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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di giovedì 15 gennaio 2009

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 15 gennaio 2009.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Balocchi, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Castagnetti, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Fitto, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leo, Lombardo, Lo Monte, Lucà, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Micciché, Migliavacca, Migliori, Molgora, Mura, Pescante, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Scajola, Soro, Stefani, Tremonti, Urso, Vegas, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Balocchi, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Castagnetti, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Fitto, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leo, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Molgora, Mura, Pescante, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Scajola, Soro, Stefani, Tremonti, Urso, Vegas, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

In data 14 gennaio 2009 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
SALTAMARTINI: «Norme per il riconoscimento della guarigione e per la piena cittadinanza e l'integrazione sociale delle persone affette da epilessia» (2060);
FAVA: «Delega al Governo per completare il riallineamento delle carriere dei marescialli delle Forze armate con quelle del personale del ruolo ispettori dell'Arma dei carabinieri» (2061);
GIOVANELLI ed altri: «Delega al Governo in materia di funzioni fondamentali degli enti locali, di istituzione delle città metropolitane e di definizione della Carta delle autonomie locali» (2062);
RONDINI ed altri: «Modifiche al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, concernenti l'espropriazione di aree industriali o destinate ad aziende agricole dismesse nonché di edifici di valore storico-artistico in stato di degrado o di abbandono» (2063).

Saranno stampate e distribuite.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti dilegge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

II Commissione (Giustizia):
BERNARDINI ed altri: «Modifiche all'articolo 103 del codice di procedura penale e introduzione dell'articolo 35-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, in materia di garanzie di libertà del difensore» (1977) Parere delle Commissioni I e V.

IV Commissione (Difesa):
HOLZMANN: «Nuovo ordinamento del Corpo militare della Croce Rossa italiana e disposizioni in materia di reclutamento, avanzamento, stato giuridico e trattamento economico del relativo personale» (1753) Parere delle Commissioni I, III, V, VII, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale) e XII.

Trasmissioni dal Presidente del Consiglio dei ministri.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, con lettera in data 9 gennaio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, comma 4, della legge 12 giugno 1990, n. 146, copia di una ordinanza, emessa dal ministro delle infrastrutture e dei trasporti in data 22 dicembre 2008, relativa alla costituzione di assemblee spontanee di parte del personale della società Alitalia operante presso l'aeroporto di Roma Fiumicino.
Questa documentazione è trasmessa alla IX Commissione (Trasporti) e alla XI Commissione (Lavoro).

Il Presidente del Consiglio dei ministri, con lettera in data 9 gennaio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, comma 4, della legge 12 giugno 1990, n. 146, copia dell'ordinanza n. 4/2008, emessa dal ministro dello sviluppo economico in data 4 dicembre 2008, relativa allo sciopero generale proclamato per la giornata del 12 dicembre 2008, riguardante lavoratori del settore elettrico.
Questa documentazione è trasmessa alla XI Commissione (Lavoro).

Annunzio di sentenze della Corte costituzionale.

La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria le seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni permanenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:
sentenza n. 412 del 3-17 dicembre 2008 (doc. VII, n. 165), con la quale:
dichiara che non spettava allo Stato, e per esso al Ministero dei trasporti, attribuire alle autorità marittime statali la competenza amministrativa relativa al rilascio di concessioni demaniali nell'ambito del porto turistico di Termoli;
annulla, per l'effetto, la nota del Ministero dei trasporti - direzione generale per le infrastrutture della navigazione marittima ed interna, divisione 6a, protocollo numero M-TRA/DINFR/9194, del 17 settembre 2007:

alla VI Commissione (Finanze);
sentenza n. 420 del 3-17 dicembre 2008 (doc. VII, n. 166), con la quale:
dichiara che spettava alla Camera dei deputati deliberare che le dichiarazioni rese dal deputato Tiziana Maiolo, per le quali pende dinnanzi al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Monza il procedimento penale di cui al ricorso in epigrafe, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensidell'articolo 68, primo comma, della Costituzione:

alla I Commissione (Affari costituzionali);
sentenza n. 426 del 15-19 dicembre 2008 (doc. VII, n. 167), con la quale:
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 37, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 76 della Costituzione, dal tribunale di Teramo:

alla II Commissione (Giustizia);
sentenza n. 428 del 15-19 dicembre 2008 (doc. VII, n. 168), con la quale:
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 25, comma 1, lettera d), della legge della regione Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste 31 dicembre 1999, n. 44 (Disciplina della professione di maestro di sci e delle scuole di sci in Valle d'Aosta. Abrogazione della legge regionale 1o dicembre 1986, n. 59, della legge regionale 6 settembre 1991, n. 58 e della legge regionale 16 dicembre 1992, n. 74), promossa, in riferimento agli articoli 4, 41 e 120 della Costituzione, nonché all'articolo 2 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta), ed agli articoli 49, 50 ed 81 del Trattato CE ed alla direttiva 12 dicembre 2006, n. 2006/123/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno), dal Presidente del Consiglio dei ministri;
dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 7, 8, comma 2, ed 11, comma 2, della legge della regione Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste 13 novembre 2007, n. 29, «Modificazioni alla legge regionale 31 dicembre 1999, n. 44 (Disciplina della professione di maestro di sci e delle scuole di sci in Valle d'Aosta. Abrogazione della legge regionale 1o dicembre 1986, n. 59, della legge regionale 6 settembre 1991, n. 58 e della legge regionale 16 dicembre 1992, n. 74)», promosse, in riferimento all'articolo 120 della Costituzione, all'articolo 2 dello statuto speciale della regione Valle d'Aosta ed agli articoli 49, 50 ed 81 del Trattato CE ed alla direttiva 12 dicembre 2006, n. 2006/123/CE, dal Presidente del Consiglio dei ministri;
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 7, 8, comma 2, ed 11, comma 2, della legge della regione Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste 13 novembre 2007, n. 29, promosse, in riferimento agli articoli 4 e 41 articoli della Costituzione dal Presidente del Consiglio dei ministri:

alla VII Commissione (Cultura);
sentenza n. 431 del 15-23 dicembre 2008 (doc. VII, n. 169), con la quale:
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 4 della legge 2 agosto 1999, n. 264 (Norme in materia di accessi ai corsi universitari), sollevata, in riferimento agli articoli 2 e 3 della Costituzione, dal tribunale amministrativo regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania:

alla VII Commissione (Cultura);
sentenza n. 432 del 15-23 dicembre 2008 (doc. VII, n. 170), con la quale:
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 11 del codice di procedura penale, sollevata, con riferimento agli articoli 3, 24, 25, primo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, dal giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Ferrara:

alla II Commissione (Giustizia);
sentenza n. 443 del 17-29 dicembre 2008 (doc. VII, n. 175), con la quale:
dichiara l'inammissibilità del conflitto di attribuzione proposto dalla provincia autonoma di Trento:

alla X Commissione (Attività produttive).

La Corte costituzionale ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma,della legge 11 marzo 1953, n. 87, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:
con lettera in data 23 dicembre 2008, sentenza n. 437 del 15-23 dicembre 2008 (doc. VII, n. 171), con la quale:
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1 della legge della regione Basilicata 22 ottobre 2007, n. 17 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 12 febbraio 1990, n. 3 di approvazione dei piani territoriali paesistici di area vasta), nel testo originario e nel testo modificato dall'articolo 1 della legge della regione Basilicata 26 novembre 2007, n. 21 (Integrazioni alla legge regionale n. 17 del 22 ottobre 2007):

alla VIII Commissione (Ambiente);
con lettera in data 23 dicembre 2008, sentenza n. 438 del 15-23 dicembre 2008 (doc. VII, n. 172), con la quale:
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 3 della legge della regione Piemonte 6 novembre 2007, n. 21 (Norme in materia di uso di sostanze psicotrope su bambini ed adolescenti):

alla XII Commissione (Affari sociali);
con lettera in data 23 dicembre 2008, sentenza n. 439 del 15-23 dicembre 2008 (doc. VII, n. 173), con la quale:
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 3, della legge della provincia autonoma di Bolzano 16 novembre 2007, n. 12 (Servizi pubblici locali);
dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell'articolo 5, comma 1, della predetta legge della provincia autonoma di Bolzano n. 12 del 2007:

alla I Commissione (Affari costituzionali);
con lettera in data 29 dicembre 2008, sentenza n. 442 del 17-29 dicembre 2008 (doc. VII, n. 174), con la quale:
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 2, della legge della regione siciliana 3 maggio 2001, n. 6 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2001), come modificato dall'articolo 11, comma 1, della legge della Regione Siciliana 26 marzo 2002, n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2002), nella parte in cui pone «a carico» delle province «l'onere relativo alla tassa e agli accessori» dovuti per la raccolta e il trasporto dei rifiuti solidi urbani «per quanto riguarda le istituzioni scolastiche statali di istruzione secondaria di secondo grado e gli istituti regionali di cui all'articolo 1 della legge regionale 5 settembre 1990, n. 34 e successive modifiche ed integrazioni»;
dichiara, ai sensi dell'articolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale del medesimo articolo 6, comma 2, della legge della regione siciliana n. 6 del 2001, nella parte in cui pone «a carico» dei comuni «l'onere relativo alla tassa e agli accessori» dovuti per la raccolta e il trasporto dei rifiuti solidi urbani «per quanto attiene alle scuole materne, elementari e medie statali»:

alla VI Commissione (Finanze).

Trasmissioni dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 30 dicembre 2008, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, il bilancio di previsione per l'anno 2009 e il bilancio pluriennale 2009-2011 della Presidenza del Consiglio dei ministri, approvati in data 19 dicembre 2008.

Questo documento è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 12 gennaio 2009, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 1 della legge 8 agosto 1985, n. 440, della concessione di un assegno straordinario vitalizio dell'importo annuo di 18.000 euro al signor Guido Ceronetti, poeta, filosofo, scrittore, giornalista, traduttore, drammaturgo, teatrante e marionettista italiano.

Questa comunicazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Trasmissione dalla Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali.

Il presidente della Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, con lettera in data 12 gennaio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, lettera n), della legge 12 giugno 1990, n. 146, e successive modificazioni, copia dei verbali delle sedute della Commissione relative ai mesi di luglio e settembre 2008.
Questa documentazione è trasmessa alla XI Commissione (Lavoro).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B  al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

Sono pervenute alla Presidenza dai competenti ministeri risposte scritte ad interrogazioni. Sono pubblicate nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 29 NOVEMBRE 2008, N. 185, RECANTE MISURE URGENTI PER IL SOSTEGNO A FAMIGLIE, LAVORO, OCCUPAZIONE E IMPRESA E PER RIDISEGNARE IN FUNZIONE ANTI-CRISI IL QUADRO STRATEGICO NAZIONALE (A.C. 1972-A)

AC 1977-A - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

(Non sono compresi quelli esaminati nella seduta precedente)

La Camera,
premesso che:
il Mezzogiorno è essenziale per lo sviluppo del nostro Paese e per il ruolo geo-politico dell'Italia nel Mediterraneo, ma, da troppo tempo, non è purtroppo una priorità politica;
il Mezzogiorno non può e non deve essere considerato l'eterna emergenza, un irrisolvibile problema. Tutte, le analisi dicono che la «questione meridionale» rimane inesorabilmente aperta e resta inequivocabilmente una questione nazionale, anzi si sta aggravando anche a causa della gravissima crisi economica attuale;
le imprese del Sud, ma soprattutto coloro che sarebbero disponibili alla creazione di nuove imprese, denunciano le loro difficoltà nel reperire le risorse per avviarle, anche tenendo conto, fatto non secondario, dell'assenza di un sostegno al credito ramificato sul territorio capace di fornire le basi necessarie per l'avvio di nuove imprese;
in Italia solo il 7 per cento dei giovani sono titolari di una ditta individuale e nel sud questa percentuale si abbassa notevolmente; sono quindi necessari strumenti finanziari di affiancamento e sostegno soprattutto nella fase di start up e di trasformazione dell'idea in impresa;
oggi non basta più chiedere di inserire il Mezzogiorno tra le priorità del Governo, ma è necessario passare dagli annunci ai fatti; ad il Governo in carica rischia di essere conosciuto dalle popolazioni del sud solo come rastrellatore di fondi FAS da utilizzare magari per interventi nel nord del Paese;
l'avvio di nuove imprese nel Mezzogiorno è impedito in particolare da un sistema creditizio e bancario inefficace, mentre il costo del denaro nel sud è uno dei più alti d'Europa; infatti esistono notevoli differenze sostanziali tra il nord e il sud sui tassi di interesse praticati sui prestiti dalle banche alle nuove imprese;
allo scopo di creare nel Mezzogiorno nuove imprese e al fine di contrastare ì fenomeni di disoccupazione di lunga durata, nonché per l'ingresso delle persone inattive nel mercato è improrogabile istituire un apposito fondo di rotazione, gestito dalla Cassa depositi e prestiti, anche per sostenere l'avvio di nuove piccole e medie imprese nelle regioni del Mezzogiorno; le risorse del suddetto fondo dovrebbero essere destinate a soggetti disoccupati da almeno 12 mesi, a soggettiinattivi o appartenenti a categorie svantaggiate, che, quindi, hanno forti difficoltà di accesso ai tradizionali servizi bancari,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte ad istituire una fondo dì rotazione gestito dalla Cassa depositi e prestiti destinato a soggetti disoccupati da almeno 12 mesi, a soggetti inattivi o appartenenti alle categorie svantaggiate residenti nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia, Molise, per consentire la creazione di nuove imprese e allo scopo di contrastare i fenomeni di disoccupazione di lunga durata, nonché la grave crisi economica che investe il nostro Paese e l'economia internazionale.
9/1972/37. Lo Monte, Belcastro, Commercio, Iannaccone, Latteri, Lombardo, Milo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
il Mezzogiorno è essenziale per lo sviluppo del nostro Paese e per il ruolo geo-politico dell'Italia nel Mediterraneo, ma, da troppo tempo, non è purtroppo una priorità politica;
il Mezzogiorno non può e non deve essere considerato l'eterna emergenza, un irrisolvibile problema. Tutte, le analisi dicono che la «questione meridionale» rimane inesorabilmente aperta e resta inequivocabilmente una questione nazionale, anzi si sta aggravando anche a causa della gravissima crisi economica attuale;
le imprese del Sud, ma soprattutto coloro che sarebbero disponibili alla creazione di nuove imprese, denunciano le loro difficoltà nel reperire le risorse per avviarle, anche tenendo conto, fatto non secondario, dell'assenza di un sostegno al credito ramificato sul territorio capace di fornire le basi necessarie per l'avvio di nuove imprese;
in Italia solo il 7 per cento dei giovani sono titolari di una ditta individuale e nel sud questa percentuale si abbassa notevolmente; sono quindi necessari strumenti finanziari di affiancamento e sostegno soprattutto nella fase di start up e di trasformazione dell'idea in impresa;
oggi non basta più chiedere di inserire il Mezzogiorno tra le priorità del Governo, ma è necessario passare dagli annunci ai fatti; ad il Governo in carica rischia di essere conosciuto dalle popolazioni del sud solo come rastrellatore di fondi FAS da utilizzare magari per interventi nel nord del Paese;
l'avvio di nuove imprese nel Mezzogiorno è impedito in particolare da un sistema creditizio e bancario inefficace, mentre il costo del denaro nel sud è uno dei più alti d'Europa; infatti esistono notevoli differenze sostanziali tra il nord e il sud sui tassi di interesse praticati sui prestiti dalle banche alle nuove imprese;
allo scopo di creare nel Mezzogiorno nuove imprese e al fine di contrastare ì fenomeni di disoccupazione di lunga durata, nonché per l'ingresso delle persone inattive nel mercato è improrogabile istituire un apposito fondo di rotazione, gestito dalla Cassa depositi e prestiti, anche per sostenere l'avvio di nuove piccole e medie imprese nelle regioni del Mezzogiorno; le risorse del suddetto fondo dovrebbero essere destinate a soggetti disoccupati da almeno 12 mesi, a soggetti inattivi o appartenenti a categorie svantaggiate, che, quindi, hanno forti difficoltà di accesso ai tradizionali servizi bancari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative normative volte ad istituire un fondo e destinato a soggetti disoccupati da almeno 12 mesi, o soggetti inattivi con particolare riferimento alle aree più svantaggiate del paese, per consentire la creazione di nuove imprese allo scopo di contrastare i fenomeni di disoccupazionedi lunga durata, nonché di grave crisi economica che investe il nostro Paese e l'industria internazionale.
9/1972/37. (Testo modificato nel corso della seduta) Lo Monte, Belcastro, Commercio, Iannaccone, Latteri, Lombardo, Milo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3, comma 12, del provvedimento in fase di approvazione prevede l'eventuale suddivisione della rete di trasmissione nazionale dell'energia elettrica in tre macro-zone (Nord, Centro e Sud);
lo stesso comma precisa che la suddetta suddivisione in macro-aree viene prevista in via solamente eventuale, essendo affidata ad una decisione discrezionale del Ministro dello sviluppo economico;
allo stato attuale il prezzo unico nazionale dell'elettricità è rappresentato dalla media dei costi locali, sui quali incidono le inefficienze di distribuzione dell'energia, ragione per la quale oggi, in alcune regioni del Sud, penalizzate dalla mancanza di infrastrutture energetiche di sostegno, il costo delle tariffe energetiche è più alto;
devono essere assicurate condizioni di universalità del servizio pubblico su tutto il territorio nazionale,

impegna il Governo

a garantire che in nessun caso la suddetta suddivisione della rete di trasmissione nazionale dell'energia elettrica in tre macroaree possa comportare una differenziazione delle tariffe energetiche.
9/1972/41. Iannaccone, Lo Monte, Belcastro, Commercio, Latteri, Lombardo, Milo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3, comma 12, del provvedimento in fase di approvazione prevede l'eventuale suddivisione della rete di trasmissione nazionale dell'energia elettrica in tre macro-zone (Nord, Centro e Sud);
lo stesso comma precisa che la suddetta suddivisione in macro-aree viene prevista in via solamente eventuale, essendo affidata ad una decisione discrezionale del Ministro dello sviluppo economico;
allo stato attuale il prezzo unico nazionale dell'elettricità è rappresentato dalla media dei costi locali, sui quali incidono le inefficienze di distribuzione dell'energia, ragione per la quale oggi, in alcune regioni del Sud, penalizzate dalla mancanza di infrastrutture energetiche di sostegno, il costo delle tariffe energetiche è più alto;
devono essere assicurate condizioni di universalità del servizio pubblico su tutto il territorio nazionale,

impegna il Governo

ad adottare, in fase in applicazione dell'eventuale disciplina da parte del Ministero dello Sviluppo economico o, decorsi i termini, della Presidenza del Consiglio dei ministri ogni utile provvedimento affinché venga garantita una tariffa unica nazionale sul costo dell'energia;
a predisporre provvedimenti finalizzati a finanziarie la realizzazione di centrali e reti di distribuzione dell'energia elettrica prodotta nel Mezzogiorno.
9/1972/41. (Testo modificato nel corso della seduta) Iannaccone, Lo Monte, Belcastro, Commercio, Latteri, Lombardo, Milo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
la Sentenza della Corte costituzionale n. 335 dell'8 ottobre 2008 ha dichiaratol'illegittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e dell'articolo 155, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte a prevedere una forma di tassazione ambientale per l'utilizzo della capacità depurativa dei corpi idrici, nella quale sia previsto che per l'utenza allacciata alla rete fognaria e sprovvista di impianti di depurazione o temporaneamente inattivi l'utente abbia il diritto al rimborso della quota della tariffa relativa alla depurazione qualora gli impianti di depurazione non siano previsti nei relativi piani d'ambito, nel caso che tali impianti siano previsti l'ente gestore dovrebbe avere tempo fino al 1o gennaio 2012; a decorrere da tale data, nel caso gli impianti non fossero funzionanti, le quote di tariffa impropriamente riscosse dovrebbero essere restituite all'utenza.
9/1972/87. Nannicini.

La Camera,
premesso che:
la Sentenza della Corte costituzionale n. 335 dell'8 ottobre 2008 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e dell'articolo 155, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative normative volte a prevedere una forma di tassazione ambientale per l'utilizzo della capacità depurativa dei corpi idrici, nella quale sia previsto che per l'utenza allacciata alla rete fognaria e sprovvista di impianti di depurazione o temporaneamente inattivi l'utente abbia il diritto al rimborso della quota della tariffa relativa alla depurazione qualora gli impianti di depurazione non siano previsti nei relativi piani d'ambito, nel caso che tali impianti siano previsti l'ente gestore dovrebbe avere tempo fino al 1o gennaio 2012; a decorrere da tale data, nel caso gli impianti non fossero funzionanti, le quote di tariffa impropriamente riscosse dovrebbero essere restituite all'utenza.
9/1972/87. (Testo modificato nel corso della seduta) Nannicini.

La Camera,
premesso che:
la Fondazione IME - Istituto Mediterraneo di Ematologia - è un'organizzazione internazionale per la cooperazione sanitaria, la ricerca, la cura, il trasferimento di competenze e la creazione di un network mondiale di eccellenza per sconfiggere le malattie ematologiche nel mondo;
la Fondazione IME rappresenta un'eccellenza italiana nel campo della ricerca e cura a vantaggio di tutta l'ematologia e della sanità italiana e del prestigio scientifico italiano nel mondo assieme a uno strumento unico di diplomazia sanitaria e amicizia tra i popoli a diretto sostegno del ruolo internazionale e di politica estera italiana in aree cruciali e di primario interesse della politica estera italiana, dal Libano all'Iraq, dal Medio Oriente a tutto il bacino del Mediterraneo fino alla Cina;
la Fondazione nata su iniziativa del Ministero della salute, del Ministero degli affari esteri, del Ministero dell'economia e delle finanze e della Regione Lazio, opera per realizzare una rete sanitaria internazionale a favore di Paesi dove le malattie ematologiche rappresentano un diffuso problema sanitario e sociale, portando avanti un progetto internazionale di cura, formazione, ricerca e trasferimento di competenze nel campo delle malattie ematologiche e della talassemia in particolare;
per i contenuti e il modello proposto, il Progetto internazionale IME sipresenta quindi non soltanto come un'iniziativa di cooperazione allo sviluppo in ambito solidaristico e sanitario, ma come importante strumento di politica estera del «Sistema Italia», proponendo un primato tutto italiano, come motore per la crescita e la qualificazione di strutture sanitarie straniere, in Paesi gravemente afflitti da malattie ematologiche emergenti, in particolare dalla talassemia;
la crisi che sta investendo il nostro Paese ha causato la diminuzione dell'apporto finanziario da parte di enti istituzionali ed internazionali a favore dell'IME, causando una conseguente drastica riduzione negli interventi per la lotta alle malattie ematologiche in Italia, con il rischio di chiusura di attività di ricerca e di cura e con il taglio drastico della collaborazione di molti professionisti importanti per il conseguimento degli obbiettivi della Fondazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reperire i fondi necessari per garantire le progettualità di assistenza per la lotta alle malattie ematologiche per il triennio 2009-2011, ed in particolare, per il 2009, di reperire 10 milioni di euro per la prosecuzione degli interventi di ricerca e di cura in Italia e nel mondo anche attraverso il coordinamento dei vari Ministeri competenti in materia affinché gli obbiettivi dell'Istituto mediterraneo di ematologia per l'anno 2009 siano garantiti.
9/1972/88. Verini, Peluffo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 8 del decreto-legge in esame stabilisce che, in deroga al termine stabilito nel decreto del Presidente della Repubblica n. 195 del 1999, gli studi di settore possano essere integrati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, al fine di tener conto degli effetti della crisi economica e dei mercati, con particolare riguardo a determinati settori o aree territoriali;
il decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, e l'articolo 1, comma 23, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 avevano precedentemente modificato la disciplina relativa agli studi di settore, introducendo gli indicatori di normalità economica e l'onere della prova a carico del contribuente, ribaltando sostanzialmente l'impostazione originaria di strumento di controllo degli studi di settore;
il decreto-legge n. 81 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 127 del 2007, e la legge n. 244 del 2007, hanno introdotto alcune modifiche alla disciplina degli studi di settore, previsti dall'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, che hanno riguardato, in particolare, le modalità di utilizzo, in fase di accertamento, delle risultanze derivanti dall'applicazione degli indicatori di normalità economica di cui all'articolo 1, comma 14, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
sono poi intervenute diverse circolari dell'Agenzia delle entrate, la circolare n. 31/E del 22 maggio 2007, la circolare n. 38/E del 22 giugno 2007 e, in particolare, la circolare n. 5/E del 23 gennaio 2008, dove l'amministrazione finanziaria ha chiarito e ridimensionato la portata delle modifiche introdotte sugli studi di settore, stabilendo infine che i maggiori ricavi o compensi desumibili dagli studi di settore costituiscono una «presunzione semplice», che la stima effettuata mediante gli indicatori di normalità economica e con gli stessi studi non legittima l'emissione di atti di accertamento «automatici», basati esclusivamente sulla stima medesima e che spetta all'Ufficio l'onere di motivare la sussistenza degli scostamenti risultanti dall'applicazione degli studi di settore,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte a fissare per legge, anche per maggiore chiarezza e semplificazione nei confronti dei contribuenti, il principiodella «presunzione semplice», della non automaticità degli accertamenti e dell'onere della prova a carico dell'amministrazione finanziaria, che peraltro sono già previsti nelle istruzioni dell'amministrazione, come evidenziato in premessa, ma che gli uffici nella pratica non applicano.
9/1972/89. Zeller, Brugger.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 8 del decreto-legge in esame stabilisce che, in deroga al termine stabilito nel decreto del Presidente della Repubblica n. 195 del 1999, gli studi di settore possano essere integrati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, al fine di tener conto degli effetti della crisi economica e dei mercati, con particolare riguardo a determinati settori o aree territoriali;
il decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, e l'articolo 1, comma 23, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 avevano precedentemente modificato la disciplina relativa agli studi di settore, introducendo gli indicatori di normalità economica e l'onere della prova a carico del contribuente, ribaltando sostanzialmente l'impostazione originaria di strumento di controllo degli studi di settore;
il decreto-legge n. 81 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 127 del 2007, e la legge n. 244 del 2007, hanno introdotto alcune modifiche alla disciplina degli studi di settore, previsti dall'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, che hanno riguardato, in particolare, le modalità di utilizzo, in fase di accertamento, delle risultanze derivanti dall'applicazione degli indicatori di normalità economica di cui all'articolo 1, comma 14, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
sono poi intervenute diverse circolari dell'Agenzia delle entrate, la circolare n. 31/E del 22 maggio 2007, la circolare n. 38/E del 22 giugno 2007 e, in particolare, la circolare n. 5/E del 23 gennaio 2008, dove l'amministrazione finanziaria ha chiarito e ridimensionato la portata delle modifiche introdotte sugli studi di settore, stabilendo infine che i maggiori ricavi o compensi desumibili dagli studi di settore costituiscono una «presunzione semplice», che la stima effettuata mediante gli indicatori di normalità economica e con gli stessi studi non legittima l'emissione di atti di accertamento «automatici», basati esclusivamente sulla stima medesima e che spetta all'Ufficio l'onere di motivare la sussistenza degli scostamenti risultanti dall'applicazione degli studi di settore,

impegna il Governo

a vigilare sulla correttezza dell'operato degli uffici, in modo che gli accertamenti seguano le disposizioni contenute nella circolare n. 5 del 2008;
a presentare alle Commissioni parlamentari competenti, entro il 31 marzo di ogni anno, una relazione dell'Agenzia delle entrate sull'attività di accertamento mediante studi di settore con particolare riguardo alle adesioni in sede di contraddittorio, al conseguente contenzioso, all'autotutela, completa di risultanze in termini di gettito e con dati suddivisivi per provincia;
a emanare disposizioni per evitare che in sede di contenzioso vengano perpetuate posizioni soccombenti per accertamenti assolutamente privi di motivazioni, basati esclusivamente sul risultato finale degli studi di settore e senza l'utilizzo di alcun altro elemento probatorio specifico come richiesto dalla normativa vigente;
visto anche il consolidato orientamento delle commissioni tributarie, ad esaminare una specifica circolare per favorire gli interventi in autotutela degli uffici ed evitare inutile contenzioso.
9/1972/89. (Testo modificato nel corso della seduta) Zeller, Brugger.

La Camera,
premesso che:
la crisi economica sta determinando un'evidente difficoltà alle famiglie italiane ad onorare il pagamento dei debiticontratti per l'acquisto della prima casa, come mostrano le stime sui pignoramenti dei principali istituti di credito italiani;
l'acquisto della prima casa rappresenta - lato sensu - un investimento di natura previdenziale per le famiglie italiane;
secondo l'Indagine sui bilanci delle famiglie realizzata dalla Banca d'Italia, i debiti per l'acquisto o la ristrutturazione di immobili per esigenze familiari costituiscono la parte preponderante dell'ammontare di indebitamento delle famiglie con capofamiglia un lavoratore dipendente (79,4 per cento);
la spesa per il mutuo per l'acquisto dell'abitazione rappresenta in media il 17,1 per cento del reddito disponibile delle famiglie il cui maggiore percettore è un lavoratore dipendente;
l'INPDAP, tra i suoi scopi istituzionali, ha previsto l'offerta di finanziamenti a tassi agevolati per i lavoratori, i pensionati e le loro famiglie. Questi sono erogati direttamente dall'Istituto oppure da banche e società finanziarie in convenzione. Nel primo caso, si tratta di prestiti e mutui che l'INPDAP finanzia con un proprio fondo credito: la Gestione unitaria autonoma delle prestazioni creditizie e sociali. Nel secondo, invece, i finanziamenti sono erogati da banche e società finanziarie, sulla base di convenzioni stipulate con l'Istituto. Il Fondo credito è alimentato dalla contribuzione obbligatoria degli iscritti INPDAP e da quella volontaria di pensionati INPDAP e lavoratori e pensionati pubblici iscritti, ai fini previdenziali, ad altri enti o istituti che aderiscono a tale Fondo;
è necessaria l'istituzione da parte dell'INPDAP di una nuova tipologia di prestazione creditizia diretta ai lavoratori del pubblico impiego per sostenerli nel pagamento dei ratei dei mutui ipotecari già contratti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di una riforma del decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 7, comma 3, della legge 8 marzo 2000, n. 53, al fine di prevedere direttive all'INPDAP per la gestione delle prestazioni creditizie erogate ai dipendenti pubblici allo scopo di agevolare gli aventi diritto nel pagamento dei ratei dei mutui immobiliari, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica.
9/1972/90. Nizzi, Cazzola, Di Biagio, Antonino Foti, Lorenzin, Della Vedova.

La Camera,
premesso che:
la conclusione di numerosi progetti di investimento privato rischia di essere compromessa da farraginosi meccanismi burocratici, dalla tortuosità dell'iter burocratico, dalla frammentarietà del panorama legislativo;
il fenomeno della stratificazione normativa ha determinato un quadro di riferimento di una tale vastità da rendere estremamente gravoso qualsiasi iter autorizzativo per la costruzione ed esercizio delle opere finanziate dai privati;
nell'ambito delle infrastrutture particolari ritardi registrano quelle energetiche, il cui sviluppo è essenziale per la sicurezza degli approvvigionamenti e per garantire una reale competitività del mercato a beneficio di tutti i consumatori;
oggi, alla luce della forte crisi economica, appare quindi di fondamentale importanza assicurare la costruzione delle infrastrutture energetiche (gasdotti ed elettrodotti, centrali di generazione elettrica, rigassificatori, impianti a fonti rinnovabili), al fine di rilanciare l'economia nazionale e affrancare l'Italia dalla dipendenza energetica dei Paesi geopoliticamente instabili,

impegna il Governo

a valutare l'introduzione di misure volte semplificare il sistema di regolazione dei procedimenti autorizzativi di realizzazione delle opere finanziate dai privati.
9/1972/91. Antonino Foti, Cazzola, Di Biagio, Lorenzin, Della Vedova, Nizzi, Polidori.

La Camera,
premesso che:
il decreto in esame introduce un nuovo meccanismo per la determinazione del prezzo di vendita dell'energia sul mercato all'ingrosso e impone la suddivisione della rete al massimo in tre macro-zone;
non specificando le modalità per la determinazione del prezzo di acquisto, oggi determinato a livello nazionale (prezzo unico nazionale), come media ponderata dei prezzi di vendita zonali, nasce l'esigenza di ridefinire il prezzo pagato dagli acquirenti;
con il pay as bid, i produttori che offrono in Borsa un prezzo inferiore rispetto alla media dei prezzi offerti saranno pertanto incentivati ad abbandonare la Borsa e utilizzare la contrattazione bilaterale;
le aree contraddistinte da costi impiantistici maggiori, quali il Sud e le Isole in particolare, ne risulteranno più svantaggiate, dovendo approvvigionarsi di energia, sia tramite Borsa che tramite contratti bilaterali, ad un prezzo più alto. Diversamente, il Nord, caratterizzato da costi di impianto inferiori, ne sarà significativamente avvantaggiato. Di fatto, quindi, con il pay as bid scompare il sussidio incrociato derivante dall'applicazione su tutto il territorio italiano del prezzo unico nazionale e nasce una disparità territoriale, che avrà un impatto rilevante sulla competitività delle imprese;
a dicembre 2008, infatti, un megawattora prodotto al Nord è costato in media 87,56 euro, mentre in Sicilia è costato 111,07 euro: differenze eliminate poi dall'imposizione di un prezzo unico;
inoltre, non esiste alcuna conferma che l'applicazione del pay as bid comporti una riduzione dei prezzi all'ingrosso, in quanto l'introduzione di nuove regole per il mercato induce un cambiamento delle strategie di bidding finora adottate dagli operatori. Essi, infatti, non offriranno più energia al proprio prezzo marginale, ma tenderanno ad offrire ad un prezzo più alto, posizionato intorno al valore atteso dell'impianto marginale, al fine di assicurarsi un'adeguata remunerazione dei costi fissi;
in Europa l'unico Paese che utilizzava il pay as bid, l'Inghilterra, ha abbandonato il sistema nel dicembre 2008,

impegna il Governo

a monitorare e valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, con particolare riguardo alle possibili conseguenze negative e agli squilibri che la norma potrebbe produrre sul territorio e sull'utenza finale.
9/1972/92. Ruggeri, Cera, Romano, Ruvolo, Mannino, Drago, Naro, Tassone, Occhiuto, Zinzi, Pisacane, Nunzio Francesco Testa.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 1 il decreto assegna per il 2009 un bonus straordinario ai soggetti residenti, componenti di un nucleo familiare a basso reddito, attraverso l'attribuzione di una somma determinata in base al numero dei componenti della famiglia e all'ammontare del reddito complessivo;
il meccanismo previsto si è rivelato contraddittorio e fonte di disuguaglianza andando a favorire, nell'82 per cento dei casi, come è stato ampiamente dimostrato dai media, single e coppie senza figli, proprio in virtù di una distribuzione non tarata sui destinatari originari;
i diversi tetti di reddito per accedere al beneficio, infatti, sono stati fissati a livelli più alti della fascia di povertà per single e coppie senza figli, mentre sono pari a un livello sotto la fascia di povertà per le coppie con figli. Il risultato è che solo le famiglie poverissime saranno raggiunte dal beneficio, che andrà invece a single o coppie. Non solo, ai conviventi potrebbe andare anche un bonus doppio perché per loro non vige il cumulo dei redditi;
è necessario, pertanto, riequilibrare i pesi tra i diversi beneficiari, senza aumentare la spesa complessiva, ponendoalla base della misura il reddito familiare di una famiglia classica,

impegna il Governo

ad introdurre, con successivi provvedimenti legislativi, le modifiche utili e necessarie ad evitare che lo strumento citato in premessa contribuisca ad aumentare le disuguaglianze anziché favorire e sostenere le famiglie bisognose in questa particolare contingenza economica avversa.
9/1972/93. Buttiglione, Capitanio Santolini, Pezzotta, Galletti, Delfino, Ciccanti, Compagnon.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 1 il decreto assegna per il 2009 un bonus straordinario ai soggetti residenti, componenti di un nucleo familiare a basso reddito, attraverso l'attribuzione di una somma determinata in base al numero dei componenti della famiglia e all'ammontare del reddito complessivo;
il meccanismo previsto si è rivelato contraddittorio e fonte di disuguaglianza andando a favorire, nell'82 per cento dei casi, come è stato ampiamente dimostrato dai media, single e coppie senza figli, proprio in virtù di una distribuzione non tarata sui destinatari originari;
i diversi tetti di reddito per accedere al beneficio, infatti, sono stati fissati a livelli più alti della fascia di povertà per single e coppie senza figli, mentre sono pari a un livello sotto la fascia di povertà per le coppie con figli. Il risultato è che solo le famiglie poverissime saranno raggiunte dal beneficio, che andrà invece a single o coppie. Non solo, ai conviventi potrebbe andare anche un bonus doppio perché per loro non vige il cumulo dei redditi;
è necessario, pertanto, riequilibrare i pesi tra i diversi beneficiari, senza aumentare la spesa complessiva, ponendo alla base della misura il reddito familiare di una famiglia classica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre, con successivi provvedimenti legislativi, norme a sostegno delle famiglie numerose in questa particolare contingenza economica avversa.
9/1972/93. (Testo modificato nel corso della seduta) Buttiglione, Capitanio Santolini, Pezzotta, Galletti, Delfino, Ciccanti, Compagnon.

La Camera,
premesso che:
oltre 5.600 aziende, pur avendo tutti i requisiti richiesti e presentato la domanda entro i termini, sono rimaste escluse dai benefici previsti dal decreto ministeriale del 7 maggio 2008 per esaurimento dei fondi stessi, mentre per gli accordi territoriali sono ancora disponibili dieci milioni di euro;
è opportuno eliminare tale disparità di trattamento ingiustificata e discriminatoria, che penalizza non solo le imprese, ma anche decine di migliaia di dipendenti,

impegna il Governo

a prevedere in tempi brevi un incremento delle risorse del fondo per il finanziamento degli sgravi contributivi con cui incentivare la contrattazione di secondo livello.
9/1972/94. Poli, Ruggeri, Delfino, Compagnon.

La Camera,
premesso che:
oltre 5.600 aziende, pur avendo tutti i requisiti richiesti e presentato la domanda entro i termini, sono rimasteescluse dai benefici previsti dal decreto ministeriale del 7 maggio 2008 per esaurimento dei fondi stessi, mentre per gli accordi territoriali sono ancora disponibili dieci milioni di euro;
è opportuno eliminare tale disparità di trattamento ingiustificata e discriminatoria, che penalizza non solo le imprese, ma anche decine di migliaia di dipendenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere in tempi brevi un incremento delle risorse del fondo per il finanziamento degli sgravi contributivi con cui incentivare la contrattazione di secondo livello.
9/1972/94. (Testo modificato nel corso della seduta) Poli, Ruggeri, Delfino, Compagnon.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento dispone che l'importo delle rate, a carico del mutuatario, dei mutui ipotecari a tasso variabile da corrispondere nel corso del 2009, non possa essere superiore, complessivamente, ad un importo calcolato applicando il tasso maggiore tra il 4 per cento - senza spread - e l'importo calcolato secondo il tasso indicato nel contratto di mutuo alla data di stipula dello stesso;
con tale meccanismo la differenza tra gli importi delle rate che restano a carico del mutuatario e quelli derivanti dall'applicazione delle condizioni originarie del contratto di mutuo verrebbe corrisposta dallo Stato;
il tetto del 4 per cento, posto come limite per i soli prestiti a tasso variabile, potrebbe provocare numerosi ricorsi da parte dei mutuatari a tasso fisso, fuori dal «calmiere», che si sentissero discriminati dal decreto;
tenuto conto che oggi i tassi di interesse variabile sulla prima casa sono già abbondantemente al di sotto del 4 per cento e che molto probabilmente l'intervento delineato dalla norma scatterà solo se dovessero peggiorare nuovamente i tassi di interesse,

impegna il Governo

a verificare l'esistenza di disuguaglianze e disparità di trattamento e a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte eventualmente ad allargare la misura a coloro che hanno contratto un mutuo a tasso fisso superiore al 4 per cento utilizzando anche le risorse assegnate per la copertura delle norma che si rendessero disponibili.
9/1972/95. Galletti, Occhiuto.

La Camera,
premesso che:
uno degli obiettivi della strategia di Lisbona prevede il raggiungimento entro il 2010 di un tasso di occupazione femminile pari al 60 per cento;
l'Italia si trova ancora nelle ultime posizioni rispetto alla media dell'Unione europea quanto a presenza femminile nell'imprenditoria;
secondo alcuni studi, il contributo dell'imprenditoria femminile artigiana nella struttura produttiva del Paese rappresenta circa il 2,2 per cento del valore aggiunto nazionale e il 18,3 per cento di quello artigiano, con un valore che complessivamente ammonterebbe a circa 27,5 miliardi di euro, non trascurando le altre realtà imprenditoriali;
nell'arco di un anno, da giugno 2007 a giugno 2008 le imprese femminili sono aumentate (+5.523 unità), in particolar modo nel comparto servizi e nelle regioni Lazio, Lombardia e Sicilia, con una fortissima crescita di imprenditrici immigrate, con un +71 per cento di imprese individuali aperte da donne provenienti dapaesi extraeuropei. Un aumento che, se in termini percentuali è modesto (+0,45 per cento), è comunque di notevole consistenza se confrontato al dato complessivo. Senza le imprese guidate da donne, infatti, il saldo finale sarebbe stato pari a zero;
sostenere l'occupazione femminile produrrebbe, pertanto, un contributo notevole alla ripresa dell'economia italiana in questo particolare momento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare ulteriori risorse ai Fondi esistenti e già destinati al sostegno di iniziative di imprenditoria femminile.
9/1972/96. Anna Teresa Formisano.

La Camera,
premesso che:
anche il decreto-legge n. 185 del 2008 non ha esitato ad attingere ai fondi FAS per impieghi impropri rispetto alle finalità cui dovrebbero essere destinati;
il Fondo aree sottoutilizzate (FAS) rappresenta lo strumento più diretto e utile per una politica regionale di sviluppo e per offrire un forte contributo alla ripresa dell'intero Paese se impiegato correttamente;
il provvedimento non prevede alcun intervento infrastrutturale di rilevanza sia nel Mezzogiorno in generale che nella Calabria in particolare;
oltre al completamento delle arterie principali rimane insoluto il problema dell'ammodernamento della viabilità secondaria calabrese che rischia di isolare ancor di più le zone interne e meno sviluppate della regione,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte alla realizzazione di un moderna ed efficiente viabilità nel Mezzogiorno in generale e della viabilità primaria e secondaria calabrese in particolare.
9/1972/97. Tassone, Occhiuto.

La Camera,
premesso che:
anche il decreto-legge n. 185 del 2008 non ha esitato ad attingere ai fondi FAS per impieghi impropri rispetto alle finalità cui dovrebbero essere destinati;
il Fondo aree sottoutilizzate (FAS) rappresenta lo strumento più diretto e utile per una politica regionale di sviluppo e per offrire un forte contributo alla ripresa dell'intero Paese se impiegato correttamente;
il provvedimento non prevede alcun intervento infrastrutturale di rilevanza sia nel Mezzogiorno in generale che nella Calabria in particolare;
oltre al completamento delle arterie principali rimane insoluto il problema dell'ammodernamento della viabilità secondaria calabrese che rischia di isolare ancor di più le zone interne e meno sviluppate della regione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative normative volte alla realizzazione di un moderna ed efficiente viabilità nel Mezzogiorno in generale e della viabilità primaria e secondaria calabrese in particolare.
9/1972/97. (Testo modificato nel corso della seduta) Tassone, Occhiuto.

La Camera,
premesso che:
tra le cause che hanno contribuito alla mancata realizzazione di un tessuto imprenditoriale solido nel Mezzogiorno, sicuramente occorre rilevare l'assenza di un sistema bancario e creditizio radicato sul territorio in grado di attrarre investimentiprivati e di consentire di annullare il gap socio-economico esistente con le altre aree del Paese;
il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, ha istituito la «Banca del Mezzogiorno Spa» al fine di dotare il Sud Italia di un istituto bancario in grado di sostenere lo sviluppo economico e di favorirne la crescita;
entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge n. 133 del 2008, di conversione in legge del citato decreto, doveva essere nominato il comitato promotore che doveva disciplinare i criteri per la redazione dello statuto e le altre modalità di funzionamento del nuovo istituto bancario;
non veniva però indicato un termine entro cui la banca doveva essere operativa;
sono sempre maggiori le richieste di rientro che le banche fanno alle aziende, e sono sempre maggiori i tempi che impiegano e le incertezze che mostrano nel finanziare operazioni che prima venivano sostenute più facilmente, soprattutto nei confronti delle imprese collocate in aree del Paese meno sviluppate;
la diffusa preoccupazione che la stretta delle banche sui prestiti alle piccole e medie imprese meridionali possa compromettere l'esistenza della maggioranza delle realtà produttive del Sud, soprattutto quelle a vocazione agricola, rende ancor più urgente l'avvio del nuovo istituto bancario,

impegna il Governo

a sollecitare il completamento delle procedure previste dalle disposizioni recate dal decreto legge n. 112 del 2008 al fine di rendere operativa, entro breve tempo, la Banca del Mezzogiorno, quale strumento per sostenere, in questa particolare situazione economica, le realtà imprenditoriali meridionali e per contribuire alla ripresa di tutta l'economia italiana.
9/1972/98. Occhiuto, Tassone, Ruggeri, Cera, Romano, Ruvolo, Drago, Naro, Mannino, Testa, Zinzi, Pisacane.

La Camera,
premesso che:
i criteri di determinazione della contribuzione figurativa, attualmente in vigore, sono quelli previsti dall'articolo 8 della legge n. 155 del 23 aprile 1981, quando la dichiarazione delle retribuzioni percepite dal lavoratore aveva cadenza annuale e riportava i dati complessivi annuali delle retribuzioni stesse;
a partire dal 1o gennaio 2005, l'INPS dispone dei valori retributivi di ciascun assicurato con cadenza mensile: è pertanto, possibile utilizzare dei valori retributivi più analitici per calcolare l'accredito figurativo,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa, anche legislativa, nell'ambito dei processi di semplificazione e razionalizzazione dell'azione amministrativa, atta ad aggiornare l'estratto assicurativo del soggetto interessato, in linea con il decreto-legge n. 269 del 2003, convertito con modificazioni dalla legge n. 326 del 2003, adeguando il calcolo per la determinazione del valore retributivo da attribuire ai periodi riconosciuti figurativamente in favore del lavoratore.
9/1972/99. Naro, Poli, Ruggeri.

La Camera,
premesso che:
la normativa vigente prevede che al 1o gennaio di ogni anno il pensionato a cui vengono pagate prestazioni collegate al reddito dichiari quanto presume di percepire in quello stesso anno;
ciò determina il sorgere fisiologico dell'indebito dovuto alla dichiarazione di un reddito presunto e non effettivamenteconseguito, con evidenti difficoltà di recupero nei confronti di categorie sociali ed economiche deboli;
sarebbe opportuno intervenire in modo da razionalizzare l'attuale disciplina con riferimento alla formazione degli indebiti pensionistici, favorendo in tal modo, una riduzione delle tensioni sociali che periodicamente si determinano all'atto del recupero di prestazioni già erogate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare disposizioni normative atte a superare le criticità citate in premessa.
9/1972/100. Cera, Poli, Ruggeri.

La Camera,
premesso che:
con il provvedimento in esame, viene eliminata la norma in base alla quale cesserebbe qualsiasi obbligo contributivo a carico del Fondo Nazionale del Servizio Civile;
in una prima fase quando il servizio civile era basato sull'obiezione di coscienza, si riconosceva agli obiettori il beneficio previdenziale secondo il principio della «contribuzione figurativa», quindi senza nessun esborso a carico dell'ufficio nazionale e dell'obiettore;
sarebbe opportuno promuovere la scelta del servizio civile da parte dei giovani, in considerazione del fatto che il numero di volontari, chiamati a svolgere attività di grande rilievo sociale in numerosi campi, negli ultimi anni si è andato progressivamente riducendo;
il riconoscimento, anche ai fini previdenziali, del periodo prestato nel servizio civile, oltre a rappresentare un valido incentivo alla scelta dei giovani, equiparava l'impegno del servizio civile a quello militare e assicurava una maggiore qualità nelle attività a servizio dei cittadini,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riconsiderare gli effetti applicativi della disposizione richiamata, anche in considerazione del fatto che, il servizio militare e il richiamo alle armi sono da sempre casi tipici di contribuzione figurativa e della necessità di garantire un costante flusso di volontari per le attività previste dal servizio civile.
9/1972/101. Delfino.

La Camera,
premesso che:
per fare fronte alla persistente crisi economica ed occupazionale attuale è necessario ricercare ogni possibile strumento utile a stimolare gli investimenti pubblici;
la realizzazione di interventi di riqualificazione urbana di modeste dimensioni, è coerente con tale esigenza;
tali interventi, se realizzati nei centri urbani di piccoli o medi comuni o nei quartieri disagiati delle più grandi aree urbane del Paese, oltre ad impiegare risorse e mantenere adeguati livelli di occupazione, potrebbero rappresentare un utile strumento dal punto di vista psicologico, e prevenire i processi di degrado sociale e di sfiducia che normalmente si accompagnano a periodi lunghi di crisi economica;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reperire risorse finalizzate a finanziare la realizzazione di interventi di riqualificazione urbana nei centri urbani di piccoli e medi comuni quale strumento per sostenere l'economia di questi enti locali, specialmente di quelli per cui, a causa di condizioni economiche, sociali e geografiche, maggiore è il rischio che la crisi in atto possa acuire le difficoltà già in atto.
9/1972/102. Ciccanti, Galletti, Occhiuto, Compagnon.

La Camera,
premesso che:
il trattato sulla libera circolazione delle persone sottoscritto dalla Svizzera el'Unione europea - parte integrante dei sette accordi bilaterali tra la confederazione elvetica e l'UE entrati in vigore il 1o giugno 2002 - sono basati sulla graduale abolizione dei vincoli che per decenni hanno regolato l'accesso al mercato del lavoro svizzero e la relativa normativa in materia di sicurezza sociale;
tra l'Italia e la Svizzera sono stati disciplinati tra l'altro, mediante accordi bilaterali, gli aspetti previdenziali e di sicurezza sociale concernenti i lavoratori e le lavoratrici italiani aventi lo status di «frontalieri». Come noto, soprattutto la zona di frontiera lombarda e piemontese ha alimentato da decenni un forte flusso di forza lavoro occupata nei cantoni svizzeri confinanti con l'Italia;
sulla base dei summenzionati accordi, la Svizzera retrocede annualmente all'Italia, nella fattispecie all'INPS, gli oneri destinati all'assicurazione per l'indennità di disoccupazione dei lavoratori e lavoratrici succitati;
i contributi retrocessi dalla Svizzera all'INPS - versati in un fondo apposito gestito con «contabilità separata» - sono stati utilizzati correntemente per finanziare la legge italiana n. 147 del 1997;
il 1o giugno 2009 la Svizzera cesserà la retrocessione all'INPS dei contributi sopra illustrati, avvalendosi delle norme contenute nel trattato sulla libera circolazione delle persone, un passo che coincide con un momento estremamente difficile del mercato del lavoro svizzero. Anche le previsioni più caute, infatti, rilevano le gravi difficoltà del mercato del lavoro nel 2009, a causa della crisi finanziaria ed economica in atto, e già da qualche mese, soprattutto nel comparto dell'industria, molti lavoratori hanno perso il posto di lavoro;
il lavoro transfrontaliero, oltre a costituire un alleggerimento per gli sbocchi occupazionali nel mercato del lavoro italiano lungo le zone di frontiera, ha da sempre costituito un fattore di grande rilevanza per lo sviluppo economico delle regioni interessate. Si deve inoltre considerare che i fondi in questione non costituiscono un onere per lo Stato italiano risultando essi dal prelievo sulle retribuzioni dei nostri connazionali occupati in Svizzera;
analizzando i periodi di recessione e di stagnazione dell'economia svizzera in passato si evince che i cantoni lungo il confine sud della Svizzera, naturale sbocco della forza lavoro transfrontaliera, hanno economie più deboli rispetto ai cantoni a nord delle Alpi. La situazione occupazionale sul versante italiano, peraltro, è già ora caratterizzata da notevoli difficoltà occupazionali causate dalla crisi economica e finanziaria predetta,

impegna il Governo

ad utilizzare i fondi inviati dalla Svizzera all'INPS esclusivamente per il finanziamento e l'applicazione della legge n. 147 del 1997 anche dopo la fine delle retrocessioni da parte elvetica, ovvero a partire dal 1o giugno 2009, adottando i provvedimenti di legge che si dovessero rendere necessari e in attesa di una modifica della legge n. 147 del 1997 stessa e del suo rifinanziamento.
9/1972/103. Narducci, Braga.

La Camera,
premesso che:
il trattato sulla libera circolazione delle persone sottoscritto dalla Svizzera e l'Unione europea - parte integrante dei sette accordi bilaterali tra la confederazione elvetica e l'UE entrati in vigore il 1o giugno 2002 - sono basati sulla graduale abolizione dei vincoli che per decenni hanno regolato l'accesso al mercato del lavoro svizzero e la relativa normativa in materia di sicurezza sociale;
tra l'Italia e la Svizzera sono stati disciplinati tra l'altro, mediante accordibilaterali, gli aspetti previdenziali e di sicurezza sociale concernenti i lavoratori e le lavoratrici italiani aventi lo status di «frontalieri». Come noto, soprattutto la zona di frontiera lombarda e piemontese ha alimentato da decenni un forte flusso di forza lavoro occupata nei cantoni svizzeri confinanti con l'Italia;
sulla base dei summenzionati accordi, la Svizzera retrocede annualmente all'Italia, nella fattispecie all'INPS, gli oneri destinati all'assicurazione per l'indennità di disoccupazione dei lavoratori e lavoratrici succitati;
i contributi retrocessi dalla Svizzera all'INPS - versati in un fondo apposito gestito con «contabilità separata» - sono stati utilizzati correntemente per finanziare la legge italiana n. 147 del 1997;
il 1o giugno 2009 la Svizzera cesserà la retrocessione all'INPS dei contributi sopra illustrati, avvalendosi delle norme contenute nel trattato sulla libera circolazione delle persone, un passo che coincide con un momento estremamente difficile del mercato del lavoro svizzero. Anche le previsioni più caute, infatti, rilevano le gravi difficoltà del mercato del lavoro nel 2009, a causa della crisi finanziaria ed economica in atto, e già da qualche mese, soprattutto nel comparto dell'industria, molti lavoratori hanno perso il posto di lavoro;
il lavoro transfrontaliero, oltre a costituire un alleggerimento per gli sbocchi occupazionali nel mercato del lavoro italiano lungo le zone di frontiera, ha da sempre costituito un fattore di grande rilevanza per lo sviluppo economico delle regioni interessate. Si deve inoltre considerare che i fondi in questione non costituiscono un onere per lo Stato italiano risultando essi dal prelievo sulle retribuzioni dei nostri connazionali occupati in Svizzera;
analizzando i periodi di recessione e di stagnazione dell'economia svizzera in passato si evince che i cantoni lungo il confine sud della Svizzera, naturale sbocco della forza lavoro transfrontaliera, hanno economie più deboli rispetto ai cantoni a nord delle Alpi. La situazione occupazionale sul versante italiano, peraltro, è già ora caratterizzata da notevoli difficoltà occupazionali causate dalla crisi economica e finanziaria predetta,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di utilizzare i fondi, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, inviati dalla Svizzera all'INPS esclusivamente per il finanziamento e l'applicazione della legge n. 147 del 1997 anche dopo la fine delle retrocessioni da parte elvetica, ovvero a partire dal 1o giugno 2009, adottando i provvedimenti di legge che si dovessero rendere necessari e in attesa di una modifica della legge n. 147 del 1997 stessa e del suo rifinanziamento.
9/1972/103. (Testo modificato nel corso della seduta) Narducci, Braga, Garavini.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 78 del decreto-legge n. 112 del 2008 al comune di Roma é stato riconosciuta una anticipazione di 500 milioni di curo per fronteggiare lo stato deficitario, a valere sulle disponibilità della Cassa Depositi e Prestiti;
l'articolo 5 del successivo decreto legge n. 154 del 2008 ha attribuito al Comune di Roma un contributo di 500 milioni per la restituzione di quanto anticipato dalla Cassa Depositi e Prestiti. Le suddette risorse sono state poste a carico degli stanziamenti dei fondi FAS, risorse finanziarie destinate allo sviluppo degli investimenti delle aree sottosviluppate;
considerate le potenzialità del Comune di Roma, era auspicabile che il deficit finanziario, derivante da anni di cattiva gestione, fosse stato affrontato mediante vendite di patrimonio immobiliare ed altre soluzioni afferenti alla riscossione di tasse e tributi;
inoltre, il comma 3 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 154 del 2008 ha attribuito, a decorrere dall'anno 2010, un contributo fisso annuale al Comune dì Roma di 500 milioni di euro;
è evidente che i continui sussidi finanziari per il Comune di Roma mal si conciliano con un principio di parità di trattamento rispetto agli altri comuni d'Italia;
sì rileva che molti comuni, soprattutto i più virtuosi, hanno subito negli ultimi anni decurtazione di trasferimenti erariali e, pur se i loro bilanci sono in avanzo, non possono procedere ad incrementare gli investimenti in conto capitale a causa del rispetto dei vincoli del patto di stabilità;
considerato che:
una modifica apportata all'articolo 18 del decreto legge in esame nelle Commissioni riunite ha introdotto i commi 4-quater e 4-quinquies, che prevedono un ulteriore sostegno per il comune di Roma, esentando la gestione ordinaria dal rispetto dei vincoli del patto di stabilità interno per l'anno 2009;
tale misura consentirà al comune di Roma di escludere dal patto le maggiori spese di investimento strutturale per la realizzazione della linea metropolitana, una deroga a nuove spese di investimento non consentite, peraltro, agli altri comuni, in particolare quelli con i bilanci in avanzo, che vorrebbero e potrebbero realizzare nuove opere funzionali per i loro cittadini residenti,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le stesse misure anche per quei comuni che si trovano in condizioni analoghe e di estendere le agevolazioni accordate al Comune di Roma, in materia di sottomissione ai vincoli del patto di stabilità, ai comuni, almeno i virtuosi, che necessitano di investimenti in opere ed infrastrutture.
9/1972/104. Dal Lago, Montagnoli.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 78 del decreto-legge n. 112 del 2008 al comune di Roma é stato riconosciuta una anticipazione di 500 milioni di curo per fronteggiare lo stato deficitario, a valere sulle disponibilità della Cassa Depositi e Prestiti;
l'articolo 5 del successivo decreto legge n. 154 del 2008 ha attribuito al Comune di Roma un contributo di 500 milioni per la restituzione di quanto anticipato dalla Cassa Depositi e Prestiti. Le suddette risorse sono state poste a carico degli stanziamenti dei fondi FAS, risorse finanziarie destinate allo sviluppo degli investimenti delle aree sottosviluppate;
considerate le potenzialità del Comune di Roma, era auspicabile che il deficit finanziario, derivante da anni di cattiva gestione, fosse stato affrontato mediante vendite di patrimonio immobiliare ed altre soluzioni afferenti alla riscossione di tasse e tributi;
inoltre, il comma 3 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 154 del 2008 ha attribuito, a decorrere dall'anno 2010, un contributo fisso annuale al Comune dì Roma di 500 milioni di euro;
è evidente che i continui sussidi finanziari per il Comune di Roma mal si conciliano con un principio di parità di trattamento rispetto agli altri comuni d'Italia;
sì rileva che molti comuni, soprattutto i più virtuosi, hanno subito negli ultimi anni decurtazione di trasferimenti erariali e, pur se i loro bilanci sono in avanzo, non possono procedere ad incrementare gli investimenti in conto capitale a causa del rispetto dei vincoli del patto di stabilità;
considerato che:
una modifica apportata all'articolo 18 del decreto legge in esame nelle Commissioni riunite ha introdotto i commi 4-quater e 4-quinquies, che prevedono unulteriore sostegno per il comune di Roma, esentando la gestione ordinaria dal rispetto dei vincoli del patto di stabilità interno per l'anno 2009;
tale misura consentirà al comune di Roma di escludere dal patto le maggiori spese di investimento strutturale per la realizzazione della linea metropolitana, una deroga a nuove spese di investimento non consentite, peraltro, agli altri comuni, in particolare quelli con i bilanci in avanzo, che vorrebbero e potrebbero realizzare nuove opere funzionali per i loro cittadini residenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure analoghe anche per quei comuni che in ragione della rilevanza istituzionale possano esibire la medesima specificità del comune di Roma, in materia di sottomissione ai vincoli del patto di stabilità, e per i comuni, almeno i virtuosi, che necessitano di investimenti in opere infrastrutturali.
9/1972/104. (Testo modificato nel corso della seduta) Dal Lago, Montagnoli, Zorzato.

La Camera,
premesso che:
l'intesa tra Cai e Air France ha determinato un netto declassamento dell'aeroporto di Malpensa e del sistema aeroportuale lombardo;
il 42 per cento delle importazioni e il 29 per cento delle esportazioni effettuate tramite trasporto aereo in Italia sono garantite dalle infrastrutture aeroportuali presenti in Lombardia dove opera il 52 per cento delle imprese a partecipazione estera presenti in Italia, pari a circa 3500 imprese che impiegano oltre 410.000 dipendenti;
Malpensa è stato fra il 2006 e il 2007 il primo aeroporto d'Europa per tassi di sviluppo del traffico merci (+ 24 per cento) e secondo per numero di passeggeri (+ 13 per cento);
le rotte intercontinentali cancellate o ridotte riguardano aree geografiche con le quali l'intero Nord Italia intrattiene intense relazioni commerciali, economiche e di interscambi culturali;
il piano industriale di Cai ha previsto l'abbandono del settore cargo di Malpensa costringendo le imprese che esportano ad utilizzare gli aeroporti di Monaco, Zurigo, Francoforte ed Amsterdam;
questa scelta costituisce un evidente danno per la competitività delle imprese che risulta tanto più insopportabile in un contesto di crisi economica che, al contrario, richiederebbe l'impegno e l'apporto delle aree più dinamiche del Paese,

impegna il Governo:

a definire urgentemente un piano nazionale del trasporto aereo;
a perseguire nell'interesse delle imprese, dei lavoratori e dei consumatori, una politica incentrata sulla libera concorrenza e volta alla piena liberalizzazione dei diritti di volo, assicurando la conseguente possibilità di fare atterrare e decollare sulle piste dell'aeroporto di Malpensa altre compagnie aeree che con i loro vettori possano coprire le rotte intercontinentali abbandonate da Alitalia, il cui utilizzo è oggi impedito proprio dagli accordi internazionali bilaterali;
a definire con le istituzioni locali il quadro delle priorità rispetto alle quali dare avvio alla rinegoziazione degli accordi bilaterali, affinché il subentro di nuovi vettori di riferimento risulti pienamente coerente con i piani industriali per lo sviluppo di Malpensa e del sistema aeroportuale lombardo e piemontese;
a garantire inoltre un analogo approccio ispirato a principi di concorrenzialità ai collegamenti interni, che oggirisultano penalizzati e ridotti nel numero, rimuovendo le cause che si frappongono a politiche di libero mercato, causa principale dell'alto costo della mobilità aerea in Italia;
ad accompagnare tale complesso di decisioni di carattere strategico per il rilancio di Malpensa e del sistema aeroportuale nel suo complesso, con i necessari impegni volti ad assicurare la tutela dei posti di lavoro generati dall'aeroporto, garantendo la salvaguardia dei livelli occupazionali diretti e indiretti; ciò sia attraverso opportune dotazione dei fondi da stanziare per gli ammortizzatori sociali, che occorre tengano conto in modo idoneo della pluralità delle tipologie contrattuali presenti nel sistema aeroportuale, sia assicurando le opportune tutele sociali nella mobilità da posto a posto, sia attraverso politiche di investimento per la realizzazione delle opere volte ad assicurare il completamento del sistema infrastrutturale di accesso a Malpensa in ciò confermando anche gli impegni assunti in tal senso, anche in sede di candidatura di Milano all'Expo 2015;
a assicurare che, nelle more dell'operatività di nuovi vettori nel settori merci che subentrino ad Alitalia Cargo, l'operatività del servizio, in analogia con quanto fatto per il trasporto passeggeri, sia garantita dalla gestione commissariale senza soluzioni di continuità, accelerando nel contempo il disbrigo delle procedure atte a garantire l'immediata operatività dei nuovi vettori; ciò a difesa dei livelli occupazionali diretti e indiretti del servizio, delle esigenze di mobilità delle merci espresse dal sistema delle imprese e per evitare aggravi del trasporto merci su gomma.
9/1972/105. Marantelli, Fiano, Peluffo, De Biasi, Misiani, Marco Carra, Braga, Mosca, Codurelli, Farinone, Pizzetti.

La Camera,
premesso che:
l'intesa tra Cai e Air France ha determinato un netto declassamento dell'aeroporto di Malpensa e del sistema aeroportuale lombardo;
il 42 per cento delle importazioni e il 29 per cento delle esportazioni effettuate tramite trasporto aereo in Italia sono garantite dalle infrastrutture aeroportuali presenti in Lombardia dove opera il 52 per cento delle imprese a partecipazione estera presenti in Italia, pari a circa 3500 imprese che impiegano oltre 410.000 dipendenti;
Malpensa è stato fra il 2006 e il 2007 il primo aeroporto d'Europa per tassi di sviluppo del traffico merci (+ 24 per cento) e secondo per numero di passeggeri (+ 13 per cento);
le rotte intercontinentali cancellate o ridotte riguardano aree geografiche con le quali l'intero Nord Italia intrattiene intense relazioni commerciali, economiche e di interscambi culturali;
il piano industriale di Cai ha previsto l'abbandono del settore cargo di Malpensa costringendo le imprese che esportano ad utilizzare gli aeroporti di Monaco, Zurigo, Francoforte ed Amsterdam;
questa scelta costituisce un evidente danno per la competitività delle imprese che risulta tanto più insopportabile in un contesto di crisi economica che, al contrario, richiederebbe l'impegno e l'apporto delle aree più dinamiche del Paese,

invita il Governo:

a valutare l'opportunità di definire urgentemente un piano nazionale del trasporto aereo;
a perseguire nell'interesse delle imprese, dei lavoratori e dei consumatori, una politica incentrata sulla libera concorrenza e volta alla piena liberalizzazione dei diritti di volo, assicurando la conseguente possibilità di fare atterrare e decollare sulle piste dell'aeroporto di Malpensaaltre compagnie aeree che con i loro vettori possano coprire le rotte intercontinentali abbandonate da Alitalia, il cui utilizzo è oggi impedito proprio dagli accordi internazionali bilaterali;
a definire con le istituzioni locali il quadro delle priorità rispetto alle quali dare avvio alla rinegoziazione degli accordi bilaterali, affinché il subentro di nuovi vettori di riferimento risulti pienamente coerente con i piani industriali per lo sviluppo di Malpensa e del sistema aeroportuale lombardo e piemontese;
a garantire inoltre un analogo approccio ispirato a principi di concorrenzialità ai collegamenti interni, che oggi risultano penalizzati e ridotti nel numero, rimuovendo le cause che si frappongono a politiche di libero mercato, causa principale dell'alto costo della mobilità aerea in Italia;
ad accompagnare tale complesso di decisioni di carattere strategico per il rilancio di Malpensa e del sistema aeroportuale nel suo complesso, con i necessari impegni volti ad assicurare la tutela dei posti di lavoro generati dall'aeroporto, garantendo la salvaguardia dei livelli occupazionali diretti e indiretti; ciò sia attraverso opportune dotazione dei fondi da stanziare per gli ammortizzatori sociali, che occorre tengano conto in modo idoneo della pluralità delle tipologie contrattuali presenti nel sistema aeroportuale, sia assicurando le opportune tutele sociali nella mobilità da posto a posto, sia attraverso politiche di investimento per la realizzazione delle opere volte ad assicurare il completamento del sistema infrastrutturale di accesso a Malpensa in ciò confermando anche gli impegni assunti in tal senso, anche in sede di candidatura di Milano all'Expo 2015;
a assicurare che, nelle more dell'operatività di nuovi vettori nel settori merci che subentrino ad Alitalia Cargo, l'operatività del servizio, in analogia con quanto fatto per il trasporto passeggeri, sia garantita dalla gestione commissariale senza soluzioni di continuità, accelerando nel contempo il disbrigo delle procedure atte a garantire l'immediata operatività dei nuovi vettori; ciò a difesa dei livelli occupazionali diretti e indiretti del servizio, delle esigenze di mobilità delle merci espresse dal sistema delle imprese e per evitare aggravi del trasporto merci su gomma.
9/1972/105. (Testo modificato nel corso della seduta) Marantelli, Fiano, Peluffo, De Biasi, Misiani, Marco Carra.

La Camera,
premesso che:
la modernizzazione del settore e lo sviluppo dell'innovazione nella rete di telefonia fissa (cui si deve accompagnare una uguale attenzione alle nuove reti a banda larga basate su tecnologie wireless) e nei servizi Internet sono una priorità per le strategie di sviluppo del Paese;
tale strategia non può però prescindere dal consolidamento delle logiche di mercato tra gli operatori, i quali vanno messi nelle condizioni di competere tra loro su una base di parità;
è auspicabile che la diffusione della banda larga sia promossa attraverso meccanismi automatici, quali la riduzione del carico fiscale gravante sulla tecnologia, anziché attraverso misure discrezionali di finanziamento, le quali possono distorcere le normali dinamiche di mercato;
la tecnologia Adsl rappresenta sempre più un servizio essenziale - per ogni attività professionale e di studio - e, in quanto tale, meritoria di una «preferenza» fiscale del legislatore;
è auspicabile che quanti sono oggi esclusi dai servizi più innovativi (per scelte economiche e commerciali comunque legate ad un operatore) non sopportino i costi di gestione di servizi di cui non godono i benefici;

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di includere la tecnologia ADSL nell'alveo dei beni e servizi ad IVA agevolata;
a considerare la possibilità, ove compatibile con la normativa, di una integrazione del Codice delle comunicazioni elettroniche, al fine di riconoscere all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il potere di modulare il costo del canone di abbonamento Telecom in relazione alla possibilità per gli utenti di accedere alla tecnologia ADSL per il collegamento alla rete Internet, in questo modo prevedendo una riduzione del canone in favore degli utenti ai quali l'operatore non sia in grado di garantire l'accesso alla tecnologia ADSL per il collegamento a Internet.
9/1972/106. Della Vedova.

La Camera,
premesso che:
la modernizzazione del settore e lo sviluppo dell'innovazione nella rete di telefonia fissa (cui si deve accompagnare una uguale attenzione alle nuove reti a banda larga basate su tecnologie wireless) e nei servizi Internet sono una priorità per le strategie di sviluppo del Paese;
tale strategia non può però prescindere dal consolidamento delle logiche di mercato tra gli operatori, i quali vanno messi nelle condizioni di competere tra loro su una base di parità;
è auspicabile che la diffusione della banda larga sia promossa attraverso meccanismi automatici, quali la riduzione del carico fiscale gravante sulla tecnologia, anziché attraverso misure discrezionali di finanziamento, le quali possono distorcere le normali dinamiche di mercato;
la tecnologia Adsl rappresenta sempre più un servizio essenziale - per ogni attività professionale e di studio - e, in quanto tale, meritoria di una «preferenza» fiscale del legislatore;
è auspicabile che quanti sono oggi esclusi dai servizi più innovativi (per scelte economiche e commerciali comunque legate ad un operatore) non sopportino i costi di gestione di servizi di cui non godono i benefici;

impegna il Governo:

a considerare la possibilità, ove compatibile con la normativa, di una integrazione del Codice delle comunicazioni elettroniche, al fine di riconoscere all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il potere di modulare il costo del canone di abbonamento Telecom in relazione alla possibilità per gli utenti di accedere alla tecnologia ADSL per il collegamento alla rete Internet, in questo modo prevedendo una riduzione del canone in favore degli utenti ai quali l'operatore non sia in grado di garantire l'accesso alla tecnologia ADSL per il collegamento a Internet.
9/1972/106. (Testo modificato nel corso della seduta) Della Vedova.

La Camera,
premesso che:
in questo contesto di crisi del sistema economico e produttivo che attanaglia il Paese vi sono molti casi di concessione in proroga di ammortizzatori sociali per lavoratori di aree in crisi da più anni;
in alcuni casi tale concessione riguarda lavoratori ultracinquantenni che hanno più di trenta anni di età contributiva e per i quali è molto difficile trovare una nuova occupazione soprattutto in una situazione di crisi;
nell'ambito del decreto in esame sono state previste misure per il prepensionamento dei giornalisti alla luce della crisi che riguarda il comparto dell'editoria;
la legge di riforma del sistema previdenziale legge 23 agosto 2004, n. 243, modificata dalla legge 24 dicembre 2007, n, 247, all'articolo 1 comma 18 e 18 bis, ha previsto una deroga in favore dei lavoratoricollocati in mobilità ai maggiori requisiti richiesti per l'accesso alla pensione di anzianità;
infatti, dal 1o gennaio 2008 nel limite massimo di 10.000 unità, in favore dei lavoratori collocati in mobilità ordinaria per effetto di accordi siglati entro il 15 luglio 2007, continuano ad applicarsi le «vecchie» regole per l'accesso alla pensione di anzianità sia per quanto riguarda i requisiti (57 anni di età e 35 anni di contribuzione oppure 40 anni di contribuzione) che per le finestre di accesso a condizione che perfezionino i requisiti per il pensionamento di anzianità entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità stessa;
nell'individuare le predette 10.000 unità, l'Inps ha escluso i soggetti che si trovano in una delle seguenti condizioni tra cui i destinatari di provvedimenti in deroga;
si verificherà, pertanto, la situazione assurda in base alla quale due lavoratori, entrambi collocati in mobilità, uno nell'anno 1996 e l'altro nell'anno 2006, che hanno compiuto 57 anni di età e 35 anni di contributi a luglio 2008, potranno accedere alla pensione di anzianità in due date diverse: il primo, quello espulso dal mondo del lavoro il 1996, dal 1o luglio 2011, il secondo, espulso dal mondo del lavoro dieci anni dopo e cioè nel 2006, dal 1o gennaio 2009;

impegna il Governo

a verificare la possibilità di concedere come misura di sostegno ai lavoratori ultracinquantenni in mobilità in deroga, con almeno tre proroghe consecutive, l'accesso ai requisiti previdenziali così come prevista dalla legge n. 24 dicembre 2007, n. 247.
9/1972/107. Burtone.

La Camera,
premesso che:
in questo contesto di crisi del sistema economico e produttivo che attanaglia il Paese vi sono molti casi di concessione in proroga di ammortizzatori sociali per lavoratori di aree in crisi da più anni;
in alcuni casi tale concessione riguarda lavoratori ultracinquantenni che hanno più di trenta anni di età contributiva e per i quali è molto difficile trovare una nuova occupazione soprattutto in una situazione di crisi;
nell'ambito del decreto in esame sono state previste misure per il prepensionamento dei giornalisti alla luce della crisi che riguarda il comparto dell'editoria;
la legge di riforma del sistema previdenziale legge 23 agosto 2004, n. 243, modificata dalla legge 24 dicembre 2007, n, 247, all'articolo 1 comma 18 e 18 bis, ha previsto una deroga in favore dei lavoratori collocati in mobilità ai maggiori requisiti richiesti per l'accesso alla pensione di anzianità;
infatti, dal 1o gennaio 2008 nel limite massimo di 10.000 unità, in favore dei lavoratori collocati in mobilità ordinaria per effetto di accordi siglati entro il 15 luglio 2007, continuano ad applicarsi le «vecchie» regole per l'accesso alla pensione di anzianità sia per quanto riguarda i requisiti (57 anni di età e 35 anni di contribuzione oppure 40 anni di contribuzione) che per le finestre di accesso a condizione che perfezionino i requisiti per il pensionamento di anzianità entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità stessa;
nell'individuare le predette 10.000 unità, l'Inps ha escluso i soggetti che si trovano in una delle seguenti condizioni tra cui i destinatari di provvedimenti in deroga;
si verificherà, pertanto, la situazione assurda in base alla quale due lavoratori, entrambi collocati in mobilità, uno nell'anno 1996 e l'altro nell'anno 2006, che hanno compiuto 57 anni di età e 35 anni di contributi a luglio 2008, potranno accedere alla pensione di anzianitàin due date diverse: il primo, quello espulso dal mondo del lavoro il 1996, dal 1o luglio 2011, il secondo, espulso dal mondo del lavoro dieci anni dopo e cioè nel 2006, dal 1o gennaio 2009;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di verificare la possibilità di concedere come misura di sostegno ai lavoratori ultracinquantenni in mobilità in deroga, con almeno tre proroghe consecutive, l'accesso ai requisiti previdenziali così come prevista dalla legge n. 24 dicembre 2007, n. 247.
9/1972/107. (Testo modificato nel corso della seduta) Burtone.

La Camera,
premesso che:
nell'ambito della proroga degli ammortizzatori sociali in deroga per i lavoratori nella aree in crisi è previsto l'obbligo della diminuzione del dieci per cento della platea dei beneficiari relativa all'anno precedente;
in un contesto economico così difficile e complicato in cui in molte aree sia al Nord ma soprattutto al Sud è assai complicato poter essere ricollocati questa previsione obbligatoria del 10 per cento diventa una «norma capestro» che rischia di penalizzare tantissime migliaia di lavoratori;
si è in una situazione in cui l'indennità di mobilità diventa vitale per il lavoratore e la sua famiglia,

impegna il Governo

a valutare le conseguenze applicative della norma citata in premessa allo scopo di adottare le ulteriori iniziative normative volte, almeno per l'anno 2009, a sopprimere il vincolo del 10 per cento rispetto alla diminuzione della platea complessiva dei beneficiari al fine di evitare che i lavoratori che hanno perso il posto di lavoro possano trovarsi anche senza sussidio in quanto non si riesce a raggiungere questa soglia di rioccupati.
9/1972/108. Cuomo, Burtone.

La Camera,
premesso che:
nell'ambito della proroga degli ammortizzatori sociali in deroga per i lavoratori nella aree in crisi è previsto l'obbligo della diminuzione del dieci per cento della platea dei beneficiari relativa all'anno precedente;
in un contesto economico così difficile e complicato in cui in molte aree sia al Nord ma soprattutto al Sud è assai complicato poter essere ricollocati questa previsione obbligatoria del 10 per cento diventa una «norma capestro» che rischia di penalizzare tantissime migliaia di lavoratori;
si è in una situazione in cui l'indennità di mobilità diventa vitale per il lavoratore e la sua famiglia,

impegna il Governo

a valutare le conseguenze applicative della norma citata in premessa allo scopo di adottare eventuali nuove iniziative normative.
9/1972/108. (Testo modificato nel corso della seduta) Cuomo, Burtone.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 19-bis promuove l'imprenditoria giovanile per contribuire a rilanciare l'economia del Paese;
si è determinata una situazione di grave malessere dell'imprenditoria giovanile del Mezzogiorno, promossa dalla legge n. 95 del 1995 (ex legge n. 44 del 1986), per via delle difficoltà congiunturali;
accanto allo sforzo di rilanciare l'attività di lavoro autonomo dei giovani va messa in opera ogni azione per salvare le imprese esistenti soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia per l'aggravamento, in questa area, delle condizioni economiche generali;
molte imprese finanziate dalla legge n. 95 del 1995 (ex legge n. 44 del 1986) hanno esposizione debitoria con Sviluppo Italia e alcune hanno in atto procedure esecutive;
a causa della grave crisi finanziaria gli istituti di credito non solo si rifiutano di stipulare mutui, ma hanno anche ridotto l'erogazione dei mezzi finanziari a breve e medio termine;
sono possibili diverse soluzioni per salvare le imprese in crisi, che vanno dalla possibilità di consentire un rientro dall'esposizione con Sviluppo Italia attraverso una rateizzazione quindicennale oppure dal trasferimento dell'esposizione debitoria alle regioni meridionali attraverso un accordo tra queste ultime e Sviluppo Italia in modo da consentire l'intervento delle regioni nel capitale di rischio mediante la trasformazione del debito in partecipazione al capitale societario,

impegna il Governo:

a favorire ogni soluzione per evitare le procedure esecutive a danno delle aziende nate con i finanziamenti della legge n. 95 del 1995 (ex legge n. 44 del 1986) sull'imprenditoria giovanile nel Mezzogiorno;
a invitare Sviluppo Italia a valutare quali agevolazioni siano possibili per alimentare la continuità dell'attività imprenditoriale dei giovani.
9/1972/109. Cesare Marini, Laratta, Calvisi, Oliverio, Lo Moro, Laganà Fortugno, Capodicasa.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 19-bis promuove l'imprenditoria giovanile per contribuire a rilanciare l'economia del Paese;
si è determinata una situazione di grave malessere dell'imprenditoria giovanile del Mezzogiorno, promossa dalla legge n. 95 del 1995 (ex legge n. 44 del 1986), per via delle difficoltà congiunturali;
accanto allo sforzo di rilanciare l'attività di lavoro autonomo dei giovani va messa in opera ogni azione per salvare le imprese esistenti soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia per l'aggravamento, in questa area, delle condizioni economiche generali;
molte imprese finanziate dalla legge n. 95 del 1995 (ex legge n. 44 del 1986) hanno esposizione debitoria con Sviluppo Italia e alcune hanno in atto procedure esecutive;
a causa della grave crisi finanziaria gli istituti di credito non solo si rifiutano di stipulare mutui, ma hanno anche ridotto l'erogazione dei mezzi finanziari a breve e medio termine;
sono possibili diverse soluzioni per salvare le imprese in crisi, che vanno dalla possibilità di consentire un rientro dall'esposizione con Sviluppo Italia attraverso una rateizzazione quindicennale oppure dal trasferimento dell'esposizione debitoria alle regioni meridionali attraverso un accordo tra queste ultime e Sviluppo Italia in modo da consentire l'intervento delle regioni nel capitale di rischio mediante la trasformazione del debito in partecipazione al capitale societario,

impegna il Governo:

a invitare Sviluppo Italia a valutare quali agevolazioni siano possibili per alimentare la continuità dell'attività imprenditoriale dei giovani, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica.
9/1972/109. (Testo modificato nel corso della seduta) Cesare Marini, Laratta, Calvisi, Oliverio, Lo Moro, Laganà Fortugno, Capodicasa, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
dopo la complessa e lunga operazione per la cessione di Alitalia alla nuova Società CAI, si sono determinate forti riduzioni nei numeri di voli negli aeroporti italiani;
in tale contesto si è registrato un taglio di tratte aeree soprattutto negli aeroporti di medio-piccola dimensione;
in Friuli Venezia Giulia è attivo l'aeroporto di Ronchi dei Legionari che svolge una funzione strategica a sostegno delle attività economico, commerciali e turistiche dell'intera regione;
con la riduzione dei voli da e per Roma e Milano si è determinata anche per il sopra menzionato aeroporto una situazione di difficoltà che si ripercuote, tra l'altro, nel bacino di utenza proveniente dalla vicina Slovenia e dalla Carinzia;

impegna il Governo

ad assumere opportune iniziative per favorire la presenza di nuove compagnie nazionali e internazionali al fine di migliorare e potenziare i collegamenti aerei tra il territorio della Regione Friuli Venezia Giulia con le altre aree del Paese, in particolare con Roma, Milano, Genova e Napoli e con le capitali dell'Europa centrale e dell'est.
9/1972/110. Strizzolo, Maran, Rosato, Compagnon, Monai.

La Camera,
premesso che:
dopo la complessa e lunga operazione per la cessione di Alitalia alla nuova Società CAI, si sono determinate forti riduzioni nei numeri di voli negli aeroporti italiani;
in tale contesto si è registrato un taglio di tratte aeree soprattutto negli aeroporti di medio-piccola dimensione;
in Friuli Venezia Giulia è attivo l'aeroporto di Ronchi dei Legionari che svolge una funzione strategica a sostegno delle attività economico, commerciali e turistiche dell'intera regione;
con la riduzione dei voli da e per Roma e Milano si è determinata anche per il sopra menzionato aeroporto una situazione di difficoltà che si ripercuote, tra l'altro, nel bacino di utenza proveniente dalla vicina Slovenia e dalla Carinzia;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere opportune iniziative per favorire la presenza di nuove compagnie nazionali e internazionali al fine di migliorare e potenziare i collegamenti aerei tra il territorio della Regione Friuli Venezia Giulia con le altre aree del Paese, in particolare con Roma, Milano, Genova e Napoli e con le capitali dell'Europa centrale e dell'est.
9/1972/110. (Testo modificato nel corso della seduta) Strizzolo, Maran, Rosato, Compagnon, Monai.

La Camera,
premesso che:
il taglio drastico delle risorse economiche a disposizione per le politiche sociali ha colpito anche il servizio civile nazionale facendo passare le risorse stanziate dai 299 milioni per il 2008 dal precedente esecutivo ai 171 previsti nella finanziaria per il 2009, il peggiore della storia recente del servizio civile nazionale;
il negare i fondi e gli incentivi a questa istituzione equivale a negare una reale possibilità di crescita personale e professionale a migliaia di ragazzi e ragazze di questo Paese, oltre che sottrarre energie e risorse utili al miglioramento della comunità;
attualmente, vista la scarsità di fondi stanziati per il servizio civile, soltanto poco più della metà delle domandedei ragazzi viene accolta, creando così anche una disaffezione di questi verso l'istituto del servizio civile;
il rimborso spese offerto ai volontari per svolgere il servizio civile è pari attualmente a 433,80 euro netti mensili ed è qualificato come reddito di collaborazione coordinata e continuata, con un obbligo a coprire un minimo di 1400 ore di attività nell'arco dell'anno ed una retribuzione oraria pari a circa di 3,71 euro;
a tale situazione già di per sé critica, è aggravata dall'articolo 4, comma 2, del provvedimento in esame, che abolisce l'obbligo della contribuzione pensionistica da parte del Fondo nazionale per il servizio civile a decorrere dal 1o gennaio 2009. I periodi di servizio civile nazionale che verranno prestati dai volontari avviati in servizio a decorrere dal 1o gennaio 2009 sono riscattabili, in tutto o in parte, su domanda del volontario e su contribuzione individuale, da versare in un'unica soluzione o in 120 rate mensili senza l'applicazione degli interessi di rateizzazione, rendendo così ancora minore, di fatto, la contribuzione percepita dai ragazzi che vogliono investire un anno della loro vita in progetti di aiuto e solidarietà verso il prossimo,

impegna il Governo:

ad adottare tutte le opportune misure affinché il servizio civile possa disporre, già a partire dall'anno 2009, delle risorse necessarie per tornare ad essere popolare e di reale impatto educativo e culturale per tutta la società civile, quale momento non solo di crescita e di formazione per tutti quei giovani che decidono di prendervi parte, ma anche di valorizzazione delle attività realizzate da tutte quelle realtà che scelgono di avvalersi dell'ausilio dei volontari, contribuendo così allo sviluppo del Paese;
a riconsiderare la possibilità che i contributi pensionistici non siano posti a carico dei ragazzi che scelgono di svolgere questo servizio ma che continuino ad essere a carico del Fondo nazionale per il servizio civile.
9/1972/111. Miotto, Livia Turco, Argentin, Binetti, Bossa, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Mosella, Murer, Pedoto, Sbrollini.

La Camera,
premesso che:
il taglio drastico delle risorse economiche a disposizione per le politiche sociali ha colpito anche il servizio civile nazionale facendo passare le risorse stanziate dai 299 milioni per il 2008 dal precedente esecutivo ai 171 previsti nella finanziaria per il 2009, il peggiore della storia recente del servizio civile nazionale;
il negare i fondi e gli incentivi a questa istituzione equivale a negare una reale possibilità di crescita personale e professionale a migliaia di ragazzi e ragazze di questo Paese, oltre che sottrarre energie e risorse utili al miglioramento della comunità;
attualmente, vista la scarsità di fondi stanziati per il servizio civile, soltanto poco più della metà delle domande dei ragazzi viene accolta, creando così anche una disaffezione di questi verso l'istituto del servizio civile;
il rimborso spese offerto ai volontari per svolgere il servizio civile è pari attualmente a 433,80 euro netti mensili ed è qualificato come reddito di collaborazione coordinata e continuata, con un obbligo a coprire un minimo di 1400 ore di attività nell'arco dell'anno ed una retribuzione oraria pari a circa di 3,71 euro;
a tale situazione già di per sé critica, è aggravata dall'articolo 4, comma 2, del provvedimento in esame, che abolisce l'obbligo della contribuzione pensionistica da parte del Fondo nazionale per il servizio civile a decorrere dal 1o gennaio 2009. I periodi di servizio civile nazionale che verranno prestati dai volontari avviatiin servizio a decorrere dal 1o gennaio 2009 sono riscattabili, in tutto o in parte, su domanda del volontario e su contribuzione individuale, da versare in un'unica soluzione o in 120 rate mensili senza l'applicazione degli interessi di rateizzazione, rendendo così ancora minore, di fatto, la contribuzione percepita dai ragazzi che vogliono investire un anno della loro vita in progetti di aiuto e solidarietà verso il prossimo,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare tutte le opportune misure affinché il servizio civile possa disporre, già a partire dall'anno 2009, delle risorse necessarie per tornare ad essere popolare e di reale impatto educativo e culturale per tutta la società civile, quale momento non solo di crescita e di formazione per tutti quei giovani che decidono di prendervi parte, ma anche di valorizzazione delle attività realizzate da tutte quelle realtà che scelgono di avvalersi dell'ausilio dei volontari, contribuendo così allo sviluppo del Paese;
a riconsiderare la possibilità che i contributi pensionistici non siano posti a carico dei ragazzi che scelgono di svolgere questo servizio ma che continuino ad essere a carico del Fondo nazionale per il servizio civile.
9/1972/111. (Testo modificato nel corso della seduta) Miotto, Livia Turco, Argentin, Binetti, Bossa, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Mosella, Murer, Pedoto, Sbrollini, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il «bonus famiglie» introdotto dal provvedimento in esame, variabile da 200 a mille euro, è una misura una tantum e non strutturale, oltre al fatto che al di là del nome, l'82 per cento dei beneficiari saranno singoli e coppie senza figli, in quanto i diversi tetti di reddito massimo consentiti per accedere al beneficio sono stati fissati a un livello assai più alto delle relative fasce di povertà per single e coppie, mentre sono pari o addirittura al di sotto della linea di povertà per le famiglie con figli;
il forum delle associazioni familiari, non a caso, già a inizio dicembre, aveva avanzato la proposta di modifica che riequilibrava i pesi tra i singoli e i nuclei con figli, senza aumentare la spesa complessiva;
quello che effettivamente manca, al di là della scarsità delle risorse finanziarie stanziate, è proprio una politica a sostegno della famiglia ed in particolare delle famiglie numerose e più vulnerabili;
manca completamente un confronto con chi rappresenta davvero le istanze familiari, come le associazioni familiari, in particolare le associazioni delle famiglie numerose,

impegna il Governo:

a valutare l'adozione di misure di sistema in linea con la necessità di costruire politiche reali, strutturali e non provvedimenti una tantum, di sostegno per i giovani e le famiglie, tanto italiane quanto migranti, che prendano in considerazione, oltre a misure di carattere prettamente economico anche lo sviluppo della rete dei servizi sul territorio, a partire dai consultori familiari, dagli asili nido, dal sostegno alla non autosufficienza, allo sviluppo generale delle azioni per la domiciliarità;
a rivalutare la possibilità di venir incontro alle famiglie numerose, tempestivamente, per evitare che siano i figli a soffrire più del necessario in questi tempi di crisi.
9/1972/112. Binetti, Livia Turco, Argentin, Bossa, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Miotto, Mosella, Murer, Pedoto, Sbrollini.

La Camera,
premesso che:
il «bonus famiglie» introdotto dal provvedimento in esame, variabile da 200 a mille euro, è una misura una tantum e non strutturale, oltre al fatto che al di là del nome, l'82 per cento dei beneficiari saranno singoli e coppie senza figli, in quanto i diversi tetti di reddito massimo consentiti per accedere al beneficio sono stati fissati a un livello assai più alto delle relative fasce di povertà per single e coppie, mentre sono pari o addirittura al di sotto della linea di povertà per le famiglie con figli;
il forum delle associazioni familiari, non a caso, già a inizio dicembre, aveva avanzato la proposta di modifica che riequilibrava i pesi tra i singoli e i nuclei con figli, senza aumentare la spesa complessiva;
quello che effettivamente manca, al di là della scarsità delle risorse finanziarie stanziate, è proprio una politica a sostegno della famiglia ed in particolare delle famiglie numerose e più vulnerabili;
manca completamente un confronto con chi rappresenta davvero le istanze familiari, come le associazioni familiari, in particolare le associazioni delle famiglie numerose,

impegna il Governo:

a valutare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, l'adozione di misure di sistema in linea con la necessità di costruire politiche reali, strutturali e non provvedimenti una tantum, di sostegno per i giovani e le famiglie;
a rivalutare la possibilità di venir incontro alle famiglie numerose, tempestivamente, per evitare che siano i figli a soffrire più del necessario in questi tempi di crisi.
9/1972/112. (Testo modificato nel corso della seduta) Binetti, Livia Turco, Argentin, Bossa, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Miotto, Mosella, Murer, Pedoto, Sbrollini, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 prevede il cosiddetto prestito per i nuovi nati, non disciplinando però né a chi sarà corrisposto, né a quanto ammonterà, né in quanti anni dovranno essere restituiti i soldi prestati, né quali siano i limiti di reddito per poter accedere al prestito;
il comma 1-bis incrementa il fondo di ulteriori 10 milioni di euro rispetto ai 25 milioni già stanziati dal comma 1, vincolandoli però ai nuovi nati affetti da malattie rare;
non si evince la congruità fra i due fondi, visto che i nuovi nati sono 500 mila l'anno, mentre gli affetti da patologie rare sono stimati sull'ordine di qualche centinaio l'anno; oltretutto, le terapie in questi casi sono limitatissime mentre, poiché sono malattie spesso congenite e hanno natura cronica, nella maggior parte dei casi sono fonte di grave disabilità,

impegna il Governo

a rivedere ed armonizzare la disciplina relativa all'utilizzazione dei finanziamenti di cui all'articolo 4, commi 1 e 1-bis, affinché i due fondi abbiano una durata temporale uguale, nonché a prevedere l'utilizzo dei fondi di cui al comma 1-bis anche per quei nati colpiti da disabilità, atteso che gli effetti delle patologie rare sono spesso fonte di grave disabilità se non diagnosticate in tempo.
9/1972/113. Murer, Livia Turco, Argentin, Binetti, Bossa, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Miotto, Mosella, Pedoto, Sbrollini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 prevede il cosiddetto prestito per i nuovi nati, non disciplinandoperò né a chi sarà corrisposto, né a quanto ammonterà, né in quanti anni dovranno essere restituiti i soldi prestati, né quali siano i limiti di reddito per poter accedere al prestito;
il comma 1-bis incrementa il fondo di ulteriori 10 milioni di euro rispetto ai 25 milioni già stanziati dal comma 1, vincolandoli però ai nuovi nati affetti da malattie rare;
non si evince la congruità fra i due fondi, visto che i nuovi nati sono 500 mila l'anno, mentre gli affetti da patologie rare sono stimati sull'ordine di qualche centinaio l'anno; oltretutto, le terapie in questi casi sono limitatissime mentre, poiché sono malattie spesso congenite e hanno natura cronica, nella maggior parte dei casi sono fonte di grave disabilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivedere ed armonizzare la disciplina relativa all'utilizzazione dei finanziamenti di cui all'articolo 4, commi 1 e 1-bis, nonché a prevedere l'utilizzo dei fondi di cui al comma 1-bis anche per quei nati colpiti da disabilità, atteso che gli effetti delle patologie rare sono spesso fonte di grave disabilità se non diagnosticate in tempo.
9/1972/113. (Testo modificato nel corso della seduta) Murer, Livia Turco, Argentin, Binetti, Bossa, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Miotto, Mosella, Pedoto, Sbrollini.

La Camera,
premesso che:
il Fondo per le politiche familiari, creato nel 2006 con la legge finanziaria per il 2007 per dare avvio nel nostro Paese ad una politica di sostegno alle famiglie, ha subito già a luglio una riduzione grave, con i tagli lineari del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, poi con la legge finanziaria per il 2009, ed ora con 35 milioni che vengono dirottati sul prestito per i nuovi nati di cui all'articolo 4;
la decurtazione continua del fondo per le politiche familiari è un fatto molto grave, viste le affermazioni continue di sostegno alla famiglia;
il venir meno dei finanziamenti ha comportato un taglio dei fondi per la formazione delle badanti, per l'istituzione dei consultori familiari, per il sostegno alle famiglie numerose per le agevolazioni tariffarie,

impegna il Governo

ad elaborare una politica per le famiglie, non solo attraverso strumenti economici strutturali e non una tantum, ma anche che comporti:
a) un rafforzamento della rete dei servizi per la prima infanzia al fine di raggiungere entro il 2010 l'obiettivo comune della copertura territoriale del 33 per cento fissato dal Consiglio europeo del Lisbona del 23-24 marzo 2000, specialmente nelle aree del sud d'Italia dove maggiormente si avverte tale la carenza;
b) un accrescimento delle risorse destinate all'affermazione del valore sociale della maternità, attraverso la realizzazione di nuovi asili nido e, più in generale, di servizi di supporto alla genitorialità e alle famiglie nonché di servizi e di azioni locali rivolti alla conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro;
c) un rafforzamento e un miglioramento della rete dei servizi per i non autosufficienti, in particolar modo per le regioni del Mezzogiorno.
9/1972/114. Livia Turco, Argentin, Binetti, Bossa, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Miotto, Mosella, Murer, Pedoto, Sbrollini.

La Camera,
premesso che:
il Fondo per le politiche familiari, creato nel 2006 con la legge finanziariaper il 2007 per dare avvio nel nostro Paese ad una politica di sostegno alle famiglie, ha subito già a luglio una riduzione grave, con i tagli lineari del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, poi con la legge finanziaria per il 2009, ed ora con 35 milioni che vengono dirottati sul prestito per i nuovi nati di cui all'articolo 4;
la decurtazione continua del fondo per le politiche familiari è un fatto molto grave, viste le affermazioni continue di sostegno alla famiglia;
il venir meno dei finanziamenti ha comportato un taglio dei fondi per la formazione delle badanti, per l'istituzione dei consultori familiari, per il sostegno alle famiglie numerose per le agevolazioni tariffarie,

invita il Governo

a valutare l'opportunità di elaborare una politica per le famiglie, non solo attraverso strumenti economici strutturali, ma che comporti:
a) un rafforzamento della rete dei servizi per la prima infanzia;
b) un accrescimento delle risorse destinate all'affermazione del valore sociale della maternità, attraverso la realizzazione di nuovi asili nido e, più in generale, di servizi di supporto alla genitorialità e alle famiglie nonché di servizi e di azioni locali rivolti alla conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro;
c) un rafforzamento e un miglioramento della rete dei servizi per i non autosufficienti, in particolar modo per le regioni del Mezzogiorno.
9/1972/114. (Testo modificato nel corso della seduta) Livia Turco, Argentin, Binetti, Bossa, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Miotto, Mosella, Murer, Pedoto, Sbrollini.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, prevede, all'articolo 81, comma 32, la concessione, ai residenti di cittadinanza italiana che versano in condizione di maggior disagio economico, di una carta acquisti, del valore di 40 euro al mese (cosiddetta social card) utilizzabile per il sostegno della spesa alimentare e al pagamento delle bollette energetiche nonché alla forniture di gas, con onere a carico dello Stato;
le modalità ed i requisiti per il rilascio della carta acquisti hanno disegnato un vero e proprio percorso ad ostacoli tra patronati, CAAF, Poste, Inps, creando, di fatto, un disagio inutile tra gli aventi diritto, là dove sarebbe stato sicuramente più semplice, diretto, efficace, un trasferimento a somma variabile in funzione dei bisogni di ciascun nucleo familiare e finalizzato a portare tutti i beneficiari al raggiungimento di una soglia minima di reddito, come avviene negli altri Paesi europei;
fino ad ora, secondo i dati forniti dall'Inps le social card erogate sono state solo 330.000 a fronte di 520.000 domande ricevute, tra cui 140.000 respinte e 50.000 ancora da esaminare, là dove il Governo aveva individuato, all'origine del provvedimento, una platea di 1,3 milioni di beneficiari,

impegna il Governo

a valutare la trasformazione della social card in un trasferimento monetario rivolto alla platea di chi si trova in condizioni di povertà.
9/1972/115. Lenzi, Livia Turco, Argentin, Binetti, Bossa, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Miotto, Mosella, Murer, Pedoto, Sbrollini, D'Antoni, De Pasquale, Codurelli, Samperi.

La Camera,
premesso che:
tagli consistenti, previsti dalla legge finanziaria 2009-2011, colpiranno gli entilocali per una somma pari a circa 3 miliardi di euro;
questo taglio creerà ai comuni italiani una oggettiva difficoltà nel rispettare i vincoli dettati dal patto di stabilità e la relativa chiusura dei bilanci, già da quelli correnti;
il Governo ha deciso di esentare la città di Roma, dai vincoli del patto di stabilità per il prossimo biennio, provvedimento che segue lo stanziamento di 500 milioni di euro per la medesima città,

impegna il Governo

a considerare tutti i comuni italiani con pari dignità e rispetto, utilizzando provvedimenti e strumenti normativi uniformi in tutto il territorio nazionale.
9/1972/116. Sbrollini, Livia Turco, Argentin, Binetti, Bossa, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Miotto, Mosella, Murer, Pedoto.

La Camera,
premesso che:
tagli consistenti, previsti dalla legge finanziaria 2009-2011, colpiranno gli enti locali per una somma pari a circa 3 miliardi di euro;
questo taglio creerà ai comuni italiani una oggettiva difficoltà nel rispettare i vincoli dettati dal patto di stabilità e la relativa chiusura dei bilanci, già da quelli correnti;
il Governo ha deciso di esentare la città di Roma, dai vincoli del patto di stabilità per il prossimo biennio, provvedimento che segue lo stanziamento di 500 milioni di euro per la medesima città,

impegna il Governo

a considerare tutti i comuni italiani con pari dignità e rispetto, cercando di utilizzare provvedimenti e strumenti normativi conformi su tutto il territorio nazionale.
9/1972/116. (Testo modificato nel corso della seduta) Sbrollini, Livia Turco, Argentin, Binetti, Bossa, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Miotto, Mosella, Murer, Pedoto.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede la possibilità, per i comuni che abbiano rispettato il Patto di stabilità interno nel triennio 2006-2008, di escludere dal computo dei saldi rilevati ai fini del Patto di stabilità interno per l'anno 2009, le somme destinate a investimenti infrastrutturali o al pagamento di spese in conto capitale relative a impegni già assunti, qualora tali spese siano finanziate da risparmi derivanti da rinegoziazioni o estinzioni di mutui;
tale misura ha finalità analoghe ad altre disposizioni vigenti, tutte sostanzialmente tese ad agevolare, attraverso l'esclusione di alcune tipologie di spese in conto capitale dal calcolo dei saldi relativi al Patto di stabilità, la realizzazione degli investimenti infrastrutturali degli enti locali sottoposti al Patto di stabilità interno;
a riguardo, si ricorda il comma 8 dell'articolo 77-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come riformulato dal comma 41 della legge finanziaria per il 2009, il quale prevede che non vengano conteggiate nel saldo di riferimento dell' anno 2007 alcune voci di entrata - derivanti dalla cessione di azioni o di quote di società operanti nel settore dei servizi pubblici locali nonché quelle provenienti dalla distribuzione dei dividendi derivanti da operazioni straordinarie poste in essere dalla predette società qualora quotate nei mercati regolamentati e le risorse derivanti dalla vendita del patrimonio immobiliare - qualora le relative risorse siano destinate dagli entilocali alla realizzazione di investimenti infrastrutturali o alla riduzione del debito;
in maniera analoga l'articolo 2, comma 41, lettera b), della legge finanziaria per il 2009 ha previsto l'esclusione dal computo del saldo di alcune voci di entrata provenienti dallo Stato e le relative spese, di parte corrente e in conto capitale, sostenute da province e comuni per l'attuazione delle ordinanze emanate dal Presidente del Consiglio dei ministri, a seguito di dichiarazione dello stato di emergenza conseguente a calamità naturali;
le suddette misure non consentono tuttavia alle amministrazioni locali un'immediata spendibilità di quelle risorse che gli stessi enti avrebbero la possibilità di attivare sbloccando una parte dei residui passivi relativi alla spesa in conto capitale per portare a termine opere già cantierate e mettere in campo con immediatezza programmi di manutenzione ordinaria e straordinaria: scuole, verde pubblico, beni artistici e culturali, periferie;
assicurare un'immediata spendibilità di almeno una quota di queste risorse è al contrario necessario per un intervento di carattere anticongiunturale che rilanci gli investimenti per cui siano già stati aperti i cantieri e che i comuni non concludono perché non possono spendere risorse che sono già in loro possesso, pena il superamento dei vincoli posti dal patto di stabilità;
la mancata attenuazione dei vincoli del patto di stabilità per gli investimenti di manutenzione ordinaria e straordinaria riproduce uno dei motivi che ritardano la spesa per investimenti nel nostro Paese e non si affronta uno degli aspetti più importanti del ruolo degli enti locali che non è connesso solo alla quantità delle risorse, ma anche alla qualità della spesa che viene profondamente compromessa dall'impossibilità che i comuni hanno di poter spendere le risorse che sono già in loro possesso;
il ruolo di volano dell'economia rappresentato dal rilancio degli investimenti pubblici passa obbligatoriamente attraverso la possibilità di investimento delle amministrazioni locali, soprattutto di quelle comunali mediante l'individuazione e l'immediata realizzazione di opere pubbliche già individuate e per le quali siano già state preordinate le necessarie risorse;
la possibilità per gli enti locali di spendere quelle risorse che sono già in loro possesso per gli investimenti di manutenzione ordinaria e straordinaria tramite l'attenuazione dei vincoli del patto di stabilità determinerebbe effetti economici anticongiunturali importanti poiché inciderebbero direttamente nelle situazioni di contesto in cui le imprese operano e ne rappresenterebbero un fattore importante per il rilancio della competitività e della produttività mediante nuova liquidità inserita nel sistema,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di escludere dai saldi utili del patto di stabilità interno degli enti locali i pagamenti a residui concernenti spese per investimenti effettuati nei limiti delle disponibilità di cassa a fronte di impegni regolarmente assunti ai sensi dell'articolo 183 del testo unico degli enti locali.
9/1972/117. De Micheli, Baretta, Fluvi, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Causi, Ceccuzzi, D'Antoni, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il decreto in esame reca misure per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale;
la Commissione europea, nel presentare il 26 novembre scorso «Il pianoeuropeo di ripresa economica», identifica un insieme di misure volte al sostegno dell'economia reale fondate sul significativo rafforzamento del potere d'acquisto delle famiglie, attraverso la tempestiva adozione di un pacchetto fiscale dell'ammontare di 200 miliardi di euro (1,5 del PIL dell'Unione), 170 dei quali dovrebbero essere implementati dai Paesi membri e 30 dalla Commissione;
il bonus per le famiglie di cui al presente decreto, date le condizioni attuali ed attese dell'economia, è, invece, una misura utile ma assolutamente insufficiente, mentre sarebbe stato necessario un intervento di portata ben più ampia, sia per importo medio, sia per numero di famiglie interessate;
una via più efficace e meno farraginosa per sostenere i redditi dei lavoratori è quella dell'incremento degli importi degli assegni al nucleo familiare, introdotto dal decreto-legge 69 del 1988, perché determina un incremento del reddito disponibile delle famiglie tenendo conto del numero dei componenti del nucleo familiare e non solo del reddito complessivo,

impegna il Governo

a provvedere, a partire già dai prossimi provvedimenti legislativi, ad incrementare gli importi degli assegni al nucleo familiare.
9/1972/118. Baretta, Fluvi, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Causi, Ceccuzzi, D'Antoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
il decreto in esame reca misure per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale;
la Commissione europea, nel presentare il 26 novembre scorso «Il piano europeo di ripresa economica», identifica un insieme di misure volte al sostegno dell'economia reale fondate sul significativo rafforzamento del potere d'acquisto delle famiglie, attraverso la tempestiva adozione di un pacchetto fiscale dell'ammontare di 200 miliardi di euro (1,5 del PIL dell'Unione), 170 dei quali dovrebbero essere implementati dai Paesi membri e 30 dalla Commissione;
il bonus per le famiglie di cui al presente decreto, date le condizioni attuali ed attese dell'economia, è, invece, una misura utile ma assolutamente insufficiente, mentre sarebbe stato necessario un intervento di portata ben più ampia, sia per importo medio, sia per numero di famiglie interessate;
una via più efficace e meno farraginosa per sostenere i redditi dei lavoratori è quella dell'incremento degli importi degli assegni al nucleo familiare, introdotto dal decreto-legge 69 del 1988, perché determina un incremento del reddito disponibile delle famiglie tenendo conto del numero dei componenti del nucleo familiare e non solo del reddito complessivo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di provvedere, a partire già dai prossimi provvedimenti legislativi, ad incrementare gli importi degli assegni al nucleo familiare.
9/1972/118. (Testo modificato nel corso della seduta) Baretta, Fluvi, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Causi, Ceccuzzi, D'Antoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
con un insieme di interventi il Governo sta cancellando le politiche diincentivazione fiscale realizzate negli ultimi anni e in particolare il meccanismo dei crediti di imposta;
in particolare, il decreto in esame estende la normativa sul monitoraggio dei crediti di imposta prevista dai commi 1 e 2 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 138 del 2002, a tutti i crediti di imposta vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto;
si estende, quindi, quanto già previsto per il credito d'imposta per gli investimenti nelle aree sottoutilizzate dal decreto-legge n. 97 del 2008 a tutti i crediti di imposta, abbandonando l'automatismo in favore del ritorno alla vecchia e fallimentare logica discrezionale e ai pesanti adempimenti amministrativi del passato;
nonostante il decreto in esame sia finalizzato al sostegno delle famiglie, del lavoro, dell'occupazione e dell'impresa e al ridisegno in funzione anti-crisi del quadro strategico nazionale, è evidente che lo smantellamento del meccanismo dei crediti di imposta agisca in direzione esattamente opposta;
la portata anti-ciclica del decreto in esame è ridotta dal sostanziale annullamento degli incentivi agli investimenti in ricerca ed innovazione, poiché attraverso la procedura delle «prenotazioni» si rendono gli incentivi incerti e un incentivo incerto equivale a nessun incentivo;
mentre il 26 novembre 2008 la Commissione europea nel «Piano europeo di ripresa economica», che contiene una serie di proposte per fronteggiare l'attuale congiuntura economica, ha invitato gli Stati membri ad aumentare gli investimenti in ricerca e sviluppo, innovazione e istruzione al fine di stimolare la crescita e la produttività, il presente decreto va nella direzione esattamente opposta,

impegna il Governo

a restituire piena operatività agli strumenti automatici di incentivazione, quale il credito d'imposta sulla ricerca, la cui efficacia risulta vanificata dal ripristino dei tetti finanziari e dagli appesantimenti amministrativi connessi al meccanismo della prenotazione.
9/1972/119. Marchi, Baretta, Fluvi, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Causi, Ceccuzzi, D'Antoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
con un insieme di interventi il Governo sta cancellando le politiche di incentivazione fiscale realizzate negli ultimi anni e in particolare il meccanismo dei crediti di imposta;
in particolare, il decreto in esame estende la normativa sul monitoraggio dei crediti di imposta prevista dai commi 1 e 2 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 138 del 2002, a tutti i crediti di imposta vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto;
si estende, quindi, quanto già previsto per il credito d'imposta per gli investimenti nelle aree sottoutilizzate dal decreto-legge n. 97 del 2008 a tutti i crediti di imposta, abbandonando l'automatismo in favore del ritorno alla vecchia e fallimentare logica discrezionale e ai pesanti adempimenti amministrativi del passato;
nonostante il decreto in esame sia finalizzato al sostegno delle famiglie, del lavoro, dell'occupazione e dell'impresa e al ridisegno in funzione anti-crisi del quadro strategico nazionale, è evidente che lo smantellamento del meccanismo dei crediti di imposta agisca in direzione esattamente opposta;
la portata anti-ciclica del decreto in esame è ridotta dal sostanziale annullamento degli incentivi agli investimenti inricerca ed innovazione, poiché attraverso la procedura delle «prenotazioni» si rendono gli incentivi incerti e un incentivo incerto equivale a nessun incentivo;
mentre il 26 novembre 2008 la Commissione europea nel «Piano europeo di ripresa economica», che contiene una serie di proposte per fronteggiare l'attuale congiuntura economica, ha invitato gli Stati membri ad aumentare gli investimenti in ricerca e sviluppo, innovazione e istruzione al fine di stimolare la crescita e la produttività, il presente decreto va nella direzione esattamente opposta,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di restituire piena operatività agli strumenti automatici di incentivazione, quale il credito d'imposta sulla ricerca, la cui efficacia risulta vanificata dal ripristino dei tetti finanziari e dagli appesantimenti amministrativi connessi al meccanismo della prenotazione.
9/1972/119. (Testo modificato nel corso della seduta) Marchi, Baretta, Fluvi, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Causi, Ceccuzzi, D'Antoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo, Realacci.

La Camera,
premesso che:
con un insieme di interventi il Governo sta cancellando le politiche di incentivazione fiscale realizzate negli ultimi anni e in particolare il meccanismo dei crediti di imposta;
in particolare, il decreto in esame estende la normativa sul monitoraggio dei crediti di imposta prevista dai commi 1 e 2 dell'articolo 5, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, a tutti i crediti di imposta vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto;
si estende, quindi, quanto già previsto per il credito d'imposta per gli investimenti nelle aree sottoutilizzate dal decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, a tutti i crediti di imposta, abbandonando l'automatismo in favore del ritorno alla vecchia e fallimentare logica discrezionale e ai pesanti adempimenti amministrativi del passato;
nonostante il decreto in esame sia finalizzato al sostegno delle famiglie, del lavoro, dell'occupazione e dell'impresa e al ridisegno in funzione anti-crisi del quadro strategico nazionale, è evidente che lo smantellamento del meccanismo dei crediti di imposta agisca in direzione esattamente opposta;
l'impatto di queste scelte sarà fortissimo e tale da accrescere le profonde difficoltà economiche in cui si trova il nostro Paese, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a restituire piena operatività agli strumenti automatici di incentivazione, quale il credito d'imposta sugli investimenti nel Mezzogiorno, la cui efficacia risulta vanificata dal sistema dei tetti finanziari e dagli appesantimenti amministrativi connessi al meccanismo della prenotazione.
9/1972/120. D'Antoni, Baretta, Fluvi, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Causi, Ceccuzzi, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
con un insieme di interventi il Governo sta cancellando le politiche diincentivazione fiscale realizzate negli ultimi anni e in particolare il meccanismo dei crediti di imposta;
in particolare, il decreto in esame estende la normativa sul monitoraggio dei crediti di imposta prevista dai commi 1 e 2 dell'articolo 5, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, a tutti i crediti di imposta vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto;
si estende, quindi, quanto già previsto per il credito d'imposta per gli investimenti nelle aree sottoutilizzate dal decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, a tutti i crediti di imposta, abbandonando l'automatismo in favore del ritorno alla vecchia e fallimentare logica discrezionale e ai pesanti adempimenti amministrativi del passato;
nonostante il decreto in esame sia finalizzato al sostegno delle famiglie, del lavoro, dell'occupazione e dell'impresa e al ridisegno in funzione anti-crisi del quadro strategico nazionale, è evidente che lo smantellamento del meccanismo dei crediti di imposta agisca in direzione esattamente opposta;
l'impatto di queste scelte sarà fortissimo e tale da accrescere le profonde difficoltà economiche in cui si trova il nostro Paese, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a restituire piena operatività agli strumenti automatici di incentivazione, quale il credito d'imposta sugli investimenti nel Mezzogiorno, la cui efficacia risulta vanificata dal sistema dei tetti finanziari e dagli appesantimenti amministrativi connessi al meccanismo della prenotazione.
9/1972/120. (Testo modificato nel corso della seduta) D'Antoni, Baretta, Fluvi, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Causi, Ceccuzzi, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
l'attuale crisi economica e finanziaria richiede di definire tempestivamente misure correttive e idonei ed efficaci strumenti di politica economica finalizzati a garantire stabilità al sistema creditizio e a sostenere l'economia reale;
nell'attuale contesto, il Fondo di garanzia alle piccole e medie imprese, istituito con l'articolo 15 della legge n. 266 del 1997, unico fondo nazionale e intersettoriale di garanzia, esteso alle imprese artigiane dal decreto in esame, è uno strumento che risponde ai requisiti di pronta utilizzazione e di efficacia in quanto rappresenta, da quasi un decennio, uno dei principali strumenti di politica industriale a favore delle PMI che, tradizionalmente, incontrano maggiori difficoltà nel reperimento delle fonti finanziarie;
in particolare, il Fondo interviene a favore di operazioni finanziarie (finanziamenti di qualunque tipologia e durata, prestiti partecipativi e partecipazioni al capitale di rischio) concesse alle piccole e medie imprese da banche, intermediari finanziari di cui all'articolo 107 del testo unico bancario e società finanziarie per l'innovazione e lo sviluppo (SFIS) e presta inoltre controgaranzie a favore delle garanzie prestate dai Confidi e dai fondi di garanzia gestiti da banche, da intermediari finanziari o dai soggetti di cui all'articolo 106 del testo unico bancario;
il Fondo ha pertanto la caratteristica di facilitare l'accesso al credito da parte delle PMI in quanto riduce le garanzieche le stesse offrono al sistema bancario e permette ai Confidi di alleggerire la propria esposizione complessiva mantenendo pertanto la capacità di assistere le imprese associate;
le disposizioni di cui all'articolo 11 del decreto in esame, volte a rafforzare l'operatività del Fondo al fine di rispondere all'attuale fase congiunturale, mal si conciliano con la prospettiva di una discontinuità dell'operatività dello strumento che si determinerebbe con l'avvio dell'operatività del Fondo per la Finanza d'Impresa di cui all'articolo 1, comma 847, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in cui è confluito lo stesso Fondo di garanzia per le PMI,

impegna il Governo

ad assicurare la continuità operativa del Fondo di garanzia per le PMI altresì prevedendo opportune forme di incremento del finanziamento del Fondo medesimo.
9/1972/121. Fluvi, Baretta, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Causi, Ceccuzzi, D'Antoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
l'attuale crisi economica e finanziaria richiede di definire tempestivamente misure correttive e idonei ed efficaci strumenti di politica economica finalizzati a garantire stabilità al sistema creditizio e a sostenere l'economia reale;
nell'attuale contesto, il Fondo di garanzia alle piccole e medie imprese, istituito con l'articolo 15 della legge n. 266 del 1997, unico fondo nazionale e intersettoriale di garanzia, esteso alle imprese artigiane dal decreto in esame, è uno strumento che risponde ai requisiti di pronta utilizzazione e di efficacia in quanto rappresenta, da quasi un decennio, uno dei principali strumenti di politica industriale a favore delle PMI che, tradizionalmente, incontrano maggiori difficoltà nel reperimento delle fonti finanziarie;
in particolare, il Fondo interviene a favore di operazioni finanziarie (finanziamenti di qualunque tipologia e durata, prestiti partecipativi e partecipazioni al capitale di rischio) concesse alle piccole e medie imprese da banche, intermediari finanziari di cui all'articolo 107 del testo unico bancario e società finanziarie per l'innovazione e lo sviluppo (SFIS) e presta inoltre controgaranzie a favore delle garanzie prestate dai Confidi e dai fondi di garanzia gestiti da banche, da intermediari finanziari o dai soggetti di cui all'articolo 106 del testo unico bancario;
il Fondo ha pertanto la caratteristica di facilitare l'accesso al credito da parte delle PMI in quanto riduce le garanzie che le stesse offrono al sistema bancario e permette ai Confidi di alleggerire la propria esposizione complessiva mantenendo pertanto la capacità di assistere le imprese associate;
le disposizioni di cui all'articolo 11 del decreto in esame, volte a rafforzare l'operatività del Fondo al fine di rispondere all'attuale fase congiunturale, mal si conciliano con la prospettiva di una discontinuità dell'operatività dello strumento che si determinerebbe con l'avvio dell'operatività del Fondo per la Finanza d'Impresa di cui all'articolo 1, comma 847, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in cui è confluito lo stesso Fondo di garanzia per le PMI,

impegna il Governo

ad assicurare la continuità operativa, nei limiti delle riserve disponibili, del Fondo di garanzia per le PMI altresì prevedendoopportune forme di incremento del finanziamento del Fondo medesimo.
9/1972/121. (Testo modificato nel corso della seduta) Fluvi, Baretta, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Causi, Ceccuzzi, D'Antoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
nella straordinaria situazione di crisi che stiamo affrontando, il tema della liquidità delle imprese assume notevolissima importanza;
molte imprese sono già in difficoltà, o potrebbero esserlo in poche settimane, non solo perché registrano una riduzione dei loro ordinativi, ma anche perché non hanno più un sufficiente accesso al credito;
molte imprese, soprattutto piccole e medie, potrebbero entrare in crisi, e i loro i dipendenti e fornitori perdere il lavoro, ben prima dell'impatto della recessione internazionale sulla riduzione dei consumi, ma per il solo effetto della restrizione del credito;
le banche italiane sembrano avviate più delle loro consorelle europee a trasmettere all'economia reale la stretta creditizia;
per mettere un argine a questa situazione è possibile aggredire il problema a partire dai crediti che le imprese fornitrici vantano dalla pubblica amministrazione. Si tratta di circa 50 miliardi di euro. Se almeno una quota di questi crediti fosse liquidabile velocemente, le imprese, e i loro lavoratori, potrebbero guadagnare qualche mese di respiro;
purtroppo non sempre le banche sono disponibili a scontare, e quindi anticipare, alle imprese i crediti vantati verso Stato, regioni e altri enti pubblici, perché non sempre i crediti sono ritenuti certi ed esigibili e perché non sempre la banca ha sufficiente liquidità;
il provvedimento in esame, nel prevedere che, relativamente agli anni 2008 e 2009, le risorse disponibili rispetto ai pagamenti effettuati a valere sull'autorizzazione di spesa per la liquidazione delle istanze di rimborso IVA sulle auto aziendali siano finalizzate all'estinzione di crediti maturati nei confronti dei ministeri alla data del 31 dicembre 2007, risulta assolutamente insufficiente alla finalità dello liquidazione dei crediti che le imprese vantano nei confronti della pubblica amministrazione;
la modifica introdotta dalle Commissioni, che prevede che, per l'anno 2009, su istanza del creditore, le regioni e gli enti locali hanno facoltà di certificare, nel rispetto dei limiti del Patto di stabilità interno, l'esigibilità del credito vantato per somministrazione, forniture e appalti ai fini della cessione pro soluto a istituti di credito e a società finanziarie del credito medesimo, è apprezzabile ma insufficiente a porre rimedio al problema, anche perché molte regioni ed enti locali hanno già raggiunto i limiti massimi consentiti per attingere all'istituto delle anticipazioni di tesoreria, che i principi contabili europei equiparano alla cessione pro soluto,

impegna il Governo

a favorire, per quanto di sua competenza, la definizione, anche di carattere normativo, di un sistema che assicuri la possibilità per le amministrazioni di «certificare» la validità della fattura emessa, una volta eseguiti tutti i controlli di legge (sul rispetto del contratto di servizio o di fornitura, piuttosto che sul collaudo dell'opera pubblica), nonché a sollecitare la Cassa Depositi e Prestiti a scontare le fatture «certificate» a prezzi di mercato, esercitando il ruolo di «anticipatore» dei fondi di ultima istanza.
9/1972/122. Causi, Fluvi, Baretta, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani,Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Ceccuzzi, D'Antoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
nella straordinaria situazione di crisi che stiamo affrontando, il tema della liquidità delle imprese assume notevolissima importanza;
molte imprese sono già in difficoltà, o potrebbero esserlo in poche settimane, non solo perché registrano una riduzione dei loro ordinativi, ma anche perché non hanno più un sufficiente accesso al credito;
molte imprese, soprattutto piccole e medie, potrebbero entrare in crisi, e i loro i dipendenti e fornitori perdere il lavoro, ben prima dell'impatto della recessione internazionale sulla riduzione dei consumi, ma per il solo effetto della restrizione del credito;
le banche italiane sembrano avviate più delle loro consorelle europee a trasmettere all'economia reale la stretta creditizia;
per mettere un argine a questa situazione è possibile aggredire il problema a partire dai crediti che le imprese fornitrici vantano dalla pubblica amministrazione. Si tratta di circa 50 miliardi di euro. Se almeno una quota di questi crediti fosse liquidabile velocemente, le imprese, e i loro lavoratori, potrebbero guadagnare qualche mese di respiro;
purtroppo non sempre le banche sono disponibili a scontare, e quindi anticipare, alle imprese i crediti vantati verso Stato, regioni e altri enti pubblici, perché non sempre i crediti sono ritenuti certi ed esigibili e perché non sempre la banca ha sufficiente liquidità;
il provvedimento in esame, nel prevedere che, relativamente agli anni 2008 e 2009, le risorse disponibili rispetto ai pagamenti effettuati a valere sull'autorizzazione di spesa per la liquidazione delle istanze di rimborso IVA sulle auto aziendali siano finalizzate all'estinzione di crediti maturati nei confronti dei ministeri alla data del 31 dicembre 2007, risulta assolutamente insufficiente alla finalità dello liquidazione dei crediti che le imprese vantano nei confronti della pubblica amministrazione;
la modifica introdotta dalle Commissioni, che prevede che, per l'anno 2009, su istanza del creditore, le regioni e gli enti locali hanno facoltà di certificare, nel rispetto dei limiti del Patto di stabilità interno, l'esigibilità del credito vantato per somministrazione, forniture e appalti ai fini della cessione pro soluto a istituti di credito e a società finanziarie del credito medesimo, è apprezzabile ma insufficiente a porre rimedio al problema, anche perché molte regioni ed enti locali hanno già raggiunto i limiti massimi consentiti per attingere all'istituto delle anticipazioni di tesoreria, che i principi contabili europei equiparano alla cessione pro soluto,

impegna il Governo

a favorire, per quanto di sua competenza, la definizione, anche di carattere normativo, di un sistema che assicuri la possibilità per le amministrazioni di «certificare» la validità della fattura emessa, una volta eseguiti tutti i controlli di legge sul rispetto del contratto di servizio o di fornitura, piuttosto che sul collaudo dell'opera e nel rispetto del patto di stabilità.
9/1972/122. (Testo modificato nel corso della seduta) Causi, Fluvi, Baretta, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Ceccuzzi, D'Antoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3, comma 12, del decreto in esame consente la suddivisione della rete di trasmissione nazionale in non più di tre macro-zone, cui potrà provvedere il Ministro dello sviluppo economico su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto medesimo;

impegna il Governo

a subordinare l'eventuale suddivisione della Rete di trasmissione nazionale al potenziamento della rete medesima, unica vera strada per il superamento delle congestioni e delle inefficienze presenti, che comportano l'incremento dei costi di produzione e di dispacciamento, altresì mantenendo il Prezzo unico nazionale per i clienti finali.
9/1972/123. Vico, Baretta, Fluvi, Boccia, Calvisi Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Causi, Ceccuzzi, D'ANtoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
la gravità, l'ampiezza e la possibile durata della crisi economico-finanziaria che sta investendo le economie del mondo richiedono uno sforzo straordinario di innovazione e collaborazione tra tutte le istituzioni e tra tutti i soggetti sociali;
la stessa natura della crisi, per come si è originata e per la pervasività dei suoi effetti distorsivi, dovrebbe portare ad un'attenzione particolare alla rivalutazione del fattore lavoro, quale elemento di ricchezza del sistema economico nazionale e di coesione sociale;
al riguardo, le misure contenute nel provvedimento appaiono timide e parziali, come nel caso degli ammortizzatori sociali, o contraddittorie, come nel caso della disposizione che di fatto travolge il sistema di tutele, attualmente previste dal nostro ordinamento, in materia di mantenimento dei livelli salariali e contrattuali, in caso di cessione di azienda o di ramo di azienda;
ipotizzare che la risposta alla crisi possa passare attraverso un processo di ulteriore precarizzazione e svalutazione del fattore lavoro, finendo per coinvolgere anche quei lavoratori che, secondo una lettura sommaria e superficiale, apparterrebbero alla categoria dei privilegiati, appare quanto di più inopportuno in una fase in cui è indispensabile uno sforzo comune per far ripartire l'economia e ripristinare la fiducia reciproca tra i soggetti sociali,

impegna il Governo

ad adoperarsi, per quanto di sua competenza, affinché venga al più presto ripristinato un principio di civiltà giuridica e di indispensabile coesione sociale, quale quello volto ad assicurare una sostanziale garanzia di stabilità del reddito e del sistema di tutele normative e contrattuali riconosciuti ai lavoratori, anche in caso di cessione di azienda o di ramo di azienda.
9/1972/124. Berretta, Damiano, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Letta, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.

La Camera,
premesso che:
la gravità, l'ampiezza e la possibile durata della crisi economico-finanziaria che sta investendo le economie del mondo richiedono uno sforzo straordinario di innovazione e collaborazione tra tutte le istituzioni e tra tutti i soggetti sociali;
la stessa natura della crisi, per come si è originata e per la pervasività deisuoi effetti distorsivi, dovrebbe portare ad un'attenzione particolare alla rivalutazione del fattore lavoro, quale elemento di ricchezza del sistema economico nazionale e di coesione sociale;
al riguardo, le misure contenute nel provvedimento appaiono timide e parziali, come nel caso degli ammortizzatori sociali, o contraddittorie, come nel caso della disposizione che di fatto travolge il sistema di tutele, attualmente previste dal nostro ordinamento, in materia di mantenimento dei livelli salariali e contrattuali, in caso di cessione di azienda o di ramo di azienda;
ipotizzare che la risposta alla crisi possa passare attraverso un processo di ulteriore precarizzazione e svalutazione del fattore lavoro, finendo per coinvolgere anche quei lavoratori che, secondo una lettura sommaria e superficiale, apparterrebbero alla categoria dei privilegiati, appare quanto di più inopportuno in una fase in cui è indispensabile uno sforzo comune per far ripartire l'economia e ripristinare la fiducia reciproca tra i soggetti sociali,

impegna il Governo

ad adoperarsi, per quanto di sua competenza, ad assicurare una sostanziale garanzia di stabilità del reddito e del sistema di tutele normative e contrattuali riconosciuti ai lavoratori, anche in caso di cessione di azienda o di ramo di azienda.
9/1972/124. (Testo modificato nel corso della seduta) Berretta, Damiano, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Letta, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.

La Camera,
premesso che:
la crisi economica internazionale, come ampiamente previsto, sta facendo ormai sentire i suoi effetti anche nel nostro Paese;
dagli ultimi dati recentemente pubblicati si prevede che il 2009 e il 2010 si configurino come due anni di recessione con conseguente tracollo dei posti di lavoro: secondo gli stessi dati nell'anno in corso saranno 600 mila i lavoratori che perderanno il posto di lavoro e la disoccupazione salirà all'8,4 per cento. Solo nel mese di dicembre 2008, il ricorso alla cassa integrazione ordinaria da parte delle aziende, ha conosciuto un incremento pari al 526 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente;
in questo quadro la situazione dei lavoratori precari appare drammatica: un lavoratore su 8 nel nostro Paese è precario, migliaia di lavoratori privi di tutele, che saranno i primi a pagare gli effetti della crisi economica;
si stima che sono circa 305 mila i contratti scaduti solo al 31 dicembre 2008 ed altre migliaia sono in scadenza nel 2009;
in un recente studio pubblicato dall'Università «La Sapienza» di Roma, si calcola che siano oltre 800 mila gli atipici a «rischio precarietà», vale a dire con un solo contratto e un solo committente, quali anche i titolari di partita IVA a basso reddito;
ai lavoratori del settore privato si aggiungono i precari del settore pubblico, le cui recenti iniziative del Governo, contenute sia nel decreto 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che nel disegno di legge, al momento all'esame del Senato (A.S. 1167) dal titolo « Delega al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, nonché misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico, di controversie di lavoro e di ammortizzatori sociali», hanno precluso la possibilità di accedere ad un processo di stabilizzazione, previsto dalle leggi finanziarie 2007 e 2008, varate dal Governo Prodi; si calcola che i lavoratori ai quali non verrà rinnovato il contratto nell'anno in corso saranno circa 60 mila;
a fronte della situazione sopra descritta, la platea dei precari che beneficerà delle norme contenute nel decreto non sarà superiore al dieci per cento del totale, con un contributo pari appena al 10 per cento del reddito percepito l'anno precedente;
nonostante la più volte richiamata esigenza di una complessiva rivisitazione in senso universalistico del sistema degli ammortizzatori sociali, tema affrontato con la delega legislativa prevista all'articolo 1, comma 28, della legge di attuazione del Protocollo del welfare (legge 24 dicembre 2007, n. 247) la medesima non solo non è stata esercitata ma risulta attualmente scaduta, essendo superati i termini del 31 dicembre, senza che alcuna norma di proroga legislativa sia stata varata entro il termine utile,

impegna il Governo:

a prevedere, stante l'entità e la prevista durata della crisi, l'individuazione di ulteriori e significative risorse finanziarie, non appena se ne determineranno le condizioni, al fine di assicurare la più ampia ed efficace estensione degli strumenti di sostegno del reddito di tutti i lavoratori colpiti dagli effetti della crisi;
a prevedere misure, nell'ambito delle proprie competenze, volte ad estendere gli istituti di tutela del reddito previsti dalla normativa vigente anche a quei lavoratori attualmente non destinatari di tali istituti, siano essi lavoratori a tempo determinato, a progetto, titolari di partita IVA a basso reddito, attribuendo a tale estensione adeguate risorse finanziarie;
a prevedere, con la massima sollecitudine, a prorogare il termine per l'emanazione dei decreti legislativi di cui all'articolo 1, comma 28, della legge 24 dicembre 2007, n. 247.
9/1972/125. Damiano, Baretta, Fluvi, D'Antoni, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Letta, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.

La Camera,
premesso che:
la crisi economica internazionale, come ampiamente previsto, sta facendo ormai sentire i suoi effetti anche nel nostro Paese;
dagli ultimi dati recentemente pubblicati si prevede che il 2009 e il 2010 si configurino come due anni di recessione con conseguente tracollo dei posti di lavoro: secondo gli stessi dati nell'anno in corso saranno 600 mila i lavoratori che perderanno il posto di lavoro e la disoccupazione salirà all'8,4 per cento. Solo nel mese di dicembre 2008, il ricorso alla cassa integrazione ordinaria da parte delle aziende, ha conosciuto un incremento pari al 526 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente;
in questo quadro la situazione dei lavoratori precari appare drammatica: un lavoratore su 8 nel nostro Paese è precario, migliaia di lavoratori privi di tutele, che saranno i primi a pagare gli effetti della crisi economica;
si stima che sono circa 305 mila i contratti scaduti solo al 31 dicembre 2008 ed altre migliaia sono in scadenza nel 2009;
in un recente studio pubblicato dall'Università «La Sapienza» di Roma, si calcola che siano oltre 800 mila gli atipici a «rischio precarietà», vale a dire con un solo contratto e un solo committente, quali anche i titolari di partita IVA a basso reddito;
ai lavoratori del settore privato si aggiungono i precari del settore pubblico, le cui recenti iniziative del Governo, contenute sia nel decreto 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che nel disegno di legge, al momento all'esame del Senato (A.S. 1167) dal titolo « Delega al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, nonché misure contro il lavoro sommerso e norme in tema dilavoro pubblico, di controversie di lavoro e di ammortizzatori sociali», hanno precluso la possibilità di accedere ad un processo di stabilizzazione, previsto dalle leggi finanziarie 2007 e 2008, varate dal Governo Prodi; si calcola che i lavoratori ai quali non verrà rinnovato il contratto nell'anno in corso saranno circa 60 mila;
a fronte della situazione sopra descritta, la platea dei precari che beneficerà delle norme contenute nel decreto non sarà superiore al dieci per cento del totale, con un contributo pari appena al 10 per cento del reddito percepito l'anno precedente;
nonostante la più volte richiamata esigenza di una complessiva rivisitazione in senso universalistico del sistema degli ammortizzatori sociali, tema affrontato con la delega legislativa prevista all'articolo 1, comma 28, della legge di attuazione del Protocollo del welfare (legge 24 dicembre 2007, n. 247) la medesima non solo non è stata esercitata ma risulta attualmente scaduta, essendo superati i termini del 31 dicembre, senza che alcuna norma di proroga legislativa sia stata varata entro il termine utile,

impegna il Governo:

a valutare la possibilità di prevedere, stante l'entità e la prevista durata della crisi, l'individuazione di ulteriori e significative risorse finanziarie, non appena se ne determineranno le condizioni, al fine di assicurare la più ampia ed efficace estensione degli strumenti di sostegno del reddito di tutti i lavoratori colpiti dagli effetti della crisi;
a valutare la possibilità di prevedere misure, nell'ambito delle proprie competenze, volte ad estendere gli istituti di tutela del reddito previsti dalla normativa vigente anche a quei lavoratori attualmente non destinatari di tali istituti, siano essi lavoratori a tempo determinato, a progetto, titolari di partita IVA a basso reddito, attribuendo a tale estensione adeguate risorse finanziarie;
a valutare la possibilità di prevedere, con la massima sollecitudine, a prorogare il termine per l'emanazione dei decreti legislativi di cui all'articolo 1, comma 28, della legge 24 dicembre 2007, n. 247.
9/1972/125. (Testo modificato nel corso della seduta) Damiano, Baretta, Fluvi, D'Antoni, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Letta, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede misure in favore del sostegno del reddito delle famiglie;
in particolare sono previste misure in favore dei mutuatari ma nulla di specifico è previsto con riferimento alla condizione degli affittuari se non un modesto ripristino delle somme decurtate da precedenti provvedimenti sul Fondo per gli affitti,

impegna il Governo

a prevedere ulteriori e significativi incrementi del Fondo nazionale per gli affitti di cui all'articolo 11, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
9/1972/126. Mastromauro, Baretta, Mariani, Bratti, Bocci, Motta, Marantelli, Ginoble, Morassut.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede misure in favore del sostegno del reddito delle famiglie;
in particolare sono previste misure in favore dei mutuatari ma nulla di specifico è previsto con riferimento alla condizione degli affittuari se non un modestoripristino delle somme decurtate da precedenti provvedimenti sul Fondo per gli affitti,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere ulteriori e significativi incrementi, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, del Fondo nazionale per gli affitti di cui all'articolo 11, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
9/1972/126. (Testo modificato nel corso della seduta) Mastromauro, Baretta, Mariani, Bratti, Bocci, Motta, Marantelli, Ginoble, Morassut.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame dispone, all'articolo 18, la riprogrammazione delle risorse nazionali finalizzate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate al fine di concentrare le risorse disponibili su obiettivi che, in considerazione della eccezionale crisi economica che sta vivendo il Paese, siano da considerarsi prioritari per il rilancio dell'economia italiana, quali le opere pubbliche e l'emergenza occupazionale;
senza entrare nel merito di una valutazione strategica su quali siano i comparti che meglio possano agevolare una ripresa che stenta a decollare, appare opportuno sottolineare che il provvedimento elaborato dal Governo ha omesso di inserire importanti settori di intervento dell'attore pubblico;
in particolare bisogna sottolineare la necessità di investire nel settore della messa in sicurezza del territorio, aumentando gli interventi per la difesa del suolo, quelli finalizzati alla bonifica da inquinamento ambientale e per la realizzazione e manutenzione delle opere idrauliche;
non bisogna sottovalutare l'importanza che queste attività rivestono, sia perché consentono di recuperare il necessario equilibrio tra l'utilizzazione delle risorse naturali e la loro tutela e valorizzazione, sia perché fanno capo ad un modello di sviluppo economico virtuoso che tende a tutelare il capitale e non a metterlo a repentaglio;

impegna il Governo:

a prevedere che una quota parte degli investimenti per le opere pubbliche venga destinata ad interventi di difesa del suolo, di bonifica da inquinamento ambientale e di realizzazione di opere idrauliche.
9/1972/127. Mariani, Realacci, Iannuzzi, Margiotta, Bocci, Braga, Motta, Martella, Marantelli, Mastromauro, Ginoble, Morassut, Bratti, Esposito, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame dispone, all'articolo 18, la riprogrammazione delle risorse nazionali finalizzate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate al fine di concentrare le risorse disponibili su obiettivi che, in considerazione della eccezionale crisi economica che sta vivendo il Paese, siano da considerarsi prioritari per il rilancio dell'economia italiana, quali le opere pubbliche e l'emergenza occupazionale;
senza entrare nel merito di una valutazione strategica su quali siano i comparti che meglio possano agevolare una ripresa che stenta a decollare, appare opportuno sottolineare che il provvedimento elaborato dal Governo ha omesso di inserire importanti settori di intervento dell'attore pubblico;
in particolare bisogna sottolineare la necessità di investire nel settore della messa in sicurezza del territorio, aumentando gli interventi per la difesa del suolo, quelli finalizzati alla bonifica da inquinamento ambientale e per la realizzazione e manutenzione delle opere idrauliche;
non bisogna sottovalutare l'importanza che queste attività rivestono, sia perché consentono di recuperare il necessario equilibrio tra l'utilizzazione delle risorse naturali e la loro tutela e valorizzazione, sia perché fanno capo ad un modello di sviluppo economico virtuoso che tende a tutelare il capitale e non a metterlo a repentaglio;

impegna il Governo:

a valutare la possibilità di prevedere che una quota parte degli investimenti per le opere pubbliche venga destinata ad interventi di difesa del suolo, di bonifica da inquinamento ambientale e di realizzazione di opere idrauliche.
9/1972/127. (Testo modificato nel corso della seduta) Mariani, Realacci, Iannuzzi, Margiotta, Bocci, Braga, Motta, Martella, Marantelli, Mastromauro, Ginoble, Morassut, Bratti, Esposito, Viola, Zamparutti, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
durante l'esame presso le Commissioni riunite V e VI è stata introdotta, all'articolo 18, una norma finalizzata alla sollecita attuazione del cosiddetto piano casa;
il nuovo quadro normativo delineato prevede, oltre alla possibilità di utilizzare le finanziarie aggiuntive provenienti dal Fondo aree sottoutilizzate, anche che non sia più necessaria l'intesa della Conferenza unificata per l'approvazione del «piano casa», ma il semplice parere della stessa;
la sostituzione dell'intesa della Conferenza unificata con il semplice parere della stessa appare di dubbia legittimità costituzionale in merito al riparto di competenze stabilito dal titolo V della Costituzione, visto che una costante giurisprudenza della Corte Costituzionale ha riconosciuto l'esistenza di una competenza legislativa regionale in materia di edilizia residenziale pubblica,

impegna il Governo

a valutare gli effetti della disposizione citata in premessa, al fine di adottare iniziative normative volte a correggere quello che appare un macroscopico errore nella redazione della norma e che potrebbe esporre il decreto al rischio di sollevazione di eventuali eccezioni di costituzionalità.
9/1972/128. Braga, Mariani, Realacci, Iannuzzi, Margiotta, Bocci, Motta, Martella, Marantelli, Mastromauro, Ginoble, Morassut, Bratti, Esposito, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
durante l'esame presso le Commissioni riunite V e VI è stata introdotta, all'articolo 18, una norma finalizzata alla sollecita attuazione del cosiddetto piano casa;
il nuovo quadro normativo delineato prevede, oltre alla possibilità di utilizzare le finanziarie aggiuntive provenienti dal Fondo aree sottoutilizzate, anche che non sia più necessaria l'intesa della Conferenza unificata per l'approvazione del «piano casa», ma il semplice parere della stessa;
la sostituzione dell'intesa della Conferenza unificata con il semplice parere della stessa appare di dubbia legittimità costituzionale in merito al riparto di competenze stabilito dal titolo V della Costituzione, visto che una costante giurisprudenza della Corte Costituzionale ha riconosciuto l'esistenza di una competenzalegislativa regionale in materia di edilizia residenziale pubblica,

impegna il Governo

a valutare gli effetti della disposizione citata in premessa.
9/1972/128. (Testo modificato nel corso della seduta) Braga, Mariani, Realacci, Iannuzzi, Margiotta, Bocci, Motta, Martella, Marantelli, Mastromauro, Ginoble, Morassut, Bratti, Esposito, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
con la definitiva approvazione del «pacchetto clima» che stabilisce per il 2020 la riduzione del 20 per cento di emissioni di gas a effetto serra, di portare al 20 per cento il risparmio energetico e aumentare del 20 per cento il consumo di fonti e rinnovabili, l'Europa ha dimostrato di considerare la risposta ai mutamenti climatici, con quello che comporta in termini di innovazione, di ricerca, di aumento della competitività economica e occupazionale, non un peso ma una delle chiavi per affrontare la crisi economica;
l'Italia è in drammatico ritardo, non solo rispetto ai target fissati dal «pacchetto clima» dell'Unione europea, ma soprattutto rispetto agli obiettivi vincolanti del Protocollo di Kyoto per i quali dobbiamo ridurre per il 2012 le nostre emissioni del 6,5 per cento rispetto al 1990;
l'esigenza di combattere i mutamenti climatici non nasce solo da grandi problemi: tale prospettiva è anche una straordinaria occasione di sviluppo e di progresso. Lo è in generale e lo è a maggior ragione per l'Italia. Proprio partendo dagli obiettivi e dai vincoli in materia di politiche energetiche e climatiche, anche il nostro Paese può trovare nuovo slancio economico, industriale, tecnologico: nell'incremento di ricerca e sviluppo, nella diffusione di prodotti e di processi produttivi innovativi ed efficienti, nella creazione di nuova occupazione qualificata, in una forte spinta all'esportazione di processi e prodotti eco-efficienti, nella razionalizzazione e modernizzazione dei sistemi di mobilità e delle tecnologie per l'edilizia;
come ha ricordato anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel discorso alla nazione di fine anno la crisi economica può rappresentare un'occasione per innovare l'economia a partire proprio dalle questioni energetiche e ambientali;
il ripensamento sul taglio al bonus del 55 per cento per gli interventi energetico-ambientali nel patrimonio edilizio è stato positivo. Si tratta di un caso concreto di una misura che tiene assieme, come anche in altri paesi del mondo, la sfida ambientale e il rilancio dell'economia e dell'occupazione. Migliaia di piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'artigianato e molti produttori di materiali e apparecchiature per l'edilizia si sono attivati per utilizzare il mercato che si stava aprendo, sono coinvolti decine di migliaia di posti di lavoro;
il nostro Paese nel contesto europeo è fra quelli che hanno i requisiti maggiori per orientare il suo sistema produttivo su basi ambientali. Sviluppo delle fonti alternative, innovazione, ricerca, sono risorse che l'Italia deve mettere da subito in campo per creare nuova occupazione e nuova economia,

impegna il Governo

a tener conto delle questioni ambientali nell'adozione delle misure per affrontare una crisi economica e a considerare l'innovazione ambientale come chiave e opportunità da cogliere per rilanciare l'economia e l'occupazione.
9/1972/129. Realacci, Mariani, Iannuzzi, Margiotta, Bocci, Braga, Motta, Martella, Marantelli, Mastromauro, Ginoble, Morassut, Bratti, Esposito, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il settore lattiero caseario delle produzioni DOP a lunga stagionatura viveun momento di grande crisi che incide pesantemente nel cuore delle produzioni più rappresentative del made in Italy;
in particolare la produzione di grana padano e di parmigiano reggiano rischia di essere fortemente penalizzata, soprattutto per il venir meno del sostegno europeo all'ammasso privato;
d'ora in poi spetterà agli Stati membri, se lo riterranno opportuno, finanziare il sostegno alla stagionatura dei formaggi DOP,

impegna il Governo:

a prevedere adeguate risorse e misure fiscali di sostegno all'attività dell'ammasso privato per la stagionatura dei prodotti lattiero-caseari DOP quali il parmigiano reggiano ed il grana padano.
9/1972/130. Marco Carra, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Lusetti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
il settore lattiero caseario delle produzioni DOP a lunga stagionatura vive un momento di grande crisi che incide pesantemente nel cuore delle produzioni più rappresentative del made in Italy;
in particolare la produzione di grana padano e di parmigiano reggiano rischia di essere fortemente penalizzata, soprattutto per il venir meno del sostegno europeo all'ammasso privato;
d'ora in poi spetterà agli Stati membri, se lo riterranno opportuno, finanziare il sostegno alla stagionatura dei formaggi DOP,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di prevedere adeguate risorse e misure fiscali di sostegno all'attività dell'ammasso privato per la stagionatura dei prodotti lattiero-caseari DOP quali il parmigiano reggiano ed il grana padano.
9/1972/130. (Testo modificato nel corso della seduta) Marco Carra, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Lusetti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
i fabbricati che possiedono i requisiti della ruralità, anche se censiti nel Catasto edilizio urbano, non sono assoggettabili ad ICI, in quanto il reddito di detti fabbricati, considerati in sede di revisione degli estimi e contabilizzati come pertinenza del terreno, è stato incluso nel reddito dominicale dei terreni sui quali insistono;
l'Agenzia del Territorio e l'Agenzia delle Entrate (circolare n. 50/E/2000) hanno espresso un consolidato orientamento interpretativo conforme alla non assoggettabilità ad ICI dei fabbricati in possesso dei requisiti di ruralità; ciò nonostante l'ANCI dell'Emilia-Romagna, basandosi su alcune sentenze della Corte di cassazione, ha preso posizione favorevole all'imponibilità ICI dei fabbricati rurali,

impegna il Governo

a chiarire definitivamente, in sede legislativa, la non assoggettabilità all'ICI dei fabbricati rurali.
9/1972/131. Cenni, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Lusetti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolini, Zorzato.

La Camera,
premesso che:
i commi dal 242 al 249 della legge finanziaria per il 2007, con l'obiettivo di incentivare la giusta spinta all'aggregazione delle imprese, assicurano nel biennio 2007-2008 uno sconto fiscale attraverso un meccanismo di esclusione dei primi 5 milioni di euro del disavanzo di concambio, che si traducono in pratica fino a 1,8 milioni di euro di beneficio fiscale;
questo meccanismo non incide in alcun modo sulle cooperative che realizzino le medesime operazioni societarie in quanto la legge ad esse applicabile per queste operazioni non prevede la formazione di un disavanzo di concambio, facendo così mancare alle cooperative un beneficio che invece risulterebbe molto utile per incentivare i processi aggregativi anche fra queste imprese che in molti settori sono ancora molto numerose e troppo piccole,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottre una norma i cui effetti siano identici a quelli prodotti dai commi 242-249 della finanziaria 2008 sulle società di capitale, ma in grado di essere applicata alle cooperative che così potranno essere incentivate all'aggregazione.
9/1972/132. Brandolini, Oliverio, Zucchi, Agostini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Luseti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
il settore agroalimentare è in grado di fornire un apporto fondamentale alla ripresa economica del paese offrendo un bacino imprenditoriale ed occupazionale rilevante con riflessi positivi anche sulla gestione e sulla tutela del territorio;
la filiera agroalimentare riveste un compito importantissimo anche nell'assicurare le garanzie sanitarie e la qualità dei prodotti alimentari ai consumatori;
lo scenario attuale presenta notevoli difficoltà ed incertezze che acuiscono i gravi ritardi strutturali e competitivi presenti nella fase agricola, in quella cooperativa ed industriale - sottoposte alla concorrenza delle multinazionali e dei produttori di paesi a basso costo - ed anche nel commercio e nella distribuzione moderna, sovrastata dalle grandi catene spesso estere;
una grande opportunità di tutela, consolidamento e crescita degli agricoltori è rappresentata da misure che consentendo di accorciare la filiera creino le condizioni per la crescita imprenditoriale degli addetti e ne aumentino il reddito;
per tali motivi è necessario dedicare un'attenzione prioritaria alle misure tese a rendere più efficace e completa l'integrazione nel mercato delle imprese e delle filiere agroalimentari;
le nostre produzioni ortofrutticole hanno già raggiunto dei buoni livelli di qualità e quantità dei prodotti, tuttavia le riconosciute organizzazioni dei produttori (OP) che operano nel settore dell'ortofrutta ancora non riescono ad esprimere fino in fondo le proprie potenzialità connesse alla commercializzazione di prodotti già confezionati;
la possibilità per le OP di commercializzare direttamente i propri prodotti lavorati e confezionati accorcerebbe notevolmente la filiera agroalimentari e rappresenterebbe un elemento positivo tanto per i consumatori, che vedrebbero i costi dei prodotti ridursi, quanto per gli agricoltori che vedrebbero aumentare il reddito derivante dalla vendita dei prodotti;
tale possibilità è impraticabile per la maggior parte degli agricoltori a causa delle notevoli risorse necessarie per effettuare quegli investimenti utili a consentire lo stoccaggio ed il confezionamento deipropri prodotti al fine di venderli direttamente agli esercizi di vendita al dettaglio;
una OP che intendesse proporsi autonomamente sul mercato come produttrice e venditrice dovrebbe investire per creare o adeguare le proprie strutture logistiche, realizzare impianti di condizionamento e di trasformazione, avere magazzini di lavorazione e stoccaggio nonché acquisire strumenti di gestione e di analisi dei sistemi di rintracciabilità;
le potenzialità ancora inespresse del settore agroalimentare impongono un'attenta riflessione sulle possibilità di sviluppo economico derivanti da un sostegno agli investimenti che consenta ai nostri agricoltori di non rimanere schiacciati dalle inevitabili contrapposizioni derivanti dalla concorrenza delle multinazionali e delle grandi catene di distribuzione.

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere specifici meccanismi di sostegno fiscale e congrue risorse allo scopo indirizzate per le Organizzazioni dei produttori del settore ortofrutticolo che investano per creare o adeguare le proprie strutture logistiche, realizzare impianti di condizionamento e di trasformazione, avere magazzini di lavorazione e stoccaggio, acquisire strumenti di gestione e di analisi dei sistemi di rintracciabilità al fine di commercializzare direttamente i propri prodotti già confezionati e accorciare, in tal modo, la filiera agroalimentare.
9/1972/133. Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Lusetti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 7 interviene sulla disciplina relativa alla liquidazione dell'imposta sul valore aggiunto disponendo che l'IVA sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizio diviene esigibile al momento dell'incasso qualora quest'ultimo sia successivo al momento dell'emissione della fattura;
viene introdotto a regime il criterio di cassa in luogo di quello di competenza ai fini della determinazione del debito IVA;
la norma estende l'ambito di applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 6, quinto comma, secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633/1972 alle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confronti di esercenti attività di impresa, arte o professione;
sono, pertanto, escluse le operazioni effettuate nei confronti dei privati consumatori, per le quali la mancanza di una documentazione dalla quale emergano dati del cliente farebbe nascere notevoli incertezze applicative;
sono, in ogni caso, esclusi dall'applicazione del criterio per cassa i soggetti che si avvalgono di regimi speciali IVA e quelli che applicano il regime dell'inversione contabile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a consentire l'applicazione del criterio di cassa anche al regime speciale previsto per l'agricoltura e la pesca.
9/1972/134. Fiorio, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Lusetti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 reca norme in materia di determinazione dei tassi di interesse suicontratti di mutuo bancario per l'acquisto, la costruzione o la ristrutturazione dell'abitazione principale;
la norma dispone che l'importo delle rate, a carico del mutuatario, dei mutui a tasso variabile da corrispondere nel corso del 2009 non possa essere superiore, complessivamente, ad un importo calcolato applicando il tasso maggiore tra il 4 per cento - senza «spread» - e l'importo calcolato secondo il tasso indicato nel contratto di mutuo alla data di stipula dello stesso. La differenza tra gli importi delle rate che restano a carico del mutuatario e quelli derivanti dall'applicazione delle condizioni originarie del contratto di mutuo viene corrisposta dallo Stato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad estendere il meccanismo di sostegno concesso sui contratti di mutuo bancario per l'acquisto, la costruzione o la ristrutturazione dell'abitazione principale anche ai mutui contratti per investimenti, per l'introduzione di procedimenti innovativi, per l'accorpamento fondiario strumentali all'attività delle cooperative agricole, delle organizzazioni di produttori e dei singoli imprenditori agricoli che abbiano un fatturato inferiore ai 15.000 euro.
9/1972/135. Zucchi, Oliverio, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Lusetti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
la crisi economica internazionale, come ampiamente previsto, sta facendo ormai sentire i suoi effetti anche nel nostro paese, con pesanti conseguenze sul mondo del lavoro, all'interno del quale particolarmente esposti risultano i lavoratori precari, ovvero una platea che ormai tocca un lavoratore su 8;
le pur timide e parzialissime misure in materia di estensione degli ammortizzatori sociali ai lavoratori precari, testimoniano la gravità dell'anomalia del mercato del lavoro italiano, in cui un uso distorto e abnorme di tali istituti contrattuali vede il prodursi di un ingiustificata e inaccettabile discriminazione ditale categoria di lavoratori, attualmente esclusi, pur avendone nella sostanza tutti i requisiti, da ogni pur minima forma di tutela e garanzia;
in questo quadro di incertezza e penalizzazione giuridica ed economica, accentuato dalla richiamata situazione di crisi economica internazionale, si delinea come non più plausibile l'ulteriore penalizzazione subita dai lavoratori parasubordinati iscritti alla Gestione Separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 335/1995, laddove si subordina l'esigibilità concreta delle già limitate prestazioni sociali e previdenziali all'effettivo versamento dei contributi da parte dei committenti, escludendoli così dall'applicabilità del principio dell'automaticità delle prestazioni previdenziali, come garantito dall'articolo 2116 comma 2 del Codice Civile per i lavoratori dipendenti;
anche in occasione dell'esame del provvedimento collegato alla manovra finanziaria, in materia di «Delega al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, nonché misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico di controversie di lavoro e di ammortizzatori sociali», nonostante una prima disponibilità, si è persa l'occasione per una soluzione ditale ingiusta preclusione,

impegna il Governo

a favorire, per quanto di sua competenza, un rapido superamento della richiamata condizione di esclusione dall'applicazione del principio previsto dall'articolo 2116 delCodice civile per i lavoratori iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995.
9/1972/136. Bellanova, Damiano, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Letta, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.

La Camera,
premesso che:
la grave recessione economica su scala globale che, secondo le previsioni, nel corso del 2009 si rivelerà ancora più pesante, vede l'apparato produttivo industriale della Regione Sardegna particolarmente esposto ai rischi di drastiche riduzioni produttive e, in alcuni casi, a chiusure di interi stabilimenti;
in questi mesi, pressoché in tutte le realtà industriali della Sardegna, si sono avviate con imponenti mobilitazioni, diverse iniziative di contrasto alla chiusura e allo smantellamento dell'apparato produttivo isolano nei suoi diversi comparti;
in questo contesto, la realtà industriale del Sulcis Iglesiente vive una grave situazione di crisi in tutte le diverse attività metallurgiche presenti nell'area industriale di Portovesme. Agli effetti della crisi internazionale si aggiungono le questioni specifiche che da anni sono la causa di grandi difficoltà nello sviluppo di questo territorio. Il polo industriale di Portovesme, infatti, vive un momento di particolare drammaticità soprattutto a causa del fatto che rimangono irrisolte la questione energetica, i problemi ambientali e infrastrutturali presso l'area consortile;
la fonte economica centrale del territorio è data dalla produzione industriale del primario, situata prevalentemente nel Polo energetico-industriale Portovesme e di Iglesias, dove sono localizzate le aziende metallurgiche più importanti del territorio nazionale per le produzioni di energia elettrica, piombo, zinco, alluminio ed altre metalli di cui alle ex PP.SS., oggi tutte private e appartenenti alle multinazionali Enel, Glencore (Svizzera), Alcoa (USA), Rusai (Russia). Processi di privatizzazione e razionalizzazione delle produzioni che hanno determinato la perdita di circa 6.000 posti di lavoro e che si sono aggiunti alla quasi totale chiusura delle attività minerarie;
in queste fabbriche fra diretti e appalti operano circa 6.500 persone, con un indotto indiretto che di fatto rappresenta il cuore dell'economia del Sulcis Igiesiente;
tutte aziende del settore primario che abbisognano di energia elettrica e termica a basso costo per poter competere nei mercati mondiali, per la quale da troppi anni si aspetta che si concretizzino gli accordi sottoscritti con la Presidenza del Consiglio dei ministri (19 dicembre 2003) e stabiliti da leggi dello Stato (legge 80, 2005), che prevedono la valorizzazione dell'unica risorsa energetica nazionale - il carbone Sulcis - quale soluzione strutturale per abbattere i costi dell'energia elettrica. La recente crisi congiunturale sta oramai provocando ulteriore e gravissimo disagio sociale ed economico. Con le aziende che hanno già avviato la riduzione delle attività produttive ed in particolare la RUSAL, che ha già ridotto del 50 per cento la produzione di ossido di alluminio ed annunciato la volontà della chiusura totale dello Stabilimento e la Portovesme srl che nelle prossime settimane chiuderà due linee di produzione di zinco;
la crisi del Sulcis Iglesiente è inoltre ben evidenziata dai primato nell'indice demografico negativo; dal primato nell'indice di spopolamento con l'accentuazione dell'emigrazione per mera necessità; dall'esponenziale incremento del numero di famiglie con redditi al di sotto della soglia di povertà; dai dramma degli oltre trentamila disoccupati - su una popolazione residente di 140.000 - ai quali si aggiungono gli oltre 1.300 lavoratori che da più di 3 anni possono usufruire di ammortizzatori sociali in deroga, con reddito medio inferiore a 500, le varie centinaia in CIGe Mobilità ordinaria ed i moltissimi senza nome che non hanno alcun requisito per ottenere i sostegni sociali al reddito;
la preoccupazione della tutela dell'ambiente e della salute dei lavoratori e dei cittadini resta al centro della nostra idea di sviluppo. Ma da anni, in queste zone si lamenta un approccio assolutamente burocratico e in alcuni casi incomprensibile dei Ministero sui problemi nell'area di Portovesme. L'imposizione di una barriera fisica a tutela della falda acquifera, i costi di caratterizzazione e di risanamento a carico delle imprese, anche le piccole, stanno impedendo nuovi investimenti e nuovi insediamenti nell'area, minacciando ulteriormente la permanenza delle attività esistenti,

impegna il Governo

ad avviare ai più presto un tavolo di confronto con il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare e con il Ministero dello sviluppo economico, la Regione Sardegna e le parti sociali per trovare le soluzioni alla grave situazione del Sulcis Iglesiente.
9/1972/137. Schirru.

La Camera,
premesso che:
la grave recessione economica su scala globale che, secondo le previsioni, nel corso del 2009 si rivelerà ancora più pesante, vede l'apparato produttivo industriale della Regione Sardegna particolarmente esposto ai rischi di drastiche riduzioni produttive e, in alcuni casi, a chiusure di interi stabilimenti;
in questi mesi, pressoché in tutte le realtà industriali della Sardegna, si sono avviate con imponenti mobilitazioni, diverse iniziative di contrasto alla chiusura e allo smantellamento dell'apparato produttivo isolano nei suoi diversi comparti;
in questo contesto, la realtà industriale del Sulcis Iglesiente vive una grave situazione di crisi in tutte le diverse attività metallurgiche presenti nell'area industriale di Portovesme. Agli effetti della crisi internazionale si aggiungono le questioni specifiche che da anni sono la causa di grandi difficoltà nello sviluppo di questo territorio. Il polo industriale di Portovesme, infatti, vive un momento di particolare drammaticità soprattutto a causa del fatto che rimangono irrisolte la questione energetica, i problemi ambientali e infrastrutturali presso l'area consortile;
la fonte economica centrale del territorio è data dalla produzione industriale del primario, situata prevalentemente nel Polo energetico-industriale Portovesme e di Iglesias, dove sono localizzate le aziende metallurgiche più importanti del territorio nazionale per le produzioni di energia elettrica, piombo, zinco, alluminio ed altre metalli di cui alle ex PP.SS., oggi tutte private e appartenenti alle multinazionali Enel, Glencore (Svizzera), Alcoa (USA), Rusai (Russia). Processi di privatizzazione e razionalizzazione delle produzioni che hanno determinato la perdita di circa 6.000 posti di lavoro e che si sono aggiunti alla quasi totale chiusura delle attività minerarie;
in queste fabbriche fra diretti e appalti operano circa 6.500 persone, con un indotto indiretto che di fatto rappresenta il cuore dell'economia del Sulcis Igiesiente;
tutte aziende del settore primario che abbisognano di energia elettrica e termica a basso costo per poter competere nei mercati mondiali, per la quale da troppi anni si aspetta che si concretizzino gli accordi sottoscritti con la Presidenza del Consiglio dei ministri (19 dicembre 2003) e stabiliti da leggi dello Stato (legge 80, 2005), che prevedono la valorizzazione dell'unica risorsa energetica nazionale - il carbone Sulcis - quale soluzione strutturale per abbattere i costi dell'energia elettrica. La recente crisi congiunturale sta oramai provocando ulteriore e gravissimo disagio sociale ed economico. Con le aziende che hanno già avviato la riduzionedelle attività produttive ed in particolare la RUSAL, che ha già ridotto del 50 per cento la produzione di ossido di alluminio ed annunciato la volontà della chiusura totale dello Stabilimento e la Portovesme srl che nelle prossime settimane chiuderà due linee di produzione di zinco;
la crisi del Sulcis Iglesiente è inoltre ben evidenziata dai primato nell'indice demografico negativo; dal primato nell'indice di spopolamento con l'accentuazione dell'emigrazione per mera necessità; dall'esponenziale incremento del numero di famiglie con redditi al di sotto della soglia di povertà; dai dramma degli oltre trentamila disoccupati - su una popolazione residente di 140.000 - ai quali si aggiungono gli oltre 1.300 lavoratori che da più di 3 anni possono usufruire di ammortizzatori sociali in deroga, con reddito medio inferiore a 500, le varie centinaia in CIG e Mobilità ordinaria ed i moltissimi senza nome che non hanno alcun requisito per ottenere i sostegni sociali al reddito;
la preoccupazione della tutela dell'ambiente e della salute dei lavoratori e dei cittadini resta al centro della nostra idea di sviluppo. Ma da anni, in queste zone si lamenta un approccio assolutamente burocratico e in alcuni casi incomprensibile dei Ministero sui problemi nell'area di Portovesme. L'imposizione di una barriera fisica a tutela della falda acquifera, i costi di caratterizzazione e di risanamento a carico delle imprese, anche le piccole, stanno impedendo nuovi investimenti e nuovi insediamenti nell'area, minacciando ulteriormente la permanenza delle attività esistenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare al più presto un tavolo di confronto con il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare e con il Ministero dello sviluppo economico, la Regione Sardegna e le parti sociali per trovare le soluzioni alla grave situazione del Sulcis Iglesiente.
9/1972/137. (Testo modificato nel corso della seduta) Schirru, Fadda.

La Camera,
premesso che:
la grave crisi internazionale sta aumentando in maniera esponenziale il ricorso da parte delle aziende allo strumento della Cassa integrazione e guadagni per affrontare cali di produzione temporanei. I dati resi noti in questi giorni dal Ministro del welfare parlano di aumento della CIGO per il settore industriale del 96,84 per cento rispetto all'anno prima, più 525 per cento nel mese di dicembre 2008 rispetto allo stesso mese del 2007;
tale fenomeno ha portato ad un rapido esaurimento delle risorse messe a disposizione nel 2008 e per tale ragione vengono previsti consistenti aumenti di stanziamento del relativo capitolo di spesa nel 2009, 2010 e 2011;
opportunamente il presente provvedimento estende la possibilità di utilizzare questo strumento alle imprese artigiane, ai dipendenti assunti anche con contratti di lavoro a tempo determinato e ai collaboratori coordinati e continuativi;
proprio per le dimensioni del fenomeno ed un suo possibile ulteriore aumento di dimensioni molto consistenti in tempi rapidi, esiste il rischio di un uso fraudolento e anche ricattatorio della CIG nei confronti dei dipendenti, con conseguenti gravissimi danni per la collettività e per il sistema, largamente diffuso, di aziende corrette e sane;
presso il Ministero del lavoro è allocata la Direzione Generale per le attività Ispettive, con il compito di intervenire in attività di vigilanza in materia di lavoro e previdenziale;
al comma 18 dell'articolo 19 del presente decreto si prevedono aumenti di risorse a favore delle attività ispettive, al fine di garantire l'interconnessione dei sistemi informatici necessari allo svolgimento di suddetta attività;
appare dunque necessario potenziare in modo più specifico l'attività di controllo di detta struttura in questo settore;
l'attività di autorizzazione svolta dall'INPS e quella di accertamento devono essere quanto mai tempestive, per evitare abusi e contenziosi che ricadrebbero solo sulla parte più debole (i lavoratori);
appare dunque più che mai necessario a tutela dell'interesse collettivo, dei dipendenti e delle imprese favorire una estesa ed efficace attività di controllo sul corretto uso della CIG non solo per quanto riguarda la fase autorizzativa ma anche per la successiva fase di applicazione,

impegna il Governo

a prevedere che, nel decreto di cui ai commi 3 e 4, dell'articolo 19 del presente provvedimento, le modalità di applicazione dello stesso contengano tutti gli strumenti anche finanziari per permettere una sua corretta, tempestiva e trasparente applicazione, favorendo l'attività della Direzione generale per le attività ispettive del Ministero del lavoro, dotandola di adeguate risorse finanziarie ed umane, indicando modalità operative di verifica puntuale presso le aziende interessate, nel precipuo interesse del sistema delle imprese, dei dipendenti e della collettività.
9/1972/138. Viola.

La Camera,
premesso che:
la grave crisi internazionale sta aumentando in maniera esponenziale il ricorso da parte delle aziende allo strumento della Cassa integrazione e guadagni per affrontare cali di produzione temporanei. I dati resi noti in questi giorni dal Ministro del welfare parlano di aumento della CIGO per il settore industriale del 96,84 per cento rispetto all'anno prima, più 525 per cento nel mese di dicembre 2008 rispetto allo stesso mese del 2007;
tale fenomeno ha portato ad un rapido esaurimento delle risorse messe a disposizione nel 2008 e per tale ragione vengono previsti consistenti aumenti di stanziamento del relativo capitolo di spesa nel 2009, 2010 e 2011;
opportunamente il presente provvedimento estende la possibilità di utilizzare questo strumento alle imprese artigiane, ai dipendenti assunti anche con contratti di lavoro a tempo determinato e ai collaboratori coordinati e continuativi;
proprio per le dimensioni del fenomeno ed un suo possibile ulteriore aumento di dimensioni molto consistenti in tempi rapidi, esiste il rischio di un uso fraudolento e anche ricattatorio della CIG nei confronti dei dipendenti, con conseguenti gravissimi danni per la collettività e per il sistema, largamente diffuso, di aziende corrette e sane;
presso il Ministero del lavoro è allocata la Direzione Generale per le attività Ispettive, con il compito di intervenire in attività di vigilanza in materia di lavoro e previdenziale;
al comma 18 dell'articolo 19 del presente decreto si prevedono aumenti di risorse a favore delle attività ispettive, al fine di garantire l'interconnessione dei sistemi informatici necessari allo svolgimento di suddetta attività;
appare dunque necessario potenziare in modo più specifico l'attività di controllo di detta struttura in questo settore;
l'attività di autorizzazione svolta dall'INPS e quella di accertamento devono essere quanto mai tempestive, per evitare abusi e contenziosi che ricadrebbero solo sulla parte più debole (i lavoratori);
appare dunque più che mai necessario a tutela dell'interesse collettivo, dei dipendenti e delle imprese favorire una estesa ed efficace attività di controllo sul corretto uso della CIG non solo per quanto riguarda la fase autorizzativa ma anche per la successiva fase di applicazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere che, nel decreto di cui ai commi 3 e 4, dell'articolo 19del presente provvedimento, le modalità di applicazione dello stesso contengano tutti gli strumenti per permettere una sua corretta, tempestiva e trasparente applicazione.
9/1972/138. (Testo modificato nel corso della seduta) Viola.

La Camera,
premesso che:
il Servizio Civile nazionale, istituito con la legge 6 marzo 2001 n. 64, dal 10 gennaio 2005 si rivolge ai giovani, a ragazzi e ragazze, si svolge su base esclusivamente volontaria, ed è finalizzato a concorrere, in alternativa alla leva obbligatoria, alla difesa della Patria con mezzi e attività non militari, a favorire la realizzazione dei principi costituzionali di solidarietà civile, a promuovere la solidarietà e la cooperazione a livello nazionale e internazionale, nonché a partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio nazionale forestale, agricolo, storico e artistico;
esercitare il Servizio Civile rappresenta un modo di difendere la Patria, così come è sancito dall'articolo 52 della Costituzione, con mezzi ed attività non militari, volti a favorire la realizzazione dei principi costituzionali di solidarietà sociale, la coesione e la creazione e il consolidamento di valori comuni, patrimonio della collettività;
tutti cittadini italiani, muniti di idoneità fisica, che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età e superato il ventottesimo, possono presentare domanda per partecipare alle selezioni di volontari da impiegare in progetti di servizio civile: partecipare ai servizio civile nazionale può rappresentare un'esperienza fondamentale dal punto di vista della conoscenza, educazione e formazione ai valori della solidarietà, della nonviolenza, dell'integrazione sociale e della cultura del lavoro;
l'attuale Governo ha tagliato le risorse destinate ai servizio civile, mettendone a serio rischio l'operatività: infatti lo stanziamento per il 2009 del disegno di legge finanziaria ammonta a 171.437.000 euro a fronte di una previsione di spesa che la legge finanziaria 2008 del Governo Prodi aveva stabilito pari a 253.997.000 euro per il prossimo anno: ben 82.560.000 euro in meno, addirittura 128.151.000 in meno rispetto allo stanziamento 2008;
il decreto-legge in esame, modifica inoltre la disciplina pensionistica dei periodi di servizio civile svolti come volontario, prevedendo che a decorrere dal 2009 essi non siano più a carico del Fondo nazionale per il servizio civile ma siano, in tutto o in parte, riscattabili, su domanda, con oneri a carico dell'interessato introducendo, pertanto, un sistema di contribuzione volontaria a carico dei soggetti che hanno prestato il servizio in luogo del vigente sistema a carico del Fondo nazionale del servizio civile,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a ripristinare uno stanziamento adeguato per il finanziamento del Servizio civile nazionale, al fine di non privare il Paese, i giovani e le comunità locali di una tale ricchezza di risorse ed opportunità e di prevedere per i volontari del settore adeguate forme di tutela previdenziale.
9/1972/139. Duilio, Baretta, Fluvi, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Causi, Ceccuzzi, D'Antoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
il Servizio Civile nazionale, istituito con la legge 6 marzo 2001 n. 64, dal 10gennaio 2005 si rivolge ai giovani, a ragazzi e ragazze, si svolge su base esclusivamente volontaria, ed è finalizzato a concorrere, in alternativa alla leva obbligatoria, alla difesa della Patria con mezzi e attività non militari, a favorire la realizzazione dei principi costituzionali di solidarietà civile, a promuovere la solidarietà e la cooperazione a livello nazionale e internazionale, nonché a partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio nazionale forestale, agricolo, storico e artistico;
esercitare il Servizio Civile rappresenta un modo di difendere la Patria, così come è sancito dall'articolo 52 della Costituzione, con mezzi ed attività non militari, volti a favorire la realizzazione dei principi costituzionali di solidarietà sociale, la coesione e la creazione e il consolidamento di valori comuni, patrimonio della collettività;
tutti cittadini italiani, muniti di idoneità fisica, che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età e superato il ventottesimo, possono presentare domanda per partecipare alle selezioni di volontari da impiegare in progetti di servizio civile: partecipare ai servizio civile nazionale può rappresentare un'esperienza fondamentale dal punto di vista della conoscenza, educazione e formazione ai valori della solidarietà, della nonviolenza, dell'integrazione sociale e della cultura del lavoro;
l'attuale Governo ha tagliato le risorse destinate ai servizio civile, mettendone a serio rischio l'operatività: infatti lo stanziamento per il 2009 del disegno di legge finanziaria ammonta a 171.437.000 euro a fronte di una previsione di spesa che la legge finanziaria 2008 del Governo Prodi aveva stabilito pari a 253.997.000 euro per il prossimo anno: ben 82.560.000 euro in meno, addirittura 128.151.000 in meno rispetto allo stanziamento 2008;
il decreto-legge in esame, modifica inoltre la disciplina pensionistica dei periodi di servizio civile svolti come volontario, prevedendo che a decorrere dal 2009 essi non siano più a carico del Fondo nazionale per il servizio civile ma siano, in tutto o in parte, riscattabili, su domanda, con oneri a carico dell'interessato introducendo, pertanto, un sistema di contribuzione volontaria a carico dei soggetti che hanno prestato il servizio in luogo del vigente sistema a carico del Fondo nazionale del servizio civile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a ripristinare uno stanziamento adeguato per il finanziamento del Servizio civile nazionale, al fine di non privare il Paese, i giovani e le comunità locali di una tale ricchezza di risorse ed opportunità.
9/1972/139. (Testo modificato nel corso della seduta) Duilio, Baretta, Fluvi, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Causi, Ceccuzzi, D'Antoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 78 del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, stabilisce una gestione commissariale per tutte le partite di bilancio del Comune di Roma fino alla data dei 28 aprile 2008, affidata al Sindaco in carica;
il Governo ha approvato il piano di rientro presentato dal Commissario, che comprende non solo lo stock consolidato del debito comunale, ma anche una serie di altre voci di spesa di varia natura;
l'elenco delle voci inserite nel computo delle passività da ripianare è stato criticato, poiché comprensivo di partiteche con tutta evidenza non risultano giuridicamente obbligatorie alla data del 28 aprile 2008 (si veda in proposito l'interpellanza Camera 2/00192 del 27 ottobre 2008);
nell'articolo 18 del presente decreto si interviene ulteriormente, stabilendo le modalità per il calcolo del contributo dei Comune di Roma agli obiettivi del patto di stabilità interno per gli anni 2009 e 2010;
la necessità di questo ulteriore intervento è motivata dalla particolare peculiarità del nuovo bilancio ordinario del Comune di Roma, avviato a partire dal 29 aprile del 2008, e dalla necessità di rendere effettivamente spendibili le risorse che il Comune stesso ha acquisito negli anni passati, e in particolare nel 2004 e nel 2006, attraverso i contributi statali per il finanziamento delle nuove linee metropolitane della città;
l'articolo 18 del presente decreto dispone che l'operazione abbia mera natura tecnico-contabile, e che ne sia garantita la neutralità finanziaria in termini di saldi di finanza pubblica;
a questo fine, viene disposta una rimodulazione del piano di rientro della gestione commissariale, da realizzarsi con un apposito accordo fra il Ministero dell'economia e finanze e il Commissario;
poiché tale rimodulazione non dovrà avere effetti sui saldi di finanza pubblica, si può dedurre che l'originario piano di rientro conteneva margini e flessibilità abbastanza consistenti, dando così ragione agli argomenti portati dai presentatori della già citata interpellanza 2/00192;

impegna il Governo:

a valutare in modo attento e rigoroso la proposta di riformulazione del piano di rientro della gestione commissariale del bilancio del Comune di Roma;
a prescrivere al Sindaco di Roma e commissario di Governo modalità di rendicontazione trasparenti delle due gestioni, la cui responsabilità, pur amministrativamente separata, è riconducibile ad un indirizzo politico unitario;
a valutare quindi l'opportunità di prescrivere al Comune di Roma che gli atti della gestione commissariale vengano pubblicati in allegato agli atti del bilancio ordinario del Comune, con apposite tabelle che rendicontino l'andamento delle spese, in particolare quelle relative ai grandi progetti di investimento, come le metropolitane, cofinanziate dallo Stato;
a valutare inoltre l'opportunità di utilizzare la riformulazione del piano di rientro per modificare lo stesso approccio metodologico del piano precedente, chiedendo all'ufficio commissariale e al Comune di Roma non più la valutazione di uno stock di passività, bensì una proiezione nel tempo di quali siano gli equilibri fra le spese e le entrate comunali necessari per garantire i servizi essenziali e gli investimenti prioritari per la città Capitale della Repubblica, oltre che per assicurare la sostenibilità del debito, ancorando così a questa previsione strutturale l'apporto aggiuntivo di risorse di cui Roma ha fruito grazie a quanto disposto con il decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008 n. 133.
9/1972/140. Pompili, Causi, Gasbarra, Argentin, Bachelet, Carella, Coscia, Gentiloni Silveri, Giachetti, Amici, Madia, Meta, Morassut, Recchia, Rugghia, Tidei, Tocci.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 78 del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, stabilisce una gestione commissariale per tutte le partite di bilancio del Comune di Roma fino alla data dei 28 aprile 2008, affidata al Sindaco in carica;
il Governo ha approvato il piano di rientro presentato dal Commissario, che comprende non solo lo stock consolidatodel debito comunale, ma anche una serie di altre voci di spesa di varia natura;
l'elenco delle voci inserite nel computo delle passività da ripianare è stato criticato, poiché comprensivo di partite che con tutta evidenza non risultano giuridicamente obbligatorie alla data del 28 aprile 2008 (si veda in proposito l'interpellanza Camera 2/00192 del 27 ottobre 2008);
nell'articolo 18 del presente decreto si interviene ulteriormente, stabilendo le modalità per il calcolo del contributo dei Comune di Roma agli obiettivi del patto di stabilità interno per gli anni 2009 e 2010;
la necessità di questo ulteriore intervento è motivata dalla particolare peculiarità del nuovo bilancio ordinario del Comune di Roma, avviato a partire dal 29 aprile del 2008, e dalla necessità di rendere effettivamente spendibili le risorse che il Comune stesso ha acquisito negli anni passati, e in particolare nel 2004 e nel 2006, attraverso i contributi statali per il finanziamento delle nuove linee metropolitane della città;
l'articolo 18 del presente decreto dispone che l'operazione abbia mera natura tecnico-contabile, e che ne sia garantita la neutralità finanziaria in termini di saldi di finanza pubblica;
a questo fine, viene disposta una rimodulazione del piano di rientro della gestione commissariale, da realizzarsi con un apposito accordo fra il Ministero dell'economia e finanze e il Commissario;
poiché tale rimodulazione non dovrà avere effetti sui saldi di finanza pubblica, si può dedurre che l'originario piano di rientro conteneva margini e flessibilità abbastanza consistenti, dando così ragione agli argomenti portati dai presentatori della già citata interpellanza 2/00192;

impegna il Governo:

a valutare in modo attento e rigoroso la proposta di riformulazione del piano di rientro della gestione commissariale del bilancio del Comune di Roma;
a valutare l'opportunità di prescrivere al Sindaco di Roma e commissario di Governo modalità di rendicontazione trasparenti delle due gestioni;
a valutare l'opportunità di prescrivere al Sindaco di Roma che gli atti della gestione commissariale vengano pubblicati in allegato agli atti del bilancio ordinario del Comune, con apposite tabelle che rendicontino l'andamento delle spese, in particolare quelle relative ai grandi progetti di investimento, come le metropolitane, cofinanziate dallo Stato.
9/1972/140. (Testo modificato nel corso della seduta) Pompili, Causi, Gasbarra, Argentin, Bachelet, Carella, Coscia, Gentiloni Silveri, Giachetti, Amici, Madia, Meta, Morassut, Recchia, Rugghia, Tidei, Tocci.

La Camera,
premesso che:
il decreto in esame reca misure per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale;
il rilancio dell'economia italiana passa anche attraverso un rilancio dei meccanismi di competitività e trasparenza nei comportamenti degli operatori economici quale elemento di credibilità e capacita di attrazione degli investimenti degli operatori stranieri;
il Governo si prefigge, con le misure contenute nel decreto riguardanti gli accertamenti e i controlli fiscali, di ridurre i margini di evasione ed elusione fiscale;
tuttavia, lo stesso Governo con i suoi precedenti provvedimenti ha notevolmente indebolito l'impianto normativo di contrasto al riciclaggio di denaro sporco, all'evasione fiscale e al lavoro nero;
in particolare, i commi 1 e 2 dell'articolo 32 del decreto-legge n. 112 del 2008 ha elevato da 5.000 a 12.500 euro la soglia massima per l'utilizzo del contante e dei titoli al portatore prevista dal dall'articolo 49del decreto legislativo n. 231 del 2007 in materia di antiriciclaggio:

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a favorire il ripristino di un sistema che scoraggi l'uso dei contanti nelle transazioni commerciali, reintroducendo la soglia massima di 5.000 euro all'utilizzo del contante, così come disposto dalla normativa europea antiriciclaggio.
9/1972/141. Lulli, Testa, Vico, Benamati, Calearo, Ciman, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Zunino.

La Camera,
premesso che:
gli ex lavoratori socialmente utili transitati allo Stato ai sensi dell'articolo 8 della legge 3 maggio 1999 n. 124, utilizzati con il profilo di collaboratore scolastico, attraverso convenzioni già stipulate in vigenza dell'articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 1o dicembre 1997 n. 468, da tempo attendono di essere stabilizzati;
tale personale non svolge mansioni esclusivamente di pulizia ma quelle più ampie di collaboratori scolastici rappresentando un supporto indispensabile alla quotidianità delle attività scolastiche;

impegna il Governo

a prevedere l'inserimento di tale personale nel percorso di stabilizzazione previsti da norme statali e regionali.
9/1972/142. Gatti, Siragusa, D'antoni, Antonino Russo.

La Camera,
premesso che:
gli ex lavoratori socialmente utili transitati allo Stato ai sensi dell'articolo 8 della legge 3 maggio 1999 n. 124, utilizzati con il profilo di collaboratore scolastico, attraverso convenzioni già stipulate in vigenza dell'articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 1o dicembre 1997 n. 468, da tempo attendono di essere stabilizzati;
tale personale non svolge mansioni esclusivamente di pulizia ma quelle più ampie di collaboratori scolastici rappresentando un supporto indispensabile alla quotidianità delle attività scolastiche;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere l'inserimento di tale personale nel percorso di stabilizzazione previsti da norme statali e regionali.
9/1972/142. (Testo modificato nel corso della seduta) Gatti, Siragusa, D'antoni, Antonino Russo.

La Camera,
premesso che:
la legge n. 124 del 1999 trasferiva funzioni e personale dagli enti locali al Ministero della pubblica istruzione;
tale trasferimento ha coinvolto anche personale precario di Comuni e Province che svolgevano funzioni di personale ATA;
in particolare con compiti amministrativi, venivano trasferiti allo Stato un migliaio lavoratori ex articolo 23;
gli stessi venivano stabilizzati nel 2001 con contratto di collaborazione coordinata e continuativa,per la durata di 60 mesi. Alla scadenza, i suddetti lavoratori, invece dell'attesa assunzione (prevista come fase successiva alla stabilizzazione in presenza anche di posti vuoti in pianta organica) si ritrovarono invece in regime di proroga con scadenza 31 dicembre 2008 in base al Decreto del 20 ottobre 2006 del Ministero dell'Istruzione di concerto con il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale e dell'Economia e delle Finanze;
la legge n. 244 del 24 dicembre 2007 all'articolo 3, comma 94, lettera b),consentiva la progressiva stabilizzazione del personale con contratto di collaborazione coordinata e continuativa in essere alla data di entrata in vigore della legge medesima (1o gennaio 2008) e che, alla stessa data, avesse già espletato attività lavorativa per almeno tre anni, non continuativi, (questi lavoratori ad oggi ne hanno maturati 8 anni e tutti continuativi), nel quinquennio antecedente al 28 settembre 2007, presso la stessa amministrazione. Entro il 30 aprile 2008 (termine ordinatorio) erano da redigere i piani di stabilizzazione di tale personale e con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare entro il 31 marzo 2008 (termine prorogato al 30 giugno 2008 dal decreto-legge n. 248/2007) erano da individuare i requisiti e le modalità di attuazione, fermo restando che ai fini della stabilizzazione, a decorrere dal 2008, il fondo per la stessa stabilizzazione avrebbe dovuto essere incrementato;
per l'attuazione del suddetto disposto legislativo il Ministro avrebbe dovuto richiedere a breve alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ed ai ministri delle Riforme, dell'Economia e del Lavoro l'accesso al fondo per la stabilizzazione dei co.co.co utilizzati nelle istituzioni scolastiche in funzioni riconducibili ai profili professionali di assistente amministrativo o tecnico;
dal verbale della riunione del 24 settembre 2008 tra le organizzazioni sindacali di categoria e il MIUR - Dipartimento per l'Istruzione Direzione Generale per il personale scolastico - Ufficio VIII, relativo alle questioni afferenti al personale titolare di contratti di collaborazione coordinata e continuativa nelle istituzioni scolastiche si evince essere stata rappresentata anche l'obiettiva specificità della situazione degli interessati rispetto a quella dell'ordinario personale co.co.co. a fronte in particolare, della circostanza che il personale in questione è transitato de jure all'Amministrazione scolastica in sede di concreta applicazione dell'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124. L'Amministrazione, preso atto di tutto quanto, ha ribadito nel verbale la precipua, attenzione verso la questione di riferimento, confermando, in particolare, l'intervenuta richiesta al Ministro del tesoro dell'appostamento, anche nell'emananda legge finanziaria, delle necessarie risorse, quanto meno per il prossimo esercizio 2009;
sempre ai sensi della legge n. 124 del 1999 venivano trasferiti allo Stato con compiti ausiliari lavoratori socialmente utili riuniti in cooperative quale strumento transitorio in previsione della loro stabilizzazione prevista dalla normativa già allora vigente;
tali rapporti di lavoro dal 2000 ad oggi sono stati prorogati attraverso apposite convenzioni sottoscritte dai CSA;
in analoghe situazioni i lavoratori LSU mantengono convenzioni con Comuni ai sensi del comma 430 della legge n. 266 del 2005, che autorizza gli enti locali a prorogare le convenzioni «nelle more di una effettiva stabilizzazione occupazionale dei detti soggetti»;
tale disposizione riguarda soggetti provenienti dallo stesso bacino dei lavoratori delle cooperative in questione utilizzate attraverso convenzioni già stipulate in vigenza dell'articolo 10 comma 3 del decreto legislativo n. 468 del 1997;
anche il personale in questione con compiti di personale ATA è transitato de jure all'Amministrazione scolastica in sede di concreta applicazione dell'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124;
la legge n. 266 del 2005 al comma 245 per gli anni 2006, 2007, 2008 ha autorizzato la spesa di 370 milioni per la proroga delle attività di cui all'articolo 78 comma 31 della legge 23 dicembre 2000 n. 388, e quindi dei lavoratori Cococo e ex LSU riuniti in cooperative;
né nel provvedimento in discussione né tantomeno nella citata legge n.133 si trova cenno del rifinanziamento per i prossimi anni delle attività fin qui svolte dalle fattispecie di lavoratori descritti in premessa;
la cessazione dei contratti di lavoro con i lavoratori Co.co.co. e con le cooperativeex LSU, che svolgono a tutt'oggi compiti e funzioni ATA comporterebbe un danno serio per le istituzioni scolastiche, che rischierebbero nella maggior parte dei casi la chiusura;

impegna il Governo:

a valutare la necessità di reperire i finanziamenti necessari al rinnovo, per i prossimi anni, delle convenzioni con le cooperative e dei contratti con i lavoratori Co.co.co. transitati dagli enti locali allo Stato ai sensi e per gli effetti della legge n. 124 del 1999;
a valutare l'opportunità di prevedere la stabilizzazione di tale personale.
9/1972/143. Antoninio Russo, Siragusa.

La Camera,
premesso che:
la legge n. 124 del 1999 trasferiva funzioni e personale dagli enti locali al Ministero della pubblica istruzione;
tale trasferimento ha coinvolto anche personale precario di Comuni e Province che svolgevano funzioni di personale ATA;
in particolare con compiti amministrativi, venivano trasferiti allo Stato un migliaio lavoratori ex articolo 23;
gli stessi venivano stabilizzati nel 2001 con contratto di collaborazione coordinata e continuativa,per la durata di 60 mesi. Alla scadenza, i suddetti lavoratori, invece dell'attesa assunzione (prevista come fase successiva alla stabilizzazione in presenza anche di posti vuoti in pianta organica) si ritrovarono invece in regime di proroga con scadenza 31 dicembre 2008 in base al Decreto del 20 ottobre 2006 del Ministero dell'Istruzione di concerto con il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale e dell'Economia e delle Finanze;
la legge n. 244 del 24 dicembre 2007 all'articolo 3, comma 94, lettera b), consentiva la progressiva stabilizzazione del personale con contratto di collaborazione coordinata e continuativa in essere alla data di entrata in vigore della legge medesima (1o gennaio 2008) e che, alla stessa data, avesse già espletato attività lavorativa per almeno tre anni, non continuativi, (questi lavoratori ad oggi ne hanno maturati 8 anni e tutti continuativi), nel quinquennio antecedente al 28 settembre 2007, presso la stessa amministrazione. Entro il 30 aprile 2008 (termine ordinatorio) erano da redigere i piani di stabilizzazione di tale personale e con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare entro il 31 marzo 2008 (termine prorogato al 30 giugno 2008 dal decreto-legge n. 248/2007) erano da individuare i requisiti e le modalità di attuazione, fermo restando che ai fini della stabilizzazione, a decorrere dal 2008, il fondo per la stessa stabilizzazione avrebbe dovuto essere incrementato;
per l'attuazione del suddetto disposto legislativo il Ministro avrebbe dovuto richiedere a breve alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ed ai ministri delle Riforme, dell'Economia e del Lavoro l'accesso al fondo per la stabilizzazione dei co.co.co utilizzati nelle istituzioni scolastiche in funzioni riconducibili ai profili professionali di assistente amministrativo o tecnico;
dal verbale della riunione del 24 settembre 2008 tra le organizzazioni sindacali di categoria e il MIUR - Dipartimento per l'Istruzione Direzione Generale per il personale scolastico - Ufficio VIII, relativo alle questioni afferenti al personale titolare di contratti di collaborazione coordinata e continuativa nelle istituzioni scolastiche si evince essere stata rappresentata anche l'obiettiva specificità della situazione degli interessati rispetto a quella dell'ordinario personale co.co.co. a fronte in particolare, della circostanza che il personale in questione è transitato de jure all'Amministrazione scolastica in sede di concreta applicazione dell'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124. L'Amministrazione, preso atto di tutto quanto, ha ribadito nel verbale la precipua, attenzione verso la questione di riferimento, confermando, in particolare, l'intervenutarichiesta al Ministro del tesoro dell'appostamento, anche nell'emananda legge finanziaria, delle necessarie risorse, quanto meno per il prossimo esercizio 2009;
sempre ai sensi della legge n. 124 del 1999 venivano trasferiti allo Stato con compiti ausiliari lavoratori socialmente utili riuniti in cooperative quale strumento transitorio in previsione della loro stabilizzazione prevista dalla normativa già allora vigente;
tali rapporti di lavoro dal 2000 ad oggi sono stati prorogati attraverso apposite convenzioni sottoscritte dai CSA;
in analoghe situazioni i lavoratori LSU mantengono convenzioni con Comuni ai sensi del comma 430 della legge n. 266 del 2005, che autorizza gli enti locali a prorogare le convenzioni «nelle more di una effettiva stabilizzazione occupazionale dei detti soggetti»;
tale disposizione riguarda soggetti provenienti dallo stesso bacino dei lavoratori delle cooperative in questione utilizzate attraverso convenzioni già stipulate in vigenza dell'articolo 10 comma 3 del decreto legislativo n. 468 del 1997;
anche il personale in questione con compiti di personale ATA è transitato de jure all'Amministrazione scolastica in sede di concreta applicazione dell'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124;
la legge n. 266 del 2005 al comma 245 per gli anni 2006, 2007, 2008 ha autorizzato la spesa di 370 milioni per la proroga delle attività di cui all'articolo 78 comma 31 della legge 23 dicembre 2000 n. 388, e quindi dei lavoratori Cococo e ex LSU riuniti in cooperative;
né nel provvedimento in discussione né tantomeno nella citata legge n. 133 si trova cenno del rifinanziamento per i prossimi anni delle attività fin qui svolte dalle fattispecie di lavoratori descritti in premessa;
la cessazione dei contratti di lavoro con i lavoratori Co.co.co. e con le cooperative ex LSU, che svolgono a tutt'oggi compiti e funzioni ATA comporterebbe un danno serio per le istituzioni scolastiche, che rischierebbero nella maggior parte dei casi la chiusura;

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di reperire i finanziamenti necessari al rinnovo, per i prossimi anni, delle convenzioni con le cooperative e dei contratti con i lavoratori Co.co.co. transitati dagli enti locali allo Stato ai sensi e per gli effetti della legge n. 124 del 1999.
9/1972/143. (Testo modificato nel corso della seduta) Antoninio Russo, Siragusa.

La Camera,
premesso che:
i finanziamenti previsti dal suddetto provvedimento sono insufficienti e rappresentano solo un terzo dei 375 milioni di euro necessari a garantire la prosecuzione del lavoro ai circa 20.000 lavoratori (ex LSU) impegnati nelle attività tecniche amministrative nelle scuole;

impegna il Governo

a reperire le risorse necessarie alla prosecuzione delle attività svolte dai 20.000 lavoratori (ex LSU) impegnati quotidianamente nelle scuole.
9/1972/144. Siragusa.

La Camera,
premesso che:
i finanziamenti previsti dal suddetto provvedimento sono insufficienti e rappresentano solo un terzo dei 375 milioni di euro necessari a garantire la prosecuzione del lavoro ai circa 20.000 lavoratori (ex LSU) impegnati nelle attività tecniche amministrative nelle scuole;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reperire le risorse necessarie alla prosecuzione delleattività svolte dai 20.000 lavoratori (ex LSU) impegnati quotidianamente nelle scuole.
9/1972/144. (Testo modificato nel corso della seduta) Siragusa.

La Camera,
premesso che,
il decreto in esame prevede che il Comune di Roma non sarà tenuto a rispettare il patto di stabilità interno in relazione al costo degli investimenti per insfrastrutture per il 2009 e per il 2010, tornando al rispetto del Patto soltanto nel 2011. In particolare tale deroga consentirà al Comune di Roma di ridurre drasticamente i tempi per il completamento dei lavori in corso della metropolitana,

impegna il Governo

a introdurre nei prossimi provvedimenti normativi di carattere economico, con attinenza al tema, la medesima deroga per le città con investimenti simili, in particolare per tutte le città italiane che hanno in corso di realizzazione linee per il trasporto pubblico locale: in proposito appaiono particolarmente necessarie, per gli investimenti in corso, le deroghe per Milano, Napoli, Torino, Bari, Verona, Firenze, Bologna, Catania, Palermo, Reggio Calabria.
9/1972/145. Boccia, Mazzarella, Calgaro, Borghesi, Sarubbi, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la seria crisi economica che attraversa il Paese determina difficoltà e problemi che investono non solo le PMI e i lavoratori, ma anche i professionisti e le organizzazioni dei servizi professionali;
l'economia della conoscenza e dei servizi è il settore più innovativo ed evoluto dello sviluppo e della competizione nella scena globale e le professioni, che tra iscritti a ordini e collegi e nuovi professionisti in forma associativa producono circa il 14 per cento del P.I.L., sono un settore centrale della società contemporanea, ora investito dalla crisi economica, che richiede specifiche politiche di modernizzazione e di sostegno economico;
tra le misure più idonee, e coerenti con analoghe politiche in favore delle PMI, vi è l'impegno alla riduzione della doppia tassazione che grava sui beni delle casse previdenziali, le garanzie per l'accesso al credito e ai Confidi per i professionisti, il riconoscimento dei crediti di imposta almeno per la formazione obbligatoria permanente, l'estensione ai professionisti dell'IVA di cassa, la determinazione di una soglia certa di esenzione dall'IRAP, incentivi fiscali per promuovere le associazioni e le società professionali,

impegna il Governo

a promuovere misure conomiche in favore delle professioni e dei servizi professionali, secondo quanto indicato.
9/1972/146. Mantini, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
la seria crisi economica che attraversa il Paese determina difficoltà e problemi che investono non solo le PMI e i lavoratori, ma anche i professionisti e le organizzazioni dei servizi professionali;
l'economia della conoscenza e dei servizi è il settore più innovativo ed evoluto dello sviluppo e della competizione nella scena globale e le professioni, che tra iscritti a ordini e collegi e nuovi professionisti in forma associativa producono circa il 14 per cento del P.I.L., sono un settore centrale della società contemporanea, ora investito dalla crisi economica, che richiede specifiche politiche di modernizzazione e di sostegno economico;
tra le misure più idonee, e coerenti con analoghe politiche in favore delle PMI, vi è l'impegno alla riduzione della doppia tassazione che grava sui beni delle casse previdenziali, le garanzie per l'accesso al credito e ai Confidi per i professionisti, il riconoscimento dei crediti di imposta almeno per la formazione obbligatoria permanente, l'estensione ai professionisti dell'IVA di cassa, la determinazione di una soglia certa di esenzione dall'IRAP, incentivi fiscali per promuovere le associazioni e le società professionali,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di promuovere misure conomiche in favore delle professioni e dei servizi professionali, secondo quanto indicato.
9/1972/146. (Testo modificato nel corso della seduta) Mantini, Strizzolo, Vietti, Zorzato.

La Camera,
premesso che:
la crisi finanziaria internazionale ha pesantemente colpito il sistema bancario ed ha determinato una stretta sul credito alle piccole e medie imprese, vera ossatura della nostra economia;
gli artigiani e le piccole e medie imprese sono generalmente più dinamiche ed adattabili ai cambiamenti ma anche meno capitalizzate e quindi meno pronte a fronteggiare la mancanza di liquidità e più esposte alle restrizioni del credito da parte del sistema bancario;
se si intende effettivamente ridare stabilità al settore bancario e produttivo è indispensabile realizzare un insieme di interventi che, oltre a garantire la stabilità del sistema creditizio, individui soluzioni adeguate per attenuare l'impatto della crisi sulle piccole imprese e infonda nuova fiducia al tessuto economico;
la crisi delle piccole e medie aziende deriva infatti da molti fattori quali le difficoltà di pagamento dei grandi gruppi, il ritardo nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, i costi dell'energia esorbitanti, una pressione fiscale che erode sempre di più i margini di operatività delle imprese;
indispensabili, per fronteggiare la crisi che investe le piccole e medie imprese, sono gli interventi in ambito fiscale a partire dagli studi di settore: le piccole imprese si trovano infatti ad affrontare le scadenze fiscali senza liquidità e senza certezze sui redditi dell'anno;
la crisi economica ha messo a dura prova la capacità degli studi di settore di rappresentare correttamente la realtà delle imprese e impone interventi correttivi urgenti, in funzione anticiclica, degli strumenti di accertamento fiscale;
il principio della normalità economica fotografata dagli studi di settore si basa su dati del 2006, o precedenti, e pertanto rappresenta un quadro economico che diverge profondamente dai risultati che le imprese stanno conseguendo, siamo infatti in una fase d'emergenza che richiede risposte straordinarie anche sul fronte fiscale;
sono indispensabili interventi selettivi per adeguare gli studi di settore alla crisi soprattutto per alcuni settori più esposti ed è necessario ridurre la loro attuale valenza probatoria, riservando all'amministrazione finanziaria il compito di suffragare i dati relativi agli eventuali maggiori ricavi scaturenti dallo studio stesso con l'ausilio di ulteriori elementi di verifica;
è altresì necessario effettuare un approfondimento dei settori economici maggiormente colpiti, sulla base dei dati disponibili, anche da fonti specializzate, considerando altresì la componente territoriale sulla base delle analisi all'uopo effettuate dagli osservatori regionali;

l'articolo 8 del provvedimento in esame indica linee di intervento vaghe e ulteriormente dilazionate nel tempo per la revisione degli studi di settore,

impegna il Governo

ad effettuare in tempi brevi la revisione congiunturale degli studi di settore, individuando i settori economici e territoriali in crisi e prevedendo, nelle more di tale revisione, che gli scostamenti risultanti dagli accertamenti conseguenti all'applicazione degli studi di settore costituiscano mere presunzioni semplici prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza e che, in caso di rettifica, spetti all'ufficio accertatore motivare e fornire elementi di prova a sostegno degli scostamenti riscontrati.
9/1972/147. Sanga, Marco Carra, Zorzato, Gava.

La Camera,
premesso che:
gli studi di settore rappresentano un imprescindibile strumento di accertamento basato su un metodo informatizzato a base statistica; sono infatti l'unico strumento efficace per contattare e controllare quasi tutti i contribuenti, imprese e lavoratori autonomi;
dai dati sugli accertamenti emerge infatti che ogni anno solo il 2 per cento dei contribuenti viene sottoposto a verifica diretta mediante visita fiscale, anche per la complessità dei controlli fiscali sulla struttura produttiva del nostro Paese, intessuta di numerosissime piccole e medie imprese;
gli studi di settore svolgono pertanto un'importantissima funzione di moral suasion, come parametro di raffronto credibile su cui il contribuente può misurarsi, e sono un efficace stimolo ad adottare volontariamente comportamenti virtuosi;
gli studi di settore, per come è costruito lo strumento statistico, non sono in grado di funzionare correttamente in periodi di crisi come quello che stiamo affrontando, perché - come dichiara la stessa agenzia delle entrate in più circolari, da ultimo la n. 31/E del 22 maggio 2007 - sono «uno strumento idoneo a rappresentare l'andamento dell'attività in condizioni di normalità»;
il principale elemento di criticità nell'applicazione degli studi di settore riguarda la loro valenza probatoria; nonostante i chiarimenti emanati dall'Agenzia delle Entrate tendenti a rendere più flessibile l'applicazione degli studi di settore, sulla base della legislazione vigente gli scostamenti dei ricavi del contribuente dalla congruità degli studi di settore legittimano l'accertamento della differenza; questo pone indiscutibilmente l'onere della prova a carico del contribuente, il quale, in caso di accertamento, si trova di fronte ad un compito arduo: dimostrare perché «non ha guadagnato di più»;
se «i motivi generali e particolari» per cui non è stato possibile raggiungere la congruità, dichiarati dal contribuente non sono considerati sufficienti a giustificare le minori entrate rispetto a quanto previsto dallo studio di settore, al contribuente non resta che pagare le imposte su ricavi che spesso sono solo virtuali, oppure ricorrere al contenzioso tributario, con esito quanto mai incerto; è difficile infatti che il giudice abbia elementi sufficienti per procedere ad una effettiva e realistica verifica dei ricavi del contribuente; inoltre nel contenzioso il contribuente deve sostenere i costi della difesa e, nelle more del giudizio, l'ufficio può comunque procedere a iscrivere a ruolo la metà delle imposte risultanti dall'accertamento;
verificato che:
coerentemente con quanto dichiarato, nella Circolare n. 38/E, del 12 giugno 2007, occorre evitare che lo strumentodegli studi di settore si applichi come «automatismo accertativo»;

impegna il Governo:

ad integrare la disciplina degli studi di settore in modo da chiarire - come già disposto per legge, dal precedente Governo per gli indicatori di normalità economica - che i maggiori ricavi, compensi o corrispettivi desumibili dagli studi di settore costituiscono presunzioni semplici;
a emanare direttive per la formazione degli uffici territoriali dell'Agenzia delle Entrate in materia di studi di settore, affinché tali uffici, nel loro concreto operare, tengano conto delle caratteristiche e delle condizioni di esercizio della specifica attività svolta nel territorio in cui ha sede l'attività medesima, anche in considerazione degli effetti della crisi economica e dei mercati;
a prevedere espressamente che, in sede di accertamento, l'Agenzia delle entrate abbia l'onere di motivare e fornire elementi di prova per avvalorare l'attribuzione dei maggiori ricavi o compensi derivanti dall'applicazione degli studi di settore integrati;
a chiarire che il contribuente abbia il dovere di dichiarare il reddito vero, ma non abbia alcun obbligo di adeguarsi al livello di congruità indicato nello studio che si applica al suo settore se ritiene che tale livello non rispecchi la sua specifica realtà di impresa;
a prevedere chiare ed uniformi regole per tutti gli uffici della Agenzia delle entrate affinché tengano conto di quanto stabilito nella Circolare n. 38/E, del 12 giugno 2007, ed in particolare:
che la condizione di non congruità non implichi alcun accertamento automatico;
che in ogni caso i contribuenti che dichiarano un ammontare di ricavi, compensi o corrispettivi inferiori rispetto a quelli desumibili dagli studi di settore integrati non siano soggetti ad accertamenti automatici e in caso di accertamento spetti all'ufficio accertatore motivare e fornire elementi di prova per gli scostamenti riscontrati;
a ridefinire la valenza probatoria degli scostamenti dalla congruità come mero elemento indiziario che integra la prova dell'evasione insieme ad altri elementi;
ad affinare ulteriormente gli studi di settore per renderli il più aderenti possibile alla realtà economica di ciascun territorio;
a mettere a disposizione degli osservatori regionali per gli studi di settore, quale organismo consultivo, analisi più specifiche sui singoli territori anche su base provinciale o di distretto;
a garantire una partecipazione più efficace delle associazioni di categoria alla prevista integrazione della disciplina degli studi di settore, anche in considerazione della difficile fase congiunturale.
9/1972/148. Rubinato, Benamati, Fogliardi, Zorzato, Gava.

La Camera,
premesso che:
le politiche fiscali rappresentano uno strumento di grande impatto, tra i più efficaci ed equi, per predisporre misure nazionali e sovranazionali per contrastare la crisi economica, gli effetti deflattivi, il rallentamento della produzione, l'indebolimento dei redditi e del tenore di vita di milioni di persone, esposte più di altre in questa fase recessiva;
in Italia la dinamica delle entrate tributarie continua a rallentare ed è oramai inferiore alla crescita economica. Secondo le rilevazioni del Ministero dell'economia e delle finanze, tra gennaio e ottobre, le entrate tributarie dello Stato -escludendo i ricavi una tantum - sono aumentate solo dell'1,7 per cento molto meno della crescita economica visto che il PIL nominale è cresciuto del 2,6 e i consumi delle famiglie di oltre il 3 per cento;
si tratta di un risultato non spiegabile dall'andamento economico. Solo gli incassi di alcune imposte sostitutive e delle imposte sulle importazioni presentano un andamento positivo, sebbene negli ultimi mesi anche quest'ultime sono in netto peggioramento;
nel complesso, a causa del peggioramento della tax compliance e dell'aumento dell'evasione fiscale, si stima che nel 2008 si perderanno circa 6-8 miliardi di euro di entrate (0,4 percento del PIL) prima recuperate al fisco;
lo Stato rischia di continuare a perdere entrate anche nel 2009 e tanto da creare nuove pressioni sui saldi di finanza pubblica in un momento in cui servono risorse per finanziare misure di sostegno all'economia come hanno fatto gli altri Paesi europei;
innalzare il livello di fedeltà fiscale per raggiungere gli standard degli altri Paesi europei è un obiettivo di lungo periodo, nonché di estrema necessità in questa fase per poter finanziare politiche redistributive, di sostegno al reddito ed agli ammortizzatori sociali, per i quali si richiedono risorse straordinarie per fronteggiare un fabbisogno straordinario;
una crescita della fedeltà fiscale può rappresentare un patto virtuoso e trasparente fra lo Stato e tutti i contribuenti ed in particolare il mondo della piccola e media impresa al fine di favorire le riduzioni delle aliquote per le persone fisiche e per le persone giuridiche, l'inclusione nel sostegno ai redditi, la riattivazione degli incentivi agli investimenti per innovazione e sostenibilità energetica e ambientale, ampliamento degli spazi nel programma «Industria 2015», la riforma delle pubbliche amministrazioni, il potenziamento delle infrastrutture del Paese;
un aumento dei ricavi e del reddito sarebbe capace di determinare l'autofinanziamento delle minori entrate fiscali emergenti dalla riduzione delle imposizioni;
a tal fine è giunto il tempo di introdurre nella legislazione fiscale uno strumento che vincoli la riduzione della pressione fiscale all'incremento della ricchezza prodotta, un sistema premiale che stimoli ed agevoli l'efficienza produttiva delle imprese o del lavoro autonomo, perciò legata alle loro performance di lavoro incrementale rispetto ad una misura di reddito riferibile alle potenzialità dell'impresa da determinarsi in via presuntiva;
una volta definita la misura di reddito associabile ad ogni impresa, a partire dal quale determinare la misura dell'incentivo fiscale, l'agevolazione si autofinanzierebbe in quanto riconosciuta solamente quando sussiste un incremento di reddito e quindi di tributi dovuti;
proprio in una tale prospettiva gli strumenti statistici di misurazione del reddito quali sono gli studi di settore continueranno ad assumere una grande utilità non soltanto ai fini della fedeltà fiscale ma anche come base di riferimento di una sistema premiale che consenta di alleggerire la pressione fiscale per tutti e soprattutto alle imprese più efficienti;
l'articolo 8 del disegno di legge in esame reca norme in materia di revisione congiunturale speciale degli studi di settore;
la finalità di tali disposizioni è tesa a tenere conto degli effetti della crisi economica e dei mercati, con particolare riguardo a determinati settori o aree territoriali;
tra le finalità del legislatore vi è senza dubbio l'intendimento di prevenire l'emergere, in misura rilevante o persino maggioritaria, di situazioni di non congruità, in determinate fasce di contribuenti,a causa di un divario, reso oggettivamente incolmabile dalla crisi economica, fra le aspettative dell'amministrazione finanziaria e l'effettiva capacità limite di generare reddito da parte degli stessi contribuenti;
scongiurare una tale eventualità si configura come primario interesse pubblico dal momento che alti livelli di non congruità, oltre che costituire una ampia zona d'ombra nella quale è più difficile individuare l'evasione, generano disagi tra i contribuenti onesti, laddove la non congruità è generata da un abbassamento della capacità competitiva delle imprese, e indeboliscono la credibilità dello strumento degli studi di settore la cui forza deriva anche dall'affidabilità e dalla precisione statistica;
l'articolo 8 del disegno di legge in esame non reca i tempi entro i quali il Ministro dell'economia e delle finanze promulga il decreto che contiene le disposizioni integrative degli studi di settore;

impegna il Governo:

a valutare ogni utile provvedimento per condurre una lotta efficace, equa e doverosa all'evasione fiscale;
ad adoperarsi per valutare di emanare ogni utile provvedimento che rafforzi, in via straordinaria e limitatamente agli anni fiscali 2008 e 2009, le norme che la giurisprudenza, oltreché la stessa prassi dell'Agenzia delle entrate (circolare 5/E/2008), portano ad affermare che dagli studi di settore deriva una presunzione semplice e che pertanto spetta all'ufficio accertatore motivare e fornire elementi di prova a sostegno degli scostamenti riscontrati;
ad adoperarsi affinché il Ministro dell'economia e delle finanze promulghi in tempi utili, e comunque non oltre 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il decreto di cui all'articolo 8 e per stabilire che lo stesso venga sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari competenti.
9/1972/149. Ceccuzzi, Fluvi, Carella, Causi, D'Antoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo, Cenni, Nannicini, Rubinato, Sanga.

La Camera,
premesso che:
le politiche fiscali rappresentano uno strumento di grande impatto, tra i più efficaci ed equi, per predisporre misure nazionali e sovranazionali per contrastare la crisi economica, gli effetti deflattivi, il rallentamento della produzione, l'indebolimento dei redditi e del tenore di vita di milioni di persone, esposte più di altre in questa fase recessiva;
in Italia la dinamica delle entrate tributarie continua a rallentare ed è oramai inferiore alla crescita economica. Secondo le rilevazioni del Ministero dell'economia e delle finanze, tra gennaio e ottobre, le entrate tributarie dello Stato - escludendo i ricavi una tantum - sono aumentate solo dell'1,7 per cento molto meno della crescita economica visto che il PIL nominale è cresciuto del 2,6 e i consumi delle famiglie di oltre il 3 per cento;
si tratta di un risultato non spiegabile dall'andamento economico. Solo gli incassi di alcune imposte sostitutive e delle imposte sulle importazioni presentano un andamento positivo, sebbene negli ultimi mesi anche quest'ultime sono in netto peggioramento;
nel complesso, a causa del peggioramento della tax compliance e dell'aumento dell'evasione fiscale, si stima che nel 2008 si perderanno circa 6-8 miliardidi euro di entrate (0,4 percento del PIL) prima recuperate al fisco;
lo Stato rischia di continuare a perdere entrate anche nel 2009 e tanto da creare nuove pressioni sui saldi di finanza pubblica in un momento in cui servono risorse per finanziare misure di sostegno all'economia come hanno fatto gli altri Paesi europei;
innalzare il livello di fedeltà fiscale per raggiungere gli standard degli altri Paesi europei è un obiettivo di lungo periodo, nonché di estrema necessità in questa fase per poter finanziare politiche redistributive, di sostegno al reddito ed agli ammortizzatori sociali, per i quali si richiedono risorse straordinarie per fronteggiare un fabbisogno straordinario;
una crescita della fedeltà fiscale può rappresentare un patto virtuoso e trasparente fra lo Stato e tutti i contribuenti ed in particolare il mondo della piccola e media impresa al fine di favorire le riduzioni delle aliquote per le persone fisiche e per le persone giuridiche, l'inclusione nel sostegno ai redditi, la riattivazione degli incentivi agli investimenti per innovazione e sostenibilità energetica e ambientale, ampliamento degli spazi nel programma «Industria 2015», la riforma delle pubbliche amministrazioni, il potenziamento delle infrastrutture del Paese;
un aumento dei ricavi e del reddito sarebbe capace di determinare l'autofinanziamento delle minori entrate fiscali emergenti dalla riduzione delle imposizioni;
a tal fine è giunto il tempo di introdurre nella legislazione fiscale uno strumento che vincoli la riduzione della pressione fiscale all'incremento della ricchezza prodotta, un sistema premiale che stimoli ed agevoli l'efficienza produttiva delle imprese o del lavoro autonomo, perciò legata alle loro performance di lavoro incrementale rispetto ad una misura di reddito riferibile alle potenzialità dell'impresa da determinarsi in via presuntiva;
una volta definita la misura di reddito associabile ad ogni impresa, a partire dal quale determinare la misura dell'incentivo fiscale, l'agevolazione si autofinanzierebbe in quanto riconosciuta solamente quando sussiste un incremento di reddito e quindi di tributi dovuti;
proprio in una tale prospettiva gli strumenti statistici di misurazione del reddito quali sono gli studi di settore continueranno ad assumere una grande utilità non soltanto ai fini della fedeltà fiscale ma anche come base di riferimento di una sistema premiale che consenta di alleggerire la pressione fiscale per tutti e soprattutto alle imprese più efficienti;
l'articolo 8 del disegno di legge in esame reca norme in materia di revisione congiunturale speciale degli studi di settore;
la finalità di tali disposizioni è tesa a tenere conto degli effetti della crisi economica e dei mercati, con particolare riguardo a determinati settori o aree territoriali;
tra le finalità del legislatore vi è senza dubbio l'intendimento di prevenire l'emergere, in misura rilevante o persino maggioritaria, di situazioni di non congruità, in determinate fasce di contribuenti, a causa di un divario, reso oggettivamente incolmabile dalla crisi economica, fra le aspettative dell'amministrazione finanziaria e l'effettiva capacità limite di generare reddito da parte degli stessi contribuenti;
scongiurare una tale eventualità si configura come primario interesse pubblico dal momento che alti livelli di non congruità, oltre che costituire una ampia zona d'ombra nella quale è più difficile individuare l'evasione, generano disagi tra i contribuenti onesti, laddove la non congruità è generata da un abbassamento della capacità competitiva delle imprese, e indeboliscono la credibilità dello strumentodegli studi di settore la cui forza deriva anche dall'affidabilità e dalla precisione statistica;
l'articolo 8 del disegno di legge in esame non reca i tempi entro i quali il Ministro dell'economia e delle finanze promulga il decreto che contiene le disposizioni integrative degli studi di settore;

impegna il Governo:

a valutare ogni utile provvedimento per condurre una lotta efficace, equa e doverosa all'evasione fiscale;
ad adoperarsi affinché il Ministro dell'economia e delle finanze promulghi in tempi utili, il decreto di cui all'articolo 8 e per stabilire che lo stesso venga sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari competenti.
9/1972/149. (Testo modificato nel corso della seduta) Ceccuzzi, Fluvi, Carella, Causi, D'Antoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo, Cenni, Nannicini, Rubinato, Sanga, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la crisi economica internazionale, come ampiamente previsto, sta facendo ormai sentire i suoi effetti anche nel nostro Paese, con conseguenze particolarmente pesanti per i lavoratori;
dagli ultimi dati recentemente pubblicati si prevede che il 2009 e il 2010 si configurano come due anni di recessione con conseguente tracollo dei posti di lavoro: secondo gli stessi dati nell'anno in corso saranno 600 mila i lavoratori che perderanno il posto di lavoro e la disoccupazione salirà all'8,4. Solo nel mese di dicembre 2008, il ricorso alla cassa integrazione ordinaria da parte delle aziende ha conosciuto un incremento pari al 526 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente;
le timide misure previste dal provvedimento in esame, e più complessivamente dalle politiche sin qui varate dal Governo, non appaiono in grado di far fronte alle dimensioni del fenomeno della flessione dell'occupazione e alla conseguente crescente richiesta di ricorso agli ammortizzatori sociali;
in questo contesto, si delinea come improcrastinabile la soluzione di un ulteriore problema che, apparentemente secondario, appare come una inaccettabile, ulteriore penalizzazione di lavoratori già duramente colpiti dalle conseguenze della crisi. Infatti, l'attuale trattamento fiscale sugli emolumenti arretrati sul trattamento di integrazione salariale (CIGS), applicato dall'INPS, in qualità di sostituto di imposta, prevede che gli stessi siano sottoposti a tassazione separata - qualora erogati nel corso dell'anno successivo al periodo di mancato impiego -, equiparandoli a quelle tipologie di reddito che, pur assumendo rilevanza fiscale in un determinato momento, si formano in periodi di imposta precedenti;
tale circostanza appare configurarsi come un'ingiusta penalizzazione di redditi già fortemente decurtati, risultando, peraltro, in contrasto con l'orientamento espresso dall'Agenzia delle entrate che nella risoluzione 379/E, del 3 dicembre 2002, e nella circolare n. 23 del 1997, chiarisce che «l'applicazione del regime di tassazione separata deve escludersi ogni qualvolta la corresponsione degli emolumenti in un periodo di imposta successivo deve considerarsi fisiologica rispetto ai tempi tecnici per l'erogazione degli emolumenti stessi»,

impegna il Governo

ad attivarsi, per quanto di sua competenza, per favorire un'applicazione delregime fiscale di detti trattamenti volta ad escludere la richiamata ingiusta penalizzazione.
9/1972/150. Ginefra, Vico, Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Letta, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.

La Camera,
premesso che:
è valutabile positivamente che con l'articolo 15 del provvedimento in esame; ai commi da 16 a 23, si proceda alla rivalutazione dei beni immobili da parte delle imprese, affrancando il saldo attivo della. rivalutazione con il versamento di un'imposta sostitutiva del 10 per cento;
è opportuno estendere la possibilità di rivalutazione anche ai terreni edificabili,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte a prevedere la possibilità per le imprese di rivalutare, con previsione di un'imposta sostitutiva, anche i terreni edificabili.
9/1972/151. Vanalli.

La Camera,
premesso che:
è valutabile positivamente che con l'articolo 15 del provvedimento in esame; ai commi da 16 a 23, si proceda alla rivalutazione dei beni immobili da parte delle imprese, affrancando il saldo attivo della. rivalutazione con il versamento di un'imposta sostitutiva del 10 per cento;
è opportuno estendere la possibilità di rivalutazione anche ai terreni edificabili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative normative volte a prevedere la possibilità per le imprese di rivalutare, con previsione di un'imposta sostitutiva, anche i terreni edificabili.
9/1972/151. (Testo modificato nel corso della seduta) Vanalli, Zorzato.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame si pone l'obiettivo di promuovere lo sviluppo economico e la competitività del Paese mediante l'introduzione di misure di carattere fiscale e finanziario in grado di sostenere il rilancio produttivo e il finanziamento del sistema economico, parallelamente alla riduzione dei costi amministrativi eccessivi a carico delle imprese ed alla riallocazione e rimodulazione delle risorse del quadro strategico nazionale per apprendimento ed occupazione, nonché per interventi infrastrutturali, provvedendo nel contempo all'introduzione di disposizioni straordinarie e temporanee per la velocizzazione delle relative procedure;
la tratta Maglie-Santa Maria di Leuca lungo la strada statale n. 275 rientra nell'ambito del 1o Programma degli interventi strategici e di interesse nazionale di cui alla deliberazione del CIPE n. 121 del 2001, che la riporta all'allegato 1, tra i «Sistemi stradali e autostradali» del «Corridoio Plurimodale Adriatico», con la dizione «Maglie-Santa Maria di Leuca», opera compresa nell'Intesa generale quadro tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la Regione Puglia, sottoscritta il 10 ottobre 2003;
il progetto preliminare, redatto da ANAS S.p.A. unitamente allo studio di impatto ambientale, è stato approvato, aisensi del decreto legislativo n. 163 del 2006 (articolo 165), dal CIPE nella seduta dei 20 dicembre 2004 (delibera n. 92 del 2004), mentre il progetto approvato prevede l'ampliamento della sede stradale e l'adeguamento alla sezione B (strade extraurbane principali), di cui al decreto ministeriale 5 novembre 2001, tra il Km 0+00 e il Km 39+736 nonché nuovi svincoli di raccordo con la viabilità locale (in totale 19) e strade di servizio (in totale Km. 59,48);
la giunta regionale della Puglia con deliberazione n. 102 del 2007 ha determinato la modifica dell'intervento prevedendo, per il tratto MaglieTricase-Montesano Salentino, un ampliamento stradale a quattro corsie in conformità all'originale progetto, mentre per il tratto Montesano Salentino-S. Maria di Leuca la sola messa in sicurezza e sistemazione della preesistente strada a due corsie con un costo complessivo per l'intervento che ammonta a 11,55 milioni di euro a fronte dell'importo originario di 152,40 milioni di euro;
il Ministero per i beni e le attività culturali, con nota del 6 aprile 2006, sulla scorta delle considerazioni svolte dalle competenti sopraintendenze ha espresso parere favorevole sul progetto;
a seguito di un decennio di elaborazioni progettuali e di coinvolgimento delle popolazioni interessate, appare indispensabile ottenere immediatamente i frutti reali di tale lavoro, attraverso l'appalto delle opere e la consegna dei lavori utilizzando procedure analoghe o, comunque, ispirate alle stesse motivazioni che il Governo ha proposto per il Ponte sullo stretto di Messina e per la Pedemontana,

impegna il Governo

ad adottare tutte le misure necessarie per dare immediata attuazione alle procedure che permettano l'affidamento dell'appalto e il conseguente avvio dei lavori per il potenziamento della tratta Maglie- Santa Maria di Leuca.
9/1972/152. Ria.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame si pone l'obiettivo di promuovere lo sviluppo economico e la competitività del Paese mediante l'introduzione di misure di carattere fiscale e finanziario in grado di sostenere il rilancio produttivo e il finanziamento del sistema economico, parallelamente alla riduzione dei costi amministrativi eccessivi a carico delle imprese ed alla riallocazione e rimodulazione delle risorse del quadro strategico nazionale per apprendimento ed occupazione, nonché per interventi infrastrutturali, provvedendo nel contempo all'introduzione di disposizioni straordinarie e temporanee per la velocizzazione delle relative procedure;
la tratta Maglie-Santa Maria di Leuca lungo la strada statale n. 275 rientra nell'ambito del 1o Programma degli interventi strategici e di interesse nazionale di cui alla deliberazione del CIPE n. 121 del 2001, che la riporta all'allegato 1, tra i «Sistemi stradali e autostradali» del «Corridoio Plurimodale Adriatico», con la dizione «Maglie-Santa Maria di Leuca», opera compresa nell'Intesa generale quadro tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la Regione Puglia, sottoscritta il 10 ottobre 2003;
il progetto preliminare, redatto da ANAS S.p.A. unitamente allo studio di impatto ambientale, è stato approvato, ai sensi del decreto legislativo n. 163 del 2006 (articolo 165), dal CIPE nella seduta dei 20 dicembre 2004 (delibera n. 92 del 2004), mentre il progetto approvato prevede l'ampliamento della sede stradale e l'adeguamento alla sezione B (strade extraurbane principali), di cui al decreto ministeriale 5 novembre 2001, tra il Km 0+00 e il Km 39+736 nonché nuovi svincoli di raccordo con la viabilità locale (in totale 19) e strade di servizio (in totale Km. 59,48);
la giunta regionale della Puglia con deliberazione n. 102 del 2007 ha determinatola modifica dell'intervento prevedendo, per il tratto MaglieTricase-Montesano Salentino, un ampliamento stradale a quattro corsie in conformità all'originale progetto, mentre per il tratto Montesano Salentino-S. Maria di Leuca la sola messa in sicurezza e sistemazione della preesistente strada a due corsie con un costo complessivo per l'intervento che ammonta a 11,55 milioni di euro a fronte dell'importo originario di 152,40 milioni di euro;
il Ministero per i beni e le attività culturali, con nota del 6 aprile 2006, sulla scorta delle considerazioni svolte dalle competenti sopraintendenze ha espresso parere favorevole sul progetto;
a seguito di un decennio di elaborazioni progettuali e di coinvolgimento delle popolazioni interessate, appare indispensabile ottenere immediatamente i frutti reali di tale lavoro, attraverso l'appalto delle opere e la consegna dei lavori utilizzando procedure analoghe o, comunque, ispirate alle stesse motivazioni che il Governo ha proposto per il Ponte sullo stretto di Messina e per la Pedemontana,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tutte le misure necessarie per dare immediata attuazione alle procedure che permettano l'affidamento dell'appalto e il conseguente avvio dei lavori per il potenziamento della tratta Maglie-Santa Maria di Leuca.
9/1972/152. (Testo modificato nel corso della seduta) Ria.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in oggetto all'articolo 2 prevede agevolazioni, per il solo 2009, relativamente all'importo delle rate dei mutui a tasso variabile calcolato ad un tasso non superiore al 4 per cento, ovvero al tasso indicato nel contratto di mutuo, se maggiore;
la maggior parte delle famiglie italiane, circa il 70 per cento, possiede una casa di proprietà acquistata con la sottoscrizione di un mutuo;
la situazione economica di crisi globale rende più che mai necessario ed urgente un sostegno alle famiglie che hanno stipulato un contratto di mutuo;
costituzionalmente è previsto un criterio di uguaglianza di trattamento nei confronti dei destinatari di misure normative agevolative,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, in sede di ulteriori provvedimenti di urgenza, così come è stato disposto per i mutui a tasso variabile, di prevedere delle norme a tutela di coloro i quali abbiano sottoscritto mutui a tasso fisso, ponendo in favore di questi ultimi, a carico dello Stato, il differenziale di interesse superiore al 4 per cento riferito ai mutui a tasso fisso.
9/1972/153. Frassinetti.

La Camera,
premesso che:
gli studi di settore costituiscono uno degli strumenti a disposizione dell'amministrazione finanziaria per stimare i ricavi ed i compensi di imprese e professionisti;
nell'ambito della complessa normativa vigente, la circolare n. 5 del 23 gennaio 2008 della stessa Agenzia delle entrate chiarisce che «i maggiori ricavi o compensi desumibili dagli indici di normalità costituiscono presunzione semplice» e che «non si tratta di una presunzione qualitativamente diversa da quella che caratterizza l'utilizzo degli studi di settore»;
la stessa circolare n. 5 chiarisce che «la motivazione degli atti di accertamento basati sugli studi di settore non deve essere di regola rappresentata dal mero, automatico rinvio delle risultanzedegli studi di settore, ma deve dare conto in modo esplicito delle valutazioni che, a seguito del contraddittorio con il contribuente, hanno condotto l'ufficio a ritenere fondatamente attribuibili i maggiori ricavi o compensi determinati anche tenendo conto degli indicatori di normalità»;
gli uffici, pertanto, dovrebbero motivare gli accertamenti da studi di settore con altri elementi probatori, contabili, patrimoniali o deduttivi (es. redditometro) specifici del contribuente;
nella pratica il comportamento degli uffici in sede di contraddittorio si esplicita esclusivamente nell'offrire al contribuente uno «sconto» rispetto alle risultanze dello studio di settore;
in caso di mancata adesione del contribuente, l'accertamento viene notificato senza alcuna specifica motivazione, riportando esclusivamente il risultato finale dello studio di settore, e diventando sostanzialmente un provvedimento automatico, contrario allo spirito della legge ed ai contenuti della circolare n. 5 appena richiamata;
tale comportamento è frequentemente bocciato dalle commissioni tributarie, che condannano alla soccombenza gli uffici perché l'accertamento è basato esclusivamente sullo studio di settore e non è corroborato da argomentazioni inerenti la specifica situazione di fatto del contribuente,

impegna il Governo

a vigilare sulla correttezza dell'operato degli uffici, in modo che gli accertamenti seguano le disposizioni contenute nella circolare n. 5 del 2008;
a presentare alle Commissioni parlamentari competenti, entro il 31 marzo di ogni anno, una relazione dell'Agenzia delle entrate sull'attività di accertamento mediante studi di settore con particolare riguardo alle adesioni in sede di contraddittorio, al conseguente contenzioso, all'autotutela, completa di risultanze in termini di gettito e con dati suddivisi per provincia;
a emanare disposizioni per evitare che in sede di contenzioso vengano perpetuate posizioni soccombenti per accertamenti assolutamente privi di motivazioni, basati esclusivamente sul risultato finale degli studi di settore e senza l'utilizzo di alcun altro elemento probatorio specifico come richiesto dalla normativa vigente;
visto anche il consolidato orientamento delle commissioni tributarie, ad emanare una specifica circolare per favorire gli interventi in autotutela degli uffici ed evitare inutile contenzioso.
9/1972/154. (Nuova formulazione) Cota, Forcolin, Dal Lago, Fugatti, Zorzato, Polledri, Biancofiore.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 22 DICEMBRE 2008, N. 200, RECANTE MISURE URGENTI IN MATERIA DI SEMPLIFICAZIONE NORMATIVA (A.C. 2044)

A.C. 2044 - Questione pregiudiziale

QUESTIONE PREGIUDIZIALE

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, che detta disposizioni per la creazione di una banca dati normativa unica pubblica e gratuita, non è coerente con il titolo del decreto recante misure urgenti in materia di «semplificazione»;
l'attivazione di un nuovo sistema informativo per la diffusione gratuita della normativa statale vigente non riveste i caratteri straordinari di necessità ed urgenza che legittimano, ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, il ricorso alla decretazione d'urgenza;
non c'è urgenza in quanto l'articolo in questione detta misure che richiedono l'adozione di successivi decreti ministeriali; pertanto non è di immediata applicazione. Conseguentemente non è conforme al dettato costituzionale, come precisato anche dall'articolo 15 della legge n. 400 del 1988;
quanto alla necessità, le misure previste non consentono di aprire ai cittadini gratuitamente l'accesso ai servizi informativi ufficiali esistenti, cosa che sarebbe invece auspicabile. Esistono infatti il GURITEL, dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato e il sistema ITALGIURE FIND, gestito dal CED della Suprema Corte di Cassazione, i quali, da diversi anni, distribuiscono archivi normativi completi, certificati e accessibili via Internet con sofisticati sistemi di interrogazione (tali servizi però attualmente sono a pagamento);
l'articolo 2, che prevede l'abrogazione espressa delle norme primarie «ritenute estranee ai principi dell'ordinamento giuridico attuale», è anch'esso carente dei presupposti per l'esercizio della decretazione d'urgenza solo apoditticamente enunciati. La relazione, che sul punto individua peraltro l'obiettivo di evitare «soprattutto» i costi dell'inserimento nella nuova banca dati «normativa» di 29 mila norme, non contiene elementi ulteriori a sostegno dell'urgenza;
lo stesso articolo 2, esaminato sulla base di quanto esposto nella relazione, appare poi anche in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione per irragionevolezza della motivazione in quanto, prevedendo l'abrogazione con decreto-legge di un elevato numero di norme primarie senza puntuali motivazioni, utilizza uno strumento inidoneo a razionalizzare l'ordinamento;
l'articolo 3 si pone a sua volta in contrasto con l'articolo 77 della Costituzione in quanto non è supportato da idonea valutazione in merito alla necessità e all'urgenza di fare rientrare in vigore sessantasei leggi abrogate meno di sei mesi prima, sempre con lo strumento del decreto legge;

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2044.
n. 1. Vietti, Volontè, Tassone, Mannino.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Orientamenti del Governo in merito ai rapporti con la provincia autonoma di Bolzano, anche in riferimento al processo di riforma in senso federalista - 3-00305

ZELLER. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
in relazione all'elezione del consigliere del Popolo della libertà Minniti alla vicepresidenza del consiglio provinciale di Bolzano, il Ministro degli affari esteri Frattini, in dichiarazioni e interviste apparse sui quotidiani, ebbe ad affermare: «O la Svp torna sui propri passi e sceglie un altro vicepresidente del consiglio provinciale, oppure può scordarsi qualsiasi tipo di collaborazione con Palazzo Chigi» e che «altrimenti» il Governo avrebbe iniziato a «bloccare ogni tematica che riguarda l'Alto Adige, a cominciare dalla nomina del sovrintendente scolastico italiano»;
tali dichiarazioni hanno evidenziato, ad avviso dell'interrogante, la volontà, grave e senza precedenti, di un Ministro della Repubblica di intromettersi nella vita istituzionale e nella autonomia della provincia di Bolzano;
ciò in relazione ad una scelta istituzionale compiuta dal consiglio provinciale di Bolzano - la cui maggioranza ha eletto alla vicepresidenza un esponente del Popolo della libertà, il quale ha dichiarato di aver votato contro la giunta provinciale - e non di un atto che sia possibile ricondurre alle responsabilità politiche della giunta;
la provincia autonoma di Bolzano è in attesa, da tempo e sotto diversi profili operativi, dell'intesa con il Governo nazionale per procedere a nomine rilevanti nell'ambito dell'autonomia speciale;
le affermazioni del Ministro degli affari esteri suscitano notevoli perplessità e preoccupazione, in particolare in considerazione dello statuto di autonomia della provincia di Bolzano, nonché in relazione agli intendimenti manifestati in varie occasioni dal Governo circa il processo di riforma in senso federalista -:
quali siano gli indirizzi che il Governo intende determinare nei rapporti con la provincia autonoma di Bolzano, in riferimento al ruolo istituzionale e politico delle autonomie speciali e, più in generale, all'introduzione in Italia del federalismo.
(3-00305)

Iniziative per assicurare la corretta assegnazione ed il pieno utilizzo della social card 3-00306

DI PIETRO, DONADI, EVANGELISTI, BORGHESI, BARBATO, CAMBURSANO, CIMADORO, COSTANTINI, DI GIUSEPPE, FAVIA, ANIELLO FORMISANO, GIULIETTI, MESSINA, MISITI, MURA, MONAI, LEOLUCA ORLANDO, PALADINI, PALAGIANO, PALOMBA, PISICCHIO,PORCINO, PIFFARI, RAZZI, ROTA, SCILIPOTI e ZAZZERA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è stata istituita la social card, conosciuta anche come «carta acquisti»;
la carta acquisti, dal valore di 40 euro al mese, è utilizzabile per il sostegno della spesa alimentare e dell'onere per le bollette della luce e del gas; è completamente gratuita e dovrebbe funzionare come una normale carta di pagamento elettronica, come quelle che sono già molto diffuse e in circolazione in Italia, con la differenza che le spese effettuate non vengono addebitate al titolare, ma allo Stato;
le procedure indicate per l'ottenimento della carta in esame da parte dei cittadini aventi diritto sono state dettate con decreto del 16 settembre 2008, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 281 del 1o dicembre 2008;
secondo dati forniti dall'Inps, a fronte della previsione del Governo di 1,3 milioni di aventi diritto, su 520.000 domande ricevute sono state erogate 330.000 social card, 140.000 richieste sono state respinte e 50.000 sono ancora da esaminare;
migliaia di persone rischiano di perdere il bonus di 120 euro rappresentato dalla ricarica iniziale che riguarda i mesi di ottobre, novembre e dicembre 2008, poiché questo andava utilizzato entro il 31 dicembre 2008;
non mancherebbero poi intoppi relativi ai controlli e al reale utilizzo della card: su 330.000 card effettivamente distribuite finora, solo 200.000 sarebbero state in realtà attivate; circa 100.000 sarebbero poi state bloccate perché prive dei requisiti necessari;
risulta, infatti, come evidenziato da agenzie di stampa e da trasmissioni televisive, che in più del 40 per cento dei casi la card passata alle casse dei supermercati è stata respinta perché non è stata ricaricata tempestivamente;
inoltre, come riportato da diversi organi di stampa nei giorni scorsi, sono state esposte numerose proteste da parte di pensionati che non hanno potuto ritirare la card, nonostante la comunicazione di titolarità avvenuta con lettera del Governo;
a tali proteste si aggiungono quelle relative all'impossibilità di utilizzare la carta acquisti nei negozi di alimentari, nei panifici e nei mercati rionali che non hanno il pos;
è assolutamente necessario chiarire a chi imputare la responsabilità di tali disguidi, dato che gli stessi patronati, il Caaf, le Poste e l'Inps hanno dichiarato che ci si trova di fronte ad un meccanismo farraginoso ed assai complicato -:
se non intenda intervenire affinché i reali destinatari della card riescano ad ottenere l'assegnazione della stessa, senza perdere il bonus maturato nei mesi precedenti e in modo tale che l'importo economico previsto sia effettivamente utilizzabile, nonché attivarsi immediatamente per chiarire le responsabilità dei disguidi riscontrati al fine di evitare ulteriori disagi ed umiliazioni ai cittadini interessati.
(3-00306)

Risultati e obiettivi dell'attività di controllo a salvaguardia del sistema agro-alimentare italiano - 3-00307

COTA, LUCIANO DUSSIN, DAL LAGO, REGUZZONI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOGLIATO, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIBELLI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, LUSSANA, MACCANTI, LAURAMOLTENI, NICOLA MOLTENI, MONTAGNOLI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SALVINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la salvaguardia del sistema agroalimentare italiano e delle sue produzioni di qualità costituisce uno degli obiettivi fondamentali dell'azione di Governo;
la difesa del made in Italy agroalimentare - secondo le affermazioni del Ministro interrogato - passa attraverso la cosiddetta «tolleranza zero»;
occorre dare certezze non solo agli imprenditori agricoli ed agroalimentari italiani, in particolare a quelli del Nord Italia, ma anche e soprattutto al consumatore, sempre più esigente e desideroso del rispetto del suo diritto di scelta -:
quali siano i risultati dell'attività di controllo svolta dai diversi organi che fanno capo al ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali nel corso dell'anno 2008 e l'indicazione degli obiettivi e delle priorità per la stessa attività di controllo per l'anno 2009 e, in particolare, quali siano le risultanze e gli obiettivi dell'attività di controllo in relazione ai prodotti, soprattutto di provenienza extracomunitaria, contraffatti, ovvero non rispondenti agli standard qualitativi europei.
(3-00307)

Iniziative per assicurare piena tutela ai produttori in regola e un'equa distribuzione dell'aumento di produzione in relazione al recente accordo raggiunto in sede comunitaria in materia di quote latte - 3-00308

OLIVERIO, ZUCCHI, SERENI, BRESSA, QUARTIANI, GIACHETTI, AGOSTINI, BRANDOLINI, MARCO CARRA, CENNI, CUOMO, DAL MORO, FIORIO, LUSETTI, MARROCU, MARIO PEPE (PD), SANI, SERVODIO e TRAPPOLINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
con il negoziato sulla riforma della politica agricola dei Ministri dell'agricoltura dell'Unione europea, l'Italia ha ottenuto un aumento della quota di produzione del latte del 5 per cento e un incremento di produzione di un ulteriore 1 per cento per effetto della revisione del sistema di calcolo della materia grassa nel regime delle quote. Complessivamente l'Italia, a partire dal 1o aprile 2009, data di inizio della nuova campagna lattiera, potrà usufruire di un aumento di produzione di circa 620 mila tonnellate;
l'esito dei lavori di Bruxelles aggiunge poco all'impianto proposto a suo tempo dalla Commissione europea e ha delle implicazioni rilevanti che richiedono risposte immediate ed efficaci. L'ampliamento delle quote del 5 per cento è pari a quanto ottenuto da tutti gli altri partner europei. Il nuovo tetto di produzione per l'Italia sarà raggiunto dal 2009. Tale misura è stata concessa con un preciso obiettivo: stabilizzare il mercato, sanando le irregolarità di cui sono stati protagonisti alcuni produttori italiani (una modesta minoranza);
il Ministro interrogato, a chiusura del negoziato, ha dichiarato di voler assegnare le quote latte addizionali «in via prioritaria a quei produttori che siano stati responsabili del superamento della quota nazionale di latte», con il rischio evidente, secondo gli interroganti, di premiare quei produttori che fino ad oggi hanno trasgredito le regole, beffando quelli che, invece, le hanno rispettate, mettendo a rischio, in alcuni momenti, la sopravvivenza stessa delle proprie aziende;
l'aumento ottenuto rende concreta l'ipotesi di venire incontro all'esigenza di una definitiva regolarizzazione delle posizioni. È importante che tale obiettivo si realizzi in un quadro di omogeneità tra i produttori che hanno sempre rispettato le regole e quelli che solo adesso decidono di uniformarsi a quanto stabilito dalle legge n. 119 del 2003;
è indispensabile concedere una rateizzazione equa e definita nel tempo delle multe pregresse (pre-2001), nonché una completa e rapida regolarizzazione delle posizioni rispetto alle multe 2002-2007, compatibile con il regime comunitario sugli aiuti di Stato;
la campagna di commercializzazione inizia ad aprile 2009 e il Ministro interrogato si è impegnato il 17 dicembre 2008 a regolare, entro la metà del mese di gennaio 2009, le modalità e i termini di assegnazione delle ulteriori quote latte -:
quali interventi il Ministro interrogato intenda assumere per assicurare piena tutela ai produttori in regola e un'equa distribuzione dell'aumento di produzione, condizionando l'accesso alle nuove quote al pagamento delle multe da parte dei produttori responsabili del superamento della quota nazionale, nel rispetto della legge n. 119 del 2003.
(3-00308)

Misure per la prevenzione e la repressione delle frodi nel campo della commercializzazione dei prodotti alimentari - 3-00310

CICCHITTO, BOCCHINO, PAOLO RUSSO e BALDELLI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
vaste operazioni compiute dalle forze dell'ordine hanno messo in luce l'ampio ed inquietante fenomeno delle adulterazioni e delle frodi commerciali nel campo dei prodotti alimentari che non solo mettono a rischio la salute dei cittadini ma indeboliscono anche il sistema delle produzioni di qualità del nostro Paese. Negli ultimi mesi la cronaca ha registrato vicende come quelle degli ingenti sequestri di pesce avariato e posto in vendita come fresco, delle conserve di pomodori addirittura scadute da oltre 10 anni e pur utilizzate da ristoratori senza scrupoli, del latte alla melamina, dei formaggi e delle mozzarelle prodotti attraverso l'impiego di latte avariato;
il fenomeno si accompagna troppo spesso anche a falsificazioni dei prodotti a marchio e di eccellenza del nostro Paese, alimentando un mercato parallelo e scadente nazionale e persino internazionale a tutto detrimento del vero made in Italy e dell'export italiano -:
quali ulteriori misure si intendano adottare per prevenire e reprimere le frodi, le adulterazioni e le distorsioni nel campo della commercializzazione dei beni alimentari, al fine di assicurare la tracciabilità assoluta dei prodotti, garantire la tutela della salute dei consumatori e salvaguardare i legittimi interessi degli operatori economici onesti. (3-00310)

Iniziative urgenti per chiarire in via definitiva l'esclusione dei fabbricati rurali dall'applicazione dell'Ici - 3-00309

RUVOLO, DELFINO, VIETTI, COMPAGNON, CICCANTI, NARO e VOLONTÈ. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la mancata emanazione, nei provvedimenti di fine anno, della norma interpretativa sull'esclusione dall'ici dei fabbricati in possesso dei requisiti di ruralità, sta creando notevoli disagi alle centinaia di migliaia di coltivatori diretti e a tutte le cooperative agricole;
secondo le organizzazioni di settore, diversi comuni hanno già iniziato, infatti, ad intraprendere azioni di recupero con appositi avvisi di accertamento, anche per le annualità pregresse, in palese violazione dei principi di buona fede e legittimo affidamento dei contribuenti;
nel contesto economico attuale chiedere al settore agricolo di sopportare un prelievo iniquo (come ammesso dallo stesso Esecutivo, rispondendo ad un'appositainterrogazione a risposta immediata in Assemblea nella seduta dell'8 ottobre 2008) ed oneroso fa assumere alla misura un carattere particolarmente penalizzante per il comparto -:
se non ritenga di intervenire per sollecitare l'emanazione in tempi rapidi di una norma esplicativa che chiarisca in maniera definitiva l'esclusione dei fabbricati rurali dall'applicazione dell'ici, anche per evitare il sorgere, già preannunciato, di un oneroso contenzioso amministrativo e tributario da parte delle organizzazione del settore e dai singoli interessati.
(3-00309)

INTERPELLANZE URGENTI

Elementi e iniziative in relazione alla manifestazione svoltasi a Bologna il 3 gennaio 2009 - 2-00260

A)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che -:
sabato 3 gennaio 2009, nel corso di una manifestazione organizzata da settori dell'estremismo islamico e dell'estrema sinistra locale e nazionale si sono verificati episodi incresciosi: non solo sono state bruciate bandiere di Israele ma sono stati pronunciati slogan nei quali si auspicava la distruzione di quello Stato;
inoltre la medesima iniziativa si è poi trasformata anche in una manifestazione religiosa davanti alla Basilica di San Petronio occupando, di fatto abusivamente, piazza Maggiore ed insultando gravemente i sentimenti cattolici dei bolognesi, posto che San Petronio è storicamente il «tempio» cristiano per eccellenza della città;
già con due precedenti atti di sindacato ispettivo (interpellanza 2-00001 del 6 maggio 2008, ed interpellanza 2-00122 del 16 settembre 2008), il primo firmatario del presente atto aveva richiesto al Governo notizie con riguardo alla identità dei finanziatori della ipotizzata moschea in zona Caab, alla natura dei rapporti tra Unione delle comunità ed organizzazioni islamiche in Italia e Paesi esteri, a possibili collegamenti fra gli estremisti arrestati in relazione al mancato attentato alla Basilica di San Petronio ed elementi del terrorismo internazionale, nonché con riferimento a possibili collegamenti fra settori dell'estrema sinistra dei no-global ed elementi dell'estremismo islamico con particolare riferimento al centro di permanenza temporanea di via Mattei;
gli interpellanti biasimano la condotta di forze politiche che anche in passato si sono distinte per minacce ed accuse al centro di permanenza temporanea di via Enrico Mattei, oltre che per un'opera di delegittimazione costante della tradizione culturale e religiosa del popolo italiano;
particolare preoccupazione ha destato nell'opinione pubblica bolognese l'occupazione de facto di piazza Maggiore e la trasformazione della medesima quasi in luogo di culto mussulmano, fatto che, secondo l'interpellante, costituisce un'evidente sfida al significato profondo della Basilica di San Petronio, elemento caratterizzante l'identità bolognese, e costantemente a rischio di attentati da parte dell'estremismo islamico stesso, come dimostrano le note vicende di 2 anni fa. Desta altresì preoccupazione negli interpellanti la presenza tra gli organizzatori della manifestazione di esponenti del centro di cultura islamica di Bologna, dell'associazione Sopra i Ponti, dei Crash e Disobbedienti nonché di rappresentanti dell'organizzazione sindacale Rdb-Cub;
si evidenzia che non è in questione il diritto di manifestare di chiunque nel rispetto delle leggi, ma che nel caso sopra descritto ci si è trovati di fronte a circostanze che mettevano in pericolo l'ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini con un atto di vero e proprio oltraggio alla tradizione cristiana di Bologna;
si rileva la gravità del fatto che le autorità competenti - anche alla luce dei precedenti atti di sindacato ispettivo presentati dal primo firmatario del presente atto e di altri presentati nell'anno 2007, concernenti il ruolo ambiguo dell'Unione delle comunità ed organizzazioni islamiche in Italia e le contiguità fra settori dell'estrema sinistra locale presenti anche nelle istituzioni e l'estremismo islamico - non abbiano ritenuto di assumere alcuna iniziativa specifica a fronte della comunicazione per lo svolgimento della manifestazione sopra citata, che, secondo gli interpellanti, era certamente a rischio per l'ordine pubblico -:
se il Governo disponga di elementi con riferimento a eventuali collegamenti nazionali ed internazionali dei promotori della manifestazione, secondo gli interpellanti connessa con attività di centri esterni alla realtà bolognese che pare inserirsi in una sorta di strategia della tensione e se intenda intraprendere energiche azioni di prevenzione rispetto a qualunque evento che si riconnetta a forme di estremismo politico-religioso.
(2-00260)
«Garagnani, Mazzuca, Aprea, Lazzari, Palmieri, Di Virgilio, Fallica, Bernini Bovicelli, Gava, Speciale, Tommaso Foti, Di Biagio, Versace, Bellotti, Vincenzo Antonio Fontana, Mistrello Destro, Gottardo, Pelino, Angela Napoli, D'Ippolito Vitale, Scalera, Nicolucci, Bianconi, Caldoro, Polidori, Laboccetta, Lehner, Di Centa, Di Cagno Abbrescia, Giulio Marini, Nola, Cassinelli, Scandroglio, Patarino, Bocciardo, Minasso».

Profili di ordine pubblico relativi ai fatti verificatisi in occasione degli incontri di calcio fra le squadre di Catania e Roma svoltisi il 18 maggio 2008 e il 21 dicembre 2008 - 2-00265

B)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
oramai da alcuni anni la stampa sportiva e quella nazionale ospitano notizie, articoli ed interviste poco chiari sui presunti tafferugli del dopo-partita che hanno visto protagoniste le squadre della «Catania Calcio» e della «A.S. Roma», rischiando così di invelenire ed esagitare il clima che dovrebbe, invece, normalmente respirarsi attorno ad una competizione sportiva;
i fatti, più volte tornati alla ribalta giornalistica, concernono una serie di episodi accaduti negli ultimi anni tra i quali quello del 19 novembre 2006, in occasione dell'incontro Roma-Catania, quello del 18 maggio 2008 prima dell'inizio della partita Catania-Roma svoltasi nello stadio «Massimino», e quello, ultimo in ordine di tempo, accaduto il 21 dicembre 2008, a conclusione dell'incontro Catania-Roma, nel corso del quale, secondo quanto riportato da organi di informazione, al termine della gara, centinaia di sostenitori della squadra catanese avrebbero invaso il terreno di giuoco e gli spogliatoi, ed insieme ad alcuni stewards, avrebbero rivolto espressioni ingiuriose nei confronti dei dirigenti e dei calciatori della squadra avversaria;
con riferimento a quest'ultimo episodio, il 23 dicembre 2008, il giudice sportivo ha inflitto con diffida alla società catanese un'ammenda pari a 15 mila euro alla quale ha fatto seguito l'avvio di un'indagine conoscitiva da parte del procuratore federale Stefano Palazzi che dovrà accertare nello specifico come sia stato organizzato nello stadio «Massimino» di Catania il servizio d'ordine degli steward e come sia stato gestito l'accesso delle persone al recinto di gioco. Nello stessocontesto di indagine, la società catanese è stata deferita in relazione ai fatti del 18 maggio 2008, e per i quali verranno giudicate le condotte poste in essere da parte dei sostenitori della società catanese nonché degli stewards nei confronti di giornalisti e di tesserati della Roma;
l'evolversi e la dinamica di tutti i fatti sopra esposti sono a tutt'oggi oggetto di forum e di vari blog che abitano la rete internet e che non contribuiscono purtroppo a sedare la rivalità tra le due tifoserie;
risulta agli interpellanti che con riferimento agli episodi avvenuti nel dopopartita di Catania-Roma del 21 dicembre 2008, non si sia evidenziato da parte di quanti hanno diretto l'ordine pubblico alcun episodio di violenza o intolleranza proveniente dalla tifoseria catanese -:
quali siano, alla luce delle suddette premesse, anche al fine di sedare tutte le eventuali e future turbative generate dalla scarsa conoscenza dei fatti, gli elementi e gli eventuali esiti di indagine in possesso del Ministro interpellato atti ad accertare la precisa dinamica dei fatti verificatisi prima, durante e dopo l'incontro del 18 maggio 2008 nelle aree di competenza della società «Catania Calcio»;
che cosa risulti al Ministro interpellato essere accaduto la domenica del 21 dicembre 2008 prima, durante e dopo il confronto Catania-Roma, e di quali elementi certi lo stesso disponga anche al fine di fare piena luce su eventuali responsabilità dirette o indirette rispetto all'evento.
(2-00265)«Commercio, Brugger».

Iniziative per assicurare la piena operatività della normativa concernente l'esercizio del diritto di voto alle elezioni amministrative e a quelle per il rinnovo del Parlamento europeo da parte dei cittadini comunitari residenti in Italia - 2-00264

C)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
con legge 6 febbraio 1996, n. 52 e con successivo decreto legislativo di attuazione n. 197 del 12 aprile 1996, l'Italia ha recepito la direttiva 94/80/CE del Consiglio dell'Unione europea del 19 dicembre 1994, che fissa le norme che consentono ai cittadini comunitari che risiedono in uno Stato membro, di cui non hanno la cittadinanza, di chiedere l'iscrizione in apposite liste elettorali aggiunte istituite presso il comune di residenza stessa e, in virtù di tale iscrizione di esercitare il diritto di voto in occasione delle elezioni amministrative ed europee;
secondo i dati Istat aggiornati al 31 dicembre 2007, senza perciò considerare coloro che si sono aggiunti dal 1o gennaio 2008 ad oggi, i cittadini dell'Unione europea, provenienti dai 26 Paesi membri, che risiedono in Italia, sono 934.435 e precisamente: Romania 625.278, Polonia 90.218, Germania 40.163, Bulgaria 33.477, Francia 30.803, Regno Unito 26.448, Spagna 17.354, Paesi Bassi 8.165, Slovacchia 7.463, Grecia 7.063, Austria 6.609, Belgio 5.183, Rep. Ceca 5.499, Ungheria 5.467, Portogallo 4.842, Svezia 3.451, Slovenia 3.096, Lituania 3.006, Irlanda 2.735, Danimarca 2.186, Finlandia 1.723, Lettonia 1.559, Malta 803, Estonia 734, Lussemburgo 312 e Cipro 168;
il ministero dell'interno con la circolare n. 134 del 30 dicembre 2003 disciplinava il diritto di voto dei cittadini dei dieci Paesi allora entranti predisponendo un modello di domanda che i cittadini dell'Unione europea potevano presentare ai sindaci dei comuni di residenza entro il novantesimo giorno anteriore a quello della votazione;
in occasione delle elezioni amministrative del 27 e 28 maggio 2007, il partito dei rumeni in Italia denunciò che in tantissimi comuni la regolarizzazione pervia anagrafica dei cittadini rumeni che presentavano la domanda ai sindaci per poter votare, era sospesa da settimane per l'incapacità dichiarata dei comuni stessi di applicare ed interpretare la relativa normativa; tali inadempimenti impedirono a decine di migliaia di cittadini rumeni di partecipare alle elezioni;
la carente conoscenza della normativa riguardante l'elettorato attivo e passivo dai cittadini comunitari da parte dei comuni ha comportato in occasione delle ultime scadenze elettorali gravissime conseguenze negative sul rispetto degli obblighi comunitari oltre che sul piano dell'immagine dell'Italia in Europa -:
in occasione delle prossime elezioni amministrative e di quelle per il rinnovo del Parlamento europeo quali iniziative siano state prese per applicare rigorosamente: la legge 6 febbraio 1996, n. 52 e successivo decreto legislativo di attuazione n. 197 del 12 aprile 1996; la direttiva 93/109/CE del Consiglio del 6 dicembre 1993; il decreto-legge 24 giugno 1994, n. 408, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1 della legge 3 agosto 1994, n. 483, modificato dalla legge 24 aprile 1998, n. 128;
se non ritengano urgente promuovere campagne di informazione in diverse lingue rivolte ai cittadini comunitari residenti in Italia affinché possano conoscere il loro diritto di partecipazione al voto in Italia, chiedendo in primis ai mezzi radiotelevisivi del servizio pubblico di attivarsi in tempo utile;
se viste le esperienze passate sui mancati adempimenti di molti comuni della legge su menzionata non ritengano necessario un intervento ad hoc volto a informare ed istruire i funzionari pubblici delle amministrazioni locali affinché, anche con un'apposita informativa da inviare al domicilio degli interessati, venga garantito il diritto di voto a chiunque dei cittadini comunitari ne faccia richiesta;
se non ritengano che agevolare una maggiore responsabilizzazione anche sul piano civico dei cittadini comunitari residenti in Italia sia uno dei migliori elementi di integrazione che lo strumento democratico offre a tutti i cittadini.
(2-00264)
«Bernardini, Soro, Touadi, Minniti, Maurizio Turco, Farina Coscioni, Mecacci, Zamparutti, Beltrandi, Burtone, Marrocu, Melis, Duilio».

Accordo stipulato da varie istituzioni finanziarie riguardante i credit default swap relativi al fallimento della banca d'affari Lehman Brothers e misure a favore dei risparmiatori - 2-00263

D)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
la banca d'affari Lehman Brothers ha avviato, il 15 settembre 2008, le procedure di amministrazione controllata in base all'articolo 11 della legge fallimentare statunitense;
l'esposizione totale del sistema finanziario italiano rispetto al crack Lehman ammonterebbe, secondo quanto dichiarato dal Governatore di Banca d'Italia Draghi, ad alcuni miliardi di euro (da quattro a cinque) di cui circa 1,8 miliardi (dichiarazione del sottosegretario alla Camera dei Deputati) collocati presso centinaia di migliaia di singoli risparmiatori (circa 40.000);
alcune banche italiane, a seguito del crack Lehman, hanno assunto iniziative per tutelare i propri clienti;
i credit default swap sono particolari contratti derivati, accessibili solo ai grandi operatori finanziari, e funzionano più o meno come le polizze assicurative in quanto, pagando un «premio» a una controparte, un investitore può assicurarsi contro l'insolvenza (default) di qualunque emittente;
il 21 ottobre 2008, un numero molto elevato di istituzioni finanziarie di tutto il mondo, circa 358, sono intervenute al «maxi-regolamento dei conti» sui credit default swap di Lehman Brothers;
gran parte dei credit default swap su Lehman (ammontavano a 400 miliardi di dollari in totale) si sono annullati l'uno con l'altro e pertanto è stato liquidato soltanto il «saldo» netto che, nel caso di specie, è stato pari a circa 6-8 miliardi di dollari;
fra le istituzioni che hanno partecipato all'operazione, assicurazioni come Aig, fondi come Artadis Barracuda, banche come Abn Amro o fondi pensione come quello di General Electric; vi sono anche alcune banche italiane come Intesa Sanpaolo, Montepaschi, Banca Intermobiliare e UniCredit -:
se, anche per il tramite del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, al Governo risulti quali banche italiane e per quali importi siano intervenute per tutelare i propri risparmiatori rimasti esposti al fallimento della banca d'affari Lehman Brothers nonché quali banche italiane e per quali importi siano intervenute nell'operazione di regolazione relativa ai credit default swap Lehman; in altre parole quali banche abbiano lucrato sul fallimento Lehman Brothers, ignorando la condizione dei propri risparmiatori che nelle stesse ore vedevano svanire i loro risparmi;
se, ferma restando l'autonomia della Banca d'Italia, non si ritenga opportuno assumere iniziative normative aventi l'effetto di sanzionare le banche che hanno venduto obbligazioni Lehman ad operatori non qualificati oltre gli importi previsti dalla legge;
se non si ritenga opportuno, anche a seguito delle iniziative del Governo volte a tutelare la solidità del sistema bancario italiano, fare in modo che quelle banche, che dal default di Lehman dovessero averne ricevuto un guadagno, intervengano a tutela dei propri risparmiatori esposti al crack della banca statunitense qualora non avessero già provveduto a farlo.
(2-00263)
«Boccia, Ginefra, Letta, Mosca, Marantelli, Gatti, Mazzarella, Marchi, Capano, Sbrollini, Ferranti, Samperi, Strizzolo, Vaccaro, Dal Moro, D'Antoni, Rubinato, De Micheli, Fluvi, Ria, Carella, Causi, Concia, Baretta, Genovese, Iannuzzi, Graziano, Bordo, Grassi, Gaglione, Boccuzzi, Garavini».

Iniziative per il raggiungimento degli obiettivi di pace in Medio Oriente, con particolare riferimento ai recenti sviluppi della situazione nella Striscia di Gaza - 2-00266

E)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
dal 27 dicembre 2008 ha luogo l'offensiva israeliana contro Hamas nella Striscia di Gaza, provocando sanguinosi scontri e un numero sempre crescente di feriti e vittime civili; l'operazione, che ha il nome in codice «Piombo fuso» intende costringere i gruppi armati palestinesi a cessare totalmente il lancio di razzi «Qassam» che da mesi minacciano la popolazione israeliana;
Israele sta proseguendo con la linea dura, dicendo che continuerà a usare «il pugno di ferro» fino a quando proseguirà il lancio di razzi sul territorio palestinese, mentre Hamas promette dal canto suo «la vittoria finale»;
l'operazione «Piombo fuso» è arrivata oggi al diciottesimo giorno mentre sale ancora il bilancio delle vittime: dall'inizio dell'offensiva, secondo le ultime stime diffuse da fonti mediche, risultano più di 900 morti e 4.100 feriti nel territorio palestinese; troppe vittime innocentistanno pagando il prezzo di uno scontro che sta diventando sempre più sanguinoso e drammatico;
in base a fonti israeliane, l'operazione «Piombo Fuso», avrebbe già fortemente colpito Hamas, di cui almeno tre alti esponenti sarebbero stati uccisi. Dell'organizzazione sarebbe stata distrutta la struttura della dirigenza, colpiti membri e sottratte armi;
non sfuggono le responsabilità e le colpe di Hamas per la rottura della tregua, ma non si può non rimanere colpiti dalla sproporzionata reazione di Israele anche solo considerando il numero delle vittime civili, tra cui vi sono troppi bambini, che purtroppo sembrano essere quasi un terzo del totale dei morti;
il responsabile per la Croce rossa a Gaza, Pierre Kraehenbuehl, ha definito la situazione della popolazione civile della Striscia di Gaza una «crisi umanitaria totale», esprimendo preoccupazione non solo per il numero crescente di civili morti e feriti, ma anche per lo stato delle infrastrutture civili, tra cui ospedali, colpite dalle operazioni militari israeliane; e nonostante la dichiarata volontà delle autorità israeliane di facilitare i soccorsi umanitari, è del tutto evidente che non si riesce a farli arrivare alle vittime per l'intensità dei combattimenti;
numerosi sono stati gli appelli alla pace del Papa, Benedetto XVI, e di autorevoli esponenti del Vaticano, che hanno fortemente condannato la violenza degli scontri e l'alto numero di vittime e feriti, richiamando l'attenzione sull'importanza degli aiuti umanitari alla popolazione civile;
mai come in questi giorni appare evidente come da anni, soprattutto dopo gli attentati dell'11 settembre 2001, manchi una forte iniziativa politica e diplomatica nella risoluzione di una questione drammatica come quella che stiamo rivivendo e che si trascina dal 1948. Piuttosto, si è data voce alle armi, ai bombardamenti aerei, alle occupazioni militari come se ciò avesse potuto rivelarsi risolutivo. Anche il tentativo dell'Onu di trovare un accordo anche solo per imporre una tregua, con l'obiettivo di fermare l'escalation e consentire l'ingresso degli aiuti umanitari, è risultato non essere sufficiente;
l'8 gennaio 2009, infatti, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, con l'astensione degli Stati Uniti, aveva deciso di chiedere l'immediato stop alle armi. La risoluzione (n. 1860 del 2009), adottata con 14 voti a favore, chiedeva di metter fine ai combattimenti con un cessate il fuoco immediato, duraturo e pienamente rispettato, che conduca a un ritiro completo delle forze israeliane da Gaza. Veniva poi chiesto l'avvio di una fornitura senza ostacoli e la distribuzione su tutto il territorio della Striscia di aiuti umanitari, compresi cibo, medicine e carburante. Le due parti in causa hanno però deciso di respingere il documento;
Hamas ha fatto sapere, tramite una fonte del gruppo dirigente a Beirut, Raafat Morra, di non poter accettare la risoluzione dell'Onu per Gaza perché, a giudizio del Movimento di resistenza islamico, non è nell'interesse del popolo palestinese e «non parla della fine dell'assedio e dell'apertura dei valichi». Il ministro degli Esteri israeliano, Tzipi Livni, ha invece spiegato che il suo Paese si regolerà esclusivamente sulla base del proprio interesse. Parole non dissimili, insomma, da quelle pronunciate dai radicali palestinesi. «Israele ha agito, sta agendo e agirà soltanto in armonia con le sue valutazioni, con le esigenze di sicurezza dei suoi cittadini e con il suo diritto all'auto-difesa», ha tagliato corto Livni in un comunicato, senza fare il minimo accenno alla tregua;
oltre all'intervento delle Nazioni Unite, sono in campo anche gli sforzi di mediazione dell'Egitto con Mubarak, che vedono la partecipazione attiva del Presidente francese Nicolas Sarkozy, per raggiungere un accordo sul cessate il fuoco tra Israele e Hamas;
sembra invece ancora incerta nell'azione diplomatica mobilitata per la pacel'Unione europea, che continua ad apparire ancora troppo divisa nelle operazioni di mediazione; la presidenza ceca di turno dell'Unione europea ha comunicato di avere uno «scenario di soluzione» del conflitto, con «l'obiettivo minimo» di arrivare a «far tacere i cannoni». Un piano, però, di cui non si conoscono i dettagli e destinato, a quanto si apprende, ad essere discusso con gli Stati Uniti -:
come il Governo intenda attivarsi in tutte le sedi internazionali e, in particolar modo, nell'Unione europea, per promuovere una più forte ed incisiva azione diplomatica per il raggiungimento degli obiettivi di pace, utile a porre fine alla condizione drammatica in cui versa la popolazione della Striscia di Gaza, garantendo in primo luogo gli aiuti umanitari necessari ai civili e, nel contempo, la sicurezza di Israele.
(2-00266)
«Evangelisti, Donadi, Borghesi, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Costantini, Di Giuseppe, Favia, Aniello Formisano, Giulietti, Messina, Misiti, Mura, Monai, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Pisicchio, Porcino, Piffari, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».

Politiche del Governo in materia di approvvigionamento del gas - 2-00267

F)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, i Ministri dello sviluppo economico e degli affari esteri e, per sapere - premesso che:
dal 7 gennaio 2008 sono state completamente interrotte le forniture di gas metano russo dall'Ucraina verso i Paesi dell'Europa centro-orientale e i Paesi membri dell'Europa occidentale, creando una situazione di vera e propria emergenza nei Balcani e nei Paesi più dipendenti dal gas russo ma creando gravi difficoltà anche in Italia;
il blocco di forniture di gas e il contenzioso sull'energia, che da alcuni anni si ripete puntualmente in occasione della stagione invernale, ha assunto proporzioni tali da costituire un pericolo per la sicurezza energetica di tutta l'Europa rilevato che un quarto del gas naturale necessario all'Unione europea viene importato dalla Russia, l'80 per cento del quale deve passare attraverso i gasdotti dell'Ucraina;
l'attuale crisi fra Ucraina e Russia, ad esempio, ha comportato che il ricorso alle scorte nazionali di gas sia cresciuto in un solo giorno del 57 per cento (passando in 24 ore dai 101,6 milioni di metri cubi a 159 milioni), spingendo il ministero dello sviluppo economico all'adozione di un provvedimento per massimizzare gli approvvigionamenti dagli altri Paesi fornitori (Algeria, Libia, Norvegia, Olanda, Gran Bretagna), dal quale il ministero si attende un incremento delle esportazioni extra-Russia per circa 20 milioni di metri cubi;
l'origine della recente crisi è da ricercare nella difficoltà a raggiungere tra Mosca e Kiev un nuovo accordo sulle forniture di gas, sia sotto il profilo del prezzo stesso della fornitura, fino ad oggi la metà di quello pagato dagli europei, sia sotto quello del pagamento del debito arretrato accumulato dall'Ucraina, Paese in forti difficoltà finanziarie, sia sotto il profilo della tariffa di transito in Ucraina del gas russo destinato all'Europa;
l'accordo di mediazione trovato in sede europea non supera la disputa bilaterale fra Mosca e Kiev sul prezzo del gas ma dovrebbe risolvere la questione delle forniture all'Europa prevedendo un'attività di monitoraggio (da parte di team costituiti da esperti europei, russi e ucraini) dei gasdotti su territorio ucraino per verificare la regolarità dei flussi di gas immessi da Gazprom nella rete, l'attraversamento della rete ucraina senza ostacoli e quindi il rispetto dei contratti;
la controversia fra Russia e Ucraina ha, ovviamente, un rilievo non solo commerciale ma geopolitico, inserendosi per molti analisti nella strategia russa volta ad utilizzare la rendita gas-petrolifera quale leva per aumentare la propria influenza, esercitare una vera e propria pressione e un condizionamento sui Paesi del vecchio blocco sovietico, quasi totalmente dipendenti da quelle forniture e comunque obbligate vie di transito per l'energia, e in fin dei conti sulla stessa Unione europea, primo cliente del gas russo;
la vicenda si interseca nella complessa partita sulla costruzione di nuove grandi infrastrutture di trasporto del gas (da Nabucco a North e South Stream) che mobilitano investimenti strategici importanti per le aziende europee e russe del settore e che, attraversando il territorio di determinati Stati, ovvero terminando in una nazione piuttosto che in un'altra, coinvolgono e incidono su una parte essenziale degli interessi degli Stati nazionali;
in questo senso la recente crisi russo-ucraina non è che un aspetto marginale di una questione più ampia che riguarda la politica e la sicurezza energetica internazionale tanto dell'Italia quanto dell'Europa, oramai consapevole di dover superare la propria dipendenza in materia di energia nei confronti di un partner strategico come la Russia, superando l'attuale insufficiente integrazione del proprio mercato del gas;
nonostante le avvisaglie sul blocco delle forniture di gas degli anni passati (già a partire dal braccio di ferro Russia-Ucraina del gennaio 2006) avessero già evidenziato una fragilità del sistema, contrassegnato dai «ricatti energetici» da parte della Russia nei confronti dei Paesi europei, poco sembra essere stato fatto, a tutt'oggi, per la costruzione di un mercato unico europeo del gas, in grado di affrancare l'Europa dalle fonti di approvvigionamento energetiche russe;
il Consiglio europeo ha approvato nel marzo 2007 e riesaminato nella primavera del 2008, il piano d'azione per una politica energetica che intende fornire un quadro di riferimento comune per una strategia europea nel settore energetico, prevedendo un pacchetto integrato di misure volte a definire una nuova politica energetica per l'Europa, contrastare le conseguenze dei cambiamenti climatici, rafforzare la sicurezza energetica e la competitività dell'Unione europea e nel quale si affronta il tema di un approccio comune alla politica energetica esterna, così da superare un approccio bilaterale con Mosca che riduce il peso negoziale dei singoli Stati europei;
è attualmente all'esame del Parlamento italiano il cosiddetto «terzo pacchetto energia» che raccoglie le proposte avanzate dalla Commissione europea per implementare il piano d'azione e di cui sarebbe opportuno sollecitare l'esame dei Parlamenti nazionali per addivenire a una rapida approvazione definitiva a livello comunitario;
non è chiara, invece, la strategia nazionale messa in campo per fronteggiare la questione dell'approvvigionamento del gas, affidata più ad annunci sporadici che ad azioni pianificate e coordinate -:
quale sia la valutazione del Governo e quali iniziative i Ministri interpellati abbiano assunto o intendano assumere, anche nelle sedi europee, circa un eventuale ricorso da parte della federazione russa alla sospensione delle forniture energetiche quale arma di pressione politica, tanto nei confronti dei Paesi dell'area ex sovietica quanto rispetto alla stessa Unione europea;
quale iniziativa politico-diplomatica il Governo sosterrà a livello di Unione europea perché nell'ambito della prossima rinegoziazione dell'accordo di partenariato strategico con Mosca vengano inserite le dovute garanzie sulla sicurezza e la continuità degli approvvigionamenti energetici, a partire dal rispetto dei principi già sanciti dal Trattato sulla Carta dell'energia del 1994, sottoscritta da Mosca ma non ancora ratificata;
quale sia la valutazione dell'Italia sui differenti progetti di costruzione di nuovi gasdotti per il trasporto del gas dalla Russia e dall'Asia centrale, quali siano gli interessi delle grandi aziende italiane coinvolte e se vi sia un sostegno politico diplomatico alla realizzazione di alcuni dei progetti specifici di investimento (Nabucco, North Stream e South stream);
se non ritengano necessario farsi promotore, in sede comunitaria, di iniziative finalizzate alla accelerazione dell'approvazione di provvedimenti volti alla costruzione di un mercato unico europeo del gas, all'interconnessione delle reti europee di distribuzione, alla garanzia circa il loro controllo e al superamento della situazione di dipendenza dai rifornimenti di gas metano russo.
(2-00267)
«Maran, Barbi, Colombo, Corsini, Fedi, Mecacci, Narducci, Pistelli, Porta, Rigoni, Tempestini, Vernetti, Beltrandi, Fioroni, Gaglione, Garofani, Giacomelli, La Forgia, Gozi, Farinone, Garavini, Laganà Fortugno, Migliavacca, Mogherini Rebesani, Recchia, Rosato, Rugghia, Sereni, Tocci, Villecco Calipari».