XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 5 dicembre 2012

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


      La V Commissione,
          premesso che:
              le scuole sono (assieme agli ospedali) gli edifici pubblici che dovrebbero offrire le maggiori garanzie di sicurezza, perché esse contengono il nostro bene più prezioso: il nostro futuro;
              ciò significa che, a fronte di qualsiasi evento incidentale che possa interessarle, deve essere garantita la totale integrità, cioè non solo quella degli «elementi strutturali» (cioè dell'ossatura portante), ma anche quella dei cosiddetti «elementi non strutturali» (tramezzi, tamponature, soffitti, impianti, oggetti contenuti e, soprattutto, studenti, docenti e personale scolastico);
              per quanto attiene alla protezione dal terremoto, sono stati sviluppati e già significativamente applicati, anche in Italia, sistemi antisismici che – nel caso dell'isolamento sismico – garantiscono l'integrità assoluta degli edifici, o che – ad esempio, nel caso dei sistemi dissipativi – permettono di avvicinarsi a tale obiettivo; i sistemi antisismici sono già stati utilizzati per proteggere un cospicuo numero di scuole italiane, sia di nuova costruzione che esistenti (in particolare, dopo la prima applicazione dell'isolamento sismico nella ricostruzione della scuola elementare Francesco Jovine di San Giuliano di Puglia, terminata nel 2008, le scuole italiane, di nuova costruzione od adeguate sismicamente, protette con tale tecnica sono già almeno una trentina);
              nell'ambito delle audizioni svolte dall'VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici in occasione dell'indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza sismica in Italia, in particolare durante le audizioni dei rappresentanti del Consiglio nazionale dei geologi, del Consiglio nazionale degli ingegneri, dell'ENEA e di alcune università, è stato ancora una volta ribadito come nel nostro paese vi sia una gravissima situazione di scarsa sicurezza delle scuole e che in particolare, attraverso il rapporto Cresme, si possa evincere che il 49 per cento degli edifici scolastici in Italia non abbia un certificato di agibilità;
              il Consiglio Nazionale dei geologi, sulla base dello studio condotto dal medesimo Consiglio su dati Cresme, ISTAT e protezione civile, ha accertato che in Italia 27.920 edifici scolastici sono in aree ad elevato rischio sismico, di cui 4.856 in Sicilia, 4.608 in Campania, 3.130 in Calabria (il 100 per cento del totale), 2.864 in Toscana, 2.521 nel Lazio;
              inoltre, ad elevato rischio idrogeologico sono 6.122 scuole, di cui 994 in Campania, 815 in Emilia-Romagna e 629 in Lombardia;
              quanto sopra riportato è altresì confermato dagli stessi dati del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca pubblicati di recente a seguito dei risultati dell'anagrafe dell'edilizia scolastica;
              nell'ambito delle succitate audizioni, in particolare durante quelle dell'ENEA e del presidente della Commissione Grandi Rischi, è stato anche sottolineato che oltre il 70 per cento dell'edificato italiano non è in grado di resistere ai terremoti ai quali può risultare soggetto e che tale elevato numero di edifici altamente vulnerabili al sisma include numerose scuole, spesso ospitate da edifici antichi o semplicemente vecchi, per i quali l'adeguamento sismico è impossibile od eccessivamente costoso; nei casi suddetti appare inderogabile spostare la scuola in altri edifici, o esistenti (qualora essi offrano le necessarie garanzie di sicurezza o possano essere adeguati sismicamente), ovvero ricostruiti ad hoc con le migliori tecnologie disponibili (cioè con l'isolamento sismico), dedicando ad altre attività gli edifici antichi che non possano essere adeguati sismicamente e demolendo e ricostruendo quelli semplicemente vecchi;
              giova infine ricordare che il terremoto non è il solo evento incidentale ad essere pericoloso per l'incolumità della popolazione scolastica: lo sono, ad esempio, anche incendi e crolli dovuti a problemi statici degli edifici scolastici e di loro parti;
              a seguito dei fatti luttuosi del 22 novembre del 2008 in cui nel comune di Rivoli perse la vita il giovane studente Vito Scafidi a causa del crollo del soffitto dell'aula della 4a D del liceo scientifico Darwin, la protezione civile stimò che sarebbero serviti almeno 13 miliardi di euro per mettere a norma le nostre scuole. Per la prima volta fu valutata la quantità delle risorse indispensabili per fronteggiare l'annoso problema che, sebbene «difficilmente sostenibile» nel breve termine, avrebbe dovuto rappresentare l'orizzonte entro cui impostare le successive politiche di bilancio;
              numerosi tecnici, ingegneri e geologi in particolare, si stanno adoperando, per quanto nelle loro possibilità, perché l'opinione pubblica, le istituzioni preposte, la politica ed il Governo si attivino affinché sia garantita la sicurezza delle nostre scuole;
              a 4 anni dal crollo del controsoffitto dell'aula del liceo Darwin di Rivoli (Torino), proprio a Rivoli si è simbolicamente conclusa il 24 novembre 2012, con una marcia, la mobilitazione nazionale «A scuola non si deve morire, si deve crescere!», lanciata da Benvenuti in Italia per rendere legge la possibilità di destinare l'8 per mille all'edilizia scolastica. Gli organizzatori dell'iniziativa hanno voluto così ricordare Vito e tutte le vittime morte negli istituti italiani;
              con la marcia silenziosa svolta a Rivoli si è inteso rinnovare l'impegno affinché si mettano in sicurezza le scuole del nostro paese ed anche per rimarcare che i fatti luttuosi accaduti a San Giuliano di Puglia, Rivoli e l'Aquila sono storie che purtroppo si legano tra loro in quanto raccontano di strutture fatiscenti, responsabilità precise, di 36 vittime innocenti, morte in aula;
              nella predetta mobilitazione nazionale, attivata per denunciare fatti angosciosi che non devono più ripetersi, sono stati coinvolti centinaia di studenti di tutta Italia nei 36 giorni tra il 18 ottobre al 22 novembre facendo scrivere sul proprio diario il nome di una delle vittime, affinché si faccia memoria delle loro vite e ci si impegni per garantire la sicurezza degli alunni;
              in linea con i predetti intenti, in Parlamento è stato da ultimo presentato un disegno di legge, A.S. n.  3261, che per lo scopo reca norme di modifica alla legge 20 maggio 1985, n.  222, in materia di destinazione di una quota dell'otto per mille del gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche a diretta gestione statale a interventi di valorizzazione e ammodernamento del patrimonio immobiliare scolastico;
              sulla disciplina dell'8 per mille si evidenzia che, a seguito dell'accordo di revisione del Concordato stipulato tra Stato e Santa Sede nel 1984, la legge 20 maggio 1985, n.  222, recante «Disposizioni sugli enti ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi», all'articolo 47, comma 2, ha stabilito che, a decorrere dal 1990, una quota pari all'otto per mille del gettito IRPEF, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, sia destinata, in quota-parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in quota-parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica;
              la scelta relativa all'effettiva destinazione viene effettuata dai contribuenti all'atto della presentazione della dichiarazione annuale dei redditi; in caso di scelte non espresse dai contribuenti, la destinazione viene stabilita in proporzione alle scelte espresse;
              relativamente all'impiego dei fondi disponibili, l'articolo 48 della citata legge n.  222 prevede che tali quote vengano utilizzate:
                  dallo Stato, per interventi straordinari per la fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione dei beni culturali;
                  dalla Chiesa cattolica, per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di Paesi del terzo mondo;
              con diversi interventi normativi, successivamente, l'opzione del contribuente è stata estesa anche a favore di altre confessioni religiose (l'Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7o giorno, le Assemblee di Dio in Italia, la Chiesa evangelica valdese, la Chiesa Evangelica Luterana in Italia e, infine, all'Unione delle comunità ebraiche italiane);
              i criteri e le procedure per l'utilizzazione della quota dell'otto per mille a diretta gestione statale sono disciplinati dal decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n.  76, come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 23 settembre 2002, n.  250, che individua le tipologie di interventi ammessi alla ripartizione della quota di diretta gestione statale conformemente ai quattro settori previsti dal predetto articolo 48 della legge n.  222. Gli interventi devono presentare il carattere di straordinarietà (effettiva estraneità rispetto all'attività ordinaria e corrente). Gli interventi ammissibili devono, inoltre, essere tali da consentire il completamento dell'iniziativa o quanto meno l'attuazione di una parte funzionale della stessa e devono essere definiti in ogni aspetto tecnico, funzionale e finanziario;
              i soggetti che possono accedere alla ripartizione sono le pubbliche amministrazioni, le persone giuridiche e gli enti pubblici e privati (articolo 3 del citato decreto del Presidente della Repubblica 78 del 1988);
              sono escluse le persone fisiche e, in ogni caso, i soggetti che operano per fine di lucro. Peraltro, la concessione a soggetti che siano stati già destinatari del contributo in anni precedenti richiede specifica motivazione sulle ragioni della nuova concessione del beneficio;
              la procedura per l'utilizzo della quota dell'otto per mille devoluta alla diretta gestione statale stabilisce che entro il 31 luglio di ogni anno la Presidenza del Consiglio dei ministri elabora lo schema del piano di ripartizione delle risorse, predisposto sulla base delle richieste pervenute alla stessa entro il 15 marzo antecedente, avvalendosi, a tal fine, delle valutazioni espresse dalle amministrazioni competenti e dal Ministero dell'economia e delle finanze in merito alla relazione tecnica che deve essere presentata sulle singole iniziative;
              sono escluse, anche se pervenute entro i termini, le richieste sprovviste della relazione tecnica e della relativa documentazione. La Presidenza del Consiglio esamina le domande, verificando la sussistenza dei requisiti e considerando le valutazioni delle amministrazioni interessate entro il 30 giugno 2012;
              esaurita la fase istruttoria, entro il 30 settembre, lo schema di decreto di ripartizione, con la relativa documentazione, viene trasmesso dal Presidente del Consiglio alle competenti Commissioni parlamentari per l'espressione del parere. Acquisito il parere, o comunque decorso il termine a tal fine previsto, il decreto di ripartizione deve essere adottato entro il 30 novembre di ogni anno e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale;
              i fondi dell'otto per mille sono erogati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ne dà comunicazione ai Ministeri competenti per materia, i quali verificano e riferiscono ogni sei mesi al Presidente del Consiglio dei ministri sull'andamento e sulla conclusione degli interventi;
              a tal fine, è previsto l'obbligo, per i soggetti destinatari dei contributi, di presentare, a consuntivo, una relazione analitica sugli interventi realizzati, che ne indichi il costo totale, suddiviso nelle principali voci di spesa. Nel caso di interventi per calamità naturali o conservazione di beni culturali immobili, la relazione deve essere corredata anche da un certificato di collaudo o di regolare esecuzione e da una relazione sul conto finale. È altresì prevista una specifica procedura di revoca dei finanziamenti nelle ipotesi in cui l'intervento non sia stato avviato entro il termine di 18 mesi dal mandato di pagamento;
              in tali casi, l'amministrazione competente ad ordinare il pagamento assegna al soggetto beneficiario un ulteriore termine della durata massima di 90 giorni; alla scadenza di quest'ultimo, se la realizzazione dell'intervento non è stata avviata, si procede alla revoca del contributo con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. L'importo del contributo così recuperato viene versato interamente all'entrata del bilancio dello Stato e successivamente riassegnato nell'ambito della pertinente U.P.B. «8 per mille IRPEF Stato» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, in modo da poter essere utilizzato nella successiva ripartizione dei finanziamenti. È infine prevista una procedura semplificata per l'approvazione di variazioni di interventi già finanziati. Il Presidente del Consiglio dei ministri riferisce annualmente al Parlamento sull'erogazione dei fondi dell'anno precedente e sulla verifica dei risultati ottenuta mediante gli interventi finanziati;
              come sopra riportato, la quota statale dell'otto per mille può essere utilizzata anche in riferimento ad interventi relativi alle calamità naturali. In tali circostanze appare utile approfondire il significato generale di calamità naturale. Se prendiamo a riferimento la definizione recata dall'Enciclopedia della Scienza e della tecnica (2007), essa chiarisce che «Calamità naturale deve intendersi ogni fatto catastrofico, ragionevolmente imprevedibile, conseguente a eventi determinanti e a fattori predisponenti tutti di ordine naturale, e a loro volta ragionevolmente imprevedibili» (Franceschetti, 1973). Questa definizione tende a sottolineare il fatto che la locuzione «calamità naturale» può essere fuorviante, in quanto non sempre la responsabilità delle conseguenze calamitose può essere attribuita ad eventi naturali: se si accerta l'incidenza di cause determinanti e di fattori predisponenti ricollegabili all'attività umana – come accade il più delle volte – occorrerà valutarne gli effetti sui processi risultanti, prima di attribuire all'evento naturale la responsabilità dei fatti accaduti. In altri termini, un evento naturale normale, che in sé non ha niente di calamitoso, in quanto fa parte del normale gioco delle forze della natura ed opera al fine di realizzare certi inarrestabili equilibri naturali, può indurre conseguenze calamitose proprio perché l'uomo, con la notevole imprevidenza che spesso lo contraddistingue, ha creato le premesse perché ciò accada;
              un edificio è ritenuto «a rischio» dal punto di vista sismico o per altri possibili eventi incidentali che possano interessarlo quando risulti significativa la sua «vulnerabilità» a fronte degli eventi suddetti (dovuta alla sua fatiscenza e/o scorretta manutenzione) e, contemporaneamente, quando sia elevata la sua «esposizione», ad esempio derivante (come è il caso delle scuole) dall'elevato numero di persone in esso presenti e dalla loro giovane età. Non vi è dubbio, pertanto, che un tale edificio possa configurare i presupposti per effettuare interventi di messa in sicurezza (ovvero, quando risultasse necessario, delocalizzazione o demolizione e ricostruzione) nell'ambito del superamento degli eventi eccezionali in caso di calamità naturale;
              alla luce del quadro di riferimento sopra illustrato, parrebbe già da ora perseguibile l'obiettivo di riservare una quota (o l'intera quota), dell'otto per mille a diretta gestione statale prioritariamente ad interventi diretti alla messa in sicurezza (ovvero, quando risultasse necessario, delocalizzazione o demolizione e ricostruzione) degli edifici scolastici, se del caso emanando specifiche direttive agli enti locali competenti affinché orientino le loro richieste di finanziamento a questi fini,

impegna il Governo,

          a intraprendere iniziative normative volte a far sì che la quota dell'otto per mille di competenza statale di cui alla legge 20 maggio 1985, n.  222 possa essere utilizzata prioritariamente per finanziare interventi di messa in sicurezza delle scuole (ovvero, quando risultasse necessario, alla loro delocalizzazione o demolizione e ricostruzione) ed in particolare a porre gli edifici scolastici in condizioni di totale sicurezza statica e sismica, utilizzando le migliori tecnologie antisismiche (in particolare, per la protezione dal terremoto, l'isolamento sismico) ed in tale ambito sensibilizzando gli enti richiedenti affinché diano precedenza a richieste di finanziamento che prevedano tali obiettivi già con le istanze che dovranno trasmettere entro il prossimo marzo 2013;
          ad adottare le opportune iniziative normative affinché sia previsto esplicitamente che l'otto per mille del gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche a diretta gestione statale sia utilizzabile per interventi di valorizzazione e ammodernamento del patrimonio immobiliare scolastico.
(7-01053) «Rubinato, Alessandri, Baretta, Alberto Giorgetti, Cambursano, Borghesi, Bitonci, Simonetti, Armosino, Occhiuto, Gioacchino Alfano, Milanese, Benamati, Ciccanti, Marchi, Moroni, Margiotta».


      La XI Commissione,
          premesso che:
              il quadro occupazionale che emerge dagli ultimi dati dell'ISTAT del mese di settembre 2012 descrive una ulteriore caduta dell'occupazione, pari allo 0,2 per cento rispetto ad agosto, e un preoccupante incremento del numero dei disoccupati (del 2,3 per cento rispetto ad agosto);
          il tasso di disoccupazione nel Paese è stimato al 10,8 per cento, in aumento dello 0,2 per cento rispetto ad agosto e del 2 per cento rispetto all'anno precedente;
          vi è, al contempo, un problema di continuo indebolimento del sistema produttivo italiano, che, in ultima analisi, si riverbera anche sui lavoratori;
          la Camera dei deputati aveva approvato un importante provvedimento che avrebbe potuto contribuire alla parziale mitigazione dei fattori di crisi, ma questo provvedimento è ad oggi all'esame del Senato; infatti, il progetto di legge S. 2514 – rifiutando la logica per cui i lavoratori che perdono il posto di lavoro, soprattutto se in età già matura, debbono solo trascorrere alcuni anni in mobilità, in attesa di accedere alla pensione – cercava di dare a questi lavoratori nuove opportunità di re-inserimento nel mondo del lavoro, anche attraverso l'incentivazione dell'autoimprenditorialità;
          è indubbio, infatti, che per una disamina reale delle dinamiche del mercato del lavoro italiano non si possa prescindere da un'attenta valutazione del tessuto produttivo del Paese, composto, in larga parte da piccole e medie imprese, chiamate a confrontarsi con un contesto di competizione globalizzata, segnata da una grave crisi economica;
          ormai la strada più immediata per la tutela di queste realtà è rimasta l'applicazione di tutti gli strumenti a disposizione dell'ordinamento finalizzati ad attenuare gli effetti della grave recessione sulle imprese, sui lavoratori e sulle famiglie italiane;
          tra tali strumenti vi sono gli ammortizzatori sociali ordinari e in deroga, i quali – in attesa della riforma che porterà all'introduzione del nuovo strumento di ammortizzazione, non ancora chiaramente definito nel suo funzionamento, denominato «ASpI» – devono poter essere utilizzati per fronteggiare il possibile deterioramento della situazione;
          lo stesso Ministro del lavoro e delle politiche sociali si è formalmente impegnato – nel corso della seduta dell'Assemblea del Senato del 20 settembre 2012 – a rendere disponibili risorse per soddisfare le richieste delle regioni in ordine agli ammortizzatori sociali sia per il 2012 che per il 2013;
          non vi è, allo stato, alcuna conseguenza positiva di questo impegno, che dimostri che il Governo abbia adottato concrete iniziative al riguardo, se è vero che, nel corso del 2012, numerose regioni hanno lamentato la scarsità delle risorse stanziate a copertura per gli ammortizzatori sociali in deroga;
          solo per fare alcuni esempi, il venir meno di risorse sufficienti a fronteggiare la crisi potrebbe ridurre in condizioni di estrema difficoltà una regione già provata come la Calabria, a fortissima sofferenza occupazionale, o il Lazio, caratterizzato da una sensibile crescita del tessuto di micro e piccole imprese, o l'Abruzzo, a significativa vocazione produttiva territoriale;
          lo stesso Governo, nel corso dell'esame del disegno di legge di stabilità, ha accolto un ordine del giorno (9/5534-bis-A/46) per il rifinanziamento delle risorse destinate agli interventi di cassa integrazione in deroga,

impegna il Governo

ad assumere ogni possibile iniziativa idonea ad assicurare la copertura del fabbisogno delle regioni in materia di ammortizzatori sociali in deroga per l'anno 2012, nonché a definire, anche per l'anno 2013, l'ammontare delle risorse necessarie ad attenuare le drammatiche conseguenze sull'occupazione provocate dal protrarsi della crisi economica in atto.
(7-01054) «Antonino Foti, Moffa, Pelino».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


      Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
          da oltre mezzo secolo è in funzione la Diga Ancipa di Troina (Enna), un invaso che fornisce acqua potabile a numerosi comuni della Sicilia centrale, in particolare delle province di Enna, Caltanissetta e Agrigento;
          da oltre un mese la mancanza di piogge ha determinato una grave crisi idrica dei comuni interessati, poiché l'approvvigionamento giornaliero è stato gradualmente ridotto, fino al 60 per cento, con gravi conseguenze anche sul piano igienico-sanitario;
          oltre alla mancanza di piogge e alla persistente siccità, uno dei motivi preponderanti che hanno determinato la crisi idrica riguarda, come si apprende da fonti giornalistiche, la scelta operata dall'ENEL di eseguire dei lavori sullo sbarramento della diga comportando di fatto la riduzione della capacità dell'invaso, giacché sono stati riversati sul fiume Troina circa 2 milioni di metri cubi d'acqua, per consentire l'esecuzione dei suddetti lavori;
          alcune settimane fa, è stato convocato dal prefetto di Enna un tavolo tecnico: alla presenza delle autorità preposte, e in particolare dei responsabili del dipartimento regionale della acque e dell'ENEL, per porre rimedio a questo grave stato di disagio della popolazione;
          allo stato attuale l'invaso dell'Ancipa, rispetto ad una capacità di 28 milioni di metri cubi, contiene meno di un milione di metri cubi;
          attualmente l'acqua potabile arriva nelle abitazioni dei comuni interessati con ritardi anche di 6 giorni e per non più di un'ora;
          a tali gravissimi disagi, si aggiunge la beffa consistente nel fatto che in provincia di Enna e di Agrigento si pagano tariffe idriche tra le più care d'Italia;
          in altre circostanze, nel momento in cui si sono verificate analoghe crisi idriche, le autorità preposte hanno messo in campo tempestivamente iniziative concrete volte a porre rimedio ai numerosi disagi, come ad esempio l'utilizzazione, a supporto di molti comuni della nisseno e della zona sud della provincia di Enna, di altri acquedotti alternativi;
          ad oggi non si intravedono, da parte delle autorità preposte, iniziative concrete, anche di natura emergenziale, per porre fine o quantomeno affievolire i summenzionati disagi;
          il persistere di tale situazione nelle prossime settimane porterà ad un drammatico acuirsi della crisi idrica con pesanti conseguenze sul piano igienico-sanitario e con notevoli disagi, al tessuto imprenditoriale, oltre che alle popolazioni coinvolte, alle strutture sanitarie e scolastiche presenti nel territorio interessato  –:
          se il Governo sia a conoscenza della grave crisi idrica che stanno attualmente vivendo le popolazioni dei comuni approvvigionati dalla Diga Ancipa di Troina (Enna);
          se, in conseguenza di tale situazione, il Governo ritenga opportuno con la massima sollecitudine assumere un'iniziativa adeguata, anche dal carattere emergenziale, convocando, con la propria autorevole presenza, gli enti preposti per trovare soluzioni urgenti, per alleviare i gravi disagi delle popolazioni coinvolte;
          come si intenda intervenire, per quanto di competenza, per porre rimedio a questi gravi disagi prima che divengano ancora più pesanti e insostenibili le conseguenze sia sul piano igienico-sanitario che dell'ordine pubblico;
          se sia stato predisposto, dai vari soggetti competenti, un piano di emergenza, per fronteggiare i gravi disagi che il perdurare della crisi idrica potrebbe provocare;
          se si intendano avviare iniziative, per quanto di competenza, al fine di verificare se ci siano responsabilità da parte dei soggetti interessati, in particolare in merito alla intempestività con la quale è stata affrontata l'emergenza idrica e all'apertura delle paratoie della Diga Ancipa che ha determinato la perdita di circa due milioni di metri cubi d'acqua che avrebbero potuto, invece, essere utilizzati per fini potabili.
(2-01775) «Berretta».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      FORCIERI, ORLANDO, TULLO, ZUNINO e ROSSA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il Programma nazionale della ricerca 2011-2013 (di seguito PNR), nel testo approvato dal Comitato interministeriale per la programmazione economica nella seduta del 23 marzo 2011, individua gli obiettivi, le azioni di sistema e i «progetti bandiera» finalizzati a migliorare l'efficienza e l'efficacia del sistema nazionale della ricerca;
          tra i suddetti «progetti bandiera» risaltava il progetto «Ricerca Italiana per il Mare» (di seguito RITMARE), con una dotazione finanziaria approvata dal CIPE di 450 milioni di euro, che è il frutto di un importante lavoro di sintesi delle necessità urgenti di ricerca dei settori scientifici e imprenditoriali legati al mare (dalle blue-technologies alla cantieristica navale e nautica), i quali contribuiscono sensibilmente alla formazione del prodotto interno nazionale (come evidenziato dal IV Rapporto sull'economia del Mare redatto dal CENSIS nel 2011), attraverso una ampia compartecipazione di tutti gli enti pubblici di ricerca, delle principali imprese del settore e delle piccole e medie imprese per il tramite di almeno sette Distretti ad alta tecnologia focalizzati su temi legati al mare;
          il progetto RITMARE, il cui coordinamento è affidato al Consiglio nazionale delle ricerche, risulta essere uno degli strumenti prioritari identificati dal Governo quale intervento di supporto alla ricerca e innovazione di salto tecnologico per il rilancio del comparto navalmeccanico, il quale, forse più di altri, sta risentendo della crisi internazionale, con profonde ripercussioni in aree territoriali che spesso hanno subito processi di specializzazione non facilmente riconvertibili;
          in particolare, il progetto ha l'obiettivo del rilancio a livello internazionale delle capacità scientifiche della ricerca italiana nel settore, con l'individuazione e la sperimentazione di innovative tecnologie in grado di mantenere e recuperare la leadership nelle costruzioni navali a più elevato contenuto tecnologico. Ciò consentirebbe altresì di rinnovare l'obsoleta dotazione di navi da ricerca oceanografica nazionale con la realizzazione di due unità, una oceanico-artica e l'altra mediterranea, che potrebbero così diventare degli efficaci dimostratori delle più avanzate tecnologie navali italiane. Sarebbe così possibile anche sostenere il rinnovo delle capacità produttive della cantieristica minore a supporto del comparto peschereccio, con lo sviluppo di un prodotto modulare nazionale atto a permetterne la realizzazione diffusa nei cantieri nazionali contribuendo al rilancio del comparto artigianale e industriale della pesca, oggi soggetto ad una crisi di sostenibilità economico-finanziaria che ne mette repentaglio la stessa sopravvivenza;
          Fincantieri e CNR, proprio in funzione di tali programmi, hanno sottoscritto alla presenza del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in data 11 novembre 2011, un Accordo di partnership, volto a favorire la collaborazione reciproca nelle attività di ricerca, sviluppo ed innovazione nei settori dell'ingegneria navale;
          risulta l'esistenza di una previsione di accordo tra il CNR e il Ministero della difesa circa la positiva congiunzione di intenti tra le necessità di ricerca oceanografica e idrografica, ai fini dell'ampliamento di impiego delle navi oceanografiche previste nel progetto RITMARE;
          si è venuto a conoscenza che il progetto sia stato ridimensionato di concerto tra il Miur e il Cnr nel settembre 2011 a soli 250 milioni di euro, senza peraltro darne menzione e motivazione al Cipe, principalmente con ampia decurtazione delle attività di ricerca e prototipazione di interesse industriale, con grave danno all'azione di supporto dei su menzionati settori;
          si è altresì avuta notizia dell'ipotesi di un ulteriore ridimensionamento del progetto di altri 100 milioni di euro, con la completa eliminazione di tutti i contenuti relativi alle tecnologie marine, ovvero ai settori in grado di produrre ricadute sui comparti industriali del Paese  –:
          se quanto ipotizzato corrisponda al vero e, nel caso, quali ostacoli siano emersi all'attuazione del programma nella forma approvata dal CIPE, vista anche la copertura finanziaria assicurata;
          se sia stato valutato il danno che la inevitabile perdita di competitività provocherebbe ai settori dell'economia del mare interessati;
          se siano state considerate le ripercussioni in termini di mantenimento dell'occupazione in un settore già pesantemente penalizzato dalla profonda crisi di mercato e di competitività nazionale.
(5-08595)


      DI CAGNO ABBRESCIA e CALDERISI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          il 16 luglio 2012, il dipartimento per l'informazione e l'editoria, ha pubblicato l'assegnazione dei contributi diretti e relativi all'anno 2011, a favore delle imprese editoriali, nell'ambito delle risorse previste del bilancio autonomo, della Presidenza del Consiglio dei ministri;
          il provvedimento, in particolare, prevede che per l'esercizio finanziario 2012, risultano destinate risorse complessive pari a oltre 114 milioni di euro, di cui 50 milioni di euro, in corso di trasferimento al centro di responsabilità n.  9, ripartiti fra determinate categorie di destinatari specificatamente individuate dalla legge;
          nel mese di ottobre 2012, la Cooperativa «Editorialisti giornalisti di Bari», che da oltre sedici anni edita il quotidiano Barisera, è venuta a conoscenza in maniera ufficiosa, di alcune anomalie riscontrate da parte del suesposto dipartimento, relativamente alla domanda per i contributi previsti diretti alla stampa, di cui alla legge n.  250 del 1990, per l'anno 2011;
          gli interpellanti rilevano che tali presunte difformità, allo stato attuale, potrebbero escludere la suesposta Cooperativa, in via definitiva, dall'elenco di quelle ammesse ai contributi previsti dalla vigente normativa;
          gli interpellanti evidenziano, altresì, come dopo circa due mesi successivi dalle ipotizzate inesattezze, non sia giunta alcuna comunicazione formale da parte dello stesso dipartimento, nei confronti della medesima impresa collettiva di Bari, nonostante le ripetute richieste da parte dei lavoratori e le rassicurazioni fornite dagli stessi dirigenti;
          gli stessi imprenditori, denunciano tra l'altro, che una semplice comunicazione ufficiale da parte del dipartimento per l'informazione e l'editoria, avrebbe consentito una controdeduzione alle presunte anomalie precedentemente riportate, ed eventualmente di pervenire ad una soluzione, anche attraverso una documentazione istruttoria suppletiva, a corredo della domanda di contributo prevista per l'anno 2011;
          a seguito di quanto esposto, gli interpellanti evidenziano come nel frattempo la medesima impresa collettiva «Editorialisti giornalisti associati» di Bari, è stata costretta, comportandosi in maniera corretta, a sospendere temporaneamente il fido bancario di 450 mila euro, non avendo la certezza dell'erogazione dei contributi previsti per il 2011, nonostante lo stesso dipartimento, abbia confermato positivamente la sua regolarità il 7 novembre 2012, lasciando intendere che non vi erano ostacoli, nell'ambito della cessione del credito previsto dalla Banca Apulia di Bari, nei propri riguardi, come confermato dal contenuto della lettera pressoché identico a quello inviato negli anni precedenti che autorizzava pertanto il trasferimento dei diritti del credito;
          in conseguenza di quanto esposto, il 1o dicembre 2012, la Cooperativa barese è stata costretta a sospendere le pubblicazioni cartacee del quotidiano Barisera, proseguendo l'attività giornalistica soltanto sul sito web non essendoci le condizioni economiche favorevoli, per sostenere maggiori costi e oneri finanziari;
          ulteriori effetti negativi e penalizzanti, scaturiti dalla mancata attribuzione dei contributi previsti per il 2011, hanno inoltre determinato l'impossibilità dell'impresa collettiva, nel fornire certezze e sufficienti garanzie, nei riguardi sia della tipografia, che della società distributrice del quotidiano Barisera che tra l'altro ha subito recentemente lo sfratto dei locali che ospitano la sede e la redazione;
          in definitiva a giudizio degli interpellanti, in considerazione di quanto suesposto, risulta evidente come si sia fermato un ciclo di produzione editoriale che durava da molti anni, nei riguardi di un'impresa editoriale che garantiva il pluralismo e l'imparzialità dell'informazione, i cui presupposti indispensabili sono stati più volte ribaditi dalla Corte di Strasburgo, nell'ambito dei diritti dell'uomo ed indicati dall'articolo 10, comma 1, della convenzione europea dei diritti dell'uomo, nella sfera delle controversie in materia di libertà di informazione;
          appare altresì evidente, secondo gli interpellanti, come la Cooperativa «Editorialisti giornalisti associati» di Bari, abbia subìto un evidente danno sia economico, in particolare per la mancata raccolta pubblicitaria, che d'immagine, in considerazione del fatto che il quotidiano Barisera da oltre sedici anni è presente fra i giornali in vendita presso le edicole;
          un atto di chiarezza e di maggiore coerenza nella conduzione, da parte del dipartimento per l'informazione e l'editoria, a giudizio degli interpellanti, avrebbe certamente evitato le conseguenze negative e sfavorevoli determinatesi nei riguardi della suesposta impresa collettiva, come confermano i mancati riscontri segnalati dagli esponenti dell'azienda editoriale, da parte del dipartimento suesposto  –:
          quali orientamenti, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
          quali siano le motivazioni per le quali, non siano stati corrisposti i contributi diretti alla stampa di cui alla legge n.  250 del 1990, relativi all'anno 2011 e previsti dalla disciplina di semplificazione e riordino dei contributi diretti alla stampa, prevista dal decreto del Presidente della Repubblica n.  223 del 25 novembre 2010, nei confronti della Cooperativa Editorialisti giornalisti associati di Bari, alla quale sono state corrisposte in maniera costante e corretta nel recente passato le erogazioni previste annualmente;
          nel caso fossero confermate le anomalie riscontrate da parte del dipartimento per l'informazione e l'editoria come esposto in premessa, quali iniziative urgenti e necessarie intendano intraprendere, nell'ambito delle rispettive competenze, per tutelare e salvaguardare l'impresa editrice barese, che secondo quanto sostenuto dai suoi rappresentanti, è stata ingiustamente penalizzata dalla condotta manifestata dal medesimo dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri, nell'ambito dell'erogazione dei contributi previsti per il 2011. (5-08598)

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          in comune di Leggiuno (Varese) sono localizzati numerosi edifici di straordinaria importanza storica ed architettonica, tra i quali:
              la chiesa dei SS. Primo Martire e Feliciano. L'antichità della chiesa è documentata da un atto di donazione risalente all'846 che attesta la deposizione dei due Santi martiri. Sostanzialmente ben conservata, presenta una muratura accurata che riserva le pietre più regolari per la realizzazione degli spigoli. Le aperture sono semplici feritoie rettangolari, fatta eccezione per una stretta bifora. Elemento di spicco è la facciata con profilo a capanna e finestra centrale rotonda contornata dal mattone e porta con lunetta a sesto acuto, entrambe frutto dei restauri quattrocenteschi. L'Oratorio reimpiega nel portale due colonne romane con capitelli bizantini. L'interno è ad aula unica rettangolare con caratteristiche gotiche ed è sormontata da una volta a crociera, poggiante su mensole scolpite. A delimitare il presbiterio, la cui parete di fondo conserva un'interessante finestra, frammenti di un sarcofago marmoreo, risalente alla prima metà del Terzo secolo. A destra dell'altare, affresco del XV secolo, e sul fondo un grande affresco datato 1633, raffigurante S. Carlo Borromeo, la Vergine e il Bambino, S. Giovanni Battista, i SS. Primo e Feliciano e stemmi dei Torriani. Al secolo XI risale il campanile, di non grandi dimensioni, con strette bifore al piano della cella campanaria e copertura in scaglie di pietra;
              il bellissimo e straordinario convento e Chiesa di S. Caterina del Sasso. È un eremo, di proprietà della Provincia di Varese, perfettamente restaurato e condotto dalla comunità degli Oblati, recentemente oggetto di un intervento straordinario che – attraverso un buco nella roccia sottostante – ha dotato la struttura di un moderno ascensore a pozzo, perfettamente integrato nel paesaggio. Le prime notizie storiche riguardanti l'eremo risalgono al 1230, quando vi si stanziarono i domenicani, erigendovi un piccolo convento e oratorio. Successivamente il complesso venne occupato dai frati del convento milanese di S. Ambrogio ad Nemus e quindi dai Carmelitani;
          attraverso un portico si accede alla cosiddetta sala capitolare, dove si conservano frammenti di affreschi tre-quattrocenteschi di un certo interesse: una «Deposizione» del XIV secolo, che decora la parete a monte e «S. Eligio con S. Antonio Abate», sulla parete destra dell'ingresso. Di fronte al refettorio, di epoca seicentesca, si eleva l'edificio del «Conventino», eretto ai primi del Quattrocento ampliando una precedente struttura del secolo XIII. Esso si caratterizza per lo splendido portico ad archi acuti, decorato nella fascia superiore da una sequenza di scene ispirate alla Danza della Morte (XVII sec.). Superato il conventino si entra in un secondo cortile sul quale si impone la possente sagoma del campanile (inizio secolo XIV) e il portico rinascimentale della chiesa, formato da quattro archi che poggiano su robuste colonne. Tra le finestre delle antiche celle, tracce di affreschi raffiguranti il «Martirio di S. Caterina d'Alessandria» (XVI (secolo), sul muro del sottoportico affreschi del XVI secolo. La chiesa è composta dall'unione di una serie di edifici più antichi che, fra i secoli XV e XVI, vennero uniti a formare un unico ambiente: il sacello, la cappella del Beato Alberto, la cappella di S. Maria Nova, la cappella di S. Caterina e infine la Chiesa di S. Nicolao. Il sacello presenta esternamente affreschi del XVI secolo, di cui «Angeli che trasportano S. Caterina sul Monte Sinai» ipoteticamente attribuito a B. Luini, e internamente pitture del XVII-XVIII secolo. La cappella del Beato Alberto conserva un trittico (1531 circa) attribuito a Giovanni Piefro Crespi da Busto. La cappella di S. Caterina, ottenuta coprendo un chiostro del XIV secolo, è decorata quasi integralmente da affreschi dell'Ottocento, mentre gli angeli raffigurati nell'abside sono opera seicentesca. Nella Chiesa di S. Nicolao (1307-1320), interessante la cappella a sinistra dell'altare che conserva nelle vele della volta a crociera pregevoli affreschi trecenteschi, fra cui «Cristo Pantocratore» entro mandorla circondato dalle figure simboliche degli Evangelisti. Sulla parete di fondo «Crocefissione» di G. P. Crespi da Busto datata 1510. La decorazione del presbiterio venne rifatta in stile barocco (1610-1612) con profusione di stucchi dorati  –:
          se e quali interventi il Governo abbia attuato o intenda attuare per conservare i beni in argomento, migliorarne la fruibilità, inserirli in un circuito che comprenda il prossimo Expo 2015, aumentarne l'attrattività dal punto di vista turistico, così aiutando i notevoli sforzi compiuti dalla provincia di Varese. (4-18878)


      PORFIDIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          si apprende dalla stampa che il 29 novembre 2012, il tribunale penale di prima istanza di Doha, nel Qatar, ha condannato il poeta Mohamed Ibn Dahami Al Ajami all'ergastolo, ossia al carcere a vita;
          il 16 novembre dello scorso anno il poeta Al Ajami, molto popolare nel Qatar e in tutta l'area del Golfo per i suoi componimenti dialettali dai toni liberali e progressisti, è stato incarcerato a causa di alcuni versi contenuti nella «Poesia dei gelsomini», che inneggiava alla caduta di Ben Ali e dei regimi arabi criticando i Governi della regione del Golfo con, tra gli altri, i versi «Noi tutti siamo tunisini di fronte alla repressione delle élite repressive»;
          il 36enne Mohammed ai Ajami ha esaltato le rivolte arabe senza risparmiare forti critiche anche all'emiro del suo Paese che comunque si è posto in prima fila nel finanziare e appoggiare le primavere arabe prima in Libia e poi in Siria. Già nell'agosto del 2010 si era rivolto con i suoi versi inoltrati via internet contro l'emiro Hamad bin Khalifa al Thani;
          si tratta di improvvisazioni poetiche dialettali e orali, e l'unico canale di veicolazione della voce di Al Ajami è stato Youtube;
          il poema dei gelsomini e rimbalzato da un social network all'altro fino a diventare una specie di grido alla rivolta nello stesso Qatar;
          risulta paradossale che proprio mentre il Qatar, attraverso l'emittente nazionale Al Jazeera, si mostrava a sostegno dei movimenti della Primavera Araba, al suo interno reprimeva con la detenzione la voce di un poeta. Dopo un anno di carcere, è arrivata in questi giorni la sentenza che prevede il carcere a vita per aver «incitato al rovesciamento del sistema costituito» ed «offesa all'emiro»;
          in questo caso Al Jazeera non ha ritenuto necessario scrivere neanche una riga sull'accaduto;
          Amnesty International ha definito «un oltraggioso tradimento della libertà di parola» la condanna emessa dal tribunale di un Paese, quale il Qatar, che vuole mostrarsi a livello internazionale di essere un Paese che promuove la libertà d'espressione;
          attivisti per i diritti umani del Qatar e di altri paesi del Golfo, raggiunti da Armnesty international, hanno dichiarato che la sentenza rappresenta una minaccia generale e che il processo è stato «contro la primavera araba», un ammonimento affinché questa non si propaghi;
          recentemente il Governo italiano ha aperto negoziati economici con l'emirato del Qatar al fine di favorire investimenti nel nostro Paese, ed infatti il 19 novembre scorso – nel corso della visita del Presidente del Consiglio in Qatar – è stato siglato oggi a Doha un accordo tra il Fondo Strategico Italiano Spa (FSI) e la Qatar Holding LLC (QH) per la costituzione di una joint venture denominata «IQ Made in Italy Venture». La joint venture investirà nelle società italiane che operano in alcuni settori del «Made in Italy: alimentare e distribuzione alimentare; moda e lusso; arredamento e design; turismo; stile di vita; tempo libero;
          come riportato sul sito del Governo italiano, l'arrivo di investimenti esteri – ha dichiarato il presidente del Consiglio Monti durante la conferenza stampa al termine del colloquio con il primo ministro del Qatar – è il riconoscimento del risanamento degli conti pubblici e delle riforme. «Gli investimenti esteri daranno un effetto immediato alla crescita, mentre altre riforme daranno benefici più avanti ma già adesso rendono l'Italia più attraente per i capitali stranieri», ha detto il Presidente del Consiglio sottolineando che «oggi c’è una concorrenza molto vivace nel mondo per attrarre investimenti stabili e di lungo termine»;
          dotata di iniziali 300 milioni di euro, la nuova società avrà un capitale complessivo fino a 2 miliardi di euro, che sarà versato pariteticamente da FSI e QH nel corso dei primi 4 anni  –:
          se non si ritenga opportuno, in ossequio alla libertà d'espressione – perno di ogni Paese civile – e considerando i rapporti economici sempre più stretti tra l'Italia e l'emirato, utilizzare tuffi i canali diplomatici possibili per fare pressione sul Governo del Qatar affinché il poeta Mohamed Ibn Dahami Al Ajami venga quanto prima messo in libertà e la sua condanna annullata. (4-18887)


      REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          nel decreto-legge n.  158 del 2012 all'articolo 5 il testo recita quanto segue: Articolo 5. (Aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza con particolare riferimento alle persone affette da malattie croniche, da malattie rare, nonché da ludopatia). Nel rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica, con la procedura di cui all'articolo 6, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge 18 settembre 2001, n.  347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n.  405, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 31 dicembre 2012, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e con il parere delle Commissioni parlamentari competenti, si provvede all'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.  502, e successive modificazioni, con prioritario riferimento alla riformulazione dell'elenco delle malattie croniche di cui al decreto del Ministro della sanità 28 maggio 1999, n.  329, e delle malattie rare di cui al decreto del Ministro della sanità 18 maggio 2001, n.  279 e ai relativi aggiornamenti previsti dal comma 1, articolo 8, del medesimo decreto, al fine di assicurare il bisogno di salute, l'equità nell'accesso all'assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze;
          il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 marzo 2008 descrive i livelli essenziali di assistenza erogati dal Servizio sanitario nazionale; l'allegato 7 a detto decreto individua le malattie rare esentate dalla partecipazione al costo; in questo elenco erano incluse 109 nuove malattie rare ma la revisione è stata bocciata dalla Corte dei conti;
          è importante il rispetto della data fissata dal decreto (il 31 dicembre 2012), e a tal fine si sono espresse in tal senso numerose associazioni di malati – tra le quali AIMA CHILD ONLUS, Associazione nazionale malati reumatici ONLUS, CHILD ONLUS – che hanno coinvolto Governo e Parlamento  –:
          se e con quali tempi e modi il Governo intenda rispettare la data del prossimo 31 dicembre ai fini dell'emanazione dei provvedimenti citati, tra i quali la revisione dei livelli essenziali di assistenza e per il riconoscimento delle nuove patologie rare. (4-18897)


      MARIANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          gli eventi alluvionali che nelle scorse settimane hanno interessato buona parte del territorio nazionale hanno causato danni e disagi nella provincia di Viterbo e, in particolare, nel territorio del comune di Orte, dove l'enorme massa d'acqua ha causato l'allagamento di moltissime case, danni alle aziende e la chiusura della stazione ferroviaria;
          l'intensità delle precipitazioni atmosferiche è stata sicuramente eccezionale, ma l'onda di piena del fiume Tevere sembra essere stata ancora più intensa di quanto la situazione meteorologica lasciasse prevedere;
          si teme, infatti, che all'evento naturale si sia aggiunta un'inadeguata gestione della diga della centrale di Corbara, la cui improvvisa apertura, per evitare il pericolo di inondazione verso Alviano, avrebbe determinato un grande aumento della massa e della velocità dell'acqua, moltiplicata dall'ostruzione di due paratie dello sbarramento di Gallese  –:
          se il Governo sia a conoscenza delle modalità di gestione del sistema di controllo della diga di Corbara e se ritenga ipotizzabile che il livello delle acque, nonostante gli allarmi meteo, sia stato mantenuto troppo elevato in modo da garantire il massimo rendimento delle turbine;
          se il Governo non ritenga che una più oculata gestione della diga avrebbe potuto ridurre in modo considerevole l'entità dei danni e la mole di disagi causati dall'alluvione a Orte. (4-18903)


      BOBBA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 33, comma 12, della legge 12 novembre 2011, n.  183, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2012)» stabilisce che «per il periodo dal 1° gennaio al 31 dicembre 2012 sono prorogate le misure sperimentali per l'incremento della produttività del lavoro, previste dall'articolo 2, comma 1, lettera c), del decreto-legge 27 maggio 2008, n.  93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n.  126»;
          il medesimo comma, inoltre, stabilisce che «Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, al fine del rispetto dell'onere massimo fissato al secondo periodo, è stabilito l'importo massimo assoggettabile all'imposta sostitutiva prevista dall'articolo 2 del decreto-legge 27 maggio 2008, n.  93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n.  126, nonché il limite massimo di reddito annuo oltre il quale il titolare non può usufruire dell'agevolazione»;
          tutt'oggi il citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non risulta ancora adottato –:
          entro quali termini si intenda provvedere all'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, così come disposto dall'articolo 33, comma 12, della legge n.  183 del 2011, anche in considerazione della valenza sociale ed economica della disposizione. (4-18918)


      BOBBA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il comma 7 dell'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n.  387, recante «Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità» recita: «Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici. Nell'ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n.  57, articoli 7 e 8, nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001, n.  228, articolo 14»;
          la regione Piemonte con nota prot. n.  12274 del 20 settembre 2006, prevede che le province provvedano al rilascio dell'autorizzazione unica ex articolo 12 del decreto legislativo n.  387 del 2003 per la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, nonché delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili agli impianti stessi;
          le biomasse, per il loro utilizzo dovrebbero essere strategiche per compensare parte della discontinuità intrinseca dell'energia solare ed eolica, piuttosto che per produrre energia di base;
          se l'utilizzo di biomasse ai fini di produzione energetica è neutro dal punto di vista della produzione di CO2 e, quindi, si ascrive a pieno nei dettati del protocollo di Kyoto, può produrre tuttavia un inquinamento più subdolo che si concretizza anche nell'emissione di polveri sottili;
          dal dettato legislativo si evince chiaramente che le biomasse devono essere prodotte in un raggio di azione che sia compatibile con il beneficio che se ne ottiene dal loro utilizzo, beneficio che deve essere assunto anche considerando l'impatto ambientale, industriale, occupazionale;
          è in corso un proliferare di richieste di autorizzazione di impianti a biomasse di piccola, ma anche di media e grande taglia in tutto il territorio piemontese. Molte richieste riguardano impianti a distanza di pochi chilometri o anche di poche centinaia di metri l'uno dall'altro, compromettendo qualunque possibile rifornimento da filiera locale di biomassa, sia agricola che forestale, primaria o secondaria, e creando notevole preoccupazione per il rischio di emissioni inquinanti;
          la mancata programmazione nei singoli territori provinciali del numero degli impianti, della loro ottimale dislocazione e di una soglia totale dell'energia prodotta, sta generando un pericoloso asservimento dei terreni agricoli per finalità squisitamente industriali, subordinando altresì la scelta e la rotazione delle culture a finalità estranee alla produzione agricola in quanto tale;
          più volte negli ultimi anni da parte delle associazioni ambientali, proprio in riferimento alla regione Piemonte, è stato fatto presente che la combustione del legno crea sostanze nocive (ossidi di azoto, polveri sottili, monossido di carbonio, idrocarburi policiclici, nichel, diossina, acido cloridrico, eccetera) in quantità maggiore di altri combustibili ed è un fattore di cui tener conto, ma il danno ambientale connesso all'utilizzo del legname per produrre energia è primariamente in rapporto all'alterazione e distruzione degli ecosistemi forestali. I turni dei trattamenti forestali, ossia i periodi trascorsi i quali si può tagliare, non consentono agli alberi di esplicare che marginalmente le loro funzioni ecologiche;
          i certificati verdi, che ancora oggi non hanno una tracciabilità, vengono rilasciati per alimentare e sostenere la produzione di energie rinnovabili e rendono molto appetibile l'attuazione di queste centrali, senza che venga sempre adeguatamente valutato l'impatto ambientale, che ne consegue;
          spesso le numerose richieste di realizzazione di impianti vengono poste in essere dai medesimi soggetti, a scapito dei piccoli proprietari terrieri e delle popolazioni locali;
          è evidente il negativo impatto legato alla sostituzione di culture ad uso alimentare con culture ad uso energetico, con conseguente incremento dei prezzi dei terreni agricoli sia per l'acquisto che per l'affitto;
          la distorsione del mercato causata dai certificati verdi genera costi a carico di tutti i cittadini che da un lato pagano gli investimenti per le centrali con le loro bollette elettriche e dall'altro subiscono gli aumenti del valore dei terreni agricoli e dei prodotti che vi si coltivano;
          nel vercellese sussiste una proliferazione di impianti che nulla hanno a che fare con la valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali né tantomeno con la tutela della biodiversità;
          il progetto di realizzazione della centrale a biogas di Cigliano, in provincia di Vercelli, dopo tre sedute della conferenza dei servizi, è oggetto di valutazione del servizio per la concertazione amministrativa e il monitoraggio in materia di territorio, dipartimento per il coordinamento amministrativo, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
          nell'ultima seduta della conferenza dei servizi, del 3 aprile 2012, come da verbale, la ASL di Vercelli, dipartimento igiene pubblica, ha esposto posizione non favorevole in quanto dagli atti presentati non vi è certezza della sicurezza della salute pubblica, soprattutto per ciò che concerne la diffusione di ossidi di azoto;
          lo stesso comune di Cigliano, facendo propria la volontà dei cittadini, in tutte e tre le sedi della conferenza dei servizi ha ugualmente espresso parere contrario, come da motivazioni geofisiche e di salute pubblica, riportate nei verbali;
          nel mese di aprile di quest'anno, gli esponenti del comitato «Tutela del territorio di Cigliano» contrari alla realizzazione della centrale hanno consegnato al presidente della provincia di Vercelli, Carlo Riva Vercellotti, un documento di dissenso al progetto firmata da 1300 cittadini;
          Fiper, Anci, Cia, Coldiretti, Aiel, Itabia, Legambiente e Uncem hanno sottoscritto un breve documento programmatico che intende favorire lo sviluppo delle bioenergie agricole proprio nell'ambito del piano di azione nazionale;
          tale documento chiede al Governo italiano di definire, insieme agli obiettivi quantitativi, un quadro coerente di criteri di priorità e di incentivi per le biomasse «che da una parte dia certezze agli operatori e agli agricoltori sugli investimenti da qui al 2020 e che dall'altra premi realmente la produzione agricola e l'efficienza energetica delle filiere»;
          a tale scopo, le organizzazioni firmatarie del documento hanno chiesto che i criteri di calcolo della quota di produzione di energia da biomasse che ogni regione dovrà garantire per il rispetto degli obiettivi nazionali (cosiddetta burden sharing) siano basati sulle potenzialità effettive e le vocazioni agricole dei diversi territori, sia in termini di colture dedicate che di residui agroindustriali, zootecnici e forestali  –:
          se non si ritenga urgente e doveroso porre in essere le dovute iniziative per modificare e interpretare le citate norme al fine di adottare il principio di precauzione per la salute pubblica, evitare che diatribe come quella in premessa congestionino il servizio per la concertazione amministrativa e, soprattutto, rispettare la volontà dei cittadini, espressa in maniera palese. (4-18921)


      BOBBA e ROSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          in data 6 settembre 2012 il quotidiano La Stampa pubblicava un articolo dal titolo «Il ministro “sponsor” del Quadrante», nel quale si riporta la corrispondenza tra Roberto Simonetti, presidente della provincia di Biella e il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, Filippo Patroni Griffi;
          l'articolo citato riportava la seguente ricostruzione: «Simonetti gli aveva scritto il 28 luglio, perorando la causa del Quadrante. Il ministro ha risposto il 10 agosto, anche se poi la lettera è arrivata solo a Parlamento riaperto. Patroni Griffi scrive quasi come un innamorato: “molto accurato, acuto e ben documentato” lo studio che il presidente leghista ha allegato alla sua lettera, per dimostrare che la quadri-Provincia è l'unica cosa seria da fare. “Trovo che la sua proposta – amoreggia il ministro – dia corpo a una lettura corretta ed anzi avanzata delle esigenze che hanno spinto governo e Parlamento a delineare la speciale procedura di riordino”. Patroni Griffi invita Simonetti a combattere, ossia ad “adoperarsi affinché la sua proposta ottenga il necessario sostegno in seno al Consiglio delle autonomie locali, di cui lei è componente, e in Regione”.»;
          a parere dell'interrogante, ma anche del presidente della provincia di Vercelli, Carlo Riva Vercellotti, l'iniziativa del Ministro Filippo Patroni Griffi rivolta al rappresentante di un singolo ente, incide gravemente sulle prerogative e sulle competenze di altre istituzioni pubbliche chiamate congiuntamente a raggiungere l'obiettivo di «riordino» delle province piemontesi secondo i criteri e la metodologia prevista dall'articolo 17 della legge 135 del 2012;
          secondo l'articolo 133 della Costituzione, l'articolo 21, comma 3, del testo unico enti locali di cui al decreto legislativo n.  267 del 2000 e l'articolo 4, comma 6, della Carta europea dell'autonomia locale, ratificata con la legge 3 dicembre 1989, n.  439, il riordino da formalizzare non può prescindere dalla partecipazione, dal coinvolgimento e dalla condivisione da parte dei comuni, nonché degli organismi territoriali rappresentativi della società civile;
          ad oggi questi momenti di partecipazione e condivisione sono ancora in corso al fine di consentire, nei termini previsti, la presentazione al Governo di una proposta definitiva;
          a parere dell'interrogante la corrispondenza-iniziativa del Ministro è censurabile sia per la sua gravità e per la violazione dei canoni di imparzialità ed indipendenza, sia perché invade le prerogative e le competenze di altre istituzioni pubbliche nella misura in cui un rappresentante del Governo esprime, sine titulo, giudizi di gradimento verso «ipotesi di riordino» non ancora partecipate, né portate all'esame e alla valutazione dei comuni, del consiglio delle autonomie locali e della regione Piemonte;
          in particolare, l'esortazione del Ministro così come riportata dal quotidiano («Patroni Griffi invita Simonetti a combattere, ossia ad “adoperarsi affinché la sua proposta ottenga il necessario sostegno in seno al Consiglio delle autonomie locali, di cui lei è componente, e in Regione»”) appare ancora più grave, in quanto si potrebbe interpretare come tentativo di far pressione politica presso la regione Piemonte perché «l'ipotesi gradita» dal Ministro possa sortire l'effetto desiderato  –:
          se non si ritenga urgente e doveroso verificare e chiarire quanto prima le dichiarazioni del Ministro di cui in premessa e, nel caso, e richiamare il Ministro a ristabilire la priorità e l'importanza della partecipazione, del coinvolgimento e della condivisione da parte dei comuni, nonché degli organismi territoriali rappresentativi della società civile. (4-18924)

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          in attuazione del regolamento (CE) n.  847/2004, la legge 28 gennaio 2009 n.  2 prevede una sostanziale liberalizzazione del trasporto aereo da attuarsi anche mediante revisione degli accordi bilaterali che ne disciplinano i vari aspetti;
          il nostro Paese ha intrapreso la procedura di revisione di detti accordi bilaterali con il Kuwait, inviando una Nota Verbale di carattere generale che prospetta l'apertura di negoziati per una maggiore liberalizzazione degli accordi aerei attualmente in vigore  –:
          se sia pervenuta una conclusione dei negoziati ovvero quale sia lo stato della trattativa;
          quali siano i contenuti dell'intesa o le problematiche che ne impediscono la conclusione;
          se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di migliorare le condizioni di concorrenza e liberalizzazione del trasporto aereo. (4-18874)


      BOBBA. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'Istituto nazionale per il commercio estero (ICE) è un ente pubblico non economico ed ha autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria, secondo quanto dispone la legge 25 marzo 1997, n.  68, «Riforma dell'Istituto Nazionale per il Commercio Estero», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.  72 del 27 marzo 1997;
          «L'ICE, Istituto nazionale per il Commercio Estero, è l'ente che ha il compito di sviluppare, agevolare e promuovere i rapporti economici e commerciali italiani con l'estero, con particolare attenzione alle esigenze delle piccole e medie imprese, dei loro consorzi e raggruppamenti» (www.ice.gov.it);
          l'ICE ha la propria sede centrale in Roma e dispone di una rete composta da 17 uffici in Italia e da 116 uffici in 88 Paesi del mondo;
          con delibera n.  195 del 26 giugno 2008, è stato indetto il concorso pubblico, per titoli ed esami, a 107 posti nei ruoli del personale dell'ICE, Area funzionale C, posizione economica C1;
          il concorso si è articolato in una preselezione, due prove scritte, una orale e la valutazione dei titoli, ed è durato circa due anni;
          la graduatoria definitiva di detto concorso è stata approvata con determinazione del direttore generale in data 8 aprile 2010;
          al comma 1 dell'articolo 12 del bando di concorso, si precisa che «il superamento del concorso non costituisce garanzia di assunzione, essendo la stessa subordinata alla previa autorizzazione da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di assunzioni di personale nella Pubblica Amministrazione», e successivamente il comma 2 dispone: «il candidato dichiarato vincitore del concorso è invitato a stipulare un contratto individuale di lavoro, a tempo pieno e indeterminato»;
          esistono fondati rischi che però i vincitori del concorso possano essere assunti con un ritmo di quattro/sette all'anno, per cui il sessantesimo in graduatoria prenderà servizio tra non meno di circa cinque anni;
          a distanza di cinque anni da un concorso, si può sostenere con buona probabilità che, nelle migliori delle ipotesi, il giovane interessato abbia trovato un'alternativa lavorativa, magari all'estero, vista l'ottima conoscenza delle lingue che il concorso richiede, e nella peggiore, essendo nel frattempo diventato adulto, abbia dovuto trovare un lavoro non rispondente alla sue capacità per far fronte alla propria sussistenza e a quella della famiglia, qualora sia stato in grado di formarla;
          gli articoli 97 e 98 della Costituzione stabiliscono i princìpi di buon andamento ed efficienza della pubblica amministrazione, mentre la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nel titolo relativo alla cittadinanza, all'articolo 41, disciplina il diritto ad una buona amministrazione, e, a tali princìpi, si affianca il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni cagionati dalle istituzioni pubbliche, pienamente attuato anche in Italia con la sentenza della Cassazione n.  500/1999 in tema di risarcimento degli interessi legittimi, prefigurando la responsabilità della pubblica amministrazione  –:
          come mai si sia indetto un concorso pubblico a 107 posti se non si era in grado di garantire l'assunzione dei giovani interessati, visto anche l'articolo 12 dello stesso bando in premessa;
          se non si ritenga necessario, pur condividendo l'esigenza di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica, investire sui giovani meritevoli e migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione, garantendo ai vincitori del concorso in premessa l'assunzione in tempi rapidi. (4-18930)

AFFARI REGIONALI, TURISMO E SPORT

Interrogazione a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          la «regione dei laghi» compresa nelle province VCO, Novara, Varese, Como, Lecco costituisce sempre più un'attrazione significativa per il nostro Paese e per l'economia turistica del nord;
          in comune di Casalzuigno (Varese) sono localizzati numerosi edifici religiosi degni di attenzione, tra i quali:
              l'oratorio (XVII-XVIII sec.) di Beata Vergine Assunta. Nato come oratorio della villa Della Porta-Bozzolo, divenne poi la Parrocchiale, ma non cessò di essere collegato, attraverso un corridoio, alla parte più antica dell'abitazione;
              in località Arcumeggia, la chiesa (X sec.) di S. Antonio in Monte con romitorio. La chiesa posta in suggestiva posizione panoramica. La storia dell'oratorio è legata a forme di spontaneismo monastico, la sua struttura architettonica la ricollega a quella delle chiesette montane. L'antica abitazione è stata oggi trasformata in trattoria e la chiesa stessa ha subito parecchie modifiche, tanto da presentarsi all'esterno come un tipico edificio cinque-seicentesco, preceduto da un portichetto. L'interno ha un presbiterio apparentemente tardo, ma conserva le forme romaniche dell'unica navata, con tre campate voltate a botte, suddivise da due archi traversi piuttosto ribassati e poggianti su robusti pilastri. Archi e pilastri sono di foggia diversa tra loro. Nella parete meridionale sono state rinvenute due esigue monofore archivoltate e diverse fra loro, sulla parete opposta si conservano due affreschi. Dietro alla chiesa, sul probabile tracciato originario, sorge, in pessimo stato, una cappella in pietra voltata a botte che reca tracce di affresco  –:
          se e quali interventi il Governo abbia attuato o intenda attuare per conservare i beni in argomento, migliorarne la fruibilità e aumentarne l'attrattività dal punto di vista turistico. (4-18880)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


      BOBBA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il quotidiano La Stampa nell'edizione di domenica 24 giugno 2012, nella pagina Vercelli e provincia, riporta la seguente notizia: «I fondi Scanzano per l'acquapark. Il Consiglio vota la variazione di bilancio con le compensazioni nucleari»;
          nell'articolo si spiega che il consiglio comunale di Tricerro ha votato la variazione di bilancio di previsione del 2012, relativamente al parco acquatico del paese: «uno stanziamento di 59.500 euro totali, di cui 35 mila per il risanamento delle piscine e 24.500 per l'asfaltazione di alcune strade. Ciò su cui la minoranza ha puntato l'attenzione, però, è l'origine di questi soldi: si tratta dei cosiddetti “fondi Scanzano”, derivanti dalle compensazioni nucleari», dovute al comune grazie all'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n.  368, il quale prevede l'attribuzione annuale di fondi per compensazione territoriale a favore di siti che ospitano centrali nucleari;
          nella nota del 4 aprile 2011, protocollo 10964, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche, il direttore generale, dottor Marco Lupo, ricorda che: «le pertinenti delibere di assegnazione delle risorse prevedono il vincolo di utilizzo dei fondi attribuiti a ciascun Ente beneficiario, per interventi a finalità ambientale. Pertanto i suddetti Enti sono chiamati a destinare i finanziamenti acquisiti ai sensi della citata legge n.  368 del 2003 e s.m.i entro i limiti delle finalizzazioni previste, e a darne puntualmente comunicazione allo scrivente Dicastero, nei tempi e secondo le modalità indicate nelle medesime delibere, al fine di consentire al Dicastero medesimo di predisporre e trasmettere al CIPE la relazione complessiva sull'utilizzo dei fondi da parte degli Enti beneficiari e legittimando conseguentemente le erogazioni per le annualità successive;
          sempre stando alle informazioni di stampa «secondo i documenti in possesso della minoranza, il sindaco aveva dichiarato che le spese per gli interventi all'acquapark sarebbero state a carico del gestore»;
          a parere dell'interrogante il comune di Tricerro con la realizzazione dell'acquapark destina i fondi ottenuti ad attività che nulla hanno a che vedere con il vincolo disposto dal dettato normativo;
          l'utilizzo dei fondi di cui in premessa per l'acquapark appare ancora più anomalo se si considera che gli interventi sul parco acquatico concorrerebbero a produrre reddito al gestore (privato) che paga solo cento euro annuali di affitto al comune per 20 anni, mentre, fra le strade da asfaltare, sempre attraverso l'utilizzo dei «fondi Scanzano», compaiono tratti di vie e il parcheggio della piscina di proprietà privata  –:
          se si sia a conoscenza dell'utilizzo dei fondi del comune di Tricerro per la realizzazione dell'acquapark e se non si ritenga di porre in essere ogni iniziativa di competenza al fine di garantire che i fondi per compensazione territoriale a favore di siti che ospitano centrali nucleari siano utilizzati in conformità a quanto previsto dalla normativa vigente. (4-18922)


      BOBBA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          si apprende dalla lettura di alcuni quotidiani che il 27 luglio 2012 si è tenuta una conferenza stampa, promossa dall'amministrazione comunale di Saluggia, a cui hanno partecipato anche esponenti delle forze politiche di opposizione e i rappresentanti delle associazioni ambientaliste. Nel corso della conferenza stampa è stata posta la questione della scadenza della proroga per la realizzazione del deposito D2, destinato ad ospitare buona parte dei rifiuti radioattivi conservati nel sito di Saluggia;
          a tale proposito si evidenzia che il permesso di costruire il deposito D2 era stato concesso, in deroga al piano regolatore, con ordinanza del Commissario delegato, generale Jean, del 13 dicembre 2005; che con successiva ordinanza del 24 febbraio 2006 venne stabilito che tale autorizzazione valesse «limitatamente alla parte necessaria allo stoccaggio dei rifiuti a bassa intensità già presenti nel sito allo stato solido»; che con nota del 28 luglio 2007 il Ministero per le attività produttive ha comunicato a Sogin, società interamente a capitale pubblico affidataria della gestione dei rifiuti radioattivi e dei relativi siti, che in data 31 dicembre 2006 era «terminato il regime emergenziale di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2003 e successivi» e che le attività connesse alla messa in sicurezza e allo smaltimento dei rifiuti radioattivi erano dunque «rientrate nel regime ordinario previsto dalle norme di settore»; che in data 26 giugno 2009 Sogin formulava istanza di proroga per l'ultimazione dei lavori; che con provvedimento del 3 agosto 2009 il responsabile del servizio tecnico urbanistico del comune di Saluggia concedeva una proroga di 3 anni, posticipando dunque la scadenza al 2 luglio 2012; che in data 7 giugno 2012 Sogin ha inviato una nota al comune di Saluggia comunicando, relativamente ai lavori di realizzazione del deposito D2, che tali lavori sarebbero proseguiti oltre il termine del 2 luglio, fissato dallo stesso comune come inderogabile. In particolare, va sottolineato che il comune di Saluggia aveva già dichiarato ormai nulla, non essendo stati ultimati i lavori, l'autorizzazione alla costruzione di una nuova cabina elettrica contenuta in un'ordinanza dell'allora commissario straordinario di Sogin;
          questo atteggiamento di Sogin, che ad oggi è supinamente subito dall'amministrazione comunale, appare del tutto incompatibile con la sua «mission» e con la sua natura societaria integralmente pubblica;
          il deposito D2 non è mai stato sottoposto a valutazione di impatto ambientale, e ciò sebbene la normativa europea, e in particolare la direttiva 85/337, impongano tale procedura per le strutture di immagazzinamento a lungo termine dei rifiuti radioattivi;
          spetta a Ispra rilasciare l'autorizzazione ambientale allo stoccaggio dei rifiuti radioattivi nel deposito D2 come in ogni altra struttura a tale scopo destinata, e che Ispra, con note del 28 maggio e del 12 giugno 2012 ha segnalato la «non conformità dei getti»;
          sia le forze politiche di opposizione sia diverse associazioni, a cominciare da Legambiente, a tali dichiarazioni, hanno duramente contestato i comportamenti sostanzialmente illegittimi di Sogin e l'immobilismo mostrato su questa vicenda dal comune di Saluggia –:
          se non intendano, ciascuno nell'ambito dei profili di competenza, assumere iniziative nei confronti di Sogin affinché vi siano comportamenti adeguati al ruolo e alla natura pubblica da parte della società;
          se non intendano, ciascuno nell'ambito dei profili di competenza, operare affinché il deposito D2 di Saluggia sia assoggettato a procedura di valutazione di impatto ambientale;
          se non intendano, ciascuno nell'ambito dei profili di competenza, appurare e rendere noto per quali quantità e tipologie di rifiuti Ispra abbia autorizzato lo stoccaggio di rifiuti radioattivi nel deposito D2 di Saluggia. (4-18937)


      BOBBA, BRATTI, CENNI e MARIANI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il sito Eurex di Saluggia, in provincia di Vercelli, è entrato in funzione nel 1970 per le attività di riprocessamento dei combustibili dei reattori di ricerca della Comunità europea;
          l'impianto ha interrotto la propria attività nel 1984 e da allora è stata avviata l'attività di messa in sicurezza;
          dal 2003 la gestione dell'impianto, finalizzata a realizzarne la bonifica ambientale, è stata assegnata alla SOGIN, società interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, incaricata della gestione dei rifiuti radioattivi e dei relativi siti in base agli indirizzi del Governo;
          nel sito è attualmente in costruzione il deposito nucleare D2 e nelle immediate vicinanze sono presenti due vasche a cielo aperto, parzialmente interrate: le Waste Ponds WP719 e WP718, costruite contestualmente all'impianto, negli anni sessanta;
          le vasche raccolgono le acque, generalmente poco contaminate, provenienti da vari punti dell'impianto, compresa la zona controllata del sito, inclusa la piscina del combustibile nucleare, ormai vuota, sul cui fondo erano presenti significative quantità di detriti solidi radioattivi, che periodicamente sono scaricate nella vicina Dora Baltea, affinché la diluizione radioattiva, secondo gli esperti, non rechi danni per l'ambiente limitrofo;
          il rilascio degli effluenti liquidi è regolamentato da apposite prescrizioni, che costituiscono parte integrante degli atti autorizzativi dell'impianto, le quali limitano la concentrazione di radioattività presente nel liquido da scaricare. Lo scarico nella Dora è consentito a condizione che il livello di concentrazione di radioattività delle acque delle vasche non superi i valori limite stabiliti dall'ISPRA sulla base delle norme comunitarie di settore;
          in particolare, durante le operazioni di svuotamento della piscina di stoccaggio del combustibile irraggiato dell'impianto, ISPRA ha imposto a SOGIN i seguenti limiti di attività radiologica per le acque da trattenere nei Ponds per poi rilasciarle nella Dora: Attività alfa totale (Bq/l) = 10; Attività alfa + beta totale (Bq/l) = 100;
          recentemente gli organi di informazione hanno segnalato che la vasca denominata WP719 si trova in condizioni di «non utilizzo» da almeno un anno, e che la vasca stessa sarebbe a rischio di tracimazione in caso di pioggia, con rischio di sversamento diretto del contenuto sul terreno e poi nelle falde locali e dell'acquedotto del Monferrato, nonché di sversamento incontrollato nella vicina Dora Baltea;
          le notizie citate traggono spunto dal sopralluogo congiunto eseguito da ISPRA e Arpa Piemonte in data 10 agosto 2012, a seguito del quale l'area vasche è stata delimitata;
          il 6 settembre 2012, ISPRA ha scritto a SOGIN, allo scopo di «migliorare ulteriormente i livelli di sicurezza dell'impianto e di monitoraggio ambientale», intervenendo sul «complesso delle vasche di raccolta effluenti liquidi denominate Waste Ponds»;
          nella nota, ISPRA chiede di: procedere a una verifica dell'integrità delle linee di scarico a valle delle vasche WP718 e WP719, delimitare l'area circostante anche atteso che sono prossime ad aree di transito asservite a cantieri aperti (esempio deposito D2), dare priorità alla copertura delle vasche come da nota SOGIN del 3 ottobre 2011 (cioè ben un anno prima), procedere a una completa caratterizzazione radiometrica del liquido e dei sedimenti presenti nel bacino WP719 (il che dimostra la presenza di solidi sul fondo) sulla cui base predisporre un programma di gestione del liquido stesso da trasmettere alla stessa ISPRA e, infine, di potenziare controlli ambientali dell'area limitrofa ai due bacini WP718 e WP719 attraverso la realizzazione di pozzi piezometrici la cui ubicazione dovrà essere concordata con ISPRA stessa;
          in seguito a notizie di stampa, ISPRA il 21 settembre 2012 comunica il «non utilizzo» della vasca, una «leggera» contaminazione eccedente la non rilevanza radiologica stabilita dalle norme comunitarie, che valutazioni cautelative indicano valori massimi di dose alla popolazione – in caso di rilascio istantaneo nell'ambiente di tutto il liquido contaminato – inferiori al valore limite pari a 1 mSv/anno, di aver chiesto a SOGIN l'aggiornamento della caratterizzazione radiometrica del contenuto del WP719 e di provvedere alla copertura del bacino, di fornire un programma di gestione del liquido finalizzato al suo trattamento e alla sua rimozione dal bacino, oltre all'estensione del monitoraggio ambientale e dell'acqua di falda e la delimitazione dell'area circostante i bacini;
          secondo quanto riportato da alcuni organi di informazione, la SOGIN era a conoscenza della situazione di pericolo dovuta alle condizioni di una delle due vasche a cielo aperto presenti all'interno del sito. L'articolo di Vincenzo Mulè, «Vasca radioattiva. La Sogin sapeva», pubblicato dalla rivista Il Punto il 20 settembre 2012, fa riferimento ad un’email di circa un anno fa, in cui «un responsabile dell'impianto piemontese scriveva ad alcuni collaboratori facendo presente che «nonostante le operazioni avvengano all'aperto, il rischio di contaminazione non è trascurabile. L'acqua che dovrà essere filtrata è assimilabile a quella della piscina». Ossia a quella, ormai vuota, che ha ospitato il combustibile nucleare fino a pochi anni fa;
          non si sa quando e da chi siano state eseguite le valutazioni «cautelative» di cui parla ISPRA inerenti la dose massima alla popolazione in caso di rilascio, mentre la richiesta a SOGIN di aggiornamento delle analisi radiometriche del contenuto del WP719 lascia intendere che le analisi oggi disponibili siano obsolete, dunque potrebbero non tenere conto della contaminazione in eccesso del WP719, dichiarata «non rilevante» ma non quantificata da ISPRA, che si potrebbe essere prodotta successivamente alle valutazioni oggi disponibili;
          i sedimenti nella vasca WP719, (la WP718 non è mai citata) potrebbero provenire anche dall'interno della zona controllata del sito, dove potrebbero essersi liberati ad esempio durante operazioni di idrolavaggio di barre di combustibile lesionate (attività normalmente eseguite prima del trasporto in altra sede);
          nel progetto di una nuova waste management facility (WMF) in area EUREX/SOGIN, al vaglio della conferenza dei servizi, destinato a ricondizionare rifiuti solidi, è inserito un «evaporatore», normalmente usato per ricondizionare rifiuti radioattivi liquidi. Se ciò avvenisse, sarebbe in contrasto con il parere espresso dalla regione Piemonte;
          alla luce di quanto esposto il Waste Pond WP719 si potrebbe configurare quale deposito di materiale radioattivo, (liquido e solido), non autorizzato ed incontrollato, in contrasto con tutte le vigenti normative nazionali ed internazionali;
          l'attività di costruzione del deposito D2 è caratterizzata dal frequente traffico di mezzi pesanti, poiché il cemento necessario per la costruzione arriva dall'esterno del sito. I mezzi pesanti sono costretti a passare a pochi metri dalle due vecchie vasche, aumentando così il rischio di lesionare le vasche stesse e/o di urtare contro di loro, con effetti potenzialmente distruttivi;
          né il deposito D2, per migliaia di metri cubi di rifiuti nucleari, né la waste management facility (20.000 m3) sono stati sottoposti a valutazione di impatto ambientale, come previsto dalla normativa europea, dunque gli aspetti di impatto e di sicurezza complessiva non sono stati processati attraverso un iter trasparente, adeguato e condiviso;
          su quanto premesso e considerato si ritiene necessaria un'operazione di trasparenza, adeguata al ruolo e alla natura pubblica della SOGIN  –:
          se si sia proceduto, come richiesto nella nota ISPRA di agosto, «a una verifica dell'integrità delle linee di scarico a valle delle vasche WP718 e WP719», alla «copertura delle vasche», ad una «completa caratterizzazione radiometrica del liquido e dei sedimenti presenti nel bacino WP719, quale sia il risultato dell'analisi e cosa dunque contiene veramente il pond WP719»;
          se siano stati accertati, in particolare, gli attuali valori:
              a) dell'attività alfa totale (Bq/l) presente nell'acqua contenuta nel pond WP719;
              b) dell'attività alfa + beta totale (Bq/l) presente nell'acqua contenuta nel pond WP719;
              c) dell'attività alfa totale (Bq/kg) presente nel materiale solido depositato sul fondo del pond WP719;
              d) dell'attività alfa + beta totale (Bq/kg) presente nel materiale solido depositato sul fondo del pond WP719;
          se siano stati potenziati i «controlli ambientali dell'area limitrofa ai due bacini WP718 e WP719 attraverso la realizzazione di pozzi piezometrici» la cui ubicazione doveva essere concordata con la stessa ISPRA;
          quale normativa nazionale ed internazione disciplini in questo momento la detenzione ed il controllo di sostanze radioattive in una vasca a cielo aperto, che non dispone di un sistema di recupero dei liquidi e chi e quando avrebbe autorizzato tale situazione;
          quando sarà convocato il tavolo della trasparenza regionale, che da un anno non viene riunito, per informare la cittadinanza, non solo saluggese, dell'accaduto e degli eventuali rischi;
          se quanto sta emergendo sulla contaminazione del WP719 ricada sotto l'articolo 100 (significativi incrementi del rischio di contaminazione dell'ambiente e di esposizione delle persone) del decreto legislativo 17 marzo 1995, n.  230 che, ai commi 1 e 2, recita: «Qualora si verifichi, nelle aree all'interno del perimetro di una installazione, una contaminazione radioattiva non prevista o un evento accidentale che comporti un significativo incremento del rischio di esposizione delle persone, l'esercente, richiedendo eventualmente tramite il prefetto l'ausilio delle strutture di protezione civile, deve prendere le misure idonee ad evitare l'aggravamento del rischio. Ove l'evento (...) comporti il rischio di diffusione della contaminazione o comunque di esposizione delle persone all'esterno del perimetro dell'installazione l'esercente deve darne immediata comunicazione al prefetto ed agli organi del servizio sanitario nazionale competenti per territorio che, in relazione al livello del rischio, ne danno comunicazione all'ANPA»;
          quali azioni siano state conseguentemente intraprese;
          se i responsabili di SOGIN fossero al corrente delle anomalie relative alla vasca WP719 e per quale motivo non si sia proceduto prima alla copertura della stessa;
          se non si ritenga di dover interrompere temporaneamente i lavori presso il cantiere D2 per prevenire rotture delle vasche ed eventuali incidenti causati dai mezzi pesanti, quali misure di sicurezza e protezione siano state adottate per delimitare l'area circostante, salvaguardare la sicurezza dell'ambiente e dei lavoratori, ed impedire che i mezzi in transito urtino contro le vetuste vasche;
          se non si reputi di dover effettuare la valutazione di impatto ambientale sia per il deposito D2 sia per la waste management facility, come previsto dalla normativa europea;
          quali tipi di rifiuti dovrebbero essere trattati all'interno della WMF, se l'evaporatore previsto nella recente variante del progetto tratterà i liquidi del WP719;
          quali liquidi si trovarlo depositati presso Eurex, oltre al parco serbatoi destinati alla cementificazione, dove sono conservati e come si intende metterli in sicurezza. (4-18939)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      SCALERA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          in queste ore si è inaugurato in Francia, a Lens, un nuovo straordinario museo denominato Louvre-Lens che presenta le collezioni del Louvre di Parigi in uno scenario connotato da una forte impronta architettonica contemporanea;
          tale museo è stato volutamente situato dal Governo francese in un'area fortemente deindustrializzata, in forte fase di recessione, mettendo in campo un tema di assoluto interesse quale il riscatto del declino industriale attraverso la cultura;
          tale struttura finisce inevitabilmente per rilanciare anche la «mission» del museo Louvre di Parigi, nella riproposizione delle sue collezioni, nella disponibilità di nuovi spazi di sperimentazione, nel potenziamento della sua vocazione sociale;
          in questo contesto il nuovo museo Louvre-Lens si annuncia come un importante, potenziale strumento di sviluppo economico, fatalmente destinato ad intercettare tutto il traffico turistico proveniente dal Nord Europa  –:
          se non ritenga che l'iniziativa francese possa essere rapidamente riproposta in Italia, soprattutto nelle nuove, grandi aree deindustrializzate del Paese, riproponendo quello straordinario patrimonio culturale che molti musei italiani conservano, da anni, nei loro magazzini e che hanno, ormai da tempo, limitate possibilità di riproposizione e di visualizzazione, sviluppando un indirizzo inedito e nuovo che risponda al declino dell'industria italiana attraverso la cultura. (5-08590)


      RONDINI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          la difesa della memoria storica è segno di senso civico di una comunità e che il suo grado di civiltà si misura anche attraverso le azioni che vengono poste in atto e a tutelare i luoghi di questa memoria;
          il castello in località Rozzano (Milano) che sorge lungo la Pavese è stato dimora storica della famiglia Visconti Di Modrone e risale al XIV secolo;
          un tempo il predetto castello era il cuore della città; oggi è oggetto d'innumerevoli saccheggi, quali componenti di camini, pavimenti, decorazioni a graffito, arazzi, travi;
          al riguardo, si ricorda che gli enti territoriali competenti hanno raccomandato la salvaguardia di questo importante monumento storico;
          il recente incendio che ha coinvolto il predetto castello, che sorge lungo la statale dei Giovi, è la dimostrazione del totale o parziale stato di abbandono in cui versano i beni storico-artistici della zona sud di Milano;
          si verifica spesso che castelli, cascine e cappelle in stato di abbandono, di proprietà dei privati vengano restaurati, diventando il cuore di centri residenziali, ai quali tuttavia l'accesso ai cittadini avviene solo in particolari occasioni;
          altri monumenti storici risultano invece in completo stato d'abbandono, divenendo rifugio per disagiati, senza tetto e stranieri senza fissa dimora, come nel caso del Castello in parola che ha rischiato di venire divorato dalle fiamme per un fuoco acceso durante la notte;
          nel caso di specie, l'intervento rapido di tre mezzi dei vigili del fuoco ha permesso fortunatamente di domare in tempo il rogo, salvando gli occupanti e parte della struttura anche se le travi in legno antico del primo piano sembrano essere irrimediabilmente danneggiate  –:
          alla luce di quanto espresso in premessa quali iniziative intenda intraprendere per garantire e salvaguardare uno dei più importanti monumenti storici della zona. (5-08591)

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          in provincia di Varese esistono numerosi edifici industriali che recano una testimonianza storica e architettonica di pregio, tra i quali:
              a Laveno Mombello, la ex Pozzi Ginori (Via Roma) e il Fabbricato Viaggiatori delle Ferrovie Nord;
              ad Angera, le Fornaci per la produzione di calce e magnesia;
              a Besozzo, il Mulino Madre sul torrente Bardello;
              a Brebbia, il Mulino di Piona sul torrente Bardello-Origini 1700;
              a Brenta, il Mulino Micheli sul torrente Boesio-Origini 1700 o anteriori;
              a Castelseprio, Mulino Zacchetto;
              a Castelveccana, il Mulino sul torrente Froda, in località Caldè, Fornaci di Cava Verbania, le Fornaci di Cava del Fico e le Fornaci di Cava di Porto;
              a Cittiglio, la Fornace;
              a Ispra, la Fornace della Punta (Promontorio del Monte dei Nassi), la Fornace del Pinet (Promontorio del Monte dei Nassi), la Fornace Butti ora Artom, la Fornace Croce ora Piani e il Mulino Molinetto sul torrente Acquanera;
              a Varese, la Conceria Valle Olona (Via Dalmazia n.  56), la Conceria Cornelia (Via Dalmazia n.  55), la Conceria Fraschini con attiguo Mulino De Giorgi (Via Merano n.  9), il Filatoio di Cotone Crivelli (Via Molini Trotti n.  11), la Fornace della Riana (Strada Provinciale per la Rasa), i Mulini Grassi (Via dei Mulini Grassi n.  61-65), i Mulini Trotti (Via Mulini Trotti n.  7);
          molti di detti edifici sono stati recuperati a destinazioni diverse dalle originarie funzioni produttive e manifatturiere, mentre in molti altri tuttora vengono svolte attività artigianali, industriali o comunque produttive mentre di altri ancora rimangono a volte solo residuati non funzionali  –:
          se e come il Governo intenda favorire la conservazione e/o il recupero degli edifici sopra elencati, favorendone la fruizione al pubblico ovvero la prosecuzione di attività produttive o manifatturiere;
          se ed in che modo il Governo intenda valorizzare detto poderoso patrimonio culturale, artistico e architettonico ai fini culturali e turistici, favorendone quando possibile il prosieguo di attività economiche. (4-18872)


      REGUZZONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          in comune di Brissago Valtravaglia (Varese) sono localizzati:
              la chiesa parrocchiale di S. Giorgio, edificata su una preesistente chiesa romanica, della quale restano i muri della cappella presbiteriale, sulla sinistra, con affreschi del XV, XVI secolo;
              in frazione Roggiano, Castello-recinto X-XI. I pochi resti suggeriscono la presenza di un recinto a pianta trapezoidale costituito da un muro massiccio largo più di un metro e formato da pietre che, in corrispondenza del lato Sud, sono disposte a spina di pesce. Sullo spigolo Nord-Ovest vi è traccia di una torre delle dimensioni di circa metri 9x8  –:
          se e quali interventi il Governo abbia attuato o intenda attuare per conservare i beni in argomento e migliorarne la fruibilità. (4-18876)


      REGUZZONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          in comune di Varese sono localizzati numerosi edifici di grande importanza storica, architettonica, culturale e assolutamente degni di attenzione, tra i quali:
              la Basilica di S. Vittore. Una primitiva chiesa sorse intorno al secolo V, probabilmente su un'area di culto romana. Essendo diventata insufficiente alle necessità e al prestigio del borgo, nei primi anni del Cinquecento si pose mano al rifacimento dell'edificio. Dapprima venne eretto in forme rinascimentali il presbiterio, quindi fu abbattuto il corpo della chiesa che fu rifatto in stile tardo manieristico, tra il 1580 e il 1625, probabilmente su disegno di Pellegrino Tibaldi (1527-1596). Infine Leopoldo Pollak disegnò la facciata, completata nel 1791. Il tiburio, di sezione ottagonale, si deve all'architetto varesino Giuseppe Bernasconi (1587-1623). Al colmo del tetto si eleva la lanterna in pietra, sormontata da una cupola con gugliette piramidali. L'interno rimanda ai due momenti costruttivi: il presbiterio e l'abside dai modi ancora bramanteschi, l'aula a tre navate di età borromaica. La Chiesa conserva opere e affreschi di notevole pregio;
              il battistero di S. Giovanni. Posto alle spalle della chiesa di S. Vittore, il battistero ha facciata a capanna, la cui elegante semplicità viene impreziosita dalla muratura in pietre squadrate. Inquadrata da due lesene terminanti con un capitello, la facciata è chiusa da un coronamento decorato da archetti ciechi. Al vertice del timpano, in un'edicola, è posta una statua di S. Giovanni Battista (XIV secolo). Da segnalare anche la presenza di affreschi significativi;
              la Chiesa di S. Antonio, in piazza della Motta. Edificio sorto su di una precedente costruzione tardo quattrocentesca, riedificata ad opera di Giuseppe Bernasconi nel 1613-14. La sobria facciata contrasta con l'interno, riccamente decorato di affreschi barocchi. La volta, dipinta da G.B. Ronchelli con quadrature di G. Baroffio, rappresenta la «Gloria di S. Antonio». Agli angoli statue di terracotta, opera di D. Bussola. Sulla parete della controfacciata tela di G. Lanfranco raffigurante «Madonna con S. Carlo Borromeo», mentre sulla parete destra tela del cremonese G.B. Trotti detto il Malosso (1582) raffigurante Madonna di Loreto con i SS. Marta e Agostino. Altare della cappella laterale di G. Buzzi di Viggiù (1780). Affresco della parete di fondo di G. Baroffio;
              il Chiostro di S. Antonino, in Corso Matteotti. Chiostro appartenente ad un convento di Monache Benedettine, soppresso nel 1786. Porticato ad archetti retti da colonne binate, conserva sulla parete di destra un affresco raffigurante la «Immacolata Concezione» attribuito a Federico Bianchi (1658-1719) e, sulla sinistra, tracce di un affresco di anonimo del Seicento. Il refettorio, Sala Veratti, conserva affreschi sei-settecenteschi di P. A. Magatti (1687-1768) e G. Baroffio;
              la Chiesa di S. Giuseppe. Chiesa della seconda metà del secolo sedicesimo, con facciata rifatta nel 1725 e prezioso apparato decorativo interno. Tra gli affreschi seicenteschi, notevoli sono quelli di Giovan Battista Del Sole (1658), che dipinse nella volta della navata, nei riquadri lasciati liberi dagli stucchi, una teoria di angeli e due figure ai lati della finestra della controfacciata e di Melchiorre Gherardini che decorò la volta a botte del coro affrescando sei storie bibliche (1653);
              la Chiesa di S. Martino. La chiesa conserva affreschi settecenteschi. Francesco Maria Bianchi, Giacomo Antonio e Antonio Francesco Giovannini: «Martirio di San Bartolomeo» e quadrature. Stucchi di Giovanni Antonio Sperone. Pietro Antonio Magatti, Giacomo Antonio e Antonio Francesco Giovannini: «San Martino prega i Santi Pietro e Paolo» e quadrature;
              in località Biumo Inferiore, chiesa della Madonna in Prato. Ristrutturazione seicentesca di un edificio tardo gotico. La raffinata facciata barocca (1678/86) è tra le più interessanti del Varesotto: due poderosi telamoni reggono il porticato sul quale si innesta la decoratissima parete. Questa si conclude con un classico timpano, chiuso da una balaustra coronata da statue. All'interno si apprezza l'architettura illusionista della cupola, affrescata da Antonio Busca con «Assunzione di Maria», opera del 1667. Nella cappella sinistra si trova una «Madonna in trono con Bambino» di gusto tardo gotico (secolo XV), nella cappella destra affreschi del 1619, attribuiti a Giovan Francesco Lampugnani, autore della tela raffigurante San Carlo;
              in località Biumo Inferiore, chiesa parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo. Chiesa ampiamente rimaneggiata nei secoli XVIII e XIX. Nel 1701 l'edificio fu ricostruito su disegno di Giovanni Battista Orrigoni, con elegante pronao colonnato. L'interno è decorato dai fratelli Giovanni Battista e Girolamo Grandi e Ferdinando Porta (1721). La cappella laterale sinistra conserva la tela della «Incredulità di S. Tommaso», dipinta nel 1621 da Giovanni Mauro della Rovere detto il Fiammenghino. Affreschi ottocenteschi di Luigi Crivelli. Nella seconda cappella a destra, statua neoclassica della «Madonna della Cintura», di Pompeo Marchesi (1840);
              in località Biumo Superiore chiesa di S. Anna. Chiesa ad aula unica voltata a botte e decorata con affreschi settecenteschi attribuiti al Magatti. La pala d'altare è opera seicentesca di anonimo pittore bolognese;
              in località Biumo Inferiore, chiesa parrocchiale di S. Giorgio. Dietro la facciata baroccheggiante (1926), la chiesa cela un interno di grande effetto. L'interno presenta il sorprendente affresco della volta con il motivo tipicamente barocco delle architetture dipinte. Entro le quadrature di Giuseppe Baroffio, Pietro Antonio Magatti dipinse la «Gloria della Vergine» (1725). Nella cappella sinistra, tela con «Natività» del Magarti. Altare intagliato di B. Castelli. Nella successiva cappella di sinistra, vicino all'entrata, si nota l'affresco di una Madonna gotica del secolo XIV. Nella prima cappella a destra si trova la tela raffigurante «S. Carlo presentato alla Vergine da S. Pietro», attribuita a Giovan Mauro della Rovere detto il Fiammenghino (inizio XVIII secolo);
              in località Bizzozero, chiesa di S. Stefano. La chiesa ha semplice impianto ad aula unica absidata, con accostati sui lati maggiori un campanile esterno a nord ed una cappella devozionale, interna, a sud. L'assetto attuale, databile all'XI secolo, conserva all'interno pressoché inalterato l'invaso originario, solo in parte modificato nei secoli XV e XVI. L'altare, collocato al centro dell'abside, è con tutta probabilità pertinente alla struttura dell'XI secolo. Si tratta di una mensa in muratura che conserva sulla fronte solo minuti frammenti dell'originaria decorazione pittorica. Sui fianchi sono dipinte due figure di santi, probabilmente S. Stefano e S. Ambrogio. Alla fine del XV secolo venne realizzata la costruzione della cappella devozionale, collocata all'interno della chiesa. In località Bosto, Chiesa di S. Imerio. Eretta in forme romaniche sul sito di una chiesa altomedievale, forse longobarda vista la dedicazione intitolata a S. Michele. All'interno sarcofago di pietra; nella cappella destra affresco trecentesco di Madonna con Bambino e figure di Santi aggiunte successivamente (XVII sec.). Nella cappella sinistra «Incoronazione della Vergine» di anonimo seicentesco. In località Casbeno, Oratorio della Schirannetta. Piccolo edificio romanico, la cui facciata conserva affreschi eseguiti da anonimo nel 1408. Sulla parete interna sono presenti affreschi di ignoti autori minori del XIV e XV secolo;
              in Sacro Monte, la Chiesa e le cappelle del Sacro Monte 1605-1680. La chiesa dell'Immacolata Concezione. Le Cappelle: Prima - Annunciazione; Seconda - Visitazione; Terza - Natività; Quarta - Presentazione al Tempio di Gesù; Quinta - Disputa di Gesù con i dottori; Sesta - Orazione nell'Orto; Settima - Flagellazione; Ottava - Incoronazione di spine; Nona - Salita al Calvario; Decima - Crocifissione; Undicesima - Resurrezione; Dodicesima - Ascensione; Tredicesima - Discesa dello Spirito Santo; Quattordicesima -Assunzione della Vergine. Importante documento culturale, concepito unitariamente nel tardo Cinquecento dal cappuccino Giovanni Battista Aguggiari come sistemazione del preesistente percorso pedonale per il Santuario di S. Maria del Monte. È una «Via Sacra» che si snoda in salita per circa 2 chilometri, con dislivello di quasi 300 metti, fiancheggiata da quattordici cappelle illustranti, in chiave didattica e popolare, ciascun mistero del Rosario (l'ultimo è contemplato nel santuario). Il Sacro Monte sorse su imitazione di quelli di Varallo e Orta, nel 1605, anno in cui fu posta la prima pietra. Il progetto e la direzione lavori finirono affidati all'architetto varesino Giuseppe Bernasconi. Nel 1680 l'opera poteva dirsi conclusa, anche se la decorazione delle cappelle prosegui per tutto il Settecento, ad opera dei maggiori artisti lombardi del tempo;
              la Chiesa dell'Immacolata Concezione. Eretta tra il 1604 e il 1609 su progetto del Bernasconi, è preceduta da un pronao. A pianta quadrata, è sormontata da un tiburio circolare coronato da lanternino cieco. All'interno statua in cotto dipinto dell'Immacolata Concezione, circondata da due emicicli di angeli affrescati dai fratelli Lampugnani (1624). Nelle otto nicchie si trovano le statue in terracotta dei Dottori della Chiesa, opera di Francesco Silva di Morbio che lavorò alla Fabbrica del Rosario dal 1617 al 1641;
          Cappelle:
              prima cappella: annunciazione. Consacrata nel 1609, riproduce un tempio classico. All'interno statue di Domenico Prestinari (1610);
              seconda cappella: visitazione. Ha forme classicheggianti ed è l'unica ad essere priva di pronao. Statue di «Paolo Morbio, affreschi di G. P. Ghianda datati 1624;
              terza cappella: natività. Edificio in stile ionico con affresco di R. Guttuso (1983) e lunetta affrescata da C. F. Nuvolone. Statue di M. Retti e M. Sala;
              quarta cappella: presentazione al Tempio di Gesù. Circondata da un porticato anulare. Statue di F. Silva (1617) Affreschi di G. Ghisolfi (1661);
              quinta cappella: disputa di Gesù con i dottori. Si distingue per le sue complesse forme. La facciata, preceduta da classico pronao, è sormontata da un tiburio circolare. Statue di F. Silva, dipinte nel 1651 dal Nuvolone, al quale si devono anche gli affreschi realizzati entro le architetture prospettiche di F. Villa;
              sesta cappella: orazione nell'Orto di Gesù. Di sobria architettura, contiene statue di F. Silva e affreschi di B. Ghiandone di Oleggio;
              settima Cappella: flagellazione. Edificio ad aula a pianta circolare, è preceduta da semplice pronao con timpano sul quale è posta una «Pietà» di M. Retti. Dello stesso autore le statue nelle nicchie della muratura. Affreschi del Morazzone;
              ottava cappella: incoronazione di spine. Affrescata nel 1648 da Giovanni Battista e Giovan Paolo Recchi. Le statue sono di F. Silva.
              nona cappella: salita al Calvario. Sulla parete esterna affresco di Stefano Maria Legnani (1686). All'interno statue e affreschi, questi ultimi eseguiti dai Recchi;
              decima cappella: crocifissione di Gesù. Statue di Dionigi Bussola e affreschi di A. Busca (1668);
              undicesima cappella: resurrezione di Gesù. Di elegante architettura, si distingue per il bel pronao a colonna ioniche sormontato da un alto attico. Statue di F. Silva (1622) e affreschi di Isidoro Bianchi datati 1650.
              dodicesima cappella: ascensione di Gesù. È ornata da una ricca facciata barocca e porticato anulare. Statue di F Silva;
              tredicesima cappella: discesa dello Spirito Santo. A pianta ottagonale, è circondata da un porticato anulare coronato da balaustra. All'interno statue di F. Silva e affreschi di Federico Bianchi di Masnago (1684) entro le architetture dipinte da Gerolamo e Giovan Battista Grandi;
              quattordicesima cappella: Assunzione della Vergine. Rimaneggiata alla fine del Seicento, conserva una statua della Vergine, opera di F. Silva (1623), circondata da angeli affrescati da S. M. Legnani (1717) e completati da P. Gilardi;
          tre archi monumentali fungono da divisorio fra le prime cinque cappelle, dedicate ai Misteri Gaudiosi, le successive, che ricordano i Misteri Dolorosi e le ultime dedicate ai Misteri Gloriosi;
              in località Santa Maria del Monte, Santuario di S. Maria o Madonna del Monte. Il santuario sorse su una chiesetta di remote origini, posta all'interno della rocca, e venne realizzato, a partire dal 1472, su disegno di Bartolomeo Gadio, per incarico di Galeazzo Maria Sforza. Tale ampliamento fu conseguenza della crescente devozione alla Madonna Nera ivi venerata, che richiamava pellegrini da tutta la regione. Nel 1502 la Chiesa di S. Maria perse la sua autonomia e venne annessa all'attiguo Monastero delle Agostiniane, fondato nel 1474. Dell'edificio precedente, il santuario mantiene l'impianto delle tre absidi; ad un ampliamento successivo spetta invece l'aggiunta delle due navate laterali. Nel 1632 la chiesa venne rimodernata in forme barocche e le colonne con capitelli quattrocenteschi vennero ricoperti da uno strato di stucchi. All'interno, al centro del presbiterio, il maestoso altare maggiore datato 1662 con il venerato simulacro della Vergine, probabilmente del XIV secolo. Questo altare costituisce il quindicesimo mistero del Rosario, la «Incoronazione della Madonna», il compimento della «Sacra Via» che il pellegrino ha percorso. Nella navata centrale e in quella destra spiccano gli affreschi di Giovanni Mauro della Rovere detto il Fiammenghino (1570-1640). Sullo sfondo della navata sinistra si trova un gruppo ligneo di A. Prestinari (1596). Gli affreschi della cupola, raffiguranti schiere di angeli, sono opera di Francesco Maria Bianchi di Velate, realizzate entro architetture dipinte da Giuseppe Baroffio. Risalente all'impianto quattrocentesco è l'affresco posto nella lunetta della navata maggiore, rappresentante «Cristo con la Croce», attribuito a Vincenzo Civerchio da Crema (1497). All'interno della chiesa, inoltre, opere di Ludovico Pogliaghi (1894). Nell'oratorio, con affreschi seicenteschi di Antonio Busca, si conservano i corpi delle Beate fondatrici. Sotto il presbiterio si trova la cripta, del primissimo secolo XI, coperta da volte sorrette da quattro colonnine e con affreschi arcaizzanti, nonostante la presunta datazione alla metà del Trecento.
              in località Santa Maria del Monte, monastero romite Ambrosiane XV secolo. Convento fondato dalla Beata Caterina da Pallanza e Giuliana da Verghera, alle quali nel 1474 il Papa Sisto IV concesse di fondare un convento secondo la regola delle Agostiniane. Nel 1502 l'attigua Chiesa di S. Maria veniva annessa al monastero;
              in località S. Fermo, Santuario SS. Fermo e Rustico. Chiesa barocca ad unica aula, conserva cinque tele del XVII e XVIII secolo;
              in località Velate, chiesa Parrocchiale di S. Stefano. Chiesa ampiamente rimaneggiata, conserva una crocifissione lignea del sec. XVI-XVII e una tela raffigurante «Vergine col Bambino e i Santi Lucia e Francesco» (1727), attribuita a S. Bianchi  –:
              se e quali interventi il Governo abbia attuato o intenda attuare per conservare i beni in argomento, migliorarne la fruibilità, aumentarne l'attrattività dal punto di vista turistico, così aiutando gli enti locali nel lodevole sforzo finora profuso. (4-18877)


      REGUZZONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. — Per sapere – premesso che:
          in comune di Cairate (Varese) sono localizzati numerosi edifici di carattere storico, tra i quali in località Peveranza, la chiesa e Convento di S. Maria Assunta, monastero fondato, secondo la tradizione, nel 735 e soggetto alla corte longobarda di Pavia, fu incrementato a più riprese. Dall'attuale accesso, si penetra nel corpo superstite della Chiesa che, costruita nel XII-XIII secolo, ebbe a subire gravi compromissioni. All'interno, sulla parete di fondo della navata centrale è riportato il grande affresco della «Assunzione della Vergine» datato 1560, dipinto da Aurelio Lumi, probabilmente con la collaborazione del fratello Giovan Pietro, affiancato dalle scene della nascita e della morte della Vergine sovrastate da due «Profeti». In un tramezzo si trova «S. Rocco», affresco votivo, datato 1525. Nel locale seguente, parte dell'originaria navata laterale, si trova un ciclo di affreschi di autore ignoto del XV secolo e il presunto sarcofago di Manigunda, la monaca fondatrice. Segue il chiostro a due ordini (XV secolo), su cui si affacciano varie sale con soffitti lignei  –:
          se e quali interventi il Governo abbia attuato o intenda attuare per conservare il bene in argomento, migliorarne la fruibilità e aumentarne l'attrattività dal punto di vista turistico. (4-18879)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          sul quotidiano Il Fatto Quotidiano del 2 dicembre 2012 è stato pubblicato un articolo dal titolo «Aeronautica militare, allarme amianto. ”Era perfino nelle tute antincendio”»  –:
          se i fatti narrati corrispondano al vero e quali iniziative siano state compiute per garantire la salvaguardia della salute dei militari interessati;
          quanti siano fino ad oggi i militari che hanno svolto il servizio in ambienti contaminati da amianto o suoi derivati, quanti quelli a cui siano stati riconosciuti i benefici di legge e quanti quelli ancora in attesa, quanti siano i militari e civili che abbiano contratto patologie che possano essere riconducibili all'esposizione all'amianto e quanti siano quelli deceduti;
          se nei siti e nelle installazioni, nei mezzi e nei sistemi, in dotazione, o in uso, ai reparti dell'Aeronautica militare, o di altre Forze armate, possa essere esclusa la presenza di amianto o suoi derivati; in caso contrario, quando intenderà avviare i necessari interventi di bonifica o se li abbia già avviati quale sia lo stato dell'arte. (4-18884)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il trattamento economico del personale non dirigente dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica è disciplinato dall'articolo 1800, e seguenti, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66, che lo suddivide in differenti voci: stipendiale, accessorio ed eventuale. In modo analogo dispone il successivo articolo 1810, e seguenti, per il personale dirigente;
          la legge 23 marzo 1983, n.  78 disciplina il trattamento accessorio, in particolare all'articolo 6 prevede l'indennità di volo al personale in possesso del brevetto militare di specialista – facente, o non facente, parte degli equipaggi fissi di volo – e all'articolo 13 prevede l'indennità supplementare per pronto intervento aereo ai destinatari degli equipaggi fissi di volo, se impiegati in particolari condizioni operative;
          il dispaccio n.  6/63561/F/6 del 17 settembre 2012 del sesto reparto dello Stato maggiore della marina militare relativamente all'indennità di volo e all'indennità supplementare per pronto intervento aereo prescrive che «ai fini della semplificazione amministrativa si dispone che, a similitudine delle competenze eventuali (straordinario, presenza festiva, rischio, eccetera) anche le indennità in argomento siano poste in pagamento il mese successivo a quello in cui è stato effettivamente prestato il servizio. Per quanto sopra, a seguito degli opportuni controlli sull'attività effettivamente svolta nel mese di riferimento, i relativi dati dovranno essere trasmessi dai gruppi di volo alle rispettive Stazioni Eli/Aer e da queste inoltrati alle competenti Direzioni di commissariato, mediante il sistema informativo GESTIP»;
          il foglio n.  M_D MCOMAU 0034111 del 20 novembre 2012 del primo reparto della direzione di commissariato marina militare di Augusta ha ribadito «la nota anomalia generata dal software stipendiale in presenza di varianti (...) di indennità aventi diverso regime fiscale»;
          il dispaccio non appare agli interroganti conforme alle norme legislative richiamate poiché il pagamento del trattamento accessorio si differenzia dal trattamento eventuale perché è fisso e continuativo per tredici mensilità, in costanza dei requisiti oggettivi e soggettivi, e non legato all'eventualità  –:
          se non ritenga necessario ed urgente impartire le opportune disposizioni affinché non sia disattesa la volontà del legislatore esclusivamente per il personale della marina militare, nonché al contenuto del rapporto di impiego richiamato in premessa in relazione anche alla tredicesima mensilità;
          se non ritenga di dover chiarire le scelte operare in materia dall'amministrazione militare e se le altre direzioni di commissariato abbiano applicato la disposizione in premessa e/o evidenziato altre anomalie. (4-18885)


      PES. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il poligono di Capo Frasca sorto nella metà degli anni ’50 occupa una superficie a terra di 14 chilometri quadrati;
          dipende dal Reparto sperimentale di standardizzazione al tiro aereo di Decimomannu;
          il poligono di Capo Frasca è stato oggetto di osservazione e studio della «Commissione Parlamentare di inchiesta sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionimenti, in relazione all'esposizione a particolari fattori chimici, tossici e radiologici dal possibile effetto patogeno, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nano particelle e di minerali pesanti prodotte da esplosioni di materiale bellico e a eventuali interazioni», istituita con deliberazione del Senato il 16 marzo 2010;
          le funzioni svolte all'interno del poligono – esposte nella relazione della Commissione –, riguardano la preparazione, l'organizzazione e il monitoraggio delle attività addestrative, effettuate da reparti nazionali e stranieri, riguardanti il bombardamento al suolo e l'uso di cannoni o mitragliatrici a bordo degli aerei;
          per questo scopo, il poligono è dotato di una serie di bersagli e, attraverso apposite torri di controllo gestisce e controlla il traffico aereo impegnato nelle sessioni di addestramento;
          durante tali sessioni, il poligono garantisce altresì la sorveglianza delle aree interdette alla navigazione al fine di prevenire situazioni di pericolo per le imbarcazioni in sosta o in transito;
          altri compiti riguardano la raccolta di dati meteorologici poi utilizzati dagli equipaggi e dal servizio meteo nazionale, il supporto alle missioni di soccorso in mare e a terra – reali o addestrative – effettuate dagli elicotteri della 670o squadriglia SAR di Decimomannu, interventi di protezione civile, su richiesta delle prefetture, e il supporto all'attività di addestramento al tiro dei reparti dei Carabinieri e di altri Corpi dello Stato; il poligono ospita la 123a squadriglia radar remota, ente autonomo, che garantisce il funzionamento e la manutenzione della struttura della difesa aerea;
          una delegazione della Commissione parlamentare ha visitato il poligono di Capo Frasca il 14 dicembre 2011;
          l'attenzione della delegazione si è soffermata soprattutto sulle problematiche ambientali e sulle modalità di bonifica;
          come viene riportato dalla relazione intermedia sull'attività svolta, approvata dalla Commissione nella seduta del 18 gennaio 2012, il Comando del poligono ha sottolineato più volte che il munizionamento utilizzato è inerte e che pertanto nel corso degli addestramenti non viene generata alcuna deflagrazione. Dopo ogni attività di tiro vengono eseguite le operazioni di sistemazione e ripristino dei bersagli, nonché la pulizia delle aree interessate;
          il comandante dell'aeroporto di Decimomannu ha precisato a tale proposito, stando alla relazione di cui sopra, che in considerazione della tipologia di materiale ferroso sganciato, si provvede, durante il periodo di sospensione delle attività operative, a luglio e agosto, ad effettuare un monitoraggio seguito dall'eventuale bonifica, delle zone interessate dalle operazioni;
          il comandante della struttura ha precisato inoltre che la bonifica viene effettuata da ditte esterne e verificata dal personale del poligono che accerta l'avvenuta pulizia dell'area interessata, anche procedendo ad una comparazione del materiale lanciato con quello poi raccolto;
          nella relazione intermedia della Commissione approvata nella seduta del 30 maggio 2012 si tiene a precisare che non sono state effettuate ricerche volte a individuare eventuali residuati metallici sul terreno o nella contigua zona marina;
          recentemente, infatti, è stato mutato l'orientamento del poligono per quanto riguarda la direzione di attacco, e pertanto una eventuale ricerca dovrebbe essere impostata sulla precedente direttrice, tenendo conto che Capo Frasca è il poligono maggiormente utilizzato per i «mitragliamenti» con armi che possono impiegare penetratori;
          la relazione conclude, nella parte riguardante Capo Frasca che «occorrerà pertanto valutare l'opportunità di effettuare ulteriori approfondimenti ed indagini»;
          non è risaputo se i resti degli ordigni siano da considerarsi pericolosi per la salute degli uomini e degli animali che vivono nell'area;
          il controllo al momento è affidato agli stessi militari, così come la raccolta dei rifiuti è compito di chi nel poligono ha responsabilità di comando;
          è frequente in prossimità di Capo Frasca la presenza di ordigni, o parte di essi;
          significative, a tal proposito, le foto scattate a Cala Brigantino, in prossimità di Capo Frasca, lo scorso 15 agosto 2012 da una studentessa di Oristano che testimoniano appunto la presenza di materiale bellico;
          nel dicembre del 2011 il quotidiano La Nuova Sardegna ha pubblicato un'intervista al maresciallo Madeddu, il quale ha riferito che a Capo Frasca non è stata mai effettuata una vera bonifica del territorio, sebbene in quel luogo sono stati lasciati per venti-trent'anni i residui delle esercitazioni delle Forze armate di tutto il mondo;
          il maresciallo Madeddu ricorda in particolare una radura, dove si accumulavano i proiettili;
          nel poligono di Capo Frasca, dichiara inoltre il maresciallo, capi di bestiame si sono venuti a trovare nella zona dei mitragliamenti e sono stati colpiti dai proiettili realizzati con metalli pesanti e quindi dalle nanoparticelle degli stessi;
          nella regione Sardegna è presente l'80 per cento delle aree demaniali e servitù militari del totale nazionale, corrispondenti a 35.000 ettari di territorio;
          tali insediamenti risalgono alla metà degli anni ’50 e, pertanto sono riconducibili ad una realtà geo-strategica e ad esigenze di difesa connesse al confronto tra il blocco occidentale e quello orientale;
          la situazione internazionale è radicalmente mutata e pertanto sono venute meno le condizioni politiche e strategiche che costituirono il presupposto di quegli insediamenti;
          il Ministro della difesa il 7 novembre 2012, in occasione della risposta ad un'interrogazione ha dichiarato che il Governo ha deciso di stanziare sul bilancio della difesa 25 milioni per tre anni per intraprendere l'attività di bonifica dei poligoni;
          il Ministro ha inoltre informato che in via prioritaria tali risorse saranno stanziate per il risanamento e la bonifica del poligono di Salto di Quirra  –:
          se, per quanto di loro competenza, non ritengano doveroso chiarire:
              a) se tra i fondi stanziati è ricompresa la bonifica e la contestuale riqualificazione del poligono di Capo Frasca;
              b) quali interventi si intendano attuare per la progettazione e l'insediamento di attività alternative di adeguato livello;
              c) se sia necessario effettuare ulteriori approfondimenti ed indagini, alla luce di quanto riportato dalla relazione della Commissione d'inchiesta. (4-18893)


      BOBBA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il Ministero della difesa ha indetto un concorso pubblico, per titoli ed esami, per l'ammissione al secondo corso triennale (2012-2015) di 490 allievi marescialli del ruolo di ispettori dell'Arma dei carabinieri, decreto dirigenziale n.  133 emanato dalla direzione generale per il personale militare il 13 settembre 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 4° serie speciale – n.  74 del 16 settembre 2011;
          lo svolgimento del concorso per 490 allievi marescialli dei carabinieri prevede l'effettuazione di:
              a) prova preliminare;
              b) prove di efficienza fisica;
              c) accertamenti sanitari per la verifica dell'idoneità psico-fisica;
              d) prova scritta per accertare il grado di conoscenza della lingua italiana o tedesca (se scelta);
              e) accertamenti sanitari di controllo ed accertamenti attitudinali;
              f) prova orale;
              g) prova facoltativa di lingua straniera;
          secondo il bando di concorso del 13 settembre 2011 «Dei 490 posti messi a concorso:
              a) 25 sono riservati ai candidati in possesso, all'atto della scadenza del termine di presentazione delle domande, dell'attestato di bilinguismo riferito a livello non inferiore al diploma di istruzione secondaria di secondo grado di cui all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n.  752 e successive modificazioni;
              b) 100 sono riservati al coniuge ed ai figli superstiti, ovvero ai parenti in linea collaterale di secondo grado se unici superstiti, del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia deceduto in servizio e per causa di servizio nonché ai diplomati delle scuole militari e agli assistiti dall'opera nazionale di assistenza per gli orfani dei militari di carriera dell'Esercito italiano, dall'istituto Andrea Doria per l'assistenza dei familiari e degli orfani del personale della marina militare, dall'opera nazionale per i figli degli aviatori e dall'opera nazionale di assistenza per gli orfani dei militari dell'Arma dei carabinieri, in possesso dei prescritti requisiti;
              c) cinque sono riservati ai candidati orfani o coniugi di deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio ovvero grandi invalidi di cui all'articolo 18 della legge 12 marzo 1999, n.  68;
              3. i posti riservati non coperti per insufficienza di candidati riservatari idonei saranno devoluti agli altri candidati idonei secondo l'ordine della graduatoria.»;
          con avviso del Ministero della difesa, direzione generale per il personale militare, Gazzetta Ufficiale Repubblica italiana n.  80 del 12 ottobre 2012, «Si fa presente che per effetto delle disposizioni di cui al decreto legge 6 luglio 2012, n.  95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n.  135 i posti a concorso sono ridotti da 490 a 150»;
          i 340 «idonei non prescelti» avevano riservato giuste aspettative nei confronti di questo concorso, avendo non solo profuso impegno e studio al fine di superare le prove, ma anche affrontato e sostenuto spese economiche per recarsi nei luoghi e nel periodo di svolgimento delle stesse  –:
          cosa si intenda fare rispetto ai giovani vincitori del concorso di cui in premessa; se non si ritenga urgente e doveroso disporre della graduatoria degli «idonei non prescelti», dello stesso concorso di cui in premessa, per coprire eventuali posizioni vacanti all'interno dell'Arma.
(4-18927)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      RUBINATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          nella Gazzetta Ufficiale n.  274 del 23 novembre 2012 è stato pubblicato il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 novembre 2012, n.  200, recante il regolamento per disciplinare il pagamento dell'Imu da parte delle organizzazioni non profit e per stabilire i casi in cui è prevista l'esenzione dal pagamento dell'imposta per le unità immobiliari destinate allo svolgimento delle attività istituzionali con modalità non commerciali;
          il tanto atteso regolamento reca una spiacevole sorpresa per gli enti non commerciali che svolgono attività didattiche, fra i quali le scuole paritarie, che, per poter usufruire dell'esenzione dal pagamento dell'Imu, dovranno offrire un servizio a titolo gratuito o remunerato, come recita l'articolo 4, comma 3, lettera c), del suddetto regolamento, con «corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con lo stesso»;
          la stessa sopravvivenza di moltissime scuole e istituti paritari dipende dall'interpretazione delle parole del regolamento che fanno riferimento ad un «importo simbolico»;
          solo a seguito della precisa definizione in termini quantitativi di tale «importo simbolico» le scuole paritarie potranno capire se il loro attuale equilibrio finanziario potrà essere preservato e contemporaneamente godere del beneficio dell'esenzione dal pagamento dell'Imu o se, per poter beneficiare dell'esenzione, dovranno accollarsi la quasi totalità dei costi per il servizio offerto;
          occorre, al riguardo, un chiarimento immediato da parte del Governo, in modo da evitare l'alternativa tra lo smantellamento degli istituti paritari che svolgono una funzione pubblica (molto spesso in funzione sussidiaria dello Stato, come nel caso delle scuole dell'infanzia) e concorrono a garantire e rendere effettivo il diritto alla libertà di istruzione nel nostro Paese e un aggravamento delle rette corrisposte dalle famiglie, specialmente in un contesto economico già fortemente deteriorato in ragione della crisi  –:
          se «l'importo simbolico» debba qualificarsi ogniqualvolta il corrispettivo versato non copra il costo integrale effettivo del servizio, ma solo una frazione dello stesso;
          se il Governo non ritenga necessario emanare disposizioni interpretative dell'articolo 4, comma 3, lettera c), del regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze 19 novembre 2012, n.  200, che definiscano l’«importo simbolico» ivi previsto in misura tale da consentire agli istituti scolastici paritari di poter beneficiare dell'esenzione dal pagamento dell'Imu e, allo stesso tempo, di preservare il loro equilibrio finanziario senza incrementare i corrispettivi attualmente richiesti alle famiglie. (5-08593)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BOBBA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          in Italia il settore della panificazione coinvolge 26.000 aziende per un totale di quasi 350.000 addetti;
          l'attività di panificazione consiste in una trasformazione secondaria, in quanto si basa sulla farina, a sua volta ottenuta per macinazione del grano e quindi correttamente considerata quale prodotto di prima trasformazione;
          tale attività può essere esercitata da chiunque sia in possesso dei requisiti strutturali e igienico-sanitari previsti dal decreto-legge n.  223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n.  248 del 2006;
          con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 5 agosto 2010 (Individuazione dei beni che possono essere oggetto delle attività agricole connesse di cui all'articolo 32, comma 2, lettera c) del testo unico delle imposte sui redditi) si verrebbe a configurare un trattamento fiscale differente, a fronte della realizzazione dello stesso prodotto, tra le aziende artigiane e l'agricoltore, in tal modo ponendosi in contrasto ad avviso dell'interrogante, con il combinato disposto degli articoli 3 e 41 della Costituzione;
          il citato decreto amplia le tabelle dei prodotti che possono essere oggetto delle attività agricole, nelle quali è stata ricompresa l'attività di produzione di prodotti di panetteria freschi, cosa che, secondo quanto dichiarato dall'associazione di riferimento, inserendo questa attività tra quelle soggette a tassazione agricola, creerebbe una gravissima disparità di trattamento fiscale a danno delle aziende artigiane di panificazione e che rischia di portare significative distorsioni della concorrenza e quindi del mercato;
          la tassazione per gli agricoltori è forfettaria e raggiunge il tetto del 15 per cento circa, mentre quella per le imprese di panificazione artigianale tra imposte dirette e indirette arriva al 52 per cento sul reddito trasformato;
          la citata legge n.  248 del 2006, con la quale si liberalizzava l'attività di panificazione e allo stesso tempo si prevedevano anche i criteri per l'individuazione del pane fresco e di quello conservato con l'obiettivo di dare una corretta informazione ai consumatori e valorizzare il pane fresco italiano, è rimasta disattesa a causa della mancata emanazione del regolamento attuativo, nonostante i pareri positivi della Commissione europea  –:
          se non si intendano assumere tempestivamente iniziative per rimuovere la disparità di trattamento fiscale e se non si ritenga necessario provvedere con urgenza all'emanazione del regolamento attuativo di cui in premessa. (4-18907)


      BOBBA, LENZI e MIOTTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 117 del Titolo V della Costituzione stabilisce: «La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: (...) m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;»;
          il Titolo V della Costituzione e, in particolare, lo stesso articolo 117 rappresentano la chiave di volta della riforma costituzionale 2001, recependo, proprio nel citato articolo, il principio, caratteristico dei sistemi federali, per cui vengono elencate espressamente le materie spettanti allo Stato e riservando le altre alle regioni;
          in una pubblicazione del Forum del terzo settore Lombardia si legge: «Nel quadro del contesto nazionale, a fronte di un'esperienza consolidata dei LEA, sia pure con il tentativo attuale di ricomprenderli nei “costi standard”, non è stato finora emanato un atto che definisca i livelli essenziali di Assistenza Sociale. Per questa ragione alcune Regioni, attesa la propria competenza residuale/esclusiva in materia socioassistenziale, hanno definito, in via provvisoria e in attesa della definizione dei LIVEAS nazionali, un proprio quadro di LIVEAS regionali, per garantire i diritti sociali ai propri cittadini, quale garanzia di risposta ai bisogni, tutelati e riconosciuti come appartenenti all'area dei livelli essenziali.» (http://www.forumterzosettore.it/PDF/Fascicolo lombardia.pdf);
          la pubblicazione citata del Forum rappresenta in modo puntuale la realtà italiana, nella quale si assiste ad un «principio di cedevolezza» a contrario, generando di fatto «un federalismo senza principi» (http://www.reforme.it/federalismo/contributo–Chiara–Saraceno.pdf), in grado di attuare una sostanziale differenza nella vita quotidiana degli individui e delle famiglie e di creare dei veri e propri sistemi di cittadinanza locale in termini di pacchetti di risorse resi disponibili, ma anche di modalità di riconoscimento e di appartenenza;
          in un articolo di Franco Bomprezzi si legge: «Il federalismo deve avere il correttivo di uno sguardo d'insieme sui diritti essenziali. Servizi domiciliari, ausili, prestazioni di riabilitazione, trasporti, inclusione scolastica, lavoro, sono solo alcuni dei temi attorno ai quali le differenze di trattamento, a parità di condizione di cittadinanza, sono talmente evidenti da non dover neppure essere ricordate. E invece l'unico riferimento politico sembra essere quello dell'efficienza e della capacità di spendere meno e meglio i soldi pubblici.» (http://blog.vita.it/francamente/);
          diversi sono stati i tentativi di sensibilizzare le istituzioni, nel corso degli anni, da parte delle associazioni di riferimento, in particolare si vuole ricordare la recente lettera scritta dalla Lega per i diritti delle persone con disabilità, Ledha, al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, lo scorso 26 novembre, e la petizione promossa dall'ANFFAS per la mancata attuazione della legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, n.  328 del 2000, che all'articolo 24 prevede «la revisione dei sistemi di accertamento di invalidità civile e stato di handicap e delle provvidenze economiche collegate, con il fine di meglio orientare l'obiettivo di tali misure verso il contrasto alla povertà e la promozione di incentivi alla rimozione delle limitazioni e valorizzazione delle capacità ed autonomie delle persone con disabilità, nonché lo snellimento delle procedure connesse (http://www.anffas.net/Page.asp/id=264/N201=6/N101=855/N2L001=Politiche%20Sociali);
          a parere degli interroganti, i diritti dei cittadini, specie dei più fragili, dovrebbero avere preminenza rispetto all'attuazione del sistema federale e questo perché lo stesso non potrà essere funzionale al benessere della collettività, né potrà ottemperare i principi costituzionali, se prima non vengono garanti e determinati diritti preordinati, fondamentali e inderogabili  –:
          se non si ritenga opportuno ed urgente definire i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. (4-18909)


      BOBBA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          Sogin è una società di Stato con unico socio il Ministero dell'economia e delle finanze, che ne detiene interamente il capitale sociale;
          la SOGIN è incaricata del decommissioning degli impianti nucleari italiani ed in particolare a Saluggia, provincia di Vercelli, di realizzare le opere «connesse all'impianto di cementazione CEMEX» destinato alla solidificazione delle scorie liquide, fra esse il D2, deposito per migliaia di metri cubi di rifiuti nucleari, vita di progetto 50 anni;
          l'autorizzazione è stata data in deroga alla normativa urbanistica, che vieta di costruire in quell'area ritenuta inidonea, per mezzo di ordinanze del commissario delegato Generale Jean (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 marzo 2003, n.  3267), ma l'opera non è mai stata costruita nei tempi previsti, per i quali l'inizio deve avvenire entro 1 anno e terminare entro 3 anni, ai sensi dell'articolo 15 del Testo unico sull'edilizia;
          nel 2009, SOGIN otteneva dal comune una proroga di altri 3 anni per «ultimazione» dell'opera, benché dal 31 dicembre 2006 fosse terminata l'emergenza e le attività dovessero «rientrare nel regime ordinario previsto dalle norme di settore», secondo la lettera dell'allora Ministero delle attività produttive, prot. 14046, del 20 agosto 2007, necessitando quindi di parere ISPRA, autorizzazione del Ministro competente, Variante al piano regolatore comunale, comunicazione alla commissione esecutiva dell'Unione europea;
          secondo una nota della Commissione europea del 2009, la stessa aveva informazioni circa l'uso quale deposito temporaneo di rifiuti di «basso livello» (cat. II);
          il bando 2010 prevede invece che il deposito «D2» conterrà rifiuti sia di II che di III categoria (intermediate and high level waste), mentre le ordinanze del commissario Jean si riferivano a «rifiuti a bassa attività attualmente già presenti sul sito allo stato solido»;
          il progetto depositato presso il comune di Saluggia (prot. 4543, 16 maggio 2006) riporta dimensioni dell'edificio diverse da quelle riportate nel bando assegnato;
          il 6 luglio scorso a Saluggia sono state raccolte circa 1.500 firme ad una petizione destinata al sindaco del comune di Saluggia, al presidente della provincia di Vercelli, al presidente della regione Piemonte, al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico e al segretario generale commissione delle Comunità europee, per chiedere l'annullamento della proroga per costruire il deposito nucleare D2 a Saluggia, firmata dall'architetto Ravetto, sulla legittimità delle cui funzioni lo stesso interrogante ha depositato apposita interrogazione ancora in attesa di risposta nonostante i numerosi solleciti, e sulla quale fu affidato incarico all'avvocato Golinelli di redigere un parere, poi inviato alla regione Piemonte  –:
          se non si intenda verificare che SOGIN abbia rispettato tutte le procedure previste dalla legislazione vigente, ed in particolare se sia in possesso di tutte le autorizzazioni delle autorità competenti e di tutti i requisiti necessari per costruire nell'area citata;
          se non si intenda constatare con urgenza che siano stati ottemperati tutti gli obblighi previsti ai sensi dell'articolo 41 del decreto legislativo n.  230 del 1995 sulle «direttive Euratom sulle radiazioni ionizzanti» per la costruzione del deposito per lo stoccaggio di rifiuti radioattivi cosiddetto «D2», ed, in particolare, se sia stata data comunicazione alla Commissione esecutiva dei dati generali del progetto in questione;
          se siano state autorizzate le opere del bando 2010, che risulta già assegnato, consistenti nella rimozione di una scarpata a ridosso della difesa idraulica esistente e nella realizzazione di un muro in gabbioni metallici zincati, di un impianto lava ruote e di una «cabina elettrica- NCE»;
          se sia stata rispettata la destinazione d'uso dichiarata per il deposito «D2».
(4-18911)


      BOBBA e RUBINATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
          l'imposta municipale propria, detta anche imposta municipale unica o IMU, è stata introdotta a opera del Governo Berlusconi IV con il decreto legislativo 14 marzo 2011, n.  23 (articoli 8 e 9), poi modificata e anticipata di due anni dal Governo Monti con l'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.  284 del 6 dicembre 2011, – supplemento ordinario n.  251; essa sostituisce la preesistente ICI;
          l'imposta è istituita in via sperimentale a partire dal 2012 e verrà applicata a regime dal 2015. Il testo del decreto «Salva Italia» distingue tra una imposta «sperimentale» e una imposta «a regime»: la prima, appunto, la cui introduzione è stata anticipata al 2012 e la seconda, invece, la cui entrata in vigore è stata posticipata al 2015;
          l'articolo de Il Sole-24 ore – Nordovest», a firma di Gianni Trovati, del 18 gennaio 2012, riporta l'interrogativo su «come tradurre in cifre le previsioni del decreto “salva-Italia”»; in particolare si legge che «un gruppo di responsabili dei servizi finanziari attivi nei comuni intorno a Torino (Alpignano, Collegno, Grugliasco, Moncalieri, Pinerolo, Rivalta, Rivoli e Venaria Reale) hanno deciso di girare la domanda al Ministro dell'interno Anna Maria Cancellieri, al presidente della Corte dei conti Luigi Giampaolino e alle associazioni rappresentative degli enti locali a livello nazionale»;
          lo stesso articolo precisa: «Il tutto senza contare, poi, che “le differenze del gettito Imu stimato ad aliquota base”, come spiega (si fa per dire) la manovra all'articolo 13, comma 17, saranno alla base della distribuzione del taglio ulteriore da 1,45 miliardi di euro imposto al “fondo sperimentale di riequilibrio”: un taglio, quest'ultimo, che a differenza di quelli previsti dalle vecchie manovre non viene “sterilizzato” da uno sconto equivalente sul Patto di stabilità»;
          i mittenti della lettera riscontrano notevoli difficoltà nella redazione dei bilanci, con il rischio che si verifichi che «in teoria una serie di sindaci potrebbero scordarsi dei vincoli di finanza pubblica ed evitare le sanzioni solo garantendo il pareggio fra entrate e uscite, tutti gli altri dovrebbero caricarsi degli obiettivi abbandonati dai primi, ma nessuno è in grado di sapere chi siano i “virtuosi” da premiare e gli altri da colpire»; in quanto «i moltiplicatori da applicare alla spesa corrente per individuare i target sono stati fissati dalla legge di stabilità, ma le manovre estive si sono infilate in un ginepraio di criteri di “virtuosità” per individuare i comuni da premiare con un maxisconto proprio sul Patto di stabilità»  –:
          se non si ritenga urgente comunicare gli importi del fondo di riequilibrio e gli obiettivi del patto di stabilità assegnati a ogni comune al fine di evitare di dover autorizzare spese sulla base di entrate consapevolmente «fantasiose» mettere a rischio la stabilità dei bilanci comunali.
(4-18914)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


      MONTAGNOLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          il decreto legislativo 7 settembre 2012, n.  155 recante la «Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n.  148», dispone la chiusura di 31 piccoli tribunali e altrettante procure della Repubblica, nonché di tutte la 220 sezioni distaccate di tribunale;
          la politica di revisione della geografia giudiziaria adottata dal Governo, attuando tagli lineari, rischia di aggravare la crisi del servizio giustizia a favore dei cittadini a fronte di risultati modesti in termini di risparmio;
          in Veneto, la sezione distaccata di Legnago è stata soppressa per essere accorpata al tribunale di Verona, nonostante abbia un numero di abitanti quasi doppio di una media sezione distaccata media, con 27 comuni compresi nel suo territorio, e nonostante sia un presidio giudiziario efficiente con capacità di smaltimento dei procedimenti in tempi rapidi;
          la scelta governativa presenta incongruità, dato che sarebbe stato necessario salvare tale sezione distaccata, come suggerito anche nel parere della commissione giustizia del Senato del 31 luglio 2012, anziché attuare tale taglio lineare;
          il decreto-legge 5 novembre 2012, n.  188, sulla soppressione ed accorpamento delle province, prevede nella regione la soppressione della provincia di Rovigo, aggregandola a Verona per avere più efficacia ed efficienza, confidando di realizzare una notevole spinta economica nel territorio;
          in vista del futuro assetto territoriale derivante dall'accorpamento di Rovigo con Verona, sarebbe opportuno rivedere la decisione di sopprimere la sezione distaccata di Legnago al fine di non privare il territorio di tale importante presidio  –:
          se il ministro interrogato non ritenga opportuno, in ragione del nuovo assetto territoriale derivante dall'accorpamento della provincia di Rovigo alla provincia di Verona, mantenere la sezione distaccata del tribunale di Legnago per le ragioni evidenziate. (4-18886)


      RENATO FARINA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
          l'interrogante ha già presentato l'atto n.  5-08428 sull'invasività dello Jugendamt – l'ente tedesco per la tutela dei minori – nello spazio giuridico dei Paesi europei e in particolare in Italia, come raccontato nel libro «Non vi lascerò soli» (Rizzoli editore) dalla dottoressa Marinella Colombo;
          il 3 dicembre 2012 su tempi.it è apparso un articolo dove viene ampiamente citata la lettera di un detenuto, in cui si denuncia la presunta sudditanza della procura di Milano dinanzi alle pretese dello Jugendamt;
          riferisce Tempi.it nel citato articolo, che qui si riporta integralmente «Dal momento del mio arrivo a Milano – lo scorso fine ottobre a San Vittore, ndr – ho iniziato uno sciopero della fame e della sete; sembra infatti che questo sia l'unico mezzo rimasto a disposizione dei genitori non tedeschi per farsi ascoltare in questa Europa giuridica completamente sotto controllo della Germania». Scrive così il francese Olivier Karrer. La sua è una lunga lettera indirizzata al ministro della Giustizia Paola Severino per denunciare le pratiche criminali del diritto di famiglia tedesco. La lettera è pubblicata sul sito del Ceed (Conseil européen des enfants du divorce), di cui Karrer è il fondatore. Il Ceed è un'associazione di genitori e nonni «vittime di rapimenti internazionali di bambini» che in questi anni ha denunciato gli abusi delle convenzioni europee operati dallo Jugendamt. Il Ceed, con petizioni e interrogazioni presentate al Parlamento europeo, accusa lo Jugendamt di anteporre le origini tedesche del bambino al suo vero bene, facendo in modo che nessun minore lasci la Germania, che l'affido esclusivo non venga concesso al genitore straniero e ostacolando i suoi rapporti con il figlio. Arrestato nell'ambito delle indagini della procura di Milano sul caso di Marinella Colombo, Karrer usa parole molto dure per accusare «la Procura di Milano, e precisamente il pm Luca Gaglio e il sostituto procuratore Pietro Forno, di perseguitare genitori innocenti per conto del governo tedesco. Accuso la Procura di Milano di applicare il diritto familiare dei tedeschi, del quale non capiscono la finalità xenofoba e nazionalista. Accuso la Procura di Milano di aver costruito, per soddisfare la volontà dei tedeschi, delle accuse insensate, infondate, mancanti di prove e fatti e di aver orchestrato un vero complotto politico costruendo delle accuse false, delle menzogne di circostanza, basate su testimonianze fraudolente organizzate dalla Procura di Monaco di Baviera senza alcun elemento di prova e mai verificate, con l'unico scopo di fare del Ceed un'associazione a delinquere». Sono parole pesanti quelle usate da Karrer, egli stesso vittima dello Jugendamt. E sul caso che lo ha portato in prigione rivela che alcuni agenti italiani avrebbero violato gli accordi della Convenzione in materia di assistenza giudiziaria: «Accuso la Procura di Milano di aver inviato la sua polizia in abiti civili a penetrare clandestinamente in territorio sloveno e a procedere al rapimento dei figli di Marinella Colombo per consegnarli alla giurisdizione tedesca, oltrepassando così i suoi poteri e le sue prerogative. La Procura di Milano, la cui polizia non è al servizio dei tedeschi, aveva l'obbligo infatti di informare il governo tedesco della presenza dei bambini in Slovenia, lasciando alle autorità della Germania la decisione di rivolgersi a quelle slovene per ottenere l'eventuale rimpatrio dei minori». Karrer si sofferma infine sull'abuso del mandato d'arresto europeo (Mae) utilizzato dalle autorità tedesche. Il Mae è uno strumento creato in seguito agli attentati terroristici del settembre 2001 per combattere il crimine organizzato internazionale. Lo Jugendamt lo ha utilizzato nel caso della Colombo e in tanti come il suo: tutte cause familiari che si sarebbero potute risolvere sul piano civile e non penale. «Accuso la procura di Milano di aver cooperato senza indugio con i criminali del diritto tedesco, e di aver organizzato questo complotto servendosi del Mae, uno strumento distribuito senza motivazione né di fatto né di diritto, ma piuttosto come strumento di rappresaglia». «Per questo – conclude Karrer – chiedo a Lei, egregio Ministro, e alla comunità internazionale di esigere la liberazione immediata di tutti i genitori incarcerati su ordine della Procura di Milano in favore della politica di ripopolazione tedesca. Questo fascicolo assolutamente scandaloso merita l'attenzione internazionale, poiché sono implicati cittadini di nazionalità francese, italiana, americana, tedesca, polacca e libanese»  –:
          se il Ministro della giustizia abbia ricevuto la lettera del signor Karrer;
          come intenda il Governo comportarsi dinanzi ai fatti denunciati;
          se intenda sollevare la questione delle pratiche dello Jugendamt con l'omologo tedesco e con i colleghi nella prossima riunione dei Ministri della giustizia dell'Unione europea. (4-18896)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il 16 novembre 2012 la prima firmataria del presente atto è tornata a visitare il carcere di Milano-Opera accompagnata dagli esponenti radicali milanesi Lucio Bertè, Andrea Andreoli e Leonardo Monaco;
          a seguito della precedente visita, effettuata l'11 aprile 2011, l'interrogante aveva presentato l'interrogazione a risposta scritta n.  4-11638 poi trasformata in interrogazione a risposta in Commissione n.  5-04747;
          rispetto ad allora, la situazione risulta così mutata:
              i detenuti presenti sono 1.230 di cui 78 al 41-bis e 354 in alta sicurezza (l'11 aprile 2011 erano 1.242 detenuti maschi di cui 90 in regime di 41-bis e 400 in alta sicurezza); la capienza regolamentare del carcere di Opera è di 857 posti, così suddivisa fra le varie sezioni:
                  circondariale ordinaria 50 posti a fronte di 97 presenze;
                  1a accoglienza, 9 posti a fronte di 0 presenze;
                  reclusione-infermeria, 28 posti a fronte di 35 presenze;
                  reclusione isolamento, 8 posti a fronte di 0 presenze;
                  reclusione-ordinaria, 250 posti a fronte di 471 presenze;
                  transito, 20 posti a fronte di 17 presenze;
                  alta sicurezza 1, 50 posti a fronte di 43 presenze;
                  alta sicurezza 3, 175 posti a fronte di 311 presenze;
                  articolo 41-bis, 87 posti a fronte di 78 presenze;
                  collaboratori di giustizia, 3 posti a fronte di 3 presenze;
                  semiliberi/detenuti, 102 posti a fronte di 39 presenze;
                  protetti/promiscua, 75 posti a fronte 42 presenze;
                  protetti-riprovazione sociale, 0 posti disponibili (sezione non funzionante) 84 presenze;
                  protetti/forze dell'ordine, 0 posti disponibili (sezione non funzionante, 10 presenze;
          secondo i dati forniti la capienza regolamentare dell'istituto ammonta a 857 posti (l'11 aprile 2011 erano 973); secondo il direttore - dottor Giacinto Siciliano che ha accompagnato anche questa volta la delegazione nella visita – le celle costruite originariamente per un solo detenuto ne ospitano in realtà due; gli ergastolani che si trovano in cella doppia, contrariamente a quanto riscontrato nella visita dell'11 aprile 2011, hanno tutti accettato questa sistemazione, preferendo non rimanere da soli in cella;
          quanto alla polizia penitenziaria, permane la situazione di deficit di organico e di stress lavorativo del personale anche se è leggermente migliorata rispetto alla precedente visita dell'11 aprile 2011; la situazione si presenta così: organico previsto 762; organico amministrato 721; personale presente 619 (al netto di provvedimenti di distacco in entrata ed in uscita); personale assegnato al NTP (nucleo traduzioni e piantonamenti) 92; dal 30 aprile 2011 al 30 novembre 2012, assegnazione di 95 unità di personale e n.  77 tra distacchi/cessati; dopo la precedente interrogazione sono stati assegnate 60 unità e trasferite altrettante. L'istituto ha registrato un piccolo incremento dal momento che alcuni trasferiti erano già da tempo distaccati in altra sede e pertanto non disponibili; inoltre sono appena pervenuti altri 20 trasferimenti in uscita (da gennaio) e se ne prevedono altri nel ruolo degli ispettori e dei sovrintendenti: per i primi, il direttore auspica un bilanciamento con le prossime assegnazioni;
          quanto alle possibilità di lavoro dei detenuti, attualmente in 369 sono impiegati alle dipendenze dell'amministrazione (149 stranieri), di cui 343 a turnazione in servizi interni al carcere e 12 all'esterno nella misura dell'articolo 21 ordinamento penitenziario; i detenuti lavoranti alle dipendenze di ditte esterne sono 60 (il forte calo – dimezzamento rispetto all'aprile del 2011 – è collegato al mancato finanziamento della legge Smuraglia ed alla chiusura temporanea di panificio e gelateria che a breve, secondo quanto riferisce il direttore, dovrebbero ripartire unitamente ad altri laboratori in fase di allestimento: corso di oreficeria che si prevede occuperà 10 detenuti dell'alta sicurezza, mentre altri 10 detenuti saranno impegnati nella produzione di cravatte artigianali; altre attività sono volte alla produzione di lampade e oggetti di design;
          il carcere di Opera è dotato di un centro diagnostico terapeutico e, per questo motivo, vi affluiscono detenuti provenienti da ogni parte d'Italia anche in forza della fama in positivo del sistema sanitario lombardo; ciò determina continue movimentazioni per le traduzioni che devono essere effettuate sia per le udienze dei detenuti in altre città distanti anche centinaia di chilometri, sia per i necessari e numerosissimi spostamenti per ricoveri e accertamenti clinici; in questa fase, considerato che il CDT segue stabilmente circa 600 casi, appare necessario un alleggerimento delle situazioni di difficile gestione soprattutto dal punto di vista sanitario che assorbono molte risorse e non consentono un intervento adeguato alle effettive esigenze;
          secondo i dati aggiornati ad ottobre 2012, risultavano circa 600 detenuti visitati dai consulenti psichiatri e, per 350 di loro, sono state formulate le seguenti diagnosi: disturbi di personalità, 110 casi (erano 89 a maggio scorso); disturbi d'ansia, 92 casi (erano 76 a maggio scorso); disturbi dell'umore, 70 (erano 60 a maggio scorso); disturbi dell'adattamento, 65 (erano 44 a maggio scorso);
          psicosi, 23 (erano 12 a maggio 2012); altre diagnosi, 21 (erano 18 a maggio 2012); difficilmente quantificabile secondo i dati riferiti sono i pazienti con pregresso abuso di sostanze;
          quanto ai detenuti beneficiari della legge 199 del 2010, nell'anno 2012 e fino alla data della visita, sono stati solo 20 su oltre 100 richieste;
          nella interrogazione dell'11 aprile del 2011 si parlava dell’«l'imminente apertura del centro per minorati fisici di Busto Arsizio» che avrebbe – almeno in parte – contribuito ad affrontare i problemi del settore della fisioterapia e riabilitazione del carcere di Opera; le notizie riferite dal direttore Siciliano danno per superate (anche in regione) le difficoltà che hanno impedito l'apertura del centro disabili in questione, per cui l'apertura, questa volta, dovrebbe essere veramente prossima;
          al momento, per la fisiokinesiterapia, la situazione è stazionaria rispetto ai tempi di attesa; dovrebbe essere emanato un bando di concorso da parte azienda ospedaliera SAN PAOLO per l'inserimento a tempo pieno nel carcere di Opera di un altro fisioterapista il cui arrivo dovrebbe consentire un'evidente miglioramento della situazione; comunque, anche con questo rafforzamento, la necessità è ridurre i numeri: ad oggi sono 44 i soggetti disabili in carrozzina presenti in istituto: oggettivamente troppi;
          alcuni detenuti del reparto infermeria hanno rappresentato la forte incidenza di TBC tra gli ospiti; vero è che l'amministrazione ha effettivamente sottoposto la popolazione penitenziaria al test Mantoux;
          altri detenuti hanno fatto presente la difficoltà ad ottenere le protesi: un detenuto, per esempio, ha riferito di avere avuto la prescrizione a Piacenza, ma una volta trasferito in Lombardia se l’è vista rifiutare perché sembrerebbe che le ASL non sia autorizzata a fornirle;
          permangono grosse difficoltà nella manutenzione degli automezzi, nelle forniture ai detenuti, nella gestione utenze; in ogni caso, grazie al lavoro dei detenuti, è stato possibile intraprendere tutta una serie di attività di manutenzione e sostituzione quali la ristrutturazione delle docce del 11o reparto che ha impiegato 4 detenuti, la rimbiancatura della sezione accoglienza che ha impegnato 10 detenuti e la ristrutturazione dell'area colloqui che ne ha impiegati 3; recentemente è avvenuta la sostituzione dei materassi del CDT, dell'infermeria del II reparto e di quella del reparto AS, per un totale di 250 pezzi ma, per ristabilire un minimo di decenza ne occorrerebbero almeno mille; comunque, dopo anni di polemiche sul mancato rispetto delle date di scadenza dei materassi, si segnala che sui materassi di nuova fornitura non è più riportata alcuna data di scadenza;
          quanto alla visita effettuata dalla delegazione alle sezioni detentive, si rappresenta che il CDT ospita 66 detenuti, su due piani: il primo destinato ai detenuti in alta sicurezza e protetti, il secondo ai detenuti comuni;
          un anno fa è stata istituita presso il carcere di Opera la cosiddetta «sezione K» destinata ad un ridotto numero di indagati sottoposti a regime di custodia cautelare; i detenuti di questa sezione subiscono particolari restrizioni pervia della loro condizione: non possono avere contatti con altri detenuti, non possono effettuare telefonate se non previa esplicita autorizzazione della autorità giudiziaria e, in alcuni casi, sono guardati a vista;
          i due reparti principali dell'istituto sono edifici da 4 piani, con 3 sezioni per piano; ogni sezione contiene 25 celle, oltre ad una sala di socialità ed altre strutture accessorie; la delegazione visita il primo piano del II reparto, in cui si trovano due sezioni Infermeria ed, una di «accoglienza»; nelle due sezioni Infermeria, al momento della visita, le celle erano aperte, in forza della recente circolare del DAP applicata in via sperimentale;
          secondo il direttore dell'istituto il «regime aperto» viene applicato al 50 per cento dei detenuti nei reparti principali; in particolare, su due piani del II reparto reclusione (per un totale di 300 detenuti) e in una sezione AS (150 detenuti) è applicato il regime aperto tutto il giorno; nelle sezioni chiuse i detenuti escono dalle 9 alle 11 e dalle 13 alle 15, più altre due ore di socialità; le due sezioni infermeria (II reparto, primo piano) non hanno un vero e proprio regime aperto, ma è stata fatta una sperimentazione di apertura dalle 13 alle 19 nei mesi estivi; tale sperimentazione è stata ripresa agli inizi di novembre, ma i detenuti sostengono che i veri orari di apertura prevedono le celle aperte dalle 16.30 alle 19.00; infine, questi dati andrebbero confrontati con quanto sostenuto dall'ultimo rapporto di Antigone (settembre 2012) dove si sostiene che in tutto il carcere vige il regime a celle chiuse, ad eccezione dei due reparti riservati ai lavoranti e che in alcuni reparti per i detenuti comuni c’è la possibilità di accedere a sale comuni per attività ricreative dalle 9 alle 11 e dalle 18 alle 19;
          quanto ai detenuti incontrati si segnalano i seguenti casi:
              L.M., HIV positivo che rifiuta le cure; già dichiarato incompatibile con regime carcerario quindi posto a domiciliari, afferma di essere in cella con detenuto affetto da TBC;
              M. A., afferma di essere stato condannato a morte in Egitto; ha solo 4 incisivi e dice di non riuscire ad ottenere una dentiera;
              M.M., talassemico, 40 anni, riceve trasfusioni in carcere; è preoccupato perché in carcere non ci sono strutture adeguate a trattare eventuali eventi critici durante o dopo la trasfusione;
              H.L. e G.B. tedesco il primo, italiano ma con famiglia in Germania il secondo, segnalano di non riuscire a farsi approvare le richieste di telefonare ai parenti in Germania;
              F.l., necessita di un'operazione di sostituzione della protesi d'anca che, a suo dire, non viene eseguita a Milano perché i medici non ritengono che Opera sia struttura adatta per la riabilitazione;
              G. F. (II reparto, infermeria), ha subito un trapianto di fegato ed è quindi immunodepresso pervia dei farmaci antirigetto; per questo motivo afferma di non essere compatibile con la detenzione in carcere come risulterebbe dai referti medici in suo possesso;
              P.F. (II reparto, infermeria), ha subito un trapianto cardiaco e, come nel caso precedente, sostiene di non essere compatibile con la detenzione in carcere;
              M.T. trova ad Opera da poco tempo essendovi stato trasferito dal carcere di Marassi; ha avanzato richiesta di essere spostato a Roma a Rebibbia o Regina Coeli, visto che manca poco alla sua liberazione che avverrà nell'agosto del 2013;
              M.T., schizofrenico, ha fatto richiesta di trasferimento in Toscana, visto che da due anni non fa colloqui;
              P.P., è affetto da gravi patologie e ha il suo fine pena molto lontano (tra 10 anni); ha fatto richiesta di essere trasferito vicino ai figli (e nipoti) e alla moglie malata, ma la sua domanda è stata rigettata per sovraffollamento degli istituti di destinazione;
              V.N., detenuto AS ha il figlio detenuto (comune) a Parma che in cinque anni ha potuto vedere solo una volta; ha avanzato richiesta al Magistrato di Sorveglianza per poterlo incontrare almeno ogni 4/5 mesi;
              A.S., dice che sono due anni e mezzo che non vede la figlia di 6 anni e che le assistenti sociali non gli hanno mai risposto;
              A.P., cardiopatico che soffre di apnee notturne, dice che a San Vittore c'erano le «macchinette» per affrontarle che ad Opera non ci sono; afferma inoltre di avere due ricoveri urgenti in ospedale che da 4 mesi aspetta che siano effettuati;
              R.R., sieropositivo, il 5 settembre 2012 ha presentato un'istanza di trasferimento in un qualsiasi carcere della Campania per poter fare i colloqui con i genitori che non hanno denaro per andarlo a trovare e da due anni non fa colloqui;
              G.S. racconta che nel 2009 era stato finalmente assegnato al Carcere di Augusta dove poteva vedere i suoi familiari, ma il 20 settembre scorso lo hanno rimandato ad Opera sospendendo, fra l'altro, una cura per le neuropatie che nel carcere milanese non sono in grado di prestare; colloqui non ne fa;
              M.S., di 58 anni, dice di aver fatto richiesta di trasferimento a Roma dove ha moglie e 3 figli di cui una minorenne;
              M.G., fa presente di aver presentato tre domandine per essere trasferito dove ha moglie e due figlie, oltre alla madre anziana; ad Opera è visitato solo saltuariamente dal fratello;
              H.F., 30 anni, ha la famiglia a La Spezia dove per due volte ha chiesto di essere trasferito vedendosi rigettare le istanze; a La Spezia ha un figlio di quasi sei anni; H.F. deve espiare ancora 4 anni avendone scontati 6;
              G.B.F., lo troviamo a letto, ha 60 anni, deambula pochissimo ed è invalido al 100 per cento con danni alle vertebre e al midollo per un incidente stradale; vedovo da poco tempo, gli mancano 5 anni al fine pena;
              C.P., albanese, fa presente di avere una protesi inadeguata che gli fa perdere sangue dalla ferita; è convinto che non gliela sostituiscano perché è straniero;
              A.C. di 65 anni è senza denti da un anno e, pertanto, mangia solo cibi liquidi; è dimagrito di 5 chili; quando stava nel carcere di Ferrara, prima di essere trasferito a causa del terremoto, era riuscito ad avere il finanziamento per acquistare la protesi ma lo ha perso perché spostato in un'altra regione;
              C.T., lamenta un dolore fortissimo ai tendini che viene curato con il Voltaren; sostiene di non migliorare, tanto che un braccio non può quasi più muoverlo mentre l'altro sta peggiorando;
          anche R.M., che ha il fine pena fra circa 5 anni, ha chiesto di poter essere trasferito a Roma, dove vive la famiglia  –:
          quali interventi si ritenga di dover intraprendere per superare le disfunzioni descritte in premessa;
          se si ritiene di dover diminuire l'eccessivo afflusso da tutta Italia di detenuti-pazienti (stabilmente 500) che, secondo il direttore, «non consentono un intervento adeguato alle effettive esigenze»;
          se corrisponda al vero l'imminente apertura della struttura di Busto Arsizio in grado di accogliere detenuti con gravi difficoltà motorie;
          se si intenda diminuire il numero di disabili in carrozzina presenti presso il carcere di Opera e se risulti confermata la notizia secondo la quale sia stato emanato un bando di concorso da parte azienda ospedaliera SAN PAOLO per l'inserimento a tempo pieno nel carcere di Opera di un altro fisioterapista;
          quali sono i risultati dello screening sull'incidenza della TBC fra la popolazione detenuta e quali precauzioni siano state eventualmente adottate per contrastarne la diffusione;
          se risulti al Governo il fatto che la Asl non fornisca le protesi ai detenuti invalidi;
          se si intenda avviare a soluzione la permanente situazione di deficit di organico del personale della polizia penitenziaria;
          se si intenda potenziare e favorire il lavoro qualificato e qualificante dei detenuti alle dipendenze di ditte esterne, attraverso il rifinanziamento della Legge Smuraglia;
          cosa si intenda fare di fronte al permanere delle difficoltà nella manutenzione degli automezzi, nelle forniture ai detenuti, nella gestione utenze;
          se si intenda intervenire per completare la fornitura dei materassi scaduti da tempo e quale sia la ragione per la quale i nuovi materassi forniti al CDT non abbiano più la data di scadenza;
          in che modo si intenda intervenire per i tanti detenuti che vivono fuori della regione di residenza e che sono costretti a diradare se non addirittura annullare i colloqui con i loro familiari e spesso con i figli minori;
          cosa si intenda fare per i singoli casi descritti in premessa. (4-18898)


      BARBATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          Domenico Belmonte, consegue la laurea in medicina dopo venti anni di studi;
          assunto come medico addetto ad uno dei padiglioni del carcere di Poggioreale è diventato poco dopo direttore sanitario del penitenziario napoletano;
          sposa Elisabetta Grande, insegnante, originaria di Catanzaro;
          oggi ha 72 anni, ex direttore sanitario del carcere di Poggioreale, è attualmente in stato di fermo per sequestro, omicidio volontario e occultamento di cadavere della moglie e della figlia;
          nel 2004 erano sparite e le spoglie, l'una accanto all'altra, sono state ritrovate il 13 novembre 2012 grazie ad un blitz della polizia, in una intercapedine del seminterrato della villetta di Baia Verde dove vivevano insieme all'uomo a Castel Volturno (Caserta);
          la scoperta è stata fatta solo grazie al georadar del gabinetto regionale della polizia scientifica;
          dal 2004 delle due donne si erano perse le tracce;
          Belmonte sosteneva che si fosse trattato di un allontanamento volontario;
          ad oggi è l'unico custode dei segreti che riguardavano la sua famiglia compreso il malessere diffuso di Elisabetta Grande e Maria. Era piuttosto aggressivo sia con i familiari sia con gli estranei: non socializzava tantissimo con chi non era laureato o viveva una condizione sociale almeno paritetica. In casa, mancava un telefono fisso. Mamma e figlia sono costrette a scrivere delle lettere per mettersi in contatto con Lorenzo per risolvere la questione dell'eredità di un terreno;
          sul caso è stata fatta luce solo grazie all'interessamento del programma «Chi l'ha visto» trasmesso su Rai3 che ha ospitato agl'inizi di novembre negli studi Pietro Grande, fratello di Elisabetta, moglie dell'ex direttore sanitario;
          l'indagine è legata a un fascicolo aperto nel 2009 dopo la denuncia di scomparsa fatta dal fratello della donna;
          Domenico Belmonte non aveva mai denunciato la scomparsa della moglie e della figlia;
          in data 15 novembre 2012 il sito del settimanale Oggi informa: «Per il pubblico ministero della procura di Santa Maria Capua Vetere Silvio Marco Guarriello e per la polizia i due uomini avrebbero ucciso le due donne e avrebbero fatto sparire i corpi seppellendoli in casa, e poi avrebbero continuato più o meno regolarmente la loro vita, frequentandosi quasi quotidianamente e condividendo l'inconfessabile segreto uniti da una inedita alleanza»;
          nel 1985 nel carcere di Poggioreale, un ragazzo di 27 anni, colto da tromboflebite, viene trasferito al secondo policlinico di Napoli. Dopo quasi un anno di negligenza per mancato soccorso di Belmonte, il detenuto subisce l'amputazione della gamba destra a seguito di un lungo intervento salvavita (per evitare la cancrena);
          il 6 gennaio 1986, ormai in coma, il ragazzo viene trasferito al secondo policlinico, ma le sue condizioni sono tali che si procede ad amputare la gamba. La negligenza del dottor Belmonte ha portato all'amputazione della gamba e a mettere a serio rischio la salute del ragazzo. Il caso porta all'accusa del dottor Belmonte e del direttore del carcere di allora: i due vengono condannati nel maggio 1999 a un risarcimento di 450 milioni di vecchie lire. A pagare è lo Stato, condannato nelle veci del Ministero di grazia e giustizia: resta da capire se poi lo Stato si sia rivalso sul dottore e se ciò potrebbe aver portato Maria a scrivere allo zio per la questione di eredità  –:
          se intenda assumere iniziative per verificare se sussistano casi di morti sospette avvenute presso il carcere di Poggioreale negli anni in cui era direttore sanitario Domenico Belmonte. (4-18906)


      BOBBA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          il Paese si trova ad affrontare una delle maggiori crisi finanziarie sinora verificatesi, per superare la quale il Governo attualmente in carica sta adottando delle misure drastiche anche sul fronte dei tagli alla spesa pubblica;
          in materia di adozioni internazionali la legislazione italiana, andando in controtendenza rispetto agli altri Paesi europei, prevede che l'idoneità degli aspiranti genitori adottivi sia dichiarata dai tribunali per i minorenni con decreto anziché dai servizi socio-assistenziali degli enti locali;
          i tribunali per i minorenni compiono, inoltre, un controllo sulle sentenze di adozione pronunciate all'estero su minori adottati da persone residenti in Italia; tale controllo ha ad oggetto la verifica del rispetto dell'articolo 4 della convenzione de L'Aja del 1993 e delle procedure in vigore, che invero risulta già da una apposita dichiarazione previamente rilasciata dalla commissione per le adozioni internazionali a norma della stessa legge n.  184 del 1983 e successive modificazioni;
          il controllo dei tribunali per i minorenni sulle sentenze straniere di adozione è in controtendenza sia rispetto a quanto avviene in altri Paesi europei sia rispetto a quanto accade per le altre materie anche di volontaria giurisdizione in applicazione della legge n.  218 del 1995, che stabilisce – appunto – la regola del riconoscimento automatico delle sentenze straniere;
          l'adozione internazionale ha, come noto, costi elevatissimi a carico degli adottanti in favore dei quali lo Stato riconosce soltanto la possibilità di dedurre dall'imponibile in sede di dichiarazione annuale dei redditi il cinquanta per cento delle spese sostenute per le procedure adottive;
          le adozioni internazionali stanno vivendo un momento di forte crisi che – come dimostrato dai dati diffusi dalla Commissione per le adozioni internazionali sulle idoneità rilasciate dai tribunali per i minorenni – rischia di condurre ad una drastica contrazione delle adozioni di minori stranieri;
          i minori stranieri adottati da genitori italiani acquistano la cittadinanza; il superamento della crisi delle adozioni risponde alla necessità di investimento nelle future generazioni, anche in risposta alla crisi economica e alla nota contrazione demografica registrata da anni nel nostro Paese;
          a parere dell'interrogante sarebbe opportuno effettuare una spending review anche nel settore delle adozioni internazionali al fine di evitare gli sprechi ed utilizzare le risorse disponibili in favore della risoluzione delle criticità indicate  –:
          quale sia l'attuale spesa annuale del Ministero della giustizia corrispondente al lavoro dei tribunali per i minorenni svolto nell'ambito delle adozioni internazionali e, in particolare, per le attività di ricezione delle disponibilità all'adozione internazionale, di dichiarazione della relativa idoneità e di verifica delle sentenze di adozione pronunciate all'estero. (4-18919)


      BOBBA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          con provvedimento del direttore generale 19 dicembre 2002 è stato bandito il concorso a 25 posti da conservatore degli archivi notarili, poi aumentato a 35 con provvedimento del direttore generale 7 dicembre 2005;
          la graduatoria relativa al suddetto concorso è stata pubblicata sul bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n.  10, del 31 maggio 2007;
          nella vigenza del regime di limitazione alle assunzioni nel pubblico impiego, l'Amministrazione degli archivi notarili ha potuto assumere sole cinque unità di personale, giusta autorizzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 novembre 2007;
          con decreto del Presidente della Repubblica 28 agosto 2009 e con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 novembre 2009, la stessa Amministrazione è stata autorizzata, rispettivamente ai sensi dell'articolo 1, comma 527, e dell'articolo 1, comma 523, della legge n.  296 del 2006 ad assumere, complessivamente, ulteriori ventinove unità di personale, assunzioni per le quali, peraltro, l'articolo 17, comma 14, del decreto-legge n.  78 del 2009, convertito dalla legge n.  41 del 2009, fissa anche un termine finale stabilendolo per il 31 dicembre 2010;
          detti provvedimenti subordinano la possibilità di procedere alle assunzioni ivi autorizzate all'ottemperanza da parte delle pubbliche amministrazioni autorizzate delle disposizioni previste dall'articolo 74 del decreto-legge n.  112 del 2008, convertito dalla legge n.  133 del 2008;
          l'Amministrazione degli archivi notarili ha più volte rappresentato, nel corso di questi anni, anche agli stessi vincitori di concorso, il rilievo che le loro assunzioni assumerebbero per il buon andamento degli uffici ex articolo 97, comma 1, della Costituzione e, dunque, per il corretto espletamento dei compiti istituzionali attribuiti dalla legge agli archivi notarili;
          da informazioni ripetutamente divulgate ai vincitori del concorso dai competenti uffici del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione e della stessa Amministrazione degli archivi notarili, sembrerebbe che alle assunzioni autorizzate con i provvedimenti precedentemente citati non possa ancora darsi corso in quanto, tra l'altro, il Ministero della giustizia, cui l'Amministrazione degli archivi notarili istituzionalmente afferisce, non ha adottato i provvedimenti previsti dall'articolo 74 del decreto-legge n.  112 del 2008, sebbene l'Amministrazione degli archivi notarili abbia tempestivamente elaborato la proposta relativamente alla rideterminazione della propria pianta organica nel senso richiesto dalla predetta norma di legge;
          lo stesso Ministero della giustizia, per quanto di conoscenza dell'interrogante, non avrebbe neppure provveduto, a differenza di altri Ministeri, ad adottare il regolamento previsto dall'articolo 1, comma 404 della legge n.  296 del 2006, da un lato, già espressamente richiamato come condizione preclusiva delle assunzioni autorizzate dal decreto del Presidente della Repubblica 29 novembre 2007, in conformità, del resto, a quanto previsto dallo stesso articolo 1, comma 410, e, dall'altro, dichiarato espressamente equipollente, in relazione a determinati fini previsti dal medesimo articolo 74, comma 4, decreto-legge n.  112 del 2008;
          in particolare, per l'adozione del regolamento la legge fissava come termine quello del 30 aprile 2007, ex articolo 1, comma 404, della legge n.  296 del 2006, prevedendo altresì una precisa tempistica infraprocedimentale, di cui all'articolo 1, comma 407;
          il Ministero della giustizia non si è nemmeno avvalso, al fine di semplificare la procedura di cui all'articolo 74 del decreto-legge n.  112 del 2008 della facoltà prevista dall'articolo 41 comma 10 decreto-legge n.  207 del 2008 convertito dalla legge 14 del 2009, che consente a ciascun Ministero di decurtare le piante organiche con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri; disposto riproposto in emendamento all'articolo 2 del decreto-legge n.  194 del 2009;
          a fronte di ciò, risulta un grave pregiudizio della situazione giuridica soggettiva dei vincitori del concorso, il cui legittimo interesse a stipulare un contratto di lavoro con la pubblica amministrazione presso la quale hanno superato il concorso sarebbe frustrata da inadempimenti amministrativi apparentemente imputabili al Ministero della giustizia, trattandosi per vero di inadempimenti cui la legge stessa riconnette espressamente la misura sanzionatoria del divieto di assumere personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi tipo di contratto, dapprima, con l'articolo 1, comma 410, della legge n.  296 del 2006 e, più di recente, con l'articolo 74, comma 6, del decreto-legge n.  112 del 2008;
          il pregiudizio rappresentato appare oltremodo ingiusto, se si considera sia il notevole tempo trascorso dall'espletamento del concorso, sia il fatto che gli atti di competenza del Ministero della giustizia costituiscono condizioni di efficacia delle autorizzazioni ad assumere disposte nei confronti dell'Amministrazione degli archivi notarili;
          la perdurante situazione di inerzia sopra descritta cagiona, d'altro canto, un grave danno agli odierni istanti in relazione a beni della vita connessi anche ad interessi costituzionalmente rilevanti;
          il mancato rispetto dei termini di conclusione dei procedimenti amministrativi potrebbe, tra l'altro, dar luogo a conseguenze risarcitorie a carico della pubblica amministrazione, in base all'articolo 2-bis della legge n.  241 del 1990, con specifico riferimento ai procedimenti amministrativi di competenza del Ministero della giustizia, di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto ministeriale 20 novembre 1995, n.  540 e successive modificazioni;
          quanto in premessa è stato specifico oggetto di istanza al Ministero interrogato, sollevata da alcuni vincitori del concorso, ma alla quale non è stato ancora dato riscontro  –:
          se non si intenda provvedere tempestivamente in modo da porre in essere tutti quegli atti organizzativi la cui mancanza, allo stato, impedisce di rendere pienamente operative le assunzioni autorizzate con i provvedimenti precedentemente citati. (4-18929)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


      SCILIPOTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il 17 maggio 2012 è stata trasmessa, per via telematica, alla direzione compartimentale dell'Anas di Perugia (e per conoscenza operativa al sindaco del comune di Terni, al presidente della prima circoscrizione Terni est e all'Arpa dipartimento provinciale di Terni) una raccolta con centinaia di firme, di abitanti del quartiere, in cui si chiedeva uno studio e l'attuazione di interventi urgenti per la risoluzione dei problemi di rumorosità e di polvere che l'attraversamento dei mezzi di trasporto, che si prevede in aumento per la prossima apertura dello svincolo per Rieti, reca nel quartiere di Terni «Borgo Trevi - strada della Val Di serra»; nonché la sistemazione definitiva dell'area sottostante al viadotto sopra citato;
          da notizie che giungono a mezzo stampa risulta che nell'ultimo tratto della Terni Rieti, la galleria Valnerina sarà aperta nell'estate 2013 con breve chiusura della vecchia statale Terni in località Reopasto;
          il viadotto in questione, sul quale non è installato alcun apparecchio di controllo delle velocità, tradizionale o moderno (tutor), è privo di pannelli fono assorbenti e di protezioni contro la polvere ed è già continuamente attraversato da mezzi pesanti provenienti o diretti verso le vicine acciaierie, che con il loro passaggio sull'asfalto rovinato e sui giunti di dilatazione, producono, fastidiosi rumori e vibrazioni nelle case vicine in tutte le ore del giorno e della notte;
          la cortese risposta dell'Anas (pratica n.  236492) rimanda le competenze dell'installazione di autovelox a prefettura e forza dell'ordine, mentre, per quanto concerne la sistemazione degli spazi sottostanti il viadotto, nel confermare che tale area ricade all'interno della proprietà dell'Anas, si evidenzia che l'attuale situazione presenta aspetti di mancata conformità alle norme di edilizia ed urbanistica, di ordine pubblico e di bonifica dai rifiuti che devono essere affrontati dalle autorità competenti. Anas, pertanto, ha già richiesto al comune di Terni un sopralluogo congiunto con la polizia municipale al fine di programmare le azioni necessarie alla risoluzione delle criticità sopra menzionate. Ma a seguito di queste richieste non si ha notizia di alcun provvedimento preso né da Anas né dalle autorità locali volto a risolvere i problemi di mancato rispetto delle note urbanistiche, ordine pubblico e bonifica dei rifiuti evidenziati dando l'impressione alla cittadinanza di un rimpallo di responsabilità senza che si voglia trovare una soluzione concreta ai problemi sollevati dalle istanze dei cittadini;
          a quanto consta all'interrogante nulla è stato fatto dall'Anas per le questioni di sua stretta competenza nonostante la rassicurazioni della stessa che cita con precisione le fonti normative sulla rumorosità: legge 26 ottobre 1995, n.  447 (legge quadro sull'inquinamento acustico); decreto ministeriale 29 novembre 2000 del Ministero dell'ambiente (criteri per la predisposizione dei piani di intervento di contenimento e abbattimento del rumore); decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 2004, n.  142 (disposizioni per contenimento e prevenzione dell'inquinamento acustico da traffico veicolare); decreto legislativo 19 agosto 2005, n.  194 (attuazione direttiva europea 2002/49/CE del 25 giugno 2002), è necessario che l'Anas provveda agli adempimenti e alle attività di propria competenza e, in particolare, alla elaborazione del piano di contenimento e abbattimento del rumore (PCAR) che definisce le criticità e le priorità di intervento su scala nazionale e che dovrà essere approvato dal Ministero dell'ambiente di concerto con la Conferenza Stato-regioni  –:
          se si intendano sollecitare la prefettura locale e le forze dell'ordine ad un maggiore controllo dei limiti di velocità nella zona, inserendo e segnalando la stessa area tra quella da tenere sotto possibile controllo di pattuglie e/o installando sistemi di tipo Vergilius già installati in strade di tipologia simile alla statale in questione;
          se si intendano assumere iniziative per individuare le necessarie risorse finanziarie e si intenda sollecitare l'Anas ad attivarsi per l'installazione di tutte le misure tecniche necessarie a rendere conforme il viadotto alle normative sopra citate, con un miglioramento dell'asfalto, della sua manutenzione (che deve essere più frequente proprio per il continuo passaggio di mezzi pesanti) e, in particolare, della manutenzione delle barre longitudinali;
          se l'Anas intenda, essendo proprietaria del tratto stradale segnalato, attivarsi, per risolvere con ogni mezzo a sua disposizione e per quanto di competenza, i problemi di mancata conformità alla normativa urbanistica ed edilizia e gli altri riscontrati, facendo rispettare il suo diritto di proprietà, in considerazione del degrado e dei disagi che la mancanza di esercizio del diritto stesso provocano alla popolazione locale;
          se si intenda effettuare una verifica ministeriale onde poter prendere visione diretta delle cose e fornire elementi su quanto effettivamente gli enti competenti stanno facendo e cosa intendano fare per risolvere, in modo concreto e in tempi ragionevoli, i problemi sollevati dalla cittadinanza. (4-18888)


      BARBATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          ad Afragola (Napoli) sarebbe dovuta sorgere la stazione eccellente dell'Alta velocità (Tav): quattro piani sospesi, trecento treni al giorno e un traffico di 430 mila passeggeri, il doppio di Roma Termini, da realizzare con la collaborazione dell'architetto di Baghdad Zaha Hadid, già nota per il Museo Maxxi di Roma; sarebbe dovuto essere un nodo di scambio con le linee veloci verso sud (Napoli-Bari in testa) e i treni regionali, tra cui la circumvesuviana;
          la fine dei lavori previsti per il mese di agosto 2012 e sono stati impegnati, quasi 80 milioni di euro;
          ad oggi nelle campagne afragolesi c’è solo uno scheletro di ferro e cemento su un binario morto;
          a Napoli, un anno fa, l'amministratore di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti annunciava il nuovo termine dei lavori: marzo 2013;
          i lavori della stazione commissionati dalla Rete ferroviaria italiana (Rfi), società operativa delle Ferrovie, erano stati assegnati alla Dec spa, impresa pugliese vincitrice nel 2009 della gara d'appalto per 74 milioni di euro, poi travolta dal dissesto finanziario circa 13 mesi fa;
          la DEC SpA è la più nota e importante società del Gruppo Degennaro, gruppo pugliese che ha mosso i suoi primi passi nell'immediato dopoguerra grazie all'impegno del suo fondatore, il cavaliere di Gran Croce Emanuele Degennaro;
          fin dagli inizi degli anni sessanta l'attività fu espletata in molteplici programmi di edilizia residenziale, successivamente, nell'ambito di un programma di diversificazione delle proprie attività, il Gruppo ha investito nel settore delle opere pubbliche e dei servizi, ed è proprio in questo settore, grazie al consolidamento delle attività operato dai figli del fondatore, che la DEC si è conquistata un posto di prim'ordine nella compagine delle imprese di costruzione italiane;
          tra gli appalti gestiti dalla Dech figurano tra gli altri: la realizzazione di opere infrastrutturali area P.I.P. di Cassano delle Murge (BA) – Committente: Comune di Cassano – Importo lavori: euro 7.649.866,74 Anno: 1999, lavori di realizzazione delle opere civili della nuova stazione di Torino Stura (PA 763). Committente: Italferr S.p.A. Roma – Importo lavori: euro 15.476.443,88 Anno: 2004 – in corso d'opera, lavori di sistemazione a P.R.G. delle stazioni della tratta Mola-Fasano, della linea ferroviaria Bari-Lecce. Committente: Italferr S.p.A. – Roma – Importo lavori: euro 39.366.210,98 Anno: 2007, lavori di raddoppio della tratta ferroviaria Tavernelle Emilia – S. Giovanni in Persiceto della linea Bologna-Verona – Committente: Italferr S.p.A. – Importo lavori euro 31.384.871,45 Anno: 2006, lavori di realizzazione del parcheggio multipiano e dell'interscambio bus nei pressi della stazione S. Donato linea 3 in via Marignano a Milano – Committente: Metropolitana Milanese S.p.A. Importo lavori: euro 12.818.768,60 Anno: 2002, Aeroporto di Milano Malpensa, linea ferroviaria Bari-Lecce, Galleria Pavoncelli bis, grandi stazioni Milano centrale, Genova Piazza Principe, Genova Brignole, Torino Porta Nuova, Grandi stazioni Torino Porta Nuova, Nodo viario complesso del Gallitello (Pz), Aerostazione metropolitana Bari-Palese;
          oggi l'azienda, al centro di una inchiesta giudiziaria a Bari è stata «commissariata» dal tribunale di Bari. Di quei 74 milioni disponibili (del 2009) per realizzare l'opera, ne ha spesi 14: la metà finanziati dalle Ferrovie dello Stato, gli altri sette anticipati da subappaltatori e fornitori;
          sarebbe opportuno che la Dec spa restituisca i fondi già incassati e che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti solleciti le Ferrovie dello Stato per intervenire sulla situazione debitoria lasciata da Dee spa e di sbloccare le somme trattenute dai pagamenti ancora dovuti (come da richiesta comitato delle imprese creditrici costituitosi ad hoc sul problema);
          la multinazionale tedesca che forniva le attrezzature pesanti, Peri spa, preoccupata, ha richiesto e ottenuto il sequestro del cantiere per proteggere i materiali;
          il 9 febbraio 2012 si registra il fermo totale ad Afragola;
          uno choc per 32 imprese, subappaltatrici, fornitrici e dei servizi che oggi vantano dalla Dec crediti per 7 milioni;
          trecento operai sono senza stipendio, altrettanti gli addetti dell'indotto;
          i mancati pagamenti da parte di Dec spa presso la stazione fantasma di Afragola hanno causato alle aziende fornitrici enormi difficoltà finanziarie costringendo le due imprese subappaltatrici, Nuova Tirrenia Costruzioni srl ed Ema srl, a mettere in cassa integrazione circa cento persone, inoltre, molte imprese rischiano di chiudere;
          tale società, sull'orlo del fallimento, sarebbe stata ammessa dal tribunale di Bari alla procedura del concordato preventivo, scongiurando il fallimento;
          secondo il decreto del tribunale di Bari, la Dech avrebbe 346 milioni di debiti  –:
          di quali notizie dispongono i ministri interrogati e quali misure intendono assumere nell'immediato considerando lo scorcio di legislatura rimanente alla data del voto, se non saldare i crediti dei soggetti creditori che hanno costituito un comitato, quali sono i criteri che portano alla scelta abituale della società Dec Spa negli appalti e di quali tecnologie o mezzi, risorse dispone che non possano concorrere sullo stesso livello anche altri cartelli o ditte, in quanto è palese all'interrogante che la stessa figuri in una molteplicità di appalti assegnati dalle Ferrovie dello Stato;
          se il Governo, mediante Trenitalia spa, intenda assumere iniziative per fare chiarezza sulle anomalie esistenti nel caso;
          se il Governo intenda acquisire elementi da Trenitalia per comprendere come sia possibile che una società sull'orlo del fallimento come la Dec considerata dalle Ferrovie inidonea a proseguire i lavori a Afragola, possa eseguire un appalto per la stazione di Guidonia di oltre 46 milioni di euro, lavori mai iniziati da oltre un anno ed intanto abbia ricevuto in appalto dalle Ferrovie 110 milioni di euro a Treviglio. (4-18904)


      GIORGIO MERLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          malgrado i ripetuti inviti, tentativi e proposte parlamentari, l'Autorità dei trasporti continua a non essere costituita, risultando tuttora in corso il procedimento per la nomina dei componenti dell'Autorità;
          è evidente che l'assenza di questo organismo penalizza l'intero comparto dei trasporti per la mancanza di una struttura che possa svolgere realmente un ruolo di arbitro tra i vari concorrenti  –:
          quali siano le iniziative di competenza che intende mettere in campo perché in un settore sempre più rilevante sia effettivamente garantito un aspetto sempre più concorrenziale, la cui regolazione richiede, ad avviso dell'interrogante, un soggetto super-partes. (4-18940)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


      TASSONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato dagli organi di stampa, alcuni consiglieri comunali di Cicala hanno presentato ricorso al Tar della Calabria, ai fini dell'annullamento di ben venticinque delibere della giunta;
          i motivi dell'iniziativa assunta contro la maggioranza comunale riguardano la nomina da parte del sindaco, in qualità di assessore esterno, di Gianfranco Gigliotti, fratello del suocero del primo cittadino: l'esecutivo ha approvato con il suo voto favorevole e decisivo (essendo valide le sedute sotto il profilo del quorum strutturale e funzionale) gli atti impugnati;
          palese ad avviso dell'interrogante risulta la violazione dell'articolo 64, comma 4, della legge n.  267 del 2000, a norma del quale «il coniuge, gli ascendenti, i discendenti, i parenti e affini fino al terzo grado, del sindaco o del presidente della Giunta provinciale, non possono far parte della rispettiva giunta né essere rappresentanti del Comune e della Provincia»;
          si tratta di una causa ostativa sui generis, non riconducibile alla categoria delle ineleggibilità né a quella delle incompatibilità, che sono sempre sanabili (sia pure con diverse modalità), poiché si tratta di una relazione fra congiunti, finalizzata non già ad eliminare un conflitto di interessi tra ente ed eletto, ma ad evitare, specie nei piccoli comuni, che la giunta diventi un organismo a prevalente carattere familiare;
          è evidente che la presenza determinante in giunta di un assessore che non poteva essere nominato comporta la nullità e l'illegittimità delle delibere impugnate;
          in particolare, tra quelle finite nel mirino del Tar ci sono quelle aventi ad oggetto la ricognizione annuale del personale, l'approvazione dell'elenco degli immobili da inserire nel piano delle alienazioni e valorizzazioni del patrimonio immobiliare, il bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2012, il bilancio pluriennale per il triennio 2012/2014, il piano distrettuale per la realizzazione di prestazioni e servizi socio-assistenziale a favore di persone non autosufficienti, l'assegnazione dei buoni lavoro voucher per prestazioni di tipo accessorio  –:
          se non ritenga opportuno valutare se sussistano i presupposti per procedere allo scioglimento del consiglio comunale, a causa delle delibere viziate approvate nell'ultimo anno e mezzo. (3-02645)

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere quanti siano i dirigenti del corpo nazionale dei vigili del fuoco, come siano retribuiti, di quali benefit (auto con autista, cellulare, alloggio e altro) godano e quanta parte della retribuzione sia legata ai risultati raggiunti ed in che modo, con in riferimento all'intera struttura e singolarmente. (4-18873)


      MARAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          a gestire i servizi della struttura che ospita il Centro di identificazione e di espulsione ed il Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Gradisca d'Isonzo (Gorizia) è, dal 2008 per il Centro di identificazione e di espulsione e dal 2009 per il Centro di accoglienza per richiedenti asilo, un consorzio denominato Connecting People, del gruppo trapanese CGM, che impiega nella struttura circa 70 dipendenti tra operatori, magazzinieri, lavoratori della mensa, personale sanitario, amministrativi e direzione;
          i ritardi nei pagamenti degli stipendi, seppur ripetuti, non hanno causato sino ad oggi grossi problemi e contestazioni da parte dei lavoratori della cooperativa, sia perché i ritardi si attestavano in una sola settimana sia perché i lavoratori hanno sempre mantenuto un atteggiamento accomodante nei confronti dell'azienda, avvezzi a turni straordinari oltre che a condizioni pesanti di lavoro per la tipologia di servizi erogati e di utenza;
          la situazione è divenuta ora insostenibile in quanto i ritardi nel percepire gli stipendi hanno raggiunto i 4 mesi; nei giorni scorsi i dipendenti, pur garantendo la continuità del servizio, si sono riuniti in assemblea per discutere delle azioni da intraprendere nei confronti della Connecting People per ottenere il dovuto;
          dalla riunione è emerso che i motivi del ritardo accumulato sono da ascrivere al mancato trasferimento di risorse dallo Stato, per mezzo della prefettura, alla Connecting People per il periodo compreso tra aprile 2011 ed ottobre 2012 che ha causato, appunto, l'insolvenza della società nei confronti di dipendenti e fornitori;
          sempre nel corso della medesima riunione è emerso un documento che attesterebbe un mandato di pagamento, datato 28 novembre 2012, pari a circa un milione di euro per far fronte all'emergenza;
          se confermata, si tratterebbe di una cifra a copertura di solamente il 20 per cento del debito nei confronti dei lavoratori e, comunque, ben al di sotto dell'80 per cento prospettato nel corso di un incontro precedente tra lavoratori, Connecting People e prefettura  –:
          quali iniziative intenda intraprendere il Ministro per risolvere la situazione che grava non solamente sul Consorzio ma anche sui fornitori, i lavoratori e le loro famiglie che da 4 mesi non percepiscono lo stipendio e lavorano in condizioni logoranti e frustranti. (4-18892)


      BARBATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          Gianfranco Soldera, ex broker milanese di origini venete, noto produttore di vino Brunello di Montalcino, specialità toscana, si è trasferito in Toscana negli anni settanta;
          nella notte tra il due ed il tre dicembre 2012 è stato oggetto di un atto dimostrativo al momento privo di spiegazione, almeno secondo le cronache;
          ignoti hanno forzato la porta di ingresso, pur dotata di vetro antisfondamento introducendosi nella cantina della tenuta Case Basse, hanno aperto i rubinetti di botti e barrique lasciandole intatte ma distruggendo l'intera produzione vinicola che riguarda le vendemmie dal 2007 al 2012: circa 600 ettolitri finiti negli scarichi della cantina. Sei annate perdute. Il pavimento trasformato in un lago di vino, ma null'altro è stato toccato o sottratto;
          nel confermare la notizia, Gianfranco Soldera ha definito il blitz «un vero atto mafioso». Anche se i carabinieri della Compagnia di Montalcino hanno avviato le indagini, ipotizzando un atto vandalico;
          Gianfranco Soldera, Corriere.it in data 4 dicembre 2012 informa che la produzione media del suo prestigioso vino di Montalcino è di circa 15 mila bottiglie l'anno (il prezzo oscilla da 165 a 170 euro a bottiglia), viene considerato non solo un vignaiolo «blasonato» ma anche un purista del Brunello;
          dal consorzio del Brunello di Montalcino il presidente Fabrizio Bindocci, ha definito la circostanza «inqualificabile» mentre la vicepresidente Donatella Cinelli Colombini aggiunge: «A mia memoria, non ricordo, nella nostra zona, un simile precedente. Un fatto che sgomenta e inquieta»;
          le bottiglie firmate Soldera sono legate tra loro da una cifra stilistica riconoscibile. Millesimi mitici, oggetto di culto per migliaia di appassionati  –:
          di quali notizie disponga il Ministro circa eventuali infiltrazioni nel tessuto toscano e quali iniziative intenda assumere a tutela dei viticoltori della zona laddove simili episodi potrebbero ripetersi. (4-18900)


      BARBATO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          Annamaria Addante, presidente dell'associazione inquilini e proprietari Iacp-Ater, azienda territoriale per l'edilizia residenziale del comune di Roma, è stata ospite domenica 2 dicembre 2012 del programma «l'Arena» condotto da Massimo Giletti, dove ha denunciato la situazione delle case popolari in città: 10.600 alloggi che avrebbero dovuto essere alienati dall'ente, delle quali poco meno della metà sono state vendute;
          una vicenda complessa, già al centro di scandali e inchieste, che la presidente ha ribadito ai microfoni, assieme al presidente dell'Ater, Bruno Prestagiovanni, da poco alla guida dell'ente; l'uomo che nell'ultimo anno ha dato il via a una serie di controlli assieme a guardia di finanza e Agenzia delle entrate, portando alla luce varie truffe ai danni della pubblica amministrazione;
          domenica notte, poche ore dopo la trasmissione televisiva, l'auto di Annamaria Addante, una Lancia Y parcheggiata sotto casa, in via Calidio a Torre Spaccata, è andata a fuoco. Un incendio doloso, secondo i pompieri. «Non ho mai ricevuto minacce – ha replicato la presidente – L'auto? Era nuova purtroppo»  –:
          di quali notizie dispongono i Ministri interrogati e quali iniziative intendano assumere sui fatti esposti in premessa, se il caso di assistere con una protezione personale la presidente Addante e se intenda assumere iniziative normative per rivedere, nei limiti di competenza, la legislazione in tema di assegnazioni e selezione di alloggi popolari. (4-18901)


      BOBBA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          con nota 11 marzo 2011, protocollo 8761, la direzione centrale delle risorse umane dei vigili del fuoco definiva il trasferimento del personale operativo della sede centrale dei vigili del fuoco di Vercelli e del distaccamento ad essa afferente;
          in particolare la sede centrale e il distaccamento di Livorno Ferraris sono composti da un organico pari a 96 unità, che verranno ridotte a 76, a seguito della mobilità sopra citata;
          le 76 unità, dovendo essere ripartite per turno, risulteranno 19, causando problematiche non solo nella ripartizione di congedi ed assenze, ma anche per ciò che attiene alla sicurezza del territorio, in quanto ci si ritroverebbe al di sotto del numero minimo di 13 unità per turno, al fine di garantire 2 squadre da 5 unità ed una di mezzi speciali con 2 permanenti;
          da quanto premesso, emerge la difficoltà a garantire l'operatività del dipendente organico del distaccamento di Livorno Ferraris, attivato mediante l'organizzazione dei servizi nella forma regolare dal 22 gennaio 2005, senza riconoscimento della stessa pianta organica;
          la mobilità annunciata oltre alle problematiche relative al distaccamento di Livorno Ferraris, non considera la necessità di potenziamento organico del comando stesso, del distaccamento e della scuola nazionale «Monte Rosa» di Varallo Sesia;
          le conseguenze di tale situazione si ripercuoteranno su di un territorio che necessita per propria vocazione geografica e imprenditoriale, di servizi di sicurezza per i cittadini e per i lavoratori del settore;
          non appare accettabile la soluzione, che pare essere stata paventata, di compensare, anche temporaneamente, le carenze d'organico con la chiusura dei distaccamenti permanenti periferici cui sarebbe costretto il dirigente provinciale in assenza di idonei provvedimenti degli organi centrali, vanificando la logica operativa della distribuzione capillare delle strutture operative sul territorio della provincia che individua proprio nei distaccamenti permanenti lo strumento operativo necessario ed inderogabile per garantire che il soccorso tecnico urgente alla cittadinanza sia reso in modo professionale, efficiente ed efficace;
          lo stesso comandante provinciale dei vigili del fuoco di Vercelli, in data 18 marzo 2011, aveva inviato una missiva ai dipartimenti competenti al fine di trovare una soluzione in breve termine vista la gravità della situazione;
          a parere dell'interrogante appare lesivo e quantomeno inopportuno proporre la compensazione con la messa a disposizione del comando di un congruo monte ore straordinario in attesa di una assegnazione di nuovo personale che non potrà essere disponibile prima di fine giugno  –:
          come mai si sia proceduto a definire un piano di mobilità così invasivo per i dipartimenti provinciali e locali dei vigili del fuoco;
          se non si intenda agire con urgenza al fine di scongiurare la chiusura del distaccamento di Livorno Ferraris, senza attendere il mese di giugno per le assegnazioni di nuovo personale. (4-18910)


      BOBBA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il 14 agosto 2011, il sindacato di polizia COISP, coordinamento per l'indipendenza sindacale delle forze di polizia, indirizzava una lettera al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e al Ministro interrogato affermando: «Viene voglia di venire sotto palazzo Madama e Montecitorio, magari il giorno di ferragosto, e spararvi all'interno i nuovi lacrimogeni in dotazione così si coglierebbero due piccioni con una fava, ovvero lo sgombero immediato di certi ristoranti da politici mediocri e si testerebbero su quest'ultimi gli effetti dei nuovi artifici lacrimogeni in dotazione alle forze di polizia, la cui lesività nonostante le numerose interpellanze parlamentari è sempre stata tenuta nascosta da Lor signori....» (Il Giornale, Libero, Il Fatto Quotidiano, Il corrieredellasera.it);
          la lettera così continuava «I poliziotti invece guadagnano 1500 euro al mese, che raggiungono faticosamente includendovi l'indennità di servizio esterno, i turni festivi e notturni e qualche ora di lavoro straordinario, quando viene pagata». E concludeva: «Che si fa signor presidente e signor ministro ? Veniamo a spendere il nostro buono pasto di 7 euro presso i ristoranti di Camera e Senato ?»;
          l'articolo del Corriere della Sera.it riportava il 13 settembre 2011, la precisazione del segretario generale del coordinamento e precisamente: «È una pura provocazione – dice Franco Maccari, segretario generale Coisp –. Rigettiamo ogni accusa, soprattutto non abbiamo usato affermazioni anche più grevi di autorevoli ministri della Repubblica che invitavano a prendere i fucili o ci definivano fannulloni. È solo una bieca strumentalizzazione da parte di chi ignora i tagli lineari fatti dal governo alle forze dell'ordine, nonostante l'attuale esecutivo proprio sul tema sicurezza aveva speso parole importanti durante l'ultima campagna elettorale»;
          il maggiore sindacato di polizia SIULP, con dichiarazione del segretario generale, si dissociava totalmente dai toni e dagli argomenti utilizzati;
          a parere dell'interrogante la lettera in questioni desta preoccupazioni per l'allarme sociale ingenerato, considerato il mittente della lettera, per il malcontento ormai diffuso ed anche per un utilizzo di toni e di parole che, sia da parte di rappresentanti delle istituzioni che, a quanto pare, delle forze dell'ordine, sono inidonee al ruolo svolto;
          le forze dell'ordine sono da sempre il fiore all'occhiello del nostro Paese e una reazione, come quella citata, sempre a parere dell'interrogante, non può non far riflettere al di là dei toni, sullo stato di esasperazione in cui sono costrette ad operare  –:
          se non si ritenga necessario assumere determinazioni in merito a quanto rappresentato, anche in riferimento agli aspetti di allarme sociale ingenerati da dichiarazioni rese da una rappresentanza sindacale della forza pubblica;
          se non si intenda porre in essere iniziative, anche economiche, in grado di realizzare le promesse elettorali sul tema della sicurezza, garantendo alle forze dell'ordine di poter lavorare in condizioni idonee. (4-18912)


      BOBBA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          con il decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.  122, sono state stabilite, tra l'altro, le funzioni fondamentali dei comuni che di seguito sinteticamente vengono elencate:
              a) organizzazione generale dell'amministrazione, gestione finanziaria, contabile e controllo;
              b) organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale, compresi i trasporti pubblici;
              c) catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute allo Stato dalla normativa vigente;
              d) la pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale e la partecipazione alla pianificazione sovracomunale;
              e) attività, in ambito comunale, di pianificazione di protezione civile e coordinamento primi soccorsi;
              f) organizzazione e gestione dei servizi di raccolta rifiuti urbani e riscossione tributi;
              g) progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali;
              h) edilizia scolastica, organizzazione e gestione dei servizi scolastici;
              i) polizia municipale e polizia amministrativa locale;
              l) tenuta dei registri di stato civile e della popolazione, servizi anagrafici, elettorali e statistici;
          nella stessa legge vengono stabilite nuove regole per l'erogazione dei servizi sopra elencati che, per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, obbligano all'esercizio associato di 9 su 10 delle funzioni precedentemente elencate; in particolare la funzione di cui alla lettera l) («tenuta dei registri di stato civile e della popolazione, servizi anagrafici, elettorali e statistici») è esclusa dall'obbligo di associazione. L'esercizio associato dovrà essere effettuato con altri comuni fino a superare 10.000 abitanti, limite ridotto dalla legge regionale del Piemonte a 5.000;
          le prossime scadenze imposte dalla citata legge per attivare la gestione associata sono le seguenti: almeno 3 funzioni entro il 31 dicembre 2012; altre 6 entro il 31 dicembre 2013;
          dal prossimo anno i comuni con più di 1.000 abitanti entreranno nel «patto di stabilità» che genererà ulteriori vincoli alle spese e agli investimenti;
          a parere dell'interrogante le descrizioni delle funzioni appaiono lontane dalle realtà dei comuni con meno di 5.000 abitanti, generano confusione nell'applicazione della legge, considerando anche il breve periodo per l'attuazione, e rischiano uno stallo nel funzionamento e nell'erogazione dei servizi  –:
          se non si ritenga doveroso e urgente fornire chiarimenti sulle specifiche delle funzioni indicate, in termine di sottofunzioni interne, nonché sulla coerenza con le realtà organizzative dei comuni, considerando anche eventuali supporti all'attivazione delle funzioni da parte delle istituzioni nazionali, regionali o provinciali.
(4-18926)


      BOBBA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il Corpo nazionale vigili del fuoco è stato soggetto negli ultimi 15 anni a tagli del turn-over, tali da ridurre per numero ogni qualifica, e attualmente si trova in condizione di cronica e pesante carenza di organico, soprattutto in personale operativo;
          l'organico nazionale risulta inferiore a quanto stabilito dalle piante organiche, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n.  97 del 2001, di circa il 10 per cento, dato medio nazionale;
          la carenza di personale, soprattutto operativo, oltre a creare pericolose conseguenze al dispositivo di soccorso tecnico urgente nazionale, pone in serio rischio individuale, il personale di soccorso, e ostacola le normali procedure di passaggio verticale di qualifica;
          nella fattispecie, la qualifica di capo squadra risulta essere stata gravemente penalizzata da un biennio di assenza di procedure concorsuali atte all'approvvigionamento della stessa;
          attraverso il concorso a capo squadra, con decorrenza 6 luglio 2008, stabilito con decreto ministeriale 2230/2008, l'amministrazione dell'Interno intendeva porre rimedio alla situazione citata;
          con sentenza n.  11303 del 2009, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio annullava il provvedimento di approvazione della graduatoria del concorso interno, indetto con decreto ministeriale citato, per la copertura del 40 per cento dei posti disponibili, decorrenza 2006, nella qualifica di «capo squadra» del Corpo nazionale vigili del fuoco;
          a seguito di detta sentenza, si è creata una situazione di disagio, disordine ed incertezza fra tutto il personale, con il rischio di serie ripercussioni non solo sull'operatività dei comandi provinciali, ma anche sull'operatività di chi legittimamente occupa già la posizione di qualificato  –:
          se il Ministro intenda chiarire la posizione dei vincitori di concorso, che attualmente sono relegati ai comandi di appartenenza con la qualifica precedente, attendendo di essere trasferiti a quelli di destinazione per poter esercitare il ruolo, anche considerando che ciò permetterebbe di sbloccare i processi di mobilità del personale tutto del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
          se la sentenza del Tribunale amministrativo regionale di cui in premessa, sia stata notifica alla direzione centrale dei vigili del fuoco, soccorso pubblico e difesa civile. (4-18931)


      BOBBA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la Confederazione sindacale autonoma della polizia (CONSAP) a seguito delle denunce presentate relative ai ritardi con i quali il servizio trattamento pensioni e previdenza del dipartimento della pubblica sicurezza procede all'emissione dei decreti di riconoscimento e di liquidazione dell'equo indennizzo spettanti al personale della polizia di Stato, ha deciso, insieme al CODACONS, di porre in essere una class action gratuita per il diritto ad una sollecita definizione delle procedure citate per l'ingiustificato ritardo dell’iter istruttorio;
          secondo la stessa CONSAP, sono oltre 35.0000 le pratiche arretrate di equo indennizzo, relative alle prime istanze e agli aggravamenti e alle nuove patologie comportando, da quanto si legge in una nota «la mortificazione di tanti sacrifici ma soprattutto un grave danno economico per tutti i poliziotti e lo loro famiglie»;
          secondo quanto si apprende dalle dichiarazioni del segretario generale della CONSAP, Giorgio Innocenzi, così come dichiarato sul Corriere della Sera, del 20 ottobre 2011, il risarcimento delle spese sanitarie sostenute dai poliziotti per cause di servizio sarebbero così lente che gli agenti «attendono anni» prima di essere rimborsati di quanto anticipato, al punto da raggiungere l'età pensionabile e nei casi più gravi di «morire di vecchiaia» senza vedersi corrispondere quanto dovuto;
          il segretario generale CONSAP, riferendosi alla manifestazione degli Indignados, svoltasi a Roma, sabato 15 ottobre 2011, precisa nello stesso articolo: «Mentre affrontiamo la questione dei 105 feriti di sabato scorso, ci sono da risarcire ancora le decine di uomini finiti in ospedale il 14 dicembre dell'anno scorso dopo gli scontri in via del Corso»;
          da quanto si evince la maggior parte delle pratiche di risarcimento non evase riguarda attività di ordine pubblico, svolte nelle piazze o negli stadi, dove spesso gli agenti di polizia diventano veri e propri bersagli, come si evince dagli ultimi fatti di cronaca;
          il mancato riconoscimento del risarcimento e la conseguente non liquidazione dell'equo indennizzo esaspera una situazione già di per sé precaria, visti gli ingenti tagli al settore sicurezza, che hanno portato i sindacati a fare pubblica colletta per poter acquistare il carburante per volanti e automezzi  –:
          se non si ritenga doveroso ed urgente garantire una tempistica adeguata per il riconoscimento nonché la liquidazione dell'equo indennizzo e per il ristoro dei danni. (4-18933)


      BOBBA. —Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          l'interrogante in diversi atti di sindacato ispettivo interrogava il Ministro dell'interno per sapere quali iniziative, anche di carattere normativo, si intendevano porre in essere al fine di evitare episodi gravi di abusi sull'utilizzo della fascia tricolore da parte di amministratori pubblici, così come previsto dalla normativa vigente e, in particolar modo dalla circolare 5/1998 emanata dal Ministro dell'interno Rosa Russo Iervolino, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.  270 del 18 novembre 1998;
          in occasione delle prossime elezioni comunali di Varallo, provincia di Vercelli, del 6-7 maggio 2012, il sindaco Gianluca Buonanno ha ritenuto opportuno posare con la fascia tricolore su volantini elettorali, pubblicizzati anche a mezzo stampa, con il candidato a sindaco Eraldo Botta, anch'egli con la fascia tricolore con la scritta «Varallo l'unica Città al mondo con “2 sindaci”»;
          la circolare sopra citata è alquanto chiara quando puntualizza: «Il Sindaco in quanto tale può utilizzare la fascia tricolore, anzi deve utilizzarla, nell'adempimento delle proprie funzioni istituzionali, tutte le volte in cui la propria veste di partecipazione alle manifestazioni pubbliche venga interpretata come appunto espletamento del proprio ruolo ed assuma ufficialità; diversamente, nell'ipotesi di partecipazione a titolo privato, o comunque non ufficiale, si dubita fortemente non solo della opportunità, ma anche della legittimità dell'utilizzo di tale simbolo distintivo»;
          come già espresso dall'interrogante in precedente atto di sindacato ispettivo (5-02650) e sempre, a parere dello stesso, anche in questa situazione «l'uso improprio della fascia tricolore mina i fondamenti democratici dello Stato italiano e comporta superficialità nell'espletare il ruolo del sindaco, configurando anche un abuso delle proprie peculiari funzioni»;
          appare all'interrogante urgente e doveroso che i volantini sopra ricordati così come predisposti siano opportunamente rimossi  –:
          se non si ritenga doveroso e urgente porre in essere le opportune iniziative normative al fine di evitare l'uso improprio e, nel caso in premessa strumentale, della fascia tricolore. (4-18934)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


      REGUZZONI e MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere:
          quanti siano i dirigenti del Consiglio nazionale delle ricerche, come siano retribuiti, di quali benefit (auto con autista, cellulare, alloggio o altro) godano e quanta parte della retribuzione sia legata ai risultati raggiunti ed in che modo, con riferimento all'intera struttura e singolarmente;
          quanti siano gli amministratori del Consiglio nazionale delle ricerche, come siano retribuiti, di quali benefit (auto con autista, cellulare, alloggio e altro) godano e quanta parte della retribuzione sia legata ai risultati raggiunti ed in che modo, con riferimento a tutti gli amministratori e singolarmente. (4-18875)


      D'INCECCO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          in data 6 ottobre 2011 (atto Camera 4-13488) la sottoscritta ha depositato una interrogazione a risposta scritta indirizzata al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca a cui, a tutt'oggi, non ha avuto risposta benché in essa venga descritto un tema di grande importanza;
          successivamente, al fine di sollecitare la risposta all'interrogazione in oggetto, la sottoscritta, ha presentato numerosi solleciti, tra cui una lettera ufficiale inviata al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca in data 28 marzo 2012;      
          anche ai sopra menzionati solleciti non si è ancora avuto alcuna risposta;
          il tema oggetto dell'interrogazione riguarda il disagio e l'attesa di una vasta comunità di insegnanti, che vivono una legittima apprensione rispetto al loro futuro; insegnanti a cui è necessario, quantomeno, dare risposte certe e chiare degli orientamenti del Governo;
          gli insegnanti in questione sono quelli di matematica applicata della classe di concorso A048, che si sono riuniti in un comitato a cui aderiscono, ad oggi, circa 350 persone da tutta Italia;
          essi denunciano una situazione insostenibile a seguito di numerosi provvedimenti che hanno stravolto l'insegnamento della loro disciplina;
          la classe di concorso A048 – Matematica applicata, con la riforma Gelmini (decreto-legge n.  112 del 2008, convertito, con modificazioni dalla legge n.  133 del 2009 e successivi atti legislativi e amministrativi) e i tagli successivi, ha visto una contrazione del monte ore settimanale, la soppressione di alcuni indirizzi, la negazione dell'accesso alla stessa negli Istituti tecnici industriali ad indirizzo informatico, la generale considerazione di «classe di concorso atipica» per gli istituti professionali a cui di fatto gli insegnanti di questa classe non sono mai riusciti ad accedere;
          a questo va aggiunto che nella riorganizzazione del sistema di istruzione superiore mediante la razionalizzazione degli indirizzi, con la costituzione di nuovi istituti di istruzione superiore, l'insegnamento della matematica è affidato alla classe di concorso A047;
          di recente, in ottemperanza ad una circolare ministeriale, molti dirigenti scolastici stanno assegnando le ore relative a matematica applicata a docenti appartenenti alla classe di concorso A047 con grave nocumento degli insegnanti di cui sopra;
          nel giro di qualche anno i docenti di ruolo, abilitati solo nella classe A048, vedranno comprimere le possibilità di lavoro mentre i precari della stessa classe di concorso, dopo anni di studio e scelte di vita professionale, pur avendo acquisito abilitazioni ed altri titoli culturali, vantando anche diversi anni di servizio, non solo non entreranno mai di ruolo ma non riusciranno neanche ad ottenere un incarico a tempo determinato  –:
          se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra riportato e se non ritenga opportuno adottare iniziative volte a risolvere le questioni sopra segnalate.
(4-18883)


      MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          l'accesso alle facoltà di medicina e chirurgia delle università dello Stato italiano è disciplinato dalla legge 2 agosto 1999, n.  264;
          il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 maggio 2001 stabilisce che il numero di immatricolazioni debba essere determinato sulla base della concertazione tra la regione o la provincia autonoma e le università per soddisfare, mediante l'individuazione delle strutture del servizio sanitario regionale costituenti, insieme alle università, la rete didattico-formativa, le specifiche esigenze connesse alla formazione degli specializzandi, alla formazione del personale sanitario, nonché all'accesso ai ruoli dirigenziali, tenuto conto delle esigenze della programmazione sanitaria regionale e nel rispetto delle prerogative e dei compiti dell'università;
          relativamente al corso in medicina e chirurgia, l'articolo 1, del decreto ministeriale 28 giugno 2012, n.  197, ha rideterminato il numero dei posti disponibili a livello nazionale per le immatricolazioni ai corsi di laurea specialistica/magistrale a ciclo unico in medicina e chirurgia per gli studenti comunitari e non comunitari residenti in Italia in 10.173;
          relativamente al corso di laurea magistrale in odontoiatria e protesi dentaria, destinati agli studenti comunitari e non comunitari residenti in Italia, l'articolo 1, del decreto ministeriale 28 giugno 2012, n.  198, ha determinato 931 posti;
          ai sensi della suddetta normativa, l'accesso ai predetti corsi di laurea è subordinato, al superamento di un test, che solo recentemente, per l'anno accademico 2012-13, ha previsto l'aggregazione territoriale di sedi universitarie con graduatorie comuni, secondo l'ordine di punteggio dei candidati, ampliando la sperimentazione già effettuata nel precedente anno accademico;
          l'accesso ai corsi di area sanitaria è sempre più difficile. Il numero programmato è diventato numero chiuso. I test sono spesso insormontabili anche per un medico dalla carriera ventennale;
          duemila studenti italiani risultano iscritti ai corsi di laurea in medicina e chirurgia e odontoiatria delle università della Romania;
          la motivazione principale di chi opta per l'iscrizione nelle sopracitate università straniere è quella di poter inseguire il proprio sogno professionale senza le limitazioni imposte dal numero chiuso, nonché per il vantaggio di pagare tasse universitarie meno onerose;
          la programmazione dei corsi di laurea delle professioni sanitarie disposta per l'anno accademico 2012-2013 risulta insoddisfacente rispetto all'elevato numero di partecipanti, calcolati in 77 mila partecipanti ai test d'ammissione, molti dei quali si sono ripresentati per la seconda o la terza volta;
          alcuni degli studenti, in maggioranza meridionali, dichiarano di voler completare il relativo corso di laurea in Romania, i cui atenei sembrano offrire strumenti e tecnologie da laboratorio e di ricerca all'avanguardia, nonché un metodo di studio teorico-pratico in grado di formare i futuri medici e odontoiatri;
          ciononostante, all'interno dei Paesi dell'Unione europea, ai fini del riconoscimento del titolo di studio universitario conseguito nel settore sanitario in Romania, si deroga dal «principio di reciprocità automatica», poiché si sarebbero potuti verificare casi eclatanti di «compravendita di titoli». Al riguardo, l'università «Grigore T. Popa» di Iasi pare abbia annullato 62 titoli, ottenuti da studenti italiani, che si erano laureati senza conoscere «una sola parola di romeno»; nel 2010 il rettore dell'università «Spiru Haret» di Bucarest sarebbe stato sospeso; il Ministro dell'istruzione romeno, Ecaterina Andronescu, avrebbe dichiarato in una trasmissione televisiva, che il predetto rettore avrebbe rilasciato rispettivamente negli anni 2008 e 2009 circa 50mila diplomi;
          a causa di ciò, gli studenti italiani che, superato il test, s'immatricolano, concludendo il primo anno accademico presso le università romene, avrebbero difficoltà ad essere reintegrati presso le università italiane;
          da uno studio condotto dal precedente Governo Berlusconi, e relativo ad una proiezione fino al 2020, è stata rilevata una grave carenza di medici già a partire dal 2012, per effetto di pensionamenti, con «rischio di incidere sulla domanda dei medici e conseguentemente degli specialisti a livello territoriale, maggiormente aggravata dall'emigrazione degli studenti italiani all'estero;
          la regolamentazione dell'accesso agli studi universitari (cioè ai gradi alti degli studi e non alla scuola dell'obbligo) che valorizzi le capacità e il merito degli aspiranti studenti, ai sensi dell'articolo 34 della Costituzione, in ogni caso non può non essere contemperata con il problema occupazionale;
          detto sistema fondato sulla casualità di un test non può garantire la formazione di buoni medici od odontoiatri  –:
          se non ritenga opportuno assumere iniziative per prevedere un nuovo meccanismo di selezione interna ai corsi di laurea e diploma del settore sanitario, con esami e tirocini severi, che, sulla scorta di quanto avviene in altri Paesi europei, consenta di contenere il numero dei laureati o diplomati con modalità più articolate e razionali rispetto a quelle italiane, anche al fine di premiare sulla base del merito e non, come oggi si verifica, sulla base di quella che all'interrogante appare casualità;
          se non ritenga altresì opportuno verificare, per quanto di competenza, il valore del titolo rilasciato in Romania a studenti attualmente esercitanti la professione di medico od odontoiatra, anche al fine di evitare lesioni irreversibili a danno degli utenti;
          quali iniziative intenda intraprendere, anche a livello europeo, per contemperare l'obbligo di riconoscimento automatico dei titoli conseguiti all'estero nel settore sanitario con l'esigenza di tutelare la salute pubblica. (4-18894)


      BOBBA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          gli istituti autonomi valsesiani versano in una situazione economica di precarietà, che crea disagio agli studenti e alle loro famiglie e che costringe le istituzioni scolastiche a modificare la propria offerta formativa; allo stesso tempo la RIAV, la rete degli istituti autonomi valsesiani, ha reso noto che il credito che le stesse scuole vantano nei confronti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca supera il milione di euro;
          il bilancio negativo degli istituti autonomi valsesiani è dovuto al fatto che gli stessi devono contribuire con i propri fondi agli stipendi dei supplenti temporanei, ai materiali per la didattica e per il funzionamento degli uffici, ai materiali per la pulizia e per la gestione dei servizi interni, alle spese per i pasti dei docenti che assistono i bambini durante la mensa, alle quote di salario aggiuntivo dei docenti e del personale ausiliario, ai progetti per gli alunni e le famiglie, e alle iniziative di formazione per i docenti;
          gli istituti in premessa, siti in territorio montano, sono già sfavoriti a causa della loro collocazione e la situazione venutasi a creare può accrescere il senso di esclusione e limitare il diritto all'istruzione per i bambini e i ragazzi che vi abitano;
          nel 2009 la maggior parte delle scuole non ha neppure ricevuto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca i fondi per la cancelleria, per i telefoni e persino per l'igiene dei servizi;
          per ciò che concerne la gestione delle supplenze, alle scuole è assegnato un budget iniziale che definisce il tetto massimo che ciascun istituto cerca di non superare, attuando strategie di fortuna, in quanto di fatto si ostacola l'attività didattica, dovendosi ad esempio suddividere gli alunni in classi parallele;
          in particolare, i crediti conseguiti in più anni riguardano, per le somme più ingenti, la direzione didattica di Borgosesia, per circa 152 mila euro, il liceo scientifico Ferrari di Borgosesia, per circa 113 mila euro, l'istituto alberghiero di Varrallo e Gattinara, per circa 116 mila euro, l'istituto D'Adda di Varrallo, per quasi 111 mila euro;
          trattandosi di cifre già anticipate dagli istituti scolastici, i mancati versamenti da parte del Ministero comportano le conseguenti difficoltà nella gestione finanziaria delle scuole e l'impoverimento dell'offerta formativa;
          nei giorni scorsi i presidi dei dodici istituti superiori e comprensivi valsesiani hanno inviato una lettera al Ministro interrogato, alla regione Piemonte e agli uffici del provveditorato, per denunciare la difficile situazione economica a cui sono costretti, loro malgrado  –:
          se non si ritenga necessario ed urgente intervenire al fine di estinguere il debito ed assicurare agli istituti scolastici in premessa la normale prosecuzione delle attività di gestione e di formazione finora offerte agli studenti e alle loro famiglie, evitando così di accrescere il senso di esclusione e di limitare il diritto all'istruzione per i bambini e i ragazzi ivi residenti. (4-18928)


      BOBBA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con proprio decreto del 24 aprile 1992 ha messo ad ordinamento un corso triennale d'istruzione professionale di Stato per l'acquisizione della qualifica di «Operatore dei servizi sociali» e che tale qualifica è stata successivamente confermata con decreto ministeriale 14 aprile 1997, n.  250;
          lo stesso Ministero con proprio decreto del 15 aprile 1994 ha messo ad ordinamento un corso biennale di post-qualifica d'istruzione professionale di Stato per il conseguimento del titolo di «tecnico dei servizi sociali», corso quest'ultimo il cui accesso è riservato a coloro che in precedenza hanno acquisito la qualifica corrispondente di operatore;
          nel profilo professionale, descritto nei decreti ministeriali, relativo alla qualifica di «operatore dei servizi sociali» si legge che «(...) con una specifica formazione professionale di carattere teorico e tecnico-pratico e nell'ambito dei servizi socio-educativo-culturali, svolge la propria attività a sostegno di persone di diversa età, per favorire le loro potenzialità individuali e il loro inserimento e partecipazione sociale. (...) Alla conclusione del ciclo di studi l'Operatore dei Servizi Sociali può lavorare nelle strutture pubbliche e private del territorio a sostegno delle comunità, per salvaguardare l'autonomia personale e sociale dei cittadini con lo scopo di salvaguardare l'autonomia personale e sociale dei cittadini con lo scopo di evitare o ridurre i rischi di isolamento o di emarginazione. (...)»;
          nel profilo professionale, descritto nel decreto ministeriale del 15 aprile 1994, si legge che «Il Tecnico dei servizi sociali possiede competenze e capacità per adeguarsi alle necessità e ai bisogni delle persone con le quali deve operare. È in grado di programmare interventi precisi e mirati secondo le esigenze fondamentali della vita quotidiana e di svago, curandone l'organizzazione e valutandone l'efficacia. Con l'esperienza anche pratica (attraverso stage e tirocini) il tecnico dei servizi sociali è capace di cogliere i problemi e di risolverli efficacemente e tempestivamente tenendo conto dell'aspetto giuridico, organizzativo, psicologico e igienico sanitario»;
          negli anni la presenza dei corsi di istruzione professionale di Stato negli indirizzi di operatore e tecnico dei servizi sociali si è andata diffondendo sul territorio nazionale, avviando verso tali qualifiche e titoli di studio migliaia di giovani motivati all'impegno e al lavoro nel settore sociale;
          il recente riordino dell'istruzione secondaria superiore ha rideterminato i diplomi da conseguirsi al termine del percorso di studi prevedendo che nell'ambito degli Istituti professionali di Stato fosse presente l'indirizzo socio-sanitario al termine del quale viene rilasciato il diploma di «Tecnico socio-sanitario», giusto decreto del Presidente della Repubblica n.  87 del 15 marzo 2010, delineando un curriculum di studi non sostanzialmente diverso da quello del «Tecnico dei servizi sociali»;
          in base alla descrizione del profilo professionale del tecnico dei servizi socio-sanitario, riportato in predetto decreto, tale figura: «(...) possiede le competenze necessarie per organizzare ed attuare interventi adeguati alle esigenze socio-sanitarie di persone e comunità, per la promozione della salute e del benessere bio-psico-sociale. È in grado di:
              partecipare alla rilevazione dei bisogni socio-sanitari del territorio attraverso l'interazione con soggetti istituzionali e professionali;
              rapportarsi ai competenti Enti pubblici e privati anche per orientare l'utenza verso idonee strutture;
              intervenire nella gestione dell'impresa sociosanitaria e nella promozione di reti di servizio per attività di assistenza e di animazione sociale;
              applicare la normativa vigente relativa alla privacy e alla sicurezza sociale e sanitaria;
              organizzare interventi a sostegno dell'inclusione sociale di persone, comunità e fasce deboli;
              interagire con gli utenti del servizio e predisporre piani individualizzati di intervento;
              individuare soluzioni corrette ai problemi organizzativi, psicologici e igienico-sanitari della vita quotidiana;
              utilizzare metodi e strumenti di valutazione e monitoraggio della qualità del servizio erogato nell'ottica del miglioramento e della valorizzazione delle risorse (...)»;
          l'introduzione dell'indirizzo socio-sanitario nell'ambito del riordino dell'istruzione superiore ha determinato un incremento dei corsi su tutto il territorio nazionale; la normativa vigente relativa al rilascio di qualifiche professionali assegna alle regioni tale compito;
          è tuttora aperto il problema della definizione delle figure professionali in ambito sociale, tant’è che l'ISFOL nel maggio 2008 ha reso noto un progetto per realizzare un «Osservatorio per il governo del sistema delle professioni sociali e lo sviluppo dei servizi alla persona», per rispondere all'esigenza di normare le diverse professioni sia in ambito sociale, dove il processo è ancora in una fase di forte evoluzione, sia in ambito sanitario, dove il processo risulta essere più avanzato;
          le regioni rispetto al riconoscimento della qualifica di «Operatore dei servizi sociali» e del diploma di «Tecnico dei servizi sociali» hanno avuto comportamenti difformi. Alcune non riconoscono in alcun modo tali titoli come utili all'accesso al lavoro in strutture sociali e socio-sanitarie, determinando confusione e delusione nei giovani e nelle loro famiglie che al termine di un percorso di studi, prevalentemente mirato al lavoro in relazioni di aiuto alle persone, si trovano con un titolo di studio non riconosciuto a tale scopo;
          il comportamento di alcune regioni è stato talmente rigido che in seguito ad ispezioni è stato richiesto l'allontanamento dalle mansioni ricoperte nel lavoro in strutture residenziali sociali e socio sanitarie accreditate, di giovani con tale diploma, che ivi erano utilmente impiegati con soddisfazione delle strutture che li avevano assunti, dei loro utenti e dei giovani lavoratori stessi. Un fatto di questo tipo è nuovamente accaduto recentemente in Piemonte;
          nell'intesa raggiunta in Conferenza Unificata Stato-Regioni il 29 aprile 2010 relativa alle 21 figure professionali dei percorsi di istruzione e formazione professionale nessuna di queste è riconducibile ai percorsi degli istituti professionali nell'indirizzo socio-sanitario, pertanto l'intesa raggiunta in Conferenza unificata Stato-Regioni il 16 dicembre 2010 «riguardante l'adozione delle linee-guida per realizzare organici raccordi tra i percorsi degli istituti professionali e i percorsi di istruzione e formazione professionale», non è applicabile all'indirizzo socio-sanitario, facendo in tal modo permanere il problema della spendibilità nel mondo del lavoro del nuovo titolo di studi di «Tecnico-socio-sanitario»;
          in molte regioni l'accesso a mansioni lavorative che prevedono relazioni di aiuto nei servizi sociali e socio-sanitari, è previsto esclusivamente o con diploma di laurea o con la qualifica di operatore socio-sanitario, qualifica che si consegue attraverso corsi di formazione professionale generalmente annuali, il cui requisito d'accesso è dato dall'adempimento dell'obbligo scolastico;
          alcune regioni, tra cui la regione Piemonte, riconoscono la figura del tecnico dei servizi sociali quanto riguarda l'educazione nel settore dell'assistenza all'infanzia, ma non riconoscono il titolo come idoneo a formare una figura professionale specifica inserita nei servizi sociali e socio-sanitari in quanto «Tecnico dei servizi sociali»;
          vi sono regioni che riconoscono agli studenti con diploma di tecnico dei servizi sociali o di operatore dei servizi sociali solo alcuni limitati crediti formativi spendibili nell'ambito dei percorsi di formazione professionale di «Operatore socio-sanitario». Per accedere in alcuni casi è richiesta la partecipazione a prove di selezione (che spesso prevedono esplicitamente una precedenza a favore di persone disoccupate con più di 26 anni, mentre in altri casi sono i contenuti e le modalità dei test che favoriscono le persone disoccupate non più giovani), in altre regioni si richiede il pagamento del corso di formazione;
          in particolare nella regione Piemonte in base alle determine dirigenziali 172 del 28 marzo 2011 e 588 del 21 ottobre 2011, coloro che hanno già un diploma di istruzione superiore come tecnico dei servizi sociali, coerente con il percorso dell'operatore socio-sanitario, per vedersi riconoscere una qualifica spendibile nei servizi e nelle strutture sociali e socio-sanitarie è richiesta la frequenza ad un intero corso (pur ridotto nelle ore ma non nella durata temporale), occupando posti nei corsi della formazione professionale che altrimenti sarebbero disponibili per altri soggetti che mai hanno affrontato quelle tematiche formative e determinando uno spreco di risorse finanziarie e formative;
          sentita l'esperienza di diplomati nei corsi di tecnico dei servizi sociali che hanno successivamente frequentato i corsi di «Operatore socio-sanitario», si riscontra un parere diffuso circa la prevalente inutilità della ripetizione di gran parte delle lezioni teoriche, mentre alcuni rilevano l'utilità di un'integrazione della formazione con attività di tirocinio in ambiti differenziati;
          a parere dell'interrogante la mancanza del riconoscimento di cui in premessa pone in essere una condizione ingannevole nei confronti dei giovani e delle loro famiglie, convinti, in base alle descrizioni dei profili professionali forniti dal Ministero, di seguire corsi dell'istruzione professionale di Stato utili all'inserimento nel mondo del lavoro, per poi ritrovarsi o a dover accedere a corsi professionali a pagamento o soggetti a test selettivi, oppure a dover proseguire gli studi in ambito universitario;
          sempre a parere dell'interrogante si potrebbe prevedere un modulo specifico per il conseguimento della qualifica di «operatore dei servizi socio-sanitari», modulo il cui accesso sia riservato a persone con i titoli rilasciati dall'istruzione professionale di Stato e, al fine di un contenimento dei costi, l'eventuale realizzazione di tale modulo specifico, oltre che agli enti di formazione professionale, potrebbe essere affidata a istituti scolastici accreditati per la formazione  –:
          se non si ritenga urgente e doveroso affrontare il problema del riconoscimento nel settore sociale e socio-sanitario dei titoli conseguiti nell'istruzione professionale di stato, quale «operatore dei servizi sociali» e quale «tecnico dei servizi sociali» previsti nell'ordinamento previgente e in prospettiva quello di «Tecnico dei servizi socio-sanitari», previsto nel decreto del Presidente della Repubblica n.  87 del 15 marzo 2010;
          se non si ritenga doveroso procedere in tempi rapidi nel realizzare un accordo con le regioni, affinché i giovani con titolo di «Operatore dei servizi sociali» e «Tecnico dei servizi sociali» che intendano svolgere la professione di «operatore socio-sanitario», vedano riconosciuto il titolo di «tecnico dei servizi sociali» come valido per ricoprire la mansione di operatore socio-sanitario, fatto salvo un necessario periodo di prova da realizzare all'interno dell'ente che procede all'assunzione, prendendo in considerazione quanto esposto in premessa per il contenimento dei costi;
          se non si ritenga urgente procedere ad un accordo con le regioni, sulla base degli studi effettuati dall'ISFOL o da altri soggetti e delle esperienze fatte da alcune regioni, quale la Toscana, prevedendo ambiti professionali specifici per il cui accesso sia spendibile il titolo di «tecnico dei servizi sociali» e di «tecnico socio-sanitario» introducendo, eventualmente, una revisione del curriculum del «tecnico sociosanitario», se necessario, o l'uso delle quote di flessibilità e autonomia, previste dal citato decreto del Presidente della Repubblica n.  87 del 2010, per realizzare nell'istruzione professionale di Stato una preparazione coerente ai fabbisogni del settore sociale e socio-sanitario.
(4-18936)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


      NICOLA MOLTENI, CROSIO e RIVOLTA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il problema della mancata erogazione dell'indennità speciale di disoccupazione ai frontalieri ai sensi della legge 5 giugno 1997, n.  147 è già emerso in tutta la sua rilevanza nelle scorse settimane, causando un rilevante danno economico a tutti i lavoratori frontalieri che hanno perso il lavoro e che difficilmente riusciranno a reinserirsi nel marcato del lavoro a causa della congiuntura economica sfavorevole;
          i sottoscritti interroganti avevano già presentato l'interrogazione 5-08044 sul tema, alla quale è stata data risposta non esaustiva, in seguito alla quale gli interroganti hanno incontrato il presidente dell'INPS, per avere chiarimenti sul tema;
          l'INPS ha scritto al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per comprendere se la citata legge 147/1997 sia pienamente efficace o sia venuto meno il diritto dei frontalieri di beneficiare dell'indennità speciale;
          ad oggi nessuna risposta è giunta dai due Ministeri e si avvicina il termine del 1o gennaio 2013, dal quale verrà applicato anche ai lavoratori frontalieri rimasti disoccupati in Svizzera il nuovo sussidio di disoccupazione (ASPI), istituito con la legge di riforma del mercato del lavoro, meccanismo ancora più penalizzante per i frontalieri stessi;
          il fondo speciale previsto dalla legge n.  147 del 1997, anche se non più alimentato, è ampiamente in grado di soddisfare le richieste dei lavoratori frontalieri per diversi anni  –:
          se, come gli interroganti ritengono, la legge 5 giugno 1997, n.  147 sia pienamente in vigore e quali siano gli impedimenti ad erogare l'indennità speciale di cui alla stessa legge;
          quali siano le motivazioni per le quali il Ministero del lavoro unitamente al MEF tardano nel rispondere alla lettera inviata dall'INPS. (5-08592)


      SCHIRRU, ARGENTIN, PEDOTO, GATTI, CODURELLI e BOCCUZZI. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          i commi 34-36 dell'articolo 1 della legge 28 giugno 2012, n.  92, (riforma del lavoro) prevedono la stipula tra Governo e regioni, in sede di Conferenza Stato-regioni, di un accordo per la definizione di linee-guida condivise in materia di tirocini formativi e di orientamento;
          il comma 34 prevede la stipula tra Governo e regioni, in sede di Conferenza Stato-regioni, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, di un accordo per la definizione di linee-guida condivise in materia di tirocini formativi e di orientamento, sulla base dei seguenti criteri:
              a) revisione della disciplina dei tirocini formativi, anche in relazione alla valorizzazione di altre forme contrattuali a contenuto formativo;
              b) previsione di azioni e interventi volti a prevenire e contrastare un uso distorto dell'istituto, anche attraverso la puntuale individuazione delle modalità con cui il tirocinante presta la propria attività;
              c) individuazione degli elementi qualificanti del tirocinio e degli effetti conseguenti alla loro assenza;
              d) il riconoscimento di una congrua indennità, anche in forma forfettaria, in relazione alla prestazione svolta;

          il comma 35 dispone che la mancata corresponsione dell'indennità di cui alla lettera d) del comma 1 comporta a carico del trasgressore l'irrogazione di una sanzione amministrativa il cui ammontare è proporzionato alla gravità dell'illecito commesso, in misura variabile da un minimo di 1.000 a un massimo di 6.000 euro, conformemente alla previsioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n.  689. Il comma 36, infine, dispone che all'applicazione del presente articolo non possono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
          dopo l'approvazione della legge, dal mese di agosto 2012 ad oggi, l'INPS ha bloccato la stipula di nuove convenzioni per l'attivazione dei tirocini di formazione e orientamento e l'attivazione di rapporti di tirocinio in relazione a convenzioni già sottoscritte per i soggetti svantaggiati (disabili);
          è emersa infatti l'esigenza di individuare la regolamentazione da applicare nelle ipotesi di tirocinanti appartenenti a tale categorie, in considerazione della finalità di inserimento sociale che in queste particolari situazioni dovrebbe rappresentare l'obiettivo prioritario;
          in una nota inviata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l'INPS chiede che siano chiariti nello specifico i punti relativi ai commi 34-36 dell'articolo 1, in particolare per quali tipologie di tirocini vada applicata «la congrua indennità in relazione all'attività svolta» e quali sanzioni siano applicabili in caso di inottemperanza;
          ad oggi non è stata inoltre ancora resa nota la necessaria regolamentazione «entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge» attraverso linee guida condivise tra Stato e regioni;
          il risultato è che molte aziende, pubbliche e private, venute a conoscenza della norma, stanno chiedendo ai centri di formazione professionale il ritiro degli allievi con disabilità;
          in considerazione della delicatezza del settore della formazione professionale dei disabili, in assenza di regole condivise, di certezze su quando e come vada riconosciuta l'indennità, senza garanzie per i tirocinanti e le aziende pubbliche e private in convenzione, si prospetta, purtroppo, il blocco dei tirocini formativi, di socializzazione e mantenimento  –:
          se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
          se non ritenga di dover assumere urgenti iniziative perché siano emanate le necessarie linee guida nonché chiari indirizzi in materia;
          se nel frattempo non intenda di dover assumere ogni iniziativa di competenza per assicurare una opportuna fase transitoria che consenta la continuità delle attività avviate e ponga fine ad una fase di stallo che rischia di penalizzare un numero crescente di giovani con disabilita.
(5-08597)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BOBBA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          Eikon s.n.c. è una società nata nel 1989, conta 6 dipendenti (tutte donne) e ha come principale cliente Loquendo spa cui fornisce consulenza informatica;
          Loquendo spa del gruppo Telecom Italia, è una società italiana nata nel 2001 che opera nel settore delle tecnologie vocali, producendo sistemi per la sintesi vocale e l'interazione vocale automatica uomo-macchina come il riconoscimento ed autenticazione vocale o l'esecuzione di un determinato comando tramite ordine vocale. È considerata leader a livello mondiale del settore;
          il 13 agosto 2011 Telecom Italia ha pubblicamente annunciato la cessione dell'intero pacchetto azionario in suo possesso di Loquendo spa pari al 99,98 per cento del totale, all'americana Nuance Communications Inc., nonostante la preoccupazione nei lavoratori di Loquendo che temevano lo smembramento del gruppo di ricerca e sviluppo e la scomparsa dall'Italia di un marchio eccellente e delle conoscenze acquisite in quarant'anni di attività, essendo Nuance Communications Inc. una diretta concorrente dell'azienda italiana;
          il 30 settembre 2011, Telecom Italia ha perfezionato la cessione di Loquendo al gruppo statunitense Nuance Communications Inc.;
          Nuance Communications Inc. ad oggi non ha ancora presentato un piano industriale e con molta probabilità opererà un piano di ridimensionamento aziendale, tagliando posti di lavoro;
          Eikon s.n.c. è nata come società di sviluppo software e come tale fornisce dal 2001 consulenza esterna a Loquendo spa, la quale si avvale di varie consulenze esterne per contenere l'assunzione di personale impiegato a tempo indeterminato;
          Eikon s.n.c. è costretta a licenziare i propri dipendenti a seguito della risoluzione del suo contratto con Loquendo spa e il mancato rinnovo dello stesso da parte di Nuance Communications Inc.  –:
          se non si ritenga doveroso e necessario garantire ai lavoratori di Eikon Informatica l'estensione dei benefici di mobilità, eventualmente previsti per quelli della Loquendo spa. (4-18913)


      BOBBA, MOSCA, MADIA, SANTAGATA, DAMIANO, GNECCHI, BERRETTA, BOCCUZZI, CODURELLI, BELLANOVA, MIGLIOLI, RAMPI, MATTESINI, GATTI e SCHIRRU. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78, come convertito dalla legge n.  122 del 2010 in particolare all'articolo 12, ha previsto che qualsiasi trasferimento o ricongiunzione di contributi avviene su domanda dell'interessato ed esclusivamente a titolo oneroso;
          gli enti previdenziali, come è noto, suggerivano ai cittadini che si recavano ai loro sportelli di non affrettarsi con le richieste di ricongiunzione, perché si sarebbe trattato comunque di ricongiunzioni a titolo gratuito, se verso l'Inps;
          a seguito dell'entrata in vigore di tali disposizione normativa i lavoratori interessati si sono trovati, con una norma retroattiva, senza le certezze e i diritti che solo qualche giorno prima erano in vigore;
          per rendere evidente l'iniquità della norma introdotta, si riporta il caso specifico di un'insegnante nata il 9 dicembre 1940; la signora ha insegnato presso lo stesso istituto scolastico per oltre 37 anni fino al 31 agosto 2010. Dal 1° settembre 2001, l'istituto scolastico da privato diventa istituto «parificato» e ciò determina, a decorrere dalla stessa data, il passaggio dell'obbligo assicurativo di tutti i dipendenti dall'Inps all'Inpdap;
          l'insegnante viene collocata a riposo per raggiunti limiti di età a decorrere dal settembre 2010. Nei primi giorni del mese di agosto va all'Inps per presentare domanda di pensione con l'intento di chiedere il trasferimento dei 9 anni di contributi versati all'Inpdap dal 1° settembre 2001 al 31 agosto 2010 presso l'Inps ai sensi della legge n.  352 del 1958, come negli anni precedenti avevano fatto gli altri dipendenti dell'istituto scolastico che erano andati in pensione;
          non sapeva dell'abrogazione della legge n.  352 del 1958 operata con decorrenza immediata dalla legge n.  122 del 2010 di conversione del citato decreto-legge tre giorni prima (abitualmente legge i quotidiani, non la Gazzetta Ufficiale). Nei primi giorni di settembre 2010 riceve il provvedimento di liquidazione della pensione di vecchiaia Inps in modalità provvisoria in attesa del trasferimento della contribuzione versata presso l'Inpdap. Pensione liquidata sulla base della sola contribuzione accreditata presso l'Inps (28 anni e 5 mesi);
          i 9 anni di contributi versati all'Inpdap presso la cassa pensione insegnanti dal 1° settembre 2001 fino al 31 agosto 2010, non possono essere utilizzati in alcun modo;
          infatti la lavoratrice: non può attivare la ricongiunzione onerosa al sensi dell'articolo 1 della legge n.  29 del 1979 perché titolare di pensione diretta Inps; non può chiedere la costituzione della posizione assicurativa all'Inps ai sensi della legge n.  322 del 1958 perché è stata abrogata dal 31 luglio 2010; non può chiedere la totalizzazione perché titolare di pensione diretta; non può chiedere la pensione supplementare all'Inpdap perché tale prestazione non è prevista nei fondi esclusivi  –:
          se non ritenga il Ministro interrogato, in coerenza con gli ordini del giorno accolti dal Governo, e la mozione n.  1-00690 approvata dalla Camera dei deputati assumere iniziative dirette a correggere la norma sopra richiamata che sta comportando pesanti e negative penalizzazioni per i lavoratori e le lavoratrici, nonché prevedere che anche per i contributi versati all'Inpdap, l'istituto della pensione supplementare, quando non utilizzati per la pensione di base, (così come previsto dalla proposta di legge 3871 e abbinate e relativo testo unico approvato all'unanimità dalla commissione lavoro).
(4-18915)


      BOBBA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          la dichiarazione sostitutiva unica (DSU) è il modello di autocertificazione finalizzato ad ottenere il calcolo dell'indicatore della situazione economica (ISE) e di quella economica equivalente (ISEE), in base alle quali i cittadini richiedono le prestazioni agevolate;
          da molti anni, l'INPS ha rinunciato alla gestione diretta di questo servizio, convenzionandosi con il sistema dei Centri di assistenza fiscale (CAF) che oggi assistono il 95 per cento delle pratiche, per un totale, nel 2010, di oltre 7.400.000, compilate da 83 Centri di assistenza fiscale;
          la convenzione è stata prorogata dal 2006 al 2011, senza alcuna modifica di costo unitario per l'INPS, in attesa – fino a tutto il 2010 – del completamento del quadro normativo di riferimento e – nel corso del 2011 – del rinnovo della convenzione stessa;
          nei primi mesi del 2011 è stata negoziata tra l'INPS e i CAF una bozza di rinnovo della convenzione, a valere triennalmente, dal 2011 al 2013, senza aumenti di costo unitario della pratica, fino al 2012;
          nell'estate del 2011, la direzione generale insieme alla direzione centrale ispettorato, audit e sicurezza ha convocato la consulta dei Centri di assistenza fiscale per segnalare un'indagine conclusa sul triennio precedente, nelle tre regioni, Calabria, Campania e Sicilia, dove si erano rilevate anomalie mediamente del 2-3 per cento, riconducibili solo in parte a presunti illeciti;
          nonostante l'audit e la consulta abbiano individuato gli interventi opportuni che sono stati inseriti nella bozza della convenzione, volti a contrastare comportamenti anomali e illeciti, ad oggi il rinnovo non è stato ancora confermato;
          la presidenza dell'INPS, dopo l'approvazione di un'ulteriore convenzione per l'affidamento del servizio di raccolta e di trasmissione delle dichiarazioni di responsabilità al fine dell'erogazione di prestazioni assistenziali e la conseguente firma della stessa da parte dei Centri di assistenza fiscale, ad oggi non ha ancora provveduto alla sottoscrizione delle singole convenzioni;
          la consulta dei Centri di assistenza fiscale, a inizio 2012, ha sollecitato più volte incontri per chiarire l’impasse in cui le convenzioni si trovano;
          nel medesimo stallo versa la convenzione RED, intanto scaduta e non rinnovata  –:
          se non si ritenga doveroso e urgente convocare la consulta dei Centri di assistenza fiscale, al fine di valutare il rinnovo delle convenzioni di cui in premessa, onde evitare di recare danno all'INPS e ai cittadini-utenti. (4-18917)


      BOBBA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          nel luglio 2011 l'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani, (INPGI), emette un comunicato – sul proprio sito – in cui si annunciano sgravi fiscali per le editrici che trasformano il rapporto di lavoro di propri giornalisti dipendenti, da tempo determinato in tempo indeterminato;
          da tale comunicato si evince che «dagli sgravi fiscali saranno comunque esclusi i pensionati e le aziende che hanno effettuato licenziamenti, mentre saranno inclusi tutti i contratti giornalistici, compresi quelli adottati dalla Fieg e dall'Aeranti Corallo;
          la società editrice «Fotocomposizione Santarosa Snc» di Savigliano (CN), editrice del giornale «Il Saviglianese» presenta richiesta di agevolazioni per un proprio dipendente per il quale ha trasformato il contratto a tempo determinato in contratto tempo indeterminato e la richiesta viene accolta, con comunicazione ufficiale;
          la stessa Fotocomposizione Santarosa Snc viene poi contattata telefonicamente da INPGI che anticipa una comunicazione di revoca, in quanto le agevolazioni sarebbero previste solo per i contrattualizzati FNSI, giusta delibera del C.d.A. dell'INPGI, secondo una circolare del 10 novembre 2011;
          la Editrice «Fotocomposizione Santarosa Snc» riceve la revoca ufficiale delle agevolazioni a suo tempo concesse;
          in entrambe le comunicazioni sopra citate di concessione e di revoca delle agevolazioni si fa riferimento alla mansione di «giornalista», e quindi non viene messa in discussione la figura professionale in parola, per la quale la Editrice versa regolarmente i contributi previsti da leggi nazionali e regolamenti INPGI;
          a parere dell'interrogante si è posta in essere una discriminazione sindacale, con l'obiettivo pratico di spingere alla contrattualizzazione con FNSI, cosa che non è sicuramente compito dell'INPGI né di altri organi istituzionali, pubblici o privati  –:
          in base a quali norme l'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani ha stabilito i contratti e quindi i giornalisti, che hanno diritto alle agevolazioni contributive rispetto ad altri, dal momento che tutti i giornalisti, comunque contrattualizzati, anche individualmente sono obbligati ad iscriversi all'INPGI;
          se non si ritenga urgente e doveroso chiarirei rapporti tra editori e INPGI a prescindere dal contratto applicato, ovvero, in alternativa, di concedere agli editori che applicano contratti non siglati da FNSI, di versare i contributi all'INPS.
(4-18920)


      LANDOLFI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          il signor N.A. 37enne con moglie e due figli minorenni residente a Trentola Ducenta (CE), il 30 luglio del 1989 subì un gravissimo incidente a bordo del suo ciclomotore in via Europa a San Marcellino (CE), dove venne investito da un'auto;
          a seguito di tale incidente stradale, lo stesso riportava un'immobilità del rachide cervicale e lombo sacrale, una discotopia L5-S1, una lieve contrattura antalgica dei muscoli paravertebrali, nonché una zoppia alla gamba sinistra, una lesione al nervo ottico dell'occhio destro e gravi problemi di udito;
          tutto ciò lo rese oggettivamente invalido e, quindi, incapace di lavorare;
          dopo lunghissime degenze in ospedale e dopo aver subito numerose operazioni, tra cui 4 trapianti di pelle, carne e ossa, il signor A. intraprende una battaglia contro la burocrazia per ottenere il riconoscimento dell'invalidità;
          la prima richiesta inviata all'allora Usl di Aversa per il riconoscimento dell'invalidità e della conseguente indennità risale al 1992, quando la commissione, riunitasi a Lusciano (sede del distretto sanitario di cui fa parte il comune di Trentola), la respinge riconoscendogli un punteggio pari al 65 per cento, mentre per la legge la soglia di sbarramento è posta al 74 per cento;
          dopo alcuni anni, causa ulteriori problemi sia alla zoppia che alla colonna vertebrale, lo stesso A. propone una seconda istanza ma viene riconfermato il 65 per cento e di conseguenza, nel 1998 decide di presentare un esposto alla procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere (CE) affinché accertasse l'esistenza di eventuali reati nella condotta dei medici della commissione dell'Asl ma dopo appena due anni, l'ufficio inquirente chiede l'archiviazione che il giudice per le indagini preliminari concede dopo altri cinque anni e precisamente il 16 agosto 2005;
          sempre nel 1998, A. cita davanti al giudice civile sia l'Asl che l'Inps ma il consulente tecnico d'ufficio nominato dal giudice, ovvero il dottor Federico Panarella, dopo un'attenta visita conferma il 65 per cento;
          verso la fine del 2001, il signor A. decide di recarsi privatamente da un medico legale in servizio proprio al distretto Asl di Aversa, dottor Mariano Buniello, il quale gli riscontra un'invalidità dell'80 per cento, accertando l'incidenza dell'infermità sulla capacità lavorativa del soggetto e l'utilità di rinnovare la consulenza tecnica d'ufficio;
          nel 2004, alla luce di tale consulenza, ripropone una terza istanza ma, addirittura, la commissione dal 65 per cento che aveva in precedenza, gli riconobbe solo il 47 per cento;
          nel frattempo i problemi di salute del signor A. aumentano e nel 2005, un altro medico in servizio sempre al distretto Asl di Lusciano, dottor Goffredo Alviano Glaviano, gli riscontra un'asma bronchiale cronica che, ancora oggi, gli dà diritto a ricevere gratuitamente le medicine;
          nel 2008, tenta con una quarta istanza a cui vengono allegati anche i problemi all'udito e questa volta l'Asl porta la soglia di invalidità dal 47 per cento al 74 per cento, ma intanto la nuova normativa dà la parola finale all'Inps, la cui Commissione gli assegna il 60 per cento, impedendogli ancora una volta di percepire l'indennità;
          nel 2011, ha citato nuovamente l'Istituto previdenziale ed ha aperto così un altro processo con perizia  –:
          se siano note le ragioni della valutazione dell'Inps e se intenda valutare se sussistono i presupposti per un intervento che possa risolvere la dolorosa vicenda descritta in premessa. (4-18935)


      BOBBA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la Società Jolly Club srl con sede in Cigliano (Vc) Via S.Clara 7 P.I. 001728410026 nella persona dell'amministratore unico signor Bonino Maria Rita svolge attività commerciale turistica, nello specifico una piscina estiva con idroscivoli, con periodo di apertura 1° giugno fino al 31 agosto di ogni anno solare;
          negli anni 2010-2011-2012 la citata società ha assunto alle proprie dipendenze, tramite consulente del lavoro ragazzi dai 18 ai 25 anni, con regolare autocertificazione che attesta la frequenza a corsi di studio, muniti di brevetto di «assistente bagnanti» in qualità di bagnini, con il metodo dei vouchers;
          l'attività esercitata dalla società non può prescindere dalla presenza di personale addetto all'assistenza ai bagnanti, e la commissione provinciale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo, nel verbale di visita, raccomandava la presenza di almeno 4 bagnini;
          la società Jolly Club nel solo 2012, per garantire standard di sicurezza garantiva la presenza di almeno 10 assistenti ai bagnanti, provvedendo per 9 di questi ad una contrattazione di tipo accessorio corrispondendo i voucher e 1 assunto come lavoratore dipendente;
          tali assunzioni regolarmente inviate agli enti di competenza, e secondo le normative pubblicate sul sito INPS vengono contestate, a seguito di sopralluogo degli stessi ispettori INPS, in quanto non risponderebbero ai requisiti di lavoro accessorio ma ascrivibili nella categoria di lavoro dipendente subordinato;
          nel verbale del 16 settembre 2012, redatto dall'INPS, viene contestato all'amministratore unico della società la violazione dell'articolo 39, comma 1 e 2 del decreto-legge n.  112 del 2008, convertito nella legge 21 agosto 2008, n.  133, essendo appunto riferita a più di dieci lavoratori, il rapporto contrattuale di assunzione;
          a parere dell'interrogante la vicenda in premessa evidenzia problematiche interpretative riguardo alla normativa sul lavoro accessorio occasionale in particolar modo relativamente al tipo di rapporto, ai soggetti e ai settori produttivi interessati e alla mansione che si può richiedere al prestatore;
          venerdì 28 settembre 2012, dopo sollecitazione da parte del sindaco di Cigliano, signor Corgnati, al fine di avere chiarimenti sulla legislazione, l'ufficio relazioni esterne del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, faceva presente tramite e-mail di aver provveduto ad inoltrare la richiesta ai competenti uffici, ma ad oggi non vi è stata ancora risposta  –:
          se non si ritenga urgente e doveroso specificare il merito della legge n.  191 del 23 dicembre 2009, nonché la gestione del lavoro accessorio occasionale, anche al fine di evitare che aziende come quella in premessa, pur volendo rispettare tutte le previsioni di legge e garantire la sicurezza della propria attività, si ritrovino sanzionati. (4-18938)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


      FIORIO, TRAPPOLINO, SANI e OLIVERIO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
          sono presenti da tempo, nei mercati mondiali e nei Paesi dell'Unione europea, i cosiddetti wine kit: prodotti che promettono, con semplici polveri, di ottenere in pochi giorni vini dalle etichette prestigiose come Chianti, Valpolicella, Frascati, Primitivo, Gewurztraminer, Barolo, Lambrusco, Verdicchio e Montepulciano;
          secondo le denunce di alcuni media e delle associazioni agricole italiane come la Coldiretti, questi wine kit vengono prodotti soprattutto in Canada ed in Svezia; molte confezioni fanno esplicito riferimento alla produzione italiana, ad un marchio di qualità tutelato dall'Unione europea, e promettono in soli cinque giorni di ottenere in casa vini tipici per i quali vengono addirittura fornite le etichette da apporre sulle bottiglie;
          nei giorni scorsi il Commissario europeo all'agricoltura Dacian Ciolos, in risposta ad una interrogazione parlamentare sul tema, ha affermato che «la Commissione è stata informata delle pratiche commerciali a cui si fa riferimento nell'interrogazione e, durante l'ultima riunione del Comitato di gestione dell'OCM unica, ha provveduto a informare le delegazioni degli Stati membri che tali pratiche violano le norme in materia di etichettatura nel settore vitivinicolo stabilite dalla legislazione europea. La Commissione ha precisato che i prodotti in questione non possono essere commercializzati utilizzando una denominazione di origine protetta (Dop) o un'indicazione geografica protetta (Igp), nemmeno attraverso una semplice evocazione del nome. Gli Stati membri devono adottare tutti i provvedimenti necessari a prevenire l'uso illecito del nome di una Dop o di un'Igp ritirando dal mercato tali prodotti»;
          Coldiretti ha stimato che, solo nei Paesi europei, almeno venti milioni di bottiglie di «pseudo» vino vengano ottenute attraverso wine kit;
          nonostante le iniziative della Commissione europea sono ancora in vendita on line, sui più importanti siti di e-commerce al mondo come Amazon ed Ebay, tali wine kit riferiti ai vini italiani;
          tale pratica illecita rischia di compromettere l'immagine e la credibilità dell'intero settore vitivinicolo italiano. Un prestigio conquistato nel tempo grazie agli sforzi fatti per la valorizzazione di un prodotto che esprime qualità, tradizione, cultura e territorio;
          in Italia mozzarelle, olio extravergine d'oliva, pomodori San Marzano e vino sono questi gli alimenti più contraffatti, tra frodi e contraffazioni: è quanto emerso in «Italia a tavola 2012», il IX rapporto sulla sicurezza alimentare del Movimento difesa del cittadino e Legambiente;
          nel nostro Paese, secondo recenti indagini, ribadite dalle stime delle associazioni di categoria, il mercato della contraffazione nel settore agroalimentare supera i 1,1 miliardi di euro annui;
          il Made in Italy agroalimentare registra un danno medio di circa 60 miliardi di euro l'anno per colpa dell'invasione mondiale di prodotti contraffatti, mentre il Made in Europe arriva a 100 miliardi;
          nel caso degli alimentari la distribuzione di prodotti contraffatti assume aspetti ancora più gravi dal momento che la vendita avviene, nella maggior parte dei casi, all'insaputa dell'acquirente;
          «il tema delle contraffazioni – ha sottolineato recentemente il Ministro delle politiche agricole Mario Catania – è un tema vivissimo perché l'agroalimentare italiano è oggetto di contraffazioni su scala internazionale e queste contraffazioni tolgono moltissimo valore e ricchezza ai produttori agricoli. È un impegno prioritario del Governo battersi contro la contraffazione»;
          politiche maggiormente efficaci ed incisive contro la lotta alla contraffazione, sia a livello nazionale, che comunitario, sono state richieste dalle associazioni italiane di categoria. Per la Coldiretti sono una «priorità anche per chiedere più trasparenza a livello internazionale dove i prodotti alimentari italian sounding, sviluppano un fatturato di 60 miliardi di euro pari al doppio del valore delle esportazioni del prodotto originale»; per la Cia è necessario non solo «intensificare ancora la rete dei controlli e inasprire le sanzioni» ma «anche creare una task-force in ambito Ue per contrastare le falsificazioni alimentari  –:
          quali iniziative urgenti intendano assumere i Ministri interrogati per ritirare dal mercato, ed in particolare dall’e-commerce, i wine kit citati in premessa;
          se non ritenga opportuno intervenire in sede europea, per promuovere la creazione di un task-force per contrastare, a livello internazionale, le falsificazioni alimentari. (5-08594)

Interrogazione a risposta scritta:


      MARROCU, CALVISI e FADDA. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          con l'accoglimento dell'ordine del giorno approvato nella seduta n.  609 del 22 marzo 2012 la Camera impegnava il Governo a: «a favorire un intervento, compatibile con le esigenze di finanza pubblica, per chiarire che la produzione di energia elettrica o termica da parte di imprenditori agricoli derivante da tutte le fonti rinnovabili nella potenza massima di 200 KWp costituisce un'attività agricola connessa ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile»;
          l'articolo 1, comma 423, della legge 23 dicembre 2005, n.  266, limita il riconoscimento di attività agricola connessa la produzione e la cessione di energia elettrica, nel limite massimo di 200 KWp, da fonti «agroforestali e fotovoltaiche»;
          la regione Sardegna ha stabilito al fine di cogliere l'opportunità in termini di ricadute sull'intero territorio regionale di promuovere la creazione di un sistema diffuso di piccoli e medi impianti di produzione di energia da impianti eolici in grado di assicurare lo sviluppo delle attività finalizzate alle produzioni agricole;
          con successivo provvedimento di legge si è stabilito «l'obbligo per l'Autorità nazionale per l'energia e il gas di dare priorità nella connessione ai progetti presentati dagli agricoltori sino ad un massimo di 200 KWp»;
          le aziende agricole potrebbero integrare il proprio reddito in una fase di grave crisi per il settore promuovendo direttamente progetti compatibili e sostenibili di produzione di energia rinnovabili evitando trappole di speculatori che propongono mega parchi eolici o serricolo-fotovoltaici con minime ricadute per il settore agricolo sia in termini economici che sociali-occupative  –:
          quali siano gli interventi attivati dal Ministero per lo sviluppo economico e dal Ministero delle politiche agricole e forestali finalizzati a chiarire che la produzione e la cessione di energia elettrica o termica da parte degli imprenditori agricoli da fonti rinnovabili nella potenza massima di 200 Chilowatt di potenza costituisce attività agricola connessa ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile. (4-18895)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


      TASSONE. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
          con la sentenza n.  223/2012, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 2, del decreto-legge n.  78 del 2010 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.  122 nella parte in cui dispone dal corrente anno 2012 la riduzione del trattamento economico complessivo del pubblici dipendenti nella misura del 5 per cento una volta superati i 90.000 euro annui lordi e del 10 per cento una volta superati i 150.000 euro  –:
          quali iniziative intenda adottare affinché venga eliminata la decurtazione, tuttora in atto nei confronti dei pensionati del pubblico impiego, anche per corrispondere in pieno alla sentenza della Corte costituzionale, evitare futuri contenziosi nei confronti della pubblica amministrazione, considerando inoltre che, nel caso di pensionati, si tratta di una vera e propria patrimoniale, su risparmi che gli stessi hanno versato durante il servizio per alimentare il loro fondo pensione. (4-18881)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          nel nostro Paese, sono circa otto milioni le persone affette da malattie reumatiche, di queste la maggior parte è affetta da forme artrosiche, e circa 734.000 pazienti sono colpiti da forme croniche particolarmente gravi ed invalidanti quali: artrite reumatoide, spondilo artropatie, vasculiti e connettiviti, malattie particolarmente temibili per il coinvolgimento di organi interni come cuore, rene, polmoni, nervi, vasi, cervello e altro. Tali malattie colpiscono soggetti rientranti in tutte le fasce di età e in tutte le fasce sociali con una maggiore incidenza nelle donne in età fertile; i costi dell'assistenza socio-sanitaria rappresentano una porzione rilevante per l'economia complessiva del Paese. La spesa per le patologie reumatiche croniche supera i quattro miliardi di euro l'anno e quasi la metà – 1 miliardo e 739 milioni – è rappresentata dalla perdita di produttività per circa 287.000 lavoratori malati;
          ventitré milioni di giornate di lavoro perse ogni anno e quasi 2 miliardi di euro di mancata produttività sono i costi che gravano pesantemente sulla collettività e sul bilancio dello Stato in termini di spesa sociale ovvero di minori entrate per tasse sulla produzione di reddito, che derivano dalla scarsa attenzione alle malattie reumatiche;
          è indispensabile, al fine di migliorare la qualità della vita delle persone con patologie reumatiche e per razionalizzare l'impatto sulle risorse dei sistemi sanitari regionali, che il Governo e le regioni adottino quanto prima azioni concrete volte a garantire la diagnosi precoce, la presa in carico, l'integrazione degli interventi, l'appropriatezza delle prestazioni, nonché l'equità di accesso alle cure e in particolare ai farmaci biologici;
          l'artrite reumatoide era già presente nel piano nazionale della prevenzione (PNP) 2010-2012 siglato il 29 aprile 2010 nella Conferenza Stato-regioni, nella sezione 4, area dedicata alla «prevenzione nella popolazione a rischio», capitolo 4.6 nell'ambito delle malattie osteo-articolari;
          il piano sanitario nazionale per il triennio 2011-2013, approvato con intesa del 22 settembre 2011, prevede tra le cosiddette patologie rilevanti le malattie reumatiche croniche;
          nella proposta di riparto da parte del Ministero della salute inerente ai fondi sanitari per l'anno 2012, e in particolare della parte relativa alle linee progettuali per l'utilizzo da parte delle regioni delle risorse vincolate per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale 2012, vi è la totale assenza nei relativi atti di linee progettuali e relativi stanziamenti a favore delle patologie reumatiche croniche, con particolare riferimento all'istituzione delle reti reumatologiche  –:
          quali iniziative urgenti, sia di carattere economico-finanziario sia di ordine normativo, il Governo intenda assumere, nel rispetto competenze regionali, affinché le patologie reumatiche e le reti reumatologiche siano parte integrante della proposta del Ministero della salute inerente al riparto dei fondi sanitari per l'anno 2012, e in particolare delle linee progettuali per l'utilizzo da parte delle regioni delle risorse vincolate per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale 2012. (5-08596)

Interrogazioni a risposta scritta:


      BORGHESI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          risulta essere stata inviato all'attenzione della Commissione europea uno schema di decreto interministeriale che propone l'introduzione di alcune modifiche al decreto legislativo n.  31 del 2001 relativamente ai requisiti di potabilità (notification number 2012/0534/I – C50A, title «Schema di decreto interministeriale per l'introduzione nell'allegato I, parte B, del decreto legislativo 2 febbraio 2001 n.  31, del parametro “Microcistina-LR” e relativo valore di parametro»);
          tale schema di decreto introduce de facto l'ammissibilità della presenza di contaminazione da cianobatteri e loro microcistine nelle acque destinate a consumo umano, laddove invece la presenza di tale agente inquinante non deve essere ammessa in nessun caso nell'acqua potabile;
          il decreto legislativo n.  31 del 2001, che ha recepito la direttiva europea 98/83, per quanto riguarda la potabilità delle acque destinate a consumo umano, non può e non deve essere modificato con l'introduzione di nuovi valori di parametro per sostanze cancerogene evitabili per le quali, come noto, non esistono soglie di sicurezza, in quanto verrebbe meno la capacità di tutela della salute pubblica a cui sia la direttiva che il decreto legislativo in questione sono demandati;
          va tenuto conto della complessità biologica e della grande, e in parte ancora sconosciuta, potenzialità tossica dei cianobatteri; della loro mutevole ed imprevedibile risposta a diverse condizioni climatiche ed ambientali; delle azioni tossiche, epigenetiche, genotossiche ed oncogene di tanti e vari tipi di microcistine da essi prodotte; delle attività tossiche e/o cancerogene di svariati elementi contaminanti ed inquinanti le acque, tra cui le microcistine, che possono esplicarsi con molteplici e ancora sconosciuti meccanismi di interazione ed amplificazione indicati come «effetto cocktail», diversi da quello della sola e semplice sommazione delle loro singole azioni;
          occorre ricordare le documentate e croniche difficoltà in Italia di una potabilizzazione efficace, sicura e costante delle acque che presentano queste criticità, la mancanza di un reale e diffuso sistema di sorveglianza, allarme e gestione di questi fenomeni su tutto il territorio nazionale italiano, il documentato e concreto rischio per la salute umana e la necessità di rispettare pienamente il principio di precauzione;
          l'Associazione Italiana Medici per l'Ambiente – Isde (International Society of Doctors for the Environment – Italia) ha inviato al responsabile del procedimento presso la Commissione europea (responsabile per la direttiva 98/34/CE) un documento recante una serie di osservazioni volte appunto a chiedere il rigetto dello schema di decreto interministeriale  –:
          se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sopra esposto e se non intendano ritirare lo schema di decreto citato o quali iniziative intendano assumere per evitare quanto sopra ipotizzato. (4-18891)


      BORGHESI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 11 del decreto-legge n.  1 del 24 gennaio 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge n.  27 del 2012, al comma 3, recita testualmente: «3. (...) Entro 60 giorni dall'invio dei dati di cui al comma 2, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano bandiscono il concorso straordinario per soli titoli, per la copertura delle sedi farmaceutiche di nuova istituzione e per quelle vacanti, fatte salve quelle per la cui assegnazione, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, la procedura concorsuale sia stata già espletata o siano state già fissate le date delle prove (...)»;
          il legislatore afferma che il concorso straordinario per l'assegnazione delle nuove sedi farmaceutiche si dovrà espletare solo in quelle regioni in cui lo stesso non sia già stato espletato e non vi siano, di conseguenza, graduatorie in corso di validità, e in quelle in cui è già stata fissata la data per le prove;
          in alcune regioni (ad esempio Lazio, Marche, Toscana) è stata completata negli anni passati l'ordinaria procedura concorsuale per l'assegnazione delle sedi farmaceutiche di nuova istituzione; le relative graduatorie di merito sono state pubblicate a marzo 2011 (Lazio e Marche) e di recente (Toscana) e le graduatorie hanno validità di 4 anni dalla data di pubblicazione sui BUR;
          nonostante la conversione in legge del decreto sulle liberalizzazioni non sono stati emanati articoli che annullano le graduatorie in essere; la regione Lazio ha indetto un concorso (il termine per la presentazione delle domande è il 13 dicembre) per l'assegnazione di nuove sedi farmaceutiche in base al suddetto decreto  –:
          se il Ministro sia a conoscenza dei fatti;
          se intendano assumere iniziative normative volte a prevedere che l'assegnazione delle sedi farmaceutiche avvenga utilizzando, in via prioritaria, le graduatorie in corso di validità, considerati anche gli oneri derivanti da nuove procedure concorsuali. (4-18905)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


      VICO e LULLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il recente studio svolto dall'Enea basato sui titoli di efficienza energetica evidenzia «luci ed ombre» che in questi anni avrebbero portato, in base alle delibere dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, a pagamenti non dovuti e a conteggi di risparmi non corretti, a tutto vantaggio degli operatori economici che beneficiano di questi pagamenti ma con pochi risultati rispetto alle priorità prefissate, gli obiettivi europei al 2020;
          l'efficienza energetica rappresenta la più importante priorità della strategia energetica nazionale  –:
          quale sia l'orientamento dei Ministri interrogati relativamente a quanto esposto in premessa, se siano a conoscenza dei reali risultati raggiunti dal sistema dei Titoli di Efficienza Energetica (TEE), come intendano intervenire per evitare il ripetersi di tali situazioni in futuro e assicurare il percorso di raggiungimento degli obiettivi europei al 2020. (5-08589)

Interrogazioni a risposta scritta:


      PALOMBA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la direzione provinciale delle poste di Cagliari ha comunicato ad alcuni comuni della Sardegna che, a partire dal 10 dicembre 2012, sarà data attuazione a un programma di riduzione dell'operatività di diversi uffici postali della regione Sardegna che prevede l'apertura degli sportelli postali per soli tre giorni a settimana;
          secondo Poste italiane spa la decisione è motivata da esigenze di risparmio dei costi e mira a razionalizzare i servizi all'utenza;
          tale decisione, assunta sulla base di mere valutazioni economiche, causa però gravi disagi alla popolazione sarda e sopratutto agli abitanti dei Paesi dell'interno della Sardegna;
          in particolare la situazione è ancora più grave nei paesi con una forte prevalenza di cittadini di età avanzata, che sarebbero oltremodo penalizzati dalla chiusura, sia pure per giorni alterni, dell'unico ufficio postale;
          per questo motivo lo scorso 3 dicembre il consiglio comunale di Nuragus, paese con una forte prevalenza di cittadini anziani, ha approvato all'unanimità un ordine del giorno in cui si chiede che Poste non chiuda neppure a giorni alterni l'ufficio postale e si demanda al sindaco e alla giunta di porre in essere in ogni sede, anche giudiziaria, gli atti necessari per evitare tale chiusura;
          nell'ordine del giorno del consiglio comunale di Nuragus si denuncia peraltro l'illegittimità della decisione delle Poste, in quanto «il settore della comunicazione è un servizio universale che deve essere integralmente garantito e assicurato dall'Amministrazione Pubblica, o direttamente o attraverso la concessione del servizio a privati ovvero a società a parziale o totale capitale pubblico»;
          nell'accordo tra poste e ministero dello sviluppo economico sono disciplinati l'attività e i servizi che deve svolgere il Poste, tra cui l'apertura degli uffici postali almeno uno per comune. La possibilità di ridurre i servizi – pur astrattamente disciplinata dall'accordo – è subordinata alla preventiva informativa alle autorità locali che possono collaborare con Poste italiane anche nel sopportare parte delle spese, per esempio mettendo a disposizione locali pubblici;
          trattandosi di un servizio universale, il servizio postale non può infatti essere sottoposto a riduzioni o limitazioni per ragioni esclusivamente economiche, Poste italiane non può dunque pretendere che tutti gli uffici postali siano economicamente vantaggiosi, in quanto la valutazione di economicità deve essere fatta complessivamente, considerando sia quelli che sono eventualmente in passivo e quelli che sono in attivo, magari ottenendo, come risulta, un utile netto a livello nazionale: siffatta valutazione, prettamente privatistica, non può in ogni caso essere effettuata da un soggetto che opera in servizio di concessione per un servizio universale;
          proprio in questa ottica, il legislatore ha concesso al Poste anche di esercitare l'attività bancaria avvalendosi delle rete di sportelli postali, con grandi sinergie economiche e forti utili, come si desume dal bilanci dello stesso ente  –:
          se sia al corrente dei disagi che l'eventuale riduzione dell'operatività degli sportelli postali a soli tre giorni a settimana causerebbe agli abitanti dei paesi dell'interno della Sardegna;
          se ritenga, inoltre, che un servizio universale come quello postale possa essere arbitrariamente ridotto dal gestore che in base a precisi accordi con il Ministero interrogato è obbligato a tenere aperto quotidianamente un ufficio postale per ogni comune;
          quali azioni intenda porre in essere per evitare che Poste – presso la cui rete di sportelli viene peraltro esercitata anche l'attività bancaria – chiuda, seppure a giorni alterni, qualsivoglia ufficio postale della Sardegna per ragioni esclusivamente economiche. (4-18882)


      MARROCU, CALVISI e FADDA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          la CERMED, Ceramica Mediterranea Spa, è una azienda che opera in Sardegna presso la zona industriale di Guspini, impiega direttamente 100 unità lavorative e 300 circa di indotto, producendo piastrelle in grès porcellanato di 1a categoria destinate al mercato internazionale a clienti di prestigio come Leroy Merlin, Bricoman, OBI;
          la materia prima è tutta di origine regionale, alcune miniere di argilla lavorano esclusivamente per approvvigionamento della CERMED e il consumo annuale si aggira intorno alle 90.000 tonnellate/anno;
          nonostante gli investimenti realizzati anche di recente, a causa principalmente dei costi energetici, sia per l'energia elettrica sia per il GPL, l'azienda continua a perdere competitività;
          i costi energetici incidono per un 35 per cento sui costi totali di produzione, la sola energia elettrica incide per un 10 per cento e l'energia termica (GPL) per il restante 25 per cento;
          l'azienda ha cercato di mitigare i costi dell'energia elettrica installando un impianto Foto Voltaico (FV) da 1 MW che ha consentito un risparmio del 10 per cento dei costi. In parte, però, il risparmio è stato vanificato dall'aumento in fattura della voce corrispettivo per fonti rinnovabili (quasi pari importo del risparmio ottenuto);
          la CERMED ha anche predisposto uno studio preliminare di fattibilità per la realizzazione di un impianto eolico da 6-8 MW che potesse dare autosufficienza energetica. La crisi finanziaria non ha consentito la realizzazione dell'impianto eolico e il progetto è stato accantonato;
          la CERMED rispetto alle ceramiche del comprensorio di Sassuolo che hanno il metano per i forni, sostiene un maggior costo attualmente, del 100 per cento letteralmente bruciando ogni anno circa 1.500.000,00 euro;
          l'azienda, come altre aziende che operano in Sardegna  si è mossa per cercare di approvvigionarsi di metano liquido (LNG) dalla Spagna, per realizzare un possibile risparmio pari al 30-35 per cento dei costi attuali, ma, a causa della situazione di insularità che influenza anche la certezza degli approvvigionamenti via nave, ha dovuto desistere. Infatti, l'unica compagnia di navigazione che effettua la tratta da Valencia a Cagliari non è in grado di garantire l'approviggionamento con puntualità;
          la CERMED ha dichiarato lo stato di crisi e rischia la chiusura con drammatiche ricadute in termini sociali ed economico in un territorio che ha già subito una crisi devastante con la chiusura delle miniere e lo smantellamento delle realtà industriali del polo chimico tessile di Villacidro  –:
          se non ritenga opportuno anche in considerazione che le cause dello stato di crisi dell'azienda siano imputabile quasi esclusivamente agli alti costi energetici, di convocare una riunione al Ministero con la CERMED, la giunta regionale della Sardegna, le rappresentanze sindacali, le amministrazioni locali, affinché siano individuate e definite tutte le soluzioni possibili ad evitare la chiusura degli impianti che determinerebbe la cancellazione di un settore che, come detto in premessa, garantisce una occupazione di oltre 400 unità lavorative. (4-18889)


      MARCO CARRA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          Bondanello è una frazione del comune di Moglia (MN) che conta poco più di 1000 abitanti;
          la direzione generale di Poste spa ha deciso la chiusura del locale ufficio postale;
          dal momento in cui si è diffusa la notizia, l'amministrazione comunale di Moglia si è immediatamente attivata, con l'obiettivo di verificare l'autenticità di tale ingiusta determinazione, promuovendo nel contempo una raccolta di firme che ha trovato l'adesione di oltre 600 cittadini;
          è opportuno ricordare che l'ufficio postale in questione garantisce il servizio tutti i giorni nel periodo invernale e tre giorni alla settimana durante l'estate;
          è doveroso evidenziare che il territorio mogliese è stato duramente colpito dagli eventi sismici del maggio 2012 e che, anche per questa ragione, non può essere ulteriormente penalizzato da scelte indipendenti dalla volontà delle istituzioni locali e dei cittadini, tese a ridurre i servizi per la comunità e, quindi, la qualità della vita  –:
          se il Ministro intenda assumere iniziative nei confronti di Poste spa al fine di scongiurare tale sciagurata eventualità, con l'obiettivo di continuare a garantire un diritto universale per gli abitanti di Bondanello. (4-18890)


      DI PIETRO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          nel 1995 il signor Dante Di Dario entrò a pieno titolo nel ramo avicolo con l'acquisto del complesso industriale di Bojano, in provincia di Campobasso e successivamente del marchio Arena la quale divenne così una grossa holding nel settore alimentare avicolo, contendendosi il primato con altri grandi marchi; in seguito ha avuto modo di espandersi fino ad avere 7 stabilimenti produttivi sul territorio nazionale e ad acquistare ulteriori marchi, operazioni che avevano consentito di far moltiplicare il fatturato in maniera considerevole;
          nel 2003, questa società lanciò una offerta pubblica di acquisto procedendo alla quotazione in borsa. Nel frattempo, non tutto deve aver proceduto per il verso giusto poiché il titolo azionario dal giorno delle quotazioni ha perso oltre il 98 per cento;
          nel settore avicolo l'unico stabilimento rimasto aperto si trova a Bojano, in provincia di Campobasso, mentre tutti gli altri siti produttivi sono stati chiusi. A Bojano però chi produce non è direttamente Arena ma Solagrital, di proprietà della regione Molise, mentre Arena si limita soltanto alla commercializzazione dei polli;
          risulta all'interrogante che il signor Di Dario abbia consegnato la parte più rischiosa del suo patrimonio industriale, quello della filiera avicola, alla regione Molise, sulla quale sono stati scaricati quindi tutti i problemi legati alla crisi del settore e della produzione avicola ma anche a operazioni finanziarie dubbie con società con sedi in Lussemburgo, obbligazioni emesse a livello europeo con cifre che si aggirerebbero intorno ai 130 milioni di euro in obbligazioni bruciati e mai restituiti, obbligazioni convertite in azioni. A rimetterci non sarebbe stata solo la regione Molise e quindi tutti i molisani, ma anche gli obbligazionisti sparsi in Europa e sembrerebbe anche la banca americana JP Morgan;
          il signor Di Dario giustifica la fase di crisi addossando la colpa a Solagrital, sostenendo di acquistare i polli al di sopra del prezzo di mercato costringendo quindi Arena a commercializzarli sottocosto per reggere la concorrenza, mentre Solagrital accusa Arena di non ricevere il pagamento dei polli e che molte volte i crediti sono stati pagati convertendoli in azioni, che poi Solagrital liquida sul mercato diluendo quasi a zero il prezzo delle azioni;
          sia Arena che Solagrital entrano quindi in crisi e a questo punto Solagrital decide di liberarsi gradualmente di Arena, fino ad arrivare a non venderle più i suoi polli, girandoli ad un altro marchio, l'Aia;
          oggi Arena è quindi una società quotata in borsa, non vende più nulla, è piena di debiti e le quotazioni perdono la media del 98 per cento con un valore intorno agli 0,0022 euro. Insomma, si è di fronte a un vero e proprio fallimento;
          anche Solagrital si trova in pessime condizioni e la regione Molise è costretta a concedere un finanziamento dietro l'altro per tenerla in vita e per pagare gli stipendi ai circa 700 lavoratori, dimostrando di puntare più sugli sperperi e l'assistenzialismo che su politiche industriali che diano profitto;
          ad oggi i lavoratori, i trasportatori e gli allevatori non percepiscono più gli stipendi dal mese di giugno. Una delle ultime delibere di giunta, prevedeva lo stanziamento di 5 milioni di euro, tramite FinMolise, da parte della regione per la ricapitalizzazione di GAM, società partecipata dalla regione Molise che ha recentemente proceduto all'affitto del ramo di azienda Solagrital, ma di questi soldi ancora non se ne ha contezza;
          nel frattempo Sorgenia, società fornitrice di energia, ha avviato un procedimento giudiziario nei confronti di Solagrital, verso la quale vanta un credito di 2 milioni di euro e quindi, finché non si risolverà questo contenzioso, il pagamento degli stipendi arretrati è stato bloccato;
          il 7 novembre 2012, il giudice delegato alla procedura di concordato preventivo ha dato atto dell'avvenuta approvazione da parte dei creditori del concordato proposto il 21 giugno 2012. Tra i creditori di Arena che hanno votato a favore c’è anche la regione Molise per il tramite della Gam e la Solagrital per la quale la proposta di concordato prevede «il pagamento del proprio credito in denaro, come rinveniente dalla sottoscrizione dell'aumento di capitale da parte del mercato o in conversione totale o parziale in capitale sociale di ARENA, sottoposta a lock-up di almeno quattro mesi, nella misura del 40 per cento del proprio credito». Il credito di Solagrital e Gam ammonta a 30,821 milioni di euro. La proposta di concordato, ritenuta soddisfacente dalle due società, prevede il riconoscimento di circa 12 milioni di euro e quindi con una perdita di 18 milioni, che potranno essere pagati, entro 12 mesi dall'omologa sia in denaro ma anche in azioni della medesima Arena, dopo un aumento di capitale sempre previsto dalla proposta concordataria. Il giudice ha disposto l'udienza di approvazione del concordato per il 10 gennaio 2013;
          sebbene rincuori l'interrogante, la notizia, dei giorni scorsi, del pagamento di una parte delle spettanze dovute ai lavoratori, non si deve perdere di vista quello che è il vero obiettivo: la sopravvivenza dello stabilimento di Bojano e la salvaguardia dei posti di lavoro. Non è possibile lasciare la gestione di una problematica così importante, quale quella della filiera avicola molisana, nelle mani di una classe dirigente regionale che ha dato ampia testimonianza della propria inadeguatezza e incapacità. L'unica strada percorribile resta, quindi, quella dell'individuazione di imprenditori seri che, dotati di un piano industriale fattibile, riescano ad assicurare il futuro dell'azienda e a garantire le centinaia di posti di lavoro  –:
          se il Ministro sia a conoscenza di quanto descritto sopra e se intenda ove richiesto, aprire un tavolo istituzionale presso il Ministero affinché, con la partecipazione di tutte le parti sociali, sia individuata al più presto una soluzione al problema Solagrital, sostenuta da un piano industriale credibile con imprenditori che diano serie garanzie finanziarie con l'obiettivo di mantenere in Molise la produzione e gli attuali livelli occupazionali di tutta la filiera avicola. (4-18899)


      BARBATO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          una studentessa, in data 4 dicembre 2012, lamenta a ilmattino.it del disagio vissuto nel trasporto ferroviario sulla tratta Acerra-Napoli nell'orario compreso fra le 10 e le 13;
          «scrivo per evidenziare il disagio di molti giovani cittadini di Acerra riguardante i treni delle Ferrovie dello Stato. Da Acerra, in particolare di mattina, dopo le 10:14 non esistono più treni che portano a Napoli fino alle 13:18. A sentirla così può sembrare una cosa che pesa poco, ma soprattutto per gli studenti diretti alle università di Napoli, questa mancanza è veramente una tragedia. Pensate a un corso da seguire a Napoli alle 12: uno studente deve avviarsi un'ora e 45 muniti prima, quando la tratta Acerra-Napoli si fa in soli 15-18 minuti e di conseguenza uno studente potrebbe avviarsi alle 11, 11:15, 11.30, ... Posso immaginare che far passare altri treni richiede costi e una nuova organizzazione, ma la situazione per noi studenti è parecchio complicata»  –:
          quali iniziative intenda assumere il Ministro, per il tramite dell'amministratore delegato di Trenitalia, Mauro Moretti, affinché il disagio provato da pendolari, studenti e lavoratori nella tratta descritta in premessa possa essere superato.
(4-18902)


      BOBBA, RAMPI e FARINONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          in data 17 febbraio 2010 presso la IX commissione permanente della Camera dei deputati, veniva discussa l'interrogazione 5-01203, primo firmatario onorevole Merlo Giorgio, sulle carenza del segnale televisivo digitale terrestre nei territori delle province di Torino e Cuneo;
          l'allora viceministro allo sviluppo economico, Paolo Romani, precisava nella risposta: «Con lo switch off già avvenuto nel territorio in esame, fra il 24 settembre ed il 7 ottobre 2009 scorso, le problematiche evidenziate appaiono, quindi, superate, pur se non è possibile escludere la sussistenza di disagi, che le principali emittenti stanno provvedendo a risolvere, in aree in cui la ricezione del segnale si presenta difficoltosa, a causa dell'orografia dei territori»;
          dal 19 al 25 novembre 2010 è avvenuta la transizione dall'analogico al digitale terrestre per le province di Alessandria, Asti, Biella, Novara, Vercelli, Pavia e Parma;
          nel territorio del vercellese diversi sono i disagi che i cittadini sono ancora costretti a subire, in particolar modo per ciò che concerne la visibilità dei programmi RAI;
          gli abitanti della zona, pur corrispondendo il canone di abbonamento annuale, non riescono a visualizzare la programmazione pubblica, mentre quella di reti private, che non richiedono un pagamento, è perfettamente visibile;
          il Ministro nella stessa sede aveva inoltre dichiarato: «Il Ministero dello sviluppo economico continuerà, attraverso gli Uffici competenti, ad effettuare puntuali monitoraggi su tutto il territorio nazionale segnalando ai gestori televisivi le tecniche da adottare al fine di garantire a tutti gli utenti la fruizione del servizio pubblico radiotelevisivo» e che «il passaggio al digitale continuerà a garantire il rispetto degli obblighi di copertura del concessionario televisivo pubblico sia in termini di territorio che di popolazione, previsti dal Contratto di servizio in vigore e da quello per il triennio 2010-2012 in fase di approvazione e dalla normativa vigente in materia»;
          il prossimo 31 gennaio 2011 è prevista la scadenza dei termini per la corresponsione del canone di abbonamento RAI  –:
          come mai persistano ancora disagi, a distanza di circa 3 mesi dal passaggio al digitale terrestre, nell'accesso al servizio pubblico radiotelevisivo e quali interventi urgenti di competenza si intendano porre in essere al fine di garantire lo stesso servizio agli abitanti del vercellese.
(4-18908)


      BOBBA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          presso il sito Eurex di Saluggia, gestito dalla Sogin spa, sono attualmente stoccati circa 100 metri cubi di rifiuti liquidi altamente radioattivi e pericolosi;
          per ridurne la pericolosità è stato da tempo previsto di procedere al trattamento ed al condizionamento di tali rifiuti mediante cementazione;
          in data 27 luglio 2010 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea un primo bando di gara, emesso dalla Sogin spa, per i lavori di realizzazione (progettazione esecutiva ed esecuzione) e avvio dell'impianto di cementazione di soluzioni liquide radioattive (impianto CEMEX);
          l'importo stimato da Sogin era pari a circa 144 milioni di euro;
          secondo quanto riportato nel bando, l'appalto comprendeva:
              la realizzazione delle opere civili per due edifici (processo e stoccaggio) costituenti il CEMEX;
              la fornitura e la posa in opera di apparecchiature e componenti da installare all'interno dei due edifici per cementare, movimentare e stoccare le soluzioni liquide di partenza;
              la fornitura di fusti e cestelli necessari per il processo di solidificazione e per il successivo stoccaggio;
              l'avviamento dell'impianto;
              i ricambi che dovessero necessitare in tale fase e per tutto il periodo di garanzia;
              i servizi di assistenza e di manutenzione ordinaria e straordinaria durante i primi 2 anni di esercizio dell'impianto di cementazione;
          all'interno del bando, nella sezione III: informazioni di carattere giuridico, economico, finanziario e tecnico, erano riportati i requisiti richiesti alle imprese partecipanti per essere ritenute idonee quali partecipanti alla gara;
          le condizioni necessarie per stabilire la capacità tecnica delle imprese concorrenti erano specificate al punto III.2.3) – Capacità tecnica e in particolare, al punto III.2.3.2, si richiedeva di aver realizzato, singolarmente o quale componente di RTI o GEIE con ruolo rilevante (maggiore o uguale al 40 per cento del lavoro), un impianto di trattamento e condizionamento di rifiuti liquidi radioattivi a media/alta attività o altro impianto affine in campo nucleare (attività regolate dal decreto legislativo n.  230 del 1995 e successive modificazioni e integrazioni e sottoposte ad attività di vigilanza da parte dell'autorità di controllo nucleare nazionale, ovvero equivalenti per lo Stato d'appartenenza);
          al punto III.2.3.5 dello stesso bando era inoltre richiesto l’«Elenco dei principali progetti dal quale risulti che l'impresa che si candida singolarmente, ovvero complessivamente dal raggruppamento in caso di RTI o GEIE, ha eseguito progetti nel campo della progettazione meccanica, della progettazione elettrica e della progettazione strumentale per scopi nucleari»;
          in sostanza si chiedeva una generica esperienza nel campo della progettazione per scopi nucleari e una specifica esperienza, acquisita sul campo e sorvegliata dall'autorità di controllo, nella realizzazione (progettazione ed esecuzione) di impianti per il trattamento di rifiuti liquidi radioattivi molto pericolosi;
          in data 14 gennaio 2011 tale bando è stato annullato da Sogin stessa con la formula dell'autotutela;
          in seguito, il 25 marzo 2011, Sogin ha provveduto all'emissione di un altro bando, di pari oggetto e all'incirca di pari importo (circa 135 milioni di euro);
          alle attività comprese nell'appalto viste in precedenza, è stata aggiunta la voce seguente: servizi di formazione del personale;
          nella sezione concernente la capacità tecnica delle imprese concorrenti, al punto III.2.3.4 il nuovo bando richiede l'elenco dei principali progetti dal quale risulti che l'impresa che si candida singolarmente, ovvero complessivamente dal raggruppamento in caso di RTI o GEIE, ha eseguito progetti nel campo della progettazione meccanica, della progettazione elettrica e strumentale nel campo nucleare o equivalenti (esempio petrolchimico e altro);
          al punto III.2.2.3, nella sezione concernente la capacità economica e finanziaria richiesta alle imprese concorrenti, il nuovo bando richiede una cifra d'affari specifica per attività di lavori in campo nucleare (o equivalente ad esempio petrolchimico e altro) svolta nel quinquennio 2006-2010 non inferiore a 15.000.000,00 euro;
          al punto III.2.2.5 il nuovo bando, nella medesima sezione, richiede un fatturato globale per servizi di progettazione svolti nel quinquennio 2006-2010 in campo nucleare per un importo pari ad almeno 3.000.000,00 euro;
          non è quindi richiesta alcuna esperienza specifica concernente la realizzazione (progettazione ed esecuzione) di impianti di trattamento dei rifiuti radioattivi liquidi ed è affermata, per la prima volta nella storia della Sogin, l'esistenza di una «equivalenza» tra l'attività realizzativa (progettazione ed esecuzione) nel settore nucleare e quella nel settore petrolchimico; per le attività di progettazione ed esecuzione, inoltre, è in pratica scomparso qualsiasi riferimento alla normativa nazionale (decreto legislativo n.  230 del 1995 e successive modificazioni e integrazioni) e all'attività di vigilanza da parte dell'autorità di controllo nucleare nazionale e/o internazionale;
          è richiesta solo una generica esperienza nella fornitura di servizi di progettazione in campo nucleare, inserita, ad avviso dell'interrogante stranamente, tra i requisiti economico-finanziari e non in quelli tecnici;
          il problema principale per la sicurezza delle opere e/o impianti dedicati al settore petrolchimico è costituito dal rischio d'incendio e/o esplosione; nel settore del trattamento di rifiuti liquidi fortemente radioattivi il rischio maggiore è costituito dalla diffusione di tali liquidi radioattivi nell'ambiente (diffusione potenzialmente ascrivibile a molteplici cause);
          l'equivalenza tra realizzazioni nel settore nucleare e realizzazioni nel settore petrolchimico, affermata da Sogin nel nuovo bando, potrebbe avere, come diretta conseguenza, l'assegnazione di attività molto impegnative a ditte prive di esperienza specifica nel settore degli impianti di trattamento per rifiuti liquidi radioattivi molto pericolosi; al massimo tali ditte potranno essere dotate di una generica esperienza nella progettazione di opere (non nella esecuzione) in campo nucleare;
          nel nuovo bando non è richiesta ai partecipanti alcuna competenza specifica per provvedere ai servizi di formazione del personale;
          come dichiarato da Sogin nei chiarimenti alle imprese concorrenti, tale attività potrà essere affidata a ditte terze in un secondo tempo, ma solo nella misura del 30 per cento. In altre parole, secondo quanto deducibile nel bando, la formazione del personale potrebbe essere condotta da esperti del settore petrolchimico che non hanno mai operato nel campo del trattamento di rifiuti liquidi radioattivi;
          l'esperienza maturata sul campo è considerata da tutti gli addetti al settore nucleare un elemento fondamentale per la sicurezza degli operatori, della popolazione e dell'ambiente;
          la Sogin gestisce da tempo un'importante scuola di radioprotezione, ubicata all'interno del sito nucleare di Caorso, il cui scopo principale è quello di addestrare il personale della Sogin stessa, e non solo della Sogin ad operare in sicurezza in presenza di materiali radioattivi, anche valorizzando le esperienze regresse  –:
          se non si ritenga urgente e doveroso accertare che vi sia equivalenza dei requisiti tecnici significativi (equivalenza di normative applicabili ai due settori, esperienze internazionali, pareri di esperti di entrambi i settori, analisi di sicurezza comparative dei rischi per la sicurezza delle popolazioni e la salvaguardia dell'ambiente, esperienze Sogin pregresse, e altro) fra le attività realizzative (progettazione ed esecuzione) del settore petrolchimico e quelle del settore nucleare;
          quale sia, ad oggi, la funzione della scuola di radioprotezione gestita da Sogin e se il personale Sogin possa essere addestrato ad attività importanti, quali il trattamento di rifiuti liquidi altamente radioattivi, da ditte eventualmente prive di esperienza nello specifico settore;
          se non si ritenga urgente assicurare che l'affidamento di operazioni particolarmente delicate, quali appunto il trattamento di rifiuti liquidi altamente radioattivi, a ditte prive di esperienza specialistica, ovvero esperte in altri settori (ad esempio, quello petrolchimico), non comporti un rischio aggiuntivo per la sicurezza degli operatori e, più in generale, dell'ambiente circostante l'impianto di trattamento. (4-18916)


      BOBBA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          in data 31 luglio 2012, presso la IX Commissione permanente della Camera dei Deputati, Trasporti, poste e telecomunicazioni, il Sottosegretario di Stato allo Sviluppo economico, Massimo Vari, nel rispondere all'interrogazione n.  5-06662 dell'On.  Nastri, relativa alle conseguenze del piano di riorganizzazione dei servizi postali, con particolare riferimento alla soppressione del Centro di meccanizzazione postale di Novara, chiariva: «Per completezza, si ritiene, infine, di far presente che, per effetto dell'articolo 21, comma 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201 (convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214), risulta attribuita all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni la competenza prevista dall'articolo 2, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 22 luglio 1999. n.  261, relativa alla “determinazione dei criteri di ragionevolezza funzionali alla individuazione dei punti del territorio nazionale necessari a garantire una regolare ed omogenea fornitura del servizio”. L'Agcom ha comunicato che la stessa intende svolgere un'apposita istruttoria, avente ad oggetto tra l'altro, la distribuzione dei punti di accesso al servizio postale universale; un'attività istruttoria all'esito della quale, se dovesse emergere l'opportunità di una diversa e più efficiente regolamentazione della materia, si procederà ad indicare i relativi criteri»;
              Il Corriere eusebiano è stato uno dei primissimi giornali a dare risalto pubblico al progetto di Poste Italiane che prevede la chiusura del Centro meccanizzato postale di Novara e il trasferimento della lavorazione della corrispondenza delle province del quadrante nord-orientale (Vercelli, Biella, Novara e Vco) a Torino;
              la prospettiva di dover riorganizzare la consegna del settimanale del Corriere Eusebiano, così come di molte altre piccole e medie testate piemontesi, su Torino aveva messo in allarme gli editori che, attraverso la Federazione italiana piccoli editori di giornali, Fipeg, aveva subito chiesto chiarimenti;
              in data 28 agosto 2012 grazie all'interessamento della provincia di Vercelli, si è svolto in Sala Baltaro nella stessa provincia, un confronto tra una delegazione della Fipeg, guidata dal presidente Pietro Policante e il responsabile servizi postali del Nord Ovest Paolo Garganese e, in tale sede, il dirigente di Poste italiane si è dimostrato molto disponibile a trovare soluzioni, anche differenziate, per andare incontro alle esigenze delle varie testate che ricadono nei territori del quadrante Nord Orientale del Piemonte;
              Poste italiane si è impegnata a mantenere a Novara l'accettazione delle copie dei vari giornali distribuiti in abbonamento postale, garantendo il trasferimento delle stesse al Cmp di Torino tramite una navetta notturna i cui costi saranno a carico delle Poste stesse. Un segnale importante per aziende che già devono fronteggiare un periodo di crisi generale e che rischiavano di doversi sobbarcare ulteriori spese e complicazioni organizzative;
              nella stessa sede, la Fipeg e i direttori delle testate presenti, hanno sollecitato un rapporto più dialogico tra giornali e Poste al fine di non trovarsi ciclicamente di fronte a scelte unilaterali che costringono le aziende editoriali a operare in costante emergenza  –:
          se non si ritenga urgente e doveroso intervenire affinché, oltre al rispetto dei livelli occupazionali e della qualità del servizio postale, così come già chiarito in precedenza dal Sottosegretario Massimo Vari, si pongano in essere tutte le iniziative utili ad evitare che le piccole e medie testate, già duramente provate, siano sottoposte a decisioni repentine e improvvise che non tengano conto nemmeno delle eventuali ricadute che comporterebbero sulla loro diffusione potendo ragionare, in alcuni casi, addirittura la chiusura delle stesse. (4-18923)


      BOBBA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          in data 22 marzo 2012 veniva approvato dalla Camera dei deputati l'ordine del giorno 9/05025/046 all'A.C. 5025, recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n.  1, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività», poi divenuto legge n.  27 del 2012 del 24 marzo 2012, (GU n.  71 del 24 marzo 2012);
          detto ordine del giorno di cui l'interrogante era primo firmatario, premetteva che «il comma 4 dell'articolo 24 del provvedimento in esame non chiarisce, in modo inequivoco se il rispetto della conformità agli strumenti urbanistici sia condizione necessaria per la validità delle autorizzazioni all'esecuzione di opere relative alla dismissione e messa in sicurezza dei siti nucleari»;
          si riscontrava nella stessa sede che «una giurisprudenza consolidata stabilisce che la conferenza di servizi, che in questo caso decide sul “rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione o allo smantellamento di opere che comportano modifiche sulle strutture impiantistiche” nel caso in cui comune e/o regione interessati abbiano dato parere negativo, tale pronunciamento non vale come variante urbanistica, ma come richiesta di variante urbanistica su cui deve pronunciarsi il consiglio comunale»;
          è in corso l’iter relativo all'istanza di Sogin per realizzare una «Waste Management Facility», nonostante il piano regolatore vigente impedisca di costruire in area Eurex/Sogin, che, pur essendo stato valutato positivamente dalla conferenza di servizi, manca ancora di elementi essenziali, quali la tempistica dei lavori e l'individuazione della stessa ditta che li realizzerà;
          non è dato di sapere se lo stesso progetto Waste Management Facility sarà sottoposta a valutazione di impatto ambientale, secondo la normativa comunitaria, e se, stante il valore superiore alla soglia comunitaria per le modifiche di impianto, sarà sottoposto alla Commissione europea;
          lo stesso ordine del giorno impegnava il Governo «ad adottare le opportune iniziative normative, con carattere di assoluta urgenza, volte a chiarire l'interpretazione autentica della disposizione di cui in premessa, al fine di salvaguardare le prerogative dei comuni in materia urbanistica e a tutelare le previsioni delle comunità locali afferenti i siti nucleari»;
          in particolare la situazione del comune di Saluggia, portata più volte all'attenzione del Governo, richiede maggiormente una interpretazione autentica del comma 4 dell'articolo 24 del provvedimento sopra citato, in quanto lì è stoccato l'85 per cento delle scorie nucleari e sono in corso operazioni di decommissioning e di costruzione di depositi temporanei di scorie nucleari ad opera di Sogin  –:
          come mai non si sia già proceduto ad ottemperare all'impegno di cui all'ordine del giorno di cui in premessa e se non si ritenga doveroso e urgente provvedere nel più breve tempo possibile;
          sa non si ritenga doveroso chiarire quanto indicato in premessa relativamente al «Waste Management Facility» e, in particolar modo, se detto progetto sarà sottoposto a valutazione di impatto ambientale. (4-18925)


      BOBBA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          in data 24 gennaio 2011 Poste Italiane ha chiuso l'ufficio sito zona Cappuccini a Vercelli, un quartiere periferico del comune, a 3,73 chilometri dal centro, ed abitato prevalentemente da pensionati e persone anziane;
          la sede è stata chiusa a causa dell'efficacia dell'esecutività dello sfratto che interessava lo stesso immobile;
          la chiusura degli uffici, non preannunciata ai residenti della zona pur essendo una probabilità quasi certa vista la pendenza del provvedimento giudiziario, ha comportato notevoli disagi, in quanto le sedi più vicine sono collocate in corso Palestro e in via Malinverni, ma detti uffici sono già oberati da una clientela piuttosto copiosa;
          la soluzione ad oggi proposta, che parrebbe temporanea, è quella di riservare due sportelli per i residenti in zona Cappuccini presso la posta centrale di Vercelli, tuttavia, vista la mancanza di collegamenti adeguati tra detta zona e la sede centrale, diversi e notevoli sarebbero i disagi per le persone anziane;
          ad oggi nessuna informazione è stata resa nota da Poste Italiane sulla possibilità di apertura di una nuova sede nella zona Cappuccini, che se anche si avverasse comporterebbe tempi piuttosto lunghi a seguito dei necessari lavori per la messa in sicurezza dei locali e la loro organizzazione;
          sul sito web di Poste Italiane si legge: «Poste Italiane ha saputo mantenere ben saldi i princìpi della propria missione aziendale declinata attraverso la capillare presenza sul territorio – con 14 mila uffici postali e un organico di circa 150 mila dipendenti – e la tradizionale vocazione a cogliere le esigenze della propria clientela, si tratti del privato cittadino, dell'azienda o della pubblica amministrazione.» E ancora «Questa visione strategica, accompagnata da un programma di investimenti per tecnologie, infrastrutture e formazione, ha permesso all'azienda di elevare in breve tempo e in maniera significativa gli standard di efficienza, di aumentare ulteriormente il grado di professionalità dei propri addetti, di riqualificare gli uffici postali, di incontrare il crescente apprezzamento dei clienti e di chiudere i bilanci in utile.» (http://www.poste.it/azienda/chisiamo/profilo.shtml)  –:
          se la chiusura degli uffici di Poste italiane in zona Cappuccini sia temporanea e, in caso positivo, quale tempistica si preveda per la messa in opera della nuova sede. (4-18932)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

      L'interpellanza urgente Bobba e altri n.  2-01767, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 dicembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Capitanio Santolini.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta in commissione Grimoldi e Cavallotto n.  5-05810, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 dicembre 2011, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Volpi.

      L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n.  4-17617, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n.  4-17618, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n.  4-17619, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n.  4-17620, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n.  4-17621, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n.  4-17622, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n.  4-17673, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n.  4-17674, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n.  4-17675, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n.  4-17798, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n.  4-17806, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n.  4-17809, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n.  4-17811, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n.  4-17813, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n.  4-17851, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n.  4-17853, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n.  4-17855, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n.  4-17857, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n.  4-17869, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Reguzzoni n.  4-17870, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni.

      L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Fluvi e Lovelli n.  5-08583, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 dicembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fogliardi.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-03801 del 16 novembre 2010 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18907;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba e altri n.  5-04126 del 31 gennaio 2011 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18908;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba ed altri n.  5-04127 del 31 gennaio 2011 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18909;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-04656 del 27 aprile 2011 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18910;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-05088 del 12 luglio 2011 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18911;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-05371 del 21 settembre 2011 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18912;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-05492 del 10 ottobre 2011 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18913;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba e Rubinato n.  5-06028 del 26 gennaio 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18914;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba ed altri n.  5-06401 del 14 marzo 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18915;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-06414 del 14 marzo 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18916;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-06431 del 15 marzo 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18917;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-06484 del 23 marzo 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18918;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-06809 del 9 maggio 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18919;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-06896 del 21 maggio 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18920;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-07077 del 13 giugno 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18921;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-07209 del 27 giugno 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18922;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-07733 del 5 settembre 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18923;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba e Rosso n.  5-07791 del 13 settembre 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18924;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-08013 del 27 settembre 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18925;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-08079 del 9 ottobre 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18926;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-08173 del 18 ottobre 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18927;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-08564 del 4 dicembre 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18928;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-08565 del 4 dicembre 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18929;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-08566 del 4 dicembre 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18930;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-08567 del 4 dicembre 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18931;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-08568 del 4 dicembre 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18932;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-08569 del 4 dicembre 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18933;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-08570 del 4 dicembre 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18934;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-08571 del 4 dicembre 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18936;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-08572 del 4 dicembre 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18937;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-08573 del 4 dicembre 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18938;
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-08574 del 4 dicembre 2012 in interrogazione a risposta scritta n.  4-18939.