XVI LEGISLATURA
COMUNICAZIONI
Missioni valevoli nella seduta del 28 gennaio 2009.
Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Antonione, Aprea, Balocchi, Barbi, Bergamini, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Bosi, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Conte, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, De Biasi, Donadi, Dozzo, Gianni Farina, Renato Farina, Fassino, Fitto, Gregorio Fontana, Frattini, Galati, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Malfa, La Russa, Leone, Lo Monte, Lucà, Lupi, Malgieri, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Migliori, Milanato, Molgora, Palumbo, Pescante, Prestigiacomo, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Scajola, Soro, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso, Vegas, Vitali, Vito, Volontè, Zacchera.
(Alla ripresa pomeridiana della seduta).
Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Antonione, Aprea, Balocchi, Barbi, Bergamini, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Boniver, Bosi, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Conte, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Dozzo, Gianni Farina, Renato Farina, Fassino, Fitto, Gregorio Fontana, Frattini, Galati, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Malfa, La Russa, Leone, Lo Monte, Lupi, Malgieri, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Migliori, Milanato, Molgora, Nirenstein, Pescante, Prestigiacomo, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Scajola, Soro, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso, Vegas, Vitali, Vito, Volontè, Zacchera.
Annunzio di proposte di legge.
In data 27 gennaio 2009 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
TOMMASO FOTI: «Modifica all'articolo 53 del codice penale, in materia di uso legittimo delle armi» (2109);
TOMMASO FOTI: «Disposizioni per la celebrazione del secondo centenario della nascita di Giuseppe Verdi» (2110);
SCARPETTI: «Istituzione e disciplina della professione sanitaria di optometrista» (2111);
BORGHESI: «Disposizioni per la tutela professionale dei lavoratori del settore dello spettacolo, dell'intrattenimento e dello svago» (2112);
VANNUCCI e BERSANI: «Agevolazioni per l'arredo della prima casa di abitazione e dell'ufficio, al fine di incentivare l'industria del mobile italiano» (2113);
GARAGNANI: «Modifiche all'articolo 5 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, e all'articolo 11 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, in materia di tariffe dell'imposta comunale sulla pubblicità e di diritti sulle pubbliche affissioni» (2114).
Saranno stampate e distribuite.
Adesione di deputati a proposte di legge.
La proposta di legge PELINO ed altri: «Disciplina della professione di autista di rappresentanza» (1743) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Di Biagio.
La proposta di legge GAROFANI ed altri: «Legge quadro sulla partecipazione italiana a missioni internazionali» (1820) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Mogherini Rebesani.
Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.
A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
I Commissione (Affari costituzionali):
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE CONTE ed altri: «Modifica all'articolo 53 della Costituzione in materia di principi generali della legislazione tributaria e garanzia dei diritti del contribuente» (962) Parere della VI Commissione;
CATANOSO ed altri: «Conferimento della qualità di Forza di polizia al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, riconoscimento della qualità di "lavoro usurante" per le attività svolte dal personale appartenente al medesimo Corpo e delega al Governo per la riforma del trattamento economico del personale, per la riforma del servizio volontario, nonché per l'immissione del personale volontario nei ruoli» (1638) Parere delle Commissioni II, V, VIII, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE HOLZMANN e DE ANGELIS: «Modifica all'articolo 25 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, in materia di requisito della residenza per l'esercizio del diritto elettorale attivo» (2002) Parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
II Commissione (Giustizia):
ANGELA NAPOLI: «Introduzione dell'articolo 789-bis del codice di procedura civile, in materia di divisione ereditaria» (1980) Parere della I Commissione.
XI Commissione (Lavoro):
ZAMPARUTTI ed altri: «Delega al Governo per la riforma del sistema degli ammortizzatori sociali e della disciplina dei contributi sociali, nonché per l'istituzione dell'Agenzia nazionale per la gestione dell'indennità di disoccupazione e il reinserimento dei lavoratori disoccupati. Elevazione del requisito anagrafico per l'accesso alla pensione di anzianità e parificazione dell'età pensionabile delle lavoratrici e dei lavoratori» (1003) Parere delle Commissioni I, II, V, X e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
LENZI e CODURELLI: «Norme riguardanti il personale a contratto regolato dalla legge italiana in servizio presso le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e gli istituti italiani di cultura all'estero» (1963) Parere delle Commissioni I, III, V e VII;
SCHIRRU ed altri: «Modifica all'articolo 2, comma 283, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, in materia di reclutamento del personale da destinare alle funzioni di medicina penitenziaria trasferiteal Servizio sanitario nazionale» (1970) Parere delle Commissioni I, II, V, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Trasmissione dal Garante del contribuente della regione Umbria.
Il Garante del contribuente della regione Umbria, con lettera in data 14 gennaio 2009, ha trasmesso la relazione sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale riferita all'anno 2008, predisposta ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212.
Questa documentazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).
Trasmissione dal Garante del contribuente della regione Campania.
Il Garante del contribuente della regione Campania, con lettera in data 16 gennaio 2009, ha trasmesso la relazione sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale riferita all'anno 2008, predisposta ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212, e successive modificazioni.
Questa documentazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).
Trasmissione dal Garante del contribuente della Provincia autonoma di Trento.
Il Garante del contribuente della Provincia autonoma di Trento, con lettera in data 22 gennaio 2009, ha trasmesso la relazione sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale riferita all'anno 2008, predisposta ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212.
Questa documentazione è trasmessa alla VI Commissione «Finanze».
Atti di controllo e di indirizzo.
Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.
MOZIONI BORGHESI ED ALTRI N. 1-00073, STRACQUADANIO ED ALTRI N. 1-00078, VIETTI ED ALTRI N. 1-00080 E BARETTA ED ALTRI N. 1-00081 CONCERNENTI INIZIATIVE PER FRONTEGGIARE LA CRISI ECONOMICA E FINANZIARIA IN ATTO
Mozioni
La Camera,
premesso che,
negli ultimi mesi si sono manifestati in maniera evidente gli effetti di una crisi finanziaria che ha coinvolto e coinvolge la totalità dei Paesi occidentali, in particolare in quelli maggiormente industrializzati;
l'estensione di tale crisi dimostra ancora una volta come la globalizzazione non sia solo un'astrazione culturale, ma una realtà concreta capace di produrre effetti di breve, medio e lungo termine, riscontrabili nella vita quotidiana della maggioranza della popolazione mondiale;
in una fase come quella attuale, nella quale i confini e le dimensioni del mondo tradizionale, i suoi punti di riferimento sono in via di superamento, o comunque di profondo ripensamento, appare quanto mai necessario governare il cambiamento;
l'allargamento della dimensione dei mercati finanziari, l'acquisita consapevolezza degli effetti globali di determinate decisioni, la scomparsa di molti limiti ed ostacoli politici, il superamento della politica dei blocchi, la comparsa di un nuovo mondo senza frontiere non possono legittimare l'affermazione di un processo di deregolamentazione costante dei processi decisionali nei mercati finanziari;
proprio in una fase come quella contemporanea è necessario ragionare per individuare nuove forme di governo del cambiamento. L'idea della capacita di autoregolamentazione del mercato, della sua completa autosufficienza, è evidentemente poco percorribile, come dimostrano gli effetti di una crisi mondiale dovuta in parte anche a questa convinzione, che ha portato, tra le altre cose, alla creazione di speculazioni su vasta scala, cresciute proprio all'ombra dei mancati controlli, nonché alla creazione di strumenti finanziari dalla dubbia utilità o ancora di aree off shore svincolate da qualsiasi controllo, anzi create appositamente per questo fine;
la crisi che abbiamo di fronte non può essere considerata esclusivamente come un fenomeno finanziario, relegata esclusivamente all'ambito economico; appare, al contrario, come qualcosa di più profondo tanto da potersi definire una «crisi di sistema»;
le imprese del settore finanziario degli Stati Uniti hanno esportato in tutto il mondo i loro mutui tossici sotto forma di titoli garantiti da assets. Hanno esportato ovunque la loro filosofia del libero mercato deregolamentato, la cultura dell'irresponsabilità delle aziende multinazionali, delle stock options non trasparentiche favoriscono quel genere di pessima amministrazione che ha rivestito un ruolo di primo piano in questa crisi, come è accaduto per lo scandalo Enron di alcuni anni fa;
la crisi è oramai dilagata non solo in Europa ed in Giappone, ma anche nei Paesi emergenti e nei Paesi meno sviluppati;
dieci anni fa, all'epoca della crisi finanziaria in Asia, si dichiarò da più parti che occorreva riformare l'architettura finanziaria globale. È stato fatto poco o niente. Oggi potrebbe rendersi necessaria una nuova Bretton Woods. Le stesse organizzazioni oggi esistenti (Fondo monetario internazionale, Banca mondiale ed altre) hanno ammesso la necessità di procedere a riforme. Ma oggi, rispetto alla scorsa conferenza di Bretton Woods, il panorama globale è completamento diverso. Le dottrine veicolate dai vecchi organismi, in particolare dal Fondo monetario internazionale, si sono rivelate fallimentari non solo nei Paesi sottosviluppati, ma perfino nei Paesi d'origine del capitalismo attuale;
in presenza di libertà di movimenti di capitali, i problemi di stabilità finanziaria e di equilibrio macroeconomico mondiale non possono essere risolti a livello nazionale. A fronte di mercati internazionalizzati, il semplice coordinamento è insufficiente: bisogna passare ad un livello di governo sovranazionale. Questo è oltremodo difficile da conseguire a «livello mondo» e attribuire ad un organismo mondiale un ruolo di regolatore con poteri amministrativi è irrealistico, così come è irrealistico pensare ad un Tesoro mondiale, anche se c'è molto da fare sul piano della riforma del Fondo monetario internazionale e del rafforzamento delle sue capacità di sorveglianza sulla stabilità dei mercati finanziari e sul superamento degli squilibri macroeconomici globali. Tuttavia un passo avanti verso un più corretto processo di governance dell'economia globale può essere realizzato su scala europea;
finora la politica economica dell'Europa si era limitata all'indipendenza della Banca centrale europea, al patto di stabilità e all'uso del bilancio pubblico prevalentemente per la politica agricola comune. Tutto questo è largamente insufficiente, sia per finalità di crescita, sia per finalità anticrisi;
la risposta europea alla globalizzazione dei mercati e alla crisi finanziaria deve articolarsi in una serie di riforme economiche, che si affiancano a quelle politiche e che richiedono, entrambe, la disponibilità a consentire da parte degli Stati nazionali deleghe di sovranità indispensabili per tradurre in pratica obiettivi che appaiono condivisi;
l'attuale crisi finanziaria rende le esigenze di riforma ancora più pressanti, ma è anche l'occasione per attrarre entro la sfera dell'euro dei Paesi ora esterni (Svezia e Danimarca) che si sentono sicuri entro questa area valutaria. Sul fronte economico i terreni di riforma sono molteplici (riforma della Banca centrale europea e della politica di bilancio; armonizzazione fiscale; realizzazione di una politica energetica comune; realizzazione di una politica europea che, di fronte agli shock della globalizzazione, garantisca flessibilità del mercato del lavoro, ma anche sicurezza di reddito e occupazione);
in Europa l'autorità preposta al controllo della moneta risiede in un'istituzione sovranazionale, la Banca centrale europea; le autorità di regolazione preposte alla stabilità finanziaria operano a livello nazionale e, infine, le istituzioni che sovraintendono all'attribuzione alla collettività dei costi sociali dei salvataggi, i Tesori, rimangono istituzioni nazionali, mentre sarebbe opportuno un diverso assetto;
tanto più le banche e le assicurazioni operano a livello multinazionale, quanto più i singoli Stati dovrebbero trovare forme di regolazione comune e, soprattutto, non dovrebbero adottare misure prudenziali o di salvataggio in un'ottica nazionalistica;
il patto di stabilità ha svolto un'importante funzione nella fase della nascita dell'euro, soprattutto per finalità politiche. La rigidità con la quale è stato disegnato, tuttavia, ha impedito che gli obiettivi di Lisbona (fare dell'Europa un'economia della conoscenza) trovassero i necessari finanziamenti per essere realizzati. Oggi è richiesta una modifica sostanziale del patto;
l'affermazione di una politica economica ispirata ai principi del liberalismo non può coincidere con la rivendicazione di un abbassamento dei controlli e con l'aggiramento delle regole che governano i mercati. Al contrario, proprio nelle democrazie liberali più avanzate esistono regole ferree, intese come riferimenti costanti e collettivi, e controlli rigidi, affinché le regole vengano rispettate, il tutto nell'interesse della collettività;
in un sistema democratico liberale, le regole che disciplinano i mercati finanziari devono essere chiare e precise, un riferimento costante, non solo per gli operatori del settore;
i controlli appaiono necessari poiché i reati finanziari hanno effetti particolarmente odiosi perché colpiscono cittadini ignari, in massima parte piccoli risparmiatori;
per riuscire a governare il cambiamento si avverte la necessità di intervenire su diversi livelli. Da una parte è necessario affermare regole individuali più adeguate, puntuali e vincolanti rivolte al singolo operatore e cittadino, dall'altro è altresì fondamentale disegnare un nuovo sistema di regole di sistema: entrambe non possono essere ideate in senso esclusivamente punitivo, ma devono, però, essere riferimenti vincolanti per l'agire economico e sociale, necessario ad affermare il giusto livello di sicurezza;
negli Stati Uniti, patria del liberismo economico più avanzato, la pena per il reato di falso in bilancio, secondo quando stabilito dalla cosiddetta «legge Sarbanes-Oxley», è di 25 anni di carcere; in Italia il reato di falso in bilancio è stato depenalizzato;
l'Europa è impegnata da tempo alla formazione di un sistema di regole uniformi e coerenti che possano essere uno degli strumenti su cui basare il rilancio della competitività economica dell'intero continente, regole alle quali si intende affiancare, a tutela dell'interesse collettivo dei cittadini europei, gli opportuni controlli;
il nostro Paese non è stato immune nel recente passato da scandali legati ad illeciti di questo tipo (basti ricordare i casi Cirio, Parmalat o ancora quello dei bond argentini); contemporaneamente è stato caratterizzato da ripetuti interventi di deregolamentazione e di depenalizzazione;
oggi l'attuale Governo pare volersi muovere ancora in questa direzione. Infatti, nel disegno di legge di «Delega al Governo per il riordino della legislazione in materia di gestione delle crisi aziendali», proposto dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, si ripropone, all'articolo 2, comma 4, lettera r), sostanzialmente lo stesso contenuto normativo e precettivo del cosiddetto emendamento «salva manager», presentato recentemente al Senato della Repubblica, ma poi venuto meno nel corso dell'iter parlamentare del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 134 del 2008. Il dispositivo viene riproposto con un effetto addirittura più ampio, per il quale, per essere perseguiti penalmente per una cattiva gestione aziendale, è necessario che l'impresa si trovi in stato di fallimento. Se invece è gestita da un commissario, non si potrà mettere sotto accusa chi ha determinato la crisi: non saranno, dunque, più perseguibili i reati di bancarotta compiuti dai dirigenti di società per le quali c'è stata la dichiarazione di insolvenza, non seguita, però, dal fallimento;
si sceglie, dunque, a quanto pare, ancora una volta la strada della deregolamentazione, dell'abbassamento del livellodei controlli. Eppure, al riguardo, pareva che il Ministro dell'economia e delle finanze si fosse espresso in maniera tanto chiara quanto contraria: «se si immagina che la linea del Governo sia quella espressa in un emendamento che prevede una riduzione della soglia penale per alcune attività di amministratori, si sbaglia: quello è un emendamento extra ordinem, fuori dalla logica di questo Governo. O va via, quell'emendamento, o va via il Ministro dell'economia»;
i Governi occidentali, incluso quello italiano, di fronte alla grave crisi dei mercati finanziari, sono intervenuti avendo a cuore, soprattutto, la stabilità del sistema del credito e di quello finanziario (interventi necessari anche se effettuati con delle modalità discutibili), mettendo a disposizione a tale fine ingenti risorse, senza ottenere dalle banche garanzie su un futuro comportamento più corretto, senza prevedere le dovute tutele per i risparmiatori, senza predisporre adeguate misure per il credito a favore della piccole e medie imprese, che, in particolare nel nostro Paese, rappresentano tanto parte del nostro apparato produttivo, e, più in generale, senza definire un quadro di interventi in grado di rilanciare l'economia sulla base di un nuovo modello di sviluppo;
infatti, questa crisi è in gran parte determinata dall'enorme squilibrio tra ricchi e poveri nella distribuzione del reddito venutasi a creare in questi decenni;
l'attuale crisi finanziaria sta provocando una vera e propria recessione anche nel nostro Paese;
già oggi si assiste ad un profondo peggioramento dell'economia reale, perché gli effetti della crisi si stanno propagando in tutto il sistema produttivo e dei servizi;
l'aumento vertiginoso della cassa integrazione ed il calo degli investimenti pongono come priorità il rilancio dell'economia, dell'occupazione e il sostegno ai redditi delle classi popolari;
lo Stato non si può limitare a fornire una sorta di ammortizzatore sociale solo agli istituti di credito in difficoltà;
il vero problema è rappresentato dalla riduzione dei consumi, con il rischio di una possibile deflazione, che rappresenta il male maggiore da combattere;
questo rischio deriva dall'intenso processo di redistribuzione dei redditi e della ricchezza, processo che analogamente a quanto accadde negli anni '20, che precedettero la depressione del 1929, ha lentamente ridotto uno dei volani dell'economia;
in Italia metà della ricchezza è posseduta dal 10 per cento delle famiglie;
una tale concentrazione di ricchezza favorisce la crescita degli investimenti speculativi e non produttivi, che generano bolle finanziarie, mentre il calo dei consumi determina una pericolosa crisi dell'economia;
l'indagine della Corte dei conti ha confermato l'effetto negativo delle norme sui cosiddetti «condoni Tremonti» dell'anno 2001 e seguenti, grazie alle quali molti evasori hanno potuto beneficiare degli effetti favorevoli della sanatoria, senza in realtà pagare neppure le somme, ampiamente scontate rispetto a quanto originariamente dovuto, che si erano impegnati a versare con la dichiarazione di condono. Le rate non pagate sono state stimate in 5,2 miliardi di euro, pari al 20 per cento delle entrate a suo tempo annunciate;
nei primi 9 mesi del 2008 il calo del gettito iva (-1,3 per cento) è stato pari a più di 6 volte rispetto al calo delle vendite (-0,2 per cento). L'evasione sta dunque di nuovo crescendo, perché c'è meno rigore nelle norme e nei controlli. L'evasione iva si tradurrà, con le dichiarazioni dei redditi a giugno 2009, in una corrispondente evasione di imposte dirette (irpef);
a ottobre 2008 le ore di cassa integrazione (ordinaria e straordinaria) sono arrivate a quota 23 milioni;
nell'industria la sola cassa integrazione ordinaria è cresciuta a settembre 2008, rispetto al 2007, del 69 per cento;
in Lombardia sono 800 le aziende che hanno chiesto la cassa integrazione; nella provincia di Torino sono 260; il Nordest è in recessione;
alla crisi ormai consolidata del tessile, si aggiunge quella dell'auto, degli elettrodomestici, della chimica, della siderurgia e perfino dell'alimentare, un classico settore anticiclico;
i fondi per gli ammortizzatori sociali stanziati nel disegno di legge finanziaria per il 2009 sono pari a quelli del 2008 (480 milioni circa), con l'aggiunta di 150 milioni di euro finalizzati alla copertura della cassa integrazione in deroga, ossia quella destinata alle aziende che altrimenti non ne avrebbero diritto; si tratta di risorse da giudicare del tutto insufficienti;
sono a rischio almeno 200 mila posti di lavoro, nonché il lavoro di 300-400 mila precari, tra i quali 200 mila precari non stabilizzati della pubblica amministrazione;
molti altri lavoratori sono in queste settimane a rischio di licenziamento: lo testimonia l'aumento delle richieste di sussidi di disoccupazione, mentre le figure del lavoro cosiddetto atipico (apprendisti, interinali, collaboratori ed altre) sono senza alcun sostegno al proprio reddito;
il Governo sembra insistere con provvedimenti generosi per le imprese e i redditi più alti, mentre ai lavoratori dipendenti e ai ceti più deboli concede solo elemosine e, soprattutto, non sembra avere ricette per la massa di nuovi disoccupati che si prevedono a breve,
impegna il Governo:
ad avviare un programma di lavori pubblici di immediata esecuzione, dando la priorità ad un piano triennale di 20 miliardi di euro per la messa in sicurezza, coibentazione e alimentazione con energie rinnovabili degli edifici scolastici;
a sostenere i processi di risparmio ed efficienza energetica nella produzione, nei trasporti e nel civile;
ad assumere iniziative normative volte a ripristinare le risorse tolte al Fondo per le aree sottoutilizzate;
a prevedere forme di agevolazione fiscale alle imprese che reinvestono i propri profitti;
ad assicurare la continuità dell'attività di garanzia del fondo rivolto alle piccole e medie imprese, di cui all'articolo 15 della legge n. 266 del 1997, e ad attivarsi affinché sia previsto che al fondo sia riconosciuta, ai fini dell'accordo di Basilea 2, la mitigazione di favore attribuita allo Stato («ponderazione zero»);
ad assumere iniziative normative volte a:
a) aumentare le somme a disposizione sia del fondo per la competitività e lo sviluppo (cosiddetto «fondo Bersani per industria 2015»), estendendone il campo di intervento anche alla produzione di autoveicoli ecologici ed alle misure per il risparmio energetico, sia del fondo per la finanza d'impresa;
b) innalzare, per il triennio 2009-2011, il tetto annuo per la compensazione automatica, da parte delle imprese, dei crediti d'imposta e contributivi da 516 mila euro a un milione di euro;
c) istituire un fondo rotativo presso la Cassa depositi e prestiti, per anticipare i pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese;
d) procedere alla revisione degli studi di settore per le piccole e medie imprese al fine di adeguarli alle mutate condizioni di redditività;
e) a restituire il fiscal drag, cominciando dalla detassazione delle tredicesime dei lavoratori dipendenti e dei pensionati per un importo medio di 500 euro;
f) prevedere forme, ancorché limitate nel tempo, di sostegno al reddito per tutti i lavoratori che attualmente non ne hanno diritto (parasubordinati, associati in partecipazione con apporto di solo lavoro, lavoratori a termine, lavoratori non subordinati delle cooperative ed altri);
g) rivedere le norme che hanno precarizzato i rapporti di lavoro, valutando altresì programmi di stabilizzazione dei lavoratori precari;
ad utilizzare per la realizzazione di tali programmi i fondi che potranno derivare:
a) dal recupero, con procedure semplificate ed immediate, dei 5,2 miliardi di euro delle somme non pagate relative ai condoni dell'anno 2001 e seguenti;
b) dal ripristino delle norme antievasione abrogate da questo Governo, quali l'obbligo dell'elenco clienti e fornitori e le misure sulla tracciabilità dei compensi;
c) dall'utilizzo dei risparmi sugli interessi relativi al debito: nel 2009 scadranno titoli di Stato per un quinto del nostro debito. La crisi ha fatto scendere il loro rendimento di circa uno-due punti, a seconda delle scadenze. Alcuni economisti hanno calcolato che avremmo un risparmio di circa 3,8 miliardi di euro;
d) dal taglio dei costi e degli sprechi della politica, anche attraverso iniziative di riforma costituzionale volte a dimezzare il numero dei parlamentari e ad abolire le province, nonché attraverso la diminuzione del numero dei consiglieri delle municipalizzate e delle società partecipate dagli enti locali, la soppressione delle comunità montane, il taglio dei quattrocentomila stipendi o prebende e consulenze che ogni anno la politica distribuisce in Italia;
alla luce di tutto quanto esposto, ad intervenire per predisporre le specifiche iniziative, anche legislative, necessarie per allineare il nostro Paese allo standard di severità, con cui vengono disposte le regole e con cui sono applicate le sanzioni, che caratterizza gli altri Paesi europei ed occidentali rispetto ai reati finanziari;
ad adottare iniziative sul piano internazionale al fine di creare, coinvolgendo i Paesi emergenti e con l'obiettivo di riformare il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, un sistema finanziario più stabile e più equo;
ad adoperarsi in sede di Unione europea al fine di ottenere una modifica del patto di stabilità, cominciando a sottrarre dalla definizione dei cosiddetti «parametri di Maastricht» gli investimenti (finanziati dagli Stati, insieme alla Banca europea per gli investimenti, con o senza la partecipazione dei privati) in grandi infrastrutture, in ricerca e sviluppo e in impianti per la produzione energetica (tradizionale e alternativa) e per il risparmio energetico.
(1-00073)
(Nuova formulazione) «Borghesi, Cambursano, Messina, Barbato, Piffari, Monai, Misiti, Favia, Cimadoro, Paladini, Porcino, Evangelisti, Donadi».
La Camera,
premesso che:
il giorno 19 novembre 2008 è stata approvata dall'Assemblea la mozione Stracquadanio ed altri n. 1-00062 e sono state respinte le mozioni Veltroni ed altri n. 1-00057, Casini ed altre n. 1-00063 ed Evangelisti ed altri n. 1-00064, concernenti detrazioni fiscali per i redditi da lavoro dipendente e da pensione e misure di finanza pubblica per la riduzione della pressione fiscale sulle famiglie e a favore delle persone che perdono il lavoro;
la mozione approvata impegnava il Governo:
a) ad adottare ogni iniziativa in coerenza e unità d'intenti e d'azione con gli indirizzi espressi dall'Unione europea;
b) ad adottare tempestivamente i provvedimenti necessari ad attuare in Italia le decisioni comuni assunte in sede G20, Ecofin e Eurogruppo;
c) a dare rapida attuazione alle misure di sostegno al reddito dei meno abbienti, già approvate dal Parlamento, con particolare riferimento alla social card per sostenere, in particolare, le famiglie numerose e quelle con disabili e anziani non autosufficienti;
d) a tradurre in proposte operative e condivise - conclusa la consultazione in atto - le indicazioni del libro verde sul futuro del modello sociale, predisposto dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali;
e) a rendere permanenti le misure di salvaguardia del potere di acquisto delle famiglie previste nel decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, contenente «Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie», convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, con particolare riferimento alla soppressione dell'ici sulle prime abitazioni e alle agevolazioni fiscali per il lavoro straordinario e altre componenti del reddito da lavoro dipendente correlate ad aumenti di produttività;
f) a predisporre un provvedimento comprendente misure necessarie e urgenti di sostegno alle famiglie e alle imprese con l'obbiettivo di incrementare la crescita del prodotto interno lordo, fermi restando gli obiettivi di finanza pubblica;
g) a valutare, nella predisposizione di tale provvedimento, l'opportunità dell'adozione di alcune misure a favore delle imprese, quali:
1) disciplina dell'iva per cassa e rimborsi iva in tempi certi e accelerati;
2) nuove procedure di pagamento dei fornitori della pubblica amministrazione che garantiscano tempi certi e accelerati;
3) parziale riduzione dell'irap, con priorità sulla base imponibile relativa al costo del lavoro, alla quale fare fronte attraverso un'equivalente riduzione dei sussidi alle imprese;
4) nuove misure di detassazione del reddito d'impresa e di lavoro autonomo reinvestito;
5) sterilizzazione degli studi di settore nei prossimi anni, ovvero rendere gli studi di settore fiscalmente equi ed efficaci, attraverso una rappresentazione reale delle condizioni economiche e finanziarie del Paese, tenuto conto che l'impatto dei nuovi studi sta diventando eccessivamente oneroso per i contribuenti: infatti, il numero dei soggetti non congrui è passato dal 15 per cento per l'anno fiscale 2006 all'attuale 50 per cento per l'anno fiscale 2007 e si stima che l'impatto della crisi economica in atto comporterà la non congruità al 70 per cento dei casi, con un insostenibile «shock fiscale» per le piccole e medie imprese, che rappresentano la spina dorsale della nostra struttura produttiva;
h) a valutare, nella predisposizione di tale provvedimento, l'opportunità dell'adozione di misure a favore delle famiglie, quali:
1) misure che tengano conto - ferme restando le indicazioni contenute nel documento di programmazione economico finanziaria circa il tasso di inflazione programmato - di quanto potrà emergere dal tavolo del negoziato interconfederale per la definizione dei parametri a cui riferire il recupero del potere d'acquisto delle retribuzioni e delle pensioni;
2) misure di rafforzamento del sistema degli ammortizzatori sociali, da realizzare anche potenziando l'impegno diretto delle parti sociali negli enti bilaterali;in tale ambito vanno valutati interventi specifici a favore delle forme di lavoro flessibile;
3) negoziazione con la grande distribuzione e con le principali categorie rappresentative degli esercenti commerciali per raggiungere accordi di contenimento e stabilizzazione dei prezzi di generi di prima necessità, come già realizzato in passato;
4) specifiche deduzioni fiscali a favore delle famiglie con figli;
5) incremento del maggiore potere d'acquisto realizzato attraverso la social card in favore degli anziani che costituiscono un nucleo familiare composto da una sola persona;
6) ulteriori strumenti a disposizione dei cittadini per la rinegoziazione dei mutui immobiliari;
7) misure per allineare la velocità di variazione dell'andamento dei prezzi al consumo dei combustibili per autotrazione in relazione alla variazione del prezzo delle materie prime;
8) accelerazione dell'implementazione del «piano casa», previsto dall'articolo 11 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, attraverso la presentazione del previsto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri alla conferenza unificata;
i) a sollecitare l'Unione europea a predisporre strumenti finanziari adeguati a rendere più efficiente la raccolta dei capitali necessari alla realizzazione in tempi rapidi delle reti infrastrutturali europee;
l) a dare rapida attuazione alle delibere del Comitato interministeriale per la programmazione economica, concernenti la realizzazione dei progetti infrastrutturali già deliberati, in particolare nelle aree al Nord e al Sud del Paese, dove la carenza di infrastrutture costruisce un freno allo sviluppo e alla crescita;
m) ad assumere, attraverso il Comitato interministeriale per la programmazione economica, le necessarie delibere per la realizzazione delle infrastrutture previste nei diversi documenti di finanza pubblica e negli atti di indirizzo parlamentare già approvati;
il giorno 28 novembre 2008 la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha comunicato che:
«il Consiglio dei Ministri si è riunito oggi, alle ore 12,30 a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Presidente, Silvio Berlusconi.
Segretario, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza, Gianni Letta.
Il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi ed il Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti, hanno illustrato al Consiglio il decreto-legge con il quale il Governo vara oggi misure a sostegno della famiglia, del lavoro, dell'occupazione e dell'impresa, ridisegnando in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale.
Alla luce della delicata congiuntura economica internazionale il Governo interviene con un pacchetto di rilevanti misure volte e direttamente ed indirettamente ad alleviare gli effetti negativi che l'attuale globale recessione economica provoca sulle famiglie e sui soggetti più bisognosi, ma anche sull'economia e sul mondo della produzione, si produrranno così ripercussioni positive sull'intera società civile.
Tra le misure: i cittadini residenti che compongono un nucleo familiare a basso reddito da lavoro dipendente o pensione o redditi assimilati riceveranno un bonus straordinario tra i duecento ed i mille euro, parametrato al numero dei componenti del nucleo familiare e a seconda che in famiglia vi siano portatori di handicap; i mutui per l'acquisto della prima casa non potranno superare il 4 per cento e, per i mutui già stipulati, lo Stato si accollerà l'eventuale parte eccedente, le tariffe vengono bloccate o ridotte per tutte le forniture abituali (fuorché l'acqua) fino al 31 dicembre 2009; a decorrere dal 1o gennaio 2009 le famiglie economicamentesvantaggiate che hanno diritto all'applicazione delle tariffe agevolate per la fornitura di energia elettrica avranno anche diritto alla compensazione della spesa per la fornitura di gas naturale; in aiuto ai lavoratori pendolari sono bloccati i pedaggi autostradali e le tariffe ferroviarie sulle tratte regionali. Viene inoltre previsto un prestito (a tasso particolarmente agevolato) alle famiglie nel cui ambito avvengano nuove nascite, al fine di sopportare le spese connesse alle esigenze dei primi anni di vita. A tali misure va aggiunto il beneficio della "carta acquisti" recentemente varato dal Governo.
Il decreto-legge vara anche una serie di importanti misure a sostegno dell'economia e dell'impresa: l'imposta sul reddito delle società e l'imposta regionale sulle attività produttive vengono ridotte di tre punti percentuali; viene prorogata la detassazione dei salari di produttività con innalzamento da 30 a 35.000 euro del reddito massimo per beneficiare dell'aliquota agevolata e con innalzamento da 3 a 6.000 euro del salario di produttività agevolato fiscalmente. Il sostegno »in deroga « al reddito di coloro che perdono il lavoro sarà garantito dal nuovo Fondo sociale per l'occupazione e la formazione, nel quale confluisce anche il Fondo occupazione per gli ammortizzatori in deroga, finanziato per un miliardo e 26 milioni di euro. La detassazione riguarderà anche i militari e le forze dell'ordine e di soccorso. L'iva verrà pagata al momento dell'effettiva riscossione dei corrispettivi. Vengono inoltre ridotti i costi amministrativi sostenuti dalle imprese e viene prevista la revisione degli studi di settore, soprattutto in talune aree del Paese, per rimodulare gli indicatori di reddito agli effetti della congiuntura. Al fine di incentivare il rientro in Italia di ricercatori residenti all'estero viene previsto che siano fiscalmente imponibili solo per il dieci per cento.
Il decreto-legge concreta poi il deciso intendimento del Governo di accelerare le procedure per la realizzazione di opere, comprese quelle di messa in sicurezza delle scuole. Interventi a sostegno dei trasporti pubblici locali e delle ferrovie e ulteriori misure di lotta e contrasto all'evasione fiscale completano la manovra di sostegno all'economia»;
tale decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, recante «Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anticrisi il quadro strategico nazionale» dà attuazione alla deliberazione della Camera dei deputati assunta il giorno 19 novembre 2008 con l'approvazione della mozione Stracquadanio ed altri n. 1-00062 e la contestuale reiezione delle mozioni Veltroni ed altri n. 1-00057, Casini ed altri n. 1-00063 ed Evangelisti ed altri n. 1-00064, concernenti detrazioni fiscali per i redditi da lavoro dipendente e da pensione e misure di finanza pubblica per la riduzione della pressione fiscale sulle famiglie e a favore delle persone che perdono il lavoro;
il giorno 3 dicembre 2008 si è tenuta presso le Commissioni riunite V e XIV della Camera dei deputati l'audizione del Ministro dell'economia e delle finanze sulla comunicazione della Commissione europea al Consiglio europeo sul piano europeo di ripresa economica;
nel corso di tale audizione il Ministro dell'economia e delle finanze ha anche illustrato, su sollecitazione dei deputati intervenuti, il decreto-legge del 28 novembre 2008;
in particolare il Ministro dell'economia e delle finanze ha annunciato modifiche all'articolo 29 del suddetto decreto - in ordine ai commi da 6 a 11 concernenti le detrazioni ai fini dell'irpef relativa a specifici interventi finalizzati al risparmio energetico - così da rimuovere la retroattività delle norme e fare salvi i diritti quesiti per tutti i contribuenti che abbiano già avviato gli interventi previsti e le relative procedure di accesso alla detrazionefiscale nella misura del 55 per cento delle spese documentate,
impegna il Governo:
a dare attuazione agli orientamenti espressi dal Ministro dell'economia e delle finanze nell'audizione svoltasi il 3 dicembre 2008 presso le Commissioni riunite V e XIV della Camera dei deputati;
a valutare l'opportunità di ulteriori misure per dare attuazione alle deliberazioni della Camera dei deputati assunte il 19 novembre 2008 relative alla sterilizzazione degli studi di settore nei prossimi anni, ovvero rendere gli studi di settore fiscalmente equi ed efficaci, attraverso una rappresentazione reale delle condizioni economiche e finanziarie del Paese;
a valutare l'opportunità di rivisitare, per gli enti locali che rispettino il patto di stabilità interno e il cui stock di debito sia di lieve entità, i criteri del patto di stabilità esclusivamente in ordine agli investimenti, fatto salvo il rispetto dei parametri del patto di stabilità interno per quanto attiene la spesa corrente;
a valutare l'opportunità di introdurre meccanismi di fiscalità di vantaggio per favorire investimenti nelle aree a minor sviluppo;
ad accelerare, ove occorra, attraverso l'adozione dei necessari atti amministrativi, l'implementazione delle norme che realizzano in Italia la cosiddetta «strategia di Lisbona», adottata dall'Unione Europea nel Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 e volta a «fare dell'Unione Europea l'economia più competitiva del mondo», norme adottate con l'approvazione dei disegni di legge collegati alla legge finanziaria e derivanti dallo stralcio del disegno di legge n. 1441 presentato dal Governo alla Camera dei deputati il 2 luglio 2008, recante «Misure per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria».
(1-00078)
«Stracquadanio, Bitonci, Iannaccone, Gioacchino Alfano, Aracu, Armosino, Catone, Ceroni, Corsaro, De Angelis, Franzoso, Girlanda, Laboccetta, Leo, Marinello, Marsilio, Moroni, Ravetto, Toccafondi, Traversa, Zorzato, Lanzarin, Polledri, Simonetti, Volpi, Baldelli, Speciale».
La Camera,
premesso che:
il giorno 19 novembre 2008 è stata approvata dall'Assemblea la mozione Stracquadanio ed altri n. 1-00062 e sono state respinte le mozioni Veltroni ed altri n. 1-00057, Casini ed altre n. 1-00063 ed Evangelisti ed altri n. 1-00064, concernenti detrazioni fiscali per i redditi da lavoro dipendente e da pensione e misure di finanza pubblica per la riduzione della pressione fiscale sulle famiglie e a favore delle persone che perdono il lavoro;
la mozione approvata impegnava il Governo:
a) ad adottare ogni iniziativa in coerenza e unità d'intenti e d'azione con gli indirizzi espressi dall'Unione europea;
b) ad adottare tempestivamente i provvedimenti necessari ad attuare in Italia le decisioni comuni assunte in sede G20, Ecofin e Eurogruppo;
c) a dare rapida attuazione alle misure di sostegno al reddito dei meno abbienti, già approvate dal Parlamento, con particolare riferimento alla social card per sostenere, in particolare, le famiglie numerose e quelle con disabili e anziani non autosufficienti;
d) a tradurre in proposte operative e condivise - conclusa la consultazione in atto - le indicazioni del libro verde sul futuro del modello sociale, predisposto dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali;
e) a rendere permanenti le misure di salvaguardia del potere di acquisto delle famiglie previste nel decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, contenente «Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie», convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, con particolare riferimento alla soppressione dell'ici sulle prime abitazioni e alle agevolazioni fiscali per il lavoro straordinario e altre componenti del reddito da lavoro dipendente correlate ad aumenti di produttività;
f) a predisporre un provvedimento comprendente misure necessarie e urgenti di sostegno alle famiglie e alle imprese con l'obbiettivo di incrementare la crescita del prodotto interno lordo, fermi restando gli obiettivi di finanza pubblica;
g) a valutare, nella predisposizione di tale provvedimento, l'opportunità dell'adozione di alcune misure a favore delle imprese, quali:
1) disciplina dell'iva per cassa e rimborsi iva in tempi certi e accelerati;
2) nuove procedure di pagamento dei fornitori della pubblica amministrazione che garantiscano tempi certi e accelerati;
3) parziale riduzione dell'irap, con priorità sulla base imponibile relativa al costo del lavoro, alla quale fare fronte attraverso un'equivalente riduzione dei sussidi alle imprese;
4) nuove misure di detassazione del reddito d'impresa e di lavoro autonomo reinvestito;
5) sterilizzazione degli studi di settore nei prossimi anni, ovvero rendere gli studi di settore fiscalmente equi ed efficaci, attraverso una rappresentazione reale delle condizioni economiche e finanziarie del Paese, tenuto conto che l'impatto dei nuovi studi sta diventando eccessivamente oneroso per i contribuenti: infatti, il numero dei soggetti non congrui è passato dal 15 per cento per l'anno fiscale 2006 all'attuale 50 per cento per l'anno fiscale 2007 e si stima che l'impatto della crisi economica in atto comporterà la non congruità al 70 per cento dei casi, con un insostenibile «shock fiscale» per le piccole e medie imprese, che rappresentano la spina dorsale della nostra struttura produttiva;
h) a valutare, nella predisposizione di tale provvedimento, l'opportunità dell'adozione di misure a favore delle famiglie, quali:
1) misure che tengano conto - ferme restando le indicazioni contenute nel documento di programmazione economico finanziaria circa il tasso di inflazione programmato - di quanto potrà emergere dal tavolo del negoziato interconfederale per la definizione dei parametri a cui riferire il recupero del potere d'acquisto delle retribuzioni e delle pensioni;
2) misure di rafforzamento del sistema degli ammortizzatori sociali, da realizzare anche potenziando l'impegno diretto delle parti sociali negli enti bilaterali; in tale ambito vanno valutati interventi specifici a favore delle forme di lavoro flessibile;
3) negoziazione con la grande distribuzione e con le principali categorie rappresentative degli esercenti commerciali per raggiungere accordi di contenimento e stabilizzazione dei prezzi di generi di prima necessità, come già realizzato in passato;
4) specifiche deduzioni fiscali a favore delle famiglie con figli;
5) incremento del maggiore potere d'acquisto realizzato attraverso la social card in favore degli anziani che costituiscono un nucleo familiare composto da una sola persona;
6) ulteriori strumenti a disposizione dei cittadini per la rinegoziazione dei mutui immobiliari;
7) misure per allineare la velocità di variazione dell'andamento dei prezzi alconsumo dei combustibili per autotrazione in relazione alla variazione del prezzo delle materie prime;
8) accelerazione dell'implementazione del «piano casa», previsto dall'articolo 11 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, attraverso la presentazione del previsto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri alla conferenza unificata;
i) a sollecitare l'Unione europea a predisporre strumenti finanziari adeguati a rendere più efficiente la raccolta dei capitali necessari alla realizzazione in tempi rapidi delle reti infrastrutturali europee;
l) a dare rapida attuazione alle delibere del Comitato interministeriale per la programmazione economica, concernenti la realizzazione dei progetti infrastrutturali già deliberati, in particolare nelle aree al Nord e al Sud del Paese, dove la carenza di infrastrutture costruisce un freno allo sviluppo e alla crescita;
m) ad assumere, attraverso il Comitato interministeriale per la programmazione economica, le necessarie delibere per la realizzazione delle infrastrutture previste nei diversi documenti di finanza pubblica e negli atti di indirizzo parlamentare già approvati;
il giorno 28 novembre 2008 la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha comunicato che:
«il Consiglio dei Ministri si è riunito oggi, alle ore 12,30 a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Presidente, Silvio Berlusconi.
Segretario, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza, Gianni Letta.
Il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi ed il Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti, hanno illustrato al Consiglio il decreto-legge con il quale il Governo vara oggi misure a sostegno della famiglia, del lavoro, dell'occupazione e dell'impresa, ridisegnando in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale.
Alla luce della delicata congiuntura economica internazionale il Governo interviene con un pacchetto di rilevanti misure volte e direttamente ed indirettamente ad alleviare gli effetti negativi che l'attuale globale recessione economica provoca sulle famiglie e sui soggetti più bisognosi, ma anche sull'economia e sul mondo della produzione, si produrranno così ripercussioni positive sull'intera società civile.
Tra le misure: i cittadini residenti che compongono un nucleo familiare a basso reddito da lavoro dipendente o pensione o redditi assimilati riceveranno un bonus straordinario tra i duecento ed i mille euro, parametrato al numero dei componenti del nucleo familiare e a seconda che in famiglia vi siano portatori di handicap; i mutui per l'acquisto della prima casa non potranno superare il 4 per cento e, per i mutui già stipulati, lo Stato si accollerà l'eventuale parte eccedente, le tariffe vengono bloccate o ridotte per tutte le forniture abituali (fuorché l'acqua) fino al 31 dicembre 2009; a decorrere dal 1o gennaio 2009 le famiglie economicamente svantaggiate che hanno diritto all'applicazione delle tariffe agevolate per la fornitura di energia elettrica avranno anche diritto alla compensazione della spesa per la fornitura di gas naturale; in aiuto ai lavoratori pendolari sono bloccati i pedaggi autostradali e le tariffe ferroviarie sulle tratte regionali. Viene inoltre previsto un prestito (a tasso particolarmente agevolato) alle famiglie nel cui ambito avvengano nuove nascite, al fine di sopportare le spese connesse alle esigenze dei primi anni di vita. A tali misure va aggiunto il beneficio della "carta acquisti" recentemente varato dal Governo.
Il decreto-legge vara anche una serie di importanti misure a sostegno dell'economia e dell'impresa: l'imposta sul reddito delle società e l'imposta regionale sulle attività produttive vengono ridotte di tre punti percentuali; viene prorogata la detassazione dei salari di produttività con innalzamento da 30 a 35.000 euro del reddito massimo per beneficiare dell'aliquota agevolata e con innalzamento da 3a 6.000 euro del salario di produttività agevolato fiscalmente. Il sostegno »in deroga « al reddito di coloro che perdono il lavoro sarà garantito dal nuovo Fondo sociale per l'occupazione e la formazione, nel quale confluisce anche il Fondo occupazione per gli ammortizzatori in deroga, finanziato per un miliardo e 26 milioni di euro. La detassazione riguarderà anche i militari e le forze dell'ordine e di soccorso. L'iva verrà pagata al momento dell'effettiva riscossione dei corrispettivi. Vengono inoltre ridotti i costi amministrativi sostenuti dalle imprese e viene prevista la revisione degli studi di settore, soprattutto in talune aree del Paese, per rimodulare gli indicatori di reddito agli effetti della congiuntura. Al fine di incentivare il rientro in Italia di ricercatori residenti all'estero viene previsto che siano fiscalmente imponibili solo per il dieci per cento.
Il decreto-legge concreta poi il deciso intendimento del Governo di accelerare le procedure per la realizzazione di opere, comprese quelle di messa in sicurezza delle scuole. Interventi a sostegno dei trasporti pubblici locali e delle ferrovie e ulteriori misure di lotta e contrasto all'evasione fiscale completano la manovra di sostegno all'economia»;
tale decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, recante «Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anticrisi il quadro strategico nazionale» dà attuazione alla deliberazione della Camera dei deputati assunta il giorno 19 novembre 2008 con l'approvazione della mozione Stracquadanio ed altri n. 1-00062 e la contestuale reiezione delle mozioni Veltroni ed altri n. 1-00057, Casini ed altri n. 1-00063 ed Evangelisti ed altri n. 1-00064, concernenti detrazioni fiscali per i redditi da lavoro dipendente e da pensione e misure di finanza pubblica per la riduzione della pressione fiscale sulle famiglie e a favore delle persone che perdono il lavoro;
il giorno 3 dicembre 2008 si è tenuta presso le Commissioni riunite V e XIV della Camera dei deputati l'audizione del Ministro dell'economia e delle finanze sulla comunicazione della Commissione europea al Consiglio europeo sul piano europeo di ripresa economica;
nel corso di tale audizione il Ministro dell'economia e delle finanze ha anche illustrato, su sollecitazione dei deputati intervenuti, il decreto-legge del 28 novembre 2008;
in particolare il Ministro dell'economia e delle finanze ha annunciato modifiche all'articolo 29 del suddetto decreto - in ordine ai commi da 6 a 11 concernenti le detrazioni ai fini dell'irpef relativa a specifici interventi finalizzati al risparmio energetico - così da rimuovere la retroattività delle norme e fare salvi i diritti quesiti per tutti i contribuenti che abbiano già avviato gli interventi previsti e le relative procedure di accesso alla detrazione fiscale nella misura del 55 per cento delle spese documentate,
impegna il Governo:
a dare attuazione agli orientamenti espressi dal Ministro dell'economia e delle finanze nell'audizione svoltasi il 3 dicembre 2008 presso le Commissioni riunite V e XIV della Camera dei deputati;
a valutare l'opportunità di ulteriori misure per dare attuazione alle deliberazioni della Camera dei deputati assunte il 19 novembre 2008 al fine di rendere gli studi di settore fiscalmente equi ed efficaci, attraverso una rappresentazione reale delle condizioni economiche e finanziarie del Paese;
a valutare l'opportunità di rivisitare, per gli enti locali virtuosi che rispettino il patto di stabilità interno e il cui stock di debito sia di lieve entità, i criteri del patto di stabilità esclusivamente in ordine agli investimenti, fatto salvo il rispetto dei parametri del patto di stabilità interno per quanto attiene la spesa corrente;
a valutare l'opportunità di introdurre meccanismi di fiscalità di vantaggio per favorire investimenti nelle aree a minor sviluppo;
ad accelerare, ove occorra, attraverso l'adozione dei necessari atti amministrativi, l'implementazione delle norme che realizzano in Italia la cosiddetta «strategia di Lisbona», adottata dall'Unione Europea nel Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 e volta a «fare dell'Unione Europea l'economia più competitiva del mondo», norme adottate con l'approvazione dei disegni di legge collegati alla legge finanziaria e derivanti dallo stralcio del disegno di legge n. 1441 presentato dal Governo alla Camera dei deputati il 2 luglio 2008, recante «Misure per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria».
(1-00078)
(Testo modificato nel corso della seduta). «Stracquadanio, Bitonci, Iannaccone, Gioacchino Alfano, Aracu, Armosino, Catone, Ceroni, Corsaro, De Angelis, Franzoso, Girlanda, Laboccetta, Leo, Marinello, Marsilio, Moroni, Ravetto, Toccafondi, Traversa, Zorzato, Lanzarin, Polledri, Simonetti, Volpi, Baldelli, Speciale».
La Camera,
premesso che:
la tempesta finanziaria che ha investito tutte le economie mondiali ha evidenziato l'inadeguatezza delle istituzioni economico-finanziarie internazionali e degli strumenti in loro possesso, nel fare fronte ad eventi con caratteristiche e peculiarità diverse rispetto al passato, che le hanno rese vulnerabili ed incapaci di dare risposte adeguate;
non sorprende, quindi, che da più parti sia stata sollevata la richiesta di una nuova Bretton Woods, che renda più agevole il superamento della crisi finanziaria in atto e, nel contempo, preveda un sistema di nuove regole economiche che realizzi un assetto funzionale ed equilibrato dell'economia internazionale;
con la Conferenza di Bretton Woods del 1944, quando la seconda guerra mondiale era ancora in corso, si vollero gettare le basi di una cooperazione economica che evitasse la ripetizione del ciclo di svalutazioni competitive che avevano contribuito alla grande depressione del 1929;
nel corso dell'incontro Nobels Colloquia, svoltosi a Trieste recentemente, è stato sottolineato da tutti i maggiori economisti che, nonostante il paragone con la crisi del 1929 non sia appropriato, siamo di fronte ad una crisi di sistema e che è svanita l'illusione che il capitalismo senza regole possa andare avanti all'infinito;
l'eccessiva fiducia nel mercato, gli eccessi della deregulation, gli abusi nell'uso delle stock options e la mancanza di strumenti di controllo hanno reso possibile agli operatori di indirizzarsi verso impieghi puramente speculativi, inondando il sistema di hedge funds, derivati tossici e quant'altro, fino all'esplosione della bolla di tali strumenti derivati e di altre forme di debito;
entrambi i modelli adottati fino al crack finanziario, quello statunistense (con capitali gestiti da una varietà di banche regolamentate, banche d'affari poco regolamentate e hedge fund in gran parte non regolamentati) e quello cinese (basato sulla creazione di fondi sovrani, attivamente impegnati a cercare partecipazioni strategiche in investimenti all'estero), si sono dimostrati incapaci di reggere l'urto della crisi e troppo vulnerabili a pressioni dettate dal panico;
il sistema di vigilanza americano non ha operato adeguatamente nella richiesta di requisiti adeguati a fronte di strumenti finanziari nuovi, per i quali sarebbe stato opportuno creare un mercato ad hoc con controlli periodici e dotato di segnali di allarme altamente sensibili;
poiché i salvataggi delle banche e di altre istituzioni finanziarie non sono stati, comunque, in grado di riportare la fiducia nei mercati, occorrono politiche economiche che evitino il passaggio da crisi finanziaria a crisi recessiva;
in Europa, l'euro ed i vincoli del patto di stabilità hanno frenato gli effetti della crisi, imponendo nel contempo una riduzione della spesa pubblica, mentre in questa fase recessiva sarebbero opportuni interventi di sostegno tradizionale (soprattutto opere pubbliche) accanto a quelli di tipo finanziario;
nel corso del G20 non è stato fatto nessun accenno al ruolo che i centri finanziari offshore (spesso sede legale degli hedge funds) hanno avuto nella crisi finanziaria, definendoli «giurisdizioni che non cooperano e non sono trasparenti» e considerandoli un problema da risolvere «nel medio termine»;
la diffusione di prodotti «tossici» è stata anche favorita dalle agenzie di rating, che hanno spesso operato in conflitto di interessi;
la crisi costituisce un'utile occasione per riaprire il dibattito sugli standard mondiali di valutazione delle attività finanziarie adottati dalle principali società contabili internazionali;
il fallimento degli accordi sugli scambi multilaterali del Doha round ha creato ulteriori preoccupazioni sul futuro dell'economia internazionale in presenza della contemporaneità della crisi finanziaria;
i principali partner europei, sia pur avendo a cuore maggiormente la stabilità dei loro sistemi bancari e creditizi, hanno investito ingenti risorse per il rilancio delle loro economie;
i principali indicatori economici confermano che in Italia gli effetti della crisi finanziaria, più che sul sistema bancario e creditizio, si stanno riversando sull'economia reale;
per fronteggiare questa crisi il Governo ha varato un pacchetto di misure, che, nelle intenzioni, mirerebbe a ridare un potere reale d'acquisto alle famiglie, sostenere lo sviluppo delle imprese e dare un impulso alle opere strutturali;
tuttavia, nonostante la gravità della crisi e a differenza di quanto fatto dagli altri Paesi europei, quello presentato dal Governo è un piano «minimalista», che vale circa 6,3 miliardi di euro e nel quale gli interventi previsti, nella stragrande maggioranza dei casi, hanno una validità limitata al solo esercizio 2009. Infatti:
a) l'intervento per le famiglie è del tutto insoddisfacente, sia per la ridotta entità del contributo, sia per la limitata soglia massima di reddito che permette di accedere al contributo, una misura una tantum, quindi, valida solo per l'anno 2009;
b) quella sui mutui è una manovra tardiva, che sarebbe stata molto utile nel 2008, anno in cui i tassi sono stati crescenti e sono aumentate le rate dei mutui delle famiglie italiane, ed è una manovra che avrà un effetto molto limitato nel 2009;
c) la promessa di abbassare le tariffe appare un mero spot, in quanto le stesse tariffe dovrebbero scendere comunque nei prossimi mesi a causa del drastico calo del petrolio. E comunque, ancora una volta, si interviene solo in ambito assistenziale;
d) dalla riduzione degli acconti dell'ires e dell'irap vengono escluse inspiegabilmente le società di persone e gli imprenditori individuali, che costituiscono la stragrande maggioranza delle piccole e medie imprese italiane;
e) la revisione degli studi di settore è una disposizione giusta, ma molto vaga e rimanda a futuri decreti attuativi del ministero dell'economia e delle finanze;
f) per quanto riguarda l'intervento nel capitale delle banche non sonostati ancora definiti i meccanismi che vincolerebbero i prestiti statali alla concessione di credito a famiglie ed imprese. È previsto un codice etico, ma non c'è nessun riferimento all'obbligo per le banche finanziate di procedere ad una decurtazione degli stipendi per manager e dirigenti;
g) di fatto il provvedimento del Governo rende quasi impossibile l'ottenimento dello sgravio fiscale del 55 per cento, previsto dalla normativa, per gli interventi di risparmio energetico messi in cantiere a partire dal 2009,
impegna il Governo
per quanto riguarda il riordino della governance mondiale, ad adottare iniziative volte a:
a) favorire la realizzazione di riforme che colmino le carenze delle regolamentazioni e delle vigilanze finanziarie, evidenziate dalla crisi finanziaria, ed in particolare:
1) adottando iniziative per l'introduzione di norme che regolino efficacemente l'attività degli intermediari e dei mercati;
2) ridisegnando la struttura delle autorità di regolamentazione e vigilanza, troppo frammentate, poco armonizzate e scarsamente cooperanti tra loro;
b) sollecitare una rapida e stabile revisione dei criteri di valutazione degli elementi patrimoniali da parte delle società contabili, affinché sia sempre garantita l'indipendenza e l'oggettività, al fine di ridurre sia possibili spirali perverse, sia di evitare che i criteri possano essere modificati a seconda delle convenienze, danneggiando la credibilità dei bilanci;
c) sostenere la necessità di procedere ad una valutazione approfondita e all'adozione delle conseguenti misure, rispetto al ruolo svolto dai centri finanziari offshore nelle vicende che hanno portato alla situazione attuale;
per quanto riguarda le misure da adottare per contrastare la crisi in Italia, ad adottare iniziative volte a:
a) evitare la dispersione degli interventi, nell'intento di accontentare tutti (famiglie, imprese, lavoratori e banche), in considerazione dell'esiguità delle risorse impiegate, finalizzando gli interventi a favore delle famiglie, nell'ottica del rilancio dei consumi e della domanda interna;
b) prevedere misure di impulso agli investimenti delle piccole e medie imprese, a partire dal credito d'imposta o dalla detassazione degli utili reinvestiti in ricerca ed innovazione;
c) valutare l'opportunità di un piano di incentivi agli investimenti in efficienza energetica per le imprese;
d) programmare un piano di sostegno ai settori che maggiormente risentiranno della crisi;
e) progettare un piano per il rilancio delle opere nel Mezzogiorno d'Italia;
f) realizzare una vera e propria politica di incentivi allo sviluppo per il Sud e sollecitare iniziative volte a facilitare l'accesso al credito per le piccole e medie imprese in questa area del Paese;
g) assumere ulteriori iniziative normative volte a dare maggiore efficacia alle misure previste dal «pacchetto anti-crisi», in particolare per:
1) incentivare gli interventi di risparmio e di riqualificazione energetica degli edifici;
2) rendere permanenti le disposizioni riguardanti il principio del versamento dell'iva secondo criteri di «cassa» anziché di competenza, compatibilmente con la normativa europea;
3) estendere le misure fiscali agevolative anche ai soggetti che, allo stato, ne sono esclusi, in particolare a società di persone e imprenditori individuali;
h) prevedere nuove misure a sostegno delle famiglie che accenderanno mutuia partire dal 1o gennaio 2009, per i quali la manovra prevista non ha alcun effetto reale e considerato che il problema si potrà ripresentare nel 2010, quando la manovra non sarà più in vigore;
i) realizzare una vera politica per la famiglia e non di tipo assistenzialista, poiché in questo momento di difficoltà economica occorre avere il coraggio di investire sui nuclei familiari del ceto medio, che oggi soffrono maggiormente e che possono rilanciare i consumi, se sostenuti;
l) valutare l'opportunità di istituire un fondo per combattere la povertà e per sostenere i redditi da lavoro sotto la soglia di povertà;
m) prevedere maggiori fondi per gli ammortizzatori sociali ed estendere il sostegno a tutti i lavoratori atipici, soprattutto a quelli che hanno prestato l'attività in zone e settori dichiarati in «stato di crisi».
(1-00080)
«Vietti, Galletti, Tabacci, Buttiglione, Pezzotta, Occhiuto, Ciccanti, Volonté, Compagnon, Naro, Capitanio Santolini».
La Camera,
premesso che:
la crisi economica globale sta assumendo proporzioni storiche. Indotta da un'iniqua distribuzione del reddito, ha portato larghi strati della popolazione a basso e medio reddito ad indebitarsi per sostenere il tenore di vita e il bene primario della casa. La crisi ha subito in seguito un pesante aggravamento a causa di atteggiamenti, in molti casi irresponsabili, di una finanza di speculazione che ha prodotto le pesanti e crescenti turbolenze sui mercati finanziari. La crisi americana dei mutui sub-prime ha costituito l'innesco che ha provocato un generale e rapidissimo deterioramento delle prospettive di crescita dell'economia;
in tale quadro, la crisi finanziaria globale ha investito alcune delle più grandi istituzioni finanziarie americane ed europee, per fronteggiare la quale Governi e autorità monetarie hanno assunto ampie iniziative, quali, ad esempio, massicce iniezioni di liquidità, riduzioni dei tassi di interesse, ricapitalizzazione delle banche con fondi pubblici;
data la dimensione e la diffusione dei soggetti coinvolti, la crisi sta generando una mancanza di fiducia, di cui si avvertono gli effetti: le condizioni di credito sono diventate sensibilmente più strette, si riducono i piani di investimento, i consumi si indeboliscono, sulle prospettive pesa una forte incertezza, con molte delle economie dell'Unione europea in recessione o sull'orlo della recessione;
previsioni negative sono previste da tutti i principali organismi internazionali: l'Ocse, nell'Economic outlook di novembre 2008, prevede per l'Italia, nel 2009, un tasso di crescita negativo del prodotto interno lordo reale dell'1 per cento, sensibilmente inferiore alla previsione formulata a giugno 2008 (+0,9 per cento);
peraltro, per il 2009 l'indicatore di crescita negativa, che nell'anno 2008 caratterizzava soltanto la situazione italiana, è ora riscontrabile in quasi tutte le economie avanzate: sempre l'Ocse stima una crescita di -0,6 per cento per l'area euro nel 2009;
segnali di ripresa sono previsti solo a partire dalla fine del 2010: in sostanza, la stabilizzazione dell'economia mondiale e la sua uscita dagli squilibri macroeconomici e macrofinanziari rischia di determinarsi attraverso una lunga e pericolosa crisi recessiva;
per scongiurare questo scenario, è opinione ormai dominante che sia necessario non soltanto l'intervento delle politiche monetarie e delle banche centrali nazionali, ma anche di adeguate politiche fiscali di segno anticiclico;
molti Paesi hanno già deciso, o stanno decidendo, di muoversi in questadirezione, mettendo in campo pacchetti di stimolo fiscale volti al sostegno temporaneo della domanda interna di consumi e di investimenti pubblici: fra essi, ad esempio, la Cina e la nuova amministrazione Usa;
l'Unione europea ha una duplice responsabilità in merito: da un lato deve evitare che la crisi recessiva si estenda e si approfondisca all'interno dei Paesi membri, con le sue deleterie conseguenze in termini di distruzione di posti di lavoro; dall'altro lato non può non fornire il suo contributo al processo di riaggiustamento mondiale, nell'ambito di una cooperazione internazionale al cui interno la stessa Unione europea è chiamata oggi ad esercitare un ruolo potenzialmente nuovo e di grande impegno;
per rispondere a questa situazione, la Commissione europea ha presentato il 26 novembre 2007 «Il piano europeo di ripresa economica». Esso identifica un insieme di misure volte al sostegno dell'economia reale e si fonda su due pilastri:
a) nell'immediato, un significativo rafforzamento del potere d'acquisto delle famiglie, attraverso la tempestiva adozione di un pacchetto fiscale dell'ammontare di 200 miliardi di euro (1,5 del prodotto interno lordo dell'Unione europea), 170 dei quali dovrebbero essere implementati dai Paesi membri e 30 dalla Commissione europea;
b) nel lungo periodo, il rafforzamento della competitività europea, grazie alla convergenza dei Governi su una serie di priorità comuni di azioni volte a favorire lo smart investment, nell'ambito della strategia di Lisbona;
la Commissione europea, nel proporre che gli Stati membri prevedano, nei bilanci nazionali per il 2009, incentivi finanziari pari complessivamente a 170 miliardi di euro, richiede che essi siano tempestivi (per poter sostenere rapidamente l'attività economica durante la fase di rallentamento della domanda), temporanei (per scongiurare un deterioramento permanente delle posizioni di bilancio), mirati ad aumento dell'occupazione, sostegno ad imprese e famiglie vittime di restrizioni creditizie, coordinati (così da moltiplicare l'impatto positivo e garantire la sostenibilità di bilancio a lungo termine) e che combinino strumenti di reddito e di spesa, mediante possibili interventi concernenti:
a) la spesa pubblica con impatto sulla domanda a breve termine;
b) garanzie e prestiti agevolati;
c) incentivi fiscali opportunamente strutturati;
d) la riduzione delle imposte e dei contributi sociali versati dai datori di lavoro al fine di contribuire al mantenimento e alla creazione dei posti di lavoro;
e) riduzioni temporanee dell'aliquota iva standard, per incentivare i consumi;
ad avviso della Commissione europea, la concomitanza eccezionale della crisi finanziaria e della recessione giustifica un'espansione di bilancio coordinata nell'Unione europea tale da causare in alcuni Stati membri un superamento del valore di riferimento del disavanzo (3 per cento del prodotto interno lordo);
il piano invita, inoltre, gli Stati membri ad incrementare gli investimenti in infrastrutture, nell'efficienza energetica degli edifici, nonché in materia di istruzione e di ricerca e sviluppo, al fine di stimolare la crescita la produttività. A proposito di infrastrutture, già il libro bianco di Jacques Delors prevedeva di creare un nuovo circuito di finanziamento dei progetti infrastrutturali di dimensione europea, tramite l'emissione di titoli pubblici dell'Unione europea (eurobonds), i quali avrebbero oggi, fra l'altro, il vantaggio di offrire sui mercati opportunità di investimento a lungo termine, aventi caratteristiche di basso rischio e di connessione all'economia reale, offendo così anche su questo versante un contributo alla costruzione di una nuova fase dell'economiamondiale non più dominata da spinte aventi prevalente natura speculativa e finanziaria;
i principali Paesi europei stanno operando in linea con il piano della Commissione europea. In Germania il Governo ha presentato nei mesi di ottobre e novembre 2008 una serie di misure rivolte a contrastare gli impatti negativi sull'economia legati alla crisi: tali misure sono, in particolare, rivolte ad incentivare gli investimenti, a ridurre il carico fiscale e contributivo sulle famiglie attraverso agevolazioni fiscali e sussidi per i figli a carico e la riduzione dei contributi sociali per le indennità di disoccupazione a favore delle famiglie e delle imprese. Nel Regno Unito il pre-budget report presentato il 24 novembre 2008 prevede un pacchetto di misure volto a sostenere, in particolare, i redditi, i consumi e gli investimenti. Il 28 novembre 2008 la Spagna ha approvato in Consiglio dei ministri un piano per stimolare l'economia e l'occupazione, con misure già operanti nel 2008, come gli sgravi fiscali per le famiglie e le imprese per un totale di 16,5 miliardi di euro (deduzione sull'irpef di 400 euro a famiglia, maggiori deduzioni per figli a carico e la riduzione dell'ires), le misure per sostenere l'occupazione (deduzioni per le imprese che assumono disoccupati con figli a carico o lavoratrici e aumento dell'indennità di disoccupazione per coloro che intraprendono un'attività propria), la creazione di un fondo di 8 miliardi da destinare alla realizzazione di opere pubbliche e di un fondo di 3 miliardi per sostenere settori strategici dell'economia, una moratoria temporanea sul 50 per cento delle rate per i mutui contratti dai soggetti con redditi più bassi o disoccupati e l'introduzione di ulteriori deduzioni per i redditi fino a 33000 euro. In Francia il Governo ha annunciato diversi provvedimenti di sostegno all'economia reale, che prevedono la costituzione di una linea di credito di 22 miliardi per agevolare il finanziamento delle piccole e medie imprese, 100.000 contratti sovvenzionati aggiuntivi per impieghi presso enti locali e associazioni culturali e umanitarie, la realizzazione di 30.000 alloggi che era stata messa a rischio dalla crisi del settore immobiliare: un piano di interventi dall'ammontare di 175 miliardi in tre anni;
a fronte di questo massiccio intervento pubblico dei partner europei, il Governo italiano ha presentato un decreto-legge, il n. 185 del 2008, che, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, solo sulla carta prevede il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e non è in linea con le indicazioni della Commissione europea, perché non restituisce alla scuola le risorse tagliate nei mesi passati, rende inefficaci proprio quelle misure fiscali che maggiori effetti hanno sulla ricerca, sull'ambiente, sulla crescita e sull'occupazione, come la detrazione delle spese per la riqualificazione energetica degli edifici e il credito d'imposta per la ricerca, riprogramma le risorse del quadro strategico nazionale per interventi infrastrutturali, senza prevedere nessun finanziamento addizionale e addirittura ciò avviene dopo l'improprio utilizzo nei mesi passati delle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate per misure di dubbia utilità sociale ed economica;
le risorse del citato decreto-legge sono scarse e addirittura va segnalato come l'intervento di sostegno all'economia perseguito dal provvedimento rechi effetti migliorativi sui saldi di finanza pubblica, sia con riferimento al saldo netto da finanziare, che in termini di indebitamento netto e di fabbisogno, con evidenti effetti prociclici, contrariamente a quanto previsto dalle più elementari regole di politica economica: l'Italia è l'unico Paese europeo a rinunciare all'apporto delle politiche di bilancio al fine di attutire le conseguenze della crisi in atto;
il bonus per le famiglie, date le condizioni attuali ed attese dell'economia, è una misura utile ma assolutamente insufficiente, mentre sarebbe stato necessario un intervento di portata ben più ampia,sia per importo medio, sia per numero di famiglie interessate,
impegna il Governo:
coerentemente con le indicazioni della Commissione europea e con le azioni intraprese dalle principali economie europee, a rimodulare il percorso di raggiungimento del pareggio del bilancio, destinando le risorse liberate a misure di riduzione dell'imposizione fiscale sui redditi da lavoro e da pensione, attraverso l'innalzamento delle detrazioni fiscali, riduzione che tenga conto della presenza dei figli e che riconosca benefici anche agli incapienti e alle categorie sociali svantaggiate;
a procedere, in attesa della definitiva riforma degli ammortizzatori sociali, che li trasformi in uno strumento universalistico, ad un'estensione consistente degli ammortizzatori sociali a sostegno di tutte le persone che perdono il lavoro o che sono sospese dal lavoro, a prescindere dalle dimensioni dell'impresa, dalla forma contrattuale, dal settore di appartenenza;
a prevedere tempi certi e rapidi per i pagamenti dovuti dalla pubblica amministrazione alle imprese;
a presentare nelle sedi competenti misure finalizzate a creare un nuovo circuito di finanziamento dei progetti infrastrutturali di dimensione europea tramite l'emissione di titoli pubblici dell'Unione europea (eurobonds).
(1-00081)
«Baretta, Fluvi, Lulli, Damiano, Bersani, Letta, Colaninno, Ventura, Quartiani, Giachetti, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Carella, Causi, Ceccuzzi, D'Antoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo, Benamati, Calearo Ciman, Fadda, Froner, Marchioni, Peluffo, Portas, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Vico, Zunino, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru».
MOZIONI LIVIA TURCO ED ALTRI N. 1-00071; DELFINO ED ALTRI N. 1-00079, MURA ED ALTRI N. 1-00082 E LAURA MOLTENI N. 1-00084 CONCERNENTI INIZIATIVE A SOSTEGNO DEI DIRITTI DELLE PERSONE CON DISABILITÀ
Mozioni
La Camera,
premesso che:
la Commissione europea, in accordo con le Nazioni Unite, dal 1993 ha istituito il 3 dicembre quale Giornata europea delle persone disabili;
il tema del 3 dicembre 2008 sarà «la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità: dignità e giustizia per tutti noi». «La dignità e la giustizia - si legge nella nota delle Nazioni Unite - sono principi universali e consolidati e fin dalla sua nascita l'Onu ha stabilito che la dignità e i diritti inalienabili e uguali per tutti i membri del consorzio umano fossero alla base della libertà, della giustizia e della pace nel mondo. Il 2008, poi, è un anno particolarmente significativo per il movimento internazionale dei diritti umani, alla luce dell'entrata in vigore, il 3 maggio scorso, della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità e del suo protocollo opzionale, uno strumento legale concretamente vincolante per tutti gli Stati a far sì che essi promuovano e tutelino i diritti delle persone con disabilità». A tutt'oggi sono 37 i Paesi che hanno ratificato la Convenzione; l'Italia non ha ancora ratificato la Convenzione;
fin dal 17 giugno 2008 è stata presentata alla Camera dei deputati la proposta di legge Atto Camera n. 1311 di ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, a firma di deputati appartenenti sia alla maggioranza che all'opposizione parlamentare;
il Governo il 28 novembre 2008 ha approvato il disegno di legge di ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità nella seduta del Consiglio dei ministri;
la parità delle opportunità è l'obiettivo della strategia a lungo termine dell'Unione europea riguardante la disabilità, che intende garantire la dignità e il rispetto della persona disabile, la sua autonomia e la sua partecipazione alla vita civile, politica del Paese, per una «vita indipendente»; le azioni dell'Unione europea, permettendo ai disabili di sfruttare le loro capacità e di partecipare alla vita della società e all'attività economica, contribuiscono a rafforzare i comuni valori economici e sociali su cui essa si fonda;
la strategia dell'Unione europea si basa su tre pilastri:
a) la legislazione e le iniziative miranti a combattere la discriminazione, che garantiscono i diritti individuali;
b) l'eliminazione degli ostacoli di natura ambientale che impediscono ai disabili di sfruttare le loro capacità;
c) la considerazione dell'aspetto della disabilità in tutte le politiche comunitarie, che promuove l'inclusione attiva dei disabili;
il piano d'azione dell'Unione europea a favore dei disabili, che la Commissione europea ha istituito per dare un seguito coerente all'anno europeo dei disabili nell'Europa allargata, costituisce un quadro dinamico per l'elaborazione di una strategia europea della disabilità; in un contesto economico e sociale in mutazione, come quello dell'Unione europea, è indispensabile prendere in considerazione in maniera strutturata la questione della disabilità. In questo campo le iniziative sono principalmente di competenza degli Stati membri, ma le politiche e le azioni dell'Unione europea hanno molteplici incidenze sulla situazione dei disabili e, consapevole di questo, il Consiglio ha raccomandato agli Stati membri di tenere pienamente conto del piano d'azione dell'Unione europea a favore dei disabili nell'elaborazione delle loro politiche per i disabili;
nella situazione demografica attuale, il potenziale economico delle persone disabili e il contributo che esse possono dare alla crescita economica e all'occupazione devono essere meglio sfruttati, sulla base dell'agenda sociale 2005-2010. Inoltre, nell'ambito del rilancio della strategia di Lisbona, la comunicazione invita gli Stati membri a promuovere l'inclusione dei disabili nei loro futuri programmi di riforma per la crescita e l'occupazione. Questa comunicazione è anche la prima delle relazioni dell'Unione europea sulla situazione generale delle persone disabili, che la Commissione europea si è impegnata a pubblicare ogni due anni in occasione della Giornata europea delle persone disabili;
in base alle stime ottenute dall'indagine sulle condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari del 2004-2005, emerge che in Italia le persone con disabilità che vivono in famiglia sono circa 2 milioni 600 mila, pari al 4,8 per cento circa della popolazione di 6 anni e più che vive in famiglia; considerando anche le 190.134 persone residenti nei presidi socio-sanitari si giunge ad una stima complessiva di poco meno di 2 milioni 800 mila persone con disabilità;
rispetto al passato, in cui i soggetti con difficoltà fisiche o psichiche erano privi di tutela, non riconosciuti i loro diritti e in condizione di isolamento e di istituzionalizzazione, nel nostro Paese si è ormai di fronte ad un presente che non pone più in discussione il diritto, per i disabili, ad essere parte reale della vita sociale, a possedere tutte le opportunità di qualunque altro cittadino, a richiedere, volere e pretendere la piena integrazione quale elemento costituente la qualità della vita di tutti;
tale processo d'integrazione non si manifesta in modo spontaneo ed automatico, ma richiede un impegno attivo e permanente affinché le affermazioni, le annunciazioni di principio non rimangano lettera morta, ma si traducano in atti concreti, e la cultura dell'integrazione della persona disabile sfoci nel diritto reale ed esigibile della stessa persona disabile ad «essere parte» a pieno titolo del mondo sociale, scolastico, sportivo, lavorativo;
tutto questo è un processo che non ha termine, ma si snoda nel tempo e nell'evoluzione, non sempre lineare e non ugualmente diffusa su tutto il territorio nazionale, della concezione che ha portato dal rifiutare (nascondere, segregare) al riabilitare, dal riabilitare all'inserire, dall'inserire all'integrare la persona disabile all'interno della società;
il mondo della disabilità ha vissuto in Italia negli ultimi trentacinque anni profonde trasformazioni. È, infatti, a partire dagli anni '70 che prende corpo un'importante azione di rinnovamento di servizi ed interventi, che coincide con la prima fase del decentramento delle competenze dallo Stato alle regioni. La costruzione di una rete di servizi sul territorio, in attuazione delle prime leggi regionali, prendepoi ulteriormente slancio dopo la riforma sanitaria del 1978, con la costituzione delle unità sanitarie locali. Si manifesta in questa fase un approccio innovativo al problema, non finalizzato più al ricovero, all'istituzionalizzazione o comunque a delineare percorsi paralleli o speciali, ma, al contrario, teso a costruire una rete di sostegno e di opportunità per la persona disabile e la sua famiglia, per rendere possibile e facilitare il processo d'integrazione. Fu, però, la legge n. 104, approvata nel 1992 dopo un lungo confronto parlamentare, a delineare per la prima volta nel nostro ordinamento un quadro organico di norme che fissavano principi ed indirizzi in tutti i campi della vita sociale per la prevenzione e la riabilitazione, l'accesso ai diversi gradi di istruzione e formazione, il lavoro, la mobilità, la fruizione delle strutture sportive turistiche e ricreative, l'accesso alle informazioni e alla comunicazione, il sostegno alle famiglie, il servizio di aiuto alla persona, residenzialità. Il nuovo quadro legislativo ha consentito poi a regioni, aziende sanitarie locali, enti locali di predisporre tutta una serie di servizi per migliorare l'assistenza sanitaria e sociale, l'autonomia e l'integrazione della persona disabile, il sostegno al nucleo familiare, attraverso l'assistenza domiciliare, l'aiuto personale. Solo con un'azione certosina di sensibilizzazione dell'opinione pubblica parallela a rivendicazioni ben precise si è potuto arrivare a un complesso di norme (legge n. 517 del 1977 sulla piena integrazione scolastica dei bambini disabili, prescindendo dalle difficoltà di apprendimento e da tutte le altre eventuali difficoltà derivanti dalla loro disabilità, legge n. 13 del 1989 sull'eliminazione delle barriere architettoniche, legge n. 104 del 1992, legge quadro sull'assistenza, legge n. 68 del 1998 sul collocamento obbligatorio), che nel loro insieme hanno creato un complesso sistema di tutele della persona disabile; tale azione di sensibilizzazione dell'opinione pubblica per un'integrazione reale e piena dei disabili nella nostra società non può che essere sempre in continuo divenire, come in continuo divenire è la nostra stessa società,
impegna il Governo:
a presentare alle Camere nel più breve tempo possibile un disegno di legge di ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità e del suo protocollo opzionale, che è stata aperta alla firma a New York il 30 marzo 2007 ed è entrata in vigore il trentesimo giorno successivo al deposito del ventesimo strumento di ratifica o di adesione (3 maggio 2008), visto che l'Italia ha provveduto ad apportare la sua firma già dal 30 marzo 2007;
ad adottare, nel più breve tempo possibile, tutte le misure atte alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, così come previsti all'articolo 22 della legge quadro n. 328 del 2000 e dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, al fine di avere su tutto il territorio nazionale una rete integrata di servizi che fissi i livelli essenziali delle prestazioni sociali sia quantitativamente che quantitativamente omogenei in tutto il Paese, nonché al reperimento di risorse finanziarie adeguate del fondo nazionale per le politiche sociali, di cui all'articolo 20 della legge n. 328 del 2000, al fine di poter garantire reali opportunità di inserimento sociale delle persone disabili;
a sviluppare ed a promuovere un'azione di programma per le politiche dell'handicap, attraverso tutti gli elementi ritenuti necessari, affinché all'interno della nostra società si sviluppi una reale e concreta cultura volta al superamento delle problematiche dell'integrazione delle persone disabili, anche mediante:
a) l'inserimento, per rendere più efficace la lotta contro le barriere architettoniche, nei programmi delle scuole medie superiori tecniche, quali geometri e tecnici per l'edilizia, nonché nei corsi di laurea universitari, quali ingegneria civile e ambientale, scienze dell'architettura, scienze della pianificazione territoriale, urbanistica, paesaggistica e ambientale,scienze e tecniche dell'edilizia, lo studio dell'universal design, inteso come progettazione di un ambiente «accessibile» sicuro, confortevole e qualitativamente migliore per tutti i potenziali utilizzatori;
b) il potenziamento dei corsi di formazione e specializzazione degli insegnanti, attraverso la definizione di qualificati percorsi universitari, a partire dalla formazione di base, non solo per gli insegnanti di sostegno ma anche di quelli curricolari, con il coinvolgimento pieno delle facoltà di scienze dell'educazione e del sistema universitario nel suo complesso, tenendo come punto di riferimento i diversi bisogni educativi specifici conseguenti alle diverse tipologie di disabilità;
c) la definizione di corretti strumenti di valutazione e verifica degli interventi educativi, didattici ed organizzativi messi in atto dalle singole scuole, avendo cura poi di prevedere standard adeguati a valutare i processi di insegnamento ed apprendimento, i risultati raggiunti sul piano individuale e collettivo, in quanto il processo di integrazione scolastica degli allievi in situazione di handicap deve ormai essere considerato come uno dei fattori di qualità del piano dell'offerta formativa dell'istituzione scolastica;
d) la piena attuazione dell'integrazione scolastica degli oltre centonovantamila studenti disabili presenti nelle scuole italiane attraverso la realizzazione di un progetto di vita di presa in carico integrata dell'alunno disabile da parte di tutti gli insegnanti che interagiscono con lui, nonché assegnazione delle ore di sostegno sulla base delle «effettive esigenze» dell'alunno disabile, soprattutto per i gravi, assicurandone anche la continuità didattica tra alunno ed insegnante di sostegno;
e) azioni volte a sensibilizzare le imprese circa le opportunità offerte dalla legge n. 68 del 1999 sul collocamento dei lavoratori disabili, anche ripristinando l'obbligatorietà della certificazione di ottemperanza sul rispetto delle norme della legge n. 68 del 1999 rilasciata dai centri dell'impiego alle imprese che vogliono partecipare ad appalti pubblici;
f) l'istituzione, presso il ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di un Osservatorio nazionale per i diritti dei disabili con compiti di monitoraggio, studio, ricerca, documentazione e formulazione di proposte, in merito alla corretta applicazione della legge n. 68 del 1999, nonché di ogni altro aspetto inerente l'occupazione dei lavoratori disabili, sugli interventi previdenziali e assistenziali, onde porre le basi per il loro adeguamento, sulla rete sanitaria e assistenziale regionale e la sua adeguatezza nel rispetto dei livelli essenziali, ponendo così le basi per un quadro informativo completo sulla condizione di vita delle persone con disabilità, elemento preliminare e necessario per qualsiasi intervento legislativo;
g) l'emanazione di linee guida per orientare le diverse amministrazioni nei vari aspetti applicativi e progettuali, nonché per ottenere un riordino delle provvidenze economiche, attualmente del tutto inadeguate;
h) la garanzia di adeguate risorse finanziarie alla legge n. 13 del 1989 sull'abbattimento delle barriere architettoniche, nonché la concessione di mutui agli enti locali per finanziare programmi di abbattimento delle barriere architettoniche;
i) il potenziamento della rete telematica di comunicazione, per rendere sempre più possibile il contatto con mille realtà socio-professionali, legate sia alla rete dei servizi, di cui hanno più immediato bisogno, sia a forme sociali di tempo libero;
ad adottare una politica efficace di sostegno alla non autosufficienza e alla vita indipendente, attraverso lo stanziamento di risorse finanziarie adeguate atte ad integrare i cofinanziamenti degli enti territoriali interessati, nonché attraverso un programma di intervento diretto a favore delle famiglie e degli anziani con il rafforzamento dell'assistenza domiciliare, con il sostegno economico alle famiglie per cura e assistenza, con la prevenzione, il contrasto e la riabilitazione degli stati dinon autosufficienza, con la realizzazione dei livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali, affinché si possa realizzare su tutto il territorio nazionale una rete integrata di servizi anche con l'aiuto ed il sostegno del cosiddetto «terzo settore» e con la creazione di cooperative in cui tutti, persone disabili e non possano, ognuno secondo le loro capacità, trovare la propria dimensione lavorativa ed umana;
a predisporre linee guida nazionali atte a delineare programmi di integrazione e di presa in carico del disabile grave, in particolar modo nel momento in cui viene a mancare il supporto del nucleo familiare, il cosiddetto «dopo di noi», anche attraverso una politica di interventi in materia di solidarietà sociale con la creazione di comunità alloggio, a carattere familiare, case-famiglie, piccoli gruppi in appartamento gestiti attraverso la supervisione e il controllo delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni familiari affinché le persone disabili gravi o gravissimi dopo la perdita dei loro familiari possano trovare assistenza ed accoglienza.
(1-00071)
(Nuova formulazione) «Livia Turco, Argentin, Binetti, Boffa, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Farina Coscioni, Grassi, Lenzi, Miotto, Mosella, Murer, Pedoto, Calvisi, Schirru, Madia, Ghizzoni, Coscia, Rossa, Pes, Strizzolo, Motta, Bellanova, Rampi, Codurelli, Gnecchi, Cenni, Ginefra, Mattesini, Gatti, Pollastrini, Concia, Siragusa».
La Camera,
premesso che:
nel luglio del 1993 è stato istituito, dalla Commissione europea, in accordo con le Nazioni Unite, il 3 dicembre quale Giornata europea delle persone disabili, che ha grande rilevanza sociale e che si rivolge ad un pubblico ampio e variegato non solo di persone diversamente abili, ma anche di famiglie, di operatori, di professionisti che operano nel sociale e di gente comune sensibile alle tematiche connesse alla disabilità;
a livello europeo è stata una grande dimostrazione di solidarietà e di sensibilità al problema della disabilità, anche alla luce del fatto che un europeo su dieci è affetto da un handicap più o meno pronunciato; la collettività ha preso coscienza di quanto sia necessario che la comunità internazionale riconosca la specificità delle persone disabili e che esse possano pienamente usufruire dei diritti di ogni cittadino e assumere liberamente e senza condizionamenti le loro decisioni;
rimane forte la necessità di procedere con decisione alla loro migliore integrazione nella società; in questa direzione dall'aprile 2006, il Consiglio d'Europa ha adottato un piano d'azione per le persone disabili (2006-2015), con l'intento di tutelare e garantire la partecipazione alla vita politica, pubblica e culturale, l'educazione, l'informazione e la comunicazione, l'impiego, l'accesso agli edifici e ai trasporti delle persone con disabilità;
secondo l'Organizzazione mondiale della sanità ci sono in Europa 37 milioni di persone con disabilità, pari al 10 per cento della popolazione complessiva e al 14 per cento della popolazione con età compresa tra i 16 e i 64 anni, tutto ciò a testimonianza del fatto che il problema della disabilità non investe solo il disabile e la famiglia di appartenenza, ma l'intera collettività;
il 3 maggio 2008 è stata una data importante per i 650 milioni di disabili di tutto il mondo; è, infatti, entrata in vigore la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata il 13 dicembre 2006 da 192 Paesi e già ratificata da 20 Stati;
l'Italia ha firmato la Convenzione il 30 marzo 2007; solo nei giorni scorsi il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge di ratifica della Convenzione siglata nel 2006 a New York;
a causa della mancanza, nel documento, di un divieto esplicito sull'aborto, la Santa Sede non ha firmato la convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, pur avendo partecipato attivamente alla stesura del testo;
l'obiettivo della Convenzione è quello di promuovere e garantire alle persone con disabilità il pieno godimento dei diritti nei diversi ambiti: vita, salute, lavoro, istruzione, mobilità, manifestazione del pensiero, partecipazione alla vita sociale e politica; la Convenzione acquista valore legale e vincolante solo per i Paesi che l'hanno ratificata e che dovranno adeguare la loro legislazione interna ai dettami dei 50 articoli della Convenzione;
i principi proclamati nella Carta delle Nazioni Unite riconoscono la dignità il valore e i diritti uguali e inalienabili di tutti i membri della famiglia umana come fondamento di libertà, giustizia e pace nel mondo;
le persone con disabilità tendono a restare disoccupate per un tempo due volte più lungo delle altre; il 42 per cento delle persone con disabilità hanno impiegato un anno per trovare lavoro, mentre il 27 per cento delle persone con disabilità hanno impiegato più di due anni per trovare lavoro; è una penalizzazione che anche nel contesto economico attuale risulta doppiamente immotivata perché ignora il contributo aggiuntivo alla crescita e all'occupazione che le persone con disabilità potrebbero fornire nel contesto europeo;
tutto ciò accade nonostante gli «Stati parti» della Convenzione abbiano riconosciuto il diritto delle persone con disabilità al lavoro, su base di parità con gli altri; ciò comprende il diritto all'opportunità di essere autosufficienti attraverso il lavoro che scelgono liberamente nel mercato del lavoro, finalizzato all'inclusione e all'accessibilità all'occupazione delle persone con disabilità;
la Convenzione prevede un impegno a garantire e favorire l'esercizio del diritto al lavoro anche per coloro che hanno acquisito una disabilità nell'esercizio della propria attività, prendendo a tal fine appropriate iniziative anche legislative;
i presidenti dell'Unione italiana ciechi e ipovedenti e del Consiglio italiano dei disabili per i rapporti con l'Unione europea hanno evidenziato l'importanza della Convenzione, che «non è più concepita con il concetto di assistenza ma con quello del riconoscimento dei diritti umani»;
in occasione dell'anno europeo delle pari opportunità è stato ulteriormente rafforzato l'impegno dell'Unione europea verso i disabili e la loro non discriminazione, che si realizza, innanzitutto, con il potenziamento di un quadro giuridico europeo mirato a contrastare qualsiasi forma di discriminazione, anche nel lavoro;
il suddetto impegno si deve concretizzare in un forte sostegno dell'Unione europea alle pratiche innovative e alle nuove tecnologie per assicurare ai disabili il pieno esercizio dei diritti;
questo quadro culturale e politico costituisce un'opportunità importante per sostenere il lavoro effettuato a livello locale da tutti gli operatori professionali e dalle strutture operanti al servizio dei disabili;
nel nostro Paese, per ciò che riguarda la situazione delle persone con disabilità, sono state varate molte leggi che hanno fatto da apripista in Europa e nel mondo, ma che non hanno trovato completa applicazione a causa della mancanza di adeguate risorse;
negli anni è stato possibile valorizzare il mondo della disabilità, attraverso un'attenta e continua opera di sensibilizzazione con l'approvazione di norme specifiche che hanno permesso di poter garantire diritti essenziali, come l'integrazione scolastica dei bambini disabili (legge n. 517 del 1977), l'abbattimento delle barrierearchitettoniche (legge n. 13 del 1989), il collocamento nel mondo del lavoro (legge n. 68 del 1999);
questo percorso si è realizzato soprattutto grazie al lavoro delle famiglie e di molteplici associazioni non-profit, che si sono battute perché i bambini disabili avessero pari diritti e dignità nella scuola, nella formazione e nel lavoro;
l'Italia con la legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha definito un quadro legislativo ampio e di grande qualità per il riconoscimento dei diritti e la tutela delle persone disabili;
in questa direzione sono già state ulteriormente emanate diverse disposizioni legislative, quali quelle che regolamentano la disciplina dei permessi per l'assistenza ai portatori di handicap (legge n. 53 del 2000), successivamente modificata con il decreto legislativo n. 151 del 2001, e la legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali (legge n. 328 del 2000);
le politiche economiche dell'attuale Governo a causa dei tagli indiscriminati al settore del welfare rischiano di determinare ricadute gravi e immediate sulle vite delle persone con disabilità e dei loro familiari;
l'allarme diffuso in tal senso è rivolto soprattutto al settore della scuola, dove il prospettato aumento del numero degli alunni per classe e la riduzione del numero dei docenti potrebbe ridurre la qualità dell'integrazione scolastica;
la centralità della famiglia nell'assistenza delle persone con disabilità è un dato consolidato che merita la massima considerazione con l'adozione di misure adeguate e in grado di conciliare lavoro, attività domestica e assistenza ai familiari dei portatori di handicap;
attualmente sono state presentate diverse iniziative legislative e sono all'esame in sede referente alla Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati le proposte di legge n. 82 e abbinate in materia di norme in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili, che prevedono, per i lavoratori che prestano assistenza e cura a familiari disabili, la possibilità di maturare anticipatamente il diritto al trattamento pensionistico o di fruire di altri benefici, quali congedi o aspettative;
in Assemblea alla Camera dei deputati sono stati presentati e accolti dal Governo diversi ordini del giorno mirati a promuovere un sempre più efficace riconoscimento dei diritti dei disabili e per sollecitare l'adozione di misure in linea con le politiche nazionali e comunitarie,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative normative volte ad adeguare in tempi brevi, così come previsto dal disegno di legge di ratifica (approvato il 28 novembre 2008 dal Consiglio dei ministri) della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, siglata nel 2006, la legislazione nazionale ai dettami della Convenzione, attuando misure a tutela delle persone disabili e abolendo le disposizioni legislative e le pratiche discriminatorie;
a garantire l'applicazione effettiva della legislazione europea relativa alla disabilità nei suoi numerosi aspetti: dalla lotta contro la discriminazione sul lavoro all'integrazione e alla protezione sociale, alla sanità e ai bisogni di lungo termine;
a rispettare le ragioni della mancata sottoscrizione della Convenzione da parte della Santa Sede di fronte al rischio di legittimazione dell'aborto che i sottoscrittori respingono;
a disporre misure urgenti finalizzate all'attuazione del «piano dell'Unione europea» a favore della disabilità con i seguenti obiettivi:
a) migliorare l'accessibilità al mercato del lavoro;
b) migliorare l'accessibilità dei beni, dei servizi e della infrastrutture;
c) rinforzare la capacità di analisi della Commissione, al fine di sostenere l'accessibilità, soprattutto finanziandone gli studi;
d) completare il quadro legislativo comunitario in materia di protezione contro le discriminazioni;
a ottimizzare e accrescere la disponibilità delle risorse pubbliche per migliorare la qualità di vita e l'inclusione sociale delle persone con disabilità, riconoscendone la sua centralità;
ad incentivare e investire sulla promozione e sull'attività di centri onlus, perché capaci di dare un sostegno concreto alle famiglie che affrontano ogni giorno innumerevoli difficoltà, sia nella vita sociale che nel mondo del lavoro;
a dare ulteriore e piena applicazione alla legge n. 104 del 1992, che, a distanza di anni dalla sua approvazione, presenta ancora molte carenze applicative;
ad adottare ogni possibile e puntuale iniziativa per dare efficacia alle misure previste dalla legge quadro n. 328 del 2000 per ciò che concerne i livelli essenziali delle prestazioni sociali, così come più volte richiesto anche dalle associazioni impegnate nella difesa dei diritti dei disabili.
(1-00079)
«Delfino, Vietti, Capitanio Santolini, Poli, Nunzio Francesco Testa, De Poli, Oppi, Volontè, Ciccanti, Naro, Buttiglione, Compagnon».
La Camera,
premesso che:
nel luglio del 1993 è stato istituito, dalla Commissione europea, in accordo con le Nazioni Unite, il 3 dicembre quale Giornata europea delle persone disabili, che ha grande rilevanza sociale e che si rivolge ad un pubblico ampio e variegato non solo di persone diversamente abili, ma anche di famiglie, di operatori, di professionisti che operano nel sociale e di gente comune sensibile alle tematiche connesse alla disabilità;
a livello europeo è stata una grande dimostrazione di solidarietà e di sensibilità al problema della disabilità, anche alla luce del fatto che un europeo su dieci è affetto da un handicap più o meno pronunciato; la collettività ha preso coscienza di quanto sia necessario che la comunità internazionale riconosca la specificità delle persone disabili e che esse possano pienamente usufruire dei diritti di ogni cittadino e assumere liberamente e senza condizionamenti le loro decisioni;
rimane forte la necessità di procedere con decisione alla loro migliore integrazione nella società; in questa direzione dall'aprile 2006, il Consiglio d'Europa ha adottato un piano d'azione per le persone disabili (2006-2015), con l'intento di tutelare e garantire la partecipazione alla vita politica, pubblica e culturale, l'educazione, l'informazione e la comunicazione, l'impiego, l'accesso agli edifici e ai trasporti delle persone con disabilità;
secondo l'Organizzazione mondiale della sanità ci sono in Europa 37 milioni di persone con disabilità, pari al 10 per cento della popolazione complessiva e al 14 per cento della popolazione con età compresa tra i 16 e i 64 anni, tutto ciò a testimonianza del fatto che il problema della disabilità non investe solo il disabile e la famiglia di appartenenza, ma l'intera collettività;
il 3 maggio 2008 è stata una data importante per i 650 milioni di disabili di tutto il mondo; è, infatti, entrata in vigore la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata il 13 dicembre 2006 da 192 Paesi e già ratificata da 20 Stati;
l'Italia ha firmato la Convenzione il 30 marzo 2007; solo nei giorni scorsi il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge di ratifica della Convenzione siglata nel 2006 a New York;
a causa della mancanza, nel documento, di un divieto esplicito sull'aborto, la Santa Sede non ha firmato la convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, pur avendo partecipato attivamente alla stesura del testo;
l'obiettivo della Convenzione è quello di promuovere e garantire alle persone con disabilità il pieno godimento dei diritti nei diversi ambiti: vita, salute, lavoro, istruzione, mobilità, manifestazione del pensiero, partecipazione alla vita sociale e politica; la Convenzione acquista valore legale e vincolante solo per i Paesi che l'hanno ratificata e che dovranno adeguare la loro legislazione interna ai dettami dei 50 articoli della Convenzione;
i principi proclamati nella Carta delle Nazioni Unite riconoscono la dignità il valore e i diritti uguali e inalienabili di tutti i membri della famiglia umana come fondamento di libertà, giustizia e pace nel mondo;
le persone con disabilità tendono a restare disoccupate per un tempo due volte più lungo delle altre; il 42 per cento delle persone con disabilità hanno impiegato un anno per trovare lavoro, mentre il 27 per cento delle persone con disabilità hanno impiegato più di due anni per trovare lavoro; è una penalizzazione che anche nel contesto economico attuale risulta doppiamente immotivata perché ignora il contributo aggiuntivo alla crescita e all'occupazione che le persone con disabilità potrebbero fornire nel contesto europeo;
tutto ciò accade nonostante gli «Stati parti» della Convenzione abbiano riconosciuto il diritto delle persone con disabilità al lavoro, su base di parità con gli altri; ciò comprende il diritto all'opportunità di essere autosufficienti attraverso il lavoro che scelgono liberamente nel mercato del lavoro, finalizzato all'inclusione e all'accessibilità all'occupazione delle persone con disabilità;
la Convenzione prevede un impegno a garantire e favorire l'esercizio del diritto al lavoro anche per coloro che hanno acquisito una disabilità nell'esercizio della propria attività, prendendo a tal fine appropriate iniziative anche legislative;
i presidenti dell'Unione italiana ciechi e ipovedenti e del Consiglio italiano dei disabili per i rapporti con l'Unione europea hanno evidenziato l'importanza della Convenzione, che «non è più concepita con il concetto di assistenza ma con quello del riconoscimento dei diritti umani»;
in occasione dell'anno europeo delle pari opportunità è stato ulteriormente rafforzato l'impegno dell'Unione europea verso i disabili e la loro non discriminazione, che si realizza, innanzitutto, con il potenziamento di un quadro giuridico europeo mirato a contrastare qualsiasi forma di discriminazione, anche nel lavoro;
il suddetto impegno si deve concretizzare in un forte sostegno dell'Unione europea alle pratiche innovative e alle nuove tecnologie per assicurare ai disabili il pieno esercizio dei diritti;
questo quadro culturale e politico costituisce un'opportunità importante per sostenere il lavoro effettuato a livello locale da tutti gli operatori professionali e dalle strutture operanti al servizio dei disabili;
nel nostro Paese, per ciò che riguarda la situazione delle persone con disabilità, sono state varate molte leggi che hanno fatto da apripista in Europa e nel mondo, ma che non hanno trovato completa applicazione a causa della mancanza di adeguate risorse;
negli anni è stato possibile valorizzare il mondo della disabilità, attraverso un'attenta e continua opera di sensibilizzazione con l'approvazione di norme specifiche che hanno permesso di poter garantire diritti essenziali, come l'integrazione scolastica dei bambini disabili (legge n. 517 del 1977), l'abbattimento delle barrierearchitettoniche (legge n. 13 del 1989), il collocamento nel mondo del lavoro (legge n. 68 del 1999);
questo percorso si è realizzato soprattutto grazie al lavoro delle famiglie e di molteplici associazioni non-profit, che si sono battute perché i bambini disabili avessero pari diritti e dignità nella scuola, nella formazione e nel lavoro;
l'Italia con la legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha definito un quadro legislativo ampio e di grande qualità per il riconoscimento dei diritti e la tutela delle persone disabili;
in questa direzione sono già state ulteriormente emanate diverse disposizioni legislative, quali quelle che regolamentano la disciplina dei permessi per l'assistenza ai portatori di handicap (legge n. 53 del 2000), successivamente modificata con il decreto legislativo n. 151 del 2001, e la legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali (legge n. 328 del 2000);
le politiche economiche dell'attuale Governo a causa dei tagli indiscriminati al settore del welfare rischiano di determinare ricadute gravi e immediate sulle vite delle persone con disabilità e dei loro familiari;
l'allarme diffuso in tal senso è rivolto soprattutto al settore della scuola, dove il prospettato aumento del numero degli alunni per classe e la riduzione del numero dei docenti potrebbe ridurre la qualità dell'integrazione scolastica;
la centralità della famiglia nell'assistenza delle persone con disabilità è un dato consolidato che merita la massima considerazione con l'adozione di misure adeguate e in grado di conciliare lavoro, attività domestica e assistenza ai familiari dei portatori di handicap;
attualmente sono state presentate diverse iniziative legislative e sono all'esame in sede referente alla Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati le proposte di legge n. 82 e abbinate in materia di norme in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili, che prevedono, per i lavoratori che prestano assistenza e cura a familiari disabili, la possibilità di maturare anticipatamente il diritto al trattamento pensionistico o di fruire di altri benefici, quali congedi o aspettative;
in Assemblea alla Camera dei deputati sono stati presentati e accolti dal Governo diversi ordini del giorno mirati a promuovere un sempre più efficace riconoscimento dei diritti dei disabili e per sollecitare l'adozione di misure in linea con le politiche nazionali e comunitarie,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative normative volte ad adeguare in tempi brevi, così come previsto dal disegno di legge di ratifica (approvato il 28 novembre 2008 dal Consiglio dei ministri) della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, siglata nel 2006, la legislazione nazionale ai dettami della Convenzione, attuando misure a tutela delle persone disabili e abolendo le disposizioni legislative e le pratiche discriminatorie;
a garantire l'applicazione effettiva della legislazione europea relativa alla disabilità nei suoi numerosi aspetti: dalla lotta contro la discriminazione sul lavoro all'integrazione e alla protezione sociale, alla sanità e ai bisogni di lungo termine;
a considerare le ragioni della mancata sottoscrizione della Convenzione da parte della Santa Sede di fronte al rischio di legittimazione dell'aborto che i sottoscrittori respingono;
a disporre misure urgenti finalizzate all'attuazione del «piano dell'Unione europea» a favore della disabilità con i seguenti obiettivi:
a) migliorare l'accessibilità al mercato del lavoro;
b) migliorare l'accessibilità dei beni, dei servizi e della infrastrutture;
c) rinforzare la capacità di analisi della Commissione, al fine di sostenere l'accessibilità, soprattutto finanziandone gli studi;
d) completare il quadro legislativo comunitario in materia di protezione contro le discriminazioni;
a ottimizzare e accrescere la disponibilità delle risorse pubbliche per migliorare la qualità di vita e l'inclusione sociale delle persone con disabilità, riconoscendone la sua centralità;
ad incentivare e investire sulla promozione e sull'attività di centri onlus, perché capaci di dare un sostegno concreto alle famiglie che affrontano ogni giorno innumerevoli difficoltà, sia nella vita sociale che nel mondo del lavoro;
a dare ulteriore e piena applicazione alla legge n. 104 del 1992, che, a distanza di anni dalla sua approvazione, presenta ancora molte carenze applicative;
ad adottare ogni possibile e puntuale iniziativa per dare efficacia alle misure previste dalla legge quadro n. 328 del 2000 per ciò che concerne i livelli essenziali delle prestazioni sociali, così come più volte richiesto anche dalle associazioni impegnate nella difesa dei diritti dei disabili.
(1-00079)
(Testo modificato nel corso della seduta). «Delfino, Vietti, Capitanio Santolini, Poli, Nunzio Francesco Testa, De Poli, Oppi, Volontè, Ciccanti, Naro, Buttiglione, Compagnon».
La Camera,
premesso che:
in base alle stime ottenute dall'indagine sulle condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari dell'Istat del 2004-2005, emerge che in Italia le persone con disabilità sono circa 2 milioni e 600 mila, pari al 4,8 per cento circa della popolazione che vive in famiglia; considerando anche le oltre 190 mila persone residenti nei presidi socio-sanitari si giunge ad una stima complessiva di poco meno di 2 milioni e 800 mila persone con disabilità;
si ricorda che le persone con disabilità possono essere ricondotte ai seguenti profili: disabilità sensoriali (vista, udito), disabilità motorie e disabilità psichiche o cognitive; spesso per caratterizzare le persone con varie disabilità concomitanti si usa introdurre una quarta categoria, quella delle disabilità multiple;
di questi, circa 221 mila non possono muoversi dal letto e oltre 520 mila non possono uscire di casa. La disabilità riguarda prevalentemente le persone di 60 anni e più: risulta disabile il 17 per cento degli ultrasessantenni (2 milioni 57 mila individui) e il 37,7 per cento delle persone di 75 anni e più;
il 31,9 per cento delle persone con disabilità vive da sola e la gran parte di queste persone sono costituite da donne anziane vedove;
per quanto riguarda la realtà scolastica, la percentuale degli studenti diversamente abili è dell'1,6 per cento;
le famiglie che devono affrontare quotidianamente i bisogni e i disagi che derivano dalla presenza di un disabile sono circa l'11,5 per cento delle famiglie italiane;
la famiglia rappresenta uno dei punti di riferimento essenziali per le persone con disabilità: infatti, il 68,2 per cento degli aiuti ricevuti provengono da parenti più o meno stretti. In generale, gli aiuti più frequenti che queste persone ricevono sono legati alle faccende domestiche (32,1 per cento di tutti gli aiuti) e all'assistenza ad adulti e bambini (28,2 per cento), mentre sono molto meno frequenti quelli di carattere economico (4,4 per cento);
una sfida importante per una società evoluta e per un sistema di welfare adeguato è quella di creare le condizioni culturali e ambientali affinché le persone con disabilità raggiungano la piena partecipazionesociale. Un concetto, quest'ultimo, che coinvolge numerosi aspetti come, per esempio, quelli legati alla formazione, all'integrazione lavorativa, alla mobilità, alla possibilità di avere relazioni interpersonali e una soddisfacente partecipazione alla vita sociale;
la normativa attualmente in vigore nel nostro Paese nei riguardi del problema della disabilità, e per conseguenza le scelte operative che vengono quotidianamente effettuate dalle amministrazioni centrali e locali, tendono o dovrebbero tendere a realizzare i seguenti principi fondamentali:
a) principio della non discriminazione;
b) principio delle pari opportunità;
c) principio delle maggiori gravità;
d) principio della concreta inclusione;
la reale, costante, fattiva applicazione di tali principi nel contesto sociale incontra tuttavia - come possono testimoniare i disabili stessi e coloro che a diverso titolo, ma per comune finalità, sono quotidianamente coinvolti ed impegnati nel settore della disabilità (familiari, cooperative e operatori sociali, associazioni di volontariato ed altri) - una serie di difficoltà, di ritardi, di vincoli burocratici, di carenze di risorse finanziarie e spesso, forse cosa ancora più grave, di ostacoli e pregiudizi derivanti da riserve di ordine culturale;
la necessità di garantire a tutti i cittadini pari opportunità e dignità sociale è un obbligo sancito dalla nostra Carta costituzionale, la quale, all'articolo 3, ricorda come «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;
un ruolo importante deve essere svolto dall'assistenza domiciliare integrata, che rappresenta un servizio sanitario di fondamentale importanza, soprattutto in una società come quella italiana, in cui il processo di invecchiamento della popolazione è molto evidente;
si assiste all'incremento delle strutture per l'assistenza semiresidenziale e residenziale, che svolgono un ruolo importante sia nel favorire il processo di deospedalizzazione, sia nel garantire una risposta alla domanda sanitaria proveniente da persone non autosufficienti o con gravi problemi di salute;
secondo l'Istat, nel periodo 2005-2006 si è assistito ad un potenziamento di questi servizi: i posti letto nelle strutture per l'assistenza residenziale sono passati da circa 170 mila nel 2005 a circa 181 mila nel 2006, con un incremento pari al 6 per cento in un solo anno; negli stessi anni i posti per l'assistenza semiresidenziale sono passati da 36 mila a 38 mila, corrispondente anche in questo caso a una variazione del 6 per cento;
in questi ultimi anni è fortunatamente aumentata a livello internazionale una sensibilità e una volontà sempre più condivisa circa la necessità di garantire una società senza esclusi, che offra pari opportunità, rimuovendo a tal fine tutte quelle barriere (sociali, ambientali, culturali, architettoniche ed altre) che impediscono o frenano l'integrazione e la piena partecipazione alla società di molti cittadini, quali sono, per esempio, i diversamente abili e gli anziani. Anche se a questa maggiore sensibilità e consapevolezza non sempre sono seguiti azioni concrete e conseguenti impegni finanziari;
la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, adottata il 13 dicembre 2006 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e firmata dal precedente Governoitaliano il 30 marzo 2007, non è ancora stata ratificata dal nostro Paese;
la Convenzione rappresenta un importante risultato e pone tra i suoi principi ispiratori la necessità che le persone con disabilità possano godere, sulla base degli ordinamenti degli Stati di appartenenza, degli stessi diritti riconosciuti agli altri cittadini, in applicazione dei principi generali di pari opportunità per tutti, promuovendo e assicurando il pieno e uguale godimento di tutti i diritti e di tutte le libertà da parte delle persone con disabilità. Conseguentemente gli Stati membri si impegnano ad adottare tutte le misure legislative, amministrative e di altra natura che si rendano necessarie per realizzare i diritti riconosciuti dalla Convenzione;
per quanto riguarda le politiche di assistenza del nostro Paese, il fondo nazionale per le politiche sociali (le cui risorse sono ripartite annualmente con decreto del ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali) rappresenta il più importante strumento per il finanziamento dei servizi sociali e degli interventi di solidarietà sociale;
in questo contesto le iniziative nell'ambito delle politiche sociali messe finora in campo dal Governo risultano del tutto insoddisfacenti;
il disegno di legge finanziaria per il 2009, la prima di questa legislatura, stanzia per il fondo per le politiche sociali 1.311.605.000 euro per il 2009 e, per il 2010 e 2011, rispettivamente 1.030.000.000 e 920.000.000 euro, con un'evidente vistosissima diminuzione. Si ricorda, infatti, che l'ultima legge finanziaria del Governo Prodi assegnava per il 2008, per il medesimo fondo, 1.582.815.000 euro;
il decreto legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, all'articolo 40, ha abrogato il previsto obbligo per le imprese, che vogliano partecipare a bandi per appalti pubblici o intrattenere rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, di presentare apposita certificazione che attesti di essere in regola con quanto previsto dalla legge n. 68 del 1999, in materia di diritto al lavoro dei disabili;
i tagli alle risorse per il comparto scuola e gli interveti di razionalizzazione sul personale, previsti principalmente con il decreto legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, rischiano di coinvolgere gli insegnanti di sostegno, con effetti negativi anche nei confronti delle categorie più deboli della popolazione, quali i ragazzi con disabilità;
il disegno di legge delega presentato dal Governo in materia di lavoro, attualmente all'esame del Senato della Repubblica, prevede una modifica alla legge n. 104 del 1992 in materia di permessi per i soggetti portatori di handicap grave, prevedendo la quantificazione dei permessi per assistere i parenti disabili in 18 ore mensili e la restrizione al coniuge, ai parenti ed agli affini entro il secondo grado della platea di soggetti che possono fruire dei permessi per assistere il portatore di handicap;
le stesse risorse per le non autosufficienze sono del tutto inadeguate. Si ricorda che la famiglia rappresenta ancora oggi la principale risorsa a disposizione delle persone disabili e anziane per fronteggiare la propria non autosufficienza. Le famiglie con almeno un disabile grave sono circa un milione e mezzo, pari a quasi il 7 per cento delle famiglie italiane. I costi della cura sono, infatti, sostenuti principalmente dalle stesse famiglie attraverso il ricorso a familiari oppure a lavoro privato di cura in gran parte sommerso;
la legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 1264) aveva istituito il fondo per le non autosufficienze, con una dotazione di 100 milioni di euro per l'anno 2007 e di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. Successivamente la legge finanziaria per il 2008 (articolo 2, comma 465) ne ha incrementato lo stanziamento di 100 milioni per l'anno 2008 e200 per il 2009. Il 2009 è, quindi, l'ultimo anno in cui risulta rifinanziato il suddetto fondo;
il decreto ministeriale 27 agosto 1999, n. 332, ha istituito il nomenclatore tariffario delle protesi. Esso consiste in un elenco di ausilii protesici che il servizio sanitario nazionale eroga ai cittadini disabili aventi diritto. Lo stesso decreto ministeriale stabiliva che il nomenclatore dovesse essere aggiornato al massimo una volta ogni tre anni, al fine di mantenerlo efficiente e al passo con i progressi della tecnica. Ad oggi, però, tale disposizione è stata completamente disattesa e il nomenclatore è rimasto invariato rispetto a quello elaborato nel 1999. Tale mancato aggiornamento ha fortemente compromesso l'utilità assistenziale di questo strumento, costringendo, di fatto, i cittadini disabili a sostenere il costo di ausilii più moderni e tecnologicamente avanzati che non figurano all'interno del nomenclatore,
impegna il Governo:
a promuovere politiche, in stretto coordinamento tra i vari soggetti istituzionali (locali, regionali, nazionale) e con l'eventuale contributo di soggetti pubblici o privati comunque operanti sul territorio, che mirino ad estendere significativamente la rete di tutti quei servizi in grado di fornire risposte ai bisogni quotidiani di ogni singola persona non autosufficiente;
ad incrementare sensibilmente le risorse destinate alle non autosufficienze, prevedendo a tal fine un impegno di spesa pluriennale e definito annualmente dalla legge finanziaria, come condizione necessaria per lo sviluppo di un sistema integrato dei servizi sociosanitari;
a favorire, con particolare riguardo alle persone con disabilità grave, forme di assistenza personale autogestita, al fine di potenziare e ampliare le modalità di realizzazione dell'attuale assistenza sanitaria, attraverso il finanziamento di un progetto assistenziale che consenta alla persona disabile di individuare direttamente uno o più assistenti specializzati per la sua cura;
a riconoscere la possibilità di una quota più elevata di trattamento in caso di reversibilità e la possibilità, limitatamente ai casi più gravi, di prepensionamento per i familiari di disabili;
ad incrementare, anche mediante ulteriori interventi, le risorse del fondo per le politiche sociali, attualmente del tutto insufficienti e in costante riduzione;
ad aggiornare quanto prima il nomenclatore tariffario delle protesi istituito dal decreto ministeriale 27 agosto 1999, n. 332;
ad assumere tutte le iniziative necessarie per il sostegno concreto alla parità di accesso dei disabili e delle loro famiglie all'istruzione, incrementando a tal fine le risorse per il diritto allo studio, con particolare riguardo ai diversamente abili, anche attraverso il reclutamento di insegnanti di sostegno e di idonee figure professionali a supporto degli stessi;
ad adottare iniziative per la reintroduzione dell'obbligo, ora abrogato, per le imprese, che vogliano partecipare a bandi per appalti pubblici o intrattenere rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, di presentare apposita certificazione che attesti di essere in regola con quanto previsto dalla legge n. 68 del 1999, in materia di diritto al lavoro dei disabili.
(1-00082)
«Mura, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Costantini, Di Giuseppe, Favia, Aniello Formisano, Giulietti, Messina, Misiti, Monai, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Pifferi, Pisicchio, Porcino, Porfidia, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».
La Camera,
premesso che:
il 3 dicembre 2008 si è tenuta la Giornata europea delle persone disabili,istituita nel 1993 dalla Commissione europea e dalle Nazioni Unite, che ha lo scopo di promuovere la diffusione dei temi della disabilità, di mobilitare il maggior sostegno possibile per la dignità, i diritti e il benessere delle persone diversamente abili e di accrescere la consapevolezza dei vantaggi che possono derivare dall'integrazione delle disabilità in ogni aspetto della vita sociale, come stabilito dal «Programma di azione mondiale per le persone disabili», adottato nel 1982 dall'Assemblea generale dell'Onu;
il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, nel suo messaggio in occasione della Giornata internazionale delle persone disabili, ha dichiarato: «Il motto della comunità internazionale dei disabili è: »Niente per noi senza di noi«». Una persona disabile dello Swaziland, che ha lottato per l'implementazione di politiche per i disabili nel suo Paese, ha affermato: «abbiamo bisogno di una vera integrazione per evitare di cadere nella stigmatizzazione»;
il Segretario Generale Ban Ki-Moon ha invitato «i Governi e tutti gli attori interessati ad assicurare che le persone con disabilità e le organizzazioni che li rappresentano siano parte integrante di ogni fase dello sviluppo. In questo modo, possiamo promuovere l'integrazione e aprire la strada ad un futuro migliore per tutti nella società»;
il Governo italiano ha prontamente accolto l'appello del Segretario Generale delle Nazioni Unite, approvando nel Consiglio dei ministri del 28 novembre 2008 il disegno di legge che ratifica la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, firmata il 30 marzo 2007 a New York, e ponendo le premesse per un sensibile miglioramento del nostro corpus normativo in materia di tutela dei disabili. Per le tante persone e famiglie che vivono in condizione di particolare vulnerabilità, la Convenzione rappresenta, infatti, una tappa fondamentale nel lungo percorso di riconoscimento pieno dei diritti di cittadinanza e delle libertà e, in definitiva, nel processo di costruzione di una società per tutti;
il Governo italiano ha dato nuovo impulso alle politiche di inclusione per la disabilità e i principi di dignità e integrità della vita e della persona, prevedendo l'istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità. L'Osservatorio nazionale rappresenta non solo una garanzia in più per l'applicazione pratica della Convenzione, ma anche un luogo dedicato alle persone con disabilità, alle loro famiglie e alle associazioni di rappresentanza, che assicuri il confronto costante con le istituzioni, dove esprimere le esigenze e definire insieme le risposte più adeguate;
scopo della Convenzione è, infatti, promuovere, proteggere e assicurare il pieno ed eguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone diversamente abili e promuovere il rispetto per la loro inerente dignità;
i principi cui si ispira la Convenzione sono: il diritto alla vita, il rispetto per la dignità intrinseca, l'autonomia individuale - compresa la libertà di compiere le proprie scelte -, l'indipendenza delle persone, la non-discriminazione, la piena ed effettiva partecipazione e inclusione all'interno della società, il rispetto per la differenza e l'accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell'umanità stessa, la parità di opportunità, l'accessibilità, la parità tra uomini e donne, il rispetto per lo sviluppo delle capacità dei bambini con disabilità e il rispetto per il diritto dei bambini con disabilità a preservare la propria identità;
l'indagine Istat sulle condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari del 2004-2005 ha rilevato che in Italia le persone diversamente abili sono 2 milioni 609 mila, pari al 4,8 per cento circa della popolazione di 6 anni e più che vive in famiglia e che ammette una totale mancanza di autonomia per almeno una funzioneessenziale della vita quotidiana; ma se si considerano in generale le persone che hanno manifestato un'apprezzabile difficoltà nello svolgimento di queste funzioni, la stima allora sale a 6 milioni 606 mila persone, pari al 12 per cento della popolazione, che vive in famiglia, di età superiore ai 6 anni;
dai dati provenienti dal sistema informativo del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, la prevalenza di bambini con disabilità che frequentano la prima classe elementare è pari all'1,32 per cento. Inoltre, alcuni studi specifici stimano una prevalenza alla nascita di bambini con disabilità pari all'1 per cento. Se si ipotizza un trend lineare nell'aumento della prevalenza di disabilità da 0 a 6 anni e si considera come punto di partenza la prevalenza alla nascita dell'1 per cento e di arrivo la prevalenza a 6 anni dell'1,32 per cento, si può stimare, complessivamente, un numero di bambini con disabilità fra 0 e 5 anni pari a circa 42.460;
per quanto riguarda la stima delle persone diversamente abili che non vivono in famiglia ma nelle residenze socio-sanitarie, si può fare riferimento ai dati provenienti dalla rilevazione condotta su queste strutture, che indicano nel 2003 (ultimo anno disponibile) la presenza di 190.134 persone con disabilità o anziani non autosufficienti;
la presenza di disabilità è ovviamente correlata all'età: tra le persone di 65 anni o più la quota di popolazione con disabilità è del 18,7 per cento e raggiunge il 44,5 per cento (35,8 per cento per gli uomini e 48,9 per cento per le donne) tra le persone di 80 anni e più;
i tassi di disabilità evidenziano una differenza di genere a svantaggio di quello femminile: in rapporto al totale della popolazione le donne hanno un tasso di disabilità del 6,1 per cento, mentre gli uomini del 3,3 per cento. Tale fenomeno è determinato in buona parte dall'evoluzione demografica, che ha causato un forte invecchiamento della popolazione, caratterizzato da una crescita della speranza di vita alla nascita per tutta la popolazione, ma in misura maggiore per le donne;
la versione consolidata del Trattato che istituisce la Comunità europea, all'articolo 13 (ex articolo 6), condanna le discriminazioni fondate, fra l'altro, sull'handicap;
il documento COM (2000) 284 def. del 12 maggio 2000, «Verso un'Europa senza ostacoli per i disabili», ribadisce come, al fine di rafforzare le possibilità per i disabili di partecipare pienamente a tutti gli aspetti della vita sociale, siano necessari il sostegno e la collaborazione dei pubblici poteri a tutti i livelli, del privato sociale, delle associazioni e delle famiglie delle persone con disabilità;
l'articolo 38 della Carta costituzionale sancisce che ogni cittadino inabile al lavoro ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale e che gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale;
la legge 5 febbraio 1992, n. 104, «Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate», garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata, promuovendone la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società;
la medesima legge impegna le istituzioni a prevenire e rimuovere le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della collettività, nonché la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali;
la legge 12 marzo 1999, n. 68, «Norme per il diritto al lavoro dei disabili», promuove l'inserimento e l'integrazione lavorativa delle persone diversamenteabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato;
la legge 8 novembre 2000, n. 328, «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali», prevede che i comuni, nell'ambito delle risorse disponibili e d'intesa con le aziende sanitarie locali, predispongano, su richiesta degli interessati, progetti individuali per le persone disabili comprendenti la valutazione diagnostico-funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del servizio sanitario nazionale, i servizi alla persona, a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di esclusione sociale, i sostegni per il nucleo familiare;
la legge 21 maggio 1998, n. 162, «Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernenti misure di sostegno in favore di persone con handicap grave», sancisce che le regioni possono, nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio, programmare interventi di sostegno alla persona e familiare, come prestazioni integrative degli interventi realizzati dagli enti locali a favore delle persone con handicap di particolare gravità, mediante forme di assistenza domiciliare e di aiuto personale;
se la persona disabile è destinataria per legge di una serie di tutele correlate alla sua condizione clinica, psichica e alle sue potenzialità residue, le istituzioni hanno l'inderogabile compito di porre il relativo nucleo familiare nelle condizioni di espletare al meglio il suo difficile compito educativo, di cura e di socializzazione;
la condizione di disabilità non riguarda solo le persone che ne sono colpite e le loro famiglie, ma anche la comunità e le istituzioni, che devono operare in stretta collaborazione nei diversi livelli di responsabilità. In questo delicato settore è d'importanza fondamentale la valorizzazione della famiglia, che va aiutata con interventi mirati, in modo da favorire il processo di autonomia e di integrazione sociale del familiare diversamente abile;
è necessario prevedere un sistema di agevolazioni fiscali mirato ad aiutare le famiglie con persone diversamente abili, in particolare reintroducendo il disposto approvato con l'articolo 1, comma 349, lettera b), numero 3), della legge 30 dicembre 2004, n. 311, «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)», che prevedeva, per il 2006, una deduzione fino a 1.820 euro per le spese pagate dal contribuente agli addetti (badanti) alla propria assistenza personale o a quella delle persone indicate nell'articolo 433 del codice civile, nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, e, se possibile, a prevedere agevolazioni più consistenti;
va garantito al disabile l'inserimento e l'integrazione nel mondo del lavoro, attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato;
il problema della non autosufficienza sta assumendo nel nostro Paese toni sempre più allarmanti sotto il profilo sociale ed economico, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, dell'elevato numero di incidenti sulle strade e sui luoghi di lavoro, del processo di disaggregazione del contesto familiare tradizionale e dell'incremento delle patologie degenerative legate all'inquinamento ambientale. L'urgenza di tali questioni impone una presa di posizione netta da parte del legislatore, affinché tutti i cittadini si sentano partecipi di un progetto globale e solidaristico, volto ad affrontare un problema che coinvolge l'intera società;
al giorno d'oggi la persona non autosufficiente è ancora un soggetto di estrema fragilità sociale; risultano, infatti, alcuni nodi critici non ancora concretamente affrontati: presenza di barriere architettoniche, non adeguata risposta assistenziale e ricreativa, assenza di servizi finalizzati a una piena presa in carico delle famiglie, insufficienza di servizi domiciliari e così via;
è evidente come troppo spesso i diritti delle persone non autosufficienti corrano il rischio di rimanere inattuati;
da queste constatazioni emerge in maniera inequivocabile un concetto che si deve tenere inevitabilmente presente quando si strutturano interventi legislativi a tutela di questa fascia di popolazione: non si può parlare di persone non autosufficienti senza parlare contemporaneamente di famiglie con persone non autosufficienti. Si deve sempre valutare come sostenere e motivare il nucleo familiare di questi soggetti per metterlo nelle condizioni di espletare al meglio il suo difficile compito educativo di cura e di socializzazione. In particolare, vanno differenziati progettualità e sostegni, soprattutto nei confronti dei soggetti giovani disabili in condizione di non autosufficienza, con l'obiettivo prioritario di migliorare il più possibile la loro qualità di vita e quella delle loro famiglie;
bisogna lavorare affinché muti il modo di affrontare le problematiche legate al mondo della non autosufficienza. È necessario, infatti, pensare alle persone non autosufficienti in termini di centralità dei bisogni, ai quali si devono fornire delle risposte efficaci tese alla valorizzazione dei potenziali della persona e non soltanto incentrate nella misurazione dei deficit. Il bisogno di salute deve essere quantificato in relazione a quanto una persona potrebbe fare se venissero posti in essere quegli interventi capaci di contrastare o di ridurre un deficit e di abbattere quelle barriere che costituiscono un handicap apparentemente insormontabile per la persona con disabilità;
un progetto di riforma del sistema deve partire dalla centralità della persona, al fine di valutare e di rilevare quelli che sono le capacità residue e i bisogni del singolo, seguendo un procedimento inverso rispetto alla tradizionale tendenza di partire dalle risorse collettive per poi arrivare agli stanziamenti a favore del singolo;
i diritti di cittadinanza delle persone non autosufficienti non possono limitarsi all'accesso ai servizi sanitari, all'istruzione nelle scuole e nelle università, alla predisposizione di forme di sostegno socio-assistenziale, alla realizzazione di inserimenti mirati nel contesto lavorativo. Devono essere più ampi, ed è questo il lavoro che il legislatore è chiamato a fare, liberandoci dal preconcetto legato alla funzione assistenziale. La vera pari dignità per tutti si potrà, infatti, raggiungere soltanto quando diverranno di primaria importanza anche il diritto al tempo libero, il diritto di viaggiare, il diritto di esprimersi, il diritto all'attività fisica e il diritto di divertirsi. La possibilità di fruire di luoghi per il tempo libero, per la comunicazione e per la socializzazione non può e non deve essere garantita soltanto ad alcuni. La cultura è patrimonio di tutti;
attenzione progettuale costante e approfondita va dedicata ai disabili in condizione di non autosufficienza. È giunto il momento di garantire un progetto di vita individualizzato per quei soggetti disabili, incapaci di compiere da soli gli atti quotidiani della vita, che rappresentano per i propri congiunti una profonda incertezza dovuta alle difficoltà nel gestire le loro problematiche. È necessario istituire il diritto delle persone non autosufficienti ad accedere a un progetto di vita individualizzato, aggiuntivo rispetto alle prestazioni socio-sanitarie già incluse nei livelli essenziali di assistenza, conferendo piena attuazione alle leggi n. 104 del 1992 e n. 162 del 1998;
il progetto individualizzato deve comprendere sia le prestazioni socio-sanitarie, sia tutte le ulteriori attività volte alla più ampia integrazione del singolo nell'ambiente scolastico, sociale e, ove possibile, occupazionale. I progetti devono essere elaborati in stretta collaborazione con la famiglia del disabile non autosufficiente nell'ottica del massimo rispetto del principio di autodeterminazione e di libera gestione delle attività familiari. Tale progetto di vita deve comprendere anche l'assistenza domiciliare, il trasporto allastruttura diurna, le attività ricreative, le politiche scolastiche, le politiche per la casa,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità di intervenire in modo strutturale al fine di rielaborare un sistema di agevolazioni fiscali unico che supporti le persone diversamente abili e le loro famiglie nel raggiungimento di un livello di qualità della vita compatibile con lo stato di salute del disabile;
ad adottare, con tutti gli strumenti a propria disposizione, una completa e puntuale verifica dell'attuazione della legge 12 marzo 1999, n. 68, «Norme per il diritto al lavoro dei disabili», e a proporre, se del caso, i correttivi necessari a garantire nel concreto il diritto delle persone diversamente abili ad ottenere un impiego confacente alla loro riduzione di capacità lavorativa e valorizzando capacità e potenzialità di queste persone, ai fini di una loro effettiva integrazione nel tessuto economico e sociale del Paese;
ad adottare ogni misura necessaria per garantire il riconoscimento individualizzato della non autosufficienza, al fine di garantire a queste persone un progetto di vita individualizzato e un sistema di protezione e di assistenza globale allo scopo di prevenire e di rimuovere le cause che possono concorrere alla loro emarginazione;
a predisporre tutti i previsti atti normativi al fine di ratificare la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, adottata il 13 dicembre 2006, durante la sessantunesima sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione A/RES/61/106;
a predisporre percorsi di inserimento lavorativo che consentono il recupero di soggetti disabili a rischio di emarginazione, attraverso la promozione di circoli virtuosi tra bisogni insoddisfatti, qualificazioni professionali e sviluppo occupazionale;
a promuovere servizi integrati in grado di sostenere l'inserimento nel contesto lavorativo, consentendo, quindi, alle imprese di assolvere con più modalità all'obbligo del collocamento e sostenendone la realizzazione con apposite normative;
a potenziare e valorizzare le attività di formazione, coinvolgendo le aziende nell'individuazione e nell'acquisizione delle competenze più richieste dal mercato;
a coordinare maggiormente le organizzazioni del terzo settore che prevedono, nell'ambito delle loro attività, iniziative finalizzate all'inclusione sociale delle persone diversamente abili;
a favorire sempre più l'istruzione scolastica, al fine di avviare nuovi processi formativi, che meglio conducono i soggetti disabili ad entrare in contatto con il mondo del lavoro;
a prevedere l'adozione di strumenti, metodi e tecnologie, capaci di rispondere a quanto viene sempre più pressantemente richiesto in ordine al miglioramento delle condizioni di vita delle persone diversamente abili;
ad attuare un sistema integrato di interventi nei servizi sociali a favore delle persone non autosufficienti o diversamente abili, attraverso l'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, quale organismo governativo preposto ad affrontare globalmente le problematiche connesse al mondo della disabilità, ponendo attenzione alla sussidiarietà orizzontale.
(1-00084)
«Laura Molteni, Porcu, Paglia, Iannaccone, Barani, Di Virgilio, Saltamartini, Renato Farina, Cazzola, Di Biagio, Baldelli, Rondini, Reguzzoni, Rivolta, Polledri, Munerato».
COMUNICAZIONI DEL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA SULL'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA, AI SENSI DELL'ARTICOLO 86 DEL REGIO DECRETO 30 GENNAIO 1941, N. 12, COME MODIFICATO DALL'ARTICOLO 2, COMMA 29, DELLA LEGGE 25 LUGLIO 2005, N. 150
Risoluzioni
La Camera,
udite le comunicazioni del Ministro della giustizia,
le approva ed indica i seguenti punti quali priorità necessarie a rendere efficiente il servizio giustizia e ad assicurare ad ogni cittadino sicurezza e libertà:
a) sarà elemento cardine dell'attività del Governo tutelare il precetto costituzionale dell'indipendenza della magistratura, inteso come indipendenza dei singoli magistrati, soggetti soltanto alla legge e non asserviti, nella loro funzione, a logiche correntizie finalizzate alla progressione di carriera. Così come la politica, sia del Governo che del Parlamento, non può ingerirsi nell'attività dei giudici, altrettanto deve fare la politica oggettivamente presente nella magistratura attraverso le sue correnti;
b) è primaria l'attuazione delle riforme ordinamentali e processuali per consolidare il principio del giusto processo, che, pur essendo enunciato nella Costituzione, non fa ancora parte del quotidiano esercizio della giurisdizione. Nel processo penale è oramai improcrastinabile restituire efficienza e celerità al sistema e deve essere oltremodo assicurata - ferme restando le esigenze di tutela della collettività - l'effettiva parità tra accusa e difesa e la reale terzietà del giudice; nel processo civile, per il quale va implementato il ricorso all'informatica, deve essere garantita la certezza di una decisione in tempi ragionevoli e vanno individuate le soluzioni idonee ad eliminare il gigantesco macigno dei procedimenti arretrati; da ultimo, ma non per ultimo occorre unificare il rito civile ed amministrativo in ogni stato e grado, prevedendo esclusivamente un rito ordinario ed uno d'urgenza;
c) devono essere codificati un sistema di controlli in grado di verificare - nel rispetto dei principi di autonomia ed indipendenza - la professionalità dei magistrati, calibrato sull'esaltazione della capacità, dell'equilibrio e della diligenza e che risulti libero dai frequenti protagonismi dei singoli nonché un meccanismo funzionale all'individuazione e selezione dei magistrati chiamati a dirigere gli uffici, che tenga conto della loro effettiva capacità organizzativa e gestionale e non già della loro appartenenza ad una corrente;
d) occorre predisporre un puntuale ed efficace sistema di valutazione della responsabilità disciplinare dei magistrati, che serenamente - ma senza indulgenza corporativa - sappia garantire la credibilità che l'ordine giudiziario devecontinuare a possedere. In questa ottica non può non pensarsi ad una riforma del Consiglio superiore della magistratura, sia in ordine alla sua composizione, riportando ad un maggiore equilibrio le diverse rappresentanze al suo interno, sia in ordine alla sua funzione in materia disciplinare; ciò valga anche per la valutazione delle professionalità;
e) deve essere data attuazione alla funzione organizzativa che l'articolo 110 della Costituzione affida al Ministro della giustizia, consentendo dunque al Ministro della giustizia - senza pensare strumentalmente ad anomali controlli sulle attività giurisdizionali - di monitorare con immediata capacità di accesso ai dati l'andamento del servizio reso ai cittadini e di intervenire per recuperare l'efficienza eventualmente perduta;
f) deve darsi definitivo corso all'enunciato protocollo d'intesa per la realizzazione di programmi di innovazione digitale, per il miglior funzionamento degli uffici, da attuare con il completo ammodernamento delle infrastrutture e delle reti di trasmissione dei dati informatizzati. In questa ottica vanno razionalizzati i costi sostenuti dall'amministrazione della giustizia, non ultima, anche nella materia delle intercettazioni telefoniche ed ambientali, ed è necessario rendere operativo il fondo unico della giustizia;
g) è auspicabile continuare a contrastare, senza tentennamenti - sulla scia delle iniziative già adottate dal Governo - ogni forma di aggressione alla sicurezza e libertà dei cittadini: ciò sia rendendo effettivo il principio di certezza della pena, sia garantendo che attraverso l'irrogazione della sanzione penale possano essere recisi i legami con le organizzazioni criminali. Non deve essere poi abbandonata la strada già intrapresa sul versante dell'aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati, allo scopo di privare le associazioni mafiose di ogni possibile risorsa finanziaria;
h) è auspicabile riformare la magistratura onoraria che, concepita per fini onorifici, è ormai diventata parte integrante e essenziale della giurisdizione, riconoscendo anche ai magistrati onorari una posizione economica che tenga conto della dignità della funzione svolta, rafforzando il collegamento tra. le comunità territoriali e la stessa.
(6-00011)
«Costa, Brigandì, Belcastro, Baldelli, Dal Lago, Lo Monte, Pecorella, Sisto».
La Camera,
udite le comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia e premesso che:
è un dato oggettivo e non più un'opinione di alcuni che lo stato della giustizia nel nostro Paese ha raggiunto livelli di inefficienza assolutamente intollerabili, sconosciuti in altri Paesi democratici, per i quali l'Italia versa, da anni ed in modo permanente, in una situazione di sostanziale illegalità, tale da aver generato numerosissime condanne da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo;
l'enorme numero di processi pendenti sia nel settore civile che in quello penale e l'impossibilità che questi siano definiti in tempi ragionevoli hanno ormai determinato una sfiducia generalizzata dei cittadini nel sistema giustizia, tale da rendere sempre più concreto il pericolo, per un verso che si ricorra a forme di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e per altro verso che si incrementi il numero di reati a causa di una sostanziale impunità;
rispetto a tale situazione la stessa introduzione della cosiddetta «legge Pinto», strumentalmente approvata al solo fine di evitare continue condanne da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo, ha ulteriormente sovraccaricato i ruoli delle corti di appello e, d'altra parte, per quanto è stato autorevolmente affermato, se tutti gli aventi diritto dovessero agire nei confronti dello Stato sulla base della cosiddetta «legge Pinto», lo Stato stesso sarebbe costretto a dichiarare bancarotta;
in tale situazione occorre predisporre un piano di riforme organiche e strutturali del sistema giustizia; occorrono provvedimenti in grado di garantire un più equilibrato rapporto fra i poteri dello Stato, uscendo da logiche emergenziali o d'occasione, che da un lato lasciano ai pubblici ministeri la piena discrezionalità sull'uso dei mezzi di indagine e sull'esercizio dell'azione penale e dall'altro all'arbitrio dei giudici la scelta dei processi da rinviare;
a causa delle difficoltà di bilancio del nostro Paese, a rendere più drammatico il quadro del sistema è anche intervenuto il taglio dei fondi destinati alla giustizia;
lo stesso Ministro Alfano, intervenendo al convegno organizzato dall'Unione delle camere penali il 15 luglio 2008, sul tema delle riforme per la giustizia, ha dichiarato che «occorre intervenire sulla giustizia con una riforma organica, in tempi rapidi e non con una legislazione alluvionale, ma con interventi mirati che non vanno contro qualcuno sui processi e sull'asse istituzionale e costituzionale; per una giustizia al servizio del cittadino»;
analoghe affermazioni sulla necessità di radicali modifiche del sistema della giustizia sono state espresse dal Presidente del Consiglio dei ministri;
il segretario del più grande partito di opposizione, Walter Veltroni, già in campagna elettorale, dalle colonne de Il Riformista, ha posto in discussione il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, affermando la necessità di «un procedimento che veda la partecipazione di Parlamento, Csm e procuratori della Repubblica nella fissazione dei criteri di priorità nell'esercizio dell'azione penale»;
l'amministrazione della giustizia e la difesa della legalità costituiscono oggi una vera e propria «questione sociale nazionale», la cui soluzione non è più rinviabile;
i ripetuti interventi legislativi attuati sul processo penale, come su quello civile, non hanno portato i risultati che si attendevano e possono perciò considerarsi dei semplici provvedimenti tampone privi di efficacia risolutiva;
pertanto, è giunto il momento di affrontare con decisione il tema della giustizia e di porre mano a riforme che costituiscano reale attuazione del principio di rispetto delle regole;
dette riforme non devono peraltro procedere nel senso di determinare, nel processo penale, una diminuzione delle garanzie difensive dell'imputato, né dette garanzie, come pure è stato proposto, debbono essere sacrificate sull'altare della ragionevole durata del processo, posto che quest'ultima è essa stessa un diritto dell'imputato;
dette riforme devono invece procedere nel senso di garantire un'effettiva parità tra accusa e difesa, con un giudice che sia effettivamente terzo tra le due parti, con una reale responsabilizzazione, anche disciplinare, dei magistrati inquirenti e giudicanti, riservando la risposta penale dello Stato a quei soli fatti che, offendendo in concreto beni giuridici non altrimenti presidiabili, rivestono un rilevante disvalore sociale, come tale percepito dalla collettività,
impegna il Governo
a presentare in tempi brevi, con il più ampio confronto con le forze politiche presenti in Parlamento, una riforma strutturale e organica del sistema della giustizia, che preveda:
a) l'abolizione dell'obbligatorietà dell'azione penale, con la previsione di un procedimento per la fissazione dei criteri per l'uso dei mezzi di indagine e per l'esercizio dell'azione penale; un procedimento che veda la partecipazione dei pubblici ministeri e di altri soggetti istituzionali, che individui un soggetto istituzionale politicamente responsabile di fronte al Parlamento per la loro effettiva ed uniforme implementazione a livello operativo;
b) la separazione delle carriere dei magistrati, con modalità tali da garantire l'assoluta indipendenza del giudice;
c) la responsabilizzazione del pubblico ministero per l'osservanza delle priorità fissate ed al contempo la creazione di meccanismi atti ad evitare che chi è politicamente responsabile per l'implementazione delle politiche pubbliche nel settore criminale possa indebitamente condizionare, su singoli casi, l'attività del pubblico ministero, deviandolo dal rispetto delle priorità prefissate;
d) la revisione della composizione e del sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura; la fissazione dei suoi compiti in via tassativa; l'eventuale creazione di un consiglio per il pubblico ministero e di un organismo che garantisca un efficiente sistema disciplinare per tutti i magistrati;
e) la reintroduzione di severi vagli della professionalità dei magistrati nel corso dei 40-45 anni della loro permanenza in carriera, vagli di professionalità in grado di evidenziare sia i magistrati più qualificati - per competenza e produttività - a conseguire le promozioni ed il relativo trattamento economico, sia quelli che sono più qualificati per coprire le molteplici funzioni cui giudici e pubblici ministeri possono essere destinati;
f) la modifica della legge sulla responsabilità civile dei magistrati, con modalità tali da garantire ai cittadini ingiustamente danneggiati da provvedimenti del giudice o del pubblico ministero, di ottenere il risarcimento integrale dei danni direttamente dal magistrato, pur con la previsione di meccanismi volti ad eliminare il pericolo di azioni intimidatorie e strumentali;
g) la revisione delle modalità di collocamento fuori ruolo dei magistrati e di attribuzione degli incarichi extragiudiziari, salvaguardando le contrapposte esigenze di non disperdere «forza lavoro» né, per contro, preziose professionalità;
h) l'incompatibilità tra la permanenza nell'ordine giudiziario e l'assunzione di incarichi, elettivi e non, in rappresentanza di formazioni politiche, ciò anche al fine di rendere credibile l'indipendenza di chi esercita funzioni giudiziarie agli occhi del cittadino;
i) la promozione di una modernizzazione tecnologica degli uffici giudiziari in cui i programmi di innovazione prevedano la fissazione delle tappe dell'innovazione e la verifica in itinere dei risultati conseguiti, verifiche effettuate con la partecipazione di esperti esterni;
l) l'adeguamento degli organici del personale anche amministrativo, non solo e non tanto per ciò che concerne la loro consistenza numerica, quanto per ciò che concerne la promozione di qualificazioni professionali atte a facilitare la modernizzazione tecnologica ed organizzativa dell'amministrazione della giustizia, anche ai fini di una sostituzione progressiva dei molti magistrati che ora occupano posizioni direttive a tutti i livelli nel ministero della giustizia;
m) la modifica della natura dei termini processuali, con la previsione generalizzata di termini perentori e di sanzioni disciplinari per la loro inosservanza da parte dei magistrati;
n) la radicale semplificazione delle modalità di notifica degli atti giudiziari;
o) la definizione di tempi standard dei procedimenti civili e penali e di politiche di case management (gestione dei casi e dei carichi di lavoro), coerenti con le indicazioni fornite dalla Commissione per l'efficienza della giustizia del Consiglio d'Europa;
p) la modifica delle procedure di nomina dei capi degli uffici e un potenziamento del ruolo gestionale del dirigente amministrativo dell'ufficio;
q) una forte depenalizzazione ed una razionalizzazione delle fattispecie criminose.
(6-00012)
«Bernardini, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni, Mecacci».
La Camera,
udite le comunicazioni del ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia e premesso che:
è un dato oggettivo e non più un'opinione di alcuni che lo stato della giustizia nel nostro Paese ha raggiunto livelli di inefficienza assolutamente intollerabili, sconosciuti in altri Paesi democratici, per i quali l'Italia versa, da anni ed in modo permanente, in una situazione di sostanziale illegalità, tale da aver generato numerosissime condanne da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo;
l'enorme numero di processi pendenti sia nel settore civile che in quello penale e l'impossibilità che questi siano definiti in tempi ragionevoli hanno ormai determinato una sfiducia generalizzata dei cittadini nel sistema giustizia, tale da rendere sempre più concreto il pericolo, per un verso che si ricorra a forme di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e per altro verso che si incrementi il numero di reati a causa di una sostanziale impunità;
rispetto a tale situazione la stessa introduzione della cosiddetta "legge Pinto", strumentalmente approvata al solo fine di evitare continue condanne da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo, ha ulteriormente sovraccaricato i ruoli delle corti di appello e, d'altra parte, per quanto è stato autorevolmente affermato, se tutti gli aventi diritto dovessero agire nei confronti dello Stato sulla base della cosiddetta «legge Pinto», lo Stato stesso sarebbe costretto a dichiarare bancarotta;
in tale situazione occorre predisporre un piano di riforme organiche e strutturali del sistema giustizia; occorrono provvedimenti in grado di garantire un più equilibrato rapporto fra i poteri dello Stato, uscendo da logiche emergenziali o d'occasione, che da un lato lasciano ai pubblici ministeri la piena discrezionalità sull'uso dei mezzi di indagine e sull'esercizio dell'azione penale e dall'altro all'arbitrio dei giudici la scelta dei processi da rinviare;
a causa delle difficoltà di bilancio del nostro Paese, a rendere più drammatico il quadro del sistema è anche intervenuto il taglio dei fondi destinati alla giustizia;
lo stesso ministro Alfano, intervenendo al convegno organizzato dall'Unione delle camere penali il 15 luglio 2008, sul tema delle riforme per la giustizia, ha dichiarato che «occorre intervenire sulla giustizia con una riforma organica, in tempi rapidi e non con una legislazione alluvionale, ma con interventi mirati che non vanno contro qualcuno sui processi e sull'asse istituzionale e costituzionale; per una giustizia al servizio del cittadino»;
analoghe affermazioni sulla necessità di radicali modifiche del sistema della giustizia sono state espresse dal Presidente del Consiglio dei ministri;
il segretario del più grande partito di opposizione, Walter Veltroni, già in campagna elettorale, dalle colonne de Il Riformista, ha posto in discussione il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, affermando la necessità di «un procedimento che veda la partecipazione di Parlamento, CSM e procuratori della Repubblica nella fissazione dei criteri di priorità nell'esercizio dell'azione penale»;
l'amministrazione della giustizia e la difesa della legalità costituiscono oggi una vera e propria «questione sociale nazionale», la cui soluzione non è più rinviabile;
i ripetuti interventi legislativi attuati sul processo penale, come su quello civile, non hanno portato i risultati che si attendevano e possono perciò considerarsi dei semplici provvedimenti tampone privi di efficacia risolutiva;
pertanto, è giunto il momento di affrontare con decisione il tema della giustizia e di porre mano a riforme che costituiscano reale attuazione del principio di rispetto delle regole;
dette riforme non devono peraltro procedere nel senso dì determinare, nel processo penale, una diminuzione delle garanzie difensive dell'imputato, né dette garanzie, come pure è stato proposto, debbono essere sacrificate sull'altare della ragionevole durata del processo, posto che quest'ultima è essa stessa un diritto dell'imputato;
dette riforme devono invece procedere nel senso di garantire un'effettiva parità tra accusa e difesa, con un giudice che sia effettivamente terzo tra le due parti, con una reale responsabilizzazione, anche disciplinare, dei magistrati inquirenti e giudicanti, riservando la risposta penale dello Stato a quei soli fatti che, offendendo in concreto beni giuridici non altrimenti presidiabili, rivestono un rilevante disvalore sociale, come tale percepito dalla collettività,
impegna il Governo
a presentare in tempi brevi, con il più ampio confronto con le forze politiche presenti in Parlamento, una riforma strutturale e organica del sistema della giustizia, che preveda:
a) la riforma dei criteri concernenti l'obbligatorietà dell'azione penale, prevedendo un procedimento che veda la partecipazione dei pubblici ministeri e di altri soggetti istituzionali, che individui un soggetto istituzionale politicamente responsabile di fronte al Parlamento per la loro effettiva ed uniforme implementazione a livello operativo;
b) la separazione delle carriere dei magistrati, con modalità tali da garantire l'assoluta indipendenza del giudice;
c) la responsabilizzazione del pubblico ministero per l'osservanza delle priorità fissate ed al contempo la creazione di meccanismi atti ad evitare che chi è politicamente responsabile per l'implementazione delle politiche pubbliche nel settore criminale possa indebitamente condizionare, su singoli casi, l'attività del pubblico ministero, deviandolo dal rispetto delle priorità prefissate;
d) la revisione della composizione e del sistema elettorale del Consiglio Superiore della Magistratura; la fissazione dei suoi compiti in via tassativa; l'eventuale creazione di un consiglio per il pubblico ministero e di un organismo che garantisca un efficiente sistema disciplinare per tutti i magistrati;
e) la reintroduzione di severi vagli della professionalità dei magistrati nel corso dei 40-45 anni della loro permanenza in carriera, vagli di professionalità in grado di evidenziare sia i magistrati più qualificati - per competenza e produttività - a conseguire le promozioni ed il relativo trattamento economico, sia quelli che sono più qualificati per coprire le molteplici funzioni cui giudici e pubblici ministeri possono essere destinati;
f) la modifica della legge sulla responsabilità civile dei magistrati, con modalità tali da garantire ai cittadini ingiustamente danneggiati da provvedimenti del giudice o del pubblico ministero, di ottenere il risarcimento integrale dei danni direttamente dal magistrato, pur con la previsione di meccanismi volti ad eliminare il pericolo di azioni intimidatorie e strumentali;
g) la revisione delle modalità di collocamento fuori ruolo dei magistrati e di attribuzione degli incarichi extragiudiziari, salvaguardando le contrapposte esigenze di non disperdere «forza lavoro» né, per contro, preziose professionalità;
h) l'incompatibilità tra la permanenza nell'ordine giudiziario e l'assunzione di incarichi, elettivi e non, in rappresentanza di formazioni politiche, ciò anche al fine di rendere credibile l'indipendenza di chi esercita funzioni giudiziarie agli occhi del cittadino;
i) la promozione di una modernizzazione tecnologica degli uffici giudiziari in cui i programmi di innovazione prevedano la fissazione delle tappe dell'innovazione e la verifica in itinere dei risultati conseguiti, verifiche effettuate con la partecipazione di esperti esterni;
l) l'adeguamento degli organici del personale anche amministrativo, non solo e non tanto per ciò che concerne la loro consistenza numerica, quanto per ciò che concerne la promozione di qualificazioni professionali atte a facilitare la modernizzazione tecnologica ed organizzativa dell'amministrazione della giustizia, anche ai fini di una sostituzione progressiva dei molti magistrati che ora occupano posizioni direttive a tutti i livelli nel Ministero della giustizia;
m) la modifica della natura dei termini processuali, con la previsione generalizzata di termini perentori e di sanzioni disciplinari per la loro inosservanza da parte dei magistrati;
n) la radicale semplificazione delle modalità di notifica degli atti giudiziari;
o) la definizione di tempi standard dei procedimenti civili e penali e di politiche di case management (gestione dei casi e dei carichi di lavoro), coerenti con le indicazioni fornite dalla Commissione per l'efficienza della giustizia del Consiglio d'Europa;
p) la modifica delle procedure di nomina dei capi degli uffici e un potenziamento del ruolo gestionale del dirigente amministrativo dell'ufficio;
q) una forte depenalizzazione ed una razionalizzazione delle fattispecie criminose.
(6-00012)
(Nuova formulazione)«Bernardini, Maurizio Turco, Zamparutti, Farina Coscioni, Mecacci, Brigandì, Goisis».
(27 gennaio 2009)
La Camera,
premesso che:
le comunicazioni che il ministro della giustizia presenta alla Camera dei Deputati, ai sensi dell'articolo 2, comma 29, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150, costituiscono un documento impegnativo, di bilancio dell'amministrazione della giustizia e di definizione programmatica per il futuro, cosicché richiedono un esame particolarmente rigoroso da parte del Parlamento, consono alla vitale importanza del servizio giustizia per i cittadini e le istituzioni;
uno dei problemi più seri che affliggono la giustizia italiana concerne la ragionevole durata del processo, al punto che la durata media dei processi è pari a 35 mesi per il giudizio di primo grado e 65 mesi per il giudizio di appello, con una attesa anche di dieci anni per emettere una sentenza definitiva, al punto che il Consiglio d'Europa giudica il sistema italiano tra i peggiori del continente, evidenziando un grave ritardo nelle procedure giudiziarie che violano l'articolo 6 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo concernente il diritto ad un processo equo;
la riforma della giustizia, per renderla più efficiente nel senso dell'accelerazione dei processi, della rapidità dell'accertamento delle trasgressioni penali e della certezza della pena, dovrebbe costituire la principale preoccupazione del Governo e del ministro della giustizia;
sul tema della complessiva riforma della giustizia, invece, il Governo è del tutto silente, essendosi limitato esclusivamente a declamazioni ed annunci cui non hanno fatto seguito efficaci azioni di Governo, tanto che non ne ha fatto oggetto né di dichiarazioni programmatiche, né di proposte serie ed organiche al Parlamento nel senso di adeguati stanziamenti per il personale e le strutture, di riforme delle procedure per rendere più spedita ed efficace l'azione giudiziaria, per rendere effettivo e rapido l'accertamento dei reati e per garantire l'effettività dell'espiazionedella pena. Anzi, gli unici progetti organici di riforma della giustizia sono quelli contenuti nel «pacchetto sulla giustizia» presentato da Italia dei Valori ai due rami del Parlamento e consistente in numerosi disegni di legge per una manovra organizzata su giustizia e sicurezza;
gli unici provvedimenti promossi dalla maggioranza hanno riguardato temi di sicura valenza culturale e di grande civiltà giuridica, come quelli sullo stalking, sulla pedofilia e sulla violenza sessuale, che però non incidono sulla riforma della giustizia, mentre l'unica parvenza di riforma - peraltro incompleta e poco influente - come quella riguardante il processo civile è stata esaminata dalla Commissione bilancio ed è giunta in Aula, ad avviso dei firmatari della presente risoluzione, con gravi difetti di tecnica giuridica, aggravati dal mancato accoglimento di due emendamenti di Italia dei Valori che avrebbero realizzato il principio del «giusto processo in tempi ragionevoli», quali quello sull'udienza di programma e sul limite complessivo dei processi civili di cinque anni;
è all'esame della Commissione giustizia anche il discusso provvedimento, di iniziativa governativa, relativo alle intercettazioni telefoniche. Se da un canto la Commissione, sta procedendo all'esame delle proposte emendative del testo, contestualmente tutte le prime pagine dei giornali e le conferenze stampa annunciano l'emanazione di ulteriori provvedimenti a riguardo da parte del Governo. Se così fosse si rischia di vanificare il prezioso lavoro finora svolto in Commissione;
il provvedimento sulle intercettazioni telefoniche non ha affatto contenuti di poco conto, sia per quanto riguarda il tempo e la durata massima previsti per le stesse, sia per i tipi di reato cui si vorrebbe riferirle; per le associazioni di criminalità organizzata poi non si può non ricordare che un'investigazione parte dal reato che sommato ad altri reati e moltiplicato per le persone coinvolte, svela l'identità del progetto criminoso, per poi, solo alla fine far scoprire l'associazione; per non parlare poi dei limiti che si vogliono applicare alle intercettazioni ambientali;
a suo dire si vuole migliorare la giustizia, ma nei fatti, fra i provvedimenti a suo attivo, si segnala quello relativo alle sedi disagiate, in cui è precluso ai magistrati di prima nomina l'assegnazione; in tal modo, usando come unico criterio di valutazione l'esperienza passata, non si valorizza il prezioso apporto che può arrivare dalle giovani risorse, e nel quale si è introdotto il cosiddetto «lodo Carnevale», che, ad avviso dei firmatari della presente risoluzione, costituisce un intervento vergognoso;
al di là di questo il Governo non è andato e non vuole andare. Infatti, in tema di apparato della giustizia, oltre che di sicurezza, il Governo, a dispetto di spot ed annunci strabilianti, non solo non ha assunto nessuna iniziativa di potenziamento delle risorse e delle strutture, ma anzi con la Legge finanziaria del 2009 ha drasticamente ridotto le disponibilità economiche del Ministero della giustizia, oltre che di quello degli interni, così da rendere ancor più difficile assicurare una maggiore sicurezza e un sistema giudiziario più efficiente. Infatti l'articolo 60 della legge 6 agosto 2008 n. 133, nel disporre la drastica riduzione delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa del bilancio di ciascun Ministero, per quanto riguarda il Ministero della Giustizia ha ridotto soprattutto le spese per i consumi intermedi - quelli cioè che tengono in vita i tribunali: acqua, luce, gas, carta, fax, armadietti, benzina - abbattute del 22 per cento; quota che salirà al 30 nel 2010 e al 40 nel 2011. Inoltre, si prevede una riduzione di spesa per l'anno 2009 pari a 218 milioni di euro, per l'anno 2010 a 262 milioni di euro e per l'anno 2011 a 454 milioni di euro. Siffatte contrazioni non solo non consentiranno di aumentare l'efficienza del servizio giustizia, ma non permetteranno neppure di garantire l'attuale pur insufficiente funzionamento degli uffici giudiziari, che in questi anni hanno persino esaurito le scorte e non lepossono ripristinare. Tutto ciò si aggiunge alla seria riduzione delle risorse operato dal precedente Governo di destra nel corso del quinquennio dal 2001 al 2006, quando dai 202 milioni destinati nel 2002 alle spese vive della giustizia, si è passati ai 107 del 2006, con un taglio del 50 per cento. Tra l'altro, tagli così selvaggi non fanno i conti con le spese non comprimibili cui si deve far comunque fronte. Tagli così drastici ed indiscriminati comportano che tantissime udienze, dibattimenti e sentenze rischiano di saltare;
inoltre, il personale amministrativo, che già lamenta una scopertura media del 14 per cento, verrà ridotto di un ulteriore 10 per cento; gli uffici dirigenziali subiranno un taglio di almeno il 20 e quelli di livello del 15 per cento; per le assunzioni è fissato un tetto massimo del 10 per cento rispetto alle cessazioni. In sostanza, per ogni dieci cancellieri o segretari o giudici che vanno in pensione, ne subentrerà uno solo. Si tratta, evidentemente, di misure che rischiano di portare al blocco degli uffici giudiziari;
particolarmente pesanti ed ingiusti rappresentano i tagli per la giustizia minorile, il cui bilancio economico per l'anno corrente prevede che gli stanziamenti per il funzionamento e i beni e servizi diminuiscono del 50 per cento passando da circa 13 milioni a 6 milioni e mezzo di euro, e lo stanziamento per il mantenimento dei minorenni decresce del 53,3 per cento passando dai 21,03 milioni di euro a 9,889 milioni. Pertanto, il dipartimento per la giustizia minorile, per l'anno corrente, non sarà in grado di garantire traduzioni e accompagnamenti dei minorenni in udienza, comunità o istituto, di coprire le spese obbligatorie, quali i collocamenti in comunità e, per i minorenni detenuti negli istituti penali per minorenni, di provvedere esclusivamente alla fornitura del vitto. Inoltre, i servizi della giustizia minorile dovranno apportare una riduzione significativa alle pulizie, anche dei locali, e perfino all'igiene personale, alla pulizia del vestiario e della biancheria o alla sostituzione del vestiario logoro. Per di più, nulla è previsto per la rieducazione ed il trattamento dei minorenni, neanche per quelli ristretti, in contrasto con gli obblighi assunti dallo Stato con gli organismi sovranazionali per la tutela dei diritti dei minorenni e con l'articolo 27 della nostra Costituzione. Il bilancio della giustizia minorile nel 2007 era di 189 milioni di euro, non una grande somma; ma il bilancio previsto per l'anno corrente è 142,4 milioni e comprende, per la prima volta, anche una riduzione delle spese per il personale. Complessivamente è stata apportata una riduzione del 25 per cento, per ottenere un risparmio di circa 47 milioni di euro, circa 97 miliardi delle vecchie lire: non è bello, per somme così piccole, rischiare di distruggere un settore fra i più avanzati ed apprezzati nelle sedi sopranazionali, come lo stesso ministro della giustizia ha di recente riconosciuto;
tutto ciò dimostra che il Governo, ad avviso dei firmatari della presente risoluzione, è in realtà disinteressato ai diritti dei cittadini avendo preferito occuparsi, invece, di come sottrarre alla giustizia taluni potenti o lobbies inserite nei meandri affaristici concernenti la pubblica amministrazione, sia attraverso la più fulminea approvazione che la storia parlamentare ricordi, come il disegno di legge contenente il cosiddetto lodo Alfano, sia la presentazione di un dirompente disegno di legge sulle intercettazioni volte a limitare gravemente l'attività investigativa della magistratura ed il diritto-dovere di informazione degli organi di stampa, che il capo del Governo vorrebbe ulteriormente limitare accampando pretestuosi ed inesistenti «scandali»;
accanto a questa finalità, il Governo stesso ne ha annunciato altre non meno inquietanti volte ad intervenire, anche con misure che appaiono ai firmatari della presente risoluzione stravolgimenti costituzionali, sull'ordinamento giudiziario con la separazione delle carriere, cui dovrebbe far seguito la divisione del CSM, premesse per l'attenuazione o l'eliminazione dell'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale e la sottoposizione delpubblico ministero all'esecutivo, disegno di marca autoritaria che segue alla compressione delle garanzie parlamentari e si vorrebbe concludere con l'imbrigliamento delle istituzioni di controllo di legalità. Il tutto funzionale a sottoporre la magistratura e la giustizia al controllo politico;
nel Consiglio dei ministri di venerdì ultimo scorso, in cui si annunciava una temuta riforma del processo penale, il ministro della giustizia ha presentato solo il «piano carceri», con il dichiarato intento di costruzione di nuove celle anche attraverso procedure d'appalto accelerate e ampia apertura ai privati, al fine di portare i posti nelle carceri da 43.000 a 60.000. Ma già oggi i detenuti sono più di 58.000 e il rischio è sempre quello di trovarsi a rincorrere l'emergenza, con un limite di tollerabilità spostato sempre più avanti;
quanto ai fondi, il ministro prevede forme di collaborazione con le imprese private, come il project financing. La privatizzazione anche del mondo carcerario è una eventualità alla quale Italia dei Valori si oppone recisamente, trattandosi di un servizio dei più delicati che deve restare pubblico. In questa chiave si capisce l'incredibile taglio di 55 milioni di euro operato dalla Legge finanziaria già richiamata sull'edilizia penitenziaria. Né sarebbe giusto ricorrere ai fondi della «cassa delle ammende», forte di circa 170-180 milioni, che devono però essere utilizzati dall'amministrazione penitenziaria per l'assistenza ai detenuti e la risocializzazione degli stessi;
né il Governo dimostra di avere alcuna idea in merito alla scomposizione e ricomposizione della geografia giudiziaria, preferendo aspettare proposte altrui invece che farsene carico in prima battuta;
gli indirizzi di politica del diritto seguiti in questa legislatura dal ministro guardasigilli hanno determinato una elevata e dannosa conflittualità con tutte le componenti del sistema giustizia (magistrati, avvocati, personale amministrativo, cultura giuridica);
le leggi approvate dal Governo e dalla sua maggioranza, avversate e criticate non solo dall'opposizione, ma anche da parte degli studiosi con argomentazioni ragionevoli ed avanzando in ogni occasione proposte alternative, hanno determinato gravi squilibri e stravolgimenti nell'ordinamento e nel sistema giudiziario;
il giudizio globalmente negativo emerge anche dalle numerose manifestazioni di protesta organizzate tanto dagli avvocati quanto dai magistrati;
infine le iniziative e le scelte del ministro, con riferimento all'organizzazione giudiziaria, ed alle strutture essenziali per il servizio giustizia, sono insufficienti e del tutto errate producendo risultati complessivamente fallimentari;
numerose tra queste leggi hanno prodotto privilegi e discriminazioni, creando disuguaglianze, tutelando gli interessi dei potenti contro i cittadini più deboli ed indifesi, in contrasto con i principi della Carta costituzionale;
gli interventi normativi fino ad ora adottati e i tagli finanziari previsti nel settore giustizia determineranno la vanificazione di ogni progetto di riorganizzazione del sistema, con particolare riferimento alla informatizzazione degli uffici, alla definitiva introduzione del processo telematico e alla auspicata introduzione dell'ufficio per il processo, impedendo di provvedere alla spese primarie e quotidiane;
inoltre, un collaterale riflesso negativo sul funzionamento della giustizia conseguirà anche alla normale funzionalità dei servizi resi dalle Forze dell'ordine sul territorio;
NON APPROVA
le dichiarazioni rese dal ministro della giustizia;
impegna il Governo,
e in particolare il ministro della giustizia:
ad indicare chiaramente le riforme possibili, le priorità ed i tempi di realizzazione;
ad intraprendere la strada di riforma del nostro sistema processuale, intervenendo sulla struttura del processo eliminando gli ostacoli alla sua celere celebrazione, per risolvere definitivamente i problemi della giustizia legati alla ragionevole durata del processo, anche in ragione dei pressanti inviti rivolti al nostro Stato ad esibire risultati concreti o piani d'azione realistici per risolvere le gravi carenze strutturali della giustizia, i cui ritardi causano violazioni ripetitive dei diritti umani e costituiscono una seria minaccia al principio dello Stato di diritto;
a provvedere urgentemente al reperimento delle risorse adeguate per assicurare un'efficiente e celere amministrazione della giustizia ed anche una riforma organica del processo sia civile che penale, con particolare riferimento al sistema delle comunicazioni e delle notificazioni per via telematica, in modo da consentire agli uffici giudiziari di gestire il carico degli adempimenti e di superare i ritardi nella trattazione dei processi determinati per meri problemi procedurali e meramente formali;
a prevedere, nel comparto giustizia, un forte incremento di personale sia giudicante che amministrativo, con particolare riferimento ai servizi di cancelleria, assicurando inoltre un intervento urgente per garantire la verbalizzazione e la trascrizione degli atti presso tutti i singoli uffici giudiziari, quale passaggio fondamentale per lo svolgimento dei processi penali;
a reperire le necessarie risorse finanziarie per salvaguardare i livelli retribuitivi degli operatori della giustizia e del settore carcerario, nonché per l'edilizia penitenziaria prevedendo nuove strutture o l'ampliamento, e l'ammodernamento di quelle esistenti, assicurando anche l'attuazione dei piani e dei programmi a tal fine previsti da precedenti leggi finanziarie;
a trasferire le risorse finanziarie giacenti nei depositi giudiziari, a favore del Ministero della giustizia, sfruttando così le risorse «dormienti» giacenti presso i depositi giudiziari, utilizzandole in favore del Ministero della giustizia, consentendo così il tendenziale autofinanziamento del sistema giudiziario, recependo tra l'altro le proposte avanzate dalla Commissione «per lo studio e la proposta di riforme e di interventi per la razionalizzazione, armonizzazione e semplificazione delle procedure processuali ed amministrative relative alle sanzioni pecuniarie da reato applicate a norma del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, alle spese processuali ed alla gestione dei beni confiscati ed in giudiziale sequestro».
(6-00013)
«Di Pietro, Palomba, Donadi, Evangelisti, Borghesi».
La Camera,
premesso che:
l'amministrazione della giustizia in Italia viene avvertita dai cittadini come distante e incapace di contribuire al progresso civile;
la lentezza, e l'imprevedibilità sono le cause fondamentali che contraddicono i diritti individuali, compromettono il buon andamento dell'economia e finiscono per sfociare nell'irragionevolezza;
riformare la giustizia deve significare anzitutto:
ottenere giudizi più rapidi, attraverso una robusta razionalizzazione del sistema;
rendere maggiormente prevedibili le conseguenze giuridiche dei comportamenti dei cittadini;
consapevoli che l'attuale irragionevole durata dei processi è determinata da una pluralità di fattori, su cui bisogna agire congiuntamente;
preliminare ad ogni intervento appare la revisione delle circoscrizioni giudiziarie che consenta una più razionale allocazione delle risorse;
la necessaria svolta sul piano organizzativo, tuttavia, non può essere di per sé sola sufficiente a risolvere le forti criticità presenti;
udite le comunicazioni del ministro sull'amministrazione della giustizia,
impegna il Governo
e, in particolare, il ministro della giustizia:
ad intraprendere tutte le iniziative necessarie ad intervenire:
I) nel settore civile, dove nell'ultimo quindicennio si è proceduto attraverso una successione di mini-riforme settoriali, spesso scollegate l'una dall'altra, che hanno avuto l'inevitabile effetto di moltiplicare i fattori di disfunzione. In particolare si segnala che:
a) una riforma all'insegna della razionalizzazione dovrebbe incidere prioritariamente sulla pluralità di riti. In un sistema a grado d'appello generalizzato, che riteniamo utile conservare e auspicabilmente potenziare, la garanzia della collegialità è comunque assicurata al cittadino. Nulla dovrebbe ostare, allora, all'introduzione del giudice monocratico in tutto il primo grado del processo civile, il che consentirebbe di dare vita a un unico rito ordinario di cognizione;
b) l'assunzione della prova in contraddittorio davanti ad un giudice terzo dovrebbe rappresentare una garanzia imprescindibile per i cittadini. E tuttavia, il sistema non appare oggi in grado di assicurare in concreto detta garanzia. La necessaria alternativa a questa situazione non può essere rappresentata solo da una prova assunta in forma scritta;
c) è indispensabile affrontare il problema della deflazione del contenzioso giudiziale. In quest'ottica, occorre ripensare il precetto di cui all'articolo 24 della Costituzione, immaginando forme di tutela dei diritti anche non «giudiziali». I cosiddetti strumenti alternativi di risoluzione delle controversie vanno potenziati; i giudizi che hanno finalità di mera liquidazione di diritti sostanzialmente incontroversi, per i quali resta indispensabile la funzione di un'autorità «terza» ma non di un vero e proprio processo, potrebbero essere affidati e quei «cittadini idonei estranei alla magistratura» di cui parla proprio l'articolo 102 della Costituzione; occorrerebbe, infine, puntare decisamente sulla sperimentazione di arbitrati di derivazione contrattuale del genere «obbligatorio» (ad esempio in campo previdenziale), senza per questo rinunciare all'introduzione di modelli arbitrali di derivazione legislativa;
d) è necessario rivedere l'attuale sistema delle impugnazioni. Tre gradi di giudizio generalizzati, infatti, sono difficilmente compatibili con il precetto costituzionale della ragionevole durata del processo. Appare assai opportuna la previsione della non ricorribilità per Cassazione nell'ipotesi di «doppia conforme» sul fatto. Si potrebbe anche, più radicalmente, eliminare la facoltà di ricorso per Cassazione per «insufficiente o contraddittoria motivazione»; il che, per un verso non lederebbe il principio costituzionale di cui al comma 6 dell'articolo 111 della Costituzione e per altro verso consentirebbe l'adozione di provvedimenti giurisdizionali in forma particolarmente sintetica.
II) Nel settore penale, poiché il sistema è oggi largamente inefficace sia per il corto circuito determinato dal rapporto tra lunghezza dei processi e termini di prescrizione, sia per il carattere virtuale che la pena ha assunto in troppi casi, e dunque non è in grado di svolgere alcuna funzione deterrente; inoltre, per altro verso, i provvedimenti cautelari reali e personali, adottati in assenza di contraddittorio, anche per la loro rilevanza mediatica hanno ormai assunto una funzione sostanzialmente surrogatoria della pena, occorrerebbe:
a) un intervento drastico sul terreno degli istituti della contumacia e delle notifiche. Fermo restando che non deve celebrarsi un processo a carico di imputato per il quale non vi è prova che neabbia avuto conoscenza, la nomina del difensore dovrebbe valere comunque come elezione di domicilio ai fini di tutte le comunicazioni, anche in via telematica. L'irragionevole durata del processo - come è noto, una pena in sé - non può giustificare l'ampliamento dei termini di prescrizione. E tuttavia, nell'attuale situazione, termini di prescrizione brevi comportano un indiretto effetto-amnistia. È necessario intervenire, dunque, attraverso un bilanciamento dei diritti fondamentali delle parti processuali. Sarebbe necessario prevedere, in proposito, un doppio termine di prescrizione: l'uno oggettivo, anche molto ampio, decorrente dal fatto-reato; e l'altro soggettivo, decorrente dall'iscrizione nel registro degli indagati, molto più ristretto: il diritto del cittadino, infatti, è quello di non essere sottoposto a tempo indefinito a un «processo»;
b) tutti i provvedimenti cautelari andrebbero adottati da un giudice collegiale (generalizzando, cioè, la soluzione introdotta dal decreto-legge sullo smaltimento dei rifiuti in Campania). Per garantire meglio il contraddittorio, tranne che per i reati di criminalità organizzata, si potrebbe immaginare che sulla richiesta di arresto o sequestro decida un giudice collegiale in contraddittorio con la difesa dell'indagato, entro un termine breve e perentorio, previa applicazione all'indagato del fermo del pubblico ministero (domiciliare o in strutture apposite) per soddisfare le esigenze cautelari;
c) quanto alle intercettazioni telefoniche, fermi restando gli emendamenti proposti al disegno di legge del Governo, resta il fatto che, in quanto strumento d'indagine altamente invasivo, dovrebbero essere richieste dal capo dell'ufficio e disposte da un giudice collegiale; in quanto strumento altamente costoso, inoltre, dovrebbero essere sottoposte a un budget annuale di massima per ciascuna procura, determinato d'intesa con il CSM;
d) nessuna seria efficacia deterrente potrà essere assicurata dal sistema penale se la pena non torna ad essere effettiva. Si conferma la necessità di una rivisitazione della legislazione penale ispirata al principio di residualità: occorre, in sostanza, una drastica depenalizzazione, accompagnata da istituti quali l'oblazione nel processo penale per i reati bagatellari, l'archiviazione per irrilevanza sociale del fatto, e soprattutto, nella doverosa ottica di tutela delle vittime, l'estinzione del reato in seguito a condotte riparatorie. È assolutamente indispensabile, poi, una profonda revisione del modello sanzionatorio, che riduca l'utilizzazione della pena detentiva (troppo spesso tanto apparentemente pesante quanto nei fatti meramente virtuale) e la sostituisca con pene alternative alla detenzione (interdittive, prescrittive o ablative), di cui assicurare l'effettività. Anche la pena detentiva, ove irrogata, deve essere effettivamente scontata. In proposito, è necessario ripensare tanto l'istituto della sospensione condizionale della pena, quanto l'impianto della legge Simeone-Saraceni. In ogni caso, per restituire certezza alla pena, detentiva o meno, occorre affidare al giudice che l'ha irrogata anche la decisione circa le concrete modalità di esecuzione della stessa.
III) nei rapporti istituzionali, poiché affrontare il tema della giustizia come potere, significa inevitabilmente considerare l'assetto dei diversi poteri quale delineato dalla nostra Costituzione, in particolare dal titolo IV. La Costituzione è una cornice che disegna un equilibrio tra i poteri. Sarebbe errato, dunque, pensare a interventi di modifica costituzionale «parcellizzati». Occorre considerare, invece, l'evoluzione che l'assetto dei poteri ha subito dal 1948 ad oggi, determinando un innegabile disequilibrio rispetto all'originario disegno costituzionale. È necessario, insomma, riflettere sulla complessiva dinamica evolutiva dei poteri, con lo scopo di assicurare un nuovo equilibrio. In particolare:
a) l'azione penale deve restare obbligatoria, a garanzia del principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Si impone, tuttavia, una riflessione sui criteri di selezione delle notizie direato e soprattutto sui criteri di priorità nell'esercizio dell'azione penale, oggi sostanzialmente discrezionali. Occorre, dunque, un intervento in duplice direzione. Quanto alla selezione delle notizie di reato, vanno ridefiniti i rapporti tra pubblico ministero e Polizia giudiziaria. È un problema di «cultura» più e prima che di norme. Il pubblico ministero, in sostanza, deve continuare a «disporre» della polizia giudiziaria per lo svolgimento delle indagini (articolo 109 della Costituzione), ma non può e non deve diventare il «capo» della Polizia giudiziaria. Quanto ai criteri di priorità nell'esercizio dell'azione penale è possibile pensare a un rapporto di cooperazione istituzionale tra CSM e Parlamento. Periodicamente il CSM dovrebbe raccogliere le proposte circa i criteri di priorità nell'esercizio dell'azione penale provenienti dai consigli giudiziari per i diversi ambiti territoriali, e trasmetterle al Parlamento e al ministro della giustizia, che dovrebbero esprimere le proprie determinazioni;
b) se l'azione penale resta obbligatoria, il pubblico ministero, che la esercita, non può non restare un magistrato indipendente. Occorre porsi, tuttavia, il problema di un bilanciamento del potere che oggettivamente - anche per ragioni legate alle dinamiche del sistema mediatico - il pubblico ministero esercita oggi in tutte le democrazie contemporanee. In proposito, la ipotizzata separazione delle carriere tra pubblico ministero e giudici non risolverebbe di per sé i problemi;
c) il legame inscindibile tra potere e responsabilità del magistrato implica la soluzione del problema del controllo sul lavoro del magistrato. In proposito, occorre introdurre un sistema informatico di rilevazione statistica uniforme e generalizzato, al fine di consentire una misurazione della quantità e qualità del lavoro dei magistrati;
d) il rilevante ruolo ormai assunto dalla cosiddetta magistratura onoraria nel nostro ordinamento, e quello ancor più rilevante che potrebbe assumere, impongono di affrontare senza equivoci il problema della sua collocazione ordinamentale. In primo luogo, occorre superare l'equivoco in cui continua a dibattersi la figura del giudice di pace, e scegliere definitivamente tra «modello di prossimità», che privilegia il giudizio secondo equità, e «modello semiprofessionale». Questa presa d'atto rende ineludibile garantire la professonalità iniziale e permanente del giudice di pace, nonché il rispetto delle regole deontologiche. Si devono individuare, insomma, criteri piú stringenti degli attuali sia per selezionare i giudici di pace, sia per controllarne l'operato, sia sotto il profilo delle incompatibilità; il che potrà essere assicurato solo inserendo a pieno titolo il giudice di pace nel sistema di governo autonomo della magistratura. Distinto e diverso è il problema dei magistrati onorari propriamente detti quali GOT e VPO, le cui funzioni - considerata l'attuale insostituibilità - devono essere adeguatamente normate;
e) in tutto il mondo, l'affermazione dello Stato sociale ha comportato nelle democrazie la progressiva espansione del «potere dei giudici»; e poiché ad ogni potere deve corrispondere pari responsabilità, una maggiore responsabilizzazione del magistrato è corollario indispensabile dei nuovi poteri acquisiti. A sua volta, corollario della responsabilità è l'esistenza di un affidabile sistema che consenta di limitare e, ove necessario, reprimere i comportamenti «irresponsabili». Il che, non deve affatto comportare una riduzione delle garanzie di autonomia e di indipendenza di coloro che esercitano funzioni giurisdizionali, quali delineate dalla nostra Costituzione, ma deve tendere, al contrario, a rafforzarle e generalizzarle attraverso una riforma del sistema di governo autonomo che quelle garanzie assicura. Occorre ribadire la validità del modello pluralistico dell'assetto dei poteri delineato dalla Costituzione, sottolineando che non può esservi alcuna gerarchia tra potere politico legittimato dalla volontàpopolare, e poteri neutri di controllo che fondano differentemente la propria legittimazione;
f) è necessario dare vita a un'unica figura di magistrato, con identità di percorsi di accesso, di diritti e di doveri, di garanzie e di indipendenza, di regole di carriera e regole disciplinari. Il che, non significa unificazione delle giurisdizioni, ma deve significare unificazione del sistema di governo autonomo delle magistrature. Una simile soluzione, per un verso comporterebbe il rafforzamento delle garanzie di indipendenza di tutti i magistrati a prescindere dalle funzioni svolte, attraverso la «costituzionalizzazione» del governo della magistratura amministrativa, di quella contabile, e di quella militare; per altro verso, consentirebbe se non di eliminare, certamente di diluire il tasso di corporativismo inscindibilmente connesso all'autogoverno di un corpo burocratico. Si potrebbe pensare, insomma, a un CSM quale Consiglio Superiore delle Magistrature, all'interno del quale la disarticolazione delle logiche corporative e correntizie si realizzi non solo attraverso la modifica dell'attuale proporzione costituzionale tra «togati» e «laici», ma anche attraverso il necessitato confronto tra le diverse culture delle diverse magistrature. L'unificazione del governo autonomo delle magistrature consentirebbe di affrontare in un'ottica unitaria anche il tema della responsabilità disciplinare dei magistrati. Si potrebbe dare vita, quale giudice disciplinare unico per tutti i magistrati, a un'Alta corte di giustizia, nella quale la componente elettiva delle magistrature potrebbe anche non essere maggioritaria, considerata la peculiarità della funzione disciplinare;
g) il rilievo costituzionale dell'avvocatura, quale tramite necessario per l'affermazione del diritto alla giustizia del cittadino, rende la riforma dell'ordinamento professionale un tassello indispensabile di una più complessiva riforma della giustizia. La professionalità dell'avvocato rappresenta corollario indispensabile del rilievo costituzionale della professione forense, e deve dunque essere garantita al cittadino-cliente attraverso più stringenti controlli tanto nella fase di accesso quanto nel corso della vita professionale. Il non avere proceduto contestualmente alle riforma dell'ordinamento giudiziario e di quello forense, ha determinato una profonda crisi di fiducia da parte dell'avvocatura nei confronti delle forze politiche che occorre cercare di recuperare.
(6-00014) «Vietti, Rao».
La Camera,
udite le comunicazioni del ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia, ai sensi dell'articolo 86 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dall'articolo 2, comma 29, della legge 25 luglio 2005, n. 150:
premesso che le suddette comunicazioni rappresentano un atto importante, un'assunzione di responsabilità in termini di definizione programmatica della futura politica in tema di amministrazione della giustizia, e che vanno esaminate attentamente da parte del Parlamento;
considerato che il sistema giudiziario del nostro Paese ha bisogno di interventi idonei a ridurre la durata dei processi civili e penali e che a tal fine è necessario individuare strumenti moderni, soluzioni adeguate ed effettivamente praticabili per rispondere ai bisogni di sicurezza, per ripristinare un efficace servizio della giustizia nel rispetto dei principi costituzionalmente sanciti, e per garantire la effettività dei diritti di tutti i cittadini e la competitività del sistema economico e produttivo del Paese;
ritenuto che le comunicazioni del ministro non mostrano alcuna soluzione idonea a risolvere i gravi problemi della giustizia italiana né indicano la corretta copertura finanziaria dei pochi interventi annunciati;
ritenuto che la giustizia ha bisogno di un intervento globale e coerente che investa:
il riordino degli ambiti territoriali degli uffici giudiziari, mediante l'accorpamento di uffici e di sezioni distaccate, la realizzazione di un organico unico di più uffici limitrofi;
l'istituzione dell'«ufficio per il processo», che garantisca lo svolgimento organizzato di tutte le attività correlate all'esercizio della giurisdizione, finalizzato all'accelerazione dei tempi per la conclusione dei procedimenti;
l'istituzione del manager dell'ufficio giudiziario per la responsabile gestione del personale amministrativo, delle risorse strumentali e finanziarie;
la semplificazione dei riti dei procedimenti civili;
interventi nel processo penale che favoriscano: l'effettivo equilibrio tra accusa e difesa, strumenti di deflazione del carico penale; la disciplina dei criteri di priorità nell'esercizio dell'azione penale, nel rispetto del principio costituzionale di obbligatorietà dell'azione penale; una valorizzazione della funzione dell'udienza preliminare nella preparazione e accelerazione del dibattimento;
l'individuazione di soluzioni normative volte all'alleggerimento del carico di lavoro della Corte di cassazione per restituire al giudizio di legittimità la funzione che gli è propria;
la riforma della legge elettorale del Consiglio Superiore della Magistratura e altre misure di riforma, da adottare con leggi ordinarie, dirette a meglio individuare e a garantire il corretto assolvimento dei compiti assegnati al CSM dalla Carta costituzionale;
la riforma dell'ordinamento professionale forense
non le approva.
(6-00015)
«Ferranti, Cavallaro, Soro, Samperi, Cuperlo, Concia, Ciriello, Mantini, Zaccaria, Tenaglia, Tidei, Rossomando, Capano».
INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
Rapporto tra azione di governo e programma elettorale - 3-00333
VIETTI, VOLONTÈ, CICCANTI, COMPAGNON, NARO, RAO, GALLETTI e LIBÈ. - Al Ministro per l'attuazione del programma di Governo. - Per sapere - premesso che:
sono sette le «missioni» inserite nel programma della formazione politica Popolo della libertà, presentato in occasione delle scorse elezioni;
tra le sette missioni grande enfasi è stata data a quella riguardante la sicurezza e la tutela del cittadino, per la cui realizzazione il Governo avrebbe aumentato progressivamente le risorse (mentre le ha ridotte in maniera significativa), avrebbe assicurato maggiore presenza sul territorio delle forze dell'ordine ed incrementato la polizia di prossimità, dei poliziotti e dei carabinieri di quartiere (invece è dovuto ricorrere ai soldati nelle strade), avrebbe contrastato l'immigrazione clandestina, attraverso la collaborazione tra Governi europei e con i Paesi di origine e transito degli immigrati (mentre l'afflusso di clandestini non è mai stato così numeroso come negli ultimi mesi) e avrebbe contrastato l'insediamento abusivo di nomadi e allontanato tutti coloro che risultassero privi di mezzi di sostentamento legali e di regolare residenza (il numero dei campi abusivi è rimasto pressoché uguale);
una missione a parte è stata dedicata al Sud affinché si «superi, attraverso un impegno straordinario, il drammatico divario tra Nord e Sud, realizzando una politica che valorizzi la responsabilità dei territori e metta a frutto tutte le energie presenti nel Paese» (in quasi tutti provvedimenti adottati dal Governo sono state, invece, drenate risorse dal fondo per le aree sottoutilizzate per finalità estranee al Mezzogiorno);
era stata annunciata l'introduzione di un fisco più equo per le famiglie e l'avvento del quoziente familiare (le uniche misure sono state la social card e un bonus famiglie, che agevolerà i single e i nuclei senza figli);
era previsto, altresì, un rilancio delle grandi opere e delle infrastrutture (ma i cantieri sono fermi e molte opere segnano il passo) -:
se, alla luce delle considerazioni in premessa, non ritenga che il Governo debba riconsiderare il suo programma e ridefinire nuovi obiettivi di legislatura.
(3-00333)
Iniziative per garantire una corretta registrazione informatica dei rapporti di lavoro - 3-00334
COTA, LUCIANO DUSSIN, DAL LAGO, REGUZZONI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOGLIATO,FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIBELLI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, LUSSANA, MACCANTI, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MONTAGNOLI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SALVINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo una recente denuncia della cassa edile della provincia di Milano, sono stati rilevati quasi 200 casi di manovali «clonati», ovvero operai clandestini con documenti fotocopia e, dunque, inseriti negli archivi di Inps, Inail e collocamento con lo stesso nome;
trattasi di piccole imprese edili con titolare straniero che operano in subappalto, ingaggiando personale in nero e ricorrendo alla contraffazione dei documenti al momento di presentare il documento unico di regolarità contributiva;
da quanto si apprende da notizie di stampa, tali episodi sono sempre più frequenti anche per la relativa facilità di procurarsi falsi documenti a prezzi contenuti;
addirittura la cassa edile di Milano ha scoperto il caso di un lavoratore straniero che aveva rapporti di lavoro aperti contemporaneamente con cinquanta dipendenti;
la registrazione informatica dei rapporti di lavoro evidentemente non è sufficiente a scoprire le attività multiple e, dunque, sospette -:
quale sia l'opinione del Ministro interrogato in merito all'opportunità di procedere celermente a controlli a campione e quali altre iniziative intenda intraprendere per porre fine al fenomeno. (3-00334)
Intendimenti del Governo in merito al centro di soccorso e di prima accoglienza di Lampedusa - 3-00335
FRANCESCHINI, SERENI, BRESSA, QUARTIANI, GIACHETTI, MINNITI, AMICI, BORDO, D'ANTONA, FERRARI, FONTANELLI, GIOVANELLI, LANZILLOTTA, LO MORO, NACCARATO, PICCOLO, POLLASTRINI, MAURIZIO TURCO, VASSALLO, ZACCARIA e STRIZZOLO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nell'anno 2008 si è registrata la cifra più alta degli sbarchi sulle coste italiane. In particolare, l'isola di Lampedusa è stata raggiunta da 397 imbarcazioni che hanno trasportato, in condizioni drammatiche, 30.657 persone (18.908 in più del 2007), tra le quali 3.522 donne e 2.325 minori (1.170 in più del 2007);
la forte pressione migratoria ha messo alla prova le strutture che ospitano gli immigrati, a partire dal centro di Lampedusa, che dal febbraio 2006 è stato destinato al soccorso e alla prima accoglienza di coloro che giungono sull'isola. Questo centro, trasferito in una nuova struttura inaugurata il 1o agosto 2007, è in grado di ospitare 381 persone e, in condizioni di necessità, può contenerne, al massimo, 804. Eppure, nel corso del 2008, si sono raggiunte presenze superiori a 1.900, con un notevole disagio sia per gli immigrati che per gli operatori addetti;
il centro di Lampedusa, come gli altri centri di accoglienza, ai sensi della legge n. 563 del 1995 e del testo unico sull'immigrazione, è una struttura destinata a garantire un primo soccorso allo straniero irregolare rintracciato sul territorio nazionale. L'accoglienza nel centro è limitata al tempo strettamente necessario per stabilire l'identità e la legittimità della permanenza sul territorio. In ogni caso, deve escludersi che nel centro di accoglienza possa realizzarsi il trattenimento dellostraniero, che, ai sensi dell'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999, «può avvenire unicamente presso i centri di identificazione e di espulsione individuati ai sensi dell'articolo 14, comma 1, del testo unico»;
in linea con le disposizioni citate, il centro di Lampedusa, pur quando ha registrato i picchi di presenza, ha ospitato gli immigrati per un tempo assai contenuto, in genere 24/48 ore, giusto il tempo di procedere ai primi accertamenti sanitari e di identità e di organizzare il trasferimento presso altri centri di accoglienza della penisola, dove acquisire la posizione giuridica degli stranieri ed avviare le conseguenti procedure (tra le quali, la richiesta di asilo o l'espulsione). Per questa via, il centro di Lampedusa ha cominciato a rappresentare un «modello» di accoglienza umanitaria, osservato in ambito europeo ed internazionale, perché in grado di sostenere situazioni di emergenza con efficacia e con il necessario rispetto dei diritti umani;
il repentino trasferimento degli immigrati presso gli altri centri di accoglienza ha sempre evitato che si producesse o che si protraesse nel tempo il sovraffollamento del centro di Lampedusa (ipotesi insostenibile su molteplici piani), nel rispetto dei più elementari diritti di persone già ridotte in condizioni pietose. Non ha, invece, sottratto gli stessi immigrati, una volta sulla terra ferma, dalle norme rigorose stabilite verso chi arriva sul territorio, violando le procedure di ingresso. Ha aiutato, inoltre, a gestire un rapporto costruttivo, anche nei momenti più aspri, con gli abitanti di Lampedusa, sollecitati ad avere verso i più sfortunati capacità di accoglienza e di comprensione umana;
nell'ultimo mese, soprattutto attraverso le proteste degli abitanti di Lampedusa, si è avuta sempre più contezza che la funzione del centro stava cambiando. A conferma di questo, intervenivano sia il decreto del Ministro interrogato del 14 gennaio 2009, per il trasferimento a Lampedusa della commissione territoriale per l'asilo di Trapani, sia la notizia, confusa ma reiterata, dell'apertura a Lampedusa di un centro di identificazione ed espulsione, fortemente avversata dagli isolani;
il 23 gennaio 2009, una delegazione di parlamentari del Partito Democratico, si è recata personalmente a Lampedusa per visitare il centro di accoglienza. In quell'occasione ha potuto verificare che da giorni, per volontà dichiarata del Ministro interrogato, erano stati sospesi i consueti trasferimenti degli immigrati verso gli altri centri italiani, producendo così un sovraffollamento disumano del centro, costretto ad ospitare o, meglio, a «trattenere» oltre 1800 immigrati, la maggior parte dei quali giunti lì da quasi un mese;
la delegazione del Partito Democratico e, insieme, i giornalisti e gli operatori televisivi hanno visto, con i propri occhi, immigrati ridotti in condizioni pietose, malati stipati nell'infermeria o sotto la tenda, richiedenti asilo abbandonati nel centro, tutti costretti a vivere nel degrado di una struttura ormai difficilmente gestibile dai pur bravi e impegnati operatori del ministero dell'interno o dalle organizzazioni preposte. Non solo. Solo il giorno prima dell'arrivo della delegazione del Partito Democratico erano stati trasferiti presso altri centri i bambini e le donne (70 di queste spostate nel cuore della notte nella degradata base Loran, dove il Ministro interrogato si apprestava a decretare l'apertura di un centro di identificazione ed espulsione) ed i richiedenti asilo (uno dei pulmann veniva intercettato e bloccato, a testimonianza dell'accaduto, dagli abitanti dell'isola);
l'annunciata apertura a Lampedusa di un centro di identificazione ed espulsione lede profondamente il significato umanitario della struttura e grava sulla comunità degli abitanti, che, da giorni, protestano con forza contro una decisione che li emargina ed intacca l'immagine dell'isola. Va anche detto che si tratta, ad avviso degli interroganti, di un'ipotesi velleitaria, una mera boutade ideologica, che,alla prova dei fatti, si rivelerebbe assai costosa e difficilmente praticabile, sia per le garanzie che il diritto impone, che per i tempi di realizzazione delle procedure. In ogni caso, la realizzazione di un centro di identificazione ed espulsione a Lampedusa, oltre a costringere gli immigrati ad un «confino» disumano, in condizioni che si aggraverebbero in rapporto all'entità degli sbarchi, mette in forte dubbio il rispetto di alcuni principi fondamentali, in particolare - come ricordato in un recente appello di alcune organizzazioni - reca il rischio di detenzioni arbitrarie, di negare l'accesso alla giurisdizione, di rendere incerte le procedure di identificazione e accertamento dell'età, di praticare espulsioni collettive, di ledere il diritto di asilo -:
se il Ministro interrogato, in ragione della situazione descritta, intenda apprestare con sollecitudine il trasferimento degli immigrati attualmente presenti a Lampedusa presso gli altri centri della penisola, allo scopo di mettere fine al drammatico e disumano stato di invivibilità che lì si è realizzato, recuperando così il centro di Lampedusa alla funzione che ha finora svolto e, conseguentemente, offrendo garanzie sul rispetto delle norme e dei diritti umani. (3-00335)
Misure a sostegno della popolazione di Lampedusa e politiche del Governo in tema di contrasto all'immigrazione clandestina - 3-00336
CICCHITTO, BOCCHINO, MARINELLO, VINCENZO ANTONIO FONTANA, LA LOGGIA, PAGANO, MISURACA, GIUDICE, FALLICA, SCALIA, LO PRESTI, GRIMALDI e TORRISI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
c'è un'inquietudine diffusa fra la popolazione di Lampedusa, in ordine alla realizzazione di un nuovo centro di identificazione ed espulsione per gli immigrati clandestini nell'ex base Loran;
al diffondersi di tale inquietudine hanno contribuito irresponsabilmente, ad avviso degli interroganti, esponenti dell'opposizione, che indulgono anche in questa delicata materia alla loro tradizionale politica del «tanto peggio, tanto meglio»;
è noto che si sta definendo un accordo con la Tunisia, per il rimpatrio immediato degli immigrati clandestini di nazionalità tunisina, sul modello di quanto già concordato con l'Egitto;
il disegno di legge di ratifica del trattato con la Libia, già approvato dalla Camera, dei deputati, sarà con ogni probabilità varato definitivamente entro questa settimana anche dall'altro ramo del Parlamento, per cui anche le provenienze dalla Libia di immigrati clandestini dovrebbero essere finalmente poste sotto controllo -:
quali iniziative il Governo intenda assumere per sostenere i cittadini di Lampedusa e per informarli in modo esaustivo, circa gli obiettivi di fondo della politica di contrasto all'immigrazione clandestina. (3-00336)
Iniziative per garantire la sicurezza sulle linee ferroviarie, con particolare riferimento al ripristino del doppio macchinista e alla verifica delle cause dei recenti incidenti verificatisi sui treni ETR - 3-00337
DONADI, EVANGELISTI e MISITI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in Italia, dopo un periodo di lunga gestazione, sono attualmente in servizio cinquantasette Etr capaci di superare i 300 chilometri orari;
i treni Etr 500 hanno ricevuto nel tempo vari tipi di «livree»: l'ultima è quella degli Etr 500 alta velocità, ribattezzati «Freccia rossa», entrati in funzione nel dicembre 2008;
il 24 gennaio 2008 proprio un treno Eurostar «Freccia rossa» 9456, partito daNapoli alle 18,54 e diretto a Bologna, ha subito un grave incidente nei pressi di Anagni, in provincia di Frosinone;
da alcune sommarie ricostruzioni sembra che il treno si sarebbe spezzato tra la sesta e la settima carrozza durante la marcia a velocità ridotta (forse con un'avaria in corso proprio al sistema pneumatico): per fortuna fra i viaggiatori non ci sono stati dispersi o feriti;
secondo quanto riferisce Ferrovie dello Stato, a causare l'incidente sarebbe stato il freno di emergenza volutamente azionato in coda al treno;
tale circostanza, se risultasse vera, metterebbe in grave discussione l'affidabilità e la sicurezza dell'intera flotta degli Etr 500, poiché, da quando esistono i treni, i freni di emergenza sono legittimamente a disposizione di tutti i viaggiatori per ogni evenienza;
il 14 e il 22 luglio 2008 si erano verificati altri due incidenti nei quali altri due Etr 500 si spezzarono analogamente a quanto successo nei giorni scorsi; all'epoca, secondo Ferrovie dello Stato, la colpa dell'accaduto era da attribuire ad errore umano;
in quell'occasione il macchinista Dante De Angelis, a seguito di un'intervista nella quale evidenziava dei dubbi sull'effettiva sicurezza dei nuovi Eurostar, fu immediatamente licenziato dall'azienda Ferrovie dello Stato, per la quale il macchinista aveva provocato un allarme ingiustificato;
al momento la mancanza di chiarezza sugli incidenti verificatisi ed i dubbi che emergono su possibili lacune tecniche, strutturali, progettuali o semplicemente manutentive dell'insieme delle apparecchiature dei treni in questione fanno venire meno il necessario senso di sicurezza dei passeggeri;
in una recente direttiva emanata dal Ministro interrogato si stabilisce che i treni dotati di determinate apparecchiature etcs/scmt/ssc, disponendo di un soddisfacente livello di tecnologia, possono viaggiare guidati da un solo «agente» (macchinista);
il sistema più diffuso sulle nostre linee ferroviarie è l'scmt (sistema di controllo marcia treno) e solo su poche linee risulta interfacciato con altri sistemi, in modo da garantire un buon livello di sicurezza;
dove l'scmt è l'unico sistema presente, la sua funzionalità non è tale da garantire con continuità il controllo delle condizioni di sicurezza;
è necessario considerare il livello di altissima tensione a cui, a seguito della citata direttiva del Ministro interrogato, sarebbe sottoposto l'«agente», che per dieci ore rimarrebbe da solo alla guida del convoglio in un ambiente angusto lanciato a 200-300 chilometri orari, in condizione di estremo stress psico-fisico;
il mantenimento di un adeguato livello di sicurezza obbliga alla necessaria presenza di un secondo macchinista, né l'adeguato livello di sicurezza può essere compromesso in ragione del taglio dei costi;
a più riprese negli ultimi mesi si sono ripetuti gli annunci ed i proclami riguardo alla sicurezza sul lavoro, mentre nel nostro Paese gli incidenti ed i morti sul lavoro continuano a restare su livelli elevatissimi ed inaccettabili;
contemporaneamente alla messa a regime dell'alta velocità nel nostro Paese si è verificato un aumento delle tariffe a carico dei convogli tradizionali: non è possibile che l'innovazione della rete venga «scaricata» sia in termini economici che di sicurezza sulle spalle dei cittadini, degli utenti e dei lavoratori -:
se il Ministro interrogato non ritenga di dover intervenire con urgenza per garantire la massima sicurezza possibile sulle nostre linee ferroviarie a vantaggio dei lavoratori e dei passeggeri, ripristinando, quindi, l'obbligo del doppio macchinista e promuovendo contemporaneamente unaspecifica indagine volta ad appurare le effettive cause dei recenti incidenti verificatisi sui treni Etr. (3-00337)
Problematiche inerenti alla situazione idrogeologica della Calabria - 3-00338
NUCARA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la situazione idrogeologica della Calabria è da sempre ampiamente nota; già Giustino Fortunato definiva la situazione «uno sfasciume pendulo sul mare» e Corrado Alvaro «una regione che naviga sull'acqua»;
l'8 gennaio 2009, con un altro atto di sindacato ispettivo rivolto al Ministro interrogato, l'interrogante aveva posto dei quesiti in merito all'utilizzo dei fondi destinati alla difesa del suolo e sperperati, ad avviso dell'interrogante, da inutili investimenti a «pioggia»;
il 13 gennaio 2009 la Calabria è stata oggetto di un evento atmosferico particolarmente grave, definito «uragano» dal Sottosegretario Bertolaso, senza che successivamente si siano avute notizie di investimenti in proposito;
nelle ultime settimane il precipitare degli eventi meteorologici ha reso ancora più difficile e precaria la situazione idrogeologica della regione Calabria, con intere zone della città di Reggio Calabria e del litorale jonico distrutte ed evacuate;
nei giorni scorsi abbiamo conosciuto un ulteriore disastro ambientale determinato dal crollo di un muro di contenimento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, che ha provocato la morte di due persone e il ferimento di altre, determinando la chiusura della sede autostradale;
la zona in cui è avvenuto il disastro è indicata dal piano di assetto idrogeologico regionale come «zona a rischio molto elevato»;
già il 23 gennaio 2009 l'interrogante si era premurato di sottolineare con una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio dei ministri la gravità della situazione idrogeologica calabrese -:
se gli investimenti previsti dal decreto ministeriale del 12 novembre 2008 siano afferenti a zone a rischio molto elevato, quali sarebbero i termini dell'accordo tra regioni e Governo circa la finalità degli interventi da porre in essere, di quali elementi disponga il Ministro interrogato in ordine ad eventuali responsabilità e negligenze in capo a chi ha redatto i piani di difesa del suolo. (3-00338)
MOZIONI POLLASTRINI ED ALTRI N. 1-00070, MURA ED ALTRI N. 1-00083 E CICCHITTO, COTA, IANNACCONE ED ALTRI N. 1-00085 CONCERNENTI INIZIATIVE PER PREVENIRE E CONTRASTARE LA VIOLENZA SESSUALE E DI GENERE
Mozioni
La Camera,
premesso che:
si vive un inizio di secolo in cui il grande tema dei diritti umani si ripropone in tutta la sua drammaticità e chiama in causa la responsabilità di istituzioni e politica. Ciò significa fare i conti, in primo luogo, con la violazione dei diritti umani delle donne, a partire dalla dignità del loro corpo;
come hanno dichiarato numerose risoluzioni delle Nazioni Unite, del Parlamento europeo, di organismi sovranazionali e come hanno sottolineato le prese di posizione di associazioni e studiosi, assumere una visione e un piano per i diritti umani significa oggi per la politica mettere al centro innanzitutto i diritti umani delle donne, il cui riconoscimento determinerà il profilo democratico, la convivenza futura e la stessa crescita economica e civile;
il «libro nero» dei diritti umani delle donne è noto nella sua crudezza e tragicità;
è aperto un conflitto nel mondo, una vera e propria guerra sparpagliata, che ha come oggetto il dominio sul corpo delle donne;
in interi territori cresce la determinazione femminile per la propria dignità e autonomia, si affermano anche nuove leadership: eppure, anzi proprio per questo, pressioni e rigurgiti fondamentalisti si manifestano con una virulenza inaudita e terribile;
un'oppressione maschilista e proprietaria, fatta di umiliazioni, molestie, minacce e violenze, fino ad arrivare allo stupro, all'omicidio, si consuma anche in Europa e nel nostro Paese nel silenzio delle case, delle famiglie, del circuito affettivo di molte donne e bambine. Con episodi cruenti riportati dalla cronaca con puntuale periodicità;
immagini recenti hanno scosso la coscienza dell'opinione pubblica, di istituzioni e Governi. Ci si riferisce: ai visi di Aisha Ibrahim Duhulow, lapidata a morte in Somalia a soli tredici anni il 27 ottobre 2008; ai volti sfigurati dall'acido delle studentesse di Kandahar, punite per la colpa di voler studiare; ma anche alla giovane italiana mutilata con l'acido dal marito; a Hina, uccisa perché voleva vivere la propria esistenza in assoluta autonomia e libertà; alle suore vittime del fanatismo indù nel Chhattisgarh, alle suore italiane rapite a Elwak, in Kenia; alle donne e alle bambine vittime degli stupri collettivi come arma per annichilire popoli interi; sono i racconti delle donne prigioniere del burka; delle giovani costrette alla pratica dell'infibulazione genitale; è la realtà delle bambine in Cina che non nasceranno maiperché bambine; sono le tragedie di Sara, Giovanna e altre come loro, uccise a seguito di un rifiuto amoroso; di Barbara, in attesa del terzo figlio, incinta di 8 mesi uccisa, dopo anni di maltrattamenti, da suo marito; sono i drammi di donne violate perché omosessuali; di giovani percosse e usate nel corpo perché più indifese in quanto portatrici di diverse abilità. Sono le innumerevoli storie di donne di diverse età e ceti sociali costrette all'inferno di una vita di paura e umiliazione, con esiti dolorosi sui propri bimbi, perché, come è noto, i figli che vedono la propria madre o sorella subire violenza subiscono a loro volta un trauma destinato quasi sempre ad accompagnare la loro esistenza;
le cifre parlano: secondo i dati Istat riferiti al 2006, sono 6 milioni e 743 mila le donne dai sedici ai settant'anni che sono rimaste vittime di molestie o violenze fisiche, psichiche o sessuali nel corso della vita; circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri (il 4,8 per cento della popolazione femminile globale); il 14,3 per cento delle donne ha subito almeno una violenza fisica o sessuale dal proprio partner. Il 24,7 per cento delle donne ha subito violenze da un altro uomo, 2 milioni e 77 mila donne hanno subito comportamenti persecutori (stalking) dai partner al momento della separazione; nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate; ciò che possiamo definire come il «sommerso» è tuttora elevatissimo e raggiunge circa il 96 per cento delle violenze da un non partner e il 93 per cento di quelle da partner; anche nel caso degli stupri la quasi totalità non viene denunciata;
nel mondo, dunque, una donna su tre, nella sua vita è stata o è destinata a essere almeno una volta vittima di violenza fisica, sessuale o psicologica e il 70 per cento delle donne assassinate muore per mano di parenti;
siamo posti dinanzi a un'emergenza talmente estesa e drammatica che le Nazioni Unite sono impegnate nell'introduzione di una fattispecie specifica di reato denominata «femminicidio»;
il rispetto dei diritti umani delle donne assurge, ancora una volta, a simbolo di civiltà e di riconoscimento dei diritti umani e civili di ogni persona, dell'uguaglianza innanzi alla legge e del contrasto a ogni forma di discriminazione per ragione di razza, religione, diversa abilità, età, orientamento sessuale e identità di genere, diritti sanciti nella Costituzione italiana, nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, di cui proprio quest'anno ricorre il sessantesimo anniversario, e nella Carta europea;
la giornata internazionale contro la violenza alle donne, voluta dalle Nazioni Unite, ha anche un significato culturale, di rendiconto e impegno programmatico dei Governi e delle istituzioni, nel quadro delle azioni per i diritti umani;
è auspicabile, inoltre, che siano al più presto approvate normative contro le molestie insistenti, la violenza e contro l'omofobia, così come contro la pedofilia, necessarie per dare solidità ad un Piano di azione che affronti il tema essenziale della prevenzione, dell'educazione civile, dell'informazione, della formazione, della tutela delle vittime, della certezza della pena, del coordinamento e riconoscimento di centri, associazioni e competenze indispensabili per Governi, regioni, province e città che ritengano centrali i temi della dignità e della sicurezza delle donne;
tale Piano d'azione è curato dal dipartimento per le pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, in coordinamento con il ministero dell'interno e con gli altri ministeri interessati, in accordo con la Conferenza unificata Stato-regioni-città, ed è mirato al sostegno di case rifugio, centri antiviolenza, associazioni femminili ed associazioni maschili di presa coscienza, di recupero, di campagne informative e formative, numeri verdi, misure a tutela dellevittime, recupero, appoggio, costruzione di azioni concrete di prevenzione,
impegna il Governo:
a presentare il Piano d'azione contro molestie e violenze di genere, motivate anche da ragioni di orientamento sessuale, di differenti abilità, di razza, di religione;
a prevedere adeguate risorse per il suddetto Piano d'azione, in particolare assicurando la disponibilità di risorse pari ad almeno 20 milioni di euro nel 2009, a 40 milioni di euro nel 2010 e a 60 milioni di euro nel 2011;
a sostenere l'Osservatorio pubblico nazionale del monitoraggio statistico mirato a molestie e violenze alle donne, istituito dalla legge finanziaria per il 2007;
a implementare i numeri telefonici di pubblica utilità uniti a campagne informative tradotte nelle lingue più diffuse;
a istituire, mediante urgenti iniziative in sede di Conferenza Stato-regioni, presso i pronto soccorso medici sportelli per l'accoglienza delle donne maltrattate;
a sostenere corsi formativi per operatori della giustizia, delle forze dell'ordine, dei servizi sociosanitari;
a costruire campagne di educazione al rispetto della donna, della persona, a partire dalla scuola, a predisporre e a promuovere codici etici per l'informazione, la pubblicità e, in generale, per l'azione dei media riguardo all'immagine femminile e più complessivamente per i linguaggi violenti e prevaricanti;
ad estendere la sfera di applicazione del permesso di soggiorno, di cui all'articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, anche alle donne vittime di maltrattamenti o abusi sessuali;
ad attuare il programma contro la tratta e lo sfruttamento degli esseri umani e per la tutela delle vittime.
(1-00070)
«Pollastrini, Veltroni, Soro, Sereni, Bressa, Amici, Bellanova, Bernardini, Braga, Brandolini, Calvisi, Capano, Marco Carra, Cenni, Codurelli, Concia, Coscia, Cuperlo, D'Antona, De Biasi, Farina Coscioni, Ferrari, Fiano, Gatti, Gnecchi, Graziano, Lenzi, Mantini, Mariani, Melis, Migliavacca, Motta, Murer, Narducci, Mario Pepe (PD), Piccolo, Picierno, Samperi, Schirru, Servodio, Siragusa, Tidei, Trappolino, Livia Turco, Maurizio Turco, Velo, Verini, Zampa, Mattesini, Mastromauro, Mosca».
La Camera,
premesso che:
si vive un inizio di secolo in cui il grande tema dei diritti umani si ripropone in tutta la sua drammaticità e chiama in causa la responsabilità di istituzioni e politica. Ciò significa fare i conti, in primo luogo, con la violazione dei diritti umani delle donne, a partire dalla dignità del loro corpo;
come hanno dichiarato numerose risoluzioni delle Nazioni Unite, del Parlamento europeo, di organismi sovranazionali e come hanno sottolineato le prese di posizione di associazioni e studiosi, assumere una visione e un piano per i diritti umani significa oggi per la politica mettere al centro innanzitutto i diritti umani delle donne, il cui riconoscimento determinerà il profilo democratico, la convivenza futura e la stessa crescita economica e civile;
il «libro nero» dei diritti umani delle donne è noto nella sua crudezza e tragicità;
è aperto un conflitto nel mondo, una vera e propria guerra sparpagliata, che ha come oggetto il dominio sul corpo delle donne;
in interi territori cresce la determinazione femminile per la propria dignità e autonomia, si affermano anche nuove leadership: eppure, anzi proprio per questo, pressioni e rigurgiti fondamentalisti si manifestano con una virulenza inaudita e terribile;
un'oppressione maschilista e proprietaria, fatta di umiliazioni, molestie, minacce e violenze, fino ad arrivare allo stupro, all'omicidio, si consuma anche in Europa e nel nostro Paese nel silenzio delle case, delle famiglie, del circuito affettivo di molte donne e bambine. Con episodi cruenti riportati dalla cronaca con puntuale periodicità;
immagini recenti hanno scosso la coscienza dell'opinione pubblica, di istituzioni e Governi. Ci si riferisce: ai visi di Aisha Ibrahim Duhulow, lapidata a morte in Somalia a soli tredici anni il 27 ottobre 2008; ai volti sfigurati dall'acido delle studentesse di Kandahar, punite per la colpa di voler studiare; ma anche alla giovane italiana mutilata con l'acido dal marito; a Hina, uccisa perché voleva vivere la propria esistenza in assoluta autonomia e libertà; alle suore vittime del fanatismo indù nel Chhattisgarh, alle suore italiane rapite a Elwak, in Kenia; alle donne e alle bambine vittime degli stupri collettivi come arma per annichilire popoli interi; sono i racconti delle donne prigioniere del burka; delle giovani costrette alla pratica dell'infibulazione genitale; è la realtà delle bambine in Cina che non nasceranno mai perché bambine; sono le tragedie di Sara, Giovanna e altre come loro, uccise a seguito di un rifiuto amoroso; di Barbara, in attesa del terzo figlio, incinta di 8 mesi uccisa, dopo anni di maltrattamenti, da suo marito; sono i drammi di donne violate perché omosessuali; di giovani percosse e usate nel corpo perché più indifese in quanto portatrici di diverse abilità. Sono le innumerevoli storie di donne di diverse età e ceti sociali costrette all'inferno di una vita di paura e umiliazione, con esiti dolorosi sui propri bimbi, perché, come è noto, i figli che vedono la propria madre o sorella subire violenza subiscono a loro volta un trauma destinato quasi sempre ad accompagnare la loro esistenza;
le cifre parlano: secondo i dati Istat riferiti al 2006, sono 6 milioni e 743 mila le donne dai sedici ai settant'anni che sono rimaste vittime di molestie o violenze fisiche, psichiche o sessuali nel corso della vita; circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri (il 4,8 per cento della popolazione femminile globale); il 14,3 per cento delle donne ha subito almeno una violenza fisica o sessuale dal proprio partner. Il 24,7 per cento delle donne ha subito violenze da un altro uomo, 2 milioni e 77 mila donne hanno subito comportamenti persecutori (stalking) dai partner al momento della separazione; nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate; ciò che possiamo definire come il «sommerso» è tuttora elevatissimo e raggiunge circa il 96 per cento delle violenze da un non partner e il 93 per cento di quelle da partner; anche nel caso degli stupri la quasi totalità non viene denunciata;
nel mondo, dunque, una donna su tre, nella sua vita è stata o è destinata a essere almeno una volta vittima di violenza fisica, sessuale o psicologica e il 70 per cento delle donne assassinate muore per mano di parenti;
siamo posti dinanzi a un'emergenza talmente estesa e drammatica che le Nazioni Unite sono impegnate nell'introduzione di una fattispecie specifica di reato denominata «femminicidio»;
il rispetto dei diritti umani delle donne assurge, ancora una volta, a simbolo di civiltà e di riconoscimento dei diritti umani e civili di ogni persona, dell'uguaglianza innanzi alla legge e del contrasto a ogni forma di discriminazione per ragione di razza, religione, diversa abilità, età, orientamento sessuale e identità di genere, diritti sanciti nella Costituzioneitaliana, nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, di cui proprio quest'anno ricorre il sessantesimo anniversario, e nella Carta europea;
la giornata internazionale contro la violenza alle donne, voluta dalle Nazioni Unite, ha anche un significato culturale, di rendiconto e impegno programmatico dei Governi e delle istituzioni, nel quadro delle azioni per i diritti umani;
è auspicabile, inoltre, che siano al più presto approvate normative contro le molestie insistenti, la violenza e contro l'omofobia, così come contro la pedofilia, necessarie per dare solidità ad un Piano di azione che affronti il tema essenziale della prevenzione, dell'educazione civile, dell'informazione, della formazione, della tutela delle vittime, della certezza della pena, del coordinamento e riconoscimento di centri, associazioni e competenze indispensabili per Governi, regioni, province e città che ritengano centrali i temi della dignità e della sicurezza delle donne;
tale Piano d'azione è curato dal dipartimento per le pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, in coordinamento con il ministero dell'interno e con gli altri ministeri interessati, in accordo con la Conferenza unificata Stato-regioni-città, ed è mirato al sostegno di case rifugio, centri antiviolenza, associazioni femminili ed associazioni maschili di presa coscienza, di recupero, di campagne informative e formative, numeri verdi, misure a tutela delle vittime, recupero, appoggio, costruzione di azioni concrete di prevenzione,
impegna il Governo:
a presentare in Parlamento al più presto il piano d'azione elaborato dal dipartimento per le pari opportunità in coordinamento con i ministeri interessati, la conferenza Stato-regioni, le forze dell'ordine, i centri antiviolenza e gli operatori di giustizia;
a prevedere per l'attuazione del piano d'azione adeguate risorse per il suo funzionamento, a partire dallo stanziamento già previsto dalla finanziaria vigente, nonché un aumento progressivo;
a promuovere, altresì:
a) un programma di educazione e formazione al rispetto della donna, della persona e dei diritti umani a partire dalle scuole;
b) la predisposizione di codici etici per l'informazione, la pubblicità e, in generale, per l'azione dei media riguardo all'immagine femminile e, più complessivamente, per i linguaggi violenti e prevaricanti;
c) iniziative volte a sensibilizzare l'opinione pubblica attraverso campagne informative sul tema della violenza contro le donne e a rendere le donne consapevoli degli strumenti a disposizione per la loro tutela, tra cui il sostegno dei numeri verdi;
d) il potenziamento della rete dei centri anti violenza presenti sul territorio nazionale, che prestano un servizio di fondamentale importanza alle vittime di sopraffazione e di violenza;
e) la previsione di iniziative specifiche per la formazione del personale socio sanitario, delle forze dell'ordine e degli operatori di giustizia;
f) azioni positive per l'assistenza legale e psicologica delle vittime di violenza sessuale;
g) le iniziative legislative contro gli atti persecutori e la violenza sessuale, attraverso l'introduzione di norme che garantiscano una seria azione di prevenzione, la certezza della pena e la tutela e la dignità delle vittime dei reati.
(1-00070)
(Nuova formulazione) «Pollastrini, Veltroni, Soro, Sereni, Bressa, Amici, Bellanova, Bernardini, Braga, Brandolini, Calvisi, Capano, Marco Carra, Cenni, Codurelli, Concia, Coscia, Cuperlo, D'Antona, De Biasi, Farina Coscioni, Ferrari, Fiano, Gatti, Gnecchi, Graziano, Lenzi,Mantini, Mariani, Melis, Migliavacca, Motta, Murer, Narducci, Mario Pepe (PD), Piccolo, Picierno, Samperi, Schirru, Servodio, Siragusa, Tidei, Trappolino, Livia Turco, Maurizio Turco, Velo, Verini, Zampa, Mattesini, Mastromauro, Mosca, Rossomando».
(25 novembre 2008)
La Camera,
premesso che,
il 27 aprile 1890, durante il suo intervento al circolo filosofico milanese, Anna Kuliscioff si chiedeva: «Come mai separare la questione della donna da tanti altri problemi sociali, che hanno tutti origine dall'ingiustizia, che hanno tutti per base il privilegio di un sesso o di una classe?»
a più di cento anni di distanza questo interrogativo resta purtroppo attuale. Più attuale anche di quei movimenti che negli anni hanno lottato per ottenere il riconoscimento di un'effettiva pari dignità nella società;
la questione femminile è purtroppo questione irrisolta e segna il grado di inciviltà delle diverse società e collettività umane. Proprio la questione femminile è, infatti, un indice fondamentale su cui misurare l'effettivo grado di civiltà di ogni singola comunità. Oggi anche la questione femminile ha travalicato i confini dello Stato nazionale, anche questa si è globalizzata, dimostrando la sua presenza in forme ed intensità diverse ovunque;
da anni si discute di allargare i confini geografici e politici del modello occidentale, ci si confronta sulla legittimità di tale processo sulle sue modalità e proprio nella condizione di mortificazione in cui le donne sono costrette a vivere, molto spesso, in altri contesti e società, si trova un motivo per legittimare lo sforzo di «esportazione» dei valori e principi culturali dell'Occidente. Tra questi principi vi è certamente quello di parità tra uomo e donna, che, però, a dire il vero, non pare affatto del tutto realizzato, neanche nell'Occidente: si deve avere il coraggio intellettuale di ammetterlo;
ne «Il libro nero della donna» si racconta che in Iraq «quando una donna viene trovata viva dalla polizia, qualsiasi ferita o trauma abbia, viene sottoposta prima di tutto all'esame del suo utero e poi consegnata alla famiglia con un certificato che attesta la sua verginità o meno. Nel caso di deflorazione - non importa se ciò sia avvenuto con la violenza - viene assassinata dalla stessa famiglia, così l'onore del clan è preservato»;
ovunque si incontrano «donne torturate, lapidate e ripudiate per motivi religiosi; donne mutilate, vendute o costrette a prostituirsi per mantenere vivi usi e costumi tribali; donne costrette a misurarsi ogni giorno con una società costruita a misura d'uomo che le vede discriminate nel lavoro, nella famiglia, nella politica»;
la questione femminile resiste, però, come detto, anche in Occidente, anche nel nostro Paese, ed è un fenomeno culturale e sociale insieme, oltre che criminale: non si deve dimenticarlo se non si vuole ciclicamente tornare a rileggere dati e statistiche sempre molto simili tra loro;
per quanto riguarda la sua natura criminale basta ricordare alcuni dati della recente ricerca dell'Istat sul fenomeno. Sono 6 milioni 743 mila le donne tra i 16 e i 70 anni che hanno subito almeno una violenza fisica o sessuale nel corso della vita. Circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri solo negli ultimi 12 mesi: il numero delle donne vittime di violenza ammonta a 1 milione 150 mila;
le donne subiscono violenze sia dai partner che da altri uomini: amici, parenti, datori e colleghi di lavoro, conoscenti e sconosciuti. Il 21 per cento delle vittime ha subito la violenza sia in famiglia che fuori, il 22,6 per cento solo dal partner, il 56,4 per cento solo da altri uomini non partner.Un terzo delle vittime subisce atti di violenza sia fisica che sessuale. Inoltre, le vittime hanno subito, nella maggioranza dei casi, più episodi di violenza. La violenza ripetuta avviene più frequentemente da parte del partner (67,1 per cento contro 52,9 per cento) anche negli ultimi 12 mesi (54 per cento contro 38,2 per cento). Il picco è raggiunto nel caso della violenza sessuale da partner attuale (91,1 per cento di violenza ripetuta);
sono le donne separate e divorziate a subire più violenze nel corso della vita: il 63,9 per cento, il doppio del dato medio. Valori superiori alla media emergono anche per le nubili, le laureate e le diplomate, le dirigenti, libere professioniste e imprenditrici, le direttive, quadro ed impiegate, le donne in cerca di occupazione, le studentesse, le donne con età compresa tra 25 e 44 anni;
alla violenza sessuale si affianca anche quella fisica e quella psicologica;
nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate; il sommerso è elevatissimo e raggiunge circa il 96 per cento delle violenze da un non partner e il 93 per cento di quelle da partner. Per gli stupri si arriva al 91,6 per cento e per i tentati stupri al 94,2 per cento;
ci si deve interrogare sul perché della mancata denunzia. Appurata, infatti, la sua natura criminale, proprio la mancata denuncia mette in evidenza anche la natura culturale del fenomeno. Molto spesso le donne che subiscono violenza non denunciano perché si sentono sole, perché temono di essere additate, provano vergogna, sono umiliate, perché non avvertono la protezione sociale della loro comunità. Non l'avvertono perché purtroppo non c'è. Non esiste nel nostro Paese, e non solo, una cultura affermata dell'emarginazione del violento, anzi spesso si indugia a considerare la violenza fisica sulla donna come fosse quasi naturale, in un certo modo comprensibile ed a volte addirittura giustificabile. Purtroppo anche molte donne continuano a darne una possibile giustificazione;
è necessario intervenire con forza e con convinzione perché si lanci nel Paese una campagna che tenda a fare del violento e della violenza sulle donne un motivo di emarginazione sociale. Colpevole ed emarginato deve sentirsi l'uomo che commette violenza, non la donna che la subisce. Intorno alle donne colpite deve manifestarsi un senso comune di sostegno e solidarietà: è necessario promuovere una battaglia culturale per costruire una rete di solidarietà diffusa tra i cittadini;
la violenza sulle donne è, però, anche fenomeno sociale. Nel 2007 meno di una donna su due tra quelle in età di lavoro (il 46,7 per cento, con un leggero aumento rispetto al 2006) risultava occupata, a fronte della quota del 58,3 per cento dell'Europa a 27 Paesi: anche questa è violenza;
il motivo principale, sempre secondo un indagine dell'Istat del 2007, che impedisce alle donne di avere un secondo figlio è di carattere economico: una realtà questa umiliante per l'intero Paese, oltre che frustrante per le donne costrette a questa triste rinuncia; ben 4 donne su dieci hanno rinunciato ad un secondo parto per questo motivo. Anche questa è violenza;
altro motivo d'impedimento alle nascite è il lavoro: in particolare, le donne lavoratrici avvertono nettamente di trovarsi di fronte ad un'evidente costrizione che le obbliga a scegliere tra lavoro e maternità. Le dimensioni del fenomeno sono allarmanti: solo 8 padri su 100 vanno in congedo per paternità, mentre una madre su 5 lascia o perde il lavoro dopo la nascita del figlio. Anche questa è violenza. Su questa discriminazione sociale si salda quella culturale e si legittima quella criminale;
la violenza contro le donne è invisibile nella maggior parte dei Paesi. Le statistiche giudiziarie ne registrano solo una porzione piccolissima, perché le donne non la denunciano. Ciò porta a forti distorsioni nell'immaginario collettivo su che cosa è oggi la violenza contro le donne;
ad oltre 10 anni dagli ambiziosi obiettivi della Conferenza di Pechino, restano ancora pesantemente irrisolti nel mondo troppi, gravi problemi relativi all'uguaglianza, all'autonomia e alla piena affermazione del principio di pari opportunità nel mondo;
in Italia, per esempio, lo stereotipo dell'immigrato, estraneo, non conosciuto che violenta la donna italiana impera, ma non è questa la violenza maggioritaria contro le donne italiane. Se si considerano gli stupri avvenuti in Italia, il 69 per cento sono opera dei partner, mariti o fidanzati, solo il 6 per cento di estranei;
nel quadro generale del fenomeno vanno inserite anche le disposizioni relative alla violenza cosiddetta «di genere», dovendosi con tale espressione intendere tutte le forme di coartazione della libertà, di sopraffazione e di dominio sulla vita e sul corpo femminile, di sopruso o riduzione dell'autonomia e della libertà personali, anche in relazione all'orientamento sessuale, in contesti che sottendono modelli culturali, espliciti o impliciti, portatori di rapporti asimmetrici tra i generi e le generazioni;
in quanto mette in discussione il principio di uguaglianza e l'universalità dei diritti umani, la violenza di genere non riguarda una categoria di cittadini o la sola sfera privata, ma investe la società nella sua interezza;
vanno incrementati gli sforzi, in particolare da parte dei Paesi più sviluppati, perché in ogni parte del mondo le donne possano godere pienamente delle loro libertà e dei diritti fondamentali;
occorre considerare che il genere influisce anche sulle diversità e sulle vulnerabilità legate ad altre differenze, quali razza/appartenenza etnica, classe sociale, età, disabilità, orientamento sessuale ed altre, spesso rafforzandole. Molte ricerche hanno messo in luce questo aspetto, ma a livello di statistiche ufficiali si è ancora molto indietro nella concettualizzazione e «operazionalizzazione» dei concetti;
la maggiore consapevolezza della gravità di tali fenomeni e della necessità di affrontarli in tutti i loro aspetti è anche il frutto dell'azione di organizzazioni e associazioni femminili, che da molti anni sono impegnate contro ogni forma di violenza di genere e suggeriscono un approccio multidimensionale, che non si limita alla repressione del reato, ma affronta in modo integrato i diversi aspetti sociali, relazionali e soggettivi del problema;
appare necessario intervenire, sanzionando, comunque, in maniera più severa atti di violenza contro le donne,
impegna il Governo:
ad adottare iniziative per stanziare risorse adeguate al fine di un impegno generale di tutte le amministrazioni statali a realizzare interventi di informazione e di sensibilizzazione per concretizzare l'impegno di varare un piano d'azione nazionale di carattere complessivo contro la violenza sessuale e di genere, nonché per ragioni di orientamento sessuale;
a prevedere la definizione di linee guida per i programmi scolastici, in particolare quelli del primo e del secondo ciclo di istruzione, nonché interventi formativi, volti a rimuovere ogni forma di discriminazione (compresa quella relativa all'orientamento sessuale) e, in particolare, finalizzati a stigmatizzare ed emarginare ogni forma di violenza contro le donne, e ad attivare, di conseguenza, azioni di sensibilizzazione e di formazione rivolte ai docenti ed al personale scolastico;
a prevedere iniziative specifiche affinché la formazione del personale sanitario contempli lo sviluppo di apposite attività di sostegno per le donne vittime di violenza;
ad affidare all'Istat un monitoraggio costante del fenomeno della violenza e dei maltrattamenti, per comprenderne meglio le caratteristiche fondamentali e per individuare i soggetti più a rischio;
a valutare l'opportunità di proporre, nel caso di reati di violenza contro ledonne, ipotesi di recidiva da applicarsi obbligatoriamente anche quando il fatto viene commesso da persone già condannate per analoghi reati, o comunque per reati caratterizzati da condotte persecutorie, anche nei confronti di vittime diverse.
(1-00083)
«Mura, Donadi, Borghesi, Evangelisti; Barbato, Cambursano, Cimadoro, Costantini, Di Giuseppe, Favia, Aniello Formisano, Giulietti, Messina, Misiti, Monai, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Pisicchio, Porcino, Porfidia, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».
La Camera,
premesso che,
il 27 aprile 1890, durante il suo intervento al circolo filosofico milanese, Anna Kuliscioff si chiedeva: «Come mai separare la questione della donna da tanti altri problemi sociali, che hanno tutti origine dall'ingiustizia, che hanno tutti per base il privilegio di un sesso o di una classe?»
a più di cento anni di distanza questo interrogativo resta purtroppo attuale. Più attuale anche di quei movimenti che negli anni hanno lottato per ottenere il riconoscimento di un'effettiva pari dignità nella società;
la questione femminile è purtroppo questione irrisolta e segna il grado di inciviltà delle diverse società e collettività umane. Proprio la questione femminile è, infatti, un indice fondamentale su cui misurare l'effettivo grado di civiltà di ogni singola comunità. Oggi anche la questione femminile ha travalicato i confini dello Stato nazionale, anche questa si è globalizzata, dimostrando la sua presenza in forme ed intensità diverse ovunque;
da anni si discute di allargare i confini geografici e politici del modello occidentale, ci si confronta sulla legittimità di tale processo sulle sue modalità e proprio nella condizione di mortificazione in cui le donne sono costrette a vivere, molto spesso, in altri contesti e società, si trova un motivo per legittimare lo sforzo di «esportazione» dei valori e principi culturali dell'Occidente. Tra questi principi vi è certamente quello di parità tra uomo e donna, che, però, a dire il vero, non pare affatto del tutto realizzato, neanche nell'Occidente: si deve avere il coraggio intellettuale di ammetterlo;
ne «Il libro nero della donna» si racconta che in Iraq «quando una donna viene trovata viva dalla polizia, qualsiasi ferita o trauma abbia, viene sottoposta prima di tutto all'esame del suo utero e poi consegnata alla famiglia con un certificato che attesta la sua verginità o meno. Nel caso di deflorazione - non importa se ciò sia avvenuto con la violenza - viene assassinata dalla stessa famiglia, così l'onore del clan è preservato»;
ovunque si incontrano «donne torturate, lapidate e ripudiate per motivi religiosi; donne mutilate, vendute o costrette a prostituirsi per mantenere vivi usi e costumi tribali; donne costrette a misurarsi ogni giorno con una società costruita a misura d'uomo che le vede discriminate nel lavoro, nella famiglia, nella politica»;
la questione femminile resiste, però, come detto, anche in Occidente, anche nel nostro Paese, ed è un fenomeno culturale e sociale insieme, oltre che criminale: non si deve dimenticarlo se non si vuole ciclicamente tornare a rileggere dati e statistiche sempre molto simili tra loro;
per quanto riguarda la sua natura criminale basta ricordare alcuni dati della recente ricerca dell'Istat sul fenomeno. Sono 6 milioni 743 mila le donne tra i 16 e i 70 anni che hanno subito almeno una violenza fisica o sessuale nel corso della vita. Circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri solo negli ultimi 12 mesi: il numero delle donne vittime di violenza ammonta a 1 milione 150 mila;
le donne subiscono violenze sia dai partner che da altri uomini: amici, parenti,datori e colleghi di lavoro, conoscenti e sconosciuti. Il 21 per cento delle vittime ha subito la violenza sia in famiglia che fuori, il 22,6 per cento solo dal partner, il 56,4 per cento solo da altri uomini non partner. Un terzo delle vittime subisce atti di violenza sia fisica che sessuale. Inoltre, le vittime hanno subito, nella maggioranza dei casi, più episodi di violenza. La violenza ripetuta avviene più frequentemente da parte del partner (67,1 per cento contro 52,9 per cento) anche negli ultimi 12 mesi (54 per cento contro 38,2 per cento). Il picco è raggiunto nel caso della violenza sessuale da partner attuale (91,1 per cento di violenza ripetuta);
sono le donne separate e divorziate a subire più violenze nel corso della vita: il 63,9 per cento, il doppio del dato medio. Valori superiori alla media emergono anche per le nubili, le laureate e le diplomate, le dirigenti, libere professioniste e imprenditrici, le direttive, quadro ed impiegate, le donne in cerca di occupazione, le studentesse, le donne con età compresa tra 25 e 44 anni;
alla violenza sessuale si affianca anche quella fisica e quella psicologica;
nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate; il sommerso è elevatissimo e raggiunge circa il 96 per cento delle violenze da un non partner e il 93 per cento di quelle da partner. Per gli stupri si arriva al 91,6 per cento e per i tentati stupri al 94,2 per cento;
ci si deve interrogare sul perché della mancata denunzia. Appurata, infatti, la sua natura criminale, proprio la mancata denuncia mette in evidenza anche la natura culturale del fenomeno. Molto spesso le donne che subiscono violenza non denunciano perché si sentono sole, perché temono di essere additate, provano vergogna, sono umiliate, perché non avvertono la protezione sociale della loro comunità. Non l'avvertono perché purtroppo non c'è. Non esiste nel nostro Paese, e non solo, una cultura affermata dell'emarginazione del violento, anzi spesso si indugia a considerare la violenza fisica sulla donna come fosse quasi naturale, in un certo modo comprensibile ed a volte addirittura giustificabile. Purtroppo anche molte donne continuano a darne una possibile giustificazione;
è necessario intervenire con forza e con convinzione perché si lanci nel Paese una campagna che tenda a fare del violento e della violenza sulle donne un motivo di emarginazione sociale. Colpevole ed emarginato deve sentirsi l'uomo che commette violenza, non la donna che la subisce. Intorno alle donne colpite deve manifestarsi un senso comune di sostegno e solidarietà: è necessario promuovere una battaglia culturale per costruire una rete di solidarietà diffusa tra i cittadini;
la violenza sulle donne è, però, anche fenomeno sociale. Nel 2007 meno di una donna su due tra quelle in età di lavoro (il 46,7 per cento, con un leggero aumento rispetto al 2006) risultava occupata, a fronte della quota del 58,3 per cento dell'Europa a 27 Paesi: anche questa è violenza;
il motivo principale, sempre secondo un indagine dell'Istat del 2007, che impedisce alle donne di avere un secondo figlio è di carattere economico: una realtà questa umiliante per l'intero Paese, oltre che frustrante per le donne costrette a questa triste rinuncia; ben 4 donne su dieci hanno rinunciato ad un secondo parto per questo motivo. Anche questa è violenza;
altro motivo d'impedimento alle nascite è il lavoro: in particolare, le donne lavoratrici avvertono nettamente di trovarsi di fronte ad un'evidente costrizione che le obbliga a scegliere tra lavoro e maternità. Le dimensioni del fenomeno sono allarmanti: solo 8 padri su 100 vanno in congedo per paternità, mentre una madre su 5 lascia o perde il lavoro dopo la nascita del figlio. Anche questa è violenza. Su questa discriminazione sociale si salda quella culturale e si legittima quella criminale;
la violenza contro le donne è invisibile nella maggior parte dei Paesi. Lestatistiche giudiziarie ne registrano solo una porzione piccolissima, perché le donne non la denunciano. Ciò porta a forti distorsioni nell'immaginario collettivo su che cosa è oggi la violenza contro le donne;
ad oltre 10 anni dagli ambiziosi obiettivi della Conferenza di Pechino, restano ancora pesantemente irrisolti nel mondo troppi, gravi problemi relativi all'uguaglianza, all'autonomia e alla piena affermazione del principio di pari opportunità nel mondo;
in Italia, per esempio, lo stereotipo dell'immigrato, estraneo, non conosciuto che violenta la donna italiana impera, ma non è questa la violenza maggioritaria contro le donne italiane. Se si considerano gli stupri avvenuti in Italia, il 69 per cento sono opera dei partner, mariti o fidanzati, solo il 6 per cento di estranei;
nel quadro generale del fenomeno vanno inserite anche le disposizioni relative alla violenza cosiddetta «di genere», dovendosi con tale espressione intendere tutte le forme di coartazione della libertà, di sopraffazione e di dominio sulla vita e sul corpo femminile, di sopruso o riduzione dell'autonomia e della libertà personali, anche in relazione all'orientamento sessuale, in contesti che sottendono modelli culturali, espliciti o impliciti, portatori di rapporti asimmetrici tra i generi e le generazioni;
in quanto mette in discussione il principio di uguaglianza e l'universalità dei diritti umani, la violenza di genere non riguarda una categoria di cittadini o la sola sfera privata, ma investe la società nella sua interezza;
vanno incrementati gli sforzi, in particolare da parte dei Paesi più sviluppati, perché in ogni parte del mondo le donne possano godere pienamente delle loro libertà e dei diritti fondamentali;
occorre considerare che il genere influisce anche sulle diversità e sulle vulnerabilità legate ad altre differenze, quali razza/appartenenza etnica, classe sociale, età, disabilità, orientamento sessuale ed altre, spesso rafforzandole. Molte ricerche hanno messo in luce questo aspetto, ma a livello di statistiche ufficiali si è ancora molto indietro nella concettualizzazione e «operazionalizzazione» dei concetti;
la maggiore consapevolezza della gravità di tali fenomeni e della necessità di affrontarli in tutti i loro aspetti è anche il frutto dell'azione di organizzazioni e associazioni femminili, che da molti anni sono impegnate contro ogni forma di violenza di genere e suggeriscono un approccio multidimensionale, che non si limita alla repressione del reato, ma affronta in modo integrato i diversi aspetti sociali, relazionali e soggettivi del problema;
appare necessario intervenire, sanzionando, comunque, in maniera più severa atti di violenza contro le donne,
impegna il Governo:
a presentare in Parlamento al più presto il piano d'azione elaborato dal dipartimento per le pari opportunità in coordinamento con i ministeri interessati, la conferenza Stato-regioni, le forze dell'ordine, i centri antiviolenza e gli operatori di giustizia;
a prevedere per l'attuazione del piano d'azione adeguate risorse per il suo funzionamento, a partire dallo stanziamento già previsto dalla finanziaria vigente, nonché un aumento progressivo;
a promuovere, altresì:
a) un programma di educazione e formazione al rispetto della donna, della persona e dei diritti umani a partire dalle scuole;
b) la predisposizione di codici etici per l'informazione, la pubblicità e, in generale, per l'azione dei media riguardo all'immagine femminile e, più complessivamente, per i linguaggi violenti e prevaricanti;
c) iniziative volte a sensibilizzare l'opinione pubblica attraverso campagne informative sul tema della violenza contro le donne e a rendere le donne consapevolidegli strumenti a disposizione per la loro tutela, tra cui il sostegno dei numeri verdi;
d) il potenziamento della rete dei centri anti violenza presenti sul territorio nazionale, che prestano un servizio di fondamentale importanza alle vittime di sopraffazione e di violenza;
e) la previsione di iniziative specifiche per la formazione del personale socio sanitario, delle forze dell'ordine e degli operatori di giustizia;
f) azioni positive per l'assistenza legale e psicologica delle vittime di violenza sessuale;
g) le iniziative legislative contro gli atti persecutori e la violenza sessuale, attraverso l'introduzione di norme che garantiscano una seria azione di prevenzione, la certezza della pena e la tutela e la dignità delle vittime dei reati.
(1-00083)
(Nuova formulazione). «Mura, Donadi, Borghesi, Evangelisti; Barbato, Cambursano, Cimadoro, Costantini, Di Giuseppe, Favia, Aniello Formisano, Giulietti, Messina, Misiti, Monai, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Pisicchio, Porcino, Porfidia, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».
(11 dicembre 2008)
La Camera,
premesso che:
la violenza contro le donne è un fenomeno che ha assunto negli ultimi decenni una visibilità crescente, suscitando una sempre maggiore attenzione fino a diventare una priorità di azione sia a livello internazionale, sia a livello dei singoli Governi;
attraverso l'attuazione dei principi contenuti nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, di cui in questi giorni ricorre il sessantesimo anniversario dalla sua approvazione, è doveroso promuovere l'uguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna;
la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1979, ratificata dall'Italia nel 1985, rappresenta uno degli strumenti di diritto internazionale più importanti in materia di tutela dei diritti umani delle donne. La Convenzione impegna gli Stati che l'hanno sottoscritta ad eliminare tutte le forme di discriminazione contro le donne, nell'esercizio dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali, indicando una serie di misure cui gli Stati devono attenersi per il raggiungimento di una piena e sostanziale uguaglianza fra donne e uomini;
i diritti delle donne costituiscono parte integrante ed inalienabile di quel patrimonio di diritti universali in cui si riconoscono le moderne società democratiche;
nonostante la dichiarazione e il riconoscimento di fondamentali diritti civili, sociali e culturali a favore delle donne, la violenza fisica e sessuale rappresenta ancora oggi una delle forme di violazione dei diritti umani più grave e diffusa nel mondo commessa nei confronti delle stesse e che ha effetti devastanti nella loro vita. A questo fenomeno di carattere generale si aggiungono le donne vittime di ogni forma di violenza per il loro rifiuto di sottoporsi a dettami religiosi fondamentalisti, come testimoniato anche da recenti fatti di sangue avvenuti nel nostro Paese e giustificati da preconcetti dogmatici ed integralisti inaccettabili;
le donne subiscono più forme di violenza. Gli atti di violenza, in specie quelli di natura sessuale, spesso sono preceduti da atti persecutori, che nel nostro ordinamento, ancora, non trovano alcuna sanzione;
secondo l'Osservatorio nazionale stalking, le persecuzioni - che hanno per vittime soprattutto donne - in un caso sudue sono ad opera di ex mariti, ex conviventi, ex fidanzati, ma possono essere compiute anche da conoscenti, colleghi o estranei: almeno il 20 per cento di italiani, soprattutto donne, ne sono stati vittime dal 2002 al 2007;
da una recente ricerca risulta che su trecento delitti commessi fra partner o ex partner l'88 per cento ha come vittime le donne e nel 39 per cento dei casi si tratta di crimini annunciati, in quanto si verificano dopo un periodo più o meno lungo di molestie e persecuzioni; ##secondo recenti dati Istat sono 6 milioni 743 mila le donne dai sedici ai settant'anni che sono rimaste vittime di molestie o violenze fisiche, psichiche o sessuali nel corso della loro vita; circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri; il 14,3 per cento delle donne ha subito almeno una violenza fisica o sessuale dal proprio partner;
il 24,7 per cento delle donne ha subito violenze da un altro uomo, 2 milioni 77 mila donne hanno subito comportamenti persecutori (stalking) dai partner al momento della separazione; nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate; ciò che si può definire come il «sommerso» è tuttora elevatissimo e raggiunge circa il 96 per cento delle violenze da un non partner e il 93 per cento di quelle da partner; anche nel caso degli stupri la quasi totalità non viene denunciata; nel mondo, dunque, una donna su tre, nella sua vita è stata o è destinata a essere almeno una volta vittima di violenza fisica, sessuale o psicologica e il 70 per cento delle donne assassinate muore per mano di parenti;
l'analisi del fenomeno della violenza intrafamiliare non può prescindere dal dedicare attenzione all'elevato numero di bambini che assistono in casa a scene di violenza domestica: questa è una delle esperienze più traumatiche che un bambino possa vivere, in quanto esiste la possibilità di perdere uno o entrambi i genitori e di essere a propria volta vittime di abusi. Nonostante la frequenza dei casi, l'esistenza e la gravità di queste situazioni vengono spesso sottovalutate, sia dal punto di vista del riconoscimento sociale del fenomeno, che sotto il profilo della necessità di adeguati interventi di tutela e cura;
un ulteriore aspetto, connesso a quello della violenza sulle donne, è lo sfruttamento delle stesse attraverso la prostituzione. Donne, spesso minorenni, asservite, ridotte in schiavitù. Donne vittime di tratta; segregate e private della loro libertà individuale; tenute in condizioni di vulnerabilità fisica e psicologica. I dati, infatti, riferiscono che in Italia le persone sottoposte a sfruttamento sessuale sono tra le 19.000 e le 26.000 ogni anno,
impegna il Governo:
ad inserire, nel prossimo ordine del giorno degli incontri con la Consulta islamica, la discussione di questa importante problematica e, di conseguenza, a sollecitare la redazione di un documento ufficiale che condanni in modo inequivocabile tutte le violazioni della libertà individuale della donna in nome di precetti dogmatici religiosi;
a promuovere un programma di educazione e formazione ai diritti umani per tutti, anche a partire da tutti gli ordini di scuole, dato che il fenomeno della violenza contro le donne rappresenta un problema culturale che investe l'intero Paese, soprattutto in ragione del fenomeno migratorio, che comporta la presenza nella nostra società di culture portatrici di valori profondamente diversificati rispetto alle nostre tradizioni;
a potenziare la rete dei centri antiviolenza presenti sul territorio, che prestano un servizio di fondamentale importanza alle vittime di sopraffazioni e violenze;
a promuovere interventi per la videosorveglianza dei luoghi pubblici maggiormente a rischio per l'incolumità e la sicurezza delle persone;
a proseguire il programma diretto a contrastare il fenomeno della prostituzionesu strada e il suo sfruttamento attuato dalla criminalità organizzata, anche di matrice straniera, attraverso la tratta e lo sfruttamento degli esseri umani, onde tutelare la dignità e i valori della persona umana e, soprattutto, della donna e prevenire le cause di diffuso allarme per la sicurezza e l'ordine pubblico;
a ritenere prioritarie le iniziative legislative contro gli atti persecutori contro la violenza sessuale e contro la prostituzione;
a monitorare il fenomeno della violenza sulle donne, anche sotto forma di atti persecutori, e della violenza perpetrata in presenza di minori;
a fornire un adeguato supporto informativo, psicologico e giuridico alle donne vittime di violenza e di tratta mediante i numeri telefonici di pubblica utilità;
a porre in essere azioni positive per l'assistenza legale e psicologica delle vittime di violenza sessuale;
a sostenere campagne di informazione volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sul problema della violenza contro le donne e, in particolare, a rendere le donne consapevoli degli strumenti a disposizione per la loro tutela, anche attraverso i siti istituzionali e il servizio di radio-diffusione pubblico nazionale.
(1-00085)
«Cicchitto, Cota, Iannaccone, Lussana, Carlucci, Saltamartini, Bertolini, Bernini, Sbai, Paglia, Pelino, Maria Rosaria Rossi, Mistrello Destro, De Camillis, Di Centa, De Nichilo Rizzoli, Polidori, Calabria, Aprea, Centemero, Lehner, Angela Napoli, Barbieri, Iapicca, Di Virgilio, Nizzi, Milanato, Aracri, Barani, Torrisi, Franzoso, Valentini, Vincenzo Antonio Fontana, Divella, Zacchera, Pugliese, Giulio Marini, Ventucci, Bergamini, Germanà, Raisi, Di Cagno Abbrescia, Bernardo, Lo Presti, Vella, Antonino Foti, Lainati, Piso, De Corato, Castiello, Cosenza, Angeli, Scalera, Catanoso, Barbaro, Negro, Rivolta, Laura Molteni, Polledri, Munerato».
La Camera,
premesso che:
la violenza contro le donne è un fenomeno che ha assunto negli ultimi decenni una visibilità crescente, suscitando una sempre maggiore attenzione fino a diventare una priorità di azione sia a livello internazionale, sia a livello dei singoli Governi;
attraverso l'attuazione dei principi contenuti nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, di cui in questi giorni ricorre il sessantesimo anniversario dalla sua approvazione, è doveroso promuovere l'uguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna;
la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1979, ratificata dall'Italia nel 1985, rappresenta uno degli strumenti di diritto internazionale più importanti in materia di tutela dei diritti umani delle donne. La Convenzione impegna gli Stati che l'hanno sottoscritta ad eliminare tutte le forme di discriminazione contro le donne, nell'esercizio dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali, indicando una serie di misure cui gli Stati devono attenersi per il raggiungimento di una piena e sostanziale uguaglianza fra donne e uomini;
i diritti delle donne costituiscono parte integrante ed inalienabile di quel patrimonio di diritti universali in cui si riconoscono le moderne società democratiche;
nonostante la dichiarazione e il riconoscimento di fondamentali diritti civili, sociali e culturali a favore delle donne, la violenza fisica e sessuale rappresentaancora oggi una delle forme di violazione dei diritti umani più grave e diffusa nel mondo commessa nei confronti delle stesse e che ha effetti devastanti nella loro vita. A questo fenomeno di carattere generale si aggiungono le donne vittime di ogni forma di violenza per il loro rifiuto di sottoporsi a dettami religiosi fondamentalisti, come testimoniato anche da recenti fatti di sangue avvenuti nel nostro Paese e giustificati da preconcetti dogmatici ed integralisti inaccettabili;
le donne subiscono più forme di violenza. Gli atti di violenza, in specie quelli di natura sessuale, spesso sono preceduti da atti persecutori, che nel nostro ordinamento, ancora, non trovano alcuna sanzione;
secondo l'Osservatorio nazionale stalking, le persecuzioni - che hanno per vittime soprattutto donne - in un caso su due sono ad opera di ex mariti, ex conviventi, ex fidanzati, ma possono essere compiute anche da conoscenti, colleghi o estranei: almeno il 20 per cento di italiani, soprattutto donne, ne sono stati vittime dal 2002 al 2007;
da una recente ricerca risulta che su trecento delitti commessi fra partner o ex partner l'88 per cento ha come vittime le donne e nel 39 per cento dei casi si tratta di crimini annunciati, in quanto si verificano dopo un periodo più o meno lungo di molestie e persecuzioni;
secondo recenti dati Istat sono 6 milioni 743 mila le donne dai sedici ai settant'anni che sono rimaste vittime di molestie o violenze fisiche, psichiche o sessuali nel corso della loro vita; circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri; il 14,3 per cento delle donne ha subito almeno una violenza fisica o sessuale dal proprio partner;
il 24,7 per cento delle donne ha subito violenze da un altro uomo, 2 milioni 77 mila donne hanno subito comportamenti persecutori (stalking) dai partner al momento della separazione; nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate; ciò che si può definire come il «sommerso» è tuttora elevatissimo e raggiunge circa il 96 per cento delle violenze da un non partner e il 93 per cento di quelle da partner; anche nel caso degli stupri la quasi totalità non viene denunciata; nel mondo, dunque, una donna su tre, nella sua vita è stata o è destinata a essere almeno una volta vittima di violenza fisica, sessuale o psicologica e il 70 per cento delle donne assassinate muore per mano di parenti;
l'analisi del fenomeno della violenza intrafamiliare non può prescindere dal dedicare attenzione all'elevato numero di bambini che assistono in casa a scene di violenza domestica: questa è una delle esperienze più traumatiche che un bambino possa vivere, in quanto esiste la possibilità di perdere uno o entrambi i genitori e di essere a propria volta vittime di abusi. Nonostante la frequenza dei casi, l'esistenza e la gravità di queste situazioni vengono spesso sottovalutate, sia dal punto di vista del riconoscimento sociale del fenomeno, che sotto il profilo della necessità di adeguati interventi di tutela e cura;
un ulteriore aspetto, connesso a quello della violenza sulle donne, è lo sfruttamento delle stesse attraverso la prostituzione. Donne, spesso minorenni, asservite, ridotte in schiavitù. Donne vittime di tratta; segregate e private della loro libertà individuale; tenute in condizioni di vulnerabilità fisica e psicologica. I dati, infatti, riferiscono che in Italia le persone sottoposte a sfruttamento sessuale sono tra le 19.000 e le 26.000 ogni anno,
impegna il Governo:
a presentare in Parlamento al più presto il piano d'azione elaborato dal dipartimento per le pari opportunità in coordinamento con i ministeri interessati, la conferenza Stato-regioni, le forze dell'ordine, i centri antiviolenza e gli operatori di giustizia;
a prevedere per l'attuazione del piano d'azione adeguate risorse per il suo funzionamento, a partire dallo stanziamentogià previsto dalla finanziaria vigente, nonché un aumento progressivo;
a promuovere, altresì:
a) un programma di educazione e formazione al rispetto della donna, della persona e dei diritti umani a partire dalle scuole;
b) la predisposizione di codici etici per l'informazione, la pubblicità e, in generale, per l'azione dei media riguardo all'immagine femminile e, più complessivamente, per i linguaggi violenti e prevaricanti;
c) iniziative volte a sensibilizzare l'opinione pubblica attraverso campagne informative sul tema della violenza contro le donne e a rendere le donne consapevoli degli strumenti a disposizione per la loro tutela, tra cui il sostegno dei numeri verdi;
d) il potenziamento della rete dei centri anti violenza presenti sul territorio nazionale, che prestano un servizio di fondamentale importanza alle vittime di sopraffazione e di violenza;
e) la previsione di iniziative specifiche per la formazione del personale socio sanitario, delle forze dell'ordine e degli operatori di giustizia;
f) azioni positive per l'assistenza legale e psicologica delle vittime di violenza sessuale;
g) le iniziative legislative contro gli atti persecutori e la violenza sessuale, attraverso l'introduzione di norme che garantiscano una seria azione di prevenzione, la certezza della pena e la tutela e la dignità delle vittime dei reati.
(1-00085)
(Nuova formulazione) «Cicchitto, Cota, Iannaccone, Lussana, Carlucci, Saltamartini, Bertolini, Bernini, Sbai, Paglia, Pelino, Maria Rosaria Rossi, Mistrello Destro, De Camillis, Di Centa, De Nichilo Rizzoli, Polidori, Calabria, Aprea, Centemero, Lehner, Angela Napoli, Barbieri, Iapicca, Di Virgilio, Nizzi, Milanato, Aracri, Barani, Torrisi, Franzoso, Valentini, Vincenzo Antonio Fontana, Divella, Zacchera, Pugliese, Giulio Marini, Ventucci, Bergamini, Germanà, Raisi, Di Cagno Abbrescia, Bernardo, Lo Presti, Vella, Antonino Foti, Lainati, Piso, De Corato, Castiello, Cosenza, Angeli, Scalera, Catanoso, Barbaro, Negro, Rivolta, Laura Molteni, Polledri, Munerato, Pastore, Maccanti, Lanzarin, Goisis».
(11 dicembre 2008)
MOZIONE SORO ED ALTRI N. 1-00054 CONCERNENTE INIZIATIVE VOLTE ALLA PRESENTAZIONE DELLE DIMISSIONI DA PARTE DEL SOTTOSEGRETARIO DI STATO NICOLA COSENTINO
Mozione
La Camera,
premesso che:
l'onorevole avvocato Nicola Cosentino, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, è stato più volte indicato da diversi collaboratori di giustizia come fiancheggiatore o concorrente esterno in associazioni criminali di tipo mafioso;
il 30 settembre 2008 è stato acquisito agli atti dell'indagine denominata «Spartacus 3», condotta dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli, un verbale di deposizione in cui il collaboratore di giustizia Domenico Frascogna ha affermato che l'onorevole Cosentino sarebbe stato il «postino dei messaggi» del boss camorrista Francesco Schiavone (si confronti M. Lillo, «Sistema Cosentino», in L'Espresso, 9 ottobre 2008);
tale dichiarazione va naturalmente ricollegata alle deposizioni rese più volte da diversi collaboratori di giustizia e, in particolare, da Carmine Schiavone, che già nel 2000 riferiva di presunti patti elettorali tra i casalesi e l'onorevole Cosentino, risalenti addirittura alle elezioni amministrative del 1982 (ibidem);
la chiamata in correità, per assurgere al rango di prova, dovrà essere corredata da riscontri individualizzanti e conseguentemente le dichiarazioni rese da diversi collaboratori di giustizia, in particolare da Domenico Frascogna, sull'onorevole Cosentino non possono di per sé sole dimostrarne la colpevolezza;
è tuttavia significativo che la procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli abbia - secondo quanto si apprende dalla stampa - iniziato un procedimento penale nei confronti dell'onorevole Cosentino;
a prescindere dall'eventuale responsabilità penale dell'onorevole Cosentino, su cui farà piena luce la magistratura, è evidente come la sua permanenza nelle funzioni di Sottosegretario di Stato leda gravemente non solo il prestigio del Governo italiano, ma anche e soprattutto la dignità del Paese;
ragioni di opportunità e di precauzione dovrebbero indurre il Governo ad evitare che una persona sottoposta ad indagini per così gravi delitti, espressivi di una collusione tra politica e sodalizi criminosi, in attesa di dimostrare la sua piena innocenza, possa continuare ad esercitare le proprie funzioni di Governo, peraltro in un ruolo così delicato, concernente tra l'altro la funzionalità del Cipe,
impegna il Governo
ad invitare l'onorevole avvocato Nicola Cosentino a rassegnare le dimissioni da Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze.
(1-00054)
«Soro, Sereni, Bressa, Vietti, Donadi, Ciriello, Garavini».
DISEGNO DI LEGGE: MISURE CONTRO GLI ATTI PERSECUTORI (A.C. 1440-A) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE NN. 35-204-407-667-787-856-966-1171-1231-1233-1252-1261
A.C. 1440-A - Parere della I Commissione
PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE
NULLA OSTA
sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.
A.C. 1440-A - Parere della V Commissione
PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE
Sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito:
PARERE FAVOREVOLE
con la seguente condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:
all'articolo 6, comma 1, sostituire le parole: «a carico del bilancio dello Stato» con le seguenti: «per la finanza pubblica»;
Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:
PARERE CONTRARIO
sull'emendamento 3.51 e sugli articoli aggiuntivi 1.01, 5.051, 5.052, 5.053, 5.054, 5.055 e 5.056, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;
NULLA OSTA
sull'articolo aggiuntivo 5.0200, con la seguente condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:
al comma 1, dopo le parole: «di fornire» aggiungere le seguenti: «, nei limiti di spesa di cui al comma 2,»;
NULLA OSTA
sui restanti emendamenti.
A.C. 1440-A - Articolo 1
ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 1440-A NEL TESTO DELLA COMMISSIONE
Art. 1.
(Modifiche al codice penale).
1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo l'articolo 612 è inserito il seguente:
«Art. 612-bis. - (Atti persecutori). - È punito con la reclusione da sei mesi aquattro anni chiunque molesta o minaccia taluno con atti reiterati e idonei a cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero a ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero a costringere lo stesso ad alterare le proprie scelte o abitudini di vita.
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge anche se separato o divorziato o da persona che sia o sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore o di un soggetto diversamente abile, ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi, o da persona travisata, o con scritto anonimo.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di persona diversamente abile, ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio»;
b) al primo comma dell'articolo 577, dopo il numero 4) è aggiunto il seguente:
«4-bis) dall'autore degli atti persecutori di cui all'articolo 612-bis e in occasione dei medesimi».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE
ART. 1.
(Modifiche al codice penale).
Al comma 1, lettera a), capoverso, primo comma, premettere le parole: Salvo che il fatto costituisca più grave reato,
*1. 58. Vietti, Rao.
(Approvato)
Al comma 1, lettera a), capoverso, primo comma, premettere le parole: Salvo che il fatto costituisca più grave reato,
*1. 78. Pecorella, Calderisi, Bianconi.
(Approvato)
Al comma 1, lettera a), capoverso, primo comma, sostituire le parole: molesta o minaccia taluno con atti reiterati e idonei a cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero a con le seguenti:, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da.
1. 79. Pecorella, Calderisi, Bianconi.
(Approvato)
Al comma 1, lettera a), capoverso, primo comma, dopo la parola: minaccia aggiungere la seguente: ingiustamente.
1. 57. Lo Presti.
Al comma 1, lettera a), capoverso, primo comma, sopprimere le parole: cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero a.
1. 60. Vietti, Rao.
Al comma 1, lettera a), capoverso, primo comma, sostituire le parole: perdurante e grave stato di ansia o di paura con le seguenti: grave stato di sofferenza psichica anche non patologica.
1. 69. Rossomando, Ferranti, Capano, Samperi, Tenaglia, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, Gianni Farina, Mantini, Melis, Pollastrini, Tidei, Vaccaro.
Al comma 1, lettera a), capoverso, primo comma, sopprimere le parole: o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva.
1. 61. Vietti, Rao.
Al comma 1, lettera a), capoverso, primo comma, sostituire le parole da: a costringere lo stesso fino alla fine del comma con le seguenti: ad arrecare un significativo pregiudizio alle ordinarie condizioni di vita.
1. 68. Samperi, Ferranti, Capano, Tenaglia, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, Gianni Farina, Mantini, Melis, Pollastrini, Rossomando, Tidei, Vaccaro.
Al comma 1, lettera a), capoverso, primo comma, sopprimere le parole: scelte o.
1. 76. Contento.
(Approvato)
Al comma 1, lettera a), capoverso, secondo comma, sopprimere le parole: dal coniuge anche se separato o divorziato o.
1. 73. Mussolini.
Al comma 1, lettera a), capoverso, secondo comma, sopprimere le parole: anche se.
*1. 52. Di Pietro.
Al comma 1, lettera a), capoverso, secondo comma, sopprimere le parole: anche se.
*1. 63. Contento.
Al comma 1, lettera a), capoverso, secondo comma, sopprimere le parole: anche se.
*1. 75. Sisto.
Al comma 1, lettera a), capoverso, secondo comma, sostituire le parole: anche se separato o divorziato o da persona che sia o sia stata con le seguenti: legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata.
1. 65. Contento.
(Approvato)
Al comma 1, lettera a), capoverso, secondo comma, sostituire le parole: anche se con la seguente: legalmente.
1. 64. Contento, Pecorella, Calderisi, Bianconi.
Al comma 1, lettera a), capoverso, secondo comma, sopprimere le parole: che sia o sia stata.
1. 53. Di Pietro.
Al comma 1, lettera a), capoverso, dopo il secondo comma, aggiungere il seguente: La pena è aumentata se il fatto è commesso da soggetto già ammonito con provvedimento del questore territorialmente competente.
1. 51. Luciano Dussin.
Al comma 1, lettera a), capoverso, terzo comma, sopprimere le parole: fino alla metà.
1. 54. Di Pietro.
Al comma 1, lettera a), capoverso, terzo comma, dopo la parola: minore aggiungere le seguenti:, di donna in stato di gravidanza.
1. 72. Mussolini.
Al comma 1, capoverso, terzo comma, sopprimere le parole:, o con scritto anonimo.
1. 50. Lussana.
Al comma 1, lettera a), capoverso, sostituire il quarto comma con il seguente:
Si procede d'ufficio e, in ipotesi di condanna, la sentenza è sempre pubblicata a spese del colpevole, anche senza richiesta di parte.
Conseguentemente, all'articolo 2, sopprimere il comma 3.
1. 67. Vietti, Rao.
Al comma 1, lettera a), capoverso, quarto comma, sopprimere il secondo periodo.
1. 55. Di Pietro.
Al comma 1, lettera a), capoverso, quarto comma, terzo periodo, dopo le parole: di un minore aggiungere le seguenti: di una donna in stato di gravidanza.
1. 70. Mussolini.
Al comma 1, lettera a), capoverso, quarto comma, terzo periodo, sostituire le parole da: connesso fino alla fine del periodo con le seguenti: commesso da soggetto ammonito con provvedimento del questore territorialmente competente.
Conseguentemente, all'articolo 2, sopprimere il comma 3.
1. 66. Vietti, Rao.
Al comma 1, sostituire la lettera b) con la seguente:
b) al secondo comma dell'articolo 577, sono aggiunte le seguenti parole: «o da soggetto che abbia in precedenza commesso nei confronti della vittima atti persecutori, ai sensi dell'articolo 612-bis».
1. 37. Vietti, Rao.
Al comma 1, lettera b) sostituire il capoverso con il seguente:
«4-bis) da soggetto che sia stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per aver in precedenza commesso nei confronti della vittima atti persecutori, ai sensi dell'articolo 612-bis.»
1. 62. Vietti, Rao.
Al comma 1, lettera b), capoverso, sostituire le parole: e in occasione dei medesimi con le seguenti: ed in esecuzione di un unico disegno criminoso.
1. 80. Pecorella, Calderisi, Bianconi.
Al comma 1, lettera b), capoverso, sostituire le parole: e in occasione con le seguenti: e in conseguenza.
1. 77. Ferranti, Pollastrini, Capano, Melis, Tenaglia, Samperi, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, Gianni Farina, Mantini, Rossomando, Tidei, Vaccaro.
Al comma 1, lettera b), capoverso, sostituire le parole: e in occasione con le seguenti: a causa.
1. 56. Di Pietro.
Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:
Art. 1-bis. (Gratuito patrocinio). 1. Le parti offese del reato di cui all'articolo 612-bis del codice penale sono ammesse al gratuito patrocinio di cui agli articoli da 74 a 141 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.
1. 01. Mussolini.