XVI LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 32 di giovedì 10 luglio 2008
Pag. 1PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI
La seduta comincia alle 9,40.
EMILIA GRAZIA DE BIASI, Segretario, legge il processo verbale della seduta dell'8 luglio 2008.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Buonfiglio, Buttiglione e Stucchi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Sull'ordine dei lavori (ore 9,46).
ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, prendo la parola semplicemente per segnalarle che ieri il Governo, in tre diverse riprese, ha presentato qualcosa come 300 pagine di emendamenti al decreto-legge n. 112 del 2008, con contenuti che spaziano su materie svariatissime. Rivolgo a lei un appello accorato, affinché lei salvaguardi la dignità di questo Parlamento e permetta una discussione. Ci sono interventi, signor Presidente, che vanno a modificare il codice penale, interventi che modificano il codice di procedura civile, interventi che introducono nuove figure nell'ordinamento giudiziario, ci sono interventi che persino modificano le pattuizioni tra cittadini nella fornitura di servizi, cambiando il prezzo a posteriori a favore del venditore. Non posso immaginare, signor Presidente, che lei non intervenga; e mi permetto di suggerirle di anticipare la Conferenza dei presidenti di gruppo su tale questione affinché si possa azzerare la situazione, dopo la presentazione di tutti questi emendamenti, e rinviare il provvedimento nelle singole Commissioni per il parere, perché non posso pensare che ad esempio la Commissione giustizia non si esprima sulle modifiche al codice penale. Ci sono interventi pesantissimi sugli enti locali: non posso immaginare che la Commissione affari costituzionali non sia chiamata a pronunciarsi e a dare il suo parere, e così la Commissione trasporti per interventi fondamentali e molto incisivi sull'autotrasporto. Per cui, signor Presidente, le chiedo veramente che si possa arrivare con adeguata discussione all'approvazione di questo disegno di legge di conversione; mi permetto anche di ricordare che ci sono aspetti relativi a rapporti istituzionali e costituzionali, perché il decreto-legge che andiamo a modificare non ha più nulla di simile rispetto a come era stato approvato e sottoscritto dal Presidente della Repubblica.
È un appello accorato. Ho espresso dei pareri abbastanza negativi sulla mia maggioranza, sulle modalità con cui ha approvato la legge finanziaria lo scorso anno; Pag. 2però le garantisco, signor Presidente, che ciò che sta capitando è ancora peggiore. Ci sono deleghe al Governo per trasferire funzioni, beni e risorse alle regioni, e c'è la centralizzazione di funzioni che prima erano assegnate alle regioni e che vengono riportate al Governo centrale: e tutto ciò non possiamo immaginare di farlo con un meccanismo blindato, come questo del decreto-legge. È, le ripeto, un appello accorato che le faccio (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
ROBERTO CASSINELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO CASSINELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non posso tacere che nella seduta di ieri, quella che ha avuto ad oggetto la discussione generale, nella parte finale, dopo una serie di interventi che in parte non ho condiviso ma comunque apprezzabili e rispettabili, e dopo una serie di interventi parlamentari della maggioranza il cui contenuto invece ho condiviso, si è svolto un rituale veramente sgradevole: alcuni parlamentari dell'opposizione hanno letto la stessa «paginetta», lo stesso testo integrale. Evidentemente questa è una dimostrazione innanzitutto della scarsità delle argomentazioni dell'opposizione nei confronti del provvedimento che discutiamo quest'oggi; ma credo che sia una mancanza di rispetto nei confronti dei colleghi e nei confronti dell'Aula.
Credo che i telespettatori che hanno seguito la seduta non avranno apprezzato questo scarso esempio di serietà da parte dei parlamentari, e spero vivamente che per il futuro episodi come questi non abbiano a ripetersi, poiché certamente non fanno onore né all'Aula né ai parlamentari italiani (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Cassinelli.
Onorevole Borghesi, ringrazio anche lei per aver nuovamente posto all'attenzione della Presidenza la necessità di consentire la discussione nelle Commissioni competenti degli emendamenti presentati al disegno di legge di conversione del decreto-legge in materia economica. Come lei stesso ha ricordato, per oggi è convocata la Conferenza dei presidenti di gruppo (anzi, essa è stata anticipata alle ore 15 proprio per le perplessità espresse dall'onorevole Quartiani): certamente in quella sede esamineremo con la necessaria attenzione quanto da lei proposto all'attenzione della Presidenza. Ricordo comunque - come ho già avuto modo di fare ieri - che le presidenze delle Commissioni, d'intesa con la Presidenza, stanno vagliando in modo estremamente rigoroso - ripeto, estremamente rigoroso - l'ammissibilità di tali emendamenti, per il doveroso rispetto nei confronti del Regolamento, nonché, trattandosi di un disegno di legge di conversione di un decreto-legge, della Costituzione.
Seguito della discussione del disegno di legge: Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato (A.C. 1442) (ore 9,52).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato.
Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione sulle linee generali ed hanno avuto luogo le repliche del relatore per la Commissione giustizia e del Governo.
(Esame di questioni pregiudiziali - A.C. 1442)
PRESIDENTE. Ricordo che sono state presentate le questioni pregiudiziali di costituzionalità Donadi ed altri n. 1 e Soro ed altri n. 2 (Vedi l'allegato A - A.C. 1442), non preannunciate in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo.Pag. 3
Avverto che, a norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali, ha luogo un'unica discussione.
Le questioni pregiudiziali possono essere illustrate da uno solo dei proponenti per non più di dieci minuti. Può altresì intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi per non più di cinque minuti.
Al termine della discussione, si procederà ad un'unica votazione.
L'onorevole Palomba ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale di costituzionalità Donadi ed altri n. 1, di cui è cofirmatario.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, noi dell'Italia dei Valori riteniamo che il provvedimento al nostro esame si ponga in contrasto stridente con la nostra Costituzione. Esso ha infatti la forma non di un progetto di legge costituzionale, ma di un disegno di legge ordinaria. La maledetta fretta che ha determinato questa maggioranza a portare questo provvedimento all'attenzione dell'Aula nel giro di 36 ore, comprese le ore notturne, con sole 7 ore di approfondimento in Commissione, vi ha anche indotto a risolvere sbrigativamente questa questione che vi brucia fra le mani, il processo del Premier, il che non vi sarebbe stato consentito dall'esame di un progetto di legge costituzionale, che avrebbe imposto una doppia lettura in entrambi i rami del Parlamento con i tempi previsti dalla Costituzione.
L'articolo 96 della Costituzione, parlando dei reati cosiddetti ministeriali affida a una legge costituzionale il compito di stabilire le modalità attraverso le quali questo dettato costituzionale deve essere attuato.
Ciò avrebbe dovuto, ancora di più, indurre a ritenere che per i reati ordinari nessuno «scudo» potesse essere predisposto in favore di queste alte cariche dello Stato; ma se proprio volevate predisporlo, vi avrebbe dovuto imporre di proporre e di presentare una proposta di legge costituzionale di modifica.
La normativa al nostro esame va infatti ad incidere pesantemente sugli assetti costituzionali e sugli equilibri di potere. E difatti, in nessuna Costituzione dell'Europa civile (ma non solo dell'Europa civile, direi anche dei Paesi civili) è previsto uno «scudo», una guarentigia tale quale è quella apportata in questo disegno di legge in favore non del Capo dello Stato - cosa che avrebbe potuto essere concepibile -, ma in favore di chi esercita l'azione politica, in favore cioè del Presidente del Consiglio dei ministri e, ancora più, in favore dei Presidenti delle Camere, che a nessuna guarentigia hanno diritto di aspirare. Essi sono infatti Presidenti delle Camere o Presidente del Consiglio dei ministri in quanto esercitano funzioni costituzionalmente rilevanti, ma non in quanto si rendono autori di reati o, comunque, sono imputati di essere tali.
Nessuna guarentigia vi è riconosciuta, a nessuna guarentigia potete aspirare. Signor Presidente, la condizione inusitata ed incredibile del Premier ha coinvolto in questa situazione altre alte cariche dello Stato, a cominciare da lei, signor Presidente, dal Presidente del Senato e dal Presidente della Repubblica che, per la vostra limpidezza, non avete bisogno di questo «scudo» e vi dovreste sentire indignati di essere stati trascinati in questa situazione! Avreste dovuto protestare e dire: «Noi non c'entriamo niente con la situazione del Premier, sbrogliatela tu!». Perciò già ieri, per il rispetto che porto a lei come persona e come ufficio di garanzia e alla funzione che lei esercita, ho detto: «Presidente, si tiri fuori da questo disegno di legge; lei non c'entra niente con tutto ciò che sta alla base di questo disegno di legge, ossia sottrarre il Presidente del Consiglio dei ministri a ciò che capita a tutti i cittadini ordinari e normali, e cioè di sottostare ai processi e di difendersi nei processi, e non dai processi». Questa è infatti la verità ormai conclamata, signor Presidente: lo avete ammesso tutti, e lo hanno ammesso ieri, nel corso della discussione, componenti ed illustri esponenti della maggioranza.
Quando noi vi dicevamo che il decreto-legge sulla sicurezza, con l'articolo 2-ter introduceva (Commenti)...
PRESIDENTE. Le chiedo scusa, onorevole Palomba. Pregherei i colleghi di prestare attenzione o, comunque, di consentire all'onorevole Palomba di svolgere il suo intervento. Prego, onorevole Palomba.
FEDERICO PALOMBA. La ringrazio, signor Presidente. Quando noi vi dicevamo che l'articolo 2-ter aveva l'unico obiettivo di apprestare uno «scudo» ed una protezione nei confronti del Presidente del consiglio, ci avete risposto che era una cosa utile per tutti, per la collettività. Oggi nessuno di voi, nessuno della maggioranza è più disposto a sostenere questa tesi, tanto che state mettendo in campo uno scambio tra provvedimenti entrambi vergognosi, che rappresenteranno la vergogna dell'Italia anche nei confronti di tutti gli altri Paesi civili. Signor Presidente, vi è quindi una incostituzionalità formale del provvedimento al nostro esame, nel senso che esso urta contro precise disposizioni della Costituzione. Ma vi è anche una incostituzionalità sostanziale.
La nostra Costituzione, pensata dai nostri padri costituenti, persone limpide e specchiate, che non avrebbero mai pensato che le massime cariche dello Stato potessero essere coinvolte in vicende così gravi, aveva previsto solo il bilanciamento tra i poteri dello Stato, i pesi e contrappesi che in una Costituzione democratica sono necessari, ma mai si sarebbe pensato - difatti i padri costituenti non vi hanno pensato - a salvare chi esercita funzioni pubbliche dall'esercizio costituzionale del potere giurisdizionale che riguarda tutti i cittadini. Chi è investito di funzioni pubbliche ai più alti livelli ha il dovere, per primo, di rispettare gli equilibri costituzionali che sono rappresentati dal fatto che i diversi poteri dello Stato devono esercitare ciascuno le proprie funzioni.
Mi meraviglio che il Ministro guardasigilli abbia potuto avallare un'ipotesi di tale genere, che scardina formalmente e sostanzialmente i principi della nostra Costituzione. Pensiamo che il Ministro guardasigilli debba essere uno dei massimi garanti degli equilibri costituzionali. Così non è accaduto, ma vi è una lettura politica molto seria e molto pesante, Presidente Fini, la stessa che le ho già contestato anche ieri e alla quale lei non mi ha risposto. Vi sono precedenti di provvedimenti di così grave rilevanza che siano stati portati alla decisione dell'Assemblea in 36 ore comprese le ore notturne? Lei non mi ha risposto perché non mi poteva rispondere. Non vi sono precedenti di tale genere nel Parlamento repubblicano. Ciò, signor Presidente, ci fa avvertire ancora di più un senso di vergogna da una parte, ma anche un timore per le prerogative del Parlamento di cui lei per primo, signor Presidente, deve essere garante.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Si riprende la discussione.
(Ripresa esame di questioni pregiudiziali - A.C. 1442)
PRESIDENTE. L'onorevole Bressa ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale di costituzionalità Soro ed altri n. 2, di cui è cofirmatario.
Prego ancora una volta i colleghi di prestare attenzione o comunque di consentire all'oratore di svolgere il suo intervento.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, sarebbe meglio prestare attenzione perché, come lei signor Presidente, può immaginare, la questione è piuttosto delicata.
Pag. 5PRESIDENTE. Concordo con lei.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, illustro una questione pregiudiziale che attiene all'articolo 72 della Costituzione ossia al procedimento legislativo. Come si è arrivati oggi a votare il provvedimento in esame? Con una compressione di tempi che fa a pezzi il Regolamento e la Costituzione.
Contano poco o nulla i precedenti riferiti a singoli articoli del Regolamento. In questo caso, per quanto concerne l'attività delle Commissioni in sede referente è stato disapplicato l'articolo 79, quarto comma, lettera b), del Regolamento, relativo alla valutazione di conformità della disciplina proposta alla Costituzione; è stato disapplicato l'articolo 79, comma 1, del Regolamento, impedendo lo svolgimento di attività istruttoria e conoscitiva per una materia dai profili costituzionali così complessi; non sono state assicurate le 48 ore previste prima dell'iscrizione all'ordine del giorno dell'Assemblea; è stato disapplicato l'articolo 81 del Regolamento, che prevede che in caso di urgenza il termine per le Commissioni per riferire all'Assemblea è ridotto a un mese. L'aver disapplicato tutti insieme e contemporaneamente questi articoli rappresenta il precedente gravissimo, perché da adesso in avanti in una settimana si può concludere l'esame di un procedimento legislativo. Altro che decretazione d'urgenza! Un decreto-legge, con i suoi 60 giorni, ha tempi biblici.
La situazione è poi particolarmente delicata se si presta attenzione al fatto che è stato stracciato l'ordine dei lavori che la Camera si era data, sono state annichilite le opposizioni e il loro ruolo ma anche tutti i gruppi presenti in Assemblea e tutti i parlamentari. È uno stravolgimento del ruolo stesso del Parlamento che - si badi - non è un esempio di efficienza, ma di irresponsabilità costituzionale perché non esiste più la certezza di una regola per il procedimento legislativo. Con questo precedente diventa non credibile perfino la vostra proposta di modifica del Regolamento parlamentare che, con un senso di opportunità politica che sfida il ridicolo, avete presentato ieri.
La vostra proposta di riforma del Regolamento prevede che il disegno di legge che riveste carattere prioritario per l'attuazione del programma di Governo deve essere approvato dall'Assemblea entro trenta giorni. Come mai inventate una regola così garantista? È un evidente allungamento dei tempi rispetto al blitz di questi giorni!
Chi tra di voi - perché state facendo tutto voi - è più incredibile, il presidente Cicchitto, che ieri ha presentato la proposta di riforma del Regolamento, o il Ministro Vito, che ha imposto tempi così draconiani ai nostri lavori? Temo che siano incredibili e inattendibili tutti e due.
Non vi è alcun dubbio che la democrazia maggioritaria abbia, nei fatti, comportato un superamento dell'imparzialità della funzione del Presidente - si pensi a tutte le volte che il Presidente, pur nell'esercizio delle proprie attribuzioni di garanzia, si rimette alla volontà dell'Assemblea - ma pur sempre, come tutore dell'osservanza del Regolamento, il Presidente dispone di poteri in larga parte discrezionali, e nell'esercizio di questi poteri è configurabile una sua responsabilità. Per questo lei, onorevole Fini, non è, e non potrà mai essere, il notaio di questa Assemblea. Presidente Fini, è sua la responsabilità di garantire il rispetto dell'articolo 72 della Costituzione, e cioè la correttezza del procedimento legislativo.
Presidente, cari colleghi, non vorrei che nella vostra foga efficientista aveste dimenticato la giurisprudenza costituzionale che, dalla sentenza n. 9 del 1959 in poi, ha sempre affermato chiaramente la verificabilità nel controllo di legittimità costituzionale del procedimento legislativo. Non solo: la Corte ha pure affermato la propria potestà di accertare, anche al di là delle attestazioni contenute nei messaggi di trasmissione dei Presidenti delle Camere, l'effettiva conformità alla Costituzione del reale svolgimento del processo formativo della legge. Noi a questo ci appelliamo, Pag. 6perché oggi l'articolo 72 della Costituzione viene clamorosamente calpestato e disapplicato. Non pensate che tutto si esaurisca con decisioni che restano interne a questa Assemblea; la Corte può intervenire, e io mi auguro che intervenga.
Veniamo alla questione di merito. Voi sostenete ripetutamente, dire quasi ossessivamente, che il disegno di legge Alfano è stato scritto avendo presente la sentenza n. 24 del 2004 della Corte costituzionale, quella che aveva bocciato il lodo Schifani. Ma se questo si presume essere vero, il risultato non è all'altezza delle ambizioni, perché il prodotto è ancora un provvedimento incostituzionale.
Il professor Leopoldo Elia, commentando proprio la sentenza n. 24 del 2004, sottolinea come al giudice costituzionale bisogna riconoscere il diritto di un margine di funzionale elusività: non spetta alla Consulta additare sentieri al legislatore che indichino o suggeriscano un indirizzo per l'avvenire. E voi, per quel mal vezzo tipico degli ingegneri costituzionali, che perdono di vista il senso complessivo del progetto costituzionale per concentrarsi su una singola legge che garantisce il risultato voluto e solo quello, ci siete cascati con tutti e due i piedi. Siete stati capaci di aggiustare alcuni profili complessivamente marginali (la limitazione della sospensione al mandato in corso, con l'eccezione parziale del Presidente del Consiglio, la rinunciabilità della sospensione da parte dell'imputato, la salvezza dell'azione civile), ma non avete corretto la sostanza, ovvero la questione di incostituzionalità profonda rilevata dalla sentenza n. 24 del 2004, e cioè il riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione.
Il lodo Alfano continua ad essere incostituzionale, perché persevera nell'errore di considerare il sereno svolgimento delle funzioni che ineriscono alla carica di Presidente della Repubblica, di Presidente del Consiglio e di Presidente di Camera e Senato un bene di rilievo costituzionale. Cosa che non è, come è facile desumere dalla sentenza di quella stessa Corte immediatamente successiva, la n. 25 del 2004, relativa all'ammissibilità del referendum abrogativo del lodo Schifani, che rilevò come il quesito fosse ammissibile proprio perché non riguardava leggi a contenuto costituzionalmente vincolato o costituzionalmente necessarie.
Il sereno svolgimento delle funzioni, anche se ritenuto apprezzabile, riguarda un interesse molto volatile, se pensiamo che gli accidenti in grado di vulnerare la serenità sono talmente tanti e così eterogenei che, come sottolineava autorevole dottrina, solo un anacoretico isolamento potrebbe mettere a riparo, forse, da fattori di inquietudine.
Riflettete su questo paradosso, perché se si ammette la legittimità costituzionale del lodo Alfano, poi potrebbero non esserci più limiti. Perché non fare un lodo Tremonti-Scajola per dimezzare il prezzo del barile di petrolio, vista l'inquietudine che genera al sereno svolgimento delle funzioni l'aumentano dei costi energetici, e così via (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?
Quindi, è irragionevole bilanciare la serenità dell'assolvimento di un alto dovere istituzionale con il principio della parità del trattamento rispetto alla giurisdizione, che si afferma alle origini dello Stato di diritto. Tale principio è previsto dall'articolo 24 della Costituzione ed è una specificazione del principio di uguaglianza formale di cui all'articolo 3, primo comma, della Costituzione, che è una «supernorma», nel senso che è il punto di riferimento primario per cogliere in tutte le sue implicazioni il rapporto tra la nostra forma di Stato e la tutela dei diritti fondamentali. Per questo, a proposito dei reati extrafunzionali delle quattro cariche istituzionali che voi avete previsto di tutelare, è necessario aprire una parentesi: che cosa c'entrano i Presidenti di Camera e Senato? Gli organi costituzionali sono la Camera e il Senato, non i loro Presidenti. Forse questo vi serviva per fare un po' di fumo, per allargare la platea, per nascondere il fatto che avevate un unico e solo interesse, quello di tutelare un'unica e sola persona, il Presidente del Consiglio.Pag. 7
Con riferimento ai reati extrafunzionali, la sospensione del processo penale è costituzionalmente incompatibile con il principio di eguaglianza. L'articolo 3 e l'articolo 24 della Costituzione erano all'origine dell'incostituzionalità del lodo Schifani e ora sono il motivo di incostituzionalità del lodo Alfano. Non si rinuncia al diritto all'uguaglianza e al diritto alla tutela giurisdizionale per assicurare un privilegio, con il pretesto che temporaneamente si ricopre una carica che non ammette turbamenti. Era lo Statuto albertino che prevedeva che la persona del Re fosse sacra ed inviolabile, sulla base del brocardo che il Re non può far male. Tale affermazione è espressiva non tanto di una mentalità autocratica, quanto piuttosto di una mentalità cortigiana ed elogiativa. Colleghi della maggioranza, forse fareste bene a riflettere su questo fatto: vi stanno trattando come dei cortigiani, e non come dei parlamentari.
Noi non vogliamo tornare allo Statuto albertino, perché crediamo che il nostro Stato di diritto abbia una precisa architettura costituzionale, più complessa di quanto i populisti desiderino, più efficace di quanto i girotondi paventino. Per questo noi continueremo a difenderla, perché il principio democratico non è limitato soltanto alla selezione dei rappresentanti della sovranità popolare, ma ricomprende anche la garanzia e l'effettività dei valori fondamentali che costituiscono il contenuto dell'unità politica della nostra Repubblica.
Questo per noi significa, come ha scritto il presidente emerito dalla Corte costituzionale Valerio Onida, non solo conoscenza e rispetto della Costituzione e dei suoi principi, ma sopratutto un'idea della politica che si traduce in regola dell'agire politico, da parte degli elettori come degli eletti, da parte dei privati, come di coloro che sono investiti di funzioni pubbliche. In particolare, oggi rivendichiamo come nostra questa idea della politica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.
CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, la Lega Nord voterà contro le questioni pregiudiziali presentate dai colleghi dell'opposizione. Cercherò di svolgere alcune considerazioni sulle eccezioni che sono state evidenziate. La questione della sospensione dei processi per le alte cariche dello Stato non è nuova, risale al principio democratico della divisione dei poteri. È innegabile che con l'abbandono del tradizionale modello dell'immunità parlamentare, la cosiddetta autorizzazione a procedere, che i padri costituenti avevano previsto per configurare un sistema di garanzie bilanciato, il difficile rapporto tra giustizia e politica è oramai da un decennio privo di equilibrio.
Occorre trovare una soluzione che, senza tornare al vecchio istituto dell'immunità parlamentare, contemperi il principio di uguaglianza dei cittadini con l'esigenza di non lasciare le relazioni tra le forze politiche e la stessa salvaguardia dei risultati elettorali in balia delle iniziative di qualche magistrato. Quindi, l'immunità per le alte cariche dello Stato è una questione non nuova, di cui si è occupato il Parlamento legiferando con il lodo Schifani e su cui la Corte costituzionale si è pronunciata con sentenza n. 24 del 20 gennaio 2004, più volte citata dai colleghi dell'opposizione.
Ho sentito dire, lo ha detto il collega Bressa, che la Corte evidenzia come sarebbero stati violati gli articoli 3 e 24 della Costituzione. Vi erano state delle violazioni che il lodo Alfano sana. Parliamo dell'obbligatorietà dell'azione penale, del fatto che comunque era previsto un automatismo che adesso è cancellato. Vi è la tutela della parte civile, che non era contenuta nel lodo Schifani. Ma non possiamo accettare - se si legge bene la sentenza della Corte non si può negare l'evidenza - che si dica che il lodo viola l'articolo 3 della Costituzione, laddove prevede un regime differenziato di trattamento tra le alte cariche dello Stato e i comuni cittadini.Pag. 8
Leggiamo cosa dice la Corte: la previsione di un differenziato esercizio della giurisdizione, in particolare di quella penale, «non conduce di per sé all'affermazione del contrasto della norma con l'articolo 3 della Costituzione», perché assicurare il «sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono a quelle cariche» è «interesse apprezzabile che può essere tutelato in armonia con i principi fondamentali dello Stato di diritto, rispetto al cui migliore assetto la protezione è strumentale».
La decisione, quindi, ritiene possibile che le vicende personali dei soggetti investiti di potere, se idonee a turbare il sereno svolgimento delle funzioni, possano prevalere, a certe condizioni, sul principio del pari trattamento dei soggetti rispetto alla giurisdizione. Occorre quindi, ad avviso della Corte, un bilanciamento tra l'autonomia degli organi costituzionali da un lato, e il potere giudiziario e le regole dello Stato di diritto dall'altro. Quindi la serenità da preservare è quella della funzione pubblica, non certo quella della persona privata investita di potere. Indagini penali che coinvolgessero soggetti investiti di potere, ove turbassero la funzione, potrebbero eventualmente portare all'abbandono della funzione. È quindi interesse apprezzabile del giudice costituzionale non tanto giustificare un'immunità, perché non è questo il senso della norma, ma ammettere una lesione del principio di pari trattamento dei soggetti rispetto dalla legge.
Veniamo ad un aspetto della sentenza che è stato più volte citato e che riguarderebbe la necessità di legiferare in questa materia con una legge di rango costituzionale. La sentenza della Corte costituzionale non si esprime sul punto. Voi come interpretate questo silenzio? Interpretate il mancato riferimento all'articolo 138 della Costituzione come la necessità di andare comunque in quella direzione. Ebbene, io non penso che la Corte si sia dimenticata a caso del riferimento all'articolo 138, ma se lo ha fatto è perché qui non stiamo parlando di un'immunità, non stiamo parlando di una condizione di non procedibilità, e quindi sono errati anche i riferimenti che vengono fatti agli articoli 90 e 96 della Costituzione. Siamo in un altro ambito, in un altro istituto: stiamo parlando di una sospensione. Ecco perché la Corte legittimamente non fa riferimento all'articolo 138, ammettendo quindi la possibilità per il legislatore ordinario di intervenire in questa materia, perché appunto non di immunità si tratta, ma di sospensione.
Per queste ragioni, voteremo contro le pregiudiziali di costituzionalità presentate (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vietti. Ne ha facoltà.
MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non c'è dubbio che la versione del cosiddetto lodo che viene sottoposta oggi al voto della Camera supera molte delle censure che la Corte addebitò al precedente provvedimento con la sentenza n. 24 del 2004. Ho l'impressione che non le superi tutte, o perlomeno, non ho la certezza che le superi tutte.
È vero che la Corte ha detto che la continuità e la regolarità delle funzioni istituzionali pubbliche costituiscono un bene meritevole di tutela, ma è altrettanto vero che la Corte non ha detto se questo bene andasse garantito o meno da una norma di rango costituzionale. Questo silenzio, come tutti i silenzi, è suscettibile di interpretazioni contrastanti. C'è chi dice che il silenzio della Corte depone a favore della praticabilità della riforma per legge ordinaria, perché se avesse voluto dire il contrario la Corte lo dovrebbe detto e lo avrebbe considerato un profilo assorbente; ma credo che con altrettanta ragionevolezza si potrebbe sostenere il contrario, vale a dire che la Corte ha esaminato diversi profili di costituzionalità, non ha esaminato questo, e dunque si è tenuta una finestra aperta, dalla quale potrebbe ripassare la stessa censura di incostituzionalità (come dire, il seguito alla prossima puntata).Pag. 9
Permangono profili di disparità con riferimento ai principi di soggezione alla giurisdizione da parte dei Presidenti delle Camere e del Presidente del Consiglio rispetto ai componenti dei relativi organi collegiali; è vero che la disparità è mitigata dall'esclusione della figura del Presidente della Corte, ma essa non scompare completamente.
Permane anche un profilo di indeterminatezza della durata della garanzia. La formula dell'articolo 1, quinto comma, infatti, è contorta e assai poco comprensibile: «la sospensione opera (...) e non è reiterabile, salvo il caso di nuova nomina (...)», laddove, dalla parola «nomina», si dovrebbe comprendere che riguarda solo il Presidente del Consiglio e non le altre cariche. Abbiamo presentato un emendamento che prevede l'operatività della sospensione per un solo processo; ci sembra un elemento di chiarezza che evita non solo difficoltà interpretative, ma anche ulteriori rischi di incostituzionalità.
Questa versione di sospensione non è un'immunità funzionale, ma è extrafunzionale, perché copre anche i reati comuni e quelli anteriori all'assunzione della carica. In tale previsione vi è un rischio di violazione del profilo della ragionevolezza, perché, come è noto, ci deve essere una proporzionalità tra il bene tutelato, la funzione, e la durata. Non siamo certi che questa proporzionalità sia assicurata.
Per queste ragioni, colleghi, signor Presidente, consegniamo agli atti dei lavori parlamentari le nostre riserve, le nostre messe in guardia dai rischi connaturati a questa operazione che, certamente, se anche si concluderà oggi con il voto, non si concluderà oggi rispetto ai possibili contenziosi futuri. La responsabilità di questa operazione - lo ribadiamo - è tutta del Governo e della maggioranza, e noi gliela affidiamo, con un'astensione che, mai come in questo caso, è coerente con il significato etimologico della parola, vale a dire che noi ce ne tiriamo fuori e non prendiamo partito (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pecorella. Ne ha facoltà.
GAETANO PECORELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il nostro faro di riferimento sarà, e non potrà che essere, la sentenza n. 24 del 20 gennaio 2004 della Corte costituzionale, ma un chiarimento va fatto subito: non risponde al vero che la Corte costituzionale non abbia deciso sulla forma della legge, cioè sulla sua eventuale incostituzionalità perché approvata con la procedura ordinaria.
Vi è nella sentenza una priorità logica: se l'intera legge fosse stata incostituzionale in relazione alla fonte, sarebbe stato del tutto superfluo entrare nel merito di alcuni specifici aspetti della normativa, così come ha fatto la Corte. La Corte ha anche chiarito nella motivazione perché la legge poteva essere approvata con il procedimento ordinario: la legge - si spiega - non ha per oggetto l'immunità, ma l'istituto di natura strettamente processuale della sospensione dei processi, che è ben noto, e in relazione al quale la stessa Corte ha precisato che esso ha di regola natura oggettiva, ma nulla impedisce che possa avere carattere soggettivo.
Altra cosa è l'immunità, perché con questo istituto si attribuiscono specifiche funzioni al Parlamento; per questo, ci vuole una legge costituzionale. Per un altro aspetto, solo per l'immunità, è richiesta la legge costituzionale: con l'immunità, e solo con essa, si ha una deroga al principio per cui tutti sono soggetti alla giurisdizione; con la sospensione, invece, si ha solo un differimento del momento in cui la giurisdizione può essere attivata.
La Corte è andata oltre e ha attribuito fondamento costituzionale alla legge sulle alte cariche dello Stato così affermando: «Il bene che la misura in esame vuole tutelare deve essere ravvisato nell'assicurazione del sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono a quelle cariche. Si tratta di un interesse apprezzabile che può essere tutelato in armonia con i principi fondamentali dello Stato di diritto rispetto al cui migliore assetto la Pag. 10protezione è strumentale». La protezione delle alte cariche dello Stato, dunque, è secondo la Corte lo strumento necessario «per un migliore assetto dello Stato di diritto». Se così è, il bene tutelato è l'essenza stessa della democrazia.
Né può dirsi violato l'articolo 3 della Costituzione perché sarebbero accomunate sotto lo stesso regime cariche diverse: sia il Presidente del Senato, che quello della Camera, esercitano specificamente funzioni di rilevanza costituzionale in relazione alle quali non può non valere il principio della salvaguardia del sereno svolgimento delle funzioni.
Per il resto, non si può che riferirsi alla nota della Presidenza della Repubblica secondo cui, testualmente, «ad un primo esame, quello che compete al Capo dello Stato, il disegno di legge approvato il 27 giugno dal Consiglio dei ministri è risultato corrispondente ai rilievi formulati in quella sentenza». Con questa legge il Parlamento dà nuovamente valore prioritario e unico alla volontà popolare che è il fondamento di ogni sovranità a cui, credo, noi tutti dovremmo tenere (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, passiamo ai voti.
ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, considerata la particolare delicatezza di questo voto che è riferita all'importanza generale del procedimento per la Camera, la pregherei, senza che questo crei malumori nella maggioranza, che vi fosse un severo controllo delle tessere perché almeno ora sarebbe utile che ognuno votasse per sé.
PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Donadi ed altri n. 1 e Soro ed altri n. 2.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 553
Votanti 526
Astenuti 27
Maggioranza 264
Hanno votato sì 230
Hanno votato no 296
(La Camera respinge - Vedi votazionia ).
Prendo atto che i deputati Di Pietro e Quartiani hanno segnalato di aver erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbero voluto esprimerne uno favorevole e che la deputata Bongiorno ha segnalato che non è riuscita a votare. Prendo altresì atto che i deputati Pagano, Bianconi e Vignali hanno segnalato di non essere riusciti ad esprimere voto contrario e che i deputati Zinzi, Pisacane e Naro hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto astenersi. Prendo infine atto che i deputati Colombo e Froner hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
(Esame dell'articolo unico - A.C. 1442)
PRESIDENTE. Passiamo, dunque, all'esame dell'articolo unico del disegno di legge e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1442).
Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare.
Poiché il testo consta di un unico articolo, essendone stata avanzata richiesta, la Presidenza ha ampliato, per il Pag. 11
gruppo dell'Italia dei Valori, il numero di emendamenti in misura pari al doppio di quelli che sarebbero consentiti, ovvero sei. Il gruppo del Partito Democratico è stato invitato a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole D'Alema. Ne ha facoltà.
MASSIMO D'ALEMA. Signor Presidente, colleghi deputati, sarà l'onorevole Tenaglia, certamente con assai maggiore autorevolezza e dottrina rispetto al sottoscritto, a illustrare in modo più particolare il significato e il senso degli emendamenti del Partito Democratico che sono volti a circoscrivere il danno prodotto da questa «leggina» e a ridurne l'incongruenza e l'irrazionalità. Io vorrei, nell'illustrare il senso generale di questa battaglia parlamentare, fare un discorso - come si conviene - più politico e un discorso di verità, perché credo che il Paese si attenda un confronto sincero, e vorrei invitare a questo anche la maggioranza.
È chiaro che questo provvedimento non è volto a stabilire un più equilibrato rapporto tra i poteri dello Stato, che pure è un problema reale, né a tutelare la stabilità delle istituzioni democratiche, il diritto a svolgere serenamente la funzione cui le alte cariche sono chiamate, né ad affrontare quei problemi, quei mali della giustizia italiana che certamente esistono e che il Parlamento dovrebbe in modo più meditato, e forse condiviso, affrontare.
Questo provvedimento è volto a bloccare in modo sbrigativo e rozzo il processo per corruzione in cui è coinvolto il Presidente del Consiglio, e forse anche ad evitare che un'altra indagine per corruzione si concluda con un processo. Questa è la verità. Le finzioni non aiutano, e mi permetterei di esprimere un sentimento di solidarietà verso le altre cariche dello Stato, che non c'entrano nulla e che sono coinvolte nel provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori e del deputato Tabacci) solo per fare compagnia all'unico interessato e per creare la sensazione di una norma di valore generale. Ma, insomma, in materia di norme le sensazioni non sono sufficienti.
Noi abbiamo apprezzato, abbiamo apprezzato la rinuncia, che spero sia piena, ad una misura come quell'emendamento «bloccaprocessi» che avrebbe prodotto danni maggiori (io sono sempre stato per la limitazione dei danni, forse questo fa parte di una cultura riformista), nel senso che per bloccare un processo ne avrebbe fermati molti, aggravando un senso di insicurezza per i cittadini, norma che era inserita quasi per paradosso in un decreto denominato «sicurezza».
Ma anche questa soluzione, pure più circoscritta, appare pasticciata e confusa. Intanto mi riferisco all'accomunare il Presidente della Repubblica alle altre cariche, considerato che il Presidente della Repubblica è un organo costituzionale. E se questo provvedimento fosse limitato alla figura del Presidente della Repubblica senza dubbio lo si potrebbe considerare una legge attuativa dell'articolo 90 della Costituzione. Ma né il Presidente del Consiglio né i Presidenti delle Camere sono organi costituzionali, e non a caso il costituente nell'introdurre particolari tutele per gli organi costituzionali li ha introdotti per il collegio, all'articolo 68 per il Parlamento, e all'articolo 96 per il Governo. E in particolare, per quanto attiene ai Presidenti delle Camere, se il valore da tutelare (ed è un valore) è la pienezza del funzionamento del Parlamento, organo costituzionale, davvero non si capisce una diversità di tutela così radicale tra di noi, signor Presidente, dato che ciascuno di noi e lei rappresentiamo - lo ripeto, ciascuno di noi - la volontà popolare e siamo coessenziali al funzionamento pieno del Parlamento eletto dai cittadini italiani.
Si tratta, a mio giudizio, di una soluzione confusa e pasticciata e ritengo che in definitiva questa «leggina» rappresenti anche un errore politico, volta così palesemente a tutelare l'interesse dell'onorevole Berlusconi.
Mi chiedo se davvero faccia l'interesse dell'onorevole Berlusconi, innanzitutto come Capo di Governo, che si espone Pag. 12indubbiamente al dibattito umiliante di questi giorni e si espone anche sulla scena internazionale come un Capo di Governo che violenta la sua maggioranza, cambia i calendari delle Camere per imporre un provvedimento rozzo e frettoloso di questo tipo e che, alla fine, otterrebbe al massimo il beneficio di una sospensione, che lo porrebbe nella condizione di un Capo di Governo in attesa di giudizio per corruzione, per alcuni anni (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori), condizione che, a mio giudizio, è gravemente dannosa per l'immagine del nostro Paese sulla scena internazionale.
Non so se sia conveniente per Berlusconi e mi sentirei di dare un consiglio, che almeno nelle intenzioni è certamente amichevole: rinunciare, affrontare il giudizio per accuse che egli ha sempre respinto, a testa alta, e lasciare che il Parlamento affronti con equilibrio e con strumenti idonei le questioni di fondo a cui si allude, in quel clima di confronto sulle riforme, che era stato auspicato anche da noi e che subito è stato compromesso da scelte frettolose e arbitrarie, che hanno creato - e lo si vede, cari colleghi - anche imbarazzo in quella parte della maggioranza che ha guardato a questa legislatura come ad un'occasione nuova, come al momento in cui, finalmente, si sarebbe messo mano a riforme, a riforme condivise, a quei cambiamenti e a quell'aria nuova nella politica italiana che il Paese chiede e tanta parte del Paese ha chiesto a voi.
Oggi si vive invece quel senso doloroso del ritorno alla palude, del ritorno al passato, del ritorno del sempre uguale, che è vissuto anche da voi - e lo si vede - con un senso di umiliazione e di preoccupazione.
GIUSEPPE CONSOLO. Ma chi te l'ha detto?
MASSIMO D'ALEMA. È una mia impressione, dopo voi direte le vostre.
GIUSEPPE CONSOLO. È un'impressione sbagliata.
MASSIMO D'ALEMA. Forse mi riferisco solo ad alcuni.
In realtà, la sovrapposizione tra gli interessi personali dell'onorevole Berlusconi e i reali problemi della giustizia ha costituito, in questi anni, un impedimento ad affrontare quei problemi e, paradossalmente, una delle principali tutele per le posizioni più corporative all'interno della magistratura, perché ha tolto alla politica quella serenità nell'affrontare i grandi problemi del Paese, che non può che derivare dal fatto che i grandi problemi si affrontano dal punto di vista dei cittadini e non dell'interesse personale dei politici (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori e del deputato Tabacci - Commenti di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Il rischio è che, su una questione così delicata, al Paese si presenti l'immagine di uno scontro tra caste, di uno scontro tra corporazioni che, a mio giudizio, non potrebbe che favorire un degrado della vita pubblica.
GIUSEPPE CONSOLO. Unipol!
MASSIMO D'ALEMA. Ne abbiamo avuto il segno in questi giorni, e lo dico io che non sono per formazione e per storia contrario alle manifestazioni di piazza, ma certamente quello che distingue le manifestazioni è ciò che si dice in queste manifestazioni e mi preoccupa la virulenza, la volgarità, la sensazione di uno scontro che non ha regole e che, in definitiva, eccita le minoranze ma allontana la grande maggioranza dei cittadini dalla vita pubblica (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Ma se così è, non possiamo non vedere che quella piazza è solo una delle due facce della crisi italiana; l'altra sta in una concezione arrogante e personalistica del potere, quale quella che si manifesta, in queste ore, con questo provvedimento. In definitiva, il rischio è che tutti ci allontaniamo dal sentimento comune dei cittadini.
C'è da domandarsi come questo spettacolo della politica, così come viene offerto in questi giorni, possa essere vissuto in quelle famiglie italiane che faticano ad Pag. 13arrivare alla fine del mese o che non sanno come mandare all'università i loro figli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Il senso di una dolorosa distanza tra una politica ripiegata su se stessa, intorno ad interessi particolari o, addirittura, personali, e una drammatica crisi del Paese preoccupa chi, come noi, ha a cuore le istituzioni democratiche (Commenti di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Vorrei dire, infine, che, in questa situazione, è particolarmente grande la responsabilità dei riformisti. Il rischio è che questa legislatura venga compromessa, sin dall'inizio, rispetto alle aspettative e alle speranze, che pure aveva suscitato. Non crediamo di avere il monopolio del riformismo. Siamo certamente una grande forza riformista e il mio appello si rivolge a tutti i riformisti, cioè a coloro che in questo Parlamento vogliono affrontare davvero e con coraggio i nodi che riguardano le istituzioni, il funzionamento dell'economia e della società: il Paese ha bisogno di coraggio. Oggi, offriamo uno spettacolo negativo.
A chi percepisce tale sentimento - e, ne sono convinto, sono molti - vorrei rivolgere l'appello di una grande forza: forse può apparire stretto il sentiero del riformismo, tra la proposta qualunquista e l'arroganza del potere, ma è l'unico che porta ad affrontare e a risolvere i problemi del nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro e di deputati dell'Italia dei Valori - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Paolini, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Tenaglia. Ne ha facoltà.
LANFRANCO TENAGLIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, solo il 13 maggio scorso (ma sembra, ormai, passato un secolo), il Presidente del Consiglio dei ministri, in quest'Aula, nel chiedere la fiducia affermava: «La riforma dettata dalle elezioni del 13 e 14 aprile ha lineamenti che risultano chiarissimi. (...) Riduzione di ogni privilegio indebito (...) e affermazione di una giustizia che abbia risorse e personale adatti ad un moderno Stato di diritto». Nella seduta della Commissione giustizia del 4 giugno scorso, il Ministro Alfano rimarcava la necessità di un rilancio dell'azione riformatrice, al fine di rendere più efficace ed efficiente il sistema della giustizia, nell'interesse dei cittadini e in attuazione dei principi costituzionali e del giusto processo.
Abbiamo ascoltato le vostre parole con la consapevolezza che la verità delle parole s'illumina solo della conseguenzialità dei comportamenti. L'attesa ha dato a noi e agli italiani una risposta chiara: i vostri comportamenti smentiscono le vostre promesse, avete mentito. Avete promesso di riformare lo stato della giustizia, ma state riformando un solo altro stato, cioè quello personale di imputato del Premier.
Non siamo noi ad aver brandito il sospetto di una legislazione di favore: è stato lo stesso Premier, nella lettera personalmente inviata al Presidente del Senato, nella quale ha rivendicato le motivazioni a sostegno della norma inserita nel decreto sicurezza. Tale norma blocca, per un anno, tutti i processi per fatti commessi prima del giugno 2002 e per reati, che voi stessi affermate, nella stessa come in altre leggi, essere di maggiore impatto sulla sicurezza dei cittadini.
Fate ciò per una sola ragione, quella di impedire la conclusione di un solo processo. A quella norma ci siamo opposti con nettezza, chiarezza e fino in fondo: essa va eliminata perché è dannosa e pericolosa per tutti i cittadini. Va eliminata perché tradisce la richiesta di sicurezza alla quale avete affidato gran parte delle promesse elettorali. Avete infatti promesso di reprimere e punire i reati di maggiore allarme sociale ma nei fatti cancellate la possibilità di punire i colpevoli degli stessi gravi reati. Negate la possibilità di risarcire le vittime delle truffe, degli omicidi colposi, delle malattie professionali, delle lesioni colpose, degli stupri, delle rapine e delle esternazioni. Li condannate alla via del processo civile, che ha tempi biblici ... Presidente, mi fermo per il brusio!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di prestare attenzione! Prosegua pure onorevole Tenaglia.
LANFRANCO TENAGLIA. Tempi ancor più lunghi dopo i tagli alle spese di giustizia che con il decreto fiscale vi accingete ad operare.
La vostra responsabilità politica è ancor più grande: è quella di inchiodare la giustizia alla sua inefficienza, condannandola ad un passato che non volete passi mai e del quale si nutre la vostra politica. È il passato dell'eterno conflitto tra poteri, dell'affermazione muscolare di rapporti di forza squilibrati, del vicolo cieco delle contrapposizioni e del dialogo tra sordi. Questa legislatura rischia di essere l'ennesima occasione mancata su ciò che effettivamente serve alla giustizia per essere servizio per il cittadino e infrastruttura per il Paese.
In merito al corretto rapporto tra magistratura e Stato: la giustizia non funziona e voi non fate nulla per risolvere questo problema, anzi lo aggravate. Vi sfidiamo a cambiare registro e ad accettare la sfida di una sessione parlamentare sulla giustizia, per costruire quello che veramente serve a tutti e non a uno solo: una giustizia forte, moderna ed efficiente. Su questi problemi abbiamo elaborato le nostre proposte. Aspettiamo ancora le vostre.
Con questa norma, con il cosiddetto «lodo Alfano», dite di voler rafforzare l'architrave che tiene insieme, nelle democrazie, la sovranità e la legalità. La sovranità è la prerogativa di chi è chiamato, per mandato elettivo, ad esercitare il potere di Governo. La legalità è il confine entro il quale quel potere deve muoversi e deve essere esercitato, la sua forma ed il suo limite. Mi dispiace, ma per voi questa legge sarà, ancora una volta, una legge costituzionalmente viziata. È infatti viziata nel metodo. Avete scelto, per la prima volta nella storia repubblicana, una procedura parlamentare rapidissima che viola chiaramente l'articolo 72 della Costituzione, poiché i Regolamenti parlamentari, da quella legge richiamati, sono indice e scrutinio per il giudice della costituzionalità. Avete impedito all'opposizione di spiegare le sue ragioni con modi e tempi sufficienti. Avete strozzato, in quest'Aula, la democrazia. Se l'avete fatto per una legge così importante, vi accingete a farlo per ogni altra questione che dovesse interessarvi!
In questi giorni, molti - primi fra tutti, cento tra i maggiori costituzionalisti italiani - hanno ricordato che l'immunità temporanea per reati comuni è prevista solo nelle Costituzioni greca, portoghese, israeliana e francese, con riferimento però al solo Presidente del Consiglio mentre analoga immunità non è prevista per il Presidente del Consiglio e per i Ministri in nessun altro ordinamento di democrazia parlamentare analogo al nostro, tanto meno nell'ordinamento spagnolo.
Trattandosi, quindi, in questa materia di una deroga al principio di eguale sottoposizione di tutti alla legge, è necessario procedere con una legge costituzionale. Infatti, voi sospendete l'ordinario corso della giustizia, con riferimento ai reati comuni. Avremo conseguenze paradossali, per le quali un Presidente del Consiglio dei ministri, processato per reati gravissimi commessi nell'esercizio delle sue funzioni, dovrebbe essere assistito da un regolare processo, mentre, per altri reati comuni qualsiasi, il processo dovrebbe essere sospeso.
Credo, inoltre, che vi sfugga la differenza tra privilegio e prerogativa: il privilegio è una differenza di trattamento ingiustificata e basata su scelte irragionevoli, la prerogativa è garanzia di una funzione, di una carica, un punto di equilibrio. Quella che proponete è una forma di privilegio in quanto, senza alcuna ragione di tutela di interessi generali, estende lo «scudo» anche a reati commessi prima dell'esercizio della carica. La Corte costituzionale su questo punto è stata chiarissima.
Con questa norma avremo conseguenze paradossali per le quali, il Presidente del Consiglio dei ministri, assistito da specifiche garanzie per i reati propri, potrebbe essere separatamente processato; mentre, per i reati comuni, i processi dovrebbero Pag. 15essere sospesi e abbandonati nel dimenticatoio. Inoltre, questa norma non sutura la ferita gravissima che la Corte costituzionale ha indicato, ossia l'irragionevole disparità di trattamento tra componenti degli organi costituzionali, quali la Camera dei deputati, e i Presidenti delle Assemblee. Questa disparità rimane: l'avete eliminata per il Presidente della Corte costituzionale, ma rimane intatta per i Presidenti delle Camere e i componenti dell'organo. Allo stesso modo, questa legge non specifica quali siano i reati ricompresi nello «scudo» e quali quelli esclusi, quasi a ritenere un eguale grado di offensività per tutti i reati. Non è così: il nostro ordinamento costituzionale, il nostro ordinamento ordinario richiede che vi sia una gradazione nella specificazione della gravità di reato.
L'onorevole Pecorella ha affermato che la Corte costituzionale ha ritenuto legittimo il percorso della legge ordinaria in questa materia, perché presuppone che il lodo sia assimilabile ad una sospensione di rito. Non è così: la Corte non ha rilevato l'unicità di mezzo che persegue finalità eterogenee rispetto a quelle proprie del processo. Dunque, la Corte non si è pronunciata sulla violazione degli articoli 68, 90 e 96 della Costituzione e ha lasciato aperta la questione di come possa coniugarsi tale sospensione con un regime costituzionale che riserva, alla legge approvata ex articolo 138, la disciplina delle prerogative... Presidente, è francamente impossibile proseguire senza un suo intervento...
PRESIDENTE. Chiedo scusa, colleghi, per favore. Prego, onorevole Tenaglia prosegua.
LANFRANCO TENAGLIA. È vero che vi è stata la strozzatura del dibattito, ma anche il silenziatore sul dibattito mi pare francamente troppo!
Con questa norma, infine, avete cercato di suturare le ferite di costituzionalità aperte dalla sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2004 relativa al lodo Schifani. Tali ferite hanno gravemente inciso sull'equilibrio dei poteri e sull'equilibrio dei princìpi costituzionali, ma esse sono troppo larghe per essere suturate con questo strumento (che non è una legge costituzionale) e con questi princìpi.
Per questi motivi, per ragioni di metodo e di merito, voteremo convintamente contro questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.
CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ieri ho partecipato alla seduta nella quale si è svolta la discussione sulle linee generali sul provvedimento cosiddetto «Alfano». Provvedimento, non lodo, signor Presidente, perché, come già ricordava l'onorevole Costantini, parlare di lodo evoca nel linguaggio comune il senso di una decisione equa, di una soluzione arbitrale, definizione che non si può certo «appiccicare» ad un provvedimento di questa natura che, rara avis nell'ordinamento internazionale, è, purtroppo, un déjà vu nel nostro Parlamento. Esso vuole esclusivamente ritagliare a favore del Premier una sfera di impunità che confligge con i canoni fondamentali della Costituzione repubblicana e che ben diversa attenzione avrebbe dovuto ricevere dai membri del Parlamento. Ieri vi è stata una sostanziale assenza, una quasi rassegnata delusione da parte di tanti, come ha affermato anche l'onorevole D'Alema, non solo dello schieramento di opposizione, ma da parte di tanti deputati che credevano di poter affrontare questa legislatura con un altro tratto e un altro respiro. L'assenza di quasi tutti i deputati registrata ieri, invece, è stata quasi la prova di quale sia distanza di questo Parlamento dal sentire comune della nostra comunità.
La piazza può essere sguaiata, può creare degli eccessi e finanche determinare degli atteggiamenti censurabili; io stesso, quando alcune invettive fuori tema sono state pronunciate in quel contesto, ho Pag. 16manifestato il mio dissenso, il mio imbarazzo e la mia dissociazione. Rimane, però, il fatto che la piazza ha dato la dimostrazione di quanto la comunità reale e i cittadini onesti del nostro Paese avvertano l'emergenza democratica di un provvedimento che infrange il principio basilare dell'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge e, soprattutto, di quei cittadini che hanno incarichi di Governo e che dovrebbero essere esemplari davanti alla comunità del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)! Come facciamo a chiedere il rispetto delle leggi se l'esempio che viene da chi le leggi le fa è quello del lodo Alfano e della «schifezza» che oggi volete approvare? Non è ammissibile, signor Presidente, perché alla base del provvedimento passa un'equazione eversiva, irricevibile, quasi che la magistratura sia un organo sovversivo, fazioso e politicizzato che cerca qualunque strumento per attentare alla libertà democratica espressa dal voto popolare che ha riconfermato la fiducia al centrodestra. Non è così, non è così! La magistratura è un organo altrettanto sovrano, il CSM ne è custode indispensabile e voglio assolutamente prendere le distanze da tutta l'ignominiosa e fetida posizione di attacco senza quartiere ad un organo di rilievo costituzionale che rappresenta il garante della sicurezza dei cittadini.
Cari amici della Lega Nord, è inutile che chiediamo la sicurezza della nostra comunità reale se poi attacchiamo le vere sentinelle di questa sicurezza, che sono i giudici. Possiamo fare tutte le leggi che vogliamo, ma se poi i giudici vengono attaccati in maniera così viscerale e così ignobile dalle Aule del Parlamento e dalle massime istituzioni non andremo molto lontano. Saranno le grida manzoniane, ma non sarà la sicurezza che potremo garantire ai nostri cittadini.
E così per le intercettazioni telefoniche; e così per la sospensione di 100 mila processi. Tutto si piega all'interesse del Premier! Ma dove siamo? Neanche nelle monarchie assolute si ponevano principi così gratificanti per il potere rispetto al comune cittadino, al suddito. Nelle monarchie la garanzia di irresponsabilità del re, del monarca, era parallela alla sua mancanza di potere politico, alla sua estraneità dalle decisioni politiche. Il re non poteva fare male, aveva un'investitura divina, ma qui, invece, il Premier è responsabile, come è responsabile in tutti i Paesi occidentali, per gli atti che compie nel corso del suo mandato di Governo. Ha, forse sì, delle sfere di giudizio particolare: ci sono le immunità, ci sono le alte Corti di giustizia, c'è il tribunale dei ministri, ma certo è che la patente di illegalità, che qui si vuole dare al Premier e che esso pretende dalla sua maggioranza, sotto il ricatto delle candidature di una lista bloccata, di una democrazia svilita, penso non possa essere più accettato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.
JOLE SANTELLI. Signor Presidente, l'apertura della discussione su questo provvedimento, forse, è stata sintetizzata - speriamo non sia profetico - dalle parole del presidente D'Alema, che ha parlato del ritorno del «sempre uguale».
Credo che nella discussione su questo provvedimento, seppure nella distinzione delle posizioni, possiamo provare a fare un salto di maturità e ad evitare che, anche su questo tema, come tutte le volte che in questi quindici anni si è parlato di giustizia, ci sia, anche stavolta, il ritorno del «sempre uguale», alle posizioni prefissate, in cui, da una parte, c'è chi propone di fare delle riforme, e, dall'altra, c'è chi dice che si dovrebbero fare, ma, forse, non è questa la sede, non è questo il modo, forse, sarebbe opportuno rinviare. Questo è il vicolo cieco in cui ci troviamo, sostanzialmente, da quindici anni!
Ci sono dei punti fermi che dobbiamo inserire in questo contesto. La base del discorso della maggior parte dei colleghi che sono intervenuti in discussione, anche in Commissione, anche con - occorre dire - un notevole cambiamento da parte dello stesso Partito Democratico, è stata Pag. 17che esiste un problema di democrazia in questo Paese, esiste un conflitto tra giustizia e politica da risolvere, che pesa fortemente su questo Parlamento e su questo Stato. Dobbiamo, però, riconoscere anche che questa analisi non è stata univoca; non lo è stata non soltanto da parte di tutti i gruppi parlamentari, ma neanche nelle parole degli stessi esponenti del Partito Democratico. C'è troppa distanza tra l'analisi di alcuni e quella di altri, tra chi, politicamente, riconosce che esiste un problema e chi, ancora, continua a ripeterci che il problema dell'Italia si chiama efficienza di un'aula giudiziaria e basta.
Così sarà fintanto che, anche all'interno dello stesso Partito Democratico, questa distanza non sarà colmata, finché non ci sarà una voce unica e - mi rivolgo ai colleghi del Partito Democratico - anche fino al momento in cui non vedremo, su carta, delle proposte, delle riforme. Voi contestate le nostre; portateci le vostre! Fateci vedere qual è la risoluzione al problema di democrazia che il Partito Democratico sta offrendo in quest'Aula; forse, da lì, avremo un punto in più. Il secondo caposaldo che dovrà esserci in questa discussione è il continuo equivoco che si cerca di alimentare in quest'Aula.
Colleghi, presidente D'Alema, Berlusconi non è la causa dei problemi che esistono fra politica e magistratura: Berlusconi è una delle vittime, delle tante vittime, come è stato d'altronde lo stesso presidente D'Alema in alcune situazioni, del conflitto fra politica e magistratura. E forse da questo punto di vista si può discutere, volendo leggere in positivo alcuni degli interventi svolti, e già si può partire da una base comune. Oggi in Aula vi è stata una presa di distanza reale da tutto quello che è piazza, da tutto quello che è demagogia e populismo, e forse il ritorno ad un concetto di politica, ritornare a dire che la piazza in alcuni casi rumoreggia, ma si tratta comunque di una piazza estrema e che non rappresenta la gran maggioranza degli italiani; noi quella piazza la ascoltiamo per democrazia, ma decidiamo autonomamente. Speriamo che su questa base si possa riprendere un dialogo.
E vorrei concludere affermando che c'è un punto che va evitato: il punto determinante è la distanza che c'è spesso, troppo spesso, fra le dichiarazioni sui giornali, fra le prese di posizione fuori dal Parlamento e poi il comportamento in Aula, il comportamento nel voto. Fin da quando il presidente Maccanico propose una sorta di immunità per le alte cariche dello Stato, come egli diceva (qui non stiamo parlando di ciò), tanti, troppi, anche facenti parte dell'attuale Partito Democratico, dissero che era una buona idea; tanti, troppi del Partito Democratico in questi giorni, prima di arrivare in quest'Aula, hanno riconosciuto la necessità di un provvedimento di questo tipo; tanti, troppi oggi tacciono su tale dichiarazione di collaborazione. Ed è troppo comodo, è troppo facile, rientra ancora nel tatticismo che ricordiamo negli ultimi quindici anni, dire: riconosciamo il principio ma non ci piace lo strumento, riconosciamo il principio ma comunque evitiamo di discuterne in questa sede. Ancora non abbiamo capito quando arriverà anche per voi, colleghi, il momento in cui si possa dire in termini chiari quello che si pensa sui temi del rapporto fra politica e magistratura; quello che si pensa, perché credo che la libertà massima di ciascun parlamentare debba essere esercitata qui, e non su delle «paginate» di giornale, e poi a quelle «paginate» non far corrispondere alcuna conseguenza politica.
Noi, in questo momento, come ci hanno chiesto anche i colleghi dell'UdC, ci assumiamo una responsabilità di decisione. Noi speriamo che anche il provvedimento in discussione, che comunque rientra pienamente nei diritti del Parlamento, così come è stato riconosciuto da una sentenza della Corte costituzionale, ci consenta di rasserenare il clima. Questo sarà il primo scoglio; ci spiace, speriamo che nel corso del dibattito alcune posizioni saranno mutate, alcune posizioni saranno discusse, perché chiaramente su ogni legge ci può Pag. 18essere una valutazione tecnica diversa, ma un conto sono le valutazioni tecniche e un altro conto sono i toni demagogici o apocalittici. E speriamo soprattutto che dall'indomani, al prossimo banco di prova, ciascuno di noi riuscirà ad avere anche più maturità politica, anche più coraggio, il coraggio di dire: scegliamo coerentemente con le nostre idee, e paghiamo anche lo scotto dello scontento di chi fra i nostri sostenitori forse ci vorrebbe ancora su un campo di battaglia (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.
MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, prendo la parola brevissimamente perché oggi la giornata sarà lunghissima; voglio solo dire alcune cose in breve, appunto.
In tema di costituzionalità, è chiaro che il dibattito è bene aperto, se l'Aula ha detto che la norma che andiamo a votare è costituzionale, con l'autorevole conforto (pare, dai giornali di oggi) del Capo dello Stato, e di sicuro con l'espresso conforto del già Presidente della Corte costituzionale Capotosti.
Il discorso del presidente D'Alema è stato chiarissimo ed è stato molto apprezzato - o, almeno, io lo ho molto apprezzato, ovviamente nei limiti politici in cui questo è possibile. Faccio però rilevare che il Governo precedente è caduto perché un giorno il Ministro della giustizia ha detto quello che tutti noi - o comunque tutti noi di questa parte politica - pensiamo della situazione della politica giudiziaria del nostro Paese: insomma, la scorsa legislatura ebbe termine non già per un atto di sfiducia, non già perché mancavano i voti in Aula, ma per un provvedimento di carattere giurisdizionale! Voi capite bene che questo è un fatto di estrema gravità e, ove avesse a ripetersi anche oggi, si verrebbe ancora una volta a falsare - e da questo giustamente il Premier si difende - quello che i cittadini italiani hanno scelto, dando la maggioranza a questa parte politica. Ecco perché il provvedimento al nostro esame è certamente condivisibile quantomeno nel senso di legittima difesa.
Ho apprezzato inoltre talune parole che ritengo molto importanti, e cioè l'invito ad un dibattito sereno: ciò dimostra infatti che finalmente quello della giustizia è un problema che è condiviso da quasi tutte le parti - e certamente da tutte le parti significative - di quest'Aula.
Sono certo e auspico infine - è qui presente il Ministro della giustizia, che sarebbe simpatico ce ne desse conferma - che, una volta che sarà superato lo scoglio che si frappone sul cammino del Premier per la realizzazione del programma, l'azione del Governo in tema di giustizia non si limiterà a questa questione, cioè non servirà solo a risolvere il problema del Premier sulle questioni di giustizia, ma porterà a risolvere il problema di tutti i cittadini sulle questioni di giustizia. In base ad una relazione svolta nel corso della passata legislatura dal Ministro della giustizia, infatti, risulta che l'80 per cento dei cittadini che esce dalle aule di giustizia non è felice: dobbiamo risolvere questo problema. Apprezzeremmo dunque molto il fatto di avere la certezza che, superato questo frangente, il Governo si impegnerà a risolvere il problema della giustizia di tutti gli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vitali. Ne ha facoltà.
LUIGI VITALI. Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, siamo alle solite: il lupo perde il pelo ma non il vizio. Ho ascoltato con molta attenzione l'intervento del presidente D'Alema: un intervento degno dello smemorato di Collegno! Esso infatti non tiene conto di quello che è accaduto nel nostro Paese negli ultimi diciotto anni, e dà, o vuole dare, di esso un'immagine normale quando questo invece non è assolutamente un Paese normale. E non potrà divenire un Paese normale se non si Pag. 19affermeranno il rispetto dei ruoli istituzionali e del principio della politica: una politica che viene indicata dai cittadini e che ha la responsabilità di governare.
Il presidente D'Alema dimentica - o fa finta di dimenticare - che la storia di questo Paese è stata cambiata grazie a veri e propri colpi di Stato giudiziari. È chiaro che egli vorrebbe che il Presidente Berlusconi si facesse condannare (peraltro, da parte di un giudice che secondo il nostro ordinamento non soltanto deve essere indipendente e autonomo, ma deve anche apparire indipendente e autonomo: mentre sicuramente il presidente di quel collegio di Milano tutto può essere tranne che un giudice che appare indipendente e autonomo). Il presidente D'Alema dimentica che nel 1994 un Presidente del Consiglio eletto democraticamente dagli italiani è stato mandato a casa insieme a tutta la sua maggioranza proprio con un avventato atto giudiziario.
È cambiata, in quel momento, la storia di questo Paese: quella maggioranza ha perso le elezioni e a poco è servito, onorevoli colleghi, che dopo otto anni vi sia stata una sentenza che ha stabilito che quel fatto non costituiva reato. La storia era stata già segnata, ma ciò non si può più ripetere in questo Paese, nel quale la politica risponde al principio di responsabilità! Mi riferisco al principio di responsabilità nei confronti dei cittadini da cui si è indicati, e al principio di responsabilità nei confronti della magistratura, se questa commette delle violazioni. Vorrei vedere quanti magistrati rispondono al principio di responsabilità, nonostante in questo Paese sia stato votato un referendum che aveva stabilito la responsabilità civile dei magistrati!
E allora, il disegno di legge al nostro esame costituisce un provvedimento necessario, e non ci aspettavamo dal presidente D'Alema né dal Partito Democratico quel taglio e quel comportamento che noi abbiamo tenuto nella scorsa legislatura, nella quale eravamo opposizione e non abbiamo fatto prevalere gli interessi di parte, che ci richiedevano di essere opposizione polemica e contrapposizione contro la maggioranza.
Quando abbiamo dovuto discutere della richiesta di quel GIP di Milano sulla utilizzabilità di quelle intercettazioni telefoniche del presidente D'Alema e dell'onorevole Fassino - per parlare di due esponenti che siedono in quest'Aula -, noi abbiamo fatto prevalere l'interesse della funzione ed abbiamo detto «no»: non ci aspettavamo ringraziamenti e non ci aspettavamo lo stesso comportamento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)! Onorevoli colleghi del Partito Democratico, è diverso il modo d'approccio, è diversa la mentalità, è diverso il modo di intendere la funzione! Noi non abbiamo detto «no» perché abbiamo dato un giudizio su D'Alema e su Fassino (che abbiamo ritenuto non responsabili); noi abbiamo detto «no» perché abbiamo ritenuto più importante il ruolo istituzionale e quello della politica rispetto a quello della nostra parte, che in quel momento era opposizione e ci chiedeva di essere dall'altra parte della barricata. A nulla servono allora tutte le discussioni e tutti i tentativi, sia pure fatti con maestria dal presidente D'Alema, che ha dovuto probabilmente dire cose diverse da quelle che pensa.
Sono stati posti due problemi, anch'essi entrambi assolutamente inconsistenti. Signor Presidente della Camera, onorevoli colleghi, quando abbiamo discusso questo provvedimento sono state poste due questioni, una di metodo ed una di merito. Quella di metodo faceva riferimento al fatto che non si poteva discutere in poche ore, a tappe forzate, un provvedimento di questa natura. Tale osservazione è assolutamente inconsistente, e probabilmente si è trattato di uno spot che sarà uscito sulle agenzie e sui giornali per dimostrare che esiste l'opposizione. Nei fatti, signor Presidente, le devo dire che ieri abbiamo terminato i lavori nelle Commissioni molto prima del termine fissato. Stiamo discutendo, infatti, di una norma che non soltanto è già conosciuta, perché l'abbiamo approfondita analiticamente nel 2003, ed è Pag. 20già passata al vaglio della Corte costituzionale (ed oggi, con questa riformulazione, poniamo rimedio a quelle osservazioni della Corte costituzionale); stiamo esaminando una norma di venti righe, sulla quale non c'è da discutere. Non stiamo cambiando l'ordine delle cose, né stiamo parlando dei massimi sistemi; stiamo discutendo di una norma che rende possibile, a chi viene indicato dal popolo sovrano, di poter esercitare con tranquillità e con serenità - come dice la Corte costituzionale - il proprio mandato, per dover dare conto soltanto alla propria coscienza e agli elettori da cui è stato indicato.
Non vi sono quindi problematiche di metodo; anche se avessimo impiegato dieci mesi per discutere di questa norma, non sarebbe cambiato nulla. Sono stati presentati trecento emendamenti, signor Presidente, ma si trattava di emendamenti pretestuosi, tant'è vero che, bocciato un principio, sono stati espunti duecentocinquanta emendamenti: di questo stiamo parlando, né più né meno! Circa poi il fatto di aver messo in discussione questo argomento all'ordine del giorno, desidero ricordare - non sono un novello, ma neanche un veterano - che è una prerogativa del Governo richiedere al Presidente della Camera di inserire argomenti di interesse del Governo, così come, secondo i nostri Regolamenti, è una prerogativa dell'opposizione avere uno spazio determinato per i provvedimenti di sua competenza. Nel metodo, respingiamo e rinviamo quindi al mittente tali contestazioni.
Ma anche nel merito è una norma assolutamente compatibile, che non ha bisogno di una legge costituzionale, lo ha affermato in maniera magistrale il collega Pecorella, dopo che ieri il collega Sisto era ritornato in maniera puntigliosa su tale argomento, ma può essere varata con legge ordinaria. Lo ha già sostenuto la Corte costituzionale e lo ribadiscono i principi generali del nostro ordinamento perché non ci riferiamo ad un'immunità parlamentare.
A questo punto apro una parentesi, signor Presidente. Dobbiamo ripristinare l'immunità parlamentare, perché non possiamo chiedere il rispetto del Parlamento agli italiani se i parlamentari non rispettano se stessi. È finito il momento emergenziale, il momento esasperato in cui per accarezzare gli umori del popolo si è varato un provvedimento che non ha tenuto conto di un equilibrio stabilito dai nostri padri costituenti e ora siamo privi di tale elemento. Dobbiamo ripristinarlo per tutto il Parlamento e per tutti i parlamentari. Su tale punto ha ragione l'onorevole D'Alema. La immunità parlamentare è necessaria ma adesso, per i precedenti storici che ci sono stati e che hanno scritto una pagina nera della storia del nostro Paese, andiamo a inserire una sospensione dei processi per le alte cariche dello Stato.
Pertanto, voglio dire in conclusione, signor Presidente della Camera, che il Partito Democratico nella maggioranza della sua composizione - perché vi è una parte che intende discutere e che si pone tale problema e della quale accogliamo un emendamento - perde una grande occasione, ossia fornire un contributo serio ad una discussione importante cercando di inseguire la piazza, una piazza che è già occupata da Di Pietro e dal suo partito, da Grillo, una piazza che ha attaccato il Presidente Berlusconi - per la verità anche il Capo dello Stato e il Santo Padre - e che ha avuto parole durissime anche nei confronti della leadership del Partito Democratico. È in Parlamento che si fanno le battaglie, è in Parlamento che si fanno le leggi, è in Parlamento che si fa il confronto. Lasciamo la piazza a chi vuol fare di questo tipo di attività un'attività extraparlamentare.
Esprimeremo voto favorevole al disegno di legge in esame. Non lo faremo nel nostro interesse né per quello del Presidente del Consiglio, ma nell'interesse della funzione legislativa del Parlamento e perciò anche di quella del partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Brugger. Ne ha facoltà, per sette minuti.
SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, la discussione in ordine all'introduzione di forme di tutela delle alte cariche dello Stato avrebbe richiesto procedure parlamentari e scelte di merito profondamente diverse.
Le premesse di questa legislatura erano state del tutto diverse e positive e come Minoranze linguistiche avevamo apprezzato l'idea di una legislatura costituente, di un confronto parlamentare politico di merito e non pregiudiziale, di scelte legislative aperte alle proposte presentate in Parlamento.
Siamo, invece e nuovamente, su questioni relative alla giustizia di fronte a una situazione politicamente imbarazzante, ad una caduta di stile, ad un errore che sotto il profilo giuridico e costituzionale presenta contraddizioni e disarmonie rilevanti e per quel che attiene ai rapporti fra maggioranza e opposizioni contraddice palesemente la professata volontà di dialogo cui il Governo aveva fatto appello all'atto della fiducia da parte del Parlamento.
La politica e il confronto parlamentare hanno delle regole e la loro violazione o forzatura ha sempre delle conseguenze. Si è deciso di procedere con legge ordinaria quando la sentenza della Corte costituzionale del 2004, che affermò l'incostituzionalità del lodo Schifani, avrebbe richiesto di affrontare il tema delle immunità sotto il profilo costituzionale e non ordinario. Si è consapevolmente scelto di dare al «lodo» un valore relativo di scambio con la norma «salvaprocessi» inserita in modo del tutto improprio nel decreto-legge in materia di sicurezza. Il rango costituzionale che avrebbero dovuto avere le norme legislative è stato così derubricato a fatto del tutto incidentale.
Si è affrontato il tema dell'immunità delle alte cariche dello Stato operando, nel caso dei Presidenti delle Camere, una discrasia fra le prerogative riconosciute in ragione della loro funzione ai membri delle Camere che essi presiedono.
L'articolo 68 della Costituzione non ha operato tale distinzione, neppure dopo la riforma avvenuta con la legge costituzionale 29 ottobre 1993, n. 3. Il riferimento è, e rimane, ai membri del Parlamento, ai deputati e ai senatori, non ai Presidenti. Del tutto irrituale, se il confronto è con gli ordinamenti degli altri Paesi occidentali e di democrazia parlamentare, appare poi la scelta di introdurre uno scudo penale per il Presidente del Consiglio: laddove esistono forme di immunità temporanea esse non interessano il capo del Governo quanto, semmai, il Presidente della Repubblica.
Di anomalia in anomalia, in ordine all'articolo 68 della Costituzione, si è così scesi in ambiti profondamente arbitrari, quali sono quelli propri delle norme per la tutela delle alte cariche dai processi, così come definite nel lodo. Ben diverso è il tema delle regole a tutela delle attività e delle prerogative dei membri del Parlamento che, anzi, sarebbe stata materia del tutto attuale.
Se formalmente il lodo attuale non ripropone le medesime ragioni di illegittimità dichiarate dalla Corte costituzionale in ordine al principio di uguaglianza davanti alla legge e al diritto di difesa è vero che politicamente, e appunto per non aver adottato un disegno di legge costituzionale, si ripropongono interrogativi analoghi che hanno avuto risposte insoddisfacenti.
Il Governo si assume la responsabilità di aver condotto il Parlamento e il Paese a dover assumere decisioni nella più assoluta confusione istituzionale, politica e giuridica. Il Paese non capirà perché il Governo ha operato affinché il confronto fosse reticente, piuttosto che costituzionalmente corretto e politicamente proficuo.
Il Paese, al contrario, attende risposte su altri temi: il potere di acquisto delle famiglie, il costo dell'energia e le conseguenti speculazioni sui prezzi del petrolio e delle materie prime, le liberalizzazioni e l'attuazione della riforma della pubblica amministrazione, la diminuzione del livello di tassazione. Al di là del Documento Pag. 22di programmazione economico-finanziaria le emergenze economiche e finanziarie premono sugli indirizzi di bilancio.
Questo è l'ordine dei lavori che chiama in causa le condizioni reali della società e dei cittadini: scelte che sostengano politiche di sviluppo contro i fattori distorsivi dovuti ad un'inflazione in crescita.
Per tali ragioni, e con rammarico, voteremo contro l'introduzione del lodo con cui si stabilisce la sospensione dei processi per le alte cariche dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze linguistiche).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.
DAVID FAVIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi del Governo, onorevoli colleghi, proverò ad illustrare i nostri pochi emendamenti (sei) nel poco tempo che complessivamente c'è stato messo a disposizione, perché, in una situazione del tutto particolare e strana, ci troviamo a svolgere un dibattito discutibilmente limitato.
Voglio ricordare, come ho già fatto nella Giunta per il Regolamento, che il dettato dell'articolo 24 del Regolamento, interpretato in un certo modo dal Presidente, a nostro modestissimo avviso, è stato violato. È stato sostenuto che questo provvedimento nulla avesse a che vedere con quanto previsto dagli articoli 24 e 49 del nostro Regolamento e cioè, tra gli altri, con l'articolo 24 della Costituzione.
Questo fatto è smentito dalla stessa relazione del Guardasigilli, ove si dice testualmente: «Si realizza, così, l'equo contemperamento dei valori sottesi agli articoli 24 e 51 della Costituzione». Quindi è del tutto palese che è in campo l'articolo 24 della Costituzione ed è del tutto palese che sono in campo, regolarmente, gli articoli 24 e 49 del nostro Regolamento, che avrebbero consentito un dibattito più ampio di quello che siamo costretti ad affrontare.
Ricordo soltanto che il cosiddetto lodo Schifani fu esaminato in Commissione per una settimana, mentre qui siamo costretti a discuterne in pochissimi minuti. Il primo dei nostri sei emendamenti - lascerò per ultimo il più importante - tende a limitare ai reati che non prevedano misure coercitive l'applicazione di questa legge. Si tratta chiaramente di una limitazione della violazione palese degli articoli 3 e 24 della Costituzione contenuta nella norma al nostro esame.
Con un altro emendamento, sopprimendo il comma 7 miriamo a non far applicare questa normativa ai processi in corso. Ciò sembrerebbe del tutto ovvio se la norma fosse una norma di carattere generale, come si tenta di farla passare.
Un ulteriore emendamento tende a far valere la normativa al nostro esame soltanto per i mandati successivi. Mi sia consentita un'osservazione: se veramente il dotto dibattito che abbiamo ascoltato in quest'Aula non vuole nascondere, come noi invece siamo convinti che nasconda, una legge ad personam, attendiamo il Presidente del Consiglio a chiedere l'applicazione del comma 2 di questo disegno di legge (che spereremmo non diventi legge, ma purtroppo lo diventerà), laddove prevede che l'imputato o il suo difensore munito di procura speciale possa rinunciare in ogni momento alla sospensione. Saremmo veramente lieti di sbagliarci se il Presidente Berlusconi, all'entrata in vigore di questa legge, chiedesse immediatamente l'applicazione del comma 2 dell'articolo 2.
Con un'altra proposta emendativa proponiamo che questa legge non si applichi per i fatti antecedenti all'assunzione della carica, quindi che sia applicata solo per i fatti funzionali e non antecedenti. Inoltre, proponiamo che venga abolito il divieto di reiterabilità. Se la maggioranza è convinta che questa norma sia giusta, non si vede per quale ragione debba essere applicata una tantum. Quindi, se questo emendamento verrà respinto sarà chiaro che questa legge è ad personam e una tantum. Si tratta di una cosa terribile: il Parlamento viene preso ostaggio e obbligato a fare una legge per una persona e soltanto per scampare a questo periodo, con il pericolo, che faceva ieri rilevare il collega Costantini, che se - come credo, e lo spiegherò Pag. 23tra poco - anche questa norma verrà dichiarata incostituzionale, in realtà la prescrizione trascorsa in questo periodo, come è stato per la dichiarazione di illegittimità del precedente lodo Schifani, comunque varrà.
Da ultimo, vengo al nostro principale emendamento, quello con cui proponiamo la soppressione dell'intero articolo 1, una norma che non ci convince né nel metodo, né nel merito, che pone delle possibilità assurde. Ad esempio, non so se avete riflettuto sul fatto che, nel caso in cui i fruitori di questa norma vengano colti in flagranza di un reato per cui sia previsto l'arresto obbligatorio, essi potrebbero essere arrestati, ma non processati: questa è veramente una cosa assurda.
Non ci piace discutere di una norma di cui si sa già la ragione per cui viene approvata, si sa già come e quando dovrà essere applicata, a meno che il Presente del Consiglio non accolga il nostro invito a fruire del comma 2. Inoltre, ho notato che molto opportunamente non vi sono - ma questo voglio dirlo comunque - proposte emendative al comma 6.
PRESIDENTE. Onorevole Favia, la prego di concludere.
DAVID FAVIA. Concludo, signor Presidente. Cito la sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2004: «Sacrificato è altresì il diritto della parte civile la quale, anche ammessa la possibilità di trasferimento dell'azione in sede civile, deve soggiacere alla sospensione prevista dal comma 3 dell'articolo 75 del codice di procedura penale». Ciò vuol dire che viene compresso il diritto alla difesa della parte civile, tutelato dall'articolo 24 della Costituzione.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
DAVID FAVIA. Questo sarà uno dei motivi per cui questa norma verrà travolta dalla Corte costituzionale ancora una volta, ed è un altro dei motivi per cui noi siamo contrari e ci opporremo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mura. Ne ha facoltà, per sette minuti.
SILVANA MURA. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, ritengo sia molto grave e preoccupante quello che sta accadendo oggi in quest'Aula, non solo per quanto attiene alla sostanza del provvedimento in esame, ma anche per il vulnus inferto alle forme e alle procedure parlamentari. A quest'Aula sono stati imposti tempi forzati assolutamente insufficienti per esaminare ed approvare un disegno di legge: un solo giorno per l'esame e il voto in Commissione, due giorni con contingentamento dei tempi per l'esame dell'Aula. Tutto questo non per un provvedimento di estrema urgenza, non per far fronte ad un'emergenza nazionale, ma per un disegno di legge certamente rilevante, la cui applicazione però poteva avvenire tra un mese o tra un anno, senza che questo comportasse alcuna conseguenza.
Si tratta, infatti, di stabilire per legge l'immunità delle quattro più alte cariche dello Stato, non di far fronte ad una dichiarazione di guerra o ad un attacco terroristico o a un'epidemia devastante. L'urgenza in realtà esiste, ma non è generale, bensì personale: è esclusiva del Presidente del Consiglio, imputato in un procedimento giudiziario che sta per arrivare a sentenza. Il fatto che oggi siamo qui a discutere il disegno di legge ribattezzato lodo Alfano è la prova provata e inconfutabile che ancora una volta il Governo impone al Parlamento di occuparsi non dei problemi del Paese ma di quelli privati, economici o giudiziari che siano, del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Se questo accade però la colpa non è solo del Governo, ma nel caso specifico è anche - e mi dispiace doverlo constatare - del Presidente della Camera dei deputati, che dovrebbe svolgere un ruolo di garanzia per questa Assemblea. La modifica del calendario parlamentare, secondo il Regolamento della Camera, può essere disposta dalla Conferenza dei presidenti di Pag. 24gruppo con la maggioranza dei tre quarti; se tale maggioranza non viene raggiunta, come in questo caso, la decisione spetta unicamente al Presidente della Camera. Se dunque si è consentito di dare massima priorità ad un disegno di legge il cui nome non può che essere «salva Silvio», lo si deve anche alla decisione politica adottata dal Presidente della Camera.
Veniamo al provvedimento. È evidente a tutti che ci troviamo di fronte a quella che sarà la madre di tutte le leggi ad personam, perché serve solo ed unicamente al Presidente del Consiglio. Il Presidente della Repubblica, il Presidente del Senato e il Presidente della Camera, a differenza del Premier, non hanno processi in corso né attendono di essere rinviati a giudizio. I sostenitori delle immunità per le alte cariche dello Stato sono soliti dire che è una norma che esiste in molti altri Paesi europei. È assolutamente vero, il problema grande è che in quei Paesi, a differenza di quanto accade qui da noi, quel provvedimento non è stato voluto e imposto da un Premier che non vuole farsi condannare; un Premier che, come gli è abituale, per raggiungere i propri scopi non si preoccupa affatto se impone anche ad altri (e tra questi il Presidente della Repubblica) un'immunità di cui certo non hanno bisogno e che non hanno richiesto.
Se così non è, mi chiedo e vi chiedo, perché non fate entrare in vigore questo provvedimento dalla prossima legislatura (anche se personalmente sarei comunque contraria)? Questa soluzione però non vi interessa, perché non serve a risolvere l'unico grande problema che sta alla base di questo provvedimento: i processi in corso di Silvio Berlusconi. Se così stanno le cose, è improprio prendere ad esempio Stati come la Francia o la Germania; piuttosto, dovreste ispirarvi a qualche «repubblichetta delle banane», per trovare qualcosa che si avvicini alla ratio del provvedimento che volete approvare.
Ministro della giustizia... mi scusi, signor Presidente, chiedo l'attenzione del Ministro della giustizia affinché mi ascolti...
Il Ministro della giustizia Alfano, che più che un Guardasigilli sembra svolgere il ruolo di «Ministro garzone» (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) si è domandato, in un'intervista al Corriere della sera. ..silenzio! Per cortesia, voglio poter parlare. Non ho offeso e spiegherò il perché.
MAURIZIO BIANCONI. Che stai dicendo!
SILVANA MURA. Il Ministro Alfano si è domandato, in un'intervista al Corriere della sera, perché tutti ritengano intoccabile la Costituzione del 1948, tranne che su un punto: quello dell'immunità. Possibile che i padri costituenti abbiano avuto ragione su tutto, tranne che su ciò su cui si interroga sempre il Ministro Alfano? Caro Ministro, la risposta è tanto ovvia da essere quasi un insulto alla sua cultura, e dico questo per evitare di mettere in dubbio le sue capacità di comprensione.
La versione originaria dell'articolo 68 della Costituzione, che prevedeva la totale immunità per i membri del Parlamento, non fu affatto un errore, ma era motivata da vent'anni di dittatura fascista, vent'anni nei quali gli oppositori (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori) che non furono ammazzati, come Matteotti, o che non riparavano all'estero, finivano nelle carceri di Ponza e di Ventotene. Per evitare che questo si ripetesse di nuovo i costituenti ritennero necessario prevedere quella forma di immunità, della quale nel corso degli anni si è abusato al punto di trasformarla in arrogante impunità.
Lo scandalo di Tangentopoli portò il Parlamento ad approvare la legge costituzionale 29 ottobre 1993, n. 3, che riformò l'articolo 68 della Costituzione, e alla quale non si giunse in un giorno, come accade oggi, ma che nacque a seguito della più grave crisi morale della storia della Repubblica. Fu preceduta da un dibattito dedicato alla questione morale che aveva per oggetto atti parlamentari molto duri nel senso del rigore morale e della condanna della corruzione e dell'immunità Pag. 25parlamentare, atti in calce ai quali figuravano firme di importanti esponenti della maggioranza che oggi hanno cambiato radicalmente opinione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Caro Ministro Alfano, quale evento sconvolgente al pari di Tangentopoli si è prodotto in questi anni o in questi giorni per procedere ad un reinserimento oggi limitato, forse tra qualche mese generalizzato, dell'immunità? Nessuno, fatta eccezione per il «fattore M»! Mi riferisco a David Mills, un avvocato inglese che è l'unico vero motivo per il quale il Parlamento italiano, con procedura d'urgenza inusuale e con tempi contingentati, si appresta ad introdurre l'immunità per le quattro più alte cariche dello Stato. Evochiamolo, dunque, questo convitato di pietra, citandolo per nome e cognome, consentendo a David Mills di essere registrato negli atti parlamentari, e di passare così, nel suo piccolo, alla storia, considerato che tale citazione appare doverosa e ineludibile.
Colleghi, approvando il disegno di legge in esame, la Camera dei deputati non renderà un buon servizio allo Stato e ai cittadini; sancirà, invece, che non è vero che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
SILVANA MURA. Ho concluso, signor Presidente. Contravverrà al principio fondamentale che la legge deve essere generale e non particolare, darà il suo avallo ad una cultura personalistica assolutamente inaccettabile delle istituzioni e delle leggi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lehner. Ne ha facoltà.
GIANCARLO LEHNER. Signor Presidente, ho ascoltato in quest'Aula alcune affermazioni, tra le quali, ad esempio, quella per cui noi saremmo rozzi e frettolosi, stendendo leggi improvvisate. Concedo che sia probabile che a volte possiamo essere frettolosi e rozzi semplicemente perché siamo ansiosi, e perché noi non abbiamo mai goduto dell'amnistia preventiva concessaci da magistrati.
In questo Paese - vi parlo da storico - abbiamo avuto due vicende parallele: da un lato la persecuzione giudiziaria, dall'altro l'amnistia di fatto.
MATTEO BRIGANDÌ. Bravo!
GIANCARLO LEHNER. Vorrei citare alcuni esempi. Andatevi a leggere cosa disse il pubblico ministero Nordio, che aveva condotto l'inchiesta sulle Coop rosse in Veneto, al Tribunale di Cles, all'udienza del 23 giugno 2000: vi era un verbale importante, un verbale Carnevale, in cui figurava il nome dell'onorevole D'Alema; la procura di Milano me lo nascose, e fui io a dover insistere per avere finalmente, dopo mesi, quel verbale.
Questa è un'affermazione del giudice Nordio, non mia. Non solo, sempre il giudice Nordio affermò di essere rimasto stupito di altri eventi singolari come, ad esempio, che fossero stati impunemente violati i sigilli alle Botteghe oscure mandando a monte l'indagine sul patrimonio immobiliare... (Commenti del deputato Santelli), per favore collega non darmi il tempo!
Dicevo che furono mandati a monte le indagini sul patrimonio immobiliare del PDS ammontante a oltre mille miliardi di lire. Andò in fumo l'indagine perché gli armadi furono trovati vuoti e non vi fu alcuna iniziativa della procura milanese in merito a un reato conclamato come quello della violazione dei sigilli.
Sono molto sobrio, non voglio andare oltre, ma solo citare un altro esempio di amnistia preventiva: il caso della signora Paola Occhetto, il cui processo nel 1998, malgrado fosse stata già indagata nel marzo del 1993, era ancora nella fase della richiesta di rinvio a giudizio; dopo di che tutto si è perso nelle nebbie della prescrizione. L'ultimo esempio è quello di Bassolino che, dopo essere stato indagato a Napoli nel 2003, viene rinviato a giudizio soltanto adesso nel 2008 e, malgrado ciò, Pag. 26non si riesce a celebrare la prima udienza del suo processo perché viene sistematicamente fatta slittare. Non lo so se ciò avvenga per un proposito, un accidente o per caso, ma sicuramente il procedimento Bassolino finirà prescritto (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Laboccetta. Ne ha facoltà.
AMEDEO LABOCCETTA. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, onorevole D'Alema, il voto di oggi non ci imbarazza assolutamente, non ci crea alcun complesso. Si tratta di un voto libero e convinto, anzi di un voto che ci permetterà di lavorare da domani in poi senza il ricatto di tenere sotto scacco il Governo e la sua maggioranza. Il nostro voto, onorevole D'Alema, è un voto di libertà dalle invasioni di campo, un voto soprattutto politico che riporta la politica al suo ruolo naturale, istituzionale e costituzionale; altro che riserve o perplessità, ritengo che sia un voto che gli italiani apprezzeranno.
La sua lezione, la «lezioncina dalemiana», è sempre la stessa nel tono e nel taglio, non vi è alcuna novità nel suo ragionamento. Anzi, vi sono in questa Aula all'interno del centrosinistra - per fortuna sono pochi e tra questi il primo è certamente l'onorevole D'Alema ed il secondo, in pole position, l'onorevole Bersani - alcuni personaggi che parlano per verità rivelate, dando sempre l'impressione di essere in contatto, in collegamento con Dio o con Giove a secondo degli scranni di appartenenza e a tale proposito mi viene in mente anche la personalità dell'onorevole Tabacci. Noi siamo, invece, gente normale, senza spocchia e saccenteria che vorrebbe poter vivere in un Paese normale e che crede che da domani questo Paese si avvierà, finalmente, sulla strada della normalità.
Qualcun altro avrebbe voluto realizzare, invece, la strada della normalizzazione che non passerà. Grazie a Dio, ritengo che con questo voto non vi sarà più la strada della normalizzazione e ciò con buona pace dell'onorevole D'Alema che resta sempre il numero uno della sinistra italiana ma non della politica nazionale.
Credo che il presidente Berlusconi abbia anche lui - lo dico con grande rispetto - bisogno di qualche consiglio, ma non certo dei consigli odierni dell'onorevole D'Alema, consigli interessati, consigli sospetti. Berlusconi è un uomo normale che fa delle cose eccezionali, ma questo Governo e questa maggioranza - è bene che vi rassegnate - faranno cose straordinarie perché certamente non parlano con Dio, ma sono in sintonia con i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito i relatori ad esprimere il parere delle Commissioni.
ENRICO COSTA, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, per tutti gli emendamenti, salvo l'emendamento Mantini 1.400, per il quale le Commissioni esprimono parere favorevole.
PRESIDENTE. Il Governo?
ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore per la II Commissione.
PRESIDENTE. Sta bene.
MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, intervengo brevemente per chiedere come possa essere ammissibile un emendamento che chieda la soppressione di un articolo unico, di cui il disegno di legge è composto. Si tratta di un voto contrario?
Pag. 27PRESIDENTE. Onorevole Brigandì, non ho compreso quale sia la sua domanda.
MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, i primi due emendamenti presentati all'articolo 1, gli emendamenti Palomba 1.1 e Amici 1.2 hanno il seguente contenuto: «sopprimerlo». Se si sopprime l'articolo 1, poiché dato che la legge è formata da un unico articolo, la proposizione di tali emendamenti equivale ad un voto contrario, pertanto non ritengo che ciò sia ammissibile. Tuttavia ciò non crea nessun problema, ma volevo solo evidenziarlo perché, secondo me, sopprimere l'articolo 1 ad una legge formata da un solo articolo equivale ad aver votato contro.
PRESIDENTE. Onorevole Brigandì, le ricordo l'articolo 87 del Regolamento: quando un progetto di legge consiste in un solo articolo, dopo la votazione degli emendamenti non si fa luogo alla votazione dell'articolo unico ma si procede direttamente alla votazione finale.
Avverto che ove i presentatori non comunichino il ritiro delle rispettive proposte emendative per le quali vi è un invito in tal senso la Presidenza le porrà in votazione.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Palomba 1.1 e Amici 1.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Soro. Ne ha facoltà.
ANTONELLO SORO. Signor Presidente, noi esprimiamo contrarietà a questo articolo e proponiamo un emendamento soppressivo non solo per le ragioni di metodo che abbiamo più volte illustrato in queste ultime ore e che la preghiamo di non considerare archiviate. Sono questioni serie che riguardano il nostro ordinamento, la nostra democrazia, le regole alle quali va asservita la funzione del Parlamento e che consideriamo essere state, in questi giorni, gravemente stravolte. E neppure siamo contrari, perché neghiamo l'esistenza del problema generale di una possibile contraddizione tra l'esercizio del mandato politico e di Governo deciso dagli elettori e le iniziative della magistratura potenzialmente fallibili. Noi sappiamo che la storia politica e giudiziaria del nostro Paese ha offerto più di un'occasione per considerare questo problema come una questione aperta, una grande questione che ha carattere generale che merita una risposta alta, persuasiva e rigorosa al fine di un confronto sereno e libero dall'esigenza ossessiva di sospendere un processo penale, nella corsa affannosa a regolare l'agenda del Parlamento sull'agenda dei tribunali del nostro Paese. Noi vorremmo davvero affrontare le questioni che sono al fondo delle decisioni che dovremo prendere.
Vorremmo farlo valutando insieme quale debba essere il rapporto tra i poteri dello Stato, sapendo che, nella nostra Costituzione, vige un principio di pluralismo dei poteri dello Stato, di equilibrio, di distinzione e di diffusione dei poteri.
Noi però siamo contrari per ragioni di merito.
Indico tre punti, che mi sembrano i più importanti: in primo luogo, il regime delle immunità e delle garanzie dei titolari delle funzioni costituzionali è disciplinato dalla Costituzione e solo la Costituzione può prevedere eccezioni al principio secondo il quale la legge è uguale per tutti. Questo principio è l'architrave del nostro ordinamento. Infatti, nella Costituzione, sono previste norme che indicano limiti e deroghe a tale principio. Per questa principale ragione, riteniamo che non si possa modificare l'attuale disciplina con una legge ordinaria.
La norma proposta, in secondo luogo, mette insieme funzioni costituzionali assai diverse: il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio, i Presidenti delle Camere. È un accostamento di funzioni così diverse e che non viene affatto motivato: non è stato motivato né nella discussione generale, né nella relazione del Governo, né nel dibattito che finora si è svolto. Si tratta di un accostamento di funzioni diverse e di una previsione di tutela uguale, che non esiste in nessun ordinamento nel mondo: l'immunità, Pag. 28in qualunque regime, garantisce la separazione dei poteri e questa, com'è evidente, ha necessità di pesi e contrappesi. In questo caso, il conflitto viene assunto come naturale, come ineludibile, e vi si trova il rimedio con la subordinazione del potere giudiziario a quello dell'Esecutivo.
In terzo luogo, la legge produce la sospensione dei processi in via generale e automatica, per tutti i reati, senza distinzioni né graduazione, per reati in qualunque epoca commessi, estranei alle funzioni ricoperte dalle alte cariche dello Stato, con una formula generalizzata e indiscriminata. Questo aspetto è stato il motivo - uno dei motivi - della sentenza della Corte costituzionale, che ha annullato e ha considerato illegittima la norma del cosiddetto lodo Schifani.
Si vuole quindi reintrodurre, con legge ordinaria, una norma in ciò identica a quella dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale, sostanzialmente destinata a breve vita. Quella che giustamente Massimo D'Alema ha chiamato una «leggina» ha un orizzonte breve, perché breve è l'orizzonte al quale è destinata: è quello di un processo penale, dei termini di prescrizione possibili, della storia breve del nostro Paese.
È incredibile la leggerezza e insieme l'arroganza con cui si manomette il sistema del nostro ordinamento per risolvere un piccolo problema, usando un'arma grandissima di violenza nei confronti dell'ordinamento.
La norma mette insieme funzioni diverse, le mette insieme senza darne spiegazione.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Soro.
ANTONELLO SORO. Concludo. Essa introduce l'elemento del conflitto dei poteri come conflitto ordinario, garantito da una prevalenza dell'Esecutivo sul potere giudiziario. Per risolvere questo problema, in questo caso, il potere Esecutivo ha voluto utilizzare il potere legislativo come uno strumento subalterno.
Per queste ragioni, chiediamo la soppressione dell'articolo in esame (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pecorella. Ne ha facoltà.
GAETANO PECORELLA. Signor Presidente, credo che con serenità dobbiamo porci un problema che, in fondo, è stato posto anche dall'onorevole D'Alema e al quale non ci possiamo sottrarre ed è il problema della stabilità politica.
I Governi italiani, dal 1992 in poi, sono cambiati non per volontà popolare, ma per l'intervento da parte di chi non ha alcuna investitura democratica, e mi riferisco naturalmente agli interventi realizzati da taluni magistrati, sia nei confronti dei Governi di centrodestra sia nei confronti dei Governi di centrosinistra.
La stabilità politica fu garantita, per molti anni, dall'intelligenza dei costituenti del 1948, che previdero una norma che consentiva di consegnare alla magistratura chi fosse veramente responsabile di gravi reati e di salvaguardare, invece, chi potesse essere vittima di un fumus persecutionis. Credo che l'invito dell'onorevole D'Alema, a che tutti i riformisti operino per cambiare il Paese, non debba cadere nel vuoto. Tuttavia, credo, altresì, che, per poter far questo, il presupposto logico e politico è che vi sia stabilità politica.
Il provvedimento in oggetto può piacere o no, ma ha uno scopo, un obiettivo immediato, che è quello di garantire le condizioni della governabilità. Credo che si debba prescindere dall'occasione che può far nascere questa norma e che si debba guardare all'obiettivo finale, cioè che il Parlamento e, ancor prima, il Governo, possano governare con quella serenità che la Corte costituzionale ha voluto che le alte istituzioni abbiano.
Ritengo, quindi, che non si debba guardare al dito, cioè al momento, ma all'orizzonte che abbiamo davanti a noi. Questo provvedimento è la prima risposta affinché Pag. 29sia possibile quel Governo della «cosa pubblica» che, per molti anni, ha determinato, invece, l'impossibilità e l'impraticabilità politica per interventi improvvidi. È necessario andare avanti: non è questa la soluzione finale, non è qui che si può trovare la risposta definitiva al problema della crisi politica determinata dalle invasioni, talora di certi magistrati. Ma è da qui che si deve partire.
Credo che una grande riforma della giustizia, che dia e mantenga autonomia alla magistratura, ma che dia anche autonomia alla sovranità del Parlamento, non possa che partire dalla constatazione che se non vi è stabilità politica non vi è alcuna possibilità di riforma. Credo, altresì, che, per quanto riguarda la giustizia, le riforme si possano fare davvero insieme, perché la giustizia non appartiene a nessuna parte politica: essa è il bene comune per eccellenza su cui si deve convenire (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Vi sono molti punti sui quali possiamo trovare un incontro: vi è il problema della riforma del Consiglio superiore della magistratura, della responsabilità dei giudici, della ragionevole durata del processo, della pienezza della difesa e dell'obbligatorietà dell'azione penale. Vi è, persino, nel nostro passato, un testo di grande valore, cioè quello elaborato in occasione della Commissione bicamerale. Si può ripartire anche da quello, ma credo che tutti dobbiamo essere consapevoli che, qualunque cosa questo Parlamento voglia fare, richiede che non vi sia, da un giorno all'altro, lo stravolgimento che abbiamo avuto, solo poco tempo fa, per l'intervento improvvido di una procura della Repubblica del sud.
È per questo motivo che ritengo che chi abbia davvero la voglia ed il desiderio e senta la responsabilità di cambiare questo Paese non possa che vedere in questo provvedimento ancora solo un primo passo, insufficiente e, forse, migliorabile. Tuttavia, è questo il passo che si deve compiere per arrivare, poi, a qualcosa di più grande e di più completo che questo Parlamento deve dare al Paese nel corso della legislatura (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, illustrando l'emendamento a mia prima firma 1.1, vorrei precisare che il gruppo dell'Italia dei Valori ha presentato soltanto sei emendamenti, conscia della «tagliola» regolamentare che avrebbe consentito, grazie anche al raddoppio concesso dalla Presidenza, di segnalarne soltanto sei. Questo non significa per noi affievolire la battaglia contro un provvedimento che riteniamo assolutamente ingiusto, illegittimo ed incostituzionale, ma significa «concentrare il fuoco» sugli emendamenti più politici. Questo è uno di quelli.
Proponiamo la soppressione integrale dell'articolo 1. Proponiamo, cioè, che venga spazzato via l'intero provvedimento, il quale è caratterizzato da una natura indecente, che a noi desta vergogna e ritengo che anche in Europa rappresenterà una vergogna per tutta l'Italia.
Vorrei, dunque, illustrare le ragioni politiche che in quest'Aula sono echeggiate. Quando abbiamo sostenuto che sia il «bloccaprocessi» all'interno del decreto-legge in materia di sicurezza pubblica, sia questo, erano provvedimenti volti ad evitare quel percorso giudiziario che spetta a qualunque cittadino (consentendo di sospendere il processo nei confronti del Primo Ministro), ci avete risposto in termini ipocriti e ci avete detto che si trattava di provvedimenti generali, predisposti nell'interesse generale. Non è vero: oggi e ieri lo avete ammesso, tanto che siete stati costretti a ricorrere ad un altro argomento, ossia il primato della politica. Avete detto che bisogna rispettare la sovranità popolare. Dunque, ci domandiamo: quale sovranità popolare dev'essere rispettata? Quella che ha eletto un Premier, il quale sapeva già, prima di candidarsi, che questo processo Pag. 30era in corso e che, verosimilmente, ha affidato anche alla sua elezione il fatto di potersene tirare fuori, ovvero la sovranità popolare che ha portato all'approvazione della Costituzione della Repubblica italiana, la quale da sessant'anni regola la nostra democrazia?
Noi attribuiamo maggiore importanza a quest'ultima sovranità popolare, che è quella che regola i rapporti tra i poteri dello Stato. È inutile dire che vi è «qualche» imputato che può sottrarsi al proprio giudizio a differenza degli altri soltanto perché è stato eletto. È troppo facile, troppo comodo! L'elezione può essere anche un modo per sottrarsi ai giudizi a cui tutti gli altri cittadini devono sottostare. Pertanto, il primato della politica non significa che chi è eletto e vince le elezioni, «sbanca tutto» è può farsi le regole a propria discrezione. Questo è quello che voi pretendete di imporre alla comunità e al Parlamento, anche strozzando i tempi del dibattito parlamentare e, quindi, strozzando le prerogative parlamentari. Non chiedeteci di essere d'accordo con voi, non vogliamo essere complici né in questa procedura, né in provvedimenti di questo genere.
Chiediamo, dunque, a tutti voi di approvare l'emendamento soppressivo in esame, per evitare a questo Parlamento di doversi vergognare di quello che ha fatto (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
BRUNO TABACCI. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Onorevole Tabacci, sarebbe sufficiente chiederlo qualche istante prima...
BRUNO TABACCI. Signor Presidente, credevo di essere stato visto, avevo chiesto di intervenire diversi minuti fa.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Tabacci, ne ha facoltà.
BRUNO TABACCI. Signor Presidente, già ieri, nel corso della discussione sulle linee generali, abbiamo avuto occasione di esprimere motivazioni ampie sul nostro atteggiamento parlamentare. Oggi, però, l'intervento dell'onorevole Pecorella mi induce a svolgere qualche ulteriore riflessione sul tema della stabilità politica e, soprattutto, sui rapporti e sul nodo giustizia-politica.
Vede, onorevole Pecorella, il provvedimento al nostro esame non risolve questi problemi. Esso risolve e rimuove il problema di Berlusconi, ma non risolve questioni politiche delicate come quelle che lei ha richiamato, anche perché quest'Aula è testimone di un utilizzo politico improprio e maldestro dei rapporti con la magistratura, che ha una lunga storia, che non è nata oggi e neanche dopo «l'avviso» di Napoli.
Onorevole Pecorella, forse lei allora non era presente, ma quest'Aula è stata attraversata da contrasti profondi, che hanno portato alla rimozione dell'articolo 68 della Costituzione. È lì che bisogna tornare, se si vuole fare un ragionamento complessivo che riguardi la rapporto tra il Parlamento, le istituzioni democratiche e la magistratura (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Prendo atto che colleghi attenti come l'onorevole Brigandì abbiano svolto per conto della Lega Nord delle osservazioni del tutto diverse da quelle che sono echeggiate in quest'Aula nel 1993 quando si agitava il cappio; così come altri colleghi hanno svolto (ieri l'onorevole Contento) osservazioni molto diverse da quella che gli eredi della tradizione missina avevano svolto in quest'Aula. Allo stesso modo, ho preso atto dell'intervento parlamentare abile e importante svolto dall'onorevole D'Alema.
Devo dire però che, probabilmente, nel corso di questi anni avremmo dovuto tenere, su questo punto, una posizione più argomentata, più precisa e inserire quegli elementi di autocritica ai quali una parte importante del Paese forse deve ancora Pag. 31pervenire. C'è un problema sulla superiorità morale, sulla presunta diversità che deve essere messo in un angolo e accantonato, perché non è questa la strada per recuperare il primato della dignità del Parlamento.
Non è la prima volta che l'onorevole Berlusconi rincorre interessi personali. Avevo avuto modo di dirlo a più riprese già nel 2001, nel corso di quella legislatura in cui il centrodestra - di cui facevo parte - aveva una maggioranza amplissima. Si cominciò a settembre del 2001 con la ratifica di una disposizione comunitaria, e con quella via si pretese di intervenire sulla rogatoria svizzera, perché si doveva inseguire il processo di Milano che allora riguardava non solo lui, ma anche l'avvocato Previti; quella posizione non ha portato a risolvere il problema neppure dell'avvocato Previti.
Avevo detto allora che si trattava di una posizione sbagliata, che certo non risolve le questioni politiche cui ha fatto cenno l'onorevole Pecorella. Se un giorno ne vorremo parlare, allora forse occorre muoversi su un altro crinale: ognuno deve fare una parte di autocritica e mettersi in condizione di disponibilità e di ascolto. Il fatto, però, che voi abbiate avuto tutta questa fretta ci dice che, più che le quattro cariche dello Stato, avete fretta di interferire sul processo di Milano: dite che è così e basta! È questa la vostra scelta? Anche la Lega si fa carico di questa scelta? Non paludatela con altre argomentazioni, è questo il problema! Noi ne abbiamo preso atto: secondo me è un errore, ma dite che è così ed evitate di nascondervi dietro un paravento. Non ponete la questione come se si trattasse della questione della democrazia nel Paese, è un'altra cosa. Se riconoscerete tutto ciò ci metterete in condizione di esprimere con serenità il nostro parere, senza farla troppo lunga (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).
FURIO COLOMBO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Immagino a titolo personale. Ne ha facoltà.
FURIO COLOMBO. Signor Presidente, intervengo a titolo personale per rappresentare all'Assemblea, col suo permesso, che il Parlamento europeo ha appena dichiarato immorale e razzista la proposta di prendere le impronte digitali ai bambini rom (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). Intervengo, altresì, per condividere con i colleghi che vorranno condividerla, la vergogna per il titolo del settimanale italiano Panorama che, pubblicando la fotografia di un bambino rom, intitola: «Nati per rubare» (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Applausi dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
GIACOMO STUCCHI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A quale titolo?
GIACOMO STUCCHI. Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, poiché ci apprestiamo a una votazione importante, credo sia opportuno, anche in qualità di componente dell'Ufficio di Presidenza, avere da lei la garanzia che il nostro sistema di votazione sia perfetto. Dico ciò perché leggo che il collega Di Pietro ha dichiarato che il computer ha commesso un errore nel rilevare il suo voto espresso sulle questioni pregiudiziali: il suo voto contrario sulle questioni pregiudiziali non era stato espresso in quel senso, ma in senso favorevole e, invece, il computer ha riportato un voto contrario. Mi preoccupo del fatto che vi siano votazioni importanti e ritengo che sia opportuno che l'Ufficio di Presidenza a tal proposito analizzi un nuovo sistema di votazione.
PRESIDENTE. Onorevole Stucchi, lei sa che l'Ufficio di Presidenza è certo del funzionamento del sistema di voto.
Pag. 32CLAUDIO D'AMICO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo?
CLAUDIO D'AMICO. Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, prima ha preso la parola l'onorevole Colombo sull'ordine dei lavori, riferendo qualcosa che è successo al Parlamento europeo. A questo punto, sempre sull'ordine dei lavori, devo prendere la parola per riferire quello che, invece, è successo all'Assemblea parlamentare dell'OSCE, dove si è deciso in senso diametralmente opposto.
È inutile, quindi, ricordare le cose da una parte e non ricordare le cose dall'altra parte (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Perché, quando l'OSCE ha detto che bisogna individuare chi sono questi minori...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole D'Amico. Avremo certamente...
CLAUDIO D'AMICO... ha detto una cosa molto chiara e sensata! Mi scusi, Presidente, se lei ha dato la possibilità all'onorevole Colombo di ricordare quanto oggi il Parlamento europeo ha sostenuto, allora io ricordo quello che ha detto l'Assemblea parlamentare dell'OSCE, dove sono presenti cinquantasei Paesi con propri parlamentari (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Onorevole D'Amico, le ricordo che l'onorevole Colombo aveva chiesto la parola a titolo personale; per questo le ho chiesto a quale titolo chiedeva di parlare. Se l'onorevole Colombo avesse chiesto la parola sull'ordine dei lavori e avesse svolto un intervento del tutto estraneo per materia, lo avrei pregato di svolgere l'intervento al termine della seduta. Questa è la ragione per la quale mi sono permesso di invitarla a concludere. È comunque indubbio che sulle questioni poste dalle votazioni odierne in altre Assemblee e dagli interventi avremo ampio modo di intervenire e di discutere.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Palomba 1.1 e Amici 1.2, non accettati dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 563
Votanti 533
Astenuti 30
Maggioranza 267
Hanno votato sì 237
Hanno votato no 296).
Prendo atto che gli onorevoli Scilipoti, Esposito e Giachetti hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato Contento ha erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Palomba 1.8.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Costantini. Ne ha facoltà, per cinque minuti.
CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, in Commissione abbiamo valutato, seppure nella ristrettezza dei tempi che ci sono stati messi a disposizione, la possibilità di escludere alcuni reati dall'applicazione della disposizione sulla sospensione automatica dei processi.
I tempi non ce lo hanno consentito e, con questo spirito, abbiamo inteso proporre un emendamento che, di fatto, esclude dal principio della sospensione dei processi, che interessano le quattro più alte cariche dello Stato, i reati che, ai sensi dell'articolo 280 del codice procedura penale, consentono l'applicazione di misure coercitive; stiamo parlando di reati per i quali la legge stabilisce la Pag. 33pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni. Tra le altre cose, dalle voci che circolano, sembra che l'emendamento che il Governo si accingerebbe a presentare al decreto-legge in tema di sicurezza dovrebbe prevedere questi stessi limiti, nel senso che dovrebbero essere sospesi esclusivamente i processi relativi a reati puniti con la reclusione non superiore a tre anni. Se fosse vero, l'approvazione di questo emendamento diventerebbe necessaria e, per certi versi, obbligata, per evitare il rischio che, altrimenti, quella che fino adesso è stata sola una voce, quella dell'inciucio, dello scambio, del ricatto, si riveli una verità conclamata.
Voglio poi riferirmi all'intervento del collega Pecorella, che già in Commissione aveva sottolineato la diversità dell'istituto della sospensione dei processi dall'istituto delle immunità. Personalmente, credo che il livello di devastazione costituzionale prodotto da questo provvedimento sia di gran lunga superiore rispetto al livello di gravità costituzionale previsto da un regime di immunità. Come sapete tutti, nel regime delle immunità è comunque previsto un controllo parlamentare; il Parlamento è diretta rappresentazione del voto popolare e del consenso dei cittadini. Con questo provvedimento, invece, si consegna all'arbitrio di un'unica persona la possibilità di decidere se sospendere il processo o meno, in base ai reati che gli vengono contestati.
Ascoltando le argomentazioni svolte dai colleghi sulla costituzionalità di questo provvedimento e i richiami alla famosissima sentenza n. 24 del 2004 della Corte costituzionale, ho colto dei ragionamenti che mi ricordano molto quelli che si fanno quando si parla di intercettazioni.
Quando i colleghi del centrodestra parlano di intercettazioni, lamentano il fatto che da un contesto complessivo vengano estrapolati dei pezzi, degli spezzoni, e che attraverso questa operazione vengano costruiti dei teoremi. Voi avete trattato la sentenza n. 24 del 2004 nello stesso identico modo: avete estratto degli spezzoni di quella sentenza e ci avete costruito dei teoremi. Un teorema secondo il quale la Corte costituzionale avrebbe consentito di intervenire in una materia che devasta il principio di uguaglianza previsto dall'articolo 3 della Costituzione con una legge ordinaria. Un teorema, il vostro, secondo il quale la Corte costituzionale avrebbe dato l'assenso a garantire l'impunità per reati extrafunzionali, totalmente indipendenti ed indifferenti rispetto all'esercizio della funzione. Un teorema secondo il quale la Corte costituzionale avrebbe dato l'assenso a garantire l'impunità anche per reati commessi prima dell'assunzione della carica. Tutto questo è un teorema, è un teorema che avete costruito arbitrariamente espungendo pezzi autonomi da quella sentenza, che non dice assolutamente le cose che avete argomentato in questa sede.
Vorrei fare anche una considerazione sulla recente dichiarazione del presidente del gruppo del Partito Democratico, che ha correttamente previsto che la norma in esame avrà vita breve. Noi dell'Italia dei Valori in realtà speriamo che essa non abbia vita per niente, non entri in vita per niente. Noi rispetteremo tutte le decisioni che il Presidente della Repubblica prenderà, ma spereremo e confideremo fino all'ultimo che il Capo dello Stato non si renda complice di questa operazione, e restituirà al mittente un provvedimento indegno, inaccettabile, che costituisce un precedente che mette in discussione la stessa sopravvivenza delle istituzioni democratiche.
Noi confidiamo ancora nella speranza che il Presidente della Repubblica rifiuti di firmare questo provvedimento vergognoso (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Palomba 1.8, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 34
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 543
Votanti 510
Astenuti 33
Maggioranza 256
Hanno votato sì 225
Hanno votato no 285).
Prendo atto che i deputati Portas e Zampa hanno segnalato che non sono riusciti a esprimere voto favorevole e che i deputati Moffa e Traversa hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Ferranti 1.9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.
ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, ho spiegato ieri in discussione sulle linee generali le ragioni per le quali siamo contrari al provvedimento in esame così com'è. Non sto a ripeterle.
In sintesi, abbiamo detto che è una norma sommaria, tecnicamente rozza, sostanzialmente ha il respiro corto. Voglio approfittare dell'emendamento in esame per cercare di dirvi come si poteva fare altrimenti, come si poteva operare un intervento in questa materia rispettando la Costituzione italiana. È un'operazione in tre mosse, molto semplice; lo dico perché non vorrei che qualcuno pensasse che facciamo solo delle critiche, e non abbiamo un'idea di come si poteva procedere. Lo voglio dire anche all'onorevole Pecorella, che mi pare giustamente sensibile rispetto all'impostazione della Corte.
In primo luogo, se volevate intervenire sul solo Presidente della Repubblica, quindi sull'articolo 90 della Costituzione, si poteva procedere a mio giudizio con legge ordinaria; ed è dunque giusto che la Corte non abbia a priori vietato la legge ordinaria, ma abbia detto: si può fare con legge ordinaria quando si percorrono le maglie strette del disegno costituzionale, con una norma che sia di stretta attuazione. Su tale argomento c'era stato un dubbio già in Assemblea costituente, si era lasciata questa materia alla prassi; se oggi il legislatore intervenisse con una sospensione con riferimento ai reati non indicati dall'articolo 90, questo sarebbe un intervento, a mio giudizio, possibile anche con legge ordinaria.
In secondo luogo, se volevate invece allargare l'ottica del ragionamento dal Presidente della Repubblica ad altri soggetti, allora vi diciamo con chiarezza che dovevate utilizzare la legge costituzionale, perché andavate ad incidere in maniera più forte nella struttura del disegno costituzionale.
L'errore di grammatica - lo hanno detto tutti - è stato quello di includere i Presidenti di Camera e Senato, ed è un errore che vi costerà molto perché la violazione dell'articolo 3 della Costituzione e della ragionevolezza è palese: ve lo diciamo perché il nostro contributo deve essere costruttivo.
Se volevate introdurre una sospensione dei processi riguardanti il Presidente del Consiglio, dunque, la strada era stretta, ma c'era, ed era quella della legge costituzionale, come si è fatto in Francia (guardate all'intervento sulla Costituzione francese: naturalmente, là si è operato in cinque anni, qui solo in cinque giorni; ma questo è un dettaglio che oggi interessa molto a noi e che forse domani interesserà anche chi deve vagliare queste cose in profondità). Perché dico che era necessaria una legge costituzionale? Perché occorreva intervenire sull'articolo 96 della Costituzione, che già disciplina i reati ministeriali e i reati funzionali del Presidente del Consiglio. Si sarebbe insomma potuta percorrere una strada stretta di natura costituzionale, includendo nella sospensione dei processi taluni reati comuni ed escludendo quelli più intollerabili ed armonizzando il tutto con l'attuale articolo 96 della Costituzione: questo sarebbe stato possibile.
Infine - ed è questa la terza considerazione che voglio svolgere - questa strada, se condivisa, sarebbe stata ovviamente di gran lunga più autorevole. Leggete in proposito quel che è accaduto in Francia: Chirac si presentò alle elezioni, dichiarò che avrebbe fatto questa scelta, e Pag. 35poi la fece con una legge costituzionale approvata a larga maggioranza. Sarebbe stata una strada indubbiamente più convicente. Naturalmente, mi pare già di sentire la probabile obiezione di qualcuno di voi vi è la possibilità concreta, e cioè che non vi sono i tempi perché incombe il processo di Milano (lo ha detto anche l'onorevole Tabacci). Ebbene, a questa obiezione si può rispondere che, imboccando la strada della legge ordinaria, che è inadeguata dal punto di vista costituzionale, attraverso una soluzione fortemente conflittuale, io credo vi sia la certezza che il problema non si risolverà, vi è la possibilità concreta che i giudici di nuovo sollevino la questione di costituzionalità. Se invece avessimo scelto la strada diversa della revisione costituzionale, e se avessimo votato un simile progetto anche in un solo ramo del Parlamento, credo che i giudici sarebbero stati indotti a tenere un attegiamento profondamente diverso. Ecco come si sarebbe potuto fare. Mi pare invece che voi non abbiate alcuna intenzione di percorrere questa strada! Mi dispiace! (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.
MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, negli interventi che hanno aperto il confronto sugli emendamenti riecheggia un'atmosfera dalla quale vogliamo liberarci. La questione di fondo è che il clima politico - che condiziona la possibilità di fare le riforme in questo Paese - oggi non è sereno a causa del fatto che il rapporto tra la politica e la magistratura (per colpa non di tutti magistrati, ma solo di taluni alcuni di essi) non consente di discutere tranquillamente, affrontando le questioni con la dovuta serenità e profondità.
Noi, onorevole Zaccaria, siamo d'accordo su talune delle obiezioni che possono essere mosse circa percorsi migliori, più sicuri e di maggiore approfondimento. Ci siamo chiesti però non tanto del processo di Milano, ma se possiamo continuare a vivere in una situazione in cui il Presidente della Repubblica per queste ragioni viene «tirato per la giacca», in cui il Consiglio superiore della magistratura viola (o comunque rischia di violare) i limiti sanciti dalle norme sul suo ordinamento, e in cui - consentitemi di dirlo con franchezza - la politica (ammesso che sia tale!) ha raggiunto livelli non più accettabili. Altro che confronto dialettico di riforme, onorevole D'Alema! Lo ha ricordato lei: siamo agli insulti ormai.
Di fronte a tutto ciò, noi non pensiamo di risolvere in questo modo tutti i problemi che vi sono, ma stiamo combattendo assumendoci una responsabilità politica molto forte per cercare di attenuare questo scontro. E se vi è un prezzo da pagare, come ho già detto nel corso della discussione sulle linee generali, noi del centrodestra lo paghiamo: lo paghiamo in termini di insulti e lo paghiamo purtroppo - come anche è stato detto - anche nei termini della scelta di un provvedimento ordinario piuttosto che costituzionale. Ma riteniamo di fare questo sacrificio - non dimenticatelo! - per riallacciare proprio quel confronto sulle riforme! Ecco perché siamo pronti a discutere anche su quell'articolo 68 che è stato invocato e che i costituenti avevano introdotto proprio per garantire quell'equilibrio, mostrando così di essere stati, molto probabilmente, più lungimiranti.
Ecco perché oggi - e concludo - noi paghiamo questo coraggio, ma, come ho già detto, è una responsabilità che portiamo in parte anche per voi (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.
CARLO MONAI. Signor Presidente, intervengo a titolo personale per dissociarmi dall'ipotesi che è stata propugnata dai colleghi del centrodestra e che si sostanzia in un parallelismo - o presunto tale - della legislazione italiana con quella dei Paesi europei più avanzati. È una vera falsità ipotizzare una sorta di immunità del Presidente del Consiglio per reati comuni connessi alla sua sfera di privato Pag. 36cittadino e non, quindi, all'attività di componente del Governo. Né la Francia, né la Germania, né l'Inghilterra (che, in qualche modo, è la patria della teoria delle immunità parlamentari) prevedono questa sorta di patente di legalità per i reati comuni commessi da un privato cittadino che poi magari diventa Presidente del Consiglio. L'onorevole Berlusconi avrebbe il dovere morale, giuridico e politico di presentarsi ai giudici di Milano, nonostante il disegno di legge che si sta per approvare (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti 1.9, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 530
Votanti 505
Astenuti 25
Maggioranza 253
Hanno votato sì 222
Hanno votato no 283).
Prendo atto che i deputati Portas e Mistrello Destro hanno segnalato che non sono riusciti a votare. Prendo altresì atto che i deputati Nunzio Francesco Testa e De Poli hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto astenersi. Prendo infine atto che i deputati De Pasquale, Mura, Palagiano e Calearo Ciman hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Ferranti 1.10. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fassino. Ne ha facoltà.
PIERO FASSINO. Signor Presidente, come tutti i colleghi, ho ascoltato adesso l'intervento dell'onorevole Contento e, in precedenza, quello dell'onorevole Pecorella. Devo dire che ciò che non è convincente è esattamente il rapporto tra fini e mezzi, perché siamo tutti consapevoli della necessità di affrontare seriamente un tema da lungo tempo irrisolto nell'assetto politico-istituzionale italiano, ossia quello del rapporto tra politica e giustizia e della necessità di tutelare la reciproca autonomia e la reciproca indipendenza.
I temi da affrontare sono già stati evocati e sono molti. Essi attengono, per esempio, alla necessità di affrontare un dibattito serio sulla terzietà dell'attività giudicante rispetto all'attività inquirente, alla necessità di affrontare seriamente il tema del principio di responsabilità dei magistrati (che oggi è regolato in modo insufficiente ed inadeguato), alla necessità di affrontare il tema di un esercizio dell'obbligatorietà dell'azione penale che non sia solo formale; attengono, infine, al tema di affrontare delicate questioni come la carcerazione preventiva, che nel nostro Paese sta diventando un'esecuzione di pena senza condanna.
Di temi che attengono alla riforma dell'assetto e dell'organizzazione giudiziaria e che hanno una qualche relazione con gli assetti istituzionali e politici, ve ne sono quindi molti e vanno affrontati con serietà, anche colmando una difficoltà ad affrontare questi temi che per lungo tempo si è protratta. Ma ciò che non convince è che tali questioni possano essere affrontate e risolte con il provvedimento che voi ci proponete, perché esso va esattamente nella direzione opposta, e cioè, ancora una volta, nella direzione di determinare una commistione tra politica e giustizia che rende difficile al sistema politico-istituzionale la possibilità di affrontare i suddetti temi con la serenità e la serietà che sono necessarie.
In quest'Aula qualche settimana fa, all'inizio della legislatura ed all'indomani del voto, vi fu un dibattito che era stato contraddistinto da un corale appello a non riproporre una dialettica politica caratterizzata da un'esasperata conflittualità; in quest'Aula - e fuori da quest'Aula - vi fu un invito al sistema politico ed ai suoi rappresentanti a perseguire un confronto e una dialettica politica che fossero ispirate Pag. 37da una maggiore capacità di riconoscimento reciproco, in funzione della ricerca di soluzioni agli annosi problemi che il Paese si trascina da tempo.
Noi abbiamo raccolto quell'invito ma voi avete vanificato tale sollecitazione nel giro di poche settimane. Vorrei ricordare che non era trascorsa una settimana dall'insediamento delle Camere che siete venuti a proporci un provvedimento che ancora una volta riguardava un'emittente televisiva del Presidente del Consiglio e quel provvedimento era così sbagliato che nel corso della discussione lo avete dovuto ritirare.
Poi avete proposto e ci state riproponendo misure in materia di giustizia che non affrontano i nodi che pure sono stati evocati anche dal collega Pecorella, dal collega Mantovano o che sono stati evocati in alcune interviste che ho apprezzato, nelle scorse settimane, del Ministro Alfano. No! Voi ci proponete semplicemente un provvedimento che è volto, come ha affermato l'onorevole Tabacci, sostanzialmente ad evitare che si faccia un processo nel quale il Presidente del Consiglio è imputato.
Che sia così lo dimostra perfino la richiesta, da voi avanzata, dell'inversione dell'ordine del giorno perché eravate partiti da un provvedimento che era finalizzato solo a questo, un provvedimento sciagurato, un provvedimento che dopo che avete evocato in campagna elettorale il tema della sicurezza come cruciale per la vita del Paese congela i processi che riguardano reati come la truffa, il furto in appartamento, lo stupro, lo spaccio di stupefacenti, la rapina e una serie di altri reati che sono esattamente quelli che suscitano inquietudine e preoccupazione nei cittadini circa la loro sicurezza individuale. Tuttavia, in nome della salvaguardia del Presidente del Consiglio eravate pronti a fare strame della sicurezza dei cittadini su cui avete chiesto il voto. E vi siete resi conto che quel provvedimento era talmente assurdo che di corsa siete venuti a proporci l'inversione dell'ordine del giorno, cercando di risolvere lo stesso problema con una modalità che apparisse più civile e ragionevolmente sostenibile a conferma, però, che anche questo secondo provvedimento tende a raggiungere il medesimo risultato. Tuttavia, se ne può discutere perché penso che non sia affatto illegittimo discutere e ragionare di una modalità legislativa e normativa che tuteli le più alte cariche dello Stato nel momento in cui esercitano la loro funzione nell'interesse generale. Non abbiamo mai contestato la legittimità di questa discussione!
Contestiamo, invece, che voi invochiate questo principio generale in realtà in modo surrettizio e succedaneo, semplicemente per garantire l'impunità al Presidente del Consiglio alla vigilia di un processo giudiziario. Questa è la questione che noi vi poniamo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
È per questa ragione che abbiamo presentato queste proposte emendative e vi chiediamo di riflettere seriamente perché state operando uno strappo che non consentirà o renderà più difficile di affrontare i problemi che qui stiamo evocando. Penso che sia tempo - anche per l'esperienza che ho maturato personalmente come Ministro della giustizia - di affrontare temi e nodi che da lungo tempo non sono risolti e penso che questo Paese abbia bisogno di ritrovare un'autonomia fra giustizia e politica che farà bene, quando la ritroveremo, sia alla giustizia sia alla politica e che invece qualsiasi commistione impropria tra queste due sfere faccia male ad entrambe queste due dimensioni dell'agire politico-istituzionale. Ma se vogliamo affrontare tali temi dobbiamo farlo sulla base di un'impostazione che sia scevra da qualsiasi convenienza e interesse personale e voi, invece, avete rovesciato esattamente tale impostazione e ci proponete di tutta fretta un provvedimento sbagliato, finalizzato soltanto a garantire l'impunità di una persona e che non ci consentirà o renderà molto più difficile affrontare quei problemi che invece è tempo di affrontare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lupi. Ne ha facoltà.
MAURIZIO LUPI. Signor Presidente, intervengo volentieri dopo l'intervento dell'onorevole Pag. 38Fassino e dopo avere ascoltato con attenzione quello dell'onorevole D'Alema e degli altri colleghi, l'onorevole Tabacci e gli altri che sono intervenuti.
Forse per la prima volta dall'inizio della legislatura abbiamo un'occasione importante, ossia quella di confrontarci seriamente e senza pregiudizi, maggioranza e opposizione, su un tema concreto, importante e che a detta di tutti, di maggioranza, di opposizione e di chi ci guarda dall'esterno è un tema che da quattordici, quindici, vent'anni assilla e interessa il Paese, vale a dire il problema del corretto rapporto tra la politica e la giustizia e della funzione che le nostre istituzioni devono avere nel rapporto tra di loro e con i cittadini.
Ho sentito richiamare i riformisti di questo Parlamento con passione, con una forza ideale che appartiene alla storia, però, onorevole D'Alema e onorevole Fassino, cos'è il riformismo? Cosa connota l'idea di riformismo? Per quanto riguarda la nostra esperienza, l'idea fondamentale di una politica che vuole essere riformista è guardare senza pregiudizio all'altro, all'avversario, a colui che è a fianco, a noi stessi e agli altri, sul presupposto che nella politica tutti partiamo dalla medesima concezione: avere a cuore il bene del Paese, il bene comune e dare risposta a questo, partendo da storie e da ideali diversi (Applausi del deputato Dal Lago).
Perdonatemi, ma se noi oggi, con un flashback, ritornassimo indietro al 2001 e riprendessimo i dibattiti di quell'anno in quest'Aula sentendo i vostri interventi avremmo esattamente la stessa rappresentazione di allora poiché, ancora una volta, nell'affrontare i problemi concreti, si introduce l'elemento esterno del fantasma dell'avversario. Quest'ultimo è visto non come un interlocutore importante (che parte da ideali e valori diversi, ma che vuole affrontare e confrontarsi sulle stesse questioni), ma come un avversario che impersonifica il male.
Altrimenti non si spiegherebbe perché avete cambiato, in dieci giorni, tre posizioni diverse sul «lodo Alfano»: la prima sosteneva che il «lodo Alfano» andava bene, ma che doveva essere una legge costituzionale; la seconda, espressa da un intervento del vostro capogruppo al Senato, sosteneva che il «lodo Alfano» andava bene, ma doveva iniziare dalla prossima legislatura, la terza, con gli interventi odierni dell'onorevole D'Alema, dell'onorevole Soro e dell'onorevole Fassino, sostiene che si tratta di una legge sbagliata, che non si può affrontare perché introduce una discriminazione nel nostro Paese e ci rende diseguali.
Un simile cambiamento repentino di posizioni, a proposito di riformismo, è frutto - può anche accadere che in dieci giorni la riflessione di ognuno di noi induca a cambiare continuamente posizione (Commenti dei deputati Giachetti e Quartiani) - di un ripensamento culturale aperto all'altro o di un pregiudizio nei confronti di chi non vuole seriamente affrontare la questione che la stessa Corte costituzionale ha posto nella sua sentenza?
Infatti, quando la Corte costituzionale, bocciando il «lodo Schifani», sostiene - come ha richiamato l'onorevole Pecorella - che è un interesse apprezzabile garantire il sereno svolgimento delle rilevanti funzioni dello Stato, che cosa afferma? Afferma che vi è un interesse particolare o che il bene comune, a cui noi tutti vogliamo guardare, che è poi il bene del Paese, deve innanzitutto garantire che i cittadini che amano governare o rappresentare le istituzioni possano svolgere in maniera serena, senza interferenze esterne, il proprio compito e su quel compito essere giudicati?
Onorevole D'Alema, di che riformismo parla quando si torna alla vecchia concezione che il male è da una parte e il bene dall'altra, come sosteneva nel suo intervento finale, con un evidente scopo politico? È evidente, infatti, che il Partito Democratico si trova in una grossa difficoltà politica: si vedeva superato all'estrema sinistra dall'onorevole Di Pietro, per cui voleva fare un'opposizione positiva e costruttiva per tornare a un Paese normale; perdeva consensi; aveva problemi interni nella sua maggioranza. Pertanto, cosa si fa in questi casi? Ci si ricompatta Pag. 39e si individua di nuovo il nemico esterno, un nemico che più è cattivo, più consente di essere compatti, tant'è vero che...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MAURIZIO LUPI. Concludo, signor Presidente. Tant'è vero che l'onorevole D'Alema, nella sua analisi, spiega al Paese e agli amici del Partito Democratico che abbiamo davanti due strade e che loro sono la strada di mezzo, quella buona, mentre quella dell'onorevole Di Pietro è quella estremista, che rifiutano perché populista e giustizialista. L'opposizione l'ha seguita per un paio di giorni e poi si è resa conto che non era possibile grazie al «maledetto errore» dell'onorevole Di Pietro che ha usato nella manifestazione toni inaccettabili per tutti noi.
Infatti, attaccare il Presidente della Repubblica e il Santo Padre è inaccettabile (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo Italia dei Valori) per chi fa politica e per chi rappresenta le istituzioni! Però non si è fermato lì, concludo signor Presidente e le chiedo scusa, a proposito di riformismo, l'onorevole D'Alema ha avvertito che nella parte opposta vi è un altro nemico, arrogante quanto il primo: il Presidente Berlusconi ed il Popolo della Libertà.
Ha cercato di individuare un po' di divisioni al nostro interno, poi ha detto che il bene assoluto è il Partito Democratico.
PRESIDENTE. Onorevole Lupi, deve davvero concludere...
MAURIZIO LUPI. Concludo veramente. Noi vogliamo essere i veri riformisti, e cioè affrontare senza pregiudizio i problemi del Paese, compresa la sfida della giustizia, che è un problema serio (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.
MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, premesso che spero che ci siano tante manifestazioni come quella dell'altro ieri e che abbiano tutte lo stesso esito, che reputo estremamente positivo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà), voglio dire che un conto è la giustizia, mentre un problema diverso è rappresentato dall'immunità. Stiamo parlando di due cose totalmente diverse. Siamo di fronte ad una Corte costituzionale che, su 110 sentenze, in 100 casi ha riformato quanto questa Camera ha approvato. Siamo di fronte ad un giudice che, nonostante sia stata esperita un'azione di legitima suspicione, non interrompe e non aspetta che la Corte di cassazione dica la sua e prosegue nello svolgimento del processo.
Lo capiscono tutti, è evidente, che vi è un'azione sicuramente non rasserenante nei confronti dell'imputato. Quindi, è chiaro che ci troviamo in quella situazione che l'onorevole Tabacci voleva forse esplicitare e che sto esplicitando. Lo rassicuro che la Lega è certamente una forza garantista e non giustizialista.
Ciò detto, ho sentito le parole dell'onorevole Fassino, con le quali concordo in quasi tutto. Vi è solo un'omissione: ha elencato dei problemi della giustizia condivisibili, ma manca il problema fondamentale per risolvere la questione della giustizia stessa: l'indipendenza della magistratura, che deve essere certamente indipendenza dal Governo. Tuttavia, la magistratura deve essere altrettanto indipendente dai partiti politici, dalle correnti interne e, pertanto, ci deve essere un giudice, un fascicolo e il codice: nessun altro in quell'aula deve decidere le sorti della gente, delle carceri, delle questioni civili, e così via (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).
Concludo, in quanto i miei interventi sono brevissimi, altrimenti facciamo notte. Il fatto che l'onorevole Berlusconi si difenda dal processo e non si difenda nel processo a me pare estremamente legittimo, perché quel processo non mi sembra che abbia delle garanzie di imparzialità. Se l'onorevole Berlusconi fosse giudicato da me, probabilmente andrebbe domani mattina a farsi difendere nel processo Pag. 40(Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). Lo stesso accadrebbe se fosse giudicato da politici o da suoi pari, come fanno i magistrati che si giudicano tra di loro!
In quest'aula non voglio fare esempi elementari, che tutti conosciamo. Ne faccio uno chiarissimo: verificate le cause di diffamazione. Se uno dice una parolaccia a un politico (mi riferisco a «Bossi è cretino» detto da Bocca) il risarcimento del danno è stato valutato in 5 mila euro. Se uno invece la dice a un magistrato in un comizio con 350 persone, il risarcimento del danno è di 450 mila euro. Questa è la nostra magistratura (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.
ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, condivido molte delle cose dette dal collega Lupi: abbiamo bisogno di una politica mite, abbiamo bisogno di una politica in cui l'avversario non sia un nemico, abbiamo bisogno di una politica capace di ragionare e che rinunci all'inventiva e alla dequalificazione dell'avversario. Tutto ciò ha il mio elogio, è giustissimo, ma non ha nulla a che fare col tema di cui stiamo discutendo oggi. Infatti, il problema di oggi è un altro, e debbo rivendicare la coerenza del mio gruppo parlamentare e del mio partito.
Non dimentichiamo la storia: siamo partiti da un provvedimento che, per influenzare un processo, ne toccava altri 100 mila. E che questo sia il senso di quel provvedimento è cosa che oggi non contesta nessuno, nessuno fa finta di dire che vi erano ragioni di interesse generale a sostegno di quel provvedimento: è chiaro che aveva la sola finalità di toccare un singolo processo.
Per difendere Berlusconi, oggetto di persecuzione giudiziaria? Può darsi, sono anche incline a credere che lo sia, ma non è quello il modo in cui interviene il Parlamento.
Il Ferrara - non Giuliano Ferrara, ma il grande giurista del secolo passato - spiegava che la legge è un provvedimento generale ed astratto. Noi oggi, non nascondiamoci dietro un dito, stiamo discutendo di un provvedimento particolare e concreto, che riguarda un'unica persona: questo è un provvedimento amministrativo travestito da legge (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del Partito Democratico). Questa è la realtà con la quale dobbiamo fare i conti.
Il mio partito ha qualche responsabilità in questa vicenda, perché noi abbiamo detto a suo tempo: non facciamo questa mostruosità, la protezione alle alte cariche dello Stato è qualcosa di giusto, affronta un tema che esiste. E abbiamo detto che non ne avremmo fatto uno scandalo se questo provvedimento fosse stato proposto. Non abbiamo detto che lo avremmo votato, abbiamo detto: fateci vedere come è fatto. Abbiamo visto come è fatto, non è fatto bene.
Ricordate il vecchio articolo 68 della Costituzione? La Camera, assumendosene la responsabilità politica, decideva che un certo procedimento giudiziario interferiva con la volontà degli elettori ed era di turbativa all'esercizio della funzione sovrana del Parlamento, e lo fermava, dopo un vaglio e assumendosene la responsabilità politica. Qui vagli non ce ne sono, c'è un automatismo. Si coprono cinque persone, ma sono cinque? Orgogliosamente il Presidente Fini rivendicava qualche giorno fa: io non c'entro. Gliene diamo atto, nessuno dubita che il provvedimento non la riguardi. Allora cinque meno uno, pardon, quattro meno uno, perché il presidente della Corte costituzionale è stato tempestivamente accantonato. Diremo che il provvedimento riguarda il senatore Schifani, o il Presidente della Repubblica? Qui abbiamo a che fare con un provvedimento amministrativo travestito da legge, questo è il punto, perché c'è anche la capacità di mettersi dalla parte del torto pur avendo ragione.
Credo che in questo caso la maggioranza si sia messa dalla parte del torto, pur avendo in qualche modo ragione. Devo Pag. 41dire, per la verità, che non è l'unica in questo esercizio, perché una manifestazione come quella di ieri, che pure aveva buone ragioni da far valere, non poteva e non doveva essere trasformata in un'occasione per offendere le uniche due cariche in cui i cittadini italiani ancora si riconoscono, di cui una estranea all'ordinamento della Repubblica, il Papa. In chi hanno fiducia i cittadini italiani, nella magistratura? No. Nella politica, in noi? Ahimè, no. Hanno fiducia nel Papa e nel Presidente della Repubblica. Attaccare il Papa e il Presidente della Repubblica significa minare quel poco di coesione sociale e di consistenza morale che c'è ancora in questo Paese. Complimenti, anche quella è stata una grande occasione per mettersi dalla parte del torto, pur avendo inizialmente alcune ragioni.
Ci asteniamo su questo provvedimento perché è mal fatto, perché solleva un problema vero ma lo affronta nel modo sbagliato. Vogliamo dire, però, basta con le troppe leges singulares fatte per affrontare e risolvere i problemi di una persona, e non quelli dei cittadini. Ci troveremo mai in quest'Aula a parlare di giustizia a partire dai problemi dei cittadini e non da quelli giudiziari del Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro)?
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mazzarella. Ne ha facoltà.
EUGENIO MAZZARELLA. Signor Presidente, l'onorabilità è come il coraggio. Commentando la pavidità di Don Abbondio, Manzoni avvertiva che il coraggio uno se non ce l'ha, non se lo può dare. Allora se l'onorabilità personale e giudiziaria del Premier c'è, non c'è bisogno del lodo Alfano. Se non c'è, non c'è lodo che tenga.
Questa frettolosa corsa del Premier all'autotutela istituzionale rischia una toppa peggiore del buco, mentendo a rischio l'onorabilità delle istituzioni e delle procedure con cui lavora questa Camera. La politica, come la storia - lo diceva Hegel - fatta dal buco della serratura è quella del cameriere, e con gli occhi e le orecchie del cameriere in politica non si va da nessuna parte.
La cosa però veramente oscena politicamente in questo frangente socio-economico è che il Ministro dell'economia e delle finanze ha messo sotto chiave, in nove minuti e mezzo, in Consiglio dei ministri, la manovra economica del Governo, mettendo tutti nella condizione servile di sbirciare e origliare dal buco della serratura cosa ci sia in quella manovra.
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Mazzarella.
EUGENIO MAZZARELLA. Concludo, signor Presidente. È per questo che avremmo bisogno di tempo, senza perderlo con il lodo Alfano che non serve a nessuno, nemmeno al Premier (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti 1.10, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 557
Votanti 526
Astenuti 31
Maggioranza 264
Hanno votato sì 233
Hanno votato no 293).
Prendo atto che il deputato Cera ha segnalato che avrebbe voluto astenersi e che la deputata Goisis ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario.
Avviso i colleghi che i nostri lavori antimeridiani procederanno fino alle ore 14.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Ferranti 1.11.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Melis. Ne ha facoltà.
GUIDO MELIS. Signor Presidente, l'emendamento in esame, che proponiamo, tenta di porre riparo al pasticcio di questo decreto-legge, che accomuna - ma vorrei dire che ammucchia - senza una logica plausibile quattro figure istituzionali tra loro profondamente diverse per natura, per collocazione costituzionale, per legittimazione e per i poteri loro conferiti dalla Costituzione. È stato osservato autorevolmente che l'immunità temporanea per i reati comuni è prevista solo in poche Costituzioni al mondo, e sempre per i Presidenti della Repubblica.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 12,55)
GUIDO MELIS. Se ciò accade una ragione c'è, e consiste nel fatto che tra queste istituzioni corre una differenza profonda. Il Presente della Repubblica, come è stato già affermato molte volte in questi giorni, è la figura a cui il nostro ordinamento attribuisce le funzioni più delicate, e ritengo che sia l'unica per la quale si potrebbe ammettere - forse sarebbe persino opportuno - una tutela particolare. Al contrario, i Presidenti delle due Camere sono soggetti esponenziali delle rispettive Assemblee: dubito che essi richiedano particolari misure di protezione.
Il Presidente del Consiglio, però, merita un discorso a sé, che vorrei rapidamente svolgere. Questo istituto nel nostro ordinamento ha una lunga storia, che ripercorro brevemente. Nel primo periodo, dall'unità d'Italia al fascismo, è stato semplicemente un primus inter pares, a lungo perfino privo di un proprio specifico apparato burocratico. Il fascismo, con la legge del 1925, ha esaltato la figura del Presidente del Consiglio Capo del Governo, stabilendone la leadership sul complesso dei ministri.
L'ordinamento democratico è ritornato, per certi versi, alla figura debole del prefascismo. Più tardi, la legge n. 400 del 1988 ha dato opportunamente alla Presidenza un ruolo centrale nell'organizzazione e nella direzione del Governo. Le trasformazioni del sistema elettorale degli ultimi anni del Novecento hanno, infine, agito solo indirettamente sull'istituto, rafforzando, in via di fatto, la figura del Presidente, che gode adesso di una legittimazione popolare diretta, essendo nominato Presidente del Consiglio il leader della coalizione prevalente nelle elezioni, ma - attenzione - non hanno modificato in modo decisivo le sue prerogative costituzionali.
Nel nostro sistema le due figure, quella del Presidente della Repubblica e quella del Presidente del Consiglio, hanno dunque funzioni e fisionomie istituzionali tra loro profondamente diverse. La prima impersona l'unità nazionale, svolge un ruolo di garanzia suprema dell'ordinamento ed è stata perciò circondata dal costituente di particolari cautele; la seconda, quella del Presidente del Consiglio, sebbene importante, resta pur sempre nell'alveo dell'esercizio di una responsabilità che definirei, con la dottrina giuridica migliore, ministeriale e che, in quanto tale, non si vede perché debba godere di particolari difese diverse da quelle di cui godono i ministri.
Ho ascoltato con molta attenzione il dibattito di questi due giorni, prima nelle Commissioni riunite e poi in Aula, ma non ho trovato negli interventi dei colleghi della maggioranza alcuna spiegazione del perché questo decreto-legge pretenda di assimilare in un unico trattamento istituzioni così diverse l'una dall'altra. L'espressione «alte cariche» di per sé suona equivoca, perché non vale ad omogeneizzarle in un tutto unitario, come si vorrebbe far credere. Emerge qui - mi si consenta - la rozzezza istituzionale che costituisce il segno caratteristico di questo come di altri interventi, a cui ci stanno abituando il Governo e la maggioranza in queste prime settimane di legislatura.
Si tratta di un disegno che, abusando di una procedura d'urgenza, mira ad inquinare per strappi ed intrusioni successive la limpida geometria del nostro assetto costituzionale.
I grandi Paesi democratici, che la maggioranza ci addita ad ogni piè sospinto Pag. 43come esempi di democrazia matura, rifuggono da simili reti protettive per i loro governanti. Negli Stati Uniti può accadere, ed è accaduto, che un Presidente subisca l'impeachment e che un altro si assoggetti, suo malgrado, a esasperanti e umilianti processi pubblici per il semplice fatto di aver mentito al Paese sulle sue attività sessuali. Qui, in Italia, per risolvere i problemi personali di uno solo, che nulla hanno a che fare con l'esercizio della carica pubblica, si mette a soqquadro l'ordinamento, si producono leggi ad personam, si sovvertono i delicati equilibri della Costituzione e si impone a un Paese, con ben altre urgenze e priorità, un'assurda quanto forsennata e destabilizzante campagna contro la magistratura intera.
Il nostro emendamento, onorevoli colleghi, suona forse provocatorio alle vostre orecchie. In effetti, escludendo il Presidente del Consiglio dall'elenco dei beneficiari di questa legge, miriamo esattamente a mettere a nudo quella che è la vera ratio del vostro provvedimento, lo scandalo di questa legge: impedire a tutti i costi che si celebrino regolarmente i processi penali per fatti estranei alla carica nei quali l'onorevole Berlusconi teme, forse con qualche ragione, di poter essere condannato. Abbiate almeno la decenza di dire a voce alta la verità: questa non è una legge a protezione delle alte cariche dello Stato, è l'ennesima legge ad personam nell'interesse dell'attuale Presidente del Consiglio. È da ormai quasi quindici anni che con esasperante cocciutaggine ci riproponete lo stesso copione. All'atto pratico, ogni volta, tutti i problemi del Paese, in particolare quelli più urgenti come la riforma della giustizia, passano in secondo ordine, destinati ad incancrenire di fronte all'impellente necessità di legiferare a vantaggio di uno solo, per assicurare benefici indebiti a uno solo.
PRESIDENTE. Onorevole, la invito a concludere.
GUIDO MELIS. Siamo diventati un caso di scuola perfino su scala internazionale, come dimostra la recente gaffe contenuta nella scheda dello staff americano al G8. Siamo diventati il Paese della corruzione pubblica e dell'interesse privato al potere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Papa. Ne ha facoltà.
ALFONSO PAPA. Signor Presidente, con qualche sorpresa continuiamo ad ascoltare i termini di un dibattito che oserei definire equivoco. Si continua a discutere di immunità, che è l'unico valore sicuramente costituzionale, perché previsto dalla Carta costituzionale, sebbene tolto dal Parlamento nel 1993, mentre, in realtà, dovremmo parlare di un provvedimento che nasce da precise indicazioni della Corte costituzionale sulla tutela da assicurare alle posizioni rappresentative di figure di rilievo, così come previsto in tutti i Paesi occidentali. Si continua a discutere di questo tema dimenticando che quanto contenuto in questo disegno di legge è esattamente quanto è possibile evincere dalla citata sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2004. Se ne continua a discutere, stranamente, dimenticando che da anni l'equivoco sui rapporti, non tanto tra magistratura e politica, ma tra la gestione che si vuole fare delle attività che vengono portate avanti dalla magistratura e le scelte che fa la politica, ci sta portando oggi a non comprendere che mentre noi parliamo vi è un giudice che dopo un anno di indagini ha deliberato che le indagini svolte a carico all'allora capo dell'opposizione, oggi Presidente del Consiglio, sono state svolte fuori dalle regole e in mancanza di competenza territoriale. Tali decisioni ci pongono di fronte alla necessità di un provvedimento che riequilibri, per il bene dell'indipendenza e della corretta azione della magistratura, gli ambiti di potere che, purtroppo, da quindici anni a questa parte si sono persi.
Questa è la verità, e questo è ciò che ha indicato la stessa Corte costituzionale. Questo è quello che oggi non si vuole vedere in un dibattito a tratti volgare, nel Pag. 44quale si cerca di coinvolgere con sciattezza figure istituzionali, figure di rilievo come quella del Papa, e si cerca di farlo al di fuori di quest'Aula, nelle piazze, esattamente come quando si parla e si discute non di processi, ma di gossip, di velate minacce, di condotte quasi estorsive, al di fuori delle attività processuali che un tempo vivevano, e in parte vivono, sui giornali, e che oggi, purtroppo, viaggiano anche on line. Tutto ciò avviene in maniera falsa, capziosa, raramente in maniera riscontrata, con temi che nulla hanno a che vedere con quelli di una riforma.
Questa riforma mira a ristabilire un rapporto di equilibri, e finisce per confermare la possibilità di reciproche prerogative, di reciproche attribuzioni anche per l'autonomia e l'indipendenza dell'organo giudicante, l'organo giudiziario, rispetto al quale questa misura rappresenta l'unico modo per poter realmente garantire la mancanza di un rischio di indebite forme di visibilità politica e - oggi diremmo - di piazza, che nulla hanno a che vedere, purtroppo, con il normale assetto degli equilibri democratici (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà.
ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, tutti conoscono i problemi della giustizia e la visione che il nostro Presidente del Consiglio ha di essa. Si tratta di una visione che gli permette di utilizzare la giustizia a proprio piacimento con il consenso dei propri Ministri, anche del Guardasigilli, che a dir la verità - Ministro Alfano - mi sembra più il tutor del Presidente del Consiglio anziché il Guardasigilli nell'interesse del popolo italiano. Sta di fatto che l'immunità riguarda, in tutta Europa, la Regina d'Inghilterra, il Re di Spagna e il Presidente della Repubblica. Consiglio a questo punto di togliere quel cartello che si trova in tutte le aule giudiziarie e che recita: la legge è uguale per tutti. Inoltre, vorrei dire al Presidente del Consiglio, o meglio al Ministro Alfano, di riportare questo al Presidente Berlusconi: di certo non si può insegnare ad un gambero a camminare dritto.
Per quanto riguarda la manifestazione di piazza dell'8 luglio scorso vorrei fare una riflessione. Quando si manifesta in piazza ci sono dei punti di forza e dei punti di debolezza. Il punto di debolezza è rappresentato da quegli interventi fuori luogo. A tal proposito personalmente rispetto fortemente sia il Papa sia il Presidente della Repubblica, ma vi è stato un punto di forza: la presenza di tanti cittadini italiani, stanchi di queste norme «salva Premier», e di certo è bene scendere in piazza quando si lede la democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti 1.11, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 509
Votanti 484
Astenuti 25
Maggioranza 243
Hanno votato sì 203
Hanno votato no 281
(La Camera respinge - Vedi votazionia ).
Prendo atto che la deputata Bernini Bovicelli ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario e che il deputato Losacco ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Lo Moro 1.12.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Moro. Ne ha facoltà.
DORIS LO MORO. Signor Presidente, colleghi - mi rivolgo anche al Ministro Pag. 45della giustizia e agli altri Ministri presenti - mi ha colpito, nel precedente intervento del collega del Popolo della libertà, il richiamo alla proprietà di linguaggio. Mi ha colpito perché l'emendamento che mi accingo ad illustrare riguarda esattamente lo stesso argomento. In realtà è giusto e corretto che tutti noi usiamo in maniera appropriata le parole, ma è soprattutto giusto fare ciò quando legiferiamo e quando scriviamo un disegno di legge, e l'articolo che è in discussione oggi in Parlamento non è certamente un esempio di chiarezza e di linearità e neanche di uso appropriato dei termini.
Nel comma 1 in particolare - parlerò soltanto degli aspetti specifici che mi porteranno poi all'illustrazione dell'emendamento che ho presentato - si fa riferimento a due articoli della Costituzione, l'articolo 90 e l'articolo 96, che considerano rispettivamente gli atti compiuti o i reati commessi nell'esercizio delle proprie funzioni, e invece non si esprimono né sui procedimenti né sui processi penali. È quindi discutibile che si faccia questo riferimento, in quanto vi è una promiscuità di linguaggio che riguarda da un lato i termini «atti» e «reati», mentre dall'altro oggi si parla di «processi».
Poi nel comma in questione ci si riferisce a «processi penali» e non a procedimenti penali, anche se in altri commi dello stesso articolo si fa riferimento a norme che hanno a che fare non con i processi, ma col procedimento nel suo complesso, laddove per esempio nel comma 3 si richiama l'articolo 392 del codice di procedura penale.
Dico tutto ciò per arrivare poi al punto della discussione: con l'emendamento che stiamo discutendo ci si propone di eliminare dal primo comma l'espressione «dalla data di assunzione e», lasciando invece inalterato il resto del testo (si fa per dire, perché il Partito Democratico ha chiesto ed era a favore dell'eliminazione totale del comma). Comunque, in quest'ipotesi rimarrebbe soltanto l'espressione «fino alla cessazione della carica o della funzione».
Perché rimarco tutto ciò? Perché se non parliamo di un procedimento ma di un processo - e questo tra l'altro sembra volere il Popolo della Libertà, se è vero che il relatore non ha parlato di un errore, ma di una scelta, perché espressamente ha dichiarato che le indagini potranno continuare anche rispetto alle cariche che vengono elencate - allora non si capisce perché si debba parlare di processo in corso dalla data di assunzione, quasi che non fosse ipotizzabile, invece, che nei confronti di una di queste quattro cariche vi sia, in una legislatura qualsiasi, nell'attuale per esempio, un procedimento in corso che sfoci in un processo da sospendere non in una fase precedente all'assunzione della carica, ma anche in una fase successiva.
La verità reale è che si fotografa una situazione che già si conosce e si parla in questi termini, in termini così specifici, facendo riferimento anche alla data di assunzione della carica, perché si ha in mente non un processo qualsiasi, ma un processo già in corso e già in corso, in particolare, nel momento in cui Silvio Berlusconi è diventato Presidente del Consiglio.
È questo il motivo per cui credo di poter assimilare il mio ragionamento a quello che ha svolto poco fa anche il collega Buttiglione: non siamo davanti ad una norma astratta, che disciplina un caso generale anche per il futuro, ma siamo di fronte ad un provvedimento «travestito» o che comunque si riferisce ad un caso che già si conosce, e lo fa in maniera neanche troppo occulta, ma così dichiarata da essere anche inappropriata in termini di tecnica legislativa (Applausi di deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lo Moro 1.12, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 46
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 512
Votanti 482
Astenuti 30
Maggioranza 242
Hanno votato sì 202
Hanno votato no 280).
Prendo atto che il deputato Marinello ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e che il deputato Testoni ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Costantini 1.14 e Amici 1.15.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.
SESA AMICI. Signor Presidente, gli interventi dei colleghi Contento, Lupi e Pecorella hanno dato la sensazione netta che ci trovassimo in quest'Aula a discutere sul serio di una questione nodale di una democrazia, quello del rapporto fra politica e giustizia, garantendo l'autonomia dell'una e dell'altra.
La verità è ben altra, perché se ciò fosse stato vero, come pure i colleghi hanno sostenuto con grande enfasi nei loro interventi, avremmo dovuto dire che questa discussione non avrebbe dovuto essere accelerata, non avrebbe dovuto essere messa in parallelo con l'argomento utilizzato in prima istanza nel decreto-legge sulla sicurezza e che i tempi della discussione avrebbero dovuto essere i tempi veri della politica e non dell'applicazione alla politica di interessi particolari.
La verità di questo ragionamento è esattamente il senso dell'emendamento che porta la mia prima firma, che propone di sopprimere il secondo periodo del comma 1, che riguarda l'automatismo della sospensione che «si applica anche ai processi penali per fatti antecedenti l'assunzione della carica o della funzione».
Basta solo leggere ciò, per capire che il tema non è questa discussione, che pure è necessaria e va affrontata, perché va affrontata in nome e negli interessi di una politica alta, ma anche del senso di responsabilità di fronte al Paese.
«La sospensione si applica ai processi penali, anche per fatti antecedenti l'assunzione della carica»: questa frase ha un nome e un cognome, che è anche l'elemento sul quale voi stessi - che pure cercate di contrapporvi al ragionamento dell'opposizione - state dimostrando che vi «piegate» di fronte all'elemento della discussione vera ed essenziale: non l'avete negato e vi siete assunti la responsabilità del fatto che il disegno di legge presentato dal Ministro Alfano debba rispondere ad un'immediatezza della politica e all'urgenza di un interesse, quello del Presidente del Consiglio dei ministri.
Credo che se volessimo sul serio svolgere una discussione pacata, ma anche ferma, dovremmo dire che è arrivato il tempo - e nella politica i tempi contano e sono importanti - che ci si assuma sul serio la responsabilità da parte di chi vuole svolgere una funzione di direzione e di responsabilità di Governo. E la responsabilità di Governo porta a svolgere due considerazioni.
La prima è che non si accettano scorciatoie. Questo disegno di legge è una scorciatoia, perché risponde ad un obiettivo preciso ed individuale, ma non risponde al tema vero che in questo Paese si trascina da anni. Il secondo elemento: la responsabilità nell'esercizio della politica deve essere data non solo, e non tanto, dalla volontà popolare, ma anche dal fatto che a quella volontà popolare si corrisponda nell'interesse generale di tutti. Quando si piega anche la volontà popolare ad un interesse individuale, siamo di fronte non più ad un sistema democratico, ma esattamente a quello che questo Paese ha vissuto nel corso di tanti anni.
Le prerogative che si vogliono attribuire alle alte cariche dello Stato non vengono intese - e non devono essere intese - come immunità, perché quelle erano dentro la logica dello Statuto albertino e rappresentavano l'inviolabilità del monarca. Tuttavia, se l'intera l'attualità di questa discussione riguarda un soggetto Pag. 47solo, siamo di fronte anche all'idea che in politica chi esercita la funzione di Governo, non lo fa in nome e nell'interesse di quella volontà popolare, ma in nome e per conto del proprio interesse. Ciò rappresenta una lesione della politica, dell'azione di Governo e della democrazia ed è per questo motivo che, in maniera convinta, siamo contrari a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, abbiamo contestato il metodo con il quale il provvedimento in oggetto è stato portato in Aula. Si tratta di un metodo che ha vulnerato gravemente, profondamente e pericolosamente le prerogative parlamentari. Tuttavia, almeno un risultato l'ha ottenuto, cioè quello di far cadere le maschere della maggioranza. Essa, infatti, quando contestavamo il fatto che questo, come anche il decreto-legge sulla sicurezza (con l'articolo 2-ter), fossero provvedimenti ad personam, ipocritamente sosteneva che si trattasse di problemi generali, come anche oggi ha affermato l'onorevole Lupi. Non si tratta di un problema generale. Voi stessi avete ammesso che si tratta di un problema particolare e unico, che riguarda una sola alta carica dello Stato, cioè il Capo del Governo.
Oggi è emerso un altro dato che, a mio avviso, non è meno preoccupante di questo: il fatto che la politica, dopo aver occupato il Parlamento ed essersi posta in una pericolosa china di espropriazione delle prerogative parlamentari, vuole adesso espropriare ed appropriarsi anche delle funzioni della magistratura. L'ideale di qualcuno di voi - se non di tutti voi - sarebbe questo: che la politica occupi tutte le sfere della vita sociale, politica ed istituzionale, fino al limite di dire che anche la giustizia deve essere esercitata dalla politica. Questo è il fatto più grave che sta emergendo e che la maggioranza oggi non ha contestato, anzi, in qualche modo, ha legittimato.
Si tratta di un fatto gravissimo, perché non sono sovversivi i giudici, come afferma il Presidente del Consiglio dei ministri: sovversivo è lui e sovversiva è questa condotta, che mina a devastare la Costituzione ed i principi che la reggono.
Su questo non abbiamo avuto posizioni diverse, onorevole Lupi. La posizione dell'Italia dei Valori è sempre stata ferma e decisa nel respingere ogni tentativo di attentato ai principi costituzionali.
Avete evocato quanto è successo in piazza Navona l'altro giorno, perché vorreste esorcizzare le centinaia di migliaia di persone... (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). .. le 50 mila persone e tutti quei cittadini che sono andati in piazza Navona per protestare contro di voi, per protestare contro l'uso personale del potere pubblico. Quelli non sono fantasmi! Li vorreste esorcizzare, ma non ci riuscirete mai! Non ci riuscirete mai! (Applausi dei deputati dell'Italia dei Valori - Commenti dei deputati del Popolo della Libertà e della Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego!
FEDERICO PALOMBA. La società italiana si è riappropriata del diritto di andare in piazza e di protestare contro chi pretende di imporre le proprie leggi. È chiaro che molti di noi, anzi probabilmente tutti noi che eravamo nella piazza a protestare e a manifestare contro l'uso privato del potere pubblico, non abbiamo accettato gli insulti che qualcuno, che era sopra il palco, ha preteso di fare. Ma noi... (Commenti dei deputati del Popolo della Libertà)
PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di far terminare l'intervento!
FEDERICO PALOMBA. Ma noi, noi eravamo tra i cittadini che hanno protestato contro di voi, che continueranno a protestare e che voi non potrete conculcare! Ad essi non potrete impedire di Pag. 48esercitare la vera democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà, per cinque minuti.
FRANCESCO PAOLO SISTO. Vorrei, in antitesi a quanto ho ascoltato poco fa, riportare il dibattito sulla linea seguita dall'onorevole Pecorella. Si dimentica, infatti, che la fonte, la genesi di questa scelta, è la sentenza della Corte costituzionale che ha chiarito, con un suo imprimatur assolutamente inequivoco, che siamo di fronte ad un provvedimento che non va affrontato con legge costituzionale (trovo assolutamente esatta, al riguardo, la scelta del collega Pecorella) e che soprattutto, signor Presidente, si occupa di una sospensione e non di immunità.
Volete un riscontro assolutamente inequivoco? È nello stesso testo della menzionata sentenza, in un capoverso immediatamente successivo a quello decisivo cioè: «interesse apprezzabile che può essere tutelato in armonia con i principi fondamentali dello Stato di diritto, rispetto al cui migliore assetto la protezione è strumentale» (il sereno svolgimento delle funzioni istituzionali, quindi, contribuisce a rendere più effettivo il rispetto dei principi fondamentali del diritto). La Consulta aggiunge: «È un modo diverso ma non opposto di concepire i presupposti e gli scopi della norma, la tesi secondo la quale il legislatore - considerando che l'interesse pubblico allo svolgimento delle attività connesse alle alte cariche comporti, nel contempo, un legittimo impedimento a comparire - abbia voluto stabilire una presunzione assoluta di legittimo impedimento». La Consulta, quindi, ha processualizzato tale scelta. Non siamo di fronte ad una nuova immunità ma a una scelta di matrice squisitamente processuale. Io di questi temi non sento parlare! C'è una reductio ad unum assolutamente intollerabile! La politica viene utilizzata non per potenziare i profili di legittimità, ma per snaturare e bypassare il confronto su temi che la Consulta ha delineato con una sentenza chiarissima e precisa.
Se l'interesse apprezzabile è quello della protezione strumentale al rispetto dei principi fondamentali dello Stato, io ho trovato, scusatemi, contra ius o contra legem, l'intervento di chi pretende che il Presidente del Consiglio si sottoponga al giudizio di alcuni giudici. Questo significherebbe infatti, signor Presidente, parliamoci chiaro, utilizzare una certa giustizia in sostituzione e in barba agli elettori. Sarebbe uno strumento surrettizio ed inaccettabile per bypassare le prerogative della democrazia.
Se avessimo, per un solo attimo - sforziamoci, cari colleghi - l'umiltà, nell'approccio ai problemi scientifici e tecnico-normativi, di leggere gli atti, le sentenze, i presupposti e le norme, rispettando il canovaccio minimalista, direi, di approccio a questi principi, non potremmo che avere un unico convincimento: che questo provvedimento serve alle istituzioni e non certamente a una sola persona e che il tentativo, signor Presidente, di dare enfasi, eco ed amplificazione ai principi della Consulta, può essere tranquillamente ratificato, evitando qualsivoglia discorso populista, qualunquista e interessato, in barba agli elettori e alla democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà.
ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, con l'approvazione di questo lodo Alfano si evidenzierà un concetto chiaro ed evidente: il fatto che la maggioranza ritiene che, in qualsiasi modo, bisogna coprire le malefatte del Premier. Tutto questo, in tempi brevissimi, addirittura con esagerata urgenza.
Leggevo che Berlusconi ha dichiarato guerra ai clandestini. Credo che il nostro Premier, prima di fare guerra agli altri, debba imporsi di rispettare la legge per primo. Si tratta di un atto che è dovuto agli italiani, perché un Presidente del Consiglio dei ministri rappresenta gli italiani stessi.Pag. 49
In campagna elettorale il Premier ha parlato di tutto e di più, ma della sua visione della giustizia ad personam, mai.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ANITA DI GIUSEPPE. Il cammino era già deciso, e tutto sta andando come lui aveva previsto per ottenere il solito finale, direi con ostentata sfacciataggine (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà.
DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, in ordine alla sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato, qualcuno sentenziava dalle piazze: immunità per nessuno. Qualcun altro, invece, qui, all'interno della Camera, parlava con questo linguaggio: l'elezione alle Camere non può servire a coprire malefatte, né ad essere autorizzati a commetterle. Si tratta di una delle proposte di legge dell'allora gruppo di Alleanza Nazionale (la proposta n. 445 del 1992).
Ma vi è qualcos'altro che va ricordato in quest'Aula, e non per amore di polemica, ma soltanto per amore di riflessione: nella drammaticità del presente momento politico, il Governo costituisce il maggiore ostacolo sulla via del necessario rinnovamento delle istituzioni. Assistiamo ad un'inerzia generalizzata riguardo ai problemi più pressanti, quali le necessarie riforme istituzionali e l'emergenza economica, mentre tutto è concentrato sulla ricerca di scappatoie per sfuggire ai giudici!
PRESIDENTE. La prego di concludere.
DOMENICO SCILIPOTI. Se questa maggioranza insisterà nel voler forzare la volontà popolare, la spaccatura che si determinerà tra Governo e Paese, diventerà spaccatura tra Parlamento e Paese!
PRESIDENTE. Onorevole Scilipoti, deve concludere.
DOMENICO SCILIPOTI. Concludo, signor Presidente ...(Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Il primo fra i dettami morali, è quello di evitare una simile sciagura! Questo era quanto dichiarato dalla Lega (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Scilipoti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Costantini. Ne ha facoltà, per un minuto.
CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, ho seguito l'intervento del collega Sisto, il quale ha affermato che questo provvedimento serve alle istituzioni e non ad una persona. Bene, avete questa occasione per dimostrarlo, votando questi identici emendamenti.
Infatti, passi il principio che la sospensione operi per qualunque tipo di reato commesso durante il mandato, passi il principio che la responsabilità può essere pure indipendente dalla funzione esercitata durante il mandato, ma francamente è inaccettabile che il principio venga esteso per reati connessi alla criminalità comune, commessi in periodo antecedente all'esercizio del mandato! Questi identici emendamenti, in qualche modo, vi consentono di sgombrare il campo. Se questo provvedimento serve a difendere le istituzioni, facciamo riferimento esclusivo a tutti reati commessi nell'esercizio del mandato, ma solo a quelli!
Con questi identici emendamenti escludiamo la previsione che consente la possibilità di sospendere tutti i processi, anche quelli per fatti di tre, cinque o dieci anni fa e che sono assolutamente indipendenti rispetto all'esercizio della funzione!
PRESIDENTE. La prego di concludere.
CARLO COSTANTINI. Questa è l'occasione buona per dimostrare che vi muovete nell'interesse generale del Paese e delle istituzioni, e non per difendere gli interessi di una singola persona (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
Pag. 50PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà, per un minuto.
GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, intervengo in difformità dal voto del gruppo, e dichiaro il mio voto di astensione su questo provvedimento e, in particolare, su questi identici emendamenti. La maggioranza, infatti, ci offre il modo e la futura possibilità di vincere le elezioni.
Siccome ciò è già accaduto, il clima è lo stesso e si ripetono le stesse cose - le leggi ad personam giungono in quest'Aula - ci stanno solo facendo dei favori!
Non riesco a convincere i miei amici di gruppo: noi dovremmo votarli e far sentire forte la voce fuori. Questo è il nostro messaggio. In questo modo siamo sicuri che otterremo, certamente, un vantaggio elettorale (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Costantini 1.14 e Amici 1.15, non accettati dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 548
Votanti 509
Astenuti 39
Maggioranza 255
Hanno votato sì 223
Hanno votato no 286).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Vietti 1.401.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.
ROBERTO RAO. Signor Presidente, dopo gli autorevolissimi interventi politici di tanti colleghi che mi hanno preceduto e che, probabilmente, mi seguiranno, proverò a «planare» sul merito, per cercare, dal nostro punto di vista, di migliorare il provvedimento.
Con l'emendamento in esame chiediamo al comma 1, di aggiungere, in fine, le parole: «, salvo il caso di sentenza di condanna confermata in grado di appello». Il nostro emendamento si propone di applicare la sospensione, prevista dal disegno di legge Alfano anche per i processi penali per fatti antecedenti all'assunzione della carica o della funzione, fatto salvo il caso di sentenza di condanna confermata in grado di appello. È il caso della cosiddetta doppia sentenza conforme. In tal modo, vi sarebbe un migliore bilanciamento, a nostro giudizio, tra l'esigenza di garantire, da una parte, il sereno svolgimento della funzione pubblica con i diritti sanciti dagli articoli 24 e 111 della Costituzione, impedendo, dall'altra parte, che venga sacrificato il principio costituzionale che impone la conclusione il più possibile celere ed efficiente dei processi. Questo con particolare riguardo alla parte civile, che, a fronte di una doppia sentenza di condanna, vedrebbe procrastinato, a questo punto, secondo noi, irragionevolmente, il proprio diritto al risarcimento (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Landolfi. Ne ha facoltà.
MARIO LANDOLFI. Signor Presidente, è indubbio che ci troviamo di fronte ad uno snodo importante della legislatura: è qui, oggi, in questa sede, in queste ore, che connoteremo il prosieguo dell'attività della Camera; stabiliremo adesso, cioè, se sarà possibile intraprendere e percorrere in questa legislatura un cammino riformista o riformatore. Il campo è pieno di macerie; lo è per responsabilità della politica e della magistratura. Ma oggi non dobbiamo chiederci a chi tocchi scagliare la prima pietra, piuttosto, a chi tocchi rimuoverla, sapendo che quella che ci accingiamo ad approvare oggi è una soluzione, Pag. 51non è la soluzione. Lo ha spiegato l'onorevole D'Alema: non ho alcun mistero o imbarazzo a dirmi d'accordo con lui su questa tesi. Anzi, ne apprezzo e ne colgo l'apertura.
Possiamo e dobbiamo ragionare sulle anomalie del caso italiano; ce ne sono tante e di diverso segno. È sicuramente un'anomalia l'onorevole Di Pietro, che oggi, da politico, fa opposizione a quell'uomo che, da pubblico ministero, voleva «sfasciare»; è un'anomalia un Consiglio superiore della magistratura che disattende platealmente le indicazioni del Capo dello Stato; è un'anomalia il triplice «resistere, resistere, resistere» lanciato da un procuratore generale in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, che istigava i cittadini a resistere contro le decisioni assunte da poteri legittimamente e costituzionalmente garantiti.
Il problema oggi, onorevole D'Alema e colleghi, non è quello di dividerci tra garantisti e giustizialisti. Nessuno di noi ha talmente a cuore le esigenze della sicurezza da sottovalutare quelle delle garanzie in un processo, e nessuno di noi è talmente garantista da nascondersi le sacrosante esigenze della sicurezza dei cittadini.
Il problema è un altro: la riaffermazione del primato della politica, che deve trovare in se stessa la capacità di riformarsi, di emendarsi, ma che deve essere consapevole del proprio ruolo.
La politica ha infatti un primato, non perché sia più bella ma perché è un potere che risponde, è un potere che si confronta con i cittadini, che dà conto ai cittadini, a differenza di altri poteri che non rispondono: non rispondono le banche, non rispondono i giornali, non risponde la magistratura, perché è giusto che sia così. Risponde la politica.
Il Presidente Berlusconi fu indebolito nel 1994 quando fu raggiunto da un avviso di garanzia in cui veniva ipotizzato un reato di corruzione nel momento in cui presiedeva una Conferenza mondiale sulla corruzione. È capitato a noi nel 1994, ma è capitato a voi nel 2008, quando il Ministro Guardasigilli è stato costretto a dimettersi perché nel giorno in cui veniva a relazionare al Parlamento gli fu arrestata la moglie! La sua Commissione bicamerale, onorevole D'Alema, non cadde per i capricci del Presidente Berlusconi, ma perché fu impallinata da un plotone d'esecuzione che trovò culmine e sfogo in un'intervista di un pubblico ministero di Milano: questa è la verità! E allora dobbiamo oggi decidere qui se consentire alla politica di riappropriarsi del proprio primato, sapendo che è una strada lunga, è una strada in salita, è una strada faticosa, ma ci dobbiamo provare; altrimenti non siamo degni né di stare qui né di esercitare la nostra funzione di legislatori. Questo è il dato!
E allora io ho apprezzato, e come me tanti, le aperture che oggi sono arrivate dall'intervento dell'onorevole D'Alema, che ha voluto isolare le pulsioni estremistiche, che si è detto disponibile a confrontarsi su strumenti che meglio di questo possono rappresentare la soluzione per riequilibrare finalmente i poteri tra politica e magistratura, e questo è l'inizio. Ma oggi ragioniamo in uno stato di eccezione. Oggi dobbiamo sgombrare il campo dalle macerie, e ci accingiamo a farlo anche col provvedimento in esame (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Colleghi, scusate, non mi sembra il vostro incipit un modo per chiedere all'onorevole Barbato...
FRANCESCO BARBATO. In queste condizioni...
PRESIDENTE. ...toni pacati e sereni (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, cercherò di essere buono al massimo, e quindi farò una proposta molto concreta, vista la direzione verso la quale ci state portando: estendete Pag. 52il lodo Alfano anche all'onorevole Landolfi, visto che ho letto la settimana scorsa su alcuni giornali (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)... Ho letto su Il Mattino che è stato eletto con i voti della camorra. Tre pentiti hanno detto che è stato eletto con i voti della camorra (Vivi commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Allora, estendiamolo anche all'onorevole Landolfi (Vivi commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). E allora...
PRESIDENTE. Onorevole Barbato, un attimo (Vivi commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)! Scusate, abbiate pazienza! Colleghi, scusate, l'onorevole Landolfi avrà tutta la possibilità di intervenire, alla fine della seduta, per fatto personale (Vivi commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Colleghi, abbiate pazienza, l'onorevole Barbato termina l'intervento (Vivi commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Onorevole Barbato, continui il suo intervento (Vivi commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Colleghi, no (Vivi commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)! Dopo, dopo...
FRANCESCO BARBATO. Nel 2007, la Corte dei conti ha stabilito che ha recuperato (Vivi commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)... Ma non si può fare così, signor Presidente (Vivi commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)! Nel 2007 la Corte dei conti ha detto che l'Italia ha recuperato il maggior (Vivi commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). ..
PRESIDENTE. Onorevole Barbato, il suo intervento resta comunque agli atti. Lei lo svolga, quando terminano i cinque minuti le tolgo la parola...
FRANCESCO BARBATO. No, no!
PRESIDENTE. ...e gli altri intervengono.
FRANCESCO BARBATO. Non potete togliermi la parola! Il Parlamento non può togliermi la parola (Vivi commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!
PRESIDENTE. Ha cinque minuti, le ho detto! Ha cinque minuti (Vivi commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)! Prego, onorevole Barbato.
FRANCESCO BARBATO. Onorevoli colleghi, non un giornalino di paese o l'inciucio di piazza, ma la Corte dei conti ci ha detto che il 2007 è l'anno in cui si è avuto il maggior recupero di capitali e soldi sequestrati alle mafie. Nel 2007: sotto il Governo Prodi. Quando vi sono governi seri e persone che dicono e fanno le cose serie, come Romano Prodi, abbiamo dato risultati all'Italia (Proteste dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Noi dell'Italia dei Valori riconosciamo che bisogna fare una politica di sicurezza per i cittadini: non una politica per gli interessi del nostro Premier. Bisogna smetterla con queste leggi «canaglia», con queste leggi ad personam, con queste leggi «ad aziendam», con queste leggi «ad vergognam» che ci stanno propinando in questo Parlamento (Proteste dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)! Io con piacere sono stato l'altro giorno in piazza proprio per intercettare il bisogno e l'esigenza dei cittadini, che vogliono un Governo diverso, che vogliono una politica diversa e una sicurezza vera per i cittadini (Proteste dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)...
NICOLÒ CRISTALDI. Vergogna! Vergogna!
PRESIDENTE. Onorevole Barbato, prosegua per favore: ha ancora un minuto (Proteste dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Onorevole Barbato, la prego: continui.
ANTONIO DI PIETRO. Deve dargliene la possibilità!
Pag. 53PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, la possibilità all'onorevole Barbato è stata data: se però lancia accuse così pesanti ai colleghi, non può aspettarsi che non vi sia la reazione (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Onorevole Barbato, termini l'intervento: resta agli atti e poi procediamo. Ha ancora un minuto.
FRANCESCO BARBATO. Con il Governo Prodi abbiamo avuto risultati concreti: ecco perché io ritengo, caro Veltroni, che bisogna resistere, resistere, resistere. Perché ci piacciono persone come te, che dicono e fanno cose serie: abbiamo detto cose serie e abbiamo fatto cose serie. In questo momento bisogna solamente resistere. Walter, ha da passa' 'a nuttata! e dopo che sarà passata questa nottata, il tempo, che è galantuomo, ci darà ragione e andremo avanti davvero dalla parte dei cittadini.
MARIO LANDOLFI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà...
ITALO BOCCHINO. Presidente...
MARIO LANDOLFI. Signor Presidente, la ringrazio...
PRESIDENTE. Lei sa, onorevole Landolfi che per Regolamento posso riservarmi la possibilità di... ma le do la parola subito.
MARIO LANDOLFI. Ne sono consapevole, signor Presidente, e proprio per ciò la ringraziavo. Vorrei anzitutto che venisse tutelato, al pari degli altri, il mio diritto a poter intervenire alla Camera senza che un «cane rabbioso», come ha dimostrato di essere in più occasioni (Proteste dei deputati del gruppo Italia dei Valori) - Poi mi risponderete! - l'onorevole Barbato. Perché la polemica mi piace e mi piacciono le interruzioni: faccio politica da troppo tempo perché non riesca a capire queste cose (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Naturalmente, annuncio in quest'Aula, e sono contento di farlo, che l'onorevole Barbato risponderà in tribunale delle sue accuse, con ampia facoltà di prova (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Mi dispiace, onorevole Barbato, ma lei non sa leggere, evidentemente. Perché se lei avesse letto o saputo leggere o avesse frequentato delle scuole, nelle quali avrebbe imparato come si sfoglia un giornale o un libro, si sarebbe reso conto del fatto che proprio quelle affermazioni che lei oggi utilizza per accusare me sono la formidabile prova - a mio discarico - della mia assoluta onestà, della mia assoluta trasparenza e del mio impegno di sempre in favore della legalità, contro la camorra e contro tutti questi fenomeni degenerativi (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Non so lei da dove viene, qual è il suo percorso: da dove è uscito, insomma. Però, onorevole Barbato, una cosa gliela posso raccomandare: impari a leggere, perché lei non sa leggere neppure un giornale (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!
ITALO BOCCHINO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo?
ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, per un richiamo al Regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, intervengo per un richiamo agli articoli 41 e 59 del Regolamento. La prego, signor Presidente, specialmente quando ci troviamo in sedute così delicate, di svolgere le sue funzioni rispettando il Regolamento. Le ho chiesto la parola per un richiamo al Regolamento - è questa la prima questione, marginale - e l'articolo 41 prevede che esso avesse la precedenza rispetto all'intervento dell'onorevole Landolfi. Premesso che mi fa piacere che abbia parlato prima l'onorevole Landolfi, lei deve applicare il Regolamento anche laddove prevede che gli interventi per un richiamo al Regolamento hanno la priorità. Ho l'impressione Pag. 54- questa è la seconda questione - che lei tenda a non applicare, e non è la prima volta, l'articolo 59. L'articolo 59 parla chiaro ed ogni volta che interviene l'onorevole Barbato vi sono gli estremi per applicarlo, ma lei ogni volta che si trova in questa situazione favorisce invece che la seduta degeneri. Lo leggo: «Se un deputato pronunzia parole sconvenienti oppure turba col suo contegno la libertà delle discussioni o l'ordine della seduta, il Presidente lo richiama nominandolo». Lei, nel momento in cui un deputato, violando una norma fondamentale della Costituzione per la quale l'innocenza è presunta fino a sentenza passata in giudicato, dice ad un rappresentante della Nazione, ai sensi della Costituzione, «Tu sei stato eletto con i voti della camorra» senza che vi sia una sentenza passata in giudicato e quindi violando una norma costituzionale, lei ha il dovere di intervenire ai sensi dell'articolo 59, di richiamare l'onorevole Barbato e di togliergli la parola (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)! Onorevole Bindi, non è la prima volta che lei fa questo. Apprezzo molto la sua passione politica che spesso, nelle posizioni politiche, la spinge a dire cose con passione e faziosità (che appartengono a tutti noi che veniamo dalla politica pura), ma quando è seduta su quel banco applichi questo che è la sua Bibbia ed il suo Vangelo! Si legga bene l'articolo 59, e quando parla l'onorevole Barbato... (Proteste dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori) e pronunzia parole sconvenienti come quelle che ha pronunziato, lei ha il dovere di togliergli la parola (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bocchino, mi riservo di risponderle sulla Bibbia, dopo.
FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo, onorevole Evangelisti?
FABIO EVANGELISTI. Per un richiamo al Regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ITALO BOCCHINO. Quale articolo?
FABIO EVANGELISTI. Lo vado a cercare! Signor Presidente, il richiamo al Regolamento è lo stesso cui ha fatto riferimento il collega Bocchino poco fa, ovvero l'articolo 59. Credo che abbia assolutamente ragione il collega Bocchino nel suo richiamo al Regolamento, un po' meno nel merito. A parte che quanto a improprietà di linguaggio richiamare adesso, in quest'Aula, addirittura il Vangelo e la Bibbia mi sembra proprio sconveniente - ed è uno di quegli interventi atti a turbare l'ordine delle sedute (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) - sono d'accordo con il suo richiamo nel senso che, nel momento in cui si richiama il collega Barbato quando, magari in maniera debordante, pronunzia un giudizio politico, allo stesso modo la invito a richiamare il collega Landolfi che ha esordito chiamando «cane rabbioso» il collega Barbato. È una vergogna (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico)!
ANGELO CERA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo?
ANGELO CERA. Per un richiamo al Regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANGELO CERA. Signor Presidente, volevo solo riferirmi agli interventi che fa sistematicamente l'onorevole Bocchino, prima con il Vicepresidente Buttiglione e adesso con il Vicepresidente Bindi. Non ti pare, scusa, di essere tu probabilmente nelle condizioni di dover essere un attimo richiamato (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), sapendo che i Vicepresidenti vanno a confrontarsi con un'Aula che ha, per così dire, dell'incredibile Pag. 55(specialmente per me che vengo da altre assemblee), e per i quali in qualche maniera mi vergogno di essere presente in una sorta di «scazzotteria» che non ha più nulla da poter rappresentare ai cittadini italiani! Allora, caro presidente Bocchino - ti chiamo presidente, perché da un po' di tempo non vedo più parlare il presidente Cicchitto (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)...
PRESIDENTE. Onorevole Cera, non si rivolga all'onorevole Bocchino, per favore.
ANGELO CERA. Concludo, signor Presidente. Prego di rimettere a posto il suo Regolamento e in qualche maniera di stare tranquillo perché credo che sia l'onorevole Buttiglione sia l'onorevole Bindi fanno per intero il loro dovere.
PRESIDENTE. Onorevole Barbato ...
MANUELA DAL LAGO. Ha già parlato, signor Presidente.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Onorevole Quartiani, non l'avevo vista, né mi è stato segnalato. Le chiedo scusa.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signora Presidente, non è un problema.
Signora Presidente, credo che dobbiamo riportare decoro al nostro dibattito in Assemblea così come lo dobbiamo a tutti gli italiani. Signora Presidente, la ringrazio perché lei ha avuto modo comunque di attenersi rigorosamente al Regolamento concedendo la parola all'onorevole Barbato, richiamandolo prima, all'inizio del suo intervento.
Ha concesso poi di nuovo la parola all'onorevole Landolfi, a norma di Regolamento interpretandolo, però, in modo lasco ed estensivo. Credo che sia sufficiente concludere, a questo punto, una discussione che non ha senso (Applausi).
Ringrazio la Presidenza e chiedo a tutti i deputati di ritornare all'ordine del giorno e ovviamente mi pare che l'ordine del giorno sia tale per cui nel prosieguo della discussione sugli emendamenti chiedo sia a chi appartiene e siede nei banchi della maggioranza sia a chi appartiene e siede nei banchi dell'opposizione di fare in modo che ciascuno possa liberamente esprimere le proprie opinioni politiche in Assemblea senza essere continuamente disturbato né redarguito perché vi è una Presidenza e ad essa spetta, come sta facendo, la responsabilità di guidare i nostri lavori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, intervengo a titolo personale per esprimere intanto la mia solidarietà. Anche in altra occasione l'ho espressa all'onorevole Buttiglione perché l'onorevole Bocchino, con i suoi interventi (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), compie spesso ampi atti di tipo intimidatorio nei confronti dei deputati che in questa sede hanno diritto di esprimere i loro ragionamenti politici. È ciò che sto facendo io che sono qui da stamattina. Ricordo che più di un esponente della maggioranza che è intervenuto è un deputato che ha problemi con la giustizia, più di uno. Andate sui siti, andate sui siti (Commenti dei deputati dei gruppo Popolo della Libertà)!
Non sto accusando nessuno, ma andate sui siti e verificate coloro che sono intervenuti e che hanno chiesto l'estensione dell'immunità a tutti i deputati perché lo hanno fatto. Questa è la situazione vera dell'Assemblea. Si tratta di persone indagate e condannate che pretendono l'immunità parlamentare. La casta! Eccola là (Commenti).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vietti 1.401, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 554
Votanti 552
Astenuti 2
Maggioranza 277
Hanno votato sì 259
Hanno votato no 293).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Vietti 1.404.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.
ROBERTO RAO. Signor Presidente, speriamo che l'illustrazione dell'emendamento in esame non abbia la stessa sorte del precedente.
Signor Presidente, sempre per tornare al merito, vorremmo aggiungere al comma 1 la formula «1-bis. Ciascun processo di cui al comma 1 può essere sospeso una sola volta» e di conseguenza sopprimere il comma 5. Perché lo facciamo? Il nostro emendamento mira ad introdurre un elemento di chiarezza, se possibile, al fine anche di risolvere eventuali difficoltà interpretative che potrebbero nascere in seguito. Nulla quaestio, infatti, nella nostra formulazione sulla previsione che la sospensione operi per l'intera durata della carica e che essa non sia reiterabile. Il disegno di legge Alfano stabilisce però anche che la sospensione possa rinnovarsi nel caso di nuova nomina nel corso della stessa legislatura.
Non si comprende, allora, se il riferimento sia alla nuova nomina della medesima funzione o se vi sia riconducibile anche il passaggio da una funzione ad un'altra. Quindi, ciascun processo di cui al comma 1 può essere sospeso una sola volta e la conseguente soppressione del comma 5 elimina, a nostro giudizio, ogni perplessità al riguardo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vietti 1.404, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 549
Votanti 522
Astenuti 27
Maggioranza 262
Hanno votato sì 234
Hanno votato no 288).
Prendo atto che la deputata Gatti ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Amici 1.27.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sereni. Ne ha facoltà.
MARINA SERENI. Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, colgo l'occasione dell'illustrazione di questo emendamento per proporre, soprattutto alla maggioranza, alcuni punti di riflessione. Con una forzatura straordinaria delle normali regole di funzionamento del Parlamento ci state imponendo di varare, con somma urgenza, una norma che sospende i processi delle più alte cariche dello Stato.
Altri colleghi prima di me hanno denunciato i vizi sotto il profilo di costituzionalità, le incongruenze, le fragilità di questa vostra proposta. Si accomunano cariche di profilo costituzionale diverso, si producono disarmonie tra il trattamento dei reati comuni e dei reati ministeriali, si introduce nel nostro ordinamento una immunità temporanea che non ha simili in nessun altro ordinamento tra i Paesi democratici occidentali e con l'emendamento in esame vi proponiamo di restringerla.
Sapete anche voi che questa legge non è affatto tra le priorità del Paese. Vi auguriamo - soprattutto ai colleghi della Lega che spesso si vantano di avere un elettorato popolare - di saper spiegare perché a luglio, mentre tante famiglie non arrivano alla fine del mese, avete ritenuto che il «lodo Alfano» fosse più importante di ogni altra cosa (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Pag. 57
Altre sono le emergenze del Paese e lo sapete anche voi. La vostra prima manovra finanziaria lascia completamente senza risposta le due questioni vere: la necessità di una riduzione delle tasse per i lavoratori dipendenti ed i pensionati che sostenga i consumi interni e redistribuisca con equità e la necessità di misure per la crescita delle imprese, così da contrastare un rallentamento che, certo, ha anche ragioni internazionali, ma contro cui si può e si deve reagire aggredendo le cause dei deficit di competitività del nostro sistema.
I bisogni del Paese sono altri e lo sapete anche voi, come per esempio, affrontare con serietà il tema della sicurezza. Su questo avevate proposto un decreto-legge che, accanto a misure condivisibili, inserisce norme di pura propaganda come l'utilizzo di tremila militari o l'aggravante di clandestinità.
Noi eravamo e siamo pronti a discutere e a confrontarci sulla sicurezza. Dimenticandovi poi che l'emergenza era la sicurezza, avete pensato di introdurre proprio qui, in maniera grottesca, un emendamento «bloccaprocessi» che avrebbe l'effetto di negare giustizia e sicurezza a migliaia di cittadini. Vi domandiamo: che fine ha fatto quell'obbrobrio? Il Parlamento non lo sa ancora. Leggiamo dai giornali della vostra intenzione di modificare quella norma, ma se davvero volete svelenire il clima, come dite voi, sappiate che avete soltanto un modo semplice e chiaro: togliere di mezzo l'emendamento «bloccaprocessi» cancellarlo, ritirarlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!
Se davvero siete preoccupati per la sicurezza non sarebbe più serio concentrarsi sulle risorse da destinare alle forze dell'ordine, anziché presentare una manovra che taglia indiscriminatamente in quel settore? Le esigenze del Paese sono altre e lo sapete anche voi. Tra queste crediamo che vi sia anche la necessità di una seria e ponderata riforma dell'organizzazione della giustizia.
La lentezza del nostro sistema, i tempi lunghi e le inefficienze, in particolare della giustizia civile, sono certamente un punto di arretratezza del sistema Italia, un elemento che influisce sul grado di competitività e modernizzazione del nostro Paese.
Se ci aveste chiamati a discutere di questo, avreste trovato nel Partito Democratico un interlocutore attento e pronto. I problemi della giustizia non sono i problemi di Berlusconi con la giustizia, lo sapete anche voi, così come tra le esigenze del Paese vi è una più generale necessità di avere istituzioni più efficienti e un sistema politico più moderno e vicino alla società.
Ieri da una parte della maggioranza è venuta una proposta di riforma dei Regolamenti che è stata presentata come una mano tesa al Partito Democratico. Guardate, Alice nel paese delle meraviglie non abita qui. Se volete intavolare con noi in Parlamento un serio confronto sulle regole e sulle riforme il modo c'è, ed è molto semplice: ricominciamo dalla riforma del bicameralismo, della riduzione dei parlamentari, dal federalismo solidale. Tuttavia, per fare ciò è necessario sgombrare il campo dal sospetto che le vostre urgenze riguardino sempre e solo gli interessi particolari del Presidente del Consiglio, e questo lo sapete anche voi. Pertanto vi chiediamo di votare a favore di questo emendamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà.
DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, questa riflessione non vuole essere offensiva nei confronti di nessuno, ma va fatta. Voglio riportare una cosa importante successa nel 1992 in quest'Aula: «oggi l'uso e soprattutto l'abuso delle immunità vengono visti dai cittadini e dall'autorità giudiziaria come una sorta di strumento per sottrarsi al corso necessario della giustizia. L'elezione alle Camere non può servire a coprire malefatte né per essere autorizzati a commetterle. Il parlamentare sia giudicato dal giudice ordinario, come ogni altro cittadino». Non Pag. 58sono parole dell'onorevole Scilipoti, ma di una proposta di legge dell'onorevole Fini, votata anche dalla Lega Nord, la n. 445 del 1992 (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Questa non vuole essere una polemica, ma un richiamo a ciò che è successo quasi vent'anni fa in quest'Aula: coloro i quali affermavano e sostenevano determinate battaglie ora sostengono il contrario, ovvero una battaglia completamente diversa. Quindi, più di me come parlamentare, i cittadini nelle piazze, che cosa debbono pensare? Qualcuno che affermava di difendere i sacrosanti diritti degli esseri umani e dei cittadini italiani oggi sposa delle battaglie solo perché al servizio - scusate l'espressione - di una casta o di un padrone o, ancor più grave, degli interessi solo ed esclusivamente personali di qualcuno (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Non essendoci altri iscritti a parlare, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Amici 1.27, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 544
Votanti 512
Astenuti 32
Maggioranza 257
Hanno votato sì 222
Hanno votato no 290).
Prendo atto che il deputato Vassallo ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Mazzuca ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Onorevoli colleghi, in particolare mi rivolgo all'onorevole Bocchino, intendo riferire all'Assemblea le parole precise che sono state pronunciate dall'onorevole Barbato, a dimostrazione che ho applicato il Regolamento della Camera, ed ho applicato in maniera particolare, questa volta come la precedente, l'articolo 59 del Regolamento medesimo, che se eventualmente non fosse stato applicato nei confronti dell'onorevole Barbato, a maggior ragione non lo sarebbe stato neanche nei confronti dell'onorevole Landolfi (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
Le parole precise pronunciate dall'onorevole Barbato sono state le seguenti: «Andrebbe esteso anche all'onorevole Landolfi, visto che ho letto su alcuni giornali, in particolare Il Mattino, che sarebbe stato eletto con i voti della camorra ».
Allora, cari colleghi, non aggiungo altre parole se non le seguenti: la mia passione politica, che mi è stata riconosciuta, è a fondamento soprattutto della mia cultura istituzionale che, tuttavia, non mi fa fare confusione tra la Bibbia e i Regolamenti (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori e Unione di Centro).
Il seguito del dibattito è rinviato alle 15,30.
Sull'ordine dei lavori (ore 14,04).
MASSIMO POLLEDRI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, intervengo a titolo personale, però credo che questa Camera e anche la Presidenza debbano essere investite della decisione della corte d'appello di Milano di ieri. A parte la solidarietà evidente ai familiari e alla storia umana, che ci unisce nel tema della pietà, credo che ci debba colpire particolarmente, come legislatori e anche come politici, l'invasione enorme e, in qualche modo, il vulnus che si viene a creare con questa decisione.
Onorevole Ministro, in questo Paese non esiste - come titola oggi un giornale - la pena di morte, però di fatto una Pag. 59sentenza condanna a morte per fame e per sete un essere umano. Con la motivazione si può essere più o meno d'accordo, ma esiste però un procedimento che interviene a disprezzo del codice penale. Il giudice non può decidere che non valgono tre fattispecie penali: l'omicidio, l'omicidio del consenziente e l'aiuto al suicidio assistito. Queste sono tre fattispecie che nessun giudice può negare. Non si può negare la responsabilità individuale, perché questo omicidio sarà eseguito da qualcuno.
Signor Presidente, credo che sia importante che la Camera possa farsi portavoce di questo disagio, che non è soltanto frutto di un vuoto legislativo: non c'è un vuoto legislativo colmato da una decisione della corte d'appello, esiste una netta invasione di campo del ruolo della politica e della sovranità del Parlamento, oltre che, ovviamente, una responsabilità verso un individuo umano. Per questo, signor Presidente, in questi giorni saranno assunte iniziative parlamentari, ma voglio lasciare alla Presidenza questo accorato appello da rivolgere anche nelle sedi istituzionali, sia al Ministro Alfano, che è qui presente, ma anche al Presidente della Repubblica, perché quello che è successo ieri è un atto che ritengo molto grave, non solo dal punto di vista umano, ma anche dal punto di vista della sovranità popolare.
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Polledri, per il richiamo ad un aspetto così importante della vita della nostra nazione che sarà sicuramente tenuto in considerazione dalla Presidenza e dal Governo.
LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, anch'io intervengo su questo argomento. Sono particolarmente grato al Ministro della giustizia per essersi trattenuto in Aula. Non voglio ripetere lo sconcerto che ha provocato, anche in me, questo atto della corte d'appello di Milano.
Vorrei far presente a sua eccellenza il signor Ministro della giustizia che nel nostro ordinamento - forse è sfuggito a questi signori di Milano - c'è una legge del 1993 che prevede esattamente l'impossibilità di intervenire come invece hanno fatto alla corte di appello: si tratta della legge 29 dicembre 1993, n. 578.
Questo potrà riguardare l'Avvocatura dello Stato in un eventuale ricorso, ma dovrebbe riguardare anche il modo in cui vengono scritte le ordinanze da parte di taluni tribunali di Milano. Leggiamo in questo provvedimento una cosa che ci sconcerta tutti. Onorevole Ministro, come si può scrivere che sarebbe stata «la soluzione migliore in quella data situazione: poter morire, assecondando un esito naturale e non già consegnarsi al lungo trascorrere di una vita (...)»? Affermare questo vuol dire solo una cosa: che anche la mia vita, come quella del Vicepresidente della Camera e di chiunque di noi, è un procedere verso la fine naturale. Il giudice lo scrive anche: è questa la cosa intollerabile!
Io sono contrario alle opinioni di Umberto Veronesi, di Ignazio Marino, di Gian Enrico Rusconi e degli amici dell'associazione Coscioni, ma si tratta di un altro discorso. In questo caso, in un atto della magistratura dello Stato italiano si scrive che si può favorire, anzi è ragionevole, l'esito naturale di una vita, vale a dire, in questo caso, la morte. L'unico esito naturale di cui infatti si occupa il tribunale, non è il desiderio di vita e di felicità, bensì quello biologico verso la fine, la decomposizione fisica di ognuno di noi.
Questa decisione è molto più grave di qualsiasi discussione, di qualsiasi editoriale e di qualsiasi altro dibattito svoltosi nelle aule parlamentari o sui quotidiani nazionali negli ultimi anni, perché afferma esattamente (principio teorizzato da Sir Francis Galton e da tanti altri alla fine dell'Ottocento, ed in seguito attuato nel Novecento, nel corso della storia europea, prima dallo Stato prussiano, poi da quello di Adolf Hitler, dallo Stato del signor Giovannino Stalin e in alcuni Stati europei) che sia lecito per un tribunale della Repubblica, seppure in violazione di una legge esplicita, arrogarsi il diritto di assecondare Pag. 60la fine della morte naturale di un individuo. Ma si tratta di un aspetto indisponibile non solo per un tribunale, ma anche per una legge, perché, come prevede la Costituzione del nostro Paese e la Dichiarazione dei diritti dell'uomo dell'ONU, la vita della persona, nonché le organizzazioni sociali nella quale si esprime (quali la famiglia e le forme associative), vengono prima e sono quindi riconosciute. Non vi è altro giudice se non colui che dà questa vita.
Onorevole Ministro Guardasigilli, la prego di verificare, tramite i suoi uffici, le notizie che le ho fornito, soprattutto in merito alla violazione esplicita della legge del 1993 che si vuole modificare attraverso una decisione di un tribunale, e se non ritenga opportuno - in tal caso avrebbe tutto il mio sostegno - verificare anche come è stata scritta questa decisione della Corte di appello di Milano, perché in questo atto sono esplicitamente scritte le ragioni del perché sarebbe bene - evidentemente per il tribunale di Milano - introdurre in Italia la forma più assurda di eutanasia nel nostro ordinamento. La ringrazio (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Popolo della Libertà).
LUCIA CODURELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, proprio perché è stato rimarcato nel corso del dibattito che, secondo noi, i problemi urgenti del Paese sono altri rispetto alla discussione che è in atto, voglio sottoporre alla sua attenzione e a quella dei colleghi un problema che riguarda, nello specifico, la ditta Riello di Lecco, ma anche tanti altri luoghi di lavoro che stanno vivendo un momento di crisi. Noi riteniamo che questa sia una delle grandi priorità del Paese, e riguardo al tanto abusato termine «insicurezza», crediamo che il problema esista (e vi sia molto di più) proprio perché vi è insicurezza nei luoghi di lavoro, nonché incertezza nel nostro Paese.
Farò pervenire al Presidente, ai colleghi presidenti di gruppo e anche al Governo un appello che mi è pervenuto, con centinaia e centinaia di firme, dei lavoratori della società Riello, che ha una storica attività di produzione di caldaie a Lecco. Si tratta di un'industria leader, simbolo nella storia imprenditoriale di questo territorio, che aveva toccato un dato di occupazione di 500 unità. Il 6 maggio scorso, la ditta Riello divisione caldaie, che occupa 330 lavoratori a Lecco, e altri in altre realtà produttive, ha deciso la cessazione di questa attività.
Il fatto è inquietante e grave, perché l'azienda non è stata, sino ad ora, in grado di dimostrare la benché minima e oggettiva ragione di ordine economico o di processo produttivo tale da giustificare la delocalizzazione dell'unita lecchese, mentre continua a ricercare solo la massimizzazione dei profitti. Inoltre, non sono stati presentati dati di bilancio o studi che attestino l'effettiva crisi dello stabilimento. Mentre è possibile ammettere - lo diciamo tutti giorni - che in questa fase di complessiva congiuntura negativa, di aumento del costo delle materie prime, le imprese possano avere sofferenze maggiori rispetto ai periodi con trend normali, non riteniamo, per poche e precise ragioni, assolutamente accettabile che la soluzione stia nel delocalizzare in Polonia.
La Riello è infatti un'azienda sana, che opera in un settore che potrebbe avere uno slancio produttivo, anche rispetto alle energie alternative, e che rispetto alle prospettive del Paese non è minimamente vecchia od obsoleta. Le unità produttive a Lecco e nella Valtellina sono inserite in un background territoriale di una tale capacità lavorativa, imprenditoriale, sindacale, tecnica e finanziaria, in grado di affrontare i passaggi cruciali della ricerca e dell'innovazione tecnologica di prodotti e di processi produttivi.
Si tratta di temi che ricorrono sempre all'ordine del giorno, ma che poi di fatto non vengono assolutamente perseguiti. Tutto ciò è possibile solo se le imprese ci credono, se avvertono che in buona parte si prendono sulle loro spalle la responsabilità del rilancio economico e produttivo del nostro Paese, se le disponibilità finanziarie Pag. 61sono investite in azienda piuttosto che altrove, se condividono la buona e la cattiva sorte nella comunità in cui sono inserite, soprattutto dei loro dipendenti e delle loro famiglie.
Queste note per dire che vi invierò questo appello e per sottolineare che da parte di tutte le istituzioni, dalla provincia, al comune, alla regione, vi è stata una partecipazione, una solidarietà, non solo a parole, ma attiva, affinché si riesca a portare questa azienda ai tavoli per riprendere la concertazione, che è l'unico modo possibile per assicurare un futuro.
Vi arriverà questo appello, perché lunedì dovrebbe esserci la trattativa volta a spingere dal punto di vista politico l'azienda a mettersi a disposizione e a svolgere una trattativa per il futuro del nostro Paese e per il territorio, e non a fuggire con i soldi. Soldi che, inoltre, sono arrivati anche dallo Stato, perché Riello è stato candidato nelle file del Popolo della Libertà e ha svolto una campagna elettorale in cui ha sostenuto soprattutto l'economia del nord, delle aziende del nord. Riteniamo tali dichiarazioni incompatibili rispetto alla realtà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
ISABELLA BERTOLINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ISABELLA BERTOLINI. Signor Presidente, intervengo brevemente sul tema opportunamente sollevato dal collega Polledri in quest'Aula, perché desidero stigmatizzare - anche alla presenza del Ministro Alfano - con forza la decisione della Corte d'appello di Milano che ha autorizzato il padre di Eluana Englaro a far sospendere il trattamento di idratazione e di alimentazione che la tiene in vita e in questo modo l'ha condannata, a mio avviso, ad una morte atroce e ingiusta, perché Eluana morirà di fame e di sete. Comprendo profondamente il dramma vissuto in questi anni dal padre della ragazza e da tutta la sua famiglia, soprattutto lo strazio quotidiano di chi deve essere assistere una figlia amata in una condizione così difficile, ma ritengo che questa decisione rappresenti in qualche modo un precedente molto pericoloso, che non possiamo ignorare, per il nostro ordinamento.
Sono molto preoccupata per le conseguenze che questa sentenza potrebbe avere anche in altri tribunali. Di fatto con questo provvedimento - lo dico al Ministro Alfano - si introduce nel nostro ordinamento, in maniera più o meno surrettizia, l'eutanasia e si vuole legittimare ed affermare la cultura della morte, il diritto di qualcuno a decidere della vita di un altro. Attraverso sentenze come questa, a mio avviso, si vuol far prevalere il principio che esiste un diritto assoluto a fare interrompere i trattamenti sanitari, mentre invece io credo che esista soprattutto un dovere alla tutela della salute e della vita, principio che dovrebbe essere ribadito con forza dal legislatore, ma soprattutto dai magistrati, perché la vita dei cittadini è un bene per la stessa società.
La vita umana deve essere a mio avviso difesa e tutelata in ogni fase e condizione e non ci sono vite che sono degne di essere vissute e altre no. Soprattutto non siamo noi a poterlo decidere. Ogni vita umana possiede in sé un valore e una dignità che non sono alla mercé delle circostanze e che nessuna malattia, disabilità o sofferenza può in qualche modo scalfire. Non credo che il Parlamento possa ignorare la sentenza di Milano. Ci deve far riflettere su moltissime questioni, ed è per questo che con alcuni colleghi intendo presentare una mozione parlamentare, perché siamo tenuti a discutere, anche in questa sede, di temi così delicati.
Dobbiamo parlare di sacralità della vita e di responsabilità dei medici, approfondire il rapporto che loro devono avere con i pazienti, dobbiamo affrontare il tema della necessità di poter avere in questo Paese più cure palliative per malati cronici e terminali, cure che sono l'unica, vera, e più efficace alternativa alla loro sofferenza. Dobbiamo riflettere sulla necessità di una maggiore assistenza non solo ai malati in queste condizioni, ma anche alle loro famiglie che soffrono Pag. 62come loro. Sono famiglie che arrivano ad invocare per i loro cari la fine, la morte come unica ed estrema soluzione. Questo dobbiamo evitare.
Credo, signor Presidente, che la morte sia un fatto, non un diritto, e come tale non può essere oggetto di scelte operate da un qualunque tribunale (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
FABIO GARAGNANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, intervengo brevemente ma non posso non unire la mia voce a quella dei colleghi Polledri, Volontè e Bertolini nel far presente lo stato di disagio che ho vissuto anche nella mia città per un caso simile, dove si invocava la liberazione di un posto letto a tutela di altri malati gravi, ma non nelle condizioni neurovegetative in cui si trovava una persona.
In quel caso ho risposto - se ne sono occupati anche i giornali - che la vita umana è sacra in ogni caso (nella fattispecie la famiglia era ovviamente del parere di tenere in vita il loro parente fino al limite del possibile). La vita umana è sacra e in ogni caso credo che questo fatto apra degli interrogativi ai quali il Parlamento non può sottrarsi.
Si tratta di interrogativi che si basano, da un lato, sull'oggettiva constatazione della situazione di sofferenza dei genitori e degli affini e di coloro che si trovano a fianco di persone che non hanno nessuna possibilità di riprendere la loro vita per come si è configurato il loro stato di salute. D'altro lato però credo che la società e, in questo caso, anche il Parlamento, non possano non porsi il problema del valore della vita in quanto tale e della necessità di affrontare il problema (dal punto di vista sociale è già stato delineato) senza delegare all'autorità giudiziaria, qualunque essa sia, decisioni che in ultima analisi non possono spettare all'autorità giudiziaria medesima, perché possono introdurre un principio estremamente pericoloso. Si faceva riferimento all'eutanasia ma la disponibilità della vita altrui non può essere così, a cuor leggero, affidata ad un tribunale.
Ci sono delle implicazioni etiche che vanno considerate, e soprattutto io temo il giorno in cui, in nome dell'esigenza di razionalizzare la spesa pubblica sanitaria - è quanto ho sentito dire recentemente nella mia realtà -, si libera un posto letto (scusate la brutalità della mia affermazione) per tutelare un'altra persona che ha concrete possibilità di sopravvenienza.
Se si banalizza la vita umana a questo livello - perché poi si tratta di ciò - credo si introduca un precedente pericoloso, che ho volutamente esasperato - però questi fatti accadono quotidianamente - che può veramente portare a concezioni e stili di vita che abbiamo già conosciuto nel passato e che desideriamo non si ripetano (mi riferisco al fatto di calpestare la dignità degli inabili, di coloro che hanno gravi deficit mentali e via dicendo).
Ringrazio il Ministro della giustizia per la sua presenza e per essere rimasto in aula ad ascoltare le nostre riflessioni e col mio intervento rivolgo un accorato invito al Governo a farsi carico di un problema, in primo luogo, di precisazione delle competenze dell'ordine giudiziario, in una materia delicata come questa, che deve essere affrontata da tutti i punti di vista, anche dal punto di vista sociale.
Inoltre, rivolgo ovviamente un appello ai colleghi dell'Assemblea, per una sensibilità sempre maggiore verso queste tematiche, che pongono ognuno di noi di fronte ad interrogativi pressanti con la propria coscienza (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, il motivo per cui avevo pensato di intervenire era diverso, ma non posso che far sentire una nota non dico in Pag. 63dissonanza totale, ma perlomeno di distinguo rispetto agli interventi dei colleghi sull'ultimo argomento affrontato.
Infatti, se è condivisibile l'affermazione per cui il valore della vita è una questione importantissima, direi forse la più importante di tutte, al punto che la decisione su di essa non è delegabile all'autorità giudiziaria, credo che anche il Parlamento debba porsi il problema di dove possa arrivare, perché non possiamo entrare nel merito di decisioni che non sono nostre e dobbiamo porci perlomeno il problema del limite al quale dobbiamo arrivare.
Non conosco il caso personale di questa ragazza, né dal punto di vista medico, né dal punto di vista sanitario, né da quello personale. Sono certo però che non lo conoscano neanche i colleghi che sono intervenuti, che non vivono il dramma familiare che questa famiglia ha attraversato, per cui i giudizi espressi alla fine di una seduta parlamentare che ha avuto ben altri argomenti, credo appaiano tutto considerato sommari e non debbano essere chiusi in un ragionamento di tale natura.
Ringrazio il Ministro, ma credo che sia importante far sentire che questa non è l'opinione di tutto il Parlamento.
Però, signor Presidente, ho chiesto la parola a fine seduta per un richiamo al Regolamento, perché ho ascoltato e ho apprezzato molto l'intervento dell'onorevole Quartiani e mi sembrava assolutamente non corretto svolgere l'intervento, che mi accingo a svolgere ora, quando l'argomento era in corso di trattazione. L'articolo 59 del Regolamento, signor Presidente, come ho già avuto modo di dirle in separata sede, recita: «il Presidente lo richiama nominandolo». Non è una facoltà del Presidente di questa Assemblea richiamare il deputato che cerca di turbare l'ordine dei lavori.
La volta scorsa (intendo l'ultima volta che è successo un episodio in cui lei presiedeva ed era intervenuto l'onorevole Barbato) mi permisi di muoverle due osservazioni, la prima delle due di tipo personale, perché lei era intervenuta interrompendo il sottoscritto, che parlava a nome del gruppo della Lega, unico intervento per tutto il gruppo nel corso della mattinata, e secondo me era stato un atto non corretto. Ma soprattutto le avevo detto, signor Presidente, che lei doveva richiamare l'onorevole Barbato, mentre richiamò l'onorevole Bonanno, a seguito della discussione, per un fatto assolutamente secondario.
Ci tenevo a rimarcarlo. L'onorevole Barbato ha ripetuto esattamente lo stesso tipo di atteggiamento con l'altro collega coinvolto - che non nomino, per non doverlo tirare in ballo di nuovo - che è sempre lo stesso, sugli stessi temi e quasi con le stesse parole. Lei ha il dovere di richiamare il parlamentare che cerca di turbare l'ordine, perché questa è la funzione attribuita al Presidente della Camera.
Mi permetto di dirle che se non lo fa, la prossima volta che lei presiede l'onorevole Barbato ripeterà lo stesso comportamento e ci farà perdere un'altra ora di lavoro.
PRESIDENTE. Onorevole Reguzzoni, pur apprezzando il fatto che lei ha deciso di svolgere questo intervento a fine seduta, le devo dire che avrebbe potuto notare il fatto che, avendo letto il Regolamento, era evidente che non vi erano gli estremi per togliere la parola all'onorevole Barbato.
RITA BERNARDINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RITA BERNARDINI. Signor Presidente, anch'io voglio intervenire sulla vicenda di Eluana Englaro.
Da parte nostra - della delegazione radicale all'interno del gruppo del Partito Democratico - vi è un plauso alla decisione della Corte d'appello di Milano: crediamo, infatti, che essa abbia applicato la legge fondamentale dello Stato e, in particolare, l'articolo 32 della nostra Costituzione, laddove afferma che nessuno può essere sottoposto a trattamenti sanitari contrari alla sua volontà.
Eluana Englaro aveva ventuno anni quando ebbe quell'incidente che, poi, l'ha Pag. 64ridotta in stato vegetativo; sono passati sedici anni e oggi ne ha trentasette. Ella aveva espresso chiare volontà ai suoi genitori, perché, per combinazione, quando era ancora giovanissima, un suo compagno di classe si era ridotto così, in stato vegetativo. Pertanto, aveva detto ai suoi genitori: se dovessi ridurmi così, vi prego intervenite, fate qualcosa, perché non vorrò vivere in queste condizioni. Purtroppo, è accaduto ad Eluana Englaro quel che era successo al suo compagno di classe. Sosteniamo, quindi, che è necessario essere ispirati sempre alla legge fondamentale e alla nostra Costituzione.
Ritengo che questo Parlamento abbia il dovere d'intervenire sul testamento biologico ed anche sul progetto di legge riguardante l'eutanasia, tenendo presente che, probabilmente, proprio perché non ci si assume la responsabilità d'intervenire in questo settore, i casi di eutanasia da parte di chi proprio non la vorrebbe, accadono. Si tratta della cosiddetta eutanasia clandestina, che avviene senza alcuna regolamentazione e per la quale, da tempo, in particolare l'associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, sta chiedendo un'indagine conoscitiva, svolta seriamente (così come devono esserlo questo tipo di indagini).
Oggi, ho appreso che sui giornali si è riaperto questo dibattito, che era stato sollevato anche da Piergiorgio Welby con la sua drammatica vicenda: mi auguro che proprio da questo episodio, il Parlamento possa trarre lo spunto per discutere, dibattere e decidere qualcosa che non può essere più rinviato (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico e del deputato Reguzzoni).
PRESIDENTE. Vi sono ancora due deputati che hanno chiesto di parlare, l'onorevole Binetti e l'onorevole Farina. Sono già stata accusata di non aver applicato il Regolamento ma, in realtà, è in questo momento che non lo sto applicando. Il Regolamento, infatti, prevede che, per questi interventi a fine seduta, ci si prenoti durante la seduta. Tuttavia, data la rilevanza dell'argomento e dato che si colloca in una giornata nella quale non vi sono altri spazi, concederò la parola all'onorevole Binetti e, poi, all'onorevole Farina.
Prego, onorevole Binetti, ha facoltà di parlare.
PAOLA BINETTI. Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato la parola proprio per intervenire su questo tema. Faccio presente che venendo dal Senato e avendo vissuto l'esperienza di due anni di dibattito sulla questione del testamento biologico, avevamo raggiunto punti di convergenza molto forti su tutte le diverse sensibilità presenti in Commissione. Tuttavia, uno restava il tema incandescente, una era la crucialità ferma e forte, sulla quale sembrava proprio che non vi fossero gli spazi per trovare un punto di mediazione: la nutrizione e l'idratazione. Addirittura, per quanto concerne l'idratazione, i colleghi avevano convenuto che non potesse essere sospesa, essendo il canale attraverso il quale giungono al paziente anche tutte le sue terapie palliative e antidolore.
Che il magistrato sia intervenuto deliberando in contrasto con le sentenze precedenti, proprio ed esattamente su un punto, più volte dichiarato come punto di contrasto parlamentare, a me sembra molto grave. Non mi sembra indifferente questo aspetto. D'altra parte, per quale ragione su tale aspetto è così forte il contrasto? Perché ognuno di noi, se smettesse di mangiare e di bere, andrebbe incontro, prima o poi, alla morte.
Ciò fa parlare di un processo, di una sorta di eutanasia, tant'è vero che il medico ha previsto che la durata della vita di Eluana possa essere addirittura di circa un mese ed un medico si è detto disponibile ad accoglierla nel suo ospedale per una sorta di accompagnamento alla morte che, in qualche modo, riduca il dolore e la sofferenza che proprio la sospensione del cibo e della nutrizione comporta (fa fede, in questo, il caso di Terry Schiavo, abbondantemente studiato ed approfondito).
Ritengo che la risposta che ci aspettiamo tutti quanti non è - contrariamente a quanto sosteneva la collega Bernardini - Pag. 65una ripresa del dibattito sul testamento biologico, ma piuttosto una ripresa del dibattito sulle grandi leggi che riguardano le terapie palliative, sulle grandi leggi di accompagnamento del paziente, sulle grandi leggi che riguardano la dignità della vita fino all'ultimo momento. In questo, mi permetto di segnalare anche la necessità di non lasciare mai sole le famiglie davanti alla fatica dell'accompagnamento.
Occorrono risorse, non soltanto sul piano economico (che, peraltro, mi sembra che questo DPEF abbia abbondantemente tagliato in termini di politiche sociali e, quindi, in termini di accompagnamento), ma anche in termini di letti, di unità di cura disponibili per pazienti in coma persistente.
Vorremmo, pertanto, non una risposta in termini di dibattito sul testamento biologico, ma vorremmo che questo Governo e questo Parlamento affrontassero realmente le due istanze più importanti: ossia i bisogni effettivi del paziente e i bisogni effettivi in termini di unità di cura.
Detto ciò, anch'io mi auguro che venga svolta quella inchiesta cui faceva riferimento poc'anzi Rita Bernardini, in quanto, nel caso si trattasse davvero di eutanasia senza il consenso, altro che eutanasia, si tratterebbe di omicidio sic et simpliciter e, come tale, sarebbe meritevole di un intervento anche sul piano penale, forte e capace di esprimere al Paese le garanzie che un malato si aspetta quando entra in ospedale; certamente questi non si aspetta che qualcuno accorci la sua vita.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Renato Farina. Ne ha facoltà.
RENATO FARINA. Signor Presidente, anche io sono d'accordo che il Regolamento non sia la bibbia, per cui si può disobbedire qualche volta per ragioni più forti, come credo siano quelle che ci trattengono in questo momento in Aula.
La collega Bernardini ha detto parole appassionate e, quando si dicono parole appassionate, credo sia giusto non lasciarle cadere nel vuoto, ciascuno facendo il suo discorso.
Ritengo che l'onorevole Bernardini abbia espresso una concezione che si sta sempre più allargando, una concezione che hanno quelle persone che sono pronte a battersi e a dare la vita per essa. Tuttavia, nello stesso tempo, credo che tale concezione, in fondo, conduca ad un culto della morte, o meglio ad un culto della cultura della morte, intesa non come gusto per il macabro, ma come unica prospettiva di liberazione dell'uomo, ossia l'approdo nel nulla.
Si tratta di un'idea della vita per la quale si sale su una giostra, dove ci si appassiona, si cerca di soffrire il meno possibile e poi, quando il giro di giostra è finito e non se ne può più godere, ecco che allora è giusto scendere, senza affrontare il resto, perché il resto è ritenuto non vita, quasi che la dignità della vita fosse sottoponibile ad una unità di misura che è quella del dolore, magari stabilito dallo Stato oppure dalla medicina, cosa che reputo una grande decadenza della nostra civiltà.
Anche per quanto riguarda il testamento biologico, a suo tempo, quando non ero deputato, anni fa, firmai per questa idea. Mi sono reso conto che, invece che essere ciò che ritenevo, ossia una sorta di linea di confine per impedire l'eutanasia, il testamento biologico viene utilizzato - come è dimostrato anche questa volta - come modo per trasformare la malattia inguaribile in condanna a morte, comminata da giudici che non ne avrebbero il diritto perché in Italia la pena di morte non c'è. Per questo motivo, mi permetto di chiedere al Capo dello Stato di concedere la grazia a questa ragazza.
Ella, vent'anni fa, ha espresso sì il desiderio di non essere sottoposta a queste terapie, ma noi che cosa ne sappiamo di come reagiremo nel momento della prova? Tutti noi vorremmo morire da eroi e tutti noi vorremmo morire come Fabrizio Quattrocchi, dicendo «così muore un italiano». Ma cosa ne sappiamo di come reagiremo dinanzi allo sguardo della morte se l'istinto di sopravvivenza, o, magari, l'accorgersi improvvisamente che, quella che pensavamo essere una vita Pag. 66orribile, ha, invece, un suo aspetto di bellezza e di positività solo perché uno non può parlare? La vita non si riduce all'intelligenza, alla coscienza apparente. Chi ha in casa malati di Alzheimer lo sa!
Se per caso qualcuno di noi dicesse che, nel momento in cui perde la coscienza, preferirebbe morire, ciò cosa vuol dire, che dobbiamo sopprimere tutti i malati di Alzheimer che abbiamo in casa (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)? Quante volte me lo ha detto mia madre, prima? Adesso cosa devo fare, mandarla al mattatoio, per poi sentirmi tranquillo perché ho fatto il suo bene? È questa la vita che vogliamo?
Credo che si debba introdurre, invece del culto della morte, il culto della pietà e della speranza. Credo che questo sia il compito anche del Parlamento, nel momento in cui si affaccia dinanzi a queste vicende (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Prima di sospendere la seduta, è doveroso, da parte mia, fare una precisazione circa la lettura delle parole pronunciate dall'onorevole Barbato. Nel mio intervento in Aula ho fatto riferimento ad un testo scritto manualmente, mentre adesso mi è pervenuta la pagina del resoconto battuta al computer. L'onorevole Barbato ha usato le parole: «Ho letto su Il Mattino che è stato eletto con i voti della camorra. Tre pentiti hanno detto che è stato eletto con i voti della camorra». Io ho pronunciato, invece, il verbo essere al condizionale, dicendo che «sarebbe stato eletto con i voti della camorra». Intendo, quindi, che resti a verbale la correzione dell'esatta dizione dell'onorevole Barbato, che non cambia, tuttavia, il senso. Non c'erano, quindi, gli estremi per applicare l'articolo 59 del Regolamento.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15,30.
La seduta, sospesa alle 14,40, è ripresa alle 15,45.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Angelino Alfano, Aprea, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Caparini, Carfagna, Casero, Cirielli, Colucci, Cossiga, Cota, Crimi, Crosetto, Donadi, Fitto, Gelmini, Alberto Giorgetti, Lo Monte, Mantovano, Martini, Mazzocchi, Meloni, Menia, Pescante, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Rotondi, Scajola, Soro, Stucchi, Tremonti, Urso, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Si riprende la discussione.
(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1442)
PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta ha avuto inizio l'esame degli emendamenti e che è stato da ultimo respinto l'emendamento Amici 1.27.
Dobbiamo quindi passare all'emendamento Ferranti 1.16, per il quale la Commissione e il Governo hanno formulato un invito al ritiro e - ove mantenuto - un parere contrario.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto su tale emendamento l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.
DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa mattina ho ascoltato con attenzione gli interventi dei colleghi della maggioranza, sperando di individuare un filo conduttore che mi portasse a capire qual è stato realmente lo spirito del provvedimento che si sta per Pag. 67approvare, e che francamente lede vari principi della nostra Costituzione e del nostro ordinamento democratico.
In realtà vorrei rilevare che negli interventi della maggioranza vi sono delle forti contraddizioni. C'è chi, in maniera molto più diretta, fa un chiaro riferimento all'interesse alla sospensione del processo penale che pende a carico del Presidente del Consiglio. C'è chi cerca di riportare gli interventi dell'Aula, di quest'Aula che rappresenta il popolo italiano, a dei principi più alti e parla quindi di riflessione in tema di sistema della politica, di sistema della giustizia.
Ma queste stesse contraddizioni le abbiamo vissute in Commissione giustizia. È qui presente il Ministro Alfano, che ha presentato alla Commissione giustizia riunita il programma dei lavori del suo Ministero e non ricordo, Ministro, che lei nell'illustrare il programma abbia mai detto che di lì a poco sarebbe stato il padre di questo lodo, il lodo Alfano. Ha parlato di un programma per la giustizia, per l'efficienza della giustizia, senza tagli; anzi, ha detto che avrebbe fermamente lottato per aver più mezzi, perché ovviamente la giustizia ne ha bisogno. Ma non ha mai parlato del vero programma. Ha parlato di riforma dei codici, ha detto che avremmo riformato il codice penale e il codice civile, ha fatto un larvato riferimento a una riforma, comunque a una revisione della disciplina delle intercettazioni, ma non ha mai parlato del vero programma, quello che ci siamo trovati addosso in Commissione giustizia, quello che serviva a risolvere non i problemi della giustizia, ma i problemi giudiziari delle alte cariche dello Stato. Anzi, rettifico, perché rispetto chi ricopre alte cariche dello Stato, il Presidente la Repubblica, il Presidente della Camera, il Presidente del Senato, che non hanno pendenze giudiziarie. In realtà si volevano risolvere i problemi giudiziari del Presidente del Consiglio,
Ci siamo trovati quindi in un mese a far fronte ai colpi di una decretazione d'urgenza, dell'inserimento in Aula dei due emendamenti «salvapremier», del contingentamento di tempi per approvare il disegno di legge in esame, che è stato portato soltanto ieri all'esame della Commissione.
Avete ottenuto il vostro mandato elettorale sulla base di un programma in cui parlavate di sicurezza dei cittadini, di funzionamento della giustizia, del maggior potere d'acquisto dei salari degli italiani: mai, invece, nel programma o nei vari dibattiti che avete fatto in campagna elettorale, avete parlato delle pendenze del Presidente del Consiglio. Eppure, agite come se la maggioranza che avete ottenuto (senza rappresentare la realtà dei vostri scopi) vi autorizzasse a creare un privilegio assoluto per i governanti, in spregio dei principi costituzionali.
Oggi si sta compiendo un grave attacco alla Costituzione, e credo che molti ne siano consapevoli, inclusi alcuni di voi della maggioranza: si introduce infatti un privilegio personale, violando la pari efficacia formale delle leggi e proponendo una disciplina incoerente.
Per giustificare ciò, è stata utilizzata impropriamente - anche da parte di colleghi che hanno svolto il mio stesso mestiere prima di fare il deputato - una sentenza della Corte costituzionale: e questa è una cosa grave, poiché tutti sappiamo leggere ed interpretare una sentenza della Corte. Si è infatti letta ad uso e consumo personale una sentenza che non avallava assolutamente una legge come quella al nostro esame.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
DONATELLA FERRANTI. Concludo, signor Presidente.
La Corte costituzionale ha infatti considerato solo in via generale una possibilità di comparazione dei valori al fine di un sereno svolgimento dell'attività governativa. Ma il prestigio delle istituzioni è assicurato non già da espedienti tecnici, quali sono le norme che ritardano la celebrazione dei processi, ma dal valore e dagli ideali perseguiti, dal disinteresse personale, dalla probità dei governanti, dal loro rigore morale e dalla loro intelligenza politica.Pag. 68
Chiedo, pertanto, in conclusione che venga approvato questo emendamento, il quale almeno evita la sospensione in presenza di processi concernenti reati gravi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghe e colleghi, prendo la parola su questo emendamento per svolgere qualche riflessione sul disegno di legge in esame, che mi auguro ci accingiamo ad approvare. Credo che sia arrivato il momento della chiarezza, il momento delle scelte, il momento del coraggio, il momento - perché no? - del riequilibrio dell'impianto costituzionale nel senso e nello spirito voluto dai costituenti. Perché dico «voluto dai costituenti» lo spiegherò fra un attimo.
Questo provvedimento, colleghi, dà attuazione - sia pur in via mediata - alla volontà degli elettori, che hanno eletto, sia direttamente sia attraverso noi, loro rappresentanti, le più alte cariche dello Stato.
Questa mattina, qualcuno, certamente non rendendosi conto di quel che diceva, ha definito questa norma una vergogna: in realtà - come cercherò brevemente di spiegare - la vera vergogna sarebbe non approvarla. Peraltro, è singolare che, nei loro interventi, molti e qualificati esponenti dell'opposizione - penso agli onorevoli D'Alema, Fassino, Zaccaria, solo per citarne alcuni - si siano detti contrari non alla norma in sé, poiché hanno riconosciuto l'esigenza di introdurla (o meglio di reintrodurla) nel nostro impianto costituzionale, ma semplicemente allo strumento da noi adottato per farlo. Noi del Popolo della Libertà, invece, forse più attenti dei nostri avversari alla sostanza delle cose, essendo certi della conformità di questa norma alla Costituzione, ci assumeremo la responsabilità di votarla.
Prima di spiegare perché ho parlato di «reintroduzione», vorrei chiarire l'equivoco di fondo dal quale bisogna uscire ed al quale tutti noi legislatori abbiamo l'obbligo di dare risposta. Noi non dobbiamo chiederci se la norma che stiamo per approvare sia o meno utile a qualcuno: dobbiamo porci il problema, che io mi sono posto, se sia o meno giusta. Lasciamo stare i criteri etici! Diamo piuttosto risposta a questo quesito: quando una norma è giusta? Una norma è giusta quando dà risposta alla volontà dei cittadini.
La legge, infatti, non è da intendersi come una sorta di facultas agendi - la facoltà di agire - come se la norma non appartenesse ai cittadini, ma piuttosto il diritto deve essere inteso come facultas exigendi, vale a dire la facoltà per i cittadini di esigere che il proprio comportamento venga codificato in norma. Questo provvedimento è voluto dai cittadini e per questo va votato.
Ero in debito con l'Aula di una risposta, perché ho parlato di reintroduzione in Costituzione di una norma che in questa forma non era mai stata inserita. Con la vecchia statuizione dell'articolo 68, quello che prevedeva, come tutti ricordiamo, l'autorizzazione a procedere (norma, come è noto, abrogata nel 1993), le prime quattro cariche dello Stato ricevevano una tutela, sia in forma diretta (quali parlamentari), sia in forma indiretta. L'articolo 68 tutelava, infatti, attraverso l'autorizzazione a procedere, le prime cariche dello Stato; l'articolo 90 tutelava poi - e tutela tuttora - il Capo dello Stato; l'articolo 96 tutelava - e tutela - i reati commessi dai componenti del Governo anche se non parlamentari.
Abrogando nel 1993 l'autorizzazione a procedere si è di fatto lasciati scoperti la seconda e terza carica dello Stato, i Presidenti di Senato e Camera, che non possono quindi più invocare la prerogativa dell'autorizzazione a procedere - e vi invito a meditare su questo punto - neanche quando svolgano particolari funzioni (si pensi all'articolo 86 della Costituzione laddove si prevede che il Presidente del Senato adempia temporaneamente alle funzioni del Capo dello Stato).
PRESIDENTE. Onorevole Consolo, la invito a concludere.
GIUSEPPE CONSOLO. I costituenti - e concludo, signor Presidente - non potevano prevedere, nell'ormai lontano 1948, che un giorno una parte dell'articolo 68 della Costituzione sarebbe stata abrogata. Ecco perché con l'approvazione del disegno di legge in discussione, sul quale esprimerò il mio voto favorevole, posso parlare di un riequilibrio di questo punto così delicato, un punto cioè che impedirebbe alle più alte cariche dello Stato di esercitare liberamente le proprie attività.
PRESIDENTE. Onorevole Consolo, deve concludere.
GIUSEPPE CONSOLO. Queste sono dunque le ragioni per le quali ritengo il provvedimento al nostro esame giusto e meritevole di approvazione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Prego i colleghi di affrettarsi a prendere posto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti 1.16, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 503
Votanti 478
Astenuti 25
Maggioranza 240
Hanno votato sì 205
Hanno votato no 273).
Prendo atto che le deputate Argentin e Rampi hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole e che la deputata Repetti ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario. Prendo infine atto che il deputato Cera ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Ferranti 1.26.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cavallaro. Ne ha facoltà.
MARIO CAVALLARO. Signor Presidente, dovendo illustrare un emendamento che si propone di espungere dal testo normativo l'applicabilità della sospensione a reati comuni non funzionali gravissimi - quelli cioè puniti con la pena dell'ergastolo -, credo che l'evidenza dell'assurdità di questo stesso principio mi consenta di svolgere qualche ulteriore riflessione generale proprio sul tema che più ampiamente è stato affrontato in quest'Aula, che è poi quello che fa sperare che da questo inizio di dibattito parlamentare (stiamo infatti esaminando il provvedimento soltanto in prima lettura) si possa poi giungere ad un più equilibrato e sereno impianto del rapporto fra politica e giurisdizione, così come anche tra economia e giurisdizione (sono del resto questi i mondi della potenza e del potere che reclamano una libertà ed un'autonomia forte dal mondo della giurisdizione).
Il primo punto - quello fondamentale - è che comunque dobbiamo tutti credere nella centralità e nella irretrattabilità della giurisdizione, non perché essa sia un'espressione etica o perché sia un momento di accertamento della verità (se non quella processuale), ma semplicemente perché la funzione di regolazione dei conflitti è essenziale e connaturata alle grandi democrazie contemporanee. Non può esistere una grande democrazia se non affida ad organi terzi la regolazione dei conflitti e l'accertamento delle verità processuali.
Per fare ciò occorre dunque ribadire il principio di soggezione solo alla legge e ribadire che il principio di uguaglianza è un principio generale, che deve soffrire solo particolarissime e motivatissime eccezioni e che esse vanno applicate previa grande riflessione e dibattito, come in tutti gli altri Paesi si è già fatto e si sta facendo, poiché si tratta di un problema che ci accomuna a tutte le altre democrazie.
Ci distingue, invece, la soluzione affrettata e personalistica che ci accingiamo ad adottare, mentre in altre grandi democrazie addirittura vi è l'esempio opposto, ossia che tanto maggiore è il tasso di Pag. 70libertà tanto maggiore è il tasso di uguaglianza e tanto minori sono le guarentigie e i privilegi che corpi sociali potenti richiedono alla giurisdizione. Non occorre fare gli esempi più eclatanti, quali quelli della decisione della Corte suprema degli Stati Uniti sulle elezioni del 2000 né ricordare come le corti statunitensi abbiano poteri enormi anche nei campi dell'economia, con decisioni in materia di antitrust e che tali decisioni siano considerate molto significative e in grado di dividere e distruggere anche grandi multinazionali.
Pertanto, pur ponendosi la necessità del problema, la soluzione non può che risiedere nella organizzazione di complessi meccanismi che debbono avere, soprattutto nel bilanciamento dei poteri e nella autoregolazione massimamente endogena, il loro spirito e il loro principio poiché già all'interno delle regole del processo, che è il momento patologico ma anche liturgico dell'applicazione della legge, esistono e debbono esservi dei rimedi efficaci e, qualora essi non fossero sufficienti, devono anche esservi dei rimedi esogeni, di compensazione, delle stanze di verifica e di rapporto fra i poteri che sono il sale e l'essenza della democrazia. Tanto più lo sono se esse sono generali e astratte e se non vengono assunte, come nel caso specifico, sotto la pressione e l'urgenza, quasi con la spada sullo scudo, di un singolo procedimento penale intentato, peraltro, per ragioni del tutto diverse da quelle del reato funzionale.
Né basta, signor Presidente, onorevoli colleghi, invocare una mal concepita sovranità popolare come fonte alternativa rispetto all'applicazione della giurisdizione. Non solo perché, intanto, è nozione di comune esperienza che tale principio non venga affatto invocato proprio nelle democrazie dove la sovranità popolare è il principio irretrattabile quanto piuttosto negli Stati totalitari, ma anche e soprattutto perché molte figure istituzionali avrebbero allora la possibilità e dovrebbero invocare l'esenzione o quantomeno la sospensione dalla giurisdizione per speciali e specifiche necessità. Mi riferisco agli stessi presidenti di regione e ai sindaci.
Pertanto, anche da questi motivi non solo non ritraiamo nessun conforto a tale tesi ma ci convinciamo di quella contraria. Nella democrazia il massimo dell'uguaglianza è anche il massimo di garanzia e di libertà.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti 1.26, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 524
Votanti 497
Astenuti 27
Maggioranza 249
Hanno votato sì 217
Hanno votato no 280).
Saluto i sindaci della Val di Fiemme, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Amici 1.24.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, l'emendamento in esame, come tanti altri, cerca di individuare delle materie rispetto alle quali non sia possibile evitare di sottoporre a giudizio le varie cariche che sono indicate. Le materie sono rilevanti: il terrorismo e la criminalità organizzata. Si tratta di materie che, peraltro, nel decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, emanato dal Governo in ordine alla sicurezza, sono ovviamente individuate come materie di particolare delicatezza.
Signor Presidente, dopo aver spiegato qual è la ratio dell'emendamento a me spetta, anche alla luce di tutti gli interventi svolti dai miei colleghi oggi in Aula e in particolare, in apertura, dal collega Pag. 71D'Alema - che credo abbia ampiamente e, per quanto mi riguarda, completamente assorbito i ragionamenti che anch'io avevo rispetto a questo provvedimento - soltanto fare pochissime precisazioni, anche perché l'utilità dei dibattiti in Aula è anche quella di confrontarsi.
Ho sentito in quest'Aula, signor Presidente, che viene rappresentata - e certamente non sono uno che si accanisce e non credo di poter essere considerato un giustizialista - la figura del Presidente del Consiglio come un «verginello» che per novanta processi è stato sottoposto a giudizio, è stato sempre assolto ed è uscito sempre in maniera limpida. Questa obiettivamente è una descrizione della realtà che appartiene ad un altro mondo, probabilmente allo stesso al quale lei, Presidente, si riferiva quando il collega Franceschini la chiamava in causa.
Il collega Berlusconi è stato condannato in primo grado, ma non è stato possibile andare avanti perché sono stati modificati con legge i reati. Ricordo che il reato sul falso in bilancio è stato modificato (tra il 2001 e il 2006) da quest'Aula per impedire che si potesse intervenire anche sull'onorevole Berlusconi. Inoltre, lei sa perfettamente che ci sono stati provvedimenti per i quali è stato ristretto il periodo della prescrizione proprio per evitare che potesse succedere che il collega Berlusconi arrivasse all'ultimo giudizio e si è preferito arrivare alla prescrizione. Non è che adesso stiamo parlando di una persona che cammina per strada e improvvisamente viene colpita da chissà cosa. Vi è la presunzione di innocenza (non si discute), però obiettivamente stiamo parlando di una vicenda giudiziaria dell'onorevole Berlusconi che non è proprio esattamente quella di una «verginella».
Detto questo, cosa accade, signor Presidente? Accade che non mi scandalizzo che si ritiene di voler aggiungere protezione alle alte cariche dello Stato, così come avviene per il Presidente della Repubblica. Non ci siamo scandalizzati del fatto che il Presidente della Repubblica sia, nella nostra previsione costituzionale, sotto una protezione totale, salvo che per alto tradimento. Tuttavia, a differenza di quella che state proponendo, si tratta di una previsione prevista dalla Costituzione, non da una legge ordinaria. Inoltre, signor Presidente, a suo tempo non credo che il Presidente della Repubblica, De Nicola, quando fu prevista tale protezione, aveva investito qualcuno ed era sotto processo per questa ragione o aveva corrotto qualcun altro o aveva fatto chissà che cosa. Si è fatto un ragionamento sull'esigenza di proteggere il Presidente della Repubblica. Per questo le questioni che individuava il collega Lupi, come indicative di tre posizioni, sono invece indicazioni molto semplici (rappresentate anche dal collega D'Alema) che rappresentano la posizione del Partito Democratico. Siamo contrari a questo disegno di legge e lo siamo perché ritenevamo che sarebbe stato necessario il procedimento costituzionale (legge costituzionale) e perché volevamo che questa legge entrasse in vigore non in funzione dei problemi del Presidente del Consiglio, ma semmai in difesa di una funzione che è quella di Presidente del Consiglio e quindi dalla prossima legislatura.
Dopodiché, signor Presidente, l'ultimo minuto e mezzo che mi rimane lo dedico a lei anche se ovviamente se preso...
PRESIDENTE. Non perché lo dedica a me, ma le rimangono quindici secondi.
ROBERTO GIACHETTI. Mi avevano detto che avevo un minuto, allora sarò molto breve. Signor Presidente, abbiamo parlato di precedenti. Lei ha richiamato i precedenti. Io ho iniziato, come lei sa, un'iniziativa non violenta nei suoi confronti perché penso che lei abbia sbagliato. Lei è venuto qui e ci ha letto..(Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà ). Colleghi, può capitare anche al Presidente, visto che non parliamo con Dio può capitare anche al Presidente della Camera di sbagliare.
PRESIDENTE. La prego di non mettermi in difficoltà, perché è spiacevole invitarla a concludere.
Pag. 72
ROBERTO GIACHETTI. Ricordo semplicemente lo speech letto dal Presidente Casini nell'altra occasione (sono otto righe e poi concludo), che diceva che «La parte introdotta dal Senato» - si trattava di un emendamento introdotto in una legge - «non può ritenersi prevalente rispetto all'originario testo del disegno di legge licenziato dalla Camera, per il quale non era ammessa la possibilità di scrutinio segreto».
«Infatti, la parte introdotta dal Senato, relativa ai processi penali nei confronti delle cariche dello Stato, consta di un solo articolo rispetto agli otto del testo originario, avente ad oggetto (...)».
Anche soltanto questo dovrebbe dirle che il precedente non è richiamabile perché l'altra volta, quello che lei oggi applica per una legge, noi lo applicavamo per un articolo inserito, un po' artatamente, dalla maggioranza all'interno di un'altra legge. Quello era un articolo, qui abbiamo una legge composta da un articolo di otto commi.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ROBERTO GIACHETTI. La materia è un pochino più complessa e se i precedenti sono uguali, signor Presidente, e ci si richiama ai precedenti, penso che anche alla luce di ciò, oltre a tutto quello che abbiamo detto, lei non avrebbe dovuto considerare quello un precedente.
PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, spero che si sia d'accordo almeno nel ritenere che non costituirà precedente il fatto che lei abbia parlato due minuti e venti secondi più del previsto.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Amici 1.24, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 529
Votanti 505
Astenuti 24
Maggioranza 253
Hanno votato sì 222
Hanno votato no 283).
Prendo atto che il deputato Volontè ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi e che il deputato Compagnon ha segnalato di aver erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbe voluto astenersi.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Ferranti 1.25.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Parisi. Ne ha facoltà.
ARTURO MARIO LUIGI PARISI. Signor Presidente, colleghi, nessuno si sorprenderà se mi rivolgo a lei, ma è al Presidente del Consiglio al quale intendo soprattutto parlare. Non vi è infatti nessuno che in Italia non sappia che quella di cui stiamo discutendo è una norma ad personam che ha come obiettivo unico, esplicito, dichiarato, niente di meno che la tutela della serenità personale del Presidente del Consiglio dei ministri. Una norma guidata dalla pretesa di sottrarre la persona di Silvio Berlusconi dalla condizione di cittadino comune e dalla illusione - sì, illusione - che questa serenità possa essere conseguita per via di legge. Per questa pretesa, per questa illusione, lei fa pagare alle istituzioni e al Parlamento un prezzo il cui peso scopriremo solo con il tempo. È per tutelare la serenità di Silvio Berlusconi che oggi la Camera è chiamata ad approvare una legge che, sospendendo i processi penali del Primo Ministro, non ha precedenti nell'ordinamento di alcun altro Stato costituzionale di diritto. Una legge che rappresenta un insulto al buon senso, prima ancora che al sistema delle fonti basato sulla nostra Carta costituzionale.
Ma non è di questo che voglio parlare ora, signor Presidente del Consiglio, voglio dirle dell'indignazione e addirittura del dolore nel vedere come lei, che pure è il leader di una coalizione investita da un vasto consenso popolare, lei che è il Presidente di tutti, si vada trasformando, non dico in un despota come qualcuno ha detto, ma come altri hanno detto in una Pag. 73specie di sultano che pensa di aver ricevuto dal consenso popolare un mandato di onnipotenza. Lo dico da bipolarista, convinto che anche in questo Paese la sovranità popolare, proclamata dall'articolo 1 della Costituzione, possa diventare davvero la fonte immediata e diretta della legittimazione a governare.
Non è a questo che pensavamo io e i tanti che come me sulla democrazia di investitura hanno scommesso e lavorato per anni. Democrazia di investitura significava e significa per me e per noi una leadership che fonda la sua autorevolezza sulla capacità di guida e di indirizzo che gli viene dal consenso popolare ricevuto sulla proposta e sul programma politico presentato agli elettori, non certo quella variante di dittatura di maggioranza in salsa italiana alla quale pensa lei quando afferma che il mandato ricevuto la legittima a governare comunque, anche contro la giustizia del suo stesso Paese.
All'inizio di questa già tormentata legislatura lei aveva invocato il dialogo, lo ricordiamo tutti, in nome della responsabilità e del patriottismo costituzionale.
In poche settimane lei, signor Presidente del Consiglio, ha distrutto tutto e ha aperto l'inquietante prospettiva di una democrazia regressiva, esposta a forme di autoritarismo sostanziale. Tra poche ore la Camera approverà, signor Presidente del Consiglio, la norma che lei tanto ostinatamente vuole. Lei vincerà con la forza dei numeri che in misura maggiore dei reali consensi le sono stati riconosciuti per rendere più forte l'azione di Governo e non per rendere più sicuro l'interesse personale del capo del Governo. Lei vincerà, ma scoprirà presto a sue spese quanto piccola sia questa vittoria così testardamente voluta. Lei constaterà, giorno per giorno, di non essere più forte ma più debole, di non essere più autorevole ma più prigioniero dell'immagine di uomo prepotente e allo stesso tempo spaventato che lei ha dato in queste settimane. Scoprirà anche che neppure questa norma basterà a metterla al riparo dalle sue responsabilità e che ha forzato le regole per niente e, come un piccolo «Macbeth», avrà paura di ogni albero, di ogni cespuglio e di ogni stormir di fronda.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ARTURO MARIO LUIGI PARISI. Per sua fortuna e di tutti gli italiani le sue mani non sono insanguinate, signor Presidente del Consiglio, ma il senso di paura e di prepotenza che lei ha trasmesso in questi giorni resterà a segnare ancora una volta l'esperienza di un uomo troppo carico dei fardelli del suo passato per poter essere il leader autorevole e prestigioso che il nostro Paese ha il diritto di avere. Peccato, signor Presidente del Consiglio, l'Italia e gli italiani meritavano e meritano di più (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico e dei deputati del gruppo Italia dei Valori ).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti 1.25, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 527
Votanti 496
Astenuti 31
Maggioranza 249
Hanno votato sì 221
Hanno votato no 275).
Prendo atto che il deputato Ciccanti ha segnalato che avrebbe voluto astenersi, che il deputato Di Biagio ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e che il deputato Losacco ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Amici 1.17.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fioroni. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FIORONI. Signor Presidente, colleghi, prima l'onorevole Lupi ci Pag. 74ha invitato a condividere alcuni requisiti fondamentali per essere veri riformatori: rispettare l'altro senza pregiudizio alcuno ed io aggiungo senza pregiudicare i diritti altrui. È difficile non ritenere che questo sia il fondamento di ogni reale e corretto percorso di riforma in ogni campo e in ogni ambito, figuriamoci su un tema fondamentale come il rapporto tra politica e giustizia.
Proprio per questo, colleghi, è difficile pensare che il bene comune (in Aula tante volte invocato) non richieda l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e di tutti i cittadini di fronte alle norme; non richieda il diritto di ogni cittadino ad avere garanzie certe e tempi certi; non richieda una reciproca autonomia ed un reciproco rispetto tra i poteri dello Stato senza prevaricazione e strumentalizzazioni, ma senza impunità e impunibilità.
Onorevole Lupi e colleghi, in un Paese che vive una profonda emergenza educativa - tante volte abbiamo ricordato in Aula la difficoltà di educare i nostri figli al bene comune e al rispetto delle istituzioni e dell'altro, in un Paese in cui la violenza e il relativismo albergano indisturbati - è difficile pensare che il bene comune, che l'Aula e noi parlamentari indichiamo ai nostri figli e ai nostri studenti ospitati qui tante volte, sia il bene di uno e di pochi, che lo pone e li pone al di sopra degli altri cittadini, del bene e del male.
Colleghi, i nostri figli e i nostri giovani avranno da noi l'ennesimo cattivo esempio, ovvero che in questa Repubblica chi ha più potere, chi più conta, chi è più furbo ha sempre ragione e solo i più fessi rispettano le leggi. Cari colleghi, non è proprio il caso di confondere l'elogio della furbizia con il bene comune. Signor Presidente, in Aula abbiamo parlato pochi giorni fa, insieme a lei e al Ministro della pubblica istruzione, con rappresentanti della scuola italiana per invitarli a studiare la Costituzione, per fargli riscoprire l'amore per le nostre istituzioni e il rispetto per lo Stato e per chi le rappresenta.
Credo che nelle nostre aule nessun docente di educazione civica sarà orgoglioso di spiegare ai nostri studenti, insieme con la Costituzione, il lodo Alfano come esempio di educazione al bene comune e di rispetto della Carta costituzionale.
Peccato aver perso un'altra occasione - mi auguro non l'occasione - per affrontare la riforma dei rapporti tra politica e giustizia, all'insegna dell'interesse generale e del bene comune, di cui il Paese ha bisogno. Peccato non aver trovato, anche questa volta, la forza di rinunciare a un interesse singolo per l'interesse del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Amici 1.17, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 536
Votanti 501
Astenuti 35
Maggioranza 251
Hanno votato sì 218
Hanno votato no 283).
Prendo atto che i deputati Mistrello Destro e Scandroglio hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e che i deputati Losacco e Vannucci hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole. Prendo infine atto che il deputato Rao ha segnalato che ha erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbe voluto astenersi.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Ferranti 1.18.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maran. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, colleghi, i limiti del sistema giudiziario italiano sono sotto gli occhi di tutti. Il primo, che è quello che certamente interessa più da vicino i cittadini, è la cattiva qualità del servizio che rende. I dati sull'eccessiva durata dei procedimenti sono ormai stranoti e la cattiva qualità del Pag. 75servizio si riflette sul basso tasso di fiducia nei confronti del nostro sistema giudiziario, senza contare che una giustizia civile troppo lenta ha un impatto negativo rilevantissimo sul grado di competitività del nostro sistema economico. Per queste ragioni, affrontare la crisi di affidabilità della giustizia non è soltanto una priorità per il Governo e per la politica, ma è diventata una sfida, un'urgenza per tutta la classe dirigente del Paese: una vera e propria questione nazionale.
Procedere su questa strada richiede, però, che si guardi con occhio finalmente critico agli schemi del passato e anche all'abitudine del passato. Richiede soprattutto che si guardi con occhio critico sia l'atteggiamento di chi ha visto e continua a vedere, nell'opera della magistratura interventista, addirittura un'occasione per riformare dall'alto l'Italia e gli italiani, sia l'atteggiamento caratterizzato - come ha sostenuto uno studioso attento come Guarnieri - dal grande opportunismo del centrodestra. Guarnieri ha sottolineato che il centrodestra al Governo - vi ricordate - non sembra aver seriamente affrontato il problema della giustizia. Quando lo ha fatto, lo ha fatto con un occhio di riguardo per la posizione dell'onorevole Berlusconi e, in ogni modo, con proposte difficilmente realizzabili, che tradiscono una sostanziale ignoranza delle reali esigenze del nostro sistema giudiziario. Talvolta, può addirittura affiorare il sospetto - insiste Guarnieri - che non si sia veramente interessati a una riforma della giustizia, ma che se ne vogliano sfruttare le disfunzioni, per alimentare il proprio vittimismo davanti all'opinione pubblica.
Naturalmente, il conflitto tra politica e sistema giudiziario è qualcosa che va al di là dei processi del Premier. Ma come si fa a non vedere che la tendenza ad agitare le riforme solo come possibili ritorsioni verso le decisioni non gradite e a spacciare per riforme misure molto limitate, intese, come il provvedimento in esame, a risolvere i guai giudiziari del Presidente del Consiglio, costituisce un ostacolo e un impedimento ad affrontare i problemi reali della giustizia?
Berlusconi rinunci alle leggi ad personam, affrontando i processi che gli restano, forte della fiducia dei suoi elettori e offra, invece, all'opposizione riformista l'occasione di fare una vera riforma della giustizia, identificando i punti su cui intervenire e anche gli strumenti giusti. Anche ad ammettere che una deroga, come quella in discussione, si possa accogliere nel quadro di un equilibrato bilanciamento dei valori in gioco, per assicurare - come ha sostenuto Pecorella - il sereno svolgimento delle funzioni inerenti alle alte cariche di cui si parla (urgenza peraltro piuttosto vaga e di incerta copertura costituzionale), occorrerebbe, in ogni caso, che la disciplina in discussione venisse adottata non già con legge ordinaria, ma con legge costituzionale e, quindi, con le particolari procedure imposte dall'articolo 138 della Costituzione. Infatti, l'introduzione di un regime processuale differenziato a vantaggio dei quattro Presidenti posti al vertice dello Stato comporta, comunque, una deroga profonda al fondamentale principio di parità di trattamento rispetto alla giurisdizione, che secondo la Corte costituzionale si colloca alle origini dello Stato di diritto.
È mia convinzione, colleghi, che è venuto il momento per uno sforzo grande di riforma dello Stato. Questo è il compito nazionale nella fase storica in cui stiamo vivendo e per questo compito dovremmo tutti mettere a disposizione tutte le nostre risorse, così come i grandi partiti di massa le misero a disposizione per il compito di ricostruzione democratica del Paese durante la guerra e nel dopoguerra.
La domanda, colleghi, non è se noi, l'opposizione, siamo disposti ad impegnarci, ma se con noi, con l'opposizione democratica, il Presidente del Consiglio, il Governo e la maggioranza che lo sostiene possano, sappiano e vogliano davvero lavorare non per ottenere un ennesimo salvacondotto per il proprio leader, ma per imprimere la svolta di cui il Paese ha bisogno, che riguarda, colleghi, un cambiamento per i tanti e non per i pochi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti 1.18, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 518
Votanti 484
Astenuti 34
Maggioranza 243
Hanno votato sì 214
Hanno votato no 270).
Prendo atto che il deputato Lisi ha segnalato che ha erroneamente votato a favore mentre avrebbe voluto votare contro e che il deputato Genovese ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Amici 1.19.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà.
LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, colleghi, a me pare che vi sia una certa ostinazione autolesionistica da parte della maggioranza nel rifiutare pregiudizialmente le nostre proposte emendative, molte delle quali, se accolte, ci potrebbero almeno risparmiare di rivivere ancora una volta, e in un futuro non troppo lontano, questa sorta di incubo ricorrente. Noi, Presidente, da riformisti sinceri avevamo sperato che in questa legislatura sarebbe stato finalmente possibile superare, con riforme equilibrate e condivise, quelle lacerazioni tra politica e magistratura che, da quindici anni, segnano la lunga transizione italiana, perché è questa la condizione per sbloccare l'Italia e per avviare finalmente la sua modernizzazione. Invece, per risolvere i problemi del Primo Ministro, oggi si pretende di approvare una legge che riapre quelle lacerazioni e per di più riproduce alcuni dei vizi di costituzionalità che la Corte ha già rilevato con riferimento alla lodo Schifani.
Dunque, è realistico prevedere che, entro breve tempo, un nuovo giudizio della Corte costituzionale rischi di riportarci al punto di partenza e di costringerci ad affrontare l'ennesimo lodo «salva Premier», facendoci ripiombare in questa sorta di incubo ricorrente. Allora, perché questo non accada, visto che avete deciso di intervenire con una legge ordinaria, occorre rimanere fortemente e fermamente ancorati alle norme e ai principi della Costituzione vigente, come interpretati dalla Corte. Al contrario, questa legge riproduce i profili di irragionevolezza già rilevati e consistenti, da una parte, nella parità di trattamento tra cariche dello Stato che hanno diverse fonti di legittimazione e funzioni distinte (e dunque diverse esigenze di protezione funzionale), dall'altra, nella disparità di trattamento che invece viene riservata ai Presidenti di organi collegiali rispetto ai componenti dei medesimi organi.
Sono questioni sulle quali le argomentazioni dell'onorevole Pecorella sono state estremamente elusive e molto evasive. Questa legge viola quindi del tutto irragionevolmente il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, introducendo una disciplina che non ha eguali in nessun ordinamento democratico al mondo, come ricordava ieri su Il Corriere della sera il professor Pizzorusso, sottolineando che non c'è Paese in cui esista uno scudo penale per il Primo Ministro, mentre lo scudo esiste solo per i Presidenti della Repubblica nelle Costituzioni postmonarchiche, mentre nelle Costituzioni che nascono repubblicane, come quella statunitense, nessuna immunità è prevista per nessuna delle cariche.
Questa vostra ostinazione dunque non solo vanifica la possibilità e la speranza delle riforme condivise di cui l'Italia ha bisogno ma non vi consentirà - io credo - neppure di risolvere per l'intera legislatura i problemi di Berlusconi. Per questo sarebbe saggio misurarsi con i nostri emendamenti e per questo noi rimaniamo fermamente contrari a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Amici 1.19, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 529
Votanti 495
Astenuti 34
Maggioranza 248
Hanno votato sì 218
Hanno votato no 277).
Saluto i sindaci della Val Cavallina, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune, per par condicio con gli amministratori della Val di Fiemme (Applausi).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Amici 1.20.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gianni Farina. Ne ha facoltà.
GIANNI FARINA. Signor Presidente, approfitto dell'intervento per una riflessione su quanto sta accadendo in queste nostre convulse giornate parlamentari.
Il rapporto tra politica e giustizia, almeno a me così sembra, interessa i cittadini solo ed unicamente se la politica è in grado di assolvere al suo ruolo: legiferare per essere all'altezza e assolvere alle aspettative della collettività nazionale, dei cittadini e delle cittadine della nostra Repubblica nonché, aggiungerei, poiché il tema sarà all'ordine del giorno nelle prossime giornate, dei milioni di immigrati che sono la nuova frontiera della nostra Repubblica; legiferare nel solco della dignità, della convivenza, della pari dignità dei diritti e dei doveri.
Onorevole Lupi, noi non cadremo nel tranello in cui ci vuole cacciare: considerare nemici una parte dei rappresentanti del Parlamento repubblicano. Non è mai accaduto né mai accadrà. Abbiamo del Parlamento repubblicano, di ogni suo rappresentante, anche quando purtroppo non lo merita, un rispetto persino sacrale. In questa sede operano i rappresentanti del popolo e ognuno di loro può e deve assolvere al compito fondamentale indicato dalla Costituzione repubblicana.
È per tutti questi motivi che siamo contrari al disegno di legge nel metodo e nel merito. Nel metodo, anche alla luce della straordinaria esperienza umana e politica vissuta da tanti di noi nei villaggi e nelle città dell'Unione europea. Che cosa vado a dire ai nostri connazionali a Parigi, a Francoforte, a Marsiglia come a Berlino e a Zurigo? Che cosa vado a dire a uomini e donne che hanno vissuto il dibattito appassionato, che contraddistinse le vicende politico-giudiziarie di eminenti statisti europei quali Helmut Kohl e Jacques Chirac, con dignità, pur alla luce dei gravi fatti per i quali erano inquisiti e, per quanto riguarda Kohl, successivamente condannati? Hanno vissuto un dibattito sulle necessarie riforme costituzionali che è durato mesi, persino anni, non due giorni, approdando a soluzioni innovative e condivise, nel rispetto delle istituzioni e nel riferimento costante alle più alte corti istituzionali delle rispettive nazioni democratiche europee. Si sono sottomessi al giudizio inappellabile della legge, pur nella difesa della loro alta funzione.
No, non vi sono nemici in questo Parlamento, ma un uomo di Governo - questo sì! - il più alto, che non assolve alla sua funzione, per la quale è stato chiamato dal consenso degli elettori e dall'incarico affidatogli dal Presidente della Repubblica.
Anche il dibattito di queste ore, la degenerazione, spesso, nella rissosità inconcludente e - ritengo - indegna del Parlamento repubblicano, ci dice che quanto sta avvenendo è anni luce lontano dalle preoccupazioni dei nostri cittadini, di tanta parte del Paese che - questo sì! - vive nella paura ma nella paura senza speranza.
Stipendi e salari fermi da quindici anni, pensioni quotidianamente erose nel loro potere di acquisto, le giornaliere morti bianche a cui si dedica spesso un frettoloso «coccodrillo» a salvare la coscienza, Pag. 78un senso di aleatorietà e di insicurezza generali, sul lavoro, nella scuola, nel consesso civile. Non ritroviamo, invece, le stesse considerazioni nei Parlamenti europei, negli editoriali della stampa più avveduta della moderna Europa.
Non si applichi la sospensione dei processi per i delitti previsti dall'emendamento in discussione, anche se occorrerebbe una coerente e coraggiosa riflessione, un'assunzione di forte responsabilità politica e morale: ritirate il disegno di legge, contribuite a ristabilire un clima di serenità e civile confronto, poiché in quello che state facendo vi è un vulnus...
PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Farina.
GIANNI FARINA. Sto concludendo, un vulnus rappresentato così bene da un giudizio del grande maestro: in quanto letto c'è del buono e c'è del nuovo, ma ciò che è nuovo non è buono e ciò che è buono non è nuovo, poiché il buono è rappresentato da quanto fece il Governo Prodi, la cui azione va rivalutata...
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Farina.
GIANNI FARINA. ...mentre il nuovo non è buono, perché si riassume nella politica dell'annuncio e dello scoop. Fermatevi in tempo per il prestigio di questo Parlamento e per il bene dell'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Coscia. Ne ha facoltà, per un minuto.
MARIA COSCIA. Signor Presidente, l'emergenza del nostro Paese non è quella che voi mettete al primo posto.
A voi interessa solo garantire impunità al Presidente del Consiglio.
Con una decisione illiberale e senza precedenti, avete espropriato il Parlamento per assicurare al Capo del Governo la sospensione dei suoi processi passati e futuri.
Avete scritto un'altra brutta pagina per la nostra Repubblica.
Perché non destinate tutte le vostre energie per aumentare gli stipendi e le pensioni, che sono la vera emergenza per le famiglie italiane?
Perché ciò che vi preme è l'immunità e gli interessi personali dell'onorevole Berlusconi, che vengono prima dei problemi reali del Paese.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali: questo è scritto nella nostra Costituzione, che è e rimane la nostra bussola.
L'emergenza del nostro Paese non è quella che voi ...
PRESIDENTE. Grazie onorevole Coscia, il suo tempo è terminato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Sbrollini. Ne ha facoltà, per un minuto.
DANIELA SBROLLINI. Signor Presidente e onorevoli colleghi, l'emergenza del nostro Paese non è quella che voi mettete al primo posto.
A voi interessa solo garantire l'impunità al Presidente del Consiglio.
Con una decisione illiberale e senza precedenti, avete espropriato il Parlamento per assicurare al Capo del Governo la sospensione dei suoi processi passati e futuri.
Avete scritto un'altra brutta pagina per la nostra Repubblica.
Perché invece non destinate tutte le vostre energie per aumentare gli stipendi e le pensioni, che sono la vera emergenza per le famiglie italiane?
Ciò che vi preme è solo l'immunità e gli interessi personali dell'onorevole Berlusconi, che vengono prima dei problemi reali del Paese.
Nella nostra Costituzione è scritto che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale Pag. 79e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione... (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Grazie onorevole Sbrollini.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Trappolino. Ne ha facoltà, per un minuto.
CARLO EMANUELE TRAPPOLINO. Signor Presidente e onorevoli colleghi, l'emergenza del nostro Paese non è quella che voi mettete al primo posto.
A voi interessa solo garantire impunità al Presidente del Consiglio.
Con una decisione illiberale e senza precedenti, avete espropriato il Parlamento per assicurare al Capo del Governo la sospensione dei suoi processi passati e futuri.
Avete scritto un'altra brutta pagina per la nostra Repubblica.
Perché non destinate tutte le vostre energie per aumentare gli stipendi e le pensioni, che sono la vera emergenza per le famiglie italiane? Perché ciò che vi preme è l'immunità e gli interessi personali dell'onorevole Berlusconi, che vengono prima dei problemi reali del Paese.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali: questo è scritto nella nostra Costituzione, che è e rimane la nostra bussola.
L'emergenza nel nostro Paese non è quella che voi mettete al primo posto.
A voi interessa solo garantire impunità al Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zazzera. Ne ha facoltà.
PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, noi dell'Italia dei Valori cogliamo l'occasione, nonostante i tempi ristretti e l'ostacolo che avete posto all'opposizione, denunciando quanto oggi voi tentate di somministrare al Paese: tentate di somministrare al Paese una porcheria legislativa, che aumenta il solco e la divisione tra il Palazzo e i cittadini, creando diseguaglianze.
È un provvedimento di casta, per la casta, anzi per uno della casta: l'imputato, Presidente, onorevole Silvio Berlusconi.
Ma il Presidente dovrebbe legittimamente estendere questo «scudo», perché di imputati, nella coalizione di centrodestra, ve ne sono eccome, come il Ministro Raffaele Fitto, che è indagato in Puglia per tangenti sulla sanità e che dovrebbe chiedere anche lui, legittimamente, lo «scudo spaziale» contro i giudici e contro la giustizia (Proteste dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
State dicendo che esistono due tipi di cittadini: quelli con maggiori diritti e quelli senza diritti, cittadini che possono eludere la giustizia e cittadini che, invece, possono subire processi. State umiliando il Parlamento! State umiliando la Costituzione! State umiliando i cittadini italiani! Tutto questo, perché è necessario impedire alla giustizia di dimostrare se l'imputato Presidente del Consiglio, onorevole Berlusconi, abbia regalato all'avvocato Mills 600 mila dollari per ringraziarlo della falsa testimonianza a suo favore (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Monai. Ne ha facoltà, per un minuto.
CARLO MONAI. Signor Presidente, questo è un provvedimento che non può chiamarsi «lodo»: io lo chiamerei «dolo Alfano». Infatti, caro Ministro, senza ingiuria nei suoi confronti - ci mancherebbe - non è possibile che, dopo la prima volta in cui avete tentato, nel 2003, di portare il salvacondotto processuale al vostro Presidente del Consiglio, ricadiate nello stesso errore dopo la sentenza della Corte costituzionale. Quella volta, il salvacondotto venne concesso solo per sei mesi.
Mi domando: signor Ministro, se la Corte costituzionale - certamente sarà Pag. 80investita nuovamente di tale questione - dovesse di nuovo annullare questo provvedimento giudiziario, chi pagherà politicamente? Lei se la sente di preannunziare le sue dimissioni nel caso in cui questo provvedimento venga cassato nuovamente? Sarebbe un atto doveroso, da parte mia, chiedere ciò nell'ipotesi in cui la Corte costituzionale provvedesse in tal senso (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Brigandì, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto, vi rinunzia.
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Amici 1.20, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 548
Votanti 513
Astenuti 35
Maggioranza 257
Hanno votato sì 223
Hanno votato no 290).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Amici 1.22.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pollastrini. Ne ha facoltà.
BARBARA POLLASTRINI. Signor Presidente, la triste catena di «no» con cui la maggioranza respinge ogni proposta per la riduzione del danno è il segno della prigionia in cui siete costretti. L'emendamento su cui intervengo è il seguente: una riduzione, non solo simbolica, del danno.
Vi chiediamo, infatti, di eliminare dalla sospensione-immunità i reati contro la pubblica amministrazione più gravi, come atto di rispetto minimo verso la comunità da parte di chi esercita le massime funzioni istituzionali. Sono molte le preoccupazioni di tante persone perbene, che non reggono il peso economico della crisi e che si sentono umiliate nella dignità del proprio lavoro. Per loro e per noi è amaro vedere che, pur di tutelare il vostro capo, non accettate neppure di correggere, votando questo emendamento, una legge impudica e vergognosa. State facendo ripiombare il Paese nella nebbia della sfiducia e del disincanto.
Col passo pesante di questi giorni, producete una torsione nei principi, nella civiltà giuridica e nella funzione stessa di una classe dirigente, mentre oggi tutti siamo chiamati a ridare riferimenti, anche morali, ad un Paese che soffre di una crisi di autorevolezza delle sue classi dirigenti, e non solo di quelle della politica. Questo è un aspetto cruciale, che investe le istituzioni e società dell'Europa e che interroga le leadership internazionali più consapevoli. In Italia, tutto ciò assume tratti patologici, che voi, con le scelte gravi di queste giornate, volete alimentare.
Mi riferisco a qualcosa che viene prima della politica e degli schieramenti. Parlo della necessità di ricostruire un nuovo civismo nel senso di una civiltà delle regole. Prestigio ed autorevolezza dello Stato sono essenziali perché ciò avvenga e non possono passare dalla copertura dell'ossessione o meglio della paura di un uomo potente.
Abbiamo vissuto giornate che mi hanno dato angoscia per come ho potuto misurare da vicino un procedere che aumenta i pericoli di una recessione democratica nel nostro Paese. Fino a tre giorni fa, usando le paure dei cittadini, difendevate la norma «bloccaprocessi». Poi, il contrordine: forse avete compreso le conseguenze di quell'indulto mascherato. Avete deciso uno scambio, ma si è trattato di uno scambio tutto interno a voi e il salvacondotto, la grazia agognata, sta arrivando al Premier per un'altra via.
Ho ascoltato con rispetto i colleghi più attenti. Hanno detto che solo con questa norma si può garantire stabilità di Governo e di riforme. Io non scomoderei termini impegnativi, perché c'è un'etica Pag. 81anche nelle parole. Voi sapete bene che non può esserci vera stabilità senza un'autorevolezza della politica e sulla base di un baratto tra principi e convenienze questa autorevolezza non ci sarà mai.
La verità è che avete inibito la possibilità di una discussione seria su un decennio complesso e drammatico. Sto per concludere, signor Presidente. Siamo favorevoli ad un bilanciamento dei poteri e a una riforma seria della giustizia; ma, e questo è il punto, se uno squilibrio tra i poteri c'è stato - e a mio parere c'è stato -, questo è avvenuto anche perché la politica di allora non aveva saputo essere, per tempo, un passo in avanti nelle soluzioni, nel coraggio e, aggiungo, anche nell'etica.
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Pollastrini.
BARBARA POLLASTRINI. Oggi, state commettendo un errore anche peggiore di miopia: per il salvacondotto di un uomo solo, proponete una scorciatoia - nelle forme, nei modi e nei principi - del tutto irricevibile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Donadi. Ne ha facoltà.
MASSIMO DONADI. Signor Presidente, mi rivolgerei brevemente al Ministro Alfano per dirgli quanto segue. In questi primi due mesi di legislatura avete fatto tante cose, per le quali non credo, in futuro, il Paese - la storia di questo Paese, la memoria di questo Paese - vi serberà gratitudine. Ma almeno ad una cosa, noi di Italia dei Valori, vorremmo opporci e di qui in avanti, anche fuori delle aule di questa Camera e del Parlamento, continueremo ad opporci. Si tratta, caro ministro Alfano (che vedo da un po' di tempo poco interessato al dibattito che si svolge in quest'Aula), di non consentirvi di pervertire anche il significato delle parole. Potete pervertire il senso della legge, il senso del valore della Costituzione, ma il senso delle parole non ve lo lasceremo pervertire (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Non vi lasceremo chiamare la legge che state approvando «lodo Alfano» perché, vede, il lodo, per chi è un pratico del diritto, è qualcosa di buono, è qualcosa di giusto, è una sentenza, è qualcosa che fa giustizia. Questo non è il «lodo Alfano». Non ce l'ho con lei, signor ministro e non voglio dire quindi che il modo più appropriato sarebbe di chiamarlo: «schifezza Alfano». Io lo chiamerò «schifezza» e basta. Anche perché lei, signor Ministro, è stato chiamato qui, ed è qui oggi, per recitare con mestizia questo compito che, fin dal primo giorno, sapeva le sarebbe spettato. Questo è il criterio per il quale lei è salito ad occupare il ruolo che oggi svolge in quest'Aula!
Signor Ministro, le ricordiamo che state approvando un provvedimento che non trova paragone in nessun altro Paese democratico, né occidentale, né fuori dall'occidente (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori), perché non esiste, ripeto, non esiste in nessun altro Paese, né d'Europa, né d'oltreoceano, un provvedimento che garantisca un'immunità al Presidente del Consiglio dei ministri per reati commessi anche al di fuori delle funzioni - cioè, per reati comuni - che non conosca limite, una impunità totale e assoluta contro ogni tipo, forma e natura di azione posta in essere che implichi una responsabilità penale.
Non consentiremo mai che questo provvedimento venga anche solo lessicalmente associato a qualcosa che sa di giustizia. Qui non c'è giustizia, c'è una maggioranza pronta a tutto e un Presidente del Consiglio dei ministri disperato, il quale, da quattordici anni, scappa dalle responsabilità che la magistratura gli attribuisce. Mi verrebbe da ricordare un film di Tom Hanks, «provate a prendermi»: sembra la storia degli ultimi quattordici anni della politica in questo Paese!
Vorrei concludere dicendo che potete varare questa legge, potete approvare questo «schifo», perché credo che in altro modo non si possa fare. Potete darvi Pag. 82un'impunità che non esiste in nessun altro Paese dell'occidente, ma non potete cambiare la Costituzione. Questa è una legge incostituzionale, è una legge che presto cadrà sotto le maglie e sotto il vaglio della Corte costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vietti. Ne ha facoltà.
MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei svolgere una riflessione tra le tante, che credo non sia inutile lasciare almeno agli atti.
A mio parere, questa volta ci troviamo in presenza di una versione diversa del famoso detto «il rattoppo è peggiore del buco», nel senso che io personalmente e, in questo caso, l'UdC siamo convinti che, in questo caso, il rattoppo sia migliore del buco, laddove per rattoppo intendiamo il cosiddetto «lodo Alfano» (o come Donadi preferisce chiamarlo), e, viceversa, il buco sarebbe stato - mi auguro: «sarebbe stato»; lo dico con spirito di raccomandazione vivissima al Ministro Vito - la norma «bloccaprocessi». In altre parole, l'alternativa che in un primo tempo il Governo ci aveva proposto, anche in termini cronologici, era quella di bloccare prima, non diciamo centomila, ma decine di migliaia di processi. E quando diciamo bloccare i processi, colleghi, ricordiamoci che vi sono innocenti che non vengono riconosciuti tali e colpevoli che non vengono condannati; vi sono parti civili che non vengono risarcite e parti offese che non vedono riconosciuti i loro diritti.
Ebbene, l'alternativa, ossia il buco, era questo: centomila processi non celebrati, e non per un anno, perché sappiamo bene che questo stop si sarebbe sommato con le sopravvenienze e avrebbe portato con sé... Ministro Vito... Ministro Vito, non si distragga, la prego, perché vorrei che lei cogliesse che continuo ad usare un condizionale del terzo tipo (quindi, un modo assolutamente ipotetico) in cui do per scontato che il buco venga, se non completamente colmato, almeno in gran parte riparato.
Bene, ma se così è - ossia, stiamo discutendo di un rattoppo - vorrei dire all'onorevole Pecorella e all'onorevole Lupi: cerchiamo tra noi di essere onesti.
Non raccontiamoci che il rattoppo è la ricucitura della tela, la ricomposizione della tela stracciata dei rapporti tra politica e giustizia. Non è questo, perché, se cerchiamo di spacciare il cosiddetto «lodo Alfano» come la soluzione alta e nobile che ricompone un conflitto istituzionale che affligge questo Paese da quindici anni, ci prendiamo in giro, signori miei!
L'UdC ha tenuto un comportamento istituzionalmente responsabile, non mettendo i bastoni tra le ruote a questa soluzione, purché di essa ci diciamo con franchezza tutti i limiti, tutte le difficoltà, tutte le instabilità e le precarietà.
Colleghi, ricordiamoci che la soluzione del rapporto tra politica e giustizia si trova a due condizioni. La prima: una norma di rango costituzionale, che blindi la soluzione, quale che sia.
Può essere la tutela delle altre cariche, il ripristino dell'autorizzazione a procedere; discutiamone, quale che sia, ma deve essere una norma di rango costituzionale.
Diversamente, se continuiamo ad affidare le soluzioni alla legge ordinaria, rimaniamo sub iudice e, prima o poi, lo strumento cade, la piccola barchetta cui pensiamo di aver affidato la soluzione naufraga e non approderemo da nessuna parte.
La seconda condizione, signor Presidente - e concludo - è la condivisione. Non si può pensare né si può venire a raccontarci che la soluzione di questo conflitto si trovi in una forzatura che la maggioranza fa sull'opposizione.
Se e quando mai troveremo una soluzione, la troveremo in termini condivisi (quella che il Parlamento europeo ha trovato con il voto favorevole dei popolari e dei socialisti). Signor Presidente, la raccomandazione è solo questa: cerchiamo, almeno, di usare tra di noi il linguaggio della verità e non ricorriamo a ipocrisie, che diventano alibi che non accettiamo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Costantini. Ne ha facoltà, per un minuto.
CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, in molti interventi di colleghi dell'opposizione è stato formulato l'invito accorato al Presidente del Consiglio a rinunciare alla sospensione del processo, con riferimento particolare al procedimento penale che lo interessa, il processo Mills a Milano.
Molti colleghi di maggioranza hanno, a loro volta, sottolineato che questo provvedimento interessa le istituzioni e non la persona del Presidente del Consiglio.
In questo contesto confuso, l'avvocato del Presidente del Consiglio un giorno dichiara una cosa e un giorno ne dichiara un'altra, nel senso che qualche giorno fa ha dichiarato che non si avvarranno della sospensione; adesso, probabilmente, sembra di capire che se ne avvarranno.
In un contesto così confuso, considerato che la presenza e gli interessi del Presidente del Consiglio hanno interessato direttamente questo provvedimento, credo sia doveroso far conoscere all'Aula e ai cittadini italiani se il Presidente del Consiglio intenda o meno avvalersi della norma sulla sospensione dei processi per il procedimento che lo riguarda ed è altrettanto importante che questa decisione venga fatta conoscere agli italiani prima del voto, e non dopo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Amici 1.22, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 542
Votanti 506
Astenuti 36
Maggioranza 254
Hanno votato sì 222
Hanno votato no 284).
Prendo atto che il deputato Federico Testa ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Cera ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Ferranti 1.23.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciriello. Ne ha facoltà.
PASQUALE CIRIELLO. Signor Presidente, questo emendamento mira a salvaguardare quello che definirei il livello minimo di decenza della normativa in discussione.
Mantenere nel pieno esercizio delle funzioni una delle quattro più alte cariche dello Stato, quando sia accusata di un delitto contro l'attività giudiziaria, rasenterebbe il paradosso, configurando una situazione ai limiti del surreale.
Come possa una persona, accusata di una di queste figure di reato, legittimamente e serenamente rappresentare il nostro Paese, ciascuno può giudicarlo.
Come possano i cittadini sentirsi rappresentati all'interno e più ancora nel contesto internazionale da chi è in attesa di giudizio per un delitto contro l'attività giudiziaria, è una domanda che faremmo bene a porci tutti, anche i colleghi di maggioranza. C'è, o almeno dovrebbe esserci, un limite a tutto: un limite che in questa circostanza, mettendo da parte i tecnicismi giuridici, potrebbe essere individuato nel buonsenso comune.
Evitiamo che una volta di più il nostro Paese assuma decisioni che lo isolino rispetto al contesto di tutte le altre democrazie occidentali, dove una discussione come quella che oggi si sta svolgendo in Aula sarebbe del tutto improponibile. È stata già ricordata la decisione con la quale il Parlamento dell'Unione europea, con 336 voti contro 220, ha «bocciato» le nostre norme in materia di nomadi. Ebbene, se la legge in discussione supererà, Pag. 84del che dubito, il vaglio di costituzionalità, la fattispecie che l'emendamento mira a correggere e che oggi può apparire quale un caso di scuola domani potrebbe davvero concretarsi. Credo sia nostra precisa responsabilità, in quanto legislatori, quella di spingere lo sguardo lontano, a evitare che anche in futuro l'immagine di questo Paese possa subire ulteriori e gravi incrinature.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti 1.23, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 545
Votanti 509
Astenuti 36
Maggioranza 255
Hanno votato sì 225
Hanno votato no 284).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Amici 1.92.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.
RITA BERNARDINI. Signor Presidente, l'emendamento propone di escludere dall'immunità la corruzione giudiziaria. È un emendamento ai limiti della provocazione, visto che è proprio questa l'imputazione che riguarda il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nel processo Mills; ma dobbiamo dire che è sicuramente meno provocatorio di ciò che ci si propone di approvare oggi, non tanto nei contenuti, a mio avviso, quanto nel metodo, che ci costringe ad essere tutti, maggioranza e opposizione, degli improvvisati Charlot che lavorano alla catena di montaggio di un votificio.
Dicevo che dei contenuti si potrebbe certamente discutere serenamente, se ci trovassimo in uno Stato di diritto, in cui il rispetto delle leggi, dei referendum votati e vinti fosse patrimonio di tutti, a partire dalle più alte cariche istituzionali. La classe dirigente di questo Paese dovrebbe divenire così responsabile da interrompere il processo di degenerazione e corruzione per favorire finalmente una democrazia moderna, che di per sé non può tollerare zone di irresponsabilità, immunità castali che si traducono in vere e proprie impunità.
Ma c'è sicuramente, e questo lo riconosciamo tutti, un problema di equilibrio tra i poteri. In pochi se lo ricordano, ma quando nel periodo 1986-1987 proponevamo e vincevamo il cosiddetto «referendum Tortora» sulla responsabilità civile dei magistrati, contemporaneamente proponevamo e vincevamo a furor di popolo, con l'85 per cento dei sì, anche il referendum che abrogava la Commissione inquirente per i procedimenti di accusa, cioè il tribunale speciale, di casta, per i ministri. Il problema è che se il tribunale speciale di casta per i ministri è stato abolito, in realtà del referendum Tortora praticamente è rimasto poco o niente, anzi diciamo nulla: i magistrati continuano ad essere irresponsabili, visto che paga lo Stato.
Quello che noi chiediamo a quest'Aula e al Governo è di scegliere la strada delle riforme anziché le scorciatoie come questa: riforme della giustizia per tutti i cittadini, che pongano fine all'arretrato insopportabile di milioni di processi che ogni anno danno luogo all'abnorme amnistia delle prescrizioni di cui nessuno si assume la responsabilità. Le proposte, se volete, ci sono e noi, per parte nostra, come delegazione radicale all'interno del gruppo del Partito Democratico, le abbiamo depositate: sono la fine dell'obbligatorietà dell'azione penale, la separazione delle carriere, la responsabilità civile dei magistrati, i limiti agli incarichi extragiudiziari, la riforma del Consiglio superiore della magistratura (basta, quindi, con le correnti nel CSM).Pag. 85
Giustizia, dunque: giustizia per tutti i cittadini della Repubblica, ivi compresi quei magistrati che svolgono il loro lavoro con dedizione, professionalità ed onestà, e ce ne sono e sono tanti. Insomma, come titola oggi il settimanale Tempi: «Giustizia: su questo tema ci vuole una svolta radicale» (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Argentin. Ne ha facoltà.
ILEANA ARGENTIN. Signor Presidente, dal momento che, fra maggioranza e opposizione, perdiamo tanto tempo per difendere e garantire il Premier, il vostro Premier, vorrei rubare solo trenta secondi (chiedo l'attenzione del Ministro Alfano). Poiché si parla di giustizia, sarebbe opportuno che il Ministro Alfano sapesse che non vi sono difensori in grado di parlare il linguaggio dei segni in tutte le carceri italiane e che tutti i sordi detenuti all'interno delle carceri, di conseguenza, non hanno difensori d'ufficio. Dal momento che vi è una grande situazione mafiosa rispetto alle richieste di elemosine da parte soprattutto di questa classe di disabili, chiedo che venga svolto un intervento prioritario su questo punto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Costantini. Ne ha facoltà.
CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, probabilmente prima non sono stato molto chiaro, ma credo che la questione sia importante: io credo che gli italiani abbiano diritto di sapere adesso, e non dopo l'espressione del voto, se il Presidente del Consiglio intende avvalersi o meno della disposizione che gli consente di sospendere il processo per corruzione in atti giudiziari che lo interessa. Credo che gli italiani abbiano diritto di sapere - adesso e non dopo il voto - se il Parlamento è stato bloccato per una settimana per intervenire su problemi che riguardano l'interesse generale del Paese o che interessano esclusivamente la persona del Presidente del Consiglio.
Non vedo personalmente presente né il Presidente del Consiglio né il suo avvocato personale: vedo, però, presente il suo Ministro. Dunque, chiedo a lei, signor Ministro: faccia sapere agli italiani, prima dell'espressione del voto, se il Presidente del Consiglio intende avvalersi della norma che gli consente di sospendere il processo Mills che lo interessa davanti al tribunale di Milano (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.
CARLO MONAI. Signor Presidente, la necessità di un chiarimento preventivo si impone anche perché il collega Ghedini sulla stampa, qualche giorno fa, quando si parlava della sospensione del procedimento penale di cui il Premier Berlusconi è parte a Milano, aveva annunciato l'intenzione di non avvalersi di questa sospensione. Non possiamo giocare con le tre carte: dobbiamo essere molto chiari, non solo nel Parlamento italiano, ma anche verso la comunità nazionale. Vi è un problema di legittimità e legittimazione politica del Presidente del Consiglio: è, dunque, opportuno che il Parlamento sappia se stiamo per approvare un disegno di legge solo ed esclusivamente per il Premier o se, viceversa, esso si informa a quei principi e agli auspici espressi dall'onorevole Lupi, il quale, ricordando che la querelle sul bilanciamento dei poteri dello Stato si trascina da vent'anni, individua in questo provvedimento blitz della maggioranza la soluzione di questo dilemma.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Amici 1.92, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 534
Votanti 496
Astenuti 38
Maggioranza 249
Hanno votato sì 222
Hanno votato no 274).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Amici 1.94.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Andrea Orlando. Ne ha facoltà.
ANDREA ORLANDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, il dizionario Devoto-Oli definisce «lodo» la decisione degli arbitri per dirimere una controversia. Qui non c'è nessun lodo, non c'è nessun arbitro al quale le parti hanno chiesto di pronunciarsi; c'è invece un giocatore che ha deciso di chiudere la partita e di stabilire il risultato, naturalmente a suo favore.
Se il termine viene ancora impropriamente utilizzato è perché il primo tentativo, poi fallito, di affrontare il tema in discussione, muoveva dall'intento di dirimere il conflitto, ricercando un consenso che andasse oltre una sola delle parti in causa, e questo come presupposto ad un nuovo e più solido assetto delle istituzioni.
Oggi non c'è nulla di ciò, né la ricerca di una soluzione condivisa, né l'ambizione di un disegno. La cattiva coscienza balza agli occhi quando si invoca l'articolo 68 della Costituzione, omettendo di dire che quell'articolo è parte, appunto, di un equilibrio complessivo definito dalla nostra Carta (un equilibrio peraltro sanzionato dal voto di 453 costituenti su 515), e non il frutto di un'imposizione di una maggioranza, che peraltro non corrisponde neppure alla maggioranza assoluta degli elettori italiani.
Proprio esponenti della maggioranza hanno spiegato che lo scopo di questa norma introdotta sarebbe niente meno che superare il contenzioso tra politica e magistratura che da quattordici anni impedisce lo sviluppo del Paese. Si sono persino ricostruite in modo fantasioso vicende storiche, attribuendo ad un avviso di garanzia la caduta di un Governo che, in verità, avvenne per l'uscita dalla maggioranza di una delle forze che lo componeva.
Il problema esiste e non c'è bisogno di reinventarsi la storia; piuttosto c'è l'esigenza di definire un nuovo equilibrio tra i poteri. Se lo scopo fosse davvero questo, allora sarebbe non tanto la legittimità, ma l'opportunità politica a consigliare la via della legge costituzionale. Ma quella via imporrebbe un serio confronto sull'equilibrio dei poteri che, nel 2008, significherebbe anche affrontare il tabù del conflitto di interessi.
Quello che poteva essere il tassello di un disegno in grado di chiudere la transizione è diventato un anemico provvedimento che non risolverà strutturalmente nessuno dei problemi richiamati se non uno, l'ennesimo strappo unilaterale che giustificherà ogni arroccamento conservatore. Il riformismo, collega Lupi, esige un respiro, una visione e non l'angoscia di risolvere problemi più che contingenti, più che particolari. Per questo percorso non c'è né la volontà né il tempo; e non c'è il tempo non perché si debba correre a salvare Alitalia, né perché si debba procedere ad adottare nuove misure per fronteggiare la caduta del potere d'acquisto degli italiani (il Ministro Tremonti ha già spiegato, in sede di esame del DPEF, che per quello non c'è niente da fare). Non c'è il tempo perché tanto prima ci si mette al riparo e tanto meglio è, e perché una discussione più approfondita avrebbe fatto emergere di fronte all'opinione pubblica l'anomalia della proposta avanzata rispetto agli altri istituti di garanzia previsti per le alte cariche negli altri Paesi.
Ma soprattutto, non c'è il tempo perché questo avrebbe potuto aprire una riflessione nella stessa maggioranza che si è vista passare sulla testa questo provvedimento non previsto dal programma della coalizione, non annunciato nella campagna elettorale, non illustrato in quest'Aula Pag. 87quando nella discussione degli indirizzi generali di Governo il Presidente del Consiglio si calò, per qualche minuto, negli inconsueti panni dello statista.
Potete raccontare che questo è il segno della vostra coesione. E qualcuno nella maggioranza ha rumoreggiato quando si è richiamato il malessere che pure sappiamo esiste in essa. Io, però, faccio una scommessa: nessuno tra i colleghi del centrodestra, tornando a casa, farà un comunicato per dar conto ai propri concittadini del lavoro compiuto in queste ore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). So che nel centrodestra vi è chi sa come andare a cercare i voti e non sarà il provvedimento in esame che citerete nelle prossime iniziative pubbliche e nelle prossime campagne elettorali. Certo, sarà difficile spiegare che questa è la prima priorità del Paese.
PRESIDENTE. Onorevole Orlando, la invito a concludere.
ANDREA ORLANDO. Concludo, signor Presidente. Forse questo non sarà il provvedimento che rovinerà la vostra luna di miele. Tuttavia, tra i vostri elettori qualcuno inizierà a guardarvi con diffidenza e non ne gioisco perché tale diffidenza rischia di trasformarsi in diffidenza verso tutte le istituzioni.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Orlando.
ANDREA ORLANDO. Voi proponete tale misura perché sostenete che essa conferisce stabilità al sistema. Credo vi sia un'involontaria ironia in questo motto, se non addirittura una provocazione. Cerchiamo di approvare almeno l'emendamento in esame per limitare i danni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rota. Ne ha facoltà.
IVAN ROTA. Signor Presidente, intendo svolgere una mia riflessione. La maggioranza sta sostenendo un lodo vestendolo di nobili intenti mentre in realtà sta propinando un dolo mortale, un inqualificabile attacco alla Costituzione che, all'articolo 3, pone tutti i cittadini uguali di fronte alla legge.
Anziché di immunità, le alte cariche dello Stato dovrebbero godere di integerrimità ed essere di esempio a quei cittadini perbene, la maggioranza degli italiani, rappresentati da cinquantamila difensori della legalità che si sono ritrovati in piazza Navona (Commenti dei deputati dei gruppo Popolo della Libertà) per manifestare la preoccupazione per una democrazia a rischio padronale. Anziché ascoltare, il diretto interessato al dolo ha pigiato l'acceleratore con il vostro consenso preoccupato di scappare alla svelta dalle sue responsabilità con la giustizia. Non può andare e funzionare così (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà.
DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, già precedentemente avete affrontato lo stesso argomento. Mi riferisco ad un intervento sulla questione morale nella seduta del 5 marzo 1993: la comunità nazionale esige, infatti, in tutti i settori della vita pubblica il ripristino dell'osservanza delle leggi in ogni campo, nelle attività dei soggetti pubblici e privati... Che tale esigenza si trasformi in un movimento di mobilitazione civile di tutta la pubblica opinione contro il sistema di illegalità diffusa per la punizione dei colpevoli da parte della magistratura... È aberrante ed in contrasto con gli interessi della comunità nazionale ogni provvedimento diretto a modificare la legislazione vigente assolvendo ed amnistiando il potere politico.
Queste erano parole che in quest'Aula venivano pronunciate da Fini, La Russa, Matteoli, Nania, Tremaglia, Gasparri ed altri (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).Pag. 88
Cosa è cambiato da allora a oggi per assumere una posizione completamente diversa?
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Porfidia. Ne ha facoltà.
AMERICO PORFIDIA. Signor Presidente, oggi verrà votato dall'Assemblea un disegno di legge che rappresenta uno schiaffo alla democrazia e all'uguaglianza di tutti i cittadini. Però, l'aspetto che vorrei evidenziare è il modo subdolo con cui si è arrivati a tale provvedimento perché, per un certo verso, Berlusconi ha fatto, a mio avviso, come quel cacciatore che pone a monte una trappola facile per poi catturare la preda con una trappola difficile a valle.
In buona sostanza, cosa è accaduto secondo me? Prima di passare al disegno di legge in esame ha presentato un emendamento per far slittare i suoi processi e, alla fine, ha presentato il disegno di legge in esame ritenendo che la minoranza potesse cadere in questa trappola. Ma noi dell'Italia dei Valori certamente non cadremo in tale trabocchetto e ci dispiacerà di un fatto. Se il Presidente della Repubblica, invece, che rappresenta il garante della Costituzione dovesse ...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Porfidia.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Amici 1.94, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 533
Votanti 502
Astenuti 31
Maggioranza 252
Hanno votato sì 223
Hanno votato no 279).
Prendo atto che la deputata Pelino ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Vietti 1.402.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Adornato. Ne ha facoltà.
FERDINANDO ADORNATO. Signor Presidente, cari colleghi, prendo spunto dal nostro emendamento in votazione - che tra l'altro penso possa essere accolto dall'Aula perché è un suggerimento tecnico corretto, Ministro Alfano - per cercare di fornire un contributo ad una discussione che si è svolta nella giornata di oggi che, al di là delle divisioni esistenti tra di noi, può diventare una discussione importante.
Insomma, forse ex malo bonum: può darsi che possiamo ricavare qualcosa di buono dalla giornata di oggi riguardo alla storia di questo Paese. Infatti, il tema è assai importante, proprio perché riguarda la storia di tutti noi, perlomeno quella degli ultimi quindici anni.
Signor Presidente, quando crollò la cosiddetta prima Repubblica, due furono le vie che gli italiani individuarono per il rinnovamento: la via referendaria e la via giudiziaria. Furono entrambe due grandi illusioni che spesso si intrecciarono tra loro aiutate dal sistema mediatico in quella fase.
Io ebbi personalmente l'illusione referendaria e non faccio fatica a riconoscere che di ciò si trattava. Altri seguirono l'illusione giudiziaria, anche alcuni amici dell'Italia dei Valori e l'onorevole Di Pietro. L'illusione giudiziaria è stata più dura a cadere di quella referendaria. Però, sta di fatto che oggi non abbiamo, come classe dirigente nel suo insieme, né risolto il problema istituzionale dell'assetto dello Stato e dell'assetto nuovo della politica, né risolto il problema del rapporto tra politica e giustizia.
Sono quindici anni che i due nodi con i quali si misurò l'Italia sono ancora aperti. L'illusione giudiziaria, dicevo, continuò ancora e siamo dell'opinione che Pag. 89alcuni settori della magistratura hanno continuato ad aggredire la politica vivendo ancora l'illusione rivoluzionaria di quegli anni. Non c'è solo Berlusconi; permettete che io ricordi qui, per tutti, una sola figura, quella di Giulio Andreotti che da solo, senza maggioranze parlamentari, ha dovuto subire uno degli esiti di questa illusione di una rivoluzione giudiziaria.
Non facciamo nessuno scandalo del fatto che Berlusconi, con le armi della politica, cerchi di difendersi da questa aggressione; non è questo il problema. Il problema che poniamo è che Berlusconi fa solo e soltanto questo.
Berlusconi disse - lo ha ribadito diverse volte - che non avrebbe abbandonato la politica fino a che non avesse cambiato con una riforma l'ordinamento giudiziario. Ebbene, questo non è mai finora avvenuto. Dal 2001 al 2006, con una maggioranza molto larga della quale facevamo parte anche noi fu sprecata un'occasione. Allora Cirami, Cirielli poi Schifani e oggi Alfano: si tratta di lodi ristretti su una questione personale sulla quale non meniamo scandalo, ma ristretti solo a questa. Non vi è traccia di una grande riforma della giustizia, né di una soluzione del problema del rapporto tra politica e giustizia e nemmeno di una grande riforma dello Stato. Questa è la questione che poniamo e che, invece, dovrebbe essere l'oggetto di un confronto tra di noi. Fu sprecata l'occasione dal 2001 al 2006, e vi era una larga maggioranza. È stata sprecata anche l'occasione di oggi, laddove l'inizio della legislatura permetteva non solo una maggioranza forse più larga di quella di allora, ma anche un dialogo con l'opposizione del Partito Democratico e con l'opposizione dell'Unione di Centro che poteva condurre la legislatura in corso a diventare una legislatura costituente. Questo è il punto.
Allora, cari amici della maggioranza, o noi come classe dirigente, come Parlamento, come Camera dei deputati, riusciamo finalmente a prendere sulle nostre spalle il nodo istituzionale e il nodo giudiziario e a ragionare seriamente riformando il Paese, oppure le promesse di riforma che voi fate, o che facciamo insieme, cadranno ancora nel vuoto, saranno come leggi scritte sull'acqua e quella di oggi sarà per voi una vittoria di Pirro, perché sarà una battaglia vinta, ma la guerra che dobbiamo sostenere insieme non l'avremo vinta (Applausi del deputato Brigandì). Ecco il perché del nostro dissenso, ecco perché siamo convinti che il Paese non può capire questo modo di procedere (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vietti 1.402, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 540
Votanti 525
Astenuti 15
Maggioranza 263
Hanno votato sì 240
Hanno votato no 285).
Prendo atto che il deputato Borghesi ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi e che la deputata Laura Molteni ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Vietti 1.403.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.
ROBERTO RAO. Signor Presidente, intervengo per provare a spiegare brevemente ai colleghi, provati da questa piccola maratona, il contenuto di merito, come per gli altri presentati, del nostro emendamento. Avremmo gradito su questi emendamenti maggiore attenzione e disponibilità da parte della maggioranza, anche da parte sua signor Ministro, perché questo per noi è un provvedimento troppo Pag. 90importante per restare così blindato. Comunque ne prendiamo atto, veniamo al merito.
La separazione dei processi rappresenta la regola generale del processo penale delineato dal vigente codice di rito, in ossequio alle prioritarie esigenze di celerità e semplificazione; celerità e semplificazione che oggi abbiamo spesso richiamato come stella polare dei nostri emendamenti. Nell'ipotesi di eventuali concorrenti nel reato appare necessario nonché ragionevole, a nostro giudizio, prevedere espressamente la possibilità che si proceda alla separazione dei processi per distinguere le posizioni processuali altrui da quelle dell'autore qualificato. Questo è il senso del nostro emendamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pezzotta. Ne ha facoltà.
SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, non posso nascondere il mio disagio profondo nel trovarmi qui a discutere di questo provvedimento. Mi sono più volte chiesto in queste ore a che cosa serva, il perché di tanta fretta, se non perché bisognava rispondere ad una posizione personale, quella del Presidente del Consiglio. Io non metto in discussione che possa esistere un problema di salvaguardia delle alte cariche dello Stato, ma così com'è stata posta oggi la questione, così come è posta in questo provvedimento, è chiaro che ha altri obiettivi, nasce da altre motivazioni che noi non possiamo accettare (Commenti). Chi le accetta, le deve anche giustificare.
Credo che questo non sia il modo corretto per affrontare il rapporto tra politica e giustizia, che è un tema vero che dobbiamo affrontare, ma in questo modo non si risolverà, ci perseguiterà ancora per molto tempo e la responsabilità sarà in capo alla maggioranza per aver voluto forzare questa situazione (Applausi di deputati del gruppo Italia dei Valori).
Nel frattempo però noi stiamo dimenticando altri problemi che avremmo dovuto discutere in quest'Aula. Che fine ha fatto l'Alitalia, dov'è scomparsa? Che fine hanno fatto i problemi della famiglia? Che fine hanno fatto le questioni dell'economia che abbiamo di fronte?
PRESIDENTE. Il tempo a sua disposizione è terminato, onorevole Pezzotta.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rota. Ne ha facoltà.
IVAN ROTA. Signor Presidente, c'erano una volta un partito dalla grande fiamma che esprimeva solidarietà ai giudici, un'altro partito di origine padana che sventolava in Aula cappi per i ladri seduti in Parlamento, e c'era un neo Presidente del Consiglio che offriva Ministeri al PM del pool di Mani pulite (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Altri tempi; tempi in cui legalità e giustizia sembravano patrimonio di tutti. Ed eccoli oggi, tutti insieme appassionatamente fusi nel Popolo delle «il-libertà» (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà ); tutti insieme appassionatamente a votare il «dolo» della vergogna per questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà.
DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, ricordo ancora l'argomento questione morale trattato nel corso della seduta dell'11 marzo 1993.
La questione morale significa delegittimazione delle istituzioni, disprezzo delle norme costituzionali, arroganza del potere che ha ritenuto possibile trasformare il «palazzo» in un mitico Olimpo. Non è certo una manifestazione di giacobinismo pregiudiziale ad affermarsi qui. Io non so per quanto tempo si possa contenere la rabbia del popolo italiano. Ciò è quanto affermato da Bossi nel corso di quella seduta dell'11 marzo 1993 sulla questione morale.
Cosa accadrebbe se non ci fosse un leader come Antonio di Pietro e un partito come l'Italia dei Valori, democratico e Pag. 91liberale, ad intercettare il malcontento degli italiani e dare delle risposte concrete e reali (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Commenti)?
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vietti 1.403, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 544
Votanti 529
Astenuti 15
Maggioranza 265
Hanno votato sì 244
Hanno votato no 285).
Prendo atto che il deputato Scilipoti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Ricordo che l'emendamento Costantini 1.288 è stato ritirato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Amici 1.291.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bindi. Ne ha facoltà.
ROSY BINDI. Signor Presidente, colleghi e signori del Governo, sotto l'urgenza dei problemi giudiziari del Presidente del Consiglio il Governo umilia la Costituzione, mortifica il Parlamento e con la forza dei numeri impone l'approvazione di un provvedimento che non ha precedenti uguali nei sistemi democratici-parlamentari come il nostro.
Il provvedimento in esame, destinato a sospendere il processo per corruzione a un magistrato a carico di Silvio Berlusconi, prefigura un sistema abnorme di impunità, peraltro in modo pasticciato, per le più alte cariche dello Stato. Si afferma ed è stato ripetuto anche in Aula che occorre mettere fine all'emergenza giustizia e chiudere una presunta anomalia italiana nel rapporto tra magistratura e politica. La norma bloccaprocessi e il lodo Alfano, entrambi indissolubilmente legati l'uno all'altro, non avrebbero infatti attinenza con il processo in corso a Milano (sono le parole dell'onorevole Ghedini) perché l'onorevole Berlusconi non se ne avvarrà, perché si risolverà con la sua assoluzione.
Allora a che cosa serve? La risposta è a dir poco inquietante. I processi si devono sospendere per il bene del Paese e non per Berlusconi, il lodo serve a governare con serenità e, ci ha ripetuto stamattina l'onorevole Pecorella, ad assicurare quella stabilita politica che da troppo tempo manca nel nostro Paese. Ma davvero pensate che si può fare il bene dell'Italia se la giustizia non è al servizio di tutti, se la legge non è uguale per tutti, se la serenità di chi governa è affidata ai suoi privilegi e alla sua immunità, anziché alla sua retta coscienza (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)? È come sostenere che la legittimazione del popolo sospende il valore della legalità e solleva chi detiene il potere dal rispetto della legge.
Il nostro Presidente del Consiglio oggi ci ha detto (ce lo dirà tra qualche momento, quando voterete questo provvedimento): la legge la faccio io! C'è chi ha parlato di sultanato, ma a me è venuto in mente il Leviatano di Hobbes, laddove si dice che il sovrano, per essere libero di governare, non può essere sottoposto neppure alla legge. Quello, però, era il tempo dell'assolutismo e non dello Stato di diritto e della liberaldemocrazia. Mi è tornato in mente anche un dialogo pubblico, a Monaco di Baviera, tra il filosofo Habermas e l'allora cardinale Ratzinger, sui fondamenti morali prepolitici dello Stato liberale. In quel dialogo, il futuro Pontefice affermava che è compito della politica sottomettere il potere al criterio del diritto e, in tal modo, ordinarne l'uso sensato. Aggiungeva, inoltre, che se il diritto non appare come espressione di una giustizia che sia al servizio di tutti, ma come prodotto di un arbitrio e di una pretesa di essere nel diritto solo perché si detiene il potere su di esso, è inevitabile alimentare Pag. 92nei cittadini il sospetto verso il diritto e la legalità e minare l'autorevolezza e la dignità della politica (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). Chissà se, in questi giorni, autorevoli commentatori di questo dialogo lo rileggeranno, prima di votare questo provvedimento.
Si è ripetuto più volte in quest'Aula che in Italia la dignità della politica sarebbe compromessa da un cattivo rapporto tra politica e magistratura. Anch'io penso che in Italia questo rapporto debba essere affrontato, ma vorrei che fosse la politica a fare il primo passo, perché solo una politica capace di trasparenza, di libertà e di autorevolezza è in grado di porre seriamente questo problema. La moralità pubblica e privata di chi fa politica non può essere sfiorata dai dubbi o dai sospetti. È uno dei requisiti essenziali per l'esercizio di ogni responsabilità istituzionale. La politica, che giustamente pretende l'autonomia dalla magistratura, deve saper dimostrare di essere autonoma e libera da tutti gli altri poteri, soprattutto da quello economico-finanziario e da quello degli affari. La norma bloccaprocessi e questo lodo dimostrano, invece, che la politica, anziché riformare se stessa, altera gli equilibri delle istituzioni, travolge il diritto e piega il principio di legalità agli interessi personali del Presidente del Consiglio.
Questa mattina, tutti avete affermato che, in questo Paese, saremmo stati vittime di un cattivo rapporto tra magistratura e politica. È stato detto che il Governo Prodi è caduto per l'intervento di un pubblico ministero, ma il Ministro Mastella si è dimesso e abbiamo visto come è andata a finire: non abbiamo fatto una legge per salvare quel Governo da quel pubblico ministero (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Anche se si volesse andare indietro nel tempo, l'articolo 68 della Costituzione è stato modificato da un Parlamento del quale non facevo parte. Di quel Parlamento faceva parte una classe politica dalla quale io ho più volte preso le distanze. Quella classe politica ha pagato duramente e non è giusto che sia stata sostituita da chi, dopo quindici anni, continua a tenere ingombrato il Paese dai suoi interessi personali (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!
Signor Presidente, le chiedo ancora un minuto. In questi giorni, abbiamo preso tutti le distanze dalla piazza - lo voglio ripetere -, però io non sono solo preoccupata dall'uso smodato delle piazze, ma anche dall'indifferenza e da un Paese che, preso dai suoi problemi, che vi ostinate a non risolvere, non ha neanche la libertà di rendersi conto di che vulnus viene portato alla democrazia italiana (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania), così come...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ROSY BINDI. Signor Presidente, esprimo un ultimo concetto e concludo. Nessuno scambi il nostro senso di responsabilità e la nostra disponibilità al dialogo, perché questa ha un alto prezzo e non è gratuita.
Mi domando se possa esserci dialogo con chi è gravato da un gigantesco conflitto di interesse e ha preteso e ottenuto di dettare leggi su misura e garantirsi impunità.
Non so, per quanto mi riguarda (la domanda è seria), se questo macigno potrà mai essere tolto dalla strada del dialogo che tutti peraltro auspicavamo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori e di deputati del gruppo Unione di Centro).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palagiano. Ne ha facoltà.
ANTONIO PALAGIANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, proprio in questi giorni stiamo assistendo ad un tentativo di gogna mediatica del nostro partito, l'Italia Pag. 93dei Valori, che viene definito giustizialista, forcaiolo e qualche volta anche qualunquista da tutta la maggioranza o da parte di essa. La nostra unica colpa è quella di voler ribadire un concetto, imprescindibile per il nostro Paese e per ogni Paese democratico: davanti alla legge tutti i cittadini sono uguali.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 17,45)
ANTONIO PALAGIANO. La norma che stiamo discutendo in quest'Aula questo pomeriggio, con una fretta e un'urgenza che non hanno precedenti, è in evidente contrasto con l'articolo 3 della Costituzione che sancisce, appunto, l'uguaglianza di tutti, ma proprio di tutti i cittadini davanti alla legge.
Si tratta quindi di un provvedimento incostituzionale e nonostante vi sia già un precedente - il lodo Schifani - il Governo non demorde, anzi insiste e antepone ai problemi del Paese quelli scottanti dell'onorevole Silvio Berlusconi. Così si dimentica che vi sono altri problemi; vi sono molte statistiche riportate su tutti i giornali secondo le quali per gli italiani i primi problemi sono la riduzione del potere d'acquisto dei salari, le pensioni, la disoccupazione e la sicurezza.
Lo stravolgimento dell'ordine del lavori della Camera per forzare i tempi e per far approvare con estrema impazienza questo disegno di legge chiaramente è una strategia studiata a tavolino. Sappiamo tutti - lo abbiamo ascoltato dall'opposizione e anche dai centristi - che si tratta di un'operazione studiata a tavolino ovviamente per eludere il problema dell'onorevole Silvio Berlusconi in ordine a questa sentenza incombente per falsa testimonianza per aver corrotto un test, l'avvocato Mills. Ebbene bisogna ricordarsi che gli archivi delle agenzie sono spesso uno strumento amaro davanti al quale ogni uomo, ogni politico, ogni personaggio pubblico deve confrontarsi. È un po' come la macchina fotografica, che ha ritratto le immagini dei parlamentari che, anni or sono, esibivano il cappio in questo Parlamento.
Ricordiamo dalle agenzie che nel 1993 fu abolita l'immunità parlamentare, che si può considerare la versione estesa di quello che io chiamo «nodo» o «dolo» Schifani (Schifani-Alfano). In quell'anno - ricordiamo a tutti per onor di cronaca e come si potrà vedere sulle agenzie - l'ordine non partì dalle solite toghe rosse di Milano, ma furono due mozioni, una firmata dagli onorevoli Bossi, Maroni e Castelli, l'altra firmata dagli onorevoli Fini, Gasparri e La Russa. Per loro allora, ritorniamo alle agenzie dell'epoca, cito testualmente: un privilegio medievale per l'attività parlamentare, che andava pertanto abolito e che era visto dai cittadini, «come uno strumento per sottrarsi al corso necessario della giustizia». Furono loro a scrivere al procuratore di Milano, Francesco Saverio Borrelli, per protestare contro il «no» della Camera all'autorizzazione a procedere nei confronti di Bettino Craxi.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 17,47)
ANTONIO PALAGIANO. Per loro - cito sempre testualmente - l'immunità parlamentare era inammissibile poiché rappresentava uno scudo giudiziario insormontabile che non consentiva ai giudici di svolgere fino in fondo il loro compito istituzionale.
Queste sono le agenzie dell'epoca. Forse erano altri tempi e forse grazie a quelle frasi, da noi oggi e da sempre condivise, hanno fatto loro fortuna politica. Oggi i tempi sono cambiati. Oggi non sono più semplici parlamentari ma siedono tra i banchi del Governo, ricoprono le più alte cariche istituzionali e difendano la casta. Addirittura l'onorevole Castelli è andato oltre, quando ha sostenuto che occorre andare oltre il lodo Schifani-Alfano, ed estendere l'immunità per tutti. Ma dov'è finita quella Lega sana degli anni Novanta? Dov'è finita quella Lega che rivendicava il diritto da parte dei giudici di intercettare qualsiasi telefonata, di chicchessia, pur di portare alla luce la verità?Pag. 94
La verità è che il clima è cambiato. Voglio citare adesso una notizia riportata dall'agenzia Ansa del 29 ottobre 1993: la Lega auspica una maggiore decisione nell'abolizione dei privilegi che non trovano altra giustificazione se non un corporativo interesse della casta. Per concludere, queste parole che, di fatto, la Lega non riconosce più, le abbiamo fatte nostre, le abbiamo adottate noi dell'Italia dei Valori. Pertanto, è prioritario abolire tutti i privilegi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pezzotta. Ne ha facoltà.
SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, riprendo da dove ho interrotto. Ritengo che sia importante e necessario affrontare il tema e la questione del rapporto tra la giustizia e la politica. Un rapporto che in questi anni ha sicuramente tenuto teso ciò che, invece, doveva essere estremamente lineare. Il fatto che dobbiamo andare verso una chiarificazione, verso una soluzione della questione, mi sembra alquanto evidente. Ma non credo che un provvedimento di questo genere, che affronta in modo limitato la questione e che dà l'impressione - forse qualcosa di più dell'impressione - che serva solo per risolvere i problemi di qualcuno, del Presidente del Consiglio rispetto alle sue vicende giudiziarie, sicuramente ci consentirà di risolvere la questione.
Inoltre, voglio rilevare che, mentre noi stiamo qui a discutere, ci stiamo dimenticando di problemi ben più gravi, ben più urgenti rispetto alle persone, alla gente comune, rispetto a tutte le persone che al mattino si alzano e vanno a lavorare. Mi domando che fine abbia fatto il discorso sull'Alitalia. Ne sentiamo di tutti i colori: quando parleremo di Malpensa? Forse un giorno ne dovremmo parlare o dovremmo parlare solo delle materie riguardanti il lodo Alfano?
Mi domando come affrontare le questioni economiche che ci stanno venendo incontro e che saranno pesanti: esse avrebbero richiesto la capacità di essere subito presenti. Non credo che si possano affrontare, come si sta facendo, con la presentazione del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112 e con una marea di emendamenti che, anche in quel caso, ci inibisce di discutere. Per questo motivo affermo che siamo in una situazione estremamente delicata, dove un processo di discussione e di ricerca non si affronta. Mentre noi stiamo discutendo di tali argomenti, nel nostro Paese aumenta la povertà, aumentano le persone che non riescono ad arrivare a fine mese, aumentano le persone che avrebbero bisogno che la politica fornisse risposte, che noi, in questo momento e non per colpa nostra, ma per colpa della maggioranza, non riusciamo a dare, non riusciamo a mettere in campo. Per tale motivo ritengo che stiamo stravolgendo il rapporto tra noi e i cittadini.
Ritengo che il provvedimento in esame andava posto in altri termini, in altri modi e, forse, andava posto in modo meno generico, meno circoscritto, in modo più ampio, per affrontare l'insieme della questione.
Credo, Signor Presidente, che la politica o è in grado di recuperare e di rafforzare - non è quello che stiamo facendo oggi - un senso civico, una dimensione morale del suo essere o la politica declina e, con la politica, declina il Paese: cosa che noi dobbiamo cercare di evitare. Quando si vogliono piegare agli interessi personali le questioni generali che vanno affrontate in modo e in termini diversi, si introduce un vulnus nella dimensione civile di questo Paese. È questo che ci turba e ci pone in una situazione di difficoltà. Dobbiamo cercare di evitare che ciò avvenga.
Abbiamo il dovere di evitare al nostro Paese questa deriva e declino, perché non lo recupereremo più. Bisogna avere il coraggio di rimettere le cose al loro posto, di dire le cose per quelle che sono. Ecco perché siamo contrari a questo modo di fare e assumeremo una posizione coerente, che non consiste nel negare la necessità, ma è quella di dimostrare la differenza tra un'impostazione e un'altra (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.
CARLO MONAI. Signor Presidente, ho molto applaudito l'intervento che l'onorevole Bindi ha svolto poco fa, sottolineando la questione culturale che sottende a questa impostazione del «dolo Alfano»: una cultura che è stata definita acostituzionale, cioè indifferente alla Costituzione e incline alla contingenza politica e ad assecondare le logiche del piccolo «quartierino».
Qui stiamo attentando al principio basilare del rispetto della Costituzione e del rispetto del principio di uguaglianza.
Si tratta di una questione culturale che noi, soprattutto al nord, amici della Lega Nord, dovremmo sentire più pressante, se è vero, come è vero, che la cultura della legalità è, in quelle zone, più innata e più radicata.
Oggi un collega del centrodestra di lungo corso mi ricordava che non si candidò alle elezioni politiche, anni fa, perché era sfiorato da un'indagine penale, che poi si risolse positivamente.
L'esperienza della cultura tedesca, che è quella più vicina alla cultura giuridica italiana (caratterizzata da Costituzione rigida e Corte costituzionale) non prevede un'immunità per i Ministri, quando commettano atti fuori dall'esercizio delle loro funzioni.
I reati comuni vanno perseguiti, anzi direi con maggior rigore, se sono commessi dalla classe politica.
Quindi, pretendo uno scatto di orgoglio dal Parlamento, in nome della legalità.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rota. Ne ha facoltà.
IVAN ROTA. Signor Presidente, nel mio precedente intervento ho registrato un brusio proveniente dai banchi della maggioranza: ho forse detto qualcosa di non vero? Ho ricordato male? O forse ho evidenziato che i duri e puri sono una razza estinta (Commenti di deputati del gruppo Popolo della Libertà)?
Certo è che non di duri - perché servirebbe troppo viagra - e puri, ma di deputati liberi e rispettosi della Costituzione ancora c'è n'è. Ancora, in quest'aula, grazie a Dio, e non solo nei banchi dell'Italia dei Valori, siedono uomini e donne col mandato di difendere legalità, giustizia e trasparenza (Commenti di deputati del gruppo Popolo della Libertà). Sono colleghi, signor Presidente, che ancora rispettano e difendono la Costituzione e che forse dovrebbe stringersi in una lega nazionale dei valori (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, la Costituzione tedesca prevede l'immunità parlamentare, ma sapete qual è il primo atto della legislatura, che compiono i parlamentari tedeschi? Rinunciano all'immunità prevista dalla Costituzione.
Questo è un modo di fare che va nel senso della trasparenza e nella direzione di essere trattati non come casta, ma come tutti gli altri cittadini, perché la legge sia uguale per tutti.
Qui diamo l'impunità, attraverso il «dolo Alfano», al Presidente del Consiglio dei ministri, che riuscirà definitivamente a sfuggire al tribunale, come sta facendo da quattordici anni (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Amici 1.291, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 542
Votanti 506Pag. 96
Astenuti 36
Maggioranza 254
Hanno votato sì 227
Hanno votato no 279).
Passiamo all'emendamento Samperi 1.292.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Samperi. Ne ha facoltà.
MARILENA SAMPERI. Signor Presidente, l'emendamento in esame mirava ad evitare il rischio di un'interpretazione creativa, che consentisse la reiterabilità della sospensione, nel caso di cambiamento di ruolo o di funzione nel corso della stessa legislatura (per fare un esempio: un Presidente del Consiglio che diventi Presidente della Repubblica).
La sospensione prevista in questo provvedimento concerne imputazioni relative a tutti gli ipotizzabili reati, nessuno escluso, al di là dello spazio e del tempo in cui questi fatti siano avvenuti, a prescindere da qualsiasi collegamento con le funzioni esercitate. Una prerogativa così ampia, oltre a dispiegare effetti astratti e futuri, produce intanto un immediato effetto sospensivo del processo Mills in via di svolgimento. In quest'Aula non siamo costretti, come ha fatto la Corte costituzionale nella sentenza n. 24 del 2004, a separare la questione giuridica da quella politica; in quest'Aula abbiamo il dovere di affrontare la questione politica. Pertanto, non siamo costretti ad un'operazione di esternazione e di estrazione del testo dal contesto per porlo su un piano del tutto astratto, nel quale si dissolva l'interesse specifico, concreto ed attuale del Presidente Berlusconi ad ottenere il beneficio della sospensione del processo penale che lo riguarda.
Ecco perché abbiamo contestato al Presidente Fini la violazione delle prerogative del Parlamento e la rivoluzione delle procedure che, nonostante il burocratico elenco di precedenti che egli ha citato, non sono assimilabili a nessun altro caso della vita istituzionale del Paese. Saremmo stati ben lieti - e la Conferenza dei presidenti di gruppo lo avrebbe deciso sicuramente all'unanimità, sanando così il vulnus - se l'accelerazione delle procedure avesse riguardato il recupero del potere d'acquisto delle famiglie, nuove opportunità di lavoro, la diminuzione delle pressioni fiscali sulle retribuzioni e sulle pensioni e una riforma della giustizia per renderla più efficiente e celere. Tutti provvedimenti che avrebbero rimesso al centro dei nostri pensieri una società tragicamente priva di speranza.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 18)
MARILENA SAMPERI. Invece no: la deroga, che è stata anche stravolgimento dei tempi e del calendario delle Commissioni e dell'Aula, riguarda solo l'interesse dell'onorevole Berlusconi, cioè il suo interesse personale e specifico di sottrarsi al processo penale che lo riguarda. Non è poca cosa e il Presidente Fini ha creato un pericoloso precedente, che avrà conseguenze sulla vita di questo Parlamento e sulla vita democratica della nazione.
La maggioranza ha ritenuto di procedere per la propria strada, incurante degli appelli e delle fondate argomentazioni dell'opposizione per migliorare la norma e per affrontare in modo più consapevole un problema così complesso come quello dei rapporti tra poteri dello Stato. Tuttavia, incuranti di tutto e di tutti, anche dei rilievi di incostituzionalità che sono stati sollevati, voterete questo provvedimento e ve ne libererete in sole 36 ore. Avete la forza dei numeri, ma lo strappo istituzionale che state consumando incrina irrimediabilmente un clima sereno ed indispensabile per una stagione di riforme condivise. Ma, soprattutto, state consumando questo strappo, disponendo di un bene che non è nella vostra disponibilità, cioè quello del rispetto del diritto e dei principi costituzionali.
Proprio per questa abnormità del provvedimento, non ho riformulato il mio emendamento 1.292 e lo ritiro.
PRESIDENTE. Prendo atto che l'emendamento Samperi 1.292 è stato ritirato.Pag. 97
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mantini 1.400.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho accolto con piacere l'orientamento favorevole della maggioranza su questo nostro emendamento, il quale precisa meglio che la sospensione condizionata del processo non è reiterabile, ove si assuma altra alta carica.
Si tratta di un punto di una certa importanza, coerente con l'indirizzo della Corte costituzionale che, nella sentenza n. 24 del 2004, ha censurato - relativamente al cosiddetto lodo Schifani del 2003 - la possibilità di investitura in altro tra gli incarichi indicati e, dunque, l'effetto di un indefinito protrarsi della sospensione, che darebbe luogo ad una sostanziale impunità ad personam, con grave pregiudizio del valore costituzionale della giustizia.
Dunque, ora la sospensione resta limitata ad un solo mandato, allo scopo di assicurare - e sono le parole della Corte - il sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono a quelle cariche, anche sotto il profilo - sono sempre parole della Corte - del legittimo impedimento a comparire, come misura diretta alla protezione della funzione.
La maggiore conformità della norma in esame ai limiti posti dalla giurisprudenza costituzionale non esclude, tuttavia, che una tale garanzia, ove ritenuta politicamente opportuna, avrebbe dovuto essere assunta con norma di rango costituzionale e non con legge ordinaria. Gli argomenti al riguardo sono già stati svolti egregiamente da altri colleghi del Partito Democratico e dell'UdC. Pertanto non li ripercorrerò, tuttavia è chiaro a molti - e vi è traccia di questa consapevolezza anche negli interventi di diversi esponenti della maggioranza - che stiamo agendo su una delicata materia, fortemente imbrigliata dagli articoli 90, 96 e 68 della Costituzione, in tema di speciali garanzie processuali per determinate funzioni istituzionali e in bilico con i princìpi di cui agli articoli 3, 24, 111 e 112 della Costituzione, relativi ai valori di uguaglianza, dei diritti di difesa e della giurisdizione.
Io stesso, insieme al collega Tabacci ed altri, mi sono fatto promotore di una proposta di legge di revisione costituzionale, che agisce con precise e serie condizioni sull'articolo 68 della Costituzione. Certo, la materia è delicata e non può essere banalizzata come se ogni speciale garanzia accordata ad una funzione istituzionale sia da intendere come un privilegio di casta o una lesione del principio di eguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione. Questa è una visione primitiva, dilettantesca e demagogica del principio di eguaglianza. Come è noto, infatti, tale principio comporta che, se situazioni eguali esigono eguale disciplina, situazioni diverse possono implicare differenti normative - sono parole della Corte - e sulla base di ciò va valutata l'esigenza di protezione della serenità dello svolgimento delle attività connesse alle cariche in questione, sono sempre parole della Corte.
Ma è il profilo politico che ora, qui, più rileva: come è possibile pensare, colleghi della maggioranza, di intervenire su una tale delicatissima questione, che riguarda un conflitto tra politica e giustizia che in Italia dura ormai da quindici anni, sulle ferite della lunga ed anche tragica stagione di tangentopoli, non già con un lodo che implicherebbe, appunto, un saggio arbitrato tra le parti, ma con un blitz, una misura di parte, imposta in 48 ore! Perché non si è neppure tentata la via di un'intesa alta, di un coinvolgimento delle opposizioni, di un confronto serio, per una diversa stagione politica, come più volte richiesto dal Capo dello Stato? È saggio, onorevoli colleghi, chiudere un conflitto, imponendo con la forza la logica dei vincitori? Non è saggio e non è garanzia di vera e durevole pace.
Siete stati mossi dalla logica dell'ossessione immunitaria, più che dalla ricerca di un'intesa sulle riforme necessarie, molto necessarie, a questo nostro Paese. È mancata, alla prima vera prova della nuova legislatura, la saggezza politica, lo spirito Pag. 98costituente. Riusciremo a recuperarlo? Le vostre ricette su Alitalia, monopoli, tagli agli enti locali e ai servizi non funzionano, mentre crescono tassi e inflazione, costi delle materie prime, la tecno-finanza sembra un osso duro anche per Robin Hood e le famiglie italiane sono preoccupate e deluse.
Forse, vanno un po' meglio - ho terminato, signor Presidente - i sondaggi, ma vedrete, ancora per poco, perché si deprimeranno anche quelli, con il resto del Paese.
Vogliamo arrenderci a queste difficoltà ed evocare le invettive di piazza Navona? Noi del Partito Democratico non ci arrendiamo e mi permetto di ricordarvi, cari colleghi, il monito di Calamandrei: l'invito ad essere presbiti, a vedere poco le cose vicine e a guardare bene lontano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.
ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, voglio prima di tutto felicitarmi con l'onorevole Mantini per l'emendamento così ben calibrato, ma mi perdonerà se mi felicito ancora di più con la maggioranza, che, a quanto pare, ha intenzione di votarlo. Sembra quasi di essere in un Parlamento normale, in cui maggioranza e opposizione possono discutere seriamente sui problemi per cercare le conclusioni reali e utili al bene comune.
Non reitererò il mio parere sul provvedimento in generale: ho già detto che questo è un provvedimento amministrativo travestito da legge, perché manca dei requisiti di generalità che sono propri della norma di legge. Non dirò che è incostituzionale, perché - ahimè - ho il sospetto che provvedimenti del genere, in passato, siano stati legittimati dalla suprema Corte, e quindi che questo non possa essere detto, ma, certamente, è un problema grave.
Vorrei, invece, cogliere l'occasione per fare alcune osservazioni sul dibattito che abbiamo svolto. Mi pare che, accanto a molte strumentalizzazioni, emergano alcuni elementi importanti. Ci sono tra di noi alcuni che pensano che esista un'innocenza della politica, che va tutelata sempre e comunque contro l'azione della magistratura.
Sono, per lo più, da questa parte del Parlamento; devo dire loro che mi auguro che non siano maggioranza nella loro maggioranza, perché la crisi italiana non è venuta senza ragioni.
La corruzione c'era, il Paese era stufo della corruzione, ma la corruzione c'è ancora e non si sono trovati i rimedi adeguati per porvi fine, per garantire il rispetto del diritto da una politica troppo spesso prevaricatrice.
Ma c'è anche una parte di quest'Aula che è convinta dell'innocenza della magistratura; credo che sia sbagliato, fermo il rispetto della magistratura in quanto ordine dello Stato.
È difficile negare, quando esiste, per esempio, Berlusconi, che ha avuto la valanga di processi che ha avuto, che esistano settori della magistratura politicizzati, che hanno intenzione di svolgere un'azione che influenza la politica.
Se ci muoviamo tra questi due estremi, non andremo da nessuna parte; andiamo, invece, alla verità delle cose! La verità delle cose è che Mani Pulite fu uno strappo, oltre il limite della legalità costituzionale, cui molti di noi, allora, diedero il consenso, perché parve essere l'unico modo per uscire da una crisi gravissima del Paese.
Quando quelli che ieri agitavano i cappi, oggi non li agitano più, quando quelli che ieri dicevano certe cose, oggi non le dicono più, credo che questo sia un fattore positivo per il Paese.
Credo che ciò voglia dire che uno strappo può avvenire, ma non può durare quindici anni; dopo lo strappo, non siamo riusciti a ritornare nella legalità, nella normalità.
Non abbiamo moralizzato la politica e abbiamo dato alla magistratura un diritto di intervento che mette la politica sotto tutela. Questo è il problema, identificato Pag. 99dal mio partito fin dall'inizio, ma anche - devo dire - da una parte consistente, mi auguro maggioritaria, del Partito Democratico.
Mi è sembrato di vedere, anche in alcuni interventi sia della Lega sia del Popolo della Libertà, una consapevolezza di questi problemi. Credo che questa sia la realtà sulla quale bisogna confrontarsi.
Esiste il progetto di legge Mantini-Tabacci: è un buon punto di partenza, probabilmente insufficiente, ma che dice in che modo, responsabilmente, assumendo il nostro dovere verso il Paese, possiamo cominciare a lavorare per affrontare e risolvere questi problemi, che sono irrisolti. La prepotenza di settori politicizzati della magistratura non ha moralizzato la politica, né d'altro canto azioni violente come questa riusciranno a stabilire il giusto rapporto tra magistratura e politica. Certo, i magistrati politicizzati subiscono una sconfitta, si leccheranno le ferite, ma non verrà risolto alcun problema.
Credo che dovremmo cogliere l'occasione, dagli spunti positivi di questo dibattito, per iniziare un nuovo percorso.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ROCCO BUTTIGLIONE. Concludo, signor Presidente. Guardiamo verso il futuro. Il cammino che è davanti a noi è difficile. Il vulnus di oggi è grave, e si aggiunge ad altri. Mi auguro che in questo Parlamento ci sia la dignità, la forza, la volontà e il coraggio di affrontare i problemi (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Donadi. Ne ha facoltà.
MASSIMO DONADI. Signor Presidente, intervengo per spiegare il voto contrario di Italia dei Valori sull'emendamento in discussione, per una ragione che è di lettura generale di questo provvedimento. Noi siamo contrari al fatto che venga approvata un'immunità per le alte cariche dello Stato. Noi crediamo che il principio di cui all'articolo 3 della Costituzione debba valere sempre per tutti, e più di tutti debba valere proprio per quei cittadini eletti alle più alte cariche dello Stato, dai quali i cittadini italiani hanno un maggiore diritto e una maggiore aspettativa di pretendere trasparenza, onestà e rispetto della legge. Per tale ragione, ancor prima di entrare nel merito dell'emendamento, noi siamo contrari ad ogni proposta modificativa, perché rispetto a ciò che noi riteniamo uno strappo, rispetto a quanto noi riteniamo essere l'introduzione di una norma contraria ai principi della nostra Costituzione, non è che una eventuale, ipotetica diminuzione della gravità della violazione possa trovare il nostro consenso. Noi siamo contrari a questa misura normativa in ogni sua parte, in ogni sua componente, nel suo complesso, e non la riteniamo in alcun modo emendabile o migliorabile (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mantini 1.400, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 529
Votanti 520
Astenuti 9
Maggioranza 261
Hanno votato sì 488
Hanno votato no 32).
Prendo atto che il deputato Antonino Foti non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Ferranti 1.296 e Costantini 1.297.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cuperlo. Ne ha facoltà.
GIOVANNI CUPERLO. Signor Presidente, capisco la stanchezza dell'Aula; eppure, nell'esporre questo emendamento, vorrei provare ancora una volta a interloquire con i deputati della maggioranza.
Noi proponiamo di non applicare la sospensione ai processi in corso, e le ragioni della richiesta sono evidenti. Mi permetto una sola aggiunta: voi insistete per il varo della norma anche come tutela della volontà popolare, quella che si esprime attraverso libere elezioni. Su questo punto ci avete invitato a non sovrapporre il bisogno di una norma di garanzia, valida per tutti, al pregiudizio politico verso il Presidente del Consiglio. È una richiesta legittima, ma che si può rovesciare nel suo opposto, e cioè nell'invito rivolto alla maggioranza a non piegare i principi della Costituzione alle esigenze momentanee del Capo del Governo.
Perché vedete, cari colleghi, sta qui, alla fine, l'ostacolo colossale che si staglia davanti a noi e che voi sembrate non vedere. Il Presidente del Consiglio ha un problema, che si rovescia sul Governo e sulla maggioranza. Noi, questo, lo abbiamo capito bene, ma non basta perché il vostro problema si trasformi in una priorità delle istituzioni e del Paese.
Ciò non può accadere per due ragioni. La prima è di sostanza. Compito delle leggi è dettare regole che valgano per tutti i cittadini; altra cosa, invece, è prendere l'interesse di un cittadino - fosse pure il più ricco e potente di tutti, com'è in questo caso - e trasformarlo in una legge dello Stato: questa è una cosa che non appartiene alla democrazia, e infatti non si fa, non si fa mai!
La seconda ragione è diversa e io la descrivo in questo modo. Fra i problemi seri di questo Paese vi è anche una grave crisi di autorità, nel senso dell'autorevolezza di chi decide. Lo dico con onestà, nessuno di noi è esente da questa critica e sarebbe logico tenerne conto. E allora domando sinceramente ai banchi della maggioranza: davvero avete a cuore il principio che ispira questa norma? Benissimo, voglio credere che sia così. Ma allora, perché non sgombrate il campo - vorrei dire: per il vostro stesso interesse - dal sospetto che dietro tutto questo vi sia non già l'affermazione di un principio generale (come tale agganciato alla funzione esercitata, e non alla persona singola), ma addirittura la difesa proprio di una singola persona da un'azione giudiziaria che la riguarda? Perché, vedete, alla fine è questa la ferita: il fatto che siete partiti non da un principio generale, ma da una circostanza personale. Ed è questo peccato originale che nega nei fatti a questo vostro provvedimento la dignità che voi rivendicate a parole.
Ma se invece davvero voi non state facendo tutto questo per bloccare una sentenza, cosa vi trattiene dal prevedere che la norma di principio non si applichi ai processi in corso? Sarebbe una forma di garanzia anche per voi, oltre che un atto dovuto, se guardate al clima del Paese che non potete non cogliere nella sua evidenza e gravità.
Con questo voto, cari colleghi, noi cerchiamo di evitare l'ennesimo strappo fra una larga parte dell'opinione pubblica e quell'istituzione, il Parlamento, che voi dalla maggioranza e noi dall'opposizione siamo chiamati a rappresentare. Io penso che tutti insieme dovremmo farcene carico.
A questo proposito, Ministro Alfano, mi permetto di rivolgermi direttamente a lei. Parecchi anni fa, nel suo bellissimo Elogio dei giudici. Scritto da un avvocato, Piero Calamandrei raccontava un episodio. Erano gli anni drammatici del fascismo e un avvocato suo conoscente accoglieva i clienti in uno studio dove, appesa alla parete, campeggiava una scritta, anzi era una negazione; diceva semplicemente: «Non è»; e a quanti, entrando, rimanevano perplessi e colpiti e gliene chiedevano ragione, l'avvocato rispondeva: «Quella scritta? È soltanto la correzione di un refuso». «Perché» - aggiungeva - «oggi in Italia la legge non è uguale per tutti».
Certo, allora vi era il fascismo, che oggi non c'è. Ma il rispetto dell'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge non è stato ieri, né è oggi, né sarà mai domani - e concludo - un problema di parte. Quel Pag. 101rispetto è il cuore pulsante della democrazia ed è anche il metro di valutazione che userà chi verrà dopo di noi per giudicare la nostra azione di parlamentari della Repubblica e di uno Stato di diritto. Pensiamoci. Se ancora potete, ripensateci (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Costantini. Ne ha facoltà.
CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, qualcuno questa mattina ha detto che il disegno di legge che stiamo discutendo esprime arroganza, ma anche molta paura. Credo che avesse ragione. Aveva ragione perché solo chi ha paura scrive per due volte lo stesso principio nello stesso disegno di legge: solo chi ha paura rafforza un principio che serve solo ed esclusivamente a tutelare i propri interessi. Nel secondo periodo del primo comma dell'articolo 1 del provvedimento al nostro esame leggiamo infatti: «La sospensione si applica anche ai processi penali per fatti antecedenti l'assunzione della carica o della funzione».
Al comma 7, che l'emendamento si propone di sopprimere, è scritto che «le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai processi penali in corso, in ogni fase, stato o grado, alla data di entrata in vigore della presente legge». È evidente a tutti che i processi penali in corso non possono che interessare fatti antecedenti l'assunzione della carica. La stessa identica cosa e lo stesso identico principio, che in maniera asfissiante coinvolge l'interesse del Presidente del Consiglio, è sancito sia nel secondo periodo del primo comma che nel settimo comma che ci proponiamo di sopprimere. È evidente, quindi, che questo disegno di legge è stato scritto per una persona, perché diversamente non sarebbe spiegabile, né sarebbe giustificabile, l'espressione dello stesso identico principio attraverso il riferimento a due commi diversi. Per tale ragione credo che ormai si sia giunti al punto di giocare a carte scoperte.
Prima ho chiesto al Ministro Alfano di farci sapere se il suo Presidente del Consiglio intende o meno rinunziare alla possibilità di ottenere la sospensione del processo Mills dinanzi al tribunale di Milano: non vogliamo saperlo noi, ma hanno diritto di saperlo i cittadini, ed hanno il diritto di saperlo prima dell'espressione del voto e non dopo, magari tra dieci, quindici o venti giorni. Questa risposta non è venuta e la nostra preoccupazione - che in realtà è una certezza - è rafforzata dal fatto che ciò che interessa il Presidente del Consiglio è scritto una, due, tre, dieci volte; in ogni comma e in ogni virgola, si fa riferimento esplicito all'obiettivo che il Presidente del Consiglio intende perseguire. Egli intende perseguirlo calpestando la nostra Carta costituzionale e violentando un principio fondamentale della nostra Costituzione, quello per effetto del quale tutti i cittadini devono essere uguali davanti alla legge. Siamo convinti che l'incostituzionalità di questa norma sia riferita non solo al fatto che non si è adottata una procedura costituzionale; l'illegittimità costituzionale di questa norma è legata anche ai principi che esprime e alla devastazione di principi fondamentali della nostra Carta costituzionale.
È inaccettabile che la sospensione di un processo che riguarda reati comuni per fatti commessi in una fase antecedente l'assunzione della carica possa essere rimessa al mero arbitrio, ad una decisione discrezionale della persona sottoposta a procedimento penale: è una violazione di tutti i principi fondamentali della nostra Carta costituzionale. Noi ci opponiamo in quest'Aula e continueremo ad opporci in ogni sede, in piazza, parlando con i cittadini e mettendo in campo tutti gli strumenti politici di comunicazione che avremo a nostra disposizione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mussolini. Ne ha facoltà.
ALESSANDRA MUSSOLINI. Grazie, signor Presidente. Basta! Abbiamo capito la Pag. 102vostra posizione: e adesso restituite la Mercedes (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Ferranti 1.296 e Costantini 1.297, non accettati dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 532
Votanti 500
Astenuti 32
Maggioranza 251
Hanno votato sì 218
Hanno votato no 282).
Prendo atto che il deputato Rota ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Fava ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Amici 1.300.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Castagnetti. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'emendamento per il quale chiedo il voto di quest'Aula è volto a differire alla XVII legislatura l'efficacia del provvedimento che fortissimamente il Presidente del Consiglio vuole fare approvare, anche con una certa violenza sulle procedure parlamentari. Non si tratta di una provocazione né di un dispetto, ma dell'estremo - a questo punto dell'ultimo, poiché ci troviamo all'ultima riga dell'articolo - tentativo, forse un po' ingenuo, di dare a questa norma, almeno in parte, quel carattere di astrattezza che l'ordinamento pretende.
L'emendamento in esame è peraltro scritto nello stesso spirito e per la stessa ragione per cui voi stessi, per tentare di dare in parte il carattere di astrattezza, avete esteso il beneficio previsto da questo provvedimento ad altre alte cariche dello Stato che non hanno mai pensato di chiedere tale privilegio. Mi si permetta una citazione. «I privilegi contenuti nella Costituzione, originati dalla necessità di altri tempi di difendersi dagli arbitri del re, ripugnano all'eguaglianza civile e alla distinzione dei poteri dei tempi nostri.
Non bisogna soprattutto dimenticare il gran principio giuridico che i privilegi debbono intendersi restrittivamente e perciò nulla potrebbe essere più contrario al diritto quanto una loro arbitraria estensione».
Signor Presidente, onorevoli colleghi, queste parole non sono state pronunciate sul palco di piazza Navona due giorni fa, ma nel 1859 da un prestigioso giurista di nome Ludovico Casanova (Ludovico colleghi, non Giacomo). Già nel 1859, dunque, si discuteva di togliere le immunità per le alte cariche dello Stato.
Nel 1993 lei, Presidente Fini, scriveva nella relazione con cui proponeva il testo soppressivo dell'articolo 68 della Costituzione che si ha timore «di modificare sostanzialmente l'istituto dell'immunità perché cadrebbero molti scudi. Noi consideriamo la modifica proposta come una fonte di moralizzazione della vita pubblica. L'elezione a una carica pubblica non può servire per coprire malefatte né per essere autorizzati a commetterle». Così concludeva la citazione dell'onorevole Fini.
Al contrario, il provvedimento che state spingendo è figlio di un'ottica proprietaria delle istituzioni in cui la mediazione faticosa e complessa, propria della democrazia, perde ogni significato. L'immunità automatica totale, seppur temporanea, anche per reati - l'abbiamo sentito - che non hanno a che fare con l'esercizio delle funzioni scaturisce dall'idea del monarca assoluto e assolto d'ufficio dagli elettori. Una simile immunità non esiste in alcuna altra parte del mondo civile. Non è immune in tale maniera il Presidente degli Pag. 103Stati Uniti, né il Capo del Governo francese, né la Cancelliera tedesca, né il Presidente del Governo spagnolo.
Vi sarà pure una ragione, onorevole Alfano, se in nessuna altra democrazia al mondo si è fatto ciò che state facendo oggi. Mi consenta di rivolgermi in particolare a lei, nello spirito con cui implicitamente si è rivolta a lei anche l'onorevole Bindi. Vi sarà pure una ragione - e lo dico a lei che con me condivide un'appartenenza in passato ad una formazione politica, una grande formazione politica, in cui convivevano tante correnti e in cui convivevano virtù e difetti - per cui mai a nessuno, in sessanta anni di vita repubblicana, è passata per la testa l'idea di arrivare a tanto. Vi sarà pure una ragione, onorevole Alfano.
La responsabilità che attende oggi l'opposizione è quella semplicemente di svelare la verità. Chi concepisce l'elezione a una carica pubblica come l'elevazione a membro di un rango superiore e impunito è questa maggioranza. Si tratta di una maggioranza nelle cui fila siedono quanti solo un anno fa - mi consentirà, onorevole Vitali, di correggerla per ciò che ha affermato stamattina - votarono a favore della concessione dell'autorizzazione all'utilizzo di intercettazioni del collega Fassino, che non era neanche indagato, in un procedimento nel quale il giudice ha potuto affermare che nulla faceva intendere che neppure lontanamente l'onorevole Fassino fosse coinvolto in tale vicenda (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Voi autorizzaste l'uso di tali intercettazioni. Ma fece bene la Camera, allora, a concedere l'autorizzazione perché Piero Fassino è uscito a testa alta da quella vicenda (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!
Ci si difende nel processo, signor Presidente del Consiglio, sempre, anche quando si ritiene di essere vittima di un'ingiustizia e non dal processo, perché questa è la regola che vale per tutti i cittadini e anche per noi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Italia dei Valori)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.
JOLE SANTELLI. Signor Presidente, intervengo velocemente con una dichiarazione da lasciare agli atti. In ordine all'intercettazione appena citata faccio presente che votammo contro perché cerchiamo di essere almeno coerenti con i nostri principi.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Amici 1.300, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 537
Votanti 508
Astenuti 29
Maggioranza 255
Hanno votato sì 218
Hanno votato no 290).
Prendo atto che il deputato Colombo ha segnalato di essersi erroneamente astenuto mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole e che il deputato Romani ha segnalao di aver erroneamente votato a favore mentre avrebbe voluto esprimere voto contario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Palomba 1.302.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, approvando il nostro emendamento voi della maggioranza dimostrereste quello che declamate, e cioè che agite soltanto per l'interesse generale e non per interesse personale. La realtà è che respingerete anche questo emendamento e con ciò Pag. 104avrete chiuso una pagina estremamente buia della nostra democrazia e del nostro Parlamento.
Con l'approvazione del provvedimento in esame avrete provocato due danni gravi ed avrete creato un pericolo ancora più grave: il primo danno sarà l'approvazione di un disegno di legge che esporrà l'Italia alla vergogna; il secondo sarà rappresentato dalla ferita alle prerogative parlamentari che con questo blitz, con questo colpo di mano è stata inferta, e cioè l'accelerazione straordinaria per una fretta maledetta e per la volontà che avete di togliervi dalle mani una patata estremamente bollente. In questo modo avrete creato un precedente pericolosissimo che, se utilizzerete ancora successivamente, potrebbe determinare davvero l'inutilità e la chiusura del Parlamento.
Avrete creato anche un pericolo molto grave. Il pericolo è quello che è aleggiato oggi in Aula e cioè che l'amministrazione della giustizia non debba essere lasciata ai giudici, ma che il potere politico arroghi a se stesso il potere di censurarla e di dire ai giudici come devono fare. Questo sarebbe veramente il colpo di grazia che potrebbe essere inferto a questa democrazia: il potere che occupa il Parlamento e si sostituisce anche alla magistratura.
Avete detto che la magistratura non funziona e che è in calo nei consensi. Tuttavia, mi piacerebbe sapere cosa verrebbe fuori da un sondaggio fatto da un pull di sondaggisti indipendenti che chiedesse a tutti i cittadini italiani da chi vorrebbero che la giustizia fosse amministrata, se dai giudici o dai politici di turno? Credo che un'ondata di «no» sommergerebbe questa seconda opzione. Infatti, i cittadini, anche quelli che vi hanno votato, si fidano più di una giustizia amministrata dai giudici, anche se non del tutto efficiente, piuttosto che di una politica e di una giustizia controllata e amministrata dai politici (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mussolini. Ne ha facoltà.
ALESSANDRA MUSSOLINI. Signor Presidente, allora non ci siamo capiti: restituite la Mercedes e anche la scatola di scarpe! La stiamo aspettando! Lasciateci le chiavi e il numero della targa (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà - Commenti dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, questa mattina non era presente in Aula, ma le avranno senz'altro riferito che c'è stato un momento di vivacità. Noi abbiamo raccolto l'invito del Presidente di turno ad assumere un atteggiamento sobrio, responsabile, evitando qualsiasi riferimento di tipo personale.
Vedo che i colleghi del Popolo della Libertà sono sempre molto suscettibili quando si tratta dei loro problemi anche di carattere giudiziario e, soprattutto, di stretta attualità; invece, fanno riferimenti insensati e fuori luogo a vicende già passate per le aule dei tribunali e già ampiamente verificate ed analizzate, per cui gli interessati sono stati già ampiamente assolti senza fuggire dai magistrati, né ricorrere alla prescrizione e senza darsela a gambe.
Per cui la invito, signor Presidente, a rivolgere nei confronti di tutta l'Aula l'invito - mi scusi il bisticcio di parole - che è stato rivolto verso i nostri banchi. In caso contrario, saremo costretti a chiamare il 118 (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Palomba 1.302, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 105
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 546
Votanti 510
Astenuti 36
Maggioranza 256
Hanno votato sì 224
Hanno votato no 286).
Prendo atto che il deputato Allasia ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e che la deputata Braga ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale.
Ricordo inoltre che non sono stati presentati ordini del giorno.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1442)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ricordo che, a seguito della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo dell'8 luglio scorso, è stata disposta la ripresa televisiva diretta delle dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi e dei rappresentanti delle componenti politiche del gruppo Misto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brugger. Ne ha facoltà, per tre minuti.
SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, rinuncio al mio intervento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Belcastro. Ne ha facoltà.
ELIO VITTORIO BELCASTRO. Signor Presidente, onorevoli deputati, onorevoli rappresentanti del Governo, il disegno di legge all'esame di quest'Aula, al di là dei tentativi strumentali di alcuni settori dell'opposizione di utilizzarlo a fini politici per continuare una polemica pretestuosa contro l'attuale Presidente del Consiglio, sfuggendo così ad un confronto serio sul programma politico di questa maggioranza, è indubbiamente un provvedimento che tende a tutelare gli interessi non di una singola persona, ma di tutto il Paese.
La ratio del disegno di legge, che prevede la sospensione ex lege dei processi penali nei confronti del Presidente della Repubblica, dei Presidenti delle Camere e del Presidente del Consiglio dei ministri fino alla cessazione dalla carica o dalla funzione, vuole tutelare e garantire la necessaria regolarità e continuità alle più alte cariche dello Stato che siano più omogenee tra di loro, facendo riferimento sia alla fonte di investitura che promana dalla volontà popolare, sia alla funzione esercitata che è di natura eminentemente politica.
È innegabile che, dopo anni di duro scontro politico tra diversi poteri dello Stato, fosse necessario ristabilire un clima sereno ridefinendo un sistema di garanzie e contemporaneamente un equilibrio tra i poteri. Per questo era importante, e non rinviabile, affrontare subito con un intervento legislativo il tema della tutela delle più alte cariche dello Stato, al fine di ricondurre in questo modo il confronto politico nel suo vero alveo naturale.
Con la sentenza n. 24 del 2004, cui ha fatto esplicito riferimento il Presidente della Repubblica nel messaggio con cui ha autorizzato la presentazione alle Camere del disegno di legge oggi in via di approvazione, la Corte costituzionale giudicò un interesse apprezzabile la tutela del bene costituito dall'assicurazione del sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono a quelle alte cariche dello Stato, e che tale interesse poteva essere tutelato in armonia con i principi fondamentali dello Stato di diritto, rispetto al cui migliore assetto la protezione è strumentale.
Tale sentenza è stata indubbiamente la linea guida del testo in esame e, pur non potendo entrare in maniera approfondita nel merito dei singoli commi del disegno di legge data l'esiguità del tempo a mia disposizione, è importante sottolineare che il comma 3 a tutela del diritto alla prova stabilisce, ove ne ricorrano i presupposti, Pag. 106di provvedere all'assunzione delle prove non rinviabili procedendo, ai sensi degli articoli 392 e 467 del codice di procedura penale, all'incidente probatorio anche in pendenza della sospensione.
Al comma 4 è previsto che, contemporaneamente alla sospensione del processo, sia collegata la contestuale sospensione del decorso del termine di prescrizione. Al comma 6, in deroga a quanto prescritto dall'articolo 75, comma 3, del codice di procedura penale, si prevede che la sospensione del processo penale, nel caso di trasferimento dell'azione in sede civile, non determini la sospensione del processo civile a tutela dei diritti delle parti presunte lese.
Si tratta, quindi, con tutta evidenza, di un atto teso a ristabilire i reali confini tra poteri diversi, garantendo stabilità e governabilità al Paese. Noi non intendiamo essere gli avvocati difensori del Presidente del Consiglio, non vogliamo tutelare questo Premier, ma qualsiasi Premier da aggressioni esterne che possono mettere a rischio le regole della democrazia e ciò esclusivamente nell'interesse del Paese, del popolo italiano e principalmente del sud, che in questo momento è quella parte d'Italia che ha più bisogno di interventi urgenti e risolutivi per uscire dalla grave crisi economica che lo attraversa.
Quanto è accaduto in questi anni ha ampliato il sospetto di un utilizzo politico delle procedure giudiziarie, lacerando il Paese e contribuendo alla campagna di delegittimazione delle prerogative del Parlamento ed è quindi nell'interesse di tutti che si determini, entro regole certe, il tanto invocato clima di confronto politico, ristabilendo un rapporto di collaborazione per il bene comune del Paese.
A partire da queste considerazioni e augurandoci nel contempo che in futuro si possa, su provvedimenti importanti, aprire il necessario e ampio confronto in sede parlamentare, noi, come parlamentari del Movimento per l'Autonomia, siamo convinti che l'approvazione del disegno di legge in esame potrà consentire a noi, come all'opposizione, di poter affrontare con la necessaria serenità (anche all'interno di un duro confronto politico) i temi importanti che riguardano i problemi reali del Paese: la ripresa dello sviluppo economico soprattutto delle aree del Mezzogiorno, l'avvio di concrete politiche sulla sicurezza, la ripresa del potere di acquisto dei salari, la disoccupazione e la sicurezza sui luoghi di lavoro.
Per questi motivi, convinti nel merito e soprattutto convinti che sia necessario sgomberare il campo da sterili polemiche per avviare (come ci chiede il Paese reale) azioni politiche concrete, preannunciamo il nostro voto favorevole sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.
ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio che non c'è, oggi lei non è soltanto assente, oggi lei è contumace. Sì, contumace, signor Presidente del Consiglio che non c'è, perché oggi, in quest'Aula, non si sta approvando una legge, giacché una legge per definizione dovrebbe essere una norma generale che riguarda tutti. E non ci venga a dire che non è presente perché è impegnato altrove. Ci creda, signor Presidente del Consiglio che non c'è, possiamo benissimo aspettare che ritorni, giacché non vediamo proprio alcuna urgenza per approvare questo disegno di legge.
Stiamo approvando invece (e lei lo sa bene) uno specifico provvedimento che serve a lei e solo a lei. Lei, in altri termini, ha trasformato e sta trasformando il Parlamento in un magistrato speciale che ora è chiamato - ma che dico, obbligato - ad emanare un provvedimento paragiudiziario di proscioglimento perché l'imputato si chiama Berlusconi Silvio. Insomma, lei, signor Presidente del Consiglio contumace, finalmente è riuscito nel suo scopo, ovvero scegliersi il giudice che più le piace, un giudice diciamo «domestico» e appunto perché tratta i parlamentari come suoi domestici, non ci degna della sua presenza neanche oggi che ci chiama a violare la Pag. 107Costituzione per farle un favore. Certo, in quanto suoi domestici alcuni di noi possono sempre sperare che, alle prossime elezioni, lei, dall'alto della sua magnanimità, ci riconfermi nell'incarico visto che la legge le consente questo potere di vita o di morte. Ci riconfermi? Li riconfermi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
Mi creda, signor Presidente del Consiglio contumace, ci avrebbe fatto davvero piacere guardarla in faccia, almeno oggi che la mandiamo in paradiso. Attenzione, però, signor Presidente del Consiglio - glielo dico non come Presidente del Consiglio, ma come imputato - perché ho l'impressione che qualche suo domestico parlamentare, per la troppa «fregola» di difenderla, abbia sbagliato ancora una volta a scrivere la norma. Se lo ricorda il caso Previti? Anche quella volta, per la troppa fretta di fermare il processo, la legge che si era fatta confezionare venne dichiarata incostituzionale e si risolse in un boomerang, tanto che lei dovette sacrificare il suo fido Previti per salvare se stesso.
Anche ora il caso può ripetersi, perché anche questa volta lei è sotto processo insieme ad un altro complice, l'avvocato inglese David Mills, sì, quel testimone un po' così, che, purtroppo per lei, ha già ammesso per iscritto - brutto comunista che non è altro, in combutta con altrettanto brutti e cattivi giudici inglesi, comunisti pure loro - di aver ricevuto da lei una cospicua somma di denaro per dire il falso a giudici italiani in un processo in cui lei, Presidente Berlusconi, era ed è imputato.
Allora, come crede di poter svolgere serenamente le sue funzioni nel caso in cui il suo complice fosse condannato per un reato che, secondo l'accusa, avete commesso insieme? Oh, lo so, lo so che qualcuno per lei andrà dal giudice per dire che anche il processo al signor Mills si deve fermare, ma lei ormai dovrebbe sapere che a Milano non ci sono mica i giudici domestici, quelli che oggi si è nominato qui in Parlamento. Lì ci sono giudici veri, che applicano veramente e seriamente la legge. Ah, certo, dimenticavo, a quel punto lei andrà a sostenere che, siccome i giudici di Milano non le hanno dato ragione, ciò vuol dire che ce l'hanno con lei e che è in atto un teorema politico dei soliti comunisti brutti e cattivi, per impedirle di camminare sulle acque e di moltiplicare i pani e i pesci necessari per sfamare il popolo italiano. Ma a quel punto - glielo segnalo per tempo, signor Presidente del Consiglio contumace - i giudici di Milano faranno ricorso alla Corte costituzionale. Non lo dico perché lo so, ma perché è nella logica delle cose, perché questa legge è incostituzionale.
E lì vedrà, che anche questa volta, la norma verrà dichiarata abusiva rispetto alla nostra Costituzione, a meno che lei non voglia riservare anche alla Corte costituzionale lo stesso trattamento che voleva riservare al Consiglio superiore della magistratura, allorché si permise di dissentire dalla sua dissennata proposta di legge, tesa a bloccare oltre 100 mila processi e tutti i tribunali italiani solo per bloccare il suo processo.
È una proposta che ora è disposto a ritirare, visto che non le serve più, con una faccia tosta che non ha pari, perché ci ha raccontato tutt'altra cosa fino a un minuto fa, anzi l'ha fatta raccontare ai suoi dipendenti parlamentari (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
LUCIO BARANI. Buffone!
FILIPPO ASCIERTO. Sei una farsa!
ANTONIO DI PIETRO. In quel caso, i cittadini italiani stiano tranquilli...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di non interrompere. Onorevole Di Pietro, prosegua pure.
ANTONIO DI PIETRO. In quel caso, stiano tranquilli i cittadini italiani, perché occorre una legge di modifica costituzionale e, quindi, alla fine saranno essi stessi Pag. 108chiamati ad esprimere se accettano o meno la «dittatura dolce» che il Governo Berlusconi vuole propinarci.
Dica la verità, signor Presidente del Consiglio, lei si è fatto mettere anche un'altra norma in questo provvedimento. Si è fatto mettere la norma in base alla quale è prevista anche la possibilità che lei possa rinunciare alla sospensione dei processi. La facoltà di rinunciare dipende solo da lei, dopo aver visto come va il processo Mills. Una volta appurato che va bene, potrà rinunciare. Nel caso in cui andasse male, non rinuncerebbe (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Insomma, me la faccio e me la gioco; me la scrivo e me la mangio.
Sia chiaro - in questa Aula lo diciamo in modo forte e chiaro - noi dell'Italia dei Valori votiamo contro il provvedimento «salva Premier» perché siamo contrari a questa norma a prescindere dal fatto che oggi essa serva per favorire Berlusconi e domani chissà chi. Noi dell'Italia dei Valori siamo contrari a questa legge perché riteniamo immorale, prima ancora che incostituzionale, che quattro cittadini italiani - lo ripeto, quattro - per il solo fatto che svolgono un lavoro invece che un altro possano commettere qualsiasi reato durante il loro mandato senza che nessuno possa dire nulla, nemmeno se impazziscono, se si mettono a uccidere mogli, stuprare bambini, violentare donne indifese, detenere e spacciare droga, arraffare dalle casse dello Stato, nemmeno se dovessero costituire nuove P2, o vecchie P2, sempre quelle (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Proteste dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Riteniamo poi un pasticcio giuridico il fatto che, siccome è previsto che la sospensione avvenga solo ad azione penale avviata, cioè solo dopo la chiusura delle indagini preliminari e a richiesta di rinvio già depositata, potremmo domani avere il caso di un Presidente che viene pure arrestato in flagranza di reato per il quale il provvedimento cautelare è obbligatorio ex articolo 68 della Costituzione (ricordo che l'articolo 68 della Costituzione prevede alcuni casi particolari in cui il Presidente venga arrestato), e siccome non può essere processato, ciò significherebbe che lo vedremmo rimanere a svolgere le sue funzioni dal carcere dell'Ucciardone invece che a Montecitorio (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). E con quali garanzie di terzietà potrà svolgere l'azione civile questo Presidente al posto dell'azione penale prevista dall'odierna legge per tutelare le parti offese se ad essere offeso dovesse essere lo Stato stesso nel caso, ad esempio, di peculato? Potrebbe mai avere un senso una causa civile, intentata al posto di quella penale per peculato, ad esempio, del Presidente del Consiglio, in cui il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi contro l'imputato Berlusconi Silvio, con una mano chiede il risarcimento del danno e con l'altra lo nega?
Insomma, noi dell'Italia dei Valori siamo dell'idea che tutti i cittadini debbano essere considerati uguali davanti alla legge, e se una delle alte cariche dello Stato è accusata di aver commesso qualcosa di penalmente rilevante deve semmai essere giudicato prima e non dopo gli altri.
Lo dico in modo chiaro, non solo ai colleghi della maggioranza ma anche a quegli amici del Partito Democratico che oggi hanno dichiarato la loro disponibilità a considerare possibile in futuro la previsione di una norma, generale ed astratta, che preveda la sospensione dei processi alle alte cariche dello Stato: sia chiaro, noi rispettiamo la loro scelta, ma non è la nostra ed anche per questo ed anche di questo dovremo tenere conto allorché ci sarà da discutere in modo serio di stare insieme, come da voi ieri chiesto, e oggi anche da noi, ancora di più, richiesto (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Casini. Ne ha facoltà.
PIER FERDINANDO CASINI. Cari colleghi, penso che chi ci ascolta in questa giornata estiva avrebbe con maggiore entusiasmo gradito che il Parlamento, che Pag. 109rappresenta il Paese, i suoi problemi e le sue contraddizioni, si esercitasse oggi sul lodo del quoziente familiare di cui si sono perse le tracce, sul lodo delle tasse che rischiano di non attenuarsi nei prossimi anni ma anzi di lievitare, sul lodo della difesa del potere d'acquisto dei salari e delle pensioni perché gli italiani fanno fatica ad arrivare a fine mese, e sul lodo della sicurezza perché ha poco senso interrogarsi su nuove fattispecie giuridiche come il reato di immigrazione clandestina o sulle impronte ai rom se poi drasticamente vengono decurtati i fondi per la polizia, per i carabinieri, e per la guardia di finanza (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Italia dei Valori).
Oppure gli italiani, forse, avrebbero gradito che si parlasse di un lodo ormai dimenticato, il lodo Alitalia, di cui si sono perse le tracce, così come della fantomatica cordata. Il Governo e la maggioranza hanno scelto un'altra priorità, a costo di lasciare per strada provvedimenti di legge come quelli importanti sulla sicurezza, che sono usciti dalla priorità del calendario pre-estivo della Camera e del Senato. Abbiamo preso atto, signor Presidente, di questa scelta, di cui la maggioranza si assume interamente la responsabilità.
Noi - lo voglio dire agli italiani, alla luce del sole - abbiamo operato con la logica della riduzione del danno. La nostra astensione non è solo un contributo alla serenità ma è finalizzata anche a togliere dal «decreto-legge sicurezza» il «bloccaprocessi». Per risolvere la questione non si potevano mettere a repentaglio centomila processi a tutela dei cittadini per reati alcuni dei quali infamanti. È uno scambio? È uno scambio? Si interroga la stampa, l'opinione pubblica. C'è uno scambio? Tutti lo negano, ma io non vedo il motivo di scandalo, perché è più nobile, è meglio lavorare in quest'Aula per evitare di bloccare centomila processi che abbaiare alla luna insultando il Santo Padre, il Presidente della Repubblica e metà di noi nelle piazze (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
Ma la questione vera, colleghi, a cui vi vorrei riportare è un'altra. Il cosiddetto «lodo Alfano», signor Ministro della giustizia, il lodo che lei ha fatto, è la soluzione del problema del Presidente del Consiglio o è un contributo a restituire serenità ai rapporti tesi tra i diversi poteri dello Stato? Non nascondiamoci dietro un dito: abbiamo risolto, con questo lodo, le questioni giudiziarie di Berlusconi, ma oggi, vogliamo parlare del resto? In quest'Assemblea, in questo Parlamento pensiamo che il problema sia risolto perché abbiamo risolto la questione del Presidente del Consiglio o pensiamo che sussista una questione? Questo scontro infinito tra Berlusconi e giudici è stato un grande alibi per la giustizia militante, ma lo squilibrio tra poteri dello Stato, c'è stato o no? Questo è il punto fondamentale che oggi va affrontato, altrimenti perdiamo tempo.
Ricordo un Presidente della Repubblica, Scalfaro, parlare in TV di «tintinnio di manette» e penso all'attuale Presidente della Repubblica, un galantuomo, che non merita di essere trattato come una piazza meschina ha fatto nelle ore passate. E non servono le dissociazioni postume (Applausi). Ebbene, quel Presidente della Repubblica, il nostro, ha ricordato al CSM e ai magistrati i loro limiti con una lettera: «è intercorsa una stagione in cui il potere giudiziario ha talora invaso l'autonomia politica e viceversa». Il punto è questo: esiste tale questione? Cosa pensano coloro che ieri agitavano i cappi e tiravano le monetine contro i rappresentanti del Parlamento e che, oggi, in un soprassalto di garantismo, invocano l'articolo 68 della Costituzione, l'unico che evidentemente i costituenti si sono sbagliati ad apporre, perché in altre parti la Costituzione è rimasta intonsa?
ANTONIO BORGHESI. Applaudite adesso!
PIER FERDINANDO CASINI. Si erano sbagliati, forse, solo su questo punto? E cosa pensa di questo - lo dico all'onorevole Veltroni, che parlerà dopo di me - la Pag. 110sinistra riformista? È un'invenzione di qualcuno di noi o, con l'alibi che è un problema che riguardava Berlusconi e che è stato trattato da questa maggioranza nel modo superficiale con cui è stato trattato, si continua a non affrontare ancora tale questione? In tanti, amici, devono fare autocritica. Ma, onestamente, noi non siamo tra questi. Gli eredi della tradizione democratico-cristiana hanno pagato un prezzo violento, rilevante alla disinvoltura con cui di volta in volta si sono utilizzati i giudici.
Cambiavano i colori, ma la logica perversa era la stessa: usare a fini di parte la giustizia.
Rogatorie, falso in bilancio, Cirielli, Cirami, Pecorella, Schifani, Alfano: verrà un giorno in cui quest'Aula affronterà il tema della giustizia, a partire dalle sofferenze e dalle esigenze dei cittadini, e non si inseguiranno solo le vicende giudiziarie di qualcuno, sia esso il Capo del Governo o noi, membri della casta politica?
Noi siamo pronti e la nostra astensione è un segnale preciso nella direzione di una maggiore serenità, ma anche un'assunzione di responsabilità, perché questo appuntamento non può essere rinviato oltre.
Celerità dei processi e giustizia civile, quella di cui non parlano i giornali, ma quella che interessa migliaia di cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro), certezza della pena, riforma del CSM e della sezione disciplinare (in tutte le categorie del Paese almeno una pecora nera c'è: è possibile che l'unica categoria in cui questa pecora nera non si riesce a trovare è quella di cui si occupa giornalmente il Consiglio superiore della magistratura, perché quello è un organo di autotutela e di assoluzione in qualsiasi circostanza e davanti a qualsiasi evento?), più netta distinzione di funzioni tra giudici e pubblici ministeri: ebbene, signor Ministro della giustizia, con molto rispetto le dico che, se non affronteremo questi temi, in un chiaro rapporto di collaborazione tra maggioranza e opposizione - e le forze riformiste veramente non si possono tirare fuori da questa riflessione - questa sarà una vittoria di Pirro, di cui rischiano di pagare le conseguenze coloro che oggi la ottengono.
Se invece questo è un primo elemento di riflessione comune e di assunzione di responsabilità, nel rispetto della sacrosanta autonomia della magistratura, che nessuno può mettere in discussione, allora questo dibattito non vedrà solo polvere cadere sui banchi del Parlamento, ma forse un diradare di nebbia, necessario dopo quindici anni di veleni, in uno scontro continuo e demenziale tra politica e giustizia (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.
CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Lega Nord ha avuto, in merito al provvedimento in esame, un atteggiamento disincantato, ma assolutamente trasparente.
Non possiamo negare quella che è stata la storia politica da un decennio a questa parte, dove troppe volte vicende estranee alle aule parlamentari ne hanno condizionato il dibattito, ne hanno dettato l'agenda politica.
Tuttavia, non possiamo non riconoscere l'origine di tutto ciò, che risale a un difficile rapporto tra giustizia e politica, che dopo l'abolizione del vecchio articolo 68 della Costituzione, la cosiddetta autorizzazione a procedere, è privo di equilibrio.
Allora, se quello della divisione dei poteri è un principio antico, che sta alla base di uno Stato democratico, occorre trovare una soluzione che, senza tornare alla vecchia immunità - perché questo i cittadini non lo capirebbero, passerebbe come un segnale di impunità inaccettabile - tenga comunque conto dell'esigenza che le relazioni tra le forze politiche e, soprattutto, la salvaguardia dei risultati elettorali, diretta emanazione della sovranità popolare, non restino in balia delle iniziative di qualche magistrato.
Questa ragione è tanto più valida da quando, a seguito della modifica della Pag. 111legge elettorale, di fatto la sovranità popolare indica in modo diretto proprio il Presidente del Consiglio.
L'onorevole D'Alema stamani, nel suo intervento, ha parlato di imbarazzo da parte di qualcuno all'interno della maggioranza, ma questo imbarazzo l'ho colto in lei, negli interventi di alcuni esponenti del suo partito, dalle parole che abbiamo ascoltato nel dibattito di queste ore, e non bastano i toni aulici e moralizzatori per celarlo.
Onorevole D'Alema, lei ha riconosciuto che l'equilibrio fra i poteri dello Stato è un problema reale.
Lei ha parlato di scontro fra politica e magistratura e ci ha invitati ad uscire dalla finzione. La Lega Nord accoglie il suo invito: usciamo da questa finzione e smettiamo di far finta di non vedere che questo è un Paese strano e anomalo, rispetto alle altre esperienze europee più volte citate a modello e che, quindi, necessita di soluzioni diverse. Questo è il Paese in cui i pubblici ministeri autonomi ed indipendenti, diversamente da quanto avviene in altri Stati europei, con un semplice avviso di garanzia possono condizionare le sorti di un intero Governo.
Onorevoli colleghi, questo è un Paese in cui ormai nessuno più - né i cittadini che ci ascoltano - si scandalizza se si parla di una parte della magistratura politicizzata (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), che fa giustizia-spettacolo e che preferisce, invece del lavoro serio (molte volte a rischio della vita), andare ai talk show televisivi. Mi riferisco a quella parte della magistratura che magari si dimentica, perché non ha tempo, di scrivere una sentenza e consente che vengano rimessi in libertà pericolosi criminali (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) o a quella parte della magistratura che rimette in libertà pericolosi rom, sfruttatori e violentatori di bambini, perché non ravvisa il pericolo di fuga (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Questo è un Paese in cui, del resto, dal 1990 ad oggi, il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è oggetto di un'attenzione giudiziaria al di fuori del comune. Onorevole D'Alema, colleghi del Partito Democratico, se condividete - come mi è sembrato di cogliere nelle vostre parole - l'esigenza di nuove regole, esse devono valere da subito, perché questa è la democrazia. Non si può scegliere di dire «no» oggi solo per timore di avvantaggiare un avversario politico (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Questo è il coraggio a cui vi richiamiamo.
Ecco perché oggi la Lega Nord dice «sì» al cosiddetto lodo Alfano, torno a dirlo, in modo disincantato, prendendo atto di un clima viziato, avvelenato e tentato da atteggiamenti che spaziano dall'uso politico della magistratura, alla denigrazione personale, alla demonizzazione dell'avversario, al gossip politico. Se vi è questa disponibilità al dialogo - mi rivolgo a quella parte dell'opposizione che si definisce riformista - abbandonate l'antiberlusconismo, che non vi ha pagato elettoralmente, abbandonate e non seguite più la deriva dipietrista, populista e giustizialista che agita la piazza dei girotondi e delle bandiere rosse, la piazza degli insulti, la piazza dei comici che, quando fanno politica, più che ridere effettivamente fanno piangere (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Abbiate, quindi, il coraggio di smarcarvi da Di Pietro, del quale non comprendiamo la proposta politica, se non nell'offesa e nell'insulto al Presidente della Repubblica e al Santo Padre.
Il lodo Alfano non è una priorità per i cittadini, ne siamo consapevoli, ma temporalmente è giusto affrontarlo adesso, per ripristinare quella serenità, auspicata anche dalla Corte costituzionale, necessaria per governare il Paese, a tutela non del singolo, ma della funzione ricoperta. Pertanto, ci assumiamo una responsabilità politica di scelta, ma vi chiediamo di abbandonare le polemiche e le strumentalizzazioni sulle vicende giudiziarie del Presidente del Consiglio, se volete essere coerenti - mi rivolgo all'onorevole Veltroni - con il messaggio lanciato agli elettori. Non si può essere disponibili al dialogo in campagna elettorale, perché si capisce che gli italiani sono stufi degli Pag. 112scontri, della politica delle accuse e delle chiacchiere (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), e poi fare retromarcia subito dopo, quando si è perso.
Il Presidente del Consiglio verrà giudicato dalla magistratura e potrà serenamente difendersi al termine del suo mandato, ma adesso ha il diritto di governare, perché è il popolo che lo ha investito (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà)! Egli ha il diritto di essere giudicato dai cittadini, insieme al suo Governo, per quello che ha fatto e per quello che farà, per le risposte che saprà dare al Paese e per le promesse che dovrà mantenere. Mi rivolgo anche alla maggioranza di cui la Lega Nord fa parte: torniamo ad occuparci dei problemi concreti dei cittadini. Dobbiamo far dimenticare due anni disastrosi di Governo Prodi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), le cui responsabilità risiedono in questa parte dell'Aula. Ripartiamo, chiudiamo questa pagina della nostra polemica politica e occupiamoci, da subito, di quello che interessa veramente. Vi sono i temi della sicurezza e della lotta all'immigrazione clandestina: domani inizierà la discussione del cosiddetto decreto Maroni alla Camera.
Vi chiediamo di ripartire da qui: dalla sicurezza, dal federalismo fiscale, su cui il PD ha fatto propaganda elettorale al Nord, dalla necessità di riformare lo Stato, dal Senato federale e dalla riduzione del numero dei parlamentari (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), allo scopo di avviare un dialogo fondamentale e importante per riformare il Paese. Abbandonate il ritorno al sempre uguale, alla stagione amara del «no» sempre e comunque, solamente perché viene proposto da chi sta dall'altra parte della barricata, dall'avversario politico.
Il Paese ha bisogno di riforme - tutti ci siamo impegnati in campagna elettorale - ed è auspicabile che siano condivise dall'opposizione. La Lega Nord è disponibile al confronto e al dialogo. Ma se non sarà possibile, se commetterete ancora una volta l'ennesimo errore politico, noi andremo avanti comunque, perché è questo che abbiamo promesso ai nostri elettori e perché, per noi, in politica moralità è mantenere le promesse (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Veltroni. Ne ha facoltà.
WALTER VELTRONI. Signor Presidente della Camera, né lei, né il Presidente del Senato, né tanto meno il Presidente della Repubblica, le cui prerogative sono fissate dall'articolo 90 della Costituzione, avete fatto appello alla necessità urgente di approvare la norma che oggi il Parlamento approva. Questo Parlamento è stato chiamato, con un esame in 48 ore, a votare una legge che è obiettivamente una legge per una persona. Se non fosse così, basterebbe solamente una risposta positiva all'invito, che diversi colleghi hanno fatto, ossia a dichiarare la disponibilità a non avvalersi delle prerogative che oggi vengono votate, proprio per smentire l'idea, che però mi pare abbastanza acquisita anche nella nostra discussione, che in realtà di una legge per una persona si tratti.
L'onorevole Contento, che è un deputato le cui argomentazioni seguo con attenzione, quando vengono svolte nell'Aula, oggi ha parlato di un sacrificio. Ne ha parlato a proposito del fatto che non si è scelta la via di una legge costituzionale. Perché non si è scelta la via di una legge costituzionale, aprendo, in tal modo, un problema che verrà vagliato e verificato in altre sedi? Non la si è scelta per la necessità di andare velocemente, di fare presto, tanto che si è fatta un'inversione, si è detto: il decreto «bloccaprocessi», poi si è detto «no», meglio il lodo Alfano, che va più veloce.
Vede, appare abbastanza singolare agli Italiani che ci ascoltano che in un Paese lento come il nostro, un Paese in cui decidere è così difficile, improvvisamente, in 48 ore, si riesca ad approvare una norma di questo tipo. La maggioranza che Pag. 113governa questo Paese e che l'ha governato tra il 2001 e il 2006, portò, il 15 gennaio 2002, in quest'Aula, una norma per il sostegno alle persone anziane non autosufficienti. Non sono bastate non dico 48 ore, ma sei anni, per approvare quella norma (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)!
Questo dà al Paese il senso di una distanza: quando si tratta delle questioni che riguardano qualcuno, c'è una grande velocità; quando si tratta delle questioni che riguardano il Paese, c'è una grande lentezza. E chi ci ascolta si domanda - e credo che questa domanda abbia attraversato questa discussione, fino all'ultima parte dell'intervento dell'onorevole Lussana - se questa sia la vera priorità, se nelle case degli italiani venga avvertita questa come la questione centrale. Io credo che il paese viva e credo che tutti quanti ne siamo consapevoli forse uno dei momenti più drammatici della sua storia recente. Solo chi è fazioso potrebbe farne carico al Governo che è in carica da due mesi. È qualcosa che si protrae da lungo tempo della storia italiana.
È un Paese bloccato, un Paese fermo, un paese i cui indicatori sono, in questi giorni, purtroppo, tutti indicatori ai quali si accompagna sempre una definizione, l'indicatore più negativo da molti anni: la produzione industriale, l'allarme di Confindustria di oggi, il calo dei consumi che comporta la chiusura dei negozi, il calo dell'occupazione, l'aumento del costo della vita - per fattori internazionali ma anche per ragioni nostre - che consuma, in maniera prepotente, i salari delle famiglie e che metterà, alla ripresa autunnale, in una condizione di grande durezza la possibilità per le famiglie di mantenere il livello della propria vita.
Si tratta della vita reale, della vita dei cittadini, non quella del circuito mediatico-politico, ma la vita reale. E credo che quei cittadini che fanno i conti ogni giorno con questi problemi, ragionevolmente si chiedano se l'approvazione di una norma che riguarda una persona sia davvero la priorità per il Paese.
Signor Presidente, i rilievi che le ha fatto l'onorevole Franceschini e che hanno fatto altri, ovviamente nell'assoluto rispetto della sua figura, della sua carica e della sua imparzialità, rimandano ad un problema.
In questi giorni, nella Commissione bilancio della Camera, con riferimento ad una manovra finanziaria che è stata approvata in nove minuti e mezzo dal Governo - non so se questa debba essere considerata una virtù, ci sono voluti molti giorni per portare il testo in Parlamento - adesso ci sono 1.600 emendamenti.
In una vita parlamentare normale si dovrebbe immaginare che la gran parte di questi emendamenti siano dell'opposizione, invece «no»: mille sono della maggioranza e 130 sono del Governo, ma i 130 del Governo occupano circa 300 pagine, perché si tratta di riforme molto profonde, e per questa discussione vengono date poche ore.
È questo ciò che ci preoccupa, da una parte questa fretta applicata all'esigenza di risoluzione di problemi evidenti del Presidente del Consiglio, e, dall'altra, questa compressione della possibilità di discutere e di decidere su una materia delicata come una manovra finanziaria triennale.
La vita pubblica deve essere veloce e la nostra democrazia deve essere una democrazia che decide, altrimenti finirà per non essere più una democrazia; tuttavia, credo che dobbiamo dirci con assoluta sincerità - cerco di farlo in questi pochi minuti - come questa legislatura sembra, in questo momento, che si stia volgendo verso il naturale svolgimento delle altre legislature.
Poteva essere - dico poteva, perché questo è lo stato delle cose - una legislatura che, consapevole della difficoltà del Paese, definiva e fissava delle regole nuove. Cito una frase del discorso che ha fatto il Presidente Berlusconi in quest'Aula: «Dovranno essere non più risse, ma scelte e decisioni ferme, che abbiano riguardo esclusivamente agli interessi del Paese».
C'era la disponibilità che l'opposizione aveva, giustamente, dato alla definizione comune di regole del gioco, perché il fatto Pag. 114che si riduca il numero dei parlamentari o che si abbia una sola Camera che fa le leggi non è interesse di qualcuno, ma interesse generale del Paese.
Tuttavia, subito dopo, è partita una raffica di interventi che avevano al centro solo, ancora una volta, gli interessi del Presidente del Consiglio: il decreto Retequattro, il proposito di fare, attraverso un decreto, la misura sulle intercettazioni, la misura «bloccaprocessi», che è stata ritirata - mi auguro, come il presidente Casini, che venga ritirata in maniera esplicita - che avrebbe avuto l'effetto, anche qui per garantire il non svolgimento del processo per il Presidente del Consiglio, di fermare processi su reati importanti, dalla rapina al furto ad altri.
L'opposizione ha ottenuto dei risultati: questi tre provvedimenti sono stati ritirati. Tuttavia, l'inasprimento, al quale si è accompagnata la campagna contro la magistratura, quella contro l'opposizione e certi toni, ha avuto, come effetto, quello di strappare una tela; una tela strappata in presenza di una disponibilità e di un senso di responsabilità che abbiamo manifestato e che, credo, sia, in qualche misura, naturale per una grande forza come la nostra.
Il Paese è tornato al passato, come una maledizione; giustamente, l'onorevole Lupi oggi ha detto che sembra il 2001, ma può sembrare il 2004 o il 1998. Sembra esattamente ciò che questo Parlamento e questo Paese conosce da quindici anni: un Paese bloccato da una coazione a ripetere e dall'impossibilità di trovare e scegliere il futuro.
È per questo che vogliamo - e confermo che questa è la nostra vocazione, vorrei dire che questa è persino la nostra stessa ragione di esistenza - portare l'Italia fuori da tutto questo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Qualcuno osserva che il Partito Democratico è stretto tra l'aggressività e la prepotenza di un Governo che si occupa solamente di queste questioni e, dall'altra parte, da toni che peraltro non condivido. E sono assolutamente meravigliato del fatto che non si sia, nel corso di queste ore, presa di nuovo distanza da chi ha attaccato in una piazza, utilizzando quella piazza, il Presidente della Repubblica, il Papa e forze politiche che non si dovrebbero ritenere avversarie (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Unione di Centro).
La nostra è l'opposizione per l'alternativa. Io e il Partito Democratico ci siamo assunti delle responsabilità credo coraggiose, e delle quali, a mio avviso, la democrazia italiana si gioverà. Abbiamo bisogno di avere un'opposizione riformista, ferma sui principi, che ottenga dei risultati, e però capace di parlare al Paese.
E vengo così all'ultima considerazione che voglio svolgere. Dico al Governo: l'urgenza in questo momento non è la norma per il Presidente Berlusconi. L'urgenza in questo momento è un intervento, attraverso lo strumento fiscale, per i salari, gli stipendi e per le pensioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). E allora, se il Governo presenterà un provvedimento d'urgenza, state certi che noi, che voteremo contro il provvedimento in esame, saremmo disposti, anche in quarantotto ore, ad approvare qualcosa che faccia ripartire il Paese e costruisca condizioni di maggiore equità e giustizia sociale (Prolungati applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Unione di Centro - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cicchitto. Ne ha facoltà.
Testo sostituito con errata corrige volante
FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, visto che finora non l'abbiamo potuto fare in Aula, cogliamo quest'occasione innanzitutto per esprimere la nostra solidarietà al Presidente della Repubblica e al Pontefice per gli insulti dei quali sono stati oggetto durante la manifestazione indetta da una forza politica (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Unione di Centro e Misto-Movimento per l'Autonomia), onorevole Veltroni, che sta in Parlamento per l'alleanza elettorale realizzata Pag. 115con il suo partito. D'altra parte, i primi atti del nostro Governo hanno riguardato l'eliminazione dell'ICI, la detassazione degli straordinari, altri provvedimenti economici sono in discussione, per cui noi ci stiamo misurando con i problemi reali della società italiana, una parte dei quali derivano dall'aggravamento della situazione derivante dagli errori fatti dal precedente Governo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Onorevole Veltroni, noi non possiamo fare a meno di rilevare che lei e il suo partito non siete fortunati in materia di alleanze. A suo tempo vi siete alleati con Prodi e con altri 12-13 partiti e movimenti, e il Governo al quale avete dato vita è caduto per implosione dopo appena due anni. Per il 13 aprile avete fatto una lista elettorale comune con Di Pietro, ed egli vi ha fatto un duplice scherzo, perché prima è venuto meno all'impegno di realizzare un partito unico e si è costituito in gruppo parlamentare autonomo, e poi ha organizzato quella bella manifestazione di Piazza Navona che dimostra che vi siete alleati con il partito più forcaiolo, più reazionario e anche più volgare del sistema politico italiano (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Misto-Movimento per l'Autonomia e di deputati del Partito Democratico).
L'onorevole Casini l'altro ieri ha detto una cosa significativa, quando ha rilevato che il dibattito che si apriva e che non era puramente sul Regolamento, ma era sul nodo politica-giustizia, aveva un grande rilievo. Questa consapevolezza noi la ritroviamo, e lo riconosciamo, nel voto di astensione dell'UdC e in alcuni interventi fatti da esponenti del loro gruppo, e dall'affermazione della necessità di estendere la tematica che oggi affrontiamo ad un'impostazione più generale, compresa quella della realizzazione dell'articolo 68 della Costituzione, ma non solo quella.
E la prendiamo in parola positivamente, onorevole Casini: non vi è dubbio che sul terreno della giustizia va fatta una operazione globale nel senso di una serie di cose che lei ha enunciato nel suo intervento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Unione di Centro).
Allora noi dobbiamo avere piena consapevolezza del fatto che siamo di fronte ad una questione decisiva per il futuro della legislatura, la cui funzione e caratterizzazione dipende proprio dallo scioglimento di questo nodo, che comincia oggi ad essere affrontato. È venuto il momento di prendere il toro per le corna e fare un'analisi coraggiosa e atti coraggiosi per eliminare della vita politica italiana l'uso politico della giustizia, con il contorno di demonizzazione e di imbarbarimento che lo precede e lo segue. Solo questa assunzione di responsabilità consentirà a tutti - maggioranza e opposizione - di fare di questa legislatura una legislatura costituente: altrimenti, il morto ucciderà il vivo e quello che è successo in questi giorni e quello che è successo dal 1992 ad oggi è destinato a ripetersi, con il pieno imbarbarimento della vita politica italiana (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Questo è il senso del lodo Alfano.
E allora, però, andiamo al fondo del problema. Per farlo, dobbiamo misurarci con una anomalia storica del nostro Paese, che ha due facce: quella economica e quella politica. Quella economica è costituita dal fatto che, nel nostro Paese, mentre la piccola impresa ha sempre fatto i conti con la concorrenza e con il mercato, non altrettanto si può dire storicamente della grande impresa, che dagli anni Quaranta fino agli anni Novanta ha potuto evitare di fare i conti con una reale logica di mercato. Da ciò è derivato un grande sistema collusivo che ha legato tutti i grandi partiti: la DC, il PSI, i partiti laici, il Partito Comunista, il quale compartecipava anch'esso a quel sistema, a suo modo, con le sue caratteristiche e con i suoi strumenti. Poi, l'adesione al Trattato di Maastricht ha messo fuori gioco il sistema di tangentopoli perché ha provocato l'irruzione della libera concorrenza e del mercato nella nostra economia, spazzando via una parte almeno dei meccanismi collusivi.Pag. 116
Ora, il sistema di tangentopoli poteva essere superato consensualmente con una grande operazione insieme etica e politica: non è andata così. È avvenuto invece che alcuni partiti sono stati distrutti, come la DC, il PSI, i partiti laici, mentre altri come il Partito Comunista si sono salvati, anche perché aiutati da un settore della magistratura, e anzi si sono presi tramite esso una rivincita rispetto al crollo del comunismo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, visto che finora non l'abbiamo potuto fare in Aula, cogliamo quest'occasione innanzitutto per esprimere la nostra solidarietà al Presidente della Repubblica e al Pontefice per gli insulti dei quali sono stati oggetto durante la manifestazione indetta da una forza politica, l'Italia dei Valori (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Unione di Centro e Misto-Movimento per l'Autonomia), onorevole Veltroni, che sta in Parlamento per l'alleanza elettorale realizzata Pag. 115con il suo partito. D'altra parte, i primi atti del nostro Governo hanno riguardato l'eliminazione dell'ICI, la detassazione degli straordinari, altri provvedimenti economici sono in discussione, per cui noi ci stiamo misurando con i problemi reali della società italiana, una parte dei quali derivano dall'aggravamento della situazione derivante dagli errori fatti dal precedente Governo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Onorevole Veltroni, noi non possiamo fare a meno di rilevare che lei e il suo partito non siete fortunati in materia di alleanze. A suo tempo vi siete alleati con Prodi e con altri 12-13 partiti e movimenti, e il Governo al quale avete dato vita è caduto per implosione dopo appena due anni. Per il 13 aprile avete fatto una lista elettorale comune con Di Pietro, ed egli vi ha fatto un duplice scherzo, perché prima è venuto meno all'impegno di realizzare un partito unico e si è costituito in gruppo parlamentare autonomo, e poi ha organizzato quella bella manifestazione di Piazza Navona che dimostra che vi siete alleati con il partito più forcaiolo, più reazionario e anche più volgare del sistema politico italiano (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Misto-Movimento per l'Autonomia e di deputati del Partito Democratico).
L'onorevole Casini l'altro ieri ha detto una cosa significativa, quando ha rilevato che il dibattito che si apriva e che non era puramente sul Regolamento, ma era sul nodo politica-giustizia, aveva un grande rilievo. Questa consapevolezza noi la ritroviamo, e lo riconosciamo, nel voto di astensione dell'UdC e in alcuni interventi fatti da esponenti del loro gruppo, e dall'affermazione della necessità di estendere la tematica che oggi affrontiamo ad un'impostazione più generale, compresa quella della realizzazione dell'articolo 68 della Costituzione, ma non solo quella.
E la prendiamo in parola positivamente, onorevole Casini: non vi è dubbio che sul terreno della giustizia va fatta una operazione globale nel senso di una serie di cose che lei ha enunciato nel suo intervento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Unione di Centro).
Allora noi dobbiamo avere piena consapevolezza del fatto che siamo di fronte ad una questione decisiva per il futuro della legislatura, la cui funzione e caratterizzazione dipende proprio dallo scioglimento di questo nodo, che comincia oggi ad essere affrontato. È venuto il momento di prendere il toro per le corna e fare un'analisi coraggiosa e atti coraggiosi per eliminare della vita politica italiana l'uso politico della giustizia, con il contorno di demonizzazione e di imbarbarimento che lo precede e lo segue. Solo questa assunzione di responsabilità consentirà a tutti - maggioranza e opposizione - di fare di questa legislatura una legislatura costituente: altrimenti, il morto ucciderà il vivo e quello che è successo in questi giorni e quello che è successo dal 1992 ad oggi è destinato a ripetersi, con il pieno imbarbarimento della vita politica italiana (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Questo è il senso del lodo Alfano.
E allora, però, andiamo al fondo del problema. Per farlo, dobbiamo misurarci con una anomalia storica del nostro Paese, che ha due facce: quella economica e quella politica. Quella economica è costituita dal fatto che, nel nostro Paese, mentre la piccola impresa ha sempre fatto i conti con la concorrenza e con il mercato, non altrettanto si può dire storicamente della grande impresa, che dagli anni Quaranta fino agli anni Novanta ha potuto evitare di fare i conti con una reale logica di mercato. Da ciò è derivato un grande sistema collusivo che ha legato tutti i grandi partiti: la DC, il PSI, i partiti laici, il Partito Comunista, il quale compartecipava anch'esso a quel sistema, a suo modo, con le sue caratteristiche e con i suoi strumenti. Poi, l'adesione al Trattato di Maastricht ha messo fuori gioco il sistema di tangentopoli perché ha provocato l'irruzione della libera concorrenza e del mercato nella nostra economia, spazzando via una parte almeno dei meccanismi collusivi.Pag. 116
Ora, il sistema di tangentopoli poteva essere superato consensualmente con una grande operazione insieme etica e politica: non è andata così. È avvenuto invece che alcuni partiti sono stati distrutti, come la DC, il PSI, i partiti laici, mentre altri come il Partito Comunista si sono salvati, anche perché aiutati da un settore della magistratura, e anzi si sono presi tramite esso una rivincita rispetto al crollo del comunismo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
MASSIMO VANNUCCI. Vergogna!
FABRIZIO CICCHITTO. A quel punto, nel 1993-1994, tutta l'area del centro politico è rimasta vuota, senza riferimenti politici: questo spazio è stato riempito da Silvio Berlusconi e da Forza Italia. Non appena Berlusconi è sceso in politica, egli è stato oggetto di un inusitato attacco giudiziario che non è una sua questione privata, ma un drammatico fatto politico e istituzionale: 90 processi, 2500 udienze, 500 magistrati impegnati, 470 perquisizioni, episodi gravissimi come quelli avvenuti nel 1994 con la violazione del segreto istruttorio sul Corriere della Sera e nel 1996 con il caso Ariosto alla vigilia delle elezioni (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Questi episodi e molti altri ancora sono la dimostrazione che si è trattato di un uso sconvolgente della giustizia volto a manipolare il quadro politico e ad influire sui risultati elettorali. Solo una buona dose di mistificazione, di ipocrisia e di disprezzo dello Stato di diritto può liquidare tutto ciò come un fatto personale.
Poi, anni dopo, è accaduto che, per la logica insita in un ordine istituzionale che vuole diventare potere, l'uso politico della giustizia ha colpito in altre direzioni. Onorevole D'Alema, quando furono pubblicate le intercettazioni telefoniche sue, dell'onorevole Fassino e del dottor Consorte, e quando è stata ipotizzata la sua incriminazione qui alla Camera, da un magistrato, noi non abbiamo cavalcato la tigre (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Misto-Movimento per l'Autonomia).
Anzi, abbiamo denunciato quella che abbiamo sostenuto essere una forzatura. Partendo da quella nostra scelta si poteva costruire qualcosa di nuovo, invece anche quell'occasione è stata persa ed anche in quella vicenda sono emersi due pesi e due misure.
MASSIMO VANNUCCI. Non è vero!
FABRIZIO CICCHITTO. In quell'occasione gli attacchi ai magistrati si sono sprecati e nessuno si è scandalizzato per essi. Purtroppo, spesso siete garantisti a corrente alternata, ma questo, onorevole D'Alema, vuol dire essere riformisti dimezzati e contraddittori (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!
Con il lodo Alfano - e colgo l'occasione per ringraziare il Ministro per il suo impegno e per la sua opera (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) - vogliamo cominciare ad interrompere questo circolo vizioso e allontanare un convitato di pietra che dal 1992 sta devastando la normalità della vita democratica. Onorevole D'Alema, lei ha scritto un bel libro su un «Paese normale», ma la normalità la si conquista eliminando l'anomalia. Solo partendo da lì è possibile essere riformisti non solo a parole e impostare, come è necessario, una serie di riforme costituzionali, regolamentari ed elettorali delle quali vi è assoluta necessità e che vanno affrontate in un confronto serio e serrato fra maggioranza ed opposizione.
A proposito della proposta della quale oggi stiamo discutendo, ricordo ciò che ha detto qualche giorno fa in un'intervista l'onorevole Violante: «Nel nostro sistema il pubblico ministero è indipendente dal Governo e l'azione penale è obbligatoria, perciò non trovo scandaloso uno scudo giudiziario per alcune cariche». L'obiettivo deve essere quello di far finire quel pericoloso «spaccio della bestia trionfante» oggi gestito dall'onorevole Di Pietro, del quale poco fa abbiamo sentito la lugubre ed inquietante orazione in lode delle manette. Siamo sicuri che tra qualche tempo, come è avvenuto in tante altre occasioni, Pag. 117dal giudizio sul comunismo e sull'URSS e dalla scelta per la Nato e per l'Europa sino al sostegno per Israele, tra qualche tempo - dicevo - riconoscerete che oggi abbiamo espresso alcune serie ragioni (Prolungati applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Movimento per l'Autonomia - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto per le quali è stata disposta la ripresa televisiva diretta.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Baccini. Ne ha facoltà.
MARIO BACCINI. Signor Presidente, signori del Governo, credo che la questione sollevata dal Ministro della giustizia costituisca l'inizio di una fase politica che può condurre e dare la forza a questo Parlamento e a questa Camera per realizzare la riforma necessaria, e non soltanto un pezzo della stessa. Le vere questioni aperte sono rappresentate dalla riforma e dall'applicazione dell'articolo 49 e dell'articolo 68 della Costituzione circa il ruolo dei partiti e l'immunità (non la vecchia immunità, ma la nuova immunità parlamentare necessaria per stabilire che in questo Paese ancora viviamo in una democrazia parlamentare). Non certamente scimmiottando altri sistemi semipresidenziali o presidenziali possiamo fare chiarezza nella fase delle riforme necessarie.
Per tale ragione, signor Presidente, ritengo che la riforma della giustizia vada vista in una complessità di elementi, ma nello stesso tempo devo prendere atto che quella del Governo è una proposta iniziale che sicuramente tutela una parte importante della democrazia popolare, che è quella delle alte cariche dello Stato. Per questa ragione - e solo per questa - riteniamo questo un atto di incoraggiamento, e pertanto il mio sarà un voto a favore (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
ENRICO COSTA, Relatore per la II Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ENRICO COSTA, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, intervengo come relatore prima del voto finale per ringraziare, anche a nome del collega Calderisi, i membri della I e II Commissione per il lavoro intenso e puntuale, i presidenti Bruno e Bongiorno, nonché il personale delle Commissioni che ci ha dato la possibilità di operare nelle migliori condizioni.
FURIO COLOMBO. Chiedo di parlare a titolo personale.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FURIO COLOMBO. Signor Presidente, intervengo oggi per spendere in questa occasione, ricordando anche l'articolo 104 della Costituzione, una parola di gratitudine e di omaggio ai magistrati italiani che sono stati chiamati «cancro» e «metastasi» dall'imputato che sta per essere esonerato ora (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
(Coordinamento formale - A.C. 1442)
PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1442)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 1442, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato» (1442):
Presenti 575
Votanti 545
Astenuti 30
Maggioranza 273
Hanno votato sì 309
Hanno votato no 236
(La Camera approva - Vedi votazionia ).
Prendo atto che il deputato Brunetta ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Modifica del vigente calendario dei lavori dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, domani, venerdì 11 luglio (ore 9 e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna ed eventualmente nella giornata di sabato 12 luglio) avrà luogo la discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 1366 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica (Approvato dal Senato - scadenza: 25 luglio 2008). Il seguito dell'esame del disegno di legge di conversione avrà luogo a partire dalle ore 17 di lunedì 14 luglio (con votazioni).
È stata, inoltre, definita la seguente organizzazione dei lavori per il periodo 14-31 luglio 2008:
Lunedì 14 (ore 17, con eventuale prosecuzione notturna), martedì 15, mercoledì 16 e giovedì 17 luglio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 18 luglio) (con votazioni):
Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1366 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica (Approvato dal Senato - scadenza: 25 luglio 2008).
Esame dei documenti in materia di insindacabilità:
Doc. IV-quater, n. 1 (deputato Bossi);
Doc. IV-ter, n. 1 (senatore Bondi, deputato all'epoca dei fatti);
Doc. IV-quater, n. 2 (senatore Morri, deputato all'epoca dei fatti).
Esame della mozione Vietti ed altri n. 1-00011 sull'introduzione nel sistema fiscale di misure a favore dei nuclei familiari, in relazione alla petizione popolare firmata da oltre un milione di cittadini.
Esame del disegno di legge n. 1386 - Conversione in legge del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (da inviare al Senato - scadenza: 24 agosto 2008) (a partire da mercoledì 16 luglio, pomeridiana).
Lunedì 21, martedì 22, mercoledì 23 e giovedì 24 luglio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 25 luglio) (con votazioni):
Eventuale seguito dell'esame del disegno di legge di conversione n. 1386.
Esame della proposta di legge n. 1406 e abbinate - Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere (Approvata dal Senato - ove conclusa dalla Commissione).
Esame congiunto del conto consuntivo della Camera dei deputati per il 2007 (Doc. VIII, n. 1) e del progetto di bilancio interno della Camera dei deputati per il 2008 (Doc. VIII, n. 2).
Pag. 119Esame del disegno di legge S. 735 - Conversione in legge del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, recante disposizioni urgenti in materia di monitoraggio e trasparenza dei meccanismi di allocazione della spesa pubblica, nonché in materia fiscale e di proroga di termini (ove trasmesso dal Senato e concluso dalla Commissione - scadenza: 2 agosto 2008) (a partire da martedì 22 luglio).
Nel corso della settimana avrà luogo l'eventuale seguito dell'esame di argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi.
Lunedì 28 luglio (antimeridiana, con eventuale prosecuzione al termine delle votazioni):
Discussione sulle linee generali dei disegni di legge:
n. 1441 - Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (collegato) (ove concluso dalle Commissioni);
S. 759 - Ratifica ed esecuzione del Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull'Unione europea e il Trattato che istituisce la Comunità europea e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Lisbona il 13 dicembre 2007 (ove trasmesso dal Senato e concluso dalla Commissione);
n. 1416 - Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2007 e n. 1417 - Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2008.
Lunedì 28 luglio (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni):
Eventuale seguito dell'esame di argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi.
Martedì 29, mercoledì 30 e giovedì 31 luglio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nel calendario di agosto) (con votazioni):
Seguito dell'esame dei disegni di legge:
n. 1441 - Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (collegato) (ove concluso dalle Commissioni);
S. 759 - Ratifica ed esecuzione del Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull'Unione europea e il Trattato che istituisce la Comunità europea e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Lisbona il 13 dicembre 2007 (ove trasmesso dal Senato e concluso dalla Commissione);
n. 1416 - Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2007 e n. 1417 - Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2008.
Nel corso della settimana avrà luogo il seguito dell'esame di argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi.
Lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (question time) avrà luogo il mercoledì (dalle 15 alle 16 circa).
Lo svolgimento di interrogazioni, di interpellanze e di interpellanze urgenti potrà essere inserito secondo l'andamento dei lavori dell'Assemblea.
Il Presidente si riserva di inserire nel calendario l'esame di ulteriori progetti di legge di ratifica licenziati dalle Commissioni e di documenti licenziati dalla Giunta per le autorizzazioni.
Ove non già pubblicata, l'organizzazione dei tempia per l'esame degli argomenti Pag. 120in calendario lo sarà in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.
L'organizzazione dei tempi per l'esame del disegno di legge collegato n. 1441 in materia economica sarà predisposta sulla base del testo che sarà licenziato dalle Commissioni in sede referente.
Sull'ordine dei lavori e per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 19,40).
MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, altri colleghi sono intervenuti in merito alla sentenza relativa al caso di Eluana Englaro. C'è una realtà nascosta, colpevolmente ignorata, pervicacemente negata; è una realtà fatta di storie di persone che soffrono, vivono nel dolore e nel dolore sono lasciate morire; è una realtà silenziata in nome di un'opinione, di una fede e di un'ideologia.
In Italia siamo al punto che su questioni che oggi alcuni definiscono eticamente sensibili, ma che sono più semplicemente diritti civili, se non c'è l'imprimatur e l'approvazione delle gerarchie ecclesiastiche non si riesce a legiferare e a raggiungere alcun accettabile risultato. Sarebbe un tragico fallimento se, ancora una volta, la legislatura si chiudesse senza una legge sul testamento biologico.
I casi di Luca Coscioni, prima, e di Piergiorgio Welby, dopo, hanno mostrato in modo inequivocabile come l'opinione pubblica vive queste situazioni certamente al limite, ma molto più diffuse e frequenti di quanto si possa credere. La recente sentenza sulla vicenda di Eluana Englaro rivela come anche nella magistratura si siano acquisite consapevolezze che il mondo politico non sa e non vuole raccogliere e lascia senza risposte di Governo.
Il 18 gennaio scorso la famiglia Englaro mi ha permesso di visitare Eluana, imprigionata in uno stato di coma vegetativo, alimentata e idratata con un sondino nasogastrico da ben sedici anni. Sono stata afferrata da sensazioni ed emozioni intense e forti quando sono entrata nella stanza dove lei vegeta immobile: un corpo privato della sua libertà. Ho solo guardato gli occhi di Eluana, ma lei non mi ha visto, uno sguardo perso così come è andata perduta la sua coscienza in un giorno di sedici anni fa in un incidente d'auto.
La stanza della clinica dove Eluana consuma la sua non vita era rimasta, finora, chiusa per gli estranei. Allo stesso tempo ho fatto memoria della coscienza, forte e consapevole, di quando Eluana in vita e viva raccontava con le sue parole alla sua famiglia la condizione che non avrebbe mai voluto vedere, quella del suo amico sciatore e mai l'avrebbe voluta subire. È la volontà di Eluana che deve essere portata a conoscenza, una volontà che deve essere difesa da tutti.
Credo che le violenze ed i crimini contro la persona continuino. Troppi sono gli anatemi scagliati contro la persona proprio da coloro che si ergono a difesa della vita, fanatici di vario colore e ideologie, uniti nel volerci impedire di essere liberi anche di decidere di essere liberati da una sofferenza insopportabile e non voluta, nel senso in cui intendevano Luca Coscioni, Piergiorgio Welby, Giovanni Nuvoli e la stessa Eluana.
Esistono persone che non vogliono pronunciarsi sulla loro morte, né scegliere in alcun modo, altri che non accetterebbero di vivere in coma vegetativo. Occorre prevedere e tutelare tutte e due le opzioni. Basta con i comportamenti rinunciatari ed omissivi della politica: è giunto il momento che il Parlamento affronti e dibatta la questione (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).
MAURIZIO TURCO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, torno a porle la questione dell'elezione del Pag. 121membro della Corte costituzionale di competenza di questo Parlamento. Lei ci ha annunciato che aveva scritto una settimana fa al Presidente del Senato per organizzare l'elezione. Sono passati quindici mesi, un tempo congruo, nella lentezza e anche un po' nella «geografia» della nostra democrazia che va perdendo anche quei connotati formali per cui non siamo neanche in grado di simulare che abbiamo il dovere di eleggere un giudice della Corte costituzionale.
Abbiamo apprezzato l'altra volta la sua risposta e la sua buona volontà, però non possiamo continuare ad andare avanti così e non ci possiamo limitare che, a fine di seduta e a fine settimana, ci sia questo richiamo costante senza che succeda qualcosa d'altro che possa anche consentirle ed aiutarla ad essere più incisivo nei confronti del Presidente del Senato (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).
GIACOMO STUCCHI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, intervengo brevemente per sollecitare una risposta all'interrogazione a risposta scritta n. 4-00360 al Ministro della giustizia e al Ministro dell'interno presentata dal sottoscritto. Non cito l'oggetto per questioni di brevità, intervengo solamente per chiedere la sua attenzione su questo atto di sindacato ispettivo e per sensibilizzare il Governo ai fini di ottenere una risposta in tempi brevi.
ANDREA SARUBBI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, intervengo per svolgere una piccola valutazione personale sul caso Englaro, e per dire alla delegazione dei radicali che non c'è nessun fanatismo da parte di chi la vede in maniera diversa, o può potenzialmente vederla in maniera diversa, né c'è nessuna pressione indebita da parte delle gerarchie ecclesiastiche. Ci sono soltanto coscienze che con fatica si confrontano, si guardano dentro e magari (non dico se sia il mio caso o meno) possono arrivare a valutazioni differenti.
Anch'io sono del parere che il Parlamento si debba esprimere su un tema così delicato come quello del testamento biologico. Chiedo, però, un po' più di rispetto per chi ha sensibilità diverse dalla propria, e lo faccio con l'amicizia e la passione di chi milita attualmente dalla stessa parte.
RAFFAELLO VIGNALI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RAFFAELLO VIGNALI. Signor Presidente, intervengo brevemente anch'io sulla questione di Eluana. Conosco quella struttura perché ho nelle stesse condizioni di Eluana un carissimo amico che era, fino a un anno e mezzo fa, il presidente della Compagnia delle opere di Lecco.
A parte la differenza di atteggiamento delle famiglie che è dettata dalla fede, vorrei svolgere, invece, qualche considerazione rispetto alla natura dell'oggetto di cui stiamo parlando, come è stato osservato stamattina da diversi colleghi, gli onorevoli Polledri, Volontè, Garagnani ed altri. Si tratta di un atto in cui la magistratura supera la legge, e questo non credo sia accettabile. Infatti, qui non si tratta di staccare spine, ma di far morire una persona di fame e di sete. Comprendo il dramma del padre, anzi la tragedia e la disperazione, però credo che da questo punto di vista qualche riflessione in più andrebbe fatta.
Nello stesso tempo penso che questa sia una questione profondamente politica, perché ritengo che la politica, in quanto forma compiuta di cultura, non possa non trattenere una concezione dell'uomo che o riconosce o fabbrica. E quando la politica fabbrica una concezione dell'uomo, pretende di dire cosa l'uomo è o cosa non è (o quando lo fa la magistratura), penso che sia veramente un atto grave in cui la politica va oltre il suo compito (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Venerdì 11 luglio 2008, alle 9:
Discussione del disegno di legge (per la discussione sulle linee generali):
S. 692 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica (Approvato dal Senato) (1366).
- Relatori: Bruno (per la I Commissione) e Bongiorno (per la II Commissione), per la maggioranza; Di Pietro (per la II Commissione), di minoranza.
La seduta termina alle 19,50.
Pag. 123ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA SUL TRATTATO DI LISBONA E DEI DISEGNI DI LEGGE NN. 1416 E 1417
Ddl S. 759 - Ratifica Trattato di Lisbona
Tempo complessivo: 15 ore, di cui:
Discussione generale | Seguito esame | |
Relatore | 30 minuti | 20 minuti |
Governo | 30 minuti | 20 minuti |
Richiami al regolamento | 10 minuti | 10 minuti |
Tempi tecnici | 30 minuti | |
Interventi a titolo personale | 1 ora e 16 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) | 1 ora e 6 minuti (con il limite massimo di 6 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato) |
Gruppi | 5 ore e 34 minuti | 4 ore e 34 minuti |
Popolo della Libertà | 1 ora e 33 minuti | 1 ora e 18 minuti |
Partito Democratico | 1 ora e 29 minuti | 1 ora e 20 minuti |
Lega Nord Padania | 44 minuti | 40 minuti |
Unione di Centro | 40 minuti | 33 minuti |
Italia dei Valori | 38 minuti | 31 minuti |
Misto: | 30 minuti | 12 minuti |
Movimento per l'Autonomia | 22 minuti | 9 minuti |
Minoranze linguistiche | 8 minuti | 3 minuti |
Ddl n. 1416 - Rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato per il 2007Ddl n. 1417 - Assestamento del bilancio dello Stato per il 2008
Tempo complessivo: 13 ore, di cui:
Discussione generale | Seguito esame | |
Relatore | 15 minuti | 15 minuti |
Governo | 15 minuti | 15 minuti |
Richiami al regolamento | 10 minuti | 10 minuti |
Tempi tecnici | 10 minuti | |
Interventi a titolo personale | 1 ora e 10 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) | 1 ora (con il limite massimo di 5 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato) |
Gruppi | 5 ore e 10 minuti | 4 ore e 10 minuti |
Popolo della Libertà | 1 ora e 24 minuti | 1 ora e 11 minuti |
Partito Democratico | 1 ora e 19 minuti | 1 ora e 12 minuti |
Lega Nord Padania | 42 minuti | 37 minuti |
Unione di Centro | 38 minuti | 30 minuti |
Italia dei Valori | 37 minuti | 29 minuti |
Misto: | 30 minuti | 11 minuti |
Movimento per l'Autonomia | 22 minuti | 8 minuti |
Minoranze linguistiche | 8 minuti | 3 minuti |
VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13 | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nom. | ddl 1442 - preg. costit. nn. 1 e 2 | 553 | 526 | 27 | 264 | 230 | 296 | 26 | Resp. |
2 | Nom. | ddl 1442 - em. 1.1, 1.2 | 563 | 533 | 30 | 267 | 237 | 296 | 19 | Resp. |
3 | Nom. | em. 1.8 | 543 | 510 | 33 | 256 | 225 | 285 | 19 | Resp. |
4 | Nom. | em. 1.9 | 530 | 505 | 25 | 253 | 222 | 283 | 20 | Resp. |
5 | Nom. | em. 1.10 | 557 | 526 | 31 | 264 | 233 | 293 | 18 | Resp. |
6 | Nom. | em. 1.11 | 509 | 484 | 25 | 243 | 203 | 281 | 18 | Resp. |
7 | Nom. | em. 1.12 | 512 | 482 | 30 | 242 | 202 | 280 | 17 | Resp. |
8 | Nom. | em. 1.14, 1.15 | 548 | 509 | 39 | 255 | 223 | 286 | 17 | Resp. |
9 | Nom. | em. 1.401 | 554 | 552 | 2 | 277 | 259 | 293 | 17 | Resp. |
10 | Nom. | em. 1.404 | 549 | 522 | 27 | 262 | 234 | 288 | 17 | Resp. |
11 | Nom. | em. 1.27 | 544 | 512 | 32 | 257 | 222 | 290 | 17 | Resp. |
12 | Nom. | em. 1.16 | 503 | 478 | 25 | 240 | 205 | 273 | 39 | Resp. |
13 | Nom. | em. 1.26 | 524 | 497 | 27 | 249 | 217 | 280 | 36 | Resp. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.
INDICE ELENCO N. 2 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26 | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
14 | Nom. | em. 1.24 | 529 | 505 | 24 | 253 | 222 | 283 | 37 | Resp. |
15 | Nom. | em. 1.25 | 527 | 496 | 31 | 249 | 221 | 275 | 35 | Resp. |
16 | Nom. | em. 1.17 | 536 | 501 | 35 | 251 | 218 | 283 | 36 | Resp. |
17 | Nom. | em. 1.18 | 518 | 484 | 34 | 243 | 214 | 270 | 34 | Resp. |
18 | Nom. | em. 1.19 | 529 | 495 | 34 | 248 | 218 | 277 | 34 | Resp. |
19 | Nom. | em. 1.20 | 548 | 513 | 35 | 257 | 223 | 290 | 33 | Resp. |
20 | Nom. | em. 1.22 | 542 | 506 | 36 | 254 | 222 | 284 | 33 | Resp. |
21 | Nom. | em. 1.23 | 545 | 509 | 36 | 255 | 225 | 284 | 32 | Resp. |
22 | Nom. | em. 1.92 | 534 | 496 | 38 | 249 | 222 | 274 | 32 | Resp. |
23 | Nom. | em. 1.94 | 533 | 502 | 31 | 252 | 223 | 279 | 32 | Resp. |
24 | Nom. | em. 1.402 | 540 | 525 | 15 | 263 | 240 | 285 | 32 | Resp. |
25 | Nom. | em. 1.403 | 544 | 529 | 15 | 265 | 244 | 285 | 34 | Resp. |
26 | Nom. | em. 1.291 | 542 | 506 | 36 | 254 | 227 | 279 | 30 | Resp. |
INDICE ELENCO N. 3 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 31 | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
27 | Nom. | em. 1.400 | 529 | 520 | 9 | 261 | 488 | 32 | 29 | Appr. |
28 | Nom. | em. 1.296, 1.297 | 532 | 500 | 32 | 251 | 218 | 282 | 27 | Resp. |
29 | Nom. | em. 1.300 | 537 | 508 | 29 | 255 | 218 | 290 | 27 | Resp. |
30 | Nom. | em. 1.302 | 546 | 510 | 36 | 256 | 224 | 286 | 27 | Resp. |
31 | Nom. | ddl 1442 - voto finale | 575 | 545 | 30 | 273 | 309 | 236 | 18 | Appr. |