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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 133 di lunedì 16 febbraio 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 16.

LORENA MILANATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 12 febbraio 2009.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brunetta, Buonfiglio, Carfagna, Casero, Cicchitto, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Fitto, Frattini, Gelmini, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Malfa, La Russa, Lupi, Mantovano, Mariani, Maroni, Meloni, Menia, Miccichè, Nirenstein, Porta, Prestigiacomo, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Soro, Stefani, Tortoli, Tremonti, Urso, Vegas, Vignali e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione della mozione Boniver ed altri n. 1-00086 concernente iniziative per la difesa dei diritti umani e per l'affermazione delle libertà democratiche in Birmania (ore 16,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Boniver ed altri n. 1-00086, concernente iniziative per la difesa dei diritti umani e per l'affermazione delle libertà democratiche in Birmania (Vedi l'allegato A - Mozione).
Ricordo che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che è stata presentata una nuova formulazione della mozione Boniver ed altri n. 1-00086 . Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali della mozione.
È iscritto a parlare l'onorevole Pianetta, che illustrerà anche la mozione Boniver n. 1-00086 (Nuova formulazione), di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Myanmar, che un tempo era noto come «Terra d'oro» ed era il più grande esportatore di riso e di olio del mondo, oggi è una delle nazioni più povere del mondo e fra le più arretrate: povera economicamente e povera di libertà, per il malgoverno di un regime che annienta i diritti umani ed impone la propria autorità mediante paura, repressione e odio. Altri erano gli obiettivi e lePag. 2speranze che Aung San, considerato padre della Patria, aveva messo alla base della sua azione politica per fare della Birmania una nazione sovrana e indipendente.
Il suo assassinio a soli 32 anni, nel luglio 1947, non impedì che il processo di indipendenza continuasse e si coronasse il 4 gennaio 1948. Il Governo democratico che ne seguì, caratterizzato anche da momenti di tensione e repressione delle minoranze etniche, fu destituito nel 1962, con un colpo di Stato militare. Fu perseguita una politica di stampo comunista (un misto di marxismo e buddismo), la nazionalizzazione delle industrie, la proibizione del libero scambio, la soppressione dei partiti politici, l'assenza dei diritti civili della popolazione, la soppressione della libertà di stampa ed il conseguente isolamento del Paese nel resto del mondo.
Si tratta di un Paese segnato dal terrore derivante dagli abusi del regime militare: il regime si sostiene anche con la gestione della droga, che rappresenta una delle maggiori entrate dell'economia del Paese, e la diffusione della cultura del sospetto attraverso una capillare rete di informatori del servizio delle informazioni militari (interrogatori, arresti, torture, carcere duro, maltrattamenti, lavori forzati: questa è la norma per gli oppositori politici).
In quest'ultimo anno, il numero dei detenuti politici è passato da 1.100 ad oltre 2.100. Parlavo di lavori forzati: i prigionieri lavorano alla costruzione delle strade e delle ferrovie incatenati, in condizioni durissime e maltrattati, con scarso cibo e assistenza sanitaria (lavorano anche le donne in campi appositi, i vecchi e persino gli handicappati).
La cosiddetta «pacificazione» con le minoranze etniche è caratterizzata da abusi, sequestri, uccisioni e stupri. Migliaia di persone sono deportate, i loro villaggi sono bruciati ed esse sono trasferite in luoghi dove è assai problematica la loro sopravvivenza. Decine di migliaia sono i profughi che fuggono in Thailandia e in Bangladesh, ma anche lì sono attaccati da miliziani birmani. Si tratta di profughi, inoltre, che cadono vittime dello sfruttamento economico e sessuale ed anche del traffico degli esseri umani.
L'esercito birmano continua ad utilizzare le mine antipersona e la giunta militare continua a reclutare i bambini soldato. Inoltre, in occasione del ciclone Nargis, che ha provocato circa 100 mila vittime e un milione di sfollati, le autorità militari hanno impedito a lungo l'accesso al Paese degli aiuti umanitari e le stesse autorità, come hanno reso noto le Nazioni Unite, si sono illecitamente appropriate di una parte degli aiuti umanitari che erano destinati alla Birmania attraverso l'applicazione di falsi tassi di scambio.
In merito alle informazioni, le autorità birmane hanno bloccato anche l'accesso via Internet ed arrestato i cosiddetti cyberdissidenti. Il referendum del 24 maggio 2008 per l'approvazione della bozza di Costituzione, il cui testo, redatto in assenza di un dialogo democratico, mira a garantire la prosecuzione del potere militare e a bloccare lo sviluppo delle istituzioni democratiche, si è svolto in assenza di minime condizioni di trasparenza e di garanzie democratiche. La Giunta birmana si impegna, invece, a costruire un reattore nucleare, destinato a scopi militari, essendo stata data la responsabilità realizzativa al Ministero della difesa. La situazione, quindi, è drammatica: la libertà e i diritti umani sono violati, migliaia di prigionieri politici, uccisioni, migliaia di deportati e profughi che vivono in stenti e malattie.
Nell'agosto 2007 vi sono state manifestazioni di protesta dei monaci buddisti e della popolazione: la repressione è stata dura e ha determinato una netta reazione della comunità e dell'opinione pubblica internazionale. Non è la prima volta; anche nel 1988 vi fu una rivolta nei confronti di questo narco-regime birmano, la cosiddetta «rivolta 8888», come è conosciuta, perché accadde l'8 agosto 1988. Fu una delle pagine più sanguinose della storia birmana: l'esercito aprì il fuoco sulla folla, che manifestava pacificamente; fu fatta una strage di cui, forse, non si saprà maiPag. 3l'esatta dimensione ed il numero delle vittime, che comunque furono alcune migliaia.
Segnò anche l'inizio dell'impegno diretto di Aung San Suu Kyi per il suo Paese; aveva sempre affermato che, se il suo popolo avesse avuto bisogno di lei, non lo avrebbe deluso. Lei, figlia dell'eroe dell'indipendenza birmana Aung San, aveva due anni quando suo padre fu assassinato, il 19 luglio 1947; quindi, non poteva non sentire questo dovere.
Del resto, in un suo saggio, sulla Birmania aveva scritto: «Più apprendo sulla politica attuale in Birmania, più mi rendo conto del ruolo essenziale di mio padre nel mantenere vivo lo spirito di verità e di giustizia in tutti questi anni di regime corrotto. Quando onoro mio padre, rendo omaggio a tutti coloro che si battono per l'integrità politica in Birmania».
Aung San Suu Kyi fonda, quindi, la Lega nazionale per la democrazia e, nel suo primo storico discorso del 26 agosto 1988, presso la pagoda di Shwedagon, chiede la riconciliazione con le Forze armate e l'istituzione di una democrazia multipartitica; sono parole estremamente attuali. Il regime allora concesse le elezioni, ma istituì anche la legge marziale, vietando assembramenti di più di cinque persone e vietando anche le critiche al Governo. Esponenti dell'opposizione furono imprigionati e torturati e, il 19 luglio 1989, Aung San Suu Kyi fu messa agli arresti domiciliari, dove si trova anche oggi. Nonostante questa sua situazione, il suo partito e lei vincono le elezioni e portano in Assemblea costituente 392 membri su 485, ma quell'Assemblea non si è mai riunita, perché questo narco-regime birmano non ha mai ceduto il potere.
La situazione birmana è conosciuta, ma forse la comunità internazionale non ha operato negli anni tempestivamente con forza e determinazione. La situazione della Birmania è stata riferita in Consiglio di sicurezza dell'ONU per la prima volta nel 2005, a livello esclusivamente informativo, e mai a livello deliberativo. Anche l'ASEAN ha costituito un comitato interparlamentare per richiamare la mancanza di democrazia in Birmania: il percorso è lento, forse per gli interessi e il sostegno garantito da Paesi vicini influenti.
Nella prefazione ad un libro sulla figura di Aung San Suu Kyi, l'arcivescovo Desmond Tutu scrive: «La comunità internazionale ha agito energicamente nel corso dell'apartheid in Sudafrica, con risultati spettacolari: nel caso della Birmania non può fare di meno. Che cosa sta aspettando il mondo?»
La comunità internazionale al riguardo tende ad impostare il rapporto con la Birmania su due linee differenti: una linea è percorsa dai fautori del cosiddetto impegno costruttivo, che sono interessati ad un dialogo sia politico che economico, con l'intendimento che questo atteggiamento possa condurre la Birmania ad un processo democratico e di rispetto dei diritti umani; sull'altra linea ci sono i fautori di un atteggiamento più duro, con sanzioni economiche e blocco dei prestiti. Gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni, insieme ad Australia e Canada; le società dei Paesi asiatici invece continuano ad investire e ad aprire aziende, soprattutto nei settori energetico e dell'estrazione del gas; l'ASEAN peraltro ha deciso di non schierarsi a difesa della Birmania in sede internazionale.
Anche l'Unione europea ha assunto una posizione di chiusura all'aiuto economico, tranne quello umanitario, ma al tempo stesso, soprattutto con l'impegno e la competenza dell'inviato speciale dell'Unione europea per la Birmania, onorevole Piero Fassino, sta svolgendo una strategia più ampia rispetto al solo ricorso alle sanzioni, come lo stesso onorevole Fassino ha avuto modo di illustrare lo scorso mese di luglio in audizione davanti alla Commissione affari esteri di questa Camera. C'è l'esigenza di rafforzare e consolidare l'azione umanitaria, e al tempo stesso promuovere un dialogo più serrato con tutti i possibili soggetti della società birmana, per conseguire una riconciliazione nazionale e giungere ad un percorso democratico in previsione delle annunciate elezioni del 2010: sono i principi e le aspettative, le speranze di Aung San Suu Kyi. Una strategia piùPag. 4ampia, quindi, e più determinata, perché il mondo sa, perché sappiamo delle violazioni della libertà e dei diritti del popolo birmano.
E allora chiedere con forza tra l'altro la liberazione dei prigionieri politici e di Aung San Suu Kyi; una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU sulla Birmania; invalidare il referendum e libere elezioni nel 2010; invitare alcuni Paesi (penso alla Repubblica popolare cinese e all'India) a non fornire armi e a svolgere un'azione mirata a favore di un percorso democratico birmano. Queste sono le azioni generali che si presentano davanti e che devono impegnare la comunità internazionale, e che la stessa deve saper svolgere.
Nello specifico, la mozione impegna il Governo a svolgere le necessarie azioni, d'intesa con i partner europei, ai fini di adottare adeguate misure verso il Myanmar, ivi compreso un possibile rafforzamento dell'attuale regime sanzionatorio; di sostenere l'avvio del dialogo per una transizione democratica, promuovere il sostegno umanitario, i programmi di cooperazione attraverso organizzazioni non governative e Agenzie dell'Unione europea e delle Nazioni Unite; e di promuovere la cooperazione unitamente ai suoi strumenti specifici, e ad altri strumenti che si ritengono adeguati per realizzare gli aiuti umanitari e svolgere iniziative d'aiuto a favore delle organizzazioni birmane in esilio, anche per quanto attiene alla possibilità di realizzare progetti che favoriscano la crescita della società civile locale.
È un impegno indubbiamente complesso, ma assolutamente necessario per evitare che possa costituirsi e continuare a sopravvivere un regime che viola i diritti democratici; è un impegno che interpreta l'incessante volontà e dedizione di una donna, una donna minuta, ma che interpreta in termini essenziali la sua incrollabile fiducia nei principi di giustizia e di libertà, nella promozione e tutela dei diritti umani e, come scrive lei stessa, nei valori morali, spirituali e intellettuali. Infondere questa fiducia è l'essenza della rivoluzione birmana per la democrazia. La ricerca di democrazia in Birmania è la lotta di un popolo per vivere una vita piena e significativa, come membro libero ed uguale della comunità mondiale, è una caratteristica dello sforzo dell'uomo per dimostrare che lo spirito umano può trascendere i difetti della sua stessa natura.
Credo che questa mozione - che mi auguro possa avere, come avrà, il consenso di tutto il nostro Parlamento - potrà contribuire a fare in modo che l'impegno del Governo italiano possa fornire appunto un contributo finalizzato a dare al popolo birmano democrazia, diritti umani e la capacità di vivere in pace e serenità, come merita la sua grande tradizione storica e culturale. Grazie.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Zampa. Ne ha facoltà.

SANDRA ZAMPA. Signor Presidente, vorrei anch'io tornare a ribadire lo spirito e il senso di questa mozione, che risponde ad una concorde volontà politica di questo Parlamento. L'iniziativa, il documento, hanno infatti trovato il sostegno di diversi gruppi parlamentari, di opposizione e di maggioranza, in maniera larga, decisamente ampia. Essa risponde alla concorde volontà politica di questo Parlamento, dicevo, di tenere alta l'attenzione sia dell'opinione pubblica sia, soprattutto, delle istituzioni e della comunità internazionale sulla dura, drammatica condizione della Birmania.
Il rischio infatti che scemi l'attenzione e l'impegno a far pressione sul regime militare che opprime la società birmana, negandole una condizione di libertà democratica, si fa reale con il manifestarsi di altri frequenti focolai di crisi e di guerra nel mondo.
I drammi che attraversano e avvolgono molte aree del mondo sono tali, purtroppo, da farci correre davvero il rischio di marginalizzare situazioni apparentemente meno critiche o, peggio ancora, il rischio di abituarci a tollerarle. È un rischio che non dobbiamo permettere si realizzi, visto che quando si è mosso qualcosa in Birmania - e qualcosa si èPag. 5mosso - è stato dovuto, come autorevolmente sottolineato da più parti, alla costante iniziativa e alla pressione della comunità internazionale che, prima con l'attribuzione del premio Nobel a Aung San Suu Kyi (donna coraggiosa, straordinariamente coraggiosa), e poi dai giorni dei cortei dei monaci buddisti, non ha mai cessato di chiedere la libertà sia per il premio Nobel Aung San Suu Kyi (segretario generale della Lega nazionale per la democrazia, da più di tredici anni ingiustamente incarcerata per motivi politici), sia per le altre 2.120 persone che continuano a subire la detenzione in terribili condizioni solo per aver espresso il desiderio di portare la democrazia in Birmania, come ci ha ricordato di recente la risoluzione del Parlamento europeo del 23 ottobre scorso.
Voglio ricordare, inoltre, che in occasione della sua audizione presso la Commissione affari esteri di questa Camera del luglio scorso, lo stesso inviato dell'Unione europea per la Birmania, Piero Fassino, ha richiamato noi tutti all'opportunità, non solo di consolidare l'azione umanitaria avviata dopo la catastrofe del ciclone Nargis, che ha prodotto 100 mila vittime e un milione di sfollati, ma di riaprire il dossier politico, favorendo il dialogo con tutti i settori della società birmana per la riconciliazione nazionale e la ricostruzione della democrazia (ciò, in vista, tra l'altro, delle elezioni del 2010 e con l'obiettivo di far sì che esse non si risolvano in una nuova sconfitta del progetto di una democrazia, del sogno di Aung San Suu Kyi per la Birmania).
È da ricordare ancora in questo contesto il paziente lavoro di tessitura condotto da Ibrahim Gambari, l'inviato speciale per la Birmania, nominato nel 2007 dal Segretario generale dell'ONU, che ha già compiuto due visite in Myanmar, e che si accinge a visitare nuovamente il Paese. Il paziente lavoro di Gambari è stato sostenuto da un'intensa azione diplomatica dell'Unione europea che, anche grazie al lavoro del suo inviato speciale, mira a garantire alla causa del ritorno alla democrazia della Birmania, l'influenza dell'ASEAN (l'Associazione regionale dei Paesi del sud-est asiatico) affinché svolga un ruolo di assistenza nella fase di dialogo.
È dei giorni scorsi (5 febbraio) una nuova risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione dei rifugiati birmani in Tailandia, con la quale gli Stati membri dell'Unione sono invitati a consolidare la posizione comune dell'Unione europea, alla luce della grande preoccupazione espressa dall'Agenzia delle Nazioni Unite per la condizione che i rifugiati vivono (arrivano, infatti, notizie di loro gravi maltrattamenti). Ed è ancora più recente, 13 febbraio scorso, la notizia della condanna ad un nuovo altro anno di arresti domiciliari per Tin Oo, l'ottantaduenne, numero due, della Lega nazionale per la democrazia, che fa capo ad Aung San Suu kyi (anche per Tin Oo gli arresti domiciliari decorrono dal 2004).
Dalla Birmania continuano, dunque, ad arrivare drammatiche notizie, ed è per questa ragione, ed è in questo contesto, che questa mozione intende sollecitare e impegnare il nostro Governo a condividere con il Consiglio europeo ogni decisione in materia di sanzioni in assenza di positive evoluzioni; a confermare, appunto in assenza di positive evoluzioni, le sanzioni economiche adottate dall'Unione europea; a mettere in atto, attraverso lo strumento della cooperazione allo sviluppo, programmi mirati al sostegno e al rafforzamento delle organizzazioni democratiche birmane in esilio, a promuovere, attraverso organizzazioni non governative (le agenzie dell'Unione europea e dell'ONU) l'azione di sostegno umanitario ai programmi di cooperazione in settori cruciali per la vita della popolazione birmana e ad agire in tutte le sedi internazionali e comunitarie per sostenere l'avvio del dialogo tra le parti interessate ad una rapida transizione verso la democrazia in Birmania.
Questa mozione, dunque, intende sostenere l'azione del Governo, e del nostro Paese, insieme a quello di tutta la comunità internazionale, ed europea in particolare, per aiutare a realizzare il sogno diPag. 6una democrazia in Birmania (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, la mozione che oggi è alla nostra attenzione - ciò va sottolineato - è segnata da una profonda ispirazione bipartisan. Già questo ne rappresenta un elemento caratterizzante e di qualità, ma soprattutto rappresenta un momento di apprezzabile condivisione parlamentare su una questione che investe ed interessa anche le Nazioni Unite da molti anni a questa parte.
Stiamo infatti parlando della gravissima violazione dei diritti umani fondamentali in Birmania e di conseguenza della richiesta del rilascio di tutti i prigionieri politici, simbolo dei quali è certamente la premio Nobel Aung San Suu Kyi, che è leader dell'opposizione al regime militare, oggi agli arresti domiciliari da oltre tredici anni.
Intorno allo scorso 25 dicembre è stata approvata dall'Assemblea generale dell'ONU la XIV risoluzione, concernente la situazione dei diritti umani. A questa risoluzione hanno contribuito ottanta Paesi che hanno espresso un voto a favore, mentre venticinque Paesi hanno votato contro e vi sono state quarantacinque astensioni.
Un particolare rilievo è stato dato nel testo alla preoccupazione per l'impiego, sempre più frequente, di mezzi quali la tortura, gli abusi sessuali, il lavoro forzato, la repressione delle manifestazioni pacifiche e per il perseguimento della cosiddetta seven-step road map verso la democrazia. Lo scopo era ed è quello di attivare un processo di democratizzazione che comprenda le elezioni generali previste per il 2010 con il coinvolgimento di esponenti politici del partito di opposizione, il National League for Democracy, e dei rappresentanti delle diverse etnie.
Tutte le risoluzioni approvate fino ad oggi chiedono infatti l'avvio di negoziati fra la giunta militare al potere ed il movimento democratico guidato appunto da Aung San Suu Kyi che - lo voglio ricordare - è l'unico premio Nobel per la pace in carcere (perché di fatto la sua casa oggi è trasformata in un carcere), e, oltre a questo, con i rappresentanti di tutte le minoranze etniche.
Tuttavia, fermo restando che la pressione esercitata attraverso lo strumento delle risoluzioni non va abbandonata, occorre che a queste vengano affiancate misure più incisive, come, ad esempio, il maggior sostegno all'opposizione al regime, con l'aiuto ai rifugiati che stazionano alla frontiera tailandese.
Naturalmente il riferimento alla risoluzione approvata a ridosso del Natale scorso non poteva essere contenuto nelle premesse di questa nostra mozione, in quanto quest'ultima era stata presentata alla Camera ben prima di Natale.
Tuttavia, mi pare doveroso e obbligato sottolineare il rischio di una contraddizione intrinseca a questa nostra mozione, soprattutto in uno dei commi finali del relativo dispositivo. Lo segnalo con senso di responsabilità e lontano da qualsiasi elemento di polemica, perché sento che quest'Aula di Montecitorio ha una responsabilità maggiore di qualsiasi altra aula, proprio perché qui fra noi siede Piero Fassino, che è l'inviato speciale dell'Unione europea per la Birmania.
Ricordo che, nella sua prima stesura, questa mozione chiedeva addirittura un rafforzamento delle sanzioni economiche già stabilite dall'Unione europea con il regolamento n. 194 dell'anno scorso, fra cui il divieto di accesso a servizi bancari internazionali per le imprese di proprietà dei militari birmani, la sospensione dell'importazione di manifatture tessili locali, il divieto di accesso per i generali e le loro famiglie addirittura alle cure sanitarie (su questo esprimo un dubbio, e vorrei che anche per i militari e per i loro familiari almeno le cure sanitarie potessero essere sempre garantite, e però non certo gli acquisti di merce e i viaggi di istruzione all'estero).
Come è stato ricordato anche qui, il Parlamento europeo si è più volte espressoPag. 7attraverso varie risoluzioni. Sono state ricordate quella del 23 ottobre specificamente incentrata sulla Birmania - peraltro la mozione che discutiamo ricalca sostanzialmente quella risoluzione - e quella del 5 febbraio relativa alla situazione dei rifugiati birmani in Tailandia. Pur volendo considerarli ulteriori interventi idonei a far pressione (ma - ripeto - la loro efficacia è tutta da verificare), ciò che non quadra o che, meglio, rischia di non quadrare nell'ambito delle misure da adottare in sede internazionale contro i Paesi guidati in maniera non propriamente democratica, quando appunto non chiaramente totalitaria, è che ve ne sono molti, noti da anni per il sostanziale deficit di rispetto dei diritti umani, nei confronti dei quali siamo spessi piuttosto tiepidi anche in sede nazionale ed europea.
Pertanto, occorrerebbe valutare e adottare una uniformità di azione di deterrenza ed essere un pochino più lineari e continui nelle nostre iniziative. In questo modo, perlomeno, si potrebbe evitare lo «stop and go» sui diritti umani, per cui oggi si sollecita il rispetto dei diritti umani in Birmania giustamente, doverosamente e coraggiosamente e pochi giorni prima o pochi giorni, invece, si stipulano accordi che contraddicono l'impegno a favore della diffusione dei diritti umani, dei diritti fondamentali dell'uomo.
Per portare un esempio e non per riattizzare una polemica, ricordo che nei giorni scorsi, a tempo di record, abbiamo approvato il Trattato di amicizia e partenariato con la Libia. So benissimo che vi sono anche elementi di realpolitik che devono guidare le nostre scelte ma, forse, dovremmo sempre più essere agganciati a principi universali e a valori etici e non agire soltanto quando vi sono in causa il gas, il petrolio oppure perché dobbiamo vendere qualche spot contro l'immigrazione clandestina.
Quindi, ciò che intendevo evidenziare è il rischio di una intrinseca contraddizione e il fatto che questa nostra mozione di oggi, che tutti voteremo, ci deve impegnare ad un maggior rigore. Non possiamo bypassare un regime ad alto tasso di deficit democratico o che mette in discussione i diritti umani fondamentali soltanto perché vi sono interessi commerciali prevalenti. Potrei fare altri riferimenti, ma l'intelligenza di quest'Aula e del rappresentante del Governo sa bene a cosa mi riferisco.
Dunque, preannunciando sin da adesso il voto ed il sostegno convinto del gruppo dell'Italia dei Valori, saremo molto contenti se la mozione in esame sarà l'inizio di un filone di un atteggiamento coerente nei confronti di tutti quei Paesi e di tutti quei regimi che non rispettano i diritti universali dell'uomo (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo sulla mozione n. 1-00086, sottoscritta come prima firmataria dalla presidente Boniver e concernente la vicenda birmana, per sottolineare alcuni elementi che ritengo rilevanti.
Anzitutto rilevo il fatto che all'attenzione di questa Camera viene posta una mozione condivisa, bipartisan, come credo che debbano essere sempre le iniziative riguardanti l'affermazione dei diritti umani, in questo caso la tutela dell'opposizione birmana e la figura di Aung San Suu Kyi, in particolare in questo caso e a maggior ragione su questo tema. Quindi sottolineo il forte consenso che si registra intorno alla mozione - lo sottolineava anche il collega Evangelisti - e l'importanza di questo consenso.
È un tema al quale sono particolarmente affezionato perché, quando ho guidato il movimento giovanile di Forza Italia, abbiamo messo in atto una campagna di sensibilizzazione. Era stato appena consegnato il premio Nobel a Aung San Suu Kyi ed è era in corso una campagna...

PRESIDENTE. Onorevole Baldelli, mi permetta di interromperla non per toglierlePag. 8la parola, che le restituirò subito dopo, ma perché, con i colleghi presenti in aula, vogliamo salutare lo speaker della Camera dei rappresentanti americana, Nancy Pelosi, accompagnata dal Presidente Fini e dalla delegazione del Parlamento americano (Applausi).
Come dicevo, era una campagna che in quel momento prendeva piede, che era sostenuta in maniera importante dal gruppo musicale degli U2 e che veniva diffusa tra i giovani: vi era un momento di sensibilizzazione su questo tema.
L'intervento di illustrazione svolto dall'onorevole Pianetta è stato importante: egli nella sua attività di senatore è stato presidente della Commissione per i diritti umani.
È necessaria una grande attenzione, che ricollochi il Governo italiano ancora una volta come protagonista in questo genere di battaglie. Credo che questo possa essere un momento importante di discussione e di confronto su un tema rilevante come quello dei diritti umani, perché la battaglia di Aung San Suu Kyi è stata all'attenzione di questo Parlamento e dell'opinione pubblica.
Noi crediamo che le battaglie sui diritti umani non debbano essere trattate come fiumi carsici e cioè che non debbano essere valutate e debba essere data loro una eco particolare a seconda delle mode, delle prese di posizione e delle opportunità del momento, per poi essere in alcuni momenti dimenticate o lasciate nel cassetto.
Plaudo all'iniziativa della collega Boniver, sottoscritta da molti altri colleghi (vedo con piacere in quest'aula, a seguire questa discussione, anche la presenza dell'onorevole Fassino, non solo per il suo cursus honorum, ma anche per l'incarico importante che ricopre in questo momento).
Credo che l'attenzione di questa Camera e del Governo italiano su un tema così importante sia un dato molto significativo, di cui è bene sottolineare l'importanza.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali della mozione.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Enzo Scotti.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, onorevoli deputati, come hanno scritto i presentatori della mozione la situazione diritti umani in Myanmar continua a versare in uno stato di grave e preoccupante deterioramento.
L'Italia mantiene, anche nell'ambito dell'Unione europea e delle Nazioni Unite, un'attenzione costante sull'evoluzione del quadro politico e umanitario birmano, adoperandosi in tutte le sedi opportune per una maggiore tutela dei diritti dell'uomo in quel Paese. Il Governo apprezza quindi l'iniziativa della mozione proposta e questa discussione parlamentare e si augura che vi sia un voto unanime del Parlamento. Ringrazio per questo in modo particolare l'onorevole Pianetta, che ha illustrato la mozione e gli altri colleghi che sono intervenuti.
La nuova Costituzione nazionale birmana prevede, sulla carta, una serie di libertà fondamentali: libertà di espressione, di associazione, di assemblea, di religione, di utilizzare la propria lingua e di esprimere la propria cultura. Tuttavia, queste libertà non hanno trovato applicazione. La Costituzione birmana, pur essendo stata approvata con referendum lo scorso maggio, non è entrata in vigore: a questo fine si dovrà attendere il risultato delle elezioni del 2010 e la successiva convocazione del Parlamento.
Va in ogni caso ricordato che le opposizioni sono state sostanzialmente escluse dal processo di elaborazione della Costituzione e il referendum di approvazione si è tenuto all'indomani del ciclone Nargis, in un clima di intimidazione e di assenza di standard minimi di libertà.Pag. 9
A livello di normativa nazionale non è dunque rilevabile un effettivo quadro di tutela: sono stati creati comitati riguardanti i diritti umani in generale e tematiche circoscritte, quali il reclutamento di bambini-soldato, il traffico di esseri umani e il lavoro forzato. Ma questi comitati non sono indipendenti rispetto al Governo e non sono stati in grado finora di mettere in atto azioni efficaci.
Per quanto attiene al rispetto dei diritti civili e politici, il recente rapporto sui diritti umani dei capi-missione europei sottolinea come le loro violazioni permangano severe e numerose, in particolar modo nelle aree interessate da scontri fra esercito regolare e forze ribelli.
La rule of law non è presente ed i cittadini non hanno, di fatto, accesso a forme di tutela giudiziale dei loro diritti.
Le libertà di espressione, informazione, assemblea e movimento sono severamente limitate. I movimenti politici, fatta eccezione per quelli legati alla giunta al potere, sono soggetti ad uno stretto controllo da parte delle autorità ed i loro membri subiscono maltrattamenti ed arresti arbitrari.
Rimane aperta la questione dei numerosi detenuti per motivi politici, in primis, Aung San Suu Kyi, e di molti individui arrestati in seguito alle manifestazioni dell'agosto-settembre 2007. Secondo stime di Amnesty International, ricordate dall'onorevole Pianetta, il numero dei detenuti politici, rispetto al 2007, sarebbe quasi raddoppiato, passando da 1100 ad oltre 2000, a fine 2008. I maggiori leader dell'opposizione sono, tuttora, in stato di arresto, mentre nel mese di novembre 2008 vi sono state nuovamente numerose condanne detentive comminate a leader o ad attivisti dell'opposizione. Le condanne sono oltre ottanta. Le pene più dure (sessantacinque anni di carcere) sono state comminate a quattordici attivisti, membri dell'associazione 88 Generation Students Group, che prende il nome dal movimento popolare per la democrazia, nato nel 1988, e che portò ad una brevissima stagione democratica, la cosiddetta «primavera della democrazia», poi repressa dalla giunta militare. Fra di essi figura anche la signora Nilar Thein. Fra gli altri condannati risultano nove monaci buddhisti (con pene tra i sei ed i nove anni) ed altri ventinove dissidenti (con condanne dai quattro ai dieci anni). Una corte ha condannato a venti anni di detenzione il blogger Nay Phone Latt. Per il numero due della Lega nazionale per la democrazia, il maggiore partito di opposizione, è stato appena comminato un ulteriore anno di arresti domiciliari (l'ottantaduenne Tin Oo è agli arresti dal febbraio 2004).
Le condizioni dei centri detentivi rimangono gravemente carenti, anzi, gli arresti seguiti alle manifestazioni del settembre 2007 hanno reso ancora più precarie tali condizioni. Manca, secondo fonti internazionali, la distribuzione dei generi di prima necessità. Inoltre, è importante sottolineare come l'accesso ai prigionieri da parte dei loro familiari non è agevole, dal momento che questi ultimi devono affrontare numerosi ostacoli, incluse lunghe procedure, prima di poter incontrare i detenuti. Inoltre, continuano ad essere riportati casi di tortura o di altri trattamenti inumani e degradanti perpetrati dalle autorità birmane ai danni dei detenuti.
Alla Croce rossa internazionale continua ad essere negato il libero accesso alle carceri, impedendo di fatto all'organizzazione di espletare il proprio mandato.
Vengono, inoltre, riportati i casi di gravi violazioni di diritti umani in occasione di offensive militari lanciate contro villaggi dell'etnia Karen. E il tenore delle accuse (distruzione di case e raccolti, sparizioni forzate, lavoro forzato) porterebbe a configurare tali atti quali crimini contro l'umanità. Già in passato, nel corso dei conflitti con i gruppi etnici ribelli, sono state accertate gravi violazioni del diritto, incluso il ricorso alla tortura o ad altre forme gravi di maltrattamento dei prigionieri.
Anche la condizione dei diritti economici e sociali è estremamente critica. A causa dei postumi del ciclone Nargis, infatti, le condizioni di vita per una larga fascia della popolazione sono sensibilmente peggiorate, nonostante l'assistenzaPag. 10umanitaria prestata dalla comunità internazionale e l'interesse dello stesso regime alla ripresa economica.
Riguardo agli strumenti internazionali per la tutela dei diritti umani, va ricordato che il Myanmar non è parte della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, né della Convenzione sui diritti economici, sociali e culturali. La Birmania ha ratificato alcune convenzioni, quali quelle per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne e quella sui diritti dei fanciulli. Tuttavia, l'effettivo rispetto del dettato di tali strumenti internazionali rimane limitato. Il Myanmar ha, inoltre, sottoscritto un accordo, riguardante il lavoro forzato e il reclutamento dei bambini-soldato, con l'Organizzazione internazionale del lavoro.
Tale strumento dovrebbe garantire, a chi lamenta una violazione dei propri diritti in tal senso, di avere accesso alla giustizia. Tuttavia, anche in questa situazione, il regime birmano rimane un partner riluttante, come dimostrano le recenti condanne ai danni degli attivisti impegnati nell'assistenza a persone sottoposte al lavoro forzato.
L'Italia ha preso attivamente parte alle numerose prese di posizione sul Myanmar, sostenendo il ripetuto appello all'apertura di un dialogo credibile con l'opposizione e le rappresentanze etniche. Nelle conclusioni del Consiglio affari generali e relazioni esterne dell'Unione europea del 10 novembre 2008, è stata reiterata la condanna per la mancanza di progressi, ribadita la necessità della liberazione di tutti i prigionieri politici, inclusa Aung San Suu Kyi e sono state rinnovate le forti aspettative per una transizione credibile nonché per l'avvio di un dialogo con le componenti politiche ed etniche della società birmana, anche in vista delle previste elezioni politiche generali del 2010.
Parallelamente, è in corso di svolgimento un esercizio in sede di Unione europea, finalizzato a verificare le modalità di attuazione e l'efficacia delle sanzioni. L'Italia, tramite i competenti uffici della direzione Asia e Oceania del Ministero degli affari esteri, sostiene attivamente l'esecuzione del mandato dell'inviato speciale dell'ONU, onorevole Fassino. La sua nomina, avvenuta il 6 novembre del 2007, rappresenta un forte segnale di attenzione da parte europea e costituisce uno strumento per rafforzare la coerenza, l'unitarietà, l'efficacia e la visibilità dell'Unione europea nel Myanmar. L'onorevole Fassino ha condotto un'intensa azione di dialogo con i principali interlocutori internazionali, finalizzata a fornire un appoggio concreto alla mediazione di Gambari, alla ricerca di uno sbocco democratico e pacifico per la crisi birmana, impostando un'azione volta a mantenere alta l'attenzione della comunità internazionale e dei Governi, intensificando i contatti con gli attori regionali che svolgono un ruolo chiave nella crisi birmana, stimolandoli ad adoperarsi per favorire una transizione democratica nell'interesse della stabilità dell'area, bilanciando, infine, l'azione nei confronti del Myanmar, attraverso una strategia che affianchi alle misure restrittive in vigore, strumenti positivi di persuasione, basati su programmi di sviluppo e di aiuto umanitario. Il Governo italiano è grato all'onorevole Fassino per la sua azione concreta, positiva e ferma di cui abbiamo avuto conferma e apprezzamento in sede di Nazioni Unite.
L'Unione europea, di cui l'Italia esercita la Presidenza a Yangon, per il primo semestre 2009, mantiene il suo impegno per un maggiore rispetto dei diritti umani fondamentali in Myanmar. Il nostro Paese ha dato un importante contributo alla risoluzione che, anche nel 2008, l'Unione europea ha presentato alla sessantatreesima sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, per mantenere alta l'attenzione della comunità internazionale e continuare l'azione di pressione nei confronti di Yangon. Il testo della risoluzione approvato dall'Assemblea generale il 24 dicembre scorso, con 80 voti favorevoli, 25 contrari e 45 astensioni, condanna con forza le sistematiche violazioni dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali compiute nei confronti del popolo birmano. In particolare, il testo esprime preoccupazione per la pratica delle sparizioniPag. 11forzate, della tortura, dei trattamenti crudeli, inumani e degradanti e del lavoro forzato, nonché per le continue limitazioni della libertà di movimento, di espressione, di manifestazione e di assemblea. La risoluzione esprime, inoltre, preoccupazione per l'assenza di un'effettiva partecipazione della Lega nazionale per la democrazia e di altri gruppi politici e etnici al processo politico di transizione, lamentando, a questo proposito, l'esclusione dell'opposizione politica dall'elaborazione della nuova Costituzione e lo svolgimento del relativo referendum, in violazione degli standard internazionali in materia elettorale. Su questo sfondo, l'Assemblea generale invita il regime di Yangon a riavviare immediatamente il dialogo con tutti gli attori politici, compresi la Lega nazionale per la democrazia e i rappresentanti dei gruppi etnici.
L'Italia è membro del Consiglio dei diritti umani dal 2007 al 2010. In questa veste, ha preso attivamente parte a tutte le iniziative volte ad indirizzare l'attenzione dell'organo sulla situazione birmana.
In particolare, nell'anno 2008 sono state adottate, per consenso, diverse risoluzioni sulla situazione dei diritti umani in Myanmar. L'ultima, del giugno 2008, condannando nuovamente la sistematica violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali del popolo birmano, invita Yangon ad avviare un reale processo di dialogo e di riconciliazione nazionale con tutte le forze politiche ed etniche escluse dal processo politico.
Infine, si segnala che l'Italia e l'Unione europea hanno anche contribuito al rinnovo, per un anno, del mandato dello special rapporteur del Consiglio dei diritti umani per il Myanmar, approvato con risoluzione del Consiglio del marzo 2008. Lo special rapporteur Quintana sta effettuando proprio in questi giorni, dal 14 al 19 febbraio, una missione in Myanmar (è inclusa una visita nello Stato della minoranza etnica Karen). Quintana era stato in Myanmar lo scorso agosto incontrando autorità ma anche rappresentati della National League of Democracy e della Generazione 88, delle ONG, della comunità internazionale e visitando le aree più colpite dal ciclone. La prossima sessione del Consiglio dei diritti umani di marzo discuterà dell'ulteriore rinnovo del mandato dello special rapporteur, obiettivo per il quale l'Italia e l'Unione europea sono attivamente impegnate, affinché egli possa svolgere un'azione di monitoraggio della situazione dei diritti umani nel Paese.
Infine, sul piano bilaterale nel corso del 2008 il direttore generale del Ministero degli affari esteri per i Paesi dell'Asia, il ministro plenipotenziario Iannucci, ha effettuato due visite in Myanmar: dal 26 al 29 febbraio e dal 24 al 28 novembre. Tali missioni hanno permesso di conservare aperto un canale di dialogo con la Giunta e con le forze dell'opposizione. Il mantenimento di questi contatti appare utile al fine di ribadire alle parti le aspettative della comunità internazionale riguardanti l'apertura, in tempi rapidi, di un dialogo genuino e costruttivo volto all'avvio di un processo di transizione democratica, anche in vista delle elezioni politiche generali previste per il 2010. I colloqui avuti in occasione delle visite hanno inoltre permesso di verificare le esigenze e le priorità nel campo della cooperazione allo sviluppo, fornendo utili indicazioni ai fini di nuovi interventi italiani nel Paese. Tali missioni hanno fornito spunti per l'elaborazione di una strategia a medio-lungo termine nei confronti del Myanmar, al fine di incrementare il profilo dell'Italia nei confronti degli interlocutori locali in vista di eventuali sviluppi sul fronte della transizione verso un regime democratico.
L'Italia è stata tra i primi Paesi donatori ad attivarsi per rispondere alla crisi umanitaria nel Myanmar. Il Ministero degli affari esteri ha, infatti, organizzato dalla base di pronto intervento umanitario delle Nazioni Unite, gestita a Brindisi dal Programma alimentare mondiale (PAM), un volo umanitario, del valore di 465 mila euro per soccorrere le popolazioni colpite dal ciclone Nargis. Il vicedirettore della direzione generale Asia e Oceania si è recato in Myanmar per coordinare le operazioni in loco. Il volo umanitario italiano è stato il secondo, in ordine temporale, adPag. 12atterrare a Yangon con beni di prima necessità ed è stato il primo invio di aiuti effettuato da un Paese europeo. Da parte italiana è stato chiesto alle autorità birmane di coinvolgere, in misura sempre maggiore, le ONG nell'assistenza umanitaria e nella distribuzione dei beni di prima necessità. Nel corso della visita, le organizzazioni internazionali presenti in loco, ma anche i rappresentanti dell'opposizione birmana, hanno espresso apprezzamento per la tempestività del nostro intervento.
In generale, l'impegno dell'Italia in Myanmar a seguito del ciclone è ammontato, per quanto riguarda il canale dell'emergenza, a circa 1,9 milioni di euro, ripartiti su vari progetti volti a portare sostegno immediato alle popolazioni colpite. Per quanto riguarda progetti di più lungo respiro, sempre tuttavia legati alla ricostruzione del post Nargis, l'Italia ha impegnato fondi per un totale di 4,5 milioni di euro in diversi progetti della FAO volti alla ricostruzione dei mezzi di sostentamento delle popolazioni locali.
Considerata l'endemica situazione di emergenza umanitaria, sanitaria e alimentare, la cooperazione italiana intende concentrare utilmente i propri sforzi su attività ad alto impatto su questi settori. In seguito al ciclone si è registrata un'interessante reazione da parte della società civile locale, che ha dato prova di un'importante capacità di reazione e di auto-organizzazione, sostituendosi di fatto al Governo, non in grado di gestire l'emergenza.
La società civile, anche nell'ottica delle prossime elezioni politiche generali del 2010, potrebbe essere incoraggiata attraverso incentivi esterni ed aumentare lo spazio della sua azione. In tale prospettiva è condiviso in seno al Ministero degli affari esteri l'obiettivo di operare in settori utili ai fini del rafforzamento della società civile e delle comunità locali privilegiando ambiti e modalità di intervento che consentano di soddisfare questo valore aggiunto politico.
Con questa motivazione e con questo spirito, il Governo esprime parere favorevole fin da questo momento sul testo della mozione.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Modifica nella composizione della Giunta per le autorizzazioni.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Giunta per le autorizzazioni il deputato Bruno Cesario, in sostituzione del deputato Roberto Giachetti, dimissionario.

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato, con lettera in data 13 febbraio 2009, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla VIII Commissione (Ambiente):
S. 1306 «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, recante misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell'ambiente» (Approvato dal Senato) (2206) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, X, XI, XII, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dall'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

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Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 17 febbraio 2009, alle 14:

1. - Seguito della discussione delle mozioni La Loggia ed altri n. 1-00061, Capodicasa ed altri n. 1-00114, Romano ed altri n. 1-00115 e Messina ed altri n. 1-00116 in materia di compartecipazione della regione Sicilia al gettito d'imposta su redditi prodotti nel proprio territorio.

2. - Deliberazione sulla richiesta di stralcio relativa alle proposte di legge nn. 1764 e 1968.

3. - Seguito della discussione delle mozioni Realacci ed altri n. 1-00110, Piffari ed altri n. 1-00117, Ghiglia, Guido Dussin, Iannaccone ed altri n. 1-00118 e Libè ed altri n. 1-00119 concernenti iniziative per favorire uno sviluppo ambientale sostenibile.

4. - Seguito della discussione della mozione Boniver ed altri n. 1-00086 concernente iniziative per la difesa dei diritti umani e per l'affermazione delle libertà democratiche in Birmania.

PROPOSTE DI LEGGE DI CUI SI RICHIEDE LO STRALCIO
COTA ed altri: «Disposizioni a tutela della vita nella fase terminale e in materia di terapie del dolore» (1764).
SALTAMARTINI ed altri: «Disposizioni in materia di consenso informato ai trattamenti sanitari e di cure palliative» (1968).

La seduta termina alle 17.