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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di martedì 17 marzo 2009

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 17 marzo 2009.

Albonetti, Alessandri, Bergamini, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bosi, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Chiappori, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, D'Antoni, Di Stanislao, Donadi, Fassino, Fitto, Gregorio Fontana, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lo Monte, Lupi, Malgieri, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Mazzoni, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Molgora, Mura, Pescante, Prestigiacomo, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Scajola, Soro, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso, Vegas, Vitali, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

In data 16 marzo 2009 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
DI CAGNO ABBRESCIA: «Modifica all'articolo 12 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, per il sostegno delle piccole e medie imprese nei rapporti con il sistema bancario» (2295);
BARBIERI: «Modifica all'articolo 205 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di informazione ai cittadini e di inesigibilità delle tasse o tariffe relative al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi minimi di raccolta differenziata» (2296);
GUZZANTI: «Disposizioni concernenti la cessione alle banche dei crediti nei riguardi delle amministrazioni dello Stato, degli enti pubblici e delle società a totale o prevalente partecipazione pubblica» (2297);
GOISIS: «Istituzione di un Fondo per il restauro, il recupero e la valorizzazione culturale, religiosa, turistica e sociale del complesso monastico di San Giovanni Battista del Monte Venda» (2298);
BARBIERI: «Modifica degli articoli 72, 75, 76, 78, 79 e 80 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di equipaggiamento dei veicoli e di omologazione degli stessi e delle loro dotazioni» (2299).

Saranno stampate e distribuite.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

III Commissione (Affari esteri):
PICCHI ed altri: «Modifiche alla legge 23 ottobre 2003, n. 286, concernente la disciplina dei Comitati degli italiani all'estero» (1883) Parere delle Commissioni I e V.

X Commissione (Attività produttive):
PICCHI: «Modifiche al codice di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, recanti l'introduzione di un nuovo istituto in materia di proprietà industriale» (1569) Parere delle Commissioni I, II e XIV.

XII Commissione (Affari sociali):
CARLUCCI ed altri: «Istituzione del Servizio per la prevenzione della diffusione dell'uso di sostanze stupefacenti nelle scuole nonché dell'alcolismo tra i giovani» (2235) Parere delle Commissioni I, V, VII e IX.

Annunzio di una proposta di modificazione al regolamento.

In data 17 marzo 2009 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di modificazione al regolamento d'iniziativa del deputato:
PISICCHIO: «Articolo 17-bis: modifica della procedura relativa alle incompatibilità con il mandato parlamentare (doc. II, n. 12).

Sarà stampata, distribuita e trasmessa alla Giunta per il regolamento.

Trasmissione dal ministro degli affari esteri.

Il ministro degli affari esteri, con lettere del 12 marzo 2009, ha trasmesso due note relative all'attuazione data all'ordine del giorno NARDUCCI ed altri n. 9/1185/99, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 26 giugno 2008, concernente l'effettuazione di una verifica delle condizioni dei cittadini italiani indigenti residenti all'estero, nonché, per la parte di propria competenza, agli ordini del giorno STUCCHI ed altri n. 9/1386/82 e JANNONE ed altri n. 9/1386/233, accolti dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 23 luglio 2008, riguardanti la garanzia di un adeguato supporto economico al progetto internazionale «Share» (Stations at high altitude for research on the environment).
Il ministro degli affari esteri ha trasmesso inoltre una nota relativa all'attuazione data alla risoluzione in Commissione MECACCI ed altri n 7/00021, accolta in parte dal Governo ed approvata dalla III Commissione (Affari esteri) nella seduta del 10 luglio 2008, riguardante la situazione dei diritti umani in Tibet.
Le suddette note sono a disposizione dagli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla III Commissione (Affari esteri), competente per materia.

Trasmissione dal ministro per le pari opportunità.

Il ministro per le pari opportunità, con lettera del 6 marzo 2009, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno AGOSTINI ed altri n. 9/1713/221, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 13 novembre 2008, concernente iniziative a sostegno dell'imprenditoria femminile, nonché, per la parte di propria competenza, agli ordini del giorno GARAVINI ed altri n. 9/1713/164 e CODURELLI ed altri n. 9/1713/176, accolti dal Governo nella medesima seduta dell'Assemblea, riguardanti misure di incentivazione dell'occupazione femminile e della conciliazione tra vita lavorativa e familiare.
La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali), competente per materia.

Trasmissione dal ministro dell'interno.

Il ministro dell'interno, con lettere del 6, del 10 e dell'11 marzo 2009, ha trasmesso tre note relative all'attuazione data agli ordini del giorno CERA n. 9/1145-A-R/18, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 24 giugno 2008, riguardante l'adozione di meccanismi di commissariamento e scioglimento delle amministrazioni comunali inadempienti agli obblighi di raccolta e smaltimento dei rifiuti, PALADINI ed altri n. 9/6/4, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 29 maggio 2008, concernente iniziative volte a fornire un quadro normativo compiuto ed aggiornato per quanto concerne le attività di vigilanza privata, nonché, per la parte di propria competenza, all'ordine del giorno RAO ed altri n. 9/1386/146, accolto in parte come raccomandazione dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 23 luglio 2008, riguardante il riconoscimento di un trattamento economico speciale a quanti prestano servizio nelle Forze dell'ordine e nelle Forze armate.

Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali), competente per materia.

Comunicazione di nomine ministeriali.

Il Ministero dello sviluppo economico, con lettera in data 16 marzo 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le comunicazioni relative al conferimento, ai sensi dei commi 3, 4, 5-bis e 6 del medesimo articolo 19, dei seguenti incarichi di livello dirigenziale generale nell'ambito del medesimo ministero, che sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali), nonché alle Commissioni sottoindicate:
alla V Commissione (Bilancio) la comunicazione concernente il conferimento del seguente incarico:
all'ingegner Aldo Mancurti, l'incarico di capo del dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica;
alla IX Commissione (Trasporti) la comunicazione concernente il conferimento del seguente incarico:
al dottor Roberto Sambuco, l'incarico di capo del dipartimento per le comunicazioni;
alla X Commissione (Attività produttive) le comunicazioni concernenti il conferimento dei seguenti incarichi:
al dottor Luigi Mastrobuono, l'incarico di capo del dipartimento per l'impresa e l'internazionalizzazione;
all'ingegner Guido Pier Paolo Bortoni, l'incarico di capo del dipartimento per l'energia.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI FRANCESCHINI ED ALTRI N. 1-00123, DONADI ED ALTRI N. 1-00134, GALLETTI ED ALTRI N. 1-00135 E CICCHITTO, COTA, LO MONTE ED ALTRI N. 1-00138 CONCERNENTI INIZIATIVE IN MERITO ALLA SITUAZIONE ECONOMICO-FINANZIARIA DEGLI ENTI LOCALI

Mozioni

La Camera,
premesso che:
i comuni e le province versano in una situazione di grave crisi economico-finanziaria, dovuta a scelte quali l'inadeguata copertura del mancato gettito derivante dalla soppressione dell'ici sulla prima casa, il blocco dell'autonomia impositiva degli enti territoriali, il taglio dei trasferimenti erariali e dei fondi destinati alle politiche sociali, le regole fortemente restrittive del patto di stabilità interno;
dopo il significativo apporto reso dall'intero comparto al riequilibrio della finanza pubblica (secondo i dati Istat, tra il 2004 e il 2007 i comuni sono passati da un deficit di 3.689 milioni di euro ad un avanzo di 325 milioni, mentre le province hanno migliorato il loro deficit da 1.968 a 1.270 milioni), il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, all'articolo 77, ha imposto agli enti locali un contributo alla manovra finanziaria di 1.650 milioni nel 2009 (di cui 1.340 a carico dei comuni e 310 delle province), 2.900 milioni nel 2010 e 5.140 milioni nel 2011;
si tratta di un obiettivo che, se non sarà allentato, determinerà per molti enti l'oggettiva impossibilità di rispettare il patto di stabilità interno, un'ulteriore contrazione della spesa per investimenti, l'assenza di sostegno all'economia a fronte della crescente stagnazione produttiva;
con l'approvazione della legge finanziaria per l'anno 2008 (articolo 1, comma 5) e, successivamente, con l'approvazione del decreto-legge n. 93 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 126 del 2008, l'abitazione principale è stata esentata dal pagamento dell'ici, con l'eccezione di una piccola minoranza di immobili appartenenti alle categorie catastali A1, A8 e A9 (abitazioni signorili, ville e castelli);
il Governo, nel documento di programmazione economico-finanziaria 2009-2013, ha assicurato l'integrale copertura finanziaria del minor gettito ici ai comuni a partire dall'anno 2008;
in realtà, i trasferimenti compensativi per minori entrate ici sull'abitazione principale previsti per l'anno 2009 nel bilancio dello Stato ammontano a 2.604 milioni di euro e, a legislazione vigente, coprono una percentuale pari a circa l'86 per cento del complessivo gettito attestato dai comuni nel corso del 2008. Appare, tuttavia, verosimile ritenere che l'importo che verrà certificato dai comuni entro il 30 aprile 2009, in esecuzione del comma 32 dell'articolo 77-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, supererà addirittura quanto certificato nel 2008, perché, tenendo conto delle stime del gettito ici sull'abitazione principale di fonte Istat (3.831 milioni di euro), Anci (3.200 milioni di euro) e del Servizio bilancio del Senato della Repubblica (3.738 milioni di euro), la copertura finanziaria per la compensazione del minor gettito ici ai comuni è da ritenersi ampiamente insufficiente, specie a fronte dell'emergere di fenomeni di cambiamenti di residenza o di separazioni fra coniugi fittizie, che provocano un restringimento della base imponibile e una riduzione del gettito;
il combinato disposto della legge finanziaria 2008 (articolo 2, comma 31) e del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (articolo 61, comma 11), impone un taglio dei trasferimenti per gli enti locali pari a 563 milioni di euro: 313 milioni (di cui 251 milioni a carico dei comuni e 62 a carico delle province) in relazione alla riduzione dei costi della politica (a fronte di risparmi effettivi conseguiti assai inferiori alle stime del Governo) e 250 milioni sotto forma di riduzione del fondo ordinario destinato ai comuni (200 milioni) e alle province (50 milioni);
per quanto riguarda le province, il fronte del calo delle entrate, principalmente collegate a tributi relativi al mercato dei veicoli, sta determinando evidenti difficoltà a gestire i bilanci per l'anno 2009, inasprendo ulteriormente i già pesanti vincoli. Dalle rilevazioni effettuate dalle province, infatti, emerge che per quanto concerne l'ipt, gli incassi 2008 fanno registrare un -8 per cento rispetto al 2007, mentre il dato di gennaio 2009 è addirittura inferiore del 25 per cento rispetto allo stesso mese del 2008; ancor meno confortante è il dato relativo all'imposta responsabilità civile auto, dove annualmente il 2008 ha chiuso con un -5 per cento e la differenza tra gennaio 2009 e gennaio 2008 è addirittura del 14 per cento;
il comma 8 dell'articolo 77-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dalla legge n. 203 del 2008 (legge finanziaria per il 2009), dispone che le risorse originate da una serie di operazioni di carattere straordinario (cessioni di azioni o quote di società operanti nel settore dei servizi pubblici locali, distribuzione dei dividendi determinati da operazioni straordinarie poste in essere dalle predette società qualora quotate sui mercati regolamentati e vendita del patrimonio immobiliare) non sono conteggiate nella base assunta nel 2007 a riferimento per l'individuazione degli obiettivi e dei saldi utili per il rispetto del patto di stabilità interno, se destinate alla realizzazione di investimenti o alla riduzione del debito;
con la circolare n. 2 del 27 gennaio 2009, sul patto di stabilità interno per il 2009-2011, la Ragioneria generale dello Stato ha interpretato il dettato letterale del comma 8 in senso fortemente restrittivo, stabilendo che l'esclusione delle suddette risorse deve essere riferita non solo al saldo finanziario preso a base di riferimento, ossia l'anno 2007, ma anche al saldo di gestione degli anni del patto 2009-2011, con il rischio di una vera e propria paralisi degli investimenti degli enti locali (che rappresentano una quota maggioritaria del totale degli investimenti pubblici);
la citata circolare ha evidentemente snaturato la portata della norma, poiché l'esclusione dei proventi di cui al citato comma 8 non solo dalla base di riferimento 2007, ma anche dai saldi utili ai fini del patto di stabilità interno 2009/2011, limita fortemente l'opportunità degli enti locali di destinare ad investimenti le risorse conseguite con dismissioni di azioni, quote di società, vendite di immobili e dividendi e rende difficile la programmazione delle spese in conto capitale, spese da sottoporre a revisione ogni anno del triennio 2009-2011 per la verifica del rispetto del patto;
questo significa cancellare dai bilanci dei comuni almeno 1.700 milioni di euro di operazioni virtuose, bloccando ulteriormente pagamenti di investimenti già realizzati e l'utilizzo degli avanzi di amministrazione proprio per quei comuni, che più hanno contribuito al patto negli anni scorsi;
al contrario, le analisi evidenziano che le opere medio-piccole producono un effetto moltiplicatore sul sistema economico e sull'occupazione molto più elevato delle grandi infrastrutture e distribuito in modo diffuso sul territorio, da cui le piccole e medie imprese potrebbero avere grande beneficio. Il Governo, invece, ha destinato le risorse (spesso sottratte alle destinazioni originarie, come nel caso del Fondo per le aree sottoutilizzate) per realizzare grandi infrastrutture, che produrranno effetti solo nel lungo periodo: secondo la Confindustria, dei 16,6 miliardi di euro stanziati sono effettivamente spendibili, nel 2009, solo 650 milioni e, nel 2010, 3,6 miliardi;
gli enti locali nel 2007 hanno realizzato il 50,9 per cento degli investimenti fissi lordi delle amministrazioni pubbliche (i comuni il 43 per cento e le province il 7,9 per cento). Molti enti locali hanno a disposizione risorse economiche libere ed utilizzabili per finanziare opere già progettate, cantierabili immediatamente o già cantierate, ma ferme a causa dei vincoli posti dal patto di stabilità che bloccano gli investimenti locali (pari a circa l'80 per cento del totale della spesa pubblica per investimenti), riducendo gli esigui spazi di bilancio lasciati aperti per attivare nuovi impegni di spesa con le risorse disponibili. Inoltre, impediscono il pagamento dei lavori già eseguiti ovvero il proseguimento delle opere appaltate e in corso di realizzazione (si registra un'impennata nei ritardi dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni e si stima che molti adempimenti verranno rinviati, trasformandosi in situazioni debitorie per i comuni, ma soprattutto di paralisi dell'attività aziendale, a causa dell'assenza di liquidità);
in tutti gli altri Paesi dell'Europa e dell'Occidente le misure di politica economica per contrastare la crisi comprendono l'attivazione di programmi infrastrutturali diffusi a valenza locale, a partire dalla manutenzione dei beni pubblici, dall'edilizia popolare, dalle opere di dimensione piccola e media;
andrebbe assegnata una corsia preferenziale all'utilizzo di quelle risorse, peraltro disponibili, che possono essere impegnate nella manutenzione dei beni pubblici, quali, ad esempio, scuole, reti idriche, strade, ovvero nella realizzazione di progetti già cantierati - ad esempio, edilizia residenziale pubblica - e in grado di essere ultimati velocemente, entro il 2010: è stato stimato che un allentamento del patto di stabilità per i comuni consentirebbe di mettere in moto opere medio-piccole pari a circa 4,5 miliardi di investimento finanziario complessivo, con sicuri effetti sul piano occupazionale in settori, quali quello dell'edilizia e il suo indotto, che, secondo stime Ance, ha già perso in questo inizio 2009 circa 130 mila posti di lavoro;
sarebbe necessario consentire alle amministrazioni locali un'immediata spendibilità di ulteriori risorse che gli stessi enti avrebbero la possibilità di attivare, sbloccando una parte dei residui passivi relativi alla spesa in conto capitale ovvero procedendo alla definizione di nuovi apporti finanziari tramite dismissioni o alienazioni patrimoniali per mettere in campo con immediatezza programmi di manutenzione ordinaria e straordinaria: scuole, verde pubblico, beni artistici e culturali, periferie, edilizia pubblica;
inoltre, sul fronte del welfare sono proprio gli enti locali il primo fronte di lotta alla povertà e di argine alla preoccupante crescita del disagio economico, sociale ed occupazionale,

impegna il Governo:

a definire gli interventi da adottare per ovviare alla grave situazione in cui versano i comuni e le province;
a garantire l'integrale copertura del minor gettito derivante dall'abolizione dell'ici sulle abitazioni principali;
ad applicare correttamente il comma 8 dell'articolo 77-bis del suddetto decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel senso che le risorse originate dalla cessione di azioni o quote di società operanti nel settore dei servizi pubblici locali, dalla distribuzione dei dividendi determinati da operazioni straordinarie poste in essere dalle predette società e dalla vendita del patrimonio immobiliare siano escluse solamente dalla base di calcolo 2007;
ad adottare iniziative per consentire l'utilizzo degli avanzi di amministrazione per la spesa in conto capitale, in particolare per lavori di medio importo realizzabili entro il 2009;
ad adottare iniziative per escludere dai saldi utili del patto di stabilità interno i pagamenti a residui concernenti spese per investimenti effettuati nei limiti delle disponibilità di cassa, a fronte di impegni regolarmente assunti ai sensi dell'articolo 183 del testo unico degli enti locali;
a incentivare l'utilizzo del patrimonio immobiliare per sostenere la spesa in conto capitale ed abbattere il debito, in particolare, eliminando i vincoli che impediscono l'utilizzo dei proventi della vendita del patrimonio per finanziare la spesa per investimenti.
(1-00123)
«Franceschini, Soro, Sereni, Bressa, Amici, Baretta, Fluvi, Bersani, Fontanelli, Zaccaria, D'Antoni, Lanzillotta, Bordo, D'Antona, Ferrari, Giovanelli, Lo Moro, Minniti, Naccarato, Piccolo, Pollastrini, Vassallo, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Causi, Ceccuzzi, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo».
(25 febbraio 2009)

La Camera,
premesso che:
i comuni e le province versano in una situazione di grave crisi economico-finanziaria, dovuta a scelte quali l'inadeguata copertura del mancato gettito derivante dalla soppressione dell'ici sulla prima casa, il blocco dell'autonomia impositiva degli enti territoriali, il taglio dei trasferimenti erariali e dei fondi destinati alle politiche sociali, le regole fortemente restrittive del patto di stabilità interno;
dopo il significativo apporto reso dall'intero comparto al riequilibrio della finanza pubblica (secondo i dati Istat, tra il 2004 e il 2007 i comuni sono passati da un deficit di 3.689 milioni di euro ad un avanzo di 325 milioni, mentre le province hanno migliorato il loro deficit da 1.968 a 1.270 milioni), il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, all'articolo 77, ha imposto agli enti locali un contributo alla manovra finanziaria di 1.650 milioni nel 2009 (di cui 1.340 a carico dei comuni e 310 delle province), 2.900 milioni nel 2010 e 5.140 milioni nel 2011;
si tratta di un obiettivo che, se non sarà allentato, determinerà per molti enti l'oggettiva impossibilità di rispettare il patto di stabilità interno, un'ulteriore contrazione della spesa per investimenti, l'assenza di sostegno all'economia a fronte della crescente stagnazione produttiva;
con l'approvazione della legge finanziaria per l'anno 2008 (articolo 1, comma 5) e, successivamente, con l'approvazione del decreto-legge n. 93 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 126 del 2008, l'abitazione principale è stata esentata dal pagamento dell'ici, con l'eccezione di una piccola minoranza di immobili appartenenti alle categorie catastali A1, A8 e A9 (abitazioni signorili, ville e castelli);
il Governo, nel documento di programmazione economico-finanziaria 2009-2013, ha assicurato l'integrale copertura finanziaria del minor gettito ici ai comuni a partire dall'anno 2008;
in realtà, i trasferimenti compensativi per minori entrate ici sull'abitazione principale previsti per l'anno 2009 nel bilancio dello Stato ammontano a 2.604 milioni di euro e, a legislazione vigente, coprono una percentuale pari a circa l'86 per cento del complessivo gettito attestato dai comuni nel corso del 2008. Appare, tuttavia, verosimile ritenere che l'importo che verrà certificato dai comuni entro il 30 aprile 2009, in esecuzione del comma 32 dell'articolo 77-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, supererà addirittura quanto certificato nel 2008, perché, tenendo conto delle stime del gettito ici sull'abitazione principale di fonte Istat (3.831 milioni di euro), Anci (3.200 milioni di euro) e del Servizio bilancio del Senato della Repubblica (3.738 milioni di euro), la copertura finanziaria per la compensazione del minor gettito ici ai comuni è da ritenersi ampiamente insufficiente, specie a fronte dell'emergere di fenomeni di cambiamenti di residenza o di separazioni fra coniugi fittizie, che provocano un restringimento della base imponibile e una riduzione del gettito;
il combinato disposto della legge finanziaria 2008 (articolo 2, comma 31) e del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (articolo 61, comma 11), impone un taglio dei trasferimenti per gli enti locali pari a 563 milioni di euro: 313 milioni (di cui 251 milioni a carico dei comuni e 62 a carico delle province) in relazione alla riduzione dei costi della politica (a fronte di risparmi effettivi conseguiti assai inferiori alle stime del Governo) e 250 milioni sotto forma di riduzione del fondo ordinario destinato ai comuni (200 milioni) e alle province (50 milioni);
per quanto riguarda le province, il fronte del calo delle entrate, principalmente collegate a tributi relativi al mercato dei veicoli, sta determinando evidenti difficoltà a gestire i bilanci per l'anno 2009, inasprendo ulteriormente i già pesanti vincoli. Dalle rilevazioni effettuate dalle province, infatti, emerge che per quanto concerne l'ipt, gli incassi 2008 fanno registrare un -8 per cento rispetto al 2007, mentre il dato di gennaio 2009 è addirittura inferiore del 25 per cento rispetto allo stesso mese del 2008; ancor meno confortante è il dato relativo all'imposta responsabilità civile auto, dove annualmente il 2008 ha chiuso con un -5 per cento e la differenza tra gennaio 2009 e gennaio 2008 è addirittura del 14 per cento;
il comma 8 dell'articolo 77-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dalla legge n. 203 del 2008 (legge finanziaria per il 2009), dispone che le risorse originate da una serie di operazioni di carattere straordinario (cessioni di azioni o quote di società operanti nel settore dei servizi pubblici locali, distribuzione dei dividendi determinati da operazioni straordinarie poste in essere dalle predette società qualora quotate sui mercati regolamentati e vendita del patrimonio immobiliare) non sono conteggiate nella base assunta nel 2007 a riferimento per l'individuazione degli obiettivi e dei saldi utili per il rispetto del patto di stabilità interno, se destinate alla realizzazione di investimenti o alla riduzione del debito;
con la circolare n. 2 del 27 gennaio 2009, sul patto di stabilità interno per il 2009-2011, la Ragioneria generale dello Stato ha interpretato il dettato letterale del comma 8 in senso fortemente restrittivo, stabilendo che l'esclusione delle suddette risorse deve essere riferita non solo al saldo finanziario preso a base di riferimento, ossia l'anno 2007, ma anche al saldo di gestione degli anni del patto 2009-2011, con il rischio di una vera e propria paralisi degli investimenti degli enti locali (che rappresentano una quota maggioritaria del totale degli investimenti pubblici);
la citata circolare ha evidentemente snaturato la portata della norma, poiché l'esclusione dei proventi di cui al citato comma 8 non solo dalla base di riferimento 2007, ma anche dai saldi utili ai fini del patto di stabilità interno 2009/2011, limita fortemente l'opportunità degli enti locali di destinare ad investimenti le risorse conseguite con dismissioni di azioni, quote di società, vendite di immobili e dividendi e rende difficile la programmazione delle spese in conto capitale, spese da sottoporre a revisione ogni anno del triennio 2009-2011 per la verifica del rispetto del patto;
questo significa cancellare dai bilanci dei comuni almeno 1.700 milioni di euro di operazioni virtuose, bloccando ulteriormente pagamenti di investimenti già realizzati e l'utilizzo degli avanzi di amministrazione proprio per quei comuni, che più hanno contribuito al patto negli anni scorsi;
al contrario, le analisi evidenziano che le opere medio-piccole producono un effetto moltiplicatore sul sistema economico e sull'occupazione molto più elevato delle grandi infrastrutture e distribuito in modo diffuso sul territorio, da cui le piccole e medie imprese potrebbero avere grande beneficio. Il Governo, invece, ha destinato le risorse (spesso sottratte alle destinazioni originarie, come nel caso del Fondo per le aree sottoutilizzate) per realizzare grandi infrastrutture, che produrranno effetti solo nel lungo periodo: secondo la Confindustria, dei 16,6 miliardi di euro stanziati sono effettivamente spendibili, nel 2009, solo 650 milioni e, nel 2010, 3,6 miliardi;
gli enti locali nel 2007 hanno realizzato il 50,9 per cento degli investimenti fissi lordi delle amministrazioni pubbliche (i comuni il 43 per cento e le province il 7,9 per cento). Molti enti locali hanno a disposizione risorse economiche libere ed utilizzabili per finanziare opere già progettate, cantierabili immediatamente o già cantierate, ma ferme a causa dei vincoli posti dal patto di stabilità che bloccano gli investimenti locali (pari a circa l'80 per cento del totale della spesa pubblica per investimenti), riducendo gli esigui spazi di bilancio lasciati aperti per attivare nuovi impegni di spesa con le risorse disponibili. Inoltre, impediscono il pagamento dei lavori già eseguiti ovvero il proseguimento delle opere appaltate e in corso di realizzazione (si registra un'impennata nei ritardi dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni e si stima che molti adempimenti verranno rinviati, trasformandosi in situazioni debitorie per i comuni, ma soprattutto di paralisi dell'attività aziendale, a causa dell'assenza di liquidità);
in tutti gli altri Paesi dell'Europa e dell'Occidente le misure di politica economica per contrastare la crisi comprendono l'attivazione di programmi infrastrutturali diffusi a valenza locale, a partire dalla manutenzione dei beni pubblici, dall'edilizia popolare, dalle opere di dimensione piccola e media;
andrebbe assegnata una corsia preferenziale all'utilizzo di quelle risorse, peraltro disponibili, che possono essere impegnate nella manutenzione dei beni pubblici, quali, ad esempio, scuole, reti idriche, strade, ovvero nella realizzazione di progetti già cantierati - ad esempio, edilizia residenziale pubblica - e in grado di essere ultimati velocemente, entro il 2010: è stato stimato che un allentamento del patto di stabilità per i comuni consentirebbe di mettere in moto opere medio-piccole pari a circa 4,5 miliardi di investimento finanziario complessivo, con sicuri effetti sul piano occupazionale in settori, quali quello dell'edilizia e il suo indotto, che, secondo stime Ance, ha già perso in questo inizio 2009 circa 130 mila posti di lavoro;
sarebbe necessario consentire alle amministrazioni locali un'immediata spendibilità di ulteriori risorse che gli stessi enti avrebbero la possibilità di attivare, sbloccando una parte dei residui passivi relativi alla spesa in conto capitale ovvero procedendo alla definizione di nuovi apporti finanziari tramite dismissioni o alienazioni patrimoniali per mettere in campo con immediatezza programmi di manutenzione ordinaria e straordinaria: scuole, verde pubblico, beni artistici e culturali, periferie, edilizia pubblica;
inoltre, sul fronte del welfare sono proprio gli enti locali il primo fronte di lotta alla povertà e di argine alla preoccupante crescita del disagio economico, sociale ed occupazionale,

impegna il Governo:

a definire gli interventi da adottare per ovviare alla grave situazione in cui versano i comuni e le province, assumendo, nei tempi utili alla predisposizione dei bilanci di previsione per il 2010, iniziative normative urgenti di riordino della finanza locale volte a garantire l'autonomia finanziaria degli enti locali nel quadro della concreta attuazione del federalismo fiscale;
a garantire l'integrale copertura del minor gettito derivante dall'abolizione dell'ici sulle abitazioni principali;
ad adottare iniziative normative volte a superare, d'intesa con le associazioni delle autonomie locali, le criticità derivanti dall'applicazione del comma 8 dell'articolo 77-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, anche tenendo conto dei bilanci approvati;
ad adottare iniziative per consentire l'utilizzo degli avanzi di amministrazione per la spesa in conto capitale, in particolare per lavori di medio importo realizzabili entro il 2009;
ad adottare iniziative per escludere il più possibile dai saldi utili del patto di stabilità interno i pagamenti a residui concernenti spese per investimenti effettuati nei limiti delle disponibilità di cassa, a fronte di impegni regolarmente assunti ai sensi dell'articolo 183 del testo unico degli enti locali;
a incentivare l'utilizzo del patrimonio immobiliare per sostenere la spesa in conto capitale ed abbattere il debito, in particolare eliminando i vincoli che impediscono l'utilizzo dei proventi della vendita del patrimonio per finanziare la spesa per investimenti.
(1-00123)
(Nuova formulazione) «Franceschini, Soro, Sereni, Bressa, Amici, Baretta, Fluvi, Bersani, Fontanelli, Zaccaria, D'Antoni, Lanzillotta, Bordo, D'Antona, Ferrari, Giovanelli, Lo Moro, Minniti, Naccarato, Piccolo, Pollastrini, Vassallo, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Causi, Ceccuzzi, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Ria, Sposetti, Strizzolo, Samperi, Lovelli, Codurelli».
(25 febbraio 2009)

La Camera,
premesso che:
i comuni sono l'istituzione più vicina ai cittadini che può fronteggiare in modo efficace la crisi economica, con investimenti che siano un volano per l'economia e con politiche sociali che sostengano famiglie e persone in difficoltà, garantendo una comunità coesa e solidale;
i comuni hanno partecipato più di altri comparti al risanamento della finanza pubblica, essendo il comparto che ha realizzato un surplus rispetto all'obiettivo assegnato dal patto di stabilità;
i comuni sono in difficoltà per i tagli ai trasferimenti, per la non ancora avvenuta completa compensazione ici sulla prima casa, che vale 800 milioni a livello nazionale, per i tagli al fondo delle politiche sociali, per la sopravvalutazione delle entrate presunte dell'ici ex-rurale e della riduzione dei costi della politica;
la situazione è critica ed è ben delineata nel rapporto redatto dall'Istituto per la finanza e l'economia locale (Ifel). Si tratta di una progressiva diminuzione di risorse ai comuni:
a) meno 451 milioni per il 2009 sul contributo ordinario;
b) meno 800 milioni di ici non compensata;
c) minor corresponsione sul fondo delle politiche sociali, con tagli del 35 per cento per il 2008 e del 37 per cento per il 2009;
tutto questo mentre la crisi evidenzia una crescente fascia di povertà e, quindi, una maggior richiesta ai comuni di sussidi ed una maggior spesa proprio rivolta al sociale;
i comuni devono, altresì, confrontarsi, a causa delle regole del patto di stabilità, con una difficoltà sempre maggiore ad effettuare investimenti;
il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, rappresenta una parte rilevante della manovra finanziaria per il triennio 2009/2011;
in particolare, ai commi da 2 a 31 dell'articolo 77-bis, è prevista la disciplina del patto di stabilità interno degli enti locali per gli anni 2009/2011, in base al quale il settore della finanza locale concorre alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2009/2011 in misura pari a 9.690 milioni di euro;
la manovra finanziaria 2009 del Governo ha, dunque, previsto per gli enti locali uno sforzo di riequilibrio dei conti molto pesante nel 2009 e decisamente insostenibile nel 2010-2011:
a) 1.650 milioni nel 2009 (di cui 1.340 a carico dei comuni e 310 delle province);
b) 2.900 milioni nel 2010 (di cui 2.370 a carico dei comuni e 530 delle province);
c) 5.140 milioni nel 2011 (di cui 4.145 a carico dei comuni e 995 delle province);
il contributo richiesto agli enti locali non è proporzionato al loro peso sull'insieme delle amministrazioni pubbliche e non tiene conto che tra il 2004 e il 2007 i comuni sono passati da un deficit di 3.689 milioni ad un avanzo di 325 milioni, mentre le province hanno ridotto il loro deficit da 1.968 a 1.270 milioni;
per effetto della sospensione dell'autonomia impositiva degli enti locali, la manovra di riequilibrio verrà realizzata quasi esclusivamente sul lato delle uscite e gran parte della riduzione delle uscite avverrà sul conto capitale, attraverso la riduzione degli investimenti e il blocco dei pagamenti in conto capitale effettuati da comuni e province;
in particolare, il comma 8 dell'articolo 77-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dalla legge finanziaria per il 2009, dispone che «le risorse originate dalla cessione di azioni o quote di società operanti nel settore dei servizi pubblici locali, nonché quelle derivanti dalla distribuzione dei dividendi determinati da operazioni straordinarie poste in essere dalle predette società, qualora quotate in mercati regolamentati, e le risorse relative alla vendita del patrimonio immobiliare non sono conteggiate nella base assunta a riferimento nel 2007 per l'individuazione degli obiettivi e dei saldi utili per il rispetto del patto di stabilità interno, se destinate alla realizzazione di investimenti o alla riduzione del debito.»;
la riformulazione del comma 8 era stata finalizzata all'esclusione dalla base di calcolo per il patto di stabilità interno (anno 2007) di una serie di entrate di carattere straordinario, che rischiavano di alterare in molte realtà il saldo finanziario di partenza per il conteggio degli obiettivi 2009-2011;
la Ragioneria generale dello Stato, con la circolare n. 2 del 27 gennaio 2009 sul patto di stabilità interno 2009-2011, ha interpretato il dettato letterale del comma 8 in senso fortemente restrittivo, stabilendo che l'esclusione delle risorse straordinarie di cui sopra deve essere riferita non solo al saldo finanziario dell'anno base, ma anche a quello degli anni 2009-2011;
in pratica, stando alla circolare della Ragioneria generale dello Stato, i comuni e le province, nel triennio 2009-2011, non potranno conteggiare tra le entrate valide, ai fini del patto di stabilità interno, le vendite del patrimonio immobiliare. Per i comuni soggetti al patto (che nel 2006 hanno realizzato il 73 per cento delle spese in conto capitale dell'insieme dei comuni) e le province diventerà sostanzialmente inutilizzabile un'importante (e virtuosa) fonte di finanziamento delle spese in conto capitale, mettendo a rischio investimenti per circa 2 miliardi di euro;
si cancellano così dai bilanci dei comuni italiani due miliardi di euro, con un'interpretazione ministeriale che, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, è in contrasto con alcuni ordini del giorno presentati da parlamentari di diversi gruppi e accolti dal Governo come raccomandazione nel corso della discussione sulla legge finanziaria per l'anno 2009;
una recente pronuncia della Corte dei conti della Lombardia, che definisce «in contrasto con la legge finanziaria 2009» la circolare emanata dal Ministro Tremonti il 27 gennaio 2009, conferma che le proteste espresse in quei giorni dai comuni italiani e dall'Anci erano giuste e motivate;
ma agli amministratori locali servono certezze;
alcuni comuni hanno consistenti risorse, che non possono utilizzare proprio per i vincoli del patto di stabilità;
alcuni provvedimenti del Governo hanno ripianato gestioni deficitarie e di dissesto finanziario, come nel caso del comune di Catania, o hanno escluso dal rispetto delle regole del patto di stabilità il comune di Roma, senza modificare le regole per tutti, lasciando così spazio a gravi fenomeni di irresponsabilità amministrativa e di discriminazione su base geografica;
la situazione è paradossale: il quadro generale è tale che l'aver bene amministrato risulta oggi addirittura penalizzante. Roma, Catania ed altre città ancora, che erano in situazioni di dissesto, hanno avuto quanto chiedevano. Altre realtà non possono neppure utilizzare risorse proprie e ciò appare francamente inaccettabile;
di fronte a questi fatti l'Anci ha deciso dal 5 febbraio 2009 di sospendere le relazioni istituzionali col Governo, in attesa di un confronto finalizzato al cambiamento delle regole del patto di stabilità;
un ulteriore fattore di riduzione degli investimenti è rappresentato dalla crisi del mercato immobiliare, destinata a ripercuotersi negativamente sui proventi per concessioni edilizie, che nel 2006 hanno coperto il 9,7 per cento delle riscossioni in conto capitale dei comuni;
per quanto concerne le province, la crisi economica in corso incide sull'imposta provinciale di trascrizione (ipt), il cui gettito 2008 è diminuito dell'8 per cento rispetto al 2007, mentre il dato di gennaio 2009 è addirittura inferiore del 25 per cento rispetto allo stesso mese del 2008; ancor meno confortante è il dato relativo all'imposta responsabilità civile auto, dove annualmente il 2008 ha chiuso con un -5 per cento e la differenza tra gennaio 2009 e gennaio 2008 è addirittura del 14 per cento;
secondo i dati Istat, gli enti locali realizzano la maggioranza degli investimenti fissi lordi delle amministrazioni pubbliche: 18,4 miliardi di euro nel 2007, pari al 50,9 per cento del totale (15,5 miliardi i comuni e 2,9 le province);
le grandi opere decise nell'ultima riunione del Cipe entreranno in campo tra tre anni; servono, invece, opere cantierabili subito: le opere medio-piccole (realizzate, nella gran parte dei casi, dai comuni e dalle province) producono un effetto moltiplicatore sul sistema economico e sull'occupazione molto più elevato delle grandi infrastrutture e distribuito in modo diffuso sul territorio. Tra queste, l'Ance, l'Associazione nazionale dei costruttori edili, ne ha indicate 166, che hanno i progetti pronti, che potrebbero partire subito, ma non sono finanziate;
le difficoltà finanziarie dei comuni e delle province pesano negativamente sull'attività di molte piccole e medie imprese: secondo una recente indagine dell'Ance sui ritardi nei pagamenti da parte delle stazioni appaltanti per lavori pubblici eseguiti, il patto di stabilità interno è una delle cause maggiormente segnalate dalle imprese (46,3 per cento),

impegna il Governo:

ad attuare un confronto con i comuni e le province per:
a) la definizione di un patto di stabilità territoriale che abbia l'obiettivo di premiare gli enti virtuosi e sostenere gli investimenti;
b) la modifica delle regole del patto di stabilità, permettendo alle province ed ai comuni virtuosi di effettuare investimenti ed accelerare i pagamenti delle opere e dei servizi in corso;
a garantire ai comuni l'integrale copertura del minor gettito derivante dall'abolizione dell'ici sulla prima casa;
ad applicare il comma 8 dell'articolo 77-bis del suddetto decreto-legge n. 112 del 2008, nel senso che le risorse originate dalla cessione di azioni o quote di società operanti nel settore dei servizi pubblici locali, dalla distribuzione dei dividendi determinati da operazioni straordinarie poste in essere dalle predette società e dalla vendita del patrimonio immobiliare siano escluse solamente dalla base di calcolo 2007;
ad adottare iniziative per escludere, dai saldi utili del patto di stabilità interno, i pagamenti a residui concernenti spese per investimenti effettuati nei limiti delle disponibilità di cassa, a fronte di impegni regolarmente assunti, ai sensi dell'articolo 183 del testo unico degli enti locali, consentendo così ai comuni e alle province di deliberare il mantenimento degli equilibri di bilancio sia in sede di salvaguardia che in sede di assestamento 2008, rispettando il patto di stabilità ed i pagamenti programmati;
ad adottare iniziative per consentire l'utilizzo degli avanzi di amministrazione per la spesa in conto capitale, in particolare per lavori di medio importo realizzabili entro il 2009.
(1-00134)
«Donadi, Borghesi, Evangelisti, Cambursano».
(16 marzo 2009)

La Camera,
premesso che:
i comuni sono l'istituzione più vicina ai cittadini che può fronteggiare in modo efficace la crisi economica, con investimenti che siano un volano per l'economia e con politiche sociali che sostengano famiglie e persone in difficoltà, garantendo una comunità coesa e solidale;
i comuni hanno partecipato più di altri comparti al risanamento della finanza pubblica, essendo il comparto che ha realizzato un surplus rispetto all'obiettivo assegnato dal patto di stabilità;
i comuni sono in difficoltà per i tagli ai trasferimenti, per la non ancora avvenuta completa compensazione ici sulla prima casa, che vale 800 milioni a livello nazionale, per i tagli al fondo delle politiche sociali, per la sopravvalutazione delle entrate presunte dell'ici ex-rurale e della riduzione dei costi della politica;
la situazione è critica ed è ben delineata nel rapporto redatto dall'Istituto per la finanza e l'economia locale (Ifel). Si tratta di una progressiva diminuzione di risorse ai comuni:
a) meno 451 milioni per il 2009 sul contributo ordinario;
b) meno 800 milioni di ici non compensata;
c) minor corresponsione sul fondo delle politiche sociali, con tagli del 35 per cento per il 2008 e del 37 per cento per il 2009;
tutto questo mentre la crisi evidenzia una crescente fascia di povertà e, quindi, una maggior richiesta ai comuni di sussidi ed una maggior spesa proprio rivolta al sociale;
i comuni devono, altresì, confrontarsi, a causa delle regole del patto di stabilità, con una difficoltà sempre maggiore ad effettuare investimenti;
il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, rappresenta una parte rilevante della manovra finanziaria per il triennio 2009/2011;
in particolare, ai commi da 2 a 31 dell'articolo 77-bis, è prevista la disciplina del patto di stabilità interno degli enti locali per gli anni 2009/2011, in base al quale il settore della finanza locale concorre alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2009/2011 in misura pari a 9.690 milioni di euro;
la manovra finanziaria 2009 del Governo ha, dunque, previsto per gli enti locali uno sforzo di riequilibrio dei conti molto pesante nel 2009 e decisamente insostenibile nel 2010-2011:
a) 1.650 milioni nel 2009 (di cui 1.340 a carico dei comuni e 310 delle province);
b) 2.900 milioni nel 2010 (di cui 2.370 a carico dei comuni e 530 delle province);
c) 5.140 milioni nel 2011 (di cui 4.145 a carico dei comuni e 995 delle province);
il contributo richiesto agli enti locali non è proporzionato al loro peso sull'insieme delle amministrazioni pubbliche e non tiene conto che tra il 2004 e il 2007 i comuni sono passati da un deficit di 3.689 milioni ad un avanzo di 325 milioni, mentre le province hanno ridotto il loro deficit da 1.968 a 1.270 milioni;
per effetto della sospensione dell'autonomia impositiva degli enti locali, la manovra di riequilibrio verrà realizzata quasi esclusivamente sul lato delle uscite e gran parte della riduzione delle uscite avverrà sul conto capitale, attraverso la riduzione degli investimenti e il blocco dei pagamenti in conto capitale effettuati da comuni e province;
in particolare, il comma 8 dell'articolo 77-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dalla legge finanziaria per il 2009, dispone che «le risorse originate dalla cessione di azioni o quote di società operanti nel settore dei servizi pubblici locali, nonché quelle derivanti dalla distribuzione dei dividendi determinati da operazioni straordinarie poste in essere dalle predette società, qualora quotate in mercati regolamentati, e le risorse relative alla vendita del patrimonio immobiliare non sono conteggiate nella base assunta a riferimento nel 2007 per l'individuazione degli obiettivi e dei saldi utili per il rispetto del patto di stabilità interno, se destinate alla realizzazione di investimenti o alla riduzione del debito»;
la riformulazione del comma 8 era stata finalizzata all'esclusione dalla base di calcolo per il patto di stabilità interno (anno 2007) di una serie di entrate di carattere straordinario, che rischiavano di alterare in molte realtà il saldo finanziario di partenza per il conteggio degli obiettivi 2009-2011;
la Ragioneria generale dello Stato, con la circolare n. 2 del 27 gennaio 2009 sul patto di stabilità interno 2009-2011, ha interpretato il dettato letterale del comma 8 in senso fortemente restrittivo, stabilendo che l'esclusione delle risorse straordinarie di cui sopra deve essere riferita non solo al saldo finanziario dell'anno base, ma anche a quello degli anni 2009-2011;
in pratica, stando alla circolare della Ragioneria generale dello Stato, i comuni e le province, nel triennio 2009-2011, non potranno conteggiare tra le entrate valide, ai fini del patto di stabilità interno, le vendite del patrimonio immobiliare. Per i comuni soggetti al patto (che nel 2006 hanno realizzato il 73 per cento delle spese in conto capitale dell'insieme dei comuni) e le province diventerà sostanzialmente inutilizzabile un'importante (e virtuosa) fonte di finanziamento delle spese in conto capitale, mettendo a rischio investimenti per circa 2 miliardi di euro;
si cancellano così dai bilanci dei comuni italiani due miliardi di euro, con un'interpretazione ministeriale che, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, è in contrasto con alcuni ordini del giorno presentati da parlamentari di diversi gruppi e accolti dal Governo come raccomandazione nel corso della discussione sulla legge finanziaria per l'anno 2009;
una recente pronuncia della Corte dei conti della Lombardia, che definisce «in contrasto con la legge finanziaria 2009» la circolare emanata dal Ministro Tremonti il 27 gennaio 2009, conferma che le proteste espresse in quei giorni dai comuni italiani e dall'Anci erano giuste e motivate;
ma agli amministratori locali servono certezze;
alcuni comuni hanno consistenti risorse, che non possono utilizzare proprio per i vincoli del patto di stabilità;
alcuni provvedimenti del Governo hanno ripianato gestioni deficitarie e di dissesto finanziario, come nel caso del comune di Catania, o hanno escluso dal rispetto delle regole del patto di stabilità il comune di Roma, senza modificare le regole per tutti, lasciando così spazio a gravi fenomeni di irresponsabilità amministrativa e di discriminazione su base geografica;
la situazione è paradossale: il quadro generale è tale che l'aver bene amministrato risulta oggi addirittura penalizzante. Roma, Catania ed altre città ancora, che erano in situazioni di dissesto, hanno avuto quanto chiedevano. Altre realtà non possono neppure utilizzare risorse proprie e ciò appare francamente inaccettabile;
di fronte a questi fatti l'Anci ha deciso dal 5 febbraio 2009 di sospendere le relazioni istituzionali col Governo, in attesa di un confronto finalizzato al cambiamento delle regole del patto di stabilità;
un ulteriore fattore di riduzione degli investimenti è rappresentato dalla crisi del mercato immobiliare, destinata a ripercuotersi negativamente sui proventi per concessioni edilizie, che nel 2006 hanno coperto il 9,7 per cento delle riscossioni in conto capitale dei comuni;
per quanto concerne le province, la crisi economica in corso incide sull'imposta provinciale di trascrizione (ipt), il cui gettito 2008 è diminuito dell'8 per cento rispetto al 2007, mentre il dato di gennaio 2009 è addirittura inferiore del 25 per cento rispetto allo stesso mese del 2008; ancor meno confortante è il dato relativo all'imposta responsabilità civile auto, dove annualmente il 2008 ha chiuso con un -5 per cento e la differenza tra gennaio 2009 e gennaio 2008 è addirittura del 14 per cento;
secondo i dati Istat, gli enti locali realizzano la maggioranza degli investimenti fissi lordi delle amministrazioni pubbliche: 18,4 miliardi di euro nel 2007, pari al 50,9 per cento del totale (15,5 miliardi i comuni e 2,9 le province);
le grandi opere decise nell'ultima riunione del Cipe entreranno in campo tra tre anni; servono, invece, opere cantierabili subito: le opere medio-piccole (realizzate, nella gran parte dei casi, dai comuni e dalle province) producono un effetto moltiplicatore sul sistema economico e sull'occupazione molto più elevato delle grandi infrastrutture e distribuito in modo diffuso sul territorio. Tra queste, l'Ance, l'Associazione nazionale dei costruttori edili, ne ha indicate 166, che hanno i progetti pronti, che potrebbero partire subito, ma non sono finanziate;
le difficoltà finanziarie dei comuni e delle province pesano negativamente sull'attività di molte piccole e medie imprese: secondo una recente indagine dell'Ance sui ritardi nei pagamenti da parte delle stazioni appaltanti per lavori pubblici eseguiti, il patto di stabilità interno è una delle cause maggiormente segnalate dalle imprese (46,3 per cento),

impegna il Governo:

ad attuare un confronto con i comuni e le province per:
a) la definizione di un patto di stabilità territoriale che abbia l'obiettivo di premiare gli enti virtuosi e sostenere gli investimenti;
b) la modifica delle regole del patto di stabilità, permettendo alle province ed ai comuni virtuosi di effettuare investimenti ed accelerare i pagamenti delle opere e dei servizi in corso;
a garantire ai comuni l'integrale copertura del minor gettito derivante dall'abolizione dell'ici sulla prima casa;
ad adottare iniziative normative volte a superare, d'intesa con le associazioni delle autonomie locali, le criticità derivanti dall'applicazione del comma 8 dell'articolo 77-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, anche tenendo conto dei bilanci approvati;
ad adottare iniziative per escludere il più possibile dai saldi utili del patto di stabilità interno i pagamenti a residui concernenti spese per investimenti effettuati nei limiti delle disponibilità di cassa, a fronte di impegni regolarmente assunti ai sensi dell'articolo 183 del testo unico degli enti locali;
ad adottare iniziative per consentire l'utilizzo degli avanzi di amministrazione per la spesa in conto capitale, in particolare per lavori di medio importo realizzabili entro il 2009.
(1-00134)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Donadi, Borghesi, Evangelisti, Cambursano».
(16 marzo 2009)

La Camera,
premesso che:
la situazione della finanza locale è giunta ad un punto molto critico, dovuto al gravoso contributo imposto ai comuni ai fini del risanamento dei conti pubblici, all'abolizione dell'ici sulla prima casa, ai vincoli stringenti sul nuovo patto di stabilità interno;
le gravi condizioni di bilancio in cui versano gli enti locali, che hanno effettuato investimenti e programmazioni economiche-finanziarie sulla base delle previste entrate ici e dei trasferimenti dello Stato che poi sono venuti a mancare, rendono consistente il rischio collasso di tutto il sistema;
la manovra di contenimento della spesa delle autonomie territoriali ha conseguenze rilevanti sulla spesa sociale e sugli investimenti degli enti locali, che rappresentano il 70 per cento del complesso degli investimenti realizzati sul territorio nazionale;
questo è particolarmente grave in una situazione di crisi economica internazionale, nella quale gli investimenti pubblici anche locali sono considerati in tutti i Paesi un importante sostegno all'economia;
le opere infrastrutturali locali rappresentano, inoltre, un volano per lo sviluppo del territorio di riferimento, anche ai fini del rilancio occupazionale;
l'Anci, attraverso la Fondazione Istituto per la finanza e l'economia locale (Ifel), ha condotto un'indagine tra i comuni soggetti al rispetto del patto di stabilità interno, al fine di comprendere nel miglior modo possibile l'impatto della manovra finanziaria per l'anno 2009, analizzare la struttura e le dinamiche dei trasferimenti ricevuti dagli enti locali, gli effetti sull'autonomia tributaria derivanti dalla soppressione dell'ici sulla prima casa, le conseguenze del nuovo patto di stabilità interno sulla spesa per investimenti;
il rapporto dell'Istituto per la finanza e l'economia locale (Ifel) 2008 ha evidenziato che, per quanto concerne il quadro di finanza dei comuni, dopo un trend finanziario declinante dal 1990 al 2002, si è avuta una tendenza migliorativa dei bilanci culminata nel 2007, quando i comuni sono stati l'unico comparto della pubblica amministrazione ad aver raggiunto un avanzo di bilancio, dovuto ad un minimo utilizzo della leva fiscale e ad un massimo controllo della spesa, compresa quella per investimenti;
nonostante tale comportamento virtuoso dei comuni, la recente programmazione di bilancio, sebbene orientata a rafforzare la solidità dei conti pubblici, ha ridotto l'autonomia tributaria e la necessità di sviluppo degli enti locali, obbligandoli ad uno sforzo superiore al peso del comparto;
infatti, il documento di programmazione economico-finanziaria 2009-2013, ripartendo gli obiettivi di finanza pubblica sui diversi livelli di governo, a fronte di una riduzione complessiva del deficit di circa 1,6 punti percentuali in rapporto al prodotto interno lordo, ha imposto ai comuni un risanamento pari al 25 per cento del totale, ben superiore al peso relativo di comparto, pari invece al 7 per cento, e tale contrazione riguarda necessariamente il versante della spesa, rappresentata per circa la metà da quella per investimenti;
le misure dell'ultima manovra di bilancio generano nel 2011 un taglio della spesa finale dei comuni pari ad oltre il 18 per cento di quella realizzata nel 2008, anno già caratterizzato da un forte declino degli investimenti;
l'entità della manovra imposta si connette con la riduzione di risorse messe a disposizione dei comuni, realizzata sia attraverso una progressiva riduzione dei trasferimenti in quota al prodotto interno lordo, sia mediante l'abbattimento dell'autonomia tributaria indotto dall'abolizione dell'ici sulla prima casa, mettendo a serio rischio il sistema finanziario delle amministrazioni comunali e la loro posizione debitoria;
per molti comuni il livello di indebitamento è maggiore del 200 per cento delle entrate proprie correnti e per essi a breve si potrebbe configurare la necessità di utilizzare risorse aggiuntive, creando ulteriori pressioni sui loro bilanci e sulla tenuta dei servizi locali;
il gettito ici rappresentava per i comuni un'importante fonte di entrata e ne garantiva buona parte dell'autonomia tributaria, permettendo di disporre delle risorse necessarie all'erogazione dei servizi pubblici di prossimità, quali servizi sociali, servizi scolastici, trasporto pubblico locale e servizi ambientali;
secondo il rapporto dell'Istituto per la finanza e l'economia locale (Ifel) sul dato ici relativo al 2006, pari per l'insieme dei comuni a 3,3 miliardi, l'abolizione decisa con il decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, genera un taglio del 7 per cento delle entrate correnti (solo in parte compensato da trasferimenti erariali) e comunque del 13 per cento di quelle tributarie, riducendo l'autonomia tributaria degli stessi di cinque punti percentuali;
le difficoltà finanziarie dei comuni e i problemi di liquidità connessi al mancato gettito ici, non ancora completamente coperto, sono andati peggiorando, a causa delle stringenti regole connesse al nuovo patto di stabilità;
ad essere penalizzati sono, soprattutto, gli investimenti degli enti locali, per il fatto che le norme sui saldi finanziari impediscono di utilizzare risorse che i comuni hanno a disposizione, a partire dagli avanzi di amministrazione;
l'articolo 77 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha definito gli obiettivi finanziari del patto di stabilità interno per le regioni e gli enti locali per il triennio 2009-2011, fissando il concorso del settore locale alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, in termini di indebitamento netto, in misura pari a 1.650 milioni di euro per l'anno 2009, 2.900 milioni di euro per l'anno 2010 e 5.140 milioni di euro per l'anno 2011;
l'articolo 77-bis del medesimo decreto-legge detta le regole relative al nuovo patto di stabilità interno per gli enti locali, al fine di garantire il conseguimento degli obiettivi finanziari stabiliti per il triennio 2009-2011;
gli obiettivi programmatici imposti dal patto di stabilità a ciascun ente locale consistono nel raggiungimento, ai sensi dei commi 6 e 7 dell'articolo 77-bis, per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011, di un saldo finanziario in termini di competenza mista pari a quello del 2007, migliorato per gli enti in disavanzo o peggiorato per gli enti in avanzo della misura determinata dall'applicazione di specifici coefficienti al saldo 2007;
il comma 8 del medesimo articolo 77-bis ha stabilito che le risorse derivanti dalla cessione di azioni o quote di società operanti nel settore dei servizi pubblici locali e le risorse derivanti dalla vendita del patrimonio immobiliare non sono conteggiate nei saldi rilevanti ai fini del patto di stabilità interno, qualora siano destinate alla riduzione del debito o alla realizzazione di investimenti strutturali;
l'articolo 2, comma 41, della legge finanziaria 22 dicembre 2008, n. 203 (legge finanziaria 2009), ha modificato il comma 8 dell'articolo 77-bis del decreto legge n. 112 del 2008, escludendo dai saldi anche le risorse provenienti dalla distribuzione dei dividendi derivanti da operazioni straordinarie poste in essere dalle società di servizi pubblici locali, purché quotate nei mercati regolamentati, a condizione che tali risorse siano destinate alla realizzazione di investimenti a qualsiasi titolo (e non solo di quelli infrastrutturali) o alla riduzione del debito;
in base alla nuova formulazione del comma 8, tali voci risulterebbero escluse dal computo del saldo finanziario 2007, preso a base di riferimento per l'individuazione dei saldi obiettivo e dei saldi utili per il rispetto del patto di stabilità interno;
il comma 8 dell'articolo 77-bis dispone in questo modo la neutralità dei proventi da alienazioni per la costruzione dei saldi rilevanti ai fini del rispetto del patto di stabilità interno;
questa disposizione, che genera un effetto positivo per gli enti che nel 2007 hanno operato dismissioni in misura consistente, ha effetti negativi, invece, per gli enti che faranno alienazioni dall'anno 2009, in quanto non potranno computare questi proventi straordinari come entrate utili ai fini del patto e per finanziare spesa per investimenti;
se si considera che negli anni scorsi l'incidenza di tali entrate sul totale della spesa è stata pari in media all'11 per cento, con picchi superiori al 25 per cento, si può intuire quali saranno gli effetti sulla spesa per investimenti dei comuni nei prossimi anni;
infatti, qualora tale dispositivo non venga modificato, rendendolo facoltativo come richiesto dall'Anci, i comuni soggetti ai vincoli del patto di stabilità interno avranno grandi difficoltà a compensare la spesa per investimenti programmata;
questo risultato appare in palese contrasto con quanto stabilito dall'articolo 58 dello stesso decreto-legge n. 112 del 2008, che incentiva le dismissioni del patrimonio immobiliare locale;
la circolare n. 2 del 27 gennaio 2009, emanata dalla Ragioneria generale dello Stato, concernente «il patto di stabilità interno per il 2009-2011 per province e comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti», disciplinato dall'articolo 77-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, come modificato dalla legge finanziaria per il 2009, contiene al punto C.2, «Esclusione dal saldo delle entrate rivenienti dalle alienazioni mobiliari e immobiliari e da dividendi», un'interpretazione restrittiva del comma 8 dell'articolo 77-bis, secondo la quale l'esclusione delle suddette risorse deve essere riferita non solo al saldo finanziario preso a base di riferimento, ossia l'anno 2007, ma anche al saldo di gestione degli anni del patto, ossia gli anni 2009-2011, cosa che limita fortemente l'opportunità degli enti locali di destinare ad investimenti le risorse conseguite con dismissioni di azioni, quote e immobili;
la restrittiva interpretazione deriverebbe dal fatto che nel comma 8, come modificato dall'articolo 2, comma 41, della legge finanziaria per il 2009, sono state inserite le parole «e dei saldi utili per il rispetto del patto di stabilità interno», il che implicherebbe che l'esclusione non debba riferirsi solo al saldo finanziario 2007, ma ad entrambe le tipologie di saldo;
la circolare spiega, inoltre, che «escludere le entrate straordinarie solo dal saldo preso a riferimento per la determinazione degli obiettivi (anno 2007) e non anche dalla verifica comporta un peggioramento dei saldi di finanza pubblica, in quanto verrebbero significativamente ridimensionati gli obiettivi degli anni 2009, 2010 e 2011; peggioramento che, nella fase di approvazione legislativa, avrebbe richiesto un'adeguata compensazione finanziaria. Le entrate straordinarie, infatti, devono essere escluse anche dai saldi utili per la verifica del rispetto del patto, in quanto solo in tale circostanza è sostenibile la tesi della neutralità della disposizione, in ragione del fatto che i benefici di alcuni enti locali sarebbero compensati dagli svantaggi di altri.»;
tale interpretazione, essendo gli investimenti realizzati in più anni, rende difficile la programmazione delle spese in conto capitale da sottoporre a revisione ogni anno del triennio 2009-2011 per la verifica del rispetto del patto di stabilità;
non consentire l'utilizzo dei proventi derivanti dalle alienazioni immobiliari per finanziare la spesa per investimenti significa cancellare dai bilanci degli enti locali una base di riferimento significativa e consistente, nonché bloccare le opere pubbliche già programmate, causando così seri problemi in termini di servizi, di sicurezza e di sviluppo del territorio, oltre che in termini di rispetto del patto di stabilità per circa l'80 per cento dei comuni italiani, con ulteriori ripercussioni sulla tenuta dei saldi di finanza pubblica;
le suddette misure non permettono alle amministrazioni locali un'immediata spendibilità di quelle risorse che gli stessi enti avrebbero la possibilità di attivare sbloccando una parte dei residui passivi relativi alla spesa in conto capitale, per portare a termine opere già cantierate e non concluse perché i comuni non possono spendere risorse che sono già in loro possesso, pena il superamento dei vincoli posti dal patto di stabilità,

impegna il Governo:

ad assicurare ai comuni la totale compensazione delle minori entrate derivanti dall'abolizione dell'ici sulla prima casa, che rappresentava un'importante fonte di entrata e ne garantiva buona parte dell'autonomia tributaria;
ad introdurre, ai fini del computo del saldo finanziario, criteri più flessibili per favorire le spese di investimento sostenute dagli enti locali, che rappresentano il 70 per cento del complesso degli investimenti realizzati sul territorio nazionale;
ad interpretare la norma contenuta nel comma 8 dell'articolo 77-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, nel senso che l'esclusione delle risorse derivanti dalla cessione di azioni o quote di società operanti nel settore dei servizi pubblici locali, dalla distribuzione dei dividendi determinati da operazioni straordinarie poste in essere dalle suddette società e dalla vendita del patrimonio immobiliare sia applicata solo alla base di riferimento anno 2007 e non anche in rapporto al saldo degli anni di gestione del patto per il triennio 2009-2011, al fine della verifica degli obiettivi di finanza pubblica;
a definire nuovi meccanismi finanziari che consentano agli enti locali virtuosi di poter incrementare la spesa per i propri investimenti attraverso l'utilizzazione dei proventi derivanti dall'attuazione del comma 8 dell'articolo 77-bis;
ad adottare iniziative per escludere dai saldi utili del patto di stabilità interno degli enti locali i pagamenti a residui concernenti spese per investimenti effettuati nei limiti delle disponibilità di cassa a fronte di impegni regolarmente assunti, ai sensi dell'articolo 183 del testo unico degli enti locali;
ad attenuare i vincoli del patto di stabilità per le spese sostenute dai comuni inerenti i servizi sociali e la sicurezza;
ad attuare una rimodulazione degli obiettivi di finanza locale in misura equa per tutto il comparto e compatibile con le realtà di bilancio dei singoli enti, nonché un riproporzionamento dei contributi di ciascun livello di governo al perseguimento degli obiettivi di risanamento pubblico più rispondente al peso effettivo di ciascuno all'interno della pubblica amministrazione.
(1-00135)
«Galletti, Vietti, Ciccanti, Occhiuto, Tabacci, Tassone, Compagnon, Naro, Volontè».
(16 marzo 2009)

La Camera,
premesso che:
la situazione della finanza locale è giunta ad un punto molto critico, dovuto al gravoso contributo imposto ai comuni ai fini del risanamento dei conti pubblici, all'abolizione dell'ici sulla prima casa, ai vincoli stringenti sul nuovo patto di stabilità interno;
le gravi condizioni di bilancio in cui versano gli enti locali, che hanno effettuato investimenti e programmazioni economiche-finanziarie sulla base delle previste entrate ici e dei trasferimenti dello Stato che poi sono venuti a mancare, rendono consistente il rischio collasso di tutto il sistema;
la manovra di contenimento della spesa delle autonomie territoriali ha conseguenze rilevanti sulla spesa sociale e sugli investimenti degli enti locali, che rappresentano il 70 per cento del complesso degli investimenti realizzati sul territorio nazionale;
questo è particolarmente grave in una situazione di crisi economica internazionale, nella quale gli investimenti pubblici anche locali sono considerati in tutti i Paesi un importante sostegno all'economia;
le opere infrastrutturali locali rappresentano, inoltre, un volano per lo sviluppo del territorio di riferimento, anche ai fini del rilancio occupazionale;
l'Anci, attraverso la Fondazione Istituto per la finanza e l'economia locale (Ifel), ha condotto un'indagine tra i comuni soggetti al rispetto del patto di stabilità interno, al fine di comprendere nel miglior modo possibile l'impatto della manovra finanziaria per l'anno 2009, analizzare la struttura e le dinamiche dei trasferimenti ricevuti dagli enti locali, gli effetti sull'autonomia tributaria derivanti dalla soppressione dell'ici sulla prima casa, le conseguenze del nuovo patto di stabilità interno sulla spesa per investimenti;
il rapporto dell'Istituto per la finanza e l'economia locale (Ifel) 2008 ha evidenziato che, per quanto concerne il quadro di finanza dei comuni, dopo un trend finanziario declinante dal 1990 al 2002, si è avuta una tendenza migliorativa dei bilanci culminata nel 2007, quando i comuni sono stati l'unico comparto della pubblica amministrazione ad aver raggiunto un avanzo di bilancio, dovuto ad un minimo utilizzo della leva fiscale e ad un massimo controllo della spesa, compresa quella per investimenti;
nonostante tale comportamento virtuoso dei comuni, la recente programmazione di bilancio, sebbene orientata a rafforzare la solidità dei conti pubblici, ha ridotto l'autonomia tributaria e la necessità di sviluppo degli enti locali, obbligandoli ad uno sforzo superiore al peso del comparto;
infatti, il documento di programmazione economico-finanziaria 2009-2013, ripartendo gli obiettivi di finanza pubblica sui diversi livelli di governo, a fronte di una riduzione complessiva del deficit di circa 1,6 punti percentuali in rapporto al prodotto interno lordo, ha imposto ai comuni un risanamento pari al 25 per cento del totale, ben superiore al peso relativo di comparto, pari invece al 7 per cento, e tale contrazione riguarda necessariamente il versante della spesa, rappresentata per circa la metà da quella per investimenti;
le misure dell'ultima manovra di bilancio generano nel 2011 un taglio della spesa finale dei comuni pari ad oltre il 18 per cento di quella realizzata nel 2008, anno già caratterizzato da un forte declino degli investimenti;
l'entità della manovra imposta si connette con la riduzione di risorse messe a disposizione dei comuni, realizzata sia attraverso una progressiva riduzione dei trasferimenti in quota al prodotto interno lordo, sia mediante l'abbattimento dell'autonomia tributaria indotto dall'abolizione dell'ici sulla prima casa, mettendo a serio rischio il sistema finanziario delle amministrazioni comunali e la loro posizione debitoria;
per molti comuni il livello di indebitamento è maggiore del 200 per cento delle entrate proprie correnti e per essi a breve si potrebbe configurare la necessità di utilizzare risorse aggiuntive, creando ulteriori pressioni sui loro bilanci e sulla tenuta dei servizi locali;
il gettito ici rappresentava per i comuni un'importante fonte di entrata e ne garantiva buona parte dell'autonomia tributaria, permettendo di disporre delle risorse necessarie all'erogazione dei servizi pubblici di prossimità, quali servizi sociali, servizi scolastici, trasporto pubblico locale e servizi ambientali;
secondo il rapporto dell'Istituto per la finanza e l'economia locale (Ifel) sul dato ici relativo al 2006, pari per l'insieme dei comuni a 3,3 miliardi, l'abolizione decisa con il decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, genera un taglio del 7 per cento delle entrate correnti (solo in parte compensato da trasferimenti erariali) e comunque del 13 per cento di quelle tributarie, riducendo l'autonomia tributaria degli stessi di cinque punti percentuali;
le difficoltà finanziarie dei comuni e i problemi di liquidità connessi al mancato gettito ici, non ancora completamente coperto, sono andati peggiorando, a causa delle stringenti regole connesse al nuovo patto di stabilità;
ad essere penalizzati sono, soprattutto, gli investimenti degli enti locali, per il fatto che le norme sui saldi finanziari impediscono di utilizzare risorse che i comuni hanno a disposizione, a partire dagli avanzi di amministrazione;
l'articolo 77 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha definito gli obiettivi finanziari del patto di stabilità interno per le regioni e gli enti locali per il triennio 2009-2011, fissando il concorso del settore locale alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, in termini di indebitamento netto, in misura pari a 1.650 milioni di euro per l'anno 2009, 2.900 milioni di euro per l'anno 2010 e 5.140 milioni di euro per l'anno 2011;
l'articolo 77-bis del medesimo decreto-legge detta le regole relative al nuovo patto di stabilità interno per gli enti locali, al fine di garantire il conseguimento degli obiettivi finanziari stabiliti per il triennio 2009-2011;
gli obiettivi programmatici imposti dal patto di stabilità a ciascun ente locale consistono nel raggiungimento, ai sensi dei commi 6 e 7 dell'articolo 77-bis, per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011, di un saldo finanziario in termini di competenza mista pari a quello del 2007, migliorato per gli enti in disavanzo o peggiorato per gli enti in avanzo della misura determinata dall'applicazione di specifici coefficienti al saldo 2007;
il comma 8 del medesimo articolo 77-bis ha stabilito che le risorse derivanti dalla cessione di azioni o quote di società operanti nel settore dei servizi pubblici locali e le risorse derivanti dalla vendita del patrimonio immobiliare non sono conteggiate nei saldi rilevanti ai fini del patto di stabilità interno, qualora siano destinate alla riduzione del debito o alla realizzazione di investimenti strutturali;
l'articolo 2, comma 41, della legge finanziaria 22 dicembre 2008, n. 203 (legge finanziaria 2009), ha modificato il comma 8 dell'articolo 77-bis del decreto legge n. 112 del 2008, escludendo dai saldi anche le risorse provenienti dalla distribuzione dei dividendi derivanti da operazioni straordinarie poste in essere dalle società di servizi pubblici locali, purché quotate nei mercati regolamentati, a condizione che tali risorse siano destinate alla realizzazione di investimenti a qualsiasi titolo (e non solo di quelli infrastrutturali) o alla riduzione del debito;
in base alla nuova formulazione del comma 8, tali voci risulterebbero escluse dal computo del saldo finanziario 2007, preso a base di riferimento per l'individuazione dei saldi obiettivo e dei saldi utili per il rispetto del patto di stabilità interno;
il comma 8 dell'articolo 77-bis dispone in questo modo la neutralità dei proventi da alienazioni per la costruzione dei saldi rilevanti ai fini del rispetto del patto di stabilità interno;
questa disposizione, che genera un effetto positivo per gli enti che nel 2007 hanno operato dismissioni in misura consistente, ha effetti negativi, invece, per gli enti che faranno alienazioni dall'anno 2009, in quanto non potranno computare questi proventi straordinari come entrate utili ai fini del patto e per finanziare spesa per investimenti;
se si considera che negli anni scorsi l'incidenza di tali entrate sul totale della spesa è stata pari in media all'11 per cento, con picchi superiori al 25 per cento, si può intuire quali saranno gli effetti sulla spesa per investimenti dei comuni nei prossimi anni;
infatti, qualora tale dispositivo non venga modificato, rendendolo facoltativo come richiesto dall'Anci, i comuni soggetti ai vincoli del patto di stabilità interno avranno grandi difficoltà a compensare la spesa per investimenti programmata;
questo risultato appare in palese contrasto con quanto stabilito dall'articolo 58 dello stesso decreto-legge n. 112 del 2008, che incentiva le dismissioni del patrimonio immobiliare locale;
la circolare n. 2 del 27 gennaio 2009, emanata dalla Ragioneria generale dello Stato, concernente «il patto di stabilità interno per il 2009-2011 per province e comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti», disciplinato dall'articolo 77-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, come modificato dalla legge finanziaria per il 2009, contiene al punto C.2, «Esclusione dal saldo delle entrate rivenienti dalle alienazioni mobiliari e immobiliari e da dividendi», un'interpretazione restrittiva del comma 8 dell'articolo 77-bis, secondo la quale l'esclusione delle suddette risorse deve essere riferita non solo al saldo finanziario preso a base di riferimento, ossia l'anno 2007, ma anche al saldo di gestione degli anni del patto, ossia gli anni 2009-2011, cosa che limita fortemente l'opportunità degli enti locali di destinare ad investimenti le risorse conseguite con dismissioni di azioni, quote e immobili;
la restrittiva interpretazione deriverebbe dal fatto che nel comma 8, come modificato dall'articolo 2, comma 41, della legge finanziaria per il 2009, sono state inserite le parole «e dei saldi utili per il rispetto del patto di stabilità interno», il che implicherebbe che l'esclusione non debba riferirsi solo al saldo finanziario 2007, ma ad entrambe le tipologie di saldo;
la circolare spiega, inoltre, che «escludere le entrate straordinarie solo dal saldo preso a riferimento per la determinazione degli obiettivi (anno 2007) e non anche dalla verifica comporta un peggioramento dei saldi di finanza pubblica, in quanto verrebbero significativamente ridimensionati gli obiettivi degli anni 2009, 2010 e 2011; peggioramento che, nella fase di approvazione legislativa, avrebbe richiesto un'adeguata compensazione finanziaria. Le entrate straordinarie, infatti, devono essere escluse anche dai saldi utili per la verifica del rispetto del patto, in quanto solo in tale circostanza è sostenibile la tesi della neutralità della disposizione, in ragione del fatto che i benefici di alcuni enti locali sarebbero compensati dagli svantaggi di altri»;
tale interpretazione, essendo gli investimenti realizzati in più anni, rende difficile la programmazione delle spese in conto capitale da sottoporre a revisione ogni anno del triennio 2009-2011 per la verifica del rispetto del patto di stabilità;
non consentire l'utilizzo dei proventi derivanti dalle alienazioni immobiliari per finanziare la spesa per investimenti significa cancellare dai bilanci degli enti locali una base di riferimento significativa e consistente, nonché bloccare le opere pubbliche già programmate, causando così seri problemi in termini di servizi, di sicurezza e di sviluppo del territorio, oltre che in termini di rispetto del patto di stabilità per circa l'80 per cento dei comuni italiani, con ulteriori ripercussioni sulla tenuta dei saldi di finanza pubblica;
le suddette misure non permettono alle amministrazioni locali un'immediata spendibilità di quelle risorse che gli stessi enti avrebbero la possibilità di attivare sbloccando una parte dei residui passivi relativi alla spesa in conto capitale, per portare a termine opere già cantierate e non concluse perché i comuni non possono spendere risorse che sono già in loro possesso, pena il superamento dei vincoli posti dal patto di stabilità,

impegna il Governo:

ad assicurare ai comuni la totale compensazione delle minori entrate derivanti dall'abolizione dell'ici sulla prima casa, che rappresentava un'importante fonte di entrata e ne garantiva buona parte dell'autonomia tributaria;
ad introdurre, ai fini del computo del saldo finanziario, criteri più flessibili per favorire le spese di investimento sostenute dagli enti locali, che rappresentano il 70 per cento del complesso degli investimenti realizzati sul territorio nazionale;
ad interpretare la norma contenuta nel comma 8 dell'articolo 77-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, nel senso che l'esclusione delle risorse derivanti dalla cessione di azioni o quote di società operanti nel settore dei servizi pubblici locali, dalla distribuzione dei dividendi determinati da operazioni straordinarie poste in essere dalle suddette società e dalla vendita del patrimonio immobiliare sia applicata solo alla base di riferimento anno 2007 e non anche in rapporto al saldo degli anni di gestione del patto per il triennio 2009-2011, al fine della verifica degli obiettivi di finanza pubblica;
a definire nuovi meccanismi finanziari che consentano agli enti locali virtuosi di poter incrementare la spesa per i propri investimenti attraverso l'utilizzazione dei proventi derivanti dall'attuazione del comma 8 dell'articolo 77-bis;
ad adottare iniziative per escludere dai saldi utili del patto di stabilità interno degli enti locali i pagamenti a residui concernenti spese per investimenti effettuati nei limiti delle disponibilità di cassa a fronte di impegni regolarmente assunti, ai sensi dell'articolo 183 del testo unico degli enti locali;
ad attuare una rimodulazione degli obiettivi di finanza locale in misura equa per tutto il comparto e compatibile con le realtà di bilancio dei singoli enti, nonché un riproporzionamento dei contributi di ciascun livello di governo al perseguimento degli obiettivi di risanamento pubblico più rispondente al peso effettivo di ciascuno all'interno della pubblica amministrazione.
(1-00135)
(Nuova formulazione) «Galletti, Vietti, Ciccanti, Occhiuto, Tabacci, Tassone, Compagnon, Naro, Volontè».
(16 marzo 2009)

La Camera,
premesso che:
il patto di stabilità per gli enti locali (regioni, province e comuni sopra i 5.000 abitanti) ha lo scopo di coordinare la finanza degli enti locali con quella dello Stato, al fine di ottemperare al patto di stabilità europeo;
in base al patto di stabilità europeo, gli Stati membri che, soddisfacendo tutti i cosiddetti parametri di Maastricht, hanno deciso di adottare l'euro, devono continuare a rispettare quelli correlati alla finanza pubblica, ossia un deficit pubblico non superiore al 3 per cento del prodotto interno lordo e un debito pubblico al di sotto del 60 per cento del prodotto interno lordo (o, comunque, un debito pubblico che dia segnali di rientro);
da più parti si è sottolineato il fatto che il meccanismo rigido e quasi automatico del patto di stabilità rischia di riflettersi in termini negativi sui tassi di sviluppo del Paese e di agire in termini prociclici. È, invece, indispensabile, soprattutto in un periodo di crisi economica come l'attuale, adottare politiche anticicliche finalizzate a contrastare il decremento dello sviluppo;
a tal fine si deve valutare l'opportunità, per quanto concerne l'Italia, di rimodulare internamente i vincoli del patto di stabilità, che valgono rigidamente per i saldi di finanza pubblica statale, al fine di premiare gli enti più virtuosi e non comprimere eccessivamente gli investimenti, che possono avere non solo funzione anticiclica, ma costituire un'importante massa d'urto, tenendo anche conto del fatto che, a differenza dei pur essenziali interventi infrastrutturali di grande rilievo, essi rappresentano somme immediatamente spendibili e quindi hanno un impatto immediato;
il patto di stabilità interno per gli enti locali relativo agli anni 2009-2011, introdotto con il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, al fine di evitare eccessive correzioni nell'ambito della struttura dei conti di tali enti, non poteva che muoversi, nelle grandi linee, se non in armonia con il contenuto del precedente patto di stabilità e quindi ha mantenuto il meccanismo della competenza mista - competenza per la spesa corrente e cassa per quella in conto capitale - per la definizione dei saldi-obietttivo della manovra;
tale sistema, per quanto concerne la spesa per investimenti, rischia di danneggiarla a vantaggio della spesa corrente e, d'altro canto, non è idoneo a garantire flussi adeguati ai pagamenti in relazione all'effettivo realizzarsi della spesa in conto capitale;
malgrado le modifiche e le innovazioni introdotte sia nel citato decreto-legge n. 112 del 2008, sia nella legge finanziaria per il 2009, risultano comunque difficoltà ad incrementare la spesa per investimenti e quindi è opportuna un'ulteriore revisione in materia;
a tale proposito, il comma 8 dell'articolo 77-bis del già citato decreto-legge n. 112 del 2008, pur avendo la finalità di consentire incrementi della spesa di investimento, con copertura riferita ad entrate di carattere straordinario, ha dato luogo ad interpretazioni difformi (si veda quella data dalla sezione regionale lombarda della Corte dei conti, interpellata dal sindaco di Varese) e, in particolare, la sua applicazione rigida contenuta nella circolare in materia della Ragioneria generale dello Stato ha lasciato insoddisfatti molti enti locali;
una maggiore autonomia di spesa, soprattutto per investimenti degli enti locali, è in linea con i nuovi principi del federalismo fiscale che la Camera dei deputati si accinge a discutere e ad approvare;
per risolvere alcune situazioni di crisi di specifici comuni italiani, il Governo è dovuto intervenire con specifiche dotazioni finanziarie, che si sono dovute porre al di fuori dei meccanismi del patto di stabilità, creando un certo grado di malcontento, soprattutto da parte degli enti locali più virtuosi;
gli stretti vincoli del patto di stabilità per il triennio 2009-2011 non consentono alle amministrazioni locali di utilizzare i residui passivi relativi alla spesa in conto capitale per portare a termine opere già programmate, nonché regolare i pagamenti alle imprese fornitrici, che sono in grave difficoltà per mancanza di liquidità;
gli enti locali potrebbero essere «costretti» a contrarre non solo i pagamenti alle aziende fornitrici, ma anche l'erogazione di servizi sociali essenziali, pur di rispettare il patto di stabilità per il triennio 2009-2011 ed evitare le applicazioni di sanzioni amministrative;
per un efficace rilancio degli investimenti, anche ai fini anticongiunturali, è necessario che queste risorse, già in possesso degli enti locali, possano essere almeno in parte utilizzate al fine di effettuare investimenti necessari in infrastrutture, scuole, manutenzioni ordinarie e straordinarie, ritenute essenziali per l'erogazione dei servizi ai cittadini,

impegna il Governo:

ad adottare iniziative normative volte a rivedere i criteri su cui si basa la disciplina del patto di stabilità (calcolo del saldo finanziario e principio della competenza mista, nonché riferimento ad un solo anno per il calcolo dei saldi-obiettivo), introdotta dal Governo Prodi, per renderla più idonea all'adozione di politiche dinamiche della spesa, atte a premiare gli enti virtuosi e a selezionare positivamente le tipologie di spesa più adeguate a promuovere lo sviluppo economico del Paese, nonché per tenere anche conto delle variazioni demografiche dei comuni;
a coordinare i principi del nuovo patto di stabilità interno con quelli del federalismo fiscale;
a operare, sin da subito, con un'immediata iniziativa normativa, per poter ampliare il più possibile, ferme restando le compatibilità finanziarie complessive, gli attuali vincoli del patto di stabilità interno, al fine di incentivare la spesa di investimento degli enti locali virtuosi;
ad adottare iniziative normative volte a superare il comma 8 dell'articolo 77-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 d'intesa con le associazioni degli enti locali, tenendo conto delle criticità derivanti dall'applicazione del citato comma, nonché dalla deliberazione sull'interpretazione di tale norma emessa il 24 febbraio 2009 dalla sezione regionale di controllo per la Lombardia della Corte dei conti;
a valutare l'adozione di strumenti che consentano, in tale quadro, la liquidazione della maggiore quantità possibile di crediti maturati dalle piccole e medie imprese nei confronti dei comuni, eventualmente mediante l'intervento della Cassa depositi e prestiti oppure mediante il rilascio di forme di garanzia dello Stato, al fine di sopperire alla grave mancanza di liquidità delle piccole e medie imprese.
(1-00138)
«Cicchitto, Cota, Lo Monte, Bitonci, Bocchino, Iannaccone, Osvaldo Napoli, Fugatti, Baldelli, Lorenzin».
(16 marzo 2009)

La Camera,
premesso che:
il patto di stabilità per gli enti locali (regioni, province e comuni sopra i 5.000 abitanti) ha lo scopo di coordinare la finanza degli enti locali con quella dello Stato, al fine di ottemperare al patto di stabilità europeo;
in base al patto di stabilità europeo, gli Stati membri che, soddisfacendo tutti i cosiddetti parametri di Maastricht, hanno deciso di adottare l'euro, devono continuare a rispettare quelli correlati alla finanza pubblica, ossia un deficit pubblico non superiore al 3 per cento del prodotto interno lordo e un debito pubblico al di sotto del 60 per cento del prodotto interno lordo (o, comunque, un debito pubblico che dia segnali di rientro);
da più parti si è sottolineato il fatto che il meccanismo rigido e quasi automatico del patto di stabilità rischia di riflettersi in termini negativi sui tassi di sviluppo del Paese e di agire in termini prociclici. È, invece, indispensabile, soprattutto in un periodo di crisi economica come l'attuale, adottare politiche anticicliche finalizzate a contrastare il decremento dello sviluppo;
a tal fine si deve valutare l'opportunità, per quanto concerne l'Italia, di rimodulare internamente i vincoli del patto di stabilità, che valgono rigidamente per i saldi di finanza pubblica statale, al fine di premiare gli enti più virtuosi e non comprimere eccessivamente gli investimenti, che possono avere non solo funzione anticiclica, ma costituire un'importante massa d'urto, tenendo anche conto del fatto che, a differenza dei pur essenziali interventi infrastrutturali di grande rilievo, essi rappresentano somme immediatamente spendibili e quindi hanno un impatto immediato;
il patto di stabilità interno per gli enti locali relativo agli anni 2009-2011, introdotto con il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, al fine di evitare eccessive correzioni nell'ambito della struttura dei conti di tali enti, non poteva che muoversi, nelle grandi linee, se non in armonia con il contenuto del precedente patto di stabilità e quindi ha mantenuto il meccanismo della competenza mista - competenza per la spesa corrente e cassa per quella in conto capitale - per la definizione dei saldi-obietttivo della manovra;
tale sistema, per quanto concerne la spesa per investimenti, rischia di danneggiarla a vantaggio della spesa corrente e, d'altro canto, non è idoneo a garantire flussi adeguati ai pagamenti in relazione all'effettivo realizzarsi della spesa in conto capitale;
malgrado le modifiche e le innovazioni introdotte sia nel citato decreto-legge n. 112 del 2008, sia nella legge finanziaria per il 2009, risultano comunque difficoltà ad incrementare la spesa per investimenti e quindi è opportuna un'ulteriore revisione in materia;
a tale proposito, il comma 8 dell'articolo 77-bis del già citato decreto-legge n. 112 del 2008, pur avendo la finalità di consentire incrementi della spesa di investimento, con copertura riferita ad entrate di carattere straordinario, ha dato luogo ad interpretazioni difformi (si veda quella data dalla sezione regionale lombarda della Corte dei conti, interpellata dal sindaco di Varese) e, in particolare, la sua applicazione rigida contenuta nella circolare in materia della Ragioneria generale dello Stato ha lasciato insoddisfatti molti enti locali;
una maggiore autonomia di spesa, soprattutto per investimenti degli enti locali, è in linea con i nuovi principi del federalismo fiscale che la Camera dei deputati si accinge a discutere e ad approvare;
per risolvere alcune situazioni di crisi di specifici comuni italiani, il Governo è dovuto intervenire con specifiche dotazioni finanziarie, che si sono dovute porre al di fuori dei meccanismi del patto di stabilità, creando un certo grado di malcontento, soprattutto da parte degli enti locali più virtuosi;
gli stretti vincoli del patto di stabilità per il triennio 2009-2011 non consentono alle amministrazioni locali di utilizzare i residui passivi relativi alla spesa in conto capitale per portare a termine opere già programmate, nonché regolare i pagamenti alle imprese fornitrici, che sono in grave difficoltà per mancanza di liquidità;
gli enti locali potrebbero essere «costretti» a contrarre non solo i pagamenti alle aziende fornitrici, ma anche l'erogazione di servizi sociali essenziali, pur di rispettare il patto di stabilità per il triennio 2009-2011 ed evitare le applicazioni di sanzioni amministrative;
per un efficace rilancio degli investimenti, anche ai fini anticongiunturali, è necessario che queste risorse, già in possesso degli enti locali, possano essere almeno in parte utilizzate al fine di effettuare investimenti necessari in infrastrutture, scuole, manutenzioni ordinarie e straordinarie, ritenute essenziali per l'erogazione dei servizi ai cittadini,

impegna il Governo:

ad adottare iniziative normative volte a rivedere i criteri su cui si basa la disciplina del patto di stabilità (calcolo del saldo finanziario e principio della competenza mista, nonché riferimento ad un solo anno per il calcolo dei saldi-obiettivo), introdotta dal Governo Prodi, per renderla più idonea all'adozione di politiche dinamiche della spesa, atte a premiare gli enti virtuosi e a selezionare positivamente le tipologie di spesa più adeguate a promuovere lo sviluppo economico del Paese, nonché per tenere anche conto delle variazioni demografiche dei comuni;
a definire gli interventi da adottare per ovviare alla grave situazione in cui versano gli enti locali, assumendo, nei tempi utili alla predisposizione dei bilanci di previsione per il 2010, iniziative normative urgenti di riordino della finanza locale volte a garantire l'autonomia finanziaria di tali enti nel quadro della concreta attuazione del federalismo fiscale;
a operare, sin da subito, con un'immediata iniziativa normativa, per poter ampliare il più possibile, ferme restando le compatibilità finanziarie complessive, gli attuali vincoli del patto di stabilità interno, al fine di incentivare la spesa di investimento degli enti locali virtuosi;
ad adottare iniziative normative volte a superare, d'intesa con le associazioni delle autonomie locali, le criticità derivanti dall'applicazione del comma 8 dell'articolo 77-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, anche tenendo conto dei bilanci approvati;
a valutare l'adozione di strumenti che consentano, in tale quadro, la liquidazione della maggiore quantità possibile di crediti maturati dalle piccole e medie imprese nei confronti dei comuni, eventualmente mediante l'intervento della Cassa depositi e prestiti oppure mediante il rilascio di forme di garanzia dello Stato, al fine di sopperire alla grave mancanza di liquidità delle piccole e medie imprese.
(1-00138)
(Nuova formulazione) «Cicchitto, Cota, Lo Monte, Bitonci, Bocchino, Iannaccone, Osvaldo Napoli, Fugatti, Baldelli, Lorenzin, Zorzato, Gava, Milanato».
(16 marzo 2009)

DISEGNO DI LEGGE: S. 1117 - DELEGA AL GOVERNO IN MATERIA DI FEDERALISMO FISCALE, IN ATTUAZIONE DELL'ARTICOLO 119 DELLA COSTITUZIONE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2105-A) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: RIA; D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA; PANIZ (A.C. 452-692-748)

A.C. 2105-A - Questione pregiudiziale

QUESTIONE PREGIUDIZIALE

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge intende dare attuazione all'articolo 119 della Costituzione, che sancisce l'autonomia di entrata e di spesa di comuni, province, città metropolitane e regioni;
il disegno di legge presenta i seguenti diversi profili di incostituzionalità;
1) si deduce la violazione dell'articolo 76 della Costituzione per:
a) indeterminatezza di principi e criteri direttivi, con particolare riferimento agli articoli che riguardano le deleghe per la definizione della disciplina delle modalità di finanziamento delle funzioni amministrative attribuite a regioni ed enti locali nella parte in cui fanno riferimento a tipologie distinte di funzioni, senza che le stesse siano state individuate (funzioni relative ai servizi essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali - articolo 117, comma 2, lettera m); funzioni fondamentali degli enti locali - articolo 117, comma 2, lettera p); altre funzioni proprie di ciascun ente). Segnatamente, sino ad oggi, le funzioni fondamentali non sono state individuate ed i livelli essenziali sono stati definiti solamente con riferimento a determinate materie; pertanto non potendosi identificare né le funzioni fondamentali né i livelli essenziali, i criteri ed i principi relativi alle modalità di finanziamento delle predette funzioni devono considerarsi indeterminati. La dedotta violazione dell'articolo 76 della Costituzione appare ancora più evidente se si considera che il disegno di legge prevede un riferimento a cosiddetti costi standard come criterio per il finanziamento delle funzioni di cui all'articolo 117, comma 2, lettera m), senza prevedere criteri e modalità per la determinazione degli stessi; inoltre, l'articolo 2, comma 5, del disegno di legge prevede una delega al Governo per la definizione dei livelli essenziali senza specificare i principi ed i criteri direttivi;
b) indeterminatezza di principi e criteri direttivi per le cosiddette «deleghe correttive» di cui all'articolo 2, comma 7 del disegno di legge, per genericità dell'oggetto e per irragionevolezza del termine per l'esercizio della delega, tanto prolungato da risultare (nell'insieme) sostanzialmente pari ad una legislatura;
c) attribuzione di deleghe da esercitarsi anche sulla base di indicazioni provenienti da organismi istituiti ad hoc (si pensi al compito di proporre criteri per il corretto utilizzo dei fondi perequativi affidato alla Conferenza di cui all'articolo 5). Sul punto è appena il caso di rilevare che le funzioni legislative possono essere delegate solamente al Governo e non ad altri organi;
d) la mancanza di limiti precisi all'attività del Governo e di criteri e principi chiari espone al rischio che si verifichi una imprecisata estensione dell'oggetto delegato, in aperto contrasto con l'articolo 76 della Costituzione (vedi sentenza Corte costituzionale, 28 luglio 2004, n.280);
e) la dimostrata indeterminatezza dei principi e dei criteri direttivi, ricorrente con riferimento a diversi articoli del disegno di legge in esame, configura, pertanto, una evidente violazione dell'articolo 76 della Costituzione, nella parte in cui prevede la determinazione dei principi e dei criteri direttivi della delega legislativa come garanzia di un adeguato controllo sull'uso del potere delegato;
f) i dedotti profili di incostituzionalità assumono una rilevanza maggiore in considerazione del fatto che trattasi di disegno di legge indicato come collegato alla manovra di finanza pubblica che, come noto, gode dei privilegi procedurali previsti dai regolamenti parlamentari;
2) il disegno di legge presenta altresì profili di incostituzionalità con riferimento all'articolo 117, comma 2, lettera e), della Costituzione nella parte in cui prevede la competenza esclusiva dello Stato in materia di perequazione delle risorse finanziarie. Contrariamente a quanto previsto dal predetto articolo, gli articoli 9 e 13 del disegno di legge delega prevedono una competenza regionale in fase di erogazione delle risorse di cui al fondo di perequazione ed addirittura la possibilità che le regioni possano procedere a proprie valutazioni nell'erogazione, discostandosi dalle indicazioni statali;
3) inoltre, appare violato l'articolo 119 della Costituzione nella parte in cui prevede la copertura economica di tutte le funzioni attribuite ai singoli enti. In particolare:
a) il testo in esame sembra garantire solamente la copertura delle funzioni fondamentali e di quelle riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (sebbene non individuate specificamente); invece, secondo quanto previsto dal citato articolo 119 della Costituzione, le risorse degli enti territoriali derivanti da tributi propri o da compartecipazioni a tributi erariali devono essere tali da consentire agli stessi di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite;
b) il disegno di legge, pur perseguendo l'obiettivo dichiarato di determinare i principi fondamentali per l'esercizio delle competenze regionali di cui all'articolo 117, comma 3, della Costituzione, non prevede una chiara individuazione dei principi fondamentali cui le regioni devono attenersi nell'esercizio della potestà legislativa in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, sebbene si tratti di una materia che incide sul rispetto dei vincoli derivanti per la finanza pubblica dagli impegni comunitari;
c) mancano altresì efficaci strumenti di raccordo e coordinamento della finanza regionale rispettivamente con quella dello Stato e degli enti locali;
4) sotto un ulteriore profilo sembra sussistere una violazione degli articoli 3 e 5 della Costituzione, nella parte in cui prevedono rispettivamente l'affermazione del principio di eguaglianza sostanziale e la promozione di forme di autonomia nell'unitarietà ed indivisibilità della Repubblica. In tal senso, si veda l'articolo 16, comma 1, lettera e), del disegno di legge in esame, che introduce «un sistema premiante nei confronti degli enti che assicurano elevata qualità dei servizi, livello della pressione fiscale inferiore alla media degli altri enti del proprio livello di governo a parità di servizi offerti» e «nei confronti degli enti meno virtuosi rispetto agli obiettivi di finanza pubblica di un sistema sanzionatorio» che prevede addirittura provvedimenti, fra i quali l'alienazione di beni mobiliari e immobiliari rientranti nel patrimonio disponibile dell'ente nonché l'attivazione dell'autonomia impositiva nella misura massima. Orbene, essendo chiaro che non si tiene conto delle differenze strutturali esistenti sul territorio nazionale, in alcune regioni del sud Italia e nelle isole, nonostante gli sforzi, risulterà particolarmente difficile adeguarsi agli standard delle regioni più ricche. L'applicazione delle sanzioni di cui alla norma comporterà un aggravio significativo degli squilibri territoriali, con gravi rischi per l'unità economica del Paese;
5) sembra altresì ricorrere la violazione degli articoli 3 e 53 della Costituzione, ed in particolare del principio di progressività nella parte in cui prevede che il livello dell'imposizione fiscale diviene via via maggiore con riferimento ai redditi più elevati. Le deleghe conferite al Governo sembrano individuare nell'IRPEF il tributo su cui scaricare il finanziamento delle funzioni di regioni ed enti locali; inoltre, prevedono per gli enti meno efficienti la possibilità di prevedere un maggiore prelievo fiscale sui redditi dei cittadini per il finanziamento dei maggiori costi che devono sostenere. Per l'effetto il prelievo fiscale, a parità di reddito, potrebbe risultare significativamente diverso a seconda del territorio di residenza in violazione del principio di progressività che invece tende a garantire una redistribuzione del reddito tra le diverse categorie sociali in ossequio al principio di eguaglianza sostanziale;
6) il disegno di legge conferisce altresì una delega al Governo per intervenire in materia di finanziamento delle regioni speciali. Come è ampiamente noto, gli statuti delle regioni a statuto speciale, che in più parti disciplinano la materia del finanziamento delle attività regionali, fissano limiti all'esercizio del potere legislativo; tali statuti, anche in materia di finanziamento delle attività regionali, possono essere modificati solo con legge costituzionale e dopo avere ottenuto il parere di una apposita commissione paritetica (che nel caso ad esempio dello Statuto siciliano si configura come parere vincolante). Inoltre le disposizioni di cui agli articoli 14, 21 e 25 del disegno di legge delega appaiono in contrasto con la normativa di favore dettata dagli statuti speciali (si vedano gli articoli 36 e 37 dello statuto della regione siciliana);
7) risulta altresì violato l'articolo 81 della Costituzione nella parte in cui prevede l'obbligo di copertura degli oneri economici. Sul punto, corre l'obbligo di rilevare come non si rinviene alcuna valutazione dei costi; per comprendere la gravità della dedotta violazione, basti considerare che il disegno di legge pretende di dettare la modalità di finanziamento delle funzioni amministrative senza prima individuarle e quindi senza alcuna idea precisa in ordine ai costi; inoltre, in più occasioni, ed in particolare all'articolo 8, si rinvia a norme successive la copertura dei costi di eventuali ulteriori funzioni che saranno trasferite nell'esercizio della delega. Non risultano altresì specificate adeguatamente le fonti di finanziamento del fondo perequativo, né tantomeno le fonti di finanziamento delle funzioni amministrative attribuite a regioni ed enti locali; in altre parole, non sembra possibile quantificare le risorse necessarie per consentire a regioni ed enti locali di erogare i servizi,

delibera

di non procedere all'esame dell'A.C. 2105-A ed abb.
n. 1. Vietti, Galletti, Occhiuto, Tabacci, Ciccanti, Romano, Compagnon, Naro.

A.C. 2105-A Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

PARERE CONTRARIO

sull'emendamento Lo Monte 9.5, limitatamente alle parole: «i servizi per i quali è richiesta uniformità di prestazione su tutto il territorio nazionale, in quanto da essi dipendono diritti riconosciuti dalla prima parte della Costituzione, possono essere finanziati con fondi appositi e a destinazione vincolata»; sull'emendamento Vietti 16.3; sugli identici emendamenti Ria 22.10, e Vietti 22.11, nonché sull'emendamento Calvisi 22.14, limitatamente al secondo periodo;

NULLA OSTA

sui restanti emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 e sul subemendamento Pizzetti 0.25.500.1.

A.C. 2105-A Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2105 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Capo I
CONTENUTI E REGOLE DI COORDINAMENTO FINANZIARIO

Art. 1.
(Ambito di intervento).

1. La presente legge costituisce attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, assicurando autonomia di entrata e di spesa di comuni, province, città metropolitane e regioni e garantendo i princìpi di solidarietà e di coesione sociale, in maniera da sostituire gradualmente, per tutti i livelli di governo, il criterio della spesa storica e da garantire la loro massima responsabilizzazione e l'effettività e la trasparenza del controllo democratico nei confronti degli eletti. A tali fini, la presente legge reca disposizioni volte a stabilire in via esclusiva i princìpi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, a disciplinare l'istituzione ed il funzionamento del fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante nonché l'utilizzazione delle risorse aggiuntive e l'effettuazione degli interventi speciali di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione. Disciplina altresì i princìpi generali per l'attribuzione di un proprio patrimonio a comuni, province, città metropolitane e regioni e detta norme transitorie sull'ordinamento, anche finanziario, di Roma capitale.
2. Alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, con esclusione degli enti locali ricadenti nel loro territorio, si applicano, in conformità con gli statuti, esclusivamente le disposizioni di cui agli articoli 14, 21 e 25.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE

Capo I
CONTENUTI E REGOLE DI COORDINAMENTO FINANZIARIO

ART. 1.
(Ambito di intervento).

Sostituirlo con il seguente:
Art. 1. - (Ambito di intervento). - 1. La presente legge costituisce attuazione dell'articolo 119 della Costituzione nel quadro della completa attuazione delle norme relative al riparto di competenze legislative e funzioni amministrative di cui agli articoli 117 e 118 della Costituzione.
2. La presente legge assicura autonomia di entrata e di spesa di comuni, province, città metropolitane e regioni rispettando i principi di proporzionalità, di solidarietà, di coesione sociale, nonché l'effettività e la trasparenza del controllo democratico nei confronti degli amministratori; garantisce l'introduzione progressiva di nuovi criteri per la copertura degli oneri relativi al l'espletamento delle funzioni fondamentali attribuite a regioni ed enti locali che consentono il superamento della spesa storica.
3. A tali fini, la presente legge reca disposizioni volte a stabilire principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.
4. La presente legge disciplina altresì il funzionamento e il finanziamento di Roma capitale.
1. 1. (vedi 1. 19.) Vietti, Galletti, Occhiuto, Ciccanti, Tabacci, Romano.

Al comma 1, primo periodo, dopo le parole: garantendo i principi aggiungere le seguenti: di completamento dell'unità della Nazione perseguendo lo sviluppo dei territori tuttora in ritardo rispetto alle aree avanzate,
1. 2. (vedi 1. 8.) Cesare Marini, Minniti, Oliverio, Lo Moro, Laratta, Villecco Calipari, Laganà Fortugno.

Al comma 1, sopprimere l'ultimo periodo.
1. 3. (vedi 1. 9.) Ciccanti, Galletti, Occhiuto.

Al comma 1, ultimo periodo, aggiungere, in fine, le parole:, ferma restando la disciplina relativa alle regioni a statuto speciale.
1. 4. (vedi 1. 14.) Romano, Drago, Mannino, Naro, Ruvolo, Oppi, Compagnon.

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
1-bis. Il criterio al quale si informa il sistema di decentramento fiscale di cui alla presente legge è il cittadino-contribuente-utente e non il territorio, in modo che ogni cittadino, indipendentemente dal luogo di residenza, abbia garantito l'accesso, in condizioni di eguaglianza e di efficienza, ad ogni servizio pubblico essenziale offerto dal livello di governo più adeguato a erogarlo in condizioni di efficienza.
1. 5. (ex 1. 17.) Rubinato, Fogliardi.

Sopprimere il comma 2.
1. 6. (vedi *1. 6.) Ria, Rubinato, Fogliardi.

Sopprimere il comma 2.
1. 7. (vedi *1. 7.) Zorzato, Milanato, Gava.

Sostituire il comma 2 con il seguente:
2. In attuazione del principio unitario di cui all'articolo 5 della Costituzione, in ottemperanza delle sentenze della Corte Costituzionale n. 425 del 2004, n. 82 del 2007 e n. 88 del 2006 e della sentenza n. 190 del 2008, il vincolo del rispetto dei principi statali di coordinamento della finanza pubblica, connessi ad obiettivi nazionali derivanti da obblighi comunitari, che grava sulle regioni a statuto ordinario in base all'articolo 119 della Costituzione, si impone anche alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nell'esercizio dell'autonomia finanziaria di cui allo statuto speciale. A tal fine le norme di cui ai decreti legislativi delegati di attuazione della presente legge relative alle entrate e alle spese e di riforma economico-sociale sono, sulla base di apposito accordo con ciascuna di tali regioni, contemperate e coordinate con la speciale autonomia in materia finanziaria di cui godono le regioni a statuto speciale in forza dei loro statuti.
1. 8. (vedi 1. 15.) Calvisi.

Sostituire il comma 2 con il seguente:
2. I principi di eguaglianza dei cittadini e di perequazione fiscale dei territori dotati di diversa capacità fiscale, di cui al Titolo V della Costituzione, si applicano sull'intero territorio nazionale. Le disposizioni di cui al capo IX della presente legge si applicano alle regioni a statuto speciale, in conformità con gli statuti, secondo il principio di leale collaborazione e i principi di cui all'articolo 119 della Costituzione.
1. 9. (vedi 1. 18.) Lanzillotta.

Sostituire il comma 2 con il seguente:
2. I principi e criteri direttivi generali di cui al comma 2 dell'articolo 2 della presente legge si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, nei limiti di quanto stabilito dai rispettivi statuti e dalle conseguenti norme di attuazione.
1. 10. (vedi 1. 5.) Marinello, Giudice, Pagano, Misuraca, Fallica, Gioacchino Alfano.

Al comma 2, sopprimere le parole:, con esclusione degli enti locali ricadenti nel loro territorio,

Conseguentemente, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano agli enti locali ricadenti nel territorio delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in conformità ai rispettivi statuti speciali e alle relative norme di attuazione.
1. 500. Governo.

Al comma 2, sostituire le parole: nel loro territorio con le seguenti: nel territorio di quelle che non hanno potestà legislativa in materia di finanza locale.
1. 11. Froner.

Al comma 2, sostituire le parole: con gli statuti, esclusivamente le disposizioni di cui agli articoli 14, 21 e 25 con le seguenti: a quanto disposto dall'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
1. 12. (ex 1. 13.) Romano, Drago, Mannino, Naro, Ruvolo.

Al comma 2, dopo le parole: agli articoli 14 aggiungere la seguente:, 16.
1. 13. (ex 1. 11.) Cambursano, Borghesi, Messina, Barbato.

Al comma 2, sopprimere la parola:, 21.

Conseguentemente:
all'articolo 2, comma 2, alinea, sopprimere la parola:
21.

sopprimere l'articolo 21.
1. 14. (ex 21. 6.) Vietti, Galletti, Occhiuto, Ciccanti, Tabacci, Romano.

Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
3. Le disposizioni della presente legge si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nei limiti di quanto previsto dai rispettivi statuti e delle rispettive disposizioni di attuazione.
1. 15. (ex 1. 4.) Giudice, Fallica, Grimaldi, Stagno d'Alcontres, Minardo.

Dopo l'articolo aggiungere i seguenti:
Art. 1-bis. - (Delega per l'attuazione dell'articolo 118 della Costituzione). - 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per conferire a comuni, province, città metropolitane e regioni le funzioni amministrative sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, in attuazione dell'articolo 118 della Costituzione e in conformità alle disposizioni recate dall'articolo 117 della Costituzione.
2. I decreti di cui al comma 1 devono assicurare una chiara descrizione delle funzioni conferite e l'individuazione dei trasferimenti di risorse umane e strumentali per garantire l'esercizio delle funzioni amministrative.
3. Qualora entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui al comma 1 le regioni non provvedano al trasferimento delle funzioni amministrative in favore di comuni, province e città metropolitane, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 118 della Costituzione, il Governo è delegato ad emanare, entro i successivi dodici mesi, sentite le regioni inadempienti, uno o più decreti legislativi per l'individuazione delle funzioni regionali da trasferire ai predetti enti locali, le cui disposizioni si applicano sino alla data di entrata in vigore della legge regionale.
4. Gli schemi di decreti legislativi di cui al comma 1, dopo l'acquisizione dei pareri del Consiglio di Stato e della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1993, n. 281, di seguito denominata «Conferenza unificata», da rendere entro trenta giorni dalla trasmissione degli schemi medesimi, sono trasmessi alle Camere per l'acquisizione del parere da parte della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e della Commissione parlamentare per le questioni regionali, da rendere entro quarantacinque giorni dall'assegnazione alle Commissioni medesime. Acquisiti tali pareri, il Governo ritrasmette i testi, con le proprie osservazioni e con le eventuali modificazioni, alla Conferenza unificata e alle Camere per il parere definitivo, da rendere, rispettivamente, entro trenta e quarantacinque giorni dalla trasmissione dei testi medesimi.
Art. 1-ter. - (Delega al Governo per l'attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione e per l'adeguamento delle disposizioni in materia di enti locali alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3). - 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri per i rapporti con le regioni, delle riforme per il federalismo e dell'economia e delle finanze, uno o più decreti legislativi diretti all'individuazione delle funzioni fondamentali, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, essenziali per il funzionamento di comuni, province e città metropolitane.
2. Con i decreti legislativi di cui al comma 1, si provvede, altresì, nell'ambito della competenza legislativa dello Stato, alla revisione delle disposizioni in materia di enti locali, per adeguarle alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
3. Gli schemi di decreti legislativi di cui al comma 1, dopo l'acquisizione dei pareri del Consiglio di Stato e della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1993, n. 281, di seguito denominata «Conferenza unificata», da rendere entro trenta giorni dalla trasmissione degli schemi medesimi, sono trasmessi alle Camere per l'acquisizione del parere da parte della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e della Commissione parlamentare per le questioni regionali, da rendere entro quarantacinque giorni dall'assegnazione alle Commissioni medesime. Acquisiti tali pareri, il Governo ritrasmette i testi, con le proprie osservazioni e con le eventuali modificazioni, alla Conferenza unificata e alle Camere per il parere definitivo, da rendere, rispettivamente, entro trenta e quarantacinque giorni dalla trasmissione dei testi medesimi.
4. Nell'attuazione della delega di cui ai commi 1 e 2, il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) garantire il rispetto delle competenze legislative dello Stato e delle Regioni, l'autonomia e le competenze costituzionali degli enti territoriali ai sensi degli articoli 114, 117, 118 della Costituzione, nonché la valorizzazione della potestà statutaria e regolamentare dei comuni, delle province e delle città metropolitane;
b) individuare le funzioni fondamentali dei comuni, delle province e delle città metropolitane in modo da prevedere, anche al fine della tenuta e della coesione dell'ordinamento della Repubblica per ciascun livello di governo locale, la titolarità di funzioni connaturate alle caratteristiche proprie di ciascun tipo di ente, essenziali ed imprescindibili per il funzionamento dell'ente e per il soddisfacimento di bisogni primari delle comunità di riferimento, tenuto conto, in via prioritaria per comuni e province, delle funzioni storicamente svolte, nonché della particolarità della città di Roma, capitale della Repubblica;
c) valorizzare i principi di sussidiarietà, di adeguatezza e di differenziazione nell'allocazione delle funzioni fondamentali in modo da assicurarne l'esercizio da parte del livello di ente locale che, per le caratteristiche dimensionali e strutturali ne garantisca l'ottimale gestione anche mediante l'indicazione dei criteri per la gestione associata tra i comuni;
d) prevedere strumenti che garantiscano il rispetto del principio di leale collaborazione tra i diversi livelli di governo locale nello svolgimento delle funzioni fondamentali che richiedono per il loro esercizio la partecipazione di più enti, allo scopo individuando specifiche forme di consultazione e di raccordo tra enti locali, regioni e Stato;
e) procedere alla revisione delle disposizioni legislative sugli enti locali, comprese quelle contenute nel testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, limitatamente alle norme che contrastano con il sistema costituzionale degli enti locali definito dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, attraverso la modificazione, l'integrazione, la soppressione e il coordinamento formale delle disposizioni vigenti, anche al fine di assicurare la coerenza sistematica della normativa, l'aggiornamento e la semplificazione del linguaggio normativo;
f) adeguare i procedimenti di istituzione della città metropolitana al disposto dell'articolo 114 della Costituzione, ed in particolare della città di Roma, capitale della Repubblica, fermo restando il principio di partecipazione degli enti e delle popolazioni interessate;
g) individuare e disciplinare gli organi di governo delle città metropolitane e il relativo sistema elettorale, secondo criteri di rappresentatività e democraticità che favoriscano la formazione di maggioranze stabili e assicurino la rappresentanza delle minoranze, anche tendendo conto di quanto stabilito per i comuni e le province;
h) definire la disciplina dei casi di ineleggibilità, di incompatibilità e di incandidabilità alle cariche elettive delle città metropolitane, anche tendendo conto di quanto stabilito in materia per gli amministratori di comuni e province;
i) mantenere ferme le disposizioni in vigore relative al controllo sugli organi degli enti locali, alla vigilanza sui sistemi di competenza statale attribuiti al sindaco quale ufficiale del Governo, nonché, fatta salva la polizia amministrativa locale, ai procedimenti preordinati alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, nonché le disposizioni volte ad assicurare la conformità dell'attività amministrativa alla legge, allo statuto e ai regolamenti;
l) valorizzare le forme associative anche per la gestione dei servizi di competenza statale affidati ai comuni;
m) garantire il rispetto delle attribuzioni degli enti di autonomia funzionale;
n) indicare espressamente sia le norme implicitamente abrogate per effetto dell'entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, sia quelle anche implicitamente abrogate da successive disposizioni;
o) rispettare i principi desumibili dalla giurisprudenza costituzionale e fare salve le competenze spettanti alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano.

5. La decorrenza dell'esercizio delle funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane che, a seguito dell'adozione dei decreti legislativi di cui al comma 1, sono attribuite ad un ente diverso da quello che le esercita alla data di entrata in vigore dei medesimi decreti legislativi, è stabilita dai decreti legislativi che determinano i beni e le risorse finanziarie, urbane, strumentali ed organizzative da trasferire.
1. 01. (ex 1. 04.) Vietti, Galletti, Occhiuto, Ciccanti, Tabacci, Romano.

Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:
Art. 1-bis. - (Determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni). - 1. In attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, al fine di assicurare un'omogenea ed ottimale organizzazione ed erogazione, su tutto il territorio nazionale, delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, il Governo, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, presenta al Parlamento uno o più disegni di legge, previo parere della Conferenza unificata, volti a disciplinare le modalità di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui al citato articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.
2. L'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni è determinata, previa intesa con la Conferenza unificata, sulla base delle metodologie e dei dati elaborati dalla Commissione tecnica paritetica di cui all'articolo 4.

Conseguentemente:
all'articolo 2, comma 5, sopprimere le parole:
, nella predisposizione dei decreti legislativi di cui al comma 1,
all'articolo 8, comma 1, lettera b), dopo le parole: fissati dalla legge statale aggiungere le seguenti: ai sensi dell'articolo 1-bis.
1. 02. (vedi 1. 05.) Sereni, Bressa, Baretta, Fluvi, Causi, Amici, Pizzetti, Bersani, Lanzillotta, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Ceccuzzi, D'Antoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Ria, Sposetti, Strizzolo, Ferrari, Fontanelli, Giovanelli, Naccarato, Zaccaria, Vico.