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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di giovedì 2 ottobre 2008

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 2 ottobre 2008.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Antonione, Aprea, Balocchi, Bergamini, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Dozzo, Renato Farina, Fitto, Frattini, Galati, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leone, Lo Monte, Lupi, Malgieri, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Milanato, Nirenstein, Pescante, Prestigiacomo, Ravetto, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Scajola, Soro, Stefani, Stucchi, Tortoli, Tremonti, Urso, Valducci, Vegas, Vitali, Vito, Zacchera.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Antonione, Aprea, Balocchi, Bergamini, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Dozzo, Renato Farina, Fitto, Frattini, Galati, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leo, Leone, Lo Monte, Lucà, Lupi, Malgieri, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Milanato, Molgora, Nirenstein, Pescante, Prestigiacomo, Ravetto, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Scajola, Soro, Stefani, Stucchi, Tortoli, Tremonti, Urso, Valducci, Vegas, Vitali, Vito, Zacchera.

Annunzio di proposte di legge.

In data 1o ottobre 2008 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge di iniziativa dei deputati:

GIULIETTI: «Istituzione della Commissione italiana per la promozione e la tutela dei diritti umani, in attuazione della risoluzione n. 48/134 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 20 dicembre 1993» (1720);
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE BRIGUGLIO: «Modifica dell'articolo 49 della Costituzione, concernente l'organizzazione e il funzionamento dei partiti politici e la partecipazione dei cittadini alla politica nazionale» (1721);
BRIGUGLIO: «Disposizioni di attuazione dell'articolo 49 della Costituzione in materia di partiti politici» (1722);
BRIGUGLIO: «Norme per promuovere lo svolgimento di elezioni primarie per la designazione dei candidati alle cariche elettive» (1723);
BRIGUGLIO: «Modifiche al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, concernenti l'istituzione del Ministero del turismo» (1724);
BRIGUGLIO: «Norme per la pubblicità del trattamento economico corrisposto agli amministratori e ai dirigenti apicali delle società a partecipazione pubblica nonché delle imprese e degli enti beneficiari di contributi o incentivi pubblici» (1725);
BRIGUGLIO: «Disposizioni per l'articolazione dell'attività scolastica in cinque giorni settimanali al fine di favorire la coesione familiare» (1726);
BRIGUGLIO: «Disposizioni per la salvaguardia e lo sviluppo delle isole minori» (1727);
BRIGUGLIO: «Norme per la rivalutazione automatica delle pensioni in relazione agli incrementi delle retribuzioni del personale in servizio» (1728);
BRIGUGLIO: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla povertà in Italia» (1729);
GARAGNANI: «Princìpi fondamentali in materia di diritto allo studio e di libertà di scelta del percorso educativo» (1730);
VIETTI: «Modifiche al decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122, in materia di condizioni e modalità per l'accesso al Fondo di solidarietà per gli acquirenti di immobili da costruire» (1731);
PORCU ed altri: «Disposizioni sulle associazioni di tutela delle persone disabili» (1732);
ZELLER ed altri: «Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, concernente l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia» (1733);
GRIMOLDI: «Nuove norme relative ai consulenti tecnici e ai periti iscritti negli albi presso i tribunali e istituzione delle associazioni degli iscritti negli albi del tribunale» (1734);
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE BRIGUGLIO: «Introduzione dell'articolo 47-bis della Costituzione in materia di limite massimo all'imposizione fiscale» (1735).

Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

La proposta di legge CAPARINI ed altri: «Modifica dell'articolo 9 della legge 23 agosto 2004, n. 226, in materia di incentivi per favorire, nelle regioni dell'arco alpino, il reclutamento di militari volontari in ferma prefissata da destinare ai reparti delle truppe alpine» (607) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Pirovano.

La proposta di legge POLLEDRI e RIVOLTA: «Disposizioni per l'assistenza integrale dei pazienti affetti da dolore severo conseguente a stati di patologia oncologica o degenerativa progressiva» (635) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Jannone.

La proposta di legge BARANI ed altri: «Disposizioni per la corresponsione di borse di studio ai medici specializzandi ammessi alle scuole di specializzazione negli anni dal 1983 al 1991» (1445) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Giulio Marini.

Ritiro di una proposta di legge.

Il deputato Garagnani ha comunicato di ritirare la seguente proposta di legge:

GARAGNANI: «Princìpi fondamentali in materia di diritto allo studio e di libertà di scelta del percorso educativo» (188).

La proposta di legge sarà pertanto cancellata dall'ordine del giorno.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
II Commissione (Giustizia):
PISICCHIO: «Introduzione degli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale inmateria di tortura» (857) Parere delle Commissioni I e III.
VI Commissione (Finanze):

GRIMOLDI e ALLASIA: «Nuove agevolazioni fiscali per gli interventi volti al recupero dei fabbricati residenziali, all'eliminazione delle barriere architettoniche e per altre finalità» (1338) Parere delle Commissioni I, V, VII, VIII, X, XI, XII, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
VII Commissione (Cultura):
VICO ed altri: «Disposizioni per la promozione e la diffusione della cultura scientifica dell'area umanistica» (930) Parere delle Commissioni I e V.
XI Commissione (Lavoro):
ANGELA NAPOLI: «Inquadramento dei docenti di stenodattilografia e dei docenti tecnico-pratici di laboratorio nel ruolo dei docenti di cui alla tabella C annessa al decreto-legge 30 gennaio 1976, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 marzo 1976, n. 88, e rimodulazione delle ore di compresenza» (1405) Parere delle Commissioni I, V e VII.

Trasmissione dal Ministero degli affari esteri.

Il Ministero degli affari esteri, con lettera in data 29 settembre 2008, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 4 della legge 11 dicembre 1984, n. 839, gli atti internazionali firmati dall'Italia i cui testi sono pervenuti al medesimo Ministero entro il 15 settembre 2008.
Questa documentazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

Trasmissione dal ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Il ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con lettera del 29 settembre 2008, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno NASTRI ed altri n. 9/1094-A-R/3, concernente il completamento dei collegamenti stradali e ferroviari dell'aeroporto di Malpensa, accolto come raccomandazione dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 10 giugno 2008.

La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alle Commissioni VIII (Ambiente) e IX (Trasporti), competenti per materia.

Annunzio di progetti di atti comunitari e dell'Unione europea.

La Commissione europea ha inviato progetti di atti comunitari e dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi relativi al periodo dal 1o al 30 settembre 2008.
Tali atti sono stati trasmessi alle Commissioni competenti per materia.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

NOTA DI AGGIORNAMENTO AL DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE ECONOMICO-FINANZIARIA RELATIVO ALLA MANOVRA DI FINANZA PUBBLICA PER GLI ANNI 2009-2013 (DOC. LVII, N. 1-BIS)

Risoluzioni

La Camera,
esaminata la Nota di aggiornamento al Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2009-2013;
apprezzata la correttezza della decisione del Governo di aggiornare le previsioni relative all'andamento del quadro macro-economico, in termini che risultano pienamente coerenti con le revisioni operate dai principali organismi internazionali;
considerato che la revisione in diminuzione delle stime di crescita del PIL è interamente da attribuirsi al deterioramento della congiuntura economica internazionale per l'accentuarsi dei fattori di criticità, con particolare riferimento alla instabilità e alle forti turbolenze che si stanno registrando nei mercati finanziari, da cui discende una generale incertezza sulle prospettive future;
apprezzato l'impegno a confermare l'obiettivo, già indicato nel DPEF, per quanto concerne il livello dell'indebitamento netto della pubblica amministrazione per l'anno in corso, nonostante l'indebolimento delle prospettive di crescita dell'economia nazionale comporti, in particolare, una parziale riduzione del gettito derivante dalle imposte indirette e un incremento della spesa per interessi;
apprezzato altresì il mantenimento dell'obiettivo di medio termine del pareggio di bilancio che ribadisce la serietà del processo di risanamento della finanza pubblica che il Governo intende perseguire e che ha già trovato ampio riscontro nelle misure poste in essere con il decreto-legge di manovra n. 112 del 2008 e con l'impostazione estremamente rigorosa che è stata data al disegno di legge finanziaria per il 2009;
rilevato che tale impegno implica interventi duraturi per il contenimento del livello complessivo della spesa e per la sua riqualificazione, cui potrà utilmente concorrere, per quanto concerne il bilancio dello Stato, l'ulteriore implementazione del processo di riclassificazione e, per quanto concerne gli enti territoriali, la definizione in termini organici e tendenzialmente stabili degli ambiti dell'autonomia finanziaria spettante a ciascun livello di governo secondo una logica di tipo federale, con conseguente maggiore responsabilizzazione di regioni ed enti locali nel concorso al perseguimento degli obiettivi relativi ai saldi rilevanti a fini comunitari,

approva la Nota di aggiornamento

e impegna il Governo a proseguire con coerenza l'azione di contenimento e diriqualificazione della spesa pubblica, presupposto imprescindibile, insieme alla compiuta definizione del complesso degli interventi prospettati nei provvedimenti collegati alla manovra di bilancio, attualmente all'esame del Parlamento, per porre in essere le condizioni per la successiva adozione di misure volte alla riduzione della pressione fiscale e ad una sua più equa distribuzione, anche al fine di favorire una più consistente e duratura crescita dell'economia nazionale.
(6-00007)«Cicchitto, Lo Monte, Cota».

La Camera,
esaminata la Nota di aggiornamento al Documento di programmazione economico-fiananziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2009-2013;
considerato che:
i rischi di stagflazione, almeno per l'Europa continentale, sono diventati realtà: le principali economie del continente sono ferme, mentre i prezzi continuano a salire, in particolare, quelli dei beni di prima necessità alimentari ed energetici;
le più recenti stime e previsioni indicano per l'anno in corso e per il 2009 per l'area euro ed il Regno Unito una crescita poco superiore all'1 per cento, mentre l'Italia sta molto al di sotto della media, quasi a zero, perché i problemi congiunturali si innestano su una situazione strutturale più debole degli altri partner europei;
è lo stesso Governo a riconoscere che l'Italia si trova in una fase di emergenza economica, tanto da rivedere al ribasso le stime di crescita del PIL per l'anno in corso e per i prossimi;
ciò nonostante, la Nota di aggiornamento mantiene sostanzialmente inalterati gli obiettivi rispetto al DPEF di giugno, fingendo che nulla sia accaduto negli ultimi mesi, ad esempio confermando un obiettivo di inflazione programmata all'1,5 per cento per il 2009 e così scaricando, attraverso i rinnovi contrattuali, soltanto sui lavoratori l'onere degli aggiustamenti;
la politica economica sin qui seguita dal Governo non è, pertanto, all'altezza dei problemi del Paese ed è controproducente ai fini dell'aggiustamento della finanza pubblica perché non affronta le vere priorità: l'anemia della crescita e la perdita di potere d'acquisto dei redditi da lavoro e pensione;
interventi di miglioramento del potere d'acquisto di lavoratori e pensionati, invece, migliorerebbero la distribuzione dei redditi e la domanda interna;
la Nota mantiene per tutto il periodo di previsione un livello molto elevato di pressione fiscale, che solo a partire dal 2012 scenderà sotto il 43 per cento, con una ricomposizione del gettito che vede aumentare le entrate da imposte dirette e diminuire quelle da imposte indirette;
il decremento del gettito da imposte indirette, in presenza di un'elevata inflazione, sembra attribuibile alla cancellazione delle principali misure antievasione introdotte nella scorsa legislatura;
l'aumento del gettito derivante dalle imposte dirette, invece, prefigura un ulteriore appesantimento del carico gravante sui fattori produttivi, in particolare sui redditi fissi da lavoro e da pensione, già duramente colpiti dall'aumento dell'inflazione, accentuando l'effetto depressivo della strategia economica del Governo mediante le ripercussioni negative sulla domanda interna, quando l'unica vera leva a disposizione del Governo sarebbe proprio quella di intervenire a sostegno dei consumi;
siamo, quindi, di fronte una politica economica prociclica, come è riconosciuto anche da autorevoli esponenti della maggioranza che arrivano a quantificare l'effetto di freno sull'economia che viene a prodursi come conseguenza della manovra di luglio, un effetto stimabile in -0,22 per cento, -0,33 per cento e -0,34 per cento in ciascun anno del triennio 2009-2011;
appare, quindi, necessario rivedere la scelta di concentrare tutta l'azione economico-finanziaria del Governo nel decreto-legge n. 112, predisponendo ulteriori interventi legislativi che contrastino la fase di recessione economica in atto;
il Governo nel dibattito parlamentare ha confermato quanto da tempo sostenuto dall'opposizione, ossia una sovrastima delle previsioni di fabbisogno per il 2008 per almeno 2,5 miliardi di euro;
esistono, quindi, le risorse per poter avviare una politica di sostegno della domanda interna, in particolare per sostenere quei segmenti sociali più esposti alle tensioni inflattive,

respinge la Nota di aggiornamento al Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2009-2013 e

impegna il Governo

ad avviare un processo di riduzione del carico fiscale sui percettori di redditi di lavoro e di pensione, attraverso l'innalzamento delle detrazioni dall'imposta sul reddito delle persone fisiche.
(6-00008)
«Baretta, Misiani, Quartiani, Giachetti, Vannucci, Marchi, Fontanelli».

La Camera,
esaminata la Nota di aggiornamento al Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2009-2013;
considerato che la presentazione della Nota di aggiornamento si è resa necessaria per deteriorarsi della congiuntura economica internazionale che ha determinato effetti negativi sulle variabili di finanza pubblica;
tenuto conto che l'Italia ha risentito di questa forte tensione nei mercati internazionali e rilevati, in particolare, gli effetti negativi sulla crescita riconducibili alle drammatiche evoluzioni della crisi finanziaria americana, all'incremento del prezzo delle materie prime ed al conseguente acuirsi del livello inflazionistico, che ha inciso sui consumi delle famiglie, nonché al progressivo apprezzamento dell'euro nei confronti del dollaro che ha indebolito la domanda estera;
premesso che, per quanto concerne il quadro macroeconomico, in conseguenza di questo scenario di notevole incertezza, la Nota di aggiornamento al DPEF 2009-2013 presenta una revisione al ribasso delle stime della crescita economica pari allo 0,4 per cento per l'anno in corso e per il 2009;
evidenziato che, sul piano degli andamenti tendenziali e programmatici, il livello dell'indebitamento netto, pur risultando invariato per il 2008, registra un peggioramento di 0,1 punti percentuali del PIL nel 2009 e 0,2 punti percentuali, nel 2010 e 2011; si rileva un aumento dell'avanzo primario determinato da un contenimento della spesa sia di parte corrente che di parte capitale in termini strutturali; il saldo di bilancio per il 2008 peggiora di 0,2 punti percentuali rispetto a quanto previsto dal DPEF per effetto del minor output gap e delle maggiori misure una tantum; le stime mostrano, rispetto alle previsioni del DPEF, una contrazione del gettito relativo alle imposte indirette causata dalla diminuzione del PIL e parzialmente compensata da un aumento delle imposte dirette e dei contributi sociali attribuibile ad una dinamica più positiva dei redditi da lavoro dipendente in alcuni comparti del settore privato; per quanto concerne le spese delle pubbliche amministrazioni si rileva una notevole riduzione delle spese per redditi da lavoro dipendente, dell'ordine di 1,35 miliardi di euro nel 2009, di oltre 1,5 miliardi di euro nel 2010 e 2011 e di superiore ai 2 miliardi di euro nel 2012 e 2013, tale riduzione delle spese è peraltro più che compensata da un aumento delle spese per consumi intermedi e per pensioni;
considerato che sulla scorta dei dati di bilancio a legislazione vigente 2009 illivello del saldo netto da finanziare programmatico è stato rideterminato in 33,6 miliardi rispetto ai 16,6 miliardi stimati per il 2009 dal DPEF;
rilevato che l'esame dei dati tendenziali contenuti nella nota di aggiornamento confermano che il decreto-legge n.112 del 2008 non ha avuto un effetto positivo sull'economia nazionale;
premesso che le critiche rivolte al DPEF, da ritenersi del tutto insufficiente ad aiutare la crescita Paese, valgono anche per la Nota di aggiornamento, anche in considerazione del peggioramento della crisi finanziaria internazionale;
osservato che l'Italia continua a registrare un tasso di crescita del PIL inferiore alla media europea e rispetto a tale dato risulta particolarmente preoccupante il contributo negativo della domanda interna, che dimostra le difficoltà del Paese dipendenti da una grave debolezza dei consumi e degli investimenti, a causa della riduzione del potere di acquisto dei redditi degli italiani, compressi tra inflazione e pressione fiscale;
constatato che a fronte di un impegno contenuto nel programma elettorale dell'attuale maggioranza che prevedeva una graduale e progressiva diminuzione della pressione fiscale sotto il 40 per cento del PIL, non risulta, invece, nel DPEF, prima, e nella Nota di aggiornamento, dopo, una previsione di riduzione della pressione fiscale capace di rilanciare il PIL, anzi nel Documento si preveda un taglio della spesa pubblica soprattutto quella in conto capitale che è fondamentale ai fini degli investimenti e quindi della crescita;
ritenuto che manca un approccio strutturale ai problemi della crescita del Paese e del potere di acquisto dei cittadini, data che nel momento in cui in altri Paesi i governi adottano rilevanti misure di sostegno all'economia, il Governo italiano si dimostra incapace di definire e attuare interventi volti a rilanciare i consumi e gli investimenti di cui il Paese avrebbe bisogno;
rilevato che l'Italia continua a perdere competitività in termini di quota delle nostre esportazioni sul commercio mondiale, a causa dell'alto costo di produttività dei nostri prodotti e del basso valore aggiunto che spinge verso mercati tradizionali, dove i paesi emergenti praticano prezzi più competitivi perché privi di clausole sociali ed ambientali;
constatato che il DPEF e la sua Nota di aggiornamento non incidono in alcun modo sul potere di acquisto delle famiglie, che costituisce il vero motore dello sviluppo e che facendo riferimento ai più recenti dati dell'ISTAT circa il 34,7 per cento ha forti difficoltà finanziarie, mentre il 59,5 per cento ha una certa difficoltà a giungere alla fine del mese;
evidenziato altresì che il Documento non contiene misure effettivamente capaci di ovviare alla bassa produttività del lavoro, una delle principali cause del rallentamento della crescita del PIL;
rilevato che la Nota di aggiornamento così come il DPEF non contiene misure in grado di fare fronte al basso tasso di occupazione (rapporto tra occupati e popolazione di età compresa tra i 15 ed i 64 anni) italiano, che era nel 2006 uno dei più bassi dell'area OCSE;
considerato che il Documento non risolve i problemi posti dalla raccomandazione del Consiglio UE 14 maggio 2008 (2008/399/CE), adottata nel quadro della strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione, la quale, nell'aggiornare al 2008 gli indirizzi di massima per le politiche economiche e sull'attuazione delle politiche per l'occupazione, ha formulato, nei confronti dell'Italia, per quanto riguarda l'occupazione, i seguenti orientamenti: «Continuare a potenziare i servizi per l'infanzia e le persone anziane, onde conciliare vita professionale e vita familiare e incentivare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro; definire una strategia coerente per l'invecchiamento attivo onde aumentare l'occupazione a livellodei lavoratori più anziani e migliorare l'adeguatezza delle pensioni,

impegna il Governo:

a definire ed adottare efficaci misure di sostegno all'economia, volte a rilanciare i consumi e gli investimenti necessari ai fini di una reale crescita del Paese;
ad operare una radicale correzione degli indirizzi di politica economica, finalizzandola al rinnovamento del Paese, nel senso del rafforzamento della sua posizione competitiva, e di liberalizzazione di settori e comparti sinora caratterizzati da protezioni e limiti all'accesso di nuovi operatori, prescindendo da interventi microsettoriali di stampo punitivo e concentrando l'azione sui grandi servizi a rete nonché intervenendo sui conglomerati industriali di proprietà statale che spesso operano in regime di monopolio e che quasi sempre determinano maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
posto che esiste una relazione inversa tra la pressione fiscale e la crescita economica, ad attuare ogni efficace azione mirata alla riduzione della pressione fiscale e al contenimento della spesa pubblica corrente mediante una efficace e costante azione di riduzione di quella improduttiva e degli sprechi, responsabilizzando i centri di spesa ma evitando di operare tagli indiscriminati «orizzontali» quali quelli previsti dal decreto-legge n. 112 del 2008;
ad adottare efficaci azioni volte ad incrementare la produttività attraverso misure tali da accrescere la produttività dei servizi pubblici aprendoli al mercato, abbattere le rendite improduttive, rafforzare la concorrenza a livello nazionale e locale, investire nell'università e nella scuola, adeguare le infrastrutture, moderare la tassazione e semplificare il quadro legislativo;
a prevedere la possibilità di applicare, per periodi transitori, forme di fiscalità di vantaggio per il sud valutando altresì la possibilità di ridurre le aliquote di imposta al sud rispetto al nord e la rideterminazione degli studi di settore per le imprese meridionali, nel senso di escludere tassativamente qualsiasi generico ed acritico aggiornamento ISTAT provvedendo altresì ad una interpretazione autentica in tema di crediti d'imposta tesa ad escludere qualsiasi decadenza dovuta a semplici irregolarità formali;
a privilegiare una politica sociale di sostegno alla famiglia proseguendo un percorso nel quale, sulla base del principio di sussidiarietà, sia affermato il primato sociale della famiglia, come nucleo fondamentale della società e a ciò siano finalizzate le politiche sociali e fiscali, anche attraverso lo strumento del quoziente familiare, ovvero l'indicazione come soggetto imponibile, non più dell'individuo, ma del nucleo familiare in quanto tale;
a introdurre criteri di federalismo negli investimenti per opere infrastrutturali in accordo con la Conferenza Stato-regioni, affinché vi sia una equa distribuzione sul territorio nazionale di risorse per opere strategiche indicate nella «legge obiettivo».
(6-00009)«Galletti, Ciccanti».

DISEGNO DI LEGGE: DISPOSIZIONI PER LO SVILUPPO ECONOMICO, LA SEMPLIFICAZIONE, LA COMPETITIVITÀ, LA STABILIZZAZIONE DELLA FINANZA PUBBLICA E LA PEREQUAZIONE TRIBUTARIA (TESTO RISULTANTE DALLO STRALCIO DEGLI ARTICOLI 3, DA 5 A 13, DA 15 A 18, DA 22 A 24, 31, 32, DA 37 A 39, DA 65 A 67 E 70 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 1441, DELIBERATO DALL'ASSEMBLEA IL 5 AGOSTO 2008) (A.C. 1441-BIS-A)

A.C. 1441-bis-A - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
uno stato di disagio e di profonda crisi economica caratterizza da molti anni le comunità e i territori del Sannio e dell'Irpinia della Campania interna, alimentando per questo motivo un notevole flusso migratorio verso le regioni del Nord e depotenziando fortemente le attività produttive endogene;
i comuni, le province e gli enti territoriali sovracomunali delle aree richiamate sopra registrano notevoli difficoltà nella gestione di poche risorse regionali e nazionali rischiando di non adempiere perfino alla normale attività istituzionale compromettendo così la partecipazione dei cittadini alla vita amministrativa e comunitaria;
è necessario dare una notevole svolta alle grame e modeste economie delle aree della Campania interna che vivono un livello di depressione economica e finanziaria che impedisce lo sviluppo, l'impegno nelle attività lavorative delle giovani generazioni e la realizzazione di una efficiente rete infrastrutturale,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative legislative volte a prevedere l'istituzione, nell'ambito del fondo per il finanziamento di interventi finalizzati al potenziamento della rete infrastrutturale di cui all'articolo 6-quinquies del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, di un apposito capitolo robustamente dotato di risorse finanziarie per avviare lo studio e procedere successivamente all'attuazione di un piano generale di reti infrastrutturali per i territori del Sannio e dell'Irpinia della Campania interna, fortemente debilitati e carenti.
9/1441-bis-A/1. Mario Pepe (PD).

La Camera,
premesso che:
uno stato di disagio e di profonda crisi economica caratterizza da molti anni le comunità e i territori del Sannio e dell'Irpinia della Campania interna, alimentando per questo motivo un notevole flusso migratorio verso le regioni del Nord e depotenziando fortemente le attività produttive endogene;
i comuni, le province e gli enti territoriali sovracomunali delle aree richiamate sopra registrano notevoli difficoltànella gestione di poche risorse regionali e nazionali rischiando di non adempiere perfino alla normale attività istituzionale compromettendo così la partecipazione dei cittadini alla vita amministrativa e comunitaria;
è necessario dare una notevole svolta alle grame e modeste economie delle aree della Campania interna che vivono un livello di depressione economica e finanziaria che impedisce lo sviluppo, l'impegno nelle attività lavorative delle giovani generazioni e la realizzazione di una efficiente rete infrastrutturale,

invita il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative legislative volte a prevedere l'istituzione, nell'ambito del fondo per il finanziamento di interventi finalizzati al potenziamento della rete infrastrutturale di cui all'articolo 6-quinquies del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, di un apposito capitolo robustamente dotato di risorse finanziarie per avviare lo studio e procedere successivamente all'attuazione di un piano generale di reti infrastrutturali per i territori del Sannio e dell'Irpinia della Campania interna, fortemente debilitati e carenti.
9/1441-bis-A/1. (Testo modificato nel corso della seduta)Mario Pepe (PD).

La Camera,
premesso che:
l'articolo 46 del disegno di legge in esame prevede che il Governo entro dodici mesi adotti uno o più decreti legislativi finalizzati alla riorganizzazione di alcuni enti tra i quali figura il Centro di formazione studi (FORMEZ);
il FORMEZ è un centro di formazione che accompagna le amministrazioni pubbliche e in particolare le amministrazioni regionali e locali nei progetti di innovazione organizzativa che sviluppano l'efficacia delle politiche locali e sostiene la crescita della competitività dei territori e quindi dell'intero Paese;
il FORMEZ è l'unica delle agenzie impegnate nell'intervento straordinario della Cassa per il Mezzogiorno ad essere sopravvissuta alla riforma avvenuta nel 1999 che ne ha ridefinito il profilo e la missione, infatti ogni anno sono numerosi i progetti assegnati all'istituto;
il FORMEZ nel corso della sua attività ha garantito la formazione rispetto a temi rilevanti quali l'innovazione amministrativa, la comunicazione pubblica nonché l'ausilio al Ministero degli affari esteri, alla Commissione europea e delle agenzie internazionali;
le sedi decentrate del FORMEZ rappresentano punti di eccellenza che possono e debbono continuare ad essere tali;
lo scorso 2 luglio si è svolta a Marsiglia la Conferenza Euromediterranea per giungere ad una maggiore integrazione della Regione Mediterranea per la facilitazione degli scambi commerciali e semplificare gli investimenti economici;
la Conferenza Euromediterranea, alla quale ha fatto seguito una riunione dei primi ministri europei sullo stesso argomento, è stata un'occasione formidabile per lo sviluppo di rapporti economici dando sostanza al percorso di costituzione dell'Unione per il Mediterraneo;
il Mezzogiorno per la sua posizione geografica ha nel contesto del Mediterraneo un indubbio privilegio che deve tramutarsi in un ruolo strategico negli scambi commerciali di prodotti agricoli, industriali e per i servizi;
il FORMEZ nel quadro del rinnovato impegno nel percorso dell'Unione per il Mediterraneo e soprattutto per il valore che questi può rivestire per le regioni e le amministrazioni locali del Sud può e deve essere un valido ausilio e sostegno per qualificare l'azione e l'efficacia delle iniziative delle citate amministrazioni,

impegna il Governo

al fine di evitare che la riorganizzazione del FORMEZ disperda le eccellenti competenzenella formazione delle pubbliche amministrazioni in particolare del Mezzogiorno, anche tenendo conto degli spazi che si aprono nel percorso riavviato con la Conferenza di Marsiglia, ad utilizzare il Centro di formazione studi nell'ambito dei progetti e dei percorsi previsti dall'Unione per il Mediterraneo a sostegno delle amministrazioni locali del Mezzogiorno.
9/1441-bis-A/2. Iannaccone, Lo Monte, Belcastro, Commercio, Latteri, Lombardo, Milo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 25-bis del disegno di legge in esame prevede misure per la semplificazione della gestione amministrativa e finanziaria delle rappresentanze diplomatiche e degli Uffici consolari;
la semplificazione ed accelerazione dei procedimenti in materia di autonomia gestionale e finanziaria, insieme alle operazioni di semplificazione e razionalizzazione della struttura e della gestione del bilancio delle sedi all'estero, richiederanno un apposito regolamento emanato su proposta del Ministro degli affari esteri e del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e con il Ministro per la semplificazione normativa;
è prevista l'abrogazione di specifiche norme relative alle gestione operativa delle sedi diplomatiche e consolari all'estero, in particolare:
a) l'articolo 1, comma 15, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80;
b) gli articoli 1, 3, 4, 8 e 9 del decreto legislativo 15 dicembre 2006, n. 307;
c) l'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni;
d) i commi 1318, 1320 e 1321 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
e) il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 2000, n. 120, e successive modificazioni,

impegna il Governo:

ad informare preliminarmente, e non solo in sede di parere, il Parlamento e le Commissioni competenti sui contenuti degli appositi decreti e regolamenti, prima della loro emanazione;
ad informare il Parlamento e le Commissioni competenti su tutte le nuove disposizioni che il Ministero degli affari esteri si appresta ad emanare in ottemperanza alle norme sulla semplificazione amministrativa.
9/1441-bis-A/3. Fedi, Bucchino, Gianni Farina, Porta, Garavini, Narducci.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 25-bis del disegno di legge in esame prevede misure per la semplificazione della gestione amministrativa e finanziaria delle rappresentanze diplomatiche e degli Uffici consolari;
la semplificazione ed accelerazione dei procedimenti in materia di autonomia gestionale e finanziaria, insieme alle operazioni di semplificazione e razionalizzazione della struttura e della gestione del bilancio delle sedi all'estero, richiederanno un apposito regolamento emanato su proposta del Ministro degli affari esteri e del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e con il Ministro per la semplificazione normativa;
è prevista l'abrogazione di specifiche norme relative alle gestione operativa delle sedi diplomatiche e consolari all'estero, in particolare:
a) l'articolo 1, comma 15, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80;
b) gli articoli 1, 3, 4, 8 e 9 del decreto legislativo 15 dicembre 2006, n. 307;
c) l'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni;
d) i commi 1318, 1320 e 1321 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
e) il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 2000, n. 120, e successive modificazioni,

impegna il Governo

ad informare il Parlamento e le Commissioni competenti su tutte le nuove disposizioni che il Ministero degli affari esteri si appresta ad emanare in ottemperanza alle norme sulla semplificazione amministrativa.
9/1441-bis-A/3. (Testo modificato nel corso della seduta)Fedi, Bucchino, Gianni Farina, Porta, Garavini, Narducci.

La Camera,
premesso che:
con riferimento all'articolo 30, commi 1 e 2, si delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi finalizzati all'individuazione di nuovi servizi a forte valenza socio-sanitaria erogati dalle farmacie pubbliche e private nell'ambito del Servizio sanitario nazionale;
nell'ambito degli esercizi farmaceutici di vicinato (parafarmacie), in applicazione del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è obbligatoria, per la dispensazione dei farmaci, la presenza di un farmacista abilitato all'esercizio della professione;
nell'ambito dell'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni ed integrazioni, entrato in vigore il 23 marzo 2005, sono già previste forme di interazione telematica tra questi e le strutture pubbliche e/o private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale erogatrici di prestazioni sanitarie, al fine di garantire ai cittadini livelli assistenziali ottimali;
in particolare, tali indicazioni si possono rinvenire nei seguenti articoli del suddetto Accordo: articolo 14, comma 4 lettera c); articolo 54, comma 2, lettere a) e g); articolo54, comma 9, lettera c),

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che l'erogazione dei servizi di carattere socio-sanitari previsti all'articolo 30, comma 1, del disegno di legge in esame sia estesa ai farmacisti che esercitano la professione nell'ambito degli esercizi farmaceutici di vicinato (parafarmacie), con particolare riferimento a quanto previsto alle lettere b), c), d) ed e) e ai medici di medicina generale convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, con particolare riferimento alle lettere c), d) ed e).
9/1441-bis-A/4. Zamparutti, Mecacci, Bernardini, Maurizio Turco, Farina Coscioni, Beltrandi, Lulli, Della Vedova, Gava, Cazzola, Costa, Lehner, Nizzi, Mario Pepe (PdL).

La Camera,
premesso che:
l'organizzazione degli uffici e la riqualificazione del personale amministrativo sono profili essenziali e prioritari peril recupero di efficienza ed effettività della tutela giurisdizionale in ambito civilistico;
appare pertanto opportuno individuare le idonee soluzioni all'annoso problema che affligge il personale amministrativo della giustizia civile in ragione della sua omessa riqualificazione, peraltro già definita da tempo in tutti gli altri settori dell'amministrazione dello Stato;
in particolare, la strutturazione per profili professionali e posizioni economiche del personale giudiziario è stata pensata per altri tempi con una grande massa del vecchio personale d'ordine (gli operatori), una scarsa presenza del personale tecnico (esperti informatici, analisti di organizzazione, contabili) ed un generale appiattimento verso il basso, non tenendo conto non solo delle nuove necessità tecnologiche, ma della fortissima necessità negli uffici di personale di elevata qualificazione che possa essere interfaccia del magistrato e relazionarsi con gli avvocati e gli utenti;
l'approvazione del disegno di legge in esame vedrà, per l'ennesima volta, il personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie far fronte ad una emergenza normativa senza alcun riconoscimento né giuridico né economico, ciò in aggiunta all'ordinaria attività lavorativa che è già difficilmente affrontabile con le carenze di organico e di mezzi propri dell'amministrazione giudiziaria,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte ad individuare, nell'ambito dei provvedimenti legislativi in materia (riforma del processo civile), le soluzioni adeguate per definire un'efficace riqualificazione per il personale amministrativo della giustizia civile oltre ad una profonda riorganizzazione e rigenerazione delle risorse umane oggi disponibili, il tutto in un'ottica di generale recupero di efficienza secondo quanto suggerisce nel suo «programma quadro» la Commissione Europea per l'efficacia della giustizia del Consiglio d'Europa.
9/1441-bis-A/5. Bernardini, Mecacci, Maurizio Turco, Beltrandi.

La Camera,
premesso che:
l'inefficiente gestione dei servizi di cancelleria forniti agli operatori giuridici impegnati nella pratica amministrazione della giustizia costituisce un fatto notorio verificabile da chiunque nella pratica quotidiana ed obbliga spesso gli operatori medesimi all'esecuzione di attività formalistiche che si rivelano spesso inutili, sia alla gestione pratica del processo, sia a fornire garanzie ai destinatari;
ciò accade, particolarmente, nella fase di certificazione e rilascio delle copie, autentiche e non autentiche, di tutti gli atti interni al processo;
appare dunque necessario garantire maggiore efficacia ed efficienza e semplificare gli adempimenti formali e le attività delle cancellerie della giurisdizione civile, amministrativa e tributaria, così da facilitare il lavoro dei professionisti che si occupano dell'amministrazione della giustizia, quali avvocati, notai, ufficiali giudiziari, con importanti benefici sull'efficienza della macchina giudiziaria;
si tratta inoltre di innovazioni assolutamente a «costo zero» per lo Stato e il Ministero, che inoltre potranno comportare l'introduzione di contributi,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte ad inserire, nell'ambito dei provvedimenti legislativi in tema di riforma della giustizia civile, idonee disposizioni dirette ad affidare agli avvocati e alle altri parti del processo civile, amministrativo e tributario, il potere di certificare le copie fotostatiche di atti, verbali e documenti di un fascicolo processuale come conformi all'originale, sotto pena, in caso di certificazione infedele, di gravi sanzioni sia all'interno del processo, che disciplinari,prevedendo inoltre che sia il professionista stesso ad assolvere gli obblighi fiscali previsti per le copie, sotto la sua personale responsabilità, nel momento in cui provvede alla certificazione.
9/1441-bis-A/6. Mecacci, Maurizio Turco, Beltrandi, Zamparutti, Farina Coscioni, Mantini.

La Camera,
premesso che:
l'inefficiente gestione dei servizi di cancelleria forniti agli operatori giuridici impegnati nella pratica amministrazione della giustizia costituisce un fatto notorio verificabile da chiunque nella pratica quotidiana ed obbliga spesso gli operatori medesimi all'esecuzione di attività formalistiche che si rivelano spesso inutili, sia alla gestione pratica del processo, sia a fornire garanzie ai destinatari;
ciò accade, particolarmente, nella fase di certificazione e rilascio delle copie, autentiche e non autentiche, di tutti gli atti interni al processo;
appare dunque necessario garantire maggiore efficacia ed efficienza e semplificare gli adempimenti formali e le attività delle cancellerie della giurisdizione civile, amministrativa e tributaria, così da facilitare il lavoro dei professionisti che si occupano dell'amministrazione della giustizia, quali avvocati, notai, ufficiali giudiziari, con importanti benefici sull'efficienza della macchina giudiziaria;
si tratta inoltre di innovazioni assolutamente a «costo zero» per lo Stato e il Ministero, che inoltre potranno comportare l'introduzione di contributi,

invita il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative volte ad inserire, nell'ambito dei provvedimenti legislativi in tema di riforma della giustizia civile, idonee disposizioni dirette ad affidare agli avvocati e alle altri parti del processo civile, amministrativo e tributario, il potere di certificare le copie fotostatiche di atti, verbali e documenti di un fascicolo processuale come conformi all'originale, sotto pena, in caso di certificazione infedele, di gravi sanzioni sia all'interno del processo, che disciplinari, prevedendo inoltre che sia il professionista stesso ad assolvere gli obblighi fiscali previsti per le copie, sotto la sua personale responsabilità, nel momento in cui provvede alla certificazione.
9/1441-bis-A/6. (Testo modificato nel corso della seduta)Mecacci, Maurizio Turco, Beltrandi, Zamparutti, Farina Coscioni, Mantini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 33 del disegno di legge in esame prevede che il Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, emani, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto per definire le modalità di svolgimento delle procedure amministrative e contrattuali relative agli interventi a sostegno della cooperazione e dei processi di pace all'estero;
il citato articolo 33 indica espressamente, alla lettera a), il decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45, che prevede un intervento di cooperazione a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione in alcuni Paesi esteri, fra cui l'Afghanistan, l'Iraq, il Libano, il Sudan, la Somalia e la Repubblica democratica del Congo;
l'articolo 33 del disegno di legge 1441-bis-A alla successiva lettera b) prevede la possibilità che il decreto sia esteso anche ad ulteriori aree al fine di superare le criticità di natura umanitaria, sociale o economica;
la Commissione affari esteri e comunitari della Camera ha espresso parere favorevole sul provvedimento con la richiestadi modificare, all'articolo 33, comma 1, lettera b), la nozione di criticità nel senso di considerare quelle di carattere emergenziale o di natura umanitaria;
le organizzazioni sindacali, anche attraverso i loro patronati, hanno sedi all'estero e hanno promosso - spesso in sinergia con le associazioni datoriali - progetti di cooperazione internazionale;
le organizzazioni non governative iscritte nelle tre principali federazioni di coordinamento sono 135, alle quali si aggiungono altre non aderenti;
la cooperazione decentrata di regioni ed enti locali è andata assumendo un ruolo sempre maggiore con un aumento delle risorse finanziarie dedicate,

impegna il Governo

a consultare le parti sociali e le associazioni rappresentative delle organizzazioni non governative che operano nel settore in fase di predisposizione del decreto di cui al comma 1 dell'articolo 33 del disegno di legge in esame.
9/1441-bis-A/7. Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame reca disposizioni volte a modificare ed integrare la disciplina della riscossione mediante ruolo per il recupero delle spese di giustizia;
le norme già varate dal Parlamento e dirette a permettere la stabilizzazione della finanza pubblica incidono anche nel settore della giustizia;
il servizio pubblico in questione non potrà che trarre beneficio da un'implementazione della capacità, da parte degli uffici giudiziari, di accelerare il recupero delle somme dovute in seguito all'adozione dei provvedimenti propri dell'attività di competenza;
è auspicabile che l'efficacia dell'azione amministrativa in tale contesto possa essere incrementata, attraverso un processo di maggiore responsabilizzazione degli uffici giudiziari interessati, anche per mezzo del trattenimento delle somme riscosse, sia pure in parte, a livello territoriale;
ciò potrebbe consentire, tra l'altro, una maggiore flessibilità nella gestione degli stessi uffici giudiziari, soprattutto se la parte riservata a livello locale fosse caratterizzata da una discreta autonomia nella spesa,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di attribuire, anche solo in parte, agli uffici giudiziari locali gli importi riscossi in forza delle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, favorendo l'avvio di una gestione diretta dei medesimi e aumentando l'autonomia di spesa in funzione della maggiore efficacia nell'azione di riscossione dimostrata in concreto.
9/1441-bis-A/8. Contento.

La Camera,
premesso che:
la banda larga si configura come un irrinunciabile strumento per rendere possibile una trasformazione del sistema culturale, economico-sociale e produttivo, senza la quale il Paese rischia di essere escluso dalla competizione internazionale;
gli ultimi dati disponibili, pubblicati dall'Osservatorio per la banda larga, evidenziano che il 12 per cento della popolazione italiana (circa 7 milioni di cittadini) risiede in zone con digital divide infrastrutturale, ovvero in aree dove i collegamenti a banda larga non possono essere realizzati con la tecnologia che oggi è considerata di riferimento per la banda larga, cioè l'ADSL;
le zone con i livelli più elevati di copertura ADSL corrispondono alle aree metropolitane e alle zone del territorio morfologicamente più agevoli da infrastrutturare e sul podio delle regioni italiane c'è la Puglia, con un livello di copertura superiore al 98 per cento;
il presidente di Telecom Italia ha reso noto pochi giorni fa che la diffusione della banda larga nelle amministrazioni locali della Puglia arriva addirittura al 70 per cento, sopravanzando di molto anche il Centro-Nord (al 61 per cento);
l'indagine condotta dall'Osservatorio per la banda larga ha registrato una copertura inferiore al 5 per cento della popolazione in quasi 4.000 comuni italiani, situati per un terzo in Lombardia e Piemonte;
le aree in digital divide coincidono con le zone a bassa densità di popolazione e ridotte potenzialità economiche, che rendono difficile un'adeguata remunerazione degli investimenti privati e per questo motivo il Governo interviene con risorse integrative per il potenziamento della rete infrastrutturale pubblica per la banda larga in tutte le aree sottoutilizzate del Paese;
il provvedimento in esame destina 800 milioni di euro, a valere sul Fondo per le aree sottoutilizzate, alla realizzazione di interventi infrastrutturali per l'adeguamento delle reti di comunicazione elettronica e alla fornitura dei servizi avanzati di informazione e comunicazione, secondo finalità di riequilibrio socio-economico tra le aree del territorio nazionale;
sebbene i dati riportati nei punti precedenti evidenzino chiaramente che le aree in digital divide sono presenti su tutto il territorio italiano e soprattutto nei piccoli comuni del Nord, le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate sono assegnate con delibere del CIPE secondo il criterio di ripartizione dell'85 per cento per le aree del Mezzogiorno e del 15 per cento per quelle del Centro-Nord;
molte regioni del Centro e del Nord Italia, sulla base di accordi di programma stipulati con il Ministero delle comunicazioni fra le fine del 2007 e l'inizio del 2008, hanno lavorato molto in questi mesi predisponendo convenzioni operative, piani di sviluppo e modelli di intervento al fine di sfruttare al meglio gli investimenti dello Stato per il dispiegamento di fibra ottica anche nel Centro-Nord come già successo al Sud;
il presidente della Conferenza delle regioni, nell'audizione svoltasi lo scorso 24 settembre presso la IX commissione della Camera dei deputati, ha sottolineato che gli accordi di cui al punto precedente non hanno avuto seguito,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di una rimodulazione del riparto delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate sulla base dell'attuale grado di copertura nelle diverse zone del territorio italiano, perseguendo una strategia nazionale e regionale coerente con la programmazione e la flessibilità degli interventi.
9/1441-bis-A/9. Buonanno, Montagnoli.

La Camera,
premesso che:
il percorso intrapreso per promuovere e supportare i processi di aggregazione dei comuni, a livello locale, relativi alla gestione in unione di determinati servizi locali, è stato finora nel tempo particolarmente articolato;
il primo passo in questa direzione è stato il recepimento del decreto legislativo n. 112 del 1998 e del decreto legislativo n. 267 del 2000, il secondo passaggio è stato poi la redazione del Programma di riordino territoriale. Riferimento costante resta la legge 3 agosto 1999, n. 265, in particolare l'articolo 32, i cui cinque commi definiscono le unioni di comuni inmaniera sintetica, dando la massima flessibilità all'interno di poche regole precise;
l'unione è costituita da due o più comuni che devono essere contigui con un obiettivo chiaro: esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza. Ciò significa che i singoli comuni si uniscono e delegano alle unioni dei compiti precisi;
l'unione decide al suo interno i regolamenti per la propria organizzazione ed i rapporti con i singoli comuni ed è regolata dai medesimi principi e meccanismi previsti per i comuni, evidenziando che i componenti degli organi non possono eccedere le disposizioni relative ai comuni con la popolazione complessiva delle amministrazioni locali associate. Potere tipico e qualificante fondante delle unioni è la destinazione di tutti gli introiti che derivano da tasse, tariffe e contributi dovuti per i servizi delegati dai comuni;
la realizzazione delle unioni comunali permette di creare delle economie di scala nel dimensionare i servizi e crea le condizioni per la sopravvivenza dei piccoli comuni che, pur mantenendo la loro identità, possono accorpare servizi al fine di ridurre i costi pro-capite e ridurre pro-quota le spese fisse di gestione di alcuni servizi. I costi di gestione degli enti sono solitamente bassi, almeno dovrebbero esserlo, le strutture in linea di principio sono formate da amministratori dei comuni e servizi coperti da entrate dedicate per la maggior parte dei servizi conferiti;
le attuazioni di unioni di comuni sono spesso molto differenti fra di loro: in alcune regioni le forme associate sono state supportate da determinati stanziamenti economici «regionali» secondo criteri ben precisi, in altre regioni tali unioni sono sorte in base agli incentivi economici statali;
si evince, quindi, che il percorso per la promozione di tali forme non è stato omogeneo in tutte le regioni in quanto esse si sono confrontate in primo luogo con vincoli territoriali già stabiliti ed in secondo luogo con strutture e processi associativi già realizzati quali comunità di valli, consorzi di servizio tra comuni o comunità montane. In questo caso, molte regioni hanno operato riconoscendoli come «ambiti ottimali» con interventi sui loro confini allo scopo di facilitarne la gestione. In altri casi si è giunti alla costituzione di «tecnostrutture» con la funzione di fornire assistenza alle forme associate e soprattutto diffondere l'associazionismo presso i comuni non ancora coinvolti. Nelle regioni che erogano incentivi economici, vi è un continuo monitoraggio dei risultati raggiunti dall'unificazione. Sono poche invece le regioni che hanno attuato il programma di riordino territoriale a causa della scarsa integrazione territoriale, per cui risulta abbastanza problematico individuare una politica di riordino omogenea;
in effetti in origine le unioni erano concepite come momento necessario e transitorio di passaggio per lo scioglimento e la conseguente fusione degli enti interessati. L'unione nasceva, pertanto, come istituto preparatorio alla fusione dei piccoli comuni al fine di consentirne una fase di sperimentazione della nuova aggregazione, preparare gradualmente i cittadini e le strutture, verificare la funzionalità e l'efficienza degli organi e dei servizi unificati;
successivamente con il raccordo normativo operato dal testo unico sono sostanzialmente mutate le prospettive e le finalità stesse delle unioni, non più proiettate verso una fusione coatta, ma concretamente incentivate a favorire la creazione di nuove e più efficienti forme di associazionismo fra comuni di minore dimensione demografica. Novità essenziali alla base della nuova disciplina sono l'eliminazione del vincolo della fusione, l'abrogazione del limite dei 5.000 abitanti precedentemente previsto per i comuni partecipanti all'unione, la regolamentazione con decreto del Ministro dell'interno di incentivi statali previsti per la realizzazionedelle unioni e del raggiungimento delle loro finalità, la previsione di interventi regionali aggiuntivi;
l'unione è diventata così una concreta alternativa alle convenzioni ed ai consorzi;
qualsiasi comune, di qualsiasi dimensione demografica, può decidere di creare un unione con altro comune. Per la nascita giuridica dell'ente basta l'approvazione nel medesimo testo deliberativo dello schema di atto costitutivo e dello statuto;
applicando il vecchio adagio che «l'unione fa la forza» sono già 1.400 i municipi italiani che si sono alleati in quasi 300 «unioni intercomunali», rappresentative di una popolazione di 4,4 milioni di abitanti. Alleanze fra «piccoli» che permettono di abbattere gli sprechi e migliorare i servizi offerti ai cittadini, dando seguito e concretezza a quel vento di riordino degli enti locali che mira alla razionalizzazione dell'assetto istituzionale del Paese;
in prospettiva, le unioni di comuni devono trovare, come ha ricordato anche l'Anci, un vero e proprio «modello di riferimento nazionale», un architrave del futuro sistema delle autonomie locali in Italia;
il compito dovrebbe essere quello di definire un quadro di riferimento organico, stabile e di tenuta proprio a livello nazionale per garantire, come è stato ricordato, l'integrità stessa della Repubblica delle autonomie e uno sviluppo armonico delle risorse evitando ripercussioni negative per le popolazioni locali in relazione a nuovi assetti eccessivamente differenziati quanto incerti e, a volte, disegnati in modo del tutto disorganico;
occorre puntare sul principio dell'adeguatezza nell'esercizio delle funzioni attraverso coerenti politiche di promozione predisponendo una riforma organica, seria e coraggiosa capace di evitare i rischi di una costante sovrapposizione con le normative regionali;
nel provvedimento al nostro esame non appare delineata una scelta di questo tipo;
l'ipotesi di fondere i piccoli comuni è irrealizzabile per tutta una serie di ragioni anche storico-politiche, tuttavia, dobbiamo essere capaci di fornire delle soluzioni. Un punto di partenza inteso anche come principio di riferimento costante e strumento di omogeneizzazione, potrebbe essere l'obbligatorietà della messa in comune, attraverso l'unione dei comuni, o anche le convenzioni di comuni, non di singole attività, ma di tutti i servizi generali che il comune fornisce (ad esempio: l'anagrafe, il servizio tecnico, la sicurezza, la contabilità), stabilendo una soglia minima di cittadini amministrati compatibile con i costi fissi che questo tipo di attività richiede,

impegna il Governo

ad intervenire in tempi rapidi per predisporre una riforma organica della disciplina relativa alle convenzioni, alle unioni ed ai consorzi tra comuni, che tenga conto della possibilità di rendere obbligatorio il ricorso a tali strumenti per quei comuni con popolazione inferiore a 20 mila abitanti.
9/1441-bis-A/10. Borghesi.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame contiene numerose disposizioni volte a riformare la giustizia civile e, segnatamente, gli articoli da 52 a 64;
il provvedimento in esame introduce rilevanti novità nel processo civile, con particolare riferimento ai profili della competenza, dell'incompatibilità del giudice, della valutazione del comportamento processuale delle parti, anche ai fini dell'incentivazione della composizione della controversia in sede conciliativa, dell'assunzione della prova testimoniale periscritto, della nuova disciplina dell'ammissibilità del ricorso per cassazione, dell'introduzione del procedimento sommario di cognizione, della definizione dei principi di delega per l'emanazione di norme istitutive dell'istituto della mediazione in materia civile e commerciale, del recupero delle somme afferenti al bilancio della giustizia e per il contenimento e la razionalizzazione delle spese di giustizia;
i predetti interventi appaiono, nel loro complesso ad eccezione di quanto di seguito precisato, apprezzabili, poiché idonei a migliorare l'efficienza della giustizia civile, nonché a determinare una chiara ed evidente accelerazione dello svolgimento del processo civile e, quindi, della sua conclusione;
appare auspicabile, con riferimento all'articolo 53-bis, comma 2, relativo all'ammissibilità del ricorso per cassazione, un'ulteriore riflessione che porti alla precisazione dei limiti della discrezionalità spettante al collegio, chiamato a decidere dell'ammissibilità medesima, nonché l'esplicito riferimento al rispetto del principio del contraddittorio;
appare altresì auspicabile, con riferimento all'articolo 53, comma 7, che introduce la testimonianza scritta, un ulteriore approfondimento in chiave di semplificazione procedurale, anche nell'ottica di una riconoscibilità dello strumento da parte degli operatori internazionali e di un ampliamento delle garanzie di autenticità del risultato probatorio,

impegna il Governo:

a valutare le adeguate iniziative normative al fine di apportare le opportune integrazioni all'articolo 53-bis, comma 2, per garantire il principio del contraddittorio;
ad apportare chiarimenti e precisazioni in merito al nuovo istituto della testimonianza scritta.
9/1441-bis-A/11. Palomba.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, con il Capo IV, reca disposizioni in materia di infrastrutture senza affrontare in materia adeguata la problematica della gestione delle autostrade dopo le osservazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha segnalato, il 4 luglio scorso, le implicazioni negative per l'assetto del mercato del contenuto dell'articolo 8-duodecies del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2008, n. 101, che interviene sulla regolamentazione del settore autostradale;
l'Autorità si sofferma, in particolare, su due elementi:
1) l'assenza di spazio lasciato «alla concorrenza per il mercato almeno per le tratte non ancora realizzate e per l'ampliamento della rete autostradale»;
2) «gli effetti distorsivi derivanti dalla modalità di regolamentazione delle tariffe autostradali»;
il citato articolo 8-duodecies del decreto-legge n. 59 del 2008 prevede l'approvazione ex lege di tutti gli schemi di convenzione con ANAS, già sottoscritti dalle società autostradali alla data di entrata in vigore del decreto medesimo (8 aprile 2008). L'attuale convenzione tra Anas e le società autostradali sottrae di fatto fino al 2038 (se non ci saranno ulteriori proroghe) al meccanismo concorrenziale la parte più rilevante della rete autostradale italiana in essere e di futura realizzazione;
l'Autorità segnala le profonde differenze con la formula di adeguamento tariffario finora vigente per il sistema autostradale previsto dalla convenzione citata. Precedentemente si prevedeva un meccanismo che incorporava nelle tariffe autostradali anche dei coefficienti, rivedibili ogni 5 anni, che tenevano conto della qualità e dell'efficienza del servizio al fine di incentivare l'impresa a comportamenti virtuosi in tema di investimenti e riduzioni dei costi. Ora si lega la variazione tariffaria al 70 per cento dell'inflazione, prescindendo dal livello di redditività del concessionario e della sua capacità di effettuare recuperi di produttività. A questo 70 per cento si aggiunge un'ulteriore incremento - il fattore K - che garantisce la remunerazione per gli investimenti futuri non ancora inseriti nel piano finanziario;
in poche parole, nessuna concorrenza e nessun rischio imprenditoriale, il tutto a spese degli utenti;
le tariffe autostradali, incidendo, nel nostro Paese, sul trasporto di merci e di persone in maniera cospicua, non sono elemento secondario nel determinare l'incremento generale del costo della vita,

impegna il Governo

fatte salve le prerogative del Parlamento, ad adottare le opportune iniziative, anche legislative, per ricondurre il settore autostradale nelle regole del mercato, al fine di ottenere un maggiore e fattivo impegno da parte delle ditte concessionarie in merito agli investimenti e per il contenimento delle tariffe.
9/1441-bis-A/12. Misiti, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 30 del disegno di legge in esame reca norme che rivedono in modo consistente il ruolo e i servizi offerti dalle farmacie;
le disposizioni suddette ridisegnano infatti funzioni e compiti del farmacista, che di fatto si troverà ad affiancare le ASL in ambiti finora di loro esclusiva competenza, attraverso l'erogazione di nuovi servizi a forte valenza socio-sanitaria;
dette disposizioni dovrebbero consentire di distribuire e offrire servizi e assistenza in ambito sanitario in maniera certamente più capillare al cittadino;
attualmente alcuni particolari farmaci vengono distribuiti direttamente dalle ASL solo in alcune regioni, e ciò comporta che, in altre zone del Paese, un cittadino debba ritirare il farmaco a diversi chilometri di distanza da casa,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere - nell'ambito di norme concordate a livello regionale e definite a livello nazionale - la distribuzione attraverso le farmacie dei farmaci attualmente acquistati e distribuiti direttamente dalle ASL, in modo da poter offrire uguale assistenza farmaceutica su tutto il territorio nazionale, senza che ne derivino maggiori oneri per le ASL, né tantomeno per il cittadino.
9/1441-bis-A/13. Palagiano.

La Camera,
premesso che:
al fine di assicurare la presenza nelle regioni meridionali d'Italia di un istituto bancario in grado di sostenere lo sviluppo economico e di favorirne la crescita, l'articolo 6-ter del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, istituisce la «Banca del Mezzogiorno Spa» anche al fine di dotare il Sud d'Italia di un efficace strumento capace di attrarre investimenti privati e, dopo decenni di mancato sviluppo, di contribuire a superare il divario socio-economico che affligge le regioni meridionali;
il comma 3 del suddetto articolo fissa i principi a cui dovrà uniformarsi il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro 120 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione, che dovrà disciplinare i criteri per la redazione dello statuto, le modalitàdi composizione dell'azionariato della Banca, le modalità per provvedere all'acquisizione di marchi e di denominazioni;
allo stesso comma in particolare si prevede che la Banca possa accedere, secondo le modalità dettate dall'emanando decreto ministeriale, ai fondi ed ai finanziamenti internazionali, con particolare riferimento alle risorse per lo sviluppo delle aree sottoutilizzate prestate da organismi sopranazionali;
alla luce di tali premesse appare ovvio che l'intera disposizione è diretta a creare una banca radicata nel territorio meridionale, espressione della classe imprenditoriale locale, che sia in grado di praticare una politica selettiva del credito volta a incoraggiare le imprese meritevoli, facendo così da volano per l'avvio di un circolo virtuoso che rilanci lo sviluppo del territorio stesso,

impegna il Governo

a prevedere che l'emanando decreto di attuazione delle norme disciplinari della «Banca del Mezzogiorno Spa» non si limiti a sancire che la stessa abbia necessariamente sede in una regione del Mezzogiorno, ma anche che l'attività prevalente sia finalizzata al sostegno finanziario di imprese ed al credito alle persone nei territori ricadenti nelle aree individuate dall'articolo 5 del regolamento CE n. 1083 dell'11 luglio 2006 (obiettivo «Convergenza»).
9/1441-bis-A/15. Lombardo, Lo Monte, Commercio, Latteri, Belcastro, Iannaccone, Milo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 14 del provvedimento in esame reca norme volte alla realizzazione delle infrastrutture necessarie all'adeguamento delle reti di comunicazioni elettronica nelle aree sottoutilizzate;
a tal fine, il comma 1 stabilisce che il Governo, nel rispetto delle competenze regionali, definisca un programma nel quale siano indicati gli interventi necessari, ed assegna una dotazione di 800 milioni per il periodo 2007-2013, a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS);
il suddetto Fondo, istituito dall'articolo 61 della legge finanziaria per il 2003, è destinato al finanziamento degli interventi attuativi del Programma per lo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno da parte del Ministero delle comunicazioni per il tramite della Società infrastrutture e telecomunicazioni per l'Italia s.p.a (Infratel Italia);
con la legge finanziaria 2007 sono state incrementate le risorse assegnate a tale Fondo nella misura di 10 milioni di euro per gli anni 2007, 2008 e 2009, e si è prevista l'attribuzione di ulteriori 50 milioni - sulla base di un'apposita delibera del CIPE - a beneficio del Ministero delle comunicazioni, destinati a sostenere nuovi processi di realizzazione delle infrastrutture per la larga banda e di completare il suddetto Programma per lo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno, e con la successiva legge finanziaria per il 2008 (articolo 2, comma 299), è stato disposto un incremento, pari a 50 milioni di euro per il 2008, della dotazione del Fondo, nell'ambito del sostegno alla realizzazione delle infrastrutture per la larga banda sull'intero territorio nazionale,

impegna il Governo

a garantire che, in sede di ripartizione della dotazione di cui all'articolo 14, comma 1, del provvedimento in esame, pari a 800 milioni per il periodo 2007-2013, a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), l'85 per cento delle risorse dello stesso venga destinato esclusivamente alle regioni del Mezzogiorno.
9/1441-bis-A/16. Lo Monte, Commercio, Lombardo, Latteri, Belcastro, Iannaccone, Milo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
i principali indicatori economici e statistici sull'economia del Mezzogiorno confermano un divario di crescita a sfavore delle aree meridionali del Paese, crescendo nel periodo 2000-2008 ad un tasso medio annuo dello 0,7 per cento contro l'1,2 per cento del Centro-Nord: sette anni di crescita del Sud inferiore di mezzo punto all'anno;
le prime informazioni relative al 2009 confermano le prospettive di un ulteriore peggioramento e indicano la tendenza verso la crescita zero dell'economia meridionale;
in tale contesto le scelte per il Mezzogiorno contenute nella manovra del Governo appaiono del tutto insufficienti, essendo il dato dominante l'assenza del riequilibrio territoriale tra Mezzogiorno e Centro Nord;
la manovra per il 2009 appare caratterizzata da una profonda rimodulazione delle risorse del Fondo aree sottoutilizzate, sia di quelle residue sia di quelle derivanti dalla programmazione 2007-2013. All'interno di essa , infatti, gli obiettivi di contenimento della spesa vengono perseguiti soprattutto mediante la riduzione degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno (tale è infatti la spesa del FAS), attraverso la revoca dei programmi FAS nazionali del periodo 2007-2013 non ancora approvati, la concentrazione delle risorse in un fondo per gli interventi infrastrutturali e la riprogrammazione delle risorse «liberate», il tutto proprio nel momento in cui sarebbe viceversa opportuno al Sud un intervento anticiclico per l'ammodernamento delle reti infrastrutturali e per la valorizzazione delle risorse umane;
inoltre un'eccessiva centralizzazione, spostando risorse dalle regioni del Mezzogiorno verso altre aree del Paese, appare contraddittoria con lo stesso percorso del federalismo fiscale;
il reiterato mancato rispetto, in futuri atti del Governo, della chiave di riparto territoriale dei fondi FAS, adottata fin dal 1999, ridurrebbe ulteriormente le risorse a disposizione del Mezzogiorno, vanificando lo sforzo di razionalizzazione della politica regionale unitaria. Diventa pertanto ineludibile che le risorse in tal modo rimodulate rispettino, anche per quanto riguarda le cosiddette risorse liberate del precedente ciclo si programmazione, la chiave di riparto per le assegnazioni territoriali (85 per cento al Mezzogiorno, 15 per cento al Centro Nord), quote che, derivando dall'applicazione di un metodo basato su chiari indicatori statistici che riflettono gli obiettivi di riequilibrio e di riduzione dei divari, tengono conto delle criticità individuate nei documenti strategici propri del nuovo ciclo di programmazione,

impegna il Governo

in tutti i provvedimenti di politica economico-finanziaria, a prevedere esplicitamente il rispetto della chiave di riparto della dotazione del Fondo, mantenendo ferma la destinazione territoriale già in essere dell'85 per cento dei fondi FAS ai territori ricadenti nelle aree individuate dall'articolo 5 del Regolamento CE n. 1083 dell'11 luglio 2006 (obiettivo «Convergenza») e del 15 per cento ai territori del Centro-Nord.
9/1441-bis-A/17. Commercio, Lo Monte, Lombardo, Latteri, Belcastro, Iannaccone, Milo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene varie disposizioni che incidono sulla finanza regionale quali:
a) l'articolo 19, che delinea un'articolata disciplina delle centrali di committenza regionali modificando l'articolo 33 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, codice dei contratti pubblici, stabilendo,al comma 3-undecies, che le disposizioni dell'articolo in oggetto costituiscono principi di coordinamento della finanza pubblica, con specifico riferimento alle previsioni che interessano le regioni e gli enti locali, in adesione all'articolo 117, comma terzo, della Costituzione, secondo cui il coordinamento della finanza pubblica è materia di legislazione concorrente;
b) l'articolo 29, che apporta modifiche alla legge 7 agosto 1990, n. 241, sull'azione amministrativa, nella parte in cui si individuano le disposizioni della predetta legge che, in quanto attinenti alla tutela del cittadino nei confronti dell'azione amministrativa, afferiscono ai livelli essenziali delle prestazioni, la cui disciplina è affidata dalla Costituzione alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), vincolando pertanto anche le Regioni e gli enti locali, quali quelle che riguardano la partecipazione dell'interessato al procedimento;
c) l'articolo 30, volto a semplificare la disciplina contabile per i comuni di piccole dimensioni e recanti delega al Governo per la razionalizzazione del ruolo del segretario comunale nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti;
d) l'articolo 42, recanti modifiche all'articolo 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131, sulle modalità di attuazione del conferimento delle funzioni amministrative agli enti territoriali e del trasferimento dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative necessari per l'esercizio delle medesime funzioni; il comma 3 dell'articolo 42 predetto, che pone una norma di principio in materia di servizi pubblici locali prevedendo che i comuni con meno di 20.000 abitanti debbano gestirli in forma associata;
il Governo ha fatto circolare il testo di un provvedimento per l'attuazione del federalismo fiscale che dovrebbe razionalizzare la spesa pubblica e riorganizzare l'organizzazione degli enti territoriali, mentre viceversa da un lato non affronta la questione della soppressione degli enti inutili quali le Comunità montane e le Province, e dall'altro riconosce alle sole Regioni a statuto speciale una compartecipazione al gettito delle accise;
è scaduto il 30 settembre scorso il termine che la legge n. 244 del 2007 assegna alle Regioni per razionalizzare le comunità montane; le risorse assegnate dallo Stato alle comunità montane per il triennio 2009-2011 sono state ridotte di 90 milioni di euro con il decreto-legge n. 112 del 2008, riduzione che si aggiunge a quello di 33,4 milioni di euro disposta dalla legge n. 244 del 2007 e che impedirà a molte comunità di fare fronte alle proprie spese;
esistono ben 107 Province, il che comporta spese per gli oltre quattromila incarichi da consigliere e assessore; i bilanci delle Province sono pari a 16 miliardi di euro l'anno e tra il 2000 e il 2005 le Province hanno accresciuto le spese del 65 per cento destinandole in larga misura (quasi 8,5 miliardi) alle spese correnti; in Parlamento giacciono proposte per l'istituzione di 27 nuove Province;
la frammentazione geografica delle Province, la dispersività delle loro funzioni e competenze, la loro difficoltà a inserirsi in un contesto di comando ordinato ed efficace rendono questo livello istituzionale incompatibile con il principio di responsabilità imposto dal federalismo fiscale;
nel testo del disegno di legge sul federalismo fiscale predisposto dal Governo si delinea la possibilità di attribuire alle Regioni a statuto speciale quote del gettito derivante dalle accise sugli oli minerali in proporzione ai volumi raffinati sul loro territorio; poiché 5 raffinerie su 6 ubicate nelle Regioni a statuto speciale sono localizzate in Sicilia, la norma consentirebbe a questa Regione di trattenere in loco una buona parte del gettito delle accise sulla benzina raffinata;
l'accisa è una tassa esigibile all'atto dell'immissione in consumo del prodotto è, cioè, un'imposta alla vendita, non allaproduzione; in pratica, i contribuenti-consumatori di tutta Italia pagherebbero questa imposta che in parte o del tutto andrebbe alla Sicilia; si tratta dell'opposto del principio del federalismo della responsabilità fiscale,

impegna il Governo

fatte salve le prerogative del Parlamento, a prendere le opportune iniziative anche legislative per:
a) sopprimere le Comunità montane prevedendo opportune misure per agevolare la creazione di consorzi tra Comuni ovvero l'unificazione dei Comuni più piccoli;
b) la soppressione delle Province, o comunque una riduzione drastica del loro numero, a partire dall'abolizione delle Province che insistono sulle aree nelle quali si prevede l'istituzione delle nove città metropolitane;
c) estendere a tutte le Regioni, incluse quelle a statuto ordinario, la compartecipazione a tributi erariali e accise.
9/1441-bis-A/18. Cambursano, Evangelisti.

La Camera,
premesso che:
si prende atto favorevolmente dell'azione intrapresa dal Governo, fin dai primi giorni di attività, per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie italiane, drammaticamente eroso dall'evoluzione del sistema macroeconomico europeo e mondiale, per limitare gli sprechi e gli abusi delle pubbliche amministrazioni, salvaguardando le eccellenze costituite da molti comuni, che agiscono quotidianamente limitando le spese correnti e mantenendo costante la pressione fiscale nei confronti dei propri cittadini;
esistono moltissimi enti, consorzi, società, interamente partecipati da enti locali, che potrebbero essere liquidati, generando enormi risparmi a favore degli enti locali stessi e del sistema finanziario pubblico nel suo complesso;
la liquidazione di detti enti comporta la formazione di plusvalenze derivanti dalla cessione delle proprie partecipazioni e dei propri beni e tali plusvalenze sono assoggettate a tassazione;
tale assoggettamento a tassazione rende non conveniente la liquidazione di tali enti per gli enti locali proprietari,

impegna il Governo

a valutare di escludere da tassazione le plusvalenze derivanti dalla cessione di beni e/o di partecipazioni in caso di liquidazione di enti, consorzi e società interamente partecipate da enti locali.
9/1441-bis-A/19. Bragantini.

La Camera,
premesso che:
si prende atto favorevolmente dell'azione intrapresa dal Governo, fin dai primi giorni di attività, per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie italiane, drammaticamente eroso dall'evoluzione del sistema macroeconomico europeo e mondiale, per limitare gli sprechi e gli abusi delle pubbliche amministrazioni, salvaguardando le eccellenze costituite da molti comuni, che agiscono quotidianamente limitando le spese correnti e mantenendo costante la pressione fiscale nei confronti dei propri cittadini;
esistono moltissimi enti, consorzi, società, interamente partecipati da enti locali, che potrebbero essere liquidati, generando enormi risparmi a favore degli enti locali stessi e del sistema finanziario pubblico nel suo complesso;
la liquidazione di detti enti comporta la formazione di plusvalenze derivanti dalla cessione delle proprie partecipazioni e dei propri beni e tali plusvalenze sono assoggettate a tassazione;
tale assoggettamento a tassazione rende non conveniente la liquidazione di tali enti per gli enti locali proprietari,

invita il Governo

a valutare l'opportunità di escludere da tassazione le plusvalenze derivanti dalla cessione di beni e/o di partecipazioni in caso di liquidazione di enti, consorzi e società interamente partecipate da enti locali.
9/1441-bis-A/19. (Testo modificato nel corso della seduta)Bragantini.

La Camera,
premesso che:
si prende atto favorevolmente dell'azione intrapresa dal Governo, fin dai primi giorni di attività, per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie italiane, drammaticamente eroso dall'evoluzione del sistema macroeconomico europeo e mondiale;
l'articolo 1 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126 pone fine, attraverso l'esenzione della prima casa dall'ICI, a quindici anni di ingiusta tassazione di un bene, l'abitazione di proprietà, che, in Italia, oltre ad essere di gran lunga la forma di risparmio più diffusa, costituisce il presupposto economico e culturale per la formazione di nuove famiglie;
il medesimo decreto stabiliva le modalità di rimborso del mancato gettito ICI ai Comuni;
un trasferimento minore rispetto al gettito ICI comporterebbe un'inevitabile diminuzione dei servizi,

impegna il Governo

a verificare il gettito dell'imposta comunale sugli immobili che riguarda la prima casa e ad assicurare l'adeguata copertura, in modo che le minori entrate per i Comuni derivanti dall'abolizione dell'ICI sulla prima casa siano totalmente compensate.
9/1441-bis-A/20. Negro, Montagnoli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 35 del provvedimento in esame reca misure in materia di concorrenza e tutela degli utenti nel settore postale;
in particolare tale articolo recepisce la direttiva 2008/6/CE la quale, novellando l'articolo 4 della Direttiva 97/67/CE (Direttiva «postale») stabilisce che gli Stati membri adottino misure volte a garantire che le condizioni a cui viene affidato il servizio universale si basino su principi di trasparenza, non discriminazione e proporzionalità;
la garanzia della continuità del servizio universale fornito da Poste Italiane deve corrispondere ad esigenze prioritarie di coesione sociale e territoriale a sostegno di un settore fondamentale per l'economia del Paese, all'interno dello sviluppo del mercato unico europeo, nel quale operano in Italia oltre 150.000 dipendenti su un totale di 1,7 milioni in Europa per un mercato del valore di 90 miliardi di euro;
in tale articolo viene confermato in capo al Ministero delle comunicazioni il ruolo di Autorità di regolamentazione del settore postale, riproponendo la contraddizione del ruolo di controllore-controllato di cui è necessario il superamento per favorire una liberalizzazione del mercato nell'interesse dei cittadini-utenti,

impegna il Governo:

a monitare gli effetti delle disposizioni introdotte e ad assumere conseguentemente un'iniziativa legislativa adeguata affinché le funzioni di regolazione sul mercato postale vengano affidate ad un'Autorità indipendente individuata nell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni;
ad attivarsi affinché il servizio universale venga fornito su tutto il territorio nazionale, consolidando la presenza e la diffusione degli sportelli postali anche nelle realtà più periferiche, individuando tale servizio come uno dei presidi atti a garantire a tutti i cittadini livelli essenziali delle prestazioni civili e sociali.
9/1441-bis-A/21. Lovelli, Meta.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 30, del disegno di legge in esame, al comma 6, ridisegna profondamente il ruolo e lo status dei segretari comunali in servizio nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti;
il testo del citato articolo 30 mentre da un lato contiene significative e positive disposizioni di semplificazione in favore dei comuni minori, dall'altro presenta numerose criticità e profonde contraddizioni riguardo il profilo della figura del segretario comunale, che rischiano, se non adeguatamente risolte, di porre a repentaglio la stessa funzionalità in termini di efficienza ed efficacia degli enti minori;
l'azione riformatrice del legislatore non può svilupparsi in modo disorganico e frazionato sfrondando e modificando qua e là le norme riguardanti i segretari comunali;
il Governo, infatti, ha già più volte annunciato la necessità di affrontare una profonda e complessiva revisione testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), ambito ottimale ove attuare una riforma organica del ruolo e dello status dell'intera categoria dei segretari comunali;
nell'affrontare sforzi riformatori così impegnativi, il Governo ed il Parlamento non possono fare a meno di consultare i segretari comunali, oggetto di riforma, ed i rappresentanti delle autonomie locali, soggetti da sempre al servizio delle istituzioni pubbliche locali e perciò in grado di fornire utili «apporti collaborativi» all'elaborazione di un disegno di riforma utile e condiviso dai principali attori,

impegna il Governo:

a valutare gli effetti negativi di tale norma che si configura come una riforma parziale ed affrettata che mette a rischio circa 1000 posti di lavoro,e procedere in tempi rapidi ad una riforma del ruolo e dello status del segretario comunale nell'ambito di una più ampia revisione della normativa dell'intero sistema delle autonomie.
ad istituire un tavolo di confronto con i segretari comunali, con i sindaci ed i presidenti delle province al fine di ottenere un risultato positivo all'insegna dell'efficacia, dell'efficienza e dell'economicità, sia per il mondo delle autonomie, ed in particolare dei piccoli comuni, che per i segretari comunali e provinciali.
9/1441-bis-A/23. Tassone, Vietti, Bosi, Vannucci.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 30, del disegno di legge in esame, al comma 6, ridisegna profondamente il ruolo e lo status dei segretari comunali in servizio nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti;
il testo del citato articolo 30 mentre da un lato contiene significative e positive disposizioni di semplificazione in favore dei comuni minori, dall'altro presenta numerose criticità e profonde contraddizioni riguardo il profilo della figura del segretario comunale, che rischiano, se non adeguatamente risolte, di porre a repentaglio la stessa funzionalità in termini di efficienza ed efficacia degli enti minori;
l'azione riformatrice del legislatore non può svilupparsi in modo disorganico e frazionato sfrondando e modificando qua e là le norme riguardanti i segretari comunali;
il Governo, infatti, ha già più volte annunciato la necessità di affrontare una profonda e complessiva revisione testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), ambito ottimale ove attuare una riforma organica del ruolo e dello status dell'intera categoria dei segretari comunali;
nell'affrontare sforzi riformatori così impegnativi, il Governo ed il Parlamento non possono fare a meno di consultare i segretari comunali, oggetto di riforma, ed i rappresentanti delle autonomie locali, soggetti da sempre al servizio delle istituzioni pubbliche locali e perciò in grado di fornire utili «apporti collaborativi» all'elaborazione di un disegno di riforma utile e condiviso dai principali attori,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di procedere in tempi rapidi ad una riforma del ruolo e dello status del segretario comunale nell'ambito di una più ampia revisione della normativa dell'intero sistema delle autonomie.
ad istituire un tavolo di confronto con i segretari comunali, con i sindaci ed i presidenti delle province al fine di ottenere un risultato positivo all'insegna dell'efficacia, dell'efficienza e dell'economicità, sia per il mondo delle autonomie, ed in particolare dei piccoli comuni, che per i segretari comunali e provinciali.
9/1441-bis-A/23. (Testo modificato nel corso della seduta)Tassone, Vietti, Bosi, Vannucci.

La Camera,
premesso che:
i commi da 3 a 5 dell'articolo 30 introducono semplificazioni all'ordinamento contabile dei piccoli comuni, esentandoli dall'obbligo di presentare, insieme al bilancio di previsione, altri documenti contabili, tra cui, in particolare: la relazione previsionale e programmatica; il bilancio pluriennale; il rendiconto deliberato del penultimo esercizio contabile, il programma triennale dei lavori pubblici;
le disposizioni di cui sopra sono destinate a produrre una sostanziale semplificazione per quelle realtà comunali che, date le loro dimensioni, spesso non dispongono delle professionalità per redigere tali documenti contabili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in riferimento all'articolo 30, comma 5, di legittimare gli enti locali, anche in caso di mancato esercizio della delega nei tempi ivi previsti, ad adottare propri modelli e schemi contabili semplificati.
9/1441-bis-A/24. Luciano Dussin.

La Camera,
premesso che:
il comma 3 dell'articolo 42 dispone che i comuni con meno di 20.000 abitanti debbano gestire i servizi pubblici locali in forma associata;
si rende necessario escludere da tale vincolo i servizi pubblici locali di rilevanza non economica, che - secondo quanto riconosciuto dalla Corte costituzionale - non possono essere ricondotti alla competenza esclusiva statale sulla tutela della concorrenza,

impegna il Governo

ad interpretare la disposizione di cui all'articolo 42, comma 3, come riferita solo ai servizi pubblici locali di rilevanza economica, provvedendo ad attuare un coordinamento normativo tra la previsionesuddetta e l'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che regola la materia.
9/1441-bis-A/25. Caparini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 30, comma 6, contiene una delega al Governo per la razionalizzazione del ruolo del segretario comunale nei comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
in particolare, l'articolo 30, comma 6, prevede l'istituzione di una sede di segreteria comunale unificata cui fanno riferimento più comuni la cui popolazione complessiva sia pari almeno a 15.000 abitanti, ovvero con popolazione inferiore, a condizione che sia costituita da almeno quattro comuni;
in relazione a tali sedi unificate, è previsto un ampliamento delle responsabilità del segretario comunale e l'attribuzione al medesimo di funzioni di gestione;
perché tali segreterie unificate possano funzionare in maniera efficace, è tuttavia necessario garantire che la distanza chilometrica tra i comuni interessati sia compresa in un raggio di 50 chilometri;
si rende inoltre opportuno prevedere un più ampio riordino delle disposizioni del capo II del testo unico sugli enti locali, al fine di rendere facoltativa per i comuni e le province la possibilità di avvalersi del segretario comunale, eventualmente optando per l'esternalizzazione del relativo servizio;
si ritiene opportuno rivedere l'intera procedura di disponibilità dei segretari comunali, ad oggi finanziata a valere sul Fondo di mobilità dell'Agenzia, che consente ai segretari di continuare a percepire la loro retribuzione per un periodo di due anni anche a seguito della revoca dell'incarico o della mancata nomina;
si considera infine necessario disporre a favore del sindaco la facoltà di revocare l'incarico qualora vengano meno i presupposti di fiducia necessari per un efficace svolgimento dell'attività di segretario comunale,

impegna il Governo

a promuovere una riforma delle disposizioni del capo II del testo unico sugli enti locali (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), finalizzata a recepire le indicazioni di cui in premessa.
9/1441-bis-A/26. Guido Dussin.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame, collegato alla manovra di finanza pubblica per il triennio 2009-2011, contiene una serie di norme destinate alla riduzione della spesa pubblica tramite risparmio di risorse derivante da una migliore organizzazione e semplificazione di procedure delle amministrazioni pubbliche;
nell'ambito della sessione di bilancio, le nuove norme sul patto di stabilità, già adottate in sede di conversione del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, consentendo ai comuni in avanzo la possibilità di utilizzare le relative risorse;
si evidenzia l'esigenza di rivedere le norme approvate in materia di gestione dei bilanci degli enti locali per consentire una maggiore flessibilità di spesa per i comuni, in deroga al patto di stabilità, nei seguenti casi:
a) ricostruzione nei territori danneggiati da parte del comune colpito da calamità naturale;
b) interventi indifferibili al verificarsi di emergenze in materia sanitaria o sociale;
c) investimenti in opere pubbliche con le risorse derivanti da dismissioni di patrimonio immobiliare, come sembra disporre la norma di cui al comma 8 dell'articolo 77-bis del citato decreto n. 112 del 2008, che richiederebbe una interpretazione autentica;
d) in materia di personale e contrattazione integrativa, possibilità di adottare riduzioni o incremento dei fondi per la contrattazione integrativa sulla base delle risorse stanziate risultanti almeno dall'ultimo bilancio consuntivo utile, mentre attualmente la base di calcolo per la riduzione delle risorse per l'anno 2009 è rappresentata dalle risorse stanziate per l'anno 2004, come stabilito dal comma 5 dell'articolo 67 del decreto n. 112 del 2008,

impegna il Governo

in sede di sessione di bilancio per il triennio 2009-2011, compatibilmente con il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, a:
valutare la possibilità di poter escludere, ai fini del computo del saldo finanziario di cui all'articolo 77-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le spese sostenute dai comuni colpiti da calamità naturali per la ricostruzione e quelle inerenti ad emergenze sanitarie o sociali;
valutare la necessità di adottare norme di interpretazione autentica riferite alla disposizione di cui al comma 8 dell'articolo 77-bis del decreto n. 112 del 2008, per confermare il principio che le risorse liberate da dismissioni patrimoniali sono destinate senza limiti di spesa di bilancio alla realizzazione di opere ed infrastrutture;
adottare come base per la riduzione delle risorse destinate al personale e alla contrattazione integrativa i dati afferenti all'ultimo bilancio consuntivo del comune.
9/1441-bis-A/27. Montagnoli.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame, collegato alla manovra di finanza pubblica per il triennio 2009-2011, contiene una serie di norme destinate alla riduzione della spesa pubblica tramite risparmio di risorse derivante da una migliore organizzazione e semplificazione di procedure delle amministrazioni pubbliche;
nell'ambito della sessione di bilancio, le nuove norme sul patto di stabilità, già adottate in sede di conversione del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, consentendo ai comuni in avanzo la possibilità di utilizzare le relative risorse;
si evidenzia l'esigenza di rivedere le norme approvate in materia di gestione dei bilanci degli enti locali per consentire una maggiore flessibilità di spesa per i comuni, in deroga al patto di stabilità, nei seguenti casi:
a) ricostruzione nei territori danneggiati da parte del comune colpito da calamità naturale;
b) interventi indifferibili al verificarsi di emergenze in materia sanitaria o sociale;
c) investimenti in opere pubbliche con le risorse derivanti da dismissioni di patrimonio immobiliare, come sembra disporre la norma di cui al comma 8 dell'articolo 77-bis del citato decreto n. 112 del 2008, che richiederebbe una interpretazione autentica;
d) in materia di personale e contrattazione integrativa, possibilità di adottare riduzioni o incremento dei fondi per la contrattazione integrativa sulla base delle risorse stanziate risultanti almeno dall'ultimo bilancio consuntivo utile, mentre attualmente la base di calcolo per la riduzione delle risorse per l'anno 2009 è rappresentata dalle risorse stanziate perl'anno 2004, come stabilito dal comma 5 dell'articolo 67 del decreto n. 112 del 2008,

impegna il Governo

in sede di sessione di bilancio per il triennio 2009-2011, compatibilmente con il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, a:
valutare la possibilità di poter escludere, ai fini del computo del saldo finanziario di cui all'articolo 77-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le spese sostenute dai comuni colpiti da calamità naturali per la ricostruzione e quelle inerenti ad emergenze sanitarie o sociali;
valutare la necessità di adottare norme di interpretazione autentica riferite alla disposizione di cui al comma 8 dell'articolo 77-bis del decreto n. 112 del 2008, per confermare il principio che le risorse liberate da dismissioni patrimoniali sono destinate senza limiti di spesa di bilancio alla realizzazione di opere ed infrastrutture;
valutare la possibilità di adottare come base per la riduzione delle risorse destinate al personale e alla contrattazione integrativa i dati afferenti all'ultimo bilancio consuntivo del comune.
9/1441-bis-A/27. (Testo modificato nel corso della seduta)Montagnoli.

La Camera,
premesso che:
il testo iniziale del disegno di legge in esame conteneva anche norme di riforma dei servizi pubblici locali, successivamente trasfuse nel decreto-legge n. 112 del 2008, come modificato dalla legge di conversione n 133 del 2008;
esiste la necessità di salvaguardare la realtà territoriale del Paese e la specificità ed esperienza delle società italiane ex municipalizzate, che per anni hanno gestito i servizi pubblici locali;
eccessive rigidità rischiano non solo di penalizzare le nostre imprese, ma anche di creare disservizi e malcontenti tra gli utenti;
va tenuta in conto la giurisprudenza comunitaria in materia di gestione dei servizi pubblici locali in house e in partenariato pubblico e privato;
va tenuto conto altresì della sentenza del Consiglio di Stato, sezione VI, n. 3499/2008, che ha innovato in maniera sostanziale l'interpretazione della giustizia amministrativa riguardo alle possibilità di operare da parte delle società in partenariato pubblico e privato,

impegna il Governo

nell'ambito dei regolamenti di cui all'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, come modificato dalla legge di conversione n 133 del 2008, ed in attuazione delle direttiva comunitarie, a tutelare il patrimonio rappresentato dalle società che gestiscono i servizi pubblici locali affidati in house nell'ambito del bacino ottimale di utenza.
9/1441-bis-A/29. Bitonci, Lanzarin, Guido Dussin, Togni, Alessandri, Forcolin.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 30, commi 7 e 7-bis, del disegno di legge in esame reca norme che riguardano l'adesione ad un'unica forma associativa da parte dei Comuni ai sensi di quanto previsto dall'articolo 2, comma 28, della legge n. 244 del 2007,

impegna il Governo

in sede applicativa ad interpretare l'articolo 30, comma 7-bis nel senso che sono fatti salvi gli atti adottati dall'associazione tra Comuni dal 30 settembre 2008 termineche viene prorogato dall'articolo 30, comma 7, sino alla data dell'entrata in vigore del disegno di legge in esame.
9/1441-bis-A/30. Dal Lago.

La Camera,
premesso che:
la manovra economica del Governo di cui il presente provvedimento fa parte è una manovra di carattere depressivo;
la pressione fiscale aumenta, non si riducono le tasse sul lavoro, non si profilano interventi per combattere la recessione;
vengono ridotti e colpiti i posti di lavoro soprattutto dei lavoratori precari, a partire da quelli nella pubblica amministrazione, mentre si affidano servizi e attività ai privati senza alcun intervento per favorire la stabilizzazione dei posti di lavoro pubblici e privati;
l'inflazione non accenna a diminuire e in una crisi dai caratteri internazionali l'Italia risulta molto più vulnerabile degli altri paesi europei;
i salari reali degli italiani sono del 30-40 per cento inferiori a quelli francesi e tedeschi a fronte di aumenti senza freni dei prezzi e delle bollette;
l'Italia non ha una rete di protezione sociale di base che tuteli chi perde il posto di lavoro e cade in condizioni di povertà estrema e il Governo discute di privatizzare la sanità pubblica;
negli ultimi tre anni le entrate fiscali derivanti dalla lotta all'evasione sono molto cresciute e il cosiddetto fiscal drag è un'ulteriore tassa sui salari;
secondo molti economisti la tassa da inflazione, fissando l'inflazione al 4 per cento, potrebbe ammontare a non meno di 4 miliardi di euro,

impegna il Governo

a utilizzare proventi straordinari derivanti dal fiscal drag per abbassare la pressione fiscale sul lavoro e difendere il valore reale delle retribuzioni.
9/1441-bis-A/31. Sanga.

La Camera,
premesso che:
con riferimento all'articolo 30, commi 1 e 2, si delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi, finalizzati all'individuazione di nuovi servizi a forte valenza socio-sanitaria erogati dalle farmacie pubbliche e private, nell'ambito del Servizio sanitario nazionale;
il rapporto tra le farmacie pubbliche e private ed il Servizio sanitario nazionale per l'erogazione dell'assistenza farmaceutica e la dispensazione di presidi e prodotti sanitari erogabili dal S.S.N. è regolato dalle convenzioni di durata triennale di cui all'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni;
appare necessario, nella definizione dei decreti legislativi previsti dal citato articolo 30, commi 1 e 2, assicurare l'indispensabile armonizzazione delle nuove disposizioni con la sopra richiamata previsione normativa relativa alle convenzioni tra il S.S.N. e le farmacie pubbliche e private nonché con la normativa che presiede alle modalità con cui vengono definiti gli Accordi nazionali per la regolazione del rapporto tra il Servizio sanitario nazionale ed il personale a rapporto convenzionale (medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e specialisti ambulatoriali interni),

impegna il Governo

a provvedere, nella adozione dei decreti legislativi previsti dall'articolo 30, commi 1 e 2, ad assicurare che al rinnovo dell'accordo nazionale triennale tra il Servizio sanitario nazionale e le farmacie pubbliche e private, comprensivo della regolazionedei rapporti inerenti le nuove funzioni attribuite alle stesse, attraverso un definizione normativa integrata con la disposizione di cui all'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, si provveda con le modalità di cui all'articolo 4, comma 9 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e successive modificazioni.
9/1441-bis-A/32. Moroni.

La Camera,
premesso che:
le norme sulla figura del consulente tecnico d'ufficio (c.t.u.) hanno bisogno di un intervento di fondo, in quanto sostanzialmente conservative dello status quo;
il ricorso a soggetti non veramente depositari della fiducia delle parti costituisce fattore di incremento dei costi del processo poiché esse, in nessuna misura coinvolte nel procedimento di scelta (del quale neppure il giudice appare interamente dominus), indulgono nell'assistenza di esperti di parte che moltiplicano le spese processuali, assolutamente imprevedibili ex ante (con ulteriore mortificazione della complessiva resa di certezza del sistema di giustizia),

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di una valorizzazione del ruolo delle parti nella designazione del perito, in linea con quanto previsto dagli ordinamenti spagnolo e tedesco.
9/1441-bis-A/33. Vietti, Rao.

MOZIONI LIVIA TURCO ED ALTRI N. 1-00041, BARANI ED ALTRI N. 1-00043, PEZZOTTA ED ALTRI N. 1-00044, PALAGIANO ED ALTRI N. 1-00045 CONCERNENTI INIZIATIVE PER IL CONTRASTO DELLA POVERTÀ E DELLA DISEGUAGLIANZA SOCIALE

Mozioni

La Camera,
premesso che:
negli ultimi anni gli indicatori monetari e non monetari dell'Istat e di Eurostat mostrano che povertà e disuguaglianza continuano a essere un problema molto rilevante in Italia. Tra i Paesi dell'Europa dei quindici, la situazione italiana è tra le peggiori, insieme a quella degli altri grandi Paesi mediterranei, con un livello di disuguaglianza più elevato e una situazione di gravità della povertà più marcata. In Italia, secondo l'Istat, le famiglie povere sono 2 milioni 623 mila, mentre gli individui poveri sono 7 milioni 537 mila;
il nostro Paese è caratterizzato da disuguaglianze non trascurabili nelle opportunità di mobilità sociale, che contribuiscono al permanere di un elevato livello di disuguaglianza anche in termini di reddito. Secondo l'Istat, al netto degli effetti strutturali esercitati dai profondi cambiamenti avvenuti nel sistema occupazionale, il regime di mobilità sociale è piuttosto rigido. La classe di origine influisce in misura rilevante e limita la possibilità di movimento all'interno dello spazio sociale. I figli della classe operaia urbana hanno una probabilità più bassa di spostarsi nella classe superiore rispetto a quella di mantenere inalterata la propria posizione e anche rispetto a quella che hanno i figli della classe superiore di rimanere nella classe di origine;
il rapporto fra la quota di reddito totale percepito dal 20 per cento più ricco della popolazione e quella del 20 per cento più povero è superiore alla media europea, con un valore di 5 e mezzo che, tra i Paesi dell'Europa dei quindici, è più basso solo di quello di Grecia e Portogallo. In Danimarca è meno di 3 e mezzo;
la situazione è particolarmente critica nel Mezzogiorno, dove il reddito delle famiglie è pari a circa tre quarti di quello delle famiglie del Centro-Nord e dove vive il 75,3 per cento delle famiglie povere. Nel Sud e nelle isole il 22,6 per cento delle famiglie è povero, contro appena il 5,2 per cento del Nord; ad una più ampia diffusione del fenomeno nelle regioni meridionali si accompagna anche una maggiore gravità del disagio (maggiore intensità di povertà: 22,5 per cento contro il 17 per cento del Nord);
le famiglie numerose, di cinque o più persone, sono un segmento particolarmente esposto al rischio di povertà. Il 24,3 per cento di queste famiglie è povero e tale quota raggiunge il 37,5 per cento nel Mezzogiorno;
in Italia, a differenza del resto dell'Europa, la povertà riguarda in modoparticolare i minori. Secondo l'Istat, gli individui con meno di 18 anni che vivono in famiglie relativamente povere sono 1 milione e 728 mila (il 17,1 per cento). Il 72 per cento dei minori poveri vive nel Mezzogiorno, dove risiede «solamente» il 40 per cento del totale dei minori; al contrario, nel Nord, dove risiede il 42 per cento dei minori, vive appena il 16,5 per cento dei minori poveri. Particolarmente critica, e in peggioramento nel corso degli anni, è la situazione delle famiglie con 3 o più minori, che sono povere nel 30,2 per cento dei casi;
la povertà femminile si concentra tra le madri sole e le donne anziane sole. In entrambi i casi i valori dell'incidenza di povertà sono superiori alla media, rispettivamente il 14 per cento e il 12,9 per cento;
le famiglie anziane continuano ad avere livelli di povertà superiori alla media. È povero il 13 per cento delle famiglie con un componente anziano e il 15,3 per cento delle famiglie con due anziani o più. Gli anziani poveri ammontano complessivamente a 1 milione e 600 mila individui;
oltre alla grave situazione delle famiglie con persona di riferimento disoccupata, che presentano un'incidenza di povertà del 28,2 per cento, difficoltà economiche marcate cominciano ad interessare sempre più spesso anche le famiglie in cui sono presenti persone inserite nel mercato del lavoro, soprattutto se il reddito è uno solo, se si tratta di un lavoratore con un basso titolo di studio e/o profilo professionale precario e in famiglia sono presenti figli minori. Se in famiglia c'è una sola persona che lavora, la povertà colpisce il 21 per cento delle coppie con due figli; il 32,4 per cento di quelle con tre o più; il 18 per cento di quelle con membri aggregati. È povero il 19,8 per cento delle famiglie in cui l'unico occupato in famiglia è un operaio o assimilato, collaboratori coordinati e continuativi o collaboratore occasionale, ma tale quota sale al 22,9 per cento se si tratta di una famiglia con membri aggregati, al 33,3 per cento se questa situazione riguarda una coppia con due figli, e ben al 43,4 per cento se la famiglia è composta da una coppia con tre o più figli;
1 milione 546 mila giovani tra i 18 e i 34 anni sono poveri. In particolare, è povero il 13,1 per cento dei giovani che vivono come figli nella famiglia di origine, ma tale quota aumenta al 22,6 per cento se i figli sono tre o più. È povero il 12,3 per cento dei giovani, persona di riferimento della famiglia o coniuge, ma si arriva al 50,9 per cento se vive in coppia con tre o più figli. Il dato, seppure meno critico di quello che si rileva per i minori, presenta un trend in crescita e, dunque, non va sottovalutato;
il quadro appare particolarmente critico se si considera che, secondo l'Istat, alla fine del 2006, poco più di 1 milione di famiglie dichiara di non aver avuto denaro per comprare il cibo, quasi 2 milioni e mezzo per pagare spese mediche, 1 milione e 700 mila per il trasporto, 2 milioni e 800 mila per le tasse e 4 milioni per l'acquisto di vestiti. Inoltre, quasi 3 milioni e mezzo di famiglie riferiscono di arrivare con molta difficoltà a fine mese, 6 milioni e 800 mila famiglie non riescono a far fronte a una spesa imprevista di circa 600 euro con risorse proprie o della rete familiare;
la condizione economica delle famiglie è fortemente legata a quella dell'occupazione delle donne che rappresenta un vero e proprio «antidoto» alla povertà. Va quindi segnalata la preoccupante situazione dell'occupazione femminile nel Mezzogiorno che ha visto tra il 2004 e il 2006 un consistente aumento di non forze di lavoro «scoraggiate», oltre a livelli elevati di disoccupazione. In questa ripartizione l'occupazione delle donne tra i 15 e i 64 anni si attesta solo sul 31,1 per cento;
a fronte di questa grave situazione, nel 2005 la spesa sociale in percentuale del prodotto interno lordo raggiunge in Italia un valore solo del 26,4 per cento, contro il 27,8 per cento dell'Europa dei quindici,situandosi molto al di sotto di quella sostenuta da Paesi come la Svezia (32 per cento ) e la Francia (31,5 per cento). Alla funzione «famiglia e infanzia» è destinato appena l'1,1 per cento del prodotto interno lordo (il 2,2 per cento nell'Europa dei quindici; il 3 per cento in Svezia), ai disabili l'1,5 per cento (il 2,1 per cento nell'Europa dei quindici; il 4,8 per cento in Svezia), alla «disoccupazione - politiche di reinserimento» lo 0,7 per cento (l'1,7 per cento nell'Europa dei quindici e l'1,9 per cento in Svezia) e all'esclusione sociale e le politiche abitative appena lo 0,1 per cento (0,9 per cento nell'Europa dei quindici; l'1,2 per cento in Svezia);
nell'ultimo secolo, la maggior parte dei Paesi europei si è dotata di sistemi di protezione del reddito per combattere la povertà e quasi tutti i Welfare States hanno predisposto strumenti di reddito minimo garantito. Nonostante le notevoli differenze che contraddistinguono i provvedimenti nei vari Paesi, l'idea centrale è quella di proteggere tutti i cittadini dalla povertà estrema. Tra i Paesi europei solo Italia, Ungheria e Grecia non hanno ancora introdotto sistemi di reddito minimo;
individuare le misure di contrasto della povertà, intervenendo ex post sul reddito guadagnato oppure ex ante per prevenire le condizioni di povertà, è sicuramente un'operazione complessa, poiché tutte le politiche sociali ed economiche potrebbero dovere essere prese in considerazione;
il problema della disuguaglianza impatta fortemente su altri aspetti fondamentali del vivere e le condizioni di salute sono tra le più importanti. Politiche sui determinanti della salute e contro povertà ed esclusione sociale sono fondamentali per il miglioramento del benessere psicofisico della popolazione; i dati del rapporto Istat sulla salute mostrano che, scendendo lungo la scala sociale e passando da Nord a Sud, aumenta lo svantaggio degli individui e che i poveri del Sud versano in peggiori condizioni di salute rispetto a quelli del Nord. A fronte di questo, l'attuale organizzazione dei livelli di assistenza del sistema sembra in grado di rispondere ai bisogni fondamentali e, dunque, è indispensabile che non venga diminuita, anzi venga aumentata la sensibilità dei livelli di assistenza ai maggiori bisogni delle persone più svantaggiate;
il problema della disuguaglianza riguarda anche l'accesso alle nuove tecnologie; i dati Istat mostrano che tale accesso è minore per i ragazzi delle classi sociali più basse e del Mezzogiorno, poiché l'alfabetizzazione avviene ancora quasi esclusivamente all'interno della famiglia ed è appannaggio di quelle più abbienti. È fondamentale, dunque, che la scuola sia messa in condizioni di agire per riequilibrare la situazione, garantendo un'alfabetizzazione per tutti,

impegna il Governo:

ad adottare tutte le misure atte a prevenire le condizioni di povertà, assumendo come riferimento l'Agenda sociale europea, i cui obiettivi indicati sono:
a) creare una strategia integrata che garantisca un'interazione positiva delle politiche economiche, sociali e dell'occupazione;
b) promuovere la qualità dell'occupazione, della politica sociale e delle relazioni industriali, consentendo, quindi, il miglioramento del capitale umano e sociale;
c) adeguare i sistemi di protezione sociale alle esigenze attuali, basandosi sulla solidarietà e potenziandone il ruolo di fattore produttivo;
d) tenere conto del «costo dell'assenza di politiche sociali»;
a prevenire e combattere tutte le forme di povertà, incidendo su alcuni aspetti strutturali del nostro Paese, attraverso la buona e piena occupazione femminile, l'adozione di misure fiscali e monetarie a sostegno dei figli, l'elaborazione di politiche di conciliazione tra lavoro nel mercato e responsabilità di cura perdonne e uomini, l'accesso ai servizi socio-educativi per la prima infanzia, l'adozione di misure per prevenire, rallentare, prendere in carico la non autosufficienza attraverso la piena, concreta e reale attuazione del fondo, una politica della casa a partire dagli affitti;
a promuovere un piano nazionale integrato di lotta a tutte le forme di povertà, articolato nei seguenti punti:
a) definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (lep), così come previsti all'articolo 22 della legge quadro n. 328 del 2000 e dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione ed integrazione con risorse economiche adeguate del fondo nazionale per le politiche sociali, in modo da garantire su tutto il territorio nazionale sia risorse adeguate per il mantenimento, sia opportunità per l'inserimento sociale, al fine di assicurare ad ogni famiglia, che non disponga di un reddito superiore alla soglia di povertà, così come definita dalla norma, la possibilità di esigere un'erogazione monetaria transitoria di integrazione del proprio reddito, attraverso un reddito di «solidarietà attiva» o un «reddito minimo d'inserimento», da conseguire attraverso un'imposta negativa, che sostituisca i trasferimenti monetari definiti a livello locale per incrementare la rete integrata dei servizi;
b) previsione del vincolo di tale reddito di «solidarietà attiva» o «reddito minimo d'inserimento» a misure d'inserimento sociale e lavorativo da articolarsi in una serie di azioni, quali la fuoriuscita da situazioni di illegalità, percorsi di superamento dalle dipendenze, completamento dell'istruzione scolastica e professionale, assunzione di oneri di cura familiare, percorsi di inserimento lavorativo;
c) promozione del diritto alla salute dei gruppi più vulnerabili, tramite le seguenti misure urgenti:
1) l'emanazione del decreto sui livelli essenziali d'assistenza da parte del Governo, garantendo in modo particolare la continuità assistenziale alle persone non autosufficienti e in situazione di disabilità, il nomenclatore delle protesi degli ausili, l'aggiornamento dell'elenco delle malattie rare, il potenziamento dell'attività di screening e di prevenzione rivolta in modo particolare ai gruppi più vulnerabili;
2) la promozione attraverso gli obiettivi del piano sanitario nazionale delle case della salute e della medicina d'iniziativa, per coinvolgere attivamente le persone più fragili nella rete dei servizi, andando loro incontro nei loro luoghi di vita e di lavoro;
3) la promozione delle iniziative per la salute dei migranti e per la prevenzione delle malattie della povertà, anche attraverso il potenziamento del Centro nazionale per la salute dei migranti presso il San Gallicano;
d) contrasto della povertà minorile e blocco della trasmissione intergenerazionale della povertà attraverso un adeguato sostegno al reddito delle famiglie, con la promozione dell'occupazione e misure economiche quali la dote fiscale per i figli e lo sviluppo di una rete dei servizi socio educativi per la prima infanzia a partire dal rifinanziamento della legge n. 285 del 1998, «Disposizioni per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza», sperimentando nelle zone con un alto tasso di dispersione scolastica il «patto educativo» con i genitori, anche attraverso un incentivo economico dato ai genitori e collegato alla frequenza dei ragazzi a scuola;
e) sostegno all'impegno degli enti locali per favorire il mutuo aiuto delle famiglie e del volontariato per promuovere le attività ludiche, di accoglienza e di accompagnamento dei bambini e dei ragazzi per evitare la solitudine, l'abbandono ed anche per favorire la conciliazione dei tempi di lavoro e famiglia dei genitori;
f) prevenzione dello scivolamento nella povertà dei cittadini presenti nella «fascia di vulnerabilità» attraverso la creazione del «punto unico di accesso»alla rete integrata dei servizi, per consentire la presa in carico della persona, accompagnandola nell'utilizzo appropriato ai servizi ed alle prestazioni sociali, con particolare riguardo agli obiettivi di:
1) sostenere l'occupazione;
2) sostenere locazioni ed interessi passivi sulla prima casa, anche attraverso l'istituzione di un fondo per l'affitto da destinare in particolare ai giovani;
3) sollevare dall'indebitamento e promuovere il microcredito e prestito d'onore, con specifica attenzione alle donne;
4) potenziare l'assistenza domiciliare agli anziani;
5) promuovere con gli enti locali il mutuo aiuto delle famiglie e del volontariato per servizi di sostegno all'autonomia degli anziani;
g) creazione di un fondo nazionale per il contrasto della grave emarginazione, attraverso il rifinanziamento dell'articolo 28 della legge n. 328 del 2000, con l'obiettivo di implementare il sistema dei servizi dedicati all'accoglienza, all'accompagnamento ed alla protezione delle persone in grave emarginazione, di contrastare il disagio nelle periferie urbane e di migliorare il percorso e l'accoglienza umanitaria dei migranti alle frontiere, soprattutto marittime;
h) superamento delle discriminazioni nei confronti dei migranti, consentendo, in particolare, l'accesso all'assegno sociale ed all'edilizia popolare ai migranti residenti nel nostro Paese da cinque anni;
a riferire in Parlamento sul Rapporto annuale sulla strategia nazionale per la protezione sociale e l'inclusione sociale previsto dalla strategia di Lisbona e che il Governo stesso deve trasmettere a Bruxelles entro il 30 settembre 2008;
a promuovere ogni anno una tavola rotonda sull'inclusione sociale, analoga a quella europea, con il coinvolgimento di tutti i livelli istituzionali e gli attori sociali.
(1-00041)
«Livia Turco, Letta, Soro, Sereni, Bressa, Giachetti, Quartiani, Argentin, Binetti, Bossa, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Miotto, Mosella, Murer, Pedoto, Sbrollini, Lucà, Madia, Bellanova, Schirru, Codurelli, Baretta».
(25 settembre 2008)

La Camera,
premesso che:
l'Italia è gravata da un debito pubblico assai rilevante, che rende difficili le politiche pubbliche finalizzate ad incrementare in modo significativo il sostegno sociale diretto;
le cause delle difficoltà di bilancio derivano anche dalle scelte spesso sbagliate di politica economica e sociale compiute nei decenni passati, scelte che hanno reso strutturali alcune criticità del nostro sistema Paese, tra cui il divario Nord-Sud, che deve essere superato;
in questo contesto si sono registrati livelli notevoli di disagio sociale che sono evidentemente sotto gli occhi di tutti e non possono essere ignorati;
tanto nel quinquennio 2001-2006, all'epoca del secondo Governo Berlusconi, quanto nei primi mesi di attività dell'attuale Governo di centrodestra, l'Esecutivo ha tempestivamente elaborato provvedimenti volti ad incidere concretamente ed efficacemente sulle debolezze economiche e sociali del Paese nella direzione di un miglioramento della competitività, della produttività e dell'efficienza, come presupposto indispensabile per distribuire risorse per il sostegno sociale;
nonostante il difficile quadro economico, infatti, il Governo ha costantemente profuso tutte le sue energie per raggiungere il duplice obiettivo di tenere in ordine i conti pubblici e di tutelare gli interessi presenti e futuri dei cittadini edel Paese, come dimostrato dal costante calo del tasso di disoccupazione, che nell'ultimo quinquennio ha interessato tutte le regioni italiane;
già all'indomani del suo insediamento, l'attuale Governo ha varato misure dirette al contenimento del carico fiscale delle famiglie, contenute nel decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, un provvedimento legislativo mirato anche al sostegno delle categorie sociali più deboli, con particolare attenzione alla rinegoziazione dei mutui a tasso variabile sulla prima casa, all'incremento del patrimonio immobiliare ad uso abitativo attraverso l'offerta di alloggi di edilizia residenziale (piano-casa), alla cancellazione dell'imposta comunale sugli immobili (dalla quale sono state escluse le abitazioni principali di lusso), alla detassazione degli straordinari e dei premi di produttività per i dipendenti del settore privato con un reddito non superiore ai trentamila euro;
pur prevedendo un aggravamento della congiuntura economica internazionale e il prodursi di conseguenti effetti negativi per il nostro Paese, il Governo ha mantenuto la promessa di «non mettere le mani in tasca agli italiani»;
la manovra finanziaria per il 2009, anticipata con il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, infatti, ha definito - secondo un ragionevole equilibrio - gli interventi di risanamento e di riduzione della spesa corrente insieme con importanti misure di redistribuzione del reddito, fra le quali la cosiddetta social card, finanziata con un'imposta sugli extraredditi delle società petrolifere, delle banche e delle assicurazioni, che permetterà ai cittadini che versano in più gravi condizioni sociali di acquistare prodotti alimentari e di pagare le bollette;
sempre nell'ambito degli ausili alle categorie più disagiate, sono da rilevare anche le misure volte alla semplificazione e alla deregolamentazione del lavoro - senza diminuire le tutele - che favoriscono l'occupazione mediante un miglioramento degli aspetti burocratici e sanzionatori,

impegna il Governo:

a proseguire con coerenza nelle sopra citate politiche di contrasto alla povertà, già tracciate nel documento di programmazione economico-finanziaria 2009-2011 e nella manovra di finanza pubblica per il 2009 (piano casa, social card, detassazione degli straordinari, abolizione dell'ici, rinegoziazione dei mutui a tasso variabile sulla prima casa, generale riduzione della pressione fiscale);
a destinare adeguate risorse, ricavate anche dai risparmi di spesa ottenuti da misure finalizzate al rigore economico, alla promozione di politiche di sostegno per le categorie maggiormente esposte al rischio di povertà, in particolare gli anziani, i portatori di handicap e le famiglie monoparentali, le famiglie monoreddito e quelle più numerose;
a promuovere, infine, politiche a sostegno dei giovani, volte a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono l'accesso alla prima casa di abitazione, a contribuire alla piena e completa attuazione del diritto allo studio, ad adottare politiche occupazionali rivolte, in particolare, al primo inserimento lavorativo.
(1-00043)
«Barani, Laura Molteni, Iannaccone, Baldelli, Saltamartini, Di Virgilio, De Luca, De Nichilo Rizzoli, Girlanda, Lussana, Munerato, Rondini».
(29 settembre 2008)

La Camera,
premesso che:
secondo l'ultimo rapporto dell'Istat sulla povertà, sono 2.623.000 le famiglie italiane in stato di povertà, pari a7.537.000 persone e al 12,9 per cento della popolazione, di cui due terzi nel Sud;
nel Mezzogiorno, infatti, il reddito familiare è circa pari a tre quarti di quello delle famiglie del Centro-Nord, a cui si accompagna anche una maggiore gravità del disagio (maggior intensità della povertà: 22,5 per cento contro il 17 per cento del Nord);
è possibile individuare almeno quattro gruppi caratteristici di famiglie povere nel nostro Paese: le coppie anziane (circa il 33 per cento del totale delle famiglie povere), le donne anziane sole (circa il 20 per cento), le famiglie con persone in cerca di occupazione nel Mezzogiorno (circa l'8 per cento) e le famiglie con lavoratori a basso profilo professionale (quasi il 40 per cento);
a comportare un maggiore rischio di povertà è anzitutto l'allargamento familiare: avere tre figli da crescere significa un rischio di povertà pari al 27,8 per cento e nel Sud questo valore sale al 42,7 per cento. Il passaggio da 3 a 4 componenti espone 4 famiglie su 10 alla possibilità di essere povere. Appartenere a una famiglia composta da 5 o più componenti aumenta il rischio di essere poveri del 135 per cento, rispetto al valore medio dell'Italia. Ogni nuovo figlio, dunque, costituisce per la famiglia, oltre che una speranza di vita, una crescita del rischio di impoverimento;
questo dato nel corso degli anni ha mostrato una certa stabilità con un elemento di novità in più rispetto alle altre rilevazioni effettuate. Tale novità consisterebbe nel fatto che è aumentato il numero di famiglie «a rischio di povertà», di famiglie, cioè, che arrivano con difficoltà alla quarta settimana e sono costrette a indebitarsi e a ricorrere ai centri assistenziali, nonostante abbiano un lavoro e un reddito;
questi dati sono confermati dal rapporto annuale Istat 2007, per cui il 50 per cento dei nuclei familiari vive con meno di 1.900 euro al mese, il 15 per cento delle famiglie non arriva alla quarta settimana, il 6,2 per cento ritiene di non potersi permettere un'alimentazione adeguata, il 10,4 per cento un sufficiente riscaldamento per l'abitazione;
è cresciuta l'insicurezza delle famiglie italiane che temono di non essere in grado di far fronte a eventi negativi, come, per esempio, un'improvvisa malattia, associata a non autosufficienza, di un familiare o l'instabilità del rapporto di lavoro o gli oneri finanziari sempre maggiori;
la crisi dei mutui subprime ha fatto crescere il numero di famiglie che si rendono insolventi nei confronti delle banche che hanno concesso loro il mutuo;
la diffusione del precariato fra le giovani generazioni rende questa categoria tra quelle a maggior rischio di povertà, rinviando le possibilità ed il desiderio di una vita in coppia e di procreare, con riflessi negativi sul tasso di natalità;
crescono le persone cadute nell'emarginazione senza neppure aver potuto sperimentare una vita lavorativa e familiare normale; persone con una traiettoria di mobilità discendente, contrassegnata dalla perdita del lavoro, dei legami familiari, della stabilità abitativa; persone senza famiglia che con l'avanzare degli anni si trovano senza sostegni; donne sole con bambini, prive del sostegno del coniuge o con compagni a loro volta colpiti dalla precarietà occupazionale, da malattie o inabilità o con genitori anziani da assistere; persone che subiscono a livello psicologico e relazionale i contraccolpi della disoccupazione o del fallimento e della cessazione di attività autonome;
i poveri e senza dimora sono tornati a essere visti come minaccia per la sicurezza, da allontanare e respingere dalle nostre città, specialmente quando appartengono a minoranze visibili e storicamente colpite dal pregiudizio, rom e sinti in primo luogo;
tra i processi che generano impoverimento dobbiamo considerare in modo articolato il fenomeno dell'immigrazione, tenendo conto che la relativa povertà inizialerende gli extracomunitari flessibili, adattabili e sfruttabili nel lavoro nero e sommerso e in altra attività al limite della legalità. La riluttanza a concedere loro, per esempio, la cittadinanza italiana traduce istituzionalmente questa tensione tra integrazione economica ed esclusione sociale;
l'economia criminale in molte regioni del Sud trova nella povertà di alcuni territori la possibilità di poter disporre di una manovalanza a buon mercato per la propria attività;
analizzando nel dettaglio i livelli di spesa per interventi e servizi sociali a livello regionale, si registrano significativi divari, per cui, a fronte di un valore medio per abitante di poco superiore a 3 mila euro annui, permangono ampi divari territoriali di spesa sociale, con valori maggiori nelle regioni centro-settentrionali e minori in quelle meridionali, con punte di differenze pari a quasi 2 mila euro annui;
in uno Stato moderno la spesa sociale dovrebbe svolgere una funzione di perequazione delle differenze in termini di dotazione di servizi tra i territori, operando, in particolare, una redistribuzione delle risorse in base ai rischi specifici dei diversi comparti, quali la povertà, le condizioni di salute per la sanità, il disagio per l'assistenza sociale e l'investimento in capitale umano per l'istruzione;
fra i Paesi dell'Unione europea, l'Italia ha il primato negativo per quanto riguarda le cifre stanziate per il sostegno alle famiglie, destinando solo il 3,8 per cento della spesa sociale contro una media europea dell'8,2 per cento: una percentuale modesta che appare davvero risibile se paragonata alle quote pari al 10 per cento dei Paesi del Nord Europa e della Francia, senza contare che la spesa media nell'Unione europea per la famiglia è pari al 2 per cento del prodotto interno lordo, mentre in Italia è pari solo all'1 per cento;
questo perché il nostro modello di welfare si basa su squilibri interni evidenti, collocandosi leggermente al di sopra della media dei Paesi Ocse, ma presentando uno squilibrio in favore della spesa pensionistica, che costituisce oltre il 60 per cento della spesa sociale al netto dell'istruzione, mentre la sanità rappresenta circa il 24 per cento, seguita dall'assistenza (8,1 per cento),

impegna il Governo:

a considerare la lotta alla povertà, tenendo conto della multidimensionalità del fenomeno e dei processi di impoverimento e non solo della povertà come esito, un obiettivo ordinario e non straordinario della politica del Paese;
nel ridisegnare il nuovo modello sociale, a dare rilievo all'aspetto culturale e valoriale delle scelte, a partire dal riconoscimento della centralità della persona, di una maggiore attenzione alla primaria difesa della vita e alla concreta valorizzazione del ruolo della famiglia e dei minori;
ad elaborare una nuova riqualificazione della spesa sociale, intervenendo soprattutto, d'intesa con gli enti locali e regionali, laddove gli squilibri territoriali sono maggiori;
a produrre la riorganizzazione in ogni ambito del servizio di sostegno economico all'inclusione sociale, con il superamento dell'erogazione dei sussidi e contributi una tantum e a pioggia;
a predisporre forme nuove di reddito d'accompagnamento sulla base di progetti personalizzati e di attenzione particolare ai minori, attraverso una rete di collaborazione con i servizi abitativi, con i servizi di inserimento al lavoro, di istruzione e formazione attiva sul territorio;
ad attivare forme sperimentali di concessione di microcrediti per sostenere forme di imprenditorialità sociale e forme di mutualità che aiutino a superare l'assistenzialismo per generare percorsi di promozione;
a mettere in atto azioni incisive di contrasto all'esclusione sociale e alla povertà con idonee azioni territoriali, a secondadella natura dei fenomeni di esclusione presenti nell'ambito territoriale;
a revisionare la struttura dell'Isee (indicatore della situazione economica equivalente), snellendone la procedura amministrativa per renderlo sempre più uno strumento di equità volto a stabilire le priorità di accesso al sistema locale dei servizi, in ogni ambito territoriale sociale;
a valorizzare, nei progetti e nelle azioni di inclusione, l'integrazione fra politiche sociali, politiche del lavoro, politiche per la formazione, politiche abitative e politiche della salute attraverso accordi locali e patti per l'inclusione sociale;
a contribuire all'attuazione di programmi di intervento a livello regionale e locale contro la vulnerabilità delle famiglie dovuta alla povertà, consistenti in azioni diversificate di sostegno al reddito, consumo responsabile e politiche abitative favorevoli;
a procedere in tempi rapidi ad una riforma degli ammortizzatori sociali, che allo stato attuale presenta criticità e strozzature.
(1-00044)
«Pezzotta, Vietti, Galletti, Delfino, Volontè, Ciccanti, Compagnon, Naro».
(29 settembre 2008)

La Camera,
premesso che:
secondo i dati Istat, nel nostro Paese risultano povere 2 milioni 623 mila famiglie, che rappresentano l'11,1 per cento delle famiglie residenti; si tratta di oltre 7 milioni e mezzo di persone, pari a circa il 13 per cento della popolazione, ma con un forte evidente squilibrio territoriale. Una povertà, infatti, per lo più diffusa nell'Italia meridionale e insulare, dove il 22,6 per cento delle famiglie residenti risulta sotto la linea di povertà e dove risiede ben il 65 per cento del totale delle famiglie povere italiane. Una povertà che assume, quindi, inevitabilmente, il carattere di fenomeno sociale;
se si considerano le famiglie numerose, la situazione al Sud diventa drammatica: in questo caso le famiglie con tre o più figli minori considerate povere sfiorano il 50 per cento delle famiglie residenti, a dimostrazione del forte legame esistente tra povertà e dimensione familiare;
la soglia di povertà relativa, calcolata sulla spesa familiare per consumi, nel 2006 è stata fissata a circa 970 euro mensili per una famiglia di due persone;
il rapporto Istat sulla povertà relativa in Italia nel 2006 stima anche un altro dato importante: sono poco meno di due milioni le famiglie non povere, ma che sono tuttavia a rischio di indigenza (ossia quelle che si trovano appena sopra la soglia di povertà, in una condizione di incertezza economica tale per cui basterebbero interventi mirati, probabilmente anche minimi, per fare la differenza e far uscire queste persone da un'area di rischio);
il rapporto Eurispes 2005 parla della società dei tre terzi: «un terzo vive all'interno di una zona di sicuro disagio sociale e indigenza economica, un terzo appare assolutamente garantito e la fascia centrale (i ceti medi) vive in una condizione di instabilità e di precarietà». La stessa Caritas segnala come sempre più spesso i suoi «utenti» appartengano a classi sociali tradizionalmente lontane dalla fruizione dei servizi di assistenza dell'associazione;
le rilevazioni ufficiali e i dati statistici relativi alle persone in difficoltà, se consentono di delineare un quadro chiaro e significativo del problema, spesso non riescono ad intercettare una ben più vasta area di povertà materiale e di esclusione ufficiale;
la situazione di disagio sociale ed economico di una quota consistente di nuclei familiari, spesso conseguente allamancanza di lavoro o all'insufficienza del reddito, si lega anche ad altre cause: difficoltà abitative, problemi di salute, il risiedere in aree del Paese sprovviste di determinati servizi di assistenza e di tutela dell'infanzia, la presenza di anziani con problemi di autosufficienza, la numerosità del nucleo familiare;
la sostanziale stabilità della povertà in questi ultimi anni indica, peraltro, la poca incisività delle politiche di contrasto che sono state adottate fin qui e la loro poca capacità di ridurne progressivamente le dimensioni;
siamo peraltro in presenza di una contrazione della classe media e di una riduzione delle pari opportunità di mobilità in salita tra le diverse classi sociali, che va vista con preoccupazione nel lungo periodo, in quanto può costituire un vulnus per la vita sociale e democratica del Paese;
l'Italia utilizza circa un quarto del prodotto interno lordo per la protezione sociale, in linea con alcuni Paesi europei, ma comunque inferiore a Belgio, Austria, Francia, Germania, Danimarca e Svezia. Delle risorse complessive stanziate per le politiche sociali, più della metà della spesa è destinata alle pensioni, un quarto per la voce «sanità» e meno del 12 per cento viene destinato alla voce «assistenza sociale»;
il principale strumento per il finanziamento degli interventi e dei servizi sociali è rappresentato dal fondo nazionale per le politiche sociali, le cui risorse sono stabilite annualmente dalla legge finanziaria. Sebbene però si sia avuto un incremento negli ultimi due anni, le risorse complessive assegnate al fondo nel 2007 risultano solo lievemente superiori a quelle stanziate nel 2001;
fattore casa, contrazione del welfare, precarizzazione del lavoro, riduzione del potere d'acquisto sono i principali fattori che favoriscono il processo di impoverimento e moltiplicano la vulnerabilità e l'incertezza, estendendole a fasce sociali fino a qualche anno fa relativamente al sicuro;
circa 2 milioni e mezzo di famiglie hanno un mutuo a carico per un esborso medio annuo di 5,5 mila euro (14 per cento della propria spesa). Il 19 per cento delle famiglie in affitto spende, per l'affitto, 5 mila euro all'anno (18 per cento della spesa complessiva);
se circa l'80 per cento dei cittadini risultano proprietari di casa, l'emergenza abitativa continua a costituire una delle cause principali dello stato di povertà e di sofferenza per molta parte dei cittadini e delle famiglie con reddito medio-basso, ossia proprio quelle che hanno grandi difficoltà a pagare un affitto sul libero mercato, ma non sono così povere per poter avere diritto ad una casa popolare. Se si vuole intraprendere una politica efficace nei confronti dei ceti più deboli è indispensabile, quindi, proseguire e intensificare gli interventi a favore di chi deve pagare l'affitto e mettere in atto una vera politica per la casa;
altro fattore critico è certamente il lavoro, sia in relazione alla difficoltà di accedere al mercato del lavoro, che in relazione alla sua precarizzazione (ciò riguarda prevalentemente giovani e donne). Tutto questo può rappresentare un'ulteriore causa di sofferenza sociale ed economica per una fetta non piccola della popolazione. La disoccupazione, così come la sottoccupazione o la «malaoccupazione», costituiscono un problema che porta con sé pericoli crescenti di disgregazione sociale, di allargamento della fascia di povertà, di sovraccarico sulle famiglie;
secondo l'Istat circa il 45 per cento dei giovani fra i 25 e i 34 anni (quasi quattro milioni di persone) vive ancora con i genitori. Dato un tasso di occupazione dei giovani pari al 50-60 per cento, diventa ipotizzabile valutare che quasi due milioni di loro, pur avendo già trovato un lavoro, non abbia i mezzi per poter in autonomia andare a vivere fuori dallafamiglia. In questo scenario e con queste prospettive, si può anche spiegare il basso tasso di natalità italiano: molte famiglie scelgono di non fare un secondo o terzo figlio semplicemente perché non se lo possono permettere;
la stessa indagine sui bilanci familiari della Banca d'Italia riporta come la quota di individui poveri di reddito decresce sistematicamente rispetto all'età, ossia che il rischio di povertà sia superiore per i giovani rispetto agli anziani, mentre trent'anni fa la situazione era inversa. A conferma dei suddetti dati, anche il rapporto Eurispes 2008 parla di un aumento della povertà nel Paese e di una povertà sempre più «giovane». Al Nord, in un solo anno, le famiglie povere con a capo un giovane con meno di 35 anni sono passate dal 2,6 per cento del 2004 al 4,8 per cento del 2005, mentre al Sud si è verificato un aumento dal 23,5 per cento al 24,9 per cento;
l'altro anello debole è costituito dalle caratteristiche dell'occupazione femminile, ossia dalle maggiori difficoltà che ancora oggi una donna incontra nel mercato del lavoro;
nonostante la creazione tra il 2004 e il 2006 di un milione di posti di lavoro per le donne, il tasso di occupazione femminile, pari al 50,8 per cento nel 2006 (nel 2000 era al 48,4 per cento) pone l'Italia all'ultimo posto nella graduatoria europea del livello di attività;
in questo ambito è, quindi, indispensabile individuare efficaci politiche attive del lavoro che puntino a favorire la buona e stabile occupazione femminile nel nostro Paese. Per far ciò, dette politiche non possono non intrecciarsi inevitabilmente con le esigenze di cura della famiglia e, quindi, anche con un aumento dell'offerta qualitativa e quantitativa della scuola, del tempo pieno, dei servizi socio-educativi per l'infanzia;
l'assenza o l'insufficienza nell'offerta di questi servizi finiscono evidentemente per scoraggiare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, facendole rinunciare;
vanno, quindi, individuate e messe in campo azioni positive per la sperimentazione di forme di flessibilità dell'orario di lavoro, di part-time, di telelavoro, con l'obiettivo di salvaguardare il diritto delle donne alle pari opportunità sul lavoro, il diritto alla progressione di carriera e, contestualmente, vanno realizzate misure a sostegno della conciliazione dei tempi di lavoro e di cura della famiglia;
un'inflazione al 4,1 per cento, ossia su valori che non si registravano dal 1996, si traduce inevitabilmente in una riduzione del potere d'acquisto, soprattutto dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, con effetti evidenti in termini di aumento dei nuovi poveri e di maggior disagio sociale;
secondo l'ultima indagine sui bilanci delle famiglie italiane della Banca d'Italia, nel periodo 2000-2006, il reddito reale delle famiglie con capofamiglia lavoratore dipendente è rimasto sostanzialmente lo stesso (+0,3 per cento); dato, peraltro, rafforzato dalla serie storica delle indagini sempre della Banca d'Italia, che ci conferma come la crescita praticamente vicina allo zero dei redditi reali dura ormai da circa dieci anni;
secondo il rapporto annuale Istat 2007, il 15 per cento delle famiglie non arriva alla quarta settimana, il 6,2 per cento ritiene di non potersi permettere un'alimentazione adeguata;
passaggio ineludibile, se si vuole realmente intervenire per sostenere e far recuperare potere d'acquisto ai lavoratori dipendenti, è iniziare ad operare la restituzione ai suddetti lavoratori e ai pensionati del fiscal drag, ossia di almeno una parte del maggior prelievo fiscale conseguente alla crescita monetaria ma non reale del proprio reddito a seguito dell'inflazione;
nell'ambito delle politiche di contrasto della povertà e del disagio, è indispensabile intervenire con interventi fiscalimirati nei confronti degli incapienti, ossia di quei circa 5 milioni di persone, di cui oltre la metà pensionati, che, proprio per il loro basso reddito, sono nell'impossibilità di godere di qualunque deduzione e/o detrazione. Già nel 2007, con il decreto-legge n. 159 del 2007, si era intervenuti a favore di questi soggetti, ma è evidente come sia indispensabile intervenire in modo strutturale;
risulta evidente che le politiche fiscali non possono soddisfare del tutto il bisogno di protezione sociale delle famiglie, ma è indispensabile che dette politiche debbano essere integrate con efficaci politiche dei servizi, nell'ambito dell'istruzione, della salute, del lavoro,

impegna il Governo:

a rafforzare le politiche di contrasto alla povertà e al disagio, incentivando programmi che sostengano progetti in favore dei cittadini più in difficoltà attraverso un piano nazionale di lotta alla povertà, che possa contare su risorse annuali certe, con il coordinamento tra i vari soggetti istituzionali (locali, regionali, nazionale) e il contributo di soggetti pubblici o privati comunque operanti sul territorio, in grado di dare risposte efficaci alla molteplicità dei bisogni esistenti;
a ridurre le disparità territoriali nel settore dell'assistenza e dei servizi sociali nel nostro Paese, garantendo l'uniformità dei diritti essenziali su tutto il territorio nazionale;
a predisporre forme efficaci di monitoraggio e di controllo, al fine di verificare la qualità e la quantità dei servizi alla persona resi dagli enti locali, provvedendo eventualmente a subentrare, come previsto espressamente dall'articolo 120 della Costituzione, all'azione degli enti territoriali interessati, qualora inadempienti in materia di tutela dei livelli essenziali delle prestazioni con riguardo ai diritti sociali;
ad incrementare una politica efficace di sostegno alla non autosufficienza, stanziando adeguate risorse finanziarie da integrare con cofinanziamenti degli enti territoriali interessati, attraverso un programma di sostegno alle famiglie e agli anziani, rafforzando l'assistenza domiciliare, anche attraverso la predisposizione di opportuni incentivi;
a prevedere interventi di riduzione dei costi dei servizi per le famiglie con un numero di figli superiore a tre;
ad aumentare le risorse a favore dello sviluppo del sistema dei servizi socio-educativi per l'infanzia, garantendone l'attuazione e l'uniformità delle prestazioni su tutto il territorio nazionale, confermando il tempo pieno in ambito scolastico;
a sostenere politiche attive e incentivi mirati a favore di chi ha redditi bassi e discontinui e ad incrementare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, anche attraverso misure a sostegno della conciliazione dei tempi di lavoro e di cura della famiglia, al fine di favorire il superamento delle famiglie monoreddito;
a introdurre nuove forme di sostegno per i lavori cosiddetti atipici;
ad individuare opportuni strumenti atti a favorire l'accesso al credito bancario, con particolare riguardo ai lavoratori atipici, finalizzato all'acquisto della prima casa, consentendo loro di avere maggiori certezze per poter costruire un proprio progetto di vita;
ad intervenire con risorse adeguate per il finanziamento di interventi per la riduzione del disagio abitativo;
a porre l'aumento del costo della vita tra le priorità assolute dell'azione del Governo e a mettere in atto un'efficace politica economica, in grado di contrastare un'inflazione in continua crescita che sta mettendo in crisi migliaia di famiglie italiane, che vedono ridursi pericolosamente il loro potere d'acquisto;
a predisporre interventi fiscali finalizzati a ridisegnare una curva redistributiva più favorevole ai redditi medio-bassi;
ad intervenire concretamente per tutelare quelle categorie più penalizzate daun'inflazione in costante crescita, quali i percettori di redditi da lavoro dipendente, i pensionati, le famiglie monoreddito, anche attraverso la restituzione del fiscal drag, con particolare riguardo ai contribuenti con più basso reddito;
a prevedere interventi strutturali di carattere fiscale per i cittadini incapienti;
a presentare all'Unione europea entro i termini previsti le relazioni strategiche nazionali sulla protezione sociale e l'inclusione sociale per il biennio 2008-2010 e a tradurre in piani e azioni nazionali gli obiettivi comuni previsti in materia di inclusione sociale, pensioni e cure sanitarie.
(1-00045)
«Palagiano, Mura, Borghesi, Donadi, Zazzera».
(29 settembre 2008)