XVI LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 46 di giovedì 31 luglio 2008
Pag. 1PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI
La seduta comincia alle 10,05.
GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Aprea, Buonfiglio, Cirielli, Conte, Cosentino, Cota, Donadi, Gibelli, Giancarlo Giorgetti, Lo Monte, Lombardo, Melchiorre, Soro e Stefani sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,10).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Seguito della discussione del disegno di legge: S. 759 - Ratifica ed esecuzione del Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull'Unione europea e il Trattato che istituisce la Comunità europea e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Lisbona il 13 dicembre 2007 (Approvato dal Senato) (A.C. 1519) (ore 10,11).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge di ratifica, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione del Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull'Unione europea e il Trattato che istituisce la Comunità europea e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Lisbona il 13 dicembre 2007.
Ricordo che nella seduta di ieri sono stati approvati gli articoli di cui si compone il testo del disegno di legge di ratifica.
(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1519)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 1519).
Invito il Ministro degli affari esteri, onorevole Franco Frattini, ad esprimere il parere del Governo.
FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi consentirete anzitutto di svolgere tre brevi riflessioni sull'importanza del dibattito che oggi concludiamo in quest'Aula dopo il voto del Senato. Prima ancora, però, desidero esprimere un sentito ringraziamento alla Commissione affariPag. 2esteri della Camera, e in particolare al suo presidente Stefani e a tutti coloro che hanno con lui lavorato per permettere che si arrivasse oggi, in tempi veramente rapidi, al voto finale sulla legge di autorizzazione alla ratifica del Trattato di Lisbona. Ciò fa onore certamente al Parlamento italiano e alla stessa Italia: con questo voto, saremo il ventitreesimo Stato membro ad avere ratificato il Trattato di Lisbona. Ed è evidente che l'impegno di tutti è stato fondamentale per mettere in luce quale sia l'importanza del voto di oggi.
Successivamente, nel corso dell'espressione del parere sugli ordini del giorno, farò taluni specifici commenti di approfondimento; ma, come ho detto, mi preme esprimere sin d'ora tre principi. Il primo: quella che noi vogliamo è un'Europa delle politiche, non un'Europa delle burocrazie e delle troppe regole. Su questo aspetto ci si concentra da molto tempo, ma talvolta si fallisce nello spiegare direttamente ai cittadini europei che il Trattato di Lisbona non è di per sé la ricetta per sostituire alla mancanza di politiche una politica, ma è lo strumento che consentirà, se vi sarà la volontà di fare tali politiche, di non avere ostacoli istituzionali. È lo strumento cioè che consentirà, se vi sarà la volontà di fare un'Europa della difesa, di non essere paralizzati dal diritto di veto di uno o due Paesi su ventisette; è lo strumento che consentirà, se vorremo realizzare - come dovremo realizzare - un'Europa della sicurezza, cioè un'Europa capace di governare le migrazioni e al tempo stesso di fronteggiare l'illegalità e contrastare il terrorismo e il crimine organizzato, di non essere paralizzati dalla possibilità di ciascuno di bloccare il dibattito a tempo indeterminato. È cioè uno strumento che, ove esisterà la volontà politica, ma ciò dipenderà da noi, aiuterà a rendere l'Europa più capace di rispondere ai desideri concreti dei cittadini.
Quali sono i grandi settori su cui, grazie al Trattato di Lisbona, credo che noi potremo fare un passo avanti?
In primo luogo, una presenza dell'Europa sulla scena internazionale. L'Europa è stata molte volte un «nano politico» - bisogna dirlo con grande franchezza - e un grande «gigante economico» nel costruire il mercato unico europeo. È stata un «nano politico» incapace di affrontare, ad esempio, solo per citare la cronaca delle ultime settimane, il dramma di crisi nell'Africa che hanno visto l'Europa lontana, troppo lontana, a partire dallo Zimbabwe, per non dimenticare la Somalia o il Sudan. Sono esempi che dicono come l'Europa abbia più che mai la necessità, dall'Africa ai Balcani, dal Medio Oriente all'Iran, di parlare con una voce sola e non di creare gruppi e sottogruppi di Paesi che guidano, con gli altri che seguono. Con il Trattato di Lisbona avremo finalmente un'espressione, nella persona dell'Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, di ciò che dovremo costruire ossia una politica europea nella scena internazionale.
L'altra domanda dei cittadini cui dobbiamo rispondere - ho già parlato della difesa e della sicurezza - è quella ambientale. Si tratta di una domanda dei cittadini dell'Europa che si chiedono come sia possibile avere oggi, dinanzi alle grandi assise internazionali, un'Europa che parla con voci discordanti per ciò che riguarda la protezione dell'ambiente e l'azione verso i cambiamenti climatici. Anche su tale argomento, passando con il Trattato di Lisbona ad un sistema che deciderà a maggioranza e non più all'unanimità, potremo fare dei passi avanti. Lo stesso vale per l'energia e non mi dilungo anche su questo punto.
Tuttavia, vi sono temi su cui anche il Trattato di Lisbona riafferma il rispetto dell'identità nazionale. Non dimentichiamo questo aspetto. L'Europa non può e non deve essere uno strumento per annacquare e distruggere le tradizioni profonde che ognuno degli Stati membri porta in dote, arricchendo il dibattito europeo.
Il Trattato di Lisbona, come voi sapete colleghi, esprime con grande chiarezza la sua affermazione nel senso che l'Europa è un'unione di Stati ma anche di popoli. Ciò viene affermato con estrema chiarezza. SiPag. 3devono tutelare i diritti delle minoranze e quelli dei gruppi, degli Stati e dei cittadini e non si deve creare un «Superstato» come, all'inizio di un lungo dibattito cominciato molti anni fa, qualcuno aveva potuto immaginare. Per tali ragioni voi avrete, come Parlamento, e noi avremo, come sistema parlamentare, una voce in più se il Trattato di Lisbona verrà, come spero, ratificato da tutti e quindi entrerà in vigore.
Come sapete, una delle principali novità è quella di attribuire ai Parlamenti nazionali la capacità anche di chiedere formalmente il ritiro di un'iniziativa legislativa che non corrisponda alla sussidiarietà, che cioè sia invasiva delle competenze nazionali. Questo potere dei Parlamenti nazionali non esisteva e credo che sia un altro passo in avanti da sottolineare.
Infine, un altro grande merito del Trattato di Lisbona è quello di porre finalmente, con la Carta dei diritti fondamentali, la persona umana al centro dell'azione dell'Europa. I diritti sono diritti della persona, non dei gruppi, e sono diritti che ciascuna o ciascuno potranno far tutelare e chiedere che siano rispettati pienamente. Si tratta di un passo avanti che abbiamo compiuto rispetto al Trattato di Nizza e anche di tale punto dobbiamo essere consapevoli.
Queste sono le ragioni per votare a favore della ratifica del Trattato di Lisbona: per rispettare una volontà di costruire strumenti efficienti e, al tempo stesso, per riaffermare che l'identità degli Stati e dei popoli non è in discussione, ma per sottolineare, una volta in più, che su alcune politiche persino l'Europa è troppo piccola nella scena internazionale, figuriamoci quanto sono piccoli gli Stati membri (pensate alla governance economica globale, ai cambiamenti climatici, alla lotta al terrorismo). Per questo ci vuole più Europa e, al tempo stesso, la forza degli Stati nazionali e dei loro Parlamenti di parlare direttamente ai cittadini come, purtroppo in passato non sempre si è fatto.
Ed allora evidentemente il principio che ci deve guidare è che dobbiamo costruire un'Europa capace di fare politiche che rispondano ai cittadini e non, mai, alle burocrazie che non sono rappresentative dei cittadini e dei popoli. Questo è il principio di democrazia per cui Lisbona offre uno strumento, non la soluzione. Se le politiche non ci saranno, onorevoli colleghi, sarà colpa nostra, non colpa del Trattato di Lisbona, ma se non ci sarà il Trattato di Lisbona ognuno potrà dire «a causa del diritto di veto la mia politica non ci può essere», «a causa della difficoltà istituzionale quell'azione non la possiamo fare». Togliamo l'alibi a chi non vuol fare camminare in avanti l'Europa.
Ecco perché sugli ordini del giorno presentati il Governo è in linea di massima favorevole all'accettazione. Ho soltanto alcune precisazioni su alcuni ordini del giorno, sui quali invece ho qualche perplessità, come l'ordine del giorno a prima firma del presidente Casini, n. 9/1519/4.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Ministro, per comodità dei nostri lavori la pregherei di dare il parere analitico per ogni ordine del giorno partendo dal primo.
FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Va bene, signor Presidente.
Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Barbieri n. 9/1519/1, Mussolini n. 9/1519/2 e Renato Farina n. 9/1519/3. Sull'ordine del giorno Casini n. 9/1519/4 si propone una riformulazione nel senso di eliminare, all'ultimo capoverso del dispositivo, le parole «insieme allo strumento di ratifica». In altri termini, posso scrivere una lettera ai miei colleghi degli altri Paesi europei dicendo quello che il presidente Casini e gli altri firmatari auspicano, ma trasmettere una nota esplicativa insieme allo strumento di ratifica è una procedura che non esiste e che non possiamo seguire. Sulla sostanza condivido.
PRESIDENTE. Quindi, onorevole Ministro, per chiarezza, il Governo esprimePag. 4parere favorevole sull'ordine del giorno Casini n. 9/1519/4 se i firmatari accettano la riformulazione da lei proposta.
FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Sì, signor Presidente.
Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Volontè n. 9/1519/5, La Malfa n. 9/1519/6, La Loggia n. 9/1519/7, Garagnani n. 9/1519/8, Bertolini n. 9/1519/9 e Froner n. 9/1519/10.
Il Governo non accetta l'ordine del giorno Leoluca Orlando n. 9/1519/11 in quanto, ad avviso del Governo, introduce una limitazione che non possiamo accettare relativa all'indicazione - che come sapete non può essere soltanto di questo o quel Governo, in particolare del Governo italiano - sulla nomina dei giudici della Corte di giustizia europea e del tribunale di primo grado. Essa non può essere diversa da Paese a Paese; gli attuali giudici italiani, ad esempio, non sono ex giudici della Corte costituzionale, ma sono persone che svolgono le loro funzioni con assoluto prestigio. Per questo una simile limitazione francamente non è condivisa dal Governo.
Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Razzi n. 9/1519/12 e Cota n. 9/1519/13.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno Costantini n. 9/1519/14, vi è una perplessità consistente nel fatto che i firmatari propongono di andare verso un'armonizzazione sostanziale del diritto penale europeo, che nessun Paese membro ha sino ad ora accettato e che l'Italia non è in condizioni di accertare. Gli onorevoli firmatari Costantini e Di Pietro si riferiscono al reato di falso in bilancio, ma è evidente che, se si aprisse, la strada sarebbe lunga e riguarderebbe tante fattispecie di reato che gli Stati membri regolano in modo del tutto diverso. Dobbiamo sviluppare la cooperazione in materia penale e non realizzare un codice penale europeo. Siamo molto lontani da questo. Quindi, su tali presupposti il Governo non accetta l'ordine del giorno Costantini n. 9/1519/14.
Il Governo accoglie come raccomandazione sull'ordine del giorno Garavini n. 9/1519/15. Infatti, condivido la sua proposta di una voce favorevole al referendum europeo e sono favorevole all'idea che un domani vi sia un referendum europeo sui trattati. Tuttavia, onorevoli colleghi, sapete tutti che si tratta di una strada molto lunga da percorrere e, comunque, sulla sostanza la accolgo come raccomandazione.
Il Governo esprime parere favorevole l'ordine del giorno Maran n. 9/1519/16.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Touadi n. 9/1519/17. Infatti, l'onorevole firmatario sa bene che la decisione di istituire una procura europea è una delle opzioni previste e consentite dal Trattato, ma non vi è l'obbligo e richiede una decisione unanime. Vi posso dire, onorevoli colleghi, che siamo molto lontani dal consenso unanime per l'istituzione di una procura europea. Ovviamente, lo dico con cognizione di causa, dopo aver svolto per tre anni e mezzo un ruolo di responsabilità europea in tale settore. Come raccomandazione, se il suo è un auspicio, lo posso considerare e valutare come tale.
Il Governo, infine, esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Zampa n. 9/1519/18 e Gozi n. 9/1519/19.
PRESIDENTE. Onorevole Ministro, la ringrazio anche per l'ampia motivazione, che ha voluto fornire all'Assemblea (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) circa le ragioni per le quali il Governo ha considerato sostanzialmente accolti quasi tutti gli ordini del giorno presentati.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto sul complesso degli ordini del giorno presentati l'onorevole Merloni. Ne ha facoltà.
MARIA PAOLA MERLONI. Signor Presidente, prendo la parola per dichiarazione di voto sul complesso degli ordini del giorno all'attenzione della Camera, con particolare riferimento all'ordine del giorno La Malfa n. 9/1519/6 da me sottoscritto. Infatti, intendiamo impegnare il Governo a rafforzare la vocazione europeistaPag. 5del popolo italiano e a promuovere tutte quelle iniziative più adeguate per rafforzare l'identità politica europea. L'Europa, infatti, è fondamentale per il nostro Paese.
Le questioni europee non sono solo estere, ma interne. L'Europa è un grande progetto al servizio dei cittadini, che non deve essere autoreferenziale, ma funzionale e in grado di dare soluzioni concrete ai bisogni di ogni giorno. A tal proposito, la ratifica del Trattato di Lisbona - adempimento cui Italia attraverso il Parlamento provvede - rappresenta un significativo ed importante passo nel processo di costruzione di un'Unione europea più forte ed isola sempre di più la bocciatura del popolo irlandese, che tuttavia non è giusto sottovalutare.
Nonostante la battuta d'arresto, il completamento dell'integrazione europea rappresenta l'obbiettivo irrinunciabile di un percorso che non si deve fermare. La ratifica del Trattato è un atto istituzionale importante. Il processo d'integrazione europea è un evento senza precedenti nella storia mondiale ed apre una fase nuova, volta a favorire una maggiore partecipazione democratica dei cittadini.
Di fronte a fenomeni complessi come quello dei mercati sempre più aperti e interconnessi, delle sfide planetarie alla salvaguardia dell'ambiente, della difesa dei diritti, della lotta alla povertà e al precariato, della regolazione dei flussi migratori, pensare di limitarsi a difendere il proprio status o ripiegare nella dimensione nazionale può essere insufficiente.
L'Europa non è solo un ideale, diviene una necessità strategica nel quadro della competizione internazionale. L'euro è stato un grande successo, ma l'euro e il mercato unico non sono più sufficienti a svolgere un ruolo di collante. Ecco che la costruzione europea ha bisogno di compiere un ulteriore passo avanti per rispondere a nuove sfide attraverso una vera integrazione sociale, politica e costituzionale tale da creare un'entità sovranazionale autorevole sulla scena internazionale.
Ma il Trattato di Lisbona segna anche un'altra tappa fondamentale: oltre a valorizzare il ruolo dell'Unione e dei suoi organi, rafforza il ruolo dei Parlamenti nazionali, della democrazia partecipata e quindi dei singoli cittadini. Ed è proprio in questo campo che dobbiamo impegnarci se vogliamo che l'Unione si avvicini di più alle persone e non venga percepita come un corpo estraneo, specie in vista del prossimo appuntamento elettorale.
Il Trattato di Lisbona è quindi un importante traguardo anche sul piano politico. Si riconoscono più poteri politici al Parlamento europeo ed un legame con i Parlamenti nazionali che prima non c'era. Questa è una novità forte, che deve essere riconosciuta e su cui dobbiamo lavorare. Un diverso e rinnovato rapporto con i Parlamenti nazionali: in tal senso assumiamoci anche noi, signor Presidente, le nostre responsabilità e adeguiamo tempestivamente il nostro Regolamento ai nuovi poteri che il trattato di Lisbona ci attribuisce, regolando e integrando diversamente le procedure di intervento sul procedimento legislativo, a partire dalla cosiddetta fase ascendente.
Concludo dicendo che il Trattato di Lisbona, oltre ad aprire la strada a quelle azioni politiche che tutti vogliamo, doterà l'Unione di nuovi strumenti istituzionali che permetteranno di decidere in fretta nell'interesse di tutti i cittadini europei (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gianni Farina. Ne ha facoltà.
GIANNI FARINA. Signor Presidente, signor Ministro, il Trattato di Lisbona firmato il 13 dicembre 2007 non è che un primo passo nella costruzione dell'Unione europea - sì, un primo passo - dentro un travaglio costitutivo che dura da decenni e che ha visto impegnati gli uomini migliori, i grandi europeisti che alla costruzione europea hanno dedicato il meglio della loro esistenza politica e umana: Schuman, Adenauer, De Gasperi, Spinelli, Delors, per citarne solo alcuni, a cui va tutta la nostra gratitudine, nonché l'attuale Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.Pag. 6
Un cammino, quello della costruzione europea, tra alti e bassi, miopie ed egoismi, chiusure a difesa di presunti interessi nazionali, sia che si trattasse di diritti politici e sociali che della politica della sicurezza, come di una politica estera che ponesse l'Europa da protagonista nei processi mondiali in atto. Miopie ed egoismi che hanno danneggiato milioni di cittadine e cittadini nel contesto comunitario, portandoli a compiere, anche recentemente, scelte conservatrici e sbagliate.
L'Europa della migrazione di massa, di un dopoguerra contraddistinto da un'imponente forza lavoro a cui non veniva riconosciuto alcun diritto, se non quello di andare a scavare e a morire in quelle miniere di Marcinelle al Bois du Caziers in cui perirono, insieme ad altri disperati eroi del lavoro, tanti nostri minatori che ricorderemo, come ogni anno, l'8 agosto sulla terra in cui andarono a lavorare e morire. Erano nostri cittadini, i primi europei, le prime vittime di un sofferto percorso unitario, per ognuno dei quali veniva riconosciuto alla Repubblica italiana qualche chilo di carbone. Cittadini europei privi dei più elementari diritti; oggi ne parliamo, anche se il processo è ancora parziale, da cittadini europei.
L'Europa è lo spazio di riferimento di tanti nostri cittadini che per la loro storia personale e sociale sono spesso più sensibili di altri al processo unitario.
È persino troppo tardi, drammaticamente tardi, per riflettere sul nuovo modo di vivere del cittadino europeo, sulle sue scelte culturali e di appartenenza. Il Trattato ci indica un percorso; si tratta di creare un processo di relazioni che non abbia frontiere nazionali e culturali, che valorizzi i dati di un processo di solidarietà lunghe e di identità più vaste, di scelte politiche e sociali individuali e nazionali, che si ispirano a valori guida innovativi e irrinunciabili. Nell'era dell'economia planetaria e dell'omologazione culturale, cui spesso si contrappone il polo delle identità particolari, i nuovi cittadini europei intraprendono una nuova strada, diventano luogo e laboratorio di una convivenza che riconcilia l'identità con l'alterità, la diversità con l'unità.
Il Trattato e la Carta non propongono un modello, ma sanciscono in sede sovranazionale il principio universale che sta alla base della democrazia moderna, una nuova coscienza solidaristica e della convivenza, di straordinaria attualità anche nel governo delle nuove immigrazioni di massa. Da oggi, e con più forza, iniziamo a costruire la nuova frontiera dei diritti e dei doveri, in un contesto di pari opportunità.
Ecco perché, nonostante tutto, il Trattato di Lisbona, frutto del travaglio post-referendario in Francia e in Olanda sul Trattato che adottava una Costituzione per l'Europa, va approvato dal Parlamento repubblicano. È un primo passo, anche se per tanti di noi è dura...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
GIANNI FARINA. ... e amara la constatazione che la Carta dei diritti fondamentali non è compresa nel Trattato di Lisbona; pur tuttavia, lo stesso è arricchito dalla specifica norma indicante per la Carta lo stesso valore giuridico dei Trattati.
PRESIDENTE. Onorevole Gianni Farina, la prego di concludere.
GIANNI FARINA. Concludo, signor Presidente. Il Trattato di Lisbona e la Carta dei diritti fondamentali non sono l'approdo, ma lo strumento per l'inizio di un cammino che ci può e ci deve portare all'Unione della convivenza, della solidarietà e della giustizia.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Onorevole Gianni Farina, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.Pag. 7
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Froner. Ne ha facoltà.
LAURA FRONER. Signor Presidente, vorrei illustrare brevemente l'ordine del giorno n. 9/1519/10 di cui sono prima firmataria, e soprattutto sottolineare l'importanza del parere favorevole espresso dal Ministro Frattini.
È cresciuta negli ultimi anni, nel Paese e in Europa, la consapevolezza che la montagna non è solo un problema di residualità o di marginalità; la montagna rappresenta un valore sotto il profilo umano, culturale, economico e ambientale, e nessuno di questi profili è separabile dagli altri. Quando ci si pone di fronte alla definizione di montanità, anche al fine di consentire l'uso più appropriato della legislazione per i territori interessati, non ci si può solo affidare al criterio di montuosità, ovvero ai soli indici fisici che definiscono la montagna, ma vanno annoverati tra i criteri anche quelli definibili attraverso l'uso di indici socio-demografici. La mano del legislatore va, quindi, guidata da un'intelligenza comune, che dovrebbe orientare noi tutti: predisporre un patto condiviso tra le popolazioni di montagna e quelle di tutto il Paese, dentro un'idea di cittadinanza comune, in cui ciascuno porti la propria responsabilità, per garantire che alla montagna si riconosca di essere quell'elemento indispensabile alla pianura per vivere meglio.
Per fare ciò occorre una nuova governance della montagna italiana, la quale, a sua volta, esige chiarezza sia sul piano della definizione di montanità, sia su quello della classificazione dei territori e dei comuni montani. Di ciò si è discusso anche nella legge finanziaria per il 2008; di ciò si è fatta carico anche l'Europa, che in questo Trattato ha finalmente posto la coesione territoriale sullo stesso piano di quella sociale ed economica. Si tratta di una svolta importante che, però, non deve rimanere una semplice enunciazione.
Per questo motivo, con il nostro ordine del giorno chiediamo che il Governo promuova presso tutte le competenti istituzioni europee le iniziative che permettano di realizzare la coesione territoriale - tenendo conto delle esigenze dei territori che presentano oggettivamente situazioni di svantaggio economico e sociale - e che assicuri a livello nazionale l'attuazione dei principi enunciati nel Trattato verso i territori di montagna (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, colleghi, abbiamo presentato un ordine del giorno perché non abbiamo mai nascosto il fatto che noi vogliamo un'Europa diversa rispetto a quella attuale, che sistematicamente viene bocciata dai cittadini ogni volta che vi è sul punto una consultazione popolare.
Per questo motivo, come poi dirà il collega Dozzo nella dichiarazione di voto finale, pensiamo che dal livello più basso che le istituzioni europee hanno toccato proprio in questi mesi, si possa e si debba - noi ci auguriamo - assolutamente risalire, costruendo un'Europa diversa, ovvero l'Europa dei popoli, non l'Europa dei burocrati. Sino ad oggi, infatti, l'Europa è stata soltanto l'Europa dei burocrati.
Dal punto di vista propositivo, nell'ordine del giorno n. 9/1519/13 abbiamo indicato i punti fondamentali che dovrebbe avere l'Europa dei popoli, e non l'Europa dei burocrati. Il primo punto è l'inserimento delle radici giudaico-cristiane come valore fondante del pensiero, della cultura storica e della tradizione dei popoli europei (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Unione di Centro). Queste tradizioni e queste radici giudaico-cristiane non sono state inserite né nella Costituzione, né, oggi, in questo Trattato. Un'Europa senza le radici giudaico-cristiane non è Europa, è una finta Europa, ovvero l'Europa dei burocrati e non l'Europa dei popoli (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). In ogni comune e in ogni paese d'Europa vi è una chiesa, e ciò testimonia quello che le radici giudaico-cristiane rappresentano.Pag. 8
Il secondo punto è la valorizzazione della lingua e degli idiomi locali. Non possiamo pensare di immolare l'Europa al principio della globalizzazione senza regole che cancella le identità (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Non possiamo pensare di costruire un calderone dove non vi sia identità e dove le identità dei popoli vengano cancellate.
Il terzo punto è che siamo preoccupati dal fatto che l'Europa, questa Europa dei burocrati, venga ad avere competenze in materia penale e di procedura penale. Siamo preoccupati delle conseguenze che potrebbe avere sulla vita dei cittadini una super-procura europea (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà) che viene a decidere sulla libertà personale dei cittadini senza, ad esempio, che siano rispettati anche i nostri principi costituzionali e la nostra tradizione costituzionale di salvaguardia dei diritti di libertà.
Il quarto punto è che noi chiediamo che l'Europa del domani sia un'Europa che riaffermi il valore della famiglia. Su questo argomento vorremmo sentire qualche parola dalla sinistra e da quanti nel PD dicono di aderire a certi valori. Quale famiglia? Non strane famiglie, ma la famiglia fondata, secondo l'articolo 29 della Costituzione, sull'unione tra un uomo e una donna, la famiglia composta da un uomo e una donna (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Unione di Centro)!
Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Noi pensiamo che l'Europa non abbia fatto gli interessi nostri, delle nostre aziende e dei nostri territori. Chiediamo, quindi, che il Governo prenda un impegno preciso su argomenti quali la tutela delle nostre aziende di fronte alla concorrenza sleale che arriva dai Paesi a manodopera a basso costo e a bassa qualità (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), concorrenza che è, appunto, sleale perché non rispetta le regole che invece i nostri imprenditori rispettano (e che, anzi, essi si vedono spesso applicare con grande rigore).
L'altro aspetto che abbiamo trattato è quello relativo all'agricoltura: «sì» alla difesa dell'agricoltura, «sì» all'esigenza indifferibile di affrontare la questione delle quote latte (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Noi abbiamo sempre l'obiettivo di risolvere il problema delle quote latte; parliamo, inoltre, anche di infrastrutture. Concludo, anche se questo non è l'ultimo, ma il primo punto sul quale richiamo l'attenzione del Governo. Sono lieto, signor Ministro, che lei abbia espresso parere favorevole sul mio ordine del giorno n. 9/1519/13: grazie all'azione della Lega, lei assume un impegno affinché i trattati internazionali, in futuro, vengano sottoposti a referendum. È la gente che deve poter decidere, il popolo, non i palazzi, sul destino di milioni di cittadini europei (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà)!
PRESIDENTE. Onorevole Cota, concluda.
ROBERTO COTA. Per questi motivi abbiamo presentato l'ordine del giorno n. 9/1519/13 e la invitiamo a mantenere gli impegni che ha assunto con la sua accettazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gozi. Ne ha facoltà.
SANDRO GOZI. Signor Presidente, ho ascoltato l'onorevole Cota e ritengo che quanto ha detto meriti una risposta praticamente su ogni punto.
Innanzitutto, l'onorevole Cota ha fatto esattamente quello che ieri abbiamo condannato tutti a grande maggioranza, ossia attribuire all'Europa responsabilità che essa non ha e utilizzarla come capro espiatorio, dandone un'immagine negativa (Applausi dei deputati dei gruppi PartitoPag. 9Democratico e Italia dei Valori). Se continuiamo, in questo Parlamento, ad attaccare l'Europa dal lunedì al sabato è difficile che la domenica i cittadini votino a favore dell'Europa! Bisogna assumere tutti una maggiore responsabilità.
Tra l'altro, l'onorevole Cota ha attaccato l'Europa - lo invito, se non lo ha fatto, a leggere il Trattato di Lisbona - su questioni con le quali l'Europa non ha nulla a che fare. Il diritto di famiglia - lo vorrei dire di nuovo in quest'Aula - non ha nulla a che fare con il Trattato di Lisbona e rimarrà prerogativa nazionale (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro). Vi sono addirittura dichiarazioni allegate al Trattato che affermano che il diritto di famiglia rimane prerogativa nazionale. L'onorevole Cota, pertanto, si tranquillizzi.
Inoltre, se leggiamo il Trattato di Lisbona, vediamo che esso dà risposte a tutte le questioni che anche i colleghi della Lega hanno sollevato in questi anni, perché tutela l'identità regionale e locale e riconosce un ruolo alle regioni. Vorrei anche sottolineare che esso avvia finalmente un dialogo con la società civile, un dialogo diretto tra la Commissione europea e le regioni e anche - lo hanno sottolineato in pochi in quest'Aula - un dialogo con la chiesa e con le comunità religiose. Se il Trattato di Lisbona, quindi, interviene anche in materia di religione, esso attribuisce, nello spazio pubblico europeo, un dialogo e un ruolo anche alle comunità religiose, cosa che la Commissione europea si era sempre rifiutata di fare e che finalmente, invece, dovrà fare attraverso il Trattato di Lisbona. Continuiamo, quindi, a parlare di un'Europa che non c'è. L'Europa che esiste è ben diversa da quella che è stata descritta ora dai colleghi della Lega.
Se mi permette, signor Presidente, svolgo una considerazione sugli ordini del giorno da noi presentati, che, a differenza di quanto ha detto l'onorevole Cota, sono coerenti con quanto abbiamo affermato ieri, ossia che vogliamo un'Europa della cittadinanza europea. Nel mio ordine del giorno n. 9/1519/19 invitiamo il Governo ad attivarsi subito anche per creare un corpo umanitario europeo composto da giovani (che è uno strumento di cittadinanza europea attiva). Invitiamo, altresì, il Governo ad attivarsi per le cooperazioni rafforzate: abbiamo detto ieri che, nell'Europa a 27 Stati, su certe questioni occorrerà procedere a gruppi di Paesi. Invitiamo il Governo, pertanto, ad attivarsi con cooperazioni rafforzate in materia di difesa, di economia e di immigrazione.
Su questo punto, devo dare atto al Ministro Frattini che accoglie come raccomandazione la proposta di istituire una Procura europea, di cui all'ordine del giorno Touadi n. 9/1519/17; però, il Trattato di Lisbona ci permette anche di avviare cooperazioni rafforzate sulla Procura europea. Quindi, forse quell'ordine del giorno potrebbe essere anche accettato come impegno del Governo ad attivarsi, una volta che il Trattato di Lisbona entri in vigore, per istituire, con chi ci sta, anche la Procura europea.
Faccio riferimento a un ultimo punto: è chiaro che l'Unione europea che il Trattato di Lisbona consente è un'Unione più flessibile, che consente a gruppi di Paesi di procedere. Questo sarebbe importante farlo anche nei rapporti con i Paesi vicini, con i Paesi mediterranei. Con il Trattato di Lisbona, abbiamo due strumenti a disposizione, che ci permettono di instaurare un rapporto speciale con i Paesi del Mediterraneo, perché, da una parte, abbiamo le cooperazioni rafforzate più semplici, dall'altra, una base giuridica rappresentata dagli accordi speciali con i Paesi vicini. Credo che sarebbe interesse nazionale dell'Italia utilizzare pienamente questi strumenti e instaurare con i Paesi del Mediterraneo un rapporto speciale. Non potranno essere membri dell'Unione europea, ma non possono rimanere sempre e solamente semplici Paesi terzi. Dobbiamo creare una relazione speciale e finalmente, con il Trattato di Lisbona, abbiamo una base giuridica che ci permette di farlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, l'Italia dei Valori voterà convintamente a favore del disegno di legge di ratifica del Trattato di Lisbona. Noi siamo europeisti convinti, siamo europeisti della prima ora, anche se siamo un partito giovane. Siamo iscritti all'Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l'Europa, che dell'Europa sono fra i più convinti sostenitori.
Siamo convinti sostenitori dell'Europa, a differenza probabilmente dei colleghi della Lega, ai quali, se sta stretta l'Italia dalla Toscana in giù, evidentemente sta stretta anche l'Europa dalle Alpi al nord. Si capisce che un partito che non apprezza l'unità nazionale e che, nei confronti dei simboli dell'unità nazionale, assume atteggiamenti disfattisti possa avere delle riserve anche nei confronti dell'Europa.
Signor Presidente, vorrei soffermarmi sull'ordine del giorno Leoluca Orlando n. 9/1519/11, che il Governo non ha accettato. La premessa mi serviva per dire che noi siamo fedeli osservatori del Trattato di Lisbona e che, con questo ordine del giorno, ci poniamo proprio nell'ottica dell'attuazione dell'articolo 9 F, comma 2, terzo capoverso, del Trattato di Lisbona e degli articoli 223 e 224 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che riguardano il complesso procedimento attraverso il quale si arriva alla nomina dei giudici delle diverse giurisdizioni europee. Non comprendiamo francamente le ragioni per le quali il Governo non abbia accettato quest'ordine del giorno, così come, signor Presidente, non abbiamo neanche apprezzato le ragioni per le quali gli emendamenti riferiti all'articolo 1 del disegno di legge, da noi presentati, sono stati dichiarati inammissibili. Apro solo una parentesi: signor Presidente, credo che sia necessario procedere con estrema prudenza nella dichiarazione di inammissibilità, che è un provvedimento che, se portato alle estreme conseguenze, toglie al Parlamento le proprie prerogative, ossia la possibilità che l'Assemblea si pronunci sui punti portati alla propria attenzione.
Con questo ordine del giorno e con gli emendamenti presentati, non intendevamo né chiedere una modifica del Trattato di Lisbona né incidere e interferire sul complesso procedimento che porta alla nomina dei giudici; procedimento che prevede che ci siano delle designazioni da parte dei Governi che possono e vogliono farle e che ci sia un comitato che valuti la professionalità e i requisiti - vorrei che il Ministro mi ascoltasse con attenzione - delle persone indicate per ricoprire un ruolo nell'ambito delle magistrature europee. Allora, che cosa vieta che il Governo, in fase di predisposizione delle proprie designazioni, portando sul tavolo del comitato le proprie designazioni, assuma l'incarico di designare persone che rivestono sicuramente i requisiti indicati dall'articolo 9 F, cioè requisiti di indipendenza e di professionalità?
Con questo ordine del giorno abbiamo indicato uno spettro ampio di persone alle quali ci si può rivolgere, che non sarebbero soltanto gli ex giudici della Corte costituzionale ma i presidenti e i procuratori generali emeriti della Corte di cassazione e comunque i magistrati della Corte di cassazione che abbiano specifiche competenze in materia di diritto comunitario e internazionale.
Si tratta di un ventaglio ampio di cinquecento, seicento possibili membri, all'interno del quale il Governo ha facoltà di scegliere perché questa è una sua responsabilità politica. Che cosa osta a che il Governo italiano autoregolamenti il proprio potere di segnalazione al comitato ai fini della nomina? Noi non troviamo in questo assolutamente niente di irritante e questa è la ragione per la quale noi intanto abbiamo contestato ieri la dichiarazione di inammissibilità dei nostri emendamenti e oggi contestiamo il parere contrario espresso dal Governo sull'ordine del giorno di cui sono cofirmatario. Non vediamo assolutamente che cosa ci sia di irritante e in che maniera negativa ciò possa influire e interferire sul procedimento complesso. Qui si tratta di autodisciplinare,Pag. 11autoregolamentare una facoltà, cosa che nel diritto interno il Governo può realizzare.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
FEDERICO PALOMBA. Perciò Ministro, non accettiamo assolutamente la sua dichiarazione di contrarietà perché ci sembra assolutamente inammissibile, questa sì (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole Ministro Frattini, onorevole Ministro Ronchi, è evidente che anche se questo Trattato può essere criticato da molti lati esso rappresenta un passo in avanti da molti punti di vista, seppure nell'incertezza della sua entrata in vigore dovuta non solo al referendum irlandese ma anche ad alcune pendenze delle Corti costituzionali di Paesi come la Repubblica Ceca e la Germania. È vero che non vi è il riconoscimento delle radici giudaico-cristiane ma è anche vero però - mi rivolgo ai due Ministri più competenti che rappresentano il nostro Paese in questa sede - che il nostro Paese diversamente dalla Gran Bretagna, dalla Danimarca e dalla Polonia non ha prodotto un protocollo allegato e integrativo nei confronti di questo Trattato; il Governo ha preso il Trattato e l'ha firmato senza battere ciglio.
Per quanto riguarda i nostri due ordini del giorno, accettiamo la riformulazione del primo Casini n. 9/1519/4 e ringraziamo il Governo per aver espresso parere favorevole sul successivo Volontè n. 9/1519/5. Ma che cosa chiedono questi ordini del giorno rispetto agli impegni del Governo, rispetto al Trattato e all'attività europea futura? Con l'ordine del giorno Casini n. 9/1519/4 viene richiesto - mi rivolgo al ministro Ronchi che è più direttamente interessato - di assicurare l'efficacia e la tempestività delle procedure di monitoraggio, informazione e consultazione del Parlamento previste dalla legge n. 11 del 2005. Si tratta di caratteristiche che oggi mancano: questa informazione e questo controllo del Parlamento nazionale, seppure previsti da una norma interna, non sono possibili. Si chiede, inoltre, di riferire tempestivamente in Parlamento, sollecitando indirizzi nel caso di misure comunitarie aventi implicazioni transnazionali correlate al diritto di famiglia, anche al fine di favorire il diritto di opposizione previsto dall'articolo 81 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e l'adozione dei relativi indirizzi.
Anticipo che questa azione volta a favorire l'attuazione completa dell'articolo 81 del Trattato di Lisbona verrà, da parte nostra sollecitata, attraverso il deposito presso la Presidenza, fin da dopodomani, di una proposta di modifica del Regolamento che consenta, grazie alla piena attuazione della legge n. 11 del 2005 e alla riforma stessa del Regolamento, che i Parlamenti nazionali possano essere soggetti attivi nei confronti delle decisioni che vengono prese in sede europea.
Con questi due strumenti ci troveremo sempre meno nelle condizioni di votare a «scatola chiusa» e sempre più nelle condizioni di poter opporre, nei confronti delle decisioni che stanno per essere prese in sede europea, la volontà rappresentata nel Parlamento dal popolo italiano.
Chiediamo anche, ai due onorevoli Ministri, di adottare ogni iniziativa necessaria ad assicurare la ratifica del Trattato di Lisbona, che però non incida sulla nozione giuridica di famiglia configurata dall'ordinamento nazionale, e in particolare dall'articolo 29 della nostra Costituzione. Chiediamo, inoltre, che il Governo promuova ogni azione possibile volta ad avviare una riflessione europea che consenta di promuovere valori comuni, come la promozione della tutela della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Per quanto riguarda, invece, l'ordine del giorno Volontè n. 9/1519/5 chiediamo che il Governo si impegni a informare di ogni azione del Governo medesimo o diPag. 12decisione di carattere internazionale, comunitario e nazionale in cui si faccia riferimento agli articoli 2, 3 o 9 della Carta di Nizza, in conformità all'assetto costituzionale italiano, e in relazione al diritto alla vita inteso come diritto di ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale, e la famiglia sia intesa, anche in questo caso, come fondata da un uomo e da una donna sulla base dell'istituto del matrimonio.
Credo che questi due ordini del giorno possano dare, da un lato, maggiori garanzie al Parlamento attraverso le procedure che ho ricordato, dall'altro, un netto indirizzo nei confronti del nuovo Governo, del Ministro Ronchi e del Ministro Frattini, affinché possano nei prossimi mesi e nei prossimi anni far valere quella specificità e quel valore fondante della nostra civiltà giuridica e sociale oltreché costituzionale del Paese, in modo tale da caratterizzare anche la nostra azione e i nostri accordi internazionali e comunitari.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
LUCA VOLONTÈ. Come si può notare nel mio ordine del giorno n. 9/1519/5 - concludo, onorevole Presidente e la ringrazio per la concessione di qualche secondo in più - si prefigura quell'impegno che moltissime forze politiche hanno preso in campagna elettorale nei confronti della cosiddetta moratoria presentata da Giuliano Ferrara (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Loggia. Ne ha facoltà.
ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, signor Ministro degli affari esteri, onorevole Franco Frattini, è di tutta evidenza che non vi sono atti perfetti nella storia parlamentare né italiana né di altri Paesi d'Europa e del mondo. Gli atti legislativi, così come anche i trattati, nascono da contesti storici e da esigenze che non sempre restano immutate nel corso del tempo tanto che nel corso dello stesso più volte si torna a regolamentare determinate materie per le quali, nel frattempo, la sensibilità dei cittadini o le esigenze hanno reso necessaria una modificazione evolutiva.
Anche qui, come è ovvio, non siamo dinanzi ad un atto perfetto e non tutto ciò che è nei nostri principi, nei nostri ideali, nelle nostre convinzioni, nei nostri desideri o nei nostri sogni è compreso in questo Trattato. Ma vi è un fatto positivo che credo sia sotto gli occhi di tutti, oserei definirlo un fatto storico che non va certamente sottovalutato. Quella di oggi è infatti una tappa fondamentale di un percorso più che cinquantennale che parte dai Trattati di Roma e attraversa l'insieme degli altri accordi siglati tra gli Stati membri dell'Unione europea nelle successive e frequenti occasioni di allargamento, sino al recente Trattato di Roma che purtroppo non ha ottenuto la ratifica prevista, ed arriva oggi finalmente a questo Trattato siglato a Lisbona.
È certamente un fatto positivo, lo salutiamo con favore, e per questo votiamo a favore del disegno di legge di ratifica di questo Trattato, ma certamente - signor Ministro vorrei che mi ascoltasse un attimo, se il sottosegretario Brancher lo consente - per la stragrande maggioranza dei cittadini italiani non è la stessa cosa parlare di persona o parlare di individuo, parlare di diritti dell'uomo e del cittadino o parlare soltanto dei diritti del cittadino, parlare di rispetto della vita o della famiglia anziché promuovere l'eutanasia o esperimenti sugli embrioni o unioni diverse dalla famiglia.
Per questo, le devo un particolare ringraziamento, signor Ministro, per il fatto di avere accettato il nostro ordine del giorno n. 9/1519/7, che impegna il Governo affinché nelle sedi opportune si adoperi per far inserire nei Trattati europei il concetto di radici cristiane che costituiscono elemento fondamentale della civiltà del nostro Continente. Siamo certi che tale impegno sarà rispettato e sarà promosso al fine di arrivare ad una definizione più corretta ed esatta nell'interessePag. 13della stragrande maggioranza dei cittadini europei e - direi - dell'insieme di tutti i cittadini europei.
Per questo motivo, signor Ministro, la invitiamo e siamo sicuri - ci fidiamo di lei e ci fidiamo del Governo che qui rappresenta - che vorrà proseguire con autorevolezza e determinazione nel raggiungimento di un risultato positivo rispetto a questo impegno (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.
MARIO TASSONE. Signor Presidente, signor Ministro, non vorrei ripetere ciò che abbiamo già detto ieri in sede di discussione sulle linee generali e, quindi, mi asterrò dal fare valutazioni sul Trattato. Mi riferisco semplicemente al contenuto degli ordini del giorno.
Non vi è dubbio che la ratifica di questo Trattato avviene in un momento particolare. Non si sa che fine farà il Trattato. Si attende l'appuntamento dell'ottobre 2008 per quanto riguarda la vicenda dell'Irlanda e non vi è dubbio che manteniamo qualche difficoltà di comprensione rispetto al tragitto futuro. Questa è l'occasione per capire lo stato dell'arte dell'esperienza europea e non credo che sia giusto dividersi tra coloro che sono a favore dell'Europa e coloro che sono contro l'Europa. Non credo che questo atteggiamento costituisca motivo di azione e, soprattutto, ritengo che non sia importante e intelligente operare in tale direzione.
Nel momento in cui il Parlamento, l'Assemblea di Montecitorio, è convocata e abbiamo assistito alla replica del Ministro degli affari esteri, qualche indicazione può provenire anche dagli atti di indirizzo parlamentare. Su alcune domande si sono avute delle risposte. È inutile fare riferimento ai grandi valori che hanno accompagnato la nostra esperienza, non soltanto di oggi, e che certamente deve essere sempre più corroborata anche all'interno dell'Europa: il riferimento ai principi cristiani, all'uomo, alla dignità dell'uomo, alla difesa dei diritti civili. Ma vi è un aspetto che vorrei che venisse approfondito, signor Ministro...
PRESIDENTE. Onorevole Ciccioli, la prego di non disturbare il Ministro e di consentirgli di ascoltare l'onorevole Tassone.
MARIO TASSONE. Grazie, signor Presidente, non volevo mancare di rispetto a Ciccioli e tanto meno al Ministro Frattini.
Signor Ministro, vi è la questione della lotta alla criminalità organizzata. Abbiamo assistito all'episodio di Duisburg, in Germania, e incontriamo difficoltà nell'avere un coordinamento e una politica a livello europeo che contrasti seriamente con gli strumenti più impegnativi, più forti e più decisivi la criminalità organizzata. Tale aspetto certamente deve essere evidenziato, anche per quanto riguarda un'area comune di diritto penale. Questa mattina in I Commissione, abbiamo assistito all'audizione del Ministro Maroni, il quale ha svolto valutazioni che, per alcuni versi, si discostano da altre sue valutazioni rese in precedenza. Bisogna armonizzare ovviamente il codice e le norme. Però qualcuno affermava che questo tipo di disponibilità non è presente nei Paesi europei. Certamente bisogna dire una parola, Ministro Frattini...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Tassone.
MARIO TASSONE. No signor Presidente, non ho concluso il mio intervento, davo semplicemente la possibilità al Ministro Frattini di terminare il suo colloquio. Scusi, onorevole Frattini, ma è così: o diamo dignità al Parlamento, oppure questo è un rituale e una liturgia che possiamo consumare volta per volta.
Non v'è dubbio che anche per quanto riguarda l'area del diritto penale europeo dobbiamo dare un'indicazione forte, ma in tale settore, con riferimento ai principi, ai valori, all'armonizzazione dei codici ePag. 14delle norme e alla lotta alla criminalità organizzata, si pone in modo particolare la questione dell'Europa a 27.
Il tema dell'allargamento, a mio avviso, è avvenuto in termini poco accorti, perché chi ha accelerato il processo di allargamento non voleva la Costituzione europea, non voleva l'unità europea e non voleva un'integrazione politica dell'Europa: non v'è dubbio che questo aspetto deve essere opportunamente valutato e alcuni ordini del giorno lo evidenziano.
Ho ascoltato il parere del Ministro sugli ordini del giorno.
Certamente condivido gli ordini del giorno Casini n. 4 e Volontè n. 5, che sono stati presentati dal mio gruppo, ma vi è una valutazione complessiva che mi auguro possa essere recuperata anche nel prossimo futuro, fermo il rispetto degli atti di indirizzo parlamentare e del dibattito tenutosi in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Costantini. Ne ha facoltà.
CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, mi riferisco in particolare al mio ordine del giorno n. 14, perché la motivazione del parere contrario resa dal Ministro evidentemente non ci ha soddisfatto.
In questi giorni di dibattito abbiamo esaltato la funzione del Trattato di Lisbona, la sua capacità di costruire un nuovo inizio per la nascita di un'Europa politica, di un'Europa dei popoli, piuttosto che di un'Europa degli Stati.
Lo abbiamo fatto tutti - tranne i colleghi della Lega Nord, che evidentemente non sono riusciti a convincerci delle ragioni per le quali voteranno a favore sul provvedimento in esame - con convinzione, con sincerità, consapevoli della debolezza di alcune scelte del recente passato, ma anche delle enormi ed invariate potenzialità di un'Europa unita nelle sfide globali che ci attendono.
Si è parlato di un'Europa dei mercati, delle banche, di un'Europa per l'ambiente, ma si è parlato poco della cooperazione giudiziaria in materia penale, che pure costituisce, signor Ministro, uno degli aspetti più significativi del Trattato di Lisbona.
Eppure, solo pochi giorni fa abbiamo discusso il pacchetto sicurezza e tutti abbiamo avuto la consapevolezza che, senza una reale cooperazione giudiziaria in materia penale in ambito europeo, faremo sempre più fatica a individuare, all'interno degli ordinamenti degli Stati membri - e dunque anche e soprattutto in Italia -, disposizioni in materia penale realmente idonee a garantire la sicurezza dei cittadini.
Devo dirle, signor Ministro, che anche pochi minuti fa, in I Commissione affari costituzionali, il Ministro Maroni si è espresso in termini assolutamente diversi rispetto ai suoi, ed ha auspicato un'armonizzazione dei codici penali e delle pene, affermando il principio che, senza tali misure, per i singoli Paesi, e per l'Italia soprattutto, sarà difficile continuare a contrastare fenomeni di illegalità legati all'immigrazione clandestina.
Il Trattato di Lisbona affronta tali temi, anche se in termini solo iniziali e non esaustivi.
Lo fa stabilendo, all'articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che il Parlamento europeo e il Consiglio possono, attraverso direttive, stabilire norme minime relative alla definizione di reati e sanzioni in sfere di criminalità particolarmente gravi, perché presentano una dimensione transnazionale derivante dal carattere e dall'implicazione di alcuni reati.
Manca evidentemente, nell'articolo 83, un riferimento esplicito ai reati ricompresi nella sfera della criminalità economica, ma il primo capoverso dell'articolo 83 indica una strada della quale il Parlamento non può non tener conto: l'evasione fiscale, le frodi commerciali, il falso in bilancio costituiscono reati che, in un'Europa dei mercati liberi e della libera circolazione di cittadini e imprese, esprimono per definizione una dimensione transnazionale.Pag. 15
Devo dire che nell'ordine del giorno avrei potuto trattare anche dei diritti della persona nella procedura penale, che grazie al nuovo articolo 83 del Trattato, potrebbero trovare imminente tutela in una direttiva europea, e risultare in clamoroso contrasto con la legge che sospende i processi alle più alte cariche dello Stato, una legge che nega i diritti di una parte del processo, semplicemente perché le impedisce di disporre del processo.
Questo è quanto si è verificato ieri: ieri una delle quattro più alte cariche dello Stato ha denunciato un giornalista, che a sua volta non potrà denunciarlo, o che, anche denunciandolo, non potrà disporre di un processo nel quale ottenere l'affermazione dei propri diritti.
Questo aspetto, una volta ratificato dal Parlamento il Trattato di Lisbona, risulterà in totale contrasto non solo con il principio di uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge, ma anche con le direttive che saranno emanate sulla base di quanto stabilito dal comma 2, lettera b), dell'articolo 83 del Trattato, in materia di diritti della persona nella procedura penale. Si tratta esattamente dello stesso Trattato che tutti avete dichiarato di voler ratificare. Avremmo potuto trattare anche di questa clamorosa contraddizione, ma non lo abbiamo fatto, perché ieri abbiamo operato una scelta ancora più forte ed incisiva: quella del ricorso al referendum abrogativo, impegnandoci a lavorare affinché la parola possa tornare ai cittadini.
Con l'ordine del giorno che ho presentato, ho voluto sottolineare un'altra esigenza altrettanto importante, cioè quella di disporre di norme minime in ambito europeo in grado di rafforzare il contrasto alla criminalità economica o, comunque, di riconsiderare, in attesa che ciò avvenga, le nostre disposizioni penali, per renderle omogenee a quelle dei principali Paesi europei. Il falso in bilancio è un reato gravissimo in Inghilterra, gravissimo in Germania e gravissimo in Francia, perché provoca sempre, indipendentemente dalle dimensioni di una società, un danno alla fede pubblica e all'ordine economico. In Germania, addirittura, solo pochi mesi fa, è stata estesa la possibilità di ricorrere alle intercettazioni per contrastare e punire, in modo esemplare, un reato che in Italia abbiamo, invece, pensato di poter depenalizzare.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
CARLO COSTANTINI. E la sicurezza degli artigiani, delle piccole imprese e dei lavoratori? Non è anche questo un bisogno di sicurezza? È possibile invocare l'Europa, come abbiamo fatto in questi giorni, e poi in concreto allontanarci dall'Europa stessa?
Credo, quindi - pochi secondi e concludo - che, per rendere coerente e compiuto il nostro voto sul Trattato di Lisbona, sia necessario accogliere il mio ordine del giorno n. 9/1519/14, che impegna il Governo o a lavorare per estendere la possibilità di intervenire con direttive europee anche in ambito di reati connessi con la criminalità economica o, nell'attesa che questo avvenga, a rendere omogenee le nostre disposizioni penali in materia di criminalità economica con quelle dei principali Stati europei (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Argentin. Ne ha facoltà.
ILEANA ARGENTIN. Signor Presidente, prima di tutto ringrazio lei e i colleghi per avermi dato questa opportunità. Credo sia necessario ribadire, ancora una volta, che stiamo parlando di qualcosa di ben lontano - cioè la Comunità europea - e non stiamo parlando, come invece ho ascoltato che si è sostenuto in alcuni interventi, di status di vita né, tantomeno, di eutanasia o di diritto di famiglia. Questi sono aspetti importanti e previsti. Tuttavia, credo che sia necessario, una volta per tutte, avere la consapevolezza e la coscienza che, per quanto riguarda il diritto alla vita (pur essendo una persona che ama la vita e che ritiene meraviglioso essere in questo mondo), sia veramentePag. 16banale e, soprattutto, superficiale non considerare ipotesi di eutanasia né di altre forme di espressività e di scelta da parte di cittadini con gravi, enormi difficoltà. Niente di più facile che essere buoni a questo mondo e dire che tutti ci dobbiamo essere e che dobbiamo esserci fino in fondo. Tuttavia, se ci dobbiamo essere nel modo e per scelta di chi ci vuole in una certa maniera, credo che ciò sia assurdo e, quindi, incomprensibile.
L'articolo 6 del Trattato di Lisbona concerne il diritto alla vita e il diritto di famiglia, ma ne parla in termini di rispetto e legalità, senza dare criteri o presupposti per cercare di orientarsi in un modo piuttosto che in un altro. È il Parlamento che deve avere questa responsabilità e ce la dobbiamo assumere in pieno. Credo che sia importante, leggendo anche la Repubblica di oggi, per esempio, vedere... chiedo scusa, signor Presidente, è impossibile parlare in quest'Aula!
PRESIDENTE. Prego gli onorevoli colleghi di non rendere impossibile all'onorevole Argentin svolgere il suo intervento. Prego, onorevole Argentin.
ILEANA ARGENTIN. Come dicevo, signor Ministro, ritengo che la scelta debba essere della Camera e delle leggi approvate dalle due Camere. Ritengo, cioè, che debba essere deciso all'interno di un sistema legislativo nazionale come spingere e come procedere verso l'Europa su queste scelte. Non possiamo demandare tutto a loro perché, anche se nasce dalla volontà dei popoli, è pur vero che dietro i popoli vi sono degli Stati e delle organizzazioni. Se continuiamo a non immaginare questo come possibile, continuiamo a non immaginare possibile la scelta vera e concreta di chi vive all'interno della comunità italiana.
Sono senz'altro un'europeista, però mi rifiuto di stare in un contesto in cui qualcuno con cultura, con valori, con atteggiamenti che si diversificano dai nostri, possa decidere. La sofferenza non ha colore, non ha strumenti; però è pur vero che in Italia si hanno alcune condizioni economiche e in Olanda altre, che in Germania ci sono dei modi di fare le cose ed in Francia altri ancora.
Se tutto ciò non viene considerato, chiaramente ritengo importante e necessario il Trattato di Lisbona, ma non sostitutivo delle leggi che devono vigere all'interno di un Paese.
Credo di non aver espresso dei concetti inutili e sono fortemente convinta di quello che dico e con grande onestà le dico, Presidente - e mi rivolgo anche al Ministro Frattini -, che mi sono un po' stancata di sentire tanta demagogia e di sentir parlare con tanta facilità in quest'Aula soltanto per riempirsi la bocca con argomenti che a volte non si conoscono neanche.
Io sono qui e potrei dirle che la famiglia può essere composta da un uomo ed una donna, da due uomini e da due donne, ma non sono qui a fare questo. Sono qui a decidere, insieme ad un gruppo di persone che cos'è il vivere comune e come dare delle risposte alla gente. Se invece ognuno qui decide di fare il Don Chisciotte e di essere il migliore del mondo soltanto perché è seduto su questi scranni, devo dire che mi tornano molte perplessità sui ruoli che rivestiamo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso degli ordini del giorno presentati.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Barbieri n. 9/1519/1 nonostante il parere favorevole del Governo.
EMERENZIO BARBIERI. Si, signor Presidente insisto per la votazione, trattandosi di un tema eticamente sensibile.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Barbieri n. 9/1519/1, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 516
Votanti 323
Astenuti 193
Maggioranza 162
Hanno votato sì 317
Hanno votato no 6).
Prendo atto che i deputati Colombo e Madia hanno segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbero voluto astenersi e che il deputato La Malfa ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Mussolini n. 9/1519/2 e Renato Farina n. 9/1519/3, accettati dal Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione dell'ordine del giorno Casini n. 9/1519/4 e insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Casini n. 9/1519/4 , nel testo riformulato, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 512
Votanti 489
Astenuti 23
Maggioranza 245
Hanno votato sì 486
Hanno votato no 3).
Prendo atto che i deputati Bernini Bovicelli, Del Tenno e Losacco hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che le deputate Gatti, Braga e Rossomando hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto contrario.
Prendo altresì atto che i deputati Ginefra, Cenni, Pollastrini, Samperi, Livia Turco, Concia, Ceccuzzi, Cuperlo, Amici, Giachetti, Mariani, Marco Carra e Mattesini hanno segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbero voluto esprimerne uno contrario.
Prendo atto che la deputata Maria Rosaria Rossi ha segnalato di aver erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.
Prendo atto che le deputate Siragusa, Madia, Mosca e De Micheli hanno segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbero voluto astenersi.
Prendo infine atto che la deputata Codurelli ha segnalato di aver espresso il proprio voto in modo erroneo.
Prendo atto che l'onorevole Volontè insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1519/5, accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Volontè n. 9/1519/5, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 508
Votanti 484
Astenuti 24
Maggioranza 243
Hanno votato sì 483
Hanno votato no 1).
Prendo atto che il deputato Ria ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che la deputata Mattesini ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario.
Prendo altresì atto che i deputati Zucchi, Vannucci, Ginefra, Cenni, Pollastrini, Samperi, Livia Turco, Concia, Ceccuzzi, Cuperlo, Rossomando, Amici, Giachetti,Pag. 18Mariani, Marco Carra e Braga hanno segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbero voluto esprimerne uno contrario.
Prendo atto che le deputate Siragusa, Madia, Mosca e De Micheli hanno segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbero voluto astenersi.
Prendo atto che la deputata Gatti ha segnalato di essersi erroneamente astenuta mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Prendo infine atto che la deputata Codurelli ha segnalato di aver espresso il proprio voto in modo erroneo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno La Malfa n. 9/1519/6, accettato dal Governo. Prendo altresì atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno La Loggia n. 9/1519/7, accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno La Loggia n. 9/1519/7, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 517
Votanti 472
Astenuti 45
Maggioranza 237
Hanno votato sì 465
Hanno votato no 7).
Prendo atto che le deputate Gatti e Pollastrini hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto contrario e che il deputato Misiti non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Prendo altresì atto che i deputati Samperi, Livia Turco, Concia, Ceccuzzi, Cuperlo, Rossomando, Zucchi, Amici, Giachetti, Marco Carra e Mariani hanno segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbero voluto esprimerne uno contrario.
Prendo atto che i deputati Sereni, Motta, Damiano, Siragusa e Madia hanno segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbero voluto astenersi.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Garagnani n. 9/1519/8 e Bertolini n. 9/1519/9, accettati dal Governo. Prendo altresì atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Froner n. 9/1519/10, accettato dal Governo. Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Leoluca Orlando n. 9/1519/11, non accettato dal Governo.
FEDERICO PALOMBA. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione. Avevo posto un quesito al Ministro e gradirei che mi rispondesse anche in un minuto.
PRESIDENTE. Onorevole Palomba, ove il Ministro ritenga di farlo.
FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Signor Presidente, non mi sottraggo certo al quesito dell'onorevole Palomba. So perfettamente che lei, onorevole, non propone di cambiare il Trattato, ma che propone un'autolimitazione del Governo italiano.
Il Governo non condivide il fatto che l'autolimitazione debba riguardare soltanto ex giudici della Corte costituzionale o primi presidenti o procuratori generali della Corte di Cassazione, e non ad esempio avvocati o professori universitari di indubbia indipendenza. Questa è la ragione per la quale esprimo parere contrario: è riferita alla caratteristica dell'autolimitazione.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.Pag. 19
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Leoluca Orlando n. 9/1519/11, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 529
Votanti 386
Astenuti 143
Maggioranza 194
Hanno votato sì 70
Hanno votato no 316).
Prendo atto che la deputata Livia Turco ha segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.
Prendo atto che i deputati Pollastrini, Samperi, Concia, Ceccuzzi, Cuperlo e Rossomando hanno segnalato di essersi erroneamente astenuti mentre avrebbero voluto esprimere voto contrario.
Prendo atto che la deputata De Pasquale ha segnalato di aver erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Onorevole Razzi, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1519/12, accettato dal Governo?
ANTONIO RAZZI. Signor Presidente, desidero ringraziare il Governo per aver accettato il mio ordine del giorno e desidero inoltre ringraziare tutti i parlamentari che voteranno a favore, poiché l'atto a mia firma riguarda 2 milioni 100 mila cittadini italiani che si trovano in Europa. Considerato che lo sport unisce, credo sia cosa giusta che i parlamentari esprimano un voto favorevole.
PRESIDENTE. Dunque, insiste per la votazione?
ANTONIO RAZZI. Sì, signor Presidente.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Razzi n. 9/1519/12, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Vedi votazioni).
(Presenti 488
Votanti 452
Astenuti 36
Maggioranza 227
Hanno votato sì 386
Hanno votato no 66).
Prendo atto che i deputati Portas e Scelli hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato Del Tenno ha segnalato che non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Prendo atto che le deputate Laura Molteni e Rivolta hanno segnalato di aver erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbero voluto esprimerne uno favorevole.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Cota n. 9/1519/13, accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Cota n. 9/1519/13, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 527
Votanti 515
Astenuti 12
Maggioranza 258
Hanno votato sì 298
Hanno votato no 217).Pag. 20
Prendo atto che la deputata Ravetto ha segnalato di aver erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Costantini n. 9/1519/14, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Costantini n. 9/1519/14, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 512
Votanti 322
Astenuti 190
Maggioranza 162
Hanno votato sì 46
Hanno votato no 276).
Prendo atto che la deputata Maria Rosaria Rossi ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario.
Prendo atto che l'onorevole Garavini non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1519/15, accolto come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto che l'onorevole Maran non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1519/16, accettato dal Governo.
Onorevole Touadi, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1519/17, accolto come raccomandazione dal Governo?
JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, come detto dal capogruppo, non insisto per la votazione. Desidero però far riflettere il Governo sul fatto che la procura europea è uno strumento cui dobbiamo mirare, tanto più in considerazione del fatto che oramai, oltre all'economia, è dovuto globale anche il crimine in settori come la tratta di persone, la prostituzione, la droga. Ma se anche il crimine è divenuto internazionale ed europeo, è evidente la necessità del rafforzamento della cooperazione fra le procure, ovviamente tenendo conto delle culture giuridiche e penali di ciascun Paese. La procura europea è insomma uno punto di arrivo e non vedo come si possa negare la necessità della cooperazione in materia criminale. Desideravo dunque solo rammentare al Governo questa necessità, che fra l'altro è stata esplicitata dallo stesso Governo in altre sedi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Zampa n. 9/1519/18 e Gozi n. 9/1519/19, accettati dal Governo.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1519)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ricordo che è stata disposta la ripresa televisiva diretta delle dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Melchiorre, alla quale ricordo che ha tre minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che ci accingiamo a votare prevede la ratifica e l'esecuzione da parte del nostro Paese del Trattato di Lisbona, firmato nella capitale portoghese il 13 dicembre scorso, che modifica il Trattato sull'Unione europea e il Trattato che istituisce la Comunità europea.
Abbiamo ancora impresso nella nostra memoria l'esito del referendum irlandese dello scorso 12 giugno sul medesimo Trattato che oggi ci accingiamo a ratificare. Una battuta d'arresto che ha senza dubbio rappresentato, per tutti gli europeisti, unPag. 21contraccolpo psicologico di estremo rilievo e di non facile lettura, in considerazione dell'eterogeneità degli elementi che hanno determinato tale bocciatura, ma anche in virtù dello strumento referendario utilizzato che ad avviso di noi Liberal Democratici non era e non è in grado di cogliere e valutare la complessità dei provvedimenti di questo genere.
È innegabile che quanto è avvenuto in Irlanda abbia riportato delle nubi inquietanti nel complesso ma inesorabile percorso di integrazione europea, ma è altresì vero che la costruzione di un'Europa più forte, più coesa e soprattutto più veloce ed efficiente nei propri processi decisionali passa, senz'altro, attraverso la ratifica ed esecuzione del Trattato di Lisbona.
La soluzione tecnica adottata è stata, come è evidente, frutto anch'essa di un compromesso non orientandosi su di un testo nuovo e sostitutivo dei precedenti Trattati vigenti, ma operando attraverso il metodo dell'emendamento ad essi, concentrando i diritti fondamentali, i diritti dei singoli cittadini e le istituzioni nel Trattato sull'Unione europea ove si riprendono, nella sostanza, i contenuti della Costituzione europea. Ovviamente in questa sede si è dovuto, purtroppo, rinunciare a quel lessico costituzionale adottato dal Trattato di Roma dell'ottobre 2004 e successivamente approvato da questo Parlamento nell'aprile dell'anno successivo a larga maggioranza.
Tra gli innumerevoli aspetti di novità previsti dal Trattato dobbiamo rilevare il significato tecnico politico della nuova figura dell'Alto rappresentante dell'Unione per la politica estera e di sicurezza comune che, pur permanendo il pesante vincolo dell'unanimità sulla politica estera e di difesa, diviene senza dubbio strumento prezioso, affinché l'Unione europea possa finalmente avere una voce unica sui principali dossier internazionali, come purtroppo non è avvenuto nei Balcani prima e non sta avvenendo, oggi, in Kosovo o nel continente africano.
Indubbiamente noi, Liberal Democratici, non possiamo che rammaricarci che la Carta dei diritti fondamentali non sia stata inclusa nel corpo del Trattato, com'era stato previsto a Roma all'atto della sigla del Trattato costituzionale del 2004. Tuttavia, dobbiamo comunque rilevare l'importanza che ad essa sia stato attribuito un esplicito riconoscimento di valore giuridico.
Voglio esprimere un'ulteriore considerazione. Negli ultimi anni il dibattito sull'Unione europea è stato sì opportunamente incentrato sui temi legati all'allargamento, ma crediamo che siano state perse delle occasioni per spiegare l'Europa e il funzionamento di essa agli europei, in linea con l'intenso lavoro di divulgazione degli ideali e dei valori insiti nella grandezza del progetto.
In conclusione, signor Presidente, onorevoli colleghi, noi Liberal Democratici, in continuità con la nostra tradizione di rispetto e di fiducia delle istituzioni democratiche europee, ci auguriamo che il processo di costituzione europeo riprenda con rinnovato slancio e determinazione. Preannunzio, pertanto, il voto favorevole del gruppo Misto-Liberal Democratici-Repubblicani al presente provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Liberal Democratici-Repubblicani e Misto-Movimento per l'Autonomia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nicco. Ne ha facoltà, per tre minuti.
ROBERTO ROLANDO NICCO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, le minoranze linguistiche, Valle d'Aosta e Sudtirolo, per la loro collocazione geopolitica nel cuore delle Alpi, quasi a far da ponte tra popoli e Stati situati al di qua e al di là della catena alpina, hanno sempre guardato con grande interesse alla costruzione di una comunità europea. Tuttavia avremmo voluto, sin dall'inizio, un'Europa meno economico-commerciale e più politica, sulla scorta di quei progetti che pure erano stati discussi nell'immediato dopoguerra, a partire dalla federazione europea di Robert Schuman. Invece, è stata un'altra la strada seguita: un «gigante economico» e un «nano politico», come si è detto più volte.
Pag. 22PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 11,35)
ROBERTO ROLANDO NICCO. E allora patto di stabilità, Banca Centrale europea, euro, ma pochi e deboli passi sul piano delle istituzioni di una politica estera e di difesa comuni.
Abbiamo assistito ad un'Europa spesso inutilmente invasiva, con le sue direttive volte a regolamentare anche nei dettagli la vita dei cittadini, a livellare, uniformare e piallare ogni cosa; un'Europa allargatasi forse troppo rapidamente sotto la spinta di esigenze politiche contingenti, prima di avere trovato la necessaria coesione interna; un'Europa che non è mai entrata pienamente nel cuore dei cittadini europei, troppo tecnocratica ed elitaria.
Le vicende del Trattato di cui oggi si discute la ratifica, del percorso attraverso il quale è stato redatto e posto in discussione, ne sono un esempio evidente. Altra cosa sarebbe stata una Costituente europea eletta direttamente dai cittadini che redigesse una proposta di Costituzione da sottoporre poi al referendum contemporaneamente in tutti i Paesi aderenti con un coinvolgimento diretto dei cittadini.
Siamo, invece, qui, nel chiuso di quest'Aula quasi per un atto dovuto ad approvare un testo già di per sé non propriamente esaltante, forse eccessivamente prolisso, talvolta ripetitivo e con qualche definizione quanto meno singolare, un testo certo con qualche riferimento anche importante, ma ancora timido rispetto a temi per noi rilevanti sul ruolo delle regioni, delle autonomie, delle minoranze e alle specifiche condizioni delle aree montane all'articolo 158.
Molto si è discusso in questi mesi sulle radici giudaico-cristiane o meno dell'Europa, tema su cui già altri, e con cognizione di causa, a partire da Federico Chabod nella sua Storia dell'idea di Europa si erano positivamente cimentati. L'Europa forma nelle sue parole un quid a sé, proprio per le caratteristiche del suo modo di pensare e di sentire e dei suoi sistemi filosofici e politici, un'Europa come individualità storica, frutto del sovrapporsi alla res publica cristiana medievale dell'umanesimo erasmiano e dell'illuministica republique littéraire di Voltaire fino alla rivalutazione della personalità della singole parti di Rousseau, temi appassionanti..
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ROBERTO ROLANDO NICCO. ..ma forse meglio sarebbe stato in questa fase lasciarli agli studiosi e affrontare questioni più pragmatiche, ma certo più urgenti, come il nuovo assetto istituzionale.
Concludo, signor Presidente, dicendo che abbiamo la consapevolezza che si tratti di un passo necessario per tenere aperta una prospettiva europeista, ma lontanissimo ancora da quelle aspettative che erano state poste fin dal «manifesto per un'Europa libera e unita» noto come «manifesto di Ventotene».
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Milo. Ne ha facoltà, per sei minuti. Pregherei i colleghi di evitare il brusio, grazie.
ANTONIO MILO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, dopo un tormentato cammino arriva oggi alla decisione finale del Parlamento italiano il Trattato di Lisbona. L'Italia aveva a suo tempo ratificato il Trattato sull'Unione europea firmato a Roma, dopo una gestazione che aveva visto caratteri innovativi quali la presenza e il ruolo di un organismo rappresentativo dei Parlamenti nazionali, a cui avevamo dato un contributo decisivo, basti pensare agli interventi dell'onorevole Giuliano Amato e del Presidente Gianfranco Fini.
Come voi ricorderete i referendum francese e olandese bloccarono il processo di ratifica e portarono al fallimento il Trattato. Come in altri momenti della storia della costituzione europea che avevano visto altre battute di arresto abbiamo cercato di superare anche le conseguenze dei due referendum. Ci siamo riusciti e siamo arrivati al Trattato di Lisbona che, oggi, dobbiamo ratificare.Pag. 23
Certamente ci sono passi indietro nella costruzione dell'Unione politica e alcuni elementi di grande novità presenti nel Trattato sull'Unione si sono persi ma, nonostante questo, il Trattato è assolutamente indispensabile per governare l'Unione a ventisette e per avviare quei meccanismi che devono portare l'Europa ad avere sulla scena internazionale una voce e una posizione comune.
Questo è un dato a cui non si poteva rinunciare e per il quale dovremo continuare a lottare per arrivare a quel sogno europeo essenziale dei nuovi equilibri geopolitici del mondo. L'Unione europea non è mai stata, nel disegno dei padri fondatori, l'Europa dei mercanti, ma una comunità di Stati liberi capace di giocare il ruolo determinante nell'equilibrio, ieri bipolare, oggi multipolare, del mondo.
I momenti più alti della storia dell'Europa sono stati proprio quelli in cui siamo riusciti ad esercitare un ruolo e ad avere un peso positivo per la soluzione dei gravi conflitti, specie nell'area mediorientale. Ricordo per tutti il vertice di Venezia, nel corso del quale l'Europa indicò nell'intesa tra lo Stato ebraico e l'organizzazione per la liberazione della Palestina la strada obbligata per la pace. Poi la voce dell'Europa si è affievolita e abbiamo assistito, negli ultimi anni, a divaricazioni tra gli Stati membri dell'Unione, che certamente non hanno facilitato il cammino della pace.
Un Movimento autonomista come il nostro è fortemente europeista e si batte con grande forza affinché le autonomie delle comunità locali siano, nel contesto del mondo globale, coperte nell'Unione europea.
Noi ci battiamo affinché nei nuovi equilibri globali che si vanno delineando cresca il peso dell'Europa, perché stiamo sperimentando cosa sarebbero i nostri mercati se non fossimo protetti da una moneta unica e da un mercato unico. Certamente dobbiamo fare altri passi.
Nella copiosità del testo, è dato leggere che il Trattato consolida il sistema di coesione economica, sociale e territoriale dell'Unione. Per la prima volta il principio della coesione territoriale figura, infatti, tra gli obiettivi dell'Unione economica europea rafforzando il ruolo delle regioni nella definizione del principio di sussidiarietà.
Ad esempio, l'Italia ha insistito affinché nella riforma del Consiglio di sicurezza dell'ONU vi fosse un seggio per l'Europa. Purtroppo, interessi nazionali miopi cercano di prevalere non rendendosi conto del cambiamento globale e della necessità di unione. Certamente ci sono aspetti organizzativi e funzionali dell'Unione che non ci piacciono: troppe minute regolamentazioni e poche grandi strategie. Parlo dell'energia, dei trasporti, della ricerca e delle nuove dimensioni europee delle imprese. Ma per queste cose potremmo batterci meglio all'interno di una costruzione forte, che non nella debolezza decisionale dell'attuale assetto fra l'altro ricca di un deficit democratico.
Lasciatemi fare un'ultima sottolineatura. Il nostro è un movimento che ha radici politiche e culturali in Sturzo e De Gasperi, padri fondatori dell'Europa. Quando questo Parlamento ratificò i Trattati di Roma nel lontano 1957, il voto favorevole venne da una limitata maggioranza e gli stessi operatori economici nutrivano riserve e preoccupazioni. Oggi la situazione si è capovolta: è il Parlamento nella sua totalità che dà un voto favorevole al Trattato di Lisbona.
Ciò sta a dimostrare che in politica occorre lungimiranza e soprattutto coraggio. I grandi statisti si misurano con questo metro, specie quando sanno affrontare anche l'impopolarità. Per questo diamo il parere favorevole al Trattato, anche perché vorremmo che l'Europa tornasse a quello spirito e a quel coraggio. Ciò, infatti, è oggi essenziale per la pace e la difesa della nostra crescita economica, civile e politica in un mondo così cambiato rispetto a quel lontano 1957 (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoluca Orlando. Ne ha facoltà, per dieci minuti.
LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, signor Ministro, signori rappresentanti del Governo, siamo chiamati a ratificare il Trattato di Lisbona e, ancora una volta, in quest'Aula parlamentare riecheggiano le parole di un dizionario un po' stantio dell'Europa. Ma non è certamente colpa nostra se siamo costretti ad utilizzare le stesse parole ogni volta che si parla di Europa. Così si sente parlare - come il Ministro ha ricordato - di un'Europa che è un «nano politico», ma che al tempo stesso è un «gigante economico». Si sente parlare, come se fossero due categorie destinate ad un contrasto permanente, di burocrati e di banchieri. Si sente parlare ancora una volta di un'identità che deve essere salvaguardata, ma anche di sovranità che debbono essere limitate. Si sente parlare di un'Europa che è il passato e di un'Europa che è il futuro.
La realtà vera è che probabilmente tutti noi - non mi riferisco certamente a chi sta parlando o a chi mi sta ascoltando - europei (quindi, compresi noi che stiamo parlando e ascoltando) non abbiamo compreso l'enorme potenzialità di questa straordinaria profezia. Non abbiamo cioè compreso come, per la prima volta nella storia dell'umanità, si registra un'unione che non si fonda sullo stantio - questo sì - rapporto di una maggioranza che rispetta l'opposizione o di una maggioranza che mortifica la minoranza. Siamo in presenza di una straordinaria ipotesi di organizzazione di ventisette Stati che costituisce un'unione di minoranze.
Spesso dal dibattito si ha la sensazione che non siamo consapevoli del fatto che l'Europa è un'unione di minoranze. Allora cerchiamo di invocare quasi una sorta di privilegio. Vogliamo ricordare con molta forza che neanche i tedeschi, i francesi, i cristiani, i musulmani e gli atei sono maggioranza. La forza dell'Europa è questa straordinaria capacità. Sono convinto del fatto che l'ispirazione di questa forza è la straordinaria capacità (che è valore proprio del cristianesimo) di non pensare che l'Europa sia una maggioranza che rispetta una minoranza, ma è un'unione di minoranze.
Da questo punto di vista io credo che o l'Europa ha una visione o non ha motivo di essere: l'Europa non può più essere soltanto la visione che era prima del 1989, prima del 9 novembre di quell'anno, quando cadde il muro di Berlino, perché la realtà globale costringe anche l'Europa a rivedere il proprio ruolo e le proprie condizioni. Di fronte alla grandezza di questa prospettiva, l'1 per cento degli europei che dicono «no» in Irlanda crea il panico e qualcuno cerca di liberarsi da questa preoccupazione dicendo «ma stiamo parlando degli irlandesi che sono soltanto l'1 per cento della popolazione». No, il segnale di allarme è ben più grande, se è vero come è vero che qualche anno fa anche i francesi e gli olandesi hanno manifestato perplessità e hanno detto «no» ad un percorso che pure sembrava condiviso da tutti.
Allora il tema vero è se, come diceva il Ministro Frattini cercando di esorcizzare le preoccupazioni del «no» irlandese, avremo le capacità di rovesciare il tavolo. Avremo, cioè, la capacità di far sì che l'Europa sia vissuta con quell'entusiasmo che si possa comunicare? Se questo è il tema, la risposta non è in questo Trattato. Questo è uno dei tanti possibili trattati, purtroppo è così.
Il professor Giuliano Amato, in un'audizione in III Commissione, diceva una cosa estremamente importante: questo Trattato è un film in bianco e nero, è compito della politica dare i colori a questo Trattato, dare anima e senso alle norme giuridiche. Non possiamo pensare che siano regole contenute in un trattato a dare un'anima a questa scommessa; ed è per questo che bisogna superare il vizio di origine di questo Trattato e dell'intero processo dell'integrazione europea. Il processo di integrazione europea nasce come un'intuizione di Stati, non di popoli. C'è una differenza enorme tra questo percorso e quello della Costituzione americana, perchéPag. 25nella Costituzione americana, ancorché fossero inizialmente tredici Stati, si ebbe la possibilità di scrivere «We the people», mentre se noi dovessimo scrivere le prime parole di questo Trattato dovremmo scrivere «We the States», perché di fatto sono ancora gli Stati i soggetti protagonisti di questo percorso.
Pertanto c'è un deficit democratico nella nostra Costituzione europea, nel Trattato europeo, che nasce dal fatto che sono gli Stati a proporlo, non i popoli ad averlo accettato, e sono Stati timorosi di qualificarsi come popolo europeo, perché anche gli Stati potrebbero farlo, come fecero i tredici Stati dell'esperienza nordamericana, qualificandosi popolo ancorché probabilmente popolo non erano.
Credo che questa sia la sfida ed è per questo che credo necessario e doveroso votare a favorevole, ma non limitarsi a questo voto. Bisogna chiedersi cosa abbiamo fatto ieri e cosa faremo domani, signor Ministro, perché non si verifichi una situazione di distacco dei cittadini rispetto al processo di integrazione europea, perché se ciò accade, non dobbiamo stupirci poi di dover essere costretti ad un brusco risveglio all'indomani di un referendum che, contrariamente a tutte le aspettative, dice «no» piuttosto che «sì». I contabili dell'Unione europea erano sicuri che l'Irlanda avrebbe detto «sì», dato che ha avuto tutti i vantaggi possibili e immaginabili; se c'è uno Stato in Europa che ha avuto i maggiori vantaggi dall'integrazione europea questo è l'Irlanda, che li ha anche saputi utilizzare, quindi non soltanto ha avuto l'opportunità ma anche la capacità di utilizzarli. In tal modo ha dimostrato di essere autenticamente europea, anche nel suo gruppo dirigente. Tuttavia interrogato, il popolo risponde «no».
Credo che su questo bisogna riflettere ed è per questo che bisogna pensare ad un'organizzazione europea della politica, ad un'organizzazione europea del modo di comportarsi, dei sindacati stessi, bisogna confrontarsi con la sfida della globalità che ha cambiato radicalmente tutto, perché è finito il comodo e rassicurante trincerarsi dentro uno dei due schieramenti. Oggi, con la caduta del muro di Berlino, non ci sono più schieramenti contrapposti; stiamo assistendo dopo la caduta del muro di Berlino alla nascita di due espressioni e di due prospettive: la prima è la dimensione globale; nell'economia e nella politica fino a novembre 1989 il globale non esisteva, esisteva nella scienza e nella religione, ma certamente non nella politica e nell'economia.
Con la caduta del muro di Berlino abbiamo assistito all'esplosione di due concetti: il globale e le identità. Noi siamo abituati oramai a far riferimento continuo alle singole identità, cosa che prima del novembre 1989 non si faceva, se è vero come è vero che prima di essere italiani eravamo del blocco occidentale e prima di essere rumeni eravamo del blocco contrapposto. Oggi invece esplodono queste identità che bisogna in qualche modo governare.
Allora come accompagnare il convinto voto dell'Italia dei Valori, del nostro partito, del nostro gruppo parlamentare? Così come al Senato, anche alla Camera l'Italia dei Valori si riconosce pienamente in questo Trattato, lo vota convintamente, ma con un rammarico, signor Ministro, quello che non sia stato colto fino in fondo il senso di qualche emendamento.
Noi volevamo in qualche modo mandare un messaggio, vale a dire che nello scegliere i giudici della Corte di giustizia dell'Unione europea si facesse riferimento a qualcosa che assomigliasse ad un concorso, perché in Italia magistrati si diventa per concorso. Dunque, volevamo evitare che diventare magistrati in sede europea fosse possibile senza passare attraverso un concorso, ossia una qualificazione professionale. Per dovere di completezza, ricordo che nel nostro emendamento avevamo indicato non soltanto gli ex giudici della Corte costituzionale - categoria che comprende, come è noto, anche avvocati e professori universitari, non soltanto magistrati - ma anche i presidenti emeriti e i procuratori generali emeriti della Corte di cassazione e, al tempo stesso, avevamo aggiunto anche magistrati di cassazione di comprovata capacità professionale chePag. 26avessero esperienza in materia internazionale. Quindi, la platea era vastissima, ma al Governo è sembrato di dover non accettare questo invito. Ci auguriamo che nella scelta dei rappresentanti nella Corte di giustizia si tenga presente lo spirito della nostra raccomandazione, vale a dire che vi sia una qualificazione professionale di coloro che andranno a rappresentare la nostra realtà.
Vorrei concludere con un invito: non lasciamoci prendere dai luoghi comuni quando parliamo di Europa. Per questo voglio muovere, al tempo stesso, una censura e un apprezzamento alle posizioni della Lega. Essa ha espresso delle posizioni che non condivido affatto, e ha poi concluso dicendo che votava a favore. Io ringrazio la Lega, perché ci consente di dibattere: non c'è dubbio, infatti, che dietro le posizioni che noi stiamo assumendo, e assumiamo, vi siano degli aspetti che vanno chiariti. Voi cercate di chiarirli in un modo che non condivido, ma vi ringrazio, perché ci costringete a chiarire le nostre posizioni, che diversamente sarebbero oggetto soltanto di un luogo comune.
Voglio anche dire che occorre avere rispetto per le istituzioni europee. Le istituzioni europee adottano atti formali - lo voglio ricordare - perché l'Europa non è una sorta di salotto dove ogni tanto qualche stravagante decide qualcosa. Noi abbiamo deciso, con la nostra Carta costituzionale...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
LEOLUCA ORLANDO. ... di accettare riduzioni di sovranità; pertanto, l'invito rivolto a tutti noi, con il quale voglio concludere il mio intervento preannunciando il voto favorevole, è di rispettare le decisioni e le indicazioni degli organismi europei. È troppo comodo e facile dire che siamo europeisti e poi, di fronte ad atti formali della Corte di giustizia, piuttosto che della Commissione europea, trincerarci dietro al: «sì, va bene, ma l'Europa è un'altra cosa». No, noi siamo Europa, l'Italia è Europa e deve rispettare le indicazioni europee anche quando sono... (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Leoluca Orlando.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà, per dieci minuti.
ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro degli affari esteri, l'UdC, partito erede della grande tradizione europeista di Alcide De Gasperi e dei democratici cristiani, saluta con gioia l'approvazione del Trattato di Lisbona. È un passo in avanti verso quell'Unione sempre più stretta che è il punto di arrivo desiderato da tutti gli europeisti. L'approvazione del Trattato è un segno di speranza in un momento, peraltro, in cui nuvole nere si accumulano sull'orizzonte nel nostro futuro.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 11,55)
ROCCO BUTTIGLIONE. Qualche anno prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale, un grande storico olandese, Johan Huizinga, ha scritto un libretto profetico con il titolo: Nelle ombre del domani; forse un simile libro potrebbe essere scritto anche oggi. Approvando questo Trattato noi, invece, vogliamo affermare la nostra fiducia nel progetto europeo, come strumento per orientare il futuro, guidare la globalizzazione e scongiurare le ombre del domani.
Le ombre si addensano sull'Unione europea. I popoli della Francia e dell'Olanda in un referendum democratico hanno rigettato il progetto di Costituzione europea; lo strumento che noi oggi approviamo non è una Costituzione, è un Trattato.
È mancata fino ad oggi una riflessione sulle ragioni per cui la Costituzione è stata rifiutata. Mi si permetta di formulare un'ipotesi. Proprio nel momento in cui in qualche modo perfino Jürgen Habermas riconosce l'insufficienza del modello del Verfassungs patriotismus, ovvero il patriottismoPag. 27della Costituzione, questo sembra essere il modello sotteso al vecchio progetto di Costituzione.
Si parla spesso di Europa dei cittadini ed è giusto, ma anche sbagliato, in quanto non considera il ruolo della famiglia, delle comunità intermedie, della nazione e dei popoli che costituiscono l'Europa. Potrebbe dare l'idea di una massa di individui isolati e uniti solo dal riconoscimento di un ordine giuridico che protegge la convivenza degli interessi individuali, e gli individui isolati vengono poi gestiti da una burocrazia. Un'Europa di cittadini atomizzati è il corrispettivo dell'Europa delle burocrazie.
Credo che oggi dovremmo cominciare a parlare di un'Europa dei popoli e dei cittadini. Siamo europei perché apparteniamo ad una storia e a una tradizione nazionale e le nostre nazioni convergono nell'Europa perché hanno una storia ed una radice comune. A questo richiamava Giovanni Paolo II quando chiedeva che nella Costituzione fossero riconosciute le radici culturali dell'Europa e tra esse le radici cristiane. Questa domanda non è stata accolta, e la Costituzione è stata bocciata.
Il Trattato di Lisbona tira fuori il carro dell'Europa dal fosso in cui era andato a finire, però non risolve il problema della Costituzione. Adesso dobbiamo arrivare alla piena implementazione del Trattato di Lisbona, trovando un modo di superare l'opposizione emersa con il referendum irlandese, e proprio questo può aiutare a superare l'ostacolo irlandese e le difficoltà che vi sono in Germania, in Polonia e nella Repubblica Ceca.
Contemporaneamente bisogna avviare una discussione sull'identità dell'Europa. Solo partendo dal riconoscimento di un'identità comune e di una comune missione nel mondo nasce una Costituzione. Questo rimane per noi un compito da perseguire, ed è un compito difficile. Helmut Kohl, il cancelliere della riunificazione, ammoniva sulla necessità di realizzare l'approfondimento dell'Unione prima del suo allargamento. Approfondire dopo aver allargato è molto più difficile, eppure necessario. Ugualmente necessario è dare dei confini all'Europa. Il voto contro la Costituzione è stato in larga misura il voto contro un'Europa senza confini, e un'Europa senza confini necessariamente e al tempo stesso è senza identità. Vorrei dare un suggerimento al Governo: dopo la Croazia, che è un Paese sicuramente europeo, per un poco basta con gli allargamenti; una moratoria, soprattutto per i Paesi che vanno oltre i confini geografici e culturali dell'Europa (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
Accanto ad una forte sottolineatura delle radici e dei popoli, la futura Costituzione europea deve mettere al centro, come già accade nel Trattato di Lisbona, peraltro, il principio di sussidiarietà. Dobbiamo avere il coraggio di «comunitarizzare» alcuni ambiti e alcuni compiti che possono essere svolti in modo efficace solo a livello europeo. Il Ministro degli esteri ricordava la difesa e la politica estera, anche se su di essi gli Stati nazionali sono inutilmente gelosi. Dobbiamo avere il coraggio di restituire alla decisione nazionale, e talvolta addirittura a quella regionale, molti ambiti che possono meglio essere regolati a livello locale e che oggi gonfiano una burocrazia oppressiva e talvolta ottusa.
Il problema della burocratizzazione dell'Unione c'è ed è grave. Esso è una conseguenza della depoliticizzazione dell'Europa. In Europa muore la politica, perché la sovranità dei singoli Stati appassisce, mentre quella dell'Europa non riesce a fiorire. La sovranità dei singoli Stati appassisce non per colpa della burocrazia europea, ma perché la dimensione dell'esercizio della sovranità nel secolo XXI è quella continentale. Già nel secolo passato si impongono come superpotenze gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica, ovvero due Stati continentali, mentre oggi si aggiungono l'India, la Cina e forse il Brasile. L'Unione europea, invece, rimane un mercato senza Stato. La sovranità perduta dai singoli Stati non viene guadagnata dall'Unione. Vi è una Banca centrale europea che si occupa della stabilità dei prezzi, e fa bene ad occuparsene.Pag. 28
Non c'è, però, un Ministro europeo dell'economia che definisca una politica europea di sviluppo attraverso una manovra di bilancio europea. È in questo vuoto che passa il potere della burocrazia e, talvolta, un liberismo esagerato. Abbiamo bisogno di una comune politica economica e di bilancio per poter guidare la globalizzazione.
Gli avvenimenti degli ultimi mesi mostrano che gli Stati Uniti, da soli, non sono in grado di funzionare come locomotiva dell'economia mondiale. Russa, India e Cina sono ancora troppo deboli per poter affiancare gli Stati Uniti in questo ruolo. L'Europa ha le dimensioni e la forza economica per farlo, ma le manca la capacità di decisione politica. Un poeta polacco, Jan Lechon, ha scritto una poesia che recita: «Non c'è cielo né inferno, né vette né abissi. C'è solo Beatrice e proprio lei non c'è». Noi potremmo dire: non ci sono né Stati Uniti né Unione Sovietica, né India né Cina, c'è solo l'Europa, e proprio l'Europa non c'è.
In questi ambiti abbiamo urgentemente bisogno di più Europa; in altri abbiamo bisogno di più sussidiarietà, che non vuol dire meno Europa, perché anche noi - i Parlamenti nazionali - siamo Europa. In altri ambiti ancora bisogna confermare la ripartizione delle competenze già esistente, difendendola, peraltro, contro i tentativi di alcuni organi dell'Unione di uscire dall'ambito loro indicato dai Trattati. Non fa il bene dell'Unione il Parlamento europeo, quando dà l'impressione di voler insegnare ai Parlamenti nazionali cosa devono fare in materia di matrimonio o di diritto di famiglia.
Ho ascoltato con piacere l'onorevole Gozi, che ci dice che non esiste dubbio sul fatto che il diritto di famiglia è competenza nazionale. Vorrei ricordargli che questo non è il parere di molti suoi colleghi del Parlamento europeo - anche eletti in Italia - e che qualcuno in quest'Aula ha dovuto pagare un prezzo elevato per aver detto esattamente queste cose nella sede del Parlamento europeo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Lega Nord Padania).
L'ordine del giorno Casini n. 9/1519/4 conferma molto opportunamente il fatto indubitabile che, sulla base dei Trattati, il diritto di famiglia rimane competenza esclusiva degli Stati membri. Non vi è nulla, nella Carta dei diritti, che impegni l'Italia a cambiare la sua nozione di matrimonio e di famiglia. Non c'è e non può esserci, perché, secondo una dottrina consolidata - confermata a suo tempo autorevolmente dal Presidente Ciampi - mentre il diritto comunitario prevale sul diritto nazionale, i principi costituzionali nazionali prevalgono anche sul diritto comunitario. Anche se ci fosse, non potrebbe esserci, però non c'è. Le ambiguità che interventi impropri del Parlamento europeo hanno creato in questo ambito hanno avuto un ruolo non secondario nel fallimento di tre referendum (francese, olandese e irlandese) e nelle perplessità espresse dalla Corte costituzionale tedesca e dal Presidente della Repubblica polacca.
Signor Presidente, mi consenta ancora un'osservazione. Vi sono altre nubi che si addensano su un orizzonte più vasto. Il fallimento del negoziato di Doha non può non preoccupare profondamente una classe dirigente responsabile. L'epoca della globalizzazione sembra avviarsi al termine e sembra rinascere l'epoca di blocchi commerciali chiusi, che pretendono di assicurare il futuro dei loro popoli non competendo liberamente sul mercato, ma attraverso il potere della politica, dietro il quale già si intravede la forza delle armi. Questo è il percorso che ci ha portati due volte alle guerre mondiali.
L'Unione europea nasce con il motto: mai più guerra. Questo motto rimane attuale, perché la guerra è innaturale nella vita degli uomini. È la pace che è il risultato di un'intelligenza politica e di un impegno politico. Qui vi è un'idea della politica: politica come capacità di unire gli uomini per un bene comune.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
Pag. 29ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, mi lasci concludere dicendo che questa politica è quella contenuta anche nel nostro inno nazionale europeo, ed è legata ad una profonda idea cristiana. L'inno alla gioia di Schiller, il nostro inno nazionale europeo, recita: «fratelli, oltre la volta stellata del cielo ci deve essere un Padre che ci ama» (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e di deputati del Partito Democratico - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dozzo. Ne ha facoltà.
GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, ci accingiamo oggi ad esprimere un voto sul Trattato firmato nel dicembre scorso a Lisbona. Il nostro giudizio su questo Trattato è fatto di luci ed ombre. L'ingresso, a nostro parere troppo affrettato e mal ponderato, di 12 nuovi Paesi negli ultimi tre anni e mezzo ha pressoché raddoppiato i partecipanti ai processi decisionali senza le adeguate rappresentanze e i meccanismi di voto.
Oggi l'Unione europea è ancora basata su quanto prevedeva il Trattato di Nizza del 2001, ma da allora l'Europa è stata investita da cambiamenti interni ed esterni che hanno mutato profondamente il quadro di riferimento.
Nessuno in questo Paese più della Lega Nord poteva desiderare di arrivare ad una vera riforma dell'Unione europea. Il punto è che vi sono state occasioni di cambiamento; si è riflettuto, dibattuto, elaborato testi e proposte, ma il risultato cui siamo giunti è deludente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Eravamo già profondamente delusi della cosiddetta Costituzione europea che, invece di essere un momento fondante della nuova Europa, un momento costituente di un progetto europeo su nuove basi, non ha fatto altro che cristallizzare l'esistente, con una sovrastruttura elefantiaca e macchinosa, priva di una base identitaria e valoriale.
Noi della Lega non ci siamo affatto stupiti, a differenza di molti altri, che la Francia prima e l'Olanda dopo - e chissà quanti altri popoli europei l'avrebbero fatto se avessero potuto votare - hanno respinto con forza il testo della Costituzione.
All'indomani della bocciatura del 2005, tutti gli analisti hanno detto a gran voce quello che noi ripetiamo da sempre: la gente non ama e non capisce questa Unione europea. Questa è la vera questione. I Trattati, compreso questo che ci accingiamo a ratificare, sono illeggibili, perché sono la trasposizione su carta di una struttura a sua volta incomprensibile. Il vero «Governo» dell'Europa, lo dico tra virgolette, cioè la Commissione europea, non ha alcun riscontro popolare; non è soggetta ad alcun appoggio popolare né parlamentare vero. È un organismo di tecnici lontani e sordi dei popoli europei.
Sfido molti, non solo fra i cittadini, ma anche all'interno di quest'Aula, a dirmi nome e cognome, per esempio, del Commissario europeo all'agricoltura oppure di quello alle relazioni esterne. I cittadini non sanno neanche chi siano (non si vedono mai). Eppure, sono quelli che definiscono il quadro di norme, di obblighi e di divieti, che poi condizionano in maniera molto pesante la vita di ognuno di noi. Guarda caso il legislatore nazionale, eletto dal popolo, il più delle volte, non può nemmeno intervenire. Questa è la situazione che ci troviamo in Europa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Le istituzioni di Bruxelles hanno creato da tempo un'ulteriore sovrastruttura centralista, basata sulle parole d'ordine: libero commercio e globalizzazione, senza capire in fondo la realtà di tante regioni e di tanti popoli dell'Europa, creando a volte danni enormi in conseguenza dell'applicazione di teorie economiche senz'anima.
Da tempo, è evidente il fallimento della politica agricola comunitaria, che ha destrutturato i tradizionali metodi produttivi e ha imposto limiti alla qualità e alla quantità delle produzioni, distruggendo il contesto sociale, che era retto dall'agricoltura tradizionale, e creando alla fine una dipendenza dell'Europa dall'estero per l'importazione dei prodotti alimentari.Pag. 30
Sono chiari ormai i limiti della politica monetaria, rigida nell'obiettivo di parametri e del controllo del Patto di stabilità, fino a mettere in difficoltà l'economia nazionale, quando la congiuntura internazionale è regressiva e i mercati avrebbero bisogno di un'iniezione di investimenti.
L'Unione europea, le sue regole, la sua burocrazia si sono trasformate in una zavorra per le nostre imprese, anziché essere un incentivo al miglioramento delle produzioni della filiera produttiva stessa.
Se da un lato è giusto che, nell'ambito europeo, si imponga a tutti, anche alle aziende, di contribuire allo sviluppo sostenibile, alla tutela dell'ambiente, alla sicurezza dei consumatori, alle tutele sul luogo di lavoro, dall'altro, la mancanza delle stesse regole, in altre parti del mondo, ingenera una concorrenza sleale.
Quindi, innanzitutto dobbiamo pretendere il rispetto di tali regole anche dagli altri, ma, avendo visto in questi giorni come è difficile ottenere questo, occorre difenderci attraverso l'adozione di misure atte alla salvaguardia delle nostre produzioni.
Questo è importantissimo, signor Ministro, altrimenti continueremo a fare dell'autolesionismo economico, senza alcun bene per nessuno.
Tutto ciò rende molto evidente la necessità di una vera riforma europea. Riteniamo, infatti, che con la Costituzione europea e con il Trattato di Lisbona si sia fatto poco, anzi non si è fatto quasi niente per affrontare i veri mali dell'Unione. Temo che il Trattato vada bene solamente per decidere quanti europarlamentari dovranno sedere a Strasburgo e che, purtroppo, si tratti di un'occasione persa completamente per dare un nuovo futuro al Continente.
Il Trattato di Lisbona non risponde all'esigenza che i popoli dell'Europa avvertono da tempo, quella di fornire un'identità che oggi purtroppo non esiste. L'Europa nasce da molteplici tradizioni storiche, dalle lotte dei suoi tanti popoli che hanno una propria cultura, una propria lingua, un proprio credo. Se non vi è una forte identità europea che sappia contemplare tutto questo si navigherà a vista senza alcun progetto e lo sappiamo dove si potrà andare a finire: se non vi è identità, tutti potranno entrare, se non affermiamo le nostre radici, potrà entrare nell'Unione europea anche chi storicamente e culturalmente ha sempre combattuto l'Europa. La storia deve essere un monito per tutti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! A tale proposito ribadiamo con forza che la Lega è fortemente contraria all'ingresso della Turchia nell'Unione europea e lo vogliamo sottolineare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Di questa riflessione non vi è traccia nel Trattato di Lisbona e anche il dibattito sulle radici giudaico-cristiane è stato completamente accantonato ponendo il dubbio che fosse stato solo strumentale in un momento in cui poteva garantire visibilità politica.
In conclusione, è inutile nascondere l'amarezza che proviamo. Questo Trattato come quelli che l'hanno preceduto delude per il metodo tanto che si continuano a mettere toppe e rammendi in un impianto che palesemente non funziona, senza mai andare in fondo e, soprattutto, senza mai ascoltare la gente, i popoli, i desideri e le loro esigenze. Vedremo nei prossimi mesi cosa si farà in Irlanda ma ancora una volta stupisce che il «no» popolare sia arrivato come una doccia fredda per i burocrati comunitari mentre secondo noi era chiaramente prevedibile.
Speriamo che a differenza del passato si decida di tenere conto dell'esito del referendum e si svolga una riflessione realistica sulle sue cause. Noi vorremmo sperare che questo Trattato di Lisbona sia solo una piccolissima parte di una riforma profonda dell'Unione europea in senso più democratico e popolare. È solamente per questa speranza - e sottolineo solamente per questa speranza - che noi oggi esprimeremo un voto favorevole sul disegno di legge di ratifica del Trattato di Lisbona.
Invitiamo ancora una volta il Governo a portare questo nostro messaggio, che sappiamo essere largamente condiviso nel Paese, nelle altre capitali europee e a renderlo un elemento trainante di un'analisiPag. 31profonda che possa avviare una nuova stagione in Europa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pistelli. Ne ha facoltà.
LAPO PISTELLI. Signor Presidente, signor Ministro degli esteri, i miei colleghi hanno spiegato bene ieri nei loro interventi i contenuti del Trattato, le innovazioni istituzionali e le nuove missioni dell'Europa, io vorrei, invece, svolgere un ragionamento sul nostro Paese e su i suoi rapporti con il processo di integrazione europea anche perché questa mi pare sia una occasione preziosa affinché tutti noi possiamo guardarci negli occhi e dire alcune parole di verità a quelli che ci ascoltano fuori, dato che l'Europa è a un bivio che va oltre la ratifica in sé del Trattato.
Il Trattato di Lisbona capita in un periodo che contiene in sé una grande contraddizione, da un lato, ce lo ripetiamo ogni volta e ce lo spiega ogni volta Tremonti in Aula, la globalizzazione ha operato nel mondo un gigantesco trasferimento di poteri economici, politici e perfino simbolici. Al riguardo gli esempi sono infiniti e ne voglio citare solamente tre. Il primo: con i tassi attuali di crescita nell'arco di due generazioni nessun Paese europeo, forse uno solo, avrebbe i numeri per partecipare al G8 e per la prima volta nella storia del capitalismo le economie più potenti non sarebbero necessariamente quelle più ricche ma quelle più popolose.
Il secondo: il saldo demografico attivo, cioè il numero dei nuovi cittadini europei, che una Europa invecchiata raggiunge faticosamente in un anno, l'India lo raggiunge il 7 di gennaio prossimo. Il terzo è che in cento anni, dal 1950 al 2050, la popolazione europea passerà dall'essere stata il doppio della popolazione africana ad essere un terzo di quest'ultima. Potrei andare avanti, ma questo segna che in questo grande cambiamento - un cambiamento epocale - il nostro Paese in meno di vent'anni ha pagato un prezzo più rilevante di altri. Come accade a Gulliver nei viaggi raccontati da Swift, noi ci siamo addormentati quindici anni fa (addormentati, per così dire, tecnicamente): noi eravamo un Paese grande in un mondo piccolo, dove noi studiavamo la Cina e l'India al capitolo Paesi in via di sviluppo, dove l'Europa era divisa e il sud del mondo non contava, e ci siamo svegliati Paese medio, per non dire medio-piccolo, in un mondo grande, dove Cina e India sono i motori, le locomotive del nuovo secolo, dove l'Europa si è riallargata e riunificata e dove il sud del mondo produce nuovi grandi attori come il Brasile o come il Sudafrica.
Non ho nostalgia del passato che comunque non tornerebbe, ma voglio dire che per queste fondamentali e semplici ragioni, nella domanda che c'è di una globalizzazione governabile, nella ricerca di una sovranità che sia adatta alle sfide di oggi, l'Europa unita è chiaramente un pezzo della soluzione, non un prezzo del problema. Siamo innanzitutto coerenti su questo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Ogni ritardo che il nostro Paese accumula in questa percezione di sé diversa è un danno, e ogni ritardo produce al massimo quel dibattito, che io non amo, ovverosia quella rincorsa polemica tra Governi e schieramenti per capire chi accresce o decresce il grado del nostro prestigio al di fuori dei nostri confini. Sull'altro fronte - ecco l'elemento di contraddizione - cresce in Europa, e anche da noi in Italia, l'idea che davanti alle ansie della globalizzazione basti chiudersi bene in casa e tirare bene il paletto, e lasciar fuori il mondo. Voglio dirlo ai colleghi soprattutto della Lega: è un approccio sbagliato ma non per un motivo pedagogico, è sbagliato perché magari consola ma questo approccio non funziona e sta logorando il sogno europeo.
Noi siamo bravi a rivendicare i denari che otteniamo a Bruxelles, ma scarichiamo a Bruxelles i costi delle riforme necessarie. Siamo i primi ad alimentare la frustrazionePag. 32che nasce dallo scarto che c'è tra le ambizioni che mettiamo sull'Europa (ad esempio, in materia di immigrazione, di politica estera, di sicurezza e - perché no? - di ricerca e di infrastrutture) e l'avarizia della delega di poteri e di risorse. Non so quanti cittadini sanno che la baracca europea va avanti con l'1 per cento dei nostri bilanci. Ironizziamo sul peso della burocrazia e non raccontiamo fuori che l'insieme della «eurocrazia» europea ha meno funzionari della regione Lombardia.
Allora - per dirla tutta - noi dobbiamo spiegare ai nostri cittadini che per proteggere meglio i nostri risparmi, la nostra sicurezza, i nostri talenti e il nostro ambiente noi abbiamo bisogno di una Europa più forte e non del ritorno al continente delle piccole patrie. Questa difficoltà dell'Europa non è una difficoltà dell'Europa in sé, ma è una difficoltà della sua élite politica, di tutti noi. È la crisi di una politica che preferisce indicare altrove le responsabilità invece che guardarsi allo specchio e dire la verità ai cittadini. Allora la complessità dei Trattati diventa il velo, lo schermo per la mancanza di parole coraggiose e vere, quelle che seppero esprimere i padri fondatori. È vero - io lo ammetto - abbiamo attraversato un tempo difficile, specie negli ultimi dieci anni. Siamo quasi raddoppiati, da quindici a ventisette Stati in meno di dieci anni. Abbiamo costruito l'Europa nell'ultimo decennio mentre cadevano le torri a New York, mentre scoppiavano le bombe a Madrid e a Londra, e mentre gonfiava la speculazione internazionale. Abbiamo sperato in contemporanea di allargarci e di approfondire, e non ci siamo riusciti, e devo dire che anche gli allargamenti nuovi verso est, verso i Balcani e la Turchia, inquietano oggi le opinioni pubbliche - è vero - perché quell'Europa che ha un confine naturale a nord, a sud e ad ovest che è l'acqua, non ha un confine naturale ad Oriente e dunque apre un dibattito sull'identità dell'Europa.
È tutto vero ma guardate, colleghi, che ha ragione chi sostiene che il dibattito sulla lontananza dell'Europa dai cittadini è tanto vero e motivato quanto poco rigoroso intellettualmente e degno di buona fede, se a farlo siamo noi, i governanti. Perché, alla fine, di quale super Stato europeo parliamo se l'Europa oggi è ancora prevalentemente una «roba» dei Governi? Chi deve primariamente spiegare i vantaggi dell'Europa ai cittadini se non i Governi?
Chi può proporre un trattato più leggibile e meno complesso se non coloro che li negoziano? Chi ha negato la possibilità di svolgere un referendum europeo sulla Costituzione, non si immaginava forse che dando la possibilità di ventisette risposte nazionali, ci saremmo infilati in questo vicolo cieco di minoranze di blocco piccine, che bloccano l'intero processo senza neanche pagare pegno? Dunque, diciamo queste cose vere ai cittadini, non inseguiamo un disagio: governiamolo, capiamo, guardiamo l'orizzonte. Dunque il Trattato di Lisbona, oggi, è il massimo che questa Europa a ventisette può offrire ma noi, in questa sede, abbiamo il compito di riprenderci tutta intera la nostra responsabilità.
Si dice che il testo di Lisbona è sconosciuto ai cittadini. È vero - lo ammetto - l'atto che abbiamo consiste di 250 pagine ricche di modifiche puntuali, citazioni, omissioni, cancellazioni: non è un best seller. Ma mi chiedo: non a caso è il compromesso di Lisbona, abbiamo bocciato un testo che aveva un'ambizione più grande ed era anche più leggibile. Ma è anche vero - diciamolo con franchezza - ciascuno può fare questo gioco - che io non sono fiorentino perché conosco a memoria lo statuto del comune di Firenze, non sono italiano perché cito la Costituzione e non sono europeo perché, di sera, vado a letto con il Trattato di Lisbona sul comodino. L'Europa è anche un progetto caldo, è una visione e siamo noi che dobbiamo trasmetterla (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Se così non fosse, colleghi, qualcuno mi spieghi perché i Governi euroscettici, invece di attaccare questa o quella parte del Trattato, si sono furiosamente accaniti su elementi come l'inno, Beethoven, o la bandiera,Pag. 33le stelle, che apparentemente non contano niente ma rappresentano proprio un elemento di visione calda e rappresentano anche elementi che sono già familiari al grande pubblico.
Diciamo la verità ai nostri cittadini nei nostri collegi: il mito del ritorno alla sovranità nazionale è una moneta che illude ma non funziona. Davanti alle sfide di questo tempo (clima, energia, immigrazione, lavoro, qualità sociale) ogni nostro diciottenne sa meglio di noi, in quest'Assemblea, che gli Stati nazionali da soli non bastano, che vale per loro ciò che Geoffrey Howe scriveva di Robinson Crusoe sulla sua isola: era sovrano di tutto ma padrone di niente. Questo è il nostro tema: costruire una sovranità adeguata a quelle sfide.
Tra un anno si vota per le elezioni europee. Noi democratici avremmo voluto arrivare con il nuovo Trattato in vigore, anche perché davanti a una nuova Amministrazione americana, il prossimo novembre, finalmente avremmo potuto dare a Henry Kissinger un numero di telefono unico a cui chiamare l'Europa: non ci toccherà di farlo. Noi democratici diciamo in quest'Aula che l'Europa è e resta un pilastro dell'interesse nazionale e che esserci e trattare con convinzione a Bruxelles, conviene ancora all'Italia e agli italiani. Parleremo di questo alle prossime elezioni.
Noi democratici siamo altresì contenti e salutiamo con favore che il Parlamento ratifichi probabilmente all'unanimità questo Trattato. Tuttavia, permettetemi di dirlo, onestà intellettuale per onestà intellettuale: questa unanimità non ci persuade. Ho ascoltato la Lega Nord Padania, ieri ed oggi, sparare a palle incatenate contro questo Trattato e non mi piace quando qualcuno ha una verità per l'Aula e una verità per le proprie piazze (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). Aggiungo: un elemento polemico personale - parlo da cattolico democratico - non sopporto più che venga utilizzato dalla Lega Nord Padania l'argomento ripetuto delle radici giudaico-cristiane, quando si sono passati dieci anni a organizzare riti pagani e celtici in costume con le alabarde sul Dio Po. Non lo supporto più (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)! Come si dice dalle mie parti, sotto l'Appennino, scherza con i fanti ma lascia stare i santi. Chiediamo a tutti di smettere di accarezzare questo populismo antieuropeo, perché chi è convinto di renderselo amico nelle urne...
GIANLUCA BUONANNO. Ma lascia stare tu! Capito? (Vivi commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Onorevole Buonanno, per favore!
GIACOMO CHIAPPORI. Perderete anche in Europa!
LAPO PISTELLI. Chi è convinto di accarezzare il populismo antieuropeo per renderselo amico nelle urne, rinuncia al suo ruolo di classe dirigente: una classe dirigente degna di questo nome, sa che accarezzare oggi il populismo antieuropeo, alla lunga, è un rischio mortale. Se noi raggiungiamo questa condivisione, è un traguardo importante per l'Italia. Se questa condivisione non vi sarà, questo è comunque lo sforzo e l'animo che il Partito Democratico metterà il prossimo anno nelle elezioni europee. È con questo spirito che oggi noi votiamo «sì» alla ratifica del Trattato di Lisbona (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boniver. Ne ha facoltà.
MARGHERITA BONIVER. Signor Presidente, onorevole Ministro e onorevoli colleghi, da decenni si discute sul modo di rendere le istituzioni europee più efficienti e soprattutto più vicine alle aspettative dei cittadini. Questa è stata una battaglia storica della Lega Nord, e noi la sposiamoPag. 34interamente. In altre parole, vogliamo istituzioni più democratiche e più comprensibili.
È stata fino ad ora una corsa ad ostacoli, con molti traguardi raggiunti e molti fossati ancora da colmare. Difficile ignorare la più bruciante delle ultime sconfitte ai punti, che è stata inferta dal referendum irlandese, quasi fosse un evento inaspettato, che ha suscitato allarme e incredulità. Il «no» di Dublino, capitale di una delle più vistose success stories, che deve all'Europa la formidabile crescita del suo PIL e la spavalda avanzata verso la società della conoscenza, grazie ai generosi benefit di cui aveva fatto man bassa, ha lasciato anche i più acuti osservatori senza fiato. È un risultato che non lascia dubbi e che si assomma agli altri «no» - altrettanto brucianti - francesi e olandesi, che avevano bocciato allegramente il progetto di Costituzione dell'Europa. Una doccia fredda, quindi una realtà che ci lascia pieni di dubbi, che si assommano ai dubbi che costantemente vengono portati avanti dalle istituzioni, che non sono ancora state riformate.
Innanzitutto, dobbiamo interrogarci sul metodo più giusto per non interrompere lo straordinario cammino tracciato dai padri fondatori, tra i quali Jean Monnet, Adenauer, De Gasperi, Schuman, Spinelli fin dal lontano 1957. Comunque, dobbiamo interrogarci sul modo migliore per conciliare le esigenze imposte dai tumultuosi cambiamenti che incalzano un mondo globalizzato, che non accetta ritardi e vischiosità. È giusta, quindi, la via scelta da molti Paesi dopo lo «schiaffo» irlandese: siamo di fronte ad un atto di fede. Il coraggio della ragione, ad esempio, ha convinto la Camera dei lord a ratificare il Trattato di Lisbona, pochi giorni dopo il risultato negativo di Dublino. Il Senato italiano lo ha fatto all'unanimità. Oggi passiamo il traguardo dei 23 Paesi che dicono «sì» al Trattato. È una scelta corretta, che forse suscita pochi entusiasmi, ma che riteniamo giusta e necessaria.
Di buono, nel Trattato di Lisbona, vi è parecchio: razionalizza i trattati esistenti, valorizza il rapporto tra Commissione, Parlamento europeo e Assemblee nazionali, tratteggia un'Europa più democratica e trasparente. Avremo quindi un'Europa più efficiente, che semplifica i suoi metodi di lavoro e le norme di voto, si dota di istituzioni più moderne e adeguate all'Unione dei 27 e dispone di una maggiore capacità di intervenire nei settori di massima priorità per l'Unione di oggi. Quindi, un processo decisionale più efficace: il voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio sarà esteso a nuovi ambiti politici per accelerare e renderlo più efficiente.
Un quadro istituzionale più stabile e più semplice: il Trattato istituisce la figura del Presidente del Consiglio europeo, eletto per un mandato di due anni e mezzo, prevede nuove disposizioni per la futura composizione del Parlamento e per una Commissione ridotta nei suoi ranghi. Migliora la qualità della vita degli europei: il Trattato la migliora facendo propria la capacità di azione dell'Unione in diversi settori prioritari per tutti i suoi cittadini. È quanto avviene, in modo particolare, nel campo della libertà, sicurezza e giustizia, per affrontare problemi come la lotta al terrorismo, alla criminalità, all'immigrazione clandestina.
Avremo un'Europa di diritti e valori, di libertà, solidarietà e sicurezza, che promuove i valori dell'Unione europea, integra la Carta dei diritti fondamentali nel diritto primario europeo, prevede nuovi meccanismi di solidarietà e garantisce una migliore protezione dei cittadini europei. Ma non illudiamoci troppo. Che dire, ad esempio, della flebile Europa á la carte - come l'ha definita Barroso - che ammette le deroghe, sancite dal Trattato di Lisbona, dell'opting out, con la conseguenza che oggi abbiamo tre fattispecie di Paesi membri: i «Paesi euro», quelli in deroga e le nazioni alle quali è stato riconosciuto il diritto di non aderire. Non era, forse, il nostro obiettivo, a lungo desiderato, quello di un'Unione che fosse per tutti i soci insieme economica e monetaria? Il risultato finale è quello di una superpotenza economica, che fatica a parlare e a comportarsi di conseguenza. Un ibrido si dirà,Pag. 35ma non dobbiamo essere ingenerosi. Malgrado un diffuso sentimento di scetticismo, che è nostro dovere politico combattere con tutta la nostra forza, l'idea di Europa è ancora un modello vincente che ci viene invidiato - a volte copiato senza successo - e del tutto irripetibile nell'odierno scenario politico.
Questa è la ragione che impone l'accelerazione del processo di ratifica e questo è il motivo principale per il quale desideriamo, ancora una volta, ribadire con molta forza il nostro voto favorevole sulla ratifica del Trattato di Lisbona (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto per le quali è stata disposta la ripresa televisiva diretta.
Ha chiesto di parlare per un ringraziamento, il Presidente della III Commissione (Affari esteri), onorevole Stefani. Ne ha facoltà.
STEFANO STEFANI, Presidente della III Commissione. Signor Presidente, prima che la Camera passi all'approvazione finale del disegno di legge di ratifica del Trattato di Lisbona, desidero dare atto all'Assemblea dell'ampio e ricco dibattito svoltosi ieri e oggi. Gli interventi hanno offerto molteplici spunti di riflessione anche per il prosieguo dell'attività della Commissione affari esteri. Ringrazio, in maniera particolare, i colleghi della Commissione - menzionando per tutti l'ottimo lavoro del relatore Giorgio la Malfa - con i quali abbiamo svolto un intenso lavoro, pur considerando il breve tempo a disposizione. Ringrazio i rappresentanti del Governo, che hanno seguito attentamente la discussione. Mi riferisco agli approfondimenti conoscitivi svolti a seguito del referendum irlandese; all'audizione del Ministro degli esteri Franco Frattini, in vista dell'ultimo Consiglio europeo del 19 giugno; all'audizione del Presidente della Commissione europea Manuel Barroso, che lo scorso 15 luglio ha visitato per la prima volta il Parlamento italiano. La Commissione si è, altresì, potuta avvalere dei contributi politico-giuridici che, da diverse sponde, hanno fornito i professori Giuseppe Guarino e Giuliano Amato.
Concludo manifestando ai colleghi l'orientamento unanime, emerso in seno alla Commissione affari esteri, di non considerare esaurito, con il voto odierno, il confronto sui temi del Trattato di Lisbona e dell'integrazione europea. Intendiamo, infatti, continuare a lavorare, perché le istituzioni dell'Unione europea siano più vicine ai cittadini, nell'ottica del rafforzamento del ruolo internazionale dell'Unione, secondo un impegno comune che è stato assunto a Parigi lo scorso 21 luglio nella Conferenza dei presidenti delle Commissioni specializzate di tutti gli Stati membri dell'Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1519)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di ratifica n. 1519, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 759 - «Ratifica ed esecuzione del Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull'Unione europea e il Trattato che istituisce la Comunità europea e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Lisbona il 13 dicembre 2007» (Approvato dal Senato) (1519):
Presenti e votanti 551
Maggioranza 276
Hanno votato sì 551
(La Camera approva - Vivi applausi - I deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Partito Democratico, Unione di Centro, ItaliaPag. 36dei Valori, deputati del gruppo Misto ed i membri del Governo si levano in piedi - Vedi votazionia ).
Grazie onorevoli colleghi e prima di passare al prosieguo dei lavori lasciate che anche la Presidenza si unisca all'applauso corale che ha salutato l'approvazione del Trattato di Lisbona in quanto si tratta certamente...
EMANUELE FIANO. Non corale! Non è stato corale!
PRESIDENTE. Onorevole Fiano, la prego di trattenersi; se preferisce, anziché applauso corale, dirò: approvazione unanime, e mi sembra che ciò sia incontestabile (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Lasciate che la Presidenza si unisca alla soddisfazione per l'unanime approvazione da parte della Camera dei deputati della ratifica del Trattato di Lisbona, espressione, al pari della unanime approvazione da parte del Senato, di una bella pagina dell'antica tradizione parlamentare di un Paese, il nostro, cofondatore dell'Unione europea (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Partito Democratico, Unione di Centro, Italia dei Valori e di deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 12,35).
ANNA TERESA FORMISANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, vorrei richiamare l'attenzione dell'Assemblea su un problema che avevo sollevato, purtroppo destando poca attenzione da parte del Governo, con due interrogazioni, una presentata agli inizi del mese di maggio ed una alla fine del mese di maggio. Queste due interrogazioni, Presidente,...
PRESIDENTE. Prego, onorevole Formisano.
ANNA TERESA FORMISANO. ...erano rivolte al Ministro dell'interno ed in esse sollevavo un problema di presenza e sospetto di infiltrazioni camorristiche nel territorio del Cassinate ed in particolare in un territorio contiguo tra la provincia di Latina e quella di Frosinone.
Dal sottosegretario mi fu risposto che era tutto sotto controllo ed io replicai che mi appellavo al buonsenso del Governo...
PRESIDENTE. Onorevole Formisano è chiaro il senso del suo intervento.
ANNA TERESA FORMISANO. No il senso dell'intervento, Presidente...
PRESIDENTE. Onorevole Formisano, lei sa che per prassi si dà la parola sull'ordine dei lavori al termine della seduta quindi apprezzi di aver potuto esprimere il suo invito al Ministro dell'interno a rispondere sollecitamente alle interrogazioni presentate.
ANNA TERESA FORMISANO. Grazie, signor Presidente.
Organizzazione dei tempi di discussione dei disegni di legge di ratifica.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge di ratifica nn. 1557 ed abbinata, 1558 e 1559.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati all'esame dei disegni di legge di ratifica all'ordine del giorno è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 30 luglio 2008.
Discussione del disegno di legge: S. 857 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica francese relativo all'attuazione di una gestione unificata del tunnel di Tenda e allaPag. 37costruzione di un nuovo tunnel, fatto a Parigi il 12 marzo 2007 (Approvato dal Senato) (A.C. 1557); e dell'abbinata proposta di legge: Delfino (A.C. 932) (ore 12,40).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge di ratifica, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese relativo all'attuazione di una gestione unificata del tunnel di Tenda ed alla costruzione di un nuovo tunnel, fatto a Parigi il 12 marzo 2007; e dell'abbinata proposta di legge di iniziativa del deputato Delfino.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 1557)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Barbi, ha facoltà di svolgere la relazione.
MARIO BARBI, Relatore. Signor Presidente il disegno di legge all'esame della Camera riguarda, come reca l'ordine del giorno, la ratifica dell'Accordo tra Italia e Francia per una gestione unificata del tunnel di Tenda e per la gestione di un nuovo tunnel.
L'accordo tra Italia e Francia è stato firmato a Parigi il 12 marzo 2007. La Francia lo ha ratificato 1'11 ottobre 2008 e ne ha dato ufficiale comunicazione all'Italia il 10 gennaio 2008. La procedura di ratifica da parte italiana era stata avviata ed è stata interrotta dall'interruzione della scorsa legislatura. Ora, dopo l'approvazione del Senato, arriva a compimento con l'esame della Camera.
Svolgo una breve premessa sull'opera oggetto dell'accordo. La costruzione della galleria stradale di valico del Col di Tenda risale alla fine dell'Ottocento: il tunnel collega la valle Vermenagna in Piemonte a quella della Roya in Provenza-Alpi-Costa Azzurra ed ha rappresentato - e rappresenta tuttora - uno dei principali valichi attraverso la barriera naturale delle Alpi del sud-ovest.
Si tratta di un'opera che non è ormai più in grado di sostenere i volumi di traffico automobilistico cresciuti in modo sostenuto negli ultimi decenni così come l'interscambio commerciale tra la provincia di Cuneo e la Francia stimato in un valore import-export di circa 1,8 miliardi di euro l'anno. Sono dunque aumentati i rischi di incidenti ed è evidente la necessità di nuove opere di ammodernamento e di miglioramento della sicurezza così come la costruzione di una nuova canna del tunnel e l'ammodernamento di quella esistente.
Il disegno di legge all'esame consta di tre articoli: il primo reca l'autorizzazione alla ratifica dell'accordo, il secondo l'ordine di esecuzione dei contenuti dello stesso e il terzo la data di entrata in vigore della legge (il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale). Passo ad illustrare il contenuto dell'accordo che si compone di un preambolo e di 34 articoli.
Nel preambolo si sottolinea la necessità di adeguare i requisiti di sicurezza e le condizioni di esercizio del tunnel ai volumi di traffico attuali, non più compatibili con le caratteristiche tecniche e costruttive della infrastruttura storica. Viene inoltre evidenziata la volontà di delineare un nuovo quadro giuridico per l'esercizio, la manutenzione e la sicurezza dell'infrastruttura esistente e per la costruzione del nuovo tunnel. Nel preambolo si richiama la direttiva 2004/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai requisiti minimi di sicurezza per le gallerie della rete stradale e si richiamano la Convenzione italo-francese sulla prevenzione dei rischi del 1992 e la Convenzione del 1963 relativa ai controlli nazionali abbinati in corso di viaggio. Il preambolo evidenzia, infine, che l'Accordo, sviluppato dal gruppo di lavoro insediato nell'ambito della Commissione intergovernativa italo-francese per il miglioramento dei collegamenti tra i due Paesi nelle Alpi meridionaliPag. 38subentra all'Accordo preliminare sottoscritto da Italia e Francia a Lucca il 24 novembre 2006.
Passo all'esame sommario degli articoli. L'articolo 1 contiene l'oggetto dell'accordo e precisa che con esso le parti stabiliscono le condizioni per la gestione unificata del tunnel e per la costruzione di un nuovo tunnel con la costruzione di una nuova canna e il ri-alesaggio di quella esistente.
L'articolo 2 reca una serie di definizioni: segnalo la definizione di «gestore», ossia il soggetto giuridico incaricato di esercizio, manutenzione e sicurezza del tunnel.
Gli articoli da 3 a 5 contengono le disposizioni relative agli organismi incaricati di attuare l'accordo. L'articolo 3 definisce il ruolo amministrativo e tecnico della Commissione intergovernativa italo-francese (CIG), designata come autorità amministrativa comune responsabile della sicurezza e alla quale sono attribuiti una serie di compiti riferiti alla gestione unificata del tunnel. L'articolo 4 amplia il ruolo consultivo del Comitato di sicurezza. Con l'articolo 5 viene istituita una Commissione tecnica incaricata di assistere la CIG nel monitoraggio amministrativo, tecnico e finanziario: commissione composta di un eguale numero di membri italiani e francesi.
Gli articoli da 6 a 12 trattano dell'esercizio, della manutenzione e della sicurezza del tunnel in servizio. L'articolo 6 introduce la gestione unificata del tunnel.
PRESIDENTE. Onorevole Barbi, le ricordo che è sua facoltà consegnare il testo scritto dell'intervento, qualora...
MARIO BARBI, Relatore. Signor Presidente, non ho difficoltà a farlo, e la ringrazio della sua segnalazione.
Ricordo soltanto all'Assemblea che si tratta di un'opera che ha un'utilità e necessità ampiamente riconosciuta da tutti e quindi non dubitiamo che il voto dell'Assemblea sarà corrispondente. Chiedo dunque che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.
PRESIDENTE. Onorevole relatore, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Prendo atto che il rappresentante del Governo, l'onorevole Mantica, si associa alle parole del relatore.
È iscritto a parlare l'onorevole Lovelli. Ne ha facoltà.
MARIO LOVELLI. Signor Presidente, chiedo preliminarmente che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
Tuttavia, voglio svolgere due osservazioni e preannunciare la dichiarazione di voto perché il fatto che l'Assemblea della Camera, il giorno dopo l'approvazione da parte del Senato, riesca a concludere tempestivamente la ratifica dell'accordo con la Francia in esame è un passaggio importante perché l'iter di approvazione si era interrotto la scorsa legislatura con l'approvazione del Senato il 28 febbraio. È fondamentale che con lo sblocco dell'Accordo possano mettersi in movimento sia le nuove modalità di gestione dell'arteria (del tunnel esistente) sia l'appalto delle opere per la nuova infrastruttura prevista.
D'altro lato, è importante sottolineare che questa opera viene ad inserirsi nel quadro di una concertazione europea che il nostro Paese ha sostenuto fortemente e che vede nell'ambito della regione Piemonte e più ampiamente nel nord-ovest la intersecazione dei grandi corridoi di traffico europei, in particolare il corridoio n. 24 e il corridoio n. 5, rispetto al quale la realizzazione di un'infrastruttura come questa consente di realizzare un'interconnessione funzionale e lo sviluppo di un'intera macro-regione che va dalle Alpi al Mediterraneo.
Perciò, il gruppo del Partito Democratico sostiene convintamente la ratifica del trattato in esame anche perché avevamo presentato una risoluzione parlamentare l'11 giugno per sollecitarla e siamo soddisfatti che si arrivi tempestivamente alla conclusione. Inoltre, voglio aggiungere - in conclusione - che tale intervento potrà rappresentare un'opzione importante perPag. 39lo sviluppo di quell'area territoriale che vede un forte tasso di interscambio fra il sud del Piemonte, le aree francesi della Provenza e del Rhone Alp che concorrano a creare una quota importante del PIL dei rispettivi Paesi.
Pertanto, preannuncio il voto favorevole sul provvedimento in esame e consegno il testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Lovelli, la Presidenza ne consente la pubblicazione, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1557)
PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
(Esame degli articoli - A.C. 1557)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica.
Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 1557), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 487
Votanti 486
Astenuti 1
Maggioranza 244
Hanno votato sì 483
Hanno votato no 3).
Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A - A.C. 1557), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 489
Votanti 488
Astenuti 1
Maggioranza 245
Hanno votato sì 488).
Prendo atto che i deputati Anna Teresa Formisano, Dima, Schirru, Benamati e De Pasquale hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 1557), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 497
Votanti 496
Astenuti 1
Maggioranza 249
Hanno votato sì 496).
Prendo atto che il deputato Benamati ha segnalato che non è riuscito a votare.
(Esame di un ordine del giorno - A.C. 1557)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'unico ordine del giorno presentato (Vedi l'allegato A - A.C. 1557).
Qual è il parere del Governo?
ALFREDO MANTICA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Il Governo accetta l'ordine del giorno Delfino n. 9/1557/1.
PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Delfino n. 9/1557/1.
È così esaurito l'esame dell'unico ordine del giorno presentato.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1557)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lovelli. Ne ha facoltà.
MARIO LOVELLI. Signor Presidente, la mia dichiarazione di voto finale era già compresa nell'intervento svolto nella fase precedente.
PRESIDENTE. Ne prendo atto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.
ENRICO COSTA. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Onorevole Costa, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Delfino. Ne ha facoltà.
TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghi, siamo molto soddisfatti della ratifica definitiva dell'accordo italo-francese per il nuovo tunnel di Tenda. È un voto che porta a conclusione, sul piano dell'intesa fra l'Italia e la Francia, un percorso durato oltre dieci anni e fornisce una risposta compiuta all'esigenza di ammodernare una infrastruttura di grande valore per l'economia italiana, ma soprattutto per le confinanti regioni delle Alpi marittime e del Piemonte.
Con questo voto l'accordo italo-francese diventa pienamente operativo; conseguentemente la Commissione intergovernativa italo-francese può procedere speditamente alle decisioni di sua competenza per la costruzione del nuovo tunnel di Tenda che prevede la realizzazione di una nuova canna e l'alesaggio dell'attuale canna.
Ci sono voluti, onorevoli colleghi, decenni di impegno delle forze politiche, economiche e sociali e soprattutto - lo voglio sottolineare - delle istituzioni locali per questo importante risultato. Oggi si compie un atto definitivo e molto importante, perché si certifica la necessità di quest'opera a livello nazionale, perché si dà atto della disponibilità delle risorse finanziarie e perché si apre la fase attuativa dell'accordo.
Non ci nascondiamo che ci vorrà ancora del tempo prima che l'opera sia consegnata nella sua piena funzionalità ai cittadini. Per questo, noi abbiamo chiesto al Governo, e lo ringrazio per l'accoglimento dell'ordine del giorno, una costante e puntuale informazione sullo stato di avanzamento dei lavori e, specificatamente, di garantire un puntuale monitoraggio sulle procedure e sui lavori previsti dall'accordo.
Oggi manifestiamo una profonda soddisfazione per questo voto, ma certamente non si esaurisce qui il lavoro per arrivare definitivamente al nuovo tunnel di Tenda. Voglio concludere, signor Presidente, sottolineando che anche questa ratifica è un risultato che testimonia che, quando si lavora insieme, si possono dare risposte efficaci alle nostre comunità e ai nostri territori.
Con l'auspicio che nella costruzione di questa opera si proceda con la massima celerità annuncio il convinto voto favorevole dell'UdC (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).Pag. 41
(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1557)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di ratifica n. 1557 di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(S. 857 - Ratifica ed esecuzione dell'accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese relativo all'attuazione di una gestione unificata del tunnel di Tenda e alla costruzione di un nuovo tunnel, fatto a Parigi il 12 marzo 2007) (Approvato dal Senato) (A.C. 1557):
(Presenti 509
Votanti 508
Astenuti 1
Maggioranza 255
Hanno votato sì 507
Hanno votato no 1).
Dichiaro così assorbita la proposta di legge n. 932.
Discussione del disegno di legge: S. 858 - Ratifica ed esecuzione del secondo Protocollo alla Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari stabilito in base all'articolo K3 del Trattato sull'Unione europea del 26 luglio 1995, fatto a Bruxelles il 19 giugno 1997 (Approvato dal Senato) (A.C. 1558) (ore 12,50).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge di ratifica, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione del secondo Protocollo alla Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari stabilito in base all'articolo K3 del Trattato sull'Unione europea del 26 luglio 1995, fatto a Bruxelles il 19 giugno 1997.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 1558)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente. Il relatore, onorevole Pini, ha facoltà di svolgere la relazione.
GIANLUCA PINI, Relatore. Signor Presidente, so di dare un dispiacere all'Aula, ma chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.
PRESIDENTE. Onorevole Pini, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. L'Aula è consapevole del suo sacrificio.
Prendo atto che il rappresentante del Governo, onorevole Mantica, si riconosce nella relazione dell'onorevole Pini.
È iscritto a parlare l'onorevole Narducci. Ne ha facoltà.
FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, esprimo brevemente l'orientamento favorevole del Partito Democratico e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Narducci, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1558)
PRESIDENTE. Prendo atto che né il relatore, né il rappresentante del Governo si avvalgono della facoltà di replicare.
(Esame degli articoli - A.C. 1558)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica.
Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 1558), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti e votanti 512
Maggioranza 257
Hanno votato sì 512).
Prendo atto che le deputate Ferranti e Samperi hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A - A.C. 1558), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 496
Votanti 495
Astenuti 1
Maggioranza 248
Hanno votato sì 495).
Prendo atto che le deputate Ferranti e Samperi hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 1558), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 508
Votanti 507
Astenuti 1
Maggioranza 254
Hanno votato sì 507).
Prendo atto che le deputate Ferranti, Sbrollini e Samperi hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1558)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Prendo atto che l'onorevole Narducci, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto, rinvia al testo consegnato in sede di discussione sulle linee generali.
Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1558)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di ratifica n. 1558, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 43
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(S. 858 - Ratifica ed esecuzione del secondo Protocollo alla Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari stabilito in base all'articolo K3 del Trattato sull'Unione europea del 26 luglio 1995, fatto a Bruxelles il 19 giugno 1997) (Approvato dal Senato) (A.C. 1558):
(Presenti 513
Votanti 512
Astenuti 1
Maggioranza 257
Hanno votato sì 512).
Discussione del disegno di legge: S. 937 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica islandese per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Roma il 10 settembre 2002 (Approvato dal Senato) (A.C. 1559) (ore 12,57).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica islandese per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Roma il 10 settembre 2002.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 1559)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari Esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Picchi, ha facoltà di svolgere la relazione.
GUGLIELMO PICCHI. Relatore. Signor Presidente, considerando l'ampia discussione effettuata in Commissione, ritengo opportuno chiedere alla Presidenza l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.
Invito solo il Governo a velocizzare il più possibile il procedimento di ratifica dei trattati, poiché, in questo caso, si attende la ratifica da oltre sei anni.
PRESIDENTE. Onorevole Picchi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riconosce nella relazione dell'onorevole Picchi.
È iscritto a parlare l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.
FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, mi associo alle valutazioni del relatore, che trovo assolutamente esaurienti.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1559)
PRESIDENTE. Prendo atto che né il relatore, né il rappresentante del Governo si avvalgono della facoltà di replicare.
(Esame degli articoli - A.C. 1559)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica.
Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 1559), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti e votanti 516
Maggioranza 259
Hanno votato sì 515
Hanno votato no 1).
Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A - A.C. 1559), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 508
Votanti 507
Astenuti 1
Maggioranza 254
Hanno votato sì 507).
Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 1559), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti e votanti 521
Maggioranza 261
Hanno votato sì 521).
(Dichiarazione di voto finale - A.C. 1559)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.
FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, intervengo solo per ribadire il nostro voto favorevole.
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1559)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di ratifica n. 1559, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(S. 937 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica islandese per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Roma il 10 settembre 2002) (Approvato dal Senato) (A.C. 1559):
(Presenti e votanti 521
Maggioranza 261
Hanno votato sì 521).
Deliberazione per l'elevazione di un conflitto di attribuzione innanzi alla Corte Costituzionale nei confronti della Corte di cassazione e della Corte di appello di Milano.
PRESIDENTE. Comunico che è stata sottoposta all'Ufficio di Presidenza la richiesta, avanzata da alcuni deputati, di elevare da parte della Camera dei deputati conflitto di attribuzione nei confronti dell'autorità giudiziaria.
L'Ufficio di Presidenza nella riunione del 30 luglio 2008 - vista la sentenzaPag. 45n. 21748 del 4 ottobre 2007, depositata il 16 ottobre, con cui la sezione prima civile della Corte di cassazione ha adottato un principio di diritto che individua due presupposti, ricorrendo i quali il giudice può autorizzare la disattivazione del presidio sanitario di nutrizione e idratazione di paziente in stato vegetativo permanente; visto, altresì, il decreto adottato dalla prima sezione civile della corte di appello di Milano in data 25 giugno 2008, con il quale, sulla base del suddetto principio di diritto enucleato dalla Corte di cassazione, è stata accolta l'istanza di autorizzazione a disporre l'interruzione del trattamento vitale artificiale di soggetto in stato vegetativo permanente; considerato che con la richiesta avanzata viene contestata l'invasione o comunque la menomazione da parte della Corte di cassazione della sfera di poteri attribuiti costituzionalmente agli organi del potere legislativo; ritenuto che la Corte di cassazione abbia travalicato i limiti della funzione ad essa affidata dall'ordinamento, esercitando in concreto attribuzioni proprie del potere legislativo in una materia che non è oggetto di disciplina legislativa, e comunque interferendo con le prerogative delle Camere, ponendo a fondamento della sua decisione presupposti non ricavabili dall'ordinamento vigente con alcuno dei criteri ermeneutici utilizzabili dall'autorità giudiziaria; e che in tal modo la Corte di cassazione medesima, in violazione di norme costituzionali, abbia leso la sfera di attribuzione della Camera dei deputati - ha deliberato di proporre all'Assemblea di elevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato innanzi alla Corte costituzionale nei confronti della sezione prima civile della Corte di cassazione, con riferimento alla sentenza n. 21748 del 2007, e della prima sezione civile della corte di appello di Milano, con riferimento al decreto adottato in data 25 giugno 2008 e di tutti gli altri atti eventualmente connessi e conseguenti, per veder affermato che non spettava ad esse il potere di adottare i provvedimenti indicati nelle premesse.
Su questa proposta, dopo l'intervento del Vicepresidente Lupi che ha riferito sulla questione in Ufficio di Presidenza, vista la delicatezza della questione, darò la parola, ai sensi dell'articolo 45 del Regolamento, ad un deputato per ciascun gruppo che ne faccia richiesta, per non più di cinque minuti; ma proprio in ragione della delicatezza della questione non sarò fiscale così come da Regolamento potrei essere.
ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, non intendo prendere un secondo in più, anzi parlerò meno di quanto mi consente il Regolamento, per un richiamo al Regolamento; per questo mi sono permesso di preparare per iscritto alcune brevi considerazioni.
Vorrei richiamare lei e l'Aula, se è possibile avere attenzione, su una questione di carattere procedurale; non entro ovviamente nel merito della questione, ma la ritengo delicata.
Il conflitto di attribuzione che la Camera si appresta a sollevare comporta una decisione molto problematica e controversa sul piano dell'indirizzo politico e costituzionale. Si tratta della prima volta in cui il potere legislativo, o almeno uno dei due soggetti titolari di tale potere, solleva un conflitto di attribuzione in relazione ad una pronuncia dell'autorità giudiziaria, affermando che quest'ultima abbia invaso la sua sfera di attribuzione. Ovviamente, non entro nel merito. Ciò che mi pare abbastanza assurdo è che tale scelta possa essere adottata senza che sia nemmeno verificabile la presenza della maggioranza dei componenti della Camera.
Ieri ho chiesto lumi agli uffici i quali mi hanno detto, ovviamente, che ci sono dei precedenti anche specifici in relazione ad una richiesta nel 2002 del collega Boccia; ovviamente non intendo contestare questo.
Ciò che, però, vorrei rilevare, signor Presidente, è che questa prassi, soprattuttoPag. 46per quanto riguarda l'elevazione dei conflitti, ritengo che susciti notevoli elementi di perplessità. Essa è nata probabilmente in relazione ai conflitti relativi all'articolo 68, primo comma, della Costituzione; in questi conflitti, come si sa, la Camera è convenuta in giudizio ed è, dunque, forse possibile ritenere che si tratti di un adempimento quasi istituzionale, ma anche a questo proposito solleverei qualche dubbio.
Non è certo così, però, nel caso di oggi in cui la Camera sta decidendo, se lei mi consente un linguaggio non propriamente tecnico, di instaurare una lite contro un altro potere costituzionale.
L'articolo 64 della Costituzione prevede espressamente che: «Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale». Ebbene, a quale caso dovrebbe applicarsi questa regola costituzionale se non a questo, in cui la Camera mette addirittura in discussione la legittimità dell'esercizio di un altro potere? È possibile che la Camera possa sollevare un conflitto costituzionale di portata così rilevante per l'ordinamento, anche astrattamente con la presenza di soli dieci deputati? Mi sembra evidente, signor Presidente, che questa materia meriti un'ulteriore riflessione.
Le deliberazioni per le quali è prescritta obbligatoriamente la votazione per alzata di mano, come è noto, sono quelle di natura procedurale, come ad esempio quella per rinviare un provvedimento in Commissione o ad altra seduta. Quello che unisce questo tipo di decisioni è che non sono decisioni definitive e, dunque, possono essere adottate anche senza la prescritta maggioranza costituzionale. Pertanto, si accetta che tali decisioni procedurali possano essere adottate anche da pochi deputati perché è fatta salva la sostanza del principio costituzionale, che riguarda la deliberazione definitiva.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ROBERTO GIACHETTI. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Mi risulta, anzi, sempre in virtù di queste benedette prassi, che talvolta finiscono addirittura per superare e cambiare il Regolamento, che alcune di tali decisioni procedurali si adottano addirittura con il voto nominale; penso, ad esempio, alle votazioni per la chiusura della discussione. Per le deliberazioni definitive il voto nominale o è prescritto, come nel caso del voto finale sui progetti di legge, o almeno è richiedibile, come nel caso delle mozioni; ma la deliberazione che stiamo adottando, che significa contestare in sostanza l'attività di un altro potere, è una deliberazione procedurale o definitiva? Mi sembra che al riguardo non possano esservi dubbi.
Signor Presidente, è evidente che qui c'è bisogno di un ripensamento complessivo. Soprattutto in un sistema maggioritario come quello attuale, è impensabile che la maggioranza possa arrogarsi il diritto di sollevare un conflitto di questa portata nei confronti di un altro potere senza nemmeno assumersi la responsabilità di portare in Aula il numero dei deputati richiesto dalla Costituzione; anzi, ho addirittura dubbi che la Corte costituzionale possa considerare valida questa deliberazione in assenza dei requisiti previsti dall'articolo 64.
So che lei, signor Presidente, mi risponderà in base ai precedenti, ma siamo di fronte a un caso davvero particolare e inedito, del quale, forse, sarebbe utile approfittare per rivedere una norma del Regolamento che, a mio avviso, è assolutamente sballata rispetto a deliberazioni di questo tipo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, la Presidenza non ha alcuna difficoltà a dire che quanto lei ha testé posto all'attenzione della Presidenza e dell'Aula merita certamente - uso le sue parole - una meditata riflessione. Lei sa, per l'esperienza che ha dei lavori di quest'Aula, che non è questa la sede per una meditata riflessione; la Presidenza si muove, come ella ha testé ricordato, nel pieno rispetto dei RegolamentiPag. 47vigenti e nella sintonia con gli univoci precedenti; non vi sono, infatti, precedenti che vadano in una direzione diversa.
Purtuttavia, ritengo che nella Giunta per il Regolamento debba porsi la questione e che, quindi, debba per il futuro avviarsi quella riflessione che lei ha testé invocato, perché oggettivamente si tratta di una questione che non merita di essere archiviata unicamente in ragione dei precedenti e nemmeno dei Regolamenti vigenti. I Regolamenti sono tali, ma quando dimostrano di essere inadeguati credo che debbano essere sottoposti a modifiche.
MATTEO BRIGANDÌ. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, ho chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori perché vorrei che venisse chiarito quali siano gli atti che si intendono sottoporre al vaglio della Corte costituzionale; in particolare, c'è una sentenza della Corte di Cassazione, ma investiti sono due...
PRESIDENTE. Onorevole Brigandì, credo che le sarà chiaro cosa eventualmente deciderà la Camera dei deputati dopo che avrà inteso l'onorevole Lupi.
MATTEO BRIGANDÌ. Mi lasci terminare, signor Presidente. Vorrei capire il senso di ciò che stiamo facendo in quanto, in base all'articolo 37 della legge n. 87 del 1953, possono elevare conflitto, ed essere convenuti nel medesimo, soggetti istituzionali che abbiano titolo a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono. Che le Camere possano elevare un conflitto in questo caso e da questo punto di vista è un dato possibile; molto meno persuasivo è che possa essere convenuta la Corte di cassazione (o la corte d'appello). Essa, infatti, come tutti i giudici, secondo la Corte costituzionale, è un potere diffuso quindi, non essendo gerarchicamente sottoposto ad altri, esprime una volontà definitiva.
Sennonché in questo caso la si accusa di aver fatto una legge per il caso concreto. Allora bisogna vedere se questo caso è stato definitivamente deciso, cosa che non è. Innanzi tutto la Corte di cassazione ha cassato con rinvio, e risulta poi che i termini dell'impugnativa della sentenza della corte di appello che ha deciso in sede di rinvio non sono scaduti.
Per questo motivo mi sembra che nel suo complesso il potere giudiziario non abbia espresso definitivamente la sua volontà. Quindi, cosa andiamo a impugnare?
PRESIDENTE. Come ho ricordato, l'Ufficio di Presidenza ha deliberato a maggioranza, dopo avere ascoltato la relazione affidata al Vicepresidente Lupi.
Prego il Vicepresidente Lupi di riferire all'Assemblea.
MAURIZIO LUPI. Signor Presidente, in maniera sintetica spero di poter spiegare all'Aula l'oggetto della questione e le riflessioni che di conseguenza ne sono emerse. Mi preme, signor Presidente e colleghi deputati, sottolineare preliminarmente una questione fondamentale. Ciò che oggi siamo chiamati a deliberare e che attiene alla Camera dei deputati non attiene, lo ridico con molta chiarezza, al merito della vicenda sottostante alla sentenza, ma riguarda il profilo istituzionale del rispetto delle sfere di potere costituzionalmente attribuite ai diversi poteri dello Stato.
Non di meno, non può non essere sottolineata, e lo dico in premessa, la complessità della questione. Lo stesso collega onorevole Giachetti, in un intervento sull'ordine dei lavori su altra questione, ha detto che è la prima volta che la Camera dei deputati si trova ad elevare un conflitto di attribuzione di questo genere, considerata la novità del conflitto che si propone di elevare, vista l'assenza, nella giurisprudenza costituzionale, di casi analoghi di conflitti sollevati dal Parlamento per tutelare le proprie prerogative legislative,Pag. 48a fronte di un intervento dell'autorità giudiziaria in materia non disciplinata dalla legge.
Quindi, il conflitto che si propone di elevare contesterebbe radicalmente la natura giurisdizionale del potere esercitato. Sarebbe stato sostanzialmente esercitato un potere legislativo da parte della Corte di cassazione, e successivamente da parte della corte di appello in riferimento alla sentenza della Corte di cassazione, individuando, in totale assenza di parametri normativi di riferimento, il regime applicabile in tema di autorizzazione alla sospensione di trattamenti sanitari in carenza di capacità dell'interessato a prestare consenso, limitatamente ad una categoria di persone incapaci, ovvero quelle in stato vegetativo profondo.
Tale regime sarebbe contenuto in un atto formalmente giudiziario, ma sostanzialmente normativo. Cerco di sintetizzare le motivazioni che hanno spinto a maggioranza l'Ufficio di Presidenza a sottoporre all'Assemblea l'elevazione di tale conflitto. L'attribuzione alle Camere delle funzioni legislative ai sensi dell'articolo 70 della Costituzione esclude funzioni suppletive da parte di altri poteri dello Stato, se non nei casi e nei modi stabiliti dalla Costituzione (articoli 76 e 77), che non contempla la supplenza giudiziaria in materia coperta da riserva di legge.
In secondo luogo, la titolarità del potere legislativo e, quindi, la possibilità di esercitarlo non esclude affatto il diritto dell'organo che ne è titolare, in questo caso il Parlamento, di difendere un'attribuzione costituzionalmente riconosciuta dinanzi alla menomazione di essa che può derivare da un cattivo esercizio di un potere altrui.
In terzo luogo, la sentenza della Corte di cassazione n. 21748 del 2007 avrebbe realizzato un intervento del potere giudiziario su sfera riservata al Parlamento, sulla quale quest'ultimo aveva iniziato a svolgere attività legislativa nelle ultime legislature, e che è oggetto oggi, in questa legislatura, di alcune proposte di legge presentate, appunto, nell'attuale legislatura. La Corte di cassazione, quindi, con la sua sentenza è intervenuta su una materia su cui i competenti organi delle Camere sono da tempo impegnati in maniera approfondita al fine di pervenire ad un punto di equilibrio tra i diversi principi costituzionalmente coinvolti.
La sentenza della Corte di cassazione in oggetto, inoltre, elabora un principio di diritto, compiendo un'opera non di ricostruzione dei principi di un quadro normativo esistente, sia pur lacunoso, ma di vera e propria creazione di diritto, data l'attuale carenza di una specifica disciplina legislativa, riconosciuta nella suddetta sentenza, sostituendosi, quindi, al legislatore.
Il fatto che la decisione della Corte di cassazione sia espressione di un'invasione o comunque di una menomazione di una competenza del Parlamento appare, tra l'altro, confermato dalla pronuncia che altra autorità giudiziaria ha adottato recentemente in riferimento a un caso in parte analogo. Le argomentazioni svolte dal tribunale di Roma il 15 dicembre 2006 in riferimento al cosiddetto caso Welby appaiono a tal fine illuminanti. Il tribunale, infatti, in quell'occasione, ha ritenuto inammissibile il ricorso diretto ad ottenere la sospensione del presidio sanitario, attenendo la materia ai concetti che sono allo stato «indeterminati e appartengono ad un campo non ancora regolato dal diritto e non suscettibile di essere riempito dall'intervento del giudice, nemmeno utilizzando i criteri interpretativi che consentono il ricorso all'analogia o ai principi generali dell'ordinamento». Il tribunale ha altresì affermato che solo la determinazione politica e legislativa può colmare il vuoto di disciplina - qualunque sia questa determinazione, in una direzione piuttosto che in un'altra - anche sulla base di solidi e condivisi presupposti scientifici che consentano di prevenire abusi e discriminazioni, allo stesso modo in cui intervenne il legislatore per definire la morte cerebrale.
In conclusione, la Corte di cassazione, ai sensi dell'articolo 65 dell'ordinamento giudiziario, quale organo supremo della giustizia assicura l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge ePag. 49l'unità del diritto oggettivo nazionale. L'articolo 12 delle preleggi definisce l'ambito dell'attività interpretativa del giudice, prevedendo che, se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe. Se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato. Non può disconoscersi, al riguardo, come nel caso in esame la Corte di cassazione sembra andata al di là della funzione nomofilattica ad essa affidata. Nella materia oggetto della sentenza, infatti, non vi è alcuna base legislativa, né sembrano esservi principi generali applicabili in maniera diretta ed inequivocabile.
Osservo, infine, che l'elevazione del conflitto di attribuzioni - credo che questo possa essere interesse di tutti - consentirebbe alla Corte costituzionale di stabilire se spetti o meno alla giurisdizione di risolvere casi non regolati dalla legge in materia costituzionalmente riservata alla disciplina legislativa, nonché di individuare il limite oltre il quale il potere interpretativo del giudice finisca per ledere l'esercizio della funzione legislativa attribuita alle Camere.
Credo che lei abbia già sintetizzato la proposta formulata dall'Ufficio di Presidenza. Queste sono le ragioni per le quali chiediamo all'Aula di elevare questo conflitto di attribuzione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
MATTEO BRIGANDÌ. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Onorevole Brigandì, le darò la parola al termine della seduta, secondo prassi, per il suo gruppo ha chiesto di parlare l'onorevole Polledri.
MATTEO BRIGANDÌ. Non chiedo di parlare a nome del mio gruppo. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Brigandì... intelligenti pauca...
MATTEO BRIGANDÌ. Non sto inventando l'intervento sull'ordine dei lavori...
PRESIDENTE. Onorevole Brigandì, parli pure.
MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, siamo al punto di partenza: ho sollevato un'eccezione in merito alla quale non vi è stata risposta.
PRESIDENTE. Prendiamo atto che non c'è stata una risposta.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.
ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sento alta la responsabilità nell'esprimere, a nome del Partito Democratico, un orientamento - sia pure di metodo - su un tema così drammatico, come quello che oggi abbiamo di fronte e che investe direttamente le coscienze degli individui e di tutti noi e che tocca una delle questioni fondamentali di ogni civile convivenza.
Sul merito di un simile problema, che coinvolge la disciplina della fine della vita, che richiede un bilanciamento difficilissimo tra valori fondamentali, presenti anche nel testo costituzionale, è legittimo nutrire dei dubbi, è legittimo avere sensibilità diverse ed è legittimo che queste sensibilità diverse si trovino anche in un grande partito come il nostro, così come credo si trovino anche all'interno di altri partiti e gruppi che siedono in questa Assemblea.
Nel corso della XV legislatura c'era stato, su questi temi, soprattutto al Senato, un ampio dibattito parlamentare, ed anche i successivi sviluppi nel confronto tra le parti politiche avevano condotto a significative convergenze sulla portata di un possibile ed auspicato intervento legislativo. Un intervento legislativo equilibrato avrebbe consentito con chiarezza di disciplinare, da un lato, il divieto di praticare ogni forma di eutanasia e, dall'altro, quello dell'accanimento terapeutico, realizzando al contempo l'alleanza nella terapia traPag. 50medico e paziente, l'equa distribuzione delle cure palliative e l'accompagnamento terapeutico.
Tutti questi concetti sono contenuti in un ordine del giorno presentato al Senato in questi giorni dal gruppo del Partito Democratico su analoga questione. Naturalmente, nell'attesa di una più matura e completa disciplina legislativa su questi problemi, molte vicende della vita quotidiana hanno portato singole persone, famiglie e comunità scientifiche a misurarsi inevitabilmente con questi problemi, a dovere assumere, nella dura realtà di tutti i giorni, decisioni drammatiche e in alcuni casi addirittura tragiche.
Al centro di una di queste vicende estremamente drammatiche si colloca la storia tragica, che tutti noi abbiamo vissuto attraverso i giornali e la televisione, di Eluana Englaro, la non meno grave tragedia vissuta dal padre di lei, investito di una doppia pesantissima responsabilità, e la tormentata vicenda giudiziaria, che ha portato, dopo ben tre procedimenti giudiziari, iniziati nel lontano 1999, dopo numerose e contrastanti pronunce giudiziarie, a una decisione della Suprema Corte di cassazione dell'ottobre 2007 e ad un successivo verdetto della corte d'appello di Milano.
I tribunali e le corti, attraverso i vari gradi del giudizio, hanno assunto, con riferimento al caso concreto che loro è stato prospettato, una decisione indubbiamente di natura giurisdizionale, che i giudici, secondo le regole del nostro ordinamento, avevano l'obbligo giuridico di assumere.
Anche se la regola legislativa è incompleta, i principi fondamentali in materia di interpretazione, contenuti nell'articolo 12 delle preleggi, impongono in ogni caso al giudice di pronunciare una sentenza. Quella sentenza non è una legge, ed anche se pronunciata dalla Suprema Corte di cassazione non assume nessun rilievo di carattere generale, tipico delle leggi. Non s'impone nel nostro ordinamento come un precedente assoluto e vincolante, ma esaurisce tutta intera la sua efficacia all'interno del caso concreto esaminato.
La stessa Corte costituzionale - la cito perché ci rivolgiamo alla Corte costituzionale - ha chiarito molto bene le cose che ci riguardano nella sentenza n. 347 del 1998, ed anche in altre successive. La Corte ha posto con chiarezza due principi, che si devono leggere in stretta connessione tra di loro. In base al primo principio, l'individuazione di un ragionevole punto di equilibrio tra i diversi beni costituzionali coinvolti, nel rispetto della dignità della persona umana, appartiene primariamente alla valutazione del legislatore. Tuttavia - afferma la Corte in quel caso, ma si applica anche al nostro caso - nell'attuale situazione di carenza legislativa spetta al giudice ricercare, nel complessivo sistema normativo, l'interpretazione idonea ad assicurare la protezione degli anzidetti beni costituzionali.
Sollevare oggi, come si pretende di fare sulla base della decisione dell'Ufficio di Presidenza, un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale contro queste decisioni della magistratura, rappresenta una risposta sbagliata in termini di metodo ad un problema estremamente serio.
È sbagliata questa soluzione perché le regole sul conflitto di attribuzione ripetutamente ribadite dalla Corte costituzionale non consentono di intervenire in casi di questo genere, dove non vi è carenza di potere giurisdizionale, ma si configura solo un possibile errore in giudicando, sottoponibile ad altri rimedi. È una risposta sbagliata perché rischia di fare della Corte costituzionale una sorta di giudice di appello sul caso concreto - cosa che la Corte ha sempre rifiutato - con il rischio che nell'interpretazione dei media una risposta negativa della Corte stessa appaia una conferma delle sentenze in atto. Ma è, soprattutto, una soluzione sbagliata perché rappresenta una sorta di dichiarazione di impotenza da parte del Parlamento, un tentativo improbabile e non privo di ambiguità di cercare una qualche soluzione a questo problema che non potrà arrivare al di fuori dell'organo della rappresentanza popolare.Pag. 51
Per questi motivi, signor Presidente, onorevoli colleghi, il Partito Democratico non intende condividere un percorso che potrà rivelarsi infondato alla luce dei precedenti della Corte, e che sostituisce comunque la via maestra della soluzione legislativa affidata al Parlamento. Dichiaro pertanto che il gruppo del Partito Democratico non intende partecipare al voto sulla proposizione di questo conflitto di attribuzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non mi sfugge, e non ci sfugge, l'estrema delicatezza del momento che stiamo vivendo. Si tratta di un momento nel quale sembrano intrecciarsi questioni di merito di estrema rilevanza morale, filosofica, etica e civile, quale il rispetto della vita, con considerazioni di carattere istituzionale, che sono ugualmente serie, sia pure sotto un altro versante.
La relazione del Vicepresidente Lupi sembrerebbe sgomberare il campo dal rischio di interferenze tra i due aspetti, quello del merito e quello del metodo. Egli stesso ha detto, infatti, che il Parlamento è chiamato a pronunciarsi su una questione istituzionale. A scanso di ogni equivoco voglio, comunque, premettere che tutti i parlamentari dell'Italia dei Valori sono schierati a difesa della vita e del rispetto della vita e che quando sarà il momento non sarà dubbio da che parte noi staremo. Oggi, però, siamo chiamati a discutere di un'altra questione: se sia lecito alla Camera e al Parlamento contestare una decisione della magistratura, della Corte di cassazione e della Corte di appello, attraverso un conflitto di attribuzione.
Signor Presidente, l'Ufficio di Presidenza avrebbe dovuto rifiutarsi di seguire questa strada, perché così facendo ammette che il Parlamento è gravemente carente su questo aspetto: chiama la Corte costituzionale a pronunciarsi su che cosa? Su un'inesistenza, su un'incapacità del Parlamento ad assolvere il proprio dovere, che è quello di legiferare (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Deferiamo alla Corte costituzionale una decisione non su un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato ma sul fatto che la magistratura si sia pronunciata in una sede giurisdizionale, nel pieno rispetto della norma dell'articolo 12 delle preleggi, e sul fatto che vi è un Parlamento che si autodefinisce come Ponzio Pilato, come Don Abbondio, non essendosi ancora pronunciato su un tema di questo genere.
Signor Presidente, mi sembra veramente un autogol micidiale, se lo volessimo considerare sotto un termine calcistico, e se ciò non urtasse contro l'estrema delicatezza del problema che stiamo affrontando. Veda Presidente, se uno studente avesse detto che questa sentenza della Corte di cassazione - sul merito della quale non vogliamo entrare - invade la sfera di altri poteri dello Stato, noi l'avremmo bocciato. Non esiste, Presidente, una sentenza di non liquet, soprattutto quando si tratta di decidere sui diritti, non esiste - lo ripeto - e la giurisdizione ha l'obbligo di rispondere. Lo afferma con estrema chiarezza l'ultima parte dell'articolo 12 delle preleggi: se vi sono disposizioni specifiche le si applicano, se queste non vi sono si fa riferimento a casi analoghi (attraverso un procedimento analogico), se non vi sono neanche tali casi si fa riferimento ai principi generali dell'ordinamento giuridico ed a questo ha fatto riferimento la Corte di cassazione.
Noi speriamo ancora che vi siano dei rimedi endoprocedimentali perché poi la decisione possa avere un esito diverso. Non entriamo nel merito di questo aspetto, stiamo discutendo su un altro punto, cioè sul fatto che il Parlamento sta dicendo alla Corte costituzionale di eliminare e di togliere di mezzo una sentenza soltanto perché esso non è stato capace di decidere sullo stesso argomento. Noi non ci sentiamo di essere complici di una decisione di questo genere e di una ammissionePag. 52di questo genere, cioè di un'ammissione d'impotenza e d'incapacità del Parlamento. D'altra parte pensiamo che ogni corte giurisdizionale chiamata a decidere su un conflitto abbia il dovere di rispondere. La Corte di Cassazione ha risposto secondo alcuni criteri che essa ha ritenuto validi. Se noi riteniamo che criteri diversi debbano essere indicati lo dobbiamo dire con chiarezza, assumendoci - ciascuno di noi - le proprie responsabilità su un tema delicato di questo genere, e non dobbiamo invece utilizzare e strumentalizzare sentimenti quali quelli al diritto alla vita, la compassione e la partecipazione che tutti abbiamo al destino di Eluana.
Noi, Presidente, non intendiamo prestarci a questo e perciò esprimeremo un chiaro e netto voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.
ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, oggi noi siamo chiamati ad esprimerci su una delicata questione procedurale, istituzionale, giuridica e anche politica. Sarebbe però ipocrita non dire che sullo sfondo vi è un terribile dramma umano. Io voglio cominciare esprimendo la mia partecipazione al dramma di Eluana Englaro e della sua famiglia, una giovane donna che dorme senza segni evidenti di sofferenza, una giovane donna che dorme, e della quale si vuole terminare la vita negandole l'acqua ed il cibo.
Fatemi fare un po' il filosofo. Ognuno di noi costituisce la realtà, e costituendo la realtà attribuisce ad altri i propri sentimenti, le proprie visioni che a volte coincidono e a volte non coincidono con quelli della persona con la quale abbiamo a che fare. Può darsi che alcuni di noi costituiscano lo stato di Eluana Englaro come indegno, come vita indegna di essere vissuta. Può darsi. Altri non lo fanno. Vi sono 2.800 persone in Italia nella medesima situazione. Vi sono decine di migliaia di cittadini italiani che prestano loro l'assistenza nella convinzione che quella è una vita degna di essere vissuta. E soprattutto noi non sappiamo e non sapremo mai come Eluana Englaro costituisca, nella propria coscienza, la propria situazione oggi, e non sappiamo nemmeno se un giorno si sveglierà. Esiste una possibilità - nessuno può negarla - forse limitata, ma esiste.
Ma non è di questo che oggi dobbiamo parlare. Oggi siamo chiamati a giudicare di un conflitto di attribuzione che la Camera deve sollevare nei confronti della Corte di cassazione. L'articolo 70 della Costituzione dice che le leggi le fa il Parlamento, e la potestà legislativa può essere delegata solo al Governo e con delle delimitazioni molto precise (mi riferisco agli articoli 70, 77 e 78 della Costituzione).
Noi viviamo in un sistema di diritto scritto, in un sistema in cui non si legifera per principi ma per norme. Questa è la grande differenza tra i sistemi a common law, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti l'Australia e altri, e i sistemi continentali. Il nostro è un sistema che non consente di giudicare per principi. Certamente esiste una sfera di eccezione: la nostra Costituzione contiene una parte di principi. Chi interpreta i principi della Costituzione? Il Parlamento. Solo la Corte Costituzionale può talvolta interpretarli quando insorga una contraddizione evidente tra norme esistenti e il dettato costituzionale. È questa il giudice che può avere una potestà limitatamente innovativa.
Nel caso in questione siamo in presenza della Corte di cassazione la quale non svolge una funzione nomofilattica ma normopoietica: non interpreta le leggi, ma le fa. Infatti è evidente che questa sentenza costituisce un precedente ed è evidente anche un'altra cosa: questa sentenza rappresenta un tentativo di influenzare il Parlamento che si appresta a trattare il medesimo argomento. Una sentenza inevitabilmente finisce con l'influenzare il comportamento del Parlamento in una direzione o in un'altra. È un'evidente invasione.
Consentitemi di svolgere un'altra osservazione di carattere generale. L'idea che si possa legiferare per principi da parte dellePag. 53corti - un'idea che ha assai maggiore legittimità in Paesi a common law - negli Stati Uniti oggi è in evidente regresso. Un grande giurista come Anthony Scalia, peraltro mio amico, è stato il protagonista di una rivoluzione giudiziaria in nome del principio della certezza del diritto. Oggi, negli Stati Uniti sentenze di questo genere non vengono più emanate, perché prevale l'idea che occorre rispettare la sovranità del popolo legislatore e che la suprema Corte ha una funzione conservativa del diritto esistente, non la funzione innovativa di creare nuovo diritto.
Si è detto che in questo caso si interviene a colmare un vuoto normativo. Il professor Palomba sbaglierebbe a bocciare il suo studente, perché nella accademia esiste qualcuno che la pensa diversamente da lei. Non voglio far valere il mio modesto parere, che pure qualcosa nell'accademia conta, ma vorrei ricordare Giuliano Vassalli, il principe dei penalisti italiani, che afferma chiaramente che non sussiste alcun vuoto ordinamentale, che esiste una normativa la quale prevede, tra l'altro, l'omicidio del consenziente. Se si afferma che quella in questione non è la fattispecie dell'omicidio del consenziente, quanto meno questa è la fattispecie più prossima a cui l'interpretazione deve fare riferimento. Stupisce che né la Cassazione né la Corte d'appello di Milano si preoccupino minimamente di far riferimento al «pieno» dell'ordinamento. Non è un ordinamento vuoto ma pieno, che disciplina questo caso in modo che non piace a molti di noi, forse sbagliato. Ma chi può cambiare la legge e l'ordinamento è il Parlamento, espressione del popolo sovrano. Non esiste un vuoto di normativa. Questo non vuol dire che il Parlamento non possa decidere di innovare.
PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Buttiglione.
ROCCO BUTTIGLIONE. Inoltre - mi consenta, signor Presidente, si tratta di una questione tanto importante che la prego di concedermi ancora qualche minuto - esistono convenzioni internazionali che affermano che esiste un diritto a rifiutare il trattamento: è giusto, perché sarebbe manus inicere, il costringere con la forza una persona. Non è questo il caso: Eluana Englaro non può dare il suo consenso né può vietare il trattamento. Si dice, tuttavia, che lei avrebbe espresso la sua volontà in altra occasione, davanti a testimoni. Provate ad andare davanti al giudice, dicendo che il vostro zio ricco ha espresso la volontà di lasciarvi un grande patrimonio, anche davanti a testimoni e vedete se il giudice dice che voi siete eredi. Per quale motivo vi sono i notai? Dove è formalizzato questo atto di volontà? Esiste una differenza tra ciò che uno dice, tra l'opinione di un momento e la volontà: la volontà implica matura deliberazione, riflessione e va formalizzata con gli strumenti che l'ordinamento mette a disposizione. Inoltre, vogliamo noi ammettere che esiste un vuoto ordinamentale sul tema della vita? Che il tema della vita non è garantito da questo Parlamento e dalla legislazione italiana?
Troppe sono le cose che bisognerebbe aggiungere e capisco il suo richiamo ai tempi, signor Presidente.
Credo che qui vi sia una decisione etica, una decisione giuridica, una decisione politica di rivendicazione da parte del Parlamento delle proprie facoltà e un'indicazione del fatto che la legislazione surrettizia per principi, in Italia, deve avere limiti molto ben definiti. È tempo - lo dico a chi non è d'accordo con me sulla questione specifica di Eluana Englaro - pensateci: qui si tratta di stabilire che la legislazione surrettizia per principi, da istituzioni che non siano il Parlamento, finalmente deve trovare un limite definito (Applausi dei deputati del gruppo Unione di centro e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.
MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, non ci nascondiamo dietro ad un dito: oggi dentro di noi e nei nostri occhiPag. 54abbiamo alcune foto. Abbiamo le foto del padre di Eluana - a cui va la nostra solidarietà umana, di padri, di mariti e di compagni - e abbiamo la foto di una ragazza: la vediamo come era prima, sorridente. A loro va la nostra solidarietà.
Va la nostra solidarietà ed il nostro plauso, però, anche per esempio alle suore Misericordine, che la accudiscono con professionalità e con amore. La nostra solidarietà va a quelle migliaia di persone, oggi forse più abbandonate, nelle mani delle famiglie, lasciate quasi esclusivamente alle famiglie. Vogliamo ricordare che circa il 30 per cento di pazienti allo stato terminale non riceve le adeguate cure di fine vita. Quando si parla di cure palliative e quando diciamo che mancano gli hospice, soprattutto nelle regioni del sud, quando diciamo che non vi è una cultura palliativa (dall'uso della morfina, per noi medici, fino all'uso delle nuove sostanze) diciamo forse cose ovvie, ma che non suscitano tutto questo amore e tutta questa passione. Allora, a costoro va il nostro sentimento di vicinanza umana.
Non possiamo cancellare questo dolore, non possiamo cancellare nemmeno questa speranza, perché quella della malattia non è una condizione di inferiorità umana, è una condizione di vita e noi apprezziamo la vita in tutte le sue manifestazioni, non solo delle vite di successo, ma anche delle vite che possono apparire in qualche modo sconfitte.
Oggi discutiamo - ne abbiamo già discusso - dei confini di intervento, è ovvio, della Corte di cassazione, che sono stabiliti dalla stessa Corte costituzionale. Tali limiti - e cito - sono nel «ricercare nel complessivo sistema normativo l'interpretazione idonea ad assicurare la protezione dei beni costituzionali». Questo è ciò che deve fare la Corte di cassazione. Il collega che mi ha proceduto giustamente diceva che il procedimento non è chiuso, è rimasto aperto. Sì, ma la Corte d'appello ha emesso un'ordinanza. Allora, cosa poteva fare un Parlamento che in qualche modo vuole riscoprire il suo ruolo? Ha ragione il collega dell'Italia dei Valori, dobbiamo avere il coraggio di legiferare, ma legiferare sulla vita è un atto molto difficile.
Se questa è una sfida che l'Italia dei Valori deve raccogliere, insieme al Partito Democratico e insieme alle componenti del Popolo della Libertà, ebbene noi la raccogliamo, ma tenendo presente alcuni paletti, su cui poi magari dobbiamo discutere. Secondo la Corte costituzionale, a noi spetta qualcosa di diverso ovviamente: il punto di equilibrio tra i diversi beni costituzionali coinvolti. La Corte di cassazione - è stato già detto - forse dimentica che doveva intervenire con due paletti ben precisi: quelli del dettato del rispetto della vita umana, tutelato dalla Costituzione, e i due articoli 579 e 580 del codice penale (non lo dice un medico prestato alla politica come il sottoscritto, lo dice il professor Giuliano Vassalli). Nessuno ha cancellato il reato di omicidio del consenziente e di aiuto al suicidio: sono due reati che forse la magistratura ha dimenticato.
È possibile, però che, in qualche modo, si superi l'ordinamento. Possiamo discutere del valore ideale della sentenza e anche del valore umano, ma non possiamo discutere la titolarità della legge di definire la tutela di alcuni principi costituzionalmente validi, come il diritto alla vita. Si tratta di uno degli aspetti più difficili. Non intervengo sull'idratazione e sull'alimentazione, che la Corte di cassazione definirebbe «presidi medici». Questi sono diritti ed elementi di ordinaria e proporzionata cura: non lo affermiamo noi, ma il Comitato di bioetica, questo è assodato. Staccare il sondino significa praticare l'eutanasia, e non l'accanimento terapeutico: vi è una differenza marcata. La nostra paura è che si ecceda nell'accanimento terapeutico. Vogliamo stabilire il divieto di accanimento terapeutico, che già oggi i medici hanno presente? Bene, ma definiamo l'accanimento terapeutico com'è, cioè una cura sproporzionata, che non porta da nessuna parte, su una prognosi infausta, su cui non si va avanti. Altra cosa è l'eutanasia.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
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MASSIMO POLLEDRI. Vi è un elemento che mi fa riflettere: in qualche modo, la sentenza introduce il concetto e l'idea stessa di dignità della persona, come se vi fosse una vita degna e una vita indegna di essere vissuta. Uno Stato che gradua la dignità della vita, definendo più degna di essere vissuta quella degli alti, biondi, con gli occhi azzurri o di quelli ricchi e, definendo più indegna, magari, quella dei più sfortunati, di quelli un po' più dimenticati o un po' meno ricchi, è uno Stato che si avvicina al regime totalitario. Affermo ciò con semplicità, ma ricordando a tutti noi la comune origine di provenienza da una lotta antifascista, che ha portato questo Parlamento ad essere libero.
Signor Presidente - e concludo - voteremo con cognizione di causa, sapendo che ci muoviamo nell'ambito di determinati paletti, ma sapendo anche che le ragioni politiche di un movimento politico, che nasce per la libertà della Padania, non possono che sorgere dal primo diritto e dalla prima libertà, che è quella alla vita (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania, di deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Unione di Centro).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cicchitto. Ne ha facoltà.
FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, vi è chi ha detto che sarebbe meglio non invadere dall'esterno il confine tra la vita e la morte, che riguarda un soggetto privo della capacità di intendere e di volere, e di lasciarlo affidato al rapporto personale e privato fra il paziente, il medico ed i parenti stretti. Nella realtà, nel corso di tutti questi anni, probabilmente, ciò è avvenuto silenziosamente chissà quante volte. Questa tesi privatistica è contestabile con argomenti assai seri e, comunque, nella vicenda che provoca la nostra discussione, è stata messa in questione alla radice con il ricorso alla magistratura e con la pronuncia della Corte di Cassazione. Pertanto, siamo costretti a misurarci con la vicenda che riguarda Eluana Englaro non per la forzatura di una parte politico-parlamentare, ma perché siamo di fronte ad una questione di fondo. Nel momento in cui il problema dell'eventuale fine della vita di una persona incapace di intendere e di volere viene fatta diventare materia di una sentenza, è accettabile che si verifichi questo totale esproprio delle funzioni legislative del Parlamento? Inoltre, è accettabile la possibilità che a questa sentenza ne seguano altre, magari con decisioni difformi e che tutto ciò sostituisca la legge ed il ruolo legislativo del Parlamento, creando su una questione così delicata una situazione assai confusa?
Questo, e solo questo, è il nodo che oggi dobbiamo affrontare e sciogliere. Si sollevi il conflitto di attribuzione senza enfasi, con comprensione per il dolore della parte in causa, senza alcun fanatismo ideologico e culturale, ma in modo fermo perché, se non lo facessimo, il Parlamento si spoglierebbe del suo ruolo su una problematica assai importante, destinata ad ampliarsi. È evidente, che questa iniziativa pone il problema di arrivare, quanto prima, alla definizione di una legge che regoli tutta la materia, resa ancor più urgente e necessaria dal fatto che nella citata sentenza della Corte di Cassazione è affermato più volte che, per decidere sulla liceità o meno dell'interruzione dell'alimentazione e dell'idratazione artificiale, ci si possa - anzi, ci si debba - riferire ad elementi così impalpabili, quali l'assunzione «di prove chiare, concordanti e convincenti della voce del rappresentato, tratte dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l'idea stessa di dignità della persona».
È evidente, di fronte a riferimenti così evanescenti, che occorre una regolamentazione della materia per legge, con la definizione di tutti i riferimenti in grado di accertare la volontà reale dei singoli. In sostanza auspichiamo una legge che affronti, nel suo complesso, i problemi della fine della vita.Pag. 56
È evidente che in quell'occasione ci si dovrà confrontare con una serie di questioni assai delicate e complesse che vanno dalla terapia antidolore, all'accanimento terapeutico, al testamento biologico ed altre ancora. Su di esse sappiamo che esistono nel Paese e qui in Parlamento, al di fuori e al di là degli schieramenti di maggioranza e di opposizione, dei diversi pareri su cui ci si confronterà in modo aperto, adottando come metodo, per quello che ci riguarda come partito del Popolo della Libertà, quello del rispetto della libertà di coscienza di ogni singolo parlamentare (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Unione di Centro).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.
Onorevole, le ricordo che è previsto l'intervento di soltanto un oratore per gruppo, ma vista l'importanza della questione la prego soltanto di attenersi ad un limitato numero di minuti.
BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente sarò brevissimo. Ho letto, come altri colleghi, nelle sentenze della Corte di Cassazione e della Corte di appello sul caso di Eluana Englaro il doveroso tentativo di rispondere ad un cittadino che chiedeva una pronuncia di diritto al suo dilemma angoscioso.
Mi sono parse sentenze rispettose della Costituzione, dei principi dell'ordinamento giuridico e di un senso profondo di umana giustizia. Le polemiche seguite alla sentenza della Corte di Cassazione, sicuramente non la prima di tipo interpretativo, sono sembrate a me e ad altri colleghi più orientate contro il merito, piuttosto che, diciamo così, contro il metodo della sentenza.
Certo il tema della distinzione dei ruoli tra legislatore e magistratura è un tema fondato e importante - come ha ben argomentato il capogruppo del Popolo della Libertà Fabrizio Cicchitto poc'anzi - ed esso emerge, a maggior ragione, in un Paese, che non è un Paese di common law, di fronte ad un vuoto legislativo.
Moltissimi parlamentari hanno dunque avvertito e denunciato un'indebita invasione di campo da parte della suprema Corte ed a questo punto è probabilmente inevitabile che la questione sia rimessa alla valutazione della Corte costituzionale. Si tratta di una scelta che possiamo comprendere, che non vogliamo contestare, ma a cui non ci sentiamo di partecipare sul piano del merito e - concludo signor Presidente - restiamo dell'idea che la logica di quella contestata sentenza dovrebbe ispirare il lavoro del Parlamento per una legge «sul» testamento biologico e non «contro» il testamento biologico (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente sarò anch'io brevissimo. Intervengo perché è evidente che al di là della questione procedurale che viene sollevata vi è una grande questione di sostanza da cui è nato questo problema e su tale questione di sostanza che investe sensibilità etiche, religiose e diritti civili è bene che le componenti politiche e culturali che sono confluite nel Popolo della Libertà, gruppo di cui ho l'onore di far parte, si esprimano.
Io provengo da un partito - quello repubblicano - che ha una lunga tradizione di impegno sulle questioni etico-politiche e quindi ho il dovere di esprimere queste posizioni.
Mi rendo conto del fatto che la sentenza della magistratura ha sollevato questioni molto delicate ed ha toccato sensibilità molto importanti, ma è una sentenza della magistratura e le sentenze della magistratura non le possiamo riformare noi.
Quando l'onorevole Buttiglione dice che il diritto italiano è pieno e non è vuoto vuol dire che il magistrato chiamato a decidere decide. Può sbagliare o no, ma non possiamo essere noi a sollevare un conflitto di attribuzione perché la sentenza è sbagliata e «tocca» dei principi.Pag. 57Possiamo legiferare, onorevoli colleghi, potevamo legiferare ieri, possiamo legiferare questa sera e possiamo intervenire con l'azione! È la forza della legge, ma finché noi non riteniamo di legiferare il magistrato ha il dovere di decidere e possiamo augurarci che decida molto bene. Questa è la ragione, signor Presidente, per cui non prenderò parte a questo voto (Applausi di deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che sulla deliberazione per l'elevazione di un conflitto da parte della Camera dei deputati innanzi alla Corte costituzionale la votazione avrà luogo mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi.
Pongo dunque in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta dell'Ufficio di Presidenza di elevare conflitto di attribuzione da parte della Camera dei deputati innanzi alla Corte costituzionale.
(È approvata - Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Unione di Centro).
Ricordo che la Conferenza dei Presidenti di gruppo, convocata al termine della votazione presso la Biblioteca del Presidente, sta per riunirsi. Invito dunque i presidenti di gruppo a prendere parte ai lavori della Conferenza medesima.
Sull'ordine dei lavori (ore 13,55).
CHIARA BRAGA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 13,58).
CHIARA BRAGA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, chiedo di intervenire sull'ordine dei lavori anche in rappresentanza dei deputati lombardi del Partito Democratico, per segnalare i gravi incidenti sul lavoro che hanno tristemente segnato la giornata di ieri, in Lombardia: si tratta della morte di un operaio di 44 anni a Cermenate, nel comasco, travolto da una grossa pala meccanica in movimento condotta da un collega e degli incidenti avvenuti nel cremonese, con la morte di un giovane ragazzo moldavo di 22 anni e il ferimento di altri due operai, in altrettanti cantieri edili.
Voglio esprimere la mia e la nostra solidarietà alle famiglie delle vittime e dei lavoratori coinvolti, spesso drammaticamente, in eventi che possono avere in sé elementi di fatalità, certo, ma che non posso consentire a nessuno, tanto meno a un Ministro di questo Governo, di derubricare la gravità di fatti come questi alla semplice perdita di qualche vita umana, quasi fosse un effetto collaterale e sopportabile di una seppur importante infrastruttura energetica per il Paese.
Nel ricordare le tante, le troppe vittime che registriamo quotidianamente sui luoghi di lavoro, denunciamo anche le misure assunte recentemente dal Governo, che tendono a deregolare il lavoro e, di pari passo, a ridurre il livello di guardia sulla sicurezza e sulla salute nei luoghi di lavoro. Contestiamo il tentativo di cancellare la norma che obbliga alla denuncia preventiva dell'inizio di rapporto di lavoro, così come i tentativi di prorogare l'entrata in vigore delle disposizioni legislative in materia di sicurezza. Crediamo, al contrario, che occorra affermare e rafforzare, nel nostro Paese, una cultura di sicurezza del lavoro e prevedere la piena applicazione delle leggi presenti nel nostro ordinamento. Anche per questo, durante la revisione in corso del Codice degli appalti, come deputati del Partito Democratico, abbiamo chiesto ed ottenuto, in sede di espressione di parere in VIII Commissione, che venissero pienamente recepite, nella disciplina degli appalti, le disposizioni comunitarie in materia di sicurezza del lavoro.
Chiedo che questa Camera si faccia carico di un tema così importante chePag. 58purtroppo quotidianamente è agli onori della cronaca, ma che non pare essere una vera priorità per il Governo. Chiedo anche che, alla ripresa dei lavori parlamentari, il Ministro riferisca presso la Commissione competente, circa le misure che intende intraprendere per confermare l'impegno istituzionale sul tema della sicurezza del lavoro, anche riservandomi di assumere, insieme agli altri colleghi, un'apposita iniziativa al riguardo.
PRESIDENTE. Onorevole Braga, la Presidenza prende atto delle sue osservazioni ed informerà il Governo per le dovute considerazioni.
ANDREA ORSINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREA ORSINI. Ritengo che la collega che mi ha preceduto e che ha sollevato un problema sacrosanto, sul quale la sensibilità di tutti i membri della Camera, credo, sia assolutamente analoga, voglia però strumentalizzare un tema così delicato, così triste e così grave, come quello dei caduti sul lavoro, per fare una polemica che è del tutto ingiustificata, pretestuosa e, devo dire, obiettivamente di profilo molto basso nei confronti del Governo o di un membro del Governo.
È del tutto evidente per il Popolo della Libertà, la Lega Nord, il Partito Democratico, l'Unione di Centro, insomma per tutti i gruppi rappresentati in questo Parlamento e per tutti i membri del Governo del Paese, il dramma dei caduti sul lavoro è motivo di angoscia, dolore e tristezza.
Vorrei che tutte le forze politiche avessero la sensibilità di non strumentalizzare tale argomento, men che mai di strumentalizzare un'affermazione il cui significato era palesemente opposto a quello citato dalla collega poco fa, poiché si trattava di un'affermazione di solidarietà verso i caduti e le loro famiglie (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei soltanto chiedere a che titolo si interviene perché normalmente in Aula si prende la parola per svolgere delle considerazioni. Non è prevista una replica ad un intervento sull'ordine dei lavori, tanto più di una persona che evidentemente era coricata e dormiva e che non ha neanche ascoltato quello cosa si diceva e non è la prima volta che viene a darci lezioni. Si preoccupasse e anzi ci meravigliamo del fatto ...
PRESIDENTE. Onorevole Giachetti ...
ROBERTO GIACHETTI. ...che qualcuno critichi che in Assemblea si faccia riferimento, a causa di incidenti mortali che sono avvenuti - ancora una volta - nella giornata di ieri, all'esigenza che, complessivamente, vi sia una politica che magari tenga conto che a segnare l'esigenza di cambiare le leggi nel nostro Paese non vi siano dei morti ma, possibilmente, dei vivi.
Tuttavia, ritengo francamente del tutto gratuito che ogni volta il collega si alzi e dia giudizi su quanto hanno affermato gli altri e lei, signor Presidente, non dovrebbe consentirlo.
PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, il collega ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori. È abitudine che le questioni con tale contenuto - concernenti l'ordine dei lavori - vengano portate all'attenzione dell'Aula a fine seduta, come lei sa, e ogni deputato può intervenire sull'ordine dei lavori assumendosi, giustamente, la responsabilità, con pari dignità, di ciò che ha detto.
LUCIA CODURELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, non voglio entrare in tale polemica ma volevo ringraziare la collega Braga per aver sollevato questo problema. Infatti,Pag. 59non si riesce a comprendere perché si parli prima di vita e poi ci si comporta come se queste fossero vite di secondo ordine. È una cosa assolutamente inaccettabile dal nostro punto di vista.
Dunque, tre morti ieri e forse a qualcuno non interessa perché due di loro non erano italiani. Per noi sono tre vite a cui veramente non si può assolutamente soprassedere e intanto i morti sono parecchi. Credo, anzi ne sono convinta e lo ribadisco in questa sede - chiedo alla Presidenza di farsene interprete - che il Governo abbia abbassato l'attenzione con i provvedimenti che ha assunto e sta assumendo in merito. Un Ministro della Repubblica, ieri, al taglio del nastro durante l'inaugurazione di un'opera ha esordito affermando che si tratta di un prezzo necessario da pagare.
Credo che una simile affermazione non meriti commento perché è veramente gravissima. Si tratta di una dichiarazione gravissima, ma abbiamo già assistito a dichiarazioni di tale tipo in passato, rispetto a Marco Biagi. Dunque, non è la prima volta. All'epoca si disse che era un «rompi coglioni».
Chiedo, pertanto, alla Presidenza della Camera di farsene interprete. Aggiungo anch'io e sostengo quanto ha detto la collega affinché il Governo venga a rispondere in Parlamento sulle misure che intende mettere in atto, perché in tante occasioni rappresentanti del Governo hanno ribadito che oggi si tratta soprattutto di un problema culturale. Allora, credo che il primo problema di aspetto culturale sia del nostro Ministro, del Ministro di questo Governo non votato dalla sottoscritta e dal Partito Democratico e ritengo che oggi questo Ministro dovrebbe dimettersi. Comunque, aspettiamo che riferisca in Parlamento.
PRESIDENTE. Come ha dimostrato anche l'intervento dell'onorevole Codurelli, a fine seduta si può intervenire con le questioni sull'ordine dei lavori.
Le rispondo anche che l'onorevole Braga ha giustamente chiesto di informare il Governo dei contenuti delle osservazioni riportate durante gli interventi sull'ordine dei lavori. Ritengo che il miglior luogo dove potersi confrontare con serietà tra Governo e Parlamento siano, come lei ha sostenuto onorevole Braga, le Commissioni competenti.
Inoltre, vi sono anche gli strumenti di sindacato ispettivo che permettono al Parlamento di intervenire e di dialogare con puntualità su temi importanti come gli interventi hanno sottolineato.
Modifica nella costituzione del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione.
PRESIDENTE. Comunico che nella seduta di ieri, mercoledì 30 luglio 2008, il Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione ha proceduto all'elezione del deputato Ivano Strizzolo a vicepresidente, in sostituzione del deputato Fabio Rampelli, dimissionario.
Sospendo la seduta, che riprenderà alla ore 15 con lo svolgimento delle interpellanze urgenti.
La seduta, sospesa alle 14,05, è ripresa alle 15,10.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Angelino Alfano, Berlusconi, Bonaiuti, Brancher, Brunetta, Carfagna, Casero, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cota, Crimi, Donadi, Fitto, Frattini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, La Russa, Lo Monte, Mantovano, Martini, Mazzocchi, Melchiorre,Pag. 60Meloni, Prestigiacomo, Romani, Ronchi, Scajola, Soro, Stefani, Urso e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 15,12).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Rinvio dell'interpellanza urgente Carlucci - n. 2-00097)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Carlucci n. 2-00097, concernente problematiche relative alla stabilizzazione degli ufficiali in ferma prefissata della Marina militare, è rinviato ad altra seduta.
(Iniziative per il ritiro dei ricorsi governativi relativi alla legge regionale del Piemonte e alla legge della provincia autonoma di Trento in tema di somministrazione di farmaci psicoattivi ai minori - n. 2-00106)
PRESIDENTE. L'onorevole Binetti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00106, concernente iniziative per il ritiro dei ricorsi governativi relativi alla legge regionale del Piemonte e alla legge della provincia autonoma di Trento in tema di somministrazione di farmaci psicoattivi ai minori (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
PAOLA BINETTI. Signor Presidente, il tema su cui abbiamo presentato questa interpellanza urgente riguarda uno dei problemi da un certo punto di vista più importanti attualmente, che tocca il rapporto tra famiglie e medici con riferimento ai bambini portatori di problemi. Mi riferisco ai bambini che in concreto, come accade in questo caso, hanno un disturbo dell'attenzione abbastanza elevato, tale da farli percepire, da un lato, nell'ambiente della vita di famiglia, a volte come troppo vivaci e difficili da gestire anche da parte dei genitori, e dall'altro, come bambini chiaramente problematici nell'ambito della vita scolastica, con riferimento a quella tipologia di relazioni complesse che riguardano non soltanto il rapporto tra docente e bambino, ma piuttosto anche la gestione dell'intero gruppo di bambini, della classe.
Davanti a questo tipo di problematiche la medicina conserva una sua attenzione vigilante, ma non è ancora addivenuta ad un'ipotesi concreta, fattiva e specifica delle cause che determinano questo disturbo, nel quale molto probabilmente si intrecciano elementi di natura biologica, che riguardano tutto l'assetto neuro-endocrino-immunologico del bambino, ma nel quale sono chiamati a giocare un ruolo importante anche i modelli educativi, per quello che riguarda la vita di famiglia, e i modelli educativi e didattici, per quello che riguarda la vita della scuola.
In questa complessa rete si sono venute instaurando delle prassi molto diverse, intanto, in Italia rispetto agli Stati Uniti e, poi, all'interno del nostro Paese, nelle diverse regioni. Negli Stati Uniti è invalsa l'abitudine di somministrare con una certa facilità a questi bambini farmaci, tra i quali il tipo più noto è il Ritalin, che in qualche modo consentono di ottenere un effetto rapido nel controllo dell'attenzione e della vivacità del bambino. Si tratta di farmaci di tipo sostanzialmente depressori dell'umore, tanto che studi recenti dimostrano come i bambini che durante l'infanzia hanno assunto Ritalin con una certa regolarità ed intensità, presentano poi, nella fase dell'adolescenza, degli indici di propensione al suicidio maggiori rispetto agli altri. Dunque, sono farmaci che, in qualche modo, vanno ad intaccare concretamente l'equilibrio umorale, il tono umorale degli stessi bambini. Di fatto,Pag. 61però, rappresentano una sorta di sistema di pronto soccorso, per il maestro piuttosto che per la famiglia, perché è un modo rapido e immediato di controllare la vivacità dei bambini.
Su questa problematica l'Italia finora si è sempre mossa dando una particolare attenzione a metodologie di tipo più prevalentemente psicoeducativo; sono state intraprese molte iniziative che riguardano le modalità con cui venire incontro alle esigenze dei bambini, cercando di cogliere i bisogni profondi che un comportamento di questo tipo potrebbe esprimere.
Nello stesso tempo i modelli attuali presenti nelle nostre classi, spesso legati anche al numero ridotto di allievi per classe, permettono molte volte, davanti ad un atteggiamento educativo consapevole, equilibrato e maturo, anche di inquadrare questi bambini in una vita di classe sufficientemente calibrata sui bisogni e le esigenze di ciascuno di loro.
Rispetto a questa tipologia di interventi ed a questa tipologia di stile, che intrecciano il clima della collaborazione scuola-famiglia con le problematiche specifiche del bambino, in questo momento l'inserimento di una normativa che regola l'uso di tali farmaci rappresenta una delle istanze importanti. Non a caso anche nella XII Commissione (Affari sociali) abbiamo appena iniziato l'esame di un disegno di legge su questo tema.
Tuttavia, di fatto sulla normativa che le due regioni in questione, Piemonte e Trentino, hanno adottato per regolamentare l'uso dei farmaci - anche per sottoporlo a un controllo reale degli specialisti e per attuare una prassi più moderata possibile - si è inserito il Consiglio dei ministri.
Quindi, l'interpellanza tende a verificare in che modo è possibile, da un certo punto di vista, mantenere una regolamentazione equilibrata e centrata su linee guida che permettano di rendere confrontabili nelle diverse regioni d'Italia la tecnica di somministrazione clinica, ma anche l'inquadratura psicopedagogica che questa comporta.
Nello stesso tempo si pone il problema della diversa regolamentazione che le regioni assumono in generale rispetto alle tematiche della salute. Quindi, si tratta di un tema importante, peraltro in un contesto verso il quale stiamo andando di federalismo fiscale ma anche solidale - comunque un riconoscimento delle autonomie regionali rispetto a tematiche che, invece, dovrebbero mantenere nel Paese una linea più unitaria - che ci chiede di fare chiarezza su questo aspetto.
Il terzo punto - che forse riguarda la sostanza dei problemi - concerne il modo in cui si riesce ad offrire, attraverso questo intervento, il giusto sostegno alle famiglie e il riconoscimento del primato del modello familiare nelle decisioni che riguardano i bambini e, di conseguenza, a mantenere nella responsabilità familiare anche tutti quei canali volti ad assicurare ai genitori tutti gli aiuti di cui hanno bisogno non solo sul piano farmacologico, ma anche sul piano della dinamica delle relazioni familiari.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Binetti. È un ringraziamento non formale perché il tema che lei solleva è sicuramente di straordinaria importanza.
Il sottosegretario di Stato per la difesa, Guido Crosetto, ha facoltà di rispondere.
GUIDO CROSETTO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, in relazione all'interpellanza urgente n. 2-00106 dell'onorevole Binetti e altri, concernente la richiesta di ritiro dell'impugnativa delle leggi della regione Piemonte n. 21 del 2007, decisa dal Consiglio dei ministri del 21 dicembre 2007 (Presidente del Consiglio Romano Prodi), e della provincia autonoma di Trento n. 4 del 2008, decisa dal Consiglio dei ministri del 4 luglio 2008 (Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi), concernenti il consenso informato dei genitori per la somministrazione ai minori di farmaci psicoattivi, si fa presente che le questioni affrontate nei due ricorsi sono prettamente tecniche.
Assume, quindi, rilevanza quanto espresso dalle direzioni del Ministero competente, ossia quello del lavoro, della salute e delle politiche sociali, ed il ruolo diPag. 62coordinamento del Ministro per i rapporti con le regioni non può arrivare a contestare la correttezza di quanto affermato dall'amministrazione di settore.
Si precisa, altresì, che la decisione di impugnare o meno una legge è rimessa alla delibera collegiale dell'intera compagine governativa e non al singolo Ministero cui è spettata l'istruttoria
In particolare, il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, in relazione alla legge della regione Piemonte, ha inviato il prescritto parere di competenza, chiedendo 1'impugnativa della disposizione la quale, introducendo l'obbligo di un consenso scritto da parte dei genitori o dei tutori del minore sulla prescrizione dei farmaci stupefacenti o psicotropi (che non è previsto dalle norme nazionali), limita la prescrivibilità di molti medicinali.
Il Ministero, in particolare, ha osservato che la normativa nazionale in materia comprende già tutte le garanzie necessarie per la somministrazione dei farmaci in questione e che attualmente in Italia il consenso informato è previsto unicamente nei casi di medicinali in fase di sperimentazione clinica sull'uomo, o altre particolari fattispecie; mentre i farmaci che hanno superato la fase sperimentale preliminare all'immissione in commercio, correntemente utilizzati nella pratica sanitaria, sono prescritti dal medico senza necessità di acquisire alcun consenso.
Attraverso la norma regionale - ha concluso il Ministero della salute - si sottopone la decisione del medico alla discrezionalità dei genitori e dei tutori, i quali non posseggono le conoscenze scientifiche necessarie. Conseguentemente, il Consiglio dei ministri, nella seduta del 21 dicembre 2007 (nel corso della precedente legislatura), ha deliberato l'impugnativa della legge.
Analoghe considerazioni sono state svolte dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, nonché dal Ministero della giustizia, in relazione alla legge della provincia autonoma di Trento. Pertanto, anche sulla base della precedente impugnativa della legge della regione Piemonte, il Consiglio dei ministri, nella seduta del 4 luglio scorso, ha deliberato di ricorrere avverso la legge della provincia autonoma di Trento.
PRESIDENTE. L'onorevole Binetti ha facoltà di replicare. Ricordo che ha 15 minuti di tempo a disposizione.
PAOLA BINETTI. Signor Presidente, non sono soddisfatta per la risposta, per due ragioni molto concrete.
Innanzitutto, il consenso rappresenta lo stile della relazione medico-paziente. L'alleanza terapeutica che si stabilisce tra un medico e il suo paziente presuppone sempre un consenso, tant'è vero che il farmaco è parte integrante di un progetto di educazione terapeutica del paziente, il quale deve sapere a cosa serve il farmaco che assume, perché esso gli viene somministrato e quali sono gli effetti collaterali. Se così non fosse, non presteremmo tanta attenzione, banalmente, anche quello che noi medici chiamiamo lo «sbugiardello», cioè il foglietto delle istruzioni contenuto nelle scatole dei medicinali.
È soprattutto la relazione di fiducia tra il medico e il paziente che presuppone che il medico, quando somministra un farmaco, spieghi con chiarezza alla persona cosa le sta somministrando, perché, quali sono gli effetti attesi e quali possono essere le conseguenze (precisando anche le eventuali conseguenze negative che sono comunque ricomprese nella qualità del progetto terapeutico che essi stanno portando avanti insieme e le conseguenze che, invece, vanno considerate come eventi sentinella a seguito dei quali il paziente deve urgentemente chiamare e informare il medico).
Ciò, oltretutto, si accentua nel caso in cui l'interessato al quale queste spiegazioni vengono fornite non sia nemmeno direttamente il paziente, ma sia la famiglia. La famiglia e ogni adulto hanno un doppio livello di responsabilità, perché una cosa è decidere per sé (e quindi assumersi l'onere delle conseguenze di quello che si sta facendo, sapendo perfettamente ciò che si vuole e come e perché lo si vuole), un'altra - e ancora più delicata - è assumersiPag. 63responsabilità nei confronti dei propri figli, verso i quali si esercita la patria potestà e un doppio ruolo di educazione (quella come figli e, in questo caso, anche l'eventuale educazione come paziente).
Di conseguenza, il fatto che in alcune regioni si sia sollevata la necessità di «stressare» il livello di vigilanza, alzandone la quota - quindi con la richiesta che il consenso sia scritto - non ci stupisce affatto, esattamente come non ci stupisce che a volte, per effettuare una banale ecografia e un'indagine con un mezzo di contrasto, chiediamo immediatamente che il paziente sottoscriva le richieste. Per qualunque tipo di prestazione chiediamo al paziente di sottoscrivere. Per un farmaco le cui conseguenze sappiamo essere, a distanza, a potenziale rischio - perché questo ci dicono i dati scientifici -, ancora di più la famiglia va messa davanti alla responsabilità che si sta prendendo, nel momento attuale in cui si stabilisce la relazione e nella sua proiezione temporale nel tempo.
Mantenere un livello di vigilanza stretta, quindi, ed essere sempre convinti che quello che si sta somministrando in quel momento - chiedendosi se non vi sia una soluzione alternativa - è la migliore soluzione possibile in atto. Non ne parlo semplicemente per un discorso di costi economici, ma soprattutto in un contesto di costi umani: certamente, il costo economico del farmaco è superiore a quello che potrebbe essere il momento di dialogo e di rapporto con il figlio, ma non c'è dubbio che il costo del tempo ha un valore ed è un investimento di gran lunga superiore rispetto a quello che non può essere dato dal vantaggio immediato che si ottiene.
Da questo punto di vista, riteniamo che una legislazione che guardi alla somministrazione dei farmaci di questo tipo debba essere sempre utilizzata con il massimo di controllo possibile. Le regioni, peraltro, in questo momento hanno la responsabilità in ordine a questa materia: secondo l'attuale Costituzione, di fatto, gran parte delle politiche della salute è svolta dagli assessorati regionali alla salute più che dai ministeri.
Da questo punto di vista, abbiamo bisogno di porre con grande attenzione il tema della salute mentale dei bambini, esattamente come il tema della salute mentale degli adulti, per rivendicare tutto ciò che, in qualche modo, costituisce uno spessore di progetti integrati orientati alla salute, in cui la famiglia e la scuola intervengono, affinché il farmaco sia sottoposto al massimo livello possibile di vigilanza e non si ceda mai alla tentazione, rapida e sbrigativa, di una somministrazione in fondo superficiale e acritica.
(Rinvio dell'interpellanza urgente Franzoso - n. 2-00076)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Franzoso n. 2-00076, concernente iniziative per una corretta interpretazione delle disposizioni relative ai pagamenti da effettuare in relazione alla situazione di dissesto finanziario del comune di Taranto, è rinviato ad altra seduta.
(Risultati del lavoro della commissione tecnica per la finanza pubblica relativi ad un progetto di revisione della spesa presso cinque ministeri - n. 2-00103)
PRESIDENTE. L'onorevole Vassallo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00103, concernente risultati del lavoro della commissione tecnica per la finanza pubblica relativi ad un progetto di revisione della spesa presso cinque ministeri (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), per quindici minuti.
SALVATORE VASSALLO. Signor Presidente, rappresentante del Governo, i proponenti di questa interpellanza intendono richiamare l'attenzione sulle modalità di un'efficace gestione di un mirato contenimentoPag. 64della spesa pubblica, un problema con il quale certamente il Parlamento e il Governo devono fare i conti.
La commissione tecnica per la finanza pubblica, in base ad un atto di indirizzo del Ministero dell'economia e delle finanze, ha prodotto recentemente, a questo riguardo, un rapporto concernente la revisione della spesa presso cinque ministeri: giustizia, infrastrutture, interno, istruzione e trasporti.
Come è noto, tale attività era inserita in un generale processo di revisione e di riforma del bilancio della finanza pubblica, che prevedeva, in particolare, l'attivazione di un'analisi sistematica e di una valutazione della spesa, volta a una sua riqualificazione in termini di efficacia e di efficienza. Si tratta del progetto cosiddetto di spending review, previsto dall'articolo 1, comma 480, della legge finanziaria per il 2007, il quale riprendeva esempi di esperienze consolidate di altri grandi Paesi europei, tra cui Regno Unito e Francia, e aveva l'obiettivo di riesaminare il bilancio pubblico e riclassificarlo in missioni e programmi di spesa, provando così, in qualche modo, a migliorare le funzioni allocative ed esecutive. Quindi, si provava, attraverso questa strada, a superare un approccio puramente incrementale alla formulazione del bilancio, basato su modifiche marginali alla spesa storica, introducendo una cultura dell'analisi della formazione dei bilanci, cosiddetta a base zero.
L'esercizio dello spending review, di questo approccio a base zero, d'altro canto, oltre a consentire una più mirata politica di contenimento della spesa, è un approccio molto utile - questo lo dimostra anche la letteratura comparativa - perché tende a generare un effetto positivo di apprendimento delle amministrazioni pubbliche e dei Governi sulle loro sacche di inefficienza.
Da questo punto di vista, per esempio, è a nostro avviso apprezzabile che anche nella stessa elaborazione del rapporto prodotto dalla commissione tecnica per la finanza pubblica sia stato avviato un tavolo di lavoro, formato da rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato, dai Ministeri interessati, da esperti interni ed esterni ai Ministeri stessi, che ha consentito verosimilmente che emergessero comuni e plausibili linee d'intervento per il contenimento della spesa. Come è noto, questo esercizio è particolarmente necessario in Italia, nel momento in cui è molto forte la richiesta di una maggiore efficienza ed efficacia delle prestazioni rese dallo Stato.
Sempre nell'ottica di un processo di riduzione e miglioramento della spesa pubblica, si inquadra l'idea della riclassificazione del bilancio per missioni e programmi, che sposta la centralità delle scelte di spesa delle amministrazioni che gestiscono risorse alle finalità cui le stesse sono destinate.
Questa nuova classificazione ha fornito uno strumento più trasparente per l'analisi di bilancio creando le premesse per decisioni politiche più consapevoli e gestioni amministrative più flessibili e meglio valutabili. Nel quadro di questa analisi, di questa revisione della spesa nei cinque Ministeri già citati, d'altro canto la commissione aveva già identificato alcune aree di intervento: l'organizzazione territoriale delle amministrazioni (con alcuni interventi relativi all'accorpamento degli uffici in modo di sfruttare le economie di scala), alcune procedure amministrative relative all'organizzazione del personale, le politiche dei trasferimenti, la struttura dei bilanci e i rapporti con il Ministero (con la revisione di alcune procedure che instaurano un'efficiente politica della spesa nei singoli dicasteri). La commissione ha dunque svolto grazie al mandato legislativo una straordinaria analisi di valutazione.
È bene sottolineare che questa analisi ha riguardato cinque ministeri che rappresentano insieme circa il 30 per cento del totale della spesa corrente dello Stato è poco più di un quarto, il 26 per cento, della spesa in conto capitale. La commissione ha consegnato una prima versione di questo rapporto nel dicembre del 2007 e successivamente ha continuato a lavorare per approfondire alcuni problemi e criticità emersi in questa prima fase di analisiPag. 65fino a consegnare effettivamente la versione finale del rapporto nelle mani del Ministro lo scorso giugno.
Pertanto la nostra interpellanza è molto semplice: chiediamo di sapere, innanzitutto, se il Ministero intende proseguire nel progetto di spending review, ovvero se intende mantenere l' approccio di una analisi accurata, di una revisione sistematica della spesa, per razionalizzare la spesa pubblica. In secondo luogo chiediamo di sapere in maniera più specifica per quale ragione il Governo non abbia fino adesso reso pubblico questo utile strumento di analisi della spesa utilizzato dai cinque Ministeri citati e se, anche se tardivamente, intenda farlo quanto prima. Questo documento, infatti, sarebbe stato utile, ed era stato programmato e previsto, proprio in previsione della formazione della legge finanziaria per il 2009 anche se ovviamente non è stato possibile tenerne conto nell'esame della spesa realizzato nella elaborazione della manovra estiva che abbiamo appena votato.
PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Luigi Casero, ha facoltà di rispondere.
LUIGI CASERO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, come l'onorevole Vassallo e gli altri interpellanti sanno, la citata commissione è stata soppressa dall'articolo 45 del decreto-legge n. 112 del 2008, in fase di conversione al Senato e che tornerà la prossima settimana alla Camera. La soppressione di questa commissione ha portato, trattandosi di una norma contenuta nella legge finanziaria di quest'anno, ad un ampio dibattito nelle Commissioni bilancio e finanze proprio durante la discussione dei temi della spending review e delle azioni da compiersi per contenere e intervenire sulla spesa. Il Governo già in quella sede - vi è stato come dicevo un dibattito molto lungo - ha presentato le proprie valutazioni, ha dichiarato come intende intervenire attraverso l'articolo 60 ovvero con un utilizzo diverso della gestione della spesa e ha lungamente descritto i vari strumenti tecnici utilizzati. L'interpellante ha parlato del bilancio a base zero, ma questo intervento tecnico che già ormai da trenta anni è stato presentato, ed in parte utilizzato, non viene più utilizzato perché tutte le amministrazioni, sia nazionali sia internazionali, hanno avuto difficoltà a riazzerare il bilancio ogni anno.
Dal punto di vista teorico sarebbe la soluzione ideale perché porterebbe a destinare le risorse veramente necessarie. Spesso, in una gestione complessa come quella di un bilancio pubblico, purtroppo si agisce molto su base storica e quindi vi è la necessità di introdurre una serie di strumenti che possono invece destinare il bilancio secondo le finalità del caso. Il Governo, con un articolo inserito nella manovra finanziaria di quest'anno, ha introdotto una flessibilità di gestione del bilancio stesso, permettendo agli stessi Ministeri di intervenire in modo flessibile e quindi di modificare la destinazione delle risorse all'interno dello specifico Ministero con degli interventi di quest'ultimo, potendo in questo caso rispondere alle immediate necessità che sussistono in relazione ai vari capitoli di bilancio. A fronte di tale misura è stato effettuato un taglio lineare su tutti i capitoli di bilancio che ha abbassato la disponibilità necessaria. È questa la linea che si è tenuta, la quale è stata molto discussa e verrà discussa sicuramente anche nei prossimi giorni.
Per quanto riguarda invece la domanda specifica relativa al lavoro eseguito dalla commissione indicata nell'interpellanza, tale commissione fondamentalmente ha realizzato un lavoro diviso in due parti, come ha detto giustamente l'interpellante. La prima parte, un lavoro intermedio, è già stata pubblicata e resa disponibile a tutti sul sito del Ministero dell'economia delle finanze e si può trovare andando all'indirizzo Internet: www.mef.gov.it.ministero/commissioni/ctfp/documentazione.asp. Quindi, questo documento intermedio è stato presentato ed è già disponibile. L'interpellante invece si riferisce al documento finale che è stato consegnato al Ministero dell'economia e delle finanze il 19 giugnoPag. 66del 2008 ed è allo studio. Il Ministro lo sta analizzando e valutando e appena avrà compiuto la valutazione (penso che questo avverrà a breve) il documento sarà consegnato alle Camere (solitamente viene consegnato alle Commissioni bilancio della Camera e del Senato) e verrà pubblicato sullo stesso sito del Ministero.
PRESIDENTE. L'onorevole Vassallo ha facoltà di replicare.
SALVATORE VASSALLO. Signor Presidente, sono parzialmente soddisfatto della risposta, naturalmente per quanto riguarda la precisazione circa la pubblicazione del documento in questione. Tuttavia ci attendiamo naturalmente che le valutazioni del Governo non portino - presumo che non possano portare - ad una revisione del documento stesso prodotto da una commissione, in un certo senso indipendente, formata da esperti. Devo notare che la decisione richiamata dal sottosegretario circa la soppressione di questa commissione non è stata a sufficienza giustificata. Mi riferisco al far mancare al dibattito parlamentare e all'attività governativa una risorsa conoscitiva di grande rilievo che sarebbe molto utile in questa fase di discussione non solo di contenimento della spesa pubblica, ma anche in vista del dibattito che si aprirà nei prossimi mesi con riferimento al federalismo fiscale. Al riguardo uno dei problemi che noi dovremo affrontare riguarderà la congruenza tra le ipotesi che si stanno avanzando, anche da parte al Governo, in merito a tale argomento e la loro compatibilità con gli equilibri generali di finanza pubblica. Dunque, devo cogliere questa occasione per rilevare che quanto è stato detto riguardo alla soppressione di questa commissione non è stato a sufficienza giustificato, anzi rischia di creare un deficit di conoscenza, che è particolarmente preoccupante quando invece dovremmo affrontare temi così complessi che richiederebbero una conoscenza e una capacità di previsione sugli effetti di interventi, come quello di cui si parlerà da qui a qualche tempo.
Sono solo parzialmente soddisfatto da questa promessa del Governo di rendere pubblico il documento, in quanto è evidente che, a questo punto, il documento non potrà essere utilizzato, come forse avrebbe potuto, per interventi più mirati nel contenimento della spesa che avrebbero, forse, potuto evitare almeno in alcuni casi le iniziative approvate di recente dal Parlamento. Questi provvedimenti, anziché rivolgersi a tagli mirati alla spesa pubblica, hanno preferito operare con manovre generalizzate di contenimento, come il blocco delle assunzioni, il blocco stipendiale, i tagli trasversali alle spese di funzionamento, tagli indiscriminati alla sicurezza, all'università e alla sanità, che certamente, oltre a infliggere dolorosi deficit al funzionamento di queste istituzioni, si sono dimostrati, anche nell'esperienza della finanza pubblica italiana, effimeri e addirittura controproducenti nel medio periodo.
Dunque, la nostra parziale insoddisfazione riguarda anche l'accenno un po' vago alle ragioni per le quali il progetto della spending review e l'idea che si debba partire da bilanci a base zero è stata enunciata dal rappresentante del Governo, laddove è chiaro che anche nella letteratura scientifica internazionale oltre che nella pratica delle amministrazioni di altri grandi Paesi democratici il modello del bilancio a base zero è stato pochissimo praticato, anche se ormai se ne parla a partire dagli anni Settanta. Si tratta anche, come ho detto nell'illustrazione dell'interpellanza, di un esercizio molto utile di cui l'amministrazione pubblica non dovrebbe privarsi, vale a dire di spingere i diversi segmenti dell'amministrazione a ripensare sé stessi e i propri interventi in qualche modo astraendosi dalla logica della spesa storica.
(Iniziative di competenza relative a comportamenti del magistrato Giancarlo Caselli e iniziative normative per evitare che sia possibile il trasferimento a funzioni inferiori o superiori nell'ambito della stessa sede giudiziaria - n. 2-00108)
PRESIDENTE. L'onorevole Crosio ha facoltà di illustrare l'interpellanza BrigandìPag. 67n. 2-00108, concernente iniziative di competenza relative a comportamenti del magistrato Giancarlo Caselli e iniziative normative per evitare che sia possibile il trasferimento a funzioni inferiori o superiori nell'ambito della stessa sede giudiziaria (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.
JONNY CROSIO. Signor Presidente, signor sottosegretario, do per letta l'interpellanza Brigandì n. 2-00108, cercando di illustrarla con ulteriori argomenti.
Premesso che esprimo a nome mio personale e di tutti i cofirmatari il pieno rispetto per la magistratura, che costituisce indubitabilmente un pilastro fondamentale di questo Stato, non si può non rilevare che una parte tanto piccola quanto visibile dei magistrati ha male interpretato il proprio ruolo. La Costituzione prevede che il potere giudiziario, prerogativa esclusiva dello Stato, costituisca un ordine - sicché, se ne predilige il ruolo tecnico; infatti, si accede per concorso - che, unico, in tanto in quanto indipendente, garantisce il primato della legge. Il giudice, anche per tale fatto, garantito dalla Costituzione, deve essere indipendente sia da entità esterne, ad esempio il Governo o la stampa, che interne, come correnti, stimoli di carriera, eccetera. Proprio grazie all'indipendenza, il giudice potrà chiudersi in camera di consiglio, lui, il fascicolo, il codice e la propria scienza onde valutare la fattispecie senza condizionamento alcuno e, quindi, dire quale sia il diritto secondo la legge con i suoi metodi interpretativi scientifici. Appare, quindi, altrettanto evidente che una mancanza di indipendenza della magistratura andrebbe direttamente a viziare il giudizio. La preoccupazione per tale eventuale vizio è presente anch'essa nella Carta costituzionale, che inibisce ai magistrati l'appartenenza a partiti politici. Ove il magistrato applichi la legge alla fattispecie non in base alla regola della scienza giuridica ma in base a pressioni psicologiche di qualsiasi tipo, dirà quale sia il diritto in maniera obbligatoriamente distorta, anche a voler ammettere l'onestà intellettuale della persona.
Il caso che ci occupa e che abbiamo evidenziato è rappresentativo di quei magistrati che non fanno certamente onore all'ordine giudiziario. Questo caso è più grave del solito perché il magistrato ha sempre, o quasi, esercitato funzioni inquirenti e, quindi, è ben cosciente di cosa sia la violazione di legge e l'elusione di legge.
È evidente che la norma costituzionale che vieta l'appartenenza politica ai magistrati vieta non tanto la formale iscrizione ad un partito politico, ammesso e non concesso che Caselli non ce l'abbia, ma ne vieta l'appartenenza di fatto, la militanza, la condivisione di impostazioni politiche e la partecipazione sistematica alle feste di un partito, il saluto ai militanti occupati in cucina e, da ultimo, la partecipazione ad una manifestazione culturale, con prese di posizioni politiche coerenti con quelle della sinistra. Ciò, fatto in maniera visibile. E che dire, ancora, della presenza del suo nome sui manifesti elettorali, in posizione protagonista, alle elezioni politiche, quando i collegi erano uninominali. Ma può credere veramente, Caselli, che la pubblicizzazione di un dibattito inerente alla politica giudiziaria, ove cotanto nome appare sotto il simbolo dell'allora Quercia, sia indifferente ai fini del risultato elettorale? Ma crede veramente che i politici e il popolo non vedano, in tutti questi fatti, una reale e concreta alleanza politica e che, proprio per l'autorevolezza del personaggio, non vi sia una reale influenza nel risultato elettorale? La giustizia è come la moglie di Cesare, cioè non è sufficiente che sia giusta, ma deve anche apparirlo. Questo concetto non può non essere familiare a chi, occupandosi di reati di mafia, certamente non andava a verificare la formale appartenenza ad una associazione, ma ne verificava la materiale appartenenza, per facta concludentia, dal comportamento dei singoli associati. Ma questo è un altro capitolo: già il precedente Governo, di sinistra, aveva dichiarato la falsità dei contenuti di quel libro,Pag. 68evidenziando le ivi riportate bugie. Già rispondendo a un'interpellanza il Ministro della giustizia del Governo Prodi aveva rilevato che Caselli mentiva, affermando di non procedere alla richiesta di provvedimenti disciplinari esclusivamente per prescrizione dell'azione. Non possiamo che rilevare, quindi, che chi mente è un bugiardo e il non essere l'onore della magistratura è certamente riduttivo. Caselli, nel suo libro, afferma che il Parlamento ha fatto una legge contra personam. Ora, chi ciò scrive non è profano alla scienza giuridica, ma è un uomo delle istituzioni, è un giurista, che certamente è in grado di pesare al milligrammo le proprie parole e, pur avendo citato l'intervista di due senatori - che avrebbero detto di agire espressamente contro di lui, e di ciò non mi meraviglio -, egli ha parlato non di parlamentari, ma di Parlamento, e cioè egli ha ritenuto che la massima espressione democratica di questo Stato, cioè le due Camere, abbiano legiferato contro la sua persona. Ma chi si crede di essere? La risposta è di tutta evidenza: ritiene di essere il re, cioè ritiene di essere il legibus solutus, ove legibus si deve intendere nel modo più ampio possibile, cioè solutus sia dalla legge ordinaria sia dalla legge costituzionale. Afferma che i dibattiti e le conferenze fanno parte integrante del suo lavoro. Dice che l'attività istituzionale dei magistrati è partecipare al dibattito politico. Ma dove sta scritto? Se il magistrato intende partecipare al dibattito politico dovrà rispondere alla prima regola del dibattito politico, cioè rispondere al consenso del popolo italiano, quindi alla cabina elettorale. Non più tardi di ieri mattina - su RAI3, ovviamente - dopo aver detto le solite cose sui magistrati che fanno il proprio dovere e gli altri, quelli importanti, che cercano di scappare, ha affermato: «i magistrati hanno il potere-dovere di partecipare alla politica». Questo è il punto più importante, questa è la madre di tutte le battaglie: lei, signor sottosegretario, deve dirci, qui e adesso, se Caselli ha ragione. I cittadini sanno che eleggono, e li premiano o li castigano col voto. Devono sapere se un concorso supera ogni regola di democrazia, se un concorso abilita all'esercizio della politica in modo completamente slegato dal volere popolare. In una parola: se un concorso abilita a fare la legge. Ciò, dal punto di vista sia teorico; dal punto di vista pratico, avviene già (si veda la disapplicazione della legge Bossi-Fini). Questo è un argomento troppo grosso del nostro discorso e soprattutto de iure condendo. Il Ministro deve rispondere che, de iure condito e secondo la Costituzione vigente, la partecipazione al dibattito politico non è solo indifferente, ma appare addirittura vietata. Vogliamo quindi che il sottosegretario si esprima: dica se la partecipazione dei giudici all'attività politica sia lecita, illecita o indifferente. Ci dica ancora se sia o non sia, questa, un'attività istituzionale. Noi fermamente crediamo che non sia così, ma occorre che il Governo lo dica espressamente. Occorre che il Governo dica, una volta per tutte, che la magistratura non deve invadere il campo della politica. Soprattutto, non deve trasmettere le proprie, del Governo, determinazioni al Consiglio superiore della magistratura.
Forse questa attività sarà inutile, giacché di recente abbiamo visto il Consiglio superiore della magistratura pronunciarsi al di fuori delle proprie attribuzioni, vagliando la legittimità costituzionale di una norma in itinere. È sotto gli occhi di tutti un conflitto fra i poteri dello Stato, ma è altrettanto sotto gli occhi di tutti che il dovere del legislatore è di risolvere tale conflitto ed assicurare un assetto democratico, pacifico e condiviso. Occorre premettere che un minimum oggettivo per tale qualità sia da riferirsi al soggetto che dovrebbe assicurare la legalità. Se è vero come è vero che non è dovere del magistrato nell'esercizio delle sue funzioni effettuare un'attività politica, partecipare a dibattiti e a conferenze in ogni parte d'Italia, ne deriverà che l'uso dell'auto pubblica e dell'autista sia illegittimo. Se Caselli vuole andare a conferenze o partecipare alla Festa dell'unità, lo faccia con la sua auto e non gravi il cittadino delle spese, sia per l'uso dell'auto sia per quello degli autisti. Diversa cosa è l'uso dellaPag. 69scorta, a meno che questa non venga usata per mandare messaggi allo stand della Fiera del libro. Se è così, ci aspettiamo, oltre all'inizio dell'azione disciplinare, anche la comunicazione alla Corte dei conti, così vedremo se (e in quali termini), la magistratura sia indipendente ovvero, in concreto, se taluni magistrati siano subordinati al potere di altri.
Veniamo, infine, al punto principale di questa interpellanza. La legge è chiara: dopo un certo periodo di tempo, i magistrati devono cambiare ufficio. La ratio è di palmare evidenza: evitare il radicamento eccessivo - e, quindi, dannoso - sul territorio. Questo è un principio costante nella pubblica amministrazione: i militari, i dipendenti della Polizia di Stato, la Guardia di finanza, i dipendenti delle prefetture, nelle funzioni apicali, girano tutta l'Italia, proprio al fine di evitare la concreta realizzazione di un potere personale disgiunto dalle istituzioni. Non riesco ad ipotizzare altra lettura; quindi, il passaggio dalla procura generale alla procura della Repubblica sostanzialmente elude tale principio (si pensi che la procura della Repubblica di Torino occupa un numero di magistrati più alto rispetto a quello di tutte le altre procure messe assieme). In sostanza, egli interagirà con gli stessi uffici di polizia giudiziaria; avrà sotto di sé quasi gli stessi magistrati, verosimilmente avrà la stessa scorta e potrà continuare ad indagare ed arrestare lo stesso consesso sociale.
Sarebbe simpatico capire perché un magistrato di così alto lignaggio abbia inteso eludere la legge. Seppur ugualmente elusivo, sarebbe stato comprensibile il contrario, cioè un trasferimento al fine della progressione della carriera, da procuratore della Repubblica a procuratore generale. È un po' come se un ammiraglio, pur di restare nello stesso porto, assumesse funzioni di capitano di vascello: verrebbe spontaneo interrogarsi su quali ragazze abbia questo ufficiale di marina in quel porto. Fuor di metafora, signor sottosegretario, quali posizioni politiche intende tutelare e, eventualmente, quali posizioni non politiche? Orbene, se la cosa balza agli occhi di tutti, l'elusione della legge è grande come una casa. Nonostante ciò, alla faccia del rispetto della legge, il Consiglio superiore della magistratura ha concesso il trasferimento. Nessuno si è neanche posto il problema: vogliamo anche parlare di indipendenza della magistratura? Come si sentirà l'altro concorrente, cui legittimamente spettava quel posto, nel rendersi conto che la magistratura è totalmente dipendente dal «Parlamentino», che dialoga, anche in maniera organica, con talune componenti di questa Camera?
Concludo, signor sottosegretario. Ci rassicuri sul corretto assetto istituzionale di questo Paese e si rechi con il Presidente del Consiglio dei ministri dal Capo dello Stato per sentire cosa ne pensa, nella sua qualità di garante dell'equilibrio fra i poteri dello Stato e, non ultimo, di Presidente del Consiglio superiore della magistratura (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, onorevole Caliendo, ha facoltà di rispondere.
GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, con l'interpellanza in discussione gli onorevoli Brigandì, Crosio e gli altri firmatari, pongono in evidenza tre diversi aspetti, a loro giudizio discutibili, riguardanti la condotta del dottor Giancarlo Caselli e le funzioni dallo stesso svolte.
In primo luogo, nell'atto di sindacato ispettivo viene censurato il contenuto di talune considerazioni svolte dal dottor Caselli, nel testo di un libro da lui scritto, dal titolo: «Un magistrato fuori legge». In particolare, vengono segnalate alcune affermazioni, aventi ad oggetto la possibilità, per un magistrato, di partecipare a dibattito pubblico di carattere politico.
Con riferimento a tale aspetto, si deve far presente che il nostro ordinamento giuridico riconosce anche ai magistrati il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, nonostante ponga, a detto diritto, taluni, inevitabili limiti riconnessi al peculiare ruolo istituzionale da essi rivestito.Pag. 70
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 100 del 1981, dopo aver affermato che il magistrato gode degli stessi diritti di libertà garantiti ad ogni altro cittadino, ha rilevato che i magistrati, per dettato costituzionale, debbono essere imparziali ed indipendenti e tali valori vanno tutelati non solo con specifico riferimento al concreto esercizio delle funzioni giurisdizionali, ma anche come regola deontologica da osservarsi in ogni comportamento, al fine di evitare che possa dubitarsi della loro indipendenza ed imparzialità nell'adempimento del compito loro assegnato. I principi anzidetti - continua la Corte Costituzionale - sono quindi volti a tutelare anche la considerazione di cui il magistrato deve godere presso la pubblica opinione ed assicurano al contempo quella dignità dell'intero ordine giudiziario che l'articolo 18 del Regio Decreto Legislativo del 31 maggio 1946, n. 511 qualifica prestigio. Nel bilanciamento di tali interessi con il fondamentale diritto alla libera espressione del pensiero, sta il giusto equilibrio, al fine di contemperare esigenze ugualmente garantite dall'ordinamento costituzionale.
A tale enunciazione segue poi la considerazione della Corte secondo la quale l'equilibrato bilanciamento degli interessi tutelati non comprime la libertà di manifestare le proprie opinioni, ma ne vieta l'esercizio anomalo, ossia l'abuso, che viene ad esistenza ove risultino lesi altri valori sopra menzionati.
In linea con quanto osservato dalla Corte Costituzionale si sono espresse più volte le sezioni unite della Corte di Cassazione. I giudici della Suprema Corte, con le sentenza n. 282 del 1999, n. 6179 del 1993 e n. 10999 del 1993, hanno affermato che il diritto di manifestazione del proprio pensiero da parte di magistrati non può ritenersi consentito sulla sola base del principio garantito dall'articolo 21 della Costituzione, incontrando questo i limiti posti dall'ordinamento a tutela dei diritti e delle libertà altrui e dovendo, altresì, essere coordinato con gli altri interessi di rango pubblicistico e costituzionale.
Va, poi, ricordato che secondo l'articolo 6 del Codice etico, approvato il 7 maggio 1994 dal Comitato direttivo centrale dell'Associazione Nazionale Magistrati, fermo restando il principio di piena libertà di manifestazione del pensiero, il magistrato si ispira a criteri di equilibrio e di misura nel rilasciare dichiarazioni o interviste ai giornali ed agli altri mezzi di comunicazione di massa. Da tali principi si evince che non esiste un divieto, per i magistrati, di esprimersi anche in materia di politica legislativa, purché non risultino pregiudicati, a seguito delle dichiarazioni espresse, quei valori e quegli interessi a cui prima si è fatto cenno e, dunque, sempre che: le affermazioni svolte dal magistrato non siano tali da far dubitare della sua indipendenza ed imparzialità nell'adempimento dei compiti a lui assegnati, l'una e l'altra essendo valori di rango costituzionale; dette affermazioni non determinino indebite interferenze nel corretto esercizio di funzioni costituzionalmente previste, come ad esempio quelle di altri organi costituzionali o costituzionalmente rilevanti; esse non ledano gli altrui diritti di rango costituzionale come, in primo luogo, quello all'onore.
Detti principi sono stati recepiti anche dalla giurisprudenza della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura che ne ha, da ultimo, fatto applicazione con sentenza del 21 luglio 2006. La sezione disciplinare, dopo aver ripercorso i fondamentali passaggi argomentativi della sentenza della Corte costituzionale che ho citato e dopo aver rilevato che i principi ivi sanciti erano stati seguiti e ribaditi dalla Corte di cassazione, ha costantemente affermato che al magistrato, come a tutti i cittadini, deve essere riconosciuto il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, essendo vietato solo l'esercizio anomalo e l'abuso che si configura quando siano lese situazioni giuridiche non meno rilevanti, come i diritti di libertà altrui o i valori di imparzialità e indipendenza dei giudici; ha per l'appunto rilevato che nell'ambito dell'orientamento richiamato si è sempre posta la giurisprudenza della stessa sezione.Pag. 71
Sulla base di tali principi, si può affermare che le considerazioni svolte dal dottor Caselli nel libro in questione e riportate dall'interrogante non appaiono esulare dall'ambito di tutela garantito dall'articolo 21 della Costituzione. Ciò chiarito, in relazione al primo quesito posto dagli interpellanti, si rileva che nell'atto di sindacato ispettivo viene censurato anche un ulteriore aspetto della condotta del dottor Caselli, riguardante l'utilizzazione, asseritamente illegittima, dell'autovettura di servizio e della scorta per incombenze del tutto private, non attinenti a profili di carattere istituzionale o professionale.
In proposito, si osserva, in linea generale, che la tutela e l'autovettura di servizio vengono assegnate, ai magistrati che ne abbiano diritto, dal comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica. In base alla normativa che disciplina la materia, proprio al fine di dare effettivo e positivo riscontro alle esigenze di protezione della persona da tutelare, è consentita al magistrato l'utilizzazione della scorta e dell'autovettura di servizio anche per gli spostamenti di carattere privato e, quindi, non determinati da motivi di ufficio.
Quanto, infine, al terzo motivo di doglianza espresso dagli interpellanti, si fa presente che l'intervenuta nomina del dottor Caselli a procuratore della Repubblica di Torino è conforme alle attuali previsioni di legge in tema di tramutamenti di magistrati (mi riferisco, in particolare, alla reversibilità delle funzioni) e che possibili modifiche legislative per evitare che si possa disporre il passaggio a funzioni inferiori o superiori nell'ambito della stessa sede giudiziaria saranno prese in considerazione, se del caso, nell'ambito del più ampio contesto di un' eventuale riforma dell' ordinamento giudiziario.
PRESIDENTE. L'onorevole Brigandì ha facoltà di replicare.
MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, sono totalmente insoddisfatto della risposta per il semplice motivo che la risposta non c'è stata. Anche noi siamo in grado di fare una ricerca di giurisprudenza e non siamo in un'aula di giustizia, ma siamo alla Camera dei deputati, dove io mi aspettavo una risposta di carattere politico.
Onorevole sottosegretario, non le abbiamo chiesto se esista un diritto di parola e se il magistrato possa discutere ed esprimere il suo parere su questioni politiche, abbiamo chiesto una cosa molto diversa. Quattro giorni fa abbiamo sentito su RAI3 il dottor Caselli affermare che partecipare al dibattito politico è un dovere-potere del magistrato, e noi le abbiamo chiesto signor sottosegretario, se tra i compiti istituzionali dei giudici sia inclusa o meno l'attività di partecipazione al dibattito politico. Questo le abbiamo chiesto, e su questo lei non ci ha risposto.
Questo è il problema, perché se si tratta di un'attività che fa istituzionalmente parte dell'espressione della magistratura, allora è evidente che sarà legittimato colui che sta due ore in ufficio ed otto ore fuori a partecipare a dibattiti politici, perché partecipando ai dibattiti politici costui sta facendo esattamente il suo lavoro. Ovvero, dobbiamo sapere se il dibattito politico può essere un incidens, se un giudice partecipa una volta ogni tanto ad una manifestazione, e quindi, evidentemente, è al di fuori di quest'ambito. Questa era la domanda. Se lei, tramite qualche suo dipendente, ha la cortesia di verificare su Internet, constaterà la sistematica partecipazione del dottor Caselli alle manifestazioni de l'Unità. Abbiamo le foto di Caselli che stringe le mani a quelli della cucina de l'Unità, abbiamo le sue proposizioni politiche, perché quando lui interviene, interviene nel dibattito politico.
Al primo anno di giurisprudenza mi hanno insegnato che esistono tre poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario, e mi pare che esprimere un pensiero sia una cosa totalmente diversa dall'intervenire nel dibattito politico. Intervenire nel dibattito politico significa, come ha fatto il CSM, andare a dire: attenzione, quella legge che state facendo a me non sta bene.
Se ciò è legittimo, dobbiamo avere il coraggio di arrivare alla conseguenza diPag. 72dare legittimità: chi vuole modificare una norma giuridica si assuma le sue responsabilità, andando davanti ai cittadini e dicendo loro che vuole una norma giuridica così, ed i cittadini gli danno o gli negano il proprio consenso. Si tratta di un principio di democrazia.
Non si può pensare di sostituire una persona che fa politica mandandola in carcere, come è avvenuto, e facendola sostituire con altra gente, dopodiché, dopo quattro anni, le si dice: buongiorno, mi dispiace, ci siamo sbagliati, lei era innocente.
Questo è il problema, e a questo problema, onorevole sottosegretario, lei non ha risposto. In riferimento all'altro punto, era de minimis, e quindi non replico; ma il terzo punto mi pare sia grande quanto una casa, nel senso che ho parlato con quasi tutti i giuristi di quest'Aula, ma anche con le persone di buonsenso e lo capiscono.
Possiamo veramente pensare che il fatto di passare dalla procura generale alla procura non sia un'elusione della legge? Vogliamo dirlo? Le chiedo, signor sottosegretario: quale era la ratio di quella norma? Perché abbiamo fatto quella norma?
Forse per spostare un giudice che era scomodo in uno dei nostri processi oppure era un meccanismo degno di nota e di interesse per tutta la nazione? E se è degno di nota e di interesse per tutta la nazione il fatto che non ci sia un radicamento sul territorio di determinati magistrati, è legittimo quello che è successo?
È stato fatto, l'ha fatto il CSM! Vogliamo avere il coraggio politico di dire che è una «porcheria»? Vogliamo avere il coraggio politico di dire che il fatto che, in una città come Torino, la gran parte dei magistrati di accusa passi dalla procura generale alla procura, sostanzialmente, non soddisfa l'esigenza della ratio per la quale la norma è stata approvata? Vada a vedere, signor sottosegretario, i lavori parlamentari e capirà perfettamente per quale motivo è stata fatta quella norma.
È una norma di carattere elusivo! Vogliamo dire che è di carattere elusivo o siamo qui semplicemente quando ci serve il lodo Alfano per spostare i processi, per risolvere i problemi in casa nostra? Certo che dobbiamo risolvere i problemi in casa nostra, in quanto ci sono degli attacchi diretti al Premier per evitare che faccia la sua politica, ma immediatamente dopo, e solo per questioni di sopravvivenza, dobbiamo risolvere il problema di tutti gli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
Sull'ordine dei lavori (ore 16,08).
PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, i lavori nella prossima settimana si articoleranno come segue:
Lunedì 4 agosto (ore 11,30, con conclusione intorno alle ore 15) avrà luogo la discussione sulle linee generali del disegno di legge S. 949 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (Approvato dalla Camera, ove modificato dal Senato - scadenza: 24 agosto 2008), il cui seguito dell'esame avrà luogo martedì 5 agosto (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni), con ripresa televisiva diretta delle dichiarazioni di voto finale dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto, che si svolgeranno nel pomeriggio.
Dopo la votazione finale del disegno di legge di conversione avrà luogo l'esame di due documenti in materia di insindacabilità licenziati all'unanimità dalla Giunta per le autorizzazioni: Doc. IV-ter, n. 4 (onorevole Scajola) e Doc. IV-quater, n. 4 (senatore Gasparri, deputato all'epoca dei fatti).
Pag. 73Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Lunedì 4 agosto 2008, alle 11,30:
Discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (Approvato dalla Camera, ove modificato dal Senato) (1386-B).
La seduta termina alle 16,10.
TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO GIANNI FARINA SUL COMPLESSO DEGLI ORDINI DEL GIORNO PRESENTATI AL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 1519
GIANNI FARINA. Il Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre del 2007, non è che un primo passo nella costruzione dell'Unione europea. Sì, un primo passo, dentro un travaglio costitutivo che dura da decenni, che ha visto impegnati gli uomini migliori, i grandi europeisti che alla costruzione europea hanno dedicato il meglio della loro esistenza politica e umana. Schuman, Adenauer, De Gasperi, Spinelli, Delors per citarne solo alcuni, a cui va tutta la nostra gratitudine, nonché l'attuale Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Un cammino, quello della costruzione europea, tra alti e bassi.
Miopie, egoismi, chiusure a difesa di presunti interessi nazionali, sia che si trattasse di diritti politici e sociali, che della politica della sicurezza, come di una politica estera che ponesse l'Europa da protagonista nei processi mondiali in atto. Miopie ed egoismi che hanno danneggiato milioni di cittadine e cittadini nel contesto comunitario, portandoli a compiere scelte sbagliate e conservatrici.
L'Europa dell'emigrazione di massa di un dopoguerra contraddistinto da una imponente forza lavoro a cui non veniva riconosciuto alcun diritto se non quello di andare a scavare e morire in quelle miniere di Marcinelle al Bois de Crazier in cui perirono, insieme ad altri disperati eroi del lavoro, tanti nostri minatori che ricorderemo, come ogni anno, l'8 agosto, sulla terra in cui andarono a lavorare e morire.
Erano nostri cittadini, i primi europei, e le prime vittime di un sofferto percorso unitario per ognuno dei quali veniva riconosciuto alla Repubblica qualche chilo di carbone. Cittadini europei privi dei più elementari diritti.
Oggi ne parliamo, anche se il processo è ancora parziale, da cittadini europei. L' Europa è lo spazio di riferimento di tanti nostri cittadini, che per la loro storia personale e sociale sono spesso più sensibili di altri al destino unitario.
È persino troppo tardi, drammaticamente tardi, per riflettere sul nuovo modo di vivere da cittadino europeo, sulle sue scelte culturali e di appartenenza.
Il Trattato ci indica un percorso. Si tratta di creare un processo di relazioni che non ha frontiere nazionali e culturali, che valorizza i dati di un processo di solidarietà lunghe e di identità più vaste. Scelte politiche e sociali individuali e nazionali che si ispirano a valori guida innovativi e irrinunciabili.
Nell'era dell'economia planetaria e della omologazione culturale, cui spesso si contrappone il polo delle identità particolari, i nuovi cittadini europei intraprendono una nuova strada, diventano luogo e laboratorio di una convivenza che riconcilia l'identità con l'alterità, la diversità con l'unità.
Il Trattato, la «carta» non propongono un modello ma sanciscono in sede sovrannazionale il principio universale che sta alla base della democrazia moderna. Una nuova coscienza solidaristica e della convivenzaPag. 74di straordinaria attualità anche nel governo delle nuove immigrazioni di massa.
Da oggi, e con più forza, iniziamo a costruire la nuova frontiera dei diritti e dei doveri in un contesto di pari opportunità.
Ecco perché, nonostante tutto, il Trattato di Lisbona, frutto del travaglio post-referendario in Francia ed in Olanda sul trattato che adottava una Costituzione per l'Europa, va approvato dal Parlamento repubblicano.
Un primo passo, anche se per tanti di noi è dura, amara la constatazione che la «Carta dei diritti fondamentali» non è compresa nel Trattato di Lisbona, anche se lo stesso è arricchito dalla specifica indicante nella «carta» lo stesso valore giuridico dei trattati.
Perché è così importante quella carta? Perché l'Europa non si riassume in un mercato. Perché è quella dei cittadini, dei loro valori, delle loro dignità e delle loro diversità.
Essa è per noi una sorgente dei diritti e dei principi, per metterli in opera, proteggerli, sanzionare chi li viola.
Una ininterrotta e più stretta unione tra i popoli dell'Europa è la formula che figura all'articolo 1 del Trattato di Maastricht che istituiva, nel 1992, l'Unione europea. Una unione dei popoli.
Dei popoli, dunque, delle storie, delle culture e, lo vorrei dire con tutto il rispetto ai miei colleghi della Lega, dei popoli e delle culture che si ritrovano sull'essenziale conservando le loro particolarità.
La dignità rappresenta le fondamenta della costruzione europea. Libertà, eguaglianza e solidarietà sono i pilastri del futuro edificio. Così si costruisce una democrazia e uno Stato di diritto unitario.
L'obiettivo della Carta è il consolidamento della democrazia europea. Vorrei dire: un nuovo Rinascimento. Come noi europei lo costruiremo, per gli altri popoli, per i nostri figli ed i loro.
L'impegno europeo per il rispetto delle diversità rafforza e fortifica l'Unione europea nella sua volontà di operare per la tolleranza, l'apertura e il pluralismo. Il Trattato di Lisbona, frutto di un travagliato compromesso, è pur tuttavia, con il riconoscimento giuridico della «Carta dei diritti fondamentali, la stella polare che indica ai cittadini europei la traversata del deserto verso il villaggio sulla collina. Penso alla straordinaria valenza democratica che viene ad assumere per i popoli delle nuove democrazie dell'Est europeo da pochi decenni usciti da una drammatica esperienza totalitaria.
Il Trattato di Lisbona, la »Carta dei diritti fondamentali« non sono l'approdo ma lo strumento per l'inizio di un cammino che ci può e deve portare all'Unione della convivenza, della solidarietà e della giustizia.
L'economia è importante, ma non è sufficiente. Dare all'Europa un'anima è il nostro sogno.
Per tutto ciò, anche con un poco di commozione, da cittadino italiano che ha vissuto in Europa e nel mondo, dentro il travaglio dei passati decenni, affermo un »sì" convinto. Forse un piccolo passo ma che apre un'era nuova. Ricordando Martin Luther King e madre Teresa di Calcutta, i grandi che realizzavano i loro sogni gettando ogni giorno una goccia nell'oceano per renderlo più ricco e profondo.
TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO MARIO BARBI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 1557
MARIO BARBI, Relatore. Il disegno di legge in esame riguarda la ratifica dell'Accordo con la Francia per una gestione unificata del tunnel di Tenda e per la costruzione di un nuovo tunnel. L'accordo tra Italia e Francia è stato firmato a Parigi il 12 marzo 2007. La Francia ha ratificato l'accordo l'11 ottobre 2007, e ne ha dato ufficiale comunicazione all'Italia il 10 gennaio 2008. La procedura di ratifica da parte italiana era stata avviata ed è stata interrotta dall'interruzione della scorsa legislatura. Ora, dopo l'approvazione delPag. 75Senato, arriva a compimento con l'esame della Camera.
Una breve premessa sull'opera oggetto dell'accordo. La costruzione della galleria stradale di valico del Col di Tenda risale alla fine dell'Ottocento: il tunnel collega la valle Vermenagna in Piemonte a quella della Roya in Provenza-Alpi-Costa Azzurra ed ha rappresentato uno dei principali valichi attraverso la barriera naturale delle Alpi del sud-ovest.
Si tratta di un'opera che non è ormai più in grado di sostenere i volumi di traffico automobilistico cresciuti in modo sostenuto negli ultimi decenni, così come l'interscambio commerciale tra la provincia di Cuneo e la Francia, stimato in un valore import-export di circa 1,8 miliardi di euro l'anno. Sono dunque aumentati i rischi di incidenti ed è evidente la necessità di nuove opere di ammodernamento e di miglioramento della sicurezza, così come la costruzione di una nuova canna del tunnel e l'ammodernamento di quella esistente.
Il disegno di legge al nostro esame consta di tre articoli: il primo reca l'autorizzazione alla ratifica dell'accordo, il secondo l'ordine di esecuzione dei contenuti dello stesso e il terzo la data di entrata in vigore della legge, il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Passo ad illustrare il contenuto dell'Accordo, che si compone di un Preambolo e di 34 articoli.
Nel Preambolo si sottolinea la necessità di adeguare i requisiti di sicurezza e le condizioni di esercizio del tunnel ai volumi di traffico attuali, non più compatibili con le caratteristiche tecniche e costruttive della infrastruttura storica. Viene inoltre evidenziata la volontà di delineare un nuovo quadro giuridico per l'esercizio, la manutenzione e la sicurezza dell'infrastruttura esistente e per la costruzione del nuovo tunnel.
Nel Preambolo si richiama la direttiva 2004/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai requisiti minimi di sicurezza per le gallerie della rete stradale e si richiamano la Convenzione italo-francese sulla prevenzione dei rischi del 1992 e la Convenzione del 1963 relativa ai controlli nazionali abbinati in corso di viaggio.
Il Preambolo evidenzia, infine, che l'Accordo, sviluppato dal gruppo di lavoro insediato nell'ambito della Commissione intergovernativa italo-francese per il miglioramento dei collegamenti tra i due paesi nelle Alpi meridionali, subentra all'Accordo preliminare sottoscritto da Italia e Francia a Lucca il 24 novembre 2006.
Passo all'esame sommario degli articoli.
L'articolo 1 contiene l'oggetto dell'Accordo e precisa che con esso le parti stabiliscono le condizioni per la gestione unificata del tunnel e per la costruzione di un nuovo tunnel con la costruzione di una nuova canna e il rialesaggio di quella esistente.
L'articolo 2 reca una serie di definizioni: segnalo la definizione di gestore, ossia il soggetto giuridico incaricato dell'esercizio, della manutenzione e della sicurezza del tunnel.
Gli articoli da 3 a 5 contengono le disposizioni relative agli organismi incaricati di attuare l'Accordo. L'articolo 3 definisce il ruolo amministrativo e tecnico della Commissione intergovernativa italo-francese (CIG) designata come autorità amministrativa comune (responsabile della sicurezza) e alla quale sono attribuiti una serie di compiti riferiti alla gestione unificata del tunnel. L'articolo 4 amplia il ruolo consultivo del Comitato di sicurezza. Con l'articolo 5 viene istituita una Commissione tecnica incaricata di assistere la CIG nel monitoraggio amministrativo, tecnico e finanziario; commissione composta di un eguale numero di membri italiani e francesi.
Gli articoli da 6 a 12 trattano dell'esercizio, della manutenzione e della sicurezza del tunnel in servizio.
L'articolo 6 introduce la gestione unificata del tunnel, affidandola all'Italia che provvede designando, ai sensi della normativa nazionale italiana, il gestore unico, responsabile sull'intera infrastruttura. Evidenzio che tale modalità gestionale è alternativa al modello di gestione vigentePag. 76con i due enti gestori stradali responsabili ciascuno per la sezione del tunnel che ricade rispettivamente in territorio italiano o francese. Ai due enti nazionali resta affidata la gestione delle vie di accesso al tunnel. L'articolo 7 affida al gestore unico la predisposizione del manuale di gestione. L'articolo 8 riguarda la ripartizione dei costi di esercizio del tunnel in servizio: 58,35 per cento a carico della parte italiana e 41,65 per cento per la parte francese. Una verifica della ripartizione può essere fatta ogni cinque anni. Gli articoli 9 e 10 riguardano il regolamento di circolazione e i compiti di polizia stradale, mentre gli articoli 11 e 12 riguardano i piani di soccorso binazionali e la possibilità che una delle parti adotti misure in deroga all'Accordo in casi eccezionali.
La costruzione del nuovo tunnel è disciplinata dagli articoli da 13 a 26. Il perimetro dell'intervento è definito nell'articolo 13. Alla parte italiana è affidata la committenza della costruzione del nuovo tunnel; essa designa, secondo la normativa italiana, il committente delegato (articolo 14), ferme restando (articolo 15) le responsabilità dei due governi per le procedure ambientali ed espropriative e per le valutazioni di impatto ambientale. L'articolo 16 individua le due fasi principali dei lavori e l'articolo 17 indica il documento tecnico-finanziario dell'intervento, mentre l'articolo 18 indica il quadro normativo di riferimento europeo ed italiano. L'articolo 19 prevede la pubblicità delle procedure di gara e di appalto. Il committente (articolo 20) assicura l'esecuzione dell'intervento e il collaudo dell'opera e ciascuna parte (articolo 21) assicura al committente la disponibilità dei terreni necessari all'intervento. Gli articoli 22 e 23 regolano l'accordo finanziario: il costo dell'opera, stimato nel 2002, ammonta a 141,2 milioni di euro suddivisi per il 58,35 per cento alla parte italiana e per il 41,65 per cento alla parte francese. Gli articoli 24 e 25 riguardano la presa in consegna delle opere e la loro progressiva messa in servizio, mentre l'articolo 26 reca i compiti assegnati al committente delegato in ordine alla costruzione del nuovo tunnel, in conformità alla legislazione italiana. Il committente rende conto alla Commissione tecnica e alla CIG sull'andamento dei lavori.
L'articolo 27 reca disposizioni relative ai diritti di ingresso sui rispettivi territori nazionali da parte del personali impiegato nei lavori. L'articolo 28 reca disposizioni in materia fiscale e doganale. Alle condizioni di lavoro e di impiego del personale che interviene sul tunnel (articolo 29) si applicano le norme italiane. L'articolo 30 riguarda la soluzione delle controversie; l'articolo 31 l'assegnazione di acque e minerali eventualmente rinvenuti nel corso dei lavori. L'articolo 32 individua la frontiera all'interno del tunnel sulla verticale della frontiera all'aperto. Infine, gli articoli 33 e 34 stabiliscono che l'accordo può essere modificato con il consenso delle parti e definiscono le modalità di entrata in vigore e di denuncia dell'accordo, nonché la durata dello stesso, che è di 35 anni, rinnovabile tacitamente per periodi di 5 anni.
TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO MARIO LOVELLI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 1557
MARIO LOVELLI. È importante questa tempestiva approvazione dell'Accordo con la Francia per la gestione unificata e per il nuovo tunnel del Tenda. Purtroppo infatti la fine anticipata della XV legislatura aveva impedito la ratifica dopo l'approvazione del Senato il 28 febbraio 2008.
Si tratta di un positivo esempio di collaborazione per i due Paesi caratterizzato da rapidità decisionale dopo l'Accordo preliminare di Lucca del 24 novembre 2006 e sottoscrizione dello stesso il 12 marzo 2007 a Parigi.
Il tunnel del Tenda rappresenta un'opera storica nei collegamenti fra Italia e Francia, realizzata alla fine del 1800 in una fase in cui altre grandi opere, come il tunnel del Sempione, hanno caratterizzato la volontà di modernizzazione di un Paese arretrato bisognoso di rompere l'isolamentoPag. 77della cortina delle Alpi e di proiettarsi verso l'Europa dopo l'unificazione dell'Italia.
Il fatto che le grandi direttrici di sviluppo odierno riprendano le indicazioni di quegli anni dà l'idea di come sia necessario avere una visione strategica degli interventi delle reti di collegamento transfrontaliere, in grado di mettere in relazione bacini produttivi, aree territoriali dalle vocazioni comuni, come quelle a cavallo delle Alpi, adeguare i sistemi portuali alle reti stradali e ferroviarie transnazionali.
Nel caso specifico la realizzazione di un nuovo tunnel accanto all'ammodernamento e alla messa in sicurezza dell'esistente, nonché la gestione comune dello stesso da parte del'ANAS e del dipartimento delle Alpi Marittime rappresentano, da un lato, una scelta fondamentale per consolidare i rapporti commerciali e turistici fra la provincia di Cuneo e il Piemonte con la Provenza, Alpi e Costa Azzurra sul versante francese (pari ad oltre 2 miliardi di import-export nel 2006); dall'altro, costituiscono un tassello di una strategia fortemente voluta dalla regione Piemonte, dalla regione Liguria e naturalmente dalla regione Valle d'Aosta e dai Governi italiani per rendere permeabile la barriera delle Alpi, favorire lo sviluppo dei traffici e per favorire lo sviluppo di una macroregione di questo spicchio di Europa a cavallo delle Alpi e affacciata sul Mediterraneo.
Infatti, la scelta è coerente con altri interventi puntuali realizzati o progettati anche a segutio di incidenti catastrofici come quelli avvenuti nel tunnel del Monte Bianco e del Frejus e che hanno portato, nel primo caso, ad un completo rifacimento del tunnel, nel secondo a prevedere la realizzazione di un traforo di sicurezza che è nei progetti di ANAS e regione Piemonte. Perciò intanto sicurezza dei trasporti, sicurezza della circolazione stradale, di cui la sicurezza della galleria oggetto della Direttiva 2004/54/CE, è uno dei presupposti essenziali nei collegamenti transeuropei sotto la catena alpina.
D'altro canto questa scelta è anche funzionale allo sviluppo dei grandi corridoi di traffico delle reti TEN, in particolare il corridoio 24 Genova-Rotterdam con i valichi appenninici interni e il corridoio 5 Lisbona-Kiev con la Torino-Lione, perché consente di interconnetterli con altre aree interne o più isolate, come è l'area del Piemonte sud e della provincia di Cuneo dove è in corso di realizzazione la fondamentale arteria Asti-Cuneo.
Questo accordo rientra dunque in un progetto organico di collaborazione internazionale con la realizzazione di infrastrutture di collegamento adeguate che il gruppo Partito Democratico sostiene convintamente e di cui ci eravamo fatti interpreti con una risoluzione parlamentare presentata l'11 giugno 2008 per sollecitare il Governo ad assumere le iniziative necessarie per riprendere l'iter di ratifica dell'Accordo di Parigi per il Colle di Tenda. Cosa che è avvenuta subito dopo e di cui ci rallegriamo, come ci rallegriamo che all'approvazione di ieri in Senato segua immediatamente l'approvazione oggi dell'Aula della Camera per dare così corso alle nuove modalità di gestione dell'infrastruttura e all'appalto delle nuove opere che consentano, nei tempi previsti e grazie ai finanziamenti già disponibili, di concludere l'intervento in modo tempestivo secondo le attese delle istituzioni, delle comunità locali e delle organizzazioni economiche e imprenditoriali.
TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO ENRICO COSTA SUL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 1557
ENRICO COSTA. È con soddisfazione che salutiamo l'approvazione di un provvedimento fondamentale per i collegamenti tra il Piemonte e la vicina Francia. È un Trattato voluto essenzialmente dal nostro Paese. In molti hanno lavorato, senza distinzione tra forze politiche, con il solo obiettivo di svolgere gli interessi del territorio. Il tunnel di Tenda, classificato tra i più pericolosi dell'Unione europea, èPag. 78nato nel 1882 e non è più attuale né in grado di sostenere il forte aumento di traffico turistico e commerciale.
Lo sblocco di tale accordo consentirà l'utilizzo delle risorse già disponibili nel più breve tempo possibile e contribuirà a far uscire dall'isolamento infrastrutturale la provincia di Cuneo.
TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO GIANLUCA PINI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 1558
GIANLUCA PINI, Relatore. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, il Protocollo all'esame dell'Aula, firmato a Bruxelles il 19 giugno 1997, e il cui disegno di legge di autorizzazione alla ratifica è stato approvato dal Senato nella seduta del 30 luglio 2008, è volto ad estendere il campo di applicazione della Convenzione tra gli Stati membri dell'Unione europea relativa alla tutela degli interessi finanziari. Con la legge 29 settembre 2000, n. 300, il Parlamento italiano ha autorizzato la ratifica della Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, fatta a Bruxelles il 26 luglio 1995, del suo primo Protocollo fatto a Dublino il 27 settembre 1996 e del Protocollo concernente l'interpretazione in via pregiudiziale, da parte della Corte di Giustizia delle Comunità europee, di detta Convenzione, con annessa dichiarazione, fatto a Bruxelles il 29 novembre 1996.
Il Protocollo mira a includere nelle fattispecie previste dalla Convenzione anche il riciclaggio di denaro ed a prevedere la responsabilità delle persone giuridiche implicate nella criminalità organizzata, oltre che migliorare ulteriormente la cooperazione tra Commissione europea e Stati membri nella lotta contro le frodi comunitarie.
La Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee ha la finalità di assicurare presso gli Stati membri efficaci misure sanzionatorie, anche penali, per la repressione delle frodi ai danni degli interessi finanziari delle Comunità, definendo per le parti contraenti precisi obblighi in materia di competenza giurisdizionale, di estradizione e di reciproca cooperazione.
La Convenzione individua due distinti tipi di frode lesiva degli interessi finanziari comunitari, in base alla loro incidenza sulle spese o sulle entrate del bilancio comunitario.
Nella frode in materia di spese rientrano le azioni od omissioni intenzionali finalizzate all'indebita percezione di contribuzioni comunitarie, attraverso l'utilizzo di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti, o alla distrazione di fondi comunitari per fini diversi da quelli per i quali erano stati erogati.
La frode in materia di entrate identifica le azioni od omissioni intenzionali da cui consegue un'illegittima diminuzione di risorse destinate al bilancio comunitario o la distrazione di un beneficio lecitamente ottenuto da cui consegua il medesimo effetto. Al riguardo la relazione esplicativa della Convenzione, approvata dal Consiglio il 26 maggio 1997, precisa che per entrate devono intendersi sia le risorse provenienti dai prelievi sugli scambi con i Paesi terzi nell'ambito della politica agricola comune e i contributi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati dello zucchero, sia i dazi doganali sugli scambi con i Paesi terzi; restano pertanto escluse le entrate derivanti dall'applicazione di un'aliquota uniforme alla base imponibile IVA o alla totalità dei prodotti nazionali lordi negli Stati membri.
In ambedue i casi l'intenzionalità dell'azione o omissione può essere dedotta da circostanze materiali oggettive.
Il Protocollo in esame, che consta di diciannove articoli, riguarda, come già accennato, la responsabilità delle persone giuridiche, la confisca e il riciclaggio di denaro nonché la cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari della Comunità europea e della protezione dei dati personali ad essi connessi.Pag. 79
L'articolo 1 contiene le definizioni dei termini utilizzati nel Protocollo; in particolare i termini «frode», «corruzione passiva» e «corruzione attiva» hanno il medesimo significato che nella Convenzione e nel primo Protocollo.
Ai fini del Protocollo vi è quindi «corruzione passiva» quando un funzionario (comunitario o nazionale) deliberatamente, direttamente o tramite un terzo, sollecita o riceve vantaggi di qualsiasi natura, per sé o per un terzo, o ne accetta la promessa, per compiere o per omettere un atto proprio delle sue funzioni o nell'esercizio di queste, in modo contrario ai suoi doveri di ufficio, che leda o che potrebbe ledere gli interessi finanziari delle Comunità europee.
Vi è invece «corruzione attiva» quando una persona deliberatamente promette o dà, direttamente o tramite un terzo, un vantaggio di qualsiasi natura ad un funzionario, per il funzionario stesso o per un terzo, affinché questi compia o ometta un atto proprio delle sue funzioni o nell'esercizio di queste, in modo contrario ai suoi doveri d'ufficio, che leda o che potrebbe ledere gli interessi finanziari delle Comunità europee.
Per la nozione di «riciclaggio di denaro», l'articolo 1 fa rinvio alla direttiva 91/308/CEE, del 10 giugno 1991, che con tale termine intende una serie di azioni commesse intenzionalmente: da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività, allo scopo di occultare o dissimulare l'origine illecita dei beni medesimi o di aiutare chiunque sia coinvolto in tale attività a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle proprie azioni; l'occultamento o la dissimulazione della reale natura, provenienza, ubicazione, disposizione, movimento, proprietà dei beni o diritti sugli stessi, effettuati essendo a conoscenza del fatto che tali beni provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività; l'acquisto, la detenzione o l'utilizzazione di beni essendo a conoscenza, al momento della loro ricezione, che tali beni provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività; la partecipazione ad uno degli atti di cui ai punti precedenti, l'associazione per commettere tale atto, il tentativo di perpetrarlo, il fatto di aiutare, istigare o consigliare qualcuno di commetterlo o il fatto di agevolarne l'esecuzione.
In relazione all'articolo 2 del Protocollo - che richiede a ciascuno Stato di configurare il riciclaggio di denaro come illecito penale - si evidenzia che già attualmente l'articolo 648-bis del codice penale, rubricato «Riciclaggio», sanziona con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da 1.032 a 15.493 euro chiunque «sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa». La fattispecie è aggravata se il delitto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale ed è attenuata se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto punito con la reclusione inferiore, nel massimo, a cinque anni. La stessa sanzione penale è prevista dall'articolo 648-ter del codice penale per chiunque, più in generale, impieghi «in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto». L'articolo 2 del Protocollo risulta pertanto già completamente attuato nel nostro ordinamento.
Gli articoli 3 e 4 del Protocollo - che richiedono l'affermazione della responsabilità della persona giuridica laddove delitti di frode, corruzione e riciclaggio siano commessi a suo beneficio, e la conseguente irrogazione di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, anche di tipo pecuniario - possono dirsi solo in parte già rispettati dal nostro ordinamento.
Il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, ha previsto che per una serie di reati espressamente individuati - fra i quali figurano (articolo 25-octies) anche il riciclaggio e l'impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (articoli 648-bis e 648-ter del codice penale) - possano essere applicate alla persona giuridica - mediante accertamento giudiziale - oltre a sanzioni interdittive (interdizione dall'esercizio dell'attività, sospensione o revocaPag. 80delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito, divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, eccetera) anche sanzioni di natura pecuniaria, applicate per quote in un numero non inferiore a cento né superiore a mille; l'importo di una quota varia da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.548 euro.
Nella commisurazione della sanzione pecuniaria il giudice determina il numero delle quote tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell'ente, nonché dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti. L'importo della quota è fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente allo scopo di assicurare l'efficacia della sanzione.
Il presupposto per l'irrogazione della sanzione è ovviamente la responsabilità dell'ente che, ai sensi dell'articolo 5, sussiste in riferimento ai reati commessi nell'interesse dell'ente stesso o a suo vantaggio, da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione, di direzione dell'ente o da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso.
Il Protocollo può dirsi sul punto solo in parte già attuato perché - come detto - il decreto legislativo n. 231 del 2001 prevede una responsabilità dell'ente solo relativamente ai delitti di riciclaggio e di impiego di beni di provenienza illecita (articoli 648-bis e 648-ter del codice penale) e non anche per i delitti di frode e corruzione attiva, richiesti dall'articolo 3 del Protocollo.
In relazione alle previsioni contenute nell'articolo 5 in materia di sequestro e confisca, già l'ordinamento italiano prevede una disciplina, dettata dagli articoli 240 del codice penale e 253 del codice processuale penale - che nelle ipotesi di reato previste dal Protocollo - consente la confisca o il sequestro delle cose che servirono o furono destinate a compiere i delitti (instrumenta sceleris) e delle cose che ne costituiscono il prodotto o il profitto (proventa sceleris).
In relazione alla cosiddetta confisca per equivalente o di valore, questa è già prevista per specifici reati - tra cui la corruzione (ai sensi dell'articolo 322-ter del codice penale, introdotto dalla legge n. 300 del 2000), le truffe e le cosiddette frodi comunitarie (articolo 640-bis del codice penale) in virtù del rinvio al citato articolo 322-ter operato dall'articolo 640-quater del codice penale). Tale misura è possibile anche in relazione al riciclaggio ma nei soli casi di reato transnazionale in cui sia coinvolta la criminalità organizzata (limite previsto dall'articolo 11 della legge n. 146 del 2006 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale).
Come ricordato dalla relazione al disegno di legge di ratifica, tuttavia, la legge comunitaria 2008 (legge n. 14 del 2008) - nell'ambito della delega al Governo per l'adozione di legislazione di attuazione della decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio (relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato) - ha già generalizzato, per ogni tipologia di reato, l'obbligo di eseguire sempre la confisca, totale o parziale, su altri beni di valore equivalente a quello delle cose che costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto del reato, con eccezione dei beni impignorabili ai sensi dell'articolo 514 del codice di procedura civile (articolo 31, comma 1, lettera b), n. 3).
Anche gli obblighi previsti dall'articolo 6 del Protocollo alla Convenzione - la rinuncia ad invocare l'eccezione fiscale (ovvero il rifiuto di assistenza giudiziaria per il solo motivo che la domanda si riferisce ad un reato fiscale) - risultano già attuati.
La norma integra quanto previsto dall'articolo 3 della Convenzione del 26 luglio 1995 relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, ratificata dalla citata legge n. 300 del 2000, che stabilisce che uno Stato membro non può rifiutare l'estradizione per un atto fraudolento che leda gli interessi finanziariPag. 81delle Comunità europee unicamente perché si tratta di un reato in materia di tasse o di dazi doganali.
Tali ipotesi riguardano ora anche i reati di corruzione, attiva e passiva, riciclaggio di denaro ed in generale ogni tipo di assistenza giudiziaria in materia penale. Infatti già il Protocollo aggiuntivo alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, adottato a Strasburgo il 17 marzo 1978, ratificato dalla legge n. 436 del 1985 prevede che le parti contraenti non possano esercitare il diritto di rifiutare la reciproca assistenza giudiziaria per il solo motivo che la domanda si riferisce ad un reato che la parte richiesta considera come reato fiscale. Analoga disposizione è recata dall'articolo 50 della Convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen, ratificata dalla legge n. 388 del 1993.
La riproposizione della rinuncia all'eccezione fiscale anche nell'articolo 6 del Secondo Protocollo, oggetto di ratifica con il presente disegno di legge, deriva dal fatto che al momento dell'adozione del relativo atto istitutivo, nessuno di questi strumenti era stato ratificato da tutti gli Stati membri. Le successive, intervenute ratifiche fanno ritenere la disposizione dell'articolo 6 del Protocollo già pienamente operante nell'ordinamento.
Gli articoli da 7 a 12 disciplinano la cooperazione degli Stati membri con la Commissione europea riguardo le attività di contrasto alla frode, alla corruzione e al riciclaggio di denaro e stabiliscono gli obblighi della Commissione, con particolare riferimento alla protezione dei dati personali.
Nell'articolo 7 viene precisato che la cooperazione tra la Commissione europea e gli Stati membri dell'Unione europea si attua attraverso l'assistenza tecnica e operativa da parte della Commissione, cosa che può comportare lo scambio di dati tra Commissione e autorità competenti dei vari Stati membri. A tal fine, l'articolo 8 dispone che il livello di protezione dei dati non possa essere inferiore a quello previsto dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati.
L'articolo 10 disciplina i casi in cui, e le modalità secondo le quali, la Commissione può trasferire dati personali a Stati membri terzi.
L'articolo 12 elenca le disposizioni della Convenzione che si applicano al Secondo Protocollo.
Le eventuali controversie tra gli Stati membri nonché tra gli Stati membri e la Commissione in merito all'interpretazione o all'applicazione del secondo Protocollo saranno giudicate dalla Corte di giustizia delle Comunità europee (articolo 13) che è altresì competente a pronunciarsi in via pregiudiziale.
L'articolo 14 ribadisce che agli atti della Commissione nel quadro dell'applicazione del secondo Protocollo sono applicabili le norme di diritto comunitario relative alla responsabilità extracontrattuale della Comunità di cui all'articolo 288 e 235 del Trattato che istituisce la Comunità europea.
In base all'articolo 15, paragrafo 1, la Corte di giustizia delle Comunità europee è competente a pronunciarsi sui ricorsi proposti da persone fisiche o giuridiche contro decisioni della Commissione (ivi compreso il rifiuto di decidere), nell'ambito delle disposizioni del Protocollo in esame.
Come rilevato dalla relazione introduttiva al disegno di legge presentato al Senato, il testo dell'articolo 15, paragrafo 1, ricalca ampiamente il testo dell'articolo 230, quarto e secondo comma, del Trattato CE.
Il paragrafo 2 dell'articolo 15, contiene il rinvio ad una serie di articoli del Trattato che istituisce la Comunità europea e allo statuto della Corte di giustizia, che si applicano al Protocollo, mutatis mutandis.
I rimandi al TCE devono correttamente intendersi: all'articolo 225A, paragrafi 1 e 2: il Consiglio può decidere di conferire la competenza giurisdizionale al Tribunale diPag. 82primo grado per conoscere dei ricorsi di cui all'articolo 15, paragrafo 1, del Protocollo; all'articolo 230, paragrafo 5, che fissa il termine di due mesi dalla pubblicazione dell'atto o dalla sua notificazione al ricorrente; in mancanza di notificazione, dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto conoscenza; all'articolo 231, paragrafo 1, secondo il quale, se il ricorso è fondato, la Corte di giustizia dichiara nullo e non avvenuto l'atto impugnato; all'articolo 233, paragrafi 1 e 2, che riguardano gli effetti giuridici che una decisione della Corte di giustizia implica per la Commissione; all'articolo 242, che stabilisce che i ricorsi proposti alla Corte di giustizia non hanno effetto sospensivo ma che, tuttavia, la Corte può, quando reputi che le circostanze lo richiedano, ordinare la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato; all'articolo 243, secondo il quale la Corte di giustizia, negli affari che le sono proposti, può ordinare i provvedimenti provvisori necessari.
Gli articoli da 16 a 19 contengono le clausole finali. Il Protocollo entrerà in vigore novanta giorni dopo la notifica al segretario generale del Consiglio dell'UE - che è il depositario - della ratifica dello Stato membro che procede per ultimo.
Il Protocollo è aperto all'adesione degli Stati che diventeranno membri dell'Unione europea.
È prevista la possibilità per gli Stati membri di apporre una riserva per considerare illecito penale il riciclaggio di denaro in relazione ai proventi dei soli casi gravi di corruzione attiva e passiva. Tale riserva, di cui deve essere informato il depositario all'atto della ratifica, ha una durata di cinque anni, rinnovabili una sola volta.
Si ricorda, da ultimo, che identico disegno di legge di autorizzazione alla ratifica del Protocollo in esame era stato presentato dal Governo e approvato dal Senato nella scorsa legislatura. L'iter si è interrotto, dopo la trasmissione alla Camera, il 27 febbraio 2008, a causa dello scioglimento anticipato delle Camere.
TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO FRANCO NARDUCCI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 1558
FRANCO NARDUCCI. Il dettato normativo della Convenzione assume particolare rilevanza nella misura in cui si procede in un settore delicato come quello della tutela degli interessi finanziari della Comunità ad una sempre maggiore integrazione delle politiche dei Paesi comunitari, uniformando anche la relativa disciplina penalistica. Allo stato, infatti, alcuni Stati dell'Unione europea non sono dotati di un adeguato quadro normativo in tema e ciò potrebbe minare il corretto funzionamento del mercato unico europeo attraverso una alterazione del bilancio dovuta ad azioni criminali, anche di carattere internazionale, e finanziarie sia a livello macroeconomico che microeconomico come per esempio il distoglimento di allocazioni finanziare contributive di sostegno anche ad aziende riferibili alle attività connesse alla PAC o allo sviluppo del meridione che contribuisce all'impoverimento del nostro Mezzogiorno, aumentando l'emigrazione sia interna che verso gli Stati esteri delle giovani intelligenze del sud che è in ripresa rispetto al passato.
La Convenzione appare pertanto essere uno strumento fondamentale per lo sviluppo nazionale e comunitario, oltre ad essere efficace mezzo di lotta alla criminalità che rappresenta un cancro diffuso oggi evolvente verso forme anche sopranazionali e moderne ben inserite nei processi finanziari.
Il recepimento di tale Convenzione è un passo ulteriore, nella cooperazione, verso quella necessaria armonizzazione delle norme all'interno dei Paesi membri dell'Unione europea e un ulteriore passo avanti verso la costruzione di una coscienza diffusa di appartenenza all'interno dei popoli dell'Europa come più voltePag. 83richiamato in quest'aula in occasione del dibattito sulla ratifica del trattato di Lisbona.
Ritengo che il Protocollo di Bruxelles del 19 giugno 1997 possa dirsi già in gran parte attuato, specie in materia di contrasto al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo, su cui è intervenuto di recente il decreto legislativo n. 231 del 2007 (di recepimento della terza direttiva comunitaria, la direttiva 2005/60/CE).
In particolare in tale decreto sono state previste sanzioni penali (articolo 55) e amministrative (articoli 56-58) effettive, proporzionate e dissuasive ed è stata espressamente prevista all'articolo 59 la responsabilità solidale degli enti di cui all'articolo 6 della legge 24 novembre 1981, n. 689, per le violazioni indicate negli articoli 57 e 58, anche quando l'autore della violazione non è stato identificato o non è più perseguibile ai sensi della legge.
Inoltre, all'articolo 63, comma 3, è stata prevista l'aggiunta nel decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (sulla responsabilità amministrativa degli enti), dell'articolo 25-octies, che prevede sanzioni pecuniarie e interdittive in capo all'ente in relazione ai reati di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter del codice penale (riciclaggio, ricettazione, eccetera). Tale responsabilità degli enti (e relative sanzioni) è stata estesa, in virtù dell'articolo 10 della legge n. 146 del 2006, anche ai crimini transnazionali.
Poiché però tale regime si applica solo in caso di coinvolgimento dell'ente nei suddetti reati (riciclaggio, ricettazione, eccetera), sembra rimanere ancora non del tutto attuata (nonostante la disciplina contenuta nel decreto legislativo n. 231 del 2001) la previsione di cui all'articolo 3 del Protocollo relativa ai delitti di frode e corruzione. A tal fine, può essere evidenziata la necessità di prevedere sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive (di natura pecuniaria o interdittiva) in capo agli enti coinvolti in tali delitti.
Questo al fine di garantire la persecuzione dei gravi reati di frode e corruzione armonizzando i testi previsti e potenziando l'azione degli organismi di coordinamento da porre in essere all'interno degli Stati dell'Unione europea.
TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO GUGLIELMO PICCHI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 1559
GUGLIELMO PICCHI, Relatore. La Convenzione con l'Islanda va ad aggiungersi alla serie di accordi già stipulati dall'Italia per evitare le doppie imposizioni con tutti gli altri Paesi aderenti all'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). L'accordo contribuisce quindi a creare le condizioni per un incremento dell' interscambio commerciale tra Italia e Islanda, oltre a porre gli operatori economici italiani su di un piede di parità con le imprese degli altri Paesi che già hanno instaurato accordi con l'Islanda per evitare la doppia imposizione fiscale.
La struttura della Convenzione è conforme agli schemi accolti dall'OCSE per gli accordi internazionali sulle doppie imposizioni e l'ambito soggettivo di applicazione include le persone fisiche e giuridiche residenti in uno o entrambi gli Stati membri (articolo 1).
La sfera oggettiva di applicazione riguarda invece la tipologia di imposte considerate (articolo 2): esse sono sia quelle sul reddito che quelle sul patrimonio, secondo la denominazione adottata nei due Stati. Nel Protocollo aggiuntivo si stabilisce che la Convenzione si applica indipendentemente dall'effettiva vigenza di imposte sul patrimonio: qualora in Italia venissero abolite o reintrodotte, esse sarebbero automaticamente soggette all'accordo.
L'articolo 3 reca le definizioni generali, l'articolo 4 chiarisce la nozione di soggetto residente in uno Stato contraente, l'articolo 5 individua il concetto di stabile organizzazione, recependo il modello OCSE di convenzione contro la doppia imposizione. Come generalmente avvienePag. 84per l'Italia, si esclude dall'elenco delle fattispecie in cui non si considera la sussistenza di una stabile organizzazione la combinazione di più ipotesi. Detta differenziazione risponde ad esigenze antielusive.
I successivi articoli disciplinano la tassazione dei redditi immobiliari (articolo 6) e i redditi d'impresa (articolo 7). Per quanto concerne i redditi di capitale, specifiche disposizioni sono dedicate a dividendi (articolo 10), interessi (articolo 11) e royalties - canoni (articolo 12).
Con riferimento ai capital gains - utili di capitale - (articolo 13), il criterio di tassazione è conforme alle raccomandazioni formulate dall'OCSE e distingue tra plusvalenze relative a beni immobili, derivanti dall'alienazione di beni mobili ovvero di navi o aeromobili, nonché di beni diversi. È altresì prevista una norma antielusiva relativamente all'alienazione di azioni o di diritti di godimento di una società.
Gli articoli 14 e 15 disciplinano rispettivamente il trattamento fiscale dei proventi delle professioni indipendenti e da lavoro subordinato, mentre l'articolo 17 riguarda i compensi di artisti e sportivi.
Particolare rilevanza rivestono le disposizioni in materia di trattamento dei redditi da pensione, poiché si prestano a operazioni elusive tramite mirati trasferimenti di residenza all'estero nelle more della maturazione dei requisiti per il pensionamento. In proposito, l'articolo 18 detta una disciplina - applicabile anche ai trattamenti di fine rapporto - che tutela il gettito per il Paese di originaria residenza del lavoratore.
Nella medesima ottica, il punto 8 del Protocollo aggiuntivo detta una norma generale antielusiva, la quale attribuisce a Italia e Islanda la potestà di disconoscere benefici d'imposta e trattamenti fiscali di favore ove derivanti da mutamenti di residenza che risultino precisamente finalizzati a tale scopo.
Gli articoli 19 e 20 riguardano le funzioni pubbliche e professori ed insegnanti. Con riferimento alle imposte sul patrimonio, la regola generale dettata dall'articolo 23 è quella della tassazione dei beni immobili nello Stato in cui sono situati.
L'articolo 24 riguarda i metodi per eliminare la doppia imposizione internazionale mediante meccanismi di crediti d'imposta, mentre le successive disposizioni prevedono la possibilità, in caso di controversia, di ricorrere ad una procedura amichevole di conciliazione, anche mediante il compromesso arbitrale (articolo 26) e assicurano lo scambio di informazioni tra Stati (articolo 27).
L'articolo 30 dispone l'entrata in vigore della Convenzione a decorrere dallo scambio degli strumenti di ratifica, ma un'applicazione delle disposizioni da essa recate differita nel tempo, a partire dall'anno solare successivo a quello dell'entrata in vigore della Convenzione, sia con riferimento alle imposte prelevate mediante ritenuta alla fonte, che con riferimento alle altre imposte sul reddito.
Invito infine il Governo a velocizzare i processi di ratifica di trattati internazionali per evitare come nel caso di specie un ritardo di oltre sei anni.
Sarebbe altresì auspicabile che il Governo presentasse alla Commissione competente tutti i trattati pendenti in attesa di ratifica.
VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13 | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nom. | odg 9/1519/1 | 516 | 323 | 193 | 162 | 317 | 6 | 41 | Appr. |
2 | Nom. | odg 9/1519/4 | 512 | 489 | 23 | 245 | 486 | 3 | 41 | Appr. |
3 | Nom. | odg 9/1519/5 | 508 | 484 | 24 | 243 | 483 | 1 | 41 | Appr. |
4 | Nom. | odg 9/1519/7 | 517 | 472 | 45 | 237 | 465 | 7 | 41 | Appr. |
5 | Nom. | odg 9/1519/11 | 529 | 386 | 143 | 194 | 70 | 316 | 39 | Resp. |
6 | Nom. | odg 9/1519/12 | 488 | 452 | 36 | 227 | 386 | 66 | 39 | Appr. |
7 | Nom. | odg 9/1519/13 | 527 | 515 | 12 | 258 | 298 | 217 | 39 | Appr. |
8 | Nom. | odg 9/1519/14 | 512 | 322 | 190 | 162 | 46 | 276 | 39 | Resp. |
9 | Nom. | ddl 1519 - voto finale | 551 | 551 | 276 | 551 | 25 | Appr. | ||
10 | Nom. | ddl 1557 ed abb. - articolo 1 | 487 | 486 | 1 | 244 | 483 | 3 | 25 | Appr. |
11 | Nom. | articolo 2 | 489 | 488 | 1 | 245 | 488 | 24 | Appr. | |
12 | Nom. | articolo 3 | 497 | 496 | 1 | 249 | 496 | 24 | Appr. | |
13 | Nom. | ddl 1557 ed abb. - voto finale | 509 | 508 | 1 | 255 | 507 | 1 | 24 | Appr. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.
INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 21 | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
14 | Nom. | ddl 1558 - articolo 1 | 512 | 512 | 257 | 512 | 24 | Appr. | ||
15 | Nom. | articolo 2 | 496 | 495 | 1 | 248 | 495 | 24 | Appr. | |
16 | Nom. | articolo 3 | 508 | 507 | 1 | 254 | 507 | 24 | Appr. | |
17 | Nom. | ddl 1558 - voto finale | 513 | 512 | 1 | 257 | 512 | 24 | Appr. | |
18 | Nom. | ddl 1559 - articolo 1 | 516 | 516 | 259 | 515 | 1 | 24 | Appr. | |
19 | Nom. | articolo 2 | 508 | 507 | 1 | 254 | 507 | 24 | Appr. | |
20 | Nom. | articolo 3 | 521 | 521 | 261 | 521 | 24 | Appr. | ||
21 | Nom. | ddl 1559 - voto finale | 521 | 521 | 261 | 521 | 24 | Appr. |