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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 119 di giovedì 22 gennaio 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 14,05.

GIANPIERO BOCCI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 19 gennaio 2009.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bocchino, Brugger, Cicchitto, Cirielli, Cossiga, Crosetto, Donadi, La Russa, Lo Monte, Migliavacca, Palumbo, Pescante, Romani, Soro, Stefani e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Misure a favore dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione - n. 2-00271)

PRESIDENTE. L'onorevole Mosca ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00271, concernente misure a favore dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ALESSIA MARIA MOSCA. Signor Presidente, signor Ministro, il motivo da cui nasce questa interpellanza è una valutazione e una preoccupazione riguardo alla situazione del nostro Paese relativamente alla sua condizione sull'innovazione tecnologica. Come è noto, il nostro Paese è stato collocato al quarantaduesimo posto nella classifica stilata dal World Economic Forum per il 2007-2008 su un totale di 127 Paesi, ma ben al di sotto di Paesi quali, ad esempio, Thailandia, Ungheria, Malta, Cipro, e al di sotto, comunque, di quasi tutti i Paesi dell'Unione europea. Questa è certamente una situazione che ereditiamo dal passato, non è una situazione contingente, ma proprio per questa ragione nel corso degli ultimi anni sono state assunte alcune misure che hanno cercato di modificare la tendenza.
Una delle soluzioni che si è pensato di intraprendere per intervenire efficacemente su questo problema è stata quella di istituire l'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione. Tale decisione, come è noto (sono tutti fatti noti, ma li ricordo, perché ciò è utile nell'illustrazione della nostra interpellanza), è stata assunta con la legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), durantePag. 2il Governo Prodi, ed è stata poi ribadita nel periodo successivo all'interno del «Tavolo Milano», di cui è stata una delle prime iniziative. È stata, quindi, confermata la presenza di questa Agenzia collocata a Milano, dotata di un budget attraverso la legge finanziaria 2006, quindi dal Governo Prodi.
L'Agenzia ha proseguito nella sua attività, si è dotata di uno statuto nell'aprile 2008 ed ha quindi proceduto alla propria costituzione. Lo statuto dell'Agenzia prevede come una delle sue principali finalità quella di ente valutatore indipendente di progetti, specialmente quelli collegati alla legge n. 296 del 2006, più comunemente nota come Industria 2015. Anche questo è un programma inaugurato durante il Governo Prodi ad opera del Ministro Bersani, e successivamente confermato dal Ministro Scajola, attualmente in carica.
Questa finalità è stata ribadita in qualche modo dalla controparte, ovvero non si è «autonominata» la sola Agenzia valutatrice di questi progetti, ma lo stesso Ministero dello sviluppo economico ha ribadito in tutti e tre i bandi che sono stati emanati - a partire dal marzo 2008 fino all'ultimo, il più recente, del 10 luglio 2008 - che l'Agenzia fosse l'ente deputato a valutare tutti i progetti pervenuti all'interno del programma Industria 2015.
I primi due bandi sono scaduti il 15 settembre e ciò che è avvenuto è che i progetti sono stati valutati da un comitato di valutatori selezionati all'interno del Ministero dello sviluppo economico, e quindi non dall'Agenzia, come invece era previsto sia dallo statuto sia dai decreti. Ad onor del vero, le valutazioni sono state compiute con tempi rapidi e siamo certi che siano state applicate tutte le caratteristiche della qualità e dell'obiettività nella valutazione, tuttavia è certo che questa modalità di valutazione dei progetti in qualche modo fa retrocedere verso modalità del passato. In tal modo, quindi, si perde un po' quella carica innovativa che si voleva dare attraverso l'Agenzia per l'innovazione, volta ad utilizzare un ente che fosse veramente indipendente e che, dunque, potesse essere al livello degli standard dei Paesi che sono maggiormente sviluppati in questo settore.
Ciò è abbastanza preoccupante, perché nel momento in cui vanno a coincidere l'ente erogatore e l'ente valutatore, quindi si ricentralizza la valutazione dei progetti, è più difficile che si evitino i condizionamenti di varia natura che vi possono essere. Tutto questo è stato fatto legittimamente, nel senso che i bandi previsti per i primi due progetti, ossia quelli sulla mobilità sostenibile e sull'efficienza energetica, prevedevano che non si utilizzasse l'Agenzia come ente valutatore nel caso in cui l'Agenzia stessa non fosse stata ancora ad un livello di operatività completa. Ciò poteva valere, con tutte le perplessità che si possono avere, per i primi due bandi, però diventa un po' meno giustificabile per quanto riguarda l'ultimo bando, che è scaduto il 2 dicembre e che riguarda il made in Italy. Infatti, con riferimento a quest'ultimo bando, dalle agenzie di informazione si apprende che è in atto, al momento, la valutazione dei progetti che sono stati presentati e, al contempo, che pochi giorni prima della scadenza, il 28 novembre, l'Agenzia è stata presentata a Milano dal Ministro nella sua completa operatività. Si sono concluse, infatti, le ultime operazioni, sono stati nominati il presidente e il consiglio di amministrazione e, quindi, si può affermare che l'Agenzia ha raggiunto una sua completa operatività.
Quello che si apprende è che in questo momento è in corso la valutazione dei nuovi progetti legati al bando sul made in Italy, però non si riesce ad evincere da alcuna fonte che ruolo andrà a svolgere in questo caso l'Agenzia nell'ambito della valutazione dei progetti stessi. L'unica notizia che viene fornita relativamente a questo punto è un articolo comparso su Il Sole 24 Ore del 4 dicembre, in cui in realtà si smentisce che l'Agenzia, anche in questo caso, possa essere coinvolta nel processo di valutazione e, addirittura, in questo articolo si fa un passo avanti dicendo che, diPag. 3fatto, a regime, l'Agenzia è stata esautorata dalla possibilità di svolgere questo compito.
Pertanto, la nostra interpellanza, e quindi la richiesta che rivolgiamo al Ministro, è volta a fugare ogni nostra preoccupazione derivante dal fatto che l'Agenzia possa essere stata svuotata da quella che, a nostro avviso, è la principale delle sue finalità e che, quindi, in qualche modo si facciano passi indietro relativamente a dei criteri di trasparenza e di meritocrazia che sono tanto cari al Ministro e che, quindi, ci sembrerebbe strano che proprio in questo caso venissero contraddetti. Nel caso in cui - noi speriamo che non sia così, e per questo chiediamo rassicurazioni da parte del Ministro - risultasse che effettivamente l'Agenzia non ha più questa funzione, ci chiediamo quale funzione si voglia attribuire all'Agenzia per l'innovazione.
Ciò al fine di evitare che sia stato istituito un ente che poi non abbia alcuna effettiva utilità o che sia volto a moltiplicare il numero di enti con funzioni del tutto relative. Vorremmo, invece, un ente che possa continuare a mantenere una sua importanza e continui ad essere un punto fondamentale per il processo di innovazione che il nostro Paese inevitabilmente deve compiere per poter riacquistare dei punti nella competitività complessiva, soprattutto in una fase così critica della nostra economia.

PRESIDENTE. Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, Renato Brunetta, ha facoltà di rispondere.

RENATO BRUNETTA, Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. Signor Presidente, l'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione (soggetta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri) è stata istituita dalla legge finanziaria 2006, con il compito di «accrescere la capacità competitiva delle piccole e medie imprese e dei distretti industriali, attraverso la diffusione di nuove tecnologie e delle relative applicazioni industriali», nonché di «promuovere l'integrazione fra il sistema della ricerca ed il sistema produttivo attraverso l'individuazione, valorizzazione e diffusione di nuove tecnologie, brevetti ed applicazioni industriali prodotti su scala nazionale ed internazionale».
È solo il caso di precisare che per due anni questa Agenzia è vissuta sotto la gestione commissariale e che solo recentemente, nel mese di novembre, è stata dotata di un presidente, di un consiglio di amministrazione e di un collegio dei revisori dei conti, dopo, appunto, due anni di gestione commissariale, e che il completamento dell'Agenzia è stato realizzato in tempi brevissimi da questo Governo.
Le finalità dell'Agenzia sono state successivamente specificate nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 aprile 2008, con il quale è stato approvato lo statuto in cui, in particolare, si prevede che essa svolga compiti di supporto e di istruttoria tecnico-scientifica, economica e finanziaria nell'ambito della valutazione dei progetti di innovazione industriale (ciò è l'oggetto dell'interpellanza).
L'esigenza di concludere nei tempi previsti le attività istruttorie dei bandi Industria 2015 «Mobilità sostenibile» ed «Efficienza energetica» - in modo da assicurare l'impegno delle risorse stanziate per l'anno 2007 entro il 31 dicembre 2008 - ha peraltro richiesto l'attivazione di comitati di esperti con il compito di procedere alle attività di valutazione in attesa della piena operatività dell'Agenzia in questione. Tale procedura è, infatti, contemplata dai decreti interministeriali di adozione dei Progetti di Innovazione Industriale (PII) dell'8 febbraio 2008, qualora sia riscontrata l'impossibilità per l'Agenzia stessa di adempiere pienamente alle sue funzioni.
Per i bandi non conclusi, invece, ivi compreso quello relativo al made in Italy - per il quale i termini di presentazione delle proposte di massima sono scaduti il 1o dicembre 2008 - l'Agenzia, ormai, come detto, pienamente operativa, è chiamata a designare propri esperti, quali componenti dei suddetti comitati di valutazione, nell'esercizio della funzione prevista dalloPag. 4statuto di supporto e di istruttoria tecnico-scientifica, economica e finanziaria volta alla valutazione dei progetti di innovazione industriale.
Con riferimento alle modalità di coinvolgimento dell'Agenzia nell'attività di valutazione (che è confermata) si evidenzia, inoltre, che i decreti di approvazione dei Progetti di Innovazione Industriale (PII) affidano alla stessa Agenzia un'attività di monitoraggio ex post che consiste nella verifica tecnico-scientifica finalizzata ad accertare la rispondenza dei risultati intermedi e finali rispetto alle specifiche del progetto, nonché l'ammissibilità delle attività rendicontate rispetto ai risultati raggiunti.
Per quanto mi riguarda, personalmente, mi impegno in ogni caso nell'ambito delle mie competenze (che sapete essere condivise con il Ministero dello sviluppo economico) a dar conto puntuale al Parlamento dell'intera attività dell'Agenzia, ivi compresa quella di valutazione.

PRESIDENTE. L'onorevole Mosca ha facoltà di replicare.

ALESSIA MARIA MOSCA. Signor Presidente, ovviamente apprezzo l'impegno del Ministro nel rendere conto rispetto a tutta l'attività dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione. Alcuni aspetti mi lasciano molte preoccupazioni, anche relativamente alla risposta che il Ministro ha fornito.
Intanto, se ho inteso bene, l'Agenzia non sarà l'ente deputato a svolgere la valutazione, ma indicherà alcuni componenti all'interno dei vari comitati che, di volta in volta, saranno designati dal Ministero. Ciò è molto differente rispetto alla vocazione iniziale che si immaginava per l'Agenzia. Questo significa centralizzare nuovamente la valutazione e rendere l'erogatore e il valutatore coincidenti: si perde, quindi, quell'elemento di assoluta indipendenza che l'istituzione dell'Agenzia avrebbe dovuto garantire. Ciò, peraltro, è un affronto anche a tutte le promesse che sono state fatte relativamente alla localizzazione dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione nella città di Milano, perché significa, in effetti, depotenziare il ruolo dell'Agenzia, le cui competenze sono suddivise e vengono, appunto, centralizzate nuovamente all'interno del Ministero dello sviluppo economico.
La risposta del Ministro, perciò, mi lascia forti preoccupazioni, che sono sottolineate anche dal fatto che gli stessi enti regionali e gli enti territoriali chiedevano, al contrario, che l'Agenzia potesse sviluppare la sua indipendenza nelle sue valutazioni legate a Industria 2015 e che questo fosse un modello da poter utilizzare anche per altri tipi di valutazione, in modo coordinato e in modo che l'Agenzia fosse l'unico ente che potesse avere il quadro sistemico dello sviluppo industriale e di innovazione tecnologica di tutto il Paese. Questo smembramento di competenze rischia di creare di nuovo sovrapposizioni, che determinano sicuramente delle inefficienze.
Per rispondere al commento del Ministro relativamente alla gestione commissariale dell'Agenzia, è vero che questa è durata per poco più di un anno, ma era stato stabilito che, durante questo periodo, l'Agenzia si strutturasse e fosse adottato lo statuto. Lo stesso Ministro, comunque, ha utilizzato più di sei mesi, una volta che lo statuto era pronto (era pronto già ad aprile), per poter procedere alla nomina del consiglio di amministrazione e del presidente, peraltro a seguito di atti di sindacato ispettivo del mio gruppo parlamentare che, nel mese di novembre, hanno chiesto conto allo stesso Ministro di che cosa si stesse decidendo per l'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione.
Mi preme concludere affermando che constatiamo che le decisioni che sono state assunte all'interno del «Tavolo Milano» sono state totalmente disattese, in quanto, nonostante si volesse dare importanza alla regione Lombardia e alla città di Milano in tema di innovazione tecnologica, vengono in effetti sanciti una svalutazione e uno svilimento dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione.Pag. 5
Credo, pertanto, che tali questioni debbano essere rese pubbliche, non tanto per una polemica sterile, quanto perché crediamo veramente che il nostro Paese abbia un assoluto bisogno di puntare su questo aspetto. Il fatto di aver deciso, all'interno del «Tavolo Milano», di collocare proprio a Milano l'Agenzia, era proprio un segnale, da dare alla parte più produttiva del Paese, di traino rispetto a tutto il resto della nostra economia, che ha bisogno veramente di benzina e di maggiore spinta, affinché possa raggiungere standard europei che siano degni del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Distruzione del fascicolo personale del terrorista tedesco Thomas Kram - n. 2-00238)

PRESIDENTE. L'onorevole Raisi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00238 , concernente la distruzione del fascicolo personale del terrorista tedesco Thomas Kram (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ENZO RAISI. Signor Presidente, signor sottosegretario, questo è l'ultimo di una serie di atti di sindacato ispettivo che sono stati presentati nel corso di varie legislature. In realtà, l'interpellanza urgente in esame era stata presentata alla fine della scorsa legislatura e poi, a causa delle elezioni anticipate, rimase inevasa. Essa riguarda la figura di Thomas Kram, noto terrorista internazionale, che è stato accertato fosse presente il 2 agosto 1980, giorno della strage, a Bologna.
Qui si chiede di chiarire specificamente alcune questioni che riguardano l'ultima parte di una risposta che fu data dall'allora sottosegretario Scotti su alcuni fascicoli relativi a Thomas Kram, distrutti da parte delle autorità di polizia.
Colgo l'occasione per ricordare che questa è una tra le tante anomalie registrate nella documentazione su Thomas Kram; fino al 1994, nonostante egli avesse sul proprio capo un mandato di cattura internazionale come esponente delle «Cellule rivoluzionarie», alla banca dati della polizia italiana risultava come estremista di destra.
Tutti i fascicoli su Thomas Kram che ho avuto modo di leggere, sia della questura di Bologna sia dei nostri servizi, in quanto membro della Commissione Mitrokhin, presentano un'anomalia: sono numerosi e ben documentati sulla sua persona fino al 2 agosto 1980, mentre da quando egli entra in Italia, prima in clandestinità poi come ricercato (se non vado errato nel 1985 partono i primi mandati di cattura della Germania), la documentazione su quest'uomo comincia ad essere scarsa ed a sparire da questi fascicoli.
Questo è un altro aspetto inquietante della vicenda di Thomas Kram, che - non dimentichiamolo - faceva parte di un movimento chiamato «Cellule rivoluzionarie», collegato al cosiddetto gruppo Separat, di cui il massimo rappresentante era il terrorista Carlos. Si trattava, quindi, di una rete internazionale, alla quale apparteneva, peraltro, anche la Frolich, che, non a caso, quel giorno, secondo una testimonianza, era anche lei presente a Bologna.
Dai documenti che la magistratura ungherese ci ha fornito in Commissione Mitrokhin, risulta che la Frolich si trovava proprio con Carlos e Kram, un mese dopo la strage di Bologna, a Budapest, probabilmente per un incontro organizzativo su qualcosa o per lo meno per un incontro che, in qualche modo, probabilmente aveva anche a che fare con la strage di Bologna.
Certamente, queste anomalie sulla figura di Thomas Kram, che vengono riscontrate continuamente, devono farci riflettere sul fatto che, probabilmente, o Thomas Kram è stato sottovalutato dai nostri organi di informazione e di polizia oppure - spero che questo non sia il caso, ma comincio ad avere qualche perplessità - si vuole chiarire poco la posizione di questa persona.
Tra l'altro Thomas Kram, come si sa, si è consegnato dopo 25 anni di latitanza e, intervistato da il manifesto, cercò di darsi un alibi sulle motivazioni per le quali il 2Pag. 6agosto si trovasse a Bologna in occasione della strage. Devo dire che mi è stato molto facile confutare punto per punto i suoi tentativi di difesa, anche perché erano un po' maldestri. Non sto qui a dilungarmi, perché l'ho già fatto quando sono intervenuto in questo senso nella scorsa legislatura.
Nella risposta del sottosegretario, spero di trovare motivi di interesse anche per queste mie continue ricerche. Ovviamente non mi fermerò a questa interpellanza, fintantoché non avrò fatto piena luce sul ruolo di Thomas Kram in occasione della strage di Bologna.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Alfredo Mantovano, ha facoltà di rispondere.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, le nuove indagini riguardanti la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 partono dagli accertamenti che nel 2000 la Direzione centrale della polizia di prevenzione ha svolto per cercare sul territorio nazionale Agathe Gerhauser Adrienne, esponente dell'organizzazione terroristica tedesca «R.Z. - Cellule rivoluzionarie», latitante dal 1987 e ricercata in campo internazionale, perché accusata di essere responsabile di una serie di attentati incendiari e dinamitardi, perpetrati in Germania negli anni 1986 e 1987.
Nel medesimo contesto investigativo, la polizia tedesca aveva segnalato che la Gerhauser poteva trovarsi in Italia in compagnia di altri due esponenti di quella organizzazione terroristica: Thomas Kram e Juliane Balke, anch'essi latitanti.
La raccolta di informazioni sulle attività di tali terroristi e dei personaggi che gravitavano attorno ad essi faceva approfondire la figura di Thomas Kram. Nato il 18 luglio 1949 a Berlino, Kram è stato fondatore e membro direttivo delle RZ- Revolutionaere Zelle, gruppo terroristico tedesco di estrema sinistra esistito dal 1973 al 1995.
Il 16 agosto 1976 Kram è stato arrestato dalla polizia tedesca in relazione alla sua attività di direttore della «libreria politica» di Bochum, via Westenfeld n. 22, che all'epoca si occupava della diffusione di letteratura di estrema sinistra. Nel corso della perquisizione effettuata nella sua abitazione, sono stati rinvenuti manifesti che incitavano al sostegno dell'organizzazione Revolutionaere Zelle.
Il 15 dicembre 1976, a Dortmund, Kram è stato arrestato assieme a Gerd Albartus, membro dell'RZ, deceduto nel 1991, perché sorpresi dalla polizia mentre tentavano di rubare una vettura per l'organizzazione.
Nel quadro di un altro procedimento penale aperto in Germania nei confronti dell'ex Ministro della sicurezza di Stato della Repubblica Democratica tedesca, Erich Miele, la procura federale tedesca aveva acquisito del materiale sequestrato nella ex DDR.
Tra il materiale sequestrato si trovava la «Pratica operativa separata» (Separat) che riguardava il gruppo terroristico «Organizzazione Internazionale Rivoluzionaria» di Ilich Ramirez Sanchez, detto Carlos.
In base alle informazioni in possesso dell'ex Ministero della sicurezza di Stato, Thomas Kram, nella sua qualità di componente delle RZ internazionali, era stato scelto dai vertici dell'organizzazione per collaborare con il «Gruppo Carlos».
Poiché l'attività investigativa posta in essere in occasione della strage del 2 agosto 1980 aveva già evidenziato la presenza del Kram a Bologna la notte precedente l'attentato e poiché Carlos, in un'intervista rilasciata ad un giornalista italiano aveva fatto riferimento alla possibile presenza quel giorno alla stazione di un suo uomo, la Direzione centrale della polizia di prevenzione, alla luce delle nuove informazioni, l'8 marzo 2001 informò la Digos del capoluogo emiliano affinché disponesse ogni opportuno accertamento, riferendone l'esito all'autorità giudiziaria.
L'autorità giudiziaria di Bologna instaurò un procedimento penale ed il pubblico ministero titolare delle inchieste stralcio relative alle stragi dell'Italicus delPag. 74 agosto 1974 e della stazione di Bologna delegò la Digos del capoluogo emiliano e la Sezione anticrimine carabinieri bolognese perché riferisse elementi in merito alla presenza a Bologna, il 2 agosto 1980, di persone legate all'eversione di sinistra tedesca e sul rilievo che ciò avrebbe potuto avere per le indagini. Non essendo emersi elementi di interesse, il 23 marzo 2002 il relativo procedimento penale venne archiviato.
Nel 2005 la procura di Bologna ha riaperto le indagini sulla strage alla stazione, prendendo in considerazione la pista internazionale, e, in particolar modo, quella palestinese, non solo sulla base di quanto già a suo tempo fornito dalle autorità tedesche, ma anche sulla scorta di atti presenti nell'archivio della Direzione centrale della polizia di prevenzione.
L'ipotesi avanzata (sottolineo il termine «ipotesi») parte dall'arresto di Abu Anzeh Saleh, nato ad Amman il 15 agosto 1949, cittadino giordano e rappresentante italiano a Bologna del Fronte Popolare per la liberazione della Palestina, segnalato da più fonti come elemento del gruppo Carlos.
Il Saleh, il 13 novembre 1979, viene arrestato a Bologna dall'Arma dei carabinieri, a seguito delle indagini susseguenti gli arresti ad Ortona degli estremisti di sinistra aderenti all'area dell'autonomia Pifano, Baumgartner e Nieri, per una vicenda riguardante il rinvenimento di alcuni lanciamissili.
Successivamente, il 15 gennaio 1980, l'UCIGOS trasmette alle questure di Roma e di Bologna un appunto, pervenuto da fonte qualificata, nel quale si fa riferimento a contatti informali di George Habbash con ambienti diplomatici arabi per far pressione sul Governo italiano al fine di ottenere la liberazione di Saleh.
Nell'appunto viene rappresentato che il leader del Fronte Popolare per la liberazione della Palestina non escluderebbe il ricatto terroristico nei confronti dell'Italia pur di far liberare Saleh. Il 25 gennaio 1980, Saleh viene condannato dal tribunale di Chieti a 7 anni di reclusione per detenzione e trasporto illegittimo di armi da guerra.
La condanna aveva dato luogo a notevoli reazioni negative negli ambienti del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, a tal punto che erano trapelate notizie circa presunte ritorsioni da parte della stessa organizzazione palestinese nel nostro Paese, dirette anche alla liberazione di Abu Saleh.
Di tali preoccupazioni esiste in atti un appunto datato «Bologna, 8 marzo 1980», ed una nota riservata dell'11 luglio 1980 trasmessa dall'allora UCIGOS alla questura di Bari e al Sisde.
In sintesi l'ipotesi investigativa - e sottolineo sempre il termine «ipotesi» - si fonda sulla seguente scansione: Abu Anzeh Saleh viene arrestato dalle autorità italiane; il Fronte Popolare di Liberazione della Palestina minaccia rappresaglie, prima per l'arresto e poi per la condanna di Saleh; il Fronte potrebbe aver deciso di colpire l'Italia, e per questo di utilizzare la rete terroristica di Carlos alla quale è direttamente collegato e con la quale ha già operato; Carlos, sempre in base a tale ipotesi, incaricherebbe Thomas Kram che conosce l'Italia per avervi vissuto; Thomas Kram, stando a quanto riferiscono le autorità tedesche (basandosi sulle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia) ha conoscenze solide nel campo delle armi e degli esplosivi, in particolare è esperto di circuiti elettronici; Thomas Kram il 2 agosto 1980 era effettivamente a Bologna; il 2 agosto 1980 è un mese esatto dall'inizio del processo di appello ad Abu Anzeh Saleh e Bologna era la sua città di residenza.
Kram ha assunto un posto centrale nella scelta degli obiettivi e delle rivendicazioni delle azioni delle RZ, effettuate con una serie di attentati armati, incendiari e dinamitardi. In particolare, egli è stato coinvolto nei seguenti attentati: il 28 ottobre 1986, unitamente a membri della Berliner Zelle, parzialmente ancora sconosciuti, ha partecipato alla gambizzazione del dirigente dell'ufficio stranieri di Berlino, Harald Hollenberg; il 1o settembrePag. 81987 all'attentato armato contro il presidente del tribunale amministrativo federale Guenther Korbmacher, anch'egli gambizzato. In entrambe le occasioni, Kram ha svolto le relative istruttorie, e ha redatto la lettera di rivendicazione unitamente a Sabine Eckle e Matthias Borgmann.
A seguito di una vasta operazione di polizia in tutta la Germania, con una serie di perquisizione nei confronti degli appartenenti alle RZ, il 18 dicembre 1987 Kram si è reso latitante. Dalle dichiarazioni alla polizia tedesca del pentito Tareq Mousli, esponente delle RZ sentito dalla procura di Bologna, sul conto di Kram sono emerse le seguenti notizie: egli ha cambiato più volte lo pseudonimo e, dal 1985 al 1992, si è recato varie volte a Berlino a scopi di cospirazione con l'alias di «Malte»; ha conoscenze solide nel campo della pratica delle armi e degli esplosivi, in particolare è esperto di circuiti elettronici; è in grado di maneggiare armi e di preparare ordigni. Dal 9 gennaio 1984 al 29 giugno dello stesso anno ha frequentato, unitamente alla Gerhauser e ad Essen, un corso professionale di elettronica. A lui va attribuita la predisposizione di un interruttore elettronico dal quale poteva essere innescata una miccia via radio tramite un contatore digitale. Inoltre, ha partecipato al furto di materiale esplosivo avvenuto a Salzhmendorf; è rimasto coinvolto nella serie di attentati a danno delle filiali della ditta di abbigliamento Adler (21 giugno-15 agosto 1987) e nel fallito attentato dell'Istituto di Ingegneria genetica a Berlino (17 ottobre 1986); è esperto nella falsificazione di passaporti e documenti d'identità.
Il 6 dicembre 2000 la Corte Federale tedesca ha emesso un provvedimento di cattura nei confronti di Thomas Kram per la sua partecipazione all'attività terroristica delle RZ, provvedimento esteso in campo internazionale il 17 aprile 2001 e scaduto nel 2006.
Circa la presenza in Italia del Kram, va detto che: nel 1979 risulta essersi iscritto all'Università di Perugia per frequentare un corso di lingua italiana dal 4 settembre al 21 dicembre; il 27 novembre 1979, a Perugia, è stato sottoposto a perquisizione domiciliare nel corso della quale è stato rinvenuto un documento in lingua tedesca di carattere politico; il 16 gennaio 1980 ha fatto rientro in Italia iscrivendosi ad un corso di lingua italiana all'Università di Perugia; il 22 febbraio 1980 ha alloggiato presso l'albergo Lembo di Bologna; il 22 aprile 1980 ha alloggiato all'hotel Mazzanti di Verona; il 3 maggio 1980 è stata disposta l'iscrizione in rubrica di frontiera con i provvedimenti di riservata vigilanza e perquisizione sotto l'aspetto doganale.
Il 1o agosto 1980, la vigilia cioè della strage alla stazione, risulta aver alloggiato all'albergo «Centrale» di Bologna. La mattina dello stesso giorno, il medesimo Kram risulta aver fatto ingresso in Italia transitando per la frontiera di Chiasso ove fu sottoposto a controllo.
Va ricordato, in proposito, che negli uffici della Direzione centrale della polizia di prevenzione esiste un fascicolo intestato a Thomas Kram, contenente le informazioni e le disposizioni che hanno dato luogo ai provvedimenti emessi a suo carico e l'esito del controllo cui è stato sottoposto.
Il riferimento alla distruzione di un fascicolo intestato al Kram (primo punto dell'interpellanza) è probabilmente collegato al fascicolo in possesso del settore della polizia di frontiera di Ponte Chiasso. Va precisato che non si trattava di vero e proprio fascicolo, bensì della cosiddetta rubrica di frontiera, in cui risultava inserito, dal 12 maggio 1980, il nominativo del Kram, con a carico i provvedimenti di perquisizione sotto l'aspetto doganale e di segnalazione per riservata vigilanza, entrambi disposti dall'allora Ufficio centrale delle investigazioni generali e operazioni speciali (UCIGOS).
La rubrica di frontiera era la raccolta, in rigoroso ordine alfabetico sillabico, dei nominativi delle persone da sottoporre a uno dei seguenti provvedimenti all'atto del controllo di frontiera: arresto, impedito espatrio, ritiro passaporto, respingimento,Pag. 9perquisizione sotto l'aspetto doganale, segnalazione per riservata vigilanza, identificazione e fermo.
Per quanto attiene al secondo punto dell'interpellanza - «in che data tale distruzione sarebbe stata effettuata» - non si è trattato di distruzione in senso proprio, bensì del trasferimento dei nominativi e relativi dati contenuti nella rubrica di frontiera nella banca dati delle forze di polizia, in occasione dell'applicazione dell'Accordo di Schengen da parte dell'Italia (il 26 ottobre 1997).
Con l'ingresso dell'Italia nell'area Schengen la rubrica di frontiera cartacea venne soppressa, su disposizione del Dipartimento della pubblica sicurezza - Direzione centrale per la polizia stradale, ferroviaria, di frontiera e postale, a seguito dell'informatizzazione di tutti i presidi di frontiera, come previsto dal citato Accordo.
Comunque, il nominativo di Thomas Kram, già dal 18 novembre 1995 non risultava più iscritto nella rubrica di frontiera cartacea, in quanto la Direzione centrale della polizia di prevenzione aveva richiesto la revoca del provvedimento a suo carico e l'inserimento dello stesso nell'archivio di polizia, sotto schedario della banca dati delle forze di polizia, quale soggetto eversivo per terrorismo internazionale, da sottoporre a vigilanza e segnalazione.
Va aggiunto che al settore di Ponte Chiasso, in data 16 febbraio 2001, è stata effettuata, in ossequio alla normativa sullo scarto degli atti d'archivio e a cura della commissione regolarmente costituita, la distruzione del fascicolo contenente la documentazione relativa al controllo del 1o agosto 1980 nei confronti del Kram, come si evince dal verbale redatto e sottoscritto nella circostanza.
Tale distruzione non ha assolutamente compromesso il possesso da parte del Dipartimento di pubblica sicurezza degli atti relativi al controllo (ivi compresa una lettera «espresso» manoscritta in lingua tedesca, trovata in possesso del Kram), in quanto sono stati trasmessi da quell'Ufficio alle competenti Direzioni centrali nonché agli Uffici territoriali interessati. Dunque, il fascicolo in senso proprio del Kram non è mai stato distrutto.
Il 4 dicembre 2006 Kram si è costituito in Germania presso la procura federale generale di Karlsruhe insieme ad Adrienne Gerhauser. Tale notizia è pervenuta alla Direzione centrale della polizia di prevenzione il 2 gennaio 2007 dall'Ufficio federale della polizia criminale tedesca.
Il 3 gennaio quanto rappresentato dall'ufficio di polizia tedesco è stato comunicato alla questura di Bologna la quale, ricevuta la notizia il 5 successivo, ha a sua volta trasmesso l'informazione alla procura del capoluogo bolognese il giorno 8.
Sulla scorta di tale importante novità, il pubblico ministero dottor Giovagnoli, titolare delle indagini sulla strage, ha avanzato il 1o febbraio 2007 formale richiesta di commissione rogatoria all'autorità giudiziaria della Repubblica federale di Germania per ascoltare, come persone informate dei fatti, i due terroristi tedeschi (attualmente in stato di libertà con obbligo di firma settimanale).
Con il medesimo atto giudiziario la procura di Bologna, tuttavia, non si è limitata a richiedere l'interrogatorio del Kram e della Gerhauser ma anche di altri ex terroristi del gruppo eversivo RZ, oltre che l'acquisizione in copia degli atti contenenti ogni utile informazione riferibile ai soggetti emersi nelle indagini tedesche ed in contatto in quegli anni con il gruppo «Carlos».
Dal 3 a 7 giugno 2007 il dottor Giovagnoli accompagnato da funzionari della direzione centrale della polizia di prevenzione e della DIGOS di Bologna si è recato a Berlino a seguito dell'accoglimento, da parte della procura generale federale presso il Tribunale di Karlsrhue, della richiesta di assistenza giudiziaria avanzata nell'ambito delle indagini stralcio avviate sulla strage della stazione di Bologna.
Sono stati ascoltati nell'ordine Johannes Weinrich (fondatore delle RZ ed ex braccio destro di Carlos), Adrienne Gherauser (esponente dell'organizzazione RZ), Crista Margot Froelich (arrestata il 18 Giugno 1982 all'aeroporto di FiumicinoPag. 10poiché nel sottofondo di una valigia che portava con sé, era stata rinvenuta una considerevole quantità di esplosivo), Thomas Kram, Rudolf Schindler (uno dei primi appartenenti alle RZ). Kram non ha inteso neppure commentare le sue stesse dichiarazioni rese durante un'intervista lo scorso armo al quotidiano il manifesto, circa la sua presenza a Bologna la notte prima della strage.
La procura di Bologna, sempre nell'ambito delle rinnovate indagini sulla strage del 2 agosto 1980, ha già avanzato richiesta di assistenza rogatoriale alle autorità di Parigi per poter escutere sia llich Ramirez Sanchez alias Carlos (detenuto in Francia perché condannato all'ergastolo) nonché Hans Joachin Klein (risiede da molti anni in Francia dopo essersi dissociato dal terrorismo), tra i fondatori delle RZ ed insieme a Carlos autore nel 1975 a Vienna dell'assalto alla conferenza dei ministri OPEC.

PRESIDENTE. L'onorevole Raisi ha facoltà di replicare.

ENZO RAISI. Signor Presidente, non mi dichiaro soddisfatto, ma molto soddisfatto. Non solo perché il sottosegretario, che ringrazio moltissimo, ha sostanzialmente confermato tutto il lavoro svolto dalla Commissione Mitrokhin su questa vicenda, aggiungendo peraltro informazioni che non conoscevo ma che di fatto vanno nella medesima direzione dell'ipotesi («ipotesi», come giustamente ha sottolineato il sottosegretario) giudiziaria in corso. Leggerò attentamente questa risposta, ma ritengo che sia un punto fermo e straordinario rispetto a questa vicenda della strage di Bologna. Soltanto ora, per la prima volta, da un banco del Governo, su informazioni delle autorità di polizia, vengono confermate quelle relazioni che noi avevamo anticipato - ma che qualcuno ha sempre negato, mi si consenta, a cominciare dalla procura di Bologna fino al presidente dei familiari delle stragi bolognesi - del legame tra Kram e Carlos.
Viene confermato che Kram era un esperto di esplosivi. Per troppo tempo si è continuato a dire che Kram era un semplice sbandato e un esponente dell'estrema sinistra di poco conto. Il materiale e le informazioni fornite oggi in questa sede ovviamente saranno da me esaminate ulteriormente. Per davvero, al di là di quella che sarà la vicenda giudiziaria sulla quale intendo dire due parole a conclusione del mio intervento, ritengo che oggi sia un giorno importante perché finalmente si è fatta chiarezza su alcune dinamiche che sicuramente si sono prodotte quel giorno, il 2 agosto 1980, e sulle motivazioni per le quali Kram, il 2 agosto 1980, era a Bologna, che non sono certamente casuali.
Rimane in me l'amarezza - lei l'ha detto a conclusione del suo intervento - per il fatto che la procura di Bologna è andata ad interrogare Kram come persona informata sui fatti. Ricordo a tutti che per molto meno, per molto meno, a Bologna si è svolto un processo indiziario che ha condannato in sede definitiva tre persone, ponendo anche lì un punto fermo della giustizia italiana sulla strage di Bologna. Qui abbiamo la certezza della presenza del terrorista a Bologna - cosa che non era per quelli che sono stati condannati -; abbiamo la certezza che l'uomo era un esperto di esplosivi; abbiamo la certezza del collegamento con Carlos, cioè l'uomo che ha compiuto attentati esplosivi sui treni in tutta Europa e che sta scontando l'ergastolo in Francia per questo motivo; vi sono le prove che l'uomo era collegato al gruppo Separat, quindi a quel gruppo che lavorava insieme all'organizzazione FPLP in Europa e non solo in atti terroristici.
Questa persona continua ad essere investita dalle indagini come persona informata sui fatti. Credo che questo sia il commento amaro e conclusivo di una giornata per me molto bella, signor sottosegretario, perché, se non altro, mi dà soddisfazione per il tanto lavoro svolto in questi anni. Non so se sarà per l'interpellanza urgente, però oggi sono molto contento.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 11

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, poiché tra poco illustrerò un'interpellanza urgente, vorrei pregarla di chiedere ai referenti del Governo, al sottosegretario che risponderà alla mia interpellanza urgente, di rispondermi con dati, e non con ipotesi o teoremi.

(Misure a favore del settore dei metalli preziosi - n. 2-00275)

PRESIDENTE. L'onorevole Mattesini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00275, concernente misure a favore del settore dei metalli preziosi (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

DONELLA MATTESINI. Signor Presidente, in primo luogo, ringrazio il sottosegretario per la celerità della risposta, perché ho depositato l'interpellanza urgente l'altro ieri e giudico come un segno positivo il fatto di poterla discutere già oggi. Ritengo e spero che sia il segno positivo di una giusta ed adeguata attenzione al settore orafo.
Con la presente interpellanza urgente, viene richiesta al Governo la disponibilità ad istituire un tavolo interministeriale per il settore dei metalli preziosi, sulla falsariga dell'analogo organismo già esistente per il settore tessile, abbigliamento e calzature, già attivo dal 1998, nonché di quello per la ceramica. Tale richiesta (cioè, quella relativa all'istituzione di un tavolo interministeriale) è stata avanzata, a più riprese, dalle categorie economiche interessate, sia artigianali che industriali, e dalle camere di commercio dei territori interessati.
Si chiede, quindi, l'istituzione di un tavolo interministeriale, che dovrebbe vedere la partecipazione di vari Ministeri (dal Ministero dell'economia e delle finanze, a quello dello sviluppo economico, dal Ministero degli affari esteri a quello del lavoro), perché riteniamo che tale composizione possa permettere di affrontare le problematiche del settore orafo-argentiero nella loro complessità. Ciò sia con riferimento al sostegno per le tante imprese del territorio (non soltanto aretino, ma anche vicentino, come anche quello di Alessandria) nel reggere l'onda d'urto della crisi, sia per impostare un lavoro di prospettiva e dare risposta ad una crisi occupazionale che, nella sola Arezzo, ha visto, in quest'ultimo anno, un aumento del 350 per cento.
Si richiede, quindi, un tavolo composto in modo così complesso, perché le tematiche da affrontare sono di vario tipo. Vorrei citare alcuni esempi: dalla promozione e salvaguardia del made in Italy, al rafforzamento dell'attività di controllo e di lotta alle contraffazioni, al tema dei dazi doganali, che sta pesantemente penalizzando il prodotto italiano. Sappiamo che il settore orafo-argentiero rappresenta, da sempre, uno dei comparti manifatturieri trainanti nella promozione del made in Italy e sappiamo anche quanto, pur in un momento di crisi senza precedenti come l'attuale, il made in Italy esprima ancora una grande potenzialità di espansione e di presenza nei mercati, sia interno che internazionale. Questo è un settore concentrato in alcuni distretti di punta: Arezzo, Vicenza, Valenza Po. Il 75 per cento delle aziende esportatrici è concentrato, infatti, in tali zone (basti pensare che, nella sola Arezzo, tale settore rappresenta il 14 per cento degli addetti ed oltre il 31 per cento del fatturato). Riporto alcune cifre: si parla di circa 10 mila 600 unità produttive, di circa 60 mila addetti in tutto il Paese e di una filiera distributiva di 24 mila punti vendita in Italia.
Se a questi dati si aggiunge l'indotto, composto di sistemi fieristici, di assicurazioni, di sistemi di sicurezza e trasporto valori, si rende evidente, ancora più, l'importanza di affrontare congiuntamente e complessivamente le problematiche del settore orafo-argentiero. Il mercato dei preziosi, in misura maggiore rispetto ad altri settori, vive oggi una prolungata fase di crisi, anche antecedente a quella attuale. Nei mercati internazionali, infatti, si sono prodotti grandi cambiamenti ed il nostro Paese, che fino a qualche anno faPag. 12sembrava il leader indiscusso del settore, ha dovuto sperimentare il lato amaro della globalizzazione.
Do soltanto dei dati: nel 2001 le tonnellate di oro lavorate in Italia ammontavano a 437, nel 2006 a 217, con un calo di 219 tonnellate, pari a circa il 50 per cento; nel 2001 l'oro lavorato in Italia sul totale mondiale ammontava al 15,8 per cento, nel 2006 solo il 9,6 per cento, quindi in soli cinque anni vi è stato un calo del 6,2 per cento.
Le principali contraddizioni sono esplose a partire dal 2003 e il loro teatro principale è stato il mercato americano, dove la vendita italiana ha subito una flessione pari al 37,2 per cento. Tra l'altro, in questo periodo l'Italia è stata superata e doppiata dalla Cina e dall'India e affiancata dalla Thailandia. Se si tiene conto che il mercato statunitense è il principale sbocco della produzione nazionale si ha la dimensione della difficoltà in atto, perché si sono modificati fattori importanti che (passatemi il verbo) ci proteggevano dalla concorrenza, vale a dire la limitata incidenza del costo del lavoro sul prezzo finale del prodotto, il primato indiscusso in fatto di stile e di tecnologia, nonché l'organizzazione finanziaria a supporto dell'approvvigionamento del metallo.
A partire dal 2003 si sono verificati, sul lato dell'offerta, una forte diffusione di tecnologie e un deciso salto organizzativo dei concorrenti. Inoltre, il deterioramento della competitività è stato indotto anche dagli andamenti valutari. Infatti, il significativo apprezzamento dell'euro sul dollaro ha rafforzato l'effetto penalizzante dei dazi doganali. Tra l'altro, questi dazi sono calcolati sul valore degli oggetti preziosi al lordo della materia prima, avvantaggiando in tal modo i concorrenti asiatici.
A seguito delle vicende dei mercati internazionali, il settore orafo-argentiero è stato investito da un vero e proprio uragano, con un calo della produzione e dell'export e un crollo dei mercati. Anche a tale riguardo sono disponibili alcuni dati: in Italia la differenza fra il mese di settembre 2007 e il mese di settembre 2008 è pari a meno 2,4 per cento, ad Arezzo è pari a meno 1,7 per cento, meno 3,1 ad Alessandria e meno 3,7 a Vicenza. Si tratta di dati particolarmente preoccupanti che rilevano una riduzione della produzione pari al 10,3 per cento, del fatturato pari al 7,6 per cento, degli ordini esteri pari al 12,2 per cento e degli ordini interni pari all'8,6 per cento, con un calo dell'occupazione dello 0,9 per cento.
Questi dati sono ulteriormente rafforzati dall'andamento del risultato della fiera di Vicenza che si è conclusa proprio sabato scorso e che ha aumentato le preoccupazioni delle aziende, delle categorie economiche e dei lavoratori stessi, perché anche in quella sede si è registrata una riduzione degli operatori presenti in fiera, una riduzione degli ordinativi e (sebbene la fiera abbia riportato numeri molto alti, considerato che i visitatori sono stati circa 15,5 mila) vi è stata un'ulteriore contrazione pari a circa il 30 per cento dei buyer nazionali ed esteri con - ancora una volta - una riduzione più forte nei confronti degli Stati Uniti.
La richiesta che avanzano i territori interessati, insieme alle categorie economiche e alle camere di commercio, è quella di attivare un tavolo permanente che riguardi più settori (quindi interministeriale), perché il settore orafo necessita davvero di un luogo e di uno strumento di analisi, di valutazione e di proposte in grado di affrontare la crisi dell'ora, di ragionare insieme su come poter frenare la caduta occupazionale e di come riconquistare mercati esteri attraverso processi di ricerca e innovazione, mirando alla difesa del made in Italy che, insisto, è ancora un valore importante, nonostante la gravità della crisi.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Alfredo Mantovano, ha facoltà di rispondere.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Ministro Scajola mi ha pregato di sostituirlo, essendo egli impedito per motivi di salute.Pag. 13
Il settore orafo, come è stato già ricordato dall'onorevole Mattesini, negli ultimi anni ha subito una forte instabilità a seguito dei problemi che hanno colpito il made in Italy che, pur essendo diventato con il passare degli anni sinonimo di eccellenza produttiva, ha necessità di tutela.
Fin dal 2000 è operativo presso l'ex Ministero del commercio estero il tavolo tecnico orafo che riunisce i rappresentanti delle principali associazioni di categoria e gli esponenti dell'amministrazione pubblica che a vario titolo si occupano del settore. Il tavolo è stato istituito per approfondire questioni di carattere promozionale, assumendo nel tempo la valenza di tavolo istituzionale per il confronto su tutti i problemi del settore, nazionali e internazionali, e in base alle tematiche di volta in volta esaminate variava la rappresentanza delle pubbliche amministrazioni.
Le questioni prioritarie riguardano soprattutto i rapporti intracomunitari, le trattative in ambito WTO, l'aggiornamento delle normative nazionali sul commercio dei materiali preziosi, i controlli alle importazioni, la lotta alla contraffazione e alla mancata conformità dei prodotti agli standard, la promozione di questo importante settore, tramite il coordinamento delle attività e delle iniziative dei poli fieristici attuato dall'ICE.
Il tavolo ha ripreso i lavori lo scorso 16 dicembre avendo all'ordine del giorno anche la tutela del made in Italy. In tale riunione, si è delineata la posizione delle categorie del settore a favore di una votazione, anche se negativa, nell'ambito del Consiglio dell'Unione europea, sull'attuale proposta di disciplina comunitaria del «made in», allo scopo di riavviare la trattativa su nuove basi. Su questo punto l'amministrazione, che riterrebbe più opportuno proseguire nell'azione di promozione, si riserva approfondimenti. Il tavolo si riunirà ancora per sviluppare strategie comuni sui vari punti per i quali, poi, la rete diplomatica della Farnesina curerà, insieme al Ministero dello sviluppo economico, gli aspetti negoziali in sede multilaterale, europea e bilaterale, con particolare riguardo al contenzioso con gli USA.
Per quanto riguarda gli interventi sulla disciplina nazionale, è in corso un'azione parlamentare, per unificare, in un solo progetto di legge, le varie proposte pendenti e le questioni sollevate dalle categorie. In merito alla contraffazione dei prodotti italiani, i rappresentanti di categoria insistono in ordine alla necessità di incrementare l'efficacia degli interventi già esistenti, sia a sostegno della produzione sia in funzione anti-ciclica. Si è convenuto, pertanto, che la prossima convocazione del tavolo, fissata per il prossimo febbraio, verterà su questa tematica.
Per il tema specifico della contraffazione, si ricorda che la legge finanziaria per il 2004 ha istituito, nelle sedi estere dell'ICE, il desk di assistenza alle imprese per la tutela della proprietà intellettuale, con l'obiettivo di offrire alle imprese italiane a all'estero, un insieme di servizi di assistenza e consulenza in materia di proprietà intellettuale. Attualmente, i desk sono quattordici e sono operativi nei Paesi nei quali più intensa è la diffusione del fenomeno della contraffazione, sia sotto il profilo della produzione di beni contraffatti sia di quello della loro distribuzione (Cina, Taiwan, India, Corea del sud, Vietnam, Emirati Arabi, Turchia, Russia, Stati Uniti e Brasile).
A livello nazionale, il Ministro Scajola, il primo agosto 2008, ha lanciato un'iniziativa che prevede il coinvolgimento di comuni e prefetti, per rendere efficace la lotta alla contraffazione sul territorio, in modo da consentire l'intercettazione del maggior volume possibile di merce contraffatta. A tale scopo, l'Amministrazione, grazie ad una convenzione con la Guardia di finanza, ha modo di intervenire in maniera più efficace e diretta per contrastare il fenomeno. Essenziale è poi l'attività di controllo e di contrasto all'importazione di preziosi non conformi alla legislazione italiana ed europea, svolta dalla Agenzia delle dogane e dalle camere di commercio. Inoltre, nel corso del 2009, sarà realizzata, in base a una convenzione con l'IPI, una campagna di informazionePag. 14istituzionale sulla lotta alla contraffazione, da svolgere attraverso i mass-media. È stato varato, infine, il nuovo programma 2008-2009, quarta edizione, di istruzione nelle scuole primarie e secondarie in tema di proprietà industriale, per contribuire a educare le nuove generazioni a comportamenti volti al contrasto della contraffazione.
Ho ricevuto l'incarico di riferire la risposta del Ministro pochi minuti prima di venire in Aula. Ovviamente, con il Ministero dell'interno siamo pronti, in qualsiasi momento, a dar conto dei risultati già raggiunti in materia di lotta alla contraffazione che hanno conosciuto un incremento significativo. Sono state, inoltre, elaborate proposte normative che, dopo l'approvazione della Camera, sono attualmente all'esame del Senato (A.S. 1195). Tali norme consentiranno l'adozione di misure dirette a rendere più efficaci gli strumenti di contrasto. Esse prevedono di inasprire e razionalizzare le norme del codice penale dedicate al tema; di introdurre nuovi strumenti investigativi per la lotta alla contraffazione quali operazioni sotto copertura analoghe alle misure esistenti per la lotta alla mafia, che consentiranno la lotta alla criminalità organizzata che sfrutta i proventi della contraffazione, molto spesso superiori a quelli del traffico degli stupefacenti; di introdurre norme che consentano la distruzione delle merci contraffatte sequestrate con procedure ancora più rapide; di modificare le sanzioni che puniscono i consumatori consapevoli di beni contraffatti, per renderle più facilmente comminabili.
Con provvedimento di riorganizzazione del Ministero dello sviluppo economico, è stato istituito, all'interno del dipartimento per l'impresa e l'internazionalizzazione, la direzione generale per la lotta alla contraffazione - ufficio italiano brevetti e marchi, che determinerà, sicuramente, un significativo potenziamento dell'azione diretta dell'amministrazione contro il fenomeno.
Il Ministero dello sviluppo economico, inoltre, ha attivato un call center ed una e-mail al servizio di consumatori ed aziende che potranno rivolgersi direttamente al Ministero dello sviluppo economico per assistenze, chiarimenti ed eventuali segnalazioni.

PRESIDENTE. L'onorevole Mattesini ha facoltà di replicare.

DONELLA MATTESINI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per la risposta, ma, anche se apprezzo il riavvio del tavolo presso il Ministero dello sviluppo economico, tuttavia non si è colta la richiesta dei territori e delle categorie economiche, ossia quella di non affrontare, come è stato fatto fino a questo momento... chiedo scusa ma credo che il sottosegretario dovrà riferire al Ministro.

PRESIDENTE. Ha ragione onorevole.

DONELLA MATTESINI. Non si è superata, con questa risposta, quella situazione negativa che ha reso debole il settore orafo-argentiero sebbene non sia un momento di grande espansione economica. Si tratta, infatti, di un settore che è stato sempre affrontato in modo parziale e spezzettato. La richiesta del tavolo interministeriale, pur apprezzando il lavoro fin qui svolto ed il rilancio del tavolo presso il Ministero dello sviluppo economico, aveva e si propone ancora la funzione di consentire e di affrontare contemporaneamente e complessivamente tutti questi temi. Essi, se affrontati in modo separato, pur apprezzando lo sforzo, non saranno in grado di affrontare la complessità di questo settore che, per essere difeso rispetto all'aggressione dei mercati esteri e rispetto ai problemi che ho indicato in sede di illustrazione, hanno bisogno di un lavoro contemporaneo.
Quindi, credo che su tale questione dovremo ragionare: io non mi arrendo e spero che il Governo, nell'incontro che si terrà a febbraio con le categorie interessate, rilancerà, come mi è stato detto, la richiesta di questo tavolo. Infatti, non si tratta soltanto della promozione, della lotta alla contraffazione, ma di un ragionamentoPag. 15complessivo ossia di come si modifica, rispetto all'attuale normativa, il marchio del made in Italy.
Da questo punto di vista, so bene che, in questo momento, in Commissione attività produttive, commercio e turismo della Camera sono in discussione alcune proposte di legge, una delle quali a mia firma, ma credo che, a parte l'iter parlamentare delle suddette, sarebbe stato doveroso - e mi dolgo che il Governo non abbia colto questa occasione - sostenere ed accompagnare i territori per affrontare da subito, in modo complessivo, le questioni pesanti che sono dietro a questo settore: anche se riguarda solo ed esclusivamente alcuni pezzi del territorio italiano, alcuni distretti e non altri, tuttavia si è consentito a questi territori un grande sviluppo, ma oggi a quei territori si consegna la mortalità di troppe aziende, quindi si mortifica una capacità di imprenditoria e nel contempo, ne ho parlato prima, vi è un 350 per cento di cassa integrazione in più.
Oltretutto questo è un settore che, prima ancora di attività di promozione, ha bisogno di essere sostenuto nella ricerca e nell'innovazione perché, tranne alcune grandi aziende, sappiamo che in questo settore vi sono tantissime piccole e medie aziende che non hanno da sole la capacità di quella ricerca e quella innovazione capaci di poter ulteriormente qualificare il made in Italy.

(Orientamenti del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca in materia di insegnamento dell'inglese e della seconda lingua e misure per contrastare il fenomeno del bullismo - n. 2-00277)

PRESIDENTE. L'onorevole Evangelisti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00277, concernente orientamenti del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca in materia di insegnamento dell'inglese e della seconda lingua e misure per contrastare il fenomeno del bullismo (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, l'interpellanza che illustrerò a nome del gruppo Italia dei Valori è rivolta al Ministro Gelmini, ma saluto con piacere il sottosegretario Pizza che risponderà, ed è relativa al tema della scuola, almeno per quanto riguarda due aspetti che in questi giorni hanno trovato gli onori delle cronache. Uno è quello che riguarda l'insegnamento della lingua straniera nelle scuole italiane ed in particolare nelle scuole medie e l'altro è l'aspetto relativo al bullismo.
Se me lo consente, signor Presidente, invertirei l'ordine, partendo appunto dal bullismo.
Avevo capito, a proposito della famosa riforma Gelmini, che le invenzioni del grembiulino, del maestro unico ed in particolare del ripristino del voto in condotta (il sette, il cinque, e anche in questo caso decidetevi, perché, in alcuni istituti, si prevede il cinque per l'offesa al bidello e, in altri, il sette, se si offende e si manca di rispetto ad un insegnante) dovessero servire proprio a contrastare il fenomeno del bullismo. Invece, poi scopriamo - qualche giorno fa e cito da Repubblica.it - che l'onorevole Maria Stella Gelmini è favorevole ad installare telecamere negli istituti contro gli atti di bullismo. Non entro sull'aspetto pedagogico e su quello culturale di una risposta del genere, ma mi limito ad avviare il dibattito.
Le segnalo, grazie anche al sito del professor Giorgio De Filippi, che in Italia vi sono circa 126 mila classi di scuola superiore (licei, istituti tecnici, et cetera), circa 85 mila classi di scuola media inferiore e altre 126 mila classi di scuola elementare, per un totale, quindi, di 361 mila telecamere occorrenti. Fate un po' voi i conti. Lo ripeto, lascio da parte l'aspetto pedagogico e culturale che ovviamente è quello più interessante, ma dico solo che, per fare il Ministro, bisognerebbe saper fare di conto.
Vorrei adesso esaminare l'altro tema, non meno importante, previsto nell'interpellanza: anche in questo caso, sebbene non si tratti di responsabilità diretta - lo voglio ammettere da subito - del Ministro Gelmini (dal momento che la norma cui si fa riferimento è contenuta in un decretoPag. 16legislativo del 2005, quando il Ministro della pubblica istruzione era Letizia Moratti), tuttavia, devo riconoscere che vi è una certa responsabilità, perché ha riesumato questa norma che il Ministro Moratti, sulla base dello sconcerto e delle proteste di cinque ambasciatori di Paesi europei, aveva teso a congelare. Mi riferisco al fatto che, per potenziare l'insegnamento della lingua inglese, il Ministro Gelmini ha deciso che, laddove sono previste tre ore di inglese e due di francese, se ne prevedranno cinque di inglese e non si parlerà più né di francese, né di spagnolo, né di tedesco.
Non voglio difendere il tedesco, la lingua di Goethe, ma possiamo ricordare che il francese è la lingua della diplomazia internazionale? Possiamo ricordare che il francese è la lingua ufficiale del comitato olimpico internazionale? Possiamo ricordare che il francese è la lingua ufficiale delle grandi organizzazioni internazionali? Possiamo ricordare che lo spagnolo è la seconda lingua parlata negli Stati Uniti d'America e che, nelle recenti elezioni, che hanno portato alla Presidenza Barack Obama, le schede elettorali erano compilate sia in inglese sia in spagnolo? Possiamo ricordare che in tutto il Sudamerica la prima lingua è lo spagnolo? Capisco - per carità - quando il Ministro afferma che l'inglese è indispensabile per qualsiasi tipo di lavoro. Riconosco che è vero, ma ciò non può avvenire a scapito di una seconda lingua né soprattutto delle direttive dell'Unione europea e degli impegni che il nostro Paese ha assunto (furono Berlusconi e Moratti nel 2002 a Lisbona) su questo tema.
Perché dobbiamo farci continuamente riprendere? Lei sa bene, signor sottosegretario, che qualche giorno fa il commissario delegato al multilinguismo della Commissione europea, il rumeno Orban, ci ha ripreso per questo eccesso di anglofonia della scuola italiana che va, appunto, a scapito delle altre lingue. Come ho già detto, è vero che l'inglese è indispensabile per qualsiasi tipo di lavoro, ma l'inglese, da solo, non è sufficiente e, inoltre, così facendo, non si rispettano i Trattati dell'Unione europea, dove si prevede l'insegnamento di almeno due lingue, oltre la lingua madre. Tuttavia, siccome al peggio non vi è mai fine, il Ministro Gelmini non si limita, appunto, a commettere questi grossolani errori, ma cerca di rimediarvi.
Infatti, alla domanda del giornalista de Il Corriere della Sera del 17 gennaio, che chiedeva se vi fosse il rischio di un'egemonia culturale dell'inglese, venendo meno la pari dignità degli idiomi europei, il Ministro Gelmini rispondeva di non essere affatto contraria alla direttiva che sollecita lo studio di due lingue comunitarie, aggiungendo che, nella riforma delle superiori, era chiaro il potenziamento delle lingue europee. Infatti, spiegava che il liceo linguistico ne prevede tre, il liceo musicale e coreutico due e che negli istituti tecnici si sarebbe studiato obbligatoriamente l'inglese per cinque anni, con l'aggiunta di una seconda lingua facoltativa.
Non rispondo io, ma gli insegnanti, i quali dicono che, quando il Ministro afferma che nella riforma delle scuole superiori appare chiaro il potenziamento delle lingue, sa benissimo - se così non fosse sarebbe gravissimo - che non riforma proprio niente, limitandosi a regolarizzare una situazione già esistente.
L'onorevole Ministro ha affermato che il linguistico prevede tre lingue, ma va detto che ve ne sono già tre, quindi non si aggiunge nulla. Inoltre, il Ministro afferma che negli istituti tecnici si studierà una seconda lingua che, purtroppo, come ho evidenziato poco fa, sarà solo facoltativa; allora cosa cambierebbe?
Credo di poter terminare l'illustrazione e che l'onorevole sottosegretario abbia tutti gli elementi per rispondere. Infatti, ciò che mi sembrava necessario era evidenziare le incongruenze di tali dichiarazioni. Per ritornare al punto, la riforma del Ministro Gelmini (quella successiva al decreto-legge n. 112 del 2008) prevede il ritorno anche nelle scuole elementari del maestro unico. Pertanto, se mi è permesso, aggiungo un piccolissimo quesito ai due che sono già contenuti nella interpellanza: riuscirà il maestro unico a far frontePag. 17all'insegnamento fino a tre ore settimanali in terza, quarta e quinta elementare anche dell'inglese?

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Giuseppe Pizza, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, l'interpellanza in discussione verte su due tematiche: l'una riguarda l'insegnamento delle lingue straniere nelle scuole secondarie di primo grado e l'altra il fenomeno del bullismo, con richiesta di conoscere le iniziative che si intendono adottare.
Con riguardo all'insegnamento della seconda lingua comunitaria nella scuola secondaria di primo grado, vorrei fare presente che le esigenze che scaturiscono dalla costante estensione delle relazioni fra i cittadini dei vari Stati stanno evidenziando la necessità di una lingua veicolare che consenta di rendere realmente possibile l'interazione fra culture e lingue diverse.
In tale quadro non c'è dubbio che l'inglese sia ormai da tutti individuato come il mezzo di comunicazione adottato con assoluta prevalenza. La disposizione inserita nel decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 mira proprio a rendere coerente l'impianto riformatore con il quadro esterno di riferimento. Essa, tuttavia, non può essere letta nell'ottica di una precostituita volontà di eliminare dal tessuto ordinamentale lo studio di una seconda lingua comunitaria.
Occorre, infatti, considerare che concentrare le tre ore dedicate allo studio della seconda lingua sull'inglese non è un obbligo, ma soltanto una facoltà, sicché coloro che ritengono più utile una preparazione di bilinguismo per le loro prospettive di vita possono tranquillamente continuare a farlo.
Con riguardo alla revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, prevista dall'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, faccio presente che è stato predisposto dal Ministero uno schema di regolamento, che sta seguendo l'iter prescritto, il quale prevede che, a decorrere dall'anno scolastico 2009-2010, a richiesta delle famiglie e compatibilmente con le disponibilità di organico e l'assenza di esubero della seconda lingua comunitaria, è introdotto l'insegnamento dell'inglese potenziato, anche utilizzando le ore di insegnamento della seconda lingua comunitaria o i margini di autonomia previsti, con ovvio riferimento alla quota disponibile delle singole autonomie scolastiche al fine di caratterizzare la propria offerta formativa.
L'opzione che prevede l'insegnamento dell'inglese potenziato può pertanto essere assolta anche in presenza di una seconda lingua comunitaria. Quindi, a partire dalle prime classi che saranno attivate dall'anno scolastico suindicato, le famiglie potranno scegliere se far seguire ai propri figli l'insegnamento della sola lingua inglese o dell'inglese e di una seconda lingua comunitaria, tenendo conto dei vincoli esplicitati dal regolamento.
Le direttive europee non sono contraddette in quanto l'articolazione sopra descritta non elimina alcuna delle opportunità formative sostenute in sede comunitaria. Per converso accentua il carattere di una riforma degli ordinamenti che vuole essere attenta alle istanze e alle esigenze degli alunni, basandosi su principi di flessibilità che consentono ampi margini per una loro presenza attiva nella costruzione di un percorso formativo personalizzato. È evidente che si tratta dell'aspetto primario da prendere in considerazione in qualsiasi progetto di riforma. Ricordo anche che le istituzioni scolastiche, nella loro autonomia didattica e organizzativa, potranno attivare corsi relativi alla seconda lingua straniera.
Con riguardo al fenomeno del bullismo, ritengo utile ricordare che tra i compiti della scuola vi è quello di contribuire, con le modalità che le sono proprie, a rimuovere ogni forma di intolleranza, violenza,Pag. 18pregiudizio e discriminazione e che la scuola italiana promuove la crescita comune dei giovani, evitando divisioni, discriminazioni e pregiudizi e favorisce un insegnamento fondato sulla conoscenza dei diritti fondamentali, sull'educazione alla legalità, rispetto e benevolenza.
Sottolineo inoltre che le iniziative e le attività volte a contrastare ogni forma di violenza e di bullismo nelle scuole e a diffondere la cultura della legalità fra i giovani sono tra gli interventi prioritari del Ministero, impegnato nella rimozione degli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo e la valorizzazione della personalità umana e la piena potenzialità relazionale.
Ricordo che è attivo presso il Ministero medesimo un numero verde nazionale per l'ascolto e la consulenza in casi di violenza a scuola, che ha svolto fino ad oggi alcune importanti funzioni: il servizio ha un ruolo di mediatore tra scuola e famiglia per la gestione di casi difficili e altamente conflittuali; attraverso il numero verde è possibile far emergere un certo numero di casi sommersi. Diversi bambini e ragazzi che non avevano il coraggio di dichiarare ai loro genitori di essere vittime di bullismo, attraverso l'anonimato si sono sentiti liberi di poter chiedere supporto e aiuto. Sono stati inoltre seguiti per diverso tempo molti casi, dando supporto e indicazioni a genitori, insegnanti, dirigenti scolastici e ragazzi, sulle strategie possibili non ancora messe in campo nella specifica situazione e sulle risorse territoriali, scolastiche e degli osservatori regionali, che avrebbero potuto essere attivate. Un'altra importante funzione è quella di costituire un osservatorio permanente sulla qualità e l'evoluzione del fenomeno e sui progetti di prevenzione che si attuano progressivamente nel territorio. L'esperienza maturata sino ad oggi ha consentito di sviluppare un modello di risposta telefonica e un modello di analisi del fenomeno, che rappresenta una buona pratica per l'individuazione degli indicatori di rischio del fenomeno presente attualmente nel panorama italiano e internazionale; ancora, è stato possibile raccogliere molte segnalazioni sul disagio in genere presente nella scuola.
Sono stati inoltre istituiti osservatori regionali permanenti, che, oltre a monitorare il fenomeno del bullismo e a verificare le attività svolte dalle varie scuole, hanno il compito di promuovere percorsi di educazione alla legalità, all'interno delle scuole, tramite attività curricolari ed extracurricolari.
Tali attività prendono come fondamento l'educazione alla legalità intesa come presa di coscienza delle regole alla base della convivenza civile, e aiutano a sostenere attività che permettono di considerare la diversità come paradigma dell'identità della scuola e come occasione per aprire l'intero sistema formativo a tutte le differenze.
Per la promozione di iniziative volte a diffondere fra i giovani la cultura della legalità attraverso concorsi, celebrazioni e informazioni sul tema della mafia e di altre forme di illegalità e di criminalità organizzata, sono in corso protocolli di intesa tra questo Ministero e il Coordinamento nazionale «Riferimenti», per la realizzazione del percorso nazionale «Gerbera Gialla», con particolare attenzione alle iniziative in Calabria e la distribuzione del Calendario 2009 «12 pagine di Libertà» nonché con la Fondazione «Giovanni e Francesca Falcone», per la realizzazione di percorsi educativi nelle scuole di ogni ordine e grado e l'organizzazione delle manifestazioni conclusive a Palermo, il 23 maggio, in occasione dell'anniversario della strage di Capaci. È stato bandito insieme all'associazione «Libera-associazioni, nomi e numeri contro le mafie» il concorso nazionale «Regoliamoci» al quale partecipano ogni anno circa mille gruppi-classe.
Si è stretta una forte collaborazione con la polizia di Stato per la realizzazione del concorso «Il Poliziotto un amico in più» e il concerto «Una nota di sicurezza» che utilizza la leva artistica per aprire un positivo dialogo tra le forze dell'ordine e le giovani generazioni. Il Ministero ha inoltre sostenuto la giovanePag. 19associazione palermitana «Addio Pizzo», che ha realizzato interessanti percorsi formativi nelle scuole di Palermo finalizzati ad una conoscenza del fenomeno del pizzo e ad una sensibilizzazione del territorio, delle famiglie e dei commercianti. È stato confermato per l'anno scolastico in corso il finanziamento del programma «Scuole aperte» che intende facilitare l'apertura pomeridiana delle scuole, affinché siano sentinelle di legalità in ogni zona del Paese.
Per la prima volta al Ministero è stato istituito presso la Direzione generale per lo studente un ufficio dedicato a «Partecipazione scolastica, legalità e cittadinanza» con il compito di definire gli interventi a sostegno della condizione studentesca e per la promozione della cultura della legalità dentro e fuori la scuola, comprese azioni per la prevenzione e la lotta al fenomeno del bullismo e attività di promozione dell'educazione alla pace e ai diritti umani, nonché percorsi per la promozione della cittadinanza attiva.
Come previsto dal Protocollo d'intesa firmato con le Associazioni nazionali dei genitori il Ministero intende promuovere iniziative di sensibilizzazione, informazione e formazione rivolte agli studenti, ai genitori e ai docenti su temi che riguardano la prevenzione di tutte le forme di bullismo, compresi atti di intolleranza razziale o religiosa e di violenza giovanile in ogni sua forma, sia fisica sia psicologica.
La sempre più significativa presenza di immigrati nella scuola italiana ha portato questo Ministero ad affidare ad ogni direzione regionale appositi fondi integrativi dei trasferimenti ordinari per iniziative finalizzate al miglior inserimento dei minori stranieri nelle nostre scuole. La direzione ne monitora l'utilizzo e organizza eventi di scala nazionale di approfondimento delle tematiche connesse a questo problema.
Da ultimo è intervenuto il decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, convertito dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169, che ha introdotto nel nostro sistema scolastico la disciplina «Cittadinanza e Costituzione» al fine di ripristinare nella scuola il concetto di regola, il rispetto della norma e della legalità. In materia di sanzioni disciplinari verso gli studenti che commettono atti gravi di bullismo, violenza, offesa alla dignità delle persone, con l'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 21 novembre 2007, n. 235, a decorrere dal 2 gennaio 2008 sono stati modificati gli articoli 4 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249: «Statuto delle studentesse e degli studenti».
Le modifiche consentono alle scuole di sanzionare con maggiore rigore e severità rispetto al passato i casi più gravi di violenza e di bullismo degli studenti. Secondo un principio di proporzionalità tra la sanzione irrogabile e l'infrazione disciplinare commessa, si possono adottare nuovi provvedimenti disciplinari, particolarmente rigorosi, di fronte a comportamenti riprovevoli e connotati da un altissimo grado di disvalore sociale. In particolare, verso gli studenti che commettono, all'interno della scuola, fatti di rilevanza penale che violano la dignità e il rispetto della persona umana o che mettono in pericolo l'incolumità delle persone, sarà possibile irrogare una sanzione di allontanamento dello studente anche per un periodo superiore ai 15 giorni; verso gli studenti che tengono i comportamenti suddetti nelle ipotesi in cui si sia anche in presenza di casi di recidiva, di atti di violenza grave, o comunque connotati da una particolare gravità tale da ingenerare un elevato allarme sociale, sarà possibile disporre l'allontanamento dello studente fino al termine delle lezioni. Nei casi gravissimi, sarà possibile disporre l'esclusione dello studente dallo scrutinio finale o la non ammissione all'esame conclusivo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 15,30)

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Verso gli studenti che commettono infrazioni disciplinari meno gravi, che devono essere appositamente definite daiPag. 20regolamenti di istituto delle singole istituzioni scolastiche, continua ad applicarsi la normativa precedente: allontanamento dalla comunità scolastica per periodi non superiori a 15 giorni, sanzioni educative di carattere riparatorio che prevedono attività di natura sociale o culturale e, in generale, a vantaggio della comunità scolastica. Quest'ultima tipologia di sanzioni deve accompagnare anche le sanzioni previste per le ipotesi più gravi richiamate precedentemente.
Con il decreto ministeriale n. 5 del 16 gennaio 2009, emanato in applicazione delle disposizioni contenute nella suddetta legge n. 169 del 2008, si è inoltre provveduto a regolamentare le finalità, le caratteristiche e gli effetti della valutazione del comportamento delle studentesse e degli studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado, prevedendo in caso di valutazione del comportamento inferiore a 6/10 riportata dallo studente in sede di scrutinio finale, la non ammissione automatica dello stesso al successivo anno di corso o all'esame conclusivo del ciclo di studi.
Importante inoltre è stata l'introduzione del Patto educativo di corresponsabilità tra scuola, famiglie e studenti al fine di rendere effettiva la piena partecipazione dei genitori. Con questo strumento le famiglie, nell'ambito di una definizione più dettagliata e condivisa dei diritti e dei doveri dei genitori verso la scuola, si assumono l'impegno di rispondere direttamente dell'operato dei propri figli quando violino i doveri sanciti dal regolamento di istituto e dallo statuto degli studenti. In quest'ottica quindi assumono fondamentale importanza la qualità delle relazioni, il clima scolastico e le diverse modalità con cui si vive la scuola.
Si ritiene quindi, che gli interventi qui delineati possano contribuire a determinare le condizioni per prevenire fenomeni di violenza e prevaricazione all'interno delle scuole. Premesso quanto sopra, il Ministero è consapevole della necessità di intensificare i progetti in atto e di avviarne nuovi con il coinvolgimento delle famiglie, delle scuole e delle istituzioni, ed inoltre, che siano attivate tutte le iniziative che la normativa vigente consente per garantire la sicurezza e l'incolumità degli studenti nelle istituzioni scolastiche. Resta peraltro fermo che ciascuna istituzione scolastica nell'ambito della propria autonomia può determinare ulteriori criteri ed iniziative finalizzate alla sicurezza nonché alla prevenzione di comportamenti riprovevoli, tenendo conto di quanto previsto dal regolamento d'istituto, dal Patto educativo di corresponsabilità e dalle specifiche esigenze della comunità scolastica e del territorio.

PRESIDENTE. L'onorevole Evangelisti ha facoltà di replicare.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, se dovessi dichiararmi soddisfatto direi una bugia che non è educativa. Tuttavia, intendo sinceramente ringraziare il sottosegretario Pizza per una risposta che potremmo definire magna et copiosa, soprattutto per quanto riguarda il secondo dei quesiti che avevamo posto come Italia dei Valori, in particolare per quanto riguarda il tema del bullismo a scuola.
Su questo punto svolgo un'osservazione e poi ritorno al tema della seconda lingua.
Abbiamo sentito che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha ottenuto alcuni risultati in questi ultimi tempi: lo segnalo positivamente e sono soddisfatto di ciò. Inoltre, è stato messo in piedi un ufficio dedicato a «partecipazione scolastica, legalità e cittadinanza»; sono state individuate le sentinelle di legalità (mi scusi se brutalizzo i concetti e riassumo un po' troppo strettamente); ci sono gli osservatori regionali sul bullismo; c'è lo statuto degli studenti e delle studentesse; c'è il numero verde; c'è il patto educativo tra genitori e figli; ci sono i centri di ascolto, i corsi di educazione alla cultura della legalità, e così via. Se questi sono gli strumenti di contrasto, proseguiamo su questa strada. Mi sembra, però, di aver capito e di aver trovato una conferma che, a contrastare il bullismo, non è il voto in condotta e non sono tanto meno le telecamere. Da questo punto diPag. 21vista potrei, paradossalmente, dichiararmi persino soddisfatto. Lo affermo perché, invece, il battage pubblicitario che vede il Ministro Gelmini primeggiare nei sondaggi dice proprio che gli strumenti repressivi sono il voto in condotta e le telecamere. Lei smentisce questa impostazione e ne sono contento.
Insisto su questo aspetto, però, perché con il maestro unico, il voto in condotta, il grembiulino, la telecamera e la riduzione della seconda lingua comunitaria si sono introdotti ulteriori elementi di regressione culturale nella nostra scuola. Ciò fa male e preoccupa, al di là di questioni di schieramento e di propaganda. Chiedo al sottosegretario, quindi, di accogliere una preghiera che indirizzo al Ministro Gelmini: presti attenzione, sì, ai sondaggi, ma la storia, domani, potrebbe essere un po' più severa dei sondaggi stessi e potrebbe non designarla come il miglior Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
Ritorno, però, al tema dal quale eravamo partiti con riferimento all'interpellanza urgente in esame, riguardante il rischio di perdere la seconda lingua straniera a vantaggio della lingua inglese, la lingua potenziata. Su tale aspetto, neanche paradossalmente posso trovare motivo di soddisfazione, perché, affermando che la seconda lingua diventa facoltativa, conosciamo la spinta prorompente e forte a vantaggio della lingua inglese: vi è il rischio che succeda come è successo in passato, ai nostri tempi, quando era stato reso facoltativo l'insegnamento del latino. È molto più facile svicolare dal latino, dal tedesco, dallo spagnolo e dal francese ed impegnarsi soltanto nell'inglese: questo, magari, tranquillizza le nostre coscienze, ma impoverisce i nostri ragazzi. Riprendo anche qui un ausilio esterno. Si tratta di parole non mie, ma della professoressa Linda Rossi Holden, sul sito www.repubblica.it: «Se proprio l'inglese potenziato è un obiettivo prioritario, allora il Ministro dovrebbe sapere che esistono altre metodologie con le quali, senza colpire le altre lingue, si ottengono gli stessi risultati; in particolare il CLIL (apprendimento integrato di lingua e contenuto), ovvero l'approccio ad una qualsiasi disciplina scolastica attraverso l'uso veicolare dell'inglese. Infine, sarebbe interessante sapere che reazione avrebbe Mariastella Gelmini se in un qualsiasi altro Paese europeo si rinunciasse all'apprendimento-insegnamento della lingua italiana per privilegiare la lingua di Albione».
Cito la professoressa Linda Rossi Holden perché mi ha colpito, in particolare, questo suo ultimo passaggio, che è una riflessione: «Nessun decisore politico si è mai reso conto, agendo di conseguenza, che tutto transita attraverso le lingue; un dominio non soltanto educativo, ma anche culturale, sociale, economico, occupazionale e politico. Trascurare lo sviluppo della conoscenza, dell'apprendimento, dell'insegnamento delle lingue straniere è una miopia colpevole e pericolosa, che ci esclude e ci penalizza nei confronti dell'integrazione sociale e delle relazioni economiche».
Qui siamo ai due quesiti ufficiali, quelli contenuti nell'interpellanza. Poi, mi ero permesso, sottosegretario Pizza, di rivolgerle un terzo quesito fuori sacco, riguardante la possibilità e la capacità del maestro unico di insegnare l'inglese in III, IV o V elementare. Molti ne dubitano. Cito le parole dell'Associazione nazionale degli insegnanti stranieri, che dicono che, per formare i maestri impegnati nell'insegnamento dell'inglese, il Ministro ha previsto un corso di sole 150-200 ore, durante le quali le suddette figure professionali dovrebbero imparare la lingua inglese e come insegnarla ai bambini dai sei ai dieci anni, una scelta che non darà che risultati disastrosi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

(Iniziative per la cancellazione dell'Organizzazione dei Mujaidin del Popolo dell'Iran (OMPI) dalla lista delle organizzazioni terroristiche dell'Unione europea - n. 2-00279)

PRESIDENTE. L'onorevole Zamparutti ha facoltà di illustrare la sua interpellanzaPag. 22n. 2-00279, concernente iniziative per la cancellazione dell'Organizzazione dei Mujaidin del Popolo dell'Iran (OMPI) dalla lista delle organizzazioni terroristiche dell'Unione europea (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
Prima di dare la parola all'onorevole Zamparutti per illustrare la sua interpellanza, vorrei salutare gli studenti della scuola media «Bracco» di Napoli, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune. Vorrei rassicurare loro che, normalmente, quest'Aula è molto più affollata, ma questo è un momento in cui si svolgono gli atti di sindacato ispettivo, nel quale il rapporto tra il parlamentare che interpella e il Governo che risponde è diretto. Gli altri parlamentari stanno seguendo i lavori in Commissione, ma quei pochi che sono presenti sono lieti di salutarvi ed anch'io lo faccio molto volentieri, ringraziandovi per aver dedicato una giornata della vostra vita a seguire i lavori del Parlamento.
Onorevole Zamparutti, prego.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per la sua presenza in Aula. La vicende dei Mujaidin del popolo iraniano, che è oggetto della presente interpellanza, può essere affrontata da vari punti di vista: chi erano ieri, chi sono oggi, cosa hanno fatto ieri e cosa fanno oggi.
Non entrerò nel merito di tutto ciò, pur avendo opinioni ben precise al riguardo, perché la questione che pongo e che poniamo, come firmatari di questa interpellanza urgente, che è espressione di un interessamento assolutamente trasversale a questa vicenda, è: chi siamo o vogliamo essere noi italiani ed europei.
Esistono infatti ben quattro sentenze della Corte di giustizia europea, che hanno annullato le decisioni dei Consigli dei ministri europei, che ostinatamente hanno voluto mantenere questa organizzazione nella lista dei gruppi terroristici. In base alla normativa europea, un'organizzazione può, infatti, essere inclusa nella lista nera se è inserita nella lista di almeno un Paese membro dell'Unione europea. Per vari anni, i Mujaidin del popolo iraniano erano inseriti nella lista della Gran Bretagna. Senonché, in seguito a sentenze pronunciate dalle corti britanniche l'estate scorsa (che - ci tengo a sottolinearlo - hanno preso in considerazione anche la documentazione in possesso di altri Governi a carico dell'organizzazione dei Mujaidin del popolo iraniano, in merito al loro presunto coinvolgimento in azioni terroristiche), è stato disposto che venissero cancellati dalla lista nera del Governo inglese.
Quest'atto è stato compiuto attraverso l'approvazione di un'ordinanza governativa da parte del Parlamento britannico, fatto in un primo momento negato dal Governo italiano, ma che, come attestato ieri nel corso della risposta ad un'interrogazione del mio collega Matteo Mecacci in Commissione affari esteri, è stato poi ammesso. Ora, il Consiglio affari generali dello scorso 15 luglio, a fronte della cancellazione da parte della Gran Bretagna di quest'organizzazione dalla propria lista nera, avrebbe dovuto cancellarla dalla lista europea, non sussistendo più il presupposto giuridico del loro inserimento in una lista nazionale.
Eppure, la decisione del Consiglio affari generali e relazioni esterne (CAGRE) del 15 luglio è stata, invece, quella di mantenerla, perché - è stato detto - erano state sottoposte all'attenzione del Consiglio nuove informazioni riguardo all'Organizzazione.
Quali erano queste informazioni? Le si ritrovano in vari documenti e attengono ad un'inchiesta giudiziaria da parte della sezione antiterrorismo della procura della Repubblica francese, dove erano stati formulati due nuovi capi di imputazione, a marzo e a novembre 2007, a carico di individui - quindi, non a carico dell'Organizzazione - presumibilmente appartenenti ai Mujaidin del popolo iraniano.
Che giudizio ha dato la Corte europea nell'ultima delle quattro (lo ricordo di nuovo) sentenze pronunciate, che è stata emessa lo scorso 4 dicembre? È stata emessa una sentenza di annullamento della decisione del CAGRE, perché illegittima; illegittima, innanzitutto, perché èPag. 23stato violato, ancora una volta, il diritto di difesa dei Mujaidin del popolo iraniano, che non sono stati messi in condizione di difendersi, non essendo stati resi noti i capi di imputazione (e non sussistevano neanche - dice la Corte europea - ragioni di urgenza che giustificassero un simile comportamento, e, quindi, la mancata informazione dell'Organizzazione di quanto la concerneva e riguardava).
La seconda ragione per cui la Corte europea, lo scorso 4 dicembre, ha annullato la decisione del CAGRE risiede nel fatto che nessuna delle informazioni contenute nella decisione del CAGRE di luglio, così come quelle contenute nelle motivazioni di tale decisione, nella lettera che poi è stata notificata all'Organizzazione dei Mujaidin del popolo iraniano per informarli che restavano nella lista, così come quelle contenute - badate bene - nella risposta del Consiglio alla richiesta di informazioni da parte della Corte di giustizia, dimostrava la sussistenza del presupposto giuridico per il mantenimento dell'Organizzazione nella lista europea, perché non eravamo di fronte ad una sentenza pronunciata da corti di uno Stato europeo.
Questo, infatti, è l'atto giuridicamente necessario all'inserimento dell'Organizzazione in una lista nazionale, senza contare, poi, il fatto che non è stata fornita da parte del Consiglio neppure la motivazione specifica sul motivo per cui i fatti ascritti a persone sospettate di essere membri dell'Organizzazione siano stati attribuiti, come dicevo prima, all'Organizzazione nel suo insieme.
Tanto più è grave, poi, il fatto che la Francia si sia rifiutata di trasmettere alla Corte gli atti che giustificherebbero, a detta della Francia, il mantenimento dell'Organizzazione nella lista dell'Unione europea.
Come evidenziamo nella nostra interpellanza, sono poi sopraggiunte e si sono registrate nuove importanti decisioni politiche a livello europeo, con i Governi danese e finlandese che hanno annunciato la loro apertura a dar seguito alle sentenze delle corti europee, nonché con il Governo britannico che, in sede di dibattito alla Camera dei Lord, il 12 gennaio 2009, per voce del Ministro Malloch Brown, ha annunciato che il Governo di Sua Maestà darà corso alle decisioni delle corti nazionali per quanto riguarda il mancato presupposto del mantenimento dell'Organizzazione dei Mujaidin del popolo iraniano nella lista delle organizzazioni terroristiche.
Quindi, di cosa stiamo parlando oggi? Cosa stiamo chiedendo? Stiamo chiedendo se l'Italia non intenda far avanzare questo fronte europeo volto al rispetto della legalità, che è il rispetto della democrazia e dello Stato di diritto, a fronte anche di quel lavoro politico e diplomatico, fervido ed intensissimo, che l'Iran sta svolgendo nelle capitali europee proprio per scongiurare che i Mujaidin siano cancellati dalla lista delle organizzazioni terroristiche europee.
È importante ricordare che cos'è l'Iran. Molto si potrebbe dire a questo riguardo, ma mi soffermo su un aspetto che dovrebbe interessare maggiormente il Governo italiano, che è stato paladino di una battaglia che ci ha fatto riconoscere al mondo intero, e mi riferisco alla battaglia per la moratoria universale delle esecuzioni capitali. Vi darò quindi degli elementi relativi all'Iran e alla pena di morte, informandovi che nel 2008 l'Iran, secondo quanto attestato da «Nessuno tocchi Caino», è il secondo Paese per numero di esecuzioni capitali: «Nessuno tocchi Caino» ha calcolato almeno 319 esecuzioni nel 2008, ma i dati reali potrebbe essere ancora più alti, perché le autorità iraniane non forniscono statistiche ufficiali su questo; anche perché dal 14 settembre 2008, nel tentativo di arginare le proteste internazionali, le autorità iraniane hanno vietato ai giornali del Paese la pubblicazione di notizie relative a esecuzioni capitali, in particolar modo dei minorenni. E a proposito dei minorenni, nel 2008 sono stati almeno 13 coloro che avevano meno di 18 anni al momento del reato che sono stati giustiziati: l'Iran è l'unico Paese al mondo in cui risulta sia stata praticata nel 2008 la pena di morte nei confronti deiPag. 24minori, fatto che pone L'Iran in aperta violazione della Convenzione sui diritti del fanciullo, che pure ha ratificato. L'impiccagione è stato il metodo preferito con cui nel 2008 è stata applicata la Sharia in Iran, ma non è mancata la lapidazione.
È quindi evidente che l'indebolimento politico del regime iraniano passa dalla cancellazione dei Mujaidin del popolo iraniano dalle liste delle organizzazioni terroristiche; e questo significa oggi che l'indebolimento politico dell'Iran passa dal rigore che noi italiani e noi europei vogliamo avere dei nostri stessi principi di legalità, che, ripeto, sono principi di Stato di diritto e di democrazia. E questo è un fatto che ormai ci riguarda!
Noi chiediamo se non ritenga il Governo di chiedere al prossimo Consiglio affari generali, che si terrà a Bruxelles il 26 e 27 gennaio, il rispetto delle sentenze pronunciate dalla Corte di giustizia europea, domandando la cancellazione dell'organizzazione dei Mujaidin del popolo iraniano dalla lista delle organizzazioni terroristiche.
Concludo dicendo che il Governo, attraverso le parole del sottosegretario Mantica, ha espresso un interesse credo sincero per quella che è la condizione dei Mujaidin residenti nel campo di Ashraf. E a questo proposito quello che voglio dire è che la cancellazione dalla lista nera europea e la sicurezza dei residenti ad Ashraf vanno di pari passo, proprio perché la prima incide strutturalmente sulla seconda, e su questo nodo politico noi chiediamo che il nostro Governo prenda una chiara posizione (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Enzo Scotti, ha facoltà di rispondere.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, il Governo italiano attribuisce un elevato livello di priorità alla lotta al terrorismo e lo ha confermato rispondendo per ben due volte in Commissione affari esteri proprio su questa questione.
Al tempo stesso abbiamo sempre promosso, e intendiamo continuare a promuovere, la necessità di contemperare un alto livello di sicurezza con il pieno rispetto della legalità internazionale, con particolare riferimento alla tutela dei diritti fondamentali.
Riteniamo, infatti, che non vi sia possibilità di uno scambio tra il contrasto al terrorismo ed i nostri principi giuridici e morali. Il Governo è convinto che questo approccio debba essere sempre applicato, anche in situazioni di emergenza.
Questi sono peraltro i motivi che spingono quest'anno l'Italia, in qualità di Presidente del G8, a porre particolare attenzione alla ricerca del miglior possibile equilibrio tra lotta al terrorismo e legalità.
Una seconda esigenza - che è poi quella richiamata dall'interpellanza - è quella della coerenza. Abbiamo preso atto, negli ultimi tempi, di un certo grado di discrepanza tra regimi sanzionatori dell'Unione europea e delle Nazioni Unite, così come di posizioni diverse tra Stati riguardo alla lista ed alla cancellazione dalla lista di individui e gruppi accusati di terrorismo (con riferimento proprio al caso che stiamo qui esaminando, voglio sottolineare che, indipendentemente da quello che verrà deciso in sede di Unione europea, l'OMPI resterà con ogni probabilità nella lista dei gruppi terroristici di USA e Canada).
L'impegno della Presidenza italiana è, pertanto, rivolto innanzitutto a promuovere un ruolo di facilitatore del G8 su questa tematica, in stretto coordinamento con le competenti istanze dell'ONU e dell'Unione europea. Riteniamo che vi sia lo spazio per una maggiore trasparenza, efficacia, legalità e coerenza.
Con riferimento al caso OMPI, il Governo sta attentamente valutando i dispositivi della sentenza del tribunale di prima istanza delle Comunità europee e le sue possibili conseguenze sulle decisioni del Consiglio europeo convocato per la fine di questo mese.
In ogni caso, il nostro Paese è intenzionato ad approfondire con spirito di grande apertura, nella sede del ConsiglioPag. 25ed assieme ai partner europei, tutti gli aspetti emersi negli ultimi tempi, ivi compresi quelli della legalità che sono ricordati nell'interpellanza, al fine di giungere ad una posizione comune europea il più possibile conforme alle decisioni assunte dalla Corte di giustizia.

PRESIDENTE. L'onorevole Ciccioli, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

CARLO CICCIOLI. Signor Presidente, il fatto che sia io - che sono parlamentare della maggioranza - a replicare rispetto all'illustrazione di questa interpellanza che è stata svolta dall'onorevole Zamparutti - che è invece un rappresentante della minoranza, e quindi dell'opposizione - dà l'idea di come questa interpellanza sia stata scritta dopo una valutazione assolutamente bipartisan (le firme sono oltre quaranta, di queste una trentina sono di maggioranza e dodici di minoranza).
Ciò significa pertanto che vi è un ampio convincimento della maggior parte dei parlamentari su tale vicenda. Nei mesi scorsi i rappresentanti dei movimenti della resistenza iraniana - di questo movimento - anche se in visita privata sono stati ricevuti sia alla Camera sia al Senato, dal Presidente della Camera, onorevole Fini, dal sindaco di Roma, Alemanno, dal Vicepresidente del Senato, Emma Bonino.
È evidente, al riguardo, che non si tratta di un'abile regia di qualche associazione che riesce ad ingannare tutti, né che la maggioranza dei parlamentari della Camera e del Senato che hanno firmato per cancellare questa organizzazione dalla lista sia stata in qualche modo irretita.
La situazione è profondamente diversa. Sicuramente questa associazione ha avuto un suo percorso che parte, oltre trenta anni fa, dal periodo della cacciata dello Scià dalla Persia, dalla prima fase del tentativo di costruzione di una democrazia in Iran fino poi alla successiva proclamazione della Repubblica islamica con la svolta che tutti conoscono.
È evidente che in questo caso esiste una forte discrasia tra il Parlamento - e ciò che il Parlamento pensa in maniera bipartisan - e la posizione del Governo.
Teniamo conto - ed in grande considerazione - che la Repubblica islamica dell'Iran esercita una grande pressione per mantenere impropriamente nelle lista nera delle organizzazioni terroristiche questa associazione di resistenza, perché ne diminuisce gli spazi di manovra e di opposizione.
Ovviamente, si cerca di ridurre all'angolo tutte le associazioni contrarie al regime attualmente al potere in Iran. Si pensi che in Iran le elezioni democratiche avvengono dopo la selezione dei candidati, cioè coloro che si vogliono candidare sono selezionati da una commissione che giudica se i candidati alle elezioni sono idonei oppure no. È evidente che gli unici candidati idonei sono coloro che vengono valutati positivamente da quelli che oggi sono al Governo.
Quindi ritengo che, riguardo a tale questione, sia necessario riflettere sulla posizione dell'Italia. Quando la prossima settimana si terrà la riunione dell'organismo chiamato ad effettuare una valutazione al riguardo, chiedo al Governo che vi sia una grande riflessione.
Alcuni Paesi del nord Europa, forse meno esposti a possibili rappresaglie di tipo economico non solo da parte della Repubblica islamica dell'Iran, ovviamente si sono espressi per la cancellazione: cito la Danimarca, la Finlandia, la Gran Bretagna che, dopo il dibattito in Parlamento, anche in questo caso con una valutazione diversa tra il Governo, ossia l'Esecutivo e il Parlamento, è schierata nell'orientamento di cancellare dalla lista questa associazione della resistenza iraniana.
Prima il rappresentante del Governo ha dichiarato - sono assolutamente d'accordo - che bisogna fare una corretta sintesi tra un elevato livello di priorità alla lotta al terrorismo ed un elevato livello di legalità.
Ritengo che sia sufficiente osservare i fatti: qualche anno fa il rappresentante di questa associazione a Roma, quindi l'ambasciatore dell'organizzazione della resistenza iraniana a Roma, è stato ucciso e la magistratura italiana, dopo anni diPag. 26indagine, è arrivata a dire che i mandanti sono ovviamente da ritenere nell'ambito del regime della Repubblica islamica dell'Iran, ma non sono perseguibili in quanto in capitali diverse sono stati accreditati con documenti diversi. Questa è una sentenza depositata dalla magistratura italiana.
Di fronte a tutto questo, poiché si parla di coerenza, ritengo che vi debba essere coerenza. L'altra sera in un dibattito - esco dalla vicenda istituzionale ed entro nella vicenda politica - in un seminario sulla politica estera organizzato dal gruppo cui appartengo, del Popolo della Libertà, la relatrice, Fiamma Nirenstein, ha illustrato con estrema documentazione e competenza la pericolosità del regime iraniano attualmente al potere. L'ha illustrata nella nostra Commissione, nell'ambito del nostro gruppo parlamentare e via di seguito. A questo credo che debba seguire un atto di riconoscimento nei confronti di un'associazione che fa l'opposizione non con metodi terroristici né con metodi illegali: qualche volta, forse, sono anche noiosi, perché le loro donne con il velo ci fermano di fronte alla Camera e al Senato per chiedere una firma; forse questo aspetto è presente, ma al di là di esso, sono persone che credono alla libertà, che si battono per la democrazia nel loro Paese. Probabilmente, domani non saranno la forza né più forte né più rappresentativa del nuovo Iran, che spero prima o poi nascerà, ma ritengo che abbiano diritto ad avere cittadinanza non solo come rifugiati politici nel nostro Paese e negli altri Paesi europei.
Ho partecipato lo scorso giugno ad una manifestazione alla fiera di Parigi di 70 mila - sottolineo 70 mila - esuli iraniani nei vari Paesi europei e del mondo, dei quali ovviamente la maggior parte erano iraniani residenti in Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna e ciò dimostra anche il radicamento, la base di questa organizzazione.
Con questo spirito non chiedo all'Italia di creare problemi con l'attuale Governo iraniano, ma di compiere uno sforzo di giustizia, di orientarsi insieme agli altri Paesi europei indirizzati verso tale scelta per cancellare il nome di questa organizzazione dalla lista delle associazioni pericolose, terroristiche o eversive. Aggiungo una considerazione.
Da tempo, gli Stati Uniti proteggono con i loro militari la cittadina al confine tra l'Iraq e l'Iran, in territorio iracheno, dove vivono cinquemila rifugiati aderenti alla citata organizzazione; la proteggono e ne garantiscono anche il comportamento legale. Di fronte a tutto questo, chiedo di togliere qualsiasi atteggiamento che, in fondo ha un velo di ipocrisia, e prendere atto che questa associazione è libera, democratica, con un consiglio nazionale di oltre 500 esponenti, che ne forma il Parlamento in esilio. Tale associazione, domani, può essere alla radice della rinascita dell'Iran e, soprattutto, dei diritti umani che, in questo momento, nella Repubblica dell'Iran sono calpestati (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti della scuola media «Zanotti Bianco» di Capaccio-Paestum, in provincia di Salerno, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune. Vorrei rassicurarli sul fatto che questo momento di sindacato ispettivo è riservato ai parlamentari che interpellano personalmente il Governo. Gli altri parlamentari stanno lavorando nelle Commissioni. Grazie per essere tra noi e buona presenza in questa Camera e nella nostra città (Applausi).

(Orientamenti in merito all'esposizione del crocifisso nelle scuole e nelle università - n. 2-00278)

PRESIDENTE. L'onorevole Renato Farina ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00278, concernente orientamenti in merito all'esposizione del crocifisso nelle scuole e nelle università (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

RENATO FARINA. Signor Presidente, rinuncio ad illustrare la mia interpellanza urgente e mi riservo più tempo per le valutazioni in sede di replica.

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PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Giuseppe Pizza, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. La questione riguardante l'affissione del crocifisso nelle aule scolastiche è stata oggetto, nel tempo, di varie pronunce di ordine giurisdizionale e consultivo. Ad avviso del Ministero, è possibile ritenere che le linee di indirizzo in materia possano essere assunte, con riferimento alle determinazioni adottate da ultimo dal Consiglio di Stato, con decisioni del 2006.
In particolare, con sentenza n. 556 del 13 gennaio 2006, la VI Sezione del Consiglio di Stato ha evidenziato, tra l'altro, che: «Non si può (...) pensare al crocifisso esposto nelle aule scolastiche come ad una suppellettile, oggetto di arredo, e neppure come ad un oggetto di culto; si deve pensare piuttosto come ad un simbolo idoneo ad esprimere l'elevato fondamento dei valori civili sopra richiamati, che sono, poi, i valori che delineano la laicità nell'attuale ordinamento dello Stato».
Di analogo tenore è l'avviso manifestato nell'adunanza del 15 febbraio 2006 dalla II sezione del Consiglio di Stato che, nell'esaminare il ricorso straordinario al Capo dello Stato proposto dall'Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, ha espresso parere per il rigetto del ricorso stesso.
Venendo allo specifico caso segnalato dall'onorevole interpellante e, in particolare, all'affermazione secondo cui il responsabile scolastico regionale avrebbe ritenuto erronea la decisione del dirigente del liceo classico «Tito Livio» di Milano di esporre il crocifisso nelle aule, la direzione generale dell'ufficio scolastico regionale per la Lombardia ha, al riguardo, chiarito che, in realtà, è il titolo dell'articolo di stampa apparso sul Corriere della sera il giorno 15 gennaio ultimo scorso che ha travisato le reali asserzioni del direttore generale regionale. Questi, infatti, ha anzi affermato - come precisato nella sua nota inviata al medesimo quotidiano e da questo pubblicata il giorno 17 gennaio - che: «Il crocifisso dovrebbe trovare collocazione in tutti i luoghi pubblici, in particolare nelle scuole, proprio in quanto emblema di tolleranza e rispetto, legame profondo con le radici della nostra civiltà», parole queste, che interpretano non solo la giurisprudenza sull'argomento, ma gli indirizzi del Ministero.

PRESIDENTE. L'onorevole Renato Farina ha facoltà di replicare.

RENATO FARINA. Signor Presidente, mi ritengo soddisfatto per la prima parte della risposta, meno soddisfatto per la seconda parte, anche se prendo atto dell'ulteriore precisazione del direttore scolastico regionale, la professoressa Dominici. In effetti, la professoressa si era espressa con un virgolettato, riportato come tale da Il Corriere della sera (quindi non solo nel titolo), in cui diceva esattamente: «il dirigente ha sbagliato».
Credo che ci sia abbastanza preparazione da parte dei massimi funzionari riguardo a un settore così delicato come la scuola nel tener conto della comunicazione: se tu in prima istanza, dinanzi a chi ti interpella su una vicenda, accenni al fatto che il preside ha sbagliato, mini l'autorità del medesimo preside e insinui il dubbio sulla sua decisione. Questo appartiene a un minimo di capacità nel tenere il rapporto con gli organi di stampa e, soprattutto, finisce per comunicare il sentimento che il comportamento successivamente tenuto dai ragazzi della scuola - mettere ai voti l'esposizione del crocifisso, elevarlo in certi casi, mettergli accanto il profilo del Buddha o un foglio bianco a simboleggiare l'ateismo o non so quale altra divinità - viene quasi ad essere giustificato e, addirittura, viene ad essere reso nobile, perché la medesima dirigente scolastica sostiene che la scuola è innanzitutto il luogo del confronto e del dialogo, ciò che fa diventare la scuola soprattutto come una palestra di dibattiti, invece che come un luogo educativo.
Detto questo, mi vorrei soffermare soprattutto sulla prima parte dell'intervento del sottosegretario, che ho apprezzato perPag. 28la chiarezza e per l'assoluta assenza di ambiguità. I crocifissi nelle nostre scuole sono necessari, in quanto sono quasi uno strumento educativo. Personalmente, ho sempre detestato l'uso del crocifisso come strumento politico: vedere Cristo in croce «spolpato» del suo messaggio per essere ridotto a un semplice indicatore di una cultura non la ritengo certo una bella cosa, poiché in tal modo si rischia di travolgere il senso vivente di quello che è il simbolo del cristianesimo. Credo che il crocifisso sia esattamente il luogo della nostra memoria; parlo del crocifisso, non della croce: la croce è (appunto) l'incrocio tra un'asse verticale e una orizzontale, mentre nel crocifisso è raffigurata una persona che ci è appesa sopra e ci è stata appesa per amore, cioè ha versato il suo sangue per gli altri.
Tutto ciò nelle scuole riveste un chiarissimo significato di testimonianza della base su cui si è formata la nostra convivenza civile: la libertà è nata nel mondo dal fatto che, per la prima volta, un uomo, in nome di Dio, ha chiesto a ciascuno se aderire o no, non è stata un'adesione generale, né un'adesione per tradizione, ma è stata messa in gioco la libertà individuale. Questa situazione si è poi costituita ed è diventata addirittura fondante di altre culture, come le culture illuministica, laica e risorgimentale, anche se spesso ne hanno disconosciuto la fonte, anzi, l'hanno perseguitata.
Dunque appendere il crocifisso è anche un esercizio futuro di libertà perché bisogna ricordarsi che, come diceva il poeta Eliot, per abbattere gli altari bisogna prima erigerli. Pertanto, lasciate appeso il crocifisso, se non altro avrete la possibilità di buttarlo giù, di buttarlo giù dentro di voi e nelle vostre coscienze. L'educazione non è mai una costruzione su una tabula rasa. Essa nasce sempre dalla consapevolezza di essere figli di qualche cosa, di un sistema dei valori vivente che si chiama tradizione e che non è affatto il museo delle cose vecchie ma che è, esattamente, ciò che ci permette di vivere attingendo da ciò che di meglio i nostri padri ci hanno dato. Questo è il cristianesimo. Lo si voglia o no, in Italia è questo il cristianesimo ed è espresso dal crocifisso.
Il grande costituzionalista e studioso di Costituzioni Joseph Weiler, ebreo americano ortodosso, ha criticato, in questo senso, l'assenza, nel preambolo della cosiddetta «Costituzione europea», del riferimento al cristianesimo. Non parla delle radici giudaico-cristiane, bensì del cristianesimo. Dice, infatti: qualsiasi persona onesta che abbia gli occhi e venga in Europa che cosa trova di unificante del continente europeo? Girando per le piazze, attraversando i cimiteri, passando per la campagna dall'Alsazia al Tirolo, vede i crocifissi. Parlare di questo continente prescindendo da quello che dicono gli occhi, è un insulto al buon senso. Questo dice l'ebreo Weiler, in un libro che ha avuto la prefazione di Augusto Barbera, che non è un predicatore fondamentalista.
Credo che mantenere il crocifisso nelle scuole, anzi spiegare il significato, la decisione di metterlo, non possa essere sottoposto a votazione, ma sia una delle tre o quattro cose che lo Stato italiano deve pretendere dai luoghi dove, attraverso la sua delega (che a sua volta ha ricevuto dalle famiglie) si impartisce il senso del vivere, si sostiene l'educazione, si dà l'istruzione necessaria per andare avanti.
Questo è il senso di quanto da me affermato. Nell'interpellanza che poi è stata formalizzata in modo diverso, avevo scritto che era necessaria una pressione morale, una moral suasion ossia che si spiegasse, a chi ha in mano un istituto così importante, uno strumento così importante, che il crocifisso si deve trattare con delicatezza e non si deve inserirlo in un discorso sui dialoghi, sulle opportunità o agitarlo e considerarlo come un esercizio secondario e in fondo veniale.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Lo Monte n. 2-00276)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanzaPag. 29urgente Lo Monte n. 2-00276, concernente tempi di adozione del decreto attuativo previsto dall'articolo 6-ter del decreto-legge n. 112 del 2008 relativo alla Banca del Mezzogiorno, è rinviato ad altra seduta.
È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 26 gennaio 2009, alle 12.

Discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200, recante misure urgenti in materia di semplificazione normativa (2044-A).
- Relatore: Bruno.

La seduta termina alle 16,20.