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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di venerdì 12 dicembre 2008

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 12 dicembre 2008.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brancher, Bratti, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Fassino, Fitto, Frattini, Gibelli, Gibiino, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lo Monte, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Molgora, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Scajola, Soro, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso, Vegas, Vito, Volontè.

Annunzio di proposte di legge.

In data 11 dicembre 2008 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
BERNARDO: «Norme in materia di deposito degli autoveicoli» (2003);
PALAGIANO: «Disposizioni concernenti la responsabilità professionale del personale sanitario nelle strutture ospedaliere» (2004);
ZACCHERA: «Modifiche alla legge 23 ottobre 2003, n. 286, concernente la disciplina dei Comitati degli italiani all'estero» (2005);
PAROLI: «Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, e altre disposizioni sulla cittadinanza» (2006);
QUARTIANI: «Disposizioni in favore dei territori di montagna» (2007).

Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di un disegno di legge.

In data 11 dicembre 2008 è stato presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge:

dal Ministro per le pari opportunità:
«Istituzione del Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza» (2008).

Sarà stampato e distribuito.

Adesione di deputati a proposte di legge.

La proposta di legge GIAMMANCO ed altri: «Norme per la graduale dismissione dell'uso di animali da parte dei circhi e per il sostegno dello spettacolo circense» (1564) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Catanoso, Concia, De Corato, Graziano, Fallica, Minasso, Nizzi, Saltamartini e Strizzolo.

La proposta di legge CARLUCCI e GIULIETTI: «Modifiche alla legge 22 aprile 1941, n. 633, in materia di protezione del diritto d'autore concernente le produzioni audiovisive» (1575) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Catone.

La proposta di legge ARACU: «Modifica dell'articolo 639 del codice penale in materia di deturpamento e imbrattamento di cose altrui» (1706) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Biancofiore.

Integrazione nell'assegnazione di un disegno di legge a Commissione in sede consultiva.

Il disegno di legge «Conversione in legge del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, recante misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale» (1972), assegnato in sede referente alle Commissioni riunite V (Bilancio) e VI (Finanze), è assegnato, in sede consultiva, anche alla XIII Commissione (Agricoltura), che ne ha fatto richiesta.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
II Commissione (Giustizia):

TASSONE: «Modifiche al decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 449, in materia di determinazione delle sanzioni disciplinari per il personale del Corpo di polizia penitenziaria» (1543) Parere delle Commissioni I e XI.
VII Commissione (Cultura):

GOISIS ed altri: «Modifiche al testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, in materia di adozione e sostituzione dei libri di testo e loro integrazione con libri e materiali informatici interattivi via internet» (1763) Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
X Commissione (Attività produttive):

MAZZOCCHI: «Regolamentazione del settore dei materiali gemmologici in commercio» (225) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
XI Commissione (Lavoro):

TASSONE ed altri: «Istituzione dei ruoli direttivi, ordinario e speciale, e del ruolo dirigenziale del Corpo di polizia penitenziaria» (1542) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), IV, V e VII;

PELINO ed altri: «Modifica del comma 123 dell'articolo 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, in materia di collocamento obbligatorio dei figli o del coniuge superstiti delle vittime di infortuni sul lavoro o per servizio e dei grandi invalidi» (1822) Parere delle Commissioni I, IV, V e XII.
XII Commissione (Affari sociali):

DI CENTA ed altri: «Riconoscimento e disciplina della chiropratica come professione sanitaria primaria e istituzione dell'albo professionale dei chiropratici» (1287) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), V, VII, X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

La Corte dei conti - sezione del controllo sugli enti - con lettera in data 11 dicembre 2008, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di Cinecittà Holding Spa, per l'esercizio 2007.Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 56).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal ministro degli affari esteri.

Il ministro degli affari esteri, con lettera in data 9 dicembre 2008, ha comunicato, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 6 febbraio 1992, n. 180, concernente la partecipazione dell'Italia alle iniziative di pace e umanitarie in sede internazionale, che intende devolvere contributi alla Commissione internazionale di verifica e valutazione dell'Accordo globale di pace tra nord e sud Sudan (CPA), al Parlamento pan africano, al Centro internazionale di formazione dei peace keepers «Kofi Annan», alla Comunità economica dei Paesi dell'Africa Centrale, (CEEAC), all'Istituto affari internazionali (IAI), all'IPALMO, all'Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI), all'Extractive Industry Trasparency Initiative (EITI), al Centre for Economic and International Studies (CEIS) e al Centro studi di politica internazionale (CESPI) per il finanziamento di determinati progetti.

Tale comunicazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

Trasmissione da Ministeri.

I ministeri competenti hanno dato comunicazione dei decreti ministeriali recanti variazioni di bilancio autorizzate ai sensi delle sottoindicate disposizioni legislative:
articolo 2, comma 4-quinquies, della legge 5 agosto 1978, n. 468;
articolo 1, comma 1, della legge 18 dicembre 1997, n. 440;
articolo 1, comma 20, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;
articoli 1, commi 182 e 350, e 2, comma 616, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;
articolo 22, comma 19, della legge 24 dicembre 2007, n. 245.

Tali comunicazioni sono trasmesse alla V Commissione (Bilancio), nonché alle Commissioni competenti per materia.

Comunicazione di nomine ministeriali.

Il ministro dello sviluppo economico, con lettera in data 11 dicembre 2008, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, della nomina del signor Riccardo Grotto e del dottor Giuseppe Volpi a componenti del consiglio di amministrazione della Stazione sperimentale per l'industria delle pelli e delle materie concianti in Napoli.
Tale comunicazione è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI POLLASTRINI ED ALTRI N. 1-00070, MURA ED ALTRI N. 1-00083 E CICCHITTO, COTA, IANNACCONE ED ALTRI N. 1-00085 CONCERNENTI INIZIATIVE PER PREVENIRE E CONTRASTARE LA VIOLENZA SESSUALE E DI GENERE

Mozioni

La Camera,
premesso che:
si vive un inizio di secolo in cui il grande tema dei diritti umani si ripropone in tutta la sua drammaticità e chiama in causa la responsabilità di istituzioni e politica. Ciò significa fare i conti, in primo luogo, con la violazione dei diritti umani delle donne, a partire dalla dignità del loro corpo;
come hanno dichiarato numerose risoluzioni delle Nazioni Unite, del Parlamento europeo, di organismi sovranazionali e come hanno sottolineato le prese di posizione di associazioni e studiosi, assumere una visione e un piano per i diritti umani significa oggi per la politica mettere al centro innanzitutto i diritti umani delle donne, il cui riconoscimento determinerà il profilo democratico, la convivenza futura e la stessa crescita economica e civile;
il «libro nero» dei diritti umani delle donne è noto nella sua crudezza e tragicità;
è aperto un conflitto nel mondo, una vera e propria guerra sparpagliata, che ha come oggetto il dominio sul corpo delle donne;
in interi territori cresce la determinazione femminile per la propria dignità e autonomia, si affermano anche nuove leadership: eppure, anzi proprio per questo, pressioni e rigurgiti fondamentalisti si manifestano con una virulenza inaudita e terribile;
un'oppressione maschilista e proprietaria, fatta di umiliazioni, molestie, minacce e violenze, fino ad arrivare allo stupro, all'omicidio, si consuma anche in Europa e nel nostro Paese nel silenzio delle case, delle famiglie, del circuito affettivo di molte donne e bambine. Con episodi cruenti riportati dalla cronaca con puntuale periodicità;
immagini recenti hanno scosso la coscienza dell'opinione pubblica, di istituzioni e Governi. Ci si riferisce: ai visi di Aisha Ibrahim Duhulow, lapidata a morte in Somalia a soli tredici anni il 27 ottobre 2008; ai volti sfigurati dall'acido delle studentesse di Kandahar, punite per la colpa di voler studiare; ma anche alla giovane italiana mutilata con l'acido dal marito; a Hina, uccisa perché voleva vivere la propria esistenza in assoluta autonomia e libertà; alle suore vittime del fanatismo indù nel Chhattisgarh, alle suore italiane rapite a Elwak, in Kenia; alle donne e alle bambine vittime degli stupri collettivi come arma per annichilire popoli interi; sono i racconti delle donne prigioniere del burka; delle giovani costrette alla pratica dell'infibulazione genitale; è la realtà delle bambine in Cina che non nasceranno mai perché bambine; sono le tragedie di Sara, Giovanna e altre come loro, uccise a seguito di un rifiuto amoroso; di Barbara, in attesa del terzo figlio, incinta di 8 mesi uccisa, dopo anni di maltrattamenti, dasuo marito; sono i drammi di donne violate perché omosessuali; di giovani percosse e usate nel corpo perché più indifese in quanto portatrici di diverse abilità. Sono le innumerevoli storie di donne di diverse età e ceti sociali costrette all'inferno di una vita di paura e umiliazione, con esiti dolorosi sui propri bimbi, perché, come è noto, i figli che vedono la propria madre o sorella subire violenza subiscono a loro volta un trauma destinato quasi sempre ad accompagnare la loro esistenza;
le cifre parlano: secondo i dati Istat riferiti al 2006, sono 6 milioni e 743 mila le donne dai sedici ai settant'anni che sono rimaste vittime di molestie o violenze fisiche, psichiche o sessuali nel corso della vita; circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri (il 4,8 per cento della popolazione femminile globale); il 14,3 per cento delle donne ha subito almeno una violenza fisica o sessuale dal proprio partner. Il 24,7 per cento delle donne ha subito violenze da un altro uomo, 2 milioni e 77 mila donne hanno subito comportamenti persecutori (stalking) dai partner al momento della separazione; nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate; ciò che possiamo definire come il «sommerso» è tuttora elevatissimo e raggiunge circa il 96 per cento delle violenze da un non partner e il 93 per cento di quelle da partner; anche nel caso degli stupri la quasi totalità non viene denunciata;
nel mondo, dunque, una donna su tre, nella sua vita è stata o è destinata a essere almeno una volta vittima di violenza fisica, sessuale o psicologica e il 70 per cento delle donne assassinate muore per mano di parenti;
siamo posti dinanzi a un'emergenza talmente estesa e drammatica che le Nazioni Unite sono impegnate nell'introduzione di una fattispecie specifica di reato denominata «femminicidio»;
il rispetto dei diritti umani delle donne assurge, ancora una volta, a simbolo di civiltà e di riconoscimento dei diritti umani e civili di ogni persona, dell'uguaglianza innanzi alla legge e del contrasto a ogni forma di discriminazione per ragione di razza, religione, diversa abilità, età, orientamento sessuale e identità di genere, diritti sanciti nella Costituzione italiana, nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, di cui proprio quest'anno ricorre il sessantesimo anniversario, e nella Carta europea;
la giornata internazionale contro la violenza alle donne, voluta dalle Nazioni Unite, ha anche un significato culturale, di rendiconto e impegno programmatico dei Governi e delle istituzioni, nel quadro delle azioni per i diritti umani;
è auspicabile, inoltre, che siano al più presto approvate normative contro le molestie insistenti, la violenza e contro l'omofobia, così come contro la pedofilia, necessarie per dare solidità ad un Piano di azione che affronti il tema essenziale della prevenzione, dell'educazione civile, dell'informazione, della formazione, della tutela delle vittime, della certezza della pena, del coordinamento e riconoscimento di centri, associazioni e competenze indispensabili per Governi, regioni, province e città che ritengano centrali i temi della dignità e della sicurezza delle donne;
tale Piano d'azione è curato dal dipartimento per le pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, in coordinamento con il ministero dell'interno e con gli altri ministeri interessati, in accordo con la Conferenza unificata Stato-regioni-città, ed è mirato al sostegno di case rifugio, centri antiviolenza, associazioni femminili ed associazioni maschili di presa coscienza, di recupero, di campagne informative e formative, numeri verdi, misure a tutela delle vittime, recupero, appoggio, costruzione di azioni concrete di prevenzione,

impegna il Governo:

a presentare il Piano d'azione contro molestie e violenze di genere, motivate anche da ragioni di orientamento sessuale, di differenti abilità, di razza, di religione;
a prevedere adeguate risorse per il suddetto Piano d'azione, in particolare assicurando la disponibilità di risorse pari ad almeno 20 milioni di euro nel 2009, a 40 milioni di euro nel 2010 e a 60 milioni di euro nel 2011;
a sostenere l'Osservatorio pubblico nazionale del monitoraggio statistico mirato a molestie e violenze alle donne, istituito dalla legge finanziaria per il 2007;
a implementare i numeri telefonici di pubblica utilità uniti a campagne informative tradotte nelle lingue più diffuse;
a istituire, mediante urgenti iniziative in sede di Conferenza Stato-regioni, presso i pronto soccorso medici sportelli per l'accoglienza delle donne maltrattate;
a sostenere corsi formativi per operatori della giustizia, delle forze dell'ordine, dei servizi sociosanitari;
a costruire campagne di educazione al rispetto della donna, della persona, a partire dalla scuola, a predisporre e a promuovere codici etici per l'informazione, la pubblicità e, in generale, per l'azione dei media riguardo all'immagine femminile e più complessivamente per i linguaggi violenti e prevaricanti;
ad estendere la sfera di applicazione del permesso di soggiorno, di cui all'articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, anche alle donne vittime di maltrattamenti o abusi sessuali;
ad attuare il programma contro la tratta e lo sfruttamento degli esseri umani e per la tutela delle vittime.
(1-00070)
«Pollastrini, Veltroni, Soro, Sereni, Bressa, Amici, Bellanova, Bernardini, Braga, Brandolini, Calvisi, Capano, Marco Carra, Cenni, Codurelli, Concia, Coscia, Cuperlo, D'Antona, De Biasi, Farina Coscioni, Ferrari, Fiano, Gatti, Gnecchi, Graziano, Lenzi, Mantini, Mariani, Melis, Migliavacca, Motta, Murer, Narducci, Mario Pepe (PD), Piccolo, Picierno, Samperi, Schirru, Servodio, Siragusa, Tidei, Trappolino, Livia Turco, Maurizio Turco, Velo, Verini, Zampa, Mattesini, Mastromauro, Mosca».

La Camera,
premesso che:
il 27 aprile 1890, durante il suo intervento al circolo filosofico milanese, Anna Kuliscioff si chiedeva: «Come mai separare la questione della donna da tanti altri problemi sociali, che hanno tutti origine dall'ingiustizia, che hanno tutti per base il privilegio di un sesso o di una classe?»;
a più di cento anni di distanza questo interrogativo resta purtroppo attuale. Più attuale anche di quei movimenti che negli anni hanno lottato per ottenere il riconoscimento di un'effettiva pari dignità nella società;
la questione femminile è purtroppo questione irrisolta e segna il grado di inciviltà delle diverse società e collettività umane. Proprio la questione femminile è, infatti, un indice fondamentale su cui misurare l'effettivo grado di civiltà di ogni singola comunità. Oggi anche la questione femminile ha travalicato i confini dello Stato nazionale, anche questa si è globalizzata, dimostrando la sua presenza in forme ed intensità diverse ovunque;
da anni si discute di allargare i confini geografici e politici del modello occidentale, ci si confronta sulla legittimità di tale processo sulle sue modalità e proprio nella condizione di mortificazione in cui le donne sono costrette a vivere, molto spesso, in altri contesti e società, si trova un motivo per legittimare lo sforzo di «esportazione» dei valori e principi culturali dell'Occidente. Tra questi principi vi è certamente quello di parità tra uomo edonna, che, però, a dire il vero, non pare affatto del tutto realizzato, neanche nell'Occidente: si deve avere il coraggio intellettuale di ammetterlo;
ne «Il libro nero della donna» si racconta che in Iraq «quando una donna viene trovata viva dalla polizia, qualsiasi ferita o trauma abbia, viene sottoposta prima di tutto all'esame del suo utero e poi consegnata alla famiglia con un certificato che attesta la sua verginità o meno. Nel caso di deflorazione - non importa se ciò sia avvenuto con la violenza - viene assassinata dalla stessa famiglia, così l'onore del clan è preservato»;
ovunque si incontrano «donne torturate, lapidate e ripudiate per motivi religiosi; donne mutilate, vendute o costrette a prostituirsi per mantenere vivi usi e costumi tribali; donne costrette a misurarsi ogni giorno con una società costruita a misura d'uomo che le vede discriminate nel lavoro, nella famiglia, nella politica»;
la questione femminile resiste, però, come detto, anche in Occidente, anche nel nostro Paese, ed è un fenomeno culturale e sociale insieme, oltre che criminale: non si deve dimenticarlo se non si vuole ciclicamente tornare a rileggere dati e statistiche sempre molto simili tra loro;
per quanto riguarda la sua natura criminale basta ricordare alcuni dati della recente ricerca dell'Istat sul fenomeno. Sono 6 milioni 743 mila le donne tra i 16 e i 70 anni che hanno subito almeno una violenza fisica o sessuale nel corso della vita. Circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri solo negli ultimi 12 mesi: il numero delle donne vittime di violenza ammonta a 1 milione 150 mila;
le donne subiscono violenze sia dai partner che da altri uomini: amici, parenti, datori e colleghi di lavoro, conoscenti e sconosciuti. Il 21 per cento delle vittime ha subito la violenza sia in famiglia che fuori, il 22,6 per cento solo dal partner, il 56,4 per cento solo da altri uomini non partner. Un terzo delle vittime subisce atti di violenza sia fisica che sessuale. Inoltre, le vittime hanno subito, nella maggioranza dei casi, più episodi di violenza. La violenza ripetuta avviene più frequentemente da parte del partner (67,1 per cento contro 52,9 per cento) anche negli ultimi 12 mesi (54 per cento contro 38,2 per cento). Il picco è raggiunto nel caso della violenza sessuale da partner attuale (91,1 per cento di violenza ripetuta);
sono le donne separate e divorziate a subire più violenze nel corso della vita: il 63,9 per cento, il doppio del dato medio. Valori superiori alla media emergono anche per le nubili, le laureate e le diplomate, le dirigenti, libere professioniste e imprenditrici, le direttive, quadro ed impiegate, le donne in cerca di occupazione, le studentesse, le donne con età compresa tra 25 e 44 anni;
alla violenza sessuale si affianca anche quella fisica e quella psicologica;
nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate; il sommerso è elevatissimo e raggiunge circa il 96 per cento delle violenze da un non partner e il 93 per cento di quelle da partner. Per gli stupri si arriva al 91,6 per cento e per i tentati stupri al 94,2 per cento;
ci si deve interrogare sul perché della mancata denunzia. Appurata, infatti, la sua natura criminale, proprio la mancata denuncia mette in evidenza anche la natura culturale del fenomeno. Molto spesso le donne che subiscono violenza non denunciano perché si sentono sole, perché temono di essere additate, provano vergogna, sono umiliate, perché non avvertono la protezione sociale della loro comunità. Non l'avvertono perché purtroppo non c'è. Non esiste nel nostro Paese, e non solo, una cultura affermata dell'emarginazione del violento, anzi spesso si indugia a considerare la violenza fisica sulla donna come fosse quasi naturale, in un certo modo comprensibile ed a volte addirittura giustificabile. Purtroppo anche molte donne continuano a darne una possibile giustificazione;
è necessario intervenire con forza e con convinzione perché si lanci nel Paeseuna campagna che tenda a fare del violento e della violenza sulle donne un motivo di emarginazione sociale. Colpevole ed emarginato deve sentirsi l'uomo che commette violenza, non la donna che la subisce. Intorno alle donne colpite deve manifestarsi un senso comune di sostegno e solidarietà: è necessario promuovere una battaglia culturale per costruire una rete di solidarietà diffusa tra i cittadini;
la violenza sulle donne è, però, anche fenomeno sociale. Nel 2007 meno di una donna su due tra quelle in età di lavoro (il 46,7 per cento, con un leggero aumento rispetto al 2006) risultava occupata, a fronte della quota del 58,3 per cento dell'Europa a 27 Paesi: anche questa è violenza;
il motivo principale, sempre secondo un indagine dell'Istat del 2007, che impedisce alle donne di avere un secondo figlio è di carattere economico: una realtà questa umiliante per l'intero Paese, oltre che frustrante per le donne costrette a questa triste rinuncia; ben 4 donne su dieci hanno rinunciato ad un secondo parto per questo motivo. Anche questa è violenza;
altro motivo d'impedimento alle nascite è il lavoro: in particolare, le donne lavoratrici avvertono nettamente di trovarsi di fronte ad un'evidente costrizione che le obbliga a scegliere tra lavoro e maternità. Le dimensioni del fenomeno sono allarmanti: solo 8 padri su 100 vanno in congedo per paternità, mentre una madre su 5 lascia o perde il lavoro dopo la nascita del figlio. Anche questa è violenza. Su questa discriminazione sociale si salda quella culturale e si legittima quella criminale;
la violenza contro le donne è invisibile nella maggior parte dei Paesi. Le statistiche giudiziarie ne registrano solo una porzione piccolissima, perché le donne non la denunciano. Ciò porta a forti distorsioni nell'immaginario collettivo su che cosa è oggi la violenza contro le donne;
ad oltre 10 anni dagli ambiziosi obiettivi della Conferenza di Pechino, restano ancora pesantemente irrisolti nel mondo troppi, gravi problemi relativi all'uguaglianza, all'autonomia e alla piena affermazione del principio di pari opportunità nel mondo;
in Italia, per esempio, lo stereotipo dell'immigrato, estraneo, non conosciuto che violenta la donna italiana impera, ma non è questa la violenza maggioritaria contro le donne italiane. Se si considerano gli stupri avvenuti in Italia, il 69 per cento sono opera dei partner, mariti o fidanzati, solo il 6 per cento di estranei;
nel quadro generale del fenomeno vanno inserite anche le disposizioni relative alla violenza cosiddetta «di genere», dovendosi con tale espressione intendere tutte le forme di coartazione della libertà, di sopraffazione e di dominio sulla vita e sul corpo femminile, di sopruso o riduzione dell'autonomia e della libertà personali, anche in relazione all'orientamento sessuale, in contesti che sottendono modelli culturali, espliciti o impliciti, portatori di rapporti asimmetrici tra i generi e le generazioni;
in quanto mette in discussione il principio di uguaglianza e l'universalità dei diritti umani, la violenza di genere non riguarda una categoria di cittadini o la sola sfera privata, ma investe la società nella sua interezza;
vanno incrementati gli sforzi, in particolare da parte dei Paesi più sviluppati, perché in ogni parte del mondo le donne possano godere pienamente delle loro libertà e dei diritti fondamentali;
occorre considerare che il genere influisce anche sulle diversità e sulle vulnerabilità legate ad altre differenze, quali razza/appartenenza etnica, classe sociale, età, disabilità, orientamento sessuale ed altre, spesso rafforzandole. Molte ricerche hanno messo in luce questo aspetto, ma a livello di statistiche ufficiali si è ancora molto indietro nella concettualizzazione e «operazionalizzazione» dei concetti;
la maggiore consapevolezza della gravità di tali fenomeni e della necessità di affrontarli in tutti i loro aspetti è anche il frutto dell'azione di organizzazioni e associazioni femminili, che da molti anni sono impegnate contro ogni forma di violenza di genere e suggeriscono un approccio multidimensionale, che non si limita alla repressione del reato, ma affronta in modo integrato i diversi aspetti sociali, relazionali e soggettivi del problema;
appare necessario intervenire, sanzionando, comunque, in maniera più severa atti di violenza contro le donne,

impegna il Governo:

ad adottare iniziative per stanziare risorse adeguate al fine di un impegno generale di tutte le amministrazioni statali a realizzare interventi di informazione e di sensibilizzazione per concretizzare l'impegno di varare un piano d'azione nazionale di carattere complessivo contro la violenza sessuale e di genere, nonché per ragioni di orientamento sessuale;
a prevedere la definizione di linee guida per i programmi scolastici, in particolare quelli del primo e del secondo ciclo di istruzione, nonché interventi formativi, volti a rimuovere ogni forma di discriminazione (compresa quella relativa all'orientamento sessuale) e, in particolare, finalizzati a stigmatizzare ed emarginare ogni forma di violenza contro le donne, e ad attivare, di conseguenza, azioni di sensibilizzazione e di formazione rivolte ai docenti ed al personale scolastico;
a prevedere iniziative specifiche affinché la formazione del personale sanitario contempli lo sviluppo di apposite attività di sostegno per le donne vittime di violenza;
ad affidare all'Istat un monitoraggio costante del fenomeno della violenza e dei maltrattamenti, per comprenderne meglio le caratteristiche fondamentali e per individuare i soggetti più a rischio;
a valutare l'opportunità di proporre, nel caso di reati di violenza contro le donne, ipotesi di recidiva da applicarsi obbligatoriamente anche quando il fatto viene commesso da persone già condannate per analoghi reati, o comunque per reati caratterizzati da condotte persecutorie, anche nei confronti di vittime diverse.
(1-00083)
«Mura, Donadi, Borghesi, Evangelisti; Barbato, Cambursano, Cimadoro, Costantini, Di Giuseppe, Favia, Aniello Formisano, Giulietti, Messina, Misiti, Monai, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Pisicchio, Porcino, Porfidia, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».

La Camera,
premesso che:
la violenza contro le donne è un fenomeno che ha assunto negli ultimi decenni una visibilità crescente, suscitando una sempre maggiore attenzione fino a diventare una priorità di azione sia a livello internazionale, sia a livello dei singoli Governi;
attraverso l'attuazione dei principi contenuti nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, di cui in questi giorni ricorre il sessantesimo anniversario dalla sua approvazione, è doveroso promuovere l'uguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna;
la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1979, ratificata dall'Italia nel 1985, rappresenta uno degli strumenti di diritto internazionale più importanti in materia di tutela dei diritti umani delle donne. La Convenzione impegna gli Stati che l'hanno sottoscritta ad eliminare tutte le forme di discriminazione contro le donne, nell'esercizio dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali, indicando una serie dimisure cui gli Stati devono attenersi per il raggiungimento di una piena e sostanziale uguaglianza fra donne e uomini;
i diritti delle donne costituiscono parte integrante ed inalienabile di quel patrimonio di diritti universali in cui si riconoscono le moderne società democratiche;
nonostante la dichiarazione e il riconoscimento di fondamentali diritti civili, sociali e culturali a favore delle donne, la violenza fisica e sessuale rappresenta ancora oggi una delle forme di violazione dei diritti umani più grave e diffusa nel mondo commessa nei confronti delle stesse e che ha effetti devastanti nella loro vita. A questo fenomeno di carattere generale si aggiungono le donne vittime di ogni forma di violenza per il loro rifiuto di sottoporsi a dettami religiosi fondamentalisti, come testimoniato anche da recenti fatti di sangue avvenuti nel nostro Paese e giustificati da preconcetti dogmatici ed integralisti inaccettabili;
le donne subiscono più forme di violenza. Gli atti di violenza, in specie quelli di natura sessuale, spesso sono preceduti da atti persecutori, che nel nostro ordinamento, ancora, non trovano alcuna sanzione;
secondo l'Osservatorio nazionale stalking, le persecuzioni - che hanno per vittime soprattutto donne - in un caso su due sono ad opera di ex mariti, ex conviventi, ex fidanzati, ma possono essere compiute anche da conoscenti, colleghi o estranei: almeno il 20 per cento di italiani, soprattutto donne, ne sono stati vittime dal 2002 al 2007;
da una recente ricerca risulta che su trecento delitti commessi fra partner o ex partner l'88 per cento ha come vittime le donne e nel 39 per cento dei casi si tratta di crimini annunciati, in quanto si verificano dopo un periodo più o meno lungo di molestie e persecuzioni;
secondo recenti dati Istat sono 6 milioni 743 mila le donne dai sedici ai settant'anni che sono rimaste vittime di molestie o violenze fisiche, psichiche o sessuali nel corso della loro vita; circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri; il 14,3 per cento delle donne ha subito almeno una violenza fisica o sessuale dal proprio partner;
il 24,7 per cento delle donne ha subito violenze da un altro uomo, 2 milioni 77 mila donne hanno subito comportamenti persecutori (stalking) dai partner al momento della separazione; nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate; ciò che si può definire come il «sommerso» è tuttora elevatissimo e raggiunge circa il 96 per cento delle violenze da un non partner e il 93 per cento di quelle da partner; anche nel caso degli stupri la quasi totalità non viene denunciata; nel mondo, dunque, una donna su tre, nella sua vita è stata o è destinata a essere almeno una volta vittima di violenza fisica, sessuale o psicologica e il 70 per cento delle donne assassinate muore per mano di parenti;
l'analisi del fenomeno della violenza intrafamiliare non può prescindere dal dedicare attenzione all'elevato numero di bambini che assistono in casa a scene di violenza domestica: questa è una delle esperienze più traumatiche che un bambino possa vivere, in quanto esiste la possibilità di perdere uno o entrambi i genitori e di essere a propria volta vittime di abusi. Nonostante la frequenza dei casi, l'esistenza e la gravità di queste situazioni vengono spesso sottovalutate, sia dal punto di vista del riconoscimento sociale del fenomeno, che sotto il profilo della necessità di adeguati interventi di tutela e cura;
un ulteriore aspetto, connesso a quello della violenza sulle donne, è lo sfruttamento delle stesse attraverso la prostituzione. Donne, spesso minorenni, asservite, ridotte in schiavitù. Donne vittime di tratta; segregate e private della loro libertà individuale; tenute in condizioni di vulnerabilità fisica e psicologica. I dati, infatti, riferiscono che in Italia le persone sottoposte a sfruttamento sessuale sono tra le 19.000 e le 26.000 ogni anno,

impegna il Governo:

ad inserire, nel prossimo ordine del giorno degli incontri con la Consulta islamica, la discussione di questa importante problematica e, di conseguenza, a sollecitare la redazione di un documento ufficiale che condanni in modo inequivocabile tutte le violazioni della libertà individuale della donna in nome di precetti dogmatici religiosi;
a promuovere un programma di educazione e formazione ai diritti umani per tutti, anche a partire da tutti gli ordini di scuole, dato che il fenomeno della violenza contro le donne rappresenta un problema culturale che investe l'intero Paese, soprattutto in ragione del fenomeno migratorio, che comporta la presenza nella nostra società di culture portatrici di valori profondamente diversificati rispetto alle nostre tradizioni;
a potenziare la rete dei centri antiviolenza presenti sul territorio, che prestano un servizio di fondamentale importanza alle vittime di sopraffazioni e violenze;
a promuovere interventi per la videosorveglianza dei luoghi pubblici maggiormente a rischio per l'incolumità e la sicurezza delle persone;
a proseguire il programma diretto a contrastare il fenomeno della prostituzione su strada e il suo sfruttamento attuato dalla criminalità organizzata, anche di matrice straniera, attraverso la tratta e lo sfruttamento degli esseri umani, onde tutelare la dignità e i valori della persona umana e, soprattutto, della donna e prevenire le cause di diffuso allarme per la sicurezza e l'ordine pubblico;
a ritenere prioritarie le iniziative legislative contro gli atti persecutori contro la violenza sessuale e contro la prostituzione;
a monitorare il fenomeno della violenza sulle donne, anche sotto forma di atti persecutori, e della violenza perpetrata in presenza di minori;
a fornire un adeguato supporto informativo, psicologico e giuridico alle donne vittime di violenza e di tratta mediante i numeri telefonici di pubblica utilità;
a porre in essere azioni positive per l'assistenza legale e psicologica delle vittime di violenza sessuale;
a sostenere campagne di informazione volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sul problema della violenza contro le donne e, in particolare, a rendere le donne consapevoli degli strumenti a disposizione per la loro tutela, anche attraverso i siti istituzionali e il servizio di radio-diffusione pubblico nazionale.
(1-00085)
«Cicchitto, Cota, Iannaccone, Lussana, Carlucci, Saltamartini, Bertolini, Bernini Bovicelli, Sbai».

MOZIONI LIVIA TURCO ED ALTRI N. 1-00071, DELFINO ED ALTRI N. 1-00079, MURA ED ALTRI N. 1-00082 E LAURA MOLTENI ED ALTRI N. 1-00084 CONCERNENTI INIZIATIVE A SOSTEGNO DEI DIRITTI DELLE PERSONE CON DISABILITÀ

Mozioni

La Camera,
premesso che:
la Commissione europea, in accordo con le Nazioni Unite, dal 1993 ha istituito il 3 dicembre quale Giornata europea delle persone disabili;
il tema del 3 dicembre 2008 sarà «la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità: dignità e giustizia per tutti noi». «La dignità e la giustizia - si legge nella nota delle Nazioni Unite - sono principi universali e consolidati e fin dalla sua nascita l'Onu ha stabilito che la dignità e i diritti inalienabili e uguali per tutti i membri del consorzio umano fossero alla base della libertà, della giustizia e della pace nel mondo. Il 2008, poi, è un anno particolarmente significativo per il movimento internazionale dei diritti umani, alla luce dell'entrata in vigore, il 3 maggio scorso, della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità e del suo protocollo opzionale, uno strumento legale concretamente vincolante per tutti gli Stati a far sì che essi promuovano e tutelino i diritti delle persone con disabilità». A tutt'oggi sono 37 i Paesi che hanno ratificato la Convenzione; l'Italia non ha ancora ratificato la Convenzione;
fin dal 17 giugno 2008 è stata presentata alla Camera dei deputati la proposta di legge Atto Camera n. 1311 di ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, a firma di deputati appartenenti sia alla maggioranza che all'opposizione parlamentare;
il Governo il 28 novembre 2008 ha approvato il disegno di legge di ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità nella seduta del Consiglio dei ministri;
la parità delle opportunità è l'obiettivo della strategia a lungo termine dell'Unione europea riguardante la disabilità, che intende garantire la dignità e il rispetto della persona disabile, la sua autonomia e la sua partecipazione alla vita civile, politica del Paese, per una «vita indipendente»; le azioni dell'Unione europea, permettendo ai disabili di sfruttare le loro capacità e di partecipare alla vita della società e all'attività economica, contribuiscono a rafforzare i comuni valori economici e sociali su cui essa si fonda;
la strategia dell'Unione europea si basa su tre pilastri:
a) la legislazione e le iniziative miranti a combattere la discriminazione, che garantiscono i diritti individuali;
b) l'eliminazione degli ostacoli di natura ambientale che impediscono ai disabili di sfruttare le loro capacità;
c) la considerazione dell'aspetto della disabilità in tutte le politiche comunitarie, che promuove l'inclusione attiva dei disabili;
il piano d'azione dell'Unione europea a favore dei disabili, che la Commissione europea ha istituito per dare un seguito coerente all'anno europeo dei disabili nell'Europa allargata, costituisce un quadro dinamico per l'elaborazione di una strategia europea della disabilità; in un contesto economico e sociale in mutazione, come quello dell'Unione europea, è indispensabile prendere in considerazione in maniera strutturata la questione della disabilità. In questo campo le iniziative sono principalmente di competenza degli Stati membri, ma le politiche e le azioni dell'Unione europea hanno molteplici incidenze sulla situazione dei disabili e, consapevole di questo, il Consiglio ha raccomandato agli Stati membri di tenere pienamente conto del piano d'azione dell'Unione europea a favore dei disabili nell'elaborazione delle loro politiche per i disabili;
nella situazione demografica attuale, il potenziale economico delle persone disabili e il contributo che esse possono dare alla crescita economica e all'occupazione devono essere meglio sfruttati, sulla base dell'agenda sociale 2005-2010. Inoltre, nell'ambito del rilancio della strategia di Lisbona, la comunicazione invita gli Stati membri a promuovere l'inclusione dei disabili nei loro futuri programmi di riforma per la crescita e l'occupazione. Questa comunicazione è anche la prima delle relazioni dell'Unione europea sulla situazione generale delle persone disabili, che la Commissione europea si è impegnata a pubblicare ogni due anni in occasione della Giornata europea delle persone disabili;
in base alle stime ottenute dall'indagine sulle condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari del 2004-2005, emerge che in Italia le persone con disabilità che vivono in famiglia sono circa 2 milioni 600 mila, pari al 4,8 per cento circa della popolazione di 6 anni e più che vive in famiglia; considerando anche le 190.134 persone residenti nei presidi socio-sanitari si giunge ad una stima complessiva di poco meno di 2 milioni 800 mila persone con disabilità;
rispetto al passato, in cui i soggetti con difficoltà fisiche o psichiche erano privi di tutela, non riconosciuti i loro diritti e in condizione di isolamento e di istituzionalizzazione, nel nostro Paese si è ormai di fronte ad un presente che non pone più in discussione il diritto, per i disabili, ad essere parte reale della vita sociale, a possedere tutte le opportunità di qualunque altro cittadino, a richiedere, volere e pretendere la piena integrazione quale elemento costituente la qualità della vita di tutti;
tale processo d'integrazione non si manifesta in modo spontaneo ed automatico, ma richiede un impegno attivo e permanente affinché le affermazioni, le annunciazioni di principio non rimangano lettera morta, ma si traducano in atti concreti, e la cultura dell'integrazione della persona disabile sfoci nel diritto reale ed esigibile della stessa persona disabile ad «essere parte» a pieno titolo del mondo sociale, scolastico, sportivo, lavorativo;
tutto questo è un processo che non ha termine, ma si snoda nel tempo e nell'evoluzione, non sempre lineare e non ugualmente diffusa su tutto il territorio nazionale, della concezione che ha portato dal rifiutare (nascondere, segregare) al riabilitare, dal riabilitare all'inserire, dall'inserire all'integrare la persona disabile all'interno della società;
il mondo della disabilità ha vissuto in Italia negli ultimi trentacinque anni profonde trasformazioni. È, infatti, a partire dagli anni '70 che prende corpo un'importante azione di rinnovamento di servizi ed interventi, che coincide con la prima fase del decentramento delle competenze dallo Stato alle regioni. La costruzione di una rete di servizi sul territorio, in attuazione delle prime leggi regionali, prende poi ulteriormente slancio dopo la riforma sanitaria del 1978, con la costituzione delle unità sanitarie locali. Si manifesta in questa fase un approccio innovativo al problema, non finalizzato più al ricovero, all'istituzionalizzazione o comunque a delinearepercorsi paralleli o speciali, ma, al contrario, teso a costruire una rete di sostegno e di opportunità per la persona disabile e la sua famiglia, per rendere possibile e facilitare il processo d'integrazione. Fu, però, la legge n. 104, approvata nel 1992 dopo un lungo confronto parlamentare, a delineare per la prima volta nel nostro ordinamento un quadro organico di norme che fissavano principi ed indirizzi in tutti i campi della vita sociale per la prevenzione e la riabilitazione, l'accesso ai diversi gradi di istruzione e formazione, il lavoro, la mobilità, la fruizione delle strutture sportive turistiche e ricreative, l'accesso alle informazioni e alla comunicazione, il sostegno alle famiglie, il servizio di aiuto alla persona, residenzialità. Il nuovo quadro legislativo ha consentito poi a regioni, aziende sanitarie locali, enti locali di predisporre tutta una serie di servizi per migliorare l'assistenza sanitaria e sociale, l'autonomia e l'integrazione della persona disabile, il sostegno al nucleo familiare, attraverso l'assistenza domiciliare, l'aiuto personale. Solo con un'azione certosina di sensibilizzazione dell'opinione pubblica parallela a rivendicazioni ben precise si è potuto arrivare a un complesso di norme (legge n. 517 del 1977 sulla piena integrazione scolastica dei bambini disabili, prescindendo dalle difficoltà di apprendimento e da tutte le altre eventuali difficoltà derivanti dalla loro disabilità, legge n. 13 del 1989 sull'eliminazione delle barriere architettoniche, legge n. 104 del 1992, legge quadro sull'assistenza, legge n. 68 del 1998 sul collocamento obbligatorio), che nel loro insieme hanno creato un complesso sistema di tutele della persona disabile; tale azione di sensibilizzazione dell'opinione pubblica per un'integrazione reale e piena dei disabili nella nostra società non può che essere sempre in continuo divenire, come in continuo divenire è la nostra stessa società,

impegna il Governo:

a presentare alle Camere nel più breve tempo possibile un disegno di legge di ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità e del suo protocollo opzionale, che è stata aperta alla firma a New York il 30 marzo 2007 ed è entrata in vigore il trentesimo giorno successivo al deposito del ventesimo strumento di ratifica o di adesione (3 maggio 2008), visto che l'Italia ha provveduto ad apportare la sua firma già dal 30 marzo 2007;
ad adottare, nel più breve tempo possibile, tutte le misure atte alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, così come previsti all'articolo 22 della legge quadro n. 328 del 2000 e dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, al fine di avere su tutto il territorio nazionale una rete integrata di servizi che fissi i livelli essenziali delle prestazioni sociali sia quantitativamente che quantitativamente omogenei in tutto il Paese, nonché al reperimento di risorse finanziarie adeguate del fondo nazionale per le politiche sociali, di cui all'articolo 20 della legge n. 328 del 2000, al fine di poter garantire reali opportunità di inserimento sociale delle persone disabili;
a sviluppare ed a promuovere un'azione di programma per le politiche dell'handicap, attraverso tutti gli elementi ritenuti necessari, affinché all'interno della nostra società si sviluppi una reale e concreta cultura volta al superamento delle problematiche dell'integrazione delle persone disabili, anche mediante:
a) l'inserimento, per rendere più efficace la lotta contro le barriere architettoniche, nei programmi delle scuole medie superiori tecniche, quali geometri e tecnici per l'edilizia, nonché nei corsi di laurea universitari, quali ingegneria civile e ambientale, scienze dell'architettura, scienze della pianificazione territoriale, urbanistica, paesaggistica e ambientale, scienze e tecniche dell'edilizia, lo studio dell'universal design, inteso come progettazione di un ambiente «accessibile» sicuro, confortevole e qualitativamente migliore per tutti i potenziali utilizzatori;
b) il potenziamento dei corsi di formazione e specializzazione degli insegnanti,attraverso la definizione di qualificati percorsi universitari, a partire dalla formazione di base, non solo per gli insegnanti di sostegno ma anche di quelli curricolari, con il coinvolgimento pieno delle facoltà di scienze dell'educazione e del sistema universitario nel suo complesso, tenendo come punto di riferimento i diversi bisogni educativi specifici conseguenti alle diverse tipologie di disabilità;
c) la definizione di corretti strumenti di valutazione e verifica degli interventi educativi, didattici ed organizzativi messi in atto dalle singole scuole, avendo cura poi di prevedere standard adeguati a valutare i processi di insegnamento ed apprendimento, i risultati raggiunti sul piano individuale e collettivo, in quanto il processo di integrazione scolastica degli allievi in situazione di handicap deve ormai essere considerato come uno dei fattori di qualità del piano dell'offerta formativa dell'istituzione scolastica;
d) la piena attuazione dell'integrazione scolastica degli oltre centonovantamila studenti disabili presenti nelle scuole italiane attraverso la realizzazione di un progetto di vita di presa in carico integrata dell'alunno disabile da parte di tutti gli insegnanti che interagiscono con lui, nonché assegnazione delle ore di sostegno sulla base delle «effettive esigenze» dell'alunno disabile, soprattutto per i gravi, assicurandone anche la continuità didattica tra alunno ed insegnante di sostegno;
e) azioni volte a sensibilizzare le imprese circa le opportunità offerte dalla legge n. 68 del 1999 sul collocamento dei lavoratori disabili, anche ripristinando l'obbligatorietà della certificazione di ottemperanza sul rispetto delle norme della legge n. 68 del 1999 rilasciata dai centri dell'impiego alle imprese che vogliono partecipare ad appalti pubblici;
f) l'istituzione, presso il ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di un Osservatorio nazionale per i diritti dei disabili con compiti di monitoraggio, studio, ricerca, documentazione e formulazione di proposte, in merito alla corretta applicazione della legge n. 68 del 1999, nonché di ogni altro aspetto inerente l'occupazione dei lavoratori disabili, sugli interventi previdenziali e assistenziali, onde porre le basi per il loro adeguamento, sulla rete sanitaria e assistenziale regionale e la sua adeguatezza nel rispetto dei livelli essenziali, ponendo così le basi per un quadro informativo completo sulla condizione di vita delle persone con disabilità, elemento preliminare e necessario per qualsiasi intervento legislativo;
g) l'emanazione di linee guida per orientare le diverse amministrazioni nei vari aspetti applicativi e progettuali, nonché per ottenere un riordino delle provvidenze economiche, attualmente del tutto inadeguate;
h) la garanzia di adeguate risorse finanziarie alla legge n. 13 del 1989 sull'abbattimento delle barriere architettoniche, nonché la concessione di mutui agli enti locali per finanziare programmi di abbattimento delle barriere architettoniche;
i) il potenziamento della rete telematica di comunicazione, per rendere sempre più possibile il contatto con mille realtà socio-professionali, legate sia alla rete dei servizi, di cui hanno più immediato bisogno, sia a forme sociali di tempo libero;
ad adottare una politica efficace di sostegno alla non autosufficienza e alla vita indipendente, attraverso lo stanziamento di risorse finanziarie adeguate atte ad integrare i cofinanziamenti degli enti territoriali interessati, nonché attraverso un programma di intervento diretto a favore delle famiglie e degli anziani con il rafforzamento dell'assistenza domiciliare, con il sostegno economico alle famiglie per cura e assistenza, con la prevenzione, il contrasto e la riabilitazione degli stati di non autosufficienza, con la realizzazione dei livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali, affinché si possa realizzare su tutto il territorio nazionale una rete integrata di servizi anche con l'aiuto ed il sostegno del cosiddetto «terzo settore» e con la creazione di cooperative in cui tutti,persone disabili e non possano, ognuno secondo le loro capacità, trovare la propria dimensione lavorativa ed umana;
a predisporre linee guida nazionali atte a delineare programmi di integrazione e di presa in carico del disabile grave, in particolar modo nel momento in cui viene a mancare il supporto del nucleo familiare, il cosiddetto «dopo di noi», anche attraverso una politica di interventi in materia di solidarietà sociale con la creazione di comunità alloggio, a carattere familiare, case-famiglie, piccoli gruppi in appartamento gestiti attraverso la supervisione e il controllo delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni familiari affinché le persone disabili gravi o gravissimi dopo la perdita dei loro familiari possano trovare assistenza ed accoglienza.
(1-00071)
(Nuova formulazione) «Livia Turco, Argentin, Binetti, Boffa, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Farina Coscioni, Grassi, Lenzi, Miotto, Mosella, Murer, Pedoto, Calvisi, Schirru, Madia, Ghizzoni, Coscia, Rossa, Pes, Strizzolo, Motta, Bellanova, Rampi, Codurelli, Gnecchi, Cenni, Ginefra, Mattesini, Gatti, Pollastrini, Concia, Siragusa».

La Camera,
premesso che:
nel luglio del 1993 è stato istituito, dalla Commissione europea, in accordo con le Nazioni Unite, il 3 dicembre quale Giornata europea delle persone disabili, che ha grande rilevanza sociale e che si rivolge ad un pubblico ampio e variegato non solo di persone diversamente abili, ma anche di famiglie, di operatori, di professionisti che operano nel sociale e di gente comune sensibile alle tematiche connesse alla disabilità;
a livello europeo è stata una grande dimostrazione di solidarietà e di sensibilità al problema della disabilità, anche alla luce del fatto che un europeo su dieci è affetto da un handicap più o meno pronunciato; la collettività ha preso coscienza di quanto sia necessario che la comunità internazionale riconosca la specificità delle persone disabili e che esse possano pienamente usufruire dei diritti di ogni cittadino e assumere liberamente e senza condizionamenti le loro decisioni;
rimane forte la necessità di procedere con decisione alla loro migliore integrazione nella società; in questa direzione dall'aprile 2006, il Consiglio d'Europa ha adottato un piano d'azione per le persone disabili (2006-2015), con l'intento di tutelare e garantire la partecipazione alla vita politica, pubblica e culturale, l'educazione, l'informazione e la comunicazione, l'impiego, l'accesso agli edifici e ai trasporti delle persone con disabilità;
secondo l'Organizzazione mondiale della sanità ci sono in Europa 37 milioni di persone con disabilità, pari al 10 per cento della popolazione complessiva e al 14 per cento della popolazione con età compresa tra i 16 e i 64 anni, tutto ciò a testimonianza del fatto che il problema della disabilità non investe solo il disabile e la famiglia di appartenenza, ma l'intera collettività;
il 3 maggio 2008 è stata una data importante per i 650 milioni di disabili di tutto il mondo; è, infatti, entrata in vigore la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata il 13 dicembre 2006 da 192 Paesi e già ratificata da 20 Stati;
l'Italia ha firmato la Convenzione il 30 marzo 2007; solo nei giorni scorsi il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge di ratifica della Convenzione siglata nel 2006 a New York;
a causa della mancanza, nel documento, di un divieto esplicito sull'aborto, la Santa Sede non ha firmato la convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, pur avendo partecipato attivamente alla stesura del testo;
l'obiettivo della Convenzione è quello di promuovere e garantire alle persone con disabilità il pieno godimento dei diritti nei diversi ambiti: vita, salute, lavoro, istruzione, mobilità, manifestazione del pensiero, partecipazione alla vita sociale e politica; la Convenzione acquista valore legale e vincolante solo per i Paesi che l'hanno ratificata e che dovranno adeguare la loro legislazione interna ai dettami dei 50 articoli della Convenzione;
i principi proclamati nella Carta delle Nazioni Unite riconoscono la dignità il valore e i diritti uguali e inalienabili di tutti i membri della famiglia umana come fondamento di libertà, giustizia e pace nel mondo;
le persone con disabilità tendono a restare disoccupate per un tempo due volte più lungo delle altre; il 42 per cento delle persone con disabilità hanno impiegato un anno per trovare lavoro, mentre il 27 per cento delle persone con disabilità hanno impiegato più di due anni per trovare lavoro; è una penalizzazione che anche nel contesto economico attuale risulta doppiamente immotivata perché ignora il contributo aggiuntivo alla crescita e all'occupazione che le persone con disabilità potrebbero fornire nel contesto europeo;
tutto ciò accade nonostante gli «Stati parti» della Convenzione abbiano riconosciuto il diritto delle persone con disabilità al lavoro, su base di parità con gli altri; ciò comprende il diritto all'opportunità di essere autosufficienti attraverso il lavoro che scelgono liberamente nel mercato del lavoro, finalizzato all'inclusione e all'accessibilità all'occupazione delle persone con disabilità;
la Convenzione prevede un impegno a garantire e favorire l'esercizio del diritto al lavoro anche per coloro che hanno acquisito una disabilità nell'esercizio della propria attività, prendendo a tal fine appropriate iniziative anche legislative;
i presidenti dell'Unione italiana ciechi e ipovedenti e del Consiglio italiano dei disabili per i rapporti con l'Unione europea hanno evidenziato l'importanza della Convenzione, che «non è più concepita con il concetto di assistenza ma con quello del riconoscimento dei diritti umani»;
in occasione dell'anno europeo delle pari opportunità è stato ulteriormente rafforzato l'impegno dell'Unione europea verso i disabili e la loro non discriminazione, che si realizza, innanzitutto, con il potenziamento di un quadro giuridico europeo mirato a contrastare qualsiasi forma di discriminazione, anche nel lavoro;
il suddetto impegno si deve concretizzare in un forte sostegno dell'Unione europea alle pratiche innovative e alle nuove tecnologie per assicurare ai disabili il pieno esercizio dei diritti;
questo quadro culturale e politico costituisce un'opportunità importante per sostenere il lavoro effettuato a livello locale da tutti gli operatori professionali e dalle strutture operanti al servizio dei disabili;
nel nostro Paese, per ciò che riguarda la situazione delle persone con disabilità, sono state varate molte leggi che hanno fatto da apripista in Europa e nel mondo, ma che non hanno trovato completa applicazione a causa della mancanza di adeguate risorse;
negli anni è stato possibile valorizzare il mondo della disabilità, attraverso un'attenta e continua opera di sensibilizzazione con l'approvazione di norme specifiche che hanno permesso di poter garantire diritti essenziali, come l'integrazione scolastica dei bambini disabili (legge n. 517 del 1977), l'abbattimento delle barriere architettoniche (legge n. 13 del 1989), il collocamento nel mondo del lavoro (legge n. 68 del 1999);
questo percorso si è realizzato soprattutto grazie al lavoro delle famiglie e di molteplici associazioni non-profit, che si sono battute perché i bambini disabili avessero pari diritti e dignità nella scuola, nella formazione e nel lavoro;
l'Italia con la legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha definito un quadro legislativo ampio e di grande qualità per il riconoscimento dei diritti e la tutela delle persone disabili;
in questa direzione sono già state ulteriormente emanate diverse disposizioni legislative, quali quelle che regolamentano la disciplina dei permessi per l'assistenza ai portatori di handicap (legge n. 53 del 2000), successivamente modificata con il decreto legislativo n. 151 del 2001, e la legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali (legge n. 328 del 2000);
le politiche economiche dell'attuale Governo a causa dei tagli indiscriminati al settore del welfare rischiano di determinare ricadute gravi e immediate sulle vite delle persone con disabilità e dei loro familiari;
l'allarme diffuso in tal senso è rivolto soprattutto al settore della scuola, dove il prospettato aumento del numero degli alunni per classe e la riduzione del numero dei docenti potrebbe ridurre la qualità dell'integrazione scolastica;
la centralità della famiglia nell'assistenza delle persone con disabilità è un dato consolidato che merita la massima considerazione con l'adozione di misure adeguate e in grado di conciliare lavoro, attività domestica e assistenza ai familiari dei portatori di handicap;
attualmente sono state presentate diverse iniziative legislative e sono all'esame in sede referente alla Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati le proposte di legge n. 82 e abbinate in materia di norme in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili, che prevedono, per i lavoratori che prestano assistenza e cura a familiari disabili, la possibilità di maturare anticipatamente il diritto al trattamento pensionistico o di fruire di altri benefici, quali congedi o aspettative;
in Assemblea alla Camera dei deputati sono stati presentati e accolti dal Governo diversi ordini del giorno mirati a promuovere un sempre più efficace riconoscimento dei diritti dei disabili e per sollecitare l'adozione di misure in linea con le politiche nazionali e comunitarie,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative normative volte ad adeguare in tempi brevi, così come previsto dal disegno di legge di ratifica (approvato il 28 novembre 2008 dal Consiglio dei ministri) della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, siglata nel 2006, la legislazione nazionale ai dettami della Convenzione, attuando misure a tutela delle persone disabili e abolendo le disposizioni legislative e le pratiche discriminatorie;
a garantire l'applicazione effettiva della legislazione europea relativa alla disabilità nei suoi numerosi aspetti: dalla lotta contro la discriminazione sul lavoro all'integrazione e alla protezione sociale, alla sanità e ai bisogni di lungo termine;
a rispettare le ragioni della mancata sottoscrizione della Convenzione da parte della Santa Sede di fronte al rischio di legittimazione dell'aborto che i sottoscrittori respingono;
a disporre misure urgenti finalizzate all'attuazione del «piano dell'Unione europea» a favore della disabilità con i seguenti obiettivi:
a) migliorare l'accessibilità al mercato del lavoro;
b) migliorare l'accessibilità dei beni, dei servizi e della infrastrutture;
c) rinforzare la capacità di analisi della Commissione, al fine di sostenere l'accessibilità, soprattutto finanziandone gli studi;
d) completare il quadro legislativo comunitario in materia di protezione contro le discriminazioni;
a ottimizzare e accrescere la disponibilità delle risorse pubbliche per migliorarela qualità di vita e l'inclusione sociale delle persone con disabilità, riconoscendone la sua centralità;
ad incentivare e investire sulla promozione e sull'attività di centri onlus, perché capaci di dare un sostegno concreto alle famiglie che affrontano ogni giorno innumerevoli difficoltà, sia nella vita sociale che nel mondo del lavoro;
a dare ulteriore e piena applicazione alla legge n. 104 del 1992, che, a distanza di anni dalla sua approvazione, presenta ancora molte carenze applicative;
ad adottare ogni possibile e puntuale iniziativa per dare efficacia alle misure previste dalla legge quadro n. 328 del 2000 per ciò che concerne i livelli essenziali delle prestazioni sociali, così come più volte richiesto anche dalle associazioni impegnate nella difesa dei diritti dei disabili.
(1-00079)
«Delfino, Vietti, Capitanio Santolini, Poli, Nunzio Francesco Testa, De Poli, Oppi, Volontè, Ciccanti, Naro, Buttiglione, Compagnon».

La Camera,
premesso che:
in base alle stime ottenute dall'indagine sulle condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari dell'Istat del 2004-2005, emerge che in Italia le persone con disabilità sono circa 2 milioni e 600 mila, pari al 4,8 per cento circa della popolazione che vive in famiglia; considerando anche le oltre 190 mila persone residenti nei presidi socio-sanitari si giunge ad una stima complessiva di poco meno di 2 milioni e 800 mila persone con disabilità;
si ricorda che le persone con disabilità possono essere ricondotte ai seguenti profili: disabilità sensoriali (vista, udito), disabilità motorie e disabilità psichiche o cognitive; spesso per caratterizzare le persone con varie disabilità concomitanti si usa introdurre una quarta categoria, quella delle disabilità multiple;
di questi, circa 221 mila non possono muoversi dal letto e oltre 520 mila non possono uscire di casa. La disabilità riguarda prevalentemente le persone di 60 anni e più: risulta disabile il 17 per cento degli ultrasessantenni (2 milioni 57 mila individui) e il 37,7 per cento delle persone di 75 anni e più;
il 31,9 per cento delle persone con disabilità vive da sola e la gran parte di queste persone sono costituite da donne anziane vedove;
per quanto riguarda la realtà scolastica, la percentuale degli studenti diversamente abili è dell'1,6 per cento;
le famiglie che devono affrontare quotidianamente i bisogni e i disagi che derivano dalla presenza di un disabile sono circa l'11,5 per cento delle famiglie italiane;
la famiglia rappresenta uno dei punti di riferimento essenziali per le persone con disabilità: infatti, il 68,2 per cento degli aiuti ricevuti provengono da parenti più o meno stretti. In generale, gli aiuti più frequenti che queste persone ricevono sono legati alle faccende domestiche (32,1 per cento di tutti gli aiuti) e all'assistenza ad adulti e bambini (28,2 per cento), mentre sono molto meno frequenti quelli di carattere economico (4,4 per cento);
una sfida importante per una società evoluta e per un sistema di welfare adeguato è quella di creare le condizioni culturali e ambientali affinché le persone con disabilità raggiungano la piena partecipazione sociale. Un concetto, quest'ultimo, che coinvolge numerosi aspetti come, per esempio, quelli legati alla formazione, all'integrazione lavorativa, alla mobilità, alla possibilità di avere relazioni interpersonali e una soddisfacente partecipazione alla vita sociale;
la normativa attualmente in vigore nel nostro Paese nei riguardi del problemadella disabilità, e per conseguenza le scelte operative che vengono quotidianamente effettuate dalle amministrazioni centrali e locali, tendono o dovrebbero tendere a realizzare i seguenti principi fondamentali:
a) principio della non discriminazione;
b) principio delle pari opportunità;
c) principio delle maggiori gravità;
d) principio della concreta inclusione;
la reale, costante, fattiva applicazione di tali principi nel contesto sociale incontra tuttavia - come possono testimoniare i disabili stessi e coloro che a diverso titolo, ma per comune finalità, sono quotidianamente coinvolti ed impegnati nel settore della disabilità (familiari, cooperative e operatori sociali, associazioni di volontariato ed altri) - una serie di difficoltà, di ritardi, di vincoli burocratici, di carenze di risorse finanziarie e spesso, forse cosa ancora più grave, di ostacoli e pregiudizi derivanti da riserve di ordine culturale;
la necessità di garantire a tutti i cittadini pari opportunità e dignità sociale è un obbligo sancito dalla nostra Carta costituzionale, la quale, all'articolo 3, ricorda come «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;
un ruolo importante deve essere svolto dall'assistenza domiciliare integrata, che rappresenta un servizio sanitario di fondamentale importanza, soprattutto in una società come quella italiana, in cui il processo di invecchiamento della popolazione è molto evidente;
si assiste all'incremento delle strutture per l'assistenza semiresidenziale e residenziale, che svolgono un ruolo importante sia nel favorire il processo di deospedalizzazione, sia nel garantire una risposta alla domanda sanitaria proveniente da persone non autosufficienti o con gravi problemi di salute;
secondo l'Istat, nel periodo 2005-2006 si è assistito ad un potenziamento di questi servizi: i posti letto nelle strutture per l'assistenza residenziale sono passati da circa 170 mila nel 2005 a circa 181 mila nel 2006, con un incremento pari al 6 per cento in un solo anno; negli stessi anni i posti per l'assistenza semiresidenziale sono passati da 36 mila a 38 mila, corrispondente anche in questo caso a una variazione del 6 per cento;
in questi ultimi anni è fortunatamente aumentata a livello internazionale una sensibilità e una volontà sempre più condivisa circa la necessità di garantire una società senza esclusi, che offra pari opportunità, rimuovendo a tal fine tutte quelle barriere (sociali, ambientali, culturali, architettoniche ed altre) che impediscono o frenano l'integrazione e la piena partecipazione alla società di molti cittadini, quali sono, per esempio, i diversamente abili e gli anziani. Anche se a questa maggiore sensibilità e consapevolezza non sempre sono seguiti azioni concrete e conseguenti impegni finanziari;
la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, adottata il 13 dicembre 2006 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e firmata dal precedente Governo italiano il 30 marzo 2007, non è ancora stata ratificata dal nostro Paese;
la Convenzione rappresenta un importante risultato e pone tra i suoi principi ispiratori la necessità che le persone con disabilità possano godere, sulla base degli ordinamenti degli Stati di appartenenza, degli stessi diritti riconosciuti agli altricittadini, in applicazione dei principi generali di pari opportunità per tutti, promuovendo e assicurando il pieno e uguale godimento di tutti i diritti e di tutte le libertà da parte delle persone con disabilità. Conseguentemente gli Stati membri si impegnano ad adottare tutte le misure legislative, amministrative e di altra natura che si rendano necessarie per realizzare i diritti riconosciuti dalla Convenzione;
per quanto riguarda le politiche di assistenza del nostro Paese, il fondo nazionale per le politiche sociali (le cui risorse sono ripartite annualmente con decreto del ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali) rappresenta il più importante strumento per il finanziamento dei servizi sociali e degli interventi di solidarietà sociale;
in questo contesto le iniziative nell'ambito delle politiche sociali messe finora in campo dal Governo risultano del tutto insoddisfacenti;
il disegno di legge finanziaria per il 2009, la prima di questa legislatura, stanzia per il fondo per le politiche sociali 1.311.605.000 euro per il 2009 e, per il 2010 e 2011, rispettivamente 1.030.000.000 e 920.000.000 euro, con un'evidente vistosissima diminuzione. Si ricorda, infatti, che l'ultima legge finanziaria del Governo Prodi assegnava per il 2008, per il medesimo fondo, 1.582.815.000 euro;
il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, all'articolo 40, ha abrogato il previsto obbligo per le imprese, che vogliano partecipare a bandi per appalti pubblici o intrattenere rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, di presentare apposita certificazione che attesti di essere in regola con quanto previsto dalla legge n. 68 del 1999, in materia di diritto al lavoro dei disabili;
i tagli alle risorse per il comparto scuola e gli interveti di razionalizzazione sul personale, previsti principalmente con il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, rischiano di coinvolgere gli insegnanti di sostegno, con effetti negativi anche nei confronti delle categorie più deboli della popolazione, quali i ragazzi con disabilità;
il disegno di legge delega presentato dal Governo in materia di lavoro, attualmente all'esame del Senato della Repubblica, prevede una modifica alla legge n. 104 del 1992 in materia di permessi per i soggetti portatori di handicap grave, prevedendo la quantificazione dei permessi per assistere i parenti disabili in 18 ore mensili e la restrizione al coniuge, ai parenti ed agli affini entro il secondo grado della platea di soggetti che possono fruire dei permessi per assistere il portatore di handicap;
le stesse risorse per le non autosufficienze sono del tutto inadeguate. Si ricorda che la famiglia rappresenta ancora oggi la principale risorsa a disposizione delle persone disabili e anziane per fronteggiare la propria non autosufficienza. Le famiglie con almeno un disabile grave sono circa un milione e mezzo, pari a quasi il 7 per cento delle famiglie italiane. I costi della cura sono, infatti, sostenuti principalmente dalle stesse famiglie attraverso il ricorso a familiari oppure a lavoro privato di cura in gran parte sommerso;
la legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 1264) aveva istituito il fondo per le non autosufficienze, con una dotazione di 100 milioni di euro per l'anno 2007 e di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. Successivamente la legge finanziaria per il 2008 (articolo 2, comma 465) ne ha incrementato lo stanziamento di 100 milioni per l'anno 2008 e 200 per il 2009. Il 2009 è, quindi, l'ultimo anno in cui risulta rifinanziato il suddetto fondo;
il decreto ministeriale 27 agosto 1999, n. 332, ha istituito il nomenclatore tariffario delle protesi. Esso consiste in un elenco di ausilii protesici che il servizio sanitario nazionale eroga ai cittadini disabili aventi diritto. Lo stesso decretoministeriale stabiliva che il nomenclatore dovesse essere aggiornato al massimo una volta ogni tre anni, al fine di mantenerlo efficiente e al passo con i progressi della tecnica. Ad oggi, però, tale disposizione è stata completamente disattesa e il nomenclatore è rimasto invariato rispetto a quello elaborato nel 1999. Tale mancato aggiornamento ha fortemente compromesso l'utilità assistenziale di questo strumento, costringendo, di fatto, i cittadini disabili a sostenere il costo di ausilii più moderni e tecnologicamente avanzati che non figurano all'interno del nomenclatore,

impegna il Governo:

a promuovere politiche, in stretto coordinamento tra i vari soggetti istituzionali (locali, regionali, nazionale) e con l'eventuale contributo di soggetti pubblici o privati comunque operanti sul territorio, che mirino ad estendere significativamente la rete di tutti quei servizi in grado di fornire risposte ai bisogni quotidiani di ogni singola persona non autosufficiente;
ad incrementare sensibilmente le risorse destinate alle non autosufficienze, prevedendo a tal fine un impegno di spesa pluriennale e definito annualmente dalla legge finanziaria, come condizione necessaria per lo sviluppo di un sistema integrato dei servizi sociosanitari;
a favorire, con particolare riguardo alle persone con disabilità grave, forme di assistenza personale autogestita, al fine di potenziare e ampliare le modalità di realizzazione dell'attuale assistenza sanitaria, attraverso il finanziamento di un progetto assistenziale che consenta alla persona disabile di individuare direttamente uno o più assistenti specializzati per la sua cura;
a riconoscere la possibilità di una quota più elevata di trattamento in caso di reversibilità e la possibilità, limitatamente ai casi più gravi, di prepensionamento per i familiari di disabili;
ad incrementare, anche mediante ulteriori interventi, le risorse del fondo per le politiche sociali, attualmente del tutto insufficienti e in costante riduzione;
ad aggiornare quanto prima il nomenclatore tariffario delle protesi istituito dal decreto ministeriale 27 agosto 1999, n. 332;
ad assumere tutte le iniziative necessarie per il sostegno concreto alla parità di accesso dei disabili e delle loro famiglie all'istruzione, incrementando a tal fine le risorse per il diritto allo studio, con particolare riguardo ai diversamente abili, anche attraverso il reclutamento di insegnanti di sostegno e di idonee figure professionali a supporto degli stessi;
ad adottare iniziative per la reintroduzione dell'obbligo, ora abrogato, per le imprese, che vogliano partecipare a bandi per appalti pubblici o intrattenere rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, di presentare apposita certificazione che attesti di essere in regola con quanto previsto dalla legge n. 68 del 1999, in materia di diritto al lavoro dei disabili.
(1-00082)
«Mura, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Costantini, Di Giuseppe, Favia, Aniello Formisano, Giulietti, Messina, Misiti, Monai, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Pifferi, Pisicchio, Porcino, Porfidia, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».

La Camera,
premesso che:
il 3 dicembre 2008 si è tenuta la Giornata europea delle persone disabili, istituita nel 1993 dalla Commissione europea e dalle Nazioni Unite, che ha lo scopo di promuovere la diffusione dei temi della disabilità, di mobilitare il maggior sostegno possibile per la dignità, i diritti e il benessere delle persone diversamente abili e di accrescere la consapevolezza dei vantaggi che possono derivare dall'integrazione delle disabilità in ogni aspetto della vita sociale, come stabilito dal «Programmadi azione mondiale per le persone disabili», adottato nel 1982 dall'Assemblea generale dell'Onu;
il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, nel suo messaggio in occasione della Giornata internazionale delle persone disabili, ha dichiarato: «Il motto della comunità internazionale dei disabili è: "Niente per noi senza di noi". Una persona disabile dello Swaziland, che ha lottato per l'implementazione di politiche per i disabili nel suo Paese, ha affermato: «abbiamo bisogno di una vera integrazione per evitare di cadere nella stigmatizzazione»;
il Segretario Generale Ban Ki-Moon ha invitato «i Governi e tutti gli attori interessati ad assicurare che le persone con disabilità e le organizzazioni che li rappresentano siano parte integrante di ogni fase dello sviluppo. In questo modo, possiamo promuovere l'integrazione e aprire la strada ad un futuro migliore per tutti nella società»;
il Governo italiano ha prontamente accolto l'appello del Segretario Generale delle Nazioni Unite, approvando nel Consiglio dei ministri del 28 novembre 2008 il disegno di legge che ratifica la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, firmata il 30 marzo 2007 a New York, e ponendo le premesse per un sensibile miglioramento del nostro corpus normativo in materia di tutela dei disabili. Per le tante persone e famiglie che vivono in condizione di particolare vulnerabilità, la Convenzione rappresenta, infatti, una tappa fondamentale nel lungo percorso di riconoscimento pieno dei diritti di cittadinanza e delle libertà e, in definitiva, nel processo di costruzione di una società per tutti;
il Governo italiano ha dato nuovo impulso alle politiche di inclusione per la disabilità e i principi di dignità e integrità della vita e della persona, prevedendo l'istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità. L'Osservatorio nazionale rappresenta non solo una garanzia in più per l'applicazione pratica della Convenzione, ma anche un luogo dedicato alle persone con disabilità, alle loro famiglie e alle associazioni di rappresentanza, che assicuri il confronto costante con le istituzioni, dove esprimere le esigenze e definire insieme le risposte più adeguate;
scopo della Convenzione è, infatti, promuovere, proteggere e assicurare il pieno ed eguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone diversamente abili e promuovere il rispetto per la loro inerente dignità;
i principi cui si ispira la Convenzione sono: il diritto alla vita, il rispetto per la dignità intrinseca, l'autonomia individuale - compresa la libertà di compiere le proprie scelte -, l'indipendenza delle persone, la non-discriminazione, la piena ed effettiva partecipazione e inclusione all'interno della società, il rispetto per la differenza e l'accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell'umanità stessa, la parità di opportunità, l'accessibilità, la parità tra uomini e donne, il rispetto per lo sviluppo delle capacità dei bambini con disabilità e il rispetto per il diritto dei bambini con disabilità a preservare la propria identità;
l'indagine Istat sulle condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari del 2004-2005 ha rilevato che in Italia le persone diversamente abili sono 2 milioni 609 mila, pari al 4,8 per cento circa della popolazione di 6 anni e più che vive in famiglia e che ammette una totale mancanza di autonomia per almeno una funzione essenziale della vita quotidiana; ma se si considerano in generale le persone che hanno manifestato un'apprezzabile difficoltà nello svolgimento di queste funzioni, la stima allora sale a 6 milioni 606 mila persone, pari al 12 per cento della popolazione, che vive in famiglia, di età superiore ai 6 anni;
dai dati provenienti dal sistema informativo del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, la prevalenzadi bambini con disabilità che frequentano la prima classe elementare è pari all'1,32 per cento. Inoltre, alcuni studi specifici stimano una prevalenza alla nascita di bambini con disabilità pari all'1 per cento. Se si ipotizza un trend lineare nell'aumento della prevalenza di disabilità da 0 a 6 anni e si considera come punto di partenza la prevalenza alla nascita dell'1 per cento e di arrivo la prevalenza a 6 anni dell'1,32 per cento, si può stimare, complessivamente, un numero di bambini con disabilità fra 0 e 5 anni pari a circa 42.460;
per quanto riguarda la stima delle persone diversamente abili che non vivono in famiglia ma nelle residenze socio-sanitarie, si può fare riferimento ai dati provenienti dalla rilevazione condotta su queste strutture, che indicano nel 2003 (ultimo anno disponibile) la presenza di 190.134 persone con disabilità o anziani non autosufficienti;
la presenza di disabilità è ovviamente correlata all'età: tra le persone di 65 anni o più la quota di popolazione con disabilità è del 18,7 per cento e raggiunge il 44,5 per cento (35,8 per cento per gli uomini e 48,9 per cento per le donne) tra le persone di 80 anni e più;
i tassi di disabilità evidenziano una differenza di genere a svantaggio di quello femminile: in rapporto al totale della popolazione le donne hanno un tasso di disabilità del 6,1 per cento, mentre gli uomini del 3,3 per cento. Tale fenomeno è determinato in buona parte dall'evoluzione demografica, che ha causato un forte invecchiamento della popolazione, caratterizzato da una crescita della speranza di vita alla nascita per tutta la popolazione, ma in misura maggiore per le donne;
la versione consolidata del Trattato che istituisce la Comunità europea, all'articolo 13 (ex articolo 6), condanna le discriminazioni fondate, fra l'altro, sull'handicap;
il documento COM (2000) 284 def. del 12 maggio 2000, «Verso un'Europa senza ostacoli per i disabili», ribadisce come, al fine di rafforzare le possibilità per i disabili di partecipare pienamente a tutti gli aspetti della vita sociale, siano necessari il sostegno e la collaborazione dei pubblici poteri a tutti i livelli, del privato sociale, delle associazioni e delle famiglie delle persone con disabilità;
l'articolo 38 della Carta costituzionale sancisce che ogni cittadino inabile al lavoro ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale e che gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale;
la legge 5 febbraio 1992, n. 104, «Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate», garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata, promuovendone la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società;
la medesima legge impegna le istituzioni a prevenire e rimuovere le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della collettività, nonché la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali;
la legge 12 marzo 1999, n. 68, «Norme per il diritto al lavoro dei disabili», promuove l'inserimento e l'integrazione lavorativa delle persone diversamente abili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato;
la legge 8 novembre 2000, n. 328, «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali», prevede che i comuni, nell'ambito delle risorse disponibili e d'intesa con le aziende sanitarie locali, predispongano, su richiesta degli interessati, progetti individuali per le persone disabili comprendenti la valutazione diagnostico-funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione acarico del servizio sanitario nazionale, i servizi alla persona, a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di esclusione sociale, i sostegni per il nucleo familiare;
la legge 21 maggio 1998, n. 162, «Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernenti misure di sostegno in favore di persone con handicap grave», sancisce che le regioni possono, nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio, programmare interventi di sostegno alla persona e familiare, come prestazioni integrative degli interventi realizzati dagli enti locali a favore delle persone con handicap di particolare gravità, mediante forme di assistenza domiciliare e di aiuto personale;
se la persona disabile è destinataria per legge di una serie di tutele correlate alla sua condizione clinica, psichica e alle sue potenzialità residue, le istituzioni hanno l'inderogabile compito di porre il relativo nucleo familiare nelle condizioni di espletare al meglio il suo difficile compito educativo, di cura e di socializzazione;
la condizione di disabilità non riguarda solo le persone che ne sono colpite e le loro famiglie, ma anche la comunità e le istituzioni, che devono operare in stretta collaborazione nei diversi livelli di responsabilità. In questo delicato settore è d'importanza fondamentale la valorizzazione della famiglia, che va aiutata con interventi mirati, in modo da favorire il processo di autonomia e di integrazione sociale del familiare diversamente abile;
è necessario prevedere un sistema di agevolazioni fiscali mirato ad aiutare le famiglie con persone diversamente abili, in particolare reintroducendo il disposto approvato con l'articolo 1, comma 349, lettera b), numero 3), della legge 30 dicembre 2004, n. 311, «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)», che prevedeva, per il 2006, una deduzione fino a 1.820 euro per le spese pagate dal contribuente agli addetti (badanti) alla propria assistenza personale o a quella delle persone indicate nell'articolo 433 del codice civile, nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, e, se possibile, a prevedere agevolazioni più consistenti;
va garantito al disabile l'inserimento e l'integrazione nel mondo del lavoro, attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato;
il problema della non autosufficienza sta assumendo nel nostro Paese toni sempre più allarmanti sotto il profilo sociale ed economico, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, dell'elevato numero di incidenti sulle strade e sui luoghi di lavoro, del processo di disaggregazione del contesto familiare tradizionale e dell'incremento delle patologie degenerative legate all'inquinamento ambientale. L'urgenza di tali questioni impone una presa di posizione netta da parte del legislatore, affinché tutti i cittadini si sentano partecipi di un progetto globale e solidaristico, volto ad affrontare un problema che coinvolge l'intera società;
al giorno d'oggi la persona non autosufficiente è ancora un soggetto di estrema fragilità sociale; risultano, infatti, alcuni nodi critici non ancora concretamente affrontati: presenza di barriere architettoniche, non adeguata risposta assistenziale e ricreativa, assenza di servizi finalizzati a una piena presa in carico delle famiglie, insufficienza di servizi domiciliari e così via;
è evidente come troppo spesso i diritti delle persone non autosufficienti corrano il rischio di rimanere inattuati;
da queste constatazioni emerge in maniera inequivocabile un concetto che si deve tenere inevitabilmente presente quando si strutturano interventi legislativi a tutela di questa fascia di popolazione: non si può parlare di persone non autosufficienti senza parlare contemporaneamente di famiglie con persone non autosufficienti. Si deve sempre valutare come sostenere e motivare il nucleo familiare di questi soggetti per metterlo nelle condizionidi espletare al meglio il suo difficile compito educativo di cura e di socializzazione. In particolare, vanno differenziati progettualità e sostegni, soprattutto nei confronti dei soggetti giovani disabili in condizione di non autosufficienza, con l'obiettivo prioritario di migliorare il più possibile la loro qualità di vita e quella delle loro famiglie;
bisogna lavorare affinché muti il modo di affrontare le problematiche legate al mondo della non autosufficienza. È necessario, infatti, pensare alle persone non autosufficienti in termini di centralità dei bisogni, ai quali si devono fornire delle risposte efficaci tese alla valorizzazione dei potenziali della persona e non soltanto incentrate nella misurazione dei deficit. Il bisogno di salute deve essere quantificato in relazione a quanto una persona potrebbe fare se venissero posti in essere quegli interventi capaci di contrastare o di ridurre un deficit e di abbattere quelle barriere che costituiscono un handicap apparentemente insormontabile per la persona con disabilità;
un progetto di riforma del sistema deve partire dalla centralità della persona, al fine di valutare e di rilevare quelli che sono le capacità residue e i bisogni del singolo, seguendo un procedimento inverso rispetto alla tradizionale tendenza di partire dalle risorse collettive per poi arrivare agli stanziamenti a favore del singolo;
i diritti di cittadinanza delle persone non autosufficienti non possono limitarsi all'accesso ai servizi sanitari, all'istruzione nelle scuole e nelle università, alla predisposizione di forme di sostegno socio-assistenziale, alla realizzazione di inserimenti mirati nel contesto lavorativo. Devono essere più ampi, ed è questo il lavoro che il legislatore è chiamato a fare, liberandoci dal preconcetto legato alla funzione assistenziale. La vera pari dignità per tutti si potrà, infatti, raggiungere soltanto quando diverranno di primaria importanza anche il diritto al tempo libero, il diritto di viaggiare, il diritto di esprimersi, il diritto all'attività fisica e il diritto di divertirsi. La possibilità di fruire di luoghi per il tempo libero, per la comunicazione e per la socializzazione non può e non deve essere garantita soltanto ad alcuni. La cultura è patrimonio di tutti;
attenzione progettuale costante e approfondita va dedicata ai disabili in condizione di non autosufficienza. È giunto il momento di garantire un progetto di vita individualizzato per quei soggetti disabili, incapaci di compiere da soli gli atti quotidiani della vita, che rappresentano per i propri congiunti una profonda incertezza dovuta alle difficoltà nel gestire le loro problematiche. È necessario istituire il diritto delle persone non autosufficienti ad accedere a un progetto di vita individualizzato, aggiuntivo rispetto alle prestazioni socio-sanitarie già incluse nei livelli essenziali di assistenza, conferendo piena attuazione alle leggi n. 104 del 1992 e n. 162 del 1998;
il progetto individualizzato deve comprendere sia le prestazioni socio-sanitarie, sia tutte le ulteriori attività volte alla più ampia integrazione del singolo nell'ambiente scolastico, sociale e, ove possibile, occupazionale. I progetti devono essere elaborati in stretta collaborazione con la famiglia del disabile non autosufficiente nell'ottica del massimo rispetto del principio di autodeterminazione e di libera gestione delle attività familiari. Tale progetto di vita deve comprendere anche l'assistenza domiciliare, il trasporto alla struttura diurna, le attività ricreative, le politiche scolastiche, le politiche per la casa,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di intervenire in modo strutturale al fine di rielaborare un sistema di agevolazioni fiscali unico che supporti le persone diversamente abili e le loro famiglie nel raggiungimento di un livello di qualità della vita compatibile con lo stato di salute del disabile;
ad adottare, con tutti gli strumenti a propria disposizione, una completa e puntualeverifica dell'attuazione della legge 12 marzo 1999, n. 68, «Norme per il diritto al lavoro dei disabili», e a proporre, se del caso, i correttivi necessari a garantire nel concreto il diritto delle persone diversamente abili ad ottenere un impiego confacente alla loro riduzione di capacità lavorativa e valorizzando capacità e potenzialità di queste persone, ai fini di una loro effettiva integrazione nel tessuto economico e sociale del Paese;
ad adottare ogni misura necessaria per garantire il riconoscimento individualizzato della non autosufficienza, al fine di garantire a queste persone un progetto di vita individualizzato e un sistema di protezione e di assistenza globale allo scopo di prevenire e di rimuovere le cause che possono concorrere alla loro emarginazione;
a predisporre tutti i previsti atti normativi al fine di ratificare la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, adottata il 13 dicembre 2006, durante la sessantunesima sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione A/RES/61/106;
a predisporre percorsi di inserimento lavorativo che consentono il recupero di soggetti disabili a rischio di emarginazione, attraverso la promozione di circoli virtuosi tra bisogni insoddisfatti, qualificazioni professionali e sviluppo occupazionale;
a promuovere servizi integrati in grado di sostenere l'inserimento nel contesto lavorativo, consentendo, quindi, alle imprese di assolvere con più modalità all'obbligo del collocamento e sostenendone la realizzazione con apposite normative;
a potenziare e valorizzare le attività di formazione, coinvolgendo le aziende nell'individuazione e nell'acquisizione delle competenze più richieste dal mercato;
a coordinare maggiormente le organizzazioni del terzo settore che prevedono, nell'ambito delle loro attività, iniziative finalizzate all'inclusione sociale delle persone diversamente abili;
a favorire sempre più l'istruzione scolastica, al fine di avviare nuovi processi formativi, che meglio conducono i soggetti disabili ad entrare in contatto con il mondo del lavoro;
a prevedere l'adozione di strumenti, metodi e tecnologie, capaci di rispondere a quanto viene sempre più pressantemente richiesto in ordine al miglioramento delle condizioni di vita delle persone diversamente abili;
ad attuare un sistema integrato di interventi nei servizi sociali a favore delle persone non autosufficienti o diversamente abili, attraverso l'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, quale organismo governativo preposto ad affrontare globalmente le problematiche connesse al mondo della disabilità, ponendo attenzione alla sussidiarietà orizzontale.
(1-00084)
«Laura Molteni, Porcu, Paglia, Iannaccone, Barani, Di Virgilio, Saltamartini, Renato Farina, Cazzola, Di Biagio, Baldelli, Rondini, Reguzzoni, Rivolta, Polledri, Munerato».