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CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 21 gennaio 2010
272.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Comitato per la legislazione
ALLEGATO
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ALLEGATO

TENDENZE E PROBLEMI DELLA DECRETAZIONE D'URGENZA

CONCLUSIONI

A) I principali risultati emersi dall'indagine - La sezione finale della ricerca è dedicata a sintetizzare i dati di maggior interesse emersi al fine di indicare, sulla base degli spunti di riflessione offerti dai qualificati partecipanti alla tavola rotonda del 12 gennaio 2010, proposte concrete per un virtuoso percorso di miglioramento della produzione legislativa.
L'elaborazione dei dati concernenti la decretazione d'urgenza riferiti alla XV ed ai primi diciotto mesi della XVI legislatura, periodi di durata comparabile ma contraddistinti da maggioranze di diverso colore, mette in luce alcuni fattori di difficoltà degli attuali processi legislativi che si presentano in modo simile nelle ultime legislature:
1. si manifesta un andamento sostanzialmente costante del numero assoluto dei decreti legge emanati (45 nella XV legislatura e 52 nella XVI);
2. in base ad un'analisi quantitativa (articoli, commi e caratteri a stampa) si evidenzia, nella XVI legislatura, un sensibile aumento della regolazione complessivamente approvata per decreto (+66 per cento);
3. il trend di crescita dei contenuti durante la loro conversione, già notevole nella XV legislatura (+50 per cento) si accentua ulteriormente in quella in corso (+70 per cento);
4. la percentuale dei decreti legge valutabili come intersettoriali ed eterogenei - pari a 9 nella XV (22,5 per cento) e 11 nella XVI (25 per cento) - resta alta ma sostanzialmente costante, come testimoniato, in sede di istruttoria parlamentare, dal numero di Commissioni mediamente coinvolte (8 nella XV e 9 nella XVI legislatura);
5. si è accentuato il ricorso alla votazione fiduciaria su leggi di conversione (dal 25 per cento della XV legislatura al 31 per cento di quella in corso);
6. è approvata con votazione fiduciaria il 58 per cento (nella XV) e il 68 per cento (nella XVI) della regolazione complessiva contenuta nelle leggi di conversione; in particolare ciò avviene in modo sistematico per i decreti di maggiore peso e importanza che arrivano nel corso del loro iter a superare i 40.000 caratteri (nelle ultime due legislature l'unica eccezione riguarda il d.l. 39/2009 sull'Abruzzo); quelli che manifestano un forte carattere intersettoriale (evidenziato dall'assegnazione ad almeno 10 commissioni); quelli emanati tra il 15 giugno ed il 15 agosto (ovvero per i quali i 60 giorni utili per la conversione coincidono almeno in parte con i periodi di pausa estiva dei lavori parlamentari);
7. nonostante i provvedimenti urgenti abbiano investito la quasi totalità dei settori normativi, in entrambe le legislature esistono decreti a contenuto tipico e ricorsivo (proroghe termini, missioni internazionali e di adempimento di obblighi comunitari) ed aree specifiche in cui la decretazione interviene con maggiore sistematicità (economia, ambiente, sicurezza); la XVI legislatura registra un progressivo slittamento della regolazione economico-finanziaria dalla legge finanziaria ai provvedimenti urgenti, accentuando una tendenza già in atto durante la precedente legislatura;

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8. è frequente la concatenazione dei provvedimenti d'urgenza, finalizzati a «correggere» o integrare discipline adottate con precedenti decreti, in un arco di tempo estremamente ridotto;
9. sono eccezionali i casi di decreti realmente decaduti e il cui contenuto non sia stato recuperato in altra sede.

B) Gli spunti di riflessione - I dati evidenziano in termini oggettivi le difficoltà cui va incontro, da anni, il processo di legislazione, anche a causa di un uso poco ordinato degli strumenti legislativi.
Il decreto legge assorbe la parte preponderante della legislazione, dimostrando di essere un efficace mezzo di decisione e di attuazione del programma di Governo. Da tale fenomeno discende che «è stato invece compresso - per le modalità adottate nel corso del tempo da parte di governi rappresentativi di diversi e opposti schieramenti - l'esercizio del ruolo del Parlamento». Così si è espresso il Presidente della Repubblica in un recente intervento, aggiungendo anche che «tutto ciò finisce per gravare negativamente sul livello qualitativo dell'attività legislativa e sull'equilibrio del sistema delle fonti».
Le problematiche degli strumenti legislativi sono state oggetto di attenzione nella tavola rotonda del 12 gennaio 2010, promossa dal Comitato per la legislazione.
In quella sede si è evidenziato come si tratti di processi storici che si legano a più ampi fenomeni che investono in generale il sistema istituzionale. Si sono, in tal senso, analizzati i fattori di evoluzione e di forte cambiamento dei rapporti fra l'Esecutivo ed il Parlamento, già messi in evidenza dalla stessa Nota di Sintesi del Rapporto sulla legislazione 2009, sulla base di una approfondita ricognizione dell'articolazione delle politiche pubbliche nazionali tra Stato e autonomie.
Si è posto in luce anche come si siano andati accumulando diversi fattori che spostano verso i rapporti tra i livelli territoriali il cuore di importanti processi di governo, creando dunque nuove forme di bilanciamento e reciproco controllo tra poteri centrali, regionali e locali, tra i quali oggi si sviluppano tutti i principali processi democratici. I rapporti tra gli esecutivi divengono il centro di tali processi e la legislazione statale non esercita più una funzione pienamente regolativa o direttiva, ma spesso offre solo una base procedurale ovvero interviene per aspetti parziali o meramente finanziari.
Il Parlamento è perciò chiamato a ricercare nuovi strumenti per esercitare le sue fondamentali funzioni di discutere e legittimare l'indirizzo politico e di controllarne lo svolgimento nel concreto articolarsi delle singole politiche. Il ruolo delle Assemblee legislative deve essere quindi interpretato in chiave evolutiva, anche in un'ottica di superamento della attuale crisi di rappresentanza politica e delle difficoltà strutturali di gestione delle decisioni in sede parlamentare, al fine di pervenire ad una complessiva opera di ammodernamento dell'apparato statale e del funzionamento delle Istituzioni.
Letture più radicali dei suddetti fenomeni prefigurano finanche «la fine di un lungo ciclo: non solo quello, apertosi a partire dagli anni novanta, del dominio della legislazione complessa (cioè a dire della coesistenza di una pluralità di atti normativi e non normativi, prodotti da fonti diverse e tra loro collegati), ma quello ben più lungo del dominio della legislazione tout court come principale strumento di governo del nostro Paese» (così si esprime, sia pure in forma dubitativa, la Nota di sintesi).
Non solo cioè viene in evidenza un affievolimento dell'incidenza della legislazione parlamentare sul complesso della normazione, con rilevanti implicazioni sul piano degli equilibri della forma di governo e della forma di Stato. Ciò in quanto gran parte delle esigenze di disciplinare ambiti fino ad oggi oggetto di legge parlamentare sembrano ormai soddisfatte mediante il ricorso a decreti-legge di notevoli dimensioni, la dilatazione delle ordinanze d'urgenza e la prassi invalsa dell'approvazione di disegni di legge contenenti un gran numero di deleghe tra loro disomogenee (peraltro caratterizzate talvolta

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dalla genericità dei principi e criteri direttivi) - con modalità che non sempre appaiono in linea con lo spirito delle garanzie sottese agli articoli 76 e 72, comma 4, della Costituzione.
Ma, in termini più generali, sembra emergere una sorta di inidoneità dello «strumento legge» a governare i processi reali, a fronte dello sviluppo di forme di decisione alternative alla legge in settori nevralgici. Sullo stesso versante, peraltro, vanno registrate le considerazioni espresse dal Presidente Giorgio Napolitano nel corso del citato intervento tenuto lo scorso 21 dicembre 2009 dinanzi alle Alte Magistrature della Repubblica, quando ha osservato che «gli studiosi si chiedono se abbia finito per instaurarsi - anche attraverso il crescente uso e la dilatazione di ordinanze d'urgenza - un vero e proprio «sistema parallelo» di produzione normativa».
Il dibattito ha dunque confermato i risultati dello studio condotto, che evidenziano con chiarezza i riflessi pesantissimi a carico delle procedure parlamentari, segnatamente quelle preposte ad una corretta istruttoria legislativa e dunque alla qualità del prodotto finale, provocati dal trend in atto.
Ciò nella consapevolezza del ruolo della «legge» come strumento fondamentale di organizzazione della vita comunitaria e di integrazione pubblica della comunità nazionale e, non ultimo, come presidio del corretto rapporto fra lo Stato e i diritti dei cittadini. La qualità democratica di uno Stato - quale che sia il ruolo dello strumento normativo primario nel nuovo panorama istituzionale che si sta faticosamente delineando - si misura principalmente in ciò che nella legge è scritto e nel modo in cui tale contenuto si forma.
Nota comune delle riflessioni proposte nel corso della tavola rotonda del 12 gennaio è, pertanto, la necessità di dare nuova linfa ad un condiviso spirito riformatore che intervenga nella dinamica del processo legislativo in modo incisivo. E che rilanci la posizione di centralità del Parlamento come luogo privilegiato di elaborazione delle riforme e delle soluzioni ai problemi istituzionali del Paese, assumendo su di sé la responsabilità di conoscere e superare i fattori di maggiore criticità.
Tra questi fattori, nel più specifico ambito delle procedure legislative, vi è sicuramente l'incardinamento di decreti di grandi dimensioni, spesso fortemente eterogenei, per i quali risulta difficoltoso lo svolgimento lineare dell'iter di esame. Ne origina frequentemente la necessità di utilizzare scorciatoie procedurali che precludono un pieno esame parlamentare dei contenuti nel merito e, di fatto, vanificano le finalità proprie della modalità di votazione «articolo per articolo» imposta dall'articolo 72 della Costituzione.
Va peraltro rilevato che la presenza di contenuti complessi, intersettoriali ed eterogenei discende anche dal notevole tasso di emendabilità che si realizza in sede parlamentare. Si tratta di un fenomeno che si è verificato in modo macroscopico nelle ultime legislature e su cui occorre intervenire in senso restrittivo, anche a tutela delle prerogative costituzionali della Presidenza della Repubblica.
Ciò inevitabilmente porta pregiudizio alla qualità normativa complessivamente prodotta tanto più marcato quanto più ridotto è il tempo concretamente a disposizione delle Commissioni e dell'Aula per il dibattito e la decisione.
Ne costituisce principale prova la necessità di ricorre frequentemente a decreti di «manutenzione normativa» (quali i cosiddetti mille-proroghe ed i decreti integrativi e correttivi che intervengono in un ristrettissimo arco di tempo). Si genera una perenne fluidità ed instabilità del tessuto normativo che è evidentemente in contrasto con i principi di qualità della legislazione, di certezza del diritto e di stabilità del comando giuridico.
Ne costituisce ulteriore testimonianza il frequente utilizzo della tecnica di far confluire in un unico testo più provvedimenti urgenti che, in quanto originanti da distinte delibere del Consiglio dei Ministri e da distinti decreti del Presidente della Repubblica, appare suscettibile di ingenerare un'alterazione del lineare svolgimento

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della procedura parlamentare di esame dei disegni di legge di conversione dei decreti legge, come definita a livello costituzionale e specificata negli stessi regolamenti parlamentari.

Le proposte conclusive - Come messo in evidenza anche nel corso della tavola rotonda del 12 gennaio 2010, sono prospettabili diverse linee di intervento, in primo luogo di rango costituzionale. Ma è emersa anche l'opportunità di individuare misure migliorative ancor prima sul piano dei comportamenti e delle prassi, sia sul versante parlamentare che in quello dei rapporti con l'Esecutivo.
In un quadro istituzionale di sostanziale irrinunciabilità allo strumento della decretazione d'urgenza nei termini quantitativi che si sono consolidati nelle ultime legislature, appare strategico promuovere la riduzione del numero di decreti legge dai contenuti eterogenei ed intersettoriali. L'adozione di più decreti di dimensioni contenute e relativi a settori normativi omogenei e specifici - piuttosto che un singolo decreto omnibus - permette un più ordinato lavoro nelle Commissioni, valorizzando la fase referente. Inoltre, «incrociando» la discussione dei provvedimenti tra Camera e Senato, ne potrebbero derivare tempi più adeguati per il dibattito in Assemblea, scongiurando la necessità di ricorrere a votazioni fiduciarie per meri motivi tecnici.
Specularmente all'esigenza di garantire la massima omogeneità possibile dei decreti legge nel loro testo originario, occorre porre attenzione al procedimento di conversione, al fine di evitare che l'ingresso di contenuti eterogenei avvenga in sede parlamentare. L'intervento sul regime di emendabilità dovrà muoversi nel senso dell'omologazione delle differenti prassi vigenti nelle due Camere (già prefigurata nella Giunta per il Regolamento della Camera del 28 febbraio 2007) e della valorizzazione della natura peculiare della legge di conversione, ontologicamente diversa dai progetti ordinari in quanto mero contenitore delle sole disposizioni connotate da requisiti di necessità e urgenza (concetto richiamato, in particolare, nella lettera inviata dal Presidente della Repubblica ai Presidenti delle Camere ed al Presidente del Consiglio dei Ministri lo scorso 9 aprile 2009).
Pur nella consapevolezza dell'origine parlamentare di molte proposte emendative, non può disconoscersi il fatto che risultano altrettanto frequenti le modifiche suggerite in sede parlamentare dall'Esecutivo stesso, circostanza che dovrebbe indurre il Governo a potenziare quei meccanismi di progettazione e di istruttoria endogovernativi, che sono preliminari all'adozione dell'intervento legislativo. In tal senso, sarebbe forse utile verificare percorsi di riforma della disciplina dell'attività di governo, a distanza di oltre venti anni dalla legge n. 400 del 1988.
Sarebbe altresì auspicabile che il Governo abbia cura di evitare la presentazione di decreti legge in prossimità della sospensione dei lavori parlamentari, tranne che nell'insorgenza di casi di assoluta imprevedibilità, affinché siano garantiti tempi congrui per l'istruttoria parlamentare.
In un'ottica di riforma complessiva degli strumenti legislativi e di decisione parlamentare, vanno inoltre colte le opportunità di un miglioramento dei metodi della legislazione e di un potenziamento degli strumenti legislativi ordinari come alternativa alla decretazione d'urgenza, che presumibilmente scaturiranno dal necessario adeguamento dei regolamenti parlamentari alla nuova legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009) e ai contenuti del trattato di Lisbona. Su quest'ultimo aspetto, si ricorda che il Presidente Fini, nel corso della tavola rotonda del 12 gennaio, ha espressamente investito il Comitato per la legislazione del compito di valutare le conseguenze, a legislazione vigente, che la definitiva approvazione del Trattato pone nel modo di legiferare ai Parlamenti.
Potrebbe avere l'effetto di ridurre il ruolo adesso esorbitante del decreto-legge nel panorama delle fonti il rafforzamento di procedure parlamentari snelle e di efficaci corsie preferenziali per qualificate

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proposte legislative. L'effettiva garanzia circa la conclusione entro tempi ragionevoli dovrebbe accompagnarsi a procedure istruttorie che curino in modo efficace il profilo della valutazione qualitativa delle norme nelle diverse fasi.
Del pari, come emerso nella tavola rotonda del 12 gennaio, la questione investe aspetti di più ampio respiro, che inducono ad un ripensamento dell'intero sistema delle fonti nel contesto di una ricollocazione delle funzioni dell'Istituzione parlamentare.
Ogni prospettiva di riforma della Carta costituzionale nella parte che regola la produzione normativa dovrà muoversi nel senso di semplificare il procedimento legislativo, anche con il superamento del bicameralismo perfetto, al fine di creare le condizioni per migliorare complessivamente il livello qualitativo della produzione legislativa.
La riforma dovrà, in sostanza essere permeata dal principio, che taluni ritengono utile esplicitare nel testo costituzionale, secondo cui le leggi devono essere «buone leggi»: poche, scritte in modo chiaro, dal significato certo, dagli effetti corrispondenti agli scopi prefissati, tali da recare benefici maggiori dei costi e prive di conseguenze indesiderate. Solo allora potrà essere meno arduo il lavoro interpretativo, più oggettiva e uniforme l'applicazione del diritto di giudici, enti pubblici ed imprese e dunque più democratico il rapporto tra le Istituzioni ed i cittadini, destinatari naturali delle norme.