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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 103 di venerdì 12 dicembre 2008

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 8,30.

GIUSEPPE FALLICA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alessandri, Crosetto, Lo Monte, Soro, Stefani e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: S. 1175 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 novembre 2008, n. 171, recante misure urgenti per il rilancio competitivo del settore agroalimentare (Approvato dal Senato) (A.C. 1961) (ore 8,35).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 novembre 2008, n. 171, recante misure urgenti per il rilancio competitivo del settore agroalimentare.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1961)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la XIII Commissione (Agricoltura) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Nola, ha facoltà di svolgere la relazione.

CARLO NOLA, Relatore. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi, ci accingiamo ad esaminare un disegno di legge di conversione di un decreto-legge che nel cammino tra Palazzo Chigi, Palazzo Madama e l'Aula di Montecitorio ha mutato parte della sua natura e dei suoi contenuti. Il testo originario del decreto-legge n. 171 del 2008, oggi al nostro esame, prevedeva, infatti, una molteplicità di interventi e di misure urgenti finalizzate al rilancio della competitività del nostro sistema agroalimentare, colpito da una grave crisi congiunturale che è sotto gli occhi di tutti.
Gli interventi previsti dal decreto-legge approvato originariamente dal Consiglio dei ministri riguardavano le agevolazioni per la promozione del sistema agroalimentare all'estero, per quanto riguarda la promozione, la proroga dei termini per l'assegnazione del contingente di biodiesel defiscalizzato, interventi per gli enti irrigui e la copertura degli oneri per la chiusura degli interventi cofinanziati dall'Unione europea in materia di pesca.
Il lavoro in Commissione e in Aula svolto dal Senato ha notevolmente ampliatoPag. 2la tipologia degli interventi prevedendo, in particolare, nuove ipotesi di semplificazione degli adempimenti burocratici per le imprese agricole, nuove agevolazioni fiscali e contributive, risorse aggiuntive per il personale del Mipaf e la riduzione dei componenti di organi di aziende e società controllate dal Ministero. Sono poi state inserite disposizioni sul rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale, sugli incentivi assicurativi, in misura peraltro limitata al solo anno 2008 e forse non sufficiente alle necessità, nonché sull'emergenza determinata nel settore vitivinicolo dalla peronospora.
In sostanza, il testo che oggi siamo chiamati ad esaminare consiste di ben venti articoli rispetto ai cinque presentati dal Governo. Ammetto di aver trovato qualche difficoltà nel rintracciare un filo conduttore idoneo a legare, dal punto di vista normativo, interventi così diversi tra loro; l'unico vero carattere unificante tra le misure contenute in questo testo così - non faccio fatica ad ammetterlo - disomogeneo, non può che essere però l'obiettivo originario, ovvero il rilancio del settore agroalimentare. Il Senato, infatti, non si è inventato nulla, non ha fatto altro che prendere cognizione degli appelli e delle invocazioni delle diverse filiere, registrando il dibattito che da mesi occupa le due Commissioni agricoltura, che è stato particolarmente approfondito, anche nella nostra Commissione, sia in occasione della conversione del decreto-legge n. 112 del 2008 sia dell'esame dei recenti disegni di legge finanziaria e di bilancio.
Il Senato ha inserito altre priorità, oltre a quelle già segnalate dal Governo, che provengono dalle decine di audizioni che anche noi, come XIII Commissione, abbiamo svolto con il mondo della produzione e le nuove misure introdotte coincidono, a volte proprio alla lettera, con le proposte emendative approvate all'unanimità dalla nostra Commissione agricoltura.
Lo ribadisco: questi venti articoli contengono prime limitate risposte alle più drammatiche emergenze del mondo rurale, e proprio perché sono le prime e sono limitate, devono almeno vedere la luce il più presto possibile. Ci potremmo trovare divisi - ne sono sicuro - sull'ordine della scala gerarchica che ordina queste priorità o nell'inserirne altre che sono state lasciate in attesa, appena fuori dalla porta, o ancora nel sostenere che le risorse impegnate non sono sufficienti, però - ne sono certo -, tranne che per alcune norme di dettaglio, che sono poche, e che a qualcuno sono sembrate fuori posto in un simile contesto, credo che nessuno possa affermare con serenità che il nostro mondo agricolo possa rinunciare ad avere la disponibilità almeno di questo primo pacchetto già dalla fine dell'anno.
Questo vuol dire che da parte di ciascuno di noi occorre dare seguito al gesto di responsabilità che tutti i gruppi hanno compiuto in Commissione ritirando gli emendamenti pur di avviare il percorso in Aula con la consapevolezza che vi era la necessità di approfondire i pareri dati dalle Commissioni, in particolare dalla Commissione bilancio. Il lavoro di razionalizzazione del testo, che come relatore sono impegnato a svolgere, deve però essere integrato dalla ricognizione che il Governo, nella persona del Ministro, si è impegnato a svolgere per verificare la reperibilità di nuove risorse aggiuntive destinate a soddisfare proprio alcune di quelle priorità che, come la Commissione ha segnalato, debbono entrare a far parte delle misure inserite nel decreto-legge e che saranno dettagliate negli emendamenti che i gruppi si accingono a presentare.
In dettaglio e rinviando per una più ampia illustrazione al dibattito sui singoli articoli, il contenuto del decreto-legge, come modificato dal Senato, può essere così sintetizzato.
L'articolo 1 modifica, in relazione alle condizioni poste dalla Commissione europea con la decisione del 13 febbraio 2008, la normativa sulla detassazione degli investimenti in pubblicità delle imprese agricole ed agroalimentari, contenuta nella legge finanziaria per l'anno 2007. Tale norma prevede un credito d'imposta pari al 50 per cento di quanto investito inPag. 3promozione, in eccedenza rispetto a quanto investito nei tre esercizi precedenti.
L'articolo 1-bis incrementa di 65 milioni di euro per il 2008 la dotazione del Fondo di solidarietà nazionale per gli incentivi assicurativi, di cui al decreto legislativo n. 102 del 2004. È questa forse una delle misure più attese di tutto il pacchetto e nel dibattito avremo modo di approfondire il valore dell'intervento e l'adeguatezza delle risorse impegnate. Forse su questo tema ci sarebbe da spendere più parole e da soffermarsi. Tuttavia, credo che nel dibattito avremo modo di approfondirle. È importante, infatti, segnalare come quel percorso iniziato pochi anni fa per favorire ed incrementare l'uso dell'assicurazione nell'agricoltura non debba essere interrotto, anzi deve trovare ancora più sostegno in modo tale che i nostri agricoltori si avviino in maniera definitiva e determinata verso questa forma di copertura assicurativa.
L'articolo 1-ter proroga dal 31 dicembre 2008 sino al 31 marzo 2009 le agevolazioni contributive per i datori di lavoro agricoli di territori montani particolarmente svantaggiati e per zone agricole svantaggiate. Anche questa è una norma attesa e sicuramente degna di approfondimenti, ma soprattutto è attesa perché se non venisse approvata molte aziende agricole dei territori più svantaggiati e in difficoltà si troverebbero caricati dal 1o gennaio di nuovi oneri, che sono sicuramente pesanti per quelle zone che hanno bisogno di risollevarsi.
L'articolo 2 proroga dal 31 dicembre 2008 al 30 giugno 2009 il termine per l'utilizzazione del contingente di biodiesel soggetto ad accisa agevolata assegnato agli operatori nel 2008.
L'articolo 2-bis attribuisce la qualifica di sottoprodotti (sottraendoli quindi all'applicazione della normativa specifica sui rifiuti), qualora destinati alla combustione nel medesimo ciclo produttivo alle vinacce esauste e ai loro componenti (bucce, vinaccioli e raspi) derivanti dai processi di distillazione. Sicuramente su questo tema saranno presentati emendamenti atti a rendere l'articolato più rispondente alle esigenze dei nostri produttori.
L'articolo 3 contiene diverse disposizioni in materia di enti irrigui. In particolare, i commi da 1 a 3-bis ed il comma 4-bis contengono una serie di interventi a favore del rilancio dell'ente per lo sviluppo dell'irrigazione e della trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia. I commi 4 e 5 prorogano per un anno l'attività dell'ente irriguo umbro-toscano. Il comma 5-bis estende l'applicazione di alcune norme sull'attività idroelettrica alle società parzialmente partecipate dai consorzi di bonifica e agli enti irrigui. Il dibattito in Commissione ha evidenziato la necessità di un intervento sulla parte normativa di questo articolato che valga a scongiurarne interpretazioni contraddittorie. Il comma 5-ter assegna al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali la somma di 1,8 milioni di euro per la prosecuzione nel 2009 dei servizi di somministrazione di lavoro presso l'amministrazione centrale.
L'articolo 4 provvede alla copertura degli oneri, valutati in 50 milioni di euro, necessari per la chiusura degli interventi cofinanziati dall'Unione europea nel settore della pesca e dell'acquacoltura per il periodo di programmazione 1994-1999 del programma SFOP.
L'articolo 4-bis differisce dal 31 luglio 2008 al 31 dicembre 2010 il termine per l'adeguamento degli allevamenti degli animali da pelliccia ai nuovi standard di benessere degli animali.
L'articolo 4-ter prevede l'emanazione di un decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, volto a stabilire disposizioni per la semplificazione delle procedure per il rilascio ed il rinnovo delle concessioni di acqua pubblica ad uso acquacoltura.
L'articolo 4-quater, con alcune novelle al decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetto codice ambientale), semplifica la normativa per il trasporto di modiche quantità di rifiuti agricoli da parte dei produttori dei rifiuti stessi.Pag. 4
L'articolo 4-quinquies elimina dal complesso dei requisiti necessari per l'iscrizione nel registro dei pescatori marittimi, cui è subordinata la possibilità di esercitare la pesca marittima professionale, la condizione di esercitare la pesca professionale quale attività «esclusiva o prevalente».
L'articolo 4-sexies esenta le navi ed i galleggianti adibiti alla pesca marittima che non toccano parti o territori di altri Stati dall'obbligo di munirsi di certificazione di derattizzazione.
L'articolo 4-septies inserisce i consorzi di bonifica tra le pubbliche amministrazioni che possono stipulare convenzioni con gli imprenditori agricoli per interventi di sistemazione e manutenzione del territorio e dell'assetto idrogeologico.
L'articolo 4-octies prevede che, allo scopo di salvaguardare le aree naturali protette e contrastare gli incendi boschivi, il Corpo forestale dello Stato provveda alla riorganizzazione dell'attività svolta dal personale sia a tempo determinato che indeterminato assunto ai sensi della legge n. 124 del 1985.
L'articolo 4-novies esclude dalla valutazione ambientale strategica i piani di gestione forestale o gli strumenti equivalenti, riferiti, però, ad un ambito aziendale o sovraziendale di livello locale.
L'articolo 4-decies interviene sulle modalità attuative, di cui al decreto interministeriale 14 dicembre 2001, n. 454, in materia di agevolazioni fiscali sulle accise sugli oli minerali utilizzati in agricoltura.
L'articolo 4-undecies stanzia 10 milioni di euro per l'anno 2008, da utilizzare per l'erogazione di risarcimenti per i danni ed il mancato reddito conseguenti alla malattia fungina peronospora della vite.
L'articolo 4-duodecies interviene sulla composizione dei consigli di amministrazione dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), di Agecontrol Spa e delle società controllate dal dicastero agricolo, riducendo il numero dei consiglieri.
L'articolo 4-terdecies modifica la disciplina sanzionatoria prevista dalla legge n. 281 del 1963, in tema di preparazione e commercio dei mangimi. Quest'ultimo articolo, anche alla luce delle osservazioni della Commissione giustizia e dei recenti accadimenti in terra di Irlanda, necessita sicuramente di un'ulteriore riflessione.
Concludo, signor Presidente, auspicando che il lavoro dell'Aula sia tutto proteso a migliorare un provvedimento che, oggi, è visto dal mondo agricolo come il minimo necessario ed indispensabile. Nei pochi giorni che sono trascorsi dalla mia nomina a relatore all'inizio di questo dibattito, sono stato raggiunto da tantissimi soggetti che rappresentano il mondo agricolo, che ho avuto il privilegio di conoscere nella mia precedente esperienza amministrativa. Vi posso assicurare che la richiesta più diffusa era: potreste fare di più. Ma quella veramente unanime e corale è stata anche: almeno questo fatelo.
Il mio impegno, già preso dinanzi alla Commissione, sarà quello di adoperarmi, con i colleghi del Comitato dei nove, affinché quest'Aula licenzi, in tempo utile per il proseguimento dell'iter, un testo più condiviso possibile ed in grado di dare almeno un primo, forse parziale ma indispensabile, contributo per il rilancio del nostro sistema agroalimentare.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

ANTONIO BUONFIGLIO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ruvolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE RUVOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, ho ascoltato la relazione dell'onorevole Nola, che è stata molto dettagliata, puntuale e anche intellettualmente onesta. Questo provvedimento, che è un decreto-legge adottato in condizioni di necessità ed urgenza, ha come tema centrale il rilancio del settore agroalimentare.
La premessa che accompagna questo decreto-legge, che condivido e su cui sono d'accordo, recita esattamente così: «RitenutaPag. 5la straordinaria necessità ed urgenza di adottare misure idonee per il rilancio competitivo del settore agroalimentare colpito da una grave crisi congiunturale, al fine di consentire agli operatori del comparto di partecipare in modo concorrenziale alle dinamiche del mercato», e così via, sono promosse una serie di misure e di iniziative.
Di fatto, nel contenuto di questo provvedimento vi è esattamente il contrario: dall'articolo 1 - parlo del testo originario che ha promosso il Governo - fino all'articolo 5 non vi sono altro che proroghe o comunque modifiche a testi precedenti.
L'articolo 1, sostanzialmente, prevede una modifica, a seguito delle condizioni poste dalla Commissione europea, per la detassazione degli investimenti in pubblicità delle imprese agricole e agroalimentari; si tratta, quindi, di una sostanziale modifica rispetto a quello che sostiene la Commissione europea, competente per materia. L'unica novità che si registra in questo articolo è, sostanzialmente, avere integrato i soggetti citati nel precedente provvedimento (sono d'accordo, anzi pienamente d'accordo). Si prevede che il credito d'imposta venga utilizzato anche dai consorzi di tutela per promuovere prodotti di quel consorzio.
Dobbiamo dire che vi è una limitazione molto forte, richiesta dalla Commissione europea, che è quella di restringere fortemente il contenuto di questo articolo. Mi spiego meglio: prima vi era una platea più vasta, adesso è mirata solo ed esclusivamente ai prodotti e non ai marchi. Può andare bene così; tutto sommato, dobbiamo anche prenderne atto. Su questo provvedimento sono state investite e sono disponibili risorse finanziarie per il 2008. Pongo la domanda al sottosegretario: per il 2008 vi sono 40 milioni di euro. Siamo esattamente al 12 dicembre del 2008; vorrei capire qual è lo strumento che si immagina immediatamente operativo per utilizzare questi fondi.
Poi, per il 2009, sono previsti 40 milioni, ma, di fatto, vi è una disponibilità solo ed esclusivamente di 30 milioni di euro, quindi, 10 milioni di euro in meno. Ovviamente, aspettiamo l'impegno del Governo di integrare questi 10 milioni per l'articolo in questione.
Relativamente all'articolo 2, di fatto, si tratta di una proroga; anzi, non di fatto, è una proroga, una richiesta di proroga per quanto attiene alla defiscalizzazione del biodiesel. Dal 31 dicembre di quest'anno, cioè, il termine viene prorogato al 30 giugno 2009. Fin qui, non abbiamo visto nulla, almeno per quanto mi riguarda, di questo rilancio e di questo dare possibilità all'agroalimentare di trovare la via maestra.
L'articolo 4 altro non fa - parliamo di pesca - che chiudere un contenzioso con l'Unione europea per il periodo 1994-1999; di fatto, si tratta di pagare, per avere la possibilità di attingere ad altri fondi dell'Unione europea, un debito che il Paese Italia ha nei confronti dell'Unione europea. Sulla pesca non c'è nient'altro! Abbiamo chiesto tantissime volte, dall'esame del disegno di legge finanziaria a quello del decreto-legge n. 112 del 2008 fino ad arrivare ad oggi, il medesimo regime IVA agevolato previsto per l'agricoltura.
Ricordo al sottosegretario Buonfiglio che nel periodo di gestione del Ministro Alemanno (Governo Berlusconi 2001-2006) è stata approvata dal Parlamento italiano una norma - mi riferisco alla legge n. 81 del 2006 - che prevedeva in via sperimentale l'agevolazione IVA per la pesca, ma nel provvedimento in esame non vi è nulla di tutto questo. L'articolo 5 dispone, infine, l'immediata entrata in vigore del provvedimento.
Ma veniamo alle modifiche che sono state apportate nel corso dell'esame al Senato, perché, come diceva bene il relatore, il provvedimento originario contava cinque articoli mentre ora siamo arrivati a venti. Iniziamo da quelle più corpose. Faccio subito una premessa: il mio gruppo, l'UdC, è pronto a dialogare sui seguenti temi: in primo luogo il Fondo di solidarietà, in secondo luogo gli interventi per le aree svantaggiate.
Riteniamo che, nonostante lo sforzo compiuto al Senato, i 65 milioni di euro sono insufficienti e non bastevoli neppurePag. 6per un quarto dell'intervento complessivo. Apprezzo lo sforzo, però ricordo al Governo ed al relatore che in sede di esame del decreto-legge n. 112 del 2008 (quello che, per comprenderci meglio, potremmo definire la legge finanziaria) attraverso anche ordini del giorno accolti dal Governo si andava nella direzione di ripristinare interamente il Fondo, per un totale di 220 milioni di euro per anno.
Ma oggi che viviamo tutte le calamità, dalla siccità alla pioggia e ad altri eventi impensabili, esso costituisce l'unico vero strumento che, come è stato sperimentato, può assicurare un risarcimento, e va dato atto che nel 2002 si trattò di un provvedimento di quel Governo (non dimentico mai le cose positive, signor sottosegretario; a volte, dimentico volutamente quelle negative). Abbiamo condotto una battaglia per creare - uso il plurale maiestatis - uno strumento efficace, efficiente ed immediato per assicurare il risarcimento dei danni agli agricoltori (ma vorrei ascoltare in merito qualcosa dalla viva voce del Governo).
Per quanto riguarda le aree svantaggiate occorre un altro sforzo enorme. Nel corso dell'esame del disegno di legge finanziaria avevate anche preso un impegno, nel senso di ripristinare il più presto possibile le risorse momentaneamente rimosse a favore delle aree svantaggiate, ma in questo provvedimento ciò non è stato previsto (è stato invece integrato al Senato con la previsione di una somma atta a garantire una copertura sul piano teorico fino al 31 maggio).
Certo, come diceva il Ministro in Commissione, questo è già qualcosa, ci lascia un po' di fiato, e vedremo poi se è possibile trovare qualcosa in più per ripristinare la vecchia risorsa finanziaria, ma si tratta di uno sforzo di buona volontà. Io dico, invece, che occorre andare dal Ministro Tremonti a battere il pugno per ottenere il ripristino di queste somme, perché c'è bisogno dell'autorevolezza del Ministro per imporsi su questi argomenti!
L'agricoltura non può essere sempre considerata la cenerentola, quando invece essa rappresenta uno dei pilastri fondanti dell'economia italiana! Su tali materie siano pronti a dialogare, a discutere, a ragionare e ad approvare, se c'è la buona volontà di farlo.
All'articolo 2-bis, signor relatore, è stata apportata un'integrazione relativa al tema delle vinacce.
È un tema che è stato preso un po' sotto gamba da parte di tanti. Mi auguro che il Governo ponga un po' di attenzione su questo argomento. Sostanzialmente, così com'è concepita la norma, il danno che ne ricaverà l'agricoltura, direttamente e indirettamente, è straordinario: da una parte vogliamo aiutare l'agricoltura, come previsto nelle premesse, con il rilancio del sistema, da un'altra, si consente, in maniera assai sospetta (non voglio utilizzare altri termini), di privilegiare in base all'articolo 2-bis - mi assumo la totale responsabilità di ciò che dico - solo ed esclusivamente qualche imprenditore o qualche distilleria specifica, a danno esclusivo degli agricoltori, delle cantine sociali, delle tantissime distillerie in Italia che non completano il ciclo della vinaccia. Abbiamo presentato un emendamento che non condanna gli agricoltori, né chi voi avete voluto agevolare; se vi è un'assunzione di responsabilità, devono coesistere l'uno e l'altro. Ove ciò non vi fosse, noi alzeremo la voce vivamente, perché avremmo rinunciato a questi provvedimenti e a fare ragionare di più e, comunque, a garantire un sostegno. Noi non vogliamo creare disparità, mentre voi avete creato, con questo provvedimento, una disparità palese.
L'articolo 3 è stato integrato relativamente all'Ente irriguo di Puglia, Lucania e Irpinia. Non mi scandalizzo se con questo provvedimento è stato erogato un contributo di 5 milioni 600 mila euro. Non mi scandalizzo, perché comprendo le difficoltà di un consorzio che in base ad un provvedimento di questo Parlamento doveva già chiudere i battenti due anni fa, mentre di proroga in proroga, perché ci sono le ingiunzioni, le ipoteche e tutto quello che volete, si arriva ad oggi. Ma vi è una cosa che è davvero singolare: integrandoPag. 7questo articolo, avete solo realizzato una misura dannosa nei confronti degli agricoltori lucani, pugliesi e irpini, avete cioè adeguato la tariffa irrigua a quella prevista per la somministrazione di acqua per usi potabili e industriali. Comprendo che vi è bisogno di dare più fiato e più risorse all'Ente irriguo, ma non comprendo perché debbano essere sempre gli agricoltori a pagare e a farne le spese, non lo capisco proprio. Dategli un altro contributo: sarei subito pronto ad accettare una vostra proposta in tal senso, ma non quella di danneggiare gli agricoltori. È una cosa davvero singolare, non voglio usare altri termini.
Inoltre, avete ridotto - lo apprezzo - il numero dei consiglieri di amministrazione di AGEA e di Agecontrol. Si tratta di un primo passo, ve ne do atto. Ma del provvedimento taglia-enti che cosa ne avete fatto? Avete detto al Paese che dovevate tagliare tutto. Sono d'accordo, l'ho detto tante volte in Commissione, in Aula, ovunque; siamo pronti.
Dateci la possibilità di fare un lavoro serio su questo aspetto. Ridurre AGEA e Agecontrol è una misura che mi sta bene. Non capisco ancora, signor sottosegretario, come è mai possibile tenere Buonitalia con 15 consiglieri di amministrazione: un «gettonificio». Ho chiesto in un'interrogazione in Commissione cosa fanno costoro. È scandaloso per me, ma anche per i cittadini italiani che ancora ascoltano quello che stiamo per dire. In un'altra norma avete depotenziato i consorzi di bonifica e i consorzi irrigui a favore di nuovi soggetti, e non si capisce di quali strutture si tratta. Non capiamo, speriamo che il Governo ci aiuti su questo aspetto.
Per quanto riguarda la peronospora, signor relatore, signor sottosegretario, anche in questo caso il Governo Prodi aveva, unanimemente peraltro, concesso ai viticoltori siciliani (i cui vigneti erano affetti da tale malattia) 50 milioni di euro. Queste risorse non sono state tirate fuori dal cappello, in quanto ciò è avvenuto solo a seguito delle relazioni degli ispettorati agrari, delle strutture di periferia, e non è stata una quantificazione approssimativa. Ebbene, avevate detto durante l'esame della legge finanziaria che avreste comunque ripristinato tali risorse - dobbiamo dire come stanno le cose a chi ci ascolta - ma sostanzialmente, con il provvedimento sull'ICI il Ministro Tremonti ha preso soldi da tutte le parti. Ovviamente, guarda caso, all'agricoltura ha preso tutto, persino i contributi già in fase di erogazione. Si è detto: li togliamo e alla prima occasione utile li ripristiniamo. La prima occasione utile era la legge finanziaria, ma non si è visto nulla, e adesso su sollecitazione - immagino - del territorio (dei parlamentari del territorio) si trova la modica somma - grazie per l'elemosina! - di 10 milioni di euro. Ne occorrono complessivamente 50 per dare risposta a quel territorio. Si tratta di tre province: Trapani, Agrigento e Palermo. Allora, riguardo a tutto ciò, ci volete dire cosa vogliamo fare? Siamo pronti ad aiutare, siamo pronti a collaborare, siamo pronti a trovare la soluzione per dare un minimo di risposta a questi territori.
Quanto ai contratti di somministrazione, anche in questo caso vi è una contraddizione di fondo. Sono d'accordo sul fatto di mantenere i rapporti di collaborazione con le persone che lavorano nella struttura ministeriale, però faccio fatica a capire il fatto che con un altro provvedimento prevedete di assumere 68 unità, dunque dinanzi ad un provvedimento simile non si capisce di cosa stiamo parlando. Affronteremo la questione quando discuteremo su quel provvedimento, l'atto Camera n. 1936, che è in corso di esame.
Abbiamo presentato una serie di emendamenti che ritengo responsabili, puntuali e seri. Anche in questo caso si apre un altro capitolo, in relazione al quale poi spero che il Presidente vorrà accogliere una mia proposta. Vorrei però prima concludere la parte sostanziale del mio intervento. Non abbiamo visto nel provvedimento in esame misure per le esigenze che ho citato, se non relativamente all'articolo 3, sul piano irriguo nazionale, che destina esclusivamente un contributo di 5 milioni 600 mila euro. In alcune aree del Paese,Pag. 8nonostante in questi giorni fortunatamente la pioggia sia stata abbondante, non sfuggirà a nessuno che i cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti.
Peraltro - non sto a dirlo o a sostenerlo a casaccio - ho elementi di studi internazionali, di studi qualificati, che esattamente recitano così: avremo una diminuzione delle piogge dal 30 al 40 per cento ed una diminuzione della portata dei fiumi pari all'80 per cento. Per non parlare poi, per esempio, del fatto che in alcune aree della Sicilia la desertificazione avanza e siamo al 6,9 per cento (sono dati che emergono da studi importantissimi, poi citerò anche la fonte).
In tale quadro di riferimento, è mai possibile che ancora oggi non abbiamo l'attuazione del piano irriguo nazionale? Anzi, avete fatto una cosa straordinariamente negativa: vi era un piano che prevedeva fino al 2010 l'utilizzo di 300 milioni di euro di risorse, ma col decreto-legge n. 112 del 2008 avete tranciato 70 milioni di euro, bloccando lavori e gare l'appalto. Allora, è così che si vuole attuare il piano irriguo nazionale, tanto enfatizzato dal Ministro Zaia in quest'Aula, in sede di question time, in Commissione? Ha addirittura parlato di un piano nazionale straordinario per usi irrigui, perché le condizioni ormai erano quelle di una consapevolezza assoluta del fatto che bisognava intervenire. Ebbene, l'unica cosa alla quale abbiamo assistito è stata ridurre e tagliare. Si era parlato - l'aveva detto il Ministro Zaia - di nuovi invasi, di nuovi sistemi irrigui, di utilizzo di acque reflue, di strumenti innovativi per l'irrigazione: di tutto ciò, nulla.
Poi vi è una cosa alquanto strana, sempre riguardo al piano irriguo: avevamo proposto un emendamento - di cui si è persa traccia - per costituire, così come si era impegnato a fare il Ministro Zaia, un fondo per la progettazione di opere irrigue. Ritengo che questa fosse una grande occasione, una grande opportunità di costituire un fondo, perché cosa capita agli atti di questo Parlamento e di questa Camera? L'allora Ministro De Castro, ad una mia interrogazione sul motivo per cui le risorse non venivano utilizzate nel Mezzogiorno e nelle aree marginali del Paese, con documentazione alla mano mi rispose: non abbiamo potuto erogare nel Mezzogiorno, e in Sicilia in particolare, per una ragione semplicissima: perché non vi erano progetti. Ed è vero, è così, è davvero così, è drammatico affermarlo ma è così. Dunque, o creiamo uno strumento di stimolo nei confronti degli enti gestori, che hanno anche la possibilità di fare progettazione, oppure incentiviamo un fondo per dare la possibilità di realizzare un parco progetti per le necessità del sistema irriguo: così si risponde ad una calamità perenne, rispetto a questo problema.
Quanto alla sicurezza alimentare, occorre prevedere norme di contrasto, prevenire la contraffazione, aumentare i controlli, ma non v'è traccia di questo. Quanti prodotti agricoli entrano in Italia senza un controllo? Parlo degli agrumi, parlo di tutto e di più (non voglio parlare della diossina di questi giorni, è sotto gli occhi di tutti noi, è inutile enfatizzare, perché non serve a nulla; vi è la responsabilità del Governo, e comunque degli enti preposti).
Signor sottosegretario, non vi è nulla sul credito agrario, non ne abbiamo mai parlato. Le imprese agricole e le aziende agricole sono soffocate, perché la prima cosa che hanno fatto le banche, in questo momento di straordinaria crisi, è stata quella di stringere i rubinetti. Guarda caso a chi? A coloro i quali, gli agricoltori, hanno sempre pagato gli impegni finanziari un giorno prima della scadenza: è la storia di questo Paese, ed è storia vera!
Quanto dico è inconfutabile! È possibile, dunque, che ciò accada da un momento all'altro, proprio quando la crisi dei mercati è violenta? E quest'ultima è violenta per una ragione semplicissima: perché, ormai, vi è un crollo dei prezzi costante (si parla del 40 per cento rispetto ai cereali, mentre dell'olio d'oliva non ne parlo nemmeno).
Si protesta ovunque, dalla Puglia, alla Sicilia, alla Calabria, perché il prezzo di mercato è crollato. Non vi è più un prezzo di mercato dell'olio, e via dicendo. Aspettiamo, poi, di vedere cosa accadrà conPag. 9riferimento agli agrumi. Non vorrei essere una Cassandra, ma lo scenario non è di quelli favorevoli. Dobbiamo aspettare che si verifichi qualche calamità da qualche altra parte del Mediterraneo, per poter salvare il sistema agrumario italiano?
Con riferimento ai costi di produzione, per il fertilizzante si parla del 63 per cento. Non sono dati che mi sto inventando, ma sono dati ISTAT, rilevati, quindi, dai grandi istituti che svolgono monitoraggio. Si parla anche del prezzo dei carburanti. In queste ore e in questi giorni, si sta facendo la semina senza fertilizzanti. Quale sarà il prodotto finale? Certamente di nessuna qualità e con poca resa. Vogliamo aprire il rubinetto del credito? Non sto parlando di altro. Alle motivazioni che ho appena espresso, si aggiungano, poi, il crollo dei prezzi alla produzione e i prezzi al consumo. Cito sempre uno studio della Banca d'Italia e vorrei citarlo anche oggi.

PRESIDENTE. Onorevole Ruvolo, deve concludere.

GIUSEPPE RUVOLO. Concludo subito, signor Presidente e, intanto, la ringrazio. Nel primo passaggio, il primo acquisto diretto tra il produttore e il consumatore è del 77 per cento e si conclude al quarto passaggio con il 293,7 per cento di aumento su ogni prodotto. Questo significa che l'agricoltore muore e che il consumatore non ce la fa ad acquistare. In altre parole, significa contrazione dei consumi.
È possibile dare una risposta, ma lo si può fare solo se ci si collega seriamente con la grande distribuzione, che non deve soffocare gli agricoltori e le imprese agricole. È necessario trovare un punto di incontro e soltanto un Governo - soltanto il Governo - può fare questo.
Concludo davvero, signor Presidente, e la ringrazio ancora per la sua cortesia. Vorrei sottolineare una questione che riguarda la Presidenza di questa Camera. È stato annunciato che molti degli emendamenti presentati verranno dichiarati inammissibili. Ho letto bene il Regolamento vigente - per l'amor di Dio! - tuttavia, mi appello al regolamento del buon senso.
È vero, abbiamo proposto solo ed esclusivamente emendamenti relativi alla materia specifica, cioè quella del sistema agroalimentare. Non abbiamo spaziato, come è stato fatto al Senato, raggiungendo - come ho detto - obiettivi e risultati anche positivi (altri meno).
Pertanto, signor Presidente, la invito, secondo la regola del buon senso, a far sì che gli emendamenti vengano ammessi, non in deroga, ma perché quelli che abbiamo presentato riguardano la materia, non quella del testo originario, bensì la materia del testo che ci giunge modificato dal Senato. Questo deve essere un impegno, che le formulo come proposta. Il mondo dell'agricoltura si aspetta molto da questo Governo e dalla sua classe dirigente.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole...

GIUSEPPE RUVOLO. Siamo qui, a valutare. Sospendiamo il nostro giudizio, con le criticità di cui ho detto, in attesa di comprendere cosa il Governo voglia fare alla fine.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Servodio. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA SERVODIO. Signor Presidente, questa mattina ci ha fatto fare una levataccia!

PRESIDENTE. È andata anche bene perché l'inizio era previsto per le otto!

GIUSEPPINA SERVODIO. Il gruppo del Partito democratico nella Commissione agricoltura, in merito a questo provvedimento, ha assunto una posizione trasparente (come sottolineava il relatore nel suo intervento) e di grande responsabilità agevolando l'iter del provvedimento che oggi approda in Aula. Infatti, non poche sono state le difficoltà anche procedurali che hanno minacciato il suo passaggio in Aula. Noi abbiamo contribuito al superamento di tali difficoltà, perché riteniamo che per la prima volta in questa legislatura - finalmente, signor sottosegretario - dibattiamoPag. 10in Aula le questioni che riguardano il comparto agricolo, purtroppo fino ad oggi rimosso dall'agenda politica del Governo.
Colleghi, siamo tutti consapevoli che il made in Italy, cioè la nostra esposizione e la nostra credibilità internazionale, si misura anche con la qualità e l'originalità del nostro sistema agroalimentare. Non siamo fra quelli che, rispetto a questo comparto, condividono ancora vecchi approcci settoriali e assistenzialistici, ma ci rendiamo conto che le sofferenze e le criticità del comparto agricolo non possono essere sottovalutate per la ricaduta che hanno sulle famiglie e sulla complessiva economia nazionale. Rispetto a tali crisi, è compito della politica, delle istituzioni e del Governo individuare una strategia di rilancio, un salto di qualità, direi un'azione fortemente riformatrice per valorizzare ed esaltare le numerose potenzialità che, invece, il comparto agricolo può offrire all'economia nazionale e anche al superamento della crisi economica nazionale.
Signor sottosegretario, con lo stesso spirito di responsabilità e anche in coerenza con il ruolo che il gruppo del Partito Democratico svolge di un'opposizione non pregiudiziale, ma nel merito delle questioni, non possiamo in questa sede, in questa discussione sulle linee generali, non sottolineare le forti criticità del provvedimento al nostro esame.
Il relatore e anche il collega Ruvolo hanno fatto riferimento a tali criticità: il testo iniziale del Governo è stato profondamente modificato al Senato per ciò che riguarda le misure sul Fondo di solidarietà e la proroga di agevolazioni previdenziali per le aree svantaggiate. Vorrei qui sottolineare che è quanto avrebbe dovuto fare già il Governo nella prima stesura del decreto-legge, in modo coerente con i numerosi ordini del giorno che abbiamo approvato, maggioranza e opposizione.
Comunque, il passaggio è avvenuto al Senato: un passaggio insufficiente, come si diceva poco fa. Sottolineo che la Commissione bilancio, dopo una giornata di grande riflessione, ci ha fatto superare un certo dubbio sul Fondo di solidarietà. Infatti, si immaginava inizialmente che questo non fosse coperto, ma sulle misure previdenziali per le aree svantaggiate ritengo che il parere della Commissione bilancio debba essere ancora esaminato attentamente, perché ci chiede una rimodulazione delle agevolazioni e esiste - forse - il pericolo che tali agevolazioni, sul piano finanziario, non possano arrivare neppure alla data del 31 marzo.
Caro sottosegretario, ieri lo abbiamo detto anche al Ministro che era presente in Commissione: noi confermiamo la nostra disponibilità, cioè la disponibilità a dire la verità su questo provvedimento e a ricercare insieme le misure che possano realmente essere coerenti con il suo titolo, un titolo roboante che parla di rilancio competitivo delle imprese agricole, ma che in effetti (come si suol dire in una battuta) ha partorito un topolino; un titolo così roboante alla fine, nel contenuto, non ha rispettato gli obiettivi e forse anche le buone intenzioni del Ministro Zaia, soprattutto del Ministro Zaia.
Vorrei fare, in questa sede, la cronaca di quest'anno, signor sottosegretario. Si tratta di una cronaca che viene rappresentata, emblematicamente, dagli emendamenti a questo provvedimento che l'opposizione e la maggioranza hanno ripresentato in Aula. Questi emendamenti sono tanti e molti sono omogenei tra maggioranza e opposizione. Questo fa capire che la Commissione agricoltura non vuole saltare sul carro di questo provvedimento, ma vuole utilizzarlo per invertire una rotta di marcia: nella manovra finanziaria e in alcuni provvedimenti di politica generale, l'agricoltura è stata sacrificata; questo è un dato.
Facciamo la cronaca: per la prima volta - e a tal proposito mi rivolgo al sottosegretario che ha alle spalle diverse legislature come me - una manovra finanziaria annuale non ha nessun punto di riferimento rispetto all'agricoltura. Ricordo che, in certi momenti bui di questa Repubblica, in cui c'erano delle difficoltà economiche, negli anni di peggiore criticità per il bilancio dello Stato, il Ministero delle politiche agricole ha sempre riscontrato degliPag. 11accantonamenti aggiuntivi rispetto a quelli del precedente anno di riferimento. Si è sempre trattato di stanziamenti che hanno favorito non solo il sistema delle industrie agroalimentari, ma anche quello degli agricoltori.
Con questa manovra finanziaria, con il provvedimento ICI e con il decreto-legge in discussione oggi il settore della produzione agricola di base non è considerato sul piano economico. Lo ripeto: noi abbiamo aspettato anche il parere della Commissione bilancio per 48 ore, anche con patema d'animo.
Noi del Partito Democratico, in Commissione agricoltura, non abbiamo mai, signor sottosegretario, proposto interventi a pioggia. Credo che dobbiamo superare la logica degli interventi a pioggia, settoriali. Abbiamo, invece, stimolato e ci è sembrato interessante, in alcune audizioni, le provocazioni e le dichiarazioni del Ministro Zaia. Abbiamo stimolato una condivisione su una strategia intelligente, nuova e moderna che punta ad accorciare le filiere agroalimentari, ad aggregare il nostro sistema agricolo, troppo frammentato, che punta ad una politica di investimenti, dall'acqua alla tutela del territorio, al Fondo di solidarietà che è uno strumento moderno che sarà copiato (lo è stato anche dalla Comunità europea). Dobbiamo dare atto che questo strumento è stato creato, nel corso della precedente legislatura, dal Governo Berlusconi, ma che oggi, con le poche risorse che sono state messe a disposizione, risulta essere buono, sul piano teorico, ma non coerente. Non risponderà, infatti, certamente, per le somme messe a disposizione, agli interessi e alle esigenze degli agricoltori.
Ci sono delle discrasie tra le intenzioni prospettate dal Ministro Zaia, tra il testo presentato dal Governo - anche se modificato opportunamente dal Senato - ed i risultati che potrà raggiungere questo provvedimento. Se esso non sarà modificato in quest'Aula non avrà un risultato positivo, a parte qualche aspetto positivo per alcuni settori, ma non sarà veramente il primo passo per invertire una rotta di politica agricola.
Il Governo avrebbe inteso, forse, affrontare le urgenti problematiche - lo ricordavano Ruvolo e anche il relatore - dell'adeguamento della normativa agricola nazionale alla disciplina comunitaria, signor sottosegretario, anche rispetto agli investimenti per lo sviluppo delle agevolazioni fiscali nel settore delle bio-energie.
In tal senso, secondo il Governo, questo decreto-legge si sarebbe reso necessario ed urgente all'interno di una manovra e di una scelta di politica economica che il Governo ha compiuto con il decreto-legge n. 112 del 2008, poi convertito in legge n. 133 del 2008. Ma se esaminiamo - come ha fatto il collega Ruvolo e come, nella sua onestà intellettuale, anche il relatore ha fatto nella sua relazione - il contesto normativo creato dall'attuale Governo nel quale si cala il decreto-legge in discussione e se analizziamo le condizioni, ritroviamo veramente una debolezza strutturale e finanziaria rispetto al settore agricolo.
Con riferimento alle precedenti norme emanate con questo decreto-legge si sarebbero dovute preordinare delle disposizioni in merito al tema del finanziamento delle politiche agricole.
Signor sottosegretario, lei viene dal Mezzogiorno e gravi, al riguardo, sono state le ripetute diminuzioni apportate al Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), che tra le sue funzioni assolve anche a quella di finanziare i programmi operativi regionali (POR), in cui sono presenti misure di grande importanza per il comparto strutturale agricolo e per la tutela ambientale del mondo agricolo.
Infatti, il continuo e improprio ricorso, da parte del Governo, al Fondo per le aree sottoutilizzate mette a serio rischio le politiche del Mezzogiorno. Anche le regioni, soprattutto quelle del sud alle quali spetta l'85 per cento del FAS, hanno espresso la loro avversione rispetto a questo metodo operativo, in quanto i tagli al FAS sono stati operati senza alcun consulto con le regioni mettendo a rischio l'applicazione del quadro strategico nazionale e i citati POR 2007-2013.Pag. 12
Non voglio qui sottolineare le differenze con il precedente Governo, però il Governo Prodi aveva incrementato di 64 miliardi il FAS proprio per destinarli a queste operazioni, per realizzare il livello di servizi nelle zone più svantaggiate, signor sottosegretario. Infatti, l'agricoltura si aiuta anche indirettamente, puntando a riqualificare il territorio; ma l'ammontare della cifra iniziale continua sempre di più ad assottigliarsi.
Finora il Governo, senza considerare gli altri tagli contenuti in norme ancora non definitivamente vigenti, ha attinto a questo fondo per oltre 11 miliardi di euro.
In questo decreto-legge, signor sottosegretario, ravvisiamo una grave assenza di politica di sviluppo strategico. Il provvedimento ha un punto debole ed anche sulle procedure, sulla semplificazione della gestione burocratica notiamo delle discrasie.
Se il Governo avesse voluto dare un segnale per il mondo agricolo, come era nelle intenzioni e nelle dichiarazioni del Ministro Zaia, per questo settore produttivo primario, non avrebbe dovuto togliere le risorse all'agricoltura con il provvedimento relativo all'ICI né, e qui lo dico con molta chiarezza, avrebbe dovuto tagliare in maniera indiscriminata per sostenere il provvedimento giusto per l'università e per il diritto allo studio, togliere risorse importanti proprio per la tutela del territorio, per il controllo dello stesso, per i dissesti idrogeologici.
Pertanto dobbiamo dirci fino in fondo la verità, dobbiamo sapere se per il Governo questo settore primario è un settore importante; noi riteniamo che sia importante perché l'industrializzazione di un Paese, il settore terziario di un Paese, una società moderna, oggi fanno i conti con un'agricoltura sana, sostenuta e con un settore primario che è la base fondamentale dello sviluppo di tutti gli assetti, anche industriali, commerciali e tecnologici di un Paese.
Proprio per questo sono messe in difficoltà le aree marginali che oggi sono abbandonate e rappresentano dei costi per il bilancio dello Stato; quindi dobbiamo recuperare anche quei finanziamenti tolti per i dissesti e gli incendi, al fine di operare il controllo rurale e montano e per prevenire i dissesti idrogeologici.
Signor sottosegretario, onorevoli colleghi, gli altri colleghi del gruppo Partito Democratico illustreranno altri aspetti; io ne voglio sottolineare alcuni.
In queste ultime settimane abbiamo affrontato una grande riflessione su un settore: quello della filiera dell'olio extravergine di oliva ossia il settore olivicolo reale. Sono stati presi degli impegni, signor sottosegretario, ma in questo decreto-legge non è previsto nulla e noi abbiamo presentato degli emendamenti per cominciare a dare un segnale.
Questo è un prodotto che proviene da un territorio laborioso e che ha compiuto grandi sforzi ed investimenti economici e non possiamo consentire, sul piano dell'affermazione di questo prodotto in campo nazionale e internazionale, che non venga attribuito quel giusto sostegno strategico non solo al fine di valorizzarlo ma anche per promuoverlo non solo in ambito nazionale ma anche internazionale; pertanto, è necessaria una campagna di informazione e di sensibilizzazione ed è necessario che alle parole seguano i fatti. Abbiamo avuto un incontro con le regioni interessate e con il Ministro e ci aspettavamo che all'interno del provvedimento ci fossero dei segnali di interesse e di sostegno verso questo settore.
Ci stiamo occupando anche di piccoli impianti di produzione di energia rinnovabile, sottosegretario. Infatti, stiamo procedendo, in Commissione, all'esame delle proposte di legge sulle agroenergie. Tuttavia, vi è un capitolo in questo decreto-legge che non è stato utilizzato a favore dei piccoli impianti e degli agricoltori. Le agroenergie dovrebbero innanzitutto servire ad aumentare il reddito degli agricoltori e, pertanto, abbiamo presentato degli emendamenti che vanno nella direzione della multifunzionalità dell'agricoltura anche rispetto alle potenzialità di sviluppo di energie rinnovabili.
Non da ultimo, sottosegretario, spero che lei si faccia portavoce presso il Ministro della questione che andrò ad esporre,Pag. 13perché essa rappresenta un punto politico del nostro gruppo. Il Governo ha la delega sul riordino degli enti. Certamente condividiamo la riduzione dei consigli di amministrazione. Non possiamo non ammettere che sia giusto. Tuttavia, non è sufficiente solo la riduzione dei componenti dei consigli di amministrazione, ma anche chiedersi come mai non siamo riusciti ancora, dopo un anno di legislatura, a presentare in Commissione uno schema o un progetto di riordino di enti e di strutture che sono sotto la vigilanza ministeriale.
Signor sottosegretario, il risparmio è importante ma è importante anche individuare una strategia di sostegno moderno ad un comparto che oggi non solo dialoga con il Ministero, ma anche con le regioni. Riteniamo che molti enti siano inutili (credo che anche lei lo pensi), male organizzati e invece di fare ricerche, fanno altro. Inoltre, all'interno di questi enti vi sono professionalità che hanno bisogno di contenitori diversi.
Pertanto, se è vero che la coperta è corta, che siamo in una situazione di crisi economica e che non possiamo aumentare i nostri debiti, il dovere del Ministro e della struttura ministeriale è avviare con le Commissioni che si occupano di agricoltura della Camera e del Senato, una seria riflessione mirata al riordino di questi enti, al fine di qualificare la spesa e per indirizzarla a progetti virtuosi e strategici. Il mondo agricolo non ha più bisogno di assistenza, ma di un sostegno tecnico-scientifico per ammodernare un sistema che non può essere lasciato solo alla buona volontà dei bravi imprenditori, ma deve trovare nello Stato e negli enti preposti un concreto supporto. Auspico che si possa superare, con il riordino degli enti, quella visione assistenzialistica che in molti anni ha accompagnato il comparto agricolo e che essi possano fornire servizi capaci di aiutare a competere il nostro sistema agricolo, sul piano tecnologico e della ricerca.
In questa sede è intervenuto il collega Ruvolo. Anche noi abbiamo presentato un emendamento in ordine alle vinacce. Non intendo polemizzare, né voglio guardare cosa possa esserci dietro questa misura, perché siamo dei parlamentari seri e guardiamo le norme senza sospetti. Però, riteniamo molto riduttivo aver condensato il contenuto normativo di tale disposizione alle vinacce esauste. Ci sembra, in un certo senso, una norma che crea delle disparità anche rispetto alle vinacce vergini. Se, invece, espandiamo il contenuto normativo di questa disposizione potremmo fornire veramente un contributo all'interesse degli agricoltori.
Signor sottosegretario, dobbiamo dire la verità: sull'agricoltura è stata fatta solo una politica di tagli. Non riteniamo che in questo Paese si debbano solo aumentare le entrate, ma anche tagliare. Tuttavia, in Commissione agricoltura ci siamo trovati sempre davanti a provvedimenti che hanno previsto tagli. La politica dei tagli è giusta, ma deve essere mirata.
La politica dei tagli non può riguardare il piano irriguo. Signor sottosegretario, su questo ha ragione il collega Ruvolo, perché il piano irriguo è un intervento strutturale per l'agricoltura. Si perde acqua utile, non si utilizzano bene i nostri invasi e si hanno deficit gravissimi e strutturali nella nostra rete irrigua.
La nostra collaborazione c'è. Abbiamo presentato ordini del giorno e ne abbiamo discusso in Commissione agricoltura. Quando il Governo prenderà posizione sul piano irriguo? Ci saremmo aspettati qualcosa in questo decreto-legge che ha come titolo, lo ripeto, il rilancio competitivo del settore agroalimentare. Come fa ad essere rilanciata l'agricoltura se il tema dell'irrigazione in certe aree è rimasto antico, vetusto e fa anche spendere soldi inutilmente alla collettività? Recuperiamo anche questo discorso.
Vorrei dire, signor sottosegretario, che siamo rimasti molto dispiaciuti quando abbiamo letto in questi giorni il cosiddetto provvedimento anti-crisi. Non ci aspettavamo che all'interno del provvedimento vi fosse il titolo agricoltura. Tuttavia, da una lettura (forse la mia sarà stata molto superficiale e ne chiedo scusa), del provvedimento anti-crisi, si evince che sarebbePag. 14potuto essere una grande occasione anche per recuperare il grande tema del credito agrario ed altri temi strutturali per l'agricoltura.
Questa è un'occasione. Il provvedimento non sarà certamente discusso entro l'anno perché non è in scadenza, ma a gennaio. Ci auguriamo che tutti gli emendamenti che l'opposizione e la maggioranza hanno presentato siano presi in considerazione. Abbiamo avvertito il dovere di presentarli non per un'azione ostruzionistica (ne abbiamo presentati in un numero decente), ma perché abbiamo il desiderio che questo decreto-legge sia convertito con le necessarie modifiche.
Chiediamo in questo momento al Governo che il «decreto-legge anti-crisi» possa essere una grande occasione per recuperare alcune iniziative come il credito agrario, la formazione in agricoltura o quelle strategie per accorciare le filiere.
Signor sottosegretario, stiamo facendo un'indagine sui prezzi e sappiamo che i costi della produzione sono bassi e quelli al consumo alti.
Oltre che le analisi, la politica (e quindi il Governo, l'opposizione e il Parlamento) deve fornire delle indicazioni. Pertanto, in un «decreto-legge anti-crisi» occorre pensare anche all'agricoltura, che è in crisi rispetto a se stessa ed anche agli utenti. Infatti, la famiglia, quando va a comprare la verdura, l'olio e i prodotti agricoli trova sui banconi prezzi che non può sostenere e che non sono a vantaggio degli agricoltori.
Quindi, mi chiedo: è possibile che non si possano individuare strategie strutturali? Basta con gli interventi a pioggia. Visto che non è stato fatto nel decreto-legge che stiamo esaminando, perché non farlo nel «decreto-legge anti-crisi»? Siamo disponibili a metterci intorno ad un tavolo in Commissione agricoltura (abbiamo anche il tempo di farlo) per indicare al Ministro Tremonti che l'agricoltura è fondamentale.
Si vedano gli altri Paesi della Comunità europea, ma anche quelli del terzo mondo e dell'Asia, la Cina e l'India.
In questa sede voglio rivolgermi anche al Presidente che proviene dalla mia stessa terra. In un certo momento in questo Paese l'agricoltura è stata ritenuta - come si dice da noi - da «cozzali»: i giovani sono scappati dal mondo agricolo. Ma oggi l'agricoltura - proprio per la sua funzione e la sua multifunzionalità - è il presidio del territorio! Guai se consentissimo la desertificazione del nostro territorio! Quindi, vorrei dire al Ministro Tremonti che non chiediamo assistenza per l'agricoltura, ma un impegno economico-finanziario per individuare realmente le riforme strutturali da porre in essere e per sostenere il settore produttivo virtuoso, non le pigrizie del mondo agricolo, ma le potenzialità di esso.
Quindi, concludo il mio intervento, perché gli altri colleghi approfondiranno certamente altri punti ed altre criticità, ma anche altre proposte che il gruppo del Partito Democratico, attraverso gli emendamenti, presenterà in quest'Assemblea.
Anch'io voglio, signor Presidente, fare un appello, affinché la Presidenza di turno si faccia portavoce presso il Presidente Fini. Signor Presidente, tale appello riguarda l'inammissibilità degli emendamenti rispetto allo strumento del decreto-legge e anche a ciò che si fa al Senato. Stiamo dibattendo in questi giorni la riforma del Regolamento. Siamo in un tunnel, perché rispetto ad un decreto-legge che al Senato ha avuto delle integrazioni con riferimento ad una serie di misure, alcune delle quali hanno a che fare con l'agricoltura ed altre «no», ci ritroviamo alla Camera in una situazione di impossibilità da parte della Commissione agricoltura e del giusto dovere che hanno i parlamentari di contribuire.
Il titolo di questo provvedimento è il rilancio competitivo dell'agricoltura. Se il Governo in questo decreto-legge ha dimenticato di parlare dell'olio d'oliva e del credito agrario, prevedendo certi capitoli, mentre il Senato ne ha aggiunti altri, noi alla Camera siamo impossibilitati. Ci stiamo facendo carico all'interno del nostro gruppo di ragionare sul Regolamento, ma facciamo veramente appello, perché siamo testimoni di una situazione di crisi di questo comparto, affinché da partePag. 15della Presidenza di questa Camera sia dichiarata l'ammissibilità degli emendamenti, almeno per discutere all'interno di quest'aula di temi importanti rappresentati - lo ripeto - non solo negli emendamenti dell'opposizione, ma anche in quelli della maggioranza.
Signor Presidente Leone, la ringrazio di questo; è un appello accorato, oltre che del collega Ruvolo, del gruppo del Partito Democratico, un appello non solo nostro (lo abbiamo sentito all'interno della Commissione agricoltura). Signor Presidente, se la storia continua così (dal momento che abbiamo saputo che il «decreto anti-crisi» non riceverà nemmeno il parere consultivo della Commissione agricoltura), allora decideremo di conseguenza. Come è stato detto con una battuta da una mia collega proprio ieri, se questa Commissione non ha la possibilità di esprimere il proprio parere anche sulla politica generale, sarebbe un segnale molto negativo e credo che dobbiamo tutti insieme in maniera unitaria - maggioranza e opposizione - attribuire un ruolo a questa Commissione, non perché vogliamo dignità (ce l'abbiamo lo stesso), ma perché riteniamo che l'agricoltura sia strategica per il superamento della crisi economica e sociale di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, ho ascoltato con attenzione il relatore e i colleghi che mi hanno preceduto e, anticipando che ovviamente noi come gruppo dell'Italia dei Valori ci riserveremo poi ogni valutazione in merito al voto finale anche sulla base del confronto e della discussione che faremo sugli emendamenti, voglio però ricordare che, con questo provvedimento, stiamo completando gran parte del percorso avviato nella precedente legislatura ed interrotto a causa dello scioglimento anticipato. Questo decreto-legge, infatti, reca una serie di misure che già l'allora ministro De Castro aveva deciso di adottare nella prospettiva di rilanciare la competitività del settore agroalimentare colpito da questa grave crisi congiunturale.
Quindi, devo dire che sono rimasto un po' sorpreso; figuriamoci se noi come gruppo dell'Italia dei Valori non comprendiamo le ragioni delle opposizioni e la necessità di fare opposizione ai provvedimenti del Governo, però, in questo intervento vorremmo provare a sottolineare, per una volta, gli aspetti che ci convincono, pur riservandoci poi, lo ripeto, una valutazione finale.
Questo provvedimento, recando taluni interventi relativi all'adeguamento della normativa agricola nazionale alla disciplina comunitaria, al finanziamento degli investimenti per lo sviluppo, alle agevolazioni fiscali nel settore delle bioenergie e, infine, ai provvedimenti che riguardano interventi cofinanziati dall'Unione europea dal 1994 al 1999, contiene alcuni elementi che ci convincono e che salutiamo con favore.
Il Governo è dunque intervenuto con il decreto-legge in discussione al fine di rimediare all'attuale situazione di debolezza del comparto, in particolare con l'articolo 1 che modifica i commi 1088, 1089 e 1090 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007, che sono relativi al credito di imposta per la promozione del settore, al fine di consentire alle imprese agroalimentari di sostenere i costi ammessi ad incentivo per il 2008 nei termini fissati dalla Commissione europea e di evitare il rischio di perdere le risorse finanziarie assegnate.
La modifica alla legge finanziaria per il 2007 si è resa, e si rende necessaria proprio al fine di adeguare la legislazione vigente, rendendola effettivamente operativa, alla normativa europea che, da un lato, consente ad alcune categorie di imprese di beneficiare del credito d'imposta fino al 50 per cento delle spese ammissibili, dall'altro, esclude dal beneficio le grandi imprese agroindustriali e riduce fortemente le spese realmente ammissibili, escludendo la pubblicità sui prodotti specifici delle singole aziende che, al contrario, la disciplina introdotta con la leggePag. 16finanziaria per il 2007, ammetteva al beneficio del credito di imposta. Tale modifica si è resa necessaria in quanto, soltanto nel febbraio di quest'anno, la Commissione europea ha approvato lo schema del decreto attuativo degli aiuti previsti dalla legge n. 296 del 2006 e voglio anche ricordare che la legge finanziaria per il 2007, va da sé, è entrata in vigore il 1o gennaio dello stesso anno, mentre lo schema di decreto emanato dal Ministro dell'economia e delle finanze, volto appunto all'attuazione della legge n. 296, è stato predisposto e diffuso a luglio 2007. Insomma, in questa discrasia stanno le motivazioni che cercherò ora di esporre su alcuni aspetti in particolare.
Le disposizioni di cui all'articolo 1, che erano già inserite nello schema di decreto legislativo in materia di modernizzazione e regolazione dei mercati nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca, approvato dal precedente Governo il 27 febbraio, devono quindi essere valutate con favore dal momento che rispondono alle esigenze delle imprese che intendono crescere sui mercati esteri, ampliando le proprie quote di mercato. Inoltre, a nostro parere, si tratta di disposizioni innovative che possono contribuire ad aumentare significativamente la propensione all'export del settore agroalimentare italiano.
Rispetto al testo della legge finanziaria per il 2007, va valutato ancora positivamente il fatto che le percentuali del valore degli investimenti escluse dalla base imponibile del reddito di impresa, siano state unificate ad una sola, il 50 per cento, mentre precedentemente risultavano del 25, del 35 o del 50 per cento, a seconda dei casi.
Se poi andiamo ad esaminare l'articolo 2 di questo decreto-legge, che proroga al 30 giugno 2009 il termine di utilizzo del contingente del biodiesel defiscalizzato, vediamo che qui si vuole evitare l'azzeramento della parte non ancora assegnata nel 2008. Si tratta, quindi, di una disposizione resa necessaria, in quanto le imprese operanti nella filiera devono poter programmare i contingenti di biodiesel con alcuni mesi di anticipo rispetto alla scadenza dell'agevolazione. Si prevede, infatti, che per gli anni 2008, 2009 e 2010 tale agevolazione fiscale sia attuata dando priorità al biodiesel da filiera, tramite i criteri che in seguito verranno fissati da un apposito decreto del Ministero dell'economia.
Per quanto riguarda, invece, l'articolo 3, con particolare riferimento ai primi tre commi, esso reca una serie di disposizioni nei confronti delle quali noi dell'Italia dei Valori esprimiamo e dobbiamo esprimere una viva contrarietà. Ho messo in evidenza gli aspetti positivi e adesso provo a illustrare quelli su cui non siamo assolutamente convinti e, in particolare, questo articolo.
Infatti, mentre si continua a parlare di risparmi, di riduzione della spesa pubblica e di buonsenso in un momento di difficoltà economica estrema per il nostro Paese, noi andiamo a dare un contributo a fondo perduto di 5 milioni 600 mila euro all'ente per l'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia in considerazione dell'eccezionale esposizione debitoria dello stesso ente, che attualmente è valutata intorno a 116 milioni di euro. Su questo aspetto si è espresso il collega Ruvolo che mi ha preceduto. Tuttavia, se proprio vogliamo dare questo contributo verrebbe da dire: diamolo alle famiglie e agli agricoltori delle regioni di quelle zone che sicuramente li possono utilizzare e spendere meglio rispetto a quanto possa fare un ente in queste condizioni.
Vi è da aggiungere e da ricordare meglio che il precedente e tanto criticato e vituperato Governo di centrosinistra, nel dicembre 2006 con la legge n. 296, aveva previsto che entro il 30 settembre dell'anno successivo, attraverso un commissariamento straordinario, dovesse essere effettuata una ricognizione della situazione debitoria dell'ente per l'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia Lucania e Irpinia, e che si dovesse definire con i creditori un piano di rientro da trasmettere al Ministero delle politiche agricole e forestali.Pag. 17
Il decreto stabiliva allora le procedure amministrative e finanziarie per il risanamento dell'ente. Si prevedeva, inoltre, che dopo aver proceduto al risanamento di questo ente, il Ministro avrebbe emanato un decreto per la trasformazione dell'ente in società per azioni compartecipata dallo Stato e dalle regioni. Già in quell'occasione il decreto fu criticato per il contributo straordinario (all'epoca) di 5 milioni di euro e fu fortemente criticato da coloro che oggi siedono sui banchi del Governo, sicuramente anche da lei onorevole sottosegretario.
Successivamente, signor sottosegretario, con la legge finanziaria per l'anno 2008 noi avevamo previsto la soppressione dell'ente entro il 30 giugno di quest'anno. Voi, invece, avete abrogato il comma 636 dell'articolo 2, della legge finanziaria per l'anno 2008, che disponeva l'abrogazione degli enti e non a caso quel comma si intitolava proprio «taglia enti». Avete mantenuto, quindi, in vita il super indebitato e commissariato ente, i cui debiti, ripeto, superano ormai 116 milioni di euro.
Quindi, ancora una volta dico che è più efficace e opportuno dare questi soldi alle famiglie e agli agricoltori del sud: diamoli ai cittadini di quelle regioni che sicuramente in un momento come questo li spenderebbero meglio piuttosto che buttarli. Tuttavia, a voi interessa soltanto la social card e avete questo atteggiamento da principe che fa la donazione e la distribuzione dei pani e dei pesci.
L'articolo 4, infine, reca una disposizione che interessa direttamente la pesca, cui noi siamo assolutamente favorevoli, perché può contribuire a risolvere l'emergenza di carattere finanziario e gestionale correlata ai tempi e alle procedure contabili, nazionali ed europee inerenti agli interventi cofinanziati dall'Unione europea nel settore della pesca e dell'acquacoltura. Gli oneri derivanti dalla chiusura degli interventi cofinanziati dall'Unione europea per il periodo di programmazione dal 1994 al 1999, valutati in 50 milioni di euro, vengono posti a carico delle disponibilità del fondo di rotazione di cui alla legge n. 183 del 1987. Si tratta di una disposizione che, oltre a dare conclusione positiva al pregresso amministrativo finanziario per gli anni dal 1994 al 1999, può evitare il blocco degli interventi fra il 2000 e il 2006 del programma «Strumento finanziario di orientamento alla pesca», sempre a cofinanziamento europeo, in scadenza entro la fine del corrente anno.
Insomma, nel quadro generale delle norme a sostegno del settore agricolo noi del gruppo dell'Italia dei Valori abbiamo proposto anche un possibile intervento a sostegno del settore degli zuccherifici. Si tratta di una realtà produttiva radicata sul territorio con un indotto spesso rilevante e fonte di sostegno per diverse zone del Paese.
Siamo e restiamo convinti che si debba agire a sostegno anche di questa realtà produttiva, per la quale abbiamo presentato e presenteremo adeguati emendamenti.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi avvio alla conclusione. Rispetto al provvedimento che stiamo esaminando, sottolineiamo una necessità condivisa, che ha come obiettivo il rilancio del settore agroalimentare italiano, una finalità che deve essere perseguita in primo luogo dal Governo italiano, ma anche sostenuta da uno sforzo congiunto, soprattutto con un impegno in sede comunitaria per ottenere il conseguimento di efficaci norme di tutela e salvaguardia dei prodotti agricoli italiani, nonché di rilancio del settore ittico, che, com'è noto, sta attraversando un momento di forte crisi strutturale, legato anche alle difficoltà energetiche che abbiamo registrato negli ultimi mesi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Oliverio. Ne ha facoltà.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, la difficile congiuntura economica nazionale e internazionale avrebbe richiesto, in questa fase, da parte del Governo, una straordinaria capacità diPag. 18programmazione e l'adozione di misure eccezionali, dirette al rilancio produttivo del sistema agroalimentare, soprattutto sul piano degli investimenti, dell'innovazione e della modernizzazione del settore. I contenuti della programmazione finanziaria del Governo, a partire dal DPEF dello scorso giugno e proseguendo con i provvedimenti della legge finanziaria 2009, non sono andati per niente in questa direzione.
Anche il decreto legge n. 171 del 2008, dal titolo roboante: «Misure urgenti per il rilancio competitivo del settore agroalimentare», all'esame di quest'Aula, non si è discostato da questa tendenza di fondo. Ancora una volta, i problemi dell'agricoltura non hanno ricevuto risposte concrete, soprattutto sul fronte di una riduzione degli alti costi produttivi e dei pesanti oneri sociali a carico delle imprese agricole. Di contro, una grande operazione di comunicazione mediatica ha presentato un provvedimento che avrebbe dovuto essere il toccasana dell'agricoltura italiana, ma, come dicono comunemente i contadini della mia regione, che credo sia anche quella del sottosegretario Buonfiglio, il Governo voleva fare le nozze con i fichi secchi. E così è stato, a tal punto che la Commissione bilancio è stata costretta ad evidenziare l'insufficiente copertura finanziaria di alcune misure.
Con questo provvedimento, il Governo dichiara di porsi l'obiettivo di rilanciare il settore agroalimentare, nel quale i redditi sono cresciuti in Europa del 15 per cento e in Italia sono diminuiti del 3 per cento con grave danno alla produzione ed alla salvaguardia dei livelli occupazionali. I costi sono praticamente triplicati ed i redditi sono ormai in caduta libera, in coda tra i Paesi europei. Si allarga, invece, la forbice tra prezzi al consumo e prezzi all'origine, con gravissimo danno per i produttori e per i cittadini consumatori.
Questo provvedimento, che modifica in negativo alcune disposizioni contenute nelle leggi finanziarie 2007 e 2008, contiene misure totalmente insufficienti per il rilancio del comparto. Per le imprese si prospetta, infatti, un futuro molto difficile e con il rischio di un ulteriore aggravamento della situazione.
Prima di entrare nel merito del provvedimento, va segnalato un dato politico altamente negativo, relativo a rapporti tra maggioranza e opposizione parlamentare. Al Senato, sul decreto-legge in questione, abbiamo registrato la netta chiusura della maggioranza ad un contributo costruttivo da parte dell'opposizione, una chiusura verificatasi dopo che si erano avute importanti forme di dialogo in Commissione, soprattutto rispetto a temi quali la fiscalizzazione degli oneri sociali, gli interventi assicurativi ed il fondo di solidarietà nazionale.
La rottura del dialogo è avvenuta non certo per responsabilità del gruppo parlamentare del Partito Democratico del Senato, ma per i ripetuti diktat del Governo, che ha addirittura imposto la bocciatura di emendamenti già unanimemente licenziati in Commissione agricoltura.
Ciò nonostante, in Commissione agricoltura della Camera dei deputati abbiamo voluto, per il grande senso di responsabilità dimostrato dal Partito Democratico e per il suo profilo riformista, e soprattutto per rendere un servizio all'agricoltura e ai tanti operatori del settore, dare un'ulteriore prova di disponibilità, acconsentendo all'invito del relatore, onorevole Nola, che ringrazio per il lavoro svolto e per quello che dovrà ancora svolgere, di ritirare gli emendamenti presentati in Commissione, per ripresentarli in sede di Assemblea.
Se un atteggiamento di ostilità da parte della maggioranza dovesse persistere di fronte alla nostra costruttiva disponibilità anche in questo ramo del Parlamento, ci troveremmo di fronte all'impossibilità materiale di individuare delle risposte efficaci e concrete alla domanda di sostegno proveniente dai comparti vitali dell'economia italiana, come l'agricoltura, l'agroalimentare e la pesca.
Entrando ora nel merito, il decreto-legge in questione, così com'è stato licenziato dal Senato, denota un deficit di carattere struttural-normativo, in quantoPag. 19difetta della organicità e della sistematicità che una materia così importante richiederebbe.
Molte delle misure adottate risultano slegate logicamente tra di loro e quasi mai emerge una coerenza di intenti e una unitarietà di obiettivi. La mancanza in questo decreto-legge di un impianto normativo solido, organico e in grado di fornire risposte efficaci al settore è particolarmente grave, se consideriamo anche i pesanti tagli contenuti nel disegno di legge finanziaria per il 2009.
Li voglio solo sottolineare: il settore agricolo non è stato in alcun modo risparmiato dalle drastiche riduzioni di spesa operate sia con il decreto-legge n. 112 del 2008 sia con il taglio delle somme accantonate nella finanziaria per il 2007. Infatti, al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali vengono assegnate, per il 2009, risorse pari a 1.333,9 milioni di euro, con una diminuzione degli stanziamenti di competenza di 459 milioni (in sostanza, un taglio secco del 25,6 per cento) e l'incidenza percentuale degli stanziamenti di competenza del Ministero rispetto alla spesa finale del bilancio dello Stato si riduce dallo 0,3 per cento allo 0,2 per cento.
Se poi si procede all'analisi di alcuni singoli provvedimenti e articoli, diventa facile muovere al decreto-legge disappunti e critiche di particolare rilievo: la proroga al 31 marzo 2009 degli sgravi contributivi per le aziende agricole nelle zone di montagna svantaggiate e lo stanziamento di 65 milioni di euro per l'anno 2008 al Fondo di solidarietà, che, tra l'altro, come evidenzia la Commissione bilancio, trovano coperture insufficienti, rappresentano una goccia nel deserto, soprattutto per la grave crisi economica e sociale in cui versa il settore.
Prolungare soltanto di un trimestre le agevolazioni contributive assume, poi, i contorni di una grande presa in giro, soprattutto per quelle imprese che avevano già aderito, con grande sacrificio, all'operazione di ristrutturazione dei debiti INPS, regolarizzando la propria posizione.
Dal 1o aprile 2009, a norma dell'articolo 1-ter di questo provvedimento, gli aumenti saranno considerevoli e per le aziende che già operano in condizioni di difficoltà produttiva le prospettive si fanno quanto mai drammatiche.
Per quanto riguarda, ancora, la dotazione del Fondo di solidarietà nazionale di 65 milioni di euro per l'anno 2008, occorre fare alcune importanti, a nostro avviso, considerazioni.
Va rilevata, innanzitutto, l'esiguità della dotazione ed il fatto che essa si riferisca al solo anno 2008; si tratta di un indicatore rilevatore della prospettiva di brevissimo termine che accompagna l'azione di questo Governo.
Inoltre, va sottolineato che al relativo onere del Fondo di solidarietà si provvede mediante il corrispondente utilizzo delle residue disponibilità del Fondo per lo sviluppo della meccanizzazione in agricoltura.
Questa - consentitemi di dirlo - è un'autentica perla dell'azione governativa, perché l'approvazione di un decreto-legge che contiene misure urgenti per il rilancio del settore agro-alimentare e che contemporaneamente sottrae risorse ad un Fondo preposto all'innovazione ed alla modernizzazione delle imprese agricole rasenta l'assurdità. Più che una seria programmazione governativa ed il rilancio di un comparto vitale per l'economia italiana, sembra di assistere al cosiddetto gioco delle tre carte.
La verità è che occorrerebbe incrementare in modo significativo e con risorse certe la dotazione del Fondo di solidarietà riferendolo ad un arco temporale più ampio, almeno un triennio. Anziché tagliare o tamponare qua e là, di converso il Governo dovrebbe adottare provvedimenti di carattere ordinario e straordinario in campo fiscale, contributivo, creditizio, di innovazione, di investimento e di razionalizzazione della troppo lunga filiera agro-alimentare, in grado di contrastare la congiuntura negativa, sostenere le aziende, ridurre i pesanti costi di produzione e gli oneri sociali.Pag. 20
Per quanto poi riguarda gli interventi nel settore della produzione agricola, va sottolineata una volta di più - così come con passione ha fatto l'onorevole Ruvolo - la penalizzazione di un settore altamente competitivo ed innovativo, il vitivinicolo siciliano, a cui il centrodestra non riesce a fornire risposte convincenti. Dei 50 milioni di euro stanziati per il settore nella scorsa legislatura dal centrosinistra e sottratti dall'attuale Governo con la promessa di essere reintegrati a breve, sono stati ripristinati soltanto 10 milioni.
Si tratta di una cifra risibile ed assolutamente insufficiente per compensare le aziende vitivinicole danneggiate dalla peronospora. Le aziende operanti nel settore vitivinicolo siciliano rappresentano non solo famiglie di grandi produttori ma anche, a causa della ridotta dimensione dell'impresa agricola, piccoli e piccolissimi agricoltori che verrebbero fortemente penalizzati dalle conseguenze di quello che possiamo definire come un vero e proprio scippo.
Vi è poi da rilevare ancora la grave crisi del settore olivicolo-oleario, che ha messo in ginocchio intere regioni del Mezzogiorno ma che non rientra nel piano degli interventi a favore del rilancio del comparto agro-alimentare e non è nelle priorità del Ministro Zaia, sempre più incline ad indossare i panni del Ministro del Lombardo-Veneto (ma in Aula non vedo nemmeno un rappresentante della Lega Nord né credo che qualcuno di loro intervenga nella discussione sulle linee generali, ed ancora di più si evince una carenza di attenzione verso questo settore e verso quest'Aula).
L'impressione è che l'asse della politica di sostegno agricolo sia ormai orientato prevalentemente al nord (e gli esempi non mancano) mentre le regioni meridionali, a dispetto dei proclami governativi, sono destinate a scontare un deficit di programmazione nazionale, l'assenza di un modello di sostegno economico in situazioni di crisi, la carenza di interventi a favore dell'innovazione e degli investimenti di azienda.
Vi è tra l'altro da aggiungere che il provvedimento in esame assomiglia sempre più ad una sorta di macedonia, considerato che si passa da un settore all'altro senza colpo ferire. Infatti, viene tra l'altro prevista - all'articolo 4-sexies - l'esenzione dall'obbligo di certificazione per le navi ed i galleggianti adibiti alla pesca marittima. Secondo l'articolo in questione, le navi ed i galleggianti adibiti alla pesca marittima che non toccano parti o territori di altri Stati sono esenti dall'obbligo di munirsi di certificazione relativa all'avvenuta derattizzazione o di esenzione dalla stessa. Si tratta di un intervento di semplificazione del settore della pesca, mi dirà il sottosegretario, ma siamo sicuri che la sicurezza dei prodotti ittici non ne risenta?
Insomma, questo provvedimento è simile a quelli ribattezzati omnibus ma una sua originalità ce l'ha, in linea con la scia condonistica della maggioranza: vengono infatti depenalizzati i reati per frode alimentare e ciò viene evidenziato dalla stessa Commissione giustizia della Camera.
A fronte di tutto questo, ed in considerazione della disponibilità al confronto più volte manifestata dal Partito Democratico, auspichiamo segnali di concreta apertura rispetto alle nostre proposte, sempre che da parte della maggioranza si manifesti una vera e propria priorità per la conversione di questo decreto-legge, priorità di cui, in realtà, non abbiamo riscontri, considerato che nel decreto-legge anticrisi, recentemente varato, così come ha già ricordato la collega Servodio, la parola agricoltura non è stata nemmeno menzionata e, men che meno la Commissione agricoltura è stata chiamata ad esprimere un parere, seppure consultivo.
Dobbiamo mettere al centro della nostra azione l'agricoltura e dovete farlo voi del Governo e voi del centrodestra. Noi, comunque, ci siamo, non abbiamo mai messo in campo interventi ostruzionistici, ma fateci sapere come, e con quali modifiche, si vuole intervenire. Se si va nella giusta direzione, onorevole Nola, avrete il nostro assenso, altrimenti la nostra chiara e determinata, contrarietà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marco Carra. Ne ha facoltà.

MARCO CARRA. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, a otto mesi dall'inizio della XVI legislatura l'agricoltura torna ad essere al centro del dibattito parlamentare, perché è un comparto socioeconomico in grande difficoltà ed anche per le promesse spese in campagna elettorale da parte della destra (risolveremo i problemi dell'agricoltura: questo era il proclama).
Credo che oggi abbiamo la testimonianza evidente di quanto l'agricoltura italiana sia estranea dall'azione politica di questo Governo. In realtà, dovrei correggermi, perché estranea del tutto non lo è stata, grazie evidentemente - come hanno già ricordato i colleghi che mi hanno proceduto - ai poderosi tagli di cui è stata oggetto in questi mesi. Nella legge finanziaria abbiamo registrato un taglio agli stanziamenti di circa il 25 per cento e una contrazione delle spese per gli investimenti di circa 40 per cento.
È evidente che questi dati sono la conferma - ho già avuto modo di dirlo in quest'Aula proprio nel dibattito sulla legge finanziaria - della devastazione prodotta dalla destra ai danni dell'agricoltura. Le proteste dei giorni scorsi di migliaia di imprenditori agricoli a Roma, a Bologna ed in molte città italiane, rappresentano un segnale dello stato di pesante crisi del comparto. La difficoltà è reale, i numeri preoccupano, le aziende stanno producendo in perdita e sono ormai decine di migliaia quelle a rischio di chiusura. È assai probabile - come già ricordava il collega Oliverio - che ci sia un calo dell'occupazione che può andare anche oltre il 10 per cento. Le stesse aziende viaggiano ad un livello di indebitamento molto elevato, e non già per produrre investimenti, ma per gestire semplicemente l'esistente. Assistiamo ad una caduta dei redditi.
Tutto ciò sembra un film dell'horror, mentre è la pura e semplice realtà. Io provengo dalla zona di Mantova, dove l'agricoltura rappresenta un punto di eccellenza (e come in questa, anche in molte altre zone del nord del Paese). Devo dire che si sta risentendo fortemente di questa situazione che sta mettendo a rischio un intero sistema economico. Dico ciò anche per confermare che se vi è una disattenzione nei confronti del sud del Paese, questo dato lo ritroviamo anche nei confronti del nord. Certo, è vero, le cause sono di ordine più generale, ma proprio per questa ragione non servono politiche una tantum, o peggio ancora, provvedimenti dannosi per l'agricoltura - lasciatemelo dire ancora con forza: prodotti da questo Governo - che si aggiungono ad una crisi di sistema più generale.
Di fronte ad una crisi di queste dimensioni servono politiche che mettano davvero al centro la questione agroalimentare con una proposta organica. In questi otto mesi l'unica proposta organica che la destra ha formulato e praticato è corrisposta a dei tagli paurosi all'agricoltura, aggiungendo - lo ribadisco - danno a quello già prodotto da una crisi di ordine più generale, rappresentata da un forte calo dei consumi e dalle difficoltà, da parte delle nostre imprese, a reggere una fortissima competizione internazionale.
Mi è già capitato, nel dibattito sulla finanziaria, di ironizzare sulle scarpe sporche del Ministro, il Ministro che privilegia al dibattito nelle aule parlamentari gli incontri in diretta con gli imprenditori agricoli (in questo modo si sporca le scarpe). Ancora non riesco a capire francamente in quali luoghi il Ministro si rechi per sporcarsi le scarpe. Soprattutto non riesco a capire quali imprenditori stia incontrando per non raccogliere questo allarme. Forse davvero valeva la pena, anziché sporcarsi le scarpe, che il Ministro avesse consumato un po' di suola per fare quei venti metri necessari ad incontrare quegli imprenditori che qualche settimana fa hanno protestato davanti a Montecitorio.
A poco è valso in questi mesi il lavoro fecondo svolto dalla Commissione, un lavoro spesso sfociato in proposte unanimi, costantemente bocciate dal Governo. Il lavoro della Commissione è stato spesso mortificato ed umiliato dal Governo. QuestaPag. 22mortificazione - forse la mia interpretazione è un po' forzata - la leggo anche nell'intervento del relatore, onorevole Nola, laddove rivolge un forte appello affinché questo provvedimento possa essere approvato. Oggi a questa situazione si risponde con un decreto che reca un titolo impegnativo: misure urgenti per il rilancio competitivo del settore agroalimentare. Credo che l'utilizzo del termine rilancio avrebbe un senso se quello che questa maggioranza ha trovato quale eredità del precedente Governo fosse stato quanto meno mantenuto. A me più che un rilancio pare che questo provvedimento sia una pezza che questa maggioranza cerca di mettere alle devastazioni prodotte in otto mesi, una pezza peraltro priva della necessaria copertura finanziaria, come è stato evidenziato dalla Commissione Bilancio.
Le misure contenute nel decreto in sé non ci trovano in disaccordo. Possono considerarsi, da un certo punto di vista, la prosecuzione e il completamento di scelte che il Governo Prodi ed il Ministro De Castro avevano adottato nella precedente legislatura. Mi interessa molto il dato relativo alle agroenergie e agli incentivi, già toccato dalla collega Servodio, laddove questo Governo e questo Ministro avrebbero potuto emanare dei decreti attuativi relativi a queste forme di incentivazione. Ancora oggi questo non è accaduto e si spera che questo decreto possa essere emanato, per sostenere quegli imprenditori che in questi mesi hanno affrontato degli investimenti importanti in materia di agroenergie.
Tuttavia, rispetto alla fase che l'agroalimentare sta vivendo, limitarsi a quanto contenuto nel decreto è quanto di più inadeguato possa esserci. Non c'è davvero alcuna relazione tra questa proposta e quanto sta vivendo il Paese reale, vale a dire il mondo agricolo, un mondo che non ha bisogno di assistenza, ma che ha bisogno di stabilità. Dico questo anche alla luce del testo trasmesso dal Senato, che ha appunto migliorato il decreto che non prevedeva, ancora una volta, nulla per il Fondo di solidarietà nazionale e per interventi agevolativi sulle contribuzioni previdenziali. Sono questi ultimi interventi che vanno resi stabili e strutturali. Abbiamo proposto emendamenti migliorativi. Abbiamo riconfermato ancora oggi, attraverso il nostro capogruppo in Commissione Oliverio e la collega Servodio, la nostra disponibilità. Reiteriamo ancora una volta la nostra disponibilità, sapendo di trovare disponibilità (scusate il gioco di parole) all'interno della Commissione, ma sapendo di non trovarla poi nel confronto con il Governo.
Abbiamo proposto emendamenti migliorativi per il Fondo di solidarietà nazionale e per le agevolazioni contributive. Chiediamo un pronunciamento chiaro e definitivo sull'ICI relativa ai fabbricati rurali: il mondo agricolo sta aspettando un pronunciamento chiaro, e noi ribadiamo la nostra opinione, che è quella di mantenere l'esenzione dall'ICI per quanto riguarda i fabbricati rurali. Abbiamo proposto misure di sostegno alla crisi del settore suinicolo: 2 milioni di euro per l'anno in corso, 6 milioni di euro per l'anno prossimo. Abbiamo proposto un emendamento relativo al sostegno dell'imprenditoria giovanile e femminile: 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011. Condanniamo, ancora una volta, l'assenza del sostegno adeguato al piano irriguo: vi sono progetti già pronti per l'appalto. Cosa succederà? Se lo stanno chiedendo in molti. Proponiamo 15 milioni a sostegno dell'ammasso, a sostegno della stagionatura dei formaggi DOP (in particolare grana padano e parmigiano reggiano, a proposito di nord).
Da questo punto di vista mi sia consentito aprire una parentesi, prima di arrivare alla conclusione, su questo fondo europeo: attraverso l'audizione dei presidenti dei consorzi di tutela del parmigiano reggiano e del grana padano, abbiamo appreso una cosa per certi aspetti sconcertante, e cioè che la rinuncia da parte del Governo italiano a questo sostegno ed a questo contributo europeo è dovuta ad una sorta di baratto, relativo alle quote latte. Non solo quindi il tabacco, anche se il Ministro si dispera a dire che non è così, ma anche questo contributo per l'ammasso. È bene, a proposito di quote lattePag. 23e per amor di verità, sottolineare che non vi è stato un aumento particolare: tutti i Paesi europei lo hanno avuto, noi lo abbiamo avuto in termini anticipati, quindi in un'unica soluzione, rinunciando probabilmente a questi 30 milioni di euro per l'ammasso. Ci viene detto che poi spetterà agli Stati membri, se lo riterranno opportuno, finanziare il sostegno alla stagionatura dei formaggi DOP. Noi lo chiediamo con un emendamento specifico.
Per quanto riguarda le quote latte, il tema va trattato con cura e con delicatezza. Sappiamo benissimo - credo non sia un mistero per nessuno - che all'interno della maggioranza insistono posizioni profondamente diverse tra la Lega ed il Popolo della Libertà, in particolare la componente di Alleanza Nazionale. Il testo finale del compromesso raggiunto in sede europea mi pare che affermi che questo incremento servirà per compensare coloro i quali non hanno rispettato la legge. Credo sia opportuno ricordare, in questo dibattito, che sono oltre 40 mila - quindi la stragrande maggioranza degli imprenditori agricoli produttori di latte - gli imprenditori che hanno deciso di rispettare la legalità e di attenersi alla legge n. 119 del 2003, approvata (grazie per il suggerimento, signor sottosegretario) durante il precedente Governo Berlusconi, ma che ha avuto il consenso dell'allora opposizione di centrosinistra (mi pare che sia stata approvata all'unanimità). Ebbene, sono oltre 40 mila gli imprenditori che si sono attenuti a questa legge.
Noi, signor sottosegretario, siamo interessati ad una risoluzione del problema. Comprendiamo che in questo modo non si può andare avanti e non mancherà, anche in questo caso, il nostro contributo. Ci aspettiamo che a giorni, proprio per evitare che gli imprenditori debbano pagare la quinta rata, avvenga qualcosa.
Vedremo di scoprire sotto l'albero di Natale cosa ci riserva il Ministro Zaia da questo punto di vista, se porterà un po' di doni per qualcuno e un po' di carbone per qualcun altro, o se, invece, tenderà a praticare una scelta equa. Ebbene, come dicevo, non mancherà il nostro contributo. Credo, tuttavia, che il Ministro, in queste settimane, in qualche modo, si sia avvicinato un po' troppo al fuoco e rischia di scottarsi. Quindi, insisto: questa è una materia che va trattata con grande cura e con grande delicatezza.
Il decreto-legge in oggetto ci ha trovato e ci troverà assolutamente disponibili e i nostri emendamenti vanno nella direzione di migliorarlo. È evidente che i lamenti del Ministro, che ancora ieri ci ha proposto in Commissione, testimoniano una scarsissima autorevolezza (già l'onorevole Ruvolo diceva che occorrerebbe picchiare i pugni sul tavolo nei confronti del Ministro dell'economia). Per il momento, registriamo semplicemente dei lamenti. È del tutto evidente che questa autorevolezza è stata fortemente minata, da una lato, dai poderosi tagli - lo ribadisco - di questi mesi e, dall'altro, dal fatto di per aver prodotto, come è stato già ricordato, un topolino.
Ci auguriamo per il bene dell'agricoltura e del sistema agroalimentare italiano che la voce dell'opposizione sia ascoltata e sia tenuta fortemente in considerazione. Ci auguriamo questo non solo per il bene dell'agricoltura italiana (e, più in generale, dell'economia italiana), ma anche per un recupero dell'autorevolezza del Ministro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
Saluto gli allievi e i docenti della scuola elementare Ugo Bartolomei di Roma e gli allievi e i docenti della scuola elementare Lambruschini di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1961)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Nola.

CARLO NOLA, Relatore. Signor Presidente, è evidente che su questo provvedimento,Pag. 24strada facendo, si sono sommate tante aspettative, probabilmente troppe per un provvedimento d'urgenza come quello che oggi dobbiamo esaminare. Vorrei ricordare che il disegno di legge concernente gli interventi sul comparto segue questo decreto-legge, appena distanziato (usando un termine ciclistico, si può dire che lo segue a ruota). A gennaio, forse, vi sarà proprio l'occasione per riprendere in considerazione tutte quelle priorità che sono rimaste, probabilmente, accantonate, ma che hanno bisogno, invece, di entrare a pieno titolo in un provvedimento di intervento in campo agricolo.
Vorrei svolgere alcune osservazioni riguardo al dibattito che si è svolto. Mi permetto di rilevare che del decreto-legge in discussione - che, in maniera un po' ingenerosa, soprattutto nei confronti dello sforzo che è stato fatto per reperire le risorse e per dare risposte all'agricoltura, è stato definito come un «decreto macedonia» - tutto si può dire, tranne che sia un provvedimento che sposta l'asse dell'intervento agricolo governativo. Lo dico da deputato del nord, così come è già stato anche sottolineato dall'onorevole Marco Carra. Non credo che vi sia alcun elemento per dimostrare che questo sia un provvedimento spostato verso il nord, anzi: lo dico da deputato del nord.
Ringrazio tutti i colleghi per i loro interventi che, in buona parte, condivido (ovviamente, per quanto riguarda il merito dell'articolato e non le considerazioni politiche), in quanto sono il frutto di una riflessione comune di tutta la Commissione, che ha lavorato bene. Qualcuno, forse, ha esagerato chiamandolo un lavoro fecondo, ma sicuramente è stato un bel lavoro. Visto che il lavoro della Commissione è stato corale, attendo, poi, l'intervento dei colleghi della Lega Nord in modo che possano dare il loro contributo, che sarà sicuramente recepito.
Infine, è evidente che per trarre questo decreto-legge dalle secche e dalla possibilità che si perda per strada, è necessario, probabilmente, un gesto d'orgoglio da parte del Governo e da parte del Ministro, che vada a ristabilire il peso vero del mondo agricolo e dell'agricoltura nel sistema Paese.
È questo l'appello che mi permetto di rivolgere al sottosegretario e al Ministro e che credo si possa fare a nome di tutta la Commissione, affinché anche attraverso questo provvedimento l'agricoltura riprenda il posto che le spetta, non per campanilismo, non per interesse di qualche produttore, ma nell'interesse dell'intero Paese.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

ANTONIO BUONFIGLIO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, non aggiungerò molto all'esaustiva relazione dell'onorevole Nola, che peraltro ha anche replicato. Mi limiterò ad alcune considerazioni di carattere generale anche per rispondere ad alcune sollecitazioni emerse dagli interventi che ho trovato un po' ingenerose. Sarà, forse, l'emozione per l'Aula. Peraltro, ci lamentiamo molto spesso che l'agricoltura non arrivi in Aula, poi quando ci arriva, la presenza è a ranghi abbastanza ridotti e non dà riscontro del lavoro svolto insieme anche in Commissione fino a questo momento.
Il provvedimento risponde ad un momento di crisi che però è un momento di crisi di prezzo e non di mercato. Dobbiamo curarci di creare quelle precondizioni che esistono in un sistema di libero mercato. Si sono osservate da più parti le crisi dei settori specifici, da quello della suinocoltura a quello della ovinocoltura, tutti argomenti ai quali non si risponde soltanto attraverso i decreti-legge, ma anche attraverso un'azione amministrativa.
Sono stati un po' ridicolizzati gli interventi sul Fondo di solidarietà nazionale e sugli oneri previdenziali, ma a tale riguardo con una doppia distorsione: sappiamo tutti che le risorse reperite per il Fondo di solidarietà nazionale sono sicuramente soddisfacenti per l'anno 2008, così come sappiamo che, per effetto del compromesso ottenuto a Bruxelles (che non concerne solo le quote latte), avremoPag. 25la possibilità di finanziare tale Fondo (che l'Europa ci copia, come è stato ricordato dall'onorevole Ruvolo con molta correttezza durante il suo intervento), istituito durante il precedente Governo Berlusconi del 2003, in modo che esso non copra solo il fabbisogno del 2008, ma arrivi a coprire gli anni fino al 2013, cioè almeno fino a quando esisterà la politica agricola comunitaria; ad oggi è questo l'unico dato certo.
Peraltro, per amore di verità, dobbiamo dire che il Fondo di solidarietà nazionale era stato azzerato con la precedente legge finanziaria, quando l'allora Ministro dell'economia Padoa Schioppa lo aveva completamente dimenticato nelle previsioni per il 2008.
Il provvedimento può essere sicuramente migliorato, però ricordiamo che gli oneri previdenziali non vengono raddoppiati dal 1o gennaio e ciò non può non costituire un intervento positivo. Anche qui, ancora una volta con un minimo di ingenerosità, si è detto che il provvedimento è entrato in un modo nell'Aula del Senato ed è uscito in un altro (come è normale che sia), ma con una piccola distorsione. Mentre, infatti, gli interventi positivi (cioè l'introduzione dei fondi per il Fondo di solidarietà nazionale e per la copertura degli oneri previdenziali) vengono considerati un merito della maggioranza, gli interventi che si giudicano negativi (come il caso delle vinacce che veniva ricordato dall'onorevole Ruvolo) sono tutti considerati appannaggio dell'azione del Governo. Penso che il Governo e la maggioranza debbano prendersi la totalità della responsabilità del decreto-legge, sia per come esso è giunto all'Aula del Senato sia per come è stato licenziato.
Ritengo che questo provvedimento vada visto anche in considerazione di altre norme che sono contenute in altri veicoli legislativi, anche questi frutto di tecnicalità. Si parlava di precondizioni di stabilizzazione. Vorrei ricordare che nella legge finanziaria è contenuta la stabilizzazione dell'IRAP e della piccola proprietà contadina (una misura importante che mancava a questo settore da quarant'anni). Non è vero neanche - mi rivolgo all'onorevole Servodio - che la legge finanziaria, per la prima volta, non contiene norme concernenti il settore agricolo. In primo luogo perché contiene queste misure, in secondo luogo perché si è utilizzata una tecnicalità diversa - quella del decreto-legge n. 112 del 2008 - e infine perché, se deve contenere un miliardo di euro di tasse come è stato nell'ultima legge finanziaria a proposito di catasto rurale e di interpretazione del precedente Governo, forse è meglio che non se ne faccia menzione all'interno del provvedimento finanziario.
Si tratta solo di alcune precisazioni. Vorrei, altresì, rassicurare l'opposizione in merito alla dotazione del Fondo per le aree sottoutilizzate, almeno per quanto riguarda la parte dell'agricoltura, dal momento che sono rimasti intatti 773 milioni di euro. Si tratta, peraltro, di uno dei pochi programmi che è già stato interamente approvato nel suo iter amministrativo e la cui approvazione definitiva prenderà le mosse, il prossimo 16 dicembre, in seno al CIPE.
Riguardo all'EIPLI, ringrazio il rappresentante dell'Italia dei Valori che ha dato atto degli elementi positivi, ma lo correggo rispetto ad una sua affermazione: è vero che la precedente finanziaria sopprimeva l'EIPLI, ma lo faceva accollando al Governo nazionale l'intera massa debitoria e trasferendo invece quelle risorse - ovvero le tariffe, scelte peraltro dalla regione Puglia e Basilicata, aumentate ed equiparate all'uso industriale - ad una nuova società, già formata con azionisti della Puglia e della Basilicata.
Infine, una sola osservazione per quanto riguarda gli enti di ricerca perché la loro riorganizzazione è sicuramente già contenuta nella delega al Governo. Un primo tentativo c'è stato prima dell'estate e se ne discuterà sicuramente in Commissione agricoltura, perché la ricerca rimane uno dei pilastri di questa attività. Ricordo - e così concludo la polemica e i riferimenti alla passata legislatura - che, all'epoca, in Commissione non arrivavano neanche le nomine dei Presidenti degli enti di ricerca: non farei, dunque, troppi paragoni con il recente passato.Pag. 26
Penso, comunque, che alcune osservazioni, anche formulate negli interventi di oggi nonché alcuni emendamenti, possano essere oggetto di un lavoro comune. Penso soprattutto che, se occorre modificare il discorso relativo alle vinacce - perché siamo qui a difendere innanzi tutto il mondo agricolo - sicuramente ciò avverrà. Parimenti, nell'ottica degli oneri previdenziali, andrà affrontato - forse questa può essere l'occasione di farlo - quel contenzioso che esiste ancora con l'INPS per le zone svantaggiate.
Rivolgo ancora un unico e ultimo invito al senso di responsabilità, soprattutto per quanto riguarda i tempi perché, diversamente, la richiesta del relatore e anche la disponibilità dimostrata dall'opposizione circa il ritiro degli emendamenti potranno essere vanificate.
Ritengo che dovremo procedere con responsabilità e in fretta già dall'inizio della prossima settimana perché, in questo momento, la cosa più importante è l'agricoltura e non quale ramo del Parlamento sia in grado di modificarne maggiormente la disciplina.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Annunzio di petizioni (ore 10,45).

PRESIDENTE. Invito l'onorevole segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

SILVANA MURA, Segretario, legge:
PAOLO PELINI, da Roma, chiede interventi per promuovere la ricerca sulla correlazione tra il cancro al polmone e i batteri pseudomonas (533) - alla XII Commissione (Affari sociali);
ANDREA DESSÌ, da Sassari, chiede nuove norme in materia di dichiarazione giudiziale di paternità (534) - alla II Commissione (Giustizia);
DONATO LOPRETE, da Roma, chiede l'abrogazione dell'articolo 3 della legge n. 1383 del 1941 concernente reati contro le pubbliche finanze commessi da militari del Corpo della guardia di finanza (535) - alla II Commissione (Giustizia);
MORENO SGARALLINO, da Terracina (Latina), chiede misure per limitare l'utilizzo di inflessioni dialettali nella pubblicità televisiva (536) - alla VII Commissione (Cultura);
SAVERIO LOPS, da Foggia, chiede interventi a favore dei docenti di strumento musicale che hanno conseguito l'abilitazione in attuazione dell'articolo 3, comma 3, del decreto del Ministro dell'università e della ricerca 28 settembre 2007 (537) - alla VII Commissione (Cultura);
RINALDO DI NINO, da Cuneo, chiede l'introduzione di sanzioni contro la pubblicizzazione e la propaganda del gioco d'azzardo (538) - alla II Commissione (Giustizia);
ROCCO MONACO, da Martina Franca (Taranto), e numerosi altri cittadini chiedono l'abolizione del canone di abbonamento alla RAI (539) - alla IX Commissione (Trasporti);
MARIO MARRA, da Mississauga (Ontario), e numerosi altri cittadini chiedono misure per rafforzare la promozione della lingua e della cultura italiane all'estero, nonché altri interventi in favore degli italiani all'estero (540) - alle Commissioni riunite III (Esteri) e VII (Cultura);
ALESSANDRO ROCCHI, da Roma, chiede nuove norme in materia di limiti di spesa per le regioni (541) - alla V Commissione (Bilancio).

Discussione delle mozioni Pollastrini ed altri n. 1-00070, Mura ed altri n. 1-00083 e Cicchitto, Cota, Iannaccone ed altri n. 1-00085 concernenti iniziative per prevenire e contrastare la violenza sessuale e di genere (ore 10,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Pollastrini edPag. 27altri n. 1-00070, Mura ed altri n. 1-00083 e Cicchitto, Cota, Iannaccone ed altri n. 1-00085 concernenti iniziative per prevenire e contrastare la violenza sessuale e di genere (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritta a parlare l'onorevole Mosca, che illustrerà anche la mozione Pollastrini ed altri n. 1-00070, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

ALESSIA MARIA MOSCA. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, sono 6 milioni 743 mila le donne dai 16 ai 70 anni che sono state vittime di molestie e violenze.
Spesso i numeri e le statistiche sono troppo impersonali, sono troppo freddi per descrivere un fenomeno che ha il carattere della drammaticità e non solo per quanto riguarda le dimensioni. Infatti, questi 6 milioni 743 mila sono donne in carne ed ossa, hanno dei volti, dei corpi, sono delle persone, sono spesso delle vicine di casa, delle conoscenti se questi numeri ci dicono che una donna su tre, nella fascia d'età indicata, è stata vittima di violenze o molestie.
In questi giorni si è celebrato il sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, è stata una ricorrenza importante per ricordare i progressi compiuti, in questi anni, nella difesa dei diritti umani e per ricordare, così come ha fatto il nostro Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, tutti coloro che, in questi anni, in Italia e nel mondo, si sono impegnati per affermare e garantire il primato della persona e della sua dignità su basi di libertà ed eguaglianza.
Se, da un lato, è giusto ricordare tutti i progressi che sono stati fatti, non è possibile vedere il bicchiere dei risultati solo come mezzo pieno. Infatti, ci si chiede come sia possibile considerare garantito il primato della persona e della sua dignità se questa persona è oggetto di violenza e di soprusi a causa del suo sesso. Allo stesso modo, ci si chiede come sia possibile considerare garantita la libertà e l'eguaglianza se il genere diventa elemento discriminante e di debolezza che determina sopraffazione.
Eppure, laddove le donne e la differenza di genere sono state valorizzate, si sono sperimentate delle occasioni di sviluppo umano e sociale straordinarie. Basti pensare, infatti, al ruolo sempre crescente riconosciuto alle donne nelle aree di conflitto come fattore chiave di pacificazione e, allo stesso tempo, l'importanza crescente che le donne hanno avuto nella loro leadership come fattore di sviluppo. E, ancora, si pensi alla capacità, che le donne hanno dimostrato, di poter ottenere miglioramenti nella qualità delle condizioni di vita e di lavoro laddove ricoprono posizioni nei luoghi decisionali.
Tuttavia, a questo crescente riconoscimento del ruolo delle donne spesso non ha corrisposto una riduzione delle violenze perpetrate su di loro; anzi, talvolta la situazione è andata peggiorando quasi come una reazione, da parte degli uomini, di fronte alla perdita di alcuni punti di riferimento stereotipati dei ruoli e delle funzioni che tradizionalmente uomini e donne hanno avuto all'interno delle società.
Con la mozione che illustriamo oggi chiediamo che vengano prese, per tutte queste ragioni, delle misure e, in modo particolare, che il Governo presenti un piano d'azione contro le molestie e le violenze di genere e, soprattutto, che venga da subito adeguatamente finanziato.
Non è nostra intenzione, oggi e in questa occasione, fare polemiche su questo tema, anche se ci sarebbero tutti gli estremi visto che, fino ad ora, il Governo in tema di parità di diritti e di occasioniPag. 28per incentivare lo sviluppo delle donne non è andato molto oltre le belle parole e le intenzioni.
Però, ripeto, non vogliamo, in questa occasione, utilizzare strumenti polemici proprio perché riteniamo che questa sia una battaglia che non ha colore e non deve avere alcun orientamento.
Come opposizione riteniamo che sia nostro dovere dare il nostro contributo propositivo affinché il piano di azione sia disegnato secondo alcune caratteristiche che noi riteniamo imprescindibili e prima di tutto che questo piano di azione abbia tra le sue principali finalità quella di garantire la certezza della pena, la tutela e la sicurezza delle vittime.
Riteniamo, in modo particolare, che questo piano d'azione si debba concentrare su due punti fondamentali. Il primo è quello della formazione e dell'informazione di tutti - perché questa battaglia si vince soprattutto se si modificano degli stereotipi culturali che hanno radici molto profonde - ma anche e soprattutto delle donne stesse: formazione e informazione delle donne perché, come i dati ci dicono, del 30 per cento delle donne che sono vittime di violenza, solo il 44 per cento ritiene che questo sia un reato. Pertanto, pensiamo che la formazione e l'informazione delle donne siano un primo passo fondamentale per poter vincere questa battaglia.
Il secondo punto a nostro avviso imprescindibile è che questo piano includa gli incentivi all'elaborazione e all'applicazione di codici etici che regolino l'informazione, la pubblicità e l'azione dei media riguardo all'utilizzo dell'immagine femminile e alla riproduzione, da parte degli stessi, di atteggiamenti stereotipati di prevaricazione sulle donne.
Spesso gli stranieri si stupiscono del modo in cui i media utilizzano il corpo femminile e, altrettanto spesso, siamo talmente assuefatti da non stupirci più di questa modalità di utilizzo dell'immagine del corpo femminile. È per questo che riteniamo che il piano d'azione debba contenere un incentivo all'elaborazione di questi codici, perché è soprattutto attraverso questi strumenti che si forma la cultura, specialmente delle generazioni più giovani.
Pertanto, l'ambizione di tutti, sia dell'opposizione sia, come speriamo, della maggioranza e del Governo è che, attraverso questo piano d'azione, si possa tentare e contribuire a restituire la dignità e la libertà a quei 6 milioni e 743 mila donne che sono state vittime di soprusi e di violenze e a tutte le donne che vivono nel nostro Paese, perché finalmente questo piano d'azione sia costruito secondo la misura dell'esistenza della persona e della sua vita.
Ciò sarebbe sicuramente una conquista di tutte le donne, ma anche per l'intero Paese. La lotta contro la violenza sulle donne, infatti, si vince se si prende un impegno che sia davvero condiviso, perché questa violenza non venga più trascurata, né ignorata, né giustificata. Con la mozione in esame ci auguriamo che si possa fare un passo in avanti in questa direzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mura, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00083. Ne ha facoltà.

SILVANA MURA. Signor Presidente, Ministro, onorevoli colleghi, il tema della violenza sulle donne si intreccia, a filo doppio, con quello sui diritti umani. È, infatti, fin dall'inizio dell'esistenza del genere umano che la donna è stata considerata prima al pari di un oggetto, del quale l'uomo poteva disporre in maniera incondizionata, e poi come sesso debole, come una persona che in teoria avrebbe avuto gli stessi diritti e gli stessi doveri degli uomini, ma che, in pratica, doveva affidare ad essi la tutela e la possibilità di esercitare appieno i propri diritti. Si tratta di secoli e secoli di discriminazioni tra uomo e donna presenti in tutte le civiltà, in tutte le culture e in tutte le religioni che si sono succedute nel corso della storia.
Sono queste discriminazioni, ormai sedimentate, che producono, in gran parte, i problemi con i quali ancora oggi noi donne siamo costrette a confrontarci.Pag. 29
Affrontando il problema della discriminazione cui sono soggetti i diritti delle donne e, in particolare, delle violenze nei loro confronti in una visione storica che, come tale, non si limita alla stretta attualità, si deve ammettere che è concettualmente sbagliato parlare di emergenza. Ci troviamo di fronte a un problema molto grave ma strutturale, con radici che affondano negli albori della storia dell'uomo. Ma questo non è e non può certo rappresentare una giustificazione, semmai costituisce un'aggravante. È, inoltre, una riflessione da cui non si può prescindere se si vuole affrontare, nella maniera migliore e più efficace, un problema come quello della violenza sulle donne, la cui risoluzione definitiva dovrebbe divenire una delle priorità di questo secolo.
La citazione di un passo della «Storia di Roma» dello storico Tito Livio è preziosa per capire meglio come alcuni meccanismi psicologici, nel concepire la donna, siano rimasti praticamente immutati nei secoli al punto da riprodursi, ancora oggi, in forma quasi identica.
Si tratta del famoso ratto delle Sabine, ovvero il tranello inventato dalla giovane città di Roma per rapire le donne dei popoli confinanti. Il Re Romolo invita i sabini ad assistere nella sua città ad un grande spettacolo in segno di alleanza e di amicizia; ad un segnale convenuto scatta la trappola ed i Romani rapiscono le giovani donne. Scrive lo storico romano: le donne rapite non avevano maggiori speranze circa se stesse, né minore indignazione, ma Romolo in persona si aggirava tra di loro e le informava che la cosa era successa per l'arroganza dei loro padri che avevano negato ai vicini la possibilità di contrarre matrimonio.
Le donne, comunque, sarebbero diventate loro spose, avrebbero condiviso tutti i loro beni, la loro patria e, cosa di cui niente è più caro agli esseri umani, i figli. Che ora, dunque, frenassero la collera e affidassero il cuore a chi la sorte aveva già dato il loro corpo. Spesso al risentimento di un affronto segue l'armonia dell'accordo. Esse avrebbero avuto dei mariti tanto migliori in quanto ciascuno, di par suo, si sarebbe sforzato, facendo il proprio dovere, di supplire la mancanza dei genitori e della patria. A tutto questo si aggiungevano poi le attenzioni dei mariti i quali giustificavano la cosa con il trasporto della passione, attenzioni che sono l'arma più efficace nei confronti dell'indole femminile.
Il contenuto di questo brano, che racconta un episodio più vicino alla leggenda che non alla storia, sorprende perché contiene al suo interno principi, concetti ed un modo di concepire la donna che, purtroppo, in alcuni casi è ancora dolorosamente attuale. Ritroviamo, infatti, il concetto che considera la donna ed il suo corpo come trofeo di guerra, una pratica che si è ripetuta nel corso dei secoli e che, durante le guerre che hanno insanguinato la ex Jugoslavia, è stata trasformata in un sistema scientifico con lo stupro di massa utilizzato come arma di pulizia etnica.
Troppe, infatti, sono le testimonianze di donne bosniache che raccontavano tutte la stessa storia, ovvero il soldato che, mentre le stuprava, le oltraggiava, ricordando loro che avrebbero avuto l'onore di generare non un cane musulmano, ma un figlio di razza serba. La stessa tragedia si è riprodotta in maniera pressoché identica durante la guerra del Ruanda, ma con modalità così efferate che nel 1998 il tribunale internazionale per i crimini contro il Ruanda ha equiparato la violenza sessuale ad un crimine di guerra.
Sempre nel brano di Tito Livio si fa riferimento a concetti che hanno fatto parte del nostro diritto fino a pochi anni fa. Mi riferisco al cosiddetto matrimonio riparatore, ovvero l'istituto che prevedeva che uno stupro non producesse alcuna conseguenza legale se chi lo aveva commesso sposava la donna che aveva violentato, concetto assurdo che costringeva la donna ad essere vittima due volte, prima della violenza sessuale, e poi del matrimonio con il suo carnefice. Questo concetto assurdo è stato abolito dai nostri codici solo nel 1981, mentre solo 15 anni più tardi lo stupro è diventato finalmente un crimine contro la persona e non contro la morale.Pag. 30
Le statistiche relative alle violenze sulle donne, sia in Italia, sia nel mondo, le conosciamo tutti e sono presenti nelle mozioni presenti oggi ed è inutile e superfluo citarle nuovamente per l'ennesima volta. Quello che veramente conta è non fermarsi ai dati numerici, ma ascoltare e capire che quei numeri urlano da anni, purtroppo senza apprezzabili conseguenze. Le statistiche ci dicono che la violenza e la discriminazione nei confronti delle donne sono un fenomeno presente in tutti i Paesi del mondo e che quindi va affrontato e combattuto su piani diversi e con modalità differenti.
È necessaria un'azione internazionale che, tramite la diplomazia ed il sostegno all'opera degli organismi sovranazionali come l'ONU, sia finalizzata a ridurre le discriminazioni di genere e a diffondere una cultura della parità di diritti e di opportunità in quei Paesi dove la situazione si presenta più arretrata e drammatica. L'altro campo di azione riguarda il nostro Paese dove deve essere favorita l'elaborazione di politiche mirate, volte a contrastare il fenomeno della violenza sessuale di genere, ma anche a promuovere nei fatti una parità di opportunità che a volte si dimostra tale solo in linea teorica e di principio.
La violenza sulle donne certamente è un fenomeno di natura criminale e, dunque, deve essere contrastato sul fronte della repressione e della prevenzione, ma fermarsi a questo aspetto sarebbe limitato perché non è solo sul terreno della repressione che la violenza può essere contrastata, ma soprattutto debellata in maniera sensibile. È necessario, invece, un grande lavoro anche dal punto di vista culturale volto proprio a modificare stereotipi che da troppo tempo sono presenti nella nostra società.
C'è poi un aspetto, che deve essere prioritario, che è quello dell'assistenza alle vittime di violenza, assistenza qualificata che deve essere fornita fin dal momento della denuncia del reato e che deve proseguire nell'eventuale procedimento giudiziario e continuare anche dopo che la vicenda sia conclusa.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 11)

SILVANA MURA. Il punto da cui partire deve essere la riflessione sui motivi che, ancora oggi, fanno sì che quasi il 96 per cento delle violenze non vengano denunciate alle autorità.
È illuminante in questo senso rileggere un brano di un monologo scritto da Franca Rame, una donna che tutti conosciamo e apprezziamo per la sua storia e che l'Italia dei Valori ha avuto l'onore di avere come sua senatrice nella scorsa legislatura. Franca Rame, in un testo in cui ha descritto la sua agghiacciante esperienza di violenza, scrive nelle ultime righe: «Senza accorgermi, mi trovo davanti al palazzo della questura, sto appoggiata al muro della casa di fronte, guardo il portone, vedo la gente che va e che viene, poliziotti in borghese e in divisa. Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi. Penso alle loro domande, alle loro facce, ai loro mezzi sorrisi. Penso e ci ripenso, poi mi decido: torno a casa, li denuncerò domani».
Se sono così tante le donne che, dopo aver subito una violenza, rinunciano a denunciare il proprio carnefice, ciò vuol dire che le vittime non si sentono tutelate, temono di dover subire altre ulteriori sofferenze di natura psicologica e morale, ma anche fisica, magari a causa dello stesso aggressore.
Attualmente mancano norme che difendano in maniera adeguata chi denuncia molestie o violenze da parte di un aggressore che rimane a piede libero. I processi sono troppo lunghi ed espongono la vittima a subire pressioni psicologiche forti e spesso dolorose. Manca una rete adeguata di assistenza qualificata alle vittime. Serve un piano organico, che investa nella prevenzione sotto il profilo culturale e dell'educazione civile. In questa ottica è doveroso il ripristino da parte del Governo di un fondo specifico, inaspettatamente soppresso con la finanziaria dello scorso luglio, volto a finanziare il programma contro le molestie e la violenza: campagnePag. 31informative, numeri verdi e strutture che offrano appoggio e sostegno alle vittime. Servono anche nuove leggi per colpire nuove fattispecie di reato, di discriminazione di genere e per realizzare quanto appena elencato. In questo senso ci sono segnali positivi dal momento che la Commissione giustizia ha approvato il testo sullo stalking, che sarà all'esame dell'Assemblea la prossima settimana.
Sempre in Commissione giustizia è in corso anche l'esame della legge sulla violenza sessuale. Sono passi positivi ed incoraggianti, che però questa volta dovranno essere trasformati in risultati concreti, evitando i fallimenti del passato. La mozione dell'Italia dei Valori, di cui ho l'onore di essere la prima firmataria, vuole offrire il proprio contributo ad un dibattito che deve essere il più approfondito possibile, per una lotta - quella contro le violenze e le discriminazioni di genere - che deve essere condotta in maniera unitaria dalle istituzioni e dalle forze politiche. È per questo che chiediamo al Governo di impegnarsi a stanziare risorse adeguate, che consentano di realizzare un piano d'azione nazionale contro la violenza sessuale e di genere e contro ogni discriminazione di natura sessuale.
Chiediamo al Governo di fornire gli strumenti per una formazione adeguata al personale che lavora nel settore dell'istruzione, della sanità e delle forze dell'ordine, per offrire la migliore assistenza alle vittime di violenza, ma soprattutto per rimuovere tutte le discriminazioni di qualsiasi natura. Riteniamo, inoltre, che sotto il profilo penale si debba considerare recidivo chi, già condannato per atti persecutori, commetta altre violenze nei confronti di vittime diverse rispetto a quelle alle quali aveva compiuto il reato di stalking. Questo è il contributo che l'Italia dei Valori sottopone al Governo e alle altre forze politiche, augurandosi che possa essere accolto (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Carlucci, che illustrerà anche la mozione Cicchitto, Cota, Iannaccone ed altri n. 1-00085, di cui è cofirmataria.

GABRIELLA CARLUCCI. Signor Presidente, ringrazio il Ministro, il sottosegretario e gli onorevoli colleghi che - anche se pochi - sono presenti.
La violenza contro le donne è un fenomeno che ha assunto negli ultimi decenni una visibilità crescente, suscitando una sempre maggiore attenzione fino a diventare una priorità di azione sia a livello internazionale, sia a livello dei singoli Governi. Attraverso l'attuazione dei principi contenuti nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, di cui in questi giorni ricorre il sessantesimo anniversario dalla sua approvazione, è doveroso promuovere l'uguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna.
La Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni unite nel 1979, ratificata dall'Italia nel 1985, rappresenta uno degli strumenti di diritto internazionale più importanti in materia di tutela dei diritti umani delle donne. La Convenzione impegna gli Stati che l'hanno sottoscritta ad eliminare tutte le forme di discriminazione contro le donne, nell'esercizio dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali, indicando una serie di misure cui gli Stati devono attenersi per il raggiungimento di una piena e sostanziale uguaglianza fra donne e uomini.
I diritti delle donne costituiscono parte integrante ed inalienabile di quel patrimonio di diritti universali in cui si riconoscono le moderne società democratiche. Nonostante la dichiarazione e il riconoscimento di fondamentali diritti civili, sociali e culturali a favore delle donne, la violenza fisica e sessuale rappresenta ancora oggi una delle forme di violazione dei diritti umani più grave e più diffusa nel mondo commessa nei confronti delle stesse e che ha effetti devastanti nella loro vita.
A questo fenomeno di carattere generale si aggiungono le donne vittime di ogni forma di violenza per il loro rifiuto diPag. 32sottoporsi a dettami religiosi fondamentalisti, come testimoniano anche i recenti fatti di sangue avvenuti nel nostro Paese e giustificati da preconcetti dogmatici ed integralisti inaccettabili.
Le donne subiscono più forme di violenza; gli atti di violenza, in specie quelli di natura sessuale, spesso sono preceduti da atti persecutori, che nel nostro ordinamento, ancora, non trovano alcuna sanzione. Secondo l'Osservatorio nazionale stalking, le persecuzioni, che hanno per vittime soprattutto le donne, in un caso su due sono ad opera di ex mariti, ex conviventi, ex fidanzati, ma possono essere compiute anche da conoscenti, colleghi o estranei: almeno il 20 per cento di italiani, soprattutto donne, ne sono stati vittime dal 2002 al 2007. Da una recente ricerca risulta che, su trecento delitti commessi fra partner o ex partner, l'88 per cento ha come vittime le donne e nel 39 per cento dei casi si tratta di crimini annunciati, in quanto si verificano dopo un periodo più o meno lungo di molestie e persecuzioni.
Secondo recenti dati ISTAT sono 6 milioni e 743 mila le donne dai sedici ai settant'anni che sono rimaste vittime di molestie o violenze fisiche, psichiche o sessuali nel corso della loro vita; circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri; il 14,3 per cento delle donne ha subito almeno una violenza fisica o sessuale dal proprio partner; il 24,7 per cento delle donne ha subito violenze da un altro uomo, 2 milioni e 77 mila donne hanno subito comportamenti persecutori (appunto lo stalking) dal partner al momento della separazione.
Nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate: ciò che possiamo definire come il «sommerso» è tuttora elevatissimo e raggiunge circa il 96 per cento delle violenze da un non partner e il 93 per cento di quelle da partner; anche nel caso degli stupri la quasi totalità non viene denunciata. Nel mondo, dunque, una donna su tre, nella sua vita è stata o è destinata a essere almeno una volta vittima di violenza fisica, sessuale o psicologica e il 70 per cento delle donne assassinate muore per mano di parenti.
L'analisi del fenomeno della violenza intrafamiliare non può prescindere dal dedicare attenzione all'elevato numero di bambini che assistono in casa a scene di violenza domestica: questa è una delle esperienze più traumatiche che un bambino possa vivere, in quanto esiste la possibilità di perdere uno o entrambi i genitori e di essere a propria volta vittime di abusi. Nonostante la frequenza dei casi, l'esistenza e la gravità di queste situazioni vengono spesso sottovalutate, sia dal punto di vista del riconoscimento sociale del fenomeno, che sotto il profilo della necessità di adeguati interventi di tutela e cura.
Un ulteriore aspetto, connesso a quello della violenza sulle donne, è lo sfruttamento delle stesse attraverso la prostituzione. Vi sono donne, spesso minorenni, asservite, ridotte in schiavitù; donne vittime di tratta, segregate e private della loro libertà individuale e tenute in condizioni di vulnerabilità fisica e psicologica. I dati, infatti, riferiscono che in Italia le persone sottoposte a sfruttamento sessuale sono tra le 19.000 e le 26.000 ogni anno.
Pertanto, con questa mozione, chiediamo al Governo di assumere degli impegni; tuttavia, vorrei ribadire che l'attuale Esecutivo ha già fatto moltissimo. Prima è stato detto da una collega che nulla è accaduto, ma ricordiamo che questo Governo è in carica da sei mesi, mentre il precedente Governo, negli ultimi due anni, invece, nulla ha prodotto in tal senso. Questo Governo ha varato tre disegni di legge che sono stati approvati dal Consiglio dei ministri: il provvedimento sullo stalking sarà all'esame dell'Aula proprio la prossima settimana e sappiamo che gli altri due provvedimenti, che riguardano la prostituzione e l'inasprimento delle pene per reati di violenza, sono allo studio delle Commissioni competenti.
Quindi, impegniamo il Governo ad inserire, nel prossimo ordine del giorno degli incontri con la Consulta islamica, la discussione di questa importante problematica e, di conseguenza, a sollecitare la redazione di un documento ufficiale che condanni in modo inequivocabile tutte le violazioni della libertà individuale dellePag. 33donne in nome di precetti dogmatici religiosi. Impegniamo altresì il Governo a promuovere un programma di educazione e formazione ai diritti umani per tutti, anche a partire da tutti gli ordini di scuole, dato che il fenomeno della violenza contro le donne rappresenta un problema culturale che investe l'intero Paese, soprattutto in ragione del fenomeno migratorio, che comporta la presenza nella nostra società di culture portatrici di valori profondamente diversificati rispetto alle nostre tradizioni. A tal riguardo, corre l'obbligo di dire che la vera integrazione passa attraverso l'apprendimento, la condivisione delle leggi del Paese che ospita; quindi questo è un altro aspetto importante.
La mozione, altresì, impegna il Governo a potenziare la rete dei centri antiviolenza presenti sul territorio che prestano servizio di fondamentale importanza per le vittime di sopraffazione e di violenze; a promuovere interventi per la videosorveglianza dei luoghi pubblici maggiormente a rischio per l'incolumità e la sicurezza delle persone; a proseguire il programma diretto a contrastare il fenomeno della prostituzione su strada e il suo sfruttamento.
Vorrei ricordare che, in seguito alla presentazione, al solo annuncio del disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri (che ha come prima firmataria il Ministro Mara Carfagna), il sindaco di Roma Alemanno, con una sua direttiva, ha di fatto attuato questo disegno di legge. Da quel momento, dal giorno dopo, come per magia sono scomparse dalle principali strade le persone dedite alla prostituzione, che avveniva in mezzo alla strada, di fronte agli occhi di tutti e in special modo di fronte ai bambini. Quindi, questo tipo di legge (che è solo stata proposta, ma di fatto attuata dal comune di Roma) ha già avuto degli effetti benefici.
La mozione, inoltre, impegna il Governo a ritenere prioritarie le iniziative legislative contro gli atti persecutori, contro la violenza sessuale e contro la prostituzione. A questo proposito ricordo che il testo sullo stalking sarà trasmesso, dopo l'esame delle Commissioni, alla valutazione dell'Aula e gli altri due disegni di legge (quello sulla prostituzione e quello sull'inasprimento delle pene per il reato di violenza sessuale), dal punto di vista dell'iter, sono a buon punto in ordine alla discussione nelle rispettive Commissioni.
La mozione, inoltre, impegna il Governo: a monitorare il fenomeno della violenza sulle donne (anche sotto forma di atti persecutori) e della violenza perpetrata in presenza di minori; a fornire un adeguato supporto informativo, psicologico e giuridico alle donne vittime di violenza e di tratta mediante i numeri telefonici di pubblica utilità; a porre in essere azioni positive per l'assistenza legale e psicologica delle vittime di violenza sessuale; a sostenere campagne di informazione volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sul problema della violenza contro le donne.
Abbiamo sentito più volte in quest'Aula ribadire il concetto che le donne stesse spesso non sanno di essere vittima di violenza, perché queste violenze si consumano dentro le mura domestiche. La mozione è volta, in particolare, a rendere le donne consapevoli degli strumenti a disposizione per la loro tutela, anche attraverso i siti istituzionali ed il servizio di radiodiffusione pubblico nazionale.
Quindi, ringrazio il Governo per aver dato così velocemente la possibilità a queste mozioni di essere discusse. Ringrazio veramente il Ministro Carfagna che fin dall'inizio - basta vedere gli atti di presentazione di questi tre progetti di legge - si è data da fare proprio perché sensibilizzata da questa crescente violenza nei confronti delle donne (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Concia. Ne ha facoltà.

ANNA PAOLA CONCIA. Signor Presidente, signor Ministro, colleghe e colleghi, partire dai diritti umani delle donne è fondamentale per le ragioni esposte nella mozione Pollastrini ed altri n. 1-00070 presentata dal Partito Democratico lo scorso 25 novembre ed illustrata ora dalla mia collega Mosca.Pag. 34
Il riconoscimento dei diritti umani delle donne determinerà, infatti, il profilo democratico, la convivenza futura e la stessa crescita economica e civile della società in cui viviamo. Il mondo non è ancora a misura anche delle donne: la libertà femminile e il valore delle donne nella società devono essere un obiettivo delle nostre società e di tutte le società moderne.
Tuttavia, la politica e le istituzioni non possono avere verso il tema dei diritti umani un approccio per settori. Devono avere, infatti, una visione strategica del problema ed affrontare e risolvere anche la questione relativa al riconoscimento e al rispetto dei diritti umani delle persone omosessuali e transessuali.
Al pari di quella femminile, nel mondo cresce anche la determinazione delle persone omosessuali per la loro dignità e la loro autonomia. I gay e le lesbiche, dopo secoli di silenzi, affermano il loro diritto al riconoscimento delle pari opportunità e della pari dignità sociale con l'altra metà del cielo, quella eterosessuale. Cresce il numero delle persone omosessuali che assumono ruoli di leadership nella società e questo contribuisce, da un lato, a rafforzare la consapevolezza dei diritti di gay e lesbiche. Dall'altro, quella stessa visibilità ottenuta da gay e lesbiche nel mondo simula nei loro confronti pressioni e repressioni fondamentaliste.
Nel mondo, infatti, sono 91 i Paesi dove l'omosessualità è considerata un reato ed è punita con la detenzione, la tortura e persino con la pena di morte in 19 Paesi musulmani.
In Iran, per esempio, le lesbiche sono punite con cento frustrate, i gay con la pena capitale. Recentemente, sono stati impiccati due sedicenni che avevano confessato, sotto tortura, di avere tra loro una relazione amorosa. Le leggi che criminalizzato la comunità LGBT rafforzano la condizione di ingiusto svantaggio in cui si trovano le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender, costituendo un incitamento e spesso una giustificazione alle discriminazioni e alla violenza, in strada, in casa, in prigione e in ogni altra sfera sociale.
Certo, il problema dei diritti umani e della cosiddetta diversità sessuale è stimato, in termini numerici, ovviamente inferiore a quello della condizione femminile, ma non per questo può essere taciuto e ignorato, appunto in virtù di quella visione strategica e d'insieme sui diritti umani, che le istituzioni internazionali chiedono alla comunità mondiale. Anche nei confronti delle persone omosessuali e transgender siamo dinanzi a un'emergenza talmente estesa e drammatica che i Paesi democratici cercano da anni di ottenere dall'ONU la decriminalizzazione mondiale dell'omosessualità. Il tema è tornato recentemente alla ribalta delle cronache e dell'agenda politica, con la decisione europea di riproporre alle Nazioni Unite, partendo dalla risoluzione del Parlamento europeo contro l'omofobia, la richiesta della depenalizzazione universale dell'omosessualità.
L'Unione europea, con in testa la Francia, quale Presidente di turno, più che un voto sulla materia, mira ad ottenere una dichiarazione solenne di principio, che consentirebbe di esercitare pressioni sui Paesi che considerano l'omosessualità illegale.
Decine di personaggi noti hanno appoggiato questa iniziativa, tra essi un gruppo di premi Nobel, come Desmond Tutu, Dario Fo, Elfriede Jelinek e Amartya Sen. Nella nutrita schiera di sostenitori figurano anche leader politici, accademici, musicisti e attori, come David Bowie, Edward Norton e Meryl Streep. Il Governo italiano, l'altro ieri, in Commissione affari esteri, ha affermato tramite il sottosegretario Stefania Craxi, il proprio impegno a sostegno della richiesta francese.
Gentile Ministro, l'impegno governativo all'estero non può non essere accompagnato e supportato da un analogo impegno affinché migliorino le condizioni di vita delle persone omosessuali anche all'interno dei nostri confini, dove le discriminazioni e le violenze ai danni di omosessuali e transgender sono in costante aumento, dato il diffuso clima omofobo e transfobo. Anche qui, come per le donne e per ogni forma di discriminazione, ilPag. 35problema è culturale e lo Stato si deve impegnare in quelle azioni positive che formano la coscienza sociale al rispetto e all'inclusione dei soggetti ritenuti diversi, che dobbiamo imparare a vedere come una risorsa utile per la crescita, anche economica, del nostro Paese, come succede nelle società più evolute e nei Paesi a noi limitrofi.
Ecco, dunque, che il piano di azione (che la mozione del Partito Democratico del 25 novembre scorso impegna il Governo a presentare) dovrà riguardare anche le politiche riferite a gay, lesbiche e transessuali. Nello scorso mese di luglio, l'Agenzia europea per i diritti fondamentali, con sede a Vienna, ha pubblicato il primo report sullo stato dei diritti dell'Unione europea. Parte di questo report ha riguardato proprio il nostro Paese. I funzionari dell'Agenzia hanno rilevato, infatti, che l'Italia è del tutto sprovvista dei più elementari strumenti per la prevenzione dell'omofobia, a partire da un monitoraggio ufficiale della condizione delle persone omo e transessuali.
Il Governo Prodi, attraverso il Ministro Pollastrini, aveva stanziato nella scorsa legge finanziaria, i fondi necessari alla costituzione dell'Osservatorio sulle discriminazioni verso le persone omo e transessuali nel nostro Paese. Ministro Carfagna, che fine hanno fatto questi fondi? Glielo chiedo oggi, perché lei è qui. Ci sono state varie indiscrezioni, secondo cui questi fondi erano stati cancellati o che c'erano in parte. Le chiedo oggi di dare una parola definitiva su questo problema, anche perché su di esso e, più in generale, su questi temi sono mesi che non la sento intervenire.
Accanto a questo, sempre nell'ottica di una strategia complessiva di intervento in favore dei diritti umani, è auspicabile che venga presto approvata la legge contro l'omofobia, necessaria per prevenire violenze e discriminazioni. È una legge su cui stiamo lavorando in Commissione giustizia, tentando di lavorare in modo bipartisan, anche se ci sono pressioni negative, da questo punto di vista.
Mi auguro, invece, che un lavoro sereno in Commissione giustizia possa continuare, proprio per approvare, un giorno, anche noi, una legge di civiltà. Ma, gentile Ministro, è anche necessario, oltre a una legge, l'avvio di campagne informative e formative, il rafforzamento di numeri verdi e l'introduzione di misure a tutela delle vittime dell'omofobia e della transfobia.
Lei lo sa, signor Ministro, glielo dissi ufficialmente: io sono disponibile a lavorare, ma aspetto un segnale da voi. Al Governo ci siete voi! In questi giorni, la comunità internazionale celebra i sessant'anni della Dichiarazione dei diritti dell'uomo, adottata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, ma non basta celebrare, lo sappiamo tutti.
Il primo articolo della Dichiarazione afferma: tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Basterebbe dare attuazione ed applicazione a questo principio ed il mondo sarebbe davvero diverso per tutti, anche per i gay, le lesbiche e i transessuali, anche nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Capitanio Santolini. Ne ha facoltà.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, signor Ministro, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, mi pare che sia importante sottolineare queste mozioni e farne un breve commento, perché il tema delle donne e dei diritti umani è sempre attuale, ahimé, e quindi è giusto e doveroso dare a questo tema tutta l'attenzione che merita.
Ho davanti le mozioni presentate dai colleghi e vorrei brevemente commentare la posizione dell'UdC rispetto ai documenti presentati. Vi sono alcuni rilievi che mi sento di fare e approfitto dell'occasione proprio per chiarire la nostra posizione.
Cerco di andare per ordine. In particolare, l'onorevole Pollastrini e tutti coloro che hanno firmato la mozione n. 1-00070, affermano che è aperto un conflitto nelPag. 36mondo per quanto riguarda la violenza sulle donne, e io sono assolutamente d'accordo, ma si prevede che vadano messi al centro della politica i diritti umani delle donne.
In parte sono d'accordo, in parte vorrei ricordare che vi sono anche i diritti umani dei bambini, per esempio, dei tanti bambini violati, uccisi, violentati per traffici di organi, per la malavita organizzata. Ricordo che nel nostro Paese il 37 per cento dei bambini non accompagnati, dei minori che arrivano in Italia, fanno perdere le loro tracce. Su questo, non mi pare che vi sia una sollevazione dell'opinione pubblica e neanche della politica; accettiamo in silenzio violenze di questo genere. È vero, quindi, che bisogna mettere al centro il problema delle donne, ma non solo. Non vorrei che le donne si facessero paladine, poi, a loro volta, di mettere da parte dei diritti che, forse, sono anche prevalenti, come quelli dei minori.
Fatta questa precisazione, vorrei chiarire che la violenza sulle donne è un fenomeno certamente drammatico e tutti i colleghi hanno descritto, in questa loro presentazione, i numeri, i dati statistici, quello che emerge a livello nazionale, europeo ed internazionale. Sono certamente dei dati drammatici, che vanno stigmatizzati, e bisogna fare un'operazione di contrasto.
Sono sicura che il Ministro Carfagna farà tutto quello che è nel suo potere e nelle sue possibilità per mettere in atto tutte le forme possibili di contrasto e poi ne parleremo.
Quello che mi crea dei problemi e delle perplessità non piccole è che attraverso il discorso della violenza alle donne - che è, ripeto, il tema fondamentale e centrale - si debba far passare anche il tema (che non ha nulla a che fare con il problema diretto, insisto, della violenza alle donne) dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere, perché questi non sono pertinenti o strettamente pertinenti al tema. Non vorrei, come è successo nella scorsa legislatura, che il tema drammatico e condiviso della violenza alle donne venisse usato come una specie di scalpello e di grimaldello per poi far passare delle idee che non sono scritte nella Costituzione italiana.
L'onorevole Pollastrini sostiene che bisogna contrastare ogni forma di discriminazione per ragioni di razza, religione, diversa abilità, età, orientamento sessuale e identità di genere, diritti sanciti nella Costituzione italiana. Credo che dobbiamo evitare di fare confusione, perché si tratta di un tentativo palese, neanche tanto nascosto, di far passare l'idea che l'orientamento sessuale e l'identità di genere siano presenti nella Costituzione italiana. Ed infatti, poi viene ribadito e chiesto al Governo di impegnarsi a presentare piani di azione contro le violenze di genere, motivate da ragioni d'orientamento sessuale, di differenti abilità, di razza o di religione (e quindi razza e religione vengono addirittura dopo i motivi dovuti all'orientamento sessuale e all'identità di genere).
Vorrei ricordare che siamo a favore della massima tutela dell'integrità e della dignità della persona - e di tutte le persone - contro ogni discriminazione, però nell'articolo 3 della Carta costituzionale non si intende quello che si vuol qui far passare. Noi siamo fedeli alla Carta costituzionale e ritenere che l'identità di genere possa essere inclusa nella nozione di distinzione dei sessi equivale a porsi al di fuori della norma suddetta. Secondo la Corte costituzionale i sessi sono due, uomo e donna, maschio e femmina.
In altri termini, non credo che si possa contestare il dato biologico della distinzione tra un uomo e una donna e la differenza sessuale biologicamente riconducibile a tale discorso senza margini di discussione che possano essere fuorvianti.
Credo allora che ciò aprirebbe il campo ad un'inaccettabile spirale degenerativa, se così vogliamo dire, dei principi e dei fondamenti della nostra società e della nostra cultura, in quanto significherebbe introdurre l'ammissione che la differenza sessuale è dovuta ad influenze culturali, ad un orientamento personale, a quello che uno si sente e non a quello che uno è (cioè ad un'interpretazione totalmente soggettivaPag. 37del desiderio sessuale ed al fatto che questo desiderio può cambiare nel tempo, nel corso della vita, nei due diversi periodi e secondo le circostanze). In altre parole, ed infatti la collega ha richiamato quest'idea che è in discussione presso la Commissione giustizia (ma anche in quella sede porterò le considerazioni che sto svolgendo adesso), si confonde il problema dell'omofobia, dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere con il problema delle donne (che sono cose completamente diverse).
In secondo luogo si fa passare l'idea che esista un diritto oggettivo basato sull'identità biologica di un uomo e di una donna e che, siccome tutto è invece attribuito ai sentimenti e ai pensieri che una persona ha nei diversi periodi della propria vita, il diritto è piegato a tali desideri e deve rispondere ai desideri delle persone nel corso della vita, per cui non esiste un diritto oggettivo ma un diritto piegato ai voleri delle persone.
Il concetto di genere non si riferisce alla differenza tra uomo e donna, come impropriamente si fa capire anche nelle altre mozioni, ma a comportamenti sessuali diversi che prevedono anche l'omosessualità femminile, maschile, e il cosiddetto transgender, e che non hanno nulla a che fare con il concetto di sesso o di donna. Credo che dobbiamo distinguere questi aspetti. L'identità di genere si caratterizza proprio per una valutazione individuale della propria sessualità che nessuno criminalizza, giudica, che nessuno vuole stigmatizzare, e sulla quale nessuno ha nulla da dire; ma non confondiamo i piani. Fare propri i contenuti dell'ideologia di genere significa contrastare i concetti, anche più ampi, ma evidentemente correlati, della famiglia fondata sul matrimonio e la generale visione naturale dell'affettività e della sessualità. Per tali motivi, noi non possiamo accettare questo tipo di lettura, senza nulla togliere ai diritti degli omosessuali e delle persone che hanno un diverso comportamento sessuale (questo non è oggetto della discussione di oggi, ma, comunque, noi prendiamo le distanze da questo modo di interpretare le cose).
Vi è un'altra questione che mi sta molto a cuore ed è quella che riguarda le raccomandazioni espresse dal Consiglio d'Europa e fatte proprie anche a livello nazionale. Il Consiglio d'Europa chiede agli Stati membri di adottare misure per la tutela della salute e della sicurezza delle donne (fin qui siamo perfettamente d'accordo). In queste raccomandazioni viene ribadito il carattere diffuso della violenza domestica contro le donne che ne subiscono conseguenze a tutti livelli. Approfitto di questa occasione per svolgere un'altra considerazione che mi preme molto. La violenza domestica esiste, nessuno la nega, è una questione che viene chiamata in causa anche dalla mozione presentata dall'Italia dei Valori. La violenza domestica è una piaga - anche questa - molto grave e seria, ma attenzione: non usiamo la violenza domestica come grimaldello contro l'idea di famiglia. Anche questo è un tentativo improprio di usare un argomento per criminalizzare una realtà che in Italia - grazie al cielo - è ancora importante e decisiva.
La violenza domestica non è necessariamente una violenza che si esplica perché la famiglia è un mostro che genera altri mostri, che stupra, che violenta, e che, quindi, va evitata con cura perché è per definizione luogo di violenza; sappiamo bene che non è così. Sappiamo bene, bisogna chiarirlo, che la violenza di prossimità è normale, è ovvia - ma non nel senso che la troviamo normale -, perché è evidentemente più facile da realizzare di una violenza di non prossimità.
Quindi, esistono uomini violenti, esistono anche donne violente, che chiaramente esercitano la propria violenza più facilmente sulla persona più vicina, più debole, più esposta e anche, ovviamente, in luoghi più protetti, in luoghi dove evidentemente non si è sottoposti a delle particolari sanzioni perché invisibili, e tutto ciò è peggiorato dal fatto che le donne non denunciano queste violenze.Pag. 38
Proprio perché quanto dico è vero, risulta che nel corso della vita - sono dati illustrati anche in quest'Aula - le donne subiscono violenze molto di più dai non partner che dai partner. Il che significa - insisto - che esistono degli uomini violenti, tant'è vero che poi sotto processo ed eventualmente in prigione ci vanno le persone violente, quel determinato uomo, e non la famiglia in quanto luogo che genera mostri e violenza.
Esiste dunque questo problema e bisogna trovare strategie di intervento. Sicuramente bisogna realizzare un intervento massiccio, capillare, perché è un problema prima di tutto e soprattutto culturale. Bisogna sostenere le donne affinché denuncino le violenze di cui sono fatte oggetto, ma se le donne non lo fanno ci dobbiamo interrogare - questo, Ministro, deve essere fatto - in questa sede, a livello di Governo e in tutti gli ambienti possibili, sul perché le donne non denunciano le violenze subite. La mia risposta è che non si sentono sufficientemente sostenute da un consenso, da un supporto, da un sostegno che è prima culturale e poi diventa politico ed economico.
Sono qui anch'io a chiedere che si investano soldi, che si assumano iniziative concrete, ma a monte di tutto questo c'è il problema culturale per cui le donne si sentono evidentemente abbandonate, non si sentono capite, non si sentono accolte, e si sentono mal giudicate. Per evitare tutto ciò - all'estero avviene ben di peggio e ben di più, ma noi ci dobbiamo occupare di quello succede in Italia - le strategie di intervento vanno assolutamente messe in campo con il contributo di tutte le persone che sono in quest'Aula e che non sono in quest'Aula. Bisogna aumentare le risorse e trattare i problemi senza nasconderci dietro un dito, ma evitando la lettura ideologica dei problemi delle donne e la lettura ideologica delle violenze sulle donne. Non può essere che le donne per l'ennesima volta si prestino all'uso del concetto di donna e dell'idea di donna per poi fare altre battaglie e per perseguire altri risultati.
Chiediamo che vi siano certamente azioni sinergiche, ma ricordo che l'Organizzazione mondiale della sanità definisce la violenza contro le donne con l'uso della forza fisica, del potere, della minaccia e via dicendo, ma che negli atti dell'Organizzazione mondiale della sanità nulla è scritto a proposito di orientamento sessuale e di identità di genere.
Questi chiarimenti andavano fatti. Credo che non sarà l'ultima volta che affronteremo questi temi, perché auguro al Ministro la miglior fortuna possibile, ma non credo che potrà risolvere in poco tempo una questione così diffusa e radicata. Anticipo il nostro voto positivo, sul quale ci soffermeremo nel prosieguo del dibattito, ma non possiamo condividere quanto è scritto nelle mozioni del PD e dell'Italia dei Valori proprio per le ragioni che ho cercato di illustrare, e per evitare che venga frainteso il tema delle donne e venga usato per questioni che nulla hanno a che vedere con il tema della violenza nei confronti delle donne.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cuperlo. Ne ha facoltà.

GIOVANNI CUPERLO. Signor Presidente, la scelta del nostro gruppo di presentare una mozione che impegna, con iniziative specifiche, il Governo italiano sul fronte dei diritti umani e delle donne, non è soltanto figlia di una data simbolica, quel 25 novembre che le Nazioni Unite hanno proclamato Giornata mondiale contro la violenza alle donne. Questo richiamo, naturalmente, ha avuto un peso e, per quanto ci riguarda, assume un rilievo particolare, se guardiamo la sequenza preoccupante di violenze, aggressioni e omicidi che colpisce ogni anno milioni di donne, di ragazze e di bambine in angoli diversi del pianeta.
Tuttavia, la richiesta di un dibattito parlamentare dedicato a questa piaga risponde essenzialmente a due esigenze che la politica e le istituzioni, a nostro avviso, non possono e non devono ignorare. La prima è un'esigenza di informazione e di conoscenza. Molte cose giuste sono statePag. 39dette anche stamani in quest'Aula. Vi è uno scarto profondo e colpevole tra l'attenzione che istituzioni e organizzazioni internazionali dedicano da tempo ad un fenomeno complesso e in rapida espansione e la consapevolezza che sinora è stata mostrata dalla politica e dai Governi nazionali nella prevenzione e nel contrasto necessari su questo fronte.
Non sono un esperto di questa materia, ma non credo che si tratti soltanto di una questione di risorse e di mezzi a disposizione, anche se poi è impossibile tacere la diversa sensibilità espressa da Governi come quello francese o quello spagnolo, che hanno stanziato in anni recenti somme relativamente importanti per campagne di prevenzione, di informazione, di tutela delle vittime e di certezza nelle pene. Il punto, vorrei dire, soprattutto in un Paese come il nostro, riguarda direttamente la capacità delle élite e delle classi dirigenti di imporre oggi il tema dei diritti umani nel loro complesso come la frontiera più avanzata della democrazia moderna, della libertà individuale, del rispetto della dignità e dell'integrità della persona e - mi permetto di aggiungere - di ogni singola persona, indipendentemente dalla sua etnia, lingua, religione, dal suo genere, dall'orientamento sessuale o dalla sua eventuale e diversa abilità.
Lo dico in modo dialettico e non polemico con la collega che mi ha preceduto: questo elenco di riferimenti non è una gerarchia di valori, ma è il tentativo di comprendere, nella logica del rispetto verso ogni essere umano, chiunque noi dobbiamo tutelare nei propri diritti, che si tratti di un uomo, di una donna, di un giovane, di un vecchio, di un eterosessuale, di un omosessuale, di un cristiano, di un ateo, di un musulmano; è questione che attiene profondamente alla natura della democrazia e di quel valore della tolleranza e della convivenza che poniamo da sempre alla base di una società che riconosce l'altro.
Aggiungo che in tempi recenti sono stati numerosi gli studiosi che hanno dedicato a questo snodo della modernità - i diritti umani - analisi e ricerche anche molto accurate. Penso anch'io, come ha già fatto la mia collega Paola Concia, ad un grande economista come Amartya Sen o, più vicino a noi, penso al professor Rodotà, che a lungo ha seduto in quest'Aula, o al professor Cassese. Tuttavia, se mi è consentito dirlo, tra tutte queste figure è stato forse un osservatore dotato di uno sguardo particolare come Adriano Sofri a trovare le espressioni più dirette per descrivere lo stato delle cose, quando parliamo dei diritti violati di milioni di esseri umani oggi nel mondo. Sofri qualche anno fa ha scritto come, nell'epoca della globalizzazione, è aperta una guerra ancora sparpagliata, ma terribilmente cruenta, che ha come posta non solo e non tanto il dominio economico sulle risorse (l'aspetto di cui si parla con più intensità e con più frequenza), ma la lotta per il controllo ed il potere sulla libertà femminile. Sono parole molto esplicite, contenute nella prefazione ad un bel libro di Ayaan Hirsi Ali, la giovane donna musulmana che ha ispirato un film del regista olandese Theo Van Gogh, poi assassinato da un fondamentalista islamico a causa proprio di quella pellicola.
Sofri aveva espresso concetti analoghi all'indomani dell'11 settembre in un articolo in cui sosteneva come i poveri della Terra, gli ultimi (questo era il concetto) non avrebbero avuto più niente da perdere - ovviamente, era una formula provocatoria e retorica - se non le loro donne, vale a dire la più decisiva delle proprietà materiali e, insieme, la più simbolica.
Mi sono permesso queste citazioni, perché se guardiamo alla dimensione del progresso la storia della parte del mondo dove quasi tutti noi siamo nati, ci siamo formati e siamo cresciuti - intendo l'Occidente - si è caratterizzata, soprattutto, per la lenta ma progressiva e, direi, inarrestabile evoluzione della libertà femminile, nel senso che è stata quella libertà, molto più di altre libertà, pure fondamentali, a segnare lo spartiacque tra il progresso civile di popoli e nazioni ed il loro rimanere ancorati a forme odiose di oppressione e di sfruttamento. Il punto è che la battaglia per affermare la dignità e laPag. 40libertà delle donne non solo non si è esaurita e, dunque, non ha traguardato il proprio obiettivo storico, ma si ripresenta oggi a noi con linguaggi e forme che, in parte, riproducono la storia del passato nelle sue manifestazioni peggiori e più inquietanti. Lo ricordo per dire come non è per caso se le donne sono divenute nuovamente, in anni recenti, la posta di mutue aggressioni. Tutti credo - i pochi che siamo oggi in quest'Aula - rammentiamo gli stupri di gruppo nella ex Jugoslavia, stupri che hanno avuto per autori principali i miliziani serbi, dunque cristiano-ortodossi, e per vittime donne bosniache di religione musulmana.
Pare assurdo dirlo, eppure vi sono parole, termini ed espressioni della lingua, che per un paio di secoli sono scomparsi dal vocabolario moderno e che gli ultimi due decenni hanno riportato con prepotenza dentro la cronaca: «assedio», «enclave», «pulizia etnica», sino al termine più assurdo e terribile se pronunciato nell'era di Facebook e della CNN, la parola «genocidio». Eppure, questi termini, come per un'improvvisa follia, come per un'imprevista e devastante retromarcia della storia, sono stati restituiti alla più cinica delle attualità e, dai libri di storia dove parevano sepolti, sono tornati a fare capolino dalle pagine dei giornali e dalla cronaca del giorno precedente.
Tra queste espressioni di barbarie, lo stupro etnico è tornato ad essere, come nell'antichità, una tipica arma da guerra degli uomini, al punto che il Tribunale dell'Aia è stato chiamato pochi anni fa (era il 2001) a pronunciare una sentenza sullo stupro come crimine di guerra e contro l'umanità e a sancire la condanna dell'offesa e dello sfregio sul corpo delle donne come trofeo di una supremazia bellica. A quella sentenza, poi, hanno fatto seguito degli specifici procedimenti giudiziari, che hanno visto singole donne, provenienti soprattutto dall'ex Iugoslavia e dotate di un enorme coraggio, testimoniare sulle violenze subite. Tutto è avvenuto e si è consumato nel silenzio, di fatto, della comunità internazionale, diciamo pure nell'indifferenza di tutti noi.
Resta, dunque, la sostanza del problema: il capitolo dell'autonomia e della libertà femminile, oggi come nel passato, ha molto a che fare, per queste ragioni che ho provato a dire, col tema della laicità e torna al centro di uno scontro tra civiltà e nelle civiltà. Esso, infatti, ci propone questioni che, in parte, possiamo risolvere all'interno del solco dei cosiddetti valori occidentali: penso alla lotta contro le mutilazioni genitali femminili, al fatto che in un Paese come gli Stati Uniti si conceda asilo politico a donne sfuggite a questa pratica, o penso alla regressione disumana della condizione femminile sotto il regime talebano.

PRESIDENTE. Onorevole Cuperlo, la prego di concludere.

GIOVANNI CUPERLO. Signor Presidente, posso chiederle qualche minuto in più, visto il contesto e l'argomento che stiamo trattando?

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Cuperlo.

GIOVANNI CUPERLO. La ringrazio moltissimo. In parte, però, sono questioni più difficili da collocare dentro le nostre categorie culturali, come dimostrano il divieto di indossare il velo o altri simboli religiosi nelle scuole pubbliche, questione alla quale la legislazione di Paesi europei diversi ha offerto negli anni risposte differenti.
Detto ciò, il punto più alto della critica che alcuni muovono alla politica è proprio la timidezza dell'Occidente nell'affrontare queste contraddizioni, quasi che leader e statisti fossero consapevoli che il tema dei diritti umani e civili è divenuto la materia in assoluto più sensibile dello scontro che si è aperto oggi nel mondo, ma senza che ciò si traduca in scelte coraggiose e coerenti a difesa di quei principi che da alcuni secoli ispirano la nostra concezione della democrazia.
Questa è una prima ragione, a mio parere essenziale, della mozione che abbiamo depositato, e cioè la volontà diPag. 41contribuire a colmare quel vuoto di valori, di sensibilità e di senso (un vuoto molto trasversale anche ai banchi di quest'Aula), che ci rende più deboli nel momento in cui ci proponiamo di affrontare la drammaticità dell'emergenza in atto e, quindi, la volontà di superare una certa timidezza (ma sarebbe più giusto parlare di una vera e propria rimozione) che la politica anche nel nostro Paese non riesce a superare nei confronti del tema della libertà, dell'autonomia e della dignità femminili.
È una rimozione tanto più grave perché non stiamo parlando solo di fenomeni che riguardano il destino di popolazioni diverse e distanti da noi, ma di una violenza odiosa che entra direttamente in casa nostra, e non solo come è accaduto a Brescia, con la giovane vita di una ragazza pachistana stroncata da un padre che impediva a quella giovane adolescente di vivere la sua libertà come avrebbe voluto, ma dentro la cornice apparentemente candida di famiglie normali, di nuclei affettivi ordinari, dove la violenza e la negazione della dignità di tante donne si consuma spesso al riparo dalla denuncia, almeno fintanto che la patologia non assume i caratteri espliciti della violenza, dello stupro, dell'omicidio. Non ripeto su questo le statistiche terribili che sono state riproposte questa mattina in quest'Aula anche dalla collega Carlucci e da altre colleghe che mi hanno preceduto, ma sono dati che debbono far riflettere non solo - questo mi permetto di dire - sulle colpe degli altri, ma anche sulle colpe nostre.
La seconda ed ultima esigenza che ci muove riguarda quel piano d'azione efficace al quale ha fatto riferimento la collega Mosca, e cioè un intervento a largo raggio che i Governi debbono predisporre se davvero vogliono combattere la violenza sulle donne in tutte le sue manifestazioni. Signor Ministro, è cosa assolutamente di buonsenso sostenere su questo piano l'auspicio di una volontà comune del Parlamento e delle forze che qui sono rappresentate, nel senso che nessuno di noi ragionevolmente può dirsi contrario ad intensificare l'azione di contrasto e repressione di ogni forma di violenza, di molestia e di abuso, ma con la stessa onestà occorre riconoscere che non sempre alle parole e alle intenzioni dichiarate sono seguiti azioni e provvedimenti conseguenti. Lo dico pensando al fatto che con uno sforzo nella passata legislatura il Governo precedente aveva comunque stanziato un fondo finalizzato al contrasto alle violenze e alle molestie. Si trattava di soli 20 milioni di euro (pochi), da rinnovarsi annualmente per un triennio, ma era un primo passo nella direzione giusta. Il Governo attuale tra le sue prime azioni ha tagliato quel fondo, garantendo a parole che sarebbe stato compensato attraverso altri canali e altre procedure. Ricordo questo aspetto non per polemica, ma semplicemente perché nella mozione Pollastrini ed altri n. 1-00070 su queste e diverse altre priorità di un'azione concertata e condivisa vengono avanzate proposte serie, ragionevoli e costruttive (avrei potuto riprenderla nel merito, ma non c'è il tempo).
Penso che sarebbe positivo e apprezzato fuori da quest'Aula il fatto che, su un terreno del genere, le divisioni esistenti lasciassero campo ad una collaborazione sincera, coltivando quello spirito che, ad esempio, ha portato il gruppo del Partito Democratico, in Commissione giustizia, a presentare i propri emendamenti al disegno di legge del Governo sullo stalking. Si tratta di una proposta che, peraltro, in larga misura, riprende il disegno di legge del Governo precedente, anche se, purtroppo, dal nostro punto di vista, depurandolo della parte strategica sulla prevenzione.
Insomma - e, davvero, ringrazio il Presidente per la deroga concessa al mio tempo - sul capitolo delle libertà individuali e dei diritti umani un grande Paese e le sue istituzioni possono mostrare il loro volto migliore che è quello della responsabilità, della sincerità nel confronto, della consapevolezza del ruolo del Parlamento e della funzione della politica. Quest'ultima non è soltanto techne, tecnicalità, ma è anche e soprattutto, su materie sensibili, l'espressione della coscienza civile e del livello di maturità di un Paese e di una comunità.Pag. 42
Se insieme riusciremo in questo sforzo, anche a partire da un atto prettamente simbolico, oltre che politico, come è il voto su una o più mozioni parlamentari, forse nessuno, tra queste pareti, potrà dire di avere prevalso sull'altro ma, per una volta, insieme, avremo fatto qualcosa nell'interesse complessivo di tutti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro per le pari opportunità, Maria Rosaria Carfagna.

MARIA ROSARIA CARFAGNA, Ministro per le pari opportunità. Signor Presidente, innanzitutto vorrei ringraziare i colleghi intervenuti perché con le loro mozioni e anche con i loro interventi hanno permesso alla Camera di discutere e riflettere su un argomento delicato e importante, che va affrontato senza esitazioni, senza timidezza - ma soprattutto, consentitemi di dire - senza divisioni né confusione tra temi diversi.
Ecco perché ritengo che affermare che il Governo non abbia fatto nulla su questo tema corrisponde a logiche partitiche e politiche che si è detto da più parti di voler mettere da parte.
È, inoltre, sinceramente ingeneroso nei confronti di un Governo che, nei primissimi mesi di questa legislatura, sento di poter dire, ha dimostrato grandissima attenzione e sensibilità, con fatti concreti ed iniziative politiche e normative, al tema del contrasto alla violenza di genere.
Il tema della violenza e quello del contrasto alla violenza di genere rappresentano una priorità del mio impegno governativo e questo Governo ha ben chiaro quale sia la portata, nel nostro Paese, di questo problema. Ecco perché, come ho accennato prima, in soli sei mesi di legislatura questo Governo ha approvato, in Consiglio dei ministri, quattro disegni di legge che hanno proprio come obiettivo quello di difendere la sicurezza della donna, di restituirle dignità e libertà e di contrastare e prevenire, in maniera efficace - ce lo auguriamo tutti, sapendo naturalmente di non avere soluzioni miracolistiche - il fenomeno della violenza nei confronti delle donne ma anche dei minori.
Il Governo, naturalmente, ha fatto la sua parte: adesso la tempistica dell'approvazione di questi provvedimenti spetta al Parlamento. Vorrei, anzi, sottolineare che, forse, varrebbe la pena, su questi temi, di procedere all'esame in sede legislativa nelle Commissioni competenti, trattandosi di argomenti sui quali dovrebbe esserci - come è stato auspicato da più parti - una più ampia collaborazione e condivisione.
Sono temi, come ho detto prima, che mi stanno particolarmente a cuore, sia come Ministro competente, che come deputata e cittadina, sui quali il Governo si è impegnato a predisporre disegni di legge.
Uno di questi è, ad esempio, quello che introduce anche in Italia il reato di stalking, cioè di atti persecutori, di quegli atti intrusivi, ossessivi e invasivi che rendono la vita della donna un inferno da un punto di vista sia fisico sia psicologico e che, fino ad oggi, in Italia, purtroppo non hanno trovato copertura da parte del nostro ordinamento e che in molti casi hanno provocato addirittura la morte delle donne vittime di atti persecutori.
Un altro atto governativo a difesa delle donne è stato il disegno di legge, sempre approvato in Consiglio dei ministri, che rafforza la tutela penale nei confronti delle donne vittime di atti di violenza sessuale e anche quello che introduce norme di contrasto al fenomeno della prostituzione. Infatti, credo che il fenomeno della prostituzione sia profondamente lesivo dei diritti e della dignità delle donne e che, come tale, vada contrastato in maniera efficace.
Per questo abbiamo introdotto una nuova fattispecie penale volta a punire in maniera severa l'associazione a delinquerePag. 43finalizzata allo sfruttamento della prostituzione e abbiamo voluto prevedere che l'esercizio della prostituzione e anche l'adescamento della prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico sia reato. Ciò non per una questione di ordine pubblico, di sicurezza e di decoro urbano (che comunque vogliamo assicurare in quanto riteniamo che siano principi sacrosanti da garantire ai cittadini), ma soprattutto perché alla prostituzione in strada e in pubblico sono legati fenomeni vergognosi che appunto ledono la dignità e la libertà delle donne, quali lo sfruttamento della prostituzione, la riduzione in schiavitù e la tratta di esseri umani.
A proposito di stalking, poi, vorrei sottolineare che è allo studio del Ministero per le pari opportunità un protocollo d'intesa con il Ministero della difesa con la finalità di creare una sinergia fra il dipartimento per le pari opportunità e l'Arma dei carabinieri per l'istituzione di un nucleo anti-stalking formato da soggetti in possesso di peculiari capacità tecniche e professionali in grado di fornire un concreto aiuto alle vittime di atti persecutori.
Segnalo, inoltre, che sulla scia dell'esperienza positiva acquisita dall'istituzione del numero di pubblica utilità 1522 per il contrasto a fenomeni di violenza contro le donne, attivo dal 2007, è maturata, nel corso del dibattito parlamentare sul disegno di legge recante misure contro gli atti persecutori, l'idea di proporre un emendamento al fine di istituire un numero verde nazionale a favore delle vittime degli atti persecutori anch'esso attivo ventiquattro ore su ventiquattro e gestito da personale dotato delle competenze adeguate per fornire una prima assistenza, sia giuridica che psicologica, alle vittime di stalking.
Tra le iniziative a tutela delle donne rientra poi il protocollo stipulato tra la fondazione ANIA per la sicurezza stradale e il Ministero per le pari opportunità, cui sono seguite delle convenzioni con il comune di Milano ed il comune di Roma per la distribuzione di un dispositivo satellitare a garanzia dei rischi che le donne corrono sulle strade, quali incidenti, guasti meccanici, malori, ma soprattutto atti di violenza e di aggressione.
È importante - e questo Governo lo ha ben presente - proteggere le donne in auto da minacce purtroppo molto frequenti dalle quali le stesse, a volte, faticano a difendersi.
Per questo è nato il progetto «scatola rosa», un dispositivo satellitare che può essere volontariamente applicato su qualsiasi automobile e che garantisce un pronto soccorso immediato in caso di incidente grazie alla rilevazione automatica ed al collegamento, ventiquattr'ore su ventiquattro, con una centrale operativa.
In ordine alle risorse a cui avete fatto riferimento ed innanzitutto per quanto riguarda il piano d'azione destinato a contrastare il fenomeno della violenza contro le donne per orientamento sessuale, tale piano sarà elaborato in accordo con la Conferenza unificata in seguito a consultazioni con i Ministri interessati (che sono naturalmente già state avviate), ma anche con centri antiviolenza e con associazioni femminili con alcune delle quali sono già in corso contatti da diversi mesi.
Infatti, anche per rendermi maggiormente conto della gravità del fenomeno che stiamo affrontando, ho voluto, sin dall'inizio del mio mandato governativo, visitare personalmente i centri antiviolenza che ospitano le donne vittime di violenza e di aggressione.
In ordine alla risorse adeguate da stanziare a favore di azioni di contrasto alla violenza sulle donne, il 17 settembre 2008 sono già state avviate le attività di diciassette soggetti vincitori del primo avviso per il finanziamento di progetti finalizzati a rafforzare le azioni di prevenzione e contrasto alla violenza di genere, finanziate con la quota di 2 milioni e 200 mila euro prevista per l'anno 2007 per l'attuazione del piano nazionale contro la violenza di genere.
Per proseguire ed ampliare le azioni di sistema già avviate con tale avviso, il dipartimento delle pari opportunità ha pubblicato un ulteriore avviso avente ilPag. 44medesimo oggetto le cui risorse programmate ammontano a 3 milioni 500 mila euro, imputate al Fondo per le politiche e i diritti per le pari opportunità.
La legge finanziaria 2008 ha costituito il Fondo specifico cui facevate riferimento, cui ha destinato 20 milioni di euro per il solo anno 2008. Non sono previste risorse specifiche per il 2009, ma ricordo che il Ministro ha la possibilità di individuare la dotazione per il 2009 attingendo allo stanziamento del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità con cui, naturalmente, è possibile realizzare un ampio spettro di politiche per i diritti e le pari opportunità, tra cui anche l'azione di contrasto alla violenza sulle donne. Le risorse ancora a disposizione ammontano a 80 milioni di euro, perché ai 50 milioni di euro del 2008 si aggiunge l'importo non speso del 2007, pari a circa 30 milioni di euro.
Inoltre, voglio riferirmi anche alle richieste - che condivido - avanzate con le mozioni in esame di avviare campagne di sensibilizzazione dell'opinione pubblica, al fine di avviare un'importante inversione di tendenza per ciò che riguarda la cultura del nostro Paese che, evidentemente, ancora nega alle donne pari diritti e pari opportunità. È per questo che stiamo lavorando per il lancio di campagne pubblicitarie volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sul problema della violenza contro le donne, con la finalità anche di informare le donne stesse sugli strumenti che sono a loro disposizione.
Ancora, vorrei sottolineare l'importanza di ulteriori azioni intraprese da quando è iniziato il nostro impegno governativo. Il 9 luglio 2008 è stato stipulato un protocollo di intesa per il sostegno delle vittime della tratta con il Ministero del lavoro, della famiglia e delle pari opportunità del Governo rumeno. Il protocollo prevede la collaborazione tra Italia e Romania per il contrasto al fenomeno del traffico di esseri umani, con azioni concrete di integrazione sociale e occupazionale attraverso progetti e interventi finanziati dal Fondo speciale europeo.
Inoltre, il protocollo vuole favorire, attraverso uno scambio di buone pratiche, la cooperazione tra le agenzie e i dipartimenti, subordinati alle due parti, nell'ambito dell'inclusione sociale delle vittime del traffico di persone sostenendo, in particolare, la promozione degli esempi di successo che riguardano le donne già vittime del traffico di persone, ora integrate nella società.
Abbiamo provveduto, inoltre, a ricostituire la Commissione interministeriale per il sostegno alle vittime di tratta, violenza e grave sfruttamento, già regolamentata con il decreto del Presidente della Repubblica n. 102 del 14 maggio 2007. La Commissione ha concluso le procedure di valutazione dei progetti di assistenza e di integrazione sociale in base all'articolo 18 del Testo unico sull'immigrazione per i progetti di prima assistenza.
Segnalo, inoltre, il risultato ampiamente positivo raggiunto dal servizio svolto dal numero verde 800.290.290, il cui scopo è quello di informare le persone soggette a tratta in condizione di sfruttamento, riduzione in schiavitù o servitù delle possibilità loro offerte dalla legislazione italiana per sottrarsi ai trafficanti.
In considerazione di ciò, abbiamo ritenuto opportuno garantire il servizio con la nuova convenzione del numero verde non più per dodici mesi ma per diciotto e di estenderlo anche alle donne che esercitano la prostituzione al chiuso. In quest'ultima ipotesi, gli operatori non aspettano passivamente la chiamata delle donne che esercitano la prostituzione, ma diventano essi stessi promotori, chiamando (utilizzando gli indirizzari che offrono i giornali locali) e dando informazioni inerenti ai servizi e alle possibilità per uscire dallo sfruttamento.
Secondo i dati riportati dalla postazione centrale, per il periodo da gennaio a novembre 2007, sono giunte 14.560 chiamate.
Ricordo, inoltre, che presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (dipartimento per le pari opportunità) è stato istituito l'osservatorio sul fenomeno della tratta degli esseri umani. L'offerta di questoPag. 45servizio si propone di costruire strumenti e sistemi di conoscenza e monitoraggio sul fenomeno della tratta, sulle politiche e gli interventi agiti da una molteplicità di soggetti a livello locale, nazionale ed internazionale, e di offrire strumenti di raccordo tra gli enti di diversa natura e a diversi livelli impegnati nella tutela delle persone trafficate e nel contrasto al fenomeno.
Penso, quindi, che questo Governo, in soli sette mesi, abbia fatto molto per quanto riguarda il contrasto del fenomeno della violenza sulle donne attraverso iniziative legislative e provvedimenti portati all'attenzione ed approvati dal Consiglio dei ministri e che adesso spetta a queste Camere approvare quanto più rapidamente possibile. Naturalmente, aver fatto molto non significa aver fatto abbastanza su un tema delicato come questo.
Ecco perché il Governo può cogliere un impegno a collaborare, a compiere e a condividere ogni sforzo per combattere il fenomeno aberrante e vergognoso della violenza contro le donne che, però, non può e non deve costituire terreno di scontro politico e di scontro ideologico. Questa deve essere veramente una promessa alla quale, a mio avviso, devono seguire fatti concreti (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Unione di Centro e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione delle mozioni Livia Turco ed altri n. 1-00071, Delfino ed altri n. 1-00079, Mura ed altri n. 1-00082 e Laura Molteni ed altri n. 1-00084 concernenti iniziative a sostegno dei diritti delle persone con disabilità (ore 12,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Livia Turco ed altri n. 1-00071, Delfino ed altri n. 1-00079, Mura ed altri n.1-00082 e Laura Molteni ed altri n. 1-00084 concernenti iniziative a sostegno dei diritti delle persone con disabilità (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritta a parlare l'onorevole Binetti, che illustrerà anche la mozione Livia Turco ed altri n. 1-00071 (Nuova formulazione), di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. Signor Presidente, è un'occasione molto preziosa quella di poter parlare dei diritti delle persone portatrici di handicap, delle persone disabili o delle persone diversamente abili, come sono i modi di indicare persone che in qualche modo vengono percepite come più bisognose di altre di una concreta manifestazione di solidarietà.
È un'occasione particolarmente preziosa perché soltanto due giorni fa abbiamo festeggiato (se così si può dire) i sessant'anni della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e il 3 dicembre ricorre, da circa 15 anni, il giorno dedicato proprio a ricordare i diritti delle persone diversamente abili. Si tratta di due circostanze specifiche in cui a livello mondiale c'è stata una concentrazione, da un lato, sui diritti universali dell'uomo e, dall'altro, con una specifica angolatura, sui diritti concreti delle persone portatrici di disabilità.
Riflettere su questo ci porta veramente a voler proporre un modello che sempre di più si avvicini al riconoscimento della piena uguaglianza dei diritti che non nasconda, però, la consapevolezza della diversità degli interventi necessari per rendere esigibili questi stessi diritti.Pag. 46
Abbiamo visto crescere, in questi anni, in modo veramente esponenziale la sensibilità inclusiva nei confronti delle persone disabili.
Lo abbiamo visto nel momento in cui da piccolissimi li abbiamo inseriti, sempre di più e con sempre maggiore consapevolezza, all'interno del sistema scolastico con la figura dell'insegnante di sostegno o, comunque, con quella rete di servizi che li accompagna fin da piccoli. Lo abbiamo visto attraverso una serie di misure interessanti e importanti che guardano al passaggio dalla fase della formazione e dello studio alla fase dell'inclusione nel mondo del lavoro.
In entrambi i casi, nel momento della formazione e dell'inserimento nel mondo del lavoro, abbiamo considerato la formazione ed il lavoro come diritti, come espressione alta in cui si esprime la dignità della persona umana.
Quindi, non si è trattato di un'iniziativa che guardasse al tema in maniera sbilanciata, dalla parte di un eccesso di benevolenza e di beneficenza, come se stessimo facendo un favore a queste persone, ma di un'azione svolta nella crescente consapevolezza che tali persone hanno pieno diritto a questo riconoscimento.
Riflettere, ragionare, andare a fondo sul tema della diversa abilità ci permette poi, in un'escalation progressiva e costante, di scoprire sempre di più nella nostra società le diverse forme di diversa abilità, le diverse forme di handicap da contrastare, nonché le diverse forme in cui, nelle varie fasi della vita, anche ognuno di noi potrebbe diventare in determinati momenti soggetto ed espressione di tale diversa abilità. Mi riferisco, in questo caso, ad esempio, agli anziani, a quelle situazioni in cui, dopo eventi che possono essere legati ad incidenti, anche nel mondo del lavoro, oppure semplicemente a patologie, una persona che probabilmente è nata senza handicap iniziale si trova, di fatto, ad essere una persona che ha bisogno di interventi particolari.
Da questo punto di vista, il progresso lo ha compiuto la nostra società con una mentalità sempre più profondamente inclusiva, ma anche, ringraziando Dio, il mondo della tecnica, che è sempre più capace, se vuole, di mettersi al servizio dell'uomo, di ridurre il gap tra una persona con un handicap e una persona senza handicap. Penso, ad esempio, a tutte le protesi che possono essere messe a disposizione di queste persone per ridurre alcuni handicap fisici, ai supporti che vengono in aiuto delle persone non vedenti, attraverso l'insieme delle tecnologie che permette di trasformare uno stimolo visivo in uno stimolo che può essere ascoltato e, quindi, consente loro di partecipare direttamente anche al patrimonio culturale che è affidato ai libri, ai testi scritti.
Vi è quindi una convergenza molto alta tra quello che possiamo chiamare il sistema della sensibilità sociale, il sistema della tecnologia ed il sistema degli aiuti positivi e concreti. Purtuttavia, non possiamo fare a meno di rilevare che, in molte situazioni, tutto ciò, pur essendo possibile, non è reale. A tal proposito, quest'anno all'apertura dei lavori qui, in Parlamento, l'ingresso di persone che potevano avere difficoltà a muoversi con autonomia ha comportato, per l'intero Parlamento, la necessità di una rivisitazione di un tema di fondo, quello dell'abbattimento delle barriere architettoniche, per permettere a tutti di partecipare con pienezza a tutte le attività caratteristiche.
Tutto ciò non è semplice e non è facile perché è come se fosse una barriera che si sposta progressivamente; mano a mano che individuiamo modalità per rendere accessibile l'universo ordinario in cui noi viviamo alle persone diversamente abili, si creano nuove percezioni, nuove sensibilità, si aprono nuovi spazi. Penso, ad esempio, per tornare al sistema scolastico, a quello che di fatto è un sistema prezioso con cui i bambini vengono seguiti nella scuola elementare, ma penso anche a come tale sistema si attenua nel momento in cui arrivano alla scuola media superiore e a come lo stesso si rende spesso molto difficile quando questi ragazzi arrivano all'università. È come se noi ci attestassimo troppo spesso sui livelli essenziali di prestazione, mentre invece dovremmo aumentarePag. 47la nostra possibilità di credere, con convinzione e con fermezza, che ciò possa essere fatto, a livello di mezzi, anche con riferimento a certe situazioni e circostanze, per garantire non le minime esigenza, ma in un certo senso il massimo possibile per quelle persone. È un cambiamento di ottica radicale.
A volte, finora, ci siamo mossi nell'ottica di quali siano le condizioni minime in cui si può esprimere l'autonomia di queste persone, di quali siano, in un certo senso, le condizioni minimalistiche. Ebbene, adesso ci si chiede di fare un salto di qualità e di porci dall'altra parte: qual è lo spazio massimo che ognuna di queste persone può raggiungere nello studio, nel lavoro, nell'integrazione sociale, culturale e, come abbiamo visto anche recentemente, politica, di partecipazione ai lavori parlamentari e al sistema più alto di costruzione del bene comune?
La nostra mozione vuole mettere in evidenza, soprattutto, questo salto di qualità. La mozione parte senz'altro dalla constatazione che, nonostante l'anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e la periodica previsione che il 3 dicembre sarebbe stato il giorno da tempo previsto per il riconoscimento delle prerogative e delle esigenze dei diritti dei disabili, un disegno di legge è giacente e non è stato calendarizzato. Ricordo che era un disegno di legge che mirava esattamente a questa direttiva.
La mozione, quindi, sembra avere più facilità di accesso di quanto non lo abbia avuto il disegno di legge precedente che pure era bipartisan, con firme raccolte attraverso un'ampia partecipazione da parte di tutti. Quindi, una delle prime cose che chiediamo è che questo disegno di legge sia calendarizzato. Chiediamo, inoltre, che cambi la logica e che ci si disponga più intelligentemente nella prospettiva del Trattato di Lisbona, ovvero quella di creare una società della conoscenza, nella quale il ruolo svolto dal soggetto diversamente abile è duplice. Innanzitutto, bisogna porre il problema (e noi sappiamo come molte volte il progresso è reso possibile soltanto dalla possibilità di misurarsi con problemi nuovi) ed individuare, ad esempio, modalità diverse di fare le cose rispetto a come sono state realizzate fino ad un certo punto.
Penso, ad esempio, per citare soltanto un episodio che tutti abbiamo seguito quest'estate in occasione delle Olimpiadi, alla battaglia combattuta da Pistorius per chiedere di partecipare alle stesse Olimpiadi a cui partecipavano gli altri. Penso, come ricorderemo tutti quanti, alla dialettica sulle sue protesi, ovvero se quelle protesi, invece di essere il luogo dell'handicap, potevano diventare il luogo di una risorsa aggiunta, cioè di una prospettiva in più che gli veniva concessa.
Da questo punto di vista, il ragionamento che il disabile ci obbliga a fare rispetto alle domande da porre alla società, alla tecnologia e al mondo della conoscenza è che cosa si può fare di più e come ci si può muovere meglio. Diventa un discorso di giustizia sociale, ma anche una provocazione alla ricerca e uno stimolo all'innovazione. Certamente tutto ciò richiede anche che gli interventi siano realizzati, ripensando profondamente i modelli organizzativi con cui si svolge il lavoro nelle aziende e nelle istituzioni più svariate. Per non andare molto lontano penso anche alla logica dei trasporti e alla difficoltà che tutt'oggi una persona portatrice di handicap ha per muoversi con facilità da luogo all'altro.
Dal nostro punto di vista, tutto questo non va visto, però, come se l'handicap di quella persona diventasse un handicap del sistema. In realtà, l'handicap di quella persona diventa la provocazione positiva al sistema, affinché individui nuove soluzioni. Allora, l'integrazione complessiva, costante ed interattiva nel tessuto sociale, a tutti i suoi livelli, diventa un trampolino di lancio.
Nella nostra mozione vogliamo proprio guardare con grande attenzione a ciò. Vogliamo che venga sollevato il discorso per cui in ogni contesto in cui un handicappato si possa trovare, quella diversa abilità sia uno stimolo a colmare la distanza, a creare nuove formule e che siPag. 48possa considerare davvero la loro presenza come la maggiore risorsa di cui dispone il sistema sociale in quel momento.
Voglio tornare anche su qualcosa che è stato detto nel dibattito precedente in materia di diritti. I diritti impegnano davvero sia il senso sociale, sia quello più alto della democrazia di un Paese. In questo caso i diritti che vogliamo tutelare rispetto ai soggetti diversamente abili sono, ad esempio, anche il diritto a nascere. Vi è stata una polemica nei giorni scorsi, attraverso alcuni passaggi che non sono sembrati sempre così chiari e limpidi rispetto ad alcune posizioni prese all'ONU. Noi vogliamo riconoscere alla persona diversamente abile il diritto a nascere e non vogliamo che una logica di possibilità e di diagnosi precoce sia intesa come una negazione del diritto alla vita.
Noi intendiamo che il diritto alla vita sia il primo, il principale e il punto di partenza di tutti quanti gli altri diritti. Nello stesso tempo, vogliamo che la stessa persona possa a sua volta riconoscersi il diritto a dare la vita; quindi il diritto a ricevere la vita e il diritto a dare la vita come uno di quei diritti di base per il quale ci riconosciamo più uguali degli altri, non come nella famosa fattoria degli animali in cui qualcuno è più uguale degli altri.
Vogliamo che l'uguaglianza, la ricchezza delle opportunità, lo smascheramento sempre più sottile e raffinato di ciò che può essere letto come una discriminazione appartengano alla nostra cultura, nella quale si declinano contestualmente il senso della giustizia e della solidarietà, la capacità di accoglienza e di non conformarsi. Non ci si può limitare a dire che abbiamo fatto tanto. Quando ci si trova davanti a queste situazioni, potremmo dire che non è mai abbastanza quello che si è fatto e che è sempre di più quello che si può fare e chiedere, affinché tutte le politiche di un Paese siano lette nella chiave della riduzione della discriminazione per i soggetti disabili. Mi riferisco - ed insisto - alla possibilità di accedere e di uscire dalla propria casa più autonomamente possibile, ai trasporti, al mondo del lavoro, della salute e delle pari opportunità. Non ci deve essere un Ministero che si senta escluso da questa provocazione positiva a colmare, partendo dalla medesima, questa distanza per trovare un'altra soluzione.
Quindi, ci auguriamo che il Governo voglia prendere atto di ciò sia in termini concreti e minuti (calendarizzare il disegno di legge), sia in termini più complessi (creare opinione e sensibilizzazione sociale sempre più avanzata), sia anche in termini, per quanto possa valere, di stanziamento di risorse materiali.
Sappiamo - ed è questa l'ultima cosa che vorrei dire - che la più grande preoccupazione che hanno i genitori di ragazzi portatori di disabilità è cosa accadrà dopo di loro. C'è sempre l'idea, in questo caso ampiamente positiva, che la famiglia garantisca a questi ragazzi un insieme di risorse che non sempre la società è in grado di dare, perché non sempre la società si è data un assetto capace di fronteggiare queste difficoltà.
Noi vogliamo - concludo veramente - che anche da questo punto di vista, per quanto riguarda ciò che avverrà dopo di noi, la risposta sia di alto profilo, di grande sensibilità, di giustizia e di solidarietà sociale.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Capitanio Santolini, che illustrerà anche la mozione Delfino ed altri n. 1-00079, di cui è cofirmataria.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, sottosegretario, colleghi, nella stessa giornata trattiamo due temi che ci stanno particolarmente a cuore e che in qualche modo hanno a che fare con il tema della discriminazione, su cui, quindi, dovremmo essere tutti particolarmente sensibili.
I diritti dei disabili sono già sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, di cui abbiamo adesso celebrato i sessant'anni. Teoricamente, non ci sarebbe bisogno di aggiungere altro, perché la Carta delle Nazioni Unite riconosce la dignità, il valore e i diritti uguali e inalienabiliPag. 49di tutti i membri della famiglia umana. Questo si pone a fondamento di ogni libertà, giustizia e pace nel mondo. Tuttavia, è chiaro che ciò non poteva bastare e nel maggio scorso (cosa positiva) è entrata in vigore la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, che era stata già adottata nel 2006 per tutti i Paesi membri dell'ONU. L'Italia - diamo atto e merito al Governo di averlo fatto - il 30 marzo 2007, sotto il Governo Prodi, ha firmato la Convenzione, ma nei giorni scorsi dal Governo Berlusconi è stato approvato un disegno di legge che ratifica questa Convenzione siglata a New York. Quindi, è un interesse bipartisan che non possiamo che riconoscere come positivo.
Per venire al problema europeo, sappiamo che il 3 dicembre è la giornata europea delle persone con disabilità e nel 2003 è stato celebrato l'anno delle disabilità (c'era allora la Presidenza italiana).
Sono giornate che non vogliono essere semplicemente celebrative di qualcosa che tutti, in qualche modo, condividiamo, ma sono giornate in cui si dovrebbe teoricamente valutare la situazione e vedere a che punto sono la legislazione e le normative a livello nazionale e locale, per poter, eventualmente, intervenire e migliorare i servizi che sono a disposizione dei disabili.
Non solo, ma con la giornata europea della disabilità si è voluto anche, in qualche modo, sottolineare, visto che un europeo su dieci è affetto da handicap e non si tratta di una piccola percentuale, che questo è un problema che riguarda tutta la collettività e che, quindi, è interesse della collettività riconoscere la specificità dei disabili da tutti punti di vista e che essi sono portatori di diritti esattamente come tutti gli altri cittadini europei, senza condizionamenti e senza restrizioni. Questa è la situazione. Rimane, comunque, forte la necessità di procedere ad una migliore integrazione dei disabili nella società e dobbiamo riconoscere che ancora molta è la strada da fare. L'amica Binetti ha sottolineato il problema dei diritti del disabile: il primo diritto è quello di nascere. Per questa ragione, credo, la Santa Sede non ha firmato la convenzione, perché la selezione che avviene prima della nascita dovrebbe interrogare e preoccupare tutti i Paesi civili, dal momento che è in atto una sorta di sotterranea e nascosta eugenetica, per cui si seleziona e qualcuno decide quale vita è degna di vivere e quale no, chi è degno di venire al mondo e chi non lo è. È un motivo in più di discriminazione nei confronti delle persone disabili, che, proprio per la loro disabilità, non vedono la luce.
Ma anche a livello italiano ed europeo molto c'è da fare, oltre a questo diritto alla vita; bisogna garantire diritti in tutti gli ambiti della vita del disabile, che riguardano la salute, il lavoro, l'istruzione, la mobilità (è stata accennato), la possibilità di manifestare il proprio pensiero e la partecipazione alla vita sociale e politica. Sono passaggi che qualcuno dà per scontati, ma che, invece, richiedono una grande attenzione, perché non li darei acquisiti una volta per tutte.
La prova di quanto affermo è che dati recenti dimostrano che i disabili hanno molte più difficoltà delle persone normodotate, per esempio, a trovare un lavoro. I tempi di assunzione sono molto più lunghi rispetto alle persone normodotate e il problema della disoccupazione, in genere, riguarda molto più i disabili che le persone normali. Si nega, quindi, in qualche modo, il diritto dei disabili di essere autosufficienti, non solo nella loro mobilità e nella loro possibilità di muoversi, ma anche nella loro possibilità di essere autosufficienti dal punto di vista lavorativo, ovviamente per coloro che hanno la possibilità di esserlo, nel senso che il loro handicap gli consente di raggiungere un'autonomia anche economica.
Questo, purtroppo, non avviene e il mercato del lavoro è ancora sufficientemente chiuso al contributo che i disabili possono portare. Credo che garantire l'esercizio del diritto al lavoro e garantire a queste persone un'attività sia un obiettivo ancora lontano e ancora non sufficientemente tutelato.Pag. 50
Si potrebbe parlare in questo caso di discriminazioni, come dicevo prima, e le discriminazioni nel campo del lavoro sono in questo caso particolarmente odiose perché, come accennava la collega Binetti, si pone, ripeto, il gravissimo problema del «dopo di noi», ossia di quella angoscia esistenziale che attanaglia i genitori dei disabili che si interrogano su cosa succederà una volta che loro avranno lasciato questa Terra. Il fatto di avere un'autonomia economica ed un'attività attenuerebbe moltissimo l'angoscia di queste persone.
Il problema è come al solito culturale, ma poi diventa politico ed economico. Per venire al quadro nazionale, l'Italia ha il grande merito di essere stata apripista in anni passati di un atteggiamento a favore dei disabili. Basti citare la legge n. 104 del 1992, una legge che ha fatto scuola addirittura in Europa e nel mondo; si tratta di una legge che è stata ampiamente divulgata anche all'estero ed apprezzata in tutte le sedi, ma il problema è che questa legge è stata in parte disapplicata o non applicata perché non ha ricevuto le risorse sufficienti ed i sufficienti finanziamenti. La legge n. 104 del 1992 riconosce la dignità, la libertà ed il diritto alla tutela delle persone disabili, ma ciò che purtroppo non è avvenuto è un suo adeguato finanziamento.
Siamo ora qui a chiedere al Governo che cosa intenda fare su questo fronte. È vero che, ad esempio, sono stati regolamentati i permessi per i genitori portatori di handicap con la legge n. 53 del 2000 sui congedi parentali (ovviamente estesa ai genitori di disabili) e che la legge n. 328 del 2000 anche da questo punto di vista tutela i portatori di handicap e coloro che li assistono, ma i tagli che sono avvenuti sul fronte degli investimenti nel settore dell'handicap ci preoccupano non poco perché rischiano di abbattersi sul settore del welfare molto di più che su altri settori.
La preoccupazione è diffusa ed è molto sentita anche per quanto riguarda la scuola, considerato il proposito di ridurre le risorse, di aumentare il numero di alunni per ogni classe e di diminuire il numero dei docenti. Vero è, lo riconosco, che il Ministro Gelmini (che non è qui presente) ha detto spessissimo che garantirà gli insegnanti di sostegno e che quindi, da questo punto di vista, non ci saranno problemi, ma permettetemi una battuta polemica, dal momento che su questo fronte ci sono dei ripensamenti (anche ieri c'è stato un ripensamento del Governo, che ha fatto slittare di un anno la messa in campo della riforma Gelmini perché effettivamente la fretta era assolutamente non necessaria e c'era quindi una corsa ad una riforma non così urgente, tanto è vero che, lo ripeto, ci hanno ripensato). Tutti questi elementi inducono ad una preoccupazione per ciò che riguarda il mondo della scuola, ma non solo.
Vi è il problema della centralità della famiglia, che merita la massima attenzione se è vero, com'è vero, che oltre il 93 per cento dei disabili gravita sulla famiglia di origine e che comunque c'è un parente che li assiste. Lo Stato da questo punto di vista non solo è latitante, ma non riconosce alle famiglie il ruolo che svolgono.
So per certo che nella regione Veneto vi sono 27 mila disabili anziani che vivono nelle strutture pubbliche e altri 27 mila in famiglia: ebbene, queste famiglie fanno risparmiare alla regione Veneto 130 milioni di euro l'anno. A queste famiglie che si assumono l'onere di seguire le persone con disabilità, di assisterle, di curarle, e di tenerle in casa, si potrebbe riconoscere qualcosa proprio per instaurare una cultura dell'accoglienza, della solidarietà, e della famiglia, che spesso in questo Paese latita.
Chiediamo, allora, al Governo di impegnarsi sulla questione della centralità della famiglia, sul problema del lavoro, sul problema dell'integrazione scolastica. Ovviamente, esiste il problema delle infrastrutture - non sto a ripetere cose già dette -, tuttavia noi vorremmo che venisse comunque accolta completamente la Convenzione sottoscritta dal Governo pochissimo tempo fa e che si investa in questo comparto del welfare, perché è dalla centralità di queste politiche che si può ricavare la cifra della civiltà, della serietà, e dell'impegnoPag. 51di un Governo nei confronti dei propri cittadini. Chiediamo una piena applicazione della legge n. 104 del 1992, della Convenzione appena adottata e che vi sia un seguito al provvedimento in discussione alla Commissione lavoro in cui si prevedono facilitazioni per i genitori che hanno dei figli gravemente disabili (prepensionamento o una maggiore flessibilità nel mondo del lavoro).
Mi auguro che il Governo dimostri una forte sensibilità su questo fronte e che questa nostra mozione possa essere accolta pienamente dal Governo stesso, proprio per dare un segnale importante che i discorsi che fanno i Governi non sono solamente di tipo economico, ma coinvolgono anche tutti quegli aspetti della società che sono, a nostro avviso, centrali.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mura, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00082. Ne ha facoltà.

SILVANA MURA. Signor Presidente, signora rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, lo scorso 3 dicembre si è celebrata la giornata internazionale delle persone con disabilità. Si è trattato di una testimonianza di doverosa attenzione alle condizioni di persone portatrici di handicap fisico che deve preludere alla costruzione di una società che sia sempre più aperta alla piena soddisfazione dei loro diritti e all'assolvimento delle loro principali esigenze, una giornata che deve evitare il rischio di tradursi in una delle tante celebrazioni, esclusivamente informali, prive di contenuti concreti, un appuntamento in cui sono in tanti a spendere belle parole che, però, rimangono tali un secondo dopo che si sono spenti i riflettori.
In Italia i cittadini disabili costituiscono una parte rilevante della popolazione, ammontando a circa 2 milioni 800 mila unità. Nei confronti di questi cittadini, lo Stato ha il dovere di produrre ogni strumento necessario per rendere effettiva la parità di diritti con i cittadini normodotati, dando piena, ed effettiva, realizzazione al disposto dell'articolo 3 della nostra Costituzione. Essere titolari di un diritto, ma non poterne godere se non si hanno adeguati sostegni, è come essere privi di quel diritto.
In Italia, purtroppo - si deve ammettere -, vi è ancora molto da fare per evitare discriminazioni tra i cittadini disabili e normodotati. Il primo ostacolo, in questo senso, è rappresentato dalla confusione che esiste nel definire la condizione stessa di disabile, sia a livello italiano, sia a livello europeo. Statistiche, e numeri, sono discordi a seconda delle fonti, ma soprattutto sono vecchi di anni e, dunque, non aggiornati. Basti pensare che i dati più recenti di cui si dispone sono quelli dell'ISTAT del 2005 basati, però, su rilevamenti effettuati l'anno precedente. Questi dati ci dicono, appunto, che i disabili in Italia sono 2 milioni 800 mila, il che equivale al 4,8 per cento della popolazione italiana. Secondo l'Eurostat, invece, sono molti di più, ovvero più di 4 milioni, per una percentuale pari al 6,6 per cento.
Questo è un esempio alquanto indicativo per capire che se non ci si mette d'accordo, almeno sulla definizione di disabilità, e sulla quantificazione delle persone che rientrano all'interno di questa categoria, ogni sforzo dal punto di vista sia legislativo, sia assistenziale, rischia di non essere in grado di centrare l'obiettivo, ma soprattutto vi è la forte probabilità che ogni misura adottata possa dar vita a delle disfunzioni alle quali, con troppa frequenza, ci capita di assistere.
Proprio in occasione della giornata del 3 dicembre il Presidente della Repubblica ha pronunciato parole molto importanti che tracciano quasi una strada sulla quale è doveroso incamminarsi da parte delle istituzioni a tutti i livelli. Il Capo dello Stato ha sostenuto che anche in una fase di innegabile difficoltà economica come quella attuale, segnata da una crisi di portata mondiale che rischia di produrre i suoi effetti per anni, le esigenze di sostegno e di supporto delle persone con disabilità e dei loro familiari non possono e non debbono essere sottovalutate, perché proprio in questo periodo di crisi, nel quale tanti cittadini italiani sono chiamatiPag. 52ad affrontare nuovi problemi, questa parte della cittadinanza deve affrontare i nuovi problemi, sommandoli però a quelli pregressi: un risultato che può essere troppo pesante in assenza di supporti adeguati.
Il Capo dello Stato ha, inoltre, invitato a ratificare al più presto la Convenzione dell'ONU sui diritti delle persone con disabilità, un documento che impegna gli Stati sottoscrittori a valorizzare le risorse possedute dalle persone diversamente abili in tutti i settori (dalla scuola al lavoro), procedendo all'abbattimento delle tante barriere, sia di natura fisica sia di natura mentale, che impediscono ancora una piena ed effettiva parità dei diritti. Parole, quelle del Presidente Napolitano, che oltre ad indicare un percorso denunciano i ritardi del nostro Paese nei confronti dei cittadini disabili.
Solo qualche giorno fa abbiamo potuto leggere con un certo sgomento come il lavoro sia negato alla grande maggioranza dei diversamente abili che chiede e vuole lavorare. Su 768 mila iscritti alle liste di collocamento in tutta Italia, solo 31 mila sono quelli che sono stati già avviati al lavoro. Su questo dato, già di per sé eclatante, si innestano poi le grandi disparità che si registrano nel mercato del lavoro generale, con un indice di occupazione molto più elevato al nord ed estremamente basso nelle regioni meridionali. Tutto questo accade nonostante vi sia una legge, la n. 68 della 1999, che ha come fine quello di incentivare l'inserimento al lavoro delle persone disabili. Una legge che purtroppo non è disattesa solo per quanto riguarda le assunzioni ma anche per quanto attiene al fine previsto dalla norma, ovvero quello di valorizzare le abilità residue e le potenzialità inespresse. Solo una azienda su quattro si preoccupa della completa integrazione lavorativa del proprio dipendente diversamente abile. Questi vengono dunque assunti per evitare di incorrere nelle sanzioni previste dalla legge, ma una volta assunti sono di fatto sottoimpiegati dalle aziende stesse, alle quali non interessa investire in tecnologie, in particolare in quelle informatiche, che consentirebbero anche ai lavoratori disabili di svolgere attività professionalmente qualificate, che, senza determinati supporti, rimangono ad essi purtroppo precluse.
A questo comportamento poco virtuoso da parte delle aziende, che di fatto boicottano le finalità della legge n. 68, si debbono aggiungere altri fattori di difficoltà che rendono ancora più arduo per un cittadino disabile svolgere un'attività lavorativa. È semplicemente assurdo apprendere che nel 60 per cento dei centri per l'impiego del Meridione, ovvero nei luoghi che dovrebbero trovare il lavoro ai disabili, sono presenti ostacoli e barriere che li rendono inaccessibili proprio a questi cittadini. A questo problema se ne aggiunge un altro, presente in tutta Italia, che è quello della difficoltà oggettiva per il disabile di usufruire di mezzi di trasporti adeguati per poter raggiungere il luogo di lavoro.
Anche sul fronte dell'assistenza c'è ancora molto da correggere e da aggiustare per evitare che il peso ricada esclusivamente sulle spalle delle famiglie, ma soprattutto per garantire il rispetto della dignità e l'autonomia delle persone disabili, compresa la libertà di compiere le proprie scelte, come prescrive l'articolo 3 della Convenzione ONU. Lo Stato e le regioni assicurano assistenza agli aventi diritto, ma in alcuni casi o si tratta di un contributo, in particolare per quanto riguarda quelli economici, assolutamente inadeguato a far fronte alle esigenze di una persona disabile, o di un tipo di assistenza fornito in maniera stanca e burocratica che trasforma il soggetto che la riceve in un prigioniero di orari e scelte imposti da altri. Illuminante, e al tempo stesso sconcertante in questo senso, è la vicenda burocratica del nomenclatore tariffario degli ausili. Tale strumento, che è stato istituito con il decreto ministeriale n. 332 del 1999, non è altro che un lungo elenco di ausili, attrezzature e protesi che il Servizio sanitario fornisce gratuitamente o rimborsa interamente ai cittadini disabili aventi diritto. Dunque, è uno strumento che in linea di principio dovrebbe essere molto utile.Pag. 53
Peccato però che, mentre la legge che l'ha istituito prevedeva un aggiornamento con cadenza triennale, ad oggi il nomenclatore è rimasto lo stesso del 1999, vanificandone di fatto il beneficio. Questo inspiegabile mancato aggiornamento da parte dei diversi Governi che fino ad oggi si sono avvicendati, produce la spiacevole conseguenza che il costo delle nuove tecnologie per la disabilità continua ad essere interamente a carico delle famiglie; mentre l'informatica, la telematica, la robotica, che devono migliorare la qualità della vita delle persone disabili, fanno passi da gigante, la burocrazia continua a procedere a passo di lumaca e nega, nei fatti, quello che le leggi garantiscono in linea teorica. Ciò, oltre a danneggiare i cittadini che hanno diritto all'assistenza, sovente danneggia anche lo Stato stesso, con casi limite, in cui si prevede la rimborsabilità di prodotti non solo tecnologicamente superati, ma anche più costosi rispetto a quelli presenti sul mercato.
Appare necessario porre mano quanto prima a queste storture e dare vita ad un lavoro di revisione normativa che, oltre allo stanziamento di maggiori risorse, preveda anche un diverso concetto di assistenza. Invece di fornire assistenza, molto più utile sarebbe fornire al disabile un finanziamento che gli consenta di procurarsi un'assistenza adeguata da se stesso, attraverso l'assunzione diretta di personale specializzato. In questo modo si tutelerebbero l'autonomia e l'indipendenza della persona disabile, che potrebbe usufruire di un'assistenza alla quale ha diritto, organizzata sulla base delle proprie esigenze, anche di natura lavorativa, e si riconoscerebbe al disabile il diritto di scegliere il luogo in cui vivere, come previsto dall'articolo 19 della Convenzione ONU, svincolandolo in questo modo dalla logica della territorialità della prestazione.
In un dibattito come quello attuale, non si può non denunciare in maniera ferma l' iniziativa attuata dal Governo in ambito sociale: la legge finanziaria per il 2009 stanzia, per il Fondo per le politiche sociali, un miliardo e 311 milioni di euro, a fronte di un miliardo 582 milioni stanziati dal Governo Prodi, dando vita ad un taglio di ben 271 milioni, che produrrà sicuramente conseguenze negative nel settore dell'assistenza.
Il decreto-legge n. 112 del 2008, all'articolo 40, ha poi svincolato le imprese che vogliano concorrere a bandi pubblici o intrattenere rapporti di concessione o convenzione con la pubblica amministrazione dall'obbligo di prestare apposita certificazione che attesti il rispetto di quanto previsto dalla legge n. 68 del 1999. Questa è una norma che aggraverà ulteriormente i problemi che ho appena evidenziato. Vi è poi il disegno di legge delega in materia di lavoro, attualmente all'esame del Senato, che prevede modifiche in senso restrittivo ai permessi concessi dalla legge n. 104 del 1992 ai soggetti portatori di handicap o ai parenti di questi. Insomma, quella attuata fino ad oggi è una politica che inspiegabilmente aggrava i problemi delle persone disabili, invece di risolverli.
Per questo la mozione dell'Italia dei Valori, di cui sono prima firmataria, chiede al Governo di incrementare le risorse del Fondo per le politiche sociali, di finanziare per gli anni a venire il Fondo destinato alle nuove autosufficienze (che dopo il 2009 - ricordiamocelo - è privo di stanziamenti), di favorire forme di assistenza personale autogestita. Chiediamo, inoltre, di procedere finalmente all'aggiornamento del nomenclatore tariffario e di ripristinare gli obblighi previsti dalla legge n. 68 del 1999, ora cancellati.
Siamo fermamente convinti, infatti, che le persone con disabilità non hanno bisogno di particolari privilegi, ma solo della possibilità di poter assumere il controllo della propria vita, presupposto indispensabile per svolgere una funzione attiva all'interno della società. Questo è un elemento fondamentale per il riconoscimento dei diritti della persona disabile, come previsto dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Laura Molteni, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00084. Ne ha facoltà.

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LAURA MOLTENI. Signor Presidente, da poco abbiamo celebrato i sessant'anni della Carta dei diritti dell'uomo, una Carta importante, una Carta di diritti uguali ed inalienabili per tutti. Voglio ricordare che proprio il 3 dicembre si è tenuta la Giornata europea delle persone disabili, istituita nel 1993 dalla Commissione europea e dalle Nazioni Unite, che ha lo scopo di promuovere la diffusione dei temi della disabilità, di mobilitare il maggior sostegno possibile per la dignità, i diritti ed il benessere delle persone diversamente abili e di accrescere la consapevolezza dei vantaggi che possono derivare dall'integrazione delle disabilità in ogni aspetto della vita sociale, come stabilito dal Programma di azione mondiale per le persone disabili, adottato sin dal 1982 dall'Assemblea generale dell'ONU.
Ricordo, altresì, quando l'allora Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan nel suo messaggio in occasione della Giornata internazionale delle persone disabili dichiarò: «Il motto della comunità internazionale dei disabili è: "Niente per noi senza di noi"». In quell'occasione, il Segretario generale invitò i Governi e tutti gli attori interessati ad assicurare che le persone con disabilità e le organizzazioni che li rappresentano fossero parte integrante di ogni fase dello sviluppo, in modo da poter promuovere l'integrazione e aprire la strada ad un futuro migliore per tutti nella società.
Il nostro Governo ha prontamente accolto l'appello del Segretario generale delle Nazioni Unite, approvando nel Consiglio dei ministri del 28 novembre 2008 il disegno di legge che ratifica la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, firmata il 30 marzo 2007 a New York, e ponendo le premesse per un miglioramento del nostro corpus normativo in materia di tutela di persone disabili. Per tante persone questa è una tappa importante nel lungo percorso di riconoscimento pieno dei diritti di cittadinanza e delle libertà, nel processo di costruzione di una nuova società.
Lo scopo della Convenzione è, infatti, quello di promuovere, proteggere e assicurare il pieno ed eguale godimento di tutti i diritti umani, di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone diversamente abili e promuovere il rispetto per la loro inerente dignità. I principi, infatti, cui si ispira la Convenzione sono: il rispetto per la dignità intrinseca, l'autonomia individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte, l'indipendenza delle persone, la non discriminazione, la piena ed effettiva partecipazione ed inclusione all'interno della società, il rispetto per la differenza e l'accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell'umanità stessa, la parità di opportunità, l'accessibilità, la parità tra uomini e donne, il rispetto per lo sviluppo delle capacità dei bambini con disabilità e il rispetto per il diritto dei bambini con disabilità a preservare la propria identità.
L'indagine ISTAT sulle condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari, nel 2004, ha rilevato che in Italia le persone diversamente abili che ammettono una totale mancanza di autonomia per almeno una funzione essenziale della vita quotidiana sono 2 milioni 609 mila, pari al 4,8 per cento della popolazione di sei anni e più che vive in famiglia; ma se si considerano, in un modo più ampio, le persone che hanno manifestato un'apprezzabile difficoltà nello svolgimento di queste funzioni, la stima allora sale a 6 milioni 606 mila persone, pari al 12 per cento della popolazione che vive in famiglia di età superiore ai sei anni. I dati sono molto significativi. Per quanto riguarda, invece, la stima delle persone diversamente abili che non vivono in famiglia, ma nelle residenze socio-sanitarie, si può fare riferimento a dati che, nel 2003, indicano la presenza di 190 mila 134 persone con disabilità o anziani non autosufficienti.
La presenza di disabilità è, ovviamente, correlata anche all'età: vi è una percentuale di disabilità del 18,7 per cento per le persone intorno ai 65 anni, fino ad arrivare al 44,5 per cento per le persone di 80 anni e più. A questo punto, dovremmo riflettere seriamente, soprattutto di fronte ad un Paese in cui la popolazione invecchiaPag. 55in ordine crescente e di anno in anno. L'invecchiamento della popolazione, da un lato, indica che vi è stato uno sviluppo notevole del nostro Paese per quanto concerne la cura, l'assistenza delle persone, l'intervento sul piano delle cure; dall'altro lato, però, evidenzia la necessità di attenzione - che dobbiamo porre oggi come legislatori - di intervenire sul piano normativo, per il Paese che ci troviamo di fronte oggi e che ci troveremo di fronte da qui a dieci anni tenendo conto dell'invecchiamento delle persone e, quindi della necessità di questa fascia della popolazione.
I tassi di disabilità evidenziano una differenza anche di genere, a svantaggio di quello femminile: in rapporto al totale della popolazione, le donne hanno un tasso di disabilità del 6,1 per cento, mentre gli uomini del 3,3 per cento.
Tale fenomeno è determinato in buona parte dall'evoluzione demografica - che ha causato un forte invecchiamento della popolazione - caratterizzata da una crescita della speranza di vita alla nascita per tutta la popolazione, ma in misura maggiore per le donne.
La versione consolidata del Trattato che istituisce la Comunità europea condanna le discriminazioni fondate, tra l'altro, sull'handicap. Inoltre l'articolo 38 della nostra Carta costituzionale sancisce che ogni cittadino inabile al lavoro ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale e che gli inabili e i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale. La legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata, promuovendone la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società: si tratta di una legge che ha segnato la storia del nostro Paese, anche nel senso di un progresso culturale. La medesima legge impegna le istituzioni a prevenire e a rimuovere le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana e a promuovere il raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della collettività, nonché la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali.
La legge n. 68 del 1999 riguarda invece le norme per il diritto al lavoro delle persone disabili, promuovendo l'inserimento e l'integrazione lavorativa delle persone diversamente abili. Nel corso del tempo c'è stata anche un'evoluzione della terminologia: cosa vuol dire essere «diversamente abili»? Essere diversamente abili significa poter esprimere le proprie capacità, le proprie potenzialità residue a tutti gli effetti e con gli stessi diritti, nel rispetto della dignità della persona e delle aspettative della persona, alla pari di tutti gli altri soggetti attivi della vita sociale del Paese.
Un'altra legge importante è la n. 328 del 2000 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), che prevede che i comuni, nell'ambito delle risorse disponibili e d'intesa con le ASL, predispongano, su richiesta degli interessati, progetti individuali per le persone disabili, comprendenti la valutazione diagnostico-funzionale e le prestazioni di cura e di riabilitazione, a carico del Servizio sanitario nazionale, i servizi alla persona, a cui provvede il comune, in forma diretta o accreditata, le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di esclusione sociale, i sostegni per il nucleo familiare.
Successivamente, con la legge 21 maggio 1998, n. 162, sono subentrate delle modifiche alla legge n. 104 del 1992, concernenti misure di sostegno in favore di persone con handicap grave, che sanciscono che le regioni possono, nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio, programmare interventi di sostegno alla persona e familiare, come prestazioni integrative degli interventi realizzati dagli enti locali a favore delle persone con handicap di particolare gravità, mediante forme di assistenza domiciliare e di aiuto personale.
Se la persona disabile è destinataria per legge di una serie di tutele correlate alla sua condizione clinica, psichica e allePag. 56sue potenzialità residue, le istituzioni hanno l'inderogabile compito di porre il relativo nucleo familiare nelle condizioni di espletare al meglio il suo difficile compito educativo, di cura e di socializzazione. La condizione di disabilità riguarda tutti: non solo le persone che ne sono colpite e le loro famiglie, ma anche la comunità e le istituzioni, che devono operare in stretta collaborazione nei diversi livelli di responsabilità. Voglio ricordare ai cittadini del Paese che potenzialmente tutti possiamo essere disabili; non tutti nascono già disabili, potenzialmente possiamo esserlo tutti: per un incidente, una malattia, un evento traumatico particolare. Ma non per questo deve venir meno il principio del rispetto e di dignità delle persone in quanto tali.
In questo delicato settore è di importanza fondamentale la valorizzazione della famiglia, che va aiutata con interventi mirati, in modo da favorire il processo di autonomia e di integrazione sociale del familiare diversamente abile.
In questo delicato settore è importante affrontare il problema del «dopo di noi» ma in termini concreti, cercando di aiutare le persone disabili sul piano del raggiungimento dell'autonomia e della riscoperta delle potenzialità e delle capacità residue, per essere attori e tornare ad essere protagonisti della propria vita. È necessario prevedere un sistema di agevolazioni fiscali mirato ad aiutare le famiglie con persone diversamente abili, in particolare reintroducendo il disposto dell'articolo 1, comma 349, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, vale a dire una deduzione fino a 1.820 euro per le spese pagate dal contribuente agli addetti alla propria assistenza personale o a quella delle persone indicate dall'articolo 433 del codice civile, nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana. Inoltre, se possibile, è necessario prevedere agevolazioni più consistenti rispetto a quelle introdotte per il 2006.
Alla persona disabile vanno garantiti l'inserimento e l'integrazione nel mondo del lavoro, attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato ma anche attraverso percorsi di verifica del collocamento stesso. Infatti, come è stato detto poc'anzi in quest'Aula, non solo la persona disabile ha notevoli difficoltà oggettive a trovare l'inserimento nella vita lavorativa ma talvolta, benché inserita nella vita lavorativa, rischia di non esserlo pienamente.
Il problema della non autosufficienza sta assumendo, nel nostro Paese, toni sempre più allarmanti sotto il profilo sociale ed economico, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione e dell'elevato numero di incidenti sulle strade e sui luoghi di lavoro. L'urgenza di tali questioni impone una presa di posizione netta da parte del legislatore, affinché tutti i cittadini si sentano partecipi di un progetto globale e solidaristico, volto ad affrontare un problema che coinvolge l'intera società. Al giorno d'oggi la persona non autosufficiente è ancora un soggetto di estrema fragilità sociale. Risultano, infatti, alcuni nodi critici non ancora concretamente affrontati: la presenza di barriere architettoniche, la non adeguata risposta assistenziale e ricreativa, l'assenza di servizi finalizzati a una piena presa in carico delle famiglie, l'insufficienza di servizi domiciliari e così via. Oggi, purtroppo, non ci troviamo soltanto di fronte al permanere di barriere architettoniche, come poc'anzi detto, ma di barriere ben più ardue da superare, culturali, mentali, ideologiche se non addirittura, nei casi più gravi, ci troviamo di fronte all'indifferenza.
È evidente, quindi, come troppo spesso i diritti delle persone non autosufficienti corrano il rischio di rimanere inattuati. Da queste constatazioni emerge in maniera inequivocabile un concetto che si deve tenere inevitabilmente presente quando si strutturano interventi legislativi a tutela di questa fascia di popolazione: non possiamo parlare di persone non autosufficienti senza parlare contemporaneamente di famiglie con persone non autosufficienti. Dobbiamo sempre valutare come sostenere e motivare il nucleo familiare di questi soggetti, per metterlo nelle condizioni di espletare al meglio il suo difficilePag. 57compito educativo, di cura e di socializzazione. In particolare, vanno differenziati progettualità e sostegno, soprattutto nei confronti dei soggetti giovani disabili in condizione di non autosufficienza, con l'obiettivo prioritario di migliorare il più possibile la loro qualità di vita e quella delle loro famiglie. Bisogna lavorare affinché muti il modo di affrontare le problematiche legate al mondo della non autosufficienza. È necessario pensare alle persone non autosufficienti in termini di centralità dei bisogni, ai quali si devono fornire delle risposte efficaci, tese alla valorizzazione dei potenziali della persona e non soltanto incentrate nella misurazione dei deficit. Quello cui si deve mirare è un'inversione di mentalità.
Il bisogno di salute deve essere quantificato in relazione a quanto una persona potrebbe fare se venissero posti in essere quegli interventi capaci di contrastare o di ridurre un deficit e di abbattere quelle barriere che costituiscono un handicap apparentemente insormontabile per la persona con disabilità.
Un progetto di riforma del sistema deve partire dalla centralità della persona, al fine di valutare e di rilevare le capacità residue e i bisogni del singolo, seguendo un procedimento inverso, infatti, rispetto alla tradizionale tendenza di partire dalle risorse collettive per poi arrivare agli stanziamenti a favore del singolo.
I diritti di cittadinanza delle persone non autosufficienti non possono limitarsi all'accesso ai servizi sanitari, all'istruzione nelle scuole e nelle università, alla predisposizione di forme di sostegno socio-assistenziale, alla realizzazione di inserimenti mirati nel contesto lavorativo. Devono essere più ampi, ed è questo il lavoro che noi legislatori siamo chiamati a svolgere, liberandoci dal preconcetto legato alla funzione assistenziale.
La vera pari dignità per tutti si potrà, infatti, raggiungere soltanto quando diverranno di primaria importanza anche il diritto al tempo libero, il diritto di viaggiare, il diritto di esprimersi, il diritto all'attività fisica e il diritto di divertirsi; la possibilità di fruire di luoghi per il tempo libero, per la comunicazione e per la socializzazione non può e non deve essere garantita soltanto ad alcuni. La cultura è patrimonio di tutti.
Attenzione progettuale costante e approfondita va dedicata ai disabili in condizione di non autosufficienza. È giunto il momento di garantire un progetto di vita individualizzato per quei soggetti disabili, incapaci di compiere da soli gli atti quotidiani della vita, che rappresentano per i propri congiunti una profonda incertezza dovuta alle difficoltà nel gestire le loro problematiche.
Il progetto individualizzato deve comprendere sia le prestazioni socio-sanitarie, sia tutte le ulteriori attività volte alla più ampia integrazione del singolo nell'ambiente scolastico, sociale e, ove possibile, occupazionale. I progetti devono essere elaborati in stretta collaborazione con la famiglia del disabile non autosufficiente nell'ottica del massimo rispetto del principio di autodeterminazione e di libera gestione delle attività familiari. Tale progetto di vita deve comprendere anche l'assistenza domiciliare, il trasporto alla struttura diurna, le attività ricreative, le politiche scolastiche, le politiche per la casa e per il lavoro.
Investire nel sociale in termini corretti, progettuali, concreti e con obiettivi a breve, medio e lungo termine, con modalità e tappe di verifica significa nel tempo anche ridurre i costi sociali.
Investire sulla famiglia e investire sui progetti individualizzati per favorire l'autonomia delle persone disabili significa, da un lato, rispondere alle preoccupazioni del dopo di noi e, dall'altro, contenere i costi derivanti, ad esempio, dall'eventualità di residenzializzazione di queste persone.
Per questo, con la mozione in discussione vogliamo impegnare il Governo a valutare l'opportunità di intervenire in modo strutturale al fine di rielaborare un sistema di agevolazioni fiscali che supportino le persone diversamente abili e le loro famiglie nel raggiungimento di un livello di qualità della vita compatibile con lo stato di salute del disabile.Pag. 58
Con questa mozione vogliamo impegnare il Governo ad adottare, con tutti gli strumenti a propria disposizione, una completa e puntuale verifica dell'attuazione della legge 12 marzo 1999, n. 68, «Norme per il diritto al lavoro dei disabili», e a proporre, se del caso, i correttivi necessari a garantire nel concreto il diritto delle persone diversamente abili ad ottenere un impiego confacente alla loro riduzione di capacità lavorativa e valorizzando la capacità e la potenzialità di queste persone, ai fini di una loro effettiva integrazione nel tessuto economico e sociale del Paese, come protagonisti; vogliamo impegnare il Governo ad adottare ogni misura necessaria per garantire il riconoscimento individualizzato della non autosufficienza, al fine di garantire a queste persone un progetto di vita individualizzato e un sistema di protezione e di assistenza globale allo scopo di prevenire e di rimuovere le cause che possono concorrere alla loro emarginazione.
Con questa mozione vogliamo impegnare il Governo a predisporre tutti i previsti atti normativi al fine di ratificare la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, adottata, come anzi detto, il 13 dicembre 2006; vogliamo impegnare il Governo alla predisposizione di percorsi di inserimento lavorativi che consentano il recupero di soggetti disabili a rischio di emarginazione, attraverso la promozione di circoli virtuosi tra bisogni insoddisfatti, qualificazioni professionali e sviluppo occupazionale, ritenendo questo un processo di inserimento importante utile anche nell'ottica (in molti casi) del «dopo di noi».
Con questa mozione vogliamo, altresì: impegnare il Governo alla promozione di servizi integrati in grado di sostenere l'inserimento nel contesto lavorativo, consentendo, quindi, alle imprese di assolvere con più modalità all'obbligo del collocamento e sostenendone la realizzazione con apposite normative; impegnare il Governo, sempre con la mozione in esame, a potenziare e a valorizzare le attività di formazione, coinvolgendo le aziende nell'individuazione e nell'acquisizione delle competenze più richieste dal mercato. Pertanto, è necessario valorizzare le persone disabili anche per quelle che sono le proprie professionalità specifiche; impegnare il Governo a coordinare maggiormente le organizzazioni del terzo settore che prevedono, nell'ambito delle loro attività, iniziative finalizzate all'inclusione sociale delle persone diversamente abili e, quindi, a dare piena attuazione al principio di sussidiarietà orizzontale, che possa considerare tutte le organizzazioni del terzo settore nell'ottica di collaborazione con gli enti locali; impegnare il Governo a favorire, sempre più, l'istruzione scolastica, al fine di avviare nuovi processi formativi che possano meglio condurre i soggetti disabili ad entrare in contatto con il mondo del lavoro.
Inoltre, sempre con questa mozione: vogliamo impegnare il Governo a predisporre lo stanziamento delle necessarie risorse economiche nonché l'adozione di strumenti, metodi e tecnologie capaci di rispondere a quanto viene sempre più pressantemente richiesto in ordine al miglioramento delle condizioni di vita delle persone diversamente abili; vogliamo impegnare il Governo anche ad attuare un sistema integrato di interventi nei servizi sociali, a favore delle persone non autosufficienti o con handicap, attraverso l'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità. Tale organismo governativo sarà preposto ad affrontare globalmente le problematiche connesse al mondo della disabilità e dovrà raggruppare tutte le competenze oggi affidate a numerosi dicasteri e centri decisionali e sviluppare, in maniera prioritaria, la sussidiarietà orizzontale, trasferendo compiti ritenuti superflui o trasferibili all'autonomia privata, adottando, così, un modello nella gestione di tale servizi.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Biagio. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, gentile sottosegretario, mi accingo a intervenire su questa mozione la cui prima firmataria è la collega Laura Molteni, ma anche io ho intesoPag. 59sottoscriverla con orgoglio, insieme a molti altri colleghi della maggioranza. In questa occasione, ovviamente, intendo ribadire alcuni aspetti che sono stati già affrontati in maniera più articolata dalla collega Laura Molteni.
Il 3 dicembre scorso si è tenuta la giornata delle persone disabili. Il Governo italiano ha prontamente accolto l'appello del Segretario generale delle Nazioni Unite, approvando, nel Consiglio dei ministri del 28 novembre 2008, il disegno di legge che ratifica la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità e ponendo le premesse per un sensibile miglioramento del nostro corpus normativo in materia di tutela dei disabili. Per le tante persone e famiglie che vivono in condizione di particolare vulnerabilità la Convenzione rappresenta, infatti, una tappa fondamentale nel lungo percorso di riconoscimento pieno dei diritti di cittadinanza, della libertà e, in definitiva, nel processo di costituzione di una società per tutti.
Il Governo italiano ha dato nuovo impulso alle politiche di inclusione per la disabilità e ai principi di dignità e di integrità della vita e della persona, attraverso l'istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità.
Scopo della Convenzione è, infatti, promuovere, proteggere e assicurare il pieno e uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone diversamente abili e promuovere rispetto per la loro inerente dignità.
I principi cui si ispira la Convenzione sono: il diritto alla vita, il rispetto per la dignità intrinseca, l'autonomia individuale, l'indipendenza della persona, la non discriminazione, la piena ed effettiva partecipazione ed inclusione all'interno da società, il rispetto per la differenza e l'accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell'umanità stessa, la parità di opportunità, l'accessibilità, la parità tra uomini e donne, il rispetto per lo sviluppo delle capacità dei bambini con disabilità e il rispetto per il diritto dei bambini con disabilità a preservare la propria identità.
L'articolo 38 della Costituzione sancisce che ogni cittadino inabile al lavoro ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale e che gli inabili ed i minorati hanno il diritto all'educazione e all'avviamento professionale. La legge 5 febbraio 1992, n. 104 - la legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate - garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata, promuovendone la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società.
Il problema della non autosufficienza sta assumendo nel nostro Paese toni sempre più allarmanti sotto il profilo sociale ed economico a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, dell'elevato numero di incidenti sulle strade e sui luoghi di lavoro, del processo di disaggregazione del contesto familiare tradizionale e dell'incremento delle patologie degenerative legate all'inquinamento ambientale.
L'urgenza di tali questioni impone una presa di posizione netta da parte del legislatore, affinché tutti i cittadini si sentano partecipi di un progetto globale solidaristico volto ad affrontare un problema che coinvolge l'intera società.
Da queste constatazioni emerge in maniera inequivocabile un concetto che si deve tenere inevitabilmente presente quando si strutturano interventi legislativi a tutela di questa fascia di popolazione. Non possiamo parlare di persone non autosufficienti senza parlare, contemporaneamente, di famiglie con persone non autosufficienti.
A tale proposito mi preme sottolineare che in Commissione lavoro, grazie all'attenzione del presidente e di tutta la Commissione, stiamo portando avanti un progetto di legge volto a favorire le famiglie dei disabili. I diritti di cittadinanza delle persone non autosufficienti non possono limitarsi all'accesso ai servizi sanitari, all'istruzione nelle scuole e nelle università, alla predisposizione di forme di sostegnoPag. 60socio-assistenziali e alla realizzazione di inserimenti mirati nel contesto lavorativo. Devono essere più ampi, ed è questo il lavoro che noi legislatori siamo chiamati a fare liberandoci dal preconcetto legato alla funzione assistenziale.
La vera pari dignità per tutti si potrà raggiungere, infatti, soltanto quando diverranno di primaria importanza anche il diritto al tempo libero, il diritto di viaggiare, il diritto di esprimersi, il diritto all'attività fisica e il diritto a potersi anche divertire. La possibilità di fruire di luoghi per il tempo libero, per le comunicazioni, per la socializzazione non può e non deve essere garantito soltanto ad alcuni. La cultura è patrimonio di tutti.
Il progetto individualizzato deve comprendere sia le prestazioni socio-sanitarie sia tutte le ulteriori attività volte alla più ampia integrazione del singolo nell'ambiente scolastico, sociale e, ove è possibile, occupazionale. I progetti devono essere elaborati in stretta collaborazione con la famiglia del disabile non autosufficiente nell'ottica del massimo rispetto del principio dell'autodeterminazione di libera gestione delle attività familiari.
Tale progetto di vita deve comprendere anche l'assistenza domiciliare, il trasporto alla struttura diurna, le attività ricreative, le politiche scolastiche e per la casa.
In considerazione di tali aspetti, mi preme sottolineare l'esigenza che il Governo si impegni a valutare l'opportunità di intervenire in modo strutturale, al fine di elaborare un sistema di agevolazioni fiscali unico che supporti le persone diversamente abili e le loro famiglie nel raggiungimento di un livello di qualità della vita compatibile con lo stato di salute del disabile; ad adottare, con tutti gli strumenti a propria disposizione, una completa e puntuale verifica dell'attuazione della legge 12 marzo 1999, n. 68, recante: «Norme per il diritto al lavoro dei disabili»...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ALDO DI BIAGIO. ... e a proporre, se del caso, i correttivi necessari a garantire, nel concreto, il diritto delle persone diversamente abili ad ottenere un impiego confacente alla loro riduzione di capacità lavorativa, valorizzando capacità e potenzialità di queste persone ai fini di una loro effettiva integrazione nel tessuto economico e sociale del Paese.
Invitiamo il Governo ad adottare ogni misura necessaria per garantire il riconoscimento individualizzato della non autosufficienza al fine di garantire a queste persone un progetto di vita individualizzato ed un sistema di protezione e di assistenza globale allo scopo di prevenire e di rimuovere le cause che possono concorrere alla loro emarginazione; a predisporre tutti i preventivi atti normativi al fine di ratificare la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, adottata il 13 dicembre 2006 durante la sessantunesima sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione 61/106; alla predisposizione dei percorsi di inserimento lavorativo che consentono il recupero di soggetti disabili a rischio di emarginazione, attraverso la promozione di circoli virtuosi tra bisogni insoddisfatti, qualificazione professionale e sviluppo occupazionale; alla promozione di servizi integrati in grado di sostenere l'inserimento nel contesto lavorativo, con particolare riguardo all'articolo 14 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276; a potenziare e a valorizzare le attività di formazione, coinvolgendo le aziende nell'individuazione e nell'acquisizione delle competenze più richieste dal mercato; a coordinare maggiormente le organizzazioni del terzo settore che prevedono, nell'ambito della loro attività, iniziative finalizzate all'inclusione sociale delle persone diversamente abili.
Chiediamo altresì al Governo di assumere l'impegno di favorire sempre più l'istruzione scolastica, al fine di avviare nuovi processi formativi che meglio conducono i soggetti disabili ad entrare in contatto con il mondo del lavoro; a prevedere l'adozione di strumenti, metodi e tecnologie capaci di rispondere a quanto viene sempre più pressantemente richiesto in ordine al miglioramento dellePag. 61condizioni di vita delle persone diversamente abili, nonché ad attuare un sistema integrato di interventi nei servizi sociali, a favore delle persona non autosufficienti o diversamente abili, attraverso l'Osservatore nazionale sulle condizioni delle persone con disabilità. Tale organismo governativo, infatti, è preposto ad affrontare globalmente le problematiche connesse al mondo della disabilità, ponendo attenzione alla sussidiarietà orizzontale.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Di Biagio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Prendo atto che il rappresentante del Governo intende avvalersi della facoltà di intervenire nel prosieguo del dibattito.
Il seguito della discussione è, dunque, rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 15 dicembre 2008, alle 19:

Discussione del disegno di legge:
S. 1197 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, recante disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca (Approvato dal Senato) (1966).
- Relatore: Caldoro.

La seduta termina alle 13,30.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO ALDO DI BIAGIO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLE MOZIONI LIVIA TURCO ED ALTRI N. 1-00071, DELFINO ED ALTRI N. 1-00079, MURA ED ALTRI N. 1-00082 E LAURA MOLTENI ED ALTRI N. 1-00084

ALDO DI BIAGIO. Onorevoli colleghi, onorevole Presidente, il 3 dicembre si è tenuta la Giornata Europea delle persone disabili.
Il Governo italiano ha prontamente accolto l'appello del Segretario generale delle Nazioni Unite, approvando nel Consiglio dei ministri del 28 novembre 2008 il disegno di legge che ratifica la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, e ponendo le premesse per un sensibile miglioramento del nostro corpus normativo in materia di tutela dei disabili. Per le tante persone e famiglie che vivono in condizione di particolare vulnerabilità la convenzione rappresenta infatti una tappa fondamentale nel lungo percorso di riconoscimento pieno dei diritti di cittadinanza, delle libertà e, in definitiva, nel processo di costruzione di una società per tutti; il Governo italiano ha dato nuovo impulso alle politiche di inclusione per la disabilità e i principi di dignità e integrità della vita e della persona attraverso l'istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità.
Scopo della Convenzione è, infatti, promuovere, proteggere e assicurare il pieno ed eguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone diversamente abili, e promuovere il rispetto per la loro inerente dignità; i principi cui si ispira la Convenzione sono: il diritto alla vita, il rispetto per la dignità intrinseca, l'autonomia individuale e l'indipendenza delle persone; la non discriminazione; la piena ed effettiva partecipazione e inclusione all'interno della società; il rispetto per la differenza e l'accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell'umanità stessa; la parità di opportunità;Pag. 62l'accessibilità; la parità tra uomini e donne; il rispetto per lo sviluppo delle capacità dei bambini con disabilità e il rispetto per il diritto dei bambini con disabilità a preservare la propria identità; l'articolo 38 della Carta costituzionale sancisce che ogni cittadino inabile al lavoro ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale e che gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale; la legge 5 febbraio 1992, n. 104, legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata promuovendone la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società; il problema della non autosufficienza sta assumendo nel nostro Paese toni sempre più allarmanti sotto il profilo sociale ed economico, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, dell'elevato numero di incidenti sulle strade e sui luoghi di lavoro, del processo di disaggregazione del contesto familiare tradizionale, e dell'incremento delle patologie degenerative legate all'inquinamento ambientale. L'urgenza di tali questioni impone una presa di posizione netta da parte del legislatore affinché tutti i cittadini si sentano partecipi di un progetto globale e solidaristico volto ad affrontare un problema che coinvolge l'intera società; da queste constatazioni emerge in maniera inequivocabile un concetto che si deve tenere inevitabilmente presente quando si strutturano interventi legislativi a tutela di questa fascia di popolazione: non possiamo parlare di persone non autosufficienti senza parlare contemporaneamente di famiglie con persone non autosufficienti.
I diritti di cittadinanza delle persone non autosufficienti non possono limitarsi all'accesso ai servizi sanitari, all'istruzione nelle scuole e nelle università, alla predisposizione di forme di sostegno socio-assistenziale, alla realizzazione di inserimenti mirati nel contesto lavorativo. Devono essere più ampi, ed è questo il lavoro che noi legislatori siamo chiamati a fare, liberandoci dal preconcetto legato alla funzione assistenziale. La vera pari dignità per tutti si potrà, infatti, raggiungere soltanto quando diverranno di primaria importanza anche il diritto al tempo libero, il diritto di viaggiare, il diritto di esprimersi, il diritto all'attività fisica e il diritto di divertirsi. La possibilità di fruire di luoghi per il tempo libero, per la comunicazione e per la socializzazione non può e non deve essere garantita soltanto ad alcuni. La cultura è patrimonio di tutti; il progetto individualizzato deve comprendere sia le prestazioni socio-sanitarie, sia tutte le ulteriori attività volte alla più ampia integrazione del singolo nell'ambiente scolastico, sociale e, ove possibile, occupazionale. I progetti devono essere elaborati in stretta collaborazione con la famiglia del disabile non autosufficiente nell'ottica del massimo rispetto del principio di autodeterminazione e di libera gestione delle attività familiari. Tale progetto di vita deve comprendere anche l'assistenza domiciliare, il trasporto alla struttura diurna, le attività ricreative, le politiche scolastiche, le politiche per la casa.
In considerazione di tali aspetti, mi preme sottolineare l'esigenza che il Governo si impegni a valutare l'opportunità di intervenire in modo strutturale al fine di rielaborare un sistema di agevolazioni fiscali unico che supportino le persone diversamente abili e le loro famiglie nel raggiungimento di un livello di qualità della vita compatibile con lo stato di salute del disabile; ad adottare, con tutti gli strumenti a propria disposizione, una completa e puntuale verifica dell'attuazione della legge 12 marzo 1999, n. 68, Norme per il diritto al lavoro dei disabili e a proporre, se del caso, i correttivi necessari a garantire nel concreto il diritto delle persone diversamente abili ad ottenere un impiego confacente alla loro riduzione di capacità lavorativa e valorizzando capacità e potenzialità di queste persone, ai fini di una loro effettiva integrazione nel tessuto economico e sociale del Paese; ad adottare ogni misura necessaria per garantire il riconoscimento individualizzatoPag. 63della non autosufficienza al fine di garantire a queste persone un progetto di vita individualizzato e un sistema di protezione e di assistenza globale allo scopo di prevenire e di rimuovere le cause che possono concorrere alla loro emarginazione; a predisporre tutti i previsti atti normativi al fine di ratificare la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, adottata il 13 dicembre 2006, durante la sessantunesima sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la risoluzione 61/106; alla predisposizione di percorsi di inserimento lavorativo che consentono il recupero di soggetti disabili a rischio di emarginazione, attraverso la promozione di circoli virtuosi tra bisogni insoddisfatti, qualificazioni professionale e sviluppo occupazionale; alla promozione di servizi integrati in grado di sostenere l'inserimento nel contesto lavorativo, con particolare riguardo all'articolo 14 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276; a potenziare e valorizzare le attività di formazione coinvolgendo le aziende nell'individuazione e nell'acquisizione delle competenze più richieste dal mercato; a coordinare maggiormente le organizzazioni del Terzo Settore che prevedono, nell'ambito delle loro attività, iniziative finalizzate all'inclusione sociale delle persone diversamente abili; a favorire sempre più l'istruzione scolastica, al fine di avviare nuovi processi formativi, che meglio conducono i soggetti disabili ad entrare in contatto con il mondo del lavoro; a prevedere l'adozione di strumenti, metodi e tecnologie, capaci di rispondere a quanto viene sempre più pressatamente richiesto in ordine al miglioramento delle condizioni di vita delle persone diversamente abili; ad attuare, un sistema integrato di interventi nei servizi sociali, a favore delle persone non autosufficienti o diversamente abili, attraverso l'Osservatorio nazionale sulle condizioni delle persone con disabilità, tale organismo governativo è preposto ad affrontare globalmente le problematiche connesse al mondo della disabilità, ponendo attenzione alla sussidiarietà orizzontale.