XVI LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 70 di mercoledì 22 ottobre 2008
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI
La seduta comincia alle 13,30.
RENZO LUSETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Buttiglione, Casini, Galati e Stucchi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Seguito della discussione del disegno di legge: S. 999 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134, recante disposizioni urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese in crisi (Approvato dal Senato) (A.C. 1742-A) (ore 13,35).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134, recante disposizioni urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese in crisi.
Ricordo che nella seduta del 21 ottobre il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione, nel testo delle Commissioni (Per l'articolo unico del disegno di legge di conversione, il testo approvato dal Senato, il testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni e le proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni vedi l'allegato A della seduta del 21 ottobre 2008 - A.C. 1742-A).
(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 1742-A)
PRESIDENTE. Passiamo, dunque, alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nucara, al quale ricordo che ha tre minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, i repubblicani voteranno la fiducia relativa al decreto-legge che riguarda, sostanzialmente, il salvataggio di Alitalia. Questo problema riguarda tutti, maggioranza ed opposizione: se è vero, come è vero, che il leader dell'opposizione è intervenuto per risolvere positivamente la trattativa tra CAI e sindacati, allora oggi si vada fino in fondo e, al di là della questione di fiducia, che potrebbe porre un problema politico, l'opposizione voti il provvedimento che stiamo esaminando.Pag. 2
Si polemizza sulla quantità dei decreti-legge che vengono adottati dal Governo e sul numero delle fiducie richieste. In questo caso, però, nessuno può pensare che non vi sia urgenza e che il problema non meriti una soluzione rapida. Chiunque viaggi con la nostra compagnia di bandiera si rende conto di come gli aerei stiano cadendo a pezzi, in senso fisico. Le attese per il ritiro bagagli hanno del vergognoso, specie quando esse si prolungano per tempi che superano quelli impiegati per raggiungere la destinazione. È necessaria, quindi, una rimodulazione complessiva del trasporto aereo, che riguardi tutti i soggetti coinvolti, non solo la gestione degli aerei e dei voli, ma anche degli aeroporti e di quant'altro necessiti per migliorare la qualità dei servizi nel loro complesso.
Vale la pena ricordare quanto scritto dal Ministro Tremonti su un libro: il mercato quando si può, lo Stato quando è necessario. A noi sembra che, in questo caso, l'intervento dello Stato fosse proprio necessario. Per motivi politici e per convinzione sulla necessità del provvedimento, i repubblicani voteranno la fiducia al Governo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà, per sette minuti.
ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo parlamentare Misto-Movimento per l'Autonomia voterà a favore della questione di fiducia posta dal Governo sul disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 134 del 2008, cosiddetto decreto Alitalia, che modifica la cosiddetta legge Marzano. Vi sono due valutazioni di fondo che ci spingono a votare la fiducia con convinzione e in piena coscienza.
La prima è legata al complesso delle attività del Governo Berlusconi, che noi condividiamo pienamente, perché ha affrontato nodi e questioni che venivano da lontano: il problema dei rifiuti a Napoli e in Campania, la sicurezza, i grandi temi della finanza pubblica, gli interventi a favore del ceto medio e delle fasce più deboli con l'abolizione dell'ICI sulla prima casa e la social card, la scuola, per corrispondere alla grande emergenza pedagogica ed educativa (e, nonostante ciò, noi del Movimento per l'Autonomia chiediamo con forza, ancora una volta, al Governo un alleggerimento dei tagli e la garanzia assoluta di mantenere i livelli occupazionali), le efficaci misure per far fronte alla tempesta che ha investito i mercati finanziari e che corre il rischio di coinvolgere l'economia reale.
Inoltre, l'Italia ha pienamente recuperato il suo prestigio internazionale, trovandosi ora nella condizione di difendere meglio i suoi preminenti interessi nazionali, sia pure nella cornice dell'Unione europea e delle consolidate alleanze internazionali, che sempre hanno visto il nostro Paese leale e solidale.
La seconda motivazione per la quale votiamo la fiducia è perché con questo decreto-legge si salva l'Alitalia e, quindi, un pezzo importante della nostra immagine nel mondo. Sarebbe assurdo se le non sempre giustificate lentezze del Parlamento vanificassero un accordo faticoso ed importante, raggiunto con tutte le sigle sindacali per garantire il futuro di Alitalia.
Ribadiamo in questa occasione quanto già sostenuto altre volte: un Paese che rinuncia, senza fare alcun tentativo, a pezzi importanti della propria storia economica ed industriale, corre il rischio di essere travolto dalla globalizzazione. Dobbiamo avere fiducia in CAI, nel fatto che metta insieme il meglio dell'imprenditoria italiana: questi imprenditori contribuiscono ad alimentare il sogno italiano di un Paese capace di competere, che mette in gioco i propri talenti e che accetta le sfide con coraggio e determinazione.
In questa occasione che dovrebbe essere di grande unità del Parlamento, purtroppo ci dividiamo su un aspetto di tecnica parlamentare che capisco debba stare a cuore a tutti noi, ma non può prendere il sopravvento sul merito del provvedimento che dovremo votare.
Non mi appassiona stabilire di chi siano le responsabilità: se del Governo, che pone la questione di fiducia dovendo rispettarePag. 3il termine rigoroso dei sessanta giorni previsto per la conversione dei decreti-legge, o dell'opposizione, la quale, conducendo quasi sempre una legittima azione di contrasto parlamentare (ma, a volte, di vero e proprio ostruzionismo), punta a rallentare se non ad impedire l'azione di Governo.
Ritengo che, al di là dei Regolamenti cui dobbiamo assolutamente mettere mano, debba prevalere un comune senso di responsabilità, che unisca maggioranza ed opposizione nei confronti del nostro popolo, il quale si attende dalla politica risposte efficaci e chiede istituzioni efficienti. Un Parlamento paralizzato, che non produce leggi, che non interviene tempestivamente - anche con procedure come quella della posizione della questione di fiducia - sulle grandi questioni nazionali, non rende un servizio all'Italia.
Infine, vorrei cogliere l'occasione per ricordare al Governo che nel sud vi è un grande ritardo infrastrutturale, che occorre intervenire tempestivamente per ridurre questo divario rispetto al nord del Paese, potenziare la rete aeroportuale per consentire all'economia delle regioni meridionali di poter competere e consentire al Mezzogiorno di sviluppare ancora di più il turismo e il commercio. Votando la fiducia al Governo, chiediamo al Governo impegni concreti e risposte efficaci.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro, al quale ricordo che ha dieci minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, mi verrebbe voglia di dire anche questa volta «signor Presidente del Consiglio che non c'è», ma mi pare di capire che devo dire «signor Governo che non c'è»! Con tutto il rispetto per il sottosegretario Martinat, chiedo alla Presidenza della Camera se si possa arrivare fino a questo punto: stiamo votando la fiducia ad un Governo che non si presenta neanche con un Ministro, non dico con il Presidente del Consiglio dei ministri, ma neanche con il Ministro per i rapporti con il Parlamento, neanche con il Ministro direttamente interessato!
A mio avviso, quindi, ci troviamo in una situazione in cui vi è necessità di negare decisamente e convintamente la fiducia a questo Governo, perché consideriamo il suo modo di governare pericoloso per la democrazia, per l'economia e per la giustizia del Paese.
La sua perdurante latitanza dal confronto parlamentare dimostra ancora una volta che lei, signor Presidente del Consiglio che non c'è, non ha alcuna considerazione delle istituzioni democratiche. Il suo modo di governare, con il ricorso a continui decreti-legge e con il ripetuto ricorso al voto di fiducia, sta svuotando il Parlamento delle sue funzioni e del suo ruolo.
Mi permetta, signor Presidente della Camera, di utilizzare la prima parte del mio intervento su questo tema: stiamo votando continuamente la fiducia e abbiamo un Governo continuamente latitante nel momento in cui si vota la fiducia! A chi dobbiamo dare questa fiducia? Ai banchi vuoti?
La verità è che a questo Governo non interessa nulla del Parlamento. Va per la sua strada come faceva, una volta, chi decideva da solo, con ben altro intendimento.
Parliamo poi nel merito di questo provvedimento che viene chiamato «salva Alitalia». Ma quando mai? Ma quale «salva Alitalia»? Alitalia i libri li ha portati in tribunale! Alitalia è praticamente fallita, non c'è più! Non c'è più! Poteva esserci, se fosse stato lasciato tutto come avevamo cercato di lasciarlo noi, cioè vendendola ad Air France, una compagnia che di mestiere fa il trasporto aereo. Invece, durante le elezioni, il Presidente del consiglio ci ha detto: «Fermi tutti, datemi 300 milioni, perché io dietro l'angolo ho uno che compra Alitalia e la farà funzionare bene. I soldi li mette tutti lui, i dipendenti staranno tutti a posto e l'Italia viaggerà sicura e contenta». Ma dove? Dove? Era una truffa, una truffa elettorale.Pag. 4
Di truffa, allora, permettetemi di parlare in questo mio intervento. Lei, signor Presidente del Consiglio, sta truffando gli italiani! Lei e il suo Governo volete far credere - lo volete far credere e vi riesce, grazie alle sue televisioni e alle televisioni di Stato, ormai asservite a lei, e ai suoi giornalisti compiacenti e dipendenti - di aver salvato Alitalia. Invece l'avete affossata! Alitalia oggi è fallita! In compenso, si sono presentati gli amici della CAI, gli amici suoi della CAI, signor Presidente del Consiglio!
Proviamo a guardare chi sono costoro. Non sono emeriti sconosciuti, sono persone che hanno qualcosa da dire e qualcosa da prendere dal nostro Paese. Certamente non hanno nulla a che fare con il know how relativo al trasporto aereo. Gianluigi Aponte è un armatore che ha residenza in Svizzera, una miriade di finanziarie offshore e una flotta navale battente bandiera panamense. Costui sarebbe il «patriota italiano», con bandiera italiana, al quale lei vuole affidare le sorti della compagnia Alitalia! Certo, c'è anche Davide Maccagnini, immobiliarista che prima faceva cannoni e razzi missilistici, che del trasporto aereo deve avere una conoscenza davvero eccezionale.
Certamente una conoscenza eccezionale deve averne Benetton, proprio perché in conflitto di interessi. Egli, come tutti sapete, è persona che ha un interesse ben preciso nell'aeroporto di Fiumicino: lo ha infatti costruito e lo gestisce. Sarà uno dei proprietari di Alitalia. Insomma, per intenderci, come gestore di Fiumicino sarà lui a decidere quali tariffe far pagare all'Alitalia per utilizzare quell'aeroporto. Tutto in famiglia! Questo si può fare. Certo, c'è Salvatore Ligresti, io me lo ricordo bene, noto immobiliarista, palazzinaro e pregiudicato di Tangentopoli. Certo, c'è Francesco Bellavista Caltagirone, noto anche lui per le attività immobiliari e c'è anche l'imprenditore Marcegaglia. Infatti non si presenta solo l'imprenditrice Marcegaglia, ma l'intera impresa Marcegaglia. La conosciamo bene, non solo perché è il presidente di Confindustria ma anche perché papà Marcegaglia, come Geronzi e Roberto Colaninno, ce li ricordiamo nel caso della bancarotta del crack Italcase. A costoro dobbiamo affidare il futuro di Alitalia! Gente che non ha un'esperienza specifica su come gestire un'attività così importante. Oddio, c'è qualcuno che si interessa di aerei: il proprietario di Air One, Toto. Se ne interessa così bene che è pieno di debiti! Se ne interessa così bene che oggi, fondendo le due realtà, metterà il sistema dei trasporti italiano interamente in un'unica mano, con totale assenza di concorrenza.
Potrei continuare ancora ad illustrare chi sono questi diciotto «patrioti italiani» con i soldi degli altri, esperti molto bene a far cassa per loro e a far pagare i danni agli italiani. Abbiamo consegnato questa realtà a costoro, senza gara, dicendo che occorreva farlo urgentemente perché stava per fermarsi l'intero trasporto aereo.
Appena abbiamo detto che l'avremmo affidato a loro, il trasporto aereo è continuato senza che ci avessero messo ancora una lira. Lo sapete o no che ancora oggi il contratto non è stato fatto ed ancora oggi hanno chiesto tempo per presentare la loro bozza di contratto?
Ci chiediamo perché l'asset attivo di Alitalia non sia stato messo in vendita tramite una gara. Eravamo riusciti a vendere tutta l'Alitalia, sia la parte attiva che quella passiva; adesso invece il passivo è stato messo, con azione truffaldina, a carico dei contribuenti italiani, mentre l'attivo non è neanche stato messo in vendita, ma è stato dato in grazioso dono a diciotto «furbetti del quartierino», amici del Presidente del Consiglio, i quali hanno interessi del tutto diversi dal trasporto ed ai quali si dice di fare una gara per trovare un partner straniero!
Ma benedetto il Signore: questo partner straniero non potevate farlo trovare dallo Stato, anzi dal commissario straordinario Fantozzi? Non potevamo noi bandire una gara e guadagnarci sopra? L'abbiamo regalata a loro affinché se la vendano e ci lucrino la differenza! Persino i privati hanno fatto attività speculativa con soldi pubblici!Pag. 5
Si tratta di un reato, se non fosse che lo fate per legge, perché questa è la nuova Tangentopoli! La vecchia Tangentopoli è quella di chi commetteva dei reati; la nuova Tangentopoli è fare per legge ciò che non si può fare in modo che appaia tutto legittimo. Si tratta di una immoralità, di una «porcata» come si usa dire ormai da tempo, da quando il noto Ministro Calderoli ha «ideato» con grande efficacia questo termine.
Quindi, signor Presidente del Consiglio, lei ha truffato gli italiani perché con questo decreto-legge ha preso per la gola non solo gli italiani, ma anche i dipendenti e le maestranze.
Vorrei farle presente e ricordarle, signor Presidente del Consiglio che non c'è, che lei non solo ha truffato, ma ha addirittura ricattato i lavoratori, ha descritto i lavoratori, i piloti, gli assistenti di volo e il personale di terra come raccomandati, lavativi, superstipendiati, nullafacenti: di tutto e di più. Quasi che la colpa del non funzionamento di Alitalia fosse delle sue maestranze e non dei suoi amministratori e non di quei politici che si sono fatti fare, come il Ministro Scajola, una linea aerea apposita che collega Roma ad Albenga (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
Non come quegli amministratori come Cimoli, al quale per farlo dimettere, sono stati dati otto milioni di euro perché questo era previsto dal contratto!
Ai lavoratori di Alitalia oggi lei dice che se non accettano non sarà più loro riconosciuta né la cassa integrazione né la mobilità, come previsto. Questo si chiama ricatto! La truffa, invece, è quel che ha dato ed ha previsto per i lavoratori non dell'Alitalia, ma per quelli dell'indotto, quelli per i quali cioè, lei non ha neanche previsto il sistema di cassa integrazione e di tutela previsto per i lavoratori Alitalia.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ANTONIO DI PIETRO. Per questa ragione - e mi avvio alla conclusione ringraziandola, signor Presidente - noi del gruppo dell'Italia dei Valori, non solo non possiamo votare la fiducia, ma avvisiamo l'opinione pubblica, i cittadini italiani che lei si sta allontanando sempre più dallo Stato di diritto, dallo Stato della legalità e si sta comportando sempre più da quello che pensiamo che sia: un truffatore politico (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 13,50).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Si riprende la discussione.
(Ripresa dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 1742-A)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vietti. Ne ha facoltà.
MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo decreto-legge è solo l'ultima di una serie frenetica di misure d'urgenza adottate dal Governo in questi cinque mesi su Alitalia, una storia che è cominciata male e che rischia di finire peggio. Tutto questo tramestio governativo, con evidenti deroghe alla disciplina generale interna ed internazionale, è la conseguenza della propaganda condotta in campagna elettorale per raccogliere facili consensi all'insegna della cosiddetta italianità della nostra compagnia di bandiera.
Un requisito, questo della italianità, che - lo confessiamo - continuiamo a non capire perché si debba perseguire nel mercato della competizione globale e che comunque, come avevamo previsto ePag. 6come ormai è chiaro a tutti, di fatto non sarà perseguito, nonostante la soluzione autarchica - o sarebbe meglio dire: «casereccia» - adottata dal Governo in violazione delle regole sulla concorrenza e sul mercato.
Per la verità, ciò di cui parliamo è già il dopo Alitalia, vale a dire ciò che resterà della vecchia compagnia di bandiera al netto della bad company, con buona pace della gloria nazionale su cui si è tentato di animare i sentimenti popolari che, credo, siano rimasti assai scettici sulla consistenza di questa gloria trascorsa, dal momento che l'unica consapevolezza è che ci è costata, anche se non sappiamo bene quanto, e continuerà a costarci.
Della maldestra gestione di questa vicenda, che il Governo ha portato avanti negli ultimi mesi, resta da mettere agli atti, nel momento in cui discutiamo l'ultima versione di questo ultimo decreto-legge, che «del doman non v'è certezza». Ancora oggi i sindacati e la Newco CAI sono alla caccia di quello che - come si è scoperto solo dopo, mentre noi lo avevamo affermato fin dall'inizio - è il necessario partner industriale internazionale. Effettivamente, solo questo consentirà di far sì che i 153 aerei continuino a volare dopo il 1o dicembre, termine ultimo della cassa della vecchia Alitalia in via di estinzione.
Il Servizio bilancio della Camera dei deputati ha sollevato, in ordine al provvedimento in esame, rilievi specifici e gravi. Si tratta delle deroghe alla normativa comunitaria antitrust, degli effetti sulla finanza pubblica dell'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, della previsione di irresponsabilità da parte degli amministratori di Alitalia, dell'indeterminatezza della capacità finanziaria e delle priorità di utilizzo dell'ormai mitico «Fondo dei conti dormienti», che è diventato la coperta buona per coprire tutto.
Il Governo, con la posizione della questione di fiducia, ci impedisce di discutere di questi rilievi e di discutere per deliberare, come prevede la regola aurea della democrazia parlamentare. Ebbene, il Governo (non dico che non è presente, essendo autorevolmente rappresentato dal sottosegretario Martinat) ci dica almeno, se può, parole convincenti sul rispetto della normativa antitrust e dell'articolo 81 della Costituzione da parte del provvedimento in esame. Esprima almeno una parola in risposta a ciò che chiedo con l'ordine del giorno di cui sono firmatario, il n. 9/1742/18, vale a dire un'interpretazione autentica o almeno un intervento normativo per chiarire che la irresponsabilità degli amministratori di Alitalia è circoscritta alla sola responsabilità civile, così come richiesto congiuntamente dalle Commissioni giustizia di Camera e Senato. Già così, cioè già limitando la irresponsabilità all'aspetto non penale, si perpetra un vulnus al principio di uguaglianza. Perché si dovrebbe sancire la irresponsabilità civile, amministrativa e contabile per gli amministratori di Alitalia quando la stessa previsione non è presente per nessuna altra società o ente pubblico? Estendere la irresponsabilità addirittura alla responsabilità penale finirebbe per avallare una amnistia mascherata e strisciante che è certamente incostituzionale.
Infine, per carità di patria, non parliamo della cosiddetta norma «salva manager», surrettiziamente introdotta al Senato e che, dopo la denuncia effettuata proprio in quest'Aula da parte del presidente Casini, il Governo, con grande imbarazzo, si è affrettato a rimuovere. Ma aggiungo che sono curioso di sentire cosa diranno i colleghi della Lega nella dichiarazione di voto sulla questione di fiducia e nella dichiarazione di voto finale su un testo che non ha recepito l'emendamento presentato dall'onorevole Crosio e poi fatto proprio dalle Commissioni, approvato dalle stesse e scomparso nella versione finale del testo su cui si chiede la fiducia.
Quell'emendamento prevedeva di ampliare le frequenze aeree con priorità per i vettori alternativi alla CAI che si impegnassero ad assumere i lavoratori; era un emendamento «Malpensa», era un emendamento mirato; era un emendamento finalizzato a tutelare l'occupazione, il ruolo e la funzione di MalpensaPag. 7attraverso l'attribuzione degli slot che CAI non avesse utilizzato. Ebbene, amici della Lega voi lo sapete, vi si chiede la fiducia su un testo in cui questo vostro emendamento non c'è più.
La liberalizzazione dei voli che voi avevate auspicato non c'è più, torna il monopolio CAI completo anche per gli slot inutilizzati, con buona pace di Malpensa e degli interessi di quell'area del nord che noi come voi - perché non è un monopolio soltanto vostro - abbiamo interesse a difendere.
Signor Presidente, non siamo tra quelli che hanno il vizio di tirare il Capo dello Stato per la giacca e non lo faremo neanche in questo caso, pur di fronte ai gravi profili, anche di incostituzionalità, che abbiamo richiamato. Vorremmo, però, che il rispetto del Capo dello Stato e del Parlamento non fosse soltanto unilaterale, ma venisse anche dal Governo, quel Governo che per bocca del suo Presidente ha rivendicato lo strumento privilegiato del decreto-legge per legiferare, costringendo lo stesso Capo dello Stato a ribadire pubblicamente le proprie prerogative, tra cui non c'è la responsabilità politica dell'adozione dei decreti-legge, che resta tutta e sola in capo al Governo.
Il Governo mostra di non intendere tutto questo e ancora una volta ci mette di fronte ad un'iperbole (non saprei come altro definire il combinato disposto di un decreto-legge con la posizione della questione di fiducia); si tratta di un'iperbole decisionista di chi vuole farsi le leggi da solo ignorando il Parlamento. Noi abbiamo detto - l'ha detto il presidente Casini quando il Ministro Tremonti e il Governo ci hanno concesso di prendere un caffè alle otto e mezzo del mattino per parlare della grave crisi internazionale finanziaria - che abbiamo disponibilità ad affrontare insieme i difficili passaggi che il Paese deve superare in questa contingenza.
Tuttavia, la nostra disponibilità al confronto e alla condivisione, nell'esclusivo interesse della nazione, non è disponibilità a vedere marginalizzato il Parlamento. La responsabilità nazionale non è corresponsabilità nelle scelte di un Governo che le adotta senza il Parlamento; non siamo qui a fare i notai del Governo, ma per discutere le proposte e le iniziative e per deliberare nella pienezza delle nostre attribuzioni.
Forse quando sarà tramontata la cerimonia del dialogo e il suo contrario, che è il miraggio di onnipotenza del Governo, potremo discutere finalmente e seriamente delle riforme per il buon funzionamento delle istituzioni.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Concludo, signor Presidente. Noi siamo disponibili a farlo, ma la premessa non può che essere il rispetto della Costituzione vigente e il regime parlamentare che lì è previsto, in cui il Governo governa e il Parlamento partecipa della sovranità popolare assolvendo in proprio e liberamente alla funzione legislativa (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Crosio. Ne ha facoltà.
JONNY CROSIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario (al quale chiedo gentilmente un po' di attenzione), oggi con questo voto di fiducia la Lega Nord vuole, con lo stesso buonsenso e la responsabilità che l'ha accompagnata in questi ultimi mesi su tutta la vicenda Alitalia, garantire al Governo il suo voto favorevole. In modo particolare vogliamo dare risposta ai tanti cittadini che nel nostro movimento fondano le proprie aspettative per un Paese migliore.
Sulla vicenda Alitalia la Lega ha sempre avuto un atteggiamento fortemente critico, ricordando in più occasioni quali siano state le cause che hanno concorso al declino e al possibile fallimento di una delle più prestigiose compagnie aeree del mondo.
GABRIELE CIMADORO. Ma è già fallita!
Pag. 8
JONNY CROSIO. Alitalia è il risultato di vent'anni di strategie aziendali errate. Per troppi anni Alitalia ha giustificato i conti in rosso o la mancanza di risultati positivi e, quindi, la propria inefficienza imputando questo dissesto ad una serie di tragici eventi internazionali (gli attentati terroristici, la crisi petrolifera, eccetera) senza mai riconoscere con serietà che tra le principali cause della crisi vi è sempre stata la mancanza di una valida strategia industriale, commerciale e occupazionale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
La ridotta produttività, la mancanza di strategie, il costo del lavoro e il prevalere di politiche impostate sulla posizione dominante e non sulla cultura del prodotto sono tra i principali fattori negativi che hanno concorso al dissesto finanziario. Un fattore che ha concorso pesantemente al declino del trasporto aereo del nostro Paese è senza ombra di dubbio la scelta del Governo Prodi di abbandonare Malpensa e, anche in questo caso, purtroppo, sono i numeri a parlare. Esprimere oggi questo voto di fiducia per noi non è un condizionamento, ma vogliamo che sia condizionante (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Oggi vogliamo più che mai che l'atto di fiducia, nella sua reciprocità, veda la Lega Nord Padania e il Governo declinare con chiarezza gli stessi intenti sia per Alitalia sia per Malpensa. Tutto ciò, onorevoli colleghi, è a beneficio dell'intero Paese. Tutto il nord, motore economico del Paese, non può e non vuole essere spettatore. Quindi, nel dare la fiducia oggi, in quest'Aula e su questo provvedimento, vogliamo essere protagonisti e non capiremmo se - su un tema che riguarda tutto il Paese come Malpensa e, più in generale, tutto il sistema aeroportuale del nord - ci fosse un inspiegabile disimpegno del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Oggi insieme decidiamo di guardare avanti, programmiamo insieme il futuro di una parte importante nel sistema infrastrutturale del Paese. Vogliamo che sia fatto senza ipocrisia, senza incertezza, ponendo le scelte strategiche dei grandi nodi infrastrutturali in primo piano rispetto allo sviluppo del Paese. È una regola che deve accompagnare un Paese che vuole essere e deve essere moderno. Lo vogliamo fare senza che qualcuno avanzi l'ipotesi di strabismo territoriale, ma chiediamo al Governo di essere consapevole che non si guarda ad uno sviluppo concreto paralizzando quella parte del Paese che può, anche in una prospettiva federalista, determinare il balzo in avanti di tutto il Paese.
Dobbiamo assolutamente recuperare il traffico su Malpensa in modo da far tornare in Italia il traffico che si è spostato su altri hub europei. Non chiediamo un favore per Malpensa o per un singolo territorio, ma l'impegno del Governo ad un'azione in grado di rilanciare il mercato dei trasporti aerei in tutto il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
A questo punto mi rivolgo ai colleghi sia di maggioranza sia dell'opposizione e, con più attenzione, al Governo, ribadendo che non si deve trattare di una banale questione localistica o territoriale, ma della spinta verso un vero sistema Paese, con la volontà di condividere che sia il mercato il vero regolatore delle rotte, non lo Stato, un mercato che preme alle porte del nord con richieste di vettori italiani e stranieri intenzionati ad attivare nuovi collegamenti e ad incrementare il numero delle frequenze su Malpensa. Non va dimenticato che l'organizzazione dell'Expo 2015 è stata assegnata alla città di Milano: si tratta di un appuntamento al quale non ci si può sicuramente presentare con un aeroporto di serie B (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Onorevoli colleghi, questi sono tutti segnali che il Governo deve tenere ben presente e che il sistema Paese deve capire. Una cosa è certa: ogni forza politica presente in quest'Aula risponderà davanti ai propri elettori per le scelte e le posizioni assunte anche sulla vicenda Alitalia. La Lega Nord Padania è serena e pronta, come sempre, al confronto con la cabina elettorale, in virtù dell'inamovibile, coerentePag. 9posizione mantenuta da sempre (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Il dato positivo, cari colleghi, è che per la prima volta un Governo si è ribellato al potere ricattatorio di una parte del sindacato, difendendo l'interesse generale contro la miopia e i privilegi di pochi, facendo piazza pulita, almeno per una volta, di decenni di consociativismo pagato a caro prezzo dai cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
GABRIELE CIMADORO. Votate contro!
MASSIMO POLLEDRI. Non fare il fenomeno!
JONNY CROSIO. Concludo, Signor Presidente, ribadendo che la Lega Nord Padania ha sempre assunto una posizione critica nei confronti di Alitalia; come movimento politico rivendichiamo di aver riportato il dibattito sulla questione della compagnia di bandiera e dell'aeroporto di Malpensa nelle sedi parlamentari già da tempi non sospetti. Il segnale politico che chiediamo con forza al Governo è che possa fornirci una prospettiva, che sarà sicuramente valida, sia per la compagnia di bandiera sia per il nostro aeroporto di Malpensa. E allora, nel dichiarare il nostro voto favorevole sulla questione di fiducia, ribadiamo che il leale e reciproco rapporto fra il Governo e la rappresentanza politica della Lega Nord deve concretizzarsi con la considerazione, da parte del Governo stesso, dichiarata ed esplicita, di quanto il nostro movimento abbia dato in termini di contributo ai lavori delle Commissioni riunite sul tema di Malpensa e su tutto il sistema aeroportuale del nord (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Martella. Ne ha facoltà.
ANDREA MARTELLA. Signor Presidente, onorevole colleghi, ancora una volta il Governo ricorre al voto di fiducia per l'approvazione di un proprio provvedimento; è la settima volta in pochi mesi, qui alla Camera: sicuramente (non è difficile prevederlo), non sarà l'ultima. Il fatto grave - noi lo vogliamo sottolineare - è che il continuo ricorso al decreto-legge e al voto di fiducia sta determinando una lesione profonda del ruolo e della dignità del Parlamento e degli stessi principi costitutivi del nostro ordinamento democratico.
È ormai evidente, cari colleghi del centrodestra, che il Governo vi ha tolto la parola, vi chiede solo la fiducia e per voi è sempre più difficile fare il normale lavoro di parlamentari. Siete una maggioranza che approva delicatissimi provvedimenti in ragione della forza dei vostri numeri e non sicuramente in ragione del coraggio delle vostre idee e della incisività delle vostre proposte. Cari colleghi della Lega, non mi pare proprio che voi riusciate a condizionare alcunché. Lo dimostra il fatto che è stata «bocciata», in sede di Commissioni riunite, la proposta emendativa che voi avevate presentato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Non ho il tempo qui, né la volontà, di ripercorrere tutte le fasi della complessa vicenda che riguarda Alitalia, lo hanno fatto con grande serietà e con grande puntualità i colleghi del mio gruppo nel corso della discussione nelle Commissioni riunite e in Assemblea. Ma alcune cose voglio ricordarle, alcune date vanno ricordate perché sono significative. Nel 2003, durante il precedente Governo Berlusconi, c'era la possibilità di integrare Alitalia dentro quello che sarebbe diventato il più grande protagonista del trasporto aereo mondiale, lo Stato italiano avrebbe potuto esserne uno degli azionisti di riferimento. Si decise di non farlo, sbagliando, in nome del principio di italianità, ma senza certamente tutelare l'interesse nazionale.
In nome dello stesso principio di italianità, è storia recente, nel marzo del 2008 i leader del Popolo della Libertà - tutti i leader del Popolo della Libertà - insieme ad un certo corporativismo sindacalePag. 10hanno fatto fallire la soluzione orientata all'accordo con Air France, cosa resa ancora più grave perché la situazione della compagnia di bandiera peggiorava giorno dopo giorno, nei conti e nella capacità operativa. Né qui voglio soffermarmi - cosa che invece sarebbe giusto fare - sulle dichiarazioni, le smentite, gli slalom verbali, gli ultimatum, gli aut aut, tutti volti a creare divisioni e scontri, fatti dal Premier e dai Ministri che in questo periodo hanno dichiarato tutto e il contrario di tutto, sottoponendo il nostro Paese per lunghi mesi ad un autentico stress. Basterebbe ricordare - ma qui non c'è neanche l'ombra di un Ministro, ed è grave che non ci sia; quindi, mi rivolgo al sottosegretario - ebbene, basterebbe ricordare solo una dichiarazione, finita un po' nel dimenticatoio. Ad un certo punto, il Ministro dei trasporti disse: il personale in esubero di Alitalia verrà collocato alle Poste. Qualche minuto dopo, un altro Ministro dello stesso Governo disse che, se ciò fosse avvenuto, si sarebbe immediatamente dimesso.
Avete detto davvero tutto e il contrario di tutto, senza riuscire ad affrontare seriamente questo tema.
Noi, nonostante questo, abbiamo sempre lavorato perché si trovasse una soluzione, per evitare il peggio, e l'abbiamo fatto anche quando la trattativa era paralizzata e ci si trovava sull'orlo del disastro: tutti, infatti, ricordiamo che CAI aveva ritirato l'offerta e buona parte delle sigle sindacali non aveva sottoscritto l'accordo.
Ci siamo comportati come fa una grande, responsabile forza riformista, agendo negli interessi del Paese, dei lavoratori e dell'azienda. Abbiamo lavorato per avvicinare le parti perché era nostra convinzione che, con realismo e buona volontà reciproca, si potesse scongiurare la rottura. Lo abbiamo fatto alla luce del sole, con una lettera del leader del Partito Democratico al Presidente del Consiglio con la quale abbiamo invitato il Governo ad assumere un'iniziativa, ad uscire dall'angolo nel quale si era cacciato con tanta determinazione ed altrettanta incapacità. La nostra iniziativa ha consentito a tutti i protagonisti di questa vicenda di fare un passo in avanti, di ricollocarsi, di creare le condizioni per un'intesa e per evitare il peggio.
Signor Presidente, proprio l'aver dato il nostro contributo alla soluzione che si sta realizzando rende la nostra critica più radicale ed il nostro giudizio più severo sugli errori, sulle contraddizioni e sulle scelte fatte dal Governo. Diciamo le cose come stanno al termine di questo dibattito parlamentare che pure non chiude la vicenda: su Alitalia e sulla pelle dei cittadini si è consumata un'operazione politica di facciata voluta da Berlusconi, perché Berlusconi in campagna elettorale aveva detto che andava salvaguardata l'identità italiana e aveva annunciato che ci sarebbe stata una cordata italiana. Così è stata costruita la cordata, così la si è messa in piedi, a tavolino, e per permettere la formazione della cordata sono state adottate misure straordinarie: la cosiddetta «legge Marzano» è stata stravolta, cucita, con un vestito su misura, addosso a CAI, e le regole comunitarie sono state violate. Il prezzo di questa operazione - è bene ricordarlo - sarà pagato dai contribuenti che dovranno farsi carico dei debiti pregressi di Alitalia, dai consumatori che pagheranno prezzi più elevati a causa della sospensione delle regole antitrust, dalle piccole e medie imprese che si dovranno fare carico di questi oneri, ma che sono escluse dal sistema degli aiuti statali.
Per consentire il formarsi di questa cordata, voluta scientificamente e per permettere ad alcuni imprenditori di parteciparvi, sono stati varati, come abbiamo denunciato nei mesi scorsi, altri decreti-legge: sono stato rinnovate - anche questo vorrei ricordarlo agli amici della Lega che recentemente hanno presentato un'interrogazione su questo tema - per decreto-legge e senza controllo parlamentare, senza controllo tecnico, le concessioni autostradali. È un autentico regalo, sfacciato, mal confezionato, che verrà pagato dai cittadini italiani e dalle imprese con tariffe più alte e servizi peggiori.Pag. 11
Le ragioni della nostra contrarietà sono, quindi, profonde, la soluzione alla quale aveva lavorato il precedente Governo era più conveniente sul piano dei costi a carico dei cittadini che oggi, con le loro tasse, saranno costretti a pagare un onere che avrebbe potuto non esserci: i vantaggi futuri sono dei privati, i debiti passati e presenti sono pubblici. È un costo che il Governo evita di quantificare, ma non è difficile fare un po' di conti: il debito finanziario della vecchia Alitalia è di circa un miliardo 200 milioni di euro, il prestito ponte è di 300 milioni, più di un miliardo per gli ammortizzatori sociali, un miliardo e mezzo per pagare i debiti con i fornitori e 150 milioni di euro per tutelare i piccoli azionisti; insomma, circa tre miliardi di euro. Sono tutte risorse che in questa fase di recessione della nostra economia avrebbero potuto essere usate per sostenere il potere di acquisto delle famiglie e dei lavoratori, per sostenere i redditi e per aiutare i consumi. Ma non è così, i cittadini pagheranno di più ed è bene ricordare che in questa vicenda pagheranno anche le perdite e i debiti di Air One: anche questi debiti peseranno sulla collettività.
Sotto l'aspetto delle procedure e della trasparenza, questo decreto-legge (l'hanno spiegato i miei colleghi) fa acqua da tutte le parti e produce effetti devastanti.
Signor Presidente, in queste ore stiamo entrando in una fase nuova, molto delicata, per la scelta del partner internazionale.
Era del tutto evidente che di un partner internazionale, come si è sempre detto, ci sarebbe stato bisogno. Diciamo sinceramente come stanno le cose: il partner internazionale è destinato, in tempi brevi, a diventare azionista di riferimento.
Per queste ragioni, la scelta va compiuta con grande serietà, senza tenere conto delle pressioni politiche di Berlusconi o di Bossi, che già ci sono e che sono destinate a diventare sempre più violente. La scelta deve avvenire in modo rigoroso, valutando gli aspetti economici, con la consapevolezza che, per una compagnia aerea, l'Italia è uno dei mercati più importanti del mondo e con la consapevolezza che nel mondo si sta determinando una fortissima concentrazione del trasporto aereo, con pochi grandi soggetti che si faranno concorrenza, in un mercato globalizzato e fortemente integrato.
Noi dovremmo avere l'ambizione - ho concluso - di far parte di un grande player del trasporto mondiale, piuttosto che essere detentori del controllo di un piccolo vettore regionale. Solo così tuteleremo l'interesse nazionale, avendo la capacità di stare in un contesto europeo.
Signor sottosegretario, mi rivolgo a lei: vi neghiamo la fiducia in maniera risoluta...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ANDREA MARTELLA. ...e continueremo a vigilare affinché siano riparati i danni che avete arrecato, a cominciare dallo stravolgimento delle leggi. Vigileremo fino in fondo perché tutto il sistema nazionale di trasporto aereo non venga penalizzato, a partire da Malpensa e Fiumicino, per arrivare a tutti gli altri scali aeroportuali del bacino del Mediterraneo.
Cari colleghi della maggioranza, dovete sapere, però, che questa vicenda non si conclude qui. Ora gli italiani chiederanno conto al Governo, alla CAI e a voi della qualità del servizio e del costo del trasporto aereo. Noi continueremo a fare la nostra parte, vigileremo e vi incalzeremo, nell'interesse dei cittadini e del Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.
SILVANO MOFFA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, il Popolo della Libertà voterà la fiducia al Governo con assoluta convinzione. Vi sono almeno due buone ragioni che fanno di questo voto di fiducia una scelta indispensabile.Pag. 12
La prima riguarda i tempi di conversione, che non consentono ulteriori indugi. A tal fine, non aiuta certamente la pervicacia ostruzionistica di un'opposizione che mira a caricare la manifestazione di piazza del 25 ottobre di improbabili significati palingenetici. Si vorrebbe usare anche il decreto-legge in esame come strumento da scagliare nell'agone polemico, incuranti delle conseguenze negative che scaturirebbero ove non lo convertissimo in legge nei tempi debiti.
Mi permetto di ricordare al collega che mi ha preceduto che, quando si guarda parla di abuso della decretazione d'urgenza, bisognerebbe ricordare che, in appena due anni, il Governo Prodi ha posto la questione di fiducia ben trentatré volte (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Allora, prima di accusare gli altri, si guardi alle prassi che si usavano a suo tempo.
La seconda buona ragione sta nel fatto che, con il decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134, recante disposizioni urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese in crisi, si introduce una serie di modifiche e di integrazioni alla cosiddetta «legge Marzano», la quale ha introdotto nell'ordinamento italiano una nuova disciplina relativa alla procedura concorsuale di amministrazione straordinaria per le grandi imprese in stato di insolvenza, finalizzata alla ristrutturazione industriale, sotto la supervisione del Ministro competente.
Tale intervento normativo, è bene ricordarlo, successivo alla nota vicenda Parmalat, si è collocato nel contesto di diversi interventi del legislatore, la cui ratio risiede nel volere evitare, nell'interesse della collettività, la crisi e il conseguente rischio di cessazione di attività di imprese dalle dimensioni rilevanti. Nasce da qui, da questi presupposti, l'idea di mettere a punto una disciplina che contempli, non senza difficoltà, l'esigenza di tutelare l'interesse dei creditori con quella di consentire la ristrutturazione economica e finanziaria delle imprese.
Vale la pena ricordare che la procedura di amministrazione straordinaria non è una novità di oggi, ma è stata introdotta con una legge del 1979, la cosiddetta legge Prodi.
In estrema sintesi, quella procedura prevedeva una disciplina caratterizzata da un forte ruolo dell'amministrazione centrale, per effetto della nomina di uno o tre commissari da parte del Ministro vigilante, e rivolgeva una particolare attenzione alle modalità tecniche della ristrutturazione dell'impresa. La disciplina dettata dalla legge Prodi è rimasta in vigore per un ventennio, salvo poi essere modificata con la cosiddetta «legge Prodi-bis» del 1999, a seguito di numerose censure di illegittimità costituzionale e di violazioni delle disposizioni dei trattati comunitari volti a garantire la priorità e la libertà di concorrenza. La Prodi-bis, comunque, si poneva nel solco della precedente disciplina. È con la cosiddetta «legge Marzano», invece, che vengono introdotte misure volte a semplificare l'ammissione alla procedura concorsuale ed a rafforzare i poteri riconducibili all'autorità amministrativa. In particolare, quella disciplina aveva previsto un iter di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria rispetto alla disciplina precedente. Mentre quest'ultima prevedeva che la procedura prendesse avvio dall'accertamento da parte del tribunale, con la legge Marzano è il Ministro competente che valuta la sussistenza dello stato di insolvenza e dei requisiti richiesti, per poi procedere immediatamente all'ammissione dell'impresa. Con questa nuova disciplina - ecco un punto sul quale bisogna riflettere - in buona sostanza, si mira a rivedere sia la legge Prodi, sia la legge Marzano, vale a dire i due principali strumenti utilizzati per la gestione della crisi aziendale. Un'esigenza questa fortemente avvertita sia per rendere questo strumento più flessibile, sia per rispondere alle esigenze del mondo produttivo, sia per superare le criticità emerse a livello comunitario. Si tratta di una razionalizzazione della normativa, che per certi versi, rende la nostra legislazione un po' più simile a quella di altri Paesi.
Cari colleghi, non starò qui a ripetere quali e quante innovazioni il decreto-leggePag. 13comporti. Le conoscete, sono state al centro di un dibattito molto ampio e articolato. Mi preme, invece, sottolineare l'impegno profuso dalle Commissioni, un lavoro che ha trovato accoglimento da parte del Governo nel testo definitivo e che ha avuto interventi importanti, anche modificativi, rispetto al testo trasmesso dal Senato. Penso all'allargamento alle imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali, che oggi possono procedere anche alla cessione di complessi di beni e di contratti. Penso soprattutto al comma 13-bis dell'articolo 1, introdotto al Senato, che è stato espunto. Dopo un approfondito esame si è infatti convenuto di espungere dal testo questa disposizione, che era volta a circoscrivere l'applicabilità di talune disposizioni penali della legge fallimentare.
Veniamo ad Alitalia: in pochi mesi, sono state poste le basi e definito il perimetro normativo in un quadro sistemico per il salvataggio della compagnia di bandiera. Credo che nessuno possa - se è intellettualmente onesto - negare lo sforzo profuso dal Presidente del Consiglio, dal Governo e dal Parlamento per rianimare un'azienda decotta.
Si è proceduto per step, con grande decisione e chiarezza di impostazione. In primo luogo, si è posto un riparo alla questione inerente i limiti sollevati dalla Comunità europea, riguardanti il cosiddetto prestito-ponte, previsto dal decreto-legge n. 80 del 2008, emanato dal Governo Prodi. Poi, nonostante i tanti uccelli di malaugurio e le ironie dei tanti professionisti del riformismo senza anima, che alberga a sinistra, si è dato corpo e sostanza ad una cordata di imprenditori italiani, che hanno accettato la sfida di concorrere al salvataggio del vettore italiano. Vi è poi l'intesa sindacale, un confronto intenso, difficile, complesso, che alla fine è sfociato in un accordo che salvaguarda condizioni sostenibili sia sul piano della tutela dei dipendenti, sia sul piano della garanzia di tenuta e di riuscita di un piano industriale degno di questo nome. Infine, vi è il decreto-legge oggi in discussione.
Rispetto a tutto questo lavoro, non comprendiamo l'atteggiamento ostile dell'opposizione. Un'opposizione responsabile - lo dico con il dovuto rispetto, colleghi - non è «più responsabile» se informa la stampa di una riunione nel salotto di casa con Colaninno ed Epifani (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), per sbloccare, a suo dire, la situazione di stallo, inseguendo effetti mediatici che lasciano il tempo che trovano. Si è, al contrario, responsabili se soprattutto si fanno seguire alle buone intenzioni atti concreti, suggerimenti utili, contributi efficaci.
Invece, ogni volta che si affronta una questione delicata e complessa, spuntano antichi pregiudizi e tornano stantie accuse a Berlusconi. Mi rivolgo anche a lei, ex Ministro delle infrastrutture che non c'è e che non c'era, quando il Governo Prodi si avventurava in impervi e poco limpidi sentieri di privatizzazione di Alitalia (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Allora lei, onorevole Di Pietro, si comportava come le classiche tre scimmiette: non sentiva, non udiva e non parlava. Mi riferisco all'epoca in cui, durante il Governo Prodi, a gara aperta, si registravano ogni giorno dichiarazioni dei Ministri tali da determinare altalenanti quotazioni in Borsa del titolo Alitalia. Con il Governo Prodi, il 5 gennaio 2007, la Consob ha scritto al Ministro dell'economia e delle finanze, Tommaso Padoa Schioppa, perché - cito testualmente - «Ogni dichiarazione riguardante la società rifletta posizioni ufficiali del Governo e sia fornita al mercato al di fuori degli orari di contrattazione». Era scattata la privatizzazione e diversi Ministri facevano a gara nell'indicare le preferenze tra un presunto partner asiatico e una cordata italiana. Anche Romano Prodi era andato sopra le righe. Cito una sua frase: «La situazione dell'Alitalia è completamente fuori controllo. Si può arrivare al fallimento da un momento all'altro». Sono parole dell'ex Presidente del Consiglio, pronunciate ai sindacati il 10 ottobre 2006, senza informare la società. In pochi giorni, il titolo persePag. 14l'8,35 per cento; il 1o dicembre del 2006 il Consiglio dei Ministri annunciò la privatizzazione e il titolo salì dell'11,5 per cento. Poi abbiamo assistito ad un saliscendi continuo, mentre le quotazioni sono rimaste sempre spropositate.
Insomma, per concludere, cari colleghi, la privatizzazione di Alitalia, che poteva essere il banco di prova di un nuovo ruolo dello Stato nel settore dei trasporti, si stava trasformando in un inestricabile nodo di complicazioni, da cui non emergeva una scelta politica chiara in materia di rapporti tra Stato e mercato, tra azionisti e management.
In conclusione, in questi momenti, cari colleghi, per essere autenticamente riformatori non è sufficiente indicare le cose che non bisogna fare, anche se occorre tenerle nella debita considerazione...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
SILVANO MOFFA. ...ma è bene chiedersi che cosa si debba fare concretamente per uscire dalla crisi.
Noi ce lo siamo chiesto, contrariamente a voi, e proprio per questo abbiamo indicato soluzioni e tracciato una strada per il riscatto del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia a nome dei gruppi.
Per un richiamo al Regolamento (ore 14,30).
PIER PAOLO BARETTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, mi richiamo agli articoli 8 e 74 del Regolamento. Da mesi, dall'inizio della legislatura, siamo costretti a denunciare lo scarto tra le esigenze delle Commissioni e del Parlamento in generale di discutere e decidere in condizioni normali, e le condizioni effettive, invece, nelle quali siamo costretti a lavorare.
Si poteva pensare che l'anticipo della sessione di bilancio fosse la causa dell'intasamento congiunturale al quale abbiamo assistito prima dell'estate. Invece, dopo la pausa estiva, tutto è ricominciato come prima, anzi, per molti versi è peggiorato, in un crescendo che ci ha portato alla caotica situazione che abbiamo visto nei giorni scorsi.
Ora siamo al dunque: abbiamo di fronte a noi un'agenda stressata; abbiamo temi importanti e irrisolti che vanno calendarizzati; abbiamo una decretazione d'urgenza - penso soltanto a quella inerente alla crisi - che ha necessità di essere discussa al più presto, ma abbiamo anche da affrontare l'esame della finanziaria. È vero che è stata alleggerita dal decreto-legge n. 112 del 2008, ma è pur vero che la legge finanziaria resta un passaggio cruciale nell'attività della Camera, tanto più nella delicata situazione generale che abbiamo di fronte.
La Commissione bilancio è nelle condizioni oggettive di svolgere la discussione sulle linee generali soltanto domani, e di prepararsi a discutere ed a votare gli emendamenti nelle more dell'organizzazione dei lavori, in una situazione probabilmente caotica come quella nella quale abbiamo lavorato le settimane scorse. Sia chiaro: non mi sto riferendo alla conduzione della Commissione bilancio, alla cui presidenza devo dare atto di aver cercato, pur nelle differenze di opinioni di merito, di comporre un quadro, che però è irrisolvibile per ragioni più generali. È buona prassi che sia dedicato un tempo specifico alla discussione della sessione di bilancio, nel corso del quale tutti i deputati possono seguire il suo andamento, per poterle dare l'importanza che merita.
Di fronte a questa situazione, anche a nome del mio gruppo, mi richiamo esplicitamente, signor Presidente, all'articolo 74 del Regolamento, che fa riferimento alle competenze della Commissione bilancio, ma anche all'articolo 8, che richiama le prerogative della Presidenza nell'organizzarePag. 15i lavori; in particolare, le chiedo formalmente di organizzare i lavori delle prossime settimane in modo da assicurare alla Commissione bilancio e all'insieme del Parlamento di esercitare le prerogative e i doveri che loro competono (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Onorevole Baretta, informerò il Presidente della sua richiesta. Ricordo a tutti che si è stabilito nell'ultima Conferenza dei presidenti di gruppo di convocare una nuova riunione della Conferenza stessa nella giornata di domani, anche per organizzare i lavori delle prossime settimane. In ogni caso, le daremo una risposta puntuale.
Si riprende la discussione.
(Votazione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 1742-A)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della questione di fiducia.
Indico la votazione per appello nominale sull'articolo unico del disegno di legge, già approvato dal Senato, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge in esame, nel testo delle Commissioni, sulla cui approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.
Avverto che la Presidenza ha accolto alcune richieste di anticipazione del turno di voto dei deputati, nonché altre richieste avanzate da membri del Governo.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
(Segue il sorteggio).
La chiama avrà inizio dal deputato Sarubbi.
Invito dunque i deputati segretari a procedere alla chiama.
(Segue la chiama).
PRESIDENTE. Chiedo scusa, ma invito i deputati che hanno chiesto l'anticipazione del turno di voto a farsi avanti, altrimenti non si capisce il motivo per cui l'abbiano richiesto. Colgo l'occasione, e mi scuso per non averlo fatto prima, per salutare l'istituto tecnico commerciale «Luigi Einaudi» di Novafeltria di Pesaro e l'istituto comprensivo «Arsoli» di Roma. L'Assemblea li saluta (Applausi). Si prosegua nella chiama.
(Segue la chiama).
PRESIDENTE. Saluto il Presidente della Union League di Philadelphia, Frank Giordano, che è presente in Aula insieme ad una delegazione al seguito (Applausi).
(Segue la chiama).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione sull'articolo unico del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1742-A: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134, recante disposizioni urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese in crisi, sulla cui approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia:
Presenti 561
Votanti 559
Astenuti 2
Maggioranza 280
Hanno risposto sì 309
Hanno risposto no 250
(La Camera approva - Vedi votazionia
).
Si intendono conseguentemente respinte tutte le proposte emendative presentate.
Hanno risposto sì:
Abelli Gian Carlo
Abrignani Ignazio
Alessandri Angelo
Alfano AngelinoPag. 16
Alfano Gioacchino
Allasia Stefano
Angeli Giuseppe
Angelucci Antonio
Aprea Valentina
Aracri Francesco
Aracu Sabatino
Armosino Maria Teresa
Ascierto Filippo
Baccini Mario
Baldelli Simone
Barani Lucio
Barba Vincenzo
Barbareschi Luca Giorgio
Barbaro Claudio
Barbieri Emerenzio
Beccalossi Viviana
Belcastro Elio Vittorio
Bellotti Luca
Berardi Amato
Bergamini Deborah
Bernardo Maurizio
Bernini Anna Maria
Berruti Massimo Maria
Bertolini Isabella
Bianconi Maurizio
Biasotti Sandro
Biava Francesco
Bitonci Massimo
Bocchino Italo
Bocciardo Mariella
Bonaiuti Paolo
Bonciani Alessio
Bongiorno Giulia
Bonino Guido
Bragantini Matteo
Brancher Aldo
Brigandì Matteo
Briguglio Carmelo
Brunetta Renato
Bruno Donato
Buonanno Gianluca
Buonfiglio Antonio
Calabria Annagrazia
Calderisi Giuseppe
Caldoro Stefano
Callegari Corrado
Caparini Davide
Carfagna Maria Rosaria
Carlucci Gabriella
Casero Luigi
Cassinelli Roberto
Castellani Carla
Castiello Giuseppina
Catanoso Basilio
Catone Giampiero
Cazzola Giuliano
Ceccacci Rubino Fiorella
Centemero Elena
Ceroni Remigio
Cesaro Luigi
Cicchitto Fabrizio
Ciccioli Carlo
Cicu Salvatore
Colucci Francesco
Comaroli Silvana Andreina
Commercio Roberto Mario Sergio
Consiglio Nunziante
Consolo Giuseppe
Conte Gianfranco
Contento Manlio
Corsaro Massimo Enrico
Cosentino Nicola
Cosenza Giulia
Cossiga Giuseppe
Costa Enrico
Cota Roberto
Crimi Rocco
Cristaldi Nicolò
Crosetto Guido
Crosio Jonny
Dal Lago Manuela
D'Amico Claudio
De Camillis Sabrina
De Corato Riccardo
De Girolamo Nunzia
Della Vedova Benedetto
Dell'Elce Giovanni
Del Tenno Maurizio
De Luca Francesco
De Nichilo Rizzoli Melania
Di Biagio Aldo
Di Cagno Abbrescia Simeone
Di Caterina Marcello
Di Centa Manuela
D'Ippolito Vitale Ida
Distaso Antonio
Divella Francesco
Di Virgilio Domenico
Dozzo Gianpaolo
Dussin Guido
Dussin Luciano
Faenzi Monica
Fallica GiuseppePag. 17
Farina Renato
Fedriga Massimiliano
Fogliato Sebastiano
Follegot Fulvio
Fontana Gregorio
Fontana Vincenzo Antonio
Forcolin Gianluca
Formichella Nicola
Foti Antonino
Foti Tommaso
Franzoso Pietro
Frassinetti Paola
Frattini Franco
Fucci Benedetto Francesco
Fugatti Maurizio
Galati Giuseppe
Garagnani Fabio
Garofalo Vincenzo
Gava Fabio
Germanà Antonino Salvatore
Ghedini Niccolò
Ghiglia Agostino
Giacomoni Sestino
Giammanco Gabriella
Gibelli Andrea
Gibiino Vincenzo
Gidoni Franco
Giorgetti Alberto
Girlanda Rocco
Giro Francesco Maria
Giudice Gaspare
Goisis Paola
Golfo Lella
Gottardo Isidoro
Granata Benedetto Fabio
Grimoldi Paolo
Guzzanti Paolo
Holzmann Giorgio
Iannaccone Arturo
Iannarilli Antonello
Iapicca Maurizio
Jannone Giorgio
Laboccetta Amedeo
Laffranco Pietro
Lainati Giorgio
La Malfa Giorgio
Lamorte Donato
Landolfi Mario
Lanzarin Manuela
La Russa Ignazio
Latteri Ferdinando
Lazzari Luigi
Lehner Giancarlo
Leo Maurizio
Leone Antonio
Lisi Ugo
Lombardo Angelo Salvatore
Lo Monte Carmelo
Lo Presti Antonino
Lorenzin Beatrice
Lunardi Pietro
Lussana Carolina
Maccanti Elena
Malgieri Gennaro
Mancuso Gianni
Mannucci Barbara
Mantovano Alfredo
Marinello Giuseppe Francesco Maria
Marini Giulio
Marsilio Marco
Martinelli Marco
Martini Francesca
Martino Antonio
Mazzocchi Antonio
Mazzoni Riccardo
Mazzuca Giancarlo
Meloni Giorgia
Menia Roberto
Migliori Riccardo
Milanato Lorena
Milanese Marco Mario
Minardo Antonino
Mistrello Destro Giustina
Misuraca Dore
Moffa Silvano
Moles Giuseppe
Molgora Daniele
Molteni Laura
Molteni Nicola
Mondello Gabriella
Montagnoli Alessandro
Moroni Chiara
Mottola Giovanni Carlo Francesco
Munerato Emanuela
Murgia Bruno
Mussolini Alessandra
Napoli Angela
Napoli Osvaldo
Nastri Gaetano
Nicolucci Massimo
Nirenstein Fiamma
Nizzi Settimo
Nola Carlo
Nucara FrancescoPag. 18
Orsini Andrea
Pagano Alessandro Saro Alfonso
Paglia Gianfranco
Palmieri Antonio
Palumbo Giuseppe
Paniz Maurizio
Paolini Luca Rodolfo
Papa Alfonso
Parisi Massimo
Paroli Adriano
Pastore Maria Piera
Pecorella Gaetano
Pelino Paola
Pepe Antonio
Pepe Mario (Pdl)
Perina Flavia
Pescante Mario
Petrenga Giovanna
Pianetta Enrico
Picchi Guglielmo
Pili Mauro
Pini Gianluca
Piso Vincenzo
Pittelli Giancarlo
Pizzolante Sergio
Polidori Catia
Polledri Massimo
Porcu Carmelo
Prestigiacomo Stefania
Proietti Cosimi Francesco
Pugliese Marco
Rainieri Fabio
Raisi Enzo
Rampelli Fabio
Ravetto Laura
Reguzzoni Marco Giovanni
Repetti Manuela
Rivolta Erica
Roccella Eugenia Maria
Romani Paolo
Romele Giuseppe
Ronchi Andrea
Rondini Marco
Rossi Luciano
Rossi Mariarosaria
Rosso Roberto
Russo Paolo
Saglia Stefano
Saltamartini Barbara
Salvini Matteo
Sammarco Gianfranco
Santelli Jole
Sardelli Luciano Mario
Savino Elvira
Sbai Souad
Scajola Claudio
Scalera Giuseppe
Scalia Giuseppe
Scandroglio Michele
Scapagnini Umberto
Scelli Maurizio
Simeoni Giorgio
Simonetti Roberto
Sisto Francesco Paolo
Speciale Roberto
Stagno d'Alcontres Francesco
Stanca Lucio
Stasi Maria Elena
Stefani Stefano
Stracquadanio Giorgio Clelio
Stradella Franco
Taddei Vincenzo
Taglialatela Marcello
Testoni Piero
Toccafondi Gabriele
Togni Renato Walter
Torazzi Alberto
Torrisi Salvatore
Tortoli Roberto
Toto Daniele
Traversa Michele
Urso Adolfo
Valducci Mario
Valentini Valentino
Vanalli Pierguido
Vegas Giuseppe
Vella Paolo
Ventucci Cosimo
Verdini Denis
Versace Santo Domenico
Vessa Pasquale
Vignali Raffaello
Vitali Luigi
Vito Elio
Volpi Raffaele
Zacchera Marco
Zorzato Marino
Hanno risposto no:
Adornato Ferdinando
Agostini Luciano
Albonetti Gabriele
Amici SesaPag. 19
Argentin Ileana
Barbato Francesco
Barbi Mario
Baretta Pier Paolo
Bellanova Teresa
Beltrandi Marco
Benamati Gianluca
Bernardini Rita
Berretta Giuseppe
Bindi Rosy
Binetti Paola
Bobba Luigi
Bocci Gianpiero
Boccia Francesco
Boccuzzi Antonio
Boffa Costantino
Bonavitacola Fulvio
Bordo Michele
Borghesi Antonio
Bosi Francesco
Bossa Luisa
Braga Chiara
Brandolini Sandro
Bratti Alessandro
Burtone Giovanni Mario Salvino
Calearo Ciman Massimo
Calgaro Marco
Calvisi Giulio
Cambursano Renato
Capano Cinzia
Capitanio Santolini Luisa
Capodicasa Angelo
Cardinale Daniela
Carella Renzo
Carra Enzo
Carra Marco
Castagnetti Pierluigi
Causi Marco
Cavallaro Mario
Ceccuzzi Franco
Cenni Susanna
Cera Angelo
Cesario Bruno
Ciccanti Amedeo
Cimadoro Gabriele
Ciocchetti Luciano
Ciriello Pasquale
Codurelli Lucia
Colaninno Matteo
Colombo Furio
Compagnon Angelo
Concia Anna Paola
Corsini Paolo
Coscia Maria
Cuomo Antonio
Cuperlo Giovanni
D'Alema Massimo
Dal Moro Gian Pietro
Damiano Cesare
D'Antona Olga
D'Antoni Sergio Antonio
De Biasi Emilia Grazia
Delfino Teresio
De Micheli Paola
De Pasquale Rosa
De Torre Maria Letizia
D'Incecco Vittoria
Dionisi Armando
Di Pietro Antonio
Duilio Lino
Esposito Stefano
Evangelisti Fabio
Fadda Paolo
Farina Gianni
Farina Coscioni Maria Antonietta
Farinone Enrico
Fassino Piero
Favia David
Ferranti Donatella
Ferrari Pierangelo
Fiano Emanuele
Fiorio Massimo
Fluvi Alberto
Fogliardi Giampaolo
Fontanelli Paolo
Formisano Aniello
Formisano Anna Teresa
Franceschini Dario
Froner Laura
Galletti Gian Luca
Garavini Laura
Garofani Francesco Saverio
Gasbarra Enrico
Gatti Maria Grazia
Genovese Francantonio
Gentiloni Silveri Paolo
Ghizzoni Manuela
Giachetti Roberto
Ginefra Dario
Ginoble Tommaso
Giovanelli Oriano
Giulietti Giuseppe
Gozi Sandro
Grassi GeroPag. 20
Graziano Stefano
Iannuzzi Tino
La Forgia Antonio
Laganà Fortugno Maria Grazia
Lanzillotta Linda
Laratta Francesco
Lenzi Donata
Letta Enrico
Levi Ricardo Franco
Libè Mauro
Lo Moro Doris
Losacco Alberto
Lovelli Mario
Lucà Mimmo
Lulli Andrea
Lusetti Renzo
Madia Maria Anna
Mantini Pierluigi
Maran Alessandro
Marantelli Daniele
Marchi Maino
Marchignoli Massimo
Marchioni Elisa
Margiotta Salvatore
Mariani Raffaella
Marini Cesare
Marrocu Siro
Martella Andrea
Martino Pierdomenico
Mastromauro Margherita Angela
Mattesini Donella
Mazzarella Eugenio
Mecacci Matteo
Melandri Giovanna
Melis Guido
Merlo Giorgio
Messina Ignazio
Meta Michele Pompeo
Migliavacca Maurizio
Miglioli Ivano
Minniti Marco
Miotto Anna Margherita
Misiani Antonio
Misiti Aurelio Salvatore
Monai Carlo
Mosca Alessia Maria
Mosella Donato Renato
Motta Carmen
Mura Silvana
Murer Delia
Naccarato Alessandro
Nannicini Rolando
Narducci Franco
Naro Giuseppe
Nicco Roberto Rolando
Nicolais Luigi
Occhiuto Roberto
Oliverio Nicodemo Nazzareno
Oppi Giorgio
Orlando Andrea
Orlando Leoluca
Paladini Giovanni
Palagiano Antonio
Palomba Federico
Parisi Arturo Mario Luigi
Pedoto Luciana
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
Pepe Mario (Pd)
Pes Caterina
Pezzotta Savino
Piccolo Salvatore
Picierno Pina
Piffari Sergio Michele
Pionati Francesco
Pisacane Michele
Pisicchio Pino
Pistelli Lapo
Pizzetti Luciano
Poli Nedo Lorenzo
Pollastrini Barbara
Pompili Massimo
Porcino Gaetano
Porfidia Americo
Porta Fabio
Portas Giacomo Antonio
Quartiani Erminio Angelo
Rampi Elisabetta
Rao Roberto
Razzi Antonio
Realacci Ermete
Recchia Pier Fausto
Ria Lorenzo
Rigoni Andrea
Rossomando Anna
Rota Ivan
Ruggeri Salvatore
Russo Antonino
Ruvolo Giuseppe
Samperi Marilena
Sanga Giovanni
Sani Luca
Santagata Giulio
Sarubbi Andrea
Sbrollini DanielaPag. 21
Scarpetti Lido
Schirru Amalia
Scilipoti Domenico
Sereni Marina
Siragusa Alessandra
Soro Antonello
Strizzolo Ivano
Tabacci Bruno
Tassone Mario
Tempestini Francesco
Tenaglia Lanfranco
Testa Federico
Testa Nunzio Francesco
Tidei Pietro
Trappolino Carlo Emanuele
Tullo Mario
Turco Livia
Turco Maurizio
Vaccaro Guglielmo
Vannucci Massimo
Vassallo Salvatore
Velo Silvia
Veltroni Walter
Ventura Michele
Verini Walter
Vernetti Gianni
Vico Ludovico
Vietti Michele Giuseppe
Villecco Calipari Rosa Maria
Viola Rodolfo Giuliano
Volontè Luca
Zaccaria Roberto
Zampa Sandra
Zamparutti Elisabetta
Zazzera Pierfelice
Zinzi Domenico
Zucchi Angelo
Zunino Massimo
Si sono astenuti:
Brugger Siegfried
Zeller Karl
Sono in missione:
Berlusconi Silvio
Boniver Margherita
Bossi Umberto
Buttiglione Rocco
Casini Pier Ferdinando
Cirielli Edmondo
Craxi Stefania Gabriella Anastasia
De Angelis Marcello
Donadi Massimo
Fava Giovanni
Fitto Raffaele
Gelmini Mariastella
Lupi Maurizio
Maroni Roberto
Melchiorre Daniela
Miccichè Gianfranco
Rosato Ettore
Rotondi Gianfranco
Rugghia Antonio
Stucchi Giacomo
Tremonti Giulio
PRESIDENTE. Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.
Sull'ordine dei lavori (ore 16).
ANTONELLO SORO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONELLO SORO. Signor Presidente, lei sa che sono un moderato e che non porto abitualmente la polemica in quest'Aula. Non ho piacere di farlo neanche oggi: spero di essere smentito e spero che le questioni di cui intendo informare quest'Assemblea vengano smentite.
In questi giorni, si svolgono nel nostro Paese, nelle università e in tutte le città italiane manifestazioni di protesta contro la riforma della scuola. Si tratta di manifestazioni libere, spontanee, estranee per la loro dinamica all'abituale conflitto politico, espressioni di un dissenso fisiologico nelle società democratiche, libero, che si esprime nelle forme in cui, da sempre, i giovani e il mondo della scuola esprimono la propria contrarietà ai provvedimenti di Governo non condivisi.
In questi giorni, si sono manifestate queste iniziative con assoluta tranquillità. I toni, certo, qualche volta diventano più acuti e più forti. Pertanto, ho inteso questa mattina l'iniziativa del Ministro GelminiPag. 22come una normale iniziativa di buonsenso da parte del Governo, quando ha rivolto un appello a tutti, affinché venissero abbassati i toni. Nelle stesse ore, il Presidente del Consiglio dei ministri avrebbe - secondo le agenzie di stampa, che non ho avuto modo di verificare - rivolto un invito al Ministro dell'interno per attrezzare un impegno delle forze dell'ordine nei confronti degli studenti e dei docenti del mondo della scuola, per impedire che nelle università e nelle scuole italiane si verifichino occupazioni o, comunque, manifestazioni non gradite.
Noi pensiamo che le agenzie abbiano frainteso le parole del Presidente del Consiglio. Se così non fosse, si tratterebbe di un atto di così grave e pericolosa irresponsabilità da parte di chi detiene i compiti di governo di questo Paese, che rischia di incendiare un mondo sensibile e delicato, di istigare nel nostro Paese un conflitto di cui non abbiamo bisogno mai, e ancora meno ne abbiamo bisogno in una stagione come questa, più difficile di altre. La volontà di trasformare una protesta libera, spontanea e civile dei giovani, dei docenti, del mondo della scuola e dei ricercatori, in una questione di ordine pubblico da affidare alle forze dell'ordine, che hanno come compito istituzionale quello di contrastare la criminalità del Paese e di custodire la sicurezza dei cittadini, sarebbe un atteggiamento così grave e irresponsabile che noi pensiamo debba essere rapidamente revocato e smentito (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Noi, che in quest'Assemblea siamo parte, certo, e rappresentiamo le stesse ragioni per le quali il mondo della scuola protesta - noi lo facciamo in quest'Aula come anche fuori di questo Parlamento - pensiamo che non sia possibile, nel nostro tempo, riprodurre iniziative che nella storia recente del nostro continente hanno visto altre volte incendiarsi il mondo, incendiarsi le scuole e la società europea per effetto di iniziative di altri Presidenti del Consiglio, che in un momento di delirio hanno pensato di contrastare la libera espressione del dissenso dei giovani e del mondo della scuola.
Signor Presidente, chiediamo che immediatamente il Presidente del Consiglio dei ministri - in quest'Aula, se possibile, e non solo nelle agenzie di stampa - revochi, smentisca quello che è apparso nelle agenzie di stampa, perché la cosa che oggi rischia di verificarsi va molto al di là, io credo, delle intenzioni che hanno animato queste parole. Sono parole gravi, così gravi che pensiamo non si possa fare altro in questa Assemblea. Questo viene prima di tutto. I nostri giovani, nelle scuole, i ricercatori, il mondo della scuola hanno il diritto di manifestare la propria protesta esattamente come noi facciamo in quest'Aula (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). È un diritto di libertà al quale pensiamo non si debba rinunciare (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori) e chiediamo a lei, signor Presidente, di proporre subito al Governo una risposta che sia chiara e risolutiva di qualunque equivoco (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
FRANCESCO BOSI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, volevo anch'io manifestare la preoccupazione per queste dichiarazioni attribuite al Presidente del Consiglio. In effetti, vi è una protesta molto forte e molto vivace del mondo studentesco, le cui ragioni debbono ancora essere verificate. Tuttavia, non vi è dubbio che i giovani sono preoccupati per quello che si prospetta nell'università, fra i ricercatori, nella ricerca scientifica, quindi sul futuro del nostro Paese, in un settore cruciale per la vita sociale dell'Italia, in un momento di grave crisi economica, con il rischio della saldatura della protesta sociale, del mondo del lavoro e delle famiglie con quella dei giovani che studiano e che vorrebbero che la scuola non fosse toccata, soprattutto come elemento di formazione, di ricerca e diPag. 23avanzamento scientifico e tecnologico. Ora, questa dichiarazione attribuita al Presidente del Consiglio rappresenta, verrà letta e rischia di essere letta come una provocazione, come un gettare benzina sul fuoco rispetto ad una protesta che, ripeto, deve ancora essere interpretata, ma che indubbiamente c'è, realisticamente c'è.
Dunque, siamo preoccupati anche per il metodo, signor Presidente, perché se vi fossero problemi che riguardano l'occupazione delle scuole come luogo di discussione e di manifestazione studentesca che destano preoccupazione, perché non parla il Ministro dell'interno? Perché non parla il Ministro competente? Perché interviene il Presidente del Consiglio, che dovrebbe poi anche essere l'ultimo riferimento rispetto a queste cose? Si ha la sensazione - come ricordava anche oggi il collega Vietti - di un ruolo sempre sopra le righe, sempre sovraesposto del Presidente del Consiglio anche nei confronti degli altri livelli delle autorità, tanto di Governo, quanto delle istituzioni rappresentative (il Parlamento, ma anche le università, che godono di una loro autonomia).
Pertanto, pensiamo che su questo si debba far giungere la voce di quest'Aula, del Parlamento della Repubblica, affinché su questi temi così delicati che riguardano la libertà di espressione e che riguardano soprattutto il mondo giovanile e il mondo delle università si intervenga in ben altro modo, non con affermazioni dure e provocatorie, ma con la sensibilità e il tatto che necessitano in un momento così difficile e grave per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, devo dire che questa mattina, quando le immagini di Sky News Tg 24, hanno messo in onda, in diretta, la conferenza stampa del presidente Berlusconi e del Ministro Gelmini, mi sono avvicinato con interesse perché realmente speravo che potesse venire da lì un'indicazione, un elemento di chiarezza rispetto alle motivazioni vere di una riforma che definire tale, per noi, è davvero difficile: mi riferisco alla riforma della scuola, che potremmo definire una «controriforma». Si tratta di un approccio che abbiamo giudicato regressivo e che in quest'Aula non ci è stato concesso di poter discutere in maniera approfondita. Come abbiamo denunciato più volte, abbiamo toccato con mano - anche in occasione del dibattito sulla riforma - quanto fastidio provi il Governo nei confronti del Parlamento. La conferenza stampa tuttavia non era stata indetta per illustrare il senso e i contenuti della riforma ma per minacciare i nostri ragazzi, i nostri studenti e tutti coloro che vivono e operano all'interno del mondo della scuola e per dire (questo è il messaggio qualificante di quella conferenza stampa): «Attenzione perché altrimenti io chiamo i carabinieri». Non c'è dubbio: da sessant'anni siamo un Paese democratico, fondato su una Costituzione che ha, tra i suoi capisaldi, la libertà di pensiero e di manifestazione, in qualsiasi modo, del proprio intendimento. La libertà di pensiero non può essere quindi conculcata. La libertà di manifestare pubblicamente il proprio dissenso non può essere conculcata. C'è un solo limite: il rispetto delle leggi. Occupare una scuola, se non la si danneggia, non è reato. Manifestare in piazza, se non si divelgono i semafori, non è reato. Sono materie di competenza di un Ministro e di un Presidente del Consiglio in termini di interlocuzione positiva nei confronti di chi manifesta dissenso.
Non è questione del Ministro dell'interno, né delle prefetture, né delle forze di polizia. Non è il Ministro della difesa che deve intervenire. Del resto, vorrei far notare che le manifestazioni degli studenti contro la riforma Gelmini sono un momento di crescita e di formazione della loro personale cultura e del loro spessore di cittadini. Non vorrei che però, per quella strada che si è intrapresa a partire - probabilmente in maniera giusta ed efficace - dall'utilizzazione dell'esercito per risolvere o affrontare al meglio laPag. 24questione dei rifiuti a Napoli, si passasse direttamente ad uno Stato di polizia che può far immaginare la Colombia o la Grecia dei colonnelli e non una delle realtà politiche e costituzionali più avanzate del panorama (almeno di quello europeo). Pertanto, noi vorremmo davvero - e rivolgiamo una formale richiesta a lei, in qualità di Presidente della Camera - affinché il Presidente del Consiglio o il Ministro Gelmini vengano qui a riferire qual è il reale contenuto delle loro dichiarazioni (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Su questo argomento, sollevato dall'onorevole Soro, visto che alcuni deputati...
ANTONIO BORGHESI. Altro, altro!
PRESIDENTE. Mi scusi onorevole, non mi sto riferendo a lei! Visto che alcuni deputati hanno chiesto di intervenire, darò la parola a un deputato per gruppo, ai sensi dell'articolo 45 del Regolamento. Rinvierei altri interventi sull'ordine dei lavori alla conclusione degli argomenti previsti dall'ordine del giorno di seduta odierno.
ITALO BOCCHINO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, a dire il vero non credo ci fosse bisogno di «parlamentarizzare» questa questione, come ha fatto pochi minuti fa qui in Aula il presidente Soro.
Credo che tutti abbiamo il diritto e il dovere di lavorare per stemperare il clima. Attenzione a soffiare sul fuoco, tanto più quando c'è la responsabilità, da parte di chi è al Governo e di chi è all'opposizione, su questioni delicatissime come le proteste all'interno della scuola e dell'università.
Dobbiamo stemperare il clima e dobbiamo cercare di placare gli animi perché, caro presidente Soro, nessuno, in questo Paese, ha bisogno di nuove tensioni, né di tipo generazionale né, tanto meno, politiche.
Dovete, però, giudicare quello che è accaduto oggi dicendo quello che realmente ha fatto il Presidente del Consiglio insieme con il Ministro competente. Ci troviamo di fronte ad un Governo che, sin dall'inizio, ha inviato un messaggio chiaro: vogliamo essere il Governo della legalità, un Governo che vara un decreto-legge affermando che le discariche ed i cantieri dei termovalorizzatori sono siti di interesse strategico nazionale affinché si garantisca la legalità da chi, con le proteste, vuole bloccare ciò che serve l'interesse della nazione e dei cittadini.
Siamo il Governo della legalità anche quando una minoranza, nell'esprimere il proprio dissenso ad un decreto-legge, pretende di bloccare il diritto di una maggioranza a partecipare alle lezioni nelle scuole e nelle università. Non esiste questo diritto!
È questo il messaggio che oggi ha lanciato il Governo: noi saremo sempre il Governo della legalità, pertanto chi dissente ha tutto il diritto di manifestare e di protestare. Un diritto, però, gli è negato, e su questo dovete convenire: gli è negato il diritto di bloccare il servizio pubblico che è rappresentato dalla scuola ed il servizio pubblico che è rappresentato dall'università, tanto più pattinando pericolosamente sul labile confine che separa la protesta dura dalla piccola illegalità: quella di bruciare cassonetti e di fare blocchi stradali pur di impedire agli studenti di entrare a seguire una lezione. Ciò non è possibile e non sarà tollerato perché noi vogliamo sostenere la cultura della legalità in tutte le forme in cui debba essere espressa (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!
Se poi quella che tutte le indagini demoscopiche dicono essere una minoranza, spesso politicizzata e sindacalizzata, legittimamente dissente, questo, lasciatemelo dire, è un fatto meraviglioso, perché il fatto che ci sia una minoranza che dissente ed alza anche la voce è un sintomo di democrazia matura. Il soloPag. 25fatto che loro protestino è un grande sintomo di democrazia, ma non possono superare il confine tra il dissenso ed il blocco dell'attività didattica di un grande Paese quale è l'Italia!
Altro errore che il collega Evangelista ha commesso...
FABIO EVANGELISTI. Evangelisti: siamo quattro!
ITALO BOCCHINO. Il collega Evangelisti. Stavo dicendo che l'errore che i «quattro» Evangelisti hanno commesso, è quello di sostenere che oggetto della conferenza stampa del Presidente del Consiglio fosse questo argomento.
Il Presidente del Consiglio ha offerto tutti i dati a difesa della bontà del decreto-legge del Ministro Gelmini. Ha presentato un documento con tutti i numeri che spiegano perché, a nostro giudizio, quel provvedimento è giusto ed ha fatto sapere che il Governo della legalità non tollererà chi supererà il confine tra l'espressione a manifestare il proprio dissenso, la violazione delle leggi e il tentativo di imporsi sulla maggioranza degli studenti che vogliono seguire le lezioni nelle scuole e nelle università.
Quindi il nostro obiettivo è quello di garantire la legalità e di difendere la democrazia dalla dittatura dei facinorosi, degli estremisti, dei massimalisti (Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori) da coloro che vogliono imporsi con la forza e che vogliono sopraffare quei giovani moderati che, invece, vogliono i nostri provvedimenti per modernizzare la scuola e l'università, che vogliono seguire le lezioni, che vogliono dialogare con il Governo e, se necessario, offrire soluzioni migliori, se è necessario criticare...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ITALO BOCCHINO. ...ma che non consentiranno ai politicizzati ed ai sindacalizzati di bloccare l'attività didattica del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!
PRESIDENTE. Su questo tema non ha chiesto di intervenire nessun altro rappresentante di gruppo.
FURIO COLOMBO. Ho chiesto la parola.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Colombo. Ho già detto prima che sul tema sollevato dall'onorevole Soru avrei consentito l'intervento di un rappresentante per gruppo.
FURIO COLOMBO. Ma io ho chiesto la parola prima.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Colombo. Se mi permette di concludere. Non ho intenzione di toglierle la parola.
FURIO COLOMBO. Ho chiesto la parola per fatto personale. Lei mi deve concedere la parola per un minuto!
ANTONINO LO PRESTI. Zitto!
PRESIDENTE. Abbiamo anche detto che sull'ordine dei lavori al termine della seduta è possibile, così come previsto dal Regolamento, intervenire su questo tema o su qualsiasi altro tema su cui i deputati vogliano esprimersi. Ricordo, tra l'altro, che il Regolamento, a questo riguardo, è molto esplicito. Si può intervenire sull'ordine dei lavori nel merito del punto all'ordine del giorno altrimenti ...
FURIO COLOMBO. Lei mi deve dare la parola per un minuto!
PRESIDENTE. Per il suo gruppo ha sollevato la questione il suo presidente di gruppo.
FURIO COLOMBO. Non è una questione di argomento! Lei mi deve dare la parola per un minuto.
PRESIDENTE. Per quanto riguarda le questioni sollevate dal presidente Soru, dal presidente Evangelisti e dal gruppo dell'UdC, la Presidenza non solo prende attoPag. 26dei contenuti delle vostre comunicazioni ma ne riferirà prontamente al Governo.
FURIO COLOMBO. Lei mi ha tolto la parola (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Si riprende la discussione (ore 16,25).
(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1742-A).
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 1742-A).
L'onorevole Tenaglia ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Amici n. 9/1742/21, di cui è cofirmatario.
FURIO COLOMBO. Lei mi ha tolto la parola!
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Colombo. Comprendo benissimo il suo desiderio di intervenire su un argomento così importante e delicato. Le chiedo soltanto di aiutare l'ordine pacato di svolgimento dei nostri lavori. Dopo il voto sulla questione di fiducia stiamo discutendo e approvando gli ordini del giorno e poi ci accingeremo al voto finale. Alla fine di questo processo, che credo tutti vogliamo, è giusto che lei possa intervenire. Ci mancherebbe altro!
FURIO COLOMBO. Lei mi ha tolto la parola.
PRESIDENTE. Così è deciso! Prego, onorevole Tenaglia.
LANFRANCO TENAGLIA. Signor Presidente, l'ordine del giorno Amici n. 9/1742/21 contiene un dispositivo simile a quello dell'ordine del giorno Vietti n. 9/1742/18, perché si riferisce ad una delle due norme contenute nel decreto-legge in esame che costituiscono esempi del diritto al privilegio che questa maggioranza spesso adotta quale criterio di normazione. Infatti, si prevede un'esclusione dalla responsabilità per gli amministratori e i sindaci di Alitalia. Si tratta sicuramente della responsabilità civile e probabilmente, da una interpretazione possibile della norma, anche della responsabilità penale. Con l'ordine del giorno in esame chiediamo che la Camera e il Governo si pronuncino per una chiara e netta esclusione della responsabilità penale.
Tuttavia, intendo anche parlare di una norma che non esiste più, della cosiddetta norma salva manager. La mancanza di regole e di controlli sono le questioni che sintetizzano una delle cause della grave crisi finanziaria che il mondo sta attraversando. Sono indicazioni semplici che, in tutti i Paesi, contengono l'analisi e annunciano la soluzione del problema o almeno la strada per risolverlo. Ma in Italia no! In Italia non si fa questo. In Italia avete tentato, con la cosiddetta salva manager, di infrangere la responsabilità di chi si è macchiato di gravi delitti, come la bancarotta, e di chi ha truffato cittadini e risparmiatori. Ma questa norma non c'è più. Non c'è più, ma ve ne potrebbe essere un'altra, ben peggiore.
Il Sole 24 Ore, dieci giorni fa, ha parlato della possibile riforma della cosiddetta legge Marzano, che conterrebbe anche la delega per la riforma dei reati di bancarotta, con la possibilità di far arrivare la pena massima al di sotto dei dieci anni e di riformulare la fattispecie di reato. Non abbiamo sentito alcuna smentita di questa possibilità; se ciò dovesse essere, sarebbe molto peggio della norma salva manager, non solo perché per l'avvenire avremmo la sostanziale depenalizzazione di tutti i reati finanziari, ma perché per il passato avremmo o la prescrizione di processi gravissimi (il processo Parmalat sarebbe prescritto sicuramente nel 2011) o l'assoluzione per altri processi ed altri fatti di bancarotta. Per fortuna, il Presidente del Consiglio si era presentato agli elettori dicendo: «l'etica e la responsabilità siano alla base del libero mercato»! Se ci deve essere etica e ci deve essere responsabilità, ci deve essere il controllo e ci deve essere anche la sanzione.Pag. 27
Quindi, chiedo ai Ministri Alfano e Tremonti di smentire recisamente questa possibilità e quello che Il Sole 24 Ore ci ha anticipato. Ma, se così non fosse, credo che saremmo di fronte ad una precisa volontà del Governo e della maggioranza di salvaguardare gli interessi di pochi, sempre gli stessi. È un comportamento pericoloso e incomprensibile: la crisi finanziaria ha risvolti materiali pesantissimi, incide direttamente sulle economie dei cittadini, ma soprattutto interviene su un fronte di certo più impalpabile, ma di sicuro fondamentale per la tenuta del sistema: la fiducia, fiducia nella correttezza e nell'onestà di chi detiene il potere, ma anche fiducia nella certezza che chi commette reati venga punito. Se viene meno la fiducia cade il sistema; se viene meno la certezza della pena cade la possibilità per lo Stato di affermare la legalità.
Quindi, non continuate ad affermare su problemi e su reati che non colpiscono...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
LANFRANCO TENAGLIA. Concludo, signor Presidente. Sicurezza e legalità non riguardano solo reati di strada, ma anche reati gravissimi: finanziari, economici e della pubblica amministrazione. Chiedo ancora al Ministro Tremonti di smentire questa eventualità; altrimenti ci risparmi le marce indietro come quella avvenuta sulla norma salva manager: non è stato certo lui a farla togliere, ma è stato lui a farla inserire, avendo il Governo dato il suo parere favorevole al Senato quando venne votato l'emendamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. L'onorevole Scilipoti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1742/6.
DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il dibattito all'interno di quest'Aula è sempre più interessante e, visto che lo è, alcune riflessioni prima di entrare in merito all'ordine del giorno che sto per illustrare, a mio giudizio è opportuno farle. Stamattina, guardando una trasmissione televisiva, ho visto l'atteggiamento di questa maggioranza nei confronti di una persona molto sensibile e per bene. Il dibattito si svolgeva in una trasmissione dove erano presenti alcuni deputati e senatori. Un senatore, che rappresenta questa maggioranza e che parla pressappoco lo stesso linguaggio del vicepresidente di gruppo del Popolo della Libertà in quest'Aula, si riferiva ad una persona per bene, l'onorevole Fioroni, in modo alquanto sconcio, non argomentando e discutendo, ma avendo un atteggiamento veramente provocatorio e di grandi insulti, rivolgendosi un modo scorretto sotto tutti i profili.
Questo significa, a mio giudizio, che oggi siamo in un clima difficilissimo, perché non c'è un clima di collaborazione e di dialogo fra opposizione e maggioranza, ma ciascuno vuole dire quello che pensa e farlo pesantemente, sostenendo di avere ragione senza accettare nessuna contrapposizione e nessun dibattito. Questo è grave per quello che sta succedendo in Italia, per quello che è successo stamattina e per ciò che dichiarano sia il Presidente del Consiglio sia il Ministro Gelmini.
Tutto questo ci induce a riflettere attentamente: siamo in un momento difficile, da prendere con le pinze, ed è il momento di fare una grande riflessione - noi tutti all'interno di questo Parlamento - per cercare quantomeno di isolare coloro i quali hanno un passato non brillante, che hanno causato sofferenza al popolo italiano e che oggi lentamente tentano di rinascere, nell'atteggiamento e nel modo di comportarsi giornalmente, usando un linguaggio non improntato alla correttezza e al dialogo, non solo offensivo, ma anche pericoloso.
Entrando nel merito della discussione dell'ordine del giorno, esso si riferisce al comma 5-bis dell'articolo 2 del provvedimento al nostro esame, che aumenta da 1 a 3 euro l'addizionale comunale sui diritti d'imbarco di passeggeri sugli aeromobili, destinando le relative entrate al sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversionePag. 28e riqualificazione del personale del settore del trasporto aereo, cioè in sostanza agli esuberi di Alitalia.
Si diceva che gli esuberi derivati dall'operazione Alitalia fossero circa tremila e cinquecento, invece sono settemila. Ma il fatto più grave è che una tassa era già stata prevista nel 2004 con la legge n. 350 del 2003 (articolo 2, comma 11), che istituiva la famosa addizionale comunale sui diritti di imbarco, fissando il suo valore ad un euro da versare in un fondo speciale, istituito presso il Ministero dell'interno, e da destinare, tra l'altro, a misure di tutela dell'incolumità delle persone e delle strutture per combattere la criminalità e favorire la sicurezza delle strutture aeroportuali e delle principali stazioni ferroviarie.
Ma cosa è successo? È stata presentata ed approvata, è stato pagato un euro, ma nel 2005 il Governo Berlusconi ha portato questa tassa a 2 euro, prorogandola di un anno, fino a che, con il decreto-legge n. 134 del 2008, voluto dal Governo Berlusconi per salvare Alitalia, si è modificato l'importo in 2 euro. Non bastava quella modifica; subito dopo il Senato l'ha portata a 3 euro e, successivamente, la Commissione è intervenuta con un blitz per portarla a 4 euro.
Noi abbiamo verificato i conteggi fatti dall'ENAC, non da noi...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
DOMENICO SCILIPOTI. Concludo, signor Presidente. Nel 2007 ci sono stati 135 milioni di passeggeri che hanno volato in Italia prendendo gli aerei dagli aeroporti italiani; il 50 per cento di questi era in partenza. La moltiplicazione di questi passeggeri in partenza per 3 fa 210 milioni di euro (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)...
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Scilipoti, ma lei è andato molto oltre il tempo a sua disposizione.
L'onorevole Vietti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1742/18.
MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, il nostro ordine del giorno contiene sostanzialmente la stessa raccomandazione che l'onorevole Tenaglia ha illustrato in riferimento al suo ordine del giorno n. 9/1742/21. Si chiede, infatti, che il Governo intervenga con delle iniziative di carattere legislativo e con chiarimenti di carattere normativo - sarebbe auspicabile con un'interpretazione autentica - per escludere che la irresponsabilità che in questo provvedimento viene riconosciuta agli amministratori e ai controllori di Alitalia si estenda dall'ambito civilistico, amministrativo e contabile, anche a quello penale.
Questa era una delle condizioni che le Commissioni giustizia del Senato e della Camera avevano posto; il Governo non ne ha tenuto conto e ha fatto generiche assicurazioni secondo le quali questa era l'interpretazione cui si doveva accedere; tuttavia, credo sia bene che in questa sede, formalmente, accettando gli ordini del giorno, il Governo riconosca che non c'è alcun tentativo, neanche surrettizio, di estendere quella mancanza di responsabilità al profilo penalistico.
Già è molto dubbia la legittimità della irresponsabilità di natura civile ed amministrativa, sarebbe palesemente incostituzionale una irresponsabilità di carattere penale, che diventerebbe sostanzialmente un'amnistia strisciante. Quindi, mi auguro che il Governo voglia accogliere anche il mio ordine del giorno n. 9/1742/18.
PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.
UGO MARTINAT, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il Governo accetta l'ordine del giorno Brugger n. 9/1742/1, mentre propone una riformulazione del dispositivo dell'ordine del giorno Belcastro n. 9/1742/2 nei seguenti termini: «impegna il Governo a trovare soluzioni di mantenimento dei livelli occupazionali e produttivi di Atitech e a prevedere l'ulteriore sviluppo del polo aerospaziale campano ePag. 29delle imprese ad esso collegate»; se venisse accolta questa riformulazione l'ordine del giorno può essere accettato.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Commercio n. 9/1742/3, mentre accetta l'ordine del giorno Lo Monte n. 9/1742/4.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Iannaccone n. 9/1742/5, se riformulato sopprimendo nel dispositivo le parole da: «nonché a stanziare» fino alla fine del dispositivo stesso, mentre non accetta gli ordini del giorno Scilipoti n. 9/1742/6, Favia n. 9/1742/7, Evangelisti n. 9/1742/8 e Cimadoro n. 9/1742/9.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno Misiti n. 9/1742/10, dovrebbero essere eliminate le premesse e il dispositivo dovesse essere riformulato, tuttavia, mi riservo di intervenire successivamente per chiarire la riformulazione.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Biasotti n. 9/1742/11.
PRESIDENTE. Mi scusi, sottosegretario Martinat, quindi il Governo esprimerà alla fine il parere sull'ordine del giorno Misiti n. 9/1742/10 e ha invece accettato l'ordine del giorno Biasotti n. 9/1742/11.
Prego, prosegua, sottosegretario Martinat.
UGO MARTINAT, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Il Governo accetta gli ordini del giorno Valducci n. 9/1742/12 e Montagnoli n. 9/1742/13, mentre accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno Ciccioli n. 9/1742/14, Cuomo n. 9/1742/15 e Laboccetta n. 9/1742/16.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Compagnon n. 9/1742/17, mentre l'ordine del giorno Vietti n. 9/1742/18 può essere accolto se vengono soppressi il secondo, il terzo e il quarto capoverso della premessa.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Strizzolo n. 9/1742/19.
Il Governo accetta gli ordini del giorno Lulli n. 9/1742/20, Amici n. 9/1742/21 e Meta n. 9/1742/22, mentre non accetta gli ordini del giorno Vico n. 9/1742/23 e Velo n. 9/1742/24. Il Governo, accetta, altresì, gli ordini del giorno Burtone n. 9/1742/25 e Lovelli n. 9/1742/26, mentre accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Nizzi n. 9/1742/27. Il Governo accetta l'ordine del giorno Follegot n. 9/1742/28 e accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Fiano n. 9/1742/29.
Con riferimento all'ordine del giorno Misiti n. 9/1742/10, infine, il Governo lo accetta, a condizione che siano eliminate le premesse e il dispositivo sia riformulato nel modo seguente: «a prendere le opportune iniziative affinché la CAI individui un socio di minoranza in tempi brevi che sia in grado di apportare una consolidata esperienza nel trasporto aereo a livello internazionale».
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto sul complesso degli ordini del giorno presentati l'onorevole Gianni Farina. Ne ha facoltà.
GIANNI FARINA. Signor Presidente, è stato espresso un arrogante voto di fiducia, che ritengo sia sulle macerie. L'Italia sta abbandonando importanti scali europei e mondiali. Vi è un senso di smarrimento per la comunità italiana. Chiudono - ci giungono tali notizie - Zurigo, Berlino, Stoccarda, Vienna, Valencia, Lisbona, Malaga...
GIUSEPPE CONSOLO. Hai sbagliato l'accento!
GIANNI FARINA. ...Bilbao, Salonicco, per arrestarci al vecchio continente; Los Angeles e Dubai nel resto del mondo, per ora (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di lasciare intervenire il collega.
GIANNI FARINA. Sono le prime conseguenze di una campagna elettorale demagogica, al limite dell'irresponsabilità e, successivamente, di un decreto-legge presunto salvatore della compagnia di bandiera,Pag. 30che ha socializzato le gravi perdite e privatizzato i pochi profitti a vantaggio di pochi imprenditori.
Parliamo di città con aeroporti di primo livello e di un flusso di passeggeri di importanza straordinaria per ogni compagnia. Chiude Zurigo, la città sul Limmat, il cui aeroporto è stato recentemente definito il migliore d'Europa per organizzazione, area di accesso, collegamenti dai vicini centri e dall'insieme dell'area cisalpina. Chiude Berlino, la metropoli, nuova vera capitale dell'Unione europea dei ventisette. Chiudono città importanti per la loro storia, sul piano culturale e simbolico, come Vienna e Bilbao. Chiudono Lisbona, Valencia, Malaga (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)...
GIUSEPPE CONSOLO. Ancora!
GIANNI FARINA. ...centri di straordinaria valenza turistica. Chiude Stoccarda, la capitale tedesca dell'automobilismo, ove vive, oltretutto, la più numerosa comunità italiana nella terra dei germani e nel contesto europeo e mondiale. Chiude, chiude, chiude all'infinito: immagino lo scherno dell'opinione pubblica europea, che, diversamente dall'Italia, è poco attratta dalle magie berlusconiane.
Da Alitalia a CAI: l'abbreviazione è una sintesi perfetta per annunciare lo smantellamento della compagnia di bandiera. Dal volo del condor, al volo dell'oca, dal mondo globale, al cortile di casa. Che tristezza cogliere il frutto avvelenato regalatoci da una prepotenza e arroganza patriottarda, frutto del sabotaggio dell'accordo mai definito dal Governo Prodi con Air France, con cui avremmo potuto costruire il vettore dominante del futuro sul piano europeo e mondiale.
Commissario Fantozzi, forse non è ancora troppo tardi per invertire la rotta. Governo! Governo! Guardano a lei i milioni di cittadine e cittadini italiani all'estero, con la speranza che ci è rimasta: volare da Zurigo, Berlino, Los Angeles verso Milano, Roma, Napoli o Palermo, con l'orgoglio del connazionale che vive nel mondo e prova nel volo verso la patria l'orgoglio delle sue origini.
Abbiamo un sogno: invertite la rotta! Chiudere non può essere una bandiera (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)!
PRESIDENTE. Secondo la prassi, ove i presentatori non insistano, gli ordini del giorno accettati dal Governo non saranno posti in votazione.
Ricordo che l'ordine del giorno Brugger n. 9/1742/1 è stato accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Belcastro n. 9/1742/2 accettano la riformulazione proposta dal Governo e non insistono per la votazione.
Passiamo all'ordine del giorno Commercio n. 9/1742/3.
ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo?
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, avevo chiesto di intervenire per dichiarazione di voto sul complesso degli ordini del giorno.
PRESIDENTE. Onorevole Borghesi, alla Presidenza non risultava. Le chiedo scusa.
ANTONIO BORGHESI. Posso quindi intervenire per dichiarazione di voto in questa fase.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, intervengo per affermare ciò che avrei voluto dire parlando sul complesso degli ordini del giorno, perché mi sono chiesto se ci sia un legame, e quale possa essere, tra questo provvedimento e il federalismo fiscale. Infatti, nel federalismo fiscale si tratta e si dovrebbe parlare di responsabilità di chi utilizza il denaro pubblico. Mi pare che, invece, qui ci sia esattamente il contrario, perché addirittura si salvano i manager e si è persino tentato, da parte di qualcuno, di salvare anche quelli del passato.Pag. 31
In questo provvedimento sono previsti 4 miliardi di euro, almeno 2 in più di quelli che si potevano immaginare con la vendita ad Air France, e mi pare che il peso per i cittadini sia abbastanza elevato. Oggi diamo quattrini ad un'azienda decotta, senza molte proteste, prelevandoli dalle tasche dei cittadini, in modo indiretto (con la fiscalità), ma anche in modo diretto, giacché chi viaggia oggi paga 3 euro per ogni tratta, proprio per raccogliere denaro. Quindi, i cittadini pagano direttamente. Ieri ero a Potenza, dove ho ascoltato un intervento sul federalismo del Ministro Fitto, il quale ha detto sostanzialmente che quasi tutti sono oggi d'accordo, ma ciò perché quel progetto che era partito inizialmente è completamente cambiato, ma al punto tale che chiedo ai colleghi della Lega Nord, che ne hanno fatto una bandiera, se abbia ancora senso parlare e intitolare quel provvedimento come un provvedimento di federalismo fiscale.
Ce lo chiediamo, perché i cordoni della borsa restano saldamente in mano allo Stato. Il concetto di «costo standard» non è più un costo unico per tutto il territorio nazionale, ma varia a seconda dei territori e, quindi, è evidente che siamo di fronte ad un federalismo di tipo virtuale.
Allora, resta il federalismo reale, quello praticato in questi sei mesi. Vorrei ricordare i 300 milioni già dati ad Alitalia, più i 4 miliardi che diamo oggi, i 500 milioni per i rifiuti di Napoli, i 500 milioni dati a Roma senza alcun titolo, avendo un debito pro capite esattamente simile a quello di Milano, gli altri 350 milioni che sono stati dati a Palermo per i rifiuti, i 140 milioni dati al comune di Catania in decozione. Anche in quest'ultimo caso, parliamo di responsabilità che sarebbe prevista dal provvedimento di federalismo fiscale, ma chi è accusato nei due anni passati di aver falsificato il bilancio del comune di Catania oggi siede in questi banchi. Parliamo poi della legge finanziaria, nella quale non dovrebbe essere presente alcun intervento localistico, ma in cui sono previsti 40 milioni di euro per il terremoto del Belice, di cui quest'anno ricorrono i quarant'anni da quando è avvenuto.
Allora, voglio utilizzare un'immagine dell'onorevole Bersani, che ha detto di non aver mai visto maiali con un solo prosciutto. Mi piace molto questa immagine, per dire che, a questo punto, se tutti sono d'accordo, qualcosa non va. Vuol dire che, alla fine, con questo provvedimento, i costi della spesa pubblica aumenteranno e a pagare saranno i cittadini e i contribuenti, ai quali aumenteremo ancora le tasse. Ma l'Italia dei Valori, quel giorno, sarà a protestare insieme a quei cittadini.
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Commercio n. 9/1742/3, accolto dal Governo come raccomandazione.
Ricordo che l'ordine del giorno Lo Monte n. 9/1742/4 è stato accettato dal Governo.
Prendo atto che l'onorevole Iannaccone accoglie la riformulazione proposta dal Governo del suo ordine del giorno n. 9/1742/5, accettato dal Governo, purché riformulato.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Scilipoti n. 9/1742/6, non accettato dal Governo.
DOMENICO SCILIPOTI. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà, ma chiederei ai colleghi la cortesia di fare in modo che il Governo possa ascoltare con attenzione gli interventi dei colleghi.
DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per chiarire meglio il contenuto del mio ordine del giorno n. 9/1742/6, conoscendo già perfettamente il risultato del voto dell'Aula. Ritengo infatti - spero di sbagliarmi - che, per posizione già presa, l'esito della votazione sarà sicuramente negativo, ma su questo mio ordine del giorno occorre una riflessione a chiarimentoPag. 32delle considerazioni espresse nel mio precedente intervento e che non sono riuscito a completare.
L'ordine del giorno interviene sul comma 5-bis dell'articolo 2 del provvedimento oggi al nostro esame, che aumenta da uno a tre euro (ma materialmente poi da uno a quattro euro) la tassa che il passeggero deve pagare negli aeroporti italiani (vale a dire, acquistando un biglietto si paga una tassa di quattro euro).
Il primo euro di tassa è stato imposto nel 2004, il secondo nel 2005, il terzo è stato introdotto dal Senato e il quarto con un blitz da parte di una Commissione (al fine appunto di elevare la tassa a quattro euro): si tratta di quattro euro di tassa che vengono pagati dal viaggiatore e che vanno a finire nelle casse dello Stato!
Questi soldi dovrebbero servire, a quanto si dice, per la cassa integrazione. Abbiamo fatto una valutazione attenta e riflessiva, sempre per amore del dialogo e nel tentativo di fornire il nostro contributo attraverso la nostra riflessione, invitando i parlamentari a verificare ciò che noi affermiamo e sosteniamo all'interno di quest'Aula.
I viaggiatori che nell'anno 2007 sono risultati presenti negli aeroporti ed hanno utilizzato come mezzo gli aeromobili sono 135 milioni (il 50 per cento circa in partenza, il 50 per cento circa in arrivo). Dei 135 milioni di viaggiatori, 70 milioni sono quelli in partenza i quali, moltiplicati per tre euro, fanno una somma di 210 milioni annui, che dovrebbero servire per la cassa integrazione per la quale è, però, previsto un importo complessivo di 160 milioni.
Che senso ha, allora, disporre di 210 milioni annui di euro per tre anni, ma stabilire poi per la cassa integrazione una somma di spesa complessiva di 160 milioni?
Qualcuno dice che una parte di questi soldi può servire anche per fare aggiornamenti od altro, ma allora perché non si prevede di stabilire, all'interno del provvedimento, un termine a questa tassa pagata dal cittadino italiano? Il 25 per cento di coloro che utilizzano i voli sono persone che acquistano voli a basso costo, con biglietti aerei che costano da venti a venticinque euro e sui quali, dunque, quattro euro incidono moltissimo.
Quattro euro incidono moltissimo sia sui viaggiatori, sia sul turismo italiano, dal momento che questa tassa potrebbe comportare anche qualche problema per quanto riguarda le attività turistiche.
Non chiedevamo niente che fosse dell'altro mondo (lo dico ai colleghi presenti in Aula), né abbiamo chiesto al Governo la luna, bensì di considerare e verificare la possibilità di individuare mezzi diversi e di fissare un termine nel senso che questa tassa deve essere utilizzata al massimo sino alla fine del 2009.
PRESIDENTE. Onorevole Scilipoti, deve concludere.
DOMENICO SCILIPOTI. Ribadisco, in conclusione, ciò che abbiamo già proposto (e chiedo, pertanto, di porre in votazione questo ordine del giorno), ossia di impegnare il Governo ad adottare le opportune iniziative per trovare fonti di finanziamento alternative degli ammortizzatori sociali per i dipendenti Alitalia, al fine di non incrementare il costo delle tariffe aeree che hanno già subito forti rincari dovuti ai fenomeni di inflazione importata, derivanti anche dall'andamento del mercato dei prodotti petroliferi, nonché a fissare un periodo certo di validità dell'aumento dell'addizionale comunale sui diritti di imbarco, che non potrà superare il 31 dicembre del 2009. Non chiedevamo la luna...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Scilipoti.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Scilipoti n. 9/1742/6, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 33
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 484
Votanti 346
Astenuti 138
Maggioranza 174
Hanno votato sì 74
Hanno votato no 272).
Prendo atto che i deputati Misiti, Brandolini e Porfidia hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che i deputati Berruti, Vincenzo Antonio Fontana hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Prendo altresì atto che i deputati D'Antona e Colombo hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto astenersi.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Favia n. 9/1742/7, non accettato dal Governo.
DAVID FAVIA. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, chiedo al Governo di ripensare il suo parere contrario. Questo ordine del giorno - che nel frattempo credo sia stato sottoscritto dai colleghi Ceroni, Abrignani e Ciccioli - invita il Governo (al limite si può anche pensare ad una riformulazione) a valutare la possibilità di definire, quanto prima, un accordo di programma tra lo stesso Governo e la regione Marche per quanto riguarda la crisi del distretto umbro-marchigiano della meccanica, in relazione al quale, proprio questa mattina, vi è stata una riunione tra la regione Marche e il Ministro Scajola, che ha mostrato grande di disponibilità nei confronti di questo procedimento.
Pertanto, la pregherei, signor sottosegretario, se è possibile, di rivedere il parere del Governo e di proporci una soluzione attinente alla mia proposta o quant'altro crederà opportuno.
PRESIDENTE. Il Governo?
UGO MARTINAT, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, credo che si possa accogliere come raccomandazione l'ordine del giorno Favia n. 9/1742/7, purché il dispositivo venga riformulato nel senso di sostituire le parole «a concludere» con le seguenti: «a valutare la possibilità di definire».
PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Favia accetta la riformulazione proposta dal Governo e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1742/7, accolto come raccomandazione dal Governo.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Evangelisti n. 9/1742/8, non accettato dal Governo.
FABIO EVANGELISTI. Si, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, vorrei formulare al rappresentante del Governo l'invito che gli ha appena rivolto il collega Favia e che ho visto essere stato raccolto con attenzione e serietà.
Vorrei pregare i colleghi a prestare attenzione: il mio ordine del giorno n. 9/1742/8 impegna il Governo a fornire al Parlamento, entro trenta giorni dalla conversione in legge del decreto in esame, una stima aggiornata dei costi che lo Stato si accolla per i debiti pregressi di Alitalia. Non mi sembra una posizione eversiva, non mi sembra qualcosa di controproducente, mi sembra soltanto un giusto rispetto nei confronti di questa Assemblea.
Mi rivolgo al rappresentante del Governo: la sollecito a riformulare il suo parere sul mio ordine del giorno, magari accantonandolo, chiedendo lei stesso una riformulazione. Infatti, la posizione espressa mi sembra miope: basterebbe per noi trasformare questo ordine del giorno in un'interpellanza urgente e troveremmo, comunque, il modo per costringere il Governo a riferire in Aula.
PRESIDENTE. Il Governo?
Pag. 34UGO MARTINAT, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il Governo conferma il parere espresso.
PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Evangelisti n. 9/1742/8, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 491
Votanti 487
Astenuti 4
Maggioranza 244
Hanno votato sì 220
Hanno votato no 267).
Prendo atto che il deputato Esposito ha segnalato che non è riuscito a votare e che la deputata D'Antona ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'ordine del giorno Cimadoro n. 9/1742/9, non accettato dal Governo...
GABRIELE CIMADORO. Voleva togliermi la parola, signor Presidente?
PRESIDENTE. No, assolutamente, onorevole Cimadoro, lei, però, deve prima chiederla! Per toglierla - qualcuno mi suggerisce - bisogna prima chiederla.
Prego, onorevole Cimadoro, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1742/9?
GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, intervengo in merito ad un ordine del giorno sensato. Ho ascoltato l'appello accorato della Lega fatto in questa Aula dieci minuti fa, e credo anche di aver sentito e captato l'imbarazzo della Lega nel suo complesso nel votare questa fiducia.
Ripeto il concetto per chi non avesse sentito: ho ascoltato con molta attenzione le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia da parte della Lega in merito al provvedimento concernente il salvataggio dell'Alitalia, e credo che vi sia stato da parte loro un imbarazzo generale (l'abbiamo colto tutti, e non solo io). Su questa vicenda, che ormai sta diventando una vicenda annosa, probabilmente registriamo l'imbarazzo della maggioranza rispetto al salvataggio di una azienda cominciata male e finita peggio.
Il comma 10 dell'articolo 1 del provvedimento al nostro esame prevede, per la prima volta, dopo vent'anni dall'entrata in vigore della precedente normativa, che il commissario straordinario possa individuare l'acquirente a trattativa privata. Io mi fiderei poco di una trattativa privata organizzata per una piccola azienda o per una sola persona, figuriamoci per un'azienda così importante come l'Alitalia, ma soprattutto per un'azienda pubblica.
A vent'anni di distanza dall'entrata in vigore del decreto legislativo n. 270 del 1999, per la prima volta, voi introducete un principio che stravolge tutte le regole del mercato. Si prevede di operare con una trattativa privata, piuttosto che attraverso una procedura competitiva ad evidenza pubblica tra i soggetti. Si prevede, inoltre, che il prezzo di cessione non debba essere inferiore al prezzo di mercato. Questo dovrebbe essere il senso, ma noi non sappiamo qual è il prezzo di mercato. L'avete fissato?
Noi stiamo ancora aspettando di conoscere le spese, come richiedeva prima il nostro capogruppo Evangelisti. In altre parole, aspettiamo di sapere quali sono i debiti che Alitalia lascia, ma soprattutto vogliamo sapere qual è il prezzo di mercato di Alitalia.
Pertanto, su questa vicenda vorremmo avere un chiarimento, e vorremmo quanto meno che il Governo accogliesse questo ordine del giorno, per avere un minimo di chiarezza e per dare una risposta ai cittadini sulla questione Alitalia che ha imbavagliato e tenuto fermo il Governo per tanti giorni e la pubblica opinione perPag. 35mesi su tutti i giornali. Lo ripeto: vorremmo che venisse fatta un minimo di chiarezza e che fossero date delle risposte.
Pertanto, ferme restando le prerogative del Parlamento, chiediamo l'impegno del Governo a prendere le opportune iniziative, anche legislative, per ripristinare nel più breve tempo possibile, per l'individuazione degli acquirenti, procedure competitive ad evidenza pubblica nel rispetto della disciplina dell'Unione europea.
PRESIDENTE. Sta bene. Prendo atto che l'onorevole Cimadoro insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1742/9, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Cimadoro n. 9/1742/9, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 499
Votanti 494
Astenuti 5
Maggioranza 248
Hanno votato sì 227
Hanno votato no 267).
Prendo atto che il deputato Mastromauro ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che i deputati Ravetto e Marinello hanno segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbero voluto esprimerne uno contrario.
Prendo atto che l'onorevole Misiti accetta la riformulazione proposta dal Governo e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1742/10, accettato dal Governo, purché riformulato.
Ricordo che gli ordini del giorno Biasotti n. 9/1742/11, Valducci n. 9/1742/12 e Montagnoli n. 9/1742/13 sono stati accettati dal Governo.
Prendo atto, altresì, che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Ciccioli n. 9/1742/14, Cuomo n. 9/1742/15 e Laboccetta n. 9/1742/16, accolti come raccomandazione dal Governo.
Ricordo che l'ordine del giorno Compagnon n. 9/1742/17 è stato accettato dal Governo.
Prendo atto che l'onorevole Vietti accetta la riformulazione proposta dal Governo e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1742/18, accettato dal Governo, purché riformulato.
MASSIMO POLLEDRI, Relatore per la X Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASSIMO POLLEDRI, Relatore per la X Commissione. Signor Presidente, intervengo semplicemente perché abbiamo sottoscritto e abbiamo preso, come Commissione, l'impegno a delimitare in qualche modo il comma 1 dell'articolo 3, delimitazione che in particolare riguarda la responsabilità penale.
Ho sentito molti commenti, ma faccio presente che l'impegno è stato mantenuto perché il Governo ha espresso un parere favorevole sugli ordini del giorno Vietti n. 9/1742/18 e Amici n. 9/1742/21.
Tuttavia, ricordo che questo provvedimento, che viene vantato in forma più aperta, fa riferimento agli amministratori che si sono succeduti dal 18 luglio 2007 fino al 28 agosto 2008. Quindi, si tratta degli amministratori Cimoli (come amministratore delegato), Libonati, Prato e Police, e non mi sembra, se non forse nel primo caso, che tali amministratori siano stati indicati dal Governo Berlusconi.
PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Strizzolo n. 9/1742/19, accolto come raccomandazione dal Governo.
IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, non insisto per la votazione e intervengo per esprimere apprezzamento per il fattoPag. 36che il Governo ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno di cui sono primo firmatario. Mi auguro che si costituisca per davvero un tavolo a livello nazionale per rilanciare il comparto della chimica in Italia e che, con questo rilancio, sia risolto anche il problema dell'industria Caffaro di Torviscosa.
PRESIDENTE. Prendo, dunque, atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Strizzolo n. 9/1742/19.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Lulli n. 9/1742/20, accettato dal Governo.
ANDREA LULLI. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREA LULLI. Signor Presidente, intervengo per ringraziare il Governo del parere favorevole. Poiché, tuttavia, si chiede sostanzialmente una verifica dell'attuazione del decreto-legge presso le Commissioni parlamentari, ritengo che sarebbe utile un voto dell'Assemblea per accogliere la posizione del Governo nel merito.
PRESIDENTE. Prendo atto, dunque, che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Lulli n. 9/1742/20, accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Lulli n. 9/1742/20, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 504
Votanti 495
Astenuti 9
Maggioranza 248
Hanno votato sì 489
Hanno votato no 6).
Prendo atto che i deputati Mazzarella e De Pasquale hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Ricordo che l'ordine del giorno Amici n. 9/1742/21 è stato accettato dal Governo.
Chiedo al presentatore se insista per la votazione dell'ordine del giorno Meta n. 9/1742/22, accettato dal Governo.
MICHELE POMPEO META. No, signor Presidente, non insisto per la votazione e intervengo per ringraziare il Governo di avere accettato un ordine del giorno significativo. Infatti, nel provvedimento che vi apprestate a licenziare vi è un grande assente: i piccoli azionisti di Alitalia. Abbiamo battagliato affinché altri soggetti non tutelati da questo provvedimento venissero tutelati: il riferimento è alle azioni che abbiamo messo in campo che hanno fatto sì che nel perimetro degli ammortizzatori sociali fosse ricompresa una serie di lavoratori che non erano tutelati.
Per quanto riguarda i piccoli azionisti riteniamo che le strade possano essere due: una è il risarcimento per costoro delle vecchie azioni Alitalia ad un valore equo. Tuttavia, questa strada porterebbe di nuovo, per dir così, a far pagare Pantalone.
Vi è un'altra strada sulla quale chiediamo al Governo un'iniziativa chiara nei confronti della cordata CAI e riguarda la possibilità di uno scambio delle vecchie azioni Alitalia con nuove azioni CAI ad un valore di concambio equo. Ciò consentirebbe di recare un po' di giustizia nei confronti dei piccoli azionisti e consentirebbe sicuramente allo Stato di risparmiare in termini di investimenti e di risorse.
PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Meta n. 9/1742/22, accettato dal Governo.Pag. 37
Chiedo al presentatore se insista per la votazione dell'ordine del giorno Vico n. 9/1742/23, non accettato dal Governo.
LUDOVICO VICO. Signor Presidente, con questo ordine del giorno poniamo all'attenzione del Governo una delle tante questioni che conseguono all'effetto domino che la vicenda Alitalia porta con sé. Si tratta, infatti, delle imprese dei lavoratori dell'indotto dell'Alitalia. Per essere più precisi, si tratta di centinaia di imprese medie e piccole cui corrispondono migliaia di lavoratrici e di lavoratori che hanno intrattenuto, in via sostanzialmente prevalente, rapporti contrattuali di fornitura e subfornitura, sia industriale che di servizi, con le società sottoposte alle procedure di amministrazione straordinaria previste dal provvedimento al nostro esame.
Onorevole rappresentante del Governo, con questo ordine del giorno si chiede proprio al Governo, nella fase di risanamento della compagnia, di adoperarsi con la predisposizione di ulteriori provvedimenti mirati, volti ad assicurare misure a favore delle imprese e dei lavoratori del cosiddetto indotto.
Onorevoli colleghi, mi rivolgo a voi tutti: al nord, quanto al centro e al sud del nostro Paese, le imprese e i lavoratori dell'indotto di Alitalia si attendono impegni, si attendono attenzioni da parte del Parlamento e del Governo, e per questo motivo chiedo al Governo se intende rivedere il suo parere.
MASSIMO POLLEDRI, Relatore per la X Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MASSIMO POLLEDRI, Relatore per la X Commissione. Signor Presidente, il mio intervento è probabilmente irrituale, ma credo che la preoccupazione dell'indotto e quindi delle piccole e medie imprese sia una preoccupazione condivisa ed espressa anche da altri colleghi della maggioranza. Se posso permettermi, suggerisco una riformulazione: «impegna il Governo a valutare la possibilità di provvedere, con ulteriori provvedimenti, ad assicurare che l'operazione di risanamento della compagnia includa anche misure a favore delle imprese e dei lavoratori dell'indotto», sopprimendo l'ultima parte, in quanto forse troppo impegnativa per l'assunto del Governo.
UGO MARTINAT, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
UGO MARTINAT, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, così riformulato, il Governo lo accoglie come raccomandazione.
PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Vico n. 9/1742/23, accolto come raccomandazione dal Governo, così come riformulato.
LUDOVICO VICO. Signor Presidente, mi è sembrato di capire che vi è un accoglimento, sulla base della riformulazione.
PRESIDENTE. Sulla base della riformulazione «irrituale» proposta dall'onorevole Polledri.
LUDOVICO VICO. Quindi non è una raccomandazione, è un accoglimento, se ho capito bene.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole sottosegretario, lei è favorevole sull'ordine del giorno in esame, così come riformulato?
UGO MARTINAT, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Sì.
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Vico n. 9/1742/23.
Chiedo al presentatore se insista per la votazione dell'ordine del giorno Velo n. 9/1742/24, non accettato dal Governo.
SILVIA VELO. Sì, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SILVIA VELO. Signor Presidente, l'ordine del giorno in esame aveva ed ha un intento, per così dire, politico e di testimonianza, simbolico. Ci troviamo infatti di fronte, come è già stato detto oggi, all'ennesimo voto di fiducia, ci troviamo di fronte all'ennesimo decreto-legge, ci troviamo di fronte ad un metodo che questo Governo ha instaurato fin dall'inizio della legislatura, all'attuazione di una strategia, che è quella che tende ad espropriare il Parlamento del ruolo che la Costituzione gli ha affidato.
L'utilizzo della decretazione d'urgenza e il ricorso alla fiducia, che dovrebbero per loro natura rappresentare un'eccezione, sono diventate la prassi ordinaria con cui si governa. Col decreto-legge in esame, poi, si reitera un'altra prassi negativa, anch'essa instaurata fin dall'inizio della legislatura dalla maggioranza e dal Governo, cioè la prassi dello stravolgimento delle regole, dell'adattamento delle regole al bisogno del momento. Ciò è accaduto con il tentativo di salvare Retequattro, con le concessioni autostradali prorogate al di fuori delle norme e della prassi dell'evidenza pubblica, con il decreto-legge in esame, e ciò è grave, perché, appunto, come negli altri casi, si ribaltano e si bloccano le regole del libero mercato e le regole della concorrenza.
Il Governo ha preferito, per ragioni elettorali, far fallire la soluzione, quella con Air France, che era la più utile per la nostra compagnia di bandiera e, soprattutto, la più utile per il Paese. Per arrivare a questo obiettivo elettorale, si è ricorso alla modifica della normativa fallimentare, che regola i fallimenti delle aziende in crisi. Quindi stravolgimento delle regole, la loro riscrittura per piegarle al bisogno del momento. Noi, a questo punto - lo abbiamo detto più volte anche nelle settimane scorse - nonostante la nostra ferma opposizione ci auguriamo che l'operazione CAI, come può essere definita, vada a buon fine, nell'interesse di tutti.
Temiamo, tuttavia - e lo abbiamo denunciato durante la discussione sulle linee generali di lunedì scorso, come anche in sede di discussione in Commissione (l'unica che ci è stata consentita) - che questa operazione corra dei grossi rischi e che possa creare ulteriori danni ai cittadini (già oggi pesa notevolmente sulle spalle dei contribuenti). Temiamo le decisioni in sede comunitaria e le possibili impugnative da parte di soggetti italiani ed europei.
Oggi vi prendete una grande responsabilità, perché dovrà essere chiaro chi è causa di questo percorso e del danno erariale che esso potrà comportare. Tale responsabilità ha un peso ancora più grande, perché la vostra decisione di porre la questione di fiducia sul decreto-legge in oggetto e di non accogliere alcune serie proposte emendative e di modifica da noi avanzate, ha impedito al Parlamento di migliorare il provvedimento. L'ordine del giorno in esame, su cui il Governo ha espresso parere negativo, cercava in qualche modo di esprimere un principio: quello del riconoscimento delle regole che devono sottostare a tutte le procedure di questo tipo, regole che oggi sono state stravolte.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
SILVIA VELO. Chiediamo al Governo di evitare almeno l'estensione delle misure straordinarie contenute in questo provvedimento anche ad altre imprese operanti nel comparto dei servizi. Ci chiediamo come farete a dire di no in altre circostanze simili (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Velo n. 9/1742/24, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 504
Votanti 459
Astenuti 45
Maggioranza 230
Hanno votato sì 190
Hanno votato no 269).
Prendo atto che il deputato Nizzi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario, che il deputato Colombo ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che la deputata Anna Teresa Formisano ha segnalato di non essere riuscita a votare e che avrebbe voluto astenersi.
ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, visti i pareri che sono stati espressi dal Governo, presumo - ma non voglio anticipare nulla - che questo sia stato l'ultimo voto che abbiamo espresso, poiché gli altri sono pareri favorevoli. Vorrei semplicemente appellarmi alla sua esperienza, al suo equilibrio e alla sua attenzione ai nostri lavori per segnalarle che sono cinque volte (durante cinque votazioni) che la maggioranza in Aula dispone di 265, 266 o 267 deputati. Mi è sufficiente, signor Presidente, per invitarla a tenere conto di questo nell'ultima votazione.
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Burtone n. 9/1742/25, accettato dal Governo.
Chiedo all'onorevole Lovelli se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1742/26, accettato dal Governo.
MARIO LOVELLI. Signor Presidente, non insisto per la votazione e intervengo per ringraziare il Governo di aver espresso parere favorevole sul mio ordine del giorno. Mi consenta, tuttavia, un intervento breve a supporto di questo ordine del giorno, che merita qualche considerazione.
Le notizie di stampa di questa mattina, infatti, evidenziano come si stia, purtroppo, verificando nei fatti quel ridimensionamento del ruolo della nostra, ormai ex, compagnia di bandiera, che avevamo temuto, a causa della strada che il Governo ha voluto intraprendere contro ogni logica di mercato e di difesa dell'interesse nazionale. L'ultima decisione del commissario Fantozzi di tagliare massicciamente i voli dal 1o novembre, eliminando almeno dodici destinazioni internazionali con il nuovo orario invernale, conferma che la situazione è seria e che, comunque, quando - e se - l'offerta vincolante CAI si materializzerà, dopo l'assemblea del 28 ottobre prossimo, saremo in presenza di una compagnia molto più piccola. Con la fusione di fatto con Air One, infatti, essa dovrà cedere altre rotte e, probabilmente, si ritroverà con un numero di dipendenti ancora sovradimensionato.
Vi è poi il fatto che resta aperta l'incognita delle decisioni UE per il problema della restituzione del prestito ponte di 300 milioni di euro e che si sta trascinando la questione del partner estero, mentre, invece, a livello europeo, gli accordi fra i grandi network si stanno intensificando (da ultimo l'intesa per il doppio hub europeo Parigi-Amsterdam), mentre le contraddizioni e i malumori all'interno della maggioranza di Governo sono evidenti (basti pensare all'emendamento della Lega per la liberalizzazione di Malpensa, saltato per la posizione della questione di fiducia, e al fatto che il servizio bilancio della Camera ha comunque evidenziato incongruenze nel decreto-legge, a cominciare dal fondo dei conti correnti che dovrebbero alimentare i rimborsi per i piccoli azionisti e gli obbligazionisti di Alitalia). Ancora, vi è il fatto che la IATA chiede di rivedere il rincaro della tassa d'imbarco, che mette a carico dei passeggeri di tutte le compagnie l'onere finanziario del salvataggio di una compagnia in fallimento.Pag. 40Tutti questi fatti sono indicativi di una situazione che presenta ancora molte incognite e che - per quanto noi, come PD, abbiamo lavorato per evitare esiti peggiori - si presta a rischi molto gravi.
È indicativa a questo proposito proprio la situazione del sistema aeroportuale del nord-ovest e, in particolare, degli aeroporti dell'area ligure e piemontese, i quali, essendo inseriti nei grandi corridoi di traffico europei - il 24 Genova - Rotterdam e il 5 Lisbona-Kiev - possono subire le conseguenze di questa situazione. Nel ringraziare il Governo per aver accolto il mio ordine del giorno n. 9/1742/26, sottolineo l'esigenza che vi sia una gestione attenta della fase che si apre adesso, per evitare ricadute negative e danni per i territori interessati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Lovelli, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Nizzi n. 9/1742/27, accolto come raccomandazione dal Governo.
Prendo, altresì, atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Follegot n. 9/1742/28, accettato dal Governo.
Chiedo all'onorevole Fiano se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1742/29, accolto come raccomandazione dal Governo.
EMANUELE FIANO. Signor Presidente, ringrazio il Governo per aver accolto come raccomandazione il mio ordine del giorno n. 9/1742/29, ma lo sottoporrò al voto dell'Aula visto che, come sappiamo, l'emendamento a prima firma del collega Crosio, bocciato dal Governo, citava la necessità di avviare, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore di questo disegno di legge di conversione, le procedure di competenza volte alla promozione di nuovi accordi bilaterali nel settore del trasporto aereo, nonché alla modifica di quelli vigenti, al fine di ampliare il numero dei vettori ammessi ad operare sulle rotte internazionali ed intercontinentali, ovvero di ampliare il numero delle frequenze su cui è consentito operare a ciascuna parte.
In altre parole, la Lega chiedeva - giustamente, secondo noi - un processo di liberalizzazione degli slot che Alitalia lascerà liberi principalmente negli aeroporti di Malpensa e Linate. Alla Lega Nord, socio fondamentale di questo Governo, è stato detto di no. Infatti, è il suo Governo che ha detto di no alla Lega, al partito del nord, al partito che da anni si batte, come noi, perché gli aeroporti di Malpensa e Linate rimangano svincolati dal futuro di Alitalia. È il vostro Governo che vi ha detto di no!
Pertanto, mi rivolgo a tutta quest'Aula, a tutti i colleghi che pensano che il problema degli aeroporti di Malpensa e Linate sia un problema nazionale, di tutto il Paese, e che lasciare inoperosi, inutilizzati gli slot che Alitalia non utilizzerà sia un danno per l'economia di tutto il Paese. Infatti, se si ferma lo sviluppo del nord, si ferma lo sviluppo del Paese e, dunque, vi voglio alla prova dei fatti (Commenti del deputato Dozzo)! Dunque, questo ordine del giorno, che il Governo accoglie come raccomandazione, dice al punto a) del dispositivo: «garantire una puntuale verifica ed attuazione della disciplina in materia di utilizzazione degli slot inutilizzati sullo scalo di Malpensa, consentendo anche ad altri vettori di operare»; è questo il futuro della sopravvivenza di Malpensa e di Linate e dello sviluppo e dell'economia del Paese!
Se dunque siete coerenti con voi stessi votate, pertanto insisto per la votazione. Ringrazio il Governo per aver accolto il mio ordine del giorno come raccomandazione, ma voglio vedere come vota l'Aula (Applausi dei deputati del gruppo del Partito Democratico).
PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Fiano insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1742/29.
Pag. 41UGO MARTINAT, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
UGO MARTINAT, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Il Governo conferma il parere favorevole con la raccomandazione. Desidero ricordare all'onorevole Fiano che il suo ordine del giorno era stato accolto come raccomandazione proprio perché il Governo è sensibile al problema di Malpensa. Se l'onorevole Fiano si dichiara però disponibile a eliminare i punti b) e c), in quanto estranei per materia al decreto in oggetto, allora è un altro discorso. Diventa veramente strano allargare un discorso che esula dall'oggetto proprio del decreto medesimo. Invito quindi l'onorevole Fiano ad accettare che l'ordine del giorno, così come è stato proposto, sia accolto come raccomandazione, perché senza dubbio per noi il problema Malpensa è un problema sensibile.
PRESIDENTE. Onorevole Fiano, insiste per la votazione?
EMANUELE FIANO. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione, mantenendo i punti b) e c). Mi rivolgo al rappresentante del Governo: lei ha appena detto, acconsentendo ad un parere favorevole sul punto a), il contrario esatto di quanto il suo Governo ha detto sull'emendamento Crosio, che è stato bocciato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Crosio. Ne ha facoltà.
JONNY CROSIO. Signor Presidente, ho ascoltato con interesse il collega sulla questione in discussione. La Lega è stata molto chiara già nell'esprimere il voto. L'emendamento è stato tolto, ma sull'ordine del giorno in modo particolare (l'avevamo già presentato a suo tempo) vogliamo impegni molto chiari. Ritengo che questa sera, nella dichiarazione di voto finale, ribadiremo il concetto in maniera forte e chiara. Il nostro presidente Cota saprà rispondere in maniera esaustiva a tutti quanti in merito a tale questione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Fiano n. 9/1742/29.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
) (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
(Presenti 504
Votanti 483
Astenuti 21
Maggioranza 242
Hanno votato sì 271
Hanno votato no 212).
Prendo atto che il deputato Berardi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e che il deputato Mancuso ha segnalato di aver erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1472-A)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brugger. Ne ha facoltà.
SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, annuncio l'astensione da parte della componente delle Minoranze Linguistiche e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.
Pag. 42
PRESIDENTE. Onorevole Brugger, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.
AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, spero che l'Assemblea si calmi un po' in modo da poter discutere. L'argomento è così importante che richiede a tutti noi una grande attenzione. Il nostro voto sul provvedimento in esame - lo dico a priori, dopo le vicissitudini che abbiamo incontrato nel dibattito in Commissione, dove non è stato possibile offrire un contributo così come avremmo voluto, a seguito della scelta del Governo di porre la questione di fiducia - non può che essere negativo.
Non è soltanto per una questione formale, non è soltanto perché è stata posta la questione di fiducia o perché si è verificata la necessità di provvedere tramite decreto-legge (perché qui, in questo caso e per l'Alitalia c'erano le condizioni per provvedere con decreto-legge) ma diamo un giudizio negativo sul provvedimento perché non siamo d'accordo sul merito del provvedimento stesso.
In primo luogo il provvedimento è figlio di una decisione politica, di una decisione di carattere elettorale. Credo che, nel momento in cui voteremo per questo provvedimento, non potremo dimenticare che esso è effetto del diniego ad una soluzione migliore, che era stata preparata con una gara (e sappiamo benissimo chi si è opposto in quel momento).
È stato deciso, invece, per ragioni di parte, di portare l'azienda ad un livello ancora più basso da un punto di vista della cassa per potere intervenire - per dovere intervenire - in un modo completamente diverso da quello che si era materializzato con la scelta del Governo Prodi per la gara che ha portato alla vittoria di Air France-Klm.
Questo provvedimento mette in capo allo Stato, e quindi ai cittadini, i debiti della compagnia e tali debiti, che non sono stati quantificati e che pure noi abbiamo cercato di quantificare attraverso indagini personali, ci rendiamo conto che sfiorano i quattro miliardi di euro. Il Governo, evidentemente per pudore, non ha pubblicato le effettive cifre del debito della compagnia, ma ad Alitalia si affianca un'altra compagnia e quindi si pagano anche i debiti di quest'ultima, ossia Air One. Si tratta del frutto di una scelta provincialistica ed errata.
La seconda ragione per cui non voteremo a favore di questo provvedimento è che esso elimina o quasi annulla i poteri dell'Antitrust che in genere è garanzia della concorrenza e quindi è garanzia per i cittadini: infatti si difendono in questo modo, con la concorrenza, gli interessi dei consumatori. Invece, questo provvedimento annulla i poteri dell'Antitrust ed anche quelli che provengono dall'Europa, permane solo il potere regolatorio che non rappresenta la specifica attività dell'Antitrust.
Inoltre, il provvedimento esonera gli amministratori, i sindaci, i manager ed anche i dipendenti della pubblica amministrazione dalle responsabilità, addirittura penali, e quindi esonera coloro i quali sono stati i veri responsabili del crollo di Alitalia e del suo fallimento.
Conosciamo benissimo l'incidenza delle spese della compagnia per il 2007, basta leggere i risultati dei bilanci delle varie compagnie: già nel 2007 l'Alitalia ha affrontato spese, per il personale, per circa il 18 per cento del totale.
Noi sappiamo, leggendo gli altri bilanci, che Iberia ha speso il 26 per cento, Lufthansa e British Airways il 25 per cento e addirittura Air France oltre il 29 per cento. Ciò significa che non è responsabilità dei dipendenti se Alitalia è fallita. La responsabilità, invece, era proprio di coloro i quali vengono ora salvaguardati dal provvedimento in esame. Per tale ragione siamo contrari. Al contempo, siamo di avviso contrario anche perché, come hanno messo in rilievo diversi interventi e come è stato evidenziato anche nel corso della discussione sulle linee generali che si è svolta lunedì e martedì, sono stati abbandonati gli azionisti. Vendendo ad Air France avremmo venduto ad una cifraPag. 43sopra lo zero, 35 centesimi ad azione, per l'esattezza. Oggi, invece, il valore di quelle azioni è zero e anche gli obbligazionisti sono messi in ginocchio.
Il decreto-legge in esame favorisce una sola impresa, non scelta con una gara ma dall'advisor, dal commissario, senza alcuna gara. Anzi due imprese sono favorite: CAI e Air One. Inoltre, abbiamo scelto per legge, al fine di stabilire il valore degli asset di Alitalia, un advisor che è anche creditore di una delle due compagnie (ma non sappiamo a quanto ammontano i crediti di Air One verso Banca Intesa).
Invece, il decreto-legge in esame punisce i lavoratori. Pensate che esso sottintende non solo un ridimensionamento della compagnia ad una di livello regionale, con 150-160 aerei, ma vengono ridimensionati i piloti. Infatti, da oltre 2.000, sommando gli organici delle due compagnie, essi vengono ridotti, con 1.000 esuberi e, dunque, quasi un pilota ogni due. Ciò significa diminuire enormemente le risorse umane e tutti sappiamo quanto sia onerosa la formazione di un pilota.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 17,40)
AURELIO SALVATORE MISITI. Inoltre, vengono messi in cassa integrazione anche un operatore di volo e un assistente di volo ogni tre operatori in servizio. Infine, non si tiene conto affatto di quella miriade di lavoratori, i cosiddetti precari, che sono alcune migliaia. Si favorisce, pertanto, una cordata che non possiede alcuna esperienza nel trasporto aereo. L'unico imprenditore che ha qualche esperienza - augurandoci che non sia sopravalutato l'asset che conferisce alla CAI - è Air One, ma come sappiamo, Air One è una compagnia interna, con esperienza locale.
È necessario arrivare rapidamente alla scelta del partner internazionale e in una situazione internazionale in cui è in atto un processo di unificazione e di concentrazione delle compagnie per reggere la concorrenza (sapete ciò che sta avvenendo con Iberia, con Austrian Airlines e tra le altre grandi compagnie europee e americane), ebbene noi abbiamo pensato all'italianità.
Invece, abbiamo necessità, e spero che il Governo sia presente al tavolo perché non lo vedo...
PRESIDENTE. La prego, sottosegretario Brancher. Onorevole Misiti, la prego di concludere perché il suo tempo è terminato.
AURELIO SALVATORE MISITI. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente.
PRESIDENTE. Più che avviarsi dovrebbe proprio concludere.
AURELIO SALVATORE MISITI. Pertanto, per tutti questi motivi noi dell'Italia dei Valori non possiamo che esprimere un voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.
ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, colleghi, questo provvedimento, come è stato detto già nei giorni scorsi, ha sicuramente tagliato tutte le strade del confronto. Però, allo stesso tempo, è un provvedimento sul quale volevamo dare un contributo e portare suggerimenti che sicuramente avrebbero potuto migliorarlo, anche nell'interesse della maggioranza. Ma così non è stato: non ci è stato permesso di fare nulla.
Non voglio entrare nella polemica del metodo (la fiducia, il decreto-legge) perché ne abbiamo già parlato (forse lo farò alla fine), però sicuramente vorrei ricordare a quest'Aula quanto avremmo voluto fare per aiutare, in un momento difficile come quello che sta passando, ha passato e probabilmente passerà, la compagnia Alitalia. Penso al nostro impegno sul decreto-legge n. 80 del 2008 che è collegato al provvedimento in esame e passato (anche quello) con una forzatura.Pag. 44
Abbiamo tentato in qualche modo di inserirci cercando di richiamare l'attenzione (con passaggi come ad esempio i 300 milioni che da prestito sono diventati capitale) su una società che si sapeva benissimo non avrebbe fatto nulla con quei 300 milioni presi alle attività produttive, alle piccole e medie imprese e non da un «tesoretto», ma al fondo sociale che investe, quindi, il problema dei più bisognosi del nostro Paese.
Inoltre, non bisogna dimenticare due punti molto delicati ricordati poc'anzi anche da Misiti: la revocatoria e l'advisor. Avevamo presentato degli emendamenti soltanto per dire che non è giusto (perché c'è e resta) quanto previsto dal decreto-legge n. 80 del 2008 per cui gli atti e i pagamenti posti in essere da Alitalia non sono soggetti all'azione revocatoria. Si prevede cioè, facendo eccezione alla legge fallimentare, che gli amministratori della compagnia non saranno responsabili per aver provocato insolvenza o aver contratto obbligazioni inadempibili. Probabilmente era troppo per potercelo far portare avanti.
Con riferimento all'advisor richiamo la norma che permette all' advisor stesso non solo di creare le condizioni per la ricerca di una cordata, ma addirittura anche di poter fare tutto questo in proprio, dimostrando che si tratta di una vera forzatura. Questo c'è e pro futuro rimane e rimarrà anche per il resto.
Vorrei fornire, inoltre, alcune semplici indicazioni, che possono fare magari pensare alla superficialità, relative al problema del monopolio. Avevamo detto che il monopolio di per sé non deve esistere, a maggior ragione in una compagnia, e quindi avevamo proposto di ridurre, in una situazione di difficoltà, da tre ad un anno la possibilità che rimanga in regime di monopolio, senza parlare poi dei pedaggi e dei balzelli che continuano ad essere messi in tutte le occasioni, portando da uno a tre euro il costo pro capite dei passeggeri.
Su questo punto avevamo sicuramente ragione perché è di ieri la presa di posizione della IATA (che come voi sapete è l'associazione mondiale tra i 231 vettori più importanti) che ha richiamato il Governo a ritirare questa precisa disposizione e ritornare ad un euro. Infatti, è la prima volta che le compagnie, ma soprattutto i passeggeri, devono sopportare l'onere per finanziare (sono parole della IATA) una compagnia in fallimento, oltre che a dimostrare che l'Italia è inadempiente e incompatibile rispetto agli obblighi presi alla convenzione di Chicago.
Quindi, vorrei soltanto segnalare alcuni dei suggerimenti che volevamo dare, convinti che avrebbero aiutato questo provvedimento ad uscire in maniera migliore. Vorrei arrivare, infine, all'articolo 3, comma 1 dove effettivamente non si capisce perché (o forse si può anche capire), al di là della difficoltà dell'Alitalia, della difficoltà del momento, della necessità di trovare una soluzione (ma pur trovando una soluzione non si trova una giustificazione) si preveda un provvedimento di sanatoria che esenti da responsabilità amministratori, controllori, dirigenti, nonché pubblici dipendenti e anche i soggetti titolari di incarichi pubblici.
Questo non è possibile! Senza entrare, ma un passaggio lo voglio fare, sul comma cosiddetto salva manager. È stato ritirato, questo è vero, noi siamo stati i primi in quest'Aula, con gli emendamenti, a richiederlo, però se il comma 13-bis dell'articolo 1 è entrato al Senato certamente ciò non è avvenuto senza che nessuno lo sapesse; se il Governo fosse stato veramente all'oscuro non lo avrebbe fatto passare. Ben venga, ed è stata accettata da noi, la posizione: o se ne va questa modifica, o se ne va il Ministro. Ma questo è un disegno che sta andando avanti da tempo, come anche il discorso dell'emendamento Crosio approvato ieri mattina nelle Commissioni, che poi non è stato incluso nell'emendamento su cui è stata posta la fiducia; nonostante che, quando è stata posta la fiducia, è stato detto che il testo sarebbe stato quello uscito dalle Commissioni.
Quindi è un disegno per pochi, con il silenzio di molti, forse di troppi. Ce ne sono altre di situazioni come quella (che forse non c'entra in questo provvedimento,Pag. 45ma che di fatto segnala le difficoltà e le contraddizioni che ci sono quest'Aula, soprattutto nella maggioranza) che va a premiare con 140 milioni un comune, mentre contestualmente si chiede agli amministratori di fare sacrifici e di risparmiare, incentivando così la cattiva amministrazione che ha nomi e cognomi.
Per tornare al discorso CAI, si voleva salvare Alitalia, ma non è salvata; si voleva fare una compagnia di bandiera, ma non credo che ci sia una compagnia di bandiera. Non posso non ricordare come provvedimenti di poco tempo fa hanno creato dei privilegi per le concessionarie e certi concessionari in questo momento si trovano nella realtà CAI; è stata data loro per legge la possibilità di bypassare il CIP e quindi di non presentare i piani industriali che sono sinonimo di sicurezza nei lavori da fare nell'interesse di tutti i cittadini per quanto attiene alle autostrade.
Allora chi paga? Sono sempre i cittadini. In questi provvedimenti che da pochi mesi si stanno portando avanti il leitmotiv è sempre quello di privilegiare i pochi a discapito dei tanti. Noi vorremmo, lo abbiamo dimostrato dall'inizio di questa legislatura, sostenere dei provvedimenti, votarli, quanto meno non essere contrari. Abbiamo dimostrato negli ultimi giorni di avere un atteggiamento costruttivo rispetto al decreto-legge sui rifiuti, rispetto al cosiddetto lodo Alfano, rispetto alla scuola, cercando di cogliere tutti gli aspetti positivi all'interno di questi provvedimenti, mostrando quindi di essere un partito e un gruppo parlamentare serio. Salvo poi vedere quanto è successo nella Commissione affari costituzionali sulla legge elettorale per le europee che fa capire come qui dentro meno si parla, meno si coinvolge la gente, e meglio è.
Concludendo signor Presidente chiedo, per la responsabilità che ha sempre dimostrato il nostro gruppo, di poter contribuire al lavoro di questo Governo se è in grado di presentare qualcosa di credibile, ma non vediamo nulla ultimamente. Non vediamo qualcosa di concreto sulla piccola e media impresa (richiamo i 300 milioni dell'intervento iniziale), non vediamo nulla sul ceto medio in questi provvedimenti (si tratta solo di decreti-legge), non abbiamo visto un euro sulla famiglia nelle vostre proposte. Vi chiedo di farlo perché il Paese ha bisogno di segnali concreti e non soltanto di segnali di facciata.
È chiaro che a fronte di grande disponibilità e responsabilità si incontrano provvedimenti che tagliano la possibilità della discussione, dell'approfondimento, che non ci permettono nemmeno la possibilità di un suggerimento costruttivo, dimostrando secondo voi della maggioranza che l'opposizione non è in grado su tutti questi provvedimenti di dare neanche un segnale positivo. Capisco perché certe volte il nostro partito è tenuto lontano, perché non si vuole discutere, perché noi non avremmo alcuna disponibilità ad accettare provvedimenti così, tout court, senza aver prima fatto prevalere gli interessi generali.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ANGELO COMPAGNON. Perciò questo provvedimento così come è fatto, così come è stato blindato, è un provvedimento non solo opaco ma buio, oscuro per certi aspetti (privatizzazioni senza liberalizzazioni) non ha prospettiva di medio e lungo periodo ed ha un costo troppo elevato per i contribuenti e per Alitalia. Esalta purtroppo la sperequazione, distrugge il merito, fa a pugni con la legalità ed il bene comune. Nel suo complesso, crea più di un pericoloso precedente. Per questo il gruppo dell'UdC voterà contro (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, colleghi, la vicenda Alitalia è stata una delle vergogne di questo Paese per come si è sviluppata negli anni, un esempio di quello che non dovrebbe essere e non dovrebbe fare un'azienda a capitale pubblico.Pag. 46È un esempio di quello che non dovrebbe essere, cioè un posto dove sistemare amici secondo logiche clientelari e non un'organizzazione aziendale improntata a criteri di efficienza. È un esempio di quello che non dovrebbe fare, ossia muoversi in base a logiche diverse da quelle di mercato; lo abbiamo visto nelle scelte industriali: invece di andare incontro al mercato, si è scappati dal mercato.
La questione di Malpensa-Fiumicino e delle scelte strategiche conseguenti è, infatti, emblematica. Penalizzare l'aereoporto di Malpensa è stata una scelta fallimentare prima di tutto dal punto di vista del mercato: al nord c'è il mercato dei passeggeri e delle merci; al nord c'è il collegamento con il resto dell'Europa; al nord ci sono le prospettive di sviluppo legate all'Expo 2015. L'eredità lasciata dal Governo Prodi - vorrei qui ricordare che si è trattato di due anni di inconcludenza da parte del Governo Prodi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) - era pesante e il Governo ha dovuto sobbarcarsela; quindi, il decreto-legge era necessario, ma oggi in questa sede, a livello politico, vorremmo precisare alcune questioni.
Innanzitutto, vogliamo che CAI non ripeta gli stessi errori del passato e vorrei qui rimarcarlo soprattutto quando si discute di piani industriali, di scelte strategiche e anche di rapporto con le richieste che provengono dagli enti locali.
La seconda questione: noi abbiamo portato avanti l'eliminazione della norma «salva manager» e siamo contenti che si sia arrivati a tale risultato proprio con riferimento all'aspetto delle responsabilità penali, che è giusto cancellare per non dare messaggi fuorvianti, bensì messaggi chiari anche rispetto ai risparmiatori coinvolti in altre situazioni, come i casi Cirio e Parmalat.
La terza questione, ma non ultima per ordine di importanza, bensì prima dal punto di vista strategico, riguarda Malpensa: a noi preme lo sviluppo di questo aeroporto, non soltanto per una rivendicazione di tipo territoriale, ma anche perché senza Malpensa forte sono frenate le possibilità di sviluppo di tutto il sistema produttivo del nord e dell'intero Paese. Malpensa non può essere schiava di nessuno, neppure di Alitalia o di CAI (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Dunque, il tema della liberalizzazione delle rotte è centrale: vanno rinegoziati gli accordi bilaterali per consentire ad altri vettori di volare da e per Malpensa. Questo è un problema politico che la Lega pone e che il Governo - lo dico a lei, sottosegretario Martinat, che oggi è presente in Aula - deve affrontare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) perché noi non siamo disponibili a fare finta di niente o a fare passi indietro. Lo chiedono la Lega, la gente, il sistema produttivo gli amministratori locali, anche perché hanno acquisito una certa credibilità nei confronti degli elettori che li hanno votati e giustamente si sentono poi in dovere di rappresentarne gli interessi.
Noi siamo qui per rappresentare queste esigenze con chiarezza ed anche - lo dico e lo si è visto - con un certo disagio; il Governo lo sappia e, come si suol dire, «patti chiari e amicizia lunga» (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Froner. Ne ha facoltà.
LAURA FRONER. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, la decisione del Governo di porre la questione di fiducia sul disegno di legge di conversione del decreto-legge che interessa Alitalia segna uno strappo ulteriore al confronto democratico che auspicavamo impostando la nostra opposizione e che crediamo debba essere recuperato. Noi crediamo nel confronto democratico e sentiamo questa responsabilità di fronte agli italiani, soprattutto quando si tratta di riforme di cui questo Paese ha bisogno, di pianificare politiche di medio e lungo termine e di offrire il nostro contributo in uno scenario europeo e multilaterale capace di salvaguardare i cittadini, le famigliePag. 47e le imprese da quella che è stata ripetutamente descritta come la crisi economica e finanziaria peggiore dopo il 1929.
Il Governo, oltre ad aver offeso il Parlamento ricorrendo allo strumento del decreto-legge, ha posto la questione di fiducia su un provvedimento sul quale, una volta che esso sarà approvato, rimarranno pendenti troppe questioni di merito e di sostanza, che ci portano a definire la condotta e le misure proposte come una classica soluzione all'italiana, purtroppo nel senso peggiore del termine. Si tratta, infatti, di una privatizzazione i cui possibili futuri vantaggi sono privati, mentre i sicuri presenti debiti sono pubblici, quindi a carico dei cittadini. L'immagine e il giudizio europeo, se non internazionale, sono quantomeno imbarazzanti.
La soluzione contenuta nel provvedimento sul quale è stata posta la questione di fiducia, come dicevo, apre uno spaccato tipicamente italiano. Per uscire da una situazione scomoda, pericolosa e non più derogabile, cosa si fa in Italia? Si corre da qualche conoscente - in questo caso da qualche imprenditore, che non può dire di no -, se ne mette in piedi un gruppetto (al quale si chiede il favore di dimostrare responsabilità e coraggio) e si offre in cambio la garanzia di ottimizzarne i vantaggi economici.
Questo è il modo di risolvere i problemi praticato dall'attuale Governo. Si «vivacchia», ci si arrangia come si può, si trova un modo di uscire dall'impasse senza pensare troppo al futuro, perché al futuro ci pensa qualcun altro, come recitava uno slogan della campagna elettorale dell'attuale Presidente del Consiglio, sempre pronto a prendersi i meriti delle scelte anche altrui e sempre celere nello scaricare sugli avversari le colpe, spesso proprie, di una gestione dilettantistica, imbarazzante e miope della cosa pubblica.
La soluzione per Alitalia ha avuto l'unico merito di uscire dall'emergenza immediata e di mantenere una compagnia di bandiera. A dire il vero, la compagnia di bandiera vedrà ben presto l'ingresso di un partner straniero (cosa che, se non ricordo male, il Presidente Berlusconi inizialmente aborriva), che eserciterà senza che alcun dubbio un'influenza determinante sulle scelte dell'attività futura.
La soluzione e la strada intrapresa con CAI, però, fanno soprattutto rimanere sullo sfondo il problema delle regole, delle scelte strategiche prese a monte, dal prestito ponte al trasferimento degli asset dalla vecchia alla nuova compagnia e delle conseguenze del giudizio della Commissione europea sugli aiuti di Stato.
La soluzione CAI nasce in deroga alle regole dell'Antitrust a proposito delle concentrazioni industriali e nasce accompagnata dal tentativo maldestro di qualche senatore di maggioranza di inserire addirittura una norma che avrebbe sollevato i manager di questa e di altre imprese dalle loro responsabilità penali, nonché amministrative.
La soluzione CAI è accompagnata da un'evidente turbativa di mercato, che è stata denunciata alla Consob, messa in atto in maniera irresponsabile dal Governo, con le esplicite manifestazioni di preferenza per una soluzione piuttosto che per un'altra, per un'azienda piuttosto che per una concorrente. La soluzione CAI porterà all'aumento da 1 a 3 euro della tassa di imbarco per i passeggeri.
È una scelta che, come ha ricordato il collega dell'UDC, ha costretto il direttore generale di IATA a prendere carta e penna per scrivere ai Ministri Sacconi e Scajola che questa decisione è inaccettabile, poiché sarebbe la prima volta che altre compagnie ed i loro passeggeri dovrebbero sostenere gli oneri del salvataggio di una compagnia in fallimento. Mentre il Ministro Sacconi si precipitava stamattina ai microfoni di Radio 24 ad addolcire la pillola, giustificando la decisione quale tassa di solidarietà nei confronti dei lavoratori che perdono il posto di lavoro, ricordo che non sappiamo ancora quale sia il numero certo degli esuberi né quale sia la valutazione degli asset di Alitalia né, quindi, quale sarà il costo effettivo del passaggio dei debiti di Alitalia alla bad company.Pag. 48
Sappiamo, invece, che questo aumento sulla tassa di imbarco, per il finanziamento degli ammortizzatori, ha solo il sapore sociale di un'una tantum a favore dei lavoratori, mentre in realtà si traduce in un sistema di vasi comunicanti, il cui unico beneficiario è la nuova compagnia e gli unici a rimetterci sono i cittadini. È una sorta di aiuto di Stato che frutterà alle casse circa 100 milioni di euro l'anno e sarà prelevato direttamente dalle tasche dei viaggiatori.
Il Governo, quindi, che aveva promesso il taglio delle tasse in campagna elettorale, non sembra più ricordarsi di questa promessa. Non solo, appena insediato, non ha diminuito le tasse, anzi le ha aumentate, almeno fino al 2011, ma con la norma inserita in questo decreto-legge, su cui ha posto la questione di fiducia, mette le mani direttamente nelle tasche degli italiani e di tutti gli altri viaggiatori che si serviranno di CAI.
Permettetemi di porre un quesito di carattere generale: quale sarà l'atteggiamento di questo Governo e quali saranno le conseguenze per gli italiani, se in futuro, con una crisi internazionale così forte e prolungata, altre grandi imprese italiane, come recita il titolo di questo provvedimento, si troveranno in crisi e in procinto di fallire?
Il Governo si ostina a ricorrere a provvedimenti di urgenza, perché ha il fiato corto, perché si è rinchiuso nella convenzione della verità, senza passare per il confronto, nell'avarizia del controllo del potere, piuttosto che prendersi cura del Paese, che cogitarne insieme, come aveva a dire don Lorenzo Milani sull'essenza della politica.
Tutto questo, onorevoli colleghi della maggioranza ed esponenti del Governo, ci fa chiedere quale tipo di mandato stiate esercitando, quale disegno politico abbiate in mente per l'Italia, quale futuro prospettate alle famiglie e alle imprese italiane. Fuori da quest'Aula, si respira un'aria pesante, gli studenti universitari protestano nelle piazze e occupano le facoltà, fanno lezione in strada insieme ai ricercatori, che non avranno più borse di studio per la ricerca, i genitori degli scolari della scuola primaria sono uniti ai docenti nella preoccupazione per la qualità dell'insegnamento e per il futuro dei loro bambini, a seguito del provvedimento Gelmini.
Nei giorni scorsi, è stata approvata una mozione che prevede la discriminazione tra classi di alunni immigrati e alunni italiani. Il Presidente di turno dell'Unione europea, l'amico Sarkozy, manda a dire all'amico Silvio che sarebbe drammatico e irresponsabile abbandonare il pacchetto energia e clima con il pretesto della crisi finanziaria, come minaccia di fare l'Italia.
Il futuro di questo Paese si sta forgiando a forza di decreti-legge e questioni di fiducia, come quello di oggi, che contribuiscono ad aumentare la pressione fiscale, mentre i cittadini e le cittadine, le famiglie e le imprese ci chiedono rassicurazioni per il futuro, a cominciare dal presente. Ci chiedono, ad esempio, di abbassare il prezzo del carburante, visto che quello del petrolio si è dimezzato, di riuscire a pagare le rate del mutuo, di poter investire sulla propria crescita. Allo stesso tempo, in Italia aumenta il range della diseguaglianza tra ricchi, sempre più ricchi, e poveri, sempre più poveri.
Ricordo che il rapporto OSCE pubblicato ieri ci vede balzare al sesto posto della classifica, attestando una crescita del 33 per cento nelle discrepanze economiche, cioè nel divario tra ricchi e poveri, contro una media OSCE del 12 per cento e riducendo sempre di più le speranze di mobilità sociale per i giovani.
Per tutte queste considerazioni, per l'incombenza delle conseguenze e delle questioni ancora aperte sulla soluzione CAI per Alitalia, per la mancanza di rispetto dimostrata nei confronti delle istituzioni e del Parlamento italiano ...
PRESIDENTE. Onorevole Froner, deve concludere.
LAURA FRONER. ...per la pesante responsabilità che vi prendete nel votare un testo che verrà confutato dal possibile giudizio negativo della Commissione europeaPag. 49e dei competitor stranieri, per lo stravolgimento dei meccanismi di mercato che sono stati messi in campo con questa soluzione...
PRESIDENTE. La prego di concludere, il tempo a sua disposizione è scaduto.
LAURA FRONER. ...annuncio, signor Presidente, il voto contrario del Partito Democratico sul provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vignali. Ne ha facoltà.
RAFFAELLO VIGNALI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, invito tutti in quest'Aula, almeno quest'oggi, a giudicare a partire dai fatti, perché un fatto, un solo fatto, vale più di mille opinioni e di mille parole.
Il fatto reale, incontrovertibile, è che la nostra compagnia di bandiera è salva, ed è salva grazie all'impegno del Presidente Berlusconi e del Governo. Oggi la compagnia di bandiera è salva e non è più un carrozzone statale, ma un'azienda gestita imprenditorialmente: è salva, a dispetto di chi, oggi in quest'Aula, dice che era meglio farla fallire, ma non diceva lo stesso mentre cavalcava la protesta; è salva, a dispetto di chi avrebbe preferito che il salvataggio fallisse, incurante degli oltre ventimila posti di lavoro che si sarebbero persi, pur di assistere ad un fallimento del Governo Berlusconi (un fallimento che però, per fortuna non del Governo ma del Paese, non c'è stato perché la compagnia di bandiera è salva).
È così salva la stragrande maggioranza dei posti di lavoro, grazie alla disponibilità della CAI e grazie alla tenacia paziente e convinta della Presidenza del Consiglio e del Governo.
Sono state previste misure di grande riguardo per il personale in esubero (sette anni di accompagnamento), non verranno abbandonati gli azionisti (chi non convertirà le sue azioni con quelle della nuova compagnia di bandiera verrà infatti rimborsato) e sono salvi alcuni asset decisivi per la nostra economia, in particolare per il nostro turismo e per l'export, che oggi possono contare su una nuova compagnia in grado di accompagnare il loro incremento e il loro sviluppo. Questo è il fatto, questi sono i fatti; il resto sono chiacchiere, ma le chiacchiere stanno a zero e gli italiani sanno che differenza c'è tra i fatti e le chiacchiere.
Il secondo aspetto riguarda le modalità di questo salvataggio, sulle quali si è molto discusso in questa sede. Si è coinvolta una compagine imprenditoriale seria: nella CAI c'è il meglio dell'imprenditoria italiana e di questo non si può non essere fieri!
Chi ha un po' di esperienza di impresa non si azzarderebbe mai a sostenere, come è stato ripetuto anche poco fa, che prima si sceglie il partner e poi si decide con chi stare: il partner - e di minoranza - lo si sceglie dopo che si è deciso chi si è e dove si vuole andare, non prima (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!
Inoltre, visto che qui si invoca sempre la concorrenza internazionale, provate voi a comprare il controllo di Air France e vedete se lo Stato francese ve lo lascia fare! Non si capisce fra l'altro, a proposito della nuova compagnia, perché chi dieci anni fa era definito un «capitano coraggioso» oggi sarebbe diventato un soldato di ventura, un prezzolato, un ricattato e non invece, quale è, un industriale serio e non uno speculatore (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!
Devo poi dire francamente che ci vuole molto più coraggio ad investire oggi sulla compagnia di bandiera che dieci anni fa su Telecom, e questo giudizio vale anche per gli altri imprenditori della cordata, sia i partner industriali, sia quelli finanziari.
È stato più volte ripetuto che si regalava Alitalia ai privati, ma non c'è niente di più sbagliato, perché qui non è stato regalato niente a nessuno. Lo Stato in questo caso ha fatto fino in fondo il suo ruolo e non ha regalato proprio nulla. Se un regalo era ipotizzato, era stato ipotizzato prima dal Governo precedente ed eraPag. 50la svendita ad Air France, che avrebbe reso l'Italia e la sua economia - la nostra economia - una colonia francese.
La stessa considerazione vale sulle procedure. Chi oggi critica il Governo, ed era al Governo fino a pochi mesi fa, si faccia un esame di coscienza: mi riferisco a una finta gara per allontanare chi non era gradito, salvo poi ripescare uno dei concorrenti, in trattativa privata, che non era nemmeno quello che aveva presentato il piano industriale migliore a detta dello stesso Governo.
La stessa questione vale per la scelta del Governo precedente di puntare su Fiumicino e di penalizzare Malpensa. Una scelta miope perché ha ignorato una verità palese: i sistemi di mobilità sono a servizio, innanzitutto, dell'economia, delle merci e delle persone che viaggiano per lavoro, e la locomotiva economica del Paese gravita su Malpensa, non su Fiumicino. Per un'impresa fare la tratta Milano-Roma, Roma-Parigi, Parigi-altra destinazione, è un costo che grava sulla competitività. Non è un problema di comodità, è un problema di competitività del nostro sistema.
Si tratta di una scelta miope perché dettata da una ricerca di consenso. Che altra spiegazione potrebbe avere la cancellazione dei voli da Malpensa per la Cina, scambiati con un nuovo volo, ad esempio, Fiumicino-Los Angeles. Forse, perché a Los Angeles vi è Hollywood? Ma la nostra economia non vive di festival del cinema, vive di altro.
Il piano industriale, non politico, riequilibra molto le cose e assegna a ciascuno il suo compito: prevede di valorizzare i territori del Paese secondo la loro vocazione ed il loro interesse economico, perché è un piano industriale e non politico dettato dal consenso.
Si passa, così, dall'hub unico alla strategia multipunto che si articolerà su sei aeroporti base. Ci saranno settantatré destinazioni servite da Malpensa, quarantaquattro da Roma, nove da Napoli, e tre per ciascuno da Catania, Torino e Venezia. Infatti, le destinazioni si decidono a partire dal mercato e non da altro, in una situazione che riequilibria i territori, che tiene insieme questo Paese, Fiumicino come Malpensa.
Oggi arriviamo, però, solo alla fine del primo atto fondamentale, che è il salvataggio della compagnia di bandiera. Vi è ancora da fare: vi è da operare una revisione del nostro sistema di mobilità e dei trasporti, occorre vigilare - e il Governo lo farà - perché i viaggiatori non debbano subire aumenti ingiustificati. Peraltro, a breve, entrerà in vigore l'alta velocità che il Governo Berlusconi, anche nel mandato precedente, ha fortemente voluto. L'alta velocità ferroviaria si porrà in posizione di concorrenza competitiva con il trasporto aereo a beneficio dei cittadini e dei consumatori.
Concludendo, l'opposizione, in questi giorni si è stracciata le vesti per la decretazione d'urgenza e la posizione della questione fiducia; quella stessa opposizione, che, però, non è molto disponibile a modificare i Regolamenti di questo Parlamento che andrebbero ammodernati.
Chiunque guardi alla vicenda con una obiettività minima, non può non chiedersi: se non in questo caso, se non per un'azienda che stava per fallire, quando si deve ricorrere alla decretazione d'urgenza? Quando la casa va fuoco, si chiamano i pompieri per spegnere l'incendio; non si fanno l'esame del sangue e le analisi ai pompieri, non si chiede loro il patentino o gli esami di scuola; si spenge l'incendio e così giustamente si è fatto.
Dall'opposizione ci saremmo aspettati un atteggiamento di maggiore responsabilità - lo dico francamente -, una responsabilità di cui va dato atto ad altri, compresi anche i sindacati che, chi prima, chi dopo, si sono assunti una responsabilità che non abbiamo visto nell'opposizione.
Ci saremmo aspettati più responsabilità, perché in questa vicenda non è in gioco l'interesse di qualcuno, di qualche persona, ma il bene del Paese e il Paese non premia chi urla, ma chi costruisce con responsabilità.
Il nostro, dunque, sarà - e lo sarà convintamente - un voto favorevole e loPag. 51sarà convintamente per il bene del nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
(Coordinamento formale - A.C. 1742-A)
PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1742-A)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 1742-A, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 999 - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134, recante disposizioni urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese in crisi» (Approvato dal Senato) (1742-A):
Presenti 526
Votanti 523
Astenuti 3
Maggioranza 262
Hanno votato sì 285
Hanno votato no 238
(La Camera approva - Vedi votazionia
).
Prendo atto che le deputate Angela Napoli e Carfagna hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole.
Sull'ordine dei lavori (ore 18,17).
MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi il nostro collega Calogero Mannino è stato assolto dalla Corte di appello di Palermo (Applausi). Questa decisione mette la parola «fine» ad un calvario giudiziario durato quattordici anni e passato per quattro processi. Mannino ha subito il carcere, la gogna mediatica, l'emarginazione dalla vita politica e l'isolamento sociale, tutto per un'accusa che oggi si appalesa ingiusta.
Mannino ha accettato il giudizio, si è difeso nel suo processo e mai ha contestato la legittimità del sistema giudiziario (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Partito Democratico) limitandosi a far valere le sue ragioni fino in fondo nelle aule di giustizia. Lo aspettiamo al suo ritorno fra questi banchi, restituito alla sua piena dignità di uomo e di parlamentare, per continuare a condividere le nostre battaglie, forte della sua lunga esperienza, arricchita anche da questa tragedia. Ci auguriamo, onorevoli colleghi, che la vicenda giudiziaria di Calogero Mannino possa aiutare questo Parlamento ad intervenire in materia di giustizia senza spirito di rivalsa, ma per evitare che una simile ingiustizia possa ripetersi (Applausi).
GIANCARLO LEHNER. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANCARLO LEHNER. Signor Presidente, vorrei solo aggiungere alcune parolePag. 52a quanto testé affermato; ad esempio, Calogero Mannino ha subito una persecuzione giudiziaria indegna di un Paese civile. Ha dovuto fare ventitré mesi di carcere preventivo in maniera gratuita (non vi era alcun pericolo né di fuga né di inquinamento delle prove), ventitré mesi di carcere preventivo che lo ridussero - lo ricordo perché allora scrissi vari articoli sul suo caso - in fin di vita. Perse 30 chili e non si capisce quale giustizia sia questa, che infierisce su una persona che, fino a prova contraria, è innocente.
Voglio aggiungere un'altra riflessione: Calogero Mannino è stata una delle vittime, non poche purtroppo, di un reato che non c'è e che io spero in questa Camera, prima o poi, abbia una chiarificazione giuridica (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Partito Democratico). Voglio chiudere il mio intervento con una notazione che credo sia sfuggita ai più: Calogero Mannino comunque una colpa ce l'aveva, e gravissima: era cattolico e credeva in Dio. Perché - attenzione - è una colpa gravissima?
Perché, - porto un solo esempio - un noto pubblico ministero di Palermo, al secolo Roberto Scarpinato, scrisse su Micromega uno pseudo-saggio storico e sociologico affermando - vi giuro che è vero anche se sembra incredibile - che il modello precipuo del boss mafioso è il Dio della Bibbia, il Dio del Vecchio Testamento colpendo così l'intera cultura giudaico-cristiana.
Facciamo attenzione, perché queste erano le strutture culturali di un certo modo di fare antimafia sino a coinvolgere addirittura alcuni valori: peraltro, oltre al Dio della Bibbia, era messo in gioco addirittura il valore della famiglia come modello per il mafioso. Chiedo un applauso - spero di tutti - perché Calogero Mannino dopo quattordici anni di calvario vero, duro e gratuito è stato assolto (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Unione di Centro).
ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervengo su un altro argomento, ossia semplicemente perché vorrei che fosse chiaro a lei e soprattutto ai colleghi della maggioranza, a proposito di senso di responsabilità e di chi se lo assume, che se in quest'Aula oggi è stato possibile convertire in legge il decreto-legge Alitalia, ciò è avvenuto grazie al fatto che l'opposizione ha garantito il numero legale in quanto la votazione che si è svolta (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)... Sì, dovete proprio ringraziare, perché se non siete neanche in grado, in occasioni come queste, di garantire il numero legale, con la presenza del Ministro degli esteri e di ministri arrivati all'ultimo momento al banco del Governo, qualche problemino dovreste porvelo, anche in relazione a quello che accade ogni settimana quando «andate sotto» perché non siete presenti.
Poiché l'opposizione, anche rispetto a questo argomento, è stata accusata di non avere senso di responsabilità, sia chiaro ai colleghi della maggioranza e anche alla Presidenza della Camera che oggi questo provvedimento è stato approvato perché l'opposizione è stata presente in Aula, ha fatto la sua battaglia, ha votato contro, ma così facendo ha garantito ai 285 votanti, 9 in meno di quanti sarebbero stati sufficienti per il numero legale, di approvare questo provvedimento. Lo dico, signor Presidente, anche in vista di tanti altri argomenti che dovremo affrontare di particolare rilievo e importanza sui quali non è più accettabile che la maggioranza si presenti ogni volta in condizioni per le quali dobbiamo rinviare le sedute, perché non ha i numeri, perché litiga in aula (come è successo la settimana scorsa) o perché, in modo così palesemente inaccettabile, neanche su un provvedimento che hanno sbandierato a destra e a sinistra, come tutto affidato al loro merito, è in grado di essere in aula per votarlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
SALVATORE CICU. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SALVATORE CICU. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo su un argomento diverso da quelli trattati in quanto un violento nubifragio in queste ore si è abbattuto sulla provincia di Cagliari e sull'hinterland del basso Sulcis. Il bilancio è pesantissimo: quattro morti, centinaia di feriti, case allagate, treni e aerei fermi e soprattutto la mancanza di energia elettrica costringono in questo momento ad una situazione di blocco totale.
Pertanto, signor Presidente, chiedo che il Governo venga immediatamente informato perché i danni stimati ammontano ad oltre 20 milioni di euro e c'è necessità assoluta che venga fatta una valutazione effettiva per aderire alla richiesta delle autorità, innanzitutto del sindaco del capoluogo, di dichiarare lo stato di calamità naturale.
Vorrei peraltro, signor Presidente, ringraziare a nome anche di tutti i colleghi, la prontezza dei vigili del fuoco, della protezione civile e del V reggimento della brigata Sassari, che hanno evitato altre morti e altri feriti. Quindi, credo sia necessario che si intervenga immediatamente.
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Cicu. La Presidenza trasferirà al Governo le sue richieste. A nome di tutti i colleghi, esprimo alle famiglie di coloro che sono rimasti vittime del fortunale le più sentite condoglianze della Camera dei deputati.
EMANUELE FIANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO. Signor Presidente, vorrei rubare solo qualche minuto all'Assemblea per ricollegarmi ad un fenomeno trasversale, che sta percorrendo il Paese nelle ultime settimane e che risponde all'appello fatto da un uomo, uno scrittore: Roberto Saviano.
Credo che sia utile, anche nella Camera dei deputati, pensare a quel messaggio, non pensando solo a Roberto Saviano, ma anche alle centinaia e migliaia di agenti delle forze dell'ordine o di semplici cittadini che sono toccati in maniera drammatica dal fenomeno della camorra e, in generale, dal fenomeno delle mafie nel nostro Paese.
Con il suo permesso, così come hanno fatto migliaia di persone nelle ultime settimane in Italia - trasversalmente, di qualsiasi fede politica o convinzione essi fossero - vorrei leggere qualche riga del romanzo Gomorra (Commenti): «Vai avanti, fai quello che devi fare, il resto non vale nulla, perché la minaccia non è sempre una pallottola tra gli occhi, che ti scaricano fuori dalla porta di casa. Ti sfogliano lentamente, una foglia al giorno, fin quando ti trovi nudo e solo a credere che stai combattendo con qualcosa che non esiste, che è un delirio del tuo cervello. Inizi a credere alle calunnie che ti indicano come un insoddisfatto che se la prende con chi è riuscito e per frustrazione li chiama camorristi. Giocano con te come con lo Shanghai. Tolgono tutte le bacchette di legno senza farti muovere, così alla fine rimani da solo e la solitudine ti trascina per i capelli. È uno stato d'animo che qui non ti puoi permettere. È un rischio, abbassi la guardia, non riesci più a comprendere i meccanismi, i simboli, le scelte».
Concludo, signor Presidente: «Quella radice a fittone che si incunea nel terreno ho imparato a riconoscerla negli sguardi di chi ha deciso di fissare in volto certi poteri». Spero che qui dentro, in quest'Aula, non ci dimenticheremo mai di chi è impegnato giorno e notte della sua vita contro le mafie nel nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
BENEDETTO FABIO GRANATA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
Pag. 54
BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, nello stesso spirito e con le stesse motivazioni, senza aggiungere altro: «Tutti quelli che conosco sono morti o sono in galera. Io voglio diventare un boss, voglio avere supermercati, negozi, fabbriche, voglio avere donne. Voglio tre macchine, voglio che quando entro in un negozio mi devono rispettare, voglio avere magazzini in tutto il mondo. E poi voglio morire. Ma come un uomo vero, uno che comanda veramente. Voglio morire ammazzato.
Questo è il nuovo tempo scandito dagli imprenditori criminali, questa è la nuova potenza dell'economia. Dominarla a costo di ogni cosa. Il potere prima di ogni cosa. La vittoria economica più preziosa della vita. Della vita di chiunque e persino della propria. I ragazzini di Sistema avevano iniziato a chiamarli perfino "morti parlanti". In un'intercettazione telefonica contenuta nel decreto di fermo, emesso dalla procura antimafia nel febbraio 2006, un ragazzo spiega al telefono chi sono i capizona di Secondigliano: sono guagliuncelli, morti parlanti, morti viventi, morti che si muovono... Bello e buono, prendono e ti uccidono, ma tanto la vita è già persa. Capi ragazzini, kamikaze dei clan che non vanno a morire per nessuna religione, ma per denaro e potere, ad ogni costo, come unico modo di vivere che valga la pena».
Per queste motivazioni, con una decisione assunta all'unanimità nell'ufficio di Presidenza, la presidente Aprea, il 7 novembre, ha annunciato al Parlamento che la Commissione cultura della Camera sarà presente a Casal di Principe (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Partito Democratico).
GIUSEPPE CONSOLO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente e colleghi, sarò telegrafico: non desidererei ascoltare mai più, da oggi in poi, lezioni di bon ton parlamentare che ci impartisce l'onorevole Giachetti. È veramente intollerabile che, dopo che noi si è garantito il numero legale - e i voti espressi parlano chiaro - debba alzarsi il solito rappresentante dell'opposizione per ricordarci che i provvedimenti sono stati approvati grazie al loro voto.
Guardate, colleghi, che questo Paese lo stiamo governando noi e si vedono i risultati (Commenti)!
PRESIDENTE. Colleghi, per favore...
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, vorrei evitare che la maggioranza non apprezzasse il fatto che oggi, non per la prima volta, ma in maniera del tutto chiara e palese per la prima volta in termini di numeri, non era in grado di licenziare un provvedimento, in quanto il voto finale aveva la necessità di ottenere 292 voti. Ne ha ottenuti 285. La matematica non è un'opinione.
GIUSEPPE CONSOLO. Più venti!
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Questa non vuole essere una lezione, ma il numero legale per poter licenziare il provvedimento finale era 292. Quindi, la maggioranza - se vuole ascoltare - quando la prossima volta l'opposizione eventualmente non sarà in Aula, dovrà avere almeno sette presenze in più per poter licenziare un decreto-legge che, ovviamente, interessava tutto il Paese, ma in particolare era nato su iniziativa del Governo che, nonostante la presenza dei Ministri, non è stato in grado di garantire che quel numero richiesto dai Regolamenti parlamentari fosse ottenuto all'interno di questo Parlamento.
Pertanto, la prossima volta, ascoltiamoci di più e ascoltiamo di più anche parti della maggioranza, che su alcune questioni vorrebbero parlare ma che, quando ponete la questione di fiducia, nonPag. 55sono in grado neanche esse stesse di prendere la parola e far valere le proprie proposte. Quindi, da questo punto di vista, agiamo come Parlamento e non semplicemente come eserciti l'un l'altro contrapposti. Ascoltiamoci, e non facciamoci lezioni reciproche. Questa non è - lo ripeto - una lezione, ma semplicemente un tentativo di ricordare anche all'onorevole che è intervenuto prima, che non solo i numeri, ma anche il Regolamento, vanno rispettati per onore di questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
FEDERICO PALOMBA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, intervengo brevemente per manifestare l'angoscia che viviamo noi sardi - in modo particolare io che sono di Cagliari, ma anche tanti altri colleghi - per essere qui a svolgere il nostro dovere, mentre le nostre popolazioni sono travagliate e colpite da questo gravissimo fenomeno. Sono a contatto con le istituzioni e so che stanno rispondendo in maniera straordinaria a ciò che sta accadendo. Ringrazio anche lei, signor Presidente, per quello che potrà fare per sollecitare il Governo a predisporre tutti gli interventi necessari in questa drammatica situazione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
PAOLO FADDA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PAOLO FADDA. Signor Presidente, purtroppo devo dare una notizia ai colleghi: quanto riferito dal collega Cicu è parzialmente vero, nel senso che, purtroppo, i morti sono cinque e non quattro, e la situazione è sempre più disperata, perché il tempo tende a peggiorare. Quindi, ringraziamo lei, signor Presidente, per le parole di cordoglio espresse per le famiglie, e chiediamo anche noi che il Governo venga immediatamente in Aula a riferire su quanto è accaduto in Sardegna (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Nel corso della seduta sono stati avanzati alcuni rilievi in ordine alla mancata espressione del parere della Commissione bilancio sui provvedimenti di cui è prevista la discussione generale in Assemblea nella giornata di domani (in particolare il decreto-legge in materia di giochi e il disegno di legge collegato in materia di internazionalizzazione delle imprese).
Al riguardo rilevo che i termini previsti dal Regolamento per l'espressione dei pareri nel corso dell'esame in sede referente devono essere contemperati con il principio secondo il quale la Commissione ha l'obbligo di chiudere i propri lavori in sede referente in tempo utile per assicurare il rispetto del calendario dei lavori dell'Assemblea stabilito in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo. Ciò vale in particolare per i disegni di legge di conversione, in relazione al termine di sessanta giorni fissato per la loro conversione in legge.
In questo contemperamento si deve, ovviamente, tener conto dello specifico valore procedurale (a tutela del rispetto dell'articolo 81 della Costituzione) che il parere della Commissione bilancio riveste.
A tali fini, secondo la prassi costante, ove non sia comunque possibile acquisire il parere della Commissione bilancio nel corso dell'esame in sede referente, lo stesso viene reso per l'esame in Assemblea.
Come è noto, infatti, sul testo essa può esprimere parere favorevole subordinatamente ad alcune modifiche, che - ove finalizzate al rispetto dell'articolo 81, comma quarto, della Costituzione e nel caso in cui la Commissione non si sia adeguata - vengono trasformate direttamente in appositi emendamenti, non subemendabili, né suscettibili di votazione per parti separate.
Proprio tenendo conto di tale quadro regolamentare, ciò che è assolutamente necessario è che il parere della CommissionePag. 56bilancio sia reso prima che l'Assemblea adotti le proprie deliberazioni.
Comprendo il valore delle osservazioni poste, in particolar modo, dall'onorevole Baretta e lo spirito che le anima, ovvero l'affermazione dell'importanza che il parere della Commissione Bilancio riveste nell'ambito dell'istruttoria legislativa; tuttavia, la situazione odierna - dal punto di vista strettamente fattuale - non diverge da quella in cui questa Assemblea si è trovata in numerosissimi casi in questa e in precedenti legislature.
Fermo questo quadro normativo e i precedenti, con riferimento al disegno di legge collegato, la Presidenza si è adoperata perché la Commissione bilancio si esprima nella giornata odierna, prima che la Commissione di merito concluda l'esame in sede referente.
Per inciso, ricordo che l'inizio dell'esame del disegno di legge collegato è stato rinviato già tre volte e che nell'ultima riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo si è convenuto unanimemente di prevedere per domani la discussione generale.
Discussione del disegno di legge S. 1018 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, recante interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario (Approvato dal Senato) (A.C. 1772) (Esame e votazione di una questione pregiudiziale) (ore 18,40).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, recante interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario.
(Esame di una questione pregiudiziale - A.C. 1772)
PRESIDENTE. Ricordo che è stata presentata la questione pregiudiziale Di Pietro ed altri n. 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 1772).
Avverto che, a norma del comma 3 dell'articolo 40 e del comma 3 dell'articolo 96-bis del Regolamento, la questione pregiudiziale può essere illustrata per non più di dieci minuti da uno solo dei proponenti. Potrà altresì intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi per non più di cinque minuti.
MATTEO BRIGANDÌ. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, vorrei che lei ponesse attenzione ad un fatto: la questione pregiudiziale in esame si basa sulla non conformità ad alcuni articoli della Costituzione (ma questo lo illustreremo dopo) e sul criterio di irragionevolezza.
Ben è conosciuto il fatto che la Corte costituzionale reputi il criterio di irragionevolezza come un criterio per il quale si possa cancellare una norma dal nostro sistema, ma è altrettanto vero che, in primo luogo, in nessuna parte della Costituzione è scritto che si debba avere un criterio di irragionevolezza, e che, in secondo luogo, a mio parere, la Corte costituzionale non è in una posizione gerarchica superiore rispetto alla Camera e al Senato e, quindi, è apodittico il poter pensare che quindici giudici della Corte costituzionale possano dichiarare che novecento deputati e senatori siano irragionevoli. Tuttavia, a questo punto, oggi saremmo costretti a votare in questa Camera un criterio di irragionevolezza su quello che diciamo, e tutto ciò mi appare irragionevole.
Ritengo pertanto che debba essere estromesso dal discorso che stiamo affrontando in relazione alla questione pregiudiziale in esame il criterio di irragionevolezza, dal momento che la Camera non può giudicare se stessa irragionevole.
PRESIDENTE. L'onorevole Palomba ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Di Pietro e altri n. 1, di cui è cofirmatario.
Pag. 57
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, cercherò di essere ragionevole nel mio intervento e di dimostrare che ci sono ben altre ragioni perché la Camera accolga la pregiudiziale in esame. Siamo chiamati a valutare il decreto-legge n. 143 del 2008, attraverso il quale il Governo si prefigge due obiettivi: il primo è quello della gestione del Fondo per la giustizia; il secondo, previsto nell'articolo 1, è quello di porre rimedio ad una situazione sempre più drammatica di mancata copertura degli uffici giudiziari. Tale situazione è conseguente all'approvazione da parte del Parlamento della norma dell'ordinamento giudiziario (l'abbiamo votata anche noi, non è questo il punto), il quale vieta di assegnare agli uffici giudiziari con funzioni monocratiche i magistrati all'ingresso in carriera, nei primi quattro anni di attività. Si sta verificando una situazione veramente drammatica negli uffici giudiziari, e cioè una difficoltà estrema a coprire soprattutto le procure della Repubblica.
In questi giorni il Consiglio superiore della magistratura ha dovuto constatare che un «bollettone» (così si chiama una serie di bandi) per la copertura di diverse sedi giudiziarie, e soprattutto di uffici della procura della Repubblica, è andato deserto. A Brescia nove posti erano vacanti e nessuna domanda è pervenuta, a Pavia sono rimasti vacanti tre posti.
Il Governo intende, con il decreto-legge in oggetto, porre rimedio a questa situazione, essenzialmente attraverso due strumenti: il trasferimento d'ufficio e gli incentivi economici e di carriera. In questo modo spera che si possano coprire le vacanze determinate sia dai trasferimenti, sia dal fatto che ci sono poche vocazioni ad accettare uffici di procura (anche per il timore della separazione delle carriere), sia infine dal fatto che, in alcune sedi giudiziarie, non possono essere mandati i magistrati nella prima fase della loro carriera. Questa è la premessa dalla quale muoviamo.
Ma la questione pregiudiziale in esame, a parte le eccezioni di merito ovvero le questioni e le valutazioni di merito che formuleremo in Commissione, intende censurare un malvezzo che dall'inizio della legislatura si sta incardinando in questa Camera. Si tratta del malvezzo di presentare al Capo dello Stato il testo di un decreto-legge, che viene da lui firmato ed emanato, per poi, in corso di lavori, inserirvi nuove disposizioni attraverso emendamenti estranei al testo emanato dal Capo dello Stato, e spesso assolutamente stravaganti rispetto al medesimo.
Abbiamo denunciato più volte questa situazione, la denunciamo anche in questa sede e la denunceremo sempre, perché si tratta di un malvezzo costituzionale che viola le prerogative del Capo dello Stato e pone lo stesso Presidente della Repubblica in grave difficoltà nell'ipotesi in cui dovesse promulgare una legge nella quale ci sono disposizioni che egli non aveva precedentemente sottoposto al vaglio di costituzionalità e si trovasse pertanto di fronte a una situazione estremamente delicata, ossia nella necessità o di rinviare il provvedimento contenente alcune disposizioni costituzionalmente illegittime ovvero di promulgarlo nonostante la presenza di tali disposizioni. Ritengo che questo malvezzo debba essere fatto cessare e anche lei, signor Presidente, può esercitare un'alta autorità e un'alta vigilanza affinché ciò avvenga. Bisogna smetterla di trascurare e di non rispettare le prerogative del Presidente della Repubblica!
Anche nel decreto in oggetto sono presenti due disposizioni che - come oramai siete soliti fare - avete inserito nel corso dei lavori della Camera. Una di esse peraltro è estremamente criptica. Essa infatti dispone che è abrogata una certa disposizione che ne abrogava un'altra che ne modificava un'altra, con riferimento ad altre due disposizioni.
Anche questo malvezzo della tecnica legislativa deve essere evitato. C'è la speranza che nessuno se ne accorga, ma siccome noi siamo abituati a considerare che il trucco ci sia sempre, riteniamo che sia nostro dovere andare a spulciare esattamente la situazione e a vedere tutte le carte per evitare che possa passare qualchePag. 58trucco. Non ne vogliamo far passare una, perché in termini di regole non si transige.
Sappiamo che si potrebbe fare un ragionamento: si potrebbe dire che ci asteniamo in quanto, anche se alcune disposizioni sono costituzionalmente illegittime, comunque cerchiamo di non travolgere il testo nel suo complesso, cerchiamo di salvare almeno le parti che è opportuno salvare. Si tratterebbe di un errore drammatico, in primo luogo perché sulle regole non si transige: se alcune disposizioni sono incostituzionali, bisogna rimandarle indietro. In secondo luogo non è detto che questo provvedimento - mi riferisco all'articolo 1 - sia poi così risolutivo riguardo ai problemi che si prefigge di risolvere, anzi abbiamo molteplici ragioni per ritenere che, sebbene possa essere in qualche modo alleviata la situazione, tuttavia non sia affatto risolutivo il ricorso agli incentivi economici e di carriera che, tra l'altro, non guardiamo con particolare favore.
Questo dubbio, questo sospetto è stato accresciuto dall'audizione di questa mattina, in Commissione, dell'Associazione nazionale magistrati, la quale ha confermato che gli incentivi non saranno assolutamente risolutivi e che, ben presto, ci troveremo ad affrontare una drammatica scopertura negli uffici giudiziari, soprattutto di procura, i quali ben presto non potranno più fare fronte alle udienze. Questo decreto-legge tende essenzialmente a mettere al riparo da queste difficoltà, ma in realtà non ci riesce, in quanto questi incentivi sono considerati altamente insufficienti.
Possiamo contestare così legittimamente la costituzionalità di alcune disposizioni e dire che se questo provvedimento viene rimandato indietro, viene considerato incostituzionale e non si procede alla sua discussione, poco male, perché non ci sarà nessun danno, ed anzi si potrà mettere mano a provvedimenti di tipo diverso. Se ne parliamo è solo per dire che non vale la pena di salvare un provvedimento con profili di incostituzionalità solo per lasciare in piedi contenuti che non sono affatto risolutivi.
Passiamo ai due punti specifici, più vistosi, di incostituzionalità. Il primo riguarda l'inserimento del comma 8-bis all'interno dell'articolo 1, che prevede modifiche alla legge 4 maggio 1998, n. 133, che riguarda proprio gli incentivi. Il comma 8-bis, che è stato surrettiziamente introdotto al Senato, abroga l'articolo 36 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160. Risparmio tutti i riferimenti normativi, perché ci sarebbe da perdere la testa, ma, semplificando, il senso è che ci sono stati dei magistrati che sono stati sospesi dal servizio o hanno lasciato il servizio in conseguenza della pendenza di procedimenti giudiziari nei quali sono stati successivamente assolti. Si prevede che essi possano essere reintegrati in servizio, ma una norma introdotta con la legge finanziaria del 2007 aveva previsto che ciò potesse avvenire non oltre il settantacinquesimo anno di età, così come avviene per tutti i magistrati. Con questa norma, invece, il Governo afferma che ora la riassunzione delle funzioni può protrarsi anche oltre i settantacinque anni e, quindi, potenzialmente anche oltre gli ottant'anni. Credo, anzi sono sicuro, che il Governo non sia certo ispirato da un'esigenza di svecchiamento della magistratura, né di funzionalità della giustizia.
Noi pensiamo che il Governo sia ispirato solo da uno storico vizio nel quale spesso incorre, ossia quello di fare leggi ad o contra personam
PRESIDENTE. La prego di concludere.
FEDERICO PALOMBA. La legge contra personam più clamorosa fu quella dell'ordinamento giudiziario, ossia la legge contra Caselli, questa norma, invece, è la norma pro Carnevale.
In questo modo si consente, anche ad un magistrato di ottanta anni, di arrivare alla carica di primo presidente della Corte di cassazione.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
Pag. 59
FEDERICO PALOMBA. Mi avvio a concludere, signor Presidente. Pertanto, questa è una norma incoerente.
Il secondo aspetto di incostituzionalità, signor Presidente, è quello che riguarda la gestione del Fondo per la giustizia regolato, anche in questa circostanza, con una norma introdotta al Senato e pertanto non prevista nel decreto-legge originario. In tale norma si prevede che il Presidente del Consiglio possa mutare l'assegnazione alle esigenze della giustizia o della sicurezza, così vulnerando due funzioni essenziali. Per tale ragione, signor Presidente, riteniamo che debba essere accolta la questione pregiudiziale di costituzionalità (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà per cinque minuti.
DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, noi del Partito Democratico condividiamo sostanzialmente nel merito i rilievi illustrati dall'onorevole Palomba e descritti nel documento dell'Italia dei Valori, ma riteniamo che le questioni poste (sono tante le questioni che riguardano il merito di questo provvedimento) non vadano affrontate in sede di pregiudiziale di costituzionalità, bensì attraverso - speriamo - un approfondito dibattito parlamentare, nelle sedi proprie della Commissione e dell'Aula.
Riteniamo, infatti, che i piani di intervento debbano essere differenziati. Nel provvedimento legislativo in esame più che di violazione di norme e principi costituzionali si coglie, infatti, per alcune disposizioni, in particolare per quella che prevede la secca abrogazione dell'articolo 36 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, frutto di un emendamento della maggioranza in Aula al Senato, una sostanziale incoerenza e disomogeneità con il resto del disegno di legge. Infatti, il disegno di legge di conversione del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, è ispirato e dedicato a interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario e, in particolare, all'individuazione di strumenti idonei a garantire la copertura di sedi cosiddette disagiate degli uffici giudiziari, che normalmente si trovano al sud e nelle isole, ma che ora non sono più situate soltanto lì. Sappiamo, ad esempio, che sarà sicuramente considerata sede disagiata, per essere rimasta scoperta per ben due volte - è riportato in varie pubblicazioni - una sede del nord come Brescia, dove vi sono nove posti di sostituto tuttora scoperti.
Pertanto, quell'emendamento presentato in Aula all'ultimo momento ha soppresso una norma che ragionevolmente aveva bilanciato diversi interessi in gioco e che prevedeva che, seppur attraverso una ricostruzione della carriera, coloro che a seguito di una sentenza di proscioglimento erano rientrati in servizio, ma superavano i 75 anni, non avrebbero più potuto aspirare alla copertura delle funzioni direttive più alte. Invece, in Aula è stato approvato un emendamento dell'ultima ora e, ripetendo quanto già detto dall'onorevole Palomba, quell'emendamento ha un nome e un cognome nella sua finalità, ma non ha nulla a che vedere con l'esigenza di primario interesse di efficienza e funzionalità degli uffici giudiziari che il disegno di legge si propone.
Ma confidiamo. Noi del Partito Democratico vogliamo ugualmente confidare che un dibattito costruttivo nella sede propria, la Commissione giustizia, possa far addivenire la maggioranza ad un logico ripensamento, per evitare che provvedimenti legislativi caratterizzati, comunque, dallo sforzo di individuare soluzioni di miglioramento del servizio giustizia siano anche essi, questa volta, etichettati come strumenti per l'inserimento di provvedimenti ad personam, contrari a tutte le normative relative al pubblico impiego.
Anche l'altra questione, quella del Fondo unico della giustizia e delle sue modalità di gestione, non è affrontata, in questi interventi che si sono ripetuti e soprattutto con quello che è in discussione, in maniera coerente perché più che violazione di principi costituzionali, in realtà si deve parlare della mancanza diPag. 60un disegno organico. Infatti, la ripartizione delle somme che derivano dalla giustizia non sono esattamente quantificate né quantificabili e vengono destinate genericamente, per non meno di un terzo, al Ministero della giustizia e al Ministero dell'interno e le altre alle entrate del bilancio. È forte la discrezionalità nella distribuzione delle somme - sia pur temperata con qualche sforzo al Senato - che viene attribuita al Presidente del Consiglio, che diventa, così, assoluto arbitro di decidere nel caso di urgenti necessità derivanti da circostanze gravi ed eccezionali del Ministero dell'interno e di quello della giustizia. Inoltre, va rimarcata l'assenza dell'individuazione di specifici investimenti sul terreno dell'organizzazione, dell'informatica e della valorizzazione del personale dell'amministrazione del Ministero della giustizia, che è sempre più trascurato e compresso nei tagli dell'organico a causa della riduzione della spesa pubblica.
Ma questi e altri punti del disegno di legge riteniamo - noi del Partito Democratico - siano questioni che debbano essere approfondite e discusse in un confronto costruttivo, teso a migliorare e a rendere coerente ed efficace il testo rispetto alle premesse e alle finalità che sono proprie e che sono state assunte dal Governo per giustificare l'intervento urgente relativo alla funzionalità del sistema giudiziario.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
DONATELLA FERRANTI. Per questi motivi, concludo, signor Presidente, dichiaro il nostro voto di astensione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.
MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, vorrei semplicemente dire alcune cose in riferimento ai punti esatti della questione pregiudiziale. In primo luogo, è falso quanto è stato detto in riferimento al giudice Caselli poiché egli aveva tutti gli spazi per presentare la sua candidatura e non l'ha fatto perché sarebbe stato bocciato. Ciò risulta dai verbali del Consiglio Superiore riportati in Aula dal Ministro del centrosinistra.
In riferimento specifico a questo provvedimento, esso è perfettamente costituzionale. Per ciò che riguarda le questioni di bilancio (in riferimento cioè all'articolo 81 della Costituzione) siamo fuori campo perché questo provvedimento è al di fuori dell'ottica del bilancio, in quanto si tratta semplicemente di assegnazioni a Ministeri che poi andranno a bilancio.
Per ciò che riguarda, invece, il rilievo che il provvedimento sia ad personam, intanto non lo è perché è generale e astratto e poi il risarcimento, ove si possa in maniera specifica è sempre preferibile ad un risarcimento monetario, che può far diventare più ricchi, ma non può restituire, come abbiamo visto prima per Calogero Mannino, quello che gli è stato tolto. Per tali motivi voteremo contro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.
ENRICO COSTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, cari amici dell'Italia dei Valori che siete i proponenti di questa questione pregiudiziale, ritengo che la vostra frenesia di opporvi sempre e comunque al Governo non si fermi di fronte a nulla. Avete scelto di sparare nel mucchio e di non entrare nel merito dei provvedimenti, ma di abbatterli prima che questi vengano discussi.
Utilizzate in modo strumentale e pretestuoso lo strumento della pregiudiziale di costituzionalità, vi è però sfuggito un particolare che, secondo me, è piuttosto rilevante: vi siete dimenticati che il vostro gruppo al Senato ha votato a favore di questo provvedimento. Immagino che, o manchi il coordinamento tra il gruppo alla Camera ed il gruppo al Senato, oppure questo dimostra in modo chiaro ed inequivoco la strumentalità della vostra proposta (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Ma voi forse lo sapete che, dopo la riforma dell'ordinamento giudiziario chePag. 61da voi è stata chiesta ed è stata energicamente approvata (la controriforma rispetto alla legge Castelli), a causa dell'introduzione del divieto per i giovani magistrati di ricoprire determinati uffici, moltissimi uffici giudiziari presentano una scopertura di organico superiore al 30 per cento, ma anche con punte del 75 e dell'80 per cento (pensiamo ad Enna, a Gela, a Nicosia e, addirittura, a Piacenza)?
Immagino che forse non sappiate che ammonta complessivamente a 80 il numero dei posti vacanti nei soli uffici requirenti di primo grado ubicati in Sicilia, in Calabria ed in Campania. Ed oggi voi chiedete di bloccare un provvedimento che pone rimedio a questa situazione, un decreto che prevede benefici economici e di carriera ed agevolazioni di altro genere per i magistrati che andranno, anche a seguito di trasferimenti d'ufficio, a lavorare dove nessuno intende recarsi.
Era norma richiesta, una norma attesa ed invocata, ed era richiesta anche dall'opposizione, quella stessa opposizione che oggi punta a bloccarla e a bocciarla. La pregiudiziale in esame, per entrare nel merito, pone due questioni di legittimità costituzionale: per la violazione dell'articolo 81 e dell'articolo 3 della Costituzione.
La prima ha per oggetto il comma 7-bis dell'articolo 2 relativo alla possibilità di modificare le quote minime (non meno di un terzo) riservate ai Dicasteri della giustizia e dell'interno per le risorse intestate al fondo unico di garanzia.
La norma contestata stabilisce che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri tali quote minime possano essere modificate in caso di urgente necessità. È, sotto il profilo costituzionale, una norma ineccepibile che si ispira ad una ratio chiara e pienamente condivisa. Quando ci sono delle gravissime esigenze legate alla giustizia ed alla sicurezza si provvede immediatamente attraverso un aumento della quota di fondo a favore del Dicastero interessato, che sia il Dicastero della giustizia o quello dell'interno. In sostanza, per i territori del Paese dove le forze di polizia non hanno dotazioni adeguate per controllare gli stessi territori, attraverso la norma che l'Italia dei Valori contesta è possibile reperire immediatamente i fondi per far fronte alla situazione. Questo è per voi incostituzionale: è così incostituzionale da bloccare l'intero decreto-legge?
Secondo i colleghi dell'Italia dei Valori il comma 7-bis violerebbe l'articolo 81 della Costituzione, che prevede una sorta di riserva di legge per ciò che attiene al bilancio dello Stato. Nel caso in esame tale principio costituzionale sarebbe violato in quanto attraverso un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sarebbe possibile modificare, a determinate condizioni, la quota minima di questa riserva. Ciò invece è perfettamente conforme alla Carta costituzionale, perché il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri trova la sua fonte e la sua legittimazione in una norma di legge: il comma 7-bis dell'articolo 2. Tale disposizione non soltanto è legittima sotto il profilo costituzionale, ma è anche opportuna nel merito in quanto tale decreto è uno strumento celere, elastico, che consente di agire immediatamente, perché laddove ci sono esigenze legate alla giustizia o alla sicurezza non si può attendere oltre.
La seconda questione è ancora più infondata. Mi soffermo soltanto ad evidenziare la ratio di questa norma, essa è chiarissima: chi è stato assolto in un procedimento giudiziario ha gli stessi diritti di chi non è stato assoggettato a tali procedimenti. La norma che oggi voi ritenete incostituzionale ribadisce semplicemente la disciplina vigente prima del 2007. Incostituzionale era semmai la norma che non avesse riconosciuto i diritti di taluni.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ENRICO COSTA. È ragionevole non consentire ad una persona di avere la possibilità di ricostruire la propria carriera interrotta da un procedimento giudiziario risultato poi infondato? Secondo me non è ragionevole, ed è proprio per questo che noi voteremo contro la vostra proposta (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Pag. 62PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.
ROBERTO RAO. Signor Presidente, l'Unione di Centro si asterrà sulla questione pregiudiziale presentata dall'Italia dei Valori in relazione a questo decreto-legge. Il provvedimento tenta, a nostro giudizio, anche se in via sperimentale, di risolvere un problema annoso per gli organici della magistratura, sopratutto nel Mezzogiorno, quindi in tutte quelle sedi in prima linea contro la criminalità organizzata (mafia, sacra corona unita, 'ndrangheta e camorra), ma anche in tutte le altre che hanno su tutto il territorio nazionale una quota di posti vacanti non inferiore al 20 per cento di organico.
La relazione illustrativa, infatti, nel rimarcare l'esigenza di sopperire alle carenze di organico del personale di magistratura nelle cosiddette sedi disagiate rimaste vuote per difetto di aspiranti, evidenzia che l'intervento normativo proposto riveste carattere d'urgenza, essendo necessario coprire almeno in parte - sostiene la relazione - l'elevato numeri di posti in organico attualmente vacanti in sedi giudiziarie nelle quali si sta verificando una progressiva paralisi dell'attività di indagine e dell'intera giurisdizione penale.
Con riferimento alle disposizioni in materia di trasferimento d'ufficio a sedi disagiate ricordiamo che il primo comma dell'articolo 107 della Costituzione, nello stabilire il principio della inamovibilità dei magistrati, prevede che essi non possano essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso.
In sintesi, anche se il testo in esame non risolve in via definitiva l'emergenza sopra accennata, bisogna tuttavia rilevare come esso si muova nella direzione di cercare una collaborazione tra Consiglio superiore della magistratura, Associazione nazionale magistrati e Parlamento, al fine di individuare soluzioni concrete ai problemi della giustizia nel nostro Paese. Anche se oggi, nel corso di un'audizione dell'Associazione nazionale magistrati in Commissione giustizia i suoi rappresentanti hanno espresso forti perplessità su questo provvedimento, soprattutto nella previsione che nonostante questa legge non si arriverà a coprire le sedi vacanti.
Se questo meccanismo non funzionasse cosa succederebbe? Si dovrebbero chiudere le sedi? Occorre, e lo rileveremo in sede di discussione nel merito del provvedimento, una clausola che garantisca comunque una copertura anche nel caso del perdurare di posti vacanti. Inoltre, è stato sollevato il problema di disparità di trattamento, ma anche di questo parleremo nel merito del provvedimento.
Occorre però rilevare che nel corso dell'esame l'Assemblea del Senato ha approvato un emendamento in forza del quale le quote minime delle risorse intestate al Fondo unico giustizia possono essere modificate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in caso di urgenti necessità.
Infine, una riflessione a parte merita la norma che abroga l'articolo 36 del decreto legislativo n. 160 del 2006, eliminando così il limite di età dei 75 anni per la copertura delle funzioni direttive, con esclusione di quelle di primo grado, per i magistrati che dopo la sospensione del rapporto di servizio e la quiescenza anticipata siano stati reintegrati in servizio a seguito del definitivo proscioglimento in sede penale. Ancora una volta, nella definizione di un provvedimento, si intuisce un profilo personalistico, per di più in un articolato che, almeno nelle intenzioni, avrebbe dovuto avere altro oggetto e altro contenuto; ma ciò è ormai un vizio di questo Esecutivo.
Se da una parte non si rileva una conclamata violazione dell'articolo 3 della Costituzione per la natura particolare della disposizione che riguarda situazioni specifiche, dall'altra sembrerebbe opportuno riflettere, nel merito, sulla razionalità e sulla coerenza di tale provvedimento che disponendo un'estensione limitata riaccende, come ho già detto, le polemiche sulle leggi ad personam.Pag. 63
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
PRESIDENTE. Onorevole Rao, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Nessun altro chiedendo di parlare, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla questione pregiudiziale Di Pietro ed altri n. 1.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 491
Votanti 302
Astenuti 189
Maggioranza 152
Hanno votato sì 22
Hanno votato no 280).
Prendo atto che la deputata Capano ha segnalato che non è riuscita a votare e che avrebbe voluto astenersi.
La discussione sulle linee generali avrà luogo in altra seduta.
Sull'ordine dei lavori (ore 19,05).
PIERLUIGI CASTAGNETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato la parola, perché mi consente di rimediare ad un disguido che è intervenuto qualche momento fa e che ci ha impedito di associarci al compiacimento per la sentenza che ha riguardato il nostro collega, l'onorevole Calogero Mannino. Esprimo compiacimento perché questa sentenza finalmente ha liberato il nostro collega, sia pure dopo tanti anni e dopo inaudite sofferenze personali e familiari, da un'accusa infamante, ingiusta e infondata che chi lo conosce e chi gli è amico ha sempre considerato tale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
FABIO GARAGNANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, non ho chiesto la parola prima per non ritardare l'ordine dei lavori, ma desidero in breve illustrare quanto è accaduto in questi giorni nella mia città, Bologna. Si tratta di un problema che riguarda questioni giudiziarie di rilevanza nazionale e, in particolare, un consigliere comunale di Bologna, della minoranza, per il quale è stato chiesto il rinvio a giudizio per il fatto di avere divulgato notizie di gravi irregolarità, di violazioni vere e proprie della legge, nonché del degrado di una struttura alberghiera riservata al ricovero e all'accoglienza di rom. Ebbene, per il fatto di avere denunciato pubblicamente e divulgato notizie nell'esercizio delle sue funzioni, su richiesta del sindaco, il procuratore della Repubblica ne ha chiesto il rinvio a giudizio.
Credo che sia un fatto da citare in questa sede perché è emblematico di un tipo di condizionamento nell'operato di un eletto dal popolo, che non può essere accettato e che richiede una decisa attenzione, una riflessione del Parlamento e delle Commissioni competenti per quanto riguarda la definizione dello status del consigliere comunale, che quando legittimamente svolge il suo ruolo non può essere sottoposto a minacce o ricatti.
SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, prendo la parola in merito all'intervento che precedentemente hanno svolto gli onorevoli Giachetti e Quartiani (non sonoPag. 64intervenuto prima, per non far slittare ulteriormente il voto sulla questione pregiudiziale oltre il tempo, come già è stato determinato da altri interventi sull'ordine dei lavori), per svolgere una paio di considerazioni, al netto del fatto che accetto di buon grado il rilievo numerico (perché, come è giusto, i numeri parlano da soli).
Ci tenevo, però, a svolgere due considerazioni. In primo luogo, questa è stata una seduta in cui il numero legale è risultato particolarmente alto, a causa del fatto che, in precedenza, sono state effettuate votazioni sulla questione di fiducia e, quindi, molti Ministri, sottosegretari e colleghi sono usciti dal computo dei deputati in missione. In secondo luogo, ci tengo a precisare (ripeto: al netto del fatto che la considerazione dei colleghi dell'opposizione rimane agli atti e, evidentemente, non è oggetto di contesa né di polemica) che l'opposizione è, sì, rimasta in Aula, ma non certo per mantenere il numero legale, quanto evidentemente per votare contro il provvedimento all'ordine del giorno.
Se, quindi, in questo momento, la Camera ha approvato il provvedimento su Alitalia, ciò è dovuto al fatto che il centrodestra, ossia la maggioranza (composta dal PdL, dalla Lega, dall'MpA e dalle altre componenti) ha sostenuto il provvedimento e Alitalia è salva per un provvedimento del Governo Berlusconi che la maggioranza si è impegnata a votare (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
MARCO BELTRANDI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCO BELTRANDI. Signor Presidente, intervengo il giorno appena successivo alla soluzione felice della vicenda relativa al mancato plenum della Corte costituzionale, che comunque è durato circa diciotto mesi (quindi non un giorno), perché vorrei richiamare ancora la sua attenzione sulla vicenda della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.
È previsto - come è stato preannunciato - un calendario di convocazioni, ma, come abbiamo visto anche nelle dichiarazioni di oggi sull'argomento, temo sia ancora piuttosto lontana una soluzione di questa vicenda.
Noi radicali, signor Presidente, continuiamo quindi a rivolgerci a lei e al Presidente Schifani affinché prendiate in considerazione e, magari, possiate decidere di convocare la Commissione ad oltranza, interrompendo i lavori ordinari della Camera e del Senato.
Altrimenti, ancora una volta non siamo in grado di garantire tempi certi per l'insediamento di un organo che ha valenza costituzionale.
La questione ci preoccupa molto e non abbiamo intenzione di abbassare la guardia. Ci auguriamo che un intervento suo e del Presidente del Senato possa porre finalmente fine anche a una serie di convocazioni che - diciamo la verità - in queste condizioni, con le dichiarazioni che le precedono e seguono, appaiono non risolutive della questione e del nodo (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).
GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Signor Presidente, chiedo solo un minuto di attenzione all'Aula, perché domenica, in un incidente escursionistico avvenuto in montagna del tutto banale, è morto il professor Riccardo De Arcangelis, di quarantotto anni. È un nome poco conosciuto alle cronache, ma ha onorato la cultura scientifica italiana, essendo uno dei più insigni matematici che aveva al suo attivo numerosissime pubblicazioni e che aveva vinto numerosissimi premi internazionali.
Non intendo leggere all'Aula il curriculum ricco e ampio del professor De Arcangelis, che era un professore ordinario; ma, in un Paese nel quale si dice che spesso la cultura scientifica non è considerata adeguatamente e nel quale, in questiPag. 65giorni, nelle università si afferma che, per responsabilità del Governo o di altri, il nostro Paese sta andando alla deriva nella cultura scientifica, se il Parlamento ricordasse questo professore, morto in questo incidente a soli quarantotto anni, avendo al suo attivo grandi meriti internazionali, credo che renderebbe omaggio alla nostra università, alla nostra scienza e, forse, anche alla speranza dell'Italia di crescere (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Giovedì 23 ottobre 2008, alle 9,30:
1. - Discussione del disegno di legge (per la discussione sulle linee generali):
Conversione in legge del decreto-legge 25 settembre 2008, n. 149, recante disposizioni urgenti per assicurare adempimenti comunitari in materia di giochi (1707-A).
- Relatore: Conte.
2. - Discussione del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare (per la discussione sulle linee generali):
LIVIA TURCO ed altri; BARANI ed altri; MOLTENI ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali (Doc. XXII, nn. 1-2-4-A).
- Relatore: Binetti.
3. - Discussione del disegno di legge (per la discussione sulle linee generali):
Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia (Già articoli 3, da 5 a 13, da 15 a 18, 22, 31 e 70 del disegno di legge n. 1441, stralciati con deliberazione dell'Assemblea il 5 agosto 2008) (1441-ter-A).
- Relatore: Raisi.
4. - Svolgimento di interpellanze urgenti.
La seduta termina alle 19,20.
TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO MARIO LOVELLI IN SEDE DI ESAME DEGLI ORDINI DEL GIORNO PRESENTATI AL DISEGNO DI LEGGE N. 1742-A
MARIO LOVELLI. Le notizie di stampa di questa mattina evidenziano come si stia purtroppo verificando nei fatti quel ridimensionamento del ruolo della nostra ex compagnia di bandiera che avevamo temuto a causa della strada che il Governo ha voluto intraprendere contro ogni logica di mercato e di difesa dell'interesse nazionale.
L'ultima decisione del commissario Fantozzi di tagliare massicciamente i voli dal primo novembre eliminando almeno dodici destinazioni internazionali col nuovo orario invernale conferma che la situazione è seria e che, comunque, quando e se l'offerta vincolante CAI si materializzerà dopo l'assemblea del 28 ottobre prossimo, saremo in presenza di una compagnia molto più piccola che, con la fusione di fatto con Air One, dovrà cedere altre rotte e che probabilmente si ritroverà con un numero di dipendenti ancora sovradimensionato. Il fatto poi che resti aperta l'incognita delle decisioni dell'Unione europea per il problema della restituzione del prestito ponte di 300 milioni, che si stia trascinando la questione del partner estero (mentre invece a livello europeo gli accordi fra i grandi network si stanno intensificando: da ultimo l'intesa per il doppio hub europeo Parigi-Amsterdam), mentre le contraddizioni e i malumori all'interno della maggioranza di governo sono comunque evidenti. Basti pensarePag. 66all'emendamento della Lega per la liberalizzazione di Malpensa, saltato per la posizione della fiducia, e al fatto che il Servizio bilancio della Camera ha comunque evidenziato delle incongruenze nel decreto, a cominciare dal fondo dei conti dormienti che dovrebbe alimentare i rimborsi per i piccoli azionisti e gli obbligazionisti Alitalia; e ancora il fatto che la IATA chieda di rivedere il rincaro della tassa d'imbarco che mette a carico dei passeggeri di tutte le compagnie l'onere finanziario del salvataggio di una compagnia in fallimento; tutti questi fatti sono indicativi di una situazione che presenta ancora molte incognite e che, per quanto noi come Partito Democratico abbiamo lavorato per evitare esiti peggiori, si presta a rischi ancora molto gravi.
E indicativa a questo proposito è proprio la situazione del sistema aeroportuale del nord ovest e in particolare degli aeroporti dell'area ligure-piemontese-lombarda che, essendo inseriti nei grandi corridoi di traffico europei, il 24 Genova Rotterdam e il 5 Lisbona Kiev, dovrebbero costituire il perno di un sistema che punta a valorizzare le varie modalità di trasporto non solo per le persone, ma anche per le merci, integrandosi con i grandi progetti infrastrutturali in campo ferroviario, autostradale e logistico, di cui, per stare all'area a cavallo fra le regioni Liguria e Piemonte, SLALA, che è la società di regioni, enti locali, enti pubblici e privati del settore dei porti, aeroporti e ferrovie, sta facendo opera di regia e di concertazione istituzionale.
È perciò preoccupante leggere che, ad esempio al Cristoforo Colombo di Genova, si preannunciano tagli nell'orario invernale sulla linea Genova-Roma, mentre appaiono a rischio i posti di lavoro del personale a terra; così come, sia Torino che a Genova, il mancato pagamento, da parte della vecchia Alitalia di debiti afferenti l'utilizzo dei due scali, avrebbe un riflesso negativo sui bilanci delle società di gestione, pregiudicandone anche i progetti di investimento e sviluppo, parlo di crediti che per Torino ammontano a 10 milioni per Alitalia - Air One e per Genova a 3 milioni.
Col mio ordine del giorno pongo perciò all'attenzione del Governo questi problemi e sollecito un impegno immediato per ovviare al rischio concreto che un'operazione impostata per difendere l'italianità della nostra compagnia aerea si traduca paradossalmente in un danno maggiore per le aree più produttive e sviluppate, che si ritroverebbero un sistema di comunicazioni e trasporti indebolito e con le infrastrutture realizzate direttamente grazie agli investimenti di istituzioni e partners privati locali in difficoltà operativa e con ricadute dirette e indirette sull'occupazione.
L'accoglimento di questo ordine del giorno, pur nella sua specificità, evidenzia l'esigenza di una gestione attenta della fase che ora si apre per evitare ricadute negative e danni per i territori interessati.
TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO SIEGFRIED BRUGGER SUL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1742-A
SIEGFRIED BRUGGER. I deputati delle Minoranze linguistiche non hanno votato la fiducia al Governo perché il ricorso ormai ordinario alla questione di fiducia è, lo ribadiamo come abbiamo fatto per altri provvedimenti, una lesione del ruolo e delle prerogative costituzionali del Parlamento.
Ribadiamo in questa sede il nostro giudizio non positivo in merito alla gestione della crisi Alitalia ed alla individuazione da parte del Governo della CAI quale unico soggetto legittimato a proporre un piano industriale di intervento per consentire le attività di impresa dinanzi alla situazione di crisi finanziaria e industriale dell'Alitalia, piuttosto che sostenere la partecipazione italiana in una alleanza con un grande operatore estero. Tale scelta ha sostanzialmente imposto le modifiche ed integrazioni contenute nel provvedimento in merito alle procedurePag. 67per l'ammissione immediata all'amministrazione straordinaria e la adozione di una normativa speciale al fine di evitare una procedura di fallimento.
Il Governo ha dato alla crisi di Alitalia un percorso obbligato ed alla CAI prerogative esclusive e straordinarie, in deroga alle norme comunitarie in materia di concorrenza. Bruciate tutte le alternative ora quel percorso deve essere rispettato da chi se ne è assunto la responsabilità.
L'offerta vincolante di acquisto deve essere presentata da CAI al commissario straordinario di Alitalia attraverso le procedure concordate e le misure necessarie, in primo luogo un aumento di capitale della nuova compagnia, rese imperative dalla crisi strutturale di liquidità oggi ancor più evidente in ragione della ulteriore crescita dell'indebitamento finanziario netto che aggrava la posizione economica della compagnia commissariata. Riteniamo indispensabile, oggi come negli ultimi mesi, la individuazione di un partner estero per la nuova compagnia aerea italiana in considerazione sia della capacità finanziaria, sia delle potenzialità operative della CAI, che delle condizioni di mercato entro cui la nuova compagnia è chiamata ad operare.
L'apertura e la formalizzazione della crisi Alitalia ha comportato per la compagnia di bandiera Air Alps, che effettuava la tratta Roma - Bolzano in collaborazione con Alitalia, rilevanti problemi economici che se non affrontati potrebbero incidere negativamente sul futuro della compagnia e dunque sul mantenimento del servizio di linea fra Roma e Bolzano.
In attesa del formale riconoscimento della rotta fra Bolzano e Roma quale onere di servizio pubblico ai sensi dell'articolo 82 della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) ne andrebbe comunque garantita la continuità del servizio di trasporto aereo e per questa ragione abbiamo presentato un ordine del giorno per impegnare il Governo a valutare l'opportunità di consentire alla provincia autonoma di Bolzano di assumere, anche parzialmente, gli oneri di servizio pubblico di cui all'articolo 36 della legge n. 144 del 1999, al fine di garantire la continuità nel servizio di trasporto aereo sulla tratta da Roma a Bolzano e viceversa anche dopo il 1o novembre 2008, e a riconoscere la tratta Roma - Bolzano come onere di servizio pubblico e conseguentemente a convocare la conferenza di servizi. Apprezziamo che il Governo abbia accolto questo ordine del giorno e, dunque, abbia condiviso la esigenza di garantire la continuità del servizio.
Esprimiamo come deputati delle Minoranze linguistiche un voto di astensione sul provvedimento in esame.
TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO ROBERTO RAO IN SEDE DI ESAME DELLA QUESTIONE PREGIUDIZIALE DI PIETRO ED ALTRI N. 1 RIFERITA AL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1772
ROBERTO RAO. L'UdC si asterrà sulla pregiudiziale di costituzionalità presentata dal gruppo Italia dei Valori in relazione a questo decreto-legge.
La materia trattata è riconducibile prevalentemente alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera f) della Costituzione («giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale»).
Il provvedimento tenta, anche se in via sperimentale, di risolvere un problema annoso per gli organici della magistratura soprattutto nel Mezzogiorno (quindi in tutte quelle sedi in prima linea contro la criminalità organizzata di mafia, Sacra Corona Unita, camorra e 'ndrangheta) ma anche in tutte le altre, su tutto il territorio nazionale, che hanno una quota di posti vacanti non inferiore al 20 per cento dell'organico. La relazione illustrativa, infatti, nel rimarcare l'esigenza di sopperire alle carenze di organico del personale di magistratura nelle cosiddette sedi disagiate rimaste vuote per difetto di aspiranti, evidenzia che «l'intervento normativo proposto riveste carattere di urgenza, essendo necessario coprire - almeno in parte - sostiene la relazione l'elevato numero diPag. 68posti in organico attualmente vacanti in sedi giudiziarie nelle quali si sta verificando una progressiva paralisi dell'attività d'indagine e dell'intera giurisdizione penale (come segnalato anche dal Consiglio superiore della magistratura con nota del 31 luglio 2008)».
Con riferimento alle disposizioni in materia di trasferimento d'ufficio a sedi disagiate, ricordiamo che il comma 1 dell'articolo 107 della Costituzione, nello stabilire il principio dell'inamovibilità dei magistrati, prevede che essi «non possono essere dispensati o sospesi dal servizio, né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso».
Al riguardo, segnaliamo che, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 172 del 1982 non sussistono dubbi sulla possibilità di prevedere e regolamentare per legge casi di trasferimento d'ufficio di magistrati senza collidere con la previsione di cui all'articolo 107 della Costituzione. In detta pronuncia la Corte ha chiarito che l'articolo 107 della Costituzione «attribuisce al Consiglio superiore del magistratura soltanto la competenza a pronunciare il provvedimento di trasferimento ad altra sede», ma non prescrive che la valutazione dei motivi debba essere necessariamente rimessa caso per caso alla discrezionalità dello stesso Consiglio e non possa, invece, essere fatta direttamente dalla legge con una disposizione generale.
In sintesi, anche se il testo in esame non risolve in via definitiva l'emergenza sopra accennata, bisogna tuttavia rilevare come esso si muova nella direzione di cercare una collaborazione tra Consiglio superiore della magistratura, Associazione nazionale magistrati e Parlamento, al fine di individuare soluzioni concrete ai problemi della giustizia nel nostro Paese.
Oggi nel corso di un'audizione dell'ANM in Commissione giustizia, i suoi rappresentanti hanno espresso forti perplessità su questo provvedimento soprattutto nella previsione che nonostante questa legge non si arriverà a coprire le sedi vacanti. Se questo meccanismo non funzionasse, cosa succederebbe? Si dovrebbero chiudere le sedi? Occorre, e lo rileveremo in sede di discussione del merito del provvedimento, una clausola che garantisca comunque una copertura anche nel caso del perdurare dei posti vacanti. Inoltre è stato anche sollevato il tema della disparità di trattamento, ma anche di questo occorre, però, rilevare che, nel corso dell'esame del provvedimento, l'Assemblea del Senato ha approvato un emendamento in forza del quale le quote minime delle risorse intestate al Fondo unico giustizia, di cui alle lettere a) e b) del comma 7 possono essere modificate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in caso di urgenti necessità, derivanti da circostanze gravi ed eccezionali del Ministero dell'interno o del Ministero della giustizia: pare qui ravvisarsi una violazione del principio per il quale il bilancio è formato e modificato con legge e non con provvedimento amministrativo (articolo 81 della Costituzione).
Infine una riflessione a parte merita la norma che abroga l'articolo 36 del decreto legislativo n. 160 del 2006, eliminando così il limite di età dei 75 anni per la copertura delle funzioni direttive, con esclusione di quelle di primo grado, per i magistrati che, dopo la sospensione del rapporto di servizio o la quiescenza anticipata, erano stati reintegrati in servizio a seguito del definitivo proscioglimento in sede penale.
Ancora una volta nella definizione di un provvedimento si intuisce un profilo personalistico, per di più un articolato che, almeno nelle intenzioni, avrebbe dovuto avere un altro oggetto e contenuto. Ma questo è ormai un vizio di questo esecutivo.
È opportuno ricordare che la legge n. 248 del 2006 ha posto un limite tassativo per il conferimento di incarichi dirigenziali ad esterni all'amministrazione oltre il limite di età per il collocamento a riposo (all'epoca in via generale di 67 anni) e che la legge n. 133 del 2008, ha sostanzialmentePag. 69abbassato il limite di età per il collocamento a riposo nella pubblica amministrazione a 65 anni (rendendo facoltativo per l'amministrazione concedere due ulteriori anni prima del collocamento a riposo).
Se da una parte non si rileva una conclamata violazione dell'articolo 3 della Costituzione, per la natura particolare della disposizione che riguarda situazioni specifiche, dall'altra sembrerebbe opportuno riflettere nel merito sulla razionalità e la coerenza di tale provvedimento che, disponendo un'estensione illimitata, riaccende, come ho già detto, le polemiche sulle leggi ad personam.
Per questi motivi, il gruppo Unione di Centro si asterrà sulla pregiudiziale di costituzionalità.
VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 8) | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nom. | Ddl 1742-A - odg 9/1742-A/6 | 484 | 346 | 138 | 174 | 74 | 272 | 22 | Resp. |
2 | Nom. | odg 9/1742-A/8 | 491 | 487 | 4 | 244 | 220 | 267 | 22 | Resp. |
3 | Nom. | odg 9/1742-A/9 | 499 | 494 | 5 | 248 | 227 | 267 | 22 | Resp. |
4 | Nom. | odg 9/1742-A/20 | 504 | 495 | 9 | 248 | 489 | 6 | 22 | Appr. |
5 | Nom. | odg 9/1742-A/24 | 504 | 459 | 45 | 230 | 190 | 269 | 22 | Resp. |
6 | Nom. | odg 9/1742-A/29 | 504 | 483 | 21 | 242 | 271 | 212 | 22 | Appr. |
7 | Nom. | Ddl 1742-A - voto finale | 526 | 523 | 3 | 262 | 285 | 238 | 20 | Appr. |
8 | Nom. | Ddl 1772 - quest. preg. n. 1 | 491 | 302 | 189 | 152 | 22 | 280 | 21 | Resp. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.