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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 33 di venerdì 11 luglio 2008

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 9,05.

EMILIA GRAZIA DE BIASI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Aprea, Brancher, Brugger, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Cirielli, Colucci, Cossiga, Cota, Crimi, Crosetto, Donadi, Fitto, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Lo Monte, Mantovano, Martini, Mazzocchi, Meloni, Mura, Prestigiacomo, Romani, Ronchi, Rotondi, Scajola, Soro, Stucchi, Urso, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: S. 692 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica (Approvato dal Senato) (A.C. 1366) (ore 9,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica.
Ricordo che nella seduta del 2 luglio scorso sono state respinte le questioni pregiudiziali Soro ed altri n. 1, Soro ed altri n. 2, Vietti ed altri n. 3 e Donadi ed altri n. 4.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1366)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Unione di Centro e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni I (Affari costituzionali) e II (Giustizia) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la maggioranza per la I Commissione, Presidente della Commissione affari costituzionali, onorevole Bruno, ha facoltà di svolgere la relazione.

DONATO BRUNO, Relatore per la maggioranza per la I Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, per quanto riguarda le disposizioni di competenza della I Commissione, sulle quali si concentrerà la mia relazione, va ricordato innanzitutto l'articolo 6, il quale apporta modifiche al Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267,Pag. 2ampliando le attribuzioni del sindaco quale ufficiale del Governo. Le modifiche sono tali per cui, pur conservandosi le prerogative statali in materia di sicurezza pubblica, viene valorizzato il ruolo degli enti locali, anche in ossequio al principio di sussidiarietà che impone che le funzioni dei poteri pubblici siano allocate ai livelli istituzionali più prossimi ai cittadini.
Nel concreto, le novità che riguardano il sindaco sono le seguenti. In primo luogo, viene data autonoma evidenza e disciplina unitaria a quelle funzioni che al sindaco erano già state attribuite in precedenza. A questo fine viene novellato il comma 1 dell'articolo 54 del Testo unico sugli enti locali: tale innovazione, di carattere formale, è volta, nell'intenzione del Governo, a conferire maggiore rilievo e pregnanza alle funzioni già attribuite al sindaco. Il testo approvato dal Senato ha poi precisato che l'informativa del sindaco al prefetto sulle iniziative in materia di vigilanza debba essere preventiva.
In secondo luogo, viene attribuito al sindaco il compito di concorrere ad assicurare la cooperazione tra le forze di polizia locali e statali, in modo da garantire una sua maggiore partecipazione alla tutela della sicurezza dei cittadini. Le forme di tale cooperazione dovranno essere definite con apposite direttive adottate dal Ministro dell'interno, in qualità di Autorità nazionale di pubblica sicurezza.
In terzo luogo, sono confermate in capo al sindaco le funzioni statali relative alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e agli adempimenti a lui demandati dalle leggi in materia elettorale, di leva militare e di statistica.
In quarto luogo, viene precisato che il sindaco possa emanare provvedimenti anche contingibili ed urgenti, vale a dire sia ordinanze contingibili ed urgenti, sia provvedimenti ordinari. Per quanto riguarda, nello specifico, le ordinanze contingibili ed urgenti, il potere di adottarle è già previsto dall'ordinamento in capo al sindaco; esso viene ora ampliato nel senso che può essere attivato anche in caso di grave pericolo per la sicurezza urbana, oltre che, com'era già previsto, in caso di grave pericolo per l'incolumità pubblica. Come ha ricordato il Ministro Maroni, nell'audizione svolta davanti alla I Commissione il 25 giugno scorso, si tratta di una svolta importante, in quanto è la prima volta che si prevede in modo istituzionale l'intervento del sindaco come capo della comunità, al fianco delle forze di polizia, per un più efficace controllo del territorio. Ricordo che la disposizione in questione è stata applicata abbastanza presto: già il 13 giugno scorso, ad esempio, il sindaco di Venezia ha adottato un provvedimento urgente per contrastare il fenomeno del commercio ambulante illecito nel centro storico del comune di Venezia.
Tornando ai provvedimenti del sindaco, questi, siano ordinari o extra ordinem, devono essere preventivamente comunicati al prefetto, in quanto la situazione che li legittima attiene alla sicurezza, vale a dire ad un ambito nel quale è comunque centrale e strategico il ruolo dell'autorità locale di Governo, senza contare che a questa competono gli interventi attuativi dell'ordinanza sindacale.
Ricordo che, in base al disposto previgente del testo unico, il ruolo del prefetto era limitato alla cooperazione nei casi in cui il sindaco richiedesse l'uso della forza pubblica ai fini dell'esecuzione delle ordinanze adottate. Nel nuovo testo, invece, il sindaco informa dei provvedimenti adottati il prefetto, il quale può predisporre gli strumenti ritenuti necessari per la loro attuazione. Rimane, invece, confermata la previsione secondo cui i provvedimenti del sindaco devono essere adottati con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento.
Quanto all'estensione e ai limiti del potere di intervento del sindaco, questi non sono più individuati dal testo in esame, ma si rinvia ad un decreto del Ministero dell'interno. È, inoltre, introdotta una forma di coordinamento tra gli amministratori locali, la quale è attivata dal prefetto quando i provvedimenti dei sindaci in tema di sicurezza appaionoPag. 3suscettibili di incidere anche sull'ordinata convivenza nei comuni contigui o limitrofi. In tale evenienza, il prefetto convoca una conferenza cui partecipano necessariamente i sindaci interessati, il presidente della provincia ed eventualmente anche altri soggetti pubblici o privati legati all'ambito territoriale di applicazione del provvedimento.
È, inoltre, attribuita ai sindaci una nuova funzione di tipo collaborativo in tema di contrasto dell'immigrazione irregolare: gli amministratori locali sono, infatti, chiamati a segnalare alle competenti autorità - giudiziarie o di pubblica sicurezza - la presenza sul loro territorio di stranieri o di cittadini appartenenti a Stati membri dell'Unione europea che siano in condizione irregolare, ai fini dell'eventuale adozione di provvedimenti di espulsione o di allontanamento dal territorio dello Stato. La disposizione si ricollega al rafforzamento del ruolo della polizia municipale nell'attività di pubblica sicurezza, che è disposto dagli articoli 7 e 8 del provvedimento, dei quali parlerò tra breve.
Sono, inoltre, aggiunti i motivi di sicurezza urbana tra quelli che legittimano il sindaco a modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi, dei servizi pubblici, nonché quelli degli uffici pubblici.
Inoltre, in sintonia con l'assetto dei rapporti tra Stato e autonomie locali delineato dal nuovo Titolo V della Parte seconda della Costituzione, sono state soppresse le disposizioni che consentivano la nomina da parte del prefetto di un commissario ad acta, nei casi di inerzia del sindaco nell'espletamento dei servizi di competenza statale.
Si prevedono anche nuovi e significativi poteri in capo all'amministrazione dell'Interno. Al prefetto è, infatti, attribuito il potere di surrogare con propri provvedimenti, in caso di inerzia, l'amministratore locale nelle funzioni relative all'ordine pubblico, alla sicurezza pubblica, alla polizia giudiziaria, all'incolumità pubblica e alla sicurezza urbana e negli adempimenti in ordine allo stato civile, alla materia elettorale, alla leva militare e alla statistica.
Al fine poi di bilanciare le nuove attribuzioni dei sindaci, nell'ottica della leale collaborazione e dell'equilibrio tra i diversi livelli di Governo, è attribuita al Ministro dell'interno in via generale il potere di adottare atti d'indirizzo nell'esercizio di tutte le funzioni previste in capo al sindaco. Ricordo che il Ministro Maroni (nella già ricordata audizione davanti alla I Commissione) ha manifestato un orientamento favorevole a trasferire ai sindaci anche alcune competenze che oggi sono proprie della polizia, ad esempio quelle in materia di rilascio dei passaporti e dei permessi di soggiorno, collegando comunque la riflessione sul punto al disegno di legge che il Governo ha presentato al Senato come parte del pacchetto sicurezza (S. 733). Ricordo anche che il Ministro ha annunziato che sta lavorando ad un disegno di legge per la revisione delle funzioni dell'ordinamento dei corpi della polizia municipale, sulla base di una proposta presentata dall'ANCI, dall'UPI e dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome, nonché sulla base dei lavori svolti su questa materia nelle passate legislature.
L'articolo 6-bis, inserito durante la discussione al Senato, introduce una deroga alla disciplina generale del pagamento in misura ridotta della sanzione amministrativa. Con riferimento alla violazione dei regolamenti e delle ordinanze comunali e provinciali, in sostanza si prevede che la giunta comunale o provinciale possa, all'interno del limite edittale minimo e massimo della sanzione prevista, stabilire un importo al pagamento in misura ridotta diverso da quello normalmente previsto dalla legge n. 689 del 1981, comma 1, articolo 16.
L'articolo 7 innanzitutto attribuisce una nuova funzione ai piani coordinati di controllo del territorio previsti dalla legge n. 128 del 2001, ai fini della collaborazione della polizia locale alla sicurezza pubblica. In particolare, è demandata ai suddetti piani la determinazione dei rapPag. 4porti di reciproca collaborazione tra la Polizia dello Stato e la polizia locale, vale a dire quella municipale e quella provinciale.
La portata innovativa della disposizione sembrerebbe consistere nella partecipazione automatica della polizia locale ai piani, mentre in precedenza tale partecipazione si attivava previa richiesta del sindaco. Inoltre, viene estesa anche ai comuni diversi dai maggiori centri urbani la possibilità di realizzare i piani coordinati.
L'articolo 7-bis, introdotto al Senato, prevede che per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, ove risulti opportuno un accresciuto controllo del territorio, possa essere autorizzato un piano di impiego di un contingente di personale militare appartenente alle Forze armate, preferibilmente carabinieri impiegati in compiti militari o comunque volontari delle stesse Forze armate specificatamente addestrati per il compito da svolgere.
Il personale in questione è posto a disposizione dei prefetti delle province comprendenti aree metropolitane o comunque aree densamente popolate, ai sensi dell'articolo 13 della legge 1o aprile 1981, n. 121, per servizi di vigilanza a siti e obiettivi sensibili, nonché di perlustrazione e pattuglia in concorso e congiuntamente alle forze di polizia. Il piano può essere autorizzato per un periodo di sei mesi rinnovabile per una volta, per un contingente non superiore a 3 mila unità.
Il piano di impiego del personale delle Forze armate è adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa, sentito il Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica integrato dal Capo di stato maggiore della difesa e previa informativa al Presidente del Consiglio dei ministri. È previsto che il Ministro dell'interno riferisca in proposito alle competenti Commissioni parlamentari.
Nell'esecuzione dei servizi di vigilanza o di perlustrazione il personale delle Forze armate non appartenente all'Arma dei carabinieri agisce con le funzioni di agente di pubblica sicurezza e può procedere alla identificazione e alla immediata perquisizione sul posto di persone e mezzi di trasporto a norma dell'articolo 4 della legge 22 maggio 1975, n. 152, anche al fine di prevenire o impedire comportamenti che possano mettere in pericolo l'incolumità di persone o la sicurezza dei luoghi vigilati, con esclusione delle funzioni di polizia giudiziaria. Al fine dell'identificazione personale, per completare gli accertamenti e per procedere a tutti gli atti di polizia giudiziaria, il personale delle Forze armate accompagna le persone indicate presso i più vicini uffici e comandi della Polizia di Stato o dell'Arma dei carabinieri. Per l'identificazione delle persone accompagnate si applicano le disposizioni previste dall'articolo 349 del codice di procedura penale.
Il ministro Maroni, nell'audizione più volte citata, ha sottolineato come l'utilizzo dei militari per compiti di sorveglianza e pattugliamento risponda anche all'esigenza di rafforzare, per la stagione estiva, la presenza delle forze dell'ordine nelle zone turistiche, da Trieste fino a tutta la riviera romagnola. Il Ministro ha, infatti, ricordato che l'anno passato sono state impiegate nel periodo estivo circa 3.200 unità di personale per incrementare il controllo sul territorio. Quest'anno, a causa dei tagli di finanziamento al Ministero dell'interno disposti dalla legge finanziaria per il 2008, questa forza è stata dimezzata. Il ministro ha quindi chiarito che l'intenzione del Governo è quella di utilizzare il contingente militare, circa 1.500 unità, per il presidio dei siti sensibili e di liberare così personale da utilizzare per rafforzare, almeno nella misura dello scorso anno, il contingente delle forze dell'ordine nella campagna estiva.
Passando all'articolo 8, questo - in collegamento col rafforzamento del potere dei sindaci di cui ho già detto - amplia la possibilità di accesso del personale della polizia municipale ai dati presenti nella banca dati interforze del Centro elaborazione dati (CED) del Ministero dell'interno. Si tratta - lo ricordo - della bancaPag. 5dati che fornisce il supporto informatico per l'attività operativa e investigativa delle forze di polizia.
Prima dell'entrata in vigore del provvedimento in esame, il personale di polizia municipale addetto ai servizi di polizia stradale e in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza poteva accedere, presso il CED, al solo schedario dei veicoli rubati. Ora può, invece, accedere anche allo schedario dei documenti d'identità rubati o smarriti.
Inoltre, viene consentito al personale della polizia municipale, previa apposita abilitazione, di immettere nel CED i dati raccolti.
Dal Senato è stata introdotta un'ulteriore innovazione, in base alla quale il personale della polizia municipale in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza, può accedere altresì alle informazioni del CED concernenti i permessi di soggiorno rilasciati e rinnovati.
L'ampliamento delle possibilità di accesso della polizia municipale al CED è naturalmente collegato all'attribuzione al sindaco, da parte dell'articolo 6 di cui ho già detto, del potere di segnalare alle competenti autorità le condizioni di irregolarità dello straniero, ai fini dell'espulsione o dell'allontanamento dal territorio nazionale.
L'articolo 8-bis, introdotto durante l'esame al Senato, dispone a sua volta che anche gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria del Corpo delle capitanerie di porto abbiano facoltà di accedere ai dati e informazioni del CED relativi alle funzioni loro attribuite, nonché di inserire i dati autonomamente acquisiti.
L'articolo 9 modifica la denominazione dei centri di permanenza temporanea o centri di permanenza temporanea e assistenza con quella di centro di identificazione ed espulsione.
Lo scopo di questo cambio di denominazione, come ebbe a chiarire il sottosegretario Mantovano nel corso della discussione al Senato, è di tenere distinte tali strutture dai centri di prima accoglienza, dai centri di accoglienza dei richiedenti asilo e da altre strutture similari. Su questo punto, e concludendo, ricordo che il disegno di legge del Governo, facendo parte del pacchetto di sicurezza approvato dal Consiglio dei ministri il 21 maggio scorso e attualmente all'esame del Senato, prevede a sua volta l'estensione del termine di trattenimento massimo nei centri di permanenza temporanea e assistenza fino a 18 mesi, anticipando, di fatto, il contenuto di una proposta di una direttiva comunitaria approvata dal Parlamento europeo il 18 giugno scorso.

PRESIDENTE. La relatrice, presidente della Commissione giustizia, onorevole Bongiorno, ha facoltà di svolgere la relazione.

GIULIA BONGIORNO, Relatore per la maggioranza per la II Commissione. Signor Presidente, il disegno di legge in esame è diretto a convertire in legge il decreto-legge n. 92 del 2008 recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica. Il testo trasmesso dal Senato non è stato modificato dalle Commissioni riunite. È tuttavia opportuno ricordare che proprio al termine dell'esame in sede referente, il Ministro per i rapporti con il Parlamento è intervenuto in Commissione per annunciare, a fronte di una forte contrarietà dei gruppi di opposizione all'articolo 2-ter volto a sospendere i processi penali, la presentazione in Assemblea di alcuni emendamenti volti ad incidere sostanzialmente su tale norma. Tali emendamenti, secondo quanto preannunciato, accoglierebbero gran parte dei rilievi dei gruppi di opposizione. Spetterà ora al Comitato dei nove valutare tali emendamenti.
Per quanto attiene al contenuto del decreto-legge, ricordo che nella premessa al provvedimento sono espressamente enunciate le ragioni che hanno indotto il Governo ad utilizzare lo strumento della decretazione d'urgenza. Si tratta in particolare della straordinaria necessità e urgenza di introdurre disposizioni volte ad apprestare un quadro normativo più efficiente per contrastare fenomeni di illegalità diffusa collegati all'immigrazione illegale e alla criminalità organizzata nonchéPag. 6norme dirette a tutelare la sicurezza della circolazione stradale in relazione all'incremento degli incidenti stradali e delle relative vittime. L'ordine e la sicurezza pubblica sono definite nella relazione di accompagnamento del disegno di legge presentato dal Governo al Senato come beni primari pregiudicati da taluni gravissimi fenomeni in continua espansione. Il decreto-legge pertanto si propone di offrire delle risposte immediate e non differibili, seguendo due diverse vie. Da un lato, come ad esempio per le misure di prevenzione, sono stati adottati i piani di intervento, ampi e articolati, diretti a fornire una nuova disciplina di particolare istituti. Dall'altro, sono state adottate misure dirette a risolvere temporaneamente alcuni problemi. È evidente, quindi, che servirà una riforma organica con interventi ben più complessi di quelli che possono essere affidati al decreto ed è innegabile che molti di questi interventi dovranno investire il tema dell'organizzazione degli uffici giudiziari e del processo penale, atteso che non vi può essere sicurezza senza giustizia. In attesa di riforme che impongono tempi non certo brevi, il Governo ha ritenuto di approntare una serie di misure che hanno la funzione di porre, quindi, un rimedio immediato ad alcune delle più evidenti falle che l'ordinamento ogni giorno mostra in termini di sicurezza. In questa ottica il Governo, pressoché contemporaneamente all'adozione del decreto in esame, ha presentato al Senato un disegno di legge ordinario in cui ha previsto una serie di ulteriori interventi in materia di sicurezza. Altri interventi sono stati annunciati e altri ancora saranno proposti al Parlamento e a tutte le forze politiche.
Tornando al contenuto del decreto-legge in esame, questo individua una serie di fattori che hanno determinato un profondo senso di insicurezza nel Paese. Si tratta, in particolare, della spinta criminogena di un'immigrazione irregolare e senza controlli adeguati sui requisiti necessari per ottenere un soggiorno legale nel territorio dello Stato, dell'incremento esponenziale delle vittime degli incidenti stradali cagionati dall'abuso di alcool e di stupefacenti, dell'assenza di efficaci strumenti di contrasto alla criminalità locale in capo ai sindaci e delle difficoltà operative nell'aggressione dei beni mafiosi dovute all'obsolescenza della normativa dei prevenzione. Il Senato, inoltre, ne ha individuati altri come l'incertezza della pena per reati più gravi, i cui processi si trascinano per anni nel marasma della lunghezza della giustizia in Italia, o come l'inadeguatezza del controllo del territorio da parte dello Stato.
A seguito delle modifiche apportate dal Senato, il decreto si compone di 24 articoli a fronte dei 13 del testo originario. Si tratta di norme penali sostanziali e processuali nonché di disposizioni di sicurezza e di ordine pubblico e di misure di prevenzione. L'articolo 1 è composto da norme dirette a modificare o a sostituire disposizioni del codice penale. Alcune di queste riguardano direttamente gli stranieri che si trovano illegalmente in Italia; altre sono applicabili anche ai cittadini, come le prime due lettere del comma 1 che hanno per oggetto l'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato disposta con provvedimento giurisdizionale a titolo di misura di sicurezza personale non detentiva.
Le modifiche agli articoli 235 e 312 del codice penale sono finalizzate ad ampliare la portata applicativa dell'istituto.
A seguito di una modifica introdotta nel decreto-legge dal Senato, l'articolo 1 modifica l'articolo 416-bis del codice penale in materia di associazione di tipo mafioso, prevedendo in primo luogo un inasprimento delle sanzioni per le diverse forme di partecipazione.
Un'ulteriore modifica è apportata al comma ottavo dello stesso articolo 416-bis e mira ad ampliare l'applicazione delle disposizioni che regolano la fattispecie di associazione mafiosa anche alle associazioni straniere.
Con la finalità principale di contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e, in particolare, di potenziare gli strumenti d'identificazione e accertamento delle qualità personali il Senato è interPag. 7venuto sui delitti in materia di falsità personale, inasprendo le sanzioni vigenti e introducendo nuove figure di reato.
Altra modifica apportata dal Senato ha per oggetto l'aggravante del delitto di omicidio, prevedendosi che sia punito con l'ergastolo chiunque cagiona la morte di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria ovvero di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio.
Sono introdotte nell'ordinamento alcune significative modifiche alle vigenti disposizioni concernenti uno dei fenomeni criminali che più profondamente ha minato negli ultimi tempi la sicurezza dei cittadini. Si tratta dei delitti di omicidio e lesioni colpose commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, con particolare riferimento a quelli posti in essere da soggetti postisi alla guida in stato di ebbrezza o di alterazione conseguente ad assunzione di sostanze stupefacenti.
Inoltre, si è intervenuti in tema di sicurezza del lavoro.
È stata poi introdotta una nuova circostanza aggravante di carattere generale, prevedendo che la pena possa essere aumentata, fino ad un terzo, quando il fatto è stato compiuto da chi si trova illegalmente sul territorio nazionale.
Sempre in materia di circostanze si esclude che l'assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del condannato possa essere unica ragione di concessione delle circostanze attenuanti generiche.
L'articolo 2 introduce significative modifiche al codice di procedura penale. Si segnalano quelle relative alla disciplina del giudizio direttissimo con l'intenzione di far sì che la scelta del rito in questione divenga la regola in relazione a tutte le indagini che non richiedano ulteriori attività da parte del pubblico ministero. È, inoltre, eliminato il cosiddetto patteggiamento in appello. La relazione illustrativa del provvedimento afferma che le motivazioni dell'eliminazione di tale istituto risiedono essenzialmente nel fatto che, pur diverso sia come funzione sia come struttura processuale dal patteggiamento di cui all'articolo 444 del codice di procedura penale, il patteggiamento in appello ha nella pratica provocato il ridimensionamento dell'interesse a chiedere l'applicazione del patteggiamento vero e proprio già in primo grado, così vanificando le finalità deflattive per cui era stato introdotto.
In relazione a specifici reati che suscitano particolare allarme sociale è esclusa la sospensione dell'esecuzione della pena detentiva così come già oggi è previsto per i reati elencati dall'articolo 4-bis della legge sull'ordinamento penitenziario. I nuovi reati sono: l'incendio boschivo, il furto aggravato, il furto in abitazione e con strappo, i delitti in cui ricorra la nuova aggravante della clandestinità prima citata.
Nel corso dell'esame al Senato sono stati approvati due articoli aggiuntivi, l'articolo 2-bis e l'articolo 2-ter, che introducono deroghe all'ordinaria disciplina del processo penale, prevedendo rispettivamente la precedenza nei ruoli d'udienza per la trattazione dei processi di maggiore allarme sociale, e la corrispondente sospensione per un anno dei processi per reati ritenuti meno gravi purché commessi entro il 30 giugno 2002.
L'articolo 2-bis introduce una corsia preferenziale nella trattazione di determinati procedimenti penali. È stabilito che nella formazione dei ruoli e nella trattazione dei processi il giudice debba dare precedenza assoluta ai procedimenti per delitti puniti con ergastolo o reclusione superiore nel massimo a dieci anni, ai procedimenti per delitti gravi e ai procedimenti da celebrare con rito direttissimo ed immediato. Inoltre, è assicurata priorità assoluta alla trattazione dei procedimenti in materia di infortuni sul lavoro.
L'articolo 2-ter trae le premesse dal contenuto dell'illustrato articolo 2-bis in quanto è diretto ad assicurare la priorità assoluta alla trattazione dei reati di cui all'articolo 132-bis appena descritto. La nuova norma sospende per un anno i processi penali relativi ai reati commessi entro il 30 giugno 2002 quando il processoPag. 8si trovi nella fase compresa tra la fissazione dell'udienza preliminare e la chiusura del dibattimento di primo grado. Non sono sospesi i procedimenti relativi ai reati di grave allarme sociale e, inoltre, non sono sospesi i procedimenti relativi ai reati punibili con l'ergastolo e la reclusione superiore nel massimo a dieci anni, i delitti di criminalità organizzata, i reati commessi in violazione delle norme sugli infortuni sul lavoro e i procedimenti con imputati detenuti anche per reato diverso rispetto a quello per cui si procede.
L'articolo 3 sottrae alla competenza del giudice di pace le ipotesi di lesioni colpose gravi e gravissime di cui all'articolo 590, terzo comma, del codice penale, commesse con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale quando si tratti di reato commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ovvero sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope.
L'articolo 4 reca modifiche al codice della strada, rendendo più incisiva la disciplina vigente relativa alla guida sotto l'influenza dell'alcool o in stato di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti, causa quotidiana di incidenti stradali mortali.
L'articolo 5 modifica l'articolo 12 del Testo unico sull'immigrazione, prevedendo nuovi reati, come quello relativo alla cessione a titolo oneroso ad uno straniero irregolarmente soggiornante di un immobile di cui si abbia la disponibilità. È impresso uno specifico vincolo di destinazione ai proventi della vendita dei beni confiscati i quali vanno impiegati in attività di contrasto dell'immigrazione clandestina. Si prevede, inoltre, che il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo sia punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa di 5 mila euro per ogni lavoratore irregolare impiegato.
L'articolo 10 è composto da un unico comma, che interviene sulla legge 31 maggio 1965, n. 575, al fine di rafforzare i poteri della procura distrettuale e della Direzione investigativa antimafia e di garantire una maggiore efficacia delle misure di prevenzione.
Si interviene anche sulla norma che prevede che, con l'applicazione della misura di prevenzione, il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati dei quali non sia dimostrata la legittima provenienza. Il testo approvato dal Senato statuisce che il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati di cui la persona interessata dal procedimento non possa giustificare la legittima provenienza e di cui la persona stessa, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica, che risultino essere frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego.
Sono conferiti ulteriori poteri al direttore della Direzione investigativa antimafia in relazione alla richiesta di provvedimenti di sequestro e di confisca e alla facoltà di proporre la prosecuzione o l'avvio del procedimento di prevenzione.
L'articolo 10-bis interviene nella materia della confisca, specificando che, quando non è possibile procedere alla confisca in applicazione delle disposizioni ivi richiamate, il giudice ordina la confisca delle somme di denaro, di beni e delle altre utilità delle quali il reo ha la disponibilità, anche se per interposta persona, per un valore equivalente al prodotto, profitto o prezzo del reato.
L'articolo 11, così come il seguente, reca disposizioni in materia di misure di prevenzione. Si prevede, tra l'altro, che quando è stata applicata una misura di prevenzione personale la riabilitazione può essere richiesta dopo cinque anni dalla cessazione della misura di prevenzione personale.
L'articolo 12 prevede che il procuratore nazionale antimafia può disporre l'applicazione temporanea di magistrati della Direzione nazionale antimafia alle procure distrettuali per la trattazione di singoli procedimenti di prevenzione patrimoniale.Pag. 9
L'articolo 12-ter, introdotto dal Senato, apporta modifiche alla disciplina del gratuito patrocinio, volte a prevedere l'esclusione del gratuito patrocinio per i condannati con sentenza irrevocabile per alcune categorie di reati di particolare allarme sociale, quali quelli di mafia, di contrabbando e di traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope, limitatamente alle ipotesi aggravate.
L'articolo 12-quater, inserito nel corso dell'iter del provvedimento al Senato, concerne l'applicazione dei procedimenti speciali nell'ambito del processo minorile, escludendo che il pubblico ministero possa procedere con rito direttissimo o chiedere il giudizio immediato, quando ciò possa recare grave pregiudizio alle esigenze educative del minore.
È ovvio che mi sono soffermata esclusivamente sulle norme di competenza della II Commissione.
Concludo rilevando che l'articolo 13 riguarda, infine, l'entrata in vigore del decreto-legge in discussione che decorre dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, onorevole Di Pietro. Non è in aula.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, intendo ringraziare i relatori perché con puntualità hanno dato atto del testo all'esame della Camera e, in particolare, della ratio di ciascuna delle disposizioni in esso contenute.
Si tratta di un provvedimento che è stato elaborato al Senato, in particolare per quanto concerne gli articoli 1, 2, 10, 11 e 12, con il concorso dell'opposizione, contribuendo non solo a modifiche secondarie ma anche alla nuova disciplina relativa ad alcuni reati e alle nuove misure di prevenzione sia in materia patrimoniale che in materia personale.
Per quanto concerne gli articoli 2-bis e 2-ter che hanno dato luogo a discussioni in sede di Commissione, il Governo preannuncia modifiche: presenterà emendamenti agli articoli 2-bis e 2-ter nel senso di escludere non solo una sospensione per legge, ma di individuare i reati cui assicurare una priorità di trattazione, nell'ambito dell'articolo 132-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. I dirigenti degli uffici, nel tener conto della priorità da assicurare a determinati reati, terranno presente questa valutazione e disporranno il rinvio della trattazione, ad esempio, di reati che sono coperti dall'indulto fino al 2006, garantendo in tal modo la sospensione della prescrizione per il periodo del rinvio.
Il Governo, con questa ulteriore modifica, si augura che vi sia la possibilità dell'approvazione unanime del provvedimento, che si inserisce nel pacchetto che riguarda la sicurezza e che il Governo stesso ha adottato in relazione ad una situazione non di percezione soggettiva di un bisogno di sicurezza tra i cittadini, ma di un'effettiva situazione di insicurezza cui va posto rimedio.
Credo che il Parlamento possa, con questo provvedimento e con le modifiche che saranno apportate, riuscire a realizzare quell'immediato intervento che è necessario per ridare sicurezza a tutti i cittadini.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Buonanno. Ne ha facoltà.

GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, inizio subito il mio intervento facendo il verso all'onorevole Di Pietro che interviene sempre per dire al Presidente del Consiglio che non c'è. A mia volta, dico a Di Pietro, che avrebbe dovuto svolgere la relazione, che non c'è - chissà perché non c'è - e quindi gli rimando la battuta che lui fa abitualmente.
Per questo decreto-legge vogliamo ringraziare il ministro Maroni e tutto il centrodestra perché finalmente si fa qualcosa di importante per la sicurezza dei cittadini. Quando si parla di sicurezza - soprattutto con questo Governo e con quello che è successo ieri a Strasburgo -Pag. 10l'ipocrisia la fa da padrone, l'ipocrisia di chi vuol far vedere che, con questi provvedimenti, si cerca di essere razzisti e di fare qualcosa contro qualcuno. Noi vogliamo solo dare sicurezza ai cittadini, sicurezza per le persone perbene che vogliono vivere in tranquillità, visto che di problemi, nelle proprie case, ne hanno già tanti.
Ci troviamo oggi in una situazione paradossale, in cui il cittadino che si comporta bene è meno tutelato, nel nostro Paese, di chi si comporta male. Il cittadino che non ha niente da perdere, il cittadino delinquente, il cittadino che se ne frega delle leggi, il cittadino che non ha nessuna remora a compiere dei reati è più tutelato, paradossalmente, di chi si comporta bene. Questa non può essere la logica di uno Stato democratico, quale deve essere il nostro Paese. È la logica, invece, del furbo, è la logica di chi entra in Italia in maniera clandestina e pensa di poter fare e disfare quello che vuole, tanto non gli succederà mai niente.
Siamo convinti che con questo decreto-legge ci sarà un giro di vite importante e un segnale rilevante per tutti i cittadini - sono decine di milioni - che attendono questi provvedimenti. Si attendono questi provvedimenti soprattutto per dare più forza ai sindaci - e io sono contento di far parte di questa categoria da quindici anni - perché i sindaci sono veramente quelli che stanno in trincea e che, più di tutti, capiscono il territorio, perché tutti i giorni affrontano i problemi dei cittadini e vedono quello che succede nelle proprie città e nei propri comuni.
Cosa succede nelle città e nei comuni? Succede che molto spesso - lo ribadisco: molto spesso - vi sono persone che, fregandosene della legge, fanno e disfano ciò che vogliono, e questo non è più ammissibile!
Tutto ciò è nato a proposito della sicurezza, è scaturito grazie a un fatto che è diventato famoso in tutta Italia. Ho il piacere di avere al mio fianco il sindaco di Cittadella, nonché deputato, Massimo Bitonci, che con un'ordinanza fece in modo di sottolineare un problema che adesso verrà risolto, quello per il quale chi non dispone di un minimo di reddito non ha diritto ad avere la residenza; se l'abitazione in cui abita non è agibile, non ha diritto ad avere la residenza. È ora di finirla di mettere dieci, cinque, otto persone all'interno di alcuni «buchi» e dire poi che queste persone hanno diritto ad avere la residenza, senza capire come facciano a vivere e come crescano i loro figli. Occorre stabilire delle regole, occorre far capire a chi viene in Italia, ma anche agli stessi italiani che pensano di fare i furbi, che è finita la pacchia, che vogliamo un Paese giusto, un Paese dove le regole vengano rispettate!
Questi principi sono fondanti nel decreto-legge in discussione, e lo sono anche perché vogliamo che le forze dell'ordine siano aiutate affinché possano compiere il loro dovere nel modo più ottimale possibile.
Gli amici dell'opposizione se ne dimenticano troppo spesso, ma non più tardi di tre mesi fa abbiamo avuto un Governo che su questo fronte ha fatto paura e ha registrato un disastro completo. Dopo l'efferato delitto della signora Reggiani non è stato capace nemmeno di adottare i provvedimenti necessari per garantire più sicurezza; non è stato capace di fare niente di niente, se non un provvedimento che è stato un disastro, quello sull'indulto, cui noi della Lega Nord ci siamo opposti. L'indulto ha mandato fuori dalle carceri 27 mila delinquenti - lo ripeto: 27 mila delinquenti! - e questi delinquenti non vanno poi a compiere i loro diritti a casa di qualche politicante o di qualche ministro, ma vanno a delinquere in giro per le strade, nelle case della gente comune; pertanto, non è stato un atto sensato. Se vi sono troppe persone nelle carceri, non è che le si devono fare uscire, ma occorre costruire nuove carceri, occorre garantire pene giuste e la certezza della pena! Oggi in Italia chi più delinque, alla fine, rimane fuori e questo sistema non sta più in piedi. La gente non ha più fiducia nelle istituzioni perché vede tutto questo e perché vede, ad esempio, che vi sono magistrati che per ignavia, per incapacità, mandanoPag. 11fuori dalle carceri delinquenti, mafiosi, camorristi e assassini, anche di decine di persone, che per decorrenza dei termini o per qualche cavillo sono in giro per le strade. Secondo voi tutto ciò è normale? È un Paese civile questo?
Certo, vi sono molti magistrati che si comportano bene - ci mancherebbe altro, e per fortuna che ci sono - , ma ce ne sono anche altri che dormono in piedi. Sarebbe giusto che, anche in Italia, si facesse in modo che i magistrati che dormono in piedi paghino per quello che sbagliano, che i magistrati che compiono gravi errori paghino per quello che fanno. Tutto ciò deve essere detto in maniera chiara e forte davanti a tutti, anche se poi chi lo dice magari rischia di subire qualcos'altro.
L'Italia che deve cambiare è quella che vogliamo noi. Dobbiamo ringraziare il Ministro Maroni, così come il sottosegretario Davico, perché stanno lavorando per cercare di fare in modo che sul territorio vi siano più garanzie e più sicurezza e che vi sia anche la capacità per la polizia municipale e per quella provinciale di integrarsi sul territorio e di realizzare gli adempimenti necessari per garantire sicurezza.
La possibilità di accedere alla banca dati è importante, perché finalmente si può dare più competitività per andare a stanare chi si comporta in maniera non giusta. Il cittadino comune guarda queste cose.
Parlando dei rom, come è accaduto ieri, considerato il fatto che esistono persone che usano i bambini, che li vendono - e lo fanno, purtroppo, anche per il commercio degli organi -, voi ritenete che per questa gente dobbiamo avere rispetto, o forse dobbiamo cercare di tutelare chi è più debole e viene messo in questa situazione?
Bisogna cercare di non essere ipocriti, ma di guardare veramente la realtà, di cercare di difendere queste persone, questi bambini, in maniera drastica. Quando viene qualcuno, come qualche Solone, qualche falso moralista, a raccontare che facciamo delle leggi razziali, che attacchiamo qualche etnia, vuol dire che non ha capito niente! Vogliamo cercare di tutelare certe persone, di far sì che i bambini, che devono seguire una loro vita normale, non siano vicino ai semafori degli incroci a chiedere l'elemosina, non siano bastonati, perché, se non portano a casa un tot di soldi, li prendono ancora insieme, non devono subire il fatto di non poter andare a scuola.
Queste cose non sono degne di un Paese civile e l'Europa, che sta in quei palazzi lontani, che tante volte si parla in faccia e poi, alla fine, produce il topolino, o stabilisce se le zucchine sono lunghe o corte o se le ciliegie sono piccole o grandi, dovrebbe svegliarsi anche su queste cose. Queste sono le cose che vuole la gente! Parliamo di cose normali; la gente vuole le cose più semplici, non cercare solo di fare grandi discorsi ai grandi livelli, per poi non combinare mai quello che si vuole.
Signor Presidente, vogliamo, ad esempio, una norma restrittiva ancora più forte sui mafiosi e i camorristi. I mafiosi e i camorristi devono stare in galera; sono la feccia dell'Italia e devono stare in galera. Dobbiamo avere il coraggio di dirlo! Lo stesso vale anche per quelli della ndrangheta, della sacra corona unita; chi commette reati efferati deve stare in galera finché vive e non è giusto che oggi, in Italia, si dà l'ergastolo e poi, in realtà, l'ergastolo non si sconta mai, perché, alla fine, equivale solo a trent'anni (se ti comporti bene, riesci anche ad uscire dopo venti o quindici anni). Queste cose non devono accadere, perché il cittadino, altrimenti, perde la fiducia nelle istituzioni. Noi, con la sicurezza, con questo decreto-legge sulla sicurezza, vogliamo dare un segnale forte, perché, nella campagna elettorale, uno dei temi più importanti - lo è, naturalmente, anche oggi - è stato quello della sicurezza.
Certo, c'è bisogno del lavoro, c'è il problema del potere d'acquisto, ci sono i problemi di tutti i giorni, ma la sicurezza sta tra questi punti più importanti. La sicurezza è importante, perché la gente vuole stare tranquilla; vuole poter stare tranquilla, quando i propri figli escono laPag. 12sera o vanno in giro per la strada. Se qualcuno fa il furbo, deve pagare. Se le forze dell'ordine, oggi, arrestano o fermano qualcuno, questa persona è già fuori, prima che loro ritornino nelle proprie caserme; non è una cosa normale. È una cosa che non sta né in cielo né in terra!
I Paesi che ci trovano da ridire in Europa, nei loro territori, però, si comportano in maniera molto drastica. Il reato di clandestinità è giusto, perché chi è clandestino, sa di esserlo e viene nel nostro Paese, non può pensare di venire qui, perché tanto qui c'è la panacea di tutte le cose. Deve capire che è finita, bisogna dare dei segnali forti; chi viene qui, o lo fa perché ha un lavoro o perché vuole comportarsi bene, ma, se è clandestino, commette già un reato. Questo avviene anche dalle altre parti: non è che dalle altre parti fanno tutto quello che vogliono. Provate a pensare a quello che succede negli Stati Uniti, nella stessa Spagna, in Francia, in Germania, in Inghilterra, in Australia.
Stiamo parlando di grandi Paesi, che, quando si tratta della loro sicurezza, state tranquilli che fanno rigare tutti diritti. E anche quando un italiano va negli Stati Uniti, non è che lo fanno entrare così, tanto per fare; verificano tutto in maniera molto accurata.
Questo avviene perché la sicurezza del proprio Paese è un punto fondamentale; lo è, quindi, anche per noi, e vogliamo dare questo segnale in maniera importante. Certo è che, in questa Camera dei deputati, fino a tre mesi fa - questo è un segnale da dare ai giovani - c'era un ex brigatista della sinistra, colluso nell'omicidio di un poliziotto, il signor D'Elia, che era anche segretario dell'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati. Che segnale diamo sulla sicurezza, se un ex brigatista era qui dentro? O pensiamo ad un altro ex deputato, Daniele Farina, fabbricatore di bombe.
Ma ci rendiamo conto? Ma che esempio diamo al nostro Paese? Questo avveniva fino a tre mesi fa! E poi abbiamo qualcuno che ci fa ancora la morale su come ci comportiamo; e loro portavano dentro gente di questo genere! O come quel tal Caruso, anche lui ex-deputato, no global, che si diverte a mettere i semini della marijuana nelle fioriere di Montecitorio: è questo l'esempio giusto? Oppure il deputato attuale, che sembra che sia stato condannato a quattro mesi perché spacciava marijuana in piazza: è questo l'esempio che diamo ai nostri figli? O così come accade adesso, che la Cassazione ci viene a dire che se uno ha la marijuana però è un «rasta», può tenere la marijuana perché non è reato: ma dove andiamo a finire? Dove andiamo a finire! Quanto le dico, signor Presidente, sono parole di gente normale, perché noi vogliamo la gente normale, non vogliamo quelli che si riempiono la bocca e fanno solo il «bla bla bla»! O vengono in Aula a parlare tutti fini, tutti, tranquilli, tutti diligenti e a sentenziare delle cose, e poi quando vanno fuori hanno sempre quello che gli porta la borsa, quello che gli guida la macchina, quello che gli tiene la famiglia. L'Italia non è quella: l'Italia è tutta diversa! Qui si va alla velocità di un bradipo, dobbiamo cercare di cambiare questo Paese, e col decreto-legge in esame stiamo cercando di farlo!
Poi viene fuori anche il discorso, come è successo ieri, sul «lodo Alfano», in cui ci si chiede se il provvedimento è di aiuto o non di aiuto al Presidente del Consiglio! Le racconto una storiella che mi è capitata la settimana scorsa nel mio paese, a Varallo, in Val Sesia. Alcuni studenti, che andavano a fare la maturità, mi hanno incontrato e, nel parlare, mi hanno chiesto: ci spieghi cos'è la questione della giustizia con il Presidente del Consiglio? E io gli ho fatto un esempio molto semplice, siccome non si interessano di politica: ma voi vi fareste esaminare, e poi naturalmente giudicare, dal presidente di commissione della scuola, se lo stesso presidente di commissione è un presidente che precedentemente, parlando di voi, ne ha parlato male, ne ha dette di tutti i colori, e a quanto pare, sentito da qualcun altro, aveva già promesso di «stangarvi»? Vi fareste giudicare da uno del genere? LaPag. 13risposta di tutti è stata: certamente no; e questa è anche la risposta che si può dare a quello che sta succedendo a Milano. Certo non sono io che devo andare a difendere il Presidente del Consiglio, ci mancherebbe altro: ha grandi avvocati e sa difendersi da solo; ma certamente queste cose fanno pensare! Non ci può essere una giustizia di «serie A», una giustizia di «serie B», non ci può essere magistrato più vicino e magistrato meno vicino. Non ci possano essere politici che, perché amici di magistrati, non vengono neanche processati malgrado abbiano compiuto evidentemente, a quanto pare, dei reati negli anni precedenti.
La difesa della sicurezza va verso chi? Anche verso i vigili del fuoco, altra categoria importante, che sono coloro che cercano di tutelare la nostra sicurezza, che cercano di intervenire quando ne abbiamo bisogno. Anche loro devono essere aiutati, devono essere aiutati con i mezzi: non è possibile che in questa Italia oggi si viaggia mentre non abbiamo neanche i soldi, a momenti, per la benzina, non abbiamo neanche i soldi per riparare le automobili, non abbiamo i soldi per far funzionare le fotocopiatrici!
E poi parliamo di sprechi! Ma nella stessa Camera dei Deputati, dove vengo ormai da tre mesi, quanti sprechi si potrebbero eliminare! Quanta gente c'è qui a lavorare, che magari potrebbe lavorare altrove! Quanta gente vedi che fa pilule tutto il giorno! Sapete cosa vuol dire pilule? Vuol dire che stanno lì a guardare, a chiacchierare, ma poi non producono niente! Se qui ci sono 2 mila dipendenti, forse se ne mettessimo un po' meno, o quelli che vanno in pensione non venissero sostituiti, si recupererebbero decine di milioni! E la stessa cosa vale per il Senato! Sono cose semplici, che potrebbero essere attuate.
Un'altra cosa importante: ma perché non si riesce anche a tagliare nelle regioni, sui compensi dei consiglieri regionali, degli assessori, dei presidenti, invece di andare ancora a ridurre l'indennità dei sindaci (si parla addirittura di un altro 20 per cento)? Ma incominciamo a colpire chi prende un sacco di soldi! Queste sono cose semplici: si recupererebbero tanti soldi da poter spendere dove servono! Certamente al Ministero dell'interno questi soldi servirebbero per tante cose importanti.
Il fatto che finalmente il sindaco possa agire in maniera più determinata ed incisiva nella propria città costituisce poi un fatto straordinario. Finalmente è il sindaco che decide cosa fare e non il prefetto, e quindi è il prefetto che deve piuttosto stabilire un rapporto con il sindaco. Le prefetture non possono essere solo quelle che organizzano i ricevimenti, fanno le tre feste all'anno o dicono quattro cose; le prefetture devono essere organiche al territorio e devono andare ad aiutare a risolvere i problemi del territorio. I sindaci sono la parte fondante, e questa è un'altra importante novità del decreto-legge al nostro esame. Con esso crediamo anche che si possa finalmente, come dicevo prima, imprimere una svolta. La gente, infatti, ne ha piene le tasche di parole; ora vuole i risultati, ma questi glieli possiamo dare solo se riusciamo a lavorare tutti nella medesima direzione, se tutti riusciamo a portare a casa qualcosa che vada in bene per le famiglie. È importante dare la sensibilità di uno Stato che invece di dormire in piedi finalmente reagisce, di uno Stato che non ha paura di difendere chi è onesto e di bastonare chi dorme e chi delinque! Questo è ciò che vuole la gente! Signor Presidente concludo il mio intervento - ringraziando lei per l'opportunità che mi ha dato e i relatori, escluso Di Pietro che è assente e che dunque non ha potuto svolgere la relazione - per dire forte e chiaro che noi abbiamo bisogno di una nazione che cammini veramente e di dare veramente un segnale forte ai nostri cittadini. Se poi questi segnali forti devono essere trasmessi per mezzo di decreti-legge come quello ora in discussione noi siamo orgogliosi di farlo! Noi della Lega siamo orgogliosi del nostro Ministro, del nostro sottosegretario, di un Governo che finalmente realizza una svolta importante e dà un segnale importante a tutti i delinquenti che pensano di stare qua! I delinquentiPag. 14italiani ce li dobbiamo tenere perché siamo in Italia, ma i delinquenti non italiani devono tornare a casa loro! Noi non li vogliamo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Onorevole Buonanno, voglio solo ricordare a tutti i colleghi - e colgo l'occasione per ricordarlo a lei, dal momento che è lei che me ne dà l'occasione - che vi sono regole di correttezza nei confronti degli altri colleghi che si estendono anche agli ex colleghi (in un passaggio lei ha toccato infatti un momento riferito ad ex colleghi). È un invito che rivolgerei a chiunque, lo faccio ora a lei e comunque la ringrazio.
È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, la ringrazio e dico subito che ho l'orgoglio di parlare in un Aula da lei presieduta (abbiamo questo sentimento di amicizia e di colleganza antica). Ho ascoltato i due relatori per la maggioranza, che certamente ringrazio, sia il relatore per I Commissione, sia quello per la II Commissione (che sono poi entrambi i presidenti delle rispettive Commissioni). Affrontiamo in Aula un tema che ritorna con puntualità all'inizio, durante e alla fine di ogni legislatura (mi riferisco, ovviamente, a legislature normali, ossia quelle che hanno un percorso, e quindi una conclusione, normali).
Parlare di sicurezza rappresenta certo un aspetto forte ed importante, che richiama a ciascuno di noi una serie di considerazioni e di riflessioni. Non c'è dubbio che ci troviamo a dover esaminare un provvedimento d'urgenza, un disegno di legge di conversione. Già i due relatori per la maggioranza hanno elencato ed illustrato quali siano le misure d'urgenza, così come le hanno richiamate anche i colleghi che hanno preso la parola prima di me. Si tratta di provvedimenti che giungono a tradurre quelle che sono le spinte che attualmente provengono dall'interno della società. Vi sono fatti eclatanti per quanto riguarda gli immigrati, vicende delittuose e situazioni difficili in aree urbane all'interno del nostro Paese, cui si provvede attraverso una serie di misure.
Voglio ovviamente richiamare la sua attenzione, signor Presidente, e se possibile quella del Governo e anche quella dei relatori per la maggioranza perché ci siamo sempre un po' confrontati su questo nodo, chiedendoci se conviene aumentare le aree della prevenzione sacrificando il processo. Ritengo che vi debba essere un equilibrio fra prevenzione e processo.
Quando ci riferiamo alla rivisitazione della normativa che riguarda la mafia e di conseguenza l'azione antimafia, non vi è dubbio che l'illecito arricchimento debba essere punito e perseguito. Perciò si introduce - credo anche raccogliendo un po' le indicazioni della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare - il concetto della pericolosità del bene disgiunto anche dalla sua titolarità e vi è sempre, per quanto riguarda gli immigrati che vengono ad essere valutati intervenendo soprattutto nei confronti di tale fenomeno in termini restrittivi, di più un allargamento e un'espansione dell'area della prevenzione. Ad esempio, nel decreto-legge in esame si attribuisce, in ordine agli immigrati e all'immigrazione, un ruolo importante - in un certo senso - al prefetto e al questore. Inoltre, si recupera e si attribuisce un ruolo anche ai sindaci dei comuni.
Credo che questo sia un aspetto su cui dobbiamo riflettere perché se il provvedimento riguarda solo la sicurezza (tuttavia, sappiamo che al Senato si sta esaminando un disegno di legge che accompagna il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92) e se il suo contenuto fosse semplicemente questo ci troveremmo di fronte a un'indicazione, ad un annuncio, ad una perlustrazione dei problemi fatta con un provvedimento che potremmo definire omnicomprensivo in quanto tratta dell'immigrazione e anche, tra le altre materie, degli incendi boschivi. Ritengo che quest'ultima sia una questione importante perché quando parliamo di incendi boschivi o di altre fattispecie di reati che sono introdottiPag. 15con il decreto-legge in esame non penso che possiamo essere convinti che sia sufficiente aumentare la pena o la sanzione per dissuadere o soprattutto per ridurre, per alleggerire o affievolire la consistenza dell'azione delittuosa. Effettivamente, ritengo che quando si parla di incendi boschivi ci si debba riferire ad un'azione delittuosa. Altrimenti, sarebbe inutile fare, ogni anno in questo periodo, le nostre valutazioni sugli incendi boschivi e sostenere che essi sono per il 90 o il 95 per cento di origine dolosa e non disporre di alcuna azione preventiva.
Va riconosciuto che nel provvedimento in esame si utilizza (intendiamo farlo) l'esercito per il controllo delle aree urbane e delle zone a rischio. Tuttavia, non vorrei che utilizzassimo l'esercito semplicemente per gli immigrati. In ordine a tale tema ho sentito anche l'intervento dell'onorevole Buonanno. Si è trattato di un intervento di un collega che ha una sua esperienza e le sue riflessioni nascono dalla sua esperienza e sensibilità. Ma è possibile pensare e immaginare di affrontare e risolvere il problema degli immigrati senza avere una politica dell'immigrazione e pertanto dell'integrazione e dell'assorbimento degli immigrati? Ritengo che questo sia un tema che riguarda anche una serie di realtà e di istituzioni all'interno del nostro Paese. Non bisogna ovviamente considerare gli immigrati come un nemico da combattere e basta. Certamente occorre combattere chi delinque, ma vi sono dei principi e dei valori che un Paese moderno e civile quale il nostro deve difendere anche nei rapporti e nei confronti degli immigrati.
Per questo non capisco perché lo status di immigrato debba essere un'aggravante per la determinazione della pena. Si tratta di un aspetto che abbiamo fatto presente in Commissione e lo vogliamo ripetere con estrema chiarezza anche in Aula, anche se la discussione sulle linee generali di un provvedimento è un rituale. Signor Presidente, forse dovremmo cambiare il Regolamento; a suo tempo fui relatore delle riforme del Regolamento e ritengo che bisognerebbe cambiarlo perché questo è un dato, anche se oggi il sottosegretario ha fatto un annuncio ed affronterò anche questo argomento commentando il «semi-annuncio» del sottosegretario di Stato che ora non vedo. Vedo il suo collega, ma non vedo il sottosegretario annunciante (e sfuggente), ma non vorrei fare polemiche nei confronti del...

GIACOMO STUCCHI. È il sottosegretario agli interni!

MARIO TASSONE. Lo rispetto perché è un sottosegretario della Lega. Ho sentito Buonanno che ha iniziato a parlare del Ministro dell'interno e del sottosegretario della Lega ed io, per par condicio e per un riequilibrio di forze, sto parlando del sottosegretario per la giustizia, anche per allargare una maggioranza dove ci siete voi e insieme anche gli altri e cui appartiene anche il sottosegretario per la giustizia. In questo modo abbiamo un quadro ben preciso della coalizione che governa il nostro Paese.
Non vi è dubbio che oggi l'aspetto fondamentale è capire se vi siano una serie di provvedimenti. Ad esempio, quando si prevede una riforma della normativa esistente per il contrasto alla mafia (non ce l'ho con nessuno quando parlo del procuratore nazionale antimafia, della DNA e della DIA), in cui diamo al procuratore nazionale antimafia la titolarità di applicare le misure di prevenzione, innanzitutto dovremmo definire che cos'è la DNA, perché la legge istitutiva è insufficiente, e poi gli conferiamo la titolarità della prevenzione pur sapendo che le misure di prevenzione debbono avere certamente una contezza. Perché il procuratore nazionale antimafia e non le direzioni distrettuali? Capirei la scelta delle direzioni distrettuali e del procuratore ordinario.
Già vi è difficoltà ad armonizzare le procure ordinarie con le direzioni distrettuali antimafia e, oggi, si introduce il ruolo del PNA che dovrebbe essere, lo ripeto, ridefinito perché si trova in una posizione a mio avviso molto dubbia. Ritengo che occorra potenziare il ruolo della DNA e non capisco con quale concezione e conPag. 16quale filosofia il procuratore nazionale antimafia dislochi o mandi un sostituto presso le direzioni distrettuali per determinate investigazioni: in quale momento, con quale occasione, per fare cosa, da supporto oppure per moltiplicare le competenze tra le direzioni distrettuali e la DNA? Si tratta di aspetti su cui dobbiamo certamente riflettere.
Inoltre, nel provvedimento in esame si affronta il problema della sicurezza stradale, con la previsione dell'aumento delle pene per chi guida in stato di ebbrezza o sotto l'influsso di psicofarmaci o di droga. Questo va bene, però come si colloca una simile previsione rispetto a tutto un contesto legislativo? In questo modo si manda il segnale che basta la semplice prevenzione e l'aumento della pena per risolvere i problemi che riguardano la sicurezza. Tuttavia, la sicurezza non riguarda soltanto gli immigrati, ma è un concetto molto ampio e più complesso.
Ritengo che bisognerebbe avere attenzione. Infatti, quando con riferimento alla sicurezza stradale parliamo di aumento di sanzione o di pene, non c'è dubbio che dovremmo tenere ben presenti i provvedimenti che in tale materia sono intervenuti nel corso delle varie legislature. È mancata la spinta e la sensibilizzazione del Paese, che sembra in alcune aree limitarsi soltanto ad alcuni fenomeni. Il problema della sicurezza sulle strade dovrebbe essere ovviamente legato alla formazione.
Vi è anche il problema della criminalità organizzata, che presiede e occupa gran parte del territorio, a meno che non ci convinciamo che questi criminali non li possiamo più espellere dal nostro territorio, mentre possono essere invece espunti - si dice così - soltanto gli immigrati, i rom e quant'altro. Certamente dobbiamo andare contro e, soprattutto, perseguire chi consuma delitti, ma ritengo che la visione sia molto più complessa: stiamo esaminando un decreto-legge che dà la stura ad una serie di interpretazioni, ma non credo sia certamente esaustivo rispetto agli obiettivi che vogliamo raggiungere.
Poi, vi è il problema dell'articolo 7-bis che concerne l'utilizzazione delle Forze armate. Quante volte si è parlato se utilizzare le Forze armate a presidio del territorio. Anzi, il controllo del territorio è sempre la parola magica ed è rivolta alle forze di polizia: è inutile prevedere sanzioni sulla sicurezza stradale, se non vi è un presidio del territorio, così come non serve introdurre sanzioni e aumento delle pene senza un effettivo un controllo del territorio. Lo abbiamo sempre detto! Ma voi pensate veramente che in sei mesi, prorogati per altri sei mesi, questi 3 mila uomini che dovrebbero fare la ronda possano essere esaustivi rispetto ad un'esigenza per cui il controllo del territorio deve diventare effettivo? Non è che sia contrario per principio, ma vorrei capire se riusciamo finalmente a coordinare le forze di polizia.
Il 25 giugno scorso è venuto il Ministro dell'interno Maroni, che ha fatto un'ottima relazione, ma rimane oggi come dato importante il problema del coordinamento tra le forze di polizia. Si introduce il discorso del coordinamento delle forze di polizia, per quanto riguarda l'utilizzo della banca dati interforze CED del Ministero dell'interno, che può essere utilizzata anche dalla polizia municipale e dalle capitanerie di porto.
Ritengo che sia molto poco, anche perché il dato della sicurezza diventa molto più complesso se vogliamo operare un contrasto nei confronti della criminalità e un alleggerimento della pressione urbana per quanto riguarda la piccola criminalità e la criminalità degli emigrati o di quelli che illecitamente stanno nel nostro Paese o che traggono illecito guadagno affittando i loro immobili agli immigrati, per cui prevediamo la confisca e quant'altro. Inoltre, dovremmo prevedere la pena che comminiamo a chi dà alloggio ai terroristi o altri responsabili di reati ben maggiori rispetto a chi illecitamente soggiorna nel territorio nazionale. È una visione, certamente utile, ma parziale e, quando c'è una visione parziale non completamente articolata ed esaustiva, tuttoPag. 17ciò rischia di infrangersi nei flutti dell'insufficienza e rischia di essere anche inutile.
Signor Presidente, vorrei finire anche per rispetto dei colleghi che devono parlare dopo. Avevo promesso all'onorevole Zaccaria che sarei stato molto sintetico. Non lo sono stato, però cerco di trarre un po' le conclusioni.
La vicenda riguarda gli articoli 2-bis e 2-ter, anzi meno male che è venuto il sottosegretario per la giustizia e lo ringrazio, perché mi ero riservato di fare questo discorso alla sua presenza, anche se i colleghi della Lega Nord mi dicevano che c'è il sottosegretario agli interni, ma loro avevano questa preferenza, mentre io sono equilibrato e al di sopra delle preferenze e delle simpatie. Lei ha fatto un annuncio che, per dire la verità, poteva essere importante e più completo, perché noi siamo in attesa.
Su questo aspetto, signor Presidente, vorrei richiamare la sua attenzione perché conosco la sua sensibilità, dato che lei è stato impegnato per anni in Aula: non è possibile cambiare l'ordine del giorno come è avvenuto per il lodo Alfano, quando noi avevamo detto anche in Commissione, Mannino ed io, che se ci fosse stata una rivisitazione degli articoli 2-bis e 2-ter noi avremmo valutato attentamente il lodo Alfano, che io ho sempre giudicato diversamente anche rispetto a molti amici: c'è questa ossessione del nemico da battere, mentre io ho l'ossessione dell'espropriazione, da parte dei magistrati, di questo Parlamento in tanti anni; tutti pensiamo la stessa cosa ma abbiamo l'ipocrisia di non ammetterlo. Ecco perché mi sono astenuto, ma questo è un altro discorso che già è stato fatto ieri, ed è ampiamente esaurito; anche gli altri discorsi che ho sentito dall'altra parte si sono riversati semplicemente a sminuire il problema, dimenticando la storia di questo Paese, l'equilibrio dei poteri o, come si dice, dei rapporti di forza.
Riguardo agli articoli 2-bis e 2-ter, noi abbiamo suggerito di rivederli anche perché questa articolazione e questo congegno - sia la formazione dei ruoli di udienza considerata nel 2-bis, sia per quanto riguarda il «bloccaprocessi», quelli relativi a fatti commessi prima del 30 giugno 2002 - ci sembravano una strada impraticabile, perché se c'è un processo con più imputati bisogna vedere chi è punibile con più o meno di dieci anni, eccetera. Poi parliamoci chiaramente, alcuni sono coperti dalla prescrizione, altri sono coperti dall'indulto e quant'altro. Ma al di là di questo, abbiamo detto che quello è un modo di procedere che non ci convince nella maniera più assoluta, anche se posso capire la ratio, ma questo fa venire in mente il problema della obbligatorietà dell'azione penale e della certezza della pena. Tutti quanti ce ne riempiamo la bocca, ma questo è un Paese dove la giustizia è denegata. Se uno deve intraprendere un giudizio civile - non vorrei demoralizzare il mio amico e collega Costantini - esso dura dieci, otto, sette anni, a seconda, se va bene cinque anni, ma se gli va bene, bisogna essere ottimisti.
Il giudizio penale, invece, è così: se c'è un amministratore o un politico certamente l'azione penale è immediata, perché c'è sempre l'esigenza della propaganda. Ci sono pochi magistrati, pochi procuratori della Repubblica - scusate li ho definiti magistrati, ma sono anche magistrati ovviamente, questo è il grande equivoco, la grande confusione - che non si comportano così. I procuratori della Repubblica, spesso, procedono non rispetto alla gravità del reato; perché tra un soggetto conosciuto che delinque e che può portare a risonanze mediatiche, e un altro che delinque in termini peggiori ma non è conosciuto, per cui non porterebbe fama e conoscenza a chi lo persegue e manda avanti l'azione giudiziaria, non c'è dubbio che si preferisce il politico: è un dato accertato.
Era una notizia che aspettavamo. Però, signor sottosegretario - e questa è l'anomalia che, signor Presidente, volevo sottoporre alla sua attenzione - noi abbiamo iniziato in maniera irrituale la discussione sulle linee generali perché il dibattito chePag. 18c'è stato sugli articoli 2-bis e 2-ter, si è svolto e si svolge senza conoscere il testo dell'emendamento.
Il Ministro Vito è venuto nella I Commissione, ha fatto l'annuncio e poi vi è stata la Conferenza dei presidenti di gruppo che ha modificato il calendario dei lavori, nel senso che ha anticipato tutto fissando prima l'esame del disegno di legge che va sotto il nome di lodo Alfano e dopo quello del decreto-legge. Noi non sappiamo nulla circa il testo dell'emendamento; sappiamo che viene ad essere salvaguardata la formulazione dei ruoli - questo lo abbiamo capito - e che viene stabilita la priorità per quanto riguarda i delitti più gravi.
Uno dei miei dubbi sull'articolo 2-ter è capire quale sia il delitto più grave, quello che crea delle situazioni di rottura: perché lo è soltanto quello per cui si prevede la pena di dieci anni? Quello per cui si prevede la pena di otto o nove anni è forse meno grave? Credo che a seconda delle circostanze e delle situazioni vi siano delitti che sono devastanti di per sé. Ritengo che questo sia un tema e un problema importante, e se tornerà al nostro esame in altre occasioni, certamente dovrà essere affrontato e, soprattutto, considerato con attenzione. Perciò noi siamo in attesa, anche al fine di valutare quale sarà il nostro atteggiamento sul provvedimento, rispetto al quale - come ha potuto vedere, signor Presidente - non ho dimostrato grande entusiasmo.
Io non sono fra coloro che sono degli estremisti di ritorno, anche perché non ho molta dimestichezza con le piazze oceaniche e non inseguo facili scorciatoie. Se si deve parlare con le istituzioni, lo si deve fare al loro interno, non da fuori per condizionarle dall'esterno; né si può essere al Governo e lottare con una concezione di uomini di lotta e di Governo (adesso c'è qualcuno che è uomo soltanto di lotta per ritornare al Governo). Ritengo di essere lontano da questa concezione; tuttavia, certamente qualche perplessità vi è sul modo in cui possa funzionare tutto questo, anche riguardo ai sindaci.
Il presidente della I Commissione, Donato Bruno, parlava prima di fulcro dei sindaci; ma pensiamo veramente di aver introdotto una grande innovazione senza aver svolto alcune valutazioni, ad esempio, riguardo alle iniziative dei sindaci che poi coinvolgono anche il prefetto (e quant'altro) per quanto riguarda alcune misure sull'immigrazione e per quanto concerne la sicurezza delle aree urbane? Questo è l'annuncio che noi possiamo seguire, ma come funziona in concreto? Parlavo prima con il collega Costantini del fatto che diamo al sindaco anche l'incombenza sui passaporti e sugli immigrati, ma con quali strumenti e con quali mezzi? Questo è un discorso serio.
Si è detto, anche nella relazione, che tutto questo è stato concordato con l'ANCI e con l'UPI, perché, coma ho affermato poc'anzi, si prevede anche un ruolo per la polizia municipale e provinciale. Ma onestamente i sindaci come operano? Certamente vi sono leggi precedenti. Come operano su questo le province?
Avviandomi alla conclusione volevo semplicemente fare questo riferimento. Noi abbiamo varato delle norme per quanto riguarda la Protezione civile - ho parlato prima degli incendi boschivi, per non dire degli altri fatti che riguardano la tutela del nostro territorio e del nostro ambiente - con le quali affidavamo ai sindaci compiti, che in molti hanno portato avanti con diligenza, previsti dai piani della Protezione civile. Con quali strumenti e quali mezzi? Tutto questo ha funzionato? Perché il problema della Protezione civile è minore rispetto ad altre vicende? Ritengo che questo sia un interrogativo che ci dobbiamo porre, altrimenti, signor Presidente e signor sottosegretario - almeno quello che sta seguendo la discussione perché è al banco del Governo - approvata questa norma, vedremo poi se noi voteremo contro o ci asterremo...

DONATO BRUNO, Relatore per la maggioranza per la I Commissione. A favore!

MARIO TASSONE. Lei, onorevole Bruno, esprime sempre degli auspici perPag. 19ché è un'ottimista. Lei è una persona simpaticissima verso la quale nutro veramente grande stima, considerazione e rispetto, ma riguardo a questo provvedimento, presidente Bruno, c'è veramente da valutare se serva al nostro Paese.
Così com'è congegnato, mi sembra che il provvedimento in esame presenti qualche difficoltà di agibilità e vedremo se nel prosieguo del dibattito, grazie al nostro contributo emendativo, sarà possibile migliorarlo. Successivamente, avremo contezza se i disegni di legge vi saranno e capiremo se il Ministro dell'economia (che parla di sicurezza e di forze di polizia) stanzierà le risorse o le sottrarrà alle forze di polizia. Altrimenti, signor Presidente, ci siamo presi in giro e cade tutta l'impalcatura.
Se vogliamo motivare le forze di polizia, riorganizzarle e reimpiegarle, se vogliamo occuparci della destinazione dei carabinieri (se è bene impiegarli in questo modo e quant'altro), allora, quando parliamo di perlustrazione e di controllo del territorio, dobbiamo parlare anche delle forze di polizia per capire se, diversamente impiegate e coordinate, quindi razionalmente utilizzate, potranno svolgere realmente un controllo del territorio e ciò per avere anche il corrispettivo - come forza di polizia - sul piano delle risorse.
Svolgo solo un'ultima considerazione, essendomi interessato per molti anni delle capitanerie di porto. Non ho mai capito, signor Presidente, perché le capitanerie di porto debbano ricoprire un ruolo marginale, pur svolgendo un ruolo importante e significativo sul territorio. Dove c'è professionalità, c'è qualità ma ci sono scarsi mezzi e scarse competenze e, inoltre, molte volte alle capitanerie di porto si sovrappongono altre forze di polizia. Questo è un esempio di tante cose che se il Parlamento riuscisse ad affrontare, non con un decreto-legge (vedremo poi gli altri disegni di legge), ma in termini seri, forse qualche risultato in più, non dettato dal clamore delle vicende particolari che possono certamente essere contrastate, si potrebbe ottenere. Inoltre, è necessario guardare al presente e avere anche uno spiraglio, o meglio, un percorso molto ampio per affrontare le vecchie questioni della sicurezza, della qualità della vita, della serenità e della pace del nostro Paese.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Tassone, lei ha posto una questione di natura regolamentare, tra l'altro molto antica. È una vexata quaestio, legata purtroppo ad una riforma molto profonda che dovrebbe essere attuata. Alla sua obiezione si potrebbe rispondere che una discussione sulle linee generali può servire proprio a mutare qualcosa, per cui non ci si può lamentare del fatto che allo stato degli atti vi sia un testo su cui deve essere svolta la discussione. La ringrazio di aver posto la questione, che, comunque, è antica e che speriamo si possa risolvere.
È iscritta a parlare l'onorevole Samperi. Ne ha facoltà.

MARILENA SAMPERI. Signor Presidente, l'opposizione ha dimostrato piena disponibilità a collaborare per la formazione di un testo che possa effettivamente contrastare fenomeni di illegalità diffusa collegati alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina. Il Partito Democratico è consapevole del diffuso senso di insicurezza che si registra nella società e del carattere prioritario del tema della sicurezza (uno dei temi forse più sofferti dai cittadini). Infatti, durante la scorsa legislatura il Governo ha lavorato a lungo sul pacchetto sicurezza e circa l'80 per cento del contenuto del decreto-legge oggi in discussione è assunto proprio dai risultati di quell'impegno.
Noi condividiamo molte parti di questo variegato provvedimento: l'inasprimento delle sanzioni in materia di associazioni di tipo mafioso, il potenziamento degli strumenti di identificazione e di accertamento delle qualità personali, l'inasprimento della normativa per chi commette omicidi colposi o cagiona lesioni in conseguenza di guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di stupefacenti, tutte le modifiche al codice di procedura penale per la semplificazione e l'accelerazione dei tempi del processo.
Così, siamo d'accordo sulla necessità di agire con durezza e rigore su quella fasciaPag. 20di immigrazione clandestina che delinque e che rifiuta di declinare le proprie generalità per sfuggire al decreto di espulsione. Riteniamo, però, sicuramente sbagliato creare un binomio fideistico tra immigrazione e clandestinità. La clandestinità è uno dei tanti modi in cui si manifesta uno dei più rilevanti fenomeni del nostro tempo: pezzi di popolo che si spostano in cerca di cibo, di pace e di lavoro. Il problema va, quindi, affrontato alla radice e non nei suoi effetti patologici. Soprattutto, va governato in conformità con i principi costituzionali e le direttive europee.
Ecco perché non ci ha convinto la misura dell'allontanamento del cittadino appartenente ad uno Stato membro come automatica conseguenza di una condanna penale, senza alcuna valutazione specifica della pericolosità sociale, ma presumendola ex lege.
Riteniamo, inoltre, lesiva del principio di parità di trattamento l'aggravante che consiste nell'avere il colpevole commesso il fatto mentre si trovava illegalmente nel territorio dello Stato, senza, anche in questo caso, alcuna valutazione della pericolosità sociale o della gravità del fatto commesso.
La prevenzione è l'arma migliore per contrastare il fenomeno. Si deve intervenire con più incisività sugli accordi bilaterali, sostenere con aiuti le popolazioni in difficoltà, favorirne lo sviluppo, senza interrompere il dialogo con i Paesi di origine e di transito. Senza queste forme di cooperazione, sappiamo tutti che qualsiasi inasprimento di pena rischia di essere inefficace. Sarebbe anche opportuno modificare le norme della legge Bossi-Fini, che rendono difficile entrare regolarmente nel nostro Paese. Bisognerebbe rendere efficace il Governo dei flussi e snellire la burocrazia, tutti elementi che hanno contribuito ad aumentare la clandestinità ed il sommerso.
Anche per gli incidenti va fatta prevenzione. Vanno predisposte campagne informative, realizzati investimenti adeguati per le attività delle forze dell'ordine, perché possano effettuare controlli più incisivi.
Il nostro obiettivo principale deve essere quello di evitare le stragi sulle strade, che ormai sembrano un vero e proprio bollettino di guerra. Sappiamo bene che un aumento di pena non è efficace come deterrente per i comportamenti illeciti. Occorre incidere sulla cultura, convincere che alcuni comportamenti vanno cambiati e bisogna evitare, soprattutto, la tentazione di offrire all'opinione pubblica l'impressione di una risposta decisa e intransigente, cui però non si accompagnano strumenti che consentano alla magistratura e alle forze dell'ordine di renderla effettiva.
Le forze di polizia lamentano di non avere spesso neanche l'etilometro in quantità sufficiente per effettuare seri controlli e il decreto che anticipa la legge finanziaria, che presto giungerà all'esame dell'Aula, taglia pesantemente le risorse previste per la sicurezza, riduce mezzi, uomini e risorse, a tutto vantaggio della malavita organizzata e della criminalità diffusa; taglia il turnover, riduce gli organici delle forze di polizia, dà una consistente sforbiciata alle risorse finanziarie necessarie all'ordinaria attività e una stretta agli straordinari. In tutto sono 538 milioni di euro di tagli che, di fatto, ne paralizzano l'attività.
Occorre altresì, a nostro avviso, emendare la previsione della confisca obbligatoria dell'abitazione, collegata esclusivamente alla nazionalità del soggetto destinatario dell'immobile concesso da terzi, ma con l'esclusione di un requisito essenziale per la confisca, che è la pericolosità intrinseca del bene.
Ma non è questo l'aspetto più grave: mi riferisco al fatto che l'articolo 5, come formulato, non è in grado di colpire le organizzazioni criminali che sfruttano il fenomeno dell'immigrazione. Credo fosse questo il vero obiettivo della norma che, così come è formulata rischia, invece, di travolgere alcuni soggetti inermi.
In conclusione, vorrei soffermarmi sull'articolo 2-ter, rilevandone la contraddittorietà e l'irragionevolezza. Da una parte, vengono inasprite le sanzioni per alcune tipologie di reato, dall'altra vengono soPag. 21spesi i processi relativi alla commissione degli stessi reati. Si tratta di un articolo aggiuntivo inserito a sorpresa, direttamente in Aula, impresentabile dal punto di vista costituzionale e gravido di nefaste conseguenze anche per il funzionamento della macchina della giustizia già così drammaticamente inceppata. Ritengo, però, che queste considerazioni siano superflue perché l'emendamento sarà superato dal lodo Alfano e presto non ce ne dovremmo più preoccupare. Ma cosa collega l'articolo 2-ter al lodo Alfano? Un unica ragione: la necessità di sospendere a tutti costi e in qualsiasi modo, anche il più cruento, il processo Mills-Berlusconi e forse anche il Saccà-Berlusconi. Così, l'accelerazione dell'approvazione del lodo è stata vista come il male minore, di fronte ad un possibile epilogo di allarmante gravità. Io credo che non sia così e che questo sia un grande errore, perché, come ci hanno spiegato (in particolare l'ha fatto il capo della polizia durante l'audizione del 30 giugno), il fenomeno di diffusa paura che si è sviluppato nell'ultimo decennio è la conseguenza di una sensazione che non deriva direttamente dall'aumento del crimine ma da fenomeni vari come forme di degrado sociale, di disagio, di non rispetto delle regole, di mancanza di punti di riferimento e forme di arroganza e di prepotenza diffuse. Questo è il contesto, ancora più grave dei fatti di criminalità, da cui nasce la sensazione d'insicurezza che travaglia il Paese. Ma se ciò è vero, davvero pensiamo che il lodo Alfano approvato in tutta fretta in violazione delle prerogative del Parlamento, delle procedure, facendo prevalere oltre qualsiasi ragionevolezza l'interesse specifico e concreto del Presidente Berlusconi di sottrarsi al processo, sia il male minore per una società malata di solitudine e di anomia? È questa la riduzione del danno a cui tanto si inneggia? No, questa è la pietra tombale di un possibile tenue rapporto con il futuro. È la negazione della vocazione umana a coltivare la speranza di un avvenire diverso e migliore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Costantini. Ne ha facoltà.

CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, prima di intervenire sul merito del provvedimento non posso esimermi dallo svolgere alcune considerazioni sugli interventi che mi hanno preceduto e soprattutto su quello del collega Buonanno della Lega che evidentemente vive una dimensione del tempo e dello spazio diversa dalla mia. Probabilmente non si è reso conto di quello che è accaduto ieri, di quanto sono stati stravolti i lavori dell'Aula in questi tre giorni e neppure di quello che ha annunciato il sottosegretario poco fa, ovvero lo stravolgimento di un testo attraverso la presentazione di un emendamento del quale non conosciamo i contenuti.
È evidente che in un contesto come questo, del tutto differente rispetto a quello valutato una settimana fa allorché si è preparata la relazione di minoranza, è davvero paradossale pretendere l'illustrazione di una relazione di minoranza che fa riferimento ad un testo che non esiste più.

PRESIDENTE. Onorevole Costantini, mi permetto di interromperla solo per fornirle una notizia: per sua conoscenza, gli emendamenti sono stati regolarmente depositati e sono stati anche inviati ai gruppi.

CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, il sottosegretario pochi minuti fa li ha annunciati e adesso, se sono stati depositati, li andremo a prendere e li valuteremo.
Mi sto semplicemente chiedendo come si possa pretendere la discussione di una relazione di minoranza che fa riferimento ad un testo diverso e ad un contesto temporale differente, e che non tiene in considerazione quanto è avvenuto ieri. Ieri, in buona sostanza, si è espunta una parte del decreto sicurezza che si è trasformata in provvedimento ad personam. Il decreto sicurezza conteneva una norma «bloccaprocessi» perché l'obiettivo dellaPag. 22maggioranza era quello di pervenire alla sospensione di un singolo processo, quello che interessava al Presidente del Consiglio, bloccandone centomila. Tre giorni fa la maggioranza ha cambiato strategia e ha deciso di rivedere questa posizione e ha costretto l'Aula ad esaminare un provvedimento ad personam. È, allora, evidente che, in un contesto come questo, è davvero singolare che l'esponente della Lega abbia preteso l'illustrazione di una relazione di minoranza che evidentemente non poteva che far riferimento al contesto temporale considerato qualche giorno fa.
Devo dire che ho rilevato la mancanza di riferimenti al concetto di spazio e di tempo anche rispetto ad altri aspetti. Probabilmente il collega pensa ancora di essere all'opposizione perché rivendica comportamenti, lamenta mancate azioni, avanza propositi tipici di chi sta all'opposizione. Gli elettori vi hanno votato, vi hanno mandato al Governo e noi avremmo voluto, per esempio, utilizzare questa settimana di lavoro non certo per occuparci dei problemi personali del Presidente del Consiglio, ma per occuparci di certezza della pena, per occuparci di accelerazione dei tempi di celebrazione dei processi e non di sospensione dei processi. Avremmo voluto fare esattamente tutto quello che il collega della Lega auspicava, ma ieri ho visto la Lega sostenere e condividere l'impegno parlamentare del resto del centrodestra per salvare il Presidente del Consiglio, e non ho visto certamente la Lega agire e comportarsi in modo corrispondente a quelli che sono i propositi che il collega della Lega ha illustrato. Addirittura ho sentito prendersela anche con chi non c'è, con deputati che non sono più in Aula. Francamente - ripeto - non riesco a comprendere la posizione di una forza politica che si trova in maggioranza, che ha responsabilità di Governo e che continua ad inveire contro tutto e contro tutti, non assolvendo al mandato elettorale che i cittadini le hanno affidato. Noi siamo pronti in questa sede a confrontarci su proposte concrete. L'unica condizione imprescindibile che poniamo è che queste proposte riguardino gli interessi generali del Paese e gli interessi di tutti i cittadini italiani. In questa settimana siamo stati costretti ad impegnare i lavori dell'Assemblea esclusivamente per occuparci del problema di una singola persona, del Presidente Consiglio.
Anche al collega Tassone vorrei dire qualcosa. Il collega Tassone ha fatto riferimento ad una magistratura che preferisce inseguire i reati commessi dai politici piuttosto che i reati commessi dalla criminalità comune. Io credo che i dati sulla corruzione, sul malaffare e sull'illegalità che interessano la pubblica amministrazione siano oggettivi e pongano l'Italia al di fuori di tutti parametri previsti e di tutti i dati statistici registrabili nei Paesi occidentali. Non possiamo quindi prendercela con i magistrati che cercano di prevenire, di curare e rimuovere questi episodi di illegalità. Dobbiamo piuttosto ragionare e considerare le ragioni per le quali questi fenomeni di corruzione e di abuso nella pubblica amministrazione si verificano. Ieri, nel mio intervento ho affermato che l'esempio che è arrivato da quest'Aula (un esempio che esprime con chiarezza il principio per cui l'accesso alle cariche elettive serve molto di più a risolvere gli affari propri che quelli dei cittadini) e che è stato offerto al territorio, alla collettività e ai giovani interessati all'impegno della politica è pessimo e va nella direzione contraria a quella che noi auspichiamo.
In linea di principio, vorrei sottolineare alcuni aspetti precisi su questo provvedimento prima di passare all'esame specifico del merito. Credo che l'inasprimento delle sanzioni in quanto tali e il blocco dei processi rappresentino due misure antitetiche rispetto agli obiettivi, pur condivisibili, che questo provvedimento si è prefissato. Sono due scorciatoie che hanno una connotazione tipicamente propagandistica ma che non servono ad affrontare il problema. Non dimentichiamoci che, mentre inaspriamo in questa sede le sanzioni, in Commissione bilancio si sta esaminato il decreto-legge n. 112 del 2008 che taglierà risorse alle forze dell'ordine. Noi siamo convinti che, per risolvere i problemi dei cittadini, vi sia bisogno diPag. 23maggiori risorse e maggiori investimenti sul piano della prevenzione e della sicurezza, e soprattutto di intervenire sulla giustizia in senso generale, attribuendo più risorse agli uffici giudiziari, alle cancellerie e ai magistrati, costruendo le condizioni perché i processi vengano celebrati ed anche più in fretta, e non perché vengano sospesi.
Quindi, l'impianto generale di questo provvedimento mi sembra rispondere molto più ad esigenze di propaganda che non a quelle effettive di risoluzione dei problemi dei cittadini, i quali aspettano dalla maggioranza delle proposte, e non si aspettano più che la stessa maggioranza inveisca addirittura contro deputati e gruppi parlamentari che non siedono più in Parlamento.
Le risposte, caro collega della Lega, dovete darcele voi. Noi dell'Italia dei Valori siamo pronti ad un confronto serio e costruttivo su proposte concrete. Sono passati due mesi, ma in questi due mesi ci siamo occupati di altro. Non credo che stia a cuore ai cittadini italiani la sorte del destino di una rete televisiva privata del Presidente del Consiglio. Così come credo, invece, che ai cittadini, soprattutto a quelli del nord, stia a cuore un intervento sull'Alitalia che tenda a contenere i costi e gli sprechi. Allo stesso modo ritengo che i cittadini, soprattutto quelli del nord, si aspettino misure in materia di prevenzione, di sicurezza e di repressione dei reati che vadano verso l'affermazione del principio della certezza della pena, che, in sostanza, vuol dire quello che tu esattamente dicevi prima: i delinquenti devono andare in galera. Noi siamo totalmente convinti di questo. Dunque, sediamoci intorno ad un tavolo, utilizziamo i lavori parlamentari per costruire un sistema che finalmente riaffermi il principio della certezza della pena e che imponga ai magistrati di tenere in galera chi delinque.
Su questo siamo totalmente d'accordo, ma sono passati due mesi e, purtroppo, non per responsabilità nostra, in quanto il calendario dei lavori non dipende da noi ma da voi, siamo stati costretti ad occuparci di altro.
In generale, possiamo sostenere che nessuna politica migratoria nei confronti dei cittadini extracomunitari può avere successo senza che vi sia un equilibrato rafforzamento di misure che consentano di raggiungere ragionevolmente nell'ordine tre obiettivi: effettive possibilità di ingresso regolare per motivi di lavoro (su questo campo dobbiamo ancora fare molto), misure di integrazione sociale degli stranieri regolarmente soggiornanti - anche su tale questione nel provvedimento «taglia-ICI», votato recentemente dal Parlamento, abbiamo assistito ad un taglio drastico dei finanziamenti previsti per l'integrazione sociale degli immigrati regolari e siamo convinti che l'integrazione rappresenti il miglior strumento per garantire sicurezza dei cittadini - e soluzioni realistiche al problema dell'immigrazione illegale.
L'esperienza politica italiana di tutte le precedenti legislature dimostra che, prima o poi, fallisce qualsiasi tentativo di mirare soltanto alla prevenzione e alla repressione dell'immigrazione illegale, senza puntare prioritariamente ad un ampliamento realistico degli ingressi regolari per lavoro e all'integrazione sociale degli stranieri regolarmente soggiornanti.
Per altro verso - mi riferisco alle imprese, al sistema produttivo e soprattutto alle aziende del nord - ignorare la forte richiesta di manodopera straniera espressa da più settori della società italiana, omettendo di privilegiare la disciplina dei flussi, finisce con il lasciare i nuovi migranti nelle mani delle organizzazioni criminali e del lavoro nero. Ciò non diminuisce ma aggrava i rischi per la sicurezza, oltre a sbilanciare i costi e i mezzi verso meccanismi sanzionatori e repressivi con enormi aggravi per le strutture giudiziarie e delle forze di polizia.
Nel frattempo disattendere le istanze di integrazione sociale dei migranti e delle loro famiglie, delle seconde generazioni, significa creare disillusione e frustrazione, con il rischio di creare fenomeni di contrapposizione di gruppi sociali. Di tale preoccupazione si era fatto carico il progetto di legge che l'Italia dei Valori aveva presentato nella precedente legislatura ePag. 24riproposto in questa sede con l'obiettivo di salvaguardare quella che potremmo definire la buona immigrazione, distinguendola da quella che, invece, è la cattiva immigrazione, puntando in assoluto il dito contro l'immigrazione clandestina, perché anche secondo noi è inaccettabile e inammissibile che si possa circolare all'interno del territorio italiano senza essere riconosciuti né riconoscibili ed adottando tutte le misure necessarie per favorire l'immigrazione regolare.
In sostanza, i punti della proposta di legge dell'Italia dei Valori riproposta all'interno dell'articolo 5 del testo alternativo - quello che avremmo voluto illustrare se la situazione fosse rimasta quella di cinque o sei giorni fa, ma purtroppo non è così e ce ne siamo accorti tutti, se ne sono accorti anche gli italiani - prevedevano l'istituzione di appositi centri di identificazione amministrativa per impedire la permanenza sul territorio italiano di soggetti non identificati e che non collaborano alla propria identificazione. Siamo convinti che sia gravissimo il rifiuto di consentire la propria identificazione e siamo altrettanto convinti che persone provenienti dall'estero che rifiutano di farsi identificare non possano circolare liberamente nel territorio dello Stato italiano. Per tale ragione avevamo previsto l'istituzione dei centri di identificazione amministrativa.
Inoltre, avevamo previsto alcune modifiche specifiche al codice penale e al codice di procedura penale miranti ad inserire il reato di mancata collaborazione alla propria identificazione ed eventuale alterazione di parti del proprio corpo utili per consentire l'accertamento dell'identità.
Anche noi siamo convinti della necessità di sanzionare penalmente il comportamento di chi rifiuta di farsi identificare e di chi altera parti del proprio corpo per rendere oggettivamente impossibile la propria collaborazione.
Avevamo previsto anche alcune misure premiali per favorire il riconoscimento dei soggetti interessati ed altre misure finalizzate a sostenere una buona immigrazione; tra queste, avevamo previsto la figura dello sponsor, di uno specifico permesso di soggiorno per la ricerca di lavoro, per il mantenimento del contratto di soggiorno e una deroga alle quote massime previste per specifiche tipologie del contratto di lavoro.
Possiamo discutere dei punti di forza e dei punti di debolezza della legge Bossi-Fini, ma un dato è certo: quel provvedimento non ha consentito l'incontro funzionale ed efficace tra domanda ed offerta di lavoro. È stato questo il punto di debolezza che ha favorito l'incremento dell'immigrazione irregolare e clandestina in Italia, perché oggi i datori di lavoro, soprattutto quelli del nord, non hanno le condizioni oggettive e strutturali per acquisire manodopera straniera. Il meccanismo, lo stratagemma che è stato costruito è noto a tutti: gli stranieri entrano con permesso di soggiorno e con un visto regolare alla cui scadenza si trattengono illegalmente nel territorio dello Stato, alimentando il lavoro nero e tutto il circuito malavitoso che ruota intorno all'immigrazione clandestina.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 10,55)

CARLO COSTANTINI. Tornando al provvedimento all'esame dell'Assemblea, denominato «decreto sicurezza», dobbiamo considerare come, in verità, sui reati di grave allarme sociale che meritavano attenzione e necessità di intervento - mi riferisco alla tutela dei minori e degli anziani, alle molestie insistenti, alla violenza sessuale, ai delitti in ambito familiare, all'omicidio e alle lesioni colpose - il provvedimento si limiti esclusivamente a inasprire le pene per le lesioni e per l'omicidio colposo; null'altro è espresso.
Vi è, poi, la normativa che introduce l'automatismo dell'espulsione e dell'allontanamento in ipotesi di condanna penale. Vi è da dire, però, per chiarezza, che questa modifica normativa non c'entra nulla con gli immigrati clandestini, perché si applica agli stranieri in quanto tali, indipendentemente dalla regolarità delPag. 25loro soggiorno nel nostro Paese. Essa viene, quindi, evocata come strumento e misura idonea a fermare il fenomeno dell'immigrazione clandestina, ma, in realtà, produce un risultato del tutto diverso, perché colpisce in modo diretto anche chi soggiorna regolarmente sul territorio dello Stato.
Vi è poi un capitolo importante e da noi condiviso sui poteri dei sindaci, ma che non riguarda il grave fenomeno dei reati di degrado urbano, dello sfruttamento dei minori per la mendicità, dell'occupazione di suolo pubblico per attività commerciali non controllate. È prevista l'attribuzione di nuovi poteri ai sindaci, ma non vi sono riferimenti diretti agli specifici fenomeni di degrado urbano che caratterizzano situazioni difficili nelle nostre città.
Vi sono, inoltre, due norme concernenti gli immigrati irregolari che, francamente, non riusciamo a condividere. Queste riguardano l'introduzione dell'aggravante per lo status di immigrato irregolare e il reato di cessione a titolo oneroso ad uno straniero regolarmente soggiornante di un immobile di cui si abbia la disponibilità. Non riteniamo compatibile con l'ordinamento costituzionale una norma che riconduce un aggravamento obbligatorio della pena alla mera sussistenza di uno status personale, come quella prevista dal nuovo comma 11-bis dell'articolo 61 del codice penale. Anche qui, però, ragioniamo al buio, perché non sappiamo se l'emendamento presentato poco fa dal Governo contenga o meno modifiche rispetto a tale previsione. La discussione che stiamo svolgendo, quindi, necessiterà certamente di rettifiche, di integrazioni e di un ampliamento nelle sue fasi successive.
Come dicevo, la norma introduce una nuova circostanza aggravante, consistente nella commissione del fatto da parte di un soggetto che si trovi illegalmente sul terreno nazionale. Essa, inoltre, opera un'indiscriminata omologazione tra clandestini aventi diversa pericolosità e non opera una distinzione ragionevole tra i reati. La circostanza aggravante inerente il reo è collegata solo alla sua nazionalità e costituisce, perciò, un criterio discriminatorio che, a nostro parere, risulta in evidente contrasto con gli articoli 3, 10 e 11 della nostra Carta costituzionale.
Non vi è nulla sul vero problema della concreta possibilità di espulsione connessa alla possibilità concreta di identificazione. Il tema dell'efficacia dell'espulsione si è riproposto all'attenzione degli operatori della giustizia e delle forze dell'ordine proprio nel periodo immediatamente successivo all'introduzione della legge Bossi-Fini. Ho esaminato dati statistici che rivelano come, successivamente all'entrata vigore di quella legge, il numero di espulsioni sia sensibilmente calato, perché molto spesso introdurre delle norme particolarmente restrittive vuol dire creare situazioni paradossali che allontanano l'obiettivo reale. E l'obiettivo reale condiviso dall'Italia dei Valori è quello di assicurare le condizioni perché una persona che entra nel territorio dello Stato non per lavorare regolarmente, ma per delinquere, venga rispedita nel proprio Paese di origine nel più breve tempo possibile.
Sono, invece, condivisibili alcune norme, che sono identiche o analoghe a quelle contenute negli ampi disegni di legge presentati dal Governo Prodi e che il gruppo dell'Italia dei Valori, al Senato e alla Camera, ha ripresentato in questa legislatura sin dal 16 maggio 2008.
Ora la riflessione si sposta sugli articoli 2-bis e 2-ter, inseriti attraverso l'approvazione di emendamenti presentati dal relatore nel corso dell'esame al Senato del disegno di legge di conversione, pur sapendo che questo provvedimento sarà modificato da un emendamento che - lo ripeto - non abbiamo ancora avuto la possibilità di esaminare. Personalmente, non ho avuto tale possibilità, però, fin da ora, posso esprimere un principio forte e chiaro, che rappresenta la posizione politica dell'Italia dei Valori.
I problemi della sicurezza dei cittadini e della giustizia non si risolvono sospendendo la celebrazione dei processi penali. I delinquenti devono essere puniti e la soluzione corretta non è quella di allontanare il momento della sentenza e delPag. 26l'eventuale detenzione, ma, piuttosto, quella di accelerare il momento del processo e di rendere effettiva e certa l'applicazione della pena.
Se l'emendamento conterrà, sia pure in forme diverse, un meccanismo di sospensione dei processi e di rinvio dei provvedimenti di condanna nei confronti di criminali, indipendentemente dalla gravità del reato, evidentemente non potremo che esprimere una posizione contraria.
I cittadini non si aspettano il congelamento dei processi, ma che i processi, soprattutto quelli penali, che interessano la delinquenza e la criminalità comune, ed anche stranieri comunitari ed extracomunitari, che alimentano una larga parte della delinquenza italiana, si concludano e vi siano delle condanne, non la sospensione dei processi.
I problemi della giustizia, caro sottosegretario, si risolvono attribuendo più risorse, modificando e riformando alcune norme, che effettivamente non funzionano, e svolgendo una valutazione di insieme del problema giustizia, senza perdere mai di vista gli obiettivi primari, fondamentali e minimali che la nostra società ci chiede.
La nostra società ci chiede di individuare i criminali, di condannarli nel più breve tempo possibile e di mandarli in galera. E per fare ciò - lo diceva giustamente il collega della Lega - c'è bisogno di occuparci di carceri, perché la vergogna dell'indulto ha prodotto la libera circolazione di criminali, che progressivamente sono ritornati nelle galere.
Le statistiche più recenti ci dicono che la popolazione carceraria, nel giro di due o tre anni, è ritornata la stessa di due anni fa. Cosa aspettiamo ad impegnare i lavori dell'Aula per occuparci di questi aspetti, della velocità dei processi, della certezza della pena, dell'ampliamento delle carceri?
Siamo convinti che il problema della certezza della pena, della detenzione e del sovraffollamento delle carceri non possa più risolversi con provvedimenti clemenziali.
Dobbiamo fare un ragionamento serio e destinare risorse per le forze dell'ordine, per l'edilizia carceraria, per la polizia penitenziaria, per dare le risposte che i cittadini, tutti i cittadini, si aspettano, gli elettori della Lega come quelli dell'Italia dei Valori.
Da questo punto di vista, passati due mesi, dobbiamo, purtroppo, registrare, ancora una volta, che gli argomenti posti all'ordine del giorno di quest'Aula sono stati assolutamente lontani da queste aspettative e hanno interessato solo ed esclusivamente gli interessi di una persona. Arriverà il momento - lo spero - in cui quest'Aula tornerà ad occuparsi dei problemi del Paese.
Parlavo degli articoli 2-bis e 2-ter. Queste disposizioni risultano, a nostro parere, chiaramente incostituzionali per una serie di motivi. Non riteniamo compatibile con l'ordinamento costituzionale la norma di cui all'articolo 2-bis del decreto-legge, che, assegnando la precedenza assoluta ai procedimenti relativi a determinati delitti, pone delicati problemi di compatibilità con il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, previsto all'articolo 112 della Costituzione, che opera, secondo l'ordinamento della Corte costituzionale, con riferimento non soltanto all'inizio dei procedimenti, ma anche alla loro regolare prosecuzione.
Non si ritiene compatibile con l'ordinamento costituzionale la norma di cui all'articolo 2-ter del decreto-legge, che, disponendo la sospensione dei processi relativi a fatti commessi fino al 30 giugno 2002, viola espressamente quanto disposto dalla Carta costituzionale agli articoli 3, 24, 25, 77, 79, 111 e 112.
Non voglio riproporre questioni delle quali abbiamo già parlato a lungo; non voglio nemmeno parlare di ciò che non conosco, perché, purtroppo, non ho avuto ancora la possibilità di esaminare l'emendamento del Governo.
Voglio soltanto concludere il mio intervento sottolineando come la proposta presentata dalla maggioranza contenga indubbiamente degli elementi di spunto interessanti: il rigore nella previsione di sanzioni più pesanti, gli interventi in settori strategici sul piano della prevenzionePag. 27e della sicurezza del territorio e dei cittadini e, devo dire, anche il conferimento di maggiori poteri ai sindaci, che rappresentano il presidio dello Stato, la rappresentanza più vicina delle istituzioni pubbliche ai cittadini.
Questi sono provvedimenti che certamente riusciamo a condividere. In linea di principio non siamo, però, convinti dell'approccio culturale del provvedimento in discussione, che muove dalla considerazione che l'inasprimento della sanzione in quanto tale costituisca automaticamente elemento di prevenzione della sicurezza dei cittadini. Personalmente, ho il dubbio che l'inasprimento della sanzione, non accompagnata da un'opera di prevenzione seria, non accompagnata da investimenti per l'integrazione sociale soprattutto degli immigrati irregolari, non sia sufficiente. Sono convinto che quello che sta avvenendo in Commissione bilancio, dove assistiamo al taglio di risorse destinate alle forze dell'ordine e al Ministero dell'interno, e le operazioni che seguono parallelamente un provvedimento che mira esclusivamente a inasprire le sanzioni, non possa consentirvi e consentirci di raggiungere degli obiettivi che comunque condividiamo.
Questo è un provvedimento che esprime un approccio culturale falso, che in qualche modo cerca semplicemente di dare una risposta propagandistica ai cittadini: sono più cattivo, infliggo loro pene più severe. Ma se poi non celebriamo i processi, non pronunciamo sentenze di condanna, non poniamo il principio della certezza della pena, non costruiamo nuove carceri, a che serve inasprire le pene? A che serve inasprire le pene, se non c'è il principio della certezza della pena? E a che serve condannare i delinquenti, se non interveniamo nella politica dell'edilizia carceraria e non creiamo le condizioni perché questi criminali vengano messi nella situazione di scontare effettivamente le pene?
Il provvedimento è lacunoso e mancante di questi aspetti. Avrei capito un intervento rigoroso sul piano dell'inasprimento delle sanzioni penali, se fosse stato accompagnato da una serie di misure preventive fatte di risorse finanziarie, ma anche di cura e di attenzione rispetto ai limiti del processo, all'eccessiva durata, alla mancanza di risorse delle strutture giudiziarie, delle cancellerie dei magistrati, e di interventi pesanti e decisi sul piano dell'edilizia carceraria.
Abbiamo, quindi, moltissime perplessità. Evidentemente, siamo impossibilitati ad esprimerle tutte, perché non conosciamo il contenuto degli emendamenti: il calendario dell'Aula è stato stravolto, la relazione di minoranza che avevamo predisposto non è più discutibile perché si inserisce in un contesto temporale, logico e di merito completamente diverso rispetto a quello previsto e programmato una settimana fa. Aspettiamo le proposte di maggioranza per esprimere un giudizio definitivo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, quello che stiamo esaminando è un provvedimento non solo urgente, ma decisamente in ritardo rispetto ai tempi che forse questo Parlamento doveva darsi, nei confronti di esigenze piuttosto avvertite da parte dell'opinione pubblica.
Mi spiego meglio. Nei due anni precedenti, il tema della sicurezza in senso lato è stato uno dei temi forse più discussi. Per una lunga parte di quei due anni la discussione, in termini politici, sembrava effettuata fra sordi: da un lato, vi era chi sosteneva ci fosse un'emergenza in questo Paese, un'emergenza decisamente percepita da parte della popolazione; dall'altro lato, in quel caso nell'ambito dell'allora maggioranza o di una parte forte di quella maggioranza, vi era chi riteneva che, invece, questa emergenza fosse soltanto il frutto di una scelta politica di strumentalizzazione, di allarme; e il tema è stato discusso in maniera molto approfondita, ma spesso forse con i toni sbagliati.
La decisione da assumere era se il tema della sicurezza fosse presente tra la gente,Pag. 28e quindi la politica dovesse essere in grado di dare una risposta a questa esigenza, o se al contrario fosse la politica ad alzare delle grida, e quindi, come alcuni sostenevano, a seminare il panico. Questo è quanto ha caratterizzato i due anni precedenti, che in questa sede vanno ricordati perché il provvedimento è frutto di una storia lunga e, soprattutto, è un ritorno al passato, nel senso che è il terzo decreto-legge che due Governi diversi presentano a questo Parlamento.
Come dicevo, esso è il frutto anche di una politica decisamente altalenante, con una parte che è stata determinante (mi riferisco ad una parte dell'attuale Partito Democratico che era allora al Governo e che ha tentato di fornire risposte e di cambiare strada, in termini politici, su questo tema). Probabilmente, il momento clou si è verificato nell'estate di due anni fa, quando lo stesso Ministro dell'interno è stato costretto - lo ricorderemo tutti, forse - a rilasciare un'intervista al quotidiano la Repubblica, tentando di spiegare a quella che era la sua coalizione come il tema sicurezza fosse un tema di tutti e non potesse essere un tema di parte, e soprattutto come, ogni qual volta si parlasse di sicurezza, non fosse possibile innalzare barricate, sostenendo che il tema sicurezza era una sorta di richiamo reazionario, mentre esso è, al contrario, un'esigenza.
Da quel momento molte cose sono, a poco a poco, cambiate. Probabilmente la situazione nel Paese è arrivata ad ebollizione anche perché, pur in assenza di leggi di sistema (soprattutto in materia di immigrazione), in realtà le modifiche venivano effettuate in maniera se mi consentite un po' «clandestina», attraverso altri strumenti che, in qualche modo, non coinvolgevano il Parlamento. Ma soprattutto, si trattava di strumenti di tipo politico di richiamo alla gente, per cui la stessa direzione politica del Governo aveva sempre una situazione ambivalente: da un lato misure che venivano predisposte, dall'altro proclami di una parte specifica dell'allora maggioranza che comunque, in qualche modo, sembravano aprire spazio nel Paese ad una discussione di tipo diverso. Con l'emanazione del decreto-legge al nostro esame - vorrei ricordarlo al collega Costantini che è intervenuto prima di me - il Governo si è presentato al Parlamento, e soprattutto alla gente, con alcuni provvedimenti estremamente incisivi ed immediati. Innanzitutto - ed anche questo è forse un segnale da tenere in considerazione -, i primi provvedimenti adottati da questo Governo sono stati, da un lato quello relativo alla cancellazione dell'ICI (di cui la gente, e se ne è accorta, ha già potuto vedere l'effetto a giugno) ed alla detassazione degli straordinari (misure, cioè, che in realtà tentano di rimettere in moto un meccanismo virtuoso), dall'altro un provvedimento massiccio in tema di sicurezza.
Su quest'ultimo provvedimento, proprio per la sua scrittura, credo si possa effettuare in questa Camera una discussione estremamente ragionevole ed anche, in grande parte, comune, perché una delle prime scelte effettuate dai Ministri competenti è stata quella di recuperare tutte quelle misure già predisposte dal Governo Prodi - e quindi dal Ministro Amato - che erano state portate in Parlamento ma che, purtroppo, la maggioranza di allora non era stata in grado di trasformare in legge.
Non vi è stato quindi preconcetto ma, al contrario, una continuità di impostazione politica, anche perché alcuni temi sono oggettivamente ed analiticamente comuni (nel senso che alcuni punti fermi devono necessariamente trovare una soluzione). Pertanto, ritengo che alla fine nella discussione in Aula - si è visto infatti che la discussione nelle Commissioni si è troppo concentrata sui cosiddetti «emendamenti giustizia» piuttosto che sul pacchetto complessivo - con la presentazione da parte del Governo degli emendamenti agli articoli 2-bis e 2-ter (e quindi, con una maggiore serenità su questo punto) potremo forse anche affrontare, in termini più complessivi, il pacchetto nella sua interezza. Vediamo, però, alcuni segnali che andavano dati. Il primo tema che bisognava affrontare era quello dell'immigrazione clandestina.Pag. 29
Alcuni colleghi di opposizione hanno contestato al Governo di sovrapporre i temi dell'immigrazione e della sicurezza. Non è così. È evidente che vi è una politica sull'immigrazione ed una sulla sicurezza. Tuttavia, è altrettanto evidente che una parte delle due politiche finisce necessariamente per sovrapporsi. Ciò non per un dato di valutazione politica, ma per un dato oggettivo. E quest'ultimo non può che essere tracciato da quelli che sono i dati sull'andamento della criminalità esposti dal Ministero dell'interno.
Quando una parte di reati, alcune specifiche tipologie di reato tra cui rapine e furti, hanno una decisiva impennata, quando gli autori di tali reati sono per la maggior parte immigrati clandestini, ebbene, onorevoli colleghi, non si tratta di un problema di sovrapposizione di temi. Si tratta di un problema che si può osservare da diverse angolazioni ma che finisce necessariamente per convergere.
È vero che le politiche sull'immigrazione clandestina in Italia sono più difficili rispetto ad altri Paesi. È altrettanto vero che forse finora anche in sede europea è stata troppo ascoltata o ha avuto la preponderanza la voce spesso dei Paesi del nord Europa che ovviamente vivono, in termini di immigrazione, una situazione ben diversa dalla nostra. È vero pure che lo Stato italiano si trova in una posizione assolutamente disagiata. Infatti, da un lato viene contestata la violazione di alcune norme più restrittive in termini di immigrazione, per cui spesso sentiamo l'Europa che ci richiama al pensiero buono; tuttavia, è altrettanto vero che quando lo Stato italiano si trova poi al tavolo europeo ci viene contestato il fatto di essere una sorta di zona franca, e quindi una sorta di porto verso l'Europa, una zona di transito, per cui sarebbe colpa nostra - questo ci contestano - se una serie di immigrati clandestini arriva in Italia per ottenere un via libera più facile e poi dall'Italia si dirige verso altri paesi d'Europa. La Germania ci rivolge spesso tali contestazioni così come la Francia e altri Paesi a noi più vicini.
Vorrei sottolineare un altro dato. Stiamo varando delle riforme. Sicuramente esse implicano maggiori restrizioni ma il nostro Paese non ha mai immaginato - eccetto alcune provocazioni di stampa - di prevedere delle norme per cui viene imposto alla marina militare di sparare sui barconi. Non è una legge italiana, ma una del Governo socialista spagnolo. Purtroppo non abbiamo visto altrettanta indignazione da parte dell'Europa.
Su tale punto mi consentirete di svolgere una valutazione politica. Capisco che facendo l'opposizione si possono usare e utilizzare propagandisticamente tutte le sedi opportune. Capisco meno che, tralasciando l'unità del Paese, si tenti sempre in termini speculativi di andare all'estero rappresentando un'immagine decisamente negativa del nostro Paese, cercando di ottenere delle condanne di vario tipo e quindi di poter tornare in Italia con un vessillo di battaglia. Lo dico perché è stata di ieri la decisione del Parlamento europeo sulle cosiddette impronte. Mi chiedo quale cittadino italiano si senta mortificato nella propria dignità se andando in viaggio in America, magari per trascorrere le vacanze estive a Miami, debba passare la dogana e mettere la sua mano su un carrello che prende le impronte a tutti.
Mi chiedo chi in Italia si sia particolarmente indignato quando una legge dello Stato vigente, e quindi non modificata da nessun Governo di quelli che si sono succeduti, ha previsto che per ottenere un permesso di soggiorno in Italia si rilasciano le impronte digitali. Questa è la legge italiana, la quale prevede un microchip dove non vi sono solo le impronte digitali, ma anche tutta un'altra serie di mezzi di identificazione.
Lo dico per un dato importante perché, amici, capisco la speculazione politica, ma visto che qui vi sono molti componenti della I Commissione, tutti noi abbiamo ascoltato le parole del Ministro Maroni, nella sua audizione. Se non ricordo male, ovviamente non posso avere in mente lo stenografico, le parole del Ministro Maroni hanno riguardato la necessità di effettuare un monitoraggio, di controllare chi c'è e, attraversoPag. 30questo monitoraggio nei campi nomadi, di identificare i bambini, non per stravolgere i diritti di una comunità, ma al contrario perché come Stato abbiamo il dovere di proteggere chi è più debole.
Abbiamo il dovere di sapere chi sono questi bambini che non risultano esistenti nello Stato italiano, che non sappiamo quanti anni hanno né di chi sono figli. Colleghi, scusate ma è troppo comodo dire che non dobbiamo preoccuparci di questo, ma di mandarli a scuola. Non è che non ci siamo preoccupati di mandarli a scuola; noi li portiamo a fare le visite mediche perché soltanto dalla valutazione delle ossa riusciamo a capire quanti anni hanno. Non sappiamo chi sono perché non hanno un nome, perché non hanno diritto ad un'esistenza. Questo è il vero tema.
Parlo di questo dato perché sembra, a volte, che la discussione in Aula si svolga in un modo e che altrove venga stravolta. Inoltre, parlo di questo dato perché deve esserci di insegnamento per evitare che bellissimi principi proclamati sulla carta si traducano in un pessimo comportamento dello Stato che continua da decenni ad ignorare, nel nome dei diritti della comunità, i diritti delle persone più deboli che al contrario dovrebbe difendere.
Questo forse è il tema di cui ci dobbiamo occupare e questo forse è anche un tema che tornerà spesso sulla sicurezza e sull'immigrazione. Ne discutiamo sui nomadi e ne discuteremo sulla popolazione immigrata con altra cultura. Dovremmo decidere se, a coloro che vengono nel nostro Paese, non solo debbano essere assegnati i diritti sociali o il diritto di voto, ma possano anche essere assicurati e diritti fondamentali che ciascuno Stato ha il dovere di assegnare come propria priorità.
Mi rendo conto di aver operato una digressione. Tornando al decreto-legge di cui stiamo parlando vi è una serie di norme che potrebbe essere raggruppata per alcune voci. Il tema ovviamente preponderante è quello relativo alla immigrazione clandestina. Colleghi, si può operare solo contenendo l'immigrazione clandestina, solo contenendo i flussi. Tutti vorremo essere buoni e generosi, ma purtroppo sappiamo che intanto possiamo esserlo in quanto vi sia una compatibilità reale delle cose che questo Paese può dare, e noi non possiamo dare tutto.
Il provvedimento prevede espulsioni più severe per i clandestini ed una moltiplicazione dei centri di permanenza temporanea che oggi vengono rinominati. C'è stata una grande polemica nei due anni precedenti sui centri di permanenza temporanea. Una parte dell'allora maggioranza riteneva addirittura di escluderli dalla normativa e poi, alla fine, il paradosso della decisione è stato che sono rimasti i centri di permanenza temporanea, ma sostanzialmente ne sono stati chiusi una buona parte. Il risultato è che non sappiamo dove mettere le persone che arrivano in Italia.
Il risultato spesso è che almeno il 40 per cento degli stranieri che arrivano in Italia dovrebbe essere, secondo la legge, immesso nei centri di permanenza temporanea. Tuttavia, non essendoci posti, ciò non avviene e, quindi, tali stranieri vengono sostanzialmente lasciati liberi, scomparendo così dalle carte dello Stato italiano.
Quindi, con il provvedimento in esame si ritorna su questo punto e si ridefinisce la misura del trattenimento in questi centri. Prima parlavamo di Europa. Nella scorsa legislatura le misure di permanenza nei CPT sono state spesso contestate, dicendo che erano in violazione delle direttive europee. Si diceva, inoltre, che alcune leggi imposte dal centrodestra ledevano i diritti e, quindi, si chiedeva di intervenire sui tempi con una politica buona, forse più che con una buona politica. Oggi ci troviamo in una situazione completamente diversa: pur essendo in una fase ritardata, l'abbiamo anticipata, in quanto oggi nella conversione siamo i primi ad applicare una direttiva europea che sceglie esattamente il limite temporale dei diciotto mesi per il trattenimento nei CPT. Altre procedure in materia di clandestini sono quelle relative al potenziamento delle identificazioni, al reato per chi declina false generalità, alle aggravanti, alle procedure più rapide per la distruzione di merci contraffatte,Pag. 31alle norme più severe relative a chi affitta alloggi a persone clandestine con finalità speculative.
Su questo punto, che è stato discusso fortemente nelle Commissioni riunite, sia per quanto riguarda il titolo oneroso che il dolo specifico previsto dalla norma, chiederei colleghi, anche per non ripetere in quest'Aula discussioni che abbiamo già svolto, per chi non l'avesse già fatto, di andare a controllare il dibattito in Commissione al Senato. Infatti, sul punto specifico il Governo e la maggioranza hanno appositamente accettato un emendamento proveniente dalle file dell'opposizione che oggettivamente è stato riconosciuto valido e da inserire in questo contesto. Quindi, cerchiamo di non avere una doppia voce tra la Camera e il Senato, altrimenti rischiamo anche di diventare incomprensibili nella discussione parlamentare.
Il tema più delicato su questo punto è sicuramente quello relativo alla previsione dell'aggravante per la clandestinità. Su tale tema si sono registrati anche dei toni quasi apocalittici. Infatti, definire l'aggravante per la clandestinità una sorta di «aggravante d'autore», una distinzione etnica, una forzatura ai diritti, di tipo razzista oggettivamente mi sembra non solo fuori luogo, ma che non risponde in nulla a quanto è scritto su questo testo.
Onorevoli colleghi, a tal proposito dobbiamo prima risolvere un problema: cos'è la clandestinità in Italia? Una persona che vive nel nostro territorio senza avere un permesso di soggiorno sta commettendo una illegalità? Non è reato, ma è un illecito amministrativo ed è illegale. Quindi, vi è una presunzione sicura che la persona in questione sta già commettendo una illegittimità nel nostro territorio. Sarebbe, come voi dite, una sorta di diritto d'autore ripristinato se si dicesse che vi è un'aggravante per la popolazione X o per la popolazione Y, per una persona che ha i capelli bianchi o la pelle nera. Tuttavia, il presupposto che sta alla base dell'aggravante specifica non è una condizione soggettiva, ma il dato oggettivo della violazione di legge. Vi è un'oggettività alla base di questa norma che, quindi, giustifica ampiamente tale previsione.
E vorrei dirvi di più, colleghi, perché se si insiste su questo punto, per il paradosso della discussione sono proprio le tesi esposte dall'attuale opposizione a convincere che probabilmente non è sufficiente la circostanza aggravante, ma forse hanno ragione coloro i quali sostengono necessario il reato di clandestinità. Perché se, per paradosso, in questo Paese è illecito ormai solo ciò che è reato, e quindi non esistono altre categorie di illecito, finiamo necessariamente in un pan-penalismo totalizzante.
A parte il discorso sull'immigrazione, altre norme più definite sono previste in termini di sicurezza e vorrei sottolinearne soltanto due che mi sembrano più rilevanti. La prima è quella del potenziamento dei poteri del sindaci, tema che abbiamo già trattato in questo Parlamento in maniera molto forte con il precedente Governo. Questa dovrebbe essere la nostra bussola: non dobbiamo parlare (come spesso si fa, a mio parere in termini sbagliati) di «sicurezza federata», ma di una sicurezza nazionale che trova la sua complementarietà nella interfunzionalità delle istituzioni. Quindi, è normale che se esiste una polizia municipale in un territorio, bisogna ottenere il massimo possibile dalla collaborazione tra le polizie nazionale e le polizie locali; è normale che se un sindaco decide lo sgombero di un territorio, di cui risponde personalmente nei confronti dei cittadini, quel provvedimento ad esempio non debba essere bloccato da un prefetto che politicamente non lo ritiene necessario. Di questo stiamo parlando: far coincidere le esigenze locali con le esigenze nazionali.
Attenzione - questa è una raccomandazione che veramente mi sento di fare trasversalmente - perché l'Italia non è tutta uguale. Attenzione, perché sulla polizia municipale il sindaco di Milano ha poteri straordinari, come quello di Roma, ma gli stessi poteri non hanno i sindaci della provincia lombarda, i quali non possono certamente avere una polizia municipalePag. 32che fa gli sgomberi in un comune di mille abitanti, dato che magari hanno solo due vigili urbani. Dobbiamo tener conto della carta geografica dell'Italia, che non può essere tarata esclusivamente sui grandi centri. Attenzione, lo dico anche ai colleghi della Lega Nord, possiamo prevedere dei poteri, ma attenzione a prevederli in esclusiva, perché da Roma in giù (io vengo da una regione a forte insediamento di criminalità organizzata) prevedere che alcuni poteri siano affidati in esclusiva all'autorità politica può significare che nessuno esercita quei poteri.
Quindi, tenendo conto che la funzione della sicurezza è una funzione esclusiva dello Stato, perché è prioritario compito dello Stato assicurare la sicurezza nazionale, dobbiamo ottenere la maggior collaborazione possibile, ma dobbiamo anche ovviamente mettere in condizioni le amministrazioni locali di dare delle risposte concrete ai cittadini che si aspettano dai propri sindaci, specialmente dopo l'elezione diretta, alcune decisioni reali in materia di sicurezza, sindaci che non possono rimanere con le mani alzate, attendendo magari le decisioni di un comitato di ordine pubblico e di sicurezza o dovendo anche trattare con autorità amministrative.
Il secondo punto, fra quelli più delicati di questo decreto-legge, è il cosiddetto uso dell'esercito. Colleghi, su questo punto dobbiamo avere un momento di chiarezza. Noi ci stiamo apprestando alla stagione estiva; da sempre in questa stagione le forze di polizia tentano di fare un piano straordinario per assicurare dei potenziamenti di tutte le forze dell'ordine, in quelle località estive dove si possono avere notevoli aumenti di popolazione passando anche da duemila abitanti nelle regioni invernali a duecentomila nelle regioni estive.
Carte alla mano, gli scoperti nell'organico delle forze di polizia non consentivano alcun potenziamento, neanche nelle grandi città, perché dobbiamo considerare che vi sono degli scoperti enormi. Ne cito uno a caso: con meno centoventiquattro poliziotti a Rimini come possiamo garantire la sicurezza in tale città? Il nostro problema si chiama «vacanza organici»; è inutile che ci rincorriamo sulle responsabilità, perché se abbiamo un problema reale di turnover delle forze di polizia, evidentemente esse sono in capo ai Governi che si sono succeduti negli ultimi quindici anni, ma questo è il dato. Si immagina allora di poter utilizzare l'Esercito.
Vorrei ricordare ai colleghi che sedevano in questo Parlamento nella scorsa legislatura, che nella legge finanziaria per il 2008 il Governo Prodi, proprio per risolvere il problema degli organici, ci aveva proposto il passaggio dei marescialli dell'Esercito direttamente nei ruoli di polizia. Questo tipo di proposta trovò allora un forte ostacolo non solo in sede parlamentare, ma ovviamente anche in sede organizzativa e sindacale, perché non erano previste alcune compensazioni all'interno delle forze di polizia. Ricordo questo per dire che immaginare di andare a recuperare risorse dall'Esercito è stata una costante; d'altronde, in uno Stato democratico, veramente le istituzioni non possono collaborare? Veramente dobbiamo preoccuparci, perché abbiamo una persona che ha una diversa divisa?
Molti sostengono che gli stranieri sarebbero esterrefatti nel vedere l'Esercito che vigila su alcuni obiettivi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

JOLE SANTELLI. Non è vero: gli stranieri non sarebbero esterrefatti, vedrebbero esattamente ciò che vedono a casa loro perché le ambasciate, ad esempio, e i cosiddetti obiettivi sensibili, in tutti i Paesi stranieri sono controllati dall'Esercito.
Mi avvio a concludere, signor Presidente e mi scusi se impiego un po' di tempo in più. Ritengo che occorra tener conto di un dato importante: noi abbiamo usato l'Esercito nelle cosiddette situazioni di emergenza; in questi anni è stato più volte rivendicato l'uso dell'Esercito, ad esempio, nella mia regione, la Calabria, dove è stato richiesto dal presidente della regione. Io sono sempre stata politicamentePag. 33contraria, perché un conto è militarizzare una regione, altro conto è immaginare una collaborazione a livello nazionale. Credo che ciò che abbiamo fatto in altre occasioni nella storia di questo Paese - dai Vespri siciliani, all'invio dell'Esercito in Sardegna, alla collaborazione - fosse molto più grave, perché un conto è l'emergenza di un territorio che si militarizza, altro conto è, invece, immaginare semplicemente una collaborazione sostanzialmente nelle grandi città. Trovo che vi sia molto meno scandalo nell'opzione scelta da questo decreto-legge rispetto a quanto tutti, concordemente, abbiamo deciso in altri tempi.
Ci sarebbero molte altre questioni da affrontare, ma purtroppo il mio tempo è finito; spero che vi sarà occasione di discuterne in altri momenti. La ringrazio, signor Presidente.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fava. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, mi sia concesso di iniziare l'intervento con una questione che ci riguarda da vicino, che non concerne esattamente l'ordine del giorno della mattina, ma che ritengo sia doveroso portare all'attenzione della Camera dei deputati.
È notizia fresca di questa mattina il fatto che una sede della Lega Nord, a Crema, sia stata presa d'assalto la scorsa notte e incendiata da qualche facinoroso evidentemente poco incline al dibattito civile e democratico. Mi auguro che la Presidenza voglia prendere atto di questo ennesimo accadimento che ci riguarda e ci tocca da vicino e che, in un certo qual modo, voglia solidarizzare con un movimento politico che ha scelto altre strade. Noi continuiamo ad essere vittime di queste aggressioni che speriamo che non si ripetano in futuro; tuttavia, tutte le volte lo diciamo e tutte le volte ci ritroviamo a discutere sempre delle stesse cose.
Sulla questione della sicurezza credo che sarebbe sbagliato continuare il gioco iniziato stamattina e che, a onor del vero, è alquanto consueto, ovvero la rincorsa tra la maggioranza e l'opposizione nel tentativo di fornire interpretazioni (spesso un po' forzate) del significato di un provvedimento così importante, cercando di strumentalizzare politicamente qualcosa che è difficilmente inquadrabile dal punto di vista politico. La sicurezza, infatti, è un bene primario, fondamentale e credo che sia avvertito in questo modo da tutti i cittadini, a prescindere dalle loro normali e naturali inclinazioni elettorali.
La sicurezza rappresenta ed ha rappresentato un impegno forte, pressante ed importante che ha caratterizzato la campagna elettorale della coalizione uscita vincente dalle urne e, in particolar modo, del partito che rappresento. La Lega, infatti, ha fatto della bandiera della sicurezza un argomento forte ed oggi la Lega è in Aula a rispettare l'impegno preso con gli elettori e con i cittadini. La sicurezza nelle nostre città, ripeto, è un argomento che figura quasi sempre ai primi posti quando analizziamo e verifichiamo i risultati dei sondaggi sulle preoccupazioni dei nostri concittadini (e per certi versi dei nostri elettori).
Oggi sicuramente vi sono anche altri argomenti che tolgono un po' il sonno ai nostri cittadini, ovvero il problema del potere di acquisto dei salari e una serie di problematiche, ma la sicurezza sicuramente rappresenta un problema importante.
Svolta questa premessa, credo che sia necessario uscire una volta per tutte allo scoperto dicendo esattamente come, a nostro avviso, stanno le cose. Non è vero che esiste un automatismo che equipara l'immigrazione alla delinquenza, però è altresì vero ed innegabile (lo mostrano i dati degli arresti e dei procedimenti in corso) che maggiore è l'incremento di immigrati sul territorio del nostro Paese (come è stato in questi anni) e maggiore è stata la crescita esponenziale - in termini di esplosione - del fenomeno di microcriminalità.
Di conseguenza, ci dobbiamo muovere in questa direzione. Quindi, pensare che oggi si possa ragionare con un provvedimento che guarda alla sicurezza dei cittadini prescindendo da un fenomeno chePag. 34per noi è assolutamente rilevante, ovvero l'immigrazione e in particolare l'immigrazione clandestina, significa compiere un'operazione sbagliata.
Vi è, inoltre, l'azione che il Ministro Maroni ha portato a termine, a nostro avviso, in modo adeguato, proponendoci la possibilità di discutere su un testo che contempla in effetti buona parte delle misure che dovrebbero risolvere il problema e rinviando ad un provvedimento successivo (che sarà in esame nei prossimi giorni) il completamento di un percorso che dovrebbe portare alla risoluzione parziale (ma ci auguriamo la più ampia possibile) di un problema che riguarda tutti noi e, in particolare, le fasce più deboli della società, in quanto è più difficile difendersi per un pensionato piuttosto che per persone che vivono in situazioni, anche geografiche, di degrado.
Su tale aspetto mi inserisco nel ragionamento conclusivo che ha caratterizzato l'intervento dell'onorevole Santelli, proprio per ricordare quale deve essere la portata, dal nostro punto di vista, nell'ambito del provvedimento in esame, del famoso articolo 7-bis relativo all'impiego dell'Esercito in operazioni di presidio del territorio (perché di operazioni di presidio del territorio si tratta e non di operazioni di militarizzazione). Bisogna dire le cose come stanno: si tratta di un contingente stimato intorno ai tremila uomini, che sarà utilizzato nella sua composizione in modo misto, nel senso che è prevista la possibilità non solo che i tremila uomini siano appartenenti alle Forze armate (quindi non solo all'Esercito), ma che in queste operazioni gli uomini possano sia pattugliare e presidiare il territorio in collaborazione con l'Arma dei carabinieri, sia porre in essere misure di vigilanza del territorio stesso, a nostro avviso, fondamentali.
Parliamo di tremila uomini in tutto il Paese. Questo dà il senso dell'entità di qualcosa che non può essere considerata un'operazione di militarizzazione, perché tremila uomini in tutto il Paese, prevalentemente nelle grandi aree metropolitane, significano qualche decina di uomini destinati ad ogni città, che avranno come compito quello di svolgere un lavoro che piace poco, ossia (in termini di definizioni, noi usiamo questo termine un po' duro, ma che fa parte del nostro linguaggio) fare sostanzialmente la «ronda».
Sono soggetti che avranno l'onere di pattugliare il territorio nelle aree più degradate e a maggior rischio, nelle ore sensibili, prevalentemente la notte o nei momenti della giornata in cui si ritenga opportuno farlo.
Pensiamo ai fenomeni di microcriminalità che ruotano intorno alla gestione quotidiana dei mercati rionali, scippi e furti, che quasi sempre colpiscono le fasce più deboli, gli anziani e le persone più indifese. Crediamo che se in questi territori, in questi momenti particolari, vi possa essere la possibilità di mettere a disposizione forze dell'ordine che presidiano, passeggiando, facendosi vedere e supportando il cittadino, ciò non rappresenti nulla di particolarmente grave. Auspichiamo, anzi, che si vada in questa direzione.
Crediamo che nel Parlamento attuale ci sia la maturità per affrontare anche questo argomento, nell'ambito del dibattito iniziato sul provvedimento, per fare in modo che venga licenziato con una certa facilità nei prossimi giorni.
Crediamo che vada, comunque, posta l'attenzione sull'impianto generale. L'onorevole Costantini, nel suo intervento di poco fa, ricordava come sia determinante a questo punto l'approccio che subirà il provvedimento in virtù delle novità che sono state annunciate dal sottosegretario. Nel corso del dibattito avremo modo di valutare queste novità.
Dispiace, peraltro, sapere che c'è una componente importante dell'attuale opposizione che si dice potenzialmente d'accordo con il provvedimento, ma che annuncia che dissentirà in fase di votazione, piuttosto che in sede di discussione sulle linee generali, per ragioni che prescindono dallo stessa norma. Infatti, non mi si può dire, come ha detto Costantini stamattina, che avrebbero potuto votarlo e addirittura migliorarlo. Sull'articolo 5 avevano prontiPag. 35una serie di emendamenti e di modifiche, che, però, a questo punto non presentano più, a causa della questione di ieri - che ben conosciamo - riguardante il lodo.
Comprendiamo la necessità di tutti di avere visibilità politica e di cercare di sfruttarla al massimo, ma non condividiamo il metodo, perché ora stiamo parlando di un bene, quale quello della sicurezza, che interessa tutti i cittadini. Se c'era la possibilità e la volontà di contribuire affinché proprio nel dibattito e nel confronto parlamentare questo provvedimento potesse essere migliorato, visto che gli spazi c'erano, con ogni probabilità si sarebbe potuto discutere di più e meglio.
Restiamo, comunque, fermamente convinti della bontà dell'impianto generale e che il tema vada affrontato in modo sereno. Riteniamo che alcune di queste misure siano decisamente innovative per il nostro Paese, seppure con esperienze analoghe mutuate ovviamente da altri Paesi europei.
Cito a titolo esemplificativo e non esaustivo la vicenda dei cosiddetti CIE. Il fatto che si passi dall'attuale concezione di permanenza temporanea nei CPT a un meccanismo diverso, ossia a un centro di identificazione e di espulsione, è una rivoluzione copernicana dell'approccio che si è avuto fino ad oggi verso il fenomeno dell'immigrazione clandestina.
Tuttavia non si tratta di niente di nuovo. Quella che qui è stata a più riprese criticata come una misura che stravolge il senso dell'ospitalità, anche necessaria, nei confronti di soggetti che arrivano nel nostro Paese per sfuggire alle situazione sicuramente difficili dalle quali provengono, riteniamo che sia semplicemente una misura adottata da altri Paesi.
Qualche collega questa mattina ha citato la Spagna e lo voglio fare anche io, perché la definizione di CIE è esattamente identica a quella della legislazione spagnola che addirittura in altri territori, come nel caso dei vecchi possedimenti coloniali d'oltre mare in terra africana di Ceuta e Melilla, va ben oltre questo tipo di impostazione. I Centri di identificazione ed espulsione devono avere a questo punto un effetto anche simbolico. È un deterrente importante, dal nostro punto di vista, sapere che un immigrato che si introduce nel nostro Paese senza poterlo fare legalmente, violando quindi sostanzialmente una norma, nel momento in cui viene trovato o soccorso, viene anche immediatamente individuato, identificato e contestualmente si avvia la procedura di espulsione. Non vi sono alternative: non si può più pensare che, come succede oggi, i CPT siano una sorta di trampolino di lancio verso una nuova vita nel nostro Paese anche se non si possiedono i requisiti previsti dalle norme.
Abbiamo insistito molto anche sulla questione dell'identificazione, perché riteniamo che identificare i soggetti che si muovono nel nostro Paese sia fondamentale e non si tratti per nulla di una misura illiberale o xenofoba; al contrario, è una misura che garantisce tutti, anche i soggetti individuati. Giustamente, a tal proposito, l'onorevole Santelli ci ricordava come negli Stati Uniti queste pratiche di fatto si consumano da anni, senza che nessuno abbia mai avuto nulla a che ridire. Riteniamo che, per la sicurezza stessa dei soggetti che, legittimamente e correttamente vivono nel nostro Paese, sia utile che gli immigrati clandestini siano individuati e che si possano anche sfatare alcuni tabù, rompendo quel quadro nell'ambito del quale nel mucchio le colpe sono di tutti. Andiamo, quindi, ad individuare e cerchiamo di avere la possibilità di identificare tutti in modo chiaro. Quando un soggetto non ha nulla da nascondere non dovrebbe nemmeno avere il timore di essere identificato, semmai, al contrario, sono i soggetti che hanno qualcosa da nascondere che non vogliono essere identificati. Tuttavia, noi non possiamo renderci corresponsabili del fatto che qualcuno voglia continuare a vivere al di fuori delle regole, in una sorta di impunità generalizzata. Ciò non lo vogliono i nostri elettori, i nostri cittadini e credo che non possano volerlo nemmeno quei parlamentari che hanno una funzione fondamentale come quella legislativa. Oggi dobbiamo garantire regole certe a tutti ePag. 36fare in modo che, attraverso queste, si crei un contesto sociale migliore che dia qualche speranza in più in termini di convivenza pacifica perché sappiamo bene che, ci piaccia o meno, il fenomeno dell'immigrazione è mondiale e va affrontato con serenità e serietà. Vorremmo un giorno poter dire che questo fenomeno non rappresenta più un problema, ma se vogliamo arrivare a questo punto dobbiamo predisporre regole certe, chiare e paletti, senza scadere in facile propaganda, perché è chiaro che in questa fase la sensibilità a livello popolare è talmente elevata che chi la spara più grossa molto spesso rischia di essere ascoltato, creduto e di diventare un punto di riferimento. Noi vorremmo, invece, continuare a mantenere, con la coerenza che ci ha contraddistinto in questi anni, un atteggiamento sereno nell'ambito del quale questi problemi si affrontano con serietà, determinazione e a volte anche con il pugno di ferro, perché è nell'interesse di tutti.
Il dibattito che si è svolto nell'arco della mattinata è stato molto interessante, pacato e ci ha dato la possibilità di capire l'orientamento, anche se, ad onor del vero, avevamo già individuato, con una certa chiarezza, quello che poteva essere il percorso, il cammino del dibattito e come questo si sarebbe incanalato. Possiamo dire con certezza, quindi, che alla fine della discussione e, in seguito, quando inizieranno le votazioni delle proposte emendative e dopo il voto finale, avremo reso un buon servizio al Paese, perché in questo momento il Paese ha bisogno di regole certe e la nostra società ha bisogno di prospettive chiare per il proprio futuro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, questo decreto, che ha avuto sicuramente una storia travagliata ed un iter parlamentare molto contorto, pone, cercando di risolverlo, almeno nelle premesse, il grave problema della sicurezza. Si è detto in campagna elettorale, in queste aule, nelle Commissioni competenti - e di ciò sono ampiamente convinta - che il problema della sicurezza non è né di destra né di sinistra, ma è un problema della cittadinanza tutta. Tuttavia, le metodologie, le soluzioni e i percorsi da individuare per risolvere il problema della sicurezza sicuramente rivelano una propria specifica impostazione ideologica e politica.
Questo decreto nasce con alcune contraddizioni che derivano proprio dal fatto che, in parte, il provvedimento in esame copia e riprende in maniera pedissequa schemi normativi e specifiche norme contenute già nel pacchetto sicurezza presentato dal Governo Prodi (tali aspetti sono facilmente confrontabili e individuabili) e che hanno una certa linea.
Mi riferisco alle norme che riguardano le soluzioni individuate in materia di confisca, sequestro e deposito dei beni sequestrati, misure che risolvono e semplificano le relative procedure. Mi riferisco alla norma che elimina il patteggiamento in appello, che sostanzialmente aveva svuotato di contenuto i riti semplificati del codice di procedura penale riformato nel 1989. Mi riferisco altresì all'individuazione di momenti in cui si dà priorità alla scelta del rito, in particolare del rito direttissimo e immediato, che aveva ed ha una sua logica nel tentativo di individuare forme di accelerazione della celebrazione dei processi. Inoltre, mi riferisco a disposizioni orientate verso forme più efficaci di lotta alla criminalità organizzata, anche in materia di misure di prevenzione.
Vi è, inoltre, un'altra norma importante, ugualmente prevista nel pacchetto sicurezza del Governo Prodi, che concerne l'innalzamento delle pene, sanzioni amministrative e misure come la confisca, in caso di guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti. Mi riferisco, inoltre, al grave problema, per cui vi è il relativo innalzamento delle pene, con un'attenzione particolare anche sul piano processuale e penale, concernente i fatti dolorosi vissuti nel Paese derivanti dagli infortuni sul lavoro.Pag. 37
Tutto ciò ha una sua coerenza e, nella fretta di dare una risposta al Paese, tanto propagandata anche nel corso del campagna elettorale, vengono mutuate misure che avevano una loro filosofia e si inserivano in un loro contesto. Invece, successivamente, si sono evidenziate le ideologie di fondo, assolutamente divergenti. Infatti, per dare una risposta al problema della clandestinità e alle forme di criminalità ad essa collegate, si riduce il limite massimo delle pene previste in sede di condanna per emettere le misure di sicurezza dell'espulsione e dell'allontanamento (da dieci anni si passa a due anni).
E, fin qui, anche questa disposizione può avere una sua filosofia, ma in questa e nell'altra disposizione che costituisce una novità assoluta, l'aggravante prevista nell'articolo 61 del codice penale dopo il numero 11, si prescinde da qualsiasi accertamento della pericolosità sociale. Tale disciplina rappresenta l'anticamera a ciò che sarà nel disegno di legge il reato di clandestinità, il reato di ingresso del clandestino. Su questo punto ci si allontana molto dai principi che sono posti alla base del nostro sentire.
Ho ascoltato interventi in Assemblea che mi hanno veramente sconcertato: l'intervento dell'onorevole Buonanno ma anche il penultimo, quello dell'onorevole Santelli, laddove ha impostato il problema affermando che non possiamo essere buoni ma che dobbiamo essere comunque cattivi, perché i clandestini stanno invadendo il nostro territorio. Ma non si tratta di essere buoni. Non vogliamo un falso buonismo, ma vogliamo che, comunque, anche nei confronti degli stranieri, anche nei confronti degli extracomunitari, si verifichi quell'accertamento della pericolosità sociale che costituisce il presupposto dell'espulsione. Non ci si può fondare sulla mera irregolarità, sul mero trovarsi nel territorio dello Stato italiano magari per una sopravvenuta irregolarità.
Infatti l'aggravante che si vuole prevedere introducendo il numero 11-bis all'articolo 61 del codice penale, non fa riferimento soltanto ad alcune ipotesi, come noi vorremmo prevedere tramite gli emendamenti che abbiamo presentato anche in Commissione ma che ci sono stati respinti (erano stati analogamente presentati al Senato, ma anche lì sono stati respinti). Vorremmo che vi fosse un momento di riflessione, che vi fosse una civiltà vera da cui conseguirebbe la considerazione che irregolare non è uguale a delinquente; pertanto la valutazione di pericolosità e, quindi, di un'indole incline a commettere reati, può essere ricavata dal fatto di aver ricevuto un ordine di espulsione e di allontanamento che è stato poi contravvenuto. In queste condizioni, nei confronti del soggetto può essere espressa una valutazione di pericolosità sociale che può giustificare sostanzialmente l'applicazione di quel tipo di aggravante.
Pertanto, su questi punti chiave vi è una differenza di impostazione politica che distingue la destra dalla sinistra, in quanto quest'ultima è comunque attenta al valore della dignità dell'uomo e della persona. Qui oggi, in Assemblea, anche se nulla ha a che fare con ciò di cui stiamo parlando, ho sentito tante parole spese con riferimento alla misura, adottata dal Ministro dell'interno, riguardante le impronte ai bambini rom, ma mi esonero dal parlare su argomenti che non riguardano il decreto-legge in materia di sicurezza pubblica. In ogni caso, l'unico cenno che voglio fare anche in quella materia, è la mancanza di qualsiasi collegamento tra misure che sono sostanzialmente riferibili ad una volontaria sottoposizione, come accade nell'ipotesi in cui un cittadino extracomunitario chieda un passaporto, a cui si riferisce il regolamento comunitario, e quelle per cui è necessario procedere all'identificazione, perché non vi sono elementi di identificazione, non ad interventi «a tappeto» per razza ed etnia.
In merito agli indirizzi che provengono dall'Europa, non possiamo chiuderci nel nostro mondo ristretto e pensare di non avere riferimenti rispetto a quanto accade presso gli organi della Comunità europea e quelli della giustizia europea. Non possiamo pensare di chiudere le frontiere e restare fuori da ogni valutazione. Se una valutazione negativa c'è stata, vuol direPag. 38che l'Italia sta ponendo in essere misure, indirizzi ed orientamenti che contrastano non solo con i suoi principi costituzionali, ma anche con i principi dell'ordinamento base degli Stati d'Europa: ciò dovrebbe bastare per far riflettere su quale percorso ci stiamo avviando.
Che questo provvedimento contenga momenti di schizofrenia, di contrasto e di contraddittorietà interna gravissimi lo abbiamo visto con l'inserimento degli articoli 2-bis e 2-ter, che nulla hanno a che fare con il contesto della sicurezza e con un intervento normativo immediato attraverso la predisposizione di misure urgenti che doveva costituire la premessa del decreto-legge. La storia di questi giorni ci ha poi spiegato bene qual è la vera finalità degli articoli 2-bis e 2-ter. D'altro canto, la pecca di questo decreto, sotto il profilo della sicurezza (ce lo ha anche detto e lo abbiamo capito dalla sua dichiarazione in Commissione, il Capo della polizia) deriva dal fatto che, anche se veramente i gruppi politici padri di questo decreto mirano a rendere effettiva l'espulsione, la cacciata degli stranieri che abbiano commesso reati nel territorio italiano, restituendo sicurezza agli italiani, questo strumento non risolve nulla. Lo vedremo poi nei fatti concreti.
Il decreto in esame non risolve nulla, perché prevede un meccanismo di grande aggravio del sistema giudiziario, individuando forme attraverso le quali il problema sicurezza viene addossato alla magistratura, quella magistratura che è tanto scomoda per certi tipi di procedimenti, che è tanto scomoda quando si vanno a toccare certe personalità, ma che invece poi serve quando bisogna fare pulizia di cittadini o di stranieri che non contano: è allora che si vanno ad ingolfare le aule di tribunale e gli uffici delle procure della Repubblica. Tutto il pacchetto sicurezza all'esame non prevede nulla, né in termini di prevenzione, né in termini di reale efficacia di quelle misure di espulsione, quelle che sono state predisposte dall'autorità giudiziaria e che devono essere eseguite. Non vi sono misure o interventi in questo senso; vi sono soltanto ulteriori aggravi al sistema giustizia che è già al collasso perché è senza mezzi, senza uomini, perché vengono ridotti gli strumenti, perché vengono offese continuamente l'autonomia e il prestigio della magistratura. Però, dai medesimi magistrati si pretende che risolvano il problema della sicurezza. Il problema non verrà risolto, perché il nodo della sicurezza non si risolve nelle aule giudiziarie, bensì aumentando i contingenti delle forze di polizia ossia la presenza delle forze di polizia sul territorio; né si risolve militarizzando l'Italia, perché la formazione e le finalità con cui sono impiegati questi corpi militari e le forze di polizia, giudiziaria e di sicurezza, sono diverse rispetto a ciò per cui sono destinati.
Ciò è tanto vero che nel corso di un'audizione presso la Commissione giustizia del Capo di stato maggiore, questi ha affermato che occorrerà destinare risorse economiche e di personale alla formazione del personale delle Forze armate chiamato a svolgere attività di sicurezza e di prevenzione e attività di polizia giudiziaria. Si tratta, quindi, di un dispendio di forze, di energie e di risorse che avrebbero dovuto essere destinate, invece, alla polizia giudiziaria, cioè alla Polizia di Stato, alla Guardia di finanza e ai Carabinieri, deputati a tale funzione e formati per svolgerla.
Rilevando la diversa metodologia di intervento a seconda della politica e di chi la fa, occorreva però dare questa apparenza, far vedere i militari sul territorio alla gente che ha votato e a cui si è promesso che si sarebbe risolto il problema della sicurezza, che tuttavia certamente non verrà risolto.
Nel contesto del decreto-legge in discussione, che nasce per determinati fini, ad un certo punto vengono introdotti dall'Assemblea del Senato due emendamenti che con esso nulla hanno a che fare. Tali emendamenti denotano, anche in questo caso, quale sia la filosofia del Governo e i principi che da questo vengono alacremente fatti propri.
Nelle aule delle Commissioni giustizia e affari costituzionali abbiamo vissuto ore molto intense quando, a un certo punto, viPag. 39è stata un'inversione di rotta e ci si è resi conto del contenuto degli articoli 2-bis e 2-ter (che tutti ben conoscono e che sono stati già ampiamente illustrati, per cui non mi ci soffermerò oltre). Tali disposizioni sono state scritte in fretta e con una finalità precisa, laddove il legiferare non è più un modo di pensare agli interessi generali attraverso norme generali ed astratte, ma avviene per scopi diversi, quelli personali del Capo del Governo. Non è una mia affermazione, ma è lo stesso Capo del Governo ad aver dichiarato che quella norma serviva a bloccare il processo pendente a suo carico a Milano, processo giunto già al termine e rispetto al quale egli nutriva, evidentemente, qualche paura in ordine al fatto che l'esito potesse non essergli favorevole (ma in ogni caso sono previsti tre gradi di giudizio, quindi non si poteva mai sapere). Si individuano tempi irragionevoli sospendendo i processi, qualunque sia la fase cui fossero giunti e qualunque sia stato il dispendio di energie processuali, di personale, di testi e di impatto. Si prescinde anche dal principio posto a fondamento della riforma del processo penale, quello dell'oralità e dell'immediatezza del processo penale; esso è stato del tutto annullato dall'articolo 2-ter nel momento in cui si prevede la sospensione, quale che sia la fase, dei processi riguardanti reati commessi prima del 30 giugno 2002, non connessi alla criminalità organizzata e per i quali sia prevista una pena successiva non superiore ai dieci anni.
Allo stesso modo, l'articolo 2-bis (e ciò è ancora più grave) incide sulla obbligatorietà dell'azione penale, quindi su un principio costituzionale che non è stato modificato.
Ieri, nel corso dell'esame del cosiddetto lodo Alfano, si è discusso molto se, per approvare quel lodo, fosse necessaria una legge costituzionale, oppure se bastasse una legge ordinaria.
Ovviamente, è prevalsa - abbiamo visto l'esito - la seconda teoria; vedremo, in prosieguo, cosa dirà la Corte costituzionale. Ma un punto è certo: l'articolo 112 della Costituzione è ancora in vita; purtroppo - c'è qualcuno che la pensa così - è ancora in vita e dobbiamo, quindi, rispettarlo. Quel principio non può essere disatteso in maniera categorica, laddove, all'articolo 2-bis, si prevede che ci saranno dei processi che avranno priorità assoluta.
Quali sono questi processi? Sono quelli celebrati in tutti i tribunali concernenti la criminalità organizzata, la tratta degli schiavi e degli esseri umani (benissimo, sono sicuramente di grande impatto e allarme sociale), quelli per i quali è prevista una pena superiore ai dieci anni di reclusione, e quelli che riguardano gli infortuni sul lavoro.
Ad un certo punto, forse, grazie ai puntuali riferimenti messi in campo dall'opposizione, che hanno fatto riflettere, si è avuto un impatto con la realtà sociale. Come faceva la Lega a spiegare ai propri elettori che rimanevano fuori dalle priorità del Governo tantissimi reati di quella che noi chiamiamo microcriminalità (in realtà, più che di microcriminalità, bisognerebbe parlare di criminalità che riguarda la vita quotidiana di ciascun cittadino italiano)?
Come facevano a spiegare politicamente che rimanevano fuori il furto in abitazione, lo scippo, l'incendio dei boschi, le violenze carnali, tutti i reati di corruzione? Come si faceva a spiegare agli italiani che, per approvare una norma salva Premier, nella fretta di presentare un emendamento, si era, sostanzialmente, trasfuso il testo dell'articolo 2-ter, che la stessa premessa era stata copiata nel testo dell'articolo 2-bis, e, quindi, rimanevano fuori anche gli omicidi colposi commessi per guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di stupefacenti, che lo stesso decreto-legge definisce di grave allarme sociale?
Vediamo bene qual è stato il comportamento gravissimo, dal punto di vista della responsabilità politica, da parte del partito della maggioranza. Qual è stato il comportamento, nell'aula della Commissione, da parte della maggioranza? È stato quello di un dialogo costruttivo, che sempre viene auspicato e ribadito? Si è tenuto conto e si sono accolti gli emendamentiPag. 40dell'opposizione? No, c'è stato un «no» fino all'ultimo, anche quando, in Commissione, il gruppo del Partito Democratico ha chiesto un rinvio dell'esame, in attesa di leggere il testo degli emendamenti, che poi sono stati annunciati dal partito della maggioranza allorché si è aperta la via del lodo Alfano.
Quello è stato il momento - ritengo - di maggiore attacco ai principi democratici e alla Costituzione che si sia potuto vivere; ci vede molto tristi come cittadini, non solo come deputati, perché, in quel momento, c'è stata la prova provata che tutto ciò non aveva riguardo al bene della collettività, alla sicurezza, alla premessa di questo decreto-legge, ma si aveva soltanto la finalità di dover trovare una scorciatoia, un espediente, una possibilità per sospendere quel processo.
Si sono, allora, architettate due norme, che non avevano una loro coerenza, incoerenti con le altre norme e con tutto quello che era stato detto in campagna elettorale e promesso ai cittadini.
Perché al cittadino non si potrà mai spiegare che, per salvare Berlusconi dal suo processo, chi è entrato in un'abitazione e ha sottratto dei beni non rientra nelle priorità, non può più essere processato! Lasciamo perdere quei processi che venivano sospesi, che sono vecchi e fra i quali quelli di grave allarme sociale forse non erano nemmeno così tanti: mi preoccupo di quello che è stato il messaggio che questa maggioranza è stata in grado di confezionare in pochissime ore, pur di salvaguardare l'interesse particolare di una sola persona!
In ordine a tale questione ritengo che qualunque deputato, di destra o di sinistra, che siede in Aula, debba riflettere in maniera approfondita, perché sta tradendo il mandato conferito dagli elettori, sta tradendo i principi cardine del nostro Stato democratico. Dentro di me sono fiduciosa del fatto che, a parte alcuni, molti colleghi della maggioranza abbiano dei principi base simili e, a volte, coincidenti con quelli appartenenti anche all'opposizione; solo che, forse, non c'è la forza, non c'è la capacità, non c'è il senso critico di dire: no, oltre un certo limite, alcune cose non sono tollerabili.
Da parte del Partito Democratico non solo sono state rilevate queste violazioni, ma a un certo punto sono stati proposti emendamenti che portavano a rivedere il giudizio di allarme sociale concernente alcune fattispecie delittuose, e inoltre ad avanzare una proposta in concreto in ordine alla possibilità di programmazione dell'udienza e dei processi che gravitano su un ufficio giudiziario. Tutti noi siamo consapevoli del collasso, tutti noi siamo consapevoli che alcuni uffici giudiziari non riescono a dare giustizia in tempi ragionevoli. E una giustizia lenta è sicuramente una giustizia denegata: ne siamo tutti consapevoli e siamo tutti d'accordo. Il problema è sempre di metodo, concerne il modo in cui si risolve la problematica. Speriamo di non dover assistere ad ulteriori colpi di mano, che mettono in grave crisi tutto lo Stato, perché non si può pensare di approvare riforme attraverso colpi continui alla Costituzione.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

DONATELLA FERRANTI. Concludo, signor Presidente. Ritengo che sia inutile celebrare i sessant'anni della Costituzione e organizzare cerimonie in cui si tributano ad essa riconoscimenti quando poi proprio in quest'Aula, proprio nelle Aule della Camera e del Senato, del Parlamento che è il massimo rappresentante della volontà popolare, si consentono delle lesioni e delle ferite così profonde nei suoi confronti.
Abbiamo preso atto delle modifiche presentate oggi dal sottosegretario di Stato per la giustizia, annunciate appunto nella riunione della Commissione di lunedì; le valuteremo attentamente, esprimendo il nostro parere nel Comitato dei diciotto di quel giorno.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fontanelli. Ne ha facoltà.

PAOLO FONTANELLI. Signor Presidente, vorrei svolgere alcune brevi considerazioniPag. 41in ordine al provvedimento sulla sicurezza. Sicuramente si tratta di una misura di notevole importanza, che va incontro, o vorrebbe andare incontro (è più giusto dire così) ad una domanda di sicurezza fortemente diffusa nel nostro Paese. E ci dispiace - qualcuno lo ha richiamato con una battuta: di questo certamente non possiamo fare carico ad altri - che il Governo Prodi, il Governo di centrosinistra, la maggioranza che sosteneva quel Governo, non siano riusciti ad attuare una serie di misure; tra l'altro quelle proposte dal Ministro Amato in parte le ritroviamo nel provvedimento oggi proposto dal Ministro Maroni.
Tuttavia, l'importanza, la rilevanza e l'urgenza di questo problema ci devono richiamare ed invitare ad affrontarlo con il senso della misura, perché si tratta di una materia appunto difficile e complessa, nella quale si è spesso portati, soprattutto dal lato della propaganda, alla semplificazione e all'uso politico, anziché a cercare una strada equilibrata che sia in grado di costruire risposte serie ed efficaci per il Paese.
Dico ciò perché abbiamo sentito in questi mesi far leva, in maniera molto forte, su un sentimento di insicurezza e di paura che è diffuso e che rappresenta una percezione molto larga (talvolta, dicono i dati, tale percezione è molto più grande del numero reale dei reati commessi nel nostro Paese). Tuttavia, anche la percezione è un problema, e quando la si avverte con le caratteristiche che essa ha e con elementi, anche di particolare specificità, connessi ad alcuni fenomeni come quello dell'immigrazione clandestina, certo abbiamo la necessità di dare risposte ai nostri cittadini.
Credo che sarebbe stato molto utile e positivo se su questo piano l'occasione di un decreto-legge su tale tema avesse fornito la possibilità o l'opportunità per svolgere nel merito un confronto più costruttivo e più serio, rifuggendo da posizioni che, invece, hanno troppo spesso il carattere dell'improvvisazione propagandistica.
Ma in modo particolare, ciò che finora ha impedito tale confronto costruttivo è stato soprattutto - purtroppo - l'inserimento, nell'ambito del tema di cui al decreto-legge al nostro esame, di norme come gli articoli 2-bis e 2-ter (le norme cosiddette «bloccaprocessi»), che hanno di fatto cambiato il terreno del confronto e dato anche l'impressione netta - non solo, credo, al Parlamento, ma anche al Paese - che la prima urgenza diventava un'altra, ossia quella di porre in qualche modo il Presidente del Consiglio al riparo da alcune possibili vicende giudiziarie connesse a processi in corso.
Questo elemento non ha aiutato la discussione, e nemmeno penso la aiutino o forniscano chiarimenti (ma poi vedremo e valuteremo attentamente gli emendamenti presentati questa mattina) le dichiarazioni rilasciate questa mattina. Ho letto alcune dichiarazioni sia della presidente Bongiorno, sia dell'avvocato Ghedini, che di fatto ammettono oggi quanto non ammettevano ieri, e cioè che queste norme erano state inserite con uno scopo che oggi viene meno - dal momento che è stato approvato il lodo Alfano - e, quindi, oggi possono essere modificate.
Dico ciò non tanto per polemica, ma soprattutto per rammaricarmi del fatto che questo punto ha impedito che, nel merito delle misure sulla sicurezza, si potesse realizzare un confronto più positivo ed efficace tra la maggioranza e l'opposizione. Lo dico anche, come è ovvio, pienamente consapevole del fatto che si tratta di un tema comunque non facile per nessuno.
Riteniamo, però, che tale provvedimento, così come viene portato avanti, sia anche sul piano della sicurezza inadeguato, spropositato e sproporzionato, in modo particolare con riferimento ad alcune sue parti, proprio perché risente più di un'inflessione e di una piegatura, dal punto di vista politico, di tipo propagandistico, che non della ricerca delle forme e delle misure più efficaci.
Siccome la materia è molto difficile, invidio le certezze presenti in molti interventi che ho ascoltato da parte della maggioranza, e non sono affatto convinto che con il provvedimento in discussione ilPag. 42problema della sicurezza in Italia si risolverà in tempi così rapidi e veloci come si dice, o che le questioni spariscano d'un tratto. Si tratta di problemi estremamente difficili e certo vi sono aspetti che mi preoccupano molto e che - credo giustamente - anche noi denunciamo.
Vedo che anche in alcuni esponenti della maggioranza vi è una preoccupazione a non scendere troppo su tale terreno, vale a dire di mischiare e fare una sola cosa di immigrazione e criminalità per un verso oppure di dare connotazioni etniche a soggetti interessati alla sicurezza che sono - come abbiamo visto anche nei pronunciamenti europei - un elemento che non fa bene al nostro Paese, come la vicenda delle impronte per i bimbi rom. Però, invidio queste certezze. Le invidio perché sento che il problema ha bisogno di risposte serie.
Quando fu approvata la cosiddetta legge Bossi-Fini - se lo ricordiamo, diversi anni fa - fu sostenuto che così avremmo risolto il problema dell'immigrazione clandestina. Sono passati anni e volevamo anche modificare la cosiddetta legge Bossi-Fini, ma non ci siamo riusciti è quindi essa è tuttora in vigore. La cosiddetta Bossi-Fini ha prodotto 700 mila irregolari nel nostro Paese. Per tali ragioni invito a prestare attenzione ai facili proclami che poi non producono risultati effettivi, perché il boomerang ritorna, perché il problema non si risolve e comunque il Paese ne può risentire in modo negativo.
In conclusione del mio intervento ricordo che ho svolto l'attività di sindaco per dieci anni in una città come Pisa, in cui tali problemi si presentano quotidianamente. È una città che ha forti flussi di immigrazione, una città che ha meno di 90 mila abitanti e in cui vi sono, ormai da tempo, più di 650, 700 rom tra regolari e irregolari con campi abusivi o meno. Pertanto, si tratta di una materia con cui ho fatto i conti praticamente per tutto il periodo del mio mandato e anche con tanta preoccupazione, ragionando, discutendo e fronteggiando anche i problemi che ovviamente queste vicende portano con sé, che portano i cittadini. Inoltre, da sindaco ho fatto alcune esperienze nel comitato delle regioni a Bruxelles, seguendo una vicenda particolare in questa mia esperienza. Soprattutto se ne percepisce la differenza e ho avuto modo, per esempio, di studiare in maniera approfondita l'esperienza spagnola alle isole Canarie, dove arrivano, come da noi in Sicilia o in altre parti, le imbarcazioni fragili dei migranti che passano dalle Canarie con la possibilità, l'aspettativa e la speranza di giungere in Spagna e poi in Europa.
Ebbene, la Spagna pone in essere delle attività severe rivolte a tale scopo. Probabilmente rispetto a noi ha il vantaggio di una certezza della pena che noi invece non abbiamo e su cui dovremo lavorare. Tuttavia, non ha una politica, come si vuole fare intendere, di respingimento immediato. Loro non hanno dei CPT come i nostri. Prendono questi ragazzi, con cui spesso hanno anche un problema serio di identità, li alloggiano in centri che non sono chiusi ma aperti e forniscono loro una formazione professionale rozza e minima. Gli insegnano la lingua, li invitano a frequentare corsi per insegnare loro a preparare la calcina, a tagliare, a fare il falegname e altre cose ancora, al fine di proporre loro una strada di inserimento, di lavoro e di integrazione se poi vogliono proseguire tale percorso.
In tale materia si sono investite molte risorse mentre da noi questo non è stato fatto e non esiste. Non possiamo proporre i CPT come una sorta di carcere e null'altro. Oggi, badate bene, l'esperienza spagnola - come del resto altre ancora - ci suggerisce che una lotta all'immigrazione clandestina senza un'adeguata politica di integrazione non è opportuna da portare avanti o perlomeno non è efficace e non produce risultati. Il limite forte del provvedimento in esame sta proprio in ciò, ossia nella difficoltà e nell'assenza di un'individuazione di una politica adeguata che accompagni le politiche per il controllo e per l'azione di interdizione verso la clandestinità, ma che sia condotta insieme ad una seria, vera e adeguata politica dell'integrazione.Pag. 43
Credo che sia questo lo sforzo da compiere. Per tali motivi giudico il provvedimento nettamente inadeguato. Credo che in ordine a tale profilo si debba cogliere un'attenzione in più. Lo dico perché nei provvedimenti già varati alcune delle poche risorse di cui disponevamo sono venute meno. Infatti, per coprire la manovra sull'ICI ricordo che sono stati tagliati capitoli di spesa in cui erano stanziati 50 milioni per l'integrazione e l'immigrazione, per esempio, e per svolgere politiche che andavano in tale direzione. In pratica stiamo facendo l'opposto.
Il secondo tema che vorrei affrontare riguarda il capitolo di cui si è già parlato: l'articolo 6 sulla questione dei sindaci e il loro potere. Il presidente Bruno ne ha parlato a lungo in questa sede ed in Commissione come un elemento di straordinaria novità e importanza.
Devo dire che in realtà quell'articolo è abbastanza deludente. Non si può presentare come una novità il fatto che il sindaco possa partecipare al comitato di prefettura e chiedere misure. Io l'ho fatto ripetutamente, anzi, potrei dire, nonostante se ne discuta, che a Pisa, se si va a vedere, quando è esplosa la vicenda dei rumeni - che non sono solo i rom, ma un fatto che ha anche una diversificazione - su richiesta del sindaco la questura ha fatto un censimento con le fotografie di tutti campi rom regolari e abusivi.
Simili misure sono presentate come una novità; invece, sono azioni che è possibile intraprendere e non vi è bisogno di una legge e lo stesso discorso vale per le ordinanze contro la vendita dei prodotti contraffatti. Allo stesso modo, si vende come un grande risultato l'accesso della polizia urbana alle informazioni sui documenti ed auto rubate. Mi dice il comandante dei vigili di Pisa - che tra l'altro ha una precedente esperienza importante nella polizia - che qualsiasi cittadino se apre l'apposito link del sito Internet del Ministero dell'interno può consultare tali informazioni. Che queste siano straordinari elementi di novità a me francamente non sembra, come che vi sia bisogno di una legge per poter dire che si fanno.
Ci vogliono un po' di cautela e di misura. Certamente si è cercato di fare qualcosa, però volevo dire - mi dispiace che non ci sia il presidente Bruno - che considero abbastanza insidioso e non accettabile su questo piano quanto inserito nel dibattito al Senato - faremo emendamenti soppressivi su questo aspetto - per cui sostanzialmente i sindaci devono chiedere il permesso ai prefetti e devono informare preventivamente i prefetti. E si parla di ruolo e di forza dei sindaci!
Mi dispiace che non ci sia il Ministro Maroni che, all'assemblea dei comuni dell'ANCI, per avere gli applausi su una battuta più o meno felice, ha detto che il problema non sono le province (si parlava dell'abolizione delle province) ma che il problema sono i prefetti. Siamo d'accordo, Ministro Maroni, ma allora perché con questo provvedimento in realtà viene rafforzato il ruolo dei prefetti?
Badate bene, non dico che non ci debba essere collaborazione. Nella mia esperienza devo dire che non mi posso lamentare per casi di mancata collaborazione con il prefetto della mia città, però c'è anche una questione di dignità. Siamo contrari al fatto che un sindaco debba preventivamente chiedere al prefetto. Sul punto presenteremo appositi emendamenti.
Se davvero pensate, come ha detto anche il presidente Bruno, che sia giusto e importante il ruolo dei sindaci allora accogliete i nostri emendamenti che al Senato avete respinto. Gli emendamenti che noi abbiamo proposto e che riproponiamo in questa sede sono gli emendamenti che fanno riferimento a quella che è stata chiamata la piattaforma di Parma, fatta dal sindaco di Parma, sottoscritta da molti sindaci e che è stata anche alla base di un incontro fra quei sindaci e il Ministro Maroni.
Prendete questa piattaforma e confrontatela con il testo del decreto-legge in esame e vedrete la distanza. Vedrete che non c'è un passo avanti. Allora, siate coerenti con le parole che dite: rafforziamo davvero il ruolo dei sindaci. Abbiamo fatto emendamenti in questo senso;Pag. 44la responsabilizzazione delle autonomie locali è importante in un percorso volto a salvaguardare e a rafforzare il ruolo dei comuni come rappresentanza delle amministrazioni locali e a salvaguardarlo anche rispetto alle tematiche che riguardano il problema della sicurezza.
Da ultimo, e concludo, vorrei affrontare la questione delle risorse. Si parla di tante cose, ma se poi non ci sono le risorse tutto resta sulla carta, come la manovra economica che viene presentata, il provvedimento sull'ICI, ma anche quella sugli straordinari. Non ho capito perché in una situazione di sofferenza delle nostre forze dell'ordine non siano state previste per la polizia e per gli agenti delle carceri (sotto stress e sotto pressione) le stesse agevolazioni sugli straordinari previste per altre categorie. È incomprensibile.
Tuttavia, a parte questo, nella manovra economica che ci apprestiamo ad esaminare, vi sono tagli fortissimi alle spese per quanto riguarda i Ministeri dell'interno e della difesa. Quest'ultimo è chiamato in causa perché gli si chiede di mettere a disposizione una parte dell'esercito con tutti i dubbi e gli interrogativi del caso. Come è credibile la volontà di lavorare su questi temi senza dare alle forze dell'ordine le risorse di cui hanno bisogno? Credo che tale elemento debba essere colto e richiamato.
Mi auguro che anche da parte dei colleghi della maggioranza vi sia, visto che si parla con grande attenzione e sensibilità del tema della sicurezza, anche la sensibilità per far capire al Ministro Tremonti, alla parte che si occupa del bilancio dello Stato, di fare in modo che invece si trovino le risorse per sostenere queste politiche, altrimenti sono discorsi che vanno al vento (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, pensavo di sospendere la seduta tra le 13 e, al massimo, le 13,30. Adesso è iscritto a parlare l'onorevole Messina e, a seguire, l'onorevole Sisto. Se gli oratori usufruiscono interamente dei 30 minuti a loro disposizione, penso che ci dobbiamo fermare, altrimenti forse può parlare anche l'onorevole Naccarato. L'onorevole Fontanelli ha utilizzato metà del suo tempo. Pertanto, ciò ci consente di predisporre questo programma: se non vi sono obiezioni, possiamo rimanere d'accordo così.
È iscritto a parlare l'onorevole Messina. Ne ha facoltà.

IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, per ciò che concerne la sicurezza in Italia, dagli interventi che ci hanno proceduto, soprattutto quelli che provengono dalla maggioranza, ne deriva una sensazione strana, come di chi si voglia occupare di un problema parlando del problema stesso, ma senza adottare le adeguate soluzioni, che non sono soltanto le idee, che debbono portare al raggiungimento dell'obiettivo della sicurezza, ma anche gli strumenti che debbono servire per fare in modo che quella stessa sicurezza possa essere attuata.
Italia dei Valori ha ben caro e ben presente il problema della sicurezza. Infatti, Italia dei Valori - lo dico per l'onorevole Fava, che parlava di un nostro disinteresse al problema della sicurezza, che ci dovrebbe indurre a votare così - ha ribadito una proposta che aveva già avanzato nella scorsa legislatura. Italia dei Valori vuole valutare singolarmente i provvedimenti contenuti all'interno della norma che siamo chiamati ad affrontare, perché non è detto che se ne condivida tutto il contenuto. Così come per ciò che attiene a diverse questioni condividiamo ciò che è stato fatto. Lo condividiamo perché erano proposte che già in precedenza erano state da noi avanzate. Infatti, il decreto-legge in esame riprende in diverse parti alcune proposte avanzate dal «pacchetto sicurezza» già presentato da Italia dei Valori e anche da quello varato dal Governo Prodi. Faccio riferimento ai poteri dei sindaci (sui quali, però, ritornerò un attimo in seguito), alle misure di prevenzione antimafia, alle questioni relative alla guida pericolosa (e, quindi, all'aggravamento delle pene ad essa connesse), ai riti alternativi nel processo penale.Pag. 45
Tuttavia, è evidente che non si possono condividere altre parti del provvedimento, quando si parla, ad esempio, di espulsione dei comunitari a titolo di misure di sicurezza. Qui vi è sostanzialmente una criminalizzazione dell'extracomunitario e si cerca di penalizzarlo soltanto con un provvedimento di espulsione, senza pensare alla effettiva gestione. A proposito di questo fenomeno, credo che la maggioranza debba stare attenta rispetto ai dati effettivi del fenomeno. Infatti, è necessario parlare di immigrazione clandestina tenendo conto dei numeri e delle percentuali di accesso del nostro Paese. La percentuale degli ingressi clandestini nel nostro Paese rispetto al numero complessivo è decisamente bassa: il 75 per cento della popolazione clandestina presente nel nostro territorio è entrata in Italia legalmente. Solo il 25 per cento è entrato in Italia illegalmente.
Allora il problema non si pone nel momento in cui c'è l'accesso, finiremmo soltanto con il prendercela con quelle persone, i più deboli, che troviamo sui barconi che arrivano in Sicilia, sulle nostre coste. Capisco che in Lombardia, in Veneto, in «Padania», non arrivino i clandestini, perché sbarcano da noi, però bisogna anche con tolleranza e solidarietà capire chi sono queste persone, se sono dei delinquenti o dei soggetti che possano essere integrati. Perseguire e stigmatizzare questi soggetti alla fine non porta, secondo noi, alla risoluzione dei problemi. Questo è il motivo per cui, anche in questo caso, noi non siamo disponibili ad una decisione che porta esclusivamente alla esclusione, alla espulsione, alla penalizzazione e alla criminalizzazione, indipendentemente da tutto.
Per ciò che attiene ad altri problemi che riguardano, ad esempio, la questione della sospensione dei processi, stavo leggendo in merito a tale questione perché è arrivato adesso il testo dell'emendamento presentato dal Governo. Non c'è ovviamente da stupirsi: risolto ieri il problema che portava a sacrificare centomila processi per tutelare la posizione di un singolo imputato, evidentemente risolto il problema si può espungere la relativa norma. Allora, si è introdotta una normativa nuova che non si capisce a cosa serva, considerato che conveniva, e sarebbe stato più coerente, eliminare per intero l'articolato. Intanto è interessante parlare della data: mentre prima la data per la sospensione dei processi risaliva al 30 giugno 2002, oggi la nuova normativa si riferisce al 2 maggio 2006. Si vede che il problema relativo al 30 gennaio 2002 è ormai risolto, ieri la soluzione è arrivata e quindi ormai chi aveva sperato in date precedenti non ha più problemi. Adesso si parla del 2006, fino ai reati commessi al maggio 2006, in ordine ai quali ricorrono le condizioni. A questo punto, viene rimessa ai dirigenti degli uffici la possibilità di individuare criteri e modalità di rinvio della trattazione dei processi per i reati commessi fino al 2 maggio 2006. È stato allungato anche il termine, non è più di un anno: il rinvio della trattazione del processo non può avere durata superiore a diciotto mesi.
Anche in questo caso, trovata la soluzione per una singola questione, non si fa che ribadire comunque l'atteggiamento del Governo, che è quello di parlare bene e di razzolare male: parlare bene rispetto al problema della giustizia, e razzolare male perché gli strumenti che si propongono sono esattamente in antitesi rispetto a ciò che si vuole raggiungere. È inutile inasprire le pene, questione sulla quale noi siamo anche d'accordo rispetto, ad esempio, alla guida in stato di ebbrezza, alle pene per i reati legati alla criminalità organizzata, a pene più severe anche per chi non si fa identificare; l'Italia dei Valori ha fatto delle proposte in tal senso. Ma a che serve prevedere delle pene più severe, se poi sostanzialmente si sospendono i processi? Alla fine, non serve assolutamente a nulla, serve sostanzialmente per fare della bella, o non troppo bella, propaganda e poi alla fine non si raggiunge l'obiettivo che è quello della soluzione delle questioni.
I cittadini non si aspettano questo, non si aspettano la sospensione dei processi; i cittadini si aspettano giustizia e la giustiziaPag. 46si ha nel momento in cui nel nostro Paese vengono individuati esattamente i reati e si rispettano esattamente le regole. Il rispetto delle regole passa, da un lato dall'intervento delle forze delle polizia (anche su questo ora interverrò), ma anche attraverso una giustizia certa e celere, una giustizia che non sia rallentata, e non solo dai grandi intoppi. Da tecnico, da avvocato, sostengo che i giudizi civili durano troppo (anche quelli penali, ma quelli civili durano tantissimo). Invece di accelerare i processi per fare in modo di garantire la giustizia, al contrario, il Governo adotta un provvedimento per rallentarli.
Non condivido l'approccio di alcuni interventi precedenti. L'onorevole Tassone, per esempio, in una visione della magistratura che non condivido, parlava di una magistratura faziosa, che quando si tratta di politici va velocemente, quando si tratta di reati comuni o di questioni che non attengono a politici va più lentamente.
Credo che all'interno della magistratura vi siano ottimi magistrati, così come magistrati meno buoni, e che, analogamente, nella politica vi siano ottimi politici, ma anche politici meno buoni e non è per il fatto che si appartiene ad una singola categoria - dei magistrati o dei politici - che si debba essere esenti da responsabilità, a prescindere.
Quindi, io non vedo il problema relativo alla paura che i magistrati debbano giudicare i politici. Ecco il motivo per cui, così come ieri per le alte cariche dello Stato, domani, nel caso in cui si ritorni a parlare di un'immunità estesa ai parlamentari e ai politici (perché la tentazione è forte da parte del Governo), noi ci opporremo con grande forza, perché per noi il politico è colui che riveste una carica pubblica e, pertanto, deve essere al di sopra di ogni sospetto e nel momento in cui vi è qualche sospetto va immediatamente chiarito. Così i magistrati, nel momento in cui esercitano la loro funzione, lo devono fare in maniera alta; e in tanti hanno dato grandi esempi e contributi.
Mi soffermo ora sui poteri dei sindaci. Anch'io ho fatto il sindaco nella terra di Sicilia, in una città di cinquantamila abitanti, e mi fa piacere che siano intervenuti prima di me colleghi che a loro volta hanno ricoperto questo incarico. Probabilmente amministrare una città del sud è completamente diverso dall'amministrare una città del nord. L'onorevole Buonanno, insieme al suo collega di partito, diceva di essere orgoglioso e fiero di essere sindaco; anche noi al sud siamo orgogliosi e fieri di essere sindaci e di rappresentare le nostre città. Tuttavia, non possiamo fare a meno di evidenziare le difficoltà che i sindaci incontrano nell'amministrare le loro città nel sud, perché spesso non hanno strumenti e sono destinatari di provvedimenti legislativi che alla fine non sono in grado di attuare; ed allora è inutile inventarsi le norme.
Dall'intervento dell'onorevole Buonanno sembra quasi che fare acquisire al sindaco il potere di intervenire in materia di sicurezza sul suo territorio sia una questione di orgoglio personale: finalmente il sindaco può dettare leggi anche utilizzando la forza pubblica. Noi, nella nostra comunità, abbiamo avuto problemi di vario genere. Ebbene vi chiedo quale sia quel comune che dispone di propri vigili urbani con una competenza, una formazione, una professionalità e un disimpegno tali (perché sono già impegnati ovviamente nei compiti funzionali che sono loro attribuiti) da consentire che questi possano prestare servizio nelle strade per garantire la sicurezza pubblica, ancora di più di quanto non facciano già adesso. Evidentemente, a monte, occorrono degli strumenti.
Certamente il Governo, nel dare potere ai sindaci, che noi condividiamo, deve anche trovare le risorse e gli strumenti per fare in modo che i sindaci possano davvero esercitare quel potere.
Faccio un esempio: nel 1994, in base ad una disposizione di legge, i poteri in materia di sanità in città transitarono in capo al sindaco, mentre prima il responsabile della sanità in una città era l'ufficiale sanitario. Mentre fino al giorno prima il sindaco segnalava all'ufficiale sanitario competente, anche per professionalità, le questioni sanitarie, e non vi erano maiPag. 47problemi perché l'ufficiale sanitario non li riscontrava mai, ricordo che, all'indomani dell'entrata in vigore della norma, l'ufficiale sanitario depositò in comune una relazione di circa quaranta pagine nella quale venivano individuate tutte le disfunzioni in materia di sanità, ben sapendo che nessuno di noi aveva gli strumenti per potersi adeguare. È evidente che ciò si ripeterà anche in questo caso, allorché i sindaci dovranno occuparsi della sicurezza nella loro città. È necessario, dunque, creare prima gli strumenti, e non mi pare che l'attuale Governo stia brillando in questo senso, al di là dei proclami che venivano fatti in precedenza.
Pensiamo al cosiddetto decreto-legge taglia ICI che, sostanzialmente, da un lato ha portato un beneficio ai singoli cittadini - non al sud perché lì abbiamo risparmiato poco e siamo penalizzati molto - ma dall'altro ha tolto ai sindaci e alle città uno strumento economico. Mi chiedo allora come si possa formare il personale, i vigili urbani, prevedere che intervengano, dar loro risorse e mezzi se poi si tolgono i fondi. Questo non era previsto e riguarda anche le Forze armate. Nella Commissione finanze, in questo momento, si sta discutendo di togliere fondi alle forze di polizia: come si fa a chiedere loro un intervento maggiore? Riguardo alle Forze armate che sono state impegnate nelle nostre città, come si fa a poter dare...

PRESIDENTE. Onorevole Messina...

IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, io concludo ma non credo di aver impiegato mezz'ora di tempo.

PRESIDENTE. Siccome avevamo concordato la possibilità di non utilizzare tutto il tempo, vi segnalo quando arrivate a metà del tempo che avete a disposizione.

IGNAZIO MESSINA. Grazie Presidente. Quindi, anche impiegare le forze di polizia e le Forze armate sul territorio senza mezzi e senza strumenti alla fine può servire a poco. In Sicilia si è svolta l'operazione «Vespri siciliani», in cui sono state impiegate le forze dell'Esercito ed evidentemente, anche in quell'occasione, con pochi strumenti qualcosa è stato fatto. Era certamente una presenza positiva sul territorio, tuttavia non era in grado di risolvere i problemi, ma solo di collaborare in minima parte.
Quindi, non si può pensare di inserire nuove normative se non si ha l'adeguata copertura finanziaria. Vedremo se il Governo sarà disponibile con il decreto-legge n. 112 a reinserire per le forze di polizia penitenziaria gli strumenti e i mezzi tolti in precedenza. Solo in questo modo, infatti, si potrà andare avanti.
Un ultimo elemento riguarda la questione relativa alla schedatura dei bambini rom. Non posso esimermi su questo aspetto, in quanto il decreto-legge in esame rappresenta un contenuto culturale difforme dal nostro, che mira a penalizzare e a criminalizzare senza offrire opportune soluzioni. In ordine alla schedatura dei bambini, ho sentito il precedente intervento della collega di maggioranza Santelli che, addirittura, sembrava quasi volesse celebrare un'autopsia dei bambini rom, in quanto pensa di fare esami alle ossa al fine di stabilirne l'età e chissà cos'altro.
Il nostro approccio è completamente diverso, in quanto non è pensabile che soltanto schedando si possa risolvere il problema. Noi siamo un Paese civile che deve accogliere chi viene non certo per delinquere. Chi viene nel nostro Paese per delinquere deve essere immediatamente intercettato e «messo fuori» dal Paese. Tuttavia, rappresenta un caso diverso chi viene per tentare di avere una vita migliore e in tal senso la nostra solidarietà deve essere piena ed assoluta.
Si parla di sicurezza anche in ordine ai minori e un intervento in tal senso sarebbe stato importante, in quanto «sicurezza» non è solo colpire i minori o comunque gli extracomunitari. A dimostrazione che tanti altri fenomeni (sicuramente più gravi di quanto ci è stato prospettato) sono stati in questo momento accantonati dal Governo, leggo - per far capire al Governo che l'allarme non è rappresentato soloPag. 48dall'extracomunitario, ma è necessario occuparsi anche del resto, altrimenti non si rende un buon servizio - senza citare il nome dell'autore la brevissima lettera di un bambino di una scuola media della Sicilia: «Nel mio quartiere ogni giorno vedo un mafioso che è molto rispettato. I mafiosi fanno finta di non esserlo, parlano a bassa voce, loro fanno i mafiosi per avere una vita migliore, come Salvatore Riina. Suo padre zappava la terra e poi è morto; lui ha capito che sarebbe rimasto un morto di fame» (da noi intendiamo colui il quale non va molto avanti) «e per questo ha preso la strada della mafia. Io penso che l'ha saputo fare bene ed è stato molto furbo e sono molto orgoglioso di lui perché è riuscito a diventare qualcuno. Oggi però, dopo aver parlato tanto di legalità, sono confuso perché ho visto che ci sono state persone che hanno sacrificato la loro vita per un ideale, ma questa però nel nostro quartiere è una parola che non capisce quasi nessuno».
Questo è stato scritto da un bambino che un'insegnante coraggiosa ha portato a vedere ciò che è legalità in contrapposizione a quello che viveva. A mio avviso, anche ciò costituisce sicurezza e prevenzione. Il Governo, dunque, non può pensare solo agli extracomunitari, a come «metterli fuori», ma deve pensare a come cambiare la società in cui viviamo, per fare in modo che possa essere migliore.
Non sarà certo sospendendo i processi, non concedendo strumenti per poter andare avanti e penalizzando gli altri che si potrà passare ad una società più sicura. Se non si accelerano i processi, non si costruiscono nuove carceri e non si favorisce la vera integrazione, ma si fa solo inutile e superflua propaganda (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Alcuni colleghi hanno rinunciato ad intervenire, mentre altri hanno espresso l'intenzione di utilizzare solo una parte del tempo a loro disposizione, manifestando l'interesse a concludere i lavori entro le 14 - 14,15.
Al riguardo, naturalmente, vi è la disponibilità della Presidenza. Mi permetterò, quindi, di segnalare quando ciascun oratore, nel suo intervento, raggiungerà i dieci minuti.
È iscritto a parlare l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, il tema che ci occupa è tecnico e, come tale, credo che rivendichi il suo primato, ossia l'analisi dei dati che sono stati all'esame di chi, come chi vi parla, se ne è occupato in Commissione prima che questi «agglomerati normativi» raggiungessero l'Aula.
Mi sono permesso, per una sorta di verifica veloce e metodologica della tenuta del provvedimento, di immaginare un tema: tema sicurezza. Svolgimento: stranieri, i problemi della circolazione stradale dovuti all'uso di alcool e di sostanze stupefacenti, una maggiore efficienza del processo penale, strumenti di prevenzione dei reati. Dunque, vediamo se questi temi, sottoposti al legislatore, sono stati correttamente svolti e, soprattutto, se il complesso variegato di queste realtà sia stato affrontato con sufficiente attenzione.
Per valutare se lo svolgimento di questi temi è stato corretto, mi sono chiesto innanzitutto se questa sia una scelta emotiva. Signor Presidente, direi proprio di no, perché viene proprio dal Paese l'esigenza di preoccuparsi dei temi degli stranieri, di presenze patologiche sotto il profilo della commissione di reati molto gravi che spesso si accompagnano a questa caratteristica, dei problemi della circolazione stradale provenienti dall'abuso di alcool e di sostanze stupefacenti, della necessità di dare al nostro processo maggiore fluidità e capacità di raggiungere gli obiettivi e i risultati e della prevenzione dei reati.
Allora, si tratta di considerare interventi sul diritto penale sostanziale e processuale, sul sistema delle sanzioni amministrative e sulla prevenzione dei reati, un intervento settoriale organico, una sorta di microsistema della sicurezza, che rivendica una sua autonomia e una sua efficienza, certamente non suggerita da momenti non «bolizzati» nell'ambito della riflessione normativa.Pag. 49
Da questo punto di vista, credo che si debba e si possa seguire la vecchia metodologia: anamnesi, diagnosi, prognosi e terapia, che contraddistingue l'approccio scientifico a taluni temi.
Dal punto di vista anamnestico, possiamo dire che questo approccio normativo è coerente con il passato? Certamente sì. I principi sono quelli recepiti nel nostro ordinamento e, quindi, vi è una coerenza e una ricognizione precisa di quanto accaduto.
Possiamo dire che la diagnosi delle patologie è corretta? Certamente. Possiamo dire che il giudizio prognostico è in termini di gravità e di urgenza? Non c'è dubbio che è così.
Parliamo delle terapie. Mi sono permesso di segnalare alcune questioni molto bonariamente, ma credo che un po' di distacco sia utile, perché non sempre ciò che è serio deve essere serioso. Credo che parlare di un microsistema che scelga vitamine e antibiotici, senza analgesici, possa fornire un'immagine che rappresenta con sufficiente chiarezza ciò che sta accadendo in questo frangente.
Signor Presidente, questo pacchetto normativo prevede una norma in particolare, che è una cartina tornasole e dà l'idea di come in questo pacchetto si sia stati molto attenti nell'ambito delle scelte.
La norma è quella dell'articolo 12-quater, allorché si chiede di aggiungere all'articolo 25 delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni il comma 2-ter: «Il pubblico ministero non può procedere al giudizio direttissimo o richiedere il giudizio immediato nei casi in cui ciò pregiudichi gravemente le esigenze educative del minore».
È una norma spia che dà l'idea di come il movimento dell'obbligatorietà di taluni riti, che servono a fornire movimento e a spingere il plasma del processo verso una circolazione più rapida ed efficiente, abbia incontrato un momento di riflessione: come a dire «alt», questa fluidità allorquando si tratta di imputati minorenni deve subire una sorta di segnale di pericolo nei casi in cui ciò pregiudichi gravemente le esigenze educative del minore. La riflessione normativa allora non è solo una riflessione repressiva, non è soltanto il tentativo di intervenire pesantemente, ma si preoccupa anche di categorie che all'interno del processo hanno una loro autonomia e il diritto di essere trattate con una diversità conforme all'articolo 3 della Costituzione, che prevede di trattare in modo uguale situazioni assolutamente uguali.
Questa norma, che è una piccola norma, offre a chiunque abbia un minimo di lettura sistematica del diritto la certezza di essere di fronte a un provvedimento meditato. Questa certezza l'abbiamo, allorquando verifichiamo che gli interventi sul codice penale sono stati di tipo sia descrittivo sia pratico-giurisprudenziale.
Si possono modificare le norme, infatti, per due ragioni, o ampliando il range delle fattispecie, ovvero attraverso nuovi fatti degni di essere tipizzati dalla norma incriminatrice, oppure si possono recepire gli apporti della giurisprudenza e offrire, secondo i canoni interpretativi ed ermeneutici più pressanti, delle interpretazioni in chiave di tipicità capaci di rendere una norma più efficiente. Nel provvedimento vi sono tutti e due gli aspetti. Si esamini il pacchetto delle false attestazioni sulle identità o qualità personali laddove si interviene su quelle norme sia razionalizzandole a un'esigenza di maggiore praticità nell'ambito del sistema, allorché vi è una casistica che sfuggiva alle maglie di quelle norme, sia allargando le situazioni.
Con considerazioni non diverse ci si può riferire all'aggravante prevista dell'articolo 576 del codice penale e agli interventi normativi sugli articoli 589 e 590 e soprattutto sull'articolo 62-bis. Si tratta di un articolo sul quale mi soffermerò molto rapidamente e che prevede, semplificando, che non è sufficiente essere incensurati per avere diritto a quelle attenuanti generiche che in qualche modo, si diceva una volta nella giurisprudenza dei tribunali, non si negano quasi a nessuno. Se non è sufficiente l'essere incensurati, questo che cosa significa? Significa che il giudice anche per giustificare il diniegoPag. 50delle attenuanti generiche dovrà motivarlo. Lungi dall'essere un invito ad una maggiore severità, si tratta di un invito alla motivazione del giudizio di accoglimento o di diniego.
Mi sembra che, quindi, si vada davvero verso una riflessione sulla necessità di evitare automatismi in bonam partem o in malam partem nei confronti dell'imputato. Lo spirito è quello di riflessione e di attenzione ai minorenni. Abrogando, inoltre, i commi 4 e 5 dell'articolo 599 del codice di procedura penale il giudizio di appello riprende forma. L'articolo 599 consiste, infatti, in una strana forma non di patteggiamento ma di accordo sulla pena. Non sono previste nuove attenuanti e l'articolo 599 va esattamente in questo senso: restituire al processo una sua dignità riflessiva. Si tratta di una situazione che non tocca minimamente i diritti dell'imputato, perché gli stessi risultati previsti dall'articolo 599 possono essere raggiunti con la sentenza del giudice di appello.
Si tratta di un minisistema complesso e articolato che si fonda su interventi plurimi che vanno in diversi settori ma che...

PRESIDENTE. Onorevole...

FRANCESCO PAOLO SISTO. Concludo, evidenziando un ultimo dato che a me non sembra secondario: la scelta di una corsia preferenziale per i processi di infortuni sul lavoro. È un altro dato che deve far riflettere. Qualcuno si può lagnare che il giudice, in base all'articolo 132-bis del decreto legislativo n. 271 del 1989 ampliato dal provvedimento in esame, possa privilegiare determinate categorie di processi che hanno una maggiore rilevanza sul piano giuridico e sociale? Penso che nessuno possa sentirsi in qualche modo toccato e offeso da questo tipo di scelta che rientra pienamente nella discrezionalità del legislatore.
Quello che accadrà per quanto riguarda le proposte emendative non potrà, inoltre, inferire su un giudizio di incostituzionalità. Noi in quest'Aula dobbiamo esorcizzare il fatto che qualcuno, secondo me approfittando di una giustizia più mediatica che normativa, si è arrogato il diritto di intervenire sulla costituzionalità del provvedimento. Si tratta, infatti, di uno dei peggiori fenomeni che caratterizza la nostra realtà.
Quando noi riporteremo la nostra giustizia nelle mani di coloro che hanno titolo ad intervenire correttamente e con metodi normativamente corretti, un cuique suum che nella separatezza dei poteri e nella serenità di accostarsi alle aule giudiziarie ritrovi un suo modo di essere e di vivere, credo che il nostro sforzo potrà essere ritenuto valido.
Pertanto ritengo che questo pacchetto sicurezza, il provvedimento in esame, non sia affatto un provvedimento emotivo, non sia affatto uno studio che nasca dalla necessità di una reductio ad unum assolutamente fuori posto. Siamo di fronte ad una scelta sistematica, consapevole, condivisa giurisprudenziale e articolata, e che ha in quelle due o tre norme che presuppongono una profonda riflessione sul sistema la sua cartina di tornasole per essere ritenuta ortodossa.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Naccarato. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO NACCARATO. Signor Presidente, colleghi, il decreto sulla sicurezza oltre a riproporre la peggiore stagione delle leggi a favore di Silvio Berlusconi e a mettere in discussione alcuni principi costituzionali (dopo vedremo quali) è del tutto inefficace e non migliorerà la sicurezza del Paese: è questo il vero punto di critica che ci spinge a dare un giudizio negativo sul decreto. Del resto - lo ha spiegato l'onorevole Santelli in precedenza, che ha svelato il senso vero del provvedimento, cioè quello di dare dei segnali - pensare che si affrontino i temi della sicurezza con dei segnali e non con fatti e con risorse significa non aver a cuore questo tema e limitarsi ad una visione propagandistica.
Il provvedimento infatti presenta molti aspetti negativi e molti limiti, a partire dal percorso parlamentare fin qui seguito, chePag. 51dimostra la strumentalità con cui il Governo e la maggioranza usano i temi della sicurezza. Siete partiti con un decreto che in larghissima parte riprendeva il testo che il Governo di centrosinistra presentò nella scorsa legislatura. Fin qui nulla di strano, considerato che la sicurezza è una questione importante che merita risposte urgenti e concrete che diano strumenti efficaci alle forze dell'ordine e alle autorità giudiziarie per prevenire e contrastare il crimine. Ma al Senato la maggioranza ha introdotto tre articoli che hanno snaturato completamente il provvedimento: gli articoli 2-bis, 2-ter e 7-bis. Oggi il sottosegretario ci ha comunicato che probabilmente i primi due verranno modificati dal Governo. Vedremo, ma intanto quei due articoli sono stati inseriti, discussi, difesi e, poiché non c'entrano nulla con la sicurezza, dimostrano il vostro scarso interesse per queste questioni. Come è noto i due articoli introducono la sospensione dei processi per i reati commessi fino al 30 giugno 2002, e con queste modifiche si fermeranno 100 mila processi per reati gravissimi. Altro che sicurezza!
La sospensione ha l'unico obiettivo di fermare il processo in corso a Milano che vede il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, imputato di corruzione in atti giudiziari. Fate attenzione, perché in questo modo date un colpo mortale alla certezza della pena e al principio di legalità, che sono due punti decisivi per garantire la sicurezza. Porto l'esempio di un effetto devastante introdotto dal decreto rispetto a un reato molto diffuso che causa morti, feriti, invalidi e drammi familiari: la guida in stato di ubriachezza e sotto l'effetto di sostanze stupefacenti. Il decreto da una parte inasprisce le pene per questi comportamenti - su questo siamo d'accordo considerato che vi era una tendenza legislativa ormai consolidata su questo punto - ma, dall'altra, contemporaneamente tutti i processi in corso per questi reati commessi fino al 30 giugno 2002 verranno sospesi, e così si vanificano anni di campagne educative per contrastare il consumo di sostanze alcoliche e di stupefacenti.
L'altra modifica inserita dalla maggioranza al Senato è l'articolo 7-bis. Si tratta della decisione di impiegare le Forze armate (3 mila uomini per sei mesi) per il controllo del territorio. Anche in questo caso la misura è vanificata da altre iniziative del Governo e diventa semplice propaganda. Infatti con i primi provvedimenti economici il Governo ha deciso di effettuare tagli pesantissimi alle forze dell'ordine, alla giustizia, e in generale al comparto sicurezza. Diminuirà il personale della polizia (solo per la Polizia di Stato seimila e seicento agenti in meno in tre anni), dei carabinieri e della guardia di finanza e diminuiranno le risorse per il funzionamento dei tribunali. Sono queste - è la domanda che devono porsi i parlamentari della Lega Nord e del Popolo della Libertà - i segnali che state dando al Paese? Sono questi tagli i segnali con cui volete portare maggiore sicurezza? Senza risorse e senza precisi investimenti non aumenta la sicurezza. Da una parte si sbandiera l'impiego di più uomini (i famosi 3 mila militari per sei mesi) mentre dall'altra, di nascosto, si tagliano le risorse e gli uomini. Questi sono i fatti, che purtroppo in questa materia contano molto di più dei segnali. A questi dati si somma una novità recente che aggiunge una nota di ridicolo alla vicenda. Il decreto prevede che l'impiego delle Forze armate venga adottato con un provvedimento del Ministero dell'interno dopo aver sentito il Ministro della difesa e il Comitato nazionale dell'ordine della sicurezza pubblica.
E, invece, il Ministro della difesa, in evidente competizione con il Ministro Maroni, gira l'Italia annunciando dove verranno dislocati i militari, promettendoli un po' qua e un po' là, molti di più dei tremila previsti. È questo il modo con cui si vuole concordare l'utilizzo dei tremila militari? Infatti, se guardate la stampa locale in questi giorni, sembra di rivedere il meccanismo dei famosi carri armati o delle mucche di Mussolini di antica memoria: ne spuntano da una parte e dall'altra ma sono sempre quei tremila che, alla fine, verranno utilizzati e sempre ePag. 52soltanto per sei mesi. Del resto, se il decreto-legge deve dare soltanto dei segnali, questi si possono piazzare a parole dappertutto, come i soldati del resto.
Vi è poi la disposizione prevista dall'articolo 1, in cui viene introdotta una nuova ipotesi di aggravante che può essere applicata a qualunque reato commesso da persone che sono illegalmente nel territorio nazionale. L'aggravante si basa su una presunzione di pericolosità che non può derivare automaticamente da una condizione di irregolarità amministrativa, quale la presenza illegale nel Paese. Si tenga presente che su questo punto, la Corte costituzionale è intervenuta con la sentenza n. 22 del 2007 e, in quell'occasione, la Corte ha stabilito che la condizione di straniero irregolare non può essere associata a una presunzione di pericolosità.
Attenzione, perché con questa aggravante, per rincorrere le inquietudini, per fare propaganda, per dare dei segnali appunto, per inseguire sul terreno scivoloso e pericoloso della paura verso i cittadini stranieri, il Governo mette a rischio il principio di eguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione. Per aumentare la sicurezza dovete cambiare la legge sull'immigrazione: questo è un fatto e non un segnale. La vostra legge, la Bossi-Fini, è una legge che non ha funzionato e non funziona e che ha aumentato il numero dei clandestini. Vi sono 700 mila domande di ingresso irregolari di cittadini stranieri, di cui solo 170 mila vengono accolte e molti degli esclusi sono persone che si trovano e già lavorano - lo sappiamo tutti - regolarmente nel nostro Paese: badanti, lavoratori decisivi per il funzionamento di settori vitali della nostra economia, come l'agricoltura, l'industria, l'edilizia, il sostegno all'assistenza alle famiglie. In questa materia non servono segnali, ma una seria programmazione dei flussi, degli ingressi e una politica di accoglienza e integrazione e servono meccanismi che consentano l'effettività delle espulsioni e dell'allontanamento. Ebbene, nel decreto-legge vi saranno, forse, segnali ma non c'è nulla delle misure che davvero servono per il governo dell'immigrazione. Con i vostri segnali alimentate la paura, le ansie e i timori dei cittadini. Non serve l'aggravante. Serve una nuova legge sull'immigrazione, come dicevo prima, che consenta l'incontro tra domanda e offerta, che favorisca l'integrazione degli immigrati regolari e renda efficace l'espulsione dei clandestini. Guardate che per realizzare tutte queste finalità sono necessarie risorse, che, dall'altra parte, si stanno tagliando: i due provvedimenti non possono stare insieme.
Infine, signor Presidente, l'ultimo aspetto e concludo. L'onorevole Fontanelli ne ha già parlato molto bene e cerco di non ripetere quello che ha già detto: il ruolo dei sindaci e dei comuni. Nel frattempo ho visto entrare alcuni colleghi della Lega Nord Padania: guardate che probabilmente dovete leggere meglio il decreto-legge e con maggiore attenzione perché, forse, non si è capito che i poteri dei sindaci con il decreto-legge vengono ridotti. Le richieste rivolte da molti sindaci a Parma e alcuni sindaci anche dalle zone da cui provengo, erano altre rispetto a ciò che è contenuto nel decreto-legge all'esame, a parte la richiesta più importante, consistente nei finanziamenti che dall'altre parte stanno venendo tagliati e, quindi, non vi sono. Ma l'esempio che, forse, offre la maggiore idea anche circa i casi che venivano citati è il seguente: il decreto-legge impone ai sindaci di informare i prefetti prima di adottare i provvedimenti in materia di sicurezza urbana. Badate che i sindaci che già oggi adottano tali provvedimenti sono molti. Lo fanno bene e stanno risanando alcune delle nostre città.
Dal momento in cui il decreto entrerà in vigore, le cose si rovesceranno perché, prima, sarà necessario avvisare il prefetto - alla faccia dell'autorità, del federalismo, di chi deve comandare o chi deve gestire alcune situazioni nel nostro territorio - per cui in qualche modo, anche da questo punto di vista, viene vanificato l'effetto che la norma avrebbe dovuto avere secondo le intenzioni dei proponenti. Altro, quindi, che gli impegni che il Ministro Maroni si è assunto nei mesi scorsi con i sindaci a Parma...

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PRESIDENTE. Onorevole Naccarato...

ALESSANDRO NACCARATO. Concludo. Il decreto-legge, purtroppo, contiene tanti segnali che possono far piacere dal punto di vista propagandistico ma non contiene le misure che davvero servono per aumentare la sicurezza del Paese e, per questo motivo, che diamo una valutazione negativa del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nicola Molteni. Ne ha facoltà.
Prima di dargli la parola vorrei esprimere la solidarietà al gruppo della Lega Nord Padania per i danni che sono stati arrecati ad una delle vostre sedi, ai quali prima ha fatto cenno il suo collega. Avrei dovuto farlo prima, ma recupero adesso. Prego, onorevole Molteni.

NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, la ringrazio per la sensibilità mostrata con riferimento ai fatti richiamati poco fa dal collega Fava.
Il presente decreto-legge rappresenta il primo atto significativo emanato da questo Governo nel Consiglio dei Ministri del 21 maggio scorso, per soddisfare le esigenze emergenziali del nostro Paese, del nord in particolare, dove i problemi della criminalità e dell'immigrazione clandestina rimangono prioritari, secondo i dati allarmanti che emergono dai prospetti recentemente diffusi dal Ministero dell'interno. Tale situazione emergenziale è stata, altresì, confermata dal capo della polizia, Manganelli, il quale ha posto in evidenza come oltre il 30 per cento dei reati commessi nel nostro Paese sono opera di stranieri, percentuale che sale ben oltre il 70 per cento nel nord del Paese. Il nord ha visto nell'ultima campagna elettorale il netto successo della Lega Nord Padania, forza politica che ha fatto della lotta all'immigrazione clandestina e della necessità di riportare sicurezza tra i cittadini i propri cavalli di battaglia, non solo da oggi, ma da tempi ormai lontani, riscontrando il gradimento, l'apprezzamento e il sostegno della gente del nord.
Prioritario si configurava, pertanto, per il nostro movimento, quindi per l'attuale maggioranza, intervenire rapidamente nel porre fine al senso di insicurezza e di illegalità fortemente percepiti dai cittadini. Numerosi sono, a tal riguardo, i fatti di cronaca, vicende dolorose gravi che hanno destato l'opinione pubblica e la coscienza di molti, rendendo necessario considerare il tema della sicurezza come una - se non la principale - azione d'intervento dell'attuale Governo.
In tale prospettiva di assoluta priorità ed emergenza, si inserisce, quindi, il «pacchetto sicurezza», fortemente voluto, difeso e sostenuto dalla Lega Nord Padania e dal Ministro Maroni. L'inerzia del precedente Governo, incapace di adottare i dovuti interventi di prevenzione e di repressione sia per mancanza di coraggio, sia per l'assenza di una stabile capacità decisionale, ha indubbiamente aggravato una situazione di fatto già fortemente compromessa, in cui il presente decreto-legge interviene in modo sostanziale, complessivo e con efficacia pratica immediata.
Va pertanto riconosciuta al Governo - in particolare al Ministro Maroni - la caparbietà con cui ha strutturato il presente decreto-legge e il «pacchetto sicurezza» in generale, il quale fornisce una risposta seria e rigorosa alle diffuse istanze di legalità e sicurezza della collettività, coniugando, al contempo, fermezza e tempestività di intervento, nel totale rispetto dei principi costituzionali e comunitari. I dati forniti dal Ministero dell'interno riferiscono di un bilancio 2007 che vede oltre 2,9 milioni di reati denunciati, circa 143 mila in più rispetto al 2006. Basta fare qualche calcolo per capire come la media sia di 8 mila reati al giorno, ossia 333 reati ogni ora. Se poi vogliamo scendere in un'analisi più dettagliata, in relazione alle principali tipologie di reato, risulta evidente che un reato molto diffuso è quello dei furti in appartamento, incrementato di oltre un quinto rispetto all'anno 2006. Praticamente ogni ora in Italia vengono prese di mira circa una ventina di abitazioni. Il 35 per cento dei reati è commesso da stranieri, esattamentePag. 54uno su tre. Ne risulta, quindi, in media, un tasso di criminalità che pone sotto una diversa luce la paura della gente comune nei confronti dello straniero, nonostante molti politici ed opinionisti, evidentemente poco inclini a vivere quotidianamente le realtà locali e a stretto contatto con i cittadini, si limitino a definire tali sentimenti di insicurezza, quali atteggiamenti discriminatori e razzisti. Numerosi sono, pertanto, i provvedimenti che il decreto-legge in discussione porta a compimento, inserendoli nel quadro normativo e giurisdizionale del nostro sistema di giustizia.
Si prevede, infatti, l'inserimento nel codice penale e di procedura penale di tutta una serie di misure. Alcune sono finalizzate ad ampliare la portata applicativa dell'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, disposta dal giudice a titolo di misura di sicurezza nei confronti degli stranieri condannati alla pena della reclusione superiore a due anni. Ciò consentirà di espellere il cittadino comunitario e lo straniero che riporti, ad esempio, condanne per furti e rapine, mentre il precedente limite dei dieci anni consentiva di espellere solo gli stranieri colpevoli di reati gravissimi.
Nell'ambito dei delitti in materia di falsità personale è stata fatta una rivisitazione in senso più rigoroso, oltre all'introduzione di un nuovo reato, con il comune scopo di potenziare gli strumenti di identificazione e accertamento delle qualità personali dello straniero illegale, che spesso altera parte del proprio corpo per impedire di essere identificato, prevedendosi anche l'arresto obbligatorio in flagranza.
Altre significative modifiche sono state previste in tema di omicidio colposo e lesioni colpose gravi e gravissime, commessi da coloro che violano le norme stradali, con particolare riferimento a quei reati posti in essere da soggetti che si mettono alla guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti.
È stata, inoltre, prevista una nuova aggravante comune, che va ad aggiungersi a quelle previste dall'articolo 61 del codice penale, identificata nella commissione del reato da parte di un soggetto che si trovi illegalmente nel territorio dello Stato. Tale misura va, infatti, apprezzata per l'effetto deterrente che è destinata a produrre in relazione agli stranieri irregolarmente presenti nel nostro Paese, fermo restando che il problema della rilevanza penale della condizione di clandestinità dovrà essere affrontato in maniera più approfondita e sistematica durante l'esame del disegno di legge in materia di pubblica sicurezza. A tale proposito, evidenzio sin d'ora che, per il gruppo della Lega Nord, il cosiddetto, impropriamente, reato di immigrazione clandestina rappresenta una condicio sine qua non del pacchetto sicurezza, per gli effetti, ovviamente, benefici, in termini di deterrenza, che tale misura determinerà non solo all'interno del nostro Paese, ma, soprattutto, esternamente, dando finalmente l'immagine di un Paese serio, rigoroso, particolarmente duro e severo nei confronti di chi entra illegalmente nel territorio nazionale.
Sul fronte dell'esecuzione della pena detentiva, si inserisce un provvedimento significativo, che esclude l'automatismo della sospensione condizionale per alcuni reati di grave allarme sociale. È stata la Lega a voler ampliare l'ambito di esclusione di questo istituto, che oggi consente di tramutare la pena detentiva in una delle misure alternative, quali l'affidamento in prova ai servizi sociali o la detenzione domiciliare, giudicando inaccettabile che questa possibilità sia concessa a coloro che compiono reati gravi ed odiosi nei confronti della collettività.
Ai fini del contrasto dell'immigrazione clandestina, una norma cruciale è quella che propone di colpire, non solo con la reclusione da sei mesi a tre anni, ma anche con la confisca dell'immobile, le ipotesi di cessione in locazione di immobili agli stranieri irregolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato. Preme rilevare che, anche in questo contesto, è stato particolarmente attivo il ruolo della Lega.
Sono poi previste una serie di misure finalizzate ad incrementare i poteri e le funzioni dei sindaci in materia di ordine pubblico e sicurezza, a conferma dellaPag. 55capacità dell'attuale Governo di porsi quale interlocutore privilegiato delle amministrazioni locali, primi fra tutti i comuni, che quotidianamente sono chiamati ad affrontare i problemi di ordine pubblico, senza spesso disporre delle competenze e delle risorse necessarie, e che, meglio di altri, ovviamente, conoscono le problematiche del territorio.
In sostanza, si viene a ratificare l'azione di quei sindaci che, con coraggio e lungimiranza, hanno cercato di offrire risposte tempestive alla problematica della sicurezza, spingendosi al limite delle proprie attribuzioni istituzionali; sindaci e amministratori locali che hanno, ovviamente, trovato nel Ministro Maroni un interlocutore privilegiato, pronto non solo ad ascoltare proposte, ma a tramutarle in concrete e fattive disposizioni applicative. Abbiamo enormemente apprezzato lo stile federalista del Ministro Maroni, il quale, attraverso svariati incontri sul territorio, ha dato la possibilità ad associazioni, autonomie locali ed enti di partecipare fattivamente a tavoli di confronto sul tema della sicurezza. È in quest'ottica di confronto e di dialogo che il Ministro Maroni, lunedì prossimo, sarà a Como, al tavolo dell'Unione delle province lombarde, presieduto dal presidente Carioni, dove il confronto verrà esteso al codice delle autonomie, altro importante strumento avviato dal Ministro stesso.
Altri e numerosi sono i provvedimenti varati nel decreto-legge. Già in precedenza alcuni erano stati elencati dal collega Fava e dal collega Buonanno, ad esempio la modifica della denominazione dei CPT in centri di identificazione ed espulsione e la promozione di un ruolo sempre più importante e significativo della polizia locale, attraverso la previsione della possibilità per essa di poter accedere alle banche dati del Viminale, e poter, quindi, acquisire informazioni relative ai permessi di soggiorno.
In conclusione, innanzitutto voglio manifestare il pieno sostegno e il totale apprezzamento dell'operato del Ministro Maroni, non solo per la determinazione con cui, in questi pochi mesi, ha varato il pacchetto sicurezza, dando una risposta certa e chiara ai bisogni e alle istanze dei cittadini, ma un plauso va al Ministro per la serenità, la pacatezza, ma, al contempo, la caparbietà con cui ha saputo affrontare e porre mano ad altre situazioni di grave allarme sociale, nonostante le pesanti accuse, ovviamente infondate, immotivate, pretestuose e ingiustificate, frutto di prevenzione e di scarsa conoscenza, che alcuni soggetti hanno riversato nei confronti del Ministro medesimo.
A tale riguardo, cito a titolo esemplificativo l'ordinanza, faziosamente contestata da alcuni ambienti, ordinanza che mira a determinare un serio piano di azione per risolvere, una volta per tutte, l'indecente scandalo dei campi nomadi attraverso un censimento - e non una schedatura su base etnica - indirizzata a sapere (e penso si abbia il diritto di saperlo) chi vive in casa nostra, al fine di identificare tali soggetti e quindi porre in essere tutte le misure sociali di tutela e di protezione degli stessi. Un plauso al Ministro Maroni, inoltre, per la tempestività di intervento nel porre argine e rimedio al problema della moschea ovvero del centro culturale di viale Jenner a Milano: con i provvedimenti che verranno adottati, finalmente Milano tornerà ad essere di proprietà dei milanesi.
Il risultato che ci apprestiamo a conseguire col decreto in esame è di vasta portata e di notevole impatto politico e unitamente al disegno di legge in discussione siamo sicuri e convinti che la direzione intrapresa dal Governo e dal Ministro Maroni sia quella giusta, perché questa è la direzione voluta e tracciata dal popolo, che abbiamo il dovere politico e morale di perseguire (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.
Mi permetto di segnalare anche a lei l'eventuale contenimento dell'intervento entro il termine di dieci minuti, onorevole, secondo la richiesta che è stata avanzata, fermo il suo diritto a intervenire per il tempo stabilito dal Regolamento.

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AMEDEO CICCANTI. La ringrazio, signor Presidente: conosco il suo rispetto tanto per la Bibbia quanto per il Regolamento.
Onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, la premessa del decreto-legge n. 92 del 2008 rileva la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre disposizioni volte a contrastare fenomeni di illegalità diffusa, collegati soprattutto all'immigrazione illegale e alla criminalità organizzata, nonché a tutelare la sicurezza della circolazione stradale in relazione all'incremento degli incidenti stradali e delle relative vittime, soprattutto per quanto riguarda la guida in stato di ebbrezza. Un buon provvedimento, da migliorare, ma contro la cui approvazione non si sarebbe potuto votare; anzi, noi dell'Unione di Centro, se si fossero rimossi alcuni dubbi, avremmo pure votato a favore.
Abbiamo dubbi infatti sulla circostanza aggravante della clandestinità, perché un mero status soggettivo, ossia appartenere ad un'altra nazione, non può essere un reato o un'aggravante: di per sé, è una violazione della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in quanto ogni discriminazione fondata sulla cittadinanza è vietata dall'articolo 21. Altrettanto controversa è la questione dell'allontanamento automatico dei cittadini comunitari a titolo di misura di sicurezza personale e non detentiva. Su tale punto, l'articolo 27 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2004/38/CE del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nei territori degli Stati membri, impone solo limitazioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica. I provvedimenti di ordine pubblico e di pubblica sicurezza devono essere pertanto ispirati al principio di proporzionalità, e la sola esistenza di condanne penali in capo ad un cittadino comunitario non ne giustifica l'allontanamento. Quindi, dev'esserci una minaccia reale, concreta, all'incolumità pubblica: una norma «strombazzata» rischia perciò la censura comunitaria.
Ve la caverete, però, dando la colpa all'Europa. Questo alibi serve a capire una diversa e più efficace impostazione della tutela della sicurezza dei cittadini, che invece avete indebolito, come meglio vedremo, con altre argomentazioni.
Voglio concludere questa riflessione sulla problematicità dell'allontanamento dei cittadini comunitari sottoponendo alla relatrice Bongiorno, che è fine giurista, la recente pronuncia della Corte costituzionale n. 22 del 2007. Afferma la Corte: «(...) il quadro normativo in materia di sanzioni penali per l'illecito ingresso o trattenimento di stranieri nel territorio nazionale, risultante dalle modificazioni che si sono succedute negli ultimi anni (...) presenta squilibri, sporzioni e disarmonie, tali da rendere problematica la verifica di compatibilità con i principi costituzionali di eguaglianza e di proporzionalità della pena, e con la finalità rieducativa della stessa».
E ancora non c'era il decreto-legge n. 92 del 2008. Condividiamo quindi la necessità di interventi più severi in materia di sicurezza dei cittadini, purché siano seri, efficaci e ponderati, e non manifesti di propaganda che tutto lasciano così com'è. Queste norme sono state condivise sul piano costituzionale anche dal Presidente della Repubblica, che ha controfirmato l'emanazione del decreto-legge. Ma al momento della firma il Capo dello Stato non sapeva che dietro questo provvedimento si nascondesse un inganno. Nessuno si sarebbe mai immaginato che al Senato una mano guidata da un giurista sapiente che da anni segue le vicende giudiziarie del Presidente del Consiglio, in quanto legale personale prima e parlamentare poi, avrebbe «infilato» un emendamento devastante sul piano politico, giuridico e morale.
Ad un decreto-legge che prefigurava la maggiore repressione di furti, borseggi, truffe, rapine ed altri reati più gravi che allarmano ogni giorno la vita dei cittadini (sulla cui paura e sicurezza il Popolo della Libertà e la Lega hanno vinto le elezioni), sono state «appiccicate» due norme, quelle contenute negli articoli 2-bis e 2-ter.Pag. 57Perché è grave la vostra azione? Perché al Senato voi del Popolo della Libertà e della Lega avete approvato queste norme dopo che qui ho sentito rivendicare l'impegno a favore della sicurezza del cittadino (lo avete fatto in campagna elettorale, lo fate sulla vostra catena di informazione e nei dibattiti pubblici, salvo farlo nella realtà delle norme).
Infatti, per salvare Berlusconi dal processo di Milano nel quale è imputato di corruzione giudiziaria per aver pagato 600 mila dollari a tale mister Mills per rendere una falsa testimonianza, avete messo in piedi tutto questo armamentario, che è un'aberrazione giuridica. Siccome i fatti risalgono a prima del 30 giugno 2002, si è stabilita la sospensione per un anno di processi per reati meno gravi, ossia con pene non superiori a dieci anni, compiuti prima del 30 giugno 2002 (una data sulla quale nessuno, della maggioranza e del Governo, ha saputo dare una spiegazione).
Con il decreto-legge al nostro esame, che mirava a colpire furti, scippi, truffe ad anziani, rapine, stupri e violenze alle donne ed ai minori, e cioè i reati che allarmano maggiormente i cittadini (e sappiamo che nei sondaggi questo tipo di preoccupazione precede quella relativa alla disoccupazione), di colpo se ne sospendeva per un anno la trattazione nei processi: ben 100 mila - ha stimato l'Associazione nazionale magistrati - ne sarebbero stati interessati e quindi sospesi.
I colpevoli stavano già sfregandosi le mani e le parti offese non sapevano a quale santo votarsi. Fino a ieri il mio pensiero andava alla strage di quattro ragazzi causata da un certo Amethovic, un rom ubriaco che tanto ha fatto parlare la stampa nazionale, avvenuta nell'ascolano, nella mia città. Ebbene, questa fattispecie sicuramente non rientrerà tra quelle di cui al decreto-legge in discussione, non rientrerà nella modifica introdotta con gli articoli 2-bis e 2-ter. Ma quanti reati dello stesso tenore sarebbero rientrati in questa fattispecie, se non fosse stata apportata la modifica presentata qualche ora fa dal Ministro Alfano e se non vi fosse stata l'approvazione del cosiddetto «lodo Alfano» ieri sera?
Questa massa di criminali per un anno non avrebbe subito alcun processo. È vero che anche la prescrizione sarebbe stata sospesa, ma sapete bene che i processi, quando sarebbero stati ripresi, avrebbero visto cambiati i collegi giudicanti, le prove, sarebbero venuti meno i testimoni: quindi, molti processi avrebbero dovuto ricominciare e sarebbero così spirati anche i termini di prescrizione.
Assisteremo, comunque, non ad un indulto ma ad un'amnistia occulta e generalizzata, ossia l'esatto opposto di ciò che il decreto-legge prevedeva. Ieri sera, però, il Popolo della Libertà e la Lega hanno approvato, come affermavo, il cosiddetto «lodo Alfano» ossia un disegno di legge che concede l'immunità temporanea di funzione alle quattro cariche più alte dello Stato tra cui Berlusconi. È una buona cosa perché anziché sospendere 100 mila processi se ne sospende uno solo, quello di Milano, e tra alcuni mesi probabilmente anche quello delle porno-intercettazioni di Napoli. Però, adesso nascerà un problema. Queste norme, quelle di cui agli articoli 2-bis e 2-ter, non serviranno più, essendosi risolto diversamente il problema dei processi di Berlusconi. Tuttavia, la maggioranza della Lega e del Popolo della Libertà cancella queste due norme automaticamente, anzi ne attenua la portata, e però ammette quanto fino ad oggi ha negato, che erano, cioè, norme ad personam. Il Ministro Alfano, infatti, con tale proposta ha dimostrato chiaramente che tutta la vicenda riguardava Berlusconi.
Ora si tenta con tale modifica di rafforzare la motivazione iniziale, cioè deflazionare i tribunali dai reati minori che però destano maggiore allarme sociale. Se ciò fosse vero, rimarrebbero tutte le censure di ordine costituzionale che sono state avanzate alla prima versione delle norme 2-bis e 2-ter. Innanzitutto la violazione dell'articolo 111, secondo comma, della Costituzione e quindi del principio della ragionevole durata del processo e tale censura rimane tutta intera. AlloPag. 58stesso modo, conseguentemente, rimangono evidenti le preoccupazioni di ordine finanziario connesse alla cosiddetta legge Pinto e alle sanzioni europee per il risarcimento dei danni a chi ha dovuto subire un'irragionevole durata del processo.
Il fatto poi che l'obbligatorietà dell'azione penale passi dal magistrato inquirente, come stabilito dalla Costituzione, al Parlamento che con legge ordinaria stabilisce quali reati perseguire, lascia invariate le perplessità e le riserve che sono già state espresse con le questioni pregiudiziali di costituzionalità presentate qualche giorno fa. Così come rimane la criticità sollevata dal collega Vietti in quella sede riguardo alla violazione del principio di parità di trattamento sancita dall'articolo 3 della Costituzione. Non si comprende, infatti, perché alcuni reati vengano perseguiti ed altri no, né può risultare convincente di fronte alla suprema Corte il ragionamento che molti fanno sull'inattualità dell'obbligatorietà dell'azione penale rispetto alla situazione di fatto che la rende discrezionale e quindi inapplicabile. Ho sentito portare, a sostegno di tale tesi, la circolare del giudice Maddalena sui reati soggetti a indulto. Il Consiglio Superiore della Magistratura si è già occupato della questione e ha saputo trovare ben chiari confini di ordine organizzativo la cui definizione, comunque, rimane in capo all'ordine giudiziario. Pertanto, non riteniamo percorribile la furbizia di una derubricazione delle norme aggiunte al Senato con la declinazione «salva processi», perché il dato politico è stato ormai acquisito sia dal Parlamento sia dai mass media. Gli articoli 2-bis e 2-ter vanno cancellati interamente. Punto e basta!
Tornando al complesso del provvedimento, oltre alla questione controversa che accennavo all'inizio del mio intervento relativa all'espulsione dei cittadini comunitari, vi è l'altra costituita dall'articolo 5, che prevede il carcere per chi fornisce alloggio o affitta ad un immigrato clandestino.
Noi dell'Unione di Centro abbiamo riformulato questa norma che è limitativa e spero che il relatore faccia molta attenzione. Molte volte, infatti, non c'è solo lo scambio tra alloggio e denaro, ma vi è anche lo scambio tra alloggio e lavoro nero, tra alloggio e prestazione sessuale nell'ambito dello sfruttamento della prostituzione. Abbiamo, quindi, voluto punire qualunque illecito vantaggio rispetto al favoreggiamento dello straniero nella illecita presenza sul territorio nazionale.
A questi rilievi di carattere specifico sul decreto-legge ci preme, però, evidenziare il cinismo di questa maggioranza nell'utilizzare per fini di consenso elettorale la sacrosanta paura degli italiani in materia di sicurezza, salvo poi tradirla in termini di scelte di Governo. Le statistiche ci dicono che in Italia nel 2007 i delitti sono aumentati del 5 per cento. Secondo il Ministero dell'interno sono stati denunciati 330 reati ogni ora per ogni giorno dell'anno. Abbiamo sfiorato i 3 milioni di reati.
Abbiamo cinque regioni in cui il controllo della criminalità organizzata sfida lo Stato. Abbiamo bisogno di un sistema di contrasto alla criminalità comune ed organizzata caratterizzato da un'efficiente apparato di polizia e da una giustizia efficiente, collaborativa e credibile. Abbiamo, invece, una cultura, soprattutto giovanile, che dileggia lo «sbirro» e una cultura politica, soprattutto di questa maggioranza, che delegittima la magistratura valutandola eversiva e priva di equilibrio mentale.
Abbiamo letto qualche giorno fa su un quotidiano nazionale che ad Alessandria un sindacato di polizia si è autotassato per fornire divise nuove ed estive alla polizia di Stato. Abbiamo incontrato le organizzazioni sindacali di alcune forze di polizia che ci hanno rappresentato un quadro di frustrazione, demotivazione e di abbandono delle forze dell'ordine ingiusto ed inaspettato da un Governo che si è sempre dichiarato amico delle forze dell'ordine stesse.
Altrettanto ci hanno rappresentato i COCER di carabinieri, guardia di finanza e Forze armate: straordinari non pagati, turni massacranti, mezzi inservibili per mancanza di manutenzione, benzina razionataPag. 59e servizio dimezzato delle volanti nelle grandi città, avvisi di sfratto per le caserme in affitto di polizia e carabinieri perché non pagano.
Insomma, abbiamo gli agenti di polizia che manifestarono contro il Governo Prodi perché erano mal pagati e maltrattati che oggi si trovano peggio. Eppure, Alleanza Nazionale, Forza Italia, Lega e noi dell'UDC li sostenemmo e manifestammo insieme a loro. Peccato che siamo rimasti solo noi dell'Unione di Centro a sostenerli. Faremo una convinta battaglia contro questo Governo per sostenerli ancora, a cominciare dal ripristino delle risorse finanziarie tagliate in modo inusitato.
Avete detto che avreste incarcerato gli stranieri clandestini. Ne abbiamo forse 700 mila in Italia. Se riuscite a catturarne un decimo non saprete dove metterli, visto che i posti sono 50 mila e già sono tutti pieni nelle carceri italiane. Ebbene, invece di ampliare le carceri, nel decreto-legge con cui avete abolito l'ICI, per trovare risorse sostitutive da trasferire ai comuni, avete tagliato 55 milioni di finanziamenti su 75 previsti dal Governo Prodi per l'edilizia penitenziaria.
Non solo: il taglio draconiano del turnover previsto dal Governo Prodi, che dall'opposizione della passata legislatura abbiamo contrastato fortemente, è stato ulteriormente dimezzato. Ogni dieci poliziotti che andranno in pensione solo uno potrà essere assunto nel 2009, due nel 2010 e 2011, quattro nel 2012. Ma non finisce qui: per il 2009, per quanto riguarda l'ordine pubblico e la sicurezza, avete effettuato tagli per 13 milioni al Ministero di Tremonti, per altri 13 milioni a quello dei trasporti (polizia stradale e polizia ferroviaria) e per ben 254 milioni al Ministero dell'interno di Maroni, che diventano 270 e 480 rispettivamente negli anni 2010 e 2011.
Invece di aggiungere risorse le avete tolte: 210 milioni di euro sono stati addirittura tagliati nel 2009 alla giustizia. Davvero un capolavoro per garantire la certezza della pena!
Bastano questi dati da voi scritti per sottolineare con quale cinismo affrontate il problema dell'ordine pubblico, della sicurezza e della giustizia.

PRESIDENTE. Onorevole Ciccanti...

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Aggiungete la legge sulla cancellazione delle intercettazioni come strumento di indagine per eliminare le prove di un tentativo di corruzione del Presidente del Consiglio nei confronti di Saccà, e si ha il vero quadro politico di quanto interessi a questa maggioranza della sicurezza dei cittadini. Tuttavia, le televisioni dello stesso Presidente del Consiglio ogni giorno ci dicono che il problema della sicurezza risiede nelle impronte dei bambini rom e nei rumeni che delinquono. Così tutti corrono contro i rumeni e i rom per non vedere la delinquenza delle mafie e dei colletti bianchi, mentre l'Italia affonda nella recessione economica e nella perdita del potere di acquisto delle famiglie.
Sarete pure bravi nella comunicazione, ma non certo nel governare! Anche per queste ragioni, noi centristi - oggi più di ieri - siamo convinti della scelta oppositiva che abbiamo fatto a questo Governo, di cui già si discute di quanto durerà ancora.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, onorevole sottosegretario alla giustizia, onorevoli colleghi, noi dell'Italia dei Valori siamo molto sensibili ed attenti al tema in oggetto, in quanto la sicurezza - nell'ambito del sovrastante valore della legalità - è qualcosa che appartiene alle nostre radici e che ci viene da lontano, soprattutto perché noi dell'Italia dei Valori siamo espressione del territorio. È intervenuto prima di me l'onorevole Messina, già sindaco del comune di Sciacca, in Sicilia. Nella nostra pattuglia sono tutti così: una delle poche parlamentari donne, l'onorevole Anita Di Giuseppe, è sindaco inPag. 60Molise, e Leoluca Orlando è stato sindaco di Palermo. Anch'io ho svolto la mia esperienza di sindaco, in provincia di Napoli.
A tal proposito, ricordo quando dieci anni fa criticai un provvedimento dell'allora Ministro dell'interno, Giorgio Napolitano, perché aveva promosso un'iniziativa, il patto di legalità per Napoli, volta a muoversi sui temi della sicurezza, ma destinata esclusivamente a Napoli. Avendo anche un ruolo nell'ANCI, scrissi al Ministro che non era possibile che facesse il Ministro di Napoli e non il Ministro della Repubblica. Non bisogna combattere solo a Napoli i problemi legati alla sicurezza, alla legalità, alla lotta alla camorra. Infatti, vi è una provincia di Napoli ancora più pericolosa, agguerrita e organizzata in termini di camorra (peggio ancora Caserta ed in alcune zone della fascia interna tra Caserta e la provincia di Napoli).
Insomma, questi interventi spot, che si fanno a tampone, giusto per dare qualcosa all'opinione pubblica, sono l'unica cosa di cui probabilmente non abbiamo bisogno, se vogliamo davvero dare sicurezza ai cittadini. Infatti, un attimo dopo il prefetto dell'epoca organizzò presso il mio comune il primo comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica itinerante, per dare un segnale che lo Stato andava presso i comuni. È questo il tema forte, cioè il comune è sicuramente l'avamposto dello Stato più vicino ai cittadini, ed è lì che bisogna muoversi e bisogna attivare al meglio le leve. Invece, per la verità, soprattutto nei provvedimenti che stiamo approvando in questi giorni, non si è vicino ai comuni. Lo abbiamo visto con il provvedimento sull'ICI, che ha comportato una débâcle delle entrate dei comuni, che determina crisi di liquidità e di cassa per i comuni stessi.
In tali condizioni come si fa a promuovere una sana attività di programmazione e di formazione? Penso alla polizia municipale, ad esempio. In ogni comune l'unica postazione che trovate sempre è quello del corpo della polizia municipale; è probabile che non troviate la caserma dei carabinieri, più probabile ancora che non ci sia il commissariato di Polizia di Stato, ma sicuramente trovate in ogni comune l'ufficio di polizia municipale, a cui si rivolge il cittadino per le esigenze più immediate, per i bisogni, per le paure, per le questioni che più lo toccano e lo riguardano.
Ho proposto anche due emendamenti per cercare di ottimizzare la polizia municipale, il vigile urbano. Nei nostri territori, in provincia di Napoli ad esempio, qual è l'arma che il vigile urbano e la polizia municipale usano? Nei nostri comuni, dove addirittura non c'è soluzione di continuità tra un comune e l'altro, dove su una stessa strada insistono due comuni, e la strada spesso diventa linea di confine, con quadrivi che sono la separazione tra tre o quattro comuni, fare un posto di blocco da parte della polizia municipale diventa una cosa complicata, perché se si ferma una persona dal lato destro della strada rientra in un comune, se la si ferma sul lato opposto non è più in quel comune.
C'erano state delle proposte molto costruttive, come al solito, perché noi siamo il partito del fare, vogliamo dare delle indicazioni e dei consigli. Pensavamo di equiparare la polizia municipale ai carabinieri e alla Polizia di stato nel caso di un'intimidazione o di una minaccia al vigile urbano. Se dalle nostre parti il vigile urbano è molto attento, molto puntuale, ad esempio nell'attività repressiva dell'abusivismo edilizio, oppure nel controllo delle attività commerciali, che molto spesso vengono prese dalla camorra, è ovvio che può essere esposto a minacce; se ciò avviene ad un carabiniere egli immediatamente viene trasferito, per la sua sicurezza e per la sicurezza della sua famiglia, mentre questo non è possibile per i vigili urbani. Ho proposto un emendamento in tal senso.
Stiamo parlando di realtà che sono davvero molto complicate, e lo Stato deve dunque rispondere in modo appropriato, non come ha fatto ieri, ad esempio, con la «presa di Chiaiano». È stato inviato l'esercito nella cava di tufo di Chiaiano: l'esercito contro i cittadini, contro ragazzi e mamme, che erano stati lì in tempi recentiPag. 61per dire che non era opportuno fare quella scelta insensata. Lo Stato non può mandare l'esercito contro i cittadini, invece di avviare un dialogo costruttivo e positivo con gli stessi.
Se vogliamo parlare di sicurezza bisogna parlare di cose che vanno veramente nella direzione di dare funzionalità e, soprattutto, un aiuto a certi territori, come il nostro. Noi nel 2007, a Napoli e provincia, abbiamo avuto 97 morti ammazzati di camorra; al 31 dicembre 2006 abbiamo avuto 342 persone morte in incidenti stradali in Campania. Provate a sommare questi numeri e pensate che per le esecuzioni capitali nel mondo la nazione con il più alto numero è la Cina, dopo viene l'Iran: l'Iran nel 2007 ha praticato 221 esecuzioni capitali, la metà del numero dei morti in Campania per morte violenta. La sicurezza deve essere qualcosa di tangibile e di operativo davvero, ecco perché parlavo di polizia municipale, che è il presidio più immediato nei comuni; bisogna muoversi in tal senso.
Non mi dilungo ulteriormente, e vengo ad un altro tema. C'è la necessità di collegare, come è stato fatto, i fenomeni migratori con la salvaguardia di adeguati livelli di sicurezza. Si dimostra in maniera evidente il ritardo con il quale si sta provvedendo a disciplinare e regolamentare i fenomeni migratori. Un ritardo, il nostro, che appare principalmente culturale, a differenza di molti altri Paesi, dove l'impatto di fenomeni migratori ha creato problemi di gestione e organizzazione e anche di sicurezza pubblica, ma all'interno di un panorama acquisito di certezze culturali, che lo ha poi spesso trasformato in una risorsa per l'intera collettività.
Il nostro è un Paese in cui è forte da sempre l'influenza della dottrina sociale della Chiesa, ed in cui è parimenti sentita ancora l'influenza culturale di un approccio ideologico che, prima ancora che solidaristico, appare principalmente anticapitalistico. L'affermazione del pacifismo nostrano, soprattutto in alcune sue componenti, è in parte - sarebbe inutile negarlo - figlia della famosa «terza via» degli anni Settanta, tanto famosa quanto ideologicamente orientata. Non solo, il nostro è un Paese con una forte cultura garantista, che ha evidentemente contrassegnato il nostro impianto giuridico.
Riflettere su questi aspetti può aiutarci a riflettere sui ritardi culturali con i quali stiamo affrontando la gestione dei fenomeni migratori, senza ovviamente cadere nella facile semplificazione del rapporto causa-effetto, che non esiste in questo caso in maniera netta e diretta.

PRESIDENTE. Onorevole Barbato...

FRANCESCO BARBATO. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Certamente sono sotto gli occhi di tutti i ritardi e le contraddizioni che segnano le scelte relative alla gestione dei fenomeni migratori. Il caso emblematico dei CPT può servire da esempio: nati come strutture di sostegno, si sono trasformati in non si sa bene cosa, ritrovandosi al centro di polemiche e strumentalizzazioni inutili e dannose.
Il problema e l'obiettivo centrale resta la necessità di coniugare i diritti dei migranti a quelli dei residenti: non si può considerare i primi contrapposti ai secondi. Per sviluppare politiche di integrazione concreta è necessario focalizzare regole e riferimenti certi. La legge ed il principio del dovere per tutti di rispettarla, è lo strumento principale di questo processo di integrazione. Appare difficile affermarli in un Paese nel quale il Presente del Consiglio usa il suo ruolo per far approvare leggi che, di fatto, lo sciolgono da questo dovere.
Pensavamo che il principio del princeps legibus solutus fosse ormai superato, invece ce lo ritroviamo imposto in questo Parlamento. Peccato che la sua affermazione sia contraria all'esistenza stessa di un Parlamento, e se non la si ottiene in un modo, allora la si deve imporre in un altro. Questo è il grande profilo dello scambio avvenuto sotto gli occhi di tutti in questi giorni, in queste ore. Via il blocca-processi, dentro l'immunità per le alte cariche dello Stato: ma noi no, noi non ci stiamo, lo abbiamo detto ieri, lo diciamo oggi e continueremo a dirlo domani.Pag. 62L'Italia dei Valori è per la legalità e la sicurezza.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bertolini. Ne ha facoltà.

ISABELLA BERTOLINI. Signor Presidente, mi faccia rispettare i tempi, soprattutto in ossequio alla sua disponibilità e gentilezza, che vedo che non sono ricambiate dall'Assemblea.
Intervengo su questo decreto-legge, che ritengo particolarmente significativo e che - lo dico perché questa mattina ho ascoltato in Aula molte imprecisioni e cose non vere - fa parte del pacchetto sicurezza, che è particolarmente ampio e articolato, e che comprende anche tre decreti legislativi molto significativi, nonché un disegno di legge che è in discussione e che giungerà anche all'esame della Camera dei deputati. Questo per dire che noi stiamo affrontando queste tematiche con una visione articolata, che non è solo sui temi della repressione, ma che vuole gestire in maniera efficace i nuovi fenomeni di sicurezza e di immigrazione che stanno investendo, con grande violenza, il nostro Paese.
Sicuramente il provvedimento che analizziamo oggi, che peraltro è profondamente cambiato (mentre negli interventi dei colleghi che ho ascoltato si fa riferimento ancora ad un testo che è stato superato, di fatto, dagli emendamenti presentati oggi dal Governo), è stato dettato dalle emergenze e dalla necessità di dare risposte serie ai cittadini senza inutili atteggiamenti demagogici, che ho ascoltato anche oggi. In questi giorni siamo stati accusati - io in questa sede intendo respingere con forza queste accuse - di xenofobia, di razzismo e di varare provvedimenti assolutamente antidemocratici, utilizzando spesso anche le istituzioni internazionali, in particolare l'Unione europea, che diventa un paravento a seconda dei momenti: quando il Parlamento europeo vota la risoluzione sulle impronte dei bambini rom, allora si enfatizza; quando invece il Presidente Sarkozy, che presiede per questo semestre il Consiglio dell'Unione europea, parla di quote di flussi e di impedire nuove sanatorie generalizzate - quindi tutte tematiche che noi abbiamo affrontato e continuiamo ad affrontare - o quando, addirittura, l'Europa impone la permanenza fino a diciotto mesi nei centri di permanenza temporanea, di questo non si parla e l'Unione europea diventa un fanalino che non interessa più a nessuno.
Credo che anche nei confronti delle istituzioni europee dobbiamo far valere le nostre ragioni come Paese Italia, e non prendere supinamente ordini. Hanno cominciato a fare ciò i nostri Ministri, in particolare il Ministro dell'interno, ma anche il Ministro della giustizia e il Ministro delle politiche europee, che vanno a spiegare le ragioni, le emergenze e le necessità dell'Italia. Quindi, dobbiamo essere artefici dell'Europa, e non semplicemente assumere le iniziative che l'Europa ci vuole imporre.
Cercherò di non entrare nel merito e nello specifico dei vari articoli che chi mi ha proceduto, anche i miei colleghi di maggioranza, ha già affrontato, ma forse dovremmo chiederci perché nel nostro Paese si è creata questa gravissima emergenza in materia di sicurezza. Vi sono delle chiare responsabilità politiche di chi ha governato questo Paese e, quindi, oggi ereditiamo una situazione da parte di un Governo, il Governo Prodi, che ha clamorosamente fallito su questi temi nei suoi venti mesi di governo, in quanto non ha approvato decreti né provvedimenti.
Oggi un collega ci rimproverava - mi pare l'ex sindaco di Pisa, Fontanelli - in ordine alla legge cosiddetta Bossi-Fini. Colleghi, potevate cambiare le norme, ma non ci siete riusciti. Vi siete limitati solo ad interventi di disapplicazione delle norme e, quindi, oggi la legge Bossi-Fini è in gran parte vanificata e modificata da decreti legislativi e, purtroppo, anche da interventi (mi permetto di dire) a gamba tesa della magistratura, che ha reso inefficaci alcune norme contenute in quella legge.
Credo che noi non abbiamo delle ricette miracolose su questi temi: magari ciPag. 63fosse una ricetta comune per gestire il fenomeno della clandestinità, dell'emigrazione e della sicurezza. Tuttavia, la maggioranza almeno si assume delle responsabilità politiche e, soprattutto, pone in essere degli atti concreti, attraverso decreti e provvedimenti normativi, per governare il Paese e per dare risposte ai cittadini. Quindi, basta con le chiacchiere e passiamo ai fatti.
Continua, inoltre, un certo atteggiamento da parte dell'opposizione, e in particolare mi soffermo su quanto affermato anche in Aula dal Partito Democratico, che sui temi della sicurezza e dell'immigrazione, a mio avviso, ha un atteggiamento schizofrenico. Infatti, all'interno del decreto-legge in esame vi sono moltissime norme che già nella passata legislatura il Governo Prodi aveva tentato di introdurre nell'ordinamento per volontà del Ministro Amato ma che oggi, anche in questo dibattito, sono completamente ignorate. Quindi, non si apprezza la continuità e la necessità delle norme, ma ci si sofferma in maniera strumentale su una serie di questioni che - ribadisco - con il voto di ieri, ma ancora più oggi con la presentazione degli emendamenti da parte del Governo, sono state superate.
Credo che con il decreto-legge in esame fondamentalmente vogliamo ribadire che per noi valgono alcuni principi, vale a dire che in questo Paese per quanto riguarda gli extracomunitari si entra semplicemente con un permesso regolare e se si ha un contratto di lavoro, in quanto nel Paese si sono create delle sacche di povertà, di difficoltà e di disagio che molto spesso diventano sacche di criminalità. Quindi, noi ribadiamo la politica delle quote, e anche oggi è stato detto in Aula che i decreti sui flussi non vanno bene perché sono vanificati. Ricordo, tuttavia, che noi non li abbiamo mai vanificati. Il Governo Prodi ha realizzato una sanatoria mascherata, e rispetto a 170 mila richieste ne ha accettate più di 500 mila. Anche su tale aspetto l'Europa è chiara: è necessario decidere chi e quanti possono entrare in ogni Paese. Altrimenti, se non ribadiamo questo principio, costringiamo moltissime persone ad entrare nel circuito dell'illegalità che, invece, vogliamo contrastare con fermezza.
Un altro punto particolarmente discusso, anche questo in modo demagogico, è l'introduzione della norma che prevede l'aggravante di clandestinità nella commissione dei reati. Se in questo Paese si può entrare con un permesso regolare, chi entra senza documenti e senza permesso evidentemente non lo poteva fare. Ciò non rappresenta un modo di essere o una caratteristica personale, ma è semplicemente un comportamento vietato dalle nostre leggi. Mi auguro - lo ribadisco adesso, ma ci torneremo - che con il disegno di legge, che verrà prima votato al Senato e successivamente alla Camera, si introduca anche il reato di clandestinità. A mio avviso ciò non costituisce assolutamente un atteggiamento né xenofobo, né razzista, in quanto esiste già in altri Paesi europei, come la Francia e la Gran Bretagna.
Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Ci sono moltissime norme che qui sono state completamente ignorate o sulle quali si è volutamente soprasseduto, che riguardano tutta una serie di criteri introdotti per rendere i processi che devono essere celebrati più rapidi e con un iter assolutamente facilitato. Ciò anche per rispondere a quello che ci chiede la gente. La gente non ci chiede più solo sicurezza, ma di assicurare chi delinque alla giustizia e la certezza della pena. Ecco perché sono d'accordo con le norme processuali che vengono inserite: lo stop all'automatismo delle attenuanti per gli incensurati, il «no» alla sospensione alla pena detentiva in automatico, il «no» al patteggiamento in appello, l'introduzione della pena dell'ergastolo per chi uccide un agente delle nostre forze dell'ordine. In quest'ottica, dico anche «sì» all'utilizzo dell'Esercito, perché, in un momento in cui abbiamo bisogno di più uomini, più risorse e più presidi, non vedo dove sia lo scandalo - anche qui credo che la sinistra abbia sfiorato il ridicolo quando ha parlato di militarizzazione delle città - nell'utilizzoPag. 64di uomini delle nostre Forze armate a garanzia della sicurezza dei cittadini.
Non entro nel merito, perché lo farà chi parlerà dopo di me, delle questioni relative ai sindaci e ai prefetti e su un ruolo più attivo che ritengo fondamentale, ma mi soffermo ancora sul tema delle espulsioni.

PRESIDENTE. Onorevole Bertolini...

ISABELLA BERTOLINI. Signor Presidente, concludo. Oggi vi è un tema fondamentale, anche questo purtroppo ereditato. Con questo decreto-legge, si introduce il principio di allontanare da questo territorio chi non ha il permesso, ma anche chi non ha reddito e delinque, anche se cittadino comunitario. Infatti, il problema non è rappresentato solo dagli extracomunitari, ma purtroppo da molti cittadini comunitari. Cito questo dato perché all'inizio si parlava di responsabilità politiche. Qui qualcuno se le deve assumere, perché stiamo sanando una situazione ereditata. Quando Romania e Bulgaria sono entrate nell'Unione europea e, quindi, è diventata libera la circolazione dei loro cittadini nel gennaio 2007, il Governo Prodi, uno dei pochi Governi dell'Europa, ha voluto evitare di adottare una moratoria che in qualche modo regolasse i flussi di questi cittadini.
Naturalmente - questo non lo dico io, ma si evince dai dati forniti dal prefetto Manganelli, in possesso del Viminale e quindi pubblici - si è riversato nel nostro Paese un flusso enorme di cittadini rumeni, che arrivavano qui senza condizioni di probabile sopravvivenza e, quindi, più dediti al crimine. Ma c'era un dato ancora più grave che il Governo Prodi ha totalmente ignorato. Quando, nel 2007, è entrata in vigore la norma sulla libera circolazione, i nostri Centri di permanenza temporanea erano per la maggior parte occupati da cittadini rumeni. Questi cittadini, naturalmente, essendo diventati comunitari, sono stati liberati. I Centri di permanenza temporanea si sono svuotati. Anche questo ce l'ha detto l'ex Ministro Amato, ma soprattutto l'ineffabile commissario, De Mistura, che ha perso moltissimi mesi a girare per i Centri di permanenza in Italia, con una commissione che non ha prodotto assolutamente niente tranne dare un'immagine di delegittimazione di tali Centri di permanenza, che sono necessari, il quale ci ha detto che in questi Centri c'erano moltissimi rumeni. Ebbene, dopo averlo appreso, questi rumeni sono stati liberati e ce li siamo trovati nel Paese. Non lamentiamoci poi se si verificano reati e omicidi come quello della signora Reggiani.
Signor Presidente, concludo dicendo che, a mio avviso, questo non può essere, da parte di questa maggioranza, l'unico intervento sui temi dell'immigrazione e della sicurezza, e non lo sarà. Credo che l'immigrazione vada governata e non subita. Credo che si possano fare anche grandi e importanti politiche di integrazione. Dico al collega Fontanelli che il problema non è aver tagliato i fondi per l'integrazione con l'abolizione dell'ICI, che secondo me è stata una misura giustissima a vantaggio dei cittadini italiani. Ricordo a Fontanelli che con i fondi per l'integrazione spesso si fanno feste o si mangia il cous cous in piazza inutilmente. Dico, però, al mio Governo, visto che in queste ore è in discussione la manovra economico-finanziaria, che per gestire la sicurezza sono necessarie più risorse. Un Governo deve avere anche il coraggio di porsi delle priorità, anche se questa è una congiuntura negativa. Credo che solo in questo modo, dando più sicurezza ai cittadini, diamo loro più libertà ed avremo un Paese migliore (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Narducci. Ne ha facoltà.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, mi sono iscritto a parlare sul provvedimento in esame mosso soprattutto da una sensibilità, che deriva dall'aver condiviso, da oltre trent'anni, con migliaia di nostri connazionali - direi centinaia di migliaia - le battaglie per i diritti più elementari, per la dignità delle condizioniPag. 65abitative, per l'integrazione sociale e professionale nel Paese di accoglienza, per il successo scolastico dei figli degli italiani e contro ogni forma di marginalizzazione legata alla condizione di migrante.
Insieme a tantissimi connazionali ho lottato contro le innumerevoli forme di categorizzazione e di luoghi comuni che hanno accompagnato milioni di italiani in ogni parte del mondo. Da un'indagine condotta dalla Dante Alighieri, qualche anno fa, negli Stati Uniti d'America è emerso come, nonostante la nostra presenza in quel grande Paese abbia superato il secolo, agli italiani si associano ancora stereotipi quali pizza, spaghetti, mafia e mandolini. Anche così si creano le condizioni per timbrare un popolo o un gruppo etnico e per alimentare quel sentimento di avversione che si chiama razzismo - diciamolo a chiare parole - un sentimento tragico che spesso diventa paura del diverso. Tante volte nella storia il diverso è diventato il capro espiatorio di situazioni che hanno una radice ben diversa e che dovrebbero essere affrontate con ben altre linee di azione politica.
Ritengo che un provvedimento come quello in esame debba necessariamente suscitare una riflessione sul fenomeno delle immigrazioni di massa che ha caratterizzato la storia del nostro Paese e la diaspora italiana nel mondo: 27 milioni di italiani e di italiane hanno lasciato la nostra nazione nell'arco di un secolo e spesso sul piroscafi fatiscenti e pericolosissimi che evocano le imbarcazioni cariche di disperati che oggi attraversano il Mediterraneo. Possiamo dimenticare le grandi tragedie del mare e del lavoro, le malattie e gli stenti che hanno accompagnato gli italiani nel loro percorso di emigrazione? Credo di no, e lo dico non per solito buonismo di centrosinistra che il centrodestra agita come accusa nei nostri confronti, ma perché sono profondamente convinto che la memoria storica di un popolo rappresenti una linea guida di alto valore.
Con la stessa convinzione voglio sottolineare che il tema dell'ordine e della sicurezza pubblica è una priorità assoluta del Partito Democratico e sicuramente lo è per tutte le forze politiche perché tocca aspetti complessi e diritti fondamentali e inalienabili della persona umana. L'esperienza insegna che la legalità è il migliore antidoto contro la discriminazione e contro la criminalizzazione di gruppo. Il problema non è la durezza della lotta all'illegalità ma la capacità di accogliere l'immigrato, l'aiuto da fornirgli per inserirsi e per facilitarne il percorso di integrazione e il rispetto delle norme, con la dovuta certezza che il diritto deve valere nei confronti di tutti reciprocamente.
Non possiamo far finta di ignorare che il provvedimento in esame ha indotto un dibattito acceso sui canali mediatici e tra la gente ancor prima che ne fosse noto il portato e gli obiettivi perseguiti. Non possiamo dimenticare che il decreto in tema di sicurezza è stato partorito come una strategia di marketing dei prodotti di consumo che, come afferma Baumann, vede nell'incolumità personale uno dei principali argomenti di vendita.
La ratio che è all'origine di questo decreto-legge è quella che porta a cercare il consenso e la legittimazione politica facendo perno sulle paure dei cittadini prima mediaticamente e poi dichiarando guerra a ciò che turba l'ordine pubblico senza affrontare le questioni in maniera sistematica e senza andare alle radici del problema. Con questo decreto e con quelli legati al cosiddetto pacchetto sicurezza, il Governo interviene legislativamente su aspetti estremamente delicati che molte nazioni in Europa hanno affrontato prima di noi e sicuramente con metodi e strumenti diversi come, ad esempio, i ricongiungimenti familiari, la libera circolazione delle persone appartenenti agli Stati comunitari e il diritto d'asilo. Il Governo attuale, invece, interviene capovolgendo la linea adottata dal Governo Prodi che era fortemente aderente alle politiche alle direttive comunitarie.
I provvedimenti normativi succitati non possono essere varati inviando al mondo l'impressione di un Paese che opera sotto l'effetto di una sospinta xenofoba come sempre più spesso accade nelle nostrePag. 66città. L'immigrazione oggi è una questione europea e deve essere trattata come tale se vogliamo vagamente sentirci cittadini di questa seconda patria, senza la quale la nostra influenza nel mondo globalizzato sarebbe irrilevante. Avrei molto da dire per quanto riguarda l'articolato e alcuni dei provvedimenti che sono all'interno del dispositivo di questo decreto-legge.
Vorrei ricordare, signor Presidente, che le statistiche dicono che nel 2007 nel nostro Paese sono stati commessi due milioni e 900 mila reati, con un aumento del 5 per cento rispetto al 2006. Le stesse statistiche dicono però - così mandando un segnale incoraggiante rappresentato da un dato in controtendenza - che nelle quattordici città che hanno firmato i Protocolli per la sicurezza tra il Governo e le amministrazioni locali nel secondo semestre 2007 si registra un sostanziale miglioramento rispetto al primo semestre, a riprova che esistono buoni strumenti per combattere l'insicurezza, uscendo da quella cultura emergenziale che in Italia si è affermata come la risposta più rapida e ultimativa a problemi che invece richiedono un'applicazione costante, al di fuori del carosello giudiziario che ad ogni situazione critica fa corrispondere l'emanazione di nuove norme.
Signor Presidente, per rispettare il lavoro delle persone che ancora hanno la pazienza di essere qui a quest'ora ad ascoltare, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento. In tal modo favorisco anche chi interverrà dopo di me.

PRESIDENTE. Onorevole Narducci, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole D'Amico. Ne ha facoltà.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, oggi ho voluto partecipare a questo dibattito perché ritengo che questi argomenti siano di fondamentale importanza per il nostro Paese. Nonostante sia impegnato da questa mattina e poi anche nel pomeriggio nella Commissione bilancio per l'esame del decreto relativo alla programmazione economica, ritengo tuttavia fondamentale dover dire qualche cosa sul provvedimento in esame.
Voglio partire da lontano, dal 18 dicembre 1948, quando fu approvata la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo a Parigi. Questa Dichiarazione, che fa parte dei documenti di base dell'ONU, insieme allo statuto del 1945, all'articolo 3 recita: «Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà, e alla sicurezza della propria persona». Quindi, è dovere di ogni Governo che riconosce l'Organizzazione delle Nazioni Unite far sì che questi diritti vengano assicurati ai propri cittadini. Ogni Stato deve quindi prevedere norme precise che garantiscano la sicurezza. Quando queste norme non garantiscono a pieno questi diritti dobbiamo procedere ad apportare delle correzioni in modo da rientrare in linea con i principi delle Nazioni Unite.
In Italia all'inizio del 2008 il diritto alla sicurezza della propria persona non era pienamente garantito. In alcune zone, come ad esempio Milano e provincia (la mia circoscrizione elettorale), ormai il senso di insicurezza diffuso è allarmante. Questo senso di insicurezza è causato dall'aumento costante dei reati contro la persona e contro il patrimonio, delle violenze sessuali e di tanti altri reati di cui ogni giorno leggiamo sui giornali. A questo riguardo, voglio citare il prefetto Manganelli, Capo della polizia, che il 1o luglio scorso ha dichiarato: negli ultimi quattro anni la criminalità diffusa è aumentata del 20 per cento, con un picco in salita nel 2006 a seguito dell'indulto - che ricordo fu approvato con il voto contrario della sola Lega Nord - e inoltre - cito sempre il prefetto Manganelli - lo Stato ha un sistema che non prevede la certezza della pena ma solamente la certezza dell'impunità, di chi commette un reato; ancora - cito sempre il Capo della polizia - se la polizia arresta per quattro volte la stessa persona per lo stesso reato significa che qualche cosa non funziona.Pag. 67
Continuando nelle citazioni: nel primo semestre 2008 sono stati fermati 10 mila 500 immigrati clandestini, per i quali è stata avviata la procedura di espulsione, ma solo duemila e quattrocento di loro hanno trovato posto nei CPT. È un dato inquietante perché significa che oltre ottomila clandestini sono stati «perdonati sul campo» essendosi visti consegnare un foglietto su cui c'è scritto «Devi andare via», che equivale a niente. Inoltre, il 30 per cento degli autori di reati in Italia sono clandestini e questo dato disaggregato per regione indica che in certe aree, come nel nord - in Padania aggiungo io - si arriva anche al 60-70 per cento dei reati commessi da clandestini.
Tra i clandestini quasi uno su tre è autore di reati. Tale dato, ricordato dal capo della polizia nell'ultima audizione svolta presso la Commissione affari costituzionali, è sconcertante, in quanto in Italia al momento sono presenti almeno un milione di clandestini. Solo a Milano si stimano almeno 100 mila clandestini: significa che solo a Milano, nel 2008, vi saranno 33 mila reati commessi da clandestini, un vero e proprio assalto alla diligenza da parte di una miriade di banditi! Così siamo costretti a mettere sbarre di ferro alle nostre finestre e a vivere come se fossimo noi in prigione, mentre i delinquenti sono fuori, liberi. Il livello della qualità della vita è sensibilmente crollato. L'insicurezza non è dovuta solo ai reati commessi ma è anche legata al degrado, alla sensazione della mancanza di regole, di mancanza di punti di riferimento, ad atti di inciviltà e di arroganza che tutti i giorni il cittadino è costretto a subire, da quando scende di casa e si reca al lavoro a quando rientra a casa, la sera, e magari se la trova derubata e, forse, si trova privato di quelle cose a cui era affezionato, tramandate da generazioni.
Siamo arrivati a questo punto tanto allarmante a causa dell'eccessivo buonismo e garantismo dei Governi di centrosinistra, a partire dal I Governo Prodi fino ad arrivare all'ultimo Governo Prodi. Anche negli anni 2001-2006, quando la Lega Nord Padania era al Governo, ogni volta che si tentava e si premeva per chiedere misure più forti sotto l'aspetto della sicurezza ci si trovava di fronte un'opposizione interna alla maggioranza, da parte di un partito che adesso non fa più parte della maggioranza e che cercava di inserire elementi buonisti in continuazione. Ma come ho detto, siamo arrivati al punto di non ritorno.
È quindi fondamentale, necessario, impellente rientrare in ciò che l'ONU prevede e, quindi, garantire la sicurezza dei cittadini.
Per questo il Governo italiano si è mosso subito con il Ministro Maroni sulla spinta dei milioni di cittadini che hanno votato anche la Lega Nord Padania che, insieme al federalismo, ha portato la richiesta di sicurezza in campagna elettorale come uno dei punti fondamentali del programma. Quindi, sulla spinta dei milioni di cittadini che ci hanno votato, il Ministro Maroni ha presentato subito in Consiglio dei Ministri il decreto-legge che ci accingiamo a convertire in legge. È stato presentato un disegno di legge. In questi atti sono contenute misure importantissime. Non starò a ricordarle tutte perché i miei illustri colleghi, che hanno parlato in precedenza, le hanno già ricordate. Ma ciò che volevo significare con il mio intervento è l'importanza del fatto che noi, dietro, non abbiamo solo la nostra coscienza ma abbiamo, a livello internazionale, la Dichiarazione universale dei diritti umani approvata dalle Nazioni Unite. Dal momento che negli ultimi giorni sono giunte voci da parte dalla sinistra del Parlamento europeo, contrarie ai provvedimenti che si stanno per adottare riguardanti l'identificabilità dei bambini vittime e schiavi di tratta e di abusi che vengono perpetrati nei loro confronti, cito l'OSCE.
L'OSCE è un organismo che racchiude 56 paesi e l'Assemblea parlamentare dell'OSCE, composta dai parlamentari di quei paesi, ha deliberato e approvato, la scorsa settimana, senza neanche un voto contrario e ovviamente con il voto favorevole della Lega Nord, una risoluzione proprio contro il traffico di esseri umani: tale traffico - in base ai dati che ho citatoPag. 68prima - è fonte dell'aumento della criminalità poiché la maggior degli immigrati, nel nostro Paese, è arrivata negli ultimi anni e continua ad arrivare in modo irregolare.

PRESIDENTE. Onorevole D'Amico...

CLAUDIO D'AMICO. Ci sono trafficanti che lucrano sulla speranza di persone che dai paesi del Terzo mondo vengono in Europa spendendo tutti i propri risparmi e dandoli in mano a bande di delinquenti, talora avallate da alcuni Stati che permettono e promettono il passaggio. Queste persone, arrivate in modo clandestino, come abbiamo visto, poi finiscono nelle mani della criminalità. In base ai dati che ho riportato, quasi un terzo di loro commetterà un reato. Legare quindi la sicurezza all'immigrazione clandestina e al blocco dei trafficanti è un dato di fatto e necessario.
L'OSCE ribadisce che gli Stati devono approvare al più presto delle politiche e delle leggi dure nei confronti dei trafficanti e che gli Stati aderenti devono rinforzare la legislazione in materia di riconoscimento dei minori vittime: quindi, è giusto controllare i nomadi e i bambini di cui non conosciamo le generalità, perché non sappiamo chi siano i loro genitori. Le iniziative che noi stiamo portando avanti sono legittimate totalmente a livello internazionale.
L'espressione di qualche giorno fa del Parlamento europeo e della sua maggioranza di centrosinistra, è confutata totalmente dal fatto che gli stessi Paesi e gli stessi parlamentari, che con questa risoluzione del Parlamento europeo hanno votato a Bruxelles contro il Governo italiano, qualche giorno prima avevano approvato la mozione dell'OSCE. Quella deliberazione quindi è stata attuata in modo puramente strumentale. Perciò io ringrazio ancora il Ministro dell'interno Maroni nonché il Governo italiano, che sta portando avanti il rispetto dei diritti umani conformemente alla Dichiarazione dei diritti dell'uomo del 1948, che è un documento fondamentale delle Nazioni Unite.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Pelino. Ne ha facoltà.
Onorevole Pelino, mi permetterò di segnalarle quando saranno trascorsi cinque minuti.

PAOLA PELINO. Grazie, sarò brevissima.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, con questo decreto il Governo si propone di offrire delle prime risposte immediate alla richiesta del Paese di interventi concreti in tema di sicurezza. Si vuole garantire la sicurezza ai cittadini, contrastando il più efficacemente possibile la diffusa illegalità derivante dall'immigrazione clandestina. Perciò, il nostro Governo, individuando i fattori principali che hanno compromesso la fiducia dei cittadini nella capacità dello Stato di garantire l'incolumità personale e la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblici, gravemente lesi a causa di noti fenomeni di criminalità diffusa e di lacune nell'ordinamento, ha varato questi interventi precisi e mirati.
Mi soffermerò brevemente sulla valorizzazione del ruolo dei sindaci nella lotta alla criminalità. Ritengo importante per le autonomie locali il contenuto dell'articolo 6, il quale apporta modifiche sostanziali all'articolo 54 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, ampliando le attribuzioni del sindaco quale ufficiale del Governo.
Il potenziamento degli strumenti giuridici messi a disposizione del sindaco per il contrasto della criminalità locale è il frutto di un bilanciamento, pienamente condivisibile, tra le prerogative statali in tema di sicurezza pubblica e quelle che sono in capo agli enti locali.
La posizione del sindaco per effetto del provvedimento viene ad essere quella di fulcro collegato con le istituzioni nella lotta alla criminalità, in considerazione del fatto che la qualità di amministratore locale permette di conoscere più a fondo le problematiche del territorio che comportano rischi per la sicurezza. Si tratta di una svolta importante data dal nostro Governo, in quanto si prevede per la prima volta, in modo istituzionale, l'interventoPag. 69del sindaco come capo della comunità al fianco delle forze di polizia, per garantire un più efficace controllo del territorio.
Il raccordo di competenze, a mio avviso, è completo. L'informativa al prefetto sulle iniziative del sindaco in materia di vigilanza deve essere preventiva. Questi ha il compito di concorrere ad assicurare la cooperazione tra le forze di polizia locali e statali, in modo da consentire una maggiore partecipazione dell'amministratore locale alla tutela della sicurezza dei cittadini. Le forme di tale cooperazione istituzionale sono demandate ad apposite direttive adottate dal Ministero dell'interno in qualità di autorità nazionale di pubblica sicurezza.
Altra disposizione assai efficace viene introdotta dal provvedimento con una forma di coordinamento tra amministratori locali, che viene attivata dal prefetto quando i provvedimenti dei sindaci in tema di sicurezza possono incidere anche sulla ordinata convivenza nei comuni contigui o limitrofi, tramite una conferenza cui partecipano, necessariamente, i sindaci interessati e il presidente della provincia.
Concludo rilevando l'innegabile positività del provvedimento che attribuisce ai sindaci anche nuova funzione collaborativa in tema di contrasto all'immigrazione irregolare. Gli amministratori locali sono chiamati a segnalare alle competenti autorità (giudiziaria o di pubblica sicurezza) la condizione irregolare dello straniero o del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea per l'eventuale adozione di provvedimenti di espulsione o di allontanamento dal territorio dello Stato.
La disposizione, in un cerchio perfetto, si ricollega al ruolo maggiore che viene assegnato alla polizia municipale nell'attività di pubblica sicurezza dagli articoli 7 e 8 del provvedimento. Sicurezza, dunque, ma anche in chiave di riforma delle competenze degli enti locali conseguenti al rinnovato assetto sistematico con il riferimento ai motivi di sicurezza urbana (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Grazie anche per la puntualità, onorevole Pelino.
È iscritto a parlare l'onorevole Rugghia. Ne ha facoltà.

ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, sono trascorsi solo due mesi dall'avvio di questa legislatura e ci troviamo di nuovo davanti a un provvedimento recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica; dico «di nuovo» perché anche il Governo Prodi aveva assunto iniziative su tale materia, che non sono andate a buon fine per le ragioni note a tutti e pubblicamente dibattute. Volevo fare tale richiamo per smentire l'argomento propagandistico e denigratorio della destra che è stato usato ampiamente per accusare il Partito Democratico di scarsa attenzione ai problemi della sicurezza: così non è. Tra l'altro, alcune delle misure contenute in questo decreto-legge erano già previste nel provvedimento emanato dal Ministro Amato.
Riteniamo giustissimo dare priorità e risposte sulla sicurezza, riteniamo però che tali risposte debbano essere serie e nel provvedimento al nostro esame, purtroppo, così non è. Per rendersene conto basta sovrapporre e mettere in trasparenza il decreto-legge sulla sicurezza con il decreto sulla manovra economica per il triennio 2009-2011 adottato dal Governo, sempre molto recentemente. Appare, allora, del tutto evidente che agli annunci non corrispondono i fatti. Infatti, non c'è l'impegno coerente a sostenere con le risorse finanziarie adeguate le politiche di contrasto alla criminalità e tutte le politiche necessarie a garantire la sicurezza dei cittadini.
Per il comparto sicurezza dal Governo in questi primi provvedimenti arrivano solo tagli. Mentre si annuncia la calata dell'esercito per sei mesi nelle città, dei tremila uomini di cui abbiamo parlato - che ancora non si sa come, dove e quando saranno impiegati perché manca il provvedimento che regolerà l'attività dell'esercito -, con i tagli al comparto sicurezza e difesa si blocca, di fatto, il turnover nelle forze di polizia. Qual è il risultato?Pag. 70
Per il triennio 2009-2011 avremo, per effetto di questa scelta, 6.800 agenti in meno: seimila di questi sono i volontari in ferma breve prefissata dell'esercito, ragazzi e ragazze che sono entrati nelle Forze armate dopo la riforma della leva, che hanno prestato servizio nelle missioni internazionali e che sono in possesso di un grande bagaglio di formazione culturale e professionale.
Il loro approdo, come previsto dalla legge, doveva essere, dopo la ferma prolungata, quello del passaggio definitivo nelle forze di polizia. Avevamo trovato le risorse per la loro assunzione; voi - mi riferisco ai colleghi della maggioranza - avete deciso di abbandonarli al loro destino, senza nessuna considerazione dei loro sacrifici e di quanto hanno fatto per onorare il nostro Paese e il mandato del Parlamento, che li ha inviati in delicate e rischiose missioni internazionali.
Quindi, 6.800 agenti in meno di quanto noi avevamo previsto; inoltre, in questi provvedimenti, nel provvedimento sulla manovra economica, per la parte che riguarda il comparto della sicurezza, c'è la decisione di limitare drasticamente i nuovi arruolamenti, e quindi di impedire la formazione di una nuova leva di agenti delle forze dell'ordine.
In IV Commissione, il sottosegretario Crosetto ha dichiarato che, per effetto dell'articolo 66 del decreto sulla manovra economica, per l'Arma dei carabinieri il deficit di forze è destinato a superare le 11 mila unità nel 2012.
Per il settore dell'ordine pubblico e della sicurezza sono previsti solo tagli. Nel decreto sono previsti 3 mila militari per sei mesi nelle nostre città; in cambio, quello che è certo è che si stabilisce il blocco degli arruolamenti e 12 mila agenti in meno per i prossimi tre anni, che voi avete deciso e che noi, invece, avevamo previsto di assumere con finanziamenti che sono stati disposti con le leggi finanziarie e che perciò sarebbero ora a legislazione vigente.
Per il settore dell'ordine pubblico, lo stanziamento previsto è di un miliardo in meno per il triennio. Ci sono tagli ai finanziamenti per l'integrazione e l'accoglienza per 160 milioni: non si tratta, onorevole Bertolini, soltanto di fare qualche cena a base di cous cous, perché senza integrazione, senza la capacità di determinare accoglienza, non ci si può lamentare se, poi, viene meno anche la sicurezza dei cittadini.
Questa è l'unica risposta che è possibile dare per garantire la sicurezza ai cittadini, anche per effetto dei flussi migratori.
Ci sono tagli per i contratti, per le progressioni economiche, per i trattamenti economici aggiuntivi, per gli straordinari, per lo status di agenti e militari; tagli che danno un colpo mortale alla richiesta di specificità per il comparto sicurezza e difesa, che era stato chiesto dai COCER e dai sindacati di polizia.
Mi avvio alla conclusione: è imbarazzante il divario fra le cose che l'attuale maggioranza ha dimostrato di sapere e volere fare, alla prima prova del confronto parlamentare, e le cose che aveva detto all'opposizione e che ha detto in campagna elettorale.
Di questo imbarazzo si è avuta una plastica rappresentazione nel parere della IV Commissione sulla manovra economica. La maggioranza ha espresso un parere favorevole su tutto, meno che per tutti gli articoli di competenza, cioè quelli che riguardano il comparto sicurezza e difesa.
Il presidente Cirielli ha dichiarato alla stampa, a scanso di equivoci, che il parere è solo formalmente favorevole. Il Governo spera di coprire queste gravi scelte sbagliate facendo la voce grossa (le impronte ai bambini rom - non ci voleva la risoluzione del Parlamento europeo per comprendere che si tratta di una procedura discriminatoria -, l'espulsione più facile per gli immigrati clandestini, l'esercito nelle città), intervenendo sulla percezione della sicurezza e puntando a dare risposte propagandistiche e inefficaci alla paura che c'è ed è avvertita dai cittadini.
Puntare sulla paura può anche servire a vincere le elezioni, ma non a governare una grande democrazia occidentale. Sarebbero necessarie misure organiche, programmi e finanziamenti adeguati. AvetePag. 71duramente contrastato le scelte del Governo Prodi e avete detto in tutte le occasioni che il precedente Governo aveva fatto poco o nulla per garantire la sicurezza.
Vi presentate al primo appuntamento con i primi provvedimenti che riguardano il settore della sicurezza, tagliando drasticamente le risorse del Governo Prodi, che avevate detto che erano troppo poche.
Mentre qualche ronda girerà per i centri storici delle nostre città, con effetti sicuramente benefici per l'immagine dell'Italia e per il turismo nazionale, i vostri provvedimenti comporteranno una minore capacità di contrasto alle forme di delinquenza e alla criminalità organizzata.
Se pensate che tutto finirà nelle aule parlamentari, vi illudete. Faremo pesare nel Paese, con la nostra iniziativa politica, le vostre contraddizioni e le vostre scelte sbagliate.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Stracquadanio. Ne ha facoltà. Ci affidiamo alla sua capacità di sintesi, onorevole.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Spero di non tradire le aspettative, signor Presidente.
Solo alcune considerazioni di carattere politico. Ieri in Aula l'onorevole D'Alema, aprendo un dibattito importante, e l'onorevole Veltroni, chiudendolo con la sua dichiarazione di voto, hanno fatto appello alla capacità riformista del Partito Democratico; eravamo in un dibattito su una questione diversa, ma che si è in qualche modo intersecata con quella di cui stiamo trattando oggi. Ai due autorevoli colleghi, ma anche a tutti gli esponenti del Partito Democratico, vorrei dire una cosa: che il riformismo non si invoca negli altri, innanzi tutto lo si pratica; e questa era un'occasione straordinaria per praticare quella politica riformista, con la quale il Partito Democratico si è presentato agli elettori.
Perché, signor Presidente, la sua esperienza e la sua memoria non le faranno sfuggire che il provvedimento in esame non nasce due mesi fa con l'insediamento del Governo Berlusconi: esso nasce il 30 ottobre dello scorso anno, quando non lontano da qui la signora Giovanna Reggiani, che prima la collega Bertolini ha citato, viene barbaramente uccisa. E quella stessa sera, l'attuale leader del Partito Democratico, l'onorevole Veltroni, all'epoca sindaco di Roma, apparendo tremante e seriamente angosciato in televisione, disse: mai più una cosa così nella nostra città, mai più una cosa così in Italia; chiederò al Governo che le misure che ha allo studio sulla sicurezza, e che vuole presentare con un disegno di legge, siano immediatamente trasferite in un decreto-legge, affinché questo sia subito esecutivo e subito convertito dal Parlamento, perché dobbiamo contrastare una deriva che vede il nostro Paese diventare - come ha detto per esempio l'autorevole presidente della provincia di Milano, un altro esponente democratico, il presidente Penati - la discarica d'Europa.
Quel decreto-legge, che il Governo Prodi e il Ministro dell'interno Amato approvarono, fu presentato subito al Parlamento, venne in discussione al Senato e in Senato, con una delle pagine più nere della storia repubblicana e della vita democratica, fu affossato con una norma suicida, sapendo bene che di norma suicida si trattava. Per coloro che non ricordano, si fece riferimento a un articolo del Trattato di Amsterdam che si occupava di tutt'altro, ritenendo di aver fatto riferimento a norme sulla cittadinanza e sull'uguaglianza dei diritti, in modo tale che la irragionevolezza che si era prodotta con quell'emendamento produsse la decadenza automatica di tutte il provvedimento, che venne abbandonato. Vennero poi le elezioni e quella decisione politica, di rinsaldare quella maggioranza parlamentare di allora e di trovare con un escamotage il modo di far fallire l'iniziativa dell'allora leader del Partito Democratico ancora sindaco di Roma, fu pagata a caro prezzo dall'allora maggioranza con il risultato elettorale, per il quale la sicurezza è statoPag. 72uno dei temi su cui Popolo della Libertà e Lega Nord, alleati, hanno vinto le elezioni, ricevendo un mandato.
Questa era l'occasione, perché quel percorso riformista che ieri l'onorevole D'Alema rivendicava venisse messo in atto proprio sul provvedimento in esame. E invece la sinistra, con un riflesso ancora una volta incomprensibile, avanza argomenti che sono inaccettabili; il primo dei quali, trasferire sul piano del Parlamento europeo la lotta politica nel Parlamento italiano. Noi, quando siamo stati all'opposizione, mai ci siamo permessi di compiere atti di questo genere, mai abbiano messo in discredito la nostra nazione e le sue istituzioni democratiche, cercando di tratteggiare una maggioranza parlamentare, come avete fatto invece voi al Parlamento europeo, come xenofoba e razzista. Ma vi rendete conto, signori della sinistra, che la xenofobia e il razzismo nascono proprio perché voi alimentate dei sentimenti per i quali le persone che voi dovreste rappresentare si sentono trascurate proprio da voi?
Signor Presidente, quando si confondono, come fa spesso la sinistra, i diritti universali dell'uomo - che vanno protetti e tutelati - con i diritti di cittadinanza, che sono altro e qualcosa di diverso e di più; quando si confonde l'integrazione con l'accettazione supina di tutte le culture, qualsiasi cosa esse dicano, si arriva poi al paradosso per il quale la Corte di cassazione ieri ha stabilito che una legge dello Stato non vale se uno professa una religione diversa. Mi riferisco, cioè, alla sentenza in base alla quale si è consentito che se uno è di religione rasta può consumare una quantità di droga ad uso personale, cosa che ad altri non viene consentita. Per analogia, dovremmo forse stabilire allora che dobbiamo attenderci una sentenza con la quale sarà consentito ad un musulmano di essere poligamo in Italia, perché è questa stessa questione e questa stessa visione che per dieci anni hanno alimentato non un falso buonismo, ma una distorsione dei concetti fondamentali dello Stato di diritto e delle regole di uguaglianza e di cittadinanza, che stanno a fondamento della nostra Costituzione.
Chi ha colto meglio tale questione non sono certo quelli come me, deputato della Repubblica ben pagato e che vive in un bel quartiere della sua città e può garantirsi, anche sul piano privato, maggiore sicurezza, ma sono quelle persone, quei pensionati e coloro che hanno poco, che si vedono scavalcati, nella vostra propaganda, nella concezione e nella visione dei diritti rispetto ad altri che prevalicano e prevalgono, nell'assegnazione delle case e nella destinazione delle risorse. Solo in Italia, tanto per stare sul tema, si è inventato il paradosso del nomade stanziale per cui, se qualcuno si proclama nomade o è di origine nomade ma decide di stare permanentemente in una nostra città, gli viene riconosciuto il diritto di avere una casa ben fatta in un campo, costruita dal Comune, con le bollette pagate dai contribuenti e con tutti i diritti possibili di integrazione e tutte le richieste possibili da assecondare con i quattrini della fiscalità generale.
Ci si chiede forse a chi vengono sottratte quelle risorse per pagare ai nomadi stanziali l'acqua, la luce e quant'altro? No, non ce lo si chiede, ma esse vengono sottratte esattamente a quelle persone che dalla sinistra si attendevano una protezione ed una difesa dei loro diritti sociali. Signora Presidente, tante considerazioni si potrebbero fare, ma questa era per la sinistra l'occasione per riprendere quelle parole che il sindaco Veltroni disse: mai più in Italia, mai più in queste Paese. Ma invece i peggiori riflessi demagogici si sono introdotti anche in questo dibattito, tant'è vero che tutti gli argomenti, che sono stati utilizzati anche oggi dai colleghi, risultano privi di qualunque orizzonte rispetto alla realtà italiana e di qualunque rispondenza a quell'esigenza di sicurezza che proprio chi ha meno ed ha meno possibilità di difendersi da solo oggi ci rivolge. Credo dunque che il Governo e la maggioranza proprio a costoro stanno guardando - cioè a chi soffre di più -, e con questi provvedimenti possono garantire città più libere e più sicure.

Pag. 73

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
Avverto che, a seguito della presentazione di emendamenti del Governo relativi agli articoli 2-bis e 2-ter del decreto-legge in esame, il gruppo Italia dei Valori ha comunicato alla Presidenza la rinunzia alla designazione del relatore di minoranza, già intervenuta ai sensi dell'articolo 79, comma 12, del Regolamento, contestualmente dovendosi ritenere ritirata la relazione di minoranza con il testo alternativo.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 1366)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza per la II Commissione, Presidente della Commissione giustizia, onorevole Bongiorno.

GIULIA BONGIORNO, Relatore per la maggioranza per la II Commissione. Grazie, signor Presidente, non ho nulla da aggiungere.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinuncia alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 14 luglio 2008, alle 17:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 692 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica (Approvato dal Senato) (1366).
- Relatori: Bruno, per la I Commissione e Bongiorno, per la II Commissione.

2. - Discussione di documenti in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione:
Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile nei confronti del deputato Bossi (Doc. IV-quater, n. 1).
- Relatore: Gava.

Richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del senatore Sandro Bondi, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV-ter, n. 1/A).
- Relatore: Belcastro.

Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del senatore Fabrizio Morri, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV-quater, n. 2).
- Relatore: Aniello Formisano.

3. - Discussione della mozione Vietti ed altri n. 1-00011 sull'introduzione nel sistema fiscale di misure a favore dei nuclei familiari, in relazione alla petizione popolare firmata da oltre un milione di cittadini.

La seduta termina alle 14,55.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO FRANCO NARDUCCI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1366

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, mi sono iscritto a parlare nella discussione generale sul decreto-legge in esame mosso dalla sensibilità che mi deriva dall'aver condiviso, da oltre trenta anni, con migliaia di nostri connazionali le battaglie per i diritti più elementari, per la dignità delle condizioni abitative, per l'integrazione sociale e professionale nel paese di accoglienza, per ilPag. 74successo scolastico dei figli degli italiani e contro ogni forma di marginalizzazione legata alla condizione di migrante.
E insieme a tantissimi connazionali ho lottato contro le innumerevoli forme di categorizzazione e di luoghi comuni che hanno accompagnato milioni di italiani in ogni parte del mondo. Da una indagine condotta dalla Dante Alighieri qualche anno fa negli Stati Uniti d'America è emerso che, nonostante la nostra presenza in quel grande Paese abbia superato il secolo, agli italiani si associano ancora stereotipi come pizza, spaghetti, mafia e mandolini. Anche così, signor Presidente, si creano le condizioni per timbrare un popolo o un gruppo etnico; e per alimentare quel sentimento di avversione che si chiama razzismo, un sentimento tragico che spesso diventa paura, paura del diverso. Tante volte nella storia il diverso è diventato il capro espiatorio di situazioni che hanno una radice ben diversa e dovrebbero essere affrontate con ben altre linee d'azione politica. Io credo che un provvedimento come quello in esame debba necessariamente suscitare una riflessione sul fenomeno dell'emigrazione di massa che ha caratterizzato la storia del nostro Paese e della diaspora italiana nel mondo: ventisette milioni di italiani e di italiane hanno lasciato la nostra nazione nell'arco di un secolo, spesso su piroscafi fatiscenti e pericolosissimi che evocano le imbarcazioni cariche di disperati che oggi attraversano il Mediterraneo. Possiamo dimenticare le grandi tragedie del mare e del lavoro, le malattie e gli stenti che hanno accompagnato gli italiani nel loro percorso di emigrazione? Io credo di no e lo dico non per il «solito buonismo di centrosinistra» che il centrodestra agita come accusa nei nostri confronti, ma perché sono profondamente convinto che la memoria storica di un popolo rappresenti una linea guida di alto valore.
E con la stessa convinzione voglio sottolineare che il tema dell'ordine e della sicurezza pubblica è una priorità assoluta del Partito Democratico e sicuramente lo è per tutte le forze politiche, perché tocca aspetti complessi e diritti fondamentali e inalienabili della persona umana. L'esperienza insegna che la legalità è il migliore antidoto contro la discriminazione e contro la criminalizzazione di gruppo. Il problema non è la durezza della lotta all'illegalità, ma la capacità di accogliere l'immigrato che ha voglia di inserirsi e per far questo e facilitarne il percorso di integrazione, la legalità e la certezza del diritto sono fondamentali in un rapporto di reciprocità.
Non possiamo far finta di ignorare che il provvedimento in esame ha indotto un dibattito acceso sui canali mediatici e tra la gente ancor prima che ne fosse noto il portato e gli obiettivi perseguiti. Non possiamo dimenticare che il decreto sicurezza è stato partorito come una strategia di marketing dei prodotti di consumo che, come afferma Zygmunt Bauman, vede nell'incolumità personale uno dei principali argomenti di vendita. La ratio che è all'origine di questo decreto-legge è quella che porta a cercare il consenso e la legittimazione politica facendo perno sulle paure dei cittadini fomentandole prima mediaticamente e poi dichiarando guerra a ciò che turba l'ordine pubblico senza affrontare le questioni in maniera sistematica ed andare alle radici del problema.
Con questo decreto e con quelli legati al cosiddetto pacchetto sicurezza il Governo interviene legislativamente su aspetti estremamente delicati come i ricongiungimenti familiari, la libera circolazione delle persone appartenenti agli Stati comunitari e al diritto d'asilo e lo fa capovolgendo la linea adottata dal Governo Prodi, fortemente aderente alle politiche e alle direttive comunitarie. Ebbene, i provvedimenti normativi succitati non possono essere varati inviando al mondo l'impressione di un paese che opera sotto l'effetto di una spinta xenofoba, come sempre più spesso accade nelle nostre città e qualche volta anche in quest'aula.
L'immigrazione, oggi, è una questione europea. E deve essere trattata come tale se vogliamo vagamente sentirci cittadini di quella seconda Patria senza la quale la nostra influenza nel mondo globalizzato sarebbe irrilevante.Pag. 75
Le questioni legate alle politiche migratorie sono l'argomento forse più utilizzato dai partiti antieuropei, perché è quello che più li lega intrinsecamente al loro elettorato. Per cui si può desumere che vi è un legame stretto tra atteggiamento antieuropeista e visione xenofoba della società. E male fa l'Italia a non seguire i consigli che arrivano da Bruxelles in questi giorni, con cui si chiede al Governo italiano di aspettare la valutazione della Commissione europea prima di procedere alla raccolta ed utilizzazione dei rilievi dattiloscopici dei Rom, compresi i minori, poiché potrebbe costituire discriminazione su base etnica. Pare un consiglio saggio ma il Ministro Maroni non vuole ascoltare, anzi s'indigna e dice che lui non scheda i Rom ma fa solo un censimento dei campi nomadi che giustamente vanno censiti, ma come e con quali metodi? Sicuramente non con la schedatura indiscriminata di chi nei campi vive. Forse per le operazioni già avviate si sono utilizzati i mediatori culturali? Forse in linea con la risoluzione sulla discriminazione nei confronti dei Rom del Parlamento europeo del settembre 1995?
Ma se siamo cittadini europei, dovremmo avere ben chiaro l'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, alla quale il nostro Paese ha dato un grande contributo di cultura democratica e di civiltà del diritto, e che vieta qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, sulla razza o l'origine etnica o sociale.
Signor Presidente, le statistiche ci dicono che nel 2007 nel nostro Paese sono stati commessi due milioni e novecentomila reati, con un aumento del 5 per cento nel paragone con il 2006. Le stesse statistiche recano tuttavia un messaggio incoraggiante rappresentato da un dato in controtendenza: nelle quattordici città che hanno firmato i Protocolli per la sicurezza tra il Governo e le amministrazioni locali, nel secondo semestre 2007 si registra un sostanziale miglioramento rispetto al primo semestre, a riprova che esistono buoni strumenti per combattere l'insicurezza, uscendo da quella cultura emergenziale che in Italia si è affermata come la risposta più rapida e ultimativa a problemi che invece richiedono un'applicazione costante, al di fuori del «carosello giudiziario» che ad ogni situazione critica fa corrispondere l'emanazione di nuove norme.
A cosa serve allora l'esercito nelle nostre città, che anziché diminuire la paura l'accresce? A me pare che abbiano ragione le forze di polizia quando dicono «no all'uso dell'esercito per contrastare la criminalità». Cosa può infatti aggiungere l'esercito in termini di prevenzione, visto anche l'armamento inadatto ad essere usato nei centri abitati? Non si capisce come il Ministro dell'Interno sottovaluti l'impressione di «una sorta di ingeneroso commissariamento delle forze di polizia» che hanno conseguito brillanti risultati contro la criminalità, pagando anche un prezzo alto in termini di vittime.
In precedenza l'onorevole Santelli ha richiamato l'operazione di qualche anno fa denominata «Vespri siciliani», quando i militari furono inviati subito dopo le stragi a presidiare il territorio contro la mafia, con la funzione di recuperare l'immagine compromessa dello Stato nella lotta contro Cosa nostra, ma occorre ricordare che l'operazione fu assolutamente inutile sotto il profilo dell'ordine pubblico. Il Ministro Maroni dovrebbe opporsi con forza al pesante taglio di un miliardo di euro sul bilancio del proprio dicastero, che si tradurrà in meno uomini e mezzi per la polizia, anziché investire risorse finanziarie in una operazione che comporta tra l'altro il rischio di militarizzazione delle forze di polizia.
L'Italia che per oltre un secolo e mezzo ha vissuto il fenomeno dell'emigrazione di massa è ora essa stessa Paese d'immigrazione. L'Italia sa che l'immigrazione può essere un'emergenza ma è soprattutto un dato strutturale del nostro sistema economico e produttivo, che richiede risposte istituzionali per risolvere problemi fondamentali come quello dell'accoglienza, dell'inserimento sociale e occupazionale, dell'accesso all'abitazione e ai servizi territoriali, della scolarizzazione dei figli degliPag. 76immigrati. Occorrono soluzioni giuste e urgenti per i suddetti aspetti, che rivestono carattere basilare in ogni politica dell'immigrazione. Cosa dire allora delle risorse sottratte dal decreto n. 93 al fondo per l'inclusione sociale degli immigrati, che è stato praticamente azzerato? Io vorrei invitare tutti a riflettere a fondo su questa scelta che reputo pericolosa.
Ovviamente l'immigrazione irregolare va contrastata in tutti i modi, anche perché, per comprensibili motivi, è fra gli irregolari che si formano quelle sacche di devianza che sfocia, spesso, nella vera e propria criminalità. Ma non deve sfuggire che l'immigrazione irregolare è causata dalla scarsa capacità di gestione del fenomeno e dalla mancanza di possibilità di accesso regolare in Italia.
L'aggravante della pena introdotta nell'articolo 5 di questo decreto-legge per i reati commessi da coloro che vivono in regime di clandestinità sul nostro territorio è l'anticamera del reato di immigrazione clandestina ed è in violazione dell'articolo 3 della Costituzione poiché riguarda non un comportamento del reo, ma una condizione personale. Si rischia così di introdurre elementi discriminatori tra soggetti che commettono lo stesso reato.
Introdurre nell'ordinamento il reato di immigrazione clandestina contrasta con i principi enunciati nei trattati internazionali a tutela della dignità e dei diritti della persona umana, e, qualora introdotto nel nostro Paese, obbligherebbe l'apparato giudiziario, di pubblica sicurezza e penitenziario ad essere oberato di procedimenti che avrebbero come unico scopo quello di stabilire se gli oltre settecentomila immigrati irregolari che sono in Italia sono entrati legalmente o meno.
Se si vuole operare efficacemente occorre agire su due versanti. Da un lato l'immigrazione regolare va promossa e vanno modificate quelle norme assurde della legge Bossi-Fini che rendono più difficile entrare nel nostro Paese per lavorare onestamente. Su questo aspetto l'audizione del Capo della Polizia ha chiarito che il 90 per cento degli immigrati irregolari entrano in Italia con un permesso di turismo, lo lasciano scadere e poi si trattengono per cercare lavoro. È evidente allora che occorre allungare i termini dei permessi di soggiorno per ragioni lavorative, va introdotta anche la possibilità del permesso di soggiorno per la ricerca di lavoro e vanno dati pieni diritti di cittadinanza agli immigrati regolari. Sul versante della repressione, occorre agire con durezza su quella fascia di immigrazione clandestina che delinque e che rifiuta di declinare le proprie generalità per sfuggire ad uno o più decreti di espulsione.
Combattere l'immigrazione clandestina significa anche combattere, signor Presidente, il lavoro nero che è sicuramente il più duro da sconfiggere, soprattutto quando è caricato indebitamente, come accade in Italia, di significati economici che fanno pensare alla sua tolleranza, collocandolo di volta in volta nella sfera «dell'economia sommersa» o della disarticolazione del mercato del lavoro. Sappiamo bene, infatti, che il fenomeno pone in primo piano il coinvolgimento della manodopera straniera e i settori d'attività dove questa piaga è particolarmente estesa sono l'agricoltura, l'edilizia e il turismo, aree lavorative che tradizionalmente occupano forza lavoro straniera.
Il migliore deterrente contro la criminalità legata ai cittadini immigrati nel nostro Paese, è stato già detto, è l'integrazione, in particolare la scuola, che è un potente motore d'integrazione: se cominciamo oggi, fra qualche anno anche i bimbi rom saranno a tutti gli effetti integrati.
Giovanni Scalabrini, riproponendo anche le sue testimonianze, il suo impegno instancabile per gli emigrati - «i figli della miseria e del lavoro» come li definì in un discorso a Ferrara - sosteneva che per rafforzare il radicamento e i legami bisogna promuovere la cultura e l'impegno sociale, perché l'abbandono a se stessi è il peggior nemico dell'integrazione e della costruzione di una dignità riconosciuta dalla società di accoglimento.Pag. 77
Non a caso, fin dagli anni Ottanta del secolo scorso un grande sociologo come Ralf Dahrendorf aveva indicato come uno dei rischi maggiori del mondo contemporaneo il dissolvimento del vincolo sociale, che produce anomia, la quale a sua volta costituisce un grave pericolo per la democrazia in quanto crea masse di persone indifferenti rispetto a tutto ciò che trascende l'orizzonte quotidiano.
Signor Presidente, non bisogna lasciarsi andare a misure frettolose e provvisorie per dare l'impressione di gestire l'immediato ma bisogna avviare una riflessione nella società per capire che modello sociale vogliamo realizzare per il futuro, se costruire una società dove la comunità ha un valore oppure privilegiare il singolo, se vogliamo costruire un percorso di sviluppo che si basa sull'integrazione oppure se ci si ferma alla repressione. Per fare questo bisogna fermarsi e studiare le situazioni per capire le priorità; solo così si potrà affrontare il problema in maniera organica e far sentire al cittadino la presenza di uno Stato amico.