Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute >>

XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di mercoledì 14 gennaio 2009

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 14 gennaio 2009.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Balocchi, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Castagnetti, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Fitto, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leo, Lo Monte, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Micciché, Migliavacca, Molgora, Mura, Pescante, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Scajola, Soro, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso, Vegas, Vito.

Adesione di deputati a proposte di legge.

La proposta di legge PIZZOLANTE: «Distacco dei comuni di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant'Agata Feltria e Talamello dalla regione Marche e loro aggregazione alla regione Emilia-Romagna, ai sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione» (63) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Stracquadanio.
La proposta di legge BORDO: «Norme per l'attuazione della mobilità volontaria dei lavoratori» (1017) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Giachetti.
La proposta di legge RAZZI ed altri: «Modifiche al codice civile in materia di disciplina dell'usucapione della proprietà e dei diritti reali di godimento relativi a beni appartenenti a cittadini italiani residenti all'estero» (1362) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Ricardo Antonio Merlo.
La proposta di legge RAZZI ed altri: «Riforma delle istituzioni scolastiche italiane all'estero e interventi per la promozione della lingua e della cultura italiane all'estero» (1363) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Ricardo Antonio Merlo.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
II Commissione (Giustizia):
ZINZI ed altri: «Modifica all'articolo 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di accesso dell'adottato alle informazioni che lo riguardano» (1899) Parere delle Commissioni I e XII.

III Commissione (Affari esteri):
«Ratifica ed esecuzione del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione fra la Repubblica italiana e la Repubblicadell'Iraq, fatto a Roma il 23 gennaio 2007» (2037) Parere delle Commissioni I, II, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X e XII.

VI Commissione (Finanze):
COSTA e CASSINELLI: «Modifica all'articolo 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, in materia di imposta comunale sugli immobili tenuti a disposizione da cittadini non residenti nel territorio comunale» (1880) Parere delle Commissioni I e V.

X Commissione (Attività produttive):
LULLI ed altri: «Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani» (896) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, V, VI, VIII, XI, XII, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

XI Commissione (Lavoro):
BELLANOVA ed altri: «Norme sulle rappresentanze sindacali unitarie nei luoghi di lavoro, sulla rappresentatività sindacale e sull'efficacia dei contratti collettivi di lavoro» (756) Parere delle Commissioni I, II, V, X e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Assegnazione di una proposta di inchiesta parlamentare a Commissione in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, la seguente proposta di inchiesta parlamentare è assegnata, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:
I Commissione (Affari costituzionali):
BRESSA ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle vicende relative ai fatti accaduti a Genova nel luglio 2001 in occasione del vertice G8 e delle manifestazioni del Genoa Social Forum» (doc. XXII, n. 6) - Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e V.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

La Corte dei conti - sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato - con lettera in data 12 gennaio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la deliberazione n. 30 del 2008, emessa dalla sezione stessa nell'adunanza del 9 dicembre 2008, e la relativa relazione concernente la «Gestione contabile del conto sospesi collettivi».
Questa documentazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).

Annunzio di progetti di atti comunitari e dell'Unione europea.

Il ministro per le politiche europee, con lettera in data 13 gennaio 2009, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 3 e 19 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, progetti di atti comunitari e dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Nell'ambito dei predetti documenti, il Governo ha richiamato l'attenzione sul documento n. 17564/08 - Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il quadro generale per la diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti nel settore del trasporto stradale e nelle interfacce con altri modi di trasporto, che è assegnato in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti).

Comunicazione di nomine ministeriali.

Il ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, con lettera in data 8gennaio 2009, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, del conferimento delle competenze spettanti ai consigli di indirizzo e vigilanza dei rispettivi enti ai seguenti soggetti:
al dottor Antonio Mastrapasqua, commissario straordinario dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS);
al dottor Marco Fabio Sartori, commissario straordinario dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL);
all'avvocato Paolo Crescimbeni, commissario straordinario dell'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP);
all'avvocato Antonio Parlato, commissario straordinario dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA);
alla dottoressa Amalia Ghisani, commissario straordinario dell'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS).

Tale comunicazione è trasmessa alla XI Commissione (Lavoro).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 29 NOVEMBRE 2008, N. 185, RECANTE MISURE URGENTI PER IL SOSTEGNO A FAMIGLIE, LAVORO, OCCUPAZIONE E IMPRESA E PER RIDISEGNARE IN FUNZIONE ANTI-CRISI IL QUADRO STRATEGICO NAZIONALE (A.C. 1972-A)

A.C. 1972-A - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di regolamentazione dell'offerta pubblica di acquisto di titoli azionari di società italiane quotate, è stato giudicato dai più eminenti giuristi, esperti di diritto societario ed economisti, uno tra i modelli più avanzati esistenti in campo europeo;
detto decreto legislativo attribuiva agli azionisti il potere ultimo decisionale in materia di comportamento societario a fronte di un'offerta pubblica di acquisto avente oggetto propri titoli azionari;
a tal fine, imponeva che l'eventuale volontà degli amministratori di porre in essere atti e operazioni volti a contrastare il conseguimento degli obiettivi dell'offerta, dovesse essere sempre autorizzata dall'assemblea ordinaria o da quella straordinaria per le delibere di competenza, con il voto favorevole di tanti soci che rappresentassero almeno il trenta per cento del capitale;
è noto che in caso di OPA cosiddetta «ostile» vi possa essere un evidente conflitto di interessi degli amministratori, anche in contrasto con i reali interessi degli azionisti. L'acquisizione di un pacchetto di controllo da parte di gruppi esterni potrebbe infatti comportare una valorizzazione della società da una parte, e uno scontato allontanamento degli attuali amministratori dall'altra;
malgrado ciò, da esperti giuristi ed economisti veniva unanimemente stigmatizzata la scarsa contendibilità delle imprese italiane, quindi con conseguenze negative sulla mobilità dei capitali, sulla concorrenza e sulla possibilità di messa in discussione dei comportamenti professionali e delle «performances» degli amministratori;
questa scarsa contendibilità rappresenta una delle cause più serie della crisi delle grandi imprese italiane e nello stesso tempo uno dei fattori decisivi per la scarsa attrattività italiana nei confronti degli investimenti esteri;
il fatto che, anche per questa scarsa contendibilità, l'Italia è storicamente il Paese agli ultimi posti nella graduatoria nel mondo industrializzato, quanto a destinataria di investimenti esteri, come messo anche in evidenza critica dalli «Index of Economic Freedom 2009» curato dal Wall Street Journal e dalla The Heritage Foundation;
anche per le limitazioni alla libertà di investimento, secondo la citata classifica mondiale della libertà economica, l'Italia retrocede ulteriormente, collocandosi al 76o posto nel mondo, 32o tra 43 paesi europei, 26o su 27 paesi dell'Unione Europea;
in questo contesto, e alla luce della grave crisi finanziaria ed economica, sarebbeestremamente nocivo per l'Italia porre ulteriori ostacoli ai già insufficienti afflussi di capitale dall'estero;
sarebbe parimenti negativo cercare di impedire il libero movimento di capitali, anche nazionali, così come la difesa dei gruppi dirigenti delle imprese, a prescindere dalla volontà degli azionisti;
le direttive europee (2004/25/CE) lasciano ai singoli Paesi la facoltà tra l'obbligatorietà e la facoltatività della regola della cosiddetta «passivity rule» nella disciplina delle offerte pubbliche di acquisto e quindi non è corretto nascondere le proprie volontà dietro una non esistente direttiva cogente europea,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte ad attuare coerentemente le norme citate in premessa per la tutela dei poteri degli azionisti, per garantire adeguati livelli di contendibilità delle nostre imprese e quindi accrescere i gradi di libertà economica del nostro Paese, optando per la soluzione obbligatoria e non facoltativa in materia di regola della cosiddetta «passività, garantendo, quindi, che sia vincolante per gli amministratori delle società quotate di chiedere l'autorizzazione dei soci in sede assembleare e con il voto necessario di tanti soci rappresentanti almeno il trenta per cento del capitale sociale.
9/1972/1. Beltrandi, Bernardini, Zamparutti, Maurizio Turco, Farina Coscioni, Mecacci.

La Camera,
premesso che:
il decreto in esame individua gli investimenti pubblici di competenza statale e quelli di pubblica utilità, determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e, in base all'articolo 20, rientrano tra questi gli interventi per la messa in sicurezza delle scuole;
è prevista la possibilità per gruppi di cittadini organizzati di realizzare microprogetti di arredo urbano ed opere di interesse locale e a questi è riconosciuto il diritto di fruire della detrazione IRPEF del 36 per cento in ragione delle spese sostenute per la formulazione delle proposte e la realizzazione delle opere;
per consentire la prosecuzione degli interventi di realizzazione delle opere di preminente interesse nazionale, citate nella «legge obiettivo» (legge n. 443 del 2001), il decreto in esame ha previsto lo stanziamento di due contributi quindicennali di 60 milioni di euro annui a decorrere dal 2009 e 150 milioni annui dal 2010;
alle ferrovie sono destinati 960 milioni per i cantieri più urgenti e 1.440 milioni per evitare il taglio dei treni pendolari nel triennio 2009-2011, fondi attinti dal FAS che viene, pertanto, ulteriormente ridotto a 50,3 miliardi di euro;
viene confermata la riprogrammazione del Fondo per le aree sottoutillzzate (FAS) sia pure con una nuova formulazione del testo che attinge esclusivamente ai fondi di competenza nazionale, lasciando immutate le risorse in carico alle regioni e confermando la destinazione prioritaria alle infrastrutture strategiche ed alla sicurezza delle scuole;
dei 50,3 miliardi residui del FAS, il Governo può disporre di circa 25 miliardi di euro di FAS da riprogrammare, prevedendo, inoltre, lo snellimento dell'iter per la ripartizione di essi che non passerà più per il tavolo con le regioni ma sarà demandato solo al CIPE;
da uno studio del novembre 2007 condotto dal Dipartimento per le politiche dello sviluppo del Ministero dello sviluppo economico si evince la patologica lunghezza dei tempi necessari in Italia per la progettazione, l'appalto e la realizzazione di un'opera pubblica, in particolare se di grandi dimensioni;
la spesa per nuove grandi opere sarà domanda effettiva solo quando saremo fuori dalla fase negativa del ciclo,

impegna il Governo:

a precisare dettagliatamente, al fine di evitare dubbi interpretativi e consentire unagevole utilizzo dello strumento previsto, la prassi amministrativa da seguire per consentire a gruppi di cittadini organizzati di proporre e realizzare opere di arredo urbano e altri microinterventi, usufruendo dello sgravio fiscale del 36 per cento;
a prevedere l'eventuale destinazione di una quota parte dei 7.356 milioni di euro assegnati al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con delibera CIPE del 18 dicembre 2008 ed a carico del FAS per la realizzazione ed il completamento di progetti infrastrutturali che rilancino l'economia e l'attrattività dei territori della Campania interna quali l'alta capacità ferroviaria Napoli-Bari e la statale a scorrimento veloce detta «Fortorina del Sannio beneventano»;
a valutare se, nella fase di crisi economica e finanziaria in corso ed alla luce delle considerazioni riportate, non sia opportuno e conveniente, al fine di realizzare una politica economica con funzione anticiclica, prevedere una strategia di investimento che non punti solo sulle grandi opere, anche se necessarie per recuperare il gap infrastrutturale che ci penalizza rispetto ai partner europei, ma riservi una quota delle risorse FAS riprogrammate al completamento, in tempi brevi, di opere già cantierate ed al finanziamento di piccoli e medi interventi diffusi sul territorio e maturi per la cantierizzazione, in modo da garantire un effetto reale e positivo sull'economia nazionale e sulla tenuta del sistema industriale delle costruzioni, costituito in gran parte da imprese di piccole e medie dimensioni.
9/1972/2. Mario Pepe (PD).

La Camera,
premesso che:
il decreto in corso di conversione prevede alcune importanti novità relativamente ai mutui per l'acquisto, la costruzione e la ristrutturazione della prima casa sottoscritti da persone fisiche fino al 31 ottobre 2008;
anche in considerazione della forte crisi finanziaria internazionale, che sta causando la perdita di migliaia di posti di lavoro, è opportuno che lo Stato dia il proprio contributo a sostegno di chi, attraverso lo strumento assicurativo, intenda tutelarsi dal rischio di insolvenza quale conseguenza della perdita involontaria del posto di lavoro, di malattia e di infortunio;
in un Paese già fortemente sottoassicurato, forme di protezione del finanziamento contro simili rischi non sono riconosciute dal legislatore come suscettibili di benefici fiscali;
la situazione attuale registra un preoccupante aumento delle morosità e, quindi, una crescente incapacità delle famiglie di onorare i debiti contratti, nonché, in maniera ancor più grave, la diffusione di un malessere, di una incertezza, di una sfiducia per il futuro che colpisce non solo chi si trova in un reale stato di indigenza, ma anche chi, pur potendo contare su una buona base di reddito, avverte, ciò nonostante, un senso di vulnerabilità finanziaria;
molte famiglie, alla luce dell'attuale congiuntura economica sfavorevole e/o di una situazione di precarietà lavorativa, non si sentono in grado di sostenere il regolare pagamento delle rate del mutuo - rinunciando così all'acquisto di un bene primario ed essenziale quale la casa di proprietà - non tanto per una impossibilità reale in termini di capacità di reddito quanto per la paura di eventi futuri, come la perdita del posto di lavoro, che, laddove si verificassero, rischierebbero di compromettere la loro stabilità finanziaria;
si rende opportuno intervenire al fine di risolvere il crescente e quanto mai attuale problema della perdita involontaria del posto di lavoro e dell'accesso responsabile alla prima abitazione, promuovendo, attraverso forme di incentivazione fiscale, la diffusione di strumenti assicurativi volti a garantire chi - perché soggetto a forme contrattuali flessibili/precarie, perché vittima di tagli occupazionali conseguenti a crisi aziendali o, da ultimo, perché colpito da malattie o infortuni - rischi di trovarsi in difficoltà con la restituzione di finanziamenti precedentementeaccesi e, soprattutto, con il pagamento delle rate del mutuo,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare iniziative normative volte a prevedere la possibilità di detrarre fiscalmente i premi per assicurazioni relative ai rischi di perdita involontaria del posto di lavoro, invalidità totale da infortunio o malattia, morte, malattia grave e ricovero ospedaliero, connesse alla protezione di mutui, prestiti ed altri contratti di finanziamento, ciò al fine di porre rimedio ad un grave vulnus che caratterizza l'ordinamento italiano in materia di detraibilità di polizze assicurative.
9/1972/3. Marsilio.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 1992, n. 395, riconosce ai possessori di redditi di lavoro dipendente ed assimilati, compresi i dipendenti pubblici ed i pensionati, la possibilità di adempiere agli obblighi di dichiarazione dei redditi anche presentando apposita dichiarazione ad uno dei centri autorizzati di assistenza fiscale,

impegna il Governo

a tenere in dovuta considerazione la possibilità di provvedere, con un opportuno strumento normativo, all'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 1992, n. 395, anche ai dipendenti pubblici non residenti nel territorio dello Stato, titolari di redditi di lavoro dipendente.
9/1972/4. Angeli, Di Biagio, Picchi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 1992, n. 395, riconosce ai possessori di redditi di lavoro dipendente ed assimilati, compresi i dipendenti pubblici ed i pensionati, la possibilità di adempiere agli obblighi di dichiarazione dei redditi anche presentando apposita dichiarazione ad uno dei centri autorizzati di assistenza fiscale,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di tenere in dovuta considerazione la possibilità di provvedere, con un opportuno strumento normativo, all'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 1992, n. 395, anche ai dipendenti pubblici non residenti nel territorio dello Stato, titolari di redditi di lavoro dipendente.
9/1972/4. (Testo modificato nel corso della seduta) Angeli, Di Biagio, Picchi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 1, del decreto in esame prevede agevolazioni in ordine al calcolo dell'importo delle rate, a carico del mutuatario, dei mutui a tasso non fisso da corrispondere nel corso del 2009 che andranno applicate esclusivamente ai mutui per l'acquisto, la costruzione e la ristrutturazione dell'abitazione principale;
ai sensi dell'articolo 1, comma 2, decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, per abitazione principale «si intende quella considerata tale ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, nonché quelle ad esse assimilate dal comune con regolamento o delibera comunale vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ad eccezione di quelle di categoria catastale Al, A8 e A9 per le quali continua ad applicarsi la detrazione prevista dall'articolo 8, commi 2 e 3, del citato decreto n. 504 del 1992»;
ai sensi dell'articolo 1 comma 4-ter, della del decreto-legge 26 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n. 75, «per i cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato, si considera direttamente adibita ad abitazione principale l'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà odi usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di mantenere, ai fini del riconoscimento delle suddette agevolazioni, la stessa interpretazione di «abitazione principale» per i cittadini italiani iscritti all'AIRE ovvero l'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata e che non appartenga alle categorie catastali A1, A8 e A9.
9/1972/5. Picchi, Di Biagio, Angeli.

La Camera,
premesso che:
esiste l'esigenza di far fronte alle difficoltà economiche in cui versano le famiglie avvalendosi di misure in grado di consentire l'utilizzo delle risorse disponibili nella maniera il più possibile efficace;
l'applicazione di quanto previsto dai commi da 12 a 15 dell'articolo 1 della legge n. 247 del 2004 (il cosiddetto bonus contributivo e fiscale riconosciuto nel periodo 10 novembre 2004 - 31 dicembre 2007 ai lavoratori dipendenti privati che, maturato il diritto alla pensione di anzianità, sceglievano volontariamente di posticipare il pensionamento fino a conclusione del suddetto periodo) ha consentito - senza danni rilevanti per l'importo della pensione - notevoli incrementi (mediamente intorno al 40-45 per cento) in busta paga;
nel periodo in cui è rimasta in vigore, tale operazione - a cui hanno aderito circa 100 mila lavoratori e lavoratrici - ha consentito, come saldo attivo tra minore spesa pensionistica e minore riscossione di contributi, un risparmio stimato dall'INPS in un ammontare di un miliardo di euro;
la proposta di ripristinare, con gli aggiornamenti del caso, il suddetto bonus contributivo e fiscale per il periodo 2009-2011, era contenuta nel parere reso dalla XI Commissione sul decreto in esame,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reintrodurre, per un periodo limitato e a favore dei lavoratori dipendenti del settore privato che abbiano maturato i requisiti minimi indicati nelle tabelle di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, per l'accesso al pensionamento di anzianità, la possibilità di rinunciare all'accredito contributivo del 33 per cento, relativo all'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti (IVS), affinché l'importo corrispondente - comprensivo delle quote a carico del datore di lavoro e del lavoratore - sia inserito in busta paga in regime di esenzione fiscale, fermo restando il congelamento della pensione calcolata all'inizio del periodo stesso, ma fatti comunque salvi gli effetti della perequazione automatica al costo della vita.
9/1972/6. Cazzola, Di Biagio, Lorenzin, Della Vedova, Antonino Foti, Vincenzo Antonio Fontana, Nizzi.

La Camera
premesso che:
esiste l'esigenza attuale di far fronte alle difficoltà economiche in cui versano le famiglie e le imprese private, al fine di favorire la produttività del lavoro, e sostenere il reddito;
l'istituzione di una misura temporanea, quale la stipula di accordi individuali tra dirigenti e quadri, da un lato, e aziende, dall'altro, che prevedano sgravi contributivi della parte di retribuzione variabile e strettamente correlata ai risultati conseguiti nella realizzazione dei programmi aziendali o nel raggiungimento di obiettivi individuali, aventi come scopo incrementi di produttività, di qualità e altri elementi rilevanti ai fini del miglioramento della competitività, nonché ai risultati legati all'andamento economico dell'impresa, può determinare un ulteriore elemento positivo di sostegno al reddito delle famiglie unitamente ad una migliore efficienza delle imprese;

la proposta di introdurre sgravi contributivi della parte di retribuzione eccedente il tetto previsto dall'articolo 1, commi da 67 a 70, della legge 24 dicembre 2007, n. 247 (fermo restando che su tali importi non sarebbe concessa alcuna contribuzione figurativa e sarebbe applicato un contributo di solidarietà a carico dei datori di lavoro, nella misura del dieci per cento, da versare a favore dell'Istituto nazionale di previdenza sociale) avrebbe un triplice vantaggio: 1) non graverebbe sul bilancio dell'INPS (che anzi beneficerebbe delle entrate del 10 per cento della contribuzione di solidarietà); 2) le aziende avrebbero risorse da distribuire con una riduzione del costo del lavoro pari a circa il 14 per cento (il contributo all'INPS meno il 10 per cento di solidarietà); 3) le aziende, pertanto, sarebbero incentivate a remunerare il lavoratore con un costo del lavoro inferiore e un netto più alto di circa il 9 per cento. A fronte di ciò il lavoratore, informato e consapevole, perderebbe la futura prestazione previdenziale conseguente alla mancata contribuzione, ma solo per una parte della retribuzione variabile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre, per un periodo limitato e a favore dei lavoratori dipendenti del settore privato, appartenenti alle qualifiche dei quadri e dei dirigenti, la possibilità di stipulare accordi individuali e aziendali, previo consenso informato del lavoratore interessato, che prevedano sgravi contributivi alle condizioni indicate.
9/1972/7. Vincenzo Antonio Fontana, Cazzola, Della Vedova, Di Biagio, Lorenzin, Antonino Foti, Nizzi.

La Camera
premesso che:
i commi 4 e 5 dell'articolo 4 del decreto-legge in esame novellano l'articolo 7 comma 3 della legge 8 marzo 2000, n. 53, concernente l'estensione ai dipendenti pubblici della disciplina sulle anticipazioni del trattamento di fine rapporto (TFR) prevista per i dipendenti privati;
i motivi per cui possono essere richieste tali anticipazioni riguardano esigenze di particolare importanza quali le cure sanitarie e l'acquisto o la ristrutturazione della casa d'abitazione;
solo una parte dei pubblici dipendenti si trova in regime di TFR, mentre alla parte restante (e maggioritaria) continua ad essere applicato l'istituto dell'indennità di fine servizio (TFS),

impegna il Governo

a fornire chiarimenti interpretativi e/o adeguate soluzioni normative allo scopo di superare la discriminazione che verrebbe a crearsi se l'estensione della disciplina sulle anticipazioni dovesse essere applicata soltanto ai pubblici dipendenti in regime di TFR.
9/1972/8. Di Biagio, Cazzola, Lorenzin, Della Vedova, Antonino Foti, Vincenzo Antonio Fontana, Nizzi.

La Camera,
premesso che:
la presenza degli animali domestici nelle famiglie ha assunto sempre più nel corso degli ultimi anni un alto valore educativo, di compagnia e di affezione, tanto che, nel 2003, il Ministero della salute ha inteso avviare accordi con le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano, in materia di «tutela del benessere degli animali» istituendo anche il Centro di referenza nazionale per il benessere animale presso l'Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell'Emilia Romagna;
l'utilizzo di animali da compagnia, inoltre, sta assumendo una notevole rilevanza ai fini della terapie assistite dagli animali (cosiddetta pet therapy) che sono state riconosciute come «cura ufficiale» dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 febbraio 2003. Tale decreto ha sancito per la prima volta nella storia del nostro Paese il ruolo che un animale può avere nella vita affettiva di una persona (fonte: rapporti ISTISAN 07/35) e che anche in conseguenza di ciò molte strutturedel Servizio sanitario nazionale hanno avviato programmi di assistenza e ricerca nel campo delle terapie assistite dagli animali, dotandosi di apposite strutture ove operano team interdisciplinari composti da numerose figure professionali che interagiscono sul campo ciascuna con il proprio specifico ruolo ma in modo complementare, dove le figure del veterinario e dell'etologo assumono un ruolo fondamentale che non può non influenzare positivamente l'esercizio della professione e dunque il diffondersi di una maggiore consapevolezza del ruolo degli animali da compagnia;
i trattamenti clinico-terapeutici con i cani per disabili e con le tecniche della cosiddetta pet therapy, hanno certamente indotto e rafforzato nell'opinione pubblica una maggiore consapevolezza del ruolo che l'animale domestico può rivestire all'interno del nucleo familiare, tanto che secondo alcune stime condotte dall'Eurispes e da altri Istituti di ricerca, nel nostro Paese ci sarebbero almeno 44 milioni di animali domestici, con una netta prevalenza di gatti, cani, pesci da acquario e canarini, con i conseguenti costi di mantenimento e cura per i proprietari, sempre secondo le ricerche condotte, che ammontano a 1.601 milioni di euro per le sole cure veterinarie e a 456 milioni di euro per i medicinali e a 103 milioni per altri servizi tra i quali l'affidamento degli animali da compagnia a strutture ricettive e di addestramento;
l'aliquota IVA attualmente in vigore in misura del 20 per cento per le prestazioni veterinarie e il pet-food colloca la salute e il mantenimento degli animali d'affezione sullo stesso piano di un genere voluttuario;
contro l'abbandono di cani e gatti non bastano le campagne informative, ma servono anche condizioni più favorevoli per il loro mantenimento;
i costi di mantenimento e, soprattutto di cura sanitaria degli animali d'affezione potrebbero rappresentare un disincentivo all'adozione o all'acquisto di un animale da detenere a scopo di compagnia, o peggio costituire l'alibi per reati penali come l'abbandono e il maltrattamento, con il conseguente intervento delle apposite strutture pubbliche del SSN di veterinaria e/o convenzionate con gli enti locali, i cui costi operativi andrebbero a gravare sui loro bilanci e dunque sui cittadini;
il permanere di una forte diversificazione delle aliquote applicate in Europa sulle prestazioni veterinarie, che vede l'Italia fra i Paesi con la percentuale di imposta più elevata, costituisce un ostacolo e un ritardo alla libera circolazione delle prestazioni veterinarie in Europa, ai sensi della Direttiva 36/2005/CE - recepita dall'Italia - che armonizza le qualifiche professionali;
l'occasione per sostenere le famiglie italiane che hanno o desiderano un animale da compagnia è favorita dall'Unione europea, impegnata a discutere con gli stati membri il riordino dell'imposta sul valore aggiunto e a concedere ai 27 Paesi la facoltà di ridurre la tassazione su alcuni beni e servizi, come peraltro previsto dalla direttiva 112/2006/CE del 28 novembre 2006 che all'Allegato III elenca i beni e prestazioni di servizi che possono essere assoggettati alle aliquote ridotte di cui all'articolo 98 della medesima direttiva;
una riduzione dell'aliquota IVA (tra le più alte d'Europa) gioverebbe sia ai proprietari - consumatori, sia agli affidatari e ai canili-rifugio del volontariato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative volte ad abolire o ridurre l'IVA sulle prestazioni veterinarie, i medicinali per uso veterinario e il pet-food, secondo quanto già avviene in altri Paesi dell'Unione Europea.
9/1972/9. Lorenzin, Giammanco, Zamparutti, Cazzola, Di Biagio, Della Vedova, Antonino Foti, Vincenzo Antonio Fontana, Nizzi.

La Camera,
premesso che:
la presenza degli animali domestici nelle famiglie ha assunto sempre più nel corso degli ultimi anni un alto valore educativo, di compagnia e di affezione, tanto che, nel 2003, il Ministero della salute ha inteso avviare accordi con le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano, in materia di «tutela del benessere degli animali» istituendo anche il Centro di referenza nazionale per il benessere animale presso l'Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell'Emilia Romagna;
l'utilizzo di animali da compagnia, inoltre, sta assumendo una notevole rilevanza ai fini della terapie assistite dagli animali (cosiddetta pet therapy) che sono state riconosciute come «cura ufficiale» dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 febbraio 2003. Tale decreto ha sancito per la prima volta nella storia del nostro Paese il ruolo che un animale può avere nella vita affettiva di una persona (fonte: rapporti ISTISAN 07/35) e che anche in conseguenza di ciò molte strutture del Servizio sanitario nazionale hanno avviato programmi di assistenza e ricerca nel campo delle terapie assistite dagli animali, dotandosi di apposite strutture ove operano team interdisciplinari composti da numerose figure professionali che interagiscono sul campo ciascuna con il proprio specifico ruolo ma in modo complementare, dove le figure del veterinario e dell'etologo assumono un ruolo fondamentale che non può non influenzare positivamente l'esercizio della professione e dunque il diffondersi di una maggiore consapevolezza del ruolo degli animali da compagnia;
i trattamenti clinico-terapeutici con i cani per disabili e con le tecniche della cosiddetta pet therapy, hanno certamente indotto e rafforzato nell'opinione pubblica una maggiore consapevolezza del ruolo che l'animale domestico può rivestire all'interno del nucleo familiare, tanto che secondo alcune stime condotte dall'Eurispes e da altri Istituti di ricerca, nel nostro Paese ci sarebbero almeno 44 milioni di animali domestici, con una netta prevalenza di gatti, cani, pesci da acquario e canarini, con i conseguenti costi di mantenimento e cura per i proprietari, sempre secondo le ricerche condotte, che ammontano a 1.601 milioni di euro per le sole cure veterinarie e a 456 milioni di euro per i medicinali e a 103 milioni per altri servizi tra i quali l'affidamento degli animali da compagnia a strutture ricettive e di addestramento;
l'aliquota IVA attualmente in vigore in misura del 20 per cento per le prestazioni veterinarie e il pet-food colloca la salute e il mantenimento degli animali d'affezione sullo stesso piano di un genere voluttuario;
contro l'abbandono di cani e gatti non bastano le campagne informative, ma servono anche condizioni più favorevoli per il loro mantenimento;
i costi di mantenimento e, soprattutto di cura sanitaria degli animali d'affezione potrebbero rappresentare un disincentivo all'adozione o all'acquisto di un animale da detenere a scopo di compagnia, o peggio costituire l'alibi per reati penali come l'abbandono e il maltrattamento, con il conseguente intervento delle apposite strutture pubbliche del SSN di veterinaria e/o convenzionate con gli enti locali, i cui costi operativi andrebbero a gravare sui loro bilanci e dunque sui cittadini;
il permanere di una forte diversificazione delle aliquote applicate in Europa sulle prestazioni veterinarie, che vede l'Italia fra i Paesi con la percentuale di imposta più elevata, costituisce un ostacolo e un ritardo alla libera circolazione delle prestazioni veterinarie in Europa, ai sensi della Direttiva 36/2005/CE - recepita dall'Italia - che armonizza le qualifiche professionali;
l'occasione per sostenere le famiglie italiane che hanno o desiderano un animale da compagnia è favorita dall'Unioneeuropea, impegnata a discutere con gli stati membri il riordino dell'imposta sul valore aggiunto e a concedere ai 27 Paesi la facoltà di ridurre la tassazione su alcuni beni e servizi, come peraltro previsto dalla direttiva 112/2006/CE del 28 novembre 2006 che all'Allegato III elenca i beni e prestazioni di servizi che possono essere assoggettati alle aliquote ridotte di cui all'articolo 98 della medesima direttiva;
una riduzione dell'aliquota IVA (tra le più alte d'Europa) gioverebbe sia ai proprietari - consumatori, sia agli affidatari e ai canili-rifugio del volontariato,

invita il Governo

a valutare l'opportunità, previa autorizzazione in sede comuntiaria, di adottare iniziative normative volte ad abolire o ridurre l'IVA sulle prestazioni veterinarie, i medicinali per uso veterinario e il pet-food, secondo quanto già avviene in altri Paesi dell'Unione Europea.
9/1972/9. (Testo modificato nel corso della seduta) Lorenzin, Giammanco, Zamparutti, Cazzola, Di Biagio, Della Vedova, Antonino Foti, Vincenzo Antonio Fontana, Nizzi.

La Camera,
premesso che:
esiste l'esigenza attuale di far fronte alle difficoltà economiche in cui versano le famiglie, al fine di sostenere il reddito anche mediante ulteriori detrazioni fiscali;
la presenza degli animali domestici nelle famiglie ha assunto sempre più nel corso degli ultimi anni un alto valore educativo, di compagnia e di affezione, tanto che, nel 2003, il Ministero della salute ha inteso avviare accordi con le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano, in materia di «tutela del benessere degli animali» istituendo anche il Centro di referenza nazionale per il benessere animale presso l'Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell'Emilia Romagna;
la Dichiarazione universale dei diritti dell'animale proclamata il 15 ottobre 1978 nella sede dell'UNESCO a Parigi, pur non avendo incidenza sul piano giuridico-legislativo, assume un'importanza fondamentale in quanto l'aver avvertito la necessità di confrontarsi su questo argomento rappresenta, per ogni persona e Paese, un'ulteriore conquista di civiltà;
l'utilizzo di animali da compagnia, inoltre, sta assumendo una notevole rilevanza ai fini della terapie assistite dagli animali (cosiddetta pet therapy) che sono state riconosciute come «cura ufficiale» dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 febbraio 2003. Tale decreto ha sancito per la prima volta nella storia del nostro Paese il ruolo che un animale può avere nella vita affettiva di una persona (fonte: rapporti ISTISAN 07/35) e che anche in conseguenza di ciò molte strutture del Servizio sanitario nazionale hanno avviato programmi di assistenza e ricerca nel campo delle terapie assistite dagli animali, dotandosi di apposite strutture ove operano team interdisciplinari composti da numerose figure professionali che interagiscono sul campo ciascuna con il proprio specifico ruolo ma in modo complementare, dove le figure del veterinario e dell'etologo assumono un ruolo fondamentale che non può non influenzare positivamente l'esercizio della professione e dunque il diffondersi di una maggiore consapevolezza del ruolo degli animali da compagnia;
i trattamenti clinico-terapeutici con i cani per disabili e con le tecniche della cosiddetta pet therapy, hanno certamente indotto e rafforzato nell'opinione pubblica una maggiore consapevolezza del ruolo che l'animale domestico può rivestire all'interno del nucleo familiare, tanto che secondo alcune stime condotte dall'Eurispes e da altri Istituti di ricerca, nel nostro Paese ci sarebbero almeno 44 milioni di animali domestici, con una netta prevalenzadi gatti, cani, pesci da acquario e canarini, con i conseguenti costi di mantenimento e cura per i proprietari, sempre secondo le ricerche condotte, che ammontano a 1.601 milioni di euro per le sole cure veterinarie e a 456 milioni di euro per i medicinali e a 103 milioni per altri servizi tra i quali l'affidamento degli animali da compagnia a strutture ricettive e di addestramento;
il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, recante il testo unico delle imposte sui redditi dispone, all'articolo 15, comma 1, lettera c-bis) una detrazione di imposta in fase di dichiarazione annuale nel limite massimo di euro 387,34 e per la parte eccedente l'importo di euro 129,11, per le spese veterinarie, se sostenute per la cura di animali legalmente detenuti a scopo di compagnia o per pratica sportiva; detto limite massimo appare oggi inadatto a perseguire quei fini di sostegno al reddito e potrebbe configurare un disincentivo all'adozione o all'acquisto di un animale da detenere a scopo di compagnia, o peggio costituire l'alibi per reati penali come l'abbandono e il maltrattamento, con il conseguente intervento delle apposite strutture pubbliche del SSN di veterinaria e/o convenzionate con gli enti locali, i cui costi operativi andrebbero a gravare sui loro bilanci e dunque sui cittadini;
contro l'abbandono di cani e gatti non bastano le campagne informative, ma servono anche condizioni più favorevoli per il loro mantenimento e, tra queste prioritariamente, un più favorevole regime fiscale per le spese sostenute per la cura ed il mantenimento di animali legalmente detenuti a scopo di compagnia;
l'occasione per sostenere le famiglie italiane che hanno adottato o desiderano adottare un animale da compagnia è peraltro favorita dall'Unione Europea anche con la direttiva 112/2006/CE del 28 novembre 2006 che, all'Allegato III, elenca tra i beni e le prestazioni di servizi che possono essere assoggettati alle aliquote ridotte di cui all'articolo 98 della medesima direttiva, i prodotti farmaceutici usati per i trattamenti veterinari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di innalzare il limite previsto dall'articolo 15, comma 1, lettera c-bis), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, recante il testo unico delle imposte sui redditi, e cioè di innalzare il limite della detrazione di imposta in fase di dichiarazione annuale per le spese veterinarie sostenute per la cura di animali detenuti a scopo di compagnia, anche secondo quanto avviene in altri Paesi dell'Unione Europea.
9/1972/10. Giammanco, Zamparutti, Lorenzin, Cazzola, Di Biagio, Della Vedova, Antonino Foti, Vincenzo Antonio Fontana, De Girolamo, Ceccacci Rubino, Fallica, Granata, Frassinetti, Mariarosaria Rossi, Nizzi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 20 della legge 7 agosto 1997, n. 266, prevede incentivi per la ricollocazione dei dirigenti nelle imprese con meno di 250 dipendenti, determinati in misura pari al 50 per cento della contribuzione previdenziale per un anno;
questa norma, dal 1997 ad oggi, ha permesso la ricollocazione di 1200 dirigenti;
è stato pubblicato sul supplemento ordinario n. 289 alla Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2008 il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze che fissa, nell'ambito dello stato di previsione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociale, uno stanziamento complessivo su base nazionale di euro 2.143.888 da erogare «a titolo di contributo alle imprese che occupano meno di 250 dipendenti e dai loro consorzi, ai fini del reimpiego del personale con qualifica dirigenziale»;
il finanziamento, in questi anni, è passato dagli iniziali 5 milioni di euro a 3,4 milioni ed ora a poco più di due milioni,

impegna il Governo

a ridiscutere con le rappresentanze delle categorie interessate l'intero impianto della norma per favorire un suo potenziamento finalizzato a garantire, tramite l'impiego di risorse adeguate, un'immissione di managerialità anche nelle piccole e medie imprese, al fine di una loro ulteriore qualificazione.
9/1972/11. Saglia, Antonino Foti, Cazzola, Di Biagio, Lorenzin, Della Vedova, Vincenzo Antonio Fontana, Della Vedova, Polidori, Nizzi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 20 della legge 7 agosto 1997, n. 266, prevede incentivi per la ricollocazione dei dirigenti nelle imprese con meno di 250 dipendenti, determinati in misura pari al 50 per cento della contribuzione previdenziale per un anno;
questa norma, dal 1997 ad oggi, ha permesso la ricollocazione di 1200 dirigenti;
è stato pubblicato sul supplemento ordinario n. 289 alla Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2008 il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze che fissa, nell'ambito dello stato di previsione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociale, uno stanziamento complessivo su base nazionale di euro 2.143.888 da erogare «a titolo di contributo alle imprese che occupano meno di 250 dipendenti e dai loro consorzi, ai fini del reimpiego del personale con qualifica dirigenziale»;
il finanziamento, in questi anni, è passato dagli iniziali 5 milioni di euro a 3,4 milioni ed ora a poco più di due milioni,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di dare un'immissione di managerialità nelle piccole e medie imprese, al fine di una loro ulteriore qualificazione.
9/1972/11. (Testo modificato nel corso della seduta) Saglia, Antonino Foti, Cazzola, Di Biagio, Lorenzin, Della Vedova, Vincenzo Antonio Fontana, Della Vedova, Polidori, Nizzi.

La Camera,
premesso che:
nei provvedimenti anticrisi in favore delle famiglie, adottati dal Governo a partire dalla manovra dell'estate 2008, un rilievo particolare rivestono le agevolazioni per l'acquisto di prodotti energetici quali gas e energia elettrica; si tratta di un importante ampliamento del welfare già esistente;
l'articolo 3 del provvedimento in esame prevede l'accesso alla tariffa elettrica agevolata ed il diritto alla compensazione per la fornitura di gas anche ai nuclei familiari con almeno 4 figli a carico ed indicatore della situazione economica equivalente non superiore a 20.000 euro; viene inoltre riconosciuta la tariffa elettrica agevolata ai clienti domestici che utilizzano apparecchiature elettriche salvavita;
come per ogni agevolazione connessa ai livelli di reddito, oltre al costo della stessa bisogna anche considerare il costo dei controlli necessari a verificare che coloro che vi accedono abbiano o mantengano i requisiti necessari; sono quotidiane infatti le notizie di non aventi diritto che accedono alle agevolazioni sanitarie o previdenziali;
per quel che riguarda le famiglie di origine extracomunitaria, regolarmente insediate, è opportuno sottolineare che, proprio per la loro origine e la loro struttura, hanno un più alto tasso di natalità; pertanto da un lato esse hanno più di altri diritto all'accesso alle agevolazioni, dall'altroè possibile che una grossa parte di reddito, prodotto in questi ambiti, sfugga alla verifica fiscale, sia per la natura delle prestazioni che per le difficoltà di verifica; l'amministrazione finanziaria segnala ad esempio difficoltà nella gestione dei codici fiscali degli extracomunitari, a causa dei numerosissimi casi di omonimia e delle incertezze anagrafiche;
nei Paesi europei con welfare avanzato e con insediamento ormai storico di comunità di Paesi terzi, ci si è resi conto che l'assistenza pubblica ha «sterzato» in quella direzione; in Danimarca ad esempio la comunità musulmana rappresenta il 5 per cento della popolazione, ma usufruisce del 40 per cento del welfare; in uno studio inglese, ampiamente dibattuto tra le nostre forze politiche nel corso della campagna elettorale 2008, si è giunti ad affermare che, complessivamente considerati, gli extracomunitari «costano» molto più di quel che «rendono» e che ci troveremmo di fronte ad un tipico caso di privatizzazione degli utili (il lavoro sottopagato) e socializzazione delle perdite (il pesante aggravamento dei costi del welfare);
è opportuno, pertanto, riconsiderare quale direzione debba prendere il nostro welfare e quali limiti porvi, a cominciare dalla questione se esso debba essere paritario o se invece sia più opportuno indirizzarlo prioritariamente verso i cittadini,

impegna il Governo:

a limitare la tariffa agevolata per gli utilizzatori di apparecchiature medico-terapiche salvavita, di cui al comma 9 dell'articolo 3 ai soli consumi delle macchine medesime, determinati con apposito provvedimento, al fine di evitare abusi nei consumi energetici;
ad individuare adeguati controlli ed ulteriori periodiche verifiche per evitare che le agevolazioni tariffarie in materia di elettricità e gas siano assegnate a soggetti non aventi diritto; in particolare per i richiedenti extracomunitari a disporre approfondite verifiche fiscali a campione;
ad estendere le disposizioni sull'iscrizione anagrafica di cui all'articolo 16-bis, oltre che ai cittadini, anche ai soggetti legalmente residenti sul territorio nazionale, anche in via temporanea, ai fini della certa imputazione dei diritti e delle responsabilità.
9/1972/12. Marinello.

La Camera,
premesso che:
nei provvedimenti anticrisi in favore delle famiglie, adottati dal Governo a partire dalla manovra dell'estate 2008, un rilievo particolare rivestono le agevolazioni per l'acquisto di prodotti energetici quali gas e energia elettrica; si tratta di un importante ampliamento del welfare già esistente;
l'articolo 3 del provvedimento in esame prevede l'accesso alla tariffa elettrica agevolata ed il diritto alla compensazione per la fornitura di gas anche ai nuclei familiari con almeno 4 figli a carico ed indicatore della situazione economica equivalente non superiore a 20.000 euro; viene inoltre riconosciuta la tariffa elettrica agevolata ai clienti domestici che utilizzano apparecchiature elettriche salvavita;
come per ogni agevolazione connessa ai livelli di reddito, oltre al costo della stessa bisogna anche considerare il costo dei controlli necessari a verificare che coloro che vi accedono abbiano o mantengano i requisiti necessari; sono quotidiane infatti le notizie di non aventi diritto che accedono alle agevolazioni sanitarie o previdenziali;
per quel che riguarda le famiglie di origine extracomunitaria, regolarmente insediate, è opportuno sottolineare che, proprio per la loro origine e la loro struttura, hanno un più alto tasso di natalità; pertanto da un lato esse hanno più di altri diritto all'accesso alle agevolazioni, dall'altro è possibile che una grossa parte di reddito, prodotto in questi ambiti, sfuggaalla verifica fiscale, sia per la natura delle prestazioni che per le difficoltà di verifica; l'amministrazione finanziaria segnala ad esempio difficoltà nella gestione dei codici fiscali degli extracomunitari, a causa dei numerosissimi casi di omonimia e delle incertezze anagrafiche;
nei Paesi europei con welfare avanzato e con insediamento ormai storico di comunità di Paesi terzi, ci si è resi conto che l'assistenza pubblica ha «sterzato» in quella direzione; in Danimarca ad esempio la comunità musulmana rappresenta il 5 per cento della popolazione, ma usufruisce del 40 per cento del welfare; in uno studio inglese, ampiamente dibattuto tra le nostre forze politiche nel corso della campagna elettorale 2008, si è giunti ad affermare che, complessivamente considerati, gli extracomunitari «costano» molto più di quel che «rendono» e che ci troveremmo di fronte ad un tipico caso di privatizzazione degli utili (il lavoro sottopagato) e socializzazione delle perdite (il pesante aggravamento dei costi del welfare);
è opportuno, pertanto, riconsiderare quale direzione debba prendere il nostro welfare e quali limiti porvi, a cominciare dalla questione se esso debba essere paritario o se invece sia più opportuno indirizzarlo prioritariamente verso i cittadini,

invita il Governo:

a valutare la possibilità di limitare la tariffa agevolata per gli utilizzatori di apparecchiature medico-terapiche salvavita, di cui al comma 9 dell'articolo 3 ai soli consumi delle macchine medesime, determinati con apposito provvedimento, al fine di evitare abusi nei consumi energetici;
ad individuare adeguati controlli ed ulteriori periodiche verifiche per evitare che le agevolazioni tariffarie in materia di elettricità e gas siano assegnate a soggetti non aventi diritto; in particolare per i richiedenti extracomunitari a disporre approfondite verifiche fiscali a campione;
a valutare la possibilità di estendere le disposizioni sull'iscrizione anagrafica di cui all'articolo 16-bis, oltre che ai cittadini, anche ai soggetti legalmente residenti sul territorio nazionale, anche in via temporanea, ai fini della certa imputazione dei diritti e delle responsabilità.
9/1972/12. (Testo modificato nel corso della seduta) Marinello.

La Camera,
premesso che:
il programma del Partito della Libertà prevede una «graduale e progressiva tassazione separata dei redditi da locazione»;
l'attuazione di tale intervento avrebbe il pregio di rispondere ad una esigenza sociale quanto mai sentita in questo momento - quella di un forte rilancio dell'affitto - sia come possibile via di fuga dall'incubo dei mutui sia come accelerazione della mobilità sul territorio per intere categorie;
tale intervento interessa un settore in cui è necessario incentivare l'emersione di contratti illegali ed il ripristino della redditività,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative volte a che il canone di locazione per uso abitativo, in primo luogo per quelli risultanti dai contratti agevolati (di cui all'articolo 2, comma 3 della legge 9 dicembre 1998, n. 431), sia assoggettato ad imposta con aliquota sostitutiva del 20 per cento, prevedendo che il canone non concorra alla determinazione del reddito complessivo anche ai fini dell'applicazione delle addizionali all'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle società (di cui al decreto legislativo 28 settembre 1998, n 360, e successive modificazioni).
9/1972/13. Ravetto, Zorzato.

La Camera,
premesso che:
il programma del Partito della Libertà prevede una «graduale e progressiva tassazione separata dei redditi da locazione»;
l'attuazione di tale intervento avrebbe il pregio di rispondere ad una esigenza sociale quanto mai sentita in questo momento - quella di un forte rilancio dell'affitto - sia come possibile via di fuga dall'incubo dei mutui sia come accelerazione della mobilità sul territorio per intere categorie;
tale intervento interessa un settore in cui è necessario incentivare l'emersione di contratti illegali ed il ripristino della redditività,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare iniziative normative volte a che il canone di locazione per uso abitativo, in primo luogo per quelli risultanti dai contratti agevolati (di cui all'articolo 2, comma 3 della legge 9 dicembre 1998, n. 431), sia assoggettato ad imposta con aliquota sostitutiva del 20 per cento, prevedendo che il canone non concorra alla determinazione del reddito complessivo anche ai fini dell'applicazione delle addizionali all'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle società (di cui al decreto legislativo 28 settembre 1998, n 360, e successive modificazioni).
9/1972/13. (Testo modificato nel corso della seduta) Ravetto.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 15, della legge 23 agosto 2004, n. 239, prevede che, dalla data di entrata in vigore della medesima legge, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas è organo collegiale costituito dal Presidente e da quattro membri e che, ferma restando la scadenza naturale dei componenti l'Autorità in carica alla predetta data, i nuovi membri sono nominati entro i successivi sessanta giorni, nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 2, commi 7 e 8, della legge 14 novembre 1995, n. 481;
nell'imminenza del rinnovo dei componenti dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, occorre prevedere l'applicazione di un più efficace e funzionale criterio di espressione del parere delle competenti Commissioni parlamentari sulla nomina di tali nuovi componenti,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte a prevedere che, in sede di applicazione del menzionato articolo 1, comma 15, della legge n. 239 del 2004, il parere delle competenti Commissioni parlamentari sulla nomina dei nuovi componenti dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas sia espresso applicando la disposizione di cui all'ultimo periodo dell'articolo 2, comma 7, della legge n. 481 del 1995.
9/1972/14. Savino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 15, della legge 23 agosto 2004, n. 239, prevede che, dalla data di entrata in vigore della medesima legge, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas è organo collegiale costituito dal Presidente e da quattro membri e che, ferma restando la scadenza naturale dei componenti l'Autorità in carica alla predetta data, i nuovi membri sono nominati entro i successivi sessanta giorni, nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 2, commi 7 e 8, della legge 14 novembre 1995, n. 481;
nell'imminenza del rinnovo dei componenti dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, occorre prevedere l'applicazione di un più efficace e funzionale criterio di espressione del parere dellecompetenti Commissioni parlamentari sulla nomina di tali nuovi componenti,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative normative volte a prevedere che, in sede di applicazione del menzionato articolo 1, comma 15, della legge n. 239 del 2004, il parere delle competenti Commissioni parlamentari sulla nomina dei nuovi componenti dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas sia espresso applicando la disposizione di cui all'ultimo periodo dell'articolo 2, comma 7, della legge n. 481 del 1995.
9/1972/14. (Testo modificato nel corso della seduta) Savino.

La Camera,
premesso che:
secondo il «Rapporto di monitoraggio delle politiche occupazionali e del lavoro» (2008), del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali la percentuale di disoccupati (escludendo CIG e prepensionamenti) coperta da ammortizzatori sociali è pari al 31,4 per cento;
secondo la CGIA di Mestre il 50 per cento dei lavoratori del settore privato (oltre 7 milioni) non può, secondo la normativa vigente, beneficiare della cassa integrazione guadagni (CIG);
secondo le stime della Commissione europea i disoccupati in Italia cresceranno nel 2009 e 2010 fino a circa 1,8 milioni di unità;
con il recovery plan del novembre 2008 la Commissione europea ha individuato una ambiziosa strategia comune per fronteggiare la crisi economica e per favorire la ripresa. La priorità del piano è la tutela dei cittadini europei contro le conseguenze più gravi della crisi, sulla base dei principi della solidarietà e della giustizia sociale, in particolare con il sostegno e la riqualificazione dei lavoratori espulsi dal mercato del lavoro;
la legge n. 247 del 2007 delega il Governo a riformare l'attuale regime di ammortizzatori sociali per la creazione di uno strumento unico indirizzato al sostegno del reddito e al reinserimento lavorativo dei soggetti disoccupati senza distinzione di qualifica, appartenenza settoriale, dimensione di impresa e tipologia di contratti di lavoro;
l'articolo 19 del decreto in esame prevede, invece, solo misure di sostegno al reddito limitate, provvisorie e discrezionali, in deroga alle norme vigenti, condizionate dalla disponibilità delle risorse o dalle integrazioni di altri soggetti, con trattamenti differenziati, per entità e durata, in relazione alla qualifica, all'appartenenza settoriale, alla dimensione di impresa e alla tipologia dei contratti di lavoro;
anche alla luce delle misure di sostegno al reddito concesso ai dipendi della società Alitalia, uniche per l'entità del sussidio e per la sua durata, in Italia solo un terzo dei disoccupati con le stesse qualifiche, mansioni e retribuzioni beneficerà di un sussidio di disoccupazione, ma con differenze che vanno dalla concessione di una unica integrazione pari al 10 per cento del reddito annuale da lavoro dell'anno precedente all'80 per cento effettivo dell'ultima retribuzione;
in tutti i paesi europei, senza alcuna eccezione, sono previsti ammortizzatori sociali universali con requisiti, entità dei trattamenti e durata uniformi e certi per tutti i lavoratori che passano dallo stato di occupazione a quello di disoccupazione,

impegna il Governo:

a presentare entro il mese di giugno 2009 la riforma organica degli ammortizzatori sociali, nel pieno rispetto dei principi dettati dalla delega contenuta nella legge 24 dicembre 2007, n. 247, e sullabase dei rigorosi vincoli e sanzioni propri dei modelli di welfare to work adottati in Europa;
a reperire le risorse necessarie innalzando progressivamente l'età pensionabile (vecchiaia e anzianità) per uomini e donne in un fascia tra i 64 e i 68 anni.
9/1972/15. Zamparutti, Bernardini, Mecacci, Farica Coscioni, Maurizio Turco, Beltrandi.

La Camera,
premesso che:
il decreto in corso di conversione prevede alcune misure specifiche a sostegno delle famiglie, dei lavoratori pensionati e per la non autosufficienza;
molte famiglie, alla luce dell'attuale congiuntura economica sfavorevole e/o di una situazione di precarietà lavorativa, affrontano serie difficoltà economiche;
particolarmente gravosa è la situazione delle famiglie monoparentali (es. vedove, ragazze madri, ecc.) che dispongono di un reddito insufficiente dovendo esse sopportare notevoli spese per l'affitto, per l'istruzione dei figli nonché per la loro cura e alimentazione;
la crescita rapida del numero delle madri che lavorano rende inoltre evidente il problema della conciliazione tra vita familiare e vita professionale, dal momento che a questa tendenza non è corrisposto un adeguamento delle strutture di impiego e del mercato del lavoro;
fra le spese che gravano maggiormente sul bilancio delle famiglie vi sono conseguentemente quelle per l'assistenza domestica e familiare (colf e baby-sitter);
appare necessario che a fronte di tali spese siano concessi - entro determinati limiti di reddito - benefici fiscali alle famiglie monoparentali caratterizzate da un elevato numero di figli da mantenere, dalla presenza di familiari a carico affetti da handicap o che sono monoparentali,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare iniziative normative volte a prevedere la possibilità di detrarre fiscalmente le spese per gli addetti ai servizi domestici e all'assistenza personale o familiare, quali colf o baby-sitter, sostenute dalle gestanti sole, dalle famiglie monoparentali con figli minori e da coppie con figli minori nelle quali uno o entrambi i genitori hanno meno di diciotto anni.
9/1972/16. Rampelli, Marsilio.

La Camera,
premesso che:
il decreto in corso di conversione prevede alcune misure specifiche a sostegno delle famiglie, dei lavoratori pensionati e per la non autosufficienza;
molte famiglie, alla luce dell'attuale congiuntura economica sfavorevole e/o di una situazione di precarietà lavorativa, affrontano serie difficoltà economiche;
particolarmente gravosa è la situazione delle famiglie monoparentali (es. vedove, ragazze madri, ecc.) che dispongono di un reddito insufficiente dovendo esse sopportare notevoli spese per l'affitto, per l'istruzione dei figli nonché per la loro cura e alimentazione;
la crescita rapida del numero delle madri che lavorano rende inoltre evidente il problema della conciliazione tra vita familiare e vita professionale, dal momento che a questa tendenza non è corrisposto un adeguamento delle strutture di impiego e del mercato del lavoro;
fra le spese che gravano maggiormente sul bilancio delle famiglie vi sono conseguentemente quelle per l'assistenza domestica e familiare (colf e baby-sitter);
appare necessario che a fronte di tali spese siano concessi - entro determinati limiti di reddito - benefici fiscali alle famiglie monoparentali caratterizzate da un elevato numero di figli da mantenere,dalla presenza di familiari a carico affetti da handicap o che sono monoparentali,

impegna il Governo

a valutare la possibilità compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica di adottare iniziative normative volte a prevedere la possibilità di detrarre fiscalmente le spese per gli addetti ai servizi domestici e all'assistenza personale o familiare, quali colf o baby-sitter, sostenute dalle gestanti sole, dalle famiglie monoparentali con figli minori e da coppie con figli minori nelle quali uno o entrambi i genitori hanno meno di diciotto anni.
9/1972/16. (Testo modificato nel corso della seduta) Rampelli, Marsilio.

La Camera,
premesso che:
con il provvedimento in esame si interviene per superare il problema dei ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione;
è noto infatti che le amministrazioni pubbliche sono debitrici nei confronti di fornitori di beni e servizi di decine di miliardi di euro (50-60 miliardi stimati);
tale fenomeno incide negativamente sull'attività delle aziende togliendo alle stesse la necessaria liquidità per la loro azione competitiva e di investimento;
l'attuale fase di «stretta creditizia» aggrava ulteriormente la situazione delle aziende;
la Commissione Europea nella sua Comunicazione del 26 novembre 2008, con la quale ha presentato «un piano europeo di ripresa economica», che ha ricevuto il parere favorevole del Consiglio ECOFIN del 2 dicembre 2008, fra le dieci azioni prioritarie ha disposto che le autorità pubbliche paghino le fatture entro un mese compreso alle piccole e medie imprese e che siano liquidati tutti gli arretrati dovuti da enti pubblici;
con i commi 3 e 3-bis dell'articolo 9 del provvedimento in esame si cerca di intervenire sulla materia rinviando a decreti del Governo da emanare entro 60 giorni il primo e 30 il secondo;
i tempi massimi per l'emissione dei decreti, vista la particolare situazione, non andrebbero utilizzati completamente accelerando quanto più possibile l'emanazione;
per il comma 3-bis, introdotto nel provvedimento sulla base della riformulazione di un emendamento a prima firma Vannucci, è necessario approfondire la materia della autorizzazione alla cessione pro soluto che appare sottoposta ai vincoli del patto di stabilità;
sarebbe logico ritenere infatti che ai fini degli obblighi del patto di stabilità siano conteggiati più che i pagamenti, e la cessione pro soluto che viene equiparata al pagamento stesso, gli impegni assunti e gli ordini emessi facendo così della cessione del credito una questione semplicemente di cassa,

impegna il Governo

a velocizzare quanto più possibile l'iter di emanazione dei decreti previsti richiamati in premessa e valutare attentamente l'effettiva incidenza del patto di stabilità sulla materia al fine di proporre eventualmente la modifica e considerare la possibilità, con successive norme da emanare, che il meccanismo della cessione del credito pro soluto, vantato da amministrazioni pubbliche, possa diventare obbligatorio per tutte le pubbliche amministrazione (e non solo per regioni e gli enti locali) ogni qualvolta il credito medesimo sia certificato certo, liquido ed esigibile.
9/1972/17. Vannucci, Baretta.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, all'articolo 18, commi 4-quater e 4-quinquies, esclude l'applicazione del Patto di stabilitàinterno per gli anni 2009 e 2010 nei confronti del Comune di Roma, ponendo a carico del piano di rientro dall'indebitamento pregresso il concorso al raggiungimento degli obiettivi di risparmio che avrebbero dovuto derivare dall'applicazione delle regole del Patto negli anni 2009 e 2010. Si prevede, altresì, che la tempistica per le entrate e le spese del piano di rientro sia rimodulata con apposito accordo tra il Ministero dell'economia e delle finanze e il Commissario straordinario del Governo in modo da garantire la neutralità finanziaria in termini di saldi di finanza pubblica;
il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha determinato una manovra di riequilibrio particolarmente onerosa per il comparto degli enti locali, prevedendo un concorso dei Comuni e delle Province alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica pari a 1.650 milioni di euro per l'anno 2009, 2.900 per il 2010 e 5.140 per il 2011;
l'esclusione del Comune di Roma dalle regole del Patto di stabilità interno rischia di configurare un improprio regime di favore, particolarmente inopportuno in una fase in cui agli altri comuni italiani è richiesto uno sforzo assai rilevante di riequilibrio dei conti;
la garanzia della neutralità finanziaria dell'esclusione del Comune di Roma dal Patto attraverso la rimodulazione della tempistica del piano di rientro appare una soluzione piuttosto discutibile. A fronte di ciò, appare quanto mai indispensabile una verifica accurata, anche in sede delle competenti commissioni parlamentari, della proposta di piano di rientro presentata dall'ufficio commissariale di Roma,

impegna il Governo:

a valutare gli effetti applicativi della disposizione citata in premessa, al fine di adottare tutti gli atti normativi necessari per ripristinare per il comune di Roma, così come avviene per l'insieme dei comuni italiani con popolazione superiore a 5.000 abitanti, l'applicazione delle regole del Patto di stabilità interno per gli anni 2009 e 2010;
a procedere ad una valutazione attenta e rigorosa della proposta di piano di rientro del Comune di Roma, così come è avvenuto e avviene per esempio nel caso dei piani di rientro sanitari di alcune Regioni, chiedendo all'ufficio commissariale e al Comune di Roma una proiezione nel tempo di quali siano gli equilibri fra le spese e le entrate comunali necessari per garantire i servizi essenziali e gli investimenti prioritari per la città Capitale della Repubblica, oltre che per assicurare la sostenibilità del debito, ancorando così a questa previsione strutturale ogni eventuale apporto aggiuntivo di risorse per il Comune di Roma.
9/1972/18. Misiani, Fiano, Fontanelli, Pizzetti, Naccarato, Giovanelli, Codurelli, Ferrari, Braga, Mosca, Letta, Mantini, Strizzolo, De Biasi, Farinone, Marco Carra, De Micheli, Rubinato.

La Camera,
premesso che:
il costo del lavoro per le imprese esercenti servizi di linea automobilistici e servizi di noleggio autobus con conducente è pari a circa il sessantacinque per cento dei complessivi costi aziendali;
tali imprese sono già particolarmente sofferenti per la gravissima crisi internazionale legata all'aumento dei costi;
per le imprese esercenti servizi di trasporto pubblico locale la crisi è ulteriormente aggravata dall'inadeguatezza dei contributi/corrispettivi riconosciuti dagli enti affidanti e dall'impossibilità di disporre della leva tariffaria, pur a fronte di una crescente dinamica dei costi;
per le imprese di noleggio autobus con conducente, come pure per le imprese esercenti servizi di trasporto pubblico di competenza statale, la situazione di gravesofferenza è aggravata dalla sensibile contrazione della domanda di servizi conseguente alla recessione che sta investendo tutti i settori dell'economia;
è opportuno evitare ricadute occupazionali negative e contemporaneamente sostenere il rilancio economico delle imprese del settore,

impegna il Governo

a prevedere l'opportunità di rendere interamente deducibili ai fini della determinazione della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive i costi relativi al personale dipendente sostenuti dalle imprese esercenti servizi di linea automobilistici e servizi di noleggio autobus con conducente.
9/1972/19. Girlanda.

La Camera,
premesso che:
i recenti provvedimenti del Garante per la protezione dei dati personali hanno vietato ad alcune società specializzate nella creazione e nella vendita di banche dati a fini commerciali l'ulteriore trattamento di dati personali di milioni di utenti, consentendo il lecito trattamento di dati estratti dagli elenchi telefonici formati anteriormente al 1o agosto 2005, a condizione che essi siano stati riversati dal titolare del trattamento in una propria banca dati ed a tutti gli interessati sia stata fornita un'idonea informativa;
il danno occupazionale derivante dai predetti provvedimenti è stimato intorno ai 30mila esuberi di lavoratori impegnati in attività di outbound, ovvero chiamate agli utenti a fini commerciali, cui deve aggiungersi l'impatto negativo derivante dal divieto di attività di telemarketing per le aziende terze che hanno acquistato da queste società i database e che dovranno ridurre le dimensioni dei propri call center,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di emanare provvedimenti di propria competenza che contemplino una deroga dell'applicazione degli obblighi di cui agli articoli 13 e 23 del Codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, limitatamente ai dati estratti da elenchi pubblici formati precedentemente al 1o agosto 2005.
9/1972/20. Munerato, Caparini, Fedriga.

La Camera,
premesso che:
le disposizioni dell'articolo 19 concernono la concessione degli ammortizzatori in deroga ed il potenziamento e l'estensione degli strumenti di tutela del reddito in caso di sospensione dal lavoro o di disoccupazione;
secondo la vigente normativa nazionale, i lavoratori delle cooperative non possono fruire degli ammortizzatori sociali;
esiste una situazione anomala nel porto di Trieste, dove oltre ai dipendenti diretti dei terminalisti, vi sono anche quelli delle imprese di manodopera;
secondo il Consorzio fornitura servizi, che riunisce le 14 cooperative di lavoratori dello scalo giuliano, a dicembre 2008 si è registrata una flessione delle giornate lavorative pari all'8 per cento, con una previsione a gennaio del 10 per cento;
delle 14 cooperative di lavoratori, oltre alla Compagnia portuale che verrà messa in liquidazione a breve ed alla Fenice già liquidata nel 2008, altre tre/quatto sono a rischio;
le cooperative portuali di Trieste non rientrano nell'ambito delle disposizioni recate dal comma 12 dell'articolo 19 del provvedimento in esame,

impegna il Governo

a valutare l'ipotesi, previo monitoraggio delle norme recate dal testo in esame enelle more della definizione degli accordi con le regioni, di intervenire con un accordo sul settore portuale che contempli ammortizzatori sociali e corsi di formazione.
9/1972/21. Fedriga, Rosato.

La Camera,
premesso che:
le disposizioni dell'articolo 19 concernono la concessione degli ammortizzatori in deroga ed il potenziamento e l'estensione degli strumenti di tutela del reddito in caso di sospensione dal lavoro o di disoccupazione;
secondo la vigente normativa nazionale, i lavoratori delle cooperative non possono fruire degli ammortizzatori sociali;
esiste una situazione anomala nel porto di Trieste, dove oltre ai dipendenti diretti dei terminalisti, vi sono anche quelli delle imprese di manodopera;
secondo il Consorzio fornitura servizi, che riunisce le 14 cooperative di lavoratori dello scalo giuliano, a dicembre 2008 si è registrata una flessione delle giornate lavorative pari all'8 per cento, con una previsione a gennaio del 10 per cento;
delle 14 cooperative di lavoratori, oltre alla Compagnia portuale che verrà messa in liquidazione a breve ed alla Fenice già liquidata nel 2008, altre tre/quatto sono a rischio;
le cooperative portuali di Trieste non rientrano nell'ambito delle disposizioni recate dal comma 12 dell'articolo 19 del provvedimento in esame,

impegna il Governo

a valutare l'ipotesi, previo monitoraggio delle norme recate dal testo in esame e nelle more della definizione degli accordi con le regioni, di intervenire con un accordo sul settore portuale che contempli ammortizzatori sociali e corsi di formazione, compatibilmente con la normativa U.E.
9/1972/21. (Testo modificato nel corso della seduta) Fedriga.

La Camera,
premesso che:
la Repubblica italiana promuove la formazione e l'elevazione professionale in attuazione degli articoli 3, 4, 35 e 38 della Costituzione, al fine di rendere effettivo il diritto al lavoro e la sua libera scelta e di favorire la crescita della personalità dei lavoratori anche attraverso l'acquisizione di una cultura professionale;
all'interno del processo di modernizzazione del sistema Paese sollecitato anche dalla globalizzazione, non può non riconoscersi un ruolo sempre più incisivo alla formazione professionale, quale fattore strategico per concorrere alla promozione sociale e, al contempo, a realizzare le condizioni per una maggiore competitività internazionale;
le iniziative di formazione professionale costituiscono un servizio di interesse pubblico. Ad oggi almeno 130.000 famiglie ricorrono alla formazione professionale solo per ciò che interessa i percorsi di assolvimento dell'obbligo;
esiste ancora un forte gap di professionalità che costringe ogni anno le imprese italiane a cercare giovani, senza trovarli, con qualifiche tecnico-professionali elevate e immediatamente spendibili e la formazione professionale ha risorse e competenze per agire su questo fronte;
il decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, ha già modificato i provvedimenti contenuti nella legge 14 febbraio 1987, n. 40, aggiornando il ruolo della formazione professionale al titolo V della Costituzione e alla mutata legislazione in materia di istruzione eformazione professionale, con particolare riguardo alla legge 28 marzo 2003, n. 53;
dal 2003 la formazione professionale è dentro il Sistema nazionale di formazione e dal 2007 concorre a pieno titolo all'assolvimento dell'obbligo formativo fino al sedicesimo anno di età;
gli enti e le agenzie nazionali di formazione professionale svolgono il necessario e indispensabile ruolo di coordinamento, assicurando l'uniformità dei percorsi formativi per i giovani, pur in un quadro di frammentarietà delle politiche e degli interventi regionali,

impegna il Governo

a proseguire politiche di formazione professionale riservando risorse atte alla stessa e prevedendo attraverso un decreto modalità, termini e condizioni per il finanziamento degli enti nazionali di formazione professionale, come previsto dalla legge 14 febbraio 1987, n. 40.
9/1972/22. Bobba.

La Camera,
premesso che:
la Repubblica italiana promuove la formazione e l'elevazione professionale in attuazione degli articoli 3, 4, 35 e 38 della Costituzione, al fine di rendere effettivo il diritto al lavoro e la sua libera scelta e di favorire la crescita della personalità dei lavoratori anche attraverso l'acquisizione di una cultura professionale;
all'interno del processo di modernizzazione del sistema Paese sollecitato anche dalla globalizzazione, non può non riconoscersi un ruolo sempre più incisivo alla formazione professionale, quale fattore strategico per concorrere alla promozione sociale e, al contempo, a realizzare le condizioni per una maggiore competitività internazionale;
le iniziative di formazione professionale costituiscono un servizio di interesse pubblico. Ad oggi almeno 130.000 famiglie ricorrono alla formazione professionale solo per ciò che interessa i percorsi di assolvimento dell'obbligo;
esiste ancora un forte gap di professionalità che costringe ogni anno le imprese italiane a cercare giovani, senza trovarli, con qualifiche tecnico-professionali elevate e immediatamente spendibili e la formazione professionale ha risorse e competenze per agire su questo fronte;
il decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, ha già modificato i provvedimenti contenuti nella legge 14 febbraio 1987, n. 40, aggiornando il ruolo della formazione professionale al titolo V della Costituzione e alla mutata legislazione in materia di istruzione e formazione professionale, con particolare riguardo alla legge 28 marzo 2003, n. 53;
dal 2003 la formazione professionale è dentro il Sistema nazionale di formazione e dal 2007 concorre a pieno titolo all'assolvimento dell'obbligo formativo fino al sedicesimo anno di età;
gli enti e le agenzie nazionali di formazione professionale svolgono il necessario e indispensabile ruolo di coordinamento, assicurando l'uniformità dei percorsi formativi per i giovani, pur in un quadro di frammentarietà delle politiche e degli interventi regionali,

impegna il Governo

a proseguire politiche di formazione professionale valutando la possibilità di riservare risorse atte alle stesse.
9/1972/22. (Testo modificato nel corso della seduta) Bobba, Narducci.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 33, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, dispone l'applicazione dell'imposta di registro nella misura ridotta dell'1 per cento e delle imposte ipotecarie e catastali in misura fissaai trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati;
l'articolo 1, comma 473, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, ha previsto la possibilità in capo agli esercenti attività d'impresa di rivalutare le proprie aree fabbricabili, incluse quelle alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività d'impresa, non ancora edificate o risultanti tali a seguito della demolizione degli edifici esistenti, mediante pagamento di un'imposta sostitutiva dell'IRPEF, dell'IRES e dell'IRAP, pari al 19 per cento, da applicarsi ai maggiori valori iscritti in bilancio;
sia l'articolo 33, comma 3, della legge n. 388 del 2000 che l'articolo 1, comma 474, della legge n. 266 del 2005 subordinano le due agevolazioni alla condizione che l'utilizzazione edificatoria dell'area avvenga entro cinque anni rispettivamente dal trasferimento e dall'effettuazione della rivalutazione;
come è ben noto, l'economia nazionale sta attraversando una fase congiunturale fortemente negativa che ha colpito, in particolar modo, il settore immobiliare il quale ha visto registrare, negli ultimi mesi, un calo considerevole delle transazioni;
il crollo delle compravendite immobiliari e l'attuale fase di tensione e di difficoltà del settore bancario hanno determinato un naturale clima di incertezza e di forte preoccupazione tra le imprese costruttrici le quali hanno dovuto rallentare o sospendere l'attività edificatoria in precedenza iniziata, ovvero differire sine die l'inizio della stessa attività in precedenza programmata;
in una tale situazione, le imprese costruttrici che si sono avvalse delle agevolazioni previste dalle disposizioni sopra indicate si trovano nell'impossibilità di rispettare la condizione cui le medesime agevolazioni sono subordinate, vale a dire l'utilizzazione edificatoria dell'area entro cinque anni;
per usufruire di dette agevolazioni le imprese hanno versato all'erario cifre considerevoli;
l'impossibilità di costruire nel quinquennio provocherebbe la perdita dei benefici aggravando ulteriormente la crisi in cui versano le imprese del settore vanificando tali ingenti esborsi di denaro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità adottare iniziative normative volte a prevedere una proroga del termine quinquennale contenuto nelle due disposizioni indicate in premessa, in modo da consentire alle imprese di realizzare l'intervento edile, evitando così la decadenza dalle agevolazioni fiscali.
9/1972/23. Stradella, Lupi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 485, della 23 dicembre 2005, n. 266, (legge finanziaria 2006) ha previsto la proroga di dieci anni delle grandi concessioni di derivazione idroelettrica, ed il successivo comma 486 del medesimo articolo ha disposto a decorrere dall'annualità 2006 il versamento, a carico dei titolari delle grandi concessioni di derivazione idroelettrica, di un canone aggiuntivo, un quinto del quale va a favore dei comuni interessati;
la Corte costituzionale, con sentenza n. 1 del 14 gennaio 2008, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, fra l'altro, del citato comma 486;
a seguito della pronuncia di illegittimità, i titolari delle concessioni hanno chiesto a numerosi piccoli comuni montani, beneficiari di un quinto del canone aggiuntivo di cui sopra, la restituzione dei canoni già versati per gli anni 2006 e 2007 con aggravio degli interessi legali;
il tavolo tecnico presso la Conferenza Unificata, che ha già svolto diverse sedute con la partecipazione attiva dell'UNCEM, ha rappresentato l'ineludibileesigenza di una soluzione normativa che consenta la non restituzione da parte dei comuni interessati delle somme già introitate prima della citata sentenza della Corte costituzionale e al contempo disciplini per il futuro la materia senza penalizzare le aspettative dei comuni stessi, attraverso la compensazione erariale delle future minori entrate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di trovare un'adeguata soluzione a favore dei comuni individuati dalla legge 23 dicembre 2005, n. 266, come beneficiarie del canone aggiuntivo.
9/1972/24. Caparini.

La Camera,
premesso che:
la norma introdotta nel corso dell'esame in Commissione all'articolo 30 prevede, in favore delle ONLUS, l'assoggettamento dei loro acquisti immobiliari a titolo oneroso ad imposta ipotecaria e catastale in misura fissa,

impegna il Governo

a considerare, in sede di emanazione delle opportune direttive interprative da parte dell'Agenzia delle entrate, la norma stessa applicabile anche ai rapporti non esauriti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, fatti salvi gli esiti già definitivi dei contenziosi in atto.
9/1972/25. Gioacchino Alfano.

La Camera,
premesso che:
la norma introdotta nel corso dell'esame in Commissione all'articolo 30 prevede, in favore delle ONLUS, l'assoggettamento dei loro acquisti immobiliari a titolo oneroso ad imposta ipotecaria e catastale in misura fissa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di considerare, in sede di emanazione delle opportune direttive interprative da parte dell'Agenzia delle entrate, la norma stessa applicabile anche ai rapporti non esauriti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, fatti salvi gli esiti già definitivi dei contenziosi in atto.
9/1972/25. (Testo modificato nel corso della seduta) Gioacchino Alfano.

La Camera,
premesso che:
con l'adozione del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, si sono ottenuti vantaggi per il Paese in termini di risparmio per le famiglie, minor costo dei «farmaci da banco» nell'ordine del 3,7 per cento in farmacia, 11,4 per cento in parafarmacia e 17,8 per cento nella grande distribuzione organizzata (GDO), mentre sul versante occupazionale si sono prodotti circa 5.000 nuovi posti di lavoro concentrati prevalentemente nell'ambito delle parafarmacie, vera novità positiva del settore; dopo due anni di applicazione della legge, le parafarmacie in attività sono circa 2.650, a fronte di soli 220 corner nei supermercati, con un trend di crescita di circa 100 parafarmacie al mese;
il fatturato globale delle parafarmacie, comprensivo del comparto farmaceutico e parafarmaceutico, secondo recenti stime dell'Associazione nazionale dell'industria farmaceutica (ANIFA) e dell'Osservatorio nazionale sull'impiego dei medicinali (OSMED), è stimato in circa il 5,8 per cento del fatturato globale del settore farmaceutico, pari a circa 400.000 milioni di euro;
allargando anche alle parafarmacie, con titolarità riconducibile ad un farmacista, la dispensazione dei restanti farmaci di fascia C, stimati complessivamente in 2,3 miliardi di euro, si permetterebbe aquesti esercizi di allargare il fatturato di circa 200 milioni di euro. Conseguentemente si otterrebbe un incremento dell'occupazione nel breve.di 1.800 - 2.000 nuovi posti di lavoro ed una incentivazione della concorrenza sulla vendita dei farmaci a pagamento, in particolare dei cosiddetti farmaci equivalenti, con grande beneficio per le tasche degli italiani;
la recente sentenza del TAR del Lazio, 11697/2008. rileva che «L'attività di vendita al dettaglio al pubblico di farmaci (indipendentemente dal fatto che il costo sia o meno a carico del Servizio pubblico sanitario) costituisce un'attività economica commerciale di carattere imprenditoriale. Ad essa devono pertanto applicarsi il principio di libertà d'iniziativa economica privata, sancito dall'articolo 41 della Costituzione ed il principio di libera concorrenza sancito dal Trattato C.E., restando la tutela del consumatore assorbita, alla stregua di un criterio di proporzionalità e di ragionevolezza, dalla presenza al banco di un farmacista»,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad estendere alle parafarmacie con titolarità riconducibile ad un farmacista, la dispensazione dei medicinali di cui all'articolo 8 comma 10, lettera c), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive modificazioni, con esclusione dei medicinali soggetti a prescrizione medica da rinnovare volta per volta di cui all'articolo 89 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, e dei medicinali veterinari in applicazione degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 193.
9/1972/26. Bernardini, Zamparutti, Beltrandi, Maurizio Turco, Farina Coscioni, Mecacci.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni volte a ridurre i costi amministrativi a carico delle imprese o ad introdurre misure di semplificazione per queste ultime;
il provvedimento stesso contiene norme dirette a favorire e accelerare la realizzazione delle infrastrutture di interesse nazionale;
è opportuno segnalare come anche la realizzazione di opere autostradali affidate ai concessionari sia riconducibile alla realizzazione di infrastrutture di sicuro interesse nazionale;
l'attuale formulazione dell'articolo 11 della legge 23 dicembre 1992, n. 498, frutto di disposizioni adottate nella scorsa legislatura, ha imposto la nomina ministeriale delle commissioni di gara per l'aggiudicazione dei contratti aumentando di fatto, i tempi burocratici delle relative procedure nonché i costi gravanti sulle imprese concessionarie;
va valutata positivamente ogni iniziativa diretta a snellire, nel rispetto dei principi di buona amministrazione, gli adempimenti relativi alla realizzazione di tutte le opere infrastrutturali favorendo conseguentemente l'accelerazione degli investimenti soprattutto se, come nel caso delle infrastrutture autostradali, operati da società private come quelle destinatarie delle relative concessioni,

impegna il Governo:

a verificare i maggiori costi gravanti sulle imprese concessionarie dall'entrata in vigore del nuovo articolo 11 della legge 23 dicembre 1992, n. 498, come risultante dalle modificazioni intervenute nella scorsa legislatura, nonché ad accertare i maggiori tempi impiegati dalla nomina dei componenti alla conclusione dei compiti affidati alle commissioni giudicatrici;
a valutare l'opportunità di abrogare le disposizioni che demandano la nomina dei componenti delle commissioni di aggiudicazione di cui all'articolo 11, comma 5, della legge 23 dicembre 1992, n. 498, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
9/1972/27. Contento, Gottardo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4, comma 2, del provvedimento, rimasto immodificato nel testo in Aula, dispone che il comma 4 dell'articolo 9 del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77, e successive modificazioni, è sostituito dai seguenti: «4. Per i soggetti iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti e alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, agli iscritti ai fondi sostitutivi ed esclusivi dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti ed alla gestione di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, i periodi corrispondenti al servizio civile su base volontaria successivi al 1o gennaio 2009 sono riscattabili, in tutto o in parte, a domanda dell'assicurato, e senza oneri a carico del Fondo Nazionale del Servizio civile, con le modalità di cui all'articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338 e successive modificazioni ed integrazioni, e sempreché gli stessi non siano già coperti da contribuzione in alcuno dei regimi stessi.
4-bis. Gli oneri da riscatto possono essere versati ai regimi previdenziali di appartenenza in unica soluzione ovvero in centoventi rate mensili senza l'applicazione di interessi per la rateizzazione.
4-ter. Dal 1o gennaio 2009, cessa a carico del Fondo Nazionale del Servizio Civile qualsiasi obbligo contributivo ai fini di cui al comma 4 per il periodo di servizio civile prestato dai volontari avviati dal 1o gennaio 2009»;
detto provvedimento interviene, quindi, in materia di riconoscimento del periodo di servizio civile ai fini del trattamento previdenziale nel settore pubblico e privato;
esso va a modificare la disciplina pensionistica dei periodi di servizio civile svolti come volontario, prevedendo che a decorrere dal 2009 essi non siano più a carico del Fondo nazionale per il servizio civile ma siano, in tutto o in parte, riscattabili, su domanda, con oneri a carico dell'interessato;
la natura del provvedimento, è volta a superare la copertura previdenziale del periodo di servizio civile volontario a carico del Fondo nazionale per il servizio civile, ma non apparrebbe coerente cen l'esigenza di promuovere la scelta del servizio civile da parte dei giovani: il numero dei volontari chiamati a svolgere attività di grande rilievo nel settore sociale, sta scemando e il riconoscimento ai fini previdenziali del periodo prestato nel servizio civile, così come era previsto, era finalizzato appunto, ad incentivarne la scelta;
la Commissione XI Lavoro, nel parere finale favorevole, con diverse osservazioni dell'8 gennaio 2009, vi ha incluso anche quella di modificare detto comma 2 dell'articolo 4, ai fini del trattamento previdenziale del settore pubblico e privato, nel senso di evitare di mettere a carico degli interessati gli oneri della copertura previdenziale, proprio per i suindicati fini, non ritenendo, perciò, coerente detta modifica al decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77, recante disciplina del servizio civile nazionale a norma dell'articolo 2 della legge 6 marzo 2001, n. 64, più esattamente all'articolo 9, comma 4, concernente il trattamento economico e giuridico, secondo cui: «Il periodo di servizio civile è riconosciuto valido, a tutti gli effetti, per l'inquadramento economico e per la determinazione dell'anzianità lavorativa ai fini del trattamento previdenziale del settore pubblico e privato, nei limiti e con le modalità con le quali la legislazione vigente riconosce il servizio militare obbligatorio con onere, per il personale volontario, a carico del Fondo nazionale per il servizio civile,

impegna il Governo

a tenere in debito conto che il disposto di cui al comma 2 dell'articolo 4 del provvedimento, nel perseguire il precipuoscopo di superare la copertura previdenziale del periodo di servizio civile volontario a carico del Fondo nazionale per il servizio civile, introduce un sistema di contribuzione volontaria a carico dei soggetti che hanno prestato servizio civile - con riscattabilità dei periodi corrispondenti al servizio civile su base volontaria successivi al 1o gennaio 2009, con oneri da riscatto versabili ai regimi previdenziali in unica soluzione o in rateizzazione di centoventi mesi - che non apparrebbe coerente con l'esigenza di promuovere la scelta del servizio civile da parte dei giovani. Infatti, in una prima fase, quando il servizio civile era basato sull'obiezione di coscienza, si riconosceva agli obiettori il beneficio previdenziale secondo il principio della «contribuzione figurativa» e quindi senza alcun esborso a carico dell'Ufficio nazionale e dell'obiettore medesimo. Inoltre, successivamente, con l'istituzione del servizio civile, l'attività dei volontari, pur non essendo considerata come attività lavorativa, è stata remunerata con un »compenso« nonché garantita con forme di tutela. Infatti, dal 1o gennaio 2006 il periodo di servizio civile è riconosciuto ai fini del trattamento previdenziale, con oneri, per il personale volontario, a carico del predetto Fondo nazionale per il servizio civile, che si vuole eliminare. Questa inversione di tendenza potrebbe essere un deterrente alla scelta dei giovani di prestare servizio civile.
9/1972/28. Pelino, Cazzola, Antonino Foti, Di Biagio, Vincenzo Antonio Fontana.

La Camera,
premesso che:
i trattamenti pensionistici di guerra, in virtù della loro natura risarcitoria, sono irrilevanti ai fini fiscali, previdenziali, sanitari ed assistenziali ai sensi dell'articolo 5 della legge 8 agosto 1991, n. 261;
i loro importi non vengono quindi considerati reddito ad alcun fine, poiché questi trattamenti costituiscono adempimento di un dovere dello Stato nei confronti di cittadini che abbiano subìto, a causa degli eventi bellici, menomazioni o la perdita di un congiunto;
tale principio trova come unica eccezione il campo delle pensioni e degli assegni sociali, rispetto a cui i trattamenti pensionistici di guerra sono computati nel reddito degli interessati in forza del rinvio che l'articolo 77, secondo comma, del testo unico in materia di pensioni di guerra (decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915) fa alla norma speciale di cui all'articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, come modificato dall'articolo 3 del decreto-legge 2 marzo 1974, n. 30 convertito con modificazioni in legge 16 aprile 1974, n. 114, e dei criteri disposti dall'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335;
questo quadro normativo produce una situazione di evidente ingiustizia e discriminazione, in quanto annulla il valore risarcitorio delle pensioni di guerra proprio nei confronti dei soggetti più bisognosi e di fatto fa sì che il diritto alla pensione o all'assegno sociale sussista per tutti i cittadini indigenti tranne che per i pensionati di guerra;
l'irrazionalità di questa normativa è divenuta ancor più evidente con l'introduzione del «minimo garantito» per i pensionati a basso reddito, disposto dall'articolo 38 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, in seguito al quale possono esservi casi in cui la titolarità di una pensione di guerra finisce addirittura con il danneggiare il soggetto, perché in sua assenza potrebbe fruire di un assegno sociale di importo superiore;
gli importi delle pensioni di guerra sono divenuti nella grande maggioranza dei casi inadeguati a svolgere persino la loro naturale funzione risarcitoria e quindi a maggior ragione non possono in caso di indigenza assumere anche una funzione assistenziale;
l'articolo 50, comma 3, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito,con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, ha dichiarato l'irrilevanza ai fini della concessione della pensione o assegno sociale dei trattamenti pensionistici percepiti dagli ex-deportati nei campi KZ (legge 18 novembre 1980, n. 791) e dai perseguitati politici e razziali (legge 10 marzo 1955, n. 96), trattamenti che hanno con tutta evidenza la medesima natura risarcitoria delle pensioni di guerra e ne condividono la normativa;
la categoria dei pensionati di guerra è da sempre stata considerata una delle più benemerite e delle più meritevoli di tutela da parte di tutte le istituzioni dello Stato,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte a prevedere quanto prima l'irrilevanza dei trattamenti pensionistici di guerra ai fini della determinazione dei limiti di reddito previsti per il riconoscimento dell'assegno sociale di cui all'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, nonché della pensione sociale di cui all'articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153.
9/1972/29. Palumbo.

La Camera,
premesso che:
i trattamenti pensionistici di guerra, in virtù della loro natura risarcitoria, sono irrilevanti ai fini fiscali, previdenziali, sanitari ed assistenziali ai sensi dell'articolo 5 della legge 8 agosto 1991, n. 261;
i loro importi non vengono quindi considerati reddito ad alcun fine, poiché questi trattamenti costituiscono adempimento di un dovere dello Stato nei confronti di cittadini che abbiano subìto, a causa degli eventi bellici, menomazioni o la perdita di un congiunto;
tale principio trova come unica eccezione il campo delle pensioni e degli assegni sociali, rispetto a cui i trattamenti pensionistici di guerra sono computati nel reddito degli interessati in forza del rinvio che l'articolo 77, secondo comma, del testo unico in materia di pensioni di guerra (decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915) fa alla norma speciale di cui all'articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, come modificato dall'articolo 3 del decreto-legge 2 marzo 1974, n. 30 convertito con modificazioni in legge 16 aprile 1974, n. 114, e dei criteri disposti dall'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335;
questo quadro normativo produce una situazione di evidente ingiustizia e discriminazione, in quanto annulla il valore risarcitorio delle pensioni di guerra proprio nei confronti dei soggetti più bisognosi e di fatto fa sì che il diritto alla pensione o all'assegno sociale sussista per tutti i cittadini indigenti tranne che per i pensionati di guerra;
l'irrazionalità di questa normativa è divenuta ancor più evidente con l'introduzione del «minimo garantito» per i pensionati a basso reddito, disposto dall'articolo 38 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, in seguito al quale possono esservi casi in cui la titolarità di una pensione di guerra finisce addirittura con il danneggiare il soggetto, perché in sua assenza potrebbe fruire di un assegno sociale di importo superiore;
gli importi delle pensioni di guerra sono divenuti nella grande maggioranza dei casi inadeguati a svolgere persino la loro naturale funzione risarcitoria e quindi a maggior ragione non possono in caso di indigenza assumere anche una funzione assistenziale;
l'articolo 50, comma 3, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, ha dichiarato l'irrilevanza ai fini della concessione della pensione o assegno sociale dei trattamenti pensionistici percepiti dagli ex-deportati nei campi KZ (legge 18 novembre 1980, n. 791) e dai perseguitati politici e razziali (legge 10marzo 1955, n. 96), trattamenti che hanno con tutta evidenza la medesima natura risarcitoria delle pensioni di guerra e ne condividono la normativa;
la categoria dei pensionati di guerra è da sempre stata considerata una delle più benemerite e delle più meritevoli di tutela da parte di tutte le istituzioni dello Stato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative normative volte a prevedere quanto prima l'irrilevanza dei trattamenti pensionistici di guerra ai fini della determinazione dei limiti di reddito previsti per il riconoscimento dell'assegno sociale di cui all'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, nonché della pensione sociale di cui all'articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153.
9/1972/29. (Testo modificato nel corso della seduta) Palumbo.

La Camera,
premesso che:
le condizioni di vita e di lavoro nelle isole minori sono particolarmente difficili soprattutto a causa delle gravi carenze dei collegamenti sia marittimi che aerei con le isole maggiori e con la terraferma, circostanza che determina pesanti disagi per la popolazione residente ed ostacola fortemente lo sviluppo delle attività economiche ed in particolare del turismo, che rappresenta la più importante fonte di reddito nella stragrande maggioranza delle isole minori ed in particolare di quelle circostanti la Sicilia;
con il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è stata disposta, tra l'altro, la cessione alle regioni delle partecipazioni possedute dalla società Tirrenia navigazione SpA nelle società regionali di navigazione, cessione che ha coinvolto anche la società Siremar, che gestisce i collegamenti con le isole minori circostanti la Sicilia;
tale disposizione sta avendo effetti negativi in particolare sulla qualità e quantità dei collegamenti marittimi delle isole minori siciliane;
è di fondamentale importanza la salvaguardia del principio della garanzia della continuità territoriale fra le isole maggiori e minori con la terraferma,

impegna il Governo

affinché si garantisca, a seguito dell'eventuale acquisizione da parte della Regione Sicilia della società Siremar, l'inalienabile principio di continuità territoriale, imprescindibile per il rispetto delle popolazioni ivi residenti e la salvaguardia delle locali attività economiche.
9/1972/30. Fallica, Garofalo, Giammanco, Giudice, Grimaldi, Stagno d'Alcontres.

La Camera,
premesso che:
il personale di truppa delle forze armate, in rafferma annuale e in ferma prefissata, nonostante il diverso inquadramento giuridico è impiegato in tutte le attività operative nella stessa misura e con le stesse capacità del rimanente personale di truppa in servizio permanente;
tale personale risulta escluso dalle misure adottate a favore del personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, titolare di un reddito complessivo di lavoro dipendente non superiore, nell'anno 2008, a 35 mila euro, consistenti in una riduzione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali,

impegna il Governo

ad assumere le necessarie iniziative, in fase di emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuattivodelle misure indicate in premessa, al fine di riconoscere nell'anno 2009 ai volontari in rafferma annuale e in ferma prefissata delle forze armate un beneficio economico equivalente a quello attribuito al personale di truppa in servizio permanente.
9/1972/31. Garofani, Villecco Calipari, Minniti, Amici, Beltrandi, Gaglione, Giacomelli, Fioroni, La Forgia, Laganà Fortugno, Migliavacca, Mogherini Rebesani, Recchia, Rosato, Rugghia, Sereni, Tocci, Vico.

La Camera,
premesso che:
il personale di truppa delle forze armate, in rafferma annuale e in ferma prefissata, nonostante il diverso inquadramento giuridico è impiegato in tutte le attività operative nella stessa misura e con le stesse capacità del rimanente personale di truppa in servizio permanente;
tale personale risulta escluso dalle misure adottate a favore del personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, titolare di un reddito complessivo di lavoro dipendente non superiore, nell'anno 2008, a 35 mila euro, consistenti in una riduzione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere le necessarie iniziative, in fase di emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuattivo delle misure indicate in premessa, al fine di riconoscere nell'anno 2009 ai volontari in rafferma annuale e in ferma prefissata delle forze armate un beneficio economico equivalente a quello attribuito al personale di truppa in servizio permanente.
9/1972/31. (Testo modificato nel corso della seduta) Garofani, Villecco Calipari, Minniti, Amici, Beltrandi, Gaglione, Giacomelli, Fioroni, La Forgia, Laganà Fortugno, Migliavacca, Mogherini Rebesani, Recchia, Rosato, Rugghia, Sereni, Tocci, Vico.

La Camera,
premesso che:
è assolutamente necessario recuperare la piena efficienza dell'Arsenale di Taranto al fine di garantire alla nostra Marina Militare la piena operatività nelle attività istituzionali affidatele sia nelle acque nazionali che in quelle internazionali, nelle missioni della NATO, dell'ONU e dell'Unione Europea;
l'Arsenale di Taranto è a pieno titolo un'infrastruttura strategica per il rispetto di impegni assunti a livello internazionale, ultimo in ordine di tempo quello di contrasto alla pirateria nell'Oceano indiano, e nella realtà socio economica pugliese rappresenta un'entità produttiva di assoluto rilievo per la tenuta e lo sviluppo economico del territorio nonché per le implicazioni occupazionali ed i connessi riflessi sociali;
tra le misure adottate per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anticrisi il quadro strategico nazionale, con particolare riguardo alla riassegnazione delle risorse per interventi infrastrutturali nelle regioni meridionali, non risultano interventi a favore di questa struttura,

impegna il Governo

ad assumere con tempestività le necessarie iniziative atte a realizzare un piano straordinario di interventi per garantire la piena efficienza e l'ammodernamento dell'arsenale militare di Taranto utilizzando una adeguata quota delle risorse nazionali disponibili del Fondo aree sottosviluppate nell'arco del triennio 2009-2011.
9/1972/32. Villecco Calipari, Vico, Beltrandi, Gaglione, Garofani, Giacomelli, Fioroni, La Forgia, Laganà Fortugno, Migliavacca, Mogherini Rebesani, Recchia, Rosato, Rugghia, Sereni, Tocci,Bellanova, Boccia, Bordo, Capano, Concia, Ginefra, Grassi, Losacco, Mastromauro, Ria, Servodio, Berretta, Burtone, Capodicasa, Cardinale, Enzo Carra, Causi, D'Antoni, Genovese, Levi, Pierdomenico Martino, Antonino Russo, Samperi, Siragusa.

La Camera,
premesso che:
è assolutamente necessario recuperare la piena efficienza dell'Arsenale di Taranto al fine di garantire alla nostra Marina Militare la piena operatività nelle attività istituzionali affidatele sia nelle acque nazionali che in quelle internazionali, nelle missioni della NATO, dell'ONU e dell'Unione Europea;
l'Arsenale di Taranto è a pieno titolo un'infrastruttura strategica per il rispetto di impegni assunti a livello internazionale, ultimo in ordine di tempo quello di contrasto alla pirateria nell'Oceano indiano, e nella realtà socio economica pugliese rappresenta un'entità produttiva di assoluto rilievo per la tenuta e lo sviluppo economico del territorio nonché per le implicazioni occupazionali ed i connessi riflessi sociali;
tra le misure adottate per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anticrisi il quadro strategico nazionale, con particolare riguardo alla riassegnazione delle risorse per interventi infrastrutturali nelle regioni meridionali, non risultano interventi a favore di questa struttura,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere con tempestività le necessarie iniziative atte a realizzare un piano straordinario di interventi per garantire la piena efficienza e l'ammodernamento dell'arsenale militare di Taranto utilizzando una adeguata quota delle risorse nazionali disponibili del Fondo aree sottosviluppate nell'arco del triennio 2009-2011.
9/1972/32. (Testo modificato nel corso della seduta) Villecco Calipari, Vico, Beltrandi, Gaglione, Garofani, Giacomelli, Fioroni, La Forgia, Laganà Fortugno, Migliavacca, Mogherini Rebesani, Recchia, Rosato, Rugghia, Sereni, Tocci, Bellanova, Boccia, Bordo, Capano, Concia, Ginefra, Grassi, Losacco, Mastromauro, Ria, Servodio, Berretta, Burtone, Capodicasa, Cardinale, Enzo Carra, Causi, D'Antoni, Genovese, Levi, Pierdomenico Martino, Antonino Russo, Samperi, Siragusa.

La Camera,
premesso che:
la musica in tutte le sue forme è parte integrante della cultura e dell'identità di un Paese, nonché un eccellente veicolo per la sua promozione e diffusione;
le nuove tecnologie offrono grandi opportunità per la ricerca e lo sviluppo della musica italiana, anche nell'ottica della valorizzazione di talenti emergenti;
per il rilancio del settore musicale, da molto tempo in attesa di una riforma incisiva dell'intero comparto, sarebbe opportuno disporre in tempi brevi adeguati meccanismi che incentivino la produzione musicale;
sarebbe opportuno, in particolare, prevedere per le imprese produttrici di fonogrammi e di videogrammi musicali un credito di imposta nella misura del 15 per cento per l'attività di ricerca, produzione, digitalizzazione e promozione di una registrazione musicale, applicabile esclusivamente alle opere prime o seconde di artisti emergenti, in quanto promuovere e valorizzare le opere di talenti emergenti significherebbe garantire il futuro della musica italiana,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche in altro provvedimento, volte a prevedere un credito di imposta nella misura del 15 per cento dei costi sostenuti per attività diricerca, produzione, digitalizzazione e promozione di registrazioni musicali, riconosciuto esclusivamente per le opere prime o seconde di artisti emergenti.
9/1972/33. Carlucci.

La Camera,
premesso che:
la musica in tutte le sue forme è parte integrante della cultura e dell'identità di un Paese, nonché un eccellente veicolo per la sua promozione e diffusione;
le nuove tecnologie offrono grandi opportunità per la ricerca e lo sviluppo della musica italiana, anche nell'ottica della valorizzazione di talenti emergenti;
per il rilancio del settore musicale, da molto tempo in attesa di una riforma incisiva dell'intero comparto, sarebbe opportuno disporre in tempi brevi adeguati meccanismi che incentivino la produzione musicale;
sarebbe opportuno, in particolare, prevedere per le imprese produttrici di fonogrammi e di videogrammi musicali un credito di imposta nella misura del 15 per cento per l'attività di ricerca, produzione, digitalizzazione e promozione di una registrazione musicale, applicabile esclusivamente alle opere prime o seconde di artisti emergenti, in quanto promuovere e valorizzare le opere di talenti emergenti significherebbe garantire il futuro della musica italiana,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative, anche in altro provvedimento, volte a prevedere un credito di imposta nella misura del 15 per cento dei costi sostenuti per attività di ricerca, produzione, digitalizzazione e promozione di registrazioni musicali, riconosciuto esclusivamente per le opere prime o seconde di artisti emergenti.
9/1972/33. (Testo modificato nel corso della seduta) Carlucci.

La Camera,
premesso che:
nell'ambito dell'approvazione di un decreto-legge che prevede una serie di disposizioni per il sostegno al lavoro, all'occupazione e all'impresa è necessario approntare una serie di misure per rendere effettivo lo sviluppo delle regioni del Sud;
la situazione socioeconomica che stanno vivendo le zone meridionali del nostro Paese si contraddistingue per l'accentuarsi di una crisi occupazionale sempre crescente che ha interessato e, sta interessando, tutti i settori produttivi compresi quelli del turismo;
tra le iniziative finalizzate allo sviluppo dell'economia e all'aumento dei livelli occupazionali, appare urgente, anche al fine di dare un nuovo impulso al settore turistico, promuovere l'apertura di case da gioco, in particolare nelle zone ove in passato queste erano già presenti;
attualmente solo quattro comuni italiani, tutti situati al Nord del Paese, godono del privilegio derivante dalla presenza sul loro territorio di casinò;
la localizzazione di una casa da gioco nel Comune di Taormina, dove già in passato si trovava un casinò, si trasformerebbe in una fonte di risorse utile ad incrementare gli investimenti e lo sviluppo produttivo del territorio;
in tal senso, nella seduta del 23 luglio 2008, il Governo ha accettato l'ordine del giorno n. 9/1386/252 con il quale si impegnava a prevedere un provvedimento legislativo atto ad autorizzare la riapertura della casa da gioco di Taormina e a valutare l'opportunità di aprime altre nelle regioni del Sud;
appare opportuno, alla luce delle considerazioni sopra esposte, dare attuazioneimmediata al suddetto ordine del giorno,

impegna il Governo

a dare seguito a quanto esposto, in particolare, nell'ultimo capoverso delle premesse.
9/1972/34. Lombardo, Lo Monte, Belcastro, Commercio, Iannaccone, Latteri, Milo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
nell'ambito delle misure per il sostegno al lavoro e all'occupazione dettate dalla particolare congiuntura economica sfavorevole che sta attraversando il nostro paese, una attenzione particolare sì deve riservare alla stabilizzazione dei lavoratori LSU;
quella dei lavoratori di pubblica utilità e socialmente utili è una vicenda di precariato che, in questi anni, ha interessato migliaia di persone soprattutto nelle regioni meridionali, trascinandosi per molti anni e provocando forti tensioni sociali;
per l'anno 2009 non c'è alcuna disposizione che permetta agli enti di proseguire l'attività di LSU o di stabilizzare il personale LSU con assunzioni in deroga al patto di stabilità e al limite di spesa,

impegna il Governo

ad emanare provvedimenti legislativi che, nel rispetto dell'articolo 76 della legge n.133 del 2008, consenta la stabilizzazione di lavoratori socialmente utili, anche in deroga al limite previsto dalla normativa in tema di patto di stabilità interno.
9/1972/35. Milo, Lo Monte, Belcastro, Commercio, Iannaccone, Latteri, Lombardo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
nell'ambito delle misure per il sostegno al lavoro e all'occupazione dettate dalla particolare congiuntura economica sfavorevole che sta attraversando il nostro paese, una attenzione particolare sì deve riservare alla stabilizzazione dei lavoratori LSU;
quella dei lavoratori di pubblica utilità e socialmente utili è una vicenda di precariato che, in questi anni, ha interessato migliaia di persone soprattutto nelle regioni meridionali, trascinandosi per molti anni e provocando forti tensioni sociali;
per l'anno 2009 non c'è alcuna disposizione che permetta agli enti di proseguire l'attività di LSU o di stabilizzare il personale LSU con assunzioni in deroga al patto di stabilità e al limite di spesa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di emanare provvedimenti legislativi che, nel rispetto dell'articolo 76 della legge n.133 del 2008, consenta la stabilizzazione di lavoratori socialmente utili, anche in deroga al limite previsto dalla normativa in tema di patto di stabilità interno.
9/1972/35. (Testo modificato nel corso della seduta) Milo, Lo Monte, Belcastro, Commercio, Iannaccone, Latteri, Lombardo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede interventi a favore delle famiglie e delle imprese per contrastare la grave crisi economica internazionale che ha evidenti ripercussioni nel nostro Paese;
l'articolo 4 in particolare prevede il finanziamento di 25 milioni di euro per erogare un credito da rimborsare di 5000 euro per ogni figlio nato o adottato destinato alle famiglie con reddito medio basso;
tale intervento, pur positivo, risulta essere parziale e non risponde alle esigenze di tutte le famiglie con nuovi nati o bambini adottati;
le famiglie devono assumere un ruolo centrale negli interventi di sostegno economico, ma tali interventi non possono essere sostenuti solo da iniziative che rischiano dì tramutarsi in un ulteriore indebitamento, anche se sostenuto da agevolazioni, delle famiglie;
è necessario proseguire sulla strada tracciata dal suddetto articolo 4 ed integrare quanto da quest'ultimo previsto con azioni di sostegno vero per tutte le famiglie cui nascono bambini o che decidono di adottarne uno, attraverso un contributo a fondo perduto che si rilevi efficace e concreto;
le famiglie con bambini da uno a tre anni spendono solo per Iva sugli alimenti e per oggetti sanitari mediamente 1000 euro l'anno,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere l'erogazione di un ulteriore contributo a fondo perduto di almeno 1000 euro a favore delle famiglie con redditi medio bassi per ogni nuovo figlio nato o adottato.
9/1972/36. Sardelli, Lo Monte, Belcastro, Commercio, Iannaccone, Latteri, Lombardo, Milo.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede interventi a favore delle famiglie e delle imprese per contrastare la grave crisi economica internazionale che ha evidenti ripercussioni nel nostro Paese;
l'articolo 4 in particolare prevede il finanziamento di 25 milioni di euro per erogare un credito da rimborsare di 5000 euro per ogni figlio nato o adottato destinato alle famiglie con reddito medio basso;
tale intervento, pur positivo, risulta essere parziale e non risponde alle esigenze di tutte le famiglie con nuovi nati o bambini adottati;
le famiglie devono assumere un ruolo centrale negli interventi di sostegno economico, ma tali interventi non possono essere sostenuti solo da iniziative che rischiano dì tramutarsi in un ulteriore indebitamento, anche se sostenuto da agevolazioni, delle famiglie;
è necessario proseguire sulla strada tracciata dal suddetto articolo 4 ed integrare quanto da quest'ultimo previsto con azioni di sostegno vero per tutte le famiglie cui nascono bambini o che decidono di adottarne uno, attraverso un contributo a fondo perduto che si rilevi efficace e concreto;
le famiglie con bambini da uno a tre anni spendono solo per Iva sugli alimenti e per oggetti sanitari mediamente 1000 euro l'anno,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica ulteriori iniziative normative volte a prevedere l'erogazione di un ulteriore contributo a fondo perduto di almeno 1000 euro a favore delle famiglie con redditi medio bassi per ogni nuovo figlio nato o adottato.
9/1972/36. (Testo modificato nel corso della seduta) Sardelli, Lo Monte, Belcastro, Commercio, Iannaccone, Latteri, Lombardo, Milo.

La Camera,
premesso che:
il Mezzogiorno è essenziale per lo sviluppo del nostro Paese e per il ruolo geo-politico dell'Italia nel Mediterraneo, ma, da troppo tempo, non è purtroppo una priorità politica;
il Mezzogiorno non può e non deve essere considerato l'eterna emergenza, unirrisolvibile problema. Tutte, le analisi dicono che la «questione meridionale» rimane inesorabilmente aperta e resta inequivocabilmente una questione nazionale, anzi si sta aggravando anche a causa della gravissima crisi economica attuale;
le imprese del Sud, ma soprattutto coloro che sarebbero disponibili alla creazione di nuove imprese, denunciano le loro difficoltà nel reperire le risorse per avviarle, anche tenendo conto, fatto non secondario, dell'assenza di un sostegno al credito ramificato sul territorio capace di fornire le basi necessarie per l'avvio di nuove imprese;
in Italia solo il 7 per cento dei giovani sono titolari di una ditta individuale e nel sud questa percentuale si abbassa notevolmente; sono quindi necessari strumenti finanziari di affiancamento e sostegno soprattutto nella fase di start up e di trasformazione dell'idea in impresa;
oggi non basta più chiedere di inserire il Mezzogiorno tra le priorità del Governo, ma è necessario passare dagli annunci ai fatti; ad il Governo in carica rischia di essere conosciuto dalle popolazioni del sud solo come rastrellatore di fondi FAS da utilizzare magari per interventi nel nord del Paese;
l'avvio di nuove imprese nel Mezzogiorno è impedito in particolare da un sistema creditizio e bancario inefficace, mentre il costo del denaro nel sud è uno dei più alti d'Europa; infatti esistono notevoli differenze sostanziali tra il nord e il sud sui tassi di interesse praticati sui prestiti dalle banche alle nuove imprese;
allo scopo di creare nel Mezzogiorno nuove imprese e al fine di contrastare ì fenomeni di disoccupazione di lunga durata, nonché per l'ingresso delle persone inattive nel mercato è improrogabile istituire un apposito fondo di rotazione, gestito dalla Cassa depositi e prestiti, anche per sostenere l'avvio di nuove piccole e medie imprese nelle regioni del Mezzogiorno; le risorse del suddetto fondo dovrebbero essere destinate a soggetti disoccupati da almeno 12 mesi, a soggetti inattivi o appartenenti a categorie svantaggiate, che, quindi, hanno forti difficoltà di accesso ai tradizionali servizi bancari,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte ad istituire una fondo dì rotazione gestito dalla Cassa depositi e prestiti destinato a soggetti disoccupati da almeno 12 mesi, a soggetti inattivi o appartenenti alle categorie svantaggiate residenti nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia, Molise, per consentire la creazione di nuove imprese e allo scopo di contrastare i fenomeni di disoccupazione di lunga durata, nonché la grave crisi economica che investe il nostro Paese e l'economia internazionale.
9/1972/37. Lo Monte, Belcastro, Commercio, Iannaccone, Latteri, Lombardo, Milo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
la grave crisi del quadro macroeconomico internazionale ha avuto riflessi enormemente negativi per il nostro Paese e ha reso necessario, di conseguenza, l'adozione di misure di sostegno alle famiglie e all'occupazione;
tali misure, se pur encomiabili, appaiono tuttavia insufficienti e necessitano di ulteriori interventi, soprattutto nel Mezzogiorno, dove è necessario attivare e incrementare politiche economiche e opere infrastrutturali che aiutino concretamente la ripresa e il rilancio economico;
per l'economia italiana nel 2008, in particolare, rimane il preoccupante divario di crescita con l'area euro pari ad un punto percentuale all'anno, sintomo di una bassa produttività, della scarsa competitività delle imprese e di rilevanti problemi strutturali;
ancora più preoccupante appare il divario di sviluppo territoriale tra le aree del Paese (nel 2007 crescita PIL pari all' 1,6 per cento nel Centro-Nord ed all'0,9 per cento nel Mezzogiorno), penalizzando fortemente il Mezzogiorno, a testimonianza della necessità di dotare il Sud d'Italia di un sistema di infrastrutture e di servizi che consenta allo stesso di «competere» ad armi pari con il resto del Paese, al fine di non rendere vani gli sforzi prodotti in tal senso dalle popolazioni locali, dagli imprenditori, dai giovani e dagli enti locali tesi a rendere autonoma e competitiva l'economia locale;
i tagli operati sulla dotazione del Fondo aree sottoutilizzate, anche in questo decreto, confermano la tendenza del Governo ad utilizzare le risorse del Fondo per finanziare interventi di diversa natura, non efficaci, non sempre corrispondenti a finalità di sviluppo e quasi sempre non localizzati nel Mezzogiorno;
tale scelta è in netta contraddizione con la necessità di incentivare le politiche per lo sviluppo del Mezzogiorno che, di fatto, rappresenta un'opportunità di progresso economico per l'intero Paese non solo perché il Sud possiede le maggiori potenzialità di crescita produttiva, spazi fisici ed economici, le risorse materiali e immateriali ma perché ha le più importati potenzialità per accrescere il livello di competitività di tutta l'Italia,

impegna il Governo:

a rifinanziare, rendendolo uno strumento serio e radicato, il sistema del credito d'imposta automatico e diretto per le imprese che investono nelle aree dell'ex obiettivo 1 e per le assunzioni aggiuntive a tempo indeterminato;
a utilizzare le risorse dei fondi strutturali europei per le aree sottoutilizzate prioritariamente per progetti interregionali, con l'intervento sussidiario dello Stato, finalizzati a creare vere e credibili condizioni strutturali di sviluppo non solo economico ma anche sociale nelle regioni del Mezzogiorno;
a porre in essere, per quanto riguarda il Mezzogiorno, valutati i profili di compatibilità con la disciplina dell'Unione europea, la fiscalità di vantaggio per promuovere l'aggregazione tra le imprese operanti nel Mezzogiorno al fine di favorire lo sviluppo del tessuto produttivo meridionale.
9/1972/38. Commercio, Lo Monte, Belcastro, Iannaccone, Latteri, Lombardo, Milo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
la grave crisi del quadro macroeconomico internazionale ha avuto riflessi enormemente negativi per il nostro Paese e ha reso necessario, di conseguenza, l'adozione di misure di sostegno alle famiglie e all'occupazione;
tali misure, se pur encomiabili, appaiono tuttavia insufficienti e necessitano di ulteriori interventi, soprattutto nel Mezzogiorno, dove è necessario attivare e incrementare politiche economiche e opere infrastrutturali che aiutino concretamente la ripresa e il rilancio economico;
per l'economia italiana nel 2008, in particolare, rimane il preoccupante divario di crescita con l'area euro pari ad un punto percentuale all'anno, sintomo di una bassa produttività, della scarsa competitività delle imprese e di rilevanti problemi strutturali;
ancora più preoccupante appare il divario di sviluppo territoriale tra le aree del Paese (nel 2007 crescita PIL pari all' 1,6 per cento nel Centro-Nord ed all'0,9 per cento nel Mezzogiorno), penalizzando fortemente il Mezzogiorno, a testimonianza della necessità di dotare il Sud d'Italia di un sistema di infrastrutture e di servizi che consenta allo stesso di «competere» ad armi pari con il resto del Paese, al fine di non rendere vani gli sforzi prodotti in tal senso dalle popolazionilocali, dagli imprenditori, dai giovani e dagli enti locali tesi a rendere autonoma e competitiva l'economia locale;
i tagli operati sulla dotazione del Fondo aree sottoutilizzate, anche in questo decreto, confermano la tendenza del Governo ad utilizzare le risorse del Fondo per finanziare interventi di diversa natura, non efficaci, non sempre corrispondenti a finalità di sviluppo e quasi sempre non localizzati nel Mezzogiorno;
tale scelta è in netta contraddizione con la necessità di incentivare le politiche per lo sviluppo del Mezzogiorno che, di fatto, rappresenta un'opportunità di progresso economico per l'intero Paese non solo perché il Sud possiede le maggiori potenzialità di crescita produttiva, spazi fisici ed economici, le risorse materiali e immateriali ma perché ha le più importati potenzialità per accrescere il livello di competitività di tutta l'Italia,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di rifinanziare, rendendolo uno strumento serio e radicato, il sistema del credito d'imposta automatico e diretto per le imprese che investono nelle aree dell'ex obiettivo 1 e per le assunzioni aggiuntive a tempo indeterminato;
a utilizzare le risorse dei fondi strutturali europei per le aree sottoutilizzate prioritariamente per progetti interregionali, con l'intervento sussidiario dello Stato, finalizzati a creare vere e credibili condizioni strutturali di sviluppo non solo economico ma anche sociale nelle regioni del Mezzogiorno;
a valutare l'opportunità di porre in essere, per quanto riguarda il Mezzogiorno, valutati i profili di compatibilità con la disciplina dell'Unione europea, la fiscalità di vantaggio per promuovere l'aggregazione tra le imprese operanti nel Mezzogiorno al fine di favorire lo sviluppo del tessuto produttivo meridionale.
9/1972/38. (Testo modificato nel corso della seduta) Commercio, Lo Monte, Belcastro, Iannaccone, Latteri, Lombardo, Milo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
il Corpo forestale della Regione Sicilia ha stimato che la piena applicazione di Kyoto porterebbe verso i comuni montani dell'isola un flusso di 84 milioni di euro di crediti verdi vantati per l'assorbimento di Co2 da parte dei 300 mila ettari di superficie boscata, i più di 110 mila ettari di agrumeti e i 60 mila ettari di uliveti;
tale stima rende merito al ruolo fondamentale svolto dai comuni montani a cui non si accompagna, spesso, un altrettanto pari attenzione da parte delle istituzioni nel favorire lo sviluppo economico di queste aree da dove molto spesso, soprattutto i giovani, sono costretti ad allontanarsi in mancanza di un futuro sicuro;
appare indispensabile, di conseguenza, attivare politiche di sviluppo che consentano ai comuni montani di sviluppare una propria economia che consenta il rilancio dei comuni stessi;
tale situazione è ovviamente, stanti le ben note difficoltà economiche, ben più pressante nei comuni montani del Mezzogiorno;
in questo senso prevedere l'introduzione, per i giovani e i residenti che intraprendono nuove attività imprenditoriali o rafforzano quelle già esistenti nelle comunità montane ubicate nel Mezzogiorno, di forme di fiscalità di vantaggio appare una misura non più rinviabile e necessaria per il rilancio dell'economia in tali territori,

impegna il Governo

a prevedere la possibilità di emanare, entro tempi brevi, un provvedimento cheattivi, per i comuni montani del Mezzogiorno, forme di fiscalità di vantaggio al fine di attivare politiche di sviluppo per attrarre investimenti sostenibili e rilanciare l'economia nelle aree montane consentendo così anche a molti giovani di legarsi e costruire il proprio futuro in quei territori.
9/1972/39. Latteri, Lo Monte, Belcastro, Commercio, Iannaccone, Lombardo, Milo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 1152, della legge n. 296 del 2006 (Legge finanziaria 2007) per gli interventi di ammodernamento e potenziamento della viabilità secondaria delle regioni Sicilia e Calabria, non in gestione all'ANAS, stanzia un finanziamento di 500 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, a valere sul Fondo per le aree sottoutilizzate;
in data 3 agosto 2007, il Ministero dello sviluppo economico, competente per la gestione del Fondo per le aree sottoutilizzate, ha presentato nel corso di una riunione del CIPE, un'informativa nella quale ha proposto l'assegnazione, in occasione dell'adozione della delibera di riparto del Fondo per le aree sottoutilizzate, di una prima quota di 500 milioni. Le ulteriori risorse necessarie a dare piena attuazione della disposizione sarebbero state rese disponibili in relazione all'andamento della programmazione e all'utilizzo della prima quota assegnata;
con successivo decreto del 9 novembre 2007, il Ministro delle infrastrutture ha stabilito i criteri e le modalità di gestione, da parte delle province delle regioni Sicilia e Calabria, delle risorse finanziarie loro attribuite per l'ammodernamento e il potenziamento della viabilità secondaria, al fine di eliminare le condizioni di pericolo della rete viaria secondaria e della sua messa in sicurezza, omogenizzare gli standard prestazionali della rete, migliorare le condizioni di accessibilità alle aree interne, migliorare le interconnessioni con la rete viaria primaria e conseguentemente con i poli di scambio intermodale, migliorare le condizioni di accessibilità alle aree produttive;
con il decreto-legge n. 93 del 2008 il Governo dispone l'esenzione dell'Ici sulla prima casa e la detassazione degli straordinari, per un costo complessivo di circa 2,7 miliardi, 1,1 dei quali finanziati con lo storno dei suddetti fondi destinati alle opere in Calabria e Sicilia;
la viabilità provinciale ed interregionale nelle grandi regioni del Mezzogiorno continua ad essere drammaticamente insufficiente e lo «scippo» operato nei confronti di Sicilia e Calabria ha ulteriormente aggravato la situazione,

impegna il Governo

a stanziare, per interventi di ammodernamento e di potenziamento della viabilità secondaria esistente nelle regioni Sicilia, Calabria, Campania e Puglia, non compresa nelle strade gestite dalla società ANAS Spa, una quota pari a 1 miliardo di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011, da assegnare al Fondo per le aree sottoutilizzate.
9/1972/40. Belcastro, Lo Monte, Commercio, Iannaccone, Latteri, Lombardo, Milo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3, comma 12, del provvedimento in fase di approvazione prevede l'eventuale suddivisione della rete di trasmissione nazionale dell'energia elettrica in tre macro-zone (Nord, Centro e Sud);
lo stesso comma precisa che la suddetta suddivisione in macro-aree viene prevista in via solamente eventuale, essendoaffidata ad una decisione discrezionale del Ministro dello sviluppo economico;
allo stato attuale il prezzo unico nazionale dell'elettricità è rappresentato dalla media dei costi locali, sui quali incidono le inefficienze di distribuzione dell'energia, ragione per la quale oggi, in alcune regioni del Sud, penalizzate dalla mancanza di infrastrutture energetiche di sostegno, il costo delle tariffe energetiche è più alto;
devono essere assicurate condizioni di universalità del servizio pubblico su tutto il territorio nazionale,

impegna il Governo

a garantire che in nessun caso la suddetta suddivisione della rete di trasmissione nazionale dell'energia elettrica in tre macroaree possa comportare una differenziazione delle tariffe energetiche.
9/1972/41. Iannaccone, Lo Monte, Belcastro, Commercio, Latteri, Lombardo, Milo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 29 del decreto-legge in esame ha introdotto disposizioni in materia di crediti di imposta, che riguardano soprattutto il monitoraggio di tutti i crediti di imposta vigenti al fine di tenere conto degli oneri finanziari previsti in relazione alle disposizioni medesime;
la legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007), all'articolo 1, comma 53, ha fissato un limite massimo di utilizzo in compensazione del credito d'imposta in 250.000 euro annui, a decorrere dal 1o gennaio 2008, con alcune esclusioni o decorrenze posticipate al 2010 per i crediti d'imposta per le spese per investimenti in ricerca industriale e sviluppo precompetitivo di cui all'articolo 1, comma 280, della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006), nonché per le spese per l'acquisizione di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nelle aree del Mezzogiorno di cui all'articolo 1, comma 271, della medesima legge finanziaria per il 2007;
l'articolo 20 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha previsto una riduzione del 20 per cento, a favore di associazioni di volontariato o ONLUS sul prezzo di vendita di mezzi antincendio e di autoambulanze utilizzati da vigili del fuoco volontari, stabilendo che tale riduzione sarà praticata dal venditore, il quale potrà poi recuperare tali somme in compensazione;
con la risoluzione n. 24 del 24 febbraio 2005 l'Agenzia delle entrate ha specificato che la suddetta compensazione debba essere considerata un credito d'imposta concesso al venditore, con ciò comportando che i fornitori dei mezzi antincendio e delle autoambulanze, con le nuove disposizioni sul limite al credito d'imposta, non possano incassare l'IVA dalle associazioni di volontariato e non possano nemmeno usufruire della compensazione prevista dall'articolo 20 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, poiché con la vendita di 5 mezzi superano già la soglia dei 250.000 euro;
è necessario superare il paradosso in virtù del quale il fornitore di mezzi antincendio e di autoambulanze sia obbligato, in virtù di un'agevolazione prevista per legge ai sensi dell'articolo 20 del decreto legge n. 269 del 2003, a concedere una diminuzione del prezzo di vendita di tali mezzi alle associazioni di volontariato, senza poi poter recuperare attraverso il credito d'imposta le somme non percepite,

impegna il Governo

a chiarire che le disposizioni introdotte dall'articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, non si applicano ai crediti d'imposta dei soggetti già sottostanti alle disposizioni previste dall'articolo 20del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, per i motivi espressi in premessa.
9/1972/42. Brugger, Zeller.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 29 del decreto-legge in esame ha introdotto disposizioni in materia di crediti di imposta, che riguardano soprattutto il monitoraggio di tutti i crediti di imposta vigenti al fine di tenere conto degli oneri finanziari previsti in relazione alle disposizioni medesime;
la legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007), all'articolo 1, comma 53, ha fissato un limite massimo di utilizzo in compensazione del credito d'imposta in 250.000 euro annui, a decorrere dal 1o gennaio 2008, con alcune esclusioni o decorrenze posticipate al 2010 per i crediti d'imposta per le spese per investimenti in ricerca industriale e sviluppo precompetitivo di cui all'articolo 1, comma 280, della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006), nonché per le spese per l'acquisizione di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nelle aree del Mezzogiorno di cui all'articolo 1, comma 271, della medesima legge finanziaria per il 2007;
l'articolo 20 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha previsto una riduzione del 20 per cento, a favore di associazioni di volontariato o ONLUS sul prezzo di vendita di mezzi antincendio e di autoambulanze utilizzati da vigili del fuoco volontari, stabilendo che tale riduzione sarà praticata dal venditore, il quale potrà poi recuperare tali somme in compensazione;
con la risoluzione n. 24 del 24 febbraio 2005 l'Agenzia delle entrate ha specificato che la suddetta compensazione debba essere considerata un credito d'imposta concesso al venditore, con ciò comportando che i fornitori dei mezzi antincendio e delle autoambulanze, con le nuove disposizioni sul limite al credito d'imposta, non possano incassare l'IVA dalle associazioni di volontariato e non possano nemmeno usufruire della compensazione prevista dall'articolo 20 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, poiché con la vendita di 5 mezzi superano già la soglia dei 250.000 euro;
è necessario superare il paradosso in virtù del quale il fornitore di mezzi antincendio e di autoambulanze sia obbligato, in virtù di un'agevolazione prevista per legge ai sensi dell'articolo 20 del decreto legge n. 269 del 2003, a concedere una diminuzione del prezzo di vendita di tali mezzi alle associazioni di volontariato, senza poi poter recuperare attraverso il credito d'imposta le somme non percepite,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di chiarire che le disposizioni introdotte dall'articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, non si applicano ai crediti d'imposta dei soggetti già sottostanti alle disposizioni previste dall'articolo 20 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, per i motivi espressi in premessa.
9/1972/42. (Testo modificato nel corso della seduta) Brugger, Zeller.

La Camera,
premesso che:
la pratica del car sharing è molto sviluppata in Europa ma è ancora ai primi passi in Italia;
è un servizio innovativo che, nelle nostre città, può validamente rappresentare un'alternativa efficace e utile all'idea corrente di mobilità. Il servizio è raggiungibile 24 ore su 24, riduce l'impatto ambientale della circolazione, riduce i costi, ma aumenta il numero dei posteggi e le opportunità dì scelta dell'utente, che potrà passare dall'economicità di una utilitaria alla praticità di una familiare;
tra le forme organizzate di uso comune di una flotta di veicoli, il car sharing sembra essere l'unica applicazione capace di bilanciare l'attuale insostituibile vantaggio garantito dell'auto privata negli spostamenti individuali. Il potenziale competitivo del servizio risiede nell'originalità dell'offerta: prestazioni simili a quelle dell'auto privata, ma costi inferiori;
il mercato automobilistico, infatti, offre ampie possibilità di scelta a chi desidera acquistare un veicolo, ma concede poche alternative, economiche e funzionali, a chi ne fa un uso occasionale o a chi non può permettersi una propria auto privata. L'industria automobilistica è una delle più esposte alla crisi economica internazionale e può essere aiutata solo se è in grado di innovare il prodotto, se migliora le sue prestazioni ecologiche ed acquisisce una maggiore utilità sociale;
il car sharing produce, nel tempo, effetti benefici sull'ambiente. Allenta la morsa del traffico veicolare nei centri urbani e favorisce comportamenti individuali più razionali nell'uso dell'automobile a vantaggio di mezzi ecocompatibili e a bassa intensità energetica;
lo sviluppo e l'espansione del car sharing su scala più ampia non può prescindere dall'esistenza di una buona offerta di trasporto collettivo sul territorio, in quanto si tratta di un servizio complementare e non sostitutivo,

impegna il Governo

ad incentivare lo sviluppo e il ricorso al car sharing:
a) costituendo un fondo speciale a sostegno delle aziende di trasporto che decidono di sviluppare e adottare questo sistema di mobilità alternativa;
b) equiparando gli abbonamenti per il car sharing a quello degli abbonamenti per i mezzi di trasporto pubblici in modo da poter usufruire nella dichiarazione dei redditi della detrazione del 19 per cento.
9/1972/43. Melchiorre, Tanoni.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 11, comma 5, lettera c), della legge 23 dicembre 1992, n. 498, come sostituito dall'articolo 2, comma 85, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 86, e poi, in parte modificato dall'articolo 1, comma 1030, lettera d), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, stabilisce che le sole società concessionarie autostradali sono soggette ai seguenti obblighi:
«c) agire a tutti gli effetti come amministrazione aggiudicatrice negli affidamenti di forniture e servizi di importo superiore alla soglia di rilevanza comunitaria nonché di lavori, ancorché misti con forniture o servizi e in tale veste attuare gli affidamenti nel rispetto del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, sevizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni»;
la norma in parola sembrerebbe, prima facie, obbligare tutti indistintamente i concessionari autostradali, siano essi di per sé dotati o meno della natura di organismo di diritto pubblico, ad applicare le regole proprie delle amministrazioni aggiudicatrici con riferimento alla totalità degli affidamenti di lavori a prescindere dall'importo e per la totalità degli affidamenti di forniture e servizi, ma solo se di importo superiore alla soglia comunitaria;
detta interpretazione renderebbe la norma certamente contraria non solo alla direttiva 2004/18/CE, nella parte in cui regola l'affidamento di prestazioni da parte di concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici, ma anche agli articoli 43, 49 e 56 del trattato CEE. E ciò:
conformando le modalità di affidamento delle concessioni e dei lavori autostradali in Italia in modo sostanzialmente diverso da quello previsto dalla direttiva2004/18, e compromettendo in tal modo l'uniformità di regole richiesta dall'apertura del mercato alle imprese dell'intera Unione;
imponendo ai concessionari autostradali privati, allo scopo di migliorare le condizioni di concorrenza, un vincolo alle libertà negoziali eccedente i limiti individuati dalla direttiva comunitaria 2004/18 e comunque in violazione del principio di proporzionalità;
introducendo una nozione di organismo di diritto pubblico difforme da quella tassativamente individuata dalla direttiva 2004/18;
infine - ma non per ultimo - introducendo una distorsione delle regole del mercato intesa ad impedire il libero esercizio delle attività delle imprese di gruppo, tale da comportare per le imprese così conformate una seria difficoltà ad operare nel mercato italiano;
la Corte di Giustizia CE ha da tempo affermato che: In forza del principio di preminenza del diritto comunitario, le disposizioni del Trattato e gli atti delle istituzioni, qualora siano direttamente applicabili, hanno l'effetto, nel loro rapporto con il diritto interno degli Stati membri, non solo di rendere ipso iure inapplicabile, per il fatto stesso della loro entrata in vigore, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale preesistente, ma anche - in quanto dette disposizioni e detti atti fanno parte integrante, con rango superiore rispetto alle norme interne, dell'ordinamento giuridico vigente nel territorio dei singoli Stati membri - di impedire la valida formazione di nuovi atti legislativi nazionali, nella misura in cui questi fossero incompatibili con norme comunitarie (Corte di Giustizia CE, 9 marzo 1978, C-106-77);
recependo integralmente tale impostazione, la Corte Costituzionale ha riconosciuto esservi «un punto fermo nella costruzione giurisprudenziale dei rapporti tra diritto comunitario e diritto interno: i due sistemi sono configurati come autonomi e distinti, ancorché coordinati, secondo la ripartizione di competenze stabilita e garantita dal Trattato. Esigenze fondamentali di eguaglianza e certezza giuridica postulano che le norme comunitarie - non qualificabili come fonte di diritto internazionale, né di diritto straniero, né di diritto interno - debbano avere piena efficacia obbligatoria e diretta applicazione in tutti gli Stati membri, come atti aventi forza e valore di legge in ogni Paese dello Comunità, sì da entrare ovunque contemporaneamente in vigore e conseguire applicazione eguale ed uniforme nei confronti di tutti i destinatari» (Corte Cost. 8 giugno 1984, n. 170 e n. 183 del 1973);
da tale principio la Consulta ha fatto derivare due conseguenze:
la prima è che le disposizioni della CEE, le quali soddisfano i requisiti dell'immediata applicabilità, devono, al medesimo titolo, entrare e permanere in vigore nel territorio italiano, senza che la loro sfera di efficacia possa essere intaccata dalla legge ordinaria dello Stato. Non importa, al riguardo, se questa legge sia anteriore o successiva (...). L'effetto connesso alla sua vigenza [della norma comunitaria] è perciò quello, non già di caducare, nell'eccezione propria del termine, la norma interna incompatibile, bensì di impedire che tale norma venga in rilievo per la definizione della controversia dinanzi al giudice nazionale« (Corte Cost. n. 170/1984, cit.; Corte Cost. 30 marzo 1995, n. 94);
la seconda conseguenza è »che tutti i soggetti competenti nel nostro ordinamento a dare esecuzione alla legge (e agli atti aventi forza o valore di legge) - tanto se dotati di poteri di dichiarazione del diritto, come gli organi giurisdizionali, quanto se privi di tali poteri, come gli organi amministrativi - sono tenuti giuridicamente a disapplicare le norme interne incompatibili con le norme stabilite«.dal Trattato CE, »nell'interpretazione datane dalla Corte di giustizia europea« (Corte Cost. 11 luglio 1989 n. 389);
ai fini dell'individuazione delle norme comunitarie aventi «effetti diretti»- e come tali idonee a far sorgere nei diretti interessati situazioni giuridiche tutelabili - la Corte costituzionale, recependo coerentemente le decisioni in tal senso dalla Corte di Giustizia, ha riconosciuto che alle «norme contenute negli articoli 52 e 59 del Trattato [ora artt. 43 e 49 del Trattato CE] (...) essendo decorso il periodo transitorio, deve riconoscersi una diretta efficacia (in tal senso, Corte di Giustizia CE sent. 21 giugno 1974 C.2/74; seni. 14 gennaio 1988 C.63/86), e dalle quali, pertanto derivano attualmente diritti, come la libertà di stabilimento e quella di prestazione dei servizi, che sono immediatamente tutelabili in giudizio da parte dei cittadini degli Stati membri» (ancora Corte Cost. n. 389/1989, cit.; Corte di Giustizia CE, 27 marzo 1980, C-61/79);
le norme dell'articolo 11, comma 5, lettera c), della legge n. 498 del 1992 limitano inequivocabilmente i diritti afferenti alla libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi, senza alcun rispetto del principio di proporzionalità il quale esige che non vengano adottati atti limitativi dei diritti e delle libertà fondamentali degli amministrati in misura superiore, e quindi sproporzionata, rispetto al pubblico interesse da perseguire. (Corte di Giustizia CE, 17 dicembre 1970, C-25/70; e 2 febbraio 1989, C- 274/87);
sotto un ulteriore profilo va considerato che la Corte di Giustizia CE ha ritenuto che norme che vietano, ostacolano o comunque rendono meno attraente l'esercizio dell'attività di impresa in uno Stato membro dell'Unione Europea si pongono in contrasto:
con l'articolo 43 del Trattato CE, che vieta restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini e delle imprese di uno stato membro nel territorio di un altro stato membro, precisando che tale contrasto è concretato da qualunque norma porti al medesimo risultato (Corte di Giustizia CE 15 gennaio 2002, C-439/99; Corte di Giustizia CE 12 aprile 1994, C-1/93);
con l'articolo 49 del Trattato CE, per il quale nessuno Stato membro può introdurre restrizioni all'espletamento di attività industriali, commerciali e simili nei confronti delle imprese operanti nel territorio dell'Unione Europea (Corte di Giustizia CE 20 gennaio 2001, C-205/99; Corte di Giustizìa CE 23 novembre 1999, cause riunite C-369/96 e C-376/96; Corte di Giustizia CE 18 giugno 1998, C266/96; Corte di Giustizia CE 28 marzo 1996, C-272/94);
con l'articolo 56 del Trattato CE, che vieta restrizioni alla libera circolazione di capitali all'interno della Comunità, con disposizione che «va oltre l'eliminazione di una disparità di trattamento tra gli operatori sui mercati finanziari in base alla cittadinanza» per colpire invece «in maniera generale le restrizioni ai movimenti di capitali tra gli stati membri» e all'interno di ciascuno stato membro, intendendosi per «restrizioni ai movimenti di capitali» anche qualunque misura che direttamente o indirettamente renda meno attraente l'investimento finanziario (Corte di Giustizia CE 4 giugno 2002, C-484/99; Corte di Giustizia CE, 13 maggio 2003, C-463/00);
non c'è dubbio che la norma in esame, sempre ove intesa nel senso sopra prospettato, avrebbe proprio l'effetto di ostacolare gravemente, o comunque di rendere meno attraente, l'esercizio dell'attività dì impresa, ed il correlativo investimento finanziario, nel settore delle concessioni autostradali.
in conclusione, il complesso delle considerazioni svolte induce a ritenere che, in forza dei richiamati principi concordemente affermati dalla Corte di Giustizia CE e dalla Corte costituzionale in tema di rapporti tra ordinamento comunitario ed ordinamento nazionale, la norma qui in esame, ove interpretata nel senso esplicitato, dovrebbe essere disapplicata da ogni operatore del diritto, in quanto per più versi in insanabile contrasto con la normativa comunitaria,

impegna il Governo:

a proporre una modifica normativa in modo da rendere la disposizione dell'articolo 11,comma 5, lettera c), della legge n. 498 del 1992, come novellata dal decreto-legge n. 262 del 2006, e successive modificazioni, conforme al diritto comunitario;
ad interpretare e far interpretare la predetta norma in modo che essa risulti conforme alla normativa comunitaria, ovverossia nel senso di richiedere ai concessionari privati di autostrade di agire a tutti gli effetti come amministrazioni, aggiudicatrici negli affidamenti a terzi, degli appalti di lavori, nonché di forniture e servizi di ammontare superiore alla soglia comunitaria, ma consenta sia l'esecuzione diretta, sia l'affidamento ai soggetti che si sono associati o consorziati per ottenere la concessione, sia alle imprese collegate.
9/1972/44. Armosino, Stradella.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 11, comma 5, lettera c), della legge 23 dicembre 1992, n. 498, come sostituito dall'articolo 2, comma 85, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 86, e poi, in parte modificato dall'articolo 1, comma 1030, lettera d), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, stabilisce che le sole società concessionarie autostradali sono soggette ai seguenti obblighi:
«c) agire a tutti gli effetti come amministrazione aggiudicatrice negli affidamenti di forniture e servizi di importo superiore alla soglia di rilevanza comunitaria nonché di lavori, ancorché misti con forniture o servizi e in tale veste attuare gli affidamenti nel rispetto del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, sevizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni»;
la norma in parola sembrerebbe, prima facie, obbligare tutti indistintamente i concessionari autostradali, siano essi di per sé dotati o meno della natura di organismo di diritto pubblico, ad applicare le regole proprie delle amministrazioni aggiudicatrici con riferimento alla totalità degli affidamenti di lavori a prescindere dall'importo e per la totalità degli affidamenti di forniture e servizi, ma solo se di importo superiore alla soglia comunitaria;
detta interpretazione renderebbe la norma certamente contraria non solo alla direttiva 2004/18/CE, nella parte in cui regola l'affidamento di prestazioni da parte di concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici, ma anche agli articoli 43, 49 e 56 del trattato CEE. E ciò:
conformando le modalità di affidamento delle concessioni e dei lavori autostradali in Italia in modo sostanzialmente diverso da quello previsto dalla direttiva 2004/18, e compromettendo in tal modo l'uniformità di regole richiesta dall'apertura del mercato alle imprese dell'intera Unione;
imponendo ai concessionari autostradali privati, allo scopo di migliorare le condizioni di concorrenza, un vincolo alle libertà negoziali eccedente i limiti individuati dalla direttiva comunitaria 2004/18 e comunque in violazione del principio di proporzionalità;
introducendo una nozione di organismo di diritto pubblico difforme da quella tassativamente individuata dalla direttiva 2004/18;
infine - ma non per ultimo - introducendo una distorsione delle regole del mercato intesa ad impedire il libero esercizio delle attività delle imprese di gruppo, tale da comportare per le imprese così conformate una seria difficoltà ad operare nel mercato italiano;
la Corte di Giustizia CE ha da tempo affermato che: In forza del principio di preminenza del diritto comunitario, le disposizioni del Trattato e gli atti delle istituzioni, qualora siano direttamente applicabili, hanno l'effetto, nel loro rapporto con il diritto interno degli Statimembri, non solo di rendere ipso iure inapplicabile, per il fatto stesso della loro entrata in vigore, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale preesistente, ma anche - in quanto dette disposizioni e detti atti fanno parte integrante, con rango superiore rispetto alle norme interne, dell'ordinamento giuridico vigente nel territorio dei singoli Stati membri - di impedire la valida formazione di nuovi atti legislativi nazionali, nella misura in cui questi fossero incompatibili con norme comunitarie (Corte di Giustizia CE, 9 marzo 1978, C-106-77);
recependo integralmente tale impostazione, la Corte Costituzionale ha riconosciuto esservi «un punto fermo nella costruzione giurisprudenziale dei rapporti tra diritto comunitario e diritto interno: i due sistemi sono configurati come autonomi e distinti, ancorché coordinati, secondo la ripartizione di competenze stabilita e garantita dal Trattato. Esigenze fondamentali di eguaglianza e certezza giuridica postulano che le norme comunitarie - non qualificabili come fonte di diritto internazionale, né di diritto straniero, né di diritto interno - debbano avere piena efficacia obbligatoria e diretta applicazione in tutti gli Stati membri, come atti aventi forza e valore di legge in ogni Paese dello Comunità, sì da entrare ovunque contemporaneamente in vigore e conseguire applicazione eguale ed uniforme nei confronti di tutti i destinatari» (Corte Cost. 8 giugno 1984, n. 170 e n. 183 del 1973);
da tale principio la Consulta ha fatto derivare due conseguenze:
la prima è che le disposizioni della CEE, le quali soddisfano i requisiti dell'immediata applicabilità, devono, al medesimo titolo, entrare e permanere in vigore nel territorio italiano, senza che la loro sfera di efficacia possa essere intaccata dalla legge ordinaria dello Stato. Non importa, al riguardo, se questa legge sia anteriore o successiva (...). L'effetto connesso alla sua vigenza [della norma comunitaria] è perciò quello, non già di caducare, nell'eccezione propria del termine, la norma interna incompatibile, bensì di impedire che tale norma venga in rilievo per la definizione della controversia dinanzi al giudice nazionale« (Corte Cost. n. 170/1984, cit.; Corte Cost. 30 marzo 1995, n. 94);
la seconda conseguenza è »che tutti i soggetti competenti nel nostro ordinamento a dare esecuzione alla legge (e agli atti aventi forza o valore di legge) - tanto se dotati di poteri di dichiarazione del diritto, come gli organi giurisdizionali, quanto se privi di tali poteri, come gli organi amministrativi - sono tenuti giuridicamente a disapplicare le norme interne incompatibili con le norme stabilite«.dal Trattato CE, »nell'interpretazione datane dalla Corte di giustizia europea« (Corte Cost. 11 luglio 1989 n. 389);
ai fini dell'individuazione delle norme comunitarie aventi «effetti diretti» - e come tali idonee a far sorgere nei diretti interessati situazioni giuridiche tutelabili - la Corte costituzionale, recependo coerentemente le decisioni in tal senso dalla Corte di Giustizia, ha riconosciuto che alle «norme contenute negli articoli 52 e 59 del Trattato [ora artt. 43 e 49 del Trattato CE] (...) essendo decorso il periodo transitorio, deve riconoscersi una diretta efficacia (in tal senso, Corte di Giustizia CE sent. 21 giugno 1974 C.2/74; seni. 14 gennaio 1988 C.63/86), e dalle quali, pertanto derivano attualmente diritti, come la libertà di stabilimento e quella di prestazione dei servizi, che sono immediatamente tutelabili in giudizio da parte dei cittadini degli Stati membri» (ancora Corte Cost. n. 389/1989, cit.; Corte di Giustizia CE, 27 marzo 1980, C-61/79);
le norme dell'articolo 11, comma 5, lettera c), della legge n. 498 del 1992 limitano inequivocabilmente i diritti afferenti alla libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi, senza alcun rispetto del principio di proporzionalità il quale esige che non vengano adottati atti limitativi dei diritti e delle libertà fondamentali degli amministrati in misura superiore,e quindi sproporzionata, rispetto al pubblico interesse da perseguire. (Corte di Giustizia CE, 17 dicembre 1970, C-25/70; e 2 febbraio 1989, C- 274/87);
sotto un ulteriore profilo va considerato che la Corte di Giustizia CE ha ritenuto che norme che vietano, ostacolano o comunque rendono meno attraente l'esercizio dell'attività di impresa in uno Stato membro dell'Unione Europea si pongono in contrasto:
con l'articolo 43 del Trattato CE, che vieta restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini e delle imprese di uno stato membro nel territorio di un altro stato membro, precisando che tale contrasto è concretato da qualunque norma porti al medesimo risultato (Corte di Giustizia CE 15 gennaio 2002, C-439/99; Corte di Giustizia CE 12 aprile 1994, C-1/93);
con l'articolo 49 del Trattato CE, per il quale nessuno Stato membro può introdurre restrizioni all'espletamento di attività industriali, commerciali e simili nei confronti delle imprese operanti nel territorio dell'Unione Europea (Corte di Giustizia CE 20 gennaio 2001, C-205/99; Corte di Giustizìa CE 23 novembre 1999, cause riunite C-369/96 e C-376/96; Corte di Giustizia CE 18 giugno 1998, C266/96; Corte di Giustizia CE 28 marzo 1996, C-272/94);
con l'articolo 56 del Trattato CE, che vieta restrizioni alla libera circolazione di capitali all'interno della Comunità, con disposizione che «va oltre l'eliminazione di una disparità di trattamento tra gli operatori sui mercati finanziari in base alla cittadinanza» per colpire invece «in maniera generale le restrizioni ai movimenti di capitali tra gli stati membri» e all'interno di ciascuno stato membro, intendendosi per «restrizioni ai movimenti di capitali» anche qualunque misura che direttamente o indirettamente renda meno attraente l'investimento finanziario (Corte di Giustizia CE 4 giugno 2002, C-484/99; Corte di Giustizia CE, 13 maggio 2003, C-463/00);
non c'è dubbio che la norma in esame, sempre ove intesa nel senso sopra prospettato, avrebbe proprio l'effetto di ostacolare gravemente, o comunque di rendere meno attraente, l'esercizio dell'attività dì impresa, ed il correlativo investimento finanziario, nel settore delle concessioni autostradali.
in conclusione, il complesso delle considerazioni svolte induce a ritenere che, in forza dei richiamati principi concordemente affermati dalla Corte di Giustizia CE e dalla Corte costituzionale in tema di rapporti tra ordinamento comunitario ed ordinamento nazionale, la norma qui in esame, ove interpretata nel senso esplicitato, dovrebbe essere disapplicata da ogni operatore del diritto, in quanto per più versi in insanabile contrasto con la normativa comunitaria,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di proporre una modifica normativa in modo da rendere la disposizione dell'articolo 11, comma 5, lettera c), della legge n. 498 del 1992, come novellata dal decreto-legge n. 262 del 2006, e successive modificazioni, conforme al diritto comunitario;
ad interpretare e far interpretare la predetta norma in modo che essa risulti conforme alla normativa comunitaria, ovverossia nel senso di richiedere ai concessionari privati di autostrade di agire a tutti gli effetti come amministrazioni, aggiudicatrici negli affidamenti a terzi, degli appalti di lavori, nonché di forniture e servizi di ammontare superiore alla soglia comunitaria, ma consenta sia l'esecuzione diretta, sia l'affidamento ai soggetti che si sono associati o consorziati per ottenere la concessione, sia alle imprese collegate.
9/1972/44. (Testo modificato nel corso della seduta) Armosino, Stradella.

La Camera,
premesso che:
il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco versa, ormai, in una gravissimasituazione economica, con un deficit accumulato di 100 milioni di euro unito ai consistenti tagli operati dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nei confronti dell'Opera nazionale di assistenza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco pari ad ulteriori 7,5 milioni di euro;
con tali premesse è messa in pericolo la stessa sopravvivenza del Corpo e si pregiudica, addirittura, l'approvvigionamento dei beni di primaria importanza, quali benzina, parti di ricambio, lubrificanti, manutenzione in genere del parco automezzi, nonché dei mezzi di aria e di acqua;
a ciò si aggiunge la grave carenza di organico ormai arrivata a livelli intollerabili con un deficit di oltre 4000 unità, che comporta un netto abbassamento del livello di sicurezza per tutti i cittadini;
in considerazione di ciò un aumento delle risorse finanziarie destinate al Corpo nazionale dei vigili del fuoco è indispensabile ed improcrastinabile;
anche la legge finanziaria appena approvata ha previsto un ulteriore taglio allo stanziamento in favore del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, oltre alle riduzioni già attuate, pari al 5 per cento in ragione della legge n. 133 del 2008;
questa scelta, oltre ad aggravare il già precario bilancio del Corpo, pregiudica l'efficienza del servizio mettendo pesantemente a rischio la sicurezza della popolazione;
nella categoria sta crescendo un forte malcontento che non si può sottacere nè, soprattutto, sottovalutare;
per queste ragioni, la Confsal vigili del fuoco ha indetto una giornata di sciopero per il 18 febbraio prossimo venturo,

impegna il Governo

ad assumere ogni concreta iniziativa al fine di mettere fine alle problematiche esposte in premessa.
9/1972/45. Catanoso.

La Camera,
premesso che:
le famiglie numerose sono colpite in misura maggiore dagli effetti negativi della stagnazione economica in atto e per tali ragioni hanno bisogno di un sostegno più consistente per affrontare la difficile fase;
gli interventi a favore di famiglie numerose hanno effetto sul sostegno della domanda interna perché incidono su soggetti con alta propensione al consumo;
è opportuno altresì intervenire a favore delle famiglie con nuovi nati anche per sostenere il tasso di natalità che nel nostro Paese è da tempo in calo,

impegna il Governo

a predisporre, anche in altro provvedimento, misure incisive e permanenti a favore di famiglie numerose e di quelle con nuovi nati con un allargamento relativo alla fascia d'età dei figli fino al raggiungimento del primo anno di vita, ai fini del diritto ai benefici.
9/1972/46. Saltamartini, Biava, Landolfi, Murgia, Piso.

La Camera,
premesso che:
le famiglie numerose sono colpite in misura maggiore dagli effetti negativi della stagnazione economica in atto e per tali ragioni hanno bisogno di un sostegno più consistente per affrontare la difficile fase;
gli interventi a favore di famiglie numerose hanno effetto sul sostegno della domanda interna perché incidono su soggetti con alta propensione al consumo;
è opportuno altresì intervenire a favore delle famiglie con nuovi nati anche per sostenere il tasso di natalità che nel nostro Paese è da tempo in calo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre, anche in altro provvedimento, misure incisive e permanenti a favore di famiglie numerose e di quelle con nuovi nati con un allargamento relativo alla fascia d'età dei figli fino al raggiungimento del primo anno di vita, ai fini del diritto ai benefici.
9/1972/46. (Testo modificato nel corso della seduta) Saltamartini, Biava, Landolfi, Murgia, Piso.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 7 del provvedimento in esame modifica, in via temporanea per il triennio 2009-2011, la disciplina relativa alla liquidazione dell'imposta sul valore aggiunto disponendo che l'IVA sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizio diviene esigibile al momento dell'incasso qualora quest'ultimo sia successivo al momento dell'emissione della fattura;
ai sensi dell'articolo 6, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, le cessioni di beni mobili si considerano effettuate (e, pertanto, la relativa IVA diviene esigibile) al momento della consegna o spedizione del bene stesso. Per i beni immobili la cessione è efficace ai fini IVA al momento della stipulazione del contratto. L'IVA esigibile, al netto dell'IVA detraibile (ossia di quella relativa agli acquisti di beni o servizi e regolarmente registrata negli appositi libri contabili) deve essere versata dal contribuente entro il giorno 16 del mese successivo a quello cui si riferisce la liquidazione dell'imposta (articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 100 del 1998);
la liquidazione periodica dell'IVA può essere effettuata con cadenza trimestrale per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi e per gli esercenti arti o professioni che realizzano un volume d'affari non superiore a euro 309.874, ovvero per le imprese aventi per oggetto altre attività (articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 542 del 1999) a euro 516.457;
l'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 prevede, tuttavia, alcune deroghe all'applicazione della disciplina generale. In particolare, il secondo periodo del quinto comma individua le ipotesi in cui l'esigibilità dell'imposta è determinata in base al criterio di cassa (c.d. regime IVA in sospensione d'imposta che si applica, ad esempio, nel caso di fatture emesse nei confronti delle pubbliche amministrazioni);
la norma estende l'ambito di applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 6, quinto comma, secondo periodo, del del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 alle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confronti di esercenti attività di impresa, arte o professione. Sono, pertanto, escluse le operazioni effettuate nei confronti dei privati consumatori, per le quali la mancanza di una documentazione dalla quale emergano dati del cliente farebbe nascere notevoli incertezze applicative;
il comma 2 della norma in esame, in merito all'ambito soggettivo di applicazione della norma, rinvia ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la determinazione del volume d'affari dei contribuenti nei cui confronti è applicabile la disposizione in commento. La relazione tecnica allegata al provvedimento, al fine di stimare gli effetti finanziari, ipotizza che la soglia possa essere fissata in misura pari a 200.000 euro;
sono in ogni caso esclusi dall'applicazione del criterio per cassa i soggetti che si avvalgono di regimi speciali IVA e quelli che applicano il regime dell'inversione contabile (cosiddetto reverse charge);
il differimento dell'esigibilità dell'IVA è ammesso per un periodo massimo di un anno dal momento di effettuazione dell'operazione di cessione, trascorso il quale l'imposta diviene esigibile anche in caso di mancato incasso della stessa; tale termine annuale non si applica se l'acquirente è assoggettato a procedure concorsuali o esecutive,

impegna il Governo

a fornire al Parlamento una relazione sui primi tre mesi di attuazione di tale disposizione ed a valutare, dopo questa prima fase di sperimentazione trimestrale, l'eventuale innalzamento della soglia del volume d'affari dei contribuenti nei cui confronti è applicabile la disposizione in commento fino ad almeno un milione di euro.
9/1972/47. Messina.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 7 del provvedimento in esame modifica, in via temporanea per il triennio 2009-2011, la disciplina relativa alla liquidazione dell'imposta sul valore aggiunto disponendo che l'IVA sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizio diviene esigibile al momento dell'incasso qualora quest'ultimo sia successivo al momento dell'emissione della fattura;
ai sensi dell'articolo 6, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, le cessioni di beni mobili si considerano effettuate (e, pertanto, la relativa IVA diviene esigibile) al momento della consegna o spedizione del bene stesso. Per i beni immobili la cessione è efficace ai fini IVA al momento della stipulazione del contratto. L'IVA esigibile, al netto dell'IVA detraibile (ossia di quella relativa agli acquisti di beni o servizi e regolarmente registrata negli appositi libri contabili) deve essere versata dal contribuente entro il giorno 16 del mese successivo a quello cui si riferisce la liquidazione dell'imposta (articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 100 del 1998);
la liquidazione periodica dell'IVA può essere effettuata con cadenza trimestrale per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi e per gli esercenti arti o professioni che realizzano un volume d'affari non superiore a euro 309.874, ovvero per le imprese aventi per oggetto altre attività (articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 542 del 1999) a euro 516.457;
l'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 prevede, tuttavia, alcune deroghe all'applicazione della disciplina generale. In particolare, il secondo periodo del quinto comma individua le ipotesi in cui l'esigibilità dell'imposta è determinata in base al criterio di cassa (c.d. regime IVA in sospensione d'imposta che si applica, ad esempio, nel caso di fatture emesse nei confronti delle pubbliche amministrazioni);
la norma estende l'ambito di applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 6, quinto comma, secondo periodo, del del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 alle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confronti di esercenti attività di impresa, arte o professione. Sono, pertanto, escluse le operazioni effettuate nei confronti dei privati consumatori, per le quali la mancanza di una documentazione dalla quale emergano dati del cliente farebbe nascere notevoli incertezze applicative;
il comma 2 della norma in esame, in merito all'ambito soggettivo di applicazione della norma, rinvia ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la determinazione del volume d'affari dei contribuenti nei cui confronti è applicabile la disposizione in commento. La relazione tecnica allegata al provvedimento, al fine di stimare gli effetti finanziari, ipotizza che la soglia possa essere fissata in misura pari a 200.000 euro;
sono in ogni caso esclusi dall'applicazione del criterio per cassa i soggetti che si avvalgono di regimi speciali IVA e quelli che applicano il regime dell'inversione contabile (cosiddetto reverse charge);
il differimento dell'esigibilità dell'IVA è ammesso per un periodo massimo di un anno dal momento di effettuazione dell'operazione di cessione, trascorso il quale l'imposta diviene esigibile anche in caso di mancato incasso della stessa; tale termine annuale non si applica se l'acquirente è assoggettato a procedure concorsuali o esecutive,

impegna il Governo

a fornire al Parlamento una relazione sui primi tre mesi di attuazione di tale disposizione ed a valutare, dopo questa prima fase di sperimentazione trimestrale, previa autorizzazione in sede U.E. e compatibilmente con le esigenze finanziarie, l'eventuale innalzamento della soglia del volume d'affari dei contribuenti nei cui confronti è applicabile la disposizione in commento.
9/1972/47. (Testo modificato nel corso della seduta) Messina.

La Camera,
premesso che:
l'esplosione della crisi finanziaria desta crescenti e fondate preoccupazioni. Ciò è particolarmente vero nel caso dell'Italia, dove i vincoli di bilancio riducono i margini di manovra per interventi a sostegno dell'economia. Tuttavia, la crisi può avere un effetto collaterale positivo: la riduzione del costo del debito per lo Stato;
da una parte c'è infatti la diminuzione dei tassi ufficiali decisa dalla Bce, che riduce la spesa per interessi: la Bce ha ridotto di un punto il tasso di policy nell'arco dell'ultimo quadrimestre e si può prevedere che continuerà su questa strada anche nel prossimo futuro;
dall'altro, la fuga dall'investimento in Borsa, direttamente e tramite il risparmio gestito, che si traduce in un aumento di domanda per gli strumenti finanziari più sicuri, anche a costo di doversi accontentare di bassi rendimenti;
la riduzione in termini assoluti dei rendimenti sui titoli di Stato ha giovato in misura significativa al Tesoro italiano;
se si confronta - come hanno fatto alcuni economisti - l'onere per interessi derivante dal rinnovo del debito pubblico in scadenza nel 2009 ai tassi di fine novembre 2008 con l'onere che si avrebbe rinnovando il debito ai tassi prevalenti a giugno del 2008, utilizzando le stesse tipologie di titoli in scadenza, una prima stima prudenziale indica in quasi 4 miliardi di euro il risparmio in un anno sul servizio del debito;
questa data di riferimento è stata scelta perché corrisponde al periodo nel quale è stato formulato il Dpef: quindi la stima calcola il minore costo del debito rispetto allo scenario prevalente all'epoca della stesura del documento di programmazione economica e finanziaria;
i calcoli sono stati fatti per i quantitativi di titoli in scadenza nel 2009, suddivisi per tipo di strumento, in totale quasi 280 miliardi di euro;
il risultato è un minore onere per interessi pari a 3,82 miliardi di euro su base annua. Ovviamente, il risparmio non è concentrato tutto nel 2009: sarebbe così solo se i titoli scadessero tutti all'inizio dell'anno, mentre le scadenze sono distribuite su tutti i dodici mesi. Inoltre, le stime non tengono conto dell'effetto derivante dal prelievo fiscale sugli interessi pagati dal Tesoro e potrebbero quindi in qualche misura sovrastimare la riduzione dell'onere per interessi. D'altra parte, i tassi d'interesse sono scesi ancora nelle ultime settimane, il che dovrebbe avere un effetto di segno opposto;
in sintesi, la cifra fornita è solo una prima indicazione approssimativa, che tuttavia mostra che il risparmio sul servizio del debito è significativo e potrebbe liberarerisorse per iniziative di sostegno all'economia in questa fase congiunturale particolarmente debole;
gli ultimi dati disponibili (di settembre 2008) indicano un onere per interessi 2009 di oltre 83 miliardi pari al 5,1 per cento del Pil;
certo, il beneficio che il servizio del debito risente dal calo dei rendimenti è tuttavia transitorio, avendo negli ultimi mesi le banche centrali fortemente aumentato l'offerta di moneta. Affinché non se ne abbiano eccessive conseguenze sui prezzi, l'eccesso di liquidità dovrà prima o poi essere assorbito;
pertanto, le disponibilità liberate dal calo dei tassi devono essere utilizzate per interventi di rapido effetto e temporanei,

impegna il Governo

al fine di contrastare la straordinaria situazione di crisi economica ed occupazionale e rilanciare la domanda interna, a valutare l'utilizzo di quota parte della minore spesa per il servizio del debito che si realizzasse nel 2009 rispetto alle previsioni, per ulteriori misure temporanee di sostegno al reddito per i lavoratori atipici e per l'incremento degli assegni al nucleo familiare per l'anno in corso.
9/1972/48. Mura, Evangelisti.

La Camera,
premesso che:
l'esplosione della crisi finanziaria desta crescenti e fondate preoccupazioni. Ciò è particolarmente vero nel caso dell'Italia, dove i vincoli di bilancio riducono i margini di manovra per interventi a sostegno dell'economia. Tuttavia, la crisi può avere un effetto collaterale positivo: la riduzione del costo del debito per lo Stato;
da una parte c'è infatti la diminuzione dei tassi ufficiali decisa dalla Bce, che riduce la spesa per interessi: la Bce ha ridotto di un punto il tasso di policy nell'arco dell'ultimo quadrimestre e si può prevedere che continuerà su questa strada anche nel prossimo futuro;
dall'altro, la fuga dall'investimento in Borsa, direttamente e tramite il risparmio gestito, che si traduce in un aumento di domanda per gli strumenti finanziari più sicuri, anche a costo di doversi accontentare di bassi rendimenti;
la riduzione in termini assoluti dei rendimenti sui titoli di Stato ha giovato in misura significativa al Tesoro italiano;
se si confronta - come hanno fatto alcuni economisti - l'onere per interessi derivante dal rinnovo del debito pubblico in scadenza nel 2009 ai tassi di fine novembre 2008 con l'onere che si avrebbe rinnovando il debito ai tassi prevalenti a giugno del 2008, utilizzando le stesse tipologie di titoli in scadenza, una prima stima prudenziale indica in quasi 4 miliardi di euro il risparmio in un anno sul servizio del debito;
questa data di riferimento è stata scelta perché corrisponde al periodo nel quale è stato formulato il Dpef: quindi la stima calcola il minore costo del debito rispetto allo scenario prevalente all'epoca della stesura del documento di programmazione economica e finanziaria;
i calcoli sono stati fatti per i quantitativi di titoli in scadenza nel 2009, suddivisi per tipo di strumento, in totale quasi 280 miliardi di euro;
il risultato è un minore onere per interessi pari a 3,82 miliardi di euro su base annua. Ovviamente, il risparmio non è concentrato tutto nel 2009: sarebbe così solo se i titoli scadessero tutti all'inizio dell'anno, mentre le scadenze sono distribuite su tutti i dodici mesi. Inoltre, le stime non tengono conto dell'effetto derivante dal prelievo fiscale sugli interessi pagati dal Tesoro e potrebbero quindi in qualche misura sovrastimare la riduzione dell'onere per interessi. D'altra parte, i tassi d'interesse sono scesi ancora nelle ultime settimane, il che dovrebbe avere un effetto di segno opposto;
in sintesi, la cifra fornita è solo una prima indicazione approssimativa, che tuttavia mostra che il risparmio sul servizio del debito è significativo e potrebbe liberare risorse per iniziative di sostegno all'economia in questa fase congiunturale particolarmente debole;
gli ultimi dati disponibili (di settembre 2008) indicano un onere per interessi 2009 di oltre 83 miliardi pari al 5,1 per cento del Pil;
certo, il beneficio che il servizio del debito risente dal calo dei rendimenti è tuttavia transitorio, avendo negli ultimi mesi le banche centrali fortemente aumentato l'offerta di moneta. Affinché non se ne abbiano eccessive conseguenze sui prezzi, l'eccesso di liquidità dovrà prima o poi essere assorbito;
pertanto, le disponibilità liberate dal calo dei tassi devono essere utilizzate per interventi di rapido effetto e temporanei,

impegna il Governo

al fine di contrastare la straordinaria situazione di crisi economica ed occupazionale e rilanciare la domanda interna, a valutare l'opportunità dell'utilizzo di quota parte della minore spesa per il servizio del debito che si realizzasse nel 2009 rispetto alle previsioni, per ulteriori misure temporanee di sostegno al reddito per i lavoratori atipici e per l'incremento degli assegni al nucleo familiare per l'anno in corso.
9/1972/48. (Testo modificato nel corso della seduta) Mura, Evangelisti.

La Camera,
premesso che:
la recente approfondita indagine della Corte dei Conti sugli effetti del condono fiscale 2003-2004 voluto dal secondo Governo Berlusconi conferma autorevolmente quanto già era stato denunciato dall'opposizione: la politica dei condoni ha prodotto gravi danni alla finanza pubblica e ha aggravato l'iniquità del prelievo fiscale, avvantaggiando ulteriormente gli evasori e di fatto aumentando l'onere per i contribuenti onesti;
l'indagine ha confermato il carattere lassista delle norme grazie alle quali molti evasori hanno potuto beneficiare degli effetti favorevoli della sanatoria senza in realtà pagare neppure le somme, ampiamente scontate rispetto a quanto originariamente dovuto, che si erano impegnati a versare con la dichiarazione di condono;
il buco è stato stimato in 5,2 miliardi di euro, pari al 20 per cento delle entrate a suo tempo annunciate;
particolarmente rilevante è risultato il mancato gettito relativo alla sanatoria degli omessi versamenti (3,5 miliardi di euro);
ma la vicenda del mancato pagamento delle rate successive alla prima non è che il più evidente tra i guasti determinati dalla legge 289 del 2002: basti ricordare le dichiarazioni riservate, la possibilità di mantenere il credito IVA anche in presenza di fatture false, la rottamazione dei ruoli, nonché lo «scudo fiscale» che ha consentito gravi aggiramenti della normativa senza peraltro raggiungere risultati significativi in termini di effettiva regolarizzazione dei capitali all'estero;
a ciò si aggiunga, come puntualmente rilevato nella relazione della Corte, la grave distrazione di risorse amministrative, tenuto conto che per oltre due anni l'Agenzia delle entrate è stata in gran parte distolta dal suo compito istituzionale di contrasto all'evasione per gestire la farraginosa legislazione del condono;
le affermazioni di numerosi esponenti dell'attuale maggioranza sembrano testimoniare, sul tema del rigore fiscale, una vistosa inversione di rotta rispetto al passato. Tuttavia, la flessione del gettito tributario che già si registra a pochi mesi dall'inizio della legislatura, solo in parte riferibile alla sopravvenuta crisi economica,mostra una preoccupante ripresa dell'evasione indotta anche dall'eliminazione delle più importanti misure di contrasto che erano state adottate dal Governo Prodi;
il comma 7 dell'articolo 32 del provvedimento al nostro esame contiene disposizioni in deroga alla disciplina ordinaria della riscossione tramite ruolo, al fine di facilitare il recupero delle somme dovute dai soggetti che hanno usufruito delle definizioni agevolate disposte dalla legge finanziaria 2003 (legge n. 289 del 2002) e che, tuttavia, hanno omesso di effettuare i relativi versamenti;
nei loro confronti, sono introdotte disposizioni volte a facilitarne l'aggressione del patrimonio immobiliare. Viene infatti abbassato a cinquemila euro (anziché ottomila, come previsto dalla disciplina generale in tema di espropriazione) il limite di importo al di sotto del quale l'agente non può procedere all'espropriazione immobiliare;
ma la stessa relazione tecnica stima che da tali norme di recupero possa derivare un incremento dei volumi di riscossione per un ammontare pari a soli 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011, svelando così l'inadeguatezza delle norme adottate,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative, anche legislative, fatte salve le prerogative del Parlamento, affinché il non pagamento, entro una scadenza inderogabile, di quanto concordato in sede di adesione alle modalità dei condoni fiscali faccia venir meno l'efficacia del condono e delle sanatorie di cui alla citata legge n. 289 del 2002.
9/1972/49. Barbato.

La Camera,
premesso che:
la crisi finanziaria in corso dimostra come sia necessario mettere sotto controllo gli strumenti finanziari, in particolare quelli internazionali che muovono quantità incredibili di denaro, e definire con più precisione il ruolo degli istituti di credito anche al fine di impedire devastanti conflitti di interesse;
viceversa, il Governo non ha trovato di meglio che abbattere alcuni dei baluardi costruiti dopo la crisi del 1929. Infatti uno dei presupposti usciti dalla crisi del 1929, per evitare di ricadere nella crisi, era quello di distinguere il destino delle imprese da quello del settore finanziario;
infatti, tra le regole auree del dopo crisi del 1929 c'era la netta distinzione dei compiti tra settore finanziario e settore produttivo. Una norma di garanzia contro la commistione di interessi. Già la scelta di costruire un sistema bancario universale attraverso la soppressione in Italia nel 1992 della distinzione tra banche commerciali e attività finanziarie è stata discutibile anche alla luce della crisi attuale. Semmai dovrebbero essere portati dei correttivi, forse occorrerebbe tornare alla situazione quo ante;
il Governo, con l'articolo 14 del provvedimento in esame, e purtroppo anche la Banca d'Italia hanno deciso di consentire alle banche di aumentare la loro partecipazione al capitale delle imprese e, nella direzione contraria, di consentire alle imprese di aumentare la loro partecipazione nel capitale delle banche;
esattamente quello che dopo il 1929 si era cercato di evitare nella fondata convinzione che la commistione di interressi tra banche e imprese industriali, commerciali, ecc. potesse portare solo guai;
del resto dopo la crisi Parmalat si era detto solennemente di volere addirittura garantire che l'attività bancaria avesse al suo interno una netta distinzione tra l'attività volta a costruire i prodotti finanziari da vendere e chi distribuisce glistessi prodotti ai cittadini, in modo da evitare il conflitto di interessi che è venuto a galla dopo le indagini della magistratura sulle crisi Cirio, Parmalat, ecc.;
da un lato il Governo fa roboanti dichiarazioni sull'esigenza di mettere sotto controllo il mercato finanziario e dall'altro sta consentendo una pratica «incestuosa» tra banche e imprese e per di più lo fa, per quanto lo riguarda, per decreto-legge;
non si comprende come la citata disposizione possa rimediare alla crisi finanziaria in essere, semmai potrebbe aggravarla, togliendo una garanzia contro il ripetersi di condizioni pericolose;
la questione della distinzione dei ruoli tra banca e impresa non è cosa di poco conto perché in una fase di crisi finanziaria ottenere credito non è accessibile a tutti allo stesso modo ed è chiaro che se qualche imprenditore si troverà nella più favorevole posizione di essere un importante azionista di una banca ha ragionevoli possibilità di partire da una posizione di vantaggio nell'ottenere credito, visto che il futuro degli amministratori della banca dipenderà anche dalla valutazione dell'azionista imprenditore;
certo, alcuni statuti bancari prevedono che gli amministratori interessati ad una delibera si astengano dal voto, ma è situazione già nota anche sul piano politico. Infatti non abbiamo dimenticato quando nel consiglio dei Ministri venivano prese decisioni in assenza di qualcuno direttamente interessato al provvedimento che ci teneva a sottolineare come non fosse presente alla decisione, salvo essere assolutamente tranquillo sui risultati finali. La decisione infatti è sempre stata conforme agli interessi dell'assente. Nelle banche accadrà la stessa cosa. L'assente non avrà motivo di preoccuparsi, i suoi amici provvederanno a garantirlo adeguatamente,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative per la distinzione dei ruoli nel sistema economico e dei poteri che in esso vengono esercitati con particolare riguardo alla prevenzione di conflitti di interesse ed all'indebita commistione tra imprese ed istituti di credito.
9/1972/50. Misiti.

La Camera,
premesso che:
la priorità in questa crisi finanziaria ed economica del 2009 è quella di difendere tutti i posti di lavoro e tutelare i redditi dei lavoratori e dei pensionati. A rischio sono sia i lavoratori assunti a tempo indeterminato, che i giovani precari;
secondo il Centro studi della Confindustria, nel 2009, per la prima volta dal 1994, la variazione annua dell'occupazione sarà negativa, con un calo dell'1,4 per cento. Tra il secondo trimestre del 2008 e la seconda metà del 2009 si avrà una perdita di 600 mila posti di lavoro;
la Banca centrale europea ha definito auspicabile per l'Italia un pacchetto di interventi per offrire aiuti fiscali, in risposta al sempre più probabile aumento della disoccupazione nel Paese;
in Germania, secondo quanto riportato dalla stampa, il Governo starebbe sollecitando i responsabili delle principali società quotate in borsa a rinunciare ai licenziamenti per il 2009; si punta, dunque, coerentemente, tra le altre cose a rendere più sicuro il lavoro, per garantire il reddito e incentivare i consumi;
il Governo teme un forte aumento della disoccupazione nel 2009, a tal punto che il cancelliere Angela Merkel ha affermato che l'esecutivo tedesco è disponibile a sobbarcarsi i costi salariali dei lavoratori provvisoriamente non occupati o finanziare programmi di aggiornamento professionale;
dagli USA, Francia e Germania giunge l'idea di una programmazione economica fatta di politica industriale vera: loStato dà sostegno alla classe imprenditoriale, ma decide che questo investimento deve essere utilizzato per fini di pubblica utilità e di interesse collettivo costringendo i beneficiari, cioè le aziende, a rispettarli;
in Italia crescono le società che sviluppano una nuova organizzazione del lavoro per affrontare i cali produttivi, sono già 36 le aziende nel settore tessile che a fine 2008 hanno firmato un contratto di solidarietà;
nelle imprese tessili c'è un approccio di grande flessibilità all'organizzazione del lavoro, per poter far fronte alle peculiarità della produzione di questo settore, dove si alternano fasi in cui è necessario il lavoro notturno e nei week end a fasi in cui si lavora un giorno in meno alla settimana o con un orario ridotto;
tale contratto di solidarietà è stato preso in considerazione - ad esempio - anche dell'azienda Wuerth di Bolzano. Dopo discussioni e calcoli per comprendere quale sarebbe stata la misura meno pesante per conciliare il mantenimento del potere d'acquisto dei lavoratori e il contenimento dei costi dell'azienda che distribuisce sistemi professionali di fissaggio, la multinazionale tedesca dalla prossima settimana applicherà una formula contrattuale che prevede una riduzione dell'orario di lavoro del 25 per cento per 260 collaboratori che avranno nella loro busta paga il 90 per cento della loro abituale retribuzione, senza avere alcuna ripercussione negativa sui diritti previdenziali che continueranno ad essere accreditati per intero;
per il singolo cittadino il reddito resta la molla principale al consumo ed agli investimenti; proprio la salvaguardia di un elevato livello di consumi può permettere di superare l'attuale crisi,

impegna il Governo

ad intraprendere opportune iniziative, anche tenendo presente l'iniziativa del Governo tedesco, per il pagamento da parte dello Stato delle ore non lavorate ai dipendenti delle aziende in crisi che riducono l'orario di lavoro senza licenziare, mettere in cassa integrazione o in mobilità i propri dipendenti, al fine di non ridurre i salari dei lavoratori.
9/1972/51. Porcino, Paladini, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
la priorità in questa crisi finanziaria ed economica del 2009 è quella di difendere tutti i posti di lavoro e tutelare i redditi dei lavoratori e dei pensionati. A rischio sono sia i lavoratori assunti a tempo indeterminato, che i giovani precari;
secondo il Centro studi della Confindustria, nel 2009, per la prima volta dal 1994, la variazione annua dell'occupazione sarà negativa, con un calo dell'1,4 per cento. Tra il secondo trimestre del 2008 e la seconda metà del 2009 si avrà una perdita di 600 mila posti di lavoro;
la Banca centrale europea ha definito auspicabile per l'Italia un pacchetto di interventi per offrire aiuti fiscali, in risposta al sempre più probabile aumento della disoccupazione nel Paese;
in Germania, secondo quanto riportato dalla stampa, il Governo starebbe sollecitando i responsabili delle principali società quotate in borsa a rinunciare ai licenziamenti per il 2009; si punta, dunque, coerentemente, tra le altre cose a rendere più sicuro il lavoro, per garantire il reddito e incentivare i consumi;
il Governo teme un forte aumento della disoccupazione nel 2009, a tal punto che il cancelliere Angela Merkel ha affermato che l'esecutivo tedesco è disponibile a sobbarcarsi i costi salariali dei lavoratori provvisoriamente non occupati o finanziare programmi di aggiornamento professionale;
dagli USA, Francia e Germania giunge l'idea di una programmazione economicafatta di politica industriale vera: lo Stato dà sostegno alla classe imprenditoriale, ma decide che questo investimento deve essere utilizzato per fini di pubblica utilità e di interesse collettivo costringendo i beneficiari, cioè le aziende, a rispettarli;
in Italia crescono le società che sviluppano una nuova organizzazione del lavoro per affrontare i cali produttivi, sono già 36 le aziende nel settore tessile che a fine 2008 hanno firmato un contratto di solidarietà;
nelle imprese tessili c'è un approccio di grande flessibilità all'organizzazione del lavoro, per poter far fronte alle peculiarità della produzione di questo settore, dove si alternano fasi in cui è necessario il lavoro notturno e nei week end a fasi in cui si lavora un giorno in meno alla settimana o con un orario ridotto;
tale contratto di solidarietà è stato preso in considerazione - ad esempio - anche dell'azienda Wuerth di Bolzano. Dopo discussioni e calcoli per comprendere quale sarebbe stata la misura meno pesante per conciliare il mantenimento del potere d'acquisto dei lavoratori e il contenimento dei costi dell'azienda che distribuisce sistemi professionali di fissaggio, la multinazionale tedesca dalla prossima settimana applicherà una formula contrattuale che prevede una riduzione dell'orario di lavoro del 25 per cento per 260 collaboratori che avranno nella loro busta paga il 90 per cento della loro abituale retribuzione, senza avere alcuna ripercussione negativa sui diritti previdenziali che continueranno ad essere accreditati per intero;
per il singolo cittadino il reddito resta la molla principale al consumo ed agli investimenti; proprio la salvaguardia di un elevato livello di consumi può permettere di superare l'attuale crisi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere opportune iniziative, anche tenendo presente l'iniziativa del Governo tedesco, per il pagamento da parte dello Stato delle ore non lavorate ai dipendenti delle aziende in crisi che riducono l'orario di lavoro senza licenziare, mettere in cassa integrazione o in mobilità i propri dipendenti, al fine di non ridurre i salari dei lavoratori.
9/1972/51. (Testo modificato nel corso della seduta) Porcino, Paladini, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
la crisi finanziaria internazionale sta producendo pesanti conseguenze sull'economia reale, con una caduta della domanda globale e conseguenti diminuzioni della produzione industriale;
tra l'ampia platea di lavoratori colpiti dai primi provvedimenti conseguenti al richiamato calo della produzione, si evidenzia la condizione dei cosiddetti lavoratori atipici, ovvero coloro che sono i primi a essere espulsi dal ciclo produttivo e che risultano completamente privi di qualsiasi forma di tutela sociale;
secondo quanto riportato dalla stampa ci sarebbero quasi un milione di posti di lavoro atipici che rischiano di essere cancellati dalla crisi; uno studio dell'Università di Roma «La Sapienza» riporta che attualmente in Italia sarebbero oltre 800 mila i lavoratori stabilmente atipici e particolarmente a rischio, perché hanno un solo contratto, con un solo committente;
il decreto-legge anticrisi ha sollevato la questione dei diritti dei lavoratori atipici e a tempo determinato, una classe che oggi rappresenta una gran fetta del mondo occupazionale italiano che ha bisogno di essere tutelata sempre e non solo nei momenti di crisi;
la misura di sostegno al reddito dei lavoratori parasubordinati, contenuta all'articolo 19 del decreto in esame, cosiddetto «anticrisi», prevede l'erogazione del 10 per cento dei compensi percepiti nell'annoprecedente per i collaboratori a progetto, gli aventi diritto saranno coloro iscritti alla gestione separata INPS, che lavorano in regime di monocommittenza e con reddito lordo compreso tra 5.000 e 11.516 euro nel 2008;
un provvedimento così costruito è condannato all'inefficienza sia per l'intensità del contributo, sia per l'estensione dei beneficiari;
i fondi per gli ammortizzatori sociali stanziati per il 2009 sono del tutto insufficienti considerato che la sola cassa integrazione guadagni ordinaria è aumentata del 519 per cento,

impegna il Governo:

ad adottare misure volte al sostegno di una riforma generale degli ammortizzatori sociali ispirata al principio di equità;
ad adottare misure straordinarie volte a rafforzare e a sostenere il reddito dei lavoratori;
ad attuare specifiche forme di tutela per i lavoratori atipici e precari al fine di rispondere alla domanda di migliaia di persone che rischiano di perdere il posto di lavoro e non avere accesso agli ammortizzatori sociali.
9/1972/52. Paladini, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
la crisi finanziaria internazionale sta producendo pesanti conseguenze sull'economia reale, con una caduta della domanda globale e conseguenti diminuzioni della produzione industriale;
tra l'ampia platea di lavoratori colpiti dai primi provvedimenti conseguenti al richiamato calo della produzione, si evidenzia la condizione dei cosiddetti lavoratori atipici, ovvero coloro che sono i primi a essere espulsi dal ciclo produttivo e che risultano completamente privi di qualsiasi forma di tutela sociale;
secondo quanto riportato dalla stampa ci sarebbero quasi un milione di posti di lavoro atipici che rischiano di essere cancellati dalla crisi; uno studio dell'Università di Roma «La Sapienza» riporta che attualmente in Italia sarebbero oltre 800 mila i lavoratori stabilmente atipici e particolarmente a rischio, perché hanno un solo contratto, con un solo committente;
il decreto-legge anticrisi ha sollevato la questione dei diritti dei lavoratori atipici e a tempo determinato, una classe che oggi rappresenta una gran fetta del mondo occupazionale italiano che ha bisogno di essere tutelata sempre e non solo nei momenti di crisi;
la misura di sostegno al reddito dei lavoratori parasubordinati, contenuta all'articolo 19 del decreto in esame, cosiddetto «anticrisi», prevede l'erogazione del 10 per cento dei compensi percepiti nell'anno precedente per i collaboratori a progetto, gli aventi diritto saranno coloro iscritti alla gestione separata INPS, che lavorano in regime di monocommittenza e con reddito lordo compreso tra 5.000 e 11.516 euro nel 2008;
un provvedimento così costruito è condannato all'inefficienza sia per l'intensità del contributo, sia per l'estensione dei beneficiari;
i fondi per gli ammortizzatori sociali stanziati per il 2009 sono del tutto insufficienti considerato che la sola cassa integrazione guadagni ordinaria è aumentata del 519 per cento,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare misure volte al sostegno di una riforma generale degli ammortizzatori sociali ispirata al principio di equità;
ad adottare misure straordinarie volte a rafforzare e a sostenere il reddito dei lavoratori;
ad attuare specifiche forme di tutela per i lavoratori atipici e precari al fine di rispondere alla domanda di migliaia di persone che rischiano di perdere il posto di lavoro e non avere accesso agli ammortizzatori sociali.
9/1972/52. (Testo modificato nel corso della seduta) Paladini, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
l'integrazione degli obiettivi di protezione del suolo e di salvaguardia del territorio nelle politiche di sviluppo è ormai divenuta una priorità inderogabile in un Paese come il nostro dove per la scarsa manutenzione del territorio, per l'abusivismo, per la poca prevenzione, capita spesso che eventi meteorologici normali provochino vittime e danni economici ingenti;
è opportuno individuare una strategia politica rivolta maggiormente alla prevenzione, alla cura del territorio, all'adozione di pratiche di vigilanza attiva e di manutenzione costante del suolo, che sia in grado di mantenere in uno stato di concreta sicurezza le aree più sensibili dal punto di vista delle calamità naturali;
gran parte del territorio nazionale è soggetto a cicli annuali di fatti eccezionali tali da richiedere l'intervento della Protezione civile: trattasi di incendi, allagamenti ed inondazioni, frane e dissesti di varia natura;
il nostro sistema di protezione civile è tra i più avanzati del mondo, un'eccellenza italiana che ha permesso non solo di far fronte alle emergenze, ma di mettere in salvo importanti pezzi della nostra storia e tenere in rete migliaia di volontari;
i tagli previsti nella legge finanziaria sono una vera minaccia per il settore della protezione civile, che così indebolito rischia di non poter più assolvere al ruolo fondamentale che svolge per il territorio italiano e per i cittadini;
i fondi per la protezione del territorio, già insufficienti, sono stati più che dimezzati nella legge finanziaria per il 2009, gli stanziamenti passeranno dai 510,5 milioni di euro del 2008 ai 269,1 del 2009, per arrivare nel 2011 a 93,2 milioni;
nel dicembre scorso, il Sottosegretario Bertolaso ha minacciato le dimissioni proprio per la riduzione delle risorse destinate al sistema della protezione civile, che si distingue per la sua efficienza e tempestività,

impegna il Governo

ad individuare e a rendere disponibili risorse ulteriori, in aggiunta alle scarse risorse esistenti, per l'ordinario e lo straordinario funzionamento del sistema della protezione civile garantendo così le attività della protezione civile per la previsione e la lotta contro le calamità naturali.
9/1972/53. Monai, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
l'integrazione degli obiettivi di protezione del suolo e di salvaguardia del territorio nelle politiche di sviluppo è ormai divenuta una priorità inderogabile in un Paese come il nostro dove per la scarsa manutenzione del territorio, per l'abusivismo, per la poca prevenzione, capita spesso che eventi meteorologici normali provochino vittime e danni economici ingenti;
è opportuno individuare una strategia politica rivolta maggiormente alla prevenzione, alla cura del territorio, all'adozione di pratiche di vigilanza attiva e di manutenzione costante del suolo, che sia in grado di mantenere in uno stato diconcreta sicurezza le aree più sensibili dal punto di vista delle calamità naturali;
gran parte del territorio nazionale è soggetto a cicli annuali di fatti eccezionali tali da richiedere l'intervento della Protezione civile: trattasi di incendi, allagamenti ed inondazioni, frane e dissesti di varia natura;
il nostro sistema di protezione civile è tra i più avanzati del mondo, un'eccellenza italiana che ha permesso non solo di far fronte alle emergenze, ma di mettere in salvo importanti pezzi della nostra storia e tenere in rete migliaia di volontari;
i tagli previsti nella legge finanziaria sono una vera minaccia per il settore della protezione civile, che così indebolito rischia di non poter più assolvere al ruolo fondamentale che svolge per il territorio italiano e per i cittadini;
i fondi per la protezione del territorio, già insufficienti, sono stati più che dimezzati nella legge finanziaria per il 2009, gli stanziamenti passeranno dai 510,5 milioni di euro del 2008 ai 269,1 del 2009, per arrivare nel 2011 a 93,2 milioni;
nel dicembre scorso, il Sottosegretario Bertolaso ha minacciato le dimissioni proprio per la riduzione delle risorse destinate al sistema della protezione civile, che si distingue per la sua efficienza e tempestività,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare e rendere disponibili risorse ulteriori, in aggiunta alle scarse risorse esistenti, per l'ordinario e lo straordinario funzionamento del sistema della protezione civile garantendo così le attività della protezione civile per la previsione e la lotta contro le calamità naturali.
9/1972/53. (Testo modificato nel corso della seduta) Monai, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
con il 2007 la politica industriale del Governo Prodi è stata oggetto di una radicale modifica avviata con il varo del progetto «Industria 2015»;
tale progetto sta entrando nella fase di attuazione, considerato che è stato avviato con la legge finanziaria per il 2007, provvedimento in cui sono stati definiti i PII ( Piani di innovazione industriale);
sino ad ora sono stati attivati tre progetti di innovazione industriale (efficienza energetica, mobilità sostenibile e nuove tecnologie per il Made in Italy) con una dote complessiva di circa 500 milioni di euro;
le linee strategiche per lo sviluppo e la competitività del sistema produttivo sono state disegnate pensando a un concetto di industria esteso alle nuove filiere che integrano manifattura, servizi avanzati e nuove tecnologie;
il progetto Industria 2015 ha scelto di intervenire in maniera «mirata» per favorire lo sviluppo di prodotti e servizi ad alto contenuto di innovazione in cinque aree strategiche: l'efficienza energetica, la mobilità sostenibile, le nuove tecnologie per la vita, le nuove tecnologie per il made in Italy, le tecnologie innovative per i beni culturali;
tale progetto potrebbe segnare una svolta importante nel disegno di una moderna politica per l'innovazione industriale nel nostro Paese;
una buona partenza di tale progetto è assolutamente importante per aggregare imprese e centri di ricerca intorno a prototipi di processi e prodotti concretamente candidabili a ingegnerizzazione su frontiere avanzate delle molteplici tecnologie, frontiere su cui si giocheranno anche per l'Italia molte sfide di competizione industriale nei prossimi anni;
fondamentali sono le fasi di valutazione, selezione e monitoraggio dei progressi e dei risultati, per le quali il disegno originario prevedeva un ruolo centraledell'Agenzia per l'innovazione, capace di coinvolgere su ogni progetto esperti italiani e stranieri con solide esperienze di scenari tecnologici, visione internazionale, metodo di lavoro e standard valutativi di sicura qualità, indipendenza di giudizio. In tal modo verrebbe garantito al Ministro per lo sviluppo economico una quadro argomentato su cui esercitare le sue legittime decisioni;
la citata Agenzia ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 30 gennaio 2008 è sottoposta ai poteri di indirizzo e vigilanza del ministro per la Pubblica amministrazione e l'innovazione,

impegna il Governo

a dare rapida attuazione ai progetti di innovazione industriale del programma « Industria 2015» e a determinare regole di trasparenza nell'ambito della valutazione e della selezione dei vari progetti.
9/1972/54. Cimadoro, Cambursano, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
la dinamica delle entrate tributarie negli ultimi mesi è particolarmente preoccupante. Mese dopo mese, il tasso di crescita delle entrate si è ridotto progressivamente, tant'è vero che lo Stato ha incassato in termini nominali meno dello scorso anno con una riduzione mensile dell'1,2 per cento. Con l'eccezione dell'Irpef, che cresce a causa dei numerosi rinnovi contrattuali sottoscritti quest'anno, tutte le maggiori imposte sono in calo rispetto al 2007;
l'Ires, su base annua, è diminuita di circa 3 miliardi a causa principalmente della previsione negativa sui profitti aziendali nel 2009; le accise sui beni di consumo come gas e petrolio sono calate di 1,7 miliardi, riflettendo una riduzione dei consumi legata prima ad un aumento dei prezzi e più recentemente all'acutizzarsi della crisi economica. Inoltre il gettito IVA sugli scambi interni è stato di 800 milioni di euro inferiore a quanto incassato lo scorso anno, un risultato non spiegabile dall'andamento economico;
la riduzione del gettito IVA segnala che l'evasione fiscale è tornata ad aumentare dopo essere diminuita nel 2006 e nel 2007. Mentre il gettito decresce, i consumi e le vendite al dettaglio, su cui si calcola l'Iva crescono e non possono spiegare il calo del gettito;
l'evasione sembra essere una delle strategie utilizzate per affrontare questo periodo di crisi economica, mentre la lotta all'evasione fiscale, obiettivo dichiarato dal Governo, sta andando chiaramente male, e questo non può essere considerato casuale; dal primo decreto di finanza pubblica di maggio al recente decreto anticrisi di novembre, sono state smantellate le principali misure antievasione come ad esempio la tracciabilità dei compensi dei professionisti oppure l'obbligo di tenere un elenco clienti-fornitori e la corresponsabilità nel pagamento delle imposte tra committente, appaltatore e subappaltatore;
l'evasione fiscale costituisce uno dei punti più critici del nostro sistema economico e produttivo, un freno allo sviluppo ed alla competitività del Paese ed una delle principali ragioni dell'impoverimento complessivo del Paese, riduce il gettito fiscale, produce disparità di trattamento tra soggetti con uguale capacità contributiva, altera le condizioni di concorrenza sui mercati,

impegna il Governo

a valutare le opportune iniziative normative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di introdurre norme efficaci per la lotta all'evasione fiscale.
9/1972/55. Piffari.

La Camera,

impegna il Governo

a valutare le opportune iniziative normative, ferme restando le prerogative delParlamento, al fine di introdurre norme efficaci per la lotta all'evasione fiscale.
9/1972/55. (Testo modificato nel corso della seduta) Piffari.

La Camera,
premesso che:
la riduzione degli stipendi dei parlamentari è sicuramente un segnale importante, ma ormai anche i segnali non bastano più e bisogna pensare a un intervento strutturale di riduzione dei costi della politica;
è necessario parlare di dimezzamento del numero dei parlamentari, riprendere il tema dell'abolizione delle province, ridurre in modo significativo il finanziamento pubblico ai partiti e soprattutto abrogare il finanziamento all'editoria di partito, impedire agli enti locali, attraverso l'infinita serie delle società partecipate di realizzare quella che ogni giorno di più sembra una vera «stipendiopoli», mettere mano a quelle enormi sacche di burocrazia inefficiente che ci sono nel pubblico, con duplicazioni di funzioni, ove vi sono enti inutili, enti dannosi, o enti enormemente sovradimensionati. Sarebbe, altresì, necessario introdurre nel pubblico impiego criteri di valutazione meritocratica, attraverso strumenti oggettivi di valutazione dell'operato;
dal momento che molte famiglie devono «tirare la cinghia», anche la sfera politica deve esprimere, non solo a parole, solidarietà con i nostri concittadini che più subiscono gli effetti della crisi. Bisogna tagliare il costo complessivo della politica per destinare le risorse recuperate al sostegno delle imprese, al fine di favorire sviluppo e occupazione, contribuendo a fermare la crescita della disoccupazione e la crisi economica;
da più parti si sollecita a gran voce una politica che si assuma la responsabilità di decidere, di compiere scelte, di elaborare progetti, di immaginare il futuro, una politica che si riappropri del suo ruolo, che riscopra sè stessa ed i suoi compiti, e tra questi il principale e il più importante: quello di dirigere e nello stesso tempo servire la società,

impegna il Governo

a valutare le opportune iniziative normative, anche di natura costituzionale, al fine di ridurre le spese e i costi della politica per finanziare misure a favore dell'occupazione giovanile in particolare nelle aree svantaggiate del nostro Paese.
9/1972/56. Leoluca Orlando.

La Camera,

impegna il Governo

a valutare le opportune iniziative normative, anche di natura costituzionale, al fine di ridurre le spese e i costi della politica per finanziare misure a favore dell'occupazione giovanile in particolare nelle aree svantaggiate del nostro Paese.
9/1972/56. (Testo modificato nel corso della seduta) Leoluca Orlando.

La Camera,
premesso che:
i risultati economici dell'economia meridionale negli ultimi sette anni evidenziano non solo l'arresto di quello che, alla fine degli anni '90, sembrava un timido processo di convergenza, ma addirittura che il divario ha ripreso ad allargarsi sia nei confronti del resto del Paese, sia rispetto alle altre aree deboli dell'Unione;
nel periodo 2000-2007 il raffronto del prodotto interno lordo pro capite (espresso in parità di potere d'acquisto) del Mezzogiorno rispetto a quello dei paesi deboli dell'UE, è sconsolante. Il tasso di crescita dell'economia meridionale (2,0 per cento) è stato meno della metà di quello della Spagna (4,9 per cento), poco più diun terzo di quello dell'Irlanda (5,5 per cento) e meno di un terzo di quello della Grecia (6,2 per cento);
le regioni meridionali,oltre a presentare un minor livello di benessere, mostrano anche un più alto grado di disuguaglianza distributiva rispetto alle regioni del Centro- Nord: in particolare, Campania, Calabria e Sicilia risultano in fondo alla classifica, insieme ai paesi più diseguali d'Europa (Grecia, Portogallo, Lituania e Lettonia);
le minori opportunità di occupazione sono uno dei fattori determinanti del rischio di povertà. Il 51,1 per cento dei disoccupati nel Mezzogiorno è esposto al rischio di povertà rispetto al 26,2 per cento nel Centro-Nord, così come risultano più elevati i rischi per gli altri inoccupati (casalinghe, studenti, inabili al lavoro, «in altra condizione»), compresi in parte i ritirati dal lavoro,

impegna il Governo

a valutare le opportune iniziative normative volte a prevedere una maggiore deduzione dall'imponibile Irap del costo del lavoro a favore delle imprese che operano nelle aree ex-obiettivo 1 del Sud del nostro Paese, al fine di favorire una maggiore occupazione della forza lavoro meridionale.
9/1972/57. Aniello Formisano.

La Camera,
premesso che:
il principale aspetto problematico riguardante il Mezzogiorno è costituito dalla consistente riduzione della dotazione di spesa della missione «Sviluppo e riequilibrio territoriale» del Ministero dello Sviluppo Economico (in cui sono allocati gli stanziamenti del Fondo Aree Sottoutilizzate), per un importo pari a 1.811 milioni di euro per il 2009, 2.210 milioni di euro per il 2010, 3.963 milioni di euro per il 2011. La riduzione totale nel triennio è pari a 7,9 miliardi di euro, pari ad oltre un quarto delle riduzioni complessive (26 miliardi di euro nel triennio);
va osservato che gli obiettivi di contenimento della spesa da parte del Governo vengono perseguiti soprattutto mediante la riduzione degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno (tale è infatti la spesa del FAS), proprio nel momento in cui sarebbe viceversa opportuno un intervento anticiclico per l'ammodernamento delle reti infrastrutturali e per la valorizzazione delle risorse umane;
il rapporto SVIMEZ 2008 sull'economia del Mezzogiorno conferma un divario di crescita a sfavore del Mezzogiorno pari a circa 1 punto percentuale (0,7 contro 1,7 per cento). Nel periodo 2000-2007 il Sud è cresciuto ad un tasso medio annuo dello 0,7 per cento contro l'1,2 per cento del Centro-Nord; sette anni di crescita del Sud inferiore di mezzo punto all'anno. Le prime informazioni relative al 2008 confermano le prospettive di un ulteriore peggioramento e indicano la tendenza verso la crescita zero dell'economia meridionale. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, dopo un 2007 di sostanziale stasi dell'occupazione al Sud a fronte di una crescita dell'1,4 per cento nel Centro-Nord, nel primo trimestre del 2008 gli occupati meridionali sono addirittura in calo, dello 0,2 per cento;
le scelte per il Mezzogiorno contenute nella manovra di finanza pubblica del Governo appaiono del tutto insufficienti,

impegna il Governo

a valutare ulteriori iniziative normative al fine di reintegrare le risorse del Fondo aree sottoutilizzate.
9/1972/58. Scilipoti.

La Camera,
premesso che:
il principale aspetto problematico riguardante il Mezzogiorno è costituitodalla consistente riduzione della dotazione di spesa della missione «Sviluppo e riequilibrio territoriale» del Ministero dello Sviluppo Economico (in cui sono allocati gli stanziamenti del Fondo Aree Sottoutilizzate), per un importo pari a 1.811 milioni di euro per il 2009, 2.210 milioni di euro per il 2010, 3.963 milioni di euro per il 2011. La riduzione totale nel triennio è pari a 7,9 miliardi di euro, pari ad oltre un quarto delle riduzioni complessive (26 miliardi di euro nel triennio);
va osservato che gli obiettivi di contenimento della spesa da parte del Governo vengono perseguiti soprattutto mediante la riduzione degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno (tale è infatti la spesa del FAS), proprio nel momento in cui sarebbe viceversa opportuno un intervento anticiclico per l'ammodernamento delle reti infrastrutturali e per la valorizzazione delle risorse umane;
il rapporto SVIMEZ 2008 sull'economia del Mezzogiorno conferma un divario di crescita a sfavore del Mezzogiorno pari a circa 1 punto percentuale (0,7 contro 1,7 per cento). Nel periodo 2000-2007 il Sud è cresciuto ad un tasso medio annuo dello 0,7 per cento contro l'1,2 per cento del Centro-Nord; sette anni di crescita del Sud inferiore di mezzo punto all'anno. Le prime informazioni relative al 2008 confermano le prospettive di un ulteriore peggioramento e indicano la tendenza verso la crescita zero dell'economia meridionale. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, dopo un 2007 di sostanziale stasi dell'occupazione al Sud a fronte di una crescita dell'1,4 per cento nel Centro-Nord, nel primo trimestre del 2008 gli occupati meridionali sono addirittura in calo, dello 0,2 per cento;
le scelte per il Mezzogiorno contenute nella manovra di finanza pubblica del Governo appaiono del tutto insufficienti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di un'ulteriore iniziativa normativa, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, al fine di reintegrare le risorse del Fondo aree sottoutilizzate.
9/1972/58. (Testo modificato nel corso della seduta) Scilipoti.

La Camera,
premesso che:
i lavoratori dipendenti e i pensionati, quelli che sostengono il maggior peso fiscale nel Paese, hanno subito una pesante perdita di potere d'acquisto;
si assiste a una pericolosa erosione del potere d'acquisto delle retribuzioni e delle pensioni. Oggi, a differenza del passato, pur disponendo di un lavoro stabile si corre il rischio di scivolare al di sotto della soglia di povertà;
occorre agire in diverse direzioni: monitorare a livello centrale e territoriale l'andamento dei prezzi e delle tariffe e intervenire per un loro contenimento; superare il criterio dell'inflazione programmata per il rinnovo dei contratti di lavoro e definire modi più efficaci per garantire la copertura dall'inflazione reale; distribuire una quota dell'incremento della produttività a favore delle retribuzioni perché risulta evidente che, da molti anni a questa parte, essa è andata esclusivamente a vantaggio delle imprese;
il problema del potere d'acquisto non può essere disgiunto da una politica fiscale basata sul prelievo progressivo per tutti i redditi, dalla lotta all'evasione fiscale e dall'adozione di un criterio di trasparenza nell'identificazione del paniere di prodotti che definiscono l'aumento dell'inflazione,

impegna il Governo

a valutare le opportune iniziative normative al fine di aumentare il potere d'acquisto delle retribuzioni e delle pensioni.
9/1972/59. Palagiano.

La Camera,
premesso che:
i lavoratori dipendenti e i pensionati, quelli che sostengono il maggior peso fiscale nel Paese, hanno subito una pesante perdita di potere d'acquisto;
si assiste a una pericolosa erosione del potere d'acquisto delle retribuzioni e delle pensioni. Oggi, a differenza del passato, pur disponendo di un lavoro stabile si corre il rischio di scivolare al di sotto della soglia di povertà;
occorre agire in diverse direzioni: monitorare a livello centrale e territoriale l'andamento dei prezzi e delle tariffe e intervenire per un loro contenimento; superare il criterio dell'inflazione programmata per il rinnovo dei contratti di lavoro e definire modi più efficaci per garantire la copertura dall'inflazione reale; distribuire una quota dell'incremento della produttività a favore delle retribuzioni perché risulta evidente che, da molti anni a questa parte, essa è andata esclusivamente a vantaggio delle imprese;
il problema del potere d'acquisto non può essere disgiunto da una politica fiscale basata sul prelievo progressivo per tutti i redditi, dalla lotta all'evasione fiscale e dall'adozione di un criterio di trasparenza nell'identificazione del paniere di prodotti che definiscono l'aumento dell'inflazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di iniziative normative, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, al fine di aumentare il potere d'acquisto delle retribuzioni e delle pensioni.
9/1972/59. (Testo modificato nel corso della seduta) Palagiano.

La Camera,
premesso che:
tra riscaldamento, bollette e affitto, il caro-vita non risparmia la famiglia e nemmeno il single;
mettere su casa e famiglia é proprio un bell'impegno (soprattutto in termini economici) ma lo é anche andare a vivere da soli, tra i costi di affitto e quelli del vitto;
il rincaro dei prezzi investe anche affitti e mutui: alla fine del 2008 le famiglie italiane si ritroveranno a pagare 61 euro in più per l'affitto, pari a 732 euro all'anno e, per quelle che pagano un mutuo, l'aumento è di 49 euro al mese in più, pari a 588 euro all'anno. È la previsione di Adusbef e Federconsumatori, che lancia l'allarme sui costi nel settore immobiliare, lievitati «in modo drammatico». Secondo le associazioni dei consumatori, il 2008 ha registrato importanti modifiche sui costi di mantenimento della propria casa dovute a un rallentamento della bolla immobiliare e quindi degli affitti (+2 per cento); un notevole aumento dei mutui (a causa della crisi dei mutui subprime e del tasso Euribor degli ultimi dodici mesi la previsione a luglio ammonterà a un costo aggiuntivo di 49 Euro); l'azzeramento dell'Ici per la prima casa e un aumento notevolissimo delle bollette energetiche, oltre a quelle di acqua e RSU. A ciò si aggiungano anche gli aumenti consistenti per costi di manutenzione ordinaria e straordinaria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità con apposite iniziative normative di aumentare la detrazione degli interessi passivi per i mutui per l'acquisto della prima casa e degli affitti per le giovani coppie.
9/1972/60. Zazzera, Borghesi, Messina, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
le modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 61, del 2001, hanno modificato pesantemente le norme sul falso in bilancio, riducendone drasticamente lepene e caricando di tali elementi aggiuntivi le nuove figure di reato in modo tale da renderne molto difficile l'applicazione e l'accertamento nei più brevi tempi imposti dal maturare della prescrizione;
si è dato corpo a una forte riduzione dell'ambito penalistico in materia e comunque a una riduzione delle pene, sotto il vessillo dell'illusione che l'informazione societaria e la sua trasparenza sia perseguibile tramite non meglio precisate potenzialità di autotutela dei mercati;
mai, in passato, un intervento legislativo in materia penale era stato accompagnato da una quantità di critiche, espresse sia nelle riviste giuridiche che nei quotidiani, comparabile a quella che ha investito la riforma del reato di false comunicazioni sociali e, verosimilmente, mai nella dottrina penalistica era stata registrata una simile convergenza di voci contrarie;
di fronte ai numerosi scandali finanziari è necessario in Italia una disciplina del falso in bilancio seria e rigorosa; attualmente il rischio di essere punito per falso in bilancio è molto scarso, soprattutto perché il reato, la cui pena va dai sei mesi ai tre anni se commesso con danno ai soci o ai creditori, si prescrive in poco tempo, mentre in assenza di danno il rischio è nullo, sempre a causa dei termini di prescrizione, ancora più brevi,

impegna il Governo

a valutare le opportune iniziative normative al fine di inasprire le pene per il falso in bilancio e l'allungamento dei termini di prescrizione.
9/1972/61. Palomba.

La Camera,
premesso che:
la crisi finanziaria globale ha investito alcune delle più grandi istituzioni finanziarie americane ed europee e per fronteggiare la quale Governi e autorità monetarie hanno assunto ampie iniziative, quali, ad esempio, massicce iniezioni di liquidità, riduzione dei tassi di interesse, ricapitalizzazione delle banche con fondi pubblici;
i salvataggi delle banche e di altre istituzioni finanziarie non sono stati, comunque, in grado di riportare la fiducia nei mercati. Occorrono politiche economiche che evitino il passaggio da crisi finanziaria a crisi recessiva;
i principali indicatori economici confermano che in Italia gli effetti della crisi finanziaria, più che sul sistema bancario e creditizio, si stanno riversando sull'economia reale;
per fronteggiare questa crisi il Governo ha varato un pacchetto di misure, che, nelle intenzioni, mirerebbe a ridare un potere reale d'acquisto alle famiglie, sostenere lo sviluppo delle imprese e dare un impulso alle opere strutturali;
in un periodo di recessione è fondamentale alimentare il flusso dei prestiti alle imprese e alle famiglie da parte delle banche, evitando, grazie all'intervento dello Stato, una stretta sul credito, mentre l'indice delle condizioni di accesso al credito, che segnava un andamento negativo di -17,9 al 15 ottobre 2008, è passato a -29 alla fine dello stesso mese;
non è solo la Banca d'Italia a segnalare l'esistenza di un credit crunch: secondo l'osservatorio del Cna, infatti, sono aumentate le revoche delle richieste di affidamento, accompagnate da un crollo della disponibilità del credito, oltre ad un raddoppio dei tempi per le pratiche;
è necessario prevedere, dunque, interventi che abbiano sia un impatto congiunturale che di sistema, dando ossigeno all'economia reale per il breve periodo e cercando di sfruttare l'occasione per mi surestrutturali che intervengano sulla competitività del sistema Paese,

impegna il Governo

a valutare le opportune iniziative normative, ferme restando le prerogative del Parlamento, per facilitare le imprese, ed in particolare le PMI, nell'accesso al credito, garantendo una crescita dei finanziamenti nei loro confronti da parte delle banche pari almeno al 5 per cento su base annua.
9/1972/62. Favia.

La Camera,
premesso che:
la crisi finanziaria globale ha investito alcune delle più grandi istituzioni finanziarie americane ed europee e per fronteggiare la quale Governi e autorità monetarie hanno assunto ampie iniziative, quali, ad esempio, massicce iniezioni di liquidità, riduzione dei tassi di interesse, ricapitalizzazione delle banche con fondi pubblici;
i salvataggi delle banche e di altre istituzioni finanziarie non sono stati, comunque, in grado di riportare la fiducia nei mercati. Occorrono politiche economiche che evitino il passaggio da crisi finanziaria a crisi recessiva;
i principali indicatori economici confermano che in Italia gli effetti della crisi finanziaria, più che sul sistema bancario e creditizio, si stanno riversando sull'economia reale;
per fronteggiare questa crisi il Governo ha varato un pacchetto di misure, che, nelle intenzioni, mirerebbe a ridare un potere reale d'acquisto alle famiglie, sostenere lo sviluppo delle imprese e dare un impulso alle opere strutturali;
in un periodo di recessione è fondamentale alimentare il flusso dei prestiti alle imprese e alle famiglie da parte delle banche, evitando, grazie all'intervento dello Stato, una stretta sul credito, mentre l'indice delle condizioni di accesso al credito, che segnava un andamento negativo di -17,9 al 15 ottobre 2008, è passato a -29 alla fine dello stesso mese;
non è solo la Banca d'Italia a segnalare l'esistenza di un credit crunch: secondo l'osservatorio del Cna, infatti, sono aumentate le revoche delle richieste di affidamento, accompagnate da un crollo della disponibilità del credito, oltre ad un raddoppio dei tempi per le pratiche;
è necessario prevedere, dunque, interventi che abbiano sia un impatto congiunturale che di sistema, dando ossigeno all'economia reale per il breve periodo e cercando di sfruttare l'occasione per misure strutturali che intervengano sulla competitività del sistema Paese,

impegna il Governo

a valutare le opportune iniziative normative, ferme restando le prerogative del Parlamento, per facilitare le imprese, ed in particolare le PMI, nell'accesso al credito.
9/1972/62. (Testo modificato nel corso della seduta) Favia.

La Camera,
premesso che:
tra le decine di commi e articoli che compongono il decreto anticrisi non può passare inosservato quello relativo al patto di stabilità e alla deroga concessa a Roma per quanto riguarda gli investimenti infrastrutturali;
la norma concede al sindaco di Roma di sforare il patto di stabilità in particolare per quanto concerne la realizzazione della metropolitana;
dopo aver regalato a Roma 500 milioni senza essere mai riusciti a dimostrarne l'esigenza reale, in questo modo si consente alla capitale di investire senza vincoli per altri due anni, con la motivazione che in questo modo si possono finanziare le nuove linee della metropolitana;
si sottolinea come tutte le città abbiano in corso progetti infrastrutturali importanti Milano per l'Expo 2015, Torino per il passante ferroviario e le linee i metropolitana, Napoli, Bologna, Firenze per le metropolitane;
sulla carta il Patto di stabilità interno è uguale per tutti i comuni. In realtà, qualcuno diventa più uguale degli altri, senza tenere in alcuna considerazione le difficoltà in cui incorrono gli altri amministratori locali per fare quadrare i conti;
il tema dell'allentamento del Patto di stabilità interno andava posto per tutte le amministrazioni comunali, come volano contro la crisi economica,

impegna il Governo

a valutare le opportune iniziative normative al fine di escludere dal Patto di stabilità interno gli investimenti più significativi degli enti territoriali.
9/1972/63. Pisicchio.

La Camera,
premesso che:
da mesi oramai siamo in una situazione di «Finanziaria permanente», i provvedimenti si susseguono e si inseguono l'uno l'altro, per lo più come decreti-legge omnicompressivi, caotici e che si correggono a vicenda impedendo al Parlamento di avere un quadro d'insieme della manovra di bilancio e di poter effettivamente intervenire sulle scelte di fondo anche per l'uso e l'abuso della questione di fiducia;
il plauso inizialmente riservato da numerosi commentatori al «decisionismo» con cui il Governo ha approvato in 9 minuti e mezzo una manovra economica che anticipava la legge Finanziaria senza averne discusso le linee generali nel Dpef e che di fatto svuotava la sessione di bilancio, derivava dall'insofferenza verso le procedure tradizionali, la cui riforma è da tutti considerata opportuna e urgente;
quel plauso, tuttavia, ha trascurato il fatto che questo modo di affrontare il problema non riformava le procedure come oggi possiamo ben constatare: si limitava a svuotare la funzione del Parlamento, aggirando regole che sono certamente da cambiare ma che sono tuttora in vigore;
il Governo, senza aver presentato e discusso in Parlamento le linee generali della politica economica, ha così approvato un complesso di provvedimenti proiettati sugli anni futuri, pur in assenza di un quadro generale condiviso. Non si tratta in questo caso di manovre correttive limitate - come spesso è accaduto a metà anno - ad adeguare gli andamenti finanziari dell'anno in corso agli obiettivi desiderati. Ma di un intervento profondo, sia pure spesso contraddittorio e dispersivo, con effetti immediati e ripercussioni negli anni a venire;
in altre parole le misure sono state sottoposte all'esame del Parlamento, calate al di fuori di qualsiasi quadro programmatico e senza che il Parlamento abbia avuto la possibilità di valutarne la pertinenza e l'efficacia rispetto ad obiettivi che lo stesso Governo era chiamato a fissare. Il quadro generale insomma è stato disegnato e discusso dopo e non prima delle manovre concrete. Si configura, quindi, non il benefico effetto di semplificazione e di snellimento delle procedure che tutti auspicano, ma un'azione che sottrae al Parlamento il diritto di indicare con la risoluzione al Dpef i limiti e i contenuti di massima che deve avere della manovra di bilancio. Non è una dunque questione di forma, ma di sostanza;
il Ministro dell'economia ha avuto gioco facile, in quanto da anni si discute di riforma della sessione di bilancio senza concludere niente di positivo. Il rischio vero è il vanificarsi di un reale ruolo del Parlamento nella definizione della politica di bilancio, come d'altronde sottolineato autorevolmente dalla lettera del Presidentedella Repubblica del 25 giugno 2008. Si passa dunque in materia da un estremo ad un altro;
il tempo dedicato dal Parlamento alla discussione della «finanziaria» non si è nei fatti ridotto ma l'esame dei documenti di bilancio è stato solo reso caotico e dispersivo, sottraendo nei fatti al Parlamento il diritto di indicare i limiti e i contenuti di massima della manovra;
è unanimemente condivisa l'esigenza di una riforma della sessione di bilancio come delineata dal documento conclusivo approvato l'8 maggio 2007 dell'indagine conoscitiva sulle proposte di riforma condotta dalla Commissione bilancio;
c'è unanimità nel ritenere che si è raggiunto un punto critico di non ritorno che rischia di vanificare nei fatti una corretta dialettica sul terreno delle procedure di approvazione dei documenti di bilancio tra Esecutivo e Parlamento, ma anche di compromettere l'auspicabile equilibrio nelle relazioni intraparlamentari tra Commissione referente e Aula, tra Commissioni settoriali e Commissione Bilancio, tra Camera e Senato;
la riforma dell'esame parlamentare della manovra di bilancio, una riforma che snellisca le procedure salvaguardando le prerogative delle Camere, deve diventare nei prossimi mesi una priorità per tutto il Parlamento;
l'obiettivo finale dovrebbe essere quello di consegnare ai cittadini, al termine della nuova legislatura, istituzioni del bilancio pubblico chiare e leggibili, per i parlamentari e per i cittadini, al di fuori di ogni retorica decisionista; istituzioni che facciano da supporto ad un'economia più aperta, più competitiva e con finanze pubbliche trasparenti, in solido equilibrio corrente e sotto un controllo condiviso, nel quale Stato e Autonomie cooperino lealmente;
una riforma organica della sessione di bilancio dovrebbe integrare nella sessione sostanzialmente due elementi:
a) l'esigenza di coordinare i bilanci e le politiche finanziarie dello Stato e delle autonomie nell'ottica del nuovo modello di ispirazione federalista della Repubblica e nel rispetto del Patto europeo di stabilità e crescita;
b) il passaggio da un bilancio di risorse, che presenta i fondi suddivisi in base alla natura delle spese, ad una logica di obiettivi e di risultati;

impegna il Governo

ferme restando le prerogative del Parlamento, ad adottare le opportune iniziative affinché la riforma della legge n. 468 del 1978 diventi una delle priorità dell'agenda politica, favorendo una riforma che, pur snellendo le procedure, salvaguardi le prerogative ed il ruolo del Parlamento nella definizione delle linee e delle principali misure di politica economico-finanziaria del Paese.
9/1972/64. Cambursano.

La Camera,
premesso che:
da mesi oramai siamo in una situazione di «Finanziaria permanente», i provvedimenti si susseguono e si inseguono l'uno l'altro, per lo più come decreti-legge omnicompressivi, caotici e che si correggono a vicenda impedendo al Parlamento di avere un quadro d'insieme della manovra di bilancio e di poter effettivamente intervenire sulle scelte di fondo anche per l'uso e l'abuso della questione di fiducia;
il plauso inizialmente riservato da numerosi commentatori al «decisionismo» con cui il Governo ha approvato in 9 minuti e mezzo una manovra economica che anticipava la legge Finanziaria senza averne discusso le linee generali nel Dpef e che di fatto svuotava la sessione di bilancio, derivava dall'insofferenza verso le procedure tradizionali, la cui riforma è da tutti considerata opportuna e urgente;
quel plauso, tuttavia, ha trascurato il fatto che questo modo di affrontare il problema non riformava le procedure come oggi possiamo ben constatare: si limitava a svuotare la funzione del Parlamento, aggirando regole che sono certamente da cambiare ma che sono tuttora in vigore;
il Governo, senza aver presentato e discusso in Parlamento le linee generali della politica economica, ha così approvato un complesso di provvedimenti proiettati sugli anni futuri, pur in assenza di un quadro generale condiviso. Non si tratta in questo caso di manovre correttive limitate - come spesso è accaduto a metà anno - ad adeguare gli andamenti finanziari dell'anno in corso agli obiettivi desiderati. Ma di un intervento profondo, sia pure spesso contraddittorio e dispersivo, con effetti immediati e ripercussioni negli anni a venire;
in altre parole le misure sono state sottoposte all'esame del Parlamento, calate al di fuori di qualsiasi quadro programmatico e senza che il Parlamento abbia avuto la possibilità di valutarne la pertinenza e l'efficacia rispetto ad obiettivi che lo stesso Governo era chiamato a fissare. Il quadro generale insomma è stato disegnato e discusso dopo e non prima delle manovre concrete. Si configura, quindi, non il benefico effetto di semplificazione e di snellimento delle procedure che tutti auspicano, ma un'azione che sottrae al Parlamento il diritto di indicare con la risoluzione al Dpef i limiti e i contenuti di massima che deve avere della manovra di bilancio. Non è una dunque questione di forma, ma di sostanza;
il Ministro dell'economia ha avuto gioco facile, in quanto da anni si discute di riforma della sessione di bilancio senza concludere niente di positivo. Il rischio vero è il vanificarsi di un reale ruolo del Parlamento nella definizione della politica di bilancio, come d'altronde sottolineato autorevolmente dalla lettera del Presidente della Repubblica del 25 giugno 2008. Si passa dunque in materia da un estremo ad un altro;
il tempo dedicato dal Parlamento alla discussione della «finanziaria» non si è nei fatti ridotto ma l'esame dei documenti di bilancio è stato solo reso caotico e dispersivo, sottraendo nei fatti al Parlamento il diritto di indicare i limiti e i contenuti di massima della manovra;
è unanimemente condivisa l'esigenza di una riforma della sessione di bilancio come delineata dal documento conclusivo approvato l'8 maggio 2007 dell'indagine conoscitiva sulle proposte di riforma condotta dalla Commissione bilancio;
c'è unanimità nel ritenere che si è raggiunto un punto critico di non ritorno che rischia di vanificare nei fatti una corretta dialettica sul terreno delle procedure di approvazione dei documenti di bilancio tra Esecutivo e Parlamento, ma anche di compromettere l'auspicabile equilibrio nelle relazioni intraparlamentari tra Commissione referente e Aula, tra Commissioni settoriali e Commissione Bilancio, tra Camera e Senato;
la riforma dell'esame parlamentare della manovra di bilancio, una riforma che snellisca le procedure salvaguardando le prerogative delle Camere, deve diventare nei prossimi mesi una priorità per tutto il Parlamento;
l'obiettivo finale dovrebbe essere quello di consegnare ai cittadini, al termine della nuova legislatura, istituzioni del bilancio pubblico chiare e leggibili, per i parlamentari e per i cittadini, al di fuori di ogni retorica decisionista; istituzioni che facciano da supporto ad un'economia più aperta, più competitiva e con finanze pubbliche trasparenti, in solido equilibrio corrente e sotto un controllo condiviso, nel quale Stato e Autonomie cooperino lealmente;
una riforma organica della sessione di bilancio dovrebbe integrare nella sessione sostanzialmente due elementi:
a) l'esigenza di coordinare i bilanci e le politiche finanziarie dello Stato e delle autonomie nell'ottica del nuovomodello di ispirazione federalista della Repubblica e nel rispetto del Patto europeo di stabilità e crescita;
b) il passaggio da un bilancio di risorse, che presenta i fondi suddivisi in base alla natura delle spese, ad una logica di obiettivi e di risultati;

impegna il Governo

ferme restando le prerogative del Parlamento, ad adottare le opportune iniziative affinché la riforma della legge n. 468 del 1978 diventi una delle priorità dell'agenda politica.
9/1972/64. (Testo modificato nel corso della seduta) Cambursano.

La Camera,
premesso che:
l'integrazione della Banca d'Italia nell'ambito del Sistema europeo di banche centrali rende la stessa partecipe delle scelte relative alla determinazione ed all'attuazione della politica monetaria dell'Europa che, come obiettivo principale, persegue il mantenimento della stabilità dei prezzi;
a questo si aggiunga che, in considerazione della consolidata organizzazione e presenza territoriale, tutte le banche centrali nazionali saranno chiamate a svolgere importanti compiti di natura operativa al fine di realizzare l'obiettivo della stabilità dei prezzi e di esercitare la vigilanza sul sistema bancario;
nonostante l'evidente interesse pubblico e nazionale del ruolo della Banca d'Italia, essa ha conservato per molti aspetti l'originaria struttura societaria privatistica, specie con riferimento al proprio capitale;
le quote di partecipazione possono essere cedute, previo consenso del Consiglio superiore, solamente da uno ad altro ente compreso nelle categorie indicate dallo Statuto della Banca d'Italia. In ogni caso deve essere assicurata la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale della Banca d'Italia da parte di enti pubblici o di società la cui maggioranza delle azioni con diritto di voto sia posseduta da enti pubblici;
le quote di partecipazione al capitale della banca possono appartenere anche a società per azioni esercenti attività bancaria, risultanti dalle operazioni di trasformazione delle casse di risparmio e degli istituti di credito di diritto pubblico di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, recante disposizioni per la ristrutturazione e per la disciplina del gruppo creditizio, ovvero alle fondazioni bancarie;
le fondazioni hanno natura eminentemente privatistica così come stabilito dall'articolo 2 del decreto legislativo citato laddove vengono definite «persone giuridiche private senza fine di lucro, dotate di piena autonomia statutaria e gestionale»;
il capitale della Banca è attualmente ripartito fra 94 azionisti, 87 dei quali con diritto di voto. Tra i soci con diritto di voto, rientrano 79 società bancarie (84,5 per cento del capitale sociale), un istituto di previdenza (5 per cento del capitale sociale) e 7 istituti di assicurazione (10,5 per cento del capitale sociale);
quale che sia il capitale della Banca d'Italia la sua proprietà non é mai indifferente rispetto all'azione della Banca e all'interesse generale del Paese. Del resto, se l'autonomia dell'istituto non fosse legata all'assetto proprietario del suo capitale, non avrebbero senso le previsioni del suo statuto volte a mantenere in mano pubblica la maggioranza delle quote del capitale;
non a caso, la disciplina dei maggiori Paesi stranieri é univoca nel senso di mantenere in capo al soggetto pubblico il controllo del capitale delle banche centrali;
la necessità di salvaguardare l'autonomia della banca centrale porta quindi alla conclusione che sia necessario fissare per legge il principio per cui il capitaledella Banca d'Italia deve essere integralmente pubblico, come già previsto in Germania, in Francia e in Inghilterra;
la legge n. 262 del 28 dicembre 2005 (entrata in vigore il 12 gennaio successivo) prevede che entro tre anni la proprietà debba essere trasferita allo Stato o ad altri enti pubblici secondo modalità da definire;
sul valore della partecipazione in possesso delle banche al capitale della Banca centrale nessuno sa rispondere, tant'è vero che ogni banca dà una valutazione diversa delle quote che possiede;
se ci si basa sul patrimonio della Banca d'Italia, la valutazione complessiva è intorno ai 20 miliardi di euro. Ma il patrimonio della Banca centrale è frutto del signoraggio passato e appartiene a tutti i cittadini, non può certo essere riconosciuto alle banche azioniste;
estrapolando al futuro gli utili recentemente incassati dagli azionisti privati e attualizzandoli con un tasso di sconto al 5 per cento, si arriva ad una valutazione di circa un miliardo. Ma anche questa è una valutazione arbitraria, perché la distribuzione degli utili riflette la prassi passata e non criteri economici condivisibili;
come sta accadendo in tutto il mondo, in questa fase di crisi finanziaria, anche le nostre banche devono ricostituire il capitale. Alcune di esse hanno già cominciato a reperire risorse e hanno annunciato che non distribuiranno dividendi. Ma resta ancora molto da fare: la Commissione europea stima che occorrano per le banche del nostro Paese ancora 15-20 miliardi; - il decreto al nostro esame, per soddisfare i vincoli patrimoniali, prevede (articolo 12) che le banche possano emettere obbligazioni subordinate, sottoscritte dallo Stato e convertibili in azioni ordinarie su richiesta dell'emittente. Ma è una risposta poco gradita agli azionisti delle banche, che dovrebbero pagare un tasso di interesse elevato oppure diluire il loro capitale azionario al momento della conversione;
dal punto di vista degli istituti di credito, sarebbe molto meglio affrontare insieme le due questioni: se lo Stato riconoscesse una valutazione generosa per le partecipazioni in Banca d'Italia, anche il problema della ricapitalizzazione sarebbe ridimensionato. Ma dal punto di vista dell'interesse generale, tuttavia, le due questioni vanno tenute distinte;
l'esigenza di ricapitalizzare le banche è fuori discussione, e lo strumento delle obbligazioni convertibili è adeguato. Sarebbe invece profondamente sbagliato - come sottolineato da ultimo dal rettore della Bocconi - fare regali agli azionisti delle banche, a spese del contribuente. Il sistema bancario italiano è solido e tutto sommato poco esposto alla crisi finanziaria. Lo Stato italiano invece deve fare i conti con un enorme debito pubblico. Inoltre, le banche hanno già ricevuto aiuti dallo Stato sotto forma di garanzie sui loro debiti. Molte altre imprese italiane sono in difficoltà, e dovranno fronteggiare la crisi senza aiuti statali. Non c'è ragione di favorire gli azionisti delle banche rispetto a quelli di altre imprese. Tanto più che il regalo arriverebbe a chi ha più partecipazioni in Banca d'Italia, e non alle banche meno capitalizzate;
è possibile ridefinire l'assetto proprietario della Banca centrale, senza trasferire alcuna quota: basterebbe procedere ad un aumento di capitale della Banca d'Italia interamente sottoscritto dallo Stato o da un ente pubblico. Le quote possedute dagli azionisti privati sarebbero diluite e la proprietà sarebbe di, fatto trasferita allo Stato. Poiché il capitale sociale ha un valore irrisorio (56mila euro), l'onere per il bilancio pubblico sarebbe trascurabile;
la questione dell'assetto proprietario di Banca d'Italia è rimasta aperta troppo a lungo. Prima la si chiude, meglio è. Anche per evitare che la banche, magari illudendosi che possano arrivare regali insperati o valutazioni fantasiose delle loropartecipazioni, rimandino al futuro una ricapitalizzazione che invece va fatta ora,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte a trasferire in mano pubblica la maggioranza delle quote del capitale della Banca centrale italiana, senza fare indebiti regali alle banche a spesa dei contribuenti, anche al fine di risolvere il conflitto di interessi tra controllore e società controllate, che sono proprietarie dello stesso organo di controllo, ed attuando quanto previsto dalla delega conferita al Governo in materia dalla legge n. 262 del 2005.
9/1972/65. Razzi, Borghesi, Messina, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 19 del provvedimento al nostro esame viene stabilito che, fermo restando il tetto massimo di ciascuna misura, la parte dei trattamenti erogati dallo Stato può essere modulata e differenziata in funzione della compartecipazione finanziaria a livello regionale o locale;
secondo il Governo l'uso flessibile nelle diverse regioni dei fondi per gli ammortizzatori sociali non si riferisce ovviamente alla dimensione del sussidio del lavoratore - che deve essere garantito ovunque nella stessa misura - ma alla diversa mescolanza di finanziamento che si può produrre tra i fondi dello Stato, quelli delle Regioni e, ove possibile, quelli degli organismi bilaterali costituiti tra le parti sociali;
in un'ottica di semplificazione amministrativa, sarebbe opportuno provvedere a definire, con decreto da adottare previa intesa, in sede di Conferenza unificata, con le Regioni, in capo al singolo beneficiario delle misure di sostegno al reddito, una modalità di erogazione unica da parte dell'INPS che anticipi le somme di competenza delle Regioni,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative al fine di evitare complicazioni amministrative e difficoltà per i beneficiari unificando in un'unica erogazione da parte dell'INPS le misure di sostegno al reddito di competenza dello Stato e delle Regioni, apportando le corrispondenti variazioni ai trasferimenti alle Regioni e provvedendo altresì ad integrare dette somme all'INPS.
9/1972/66. Borghesi, Paladini, Porcino.

La Camera,
premesso che:
secondo il rapporto di Cittadinanza attiva dal titolo «Sicurezza, qualità e comfort a scuola», pubblicato su diversi organi di stampa, la scuola italiana, dal punto di vista della sicurezza delle strutture e degli impianti dei nostri edifici scolastici raggiunge risultati sconfortanti;
nelle scuole italiane avvengono oltre 100 mila infortuni all'anno, mentre si è registrato un incremento del 20 per cento negli ultimi otto anni;
tre edifici su quattro sono fuori norma, un edificio su due è sprovvisto di certificato d'agibilità statica. Più di un terzo non è fornito di impianti elettrici a norma. Mancano le agibilità sanitarie, i certificati di prevenzione degli incendi, le misure di evacuazione in caso di pericolo. Le strutture sono vecchie e inadeguate. Una scuola su dieci è addirittura collocata in una costruzione edificata per altra destinazione d'uso. La metà ha ben oltre quaranta anni. Quasi nessuna riceve i finanziamenti per la necessaria manutenzione;
l'articolo 18 del decreto-legge in esame, prevede, in considerazione della eccezionale crisi economica internazionale e della conseguente necessità della riprogrammazione nell'utilizzo delle risorse disponibili, in coerenza con gli indirizzi assunti in sede europea, di assegnare una quota delle risorse nazionali disponibilidel Fondo aree sottoutilizzate, al Fondo infrastrutture anche per la messa in sicurezza degli edifici scolastici;
tali risorse, oltre che eventuali, risultano comunque insufficienti per colmare la carenza di controllo e investimenti per la messa in sicurezza delle nostre scuole, interventi che richiedono, secondo il Sottosegretario alla protezione civile, almeno 13 miliardi di euro di investimenti;
vengono esclusi per due anni dal Patto di stabilità interno solo gli investimenti per le infrastrutture della Capitale (all'articolo 18 del provvedimento al nostro esame): secondo la norma approvata, alla gestione ordinaria del comune si applicheranno le disposizioni previste per gli enti di nuova istituzione nell'anno 2008, vale a dire l'obbligo di applicare il patto di stabilità interno soltanto a partire dal 2011 per quanto concerne gli investimenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di incrementare gli interventi di immediata messa in sicurezza degli edifici scolastici, anche costituendo un fondo rotativo presso la Cassa depositi e prestiti per investimenti, ad interessi ridotti o a tasso zero, degli enti locali finalizzati alla messa in sicurezza degli edifici scolastici, escludendo altresì tali investimenti dal calcolo ai fini dei saldi utili per il rispetto del Patto di stabilità interno per tutti gli enti locali.
9/1972/67. Rota, Di Giuseppe.

La Camera,
premesso che:
è ampiamente diffusa, non soltanto tra gli operatori del settore, ma anche a livello politico, la consapevolezza dei problemi che i ritardati pagamenti, da parte delle amministrazioni pubbliche provocano alle imprese fornitrici di beni e servizi;
il mancato pagamento nei termini previsti comporta ricadute pesanti sull'operatività e sulle prospettive di sviluppo delle imprese fornitrici, le quali si vedono costrette ad indebitarsi ovvero a rinunciare alla realizzazione di investimenti per far fronte alla carenza di liquidità; si calcola, inoltre, che almeno un fallimento su quattro è dovuto a tale fenomeno;
l'attuale crisi finanziaria rende il problema ancora più grave: un'ingente somma di liquidità risulta bloccata (la cifra ammonta a 70 miliardi di euro), soldi delle imprese che devono essere immessi al più presto nel circuito commerciale;
le associazioni imprenditoriali hanno denunciato che in tutte le regioni italiane l'attesa media per i rimborsi fiscali e la regolarizzazione di pagamenti è superiore a due anni. In attesa di pagamenti o rimborsi, numerose imprese sono nel frattempo costrette ad indebitarsi, chiamate loro malgrado a un prestito forzoso a favore delle casse dell'erario;
il decreto-legge in esame, all'articolo 9, prevede che su istanza del creditore, le regioni e gli enti locali hanno facoltà di certificare nel rispetto dei limiti del Patto di stabilità interno l'esigibilità del credito vantato per la somministrazione di forniture e appalti ai fini della cessione pro soluto ad istituti di credito e a società finanziarie del credito medesimo, previo decreto del ministro dell'Economia da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione;
il comma 3 del suddetto articolo, infine, dispone che con decreto del Ministro dell'economia siano stabilite le modalità per favorire l'intervento di imprese di assicurazione e della SACE s.p.a. nelle prestazioni di garanzie finalizzate ad agevolare la riscossione dei crediti vantati dai fornitori di beni e servizi nei confronti delle amministrazioni pubbliche;
tra le condizioni per la sottoscrizione da parte del Tesoro delle obbligazioni emesse dalle banche è stata inserita all'articolo 12, comma 5 del decreto-legge, anche l'assicurazione di adeguati livelli diliquidità ai creditori delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, anche attraverso lo sconto di crediti certi;
tali misure sono comunque da considerarsi seconda la stessa Confindustria, dei palliativi, che non danno immediatamente respiro in particolare alle PMI dal punto di vista della liquidità in questo momento di credit crunch,

impegna il Governo:

a valutare la possibilità di consentire alla Cassa depositi e prestiti, in considerazione del suo ruolo di soggetto finanziatore delle amministrazioni pubbliche, e in particolare di quelle locali, l'effettuazione di operazioni di cessione dei crediti scaduti o esigibili, anche mediante cartolarizzazione degli stessi, con costi ed oneri finanziari a carico delle amministrazioni debitrici;
ad effettuare una ricognizione periodica della consistenza dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese fornitrici e della durata media dei ritardi, nonché un monitoraggio dei maggiori oneri sostenuti a titolo di interessi moratori corrisposti alle imprese creditrici;
ad assicurare un tempestivo pagamento dei prestatori di servizi ed esecutori degli appalti di lavoro da parte delle pubbliche amministrazioni.
9/1972/68. Donadi, Evangelisti.

La Camera,
premesso che:
il 31 ottobre del 2002 un'ampia area del Molise è stato colpita da un violento terremoto che ha interessato anche una parte della regione Puglia;
purtroppo i danni non sono stati limitati nel tempo e la comunità locale ha sopportato e sopporta da anni una situazione di emergenza continua e le attività economiche e produttive si sono in molti casi paralizzate,in altri sono state notevolmente ridimensionate;
sono state numerose ed incessanti le richieste in merito da parte del gruppo Idv, attraverso emendamenti e ordini del giorno, sia al decreto - legge del 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge n. 133 del 6 agosto 2008, che al decreto- legge del 23 ottobre 2008 n. 162, convertito in legge n. 201 del 22 dicembre 2008;
le richieste avanzate erano rivolte per assicurare al Molise lo stesso trattamento che era stato attivato per altri territori colpiti da identica calamità , come nel caso dell' Umbria e delle Marche. Questo perché tutti i cittadini siano considerati uguali di fronte alla legge;
finalmente sono stati inseriti, durante l'esame in sede referente del provvedimento alla nostra attenzione, all'articolo 6, i commi 4-bis e 4 ter, che estendono l'applicazione delle norme già in vigore, previste per le aree colpite da eventi sismici dell'Umbria e delle Marche, anche alle aree molisane e pugliesi colpite dal terremoto del 31 ottobre 2002;
è un risultato estremamente importante che consentirà finalmente di risolvere un problema che si trascina da alcuni anni e che interessa migliaia di cittadini;
in particolare, la norma estende anche ai territori molisani e pugliesi la decurtazione degli importi da pagare al 40 per cento dell'ammontare dovuto per ciascun tributo o contributo sospeso, nonché la dilatazione del pagamento in 120 rate mensili e l'ambito soggettivo di applicazione di tali benefici;
la mancata approvazione degli emendamenti inerenti la riduzione del 40 per cento dei tributi sospesi dal 2002 e la loro restituzione a partire dal 2011 se non fosse stata approvata, avrebbe colpito i lavoratori dipendenti e creato serie difficoltà per un insieme di attività produttive e professionali per una buona parte dellaRegione Molise ed alcune aree territoriali pugliesi,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, e, in considerazione dell'atteggiamento negativo assunto in precedenza dall'Esecutivo rispetto alle proposte del Gruppo dell'Italia dei Valori in merito, atteggiamento negativo che ha determinato un ritardo notevole nell'adozione delle disposizioni richiamate, ad ottemperare alla loro pratica attuazione con la tempestività necessaria.
9/1972/69. Di Pietro, Di Giuseppe, Pisicchio, Zazzera.

La Camera,
premesso che:
il 31 ottobre del 2002 un'ampia area del Molise è stato colpita da un violento terremoto che ha interessato anche una parte della regione Puglia;
purtroppo i danni non sono stati limitati nel tempo e la comunità locale ha sopportato e sopporta da anni una situazione di emergenza continua e le attività economiche e produttive si sono in molti casi paralizzate,in altri sono state notevolmente ridimensionate;
sono state numerose ed incessanti le richieste in merito da parte del gruppo Idv, attraverso emendamenti e ordini del giorno, sia al decreto - legge del 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge n. 133 del 6 agosto 2008, che al decreto- legge del 23 ottobre 2008 n. 162, convertito in legge n. 201 del 22 dicembre 2008;
le richieste avanzate erano rivolte per assicurare al Molise lo stesso trattamento che era stato attivato per altri territori colpiti da identica calamità , come nel caso dell' Umbria e delle Marche. Questo perché tutti i cittadini siano considerati uguali di fronte alla legge;
finalmente sono stati inseriti, durante l'esame in sede referente del provvedimento alla nostra attenzione, all'articolo 6, i commi 4-bis e 4 ter, che estendono l'applicazione delle norme già in vigore, previste per le aree colpite da eventi sismici dell'Umbria e delle Marche, anche alle aree molisane e pugliesi colpite dal terremoto del 31 ottobre 2002;
è un risultato estremamente importante che consentirà finalmente di risolvere un problema che si trascina da alcuni anni e che interessa migliaia di cittadini;
in particolare, la norma estende anche ai territori molisani e pugliesi la decurtazione degli importi da pagare al 40 per cento dell'ammontare dovuto per ciascun tributo o contributo sospeso, nonché la dilatazione del pagamento in 120 rate mensili e l'ambito soggettivo di applicazione di tali benefici;
la mancata approvazione degli emendamenti inerenti la riduzione del 40 per cento dei tributi sospesi dal 2002 e la loro restituzione a partire dal 2011 se non fosse stata approvata, avrebbe colpito i lavoratori dipendenti e creato serie difficoltà per un insieme di attività produttive e professionali per una buona parte della Regione Molise ed alcune aree territoriali pugliesi,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa.
9/1972/69. (Testo modificato nel corso della seduta) Di Pietro, Di Giuseppe, Pisicchio, Zazzera.

La Camera,
premesso che:
l'obiettivo del presente decreto consiste nel garantire minori oneri per le famiglie e le imprese, anche in termini di costo dell'energia;
la suddivisione della rete in tre macro-zone comporterebbe una diversificazione dei prezzi dell'energia tra famiglie ed imprese;
tale diversificazione graverebbe con maggiori costi sulle produzioni industrialidelle imprese del Mezzogiorno, con significative ripercussioni sull'economia del Sud;
pur essendo l'area di maggiore produzione di energia del Paese, e superiore di circa il 90 per cento del proprio fabbisogno, il Mezzogiorno è carente di adeguate centrali e reti di distribuzione;
tale inadeguatezza non permette l'ottimizzazione della distribuzione di energia dal Mezzogiorno che, invece, paga un notevole tributo dal punto di vista dell'impatto ambientale per la presenza di centrali di produzione di energia in esercizio;

impegna il Governo:

ad adottare, in fase di applicazione dell'eventuale disciplina da parte del Ministero dello Sviluppo economico o, decorsi i termini, della Presidenza del Consiglio dei ministri ogni utile provvedimento affinché venga garantita una tariffa unica nazionale sul costo dell'energia;
a predisporre provvedimenti finalizzati a finanziare la realizzazione di centrali e reti di distribuzione dell'energia elettrica prodotta nel Mezzogiorno.
9/1972/70. Franzoso, Garofalo, Sisto, Marinello.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 24 del provvedimento modifica le procedure per il recupero degli aiuti di Stato di cui alla decisione 2003/193/CE della Comnissione, limitatamente agli aiuti consistenti nell'esenzione dall'imposta sul reddito in favore delle società c.d. ex municipalizzate. In particolare le modifiche sono dirette a dare maggiore efficacia all'azione di recupero, consentendo all'Agenzia delle entrate di esercitare, ai fini del recupero degli aiuti, poteri di accertamento analoghi a quelli che le sono riconosciuti in materia tributaria;
in tale contesto il comma 1, nel confermare che il recupero degli aiuti equivalenti alle imposte non corrisposto e ai relativi interessi è effettuato ai sensi del citato articolo 1, comma. 1, del decreto-legge n. 10 del 2007, stabilisce che a tal fine l'Agenzia delle entrate opera secondo i principi e le ordinarie procedure di accertamento e riscossione previste per le imposte sui redditi;
il comma 2 specifica che nel recupero degli aiuti si deve tener conto di quanto già liquidato, dall'Agenzia delle entrate ai sensi del citato articolo 1 del decreto-legge n.10 del 2007 e che gli interessi dovuti sulle somme da corrispondere sono calcolati secondo quanto previsto dall'articolo 3, terzo comma, della decisione 2003/193/CE della Commissione, Tale ultima disposizione- stabilisce che l'aiuto da recuperare è produttivo di interessi, decorrenti dalla data in cui l'aiuto è stato posto a diisposizi,one dei beneficiari fino alla data di effettivo recupero, calcolati sulla base del tasso di riferimento utilizzato per il calcolo dell'equivalente sovvenzione nell'ambito degli aiuti a finalità regionale;
il comma 3 fissa un termine di 120 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge (che scade pertanto il 29 marzo 2009) entro il quale l'Agenzia delle entrate può effettuare gli accertamenti necessari per la liquidazione degli aiuti da recuperare e notificare i relativi avvisi di accertamento. I beneficiari- devono provvedere al pagamento entro 30 giorni dalla notifica dell'avviso; in mancanza di pagamento si darà avvio alla procedura di riscossione coattiva cori l'iscrizione a ruolo a titolo definitivo delle somme non versate e degli ulteriori interessi dovuti. La presentazione di ricorso avverso l'avviso di accertamento non produce l'interruzione della procedura di riscossione;
il comma 3, inoltre, esclude l'applicazione dì sanzioni per violazioni di natura tributaria e di ogni altra specie comunque connesse alla procedure disciplinatedalle presenti disposizioni. Prevede, altresì. che non siano applicabili gli istituti della dilazione dei pagamenti e della sospensione in sede amministrativa e giudiziale;
il comma 4 prevede un meccanismo particolare per la determinazione degli interessi sugli aiuti illegittimi: in base a tale norma; gli interessi sulle somme da restituire all'Agenzia delle entrate, vanno determinati in base alle disposizioni di cui al Capo V del Regolamento (CE) n. 794 del 2004, nel quale sono fissato le modalità di determinazione dei tassi di interesse per il recupero degli aiuti illegittimi;
il comma 5 prevede l'applicazione degli articoli 1 e 2 del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2008, n. 101;
si ritiene necessario chiarire i termini reali e corretti dell'attività di recupero, specificando che questa non può sostanziarsi in un mero accertamento fiscale, ma deve essere diretta alla determinazione, nell'an e nel quantum, degli aiuti da recuperare, chiarendo in particolare che gli stessi sono recuperabili solo se effettivamente fruiti e verificando caso per caso se le società abbiano effettivamente goduto di illegittimi aiuti di Stato che abbiano alterato i principi di libera concorrenza e di libertà di stabilimento delle imprese;
coerentemente con i principi suddetti devono essere considerate estranee all'azione di recupero quelle risorse che che siano già state oggetto di forme di restituzione mediante reimmissione nel circuito pubblico, ovvero quelle che siano riconducibili ad agevolazioni fiscali relative ad attività non concorrenziali,

impegna il Governo:

conformemente alla disciplina comunitaria applicabile ed alla decisione della Commissione europea 2003/193/CE del 5 giugno 2002, a prevedere che l'Agenzia delle Entrate provveda al recupero degli aiuti nella misura ed entro i limiti della loro effettiva fruizione;
a procedere al recupero degli aiuti equivalente alle imposte non corrisposte attraverso procedure e: modalità effettive di recupero, coerenti con quanto richiesto in sede UE a seguito della decisione 2003/193/CE;
a verificare caso per caso le società che abbiano effettivamente goduto di illegittimi aiuti di Stato, scomputando gli eventuali, aiuti illegittimi finiti, censurati dalla decisione 2003/193/CE, e già effettivamente recuperati;
ad effettuare l'azione di recupero con esclusivo riguardo alla misura ed alla effettiva fruizione degli aiuti da parte dei beneficiari, considerando estranee all'azione di recupero quelle risorse che siano già state oggetto di forme di restituzione mediante reirninissione nel circuito pubblico, ovvero quelle che siano riconducibili ad agevolazioni fiscali relative ad attività non concorrenziali.
9/1972/71. Abrignani, Polledri.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 24 del provvedimento modifica le procedure per il recupero degli aiuti di Stato di cui alla decisione 2003/193/CE della Comnissione, limitatamente agli aiuti consistenti nell'esenzione dall'imposta sul reddito in favore delle società c.d. ex municipalizzate. In particolare le modifiche sono dirette a dare maggiore efficacia all'azione di recupero, consentendo all'Agenzia delle entrate di esercitare, ai fini del recupero degli aiuti, poteri di accertamento analoghi a quelli che le sono riconosciuti in materia tributaria;
in tale contesto il comma 1, nel confermare che il recupero degli aiuti equivalenti alle imposte non corrisposto eai relativi interessi è effettuato ai sensi del citato articolo 1, comma. 1, del decreto-legge n. 10 del 2007, stabilisce che a tal fine l'Agenzia delle entrate opera secondo i principi e le ordinarie procedure di accertamento e riscossione previste per le imposte sui redditi;
il comma 2 specifica che nel recupero degli aiuti si deve tener conto di quanto già liquidato, dall'Agenzia delle entrate ai sensi del citato articolo 1 del decreto-legge n.10 del 2007 e che gli interessi dovuti sulle somme da corrispondere sono calcolati secondo quanto previsto dall'articolo 3, terzo comma, della decisione 2003/193/CE della Commissione, Tale ultima disposizione- stabilisce che l'aiuto da recuperare è produttivo di interessi, decorrenti dalla data in cui l'aiuto è stato posto a diisposizi,one dei beneficiari fino alla data di effettivo recupero, calcolati sulla base del tasso di riferimento utilizzato per il calcolo dell'equivalente sovvenzione nell'ambito degli aiuti a finalità regionale;
il comma 3 fissa un termine di 120 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge (che scade pertanto il 29 marzo 2009) entro il quale l'Agenzia delle entrate può effettuare gli accertamenti necessari per la liquidazione degli aiuti da recuperare e notificare i relativi avvisi di accertamento. I beneficiari devono provvedere al pagamento entro 30 giorni dalla notifica dell'avviso; in mancanza di pagamento si darà avvio alla procedura di riscossione coattiva cori l'iscrizione a ruolo a titolo definitivo delle somme non versate e degli ulteriori interessi dovuti. La presentazione di ricorso avverso l'avviso di accertamento non produce l'interruzione della procedura di riscossione;
il comma 3, inoltre, esclude l'applicazione dì sanzioni per violazioni di natura tributaria e di ogni altra specie comunque connesse alla procedure disciplinate dalle presenti disposizioni. Prevede, altresì. che non siano applicabili gli istituti della dilazione dei pagamenti e della sospensione in sede amministrativa e giudiziale;
il comma 4 prevede un meccanismo particolare per la determinazione degli interessi sugli aiuti illegittimi: in base a tale norma; gli interessi sulle somme da restituire all'Agenzia delle entrate, vanno determinati in base alle disposizioni di cui al Capo V del Regolamento (CE) n. 794 del 2004, nel quale sono fissato le modalità di determinazione dei tassi di interesse per il recupero degli aiuti illegittimi;
il comma 5 prevede l'applicazione degli articoli 1 e 2 del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2008, n..101;
si ritiene necessario chiarire i termini reali e corretti dell'attività di recupero fiscale, specificando che questa non può sostanziarsi in un mero accertamento fiscale, privo di criteri di sorta ma deve essere diretta alla determinazione, nell'an e nel quantum, degli aiuti da recuperare, chiarendo in particolare che gli stessi sono recuperabili solo se effettivamente fruiti e verificando caso per caso se le società abbiano effettivamente goduto di illegittimi aiuti di Stato che abbiano alterato i principi di libera concorrenza e di libertà di stabilimento delle imprese;
coerentemente con i principi suddetti devono essere considerate estranee all'azione di recupero quelle risorse che che siano già state oggetto di forme di restituzione,

impegna il Governo:

conformemente alla disciplina comunitaria applicabile ed alla decisione della Commissione europea 2003/193/CE del 5 giugno 2002, a prevedere che l'Agenzia delle Entrate provveda al recupero degli aiuti nella misura ed entro i limiti della loro effettiva fruizione;
a procedere al recupero degli aiuti equivalente alle imposte non corrisposte attraverso procedure e: modalità effettive di recupero, coerenti con quanto richiesto in sede UE a seguito della decisione 2003/193/CE;
a verificare caso per caso le società che abbiano effettivamente goduto di illegittimi aiuti di Stato, scomputando gli eventuali, aiuti illegittimi finiti, censurati dalla decisione 2003/193/CE, e già effettivamente recuperati;
ad effettuare l'azione di recupero con esclusivo riguardo alla misura ed alla effettiva fruizione degli aiuti da parte dei beneficiari, considerando estranee all'azione di recupero quelle risorse che siano già state oggetto di forme di restituzione.
9/1972/71. (Testo modificato nel corso della seduta) Abrignani, Polledri.

La Camera,
premesso che:
l'attuale situazione di crisi economica internazionale, che investe come l'Italia molti altri Paesi, rischia di mettere a rischio non solo la situazione occupazionale dei lavoratori impiegati in aziende nel nostro Paese, per i quali il decreto in esame ha messo a disposizione più efficaci ammortizzatori sociali;
è a rischio un gran numero di posti di lavoro di cittadini italiani che svolgono la propria attività lavorativa, i cosiddetti lavoratori «transfrontalieri», che, perdendo il loro posto di lavoro per effetto di scelte imprenditoriali maturate da operatori esteri, rischiano di non beneficiare di alcun sostegno laddove risiedono e svolgono la loro vita, cioè in Italia;
tra l'Italia e la Svizzera sono intercorsi nel tempo numerosi accordi che regolamentano lo status dei transfrontalieri, tra cui l'accordo sulla retrocessione finanziaria in materia di indennità di disoccupazione per i lavoratori frontalieri, del 12 dicembre 1978, con il quale l'Inps è stato incaricato di provvedere alla corresponsione dei trattamenti speciali di disoccupazione in favore dei lavoratori frontalieri italiani, divenuti disoccupati in Svizzera a seguito di cessazione non a loro imputabile del rapporto di lavoro. Tale impegno è stato recepito dalla legge n. 147 del 1997;
la stessa legge n. 147 del 1997 ha contestualmente previsto che presso l'Inps fosse istituita la gestione con contabilità separata per l'erogazione dei trattamenti speciali di disoccupazione a favore dei lavoratori frontalieri italiani in Svizzera, finanziata dalla retrocessione da parte elvetica delle quote di contribuzione versate dai lavoratori. Si tratta di denaro prelevato dalle buste paga degli stessi transfrontalieri, che oggi si trova accantonato nella citata contabilità separata dell'Inps per un importo di circa 380 milioni di euro, fondi ad oggi inutilizzati;
dal 1o giugno 2009 la Svizzera ha deciso di cessare la retrocessione all'Inps di tali contributi, avvalendosi della facoltà prevista dal Trattato sulla libera circolazione delle persone sottoscritto dalla Svizzera e dall'Unione europea del 2002;
si verifica dunque, dall'inizio del 2009 la paradossale situazione per cui i disoccupati tranfrontalieri aumenteranno per effetto della crisi, le retrocessioni da parte della Svizzera sono cessate e un'ingente somma che potrebbe essere destinata al sostegno dei lavoratori è immobilizzata presso l'Inps senza una precisa destinazione,

impegna il Governo

ad adottare le necessarie iniziative legislative al fine di permettere l'utilizzo dei fondi della «contabilità separata per l'erogazione dei trattamenti speciali di disoccupazione a favore dei lavoratori frontalieri italiani in Svizzera», istituita presso l'Inps e finanziata dalla retrocessione da parte elvetica delle quote di contribuzione versate dai lavoratori, in modo che tali fondi continuino ad essere utilizzati afavore dei lavoratori italiani divenuti disoccupati in Svizzera anche oltre il periodo di validità dell'Accordo Italia-Svizzera sulla retrocessione finanziaria in materia di indennità di disoccupazione per i lavoratori transfrontalieri.
9/1972/72. Nicola Molteni, Rainieri, Grimoldi, Reguzzoni, Volpi, Caparini, Fedriga, Consiglio, Rivolta, Crosio, Allasia.

La Camera,
premesso che:
l'attuale situazione di crisi economica internazionale, che investe come l'Italia molti altri Paesi, rischia di mettere a rischio non solo la situazione occupazionale dei lavoratori impiegati in aziende nel nostro Paese, per i quali il decreto in esame ha messo a disposizione più efficaci ammortizzatori sociali;
è a rischio un gran numero di posti di lavoro di cittadini italiani che svolgono la propria attività lavorativa, i cosiddetti lavoratori «transfrontalieri», che, perdendo il loro posto di lavoro per effetto di scelte imprenditoriali maturate da operatori esteri, rischiano di non beneficiare di alcun sostegno laddove risiedono e svolgono la loro vita, cioè in Italia;
tra l'Italia e la Svizzera sono intercorsi nel tempo numerosi accordi che regolamentano lo status dei transfrontalieri, tra cui l'accordo sulla retrocessione finanziaria in materia di indennità di disoccupazione per i lavoratori frontalieri, del 12 dicembre 1978, con il quale l'Inps è stato incaricato di provvedere alla corresponsione dei trattamenti speciali di disoccupazione in favore dei lavoratori frontalieri italiani, divenuti disoccupati in Svizzera a seguito di cessazione non a loro imputabile del rapporto di lavoro. Tale impegno è stato recepito dalla legge n. 147 del 1997;
la stessa legge n. 147 del 1997 ha contestualmente previsto che presso l'Inps fosse istituita la gestione con contabilità separata per l'erogazione dei trattamenti speciali di disoccupazione a favore dei lavoratori frontalieri italiani in Svizzera, finanziata dalla retrocessione da parte elvetica delle quote di contribuzione versate dai lavoratori. Si tratta di denaro prelevato dalle buste paga degli stessi transfrontalieri, che oggi si trova accantonato nella citata contabilità separata dell'Inps per un importo di circa 380 milioni di euro, fondi ad oggi inutilizzati;
dal 1o giugno 2009 la Svizzera ha deciso di cessare la retrocessione all'Inps di tali contributi, avvalendosi della facoltà prevista dal Trattato sulla libera circolazione delle persone sottoscritto dalla Svizzera e dall'Unione europea del 2002;
si verifica dunque, dall'inizio del 2009 la paradossale situazione per cui i disoccupati tranfrontalieri aumenteranno per effetto della crisi, le retrocessioni da parte della Svizzera sono cessate e un'ingente somma che potrebbe essere destinata al sostegno dei lavoratori è immobilizzata presso l'Inps senza una precisa destinazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di adottare le necessarie iniziative legislative al fine di permettere l'utilizzo dei fondi della «contabilità separata per l'erogazione dei trattamenti speciali di disoccupazione a favore dei lavoratori frontalieri italiani in Svizzera», istituita presso l'Inps e finanziata dalla retrocessione da parte elvetica delle quote di contribuzione versate dai lavoratori, in modo che tali fondi continuino ad essere utilizzati a favore dei lavoratori italiani divenuti disoccupati in Svizzera anche oltre il periodo di validità dell'Accordo Italia-Svizzera sulla retrocessione finanziaria in materia di indennità di disoccupazione per i lavoratori transfrontalieri.
9/1972/72. (Testo modificato nel corso della seduta) Nicola Molteni, Rainieri,Grimoldi, Reguzzoni, Volpi, Caparini, Fedriga, Consiglio, Rivolta, Crosio, Allasia.

La Camera,
premesso che:
la promozione delle energie rinnovabili costituisce uno degli obiettivi principali della politica dell'Unione Europea nel settore energetico, rappresentando anche per l'Italia una grande opportunità in termini di riduzione della dipendenza da fonti energetiche di origine fossile;
la forte dipendenza energetica dal petrolio impone, infatti, l'adozione di modelli di sviluppo economico basati sul maggiore sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili, a bassa emissione di anidride carbonica;
gli obiettivi fissati dalla Commissione Europea indicano all'Italia di aumentare, entro il 2020, del 20 per cento l'impiego di energia pulita: quindi, di ridurre del 20 per cento l'emissione di gas climalteranti, congiuntamente agli obiettivi di riduzione dei consumi energetici;
il solare fotovoltaico è sicuramente la migliore fonte di energia alternativa di cui disponiamo e si distingue per la sua capacità di produrre energia elettrica in modo modulare, senza inquinamento e senza troppa manutenzione;
in Italia, l'incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica da fonte solare avviene attraverso il cosiddetto «conto energia», che ha introdotto apposite tariffe incentivanti per un periodo di venti anni;
per favorire lo sviluppo di tali energie alternative sono state stipulate apposite convenzioni tra gli enti locali e il Gestore dei servizi elettrici spa. Tuttavia, il vincolo di bilancio imposto ai suddetti enti dal patto, di fatto, rischia di ostacolare gli investimenti dei comuni stessi e la produzione di energia fotovoltaica,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative affinché la cartolarizzazione o le cessioni pro soluto dei crediti anche futuri derivanti da convenzioni stipulate tra gli enti locali e il Gestore dei servizi elettrici spa per il riconoscimento delle tariffe incentivanti della produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici siano escluse dal calcolo del saldo finanziario ai fini del rispetto del patto di stabilità per gli enti locali.
9/1972/73. Polledri.

La Camera,
premesso che:
la promozione delle energie rinnovabili costituisce uno degli obiettivi principali della politica dell'Unione Europea nel settore energetico, rappresentando anche per l'Italia una grande opportunità in termini di riduzione della dipendenza da fonti energetiche di origine fossile;
la forte dipendenza energetica dal petrolio impone, infatti, l'adozione di modelli di sviluppo economico basati sul maggiore sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili, a bassa emissione di anidride carbonica;
gli obiettivi fissati dalla Commissione Europea indicano all'Italia di aumentare, entro il 2020, del 20 per cento l'impiego di energia pulita: quindi, di ridurre del 20 per cento l'emissione di gas climalteranti, congiuntamente agli obiettivi di riduzione dei consumi energetici;
il solare fotovoltaico è sicuramente la migliore fonte di energia alternativa di cui disponiamo e si distingue per la sua capacità di produrre energia elettrica in modo modulare, senza inquinamento e senza troppa manutenzione;
in Italia, l'incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica da fonte solare avviene attraverso il cosiddetto «conto energia»,che ha introdotto apposite tariffe incentivanti per un periodo di venti anni;
per favorire lo sviluppo di tali energie alternative sono state stipulate apposite convenzioni tra gli enti locali e il Gestore dei servizi elettrici spa. Tuttavia, il vincolo di bilancio imposto ai suddetti enti dal patto, di fatto, rischia di ostacolare gli investimenti dei comuni stessi e la produzione di energia fotovoltaica,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative affinché la cartolarizzazione o le cessioni pro soluto dei crediti anche futuri derivanti da convenzioni stipulate tra gli enti locali e il Gestore dei servizi elettrici spa per il riconoscimento delle tariffe incentivanti della produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici, ove non incida negativamente con i parametri di indebitamento e il fabbisogno della Pubblica Amministrazione, nonchè sul debito pubblico e sia compatibile con le norme nazionali ed europee, siano escluse dal calcolo del saldo finanziario ai fini del rispetto del patto di stabilità per gli enti locali.
9/1972/73. (Testo modificato nel corso della seduta) Polledri.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
esaminato in particolare il contenuto dell'articolo 7;
valutati positivamente gli interventi a favore delle imprese, in particolar modo l'introduzione del principio del pagamento dell'imposta sul valore aggiunto al momento dell'effettiva riscossione del corrispettivo;
considerato che tale principio consentirà soprattutto alle piccole imprese, ai professionisti ed agli artigiani che incassano i propri corrispettivi dopo 60, 90 o 120 giorni, di non anticipare allo Stato gli importi dovuti per l'imposta sul valore aggiunto;
considerato che il citato articolo 7 rinvia ad un apposito decreto ministeriale la determinazione del volume di affari dei contribuenti nei cui confronti è applicabile la nuova disposizione;
considerato che la relazione tecnica, al fine di stimare gli effetti finanziari, ipotizza che la soglia di volume di affari possa essere fissata in 200.000 euro,

impegna il Governo

a prevedere, al fine dell'applicazione del principio del pagamento dell'iva al momento dell'effettiva riscossione del corrispettivo, una soglia di volume di affari dei contribuenti via via crescente.
9/1972/74. Bragantini.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
esaminato in particolare il contenuto dell'articolo 7;
valutati positivamente gli interventi a favore delle imprese, in particolar modo l'introduzione del principio del pagamento dell'imposta sul valore aggiunto al momento dell'effettiva riscossione del corrispettivo;
considerato che tale principio consentirà soprattutto alle piccole imprese, ai professionisti ed agli artigiani che incassano i propri corrispettivi dopo 60, 90 o 120 giorni, di non anticipare allo Stato gli importi dovuti per l'imposta sul valore aggiunto;
considerato che il citato articolo 7 rinvia ad un apposito decreto ministeriale la determinazione del volume di affari dei contribuenti nei cui confronti è applicabile la nuova disposizione;
considerato che la relazione tecnica, al fine di stimare gli effetti finanziari, ipotizza che la soglia di volume di affari possa essere fissata in 200.000 euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con le esigenze di finanzapubblica e previa autorizzazione comunitaria, al fine dell'applicazione del principio del pagamento dell'iva al momento dell'effettiva riscossione del corrispettivo, una soglia di volume di affari dei contribuenti via via crescente.
9/1972/74. (Testo modificato nel corso della seduta) Bragantini.

La Camera,
premesso che:
sulla base di notizie di stampa sembrerebbe che il Governo voglia favorire l'ingresso di capitali internazionali in alcuni settori strategici del paese, guardando con favore la partecipazione del fondo sovrano di Tripoli al capitale dell'ENI, con una partecipazione complessivamente intorno all'8 per cento;
tale iniziativa potrebbe destare preoccupazione nel caso in cui non ci fosse un controllo preventivo da parte dello Stato italiano,

impegna il Governo

ad adottare opportune iniziative normative volte a introdurre un'autorizzazione preventiva in riferimento all'assunzione, diretta ed indiretta, da parte di società straniere di partecipazioni complessivamente superiori al 2 per cento del capitale sociale o delle azioni con diritto di voto nell'assemblea ordinaria di società partecipate dallo Stato operanti nei settori strategici del Paese quali difesa, trasporti, telecomunicazioni, fonti di energia e altri pubblici servizi.
9/1972/75. Fava.

La Camera,
premesso che:
sulla base di notizie di stampa sembrerebbe che il Governo voglia favorire l'ingresso di capitali internazionali in alcuni settori strategici del paese, guardando con favore la partecipazione del fondo sovrano di Tripoli al capitale dell'ENI, con una partecipazione complessivamente intorno all'8 per cento;
tale iniziativa potrebbe destare preoccupazione nel caso in cui non ci fosse un controllo preventivo da parte dello Stato italiano,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare opportune iniziative normative volte a introdurre un'autorizzazione preventiva in riferimento all'assunzione, diretta ed indiretta, da parte di società straniere di partecipazioni complessivamente superiori al 2 per cento del capitale sociale o delle azioni con diritto di voto nell'assemblea ordinaria di società partecipate dallo Stato operanti nei settori strategici del Paese quali difesa, trasporti, telecomunicazioni, fonti di energia e altri pubblici servizi.
9/1972/75. (Testo modificato nel corso della seduta) Fava.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
ritenuto essenziale procedere ad un inasprimento della lotta all'evasione ed all'elusione fiscale;
considerato l'elevato numero di partite iva aperte soprattutto da cittadini o imprese straniere che vengono poi chiuse in un brevissimo lasso di tempo senza che vengano eseguiti tutti i versamenti fiscali e previdenziali dovuti;
ritenuto opportuno prevedere che i cittadini e le imprese straniere che richiedono l'apertura della partita Iva forniscano un'adeguata garanzia fideiussoria a copertura dei debiti fiscali e previdenziali,

impegna il Governo

ad adottare iniziative, anche normative, al fine di prevedere che, all'atto dell'apertura della partita Iva, i cittadini extracomunitarie le imprese straniere, i cui titolari sono cittadini extracomunitari, forniscano idonee garanzie fideiussorie a favore dell'Agenzia delle entrate, che possano garantire i versamenti delle imposte e dei contributi dovuti nell'esercizio dell'attività.
9/1972/76. Bitonci.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
ritenuto essenziale procedere ad un inasprimento della lotta all'evasione ed all'elusione fiscale;
considerato l'elevato numero di partite iva aperte soprattutto da cittadini o imprese straniere che vengono poi chiuse in un brevissimo lasso di tempo senza che vengano eseguiti tutti i versamenti fiscali e previdenziali dovuti;
ritenuto opportuno prevedere che i cittadini e le imprese straniere che richiedono l'apertura della partita Iva forniscano un'adeguata garanzia fideiussoria a copertura dei debiti fiscali e previdenziali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche normative, al fine di prevedere che, all'atto dell'apertura della partita Iva, i cittadini extracomunitari e le imprese non comunitarie prive di una stabile organizzazione forniscano idonee garanzie fideiussorie a favore dell'Agenzia delle entrate, che possano garantire i versamenti delle imposte e dei contributi dovuti nell'esercizio dell'attività.
9/1972/76. (Testo modificato nel corso della seduta) Bitonci.

La Camera,
premesso che:
durante l'iter di conversione del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, è stato approvato un emendamento, che ha inserito nel testo un articolo recante le disposizioni per gli enti locali;
il suddetto articolo contiene una disposizione che obbliga i comuni a ripresentare le dichiarazioni attestanti il minor gettito dell'imposta comunale sugli immobili derivante dai fabbricati del gruppo catastale D fino all'anno 2005 e precedenti;
tale nuova attestazione deve essere sottoscritta dal responsabile del servizio finanziario dell'ente locale e asseverata dall'organo di revisione, con evidenziazione delle minori entrate registrate per ciascun anno;
inoltre, ai fini del rimborso del minor gettito, è stato fissato il termine perentorio del 31 gennaio 2009, oltre al quale la mancata ripresentazione comporta la decadenza dal diritto ai rimborsi;
molti comuni hanno già da tempo presentato le richieste dei rimborsi del minor gettito già documentato, ma ad oggi il Ministero dell'interno non ha ancora provveduto alla corresponsione di quanto dovuto;
con le nuove disposizioni suddette, i comuni sono dunque obbligati a ripresentare le richieste di rimborso puntualmente documentate: dunque, ci si auspica che il Ministero dell'interno li possa considerare ufficiali e definitivi,

impegna il Governo

a provvedere allo stanziamento delle risorse correlate alle richieste di rimborso del minor gettito dell'imposta comunale sugli immobili derivante dai fabbricati del gruppo catastale D, per consentire in tempi brevissimi al Ministero dell'interno di erogare le risorse dovute ai comuni, in considerazione del ritardo già maturato nella corresponsione di crediti risalenti dal 2001 al 2005 e delle difficoltà finanziariedegli enti locali, penalizzati dalla riduzione dei trasferimenti erariali.
9/1972/77. Stucchi, Consiglio, Vanalli, Pirovano, Montagnoli, Bitonci, Lanzarin, Buonanno, Chiappori, Forcolin.

La Camera,
premesso che:
durante l'iter di conversione del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, è stato approvato un emendamento, che ha inserito nel testo un articolo recante le disposizioni per gli enti locali;
il suddetto articolo contiene una disposizione che obbliga i comuni a ripresentare le dichiarazioni attestanti il minor gettito dell'imposta comunale sugli immobili derivante dai fabbricati del gruppo catastale D fino all'anno 2005 e precedenti;
tale nuova attestazione deve essere sottoscritta dal responsabile del servizio finanziario dell'ente locale e asseverata dall'organo di revisione, con evidenziazione delle minori entrate registrate per ciascun anno;
inoltre, ai fini del rimborso del minor gettito, è stato fissato il termine perentorio del 31 gennaio 2009, oltre al quale la mancata ripresentazione comporta la decadenza dal diritto ai rimborsi;
molti comuni hanno già da tempo presentato le richieste dei rimborsi del minor gettito già documentato, ma ad oggi il Ministero dell'interno non ha ancora provveduto alla corresponsione di quanto dovuto;
con le nuove disposizioni suddette, i comuni sono dunque obbligati a ripresentare le richieste di rimborso puntualmente documentate: dunque, ci si auspica che il Ministero dell'interno li possa considerare ufficiali e definitivi,

impegna il Governo

a prevedere, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica e comunque nei limiti di quanto dovuto a legislazione vigente lo stanziamento delle risorse correlate alle richieste di rimborso del minor gettito dell'imposta comunale sugli immobili derivante dai fabbricati del gruppo catastale D, per consentire al Ministero dell'interno di erogare le risorse dovute ai comuni, in considerazione del ritardo già maturato nella corresponsione di crediti risalenti dal 2001 al 2005 e delle difficoltà finanziarie degli enti locali, penalizzati dalla riduzione dei trasferimenti erariali.
9/1972/77. (Testo modificato nel corso della seduta) Stucchi, Consiglio, Vanalli, Pirovano, Montagnoli, Bitonci, Lanzarin, Buonanno, Chiappori, Forcolin.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 29 conferma le agevolazioni fiscali per gli interventi di miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici;
le agevolazioni fiscali in materia di riqualificazione e ristrutturazione del patrimonio edilizio portano un incremento degli investimenti, come peraltro avvenuto anche con l'agevolazione del 36 per cento per le ristrutturazioni, che ha portato un incremento degli investimenti stimabile in circa 1.150 milioni di euro nel periodo 1998-2006;
tale effetto incentivante sugli investimenti sarebbe opportuno ampliarlo anche ad altri programmi, allo scopo di rilanciare l'economia del Paese e incoraggiare il mercato, aiutando sopratutto le famiglie di giovani coppie che si trovano obbligate a sostenere ingenti spese non solo per la costruzione o la ristrutturazione della casa, ma anche per l'acquisto dei mobili;
nel contempo, soprattutto nell'attuale momento di crisi economica mondiale, occorre sostenere la produttività delle nostre industrie mobiliere, uno dei settori più trainanti l'economia del Paese, che, nonostante raggiungano posti di prestigioa livello mondiale nella qualità dei prodotti, attualmente risentono della crisi economica,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di inserire in un opportuno provvedimento legislativo misure di incentivazione per l'acquisto di mobili destinati all'arredo di unità immobiliari da adibire ad abitazione principale.
9/1972/78. Togni, Guido Dussin, Lanzarin, Simonetti, Caparini, Rivolta, Nicola Molteni, Alessandri.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 18, comma 4-sexies, modifica la disposizione di cui all'articolo 92 del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, prevedendo che, a decorrere dal 1o gennaio 2009, il 2 per cento dell'importo posto a base di gara di un'opera o di un lavoro sia destinato nella misura dello 0,5 per cento ai tecnici comunali incaricati della redazione del progetto, della direzione dei lavori, del collaudo, nonché ai loro collaboratori, e nella restante misura dell'1,5 per cento sia versato ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, per essere destinato al fondo di cui all'articolo 61, comma 17, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008;
tale fondo è destinato, secondo il citato comma 17, ad una serie di interventi, tra i quali la sicurezza pubblica, il soccorso pubblico, l'assunzione di personale in deroga e la contrattazione integrativa di enti e amministrazioni pubbliche;
l'incentivo di cui all'articolo 92 del Codice dei contratti pubblici è sempre stato utilizzato dai comuni per mantenere all'interno dell'ente le attività progettuali, con conseguente ottenimento di forti risparmi rispetto all'esternalizzazione di queste attività;
la gestione delle attività progettuali mediante i collaboratori interni consente una maggiore azione di controllo sull'attività stessa, con un'innegabile e opportuna gratificazione economica e professionale per tutti i dipendenti che partecipano alla realizzazione delle opere e dei piani oggetto di incentivazione;
la norma prevista dall'articolo 18, comma 4-sexies, penalizza i comuni che d'ora in poi saranno di fatto obbligati ad affidare a progettisti esterni la progettazione delle opere pubbliche, con conseguente notevole aumento dei costi;
tale norma attribuisce allo Stato risorse comunali senza alcuna valida motivazione;
le Assemblee della Camera e del Senato hanno già approvato, nell'ambito della conversione in legge del decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, una norma che ha abrogato un'analoga disposizione prevista dal decreto-legge n. 112 del 2008, ripristinando il 2 per cento a favore delle progettazioni effettuate all'interno delle pubbliche amministrazioni, come già previsto dal Codice dei contratti pubblici,

impegna il Governo:

a valutare l'ipotesi, previo monitoraggio delle norme recate dal testo in esame, di rivedere la disposizione di cui all'articolo 61, comma 7-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, e la disciplina dell'incentivo di cui all'articolo 92 del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in occasione di prossimi provvedimenti legislativi;
nell'ambito della ripartizione del fondo di cui al citato comma 17 dell'articolo 61 del decreto-legge n. 112 del 2008, a valutare l'ipotesi, previo monitoraggio delle norme recate dal testo in esame, di assegnare le risorse del fondo ai comuni nei cui territori ricadono le opere o i lavori a cui si riferisce la percentualedell'1,5 per cento versata al bilancio dello Stato, da utilizzare esclusivamente per la tutela della sicurezza pubblica;
a monitorare gli effetti finanziari derivanti dall'applicazione dell'articolo 61, comma 7-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008, comunicando al Parlamento l'ammontare delle risorse versate al bilancio dello Stato e la destinazione dei finanziamenti.
9/1972/79. Guido Dussin, Lanzarin, Togni, Alessandri, Bitonci, Simonetti, Montagnoli.

La Camera,
premesso che:
il decreto in esame intende affrontare la crisi economica in atto attraverso l'adozione di importanti misure di salvaguardia del reddito di famiglie e di imprese, introducendo, poi, in alcuni settori strategici del Paese, con particolare riferimento al comparto energetico, elementi di maggiore trasparenza ed efficienza nell'offerta del servizio, a tutela degli utenti finali;
gli attuali obblighi normativi imposti alle imprese elettriche minori ostacolano, tuttavia, i propositi di restituire al settore una maggiore efficienza e competitività, allontanando, quindi, le imprese da concrete possibilità di consolidamento e di sviluppo in favore di più grandi aggregazioni;
le continue modificazioni della normativa di riferimento, che essenzialmente si sono tradotte in un maggiore appesantimento degli obblighi a carico delle imprese elettriche minori, non solo hanno costretto molte di queste alla cessione della gestione del servizio, ma rischiano anche di danneggiare gli utenti finali del servizio, che potrebbero subire possibili aumenti dei costi tariffari;
particolarmente grave per il settore è stata l'eliminazione, con delibera Aeeg 348/2007, del cosiddetto regime tariffario semplificato riconosciuto, fino all'anno 2008, alle gestioni elettriche minori, in considerazione delle ridotte dimensioni e dell'impossibilità da parte delle stesse di usufruire di economie di scala;
l'abrogazione del suddetto regime tariffario rischia di tagliare fuori dal mercato le piccole gestioni elettriche, che non solo devono fare i conti con un eccessivo aumento dei costi di gestione per la fornitura del servizio, ma sono anche costrette al rispetto di operazioni amministrative, al pari delle grandi gestioni, con struttura organizzativa, tuttavia, limitata;
la delibera, in particolare, stabilisce che tutte le gestioni elettriche debbano dotarsi di un call-center per la registrazione di richieste pervenute telefonicamente e di un punto di alimentazione di emergenza, nonché provvedere alla posa e alla gestione dei contatori elettrici, oneri questi che richiedono dei costi aggiuntivi, i quali potrebbero ricadere sugli utenti finali del servizio; oltretutto, l'inosservanza della normativa di riferimento comporta, in caso di verifica, l'applicazione di pesanti sanzioni, che risultano insostenibili per le imprese minori,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni atti di indirizzo nei confronti dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, affinché venga immediatamente ripristinato il regime tariffario semplificato nei confronti delle imprese elettriche minori, a tutela del diritto degli utenti finali di godere di un servizio di fornitura elettrica efficiente e competitivo.
9/1972/80. Fugatti.

La Camera,
premesso che:
il decreto in esame intende affrontare la crisi economica in atto attraverso l'adozione di importanti misure di salvaguardia del reddito di famiglie e di imprese, introducendo, poi, in alcuni settori strategici del Paese, con particolare riferimentoal comparto energetico, elementi di maggiore trasparenza ed efficienza nell'offerta del servizio, a tutela degli utenti finali;
gli attuali obblighi normativi imposti alle imprese elettriche minori ostacolano, tuttavia, i propositi di restituire al settore una maggiore efficienza e competitività, allontanando, quindi, le imprese da concrete possibilità di consolidamento e di sviluppo in favore di più grandi aggregazioni;
le continue modificazioni della normativa di riferimento, che essenzialmente si sono tradotte in un maggiore appesantimento degli obblighi a carico delle imprese elettriche minori, non solo hanno costretto molte di queste alla cessione della gestione del servizio, ma rischiano anche di danneggiare gli utenti finali del servizio, che potrebbero subire possibili aumenti dei costi tariffari;
particolarmente grave per il settore è stata l'eliminazione, con delibera Aeeg 348/2007, del cosiddetto regime tariffario semplificato riconosciuto, fino all'anno 2008, alle gestioni elettriche minori, in considerazione delle ridotte dimensioni e dell'impossibilità da parte delle stesse di usufruire di economie di scala;
l'abrogazione del suddetto regime tariffario rischia di tagliare fuori dal mercato le piccole gestioni elettriche, che non solo devono fare i conti con un eccessivo aumento dei costi di gestione per la fornitura del servizio, ma sono anche costrette al rispetto di operazioni amministrative, al pari delle grandi gestioni, con struttura organizzativa, tuttavia, limitata;
la delibera, in particolare, stabilisce che tutte le gestioni elettriche debbano dotarsi di un call-center per la registrazione di richieste pervenute telefonicamente e di un punto di alimentazione di emergenza, nonché provvedere alla posa e alla gestione dei contatori elettrici, oneri questi che richiedono dei costi aggiuntivi, i quali potrebbero ricadere sugli utenti finali del servizio; oltretutto, l'inosservanza della normativa di riferimento comporta, in caso di verifica, l'applicazione di pesanti sanzioni, che risultano insostenibili per le imprese minori,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare gli opportuni atti di indirizzo nei confronti dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, affinché venga immediatamente ripristinato il regime tariffario semplificato nei confronti delle imprese elettriche minori, a tutela del diritto degli utenti finali di godere di un servizio di fornitura elettrica efficiente e competitivo.
9/1972/80. (Testo modificato nel corso della seduta) Fugatti.

La Camera,
premesso che:
le strategie di sicurezza dell'approvvigionamento energetico fino ad oggi adottate dall'Unione europea hanno portato ad aumentare la diversificazione delle fonti e delle aree geografiche di rifornimento, al fine di ridurre i rischi legati alla forte dipendenza nei confronti di Paesi terzi;
l'Italia è ancora oggi priva di una politica energetica in grado di alleggerire la forte dipendenza dalle importazioni estere; gli alti costi energetici che ne derivano stanno mettendo in seria difficoltà l'apparato produttivo ed anche economico del nostro Paese, che dipende per oltre l'85 per cento, per l'importazione di combustibili fossili, da altri Paesi;
il quadro di riferimento deve essere necessariamente quello di una più generale pianificazione energetica, che veda nella diversificazione delle fonti e delle aree di approvvigionamento, nella costruzione e nell'ammodernamento delle infrastrutture energetiche, nello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e nello sviluppo del nucleare i punti più importanti da cui ripartire per arrivare a disporre, intempi relativamente brevi, di energia a basso costo, al pari degli altri Paesi europei;
lo sviluppo delle infrastrutture energetiche rappresenta un importante volano per la crescita economica del nostro Paese;
la mancanza di infrastrutture energetiche adeguate, a differenza si quanto avviene nel resto d'Europa, rende il mercato elettrico nazionale poco concorrenziale e ciò danneggia fortemente i consumatori finali, che sono sottoposti a continui rincari delle bollette energetiche,

impegna il Governo

ad un atto di indirizzo che individui gli investimenti prioritari sul territorio nazionale che le società, partecipate direttamente e indirettamente dallo Stato, operanti nel settore di trasmissione dell'energia elettrica, sono tenute a realizzare per rendere più efficiente la rete elettrica e facilitare la trasmissione di energia transfrontaliera.
9/1972/81. Volpi.

La Camera,
premesso che:
le strategie di sicurezza dell'approvvigionamento energetico fino ad oggi adottate dall'Unione europea hanno portato ad aumentare la diversificazione delle fonti e delle aree geografiche di rifornimento, al fine di ridurre i rischi legati alla forte dipendenza nei confronti di Paesi terzi;
l'Italia è ancora oggi priva di una politica energetica in grado di alleggerire la forte dipendenza dalle importazioni estere; gli alti costi energetici che ne derivano stanno mettendo in seria difficoltà l'apparato produttivo ed anche economico del nostro Paese, che dipende per oltre l'85 per cento, per l'importazione di combustibili fossili, da altri Paesi;
il quadro di riferimento deve essere necessariamente quello di una più generale pianificazione energetica, che veda nella diversificazione delle fonti e delle aree di approvvigionamento, nella costruzione e nell'ammodernamento delle infrastrutture energetiche, nello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e nello sviluppo del nucleare i punti più importanti da cui ripartire per arrivare a disporre, in tempi relativamente brevi, di energia a basso costo, al pari degli altri Paesi europei;
lo sviluppo delle infrastrutture energetiche rappresenta un importante volano per la crescita economica del nostro Paese;
la mancanza di infrastrutture energetiche adeguate, a differenza si quanto avviene nel resto d'Europa, rende il mercato elettrico nazionale poco concorrenziale e ciò danneggia fortemente i consumatori finali, che sono sottoposti a continui rincari delle bollette energetiche,

impegna il Governo

a valutare la definizione di un atto di indirizzo che individui gli investimenti prioritari sul territorio nazionale che le società, partecipate direttamente e indirettamente dallo Stato, operanti nel settore di trasmissione dell'energia elettrica, sono tenute a realizzare per rendere più efficiente la rete elettrica e facilitare la trasmissione di energia transfrontaliera.
9/1972/81. (Testo modificato nel corso della seduta) Volpi.

La Camera,
premesso che:
i comuni sulla base di quanto stabilito dal decreto-legge 28 novembre 1998, n. 511, successivamente modificato dalla legge 13 maggio 1999, n. 133, usufruiscono di un'addizionale sui consumi di energia elettrica derivanti da usi domestici;
il decreto di liberalizzazione del mercato elettrico, di cui al decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, ha sancito l'inizio dell'apertura del mercato elettrico italiano, in applicazione della direttiva comunitaria CE 96/92;
in precedenza gli enti locali potevano considerare il gettito derivane dall'addizionale un'entrata stabile, favorendo il suo inserimento nei bilanci comunali;
con l'avvio del libero mercato, tuttavia, la diversificazione delle tariffe elettriche renderà probabilmente molto più incerte le condizioni in base alle quali determinare il gettito della suddetta addizionale, che già in passato ha fatto registrare degli andamenti molto irregolari;
i comuni devono essere messi in condizione di esercitare le proprie competenze, potendo usufruire di entrate che siano certe e trasparenti, a vantaggio dei consumatori finali: pertanto, è necessario adottare opportune revisioni dell'attuale sistema di determinazione della tariffa addizionale comunale, che tengano anche conto dei disagi subiti dagli enti locali sui cui territori ricadano impianti energetici, presenti o futuri,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative affinché venga revisionato l'attuale sistema di determinazione della tariffa addizionale comunale della bolletta elettrica, in modo che i parametri di calcolo della stessa siano commisurati alla presenza nei comuni di impianti per la produzione e la trasmissione di energia elettrica, garantendo la proporzionalità delle risorse economiche al numero degli impianti presenti sui territori comunali.
9/1972/82. Comaroli, Volpi.

La Camera,
premesso che:
i comuni sulla base di quanto stabilito dal decreto-legge 28 novembre 1998, n. 511, successivamente modificato dalla legge 13 maggio 1999, n. 133, usufruiscono di un'addizionale sui consumi di energia elettrica derivanti da usi domestici;
il decreto di liberalizzazione del mercato elettrico, di cui al decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, ha sancito l'inizio dell'apertura del mercato elettrico italiano, in applicazione della direttiva comunitaria CE 96/92;
in precedenza gli enti locali potevano considerare il gettito derivane dall'addizionale un'entrata stabile, favorendo il suo inserimento nei bilanci comunali;
con l'avvio del libero mercato, tuttavia, la diversificazione delle tariffe elettriche renderà probabilmente molto più incerte le condizioni in base alle quali determinare il gettito della suddetta addizionale, che già in passato ha fatto registrare degli andamenti molto irregolari;
i comuni devono essere messi in condizione di esercitare le proprie competenze, potendo usufruire di entrate che siano certe e trasparenti, a vantaggio dei consumatori finali: pertanto, è necessario adottare opportune revisioni dell'attuale sistema di determinazione della tariffa addizionale comunale, che tengano anche conto dei disagi subiti dagli enti locali sui cui territori ricadano impianti energetici, presenti o futuri,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative normative affinché venga revisionato l'attuale sistema di determinazione della tariffa addizionale comunale della bolletta elettrica, in modo che i parametri di calcolo della stessa siano commisurati alla presenza nei comuni di impianti per la produzione e la trasmissione di energia elettrica, garantendo la proporzionalità delle risorse economiche al numero degli impianti presenti sui territori comunali.
9/1972/82. (Testo modificato nel corso della seduta) Comaroli, Volpi.

La Camera,
premesso che:
in aggiunta alle norme di rinegoziazione dei mutui contenute nel decreto-legge n. 93 del 2008, il testo del decreto in esame contiene ulteriori norme che facilitano i cittadini titolari di mutui per l'acquisto dell'abitazione principale nel pagamento delle rate e nella riduzione delle medesime;
è auspicabile che si proceda ulteriormente ad intervenire sull'onerosità dell'impegno di un mutuo per acquistare la prima casa;
si rileva, in proposito, che in occasione della stipula del contratto di mutuo, assistita da notaio, il costo dell'onorario del notaio è a carico del mutuatario, mentre sarebbe più opportuno che fosse a carico dell'istituto bancario mutuante;
infatti, è la banca che, contraendo il mutuo, ha sia il guadagno economico correlato alla percezione di interessi finanziari - negli ultimi anni piuttosto elevati - sia la garanzia a tutela dell'operazione rappresentata dall'iscrizione dell'ipoteca a proprio favore sull'immobile oggetto di acquisto;
oggi, invece, l'acquirente mutuatario deve accollarsi sia le spese notarili di acquisto di proprietà dell'immobile che le spese notarili del mutuo bancario,

impegna il Governo

ad adottare le necessarie iniziative legislative per consentire che le spese notarili afferenti alla stipula dei mutui per l'acquisizione della prima casa siano poste a carico dell'istituto mutuante.
9/1972/83. D'Amico.

La Camera,
premesso che:
in aggiunta alle norme di rinegoziazione dei mutui contenute nel decreto-legge n. 93 del 2008, il testo del decreto in esame contiene ulteriori norme che facilitano i cittadini titolari di mutui per l'acquisto dell'abitazione principale nel pagamento delle rate e nella riduzione delle medesime;
è auspicabile che si proceda ulteriormente ad intervenire sull'onerosità dell'impegno di un mutuo per acquistare la prima casa;
si rileva, in proposito, che in occasione della stipula del contratto di mutuo, assistita da notaio, il costo dell'onorario del notaio è a carico del mutuatario, mentre sarebbe più opportuno che fosse a carico dell'istituto bancario mutuante;
infatti, è la banca che, contraendo il mutuo, ha sia il guadagno economico correlato alla percezione di interessi finanziari - negli ultimi anni piuttosto elevati - sia la garanzia a tutela dell'operazione rappresentata dall'iscrizione dell'ipoteca a proprio favore sull'immobile oggetto di acquisto;
oggi, invece, l'acquirente mutuatario deve accollarsi sia le spese notarili di acquisto di proprietà dell'immobile che le spese notarili del mutuo bancario,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le necessarie iniziative legislative per consentire che le spese notarili afferenti alla stipula dei mutui per l'acquisizione della prima casa siano poste a carico dell'istituto mutuante.
9/1972/83. (Testo modificato nel corso della seduta) D'Amico.

La Camera,
premesso che:
l'obiettivo della lotta all'evasione fiscale è pienamente condiviso e deve essere perseguito strenuamente;
i controlli della Guardia di finanza devono costituire un deterrente all'evasione, devono riguardare tutte le categorieeconomiche e devono essere diffusi uniformemente su tutto il territorio nazionale;
l'articolo 1, comma 8, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 286, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, ha introdotto, quale sanzione per la violazione dell'obbligo di emissione della ricevuta o dello scontrino fiscale, anche la sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività;
tale sanzione appare eccessivamente penalizzante soprattutto per i piccoli esercizi commerciali, magari a conduzione familiare, che, in caso di chiusura, mettono a rischio la loro stessa sopravvivenza;
il provvedimento in esame accoglie le richieste di varie parti del mondo produttivo ed economico concernenti una drastica semplificazione della normativa e degli adempimenti tributari,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a far sì che, tra le sanzioni conseguenti alla violazione dell'obbligo di emissione della ricevuta o dello scontrino fiscale, venga eliminata quella della sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività e vengano inasprite le sanzioni pecuniarie.
9/1972/84. Simonetti.

La Camera,
premesso che:
l'obiettivo della lotta all'evasione fiscale è pienamente condiviso e deve essere perseguito strenuamente;
i controlli della Guardia di finanza devono costituire un deterrente all'evasione, devono riguardare tutte le categorie economiche e devono essere diffusi uniformemente su tutto il territorio nazionale;
l'articolo 1, comma 8, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 286, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, ha introdotto, quale sanzione per la violazione dell'obbligo di emissione della ricevuta o dello scontrino fiscale, anche la sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività;
tale sanzione appare eccessivamente penalizzante soprattutto per i piccoli esercizi commerciali, magari a conduzione familiare, che, in caso di chiusura, mettono a rischio la loro stessa sopravvivenza;
il provvedimento in esame accoglie le richieste di varie parti del mondo produttivo ed economico concernenti una drastica semplificazione della normativa e degli adempimenti tributari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a far sì che, tra le sanzioni conseguenti alla violazione dell'obbligo di emissione della ricevuta o dello scontrino fiscale, venga eliminata quella della sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività e vengano inasprite le sanzioni pecuniarie.
9/1972/84. (Testo modificato nel corso della seduta) Simonetti.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni per le ferrovie e il trasporto pubblico locale; in particolare sono previsti finanziamenti per gli investimenti del Gruppo Ferrovie dello Stato e per i contratti di servizio stipulati da Stato e Regioni con Trenitalia spa;
è altresì previsto il rifinanziamento del Programma delle infrastrutture strategiche ai sensi della «legge obiettivo»n. 443 del 2001 oltre a nuove norme per gli interventi della Cassa Depositi e Prestiti;
il CIPE, nella sua seduta del 18 dicembre scorso, ha deliberato una prima assegnazione, a carico del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) di 7356 milioni a favore del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nell'ambito del Fondo infrastrutture previsto dall'articolo 6-quinquies del decreto legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 ed ha approvato una nuova tranche di opere del Programma delle infrastrutture strategiche ai sensi della citata «legge obiettivo» n. 443 del 2001;
è necessario che i finanziamenti del settore ferroviario corrispondano ad esigenze di modernizzazione ed efficientamento del sistema sia in relazione al miglioramento del servizio sulle tratte regionali ed interregionali prevalentemente utilizzate dai pendolari, sia in relazione a criteri di priorità di investimento corrispondenti alle esigenze di migliorare la rete ferroviaria nazionale e di collegarla con le grandi reti europee;
è attualmente vigente il contratto di programma fra Stato ed RFI 2008-2011 i cui contenuti e la cui praticabilità sono legati alle disposizioni finanziarie contenute nell'insieme dei provvedimenti sopra citati,

impegna il Governo:

ad effettuare una ricognizione immediata dello stato di attuazione del Contratto di programma Stato-RFI 2008-2011 per verificarne l'attuazione puntuale alla luce del provvedimento in esame e di riferirne alle Commissioni parlamentari competenti;
a riferire altresì alle Commissioni competenti lo stato di attuazione del Progranuna delle infrastrutture strategiche e le ipotesi di ripartizione dei finanziamenti che si intende proporre alla prossima seduta del CIPE, prima naturalmente della seduta stessa;
ad attivarsi affinché, per ottimizzare l'utilizzo delle reti ferroviarie, anche in relazione agli investimenti in corso e programmati e, in attuazione delle finalità di cui all'articolo 2, comma 253, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il CIPE avvii, con procedure di evidenza pubblica, l'assegnazione delle relazioni ferroviarie su cui è raggiungibile l'equilibrio economico e di quelle relative a servizi resisi disponibili.
9/1972/85. Lovelli, Meta, Velo, Fiano.

La Camera,
premesso che:
il decreto in esame prevede la sottoscrizione del capitale necessario per l'avvio della società di gestione dell'expo 2015;
il Governo, rispondendo ad un'interpellanza urgente alla Camera dei deputati l'11 dicembre 2008, ha affermato che mancano 2,563 miliardi di euro per le opere di Expo 2015 previste dal dossier di candidatura,

impegna il Governo:

a reperire la totalità dei fondi necessari per il completamento di tutte le opere previste dal dossier di candidatura di Expo 2015;
a relazionare annualmente sulle attività e sullo stato patrimoniale della società di gestione e sullo stato di avanzamento delle opere e delle iniziative collegate per il raggiungimento di Expo 2015;
ad istituire un ente di controllo sugli appalti di Expo 2015 con il compito di verificare le procedure di affidamento degli appalti e degli incarichi per il raggiungimento di Expo 2015, anche quelle in deroga alla legislazione vigente dovute a interventi in emergenza previste dalla normativasui «grandi eventi», con la collaborazione della direzione investigativa antimafia.
9/1972/86. Peluffo, Fiano, Marantelli, Misiani, Pizzetti, De Biasi, Marco Carra, Mantini, Ferrari, De Micheli, Codurelli, Farinone, Braga, Pizzetti, Mosca.

La Camera,
premesso che:
la Sentenza della Corte costituzionale n. 335 dell'8 ottobre 2008 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e dell'articolo 155, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte a prevedere una forma di tassazione ambientale per l'utilizzo della capacità depurativa dei corpi idrici, nella quale sia previsto che per l'utenza allacciata alla rete fognaria e sprovvista di impianti di depurazione o temporaneamente inattivi l'utente abbia il diritto al rimborso della quota della tariffa relativa alla depurazione qualora gli impianti di depurazione non siano previsti nei relativi piani d'ambito, nel caso che tali impianti siano previsti l'ente gestore dovrebbe avere tempo fino al 1o gennaio 2012; a decorrere da tale data, nel caso gli impianti non fossero funzionanti, le quote di tariffa impropriamente riscosse dovrebbero essere restituite all'utenza.
9/1972/87. Nannicini.

La Camera,
premesso che:
la Fondazione IME - Istituto Mediterraneo di Ematologia - è un'organizzazione internazionale per la cooperazione sanitaria, la ricerca, la cura, il trasferimento di competenze e la creazione di un network mondiale di eccellenza per sconfiggere le malattie ematologiche nel mondo;
la Fondazione IME rappresenta un'eccellenza italiana nel campo della ricerca e cura a vantaggio di tutta l'ematologia e della sanità italiana e del prestigio scientifico italiano nel mondo assieme a uno strumento unico di diplomazia sanitaria e amicizia tra i popoli a diretto sostegno del ruolo internazionale e di politica estera italiana in aree cruciali e di primario interesse della politica estera italiana, dal Libano all'Iraq, dal Medio Oriente a tutto il bacino del Mediterraneo fino alla Cina;
la Fondazione nata su iniziativa del Ministero della salute, del Ministero degli affari esteri, del Ministero dell'economia e delle finanze e della Regione Lazio, opera per realizzare una rete sanitaria internazionale a favore di Paesi dove le malattie ematologiche rappresentano un diffuso problema sanitario e sociale, portando avanti un progetto internazionale di cura, formazione, ricerca e trasferimento di competenze nel campo delle malattie ematologiche e della talassemia in particolare;
per i contenuti e il modello proposto, il Progetto internazionale IME si presenta quindi non soltanto come un'iniziativa di cooperazione allo sviluppo in ambito solidaristico e sanitario, ma come importante strumento di politica estera del «Sistema Italia», proponendo un primato tutto italiano, come motore per la crescita e la qualificazione di strutture sanitarie straniere, in Paesi gravemente afflitti da malattie ematologiche emergenti, in particolare dalla talassemia;
la crisi che sta investendo il nostro Paese ha causato la diminuzione dell'apporto finanziario da parte di enti istituzionali ed internazionali a favore dell'IME, causando una conseguente drastica riduzione negli interventi per la lotta alle malattie ematologiche in Italia, con il rischio di chiusura di attività di ricerca e di cura e con il taglio drastico dellacollaborazione di molti professionisti importanti per il conseguimento degli obbiettivi della Fondazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reperire i fondi necessari per garantire le progettualità di assistenza per la lotta alle malattie ematologiche per il triennio 2009-2011, ed in particolare, per il 2009, di reperire 10 milioni di euro per la prosecuzione degli interventi di ricerca e di cura in Italia e nel mondo anche attraverso il coordinamento dei vari Ministeri competenti in materia affinché gli obbiettivi dell'Istituto mediterraneo di ematologia per l'anno 2009 siano garantiti.
9/1972/88. Verini, Peluffo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 8 del decreto-legge in esame stabilisce che, in deroga al termine stabilito nel decreto del Presidente della Repubblica n. 195 del 1999, gli studi di settore possano essere integrati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, al fine di tener conto degli effetti della crisi economica e dei mercati, con particolare riguardo a determinati settori o aree territoriali;
il decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, e l'articolo 1, comma 23, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 avevano precedentemente modificato la disciplina relativa agli studi di settore, introducendo gli indicatori di normalità economica e l'onere della prova a carico del contribuente, ribaltando sostanzialmente l'impostazione originaria di strumento di controllo degli studi di settore;
il decreto-legge n. 81 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 127 del 2007, e la legge n. 244 del 2007, hanno introdotto alcune modifiche alla disciplina degli studi di settore, previsti dall'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, che hanno riguardato, in particolare, le modalità di utilizzo, in fase di accertamento, delle risultanze derivanti dall'applicazione degli indicatori di normalità economica di cui all'articolo 1, comma 14, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
sono poi intervenute diverse circolari dell'Agenzia delle entrate, la circolare n. 31/E del 22 maggio 2007, la circolare n. 38/E del 22 giugno 2007 e, in particolare, la circolare n. 5/E del 23 gennaio 2008, dove l'amministrazione finanziaria ha chiarito e ridimensionato la portata delle modifiche introdotte sugli studi di settore, stabilendo infine che i maggiori ricavi o compensi desumibili dagli studi di settore costituiscono una «presunzione semplice», che la stima effettuata mediante gli indicatori di normalità economica e con gli stessi studi non legittima l'emissione di atti di accertamento «automatici», basati esclusivamente sulla stima medesima e che spetta all'Ufficio l'onere di motivare la sussistenza degli scostamenti risultanti dall'applicazione degli studi di settore,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte a fissare per legge, anche per maggiore chiarezza e semplificazione nei confronti dei contribuenti, il principio della «presunzione semplice», della non automaticità degli accertamenti e dell'onere della prova a carico dell'amministrazione finanziaria, che peraltro sono già previsti nelle istruzioni dell'amministrazione, come evidenziato in premessa, ma che gli uffici nella pratica non applicano.
9/1972/89. Zeller, Brugger.

La Camera,
premesso che:
la crisi economica sta determinando un'evidente difficoltà alle famiglieitaliane ad onorare il pagamento dei debiti contratti per l'acquisto della prima casa, come mostrano le stime sui pignoramenti dei principali istituti di credito italiani;
l'acquisto della prima casa rappresenta - lato sensu - un investimento di natura previdenziale per le famiglie italiane;
secondo l'Indagine sui bilanci delle famiglie realizzata dalla Banca d'Italia, i debiti per l'acquisto o la ristrutturazione di immobili per esigenze familiari costituiscono la parte preponderante dell'ammontare di indebitamento delle famiglie con capofamiglia un lavoratore dipendente (79,4 per cento);
la spesa per il mutuo per l'acquisto dell'abitazione rappresenta in media il 17,1 per cento del reddito disponibile delle famiglie il cui maggiore percettore è un lavoratore dipendente;
l'INPDAP, tra i suoi scopi istituzionali, ha previsto l'offerta di finanziamenti a tassi agevolati per i lavoratori, i pensionati e le loro famiglie. Questi sono erogati direttamente dall'Istituto oppure da banche e società finanziarie in convenzione. Nel primo caso, si tratta di prestiti e mutui che l'INPDAP finanzia con un proprio fondo credito: la Gestione unitaria autonoma delle prestazioni creditizie e sociali. Nel secondo, invece, i finanziamenti sono erogati da banche e società finanziarie, sulla base di convenzioni stipulate con l'Istituto. Il Fondo credito è alimentato dalla contribuzione obbligatoria degli iscritti INPDAP e da quella volontaria di pensionati INPDAP e lavoratori e pensionati pubblici iscritti, ai fini previdenziali, ad altri enti o istituti che aderiscono a tale Fondo;
è necessaria l'istituzione da parte dell'INPDAP di una nuova tipologia di prestazione creditizia diretta ai lavoratori del pubblico impiego per sostenerli nel pagamento dei ratei dei mutui ipotecari già contratti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di una riforma del decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 7, comma 3, della legge 8 marzo 2000, n. 53, al fine di prevedere direttive all'INPDAP per la gestione delle prestazioni creditizie erogate ai dipendenti pubblici allo scopo di agevolare gli aventi diritto nel pagamento dei ratei dei mutui immobiliari, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica.
9/1972/90. Nizzi, Cazzola, Di Biagio, Antonino Foti, Lorenzin, Della Vedova.

La Camera,
premesso che:
la conclusione di numerosi progetti di investimento privato rischia di essere compromessa da farraginosi meccanismi burocratici, dalla tortuosità dell'iter burocratico, dalla frammentarietà del panorama legislativo;
il fenomeno della stratificazione normativa ha determinato un quadro di riferimento di una tale vastità da rendere estremamente gravoso qualsiasi iter autorizzativo per la costruzione ed esercizio delle opere finanziate dai privati;
nell'ambito delle infrastrutture particolari ritardi registrano quelle energetiche, il cui sviluppo è essenziale per la sicurezza degli approvvigionamenti e per garantire una reale competitività del mercato a beneficio di tutti i consumatori;
oggi, alla luce della forte crisi economica, appare quindi di fondamentale importanza assicurare la costruzione delle infrastrutture energetiche (gasdotti ed elettrodotti, centrali di generazione elettrica, rigassificatori, impianti a fonti rinnovabili), al fine di rilanciare l'economia nazionale e affrancare l'Italia dalla dipendenza energetica dei Paesi geopoliticamente instabili,

impegna il Governo

a valutare l'introduzione di misure volte semplificare il sistema di regolazione deiprocedimenti autorizzativi di realizzazione delle opere finanziate dai privati.
9/1972/91. Antonino Foti, Cazzola, Di Biagio, Lorenzin, Della Vedova, Nizzi, Polidori.

La Camera,
premesso che:
il decreto in esame introduce un nuovo meccanismo per la determinazione del prezzo di vendita dell'energia sul mercato all'ingrosso e impone la suddivisione della rete al massimo in tre macro-zone;
non specificando le modalità per la determinazione del prezzo di acquisto, oggi determinato a livello nazionale (prezzo unico nazionale), come media ponderata dei prezzi di vendita zonali, nasce l'esigenza di ridefinire il prezzo pagato dagli acquirenti;
con il pay as bid, i produttori che offrono in Borsa un prezzo inferiore rispetto alla media dei prezzi offerti saranno pertanto incentivati ad abbandonare la Borsa e utilizzare la contrattazione bilaterale;
le aree contraddistinte da costi impiantistici maggiori, quali il Sud e le Isole in particolare, ne risulteranno più svantaggiate, dovendo approvvigionarsi di energia, sia tramite Borsa che tramite contratti bilaterali, ad un prezzo più alto. Diversamente, il Nord, caratterizzato da costi di impianto inferiori, ne sarà significativamente avvantaggiato. Di fatto, quindi, con il pay as bid scompare il sussidio incrociato derivante dall'applicazione su tutto il territorio italiano del prezzo unico nazionale e nasce una disparità territoriale, che avrà un impatto rilevante sulla competitività delle imprese;
a dicembre 2008, infatti, un megawattora prodotto al Nord è costato in media 87,56 euro, mentre in Sicilia è costato 111,07 euro: differenze eliminate poi dall'imposizione di un prezzo unico;
inoltre, non esiste alcuna conferma che l'applicazione del pay as bid comporti una riduzione dei prezzi all'ingrosso, in quanto l'introduzione di nuove regole per il mercato induce un cambiamento delle strategie di bidding finora adottate dagli operatori. Essi, infatti, non offriranno più energia al proprio prezzo marginale, ma tenderanno ad offrire ad un prezzo più alto, posizionato intorno al valore atteso dell'impianto marginale, al fine di assicurarsi un'adeguata remunerazione dei costi fissi;
in Europa l'unico Paese che utilizzava il pay as bid, l'Inghilterra, ha abbandonato il sistema nel dicembre 2008,

impegna il Governo

a monitorare e valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, con particolare riguardo alle possibili conseguenze negative e agli squilibri che la norma potrebbe produrre sul territorio e sull'utenza finale.
9/1972/92. Ruggeri, Cera, Romano, Ruvolo, Mannino, Drago, Naro, Tassone, Occhiuto, Zinzi, Pisacane, Nunzio Francesco Testa, Libè.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 1 il decreto assegna per il 2009 un bonus straordinario ai soggetti residenti, componenti di un nucleo familiare a basso reddito, attraverso l'attribuzione di una somma determinata in base al numero dei componenti della famiglia e all'ammontare del reddito complessivo;
il meccanismo previsto si è rivelato contraddittorio e fonte di disuguaglianza andando a favorire, nell'82 per cento dei casi, come è stato ampiamente dimostratodai media, single e coppie senza figli, proprio in virtù di una distribuzione non tarata sui destinatari originari;
i diversi tetti di reddito per accedere al beneficio, infatti, sono stati fissati a livelli più alti della fascia di povertà per single e coppie senza figli, mentre sono pari a un livello sotto la fascia di povertà per le coppie con figli. Il risultato è che solo le famiglie poverissime saranno raggiunte dal beneficio, che andrà invece a single o coppie. Non solo, ai conviventi potrebbe andare anche un bonus doppio perché per loro non vige il cumulo dei redditi;
è necessario, pertanto, riequilibrare i pesi tra i diversi beneficiari, senza aumentare la spesa complessiva, ponendo alla base della misura il reddito familiare di una famiglia classica,

impegna il Governo

ad introdurre, con successivi provvedimenti legislativi, le modifiche utili e necessarie ad evitare che lo strumento citato in premessa contribuisca ad aumentare le disuguaglianze anziché favorire e sostenere le famiglie bisognose in questa particolare contingenza economica avversa.
9/1972/93. Buttiglione, Capitanio Santolini, Pezzotta, Galletti, Delfino, Ciccanti, Compagnon.

La Camera,
premesso che:
oltre 5.600 aziende, pur avendo tutti i requisiti richiesti e presentato la domanda entro i termini, sono rimaste escluse dai benefici previsti dal decreto ministeriale del 7 maggio 2008 per esaurimento dei fondi stessi, mentre per gli accordi territoriali sono ancora disponibili dieci milioni di euro;
è opportuno eliminare tale disparità di trattamento ingiustificata e discriminatoria, che penalizza non solo le imprese, ma anche decine di migliaia di dipendenti,

impegna il Governo

a prevedere in tempi brevi un incremento delle risorse del fondo per il finanziamento degli sgravi contributivi con cui incentivare la contrattazione di secondo livello.
9/1972/94. Poli, Ruggeri, Delfino, Compagnon.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento dispone che l'importo delle rate, a carico del mutuatario, dei mutui ipotecari a tasso variabile da corrispondere nel corso del 2009, non possa essere superiore, complessivamente, ad un importo calcolato applicando il tasso maggiore tra il 4 per cento - senza spread - e l'importo calcolato secondo il tasso indicato nel contratto di mutuo alla data di stipula dello stesso;
con tale meccanismo la differenza tra gli importi delle rate che restano a carico del mutuatario e quelli derivanti dall'applicazione delle condizioni originarie del contratto di mutuo verrebbe corrisposta dallo Stato;
il tetto del 4 per cento, posto come limite per i soli prestiti a tasso variabile, potrebbe provocare numerosi ricorsi da parte dei mutuatari a tasso fisso, fuori dal «calmiere», che si sentissero discriminati dal decreto;
tenuto conto che oggi i tassi di interesse variabile sulla prima casa sono già abbondantemente al di sotto del 4 per cento e che molto probabilmente l'intervento delineato dalla norma scatterà solo se dovessero peggiorare nuovamente i tassi di interesse,

impegna il Governo

a verificare l'esistenza di disuguaglianze e disparità di trattamento e a valutare l'opportunitàdi adottare ulteriori iniziative normative volte eventualmente ad allargare la misura a coloro che hanno contratto un mutuo a tasso fisso superiore al 4 per cento utilizzando anche le risorse assegnate per la copertura delle norma che si rendessero disponibili.
9/1972/95. Galletti, Occhiuto.

La Camera,
premesso che:
uno degli obiettivi della strategia di Lisbona prevede il raggiungimento entro il 2010 di un tasso di occupazione femminile pari al 60 per cento;
l'Italia si trova ancora nelle ultime posizioni rispetto alla media dell'Unione europea quanto a presenza femminile nell'imprenditoria;
secondo alcuni studi, il contributo dell'imprenditoria femminile artigiana nella struttura produttiva del Paese rappresenta circa il 2,2 per cento del valore aggiunto nazionale e il 18,3 per cento di quello artigiano, con un valore che complessivamente ammonterebbe a circa 27,5 miliardi di euro, non trascurando le altre realtà imprenditoriali;
nell'arco di un anno, da giugno 2007 a giugno 2008 le imprese femminili sono aumentate (+5.523 unità), in particolar modo nel comparto servizi e nelle regioni Lazio, Lombardia e Sicilia, con una fortissima crescita di imprenditrici immigrate, con un +71 per cento di imprese individuali aperte da donne provenienti da paesi extraeuropei. Un aumento che, se in termini percentuali è modesto (+0,45 per cento), è comunque di notevole consistenza se confrontato al dato complessivo. Senza le imprese guidate da donne, infatti, il saldo finale sarebbe stato pari a zero;
sostenere l'occupazione femminile produrrebbe, pertanto, un contributo notevole alla ripresa dell'economia italiana in questo particolare momento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare ulteriori risorse ai Fondi esistenti e già destinati al sostegno di iniziative di imprenditoria femminile.
9/1972/96. Anna Teresa Formisano.

La Camera,
premesso che:
anche il decreto-legge n. 185 del 2008 non ha esitato ad attingere ai fondi FAS per impieghi impropri rispetto alle finalità cui dovrebbero essere destinati;
il Fondo aree sottoutilizzate (FAS) rappresenta lo strumento più diretto e utile per una politica regionale di sviluppo e per offrire un forte contributo alla ripresa dell'intero Paese se impiegato correttamente;
il provvedimento non prevede alcun intervento infrastrutturale di rilevanza sia nel Mezzogiorno in generale che nella Calabria in particolare;
oltre al completamento delle arterie principali rimane insoluto il problema dell'ammodernamento della viabilità secondaria calabrese che rischia di isolare ancor di più le zone interne e meno sviluppate della regione,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte alla realizzazione di un moderna ed efficiente viabilità nel Mezzogiorno in generale e della viabilità primaria e secondaria calabrese in particolare.
9/1972/97. Tassone, Occhiuto.

La Camera,
premesso che:
tra le cause che hanno contribuito alla mancata realizzazione di un tessuto imprenditoriale solido nel Mezzogiorno, sicuramente occorre rilevare l'assenza diun sistema bancario e creditizio radicato sul territorio in grado di attrarre investimenti privati e di consentire di annullare il gap socio-economico esistente con le altre aree del Paese;
il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, ha istituito la «Banca del Mezzogiorno Spa» al fine di dotare il Sud Italia di un istituto bancario in grado di sostenere lo sviluppo economico e di favorirne la crescita;
entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge n. 133 del 2008, di conversione in legge del citato decreto, doveva essere nominato il comitato promotore che doveva disciplinare i criteri per la redazione dello statuto e le altre modalità di funzionamento del nuovo istituto bancario;
non veniva però indicato un termine entro cui la banca doveva essere operativa;
sono sempre maggiori le richieste di rientro che le banche fanno alle aziende, e sono sempre maggiori i tempi che impiegano e le incertezze che mostrano nel finanziare operazioni che prima venivano sostenute più facilmente, soprattutto nei confronti delle imprese collocate in aree del Paese meno sviluppate;
la diffusa preoccupazione che la stretta delle banche sui prestiti alle piccole e medie imprese meridionali possa compromettere l'esistenza della maggioranza delle realtà produttive del Sud, soprattutto quelle a vocazione agricola, rende ancor più urgente l'avvio del nuovo istituto bancario,

impegna il Governo

a sollecitare il completamento delle procedure previste dalle disposizioni recate dal decreto legge n. 112 del 2008 al fine di rendere operativa, entro breve tempo, la Banca del Mezzogiorno, quale strumento per sostenere, in questa particolare situazione economica, le realtà imprenditoriali meridionali e per contribuire alla ripresa di tutta l'economia italiana.
9/1972/98. Occhiuto, Tassone, Ruggeri, Cera, Romano, Ruvolo, Drago, Naro, Mannino, Testa, Zinzi, Pisacane.

La Camera,
premesso che:
i criteri di determinazione della contribuzione figurativa, attualmente in vigore, sono quelli previsti dall'articolo 8 della legge n. 155 del 23 aprile 1981, quando la dichiarazione delle retribuzioni percepite dal lavoratore aveva cadenza annuale e riportava i dati complessivi annuali delle retribuzioni stesse;
a partire dal 1o gennaio 2005, l'INPS dispone dei valori retributivi di ciascun assicurato con cadenza mensile: è pertanto, possibile utilizzare dei valori retributivi più analitici per calcolare l'accredito figurativo,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa, anche legislativa, nell'ambito dei processi di semplificazione e razionalizzazione dell'azione amministrativa, atta ad aggiornare l'estratto assicurativo del soggetto interessato, in linea con il decreto-legge n. 269 del 2003, convertito con modificazioni dalla legge n. 326 del 2003, adeguando il calcolo per la determinazione del valore retributivo da attribuire ai periodi riconosciuti figurativamente in favore del lavoratore.
9/1972/99. Naro, Poli, Ruggeri.

La Camera,
premesso che:
la normativa vigente prevede che al 1o gennaio di ogni anno il pensionato a cui vengono pagate prestazioni collegate al reddito dichiari quanto presume di percepire in quello stesso anno;
ciò determina il sorgere fisiologico dell'indebito dovuto alla dichiarazione di un reddito presunto e non effettivamenteconseguito, con evidenti difficoltà di recupero nei confronti di categorie sociali ed economiche deboli;
sarebbe opportuno intervenire in modo da razionalizzare l'attuale disciplina con riferimento alla formazione degli indebiti pensionistici, favorendo in tal modo, una riduzione delle tensioni sociali che periodicamente si determinano all'atto del recupero di prestazioni già erogate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare disposizioni normative atte a superare le criticità citate in premessa.
9/1972/100. Cera, Poli, Ruggeri.

La Camera,
premesso che:
con il provvedimento in esame, viene eliminata la norma in base alla quale cesserebbe qualsiasi obbligo contributivo a carico del Fondo Nazionale del Servizio Civile;
in una prima fase quando il servizio civile era basato sull'obiezione di coscienza, si riconosceva agli obiettori il beneficio previdenziale secondo il principio della «contribuzione figurativa», quindi senza nessun esborso a carico dell'ufficio nazionale e dell'obiettore;
sarebbe opportuno promuovere la scelta del servizio civile da parte dei giovani, in considerazione del fatto che il numero di volontari, chiamati a svolgere attività di grande rilievo sociale in numerosi campi, negli ultimi anni si è andato progressivamente riducendo;
il riconoscimento, anche ai fini previdenziali, del periodo prestato nel servizio civile, oltre a rappresentare un valido incentivo alla scelta dei giovani, equiparava l'impegno del servizio civile a quello militare e assicurava una maggiore qualità nelle attività a servizio dei cittadini,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riconsiderare gli effetti applicativi della disposizione richiamata, anche in considerazione del fatto che, il servizio militare e il richiamo alle armi sono da sempre casi tipici di contribuzione figurativa e della necessità di garantire un costante flusso di volontari per le attività previste dal servizio civile.
9/1972/101. Delfino.

La Camera,
premesso che:
per fare fronte alla persistente crisi economica ed occupazionale attuale è necessario ricercare ogni possibile strumento utile a stimolare gli investimenti pubblici;
la realizzazione di interventi di riqualificazione urbana di modeste dimensioni, è coerente con tale esigenza;
tali interventi, se realizzati nei centri urbani di piccoli o medi comuni o nei quartieri disagiati delle più grandi aree urbane del Paese, oltre ad impiegare risorse e mantenere adeguati livelli di occupazione, potrebbero rappresentare un utile strumento dal punto di vista psicologico, e prevenire i processi di degrado sociale e di sfiducia che normalmente si accompagnano a periodi lunghi di crisi economica;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reperire risorse finalizzate a finanziare la realizzazione di interventi di riqualificazione urbana nei centri urbani di piccoli e medi comuni quale strumento per sostenere l'economia di questi enti locali, specialmente di quelli per cui, a causa di condizioni economiche, sociali e geografiche, maggiore è il rischio che la crisi in atto possa acuire le difficoltà già in atto.
9/1972/102. Ciccanti, Galletti, Occhiuto, Compagnon.

La Camera,
premesso che:
il trattato sulla libera circolazione delle persone sottoscritto dalla Svizzera e l'Unione europea - parte integrante dei sette accordi bilaterali tra la confederazione elvetica e l'UE entrati in vigore il 1o giugno 2002 - sono basati sulla graduale abolizione dei vincoli che per decenni hanno regolato l'accesso al mercato del lavoro svizzero e la relativa normativa in materia di sicurezza sociale;
tra l'Italia e la Svizzera sono stati disciplinati tra l'altro, mediante accordi bilaterali, gli aspetti previdenziali e di sicurezza sociale concernenti i lavoratori e le lavoratrici italiani aventi lo status di «frontalieri». Come noto, soprattutto la zona di frontiera lombarda e piemontese ha alimentato da decenni un forte flusso di forza lavoro occupata nei cantoni svizzeri confinanti con l'Italia;
sulla base dei summenzionati accordi, la Svizzera retrocede annualmente all'Italia, nella fattispecie all'INPS, gli oneri destinati all'assicurazione per l'indennità di disoccupazione dei lavoratori e lavoratrici succitati;
i contributi retrocessi dalla Svizzera all'INPS - versati in un fondo apposito gestito con «contabilità separata» - sono stati utilizzati correntemente per finanziare la legge italiana n. 147 del 1997;
il 1o giugno 2009 la Svizzera cesserà la retrocessione all'INPS dei contributi sopra illustrati, avvalendosi delle norme contenute nel trattato sulla libera circolazione delle persone, un passo che coincide con un momento estremamente difficile del mercato del lavoro svizzero. Anche le previsioni più caute, infatti, rilevano le gravi difficoltà del mercato del lavoro nel 2009, a causa della crisi finanziaria ed economica in atto, e già da qualche mese, soprattutto nel comparto dell'industria, molti lavoratori hanno perso il posto di lavoro;
il lavoro transfrontaliero, oltre a costituire un alleggerimento per gli sbocchi occupazionali nel mercato del lavoro italiano lungo le zone di frontiera, ha da sempre costituito un fattore di grande rilevanza per lo sviluppo economico delle regioni interessate. Si deve inoltre considerare che i fondi in questione non costituiscono un onere per lo Stato italiano risultando essi dal prelievo sulle retribuzioni dei nostri connazionali occupati in Svizzera;
analizzando i periodi di recessione e di stagnazione dell'economia svizzera in passato si evince che i cantoni lungo il confine sud della Svizzera, naturale sbocco della forza lavoro transfrontaliera, hanno economie più deboli rispetto ai cantoni a nord delle Alpi. La situazione occupazionale sul versante italiano, peraltro, è già ora caratterizzata da notevoli difficoltà occupazionali causate dalla crisi economica e finanziaria predetta,

impegna il Governo

ad utilizzare i fondi inviati dalla Svizzera all'INPS esclusivamente per il finanziamento e l'applicazione della legge n. 147 del 1997 anche dopo la fine delle retrocessioni da parte elvetica, ovvero a partire dal 1o giugno 2009, adottando i provvedimenti di legge che si dovessero rendere necessari e in attesa di una modifica della legge n. 147 del 1997 stessa e del suo rifinanziamento.
9/1972/103. Narducci, Braga.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 78 del decreto-legge n. 112 del 2008 al comune di Roma é stato riconosciuta una anticipazione di 500 milioni di curo per fronteggiare lo stato deficitario, a valere sulle disponibilità della Cassa Depositi e Prestiti;
l'articolo 5 del successivo decreto legge n. 154 del 2008 ha attribuito al Comune di Roma un contributo di 500 milioni per la restituzione di quanto anticipato dalla Cassa Depositi e Prestiti. Le suddette risorse sono state poste a caricodegli stanziamenti dei fondi FAS, risorse finanziarie destinate allo sviluppo degli investimenti delle aree sottosviluppate;
considerate le potenzialità del Comune di Roma, era auspicabile che il deficit finanziario, derivante da anni di cattiva gestione, fosse stato affrontato mediante vendite di patrimonio immobiliare ed altre soluzioni afferenti alla riscossione di tasse e tributi;
inoltre, il comma 3 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 154 del 2008 ha attribuito, a decorrere dall'anno 2010, un contributo fisso annuale al Comune dì Roma di 500 milioni di euro;
è evidente che i continui sussidi finanziari per il Comune di Roma mal si conciliano con un principio di parità di trattamento rispetto agli altri comuni d'Italia;
sì rileva che molti comuni, soprattutto i più virtuosi, hanno subito negli ultimi anni decurtazione di trasferimenti erariali e, pur se i loro bilanci sono in avanzo, non possono procedere ad incrementare gli investimenti in conto capitale a causa del rispetto dei vincoli del patto di stabilità;
considerato che:
una modifica apportata all'articolo 18 del decreto legge in esame nelle Commissioni riunite ha introdotto i commi 4-quater e 4-quinquies, che prevedono un ulteriore sostegno per il comune di Roma, esentando la gestione ordinaria dal rispetto dei vincoli del patto di stabilità interno per l'anno 2009;
tale misura consentirà al comune di Roma di escludere dal patto le maggiori spese di investimento strutturale per la realizzazione della linea metropolitana, una deroga a nuove spese di investimento non consentite, peraltro, agli altri comuni, in particolare quelli con i bilanci in avanzo, che vorrebbero e potrebbero realizzare nuove opere funzionali per i loro cittadini residenti,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le stesse misure anche per quei comuni che si trovano in condizioni analoghe e di estendere le agevolazioni accordate al Comune di Roma, in materia di sottomissione ai vincoli del patto di stabilità, ai comuni, almeno i virtuosi, che necessitano di investimenti in opere ed infrastrutture.
9/1972/104. Dal Lago, Montagnoli, Fedriga, Reguzzoni, Negro.

La Camera,
premesso che:
l'intesa tra Cai e Air France ha determinato un netto declassamento dell'aeroporto di Malpensa e del sistema aeroportuale lombardo;
il 42 per cento delle importazioni e il 29 per cento delle esportazioni effettuate tramite trasporto aereo in Italia sono garantite dalle infrastrutture aeroportuali presenti in Lombardia dove opera il 52 per cento delle imprese a partecipazione estera presenti in Italia, pari a circa 3500 imprese che impiegano oltre 410.000 dipendenti;
Malpensa è stato fra il 2006 e il 2007 il primo aeroporto d'Europa per tassi di sviluppo del traffico merci (+ 24 per cento) e secondo per numero di passeggeri (+ 13 per cento);
le rotte intercontinentali cancellate o ridotte riguardano aree geografiche con le quali l'intero Nord Italia intrattiene intense relazioni commerciali, economiche e di interscambi culturali;
il piano industriale di Cai ha previsto l'abbandono del settore cargo di Malpensa costringendo le imprese che esportano ad utilizzare gli aeroporti di Monaco, Zurigo, Francoforte ed Amsterdam;
questa scelta costituisce un evidente danno per la competitività delle imprese che risulta tanto più insopportabilein un contesto di crisi economica che, al contrario, richiederebbe l'impegno e l'apporto delle aree più dinamiche del Paese,

impegna il Governo:

a definire urgentemente un piano nazionale del trasporto aereo;
a perseguire nell'interesse delle imprese, dei lavoratori e dei consumatori, una politica incentrata sulla libera concorrenza e volta alla piena liberalizzazione dei diritti di volo, assicurando la conseguente possibilità di fare atterrare e decollare sulle piste dell'aeroporto di Malpensa altre compagnie aeree che con i loro vettori possano coprire le rotte intercontinentali abbandonate da Alitalia, il cui utilizzo è oggi impedito proprio dagli accordi internazionali bilaterali;
a definire con le istituzioni locali il quadro delle priorità rispetto alle quali dare avvio alla rinegoziazione degli accordi bilaterali, affinché il subentro di nuovi vettori di riferimento risulti pienamente coerente con i piani industriali per lo sviluppo di Malpensa e del sistema aeroportuale lombardo e piemontese;
a garantire inoltre un analogo approccio ispirato a principi di concorrenzialità ai collegamenti interni, che oggi risultano penalizzati e ridotti nel numero, rimuovendo le cause che si frappongono a politiche di libero mercato, causa principale dell'alto costo della mobilità aerea in Italia;
ad accompagnare tale complesso di decisioni di carattere strategico per il rilancio di Malpensa e del sistema aeroportuale nel suo complesso, con i necessari impegni volti ad assicurare la tutela dei posti di lavoro generati dall'aeroporto, garantendo la salvaguardia dei livelli occupazionali diretti e indiretti; ciò sia attraverso opportune dotazione dei fondi da stanziare per gli ammortizzatori sociali, che occorre tengano conto in modo idoneo della pluralità delle tipologie contrattuali presenti nel sistema aeroportuale, sia assicurando le opportune tutele sociali nella mobilità da posto a posto, sia attraverso politiche di investimento per la realizzazione delle opere volte ad assicurare il completamento del sistema infrastrutturale di accesso a Malpensa in ciò confermando anche gli impegni assunti in tal senso, anche in sede di candidatura di Milano all'Expo 2015;
a assicurare che, nelle more dell'operatività di nuovi vettori nel settori merci che subentrino ad Alitalia Cargo, l'operatività del servizio, in analogia con quanto fatto per il trasporto passeggeri, sia garantita dalla gestione commissariale senza soluzioni di continuità, accelerando nel contempo il disbrigo delle procedure atte a garantire l'immediata operatività dei nuovi vettori; ciò a difesa dei livelli occupazionali diretti e indiretti del servizio, delle esigenze di mobilità delle merci espresse dal sistema delle imprese e per evitare aggravi del trasporto merci su gomma.
9/1972/105. Marantelli, Fiano, Peluffo, De Biasi, Misiani, Marco Carra, Mantini, De Micheli, Codurelli, Farinone, Braga, Pizzetti, Mosca.

La Camera,
premesso che:
la modernizzazione del settore e lo sviluppo dell'innovazione nella rete di telefonia fissa (cui si deve accompagnare una uguale attenzione alle nuove reti a banda larga basate su tecnologie wireless) e nei servizi Internet sono una priorità per le strategie di sviluppo del Paese;
tale strategia non può però prescindere dal consolidamento delle logiche di mercato tra gli operatori, i quali vanno messi nelle condizioni di competere tra loro su una base di parità;
è auspicabile che la diffusione della banda larga sia promossa attraverso meccanismi automatici, quali la riduzione del carico fiscale gravante sulla tecnologia,anziché attraverso misure discrezionali di finanziamento, le quali possono distorcere le normali dinamiche di mercato;
la tecnologia Adsl rappresenta sempre più un servizio essenziale - per ogni attività professionale e di studio - e, in quanto tale, meritoria di una «preferenza» fiscale del legislatore;
è auspicabile che quanti sono oggi esclusi dai servizi più innovativi (per scelte economiche e commerciali comunque legate ad un operatore) non sopportino i costi di gestione di servizi di cui non godono i benefici;

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di includere la tecnologia ADSL nell'alveo dei beni e servizi ad IVA agevolata;
a considerare la possibilità, ove compatibile con la normativa, di una integrazione del Codice delle comunicazioni elettroniche, al fine di riconoscere all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il potere di modulare il costo del canone di abbonamento Telecom in relazione alla possibilità per gli utenti di accedere alla tecnologia ADSL per il collegamento alla rete Internet, in questo modo prevedendo una riduzione del canone in favore degli utenti ai quali l'operatore non sia in grado di garantire l'accesso alla tecnologia ADSL per il collegamento a Internet.
9/1972/106. Della Vedova.

La Camera,
premesso che:
in questo contesto di crisi del sistema economico e produttivo che attanaglia il Paese vi sono molti casi di concessione in proroga di ammortizzatori sociali per lavoratori di aree in crisi da più anni;
in alcuni casi tale concessione riguarda lavoratori ultracinquantenni che hanno più di trenta anni di età contributiva e per i quali è molto difficile trovare una nuova occupazione soprattutto in una situazione di crisi;
nell'ambito del decreto in esame sono state previste misure per il prepensionamento dei giornalisti alla luce della crisi che riguarda il comparto dell'editoria;
la legge di riforma del sistema previdenziale legge 23 agosto 2004, n. 243, modificata dalla legge 24 dicembre 2007, n, 247, all'articolo 1 comma 18 e 18 bis, ha previsto una deroga in favore dei lavoratori collocati in mobilità ai maggiori requisiti richiesti per l'accesso alla pensione di anzianità;
infatti, dal 1o gennaio 2008 nel limite massimo di 10.000 unità, in favore dei lavoratori collocati in mobilità ordinaria per effetto di accordi siglati entro il 15 luglio 2007, continuano ad applicarsi le «vecchie» regole per l'accesso alla pensione di anzianità sia per quanto riguarda i requisiti (57 anni di età e 35 anni di contribuzione oppure 40 anni di contribuzione) che per le finestre di accesso a condizione che perfezionino i requisiti per il pensionamento di anzianità entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità stessa;
nell'individuare le predette 10.000 unità, l'Inps ha escluso i soggetti che si trovano in una delle seguenti condizioni tra cui i destinatari di provvedimenti in deroga;
si verificherà, pertanto, la situazione assurda in base alla quale due lavoratori, entrambi collocati in mobilità, uno nell'anno 1996 e l'altro nell'anno 2006, che hanno compiuto 57 anni di età e 35 anni di contributi a luglio 2008, potranno accedere alla pensione di anzianità in due date diverse: il primo, quello espulso dal mondo del lavoro il 1996, dal 1o luglio 2011, il secondo, espulso dal mondo del lavoro dieci anni dopo e cioè nel 2006, dal 1o gennaio 2009;

impegna il Governo

a verificare la possibilità di concedere come misura di sostegno ai lavoratoriultracinquantenni in mobilità in deroga, con almeno tre proroghe consecutive, l'accesso ai requisiti previdenziali così come prevista dalla legge n. 24 dicembre 2007, n. 247.
9/1972/107. Burtone.

La Camera,
premesso che:
nell'ambito della proroga degli ammortizzatori sociali in deroga per i lavoratori nella aree in crisi è previsto l'obbligo della diminuzione del dieci per cento della platea dei beneficiari relativa all'anno precedente;
in un contesto economico così difficile e complicato in cui in molte aree sia al Nord ma soprattutto al Sud è assai complicato poter essere ricollocati questa previsione obbligatoria del 10 per cento diventa una «norma capestro» che rischia di penalizzare tantissime migliaia di lavoratori;
si è in una situazione in cui l'indennità di mobilità diventa vitale per il lavoratore e la sua famiglia,

impegna il Governo

a valutare le conseguenze applicative della norma citata in premessa allo scopo di adottare le ulteriori iniziative normative volte, almeno per l'anno 2009, a sopprimere il vincolo del 10 per cento rispetto alla diminuzione della platea complessiva dei beneficiari al fine di evitare che i lavoratori che hanno perso il posto di lavoro possano trovarsi anche senza sussidio in quanto non si riesce a raggiungere questa soglia di rioccupati.
9/1972/108. Cuomo, Burtone.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 19-bis promuove l'imprenditoria giovanile per contribuire a rilanciare l'economia del Paese;
si è determinata una situazione di grave malessere dell'imprenditoria giovanile del Mezzogiorno, promossa dalla legge n. 95 del 1995 (ex legge n. 44 del 1986), per via delle difficoltà congiunturali;
accanto allo sforzo di rilanciare l'attività di lavoro autonomo dei giovani va messa in opera ogni azione per salvare le imprese esistenti soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia per l'aggravamento, in questa area, delle condizioni economiche generali;
molte imprese finanziate dalla legge n. 95 del 1995 (ex legge n. 44 del 1986) hanno esposizione debitoria con Sviluppo Italia e alcune hanno in atto procedure esecutive;
a causa della grave crisi finanziaria gli istituti di credito non solo si rifiutano di stipulare mutui, ma hanno anche ridotto l'erogazione dei mezzi finanziari a breve e medio termine;
sono possibili diverse soluzioni per salvare le imprese in crisi, che vanno dalla possibilità di consentire un rientro dall'esposizione con Sviluppo Italia attraverso una rateizzazione quindicennale oppure dal trasferimento dell'esposizione debitoria alle regioni meridionali attraverso un accordo tra queste ultime e Sviluppo Italia in modo da consentire l'intervento delle regioni nel capitale di rischio mediante la trasformazione del debito in partecipazione al capitale societario,

impegna il Governo:

a favorire ogni soluzione per evitare le procedure esecutive a danno delle aziende nate con i finanziamenti della legge n. 95 del 1995 (ex legge n. 44 del 1986) sull'imprenditoria giovanile nel Mezzogiorno;
a invitare Sviluppo Italia a valutare quali agevolazioni siano possibili per alimentare la continuità dell'attività imprenditoriale dei giovani.
9/1972/109. Cesare Marini, Laratta, Calvisi, Oliverio, Lo Moro, Laganà Fortugno, Capodicasa.

La Camera,
premesso che:
dopo la complessa e lunga operazione per la cessione di Alitalia alla nuova Società CAI, si sono determinate forti riduzioni nei numeri di voli negli aeroporti italiani;
in tale contesto si è registrato un taglio di tratte aeree soprattutto negli aeroporti di medio-piccola dimensione;
in Friuli Venezia Giulia è attivo l'aeroporto di Ronchi dei Legionari che svolge una funzione strategica a sostegno delle attività economico, commerciali e turistiche dell'intera regione;
con la riduzione dei voli da e per Roma e Milano si è determinata anche per il sopra menzionato aeroporto una situazione di difficoltà che si ripercuote, tra l'altro, nel bacino di utenza proveniente dalla vicina Slovenia e dalla Carinzia;

impegna il Governo

ad assumere opportune iniziative per favorire la presenza di nuove compagnie nazionali e internazionali al fine di migliorare e potenziare i collegamenti aerei tra il territorio della Regione Friuli Venezia Giulia con le altre aree del Paese, in particolare con Roma, Milano, Genova e Napoli e con le capitali dell'Europa centrale e dell'est.
9/1972/110. Strizzolo, Maran, Rosato, Compagnon, Monai.

La Camera,
premesso che:
il taglio drastico delle risorse economiche a disposizione per le politiche sociali ha colpito anche il servizio civile nazionale facendo passare le risorse stanziate dai 299 milioni per il 2008 dal precedente esecutivo ai 171 previsti nella finanziaria per il 2009, il peggiore della storia recente del servizio civile nazionale;
il negare i fondi e gli incentivi a questa istituzione equivale a negare una reale possibilità di crescita personale e professionale a migliaia di ragazzi e ragazze di questo Paese, oltre che sottrarre energie e risorse utili al miglioramento della comunità;
attualmente, vista la scarsità di fondi stanziati per il servizio civile, soltanto poco più della metà delle domande dei ragazzi viene accolta, creando così anche una disaffezione di questi verso l'istituto del servizio civile;
il rimborso spese offerto ai volontari per svolgere il servizio civile è pari attualmente a 433,80 euro netti mensili ed è qualificato come reddito di collaborazione coordinata e continuata, con un obbligo a coprire un minimo di 1400 ore di attività nell'arco dell'anno ed una retribuzione oraria pari a circa di 3,71 euro;
a tale situazione già di per sé critica, è aggravata dall'articolo 4, comma 2, del provvedimento in esame, che abolisce l'obbligo della contribuzione pensionistica da parte del Fondo nazionale per il servizio civile a decorrere dal 1o gennaio 2009. I periodi di servizio civile nazionale che verranno prestati dai volontari avviati in servizio a decorrere dal 1o gennaio 2009 sono riscattabili, in tutto o in parte, su domanda del volontario e su contribuzione individuale, da versare in un'unica soluzione o in 120 rate mensili senza l'applicazione degli interessi di rateizzazione, rendendo così ancora minore, di fatto, la contribuzione percepita dai ragazzi che vogliono investire un anno della loro vita in progetti di aiuto e solidarietà verso il prossimo,

impegna il Governo:

ad adottare tutte le opportune misure affinché il servizio civile possa disporre, già a partire dall'anno 2009, delle risorse necessarie per tornare ad essere popolare e di reale impatto educativo e culturale per tutta la società civile, quale momento non solo di crescita e di formazione per tutti quei giovani che decidono di prenderviparte, ma anche di valorizzazione delle attività realizzate da tutte quelle realtà che scelgono di avvalersi dell'ausilio dei volontari, contribuendo così allo sviluppo del Paese;
a riconsiderare la possibilità che i contributi pensionistici non siano posti a carico dei ragazzi che scelgono di svolgere questo servizio ma che continuino ad essere a carico del Fondo nazionale per il servizio civile.
9/1972/111. Miotto, Livia Turco, Argentin, Binetti, Bossa, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Mosella, Murer, Pedoto, Sbrollini, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
il «bonus famiglie» introdotto dal provvedimento in esame, variabile da 200 a mille euro, è una misura una tantum e non strutturale, oltre al fatto che al di là del nome, l'82 per cento dei beneficiari saranno singoli e coppie senza figli, in quanto i diversi tetti di reddito massimo consentiti per accedere al beneficio sono stati fissati a un livello assai più alto delle relative fasce di povertà per single e coppie, mentre sono pari o addirittura al di sotto della linea di povertà per le famiglie con figli;
il forum delle associazioni familiari, non a caso, già a inizio dicembre, aveva avanzato la proposta di modifica che riequilibrava i pesi tra i singoli e i nuclei con figli, senza aumentare la spesa complessiva;
quello che effettivamente manca, al di là della scarsità delle risorse finanziarie stanziate, è proprio una politica a sostegno della famiglia ed in particolare delle famiglie numerose e più vulnerabili;
manca completamente un confronto con chi rappresenta davvero le istanze familiari, come le associazioni familiari, in particolare le associazioni delle famiglie numerose,

impegna il Governo:

a valutare l'adozione di misure di sistema in linea con la necessità di costruire politiche reali, strutturali e non provvedimenti una tantum, di sostegno per i giovani e le famiglie, tanto italiane quanto migranti, che prendano in considerazione, oltre a misure di carattere prettamente economico anche lo sviluppo della rete dei servizi sul territorio, a partire dai consultori familiari, dagli asili nido, dal sostegno alla non autosufficienza, allo sviluppo generale delle azioni per la domiciliarità;
a rivalutare la possibilità di venir incontro alle famiglie numerose, tempestivamente, per evitare che siano i figli a soffrire più del necessario in questi tempi di crisi.
9/1972/112. Binetti, Livia Turco, Argentin, Bossa, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Miotto, Mosella, Murer, Pedoto, Sbrollini, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 prevede il cosiddetto prestito per i nuovi nati, non disciplinando però né a chi sarà corrisposto, né a quanto ammonterà, né in quanti anni dovranno essere restituiti i soldi prestati, né quali siano i limiti di reddito per poter accedere al prestito;
il comma 1-bis incrementa il fondo di ulteriori 10 milioni di euro rispetto ai 25 milioni già stanziati dal comma 1, vincolandoli però ai nuovi nati affetti da malattie rare;
non si evince la congruità fra i due fondi, visto che i nuovi nati sono 500 mila l'anno, mentre gli affetti da patologie rare sono stimati sull'ordine di qualche centinaiol'anno; oltretutto, le terapie in questi casi sono limitatissime mentre, poiché sono malattie spesso congenite e hanno natura cronica, nella maggior parte dei casi sono fonte di grave disabilità,

impegna il Governo

a rivedere ed armonizzare la disciplina relativa all'utilizzazione dei finanziamenti di cui all'articolo 4, commi 1 e 1-bis, affinché i due fondi abbiano una durata temporale uguale, nonché a prevedere l'utilizzo dei fondi di cui al comma 1-bis anche per quei nati colpiti da disabilità, atteso che gli effetti delle patologie rare sono spesso fonte di grave disabilità se non diagnosticate in tempo.
9/1972/113. Murer, Livia Turco, Argentin, Binetti, Bossa, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Miotto, Mosella, Pedoto, Sbrollini, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
il Fondo per le politiche familiari, creato nel 2006 con la legge finanziaria per il 2007 per dare avvio nel nostro Paese ad una politica di sostegno alle famiglie, ha subito già a luglio una riduzione grave, con i tagli lineari del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, poi con la legge finanziaria per il 2009, ed ora con 35 milioni che vengono dirottati sul prestito per i nuovi nati di cui all'articolo 4;
la decurtazione continua del fondo per le politiche familiari è un fatto molto grave, viste le affermazioni continue di sostegno alla famiglia;
il venir meno dei finanziamenti ha comportato un taglio dei fondi per la formazione delle badanti, per l'istituzione dei consultori familiari, per il sostegno alle famiglie numerose per le agevolazioni tariffarie,

impegna il Governo

ad elaborare una politica per le famiglie, non solo attraverso strumenti economici strutturali e non una tantum, ma anche che comporti:
a) un rafforzamento della rete dei servizi per la prima infanzia al fine di raggiungere entro il 2010 l'obiettivo comune della copertura territoriale del 33 per cento fissato dal Consiglio europeo del Lisbona del 23-24 marzo 2000, specialmente nelle aree del sud d'Italia dove maggiormente si avverte tale la carenza;
b) un accrescimento delle risorse destinate all'affermazione del valore sociale della maternità, attraverso la realizzazione di nuovi asili nido e, più in generale, di servizi di supporto alla genitorialità e alle famiglie nonché di servizi e di azioni locali rivolti alla conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro;
c) un rafforzamento e un miglioramento della rete dei servizi per i non autosufficienti, in particolar modo per le regioni del Mezzogiorno.
9/1972/114. Livia Turco, Argentin, Binetti, Bossa, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Miotto, Mosella, Murer, Pedoto, Sbrollini, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, prevede, all'articolo 81, comma 32, la concessione, ai residenti di cittadinanza italiana che versano in condizione di maggior disagio economico, di una carta acquisti, del valore di 40 euro al mese (cosiddetta social card) utilizzabile per il sostegno della spesa alimentare e al pagamento delle bollette energetiche nonché alla forniture di gas, con onere a carico dello Stato;
le modalità ed i requisiti per il rilascio della carta acquisti hanno disegnatoun vero e proprio percorso ad ostacoli tra patronati, CAAF, Poste, Inps, creando, di fatto, un disagio inutile tra gli aventi diritto, là dove sarebbe stato sicuramente più semplice, diretto, efficace, un trasferimento a somma variabile in funzione dei bisogni di ciascun nucleo familiare e finalizzato a portare tutti i beneficiari al raggiungimento di una soglia minima di reddito, come avviene negli altri Paesi europei;
fino ad ora, secondo i dati forniti dall'Inps le social card erogate sono state solo 330.000 a fronte di 520.000 domande ricevute, tra cui 140.000 respinte e 50.000 ancora da esaminare, là dove il Governo aveva individuato, all'origine del provvedimento, una platea di 1,3 milioni di beneficiari,

impegna il Governo

a valutare la trasformazione della social card in un trasferimento monetario rivolto alla platea di chi si trova in condizioni di povertà.
9/1972/115. Lenzi, Livia Turco, Argentin, Binetti, Bossa, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Miotto, Mosella, Murer, Pedoto, Sbrollini, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
tagli consistenti, previsti dalla legge finanziaria 2009-2011, colpiranno gli enti locali per una somma pari a circa 3 miliardi di euro;
questo taglio creerà ai comuni italiani una oggettiva difficoltà nel rispettare i vincoli dettati dal patto di stabilità e la relativa chiusura dei bilanci, già da quelli correnti;
il Governo ha deciso di esentare la città di Roma, dai vincoli del patto di stabilità per il prossimo biennio, provvedimento che segue lo stanziamento di 500 milioni di euro per la medesima città,

impegna il Governo

a considerare tutti i comuni italiani con pari dignità e rispetto, utilizzando provvedimenti e strumenti normativi uniformi in tutto il territorio nazionale.
9/1972/116. Sbrollini, Livia Turco, Argentin, Binetti, Bossa, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Miotto, Mosella, Murer, Pedoto, Rosato, Calearo Ciman, Sarubbi, Viola, Braga.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede la possibilità, per i comuni che abbiano rispettato il Patto di stabilità interno nel triennio 2006-2008, di escludere dal computo dei saldi rilevati ai fini del Patto di stabilità interno per l'anno 2009, le somme destinate a investimenti infrastrutturali o al pagamento di spese in conto capitale relative a impegni già assunti, qualora tali spese siano finanziate da risparmi derivanti da rinegoziazioni o estinzioni di mutui;
tale misura ha finalità analoghe ad altre disposizioni vigenti, tutte sostanzialmente tese ad agevolare, attraverso l'esclusione di alcune tipologie di spese in conto capitale dal calcolo dei saldi relativi al Patto di stabilità, la realizzazione degli investimenti infrastrutturali degli enti locali sottoposti al Patto di stabilità interno;
a riguardo, si ricorda il comma 8 dell'articolo 77-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come riformulato dal comma 41 della legge finanziaria per il 2009, il quale prevede che non vengano conteggiate nel saldo di riferimento dell' anno 2007 alcune voci di entrata - derivanti dalla cessione di azioni o di quote di società operanti nel settore dei servizi pubblici locali nonché quelle provenienti dalla distribuzione dei dividendi derivanti da operazioni straordinarie poste in essere dalla predette società qualora quotate nei mercati regolamentatie le risorse derivanti dalla vendita del patrimonio immobiliare - qualora le relative risorse siano destinate dagli enti locali alla realizzazione di investimenti infrastrutturali o alla riduzione del debito;
in maniera analoga l'articolo 2, comma 41, lettera b), della legge finanziaria per il 2009 ha previsto l'esclusione dal computo del saldo di alcune voci di entrata provenienti dallo Stato e le relative spese, di parte corrente e in conto capitale, sostenute da province e comuni per l'attuazione delle ordinanze emanate dal Presidente del Consiglio dei ministri, a seguito di dichiarazione dello stato di emergenza conseguente a calamità naturali;
le suddette misure non consentono tuttavia alle amministrazioni locali un'immediata spendibilità di quelle risorse che gli stessi enti avrebbero la possibilità di attivare sbloccando una parte dei residui passivi relativi alla spesa in conto capitale per portare a termine opere già cantierate e mettere in campo con immediatezza programmi di manutenzione ordinaria e straordinaria: scuole, verde pubblico, beni artistici e culturali, periferie;
assicurare un'immediata spendibilità di almeno una quota di queste risorse è al contrario necessario per un intervento di carattere anticongiunturale che rilanci gli investimenti per cui siano già stati aperti i cantieri e che i comuni non concludono perché non possono spendere risorse che sono già in loro possesso, pena il superamento dei vincoli posti dal patto di stabilità;
la mancata attenuazione dei vincoli del patto di stabilità per gli investimenti di manutenzione ordinaria e straordinaria riproduce uno dei motivi che ritardano la spesa per investimenti nel nostro Paese e non si affronta uno degli aspetti più importanti del ruolo degli enti locali che non è connesso solo alla quantità delle risorse, ma anche alla qualità della spesa che viene profondamente compromessa dall'impossibilità che i comuni hanno di poter spendere le risorse che sono già in loro possesso;
il ruolo di volano dell'economia rappresentato dal rilancio degli investimenti pubblici passa obbligatoriamente attraverso la possibilità di investimento delle amministrazioni locali, soprattutto di quelle comunali mediante l'individuazione e l'immediata realizzazione di opere pubbliche già individuate e per le quali siano già state preordinate le necessarie risorse;
la possibilità per gli enti locali di spendere quelle risorse che sono già in loro possesso per gli investimenti di manutenzione ordinaria e straordinaria tramite l'attenuazione dei vincoli del patto di stabilità determinerebbe effetti economici anticongiunturali importanti poiché inciderebbero direttamente nelle situazioni di contesto in cui le imprese operano e ne rappresenterebbero un fattore importante per il rilancio della competitività e della produttività mediante nuova liquidità inserita nel sistema,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di escludere dai saldi utili del patto di stabilità interno degli enti locali i pagamenti a residui concernenti spese per investimenti effettuati nei limiti delle disponibilità di cassa a fronte di impegni regolarmente assunti ai sensi dell'articolo 183 del testo unico degli enti locali.
9/1972/117. De Micheli, Baretta, Fluvi, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Causi, Ceccuzzi, D'Antoni, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo, Mosca, Braga.

La Camera,
premesso che:
il decreto in esame reca misure per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale;
la Commissione europea, nel presentare il 26 novembre scorso «Il piano europeo di ripresa economica», identifica un insieme di misure volte al sostegno dell'economia reale fondate sul significativo rafforzamento del potere d'acquisto delle famiglie, attraverso la tempestiva adozione di un pacchetto fiscale dell'ammontare di 200 miliardi di euro (1,5 del PIL dell'Unione), 170 dei quali dovrebbero essere implementati dai Paesi membri e 30 dalla Commissione;
il bonus per le famiglie di cui al presente decreto, date le condizioni attuali ed attese dell'economia, è, invece, una misura utile ma assolutamente insufficiente, mentre sarebbe stato necessario un intervento di portata ben più ampia, sia per importo medio, sia per numero di famiglie interessate;
una via più efficace e meno farraginosa per sostenere i redditi dei lavoratori è quella dell'incremento degli importi degli assegni al nucleo familiare, introdotto dal decreto-legge 69 del 1988, perché determina un incremento del reddito disponibile delle famiglie tenendo conto del numero dei componenti del nucleo familiare e non solo del reddito complessivo,

impegna il Governo

a provvedere, a partire già dai prossimi provvedimenti legislativi, ad incrementare gli importi degli assegni al nucleo familiare.
9/1972/118. Baretta, Fluvi, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Causi, Ceccuzzi, D'Antoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
con un insieme di interventi il Governo sta cancellando le politiche di incentivazione fiscale realizzate negli ultimi anni e in particolare il meccanismo dei crediti di imposta;
in particolare, il decreto in esame estende la normativa sul monitoraggio dei crediti di imposta prevista dai commi 1 e 2 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 138 del 2002, a tutti i crediti di imposta vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto;
si estende, quindi, quanto già previsto per il credito d'imposta per gli investimenti nelle aree sottoutilizzate dal decreto-legge n. 97 del 2008 a tutti i crediti di imposta, abbandonando l'automatismo in favore del ritorno alla vecchia e fallimentare logica discrezionale e ai pesanti adempimenti amministrativi del passato;
nonostante il decreto in esame sia finalizzato al sostegno delle famiglie, del lavoro, dell'occupazione e dell'impresa e al ridisegno in funzione anti-crisi del quadro strategico nazionale, è evidente che lo smantellamento del meccanismo dei crediti di imposta agisca in direzione esattamente opposta;
la portata anti-ciclica del decreto in esame è ridotta dal sostanziale annullamento degli incentivi agli investimenti in ricerca ed innovazione, poiché attraverso la procedura delle «prenotazioni» si rendono gli incentivi incerti e un incentivo incerto equivale a nessun incentivo;
mentre il 26 novembre 2008 la Commissione europea nel «Piano europeo di ripresa economica», che contiene una serie di proposte per fronteggiare l'attuale congiuntura economica, ha invitato gli Stati membri ad aumentare gli investimenti in ricerca e sviluppo, innovazione e istruzione al fine di stimolare la crescita e la produttività, il presente decreto va nella direzione esattamente opposta,

impegna il Governo

a restituire piena operatività agli strumenti automatici di incentivazione, quale il credito d'imposta sulla ricerca, la cui efficacia risulta vanificata dal ripristino dei tettifinanziari e dagli appesantimenti amministrativi connessi al meccanismo della prenotazione.
9/1972/119. Marchi, Baretta, Fluvi, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Causi, Ceccuzzi, D'Antoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo, Ghizzoni, Braga.

La Camera,
premesso che:
con un insieme di interventi il Governo sta cancellando le politiche di incentivazione fiscale realizzate negli ultimi anni e in particolare il meccanismo dei crediti di imposta;
in particolare, il decreto in esame estende la normativa sul monitoraggio dei crediti di imposta prevista dai commi 1 e 2 dell'articolo 5, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, a tutti i crediti di imposta vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto;
si estende, quindi, quanto già previsto per il credito d'imposta per gli investimenti nelle aree sottoutilizzate dal decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, a tutti i crediti di imposta, abbandonando l'automatismo in favore del ritorno alla vecchia e fallimentare logica discrezionale e ai pesanti adempimenti amministrativi del passato;
nonostante il decreto in esame sia finalizzato al sostegno delle famiglie, del lavoro, dell'occupazione e dell'impresa e al ridisegno in funzione anti-crisi del quadro strategico nazionale, è evidente che lo smantellamento del meccanismo dei crediti di imposta agisca in direzione esattamente opposta;
l'impatto di queste scelte sarà fortissimo e tale da accrescere le profonde difficoltà economiche in cui si trova il nostro Paese, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a restituire piena operatività agli strumenti automatici di incentivazione, quale il credito d'imposta sugli investimenti nel Mezzogiorno, la cui efficacia risulta vanificata dal sistema dei tetti finanziari e dagli appesantimenti amministrativi connessi al meccanismo della prenotazione.
9/1972/120. D'Antoni, Baretta, Fluvi, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Causi, Ceccuzzi, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
l'attuale crisi economica e finanziaria richiede di definire tempestivamente misure correttive e idonei ed efficaci strumenti di politica economica finalizzati a garantire stabilità al sistema creditizio e a sostenere l'economia reale;
nell'attuale contesto, il Fondo di garanzia alle piccole e medie imprese, istituito con l'articolo 15 della legge n. 266 del 1997, unico fondo nazionale e intersettoriale di garanzia, esteso alle imprese artigiane dal decreto in esame, è uno strumento che risponde ai requisiti di pronta utilizzazione e di efficacia in quanto rappresenta, da quasi un decennio, uno dei principali strumenti di politica industriale a favore delle PMI che, tradizionalmente, incontrano maggiori difficoltà nel reperimento delle fonti finanziarie;
in particolare, il Fondo interviene a favore di operazioni finanziarie (finanziamenti di qualunque tipologia e durata, prestiti partecipativi e partecipazioni al capitale di rischio) concesse alle piccole e medie imprese da banche, intermediari finanziari di cui all'articolo 107 del testo unico bancario e società finanziarie per l'innovazione e lo sviluppo (SFIS) e presta inoltre controgaranzie a favore delle garanzie prestate dai Confidi e dai fondi di garanzia gestiti da banche, da intermediari finanziari o dai soggetti di cui all'articolo 106 del testo unico bancario;
il Fondo ha pertanto la caratteristica di facilitare l'accesso al credito da parte delle PMI in quanto riduce le garanzie che le stesse offrono al sistema bancario e permette ai Confidi di alleggerire la propria esposizione complessiva mantenendo pertanto la capacità di assistere le imprese associate;
le disposizioni di cui all'articolo 11 del decreto in esame, volte a rafforzare l'operatività del Fondo al fine di rispondere all'attuale fase congiunturale, mal si conciliano con la prospettiva di una discontinuità dell'operatività dello strumento che si determinerebbe con l'avvio dell'operatività del Fondo per la Finanza d'Impresa di cui all'articolo 1, comma 847, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in cui è confluito lo stesso Fondo di garanzia per le PMI,

impegna il Governo

ad assicurare la continuità operativa del Fondo di garanzia per le PMI altresì prevedendo opportune forme di incremento del finanziamento del Fondo medesimo.
9/1972/121. Fluvi, Baretta, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Causi, Ceccuzzi, D'Antoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
nella straordinaria situazione di crisi che stiamo affrontando, il tema della liquidità delle imprese assume notevolissima importanza;
molte imprese sono già in difficoltà, o potrebbero esserlo in poche settimane, non solo perché registrano una riduzione dei loro ordinativi, ma anche perché non hanno più un sufficiente accesso al credito;
molte imprese, soprattutto piccole e medie, potrebbero entrare in crisi, e i loro i dipendenti e fornitori perdere il lavoro, ben prima dell'impatto della recessione internazionale sulla riduzione dei consumi, ma per il solo effetto della restrizione del credito;
le banche italiane sembrano avviate più delle loro consorelle europee a trasmettere all'economia reale la stretta creditizia;
per mettere un argine a questa situazione è possibile aggredire il problema a partire dai crediti che le imprese fornitrici vantano dalla pubblica amministrazione. Si tratta di circa 50 miliardi di euro. Se almeno una quota di questi crediti fosse liquidabile velocemente, le imprese, e i loro lavoratori, potrebbero guadagnare qualche mese di respiro;
purtroppo non sempre le banche sono disponibili a scontare, e quindi anticipare, alle imprese i crediti vantati verso Stato, regioni e altri enti pubblici, perché non sempre i crediti sono ritenuti certi ed esigibili e perché non sempre la banca ha sufficiente liquidità;
il provvedimento in esame, nel prevedere che, relativamente agli anni 2008 e 2009, le risorse disponibili rispetto ai pagamenti effettuati a valere sull'autorizzazione di spesa per la liquidazione delle istanze di rimborso IVA sulle auto aziendali siano finalizzate all'estinzione di crediti maturati nei confronti dei ministeri alla data del 31 dicembre 2007, risultaassolutamente insufficiente alla finalità dello liquidazione dei crediti che le imprese vantano nei confronti della pubblica amministrazione;
la modifica introdotta dalle Commissioni, che prevede che, per l'anno 2009, su istanza del creditore, le regioni e gli enti locali hanno facoltà di certificare, nel rispetto dei limiti del Patto di stabilità interno, l'esigibilità del credito vantato per somministrazione, forniture e appalti ai fini della cessione pro soluto a istituti di credito e a società finanziarie del credito medesimo, è apprezzabile ma insufficiente a porre rimedio al problema, anche perché molte regioni ed enti locali hanno già raggiunto i limiti massimi consentiti per attingere all'istituto delle anticipazioni di tesoreria, che i principi contabili europei equiparano alla cessione pro soluto,

impegna il Governo

a favorire, per quanto di sua competenza, la definizione, anche di carattere normativo, di un sistema che assicuri la possibilità per le amministrazioni di «certificare» la validità della fattura emessa, una volta eseguiti tutti i controlli di legge (sul rispetto del contratto di servizio o di fornitura, piuttosto che sul collaudo dell'opera pubblica), nonché a sollecitare la Cassa Depositi e Prestiti a scontare le fatture «certificate» a prezzi di mercato, esercitando il ruolo di «anticipatore» dei fondi di ultima istanza.
9/1972/122. Causi, Fluvi, Baretta, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Ceccuzzi, D'Antoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3, comma 12, del decreto in esame consente la suddivisione della rete di trasmissione nazionale in non più di tre macro-zone, cui potrà provvedere il Ministro dello sviluppo economico su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto medesimo;

impegna il Governo

a subordinare l'eventuale suddivisione della Rete di trasmissione nazionale al potenziamento della rete medesima, unica vera strada per il superamento delle congestioni e delle inefficienze presenti, che comportano l'incremento dei costi di produzione e di dispacciamento, altresì mantenendo il Prezzo unico nazionale per i clienti finali.
9/1972/123. Vico, Baretta, Fluvi, Boccia, Calvisi Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Causi, Ceccuzzi, D'ANtoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
la gravità, l'ampiezza e la possibile durata della crisi economico-finanziaria che sta investendo le economie del mondo richiedono uno sforzo straordinario di innovazione e collaborazione tra tutte le istituzioni e tra tutti i soggetti sociali;
la stessa natura della crisi, per come si è originata e per la pervasività dei suoi effetti distorsivi, dovrebbe portare ad un'attenzione particolare alla rivalutazione del fattore lavoro, quale elemento di ricchezza del sistema economico nazionale e di coesione sociale;
al riguardo, le misure contenute nel provvedimento appaiono timide e parziali, come nel caso degli ammortizzatori sociali, o contraddittorie, come nel caso delladisposizione che di fatto travolge il sistema di tutele, attualmente previste dal nostro ordinamento, in materia di mantenimento dei livelli salariali e contrattuali, in caso di cessione di azienda o di ramo di azienda;
ipotizzare che la risposta alla crisi possa passare attraverso un processo di ulteriore precarizzazione e svalutazione del fattore lavoro, finendo per coinvolgere anche quei lavoratori che, secondo una lettura sommaria e superficiale, apparterrebbero alla categoria dei privilegiati, appare quanto di più inopportuno in una fase in cui è indispensabile uno sforzo comune per far ripartire l'economia e ripristinare la fiducia reciproca tra i soggetti sociali,

impegna il Governo

ad adoperarsi, per quanto di sua competenza, affinché venga al più presto ripristinato un principio di civiltà giuridica e di indispensabile coesione sociale, quale quello volto ad assicurare una sostanziale garanzia di stabilità del reddito e del sistema di tutele normative e contrattuali riconosciuti ai lavoratori, anche in caso di cessione di azienda o di ramo di azienda.
9/1972/124. Berretta, Damiano, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Letta, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.

La Camera,
premesso che:
la crisi economica internazionale, come ampiamente previsto, sta facendo ormai sentire i suoi effetti anche nel nostro Paese;
dagli ultimi dati recentemente pubblicati si prevede che il 2009 e il 2010 si configurino come due anni di recessione con conseguente tracollo dei posti di lavoro: secondo gli stessi dati nell'anno in corso saranno 600 mila i lavoratori che perderanno il posto di lavoro e la disoccupazione salirà all'8,4 per cento. Solo nel mese di dicembre 2008, il ricorso alla cassa integrazione ordinaria da parte delle aziende, ha conosciuto un incremento pari al 526 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente;
in questo quadro la situazione dei lavoratori precari appare drammatica: un lavoratore su 8 nel nostro Paese è precario, migliaia di lavoratori privi di tutele, che saranno i primi a pagare gli effetti della crisi economica;
si stima che sono circa 305 mila i contratti scaduti solo al 31 dicembre 2008 ed altre migliaia sono in scadenza nel 2009;
in un recente studio pubblicato dall'Università «La Sapienza» di Roma, si calcola che siano oltre 800 mila gli atipici a «rischio precarietà», vale a dire con un solo contratto e un solo committente, quali anche i titolari di partita IVA a basso reddito;
ai lavoratori del settore privato si aggiungono i precari del settore pubblico, le cui recenti iniziative del Governo, contenute sia nel decreto 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che nel disegno di legge, al momento all'esame del Senato (A.S. 1167) dal titolo « Delega al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, nonché misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico, di controversie di lavoro e di ammortizzatori sociali», hanno precluso la possibilità di accedere ad un processo di stabilizzazione, previsto dalle leggi finanziarie 2007 e 2008, varate dal Governo Prodi; si calcola che i lavoratori ai quali non verrà rinnovato il contratto nell'anno in corso saranno circa 60 mila;
a fronte della situazione sopra descritta, la platea dei precari che beneficerà delle norme contenute nel decreto non sarà superiore al dieci per cento del totale, con un contributo pari appena al 10 per cento del reddito percepito l'anno precedente;
nonostante la più volte richiamata esigenza di una complessiva rivisitazione in senso universalistico del sistema degli ammortizzatori sociali, tema affrontato con la delega legislativa prevista all'articolo 1, comma 28, della legge di attuazione del Protocollo del welfare (legge 24 dicembre 2007, n. 247) la medesima non solo non è stata esercitata ma risulta attualmente scaduta, essendo superati i termini del 31 dicembre, senza che alcuna norma di proroga legislativa sia stata varata entro il termine utile,

impegna il Governo:

a prevedere, stante l'entità e la prevista durata della crisi, l'individuazione di ulteriori e significative risorse finanziarie, non appena se ne determineranno le condizioni, al fine di assicurare la più ampia ed efficace estensione degli strumenti di sostegno del reddito di tutti i lavoratori colpiti dagli effetti della crisi;
a prevedere misure, nell'ambito delle proprie competenze, volte ad estendere gli istituti di tutela del reddito previsti dalla normativa vigente anche a quei lavoratori attualmente non destinatari di tali istituti, siano essi lavoratori a tempo determinato, a progetto, titolari di partita IVA a basso reddito, attribuendo a tale estensione adeguate risorse finanziarie;
a prevedere, con la massima sollecitudine, a prorogare il termine per l'emanazione dei decreti legislativi di cui all'articolo 1, comma 28, della legge 24 dicembre 2007, n. 247.
9/1972/125. Damiano, Baretta, Fluvi, D'Antoni, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Letta, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, Braga.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede misure in favore del sostegno del reddito delle famiglie;
in particolare sono previste misure in favore dei mutuatari ma nulla di specifico è previsto con riferimento alla condizione degli affittuari se non un modesto ripristino delle somme decurtate da precedenti provvedimenti sul Fondo per gli affitti,

impegna il Governo

a prevedere ulteriori e significativi incrementi del Fondo nazionale per gli affitti di cui all'articolo 11, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
9/1972/126. Mastromauro, Baretta, Mariani, Bratti, Bocci, Motta, Marantelli, Ginoble, Morassut, Braga.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame dispone, all'articolo 18, la riprogrammazione delle risorse nazionali finalizzate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate al fine di concentrare le risorse disponibili su obiettivi che, in considerazione della eccezionale crisi economica che sta vivendo il Paese, siano da considerarsi prioritari per il rilancio dell'economia italiana, quali le opere pubbliche e l'emergenza occupazionale;
senza entrare nel merito di una valutazione strategica su quali siano i comparti che meglio possano agevolare una ripresa che stenta a decollare, appare opportuno sottolineare che il provvedimento elaborato dal Governo ha omesso di inserire importanti settori di intervento dell'attore pubblico;
in particolare bisogna sottolineare la necessità di investire nel settore della messa in sicurezza del territorio, aumentando gli interventi per la difesa del suolo, quelli finalizzati alla bonifica da inquinamento ambientale e per la realizzazione e manutenzione delle opere idrauliche;
non bisogna sottovalutare l'importanza che queste attività rivestono, siaperché consentono di recuperare il necessario equilibrio tra l'utilizzazione delle risorse naturali e la loro tutela e valorizzazione, sia perché fanno capo ad un modello di sviluppo economico virtuoso che tende a tutelare il capitale e non a metterlo a repentaglio,

impegna il Governo

a prevedere che una quota parte degli investimenti per le opere pubbliche venga destinata ad interventi di difesa del suolo, di bonifica da inquinamento ambientale e di realizzazione di opere idrauliche.
9/1972/127. Mariani, Realacci, Iannuzzi, Margiotta, Bocci, Braga, Motta, Martella, Marantelli, Mastromauro, Ginoble, Morassut, Bratti, Esposito, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
durante l'esame presso le Commissioni riunite V e VI è stata introdotta, all'articolo 18, una norma finalizzata alla sollecita attuazione del cosiddetto piano casa;
il nuovo quadro normativo delineato prevede, oltre alla possibilità di utilizzare le finanziarie aggiuntive provenienti dal Fondo aree sottoutilizzate, anche che non sia più necessaria l'intesa della Conferenza unificata per l'approvazione del «piano casa», ma il semplice parere della stessa;
la sostituzione dell'intesa della Conferenza unificata con il semplice parere della stessa appare di dubbia legittimità costituzionale in merito al riparto di competenze stabilito dal titolo V della Costituzione, visto che una costante giurisprudenza della Corte Costituzionale ha riconosciuto l'esistenza di una competenza legislativa regionale in materia di edilizia residenziale pubblica,

impegna il Governo

a valutare gli effetti della disposizione citata in premessa, al fine di adottare iniziative normative volte a correggere quello che appare un macroscopico errore nella redazione della norma e che potrebbe esporre il decreto al rischio di sollevazione di eventuali eccezioni di costituzionalità.
9/1972/128. Braga, Mariani, Realacci, Iannuzzi, Margiotta, Bocci, Motta, Martella, Marantelli, Mastromauro, Ginoble, Morassut, Bratti, Esposito, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
con la definitiva approvazione del «pacchetto clima» che stabilisce per il 2020 la riduzione del 20 per cento di emissioni di gas a effetto serra, di portare al 20 per cento il risparmio energetico e aumentare del 20 per cento il consumo di fonti e rinnovabili, l'Europa ha dimostrato di considerare la risposta ai mutamenti climatici, con quello che comporta in termini di innovazione, di ricerca, di aumento della competitività economica e occupazionale, non un peso ma una delle chiavi per affrontare la crisi economica;
l'Italia è in drammatico ritardo, non solo rispetto ai target fissati dal «pacchetto clima» dell'Unione europea, ma soprattutto rispetto agli obiettivi vincolanti del Protocollo di Kyoto per i quali dobbiamo ridurre per il 2012 le nostre emissioni del 6,5 per cento rispetto al 1990;
l'esigenza di combattere i mutamenti climatici non nasce solo da grandi problemi: tale prospettiva è anche una straordinaria occasione di sviluppo e di progresso. Lo è in generale e lo è a maggior ragione per l'Italia. Proprio partendo dagli obiettivi e dai vincoli in materia di politiche energetiche e climatiche, anche il nostro Paese può trovare nuovo slancio economico, industriale, tecnologico: nell'incremento di ricerca e sviluppo, nella diffusione di prodotti e di processiproduttivi innovativi ed efficienti, nella creazione di nuova occupazione qualificata, in una forte spinta all'esportazione di processi e prodotti eco-efficienti, nella razionalizzazione e modernizzazione dei sistemi di mobilità e delle tecnologie per l'edilizia;
come ha ricordato anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel discorso alla nazione di fine anno la crisi economica può rappresentare un'occasione per innovare l'economia a partire proprio dalle questioni energetiche e ambientali;
il ripensamento sul taglio al bonus del 55 per cento per gli interventi energetico-ambientali nel patrimonio edilizio è stato positivo. Si tratta di un caso concreto di una misura che tiene assieme, come anche in altri paesi del mondo, la sfida ambientale e il rilancio dell'economia e dell'occupazione. Migliaia di piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'artigianato e molti produttori di materiali e apparecchiature per l'edilizia si sono attivati per utilizzare il mercato che si stava aprendo, sono coinvolti decine di migliaia di posti di lavoro;
il nostro Paese nel contesto europeo è fra quelli che hanno i requisiti maggiori per orientare il suo sistema produttivo su basi ambientali. Sviluppo delle fonti alternative, innovazione, ricerca, sono risorse che l'Italia deve mettere da subito in campo per creare nuova occupazione e nuova economia,

impegna il Governo

a tener conto delle questioni ambientali nell'adozione delle misure per affrontare la crisi economica e a considerare l'innovazione ambientale come chiave e opportunità da cogliere per rilanciare l'economia e l'occupazione.
9/1972/129. Realacci, Mariani, Iannuzzi, Margiotta, Bocci, Braga, Motta, Martella, Marantelli, Mastromauro, Ginoble, Morassut, Bratti, Esposito, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il settore lattiero caseario delle produzioni DOP a lunga stagionatura vive un momento di grande crisi che incide pesantemente nel cuore delle produzioni più rappresentative del made in Italy;
in particolare la produzione di grana padano e di parmigiano reggiano rischia di essere fortemente penalizzata, soprattutto per il venir meno del sostegno europeo all'ammasso privato;
d'ora in poi spetterà agli Stati membri, se lo riterranno opportuno, finanziare il sostegno alla stagionatura dei formaggi DOP,

impegna il Governo

a prevedere adeguate risorse e misure fiscali di sostegno all'attività dell'ammasso privato per la stagionatura dei prodotti lattiero-caseari DOP quali il parmigiano reggiano ed il grana padano.
9/1972/130. Marco Carra, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Lusetti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
i fabbricati che possiedono i requisiti della ruralità, anche se censiti nel Catasto edilizio urbano, non sono assoggettabili ad ICI, in quanto il reddito di detti fabbricati, considerati in sede di revisione degli estimi e contabilizzati come pertinenza del terreno, è stato incluso nel reddito dominicale dei terreni sui quali insistono;
l'Agenzia del Territorio e l'Agenzia delle Entrate (circolare n. 50/E/2000) hanno espresso un consolidato orientamento interpretativo conforme alla non assoggettabilità ad ICI dei fabbricati in possesso dei requisiti di ruralità; ciò nonostantel'ANCI dell'Emilia-Romagna, basandosi su alcune sentenze della Corte di cassazione, ha preso posizione favorevole all'imponibilità ICI dei fabbricati rurali,

impegna il Governo

a chiarire definitivamente, in sede legislativa, la non assoggettabilità all'ICI dei fabbricati rurali.
9/1972/131. Cenni, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Lusetti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolini.

La Camera,
premesso che:
i commi dal 242 al 249 della legge finanziaria per il 2007, con l'obiettivo di incentivare la giusta spinta all'aggregazione delle imprese, assicurano nel biennio 2007-2008 uno sconto fiscale attraverso un meccanismo di esclusione dei primi 5 milioni di euro del disavanzo di concambio, che si traducono in pratica fino a 1,8 milioni di euro di beneficio fiscale;
questo meccanismo non incide in alcun modo sulle cooperative che realizzino le medesime operazioni societarie in quanto la legge ad esse applicabile per queste operazioni non prevede la formazione di un disavanzo di concambio, facendo così mancare alle cooperative un beneficio che invece risulterebbe molto utile per incentivare i processi aggregativi anche fra queste imprese che in molti settori sono ancora molto numerose e troppo piccole,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottre una norma i cui effetti siano identici a quelli prodotti dai commi 242-249 della finanziaria 2008 sulle società di capitale, ma in grado di essere applicata alle cooperative che così potranno essere incentivate all'aggregazione.
9/1972/132. Brandolini, Oliverio, Zucchi, Agostini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Luseti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
il settore agroalimentare è in grado di fornire un apporto fondamentale alla ripresa economica del paese offrendo un bacino imprenditoriale ed occupazionale rilevante con riflessi positivi anche sulla gestione e sulla tutela del territorio;
la filiera agroalimentare riveste un compito importantissimo anche nell'assicurare le garanzie sanitarie e la qualità dei prodotti alimentari ai consumatori;
lo scenario attuale presenta notevoli difficoltà ed incertezze che acuiscono i gravi ritardi strutturali e competitivi presenti nella fase agricola, in quella cooperativa ed industriale - sottoposte alla concorrenza delle multinazionali e dei produttori di paesi a basso costo - ed anche nel commercio e nella distribuzione moderna, sovrastata dalle grandi catene spesso estere;
una grande opportunità di tutela, consolidamento e crescita degli agricoltori è rappresentata da misure che consentendo di accorciare la filiera creino le condizioni per la crescita imprenditoriale degli addetti e ne aumentino il reddito;
per tali motivi è necessario dedicare un'attenzione prioritaria alle misure tese a rendere più efficace e completa l'integrazione nel mercato delle imprese e delle filiere agroalimentari;
le nostre produzioni ortofrutticole hanno già raggiunto dei buoni livelli di qualità e quantità dei prodotti, tuttavia le riconosciute organizzazioni dei produttori (OP) che operano nel settore dell'ortofrutta ancora non riescono ad esprimerefino in fondo le proprie potenzialità connesse alla commercializzazione di prodotti già confezionati;
la possibilità per le OP di commercializzare direttamente i propri prodotti lavorati e confezionati accorcerebbe notevolmente la filiera agroalimentari e rappresenterebbe un elemento positivo tanto per i consumatori, che vedrebbero i costi dei prodotti ridursi, quanto per gli agricoltori che vedrebbero aumentare il reddito derivante dalla vendita dei prodotti;
tale possibilità è impraticabile per la maggior parte degli agricoltori a causa delle notevoli risorse necessarie per effettuare quegli investimenti utili a consentire lo stoccaggio ed il confezionamento dei propri prodotti al fine di venderli direttamente agli esercizi di vendita al dettaglio;
una OP che intendesse proporsi autonomamente sul mercato come produttrice e venditrice dovrebbe investire per creare o adeguare le proprie strutture logistiche, realizzare impianti di condizionamento e di trasformazione, avere magazzini di lavorazione e stoccaggio nonché acquisire strumenti di gestione e di analisi dei sistemi di rintracciabilità;
le potenzialità ancora inespresse del settore agroalimentare impongono un'attenta riflessione sulle possibilità di sviluppo economico derivanti da un sostegno agli investimenti che consenta ai nostri agricoltori di non rimanere schiacciati dalle inevitabili contrapposizioni derivanti dalla concorrenza delle multinazionali e delle grandi catene di distribuzione.

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere specifici meccanismi di sostegno fiscale e congrue risorse allo scopo indirizzate per le Organizzazioni dei produttori del settore ortofrutticolo che investano per creare o adeguare le proprie strutture logistiche, realizzare impianti di condizionamento e di trasformazione, avere magazzini di lavorazione e stoccaggio, acquisire strumenti di gestione e di analisi dei sistemi di rintracciabilità al fine di commercializzare direttamente i propri prodotti già confezionati e accorciare, in tal modo, la filiera agroalimentare.
9/1972/133. Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Lusetti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 7 interviene sulla disciplina relativa alla liquidazione dell'imposta sul valore aggiunto disponendo che l'IVA sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizio diviene esigibile al momento dell'incasso qualora quest'ultimo sia successivo al momento dell'emissione della fattura;
viene introdotto a regime il criterio di cassa in luogo di quello di competenza ai fini della determinazione del debito IVA;
la norma estende l'ambito di applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 6, quinto comma, secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633/1972 alle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confronti di esercenti attività di impresa, arte o professione;
sono, pertanto, escluse le operazioni effettuate nei confronti dei privati consumatori, per le quali la mancanza di una documentazione dalla quale emergano dati del cliente farebbe nascere notevoli incertezze applicative;
sono, in ogni caso, esclusi dall'applicazione del criterio per cassa i soggetti che si avvalgono di regimi speciali IVA e quelli che applicano il regime dell'inversione contabile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a consentirel'applicazione del criterio di cassa anche al regime speciale previsto per l'agricoltura e la pesca.
9/1972/134. Fiorio, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Lusetti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 reca norme in materia di determinazione dei tassi di interesse sui contratti di mutuo bancario per l'acquisto, la costruzione o la ristrutturazione dell'abitazione principale;
la norma dispone che l'importo delle rate, a carico del mutuatario, dei mutui a tasso variabile da corrispondere nel corso del 2009 non possa essere superiore, complessivamente, ad un importo calcolato applicando il tasso maggiore tra il 4 per cento - senza «spread» - e l'importo calcolato secondo il tasso indicato nel contratto di mutuo alla data di stipula dello stesso. La differenza tra gli importi delle rate che restano a carico del mutuatario e quelli derivanti dall'applicazione delle condizioni originarie del contratto di mutuo viene corrisposta dallo Stato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad estendere il meccanismo di sostegno concesso sui contratti di mutuo bancario per l'acquisto, la costruzione o la ristrutturazione dell'abitazione principale anche ai mutui contratti per investimenti, per l'introduzione di procedimenti innovativi, per l'accorpamento fondiario strumentali all'attività delle cooperative agricole, delle organizzazioni di produttori e dei singoli imprenditori agricoli che abbiano un fatturato inferiore ai 15.000 euro.
9/1972/135. Zucchi, Oliverio, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Lusetti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
la crisi economica internazionale, come ampiamente previsto, sta facendo ormai sentire i suoi effetti anche nel nostro paese, con pesanti conseguenze sul mondo del lavoro, all'interno del quale particolarmente esposti risultano i lavoratori precari, ovvero una platea che ormai tocca un lavoratore su 8;
le pur timide e parzialissime misure in materia di estensione degli ammortizzatori sociali ai lavoratori precari, testimoniano la gravità dell'anomalia del mercato del lavoro italiano, in cui un uso distorto e abnorme ditali istituti contrattuali vede il prodursi di un ingiustificata e inaccettabile discriminazione ditale categoria di lavoratori, attualmente esclusi, pur avendone nella sostanza tutti i requisiti, da ogni pur minima forma di tutela e garanzia;
in questo quadro di incertezza e penalizzazione giuridica ed economica, accentuato dalla richiamata situazione di crisi economica internazionale, si delinea come non più plausibile l'ulteriore penalizzazione subita dai lavoratori parasubordinati iscritti alla Gestione Separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 335/1995, laddove si subordina l'esigibilità concreta delle già limitate prestazioni sociali e previdenziali all'effettivo versamento dei contributi da parte dei committenti, escludendoli così dall'applicabilità del principio dell'automaticità delle prestazioni previdenziali, come garantito dall'articolo 2116 comma 2 del Codice Civile per i lavoratori dipendenti;
anche in occasione dell'esame del provvedimento collegato alla manovra finanziaria, in materia di «Delega al Governoin materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, nonché misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico di controversie di lavoro e di ammortizzatori sociali», nonostante una prima disponibilità, si è persa l'occasione per una soluzione ditale ingiusta preclusione,

impegna il Governo

a favorire, per quanto di sua competenza, un rapido superamento della richiamata condizione di esclusione dall'applicazione del principio previsto dall'articolo 2116 del Codice civile per i lavoratori iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995.
9/1972/136. Bellanova, Damiano, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Letta, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.

La Camera,
premesso che:
la grave recessione economica su scala globale che, secondo le previsioni, nel corso del 2009 si rivelerà ancora più pesante, vede l'apparato produttivo industriale della Regione Sardegna particolarmente esposto ai rischi di drastiche riduzioni produttive e, in alcuni casi, a chiusure di interi stabilimenti;
in questi mesi, pressoché in tutte le realtà industriali della Sardegna, si sono avviate con imponenti mobilitazioni, diverse iniziative di contrasto alla chiusura e allo smantellamento dell'apparato produttivo isolano nei suoi diversi comparti;
in questo contesto, la realtà industriale del Sulcis Iglesiente vive una grave situazione di crisi in tutte le diverse attività metallurgiche presenti nell'area industriale di Portovesme. Agli effetti della crisi internazionale si aggiungono le questioni specifiche che da anni sono la causa di grandi difficoltà nello sviluppo di questo territorio. Il polo industriale di Portovesme, infatti, vive un momento di particolare drammaticità soprattutto a causa del fatto che rimangono irrisolte la questione energetica, i problemi ambientali e infrastrutturali presso l'area consortile;
la fonte economica centrale del territorio è data dalla produzione industriale del primario, situata prevalentemente nel Polo energetico-industriale Portovesme e di Iglesias, dove sono localizzate le aziende metallurgiche più importanti del territorio nazionale per le produzioni di energia elettrica, piombo, zinco, alluminio ed altre metalli di cui alle ex PP.SS., oggi tutte private e appartenenti alle multinazionali Enel, Glencore (Svizzera), Alcoa (USA), Rusai (Russia). Processi di privatizzazione e razionalizzazione delle produzioni che hanno determinato la perdita di circa 6.000 posti di lavoro e che si sono aggiunti alla quasi totale chiusura delle attività minerarie;
in queste fabbriche fra diretti e appalti operano circa 6.500 persone, con un indotto indiretto che di fatto rappresenta il cuore dell'economia del Sulcis Igiesiente;
tutte aziende del settore primario che abbisognano di energia elettrica e termica a basso costo per poter competere nei mercati mondiali, per la quale da troppi anni si aspetta che si concretizzino gli accordi sottoscritti con la Presidenza del Consiglio dei ministri (19 dicembre 2003) e stabiliti da leggi dello Stato (legge 80, 2005), che prevedono la valorizzazione dell'unica risorsa energetica nazionale - il carbone Sulcis - quale soluzione strutturale per abbattere i costi dell'energia elettrica. La recente crisi congiunturale sta oramai provocando ulteriore e gravissimo disagio sociale ed economico. Con le aziende che hanno già avviato la riduzione delle attività produttive ed in particolare la RUSAL, che ha già ridotto del 50 per cento la produzione di ossido di alluminio ed annunciato la volontà della chiusura totale dello Stabilimento e la Portovesme srl che nelle prossime settimane chiuderà due linee di produzione di zinco;
la crisi del Sulcis Iglesiente è inoltre ben evidenziata dai primato nell'indice demografico negativo; dal primato nell'indice di spopolamento con l'accentuazione dell'emigrazione per mera necessità; dall'esponenziale incremento del numero di famiglie con redditi al di sotto della soglia di povertà; dai dramma degli oltre trentamila disoccupati - su una popolazione residente di 140.000 - ai quali si aggiungono gli oltre 1.300 lavoratori che da più di 3 anni possono usufruire di ammortizzatori sociali in deroga, con reddito medio inferiore a 500, le varie centinaia in CIG e Mobilità ordinaria ed i moltissimi senza nome che non hanno alcun requisito per ottenere i sostegni sociali al reddito;
la preoccupazione della tutela dell'ambiente e della salute dei lavoratori e dei cittadini resta al centro della nostra idea di sviluppo. Ma da anni, in queste zone si lamenta un approccio assolutamente burocratico e in alcuni casi incomprensibile dei Ministero sui problemi nell'area di Portovesme. L'imposizione di una barriera fisica a tutela della falda acquifera, i costi di caratterizzazione e di risanamento a carico delle imprese, anche le piccole, stanno impedendo nuovi investimenti e nuovi insediamenti nell'area, minacciando ulteriormente la permanenza delle attività esistenti,

impegna il Governo

ad avviare ai più presto un tavolo di confronto con il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare e con il Ministero dello sviluppo economico, la Regione Sardegna e le parti sociali per trovare le soluzioni alla grave situazione del Sulcis Iglesiente.
9/1972/137. Schirru.

La Camera,
premesso che:
la grave crisi internazionale sta aumentando in maniera esponenziale il ricorso da parte delle aziende allo strumento della Cassa integrazione e guadagni per affrontare cali di produzione temporanei. I dati resi noti in questi giorni dal Ministro del welfare parlano di aumento della CIGO per il settore industriale del 96,84 per cento rispetto all'anno prima, più 525 per cento nel mese di dicembre 2008 rispetto allo stesso mese del 2007;
tale fenomeno ha portato ad un rapido esaurimento delle risorse messe a disposizione nel 2008 e per tale ragione vengono previsti consistenti aumenti di stanziamento del relativo capitolo di spesa nel 2009, 2010 e 2011;
opportunamente il presente provvedimento estende la possibilità di utilizzare questo strumento alle imprese artigiane, ai dipendenti assunti anche con contratti di lavoro a tempo determinato e ai collaboratori coordinati e continuativi;
proprio per le dimensioni del fenomeno ed un suo possibile ulteriore aumento di dimensioni molto consistenti in tempi rapidi, esiste il rischio di un uso fraudolento e anche ricattatorio della CIG nei confronti dei dipendenti, con conseguenti gravissimi danni per la collettività e per il sistema, largamente diffuso, di aziende corrette e sane;
presso il Ministero del lavoro è allocata la Direzione Generale per le attività Ispettive, con il compito di intervenire in attività di vigilanza in materia di lavoro e previdenziale;
al comma 18 dell'articolo 19 del presente decreto si prevedono aumenti di risorse a favore delle attività ispettive, al fine di garantire l'interconnessione dei sistemi informatici necessari allo svolgimento di suddetta attività;
appare dunque necessario potenziare in modo più specifico l'attività di controllo di detta struttura in questo settore;
l'attività di autorizzazione svolta dall'INPS e quella di accertamento devonoessere quanto mai tempestive, per evitare abusi e contenziosi che ricadrebbero solo sulla parte più debole (i lavoratori);
appare dunque più che mai necessario a tutela dell'interesse collettivo, dei dipendenti e delle imprese favorire una estesa ed efficace attività di controllo sul corretto uso della CIG non solo per quanto riguarda la fase autorizzativa ma anche per la successiva fase di applicazione,

impegna il Governo

a prevedere che, nel decreto di cui ai commi 3 e 4, dell'articolo 19 del presente provvedimento, le modalità di applicazione dello stesso contengano tutti gli strumenti anche finanziari per permettere una sua corretta, tempestiva e trasparente applicazione, favorendo l'attività della Direzione generale per le attività ispettive del Ministero del lavoro, dotandola di adeguate risorse finanziarie ed umane, indicando modalità operative di verifica puntuale presso le aziende interessate, nel precipuo interesse del sistema delle imprese, dei dipendenti e della collettività.
9/1972/138. Viola.

La Camera,
premesso che:
il Servizio Civile nazionale, istituito con la legge 6 marzo 2001 n. 64, dal 10 gennaio 2005 si rivolge ai giovani, a ragazzi e ragazze, si svolge su base esclusivamente volontaria, ed è finalizzato a concorrere, in alternativa alla leva obbligatoria, alla difesa della Patria con mezzi e attività non militari, a favorire la realizzazione dei principi costituzionali di solidarietà civile, a promuovere la solidarietà e la cooperazione a livello nazionale e internazionale, nonché a partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio nazionale forestale, agricolo, storico e artistico;
esercitare il Servizio Civile rappresenta un modo di difendere la Patria, così come è sancito dall'articolo 52 della Costituzione, con mezzi ed attività non militari, volti a favorire la realizzazione dei principi costituzionali di solidarietà sociale, la coesione e la creazione e il consolidamento di valori comuni, patrimonio della collettività;
tutti cittadini italiani, muniti di idoneità fisica, che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età e superato il ventottesimo, possono presentare domanda per partecipare alle selezioni di volontari da impiegare in progetti di servizio civile: partecipare ai servizio civile nazionale può rappresentare un'esperienza fondamentale dal punto di vista della conoscenza, educazione e formazione ai valori della solidarietà, della nonviolenza, dell'integrazione sociale e della cultura del lavoro;
l'attuale Governo ha tagliato le risorse destinate ai servizio civile, mettendone a serio rischio l'operatività: infatti lo stanziamento per il 2009 del disegno di legge finanziaria ammonta a 171.437.000 euro a fronte di una previsione di spesa che la legge finanziaria 2008 del Governo Prodi aveva stabilito pari a 253.997.000 euro per il prossimo anno: ben 82.560.000 euro in meno, addirittura 128.151.000 in meno rispetto allo stanziamento 2008;
il decreto-legge in esame, modifica inoltre la disciplina pensionistica dei periodi di servizio civile svolti come volontario, prevedendo che a decorrere dal 2009 essi non siano più a carico del Fondo nazionale per il servizio civile ma siano, in tutto o in parte, riscattabili, su domanda, con oneri a carico dell'interessato introducendo, pertanto, un sistema di contribuzione volontaria a carico dei soggetti che hanno prestato il servizio in luogo del vigente sistema a carico del Fondo nazionale del servizio civile,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a ripristinare uno stanziamento adeguato per il finanziamento del Servizio civile nazionale, al fine di non privare il Paese, i giovani e le comunità locali di unatale ricchezza di risorse ed opportunità e di prevedere per i volontari del settore adeguate forme di tutela previdenziale.
9/1972/139. Duilio, Baretta, Fluvi, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Causi, Ceccuzzi, D'Antoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo, Codurelli, Braga.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 78 del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, stabilisce una gestione commissariale per tutte le partite di bilancio del Comune di Roma fino alla data dei 28 aprile 2008, affidata al Sindaco in carica;
il Governo ha approvato il piano di rientro presentato dal Commissario, che comprende non solo lo stock consolidato del debito comunale, ma anche una serie di altre voci di spesa di varia natura;
l'elenco delle voci inserite nel computo delle passività da ripianare è stato criticato, poiché comprensivo di partite che con tutta evidenza non risultano giuridicamente obbligatorie alla data del 28 aprile 2008 (si veda in proposito l'interpellanza Camera 2/00192 del 27 ottobre 2008);
nell'articolo 18 del presente decreto si interviene ulteriormente, stabilendo le modalità per il calcolo del contributo dei Comune di Roma agli obiettivi del patto di stabilità interno per gli anni 2009 e 2010;
la necessità di questo ulteriore intervento è motivata dalla particolare peculiarità del nuovo bilancio ordinario del Comune di Roma, avviato a partire dal 29 aprile del 2008, e dalla necessità di rendere effettivamente spendibili le risorse che il Comune stesso ha acquisito negli anni passati, e in particolare nel 2004 e nel 2006, attraverso i contributi statali per il finanziamento delle nuove linee metropolitane della città;
l'articolo 18 del presente decreto dispone che l'operazione abbia mera natura tecnico-contabile, e che ne sia garantita la neutralità finanziaria in termini di saldi di finanza pubblica;
a questo fine, viene disposta una rimodulazione del piano di rientro della gestione commissariale, da realizzarsi con un apposito accordo fra il Ministero dell'economia e finanze e il Commissario;
poiché tale rimodulazione non dovrà avere effetti sui saldi di finanza pubblica, si può dedurre che l'originario piano di rientro conteneva margini e flessibilità abbastanza consistenti, dando così ragione agli argomenti portati dai presentatori della già citata interpellanza 2/00192;

impegna il Governo:

a valutare in modo attento e rigoroso la proposta di riformulazione del piano di rientro della gestione commissariale del bilancio del Comune di Roma;
a prescrivere al Sindaco di Roma e commissario di Governo modalità di rendicontazione trasparenti delle due gestioni, la cui responsabilità, pur amministrativamente separata, è riconducibile ad un indirizzo politico unitario;
a valutare quindi l'opportunità di prescrivere al Comune di Roma che gli atti della gestione commissariale vengano pubblicati in allegato agli atti del bilancio ordinario del Comune, con apposite tabelle che rendicontino l'andamento delle spese, in particolare quelle relative ai grandi progetti di investimento, come le metropolitane, cofinanziate dallo Stato;
a valutare inoltre l'opportunità di utilizzare la riformulazione del piano di rientro per modificare lo stesso approccio metodologico del piano precedente, chiedendo all'ufficio commissariale e al Comune di Roma non più la valutazione di uno stock dipassività, bensì una proiezione nel tempo di quali siano gli equilibri fra le spese e le entrate comunali necessari per garantire i servizi essenziali e gli investimenti prioritari per la città Capitale della Repubblica, oltre che per assicurare la sostenibilità del debito, ancorando così a questa previsione strutturale l'apporto aggiuntivo di risorse di cui Roma ha fruito grazie a quanto disposto con il decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008 n. 133.
9/1972/140. Pompili, Causi, Gasbarra, Argentin, Bachelet, Carella, Coscia, Gentiloni Silveri, Giachetti, Amici, Madia, Meta, Morassut, Recchia, Rugghia, Tidei, Tocci.

La Camera,
premesso che:
il decreto in esame reca misure per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale;
il rilancio dell'economia italiana passa anche attraverso un rilancio dei meccanismi di competitività e trasparenza nei comportamenti degli operatori economici quale elemento di credibilità e capacita di attrazione degli investimenti degli operatori stranieri;
il Governo si prefigge, con le misure contenute nel decreto riguardanti gli accertamenti e i controlli fiscali, di ridurre i margini di evasione ed elusione fiscale;
tuttavia, lo stesso Governo con i suoi precedenti provvedimenti ha notevolmente indebolito l'impianto normativo di contrasto al riciclaggio di denaro sporco, all'evasione fiscale e al lavoro nero;
in particolare, i commi 1 e 2 dell'articolo 32 del decreto-legge n. 112 del 2008 ha elevato da 5.000 a 12.500 euro la soglia massima per l'utilizzo del contante e dei titoli al portatore prevista dal dall'articolo 49 del decreto legislativo n. 231 del 2007 in materia di antiriciclaggio:

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a favorire il ripristino di un sistema che scoraggi l'uso dei contanti nelle transazioni commerciali, reintroducendo la soglia massima di 5.000 euro all'utilizzo del contante, così come disposto dalla normativa europea antiriciclaggio.
9/1972/141. Lulli, Testa, Vico, Benamati, Calearo, Ciman, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Zunino.

La Camera,
premesso che:
gli ex lavoratori socialmente utili transitati allo Stato ai sensi dell'articolo 8 della legge 3 maggio 1999 n. 124, utilizzati con il profilo di collaboratore scolastico, attraverso convenzioni già stipulate in vigenza dell'articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 1o dicembre 1997 n. 468, da tempo attendono di essere stabilizzati;
tale personale non svolge mansioni esclusivamente di pulizia ma quelle più ampie di collaboratori scolastici rappresentando un supporto indispensabile alla quotidianità delle attività scolastiche,

impegna il Governo

a prevedere l'inserimento di tale personale nel percorso di stabilizzazione previsti da norme statali e regionali.
9/1972/142. Gatti, Siragusa, D'Antoni, Antonino Russo.

La Camera,
premesso che:
la legge n. 124 del 1999 trasferiva funzioni e personale dagli enti locali al Ministero della pubblica istruzione;
tale trasferimento ha coinvolto anche personale precario di Comuni e Province che svolgevano funzioni di personale ATA;
in particolare con compiti amministrativi, venivano trasferiti allo Stato un migliaio lavoratori ex articolo 23;
gli stessi venivano stabilizzati nel 2001 con contratto di collaborazione coordinata e continuativa,per la durata di 60 mesi. Alla scadenza, i suddetti lavoratori, invece dell'attesa assunzione (prevista come fase successiva alla stabilizzazione in presenza anche di posti vuoti in pianta organica) si ritrovarono invece in regime di proroga con scadenza 31.12.2008 in base al Decreto del 20.10.2006 del Ministero dell'Istruzione di concerto con il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale e dell'Economia e delle Finanze;
la legge n. 244 del 24 dicembre 2007 all'articolo 3, comma 94, lettera b), consentiva la progressiva stabilizzazione del personale con contratto di collaborazione coordinata e continuativa in essere alla data di entrata in vigore della legge medesima (1/1/2008) e che, alla stessa data, avesse già espletato attività lavorativa per almeno tre anni, non continuativi, (questi lavoratori ad oggi ne hanno maturati 8 anni e tutti continuativi), nel quinquennio antecedente al 28/9/2007, presso la stessa amministrazione. Entro il 30/4/2008 (termine ordinatorio) erano da redigere i piani di stabilizzazione di tale personale e con DPCM da adottare entro il 31/3/2008 (termine prorogato al 30/6/2008 dal decreto-legge n. 248/2007) erano da individuare i requisiti e le modalità di attuazione, fermo restando che ai fini della stabilizzazione, a decorrere dal 2008, il fondo per la stessa stabilizzazione avrebbe dovuto essere incrementato;
per l'attuazione del suddetto disposto legislativo il Ministro avrebbe dovuto richiedere a breve alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ed ai ministri delle Riforme, dell'Economia e del Lavoro l'accesso al fondo per la stabilizzazione dei co.co.co utilizzati nelle istituzioni scolastiche in funzioni riconducibili ai profili professionali di assistente amministrativo o tecnico;
dal verbale della riunione del 24 settembre 2008 tra le organizzazioni sindacali di categoria e il MIUR - Dipartimento per l'Istruzione Direzione Generale per il personale scolastico - Ufficio VIII, relativo alle questioni afferenti al personale titolare di contratti di collaborazione coordinata e continuativa nelle istituzioni scolastiche si evince essere stata rappresentata anche l'obiettiva specificità della situazione degli interessati rispetto a quella dell'ordinario personale co.co.co. a fronte in particolare, della circostanza che il personale in questione è transitato de jure all'Amministrazione scolastica in sede di concreta applicazione dell'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124. L'Amministrazione, preso atto di tutto quanto, ha ribadito nel verbale la precipua, attenzione verso la questione di riferimento, confermando, in particolare, l'intervenuta richiesta al Ministro del tesoro dell'appostamento, anche nell'emananda legge finanziaria, delle necessarie risorse, quanto meno per il prossimo esercizio 2009;
sempre ai sensi della legge n. 124 del 19999 venivano trasferiti allo Stato con compiti ausiliari lavoratori socialmente utili riuniti in cooperative quale strumento transitorio in previsione della loro stabilizzazione prevista dalla normativa già allora vigente;
tali rapporti di lavoro dal 2000 ad oggi sono stati prorogati attraverso apposite convenzioni sottoscritte dai CSA;
in analoghe situazioni i lavoratori LSU mantengono convenzioni con Comuni ai sensi del comma 430 della legge n. 266 del 2005, che autorizza gli enti locali a prorogare le convenzioni «nelle more di una effettiva stabilizzazione occupazionale dei detti soggetti»;
tale disposizione riguarda soggetti provenienti dallo stesso bacino dei lavoratori delle cooperative in questione utilizzate attraverso convenzioni già stipulate in vigenza dell'articolo 10 comma 3 del decreto legislativo n. 468 del 1997;
anche il personale in questione con compiti di personale ATA è transitato de jureall'Amministrazione scolastica in sede di concreta applicazione dell'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124;
la legge n. 266 del 2005 al comma 245 per gli anni 2006, 2007, 2008 ha autorizzato la spesa di 370 milioni per la proroga delle attività di cui all'articolo 78 comma 31 della legge 23 dicembre 2000 n. 388, e quindi dei lavoratori Cococo e ex LSU riuniti in cooperative;
né nel provvedimento in discussione né tantomeno nella citata legge n.133 si trova cenno del rifinanziamento per i prossimi anni delle attività fin qui svolte dalle fattispecie di lavoratori descritti in premessa;
la cessazione dei contratti di lavoro con i lavoratori Co.co.co. e con le cooperative ex LSU, che svolgono a tutt'oggi compiti e funzioni ATA comporterebbe un danno serio per le istituzioni scolastiche, che rischierebbero nella maggior parte dei casi la chiusura;

impegna il Governo:

a valutare la necessità di reperire i finanziamenti necessari al rinnovo, per i prossimi anni, delle convenzioni con le cooperative e dei contratti con i lavoratori Co.co.co. transitati dagli enti locali allo Stato ai sensi e per gli effetti della legge n. 124 del 1999;
a valutare l'opportunità di prevedere la stabilizzazione di tale personale.
9/1972/143. Antonino Russo, Siragusa.

La Camera,
premesso che:
i finanziamenti previsti dal suddetto provvedimento sono insufficienti e rappresentano solo un terzo dei 375 milioni di euro necessari a garantire la prosecuzione del lavoro ai circa 20.000 lavoratori (ex LSU) impegnati nelle attività tecniche amministrative nelle scuole,

impegna il Governo

a reperire le risorse necessarie alla prosecuzione delle attività svolte dai 20.000 lavoratori (ex LSU) impegnati quotidianamente nelle scuole.
9/1972/144. Siragusa.

La Camera,
premesso che,
il decreto in esame prevede che il Comune di Roma non sarà tenuto a rispettare il patto di stabilità interno in relazione al costo degli investimenti per insfrastrutture per il 2009 e per il 2010, tornando al rispetto del Patto soltanto nel 2011. In particolare tale deroga consentirà al Comune di Roma di ridurre drasticamente i tempi per il completamento dei lavori in corso della metropolitana,

impegna il Governo

a introdurre nei prossimi provvedimenti normativi di carattere economico, con attinenza al tema, la medesima deroga per le città con investimenti simili, in particolare per tutte le città italiane che hanno in corso di realizzazione linee per il trasporto pubblico locale: in proposito appaiono particolarmente necessarie, per gli investimenti in corso, le deroghe per Milano, Napoli, Torino, Bari, Verona, Firenze, Bologna, Catania, Palermo, Reggio Calabria.
9/1972/145. Boccia, Lovelli, Esposito, Lucà, Giorgio Merlo, Damiano, Vernetti, Portas, Bobba, Rampi, Ginefra, Capano, Vico, Boccuzzi.

La Camera,
premesso che:
la seria crisi economica che attraversa il Paese determina difficoltà e problemi che investono non solo le PMI e i lavoratori, ma anche i professionisti e le organizzazioni dei servizi professionali;
l'economia della conoscenza e dei servizi è il settore più innovativo ed evolutodello sviluppo e della competizione nella scena globale e le professioni, che tra iscritti a ordini e collegi e nuovi professionisti in forma associativa producono circa il 14 per cento del P.I.L., sono un settore centrale della società contemporanea, ora investito dalla crisi economica, che richiede specifiche politiche di modernizzazione e di sostegno economico;
tra le misure più idonee, e coerenti con analoghe politiche in favore delle PMI, vi è l'impegno alla riduzione della doppia tassazione che grava sui beni delle casse previdenziali, le garanzie per l'accesso al credito e ai Confidi per i professionisti, il riconoscimento dei crediti di imposta almeno per la formazione obbligatoria permanente, l'estensione ai professionisti dell'IVA di cassa, la determinazione di una soglia certa di esenzione dall'IRAP, incentivi fiscali per promuovere le associazioni e le società professionali,

impegna il Governo

a promuovere misure conomiche in favore delle professioni e dei servizi professionali, secondo quanto indicato.
9/1972/146. Mantini, Strizzolo, Capano, Rossomando, Sarubbi.

La Camera,
premesso che:
la crisi finanziaria internazionale ha pesantemente colpito il sistema bancario ed ha determinato una stretta sul credito alle piccole e medie imprese, vera ossatura della nostra economia;
gli artigiani e le piccole e medie imprese sono generalmente più dinamiche ed adattabili ai cambiamenti ma anche meno capitalizzate e quindi meno pronte a fronteggiare la mancanza di liquidità e più esposte alle restrizioni del credito da parte del sistema bancario;
se si intende effettivamente ridare stabilità al settore bancario e produttivo è indispensabile realizzare un insieme di interventi che, oltre a garantire la stabilità del sistema creditizio, individui soluzioni adeguate per attenuare l'impatto della crisi sulle piccole imprese e infonda nuova fiducia al tessuto economico;
la crisi delle piccole e medie aziende deriva infatti da molti fattori quali le difficoltà di pagamento dei grandi gruppi, il ritardo nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, i costi dell'energia esorbitanti, una pressione fiscale che erode sempre di più i margini di operatività delle imprese;
indispensabili, per fronteggiare la crisi che investe le piccole e medie imprese, sono gli interventi in ambito fiscale a partire dagli studi di settore: le piccole imprese si trovano infatti ad affrontare le scadenze fiscali senza liquidità e senza certezze sui redditi dell'anno;
la crisi economica ha messo a dura prova la capacità degli studi di settore di rappresentare correttamente la realtà delle imprese e impone interventi correttivi urgenti, in funzione anticiclica, degli strumenti di accertamento fiscale;
il principio della normalità economica fotografata dagli studi di settore si basa su dati del 2006, o precedenti, e pertanto rappresenta un quadro economico che diverge profondamente dai risultati che le imprese stanno conseguendo, siamo infatti in una fase d'emergenza che richiede risposte straordinarie anche sul fronte fiscale;
sono indispensabili interventi selettivi per adeguare gli studi di settore alla crisi soprattutto per alcuni settori più esposti ed è necessario ridurre la loro attuale valenza probatoria, riservando all'amministrazione finanziaria il compito di suffragare i dati relativi agli eventuali maggiori ricavi scaturenti dallo studio stesso con l'ausilio di ulteriori elementi di verifica;
è altresì necessario effettuare un approfondimento dei settori economici maggiormente colpiti, sulla base dei dati disponibili, anche da fonti specializzate,considerando altresì la componente territoriale sulla base delle analisi all'uopo effettuate dagli osservatori regionali;
l'articolo 8 del provvedimento in esame indica linee di intervento vaghe e ulteriormente dilazionate nel tempo per la revisione degli studi di settore,

impegna il Governo

ad effettuare in tempi brevi la revisione congiunturale degli studi di settore, individuando i settori economici e territoriali in crisi e prevedendo, nelle more di tale revisione, che gli scostamenti risultanti dagli accertamenti conseguenti all'applicazione degli studi di settore costituiscano mere presunzioni semplici prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza e che, in caso di rettifica, spetti all'ufficio accertatore motivare e fornire elementi di prova a sostegno degli scostamenti riscontrati.
9/1972/147. Sanga.

La Camera,
premesso che:
gli studi di settore rappresentano un imprescindibile strumento di accertamento basato su un metodo informatizzato a base statistica; sono infatti l'unico strumento efficace per contattare e controllare quasi tutti i contribuenti, imprese e lavoratori autonomi;
dai dati sugli accertamenti emerge infatti che ogni anno solo il 2 per cento dei contribuenti viene sottoposto a verifica diretta mediante visita fiscale, anche per la complessità dei controlli fiscali sulla struttura produttiva del nostro Paese, intessuta di numerosissime piccole e medie imprese;
gli studi di settore svolgono pertanto un'importantissima funzione di moral suasion, come parametro di raffronto credibile su cui il contribuente può misurarsi, e sono un efficace stimolo ad adottare volontariamente comportamenti virtuosi;
gli studi di settore, per come è costruito lo strumento statistico, non sono in grado di funzionare correttamente in periodi di crisi come quello che stiamo affrontando, perché - come dichiara la stessa agenzia delle entrate in più circolari, da ultimo la n. 31/E del 22 maggio 2007 - sono «uno strumento idoneo a rappresentare l'andamento dell'attività in condizioni di normalità»;
il principale elemento di criticità nell'applicazione degli studi di settore riguarda la loro valenza probatoria; nonostante i chiarimenti emanati dall'Agenzia delle Entrate tendenti a rendere più flessibile l'applicazione degli studi di settore, sulla base della legislazione vigente gli scostamenti dei ricavi del contribuente dalla congruità degli studi di settore legittimano l'accertamento della differenza; questo pone indiscutibilmente l'onere della prova a carico del contribuente, il quale, in caso di accertamento, si trova di fronte ad un compito arduo: dimostrare perché «non ha guadagnato di più»;
se «i motivi generali e particolari» per cui non è stato possibile raggiungere la congruità, dichiarati dal contribuente non sono considerati sufficienti a giustificare le minori entrate rispetto a quanto previsto dallo studio di settore, al contribuente non resta che pagare le imposte su ricavi che spesso sono solo virtuali, oppure ricorrere al contenzioso tributario, con esito quanto mai incerto; è difficile infatti che il giudice abbia elementi sufficienti per procedere ad una effettiva e realistica verifica dei ricavi del contribuente; inoltre nel contenzioso il contribuente deve sostenere i costi della difesa e, nelle more del giudizio, l'ufficio può comunque procedere a iscrivere a ruolo la metà delle imposte risultanti dall'accertamento;
verificato che:
coerentemente con quanto dichiarato, nella Circolare n. 38/E, del 12 giugno 2007, occorre evitare che lo strumentodegli studi di settore si applichi come «automatismo accertativo»,

impegna il Governo:

ad integrare la disciplina degli studi di settore in modo da chiarire - come già disposto per legge, dal precedente Governo per gli indicatori di normalità economica - che i maggiori ricavi, compensi o corrispettivi desumibili dagli studi di settore costituiscono presunzioni semplici;
a emanare direttive per la formazione degli uffici territoriali dell'Agenzia delle Entrate in materia di studi di settore, affinché tali uffici, nel loro concreto operare, tengano conto delle caratteristiche e delle condizioni di esercizio della specifica attività svolta nel territorio in cui ha sede l'attività medesima, anche in considerazione degli effetti della crisi economica e dei mercati;
a prevedere espressamente che, in sede di accertamento, l'Agenzia delle entrate abbia l'onere di motivare e fornire elementi di prova per avvalorare l'attribuzione dei maggiori ricavi o compensi derivanti dall'applicazione degli studi di settore integrati;
a chiarire che il contribuente abbia il dovere di dichiarare il reddito vero, ma non abbia alcun obbligo di adeguarsi al livello di congruità indicato nello studio che si applica al suo settore se ritiene che tale livello non rispecchi la sua specifica realtà di impresa;
a prevedere chiare ed uniformi regole per tutti gli uffici della Agenzia delle entrate affinché tengano conto di quanto stabilito nella Circolare n. 38/E, del 12 giugno 2007, ed in particolare:
che la condizione di non congruità non implichi alcun accertamento automatico;
che in ogni caso i contribuenti che dichiarano un ammontare di ricavi, compensi o corrispettivi inferiori rispetto a quelli desumibili dagli studi di settore integrati non siano soggetti ad accertamenti automatici e in caso di accertamento spetti all'ufficio accertatore motivare e fornire elementi di prova per gli scostamenti riscontrati;
a ridefinire la valenza probatoria degli scostamenti dalla congruità come mero elemento indiziario che integra la prova dell'evasione insieme ad altri elementi;
ad affinare ulteriormente gli studi di settore per renderli il più aderenti possibile alla realtà economica di ciascun territorio;
a mettere a disposizione degli osservatori regionali per gli studi di settore, quale organismo consultivo, analisi più specifiche sui singoli territori anche su base provinciale o di distretto;
a garantire una partecipazione più efficace delle associazioni di categoria alla prevista integrazione della disciplina degli studi di settore, anche in considerazione della difficile fase congiunturale.
9/1972/148. Rubinato, Benamati, Fogliardi, Rosato.

La Camera,
premesso che:
le politiche fiscali rappresentano uno strumento di grande impatto, tra i più efficaci ed equi, per predisporre misure nazionali e sovranazionali per contrastare la crisi economica, gli effetti deflattivi, il rallentamento della produzione, l'indebolimento dei redditi e del tenore di vita di milioni di persone, esposte più di altre in questa fase recessiva;
in Italia la dinamica delle entrate tributarie continua a rallentare ed è oramai inferiore alla crescita economica. Secondo le rilevazioni del Ministero dell'economia e delle finanze, tra gennaio e ottobre, le entrate tributarie dello Stato - escludendo i ricavi una tantum - sono aumentate solo dell'1,7 per cento molto meno della crescita economica visto che ilPIL nominale è cresciuto del 2,6 e i consumi delle famiglie di oltre il 3 per cento;
si tratta di un risultato non spiegabile dall'andamento economico. Solo gli incassi di alcune imposte sostitutive e delle imposte sulle importazioni presentano un andamento positivo, sebbene negli ultimi mesi anche quest'ultime sono in netto peggioramento;
nel complesso, a causa del peggioramento della tax compliance e dell'aumento dell'evasione fiscale, si stima che nel 2008 si perderanno circa 6-8 miliardi di euro di entrate (0,4 percento del PIL) prima recuperate al fisco;
lo Stato rischia di continuare a perdere entrate anche nel 2009 e tanto da creare nuove pressioni sui saldi di finanza pubblica in un momento in cui servono risorse per finanziare misure di sostegno all'economia come hanno fatto gli altri Paesi europei;
innalzare il livello di fedeltà fiscale per raggiungere gli standard degli altri Paesi europei è un obiettivo di lungo periodo, nonché di estrema necessità in questa fase per poter finanziare politiche redistributive, di sostegno al reddito ed agli ammortizzatori sociali, per i quali si richiedono risorse straordinarie per fronteggiare un fabbisogno straordinario;
una crescita della fedeltà fiscale può rappresentare un patto virtuoso e trasparente fra lo Stato e tutti i contribuenti ed in particolare il mondo della piccola e media impresa al fine di favorire le riduzioni delle aliquote per le persone fisiche e per le persone giuridiche, l'inclusione nel sostegno ai redditi, la riattivazione degli incentivi agli investimenti per innovazione e sostenibilità energetica e ambientale, ampliamento degli spazi nel programma «Industria 2015», la riforma delle pubbliche amministrazioni, il potenziamento delle infrastrutture del Paese;
un aumento dei ricavi e del reddito sarebbe capace di determinare l'autofinanziamento delle minori entrate fiscali emergenti dalla riduzione delle imposizioni;
a tal fine è giunto il tempo di introdurre nella legislazione fiscale uno strumento che vincoli la riduzione della pressione fiscale all'incremento della ricchezza prodotta, un sistema premiale che stimoli ed agevoli l'efficienza produttiva delle imprese o del lavoro autonomo, perciò legata alle loro performance di lavoro incrementale rispetto ad una misura di reddito riferibile alle potenzialità dell'impresa da determinarsi in via presuntiva;
una volta definita la misura di reddito associabile ad ogni impresa, a partire dal quale determinare la misura dell'incentivo fiscale, l'agevolazione si autofinanzierebbe in quanto riconosciuta solamente quando sussiste un incremento di reddito e quindi di tributi dovuti;
proprio in una tale prospettiva gli strumenti statistici di misurazione del reddito quali sono gli studi di settore continueranno ad assumere una grande utilità non soltanto ai fini della fedeltà fiscale ma anche come base di riferimento di una sistema premiale che consenta di alleggerire la pressione fiscale per tutti e soprattutto alle imprese più efficienti;
l'articolo 8 del disegno di legge in esame reca norme in materia di revisione congiunturale speciale degli studi di settore;
la finalità di tali disposizioni è tesa a tenere conto degli effetti della crisi economica e dei mercati, con particolare riguardo a determinati settori o aree territoriali;
tra le finalità del legislatore vi è senza dubbio l'intendimento di prevenire l'emergere, in misura rilevante o persino maggioritaria, di situazioni di non congruità, in determinate fasce di contribuenti, a causa di un divario, reso oggettivamente incolmabile dalla crisi economica, fra le aspettative dell'amministrazione finanziaria e l'effettiva capacità limite di generare reddito da parte degli stessi contribuenti;
scongiurare una tale eventualità si configura come primario interesse pubblico dal momento che alti livelli di non congruità, oltre che costituire una ampia zona d'ombra nella quale è più difficile individuare l'evasione, generano disagi tra i contribuenti onesti, laddove la non congruità è generata da un abbassamento della capacità competitiva delle imprese, e indeboliscono la credibilità dello strumento degli studi di settore la cui forza deriva anche dall'affidabilità e dalla precisione statistica;
l'articolo 8 del disegno di legge in esame non reca i tempi entro i quali il Ministro dell'economia e delle finanze promulga il decreto che contiene le disposizioni integrative degli studi di settore,

impegna il Governo:

a valutare ogni utile provvedimento per condurre una lotta efficace, equa e doverosa all'evasione fiscale;
ad adoperarsi per valutare di emanare ogni utile provvedimento che rafforzi, in via straordinaria e limitatamente agli anni fiscali 2008 e 2009, le norme che la giurisprudenza, oltreché la stessa prassi dell'Agenzia delle entrate (circolare 5/E/2008), portano ad affermare che dagli studi di settore deriva una presunzione semplice e che pertanto spetta all'ufficio accertatore motivare e fornire elementi di prova a sostegno degli scostamenti riscontrati;
ad adoperarsi affinché il Ministro dell'economia e delle finanze promulghi in tempi utili, e comunque non oltre 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il decreto di cui all'articolo 8 e per stabilire che lo stesso venga sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari competenti.
9/1972/149. Ceccuzzi, Fluvi, Carella, Causi, D'Antoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo, Cenni, Nannicini, Rubinato, Sanga.

La Camera,
premesso che:
la crisi economica internazionale, come ampiamente previsto, sta facendo ormai sentire i suoi effetti anche nel nostro Paese, con conseguenze particolarmente pesanti per i lavoratori;
dagli ultimi dati recentemente pubblicati si prevede che il 2009 e il 2010 si configurano come due anni di recessione con conseguente tracollo dei posti di lavoro: secondo gli stessi dati nell'anno in corso saranno 600 mila i lavoratori che perderanno il posto di lavoro e la disoccupazione salirà all'8,4. Solo nel mese di dicembre 2008, il ricorso alla cassa integrazione ordinaria da parte delle aziende ha conosciuto un incremento pari al 526 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente;
le timide misure previste dal provvedimento in esame, e più complessivamente dalle politiche sin qui varate dal Governo, non appaiono in grado di far fronte alle dimensioni del fenomeno della flessione dell'occupazione e alla conseguente crescente richiesta di ricorso agli ammortizzatori sociali;
in questo contesto, si delinea come improcrastinabile la soluzione di un ulteriore problema che, apparentemente secondario, appare come una inaccettabile, ulteriore penalizzazione di lavoratori già duramente colpiti dalle conseguenze della crisi. Infatti, l'attuale trattamento fiscale sugli emolumenti arretrati sul trattamento di integrazione salariale (CIGS), applicato dall'INPS, in qualità di sostituto di imposta, prevede che gli stessi siano sottoposti a tassazione separata - qualora erogati nel corso dell'anno successivo al periodo di mancato impiego -, equiparandoli a quelle tipologie di reddito che, pur assumendo rilevanza fiscale in un determinato momento, si formano in periodi di imposta precedenti;
tale circostanza appare configurarsi come un'ingiusta penalizzazione di redditi già fortemente decurtati, risultando,peraltro, in contrasto con l'orientamento espresso dall'Agenzia delle entrate che nella risoluzione 379/E, del 3 dicembre 2002, e nella circolare n. 23 del 1997, chiarisce che «l'applicazione del regime di tassazione separata deve escludersi ogni qualvolta la corresponsione degli emolumenti in un periodo di imposta successivo deve considerarsi fisiologica rispetto ai tempi tecnici per l'erogazione degli emolumenti stessi»,

impegna il Governo

ad attivarsi, per quanto di sua competenza, per favorire un'applicazione del regime fiscale di detti trattamenti volta ad escludere la richiamata ingiusta penalizzazione.
9/1972/150. Ginefra, Vico, Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Letta, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.

La Camera,
premesso che:
è valutabile positivamente che con l'articolo 15 del provvedimento in esame; ai commi da 16 a 23, si proceda alla rivalutazione dei beni immobili da parte delle imprese, affrancando il saldo attivo della. rivalutazione con il versamento di un'imposta sostitutiva del 10 per cento;
è opportuno estendere la possibilità di rivalutazione anche ai terreni edificabili,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte a prevedere la possibilità per le imprese di rivalutare, con previsione di un'imposta sostitutiva, anche i terreni edificabili.
9/1972/151. Vanalli.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame si pone l'obiettivo di promuovere lo sviluppo economico e la competitività del Paese mediante l'introduzione di misure di carattere fiscale e finanziario in grado di sostenere il rilancio produttivo e il finanziamento del sistema economico, parallelamente alla riduzione dei costi amministrativi eccessivi a carico delle imprese ed alla riallocazione e rimodulazione delle risorse del quadro strategico nazionale per apprendimento ed occupazione, nonché per interventi infrastrutturali, provvedendo nel contempo all'introduzione di disposizioni straordinarie e temporanee per la velocizzazione delle relative procedure;
la tratta Maglie-Santa Maria di Leuca lungo la strada statale n. 275 rientra nell'ambito del 1o Programma degli interventi strategici e di interesse nazionale di cui alla deliberazione del CIPE n. 121 del 2001, che la riporta all'allegato 1, tra i «Sistemi stradali e autostradali» del «Corridoio Plurimodale Adriatico», con la dizione «Maglie-Santa Maria di Leuca», opera compresa nell'Intesa generale quadro tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la Regione Puglia, sottoscritta il 10 ottobre 2003;
il progetto preliminare, redatto da ANAS S.p.A. unitamente allo studio di impatto ambientale, è stato approvato, ai sensi del decreto legislativo n. 163 del 2006 (articolo 165), dal CIPE nella seduta dei 20 dicembre 2004 (delibera n. 92 del 2004), mentre il progetto approvato prevede l'ampliamento della sede stradale e l'adeguamento alla sezione B (strade extraurbane principali), di cui al decreto ministeriale 5 novembre 2001, tra il Km 0+00 e il Km 39+736 nonché nuovi svincoli di raccordo con la viabilità locale (in totale 19) e strade di servizio (in totale Km. 59,48);
la giunta regionale della Puglia con deliberazione n. 102 del 2007 ha determinato la modifica dell'intervento prevedendo, per il tratto MaglieTricase-MontesanoSalentino, un ampliamento stradale a quattro corsie in conformità all'originale progetto, mentre per il tratto Montesano Salentino-S. Maria di Leuca la sola messa in sicurezza e sistemazione della preesistente strada a due corsie con un costo complessivo per l'intervento che ammonta a 11,55 milioni di euro a fronte dell'importo originario di 152,40 milioni di euro;
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con nota del 15 maggio 2008, sulla scorta delle considerazioni svolte dalle competenti sopraintendenze ha espresso parere favorevole sul progetto;
a seguito di un decennio di elaborazioni progettuali e di coinvolgimento delle popolazioni interessate, appare indispensabile ottenere immediatamente i frutti reali di tale lavoro, attraverso l'appalto delle opere e la consegna dei lavori utilizzando procedure analoghe o, comunque, ispirate alle stesse motivazioni che il Governo ha proposto per il Ponte sullo stretto di Messina e per la Pedemontana,

impegna il Governo

ad adottare tutte le misure necessarie per dare immediata attuazione alle procedure che permettano l'affidamento dell'appalto e il conseguente avvio dei lavori per il potenziamento della tratta Maglie- Santa Maria di Leuca.
9/1972/152. Ria.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in oggetto all'articolo 2 prevede agevolazioni, per il solo 2009, relativamente all'importo delle rate dei mutui a tasso variabile calcolato ad un tasso non superiore al 4 per cento, ovvero al tasso indicato nel contratto di mutuo, se maggiore;
la maggior parte delle famiglie italiane, circa il 70 per cento, possiede una casa di proprietà acquistata con la sottoscrizione di un mutuo;
la situazione economica di crisi globale rende più che mai necessario ed urgente un sostegno alle famiglie che hanno stipulato un contratto di mutuo;
costituzionalmente è previsto un criterio di uguaglianza di trattamento nei confronti dei destinatari di misure normative agevolative,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, in sede di ulteriori provvedimenti di urgenza, così come è stato disposto per i mutui a tasso variabile, di prevedere delle norme a tutela di coloro i quali abbiano sottoscritto mutui a tasso fisso, ponendo in favore di questi ultimi, a carico dello Stato, il differenziale di interesse superiore al 4 per cento riferito ai mutui a tasso fisso.
9/1972/153. Frassinetti.

La Camera,
premesso che:
gli studi di settore costituiscono uno degli strumenti a disposizione dell'amministrazione finanziaria per stimare i ricavi ed i compensi di imprese e professionisti;
nell'ambito della complessa normativa vigente, la circolare n. 5 del 23 gennaio 2008 della stessa Agenzia delle entrate chiarisce che «i maggiori ricavi o compensi desumibili dagli indici di normalità costituiscono presunzione semplice» e che «non si tratta di una presunzione qualitativamente diversa da quella che caratterizza l'utilizzo degli studi di settore»;
la stessa circolare n. 5 chiarisce che «la motivazione degli atti di accertamento basati sugli studi di settore non deve essere di regola rappresentata dal mero, automatico rinvio delle risultanzedegli studi di settore, ma deve dare conto in modo esplicito delle valutazioni che, a seguito del contraddittorio con il contribuente, hanno condotto l'ufficio a ritenere fondatamente attribuibili i maggiori ricavi o compensi determinati anche tenendo conto degli indicatori di normalità»;
gli uffici, pertanto, dovrebbero motivare gli accertamenti da studi di settore con altri elementi probatori, contabili, patrimoniali o deduttivi (es. redditometro) specifici del contribuente;
nella pratica il comportamento degli uffici in sede di contraddittorio si esplicita esclusivamente nell'offrire al contribuente uno «sconto» rispetto alle risultanze dello studio di settore;
in caso di mancata adesione del contribuente, l'accertamento viene notificato senza alcuna specifica motivazione, riportando esclusivamente il risultato finale dello studio dì settore, e diventando sostanzialmente un provvedimento automatico, contrario allo spirito della legge ed ai contenuti della circolare n. 5 appena richiamata;
tale comportamento è frequentemente bocciato dalle commissioni tributarie, che condannano alla soccombenza gli uffici perché l'accertamento è basato esclusivamente sullo studio di settore e non è corroborato da argomentazioni inerenti la specifica situazione di fatto del contribuente,

impegna il Governo

a vigilare sulla correttezza dell'operato degli uffici, in modo che gli accertamenti seguano le disposizioni contenute nella circolare n. 5 del 2008;
a presentare alle Commissioni parlamentari competenti, entro il 31 marzo di ogni anno, una relazione dell'Agenzia delle entrate sull'attività di accertamento mediante studi di settore con particolare riguardo alle adesioni in sede di contraddittorio, al conseguente contenzioso, all'autotutela, completa di risultanze in termini di gettito e con dati suddivisi per provincia;
a emanare disposizioni per evitare che in sede di contenzioso vengano perpetuate posizioni soccombenti per accertamenti assolutamente privi di motivazioni, basati esclusivamente sul risultato finale degli studi di settore e senza l'utilizzo di alcun altro elemento probatorio specifico come richiesto dalla normativa vigente;
visto anche il consolidato orientamento delle commissioni tributarie, ad emanare una specifica circolare per favorire gli interventi in autotutela degli uffici ed evitare inutile contenzioso.
9/1972/154. (nuova formulazione) Cota, Forcolin, Dal Lago, Fugatti.