XVI LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 98 di giovedì 4 dicembre 2008
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI
La seduta comincia alle 9,30.
SILVANA MURA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brugger, Brunetta, Caparini, Carfagna, Cicchitto, Cirielli, Conte, Cossiga, Cota, De Biasi, Fassino, Gregorio Fontana, Frattini, Gibelli, Giancarlo Giorgetti, Jannone, La Malfa, Lo Monte, Lombardo, Mantovano, Maroni, Martini, Meloni, Molgora, Repetti, Rotondi, Saglia, Soro, Tempestini, Valducci, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Trasferimento a Commissione in sede legislativa della proposta di legge n. 1493.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'assegnazione di una proposta di legge a Commissione in sede legislativa.
Propongo alla Camera l'assegnazione in sede legislativa della seguente proposta di legge, della quale la sotto indicata Commissione ha chiesto il trasferimento in sede legislativa ai sensi dell'articolo 92, comma 6, del Regolamento:
alla I Commissione (Affari costituzionali):
BARBARESCHI: «Istituzione della Giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia» (1493).
(La Commissione ha elaborato un nuovo testo).
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, nell'annunciare la disponibilità del gruppo del Partito Democratico ad acconsentire all'assegnazione in sede legislativa della proposta di legge atto Camera 1493 di cui lei ha riferito, ci auguriamo che, con lo stesso spirito con cui concordiamo con l'assegnazione in sede legislativa oggi, sia a breve accordata l'assegnazione in sede legislativa alla nostra proposta di legge, che reca la prima firma dell'onorevole Veltroni, più volte segnalata per la calendarizzazione in Commissione e in attesa di essere inserita all'ordine del giorno.
Forse, data l'importanza del tema e, credo, la disponibilità generale di tutti i gruppi, potrebbe essere accordata l'assegnazione in sede legislativa alla medesima proposta, che, d'iniziativa degli onorevoli Veltroni, Soro ed altri, reca il titolo di «Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per la lotta contro la Pag. 2pedofilia e lo sfruttamento sessuale dei minori, nonché per la tutela dei minori nei procedimenti penali».
ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, avevo chiesto la parola sull'ordine dei lavori, ma ne approfitto per aderire anch'io, a nome del gruppo, all'assegnazione in sede legislativa alla Commissione Affari costituzionali di una proposta sicuramente delicata, che richiede un iter approfondito.
Mi collego a questo - sono contento che sia lei a presiedere, perché sono certo che si farà carico di quello che le dirò - perché la possibilità di approfondire i provvedimenti che arrivano in Commissione prima e in Aula poi (non parlo di decreti-legge, di fiducie, di maggioranza o di opposizione, ma proprio della possibilità di conoscerli, approfondirli e migliorarli), non c'è, non esiste.
Questa mattina, alle 9,15, come da convocazione, sono andato nella Commissione cui appartengo, dove dovevamo discutere due regolamenti; questa è ormai diventata una prassi. Un quarto d'ora di riunione della Commissione, ogni tanto tre quarti d'ora, forse un'ora, e, in questo quarto d'ora, tre quarti d'ora o un'ora, ci sono i dibattiti, gli approfondimenti, la discussione sugli emendamenti e le audizioni.
Credo che non si possa più continuare in questo modo e lo dico non come parlamentare dell'opposizione, ma come parlamentare, certo che la pensano così tutti i parlamentari, trasversalmente, che hanno interesse a contribuire a migliorare i provvedimenti che escono da quest'Aula. È una situazione impossibile! Le stesse audizioni - parlo di quelle che ho potuto seguire - sono una farsa. Primo, sono una farsa per la Commissione; secondo, sono una presa in giro per quelli che vengono chiamati alle audizioni.
Certe volte non solo si chiede di parlare alla svelta perché poi non avremo il tempo nemmeno di fare delle domande, dobbiamo andare in Aula, ma si rimandano a casa parte di delegazioni che sono state chiamate, chiedendo scusa, seppur con educazione, affinché possano tornare una settimana, due settimane dopo. Signor Presidente, lei mi conosce, non sono certo uno di quei parlamentari che prendono la parola per polemizzare, oppure per creare ostruzionismo o quant'altro; però questa mattina ho assistito a una «tirata» di un tre quarti d'ora su documenti importanti, Regolamenti CE, che giustamente il presidente della Commissione ha riferito ci hanno chiesto di accelerare perché stavano scadendo, e quindi avevamo la necessità di approvarli entro oggi (e dico oggi, 4 dicembre). A questo punto, signor Presidente, le chiedo per cortesia di farsi carico con il Presidente della Camera, con l'Ufficio di Presidenza, e mi rivolgo specificatamente alla sua persona, affinché i parlamentari siano messi nella condizione di poter andare in Commissione e fare il proprio dovere con i tempi che servono per approfondire i documenti, affinché quando viene fatta un'audizione essa possa svolgersi nei tempi necessari per ascoltare, e quindi conoscere, quello che le delegazioni ci vengono a dire, e che poi in Aula possano arrivare quindi dei provvedimenti che al di là di chi li vota, al di là di qual è la maggioranza o l'opposizione, al di là di tutto quanto possano dirsi documenti, accettati o meno, che hanno avuto l'iter che serviva quantomeno per adempiere al compito che a noi è stato affidato. Questo, signor Presidente, glielo chiedo per cortesia.
PRESIDENTE. Innanzitutto dobbiamo concludere l'iter per la proposta di trasferimento in sede legislativa alla Commissione I (Affari costituzionali) della proposta di legge Barbareschi: «Istituzione della Giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia» (A.C. 1493).
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
Passiamo poi ai due interventi, quello dell'onorevole Compagnon e quello dell'onorevole Quartiani sull'ordine dei lavori. Onorevole Compagnon, il tema da lei posto è all'attenzione stabile della Conferenza dei presidenti di gruppo. C'è tutto il grande tema della riorganizzazione dei nostri lavori, per permettere ai parlamentari non solo di partecipare ai lavori dell'Assemblea, ma in particolare per permettere alle Commissioni di svolgere fino in fondo il loro compito, e a tutti i parlamentari di approfondire i provvedimenti e dare il proprio contributo in Commissione ai provvedimenti che vengono posti. Certamente quindi la Conferenza dei presidenti di gruppo, in particolare sulla nuova organizzazione dei lavori di che si sta ipotizzando, affronterà, e sarà ancora mio compito segnalare al Presidente, quanto da lei oggi posto.
Onorevole Quartiani, la sua è un'osservazione ovviamente importante. Ne parleremo con il Presidente della Camera. Devono ricorrere, come lei sa, le condizioni affinché anche la proposta dell'onorevole Veltroni ed altri, atto Camera 1672, sia assegnata in sede legislativa. Sarà quindi altrettanto mio compito riferire di questo auspicio, in modo che i gruppi possano convenire su tale iter.
Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 20 ottobre 2008, n. 158, recante misure urgenti per contenere il disagio abitativo di particolari categorie sociali (A.C. 1813-A) (ore 9,45).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 20 ottobre 2008, n. 158, recante misure urgenti per contenere il disagio abitativo di particolari categorie sociali.
Ricordo che nella seduta dell'11 novembre 2008 si è conclusa la discussione sulle linee generali e che il relatore e il rappresentante del Governo hanno rinunciato alle repliche.
(Esame dell'articolo unico - A.C. 1813-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 1813-A), nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A - A.C. 1813-A).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A - A.C. 1813-A).
Avverto altresì che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri, che sono distribuiti in fotocopia (Vedi l'allegato A - A.C. 1813-A).
Avverto altresì che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 7, del Regolamento, le seguenti proposte emendative, identiche a emendamenti già dichiarati inammissibili in Commissione in quanto non strettamente attinenti alla materia oggetto del decreto-legge: Mariani 1.12, volto ad ampliare le categorie degli atti per i quali è obbligatorio richiedere la registrazione; Mariani 1.13, volto a modificare il regime di detraibilità del canone di locazione ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche; Braga 1.17, volto ad introdurre misure ordinamentali riguardanti le modalità per l'avvio del provvedimento di rilascio dell'immobile; Mariani 1.19, che modifica le vigenti disposizioni in materia di uffici prezzi delle Camere di commercio e di competenze del Garante per la sorveglianza dei prezzi; Braga 1.24, che sopprime il comma 13 dell'articolo 11 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, in materia di riparto del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione; Piffari 1.02, recante disposizioni di carattere ordinamentale concernenti gli immobili delle strutture di carattere sanitario.
Avverto inoltre che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 96-bis, comma 7, del Regolamento, l'articolo aggiuntivo MastromauroPag. 4 1-bis.031, volto ad attribuire ai comuni un diritto di prelazione sugli immobili sottoposti a procedura esecutiva, in quanto non strettamente attinente alla materia oggetto del decreto-legge e non previamente presentato in Commissione.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,50).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Si riprende la discussione.
(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1813-A)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Nannicini. Ne ha facoltà.
ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, credo che l'esame del decreto-legge recante «misure urgenti per contenere il disagio abitativo di particolari categorie sociali» ci dia anche l'occasione di discutere del tema casa nel nostro Paese. Prima di tutto cerchiamo di comprendere questo provvedimento. Dico ai colleghi che siamo tutti disposti...
ROBERTO GIACHETTI. Si può chiedere che il Governo ascolti, almeno all'inizio della seduta?
ROLANDO NANNICINI. Non ci sono problemi.
PRESIDENTE. Onorevole Nannicini, ci sono problemi. Chiederei, pertanto, ai colleghi di permettere al Governo di ascoltare. Siamo sul complesso delle proposte emendative e la materia è molto importante e delicata. È giusto, quindi, che il Governo ascolti gli interventi dei colleghi che illustrano il complesso delle proposte emendative.
ROLANDO NANNICINI. Noi parliamo di 3.900 famiglie - questo si deduce dalla relazione tecnica - su un complesso di circa 75 mila sfratti esecutivi avuti in tutta Italia nel 2006. Queste cifre le posso ricordare con certezza perché le cifre precedenti erano relative ai cento capoluoghi di provincia e comuni confinanti. Oggi, il provvedimento si restringe a sole 14 aree urbane; vorrei ricordarle con molta attenzione: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Palermo, Messina, Catania, Cagliari e Trieste. Né io, né l'onorevole Naccarato, che siede nella mia stessa fila, ad esempio, rientriamo nelle misure del provvedimento, che con un termine altisonante, si occupa della tensione abitativa in Italia.
Fornisco, quindi, già un suggerimento al Governo: è opportuno che questo provvedimento vada avanti, perché fornisce una risposta, sia pur parziale, a 3.900 famiglie italiane che rientrano in questo schema, ma sarebbe bene porsi il tema anche delle altre parti della popolazione. Mi sono permesso di fare una piccola valutazione: il provvedimento riguarda il 18 per cento della popolazione italiana, come a dire che nelle realtà territoriali che non hanno grandi dimensioni non vi è lo sfratto esecutivo e non vi sono famiglie che, con un reddito al di sotto di 27 mila euro, non possono accedere al mercato privato. Il Governo deve svolgere una profonda riflessione sul Paese reale; parliamo sempre di economia virtuale, e poi sbagliamo le previsioni sull'economia reale. Come rappresentante del popolo italiano, eletto nella provincia di Arezzo, in una realtà come il Valdarno, che presenta mediamente 220 sfratti esecutivi l'anno, non mi sento di rappresentare alcuna di queste famiglie perché nel decreto-legge si prevede di intervenire solo nelle 14 aree più popolose del Paese, e se moltiplichiamo anche i comuni confinanti interessati,Pag. 5 con più di 10 mila abitanti, avremo al massimo 100 comuni coinvolti sugli 8.100 comuni italiani.
Questo è il provvedimento con la dizione altisonante: «misure urgenti per contenere il disagio abitativo di particolari categorie sociali ». Quindi, invito i colleghi a pensarci prima di dare il «sì» ad un decreto-legge di questo tipo e ad impegnare il Governo ad emanarne un altro e a discutere realmente della condizione abitativa dell'intera realtà italiana. Infatti, restringere alle sole 14 realtà che ho ricordato prima (le ripeto: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Palermo, Messina, Catania, Cagliari e Trieste) è un errore perché rimane fuori l'82-83 per cento della popolazione italiana. Questo è il tema principale. Voglio chiedere ai colleghi della maggioranza se sono così legati al loro territorio, perché quando torneranno e troveranno una famiglia che ha un reddito inferiore a 27 mila euro (questo è il caso di restrizione) e che non potrà accedere al mercato privato le dovranno dare la seguente risposta: ha deciso così il Governo perché in generale la tensione abitativa è solo in 14 aree del Paese.
Ma anche dalla relazione tecnica, signor rappresentante del Governo, si evince una cosa chiara. Si dice che il costo dell'affitto è 440 euro al mese, e su quello si calcolano le possibilità di non caricare quel reddito nelle detrazioni ai fini IRPEF e IRES, e si dice che vi è un costo complessivo di 4 milioni. Quindi, si tratta di un provvedimento che costa 10 miliardi di lire e che così riduce la tensione abitativa del Paese. Bello! Bravi! Con 10 miliardi delle vecchie lire si sanno fare tante cose. Ma il tema è: vi è chi trova la casa a 440 euro a Milano e vi è chi trova la casa a 440 euro a Roma, mentre studi precisi indicano una variabilità tra 850 e 1.200, 1.300 euro per nucleo familiare (e anche su questa stima ci teniamo bassi).
Perché il Paese reale non entra mai nelle nostre stanze? Perché si fanno le cose sempre di fretta? Perché c'è sempre questa esigenza di non fare mai una riflessione sui temi reali e sulle condizioni reali del Paese? Il problema casa è un problema che si sta accavallando nel Paese perché abbiamo inventato i comuni a tensione abitativa, mentre nessuno fa più i piani di edilizia economica e popolare. Non vanno più di moda. Non si discute più quanto incide il costo dell'area della progettazione degli elementi rispetto al costo finale dell'abitazione. Non c'è mai una discussione di questo tipo. Andiamo sempre di fretta. Non c'è un piano. Ci sono 500 milioni di euro (mille miliardi di vecchie lire) che servirebbero a fare domanda. Non è che - come pensano Tremonti e l'onorevole Sacconi - se si spendono questi mille miliardi di vecchie lire per la tensione abitativa si va in default. Non c'è default. Sono soldi che bisogna spendere perché non vi rendete conto che il settore delle costruzioni è bloccato nel Paese, è bloccato rispetto a tutti gli elementi dell'andamento dell'economia. Ma un elettricista o uno che sa fare il falegname dove va a lavorare se non si realizza edilizia economica e popolare per le famiglie che ne hanno bisogno?
Vi siete chiesti quanti vani ci sono per abitante in Italia? Nell'ultimo censimento si parla di 1,7 vani per ogni abitante italiano, in alcune zone si parla di due e mezzo o tre vani. Però conosco e conosciamo famiglie che purtroppo abitano in tre o quattro vani, ma si tratta di extracomunitari, vengono da fuori, di quelli non si deve mai parlare, quelli non hanno diritto a niente. Lavorano, mentre non si possono mai realizzare piani di edilizia riferiti a chi ha bisogno nel Paese. Mentre è necessario fare piani di edilizia economica e popolare perché si risponde a dei bisogni e si aumenta la domanda nel settore delle costruzioni. Questo è il tema principale. Venite con un provvedimento che fa pensare che le case si possono fare solo nelle 14 aree indicate con contributi dello Stato. Infatti, avete anche il coraggio di dire che questa proroga è una proroga limitata perché poi vi saranno i grandi investimenti: faremo le case e risolveremo il problema per i cittadini a basso reddito. Pag. 6Faremo le case per 3.900 famiglie, come è scritto in questo provvedimento e come è scritto nella relazione tecnica? Tra l'altro, nella relazione tecnica vi è un altro errore perché non sono queste le cifre. Se si considera anche il 2006 sono di più.
C'è un'errata copertura. Non avete più fretta di risolvere i problemi del Paese anche se l'emergenza ci chiede di andare veloci, ma prima di emanare i provvedimenti pensateci sette volte. Il nostro suggerimento, quindi, è che il provvedimento possa andare avanti, perché perlomeno risolve alcuni problemi limitatamente ad alcune aree. Contestualmente, tuttavia, il Governo si impegni a ridiscutere il tema della proroga per le famiglie che non possono accedere al mercato e finalmente si possa riaprire, insieme maggioranza e opposizione, la possibilità di investimenti nell'edilizia economica e popolare.
È troppo vecchia questa vicenda. Quei 500 milioni di euro sono previsti dalla finanziaria 2007: ancora non si è vista una gru, mentre il Paese ha bisogno delle gru. Chi sostiene la domanda oggi in Italia? Ci siamo resi conto che siamo di fronte a problemi di disoccupazione? Non vi hanno insegnato niente la storia e gli elementi di studio dell'economia, dal momento che nel 1929 si aprì finalmente uno spiraglio di ripresa, dinanzi alla perdita del 25 per cento dell'occupazione, attraverso l'intervento dello Stato? Ma non dello Stato spendaccione, bensì dello Stato efficiente, che è in grado di spendere i fondi già stanziati per finalità di investimento e di carattere sociale. Su questo non dite mai niente. Qualcuno dichiara default perché ha paura di emettere e di collocare i BOT.
Se non facciamo questo, vi è sempre la solita speranza che facciano gli altri per noi. L'Inghilterra sta portando il suo deficit attuale all'8 per cento annuo. Gli Stati Uniti hanno un debito superiore al 102-105 per cento del prodotto interno lordo, perché in modo serio concepiscono che alla crisi si dà una risposta attraverso la domanda pubblica, l'accelerazione delle procedure pubbliche e la risposta ai bisogni dei cittadini.
Ci troviamo di fronte, invece, a un provvedimento che proroga gli sfratti soltanto per 3.950 famiglie e per 14 aree del Paese. Colleghi, tenete presente che per molti di voi, quando torneranno a discutere di sfratti, questo decreto-legge non conta niente. Vi ripeto, infatti, che conta solo per circa 100 comuni su 8.100. Pertanto, vi invitiamo a ridiscutere il provvedimento, portandolo avanti, perché perlomeno a qualcuno vengono risolti i problemi. Si è discusso della trattenuta fissa del 20 per cento: perché non sperimentare sulle case e sui proprietari nei confronti dei quali è efficace la proroga dell'affitto la misura forfettaria del 20 per cento della tassazione dello Stato? Se non altro si aprirebbe una riflessione anche sul tema della tassazione sulla casa nel Paese.
Non si sono risolti i problemi avendo abolito l'ICI. Si tengono i comuni senza 3 miliardi 100 milioni e con scarsità di risorse. Non avremo investimenti da parte dei comuni, e sono gli unici che sanno fare investimenti e possono proporre un aumento della domanda in questa situazione del Paese. Si è fatta propaganda e si è detto da Vespa che si sono risolti i problemi del Paese. Il Paese reale è lontano dalla vostra testa. Cercheremo sempre di metterlo a vostra disposizione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.
AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, questo decreto-legge di proroga del blocco degli sfratti è necessario e opportuno. La nostra perplessità è stata manifestata sull'ambito di applicazione. Pur ritenendo i soggetti che sono interessati pienamente meritevoli dell'attenzione di questo Governo e di questo decreto-legge, riteniamo che una fascia più ampia dei comuni destinatari della Pag. 7proroga sarebbe stata più giusta. Individuare l'emergenza abitativa solo nelle 14 aree metropolitane e restringere gli effetti del presente decreto-legge solo a 230 unità abitative in tutta Italia dà la dimensione riduttiva della portata di questo decreto-legge.
Come è stato osservato, questo decreto-legge proroga gli sfratti per 2.458 soggetti rispetto alle 2.689 attuali procedure. La domanda di alloggi è pertanto stimata in Italia intorno a 650 mila: parlo di alloggi pubblici, quindi alloggi di prima necessità.
A fronte di tale enorme dato, questo Governo ha predisposto un Piano casa che prevede la costruzione di circa 20 mila alloggi. Questo dato apre la nostra considerazione a due aspetti: in primo luogo va sottolineata la bontà di legare il problema della proroga degli sfratti con una politica della casa in termini strutturali e di prospettiva; in secondo luogo, però, va sottolineato il limite di una proroga al 30 giugno 2009. Chiedo ai colleghi di quest'Aula: c'è qualcuno che è convinto che vi saranno nuovi alloggi costruiti con il Piano casa di questo Governo per gli sfrattati al 30 giugno 2009, cioè tra appena sette mesi? Se c'è qualcuno che è convinto di ciò, si alzi e dichiari al Governo la bontà del termine che è stato scelto. Diversamente, questi colleghi votino l'emendamento presentato dall'Unione di Centro, attraverso l'onorevole Dionisi, che porta invece la proroga degli sfratti fino al 31 dicembre 2009. Certamente anche questa data ultima è a rischio, ma sicuramente meno ipocrita di quella del 30 giugno 2009, perché dietro quest'ultimo termine vi è, appunto, l'ipocrisia di dare qualche soddisfazione ai proprietari di case, che sono sottoposti alla proroga degli sfratti, dicendo che questo Governo non è così cattivo nei loro confronti, limitando solo a pochi mesi questo provvedimento di restrizione del diritto di proprietà. Quindi, riteniamo onesto e ragionevole l'emendamento del collega Dionisi e invitiamo i colleghi a votarlo e, soprattutto, il Governo ad esprimere parere favorevole.
Siamo comunque di fronte ad una proposta su cui dovremo tornare a discutere, sia a giugno sia a dicembre, perché l'articolo 11, comma 12, del decreto-legge n. 112 del 2008, relativo alla cosiddetta manovra estiva, è stato scritto in violazione del Titolo V della Costituzione, con lo Stato che invade la sfera delle competenze delle regioni in materia di edilizia abitativa. Non possiamo non sottolineare, noi dell'Unione di Centro, quanto sia singolare che il Governo si trovi di fronte ad un'invadenza nella sfera di competenza delle regioni, un Governo sostenuto da una maggioranza che comprende una forza federalista come la Lega Nord. Di fronte al successo dell'iniziativa davanti alla Corte costituzionale delle regioni, che hanno impugnato l'articolo 11 citato, gli amici della Lega Nord non potranno che arrossire, perché nel momento in cui nell'altro ramo del Parlamento si sta discutendo del provvedimento di delega al Governo sul federalismo fiscale, è come mettere, per così dire, un lupo alla guida di un gregge di pecore: da un lato ci si affida ad un Governo e ad una maggioranza che dovrebbero realizzare il federalismo e quindi trasferire più poteri alle regioni, e dall'altro il Governo è contestato dalle regioni, perché in qualche modo le priva di poteri già riconosciuti loro dalla Costituzione.
Quindi, queste regioni che hanno impugnato la norma per conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale danno l'esatto limite di quanto questo Governo sia concretamente impegnato sul federalismo, ma danno anche l'esatto limite di come esso metta in piedi delle norme che non sono, poi, aderenti al dettato costituzionale.
Ma vi è di più. L'articolo 11, del decreto-legge n. 112, che abbiamo approvato nel luglio scorso, prevedeva anche un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che avrebbe dovuto dare attuazione al Piano casa. Ebbene, questo decreto, a tutt'oggi, non è stato emanato. Quindi, ci troviamo di fronte ad un Presidente del Consiglio dei ministri che Pag. 8non adempie nemmeno al dettato di un decreto-legge del proprio Governo, imposto a questo Parlamento attraverso un voto di fiducia. Ci troviamo di fronte, quindi, ad un Presidente del Consiglio dei ministri che non ubbidisce nemmeno a se stesso.
I termini per l'emanazione del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, infatti, sono scaduti da circa un mese: ci troviamo di fronte, quindi, o ad una sciatteria nei comportamenti, oppure ad una presa di coscienza che il decreto-legge n. 112 relativo alla manovra economica estiva, imposto manu militari da questo Governo, era così sbagliato che il Presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi se ne è accorto proprio qualche mese fa, tanto che non ha proceduto all'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Sarebbe un facile gioco retorico dire che ve l'avevamo detto, ma, come sempre, noi dell'opposizione siamo solo dei disturbatori e restiamo inascoltati.
Siamo palesemente di fronte ad un'altra norma spot: un Piano casa realizzato con le risorse del Governo Prodi e, per di più, con procedure di quel Governo, che erano rispettose del Titolo V della Costituzione, perché conferivano alle regioni il potere di decidere, insieme a comuni e province, l'allocazione delle risorse del fondo relativo al piano di edilizia abitativa. In quest'Aula tutti sanno, essendo parlamentari con un cursus honorem vissuto nell'esperienza amministrativa degli enti locali e delle regioni, che il potere urbanistico è nelle mani degli amministratori comunali e, per quanto concerne i controlli su delega dalle rispettive regioni, delle province. Ebbene, come si può pensare di realizzare 20 mila alloggi - tra l'altro, in tempi brevi - superando e aggirando i poteri dei comuni e delle province? Come si può pensare che il piano di riparto di queste risorse tra le diverse regioni possa essere immediatamente applicato ed attuato, senza tener conto di una pianificazione del territorio, che sia aderente a tutti i passaggi dell'organizzazione del territorio stesso, in rapporto all'impatto con le rispettive programmazioni urbanistiche e, soprattutto, in rapporto all'impatto ambientale?
Ci troviamo, altresì, di fronte, nella stragrande maggioranza dei regolamenti edilizi, a comuni che non hanno operato alcuna modifica né alcun adeguamento rispetto alle norme di efficienza energetica e di risparmio energetico, che sono state via via emanate dai Governi che si sono succeduti in questi ultimi anni.
Ci troviamo di fronte ad una normativa degli enti locali che non è al passo con l'attuale attenzione e sensibilità verso gli obiettivi di efficienza energetica.
Il problema dell'edilizia abitativa, soprattutto di carattere sociale, non è legato soltanto al riconoscimento del diritto ad un alloggio, ma è legato (proprio perché si rivolge a dei soggetti economicamente e socialmente deboli) anche ai costi di gestione degli alloggi stessi. Si avverte la necessità di adeguare i nuovi programmi di edilizia economica popolare a quegli standard già realizzati in alcune regioni del nord: penso al Trentino-Alto Adige, che vanta le cosiddette migliori pratiche in materia di realizzazione di alloggi ad alta efficienza energetica. Queste migliori pratiche dovrebbero essere tutte trasferite nei programmi edilizi, nelle norme prescrittive dei piani attuativi o dei piani regolatori e sicuramente nei regolamenti edilizi dei vari comuni, come ha fatto, ad esempio, il comune di Roma qualche anno fa. Se non esiste una cogenza di prescrizioni sulla riduzione dei costi di gestione riguardo alla realizzazione di edilizia abitativa a carattere sociale non aiutiamo appieno quelle fasce deboli a cui vogliamo rivolgere la nostra attenzione affinché sia riconosciuto loro un diritto importante, quale il diritto alla casa.
Pagare 100, 150 euro al mese per il riscaldamento e per la gestione energetica dei propri alloggi è cosa assai onerosa per le famiglie monoreddito e per le famiglie con figli a carico, quelle famiglie che l'Unione di Centro, in quest'Aula e fuori, da tempo si impegna a difendere; non possiamo certamente dimenticare come esse debbano essere difese soprattutto garantendo Pag. 9loro uno dei diritti più importanti, insieme a quelli alla salute e al lavoro, quale è il diritto alla casa. Per questo motivo, in questo provvedimento metteremo tutto il nostro patrimonio di valori.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lovelli. Ne ha facoltà.
MARIO LOVELLI. Signor Presidente, è ormai evidente che stiamo legiferando in un regime di confusione normativa che rende il lavoro delle Camere sempre meno produttivo. Il fatto che l'attività prevalente dell'Aula sia dedicata alla conversione di decreti-legge spesso ripetitivi (come sono stati i casi dei decreti relativi ad Alitalia o ai rifiuti di Napoli), sovrapposti e correttivi dei precedenti, e il fatto che su molti di essi venga posta la fiducia e che, quindi, si limiti la possibilità di un costruttivo confronto parlamentare, tutto ciò finisce per produrre testi legislativi spesso poco chiari, provvedimenti non coerenti nel contenuto e contraddittori rispetto a norme precedenti. Con ciò si raggiunge l'opposto di quell'obiettivo di semplificazione legislativa che viene spesso proclamato. Serve veramente a poco che con un provvedimento come il «taglialeggi» si eliminino dal novero delle leggi provvedimenti datati o comunque destinati ormai a non produrre alcun effetto normativo concreto, mentre si sfornano provvedimenti che aumentano il numero delle leggi e non contribuiscono a riordinare la materia di cui ci si dovrebbe occupare.
È il caso di questo provvedimento che, pur modesto nel suo contenuto, viene proposto al di fuori di un quadro organico di politica della casa, che sarebbe stato, invece, opportuno e necessario dopo sette mesi dall'insediamento di questo Governo. Esso viene proposto dopo che un altro provvedimento (si tratta del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito dalla legge n. 133 del 2008), ha previsto l'avvio di un piano nazionale di edilizia abitativa che ha manomesso il precedente piano, approvato dal Governo Prodi con la legge n. 222 del 2007, che aveva attivato investimenti per 550 milioni di euro.
Ho partecipato, di recente, a una riunione sull'argomento promossa a Torino dalla regione Piemonte e dalla Federazione degli Istituti autonomi case popolari che, su questo, esprimevamo forte preoccupazione perché, di fatto, in una realtà come quella - ossia in una regione virtuosa che si era mossa tempestivamente - si era determinato semplicemente un blocco degli interventi, in attesa di un riordino che, ipotizzato all'articolo 11, a tuttora deve venir fuori. Infatti, questo procedere in modo frammentario e contraddittorio ha prodotto il risultato che si è approvata una norma - quella che ho appena citato - che rimanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo che a tutt'oggi non è ancora stato emanato di fronte al contenzioso che si è aperto con le regioni virtuose: si è, quindi, approvata una norma che non è diventata immediatamente operativa. Di conseguenza, senza lo sblocco di questi fondi, rischiamo di ritrovarci, quando scadrà la proroga prevista da questo provvedimento, nella necessità di dover, ancora una volta, provvedere con altre misure di rinvio, perché non è stato ancora previsto un quadro organico complessivo o ad esso non è stata data attuazione.
Potremmo citare, altresì, parlando di incentivi agli interventi nel settore edilizio, il caso dello sgravio del 55 per cento sugli interventi di ottimizzazione ambientale delle abitazioni. Questa misura è stata introdotta nel cosiddetto decreto «taglia-crisi» e produce un risultato veramente assurdo e contraddittorio: infatti, in questo caso, siamo di fronte ad una norma che, negli ultimi due anni, ha prodotto 106 mila interventi nel 2007 e 138 mila interventi nel 2008. Essa rischia di compromettere lo sviluppo di un piano virtuoso di interventi, sia pubblici che privati che, peraltro, sono un contributo essenziale per mettere in moto interventi di tipo anti-ciclico, in questa fase recessiva.
Approviamo, dunque, provvedimenti che, anziché contribuire, nell'immediato, Pag. 10ad invertire la tendenza recessiva dell'economia nazionale, anche con interventi limitati ma molto puntuali, fanno esattamente il contrario. Su questo argomento abbiamo ascoltato, dal Ministro, l'intenzione di una parziale retromarcia, quantomeno sulla retroattività del provvedimento, per l'anno 2008, ma questo è assolutamente insufficiente. In questo modo si è comunque prodotta confusione nei destinatari della norma e un danno evidente perché non si mettono in moto gli interventi di cui ci sarebbe molto bisogno.
Fra l'altro, se si fosse proposto allora, vale a dire nei primi mesi dell'attività di questa legislatura, un provvedimento complessivo all'attenzione del Parlamento (pertanto, al di fuori delle forche caudine dei decreti-legge, delle fiducie e della fretta con cui si opera in quest'Aula), sarebbe stato probabilmente possibile, anche in una spirito di collaborazione più costruttivo, realizzare un intervento organico, un completo provvedimento di legge nel quale anche la materia della proroga degli sfratti poteva essere inserita, in un contesto chiaro e programmato con le regioni e con gli enti locali, concertato con le parti sociali, con le istituzioni che operano in materia - pensiamo all'Istituto autonomo case popolari in primis - e con i privati (gli operatori dell'edilizia residenziale), vale a dire operando come si era fatto nel 2007, con l'esperienza della legge n. 222, che era stata frutto di un tavolo di concertazione apposito.
Insomma, il risultato è francamente modesto - lo ripeto - perché intanto limita la platea dei destinatari, sia sotto il profilo della condizione sociale, sia sotto il profilo territoriale. Infatti, il provvedimento limita in modo consistente i destinatari e voglio ricordare che sulla base dei dati forniti dal SUNIA, negli anni dal 2000 al 2006, vi è stata una nuova tendenza all'aumento degli sfratti, che sono passati da 39.406 a 44.897. Dunque, ci accingiamo a varare un provvedimento che limita i propri destinatari circoscrivendoli a particolari categorie sociali, certamente degne di grande attenzione, ma che non costituiscono una platea sufficiente. Mi riferisco alle famiglie con reddito annuo lordo inferiore ai 27 mila euro e che hanno, nel proprio nucleo familiare, persone anziane ultrasessantacinquenni, malati terminali o portatori di handicap. Nei confronti di queste famiglie, con il provvedimento in esame, certamente si potrà tamponare il problema; tuttavia, sarà un intervento transitorio perché è molto limitato e non affronta il complesso della platea sociale potenzialmente destinataria.
Dall'altro lato, dal punto di vista territoriale, si limita l'incidenza del provvedimento in esame. Infatti, questo decreto-legge si occupa dei comuni capoluogo di quattordici aree sostanzialmente metropolitane e dei comuni ad alta tensione abitativa ad essi confinanti, limitando inoltre, la proroga ai soli casi di finita locazione.
Questo, da un lato, comporta una contraddizione e una limitazione perché quasi tutte le 108 province italiane, come ricordiamo, rientrano nell'ambito della famosa delibera CIPE n. 87 del 2003, nella quale sono stati individuati i comuni ad alta tensione abitativa e, quindi, questa limitazione porta a far sì che nella maggior parte del resto del territorio nazionale il problema, pur esistendo (i dati sono stati forniti in modo dettagliato, tra l'altro, dal collega Nannicini nel suo intervento) non può esser affrontato.
Inoltre, con questo provvedimento il Governo ha deciso che vengano aiutate solo le famiglie che saranno costrette ad abbandonare la casa nella quale hanno vissuto nel caso in cui il locatore si rifiuti di rinnovare il contratto. Tuttavia, non viene affrontato il problema gravissimo, che segnala anche un disagio sociale evidente, dell'aumento vertiginoso degli sfratti per morosità soprattutto negli ultimi anni, legato all'impossibilità da parte dei nuclei familiari di pagare i canoni di locazione.
I dati che abbiamo a disposizione ci dicono che nel 2007, su 43.394 sfratti, ben 33.559 erano per morosità e solo 9.176 per finita locazione.Pag. 11
Quindi, pensiamo che il Governo avrebbe dovuto responsabilmente proteggere, in questo momento di difficoltà, coloro i quali non riescono a pagare il canone d'affitto, fra l'altro intervenendo su una materia che, come sappiamo, è oggetto di interventi concorrenti da parte delle regioni e che, con la politica concertativa che prima ho voluto richiamare, sarebbe stato possibile affrontare con più efficacia e più completezza, dando risposte precise.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MARIO LOVELLI. Concludo, signor Presidente. Il gruppo del Partito Democratico, per le considerazioni che ho appena svolto, riproporrà in Aula emendamenti finalizzati a superare questi limiti. Tali emendamenti in Commissione sono stati riconosciuti fondati dagli altri colleghi della maggioranza e dallo stesso rappresentante del Governo, anche se si è poi deciso di rinviarne l'esame ad una fase successiva.
Fra l'altro, signor Presidente, lei ha dichiarato inammissibili alcuni di questi emendamenti e, in realtà, non vedo la ragione sostanziale di questa inammissibilità. Infatti, con questi emendamenti volevamo dare un senso più completo a un provvedimento che, lo ripeto, si presenta modesto, limitativo e che non corrisponde a un bisogno complessivo molto più elevato.
Naturalmente, nel corso dell'esame dei singoli emendamenti avremo la possibilità di argomentare meglio. Per adesso, concludo il mio intervento con un richiamo al Governo, che spero saprà farlo proprio a conclusione comunque di questa discussione: sulla politica sulla casa si deve ricominciare una discussione più ampia, più determinata, più puntuale e che dia una risposta ai bisogni sociali, che sono veramente molti, dei nostri concittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
VINCENZO GIBIINO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VINCENZO GIBIINO, Relatore. Signor Presidente, sono giunti i pareri da parte della Commissione bilancio relativamente ad alcuni emendamenti approvati ieri dal Comitato dei nove. Pertanto, vorrei chiedere una sospensione della seduta per poter convocare il Comitato dei nove.
PRESIDENTE. Onorevole relatore, di quanto tempo ha bisogno il Comitato dei nove?
VINCENZO GIBIINO, Relatore. Un quarto d'ora o venti minuti.
PRESIDENTE. Sospendo dunque la seduta per consentire al Comitato dei nove di riunirsi.
La seduta, sospesa alle 10,30, è ripresa alle 11,05.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il relatore. Ne ha facoltà.
VINCENZO GIBIINO, Relatore. Signor Presidente, il Comitato dei nove ha elaborato una proposta emendativa che, per problemi connessi alla copertura finanziaria, ha bisogno del parere della competente Commissione bilancio. Pertanto, chiedo trenta minuti di sospensione affinché tale Commissione si possa riunire.
PRESIDENTE. Sta bene. Sospendo la seduta che riprenderà alle 11,30.
La seduta, sospesa alle 11,05, è ripresa alle 11,55.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE
Sull'ordine dei lavori.
MICHELE VENTURA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
Pag. 12
MICHELE VENTURA. Signor Presidente, intervengo per avanzare una richiesta alla Presidenza della Camera perché se ne faccia interprete presso il Governo.
All'esame della Camera, in prima lettura, abbiamo il cosiddetto «decreto-legge anticrisi»; ieri abbiamo ascoltato il Ministro Tremonti in un'audizione presso la Commissione bilancio e, sempre nella giornata di ieri, ci sono state le dichiarazioni del Ministro Sacconi che hanno paventato dei rischi per il nostro Paese, non sappiamo bene su quale base e in che modo desunti, ma che aprirebbero uno scenario estremamente grave e drammatico per il Paese. Abbiamo riscontrato più voci da parte di componenti del Governo, che si scontrano con l'ottimismo di facciata del Presidente del Consiglio.
Colleghi, non possiamo accettare, anche se può sembrare una battuta, che nel giro di pochi giorni si passi dal «cucù» di Berlusconi al Cancelliere Merkel, a un Ministro che paventa per l'Italia un rischio Argentina, come ha fatto ieri il Ministro Sacconi. Apprendo che lo stesso vicecapogruppo dei senatori del Popolo della Libertà chiede una cabina di regia fra maggioranza e Governo.
Ora, in una situazione di crisi complicata come quella che stiamo vivendo, signor Presidente, occorre un grandissimo senso di responsabilità anche nelle dichiarazioni: proprio per non turbare e non creare problemi sui mercati internazionali. Chiediamo, quindi, che proprio all'inizio dell'esame in Commissione del provvedimento anticrisi, anche per fare il punto della situazione che ridia fiducia all'Italia e ai mercati internazionali, venga a riferire in quest'Aula o il Presidente del Consiglio o il Ministro dell'economia e delle finanze, per svolgere un dibattito che sia tale da segnare un momento di responsabilità e di certezza per ciò che riguarda il futuro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Onorevole Ventura, provvederemo a riportare questa importante richiesta al Governo.
BRUNO TABACCI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO TABACCI. Signor Presidente, intervengo anch'io sulla stesso tema ora sollevato, perché oggettivamente le osservazioni svolte dal collega Ventura sono ineccepibili e credo che queste voci così difformi che il Governo ha manifestato nel corso di questi giorni così difficili, richiedano una puntualizzazione nella sede propria, ossia il Parlamento.
Ne abbiamo sentite un po' di tutti i colori, è evidente che prevale un'ansia di rappresentazione esterna, una continua messaggeria che certo non allieterà il Natale degli italiani, tuttavia, abbiamo il dovere di fare con esattezza il punto della situazione. Ieri il Ministro dell'economia e delle finanze ha parlato della crisi nell'ambito di un'audizione svoltasi nelle Commissioni riunite, V e XIV, però, a questo punto, a mio avviso, ciò non basta.
Nelle ultime ore abbiamo ascoltato il Ministro Sacconi manifestare preoccupazioni, che sono anche nostre, e vorremmo che si dicesse una parola abbastanza importante, impegnativa. La mia impressione è che il Governo stia annaspando, purtroppo per noi e per l'Italia, continuando in questa politica degli annunci che non è positiva.
Sarebbe bene che si concentrassero, ad esempio, sugli ammortizzatori sociali affrontando il tema prima che sia troppo tardi, in quanto le cose che qui ha denunciato il segretario generale della CISL, Bonanni, lasciano intendere che vi sarà una gelata formidabile. Alla gelata non si risponde con la carta di credito o con la carta dei poveri, bensì con una struttura di assistenza e di intervento sul welfare che sia adeguata e all'altezza della situazione. Ciò non deve riguardare solo i lavoratori che hanno un contratto a tempo indeterminato, bensì anche i lavoratori precari, i quali non sono solo persone giovani, ma vi sono anche persone che hanno difficoltà di reinserimento ulteriore.
Quindi, è bene che questa intelaiatura degli ammortizzatori sociali diventi l'impegnoPag. 13 prevalente del Governo: questo vuol dire dare la speranza! Nell'ultimo mese la propensione al risparmio è cresciuta del 10 per cento, perché le famiglie non hanno sicurezza circa il loro futuro. Si tratta di un risparmio che tende ad essere costruito perché non si sa che cosa potrà accadere. Poiché la fonte dei risparmio è il lavoro, è chiaro che la rete di produzione va stesa in quella direzione.
Tuttavia, il Governo parla a più voci, fa tutta questa confusione e poi si preoccupa in modo particolare della ricaduta su Sky e degli spot che Sky fa a carico delle iniziative del Governo, in quanto evidenziano in maniera clamorosa un conflitto di interessi che non può essere sanato dagli elettori. Il conflitto d'interessi quando c'è, c'è e se ne vedono le conseguenze perché tutte le volte che questo Governo opera in certi frangenti tocca gli interessi del Presidente del Consiglio (Applausi del deputato Nannicini). Venga lui a parlare in Aula e ci dica come gli interessi generali debbano essere preservati al di là dei suoi interessi particolari (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).
ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, intervengo non solo per associarmi a ciò che è stato fin qui detto, ma perché veramente noi chiediamo - e la preghiamo di rappresentarlo al Presidente della Camera - che in Aula venga il Presidente del Consiglio a riferire su questa situazione.
Ieri sera è stato difeso in una nota trasmissione televisiva dal sottosegretario Romani dicendo che non è venuto al dibattito sulla fiducia perché era impegnato a Tirana. Ma ormai di fiducie ne avete chieste otto e il Presidente del Consiglio non è mai venuto una volta. Noi non lo vediamo da quando ha svolto il primo intervento nel mese di maggio. Credo che un Presidente del Consiglio abbia l'obbligo ed il dovere di venire a spiegare cosa sta succedendo e cosa sta facendo il Governo.
Oggettivamente nella replica che ho svolto ieri nel corso dell'audizione del Ministro Tremonti, ho ricordato che ci vuole ben più di quanto è stato fatto dal Governo. Non si dica che non ci sono soldi, perché ci sono coloro che si sono autodenunciati, come evasori nei condoni fatti dal Ministro Tremonti, i quali hanno pagato la prima rata per bloccare gli effetti successivi e poi non hanno pagato più nulla. Ci sono, quindi, 5 miliardi di euro che con un provvedimento (questo sì d'urgenza) si renderebbero immediatamente esecutivi e utilizzabili per fronteggiare questa crisi. La crisi, infatti, non si risolve certo, signor Presidente, inventando il «porno ispettore di Stato», perché questo si dovrà fare per tassare il materiale pornografico visto com'è stato concepito quel decreto-legge. Credo che la crisi, invece, si possa risolvere procedendo anche al di fuori del Patto di stabilità e ridando i contributi a quei comuni, che erano già pronti a spendere 3 miliardi e mezzo di euro, che con la manovra di agosto sono stati tolti per il 2009 come contributo dello Stato agli investimenti da parte degli enti locali. Solo queste due misure porterebbero quasi dieci miliardi di euro che potrebbero essere anche impiegati in parte per sostenere meglio e per creare una rete di protezione per le gravi difficoltà a cui andranno incontro le famiglie italiane nei prossimi mesi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Borghesi. Provvederò ad informare il Presidente della Camera di queste richieste affinché le rappresenti al Governo.
Si riprende la discussione.
(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1813-A)
PRESIDENTE. Avverto che la Commissione ha presentato i seguenti subemendamentiPag. 14 riferiti all'articolo aggiuntivo 1-bis.051: il subemendamento 0.1-bis.051.50, che recepisce la condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, contenuta nel parere espresso questa mattina dalla Commissione bilancio; il subemendamento 0.1-bis.051.51, volto a recepire un'ulteriore osservazione contenuta nel medesimo parere.
Avverto, inoltre, che la Commissione ha presentato l'emendamento 1.54. Secondo quanto risulta alla Presidenza, con riferimento a tale ultima proposta emendativa, i gruppi hanno rinunciato al termine, di cui all'articolo 86, comma 5-bis del Regolamento, nonché al termine per la presentazione dei subemendamenti.
Avverto, altresì, che la Commissione bilancio sull'emendamento 1.54 della Commissione ha espresso un parere di nihil obstat (Vedi l'allegato A - A.C. 1813-A).
Le nuove proposte emendative della Commissione sono in distribuzione.
Riprendiamo gli interventi sul complesso degli emendamenti riferiti agli articoli del decreto-legge.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.
LORENZO RIA. Signor Presidente, il provvedimento che stiamo esaminando, che prevede misure urgenti per contenere il disagio abitativo di particolari categorie sociali, dovrebbe servire ad adottare misure che potremmo definire tampone, nel tentativo di dare una risposta provvisoria al grave problema del disagio abitativo, che talune categorie di soggetti (famiglie con reddito medio annuo lordo inferiore ai 27 mila euro, che hanno nel proprio nucleo familiare persone anziane, malati terminali o soggetti portatori di handicap, soggetti ultrasessantacinquenni) stanno da tempo vivendo, in attesa che si realizzino interventi strutturali, come ad esempio quelli previsti dal tanto atteso «Piano casa», in relazione al quale, tuttavia, occorre sottolineare che ad oggi non è stato ancora emanato, malgrado la reale situazione preoccupante del settore e malgrado che questa situazione lo imponga, alcun decreto di attuazione.
Nonostante ciò, pur dinanzi ad un'emergenza sociale di questa portata, il Governo ha adottato un decreto-legge che, rispetto ai positivi propositi espressi nella relazione illustrativa (contenere il disagio abitativo dei soggetti svantaggiati, rinnovo del periodo di proroga dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio per finita locazione), limita di fatto, con un linguaggio oscuro, direi burocratico, che rinvia alla legge n. 148 del 2005, in misura consistente i destinatari di questo provvedimento, circoscrivendoli alle categorie che ho appena ricordato, limitando la proroga ai soli casi di finita locazione e limitando altresì l'ambito di applicazione ai soli comuni capoluogo di quattordici aree metropolitane e ai comuni ad alta tensione abitativa con essi confinanti.
Altri colleghi hanno fatto riferimento ai dati di carattere generale che valgono a livello nazionale. Io vorrei riferirmi ai dati che riguardano la mia regione, che poi è anche la sua, signor Presidente. Dei settantuno comuni pugliesi, individuati dalla delibera CIPE n. 87 del 13 novembre 2003 come caratterizzati da elevata tensione abitativa e inclusi nel provvedimento di proroga degli sfratti del precedente Governo, se ne lasciano fuori ben sessanta, limitando quindi la proroga a undici soli comuni, ossia Bari e i comuni contermini. Per essere ancora più espliciti, ciò significa che si escludono nella sola regione Puglia capoluoghi come Foggia, Taranto, Brindisi, Lecce e altre città di medie dimensioni, con eguali evidentissime tensioni sul mercato abitativo, come Barletta, Andria e Molfetta.
Signor Presidente, il fatto è che, nelle precedenti settimane, non sono mancate le occasioni, in particolare mi riferisco al disegno di legge finanziaria, ma anche al provvedimento recentemente approvato da quest'Aula sull'intervento statale a favore delle banche, per affrontare in maniera adeguata e più incisiva le grandi questioni, tuttora in gran parte ancora irrisolte, Pag. 15legate alle politiche per la casa e, più in generale, alle condizioni economiche delle famiglie, sempre più preoccupanti.
Sono condizioni che incidono non solo sui nuclei familiari ai quali non viene rinnovato il contratto di locazione (vorrei ricordare, a tal proposito, che, secondo i dati forniti dal SUNIA, l'aumento vertiginoso degli sfratti negli ultimi anni ha riguardato proprio gli sfratti per morosità), ma vi sono anche le condizioni di disagio di quei nuclei familiari rimasti schiacciati dal peso crescente delle rate mensili dei mutui. È proprio su questo aspetto, quello dei mutui e del sostegno che si deve dare alle famiglie in tale direzione, che vorrei brevemente soffermarmi, per confermare una linea di continuità rispetto all'impegno che abbiamo profuso nella scorsa legislatura.
Come è stato ricordato da altri colleghi in quest'Aula, vorrei sottolineare e ribadire anch'io che nella scorsa legislatura è stato introdotto nella legge finanziaria un intervento reale e concreto.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
LORENZO RIA. Signor Presidente, se devo rinunciare a qualcosa dei miei quindici minuti, me lo dica, perché credo che ci sia ancora abbondantemente tempo.
PRESIDENTE. Onorevole Ria, lei ha, a termini di Regolamento, quindici minuti per svolgere il suo intervento. Mi dicono che c'è un accordo informale del suo gruppo per ridurre questi tempi a cinque minuti. L'ho avvisata come gesto di cortesia, ma il tempo regolamentare è di quindici minuti.
LORENZO RIA. Signor Presidente, se si tratta di questo, cercherò di concludere il mio intervento prima dei quindici minuti. Mi riferivo, signor Presidente, all'innalzamento, dopo 15 anni, del tetto di detraibilità dei mutui, che ammontava a 7 milioni e 200 mila lire (l'importo non era ancora stato nemmeno convertito in euro), che il Governo Prodi ha innalzato a 4 mila euro.
Abbiamo, altresì, proposto una risoluzione con la quale passare dal 19 al 23 per cento e con la quale innalzare il tetto della detraibilità da 4 mila a 6 mila euro (si tratterebbe di interventi che vanno da 160 fino a 400 euro a favore di ogni mutuatario), senza citare poi la cosiddetta «legge sulla portabilità», avanzata dal Ministro Bersani nel pacchetto delle liberalizzazioni, che ha permesso, pur in presenza di talune difficoltà operative, di trasferire il proprio mutuo da un ente all'altro con bassissimi costi e senza fare ricorso al notaio.
Nonostante tali misure concrete, ci troviamo a dover fronteggiare l'incapacità di molte famiglie di far fronte alle sempre crescenti rate del mutuo per la casa, soprattutto quelle a tasso variabile, negoziate su indicazioni delle banche, che, ricordo, dicevano loro di non preoccuparsi, perché la rata sarebbe rimasta fissa, in quanto non vi era previsione alcuna che facesse presupporre un aumento dei tassi.
Signor Presidente, concludendo, proporrò un ordine del giorno in tale direzione, con il quale, da un lato, chiediamo che si escluda il ricorso all'escussione delle garanzie ipotecarie per i mutuatari di abitazioni e di residenze temporaneamente in difficoltà, predisponendo una serie mirata di programmi ed interventi, da attuare d'intesa con le amministrazioni competenti, che permettano alle numerose famiglie attualmente insolventi di poter permanere nelle abitazioni acquistate in qualità di comproprietari o almeno di inquilini; dall'altro, vorremmo prospettare e chiedere l'attuazione di provvedimenti opportuni atti a disporre la sospensione momentanea dei pignoramenti sulle abitazioni di residenza di prima casa per i mutuatari morosi con reddito medio-basso.
Dunque, a nostro parere, il Governo avrebbe dovuto tener conto di questi dati e delle proposte che abbiamo avanzato con i nostri emendamenti e avrebbe dovuto responsabilmente proteggere, in questo momento di difficoltà, coloro i quali non riescono a pagare il canone di affitto, Pag. 16accollandosi temporaneamente l'onere di tale canone e, ovviamente, non arrecando danno ai locatari.
Concludo, signor Presidente, rivolgendo ancora una volta l'ennesimo appello al Governo: il nostro invito a mostrare maggiore attenzione rispetto alle tematiche, ai problemi che noi proponiamo attraverso gli emendamenti, attraverso gli ordini del giorno; in particolare ai problemi della morosità, che in questi ultimi anni ha raggiunto davvero dimensioni considerevoli e che temiamo possa aggravarsi ancor di più, in presenza di una crisi economica della portata di quella che stiamo vivendo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tidei. Ne ha facoltà.
PIETRO TIDEI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in un momento di crisi generale pesante come questa forse era lecito aspettarsi dal Governo sicuramente qualcosa di più, in un settore come quello della casa che è proprio quello sul quale maggiori conseguenze si sono abbattute, in modo particolare a livello internazionale. Il provvedimento invece è limitato alle famiglie con un reddito annuo inferiore a 27 mila euro e che abbiano nel proprio nucleo familiare anziani over 65, malati terminali e portatori di handicap: una platea ristretta, signor Presidente, troppo ristretta rispetto ai crescenti e drammatici bisogni di molti inquilini che si trovano ad affrontare l'amarezza, l'umiliazione, e molto spesso il dolore di un'espulsione forzosa dalla propria dimora. E il provvedimento in esame, che avrebbe la pretesa di tamponare e risolvere almeno provvisoriamente il problema del disagio abitativo, noi temiamo che contenga invece risposte parziali, molto parziali e non risolutive del dramma, che coinvolgerà, e riteniamo con sempre maggior veemenza, migliaia di famiglie in difficoltà.
Non bisogna certo essere facili profeti per poter temere e prevedere che tra qualche tempo il disagio abitativo, il dramma dell'abitazione assumerà proporzioni tragiche. La cassa integrazione che falcidierà migliaia di redditi da lavoro, la scadenza e il rinnovo di contratti a tempo indeterminato per migliaia di precari, le difficoltà economiche crescenti di centinaia di migliaia di lavoratori, di pensionati, artigiani e commercianti e l'impossibilità - aggiungiamo - per migliaia di cittadini di far fronte al pagamento delle rate dei mutui per l'acquisto di un'abitazione, aumenteranno inevitabilmente il disagio abitativo e il dramma della casa. Soprattutto in assenza, da parte del Governo, di una vera e propria politica della casa, che a fronte di un fabbisogno di 650 mila alloggi per particolari categorie sociali in difficoltà, negli ultimi due anni ne ha costruiti, e ne sono stati costruiti, soltanto 5 mila. Ma questo è un argomento su cui ritorneremo.
Inutile ripetere le necessità impellenti di un piano massiccio per la costruzione di nuovi alloggi, che non solo risolverebbe i problemi del disagio e dell'emergenza abitativa, ma avvierebbe quel progetto di ripresa della nostra economia e rilancio dell'occupazione che tutti aspettano dal Governo. Abbrevio il mio intervento perché i minuti concessi sono ormai pochi; mi riservo tuttavia di consegnare il testo.
Signor Presidente, il sottoscritto è stato per otto anni sindaco di Civitavecchia, per tre di Santa Marinella, e ha vissuto e vive tuttora l'esperienza e il dramma della casa in un'area a forte intensità abitativa. Nell'area metropolitana di Roma, ad esclusione di Roma, che conta due milioni e mezzo di abitanti, vive nei centoventi comuni della provincia oltre un milione e mezzo di cittadini; la provincia di Roma in pochi anni è aumentata di 500 mila unità, mentre la città di Roma ha perduto 400 mila residenti. Si aggiunga il fatto che migliaia di extracomunitari o stranieri in genere, pur lavorando a Roma, hanno scelto, per risparmiare sui canoni di affitto, di vivere in provincia; ed è facile immaginare che è proprio nei comuni della provincia, delle aree metropolitane che la tensione abitativa sarà sempre più Pag. 17alta, giacché questi comuni, pur non confinando con la città capoluogo, aumentano ogni anno di migliaia e migliaia di cittadini. E, guarda caso, sono proprio quei comuni, i cittadini che vivono in essi che saranno esclusi dai provvedimenti del decreto-legge in esame: francamente chi, come me, ha vissuto per anni sulla propria pelle, in qualità di sindaco il dramma degli sfratti sa quanto diventa difficile per i bilanci comunali far fronte all'emergenza sfratti, quando soprattutto nei piccoli e medi centri i bilanci non consentono interventi a sostegno delle categorie disagiate e dei senza tetto.
Soprattutto perché spesso le ATER (gli ex istituti autonomi case popolari), che hanno dimensione provinciale, hanno, in passato, prevalentemente investito nelle città capoluogo e molto poco sui comuni della provincia; cosa che, ovviamente, ha creato gravi problemi abitativi in quei comuni delle aree metropolitane che hanno subito una forte immigrazione, importando tutti quei problemi delle grandi periferie urbane degradate, intasate, prive di servizi e di infrastrutture di qualità, con l'aumento degli squilibri economico-sociali tra la grande città e la periferia urbana. È su ciò, che più in generale, mi sto battendo da anni, per recuperare una ricucitura del tessuto urbano metropolitano con quello dei piccoli comuni.
PRESIDENTE. Onorevole Tidei, la invito a concludere.
PIETRO TIDEI. In conclusione, esprimo un giudizio negativo su questo provvedimento, per la limitatezza della platea dei beneficiati, sia sotto il profilo oggettivo, sia sotto quello soggettivo, e per la totale assenza di una visione prospettica. Un provvedimento che non tampona assolutamente l'emergenza abitativa, né coglie, in un momento di grave crisi come questo, l'opportunità per attivare una politica seria e di lungo respiro, capace di investire urgenti risorse in un settore vitale per la nostra economia, e soprattutto per centinaia di migliaia di famiglie che affrontano con angoscia, e talvolta disperazione, il problema della casa.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Tidei, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.
ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la discussione sul complesso degli emendamenti al provvedimento in esame, costituisce anche l'occasione per fare un po' il punto sul problema casa in generale. Comincerei con il chiedere quante regioni, ad oggi, hanno una legge quadro sulla casa, nonostante la riforma del Titolo V della Costituzione abbia assegnato ad esse l'esclusiva competenza. Se ciò non bastasse, nonostante la sentenza n. 166/2008 della Corte costituzionale abbia, inoltre, sancito la piena competenza delle regioni anche in materia di emergenza abitativa legata agli sfratti, mi sembra che nella maggioranza dei casi le regioni si siano limitate a interventi parziali e settoriali che, di fatto, hanno lasciato invariato una situazione fatta di emergenza e di cattiva gestione. Per superare le tensioni abitative sarebbe forse opportuno mettere ordine nei settori classici dell'edilizia convenzionata, e sovvenzionata, e introdurre precise regole per il project financing o l'housing sociale, che nel resto dell'Europa concorrono sempre di più ad aumentare l'offerta di case. Un riordino che, dunque, preveda provvedimenti organici per fronteggiare l'emergenza abitativa e favorire il passaggio di casa a casa delle famiglie disagiate, con interventi di sostegno ai comuni e alle famiglie stesse; un potenziamento del Fondo sociale per l'affitto, per fronteggiare i costi insostenibili del mercato locativo; un piano casa regionale fondato su una sinergia pubblico-privato, capace di favorire un maggiore rapporto risorse per la realizzazione di alloggi da dare in affitto, o a canone convenzionato; fondi per la mutazione straordinaria del patrimonio Pag. 18pubblico, stante le condizioni di degrado al limite della vivibilità; la definizione di un quadro organico che assicuri i diritti e i doveri degli assegnatari, eliminando i fenomeni di speculazione dal patrimonio pubblico spesso contigui a fenomeni malavitosi che opprimono, in primo luogo, gli utenti stessi.
Accanto ad una legge strutturale, è altresì opportuno procedere a una riforma degli ex IACP, che ormai sono in una condizione non più sostenibile e che continuano a mantenere una organizzazione vecchia e non al passo con i tempi. Bisogna, quindi, avviarsi verso una trasformazione di questi vecchi istituti in aziende per renderli produttivi e dinamici sul territorio e in grado di affrontare le esigenze che emergono in tema di politiche per la casa. Oggi, assistiamo invece, da più parti, al completo abbandono degli istituti, divenuti solo lo strumento per piazzare uomini nel sottogoverno o come opportunità per l'affidamento di incarichi e consulenze. Crediamo, invece, che sia opportuno salvaguardare il patrimonio di professionalità ed esperienze interne che sono state acquisite nel corso degli anni all'interno degli istituti stessi. Magari sarebbe necessario rimodulare e riassegnare nuovi e precisi obiettivi, cercando di utilizzare la gestione di tutto il patrimonio di edilizia residenziale pubblica, che non sempre migliora quando è affidata ai privati, come da più parti è stato dimostrato.
Tornando all'housing sociale, ad esempio, le città di Roma e di Milano sono in fondo alla graduatoria europea per quel che riguarda la casa in affitto sociale. Questa è la conclusione del primo report sulle grandi città. La capitale, ad esempio, con un 4,3 per cento si colloca infatti al sedicesimo posto tra le venti città monitorate, mentre il capoluogo lombardo, con il 7,2 conquista appena il quattordicesimo posto. Ancora più fondo alla classifica vi sono poi Barcellona, Zurigo, Madrid, Atene e Lisbona, mentre nella classifica delle città virtuose si colloca a pieno diritto Amsterdam, dove quasi un appartamento su due è in affitto con contratti sociali. La media europea, per quanto riguarda la percentuale di housing sociale, si attesta sul 14,1 per cento.
La performance negativa delle due città italiane è dovuta alla forte propensione degli italiani alla proprietà immobiliare. Il 62 per cento degli appartamenti a Milano e il 64 per cento a Roma sono abitati dai loro proprietari. Di fronte ad un piano casa che manca ancora dei decreti attuativi, attraverso forme innovative come l'housing sociale, si potrebbe ampliare, qualificandola, l'offerta degli alloggi in affitto, mettendo a disposizione delle unità abitative a favore di quelle persone che, escluse per ragioni di reddito dall'accesso all'edilizia residenziale pubblica, non sono tuttavia in grado di sostenere i costi del libero mercato. L'argomento è di grande attualità poiché nel nostro Paese la questione abitativa è tra i temi caldi dell'agenda politica. Il mercato delle costruzioni nell'ultimo decennio ha realizzato quasi esclusivamente alloggi destinati alla vendita, in un contesto in cui l'accesso ai mutui ha rappresentato un investimento vantaggioso rispetto alla spesa degli affitti, fino alla più recente fase rialzista del costo del denaro.
Inoltre, in Italia il progressivo ritiro dal settore pubblico degli investimenti immobiliari a fini sociali (si pensi che dal 1984 al 1985 si è passati da un volume di edilizia agevolata attorno al 20 per cento sul totale degli immobili edificati ad appena il 3,9 per cento) e la bolla speculativa del mercato immobiliare, che ha toccato insieme vendita e locazioni, sono fattori che hanno contribuito non poco ad allargare l'area del disagio, sbarrando o rendendo impervio l'accesso alla casa a vaste categorie di persone. Penso alle giovani coppie, ai pensionati o alle famiglie monoparentali. Ripensare l'edilizia sociale non è solo un'esigenza quantitativa. L'housing sociale ha una modalità di intervento nella quale gli aspetti immobiliari vengono studiati in funzione dei contenuti sociali, offrendo una molteplicità di risposte per le diverse tipologie di bisogni, dove il contenuto sociale è prevalentemente rappresentato dall'accesso ad una casa dignitosa per Pag. 19coloro che non riescono a sostenere i prezzi del mercato, ma anche da una specifica attenzione alla qualità dell'abitare. Tra le molteplicità delle risposte offerte dall'housing sociale vi sono l'affitto calmierato, l'acquisto della casa mediante l'autocostruzione e le agevolazioni finanziarie, soluzioni integrate per le diverse tipologie di bisogni come ad esempio e soprattutto quelle delle giovani coppie e dei pensionati. Le più recenti trasformazioni socio-demografiche, delle strutture familiari, e la crescita dei processi di precarizzazione sono alla base dell'attuale richiesta di abitazioni a costi accessibili, non solo da parte dei ceti bassi, ma anche da quelli medio-bassi.
La domanda abitativa sociale è dunque oggi più articolata che in passato e comprende principalmente due aree. Vi sono situazioni in cui la situazione dell'esclusione abitativa assume dimensioni non strutturali, come famiglie o persone socialmente integrate che tuttavia trovano difficoltà ad accedere al mercato dell'affitto (soprattutto pensionati e coppie monoreddito); vi è poi la situazione di esclusione abitativa strutturale, in cui la mancanza di accesso alla casa si aggiunge ad una condizione di emergenza e di emarginazione o di esclusione. Di fronte a tale domanda, la quota di patrimonio abitativo in affitto in Italia si situa, secondo recenti stime diffuse dall'ISTAT, al 18,7 per cento, ben al di sotto dei valori dei Paesi europei più sviluppati, che oscillano al 30-40 per cento. Riguardo all'offerta di abitazioni di edilizia residenziale pubblica il dato si rafforza. Le assegnazioni di alloggi sociali in Italia soddisfano infatti appena l'8 per cento delle domande. La prima debolezza evidente delle politiche abitative sociali è quindi l'estrema ristrettezza dell'offerta di affitto accessibile insieme alla scarsa capacità di rispondere al nuovo intreccio tra la povertà abitativa, da un lato, e i processi alla base della cresciuta vulnerabilità sociale di molti settori della popolazione dall'altro.
Le difficoltà di migliorare la propria condizione abitativa da parte delle famiglie meno abbienti è evidente in rapporto al reddito. Circa il 25 per cento delle famiglie in affitto ha redditi annui inferiori ai 10 mila euro, dei quali il 33,4 per cento è assorbito dalla spesa per la casa. Il 40 per cento dei nuclei familiari in affitto ha un reddito annuo tra i 10 e i 20 mila euro, con un'incidenza del canone pari al 24,9 per cento. Se dovessero accedere al mercato locativo delle grandi aree urbane, l'incidenza sul reddito di queste famiglie arriverebbe al 148 per cento. Anche le fasce di popolazione con redditi annui tra 20 e 30 mila euro, superiori ai limiti massimi di legge previsti dall'edilizia sociale, non possono accedere agli affitti di libero mercato perché costituirebbero più del 40 per cento della loro disponibilità: un'incidenza considerata insostenibile per un bilancio familiare e che sta aumentando il disagio sociale.
Il problema dell'accesso alla casa in locazione deve essere pertanto analizzato anzitutto in relazione al reddito disponibile. Per le fasce più deboli è necessario ripristinare un sistema di edilizia sociale all'interno delle politiche di welfare. Ma per le fasce di popolazione con redditi superiori e tuttavia non in grado di sostenere gli affitti del libero mercato, è necessario un coordinamento tra l'intervento pubblico e l'iniziativa privata per aprire alloggi a canone sostenibile e strumenti che stimolino i privati ad aumentare l'offerta di case in affitto, rendendo più trasparente il mercato delle locazioni. L'housing sociale opera in questa direzione, realizzando programmi immobiliari misti che mettono a disposizione alloggi a canone contenuto, garantendo al costruttore margini di guadagno attraverso la cessione di abitazioni da mettere in vendita. Pone inoltre l'accento sulla qualità del vivere, proponendo un'integrazione di politiche e di soggetti che aumenti l'offerta sociale e la coesione con conseguenza sullo spazio urbano attraverso la costruzione di nuovi alloggi e la ridefinizione dell'esistente, giocando così un ruolo strategico nella riqualificazione complessiva delle città e delle sue relazioni.
Quanto tempo mi rimane, signor Presidente?
PRESIDENTE. Onorevole Compagnon, esiste una specie di accordo informale al quale tuttavia il suo gruppo non ha aderito. Lei ha quindici minuti di tempo a disposizione e ne ha consumati undici.
ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, per venire incontro ai tempi previsti, pur senza aver aderito all'accordo, ometto una parte del mio intervento che tuttavia ritengo importante e che mi riservo di consegnare agli atti, avviandomi alla conclusione.
In concreto, le politiche in atto possono essere ricondotte a quattro tipologie. La prima riguarda l'offerta in affitto a costi contenuti, perseguibile attraverso interventi di mediazione e sostegno dell'affitto sul mercato privato e la realizzazione di nuova offerta con risorse pubbliche e associative.
La seconda concerne l'accesso alla proprietà e all'autocostruzione per le fasce di popolazione a reddito medio-basso: agevolazione all'acquisto della prima casa, all'autocostruzione e anche all'autorecupero quando sono convenienti.
La terza è quella delle soluzioni residenziali per i bisogni speciali: sistemazioni temporanee che non corrispondono alle forme normali di abitazione: penso ai centri di accoglienza per i pensionati, alle comunità-alloggio.
L'ultimo genere di politica punta ad affrontare il nodo degli insediamenti illegali, valutando soluzioni alternative, valide anche per persone diverse da quelle che più facilmente vi abitano.
Dobbiamo raccogliere, signor Presidente, questa sfida, da affrontare solo in una dimensione di rete tra gli attori coinvolti, affinché la problematica abitativa non costituisca un elemento di esclusione sociale. Questo provvedimento oggi è oggetto, per quanto riguarda l'opposizione, non solo da parte nostra, della presentazione di alcuni emendamenti concepiti nel senso di questo mio intervento più complessivo, che mette a nudo la realtà della situazione del nostro Paese. Ci aspettiamo, signor Presidente, un segnale da questo Governo e da questa maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole De Micheli. Ne ha facoltà.
PAOLA DE MICHELI. Signor Presidente, l'atteggiamento del gruppo del Partito Democratico rispetto al provvedimento in esame è stato, fin dall'inizio dei lavori in Commissione, propositivo ma critico. L'emendamento appena presentato dalla Commissione affronta solo in parte i limiti del provvedimento sottoposto alla nostra attenzione. Infatti, riteniamo che il decreto-legge in esame sia modesto e soprattutto fuori da un contesto di revisione organica della materia legata alla questione delle abitazioni nel nostro Paese. Le ragioni per cui lo riteniamo modesto sono quelle relative all'assoluta mancanza di interventi riguardanti gli sfratti per morosità.
Cito solo alcuni numeri per brevità, e formulo una considerazione: 33 mila 559 sfratti per morosità solo nell'anno 2007; un incremento che, dal 1990, quando questa tipologia di sfratto era del 26 per cento sul totale, ha portato nel 2007 al 77,34 per cento. La considerazione è questa: il comparto dell'affitto, oltre a costituire un elemento di debolezza nel quadro italiano, ha registrato nel tempo una crescente associazione tra le soluzioni abitative in locazione e la difficile condizione economica delle famiglie. In particolare, l'effetto del caro affitti si traduce in una notevole incidenza dei costi abitativi, tanto da arrivare non solo alle fasce più povere in condizioni di emergenza, ma da condizionare negativamente anche la vita delle famiglie delle fasce medio-basse, che accedono all'affitto di libero mercato.
Rispetto a queste considerazioni, l'attuale crisi economica nella quale versa il Paese sicuramente aggraverà questo processo, già in atto anche prima della crisi. Per questa ragione, abbiamo presentato una serie di proposte emendative che chiedono al Governo di affrontare la materia in maniera più completa ed organica, Pag. 21anche perché nascondersi esclusivamente dietro al Piano casa, approvato in occasione della conversione del decreto-legge n. 112 del 2008, non può bastare in un momento come questo.
Elenco per titoli alcune delle proposte che abbiamo sottoposto in Commissione. e che riproponiamo in Assemblea, al Governo, per migliorare la condizione abitativa degli italiani: una maggior collaborazione con le regioni e le autonomie locali, per un monitoraggio puntuale dei reali fabbisogni abitativi; una semplificazione delle norme e delle procedure amministrative ed il rilancio delle agevolazioni fiscali, con la valorizzazione delle disposizioni riguardanti il Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa; il ripristino graduale, con un aumento di risorse, del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione; la predisposizione di nuovi strumenti finanziari, quali i fondi rotativi, per il sostegno all'edilizia residenziale; il sostegno al recupero degli immobili ambientalmente compatibili; una definizione chiara dell'housing sociale, inteso come modello di gestione dell'intero ciclo produttivo edilizio; l'incentivazione delle iniziative di recupero e di ristrutturazione urbanistica. E poi, non ultimo, soprattutto nelle mie personali priorità, avendo presentato l'ultima di una lunga serie di proposte di legge che già erano state presentate nelle precedenti legislature, l'impegno da parte del Governo ad addivenire quanto prima alla cedolare secca sull'affitto, oltre all'innalzamento al 19 per cento della detrazione per coloro che affittano.
Il Governo si è espresso, anche recentemente, sostenendo che in questo momento i 270 milioni di euro che sarebbero necessari alla copertura di questo provvedimento nella sua completezza non sono a disposizione. Chiediamo al Governo di ripensarci, di ripensarci in questo provvedimento e di ripensarci nel «decreto-legge anticrisi» che andremo ad approfondire nelle prossime settimane. Infatti, come ho già avuto modo di dire anche in sede di discussione del disegno di legge finanziaria in quest'Aula, questo sarebbe un provvedimento che garantirebbe l'emersione del sommerso e che per questo motivo si potrebbe coprire da solo nel prossimo anno e mezzo.
Concludo, anche nel rispetto degli accordi intervenuti. L'idea di mettere mano in maniera più organica alla situazione abitativa di questo Paese passa attraverso tre direttrici fondamentali, onorevole sottosegretario.
Per noi è necessario un intervento vero da parte dello Stato, che non lasci solo i privati a supplire a questa situazione di disagio. Per noi è importante favorire, anche attraverso una nuova fiscalità e la semplificazione delle procedure, l'incontro tra domanda e offerta. Per noi il ruolo determinante deve essere giocato dagli enti locali perché, nonostante questo Governo li stia trascurando con tagli, riduzioni di autonomia impositiva e riduzioni di capacità di investimento, la questione abitativa passa ancora attraverso tali importanti istituzioni sul territorio. Quest'Aula, l'opposizione, la maggioranza e il Governo hanno il dovere urgente e la responsabilità di affrontare, in termini più ampi e più approfonditi, il problema dell'abitazione in questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, in ossequio alle intese intercorse in sede di Comitato dei nove, limiterò il mio intervento a cinque minuti e, quindi, la prego gentilmente di segnalarmi quando saranno trascorsi.
Credo che su questo tema vi siano alcune questioni che consentono di dire che il decreto-legge in discussione è insufficiente ad affrontare i problemi del disagio abitativo; dall'altro lato, va sottolineato che con i recenti accordi intervenuti attraverso gli ultimi emendamenti della Commissione, si va, almeno in parte, incontro ad alcuni problemi significativi. Uno di questi è sicuramente quello di un allargamento dell'ambito di applicazione Pag. 22anche ad altri comuni nei quali vi è il disagio abitativo. Quest'ultimo non esiste solamente nelle grandi città, dove evidentemente è più forte e più sentito, ma, spesso, anche in comuni di dimensioni minori ci si trova ad affrontare problemi non diversi.
L'altra proposta emendativa, sulla quale abbiamo espresso anche noi un giudizio favorevole, riguarda la possibilità per gli Istituti autonomi case popolari, gli istituti che si occupano della gestione pubblica delle abitazioni, di poter intervenire per alleviare la situazione di famiglie che non sono in grado di pagare i mutui delle case di tipo economico-popolare, permettendo, così, di risolvere un problema. Dico questo, perché la nostra proposta a livello nazionale, che non è stata accolta nel decreto-legge concernente le banche, andava proprio in questo senso. Proponevamo, infatti, che fosse lo Stato, attraverso la Cassa depositi e prestiti (che ha miliardi di euro di liquidità disponibili), ad acquistare le case, i contratti, ed anche i mutui, delle famiglie con redditi non elevati e non più in grado di fronteggiare le rate del mutuo. Proponiamo, dunque, che sia lo Stato ad acquistarli, per poi rinegoziare i mutui con quei soggetti medesimi, anche a tassi diversi, che lo Stato potrebbe praticare attraverso la Cassa depositi e prestiti, che si approvvigiona del denaro in un modo molto meno oneroso. In questo modo, si lascerebbe a queste famiglie la possibilità di una rinegoziazione, che permetta loro, allungando anche gli anni della durata del mutuo, di rientrare in possesso delle abitazioni, con i relativi contratti di mutuo. Questa soluzione, a livello locale, purtroppo, si potrà praticare in casi limitati, ma certamente essa va incontro a questo tipo di problema.
Per concludere il mio intervento, vorrei ricordare che, in realtà, fino al Governo Prodi e al Ministro che ha patrocinato quell'iniziativa, cioè il Ministro Di Pietro, dal 1994, al tempo della liquidazione della Gescal, lo Stato non era più intervenuto in modo significativo nell'edilizia pubblica. Fu, appunto, con il Governo Prodi e con l'iniziativa del Ministro Di Pietro che venne approvata la legge n. 9 del 2007, recante interventi per la riduzione del disagio abitativo.
Oltre alla sospensione di alcune delle esecuzioni, essa ha anche previsto un intervento - poi realizzato dalla legge n. 222 del 2007, collegata alla legge finanziaria - attraverso uno stanziamento di 550 milioni di euro finalizzato alla realizzazione di un programma straordinario di edilizia residenziale pubblica nei comuni interessati dalla legge n. 9 del 2007, quella che aveva prorogato i termini degli sfratti.
La verità è che fu un intervento attuato con grande rapidità, tanto che già alla fine di quell'anno, con decreto del Ministero delle infrastrutture e sulla base di elenchi di interventi prioritari immediatamente realizzabili trasmessi dalle regioni e dalle province autonome, le somme furono impegnate e conservate a favore della Cassa depositi e prestiti. È interessante rendere noto che furono recuperati altri 150 milioni di euro dai contratti di quartiere 2 e dai contratti di quartiere 3; quello che stupisce è che la prima cosa che ha fatto il nuovo Governo è stata quella di bloccare tutto, per proporre un Piano casa del quale ancora non conosciamo esattamente le linee che possano permettere di mettere in movimento immediatamente quel denaro.
Oggi in Commissione bilancio abbiamo saputo che ancora non è stato impegnato un centesimo delle somme ridestinate su iniziativa del Governo Prodi, che sono state stoppate per essere poi ripristinate per questo Piano casa che ancora deve essere realizzato e che appare molto lontano. Sono queste, signor Presidente, le riserve che nutriamo sul decreto-legge in esame (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marchignoli. Ne ha facoltà.
MASSIMO MARCHIGNOLI. Signor Presidente, anch'io rimarrò entro i tempi concordati dal mio gruppo. Vorrei dire Pag. 23innanzitutto che anche questo è un provvedimento insufficiente e datato. Ancora una volta, questo Governo e questa maggioranza non forniscono risposte all'altezza dei bisogni e della drammaticità della situazione. Si tenta di curare un malato grave con dei palliativi, mentre ci sarebbe bisogno di molto di più.
Non cogliete nemmeno le occasioni. Quella di occuparsi del tema casa era, infatti, un'occasione, e voi la sfruttate con un decreto-legge insufficiente, rachitico e timido, che non solo si rivolge ad una platea ristretta (noi, per carità, vogliamo proteggere quella platea ristretta), ma che non si pone nemmeno il problema di prendere il toro per le corna, come si direbbe dalle mie parti.
In una situazione economica così nera, la casa costituisce un drammatico tema sociale che riguarda non solo il Ministero delle infrastrutture, ma che dovrebbe vedere protagonista anche il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Qui non vedo il Ministro Sacconi, dopo aver letto le sue dichiarazioni, peraltro terrorizzanti non solo per milioni di famiglie, ma molto preoccupanti anche per il nostro Parlamento; non vedo l'impegno di questo Ministero. Sarebbe stato utile che il Ministro del welfare fosse rappresentato nel banco del Governo, nel momento in cui si discute un provvedimento di questa natura, che non riguarda soltanto la costruzione delle infrastrutture.
Non cogliete questa occasione, non c'è la consapevolezza che la casa produce un disagio sociale pesante e che questo disagio sociale si scarica in maniera forte sui territori, diventando molto spesso un problema di sicurezza, di convivenza, di qualità della vita e di serenità della vita delle comunità nei nostri territori. Chi rimane in prima linea a fronteggiare questo tema? Rimangono gli enti locali, i comuni, lasciati soli ad affrontare la questione anche in queste settimane, sia con il decreto-legge n. 112, sia con la legge finanziaria, sia con questo provvedimento.
Badate, i comuni non sono soltanto protagonisti dei piani di edilizia popolare, non più finanziati; sono anche protagonisti del sostegno all'affitto, che si rivolge proprio a quelle famiglie che non vengono contemplate in questo decreto e che hanno un reddito non così basso per entrare nella graduatoria degli alloggi pubblici, sempre insufficiente dal punto di vista numerico, ma insufficiente per stare nel mercato. Queste famiglie si rivolgono al sindaco, il quale, molto spesso (nella mia regione è sempre così), mette a disposizione una parte del bilancio comunale per sostenere la differenza tra il reddito posseduto e la possibilità di pagare un affitto sul mercato. E i comuni vengono lasciati soli, gli viene messa la camicia di forza e vengono persino additati come causa dello spreco della finanza pubblica nel nostro Paese.
Queste sono politiche di welfare, incentrate sugli enti locali, e non è possibile non vedere come, anche da questo punto di vista, sia fuori tema, fuori scala e fuori logica, l'approccio che voi ciclicamente avete anche su un tema come quello degli sfratti e della casa. L'Italia ha bisogno, per fronteggiare la crisi, di sbloccare i fondi, di mettere soldi immediatamente spendibili su misure che affronterebbero, da un lato, il disagio sociale e l'emergenza abitativa e, dall'altro, indurrebbero una nuova domanda sull'economia e metterebbero in moto denaro promuovendo un circolo virtuoso per le imprese e per il lavoro. Insomma, sarebbe anche questo un modo per realizzare una politica anticiclica, cosa che voi vi ostinate a non fare: non l'avete fatta con il decreto-legge n. 112 del 2008 né con la finanziaria, non la fate con il decreto che arriverà alla Camera in questi giorni e non cogliete neanche questa opportunità offerta dai decreti da convertire, migliorabili sostanzialmente. Per questa ragione, il nostro atteggiamento, pur apprezzando alcuni emendamenti, rimane fortemente critico.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vico. Ne ha facoltà.
LUDOVICO VICO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, onorevole Mantovani, vorrei Pag. 24ragionare in sequenza lungo tre punti. Parto dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge in esame, nel quale si precisa la finalità del provvedimento di sospensione degli sfratti, ovvero la riduzione del disagio abitativo in attesa degli interventi previsti dal Piano nazionale di edilizia abitativa.
Ebbene, signor rappresentante del Governo, sappiamo tutti che la realizzazione del Piano casa è bloccata dal contenzioso con le regioni e che esso si potrà risolvere solo se questo Governo riconoscerà l'attribuzione dei fondi alle regioni virtuose. La prima questione che si pone, quindi, è quella di inserire, nel provvedimento generale recante misure anticrisi, in esame nelle prossime settimane e nei prossimi giorni presso i due rami del Parlamento, il Piano di edilizia abitativa.
In secondo luogo, abbiamo insistito nel presentare l'emendamento che prevede l'ampliamento della platea dei comuni ad alta tensione abitativa, così come indicata dal CIPE. Mi fa onore rappresentare, in maniera simbolica, ciò che avviene in una regione come la Puglia, di cui sono rappresentante eletto. Lì, dei 71 comuni ad alta tensione abitativa, così come individuati nella delibera del CIPE, solo 11 saranno garantiti da questo provvedimento, ben 60 saranno invece cancellati. Saranno cancellati grandi comuni come Taranto, Foggia, Brindisi, Lecce, Barletta e Andria, comuni che hanno dai 200 mila abitanti ai 125 mila abitanti.
L'onorevole sottosegretario Mantovani, in Commissione, ha dichiarato, nella settimane scorse, che su un totale di sfratti stimati in numero di 2.689, oggetto del provvedimento, ne sarebbero stati garantiti 2.458. Rimarrebbero quindi da liberare soltanto 230 unità.
Ha fatto riferimento alla Puglia, dove sarebbero esclusi solo cinque sfratti a Bari, tre a Brindisi, dieci a Foggia, sette a Taranto e nessuno a Lecce. E su domanda dell'onorevole Mastromauro, in quella circostanza, è stato sostenuto che vi è un problema di bilancio.
Dobbiamo ora porci un problema. Anche nel volgere di queste tre settimane la situazione del Paese presenta una maggiore predisposizione, da parte del Governo, ad assumere queste diverse questioni per come, effettivamente, esse si pongono. Infatti, il terzo punto della sequenza che ho annunciato, in questo mio breve intervento, è il problema delle morosità. Il sottosegretario sa bene che su 43.349 sfratti avvenuti nel 2007, ben 33.559 sono per morosità. Su questo aspetto si pone un problema.
In conclusione, per queste ragioni ci sentiamo di formulare tre richieste, due di ordine impegnativo e una che attiene, decisamente, al provvedimento in esame. Noi vogliamo impegnare il Governo affinché nel provvedimento anticrisi finanzi il piano di edilizia abitativa. Noi vogliamo impegnare il Governo affinché nei provvedimenti anticrisi assuma e consideri gli effetti sociali degli sfratti per morosità. Infine, chiediamo che in questo provvedimento, invece, si proceda all'estensione della proroga ai comuni ad alta densità a partire, almeno, dai comuni capoluogo di provincia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mattesini. Ne ha facoltà.
DONELLA MATTESINI. Signor Presidente, sottolineo e apprezzo il passo in avanti che stamattina è stato compiuto con l'emendamento presentato. Si tratta di un passo importante, perché supera la prevista applicazione delle norme alle sole 14 città capoluogo di provincia e alle aree metropolitane, estendendo l'efficacia del provvedimento a tutte le città capoluogo. Pertanto, esprimo il mio apprezzamento positivo. Tuttavia, sottolineo che, nonostante ciò, il provvedimento è insufficiente perché, fra le altre cose, lascia completamente inevaso il tema dello sfratto per morosità.
Giudico tale scelta sbagliata e anche generativa di difficoltà per tante famiglie, per tanti territori e per tutti quei comuni a cui le famiglie, che sono state sfrattate per morosità, continueranno a rivolgersi, quindi per tutte quelle famiglie che, comunque,Pag. 25 non riescono a pagare l'affitto. Tra l'altro, faccio presente che si tratta di comuni le cui casse sono profondamente impoverite dalla legge finanziaria di questo Governo.
Voglio citare come esempio la mia città, Arezzo, dove nel primo semestre di questo anno sono stati eseguiti 50 sfratti e rinviati 73. Il 90 per cento di questi sfratti è di natura morosa. Pertanto, solo il 10 per cento è relativo alla motivazione di finita locazione per non aggiungere - portandolo sempre ad esempio - i 640 contributi e affitti che vengono erogati dal comune e che fanno riferimento a redditi ISEE inferiori a 5 mila euro. Rimangono in lista d'attesa circa 720 persone. Infine, non parlo degli aiuti diretti al sostegno agli affitti che forniscono i servizi sociali, 150, né delle ulteriori 300 famiglie seguite, sempre ad Arezzo, dalla Caritas.
La questione della morosità è una tendenza generalizzata. I dati ci dicono, infatti, che nel 2007 il 77,34 per cento dei provvedimenti sono riconducibili alla morosità e che, dal 1990 al 2007, vi è stato un aumento del 51,34 degli sfratti per morosità. Pertanto, nonostante il passo in avanti compiuto con l'emendamento presentato stamattina, sottolineo una miopia di fondo dell'azione complessiva di questo Governo che contrassegna tutti i provvedimenti. Infatti, non ci si preoccupa di favorire l'inclusione sociale ma si definisce, di volta in volta, e si restringono gli ambiti alle singole particolarità.
Infatti, numerose indagini, dalla Caritas al Censis, dimostrano come oggi le conseguenze del caro affitto coinvolgano non solo le famiglie delle fasce più povere, ma anche le famiglie delle fasce medio-basse che sono in affitto nel libero mercato ma che, anche per ragioni di reddito (seppur minimo), sono escluse dall'offerta dell'edilizia sociale sovvenzionata e non dispongono di mezzi adeguati per l'accesso alla casa in proprietà e, quindi, subiscono il rilevante aumento degli affitti.
Di fronte ad una crisi economica gravissima come quella in atto, che sta impoverendo tutto il Paese, sappiamo che i primi a risentire di tale crisi sono, senza dubbio, i ceti più deboli. Basta ragionare sull'aumento vertiginoso della cassa integrazione (centinaia di migliaia di persone che passano, sono passate e passeranno da un reddito medio di 1000, 1100, 1200 euro al mese a 700, 800 euro, famiglie che possono contare su un reddito unico di questo tipo a fronte di affitti che si aggirano in media tra i 500 e i 700 euro), per non parlare delle migliaia di precari che sono espulsi dal mercato del lavoro e a cui va - permettetemi - la carità del decreto-legge sulla crisi.
Quindi, a fronte di questa drammatica situazione, il decreto-legge in esame è complessivamente insufficiente, soprattutto rispetto alla morosità.
Vi rivolgo delle domande: è vero o no che la casa costituisce per la stabilità della famiglia - per quella famiglia di cui il Governo tanto si riempie la bocca, anche se poi negli atti concreti rivela le proprie contraddizioni - un elemento importante tanto quanto e, forse, più del lavoro?
Sappiamo o no quanto sia devastante per una famiglia quella precarietà determinata dallo sfratto, ma anche da tutto ciò che lo precede? Lo sappiamo o no che la casa è l'elemento fondante l'identità di una famiglia? È un elemento fondante del radicamento di quella famiglia in un territorio poiché è sulla casa, sull'abitare, che si costruisce il senso di appartenenza ad una collettività. Pertanto, è vero o no che il disagio abitativo costituisce un elemento di debolezza per la coesione sociale e un elemento di debolezza per la necessaria serenità ed armonia delle comunità?
PRESIDENTE. La prego di concludere.
DONELLA MATTESINI. Credo che, di fronte ad una situazione economica drammatica come l'attuale, sia sbagliato non attivare norme che, invece, favoriscono il sostegno e la prevenzione degli sfratti.
Credo che serva e sia indispensabile - facendo riferimento ai tagli operati con la legge finanziaria al fondo sociale, che è l'unico strumento attualmente a disposizione dei comuni per fronteggiare l'emergenza abitativa - affrontare il tema della Pag. 26casa, del disagio abitativo, ma io dico del diritto all'abitare, in un quadro più organico e definito, uscendo dalla parzialità di questo decreto-legge e dalla vacuità del Piano casa che spero il Governo riesca a proporci in tempi rapidi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Calvisi. Ne ha facoltà.
GIULIO CALVISI. Signor Presidente, anch'io intervengo sul complesso degli emendamenti di questo provvedimento nei confronti del quale, come è noto, non abbiamo avuto pregiudizi di sorta. Abbiamo cercato di migliorare il testo in Commissione, ora ci riproviamo in Aula e, alla fine, probabilmente il nostro voto, come è noto, non sarà contrario.
Ricordo ciò perché forse anche questo atteggiamento da parte dell'opposizione dovrebbe spingere il Governo a prendere sul serio e a verificare la possibilità di approvare alcune proposte avanzate dall'opposizione. Di questo testo non ci convincevano alcuni aspetti (per rimanere nei tempi dei cinque minuti): innanzitutto l'impianto generale, come ricordavano adesso i colleghi che mi hanno preceduto Vico e Marchignoli, nonché la collega Mattesini.
Il secondo appunto che abbiamo mosso è che si escludevano centri urbani importanti dal beneficio del provvedimento del blocco degli sfratti, si sottovalutava la reale dimensione degli sfratti per morosità e poi vi era il rimando, eccessivamente carico di enfasi, a un fantomatico Piano casa, di cui abbiamo discusso in occasione del decreto-legge n. 112 del 2008 e la cui impostazione per adesso, da quello che ci sembra di capire, costituisce più un affare per i costruttori che accetteranno di investire, piuttosto che uno strumento realmente efficace per risolvere il problema del disagio abitativo delle persone.
Riguardo alle nostre obiezioni, intanto, salutiamo con favore la caduta di quella più importante, perché la disposizione che limitava l'ambito di applicazione del provvedimento ai soli comuni capoluogo delle 14 aree metropolitane è destinata ad essere corretta da un emendamento della Commissione che - se verrà approvato, come penso, dall'Assemblea - estenderà l'applicabilità ai capoluoghi di provincia e ai comuni con essi confinanti con popolazione superiore ai diecimila abitanti.
Non vi è bisogno di aggiungere altro. Si tratta di una delle richieste che abbiamo avanzato. Non c'era ragione per escludere Siena piuttosto che Sassari, Taranto, Brescia o Arezzo. Come veniva ricordato, gli sfratti ci sono anche lì e la sofferenza di chi subisce lo sfratto non può essere mitigata dalla longitudine o dalla dimensione della città nella quale abita la persona che lo subisce. Quindi, bene ha fatto la Commissione a cambiare e recepire il punto più importante delle proposte dell'opposizione, tanto più che - guardando alla situazione generale del Paese - le previsioni ci dicono che probabilmente il Parlamento farebbe una cosa giusta ad estendere quanto più possibile l'ambito applicativo di questo provvedimento.
Visto lo stato del Paese, la crescita della cassa integrazione in importanti aree industriali del nostro Paese (che non necessariamente coincidono con le 14 aree metropolitane) e la diffusione della povertà assoluta ci dicono, purtroppo, che il fenomeno degli sfratti ha continuato a crescere, così come ci evidenziano i dati che i colleghi ricordavano prima: anche negli ultimi anni (dal 2001 al 2006) sono cresciuti gli sfratti e, quindi, la tendenza per il futuro, vista la situazione generale del Paese, è quella di una crescita continua. Quindi, bene ha fatto la Commissione a recepire tale emendamento.
La seconda questione è che i soggetti potenzialmente beneficiari della sospensione sono quelli che si trovano in una situazione di sfratto esclusivamente per finita locazione e che rispondono ai requisiti di cui alla legge del 2007. Si tratta degli ultrasessantacinquenni, malati terminali, portatori di handicap, eccetera. Mancano quelli che si trovano in una situazione di morosità.
Signor Presidente, signor sottosegretario, penso naturalmente che non sia facile Pag. 27sostenere le ragioni di chi non paga il dovuto, né penso sia giusto in linea di principio mettere sullo stesso piano chi non paga e chi è costretto a rimanere in una casa perché non riesce a trovare altro allo stesso prezzo.
Tuttavia, sarebbe sbagliato liquidare la vicenda solo con i precetti morali, perché purtroppo stiamo parlando di un fenomeno sociale che assume proporzioni sempre più ampie. Quindi, nelle proposte emendative che abbiamo avanzato, vi proponiamo non di premiare i furbi e i parassiti, ma di rispondere ad un fenomeno che ha cambiato il mercato dell'affitto del nostro Paese, perché si è determinato un aumento dei provvedimenti di sfratto per morosità e una diminuzione degli sfratti per finita locazione.
Ci sono persone troppo povere per acquistare una casa in proprietà, ma troppo poco povere per poter usufruire dei meccanismi di accesso all'edilizia sovvenzionata. Sono persone che pagano l'affitto e ad un certo punto si rendono conto che quell'affitto non possono più pagarlo e, quindi, entrano nella fascia di povertà.
Abbiamo presentato alcuni emendamenti, abbiamo chiesto al Governo in qualche modo di farsi carico delle persone che si trovano in questa situazione, magari accollandosi temporaneamente l'onere di tale canone e, ovviamente, non arrecando danno ai locatori. Vi è tutta una serie di proposte emendative che abbiamo presentato. Visto che il mio tempo è esaurito non le riepilogo, rimando solo agli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto. Mi auguro che, da parte del Governo e della maggioranza, ci sia la stessa attenzione riservata all'emendamento che alla fine è stato accolto, che applica l'estensione del blocco degli sfratti anche alle città che non siano solo sedi di città metropolitane (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Miotto. Ne ha facoltà.
ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente, intervengo pochi minuti per dire che il provvedimento, dopo l'egregio lavoro svolto dai colleghi in Commissione, esce migliorato.
Rivendichiamo con forza il risultato dei miglioramenti che sono intervenuti; tuttavia, il giudizio positivo sull'emendamento che quest'Aula esaminerà e che, mi auguro, vorrà approvare, che riguarda l'allargamento della platea dei destinatari del provvedimento, non ci impedisce di puntualizzare rapidamente due aspetti che personalmente non condivido.
Il primo riguarda l'affermazione contenuta nella relazione svolta dal relatore, laddove si parla di anni di disattenzione che questo provvedimento, unito al piano casa, del quale peraltro non si conosce la sorte, verrebbe a colmare. Si fa torto alla verità se si afferma questo e, soprattutto, se non si contraddice tale affermazione. Infatti, se c'è un elemento che dobbiamo sottolineare è proprio il fatto che un piano casa ed un provvedimento organico per la politica a favore della casa sono stati varati dal Governo Prodi. Voi avete ereditato quei provvedimenti e vi siete pure permessi di orientare diversamente le risorse che lì erano state previste, tant'è vero che gli interventi per l'edilizia residenziale pubblica, ahimè, svaniscono.
Vi è un secondo aspetto, su cui voglio soffermarmi, rispetto al quale manifesto un dissenso. Come i colleghi che mi hanno preceduto hanno sottolineato, la crisi economica che è in atto allargherà le aree sociali del disagio, della povertà, e le misure che sono state poste in essere da questo Governo in sei mesi, in verità, fanno intravedere che in questo campo siamo di fronte ad una scelta politica di riduzione delle politiche pubbliche. Infatti, dapprima, con il decreto-legge n. 112 del 2008, è stato tagliato il Fondo per il sostegno agli affitti, ora dalla platea dei destinatari del provvedimento in esame sono esclusi gli sfrattati per morosità. Pochi giorni fa abbiamo approvato un disegno di legge finanziaria dove vengono tagliati i trasferimenti ai comuni e, come è stato giustamente notato, ogni intervento,Pag. 28 ogni ritiro del pubblico da queste politiche significa gravare le amministrazioni comunali di ulteriori oneri.
Allora, da questo punto di vista, se in sei mesi sono diminuite le opportunità di intervento pubblico a favore di categorie sociali vulnerabili o a rischio di povertà, ciò non può che preoccuparci. Del resto, questo si iscrive in quell'approccio alle politiche sociali che è l'approccio dello Stato sociale minimo che noi non condividiamo; è l'approccio della social card, della logica del Governo che fa cassa riducendo il bonus energetico. Insomma, anche con questo provvedimento si tendeva a risparmiare pochi euro per le agevolazioni fiscali.
Francamente credo che, tra qualche mese, alla scadenza di questa mini proroga, ci ritroveremo in quest'Aula a discutere di una politica organica a sostegno della casa perché le questioni sociali saranno ancora al centro delle nostre attenzioni e obbligheranno il Governo a fare i conti con quei diversi orientamenti della spesa pubblica che non ha voluto recepire in questa circostanza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Morassut. Ne ha facoltà.
ROBERTO MORASSUT. Signor Presidente, il nostro gruppo ha presentato numerosi emendamenti al provvedimento in esame di proroga degli sfratti, del quale abbiamo affermato la necessità e l'urgenza, ma che presenta lacune e insufficienze. I motivi di tali lacune sono contenuti negli emendamenti, alcuni dei quali probabilmente saranno accolti, ma che risolvono solo in parte il senso delle nostre critiche.
L'insufficienza è dovuta al fatto che la proroga di sei mesi non risolve il tema sollevato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 155 del 2004, ossia quello dell'inserimento dei provvedimenti di proroga degli sfratti in un contesto complessivo di politica organica sui temi della casa.
C'è da presumere che tra pochi mesi noi ci ritroveremo ancora qui a discutere di una ulteriore proroga, proprio perché il rapporto tra la proroga degli sfratti e la politica organica, che il decreto-legge individua nel piano casa, di fatto, non risolve nulla. Nei pochi minuti disponibili vorrei parlare del fatto che il piano casa non rappresenta la risposta organica che ci si aspetterebbe dal Governo in un momento così difficile per i temi dell'emergenza abitativa. Non la risolve intanto per le dimensioni del piano, perché parlare di un piano di 20 mila alloggi in due anni è semplicemente una follia. Infatti, per chiunque conosca un po' l'argomento è evidente che cantierare tanti interventi nelle periferie urbane delle nostre città in soli due anni rappresenta un'affermazione priva di qualunque senso. Anche la quantità dei 20 mila alloggi prevista dal piano è palpabilmente insufficiente alla risoluzione anche quantitativa del tema dell'emergenza casa.
Vi è, inoltre, un altro aspetto. Il problema dell'emergenza abitativa del nostro Paese non potrà mai essere né affrontato, né solo risolto da una semplice politica finanziaria di erogazione di fondi e da proroghe sul tema degli sfratti. Bisogna andare prima o poi al cuore del problema che fa oggi dell'Italia l'ultimo Paese nella graduatoria europea come produzione di edilizia residenziale pubblica. L'Italia è il fanalino di coda delle politiche per le case popolari per i ceti medi e meno abbienti. Vi è un motivo, in quanto non è la cattiva volontà delle amministrazioni, o la poca solerzia delle amministrazioni locali che, anzi, sono nude di fronte al problema. Il tema è strutturale ed è dovuto al fatto che le motivazioni della politica di edilizia residenziale pubblica costruite nel corso degli anni Sessanta sono improponibili. Nella legislazione urbanistica italiana non vi è più, infatti, la possibilità di reperire, da parte delle amministrazioni pubbliche in primo luogo e dei comuni, suoli a basso costo. Se non si affronta organicamente questo aspetto, ovvero la disponibilità dei suoli necessari a bassi costi per trasformare il territorio e costruire edilizia residenzialePag. 29 pubblica, noi non usciremo dalla crisi profonda che attanaglia il Paese e i ceti medi dal bisogno della casa.
In parte il piano casa affronta questo tema, ma lo affronta male. Ci sarebbe bisogno di affrontare il tema in una sede opportuna, ovvero nella Commissione ambiente e lavori pubblici dove è in corso la discussione sul tema della riforma urbanistica del nostro Paese. L'urbanistica italiana ha tradito le ragioni pubbliche dei cittadini e delle famiglie. Noi abbiamo una legge troppo vecchia (risale al 1942) che, pur passando per una legge pubblicista che garantisce i diritti pubblici rispetto a quelli privati, essa oggi, invece, fa esattamente il contrario. La città pubblica e la necessità di reperire i suoli per servizi e per case popolari sono tradite dal fatto che lo strumento operativo, che è presente in quella legge (l'esproprio), è stato cancellato dalle sentenze emanate a vari livelli nel nostro Paese. Queste sentenze, infatti, rendono di fatto nude le amministrazioni pubbliche per reperire i suoli necessari per costruire la città pubblica.
Bisogna cambiare quella legge con una prospettiva riformista, non adagiandosi su un'idea di urbanistica fai da te (che è quella presente nel piano casa), un'urbanistica centralista che taglia fuori i comuni. Sarebbe interessante capire dai colleghi della Lega che ne pensano veramente di quel piano casa che esclude i comuni da ogni decisione e che tratta direttamente con i grandi costruttori senza bandi, fuori dal mercato e tagliando fuori la piccola e media impresa.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ROBERTO MORASSUT. Concludo, signor Presidente. La piccola e media impresa è quella che per anni ha realizzato l'edilizia pubblica nel nostro Paese. Urbanistica fai da te dal un lato, urbanistica dirigista dall'altro. Occorre, quindi, una nuova prospettiva riformista dell'urbanistica italiana che regoli finalmente il rapporto tra pubblico e privato e quello tra poteri delle amministrazioni locali e scambio con i proprietari delle aree, dentro un rapporto regolato, chiaro e normato su tutta la scala nazionale.
Questo non avviene nel «Piano casa», perché - e concludo - in quel piano si cerca di ottenere i suoli e le disponibilità degli alloggi (quei pochi che si cercano per l'edilizia pubblica), regalando ai costruttori e alle forze economiche migliaia di concessioni di diritti edificatori privati, senza un calcolo generale, senza una valutazione normativa e complessiva che sia coerente con i valori di mercato.
Ecco perché - e ho concluso - noi stiamo facendo una discussione sul tema della proroga degli sfratti e avremo un atteggiamento positivo per l'emergenza del tema, anche per l'accoglimento degli emendamenti che abbiamo presentato, ma la questione non finisce qui. Bisognerà arrivare presto ad una discussione e dispiace che sul «Piano casa» non ci sia stata alla Camera la possibilità di discuterne apertamente. Bisognerà arrivare al punto di fondo, ossia come in Italia si fa ripartire la politica per l'edilizia pubblica, per i ceti popolari, per i ceti medi, per le giovani coppie, per gli anziani e per gli immigrati regolari (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mario Pepe (PD). Ne ha facoltà.
MARIO PEPE
(PD). Signor Presidente, signor sottosegretario, avendo acquisito anche da parte dei colleghi parlamentari una profonda conoscenza e determinazione nella discussione del provvedimento oggetto della nostra riflessione e anche dell'immediata deliberazione, ritengo di poter fare qualche rilievo.
Signor Presidente, faccio un rilievo di ordine istituzionale. Lei, come anche il sottosegretario, ha potuto constatare che c'è una profonda discrasia tra un provvedimento, che deve essere votato, e la programmazione generale, che affiorava in maniera prorompente all'interno della legge n. 133 del 2008.
Sappiamo come la contingenza non aiuti a risolvere i problemi, soprattutto Pag. 30quelli delicati. La casa e il lavoro - lei lo sa meglio di me - sono un'endiadi fondamentale per realizzare la nostra socialità. Quindi, esprimo qualche perplessità in ordine al tema istituzionale e soprattutto alla mancanza di raccordo tra le istituzioni locali e territoriali, che pur decantate a sovrane e protagoniste della vita politica del nostro Paese, vengono emarginate e neppure consultate per le scelte di ordine politico generale.
Signor Presidente, signor sottosegretario, il secondo rilievo è di natura sociale. Lo hanno detto molto meglio i colleghi prima di me: è un tema che coinvolge le famiglie del nostro Paese, che non risolve profondamente i problemi dell'abitazione, perché da molti anni, signor Presidente, non viene fatta una politica apposita. Qualche anno fa, Prodi aveva tentato di dare una scossa a questa tematica, che riguardava l'edilizia economica e popolare, l'edilizia sovvenzionata, l'edilizia agevolata, cioè quella tripartizione, che riguardava il rilancio dell'edilizia, che si è logorata e depauperata nel tempo.
Signor Presidente, un terzo rilievo - e mi avvio alla conclusione - è territoriale. Questo provvedimento crea indubbiamente delle disarmonie. Da una parte, vi è grande attenzione nel Paese per le aree metropolitane, fortunate dal punto di vista istituzionale e anche per le provvidenze economiche che avranno, mentre le difficoltà di altre aree già emergenziali sono profondamente ignorate da questo provvedimento.
Da ultimo, signor Presidente, vi è un rilievo di ordine cronologico. Lei che ha il senso del tempo bergsoniano sa che la transitorietà, il tempo che non aiuta la persona a realizzarsi nelle due dimensioni sociali e, soprattutto, nel senso dell'abitazione, è un tempo che non aiuta a risolvere i problemi della nostra comunità. È la sincronia, l'intervento organico, che risolve i problemi delle nostre comunità e soprattutto questo tema, che sta a cuore agli italiani ed è nell'attività programmatoria del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cera. Ne ha facoltà.
ANGELO CERA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi dell'Unione di Centro abbiamo affrontato la discussione su questo provvedimento con lo spirito di chi sa quanto sia importante il tema della casa, quanto sia drammatica la condizione abitativa nel nostro Paese e quanto la casa oggi sia la vera emergenza, insieme al lavoro, per le famiglie italiane.
Già, la famiglia italiana, questa organizzazione sociale tanto bistrattata, mai ascoltata e che costituisce in maniera inflazionata la commedia comico-drammatica di tutti i governanti, che continuano a prenderla in giro, molto spesso con un cinismo mai consumato. Quante paure nel chiuso di una casa! La pigione da pagare, il lavoro che non c'è, gli aumenti mai giustificati e che non si possono contestare, a rischio sfratto. Già, la famiglia! Per noi dell'Unione di Centro costituisce il primo cruccio nel tempo della grande crisi economica che stiamo vivendo. Perciò, membri del Governo, signor Presidente, la risposta deve essere molto articolata e non può essere solo quella di uscirsene con norme che attuano solo proroghe, senza dare vita, finalmente, all'attuazione di una vera politica incentrata sulla risoluzione del disagio abitativo per quelle fasce deboli della nostra popolazione che necessitano di interventi strutturali. Oggi, per il dramma che nel Paese si vive nelle grandi aree urbane, la risposta non può essere che positiva e decisiva per rilanciare l'edilizia residenziale pubblica, che da troppi anni non trova un'adeguata risposta e che è ferma.
Questo provvedimento deve quindi trovare assolutamente una risposta adeguata e collegata al piano casa, che invitiamo il Governo a presentare quanto prima. Con questo decreto-legge, credo che con tranquillità possiamo dire che non stiamo affrontando l'emergenza guardando alla convenienza di parte. Si tratta di una reale situazione di emergenza e, quindi, effettivamente, un decreto-legge serve. C'è il rischio, però, di sottovalutare una serie di Pag. 31eventi. Mi riferisco, intanto, alla crisi, finanziaria ed economica, che ha messo in ginocchio tante famiglie, che pensavano di aver programmato l'acquisto della casa attraverso dei mutui e che, a causa del sovraccarico di interessi e di ulteriori spese familiari, in realtà, oggi si trovano a perdere l'abitazione.
C'è, nello stesso tempo, un aumento di domande che non trovano risposta. Ecco perché, provocatoriamente, abbiamo presentato un emendamento che tende a dilazionare il termine di scadenza degli sfratti dal 30 giugno al 31 dicembre, perché, con questo modo di procedere, di proroga in proroga, in un settore delicato soprattutto per le categorie sociali di cui stiamo parlando, non riusciremo, soprattutto nelle dodici grandi aree urbane del Paese, a dare risposte tranquillizzanti.
Non credo, inoltre, che metteremo in piedi entro il 30 giugno i finanziamenti del piano casa previsti dal decreto-legge n. 112 del 2008. Le giovani coppie, gli anziani, le famiglie con disagio abitativo, ma anche gli studenti fuorisede, migliaia di giovani del sud che partono per le università del nord con il sogno di migliorare la loro formazione e di dare un futuro migliore alla loro vita si trovano con difficoltà di inserimento. Non possono più aspettare!
Crediamo che questa sia una priorità per diversi motivi. I dati, che correttamente ci sono stati forniti dal sottosegretario, riprendono una quantificazione esatta dei decreti-sfratti avvenuti nel 2007; ma poi, per la definizione di quelli che rimarrebbero in qualche modo esclusi dall'attuale configurazione del provvedimento, si fa riferimento e ci si basa su una valutazione e su stime fatte in via prudenziale.
È una quantificazione che, come abbiamo potuto verificare, non corrisponde in maniera perfetta e non si sovrappone esattamente alle reali dimensioni del fenomeno. Vorremmo poi sottolineare il fatto che con questa impostazione si rischia veramente, lasciando fuori ed escludendo molti capoluoghi di provincia e comuni ad alta tensione abitativa individuati con delibera CIPE del 2003, di escludere una serie di città, magari non strettamente confinanti ma limitrofe alle aree metropolitane, che sono riconosciute come realtà ad alta problematicità dal punto di vista abitativo: realtà che non riguardano solo le regioni del nord, ma anche diverse aree limitrofe a grandi città del sud e del centro.
L'altra questione si riferisce invece alle categorie sociali, e quindi all'eventualità e all'invito, che in qualche modo rivolgiamo al Governo, di mostrare un'attenzione maggiore rispetto al problema della morosità, che in questi ultimi anni ha raggiunto davvero dimensioni considerevoli e che temiamo possa aggravarsi ancora di più in presenza di una crisi economica della portata di quella che stiamo vivendo. Questa considerazione ci impone anche di allargare lo sguardo e di estenderlo all'altro provvedimento, non in discussione oggi ma strettamente collegato: quel Piano casa di cui purtroppo il Parlamento avrà poche occasioni per discutere. Siamo in attesa del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, già in ritardo rispetto ai tempi stabiliti del decreto-legge n. 112 del 2008. Crediamo che rispetto all'impostazione di quel Piano casa sia ancora possibile introdurre elementi di aggiustamento e di correzione.
Signor Presidente, se come ci ricordava il relatore negli ultimi due anni sono stati costruiti solo 5 mila alloggi a fronte di un fabbisogno di 650 mila alloggi per categorie sociali in difficoltà, ci chiediamo quale senso abbia vendere e alienare il patrimonio dell'edilizia residenziale pubblica per reperire risorse da investire in un Piano casa, che sappiamo essere rivolto prioritariamente ad abitazioni di prima casa; quindi, ad una categoria sociale che sicuramente manifesta esigenze legittime, ma che è adiacente rispetto a quello del disagio che invece abbiamo visto rappresentare un'emergenza nell'attuale situazione del nostro Paese.
Una voce dai banchi del gruppo PdL: Tempo!
Pag. 32ANGELO CERA. Valutiamo positivamente in questo modo i segnali di disponibilità che si sono manifestati, e che si sono anche in qualche maniera esplicitati, ma crediamo che vi siano ancora dei margini affinché il Parlamento possa introdurre nel decreto-legge alcuni elementi di miglioramento e di maggiore adesione all'attuale situazione (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
PRESIDENTE. A chi gridava «tempo» voglio ricordare che ogni deputato ha diritto per questi interventi a quindici minuti di tempo. Scampanello per una cortesia verso i gruppi che mi hanno indicato una certa limitazione dei tempi, ma ogni deputato ha il diritto, se crede, di parlare fino al termine dei suoi quindici minuti.
Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
VINCENZO GIBIINO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione formula ai presentatori un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sulle seguenti proposte emendative: Mariani 1.1, Piffari 1.2, Commercio 1.3, Dionisi 1.30, Commercio 1.4 e 1.5, Bordo 1.31 e Commercio 1.7.
Relativamente agli identici emendamenti Mastromauro 1.9 e Osvaldo Napoli 1.32, essi vengono poi assorbiti nell'emendamento 1.54 della Commissione. La Commissione formula ai presentatori un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sulle seguenti proposte emendative: Commercio 1.8, Piffari 1.10 e 1.11, Mariani 1.14 e 1.15.
La Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1.50, mentre formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Commercio 1.33. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1.51, mentre formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Bernardini 1.35, Mariani 1.18, Piffari 1.20, Mariani 1.21, Commercio 1.22, Mariani 1.25 e Braga 1.26. La Commissione raccomanda invece l'approvazione del suo emendamento 1.52, mentre formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli articoli aggiuntivi Piffari 1.03 e 1.04.
La Commissione raccomanda inoltre l'approvazione del suo emendamento 1-bis.50 e del suo articolo aggiuntivo 1-bis.050. La Commissione raccomanda, altresì, l'approvazione del suo emendamento 1.54.
La Commissione raccomanda poi l'approvazione dei suoi subemendamenti 0.1-bis.051.51 e 0.1-bis.051.50 nonché del suo articolo aggiuntivo 1-bis.051, segnalando che alla penultima riga del comma 2 tra le parole «edilizia» e «pubblica» occorre inserire la parola: «residenziale», che per errore non è stata inserita.
Inoltre, al comma 3 del medesimo emendamento, all'ultima riga della pagina 16 del fascicolo, dopo le parole: «somme pagate», le parole: «agli istituti» debbono intendersi sostituite dalle seguenti: «dagli istituti».
PRESIDENTE. Il Governo?
MARIO MANTOVANI, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Mariani 1.1. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento formulato dal relatore.
CHIARA BRAGA. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CHIARA BRAGA. Signor Presidente, chiediamo che l'emendamento in esame venga posto in votazione perché affronta un tema che è stato più volte citato negli interventi dei colleghi, ossia quello dell'emergenza degli sfratti per morosità.
Sappiamo che un provvedimento sugli sfratti come questo non può in qualche modo fornire una risposta esaustiva al problema, tuttavia attraverso questo emendamento chiediamo che il Governo Pag. 33prenda una posizione, legando al Fondo previsto nella legge finanziaria del 2008 per il sostegno alle famiglie in difficoltà con le rate dei mutui l'aiuto alle famiglie sotto sfratto per morosità; soprattutto, chiediamo che anche nel decreto-legge n. 185 del 2008 di prossimo esame volto ad affrontare la crisi ci sia un'attenzione per le misure a sostegno degli affitti.
Purtroppo, da quanto ci risulta tali misure non sono ricomprese all'interno di questo provvedimento e questa disattenzione si somma anche al pesante taglio che il disegno di legge finanziaria ha previsto per il Fondo sociale di sostegno agli affitti. Per tali ragioni, chiediamo un voto favorevole sull'emendamento Mariani 1.1.
PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione mediante procedimento elettronico. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mariani 1.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 485
Votanti 483
Astenuti 2
Maggioranza 242
Hanno votato sì 219
Hanno votato no 264).
Prendo atto che i deputati Ferrari e Froner hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato Simeoni ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Piffari 1.2 formulato dal relatore.
SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, intervengo solamente per dichiarare che non accettiamo l'invito al ritiro formulato dal relatore. Questo è il quarto decreto-legge consecutivo di proroga degli sfratti. Ricordo che, tre mesi fa, il Governo si è impegnato con un altro decreto-legge a produrre un piano casa nel giro di 60 giorni. I 60 giorni sono già trascorsi da un mese; temo che quel piano casa per 25 mila nuovi alloggi lo vedremo, forse, tra un anno. Sarebbe, quindi, molto più concreto chiedere la proroga per un anno ancora.
PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Piffari 1.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 496
Votanti 493
Astenuti 3
Maggioranza 247
Hanno votato sì 226
Hanno votato no 267).
Prendo atto che il deputato Ferrari ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Commercio 1.3 insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Commercio 1.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 494
Votanti 492
Astenuti 2
Maggioranza 247
Hanno votato sì 230
Hanno votato no 262).
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Dionisi 1.30, formulato dal relatore.
ARMANDO DIONISI. Signor Presidente, intervengo per sottolineare che il provvedimento di questa proroga è legato all'attuazione del piano casa. Con tutta la stima, e il rispetto, che posso avere nei confronti del Governo ci troveremo, al 30 giugno prossimo, a riparlare di un'ulteriore proroga per queste particolari categorie sociali. Credo che bisognerebbe, almeno, che il Governo si impegnasse a riferire in quest'Aula a che punto è il piano casa, altrimenti continueremo a prevedere dei sostegni di proroga in proroga. Se dobbiamo, allora, realizzare una proroga facciamolo per un tempo sufficiente per dar modo al Governo di realizzare un provvedimento organico che rappresenti una risposta tranquillizzante per le categorie sociali di cui ci stiamo occupando in questo provvedimento.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dionisi 1.30, non accettato dalla Commissione né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 497
Votanti 494
Astenuti 3
Maggioranza 248
Hanno votato sì 226
Hanno votato no 268).
Prendo atto che i deputati Pizzetti e Oliverio hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Prendo atto, altresì, che i presentatori dell'emendamento Commercio 1.4 insistono per la votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Commercio 1.4 , non accettato dalla Commissione né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 499
Votanti 495
Astenuti 4
Maggioranza 248
Hanno votato sì 235
Hanno votato no 260).
Prendo atto che il deputato Ventucci ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e che il deputato Oliverio ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Prendo atto, altresì, che i presentatori dell'emendamento Commercio 1.5 insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Commercio 1.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 484
Votanti 480
Astenuti 4
Maggioranza 241
Hanno votato sì 227
Hanno votato no 253).Pag. 35
Prendo atto che i deputati Contento e Vessa hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e che i deputati Rao, Gnecchi e Merloni hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Bordo 1.31, formulato dal relatore.
MICHELE BORDO. Signor Presidente, non accolgo l'invito al ritiro formulato dal relatore e spiego anche le ragioni. Questo emendamento si è reso necessario perché il decreto-legge prevede la proroga degli sfratti soltanto nei comuni e nelle aree metropolitane, escludendo tutte quante le altre realtà (ad esempio, soltanto in Puglia sarebbero 1.400 le famiglie che non godrebbero di questo beneficio della proroga).
Non sto qua certamente a ricordare quali disagi si troverebbero ad affrontare le regioni, le province e i comuni quando si troveranno di fronte alle proteste e al disagio sociale che vivranno tante famiglie che non potranno godere della possibilità di proroga. Ecco perché io faccio a questo punto un appello a tutti i parlamentari, anche a quelli della maggioranza, per fare in modo che la proroga venga estesa a tutti, anche per mitigare i disagi che altrimenti questo decreto-legge produrrà nei confronti della stragrande maggioranza delle famiglie italiane.
PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bordo 1.31, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 498
Votanti 495
Astenuti 3
Maggioranza 248
Hanno votato sì 230
Hanno votato no 265).
Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Commercio 1.7 non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Commercio 1.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 490
Votanti 489
Astenuti 1
Maggioranza 245
Hanno votato sì 227
Hanno votato no 262).
Prendo atto che i deputati Borghesi e Zampa hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.54 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mastromauro. Ne ha facoltà.
MARGHERITA ANGELA MASTROMAURO. Signor Presidente, intervengo solo per ringraziare il relatore e il Governo per avere accettato, seppure dopo lunghe discussioni, e quindi di aver accolto e condiviso la nostra richiesta di allargamento della platea dei comuni interessati da questo provvedimento. Credo che il Governo abbia evitato assolutamente due conseguenze negative. Una è la penalizzazione ingiusta di molti dei nostri territori Pag. 36che comunque erano interessati dalla problematica degli sfratti. Inoltre, ha dato senz'altro un segnale di vicinanza ai deboli del nostro Paese che, in questo momento di difficoltà delle famiglie e in particolare di quelle con redditi bassi e con situazioni familiari difficili, credo fosse doveroso. Quindi, ringrazio ancora il Governo e mi auguro che questa collaborazione possa proseguire (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tommaso Foti. Ne ha facoltà.
TOMMASO FOTI. Signor Presidente, intervengo a titolo personale per motivare il voto contrario sull'emendamento in esame. Debbo dire che, indipendentemente dalle argomentazioni che testé la collega ha addotto, in realtà il provvedimento, con l'approvazione di questo emendamento, interesserà 324 famiglie su tutto il territorio nazionale. In compenso, si genera un effetto negativo, a mio avviso, per quanto riguarda il mercato della locazione nel momento in cui si arriva a prorogare gli sfratti per categorie anche in città laddove di sfratti per queste categorie non ce ne è neanche uno. È un atto che io capisco la maggioranza debba digerire per non prolungare una discussione in questa Aula, che finirebbe per mettere a rischio il decreto-legge stesso e la sua possibilità di passaggio al Senato, ma debbo, coerentemente con gli impegni assunti in campagna elettorale e anche con un comportamento che mi ha contraddistinto da dodici anni in questa Aula, preannunziare voto contrario su questo emendamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guido Dussin. Ne ha facoltà.
GUIDO DUSSIN. Signor Presidente, la Lega ovviamente su questo tema da sempre è stata contraria. Per alcuni accordi intercorsi in Commissione, e anche per la dimensione della portata di questo emendamento (si tratta di 280 alloggi), noi esprimeremo un voto di astensione, proprio perché consideriamo l'intero provvedimento positivo, al momento. Ovviamente, la Lega si riserva poi in sede di dichiarazione di voto finale di dare ulteriori spiegazioni per quanto riguarda le richieste nel settore dell'abitazione e soprattutto della residenza delle famiglie più bisognose. Ma noi vorremmo porre l'accento anche sul tema delle altre fasce, in particolare le fasce delle giovani coppie che devono accedere alle nuove abitazioni.
Pertanto offriremo una più ampia motivazione, nel complesso, di tutto quanto l'intero provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.
SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, intervengo soltanto per chiedere se stiamo esaminando l'emendamento 1.54 della Commissione e, quindi, consideriamo assorbiti gli identici emendamenti Mastromauro 1.9 e Osvaldo Napoli 1.32 oppure se invece stiamo ancora discutendoli.
PRESIDENTE. Onorevoli Piffari, stiamo esaminando l'emendamento 1.54 della Commissione e l'eventuale approvazione di quest'ultimo assorbe gli identici emendamenti Mastromauro 1.9 e Osvaldo Napoli 1.32 e dell'emendamento Commercio 1.8.
VINCENZO GIBIINO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VINCENZO GIBIINO, Relatore. Signor Presidente, come si intende, sull'emendamento 1.54 della Commissione che, ove approvato, assorbe - lo preciso - gli identici emendamenti Mastromauro 1.9 e Osvaldo Napoli 1.32, vi è stato un grande lavoro di sintesi della Commissione. In questo momento di particolare disagio di Pag. 37determinate categorie, si è voluto riaprire al territorio e ai capoluoghi di provincia. Tuttavia, vorrei segnalare che a tutela dei proprietari che si trovino nelle medesime condizioni in cui si trovano i conduttori oppure debbano ristrutturare l'immobile o destinarlo ai propri figli o nell'ipotesi prevista dall'articolo 3 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, il decreto-legge non si applica. Pertanto riteniamo di avere accolto in parte le raccomandazioni della Corte di giustizia delle Comunità europee e della Corte costituzionale di non eccedere nella compressione del diritto di proprietà. Una sollecitazione - concludo - sulla necessità di avviare il piano casa proprio in questo particolare momento.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.54 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 494
Votanti 452
Astenuti 42
Maggioranza 227
Hanno votato sì 421
Hanno votato no 31).
Prendo atto che le deputate Bossa e Laura Molteni hanno segnalato che non sono riuscite a votare e che la deputata Laura Molteni avrebbe voluto astenersi.
Prendo altresì atto che la deputata D'Antona ha segnalato di essersi erroneamente astenuta mentre avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 13,50)
PRESIDENTE. Sono conseguentemente assorbiti, come detto dal relatore, gli identici emendamenti Mastromauro 1.9 e Osvaldo Napoli 1.32 e l'emendamento Commercio 1.8.
VINCENZO GIBIINO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VINCENZO GIBIINO, Relatore. Signor Presidente, intervengo soltanto per chiarire che l'emendamento 1.54 della Commissione, appena approvato, assorbe gli identici emendamenti Mastromauro 1.9 e Osvaldo Napoli 1.32 e non l'emendamento Commercio 1.8, sul quale la Commissione ha espresso parere contrario.
PRESIDENTE. Onorevole Gibiino, l'emendamento Commercio 1.8 è precluso all'approvazione dell'emendamento 1.54 della Commissione.
SERGIO MICHELE PIFFARI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, anche a nome dei presentatori, annuncio il ritiro dell'emendamento 1.10 da me presentato, in quanto di fatto è stato assorbito dalla precedente votazione dell'emendamento 1.54 della Commissione ed insistono per la votazione del successivo 1.11.
PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Piffari 1.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 493
Votanti 456
Astenuti 37
Maggioranza 229
Hanno votato sì 190
Hanno votato no 266).
Prendo atto che i deputati Mastromauro e Occhiuto hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto astenersi e che le deputate De Torre, Rossa e De Pasquale hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole.
Ricordo che gli emendamenti Mariani 1.12 e 1.13 sono stati dichiarati inammissibili.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mariani 1.14 per il quale i presentatori non accedono all'invito al ritiro. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Braga. Ne ha facoltà.
CHIARA BRAGA. Signor Presidente, non ritiriamo l'emendamento e chiediamo che sia votato perché questo, come altri emendamenti che abbiamo presentato e sui quali eviterò in seguito di intervenire, contengono misure a tutela e a vantaggio della proprietà immobiliare che è l'altra categoria coinvolta da questo provvedimento.
In particolare, nell'emendamento in esame, proponiamo di innalzare la detrazione IRPEF per i proprietari immobiliari che affittano a canone concordato e calmierato. È un tema sul quale questa Assemblea ha già ampiamente discusso anche nei provvedimenti all'ordine del giorno nelle scorse settimane, crediamo che lo strumento delle detrazioni fiscali in favore della proprietà immobiliare rappresenti uno strumento decisivo per creare le condizioni affinché vi sia un'effettiva convenienza a stipulare un affitto a canone calmierato. Il meccanismo delle detrazioni fiscali è particolarmente rilevante e importante in questa fase di difficoltà economica e riteniamo che debba essere confermato ed esteso in questa misura.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mariani 1.14, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 492
Votanti 490
Astenuti 2
Maggioranza 246
Hanno votato sì 228
Hanno votato no 262).
Prendo atto che i deputati Tocci e Tullo hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Prendo altresì atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro del successivo emendamento.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mariani 1.15, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 481
Votanti 479
Astenuti 2
Maggioranza 240
Hanno votato sì 226
Hanno votato no 253).
Prendo atto che il deputato Tocci ha segnalato che non è riuscito a votare e che i deputati Borghesi e Coscia hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.Pag. 39
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.50 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 499
Votanti 495
Astenuti 4
Maggioranza 248
Hanno votato sì 480
Hanno votato no 15).
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro del successivo emendamento. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Commercio 1.33, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 500
Votanti 476
Astenuti 24
Maggioranza 239
Hanno votato sì 218
Hanno votato no 258).
Prendo atto che la deputata Binetti ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.51 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 498
Votanti 495
Astenuti 3
Maggioranza 248
Hanno votato sì 489
Hanno votato no 6).
Prendo atto che il deputato Zucchi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Ricordo che l'emendamento Mariani 1.19 è inammissibile.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bernardini 1.35, per il quale i presentatori, non accedono all'invito al ritiro.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.
RITA BERNARDINI. Signor Presidente, la ragione dell'emendamento in esame è veramente molto semplice: il legislatore, nel precedente provvedimento di sospensione degli sfratti, quello del 2007, aveva previsto che per gli immobili affittati dai cosiddetti grandi proprietari, ossia enti previdenziali, compagnie di assicurazione, istituti bancari ed altri enti, la proroga dovesse durare di più, cioè non otto ma diciotto mesi, in considerazione della posizione di maggior forza contrattuale ed economica di cui può godere, ad esempio, una grande compagnia di assicurazioni rispetto al singolo cittadino proprietario di un appartamento.
Pertanto, era questo il ragionamento che aveva fatto il legislatore nel 2007: se proprio occorre sacrificare per otto mesi il diritto di proprietà del singolo privato che ha dato in affitto il suo immobile ad una famiglia disagiata, è altrettanto giusto prevedere che se proprietari degli immobili concessi in locazione sono i grandi istituti bancari, le casse di previdenza e via dicendo, questo stesso sacrificio deve durare più a lungo, appunto non otto mesi, ma diciotto mesi.
Rispetto al provvedimento del 2007, invece, il decreto-legge in esame - è questa la differenziazione - non fa più alcuna distinzione fra grandi e piccoli proprietari: la Pag. 40proroga degli sfratti avrà per tutti la stessa durata, cioè otto mesi. A noi della delegazione radicale ed anche agli altri deputati del Partito Democratico che hanno sottoscritto l'emendamento in esame sembra invece opportuno reintrodurre un termine di sospensione dello sfratto diverso e più lungo per le banche, le assicurazioni e gli enti previdenziali che hanno concesso in affitto i loro immobili a famiglie disagiate. Quindi mi auguro che l'Aula voglia approvare l'emendamento in esame, vista la sua ragionevolezza.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bernardini 1.35, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 497
Votanti 471
Astenuti 26
Maggioranza 236
Hanno votato sì 204
Hanno votato no 267).
Prendo atto che i deputati Cazzola e Nirenstein hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e che il deputato Ruvolo ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi e che i presentatori non accedono all'invito al ritiro dell'emendamento Mariani 1.18.
Ricordo che l'emendamento Braga 1.17 è inammissibile.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mariani 1.18, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 500
Votanti 496
Astenuti 4
Maggioranza 249
Hanno votato sì 230
Hanno votato no 266).
Prendo atto che il deputato Zucchi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Piffari 1.20 per il quale i presentatori non accedono all'invito al ritiro.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.
SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, è vero, l'emendamento in esame è un po' una provocazione, ma ritorniamo a battere sul dente ammalato: il Governo, col provvedimento in esame, un piano casa in sessanta giorni non l'ha fatto, ma non lo farà neanche nei prossimi sessanta giorni, e di fatto ha aperto un contenzioso con le regioni, le uniche che stavano lavorando concretamente sull'unico piano di questi ultimi dieci anni, il piano casa approvato dall'allora Ministro Di Pietro.
Quindi, l'invito è di prorogare fino a due anni l'approvazione del Piano casa.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Piffari 1.20, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 494
Votanti 480
Astenuti 14
Maggioranza 241
Hanno votato sì 88
Hanno votato no 392).
Prendo atto che il deputato Tullo ha segnalato che non è riuscito a votare e che le deputate Siragusa, Rubinato, De Pasquale e De Torre hanno segnalato di aver votato a favore mentre avrebbero voluto votare contro. Prendo infine atto, che la deputata Nirestein ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario. Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro dei successivi emendamenti.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mariani 1.21, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 500
Votanti 497
Astenuti 3
Maggioranza 249
Hanno votato sì 229
Hanno votato no 268).
Prendo atto che la deputata Siragusa ha segnalato che non è riuscita a votare e che i deputati Nunzio Francesco Testa e De Poli hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Commercio 1.22, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 494
Votanti 493
Astenuti 1
Maggioranza 247
Hanno votato sì 238
Hanno votato no 255).
Prendo atto che il deputato Cuperlo ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mariani 1.25 per il quale i presentatori non accedono all'invito al ritiro.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mastromauro. Ne ha facoltà.
MARGHERITA ANGELA MASTROMAURO. Signor Presidente, all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge in esame si precisa che la finalità del provvedimento di sospensione degli sfratti è di ridurre il disagio abitativo, in attesa della realizzazione degli interventi previsti dal Piano nazionale di edilizia abitativa.
Ebbene, sappiamo tutti che la realizzazione del Piano casa è bloccata dal contenzioso delle regioni che, peraltro, avevamo preannunciato in Aula e in Commissione, in occasione della discussione sull'articolo 11 del decreto-legge n. 112 del 2008. Si tratta di un contenzioso che, sappiamo bene, potrà risolversi solo se questo Governo riconoscerà l'attribuzione dei fondi conferiti dal precedente decreto-legge del 2007 alle regioni, almeno a quelle virtuose, che avevano già programmato e deliberato tali fondi, ma, come abbiamo avuto anche modo di chiarire con il sottosegretario e come risulta, invece, anche dalla seconda bozza del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, non li hanno impegnati. Le regioni, infatti, non hanno avuto la possibilità di impegnare fondi che erano ancora presso la Cassa depositi e prestiti.
Pertanto, proprio per garantire il passaggio da casa a casa degli inquilini e non ritrovarci nel 2009 a discutere di nuove proroghe di sfratti, peraltro con eventuali altre limitazioni dovute a vincoli di bilancio, con l'emendamento in esame chiediamo di sbloccare il Piano casa. Chiediamo,Pag. 42 altresì, di restituire alle regioni, soprattutto a quelle virtuose, che hanno operato bene (e, fra queste, sono lusingata di poter annoverare anche la mia regione, la Puglia), i finanziamenti stanziati dalla legge abrogata, per i quali le regioni avevano maturato i relativi diritti.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mariani 1.25, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 494
Votanti 492
Astenuti 2
Maggioranza 247
Hanno votato sì 228
Hanno votato no 264).
Prendo atto che i deputati Tocci e Rota hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che la deputata Ferranti ha segnalato di aver espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.
Prendo atto che i presentatori dei successivi emendamenti non accedono all'invito al ritiro.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Braga 1.26, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 494
Votanti 491
Astenuti 3
Maggioranza 246
Hanno votato sì 227
Hanno votato no 264).
Prendo atto che i deputati Tenaglia e Sarubbi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Ricordo che l'emendamento Braga 1.24 è stato dichiarato inammissibile.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.52 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 490
Votanti 483
Astenuti 7
Maggioranza 242
Hanno votato sì 479
Hanno votato no 4).
Prendo atto che il deputato Rota ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Ricordo che l'articolo aggiuntivo Piffari 1.02 è stato dichiarato inammissibile.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Piffari 1.03, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti e votanti 498
Maggioranza 250
Hanno votato sì 232
Hanno votato no 266).
Prendo atto che il deputato Cimadoro ha segnalato che non è riuscito a votare.Pag. 43
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Piffari 1.04, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 490
Votanti 480
Astenuti 10
Maggioranza 241
Hanno votato sì 218
Hanno votato no 262).
Prendo atto che i deputati Ginoble e Galletti hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1-bis.50 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 495
Votanti 491
Astenuti 4
Maggioranza 246
Hanno votato sì 485
Hanno votato no 6).
Prendo atto che il deputato Garofalo ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 1-bis.050 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 490
Votanti 487
Astenuti 3
Maggioranza 244
Hanno votato sì 483
Hanno votato no 4).
Prendo atto che il deputato Cimadoro ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.1-bis.051.51 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 490
Votanti 486
Astenuti 4
Maggioranza 244
Hanno votato sì 486).
Prendo atto che i deputati Taddei e Samperi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.1-bis.051.50 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 495
Votanti 491
Astenuti 4
Maggioranza 246
Hanno votato sì 491).
Prendo atto che la deputata Miotto ha segnalato che non è riuscita a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articoloPag. 44 aggiuntivo 1-bis.051 della Commissione, nel testo corretto, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 491
Votanti 485
Astenuti 6
Maggioranza 243
Hanno votato sì 485).
Prendo atto che il deputato Di Pietro ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Ricordo che l'articolo aggiuntivo Mastromauro 1-bis.031 è stato dichiarato inammissibile.
Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.
(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1813-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 1813-A).
Avverto che l'ordine del giorno n. 9/1813/9 deve intendersi a prima firma Milo.
L'onorevole Zamparutti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1813/12.
ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, questo ordine del giorno pone due questioni, una di metodo e una di merito.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Zamparutti, prima di permetterle di illustrare il suo ordine del giorno, ricordo ai colleghi che si passerà immediatamente alla votazione degli ordini del giorno. Continui pure, onorevole Zamparutti.
ELISABETTA ZAMPARUTTI. Il presente ordine del giorno pone una questione di metodo e una di merito sulla realizzazione del Piano casa, alla quale è anche legata la decisione di adottare la proroga degli sfratti che ci accingiamo a votare. Dico questo perché quando in Commissione ambiente ho posto al Governo una domanda sull'entità del problema a cui il provvedimento di proroga degli sfratti intendeva far fronte, mi è stato detto che, tenendo presenti i dati relativi all'attuazione della legge n. 9 del 2007 e, in via esemplificativa, citando la situazione della Sicilia, il blocco ha riguardato trenta sfratti a Catania, cinque a Messina e due a Palermo. Noi radicali poniamo allora una questione di metodo, perché o il Governo non sa far di conto, oppure trucca i conti. Chiediamo che in vista dell'adozione del Piano casa il Governo comunichi al Parlamento qual è l'effettiva esigenza abitativa, specificata per ogni provincia, a cui questo piano casa intende fare fronte.
Inoltre, non si può ignorare che l'Italia è il primo Paese in Europa per disponibilità di abitazioni e che negli anni Novanta le costruzioni in Italia hanno sottratto all'agricoltura tre milioni di ettari, un'area più che doppia rispetto a quanto è avvenuto nello stesso periodo in Germania e addirittura quattro volte superiore a quello che è avvenuto in Francia. I riferimenti statistici più recenti sottolineano come questa tendenza alla sottrazione di suolo agricolo abbia conosciuto negli ultimi anni un'ulteriore violenta accelerazione. Dal 2003 ad oggi sono state costruite circa un milione 600 mila abitazioni, oltre il 10 per cento delle quali abusive. Per contro, è noto che da venti anni la popolazione in Italia non solo non è cresciuta, ma, al contrario, è calata sensibilmente e solo negli ultimi anni ha dato segni di ripresa grazie al contributo degli immigrati.
Dobbiamo, allora, capirci su quale sia l'emergenza abitativa, che è anche sempre più emergenza paesaggistica. Per questo motivo, noi radicali chiediamo al Governo anche di trasmettere al Parlamento il Pag. 45censimento degli immobili pubblici e privati - compresi quelli di proprietà della Città del Vaticano - sul territorio italiano.
Vista l'illegalità in cui versa il nostro Paese, con i comuni che usano il suolo pubblico per fare cassa, attraverso gli oneri di urbanizzazione (che poi sappiamo come vengono destinati, cioè ad altri fini), e visto il decreto n. 112 del 2008 che, nel prevedere il potere di adozione del Piano casa, stabilisce anche che si miri al recupero del patrimonio abitativo esistente, chiediamo anche che ci sia un impegno a consentire l'uso di suolo a fini insediativi e infrastrutturali esclusivamente qualora non sussistano alternative di riuso e riorganizzazione degli insediamenti e delle infrastrutture esistenti, fornendo a tal fine le percentuali di recupero edilizio cui il Governo intende impegnarsi per la realizzazione del Piano casa.
LUCIANO CIOCCHETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo?
LUCIANO CIOCCHETTI. Per illustrare l'ordine del giorno n. 9/1813/16.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Ciocchetti, lei non può illustrare l'ordine del giorno Dionisi n. n. 9/1813/16, potrà eventualmente intervenire in sede di dichiarazione di voto.
Qual è il parere del Governo sugli ordini del giorno presentati?
MARIO MANTOVANI, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Il Governo formula un invito al ritiro dell'ordine del giorno Gibiino n. 9/1813/1, firmato dai rappresentanti dei gruppi, altrimenti esprime parere contrario.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Monai n. 9/1813/2, purché il secondo capoverso del dispositivo sia riformulato come segue: «la promozione di iniziative volte a favorire la locazione per le famiglie a basso reddito», e purché siano espunti il terzo ed il quarto capoverso.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Piffari n. 9/1813/3, purché riformulato nel senso di espungere il terzo e quinto capoverso.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Scilipoti n. 9/1813/4, purché riformulato nel senso di sopprimere i capoversi dal secondo all'ottavo.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Braga n. 9/1813/5, purché il dispositivo sia riformulato come segue: «invita il Governo ad attivare adeguate procedure per finita locazione e morosità che raffrontino i dati certi e certificati».
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Mariani n. 9/1813/6.
Il Governo non accetta gli ordini del giorno Rota n. 9/1813/7, Belcastro n. 9/1813/8, Milo n. 9/1813/9, Lombardo n. 9/1813/10, Iannaccone n. 9/1813/11, Zamparutti n. 9/1813/12, Commercio n. 9/1813/13, Rubinato n. 9/1813/14 e Ria n. 9/1813/15.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Dionisi n. 9/1813/16, purché il dispositivo sia riformulato nel senso di sostituire le parole «entro tre mesi» con le seguenti: «entro sei mesi».
Il Governo accoglie, infine, come raccomandazione l'ordine del giorno Lo Monte n. 9/1813/17.
PRESIDENTE. Onorevole Gibiino, accede all'invito al ritiro del suo ordine del giorno n. 9/1813/1, formulato dal Governo?
VINCENZO GIBIINO. Signor Presidente, accolgo l'invito al ritiro formulato dal Governo, anche perché l'ordine del giorno in esame si riferiva ad un emendamento che poi è stato approvato. Pertanto, mi sembra ultroneo il mantenimento dell'ordine del giorno.
PRESIDENTE. Prendo atto che l'ordine del giorno Gibiino n. 9/1813/1 è stato ritirato.Pag. 46
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Monai n. 9/1813/2, accolto come raccomandazione dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che l'onorevole Piffari accetta le riformulazione e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1813/3, accolto come raccomandazione dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione degli ordini del giorno Scilipoti n. 9/1813/4 e Braga n. 9/1813/5, accolti come raccomandazione dal Governo, purché riformulati.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Mariani n. 9/1813/6, accolto come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Rota n. 9/1813/7, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Rota n. 9/1813/7, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 455
Votanti 452
Astenuti 3
Maggioranza 227
Hanno votato sì 202
Hanno votato no 250).
Prendo atto che i deputati Bragantini e Crosio hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto astenersi.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Belcastro n. 9/1813/8, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Belcastro n. 9/1813/8, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 473
Votanti 472
Astenuti 1
Maggioranza 237
Hanno votato sì 222
Hanno votato no 250).
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Milo n. 9/1813/9, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Milo n. 9/1813/9, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 472
Votanti 471
Astenuti 1
Maggioranza 236
Hanno votato sì 228
Hanno votato no 243).
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Lombardo n. 9/1813/10, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Lombardo n. 9/1813/10, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 474
Votanti 473
Astenuti 1
Maggioranza 237
Hanno votato sì 225
Hanno votato no 248).
Prendo atto che la deputata Zampa ha segnalato che non è riuscita a votare.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Iannaccone n. 9/1813/11, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Iannaccone n. 9/1813/11, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 476
Votanti 475
Astenuti 1
Maggioranza 238
Hanno votato sì 224
Hanno votato no 251).
Prendo atto che la deputata Zampa ha segnalato che non è riuscita a votare e che i deputati De Torre e Berretta hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Zamparutti n. 9/1813/12, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Zamparutti n. 9/1813/12, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 461
Votanti 458
Astenuti 3
Maggioranza 230
Hanno votato sì 212
Hanno votato no 246).
Prendo atto che i deputati Mastromauro, Sarubbi, Gnecchi e Miotto hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato Cassinelli ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Commercio n. 9/1813/13, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Commercio n. 9/1813/13, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 461
Votanti 460
Astenuti 1
Maggioranza 231
Hanno votato sì 223
Hanno votato no 237).
Prendo atto che i deputati Strizzolo, Boccia, Nunzio Francesco Testa e De Poli hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole, che il deputato Iapicca ha segnalato che non è riuscito a votare e che i deputati Cassinelli, Consiglio e D'Amico hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Rubinato n. 9/1813/14, non accettato dal Governo.
SIMONETTA RUBINATO. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, il mio intervento sarà brevissimo. Tuttavia, poiché si tratta di un argomento molto importante, chiedo ai colleghi trenta secondi di attenzione. Invito il Governo a considerare che abbiamo appena approvato, tra gli emendamenti della Commissione, una proposta emendativa che si occupa proprio del tema dei mutuatari insolventi e della necessità di acquisire o per lo meno di prevedere la possibilità di acquisire al patrimonio pubblico l'abitazione, per consentire la permanenza di queste famiglie ad un canone sostenibile.
L'emendamento che è stato presentato dalla Commissione rischia, per come è formulato, di non avere poi alcuna efficacia concreta, poiché non vi è alcuna risorsa stanziata nonché per i meccanismi che la norma prevede.
L'ordine del giorno in esame chiede al Governo semplicemente di riconsiderare e di valutare un meccanismo più adeguato e congruo per farsi carico di questa misura che è veramente a sostegno delle famiglie. Non vi è bisogno di copertura - lo faccio rilevare al Governo - perché si tratta di un semplice ordine del giorno.
PRESIDENTE. Il Governo conferma il parere già espresso?
MARIO MANTOVANI, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Sì, signor Presidente. Il Governo non accetta l'ordine del giorno Rubinato n. 9/1813/14.
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Rubinato n. 9/1813/14, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Rubinato n. 9/1813/14, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 479
Votanti 478
Astenuti 1
Maggioranza 240
Hanno votato sì 223
Hanno votato no 255).
Prendo atto che i deputati Nunzio Francesco Testa e De Poli hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Chiedo all'onorevole Ria se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1813/15, non accettato dal Governo.
LORENZO RIA. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LORENZO RIA. Signor Presidente, intervengo per chiedere al Governo di rivedere il proprio parere sull'ordine del giorno in esame per un problema di coerenza da parte dello stesso Governo.
Quando abbiamo discusso, appena una settimana fa, il decreto-legge cosiddetto «salva banche» il presidente della Commissione, nonché relatore del provvedimento, l'onorevole Conte, in occasione di un ordine del giorno che presentammo allora dal contenuto analogo a quello del presente ordine del giorno, ebbe testualmente a dire: «Si tratta di proposte assolutamente recepibili. Tuttavia, qui stiamo ragionando in un contesto del tutto diverso».
Quell'ordine del giorno, di cui ero firmatario, fu dichiarato inammissibile dalla Presidenza perché, appunto, riguardava Pag. 49una materia che non era proprio pertinente a quella del decreto-legge che stavamo esaminando. Pertanto, ho ripresentato lo stesso ordine del giorno in questa sede.
Mi sembra che si tratti di assumere un impegno futuro in successivi provvedimenti da parte del Governo. Il tema delle numerose famiglie insolventi che hanno, nell'immediato, l'obiettivo di permanere nelle abitazioni che conducono in locazione credo sia un problema di cui non si può non tenere conto. Pertanto, l'impegno assunto in precedenza credo possa essere mantenuto in questa sede.
PRESIDENTE. Il Governo modifica il parere?
MARIO MANTOVANI, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. No, signor Presidente, confermo il parere contrario.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Ria n. 9/1813/15, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 483
Votanti 479
Astenuti 4
Maggioranza 240
Hanno votato sì 225
Hanno votato no 254).
Prendo atto che la deputata Golfo ha segnalato che non è riuscita a votare e che i deputati De Poli e Nunzio Francesco Testa hanno segnalato che non riusciti ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'ordine del giorno Dionisi n. 9/1813/16, accolto come raccomandazione dal Governo, purché riformulato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciocchetti. Ne ha facoltà.
LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, visto che nell'articolo 11 del decreto-legge n. 112 del 2008 si parla di un famoso piano casa, chiediamo al Governo di dirci quando presenterà questo piano in modo formale, quando vi sarà effettivamente la possibilità di stipulare accordi di programma e la reale previsione di fondi da destinare all'attuazione del piano casa.
L'ordine del giorno Dionisi n. 9/1813/16 si occupa di questo. Se il Governo veramente intende emanare il piano casa, ritengo che sarebbe giusto assumesse un impegno anche attraverso l'approvazione di questo ordine del giorno, precisando quindi al Parlamento quali sono le azioni per affrontare veramente la grande emergenza sociale della casa in Italia.
PRESIDENTE. Onorevole Dionisi, accetta la riformulazione proposta dal Governo del suo ordine del giorno n. 9/1813/16, accolto come raccomandazione dal Governo nel testo riformulato?
ARMANDO DIONISI. Sì, signor Presidente, accetto la riformulazione. Visto che il Governo tace, significa che non ha cambiato opinione.
PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Dionisi non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1813/16, accolto come raccomandazione dal Governo nel testo riformulato.
Prendo, altresì, atto che l'onorevole Lo Monte non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1813/17, accolto come raccomandazione dal Governo.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1813-A)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.Pag. 50
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà (Commenti). Onorevole Piffari, si rivolga pure alla Presidenza. Lei non ha nessun problema. Sarà certamente sintetico, quindi...
SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, accetto l'invito della Presidenza. Non ho ancora finito... Intanto, ringrazio il Presidente che è veggente e, quindi, invita a rivolgersi alla Presidenza, naturalmente. Il nostro voto, pur essendo stati gli interventi critici, sarà per forza favorevole, per l'emergenza che si riscontra sul territorio italiano.
Tuttavia, vogliamo rimarcare la criticità di quel grande piano enunciato a luglio per 25 mila nuovi alloggi (chi non ricorda i titoli dei giornali?), quel grande piano che non c'è. Sappiamo che, per realizzare 25 mila alloggi, ammesso anche di avere le risorse e la volontà, impiegheremmo almeno tre anni. Infatti, costruire i prefabbricati è una cosa e costruire delle case è un'altra.
Pertanto, torniamo un po' di più alla realtà e affrontiamo la questione concretamente (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dionisi. Ne ha facoltà.
ARMANDO DIONISI. Signor Presidente, intervengo brevemente per annunciare il voto favorevole sul provvedimento in esame, anche se riteniamo che la risposta fornita sia insufficiente rispetto ad un disagio che rischia di provocare, nei prossimi mesi, effetti devastanti sul piano sociale, ma anche sul piano economico.
Sottolineo, in merito al piano casa che, a mio avviso, questa era l'occasione per destinare quei 30 milioni di euro che sono stati recuperati in questo decreto-legge per dare una risposta anche a migliaia di famiglie che non riescono più a pagare il mutuo.
Segnalo all'attenzione del Governo che se due banche a livello nazionale, come Unicredit e Monte dei Paschi di Siena, stanno adottando provvedimenti per sospendere nel 2009 i mutui, significa che sono preoccupate della crescita delle insolvenze nei prossimi mesi.
Quindi, era necessario intervenire in questo settore, destinandovi magari quei 30 milioni di euro, che erano già stati stanziati per tale finalità dal Governo Prodi e per i quali Tremonti aveva confermato l'impegno in questo senso.
Sottolineo, tra l'altro, che stiamo parlando di sfratti che riguardano solo particolari categorie sociali. Voglio ricordare al Governo che la maggior parte degli sfratti nel nostro Paese non si riferiscono solo alla finita locazione (questi sono solo una minima parte), ma sopratutto alla morosità, e questo testimonia la gravità della situazione economica. Il piano casa che è stato annunciato deve dare una risposta possibilmente organica ad un settore soprattutto sul piano sociale, ma direi anche dal punto di vista economico.
Signor Presidente, mi avvio alla conclusione, ma vorrei sottolineare un aspetto che viene trascurato. Per quanto riguarda i 16 miliardi per le infrastrutture, perché il Governo non pensa di destinare una quota di questi fondi al piano casa? L'unico piano casa in questo Paese - lo voglio ricordare - è stato quello di Fanfani nel 1949-1950. Così sulla casa daremmo una risposta sul piano sociale, ma sopratutto metteremmo in moto lo sviluppo dell'economia rilanciando le piccole e medie imprese, perché sulla casa lavorano ben 32 settori produttivi.
Se il Governo riuscisse a capire l'importanza sociale ed economica che può avere un intervento straordinario sulla casa, probabilmente non parleremmo più di proroghe, ma daremmo una risposta definitiva per questo settore (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guido Dussin. Ne ha facoltà.
GUIDO DUSSIN. Signor Presidente, preannuncio che certamente chiederò alla Pag. 51Presidenza di autorizzare la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del testo della mia dichiarazione di voto.
Per quanto riguarda il precedente intervento che ha citato - l'ho già sentito anche in Commissione - quanto hanno intenzione di fare Monte dei Paschi di Siena e Unicredit, credo che queste due banche debbano sostenere chi acquista una casa e chi fa investimenti reali sul nostro Paese e sul nostro territorio, anziché mettersi in gioco con fogli di carta che vendono e comprano soldi in giro per il mondo ponendo in essere una condizione quale quella che si è venuta a creare in borsa. Unicredit pensi ai risparmi dei nostri cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Per quanto riguarda questo provvedimento, siamo nella condizione di dire che da sempre la Lega Nord Padania è l'unico movimento che in quest'Assemblea ha sostenuto il libero mercato e sa benissimo che, attraverso di esso, si creano maggiori disponibilità di alloggi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Inoltre, in questa sede sottolineiamo per l'ennesima volta che la Lega Nord Padania è l'unico movimento che sta proponendo in questo periodo di sostenere l'acquisto dal mercato di alloggi che abbiano requisiti di qualità. Quindi, si propone di recuperare sul mercato edifici di qualità, i quali rispondano a requisiti di risparmio energetico e ad una serie di altre motivazioni, che diano l'opportunità di avere alloggi veramente di qualità e non creati con la libera speculazione. Per questo, proporremo nella prossima discussione dell'anno 2009 che con il piano casa si preveda una riforma organica di tutto il settore.
Con questo intendimento, ci facciamo già promotori di nuove iniziative per risolvere questo problema. Comunque, tali soluzioni già dal 2004 hanno avuto un buon riscontro e l'impegno del Governo dovrà essere rivolto anche al blocco del settore dell'edilizia residenziale. Nel momento in cui si pensa che il Paese interverrà in questi settori, si interviene anche sull'economia reale del Paese, quella del prodotto interno, perché l'edilizia è un prodotto che si sviluppa solo ed esclusivamente all'interno del nostro Paese. Quindi, si sostengano le nostre aziende (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Signor Presidente, fatte queste premesse, voglio mantenere l'impegno con il Presidente e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del testo della mia dichiarazione di voto. Il nostro voto sarà comunque favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Onorevole Guido Dussin, grazie per il suo impegno, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Commercio. Ne ha facoltà.
ROBERTO MARIO SERGIO COMMERCIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge che ci accingiamo a votare rappresenta un provvedimento che potremmo definire un atto dovuto, un doloroso atto dovuto perché rappresentativo del fatto che all'emergenza sfratti, in particolare quella vissuta da famiglie con redditi medio-bassi e nelle quali sono presenti portatori di handicap gravi, anziani ultrasessantacinquenni o figli fiscalmente a carico, non è stata data una risposta esauriente e concreta.
Vogliamo affermare con chiarezza che non ci siamo assuefatti al rito delle proroghe degli sfratti e non le consideriamo un atto esaustivo o rappresentativo del diritto alla casa. Le proroghe da sempre, non ultima quella contenuta nel provvedimento in esame, rappresentano il fallimento delle politiche abitative finora perseguite o, meglio, della mancanza di una strategia complessiva e strutturale capace di mettere in atto programmi e iniziative che diano risposte ai senza casa e sollevino i proprietari, che hanno il diritto di riavere il pieno possesso dell'alloggio, dall'obbligo e dall'onere di sostituirsi allo Stato nelle politiche di assistenza abitativa.Pag. 52
I dati sono noti, ma è sempre bene ricordarli: in Italia le famiglie collocate utilmente nelle graduatorie per l'accesso alle case popolari sono 600 mila; ogni anno sono richieste da parte degli uffici giudiziari circa 110 mila esecuzioni di sfratto, di cui circa 22.400 sono eseguite con la forza pubblica. Solo nel 2007 sono state emesse circa 44 mila sentenze di sfratto, di cui circa 34 mila sono state emesse per morosità. In materia di sfratti sono sconvolgenti anche i dati del Mezzogiorno: ad esempio, in Sicilia, nel 2007 sono state emesse circa 3.300 sentenze di sfratto e di queste circa 2.600 sono per morosità.
Appare, dunque, di tutta evidenza che la questione casa debba essere affrontata in maniera diversificata e con un ventaglio di interventi e di opzioni che sappia aggredire la necessità di stabilità abitativa che ci viene richiesta da più parti.
Noi siamo convinti che vada superata del tutto la logica delle proroghe. Bene ha fatto il Governo a varare un Piano casa destinato ad aumentare l'offerta di alloggi a canone agevolato con l'intervento di privati, ma questo non è sufficiente perché superare l'emergenza casa è un fatto strutturale e come tale va affrontato.
Noi chiediamo, ad esempio, che la questione della morosità si affronti intervenendo sul mercato delle locazioni. Gli sfratti per morosità non segnalano, di per sé, una mancanza di alloggi, bensì si tratta del segnale di un mercato con una domanda e un'offerta che non si incontrano e la crisi economica ne accentua le sofferenze.
In tali ambiti deve essere svolto un intervento che tenda a convertire in nuovi contratti gli sfratti per morosità, rendendoli sostenibili per gli inquilini, ma garantendo, al contempo, una giusta redditività per il locatore, ad esempio applicando ai soli contratti stipulati con i canoni agevolati di cui all'articolo 2, comma 3, della legge n. 431 del 1998 un'aliquota unica al 20 per cento. Questo potrebbe ridurre i canoni del 20 o del 30 per cento e creare per molti inquilini condizioni di fuoriuscita dalla morosità.
Inoltre, si deve intervenire per aumentare l'erogazione di case popolari a canone sociale, per dare una risposta almeno ad una parte delle famiglie in graduatoria, che sono circa 600 mila, alle quali il solo social housing non può fornire risposte adeguate.
Concludo, signor Presidente. Avevamo presentato proposte emendative e ordini del giorno di buonsenso, ma stranamente il Governo e la Commissione non hanno espresso parere favorevole. Noi siamo convinti che questa logica vada superata e, nel contempo, riteniamo comunque che, considerata l'emergenza e comprendendo l'urgenza, sia necessario esprimere un voto favorevole su questo provvedimento.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Onorevole Commercio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mastromauro. Ne ha facoltà.
MARGHERITA ANGELA MASTROMAURO. Signor Presidente, il nostro voto sarà favorevole perché non solo stiamo discutendo un provvedimento assolutamente necessario e indispensabile, ma abbiamo deciso di premiare l'atteggiamento del Governo che - come ho preannunciato prima nell'intervento sull'emendamento - ha accolto una nostra proposta importante (volta all'estensione degli effetti del provvedimento ai comuni previsti dalla legge n. 9 del 2007) che modifica in maniera sostanziale il provvedimento in esame e che supera anche (contrariamente a quanto avvenuto fino ad oggi) i vincoli di bilancio che inizialmente ci erano stati indicati.
Credo, quindi, sia stato un momento importante di cambiamento da parte del Governo e di collaborazione - per la prima volta, forse - con l'opposizione. Si tratta di una collaborazione che noi auspichiamo possa continuare. Tuttavia, voglio sottolineare soltanto che ciò non equivale a dire che siamo pienamente soddisfatti del provvedimento, in quanto quest'ultimoPag. 53 lascia aperti (e lo dico veramente in poche parole) due grossi problemi. Uno è relativo agli sfratti per morosità, questione di grande rilevanza e, soprattutto, fenomeno in forte momento. L'altro tema è quello del piano casa, sul quale noi continuiamo a sollecitare rapidi interventi del Governo.
Quindi, noi sentiamo il dovere di sottolineare questo aspetto e di incentivare il Governo a proseguire questo percorso insieme all'opposizione per costruire soluzioni più efficaci, più rapide ma, soprattutto, conclusive in modo tale da non ritrovarsi qui a discutere all'infinito di nuove proroghe (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Germanà. Ne ha facoltà.
ANTONINO SALVATORE GERMANÀ. Signor Presidente, intervengo brevissimamente. Il provvedimento oggi al nostro esame si pone l'obiettivo di dare una risposta temporanea ai soggetti svantaggiati, per i quali pende l'istanza di sfratto per finita locazione in attesa che il nuovo piano casa predisposto dal Governo Berlusconi possa produrre effetti risolutivi.
Quella degli sfratti è un'emergenza che da troppo tempo si trascina e a cui va data risposta da parte dello Stato, attuando il piano casa per non lasciare sulle spalle della proprietà privata ogni onere.
A tal fine voglio precisare che si condivide la limitazione del provvedimento a quei proprietari di immobili che abbiano richiesto lo sfratto ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 431 del 1998. Riteniamo che fin dai prossimi mesi l'attivazione del piano casa, che la sinistra ha più volte propagandato ma mai realizzato, fornirà quelle risposte che sia i locatori, che i locatari legittimamente si aspettano.
Per questi motivi confermo il voto favorevole del gruppo del Popolo della Libertà (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
(Coordinamento formale - A.C. 1813-A)
PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
Ricordo ai colleghi che dopo la votazione finale sul provvedimento in esame dovremo procedere anche all'esame, con votazioni nominali con procedimento elettronico, delle mozioni Nirenstein ed altri n. 1-00055 ed Evangelisti ed altri n. 1-00072 sulle iniziative in vista della preparazione della Conferenza mondiale contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l'intolleranza, che si svolgerà a Ginevra nel mese di aprile 2009.
(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1813-A)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 1813-A, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: «Conversione in legge del decreto-legge 20 ottobre 2008, n. 158, recante misure urgenti per contenere il disagio abitativo di particolari categorie sociali.» (1813-A):
Presenti 484
Votanti 467
Astenuti 17
Maggioranza 234
Hanno votato sì 465
Hanno votato no 2
(La Camera approva - Vedi votazionia
).
Prendo atto che i deputati Consiglio e Taddei hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Discussione delle mozioni Nirenstein ed altri n. 1-00055 ed Evangelisti ed altri n. 1-00072 sulle iniziative in vista della preparazione della Conferenza mondiale contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l'intolleranza, che si svolgerà a Ginevra nel mese di aprile 2009 (ore 14,40).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Nirenstein ed altri n. 1-00055 ed Evangelisti ed altri n. 1-00072 sulle iniziative in vista della preparazione della Conferenza mondiale contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l'intolleranza, che si svolgerà a Ginevra nel mese di aprile 2009 (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che in data odierna è stata altresì presentata la mozione Casini ed altri n. 1-00074 (Vedi l'allegato A - Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente. Il relativo testo è in distribuzione.
(Discussione sulle linee generali)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00072. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intervengo brevemente, innanzitutto per esprimere un compiacimento nei confronti della collega Nirenstein (che ha richiamato l'attenzione dell'Aula di Montecitorio su questa importante scadenza dell'aprile prossimo) e, in secondo luogo, per affermare che, in buona sostanza, abbiamo apprezzato e condiviso il senso della mozione Nirenstein n. 1-00055, che mette in evidenza il rischio che anche il prossimo appuntamento di una Conferenza organizzata dall'ONU, dopo quella di Durban del 2001, possa evidenziare un tentativo di messa in discussione del carattere democratico di Israele e, quindi, il rischio di una deriva antiisraeliana.
Tuttavia, siccome è sempre opportuno, in questi casi, mettere in campo un grande sforzo diplomatico, abbiamo presentato una mozione che si differenzia, almeno nella parte conclusiva, da quella della collega Nirenstein, perché abbiamo avuto la sensazione che tale mozione avesse un carattere quanto meno sbilanciato rispetto alle tradizionali posizioni di politica estera del nostro Paese. Nella mozione Nirenstein ed altri n. 1-00055, infatti, si fa riferimento soltanto alle preoccupazioni di Israele (che, ripeto, sono fondate), mentre, ad esempio, non si fa riferimento alle preoccupazioni dei palestinesi che hanno partecipato alle Conferenza di Durban e saranno presenti anche a Ginevra. Ci si preoccupa molto e giustamente dei rischi dell'antisemitismo, ma non si fa riferimento ai fenomeni di islamofobia e di arabofobia.
Cito dal Corriere della sera del 9 settembre 2001, ossia di due giorni prima dell'attentato alle Torri gemelle (si tratta del Corriere della sera, non di un giornale estremista): «Il compromesso di Durban delude gli arabi». Tra le altre questioni, vi era una sottovalutazione della realtà palestinese e, quindi, della complessità della questione mediorientale.
Per questo motivo, come gruppo Italia dei Valori, facciamo nostre le preoccupazioni dei firmatari della mozione Nirenstein, ma, con premesse leggermente diverse, chiediamo di impegnare la partecipazione italiana alla prossima Conferenza all'effettivo indirizzo dei lavori preparatori verso la buona riuscita della stessa e a far sì che la medesima Conferenza sia finalizzata alla promozione della convivenza pacifica tra i popoli e, in particolare Pag. 55nell'area mediorientale, anche al rilancio del processo di pace tra israeliani e palestinesi.
Ci facciamo carico di questo aspetto perché ieri, in quest'Aula, il Ministro Maroni ha reso un'informativa sul pericolo del terrorismo. Abbiamo espresso un apprezzamento per ogni iniziativa di lotta e di contrasto al fenomeno e ci compiacciamo per l'arresto dei due fondamentalisti, avvenuto nei giorni scorsi a Milano, ma abbiamo posto e poniamo ancora oggi un quesito di fondo: come si risponde al terrorismo, non in Brianza, ma in Italia e nel mondo? Sì può pensare che soltanto la cattura di una piccola cellula di disperati a Milano possa aver risolto il fenomeno?
Cito da Famiglia Cristiana di questa settimana l'editoriale di Beppe Del Colle, che si chiede, appunto, come si possa parlare di guerra al terrore, quando c'è questo elemento dell'asimmetria. Dalla Palestina alle Filippine l'estremismo islamico si nutre non solo della lettura fondamentalista del Corano, ma anche delle condizioni di vita, delle divisioni sociali e delle umiliazioni subite da molti popoli con la colonizzazione da parte dell'occidente. In più, giocano gli intricati grovigli di interessi internazionali sulle fonti energetiche (petrolio, gas e nucleare). Ecco perché è difficile vincere le guerre al terrore. Siccome siamo contro la guerra e per la risoluzione pacifica dei conflitti e delle tensioni regionali e non solo, proponiamo questa nostra mozione, che, a differenza dell'altra, ha la capacità di essere più equilibrata (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
(Intervento e parere del Governo)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Enzo Scotti, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.
ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, mi riservo di intervenire nel prosieguo del dibattito.
Chiedo ad ogni modo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Sottosegretario Scotti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. La invito ad esprimere il parere del Governo sulle mozioni.
ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri.
Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Nirenstein ed altri n. 1-00055, mentre sulla mozione Evangelisti ed altri n. 1-00072 esprime parere favorevole a condizione che sia accettata la seguente riformulazione: nell'ultimo capoverso del dispositivo, sostituire la parola: «vincolare», con la seguente: «impegnare», e sopprimere le parole comprese da: «, attraverso» fino alla fine.
Sulla mozione Casini ed altri n. 1-00074 il Governo esprime parere favorevole a condizione che sia accettata la seguente riformulazione: al secondo capoverso del dispositivo sostituire le parole: «delle stragi di cristiani in India e Pakistan» con le seguenti: «di tutte le forme di discriminazione basate sulla religione e delle violenze commesse contro le minoranze cristiane nel mondo».
Il Governo esprime parere contrario sul terzo capoverso del dispositivo, perché la realizzazione di una mappa dettagliata prima dell'inizio della Conferenza ci sembra una richiesta eccessiva, a meno che, in via subordinata, i proponenti non accettino una riformulazione che preveda che, nei seguiti della Conferenza, si definisca la redazione di una mappa dettagliata.
Il Governo, infine, propone la seguente riformulazione del quarto capoverso del dispositivo: «ad esercitare, assime ai partners europei, la massima vigilanza e agire concretamente affinché la Conferenza sia Pag. 56effettivamente volta a promuovere la lotta contro il razzismo e contro le discriminazioni di ogni genere, piuttosto che un pretestuoso palcoscenico per l'incitamento all'odio nei confronti di alcuni popoli, Stati o minoranze etniche e religiose».
(Dichiarazioni di voto)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mecacci. Ne ha facoltà.
MATTEO MECACCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che questo sia un dibattito importante. So che avviene in finale di seduta e, quindi, sarò il più breve possibile. Tuttavia, occuparsi di diritti umani è questione pienamente politica, da non riservare agli esperti. Ringrazio i presidenti di gruppo per aver inserito questo tema di discussione, che noi radicali abbiamo seguito per molti anni alle Nazioni Unite, in particolare a New York e a Ginevra, dove le Nazioni Unite hanno molte volte mostrato di non saper adempiere a quello che è uno dei documenti istitutivi di questa istituzione, cioè la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. La Conferenza mondiale contro il razzismo di cui ci occupiamo oggi si inserisce proprio nel quadro dei fallimenti delle Nazioni Unite nel rispettare questo documento fondamentale.
Sappiamo che tra pochi giorni sarà il sessantesimo anniversario dell'adozione di questa Dichiarazione e credo che occorra rinnovare l'impegno del Parlamento e del Governo italiano affinché la sua applicazione sia davvero universale.
La discriminazione della quale è stato oggetto, nel corso dei decenni, lo Stato di Israele all'interno delle Nazioni Unite è un esempio di questa violazione e del mancato rispetto della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.
Noi radicali non condoniamo le violazioni dei diritti umani, quale che sia lo Stato che le compie, e non facciamo fatica a riconoscere che anche nei territori occupati ci sia un problema di rispetto dei diritti umani che riguarda lo Stato di Israele, ma qui si parla di qualcosa di diverso.
Si parla di una Conferenza mondiale contro il razzismo che rischia di risolversi, ancora una volta, in un attacco deliberato al sionismo, allo Stato di Israele e con il tentativo di identificare l'unica democrazia del Medio Oriente come un'entità razzista, che, per questo, deve essere eliminata.
Diciamo, quindi, un chiaro «no» ai tentativi fatti da alcuni Paesi autoritari, che sfruttano la sofferenza del popolo palestinese per nascondere meglio le proprie violazioni dei diritti umani e i propri crimini. Voglio ricordare a quest'Aula e anche al Governo che il Paese che adesso guida questo comitato preparatorio è la Libia di Gheddafi, che è stata presidente della commissione dei diritti umani che ha portato al fallimento di questa istituzione modificata alcuni anni fa.
Si tratta della Libia di Gheddafi con la quale il Governo attuale ha stipulato, primo Governo occidentale, un trattato di amicizia e partenariato, che quest'Aula si troverà a dover ratificare nei prossimi mesi e che, credo, debba essere oggetto di attenzione, perché stipulare un trattato di amicizia con la Libia, che in sede di Nazioni Unite, su tante questioni relative ai diritti umani, sta dalla parte opposta dei Paesi democratici, è una responsabilità che il Governo si è assunto e che credo debba essere oggetto di attento scrutinio.
Non si può essere al tempo stesso amici di Israele e amici della Libia allo stesso modo. Credo, quindi, che su questo dovremo tornare.
Nel contempo, credo anche che l'isolamento di cui è vittima lo Stato di Israele all'interno delle Nazioni Unite possa essere affrontato se i Paesi europei, le nostre classi dirigenti e quella israeliana capiranno che solo aprendo anche un processo di adesione politica di Israele all'Unione europea se ne può rafforzare non solo la potenza e le ambizioni dal punto di vista economico, ma anche la forza dal punto di vista istituzionale e politico.Pag. 57
Il nostro, quindi, è un «sì», in particolare alla mozione presentata dalla collega Nirenstein, ma è anche un «sì» alla speranza che si apra una nuova stagione politica, federalista e democratica per l'Europa, per Israele e, speriamo, per tutta la regione del Medio Oriente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, rinuncio ad intervenire.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.
MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, consegnerò l'intervento, ma una parola credo che vada detta.
PRESIDENTE. Onorevole Polledri, ha spento gli entusiasmi!
MASSIMO POLLEDRI. La Lega sa bene che il razzismo può essere usato come una clava politica e, in qualche modo, può essere usata, di solito, per dare contro ad alcuni Stati, come Israele o come l'Occidente.
La preoccupazione, come diceva anche il collega, è costituita dal fatto che la Conferenza viene preparata da un comitato organizzatore composto da Paesi estremamente democratici e attenti ai diritti umani, come Libia, Iran, Pakistan e Cuba come vicepresidenti.
Già sappiamo che le tesi dominanti delle ottantotto pagine sono, di fatto, un atto d'accusa nei confronti dei seguenti Paesi, come risulta dalla seguente citazione: Stati Uniti, Europa occidentale, Israele e le altre democrazie liberali sono singolarmente razziste e ancora più discriminatorie verso l'Islam. La libertà di espressione, la ricchezza, la globalizzazione, le misure di sicurezza per combattere il terrorismo, anche occidentale, sono indicate come causa di razzismo.
Bene, in questa civiltà occidentale noi ci riconosciamo; è una civiltà di pace. Sono soggetti che hanno portato, di fatto, un benessere. Siamo preoccupati per una deriva, invece, che si è di fatto usata contro Israele e contro l'Occidente.
Per questo, signor Presidente, noi voteremo a favore della mozione Nirenstein ed altri n. 1-00055, che sarà firmata dall'onorevole Pini e dal sottoscritto, e voteremo a favore anche della mozione Casini ed altri n. 1-00074, perché siamo fermamente preoccupati di quanto sta accadendo nei confronti della popolazione cristiana. Pensiamo che sia da tempo in atto un genocidio, che non solo ci indigna ma che ci muove a decidere come occidentali. Abbiamo ben presente l'ultima immagine, in alcuni Paesi che criticano Israele, delle impiccagioni delle coppie omosessuali che arrivano in Iran e delle uccisioni delle cosiddette fedifraghe. Per questo, signor Presidente, noi voteremo a favore di tali mozioni (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Onorevole Polledri, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO. Signor Presidente, la mozione in esame vuole spingere il Governo ad agire affinché nella prossima Conferenza mondiale contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l'intolleranza si scongiuri il rischio di una sede unicamente orientata ad attaccare e delegittimare lo Stato di Israele. Certo, come hanno già detto i miei colleghi non fa affatto una buona impressione sapere che l'Iran, Stato il cui leader da anni proclama l'obiettivo di cancellare lo Stato di Israele dalla cartina geografica e nega l'esistenza della Shoah, sieda nel comitato preparatorio: perché è già successo nella scorsa edizione che coloro i quali distribuivanoPag. 58 alla Conferenza di Durban i Protocolli dei Savi di Sion, emblema culturale della storia dell'antisemitismo europeo, si ergessero poi a tribunale di giudizio dello Stato di Israele, e che gli Stati nei quali non esisteva e non esiste il diritto costituzionale al pluralismo politico o religioso o culturale o di genere si trasformassero nei peggiori accusatori dello Stato di Israele. Altri Stati si sono già mossi - pochi, per la verità - nella direzione che propone la mozione in esame, nella direzione di un eventuale disimpegno dalla conferenza, se questa dovesse avere i caratteri che ha avuto nella sua scorsa edizione: penso ai passi del Canada, a quelli degli Stati Uniti, al pronunciamento della Francia, che è citato anche nella mozione.
Voglio dire, lo dico anche in particolare all'onorevole Evangelisti, che è evidente che ogni scelta del Governo di Israele può essere criticata da chiunque in qualunque parte del mondo, ogni scelta politica di quel Governo, come ogni scelta politica di qualsiasi Paese del mondo (per esempio citava prima il tema dei diritti umani l'onorevole Mecacci); ma è altrettanto evidente che chi in una Conferenza, prima di criticare lo Stato di Israele, distribuisce i documenti emblematici dell'antisemitismo europeo non vuole criticare le scelte di un Governo, vuole negare il diritto all'esistenza dello Stato di Israele: e ciò è inammissibile. È inammissibile che questo possa avvenire in una Conferenza internazionale sotto l'egida dell'ONU. Ed è per questo che noi vogliamo che il Governo italiano si faccia parte proponente di una modifica dell'orientamento che questa conferenza potrebbe avere. Noi chiediamo quindi al Governo italiano che si muova insieme agli altri partner europei, agli altri Paesi del mondo che lo vorranno, per scongiurare questo pericolo e confermare il carattere della Conferenza come luogo di promozione della lotta contro ogni forma di discriminazione in qualsiasi Paese del mondo, ogni forma di razzismo e di intolleranza, e non come luogo e strumento di delegittimazione di uno Stato o di incitamento all'odio contro un popolo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nirenstein. Ne ha facoltà.
FIAMMA NIRENSTEIN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, consegnerò anche io il testo del mio intervento, ma lasciatemi svolgere solo per un minuto alcune considerazioni.
Non sottovalutiamo l'importanza di quello che stiamo facendo adesso, perché siamo stati a Durban.
Siamo stati a Durban e abbiamo visto, giorno dopo giorno, consegnare a tutti i delegati (e si trattava di una conferenza dell'ONU) i Protocolli dei Savi di Sion; abbiamo visto i delegati ebrei con la kippah inseguiti per le strade; abbiamo visto gli ebrei cacciati via dalle riunioni; abbiamo visto gli americani assistere impotenti al fatto che si bruciavano le loro bandiere e abbiamo visto, nei cortei che si svolgevano, portare in effigie l'immagine di Bin Laden. Abbiamo altresì visto dei valorosi colleghi (come la collega Margherita Boniver, che pure si trovava lì) combattere per togliere le definizioni di Israele come «Stato di apartheid» e dell'America come unico responsabile del razzismo internazionale (quando sappiamo che la schiavitù e il razzismo sono multipolari e rappresentano, purtroppo, una presenza perenne nella storia dell'umanità) dal documento finale, di cui il collega Evangelisti ora diceva che i palestinesi si lamentano: forse se ne lamentano per questo, perché è stata tolta quella dichiarazione!
Pensate a quanto sia importante la seguente circostanza: una delle pochissime cose che il Presidente Obama ha fatto dichiarare dai suoi è che probabilmente non andranno a quella Conferenza e che stanno monitorando cosa sta succedendo, dal momento che l'Iran e la Libia stanno preparando documenti identici a quelli che erano stati preparati alla Conferenza che adesso vi ho descritto.
Vi è quindi il pericolo gravissimo che l'ONU possa essere di nuovo disonorato e Pag. 59che quella che è la massima istanza di rappresentazione del consesso internazionale sia di nuovo disonorata da un atteggiamento razzista, antisemita, antiamericano ed antioccidentale che quindi riguarda tutti noi.
Siamo il primo Parlamento italiano ad impegnare il suo Governo affinché questo non accada. Dobbiamo essere molto fieri di questo, e con ciò ho detto le cose fondamentali (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Movimento per l'Autonomia)!
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Onorevole Nirenstein, la Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.
ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, non rinuncio a parlare perché non vorrei che passasse il fatto che si sta discutendo di tale questione quando tutti sono stanchi, a fine seduta e come una formalità (Commenti di deputati del gruppo Popolo della Libertà): non si tratta di una formalità, ma di un atto politico di straordinaria importanza.
Non vogliamo andare ad una Conferenza in cui i dirigenti di Paesi, i quali prima di tutto sono assassini dei loro popoli (e non, onorevole Nirenstein, prima di tutto assassini degli ebrei), e che usano l'odio antiebraico come uno strumento per legittimare la repressione sotto la quale tengono i loro popoli, vengano a fare a noi lezioni sui diritti umani a spese dello Stato di Israele e a spese degli ebrei di tutto il mondo!
Questo non è accettabile e dobbiamo dirlo con chiarezza: si è determinata nelle Nazioni Unite una situazione del tutto inaccettabile, all'interno della quale chi a casa sua non rispetta i diritti umani in modo plateale, volgare ed ostentato poi va a fare lezione a chi almeno ci prova a rispettarli (con limiti, con difetti e con tutto ciò che volete).
Dobbiamo dire un «no» chiaro all'idea che possiamo andare a prendere da costoro lezioni sui diritti umani, perché i diritti umani sono diventati qualcosa che non ha più alcun senso e vengono strumentalizzati politicamente contro quello che, di volta in volta, è diventato il tuo bersaglio.
Dobbiamo dire una parola chiara anche sul sionismo: gli ebrei andarono in Palestina a comprare le terre e poi a redimerle con il loro sudore; nel 1948 la spartizione della Palestina fu rifiutata non dagli ebrei, ma dagli arabi, e le guerre successive sono state pensate come guerre di sterminio contro lo Stato di Israele.
Non condivido tutte le cose che lo Stato di Israele ha fatto (molte, a mio giudizio, sono sbagliate), ma in una cosa lo Stato di Israele non ha torto: ha paura - e ha ragione di avere paura - perché esiste una forte corrente del mondo arabo che vuole portare a termine quello che Hitler ha lasciato incompiuto.
Allora o noi gli mostriamo una solidarietà vera ed efficace contro questo pericolo reale, oppure non abbiamo titolo morale per andargli a dire che sbaglia (come talvolta può accadere che sbagli).
Vorrei dire agli amici dell'Italia dei Valori: non dimentichiamo le sofferenze del popolo palestinese, ma le sofferenze del popolo palestinese sono lo scudo di cui i regimi dittatoriali autoritari ed assassini si servono per eccitare l'odio contro Israele e negare ai loro popoli libertà fondamentali.
Immaginate che cosa sarebbe stato dell'Italia se noi avessimo tenuto 300 mila profughi giuliani al confine, dicendogli che un giorno sarebbero tornati, e che sarebbe venuto il giorno della rivincita contro la Jugoslavia. Avremmo avuto lo sviluppo, la libertà, tutto quello che abbiamo avuto? Non lo avremmo avuto; bisogna dire queste cose con chiarezza. È bene ricordare in questa occasione anche i cristiani che oggi sono perseguitati. Tante volte i cristiani hanno perseguitato gli ebrei e credo che Pag. 60sia un onore poter dire che oggi siamo perseguitati insieme con gli ebrei dalle stesse realtà e per gli stessi motivi (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Chiediamo, allora, che il Governo abbia un atteggiamento limpido e forte e che inserisca il tema della difesa dei cristiani in quegli stessi Paesi - non sempre, ma per lo più negli stessi Paesi - e per le stesse ragioni. Chiediamo anche che si eviti che la Conferenza venga strumentalizzata per finalità che non le appartengono, per finalità di condanna politica dello Stato di Israele, equiparando il Sionismo al razzismo. Il Sionismo è stato una delle forme di nazionalismo europeo con cui si è perseguito il desiderio umano di avere una terra nella quale potersi sentire a casa propria. Possiamo dire che non avevano ragione di chiederlo? Ricordate quello che era successo negli anni precedenti? Era un'aspirazione perfettamente legittima e comprensibile, perseguita originariamente con mezzi pacifici. Che non avvenga ciò e che nemmeno si usi la Conferenza per legittimare presunti diritti che poi vanno ad attaccare la famiglia, così come definita dalla Costituzione italiana, come è successo ad opera della burocrazia di Bruxelles, senza nessun controllo politico, senza che i Governi ne avessero conoscenza, senza che il Parlamento italiano fosse informato e potesse esprimere una sua indicazione (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
(Votazioni)
PRESIDENTE. Avverto che i presentatori della mozione Evangelisti ed altri n. 1-00072 e della mozione Casini ed altri n. 1-00074 accettano le riformulazioni proposte dal Governo.
Avverto, altresì, che in caso di approvazione della mozione Nirenstein ed altri n. 1-00055, il primo ed il terzo capoverso del dispositivo della mozione Evangelisti ed altri n. 1-00072 si intenderanno assorbiti dal primo e quarto capoverso del dispositivo della predetta mozione Nirenstein ed altri n. 1-00055.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Nirenstein ed altri n.1-00055, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 424
Votanti 421
Astenuti 3
Maggioranza 211
Hanno votato sì 417
Hanno votato no 4).
Passiamo alla votazione della mozione Evangelisti ed altri n. 1-00072, nel testo riformulato. Ricordo che, a seguito delle votazioni precedenti, risultano assorbiti il primo e il terzo capoverso del dispositivo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Evangelisti ed altri n. 1-00072, nel testo riformulato e nella parte non assorbita, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 424
Votanti 419
Astenuti 5
Maggioranza 210
Hanno votato sì 371
Hanno votato no 48).
Prendo atto che i deputati Nirenstein e Ruben hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che la deputata Comaroli ha segnalato che ha espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario.Pag. 61
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Casini ed altri n. 1-00074, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 427
Votanti 416
Astenuti 11
Maggioranza 209
Hanno votato sì 415
Hanno votato no 1).
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15,35 con lo svolgimento delle interpellanze urgenti.
La seduta, sospesa alle 15,05, è ripresa alle 15,35.
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alessandri, Boniver, Brugger, Caparini, Cota, Donadi, Jannone, Lo Monte, Molgora, Palumbo, Romani, Soro, Valducci e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 15,37).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
[Iniziative ispettive presso la procura della Repubblica di Massa in relazione ad una perquisizione a carico di due consiglieri di minoranza del comune di Aulla (Massa Carrara) - n. 2-00236]
PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00236, concernente iniziative ispettive presso la procura della Repubblica di Massa in relazione ad una perquisizione a carico di due consiglieri di minoranza del comune di Aulla (Massa Carrara) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
LUCIO BARANI. Signor Presidente, signor sottosegretario, i fatti si sono svolti nella città di Aulla dove, nel mese di agosto, è circolato un volantino anonimo con scritte e giudizi sentimental-politici verso il sindaco ed alcuni consiglieri. Il fatto è ovviamente da condannare e certamente riprovevole, anche se, a giudizio di molti dei sottoscrittori, non è stato certamente pesante nelle affermazioni e, comunque, a scopo satirico, scritto da un buontempone. Forse in Italia i volantini anonimi sono migliaia, centinaia di migliaia, milioni.
L'attuale sindaco di Aulla e alcuni consiglieri nel loro diritto si sono rivolti ai carabinieri per una denuncia per diffamazione. Stiamo parlando di un articolo del codice penale: il 595, comma 3, reato di diffamazione perseguibile a querela di parte con denuncia contro ignoti.
Ebbene, signor sottosegretario e signor Presidente, le sembrerà strano ma stiamo parlando di un volantino che non parla di mafia, di tangenti, di corruzione, di concussione, di terrorismo, di pedopornografia, contenendo giudizi politici e sentimentali. In questo volantino si dice che, forse, il sindaco ha una fidanzata: buon per lui! Ebbene sarà un paradosso, forse non ci crederà ma è vero: il 21 novembre alle ore 7, i carabinieri e la polizia postale in numero cospicuo hanno perquisito le abitazioni di due consiglieri comunali; hanno sequestrato il computer, hanno ricevuto mandato da un procuratore della procura di Massa di perquisire i locali di questi Pag. 62due consiglieri (un noto pediatra e l'altro un preside in pensione), i loro supporti informatici ivi custoditi, le pertinenze e le adiacenze dei predetti locali e tutti gli altri luoghi, compresi gli autoveicoli, che in corso di perquisizione risultassero parimenti nella disponibilità dell'indagato.
Stiamo parlando di un volantino anonimo su fatti riprovevoli ma perseguibile a querela di parte come ve ne sono milioni in Italia. La perquisizione, signor sottosegretario, si è indirizzata verso due consiglieri comunali di minoranza del «Nuovo Psi verso la Pdl», proprio di due socialisti che hanno scelto di non stare con i comunisti e, forse, questo è uno dei motivi della perquisizione, creando in questo modo estremo disagio non solo alle persone che si sono dichiarate estranee (uno di questi ha una madre di 92 anni e due figlie che si sono viste al mattino, alle ore sette, entrare un numero sproporzionato di carabinieri e di uomini della polizia postale per perquisire e sequestrare).
Il paradosso più grande - perché la «telenovela» non è ancora finita - in questa esaltazione perquisitoria a danno dei due consiglieri, è che uno è un pediatra, con mille mutuati, mille bambini che cura tutti i giorni. Ebbene, gli sono stati sequestrati tutti i file e tutte le cartelle informatiche che riguardano i piccoli pazienti. Il pediatra, quindi, è rimasto con il foneidoscopio e non aveva più l'anamnesi! Questo sequestro ha messo a repentaglio l'incolumità psicofisica di mille bambini. Ma com'è possibile in un'Italia democratica? Come è possibile in uno Stato come il nostro, assistere al sequestro delle cartelle e delle ricette informatiche di un pediatra? Per cosa? Per terrorismo, per mafia, per pedopornografia? No! Per un volantino anonimo è stata fatta, diciamo, una perquisizione a luci rosse.
È per l'enormità del fatto e del danno, in termini di sicurezza e di incolumità per la salute di questi bambini e della privacy dei piccoli pazienti, che non è ammissibile sapere che sono stati compiuti questi sequestri. Non vi è alcuna giustificazione e non si possono perdonare coloro che li hanno compiuti. Vanno sicuramente presi dei provvedimenti seri. In un'Italia in cui le famiglie non arrivano alla fine al mese e in cui sappiamo che la giustizia rappresenta un «tallone di Achille», vedere le forze di polizia e la nostra magistratura perdere tempo per dei volantini anonimi, fa solamente disperare, producendo una frustrazione incredibile.
In questo caso, è parso di assistere ad un'indagine di mafia verso pericolosi latitanti e non verso cittadini ignari e persone perbene ed innocenti. L'episodio configura un'evidente pericolosa sproporzione tra oggetto dell'indagine e metodo usato per la conduzione della stessa. Per fatti ben più gravi e reati maggiori viene utilizzato, addirittura, un numero esiguo di agenti, inferiore a quello utilizzato dalla procura di Massa per una diffamazione contro ignoti, gettando allarmismo nelle famiglie. La gente attorno, infatti, non sa che si trattava di una questione così futile, una perquisizione a luci rosse: chissà cosa si è immaginato. Le voci, poi, si sussurrano e le persone la «sparano» sempre più grossa: sarà pornografia, pedopornografia, mafia, tangenti?
Si tratta di due consiglieri democraticamente eletti in maggioranza, anche se nell'interpellanza urgente è scritto che sono di minoranza. Nel frattempo, infatti, il sindaco ha cambiato maggioranza, nel senso che, senza un nuovo voto elettorale, ha cambiato ed ora si regge con il voto del Partito Democratico che, quindi, ha usurpato la democrazia in quel comune.
Verte tutto su questo aspetto. Non è possibile che la magistratura si presti a queste interferenze politiche, cercando di minare la reputazione di deputati di tradizione socialista, che sostengo con orgoglio, che vogliono andare verso il riformismo del Popolo della libertà. Infatti, tra i firmatari - e concludo, signor Presidente - vi è l'onorevole Caldoro, già Ministro nel Governo Berlusconi, ora segretario del Nuovo PSI, e l'onorevole Alessandra Mussolini, presidente della Commissione bicamerale per l'infanzia. Dico ciò, perché, poi, ci strappiamo le vesti, quando un bambino resta vittima di un danno sanitario strutturale, né più né meno, come quello accadutoPag. 63 a Rivoli, quando la scuola è caduta strutturalmente e ci è rimasto sotto un giovane studente. Che differenza vi sarebbe stata? In questo caso, è la struttura della magistratura a provocare un danno: non è capitato il morto per una questione di casualità, ma poteva succedere, perché questa è la prevenzione al danno strutturale. Come si possono sequestrare le cartelle informatiche di migliaia di bambini per un volantino anonimo?
È per questo, signor sottosegretario, che la invito a riferire la questione al Ministro della giustizia, per spiegargli quali sono i provvedimenti che dovete assumere nei confronti di una procura che credo non abbia onorato il ruolo costituzionale che dovrebbe svolgere, quello di fare giustizia e non di perseguire ingiustamente dei consiglieri comunali innocenti, persone dabbene che si trovano coinvolte insieme alle loro famiglie in una situazione che non hanno meritato e che nessuno mai ripagherà del danno subito.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Giacomo Caliendo, ha facoltà di rispondere.
GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, gli onorevoli interpellanti, nell'atto di sindacato ispettivo, riferiscono di una perquisizione domiciliare eseguita presso le abitazioni di due consiglieri di minoranza del comune di Aulla, nell'ambito di un procedimento penale pendente presso la procura della Repubblica di Massa per il reato di diffamazione in danno del sindaco e di un assessore del medesimo comune. Tale perquisizione si sarebbe svolta con modalità spropositate rispetto all'entità dei fatti contestati, considerato che sarebbero stati impiegati dieci agenti di polizia giudiziaria e sarebbero state sequestrate delle cartelle cliniche, relative ai pazienti di uno dei perquisiti, di professione medico pediatra, senza che le stesse avessero alcuna attinenza con le indagini. Per tali ragioni vengono sollecitate iniziative, anche di carattere ispettivo, nei confronti dell'ufficio giudiziario menzionato e ciò al fine di poter assumere eventuali determinazioni di carattere disciplinare.
Dagli elementi informativi acquisiti tramite il Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria è emerso che per lo svolgimento delle operazioni di perquisizione sono stati impiegati solo quattro agenti e, precisamente, un ufficiale di polizia giudiziaria, due appuntati dei carabinieri ed un assistente della polizia postale, come risulta dal verbale redatto in sede di esecuzione, numero da ritenere adeguato rispetto alle operazioni da compiere. Quanto al materiale sequestrato ed al rilievo dello stesso in relazione alle indagini in corso, il procuratore della Repubblica di Massa ha comunicato l'impossibilità di fornire ulteriori notizie, trattandosi di circostanze attualmente coperte dal segreto investigativo.
Alla luce di quanto sopra esposto non si ravvisano, allo stato, e sino a che il segreto connesso alle indagini non verrà meno, elementi che inducano a ritenere sussistenti violazioni di carattere disciplinare in capo ai magistrati che si sono occupati della vicenda processuale menzionata.
Il Ministro della Giustizia, pertanto, si riserva di valutare quanto accaduto nel corso del procedimento penale in questione all'esito dello stesso e del venir meno delle esigenze di tutela del segreto investigativo.
PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di replicare.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Caliendo, ma non sono soddisfatto della sua risposta. Signor sottosegretario, questi bambini che non hanno le cartelle cliniche, in attesa che il segreto investigativo su un volantino anonimo compia il suo corso (settimane, mesi, anni), li lasciamo morire? Cosa facciamo per queste migliaia di bambini, niente? Non restituiamo le cartelle cliniche al pediatra? La ricettazione informatica non gliela facciamo fare? Aspettiamo certo, ma il procuratore ha delle responsabilità e deve controllare quella procura.Pag. 64
Ammetto che forse gli investigatori possano aver fornito delle notizie fuorvianti e che, quindi, i magistrati siano in buona fede: me lo auguro per loro, se hanno dei figli, perché, se succedesse qualcosa a quei bambini, i loro padri (che si costituiranno parte civile lesa) certo non perdoneranno loro il male che hanno fatto ad altri. Per un volantino anonimo e per diffamazione mettiamo a repentaglio la vita di migliaia di bambini e il Governo risponde: «stiamo ad aspettare che il segreto investigativo svolga il suo corso»? Non è possibile, non è questo che meritano i cittadini italiani. È ora che il Ministro Alfano faccia di più e meglio sulla questione della libertà insindacabile di magistrati che compiono atti contro la sicurezza e l'incolumità di persone in generale e di bambini in questo caso particolare.
Non credo, né in punto di diritto né dal punto di vista della morale, che non si debba intervenire su una procura che ha commesso un così grave atto nei confronti dell'incolumità psicofisica di migliaia di bambini. È questo, signor sottosegretario, che non possiamo condividere e la invito a riferire al Ministro affinché, come minimo, restituisca il supporto informatico.
Mi domando cosa vanno a vedere? Vanno a cercare le corna dentro le cartelle dei giovani bambini? Ma facciamo ridere il mondo! Che restituiscano immediatamente le cartelle cliniche e i file informatici al pediatra e che facciano le indagini che vogliano! Stiamo parlando di volantini anonimi e, signor sottosegretario, chi le ha scritto l'informativa, ha commesso un errore: la democrazia dice che il popolo è sovrano. Si tratta di due consiglieri di maggioranza, perché il popolo sovrano ha dato loro il mandato di essere in maggioranza. È stato il trasformismo che li ha portati in minoranza, per interessi della coalizione di minoranza che è diventata maggioranza e di quel sindaco che ha cambiato la sua maggioranza in corso d'opera, e non con il voto democratico.
Pertanto, non mi ritengo soddisfatto e lo dichiaro anche a nome di tutti i firmatari: uno è qui al mio fianco, si tratta dell'onorevole Girlanda. Riteniamo che dobbiate intervenire per salvaguardare l'incolumità psicofisica dei giovani pazienti del pediatra subito, urgentemente, ora, immediatamente. Il segreto investigativo può durare anche secoli. A noi non interessa. Ci interessa invece l'incolumità dei giovani pazienti e la certezza, noi la abbiamo, che i due consiglieri comunali siano galantuomini.
Sappia, inoltre, che se per ogni volantino anonimo su questioni futili si dovesse aprire un'indagine, l'Italia sarebbe destinata al fallimento, né più né meno di come è accaduto in Argentina. Ci auguriamo, ne siamo sicuri, che il Governo sappia intervenire anche in questo campo e impedire il dispendio di risorse e di energie da parte della nostra magistratura che, in questo caso - e a ciò si limita la mia critica - non sta facendo onore alla giustizia.
Sono convinto, lo ripeto e concludo, che i magistrati siano stati fuorviati dalla relazione di qualche investigatore compiacente con l'attuale maggioranza. La giustificazione dunque potrebbe essere che sono stati fuorviati. Rimane il fatto che l'incolumità di migliaia di bambini è stata messa a repentaglio per una questione veramente futile. Termino ricordando ancora una volta che stiamo parlando di un volantino anonimo, con futili motivi di natura satirico-allegorica, niente di più e niente di meno.
(Iniziative per il rispetto della normativa relativa all'esposizione della fotografia del Presidente della Repubblica negli uffici pubblici - n. 2-00154)
PRESIDENTE. L'onorevole Laratta ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00154, concernente iniziative per il rispetto della normativa relativa all'esposizione della fotografia del Presidente della Repubblica negli uffici pubblici (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
FRANCESCO LARATTA. Signor Presidente, illustro, seppur brevemente, l'interpellanza anche per far capire di che cosa Pag. 65stiamo parlando. Vi sono disposizioni di legge che rendono obbligatorio esporre, nei pubblici uffici e nelle istituzioni, la fotografia del Presidente della Repubblica. Si tratta di un simbolo dello Stato che si riconosce nel suo Presidente quale emblema dell'unità nazionale, anche se non sempre viene esposto come prevede la legge e come prevedono altresì alcune circolari ministeriali che si sono succedute nel corso degli anni.
Vengo all'oggetto di questa interpellanza urgente, firmata da me e da altri trenta colleghi. Da notizie in possesso agli scriventi, risulterebbe che il Ministro della semplificazione normativa, il senatore Roberto Calderoli avrebbe appeso, nei suoi uffici ministeriali, la foto del Ministro per le riforme e leader del movimento politico della Lega Nord, onorevole Umberto Bossi anziché, come d'obbligo, la foto del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Se la notizia fosse fondata, se essa fosse vera, sarebbe senz'altro un fatto grave che squalifica le nostre istituzioni. È una provocazione, d'accordo; sarebbe una provocazione un po' alla stregua di quelle di Bossi quando si rivolge con il dito medio al tricolore o come accade spesso in alcune folcloristiche rappresentazioni che fanno i colleghi della Lega.
Tuttavia, posto che nella fattispecie non si tratta di questioni legate né a costi della politica né a questioni ideologiche, appare evidente, invece, che si tratta di atteggiamento (se fosse confermato) di disprezzo nei confronti dell'apparato istituzionale italiano, per giunta compiuto da un Ministro. Atti di disprezzo verso il Paese, la sua unità territoriale, culturale, civile e democratica sono da considerare anche gli insulti alla bandiera, all'inno nazionale, alle istituzioni democratiche e alla stessa Costituzione, tanto che il compianto Leopoldo Elia, di recente, ha parlato proprio di una Costituzione aggredita, anche se nella fattispecie da altri punti di vista.
Atti di disprezzo verso l'unità del Paese sono anche le frasi contro gli insegnanti meridionali al nord, un tempo identificati in maniera sprezzante come «terroni», che abbiamo sentito di recente, così come altri atti, tra cui le norme e le disposizione di legge che privilegiano, ad esempio, l'appartenenza territoriale quale criterio preferenziale nei concorsi pubblici. Anche questo è un altro aspetto di disprezzo, in fondo, dell'unità del Paese.
Detto tutto ciò, signor Presidente, chiediamo al Governo - qui è presente il sottosegretario e ho visto, qualche secondo fa, anche il Ministro dell'interno - se non ritenga opportuno verificare la fondatezza delle insistenti quanto attendibili indiscrezioni, da cui risulta che il Ministro per la semplificazione normativa, Calderoli, avrebbe esposto la foto del suo leader, Bossi, al posto di quella del Presidente della Repubblica e quali iniziative intenda assumere affinché siano ripristinate le regole. Chiediamo, inoltre, se il Governo non ritenga opportuno avviare un'ampia verifica per monitorare se nei luoghi pubblici sono esposti i segni e i simboli dell'unità del Paese.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Giacomo Caliendo, ha facoltà di rispondere.
GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, in riferimento all'atto di sindacato ispettivo in oggetto, presentato dall'onorevole interpellante, si premette che nella sede del Ministro Calderoli viene garantito il rispetto della disciplina contenuta nell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 121 del 2000, sia per quanto riguarda l'esposizione delle bandiere sia per l'immagine del Capo dello Stato. Quest'ultima è, infatti, ben visibile nello studio del Ministro, il quale conosce perfettamente le disposizioni che regolano la materia, indipendentemente dalle quali, tiene in alta considerazione il ruolo e la persona del Capo dello Stato.
Per quanto riguarda il rispetto della normativa sull'uso dei simboli del Paese nelle scuole e nelle università, si fa presente che il Governo è costantemente impegnato nella testimonianza attiva del rispetto delle istituzioni dello Stato. Già in Pag. 66passato numerosi sono stati i progetti e le iniziative attivate dalle scuole in tema di cittadinanza, con percorsi di educazione alla legalità nell'ambito delle attività curricolari ed extracurricolari.
Nella convinzione che compito centrale della scuola sia quello di formare cittadini informati, consapevoli e responsabili, con il decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, sono state introdotte disposizioni volte a favorire l'acquisizione, da parte degli allievi di tutti gli ordini e gradi, delle conoscenze e competenze in materia di cittadinanza e Costituzione, sia attraverso iniziative di sperimentazione, sia attraverso iniziative di sensibilizzazione da assumere nell'ambito degli insegnamenti dell'area storico-geografica e dell'area storico-sociale. È prevista, inoltre, la formazione dei docenti, da utilizzare con carattere di prevalenza, per la realizzazione delle suddette iniziative.
Per quanto concerne il rispetto del decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 2000, n. 121, regolamento recante la disciplina dell'uso delle bandiere della Repubblica italiana e dell'Unione europea, si forniscono assicurazioni che tali norme vengono rispettate sia presso gli edifici sedi degli uffici dell'amministrazione sia nelle sedi di istituzioni scolastiche.
L'esposizione, poi, del ritratto del Capo dello Stato all'interno degli uffici pubblici, cui fa riferimento l'articolo 6 del suddetto regolamento, è prevista negli stessi luoghi indicati dalla norma per l'esposizione della bandiera della Repubblica e di quella dell'Unione Europea. Tra questi luoghi non sono comprese le aule scolastiche e universitarie. È, comunque, prassi ricorrente che la foto sia esposta negli uffici degli organi di vertice dell'amministrazione e dei dirigenti delle istituzioni scolastiche, né risultano segnalazioni in senso contrario a tale prassi, ormai consolidata nelle nostre istituzioni.
L'ipotesi di estendere tale prassi a tutte le stanze degli uffici amministrativi e a tutte le aule scolastiche e universitarie appare gravosa, soprattutto sotto il profilo economico e organizzativo, in un momento in cui si chiede all'amministrazione, nella sua generalità e soprattutto a quella scolastica, il massimo rigore e impegno nel realizzare economie di risorse.
Infine, da una verifica effettuata presso le sedi in uso alla Presidenza del Consiglio dei ministri si fa presente che le foto del Presidente della Repubblica sono regolarmente esposte negli uffici, così come previsto dalle vigenti disposizioni.
PRESIDENTE. L'onorevole Laratta ha facoltà di replicare.
FRANCESCO LARATTA. Signor Presidente, mi dichiaro profondamente insoddisfatto. Noi siamo rispettosi delle istituzioni, comunque do credito al sottosegretario quando dice che la foto c'è, ma noi abbiamo fonti dirette che, nel corso di una riunione, ci dicono non vi fosse. Il problema, tuttavia, signor sottosegretario, non è solo questo.
Lei ha fornito una dettagliata e burocratica risposta qui in aula rispetto al fatto che vi sono le bandiere ed i simboli del Paese negli uffici pubblici. Lo sappiamo questo, ci risulta, e per fortuna ci sono. Tuttavia, vorrei dirle che non si tratta solo di una questione relativa ad una foto. C'è, e ne prendiamo atto. La foto del Presidente della Repubblica in un ufficio pubblico è un simbolo e di questo vorrei oggi parlare brevemente; simbolo del Paese unito che si riconosce nel Capo dello Stato. Ecco perché fa bene il Governo ad insistere che la sua foto sia esposta in tutti gli uffici pubblici qualunque sia il costo, ma l'importante è che ci sia e dove non vi fosse bisognerebbe insistere. È il simbolo del Paese unito che si riconosce, quindi, nel Capo dello Stato (insisto a dire del Paese unito) e prima ancora nella sua Costituzione, nella bandiera, nell'inno nazionale; tutti simboli, oggetti, vessilli e documenti che affermano l'unità del Paese. Tutti ci riconosciamo in questi simboli e in quello che essi rappresentano, quindi nelle istituzioni democratiche: inno, bandiera, foto del Presidente, Costituzione, Forze armate. Tutto questo rende l'Italia unita e indivisibile.
Eppure vorremmo capire meglio cosa la destra e la Lega pensano di tutto questo. Pag. 67Soltanto ieri, per fare un esempio dei continui spregi alle istituzioni, qui in aula, il collega D'Antoni - che è un uomo delle istituzioni, ha servito tanto il Paese e continua a servirlo, prima nel mondo del lavoro, nel sindacato, poi nel Governo e nel Parlamento - è stato insultato da un collega leghista in una maniera così volgare da suscitare anche il richiamo formale del Presidente.
Si tratta di fatti che ci dicono tanto, così come quando ad esempio il Presidente del Consiglio non partecipa alle cerimonie del 25 aprile - non vi ha mai partecipato, chissà perché? - ed è una grande festa nazionale. La bandiera, l'inno, la Costituzione, l'uguaglianza dei cittadini, gli stranieri, i diversi, i docenti del sud nelle scuole del nord, sono tutti temi forti oggi, compresi quelli che riguardano l'immigrazione e i bambini rom.
Tutto questo accade in un momento in cui sentiamo forte, invece, il venir meno del senso dell'unità del Paese, l'irriverenza verso i simboli dell'unità nazionale in forze presenti in questo Parlamento. Sono notevoli i riti delle ampolle sul Po, i fucili pronti a sparare, la Padania che sfama gli infingardi, Roma ladrona, tutto diventa tollerabile nel nome, per l'appunto, della tolleranza del dibattito e del confronto, ma spesso si va oltre, molto oltre.
Non si tratta più di tollerare e di ritenere questo folcloristico, perché qui invece c'è chiaro il fastidio verso un Paese unito che in sessant'anni ha segnato tappe straordinarie di crescita e di sviluppo democratico, sessant'anni in piena e crescente libertà dopo il tragico ventennio fascista. Abbiamo festeggiato i sessant'anni della Costituzione, signor Presidente, e proprio l'altro giorno il Presidente Fini ha ricordato i novanta anni di questa sede, la Camera, che si riunisce da 90 anni esatti qui a Montecitorio.
C'è stato l'applauso di tutti, ma abbiamo visto che non c'è stato l'applauso della Lega. Dopo avere inventato la Padania nazione, che non sta né in cielo, né in terra come entità politica e geografica, si prosegue nella costruzione di un'entità che non esiste, che sta in un contesto fatto di illusione, furbizia, calcolo elettorale e leggenda. È, soprattutto, un disegno che danneggia l'Italia, la sua unità e gli italiani, che si sono scoperti più egoisti, forse anche più soli, davanti ai problemi di un mondo che si complica sempre di più e che avrebbe bisogno di forti sentimenti dell'unità italiana.
Il Capo del Governo finge di non sapere, di non vedere e di non capire; del resto temi così banali credo gli interessino poco, impegnato com'è a governare in questa legislatura alla fine della quale saranno celebrati i vent'anni di Governo berlusconiano in Italia.
La foto, la bandiera, l'inno, la Costituzione e il Parlamento (sempre più offeso e, in qualche modo, umiliato ed espropriato delle sue funzioni): che cosa è questo se non un'aggressione alla Costituzione, un voler mettere in discussione le istituzioni di questo Paese? Non a caso insisto e vi consiglio di leggere Leopoldo Elia quando parlava di «Costituzione aggredita».
Signor sottosegretario, le ricordo un episodio che forse non le sarà sfuggito. Qualche giorno fa, davanti la proposta fatta qui alla Camera, di distribuire una copia della Costituzione in tutte le scuole d'Italia. Mi pare una cosa ovvia e scontata, che avrebbe al massimo richiesto un minuto di discussione e, invece, vi è stato un lungo dibattito in Assemblea, che si è concluso con il voto favorevole di tutte le forze politiche e con l'astensione della Lega Nord Padania. Stiamo parlando della distribuzione della Costituzione nelle scuole italiane. Sono o no questi segnali di un disprezzo verso le istituzioni, il Paese unito e la democrazia parlamentare? Vorrà pur dire qualcosa questo voto o no? O tutto deve passare sotto silenzio? Ma quante cose bisogna spiegare di quanto accade in Italia in questi periodi in cui vediamo, per esempio, il sud maltrattato da questo Governo!
Vediamo come i fondi per le aree sottosviluppate vengono destinati dal sud e dalle aree più povere verso il nord ed altre aree. Dovremmo spiegarci anche tante altre cose sull'ICI, ma tutti questi - come la foto - sono segni di una distanza sempre Pag. 68maggiore versi il concetto di unità della Nazione e dei segni di questa unità. Non potendo contare sulla diversità etnica dei meridionali, ad esempio, si vanno poi a trovare rappresentazioni volgari anche per accentuare le differenze che ci sono tra una parte e l'altra del Paese.
Non aggiungo altro, vorrei soltanto dire che non serve a nessuno che il Paese sia diviso, non serve a nessuno continuare a lacerarlo, non serve a nessuno continuare ad offendere le istituzioni, ad aggredirle, a mortificarle. Qui c'è una Costituzione vigente da sessant'anni, per cui sono morti tantissimi italiani per i quali il nostro Paese ha fatto tante battaglie. Tante persone, dicevo, sono morte: noi dobbiamo difenderla, non possiamo accettare che il Paese venga lentamente disgregato, disunito, diviso e che nascano sentimenti di egoismo, di rivolta all'interno delle aree di questo Paese.
Attenzione anche con il federalismo: aveva ragione il Presidente Fini quando parlava della necessità di un discorso amplissimo, anche di una bicamerale per approfondire i temi del bicameralismo che potrebbero portare ulteriori lacerazioni nel Paese, una parte della quale - quella meridionale - soffre tantissimo. Abbiamo bisogno di tutto in questo momento, tranne che di un Paese diviso. Invece, il Paese deve essere forte, democratico, al nord come al sud, perché dobbiamo evitare che il Paese soffra non solo della crisi economica, ma anche di una crisi sociale, anche della paura che soffrono gli italiani nel non capire più quello che sta accadendo e nel vedere le istituzioni mortificate. Ecco perché anche la foto, signor Presidente, signor sottosegretario, che poteva sembrare una questione banale è un pretesto per ragionare insieme della necessità di avere una Repubblica unita, dove i simboli vengono rispettati: il Capo dello Stato, la bandiera, il Parlamento, le istituzioni, la Costituzione, l'inno: simboli che a voi - come a noi - debbono essere sempre più cari (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
(Rinvio dell'interpellanza urgente Pagano n. 2-00204)
PRESIDENTE. Dovremmo ora passare all'interpellanza urgente n. 2-00204 dell'onorevole Pagano ed altri, riguardante intendimenti del Governo in relazione all'istituzione di zone franche urbane in Sicilia.
Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente è rinviato ad altra seduta.
(Iniziative in merito al blocco di due impianti della Polimeri Europa, del Gruppo ENI, a Porto Torres (Sassari), nonché in merito all'attivazione del tavolo nazionale per la chimica - n. 2-00243)
PRESIDENTE. L'onorevole Cicu ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00243, concernente iniziative in merito al blocco di due impianti della Polimeri Europa, del Gruppo ENI, a Porto Torres (Sassari), nonché in merito all'attivazione del tavolo nazionale per la chimica (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
SALVATORE CICU. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, nel quinquennio 2001-2006 il Governo Berlusconi, prevedendo le più recenti tendenze dell'economia sviluppata, si è fortemente adoperato per il mantenimento di una forte presenza dell'industria di base energetica e chimica in Sardegna.
Nel 2003 è stato sottoscritto un accordo di programma da 300 milioni di euro tra Governo, regione e imprese di settore per la riqualificazione e il rilancio delle produzioni competitive nei poli di Assemini, Ottana e Porto Torres.
Tale impostazione è stata confermata dal Ministro dello sviluppo economico, Scajola, che ha dichiarato di ritenere sia quello energetico che quello chimico «settore strategico» per il Paese. A fronte di questo, gli stessi sindacati accusano l'esecutivoPag. 69 regionale di centrosinistra, guidato negli ultimi anni da Renato Soru, di «inerzia», in quanto ha impedito all'accordo di programma quadro di 5 anni fa (che prevede finanziamenti per 300 milioni, di cui ne sono stati spesi solo 40) di decollare e non ha tenuto in debito conto gli interessi industriali della regione.
Gli effetti di questa politica della disattenzione si stanno ora ripercuotendo in maniera drammatica e negativa nei tre poli chimici, quello di Porto Torres, Ottana e Assemini, e dove più di un quinto della ricchezza prodotta dal sistema industriale proviene dall'industria chimica e da quella dei prodotti petroliferi. A Porto Torres, purtroppo, la Polimeri Europa (ENI) ha bloccato, nelle scorse settimane, due degli impianti più moderni dell'intera fabbrica, le linee di produzione del cumene e del fenolo, fiore all'occhiello del sistema industriale isolano per efficienza e basso impatto sull'ambiente.
Nel luglio 2008, l'Ineos Italia ha dichiarato il proprio disimpegno dai siti produttivi italiani (a Porto Marghera e in Sardegna), a causa degli ingenti debiti accumulati che la controllante Ineos Group non aveva più intenzione di ripianare. Per tali motivi la società ha preannunciato il possibile ricorso ai liquidatori e la messa in vendita degli impianti. Ricordiamo che vi era un'intesa tra la multinazionale Ineos e la Syndial del gruppo ENI per l'acquisizione, da parte della seconda, della linea del cloro-soda.
Lo stabilimento di Assemini per la produzione di cloro-soda, secondo in Italia con il 24 per cento di produzione di cloro e che utilizza una tecnologia di eccellenza a basso impatto ambientale, rischia la chiusura a seguito della procedura di infrazione avviata dall'Unione europea, che ha ravvisato un aiuto di Stato nella tariffa agevolata per la fornitura di energia elettrica alle imprese sarde e che potrebbe obbligare il Governo ad emanare un nuovo provvedimento normativo.
Va rammentato che il prezzo dell'energia elettrica in Sardegna è superiore alla media europea, anche per la mancanza di interconnessioni alle reti energetiche tra l'isola e la penisola e perché i generatori di energia elettrica in questa regione non possono utilizzare il metano a ciclo combinato per produrre energia a basso costo in quanto l'isola non è ancora collegata ad alcun gasdotto.
Credo che sia doveroso sottolineare i numeri e la situazione territoriale: a Cagliari su 3.500 lavoratori attualmente occupati nelle aree industriali (Assemini 1.000, Sarroch 2.400, Villacidro 100) sono in sofferenza in ben 1.091. Fra le vertenze vengono segnalate, fra le altre, l'Unilever che ha chiuso la fabbrica dell'Algida, la Keller (245 operai), la Scaini (104) in liquidazione. Nel Sulcis su 6.500 lavoratori sono in sofferenza 564; a Oristano su 1.540 dipendenti ne risultano in sofferenza 428, mentre i posti già persi sono 200. In Ogliastra su 700 unità lavorative in passato si sono già persi 500 posti di lavoro e ne sono a rischio 170; mentre nel nuorese su un totale di 3.200 occupati i posti a rischio sono circa 2.000 nelle varie aree industriali. In Gallura su 4.000 unità occupate nelle industrie manifatturiere si contano 3.500 posti di lavoro persi. Per quel che riguarda Porto Torres sono 730 i lavoratori che rischiano il posto di lavoro naturalmente oltre l'indotto e per 250 di loro si ricorrerà da subito alla cassa integrazione. Secondo un calcolo dei sindacati sardi, signor sottosegretario, sarebbero circa 3.500 i posti di lavoro a rischio in Sardegna.
Noi riteniamo che sia necessario e urgentissimo intervenire immediatamente nei confronti dell'ENI perché si provveda a sospendere i provvedimenti di chiusura adottati. Occorre un segnale immediato, forte, perché non si può pretendere da una terra che tanto dà e che tanto ha dato che sopporti, ancora una volta, un onere così drammatico.
Quindi, noi chiediamo di attivare immediatamente il tavolo tecnico-politico per la chimica in Sardegna, dove chiediamo che siano coinvolte le rappresentanze della Camera di commercio, dell'Unioncamere, degli industriali, insomma, di tutti i settori produttivi del nord Sardegna e di tutta Sardegna insieme ai sindacati.Pag. 70
È chiaro che riteniamo che bisogna intervenire nei confronti dell'ENI, soprattutto per verificarne le strategie e per capire come e in che modo procedere alla reindustrializzazione del settore in questione in Sardegna valorizzandone e rafforzandone la proiezione. Riteniamo, pertanto, che la fissazione di questo tavolo sia urgentissima (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Giacomo Caliendo, ha facoltà di rispondere.
GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, la politica del Ministero dello sviluppo economico per l'industria chimica è finalizzata a riqualificare i poli chimici e a promuoverne processi di reindustrializzazione compatibili con l'ambiente, attraverso il consolidamento della chimica di base e lo sviluppo delle filiere a valle.
Il Ministero dello sviluppo economico, in considerazione dell'importanza strategica che la chimica, soprattutto quella di base, riveste per la crescita e lo sviluppo dell'intero sistema produttivo nazionale, ha dato avvio a un tavolo nazionale per lo sviluppo eco-compatibile, per definire le azioni che sostengano, nel rispetto dell'ambiente, lo sviluppo del comparto, la competitività delle produzioni e la crescita dell'industria italiana.
Particolare attenzione viene attribuita alla regione Sardegna, dove sono presenti tre poli chimici (Porto Torres, Ottana, Assemini) e dove più di un quinto della ricchezza prodotta dal sistema industriale proviene dall'industria chimica e dei prodotti petroliferi. I primi incontri del tavolo e le attività di questo Ministero sono stati finalizzati al consolidamento e alla salvaguardia della filiera del cloro e dei cloro derivati che in Sardegna è presente a Porto Torres e ad Assemini. Tale obiettivo è tra le priorità dell'accordo di programma per la qualificazione e la reindustrializzazione dei poli chimici sardi.
Il Ministero dello sviluppo economico si è adoperato al massimo per supportare l'imprenditore trevigiano, Fiorenzo Sartor, disposto a subentrare alla Ineos, non soltanto nella proprietà degli impianti, ma anche nella realizzazione del piano di investimenti della predetta multinazionale. In Sardegna, in particolare, tale subentro consiste nell'acquisto dall'ENI degli impianti di Assemini (legati alla filiera del cloro) e delle saline Contivecchi e nel proseguimento degli investimenti che la suddetta società Ineos si era impegnata a realizzare nell'isola. Per tali investimenti, il Ministero aveva già approvato un apposito contratto di programma. Il nuovo imprenditore Sartor potrà beneficiare delle agevolazioni previste da tale contratto.
L'evoluzione della trattativa ENI-Ineos-Sartor, che ora è giunta alla fase finale, è stata costantemente seguita dal Ministero dello sviluppo economico che ha contribuito, quando necessario, a dirimere le questioni che di volta in volta si sono presentate, informandone i segretari regionali di categoria e gli enti locali.
Recentemente nel petrolchimico di Porto Torres, la Polimeri Europa (ENI) ha fermato l'attività degli impianti di cumene e di fenolo, adducendo come motivazione la forte contrazione della domanda, a fronte della quale la società si accinge ad una riallocazione del personale in esubero in altre attività o ricorrendo al pensionamento.
Il Ministero dello sviluppo economico esprime forte preoccupazione per l'arresto degli impianti, non soltanto per il venir meno in Sardegna di un'importante filiera a valle del cracking, ma anche perché ciò determinerebbe un ulteriore sbilanciamento del cracking di Porto Torres, che tra l'altro alimenta l'intera filiera dei cloro-cloroderivati presente a Porto Torres e ad Assemini. In sostanza, la fermata degli impianti suddetti pregiudicherebbe la sopravvivenza nel medio periodo del cracking di Porto Torres, cuore e motore della chimica sarda.
Per quanto riguarda, inoltre, la società Unilever, si segnala che per la chiusura Pag. 71dello stabilimento di Cagliari è stato fatto un accordo alla fine del 2007. L'accordo prevedeva la cassa integrazione per cessazione di attività oltre alla messa in mobilità di tutti i lavoratori. Precisamente, a seguito della chiusura del citato stabilimento, alla data del 1o gennaio 2008, i lavoratori in Cassa integrazione erano 73 (stabilimento più deposito). Si prevede che, a fine dicembre 2008 il numero totale di lavoratori in cassa integrazione sarà di 61 unità, essendo una parte dei lavoratori stata reimpiegata all'interno della stessa società Unilever o all'esterno del gruppo.
Infine, per quanto concerne la società Nuova Scaini, operante nel settore componenti auto, si precisa che la stessa è stata liquidata e lo stabilimento di Villacidro è stato ceduto già nell'ottobre del 2006.
In seguito a tale chiusura, sono stati predisposti degli elenchi di mobilità dei lavoratori al fine di favorirne il reimpiego in altri siti produttivi. In tal senso, il prossimo 10 dicembre, presso la regione Sardegna, sarà siglato un accordo per il reimpiego di diciassette unità dell'ex Nuova Scaini nell'azienda Keller Elettromeccanica che non risulta, attualmente, avere vertenze in corso.
Il Ministero dello sviluppo economico segue con la massima attenzione la situazione dei poli chimici e, in particolare, di quello sardo. Nei prossimi giorni sarà convocato nuovamente il tavolo nazionale per la chimica, in cui le problematiche sarde saranno prioritarie. L'obiettivo del tavolo è quello di delineare il quadro di riferimento settoriale, dal quale individuare le azioni da promuovere per favorire il consolidamento e lo sviluppo della chimica italiana. In tale ambito, particolare attenzione verrà dedicata al piano che il gruppo ENI si è impegnato a illustrare. Tale piano non potrà non prevedere il consolidamento dei cracking attraverso un maggiore utilizzo in loco dei prodotti di ciascuno di essi. In particolare, per la Sardegna, tale consolidamento dovrà avvenire attraverso la piena attuazione dell'accordo di programma per la qualificazione e la reindustrializzazione dei poli chimici sardi e, quindi, il Ministero dello sviluppo economico vigilerà affinché l'ENI adempia completamente agli impegni assunti.
PRESIDENTE. L'onorevole Cicu ha facoltà di replicare.
SALVATORE CICU. Signor Presidente, è difficile per me esprimere soddisfazione o meno. Ho raccolto la disponibilità del Governo a vigilare affinché l'ENI provveda immediatamente a rivedere la sua posizione rispetto ai provvedimenti adottati e, quindi, a voler procedere - come ha affermato il sottosegretario - al consolidamento e alla predisposizione di un piano di reindustrializzazione attraverso la definizione di un accordo di programma.
Ho sentito, peraltro, che, in termini generici, è stato individuato il periodo in cui si dovrebbe tenere questo tavolo. Noi, invece, avremmo l'esigenza di una risposta precisa in merito, cioè abbiamo la necessità di capire quali sono questi tempi e di avere una data certa: pur trattandosi di un tavolo nazionale, è necessario - come ha affermato il sottosegretario - che priorità venga data alla situazione sarda. Confidiamo, quindi, in questa disponibilità, ma vogliamo vedere immediatamente anche risultati concreti, perché vi sono centinaia e migliaia di lavoratori che aspettano una risposta su un progetto di vita.
Ritengo importante la giornata di oggi, con la mobilitazione generale che ha visto madri, padri, figli e i rappresentanti delle attività economiche (tutte le categorie sociali e culturali che la Sardegna possa esprimere), tutti accanto ai lavoratori. Per questo motivo, vogliamo rafforzare la nostra istanza e la nostra richiesta e fare sentire la nostra vicinanza a questi lavoratori che non possono attendere. Perciò, vogliamo e pretendiamo che sia data priorità a tale aspetto, ma ci attendiamo anche una risposta di certezza per il nostro futuro (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
(Misure in relazione agli effetti di recenti decisioni del Commissario ad acta della regione Lazio per l'attuazione del piano di rientro dal deficit sanitario, con particolare riferimento alle strutture sanitarie della società San Raffaele, con sede a Roma - n. 2-00241)
PRESIDENTE. L'onorevole Ciocchetti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00241, concernente misure in relazione agli effetti di recenti decisioni del Commissario ad acta della regione Lazio per l'attuazione del piano di rientro dal deficit sanitario, con particolare riferimento alle strutture sanitarie della società San Raffaele, con sede a Roma (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, nel Lazio è in corso una profonda ristrutturazione del Sistema sanitario, con una serie di interventi che il commissario ad acta della regione Lazio, cioè il presidente della regione Lazio, Piero Marrazzo, sta attuando e presentando al tavolo tecnico del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e del Ministero dell'economia e delle finanze.
Questi provvedimenti, attraverso una serie di decreti commissariali, stanno portando ad una situazione drammatica dal punto di vista occupazionale. L'effetto di trovare le condizioni per risparmiare e per tagliare la spesa sanitaria del Lazio sta portando alla chiusura di strutture sanitarie e di rapporti di convenzionamento e alla riduzione dei budget assegnati anche a strutture di eccellenza sanitaria, in particolare nel settore della riabilitazione, con un nocumento pesantissimo nei confronti del servizio offerto ai cittadini, ma anche e soprattutto sulla questione occupazionale.
Il rischio di licenziamenti complessivi nel Lazio è di 3.500 addetti del settore del convenzionamento privato e, intanto, già una struttura sanitaria convenzionata con l'amministrazione regionale, che oltretutto è un IRCCS, un istituto di ricerca e cura a carattere scientifico, riconosciuto quindi dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, la società San Raffaele Spa, ha messo in mobilità 402 dipendenti della struttura stessa nel settore della riabilitazione, perché i budget assegnati anche per strutture di eccellenza, che svolgono attività nel settore della riabilitazione, non consentono di poter mantenere il livello delle prestazioni effettuate sino ad oggi. Quindi, tutto questo comporta una riduzione del servizio effettuato ed un licenziamento di 402 delle unità lavorative che svolgono attività in questo settore.
Dato che questi decreti devono essere esaminati dal tavolo tecnico del Governo, noi con la nostra interpellanza chiediamo al Governo di intervenire per assumere iniziative a tutela di questi lavoratori, ma anche complessivamente delle prestazioni di riabilitazione, che rischiano di essere messe in grave crisi con tagli indiscriminati e con interventi che nulla hanno a che fare con una corretta programmazione sanitaria, ma sono fatti soltanto attraverso tagli lineari, che vanno a colpire anche strutture di eccellenza.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, Francesca Martini, ha facoltà di rispondere.
FRANCESCA MARTINI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, il decreto del Consiglio dei ministri del 4 luglio 2008, concernente la nomina del commissario ad acta per la realizzazione degli obiettivi di risanamento finanziario previsti dal piano di rientro della Regione Lazio, al punto 7), prevede esplicitamente fra gli interventi prioritari da realizzare, il «riassetto della rete ospedaliera con adeguati interventi per la dismissione e per la riconversione dei presidi non in grado di assicurare adeguati profili di efficienza e di efficacia e revoca degli accreditamenti per le corrispondenti strutture private accreditate».
Pertanto, il commissario ha emanato da ultimo il decreto n. 43 del 2008, relativo al riassetto della rete ospedaliera regionale.Pag. 73
Con riferimento ai posti letto per acuti e per la riabilitazione, le riduzioni e riconversioni di posti letto previste nel piano di rientro devono mirare a ricondurre lo standard di posti letto allo standard stabilito a livello nazionale.
Si sottolinea che l'effetto di questo allineamento ai parametri nazionali non può assolutamente mettere in discussione il mantenimento dei livelli essenziali di assistenza in questo settore.
Nell'ultima riunione congiunta del tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali con il comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, svoltasi in data 26 novembre 2008 e finalizzata alla valutazione dei provvedimenti emanati in materia di attuazione del piano di rientro, è stato richiesto al commissario ad acta un nuovo documento programmatico ospedaliero, che integri la previsione di posti letto per acuti con analoga previsione di posti letto per la lungodegenza e per la riabilitazione.
Dovranno, inoltre, essere verificati i criteri di efficienza che sono alla base della decisione di mantenimento o riconversione delle singole strutture ospedaliere, in particolare per quelle con un ridotto numero di posti letto.
Più specificatamente, in merito all'atto parlamentare in esame, il commissario della regione Lazio ha comunicato che nelle prossime settimane sottoporrà a questo Ministero ed al Ministero dell'economia e delle finanze un documento di complessiva ridefinizione dell'offerta di riabilitazione ospedaliera.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 16,30)
FRANCESCA MARTINI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. In particolare, ha preannunciato la revisione del principio della collocazione esclusiva nei dipartimenti di emergenza e accettazione (DEA) di secondo livello delle attività riabilitative complesse; ha, inoltre, preannunciato che procederà ad una complessiva semplificazione dei requisiti autorizzativi delle strutture, precisando anche che procederà con modalità sinergiche tra le unità di valutazione presenti nelle strutture per acuti e nelle strutture per post-acuti riceventi.
Il commissario ha inoltre sottolineato che, per quanto riguarda la quantificazione e tariffazione delle attività prestate in day hospital, ribadisce la necessità di contenere l'erogazione di tali prestazioni, in quanto ravvisa frequenti inappropriatezze e ritiene, inoltre, di doversi allineare con il comportamento di altre regioni che hanno totalmente soppresso tali prestazioni.
Al riguardo, l'organo commissariale ha precisato che potrà eventualmente essere previsto un diverso livello assistenziale, con caratteristiche di day service (pertanto a carattere ambulatoriale, anche se prestato solo nelle strutture ospedaliere per post-acuti), un servizio che possa fornire una risposta più appropriata ed efficace a tale specifica domanda di prestazioni.
PRESIDENTE. L'onorevole Ciocchetti ha facoltà di replicare.
LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario della risposta, anche se, chiaramente, complessivamente non soddisfacente del tutto, soprattutto relativamente al fatto che i decreti emessi dal commissario, come in qualche modo si evince dalla stessa relazione qui illustrata dal sottosegretario, sono stati provvedimenti emessi senza un esame esatto della situazione e un piano complessivo, per esempio, per il settore della riabilitazione e della lungodegenza.
Invece, in tali settori si sono assunte delle decisioni che rendono difficile complessivamente la gestione di un servizio e di una prestazione sanitaria che riguarda, molte volte, soprattutto persone anziane o persone coinvolte in traumi, e quindi in attività di recupero post-trauma e post-acuto, con un problema nel Lazio di liste di attesa lunghissime sia per la riabilitazione sia per la lungodegenza, e non si capisce come mai si vadano a colpire proprio questi settori.Pag. 74
Abbiamo detto più volte che, prima di arrivare a fare queste scelte, andavano in qualche modo assunti: un documento di programmazione sanitaria; servizi che servono in questo territorio di questa regione, bacino per bacino; un esame delle missioni delle singole strutture ospedaliere, sia pubbliche sia private; un esame non in rapporto al numero di posti letto, ma in rapporto alla professionalità e alla capacità del servizio che viene offerto ai cittadini e anche dell'appropriatezza degli interventi che vengono svolti.
Si costruisce invece un percorso in cui si vanno a colpire strutture che sono per il 90 per cento nel caso della riabilitazione, anzi più del 90 per cento, per scelte non degli ultimi anni, per scelte assunte in questa regione, ma credo complessivamente in tutta Italia, soprattutto strutture convenzionate. E non credo che il problema sia che il pubblico è bello e il privato è brutto: il problema è quale tipo di servizio venga offerto ai cittadini, quali siano i costi e quale sia l'appropriatezza della prestazione effettuata. Se si effettua un taglio così come si è fatto con questi interventi, si crea certamente un problema di posti di lavoro, come denunciato oggi dalla messa in mobilità di 402 dipendenti del San Raffaele Spa; e ciò continuerà con altri interventi sulle strutture di riabilitazione e di lungodegenza presenti in questa regione, e soprattutto senza un quadro complessivo di come definire la necessità di effettuare interventi strutturali che consentano di ridurre la spesa, ma senza distruggere un sistema sanitario che deve mettere sempre il cittadino al proprio centro.
Colgo come un dato positivo il fatto che è stato richiesto un analogo piano per il settore della riabilitazione e della lungodegenza, anche in rapporto agli standard nazionali. Credo che si dimostrerà molto facilmente che mentre per gli «acuti» siamo con un numero di posti letto in eccesso, nel Lazio i posti letto per riabilitazione e per lungodegenza sono insufficienti a rispondere alle esigenze anche degli standard nazionali. Sono contento che la situazione verrà riconsiderata, che c'è l'impegno del Commissario a rivedere l'esclusività delle strutture di riabilitazione nei DEA di secondo livello, di togliere quindi l'esclusiva che nei decreti-legge era stato prevista, e anche della semplificazione delle procedure autorizzative. Rimane il fatto (e voglio concludere su questo tema) che non viene affrontato, sia da parte della regione Lazio sia da parte del tavolo tecnico del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e del Ministero dell'economia e delle finanze, quello che significa in termini di occupazione e di posti di lavoro, ma anche di prestazioni sanitarie, effettuare un intervento così traumatico, senza una programmazione più complessiva. Credo che svolgere un esame di cosa comportano in termini di occupazione i provvedimenti che si stanno prendendo sia assolutamente necessario, e forse il tavolo tecnico dovrebbe chiedere al Commissario anche questo aspetto.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze all'ordine del giorno.
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Avverto che l'organizzazione dei tempi per l'esame della mozione concernente iniziative per fronteggiare la crisi economica e finanziaria in atto è pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Venerdì 5 dicembre 2008, alle 10:
1. - Discussione del disegno di legge:
S. 1152 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, recante interventi urgenti in materia di adeguamento dei prezzi di materiali da costruzione, di sostegno ai settori dell'autotrasporto, dell'agricoltura e della pesca professionale, nonché di finanziamento delle opere per il G8 e definizionePag. 75 degli adempimenti tributari per le regioni Marche ed Umbria, colpite dagli eventi sismici del 1997 (Approvato dal Senato) (1936)
- Relatori: Stradella, per l'VIII Commissione e Garofalo, per la IX Commissione.
2. - Discussione della mozione Borghesi ed altri n. 1-00073 concernente iniziative per fronteggiare la crisi economica e finanziaria in atto.
La seduta termina alle 16,40.
TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO PIETRO TIDEI IN SEDE DI DISCUSSIONE SUL COMPLESSO DEGLI EMENDAMENTI RIFERITI ALL'ARTICOLO UNICO DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1813-A
PIETRO TIDEI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in un momento di crisi generale e pesante come questo, era forse lecito aspettarci dal Governo qualcosa di più in un settore come quello della casa che è proprio quel settore sul quale con maggiori conseguenze drammatiche si è abbattuta la crisi internazionale. Un provvedimento invece limitato alle famiglie con un reddito annuo inferiore ai 27mila euro e che abbiano nel proprio nucleo familiare anziani over 65, malati terminali o portatori di handicap.
Una platea ristretta, troppo ristretta, rispetto ai crescenti e drammatici bisogni di molti inquilini che si trovano ad affrontare l'amarezza, l'umiliazione e il dolore di una espulsione forzosa dalla propria dimora.
E questo provvedimento, che avrebbe la pretesa di tamponare e risolvere almeno provvisoriamente il problema del disagio abitativo, noi temiamo che contenga risposte parziali, molto parziali, e non risolutive del dramma che coinvolgerà con sempre maggior veemenza migliaia di famiglie in difficoltà. Non bisogna certo essere facili profeti per poter temere e prevedere che tra qualche tempo il disagio abitativo, il dramma dell'abitazione, assumerà proporzioni drammatiche.
La cassa integrazione che falcidierà migliaia di redditi da lavoro, la scadenza e il non rinnovo di contratti a tempo determinato, per migliaia di precari, le difficoltà economiche e crescenti di centinaia di migliaia di lavoratori, di pensionati, artigiani e commercianti, l'impossibilità per migliaia di cittadini di far fronte al pagamento delle rate dei mutui per l'acquisto di una abitazione, aumenteranno inevitabilmente il disagio abitativo ed il dramma della casa.
Soprattutto in assenza da parte del Governo di una vera e propria politica della casa per cui, a fronte di un fabbisogno di 650 mila alloggi per particolari categorie sociali in difficoltà, negli ultimi due anni ne sono stati costruiti soltanto 5 mila.
È questo un argomento sul quale ritorneremo con ben altra intensità visto che, in un momento come questo, una seria, concreta e strutturale politica della casa dovrebbe essere affrontata dal Governo, con ben altra misura e ben altra attenzione. Inutile ripetere la necessità impellente di un piano massiccio per la costruzione di nuovi alloggi che non solo risolverebbe i problemi del disagio e dell'emergenza abitativa, ma avvierebbe quel processo di ripresa della nostra economia e il rilancio dell'occupazione che tutti si aspettano dal Governo. Cominciando, signor Presidente, almeno a sbloccare quei fondi oggetto di contenzioso con le regioni per la realizzazione degli interventi previsti dal piano nazionale di edilizia abitativa e attualmente bloccati. Cominciate almeno da quelli.
Ritornando invece, signor Presidente, al provvedimento in esame dobbiamo rilevare, come peraltro già rilevato da altri colleghi, che questo provvedimento non solo limita i destinatari rispetto ai requisiti soggettivi dei quali questi debbono essere in possesso, ma detta limitazione si estende anche alla ristrettezza territoriale molto circoscritta. Infatti su ben 108 province soltanto 14, corrispondenti alle aree metropolitane potranno essere ricomprese Pag. 76tra le beneficiarie dei provvedimenti di proroga di cui trattasi. E gli altri comuni ad alta tensione abitativa rimarranno incomprensibilmente e ingiustamente fuori. Mi pare francamente assurda una disposizione simile. Una discriminazione tra cittadini che si trovano nelle stesse condizioni, contravvenendo ai principi basilari della nostra Costituzione.
È per questo che noi vi abbiamo proposto di emendare il testo cercando di recuperare un grave vulnus che noi riteniamo presente nel provvedimento. Vede, signor Presidente, il sottoscritto è stato Sindaco per otto anni di Civitavecchia e per tre di Santa Marinella-Santa Severa. Vivo l'esperienza e il dramma della casa di un'area a forte tensione abitativa, nell'area metropolitana di Roma, dove ad esclusione di Roma (che conta 2 milioni e 500 mila residenti) vivono oltre un milione e 500 mila cittadini compresi nei 120 comuni della provincia. La stessa provincia di Roma in pochi anni è aumentata di 500 mila unità mentre la città di Roma ha perduto negli stessi anni 400 mila residenti. Si aggiunga il fatto che migliaia di extracomunitari o stranieri in genere, pur lavorando a Roma, hanno scelto, per risparmiare sui canoni di affitto, di vivere in provincia. Ed è facile immaginare che è proprio nei comuni della provincia e delle aree metropolitane che la tensione abitativa sarà sempre più alta proprio là dove questi comuni non sempre confinano con la città capoluogo. E francamente chi, come me, ha vissuto per anni sulla propria pelle in qualità di sindaco il dramma degli sfratti, sa quanto diventa drammatico per i bilanci comunali far fronte all'emergenza sfratti, quando soprattutto nei piccoli e medi centri i bilanci non consentono interventi a sostegno delle categorie disagiate e dei senza tetto. Soprattutto perché spesso le ATER che ieri erano gli istituti per le case popolari che hanno in genere dimensione provinciale hanno prevalentemente investito nel passato sulla città capoluogo e molto poco sui comuni della provincia. Cosa che ha creato gravi problemi abitativi in quei comuni dell'area metropolitana che hanno subito una forte immigrazione, importando tutti quei problemi delle grandi periferie urbane, degradate, intasate e prive di servizi ed infrastrutture di qualità; con l'aumento degli squilibri economici e sociali tra la grande città e la periferia urbana. Ed è per questo che più in generale da anni mi sto battendo per recuperare una ricucitura del tessuto urbano metropolitano con quello dei piccoli e medi comuni della provincia metropolitana attraverso interventi strutturali pubblici sulle infrastrutture, sui centri di eccellenza, sulla qualità della vita e su una nuova politica della casa.
Il rischio oggi nelle grandi metropoli è quello di allargare anche in provincia gli effetti di una periferia marginalizzata, degradata ed invivibile.
E questo decreto, nel suo piccolo e con le dovute proporzioni, certamente non aiuta ad invertire questa tendenza. Proprio perché esclude quei comuni delle aree metropolitane che, pur non confinanti con la metropoli hanno subito e subiscono sempre di più processi di immigrazione dalla grande città soprattutto costituite da quelle fasce povere e marginalizzate che trovano sempre più difficoltà a comperare lì una casa o ottenere un affitto conveniente.
Ma l'aspetto che noi riteniamo più grave è la limitazione dei benefici ai soli sfratti per finita locazione ed il rifiuto di rinnovo del contratto da parte del locatore, escludendo invece proprio la maggioranza degli sfratti che sono quelli per morosità.
Infatti come certifica il SUNIA, su ben 43.394 sfratti nel 2007 ben 33.559 attengono alle morosità dell'inquilino. Abbiamo per questo chiesto al Governo di correggere questa grave ingiustizia, tutelando gli inquilini, vittime del bisogno e come tali morosi, accollandosi temporaneamente l'onere del canone senza appunto danneggiare i locatori, i quali purtroppo rischieranno sempre di più di concedere in locazione alloggi a soggetti sempre più numerosi non in grado di pagare con regolarità il canone d'affitto.
Un provvedimento dunque che per la limitatezza della platea dei beneficiari sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo Pag. 77(territorialità) e per l'assenza di una visione prospettica e strutturale, non tampona assolutamente l'emergenza abitativa, né coglie in un momento di grave crisi come questa, l'opportunità per attivare una politica seria e di lungo respiro capace di investire ingenti risorse in un settore vitale per la nostra economia e soprattutto per centinaia di migliaia di famiglie che affrontano con angoscia e talvolta disperazione il problema della casa.
CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO GUIDO DUSSIN SUL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1813-A
GUIDO DUSSIN. L'analisi effettuata dal Servizio studi precisa che secondo le ultime rilevazioni del Ministero dell'interno in materia di procedure di rilascio di immobili ad uso abitativo (anno 2007), i provvedimenti di sfratto emessi, nel corso del 2007, nelle province di Torino, Milano, Venezia, Verona, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Catania, Messina e Palermo sono stati in totale 18.957 (pari al 43,3 per cento del totale nazionale). Le richieste di esecuzione presentate all'ufficiale giudiziario - pari, in tali aree, a 71.073 - e gli sfratti eseguiti con l'intervento dell'ufficiale giudiziario - pari a 9.818 - costituiscono, rispettivamente, il 65,1 per cento ed il 43,8 per cento del totale nazionale.
La relazione illustrativa motiva l'individuazione dell'ambito oggettivo con l'aggravamento, in tali comuni, della situazione abitativa delle famiglie a basso reddito, un numero crescente di sfratti e una ridotta offerta aggiuntiva di alloggi pubblici, dovuta ad una serie di fattori tra cui la dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, l'elevata percentuale di immobili non occupati e, da ultimo, anche i processi migratori.
Nella relazione tecnica si stima, in base a dati di fonte del Ministero dell'Interno pubblicati dal Ministero delle infrastrutture, un numero totale di provvedimenti esecutivi di sfratto per finita locazione emessi nel 2006 pari a 9.838, mentre gli sfratti bloccati risulterebbero pari a 2.889.
Pertanto, ai fini del decreto in esame, viene stimato «in via prudenziale» un numero di sfratti pari all'80 per cento del totale, vale a dire 7.870 (su un totale di 9.838).
Si nota che il presente provvedimento restringe l'ambito di applicazione della proroga degli sfratti ai comuni capoluogo delle sole aree metropolitane e ai comuni con essi confinanti, nell'ottica della progressiva limitazione della proroga, come già attuato dal precedente Governo Berlusconi.
Nel periodo di esame del provvedimento da parte della VIII Commissione della Camera, le associazioni di inquilini hanno rilevato che tale limitazione della proroga lascia scoperte circa duecento famiglie, chiedendo, visto il numero esiguo delle famiglie interessate, di ampliare la proroga a tutti i soggetti disagiati conduttori di immobili situati nei comuni capoluogo di provincia e i comuni con essi confinanti con alta tensione abitativa.
In merito alla reiterazione delle proroghe degli sfratti, si nota che la Corte costituzionale, con la sopraccitata sentenza n. 155 del 2004, pur dichiarando infondata la questione di legittimità costituzionale relativa all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 122 del 2002 concernente proroghe in materia di sfratti, si era pronunciata in senso sfavorevole ad una eventuale nuova proroga degli sfratti sulla base della considerazione che la sospensione «può trovare giustificazione soltanto se incide sul diritto alla riconsegna dell'immobile per un periodo transitorio ed essenzialmente limitato». Si rileva che la presente proroga riguarda un periodo transitorio, in attesa della realizzazione del Piano casa, già messo in atto dal Governo, ma che tuttavia ha riscontrato problemi presso le regioni.
Si teme che la nuova proroga degli sfratti creerà nuovi timori sulla mancanza di garanzia per l'immediata restituzione dell'immobile al locatore alla scadenza del contratto, mancanza di garanzia che in Pag. 78passato ha costretto i proprietari a tenere spesso gli immobili sfitti, incidendo sulla paralisi del settore delle locazioni.
Fermo restando che le continue proroghe degli sfratti non fanno altro che caricare sui privati proprietari immobiliari i problemi dello Stato e delle regioni in materia di edilizia sociale, ovviamente, il voto politico della Lega Nord sul presente provvedimento dovrà tenere conto degli impegni governativi assunti e del fatto che si tratta di un periodo transitorio in attesa della realizzazione del Piano casa previsto dall'articolo 11 del decreto-legge n. 112 del 2008.
Durante l'esame del provvedimento presso la VIII Commissione della Camera, il gruppo Lega Nord Padania ha evidenziato la necessità e urgenza di approntare politiche organiche, capaci di incidere a monte sulle cause vere della crisi del settore delle locazioni, e di combattere l'emergenza abitativa non con decreti-legge di proroga degli sfratti, a scapito dei locatori, ma attraverso la crescita del parco immobili e la realizzazione di alloggi di qualità, improntati all'efficienza e al risparmio energetico, con un radicale rinnovamento di un patrimonio residenziale pubblico spesso fermo agli anni Sessanta e Settanta. Il gruppo ha chiesto un confronto tra la VIII Commissione e il Governo in ordine alla predisposizione di linee guida di intervento a sostegno delle politiche abitative pubbliche.
TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO ROBERTO MARIO SERGIO COMMERCIO SUL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1813-A
ROBERTO MARIO SERGIO COMMERCIO. Onorevoli colleghi, il decreto-legge che ci accingiamo a votare rappresenta un provvedimento che potremmo definire un atto dovuto. Un doloroso atto dovuto, perché è rappresentativo del fatto che all'emergenza sfratti, in particolare quella vissuta da famiglie con redditi medio-bassi, e nelle quali sono presenti portatori di handicap gravi, o anziani ultrassessantacinquenni o figli a carico fiscalmente, non è stata data una risposta esauriente e concreta.
Vogliamo affermare con chiarezza che non ci siamo assuefatti al rito delle proroghe sfratti e non le consideriamo un atto esaustivo o rappresentativo del diritto alla casa.
Le proroghe da sempre, non ultima questa, rappresentano il fallimento delle politiche abitative finora perseguite, o meglio della mancanza di una strategia complessiva e strutturale, capace di mettere in atto programmi ed iniziative che diano risposte ai senza casa e sollevino i proprietari privati, che hanno il diritto di riavere il pieno possesso dell'alloggio, dall'obbligo e dall'onere di sostituirsi allo Stato nelle politiche di assistenza abitativa.
I dati sono conosciuti ma è sempre bene ricordarli. In Italia sono 600.000 le famiglie collocate utilmente nelle graduatorie per l'accesso alle case popolari. Ogni anno sono richieste da parte degli ufficiali giudiziari circa 110.000 esecuzioni di sfratto, di questi ne sono eseguiti con la forza pubblica circa 22.400.
Nel solo 2007 sono state emesse circa 44.000 sentenze di sfratto; di queste circa 34.000 sono state per morosità. In materia di sfratti sono sconvolgenti anche i dati del Mezzogiorno, ad esempio in Sicilia nel 2007 sono state emesse circa 3.300 sentenze di sfratto, di queste circa 2.600 sono per morosità. Sempre in Sicilia nel 2007 sono state richieste da parte degli ufficiali giudiziari le esecuzioni per circa 6.000 famiglie e sono stati eseguiti 1.500 sfratti con la forza pubblica.
In particolare nella provincia di Catania le sentenze di sfratto nel 2007 sono state circa 978 e ben 723 di queste sono per morosità. Nella provincia di Catania le richieste di esecuzione sono state oltre 2.000 e gli sfratti eseguiti 460.
Appare di tutta evidenza che la questione casa debba essere affrontata in maniera diversificata e con un ventaglio di interventi e di opzioni che sappia aggredire la necessità di stabilità abitativa che ci viene richiesta da più parti.Pag. 79
Noi siamo convinti che vada superata del tutto la logica delle proroghe. Bene ha fatto il Governo a varare un Piano casa destinato ad aumentare l'offerta di alloggi a canone agevolato con l'intervento di privati, ma questo non è sufficiente, perché superare l'emergenza casa è un fatto strutturale e come tale va affrontato.
Noi chiediamo ad esempio che la questione morosità si affronti intervenendo sul mercato delle locazioni.
Gli sfratti per morosità non segnalano di per sé una mancanza di alloggi, bensì, sono il segnale di un mercato tra domanda ed offerta che non s'incontrano e la crisi economica ne accentua le sofferenze.
In tale ambito deve essere svolto un intervento che tenda a convertire in nuovi contratti gli sfratti per morosità rendendoli sostenibili per gli inquilini ma garantendo, al contempo, una giusta redditività per il locatore, per esempio applicando ai soli contratti stipulati con i canoni agevolati dell'articolo 2, comma 3, della legge n. 431 del 1998, una aliquota unica al 20 per cento. Questo potrebbe ridurre i canoni del 20-30 per cento e creare le condizioni per molti inquilini di fuoriuscita dalla morosità.
Inoltre si deve intervenire per aumentare le dotazioni di case popolari a canone sociale per dare risposte almeno ad una parte delle famiglie in graduatoria (600.000 in Italia) alle quali certo non può fornire risposte adeguate il solo social housing.
Noi riteniamo che si debba partire dal recupero degli alloggi popolari chiusi e lasciati in degrado. Secondo Federcasa sono circa 20.000, ma non basta, è necessario procedere alla costruzione o all'acquisto di alloggi per sviluppare l'edilizia residenziale pubblica.
Infine proponiamo che si incentivino programmi sperimentali di autorecupero e autocostruzione capaci di fornire alloggi in locazione o in proprietà a costi molto più contenuti di quelli del mercato delle locazioni e della vendita.
Nel merito del decreto-legge il gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia ha proposto sostanzialmente tre modifiche: l'allargamento della sospensione degli sfratti ai comuni indicati nella delibera CIPE, poiché non è sostenibile che comuni come Caltagirone (in provincia di Catania) o Taormina (in provincia di Messina) siano esclusi nonostante siano indicati dalla delibera CIPE come comuni ad alta tensione abitativa; che la sospensione degli sfratti sia prorogata a ottobre o dicembre 2009 allo scopo di consentire l'avvio dei primi programmi indicati nel Piano casa del Governo e renderli compatibili con la sospensione degli sfratti, tendendo a garantire il passaggio da casa a casa; che i primi alloggi resi disponibili dal Piano casa del Governo siano utilizzati per garantire il passaggio da casa a casa per le famiglie soggette a sospensione degli sfratti, che ricordo hanno meno di 27.000 euro lordi di reddito e sono composte da portatori di handicap, da anziani e famiglie con figli a carico.
A questo nostre proposte non è stata data risposta positiva pur essendo, a nostro avviso, proposte di buon senso che andavano incontro a esigenze reali e concrete.
Per questo ci impegniamo, sin da ora, a presentare una proposta di legge complessiva sullo sviluppo di politiche abitative che contribuisca ad avviare, in sede parlamentare, un dibattito serio e complessivo sulle tematiche legate al fabbisogno abitativo nel nostro Paese.
In ogni caso, comprendendo l'urgenza e la necessità di una proroga degli sfratti per i soggetti di cui alla legge attualmente in esame, dichiariamo il voto favorevole del nostro gruppo al provvedimento in oggetto.
TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL SOTTOSEGRETARIO PER GLI AFFARI ESTERI ENZO SCOTTI SULLE MOZIONI NIRENSTEIN ED ALTRI N. 1-00055, EVANGELISTI ED ALTRI N. 1-00072 E CASINI ED ALTRI N. 1-00074
ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Il Governo è ben consapevole della problematica sollevata dalla mozione in discussione.Pag. 80
Come gli onorevoli firmatari ricordano opportunamente, la terza Conferenza mondiale contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l'intolleranza si svolse a Durban nel 2001, con la partecipazione di ben 2500 delegati e 4000 rappresentanti di ONG.
I lavori si concentrarono su cinque temi: cause e forme di razzismo; vittime del razzismo; misure di prevenzione; educazione e protezione; misure di compensazione e di risarcimento).
Dopo lunghi dibattiti, che in alcuni casi assunsero dei toni aspri la Conferenza si concluse con l'adozione, per consenso, di una Dichiarazione e di un vasto Programma d'azione.
La Dichiarazione e il Programma d'azione affrontano anche tematiche delicate per i Paesi occidentali, quali: il riconoscimento delle responsabilità di fenomeni storici come la schiavitù, la tratta ed il colonialismo per gli effetti sullo sviluppo dei Paesi oggetto degli stessi; gli indennizzi morali e materiali alle vittime del razzismo; il trattamento dei migranti richiedenti asilo, dei rifugiati, degli sfollati e delle minoranze.
Purtroppo, nel corso del Forum parallelo delle ONG, si verificarono alcuni inaccettabili fenomeni di intolleranza nei confronti di Israele, con la presentazione di materiale con forte contenuto antisemita. Episodi che furono condannati con la massima fermezza da tutti i Paesi europei e che portarono all'abbandono della Conferenza da parte di Israele.
Negli ultimi anni, il Gruppo africano e l'Organizzazione della Conferenza islamica hanno chiesto con insistenza di fare il punto sulla lotta al razzismo, con l'organizzazione di una nuova conferenza.
Nel 2006, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha pertanto deciso (con 179 voti a favore, 2 contrari - Stati Uniti e Israele - e 4 astenuti - fra cui Canada e Australia) di convocare per il 2009 una «Conferenza di revisione di Durban» chiedendo al Consiglio diritti umani di agire come «comitato preparatorio» dell'evento.
In questa sede sono quindi cominciati i lavori preparatori della nuova Conferenza, che dovrebbe tenersi nell'aprile del 2009.
Sin dall'inizio del negoziato (ribattezzato «processo di Durban»), i Gruppi africano ed islamico - con un ruolo particolare del Sudafrica - hanno condotto una strategia aggressiva, centrata sull'elaborazione di nuove norme o «standard complementari», ad integrazione della normativa internazionale sul razzismo. Nell'ottica di questi gruppi regionali, questi standard complementari servirebbero, fra l'altro, a introdurre questioni come la diffamazione delle religioni, con particolare riferimento all'Islam, e le riparazioni per il colonialismo ed il commercio di schiavi.
Dal canto suo, l'Unione europea si è sempre opposta a questa tendenza, sostenendo che fosse invece prioritario dare applicazione alla normativa internazionale esistente (oltre ai principi concordati a Durban, la Convenzione ONU sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale).
Allo stesso tempo, 1'Unione europea ha voluto mantenere la porta aperta al dialogo nel corso del processo, sottolineando la necessità di riservare pari attenzione a tutti gli aspetti della tematica «razzismo», senza «dirottare» il dibattito - come nelle intenzioni del gruppo africano ed islamico - su specifiche questioni altamente sensibili.
L'obiettivo strategico, condiviso da tutti i partners dell'Unione europea, è che la Conferenza di revisione adotti un documento centrato sull'individuazione e l'eventuale miglioramento delle azioni adottate dagli Stati per dare seguito agli impegni presi a Durban.
Dal 6 al 17 ottobre ultimo scorso si è tenuta a Ginevra la terza riunione del Comitato Preparatorio (composto, come accennavo prima, da tutti i membri e osservatori del Consiglio diritti umani, comprese le ONG), il quale ha raccolto i contributi dei vari Gruppi regionali in Pag. 81vista della predisposizione del documento di lavoro che verrà discusso dalla Conferenza di revisione.
Purtroppo, la riunione ha riconfermato la divergenza di fondo tra gli obiettivi perseguiti dai distinti Gruppi, con la presentazione di documenti regionali che contengono posizioni inaccettabili per l'Unione europea.
Le nostre «linee rosse» sono infatti ben chiare: no alla riapertura della Dichiarazione di Durban, no a nuovi standard complementari alla normativa internazionale sul razzismo, no a impegni su riparazioni per le conquiste coloniali o la tratta degli schiavi, no al concetto di «diffamazione religiosa», no ad un uso strumentale della questione palestinese, difesa della piena partecipazione al processo delle ONG.
La oggettiva difficoltà di conciliare le diverse posizioni ha condotto, nella riunione di ottobre, alla compilazione di un mero assemblaggio di tutti i contributi regionali, anche se in alcuni casi contrastanti fra loro.
Il testo sarà rielaborato da un «Gruppo di lavoro inter-sessionale», presieduto da un facilitatore russo, che si riunirà più volte prima della Conferenza di revisione, al fine di giungere, auspicabilmente, ad una versione finale sintetica e concordata dei contributi attuali.
Una versione concordata che, posso fin d'ora assicurare agli onorevoli firmatari, in nessun caso potrà strumentalizzare, e direi anche svilire, la lotta al razzismo per finalità che nulla hanno a che vedere con questa causa. Questo vale anche per alcuni riferimenti, che non esito a definire intollerabili, come quelli citati dagli onorevoli firmatari.
Delle rassicurazioni in questo senso sono state fornite dallo stesso Ministro Frattini al Ministro Livni, nel corso del loro incontro del 24 novembre scorso. Il Governo italiano continuerà pertanto ad operare in stretto raccordo con i partner UE affinché la Conferenza di revisione di Durban rimanga fedele al proprio mandato e non si traduca in una inaccettabile rinuncia ai principi fondanti della coscienza collettiva europea.
TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO DEI DEPUTATI MASSIMO POLLEDRI E FIAMMA NIRENSTEIN SULLE MOZIONI NIRENSTEIN ED ALTRI N. 1-00055, EVANGELISTI ED ALTRI N. 1-00072 E CASINI ED ALTRI N. 1-00074
MASSIMO POLLEDRI. Onorevoli colleghi, le Conferenze mondiali contro il razzismo sono eventi organizzati dall'UNESCO. Dalla Fondazione dell'OPEC (1973), alcuni tra i più importanti organismi delle Nazioni Unite, soprattutto in termini di gestione di risorse finanziarie destinate agli aiuti allo sviluppo - UNESCO, FAO, UNICEF - furono presieduti da paesi arabo-musulmani, mentre contemporaneamente Israele veniva escluso dall'UNESCO.
Nel 1975 il Sionismo venne equiparato al Razzismo con la risoluzione UNGA (United Nations General Assembly) numero 3379, revocata solo nel 1991 e con il voto contrario di 25 Stati musulmani.
Queste le premesse. Nell'aprile del prossimo anno si svolgerà a Ginevra la Durban rewiew Conference, come stabilito dalle Nazioni Unite, appuntamento consecutivo alla Conferenza mondiale contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l'intolleranza che si è tenuto a Durban nel settembre 2001, e che si è risolto in un penoso fallimento.
L'ampio respiro che il titolo della Conferenza ONU avrebbe voluto suggerire si è miseramente ridotto ad un tribunale pro o contro Israele, nella malcelata volontà di ristabilire la risoluzione UNGA 3379.
Nel 2001 il Canada aveva dichiarato con disprezzo che la conferenza somigliava ad un circo. La delegazione israeliana e quella USA avevano abbandonato per protesta la conferenza sul razzismo organizzata dall'ONU dopo avere letto la proposta di conclusioni elaborata dalla maggioranza delle delegazioni ufficiali degli Stati arabi.Pag. 82
I passaggi contestati, poi non approvati, erano di questo tenore: «Non devono mai essere dimenticati l'olocausto e la pulizia etnica perpetrata ai danni della popolazione araba e palestinese nelle terre storiche della Palestina, nella Bosnia e in Kosovo». «L'occupazione straniera fondata sulle colonie di popolamento, con le sue leggi discriminatorie finalizzate al mantenimento di questo dominio sui territori occupati attraverso un blocco militare totale, sono in contraddizione con i principi della Carta ONU e costituiscono una nuova forma di apartheid, un crimine contro l'umanità, una violazione grave del diritto internazionale umanitario, oltre che una minaccia per la pace e la sicurezza internazionale».
«Esprimiamo una profonda inquietudine di fronte alla discriminazione razziale che i palestinesi subiscono nei territori arabi occupati e che ha gravi incidenze su molti aspetti della loro vita quotidiana. Chiediamo che sia stabilito un termine alle pratiche razziste cui sono sottoposti i palestinesi e gli altri abitanti dei territori arabi occupati da Israele. »La conferenza mondiale constata con inquietudine l'aumento delle pratiche razziste del sionismo e dell'antisemitismo in parecchie regioni del mondo, e la diffusione di modi di pensare di movimenti discriminatori come il sionismo fondato sulla superiorità razziale».
Il testo effettivamente uscito dalla Conferenza, mediato anche dall'UE, non accusa esplicitamente Israele di essere uno Stato razzista, ma esprime preoccupazione per le sofferenze dei palestinesi sotto occupazione straniera e ribadisce il loro «diritto inalienabile» all'autodeterminazione e a uno Stato indipendente. Il testo - che dice che l'«Olocausto non deve essere mai dimenticato» - riconosce anche il diritto alla sicurezza per tutti i paesi della zona, Israele compresa, condanna il razzismo e la discriminazione contro le comunità ebree, musulmane e arabe e lancia un appello per una pace duratura in Medio Oriente.
Il testo alla fine è stato rifiutato dai paesi islamici e dalla Lega Araba in particolare, furiosi per il mancato accenno a Israele.
È chiaro che la conferenza di Durban del 2001 è da ritenersi fallimentare, sia per il modo in cui è stata condotta che per i suoi esiti. Prova ne è il fatto che le stesse Nazioni Unite hanno atteso ben otto anni per prevedere un nuovo incontro.
Purtroppo, le premesse danno adito a ritenere che Ginevra 2009 possa essere un nuovo momento di attacco ingiustificato ad un solo paese, operato dagli stati Arabi, anziché essere un vero forum sul razzismo e le persecuzioni che purtroppo quotidianamente flagellano alcune parti del mondo.
Ricordiamo solo a titolo di esempio quanto è accaduto e continua, nel silenzio, ad accadere, a danno dei cristiani nello stato indiano dell'Orissa.
Il summit di Ginevra potrebbe rivelarsi anche peggiore del precedente. Il comitato organizzatore è composto dalla Libia in qualità di presidente e l'Iran, il Pakistan e Cuba come vicepresidenti.
A quanto è dato sapere, i documenti sottoposti al comitato preparatorio di Durban 2 contengono lo stesso linguaggio che ha caratterizzato il summit precedente. Il testo riproduce, quasi parola per parola, la retorica del Teheran planning meeting del 2001 che portò Durban 1 a diventare una farsa.
La tesi dominante delle 88 pagine della proposta attuale («Draft Outcome Document») si riassume nel teorema «Stati Uniti, Europa occidentale, Israele e le altre democrazie liberali - quali che siano i loro principi, istituzioni, politiche, identità sia nazionali che storiche - sono singolarmente razziste ed ancor più discriminatorie verso l'Islam. La libertà d'espressione, la ricchezza, la globalizzazione, le misure di sicurezza per combattere il terrorismo antioccidentale sono indicate come causa di razzismo, discriminazione e »diffamazione« dell'Islam.» In particolare, questa linea d'azione si rivolge solo ad un paese specifico, Israele, che è presentatoPag. 83 come il nemico dell'umanità, utilizzando il linguaggio della celebre dichiarazione di Teheran 2001.
La posizione europea si sta già delineando e contiene alcuni punti fermi, così come rivelati dalla presidenza francese di turno nella dichiarazione del 19 settembre 2008 nel quadro del Consiglio dei diritti dell'uomo:
L'Unione europea respinge ogni focalizzazione di una regione del mondo in particolare; rifiuta la riapertura della dichiarazione di Durban del 2001 inserendo il divieto di «diffamare la religione», allo scopo di restringere la libertà di espressione ed imporre una censura islamica contro la blasfemia; respinge la messa a punto di una gerarchia delle vittime e la politicizzazione o la polarizzazione della discussione. Altrimenti, il presidente francese Nicolas Sarkozy si è impegnato a ritirare l'Unione Europea da Durban II se gli eccessi del 2001 si dovessero ripetere e se gli interessi della UE fossero ignorati.
Permane l'ambizione degli stati Musulmani a monopolizzare l'agenda del vertice, parlando come se la loro fosse la voce ufficiale dell'ONU, a cui corrisponde per altro una inspiegabile leggerezza degli organi delle Nazioni Unite a permettere questa arroganza. Il risultato è che alcuni paesi di non poco peso diserteranno il vertice. Non solo Israele, ma il Canada, e sono a rischio anche le posizioni francese ed americana.
In questo quadro, la Lega Nord Padania voterà a favore della mozione 1-00055 perché riteniamo che il nostro paese, insieme agli altri partners europei, possano usare tutto il loro peso diplomatico per incidere sulla direzioni in cui andranno i lavori preparatori di Durban II. Se ciò non dovesse avvenire e da qui ad aprile la lobby arabo-musulmana dovesse continuare a dare un taglio antisionista ai documenti in preparazione, dovremmo rassegnarci ad un altro vertice fallimentare, meschino, privo di alcun vero impatto sulle tante e gravi situazioni di discriminazione che si verificano in molte parti del mondo.
FIAMMA NIRENSTEIN. Signor Presidente, colleghi, rischia di ripetersi oggi col ripetersi ad aprile a Ginevra della Conferenza mondiale contro il razzismo svoltasi a Durban nel 2001, un evento che ha portato disonore sulla comunità internazionale rappresentata dall'ONU, e la mozione che ci accingiamo a discutere è intesa a salvare il senso del valore che appunto l'ONU, nato sulle ceneri della seconda guerra mondiale, dovrebbe dare alla lotta contro il razzismo. Invece durante la Conferenza di Durban dell'agosto 2001 contro il razzismo alla vigilia dell'11 settembre del 2001 in Sud Africa si prefigurava ciò che sarebbe accaduto da lì a pochi giorni, ovvero l'attacco terroristico.
Là l'attacco all'occidente ebbe invece un carattere ideologico.
A Durban le ONG invitate a fiancheggiare la Conferenza dell'ONU contro il razzismo marciavano in cortei che portavano il ritratto di Bin Laden, che malediva l'America e ne bruciava le bandiere, che proclamava Israele Stato di apartheid, i cui partecipanti inseguivano gli ebrei che osassero apparire con la kippà. Nelle sessioni della Conferenza, Mugabe, Fidel Castro, Arafat, arringavano i delegati con accenti di disprezzo e odio verso l'occidente e di puro odio verso Israele. Dalle riunioni delle ONG gli ebrei venivano cacciati a forza, documenti antisemiti dai toni inenarrabili inneggiavano alla guerra terrorista. Io li conservo: inondarono la Conferenza e la stampa. Si distribuivano ai partecipanti i Protocolli dei savi di Sion: il fenomeno della schiavitù da cui certo nessuna civilizzazione può dirsi aliena, veniva addossato alla sola società occidentale, con conseguenti deliri ideologici che faceva specie veder trattati da una tribuna internazionale così alta. Io ho visto tutto questo di persona, e mi ricordo quando, sconsolate, Margherita Boniver ed io ci incontravamo nei corridoi del palazzo che ospitava la Conferenza dell'ONU. L'intervento dell'Unione europea e i furiosi interventi del Canada, di Israele e degli USA impedirono che nella dichiarazione finale si inserisse la dichiarazione, da poco cancellata dall'ONU nella sua Carta, «sionismoPag. 84 eguale razzismo». Oggi siamo qui a cercare di impedire che quello scempio si ripeta identico nel prossimo mese di aprile a Ginevra dove la seconda puntata di quella Conferenza viene preparata esattamente con le stesse modalità di quello scandalo internazionale. Oltre all'Australia, alla Danimarca, al Canada adesso i portavoce del Presidente eletto americano Barak Obama hanno assicurato che gli USA non penderanno parte a quella conferenza se si configurerà nei termini attuali; Israele ha già dichiarato che stavolta non cadrà nella trappola. Anche Hillary Clinton promise in campagna elettorale che gli USA saranno in testa alla campagna di boicottaggio della conferenza. Infatti questa conferenza che dovrebbe essere contro il razzismo e «verificare i progressi» sta preparandosi sulla base del lavoro di un Bureau preparatorio presieduto dalla Libia e composto da Stati come Iran e Cuba, violatori sistematici dei diritti umani, il documento di lavoro che predispone il documento finale si riferisce a Israele come a «un'entità straniera la cui legge si basa sulla discriminazione razziale che costituisce un nuovo modello di apartheid, un crimine, contro l'umanità, una forma di genocidio e una seria minaccia alla pace e alla stabilità internazionale». I palestinesi sono l'unico popolo menzionato come oggetto di discriminazione e viene invocato il diritto al ritorno. I documenti piuttosto di occuparsi della cultura dell'odio e del suo carattere discriminante nei confronti di svariate minoranze etniche e religiose, si riferisce invece esclusivamente ai problemi derivanti dall'identificazione dell'islamismo col terrore, e dei pregiudizi da cui la società occidentale sarebbe inondata su questo tema. Non sono citati i continui attacchi religiosi ai cristiani nei Paesi mussulmani, ma solo «il monitoraggio e la sorveglianza dei luoghi di culto dei centri di cultura e di insegnamento dell'Islam», e quando ricorda quasi incidentalmente l'antisemitismo e la cristianofobia, chiama invece a fare «particolare attenzione» all'islamofobia. La conferenza contro il razzismo viene di nuovo dunque impostata su un terreno prefabbricato, pieno di biasimo e di cultura dell'odio. I nostri partner europei (Francia, Inghilterra, Olanda e Danimarca) dopo la pubblicazione dell'ultima bozza del documento preparatorio stanno fissando delle linee rosse che se non tenute in considerazione porteranno all'abbandono del processo di Durban. L'Italia dal suo onorato ruolo nell'ONU e nel Consiglio per i diritti umani nel 2010 ha i mezzi per monitorare nelle sedi competenti il processo preparatorio della prossima conferenza. Sono sessant'anni in questi giorni dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Oggi 1'accoglimento della mozione in esame rappresenterebbe un omaggio a questo documento fondante della nostra società democratica e una semplice ma ben motivata difesa dell'onore della comunità internazionale, dell'onore che 1'ONU abbandona soggiacendo alla forza delle nazioni e delle forze totalitarie e nemiche dei diritti umani, troppo spesso dimentica di se stessa anche di fronte a un pericolo che è quello ben chiaro e ben presente del diffondersi della cultura dell'odio e quindi della guerra di religione, che porta al terrorismo internazionale e al disprezzo della democrazia.
ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DELLA MOZIONE N. 1-00073
Mozione 1-00073 - Iniziative per fronteggiare la crisi economica e finanziaria
Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).
Governo | 25 minuti |
Richiami al regolamento | 10 minuti |
Tempi tecnici | 5 minuti |
Interventi a titolo personale | 1 ora e 1 minuto (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato) |
Gruppi | 4 ore 19 minuti |
Popolo della Libertà | 1 ora e 19 minuti |
Partito Democratico | 1 ora e 8 minuti |
Lega Nord Padania | 36 minuti |
Unione di Centro | 31 minuti |
Italia dei Valori | 30 minuti |
Misto: | 15 minuti |
Movimento per l'Autonomia | 8 minuti |
Liberal Democratici-Repubblicani | 4 minuti |
Minoranze linguistiche | 3 minuti |
(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.
VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13) | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nom. | Ddl 1813-A - em. 1.1 | 485 | 483 | 2 | 242 | 219 | 264 | 70 | Resp. |
2 | Nom. | em. 1.2 | 496 | 493 | 3 | 247 | 226 | 267 | 69 | Resp. |
3 | Nom. | em. 1.3 | 494 | 492 | 2 | 247 | 230 | 262 | 69 | Resp. |
4 | Nom. | em. 1.30 | 497 | 494 | 3 | 248 | 226 | 268 | 69 | Resp. |
5 | Nom. | em. 1.4 | 499 | 495 | 4 | 248 | 235 | 260 | 69 | Resp. |
6 | Nom. | em. 1.5 | 484 | 480 | 4 | 241 | 227 | 253 | 69 | Resp. |
7 | Nom. | em. 1.31 | 498 | 495 | 3 | 248 | 230 | 265 | 68 | Resp. |
8 | Nom. | em. 1.7 | 490 | 489 | 1 | 245 | 227 | 262 | 68 | Resp. |
9 | Nom. | em. 1.54 | 494 | 452 | 42 | 227 | 421 | 31 | 68 | Appr. |
10 | Nom. | em. 1.11 | 493 | 456 | 37 | 229 | 190 | 266 | 68 | Resp. |
11 | Nom. | em. 1.14 | 492 | 490 | 2 | 246 | 228 | 262 | 68 | Resp. |
12 | Nom. | em. 1.15 | 481 | 479 | 2 | 240 | 226 | 253 | 68 | Resp. |
13 | Nom. | em. 1.50 | 499 | 495 | 4 | 248 | 480 | 15 | 68 | Appr. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.
INDICE ELENCO N. 2 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26) | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
14 | Nom. | em. 1.33 | 500 | 476 | 24 | 239 | 218 | 258 | 68 | Resp. |
15 | Nom. | em. 1.51 | 498 | 495 | 3 | 248 | 489 | 6 | 68 | Appr. |
16 | Nom. | em. 1.35 | 497 | 471 | 26 | 236 | 204 | 267 | 68 | Resp. |
17 | Nom. | em. 1.18 | 500 | 496 | 4 | 249 | 230 | 266 | 68 | Resp. |
18 | Nom. | em. 1.20 | 494 | 480 | 14 | 241 | 88 | 392 | 68 | Resp. |
19 | Nom. | em. 1.21 | 500 | 497 | 3 | 249 | 229 | 268 | 68 | Resp. |
20 | Nom. | em. 1.22 | 494 | 493 | 1 | 247 | 238 | 255 | 68 | Resp. |
21 | Nom. | em. 1.25 | 494 | 492 | 2 | 247 | 228 | 264 | 68 | Resp. |
22 | Nom. | em. 1.26 | 494 | 491 | 3 | 246 | 227 | 264 | 68 | Resp. |
23 | Nom. | em. 1.52 | 490 | 483 | 7 | 242 | 479 | 4 | 68 | Appr. |
24 | Nom. | articolo agg. 1.03 | 498 | 498 | 250 | 232 | 266 | 68 | Resp. | |
25 | Nom. | articolo agg. 1.04 | 490 | 480 | 10 | 241 | 218 | 262 | 68 | Resp. |
26 | Nom. | em. 1-bis.50 | 495 | 491 | 4 | 246 | 485 | 6 | 68 | Appr. |
INDICE ELENCO N. 3 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 39) | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
27 | Nom. | em. 1-bis.050 | 490 | 487 | 3 | 244 | 483 | 4 | 68 | Appr. |
28 | Nom. | subem. 0.1-bis.051.51 | 490 | 486 | 4 | 244 | 486 | 68 | Appr. | |
29 | Nom. | subem. 0.1-bis.051.50 | 495 | 491 | 4 | 246 | 491 | 68 | Appr. | |
30 | Nom. | em. 1-bis.051 | 491 | 485 | 6 | 243 | 485 | 68 | Appr. | |
31 | Nom. | odg 9/1813/7 | 455 | 452 | 3 | 227 | 202 | 250 | 68 | Resp. |
32 | Nom. | odg 9/1813/8 | 473 | 472 | 1 | 237 | 222 | 250 | 68 | Resp. |
33 | Nom. | odg 9/1813/9 | 472 | 471 | 1 | 236 | 228 | 243 | 68 | Resp. |
34 | Nom. | odg 9/1813/10 | 474 | 473 | 1 | 237 | 225 | 248 | 68 | Resp. |
35 | Nom. | odg 9/1813/11 | 476 | 475 | 1 | 238 | 224 | 251 | 68 | Resp. |
36 | Nom. | odg 9/1813/12 | 461 | 458 | 3 | 230 | 212 | 246 | 68 | Resp. |
37 | Nom. | odg 9/1813/13 | 461 | 460 | 1 | 231 | 223 | 237 | 68 | Resp. |
38 | Nom. | odg 9/1813/14 | 479 | 478 | 1 | 240 | 223 | 255 | 68 | Resp. |
39 | Nom. | odg 9/1813/15 | 483 | 479 | 4 | 240 | 225 | 254 | 68 | Resp. |
INDICE ELENCO N. 4 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 40 AL N. 43) | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
40 | Nom. | Ddl 1813-A - voto finale | 484 | 467 | 17 | 234 | 465 | 2 | 68 | Appr. |
41 | Nom. | Moz. Nirenstein e a. 1-55 | 424 | 421 | 3 | 211 | 417 | 4 | 67 | Appr. |
42 | Nom. | Moz. Evangelisti e a. 1-72 rif. | 424 | 419 | 5 | 210 | 371 | 48 | 67 | Appr. |
43 | Nom. | Moz. Casini e a. 1-74 rif. | 427 | 416 | 11 | 209 | 415 | 1 | 67 | Appr. |