documenti di trasporto falsificati utilizzati per regolarizzare una partita di 450 mila chilogrammi di olio extravergine di oliva destinata ad essere commercializzata per un valore di circa 4 milioni di euro;
          il rapporto evidenzia che la misura della presenza di alchil esteri nell'olio è uno strumento d'indagine importante per verificare l'avvenuta deodorazione del prodotto, operazione di rettifica dell'olio di oliva che consente di trasformare oli di oliva non commestibili e di scarsa qualità in oli di oliva senza difetti, ma che, una volta sottoposti a tale trattamento, non possono più essere venduti come oli extravergini di oliva;
          la presenza di metil esteri nell'olio di oliva è legata all'azione di un enzima nell'ambito del normale processo di lavorazione delle olive e non costituisce un indizio di cattiva qualità dell'olio. Invece, un valore elevato di etil esteri indica fermentazione e cattiva conservazione delle olive (nell'ambito di una produzione a regola d'arte, posta in essere rispettando le buone pratiche di raccolta e di estrazione dell'olio, la sommatoria degli alchil esteri non dovrebbe superare i 25/30 milligrammi per chilogrammo);
          con riferimento all'applicazione della disciplina comunitaria (Regolamento CE n.  61/2011 del 24 gennaio 2011) che stabilisce i requisiti fisici e chimici degli oli d'oliva, nonché i relativi metodi di valutazione sono emersi tuttavia, notevoli problemi sotto il profilo delle caratteristiche e della qualità degli oli, visto che i limiti fissati a livello comunitario per la presenza di alchil esteri negli olii extravergini sono troppo elevati e rischiano di incentivare la messa in commercio di oli di scarsa qualità, magari miscelati ad oli di migliore fattura, o di «legalizzare» vere e proprie frodi ai danni dei consumatori, che vengono poste in essere adottando pratiche finalizzate a «deodorare» gli oli con caratteristiche organolettiche non adeguate;
          a fronte delle motivazioni indicate, l'articolo 43, comma 1-bis, del decreto-legge 22 giugno 2012, n.  83, recante Misure urgenti per la crescita del Paese ha disposto che «al fine di prevenire frodi nel settore degli oli di oliva e di assicurare la corretta informazione dei consumatori, in fase di controllo gli oli di oliva extravergini che sono etichettati con la dicitura “Italia” o “italiano”, o che comunque evocano un'origine italiana, sono considerati conformi alla categoria dichiarata quando presentano un contenuto in metil esteri degli acidi grassi ed etil esteri degli acidi grassi minore o uguale a 30 mg/kg. Il superamento dei valori, salve le disposizioni penali vigenti, comporta l'avvio automatico di un piano straordinario di sorveglianza dell'impresa da parte delle Autorità nazionali competenti per i controlli operanti ai sensi del regolamento (CE) n.  882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004»;
          in data 22 settembre 2012, l'avvocato Mario Monopoli, funzionario dell'Ispettorato per la tutela della qualità e repressione frodi della Puglia, durante un incontro svoltosi a Ostuni, alla presenza dell'onorevole Ministro interrogato e dell'onorevole Paolo De Castro, ha dichiarato che «i parametri fissati dalla norma per stabilire se un olio può essere classificato extravergine di oliva, a causa delle pratiche colturali attuate nelle nostre zone tra cui la raccolta e delle varietà secolari sono superati naturalmente e, pertanto, si corre il rischio che l'olio prodotto nelle nostre zone non venga classificato extravergine», con ciò esprimendo valutazioni negative sul contenuto delle norme vigenti e, di fatto, giustificandone l'eventuale disapplicazione;
          a settembre 2012, come si evince da alcune agenzie di stampa nazionale e locale, la Guardia di finanza di Siena, nell'ambito dell'inchiesta «Arbequino» su olio «extravergine» tagliato con quello straniero, ha proceduto all'arresto di un funzionario della sede fiorentina dell'Ispettorato per la tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari che avvertiva preventivamente le imprese soggette a controlli delle ispezioni disposte  –:
          quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per assicurare l'uniforme applicazione sul territorio delle norme vigenti a parte dei propri funzionari, delle amministrazioni e degli organi di controllo; quali iniziative intenda poi adottare nei confronti dei propri funzionari che si siano resi responsabili di condotte illecite o, comunque, sconvenienti, a discapito della tutela della salute e dei consumatori ed ai danni delle imprese nazionali e del made in Italy; quali misure intenda avviare il Ministro per garantire l'effettiva applicazione della legge e l'avvio di un sistema adeguato ed efficiente di controlli. (4-18109)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


      DE POLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          generalmente viene definito acufene quel disturbo costituito da rumori che, sotto diversa forma (fischi, ronzii, fruscii, crepitii, soffi, pulsazioni e altro), vengono percepiti in un orecchio, in entrambi o, in generale, nella testa, e che risultano talmente fastidiosi da influire fortemente sulla qualità della vita di chi ne soffre;
          questo disturbo si origina all'interno dell'apparato uditivo, ma alla prima comparsa viene illusoriamente percepito come suoni provenienti dall'ambiente eterno. La definizione più comune, basata sull'erronea convinzione che debba essere considerato acufene qualunque tipo di rumore proveniente dal nostro corpo, o comunque non proveniente dall'esterno, è origine di confusione e forse è questo uno dei motivi principali che impediscono di focalizzare le ricerche ai fini di una terapia ad hoc;
          questa patologia non è semplicemente un «disturbo molto fastidioso», come si usa spesso liquidarlo, ma una vera e propria malattia invalidante che affligge in Italia il 10 per cento della popolazione priva di difetti uditivi. Si tratta di una patologia che fa vivere per mesi, anni, decenni, sentendo ininterrottamente nelle orecchie e nella testa rumori, anche multipli, che definire fastidiosi è riduttivo. Si tratta di un disturbo invalidante dal punto di vista dell'assetto psicologico ed emozionale, del ritmo sonno-veglia, del livello di attenzione e concentrazione, della vita di relazione. Questi fattori portano spesso ad uno stato di forte depressione, a volte con risvolti drammatici, come la morte per suicidio;
          secondo alcuni studi (ma i risultati sono molto disomogenei) nella popolazione priva di difetti uditivi un soggetto su dieci soffre o ha sofferto di acufeni, mentre nella popolazione con ipoacusia, cioè con riduzione uditiva, la percentuale salirebbe a circa il 50 per cento; inoltre, più del 20 per cento degli abitanti avrebbe avuto esperienze non traumatiche di acufeni che, per il 7 per cento hanno richiesto l'assistenza del medico otorinolaringoiatra, per il 5 per cento avrebbero provocato disabilità e per il 2 per cento un grave handicap;
          come detto, gli studi fatti paiono essere molto approssimativi ed è molto difficile stabilire statisticamente l'incidenza degli acufeni;
          numerosi sono gli spazi di discussione e confronto che si stanno sviluppando su internet per cercare aiuto e ci si auspica che si intervenga per portare avanti la ricerca scientifica che a tutt'oggi nel nostro Paese appare pressoché nulla;
          a fronte di ciò si registra da parte delle associazioni delle persone colpite da questo disturbo una accorata richiesta, affinché si avviino e sostengano ricerche e studi riguardanti questa patologia devastante  –:
          in che modo il Ministro intenda favorire la ricerca scientifica sui problemi uditivi in generale e lo studio dell'acufene in particolare e quali iniziative intenda assumere per investire risorse in relazione a tali finalità. (3-02535)

Interrogazione a risposta in Commissione:


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          la medicina estetica è una disciplina medica che agisce a tutto campo in favore della qualità della vita di una persona interpretando al meglio quanto l'OMS (Organizzazione mondiale della sanità) raccomanda da anni, cioè che la salute deve essere considerata non come assenza di malattia ma come benessere psicofisico;
          sulla raccomandazione dell'OMS si concretizza l'operato della Società italiana di medicina estetica anche con la sua attuale espressione didattica rappresentata dalla Scuola internazionale di medicina estetica, promossa dalla fondazione internazionale Fatebenefratelli di Roma;
          la Scuola internazionale di medicina estetica della Fondazione internazionale Fatebenefratelli è stata la prima scuola nei Paesi dello Unione internazionale di medicina estetica, in ordine di tempo ed è a frequenza quadriennale, per la formazione di esperti in questa disciplina, riservata a laureati in medicina e chirurgia;
          la medicina estetica nasce in Francia, come movimento scientifico nel 1973, per intuizione di J. J. Legrand, endocrinologo di Parigi. In Italia nel 1975, con la fondazione, ad opera di C.A. Bartoletti, geriatra a Roma, della Società italiana di medicina estetica (SIME). Attualmente esistono 26 Società nazionali di medicina estetica in altrettanti Paesi, tra europei ed extra europei, che fanno parte dell'Unione internazionale di medicina estetica, con sede a Parigi;
          secondo la normativa vigente (decreto legislativo 17 agosto 1999, n.  368, e decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n.  270, articolo 3, comma 7), in Italia possono essere istituite nuove scuole di specializzazione esclusivamente in applicazione di norme di legge, di direttive comunitarie ovvero per specifiche esigenze del Servizio sanitario nazionale;
          nei suoi trentasette anni di vita la Società italiana di medicina estetica si è sempre impegnata per la formazione e l'ufficializzazione della figura professionale del medico estetico, nell'ottica di un'etica rigorosa nell'interesse del paziente, tanto che ha dato concreti risultati presso le istituzioni a cominciare dall'Ordine provinciale di Roma dei medici chirurghi e degli odontoiatri che ha istituito un registro dei medici estetici nel quale sono inseriti solo quei professionisti che abbiano seguito un percorso formativo, come quello, tra gli altri, impartito dalla Scuola di medicina estetica;
          nel 2011 inoltre la SIME ha ricevuto la convocazione da parte del Consiglio superiore di sanità per prendere parte al gruppo di lavoro costituitosi in seguito al decreto francese che vietava le tecniche di lisi adipocitaria per scopi estetici;
          negli ultimi tempi si assiste anche ad un inasprimento degli attacchi rivolti alla medicina estetica sia in Italia che all'estero;
          la medicina estetica al giorno d'oggi ha quindi sempre più bisogno di essere difesa da chi la studia e la esercita da anni  –:
          se risulti in relazione all'ordinamento nazionale, ad oggi, se la regione Lazio e altre regioni abbiano segnalato al Ministero della salute esigenze obiettive e specifiche del Servizio sanitario nazionale in merito alla possibile individuazione di questa nuova tipologia di Scuola;
          se sussistano elementi per il riconoscimento e se intenda il Governo assumere iniziative per il riconoscimento della formazione svolta da istituti come la Scuola internazionale di medicina estetica della Fondazione internazionale Fatebenefratelli al pari degli istituti abilitati ad attivare corsi di specializzazione in psicoterapia come da decreto 11 dicembre 1998, n.  509, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 15 febbraio 1999, n.  37. (5-08133)

Interrogazione a risposta scritta:


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          da un articolo pubblicato su internet emerge che nel nostro Paese, fatte salve alcune regioni ove sono divenute facoltative, sono obbligatorie per tutti i nuovi nati le seguenti vaccinazioni: antipoliomielitica (legge 4 febbraio 1966 n.  51), antitetanica (legge 20 marzo 1968 n.  419), antidifterica (legge 6 giugno 1939 n.  891 – legge 27 aprile 1981 n.  166), antiepatite virale B (Legge 27 maggio 1991 n.  165); tuttavia quello che secondo l'articolo risulterebbe effettivamente reperibile nei centri vaccinazione è l’«Infanrix Hexa», vaccino esavalente dal costo di quasi 100 euro, prodotto dalla società britannica Glaxo Smith Kline, che viene somministrato in un'unica soluzione e che, nella dose diffusa, contiene gli antigeni per altre due malattie infettive la pertosse e la meningite; in questo modo, non sono disponibili in unica soluzione singolarmente i quattro vaccini obbligatori; e spesso senza una piena consapevolezza da parte dei genitori, in un'unica dose vengono somministrati ben 6 vaccini; l'articolo segnala poi come vi siano pericoli connessi alla presenza di metalli pesanti, quali il mercurio che, nonostante la messa al bando con il decreto ministeriale del 27 giugno 2003 e rassicurazioni in tal senso fornite dal Ministero della salute e dall'Istituto superiore di sanità, sarebbe ancora presente nell'INFANRIX HEXA nella quantità di 10 ppb (parti di miliardo) ovvero 0,01 ppm (parti per milione) vale a dire 0,010 mg/litro come conferma uno studio indipendente di ricercatori australiani (Austin DW, Shandley KA, Palombo EA) «Mercury in vaccines from the Australian childhood immunization program schedule» (Journal of Toxicology and Enviromental health. Part A. 2010;73(10):637-40); tra l'altro, una disposizione dell'EMEA (Ente europeo per i farmaci) risalente all'11 gennaio 2007 (EMEA/CHMP/VWP/19541/2007) testualmente dice che «il Thiomersale è un antimicrobico composto da mercurio organico che continua ad essere utilizzato sia nelle prime fasi di produzione, o come conservante nei vaccini» e nel suggerire nuove formule comunicative da inserire nei foglietti illustrativi a seconda che il Thiomersale (Thimerosal, Mercuriotiolato, Etilmercuriotiosalicilato) sia utilizzato come conservante o nella filiera produttiva propone: nel primo caso, che la frase «questo medicinale contiene thimerosal come conservante e pertanto è possibile che si verifichino reazioni di sensibilizzazione» sia sostituita con la frase «ipersensibilità a qualsiasi componente del medicinale» e nel secondo caso, se il Thiomersale utilizzato nel processo di produzione si traduce in livelli inferiori a 40 nanogrammi per dose, o livelli non quantificabili, non raccomanda ulteriori dichiarazioni da inserire nelle informazioni del prodotto; sempre secondo l'articolo il foglietto illustrativo dell'INFANRIX HEXA riferisce della presenza di una combinazione di alluminio (fosfato di alluminio e idrossido di alluminio) alla considerevole dose (sempre riferita al neonato) di 935 microgrammi per fiala. Un recente studio di alcuni neuroscienziati di Vancouver, CA. Shaw e L. Tomljenovic, prosegue la raccolta di domande critiche circa la presunta sicurezza dell'alluminio (presente praticamente in tutti i vaccini) e dimostra come gli effetti neurotossici sono altrettanto dannosi, se non peggiori, di quelli del mercurio; sugli effetti nocivi dei vaccini vi sono dati resi noti dalla Food and Drug Administration per la quale nel periodo 1993/96, 7000 bambini nordamericani sono morti a seguito di reazioni avverse ai vaccini ed altri 333.000 hanno avuto danni permanenti. Un altro dato viene dal Giappone, dove i casi di «sindrome da morte improvvisa» sono scomparsi, immediatamente dopo che l'età delle vaccinazioni obbligatorie è stata spostata dai due mesi di vita ai due anni. È ben noto alle autorità sanitarie che col boom dei casi di autismo infantile a partire dal 1992, i neonati hanno ricevuto per ciclo vaccinale un quantità variabile tra 125 e 175 mcg di mercurio, spropositata per il loro peso; quanto all'Italia, vengono richiamate due sentenze pronunciate da magistrati di Rimini e Torino, per i quali ci sarebbe una relazione tra i vaccini obbligatori e l'autismo; anche per quanto riguarda le vaccinazioni riservate ad adulti come ad esempio l'antitetanica o il vaccino contro la rosolia non sarebbero più disponibili in un'unica soluzione perché fuori produzione per ragioni di anti economicità ma solo combinati con altri vaccini per cui ad esempio le donne possono ovviare all'assenza di vaccino per adulti per la rosolia facendosi iniettare in un'unica soluzione quello per la rosolia, per il morbillo e per la parotite; per quanto riguarda il diftotetanico l'azienda Chiron, una di quelle che lo fornisce alla sanità pubblica italiana, si è detta disposta a riprendere la produzione se gli viene garantito un acquisto di almeno 30mila vaccini l'anno; sulla questione è stato anche presentato un ricorso da parte del Codacons  –:
          se quanto riferito in premessa corrisponda al vero;
          se non ritenga il Governo di abolire tutti gli obblighi di vaccinazione lasciando facoltativa la scelta o, quantomeno, rendendo disponibile l'accesso a vaccini specifici per ogni singola malattia;
          se e come il Governo monitora i casi di persone danneggiate da vaccinazioni nel nostro Paese e comunque di quali dati disponga in merito il Governo;
          come si intenda ovviare alla mancanza di informazioni come descritte in premessa e quali azioni si intendano promuovere per fornire alle persone un'informazione corretta sulle vaccinazioni in modo che dunque possa valutare e decidere caso per caso, considerando esclusivamente il rapporto rischio-beneficio.
(4-18107)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


      DI PIETRO, EVANGELISTI, PALADINI e ANIELLO FORMISANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la società Lucchini di Piombino rischia di chiudere nei prossimi mesi se non vi sarà un preciso intervento del Governo;
          si tratta di un'azienda che realizza un'ampia gamma dimensionale e qualitativa di semiprodotti destinati alla laminazione di esemplari lunghi in qualità e speciali, allo stampaggio diretto, alla produzione di pezzi forgiati e alla laminazione di prodotti piani; inoltre, grazie agli stabilimenti a ciclo integrale, la sua acciaieria riesce a ottenere un'ampia gamma di ghise per la produzione dell'acciaio e di quelle speciali destinate alle fonderie (ematiti, perlitizzanti, madri per sferoidale);
          la prima volta che Alexej Mordashov, proprietario della società, annunciò pubblicamente la sua intenzione di abbandonare Piombino era l'agosto del 2009. Da lì è seguito uno stillicidio di tre anni prima che le banche creditrici accettassero di ricontrattare il debito. Una dilazione ripagata con l'impegno di cedere, entro il 2014, la Lucchini anche a un solo euro, con il diritto di prelazione a Imi, capofila degli istituti creditori. Gli investitori russi di Mordashov sono così usciti di scena senza rimetterci un solo euro;
          esiste una situazione di grave impedimento nella ricerca di soluzioni industriali in quanto il debito è tutto a carico delle banche, le quali hanno l'interesse primario di recuperare i propri soldi e non certo far prevalere l'approccio imprenditoriale. Qualunque industriale seriamente interessato al ciclo integrale di Piombino metterà a disposizione risorse finanziarie solo per gli investimenti da effettuare sugli impianti e non certo per pagare i debiti del passato. Di questo passo il rischio di un default si sta pericolosamente avvicinando. Forse due o tre mesi al massimo è il tempo disponibile per evitare che la chiusura della fabbrica si trasformi in un dramma sociale per la città e l'intero comprensorio;
          il consiglio di amministrazione, controllato dalle banche creditrici per la seconda volta ha incaricato l’advisor Rothschild di trovare un compratore per la Lucchini ma ancora non vi è neppure l'ombra di una manifestazione di interesse concreta;
          la Lucchini conta oggi oltre 2.000 dipendenti diretti e un altro migliaio dell'indotto più la vasta rete di fornitori, senza considerare le possibili conseguenze che l'eventuale chiusura della fabbrica potrebbe avere su un intero tessuto economico, ancora fortemente dipendente dalla massa degli stipendi che bene o male l'industria continua a riversare in città;
          l'altoforno deve essere rifatto entro il 2014 per fine campagna: 160 milioni d'investimenti nell'ipotesi minima, 300 se si vuol realizzare un impianto nel pieno rispetto delle norme sull'inquinamento e adeguare le strutture direttamente connesse;
          il rischio di default è imminente e bisogna evitare che si trasformi nella fine della storia industriale di Piombino. Infatti, nonostante la recente ricapitalizzazione di 100 milioni, l'azienda sta erodendo i mezzi propri;
          il primo obiettivo è quello di mantenere l'area a caldo e per questo vi è la necessità di avere, da parte dell'azienda e prima che possa accadere il peggio, un progetto industriale in grado di mantenere il massimo dell'occupazione;
          il Governo deve assumersi la responsabilità di cercare soluzioni industriali dividendo il passato dal futuro, mettendo al centro il mantenimento del ciclo integrato e l'occupazione;      
          non è possibile secondo l'interrogante che la ricerca di nuovi imprenditori sia affidato alle banche che come abbiamo visto hanno interessi divergenti da quelli dell'industria italiana e del territorio toscano;
          in totale il settore siderurgico dà lavoro a Piombino a circa 5.000 persone. Sempre a Piombino, oltre alla Lucchini, anche la Magona è in difficoltà. In questa azienda, di proprietà della multinazionale Arcelor Mittal, attualmente lavorano 550 persone che sono già state coinvolte nella cassa integrazione e nei contratti di solidarietà. La Arcelor Mittal Piombi spa è oggi uno dei più qualificati produttori nel panorama siderurgico europeo. Nato nel 1891 come unico produttore italiano di banda stagnata, oggi è leader nei prodotti laminati d'acciaio sottili zincati e preverniciati. Da febbraio 2002 è entrato a far parte del gruppo Arcelor, leader mondiale dell'acciaio. Da luglio 2006 il gruppo Arcelor si è fuso con il gruppo Mittal Steel dando vita al primo produttore mondiale di acciaio Arcelor Mittal. Gli elevati costi di produzione e delle materie prime rischiano di portare alla chiusura della fabbrica di Piombino. Questa almeno, è l'intenzione manifestata dalla Arcelor Mittal. Anche in questo caso si tratta di individuare un soggetto industriale che si impegni a ristrutturare e riorganizzare la fabbrica con investimenti, visto che il prodotto di laminati, opportunamente elevato di qualità, è di nicchia e ad alto valore aggiunto;
          è necessario che il Governo si attivi immediatamente nei confronti di Arcelor Mittal per verificare le volontà del gruppo e chiedere garanzie sulla continuità produttiva e occupazionale dello stabilimento di Piombino, oppure se Mittal intende favorire o ostacolare la ripartenza del sito industriale, ricercando seri e credibili alternative  –:
          se non intenda aprire un tavolo nazionale sulla siderurgia per la realizzazione di un piano nazionale siderurgico e per dare delle risposte concrete sui temi delle bonifiche, delle infrastrutture e del risparmio energetico;
          se non intenda riconoscere i contratti di solidarietà come intervento straordinario e strutturale per la gestione di periodi di crisi, fuori dal conteggio della cassa integrazione;
          se non intenda impegnarsi seriamente nella ricerca di soluzioni industriali al fine di garantire il secondo polo siderurgico italiano;
          se non intenda impegnarsi con altrettanta perizia nella ricerca di soluzioni industriali per la Magona Arcelor Mittal.
(4-18102)


      BARBATO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la cooperativa Amica è concessionaria dello Stato per la radiodiffusione sonora a carattere comunitario in ambito locale (prot. 901179, volturata in capo alla cooperativa Amica con provvedimento direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica e di radiodiffusione del 28 ottobre 2010, nonché autorizzata ex legge n.  66 del 2001 alla prosecuzione della suddetta attività radiofonica, in virtù di provvedimento della direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica e di radiodiffusione del Ministero delle comunicazioni prot. 901179/NA/016676 del 12 settembre 2005;
          le trasmissioni dell'emittente (Radio Azzurra) sono fortemente improntate alla socialità e alla solidarietà; infatti i palinsesti degli ultimi anni sono stati dedicati precipuamente alle tematiche dei portatori di handicap, anche in collaborazione e sinergia con l'Anida onlus, che agisce per la realizzazione della tutela dei diritti civili ed umani delle persone diversamente abili;
              il mezzo principale attraverso cui la Amica svolge la propria attività è il citato storico ripetitore di Ercolano (via Osservatorio n.  10), l'unico in grado di coprire adeguatamente l'area del comune di Napoli. Tale impianto è oggetto da anni di una massiccia campagna a dir poco ostruzionistica, evidentemente volta a favorire altri operatori nazionali (ben più potenti) a discapito di questa realtà locale;
          nel 2005, la Amica presentava all'ispettorato territoriale Campania del Ministero delle comunicazioni un'istanza cosiddetta di «compatibilizzazione» in quanto volta a trasferire l'impianto de quo, dalla frequenza 105,500 Mhz, al fine di risolvere un annoso stato di reciproche interferenze con altro ripetitore, anch'esso collegato sulla medesima banda e di proprietà dell'associazione Radio Maria. La frequenza degli 88,400 veniva individuata in quanto l'unica ad essere libera ed utilizzabile sulla città di Napoli;
          la Amica trasferiva già nel 2006 l'impianto sulla nuova frequenza, con il placet dell'ispettorato che poi formalizzava la modifica con provvedimento prot. 626 del 15 gennaio 2008 e tutelava de facto la posizione dell'emittente, per esempio diffidandone l'utilizzo ad altri soggetti che tentavano di appropriarsi della frequenza 1, di tra le altre cose aveva denunziato la presenza illegittima della M20 sulla FM 88,400 dal sito di Camaldolilli;
          nel 2009, l'ispettorato Campania proponeva alla Amica Pscarl di sperimentare una frequenza alternativa, quelle dei 106,00 e dei 107,000 Mhz, assegnate sin dal 1954 alle trasmissioni della AFN2. Alle perplessità palesate (anche a mezzo di missiva dell'avvocato Domenico Caringella del 26 settembre 2008, dai responsabili della Amica, l'ispettorato assicurava che la NATO non utilizzava da qualche tempo le frequenze e che in ogni caso l'eventuale impercorribilità della soluzione proposta non avrebbe pregiudicato i pregressi diritti acquisiti sulla 88,400 Mhz; tant’è che con nota prot. 11061 del 7 luglio 2009. L'ispettorato invitava la Radio Azzurra a sintonizzare l'impianto sulla FM 106,00, con la precisazione che «in caso di esito negativo codesta emittente ritornerà all'attuale situazione operativa dell'impianto (88,400 Mhz)»;
          la direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica e di radiodiffusione del Ministero Comunicazioni, dopo che l'ispettorato aveva autorizzato la sintonizzazione sulla FM 107,000, comunicava all'organo periferico (con nota protocollo 14986 del 12 ottobre 2009), che in virtù di un memorandum d'intesa, vi era la necessità di riassegnare la frequenza 107,00 alla American Forces Network South di Napoli e quindi di far tornare, l'impianto di Ercolano sulla frequenza di pertinenza e che la stessa direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica e di radiodiffusione con nota prot. 75991 del 29 ottobre 2009, prendendo atto «del diritto all'esercizio senza interferenze della AFSN sui 107,000 Mhz e di Radio Punto Zero sui 106,800" invitava l'ufficio periferico a consentire la prosecuzione dell'attività sugli 88,400 Mhz (frequenza che per un errore materiale veniva indicata quale 84,400, errore poi corretto con la successiva nota 76942 del 2 novembre 2009, cosa che effettivamente l'ispettorato ordinava all'emittente campana, che immediatamente vi ottemperava;
          in data 6 aprile 2011, a distanza di un anno e mezzo (periodo in cui la Radio Azzurra aveva effettuato le proprie trasmissioni indisturbata), ex abrupto, alla Amica veniva notificato ricorso per motivi aggiunti della Elemedia Spa, per l'annullamento, previa sospensiva, della nota protocollo 1977 del 17 febbraio 2011 dell'ispettorato Campania (ignota alla stessa Amica) con cui la detta P.A., nel rigettare la domanda di trasferimento di frequenza da 88,000 a 88,400 per l'impianto di Camaldolilli, osservava che l'istanza non poteva essere accolta per interferenze all'impianto isofrequenziale della Radio Azzurra;
          è a mezzo di tale notifica che per la prima volta si veniva a conoscenza dell'esistenza del procedimento TAR Napoli n.  5597/2010 e del fatto che nelle more delle sperimentazioni sulla frequenza 107,000, l'ispettorato Campania avesse prima avallato e poi rigettato uno spostamento sulla 88,400 Mhz dagli 88,000 Mhz richiesto dalla Elemedia spa per la propria emittente M20, basando la reiezione da ultimo proprio sulla titolarità della ridetta FM in capo alla cooperativa Amica. Nel corso del giudizio si aveva modo di documentare la legittimazione della Radio Azzurra a trasmettere sulla 88,400 Mhz (in virtù dei già rammentati titoli abilitativi ministeriali). Ciononostante, la sentenza n.  3810/2012 depositata addì 24 settembre 2012 a definizione del procedimento de quo, accoglieva il ricorso proposto dalla Elemedia Spa, sentenza che è in corso di impugnazione dinanzi al Consiglio di Stato;
          la Cooperativa Amica ha i titoli per esercire la propria attività tout court e nel particolare attraverso l'impianto 88,400 Mhz, come si è già accennato e documentato;
          il nulla osta rilasciato nel gennaio 2008 relativo all'utilizzo della FM 88,400, atecnicamente ed erroneamente viene definito (e considerato) «sperimentale» o «provvisorio», attesa l'inesistenza nel nostro ordinamento di un istituto siffatto con riferimento a situazioni stabilizzate nel tempo, come quella dell'impianto di Ercolano della Radio Azzurra. Infatti è rimasto (e rimane tuttora) inspiegabilmente inapplicato l'articolo 1, comma 5 della legge n.  122 del 1998, norma che è stata oggetto sempre in data 4 novembre 1998, da parte dell'allora direttore generale del Ministero delle comunicazioni ing. Micciarelli, di una circolare esplicativa, ove si legge testualmente: «le autorizzazioni sperimentali già rilasciate ai sensi dell'articolo 6, comma 2, della legge 422/93) e successive modificazioni e integrazioni e le Autorizzazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 1, commi 4 e 5 della legge n.  122 del 1998 e non revocate, devono essere convertite in autorizzazioni definitive dagli stessi ispettorati mediante l'apposizione di un timbro di conformità sull'autorizzazione sperimentale già rilasciata. Le autorizzazioni rese definitive costituiscono titolo per la variazione degli atti concessori delle emittenti interessate e vanno, pertanto, inviate a questa Direzione Generale per l'aggiornamento delle concessioni; le autorizzazioni rilasciate dagli ispettorati ai sensi dell'articolo 1, commi 4 e 5, della legge n.  122 del 1998, costituiscono titolo per la variazione degli allegati tecnici dei decreti concessori. L'attivazione delle modifiche, comunicata dall'interessato all'ispettorato territoriale competente, deve avvenire entro e non oltre 180 giorni dal rilascio della relativa autorizzazione. Le autorizzazioni, decorsi cento venti giorni dall'attivazione delle modifiche senza che si siano verificate eventuali interferenze, periodo nel quale gli ispettorati territoriali attiveranno i relativi controlli e verifiche, vanno proseguite dagli stessi ispettorati a questa direzione generale, per l'aggiornamento dei decreti concessori»; in virtù di quanto sopra non è dato capire come possa oggi pretendersi che l'autorizzazione rilasciata alla Amica Pscarl vada ancora considerata «Sperimentale» o «Provvisoria», atteso che la provvisorietà è legata meramente alle eventuali interferenze che dovessero insorgere nei 120 giorni successivi all'attivazione; ed è un dato di fatto che tali interferenze non sussistano; peraltro, nello stesso documento si afferma che: «In presenza, comunque, di plurime richieste di compatibilizzazione radioelettrica, ottimizzazione e razionalizzazione delle aree servite, provenienti da più emittenti nella stessa area, le quali comportino la necessità di assegnazione di frequenze disponibili, alternative a quelle utilizzate, dovrà darsi priorità alle richieste volte alla eliminazione delle interferenze radioelettriche, prima che a quelle di ottimizzazione e razionalizzazione»;
          a tal proposito un semplice raffronto tra l'istanza proposta illo tempore (2005) dalla Amica (messa in opera nel 2006 con l'egida ministeriale e formalizzata nel gennaio 2008) e quella del 2010 inoltrata all'ispettorato dalla Elemedia, comprova la priorità della prima e la sua intangibilità, rispetto alla seconda. È stato già spiegato come l'istanza della Amica, non solo fosse cronologicamente anteriore a quella della Elemedia, ma avesse altresì come, fine esclusivo quello di risolvere un incompatibilità radioelettrica con la Radio Mariasui 105,500 Mhz, laddove la Elemedia ha invece chiesto una mera ottimizzazione del suo segnale (che da un ventennio viaggia indisturbato sulla frequenza 88,000 Mhz);
          la situazione così delineatasi rientra perfettamente nella fattispecie descritta nella circolare, che nella graduazione delle richieste delle emittenti, subordina le ottimizzazioni alle cosiddette compatibilizzazioni;
          pertanto, a causa dell'inerzia della P.A. e del tentativo di terzi di prevaricare i diritti acquisiti dalla mia cliente, oggi ci troviamo dinanzi a un grave vulnus, rappresentato dal rischio ingiusto, grave e irreparabile, di impedire ad una società che persegue fini sociali e particolari (anche in relazione al territorio) di esercitare la propria attività;
          la deducente potrebbe trasmettere solo sulla FM 88,400 Mhz, atteso che la FM i 107,00 (sulla quale aveva effettuato delle prove sperimentali nel 2009) è come abbiamo visto tuttora nella esclusiva disponibilità della AFN, e quindi delle forze armate degli Stati Uniti d'America in virtù di intese in essere con lo Stato italiano, incontrovertibilmente intangibili da parte degli organi ministeriali; è parimenti impossibile ipotizzare un ritorno sulla FM originaria (105,500 Mhz) dalla quale la Radio Azzurra si è trasferita sin dal proprio per ovviare a delle gravi interferenze reciproche con la Radio Maria;
          cosa ancor più grave, si sta delineando una situazione in cui si arriverebbe a privilegiare gli interessi di un terzo (la Elemedia) già titolare di una ventennale frequenza su Napoli (la 88,000 Mhz) e di altre idonee a servire la medesima area territoriale in pregiudizio soggetto che d'altronde non ha altri ripetitori in grado di coprire l'area servita dall'88,400  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative per quanto di competenza intenda assumere per garantire a questa cooperativa il corretto svolgimento delle attività radiofoniche se non applicare la legge n.  122 del 1998, articolo 1 commi 4 e 5, e procedere al riconoscimento (dovuto e obbligatorio in virtù della predetta normativa) generale e formale della variazione di frequenza dell'impianto della cooperativa Amica, da effettuarsi tramite l'aggiornamento del decreto di concessione da parte della direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica e di radiodiffusione del Ministero dello sviluppo economico – dipartimento comunicazioni (intervento sollecitato dà ultimo con nota del legale rappresentante avvocato Domenico Caringella del 17 settembre 2012 indirizzata all'ispettorato Campania. (4-18103)


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riferito da un articolo pubblicato su greenreport.it a firma Andrea Farulli del 12 ottobre scorso, in base al programma europeo «Horizon 2020» «per sviluppare prodotti e processi più efficienti e sostenibili sono necessari nuovi materiali avanzati. Tali materiali costituiscono parte della soluzione ai nostri problemi industriali e sociali, poiché offrono una maggiore efficienza d'uso, minori requisiti per l'uso di risorse ed energia, nonché la sostenibilità al termine del ciclo di vita dei prodotti (...). Essi costituiscono inoltre anche la base per realizzare progressi in settori tecnologici trasversali (per esempio le bioscienze, l'elettronica e la fotonica) e praticamente in tutti i settori di mercato»;
          i materiali stessi rappresentano un passo fondamentale per aumentare il valore dei prodotti e le loro prestazioni. Il valore e l'impatto stimati dei materiali avanzati sono significativi, con un tasso di crescita annuo di circa il 6 per cento e una dimensione di mercato prevedibile dell'ordine di 100 miliardi di euro entro il 2015». Non solo «i materiali sono progettati secondo un approccio basato sul ciclo di vita completo, dalla fornitura di materiali disponibili fino alla fine della vita (“dalla culla alla culla”), con approcci innovativi per ridurre al minimo le risorse necessarie per tale trasformazione» e per questo «è necessario integrarvi anche l'uso continuo, il riciclaggio o l'utilizzazione secondaria dei materiali arrivati a fine ciclo nonché la pertinente innovazione sociale»;
          secondo notizie pubblicate in merito alla bozza del nuovo fondo per la crescita sostenibile sotto al titolo «Incentivi ai progetti salva-industria» risulterebbe però che il grande tema della «sostenibilità» sarebbe relegato alle sole rinnovabili, mentre sarebbe del tutto trascurato l'aspetto relativo ai flussi di materia  –:
          se e come il Governo intenda recepire il programma «Horizon 2020». (4-18106)

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

      Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Renato Farina n.  5-07775, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n.  684 del 12 settembre 2012.

      RENATO FARINA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          da maggio 1994 vige l'accordo su cessate il fuoco tra l'Azerbaijan, il Nagorno Karabakh e l'Armenia e gli sforzi delle organizzazioni internazionali nell'ambito del Gruppo di Minsk dell'OCSE sono volti a trovare una soluzione pacifica della questione del Nagorno Karabakh, ogni provocazione potrebbe pericolosamente minare tale processo di pace;
          in questo contesto, nel 2004 due ufficiali, l'armeno Gurgen Margaryan, 24 anni, e l'azero Ramil Safarov, erano ospiti della base Nato a Budapest, per un seminario della partnership per la pace. Safarov, dopo aver acquistato un'ascia allo spaccio del compound militare, si introdusse nella stanza dell'ufficiale armeno, e lo massacrò nel sonno con 16 colpi;
          l'omicida si difende accusando la vittima di aver offeso la bandiera azera tendendo a sminuire un crimine di per sé orribile;
          nel 2006 Safarov fu condannato all'ergastolo da scontare in Ungheria;
          nel mese di agosto 2012 l'Ungheria, nel rispetto delle convenzioni nell'ambito del Consiglio d'Europa, ha consegnato alle autorità di Baku, il militare con le garanzie che avrebbe scontato almeno trent'anni di pena;
          l'Azerbaigian ha, sulla base delle sue leggi, graziato Safarov, lo ha accolto con ogni onore e lo ha pubblicamente onorato come eroe nazionale, promuovendolo da capitano a maggiore, ed esaltando il suo omicidio come atto patriottico;
          dopo questi avvenimenti l'Ungheria si è detta ingannata, l'Armenia ha protestato vivacemente interrompendo le relazioni diplomatiche con l'Ungheria e non è mancata l'accusa, peraltro respinta dalla Turchia, di aver mediato segretamente il trasferimento di Safarov;
          le condanne internazionali per il comportamento delle autorità azere si sono susseguite, dal presidente del Parlamento europeo a quello dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa. Valga soprattutto la dichiarazione del segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen, significativamente pronunciata proprio a Baku: «L'atto che ha commesso (Safarov, ndr) nel 2004 è stato un crimine per il quale non andrebbe glorificato, perché questo danneggia la fiducia e non contribuisce al processo di pace»; anche Stati Uniti d'America e Russia hanno espresso biasimo;
          il Parlamento europeo ha approvato il 13 settembre 2012 una risoluzione dove si «deplora la decisione del Presidente dell'Azerbaigian di graziare Ramil Safarov» giudicata «contraria allo spirito» della Convenzione sul trasferimento delle persone condannate. Nel contempo auspica «una soluzione globale duratura nel quadro del diritto internazionale» per la questione del Nagorno-Karabakh;
          tutto questo, a giudizio dell'interrogante, non deve prestarsi a strumentalizzazioni per la soluzione pacifica e giusta del conflitto per il Nagorno-Karabakh  –:
          se questi fatti risultino al Governo quali siano i suoi orientamenti al riguardo;
          se il Governo abbia provveduto a comunicare pubblicamente o riservatamente la sua posizione e in quale sede, o se intenda farlo;
          se concordi con i contenuti della risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2012;
          se abbia espresso per via diplomatica al Paese amico dell'Azerbaigian il proprio punto di vista sulla vicenda;
          se in sede di Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa non ritenga di assumere iniziative in merito a quello che appare all'interrogante un evidente aggiramento delle convenzioni europee in materia di collaborazione nel campo della giustizia;
          se e come intenda – rispondendo con vigore all'aggravarsi drammatico delle tensioni tra Armenia ed Azerbaigian – assumere un ruolo di protagonista in seno al gruppo di Minsk del quale l'Italia è membro. (5-07775)

Pubblicazione di un testo riformulato.

      Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Fava n.  4-18098, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n.  702 del 12 ottobre 2012.

      FAVA, MONTAGNOLI, FOGLIATO, BITONCI, GRIMOLDI, CHIAPPORI, CALLEGARI, BRAGANTINI, DI VIZIA, RONDINI, CAVALLOTTO, ALLASIA, BONINO e POLLEDRI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          nel settore dell'olio extravergine di oliva sono sempre più frequenti ipotesi di frodi e contraffazioni per ingannare i consumatori sulla vera natura dei prodotti costituiti, molto spesso, da oli di oliva deodorati, di bassa qualità, di valore commerciale tre volte inferiore a quelli di effettiva provenienza nazionale;
          al fine di prevenire e contrastare fenomeni fraudolenti, non sono state sufficienti le recenti normative relative all'indicazione della designazione dell'origine dell'olio extravergine di oliva, approvate, con le modifiche al regolamento (CE) n.  1019/2002 e, sul piano interno, con il decreto ministeriale 10 novembre 2009;
          recentemente, infatti, sono emerse diverse criticità, perché la normativa, pur definendo i contenuti essenziali delle diciture obbligatorie previste nell'etichettatura dei prodotti offerti in vendita, non indica con precisione le modalità grafiche con cui l'obbligo deve essere attuato e ciò consente alle imprese di apporre le indicazioni di interesse con modalità o caratteri che ne rendono difficile la corretta percezione da parte dei consumatori;
          dal rapporto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali 2011 sulle attività del Corpo forestale dello Stato nel settore della sicurezza agroambientale e agroalimentare, emerge che il personale del nucleo agroalimentare forestale, a seguito di una lunga indagine iniziata a settembre 2010 e finalizzata a verificare la filiera di qualità dell'olio extravergine di oliva, ha riscontrato, presso diversi stabilimenti di confezionamento a Firenze, Reggio Emilia, Genova e Pavia documenti di trasporto falsificati utilizzati per regolarizzare una partita di 450 mila chilogrammi di olio extravergine di oliva destinata ad essere commercializzata per un valore di circa 4 milioni di euro;
          dal medesimo rapporto emerge l'importanza dei metodi diagnostici finalizzati ad accertare, attraverso la presenza del livello di alchil esteri nell'olio, l'avvenuta deodorazione del prodotto, operazione di rettifica dell'olio di oliva che consente di trasformare oli di oliva non commestibili e di scarsa qualità in oli di oliva senza difetti, ma che, una volta subito questo trattamento, non possono più essere commercializzati come oli extravergini di oliva;
          con riferimento all'applicazione della normativa comunitaria (regolamento 24 gennaio 2011 (CE) n.  61/2011) che definisce alcune caratteristiche fisiche e chimiche degli oli d'oliva nonché i relativi metodi di valutazione sono emerse, tuttavia, notevoli criticità sotto il profilo delle caratteristiche e della qualità degli oli, posto che, i limiti fissati a livello comunitario per la presenza di alchil esteri negli olii extravergini è troppo elevato e rischia di incentivare la messa in commercio di olii di scarsa qualità, magari miscelati ad oli di migliore fattura o di legalizzare vere e proprie frodi ai danni dei consumatori, che vengono poste in essere adottando pratiche finalizzate a «deodorare» gli oli con caratteristiche organolettiche non adeguate;
          la presenza di metil esteri nell'olio di oliva è legata all'azione di un enzima nell'ambito del normale processo di lavorazione delle olive e non costituisce un indizio di cattiva qualità dell'olio. Diversamente, la presenza di un valore elevato di etil esteri è indice di fermentazione e di cattiva conservazione delle olive (nell'ambito di una produzione artigianale o a regola d'arte di olio extravergine di oliva, posta in essere rispettando le buone pratiche di raccolta e di estrazione dell'olio, la sommatoria degli alchil esteri non supera i 25/30 mg/kg);
          per tutte le indicate ragioni, l'articolo 43, comma 1-bis, del decreto-legge 22 giugno 2012, n.  83, recante misure urgenti per la crescita del Paese ha disposto che «al fine di prevenire frodi nel settore degli oli di oliva e di assicurare la corretta informazione dei consumatori, in fase di controllo gli oli di oliva extravergini che sono etichettati con la dicitura “Italia” o “italiano”, o che comunque evocano un'origine italiana, sono considerati conformi alla categoria dichiarata quando presentano un contenuto in metil esteri degli acidi grassi ed etil esteri degli acidi grassi minore o uguale a 30 mg/kg. Il superamento dei valori, salve le disposizioni penali vigenti comporta l'avvio automatico di un piano straordinario di sorveglianza dell'impresa da parte delle Autorità nazionali competenti per i controlli operanti ai sensi del regolamento (CE) n.  882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004»;
          l'olivicoltura italiana è presente in quasi tutte le regioni caratterizzandone il paesaggio e, assicurando la produzione di oli di oliva vergini di elevata qualità, tanto da rappresentare un settore produttivo strategico per il made in Italy agroalimentare e per l'economia locale;
          la tutela dell'identità dei prodotti nazionali contro le frodi alimentari e, nello specifico, degli oli di oliva vergini prodotti da olive nazionali, garantisce la solidità, la competitività e la distintività delle imprese agricole italiane;
          le azioni fino ad oggi intraprese nella lotta alle frodi ed alle contraffazioni non risultano ancora sufficienti e le risultanze delle attività di controllo fanno registrare una dilagante diffusione del fenomeno di illeciti nel settore oleario, posti in essere tramite operazioni tendenti a spacciare oli stranieri e di bassa qualità come oli di oliva vergini di provenienza italiana o, comunque, di categoria superiore;
          a fine settembre 2012, un funzionario della sede fiorentina dell'ispettorato per la tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, sarebbe stato arrestato dalla Guardia di finanza di Siena nell'ambito dell'inchiesta su olio «extravergine» tagliato con quello straniero, perché preannunciava i controlli dell'ispettorato e se ritenga di dover procedere, in conseguenza della gravità della misura, alla completa riorganizzazione dell'ufficio territoriale;
          l'avvocato Mario Monopoli, funzionario dell'ispettorato per la tutela della qualità e repressione frodi della Puglia, disattendendo, ad avviso degli interroganti, il contenuto e la ratio delle norme recentemente approvate, nel corso di un incontro svoltosi a Ostuni, il 22 settembre 2012 e di cui la stampa locale ha dato risalto anche in ragione della sua autorevole partecipazione accanto a quella dell'onorevole Paolo De Castro, ha dichiarato che i parametri fissati dalla norma per stabilire se un olio può essere classificato extravergine di oliva, a causa delle pratiche colturali attuate nelle nostre zone tra cui la raccolta e delle varietà secolari sono superati naturalmente e, pertanto, si corre il rischio che l'olio prodotto nelle nostre zone non venga classificato extravergine, sostanzialmente valutando i parametri previsti per legge, inutili ed irrilevanti o, addirittura, dannosi per il settore e, di fatto, avallandone la disapplicazione  –:
          di quali elementi disponga in relazione a quanto riportato in premessa;
          se non ritenga gravemente lesivo della imparzialità e della efficienza dell'amministrazione che un funzionario preposto al controllo degli oli vergini, munito delle specifiche competenze tecniche e professionali, non debba valutare presuntivamente i difetti e le alterazioni di prodotti che non siano ottenuti nel rispetto delle migliori pratiche agronomiche e di tecnologia alimentare anche alla luce dei tradizionali parametri descritti nella legislazione in vigore (a partire dal grado di acidità) si che il livello di alchil esteri serva proprio per accertare la non rispondenza merceologica alla classificazione superiore di olio extra vergine ove sia vantata ai fini dell'immissione in commercio;
          quali iniziative intenda avviare per assicurare l'uniforme applicazione delle norme da parte dei funzionari dell'ispettorato per la tutela della qualità e repressione frodi e dagli altri organi di controllo sottoposti all'indirizzo e al coordinamento del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;
          quali misure intenda promuovere per assicurare il tempestivo avvio di un sistema adeguato ed efficiente di controlli a partire dalla prossima e imminente campagna di produzione olearia. (4-18098)

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

      Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta De Poli n.  4-15170 del 5 marzo 2012 in interrogazione a risposta orale n.  3-02535.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


      BELLOTTI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          in occasione di una visita a Bengasi, nella seconda settimana di giugno, l'interrogante ha potuto incontrare i pescatori italiani di Mazara del Vallo (Trapani) fermati dalle autorità libiche il 7 giugno e tuttora trattenuti nel porto di Bengasi;
          in quei giorni, dopo aver appreso del fermo di alcune barche da pesca con equipaggi italiani da parte delle autorità locali, l'interrogante si è recato immediatamente a Bengasi per incontrare i nostri concittadini e manifestare loro supporto e sostegno, cercando di farsi carico delle loro apprensioni;
          in tale occasione, si è potuto constatare che erano in buona salute e non avevano subito alcun maltrattamento;
          si è successivamente appreso che, dopo un periodo trascorso in carcere a Bengasi, i nostri connazionali sarebbero stati rilasciati;
          è tuttavia importante non trascurare di mantenere la dovuta attenzione sul caso sopra esposto, dato che non è escluso, nonostante il rilascio dei suddetti pescatori, che fatti del genere possano riproporsi;
          è fondamentale inoltre, anche per evitare in futuro problematiche simili a quelle che si sono poste, pervenire ad accordi con il nuovo Governo libico, in modo da consentire una rapida risoluzione in vicende come quelle avvenute nel caso dei pescatori di Mazara del Vallo;
          garantire agli operatori nel settore ittico che esercitano la propria attività nel Canale di Sicilia dei rapporti solidi e di buon vicinato con i Paesi della sponda sud, e in special modo la Libia, sarebbe di stimolo positivo ad un'attività che già versa in una situazione di difficoltà, come quella della pesca  –:
          se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali azioni di propria competenza il Governo intenda attuare per evitare il ripetersi di lunghi fermi come quello cui sono stati sottoposti i pescatori di Mazara del Vallo trattenuti nel mese di giugno dalle autorità libiche;
          se non possano essere stipulati ulteriori accordi tra Italia e Libia per consentire agli operatori nel settore della pesca di esercitare la loro attività in un contesto di piena sicurezza, ottenendo, in caso di un involontario ed occasionale sconfinamento nelle acque territoriali libiche, un rapido rilascio del personale coinvolto. (4-16961)

      Risposta. — Il Ministero degli esteri ha costantemente seguito gli sviluppi della vicenda dei pescatori di Mazara del Vallo sin dal momento del fermo delle imbarcazioni da parte delle autorità libiche.
      Il Ministro Terzi ha immediatamente attivato l'ambasciatore d'Italia a Tripoli affinché venissero adottate tutte le misure necessarie in vista di una positiva conclusione della vicenda ed affinché i marittimi ricevessero tutta l'assistenza necessaria da parte della rappresentanza consolare in Bengasi.
      Il console generale a Bengasi ha costantemente e personalmente assistito i marittimi sin dal momento del loro arrivo nella città cirenaica fino al momento del rilascio delle imbarcazioni.
      Il Ministro Terzi è intervenuto personalmente a più riprese con i massimi vertici istituzionali libici per una rapida soluzione della vicenda ed affinché ai marittimi venisse assicurato un trattamento corretto. L'ambasciata d'Italia a Tripoli ha attuato una costante azione di sensibilizzazione nei confronti delle autorità locali. In tali azioni si è operato in continuo raccordo con le istanze rappresentative della pesca di Mazara del Vallo che hanno dato un contributo di grande efficacia nella vicenda.
      Fermo restando che i negoziati in materia di pesca costituiscono una competenza esclusiva dell'Unione europea, da parte del Governo, con il coinvolgimento e l'intesa delle amministrazioni e delle strutture associative interessate, verranno adottate tutte le misure consentite ed opportune volte ad evitare il ripetersi di simili episodi, e saranno incoraggiate intese dirette tra gli operatori italiani e le loro controparti libiche per forme di collaborazione e attività comuni per la pesca nelle aree di interesse.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Staffan de Mistura.


      CATANOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          con un provvedimento a firma del capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è stato disposto l'invio in missione a Lampedusa, di numerose unità permanenti e volontari, provenienti dall'area romana, per occuparsi della ristrutturazione del C.P.S.A.;
          questi vigili del fuoco, piuttosto che essere occupati a svolgere i loro compiti stabiliti da leggi e regolamenti, sono stati destinati a mansioni che appaiono più adatte a una impresa edile;
          a giudizio dell'interrogante, la scelta del capo del Corpo nazionale è discutibile, ove corrispondesse al vero quanto riferisce un comunicato della Confsal-Vigili del fuoco e di Cgil-Cisl-Uil Sicilia, sia per la scelta in sé di sacrificare personale del Corpo ad altre mansioni non direttamente riconducibili alla professionalità ed ai compiti d'istituto, sia perché il personale è stato scelto tra il personale di sola provenienza romana;
          se questi lavori devono essere eseguiti dai vigili, non si comprende la necessità di dover ricorrere a personale di sola provenienza romana, come se Roma avesse personale in eccedenza per svolgere i propri compiti d'istituto, senza prima avere verificato in regione la presenza di analoga professionalità;
          vale la pena ricordare che i vigili del fuoco siciliani hanno al proprio interno le medesime professionalità individuate per l'esecuzione di questi lavori che, comunque, non rientrano tra i compiti istituzionali del Corpo;
          altro aspetto che appare assolutamente censurabile inserito nel provvedimento, riguarda proprio l'impiego del personale volontario non appartenente ai quadri siciliani, come se il comando di Agrigento o i restanti comandi dell'isola non avessero nei propri quadri, volontari discontinui in grado di svolgere le opere richieste;
          gli elenchi dei comandi siciliani sono zeppi di tali figure che nel rispetto del decreto del Presidente della Repubblica n.  76 del 2004 che ne disciplina anche i richiami, sono le stesse che sovente, quando richiamate in ordine di graduatoria e non con provvedimenti ad hoc, si occupano anche della manutenzione delle sedi di servizio senza per questo essere etichettati come «squadra lavori»;
          a giudizio dell'interrogante e dei rappresentanti sindacali regionali non si comprende come questa èquipe specializzata di vigili possa operare in sostituzione alle imprese in strutture che non appartengono al dipartimento dei vigili del fuoco come quelle di che trattasi e che risultano essere di proprietà del dipartimento per l'immigrazione. E non si possono tralasciare altri aspetti quali la copertura assicurativa di questi lavoratori; ci si chiede come possa del personale dei vigili del fuoco lavorare non per soccorso tecnico urgente al di fuori delle sedi dei vigili del fuoco, perché il Corpo nazionale dei vigili del fuoco si debba sostituire alle imprese visto che non sembrano esserci motivi legati alla sicurezza nazionale o istituzionale e quali siano le ragioni che hanno portato a questa scelta;
          questa squadra lavori avrebbe potuto essere impiegata per ristrutturare la sede centrale di Reggio Calabria che da 5 anni soffre e fa soffrire notevoli disagi ai colleghi reggini, oppure il distaccamento nord di Palermo cui mancano i fondi;
          al danno si aggiunge anche la beffa della previsione di alloggio e vitto esterno alle strutture dei vigili del fuoco;
          è bene ricordare, che durante il periodo difficile dovuto al sovraffollamento dei centri di accoglienza di Lampedusa, il personale inviato in supporto di quello locale veniva obbligatoriamente ospitato presso il distaccamento di Lampedusa;
          anche tra il personale inviato da Roma a Lampedusa v’è disparità di trattamento: per il personale permanente è prevista la possibilità di rientrare a Roma il venerdì con il Piaggio P-180 dell'amministrazione, mentre i volontari devono permanere sull'isola;
          a giudizio dell'interrogante e dei sindacati siciliani del Corpo il provvedimento è da ritirare e si devono prevedere soluzioni diverse alla problematica della ristrutturazione del C.P.S.A. di Lampedusa  –:
          quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-15999)

      Risposta. — L'interrogante chiede chiarimenti al Ministro dell'interno in merito all'invio in missione a Lampedusa di unità dei Vigili del fuoco, per occuparsi della ristrutturazione del centro del primo soccorso e accoglienza (CPSA).
      Per fronteggiare la ripresa degli sbarchi di immigrati clandestini e disporre quindi con urgenza di un punto di accoglienza a Lampedusa, è stato disposto – su richiesta del dipartimento libertà civili e immigrazione – l'impiego di squadre specializzate dei Vigili del fuoco per effettuare i lavori di ristrutturazione del centro di primo soccorso e accoglienza dell'isola.
      I tempi tecnici delle ordinarie procedure di affidamento, infatti, non sarebbero stati compatibili con le esigenze dettate dall'emergenza.
      D'altronde, il Corpo nazionale, in tutte le sue strutture territoriali, già in altre occasioni è stato impegnato per l'allestimento di centri di accoglienza per migranti.
      In particolare, l'attività svolta presso il CPSA ha previsto due differenti fasi di impegno lavorativo.
      La prima fase, relativa alla bonifica del materiale presente nei fabbricati, ha avuto inizio il 3 aprile 2012 ed è stata svolta direttamente da personale del comando provinciale di Agrigento.
      La seconda fase, relativa alle lavorazioni di ripristino funzionale dei locali e degli impianti, dopo una serie di sopralluoghi propedeutici, è iniziata il 27 aprile 2012 ed ha previsto la presenza di personale con esperienza specifica e comprovata (elettricisti, idraulici/termoidraulici, autisti eccetera) al fine di poter effettuare l'intervento nei tempi prestabiliti (circa 30 giorni).
      Alle operazioni, pertanto, ha partecipato personale dei comandi provinciali di Agrigento e di Roma.
      Le attività sono state condotte da vigili permanenti in servizio a Lampedusa e da vigili volontari iscritti nei quadri del comando provinciale Vigili del fuoco di Agrigento.
      Il suddetto personale è stato, tuttavia, coadiuvato da una squadra del comando provinciale di Roma che dispone di un nucleo attrezzato per lavori edili ed impiantistici.
      Grazie all'impiego di tali squadre, gli interventi sono stati ultimati in tempi estremamente contenuti.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giovanni Ferrara.


      DE MICHELI e MIGLIAVACCA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la RDB s.p.a. è una società piacentina leader nel settore edilizio e, in particolare, nella progettazione, produzione e installazione di sistemi e strutture prefabbricate e nella produzione di componenti per l'edilizia; costituita nel 1934, la RDB è un'azienda storica che nel corso del tempo, attraverso una serie di acquisizioni, ha assunto dimensioni nazionali e che oggi è configurata come un gruppo societario quotato in borsa con oltre 1200 dipendenti, 18 stabilimenti e 200 punti vendita;
          attualmente l'azienda versa in una situazione economico-patrimoniale molto grave, come testimoniato dal confronto tra i dati relativi all'anno 2010 e quelli relativi al primo trimestre del 2011, che riportano un crollo del fatturato del 45 per cento e un sostanziale aumento dell'indebitamento netto;
          tale situazione si inserisce in un contesto di generale crisi del settore edilizio in Italia e di specifica difficoltà dell'azienda ad uscire dall'ambito esclusivamente nazionale – nonostante il tentativo di ampliare la quota di mercato attraverso una serie di acquisizioni – ed inserirsi in circuiti produttivi più ampi in grado di incentivarne lo sviluppo e la crescita sia sotto il profilo produttivo che commerciale;
          ciononostante, la RDB è un'azienda fortemente capitalizzata e patrimonializzata che continua ad avere un grande potenziale anche in termini di risorse professionali, per non disperdere le quali si rende necessario un intervento di risanamento strutturale, ossia un piano industriale che ridefinisca l'assetto aziendale, il modello produttivo e la collocazione sul mercato, ma che al contempo tuteli l'occupazione;
          l'8 giugno 2011 l'assemblea legislativa della regione Emilia-Romagna ha approvato una risoluzione che impegna la giunta regionale ad attivarsi per conoscere le reali dimensioni della situazione economico-finanziaria della RDB e i contenuti del piano di ristrutturazione, nonché a porre in essere tutte le azioni atte a scongiurare il declassamento dell'azienda;
          il 9 giugno 2011 le organizzazioni sindacali hanno proclamato uno sciopero nazionale del gruppo, nonché una serie di manifestazioni davanti ai vari siti produttivi per mantenere alta l'attenzione delle istituzioni locali e nazionali;
          nel corso di queste settimane gli approfondimenti sulla situazione della RDB avrebbero portato all'emergere di fatti aziendali ed imprenditoriali non chiarissimi per un'azienda quotata di borsa;
          le istituzioni locali, la provincia di Piacenza e i comuni coinvolti hanno ripetutamente convocato le parti per trovare una soluzione sia di prospettiva futura sia relativamente alla necessità di pagare gli stipendi entro il 14 luglio 2011  –:
          quali iniziative i Ministri interrogati, messi a conoscenza della grave situazione in cui versa la RDB s.p.a. e convocate le parti per il 12 luglio 2011 presso il Ministero dello sviluppo economico intendano intraprendere al fine di agevolarne la ristrutturazione aziendale e tutelarne l'occupazione e, in particolare, se intendano attivare modalità stabili di concertazione tra le parti interessate per l'eventuale ricorso agli ammortizzatori sociali. (4-12641)

      Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame si rappresenta quanto segue.
      La RDB spa opera nel settore della produzione e commercializzazione dei prodotti prefabbricati pesanti in cemento armato, ed è a capo dell'omonimo Gruppo del quale fanno parte la RDB Hebel e la RDB Terrecotte, titolare fra l'altro di 8 impianti, dei quali 5 dedicati alla produzione di strutture prefabbricate (business unit prefabbricati), 1 dedicato alla produzione di mattoni in calcestruzzo cellulare Gasbeton e 2 alla produzione di mattoni faccia a vista (business unit edilizia).
      La RDB spa ha subito nel corso degli ultimi anni una pesantissima contrazione di fatturato con significativa dilatazione del ciclo degli incassi.
      Nel corso del 2011, a causa della difficile congiuntura di mercato che ha colpito il settore delle costruzioni la RDB spa e le società facenti parte del gruppo RDB, sono andate incontro ad un progressivo aggravarsi della crisi finanziaria con conseguente mancanza della liquidità necessaria per alimentare il normale capitale circolante.
      È stato dato avvio, anche, ad un processo di razionalizzazione aziendale e finanziaria volto a creare le condizioni per il risanamento dell'esposizione debitoria ed il riequilibrio finanziario della società e del gruppo RDB ed approvate le linee guida per la redazione del piano industriale di risanamento 2011-2013, basate principalmente sulla dismissione di asset non strategici, la riduzione sostanziale dei costi operativi, ivi inclusi i costi del personale, la razionalizzazione dell'utilizzo degli impianti produttivi, concentrando la struttura produttiva su pochi impianti dislocati sul territorio nazionale, la ristrutturazione del debito bancario del gruppo, il reperimento delle risorse finanziarie necessarie alla realizzazione del piano mediante l'esecuzione di un aumento di capitale.
      Nel dicembre 2011 è stato quindi sottoscritto con un pool di banche l'accordo di ristrutturazione dell'indebitamento finanziario volto a dare attuazione al «piano di risanamento» che aveva previsto tra l'altro:
          una rimodulazione delle linee di credito a medio lungo termine e delle somme relative a crediti commerciali oggetto di anticipazione insoluti, con scadenza ultima al 31 dicembre 2018;
          la concessione e il rinnovo delle linee di credito a breve termine esistenti alla data di sottoscrizione della convenzione bancaria di anno in anno fino al 31 dicembre 2016, a determinate condizioni fissate dalla convenzione bancaria;
          la concessione di nuove risorse finanziarie per complessivi euro 7.601, da rimborsarsi entro il 31 dicembre 2018.

      Sempre a fine 2011 la maggioranza del capitale sociale della RDB, rappresentativa del 66,67 per cento è passata nella titolarità della Bauhaus spa controllata all'80 per cento dall'ingegner Augusto Federici.
      Nel marzo 2012 si è insediato il nuovo consiglio di amministrazione composto da 7 membri, di cui sei tratti dalla lista di maggioranza rappresentante il 66.67 per cento del capitale sociale di RDB e 1 dalla lista di minoranza presentata da industrie cementi Rossi, Alessandra Trombetta e Augusto Rizzi che congiuntamente rappresentano il 3,39 per cento del capitale sociale di RDB.
      Il nuovo consiglio di amministrazione ha deliberato di dare mandato a qualificati esperti al fine di effettuare le verifiche necessarie a individuare le possibili soluzioni alle problematiche emerse.
      I citati consulenti hanno valutato quale soluzione di sbocco della crisi, il ricorso alla procedura di concordato preventivo, ovvero, altra istanza di ammissione ad una procedura concorsuale ritenuta idonea.
      Non avendo la società ricevuto alcun riscontro positivo dalle banche in merito alla proposta di concordato preventivo, presentata alle stesse unitamente alla richiesta un sostegno finanziario, si è determinata all'istanza di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria.
      Pertanto, con sentenza in data 14 luglio 2012 la RDB spa è stata dichiarata insolvente dal tribunale di Piacenza ai sensi del decreto legislativo n.  270 del 1999 che ha altresì nominato i commissari giudiziali, affidando ai medesimi la gestione d'impresa.
      Il tribunale ha quindi positivamente verificato la ricorrenza dei presupposti (numero dei dipendenti, indebitamento ed insolvenza) per dichiarare lo stato d'insolvenza ai sensi del decreto legislativo n.  270 del 1999. Il ricorso per la dichiarazione di insolvenza è stato presentato dalla società a firma del Presidente del consiglio di amministrazione Giulio Burchi, a ciò incaricato dal consiglio di amministrazione che vista l'impossibilità per la RDB di perseguire altre soluzioni per il superamento della crisi nonché di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni e a garantire la continuità aziendale, ha deliberato di ricorrere alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n.  270.
      I commissari giudiziali entro trenta giorni dalla loro nomina hanno provveduto alla predisposizione della relazione ex articolo 28 del decreto legislativo n.  270 del 1999. La stessa contiene sia una descrizione delle cause dello stato di insolvenza; sia una valutazione motivata circa l'esistenza di concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali oltre a dar conto di eventuali manifestazioni di interesse.
      In data 10 settembre 2012 il tribunale di Piacenza, vista la relazione ex articolo 28 del decreto legislativo n.  270 del 1999 redatta dai citati commissari e il parere del Ministero, ha disposto con decreto motivato l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria della RDB spa.
      I commissari giudiziali nella relazione di cui sopra hanno riferito di aver ricevuto diversi interessamenti per le attività d'impresa della R.D.B., anche a seguito della pubblicazione in data 21 luglio 2012 su Il Sole 24 Ore di un «avviso per la raccolta di manifestazioni di interesse».
      In data 17 settembre 2012 di conseguenza ho provveduto a nominare il collegio commissariale nelle persone dei signori avvocato Giorgio Zanetti, avvocato Paolo Cevolani e professor Renato Camodeca già commissari giudiziari.
      Dalla data di apertura della procedura potrà farsi ricorso alla cassa integrazione straordinaria, con decorrenza già dalla data di dichiarazione di insolvenza e per tutta la durata del programma operativo sino alla dichiarazione di cessazione dell'attività da parte del tribunale (articolo 7, comma 10-ter, della legge 236 del 1993).
Il Ministro dello sviluppo economico: Corrado Passera.


      DI BIAGIO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          negli ultimi 60 giorni è stato registrato un incremento del costo del grano sui mercati internazionali, che è arrivato a sfiorare il 50 per cento;
          stando ai dati di Coldiretti l'Italia, fortemente dipendente dalle risorse estere, importa circa 4 milioni di tonnellate di frumento tenero che coprono circa la metà del fabbisogno essenzialmente per la produzione di pane e biscotti mentre 2 milioni di tonnellate di grano duro arrivano in un anno in Italia per coprire oltre il 30 per cento del fabbisogno per la pasta;
          l'incremento del prezzo dei cereali stando alle analisi e ai dati a nostra disposizione risulta essere stato sollecitato dalla siccità e dagli incendi che hanno colpito la Russia – considerato il granaio d'Europa –, che hanno distrutto un quarto dei raccolti del Paese;
          a ciò si aggiunge la decisione dell'Ucraina – sesto esportatore mondiale di grano – di limitare le esportazioni di grano ed orzo che ha sollecitato l'incremento dei prezzi del grano e delle altre materie prime;
          in particolare in alcune regioni italiane, come la Campania, si stanno registrando allarmanti incrementi del prezzo della farina utilizzata nel settore della panificazione. Tra il mese di luglio ed il mese di agosto un quintale di farina è passato da 25 euro a 45/47 euro;
          a tali criticità si aggiunge la morsa della speculazione che sta caratterizzando le scelte operative di molti produttori e molini italiani, che adducendo le scuse della crisi internazionale legittimano incrementi esponenziali della suindicata materia prima;
          nel panorama della panificazione campana e meridionale in generale esistono molte criticità connesse alla vendita di prodotti annessi al settore, mantenuti ad un prezzo volutamente più basso rispetto alla media italiana;
          i panificatori campani regolari devono far fronte quotidianamente ad un mercato già saturo per via della presenza di centinaia di forni abusivi e del prezzo – da questi ultimi garantito – mantenuto pesantemente al di sotto della media nazionale;
          la «speculazione campana» che si unisce al fisiologico incremento del prezzo del grano, unita al perseverare dell'abusivismo nel settore della panificazione che altera il mercato e consente il graduale ridimensionamento del prezzo del pane, sta costringendo molti artigiani a mettere fine alle loro attività  –:
          quali iniziative si intendano intraprendere al fine di consentire un monitoraggio dei meccanismi attualmente innescati in maniera vistosa in alcune regioni italiane dai produttori che lavorano le materie prime e se – alla luce della rinnovata condizione di criticità che avviluppa il settore della panificazione campana – si ritenga di intraprendere adeguate ed ulteriori iniziative volte al controllo della legalità nel medesimo settore, onde evitare che questo diventi monopolio assoluto della criminalità organizzata.
(4-17155)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri e, sulla base degli elementi forniti, per quanto di competenza dagli uffici di questo ministero, si rappresenta quanto segue.
      In merito alle dinamiche dei prezzi e, in particolare, dell'incremento del costo del grano e le relative ripercussioni nel settore della panificazione evidenziate dall'interrogante, occorre premettere che il Ministero, nell'ambito delle attività di monitoraggio dei prezzi in generale, si avvale dell'Osservatorio prezzi e tariffe della competente direzione generale che opera anche a supporto della funzione di controllo del Garante per la sorveglianza dei prezzi.
      La dinamica dei costi nei diversi mercati e l'incidenza delle quotazioni internazionali delle commodities, afferenti anche la filiera cerealicola, è costantemente monitorata ed analizzata, onde verificare la presenza di eventuali anomalie nella trasmissione a valle delle pressioni inflazionistiche generate sui mercati all'origine.
      Nello specifico (delle attività di monitoraggio realizzate dal sopra citato Osservatorio), si segnala che la filiera cerealicola, accanto alla filiera lattiero-casearia e delle carni, è monitorata ogni trimestre, con esiti pubblicati annualmente – con riferimento alla filiera cerealicola su dati Istat – nell'ambito della newsletter destinata ai consumatori, prezzi e consumi diffusa via web.
      A partire dal 2011, l'attività di monitoraggio nel settore agroalimentare e cerealicolo dell'osservatorio prezzi e tariffe è stata implementata con la collaborazione dell'Unioncamere che, attraverso le analisi fornite da borsa merci telematica (di seguito Bmti), su dati di listino delle camere di commercio ed infomercati, per il settore ortofrutticolo, ha arricchito l'insieme delle informazioni disponibili nei diversi settori dei prodotti e servizi di largo consumo, pubblicate attraverso il sito internet del Ministero dello sviluppo economico – Osservatorio prezzi e tariffe.
      In base ai dati disponibili – fonte Istat su prezzi al consumo e listini prezzo Cciaa – rielaborati dalla Bmti confermano in linea di massima, le indicazioni fornite dall'interrogante riguardo alle tensioni registrate nel 2010 sui mercati all'origine, nello specifico legate alle aree geografiche della Russia ed Ucraina. Tali tensioni sono state originate dalle alte temperature e dagli incendi verificatasi in vaste zone, nonché dal blocco sulle esportazioni che hanno poi inciso sui prezzi in questa fase di vendita, comportando così un aumento generalizzato dei prezzi internazionali anche di altre aree di raccolta.
      A distanza di due anni, a giugno 2012 e nella prima parte di luglio, per ragioni legate ancora alle condizioni climatiche monitorate nei principali Paesi produttori – USA, Russia, Ucraina e Kazakistan – in cui sembra aver inciso, peraltro, significativamente il calo produttivo e delle scorte stimato a livello mondiale, i prezzi del frumento tenero hanno subito nuovamente tensioni sui mercati internazionali.
      A questo quadro internazionale si aggiunge la dipendenza italiana da prodotto importato e da prodotto lavorato che, anche in base ai dati Istat rielaborati da Bmti, mostra valori comunque sostenuti ed in crescita nei primi mesi del 2012.
      Il mercato nazionale, dopo i rialzi della campagna 2010/11 ha attraversato nella campagna 2011/12 un periodo di graduale rientro. In concomitanza con l'avvio della campagna 2012/13, tuttavia tale periodo è stato interrotto bruscamente dal rialzo dei prezzi dei frumenti teneri panificabili, trainati dalla crescita in atto sui mercati internazionali, che hanno mostrato tra la fine di giugno e la prima parte di luglio una nuova fase di crescita dei prezzi. Una dinamica in linea con quella precedentemente descritta per la materia prima, è stata registrata sui prezzi dei prodotti semilavorati (farina 00), con punte di rialzo importanti segnalate in alcune piazze dei mercati nazionali.
      Dall'analisi effettuata sull'incidenza dei prezzi della materia prima e del prodotto finale, nelle ultime tre campagne di commercializzazione dei frumenti, contrariamente a quanto rilevato a monte della filiera, emerge che i prezzi medi al consumo, anche in alcuni comuni delle regioni del Sud, hanno avuto un andamento sostanzialmente stabile nel periodo 2009 – 2012, pur a seguito delle variazioni che hanno interessato i prezzi della materia prima (frumento tenero) e del semilavorato (farina).
      Accanto ad un'attenta attività di analisi statistica su fonti istituzionali, sono periodicamente sottoposte all'attenzione del Garante per la sorveglianza dei prezzi le diverse segnalazioni pervenute attraverso posta elettronica e numero verde dedicato al consumatore che, anche in passato, hanno dato vita a forme di controllo diffuso sul territorio e tavoli di confronto, avviati nel 2008, con riferimento al pane e, nel 2010 con riferimento alla pasta.
      In merito, poi, alle specifiche considerazioni esposte dall'interrogante, con riferimento a possibili dinamiche speculative di settore, si evidenzia che ad oggi, sebbene siano pervenute al Garante diverse segnalazioni in merito alla fisiologica dinamica dei prezzi al consumo dei prodotti della filiera cerealicola (anche in aumento), non sembrerebbero presenti condizioni di politiche di prezzo anomale in specifiche aree del sud Italia.
      Le attività di monitoraggio e di controllo realizzate dal Garante per la sorveglianza dei prezzi, in questo come in altri settori, sono condotte con il supporto operativo anche della Guardia di finanza. Peraltro si evidenzia che le stesse si attuano attraverso sistemi di confronto che includono anche tavoli ed audizioni degli operatori di settore, nonché delle relative associazioni di categoria.
      Ciò premesso, anche in considerazione delle funzioni che il Ministero svolge nell'ambito della tutela del consumatore, il monitoraggio e l'analisi dei prezzi dei prodotti di largo consumo, nonché del ruolo e dell'importante presidio rappresentato dal Garante per la sorveglianza dei prezzi, in un settore come quello del pane, bene di prima necessità per i consumatori e per il nostro Paese, qualora dall'esito delle periodiche verifiche realizzate sulla filiera cerealicola (anche in collaborazione con i richiamati organismi tecnici) dovessero trovare conferma le indicazioni fornite dall'interrogante, anche con riferimento specifico a talune aree del Paese, saranno avviate indagini ad hoc nel mercato di riferimento, con l'eventuale supporto operativo della Guardia di finanza, per verificare l'esistenza e la portata di possibili comportamenti scorretti o speculativi, nel settore cerealicolo e della produzione del pane.
      In conclusione, in merito a quanto richiesto dall'interrogante nell'intraprendere iniziative volte al controllo della legalità nel settore, il Governo è sicuramente impegnato sul fronte della repressione dell'illegalità, grazie all'attività svolta in sinergia tra più amministrazioni, ognuna per la parte di propria competenza.
Il Ministro dello sviluppo economico: Corrado Passera.


      DI PIETRO, DI GIUSEPPE e ROTA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          la conferenza delle regioni e delle province autonome, con un documento approvato il 17 febbraio 2011, ha manifestato preoccupazione per la continuità nell'esercizio delle funzioni relative alla tenuta dei libri genealogici e ai controlli funzionali del bestiame, sottolineando la difficile situazione in cui versa il sistema a seguito dei pesanti tagli operati dal decreto-legge n.  78 del 2010;
          nel 2010 gli stanziamenti pubblici per i controlli e i miglioramenti erano arrivati a 62 milioni di euro, cifra forse non sostenibile; poi la politica aveva ipotizzato un taglio a soli 25 milioni di euro (stanziamento limitato, ma al quale gli operatori del settore si stavano rassegnando);
          il decreto «mille proroghe» che per prassi comprende norme eterogenee, nel 2011, ha inflitto un duro colpo al settore italiano dell'allevamento, lasciandolo privo dei finanziamenti essenziali per tutelare la qualità della zootecnia italiana;
          l'intero sistema rischia di essere smantellato con pesanti ricadute innanzitutto di natura occupazionale (rischiano infatti di perdere il lavoro gli oltre 4.000 addetti del settore), compromettendo altresì definitivamente la sicurezza alimentare e la tracciabilità delle produzioni zootecniche, con pesanti oneri anche in termini di perdita di competitività del Paese;
          il decreto «mille proroghe» non recepisce nulla per salvaguardare questo settore, ma com’è già accaduto ogni sei mesi riesce a trovare i soldi per coprire la rateizzazione delle multe che devono pagare i produttori di latte che hanno sforato le quote, calpestando così tutti gli allevatori che hanno seguito le regole  –:
          quali iniziative e provvedimenti urgenti il Ministro intenda adottare al fine di evitare che l'intero sistema zootecnico venga smantellato e come giustifichi il protrarsi dell'ennesima rateizzazione fatta a favore degli allevatori che hanno sforato le quote latte. (4-11065)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame vorrei far presente che la mia amministrazione, al fine di mantenere una struttura unitaria del sistema delle associazioni allevatori sul territorio nazionale (presupposto fondamentale di competitività della zootecnica italiana) aveva già avanzato una proposta di rimodulazione finanziaria delle disponibilità recate dai capitoli 7637 e 7638 del proprio bilancio di previsione, risorse finalizzate all'attuazione delle funzioni amministrative trasferite alle regioni, destinate però alle sole regioni a statuto speciale.
      Tale proposta di rimodulazione (che avrebbe consentito di destinare la somma complessiva di euro 25 milioni alle attività di miglioramento genetico per tutte le regioni), seppur approvata dal comitato tecnico permanente di coordinamento in materia di agricoltura nella seduta del 23 giugno 2011, non ha ottenuto il parere favorevole del Ministero dell'economia e delle finanze, in quanto non compatibile con la normativa di bilancio.
      Pertanto, a fronte di tale parere lo «schema d'intesa» è stato prontamente rimodulato, lasciando inalterata la dotazione finanziaria di ciascun capitolo, in modo da destinare alle attività di miglioramento genetico del bestiame tutti i fondi recati dal capitolo 7637 (pari a 9 milioni di euro) e parte dei fondi recati dal capitolo 7638 (nella misura di 16 milioni di euro) rientrando, tali attività, tra quelle trasferite alle regioni ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 maggio 2001.

      A seguito del parere favorevole dal Ministero dell'economia e delle finanze, e acquisito un nuovo parere positivo dal comitato permanente agricoltura nella seduta del 21 luglio 2011, la suddetta proposta è stata quindi trasmessa alla Conferenza Stato regioni che si è dichiarata favorevole. Pertanto, è stato ad essa inoltrato il programma annuale dei controlli funzionali concernente i criteri e gli indirizzi unitari in conformità all'articolo 2 della legge n, 280 del 1999.
      Detto programma, elaborato dalla mia amministrazione a seguito di numerose riunioni del Comitato di monitoraggio ha previsto, per il 2011, la riorganizzazione del sistema degli allevatori, con l'attivazione di un sistema operativo regionale (cioè, basato su associazioni regionali di allevatori) a fronte delle associazioni provinciali. L'implementazione di tale sistema (che in alcune regioni è ancora in fase di realizzazione) consente una riduzione del costo dell'attività di un ulteriore 10 per cento rispetto all'anno precedente, con una spesa prevedibile di 69 milioni e un contributo massimo concedibile di 55,2 milioni.
      Il Programma in parola, oltre ad indicare le «linee di indirizzo tecnico per la riorganizzazione dei sistemi dei controlli» (che consentiranno di mantenere dei buoni livelli qualitativi del servizio e, al contempo, di perseguire ulteriori economie), propone la ripartizione fra le Regioni della disponibilità finanziaria di 25 milioni considerati nella succitata intesa.
      Il 22 settembre 2012, pertanto, la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ha sancito l'intesa sul programma dei controlli dell'attitudine produttiva per la produzione del latte e/o della carne svolti dalle associazioni degli allevatori per ogni specie, razza o tipo genetico per l'anno 2011, ivi compresa la ripartizione dei 25 milioni per il miglioramento genetico. Con successivi provvedimenti si è poi provveduto al pagamento, a favore delle citate regioni, delle somme impegnate.
      Riguardo l'attività per l'anno 2012, abbiamo provveduto a predisporre una nuova proposta di programma in cui sono stati ridefiniti sia i parametri tecnici che economici utilizzando la metodologia e i criteri previsti dal «manuale per il finanziamento dell'attività di tenuta dei libri genealogici e dei controlli funzionali delle associazioni provinciali allevatori», denominato «manuale del forfait».
      Le linee guida, rese operative a partire da quest'anno, hanno riguardato l'aumento dell'efficienza e dell'efficacia dell'attività delle strutture periferiche tramite la regionalizzazione dei servizi, la multifunzionalità del dato di controllo funzionale, la qualificazione dell'attività, la riduzione dei costi della raccolta dei dati tramite l'introduzione dei controlli funzionali semplificati, l'utilizzo di tecnologie di campo innovative, la riorganizzazione dei laboratori di analisi, l'accentramento dei servizi comuni, l'utilizzo di nuove procedure informatiche e banche dati relazionali ed una maggiore e più responsabile partecipazione finanziaria degli allevatori al sistema.
      Anche per le associazioni nazionali degli allevatori (che gestiscono in Italia i diversi libri genealogici delle specie e delle razze animali di maggior interesse economico) sono stati previsti nuovi modelli organizzativi (condivisione delle banche dati, dimensionamento tecnico organizzativo delle attività sul territorio, linee per accorpamento e condivisione servizi uffici periferici libri genealogici e controlli funzionali, linee per ANA).
      Il predetto programma, esaminato e condiviso, con modifiche, dal Comitato di monitoraggio di cui al decreto ministeriale 23485 del 13 novembre 2006 è stato trasmesso alle regioni e alle associazioni degli allevatori per acquisire eventuali osservazioni, prima di sottoporlo alla conferenza Stato regioni per la prevista intesa.
      Il documento riporta, per province e per regione, la spesa ammessa e il relativo contributo nazionale per l'anno 2012 (pari, rispettivamente, ad euro 64.033.969 ad euro 50.191.322,98) nonché gli indirizzi per l'elaborazione delle linee guida per la riorganizzazione del sistema della selezione animale.
      Per quanto riguarda, infine, le proroghe del pagamento delle rate delle «quote latte», vorrei precisare che il cosiddetto decreto mille proroghe non ha istituito ulteriori rateizzazioni, ma solo prorogato di 6 mesi la settima rata, in scadenza il 31 dicembre 2010, del programma di rateizzazione adottato nel quadro della decisione 2003/530/CE. La norma riguardante la quote latte, infatti, ha cessato la sua operatività il 30 giugno 2011 e non è stata reiterata.
      La Commissione europea, tuttavia, ritenendo la proroga in parola un «aiuto di Stato», ha avviato un procedimento ai sensi dell'articolo 108 paragrafo 2 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea ed ha invitato il nostro Paese a presentare osservazioni al riguardo.
      Le considerazioni che abbiamo fornito sostengono la possibilità di imputare l'aiuto in parola a quello cosiddetto de minimis, tenuto conto dell'entità ridotta dell'importo complessivo dell'aiuto (che ammonta a circa 50.000 euro) nonché dell'esiguità degli importi riferiti a ciascun soggetto (nella maggior parte dei casi, inferiori a 100 euro e in molti casi inferiori ad 1 euro, mentre l'importo massimo dell'aiuto riferito al singolo soggetto ammonta, per un solo caso, a meno di 700 euro, mentre tutti gli altri importi sono nettamente inferiori).
      Abbiamo inoltre evidenziato la scarsa incidenza della proroga sul pagamento della settima rata in quanto oltre l'85 per cento dei pagamenti è avvenuto entro i termini prescritti.
Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Mario Catania.


      FEDI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          la signora Cynthia Anne coniugata Logan (nata a Caufield, Vic, nel 1959), figlia del cittadino italiano (jure sanguinis) Carl Francoli, nato in Australia, ha inoltrato domanda di acquisizione della cittadinanza italiana al consolato generale d'Italia di Melbourne;
          tale domanda, molto frequente tra i nostri connazionali in Australia, è stata respinta dal consolato generale di Melbourne per problemi legati ai diversi cambiamenti del cognome del padre, Carl Francoli, avvenuti nel tempo;
          nel 1957 il signor Francoli (nato Carl Gabriel Francoli), avvalendosi delle normative australiane, ha cambiato il suo cognome in Gabriel (Carl Gabriel) e nel 2005 ha riacquisito il suo nome e cognome originario (come da atti australiani del 2006 e del 2007);
          nella documentazione fornita dal department of justice di Victoria (Registry of births, deaths and marriages), allegata alla domanda presentata al Consolato generale d'Italia di Melbourne dalla signora Cynthia Anne Logan, vengono riassunti e certificati dalle autorità australiane tutti i passaggi che testimoniano la continuità d'identità del signor Francoli  –:
          se non ritengano di approfondire le ragioni per le quali la richiesta della signora Cynthia Anne coniugata Logan non sia stata accolta, rimuovendo in tempo ragionevole le remore che ne hanno impedito il buon esito finale;
          se non ritengano, in considerazione della frequenza di casi simili dovuti alle opportunità offerte dalle particolari legislazioni locali, di dare alle nostre strutture amministrative all'estero indicazioni di semplificazione delle procedure che consentano il riconoscimento di diritti sanzionati per legge. (4-17069)

      Risposta. — Per ricostruire la vicenda della signora Cynthia Anne Gabriel, coniugata Logan, occorre fare preliminarmente un cenno alla pratica di riconoscimento della cittadinanza di suo padre, signor Cari Gabriel Francoli.
      In occasione dell'avvio dell'iter per il riconoscimento della sua cittadinanza italiana per discendenza, il consolato generale a Melbourne ha fatto presente al signor Carl Gabriel Francoli la pluralità dei nomi a lui riferiti riportati sui certificati prodotti, dovuta al precedente cambiamento del cognome avvenuto ai sensi della normativa locale.
      Il signor Francoli ha provveduto a richiedere la correzione dei propri dati presso le autorità australiane e ha successivamente presentato un certificato di nascita riportante le generalità originarie sulla base del quale gli è stato riconosciuto il possesso della cittadinanza italiana.
      Il certificato di nascita, unitamente all'attestato ai cittadinanza, è stato trascritto al Comune di Campodolcino (Sondrio), comune di provenienza paterna, con i seguenti dati: Francoli Carl Gabriel, nato a Healsville (Australia) il 30 maggio del 1936 coniugato con Mc Grath Joan Mary, nata a Carlton il 1o settembre del 1936.
      La signora Mc Grath, moglie del signor Francoli, ha acquistato il nostro status civitatis in virtù del matrimonio contratto in data 18 gennaio 1958.
      Il 23 gennaio 2008 il consolato Generale a Melbourne ha rilasciato il passaporto ai signori Francoli e Mc Grath.
      In seguito al riconoscimento della cittadinanza italiana al signor Carl Gabriel Francoli e all'acquisto della stessa da parte di sua moglie Joan Mary McGrath, si è presentata presso il predetto consolato generale la signora Cynthia Anne Gabriel, coniugata Logan, asserendo di essere figlia di Carl Gabriel Francoli e rivendicando il diritto al riconoscimento della cittadinanza italiana per sé e per i suoi figli.
      Dalla verifica dei documenti di stato civile presentati dall'interessata (nascita, matrimonio, eccetera) la stessa risulta essere nata da Carl Gabriel. Considerato che tale cognome non corrisponde a quello del cittadino italiano Carl Gabriel Francoli – unica identità certificata del predetto per quanto riguarda la legislazione italiana – all'interessata è stato indicato il procedimento da avviare per certificare il rapporto di filiazione ed, in particolare, la necessità di richiedere alle competenti autorità australiane la correzione dei dati del suo certificato di nascita, tramite l'apposizione della dicitura «nata da Francoli Carl Gabriel» in luogo di «nata da Carl Gabriel».
      Tale modifica permetterebbe il riconoscimento in via amministrativa della cittadinanza italiana per filiazione della signora Gabriel.
      È bene ricordare al riguardo che il riconoscimento della cittadinanza italiana si basa, da un lato, sulla dimostrazione della discendenza in linea retta dal soggetto originariamente investito dello status di cittadino e, dall'altro, sull'assenza di interruzioni nella trasmissione della cittadinanza.
      Come chiarito nella circolare del Ministero dell'interno n.  K.28.1 in data 8 aprile 1991 spetta all'istante correlare la domanda – nel rispetto di quanto recentemente disposto nella circolare congiunta dei ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione e dell'interno n.  3 del 17 aprile 2012 – con la documentazione e le informazioni da cui risulti inequivocabilmente la discendenza da ceppo italiano oltre che l'assenza di interruzioni nella trasmissione della cittadinanza, la mancata naturalizzazione straniera da parte dell'avo e l'assenza di dichiarazioni di rinuncia.
      Nel caso di specie, la signora Cynthia Anne Gabriel deve certificare il rapporto di filiazione da Carl Gabriel Francoli, unica identità certificata del padre secondo la legislazione italiana. Qualora per carenza di documentazione non possa darsi luogo al riconoscimento dello status civitatis in via amministrativa, l'interessata potrà comunque adire il giudice competente per l'instaurazione di un processo di cognizione di stato.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Staffan de Mistura.


      GIANNI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          dal 20 al 22 giugno 2012 è convocata la conferenza di Rio sullo sviluppo sostenibile, un avvenimento di enorme importanza;
          la lobby dell'amianto in questa occasione sta tentando una prova di forza ed è riuscita a far invitare dall'Onu, il magnate svizzero Stephan Schmidheiny a partecipare alla conferenza di Rio;
          il magnate svizzero Stephan Schmidheiny, condannato dal tribunale di Torino a 16 anni di reclusione, è stato invitato dalle Nazioni Unite a presenziare alla conferenza di Rio sullo sviluppo sostenibile, come benefattore dell'umanità, guru dell'ambiente, filantropo della green economy;
          un appello è stato inviato al Governo italiano dall'Osservatorio nazionale amianto, che sta organizzando una mobilitazione di tutte le associazioni, anche a livello internazionale;    
          l'Osservatorio nazionale amianto ha chiesto al Governo italiano e al Ministro degli affari esteri di svolgere ogni azione per deplorare questo comportamento e di chiedere che il signor Stephan Schmidheiny non partecipi alla conferenza di Rio del prossimo 20/22 giugno 2012, svolgendo un'azione sinergica con le associazioni delle vittime, anche quelle brasiliane, per evitare questo scempio;
          l'Osservatorio nazionale amianto ha sottoscritto l'appello di ABREA (Associazione brasiliani esposti amianto) affinché il magnate svizzero non intervenga alla conferenza di Rio del 20/22 giugno 2012  –:
          quali iniziative di competenza intendano intraprendere affinché, alla conferenza di Rio sullo sviluppo sostenibile, che si terrà dal 20 al 22 giugno 2012, sia impedito al magnate svizzero Stephan Schmidheiny, condannato in Italia dal tribunale di Torino a 16 anni di reclusione, di intervenire in qualità di filantropo della green economy. (4-16501)

      Risposta. — La questione della presunta partecipazione del signor Schmidheiny alla conferenza di Rio è stata sollevata da un appello pubblicato il 14 maggio 2012 dalla CGIL sul blog italiano della Società Civile per Rio+20, con il quale si esortavano le Nazioni unite, le autorità internazionali, i capi di Stato e di governo, e il presidente del Brasile Dilma Rousseff a dichiarare il signor Schmidheiny «persona non gradita» alla Conferenza. A ciò hanno fatto seguito ulteriori appelli comparsi sui media nazionali così come riportato dall'interrogazione in esame.
      Ciò premesso, il Ministero degli esteri si è immediatamente attivato per verificare, attraverso gli opportuni canali a disposizione, la veridicità delle notizie riportate e valutare, nel caso in cui la presenza del cittadino svizzero fosse confermata, eventuali azioni da intraprendere. Secondo tutte le indicazioni disponibili, il signor Schmidheiny non ha partecipato, a nessun titolo, alla conferenza.
      Parimenti, il signor Schmidheiny non risulta aver preso parte a nessuno degli eventi organizzati a latere della conferenza, incluso l'High level Luncheon della business action for sustainable development (BASD), evento sostenuto dal World business council for sustainable development – WBCSD di cui il signor Schmidheiny è fondatore e presidente del comitato d'onore. La notizia è stata confermata, oltre che dalla rete italiana global compact, anche dallo stesso segretariato BASD il quale ha precisato che il signor Schmidheiny non solo non era registrato all'evento ma non era neanche stato invitato a parteciparvi.
      A titolo precauzionale, il Ministero degli affari esteri ha comunque dato istruzioni al console generale a Rio di astenersi dalla partecipazione al predetto evento di alto livello del BASD, adducendo sopraggiunte ed inderogabili urgenze consolari. Si precisa che la decisione assunta non comporta riflessi negativi in ambito Nazioni unite dal momento che il BASD è espressione dei «major groups» di Rio e presenta un collegamento indiretto con il sistema ONU.
      Si è provveduto altresì a segnalare l'inopportunità della partecipazione del signor Schmidheiny alla conferenza e ad esprimere il forte disagio dell'Italia verso tale ipotesi anche in sede di coordinamento europeo nel corso della terza riunione del comitato preparatorio della conferenza (Rio de Janeiro, 13-15 giugno).
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Marta Dassù.


      GIANNI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          la vicenda dell'imbarcazione «Fatima II» con gli interrogativi legati al destino del giovane comandante, Gianluca Bianca, sta creando una crescente apprensione nei familiari e nella cittadinanza tutta che segue con preoccupazione la vicenda;
          attualmente, almeno da quanto si apprende da fonti giornalistiche, non si saprebbe in quale zona starebbe navigando il battello;
          la barca sarebbe in mano ad un tunisino e a due egiziani che hanno abbandonato in mare gli altri tre uomini dell'equipaggio dopo avere preso il controllo dell'imbarcazione;
          il peschereccio era impegnato in una battuta di pesca tra l'Egitto e l'isola di Creta e la moglie del giovane capitano ha sentito per l'ultima volta il marito giovedì 2 luglio 2012 alle ore 7 di sera, da allora l'unica notizia è stata quella fornita dai naufraghi dopo che sono stati ritrovati, visto che il gps di bordo è stato disattivato;
          più le ore e i giorni passano più cresce ovviamente la paura rispetto a quanto possa essere accaduto e sul destino del capitano Gianluca Bianca  –:
          di quali elementi disponga in merito alla dinamica dei fatti sopraesposti e quali siano le iniziative di competenza messe in atto per accertare il luogo dove attualmente si trova l'imbarcazione «Fatima II» e conseguentemente quale sia stato il destino del giovane comandante Gianluca Bianca;
          se ci si sia attivati verso tutti gli Stati esteri, nelle cui acque territoriali si potrebbe trovare l'imbarcazione, al fine di ricevere un aiuto concreto nella ricerca del battello. (4-17007)

      Risposta. — La Farnesina ha seguito, sin dall'inizio e costantemente, la vicenda del peschereccio Fatima II in collaborazione con le istituzioni a vario titolo competenti.
      L'ambasciata ad Atene, non appena ricevuta notizia della vicenda che ha coinvolto il peschereccio, si è immediatamente attivata al fine di raccogliere tutte le informazioni utili e prestare la necessaria assistenza ai tre connazionali approdati presso il porto di Paleiochora.
      Secondo quanto da loro riferito, il 13 luglio 2012 al largo delle coste di Bengasi, altri tre membri dell'equipaggio (due cittadini egiziani e un cittadino tunisino) li avrebbero aggrediti e rinchiusi in un locale del natante. Dopo circa un giorno di navigazione, i connazionali sarebbero stati abbandonati su due scialuppe, da cui avrebbero contattato con il proprio cellulare la capitaneria di porto di Siracusa. Quest'ultima avrebbe subito diramato l'allarme di ricerca e soccorso in mare, consentendo così di rinvenire i tre pescatori al largo delle coste di Creta. Giunti nel porto di Paleiochora, i connazionali sono stati condotti immediatamente in ospedale per i necessari accertamenti medici e successivamente presso il capoluogo della provincia di Chania. L'agente consolare li ha costantemente assistiti e, conclusi gli esami, li ha accompagnati presso una struttura alberghiera. Anche l'ambasciata li ha seguiti con la massima attenzione. Al fine di provvedere rapidamente al ritorno a Roma, i funzionari dell'ambasciata hanno facilitato l'acquisto dei biglietti aerei da parte del proprietario dell'imbarcazione e si sono assicurati che non sorgessero problemi nel corso dei controlli aeroportuali. Il 17 luglio 2012 i tre connazionali sono arrivati a Roma.
      Le ricerche del comandante, tuttora in corso, sono coordinate dalla capitaneria di porto di Siracusa. Ad ogni buon fine si segnala che il comando generale del corpo delle capitanerie di porto è l'organismo nazionale che deve assicurare il coordinamento dei servizi di soccorso marittimo ed i contatti con gli altri Stati. Le attività preminenti svolte dalla struttura sono l'organizzazione e il coordinamento nazionale dei servizi di salvataggio in mare (S.A.R. – search & rescue); in tal senso essa esplica la funzione di I.M.R.C.C. (Italian maritime rescue coordination centre – centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo), definita dalla convenzione di Amburgo ’79.

      Per quanto riguarda il natante, il 21 luglio 2012, su indicazione dell'ambasciata a Il Cairo, il Consolato in Alessandria si è attivato presso le autorità di Rashid (Rosetta), nella circoscrizione di Alessandria, al fine di ottenere tutti gli elementi rilevanti sul suo ritrovamento. Peraltro, la procura della Repubblica di Siracusa aveva contattato nei giorni precedenti l'ambasciata a Il Cairo per avere conferma del presunto ritrovamento dell'imbarcazione presso il porto di Rashid e aveva a sua volta riferito alla nostra rappresentanza la notizia della localizzazione satellitare di un cellulare italiano a bordo del natante.
      Il consolato aveva avuto conferma da parte delle autorità di Rashid che una imbarcazione con la scritta «IMA» (peraltro non chiara) era stata rinvenuta, priva di persone a bordo, al largo del porto di Rashid, con i motori accesi, e che la stessa era stata condotta in porto dalla guardia costiera egiziana. Il verbale di constatazione n.  3218 del 2012, stilato dalla procura di Rashid, ha evidenziato che l'imbarcazione era completamente vuota e che nessun documento era stato rinvenuto a bordo.
      In tale scenario, la procura di Rashid, al fine di ampliare le indagini sulla ricerca dei marittimi scomparsi, ha richiesto ufficialmente al Consolato italiano ad Alessandria un elenco dell'equipaggio imbarcato e i dati identificativi del proprietario e dell'Armatore dell'unità. Al fine di seguire costantemente e più da vicino la vicenda, il capo della procura di Rashid ha invitato il console a recarsi martedì 24 luglio a Rashid, dove si stanno concentrando tutte le indagini, ed ha assicurato al contempo il mantenimento del sequestro dell'imbarcazione fino al chiarimento di tutte le circostanze del caso. A tal riguardo si segnala che nessuna autorità egiziana ha impedito alle Autorità diplomatico-consolari italiane di salire a bordo dell'imbarcazione per svolgere i rilievi tecnico-scientifici. Al contrario, l'accesso al natante è stato limitato proprio per preservare fino al momento degli accertamenti le eventuali prove presenti a bordo. La Procura di Siracusa ha già predisposto una rogatoria internazionale per l'acquisizione delle prove che attraverso questo Ministero e l'ambasciata a Il Cairo è stata immediatamente trasmessa alle competenti autorità giudiziarie egiziane.
      La Farnesina continuerà a seguire la vicenda con la massima attenzione, in collaborazione con istituzioni a vario titolo coinvolte.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Staffan de Mistura.


      HOLZMANN. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          da più parti viene segnalato all'interrogante che il Ministero dell'interno acquisisce immobili in locazione per fini istituzionali e poi non ottempera al pagamento dei canoni di locazione;
          tale situazione si protrae da diverso tempo ed i canoni non vengono pagati anche per diversi mesi;
          il danno, soprattutto quando si tratta di piccoli proprietari che talvolta fanno conto su quel piccolo reddito per sopravvivere, è inaccettabile e talvolta difficilmente sopportabile;
          più in generale sarebbe opportuno chiarire quali siano le dinamiche della gestione del bilancio che portino a non disporre dei fondi necessari in relazione a spese che dovrebbero avere una sufficiente copertura finanziaria  –:
          se sia vero quanto riportato in premessa, e in tal caso, quali immediate iniziative si intendano assumere in proposito. (4-16007)

      Risposta. — In merito alla questione del mancato pagamento, da parte del Ministero dell'interno, di canoni di locazione per immobili acquisiti a fini istituzionali, si forniscono, i seguenti elementi relativamente agli immobili in locazione in uso all'Amministrazione centrale e alle prefetture-uffici territoriali del Governo.
      In generale si precisa che l'acquisizione di immobili in locazione da parte delle amministrazioni pubbliche, avviene secondo procedure che, stabilite dalle norme vigenti, si concludono con la stipula del contratto, la relativa approvazione ministeriale con conseguente assunzione di impegno di spesa e, infine, con l'apertura del ruolo di spesa fissa presso il Ministero dell'economia e delle finanze.
      Tuttavia, l'estrema carenza di risorse finanziarie rispetto al complessivo costo per locazioni passive di immobili, non consente, talvolta, il perfezionamento della procedura sopra descritta, con la conseguenza che, al fine di assicurare, comunque, la continuità dell'azione amministrativa e in accordo con le rispettive proprietà, gli immobili vengono di fatto utilizzati in forma extracontrattuale, con la previsione della corresponsione di una apposita indennità.
      Poiché da diversi anni le risorse stanziate dalla legge annuale di bilancio risultano interamente assorbite dai vigenti ruoli di spesa fissa, le suddette indennità di occupazione extracontrattuale possono essere corrisposte solo qualora si rendano disponibili nel corso dell'anno, risorse finanziarie aggiuntive e, in particolare, quelle riguardanti l'estinzione dei debiti pregressi per le amministrazioni centrali dello Stato.
      Con questo sistema si è provveduto a sanare tutte le situazioni debitorie relative a tali fattispecie, fino alla data del 31 dicembre 2010. Pertanto, allo stato attuale, restano da corrispondere le indennità maturate a partire dal 1o gennaio 2011.
      La complessiva esposizione debitoria è stata segnalata al Ministero dell'economia e delle finanze nell'ambito della ricognizione dei debiti alla data del 31 dicembre 2011.
      Si osserva che la situazione di rilevante sotto dimensionamento dei capitoli di bilancio destinati al pagamento dei canoni di locazione, come tutti i capitoli relativi ai «consumi intermedi», deriva, principalmente, dalle reiterate manovre di finanza pubblica basate sull'applicazione di cosiddetti tagli lineari, le quali, come noto, hanno introdotto riduzioni non compensabili nell'ambito delle risorse complessivamente stanziate per i programmi.
      Tuttavia, a fronte del persistente quadro di crisi finanziaria e della conseguente esigenza di contenere la formazione di posizioni debitorie, il Ministero dell'interno ha già avviato, da alcuni mesi, una serie di iniziative, sia in sede centrale che periferica, che hanno consentito il conseguimento di significativi risparmi di gestione.
      Per quanto concerne il dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, si fa presente che le attuali difficoltà di carattere economico-finanziario inducono una situazione di «sofferenza» generalizzata su tutti i capitoli di spesa attribuiti alla responsabilità del dipartimento, ivi compreso quello relativo al pagamento dei canoni di locazione di immobili.
      Al riguardo, si precisa che il capitolo 1901 paragrafo 9 «Spese per fitto di locali ed oneri accessori» per l'esercizio finanziario 2011 ha ricevuto uno stanziamento iniziale di competenza pari a 5.237.078. A seguito di variazioni di bilancio intervenute, è stato integrato con la somma di 16.755.501, per uno stanziamento definitivo di euro 21.992.579.
      Nonostante le integrazioni di bilancio e le economie realizzate, sussiste al 31 dicembre 2011 una situazione debitoria per l'importo di euro 4.696.595, che porta il fabbisogno complessivo per l'esercizio 2011 a euro 26.689.174.
      Non appena si renderanno disponibili i relativi stanziamenti, il dipartimento provvederà al pagamento dei canoni di locazione pregressi.
      Per i profili di competenza del dipartimento della pubblica sicurezza, risulta che nel periodo compreso tra gli anni 2009-2012 le dotazioni iniziali di bilancio dell'amministrazione della pubblica sicurezza ed, in particolare, la spesa riferibile ai consumi intermedi, hanno subito tagli sia a seguito di quanto disposto dal comma 507 della legge finanziaria 2007 sia a seguito del decreto legge 25 giugno 2008, n.  112 e in ultimo dalla legge 12 novembre 2011 n.  183 (Legge di stabilità 2012), per l'anno in corso.
      Tali tagli hanno contribuito a determinare un debito, al 31 dicembre 2011, sui capitoli di spesa inerenti le locazioni degli immobili per le esigenze della pubblica sicurezza e dell'Arma dei carabinieri di circa euro 155 milioni e per il quale incidono in modo particolare gli oneri accessori e le occupazioni extracontrattuali.
      È comunque da ricordare che l'articolo 33 comma 8 della Legge 12 novembre 2011 n.  183 (Legge di stabilità) ha istituito un apposito fondo di euro 220.000.000,00 per il potenziamento e il finanziamento di oneri indifferibili della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e dei vigili del fuoco, ridotti ad euro 209.688.093,00 dall'articolo 15, comma 1, del decreto «Milleproroghe».
      In sede di riparto del citato fondo sono stati destinati ai capitoli di spesa in argomento di euro 14.049.158,00.
      È da segnalare, inoltre, un'ulteriore assegnazione sui capitoli di spesa interessati di euro 19.502.777,00 provenienti dal capitolo di spesa 2615 (somma da assegnare all'agenzia del demanio per il pagamento dei canoni di locazione per gli immobili assegnati alle amministrazioni dello Stato nonché per quelli in uso, conferiti o trasferiti ai fondi comuni di investimento immobiliare) in quanto l'articolo 20, comma 1-
bis, della legge 24 febbraio 2011, n.  14 ha prorogato – al 31 dicembre 2012 – il termine per l'utilizzo delle risorse già destinate all'agenzia del demanio quale conduttore unico.
      L'amministrazione della pubblica sicurezza, alla luce di apposite indicazioni dell'agenzia del demanio in materia di congruità del canone ai fini del rilascio del «nulla osta alla stipula», ha, a sua volta, impartito precise disposizioni in tema di locazione di nuovi immobili che prevedono, tra l'altro, il tassativo rispetto del criterio dell'invarianza della spesa.
      Circa le dinamiche della gestione del bilancio che portano a non disporre dei fondi necessari in relazione alle spese inerenti i canoni di affitto e in merito alle iniziative che si intendono assumere al riguardo, il Ministero dell'economia e delle finanze – dipartimento della ragioneria generale dello Stato – ha rappresentato che nello stato di previsione del Ministero dell'interno, per il triennio 2012-2014, sui pertinenti capitoli di bilancio risultano iscritte risorse finanziarie da destinare al suddetto scopo, pari complessivamente ad euro 305.666.954 per il 2012; ad euro 356.285.224 per il 2013 e ad euro 352.770,031 per il 2014.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giovanni Ferrara.


      JANNONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          dell'agenda digitale italiana si continua a discutere, accumulando ritardi che si trasformano in sanzioni: quello relativo allo sviluppo della banda larga, per esempio, costa all'Italia tra l'1 e l'1,5 per cento del prodotto interno lordo. Questa stima arriva dalla Commissaria europea per l'agenda digitale, Neelie Kroes, che ha parlato al Forum di Confindustria Digitale a Roma sottolineando come «il 41 per cento degli italiani adulti non usi mai internet». Partendo dal principio che «l'investimento in information and communications technology (Ict) dà grandi ritorni», Kroes ha poi affermato che nel settore information and communications technology entro il 2015 serviranno 700.000 professionisti: «Una grande opportunità per l'Italia dove i laureati in scienze informatiche sono un terzo di quelli prodotti negli altri grandi paesi dell'Europa occidentale»;
          la Kroes ha sottolineato l'importanza data dal Governo Monti all'agenda digitale, ma questa si deve tradurre in investimenti nelle nuove tecnologie. «Sono lieta per l'enfasi posta dal Governo italiano, e accolgo con favore l'Agenda digitale italiana, che porta avanti la nostra visione europea», ha affermato la commissaria, sottolineando anche «l'enfasi che il Governo mette giustamente sul mercato unico digitale» e gli «investimenti che l'Italia sta facendo in nuove iniziative di connessione, come circa un milione di euro a favore delle “città intelligenti”». Ma occorre fare di più in termini di investimenti nelle nuove tecnologie «per dare quello slancio economico di cui abbiamo bisogno ora e in futuro»; quindi «dobbiamo investire nelle Tic finanziariamente e politicamente», ha ammonito la Kroes, ricordando che l'Italia si trova in una situazione di particolare arretratezza rispetto agli altri Paesi dell'Unione europea. Ben il 41 per cento degli adulti italiani, infatti, non ha mai usato internet, una percentuale doppia o tripla rispetto a Francia, Germania e Gran Bretagna, mentre il tasso di penetrazione della banda larga è di 10 punti inferiore a quello di questi Paesi, pari a un effetto negativo prodotto interno lordo dell'1-1,5 per cento. E anche tra i giovani ci sono ritardi: tra questi la percentuale di chi studia informatica è inferiore di un terzo a quella degli altri Stati europei. In tempi di «orribile disoccupazione» soprattutto giovanile, a fronte di previsioni secondo cui nel 2015 si verificherà una carenza di 700 mila persone nel settore, «questa è una grande opportunità per l'Italia», ha sottolineato la Kroes. Da qui il suo invito a «investire perché ogni italiano diventi digitale»;
          secondo quanto stabilito, entro il mese di giugno il Governo metterà a punto «Digitalia», «un pacchetto di spinta» alla digitalizzazione delle imprese e del sistema Paese, che ricorda l'impegno della cabina di regia per l'agenda digitale nel mettere a punto una serie di atti, inclusi provvedimenti normativi, per far fare un salto di qualità nell'utilizzo di internet. L'obiettivo dovrebbe essere un provvedimento legislativo che sia il più possibile condiviso. Il Garante per la protezione dei dati personali Francesco Pizzetti, nel suo intervento ha ribadito l'urgenza di questo provvedimento. L'agenda digitale è per l'Italia «persino più importante della Tav», ha detto. È però essenziale che il suo sviluppo avvenga in un contesto europeo e senza perdere di vista i bisogni della società, a partire da quelli sanitari, che sono stati invece dimenticati dalla cabina di regia. «Come sul versante economico, anche su quello digitale l'Europa ha bisogno dell'Italia, ma l'Italia deve guardare all'Europa. Guai ad un'agenda tutta italiana, a dimensione solo italiana, che abbia come elemento determinante solo il problema delle imprese italiane», ha detto il Garante, specificando anche che dalla cabina di regia istituita dal Governo «mancano alcuni aspetti sul versante della sanità». La sanità elettronica «è essenziale di fronte alla popolazione che invecchia e la sua assenza dall'agenda si nota vistosamente»  –:
          quali iniziative il Ministro intenda adottare, anche alla luce di quanto espresso dalla commissaria Neelie Kroes, al fine di giungere alla diffusione della banda larga su tutto il territorio italiano. (4-15742)

      Risposta. — L'interrogante chiede di conoscere quali iniziative il Ministero dello sviluppo economico intenda adottare al fine di giungere alla diffusione della banda larga su tutto il territorio italiano, anche alla luce di quanto espresso dalla commissaria europea Neelie Kroes (vice Presidente della Commissione europea e commissario per l'agenda digitale) nel suo intervento al forum di confindustria digitale tenutosi a Roma l'11 aprile 2012.
      Si fa preliminarmente presente che il 1° marzo 2012, con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, il Ministro per la coesione territoriale, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro dell'economia e delle finanze e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, è stata istituita un'apposita «cabina di regia per l'agenda digitale italiana», composta da sei gruppi di lavoro con il compito di definire la strategia italiana per attuare gli obiettivi definiti nella comunicazione europea all'interno della strategia EU2020.
      Per quanto di competenza, il ministero dello sviluppo economico rappresenta quanto segue.
      Per lo sviluppo della larga banda un passaggio fondamentale è stato lo svolgimento della gara sulle cosiddette frequenze 4G. L'articolo 1, commi 8-12, della legge di stabilità per il 2011 ha previsto lo svolgimento di una procedura di gara per l'assegnazione dei diritti d'uso di frequenze, per un totale di circa 300 MHz, tra cui quelle in banda 800 MHz, da destinare a servizi di comunicazione elettronica mobili in banda larga (le altre frequenze interessate dalla gara hanno riguardato le bande dei 1800 MHz, 2000 MHz, 2600 MHz).
      Le modalità di svolgimento della gara e dell'assegnazione delle frequenze sono state stabilite, conformemente a quanto previsto dal codice delle comunicazioni elettroniche, dall'autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con delibera 282/11/Cons del 18 maggio 2011, modificata dalla delibera 370/11/Cons del 23 giugno 2011, la quale ha previsto, tra le altre cose, la nomina di un comitato dei ministri che coordinasse le relative procedure, e la scelta di un eventuale
advisor.
      La legge di stabilità prevedeva un introito di 2,4 miliardi di euro: obiettivo largamente superato, considerando che la cifra raggiunta si è attestata intorno ai 4 miliardi di euro, comprovando sia l'importanza degli asset messi in gioco (le frequenze precedentemente occupate dall'emittenza locale e dalla Difesa), che la bontà delle procedure di gara individuate.
      La stessa si è conclusa il 29 settembre 2011, con l'aggiudicazione dei lotti di frequenze messe a disposizione a favore delle società: Telecom Italia spa, Vodafone Omnitel N.V, Wind Telecomunicazioni spa ed H3g spa.
      Come previsto, le frequenze della banda 800 sono state le più richieste, visto che serviranno a sviluppare in particolare la tecnologia LTE (long term evolution), che a sua volta rappresenta un fattore chiave per lo sviluppo della larga banda. Infatti la tecnologia LTE permetterà l'incremento dell'utenza dei servizi di comunicazione mobile a banda larga, migliorando le coperture indoor e portando il segnale nelle zone in
digital divide e, di conseguenza, favorirà lo sviluppo di servizi innovativi volti a migliorare la qualità della vita quotidiana, con ricadute indubbiamente positive per l'economia e lo sviluppo sociale del Paese.
      Gli investimenti in infrastrutture di comunicazione, specialmente per espandere l'accesso a banda larga e ultralarga, rappresentano dunque uno strumento utile per creare lavoro e fornire le fondamenta per una sostenibilità economica e una crescita a lungo termine del Paese.
      Per quanto concerne la cabina di regia di cui all'articolo 47 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n.  5, convertito in legge con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n.  35, la stessa è volta a delineare una strategia italiana per lo sviluppo del Paese, puntando sull'economia digitale. Gli obiettivi della citata cabina ricalcano le azioni definite nell'iniziativa faro – «
digital agenda» all'interno della strategia europea EU2020, al fine di trarre vantaggi socioeconomici sostenibili da un mercato unico del digitale basato sull'internet veloce e superveloce e su applicazioni interoperabili. In particolare, come sappiamo, gli obiettivi specifici riguardano l'accesso universale alla banda larga entro il 2013 e l'accesso a velocità nettamente superiori (30 Mbps o più) entro il 2020, assicurando, nel contempo, che almeno il 50 per cento delle famiglie europee si abboni a connessioni internet di oltre 100 Mbps.
      L'Italia in questo senso sta compiendo un notevole sforzo, inserendo fra le priorità dell'azione di Governo il definitivo completamento del piano nazionale banda larga, per garantire a tutti i cittadini italiani la possibilità di connettersi a internet a una velocità di almeno 2 Mbps.
      Per altro verso, il «Progetto Strategico agenda digitale italiana» per la realizzazione della banda ultralarga, (articolo 30 del decreto legge 6 luglio 2011, n.  98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.  111) dopo essere stato sottoposto, tra la fine del 2011 e l'inizio del 2012, a consultazione pubblica, riscuotendo grande interesse da parte del mercato, delle associazioni di categoria, delle regioni e degli enti locali, è stato notificato alla Commissione europea, che dovrebbe approvarlo a breve (il dipartimento comunicazioni sta predisponendo la risposta ai chiarimenti chiesti dalla commissione ad inizio agosto e, da tale richiesta, non si ravvisano particolari ostacoli all'approvazione).
      Il medesimo Progetto contiene anche una misura concernente la realizzazione di data center volti ad assicurare l'esecuzione decentralizzata delle applicazioni più importanti e innovative sia da parte del mondo delle imprese, sia da quello della pubblica amministrazione, che potrà così essere definitivamente dematerializzata.
      Grazie al piano azione e coesione, inoltre, quasi 450 milioni di euro saranno dedicati allo sviluppo della banda ultralarga, un progetto meritevole di essere considerato una
best practice europea sia in termini di obiettivi, sia nelle modalità di intervento e coordinamento.
      Da quanto precede è facile rilevare che al momento il Governo è impegnato ad utilizzare in pieno tutte le potenzialità che offre l'attuazione dell'agenda digitale, con attenzione specifica ai profili di crescita e innovazione ad essa collegati.
      Si fa infine presente che nel giugno 2011 è nata Confindustria digitale, organizzazione alla quale fanno capo imprese per un totale di oltre 250.000 addetti che realizzano un fatturato annuo di oltre 70 miliardi di euro: è la cosiddetta federazione di rappresentanza dell'industria Ict, che ha l'obiettivo primario di promuovere lo sviluppo dell'economia digitale in Italia. Sono soci: Assotelecomunicazioni-Asstel, l'associazione della filiera delle imprese di telecomunicazioni; Assinform per l'information technology; AIIP, l'associazione degli internet provider; Assocontact che raggruppa le aziende di contact e call center; Asso.it l'associazione dei fornitori di apparecchiature It ed Anitec, Associazione nazionale industrie informatica, telecomunicazioni ed elettronica di consumo. In questa chiave la federazione è fortemente impegnata a collaborare, tramite proposte e iniziative sulla crescita, con la cabina di regia e le istituzioni locali, in sinergia con l'impegno del Governo sul digitale, attraverso un apposito provvedimento normativo, per promuovere la digitalizzazione del Paese, cosiddetto «Digitalia», che verrà varato prossimamente.
      Quanto al rilievo dell'interrogante nel senso della mancata considerazione delle esigenze del settore sanitario, si osserva che la cabina di regia è sicuramente attenta ai bisogni della società per migliorare la qualità della vita attraverso tecnologie informatiche e di comunicazione. Ciò si può riscontrare nell'individuazione di un apposito percorso per lo sviluppo delle
smart communities. A questo proposito, è il caso di aggiungere che la attività della cabina, in generale, rappresenta soltanto il primo passo per la digitalizzazione di tutti i servizi ivi compresi quelli per la salute.
      A conferma dell'impegno del Governo, si ricorda anche la recente istituzione dell'agenzia per l'Italia digitale, che accorpa in un unico ente le funzioni di DigitPa e dell'agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione e si prepara ad assumere un ruolo strategico per il raggiungimento degli obiettivi fissati dall'Unione europea in materia di sviluppo digitale.
      Inserita non a caso in un provvedimento del Governo sullo sviluppo (decreto legge 22 giugno 2012, n.  83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n.  134), l'agenzia rappresenta un passo fondamentale per realizzare una governance efficace e razionale del processo di attuazione dell'agenda digitale nel nostro Paese.
      L'impegno del Governo sul digitale, rafforzatosi in questi ultimi mesi, è la dimostrazione come in Italia sia maturata la consapevolezza del contributo determinante che l'economia digitale può offrire alla crescita e modernizzazione del Paese.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Massimo Vari.


      LUCÀ, BOCCUZZI, ESPOSITO, LOVELLI, GIORGIO MERLO e ROSSOMANDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il personale impegnato nei 41 distaccamenti dei Vigili del fuoco volontari della sezione provinciale di Torino si trova da tempo ad operare in una situazione di grave difficoltà e di pesante disagio;
          attraverso comunicazioni ufficiali indirizzate al prefetto di Torino, al presidente della regione Piemonte, al presidente della provincia di Torino, e ai sindaci dei comuni del territorio, il presidente provinciale della Associazione nazionale dei vigili del fuoco volontari ha, nei mesi scorsi, segnalato le problematiche relative all'operato del Corpo, che rischiano, se non affrontate con tempestività, di pregiudicare l'importante azione di questo personale;
          nello specifico le problematiche evidenziate sono:
              ritardi e mancanze di allertamento dei distaccamenti in caso di interventi nei territori loro assegnati per competenza e mancanza di coordinamento generale anche in situazioni di grande complessità;
              la mancanza di forniture e di vestiario, nonché di dispositivi di protezione individuale al personale volontario in servizio;
              farraginose procedure di immatricolazione degli automezzi e delle attrezzature nuove acquistate o donate ai distaccamenti, al termine delle quali tali mezzi potranno essere destinati dal comandante provinciale anche ad altra struttura estranea, con possibile depauperazione delle strutture periferiche;
              blocco delle iscrizioni per il reclutamento, con l'obbligo, per gli aspiranti volontari, di pagare individualmente le visite mediche generali effettuate presso le ferrovie o le aziende sanitarie specialistiche, con spese personali fino a 400 euro;
              la previsione di un nuovo regolamento teso ad eliminare le qualifiche acquisite, portando tutti al grado di vigile, ed a togliere i pagamenti orari, che sono fondamentali per il mantenimento delle caserme, la loro pulizia e per l'acquisto di attrezzature alle quali il Dipartimento non provvede;
              mancanza di equiparazione, in caso di infortunio, tra il personale permanente e quello volontario;
          i vigili del fuoco volontari, attualmente, garantiscono il 30 per cento dei 25.000 interventi sul territorio della provincia di Torino, percentuale che sale all'85 per cento per eventi calamitosi che si presentano ciclicamente sul territorio (neve, piogge abbondanti, vento o altro), fornendo un servizio importante e qualificato  –:
          se non ritenga necessario prevedere iniziative volte ad affrontare e risolvere le problematiche evidenziate in premessa, al fine di ottimizzare l'attività svolta dal personale dei distaccamenti dei vigili del fuoco volontari della provincia di Torino, valorizzando una professionalità di fondamentale supporto per il territorio e le realtà locali. (4-15689)

      Risposta. — La questione relativa alla protesta dei Vigili del fuoco volontari che operano nei 41 distaccamenti della sezione provinciale di Torino è seguita attentamente da questa amministrazione che, in un recente incontro tenutosi il 9 maggio 2012, tra il capo dipartimento e una delegazione di volontari della regione Piemonte, guidata dal presidente dell'associazione nazionale dei Vigili del volontari, ha affrontato adeguatamente i problemi posti sul tappeto scongiurando le iniziative di protesta e i conseguenti disagi e disservizi che si sarebbero potuti verificare.
      Come è noto, alcune delle problematiche segnalate dall'interrogante dipendono dall'applicazione di disposizioni normative dettate nell'ambito della legge di stabilità del 2012.
      Si tratta, in particolare, del «blocco delle iscrizioni per il reclutamento» e dell’«obbligo per gli aspiranti volontari di pagare individualmente le visite mediche».
      La legge n.  183 del 2011 recante «Disposizioni per la formazione dei bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2012,» ha ridotto la spesa per la retribuzione del personale volontario del corpo nazionale dei Vigili del fuoco in modo consistente nel 2012 e, sebbene in misura inferiore, a decorrere dal 2013. Detta riduzione ha inevitabilmente inciso sul reclutamento dei Vigili volontari, comportando una riduzione del numero dei relativi «richiami» in servizio.
      Lo stesso provvedimento ha introdotto il principio di programmazione triennale degli arruolamenti, il cui numero viene fissato dal capo dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile sulla base delle esigenze operative al fine di garantire il soccorso pubblico su tutto il territorio nazionale, stabilendo che, in fase di prima applicazione, si tenga conto del personale volontario che, alla data del 31 dicembre 2011 sia iscritto o abbia presentato domanda di iscrizione negli appositi elenchi.
      La medesima legge di stabilità ha posto a carico degli interessati gli oneri per gli accertamenti clinico strumentali e di laboratorio ai fini della verifica del possesso dei requisiti di idoneità psicofisica ed attitudinale richiesta per il personale volontario.
      L'amministrazione dell'interno, consapevole del prezioso contributo che la componente volontaria presta a garanzia dell'incolumità dei cittadini, ha adottato iniziative di diversa natura volte a ridurre l'impatto del contenimento della spesa che ha interessato il corpo nazionale.
      In particolare è stato emanato il decreto legge del 20 giugno 2012, n.  79 che, all'articolo 4 riduce fortemente l'impatto dei tagli della spesa per la retribuzione del personale volontario; inoltre sono state adottate, altre concrete iniziative per venire incontro alle legittime e condivise istanze dei Vigili volontari in ordine alle esigenze operative dei distaccamenti.
      Con riferimento a queste ultime esigenze, nonostante la riduzione complessiva delle risorse finanziarie, il dipartimento dei Vigili del fuoco ha adottato con circolare del 15 maggio 2012, concernente «disposizioni volte a mantenere l'operatività dei distaccamenti volontari».
      Per quanto riguarda la mancata fornitura di vestiario e dei dispositivi di protezione individuale, l'amministrazione assicura a tutto il personale del corpo nazionale impiegato nel servizio di soccorso, sia permanente che volontario, la necessaria dotazione dei dispositivi di protezione individuale al fine di far fronte adeguatamente agli scenari di intervento.
      Al riguardo, non risulta vi sia stata da parte dell'amministrazione alcuna diminuzione o abbassamento del livello di attenzione nei confronti della sicurezza del personale dei Vigili del fuoco impiegato.
      Si segnala piuttosto che, nell'ottica del contenimento della spesa, conseguente alla forte contrazione degli accreditamenti sul bilancio del dipartimento, si è proceduto ad un più razionale utilizzo delle risorse economiche disponibili, coerentemente con quanto previsto dalla normativa vigente, assicurando l'economicità di gestione e, nel contempo, un'adeguata protezione dell'operatore.
      Con riferimento agli automezzi e alle attrezzature acquistate o donate ai distaccamenti si precisa che per quanto riguarda l'acquisto/donazione di attrezzature di soccorso che non comportano immatricolazione, non sussiste alcuna difficoltà. Per quanto concerne, invece, l'acquisto/accettazione di automezzi o comunque veicoli che vanno immatricolati con targa Vigili del fuoco, è necessario effettuare alcune valutazioni, al fine di evitare aumenti di costi per l'amministrazione; occorre considerare, infatti, che ogni ulteriore automezzo comporta notevoli spese annuali per assicurazione, manutenzione e consumo di carburante.
      Circa l'equiparazione in caso di infortunio tra il personale permanente e il personale volontario, si precisa che l'esigenza di eliminare le notevoli differenze presenti tra le due componenti del corpo nazionale sul versante previdenziale privilegiato, a fronte di una sostanziale parità di condizioni in termini di esposizione ai rischi nello svolgimento delle attività istituzionali da parte degli stessi, ha indotto il legislatore a varare l'articolo 27, commi 7-9, della legge 4 novembre 2010, n.  183, il quale ha previsto l'adozione da parte del Governo, entro il termine di 18 mesi dell'entrata in vigore della norma stessa, di uno o più decreti legislativi atti a definire misure di perequazione per armonizzare il sistema previdenziale e pensionistico nei confronti del personale volontario vigili del fuoco che, a causa dell'iscrizione all'ente previdenziale INPS, mutua assegni pensionistici di privilegio inferiori rispetto a quelli più favorevoli previsti per il personale permanente del corpo nazionale dei Vigili del fuoco, iscritto all'INPDAP.
      Seppur il termine per l'esercizio della delega in parola è trascorso, questa amministrazione ha predisposto una proposta normativa tesa a conferire una nuova delega al Governo, da inserire in uno dei prossimi provvedimenti utili. Nello stesso senso, si soggiunge che, il decreto legge 20 giugno 2012, n.  79, convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 2012, n.  131, – in ossequio a elementari principi di ragionevolezza e di uguaglianza sostanziale dettati dall'articolo 3 della Costituzione – ha esteso ai familiari del personale volontario dei vigili del fuoco l'applicazione del beneficio dell'assunzione obbligatoria previsto in favore dei familiari del personale permanente deceduto o divenuto permanentemente inabile durante l'espletamento delle attività istituzionali.
      Con riguardo, infine, alla previsione di un nuovo regolamento, si fa presente che l'articolo 8 comma 2 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n.  139, ha previsto l'emanazione di un regolamento che disciplini le modalità di reclutamento e d'impiego, l'addestramento iniziale, il rapporto di servizio e la progressione del personale volontario. Pertanto il regolamento, attualmente allo studio del dipartimento dei Vigili del fuoco, non può contenere disposizioni del tenore di quelle indicate nell'interrogazione in oggetto in quanto non previste dalla norma di rango primario.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giovanni Ferrara.


      MALGIERI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il Ministero degli affari esteri ha deciso di «tagliare» il proprio contributo alle spese di interpretazione per la lingua italiana alle riunioni del Consiglio dei ministri dell'Unione europea. Da luglio in poi, la traduzione verso l'italiano sarà limitata al 40 per cento dei gruppi di lavoro, a quelli cioè coperti dalla quota finanziata dal Consiglio. Si continuerà a tradurre in italiano solo ai vertici e agli incontri di più alto livello politico, per i quali il servizio è a carico dell'Unione europea, mentre non sarà più possibile ascoltare l'italiano nella maggior parte delle riunioni tecniche dei gruppi di lavoro, 103 su 169;
          all'interno del processo decisionale dell'Unione europea, il Consiglio dei ministri è l'unica istituzione in cui vengono difesi gli interessi nazionali e la lingua è un importante strumento diplomatico e di protagonismo politico. In un momento delicato nella storia delle relazioni internazionali come quello che attraversiamo, è preoccupante vedere come l'Italia, Paese fondatore dell'Unione europea, decida di limitare il proprio contributo per potersi avvalere a pieno della propria lingua. Una tale rinuncia offre un vantaggio negoziale agli altri partner europei, che potranno continuare ad avere la certezza di capire ed essere capiti e quindi difendere al meglio i propri interessi. Oltre ad ostacolare il lavoro quotidiano di delegati che per anni si sono avvalsi del servizio degli interpreti in riunione, un tale taglio rappresenta un danno al prestigio dell'Italia, che agli albori dell'integrazione europea si fece promotrice del principio del multilinguismo;
          oltre a ciò, la decisione dell'Italia di sospendere sine die il contributo finanziario a sostegno dei servizi di traduzione orale vanifica anni di lotta condotta da precedenti Governi e da eminenti istituti italiani di cultura in difesa del ruolo dell'italiano nel concerto delle lingue europee;
          in base al provvedimento adottato, i delegati potranno continuare a parlare italiano in riunione. Tuttavia, la pratica quotidiana del multilinguismo mostra che un delegato che non può più ascoltare la propria lingua sarà con il tempo sempre più disincentivato a parlarla, riducendone così gradualmente la presenza agli incontri, a vantaggio degli altri Paesi. Qualora l'italiano andasse progressivamente scomparendo nelle riunioni tecniche quotidiane del Consiglio ciò potrebbe incidere anche sul livello di qualità della traduzione dall'italiano verso le altre lingue europee. Un rischio da non sottovalutare anche nella prospettiva della presidenza italiana del Consiglio, nel 2014;
          tale decisione, presa in un'ottica di emergenza finanziaria, potrebbe avere effetti culturali irreversibili: l'italiano, già insegnato in pochissime facoltà di interpretazione europee, potrebbe scomparire dai programmi universitari e tra pochi anni non ci sarebbero più interpreti in grado di tradurre dall'italiano in altre lingue ad alto livello;
          anche al Parlamento europeo è stato ridotto il bilancio destinato a finanziare gli ingaggi degli interpreti freelance. La riduzione è però generalizzata e non colpisce specificamente nessuna lingua. Grazie alle misure di riorganizzazione interna adottate nel frattempo, l'italiano continua dunque a essere solidamente presente nelle riunioni del Parlamento;
          la battaglia per la difesa dell'italiano nelle istituzioni europee è una battaglia importantissima. Non è solo una questione di prestigio o di orgoglio nazionale. Difendendo il multilinguismo delle istituzioni europee si difende in realtà la legittimità democratica di queste stesse istituzioni  –:
          se e quali iniziative intendano assumere per rivedere la decisione presa e cancellarne gli effetti. (4-16674)

      Risposta. — Il Governo italiano ha sempre ritenuto che il principio di non discriminazione linguistica rappresenti un elemento fondamentale per il successo del processo di integrazione europea. L'Unione europea rappresenta infatti un'organizzazione sovranazionale con profili del tutto peculiari di governo condiviso tra gli Stati membri. Per generare il necessario sentimento di appartenenza ai processi decisionali è pertanto fondamentale che la diversità degli idiomi sia salvaguardata nel funzionamento delle istituzioni. L'importanza del fattore linguistico è stata del resto ben presente sin dalle origini della costruzione europea. Il regolamento CE 1/1958 – regolarmente emendato in occasione degli allargamenti dell'UE – indica infatti come lingue ufficiali e lingue di lavoro quelle di tutti gli Stati-membri.
      Il Governo, in linea con gli indirizzi espressi dal Parlamento, ha mantenuto una posizione ferma in merito alla difesa di un regime linguistico non discriminatorio per la lingua italiana nell'ambito delle istituzioni europee. Il Ministero degli affari esteri esercita pertanto una costante sensibilizzazione nei confronti delle istituzioni e degli Stati membri dell'Unione.
      Per quanto concerne le spese per i servizi di interpretariato dei gruppi di lavoro del Consiglio, le esigenze di contenimento del bilancio hanno suggerito una razionalizzazione della spesa, ma non certo di modifica della consolidata politica del Governo sopra riportata.
      Giova ricordare che le spese per l'interpretariato dei gruppi di lavoro del Consiglio si fonda su una decisione del 2004 (cosiddetto «Request and Pay»), favorita proprio dall'Italia, volta a porre tutte le lingue su un piano di parità e combattere invece ogni forma di «trilinguismo» (inglese, francese, tedesco) strisciante. Sulla base di questa decisione, tutti i Paesi ricevono una analoga somma sul bilancio a carico del Consiglio (cosiddetto «enveloppe»), mentre ricadono sui bilanci nazionali esigenze aggiuntive di interpretariato, su richiesta dei singoli Paesi membri. Sulla base della decisione del 2004, sono comunque garantiti i servizi di interpretariato per tutte le riunioni a livello di Consiglio e per tutta una serie di riunioni previste dalla decisione del 2004 e dalla successiva integrazione del 2007. Per il 2012, l'Italia ha avuto a disposizione una «enveloppe» di 1.177.500 euro a semestre.
      Per il primo semestre dell'anno, si è provveduto con una integrazione sul bilancio nazionale per 1.283.556 euro, per un totale di 2.461.056 per spese di interpretariato nel primo semestre 2012. Per il secondo semestre, esigenze di bilancio hanno suggerito in un primo momento di limitare il numero delle riunioni per le quali richiedere l'interpretariato pieno, ben sapendo che si trattava di una misura di carattere temporaneo e che sarebbero state adattate non appena possibile. Per contenere gli esborsi sul bilancio nazionale, si è infatti convenuto di chiedere l'interpretariato passivo per tutti i gruppi di lavoro del Consiglio, e quello attivo nei casi in cui esigenze di funzionalità del lavoro lo suggerivano. In questo modo, gli esperti italiani hanno comunque sempre potuto esprimersi in italiano, mantenendo presente e visibile la presenza della nostra lingua, ed hanno potuto usufruire dell'interpretariato pieno ogniqualvolta esigenze funzionali lo abbiano consigliato.
      Successivamente, pur in una fase di stringenti riduzioni di spesa pubblica, sono state reperite le risorse necessarie a garantire l'interpretariato pieno per tutti i gruppi di lavoro del Consiglio già a partire da settembre. Si è quindi tornati alla situazione precedente. Analoghe risorse sono state previste sul bilancio 2013, in modo da continuare a garantire l'interpretariato pieno per l'anno prossimo.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Marta Dassù.


      MARCHI, ALESSANDRI, BARBIERI e CASTAGNETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          secondo il rapporto della polizia dell'epoca, il 7 luglio 1960, la Camera confederale del lavoro di Reggio Emilia proclamava lo sciopero generale provinciale. Iniziava la distribuzione di un manifesto ciclostilato che conteneva, fra l'altro, l'invito a partecipare a una manifestazione che avrebbe avuto luogo alle ore 17 nella sala Verdi della città. La decisione di scioperare era assunta in seguito ai gravi fatti avvenuti a Licata, ove nel corso di uno sciopero unitario erano stati uccisi due giovani lavoratori e a Roma, ove, nel corso di una manifestazione indetta dal Consiglio federativo della Resistenza erano stati caricati a bastonate i numerosi deputati e senatori presenti. Nel manifestino si protestava inoltre contro «l'attacco governativo alla Costituzione e alle libertà democratiche» e si invitavano i lavoratori e i cittadini reggiani a lottare uniti «per far cessare l'intervento della polizia nelle vertenze sindacali, per respingere i rigurgiti fascisti riaffermando i valori della Resistenza» e, infine, «per cacciare il governo Tambroni, per costituire un nuovo governo che accolga e risolva i problemi dei lavoratori»;
          lo sciopero era proclamato dalle ore 12 alle ore 24 nei settori dell'industria, dell'agricoltura, del commercio e degli enti locali e fino alle ore 18 in quello degli autotrasporti;
          sempre secondo il rapporto di polizia, nelle prime ore del pomeriggio del 7 luglio cominciarono ad affluire nella piazza Libertà, antistante la sala Verdi, gruppi di «attivisti» di sinistra, sicché la piazza ben presto fu gremita da circa duemila persone;
          sappiamo come si concluse tragicamente quella manifestazione di protesta, nata all'insegna dei valori della Costituzione e della Resistenza;
          secondo le imputazioni, formulate all'epoca dalla procura della Repubblica, «una guardia di pubblica sicurezza, addetta ad un idrante della polizia in servizio di ordine pubblico, contrariamente alle mansioni affidatagli e agli ordini ricevuti quel giorno, sparò un colpo di pistola nei confronti di Afro Tondelli uccidendolo»;
          sempre secondo le imputazioni della procura, «un commissario di polizia, dirigente il servizio di ordine pubblico, omettendo per imprudenza, negligenza e imperizia di prescrivere agli agenti posti alle sue dipendenze le modalità di uso delle armi – genere di armi da usare e direzione del tiro – ordinò agli agenti di fare uso delle armi da fuoco, provocando così, per l'uso indiscriminato da parte di alcune guardie, la morte di Emilio Reverberi, Ovidio Franchi, Lauro Farioli e Marino Serri»;
          il procedimento penale per questi reati (e per altre imputazioni per riunione sediziosa, resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale a carico di numerosi dimostranti), celebratosi presso la seconda corte di assise di Milano, si concludeva con l'assoluzione del commissario per non aver commesso il fatto e con l'assoluzione della guardia di pubblica sicurezza per insufficienza di prove;
          i morti del 7 luglio 1960 sono costantemente ricordati dalla comunità di Reggio Emilia come caduti in difesa dei diritti di libertà e democrazia;
          nel corso di una delle commemorazioni pubbliche di questo ultimo decennio, la madre ottuagenaria di Ovidio Franchi, scomparsa nel 2003, richiesta di cosa la faccia ancora soffrire ha così esclamato: «Che non ci hanno dato ancora la risposta che vogliamo. Lo abbiamo capito, ma lo vogliamo sapere da loro (in cui quel loro è lo Stato, la Repubblica), da quelli che hanno mandato quelle persone a uccidere i nostri figli. Nessuno si è potuto difendere, loro non avevano armi. Avevano solo la coscienza di andare in piazza a dimostrare quello che pensavano. Purtroppo, anche oggi c’è ancora gente che è al nostro punto e si rischia ancora che accada qualcosa di brutto»;
          nelle parole della mamma di Ovidio, come nel comportamento degli altri familiari delle vittime, non vi è traccia di odio, di risentimento, di vendetta. Vi è una dolorosa e legittima rivendicazione di giustizia morale riparatoria così come è venuta una lezione di impegno civile e di lotta per i valori di libertà, democrazia e giustizia sociale;
          le vittime del 7 luglio 1960, causa la sentenza che assolse tutti gli imputati, non hanno quindi mai potuto avere giustizia;
          sono, tra l'altro, di impedimento per la revisione del processo le norme del codice di procedura penale (articoli 629 e 632) che stabiliscono che la stessa può essere richiesta solo da chi abbia subito una condanna;
          potrebbero però venire alla luce fatti nuovi che possano far riaprire anche d'ufficio le indagini e quindi provocare nuovi effetti sul piano giudiziario, nonché verificare le responsabilità del Governo Tambroni, del Ministero dell'interno e relativamente alla gestione delle forze dell'ordine;
          a tal fine può essere d'ausilio la conoscenza di tutti gli atti, le informazioni, le comunicazioni, le disposizioni del Governo e, in particolare, del Ministero dell'interno, relativi a quelle vicende;
          sugli stessi potrebbe essere stato apposto il segreto di Stato;
          dal tempo di quei fatti sono già trascorsi quarantotto anni e quindi, ai sensi dell'articolo 39 (segreto di Stato) della legge 3 agosto 2007, n.  124, «Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del Segreto», sono stati superati tutti i termini previsti per la durata complessiva del vincolo del segreto di Stato, sia quello ordinario di quindici anni previsto dal comma 7, sia quello massimo di trenta anni, a seguito di una o più proroghe del vincolo, previsto dal comma 8  –:
          se su atti, documenti, notizie, attività o altre cose relative ai fatti del 7 luglio 1960 a Reggio Emilia sia stato apposto in passato il vincolo del segreto di Stato;
          in caso di risposta affermativa al precedente quesito, di quali atti, documenti, notizie, attività o altre cose specificatamente e puntualmente si tratti, su cui possa oggi da chiunque vi abbia interesse essere fatta richiesta al Presidente del Consiglio dei ministri di avere accesso agli stessi come previsto dal comma 7 dell'articolo 39 della legge 3 agosto 2007, n.  124. (4-01265)

      Risposta. — Con l'interrogazione in esame viene richiamata l'attenzione del Governo sui disordini avvenuti a Reggio Emilia il 7 luglio 1960 durante i quali persero la vita cinque manifestanti reggiani.
      In particolare, si chiede di conoscere se sugli atti relativi a tale vicenda sia stato apposto in passato il vincolo del segreto di Stato.
      Com’è noto, l'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n.  124 «Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto» prevede che l'apposizione del segreto di Stato sia attribuita dal Presidente del Consiglio dei ministri.
      Sul punto, a suo tempo, è stato interessato anche il dipartimento informazioni per la sicurezza il quale ha segnalato che «la documentazione pertinente all'interrogazione di cui è in possesso l'AISE, non reca evidenza di pregresse apposizioni del segreto di Stato».
      Quest'amministrazione ha anche disposto accertamenti per il tramite della prefettura di Reggio Emilia, dai quali è emerso che agli atti della locale questura «non risultano documenti sui fatti accaduti a Reggio Emilia, il 7 luglio 1960, sui quali sia stato apposto il segreto di Stato».

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.


      MISEROTTI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          in seguito all'esclusione da un concorso interno, bandito ai sensi dell'articolo 20 del decreto-legge 23 giugno 1995, n.  244, riguardante la soppressione dell'Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno (AGENSUD), alcuni dipendenti del precedente Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, ivi transitati per mobilità dal Ministero delle poste e telecomunicazioni, sono stati ammessi a parteciparvi con riserva ed alcuni di loro sono risultati vincitori;
          il legale che rappresentava i ricorrenti ha depositato in data 26 giugno 1998 due ricorsi identici per i quali è stata successivamente depositata una memoria integrativa che differenziava i ricorrenti provenienti dalla pubblica amministrazione e quelli facenti parte del personale dell'Agensud, per il quale era prevista l'esclusione dal concorso interno sopraccitato;
          dei due ricorsi uno è stato respinto e l'altro è stato accolto dallo stesso organo giudicante (TAR del Lazio), nonostante la documentazione prodotta per entrambi i ricorsi fosse identica;
          si è creata, così, una palese situazione di disuguaglianza tra ricorrenti esclusi dall'attribuzione del diritto e ricorrenti ai quali è, invece, stato riconosciuto tale diritto, pur essendo tutti nella medesima situazione giuridica e vincitori dello stesso concorso interno;
          alcuni ricorrenti ai quali è stato negato l'avanzamento di carriera, si trovano, nella graduatoria finale di merito, anche in posizione migliore rispetto a quelli che hanno ottenuto il diritto rivendicato, rendendo ancor più evidente la situazione di ingiustizia che si è venuta a creare  –:
          come il Governo intenda garantire l'imparzialità della pubblica amministrazione ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione e il rispetto del principio di uguaglianza previsto dall'articolo 3 della Costituzione, prevedendo, per quanto di competenza, una soluzione equa in relazione a questa gravissima vicenda. (4-16207)

      Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame, concernente l'espletamento del concorso interno bandito ai sensi dell'articolo 20 del decreto-legge 23 giugno 1995, n.  244, riguardante la soppressione dell'Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno (Agensud), si rappresenta quanto segue.
      Con il bando di concorso pubblicato sulla
G.U.R.I. del 3 ottobre 1997, IV serie speciale n.  77 è stato indetta la selezione per «titoli di servizio, integrato da colloquio per 32 posti complessivi della VII qualifica funzionale».
      L'articolo 1, comma 2, della summenzionata
lex specialis del bando, stabiliva che «il concorso è riservato ai sensi dell'articolo 20 del decreto-legge 23 giugno 1995 n.  244, convertito in legge n.  341 del 1995, al personale interno del Ministero dell'industria, commercio ed artigianato già in ruolo alla data del 15 settembre 1993 ed in servizio alla data di scadenza del termine di partecipazione al concorso, che abbia maturato un'anzianità di almeno cinque anni nella qualifica immediatamente inferiore, entro la predetta scadenza», che veniva indicata nel trentesimo giorno dalla data di pubblicazione del bando nella Gazzetta Ufficiale.
      Nell'ambito della suddetta procedura concorsuale, l'Amministrazione ha provveduto ad escludere alcuni candidati in quanto non in possesso dei requisiti previsti dal bando.
      Alcune di queste esclusioni sono state, a seguito di impugnazione innanzi alla competente autorità giurisdizionale, ritenute illegittime dal TAR-Lazio.
      Al riguardo l'interrogante evidenzia che per casi identici di ricorso proposto dal personale dell’
ex Agensud, i competenti organi giudicanti hanno statuito in modo diverso.
      Orbene, com’è noto, ai sensi dell'articolo 2909 del codice civile, l'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, e conseguentemente, non è estensibile a soggetti diversi.
      Per quanto concerne, invece, alle motivazioni che hanno indotto l'Autorità giurisdizionale alle relative decisioni, questa Amministrazione non può ovviamente entrare nel merito. Pertanto, l'Amministrazione si è conformata a quanto statuito giudizialmente non essendo consentito alla stessa né di discostarsi dalle pronunce del giudice adito, in assenza di ulteriori provvedimenti giurisdizionali di riforma delle stesse, né di estendere eventuali giudicati formatisi in casi analoghi.
      Inoltre, l'interrogante chiede come il Governo intenda garantire l'imparzialità della pubblica amministrazione ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione. In proposito, tale garanzia è data proprio nell'applicazione pedissequa delle regole di partecipazione alla selezione in oggetto, stabilite preventivamente attraverso la
lex specialis del bando in oggetto.
Il Ministro dello sviluppo economico: Corrado Passera.


      NASTRI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto pubblicato dal settimanale «Sette» inserto del quotidiano: «il Corriere della Sera» il 10 maggio 2012, il numero di incidenti e purtroppo di decessi, causati dagli ungulati che attraversano le strade che fuoriescono dai boschi e dalle campagne è aumentato in misura preoccupante;
          in particolare, nel Piemonte i danni da ungulati ammontano annualmente a oltre 3 milioni di euro e i risarcimenti, quando previsti, ritardano nei confronti della regione, di quasi due anni, con le prevedibili conseguenze delle difficoltà nel reperire i fondi necessari per gli indennizzi;
          l'attività di contrasto da parte del Corpo forestale dello Stato, secondo quanto riporta il medesimo articolo, appare in difficoltà, in considerazione dell'elevato numero di cinghiali, caprioli, cervi, daini e mufloni, ma anche corvidi e storni che si sono progressivamente moltiplicati, minacciando la sicurezza stradale e contribuendo inoltre all'instabilità dei terreni che provocano smottamenti e frane  –:
          quali siano gli orientamenti del Ministro con riferimento a quanto esposto in premessa e, conseguentemente, quali iniziative di competenza intenda intraprendere con riferimento a quanto sopra esposto. (4-16032)

      Risposta. — In riferimento alla interrogazione in esame, concernente i danni provocati da ungulati che, fuoriuscendo da boschi e campagne, attraversano le strade, vorrei far presente che l'attività di accertamento, valutazione ed eventuale risarcimento dei danni provocati da fauna selvatica, come anche i piani di abbattimento, sono compiti trasferiti alle Regioni dalla normativa vigente in materia, senza alcun coinvolgimento tecnico-operativo del Corpo forestale dello Stato.
      Al riguardo, preciso che il Corpo forestale dello Stato svolge esclusivamente attività di vigilanza nel rispetto delle eventuali prescrizioni contenute nei piani di contenimento delle singole specie.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Mario Catania.


      PAGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il Ministero dello sviluppo economico si articola in quattro dipartimenti ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 novembre 2008, n.  197, mentre la distribuzione nei dipartimenti degli uffici dirigenziali di livello non generale è rintracciabile nel decreto ministeriale del 7 maggio 2009;
          il dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica assume oggi un'importanza strategica per la crescita ed il consolidamento del sistema delle imprese nel nostro Paese ed in particolare nel Mezzogiorno. A ciascuna delle undici divisioni in cui esso si articola è attribuita una competenza volta a favorire, tra le altre cose, le politiche di sviluppo – anche tecnologico – delle piccole e medie imprese italiane e, indirettamente, dei territori in cui esse operano, con particolare riguardo alle specificità che contraddistinguono il Mezzogiorno e le aree depresse del Centro-nord;
          tra gli strumenti di intervento propri del dipartimento vi è la gestione, realizzata per il tramite della divisione IX, dell'intera programmazione negoziata ed, in particolare, dei cosiddetti patti territoriali;
          ad oggi in Italia sono stati approvati 220 patti territoriali, con 113 successive rimodulazioni, e 18 contratti d'area, con 24 protocolli aggiuntivi, per un totale di 12.270 iniziative finanziate e di oltre 933 interventi infrastrutturali. Circoscrivendo l'analisi dei dati alle sole regioni del Meridione risulta altresì che queste ultime avrebbero beneficiato del varo di 147 patti territoriali (per un ammontare pari al 67 per cento del totale nazionale), a cui vanno aggiunte 35 rimodulazioni, e di 14 – su un totale di 18 – contratti d'area integrati da 18 protocolli aggiuntivi;
          sempre con particolare riguardo al Mezzogiorno, il Ministero dello sviluppo economico avrebbe finanziato complessivamente 7.465 iniziative imprenditoriali relative a molteplici settori produttivi (61 per cento sul totale nazionale) e avallato 308 interventi infrastrutturali;
          a ciò si aggiunga che gli 86 patti generalisti nel Sud avrebbero previsto investimenti per un ammontare pari a 4.782.647 euro ed avrebbero comportato impegni di spesa per investimenti complessivi quantificabili in 2.797.680 euro, di cui solo 1.620.000 euro erogati;
          inoltre, per sostenere i 220 patti italiani sarebbero stati previsti complessivamente investimenti per 11.805.586 euro, con un onere pubblico pari a 4.996.195 euro e un totale erogato di 2.984.260 euro;
          tra i succitati investimenti produttivi molti starebbero giungendo a completamento, mentre altri, definiti da anni, attenderebbero di beneficiare delle erogazioni relative agli ultimi stati d'avanzamento o agli stati finali;
          la competenza circa tali erogazioni per investimenti conclusi e rendicontati già da alcuni anni, anche quelle afferenti ai capitoli di spesa perenti e solo da poco tempo reintegrati finanziariamente, è posta in capo al direttore generale per incentivazione delle attività imprenditoriali, carica attualmente vacante;
          tale circostanza comporterebbe inevitabili ritardi e impedimenti circa le menzionate erogazioni e arrecherebbe gravi disagi alle imprese che, pur avendo per tempo concluso e rendicontato gli investimenti favorendo un aumento dell'occupazione, da tempo attendono di conoscere la definizione dei finanziamenti  –:
          se il Ministro sia a conoscenza delle circostanze esposte in premessa e se non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza per provvedere in tempi ragionevoli alla nomina di un nuovo direttore generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali. (4-12270)

      Risposta. — La procedura per il conferimento ed avvicendamento degli incarichi dirigenziali di prima fascia del Ministero dello sviluppo economico è regolata dalla direttiva del Ministro dello sviluppo economico 15 gennaio 2009.
      In tale direttiva è previsto che l'iniziativa sia in capo all'ufficio di gabinetto del Ministro che, a sua volta, affida all'ufficio per gli affari generali e per le risorse, la competenza in merito alla pubblicizzazione delle posizioni generali vacanti.
      In data 3 febbraio 2011 all'allora titolare della Direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali, è stato conferito un diverso incarico dirigenziale.
      È stata, pertanto, avviata la procedura di interpello per la copertura di tale funzione che risultava di conseguenza vacante.
      Sono pervenute al riguardo 11 candidature prontamente trasmesse al Gabinetto del Ministro. L'allora Ministro, valutate le domande pervenute, ha ritenuto di non conferire a nessuno dei candidati, l'incarico di questione e ha proposto l'affidamento in reggenza a un dirigente generale dell'amministrazione già titolare di un altro incarico dirigenziale di livello generale.
      Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 giugno 2011 è stato conferito l'incarico di reggenza della direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali al dottor Vincenzo Donato per il periodo dal 13 giugno 2011 al 31 gennaio 2012.
      A seguito del successivo avvicendamento di tutti gli incarichi dirigenziali di livello generale e della successiva pubblicizzazione della vacanza della direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali a far data dal 1o febbraio 2012, ho ritenuto di affidare l'incarico al dottor Carlo Sappino in ragione delle professionalità e competenze possedute dal medesimo dirigente in relazione al perseguimento degli obiettivi istituzionali propri di tale direzione.
      Pertanto con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 febbraio 2012 è stato conferito l'incarico di direttore della direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali al dottor Carlo Sappino per la durata di quattro anni a decorrere dal 1o febbraio 2012.

Il Ministro dello sviluppo economico: Corrado Passera.


      PAGANO. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          la marina militare americana ha avviato nella sua base di Niscemi, cittadina siciliana insistente nella provincia di Caltanissetta e sita all'interno della riserva naturale della Sughereta, attività di installazione di un nuovo sistema di telecomunicazioni satellitare, il cosiddetto Mobile user objective system (di seguito M.U.O.S.);
          il M.U.O.S. è un sistema radar satellitare di ultima generazione formato da: a) tre antenne paraboliche, dal diametro di 18 metri e alte all'incirca 50 metri; b) un'antenna elicoidale, alta 148 metri usata per le comunicazioni dei sottomarini; c) quattro stazioni di terra – Niscemi, Virginia, Hawaii, Australia – collegate tra loro grazie all'ausilio di cinque satelliti geostazionari, la cui funzione consiste nel raccogliere e smistare i dati inviati dalle apparecchiature militari sul campo di battaglia, con particolare riguardo agli «utenti mobili» (i droni). Il M.U.O.S. è stato concepito per sostituire la rete già presente nella base di Niscemi, la Naval Radio Trasmitter Facility-8, costituita da 41 antenne aventi una potenza di emissione nell'ordine dei 500-2000 Kw e utilizzate per le comunicazioni in superficie e sott'acqua;
          rilievi effettuati dall'Arpa Sicilia sulla stazione tra il 2008 e il 2010 hanno evidenziato che le emissioni di onde elettromagnetiche da essa generate si sarebbero poste al limite della soglia di attenzione di 6 V/m fissata dalla normativa vigente in materia di campi elettromagnetici (legge n.  36 del 2001; decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003). Le misurazioni, tuttavia, sarebbero avvenute in una fase in cui l'impianto non era pienamente funzionante e alla massima potenza;
          la pericolosità per la salute dei cittadini e per l'ambiente circostante viene ben rappresentata dal parere espresso sui citati rilievi dell'Arpa Sicilia per conto del comune di Niscemi dal professor Massimo Zucchetti, docente di impianti nucleari del dipartimento energia del politecnico di Torino e dal ricercatore Massimo Coraddu: «... per un principio di salvaguardia della salute della popolazione e dell'ambiente, non dovrebbe essere permessa alcuna installazione di ulteriori sorgenti di campi e.m. presso la stazione NRTF di Niscemi, e anzi occorre approfondire lo studio delle emissioni già esistenti e pianificarne una rapida riduzione, secondo la procedura di “riduzione a conformità” prevista dalla legislazione italiana in vigore». In un'intervista successiva rilasciata ai mezzi di informazione il professor Zucchetti avrebbe inoltre affermato che il Muos «prevede una copertura radar globale a scopo bellico e che contrariamente ai normali radar, che si trovano negli impianti civili, ha la caratteristica di essere molto più potente», tanto che «di solito questi impianti vengono posizionati in zone disabitate oppure in isolotti»;
          è ormai pacifico che le onde elettromagnetiche, in fase di «attività normale» di un'antenna, producano radiazioni, ma nel caso del M.U.O.S. la situazione è resa ancor più grave almeno da due circostanze. In fase di puntamento verso uno specifico bersaglio il sistema produce radiazioni che non si concentrano solo verso quella specifica direzione, ma si diffondono su ampio spettro. Inoltre il M.U.O.S., come pure le antenne NRTF, sarebbe posto a una distanza troppo esigua dal centro abitato con ripercussioni negative sulla salute degli abitanti, sia dirette (a causa dell'acclarata correlazione tra esposizione a onde elettromagnetiche e patologie tumorali) che indirette (interferenze con apparecchiature medicali elettroniche: pacemaker, defibrillatori, apparecchi acustici e altre attrezzature ospedaliere) anche a lungo termine;
          oltre a quanto testé esposto le radiazioni emesse dal M.U.O.S. rischiano di compromettere gravemente l'equilibrio dell'ambiente circostante. È, infatti, già stato specificato che la base militare americana di Niscemi sorge all'interno di uno dei pochi parchi naturali con alberi da sughero ormai rimasti in Italia. La riserva della Sughereta, che dal 2000 è annoverata a pieno titolo quale sito di importanza comunitaria, è già oggetto di protezione da parte di leggi che vietano di danneggiare o deturpare alberi e ambiente e ai sensi del Piano territoriale della provincia di Caltanissetta non è concesso realizzare nuove costruzioni e infrastrutture presso il parco. Al contrario, e in spregio di tali norme, i lavori propedeutici all'installazione del (M.U.O.S.) (comprensivi di attività di disboscamento e spianamento di una collina) hanno cambiato gli equilibri naturali del paesaggio circostante. Nel contempo si stima che la potenza emissiva della stazione elettromagnetica sarebbe in grado di produrre effetti biologici su esseri umani, flora e fauna in un raggio di 140 chilometri;
          altri dati possono essere citati a dimostrazione della pericolosità dell'installazione del M.U.O.S.: a) i vertici militari della base americana di Sigonella (SR), presso cui originariamente era prevista la creazione della stazione, hanno optato per lo spostamento a Niscemi dopo avere rilevato che le elevate emissioni elettromagnetiche avrebbero potuto determinare il rischio di innesco delle armi esplosive installate sui velivoli da battaglia; b) l'errato puntamento delle antenne o eventuali incidenti all'interno del M.U.O.S. potrebbero arrecare danni immediati e mortali ai civili residenti nelle zone limitrofe; c) in fase di puntamento delle antenne il fascio di onde emesse avrebbe ripercussioni sulle apparecchiature di bordo degli aeromobili, con conseguenze negative anche sul traffico aereo che ruota intorno al terminal catanese di Fontanarossa e al costruendo aeroporto di Comiso  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
          se il Governo non ritenga, in virtù del principio di cooperazione, di intervenire presso la marina militare statunitense affinché – anche in considerazione del fatto che recentemente l'Assemblea regionale siciliana ha espresso parere favorevole rispetto a due ordini del giorno miranti ad impegnare il governo regionale a bloccare qualsiasi installazione a fini di trasmissione, a revocare autorizzazioni già rilasciate per nuovi impianti e ad intervenire presso il Governo nazionale – non si realizzi il sistema MUOS nel comune di Niscemi. (4-17343)

      Risposta. — Si conferma la realizzazione di uno dei quattro terminali terrestri muos (mobile user objective system) nell'area del demanio militare di Niscemi, già adibita a stazione radio in utilizzo alla Marina militare degli Stati Uniti, nel quadro degli accordi in vigore fra la Repubblica italiana e gli Stati Uniti d'America.
      L'area interessata dal nuovo terminale terrestre ricade in una zona protetta ai fini della preservazione dell’
habitat; tuttavia, in, considerazione di ciò è stato presentato lo studio di valutazione di incidenza ambientale e la relazione paesaggistica alla regione Sicilia per le approvazioni prescritte dalla normativa vigente (direttiva 92/43/CEE; decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 2003, n.  357).
      In data 28 giugno 2011, con protocollo 43182, la regione Sicilia per il tramite dell'Assessorato del territorio ha autorizzato la realizzazione dell'opera in argomento.
      In proposito occorre evidenziare che nel corso dell'istruttoria di approvazione da parte della regione Sicilia, l'Azienda regionale protezione ambientale (Arpa) della Sicilia, ovvero l'ente di garanzia per la salute pubblica, ha condotto una serie di rilevazioni e studi, riportati nei documenti n.  2535 del 18 febbraio 2009 ed integrazione n 9196 del 27 maggio 2009.
      Le conclusioni ufficiali dell'Arpa indicano nel primo documento che: «nelle aree circostanti la base radio della Marina militare USA di Niscemi (ntrf) il contributo al campo elettromagnetico fornito dalle antenne paraboliche in progetto è trascurabile, a condizione che gli angoli di elevazione siano tali che l'asse di irradiazione principale non intercetti alcuna area accessibile alla popolazione» e nel secondo documento integrativo che: «i valori di campo elettromagnetico generati dalle antenne elicoidali TACO mod. H124 all'esterno del perimetro della base militare siano compatibili con il limite di esposizione, con il valore di attenzione e con l'obiettivo di qualità di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003».
      La regione Sicilia ha acquisito inoltre un parere del Dipartimento di ingegneria elettronica e delle telecomunicazioni della Facoltà di ingegneria di Palermo che ha confermato che il sistema di trasmissione muos non comporta condizioni di rischio per la salute dell'uomo.
      Gli USA, nella relazione esplicativa dello specifico studio di impatto ambientale elettromagnetico hanno dichiarato che «... ai sensi del decreto ministeriale n.  381 del 1998 ... la misurazione dell'inquinamento da radiofrequenze ... sarà eseguita appena i sistemi saranno installati e pronti ad operare».
      A garanzia e verifica della rispondenza di tale impianto di telecomunicazioni alla specifica normativa nazionale vigente in materia di missioni elettromagnetiche, il muos non potrà diventare operativo se prima non sarà sottoposto a collaudo.
      In tale quadro, un'apposita commissione congiunta, a lavori ultimati, dovrà comparare le effettive emissioni elettromagnetiche con quelle previste dallo studio di progetto e l'eventuale incompatibilità del sistema con le leggi nazionali e le apparecchiature di telecomunicazioni già operanti in sito.
      Non si è a conoscenza di eventuali studi riguardanti possibili interferenze con l'aeroporto di Comiso.
      Tuttavia, per completezza di informazione, si evidenzia che nella lettera di approvazione del progetto, la Direzione generale delle telecomunicazioni della difesa specifica che «non si ravvisano elementi sufficienti a determinare significative interferenze sui sistemi di comunicazioni nazionali attualmente installati presso il sito».
      L'ubicazione originariamente prevista dagli USA presso l'aeroporto di Sigonella era stata modificata in quanto dagli studi preliminari effettuati era emerso il rischio di interferenze tra il sistema muos e i sistemi operativi di telecomunicazione della base stessa e dei velivoli ivi operanti.
      Tuttavia giova evidenziare che nei citati documenti ufficiali del 18 febbraio 2009 ed integrazione del 27 maggio 2009 dell'Arpa viene peraltro, già considerato il documento redatto nel gennaio 006 da
space and Naval warfare systems center – Charleston, South Carolina – Task number E05121, nel quale viene dichiarato che nessuno dei numerosi trasmettitori locali o remoti presenti in un raggio fino a 75 chilometri dalla stazione radio di Niscemi (che include l'aeroporto di Comiso), subirà interferenza di natura elettromagnetica per effetto del muos.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      RAMPI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          in data 16 giugno 2011 l'interrogante ha presentato interrogazione a risposta scritta 4-12353 al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali avente come oggetto la situazione di sofferenza in cui versa il comando provinciale di Novara del Corpo forestale dello Stato a causa della forte carenza di personale e di risorse, evidenziando le condizioni estreme in cui gli uomini del Corpo sono costretti ad operare, nonché il conseguente rischio di chiusura dei comandi stazione;
          nel corso di un incontro svoltosi presso la prefettura di Novara nel mese di luglio dello scorso anno, il sottosegretario alle politiche agricole, onorevole Rosso, ha fornito ampie rassicurazioni circa la volontà del Governo di sanare la situazione e garantire il rafforzamento delle suddette strutture;
          in data 7 novembre 2011 nell'allegato B della seduta n.  546 è stata pubblicata la risposta scritta fornita dal Ministro pro tempore Francesco Saverio Romano, all'interrogazione 4-12353;
          ad oggi la situazione risulta aggravata da ulteriori vuoti di organico determinati da trasferimenti di personale, con pesanti ricadute sullo svolgimento del servizio e sul controllo del territorio che non può essere garantito in modo adeguato;
          in data 1° marzo 2012 si è concluso il corso di formazione per vice ispettore forestale tenutosi presso la scuola di formazione di Cittaducale (Rieti), ma dei 182 ispettori forestali che hanno completato la prevista formazione, nessuno è stato assegnato al comando di Novara  –:
          se, a fronte della situazione estrema evidenziata in premessa e denunciata anche dalle organizzazioni sindacali del settore, come si evince dal comunicato stampa del coordinamento provinciale Uil pubblica amministrazione – comparto sicurezza – del 5 marzo 2012, il Ministro intenda intervenire;
          quali siano le azioni che intenda compiere nell'immediato per sopperire, almeno in parte, alle criticità presenti nell'area geografica oggetto della presente interrogazione per evitare che i livelli minimi di dotazione organica raggiunti possano minare alle radici la missione e la ragion d'essere del Corpo forestale dello Stato nella provincia di Novara. (4-15443)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, concernente la carenza di personale presso il comando provinciale di Novara del Corpo forestale dello Stato, premetto che le unità effettive in servizio, nei ruoli di ispettore, sovrintendente, agente e assistente del Corpo forestale dello Stato, all'inizio del mese di maggio si sono ridotte a 6.758, vale a dire 1.083 in meno rispetto alla dotazione organica di legge pari a 7.841 elementi.
      Pertanto, l'esiguità di organico su scala nazionale, imputabile in larga misura ai numerosi pensionamenti volontari anticipati degli ultimi tempi, continua a generare una crescente e diffusa carenza di personale nei presidi territoriali, con conseguenti problemi per lo svolgimento del servizio.
      Peraltro, anche ipotizzando un numero di elementi in attività pari alla dotazione di legge, circostanza mai verificatasi per effetto di previsioni contenute in leggi di finanza pubblica approvate negli ultimi anni, è verosimile supporre il persistere di criticità, dovute all'estensione del territorio da presidiare e alla molteplicità dei compiti da assolvere.
      Quanto all'area geografica cui si riferisce l'interrogante, il totale del personale effettivamente in servizio presso le strutture della provincia di Novara, nei ruoli sopra evidenziati, ammonta attualmente a 16 unità, rispetto ad una pianta organica provinciale che ne prevede 30, oltre ad ulteriori 7 tra funzionari e personale tecnico-amministrativo (mentre in servizio sono presenti solo 3 unità).
      Sebbene la fattispecie rappresentata appaia alquanto critica, anche perché investe altre realtà del Paese, si tratta tuttavia di una situazione transitoria.
      Infatti, fermo restando il mio impegno per l'auspicato potenziamento nelle strutture maggiormente interessate, entro l'anno sarà valutato il potenziamento delle sedi della provincia di Novara mediante unità dei ruoli di agente e sovrintendente provenienti, rispettivamente, da un piccolo contingente di vincitori di un concorso pubblico (riservato ai volontari che hanno espletato la prescritta ferma nell'Esercito) e da un concorso interno (in tale ultima ipotesi, a condizione che vi siano elementi disposti ad accettare la destinazione di sede, conseguente alla promozione alla qualifica di vice sovrintendente).
      Evidenzio inoltre che, nel prossimo bando dell'appello ordinario nazionale per i trasferimenti a domanda del personale, di imminente emanazione, verranno inclusi complessivi tre posti (uno per ciascuno dei ruoli di ispettore, perito e revisore). Qualora, invece, l'appello nazionale anzidetto non dovesse dare l'esito sperato, per la copertura di posti occorrerà attendere l'espletamento di nuove procedure.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Mario Catania.


      REALACCI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          la Tunisia ha predisposto, già sotto il precedente Governo Ben Ali, un «Piano Solare Tunisino» (PST) che prevede 33 progetti per complessivi circa 2 miliardi di euro da finanziare da fonti diverse e che potrebbe offrire una importante occasione per le aziende della «Green Economy» italiana, nonché per lo sviluppo e la crescita in Tunisia con evidenti impatti positivi sulla pace e sui processi migratori;
          ENEA, già dal 2010, in collaborazione con la società italo-tunisina di consulenza alla cooperazione allo sviluppo nel Maghreb «SDI Med» ha avviato contatti e predisposto accordi con l'Agenzia Nazionale Tunisina per l'Energia (ANME), che gestisce il PST e con i responsabili dei principali progetti del Piano, per favorire la partecipazione italiana al PST. In occasione poi dell'evento di presentazione in Tunisia del PST «Solar Energy Conference» che, lo scorso 28-29 ottobre 2010, ha avuto grossa rilevanza nell'ambito territoriale dell'Africa mediterranea, il sottosegretario al Ministero per lo sviluppo economico, onorevole Stefano Saglia, anche in presenza di esponenti del passato Governo Bel Ali giunti a sottoscrivere l'accordo per il nuovo elettrodotto Tunisia-Italia da 1200 megawatt, ha confermato l'importanza strategica del ruolo di ENEA per la partecipazione al piano solare tunisino, sottolineando in particolare la ricerca e sviluppo ENEA del «solare a concentrazione» (il «solare termodinamico» avviato da Rubbia durante la sua presidenza ENEA) tecnologia nella quale l'Italia ha raggiunto una eccellenza a livello mondiale e che è avviata anche ormai in produzione industriale, con un impianto dimostrativo in Sicilia ed un accordo con l'Egitto per un ulteriore impianto;
          nel luglio 2011 la ANME ha concordato con ENEA un testo di accordo quadro di cooperazione tecnologia in tema di fonti rinnovabili, energia solare e in particolare solare a concentrazione, non ancora firmato;
          i fatti accaduti nel periodo della cosiddetta rivoluzione della «Primavera araba» hanno contribuito ad un rapido cambio di regime in Tunisia culminato con le recenti elezioni nazionali di ottobre 2011 ed in conseguente rallentamento delle attività bilaterali di cooperazione scientifica e tecnologica tra i due Paesi anche per il previsto avvicendamento degli organismi dirigenti delle agenzie governative tunisine; un accordo tra ANME e l'omologa agenzia francese è già stato stipulato, ed importanti investimenti tedeschi e spagnoli risultano essere attivati, mentre appare difficile in Italia reperire le necessarie risorse in supporto alla controparte tunisina, e risulta assente ad oggi una iniziativa politica di sostegno alle partnership italo-tunisine  –:
          quali iniziative urgenti intendano assumere i Ministri interrogati per finalizzare e dare nuovo slancio alla cooperazione scientifica e tecnologica italo-tunisina in particolare nel settore delle fonti rinnovabili, che potrebbe costituire una opportunità importante sia in quanto mercato per le aziende italiane impegnate nello sviluppo delle fonti rinnovabili sia per il rafforzamento del ruolo dell'Italia nel contribuire allo sviluppo ed alla pace nel Mediterraneo;
          se non si intenda finanziare con le opportune risorse un progetto strategico per l'area mediterranea di cui l'Italia potrebbe essere guida;
          se non si ritenga altresì utile, per tramite della rappresentanza italiana a Tunisi, ribadire il concreto interesse da parte del Governo italiano al nuovo Governo di Tunisi nel progetto ENEA-ANME. (4-13967)

      Risposta. — Con riguardo alla richiesta di conoscere le iniziative che si intendano assumere per il rilancio della partnership italo-tunisina in materia di interventi di investimento nel settore dell'energia solare ed al connesso, sollecitato avvio di attività diplomatica tendente a ribadire l'interesse del Governo italiano per il buon esito degli accordi intrapresi – a suo tempo – tra Enea e Anme (Agenzia nazionale tunisina per l'energia) per la partecipazione delle imprese italiane alla fase realizzativa del piano solare tunisino, si rappresenta che questo Ministero ha sempre seguito con la massima attenzione gli sviluppi dei rapporti commerciali in argomento che hanno avuto concreto impulso anche successivamente alla nuova situazione politica della Tunisia, per quanto reso possibile dal mutamento della realtà di contesto.
      In particolare, circa gli accordi Enea-Anme, giova precisare che nel 2011, per iniziativa italiana, è stato discusso e formulato il testo di un
Memorandum of Understanding finalizzato all'instaurazione di relazioni permanenti reciproche per la ricerca nel settore.
      Per ovviare alla sua mancata sottoscrizione definitiva da parte dell'Agenzia tunisina, l'unità tecnica dell'Enea ha cercato l'intermediazione della SDI Med, impresa italiana con sede a Tunisi, coinvolgendola attivamente nello stabilire contatti diretti con i responsabili politici e tecnici del Piano solare tunisino, nonché nel riprendere quelli con la stessa Anme al fine di garantire la partecipazione alla realizzazione degli interventi programmati delle imprese italiane operanti segmento di mercato di cui trattasi.
      Per consolidare tali positive sinergie – senza insostenibili aggravi di spese per l'erario pubblico – è attualmente in fase di predisposizione un Protocollo di accordo con la SDI Med per lo sviluppo congiunto e la promozione, senza vincoli di esclusiva, delle tecnologie ENEA in Tunisia; quanto al finanziamento di ulteriori progetti strategici per il potenziamenti delle energie rinnovabili nell'area mediterranea, volto a garantire all'Italia l'assunzione di una
leadership nel settore, trattasi di iniziativa che, nell'attuale momento congiunturale, non può prescindere da attente valutazioni di sostenibilità finanziaria e dall'assenza di altre priorità.
      Per completezza di informazione, si fa presente in proposito che il Governo italiano si sta attivamente occupando di offrire spazi alle imprese nazionali anche in altri segmenti del mercato tunisino in espansione.
      Nella specie, sono in corso trattative specifiche tra la «Tunisie telecom» monopolista nazionale della telefonia e delle telecomunicazioni, per lo sviluppo su base locale di servizi di
«cloud computing» in collaborazione con l'ENEA.
      Inoltre, è costante l'impegno volto a dare seguito all'accordo relativo alla costruzione del cavo Italia-Tunisia per il trasporto dell'energia elettrica dalla Sicilia. Attualmente, infatti, questo Ministero, insieme alla controparte tunisina, nonché ai due operatori di rete (le società Terna e Steg, quali soci della società mista
Elmed Etudes incaricata della progettazione) ed agli altri partners internazionali che hanno aderito all'iniziativa partecipando ad apposita selezione pubblica, si sta adoperando per rendere il contesto regolatorio più favorevole ai potenziali investitori, senza però modificarne l'impostazione di base che prevede che il progetto si regga sul solo differenziale di prezzo fra il mercato elettrico italiano e quello tunisino, senza gravare sulle bollette elettriche italiane.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Massimo Vari.


      REGUZZONI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il lavoro rappresenta il fondamento della nostra Carta costituzionale (articolo 1);
          il 30 giugno 2011, presso gli uffici della Commissione europea, alcune aziende bresciane produttrici di radiatori in alluminio hanno prodotto una denuncia antidumping ai sensi dell'articolo 5 del Council regulation (EC) 1225/2009;
          a seguito di detta denuncia, la Commissione europea ha aperto un procedimento nel corso del quale sono state svolte indagini investigative che hanno provato in concreto un dumping operato da società cinesi che vendono in Europa a prezzi che creano effettivo pregiudizio;
          la Commissione europea ha deciso di applicare un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di radiatori in alluminio prodotti nella Repubblica Popolare Cinese, con pubblicazione del relativo provvedimento sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea il regolamento (UE) n.  402/2012, in data 11 maggio 2012;
          la motivazione del provvedimento consiste nel fatto che esiste un grave pregiudizio derivante dall'importazione in dumping dalla Cina dei prodotti in argomento ed ha ritenuto, con l'applicazione del dazio, di ristabilire sane condizioni commerciali sul mercato dell'Unione europea, permettendo un allineamento dei prezzi;
          il provvedimento della Commissione, seppur provvisorio, è giudicato importante per il settore produttivo coinvolto, e porterà benefici all'economia complessiva del sistema Paese;
          esistono molti altri settori produttivi — tra gli altri, il tessile e l'abbigliamento — che vedono una concorrenza sleale da parte di produttori e Paesi terzi, ed in particolare da parte di produttori cinesi e turchi;
          il dazio provvisorio è stato prodotto grazie a una denuncia di aziende private, con costi sostenuti dalle stesse;
          il recupero di competitività del nostro sistema Paese potrà avvenire se e solo se si ristabiliranno, a livello globale, regole di concorrenza leale e corretta, eliminando forme di dumping e discriminazione;
          il lavoro, bene primario della nostra società, non può che essere quello che si svolge, in qualsiasi forma, nel nostro territorio e che — sempre nel nostro territorio — esplica i suoi effetti e ne reca i benefici  –:
          se e quali iniziative il Governo intenda adottare per verificare il corretto prosieguo della questione, eventualmente supportando le giuste rivendicazioni delle aziende produttrici di radiatori in alluminio;
          se il Governo non ritenga doveroso che iniziative simili vengano adottate con il supporto del Governo o addirittura direttamente dallo Stato, il quale deve essere garante del principio fondante sancito dall'articolo 1 della Costituzione;
          se e quali iniziative il Governo abbia adottato o intenda adottare ai fini di supportare tutti i settori produttivi danneggiati da comportamenti scorretti da parte di aziende e Paesi terzi. (4-16457)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, indicata in oggetto, concernente il dazio antidumping su importazioni di radiatori da Paesi terzi, si rappresenta quanto segue.
      Al riguardo si precisa che il Ministero dello sviluppo economico, per il tramite della competente direzione, ha intrapreso un lungo percorso di piena e soddisfacente collaborazione con le imprese nazionali produttrici di radiatori in alluminio e con l'associazione di riferimento Airal, fin dall'anno 2010, svolgendo un'attenta azione di indirizzo e di consulenza per la necessaria compilazione della denuncia
antidumping.
      Grazie proprio a questa piena collaborazione ed al coordinamento con l'industria nazionale, il Ministero dello sviluppo economico ha operato una forte opera di persuasione nei confronti degli altri Stati membri e della Commissione europea, ottenendo nel maggio 2012 l'imposizione da parte dell'Unione europea i dazi antidumping provvisori verso l'importazione di radiatori di alluminio provenienti dalla Cina (8 dazi tra il 12,6 ed il 61,4 per cento).
      I competenti uffici tecnici hanno già svolto un'incontro con la stessa Airal e con lo studio legale Rossello, che sta curando gli interessi dei produttori nazionali in questo procedimento, al fine di valutare tutti gli aspetti tecnici e le possibili criticità in vista della fase definitiva, con l'obiettivo di confermare i dazi in via definitiva per i prossimi 5 anni.
      Per quanto concerne la possibilità che sia direttamente lo Stato italiano ad avviare azioni
antidumping finalizzate a difendere le imprese nazionali dalla concorrenza sleale dei Paesi terzi, occorre sottolineare che in virtù della tariffa doganale comune, né l'Italia, né nessun altro Stato membro dell'Unione europea può avviare autonomamente azioni antidumping, in quanto tale competenza è stata assegnata dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea in via esclusiva all'Unione europea.
      Inoltre la disciplina comunitaria impone che un'azione
antidumping possa essere avviata solo previa denuncia presentata dai produttori comunitari che rappresentino almeno un volume di produzione della merce in esame pari al 25 per cento del totale prodotto nell'Unione europea.
      Tali disposizioni sono, peraltro, conformi alla normativa
antidumping del world trade organization, pertanto un'azione avviata su richiesta delle Stato italiano sarebbe illegittima sia per la normativa dell'Unione europea, che per le regole internazionali del Commercio del wto.
      Da parte italiana conferma il massimo sostegno in difesa dell'industria nazionale e si assicura il massimo impegno di questo Governo per sensibilizzare gli Stati membri e la Commissione europea affinché si possa ottenere una maggioranza favorevole all'imposizione di dazi
antidumping, sempre nel pieno rispetto della normativa comunitaria e del OMC.
Il Ministro dello sviluppo economico: Corrado Passera.


      REGUZZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          è in corso un'opera di revisione della spesa complessiva dello Stato;
          dal primo gennaio 2010 — con la piena operatività del Trattato di Lisbona — si è rafforzato notevolmente il ruolo diplomatico della Commissione Europea, il cui rappresentante per la politica estera — Lady Ashton — rappresenta tutti i Paesi dell'Unione europea contando su un vero e proprio servizio diplomatico, aperto anche ai cittadini italiani  –:
          se e quali accorgimenti, riorganizzazioni, tagli, risparmi, adattamenti e rivisitazioni il Governo intenda attuare ai fini di meglio strutturare il nostro Ministero degli affari esteri alle mutate esigenze;
          quale sia l'ammontare dei risparmi effettuati e delle economie ottenibili;
          quale sia il maggior costo della diplomazia dell'Unione europea, con particolare riferimento agli oneri sostenuti indirettamente o direttamente dal nostro Paese;
          quale sia di conseguenza il saldo e se detto saldo possa diventare maggiormente positivo in virtù della spending review di cui in premessa. (4-17207)

      Risposta. — In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di informazione.
      Il servizio europeo di azione esterna (SEAE) è formato da funzionari diplomatici degli Stati membri e da funzionari delle istituzioni comunitarie, chiamati tutti a fare parte di una struttura dell'Unione europea, che le assegna un proprio bilancio nel quadro delle risorse a disposizione della stessa Unione europea.
      Per favorire la presenza italiana, la Farnesina ha posto in essere un'intensa azione che ha consentito di collocare nel SEAE dieci funzionari diplomatici, un ufficiale del Ministero della difesa ed un esperto della Protezione civile a vari livelli di responsabilità, tra cui due capi delegazione (a Tirana e a Ginevra) e due posizioni apicali a Bruxelles. Si tratta di un risultato comparabile a quello ottenuto dai principali
partners europei.
      Sotto il profilo dei risparmi di spesa, preme rilevare come tali funzionari, per la durata del loro mandato per conto del SEAE, percepiscono un trattamento economico da parte di tale servizio e cessano – per la componente del trattamento economico che riguarda il servizio estero – di essere a carico dell'Amministrazione italiana, che tuttavia può contare sulla loro elevata professionalità inserita in un organismo europeo del quale l'Italia è uno dei Paesi fondatori.
      Nel contesto della
«spending review», il Ministero degli esteri è attivamente impegnato ad esaminare tutte le possibilità offerte da forme di sinergia organizzativa e logistica con il SEAE, in un'ottica di flessibilità d'impiego delle risorse umane e strumentali della Farnesina e per favorire la presenza in aree geografiche dove altrimenti l'Italia non sarebbe presente (ad esempio, tramite l'inserimento di funzionari nazionali all'interno delle delegazioni dell'Unione europea, ovvero mediante la condivisione di strutture immobiliari, con evidenti risparmi sui costi della nostra presenza). In particolare, utili prospettive di collaborazione fra i Paesi membri dell'Unione europea sono già in corso in teatri ad alto livello di rischio per il nostro personale, quali Damasco e Mogadiscio.
      Proprio per cogliere i benefìci derivanti dalle sinergie organizzative e strumentali con il SEAE, è stata avviata una riflessione tra i rappresentanti dei segretari generali dei Ministeri degli esteri dei Paesi membri volta ad individuare forme di collaborazione mirate ad un utilizzo più razionale delle risorse umane e materiali all'estero. In particolare, sono in via di definizione progetti per edifici comuni e per l'utilizzo di spazi comuni in alcune sedi diplomatiche.
      Il bilancio complessivo annuale del SEAE per il 2012 ammonta a circa 490 milioni di euro. Tali fondi sono previsti all'interno del capitolo 5 del quadro finanziario pluriennale dell'Unione europea dedicato alle spese per il funzionamento di tutta l'amministrazione dell'Unione europea. In base all'articolo 314 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ogni anno le istituzioni dell'Unione europea, tra cui il SEAE, presentano le proprie proposte di bilancio alla Commissione, che a sua volta le «consolida» in un unica proposta di bilancio da presentare al Consiglio e al Parlamento per l'approvazione. La procedura prevista per l'approvazione è quella della codecisione.
      L'Italia contribuisce al bilancio annuale del SEAE indirettamente attraverso il proprio contributo obbligatorio al bilancio complessivo dell'Unione europea. A tal proposito si ricorda che il contributo italiano al bilancio dell'Unione europea costituisce in media circa il 13 per cento del totale.
      Il SEAE si è impegnato ad effettuare nel 2013 risparmi pari all'1,3 per cento del bilancio 2012 (circa 6,3 milioni di euro) ma una serie di spese definite incomprimibili hanno comportato una richiesta di aumento per il bilancio 2013 pari al 5,7 per cento del bilancio 2012 (circa 28 milioni di euro).
      Da parte italiana, sentita la ragioneria generale dello Stato e il dipartimento per le politiche europee, si è ritenuto di non accogliere del tutto le richieste del SEAE nell'ottica della linea di generale rigore nell'impostazione del bilancio (la posizione dovrà in ogni caso essere condivisa con gli altri Stati membri). Così facendo si intende stimolare una riflessione più approfondita del SEAE sulle ulteriori modalità di risparmio che potrebbero essere realizzate.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Marta Dassù.


      RONDINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il quotidiano Il Giorno ha dato notizia, in data 25 marzo 2012, della significativa impennata di reati verificatasi nel comune di Cologno Monzese, in provincia di Milano, dove nelle due settimane precedenti alla pubblicazione del reportage del citato quotidiano hanno avuto luogo tre furti, con danni per oltre diecimila euro;
          la circostanza è motivo di crescente inquietudine per la locale cittadinanza e specialmente tra i gestori di esercizi commerciali, in particolare fra quelli proprietari di bar e tabaccherie;
          in assenza di rinforzi dei presidi delle forze dell'ordine, i negozianti hanno iniziato a proteggere i propri esercizi installando dispositivi automatici di autodifesa, alcuni dei quali contemplano anche il rilascio di gas innocui, che tuttavia disorientano gli aggressori;
          sta inoltre emergendo tra i cittadini la tentazione di dar vita a forme spontanee di neighhourhood watch per far fronte alla obiettiva crescita del pericolo  –:
          quali misure il Governo intenda adottare per restaurare l'ordine pubblico e la sicurezza nel comune di Cologno Monzese. (4-15494)

      Risposta. — Con l'interrogazione in esame l'interrogante richiama l'attenzione su alcuni episodi delittuosi che hanno turbato l'ordine e la sicurezza pubblica nel comune di Cologno Monzese (Milano).
      In proposito la competente prefettura ha riferito che nel periodo tra il 28 febbraio e il 14 marzo 2012, in località San Maurizio al Lambro, si sono verificati due furti e un tentativo di furto ai danni di tre diversi esercizi commerciali (bar e tabacchi).
      Nell'immediatezza, al fine di contrastare il predetto fenomeno, la tenenza dell'Arma dei carabinieri di Cologno Monzese – ove prestano servizio 25 militari rispetto ad una previsione organica di 30 unità – ha prontamente intensificato i servizi di controllo del territorio e di repressione dei reati, potenziando il numero degli equipaggi, soprattutto in orario notturno.
      Ai commercianti della zona è stata inoltre prospettata la possibilità di collegare gratuitamente l'allarme antintrusione del proprio esercizio commerciale al numero di emergenza 112, offerta alla quale molti hanno già aderito.
      Non risulta invece che tra i cittadini si sia dato avvio a iniziative spontanee di ronde e di
«neighborhood watch» per arginare il fenomeno.
      Per ciò che concerne la situazione delle Forze di polizia si evidenzia che, secondo dati aggiornati al mese di marzo 2012 (e non comprensivi delle aliquote impiegate in servizi tecnico-logistici, amministrativi ed addestrativi), sul territorio di Milano e provincia operano 5.353 unità della Polizia di Stato, 3.604 militari dell'Arma dei carabinieri e 1.782 militari della Guardia di finanza.
      Al riguardo, si segnala che verosimilmente non risulterà agevole procedere al potenziamento o al ripianamento delle vacanze organiche, atteso che la vigente normativa in materia consente alle Forze di polizia di assumere personale unicamente in misura pari alle cessazioni dal servizio.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo De Stefano.


      TOTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          in data 29 aprile 2011 il dottore Gabriele Andreetta è stato assunto quale direttore generale dell'Istituto per il commercio con l'estero – ICE con contratto di durata quadriennale in scadenza al prossimo 9 maggio 2015;
          successivamente con l'entrata in vigore dell'articolo 14, commi 17 e 18, del decreto-legge n.  98 del 2011 e successive modificazioni e integrazioni, l'Istituto nazionale per il commercio con l'estero (ICE) è stato soppresso e si è istituita l'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, denominata «ICE – Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane»;
          ai sensi del comma 19 dell'articolo 14 del citato decreto-legge n.  98 del 2011, i rapporti giuridici ed il personale facenti capo al soppresso ICE sono stati trasferiti alla neo istituita agenzia;
          risulta che al fine di stabilire la permanenza nei ruoli della nuova agenzia del dottore Andreetta il Ministero dello sviluppo economico abbia richiesto apposito parere dell'Avvocatura dello Stato;
          risulterebbe altresì che l'Avvocatura abbia espresso parere nel senso di non ritenere l'incarico del dottore Andreetta risolto ex lege e abbia invitato il Ministero dello sviluppo economico ad incardinare il direttore generale nel nuovo contesto organizzativo scaturente dalla soppressione dell'ICE con ruolo analogo a quello ricoperto nel soppresso istituto e ciò al fine di non esporsi ad immediato ed oneroso contenzioso  –:
          se ci siano elementi ostativi alla continuazione del rapporto di lavoro con il dottore Andreetta;
          se sia intenzione dei Ministri interrogati procedere, seguendo il parere espresso dall'Avvocatura generale dello Stato, nella continuazione del rapporto di lavoro del dottore Andreetta;
          se nell'ipotesi contraria, visto il risarcimento economico che potrebbe dover essere corrisposto al dottore Andreetta, il Governo sia consapevole di come ciò possa costituire una deroga alla politica di contenimento della spesa pubblica attuata con i più recenti provvedimenti. (4-16263)

      Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
      Il legislatore con un primo intervento normativo (decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98, convertito in legge il 15 luglio 2011, n.  111) ha previsto la soppressione dell'istituto per il commercio con l'estero ed il trasferimento al Ministero dello sviluppo economico ed al Ministero degli esteri, unitamente alle rispettive competenze, delle risorse umane, finanziarie e strumentali.
      Con successivo decreto, nel dicembre dello stesso anno (decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201, convertito in legge del 22 dicembre 2011, n.  214) è stata istituita una agenzia pubblica assegnando le funzioni di programmazione, indirizzo strategico, e di controllo e vigilanza, al Ministero dello sviluppo economico d'intesa con il Ministero degli affari esteri e Ministero dell'economia e delle finanze.
      Il legislatore ha, quindi, ritenuto di riorganizzare le competenze pubbliche in materia di sostegno alla internazionalizzazione delle imprese italiane e di attrazione degli investimenti ed ha rinviato ad una serie di provvedimenti la definizione e l'attribuzione delle risorse dell'ex Istituto per il commercio estero e dei relativi rapporti giuridici attivi e passivi. Tale fattispecie, definita come parziale incorporazione dei compiti e delle funzioni dell'ente soppresso, non può determinare automatismi nel subentro da parte dell'Amministrazione nei contratti in corso.
      La soppressione dell'originario Istituto per il commercio estero ha comportato anche la cessazione degli organi e l'individuazione della figura del dirigente delegato alla gestione della fase transitoria (6 luglio 2011-6 dicembre 2011 e 7 dicembre 2011 a tutt'oggi). Tale dirigente è stato individuato, dapprima in un dirigente del soppresso Istituto e, a seguito del decreto-legge n.  201 del 2011 nel dirigente generale titolare delle funzioni di direttore generale del Ministero dello sviluppo economico.
      Si è proceduto conseguentemente alla nomina del consiglio di amministrazione della nuova agenzia e del presidente.
      Nel merito della posizione del dottor Andreetta, professionalità estranea ai ruoli dell'ente e delle amministrazioni subentranti, questa amministrazione ha ritenuto dover sottoporre all'avvocatura la disamina della vicenda alla luce in particolare delle modifiche intercorse sulla formulazione originaria del decreto-legge n.  98 del 2011.
      Tali modifiche, infatti, hanno determinato l'oggettiva impossibilità di realizzare l'oggetto del contratto del dottor Andreetta ed hanno indotto l'amministrazione, successivamente all'esito negativo delle verifiche effettuate in ordine all'effettiva fruibilità delle prestazioni del dottor Andreetta nel nuovo contesto organizzativo scaturito dalla soppressione dell'Istituto per il commercio estero, alla risoluzione comunicata all'interessato il 19 giugno 2012.
      Siffatta soluzione, adottata nell'esercizio del potere discrezionale dell'amministrazione, è in linea con quanto espresso dalla stessa avvocatura generale dello Stato.
      Infine, sulla base delle indicazioni del consiglio di amministrazione, la nomina del direttore generale dell'agenzia è stata effettuata con valutazione delle professionalità interne, dipendente di ruolo, ed a tempo indeterminato, in servizio in quest'ultimo caso, presso il soppresso Istituto.

Il Ministro dello sviluppo economico: Corrado Passera.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il 24 giugno 2010, nel corso della riunione del Consiglio dei ministri, secondo quanto risulta dal comunicato stampa della Presidenza del Consiglio dei ministri, è stato approvato un decreto-legge recante la proroga, per il secondo semestre 2010, degli interventi di cooperazione allo sviluppo e di sostegno dei processi di pace e stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia attualmente in atto;
          il decreto-legge n.  1 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  30 del 2010, recava disposizioni urgenti per la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia e disposizioni urgenti per l'attivazione del Servizio europeo per l'azione esterna e per l'amministrazione della difesa. Il decreto-legge ha finanziato, per il periodo dal 1° gennaio al 30 giugno 2010, la partecipazione delle forze armate e delle forze di polizia alle medesime missioni internazionali già oggetto dell'ultima proroga operata dal decreto-legge n.  152 del 2009, convertito dalla legge n.  197 del 2009;
          il decreto-legge, è un provvedimento provvisorio avente forza di legge, adottato in casi straordinari di necessità ed urgenza dal Governo, ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione della Repubblica italiana ed entra in vigore immediatamente dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale;
          l'articolo 77 della costituzione stabilisce «Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.»;
          il «Calendario dei lavori dell'Assemblea» della Camera dei Deputati, n.  24 (luglio 2010), prevede per il giorno lunedì 12 luglio «Discussione sulle linee generali del disegno di legge di conversione del decreto-legge recante la proroga, per il secondo semestre 2010, degli interventi di cooperazione allo sviluppo e di sostegno dei processi di pace e stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia attualmente in atto (deliberato dal Consiglio dei ministri – in corso di presentazione – ove presentato alla Camera e concluso dalla Commissione)»;
          l'annunciato decreto non risulta essere stato presentato alle Camere né pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale;
          tale situazione (la mancata pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) dà luogo ad una vacatio legis che, per i giorni che intercorrono dalla data del 1° luglio fino al giorno successivo a quello di effettiva pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, non appare sanabile ex post, rendendo illegittimo l'operato dei contingenti militari che dopo il 30 giugno 2010 hanno continuato a partecipare alle missioni internazionali in argomento;
          la vacatio legis origina diverse problematiche in ordine alla valutazione giuridica degli atti e di avveramento si situino all'interno del periodo di non vigenza della norma;
          buona parte dei problemi originati si rivela ex post, in sede di contenzioso, quando ad esempio per le norme a termine si debba esaminare un comportamento conforme al disposto sia della norma precedente che di quella rinnovata, ma compiutosi nel periodo di vacatio, nel silenzio (vizio frequente) della nuova norma circa tali ipotesi. In generale, per effetto della combinata considerazione di norme generali, la valutazione non può, se non in casi numericamente assai limitati, ricondursi alla semplice registrazione di assenza di norma cogente, ma si addensano invece spesso, come intorno al caso esaminato, considerazioni di altra natura che rendono la vacatio origine di complesse riflessioni;
          per le norme penali, si noti che il principio dell'irretroattività della norma penale governa con assoluta priorità tutte le questioni già a suo tempo contemplate con il decreto-legge n.  1 del 2010;
          non risulta che il Ministro della difesa abbia disposto l'immediato rientro dei contingenti militari impegnati in territorio estero;
          è del tutto evidente che la mancata presentazione alle Camere del decreto-legge approvato dal Consiglio dei ministri il giorno 24 giugno 2010 rappresenta una palese violazione del dettato costituzionale  –:
          se non ritenga che la presenza di militari italiani nei territori di altri Stati possa rappresentare una pericolosa occupazione militare e che ogni azione da essi compiuta rappresenti una inaccettabile violazione dell'articolo 11 della Costituzione italiana oltreché delle leggi e della sovranità territoriale di quegli Stati;
          quali immediati provvedimenti intenderà adottare per ristabilire la legalità che appare agli interroganti così palesemente violata e se il Ministro della difesa se non l'intero Governo non ritengano opportuno presentare le proprie dimissioni al Capo dello Stato per aver, ad avviso degli interroganti, così maldestramente provocato una inaccettabile violazione della sovranità territoriale di altri Stati esteri, mediante l'occupazione militare;
          a decorrere dalle ore 24 del 30 giugno 2010, fino alla data di effettiva pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto-legge recante la proroga, per il secondo semestre 2010, citato in premessa, quante e quali siano state le operazioni militari che hanno coinvolto militari italiani, in quali Paesi, per quanto tempo, quanti i feriti o i deceduti, quanti i mezzi distrutti o danneggiati e per quale motivo, quali i costi di ogni singola operazione.
(4-07912)

      Risposta. — A premessa ritengo opportuno richiamare le parole del Presidente Napolitano che ha rilevato come l'impegno delle Forze armate nelle missioni internazionali in atto sia pienamente coerente con il dettato della nostra Costituzione.
      Il Presidente della Repubblica, infatti, ha precisato che l'articolo 11 della Costituzione prevede sì il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, ma stabilisce l'impegno di partecipazione dell'Italia alle organizzazioni internazionali che perseguono gli obiettivi della pace e della giustizia fra le nazioni.
      È per questo motivo che il nostro Paese contribuisce in modo significativo al rafforzamento e al mantenimento della stabilità e della pace, così come alla prevenzione e al contrasto dei nuovi rischi per la sicurezza quali il terrorismo internazionale e la pirateria, nell'ambito delle varie missioni internazionali alle quali partecipiamo sotto l'egida delle principali Organizzazioni internazionali (Nazioni unite, Unione europea, Alleanza atlantica, eccetera).
      Fatta quest'opportuna premessa, rammento che nel nostro ordinamento giuridico non esiste una normativa di carattere generale riguardante le missioni internazionali; di conseguenza tale disciplina, con particolare riferimento al trattamento economico e normativo del personale impegnato in tali missioni e ai molteplici e peculiari profili amministrativi che ne caratterizzano lo svolgimento, è di volta in volta regolata nell'ambito dei provvedimenti legislativi che periodicamente dispongono il finanziamento della partecipazione alle missioni stesse.
      I provvedimenti legislativi, che le Camere approvano annualmente, non hanno la finalità di autorizzare la partecipazione italiana alle missioni, bensì quella di prevedere solamente la copertura finanziaria delle spese per l'avvio e la proroga delle missioni, prelevando le risorse necessarie dall'apposito fondo missioni.
      Ciò posto, faccio osservare che il decreto-legge 6 luglio 2010, n.  102 riguardante la proroga delle missioni internazionali per il secondo semestre 2010 è stato definitivamente convertito, con modificazioni, nella legge 3 agosto 2010, n.  126.
      In particolare, l'articolo 10 di tale decreto ne ha previsto l'entrata in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, che è avvenuta il 7 luglio 2010.
      Rilevo, inoltre, che le disposizioni in esso contemplate per ciascuna missione, hanno autorizzato la relativa spesa per il periodo dal 1° luglio al 31 dicembre 2010.
      In tal modo, è stata prevista la presenza in teatro del personale militare italiano senza soluzione di continuità coprendo anche il periodo oggetto di esame, durante il quale sono proseguite regolarmente le attività operative dei contingenti militari nazionali autorizzate dal decreto-legge del 1o gennaio 2010 (1° semestre 2010).
      Mi preme, inoltre, soggiungere che la presenza delle Forze armate italiane nei vari teatri non è conseguenza di un atto unilaterale dello Stato italiano, ma di specifiche iniziative e decisioni assunte dalle organizzazioni internazionali – in primis il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, la NATO e l'Unione europea, di cui l'Italia è membro – la cui validità non è venuta meno nel periodo in questione.
      Infine, sulla base delle indicazioni dei competenti organi tecnico-militari, nel periodo in esame, non risulta esservi stato personale militare ferito o deceduto, né tantomeno mezzi distrutti o danneggiati appartenenti ai reparti impiegati in operazioni.
      In conclusione, alla luce del quadro delineato, non si ravvisa la sussistenza di condizioni e/o di situazioni in violazione dei precetti costituzionali, né di presupposti per l'auspicata adozione di «provvedimenti per ristabilire la legalità».
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          con lettera prot. n.  559/A/1/107.21/2428 datata 9 febbraio 2010 il dipartimento della pubblica sicurezza – direzione generale della polizia di Stato – del Ministero degli interni ha comunicato che il Ministro dell'interno con propri decreti datati 4 febbraio 2010 ha riconosciuto lo status di «sede disagiata», in ragione delle eccezionali difficoltà logistiche ed abitative per il personale della polizia di Stato in servizio presso le sedi ubicate nei territori interessati dall'evento sismico del 6 aprile 2009;
          il COCER sezione Esercito in virtù di specifica autorizzazione del Capo di Stato Maggiore di Forza armata ha inviato una delegazione per far visita ai militari con sede nella città dell'Aquila  –:
          se il ministro interrogato sia a conoscenza di quanto in premessa, quali siano le motivazioni che non hanno permesso di riconoscere al personale delle Forze armate in servizio nel medesimo territorio lo status di «sede disagiata»;
          quali siano state le eventuali richieste deliberate dal COCER a seguito della missione svolta dalla delegazione e quali siano state le conseguenti azioni delle autorità militari di riferimento. (4-08425)

      Risposta. — La mancata previsione del riconoscimento di «sede disagiata» in favore del personale delle Forze armate in servizio nel territorio colpito dal sisma del 6 aprile 2009, è stata dovuta, in tutta evidenza, all'assenza di una specifica normativa analoga a quella vigente per la Polizia di Stato.
      Infatti, a seguito di tale evento sismico, il Ministro dell'interno pro tempore ha sottoscritto, in data 4 febbraio 2010, due decreti con i quali – in ragione dei disagi derivanti dalle precarie condizioni di vita/lavoro del personale della Polizia di Stato ivi in servizio – ha dichiarato il comune dell'Aquila «sede disagiata», per il periodo 6 aprile 2009-31 dicembre 2010, ai sensi dell'articolo 55 del decreto del Presidente della Repubblica n.  335 del 1982.
      Tale norma, applicabile soltanto alla Polizia di Stato ha riconosciuto la facoltà per il personale che presta servizio in «sedi disagiate» di chiedere il trasferimento dopo due anni di permanenza, rispetto ai quattro anni normalmente previsti.
      Tuttavia, l'Esercito, al fine di supplire, per quanto possibile, alla mancanza di una simile previsione normativa anche a favore del personale delle Forze armate, ha inteso intraprendere una serie di iniziative finalizzate a tutelare il personale rimasto coinvolto nell'evento sismico in questione.
      In primo luogo, la Forza armata, come ha sempre fatto in occasione di altri eventi simili, nell'ambito dell'elaborazione delle pianificazioni d'impiego, ha tenuto in debita considerazione le esigenze del personale in ingresso/uscita da enti/reparti insistenti nelle aree interessate.
      Allo stesso tempo, sono stati adottati appositi temperamenti nel reimpiego del personale di truppa, anticipando la data di attuazione dei movimenti dei volontari in servizio permanente assegnati nel capoluogo abruzzese ai sensi della circolare annuale sulle «istanze di trasferimento» e reimpiegando con immediatezza nella sede di L'Aquila tutti i volontari in ferma prefissata di un anno provenienti da tale zona.
      Oltre a tali misure, l'Esercito, anche in virtù di una intensa attività propositiva svolta dal COCER Esercito, da un lato ha applicato alla situazione in questione previsioni già vigenti per casi di particolare gravità, e dall'altro lato ha elaborato nuovi provvedimenti studiati ad hoc.
      Nel merito, secondo le indicazioni del competente organo tecnico operativo militare, le iniziative adottate sono consistite in particolare nella:
          possibilità, a favore del personale abbisognevole per gravi motivi personali, di:

              fruire, previa richiesta, della licenza straordinaria per gravi motivi per un periodo massimo di 45 giorni;
              fruire delle previsioni della direttiva disciplinante l'istituto dell'assegnazione temporanea, in soprannumero, per sessanta giorni (rinnovabili per una sola volta);
              presentare istanza di trasferimento, nei casi di particolare gravità già previsti da apposita direttiva (allegato «H» al «Testo Unico sulle procedure di impiego del personale militare»);
          erogazione di sussidi straordinari, per un importo di 1.000 euro
pro capite, a favore del personale domiciliato nei comuni colpiti dal sisma, che si sia trovato nella condizione di «sfollato» a causa della temporanea/definitiva dichiarazione di inagibilità della propria casa di proprietà/in locazione/alloggio di servizio/alloggio di un familiare;
          implementazione delle disposizioni del decreto-legge 28 aprile 2009, n.  39 con la sospensione del pagamento dei canoni di concessione degli alloggi demaniali resi inagibili;
          destinazione di un contributo, per il tramite dell'opera nazionale di assistenza per gli orfani e i militari di carriera dell'Esercito, a favore di alcune famiglie sulla base di comprovate particolari necessità di carattere economico o sanitario;
          sospensione del provvedimento di soppressione del 57° battaglione «Abruzzi» di Sulmona;
          adozione di alcune misure di natura organizzativa (rese note mediante pubblicazione sul sito
internet dell'Esercito) volte ad agevolare i candidati ai concorsi della Forza armata interessati dal sisma e impossibilitati a reperire la documentazione necessaria o a partecipare alle relative attività selettive.

      Alla luce del quadro delineato, è ragionevole ritenere che l'operato della Forza armata, peraltro in piena sinergia e comunione d'intenti con la sezione Esercito del COCER, sia stato rispondente all'esigenza di dare immediato supporto al personale militare e alle rispettive famiglie colpite dall'evento sismico e, pertanto, anche dimostrazione di sensibilità e fattivo impegno nel tentativo di sopperire il più possibile ai disagi sofferti dal proprio personale e dalle rispettive famiglie.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il giorno 17 settembre 2010 da fonti di stampa è stato possibile apprendere, prima del ferimento di due militari italiani facenti parte della «task force 45», una unità speciale formata in seno al reggimento d'assalto Col Moschin impegnata in un'operazione militare in Afghanistan, e poi della morte di uno di loro, il tenente Alessandro Romani;
          lo stesso giorno un'agenzia di stampa riportava una breve descrizione dei fatti: «.... Il tenente Romani – celibe, con molte missioni in prima linea alle spalle – è stato ucciso nel distretto di Bakwa, nella parte orientale della provincia ad altissimo rischio di Farah, ad un anno esatto dalla strage di Kabul, in cui vennero uccisi altri sei parà della Folgore. Tutto era cominciato di prima mattina, quando un aereo senza pilota Predator dell'Aeronautica militare italiana aveva avvistato quattro persone intente a posizionare una bomba sotto l'asfalto, lungo la strada che collega Farah a Delaram. Sempre il Predator ha «seguito» gli attentatori e segnalato il luogo dove questi si erano rifugiati. A questo punto è scattata l'operazione affidata alla «task force 45», composta dagli uomini delle Forze speciali italiane. Il team di incursori del 9/o Col Moschin della Folgore è partito da Farah a bordo di un elicottero Ch 47, scortato da due elicotteri d'attacco Mangusta. Dopo poco è giunto sul posto ed è atterrato nei pressi della casa dove si erano nascosti gli insorti. Durante l'incursione, però, due dei commandos italiani sono stati centrati da un numero imprecisato di colpi di arma da fuoco. Li hanno soccorsi e portati via, all'ospedale militare da campo di Farah. Le loro condizioni, in un primo momento, non erano state definite gravi («feriti a una spalla»), anche se uno dei due era un «codice A». È stato sottoposto ad un intervento chirurgico durante il quale ci sarebbero state «complicazioni». La notizia della sua morte è arrivata inattesa a Camp Arena, il quartier generale italiano di Herat. L'altro ferito, un militare di truppa sempre del Col Moschin, non correrebbe invece pericolo. Sull'operazione non si conoscono altri particolari, così come ammantata dal riserbo è l'attività della task force 45, di cui si conosce pochissimo. Ignota pure la sorte dei talebani: quello che è certo è che i due elicotteri Mangusta hanno scaricato contro il loro rifugio l'enorme potenziale di fuoco di cui sono dotati. «Sono tornati scarichi», ha detto una fonte, e questo rende l'idea di che inferno possa essere stato. ...»;
          le notizie riportate dall'agenzia stampa ANSA venivano successivamente confermate anche dagli altri organi di informazione con dovizia di particolari;
          il Sottosegretario di Stato alla difesa Guido Crosetto ha dichiarato a CNRmedia che «Il Tenente Romani è morto in un'azione di polizia. La sua unità era impegnata, per usare una similitudine più consona alla nostra realtà, nella cattura di latitanti, ma c'erano più persone di quante si pensasse ed è successo quello che è successo. Ma non era un'azione di guerra»;
          secondo gli interroganti il fatto avvenuto pone dei seri dubbi sulla legittimità dell'azione svolta dai militari italiani e ancor più rende palese l'esistenza di una situazione bellica fortemente compromessa che sicuramente è sfuggita al controllo del vertice militare e politico;
          ad avviso degli interroganti le modalità dell'attacco sferrato dai militari italiani contro i Talebani, con un massiccio uso di uomini e armamenti come in una cruenta azione di guerra o di deliberata rappresaglia, contrastano apertamente con lo scopo della missione autorizzata dal Parlamento e smentiscono inequivocabilmente le affermazioni del Sottosegretario  –:
          se tra le regole che disciplinano l'agire dei militari italiani in Afghanistan ve ne siano alcune che prevedono di poter attaccare liberamente chiunque sia intenzionato a compiere un atto potenzialmente nocivo sul territorio dello Stato afgano, oppure alcune che consentano di effettuare attacchi preventivi o ritorsivi;
          quando sia stata costituita l'unità speciale denominata «task force 45», di quante unità sia composta e quali siano i compiti operativi;
          quali siano le modalità con cui si è svolta l'azione bellica in cui ha trovato la morte il tenente Alessandro Romani.
(4-08721)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          una nota di agenzia (ANSA) del 2 ottobre 2010, delle ore 18:11, afferma che «Due militari italiani – un alpino paracadutista del 4° reggimento, i cosiddetti «ranger», e un incursore della Marina militare («Comsubin») – sono rimasti feriti oggi nell'ennesima battaglia che si è consumata in Afghanistan tra esercito e forze della coalizione internazionale da una parte e talebani dall'altra. I due appartengono alla «task force 45», l'unità delle forze speciali italiane di cui faceva parte anche il tenente Alessandro Romani, morto durante un'operazione nei pressi di Farah il 17 settembre scorso, e che praticamente ogni giorno sono impegnati in scontri a fuoco con gli insorti. I due, di cui non sono stati resi noti i nomi, hanno riportato ferite d'arma da fuoco ad un braccio: già operati, le loro condizioni, assicurano dal contingente italiano, non destano preoccupazioni. La battaglia è esplosa poco dopo le 10:30 nel distretto di Javand, nella provincia di Badghis, una delle più calde della zona ovest del paese (quella sotto il controllo italiano), quando i militari italiani hanno fatto scattare, assieme all'esercito afghano, un'operazione per arrestare diversi leader talebani. Lo scontro si è protratto per diversi minuti e si è chiuso con l'arresto di cinque insorti e l'uccisione di diversi combattenti talebani. Oltre ai due militari italiani, sono rimasti feriti anche tre afghani, sempre in modo lieve. Solidarietà e vicinanza ai militari italiani e all'intero contingente impegnato in afghanistan è stata espressa dal ministro della Difesa Ignazio La Russa, che si è tenuto costantemente informato attraverso il capo di Stato maggiore della Difesa, dal presidente del Senato Renato Schifani e dal Pd. Gratitudine nei confronti dei nostri militari è stata espressa anche dal ministro degli Esteri Franco Frattini, che ha annunciato per novembre un incontro con gli alleati per decidere la strategia di uscita dal paese. «Il futuro della presenza italiana in Afghanistan – ha detto Frattini – sarà stabilito dalla Nato e dall'Onu: ci troveremo a novembre a Lisbona e lì ci sarà una road map per il graduale passaggio di potere alle autorità civili afghane». «La provincia di Herat, dove ci sono gli italiani – ha poi spiegato Frattini – sarà una delle prime ad essere interessate. Il che ovviamente non vuol dire che i soldati italiani se ne andranno. Il piano è restituire all'afghanistan il pieno controllo della situazione entro il 2014»;
          sul sito web http://byebyeunclesam.wordpress.com/ è pubblicato un interessante articolo dal titolo «Complicità politiche ed istituzionali per la task force 45» risalente all'11 ottobre 2009 nel quale si legge testualmente «Dei “professionisti” tricolori della task force 45 si conoscono i reparti di provenienza e la forza approssimativa, 180-200 uomini. Non si sa niente invece delle dotazioni militari, niente degli ufficiali e sottufficiali, niente della effettiva catena di comando locale, niente sugli avvicendamenti e sui cicli di “operazione”, niente sulla sorte riservata ai feriti mujaeddin e pashtun catturati sul terreno né esiste agli atti del Ministero della Difesa un solo comunicato che riguardi l'attività operativa dell'unità speciale (...) su tali vicende, secondo l'articolo citato» il silenzio di giornali e televisione è totale: si sa solo, per notizie che rimbalzano in Italia dalla agenzie di stampa afghane nelle province di Herat e Farah, che, ad oggi, si contano a centinaia gli insorti «neutralizzati» ed a decine i morti ammazzati tra i residenti per «effetti collaterali» di rastrellamenti, cecchinaggio, tiri di mortaio e «bonifiche» dall'aria. Ora che la Folgore sta per essere avvicendata la task force 45 torna, ad orologeria, alla pratica del rambismo, per alzare il livello dello scontro e per preparare come si deve il «terreno» alla Brigata Sassari. Tutte le Grandi Unità devono lasciare un minimum di caduti nel Paese delle Montagne, sufficiente a cementare solidarietà tra i partner dell'Alleanza Atlantica, a rilanciare sul piano nazionale la necessità della guerra al «terrorismo», ad instillare nelle Forze Armate del Bel Paese l'odio per un «nemico» che predica e pratica l'Islam, a preparare a livello politico una componente militare di élite che offra le esperienze e le specializzazioni necessarie per essere utilizzata, quando sarà «necessario» (...);
          una campagna normativa «acquisti-dismissioni» che parte in sordina dal 1999 e ha preso un'accelerazione da capogiro a partire dall'estate 2006. Le riforme nella Pubblica Amministrazione annunciate da Brunetta ed approvate in settimana in CdM vanno in questa direzione, al di là dei settori «civetta» sotto tiro. Per capire cosa si stia muovendo dietro la task force 45, dopo mesi di impenetrabile silenzio su questa «unità antiterrorismo», basterà leggere il seguente comunicato AGI dello scorso 9 ottobre: «Un capo talebano Ghoam Yahya (un nome con tutta probabilità inventato di sana pianta, ndr) e 25 suoi affiliati (!) sono stati neutralizzati oggi nel corso di un operazione congiunta di militari italiani e statunitensi. L'episodio è avvenuto a 20 km da Herat. Secondo quanto si apprende la task force 45 che seguiva il gruppo di insorti già da ieri, è entrata in azione. Appresa la notizia il Ministro della Difesa si è subito complimentato con il CSM gen.  Vincenzo Camporini e con il comandante delle forze italiane di Herat generale Rosario Castellano»;
          la posta in gioco, ad avviso dell'articolista, sarebbe la prossima Presidenza della Repubblica; l'articolo continua affermando: «La task force 45 non dipende né da Castellano né dal suo diretto superiore gen.  Bertolini ma dall'ammiraglio G. Di Paola (...), eletto il 13 febbraio del 2008 Segretario Generale del Comitato che riunisce i vertici militari dei 28 Paesi aderenti all'Alleanza Atlantica, quando era ancora C.S.M. delle Forze Armate per decisione del CdM del governo Berlusconi. (...) Giancarlo Chetoni»;
          sebbene l'articolo a firma di Giancarlo Chetoni non sia recente appare di tutta evidenza che i dubbi e le considerazioni espresse dall'autore sulla task force 45 siano tuttora attuali;
          i recenti avvenimenti dove ha trovato la morte il tenente Alessandro Romani, nonché quelli riportati dalla citata agenzia ANSA, accrescono il convincimento degli italiani, ampiamente riscontrabile nei numerosi sondaggi effettuati dai maggiori quotidiani, che l'Italia sia effettivamente impegnata in operazioni di guerra e non invece di supporto umanitario alle popolazioni interessate e che quindi è opportuno l'immediato ritiro dei militari italiani impegnati in Afghanistan;
          dalle informazioni reperibili sul web inoltre si può apprendere come sia crescente anche il timore che i militari italiani siano effettivamente responsabili dell'uccisione o del ferimento di civili afghani avvenuto, ancorché accidentalmente, durante operazioni ufficialmente dichiarate di supporto all'esercito afghano effettuate congiuntamente con altre forze armate in ambito ISAF;
          in un articolo pubblicato sul quotidiano Il Tempo del 3 ottobre 2010 dal significativo titolo «Caccia ai talebani feriti due commandos» l'autore, riferendosi alla task force 45 scrive che «Una guerra silenziosa condotta da uomini silenziosi. Giovani “fuori ordinanza” con le loro barbe lunghe e le divise prive di stemmi, solo lo scudetto tricolore. Militari professionisti. L'eccellenza delle forze armate di tutte e quattro le Armi: anche i Gis dei carabinieri partecipano alle missioni. Vivono in un compound a Camp Arena a Herat. Un po’ orsi, un po’ guasconi. Gente “massiccia” che dal 2006 opera in Afghanistan.  Il loro compito è stanare i terroristi»  –:
          quale sia l'effettiva consistenza numerica della forza denominata «task force 45», quale la sua dipendenza funzionale e gerarchica, di quale e quanto armamento dispone, quali siano le regole di ingaggio a cui devono attenersi gli appartenenti alla predetta task force, quali gli obiettivi la durata e i risultati delle missioni svolte dal 2006 ad oggi, quanti i militari feriti, quanti quelli deceduti e quali le cause;
          quali siano i soccorsi portati dai militari italiani della task force 45 ai talebani catturati o feriti durante gli scontri armati, quali siano i soccorsi prestati alle popolazioni civili eventualmente coinvolte;
          se il Presidente del Consiglio non ritenga opportuno invitare le autorità afghane ad avviare una inchiesta per stabilire se le cause della morte dei talebani deceduti nel corso dei combattimenti avvenuti il 2 ottobre 2010 nel distretto di Javand, nella provincia di Badghis siano deceduti a causa di colpi di arma da fuoco in dotazione ai militari della task force 45;
          se non ritenga opportuno e urgente adoperarsi con maggiore concretezza per ricondurre le attività dei militari italiani, ed in particolare della task force 45, nel corretto ambito del mandato ricevuto dal Parlamento, anche attraverso una consistente riduzione dell'armamento impiegato, affinché sia evitata ogni possibile deriva della missione militare verso un inaccettabile conflitto al quale l'Italia non può e non deve partecipare. (4-08896)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          in merito all'informativa del Governo sulla morte del tenente Romani avvenuta in Afghanistan il 17 settembre 2010, svolta davanti all'Assemblea del Senato si legge nel resoconto stenografico della seduta n.  428 del 23 settembre 2010, che il sottosegretario di Stato per la difesa, onorevole Guido Crosetto, nell'esporre le modalità con cui si sarebbe verificato il tragico evento, ha affermato che: «In relazione alla situazione di elevato rischio che si era venuta a creare, veniva deciso l'invio di un dispositivo di forze speciali, composto da operatori del 9° Reggimento d'assalto paracadutisti Col Moschin, supportato da un nucleo di ranger del 4° Reggimento alpini paracadutisti. Il reparto veniva trasportato a bordo di un elicottero CH-47 e protetto da due elicotteri A-129 Mangusta, al fine di cinturare l'obiettivo ed effettuare il controllo sulle persone presenti.»;
          numerose note delle agenzie di stampa hanno riportato differenti descrizioni dei fatti avvenuti e fra queste l'ANSA ha specificato, in merito alla presenza degli elicotteri da combattimento A-129 «Mangusta», che «hanno scaricato contro il loro rifugio l'enorme potenziale di fuoco di cui sono dotati. “Sono tornati scarichi”, ha detto una fonte, e questo rende l'idea di che inferno possa essere stato...»;
          a parere degli interroganti, la scoperta di un possibile attentato all'indirizzo di militari italiani o comunque appartenenti alla coalizione internazionale, ad opera dei talebani, avrebbe dovuto indurre il comando italiano a interessare le autorità afgane e demandare ad esse il compito di ricerca e cattura dei probabili terroristi;
          ad avviso degli interroganti, l'agire dei militari italiani, secondo la ricostruzione offerta dal Governo, induce a ritenere che l'iniziativa di avviare una immediata reazione armata, concretizzatasi in una disastrosa «caccia al Talebano», possa aver violato i limiti all'impiego del contingente italiano nell'ambito di una missione militare internazionale (caveat);
          quanto riferito dal Governo solleva forti perplessità in relazione al reale svolgimento dei fatti e non appare essere in linea con le precedenti dichiarazione rilasciate sull'argomento dal Sottosegretario Crosetto (Apcom del 20 settembre 2010 delle ore 12.58) che ha affermato che: «Il Tenente Romani è morto in un'azione di polizia. La sua unità era impegnata, per usare una similitudine più consona alla nostra realtà, nella cattura di latitanti, ma c'erano più persone di quante si pensasse ed è successo quello che è successo. Ma non era un'azione di guerra»;
          secondo gli interroganti i fatti accaduti possono essere etichettati come un'azione di guerra e quindi compromettere irrimediabilmente la natura della missione e la partecipazione italiana decisa dal Parlamento  –:
          se il Ministro interrogato intenda accertare l'effettivo svolgimento dei fatti di cui in premessa;
          se l'ordine di invio di forze speciali sia rispondente alle regole di svolgimento della missione nell'ambito dei limiti posti in relazione all'impiego dei militari italiani e quali siano questi limiti;
          chi e per quale ragione abbia autorizzato l'impiego di forze speciali;
          se e quando la presenza di probabili terroristi sia stata comunicata alle autorità afgane;
          quale sia il contenuto delle comunicazioni e degli ordini di servizio relativi all'operazione di cui in premessa e delle trascrizioni delle conversazioni radio effettuate tra i componenti che hanno vi preso parte;
          quanti proiettili, e con quale armamento, siano stati effettivamente sparati all'indirizzo dei talebani. (4-08781)

      Risposta. — Si risponde contestualmente alle interrogazioni in esame, in quanto concernenti la medesima tematica.
      In premessa mi preme ribadire, ancora una volta, che in Afghanistan l'Italia non è in guerra.
      I nostri militari non sono impegnati – come asserito dall'interrogante – in operazioni di guerra, ma il loro impiego, nell'ambito dell’International security assistance force (ISAF) in Afghanistan, si è sempre svolto e continua a svolgersi coerentemente con gli indirizzi che l'Esecutivo, in linea di continuità con i precedenti Governi, ha sottoposto in più occasioni al Parlamento, e che sono conformi alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU e alle decisioni del Consiglio atlantico che hanno autorizzato la missione a livello internazionale.
      Il nostro è un impegno assolutamente in sintonia con le parole del Presidente Napolitano, che ha sostenuto che il ruolo che l'Italia svolge per la pace e la sicurezza internazionale si basa su un'importante norma della nostra Costituzione.
      È lo stesso Presidente della Repubblica, infatti, che ha precisato che l'articolo 11 prevede sì il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, ma stabilisce l'impegno di partecipazione dell'Italia alle organizzazioni internazionali che perseguono gli obiettivi della pace e della giustizia fra le nazioni.
      È per questo motivo che l'Italia contribuisce in modo significativo, insieme ai Paesi alleati e amici, alla realizzazione dei processo di transizione in Afghanistan che dovrà completarsi entro il 2014, con le forze afgane, opportunamente addestrate, in grado di esercitare il controllo in tutte le operazioni di sicurezza e le forze della coalizione in un ruolo di sostegno in seconda linea.
      In tale quadro, per quanto riguarda il presunto coinvolgimento dei cittadini afgani durante lo svolgimento di operazioni di soccorso alle forze afgane, va posto in luce, come, nel corso delle sue operazioni, ISAF prenda tutte le misure e le precauzioni possibili per proteggere i civili, evitandone il coinvolgimento nelle attività militari e predisponendo ogni possibile strumento di soccorso in caso di incidenti.
      In particolare le regole d'ingaggio (Rules of engagement – RoE) uniformemente e coerentemente applicate da tutte le forze militari impegnate nell'ambito della missione ISAF, sono appositamente studiate per ridurre al minimo il rischio di vittime civili; inoltre, ISAF sottopone a una costante revisione le proprie tattiche, tecniche e procedure, proprio al fine di prevenire danni alla popolazione civile.
      Ciò premesso, per quanto concerne gli aspetti relativi all'evento nel quale è deceduto il tenente Alessandro Romani, non posso che rimandare all'informativa urgente del Governo pro tempore che si è svolta presso l'Aula del Senato della Repubblica il giorno 23 settembre 2010.
      Veniamo, ora, ai molteplici aspetti riguardanti la task force 45.
      In primo luogo la task force 45 è la denominazione NATO dell'unità di Forze speciali italiana schierata in Afghanistan da giugno 2006 ed operante sotto il Controllo operativo (OPCON) del comandante di ISAF.
      Essa – composta da unità di Forze speciali delle Forze armate (Esercito, Marina, Aeronautica e Carabinieri) e da unità di supporto tattico e logistico – opera, come altre paritetiche task force della NATO e della coalizione, svolgendo attività di supporto rispettivamente alla missione ISAF e alle Forze di sicurezza afgane con le quali pianifica, controlla e conduce le operazioni sul territorio afgano. Essa conduce missioni operative, sempre in supporto alle forze di sicurezza afgane, che hanno una durata variabile in base agli effetti ed obiettivi che si propongono, dalle poche ore a numerosi giorni.
      Tutte le attività operative della task force sono in linea con gli ordini e le direttive nazionali e sviluppate da ISAF. In particolare, il processo di pianificazione ed esecuzione delle operazioni è sottoposto a rigorose procedure di approvazione (fase pianificazione) e successivo controllo (fase condotta), con particolare riferimento all'adozione ed approvazione delle regole di ingaggio improntate e commisurate al principio di «necessità e proporzionalità», nel rispetto dell'ordinamento giuridico nazionale, del diritto internazionale e del diritto dei conflitti armati.
      La TF45 è sottoposta alle stesse regole di ingaggio di tutto il contingente nazionale in Afghanistan e dispone dell'armamento di cui sono dotate le Forza speciali e le forze di combat support e combat service support che la compongono, costituito per la quasi totalità da armi portatili individuali e di reparto.
      La TF45 pone particolare attenzione in fase di pianificazione e condotta delle attività operative a non causare danni collaterali che coinvolgano la popolazione civile.
      L'operato della TF45 ha consentito, in particolare, da luglio 2006 (inizio attività) a ottobre 2010 (mese di riferimento dell'interrogazione), di:
          aumentare la sicurezza della regione ovest concorrendo a limitare la libertà di movimento degli insorti, nonché il traffico illegale di armi e sostanze stupefacenti nella regione;
          accrescere la preparazione, efficienza ed efficacia delle forze di sicurezza afgane ed in particolare dell’Afghan national army;
          affermare la presenza del Governo afghano e di ISAF in aree remote e sensibili della regione ovest spesso totalmente sguarnite di forze di sicurezza afgane;
          disarticolare reti di insorti dediti alla posa di ordigni esplosivi lungo le vie di comunicazione ad attacchi contro le forze di sicurezza afgane e della coalizione.

      In merito ai soccorsi portati si sottolinea che, nel medesimo periodo di riferimento, la TF45 ha sempre prestato l'adeguato e possibile soccorso medico ad ogni tipo di ferito locale e delle forze della coalizione anche a repentaglio della sicurezza dei propri operatori.
      Infine, la TF45 non ha mai proceduto alla cattura e/o all'arresto di personale afgano, essendo questa tipologie di attività condotta dalle forze di sicurezza afgane.
      Nel corso delle attività operative condotte dalla TF45 sono deceduti 2 suoi componenti e 15 sono stati feriti.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa, al Ministro per la semplificazione normativa. — Per sapere – premesso che:
          il capo II del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n.  1302, convertito dalla legge 4 aprile 1935, n.  808, e successive modificazioni, definiscono le condizioni ed i termini per la corresponsione dell'indennità di volo per il personale militare;
          gli articoli 9 e 10, all'ultimo comma, statuiscono per gli ufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica che «L'indennità suddetta è conservata nei casi di inidoneità al volo per infermità e, nei limiti previsti dagli articoli 7 ed 8, è soppressa nei casi di sospensione o di riduzione di assegni di cui all'articolo 5 ed è ritenuta e versata all'Istituto Nazionale Umberto Maddalena per i figli degli aviatori, in Gorizia, nei casi di punizioni disciplinari contemplati nello stesso articolo 5»;
          negli stessi termini l'articolo 11, ultimo comma, statuisce il medesimo trattamento giuridico ed economico per i sottufficiali e per i graduati di truppa;
          il decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66, all'articolo 2270, comma 1, punto 4, prevede che resta in vigore il seguente atto normativo primario e successive modificazioni: «regio decreto-legge 20 luglio 1934, n.  1302, e legge di conversione 4 aprile 1935, n.  808: articoli 3,7,9 e 10»;
          per effetto dell'abrogazione dell'articolo 11 vige un diverso trattamento giuridico ed economico tra gli ufficiali e il rimanente personale  –:      
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali immediate iniziative si intendano assumere per ripristinare l'omogeneità di trattamento tra i diversi ruoli del personale delle Forze armate. (4-12912)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa, al Ministro per la semplificazione normativa. — Per sapere – premesso che:
          il Consiglio dei ministri in data 16 giugno 2011 – su proposta del Ministro della difesa e del Ministro per la semplificazione normativa – ha approvato uno schema di decreto legislativo che apporta alcune modifiche al Codice dell'ordinamento militare, emanato con decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66;
          la relazione illustrativa ha richiamato che «Le rettifiche delle imperfezioni del testo, sin qui riscontrate in sede applicativa dalle varie articolazioni dell'Amministrazione della difesa, tanto dell'area tecnico-operativa (Stati maggiori di Forza armata), quanto dell'area tecnico-amministrativa (segretariato generale della difesa e direzioni generali), possono riguardare meri errori materiali di trascrizione occorsi nella redazione del codice, sia di tipo dattilografico, sia di riproduzione delle partizioni testuali per riassetto delle fonti originarie. Tra questo genere d'intervento, si possono annoverare anche quei perfezionamenti tesi ad una maggiore chiarezza delle disposizioni, senza con ciò innovare le materie che ne sono oggetto»;
          il capo II del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n.  1302, convertito dalla legge 4 aprile 1935, n.  808, e successive modificazioni, definisce le condizioni ed i termini per la corresponsione dell'indennità di volo per il personale militare;
          gli articoli 9 e 10, all'ultimo comma, statuiscono per gli ufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica che «L'indennità suddetta è conservata nei casi di inidoneità al volo per infermità e, nei limiti previsti dagli articoli 7 ed 8, è soppressa nei casi di sospensione o di riduzione di assegni di cui all'articolo 5 ed è ritenuta e versata all'Istituto nazionale Umberto Maddalena per i figli degli aviatori, in Gorizia, nei casi di punizioni disciplinari contemplati nello stesso articolo 5»;
          negli stessi termini l'articolo 11, ultimo comma, statuisce il medesimo trattamento giuridico ed economico per i sottufficiali e per i graduati di truppa;
          il decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66, all'articolo 2270, comma 1, punto 4, prevede che resta in vigore il seguente atto normativo primario e successive modificazioni: «regio decreto-legge 20 luglio 1934, n.  1302, e legge di conversione 4 aprile 1935, n.  808: articoli 3, 7, 9 e 10»;
          per effetto dell'abrogazione dell'articolo 11 vige un diverso trattamento giuridico ed economico tra gli ufficiali e il rimanente personale  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali immediate iniziative normative si intendano assumere per ripristinare l'omogeneità di trattamento tra i diversi ruoli del personale delle Forze armate. (4-13685)

      Risposta. — In merito alla questione affrontata, faccio osservare che l'amministrazione avendo, a suo tempo, già individuato l'inconveniente relativo alla mancata inclusione nel codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66), dell'articolo 11 tra gli altri restanti in vigore del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n.  1302 – convertito dalla legge 4 aprile 1935, n.  808, e successive modificazioni e recante le condizioni ed i termini per la corresponsione dell'indennità di volo per il personale militare – si è tempestivamente attivata per porvi rimedio.
      Si è provveduto, infatti, ad inserire apposita norma – articolo 9, comma 1, lettera t) – nello schema di decreto legislativo recante ulteriori modifiche ed integrazioni al codice dell'ordinamento militare, proprio al fine di restituire vigore all'articolo 11 in questione.
      Al riguardo, evidenzio che il provvedimento (atto n.  500) attualmente è all'esame della Commissione parlamentare per la semplificazione per il relativo parere.
      Alla luce di quanto suesposto, si ritiene che l'iniziativa intrapresa dal Dicastero della difesa vada proprio nella direzione auspicata dall'interrogante.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro delta difesa. — Per sapere – premesso che:
          una nota di agenzia stampa del 4 maggio 2012 ha diffuso la notizia: «DIFESA: PDM, CRISI ECONOMICA IMPONE SOLUZIONI IMMEDIATE Roma, 4 maggio (Adnkronos) – “Il Ministro della difesa Di Paola, non perde una sola occasione per ricordare all'opinione pubblica le scelte dolorose che attendono i dipendenti militari e civili del suo dicastero e insiste nell'incentrare la spending review solo su di loro come ha fatto oggi durante il 151/esimo anniversario della costituzione dell'Esercito italiano. Sicuramente i numeri sono sovradimensionati e vanno ridotti ma la crisi economica è oggi, e quindi le azioni devono essere immediate e, per questo, il Ministro dovrebbe considerare che è sicuramente più facile e veloce tagliare 7,4 miliardi di spese per regalie, prebende e armamenti dal bilancio della Difesa, che mandare via 40.000 dipendenti”. Lo affermano il deputato radicale Maurizio Turco e Luca Marco Comellini, segretario del Pdm, Partito per la tutela dei Diritti di Militari e Forze di polizia. “Siamo convinti – si legge in una nota – che l'ammiraglio Di Paola abbia letto attentamente i suggerimenti che gli abbiamo rivolto nei giorni scorsi in merito alle spese inutili da tagliare e siamo anche convinti che l'altra soluzione percorribile sia quella di una concreta iniziativa politica per dare vita ad un esercito europeo. Tra gli immediati tagli possibili, suggeriti al Ministro Di Paola, vi sono quelli dell'indennità di ausiliaria, gli avanzamenti di grado all'ultimo giorno di servizio, i richiami in servizio e i trattamenti economici superiori percepiti al compimento dei 13-15 e 23-25 anni di servizio, le indennità antiesodo dei piloti e controllori di volo, il cui ammontare complessivo è di 472 milioni/anno”. Il PDM sottolinea che “dalla sospensione triennale e dalla successiva riduzione del 50 per cento del programma di acquisizione del caccia multiruolo d'attacco JSF si otterrebbero 2,9 miliardi nel triennio 2012-2014 e 4,38 miliardi nel periodo 2015-2026 di risparmi effettivi, e infine l'unificazione delle forze di polizia compresa la Guardia di finanza frutterebbe una riduzione della spesa per la sicurezza di 4 miliardi all'anno”. (Sin/Ct/Adnkronos) 04-AG-12 20:39»  –:
          se condivida la necessità di ridurre le spese nel senso indicato nel comunicato in premessa e quali immediate azioni intenda assumere in merito;
          quali immediate azioni intenda intraprendere per avviare una concreta iniziativa politica per dare vita ad un esercito europeo. (4-16305)

      Risposta. — L'interrogazione in esame costituisce l'opportunità per ribadire alcune delle riflessioni e valutazioni che, fin dall'inizio del mio mandato, ho espresso, in molteplici circostanze e diverse sedi istituzionali, a sostegno dell'ineludibile necessità di avviare con urgenza il progetto di revisione dello strumento militare, contemplato dal disegno di legge delega, attualmente all'esame dei Senato della Repubblica.
      Nel merito, rammento che, tale provvedimento è teso a realizzare una riforma ampia e incisiva che va in entrambe le direzioni invocate dall'interrogante.
      La revisione dello strumento militare, elaborata dal Dicastero, infatti, non soltanto consente di corrispondere alla stringente esigenza del contenimento della spesa pubblica attraverso un utilizzo migliore delle risorse assegnate, ma costituisce anche un tassello fondamentale nella prospettiva dell'integrazione delle nostre Forze armate con quelle NATO e della costruzione di una dimensione europea di difesa comune.
      Infatti, a fronte delle limitate risorse disponibili attualmente ed in prospettiva, solo attraverso una riforma dello strumento militare che lo renda coerente con l'evoluzione degli strumenti dei nostri partner, pienamente interoperabile ed integrabile con essi, sarà possibile avanzare concretamente verso una più forte identità europea di difesa e sicurezza ed un più solido rapporto transatlantico.
      D'altro canto non potrebbe essere diversamente, se si considera che lo scenario di riferimento per pianificare il futuro dello strumento militare è quello condiviso nel contesto del sistema dell'Unione europea e dell'Alleanza atlantica delle quali l'Italia fa parte e che come ci ricorda il Presidente della Repubblica rappresenta il nostro riferimento fondamentale.
      In proposito, ricordo che il disegno di legge delega – dopo aver ricevuto prima il pieno consenso nell'ambito del Consiglio supremo difesa e poi l'approvazione in sede di Consiglio dei ministri – mira ad una razionalizzazione dello strumento militare, che eliminando ridondanze ed inefficienze, consenta di correggere l'attuale sbilanciamento delle componenti strutturali di spesa e di conseguire uno strumento operativamente efficace e sostenibile a fronte delle risorse disponibili attualmente ed in prospettiva.
      Il provvedimento si muove secondo due linee d'intervento ben chiare.
      La prima è quella di ottenere una ragionevole stabilità programmatica per la funzione difesa nel decennio futuro su una base di risorse finanziarie, coerenti con quelle previste dalla legge di stabilità.
      La seconda, invece, è quella di ridurre progressivamente la spesa del settore del personale (tendenzialmente verso il 50 per cento della spesa totale) e riorientare le risorse così ottenute nella misura del 25 per cento per ciascuno dei settori dell'esercizio e dell'investimento.
      Questo significa, evidentemente, ridurre, con la dovuta cautela e con la necessaria attenzione, il personale, ma anche razionalizzare, accorpando ed eliminando ridondanze con scelte non indolori, nonché ridurre drasticamente il patrimonio infrastrutturale in uso alle Forze armate, realizzando opportunità di valorizzazione a favore dei saldi del bilancio dello Stato.
      Il provvedimento, in sostanza, dovrà contemplare tutti i necessari interventi normativi, in un quadro unitario e razionale, coerente con le esigenze di risanamento delle finanze pubbliche e con le necessità di tutela degli interessi nazionali e con il quadro degli impegni internazionali.
      È dunque in tale ambito che verranno analizzate tutte le possibili misure ed interventi ad ampio spettro, con un'ottica omnicomprensiva nella quale ogni elemento dovrà necessariamente essere considerato e valutato non singolarmente, ma come parte integrante di un «unicum» che deve rimanere armonico per non perdere in efficacia.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          sul sito http://www.fondazionemilillio.eu/ il colonnello dei carabinieri in servizio Giuseppe Fausto Milillo, propaganda la propria candidatura nelle liste del PdL per l'elezione del consiglio comunale di Palermo che si sono svolte il 6 e 7 maggio 2012;
          nel pubblicizzare la propria candidatura il militare fa ampio ed esplicito riferimento al suo stato di servizio come ufficiale dell'Arma dei carabinieri e di presidente del Consiglio di base della rappresentanza militare della regione Carabinieri Sicilia  –:
          se sia a conoscenza dei fatti in premessa quali immediati provvedimenti intenda adottare nella considerazione che in altre, occasioni che hanno visto dei militari di truppa svolgere attività politica fuori delle condizioni previste dal codice dell'ordinamento militare e senza comunque qualificarsi come militari in servizio, i vertici militari dell'Arma dei carabinieri hanno intrapreso severe azioni disciplinari. (4-16309)

      Risposta. — In merito a quanto richiesto con l'atto cui si fornisce riscontro, si partecipa che l'ufficiale ivi indicato ha regolarmente comunicato la propria candidatura quale capolista del Popolo della Libertà, non risultando poi tra gli eletti.
      In linea generale, a mente del quadro normativo vigente in materia, al militare candidato è fatto divieto, in modo assoluto, di usare l'uniforme, ma non gli è preclusa la possibilità di indicare, nel materiale di propaganda, la propria professione, senza precisare il reparto di appartenenza.
      Per quanto riguarda il caso specifico, osservo che non sono note le modalità attraverso le quali l'interessato avrebbe fatto esplicito riferimento alla qualità di ufficiale dell'Arma dei carabinieri nel propagandare la propria designazione; né sussistono altri elementi di valutazione al riguardo, atteso che il sito internet menzionato dell'atto non risulta più accessibile.
      Circostanze, queste ultime, che non consentono di valutare se, nel caso concreto, sia stata svolta dall'interessato attività politica al di fuori delle condizioni previste dalla legge.
      Pertanto, in considerazione di quanto sopra esposto, non si ritiene possibile porre in atto quanto richiesto dall'interrogante.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro rappresenta un'assoluta priorità per il Paese, che con l'approvazione definitiva nel luglio 2009 del decreto «correttivo» (decreto legislativo 3 agosto 2009, n.  106) al testo unico n.  81 del 2008, ha equiparato l'Italia agli standard normativi internazionali ed europei;
          la strategia, in tema di prevenzione dei rischi lavorativi promossa dalla rinnovata normativa, privilegia l'adozione di misure condivise volte a promuovere la prevenzione e la sicurezza sul lavoro attraverso la formazione, l'informazione e la sorveglianza. L'efficacia dell'attuale sistema di prevenzione passa inevitabilmente per una effettiva collaborazione tra lavoratori e datori di lavoro, in un contesto di competenze precisamente definite della normativa vigente;
          affinché il sistema di prevenzione risulti efficace i lavoratori devono essere consapevoli di avere il diritto irrinunciabile ad un luogo di lavoro rispettoso delle norme, ma anche il dovere di partecipare attivamente alla formazione e di seguire tutte le norme dettate dal datore di lavoro; il datore di lavoro ha il dovere di considerare la salute e la sicurezza del lavoratore importante quanto la produzione, di valutare il rischio e prevenirlo con soggetti e strutture di supporto: medico competente e servizio di prevenzione e protezione; il datore di lavoro deve, conseguentemente alle attività di valutazione dei rischi da lavoro, attuare le misure di prevenzione degli infortuni previste dalla legge, senza eccezioni o ritardi;
          presso l'Amministrazione della difesa la normativa a tutela della sicurezza e salute sui luoghi di lavoro è stata recepita con decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n.  90, Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare. Nell'ambito della Marina militare la pubblicazione SMM 1062, attuazione delle norme di legge in materia di prevenzione, protezione, sicurezza ed igiene del lavoro, ha reso attuativi i dettami del decreto legislativo n.  81 del 2008 e successive modificazioni, al contesto militare e navale, stabilendo gli obblighi e i doveri di tutte le figure che concorrono alla sicurezza sui luoghi di lavoro, compreso quelli del «medico competente» (specialista in medicina del lavoro);
          secondo quanto dettato dalla normativa nazionale, recepito altresì dalla pubblicazione SMM 1062, il medico competente collabora con il datore di lavoro alla valutazione dei rischi, programma, ove necessario, la sorveglianza sanitaria, predispone l'attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, svolge attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori (per la parte di competenza), organizza il servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro, sottoscrive il documento di valutazione dei rischi (DVR), partecipa alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria, compila la cartella sanitaria e di rischio, effettua sopralluoghi negli ambienti di lavoro e valuta i dispositivi di protezione individuale (DPI);
          il 25 maggio 2012 veniva data la notizia sui principali media nazionali della morte del nocchiere di terza classe Alessandro Nasta, 29 anni di Brindisi. Il graduato, imbarcato dal gennaio 2011 sulla Nave Amerigo Vespucci, è morto cadendo dall'albero più alto della nave e, a seguito di un volo di circa quindici metri, malgrado i soccorsi sanitari, è morto all'ospedale di Civitavecchia dove è stato trasportato in elicottero dall'unità navale, che si trovava in viaggio da La Spezia verso Civitavecchia. Come riportato sul giornale La Nazione di La Spezia del 25 maggio 2012, Alessandro Nasta è morto dopo essere precipitato dall'albero di maestra, quello centrale e più alto. Il graduato, dopo aver ultimato una manovra alle vele, alle 11:38 stava rientrando sul ponte di coperta quando, all'altezza della prima coffa, mentre si sosteneva al passamano — (tientibene) — ha perso la presa ed è caduto da una altezza di circa 15 metri urtando la testa sul ponte di coperta, trauma che è risultato letale (ricostruzione della dinamica dell'incidente rilasciata con una nota dalla Marina militare)  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza della pregressa valutazione del rischio lavorativo del militare deceduto da parte del medico competente designato per l'unità navale Vespucci e se il medesimo medico abbia mai adempiuto alle attività di pertinenza stabilite dalla normativa vigente;
          se il Ministro interrogato sia in grado di quantificare il numero dei sopralluoghi finora effettuati dai medici competenti designati per le unità navali della Marina militare (sedi di La Spezia, Taranto, Augusta) e la percentuale delle cartelle sanitarie compilate per la valutazione dei rischi lavorativi dei militari imbarcati appartenenti alle singole giurisdizioni;
          se il Ministro interrogato sia in grado di stabilire su quale turno di guardia di navigazione fosse impiegato il graduato Alessandro Nasta, quante ore di riposo gli venivano garantite dal comando di bordo prima di essere impiegato alla manovra alle vele e se il personale preposto aveva valutato preventivamente che il militare indossasse i dispositivi di protezione individuale anti-caduta (cintura con imbracatura, cordino d'aggancio) e fosse indottrinato sul loro corretto utilizzo. (4-16428)

      Risposta. — Relativamente alla pregressa valutazione, da parte del medico competente, del rischio lavorativo del nocchiere di terza classe Alessandro Nasta, tragicamente scomparso a seguito dell'incidente verificatosi a bordo della nave Amerigo Vespucci, è il caso di premettere che le norme sulla sicurezza dei luoghi di lavora previste dal decreto legislativo n.  81 del 2008 vengono applicate alle Forze armate, ai sensi dell'articolo 3, comma 2 dello stesso decreto legislativo, a partire dall'ottobre 2010, con l'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n.  90 del 2010 (articoli 244 e seguenti).
      In particolare, la Marina militare italiana, ha impartito le discendenti disposizioni applicative di dettaglio con apposita circolare (l'edizione attualmente in vigore è del dicembre 2011).
      Per redigere il documento di valutazione dei rischi (DVR) delle unità navali esistenti, attesa la peculiarità di tali ambienti di lavoro, la Forza armata ha provveduto a commissionare a imprese specializzate l'elaborazione di un'apposita relazione tecnica sulla valutazione dei rischi (RTVR), che costituisce il documento base per procedere, poi, alla redazione del DVR.
      Per quanto concerne nave Vespucci, la trasmissione della RTVR risulta avvenuta in data 29 ottobre 2011, a cura dell'arsenale della Marina militare di La Spezia, mentre per il medico competente, già nel 2009, la direzione di sanità di La Spezia ha provveduto a designare l'ufficiale medico che ha il compito di collaborare con il comando di bordo («datore di lavoro») alla valutazione dei rischi e alla predisposizione del relativo documento, oltre a esercitare la sorveglianza sanitaria sul personale appartenente ai nuclei di pronto intervento di bordo.
      Pertanto, la valutazione del rischio non rientra tra le attribuzioni del medico competente che unicamente collabora alla stessa, insieme alle altre figure previste dal richiamato decreto legislativo, n.  81 del 2008.
      A seguito della trasmissione della RTVR, risulta che il medico competente abbia preso i primi contatti con nave Vespucci per concordare le azioni dirette alla redazione del DVR, ancorché al momento del tragico evento non fossero ancora del tutto completate le formalità previste dalla menzionata circolare, tra cui la nomina formale ciel medico competente con apposito ordine del giorno del comandante.
      Con riferimento alle specifiche mansioni, cui era addetto il sottocapo di 3° classe Nasta (appartenente alla categoria «Nocchieri»), le attività in alberata rientrano tra i «lavori in quota», come definiti dal decreto legislativo n.  81 del 2008 (articoli 107 e 111) e, come tali, previste e valutate nella RTVR fornita a bordo.
      Occorre infatti evidenziare che, indipendentemente dalla mancata formalizzazione della nomina del medico competente e del DVR, al momento dell'evento la nave era, comunque – come già accennato – in possesso della prevista RTVR e che nel predetto documento risulta valutato lo specifico rischio concernente le mansioni alle quali era addetto il militare (con particolare riguardo alla fase della manovra alle vele).
      In particolare, il grado di rischio era risultato «accettabile» (grado 4) dalle metodologie di calcolo definite nella sezione «metodologia» della RTVR, in base alle quali, pur in presenza di possibili danni «gravissimi», il grado di rischio era ritenuto mitigato mediante l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, ovverosia delle apposite imbracature di sicurezza.
      Tali dispositivi, peraltro, sono previsti, più in generale, su tutte le unità navali per i «lavori in quota» e sono: cintura di sicurezza omologata con imbracatura tipo paracadute, scarpe da vela, tuta da vela di colore verde con inserti catarifrangenti.
      Tenuto, altresì, conto che in navigazione è sempre presente personale sanitario, è comunque possibile (da parte dell'operatore e/o del comando) la notifica e/o la verifica di eventuali condizioni di salute ostative al corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale/sistemi di imbracatura e/o allo svolgimento in sicurezza delle attività in alberata.
      Con riferimento al numero dei sopralluoghi sulle unità navali, non risultano, al momento, effettuate visite ispettive da parte dei medici competenti, in quanto le disposizioni applicative emanate con la nuova versione della circolare n.  1062 – edita nel dicembre 2011 ed entrata formalmente in vigore nel febbraio 2012 – hanno integrato le precedenti con nuove procedure e nuovi incarichi, nonché con la predisposizione di nuovi elementi di organizzazione.
      Ciò ha comportato un graduale avvio delle nuove disposizioni in materia di sorveglianza sanitaria sulle unità navali, il cui completamento è previsto entro la fine dell'anno in corso.
      Nello specifico, man mano che le unità navali ricevono la versione definitiva della RTVR richiedono alle competenti direzioni di sanità della Marina militare la designazione del medico competente e provvedono alla formale nomina dello stesso per l'avvio delle previste incombenze, tra le quali rientrano anche le visite negli ambienti di lavoro.
      Quanto, invece, ai turni di guardia, il personale di nave Vespucci è organizzato in tre squadre e i relativi servizi di guardia in navigazione prevedono una turnazione di 4 ore di guardia (squadra di guardia), 4 ore a disposizione su chiamata, per lavorazioni che richiedono un maggior numero di personale per l'esecuzione delle stesse (squadra di comandata) e 4 ore di riposo (squadra franca).
      Per il tipo di attività in corso, al momento dell'incidente, erano state impiegate la squadra di guardia e quella di comandata, della quale faceva parte il nocchiere Alessandro Nasta.
      In merito alla dinamica dell'incidente che ha portato alla tragica scomparsa del militare, si fa presente che soltanto gli esiti delle tre inchieste (penali ordinaria/militare e sommaria), tuttora incorso, potranno fornire l'esatta ricostruzione degli avvenimenti.
      Ciò premesso, si rende noto che prima del proprio servizio di guardia e successiva comandata il militare aveva avuto 8 ore di riposo/libero da servizi e indossava i dispositivi di protezione previsti: cintura di sicurezza ad imbracatura con spalline per salita a riva, tuta da lavoro e scarpe tecniche da vela.
      Tutto il personale di guardia o che svolge, comunque, attività lavorativa, è obbligato ad indossare tali dispositivi.
      Inoltre, per ogni attività da svolgere in alberata, nel corso del «briefing» operativo il nostromo di servizio chiede al militare designato se ha compreso l'attività che deve effettuare e se è nelle condizioni psicofisiche per assolvere i propri compiti: il personale imbarcato, senza alcuna eccezione, è professionalmente preparato per il compito tecnico da svolgere.
      Le lavorazioni in alberata vengono eseguite soltanto dal personale della categoria «nocchiere», nella cui formazione e addestramento rientra anche il corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.
      Si segnala, in ultimo, che durante lo svolgimento della campagna addestrativa, il personale nocchiere di nave Vespucci svolge compiti di istruttore nei confronti degli allievi della prima classe dei corsi normali dell'accademia navale, nella specifica attività di salita in alberata e posto di manovra alle vele.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          con l'interrogazione a risposta scritta 4-09702 gli interroganti hanno chiesto chiarimenti in merito ai fatti che avevano coinvolto il caporal maggiore scelto Sinesio Sardelletto;
          la terza sezione del Consiglio di Stato con il parere n.  2007/2009, deliberato nell'adunanza del 12 ottobre 2010 si è espressa favorevolmente all'accoglimento del ricorso mediante cui il Sardelletto aveva impugnato la sanzione disciplinare di tre giorni di consegna inflittagli dal comandante di corpo;
          la risposta fornita agli interroganti appare fuori luogo nella parte in cui afferma che «dalla lettura del richiamato parere del Consiglio di Stato, la valutazione del provvedimento disciplinare impugnato risulta incentrata sulla riconducibilità o meno dell'incidente al ricorrente. Al contrario, la condotta censurata dal comandante di corpo concerne, piuttosto, la condotta di guida del graduato che ha configurato, per negligenza ed imprudenza, un'autonoma infrazione. Sanzionata, quindi, prescindendo dal suo eventuale apporto causale al verificarsi del sinistro; il procedimento disciplinare è stato condotto e definito in aderenza alle vigenti disposizioni normative, con l'osservanza delle garanzie sostanziali e procedurali previste in favore dell'incolpato; l'inchiesta amministrativa esperita ha rilevato profili di colpa grave a carico dei conduttori dei mezzi coinvolti nel sinistro; i provvedimenti adottati dal comandante di reggimento pro tempore caratterizzati da ampia autonomia e discrezionalità, risultano completi, esaustivi e aderenti alla normativa vigente». Infatti se l'amministrazione avesse ritenuto errato il parere del supremo Consesso, avrebbe potuto, e dovuto, resistervi nei modi previsti dalla vigente normativa;
          in data 15 febbraio 2012, rilevando la sostanziale coincidenza del parere del Consiglio di Stato con le proprie motivazioni, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Lombardia, con la sentenza 73/2012, ha respinto la domanda di risarcimento avanzata dall'amministrazione militare nei confronti del caporal maggiore Sardelletto;
          dalla semplice lettura delle decisioni degli organi giudicanti sopra richiamate si evince secondo l'interrogante l'erroneità e l'estrema superficialità dell'azione intrapresa dall'amministrazione militare nei confronti del caporal maggiore Sardelletto  –:
          quali immediate azioni intenderà adottare per ristorare il militare in premessa del danno che innegabilmente ha dovuto patire a causa dell'annullato procedimento disciplinare e dalla citazione in giudizio innanzi alla Corte dei conti.
(4-16755)

      Risposta. — Nel merito, si ritiene che il parere espresso dal Consiglio di Stato, propedeutico al decreto del Presidente della Repubblica decisorio del ricorso straordinario, vada interpretato nell'unico modo possibile e cioè che, ferme ed impregiudicate le valutazioni e le conclusioni espresse dal supremo organo di giustizia amministrativa, l'azione dell'amministrazione militare non può essere considerata arbitraria ossia colpevolmente scollegata a fondati presupposti di fatto e di diritto.
      Con ciò si vuol significare che l'annullamento disposto con decreto del Presidente della Repubblica della sanzione disciplinare a carico del militare interessato colpisce solo il provvedimento sanzionatorio, invalidandolo, ma non comporta automaticamente che sia posta in dubbio la linearità del procedimento sanzionatorio stesso.
      Si osserva, inoltre, che l'annullamento della sanzione disciplinare inflitta al militare costituisce, di sicuro, un adeguato ed esaustivo ristoro alla lesione della sfera giuridica dell'interessato.
      Ciò anche nella doverosa considerazione che l'apertura di un procedimento disciplinare, in presenza di presupposti di fatto e di diritto, è atto dovuto e il procedimento stesso può concludersi anche con il riconoscimento dell'assenza di responsabilità per il soggetto interessato, senza che si possa configurare il diritto di quest'ultimo ad essere comunque risarcito per i pretesi connessi patimenti sofferti sul piano umano.
      Analoghe considerazioni, ritengo, possono essere svolte circa l'asserito danno per giudizio presso la Corte dei conti.
      Desidero precisare, inoltre, che la stessa Corte de conti, nel pronunciare la sentenza che ha escluso la responsabilità del militare nel sinistro stradale, non ha riconosciuto a favore dello stesso il diritto al rimborso delle spese di lite, riconoscendo implicitamente non destituite di fondamento le ragioni connesse all'instaurazione ciel giudizio di responsabilità amministrativa.
      Per quanto sopra premesso, riesaminata l'intera questione alla luce del nuovo atto di sindacato ispettivo ed in assenza di una provata rappresentazione del danno patito, ritengo che non sussistano, allo stato, fondati elementi di fatto e di diritto per porre in essere quanto richiesto dall'interrogante.
Il Ministro della difesa: Giampaolo Di Paola.


      ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          in merito al progetto di stoccaggio di gas sotto le colline di Susegana, dove saranno stoccati 800 milioni di metri cubi di gas provenienti dalla Russia da notizie stampa risulta che la zona è indicata a sismicità 2;
          tale gas sarà immesso in rete attraverso un metanodotto Snam adesso in fase di costruzione e per il quale è stata dichiarata la pubblica utilità;
          il via libera al raddoppio della centrale del gas a Sant'Anna di Collalto è stato dato recentemente dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico e l'ampliamento sarebbe stato autorizzato senza la valutazione d'impatto ambientale;
          sul progetto, il comitato d'imprenditori Veneti Piave 2000 aveva rivolto un appello al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da cui si apprende che: «La rilevazione e la relazione dell'Osservatorio Geofisico Sperimentale di Trieste non esprime un parere favorevole all'impianto e ...richiede che vengano effettuati ulteriori accertamenti utili a comprendere meglio la vulnerabilità sismica dell'impianto di compressione»;
          il timore espresso dal comitato è che non solo il territorio di Susegana sia a rischio, ma anche i comuni limitrofi come Conegliano, San Pietro di Feletto, Refrontolo, Pieve di Soligo, Semaglia e Nervosa;
          il comitato imprenditori Veneti Piave 2000 ha inviato inoltre una serie di documenti sulla questione del gas ed il rischio sismico anche al prefetto Aldo Adinolfi, tra i quali vi è la relazione del professor Alberto Marcellini del CNR istituto ricerca sul rischio sismico che fece parte e poi si dimise dalla commissione comunale dell'impianto di stoccaggio gas  –:
          se si siano tenute in conto le segnalazioni dell'osservatorio geofisico sperimentale di Trieste e se si sia provveduto ad effettuare ulteriori accertamenti utili a comprendere meglio la vulnerabilità sismica dell'impianto di compressione.
(4-16404)

      Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame concernente la concessione di stoccaggio di gas naturale denominato «Collalto stoccaggio», rilasciata nel 1994 e ricadente nel territorio della provincia di Treviso, sulla base degli elementi forniti dalla competente direzione, si rappresenta quanto segue.
      Al riguardo si evidenzia che conseguentemente all'istanza della Edison Stoccaggio s.p.a. presentata nell'anno 2007, il Ministero dello sviluppo economico ha autorizzato l'ampliamento della centrale di trattamento e compressione del gas. Il relativo decreto autorizzativo, datato 16 ottobre 2009, rappresenta la conclusione del procedimento che ha coinvolto tutte le amministrazioni interessate (regione Veneto, Ministero per i beni e le attività culturali eccetera) e svolto secondo i princìpi di partecipazione procedimentale di cui alla legge n.  241 del 1990. Alla fase istruttoria ha, in particolare, partecipato il Ministero dell'ambiente che, considerata applicabile al caso di specie la disciplina antecedente al decreto legislativo n.  152 del 2006, ha espresso, con disposizione del 19 marzo 2009, parere favorevole con prescrizioni di cui al parere della commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA-VAS del 15 dicembre 2008, n.  190.
      Pertanto, in merito al quesito posto dagli interroganti «se si siano tenute in conto le segnalazioni dell'osservatorio geofisico sperimentale di Trieste» si segnala che lo stesso osservatorio, con lettera del 9 settembre 2011, ha provveduto a smentire le notizie di stampa.
      Per quanto concerne, inoltre, il quesito dagli interroganti «se si sia provveduto ad effettuare ulteriori accertamenti utili a comprendere meglio la vulnerabilità si- smica dell'impianto di compressione», si precisa che le strutture civili dell'impianto di Collalto sono state realizzate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001 n.  380, recante testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, e del decreto ministeriale Infrastrutture del 14 gennaio 2008, relativo alle norme tecniche per le costruzioni attualmente in vigore.
      Tali strutture, oltre ad essere state progettate considerando la corretta classificazione sismica dell'area individuata dalle normative, sono caratterizzate da una protezione antisismica pari al massimo livello prevedibile dal decreto ministeriale del 2008 (classe d'uso IV). Tale livello di sicurezza è lo stesso che, usualmente, si applica nella realizzazione di costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche importanti. Le opere sono state, quindi, autorizzate dalla regione Veneto – unità periferica genio civile di Treviso.
      Inoltre, in merito al rischio sismico, si rappresenta che, come dichiarato dall'OGS, l'osservatorio «ha costruito una rete di rilevamento sismico nell'area di Collalto, su incarico da Edison Stoccaggio SpA. La rete è realizzata sulla base dello studio di fattibilità presentato alla “Commissione comunale impianto stoccaggio gas Collalto” riunitasi nel Comune di Susegana nel 2007. Nel 2010, i risultati dello studio e il progetto di rete furono presentati ad ARPAV. Lo studio forniva, oltre alle specifiche tecniche della rete, anche un quadro della sismicità naturale, conosciuta mediante dati storici e rilevata strumentalmente in oltre 20 anni di monitoraggio sismico, ma non valutava elementi di rischio sismico connessi alla presenza dell'impianto di stoccaggio, né sollecitava ulteriori accertamenti circa la vulnerabilità sismica dell'impianto. Il primo nucleo della rete è operativo dal marzo 2011 e non ha registrato fenomeni sismici d'interesse per la popolazione riconducibili alle attività dell'impianto».
      Si segnala infine che, l'operatore concessionario esercisce la normale attività di stoccaggio di gas naturale – attività strategica per il Paese, in quanto volta a garantire la sicurezza degli approvvigionamenti di energia – contribuendo al fabbisogno nazionale con un volume di gas di circa 400 milioni di standard metri cubi.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Claudio De Vincenti.