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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 152 di mercoledì 25 marzo 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 9,35.

MIMMO LUCÀ, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alessandri, Angelino Alfano, Aprea, Barbieri, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, D'Amico, Donadi, Fitto, Gregorio Fontana, Frassinetti, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Lo Monte, Lombardo, Lupi, Mantini, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Mecacci, Melchiorre, Menia, Messina, Migliori, Milanato, Molgora, Palumbo, Picchi, Prestigiacomo, Romani, Scajola, Soro, Stefani, Tremonti, Urso, Valducci, Vegas, Vito e Zeller sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1367 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio 2009, n. 4, recante misure urgenti in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario (Approvato dal Senato) (2263-A) (ore 9,42).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio 2009, n. 4, recante misure urgenti in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario.
Ricordo che nella seduta del 23 marzo 2009 si è conclusa la discussione sulle linee generali ed hanno avuto luogo le repliche del relatore e del Governo.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 2263-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 2263-A), approvato dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 2263-A), nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A - A.C. 2263-A).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A - A.C. 2263-A).
Avverto che la Commissione ha presentato gli emendamenti 6.200, 6-ter.200 e 6-quater.200, che sono stati trasmessi ai gruppi e sono in distribuzione.
Secondo quanto risulta alla Presidenza, i rappresentanti dei gruppi hanno rinunciato al termine di cui all'articolo 86, comma 5-bis, del Regolamento.
Ricordo che il termine per la presentazione di subemendamenti riferiti alle suddette proposte emendative è fissato alle 11 di oggi. Pag. 2
Avverto, altresì, che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 7, del Regolamento, le seguenti proposte emendative, già presentate in Commissione ed in tale sede dichiarate inammissibili, in quanto non strettamente attinenti alla materia oggetto del decreto-legge: l'articolo aggiuntivo Di Giuseppe 6-ter.014, volto a prevedere il rifinanziamento del Fondo per la razionalizzazione della produzione bieticolo-saccarifera; l'articolo aggiuntivo Marco Carra 6-ter.04, volto ad introdurre agevolazioni fiscali in favore di determinate categorie di imprese; l'articolo aggiuntivo Delfino 6-ter.012, relativo al piano di liquidazione dei beni della fondazione Ordine mauriziano.
Avverto, inoltre, che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi dell'articolo 86, comma 1, e 96-bis, comma 7, del Regolamento, l'articolo aggiuntivo Marco Carra 6-quinquies 0.60, volto ad istituire un Fondo in favore dell'ammasso privato dei formaggi DOP, non previamente presentato in Commissione.

PAOLO RUSSO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAOLO RUSSO, Relatore. Signor Presidente, volevo chiederle se non ritenesse di aggiornare di qualche minuto la seduta per consentire i lavori del Comitato dei nove alla luce dei lavori, che mi pare siano in corso, della Commissione bilancio.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, seguendo le indicazioni del presidente della Commissione, vorrei sottoporre a lei, anche perché la nostra vita cerca di essere organizzata in funzione degli adempimenti cui dobbiamo assolvere, la questione seguente: mi pare di capire che dobbiamo aspettare che la Commissione bilancio esprima un parere, poi si deve riunire il Comitato dei nove che immagino debba recepire le decisioni della Commissione bilancio stessa. Forse se invece che qualche minuto potessimo programmare qualche cosa di più certo magari un po' più in là nel tempo, in maniera tale che se ci sono delle cose da fare non stiamo in Aula ad aspettare venti minuti il parere, staremmo tutti più tranquilli.

PRESIDENTE. Ritengo di accogliere entrambe le richieste e che trenta minuti possano bastare, un'ora mi sembra un po' esagerata. L'esame del provvedimento riprenderà alle 10,30.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,47).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sull'ordine dei lavori (ore 9,48).

MATTEO BRIGANDÌ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, ieri feci delle domande alla Presidenza, per la verità molto complesse: mi rendo conto che la complessità è stata tale che non mi è stata data una risposta. Le riproporrò quindi adesso una per volta, così spero che la Presidenza, in una semplicità di intelligenza sulla domanda, mi dia una risposta.
La prima domanda era relativa ad un dato storico: volevo sapere, visto quanto abbiamo letto sui giornali, se la Presidenza aveva dato o meno un'autorizzazione ai giornalisti a «zoomare» sul banco dei singoli deputati; mi pare una domanda Pag. 3elementare, alla quale chiederei con cortesia, signor Presidente, se vi è una risposta positiva o negativa, perché è un dato storico: o la Presidenza gliel'ha data o non gliel'ha data. Tutto il resto è consequenziale: non lo ripeto, perché altrimenti complicherei la situazione. Dato storico: è stata data o no l'autorizzazione a «zoomare» sul banco dei deputati?

PRESIDENTE. Naturalmente non sono in grado di rispondere, la questione sarà rappresentata al Presidente. Mi coglie impreparato.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 10,30.

La seduta, sospesa alle 9,50, è ripresa alle 10,40.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 2263-A)

PRESIDENTE. Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 2263-A), che è distribuito in fotocopia.
La V Commissione (Bilancio), invece, non ha ancora espresso il parere di sua competenza. Conseguentemente non si è potuta ancora svolgere la riunione del Comitato dei nove.
Alla luce di tali elementi, mi pare vi sia un accordo tra i rappresentanti dei gruppi per procedere ad una ulteriore sospensione dei lavori sino alle ore 11,30, senza quindi procedere poi alla sospensione sino alle ore 12 così com'era prevista.
Sospendo pertanto la seduta.

La seduta, sospesa alle 10,42, è ripresa alle 11,35.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

PRESIDENTE. Avverto che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 2263-A), che è distribuito in fotocopia e che reca talune condizioni volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione.
Avverto, inoltre, che sono stati presentati i subemendamenti Oliverio 0.6.200.1, 0.6-ter.200.1, 0.6-ter.200.2 e 0.6-quater.200.1, che sono in distribuzione.
Avverto, infine, che l'emendamento Ascierto 6.60 è stato ritirato dal presentatore.
Ha chiesto di parlare il relatore, presidente della XIII Commissione, Paolo Russo. Ne ha facoltà.

PAOLO RUSSO, Relatore Signor Presidente, intervengo per chiedere perdono all'Aula per una richiesta di ulteriori 30 minuti di sospensione, volta a consentire al Comitato dei nove di concludere i suoi lavori, che mi pare ora stiano procedendo abbastanza celermente.

PRESIDENTE. Onorevole Paolo Russo, la sua proposta mi sembra ragionevole in quanto non possiamo procedere altrimenti.
Non essendovi obiezioni, sospendo la seduta, che riprenderà alle 12,05.

La seduta, sospesa alle 11,37, è ripresa alle 12,10.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Mannino. Ne ha facoltà.

CALOGERO MANNINO. Signor Presidente, signor Ministro, prendendo la parola su questo argomento, non posso esimermi dal confessare un sentimento di riguardo e di rispetto per il Ministro, verso il quale poi, per dovere di pensiero corretto, dovrò svolgere qualche considerazione meno favorevole e più critica. Comprendo, per aver vissuto questa esperienza che oggi vive il Ministro Zaia, che è estremamente difficile gestire i problemi dell'agricoltura italiana e ancor più i problemi del comparto zootecnico lattiero-caseario, il quale, purtroppo, in questi Pag. 4ultimi venti anni, ha consolidato un atteggiamento - che valuto soltanto in termini politici e sociali - oggettivamente distorsivo rispetto alla logica unitaria con cui l'agricoltura dovrebbe essere pensata e gestita anche politicamente.
Il Ministro si è trovato ancora una volta, come altri predecessori, in un negoziato comunitario nel quale l'unica partita da giocare è un aggiustamento di quota, ma questa volta l'esito è ancora più grave - mi consentirà signor Ministro - perché l'aggiustamento di quota non è corrispondente al significato ed alla portata che ebbe nel 1989, poi nel 1992 e ancora nel 2000 e nel 2003, un aggiustamento di quota per razionalizzare questo comparto in Italia. Il Ministro si trova a gestire un aggiustamento di quota soltanto per rimediare ai guasti determinati da un segmento di questo comparto, un segmento che vorrei rinunziare a denominare con la sigla e con la denominazione che si sono date; si tratta di un segmento che, purtroppo, non ha tenuto in questi anni un comportamento virtuoso e razionale, al punto tale che noi oggi ci troviamo ancora una volta nella prospettiva finalmente dello smantellamento di questa impalcatura protezionistica. Quest'ultima nel settore lattiero-caseario era quella che meno meritava di sopravvivere ed è quella che ragionevolmente più ha pregiudicato e continua a pregiudicare gli interessi dell'agricoltura nel suo complesso.
Sin dalla fine degli anni Ottanta le cosiddette produzioni mediterranee (evidentemente i colleghi della Lega non sono interessati a questo argomento ma un giorno dovranno pur fare i conti con la loro responsabilità di forza politica territoriale ma che esercita poi un ruolo nazionale) hanno dovuto trovare una limitazione nel tipo di protezione che la politica comunitaria aveva loro accordato, e vorrei dire che è stato ragionevole. Lo è stato nel momento in cui sono entrati nella Comunità Spagna e Portogallo - faccio riferimento alla metà degli anni Ottanta - ma non uguale ridimensionamento hanno subito le cosiddette produzioni continentali. Si è dato il caso veramente contraddittorio - perché è venuto il momento in cui gli interessi nazionali vanno sostenuti per quelli che sono - che i Governi italiani, soprattutto quelli successivi al 1992, pur di difendere questo comparto lattiero-caseario, hanno sacrificato tutto il resto dell'agricoltura italiana.
In venticinque anni le quote latte sono costate al Paese qualcosa come 4 miliardi e 300 milioni di euro, forse 4 miliardi e mezzo. Tali risorse avrebbero permesso all'intero settore agricolo una ristrutturazione, una riconversione, un adeguamento al quadro del mercato europeo che si è profondamente evoluto e che oggi vede l'Unione a ventisette caratterizzata dalla predominanza dei cosiddetti interessi continentali.
Dunque, il Ministro può portare soltanto un risultato - un aggiustamento di quota - peraltro ulteriormente oneroso, che deve gestire. Questo è un altro punto critico: il Ministro deve gestire l'aggiustamento di quota nella prospettiva che, a questo punto, bisognava abbracciare prima e bisogna tuttavia abbracciare oggi con molto coraggio: lo smantellamento di questo sistema protezionistico.
Vorrei che il Ministro prestasse attenzione ad un'osservazione che voglio esporre in un'ottica di interesse nazionale. Nel settore lattiero-caseario l'interesse dei produttori italiani è un interesse strettamente collegato alla filiera: l'Italia è il Paese che ha il maggior numero di DOP anche rispetto alla stessa Francia. Credo che l'Italia abbia qualcosa come 38-40 DOP a fronte di 130 DOP comunitari. Sta avvenendo, anzitutto, una evoluzione di questo mercato lattiero-caseario, cioè del prodotto trasformato, con un largo privilegio per i formaggi a pasta fresca contro i formaggi a pasta dura. Su tale questione sorge un grande problema per l'Italia. Infatti, l'Italia anzitutto è stato un produttore importante - lo dico con il senso dell'orgoglio nazionale - di produzioni straordinarie come quelle che riguardano il parmigiano reggiano che oggi vengono messe fortemente in crisi sul mercato dal mutamento degli orientamenti al consumo. Pag. 5
Dunque, bisogna prendere atto di questa evoluzione del mercato, operando una scelta politica, di direzione politica dell'agricoltura, che, da una parte, porti e conduca alla razionalizzazione di questo sistema. In questi anni è avvenuta una cosa estremamente deplorevole: alcuni produttori si sono messi le carte in regola, stando all'interno delle quote, mentre altri produttori non si sono messi in regola e addirittura organizzano un sindacato - che pretende ed ottiene purtroppo oggi un consenso, un'adesione anche presso un segmento politico - che pretende di continuare a gestire la propria presenza in dispregio della legge. Sono nati problemi e il Ministro ne sarà convinto, anche di carattere giuridico-legale, estremamente complessi che rappresentano un nodo ad una strozzatura alla quale è necessario rimediare. Infatti la prospettiva, finalmente, è quella della liberalizzazione. Devo dire che personalmente, per le mie responsabilità, nel 1990, ho ipotizzato la liberalizzazione dalla protezione comunitaria del settore lattiero-caseario, sin da quella data.
È stato un errore dell'Italia inseguire la copertura protezionistica di questo settore quando l'Italia aveva ed ha una carta molto importante che è la trasformazione del latte.
Signor Ministro, ieri avete approvato in Parlamento, qui alla Camera, un disegno di legge sul federalismo fiscale. Le voglio fare soltanto una osservazione: se la Regione siciliana, avvalendosi dei suoi poteri, introduce un differenziale di aliquota IVA sui prodotti lattiero-caseari, alla Sicilia converrà comprare il latte in Germania ad un euro meno rispetto a quello che compra in Pianura Padana: ma vi rendete conto di cosa state facendo? State andando dietro alla copertura di interessi territoriali, non rendendovi conto che, in questo modo, con riferimento ad un sistema unitario nazionale, che non è un valore morale e politico - retorica qui dentro non se ne può fare più - voi non terrete insieme questo Paese, non terrete il mercato!
Forse oggi porterete un risultato a casa, ma domani vi ritroverete con i problemi di uno smembramento del sistema agricolo e vi troverete di fronte alla constatazione di avere sprecato un lunghissimo tempo, occasioni importanti e opportunità per avviare una politica di trasformazione.
Lei, signor Ministro, fa parte di una forza politica che in questi anni si è imposta, da una parte, per la rappresentanza di interessi territoriali e va bene. Trovo che i miei amici siciliani vi seguono: voglio vedere se oggi voteranno il provvedimento in esame la cui copertura è surrettizia, una copertura che ancora una volta prende di mira i FAS, riduce i mezzi per gli interventi nel sud (Applausi del deputato Mario Pepe (PD)) - ancora non ho potuto vedere l'emendamento - e poi fa ricorso ancora ai fondi dormienti. Vi sono o non vi sono?
Signor Ministro, la costringono a fare una politica che la deprecata prima Repubblica si sarebbe ben guardata dal fare. Infatti, una politica di serietà oggi si impone, si impone in questo settore, si impone nel vostro interesse. Bisogna dare un'indicazione ai produttori italiani nel settore lattiero-caseario che li riporti innanzitutto a mettersi in condizione di legalità e di normalità e, poi, ad una ristrutturazione della stalla, che è avvenuta in questi anni in Italia soltanto per un accaparramento del titolo giuridico alle quote, anche qui con una deformazione di ordinamento e della struttura dell'impresa. Quando, nel 2015, andrà a scadere la quota latte, come si distinguerà la stessa dai titoli di proprietà?
Si è creata una situazione sulla quale avete il dovere di riflettere e di procedere forse con la rinunzia ad un risultato elettorale imponente. Dovete parlare il linguaggio della chiarezza, il linguaggio della franchezza, un linguaggio che non vi consente allora di utilizzare la quota aggiuntiva soltanto per aggiustare coloro che sono inadempienti, ma la dovete mettere a disposizione dei produttori che seriamente hanno avviato politiche aziendali di ristrutturazione. Abbiamo un sistema lattiero-caseario nel quale il numero delle Pag. 6aziende è tre volte rispetto a quello dell'Olanda. È mai possibile che questo possa continuare ad essere?
Vi è un problema di ristrutturazione, peraltro, dell'agricoltura italiana. Faccio cenno soltanto ad un tema, che una forza politica moderna come volete essere voi della Lega - se lo volete essere - dovrebbe avere il coraggio di imporre. Oggi il primo tema che bisognerebbe portare all'attenzione del Paese e alle scelte delle forze politiche è anche la ricomposizione fondiaria. Lei sa, signor Ministro, quanto sia importante questo tema in Pianura padana, dove il territorio è stato conquistato da una pluralità di utilizzazioni, dieci mila, che impediscono all'agricoltura italiana di avere quella che voi chiamate «la Padania» in agricoltura. Siamo in presenza di una realtà geografica, economica e sociale profondamente diversa da quella di trent'anni fa. Su questo vi dovete misurare, se volete essere una forza moderna.
Per queste considerazioni, signor Ministro, noi oggi abbiamo il dovere - noi dell'UDC, che ci siamo presi la responsabilità di una scelta forse non da tutti compresa, ma per noi coraggiosa, che è quella di testimoniare le nostre convinzioni al di là dei successi elettorali e delle occasioni momentanee in cui questi successi elettorali possono concretizzarsi - di contrastare il provvedimento in esame, perché è profondamente ingiusto e sbagliato. Lo è nella prospettiva del 2015: lei avrebbe avuto un grande merito, signor Ministro, se si fosse presentato dopo l'health check sul piano europeo dicendo: benissimo, è l'Italia che vuole lo smantellamento delle quote latte; l'Italia non ha più interesse ad avere le quote latte. Ci saremmo liberati da obblighi comunitari diventati così pesanti. Glielo voglio ricordare ancora una volta: negli ultimi vent'anni le quote latte per il bilancio del Paese sono costate 4 miliardi e 300 milioni di euro (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, onorevole Ministro, come ho detto in precedenza, e lo ripeto, le siamo grati per l'attenzione che ha voluto dare, correttamente e con grande senso delle istituzioni, al dibattito e alla discussione sulle linee generali; oggi è arrivato puntualmente in Aula, rispetto, invece, a molti colleghi, purtroppo, anche della Commissione.
Auspichiamo - lo abbiamo detto anche durante la discussione sulle linee generali - che questa attenzione voglia, poi, trasformarsi in attenzione alle proposte emendative che, come Unione di centro, abbiamo presentato durante la discussione delle Commissioni di competenza, sia al Senato e, ancora di più, alla Camera, dove il provvedimento, sua eccellenza, signor Ministro, non è migliorato - come lei stesso aveva affermato al Senato -, ma è peggiorato. È peggiorato in tutti i punti dolenti che, invece, sembrava avessero la possibilità di trovare ulteriori miglioramenti, per sua affermazione esplicita durante la conclusione della fase di approvazione del provvedimento al Senato.
Le questioni affrontate dal provvedimento in discussione riguardano, da un lato, la necessità di assicurare l'assegnazione del quantitativo nazionale della produzione di latte garantito ai produttori e, dall'altro lato, di assicurare la rateizzazione dei debiti contratti dagli allevatori relativamente alle cosiddette quote latte.
Il comparto lattiero-caseario sta, effettivamente, attraversando una fase di enormi difficoltà e per questo motivo gli operatori del settore si attendono un provvedimento che confermi una soluzione coerente con il percorso fatto in questi anni. La maggior parte degli allevatori, pur di rispettare la normativa sulle quote e restare nella legalità, ha fatto grandi sacrifici, soprattutto economici, per l'acquisto e l'affitto di quote latte, mentre molti non si sono adeguati alla normativa vigente e hanno iniziato a produrre al di là della legge, conducendo una reale concorrenza sleale. Lo sappiamo tutti, onorevole eccellenza, signor Ministro, che vi sono esponenti - anche prossimi candidati, come lo sono stati, alle elezioni europee - Pag. 7che hanno lavorato per bloccare non solo le strade, ma anche per inneggiare alla violazione della normativa comunitaria sulle cosiddette quote latte. A questi signori, si deve dire che la festa è finita e che la serietà, che si è voluta dimostrare, per quanto ne pensate voi, con la presenza di un Governo forte e deciso sui temi dell'agricoltura, implica anche la fine della possibilità di violare la legge ed essere premiati. Questo provvedimento non va nella direzione di premiare gli onesti e di coloro che fanno i sacrifici; purtroppo - in questo senso, è peggiorato nel passaggio alla Camera - va ancora nella direzione di trovare delle scappatoie e delle vie d'uscita per chi, sapendo che poteva incorrere nelle sanzioni, le ha percorse, confidando, probabilmente, in una specie di sanatoria, una sorta di condono del latticino. Questo è francamente inaccettabile. Per l'ennesima volta, arrivare ad un condono del latticino è fuori da ogni prospettiva di possibilità di rilancio del comparto lattiero-caseario.
Durante l'esame al Senato, infatti, sono state introdotte rilevanti modifiche migliorative del testo: ad esempio, l'inserimento di un esplicito riferimento alle zone montane, includendole tra le realtà svantaggiate; la rinuncia dei contenziosi giudiziari sulle multe pregresse; la proroga al 31 dicembre 2009 delle agevolazioni contributive per le imprese agricole operanti in determinate zone svantaggiate; l'interpretazione antica della norma sull'indennità giornaliera con riferimento alla malattia dei lavoratori agricoli. Tuttavia, è necessario manifestare che, durante il dibattito in Commissione alla Camera, sono venute meno le speranze suscitate dall'atteggiamento tenuto dalla maggioranza all'inizio della discussione.
È necessario constatare che non vi sarà la possibilità di vedere riaffermati, nella loro sostanza, molti dei principi di legalità e di equità recati dalla legge n. 119 del 2003, che il suo gruppo considera una straordinaria priorità, a parole, perché poi nei fatti si fa il contrario. Sia il relatore che il Governo hanno prestato scarsa attenzione al fatto che occorreva evitare penalizzazioni nei confronti di chi si è sempre mantenuto in un percorso di legalità. È, invece, fondamentale l'approvazione definitiva di un provvedimento, coerente con i principi di legalità e di equità recati dalla legge n. 119 del 2003, per garantire a tutti i produttori del comparto lattiero-caseario pari opportunità e pari possibilità di miglioramento della loro struttura aziendale.
Non vi sono stati, purtroppo, né la volontà, né il coraggio da parte dell'Esecutivo e della maggioranza di rendere più stringente l'obbligo della rinuncia al contenzioso, di definire norme e modalità chiare, da non consentire in futuro comportamenti elusivi sul percorso di regolarizzazione. L'approvazione di alcune proposte emendative - ahimè, è necessario dirlo - della Lega Nord ha reso il testo più ambiguo e più incerto, anche per quel che riguarda l'assegnazione delle nuove quote latte. La sordità della maggioranza è stata totale, rispetto alla nostra richiesta di evitare di premiare proprio coloro che hanno maggiormente violato la legge, con il rifiuto di ampliare agli ultimi cinque periodi (non soltanto al 2007 e al 2008) la produzione di riferimento, nonché a stabilire il limite del 100 per cento della quota già in possesso del produttore.
Noi dell'UdC abbiamo sviluppato un confronto al Senato, e poi presso la Commissione agricoltura della Camera, con lo scopo di risolvere il problema rappresentato dagli esuberi produttivi, dal debito accumulato dai molti splafonatori e dall'equa assegnazione, a tutti i produttori, delle quote disponibili, fin dalla prossima campagna.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Volontè, la interrompo per pregare l'onorevole Pini di non disturbare il Ministro, perché egli è qui per ascoltare gli interventi dei colleghi.

GIANPAOLO DOZZO. Presidente, lei è troppo fiscale...

LUCA VOLONTÈ. Le nostre proposte, che sono il frutto di un confronto con le Pag. 8organizzazioni professionali e cooperative che rappresentano migliaia di aziende, sono finalizzate - e lei lo sa, onorevole Ministro - a rendere certi la rinuncia a tutti i contenziosi e il versamento della prima rata delle multe pregresse, quali condizioni per ottenere nuove assegnazioni; sono finalizzate a definire i tempi e le regole certe per l'istruttoria delle domande in rete di rateizzazione, il versamento della prima rata e la revoca dell'assegnazione; sono finalizzate a dare una risposta pronta ed equa, lo ripeto, a quei produttori che, per coprire l'esubero produttivo, hanno affittato quote a titolo oneroso; sono finalizzate a garantire il Fondo di sostegno, previsto giustamente nel provvedimento, che, però, deve essere sufficiente e idoneo a soddisfare le necessità di liquidità, sia di quei produttori che sono sempre stati nella legalità, sia di quelli che si sono regolarizzati attraverso le normative previste dalla legge n. 119 del 2003.
Se non si pone mano alle necessarie modifiche, si determinerà una situazione di ancor maggiore conflittualità, un'ulteriore divisione della filiera e di tutto il comparto agricolo che mai come oggi ha bisogno di provvedimenti che tutelino le aziende e assicurino loro il credito necessario in base a norme condivise tra ogni comparto e ogni settore. Vogliamo, in una parola, onorevole Ministro - come lei sa, e spero che lo annoti con attenzione anche il presidente della Commissione - migliorare quello che è stato, purtroppo, ciecamente peggiorato nel passaggio alla Camera dei deputati (abbiamo citato ed evidenziato le questioni più rilevanti).
Occorre sottolineare, infine, che non ci può essere autonomia dalla legalità, né autonomia dall'equità. Non ci può essere, in una parola, in un provvedimento del Governo, un'autonomia dal buonsenso, nel merito di ciò che è previsto, per cui vengono premiati coloro che hanno violato la legge e non invece chi ha fatto sacrifici per rimanere all'interno della legge, dunque i furbi e non gli onesti, creando così un circuito di speculazione e giustificando le speculazioni che sono state attuate in questi anni; né è possibile accettare (e questo mi lascia francamente senza parole, anche per quanto riguarda le competenze della Presidenza) che le coperture - così come ha accennato già il collega Mannino - vengano addirittura giustificate attraverso l'esproprio ulteriore dei fondi FAS (che non si sa fino a che punto siano ancora vigenti né a quanto ammonti la copertura che garantiscono, visto che sono stati usati per tutte le coperture degli ultimi decreti). Addirittura si intende utilizzare quei fondi dormienti che, come i FAS, sembrano un pozzo senza fondo, non sapendo e non avendo nessuna relazione tecnica che dica a quest'Aula quale sia la capienza iniziale e quale sia stato, a poco a poco, l'uso dei fondi stessi, che diventano come quella coperta che sembra possa coprire tutto ma alla fine non coprirà neanche uno dei decreti che sono al nostro esame.
In una parola, onorevole Ministro, onorevole presidente della Commissione, onorevoli colleghi che della Commissione fate parte, noi eravamo partiti con una grande disponibilità, che ancora vogliamo ribadire, al confronto: al confronto che sia serio, che parta da ciò che si è migliorato al Senato e metta tra parentesi le gravi ulteriori distorsioni che sono state introdotte dagli emendamenti approvati dalla Commissione alla Camera da parte della maggioranza. Ritorniamo al testo del Senato e al testo del Senato apportiamo quei miglioramenti che, in conclusione di quel dibattito, lo stesso Ministro - a fianco a lui c'era il Ministro Bossi - aveva auspicato, per andare incontro all'equità, per andare incontro alla legalità, per andare incontro alle pari opportunità anche rispetto alle nuove quote e per rilanciare complessivamente quel settore lattiero-caseario di cui il nostro Paese può, giustamente, e deve, ancor più giustamente, andare fiero.
Lo dico anche in una circostanza particolare di cui il Ministro è a conoscenza (ne abbiamo parlato, l'ho accennato durante la discussione sulle linee generali), vale a dire che molti Paesi europei, a Pag. 9partire dalla Germania, stanno rimettendo in discussione un accordo che invece era stato siglato poco tempo fa.
Quanto all'unità del comparto lattiero-caseario, un buon provvedimento (che veda migliorare ciò che già è andato nella stessa direzione al Senato, e non peggiorare con emendamenti ad hoc, più che ad personam - chiamiamoli così, senza offesa per nessuno -, come è stato fatto alla Camera) può essere la migliore carta d'identità, la migliore forza, per un Ministro delle politiche agricole di un Governo nazionale, da portare sul tavolo europeo.
Diversamente, cercheremo di usare tutti tempi consentiti dal Regolamento, non per fare ostruzionismo, ma per convincere il Ministro e la maggioranza della Commissione grazie alle nostre buone ragioni, grazie alle buone ragioni che provengono da un lavoro fatto dal nostro partito con le associazioni di categoria. Attraverso l'utilizzo dei tempi che il Regolamento ci mette a disposizione cercheremo di convincere il Ministro della bontà dei miglioramenti assolutamente indispensabili di cui questo decreto-legge abbisogna, e ciò per il bene non solo dei produttori, non solo del comparto agricolo, ma anche del nostro Paese. In tal modo cercheremo di convincere questa Commissione e questo Governo che c'è la necessità di un provvedimento, ma c'è più necessità di un provvedimento equo, giusto e che francamente stia all'interno di quella legalità che la legge n. 119 del 2003 aveva già introdotto nel nostro sistema.
Solo salvaguardando questa politica di sistema, solo tornando a salvaguardare quella straordinaria opportunità, quella straordinaria imprenditorialità che è costituita dal mondo lattiero-caseario - quello che si sacrifica, non quello che insegue le furbizie, quello che quando sbaglia paga le multe, non quello che persegue le multe pensando ad una sanatoria o ad un condono del latticino - siamo convinti che anche il Governo ed il Ministro possano andare a difendere gli interessi dell'Italia in Europa.
Diversamente, quello che verrà fuori dal testo risultante dalle proposte emendative approvate dalla Camera sarà un provvedimento peggiorativo, che creerà ulteriori divisioni e lascerà tutto il comparto lattiero-caseario con il dubbio se sia bene seguire la legge oppure sia bene seguire la furbizia, violando la legge e confidando in una buona stella nelle prossime elezioni.
Questo non è possibile, non è accettabile e tutto questo diventa ancora più indigeribile, onorevole Ministro, onorevole presidente della Commissione, onorevole Presidente della Camera, con coperture che fanno veramente ridere i polli, tanto per rimanere nel contesto agricolo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti ed i professori del liceo scientifico statale Mascheroni di Bergamo (Applausi), dell'istituto tecnico commerciale Bodoni di Parma (Applausi) e dell'istituto tecnico commerciale Zoli di Atri, in provincia di Terni (ricordo che Adone Zoli è stato membro di questo Parlamento) (Applausi), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune.
Avverto che sono stati presentati gli emendamenti 1.200 e 3.200 della Commissione, che sono in distribuzione, e che il termine per la presentazione di subemendamenti riferiti alle suddette proposte emendative è fissato alle ore 14 di oggi.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Sani. Ne ha facoltà.

LUCA SANI. Signor Presidente, confermiamo il giudizio negativo che avevamo già espresso nell'ambito della discussione sulle linee generali nei confronti di questo provvedimento, e lo facciamo per due motivi fondamentali.
Il primo riguarda il metodo che ancora una volta ci viene proposto, ossia quella del ricorso alla decretazione d'urgenza, i cui limiti si sono visti anche nell'andamento dei nostri lavori di questa mattina. Siamo di fronte ad un pasticcio, rispetto al quale non si riesce a capire che andamento avrà la nostra discussione ed a quali proposte approderà, visto che l'inizio della seduta è stato più volte rinviato.
Inoltre, il Comitato dei nove non è ancora in condizione di pronunciarsi, perché Pag. 10è prevista una riunione nel pomeriggio, e il parere delle Commissioni, in particolar modo quello della Commissione bilancio, è arrivato in tarda mattinata. Insomma, non capiamo ancora, a discussione aperta e nel momento in cui ci apprestiamo ad affrontare l'esame degli emendamenti, quale sarà il punto di caduta anche rispetto alle presentazione degli stessi. Pertanto, ancora una volta sottolineiamo la gravità di questo ricorso eccessivo alla decretazione d'urgenza e anche l'incapacità, del Governo e della maggioranza, di gestire i decreti-legge nel loro contenuto e nella loro proposta finale.
Nel merito, confermiamo un giudizio negativo perché si tratta, come è già stato detto, di una sanatoria generale nei confronti di chi non ha rispettato le regole. A fronte della trattativa che era stata svolta in sede europea e che ha visto il Ministro Zaia molto impegnato a recepire un maggior quantitativo di produzione di latte per il nostro Paese, lo strumento avrebbe potuto essere quello della buona applicazione della legge n. 119 del 2003, approvata - lo ricordo - quando l'onorevole Alemanno era Ministro delle politiche agricole. Si trattò di un'approvazione a larghissima maggioranza da parte del Parlamento, ad eccezione della Lega, perché già a quell'epoca fece, come dire, la scelta di stare dalla parte dei Cobas.
Dobbiamo ricordare che fino ad oggi la legge n. 119 del 2003 ha consentito di gestire i problemi derivanti dalla questione delle quote e ha permesso, alla maggioranza dei produttori, di rientrare nelle regole e di dotarsi di una certezza rispetto alla propria produzione e di rappresentare bene un settore importante e qualificante per l'economia del Paese e, in particolar modo, per il sistema agroalimentare.
Ebbene, rispetto a ciò oggi viene presentato un decreto-legge da convertire in legge che trova l'unica ragione fondamentale nel sanare gli irriducibili, coloro che non hanno rispettato le regole, i pochi (perché si parla di circa 700 aziende) che hanno determinato un ammontare delle multe di circa un miliardo 700 milioni di euro nei confronti della Comunità europea. Tale cifra rischia di essere pagata dalla collettività, in particolar modo dai consumatori e dai produttori onesti. Un miliardo 700 milioni di risorse utili che potrebbero essere, invece, destinate ad altre voci importanti e significative, che anche in questa occasione non troveranno spazio, e per il rilancio del sistema agricolo nel suo complesso.
Pertanto, come abbiamo già detto in sede discussione sulle linee generali, ancora una volta vengono premiati i furbetti, che abbiamo definito i furbetti della mangiatoia o, se vogliamo, i furbetti della stalla. Ed è preoccupante, soprattutto, il messaggio che, ancora una volta, questa maggioranza e questo Governo inviano al Paese, specie in una fase in cui si richiederebbero maggior rigore e impegno. Giusto ieri il Presidente del Consiglio invitava gli italiani a lavorare di più (fermo restando che occorrerebbe che un lavoro gli italiani lo avessero). Tuttavia, proprio per questo, in una fase in cui viene richiesto maggiore rigore, ancora una volta si fa passare il messaggio che il rispetto della legge talvolta può essere un accessorio e, anzi, che chi rispetta le regole e la legalità alla fine rischia di passare per fesso perché, prima o poi, un condono arriva a sanare tutto e a premiare chi non ha rispettato le regole né ha osservato la legge.
Anche per questo facciamo nostre le preoccupazioni e la contrarietà espresse in questi giorni e anche in queste ore dalle categorie. Siamo perciò a fianco della protesta che stanno conducendo in difesa degli interessi generali e collettivi dell'agricoltura italiana e del vasto tessuto delle imprese che la animano.
Condividiamo quelle posizioni anche perché, come veniva detto prima, il testo che uscirà dalla Camera rischia di essere addirittura peggiore rispetto a quello approvato dal Senato, poiché si rende incerto l'obbligo del pagamento delle rate rispetto al mantenimento dei benefici della stessa rateizzazione delle multe e dell'assegnazione di nuove quote. Quindi, c'è molta ambiguità rispetto agli obblighi che si chiedono a chi non ha osservato le regole. Pag. 11Contestualmente, non si stanziano risorse sufficienti a sostegno del settore. Lo abbiamo già detto ed è oggetto di un nostro emendamento: riteniamo che occorra aumentare il fondo di rotazione - che al momento non sappiamo bene che fine farà, nemmeno rispetto a ciò che era stato concordato in Commissione - con cui poter finanziare l'attività degli allevatori onesti che in questi anni hanno investito in quote, cioè sulla loro capacità e sulla qualità produttiva delle proprie aziende. Invece, vediamo emendamenti - in particolar modo quelli sottoscritti dalla stessa Lega - ad hoc, come diceva il collega Volonté, che accentuano ulteriormente i caratteri negativi di una sanatoria indiscriminata e di parte.
Per questo confermiamo il nostro giudizio negativo e, attraverso gli emendamenti del Partito Democratico e, più in generale, dell'opposizione, vogliamo provare a rendere più equo e giusto questo provvedimento, non a favore dei pochi, ma a beneficio dell'intero sistema produttivo e del settore lattiero-caseario, per tutti i produttori, da quelli grandi, che contribuiscono al successo delle grandi produzioni, ai più piccoli, che hanno magari poca produzione, ma che talvolta hanno aziende collocate in zone montane dove svolgono anche funzioni importanti di presidio ambientale.
Gli emendamenti che abbiamo proposto - voglio ricordarli in sintesi - riguardano: la priorità degli affittuari sugli splafonatori; la priorità nella prima fascia per tutta la quota B e non solo quella relativa al quantitativo prodotto; la rinuncia ad ogni contenzioso; la durata della rateizzazione in un massimo di 20 anni a tassi di mercato; l'assegnazione delle quote di riserva nazionale fino all'adesione alla rateizzazione del pagamento della prima rata; la restituzione del prelievo pagato in eccesso con la franchigia dello splafonamento del 20 per cento, così come previsto dalla legge n. 119 del 2003; la trattenuta preventiva dei premi PAC per utilizzarli a scalare sul versamento delle singole rate; un adeguato fondo per i produttori che hanno acquistato quote.
Questa è la natura dei nostri emendamenti, tesi a rendere questo provvedimento più equo e più giusto. Nello stesso tempo, vogliamo segnalare che il testo vede la contrarietà delle regioni, in quanto queste non sono state coinvolte a sufficienza ed hanno in molte espresso un giudizio negativo nei confronti di questo provvedimento, anche perché vengono espropriate delle loro funzioni rispetto alla gestione delle quote, e questo è il primo paradosso, la prima contraddizione interna a questa maggioranza, che un giorno approva i provvedimenti relativi al federalismo fiscale e il giorno dopo espropria le regioni di funzioni fondamentali nel rapporto con l'economia del proprio territorio.
Poi, lo voglio dire da ultimo, ci sono le questioni generali che vanno oltre la vicenda delle quote latte a renderci profondamente insoddisfatti. Esse si chiamano: Fondo di solidarietà, canone ricognitorio per le aziende che operano nel campo della pesca, INPS per le cooperative forestali. È vero, al Senato è stato raggiunto l'obiettivo rispetto alle agevolazioni previdenziali per chi opera in aree svantaggiate fino alla fine del corrente anno. Ebbene, riteniamo questo provvedimento ancora non sufficiente rispetto alla situazione di incertezza in cui vivono numerose aziende agricole nei territori montani e nelle aree svantaggiate.
Noi, a più riprese, abbiamo proposto che questa questione fosse affrontata perlomeno nel triennio, ma la cosa che più ci fa dare un giudizio negativo è ancora l'assenza di un impegno concreto rispetto al Fondo di solidarietà che vede uno stanziamento parziale. Anche su questo non siamo in grado di giudicare perché la stesura definitiva di un emendamento ancora non è nelle nostre disponibilità, ma sappiamo che non è ancora sufficiente rispetto ai bisogni del Paese, rispetto ad una situazione grave che sta colpendo l'agricoltura nel nostro Paese a causa del maltempo, delle calamità naturali, e che non trova adeguata risposta nell'azione del Governo.
Noi abbiamo chiesto, a più riprese, che fosse ristabilito il Fondo di solidarietà per Pag. 12un ammontare di 230 milioni e ancora arrivano le briciole. Voglio ricordare a questo Parlamento che sono stati trovati 200 milioni per risanare il bilancio del comune di Catania e non troviamo 200 milioni per dare una risposta all'intero sistema produttivo e dell'agricoltura nel nostro Paese.
Questo è il modo che ha questo Governo di approcciarsi ai problemi produttivi. Si tratta, signor Presidente, anche di questioni condivise all'unanimità all'interno della Commissione agricoltura e che già questo Parlamento aveva approvato nel decreto-legge n. 171 del 2008, quello che riportava il nome così ambizioso di rilancio del sistema agroalimentare del Paese. Provvedimenti approvati da quest'Aula e immediatamente dopo svuotati di significato dal decreto-legge cosiddetto «mille proroghe», altro segnale chiaro rispetto a chi assume le decisioni all'interno di questa maggioranza e del Governo.
Noi pensiamo invece che occorrano, rispetto all'agricoltura, politiche strutturali, occorre avere una visione generale rispetto a questo settore, non una visione parziale, come avviene anche quest'oggi, una visione parziale anche dal punto di vista geografico, se mi è consentito. Nello stesso tempo, non esiste alcun impegno, come appunto dicevo prima, rispetto all'emergenza per fronteggiare la crisi che investe anche questo settore.
Lo voglio dire: la parola agricoltura ad oggi non compare in nessuno dei provvedimenti anticrisi che questa maggioranza ha assunto, mentre è il settore maggiormente colpito dalla politica dei tagli messi in atto dal Ministro Tremonti.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LUCA SANI. In questo quadro, e concludo, noi chiediamo maggiori iniziative, maggiori risorse e certezza di risorse a sostegno di un settore che invece vive in una situazione di difficoltà e che richiede politiche tali, perché è con l'agricoltura che si qualifica il made in Italy e che si dà una risposta concreta al sistema produttivo del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cera. Ne ha facoltà.

ANGELO CERA. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, siamo oggi ad esaminare ed approvare con responsabilità e ponderazione un provvedimento importante, che ha subito nel corso degli anni delicate evoluzioni.
Il decreto-legge in esame fa emergere la necessità di recepire e applicare integralmente la normativa comunitaria in un settore che ha già visto, con il decreto-legge 28 marzo 2003 n. 49, convertito dalla legge n. 119 del 2003, il regime delle quote latte allinearsi all'ordinamento comunitario anche nel nostro Paese. Ritengo necessario che in questo passaggio parlamentare vi sia una verifica mirata alle reali e concrete esigenze dei protagonisti del mondo della filiera lattiero-casearia, in un divario evidente tra chi ha operato nel corso degli anni rispettando le normative vigenti e chi, invece, ha evaso il sistema. Nel decreto-legge in esame non vi è tutela per i primi.
Signor Ministro, vorrei capire se ci preoccupiamo delle persone oneste, che sudano e che si guadagnano la pagnotta attraverso il lavoro quotidiano anche vicino agli animali (le mucche), o preferiamo, invece di preoccuparci della gente onesta, preoccuparci solo di fare leggi per quaranta superprotetti della politica nazionale che in questo caso si blindano e bypassano coloro che onestamente svolgono il proprio dovere.
Vorrei capire se con questo provvedimento proteggiamo anche persone che sono sedute qui dentro e blindiamo personaggi che, in qualche maniera, fuori da quest'Aula potrebbero essere rimandati sicuramente davanti ad un giudice per interessi privati in atti d'ufficio. Quindi, io mi chiedo se è solo questo che un'Assemblea nazionale fa nel momento in cui adottiamo le leggi, ci preoccupiamo dei poveri, di chi onestamente svolge il proprio dovere e di chi rispetta le leggi.
Dopo questo sfogo, caro Ministro, la invito a compiere una verifica all'interno di quest'Assemblea di chi potrà usufruire Pag. 13di questo provvedimento e poi potremmo anche ridiscuterne successivamente. È necessario che in questo passaggio parlamentare vi sia una verifica mirata alle reali e concrete esigenze dei protagonisti del mondo della filiera lattiero-casearia in un divario evidente tra chi ha operato nel corso degli anni rispettando le normative vigenti e chi ha evaso il sistema: nel decreto-legge in esame non vi è tutela per i primi. Durante l'esame al Senato sono state accolte alcune modifiche rilevanti, quali la previsione della rinuncia ai contenziosi, la modifica circa l'assegnazione delle quote, la compensazione attraverso i contributi PAC per la prima rata relativa alle multe pregresse. Si tratta di modifiche che hanno introdotto elementi incomprensibili e incondivisibili a tutela di chi non si è ancora voluto consapevolmente adeguare alla normativa vigente. Tutto ciò è inaccettabile.
Signor Ministro, in questo caso certamente vi è una buona distinzione fra gli operatori del sud e quelli del nord e per questo motivo che per gli operatori del sud sono fiero oggi di parlare in questi termini. Coloro che vanno contro la legge non sono certamente quelli del sud, ma sono collocati in aree ben definite del nord e lei le conosce, signor Ministro, ad una ad una.
Auspichiamo, dunque, un confronto serio e produttivo volto a definire una normativa equilibrata ed individuata in maniera chiara ed equa.
Infatti, vi sono ancora questioni irrisolte, ma di fondamentale importanza, quali l'ordine di assegnazione di nuove quote, la rinuncia al contenzioso, il Fondo rotatorio a favore del settore lattiero-caseario. L'Unione di Centro ha come obiettivo quello di risolvere varie problematiche connesse agli esuberi produttivi e ai debiti accumulati dai molti «splafonatori». Si propone di risolvere il problema relativo all'equa assegnazione per i produttori delle quote disponibili fin dalla prossima campagna. Il nostro impegno è volto a tutelare e dare una risposta pronta e imparziale agli imprenditori, che per coprire l'esubero produttivo hanno affittato quote a titolo oneroso. Il nostro impegno è finalizzato a garantire che il Fondo di sostegno previsto dal provvedimento sia sufficiente ed idoneo a soddisfare le necessità di liquidità sia di quei produttori che sono sempre stati nella legalità, sia di quelli che si sono regolarizzati con la legge n. 119 del 2003. Riteniamo, dunque, inammissibile che i produttori italiani rispettosi delle norme possano subire, nella normativa oggi in esame, una grave ingiustizia, data dal fatto che sia gli «splafonatori» nazionali che europei, nei prossimi cinque anni, potranno ottenere, dall'aumento di produzione annuale, quote pari all'1 per cento, concesso a tutti gli Stati dell'Unione europea. Si sancirebbe, in questo modo, una penalizzazione ai danni degli onesti lavoratori, se gli unici produttori a non ricevere nuove assegnazioni, con cui poter sviluppare le loro aziende e sostenere l'impatto del mercato nei prossimi anni, fossero proprio i produttori che hanno rispettato la legge. Questo è ciò che accadrebbe di certo, se il Governo dovesse decidere di utilizzare tutta l'assegnazione del 5 per cento per colmare la produzione a favore degli «splafonatori».

PRESIDENTE. Onorevole Cera, scusi se la interrompo. Mi spiace dover ricordare ai colleghi che, se intendono parlare con il Ministro, egli sicuramente sarà lieto di offrire loro un caffè dopo la seduta. Il Governo è qui per ascoltare gli interventi dell'Aula.

ANGELO CERA. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Ciò che oggi ci preme realizzare è una normativa chiara, equa ed equilibrata, che eviti in maniera netta sanatorie e benefici inadeguati, irrispettosi verso tutti i produttori che hanno seguito il percorso della regolarizzazione, prevista dalla legge n. 119 del 2003. Ci proponiamo, dunque, di porre fine a tale contesto, di valicare l'ombra della produzione illegale, che, aleggiando come una nuvola sul nostro Paese, ha destato, nel corso degli anni, perplessità in ambito europeo, in merito alla competenza del nostro Paese nel gestire, in modo corretto, Pag. 14la questione delle quote latte (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti delle scuole che partecipano alla giornata di formazione a Montecitorio. In particolare, saluto gli studenti della V classe dell'Istituto tecnico commerciale per geometri Europa di Cassino, accompagnati dalle professoresse Cecilia Rossi e Maria Lucia Forte, e gli studenti della V classe dell'Istituto tecnico commerciale Toniolo di Manfredonia, in provincia di Foggia, accompagnati dai professori Pellegrino Iannelli e Michele Giordano, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, in Commissione agricoltura vi è stata una strage, per fortuna non di onorevoli, ma di emendamenti (è vero, Ministro?), perché è mancata, proprio da parte del Ministro, la volontà di accogliere alcuni emendamenti, che avrebbero sicuramente potuto migliorare questo decreto-legge.
È un «no» che ci ha fatto capire che comunque il decreto-legge era blindato, «a prescindere da»; un decreto-legge che è stato peggiorato, in fondo, qui alla Camera. Ne abbiamo discusso molto in Commissione agricoltura, però poi non si è arrivato, perlomeno non siamo giunti, a quelle migliorie che il nostro gruppo, l'Italia dei Valori, si sarebbe aspettato.
È un decreto-legge che deve - ma credo di dire, a questo punto, dovrebbe - regolamentare l'assegnazione di nuove quote, che dovrebbero essere disponibili dalla prossima campagna di aprile, e che risulta, invece, un vero e proprio regalo per chi ha operato fuori dalle regole e che, nel contempo, viene riammesso, nonostante la legge nazionale esistente, la n. 119 del 2003, al meccanismo della compensazione. Beneficeranno di una riduzione sulle eventuali multe a danno di chi ha rispettato le regole, perché, secondo noi, signor Ministro, questi sono da tutelare: quelli che hanno agito nella legalità. L'Italia dei Valori ha chiesto l'abrogazione della disposizione del comma 1 dell'articolo 1, che prevede, già nella campagna in corso, in maniera retroattiva, la restituzione del prelievo pagato in eccesso anche ai produttori non titolari di quota e a quelli che hanno superato il 100 per cento del proprio quantitativo di riferimento individuale.
Questa abrogazione è stata richiesta proprio per garantire il rispetto di questa benedetta legge n. 119 del 2003, che viene spazzata via; non è stata presa affatto in considerazione. Riteniamo opportuno che queste restituzioni vengano affidate solo ai produttori titolari di quota e che si eviti che vengano attribuite quote a quelle aziende che hanno delle azioni giudiziarie in atto, anche perché riteniamo che un'operazione del genere non sia seria; è, soprattutto, inaccettabile.
Abbiamo anche presentato un emendamento finalizzato a mantenere in vigore l'articolo 9 della legge n. 119 del 2003, che ha disciplinato la restituzione del prelievo versato in eccesso. È un articolo che il Governo vuole sostituire, portando dal 20 per cento al 6 per cento la franchigia di splafonamento di chi, essendo in regola con i versamenti delle multe, ha diritto ad eventuali restituzioni di quota che dovrebbero, poi, risultare in eccesso. Questa tolleranza del 6 per cento, però, è insopportabile soprattutto per le piccole aziende, dove il 6 per cento potrebbe rappresentare il latte prodotto da un solo animale; quindi, poca attenzione anche nei riguardi dei piccoli allevatori.
Il punto per noi irrinunciabile, poi, è quello dell'assegnazione delle quote: spettano in primo luogo a chi ha pagato e ha fatto sforzi veri per mettersi in regola; successivamente, a chi ha affittato, cercando anche forme diverse, ma comunque onerose, per regolarizzarsi; infine, agli irregolari, che hanno prodotto oltre la quota, con priorità alle produzioni nei limiti del 100 per cento, addirittura, del quantitativo di riferimento individuale.
Alcuni emendamenti sono rivolti ad ottenere la garanzia che i cosiddetti splafonatori Pag. 15paghino la prima rata al 31 dicembre 2009. A questi soggetti che aderiscono alla rateizzazione sarebbe opportuno che gli enti pagatori trattenessero, a nostro avviso, secondo l'Italia dei Valori, in via preventiva, i premi comunitari, per utilizzarli a scalare sul versamento delle singole rate. Ma, niente: vi è una tipologia di allevatori, questa degli irregolari, che viene tutelata; questi sono veramente gli intoccabili! È stato poi chiesto di incrementare la somma di 35 milioni di euro da destinare ai produttori che hanno acquistato quote latte successivamente al periodo di applicazione della legge n. 119 del 2003, portandola ad almeno 75 milioni di euro.
Oggi, però, in Commissione ci è stato comunicato che comunque la cifra non è certa, non è sicura, e che la copertura per questo comparto dovrebbe essere garantita dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, che a nostro avviso non basterà neanche a soddisfare proprio il settore delle piccole e medie imprese. Si tratta quindi della coperta che viene tirata a destra o a sinistra a seconda delle esigenze, delle finte esigenze del Governo.
Avevamo anche previsto un emendamento che garantisse il rifinanziamento di 43 milioni di euro per l'anno 2009 del Fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera in Italia, per il quarto anno del quinquennio previsto dalla normativa comunitaria; tale emendamento è stato dichiarato inammissibile dall'inizio in Commissione e noi lo abbiamo ulteriormente presentato in Aula. Come può però - mi chiedo - una questione procedurale bloccare una norma che risulta tanto importante per il mondo agricolo, soprattutto per il settore bieticolo-saccarifero?
Anche per il Fondo di solidarietà l'Italia dei Valori ha predisposto un emendamento: la richiesta di rimpinguare il Fondo di solidarietà era diventata prerogativa comune della Commissione agricoltura. Oggi abbiamo saputo che il Fondo di solidarietà nazionale, per il quale occorrono 330 milioni di euro, è stato definito nella cifra di 110 milioni di euro, però la copertura non c'è. C'è? Speriamo e speriamo che non si riproponga la stessa storia, la stessa tiritera dell'altro decreto-legge del precedente Ministro, il n. 171 del 2008, perché poi le promesse divengono troppo vane e non sappiamo più se credere veramente in quanto fa il Ministro Zaia.
All'articolo 4, comma 6, avevamo previsto un emendamento che precisasse che l'assegnazione delle quote è da considerarsi provvisoria, e quindi soggetta a decadenza, a valere dal periodo di assegnazione, quindi fino all'avvenuta estinzione del prelievo dovuto nei modi e nei tempi definiti.
Per il gruppo dell'Italia dei Valori comunque è importante l'emendamento all'articolo 6-ter, volto a stabilire che le agevolazioni previdenziali per le imprese agricole operanti in determinate zone svantaggiate siano permanenti; ma anche in questo caso in Commissione abbiamo appurato oggi che avete addirittura anticipato la data, dal 31 dicembre al 30 settembre, con una cifra di 103 milioni di euro, mentre all'inizio ne avevamo chiesti 150. Vedremo poi anche qui come andrà a finire.
Quindi, dei circa 40 emendamenti presentati dall'Italia dei Valori, solo tre, solamente tre sono stati accolti: uno che prevede che i dati da inserire su modelli L1, relativi al numero dei capi bovini da latte tenuti in stalla e i quantitativi di latte prodotti debbano essere trasmessi per via telematica all'AGEA, al fine di poter avviare dei controlli incrociati tra i dati in possesso dell'Anagrafe nazionale bovina e quelli dei servizi veterinari delle Aziende sanitarie locali di competenza territoriale.
Vi è, poi, l'emendamento all'articolo 2, comma 7, che attribuisce all'AGEA il ruolo di definire con i propri provvedimenti le modalità tecniche riguardanti i meccanismi di estinzione dei debiti relativi agli aiuti agricoli comunitari da parte degli organismi pagatori: in esso avevamo chiesto di aggiungere le parole: «previo accordo con» le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Voi però Pag. 16avete messo anche qui i puntini sulle «i», sostituendo il «previo accordo» con la parola «sentite». Ci auguriamo che la parola «sentite» abbia il significato di tenere in considerazione i pareri delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Noi lo abbiamo accolto semplicemente per questo motivo.
Infine, all'articolo 4, comma 5, avete accettato anche l'emendamento che stabilisce che il versamento della prima rata dovrà essere effettuato in ogni caso entro il 31 dicembre 2009.
Poche - direi anzi minime - sono state le proposte accolte dal Governo; abbiamo ripresentato poi gli stessi emendamenti, ma abbiamo già saputo in Commissione agricoltura che fine hanno fatto quegli emendamenti: di nuovo tanti «no», a ripetizione.
Il Ministro non c'è - è presente il sottosegretario - però questo decreto-legge, così com'è, è tutto figlio vostro, è tutto demerito vostro: non avete accettato neanche un po' delle nostre indicazioni.
Avete rotto l'ingranaggio della Commissione agricoltura, perché finora abbiamo viaggiato tutti insieme sullo stesso binario (ne è stata la dimostrazione il decreto-legge n. 171 del 2008); maggioranza e opposizione hanno cercato sempre di andare avanti per il bene dell'agricoltura, però oggi questo treno è deragliato perché, purtroppo, questa serie di «no» ci fatto chiaramente capire che non vi era la disponibilità da parte del Governo stesso.
Ve lo dico da giocatrice di basket: quando si gioca a basket, le mosse di chi passa la palla e di chi riceve devono essere in sintonia. Ed anche per un progetto, per un provvedimento deve accadere la stessa cosa: se c'è sintonia tra chi propone il decreto-legge, chi deve giudicarlo e chi infine deve rispettare le regole, il risultato è sicuramente positivo. Voi tutto questo non lo avete fatto: avete scontentato tutti e avete invece accontentato gli irregolari, e mi auguro che tutto ciò non abbia poi un effetto negativo sulla stessa Commissione agricoltura nell'esame di là da venire dei prossimi provvedimenti (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Trappolino. Ne ha facoltà.

CARLO EMANUELE TRAPPOLINO. Signor Presidente, signor Ministro, che non vedo più, il complesso degli emendamenti che abbiamo presentato per migliorare il decreto-legge in esame si propone di modificare in misura sostanziale gli effetti perversi del provvedimento, quelli per intenderci che determinano, neppure tanto surrettiziamente, una sanatoria per comportamenti illeciti (e lo abbiamo detto in vari modi).
Con questo decreto-legge ritorniamo sul tema delle quote latte a sei anni dall'approvazione della legge n. 119 del 2003, che avrebbe dovuto porre la parola «fine» ad una vicenda davvero poco gratificante per il nostro Paese.
Quella legge fu approvata dal Parlamento a larghissima maggioranza, con il voto contrario della Lega, che per l'occasione preferì mettersi dalla parte dei Cobas del latte. Si potrebbe parlare quindi di una sorta di ritorno del rimosso, mai del tutto domato e mai del tutto incardinato dentro una disciplina razionale; eppure, proseguendo la metafora freudiana, la terapia era stata predisposta con accortezza. La citata legge n. 119 era stata costruita per produrre garanzie di rispetto della quota assegnata, definendo una procedura per favorire, con il meccanismo della rateizzazione, il pagamento del debito generato dalle multe fino ad allora non pagate.
Al meccanismo aderì la stragrande maggioranza dei produttori, mentre poche migliaia di produttori decisero di non aderire ed intrapresero la via dei ricorsi, rifiutando di pagare le multe ed impedendo quindi alla stessa legge di dispiegare pienamente i suoi effetti.
In un primo tempo ci era parso di cogliere nelle parole del Ministro una qualche disponibilità al confronto sulle questioni che avevamo sollevato come gruppo del Partito Democratico in Commissione agricoltura; la disponibilità non ha tuttavia superato la prova dei fatti e con rammarico constatiamo il prevalere degli interessi di pochi grandi splafonatori, Pag. 17lasciando evidenziare un diverso trattamento tra chi ha agito nella piena legalità delle regole (ricorrendo anche a mutui che incidono pesantemente sui bilanci aziendali) e chi, invece, ha scelto di ignorare la legge.
In questo decreto-legge si propone e si ripropone un dilemma formidabile, cioè la giustificazione etica e politica di sanatorie per comportamenti illeciti.
Oltre a provocare danni economici al sistema generale e al corretto funzionamento dei mercati, in particolare, questo tipo di sanatorie legittimano l'idea intollerabile che rispettare la legge non conviene. Che lei, signor Ministro, avesse in mente una sorta d'indulgenza plenaria per mondare i peccati dei pochi irriducibili e furbi è stato ben colto dalle organizzazioni di categoria e da quegli allevatori che hanno voluto rappresentare le proprie ragioni manifestando in direzione di Arcore e di Gemonio poche settimane fa.
Chi rispetta le regole, chi lavora dentro i perimetri della legge, ha uno speciale diritto morale di parola rispetto agli apologeti della furbizia. A questa mobilitazione va riconosciuto il merito di aver trasferito la necessaria forza affinché il testo presentato in origine fosse modificato al Senato. I miglioramenti apportati hanno introdotto norme di garanzia che declinano un elementare principio di giustizia, evitando di premiare chi in realtà non può essere premiato.
La rinuncia al contenzioso esemplifica il senso del ragionamento, tuttavia quel rimosso torna ad agire, quasi a voler attribuire all'indistinto legale una priorità sulla logica della giustizia (faccio riferimento alla modifica che voi avete inserito in Commissione agricoltura andando a peggiorare ulteriormente il testo licenziato dal Senato). Se prima il mancato pagamento di una sola rata era sufficiente a far decadere i benefici derivanti dalla rateizzazione e dall'assegnazione di nuove quote, ora si stabilisce che la decadenza di questi benefici si avrà solo in caso di reiterato mancato pagamento; ma spiegateci cosa significa «reiterato». Tutta la razionalità della regola che si intendeva affermare ritorna nell'indistinto di una notte - è davvero il caso di dirlo - in cui tutte le mucche sono nere, preparando così una nuova era di infinite dispute legali e di nuovi ricorsi.
Noi crediamo che il Paese deve pur trovare una soluzione definitiva alla vicenda dei cosiddetti splafonatori o irregolari del latte che dura ormai da un quarto di secolo. Per questo abbiamo contribuito come Partito Democratico, con responsabilità, serietà e rigore, alla definizione di una soluzione giusta e definitiva. Per questa ragione abbiamo inteso offrire alla discussione questo pacchetto di emendamenti utili a migliorare il decreto-legge e a rilanciare con forza il settore lattiero-caseario.
I nostri emendamenti tendono, quindi, a modificare tutte le norme che, in modo diretto o indiretto, favoriscono chi ha agito al di fuori della legge, a partire dalla creazione di canali prioritari per la distribuzione delle quote per chi si è sempre mosso nella legalità, invertendo la priorità tra affittuari e splafonatori; questo è il cuore del provvedimento ed è anche il luogo dove si affermano i principi di equità e giustizia.
Il Ministro avrà anche le sue personali regioni di parte nel farlo, ma è davvero incomprensibile ed intollerabile pensare di redistribuire la quota di produzione aggiuntiva senza prevedere una differenza ed una distinzione tra chi in questi anni ha affittato le quote, e chi, invece, ha acceduto nella propria produzione. La differenza è sin troppo evidente: mentre i primi hanno fatto ricorso all'affitto delle quote per garantire la propria produzione e stare nelle regole, i secondi esondano dalla quota assegnata senza alcun costo aggiuntivo, né senza troppi scrupoli rispetto alla legge vigente.
Il complesso di emendamenti, quindi, migliora i contenuti del decreto-legge, imprimendogli un più deciso effetto sistemico, che va ad interessare anche altri settori del comparto agricolo. Questi emendamenti sono stati, quindi, articolati al fine di potenziare la disponibilità del Fondo rotatorio a sostegno del settore e Pag. 18sostenere chi ha investito in questi anni; ad individuare un sistema di compensazione delle multe con i contributi PAC, non solo per la prima rata, ma a scalare per le successive; ad assegnare le quote di riserva nazionale fino all'adesione alla rateizzazione e al pagamento della prima rata; ad introdurre misure a favore delle imprese che effettuano la stagionatura di lungo periodo dei prodotti caseari; e a finanziare adeguatamente il Fondo di solidarietà nazionale - come è stato ricordato dai miei colleghi - e a dare piena attuazione ai meccanismi di gestione del rischio in agricoltura, potenziando il ruolo delle polizze assicurative.
I nostri emendamenti vanno anche nella direzione del ripristino del canone ricognitorio per le imprese ittiche e di porre fine ai contenziosi INPS con le cooperative forestali. Ecco, in questo pacchetto emendativo c'è il nostro contributo, un contributo di forza di opposizione che sa assumersi la responsabilità delle scelte con rigore e serietà. Ora tocca a voi dimostrare al Paese il senso delle vostre scelte senza ambiguità e in modo inequivoco (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, signori del Governo, torno indietro con la memoria per tentare di costruire un intervento che sia di contributo a questa vicenda che ha appassionato e turbato il mondo agricolo nel corso di questi ormai venticinque anni.
Alcuni ritengono che sia giunta l'ora di normalizzare il comparto lattiero-caseario che è stato lacerato da troppe tensioni, da troppe contraddizioni e da molte difficoltà. Altri ritengono che andrebbe risolta in radice la questione delle ingenti somme che anno dopo anno - ne ha parlato in maniera molto competente il collega Calogero Mannino - lo Stato italiano ha dovuto sostenere presso la Comunità, penalizzando così altri settori agricoli che erano del tutto incolpevoli. Però, in realtà, questo provvedimento nasce dall'esigenza di dare una risposta furba ai più furbi. Non si pone il problema di una sistemazione complessiva del settore agricolo, ancorché limitato al suo comparto lattiero-caseario.
Vedete, il regime comunitario delle quote fu introdotto per porre rimedio alla ciclicità delle crisi di prezzo del settore del latte. È chiaro che, quando in Europa si produceva senza alcun controllo, poi arrivava l'anno, ciclicamente, nel quale il prezzo del latte era abbattuto al punto tale che faceva piangere gli agricoltori. Da qui la necessità di fissare un limite alle quantità al fine di poter orchestrare in qualche modo un condizionamento del prezzo finale.
A questa iniziativa comunitaria si opposero inizialmente anche le organizzazioni agricole italiane. Ricordo gli anni 1984, 1985 e 1986, e avendo allora responsabilità regionali mi toccava di discutere con il mio assessore regionale, il quale si faceva in qualche modo portavoce delle organizzazioni agricole. Io tentavo di spiegare. Vedete come e quando si sta non tanto solo dalla parte della norma, ma anche dalla parte della ragione si ottengono delle grandi difficoltà e si rischia di essere capiti male, e comunque, magari, non si intercettano consensi, perché è più facile dire le cose che la gente vuol sentirsi dire piuttosto che dire le cose che un uomo di Governo, un uomo di Stato, o anche solo un amministratore deve avere il coraggio di sostenere. Così l'applicazione di quel regime comunitario avvenne sulla base di un doppio elemento: continui splafonamenti e apertura di un contenzioso comunitario sempre più duro.
A ciò si diede finalmente una risposta con la legge più volte citata n. 119 del 2003 (Ministro pro tempore Alemanno), nei confronti della quale si organizzarono delle fieri proteste. Ricordo ancora i blocchi attorno a Linate organizzati dai Cobas, che colpivano la generalità dei cittadini, come se vi fosse un diritto a splafonare e a produrre. Nel frattempo si era messo in moto, nel tentativo di aderire al regolamento Pag. 19comunitario, un vero e proprio mercato delle quote, e lì abbiamo assistito alle furberie più estreme.
Vi era chi, avendo splafonato, decideva addirittura di vendere le quote, magari per incrementare la produzione lattiera, avendo il doppio vantaggio di splafonare rispetto alla quantità prodotta e magari ceduta al mercato industriale e magari ceduta in nero e, dall'altro lato, di monetizzare le quote che erano a parziale copertura della quantità di produzione attribuita.
La struttura dei COBAS si muoveva, tra l'altro, senza esclusioni di colpi: allora, il solo leader era il senatore Robusti che, peraltro, incorse anche in una vicenda molto strana, almeno per me che condussi la battaglia contro i furbetti del quartiere nell'estate del 2005, quasi isolato in questa Aula parlamentare, dal momento che i furbetti erano diffusi ovunque. Quanto al fallimento della Credinord, su cui poi intervenne, attraverso un'operazione veicolata dall'allora Governatore, l'amministratore delegato della Popolare di Lodi, Fiorani, si impigliarono in quelle cinque, sei pratiche di finanziamento tra cui vi era anche quella riguardante il senatore Robusti che determinò il crollo di quella banca, poi acquistata dalla Banca Popolare di Lodi. Peraltro, furono messi in mezzo anche molti militanti della Lega, che in buona fede avevano creduto che si potesse davvero costruire una banca della Lega.
Queste sono cose che evidentemente devono essere costruite con la competenza e la professionalità del caso, altrimenti si va incontro ad infortuni. Allo stesso modo, ho visto - non lo sapevo ma si vede che non c'è mai limite alla decenza - che vi è pure qualche collega molto esperto in materia di attività agricole splafonanti. Infatti, ho visto che è sorto agli onori della cronaca: non so se operi in quest'Aula in conflitto di interessi. Tuttavia, vorrei pregare il Governo di tentare di darsi un'impostazione di carattere generale: guai ad inseguire interessi particolari! Questa è comunque una battaglia sulla quale mettete la faccia fino in fondo e la perdete sicuramente. Non importa quanto delle voci che rimbalzano in quest'Aula finiranno fuori. Ha poca importanza ma la gran parte si sa: è una furbata clamorosa quella che volete fare che ha come conseguenza il fatto che voi nel frattempo riducete lo Stato a qualcosa che è del tutto inguardabile.
Infatti, l'attribuzione delle quote a chi causa lo splafonamento nazionale, al solo fine di evitare ulteriori esborsi di denaro pubblico difficilmente recuperabili - è questa la motivazione che inizialmente è stata addotta dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali - sancisce la sconfitta senza onori dei pubblici poteri cui compete il dovere di far rispettare le leggi e pone in essere una palese discriminazione sul piano costituzionale tra i cittadini italiani e gli altri cittadini europei agricoltori, ai quali non vengono garantiti i medesimi diritti e, sul piano della concorrenza, tra imprenditori che operano sullo stesso mercato: coloro che hanno agito nel rispetto delle leggi sono discriminati e sono evidentemente danneggiati da coloro che operano in concorrenza con loro, in dispregio della legislazione.
Questo è il fallimento dello Stato e non è una cosa buona perché si accompagna ad altri fallimenti come le ronde e i prefetti, - gli odiati prefetti di Roma ladrona - che avrebbero dovuto essere messi in pensione e che invece li vedo protagonisti ad occuparsi delle cose del credito: absit iniuria verbis. Sono cose incredibili, dal momento che ritengo che abbiano la competenza semmai a controllare le ronde, certamente non ad occuparsi di come affluisce il credito. E il senso dello Stato che deriva da questi provvedimenti è un senso molto modesto di cui certo non potete menare vanto. Per tale ragione, ritengo che sia il caso che voi riflettiate sulle caratteristiche di questo provvedimento e che rimettiate anche a posto i termini della copertura. Stamani sono stato in Commissione bilancio e ho partecipato alla recita, nella quale abbiamo dovuto prendere atto di questo splafonamento Pag. 20del bilancio dello Stato, utilizzando i fondi FAS senza che vi sia la copertura di una relazione tecnica adeguata.
Poi ho dovuto dare un'informazione al sottosegretario Vegas: gli ho detto che i dormienti si sono svegliati. Sottosegretario Vegas, i dormienti si sono svegliati e sono un po' agitati, perché su di loro si è fatto conto per tante cose, per troppe cose. Vi sono gli azionisti e gli obbligazionisti di Alitalia che non vi è giorno che non lascino traccia di una protesta e dicano: ma dov'erano i dormienti, che dovevano essere la nostra garanzia? I dormienti sono stati utilizzati per le credit card, per le carte sociali. Ma, allora, come si fa adesso a pensare di utilizzare i dormienti, di svegliarli in maniera così ruvida e di spiegare loro che sono copertura degli splafonatori? È una cosa che non regge, anche la copertura di bilancio è indecorosa.
Quindi, credo che sia il caso che facciate una riflessione profonda, perché così com'è non va: date ancora una volta la dimostrazione, in realtà, di qual è la cifra etica di questo Governo. Ho visto che Tremonti negli ultimi tempi ha fatto riferimento al fatto che la crisi nella quale versiamo più che a ragioni economiche è legata a ragioni etiche, di etica pubblica.
Con il decreto-legge in esame voi certificate che all'etica pubblica non credete e assumete un atteggiamento che è un esempio di cattiva memoria per chi pensa, facendo il legislatore, di servire lo Stato o gli interessi generali.
Voi rincorrete qualche vostro collega splafonatore, ma non fate l'interesse del popolo italiano (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Agostini. Ne ha facoltà.

LUCIANO AGOSTINI. Signor Presidente e signor sottosegretario, così come hanno ricordato molti colleghi che mi hanno preceduto, ancora una volta siamo di fronte ad un decreto-legge; ancora una volta questo Governo ricorre alla decretazione d'urgenza per affrontare un problema che, come hanno detto più volte e nemmeno tanto velatamente alcuni colleghi del Popolo della Libertà, del provvedimento in esame poteva fare a meno. Infatti, la legge n. 119 del 2003 già disciplinava il regime delle quote latte. Già allora il problema dello splafonamento era evidente e si affrontò con un provvedimento legislativo serio, coerente che ha dato molti frutti in questi anni e che ha cercato di disciplinare una materia che era confusa ed indistinta. Allora, se vi è una legge che regola la materia, quale sarebbe stata la necessità di emanare un decreto d'urgenza? Molte sono state le risposte, non tutte convincenti per la verità, e tra queste una mi pare abbastanza singolare: si dice che è perché il Ministro Zaia, grazie alla sua capacità di relazione nella trattativa per il rinnovo della PAC, è riuscito a strappare un 5 per cento in più di quote per il nostro Paese.
Evidentemente così non è, perché trattasi solo di un anticipo di aumento di quote, cosa che altri Paesi hanno invece spalmato in più anni. Ora è assai evidente alle aziende agricole che, per portare a casa questo modesto risultato (ripeto, si tratta solo ed esclusivamente di anticipo di quote), abbiamo come Paese dovuto rinunciare alla trattativa sul tabacco, altro comparto in grave crisi, così come abbiamo dovuto rinunciare al contributo di 30 milioni di euro per l'ammasso per la stagionatura del parmigiano e del grana padano.
Allora, signor sottosegretario, questo dovrebbe essere considerato un grande risultato come voi avete detto ed annunziato con grande enfasi. Le domande che tutti si pongono e che in questi giorni si sono posti molti di noi anche in Commissione sono le seguenti: era proprio necessario rinunciare a settori così importanti per avere ciò che ci era già stato assegnato, come tutti gli altri Stati membri?
E ancora: era proprio necessario ricorrere ad un decreto-legge che modificasse la legge in essere, invece di applicarla? O si aveva paura che, con l'applicazione della legge n. 119 del 2003, si garantisse un percorso di legalità e trasparenza? È proprio Pag. 21questo il punto di contrasto: sul piano politico, diventa inaccettabile sostenere il decreto-legge, così com'è stato presentato dal Governo. Se, infatti, la legge n. 119 del 2003, approvata con largo consenso dal Parlamento, che aveva introdotto ed imposto legalità, equità e rigore nell'assegnazione delle quote, fosse stata applicata anche alle nuove quote, non vi sarebbe stato bisogno del decreto-legge in oggetto. Evidentemente, essa non è stata applicata con il rigore dovuto ed oggi si rende necessario un decreto-legge per sanare le posizioni di coloro che non sono voluti restare all'interno del percorso applicato dalla legge n. 119 del 2003.
La legge ha provato a costruire condizioni per uscire da una situazione confusa e senza regole, offrendo la possibilità di mettere in regola anche chi le regole non le aveva rispettate. La legge n. 119 del 2003, infatti, prevedeva la possibilità di rateizzare il debito nell'arco temporale di quattordici anni a tasso zero, ma anche a queste condizioni sono continuate irregolarità, a cui questo decreto-legge si rivolge. La prima stesura, quella uscita dal Consiglio dei ministri, assomiglia più ad una sanatoria, ad una sorta di condono mascherato, per un debito cospicuo di circa un miliardo e 700 milioni di euro.
Tuttavia, vorrei dire che, nonostante questa valutazione estremamente critica sull'adozione del decreto-legge in discussione, noi del Partito Democratico, onde evitare che si andasse verso un'alterazione del mercato, abbiamo cercato di restare nel merito della discussione, ricercando un confronto, prima con il Ministro e, successivamente, in Commissione con i colleghi della maggioranza. Il tentativo che abbiamo fatto è stato quello di trasformare un «decreto-legge condono» in uno strumento efficace, che continuasse a garantire trasparenza e rigore nell'applicazione delle regole per l'assegnazione delle quote.
Per queste ragioni, in Commissione abbiamo prodotto una serie di proposte emendative, che avrebbero cambiato strutturalmente - come hanno ricordato alcuni colleghi che sono intervenuti prima di me, che fanno parte della Commissione - l'impianto del decreto-legge in oggetto. Abbiamo ricevuto solo «no», continuamente «no», su tutto. Ad onor del vero, è necessario anche dire che questi «no» sono stati pronunciati con qualche imbarazzo da parte di alcuni colleghi del Popolo della Libertà, ma con la pervicace ostinazione della Lega Nord, che ha tenuto duro sull'impianto del decreto-legge, addirittura, presentando emendamenti che fanno tornare all'origine anche le poche, ma significative, modifiche introdotte dal Senato.
La prima importante modifica che avremmo voluto apportare, e che riproponiamo all'attenzione dell'Assemblea, è la rinuncia al contenzioso, che non è - come da qualche parte è stato detto - una forma di accanimento, tutt'altro. È la condizione di equità e di giustizia, anche di fronte ai tanti allevatori che aderirono alla rateizzazione prevista dalla legge n. 119 del 2003. In questo senso, abbiamo prodotto proposte importanti, quali garanzie per accedere al processo di rateizzazione che dà il diritto all'acquisizione di nuove quote.
Altra proposta importante che avanziamo, in termini di garanzia, è che AGEA possa trattenere, in via preventiva, i premi PAC del debitore, non solo sul pagamento della prima rata della multa, ma a scalare anche su tutte le rate successive. Ciò che diventa inaccettabile, è che in Commissione agricoltura si sia approvato un emendamento della maggioranza che cancella la norma introdotta al Senato, secondo la quale, chi non paga la prima rata, vede l'automatica decadenza del beneficio della rateizzazione. È evidente, quindi, che si vuole premiare chi non rispetta le regole e che tali norme, se non verranno modificate nel senso che noi proponiamo, genereranno solo nuovi contenziosi.
Proponiamo altri significativi emendamenti su un'altra questione sostanziale e cioè l'ordine di priorità con cui verranno assegnate le nuove quote: in questo senso non possono essere calpestati i principi di equità e giustizia. Come si può pensare di Pag. 22distribuire indifferentemente le quote di produzione aggiuntiva tra chi, in questi anni, ha affittato le quote e chi, invece, ha ecceduto nella produzione? È doveroso proporre un ordine di priorità tra chi è ricorso all'affitto delle quote per garantire la propria produzione e chi, invece, ha sforato in eccesso la propria produzione, non pagando i costi aggiuntivi e infischiandosene della legge. Parimenti, a noi pare immorale e innaturale che, proprio il giorno successivo all'approvazione della legge sul federalismo fiscale, con l'enfasi propagandistica da parte della maggioranza dell'apertura di una nuova fase istituzionale nel nostro Paese, con questo decreto-legge si dia uno schiaffo all'autonomia delle regioni. Infatti, la legge n. 119 prevedeva che l'assegnazione delle quote fosse, per quanto concerne la gestione amministrativa, come è giusto che sia, di competenza delle regioni. Invece, viene tutto nuovamente centralizzato. Per questo noi chiediamo all'Aula di approvare il nostro emendamento Servodio 2.1 allo scopo di ripristinare il ruolo centrale delle regioni che, lo ricordo, hanno competenza legislativa esclusiva in materia di agricoltura. Inoltre, riteniamo che le risorse assegnate al settore lattiero-caseario siano insufficienti. Pertanto, proponiamo di aumentare il fondo di rotazione con cui poter rifinanziare gli allevatori che avevano investito in quote.
L'importo finora individuato, pari a 45 milioni di euro, non è assolutamente sufficiente a garantire le aziende che vogliono investire, qualora venissero confermati. Sembra, in base alle ultime notizie, che dovrebbero confluire nel solito fondo indistinto in cui, poi, non si ritroveranno più. Abbiamo tentato di proporre questioni che, in questo decreto, potrebbero sembrare fuori contesto, ma si tratta forse dell'ultimo strumento al quale attaccarci, dopo aver provato con la finanziaria, con il decreto-legge 4 novembre 2008, n. 171 e con il decreto-legge anticrisi, peraltro senza successo, ad inserire il rifinanziamento del Fondo di solidarietà che, ad oggi, rappresenta sicuramente l'unico strumento di sostegno alle aziende agricole, almeno per difendersi dalla crisi gravissima che stiamo vivendo. Il medesimo fondo ha dato ottimi risultati negli anni scorsi: i paesi europei ne stanno copiando la nostra legge istitutiva. Invece, voi della maggioranza, con il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, prima avete tolto le risorse previste per il 2008 e poi non si è rifinanziato neanche l'anno 2009. Se non si recupera in questo, salterebbe tutto il cofinanziamento assicurativo contro le calamità naturali cui mediamente accedono, nel nostro Paese, circa 200 mila aziende. Come risponderemo alla crisi del settore, accentuata dalle condizioni economiche generali, se non ripristiniamo, con il Fondo di solidarietà, quel minimo di sicurezza che le imprese agricole trovano in questo fondo? In sede di Commissione agricoltura su questo aspetto abbiamo trovato, come anche nel passato recente, condivisione, anche se poi a nulla è valso l'impegno unanime della Commissione stessa. La cosa che però non ci convince è che la proposta di rifinanziare il Fondo di solidarietà sia solo parziale e cioè di copertura solo delle esigenze maturate nel 2008. Non è possibile - si tratta di notizie dell'ultimo minuto, riferite dai colleghi che hanno partecipato agli ultimi incontri - che si possa far fronte, con soltanto poco più di cento milioni di euro, alla copertura delle esigenze che sono maturate nel 2008. Noi pensiamo che la copertura del fondo debba prevedere non solo la parte mancante per l'anno 2008, peraltro promessa quando tali risorse furono distolte con il decreto n. 112, ma anche di tutto l'anno 2009.
Ci rendiamo conto che forse il Fondo di solidarietà è materia estranea a ciò di cui si parla nel decreto-legge in discussione, ma evidentemente questo strumento rappresenta l'ultimo treno per ripristinare ciò che le aziende agricole aspettano da tempo. Allo stesso modo chiediamo che vengano approvate due altre nostre proposte: quella del canone ricognitorio in agricoltura e la risoluzione dei contenziosi INPS per le cooperative forestali. Anche queste ultime proposte sono state recepite all'unanimità dalla Commissione, e lo riteniamo Pag. 23un gesto doveroso, visto che questa Assemblea aveva già votato queste misure con la conversione del decreto legge 28 novembre 2008, n. 171, per farle cadere nel vuoto poche ore dopo, in sede di approvazione del decreto-legge cosiddetto milleproroghe.
Come vede, signor sottosegretario, non ci siamo sottratti ad entrare nel merito del provvedimento, un provvedimento che poteva essere evitato se si fosse applicata la legge e si fosse applicata fino in fondo la legge n. 119 del 2003. Non ci siamo sottratti, perché crediamo che non possano esserci sanatorie per coprire ciò che invece deve emergere in maniera trasparente. Per questo sottoponiamo le nostre proposte e i nostri emendamenti all'attenzione dell'Aula, e spero vengano valutati senza spirito di parte e ci consentano di migliorare il provvedimento al nostro esame.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LUCIANO AGOSTINI. Concludendo, signor Presidente, voglio cogliere questa occasione per dire al signor Ministro e al signor sottosegretario che è ora di affrontare la grave crisi del settore agroalimentare nel nostro Paese. Lo dobbiamo fare, abbiamo un dovere verso le tante aziende del settore primario: qui gli spot non funzionano più, la crisi generale si accanisce con particolare violenza in un settore storicamente debole. Non c'è nemmeno la parola «agricoltura» nei provvedimenti assunti, pochi e inefficienti, per fronteggiare la crisi, dunque è ora di varare un provvedimento organico e vero che affronti con le risorse necessarie i problemi veri del settore agroalimentare (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro).

PRESIDENTE. Il seguito dell'esame del provvedimento è rinviato al prosieguo della seduta.

Sull'ordine dei lavori (ore 13,58).

MATTEO BRIGANDÌ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, il mio intervento sarà veloce e riguarderà varie questioni. In primo luogo, vorrei ricordare che le navi di una volta avevano una bussola e che accanto alla bussola c'erano due palle che venivano avvicinate ed allontanate per regolare l'angolo della bussola e compensare le masse di ferro sotto la bussola al fine di indicare la retta via (questo è lo scopo delle palle). Dico ciò perché sarebbe opportuno che l'onorevole Tabacci, che mi ha preceduto, avesse le palle nel dire chi e quali siano i soggetti della Lega interessati direttamente che non possono partecipare.
Con riferimento invece a questioni che riguardano soggetti del passato e che ormai non appartengono più alla realtà della Lega, purtroppo non ho il tempo, e non mi basterebbe l'intero pomeriggio, per citare i tempi passati degli ex esponenti del suo partito che evidentemente hanno dato vasto spazio ai magistrati di Mani pulite per poter indagare.
Ciò premesso, e concludo su tale aspetto, vorrei sollevare per la terza volta una questione specifica, che mi turba molto. Vorrei sapere se l'altro ieri o ieri, non lo ricordo con precisione, la Presidenza ha dato l'autorizzazione ai fotografi di zoomare sui banchi dei singoli parlamentari. Vorrei, inoltre, sapere dalla Presidenza quando potrò discutere di questo problema in maniera compiuta, perché mi saranno necessari più di cinque minuti, in quanto si tratta di un problema molto serio.

PRESIDENTE. Onorevole Brigandì, per quello che riguarda l'onorevole Tabacci credo che in qualche difficile occasione abbia mostrato di avere attributi virili, possiamo ricordare più di una battaglia...

MATTEO BRIGANDÌ. Non mi riferivo agli attributi virili!

PRESIDENTE. Su questo, comunque, provvederà lui a fornire...

Pag. 24

MATTEO BRIGANDÌ. Non mi sarei mai permesso di riferirmi ad attributi virili all'interno della Camera!

PRESIDENTE. Ad ogni modo, a ciò potrà provvedere lui stesso ed offrire opportuni chiarimenti.
Tra l'altro, ricordo che si è difeso non dai processi ma nei processi, uscendone assolto con formula piena.

MATTEO BRIGANDÌ. Non stavo parlando di lui, Presidente!

PRESIDENTE. Ne sto parlando io! Desidero poi precisare, per quello che riguarda i fotografi e i cineoperatori che accedono alle tribune della stampa, che essi sono singolarmente individuati e autorizzati secondo i criteri consolidati che presiedono a tale materia. Non costituiscono oggetto di autorizzazione né di sindacato, allo stato, le modalità o gli strumenti con i quali i fotografi e i teleoperatori esercitano la loro professione.
Ella, al pari di altri deputati che hanno scritto al Presidente della Camera, ha posto già nella seduta di ieri - e anche in sedute precedenti - la questione delle modalità particolarmente invasive che possono essere lesive della privacy dei deputati. Della questione sono stati investiti gli organi competenti della Camera, che stanno effettuando gli opportuni approfondimenti. Detto in un linguaggio più semplice, non hanno ricevuto nessuna autorizzazione. È chiaro così?

MATTEO BRIGANDÌ. È chiaro!
Signor Presidente, vorrei solo sapere quando posso parlare di questo aspetto.

PRESIDENTE. Le modalità consentite dal Regolamento sono quelle che lei conosce, ossia l'intervento sull'ordine dei lavori a fine seduta. Se poi vuole approfondire ulteriormente la questione, credo che dovrebbe parlarne con il presidente del suo gruppo e chiedere che sia lui a porre la questione in Ufficio di Presidenza, cosa che io peraltro, per mio conto, non mancherò di fare.

MATTEO BRIGANDÌ. Vorrei parlare per me e a fine seduta, o quando lei vuole.

PRESIDENTE. Siamo a fine seduta, lei può parlare...

MATTEO BRIGANDÌ. Se lei mi concede la parola, ne parlo.

PRESIDENTE. Veramente è già intervenuto, comunque parli pure.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, ieri avevo fatto una serie di domande a scalare. Non ho ultimato il mio discorso, perché non sapevo se vi fosse stata o non vi fosse stata un'autorizzazione, da parte della Presidenza, a fare questo tipo di zoomata.
Vorrei far rilevare il seguente aspetto: in primo luogo vi è stato un ordine del giorno, tempo fa, accolto dalla Presidenza, con cui la Presidenza stessa si impegnava a tutelare direttamente il buon nome della Camera e le attività e la libertà delle attività in essa svolte. Sappiamo - e ce ne occuperemo ex professo la prossima settimana - che il mettere dei sistemi di controllo audiovisivi... collega, dà fastidio se parlo mentre telefoni? Un leggero fastidio! Stavo dicendo - mi scusi, signor Presidente, ho perso il filo del discorso - che questi sistemi audiovisivi sono regolamentati specificatamente per cui se metto su un palo, nella pubblica via, un sistema audiovisivo che mi serve per leggere nella casa vicina o vedere qualcuno che sta passando, lo posso fare solo avendo un'autorizzazione da parte del magistrato, e non è sufficiente che lo si faccia avendo un'autorizzazione di qualsiasi autorità amministrativa e la stessa autorità amministrativa, qualunque essa sia, non può farlo.
Se questo fatto viene commesso si tratta di un illecito di carattere penale, che avrà un certo titolo. Il problema è che tutti noi deputati in questa sede siamo tutelati dall'articolo 68, secondo comma, della Costituzione, ulteriormente rispetto a qualsiasi altro cittadino. Pertanto, se io in prima fila intendo scrivere un biglietto di carattere politico o di carattere personale Pag. 25(credo che questo sia irrilevante), comunque di carattere politico su un accordo qualunque che intendo fare all'interno del mio partito, è lecito o non è lecito che io sia spiato? La risposta è che se mando un biglietto all'amante a casa mia, e non sono deputato, è un illecito; se, invece, lo faccio all'interno della Camera direi che è un illecito ben più grave, che si chiama attentato alla Costituzione, perché è evidente che viene leso il mio diritto, ad esempio, a comunicare, anche tramite YouTube, o viene leso il mio diritto a scrivere, cosa che potrei pacificamente fare, come si può svolgere pacificamente una doppia attività, perché è semplicissimo ascoltare gli interventi e scrivere qualsiasi altra cosa (voglio dire che non faccio il fotografo e, quindi, devo concentrarmi solo su un aspetto) e, quindi, questo è un fatto che, secondo me, è di rilevanza penale, anzi di alta penale rilevanza.
Infatti, essendo commesso all'interno della Camera e contro le libertà previste dalla Costituzione per i deputati, si tratta di un fatto che evidentemente deve essere preso in considerazione dalla Presidenza per far sì che quando arrivino i fotografi - che, giustamente, hanno la libertà di fotografare tutto quello che avviene - non vadano oltre quello che è permesso e garantito dall'articolo 68, secondo comma, della Costituzione, mettendo, ad esempio, dei commessi che evitino che si facciano queste cose o inibendo l'uso di determinati obiettivi (è un problema vostro).
Chiedo anche che la Presidenza della Camera, resasi conto di tali fatti e tenendo conto che il Presidente della Camera pacificamente è pubblico ufficiale e quindi ha obbligo di trasmissione, debba informare la procura della Repubblica, perché questi comportamenti credo non siano ulteriormente tollerabili.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervengo su questo medesimo tema e anche sulla risposta che lei ha dato e che mi ha un pochino stupito, se devo dire la verità. Infatti, siamo nell'Aula della Camera dei deputati dove - credo da quando è stata frequentata dai nostri padri costituenti - la stampa ha avuto libero accesso, in ragione delle tecnologie che allora esistevano, per poter relazionare sull'attività e anche sul costume intorno alle sedute e su quello che accade durante il loro svolgimento.
È chiaro che la tecnologia cambia, ed evidentemente non credo che dobbiamo pensare che, siccome cambia la tecnologia, dobbiamo prevedere autorizzazioni particolari in funzione delle quali deve essere garantita la privacy di persone che stanno qua dentro, tendenzialmente a svolgere il loro mestiere, e che non dovrebbero avere nulla di cui preoccuparsi.
È chiaro che esiste il problema di un diritto alla privacy. Vorrei far presente al collega Brigandì che nessuno si è mai alzato in quest'Aula quando non c'erano i microfoni unidirezionali, che consentono di carpire quello che si dice a distanza di dieci metri, e si leggeva il labiale e uscivano tranquillamente fuori, leggendo il labiale, le stesse indiscrezioni o cose sgradevoli (per alcuni di noi) quindici anni fa, esattamente come escono fuori adesso.
C'è un fatto che un po' mi preoccupa. Sicuramente possiamo rivolgere un appello alla deontologia professionale dei giornalisti, per cui se ci sono delle questioni riservate anche noi siamo in grado di scrivere un bigliettino senza farlo vedere ai giornalisti (anche gli allenatori di calcio ormai trovano il modo di non farsi beccare dalle telecamere che sono puntate contro). Tuttavia, pensare di mettere un vincolo o un qualunque filtro a fotografi che utilizzano delle macchine (per cui l'obiettivo può arrivare entro i cinque metri e non entro i sette!), ossia creare e frapporre un qualunque tipo di ostacolo che renda impossibile ai fotografi di svolgere il loro lavoro attraverso le tecnologie moderne o, addirittura, prevedere - oltre all'autorizzazione canonica che è prevista per tutti coloro che si registrano e che vengono qui con i loro strumenti a lavorare - Pag. 26ulteriori autorizzazioni, mi sembrerebbe un problema non di poco conto. Ciò soprattutto in un momento in cui, a mio avviso, noi abbiamo tutto l'interesse a che il lavoro duro, e spesso anche faticoso, che il collega Brigandì, come ciascuno di noi, svolge qua dentro, sia illustrato e reso noto nelle migliori condizioni, anche utilizzando le nuove tecnologie.
Quindi, capisco il tema, che a mio avviso va ricondotto all'esigenza di una deontologia professionale dei giornalisti, cui credo si attengano nella stragrande maggioranza dei casi, però sull'idea di inserire un qualunque tipo di filtro all'informazione che avviene attraverso le fotografie, o qualunque altro mezzo, per dare notizie su quello che accade in quest'Aula, credo probabilmente bisognerebbe riflettere, perché non mi sembrerebbe particolarmente opportuno.

PRESIDENTE. Onorevole Brigandì e onorevole Giachetti, sulla questione in effetti stiamo riflettendo: è una questione delicata, oserei dire elegante dal punto di vista giuridico, perché da un lato esiste l'articolo 68 della Costituzione, precedentemente richiamato, e il parlamentare, come ogni cittadino italiano, ha un diritto alla privacy contro strumenti invasivi; dall'altro lato c'è anche l'articolo 64 della Costituzione che garantisce la pubblicità dell'attività della Camera, ed esistono indirizzi giurisprudenziali, più o meno simili in tutti i Paesi più avanzati, che tendono a dire che il personaggio pubblico, non solo il parlamentare ma anche, ad esempio, l'attore, ha un diritto alla privacy ridotto in ragione dell'interesse pubblico della sua attività: quanto sia ridotto è una questione che nei diversi Paesi è intesa in modo diverso e dappertutto comunque non è chiarissima. È una questione su cui si dibatte con pronunciamenti giurisprudenziali che variano da circostanza a circostanza, anche contraddittori tra di loro, se pensiamo alla giurisprudenza, per esempio, degli Stati Uniti.
Proprio la complessità della questione ci mette in difficoltà, perché un'autorizzazione è stata data: questa autorizzazione è stata data in un momento in cui il problema non si poneva, e quindi è difficile dire fin dove si estende questa autorizzazione a suo tempo data. Abbiamo il vicepresidente Lupi il quale, con l'apposito Comitato, si sta occupando del problema, proprio perché se fosse facile dare una risposta immediata essa sarebbe già stata data. Proprio a causa dei complessi profili costituzionali e di diritto implicati, capisco che sinora il Comitato abbia lavorato senza darci una risposta definitiva. Solleciterò il presidente Lupi e il Comitato che si sta occupando della vicenda ad accelerare i lavori e a darci un parere motivato in materia che possa essere discusso nella sede adeguata (l'Ufficio di Presidenza, immagino).
Tuttavia, vorrei dire che se sino ad ora non abbiamo dato quella risposta chiara che l'onorevole Brigandì ci chiede è perché la domanda in realtà non è una domanda a cui si possa rispondere così facilmente, perché chiama in causa la funzione del Parlamento, gli articoli 64 e 68 della Costituzione, il diritto alla privacy, i limiti al diritto alla privacy che possono essere imposti a chi svolge una funzione pubblica e le regole del diritto di cronaca all'interno di questo edificio.
Considerando chiuso momentaneamente questo argomento, sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, mentre il seguito dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge recante misure urgenti in materia di produzione lattiera è rinviato alle 16.

La seduta, sospesa alle 14,10, è ripresa alle 15,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta Pag. 27immediata, alle quali risponderanno il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il Ministro per i beni e le attività culturali ed il Ministro per i rapporti con il Parlamento.

(Iniziative relative alle ricadute occupazionali conseguenti al piano industriale Telecom per il triennio 2009-2011 - n. 3-00453)

PRESIDENTE. L'onorevole Consiglio ha facoltà di illustrare l'interrogazione Cota n. 3-00453, concernente iniziative relative alle ricadute occupazionali conseguenti al piano industriale Telecom per il triennio 2009-2011 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario, per un minuto.

NUNZIANTE CONSIGLIO. Signor Presidente, signor Ministro, nello scenario della crisi generale necessita sicuramente di un'attenzione particolare anche la situazione che si sta creando in Lombardia, e in generale nel nord, per quanto riguarda la questione Telecom. Il numero «1254» e il «187 commerciale» hanno avuto delle ricadute occupazionali incredibili, considerato che c'è una sorta di transumanza di personale dalle province di Pavia e di Monza verso Milano, da Bergamo verso Brescia, da Vicenza verso Padova, e addirittura tra regioni (da Novara verso Milano, da Mantova verso Verona).
Sono interessati circa 500 lavoratori e nel periodo 2009-2011 la Telecom ha già previsto il licenziamento di circa 10 mila dipendenti, di cui 5 mila sono già previsti nell'accordo sulla mobilità volontaria del 19 settembre 2008.

PRESIDENTE. Onorevole Consiglio, deve concludere.

NUNZIANTE CONSIGLIO. Alla luce di quanto descritto, occorrerebbe verificare le ragioni delle chiusure e dei trasferimenti delle sedi previsti dal piano di ristrutturazione dell'azienda Telecom e cercare di capire in che termini delle zone già pesantemente toccate dalla crisi hanno la possibilità di mantenere sul loro territorio delle attività.

PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali Maurizio Sacconi, ha facoltà di rispondere.

MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Signor Presidente, premetto che le telecomunicazioni hanno conosciuto un grande sviluppo nell'ultimo decennio a seguito dell'evoluzione tecnologica e del processo di liberalizzazione e apertura alla concorrenza che, anzi, ad avviso del Governo deve essere ulteriormente promosso e realizzato. Oggi l'Italia è il quinto mercato al mondo nelle telecomunicazioni in termini di fatturato pro capite, il secondo per quanto riguarda i servizi voce della telefonia mobile.
In questo contesto si sono realizzati progetti di razionalizzazione degli operatori, uno dei quali ha riguardato Telecom Italia con il suo piano industriale 2009-2011 rivolto a rafforzare il suo posizionamento nel mercato interno, ossia nel mercato domestico, con una rivisitazione del suo modello organizzativo-aziendale coerente rispetto ad un'impostazione strategica cosiddetta customer centric adottata dalla società stessa. Nel rispetto di questa determinazione sono state create delle specifiche strutture che rispondono alla nuova logica di presidio del cliente e di sviluppo delle attività di impresa su un mercato ormai fondamentalmente saturo.
In questo senso il progetto di razionalizzazione delle sedi risponderebbe, ad avviso della società, ad una logica di efficienza organizzativa che, oltre a ridurre i costi complessivi, porta a concentrare le attività e i nuclei operativi più numerosi permettendo di migliorare il servizio offerto al cliente. Il progetto coinvolge ventidue sedi periferiche dove attualmente operano piccoli nuclei di operatori che saranno spostati verso sedi idonee della stessa città o di città limitrofe con l'intenzione di limitare, per quanto possibile, Pag. 28sempre secondo l'azienda, il disagio dei lavoratori interessati.
Rispetto al tema degli strumenti di gestione delle conseguenze sull'occupazione, Telecom Italia non ha per ora attivato nessuna delle misure di integrazione del reddito, i cosiddetti ammortizzatori sociali, previste dalla legge, per le fattispecie contemplate nella ristrutturazione di cui dicevo. L'azienda ha comunque formulato alle organizzazioni sindacali l'intenzione di definire queste problematiche in termini socialmente sostenibili.
Il Ministero sta seguendo tutta la vicenda e non è stato richiesto, per ora, di svolgere una funzione di intermediazione né da parte della proprietà, né da parte delle organizzazioni sindacali.
Seguiamo la vicenda proprio con la stessa intenzione dell'interrogante, ovvero quella di verificare i modi con i quali conciliare esigenze di razionalizzazione e di riorganizzazione funzionali alla competitività e anche al servizio alla clientela con le altrettanto rilevanti esigenze di sostenibilità sociale, ovvero di alternativa occupazionale o comunque di soluzione per i problemi posti dai lavoratori sulla base, ci auguriamo, di intese che vogliamo quanto più favorire.

PRESIDENTE. L'onorevole Consiglio ha facoltà di replicare.

NUNZIANTE CONSIGLIO. Signor Presidente, ringrazio il Ministro per la sua disponibilità, però credo che la risposta sia non dico parziale, ma quanto meno non esaustiva. Ci troviamo, infatti, in una situazione in cui per i lavoratori la territorialità viene persa, e in ordine alle capacità di questi numeri verdi chiediamo vi sia la possibilità di avere un'attenzione particolare anche all'utente, visto che è riconosciuto dall'azienda ed è molto apprezzato anche dalla clientela che la professionalità, l'efficienza, la qualità e l'attenzione alla clientela stessa siano uno dei punti forti di questi dipendenti. Il fatto di poter spostare dei lavoratori - gente che fa solamente quattro ore di part-time - da Bergamo a Brescia sembra quasi che veli la possibilità che questi dipendenti o si licenzino o siano licenziati, perché non vi è la possibilità di sostenere economicamente anche un viaggio di questo tipo.
In ordine agli ammortizzatori sociali, non era questa la richiesta che si faceva, in quanto ciò sicuramente sarà oggetto di successive valutazioni. Le province e le regioni da me citate precedentemente non sono avvezze a richiedere ammortizzatori sociali, in quanto cercano di tenere vivo il lavoro sul proprio territorio, anche in considerazione della capacità professionale che con queste riorganizzazioni aziendali sarebbe persa. Credo che il Governo possa avere molta attenzione su questa problematica, affinché i dipendenti non siano considerati solo ed esclusivamente come dei numeri da detrarre dal bilancio delle aziende per farlo quadrare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

(Intendimenti del Governo in ordine all'annunciata revisione del Testo unico in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro - n. 3-00454)

PRESIDENTE. L'onorevole Gatti ha facoltà di illustrare l'interrogazione Damiano n. 3-00454, concernente intendimenti del Governo in ordine all'annunciata revisione del Testo unico in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria.

MARIA GRAZIA GATTI. Signor Presidente, come Partito Democratico vorremmo sapere se è vero quanto apparso sulla stampa in relazione alla volontà del Governo di modificare il decreto legislativo n. 81 del 2008, quello conosciuto come Testo unico sulla sicurezza. Il Governo apporterebbe numerose e significative modifiche che comporterebbero, tra l'altro, la riduzione delle ammende e l'eliminazione dell'arresto obbligatorio nei due casi ora previsti. Il provvedimento è il frutto equilibrato di un lungo lavoro fatto dal Governo precedente con le parti sociali e i Pag. 29dati del 2008 confermano il trend positivo di riduzione degli infortuni del 2007.
Ora non bisogna far calare l'attenzione con misure deregolatorie, come se ci potessimo ancora illudere che a meno regole corrisponda più sviluppo. L'assunzione di responsabilità collettiva e il rispetto delle regole è la strada maestra per uscire dalla crisi. Siamo preoccupati dall'atteggiamento del Governo che sembrerebbe voler modificare il decreto legislativo n. 81 e nel documento di programmazione delle attività di vigilanza 2009 prevede la riduzione del 17 per cento delle ispezioni, con punte del 50 per cento al sud. Se questi sono i presupposti, si può tutelare la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro in un momento di crisi come questo?

PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi, ha facoltà di rispondere.

MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Signor Presidente, il Governo vuole tutelare nel modo migliore la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro e ritiene che, se vi è stato un limite nelle azioni sin qui condotte, è stato quello di un approccio quasi esclusivamente di tipo formalistico. Questo approccio è prevalso negli anni, non è riferito soltanto al tempo più recente del Governo che ha preceduto quello attuale, ma certamente è necessario avere un approccio di tipo sostanziale, come diceva Marco Biagi, un approccio per obiettivi, più che per sole regole.
Nella trascorsa legislatura, la maggioranza approvò, con la forte critica del sottoscritto e dei parlamentari dell'opposizione, il disegno di legge delega, rispetto al quale poi ha prodotto un decreto delegato che è stato realizzato, a nostro avviso, in modo frettoloso - basti vedere le semplificazioni non compiute - e soprattutto contrapponendo radicalmente le parti sociali tra loro: sono state contrarie a quel testo tutte le organizzazioni dei datori di lavoro, dalla Lega delle cooperative, alla Confesercenti, alla CNA, alle organizzazioni dell'agricoltura, agli industriali. Noi abbiamo sempre dichiarato la volontà di correggere quel testo, nel senso di renderlo più efficace rispetto all'obiettivo fondamentale di garantire la salute e la sicurezza nel lavoro, attraverso la realizzazione di un confronto tra gli attori sociali e sulla base di un consenso, che vorremmo registrare, più ampio di quello che ha accompagnato la redazione del primo Testo unico.
In ogni caso, vorrei ricordare che le modifiche possono svolgersi solo all'interno della legge delega voluta dal Governo Prodi e dalla sua maggioranza. Quindi, qualunque ipotesi di correzione fosse nel futuro oggetto di critica, quest'ultima dovrebbe rivolgersi nondimeno alla legge delega e sarà quella che quel testo consentirà, perché solo all'interno di quei criteri di delega - lo ripeto - ogni modifica potrà essere compiuta.
Quello che si è sviluppato in questi giorni è un incredibile processo alle intenzioni. Come si potrà constatare con la prima deliberazione del Consiglio dei ministri nei prossimi giorni, molte delle supposizioni contenute nell'atto ispettivo non avranno alcun riscontro. Il Parlamento avrà poi modo di esprimere i propri motivati pareri circa quel testo e la Conferenza Stato-regioni avrà nondimeno il dovere di esprimersi rispetto ad esso. Voglio solo ricordare che i criteri che seguiremo saranno quelli di irrobustire l'approccio per obiettivi, come ho detto, a partire dal favore nei confronti di tutte le forme di collaborazione paritetica tra le parti sociali (fra i datori di lavoro le organizzazioni dei lavoratori), e di rafforzare il ruolo dell'INAIL in un contesto di semplificazione delle disposizioni.
Infine, per quanto riguarda le sanzioni, il loro impianto resta confermato e la misura delle sanzioni pecuniarie sarà certamente ben al di sopra dell'aggiornamento statistico rispetto alle sanzioni del decreto legislativo n. 626 del 1994, varato dal Governo Berlusconi di allora, che rimane un impianto fondamentale nella regolazione relativa alla salute e alla sicurezza nel lavoro.

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PRESIDENTE. L'onorevole Damiano ha facoltà di replicare.

CESARE DAMIANO. Signor Presidente, signor Ministro, vorrei dire che il nostro Testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro non è un testo formalistico, ma concreto e orientato alla prevenzione, attraverso l'apporto di bilateralità formazione-informazione. Non è formalistico, perché altrimenti non si spiegherebbe come, grazie anche a quelle norme, siamo riusciti a passare dai 1.341 morti sul lavoro del 2006 ai 1.207 del 2007 e ad un ulteriore miglioramento nel 2008.
Siamo preoccupati, e purtroppo la preoccupazione continua, perché siamo stati posti di fronte ad una serie di modifiche, proroghe e inadempienze nel corso degli ultimi mesi. Penso alle modifiche che hanno eliminato l'obbligo di informare la direzione provinciale del lavoro sul lavoro straordinario e notturno, alle nuove norme su appalti e responsabilità solidale, alla cancellazione della tessera di riconoscimento nei cantieri, a proroghe dell'obbligo di comunicazione dei dati sugli infortuni o delle disposizioni inerenti alla valutazione dei rischi, a inadempienze, rilevate anche dalle regioni, circa la mancata attivazione dei tavoli di comitato di indirizzo e di commissione consultiva.
A tutto questo si aggiunge anche - da quello che si apprende, e che il Ministro ha confermato - una diminuzione delle ammende e delle sanzioni, la cancellazione dell'arresto obbligatorio...

MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Non ho confermato nulla sull'arresto!

CESARE DAMIANO. ...anche quando non si presenta il documento di rischio per le attività pericolose e non si ottemperi alla sospensione dell'attività per quanto riguarda le imprese che hanno più del 5 per cento dei lavoratori al nero (misura che aveva portato all'emersione di 220 mila lavoratori nei 18 mesi del Governo Prodi soltanto nel settore dell'attività edilizia). Noi siamo molto preoccupati perché non ci troviamo di fronte ad un'azione isolata, ma ad un'azione costante di modifica, di proroga e di inadempienza.

PRESIDENTE. Onorevole Damiano, deve concludere.

CESARE DAMIANO. Naturalmente, come abbiamo detto, vedremo il testo e lo giudicheremo. Ci auguriamo che vi sia un consenso largo; noi non ci opponiamo a correzioni formali, ma combatteremo contro gli stravolgimenti dell'impianto del Testo unico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative per contrastare le violazioni della normativa a tutela delle condizioni di lavoro - n. 3-00455)

PRESIDENTE. L'onorevole Pelino ha facoltà di illustrare l'interrogazione Cicchitto 3-00455, concernente iniziative per contrastare le violazioni della normativa a tutela delle condizioni di lavoro (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria.

PAOLA PELINO. Signor Presidente, signor Ministro, l'elevata presenza di lavoro nero ed irregolare, anche di intere attività produttive, ha creato una situazione di danno non solo per i lavoratori, ma anche per gli imprenditori in regola. Questo crea altresì problemi di integrazione europea. Il mancato rispetto delle leggi in un mercato del lavoro che utilizza emigrati in diversi settori produttivi si trova ad operare in diverse realtà territoriali e presenta sempre più frequenti casi di dumping sociale, e il fatto che molte piccole e medie imprese sono soggette a numerosi vincoli burocratici rende difficili i controlli. L'azione ispettiva andrebbe mirata non solo a combattere le violazioni formali, ma soprattutto le violazioni della normativa a tutela della sicurezza.
Si chiede, perciò, al Governo come intenda affrontare la difficile situazione, sviluppando l'attività degli organi ispettivi, Pag. 31considerando la qualità e non la quantità delle verifiche, la promozione e la prevenzione, visto il cambiamento apportato con l'introduzione del libro unico del lavoro e l'efficacia delle specifiche direttive impartite dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.

PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi, ha facoltà di rispondere.

MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Signor Presidente, ringrazio l'interrogante perché ci dà modo di spiegare con assoluta chiarezza, pur nel breve tempo, la ratio di ciò che abbiamo realizzato nel corso di questi mesi. In primo luogo, come ha osservato l'interrogante, la premessa di una buona attività ispettiva è quella di dover vigilare su norme semplici e certe. Al riguardo abbiamo realizzato un'intensa attività di semplificazione della quale è stato strumento evidente il libro unico del lavoro, che ha sostituito i vecchi libri di paga e matricola. A questo proposito ricordo, anche rispetto ad una recente trasmissione televisiva ove incredibilmente si è sostenuto il contrario, che alla base di questo libro unico vi è proprio la denuncia anticipata relativa al rapporto di lavoro, che non è venuta meno (avremmo certamente sbagliato se avessimo fatto ciò), ma che invece abbiamo proprio considerato la premessa per poter realizzare quell'importante semplificazione.
La seconda considerazione riguarda proprio gli obiettivi dell'attività ispettiva, perché essa sia efficace in termini soprattutto sistemici. Noi abbiamo 5 milioni di aziende, senza contare le diverse unità produttive in cui molte di queste si articolano, e le forze ispettive, che con la legge Biagi abbiamo integrato tra di loro, arrivano a circa 5 mila unità. Le forze ispettive, quindi, possono ragionevolmente visitare circa 300 mila imprese, circa il 6 per cento del totale.
Quanto importante è allora andare oltre la tradizionale nozione di irregolarità, troppo generica, nella quale si nascondevano, e si nascondono, troppe fattispecie di carattere formale? Almeno un terzo delle violazioni che vengono rilevate, in quanto formalistiche, non appaiono tanto rilevanti quanto lo sono quelle di carattere sostanziale. Questo è l'obiettivo che noi abbiamo dato all'attività ispettiva: concentrarsi innanzitutto sulla dimensione del sommerso totale, sul caporalato, sulle violazioni che possono mettere a repentaglio la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Siamo ben oltre quindi quelle violazioni formalistiche che anche dal punto di vista della valutazione dell'attività ispettiva devono condurre ad apprezzare di più l'attività di quegli ispettori che invece individuano violazioni rilevanti, violazioni di carattere sostanziale. Per questo abbiamo anche attivato un progetto più generale di valutazione delle nostre attività ispettive, un progetto di uniformità delle stesse azioni ispettive, affinché esse cioè non si discostino dalle indicazioni che sono fornite a livello centrale attraverso le lettere circolari, ma anche le risposte all'interpello a quello strumento che abbiamo voluto proprio per consentire omogeneità interpretative (e l'omogeneità interpretativa è premessa anche dell'effettività nella applicazione delle norme stesse).

PRESIDENTE. Deve concludere, Ministro.

MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Con ciò ho concluso.

PRESIDENTE. L'onorevole Pelino ha facoltà di replicare.

PAOLA PELINO. Signor Presidente, ringrazio il Ministro Sacconi per la risposta, e ribadisco l'importanza delle sue direttive in materia di servizi ispettivi e di vigilanza. Visto che l'argomento è di fondamentale importanza auspico che il Governo continui una sempre più efficace azione di controllo e vigilanza con criteri e strumenti, anche di programmazione sul territorio, ottimali per combattere la piaga del lavoro nero e irregolare, il dumpingPag. 32sociale a danno dei lavoratori, delle imprese in regola e della stessa nazione, e per l'integrazione comunitaria in ambito europeo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

(Misure urgenti per affrontare la crisi del settore tessile - n. 3-00457)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Giuseppe ha facoltà di illustrare l'interrogazione Di Pietro n. 3-00457, concernente misure urgenti per affrontare la crisi del settore tessile (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, è palese che la crisi finanziaria che sta investendo i mercati internazionali abbia colpito anche la produzione. La conseguenza è che vi è una netta riduzione dei consumi e un'evidente riduzione del credito dell'impresa. Tra i settori più colpiti vi è quello tessile. Attorno a questo settore ruota un indotto non indifferente. Vittime di questa situazione sono le famiglie che stanno vivendo un momento di forte crisi economica. Poche settimane fa noi dell'Italia dei Valori abbiamo segnalato al Governo questa grave situazione, denunciando soprattutto la condizione molto grave dell'Ittierre di Isernia. Vogliamo ricordare che l'indotto non è limitato soltanto al territorio molisano, ma investe migliaia di fasonisti su tutto il territorio nazionale. Ora l'Italia dei Valori, ancora una volta, desidera conoscere quali misure urgenti intende assumere il Governo per affrontare la crisi del settore tessile e soprattutto per sostenere i contoterzisti (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevole Di Giuseppe, onorevole Di Pietro (che dopo replicherà), cercherò di svolgere alcune considerazioni generali sulla crisi del settore tessile, correttamente richiamata da lei, e poi farò un riferimento alla vicenda specifica dell'Ittierre, sulla quale tra l'altro ci siamo già soffermati. È opportuno preliminarmente precisare che, nonostante l'avvento della globalizzazione e lo spostamento della produzione verso aree in via di sviluppo per ragioni soprattutto di costi della manodopera, l'Italia continua ancora a giocare - questo è un risultato che il Governo rivendica, ma che tutto il Paese deve rivendicare - e continua ancora ad esercitare un ruolo di primario rilievo nel contesto internazionale dell'industria tessile. Il Governo comunque è fermamente intenzionato, pur nei limiti della situazione attuale di finanza pubblica e nel contesto dell'attuale crisi internazionale, a continuare a sostenere ed a valorizzare il più possibile interventi a sostegno del comparto tessile, evitando comunque di adottare misure indirizzate ad un solo settore e di entrare nella logica degli aiuti di Stato che tra l'altro è incompatibile nel contesto comunitario.
Il Ministro dello sviluppo economico ha già avviato e ha adottato alcune misure che ora brevemente citerò, che si stanno concentrando su due possibili linee di intervento condivise con tutte le categorie interessate, con gli enti territoriali e con le camere di commercio. Le direttrici riguardano anzitutto le misure per favorire l'accesso al credito. Nel decreto-legge a sostegno dei settori industriali in crisi all'esame proprio della Camera, il Governo ha presentato un emendamento che incrementa sino a 1,5 miliardi di euro la dotazione finanziaria del Fondo centrale di garanzia per favorire l'accesso al mercato dei capitali e del credito da parte delle piccole e medie imprese, delle imprese artigiane e, tra queste, delle imprese del settore tessile. D'intesa con Federcassa e le associazioni delle piccole e medie imprese è stato fatto un accordo per la rimodulazione dei crediti bancari sino alla loro sospensione, se necessario, per tutto il 2009. Pag. 33
Proseguendo velocemente a causa dei tempi assegnati, la seconda direttrice da parte del Dicastero dello sviluppo economico riguarda misure specifiche orientate al sostegno del settore. In particolare, sono stati approntati progetti di innovazione industriale con una misura a valere sui residui del Fondo competitività e sviluppo rivolta agli investimenti nel settore; è stato istituito il Fondo per l'innovazione tecnologica per venire incontro alle esigenze delle imprese soggette alle esigenze di doversi adeguare ai nuovi regolamenti internazionali per le sostanze chimiche pericolose ed è stato istituito il credito di imposta per la ricerca e lo sviluppo. In questa maniera il Governo ritiene di stare cercando di contribuire a valorizzare e a sostenere un settore storicamente importante nel nostro Paese. Ricordo anche il tavolo della moda, un settore nel quale siamo all'avanguardia.

PRESIDENTE. La prego di concludere, Ministro Vito.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Per quanto riguarda, infine, la vicenda dell'Ittierre, confermo quanto anticipato lo scorso 25 febbraio e, inoltre, aggiungo che la procedura di amministrazione straordinaria è stata successivamente estesa anche ad altre nove società del gruppo a norma della legge Marzano e che al riguardo è comunque impegno dell'Esecutivo di dare congiuntamente e prontamente conto al Parlamento, onorevole Di Pietro, di quanto sarà svolto in proposito, naturalmente non appena i commissari straordinari avranno completato il compito loro assegnato. Infatti, alcune questioni che vengono richieste al Governo sono di competenza dei commissari.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di replicare.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Ministro, la ringrazio. Tuttavia il tema che noi abbiamo proposto è un altro e sia ben chiaro. Noi vogliamo che, dopo le buone intenzioni, seguano i fatti e state certi che l'Italia dei Valori farà la sua parte quando vi saranno i fatti. Il tema che noi proponiamo è il seguente. L'Ittierre e tante altre aziende in crisi usufruiscono della legge Marzano. Tuttavia, queste sono società nel settore tessile che lavorano coi cosiddetti fasonisti, vale a dire imprese singole, individuali, artigiane con meno di venti dipendenti. L'impresa madre usufruisce della legge Marzano mentre la miriade di imprese - in questo caso 3.500-4.000 aziende con circa 80 mila dipendenti - non usufruiscono di tale credito, di questa possibilità offerta dalla legge Marzano. Il tema quale è? Il tema è che queste aziende per inserirsi nel credito riconosciuto da parte del commissario devono fatturare: fatturano, ma il loro credito è congelato. Quindi ad oggi esse non possono riscuotere nulla di quanto hanno già fatturato ma, anzi, devono pagare l'IVA allo Stato su quanto hanno fatturato senza aver incassato i ricavi. Questo vuol dire che tutti quanti stanno andando in fallimento.
Ed ancora: queste imprese non hanno bisogno di avere progetti di innovazione industriale perché sono bravissime e si tratta di un made in Italy eccezionale; non hanno bisogno di fondi per l'innovazione tecnologica perché non devono innovare niente ma devono soltanto continuare a lavorare. Non hanno bisogno di accesso al credito in quanto sono titolari di un credito che non riscuotono, perché la legge Marzano impedisce di riscuotere, ma nello stesso tempo dovrebbero essere anch'esse portate ad utilizzare la legge Marzano.
Dunque noi avanziamo proposte in termini positivi e propositivi senza voler criminalizzare nessuno e chiediamo tre provvedimenti: anzitutto che si sospenda almeno per il 2009 il pagamento dei tributi e dei contributi, dal momento che queste aziende stanno pagando l'IVA anche su fatture congelate; secondo aspetto: è necessario estendere l'amministrazione straordinaria di cui alla legge Marzano anche alle aziende monofornitore e monocliente.

Pag. 34

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO. È necessario infine accettare la regola per la quale è possibile cartolarizzare i loro crediti, come sta facendo anche la regione Molise, e siamo disposti come opposizione a collaborare. Che cosa dobbiamo fare? Cartolarizzare il loro credito e permettere, quindi, che la garanzia sia presa in carico direttamente della regione o dallo Stato in modo che queste aziende, per mezzo di quei soldi incassati per un lavoro già eseguito, possano continuare a svilupparsi e a lavorare. Questo chiediamo, a questo volevamo una risposta e la prossima settimana vi rivolgeremo la stessa interrogazione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

(Dati e modalità di utilizzo dei fondi erogati dallo Stato per il premio letterario Grinzane Cavour - n. 3-00456)

PRESIDENTE. L'onorevole Vietti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00456, concernente dati e modalità di utilizzo dei fondi erogati dallo Stato per il premio letterario Grinzane Cavour (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata). Onorevole Vietti, mi scuso con lei se prima ho erroneamente posposto la sua interrogazione.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, vorrà dire che mi concederà qualche tempo aggiuntivo per recuperare.

PRESIDENTE. Due secondi, prego.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Grazie, signor Presidente. L'inchiesta in corso sul premio Grinzane Cavour ha fatto emergere un quadro inquietante di distrazioni e di malversazioni: milioni di euro provenienti dall'Unione europea, dal Ministero per i beni e le attività culturali (le stime giornalistiche parlano di 6 milioni, ma il Ministro sarà più puntuale sul punto) e dalla regione Piemonte sono stati dirottati dall'uso pubblico all'uso privato. Si parla di risorse dilapidate in spese faraoniche, carovane di beneficiari spesso indebiti, costi di eventi spropositati, scatole cinesi che dirottavano i contributi al soggetto privato, referenti nell'ente pubblico erogatore parenti del beneficiario.
Noi vogliamo sapere - ovviamente almeno per quanto riguarda la parte di competenza del Ministero - come tutto ciò può essere successo senza che nessuno se ne accorgesse; se le procedure di erogazione e di rendicontazione sono state corrette e verificate; se vi sono altri casi Grinzane Cavour.

PRESIDENTE. Il Ministro per i beni e le attività culturali, Sandro Bondi, ha facoltà di rispondere.

SANDRO BONDI, Ministro per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, tenuto conto dei tempi previsti mi limito ad accennare ad alcune informazioni di particolare entità, facendo presente sin d'ora che farò pervenire all'onorevole presidente Vietti tutti gli allegati della documentazione in nostro possesso, relativa alle contribuzioni assegnate.
In particolare, all'associazione premio Grinzane Cavour sono stati concessi dal Ministero per i beni e le attività culturali, nel corso degli anni, finanziamenti a vario titolo, per un ammontare complessivo di circa 8,5 milioni di euro. Sottolineo che ad oggi risultano già effettuate su tale complessiva disponibilità erogazioni pari a 6,874 milioni di euro. Devo evidenziare peraltro che alcune di queste somme sono state direttamente previste da disposizioni legislative. Mi riferisco in particolare alla legge n. 291 del 2003, che ha disposto uno specifico finanziamento di 2 milioni di euro, somma che è stata interamente utilizzata per l'acquisto della sede di Torino dell'associazione Grinzane Cavour.
La stessa legge ha disposto un finanziamento complessivo di 1.050.000 euro per il triennio 2003-2005 a favore del comitato Adele Alfieri, per la ristrutturazione e la valorizzazione del castello di Pag. 35Grinzane Cavour. In merito a quest'ultimo finanziamento preciso che l'intera somma è stata assegnata dalla competente direzione generale a favore del soggetto beneficiario e che ad oggi risultano ancora da rendicontare circa 149.000 euro. Aggiungo che con altra legge, precisamente la n. 29 del 2001, è stata autorizzata la spesa di 49 milioni di euro per il finanziamento su tutto il territorio nazionale, per il triennio 2001-2003, di interventi su beni culturali. Le relative somme erano per legge assegnate direttamente ai soggetti proprietari, possessori o detentori dei beni, sotto la vigilanza della competente soprintendenza del Ministero. In sede di programmazione, con apposito decreto del maggio 2001, sono stati individuati gli interventi da effettuare, tra i quali il restauro architettonico ed il recupero funzionale del castello di Castiglione d'Asti, di proprietà del comune e dallo stesso affidato in comodato d'uso all'associazione premio Grinzane Cavour, nonché la realizzazione del museo del territorio del sud Piemonte, da collocarsi nel medesimo castello. Il 19 marzo scorso ho disposto una serie di verifiche sull'esito di tutti i finanziamenti erogati, che mi impegno a trasmettere tempestivamente all'onorevole Vietti, per una successiva fase di riflessione. Mi permetto tuttavia di rilevare che i finanziamenti sono stati tutti disposti prima del mio incarico come Ministro per i beni e le attività culturali. Ma questo ha poca importanza.
In questa vicenda, infatti, l'errore più grande sarebbe, a mio avviso, quello di unirsi ai tardivi fustigatori del professor Soria. Al di là delle questioni giudiziarie, infatti, credo che sia più utile e più serio chiedersi se vi è qualcosa che possiamo imparare da questa triste vicenda.
A questo riguardo, due intellettuali come Luca Ricolfi e Alessandro Baricco hanno condotto le analisi e le riflessioni, a mio avviso, più serie e costruttive per il futuro. Il motore della fiorente industria degli eventi culturali - ha detto Ricolfi - è un patto reciprocamente vantaggioso tra politici e uomini di cultura, dove i primi cercano di allargare il proprio consenso, mentre i secondi, cioè gli uomini di cultura, sono ben felici di promuovere se stessi e la propria immagine, non soltanto mediante le loro opere, bensì partecipando attivamente ad ogni sorta di manifestazione culturale.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

SANDRO BONDI, Ministro per i beni e le attività culturali. Concludo, signor Presidente. Il problema fondamentale è quello della libertà e dell'autonomia della cultura, che deve essere, quindi, liberata dalle opposte concezioni di una cultura come strumento per allargare il consenso politico.
A questo riguardo - e concludo - ha ragione Baricco, quando ha affermato che bisognerebbe abituarsi all'idea che il denaro pubblico può e deve fare un passo indietro, e quando ha ammonito a non aver paura di lasciare il campo all'iniziativa privata, riservando al denaro pubblico il sostegno alla qualità, o a spostare l'attenzione, le intelligenze e le risorse su scuole e televisione, dove si combatte la battaglia per la difesa dei valori e della cultura (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. L'onorevole Vietti ha facoltà di replicare.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, ringrazio il Ministro per la sua cortesia e per la disponibilità a procedere anche ad ulteriori approfondimenti e a fornire le informazioni - non solo al sottoscritto, ma credo al Parlamento, che ha interesse ad ottenerle -, soprattutto sulle rendicontazioni di queste cifre, che sono molto ingenti. Anch'io ho apprezzato gli interventi di Baricco e di Ricolfi.
Anch'io sono d'accordo che, soprattutto in una situazione di grande crisi economica e finanziaria, quale è quella che stiamo vivendo, con le famiglie che non arrivano alla fine del mese, sia bene fare un uso molto più oculato e prudente delle risorse pubbliche sul fronte della cultura, Pag. 36distinguendo dove è necessario un intervento diretto, non solo dello Stato, ma anche degli enti pubblici, e dove è bene, invece, lasciare spazio ai privati. Abbiamo visto, infatti, che l'eccesso di discrezionalità nelle erogazioni crea delle vere e proprie corti, in cui si crea una commistione di interessi tra il soggetto erogatore e il beneficiario, in un circuito perverso che, alla fine, penalizza le risorse pubbliche.
Signor Ministro, sono d'accordo con lei che non bisogna individuare in Soria l'unico cavaliere nero ma, proprio per evitare di non far tesoro di questa vicenda, è bene che ciascuno - e, dunque, anche il Ministero - faccia una verifica ed un'analisi per capire se vi sono altri «casi Soria», altri «casi Grinzane», in modo che, per una volta, magari, la politica arrivi prima della magistratura e non ci si lamenti sempre e soltanto delle interferenze dei magistrati.
Forse, converrà pensare anche ad un più generale sistema di accreditamento degli interventi culturali. Se per la fornitura dei servizi sanitari, assistenziali e di istruzione, i soggetti che partecipano devono avere requisiti prefissati e sistemi tariffari predeterminati, non si capisce perché la cultura, in cui le due somme in ballo sono così consistenti, invece, possa essere affidata semplicemente ad un sistema di discrezionalità legato totalmente all'intuitus personae. Questo meccanismo, come purtroppo questa vicenda tristemente dimostra, è generatore inevitabilmente di abusi e di scorrettezze, quando non di reati.
Proprio perché il «caso Soria» non venga demonizzato in sé - lasciamo che la magistratura faccia il suo corso ed i suoi accertamenti in autonomia - non siamo qui noi a cercare le responsabilità individuali - è necessario adottare delle buone pratiche, anche sulla scorta di questa esperienza, per evitare di trovarci, tra qualche mese o tra qualche anno, a lamentare un altro «caso Soria» (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

(Compatibilità del «piano casa» del Governo con le competenze delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano e iniziative per garantire la tutela dell'ambiente e il rispetto dei vincoli urbanistici previsti dai piani regolatori comunali - n. 3-00458)

PRESIDENTE. L'onorevole Brugger ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00458, concernente la compatibilità del «piano casa» del Governo con le competenze delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano e iniziative per garantire la tutela dell'ambiente e il rispetto dei vincoli urbanistici previsti dai piani regolatori comunali (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, signor Ministro, la nostra interrogazione sul «piano casa» annunciato dal Governo è motivata da preoccupazione e allarme; infatti, non riteniamo accettabile consentire interventi edilizi in deroga alla normativa e ai vincoli vigenti, con aumenti della cubatura fino al 35 per cento in casi specifici e fino al 20 per cento nella norma, con autorizzazioni semplificate, con la semplice dichiarazione di inizio lavori e con controlli della soprintendenza affidati a procedure di silenzio assenso. Come deputati, nutriamo tale preoccupazione ed allarme per delle misure che invadono le competenze primarie delle regioni ordinarie e di quelle a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano, misure che, secondo noi, presentano gravi profili di incostituzionalità. Vorrei che il Ministro fornisse delucidazioni al riguardo.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Grazie, signor Presidente. In via preliminare, onorevole Brugger, mi permetta di osservare che non è corretto trarre dei giudizi definitivi su un insieme Pag. 37di provvedimenti per i quali è ancora in corso l'attività istruttoria e che naturalmente, in quanto tali, non hanno leso alcuna prerogativa. Né, d'altra parte - come dirò da qui a poco -, è intendimento del Governo che con essi o per loro tramite si leda alcuna prerogativa, men che meno quelle delle regioni o degli enti locali.
Voglio, però, anzitutto richiamare la finalità primaria del provvedimento «piano casa», che è diretto a contrastare la difficile congiuntura economica che sta attraversando anche il nostro Paese attraverso un intervento in grado di attivare un virtuoso circuito di investimenti e di crescita economica; in buona sostanza, si tratta di fare per il settore dell'edilizia ciò che è stato già fatto per altri settori industriali in crisi nel nostro Paese - mi riferisco a quello delle automobili - e che ha prodotto straordinari risultati positivi, non solo per quel settore, ma per l'economia in generale.
Solo questa finalità di stimolo al processo di crescita economica sta alla base dell'agire del Governo e, naturalmente, non comporterà alcuna lesione - come dicevo poco fa - delle competenze legislative delle regioni. Il Governo, infatti, è ben consapevole - nello spirito di leale collaborazione fra Stato e regioni - che la materia del governo del territorio rientra tra quelle di competenza concorrente, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, ed è per questo che il Governo ha scelto la base del confronto come metodo di lavoro. Lei sa, onorevole Brugger, che oggi si è riunita la Conferenza unificata Stato-regioni, convocata - non a caso - prima del Consiglio dei ministri che avrebbe potuto esaminare i provvedimenti; le posso anticipare che le conclusioni della Conferenza Stato-regioni sono quelle di continuare nel metodo scelto dal Governo, quello del confronto attraverso un tavolo tecnico che comincerà a riunirsi già dalla giornata di domani e che concluderà i propri lavori la settimana prossima, nella giornata di martedì, quando tornerà a riunirsi la Conferenza unificata. Essa prenderà atto delle proposte che emergeranno dalle regioni e dagli enti locali in quel tavolo tecnico e solo a conclusione di questo confronto la prossima settimana il Governo trarrà le proprie decisioni conclusive sull'adozione degli strumenti, i quali saranno naturalmente sottoposti alla valutazione del Parlamento, anche qui - come sempre - nel pieno rispetto delle prerogative costituzionali.
Non vi è, quindi, alcuna lesione di prerogative o di poteri di altri organi dello Stato, vi è solo la volontà di rispondere con un intervento efficace e di aiutare un settore in crisi ad uscire dalla crisi economica. Né, signor Presidente (se ho ancora del tempo), corrispondono a verità le preoccupazioni ravvisate da più parti rispetto a una presunta possibilità di lesione della tutela dei centri storici e delle aree vincolate, perché resteranno pienamente in vigore le vigenti norme di salvaguardia e di tutela dei vincoli; resterà comunque l'impossibilità di realizzare interventi nelle aree vincolate da inedificabilità assoluta; non vi saranno conseguenze disastrose o negative per l'ambiente e il paesaggio, perché vi saranno delle puntuali e specifiche limitazioni in tal senso e, naturalmente, anche per quanto riguarda un presunto adeguamento degli standard urbanistici, il provvedimento consentirà solo, in via di principio, da parte delle amministrazioni competenti la possibilità di adeguarsi alle nuove esigenze previste.
Mi auguro in questo modo di avere chiuso definitivamente una polemica che non è stata sollevata dal Governo, il quale con il suo intendimento vuole certamente rispettare le prerogative regionali, ma comunque non intende far venire meno il proprio compito di corrispondere alle esigenze di superare la crisi economica che in questo momento il Paese sta affrontando.

PRESIDENTE. L'onorevole Brugger ha facoltà di replicare.

SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, signor Ministro, io vedo il problema sotto un altro verso: se il Governo non avesse, in modo del tutto frettoloso, a mio avviso, un'altra volta annunciato talune Pag. 38misure, peraltro importanti, facendo girare anche delle bozze (non credo, infatti, che tali documenti siano stati inventati dalla stampa), sarebbe stato molto più giusto e anche più corretto dal punto di vista istituzionale. Non può essere che si «lancino» dei provvedimenti, poi si veda un po' l'effetto e quindi si dia addirittura la colpa a chi interviene subito per cercare di bloccare sul nascere, come in questo caso, problemi di natura costituzionale.
Tuttavia, ringrazio il Ministro perché nell'ultima parte del suo intervento è stato molto preciso nel dare alcune garanzie; ritengo che ciò sia molto importante.
Per noi due elementi sono fondamentali. Il primo - e lei lo ha dichiarato - è che ci sia il rispetto delle prerogative delle regioni. L'articolo 117 della Costituzione è molto chiaro e prevede la competenza primaria in materia urbanistica in capo alle regioni e non allo Stato. Il secondo - mi riallaccio a quanto lei ha dichiarato alla fine della sua risposta - è che occorre evitare abusi, sanatorie e condoni camuffati; occorre evitare costruzioni selvagge in deroga a tutte le leggi, agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi.
Vorrei dirle, signor Ministro, che nutro grande perplessità sull'uso dello strumento del silenzio-assenso per quanto riguarda le soprintendenze e ciò proprio allo scopo di evitare che accada quanto lei non vuole ovvero che accada che nei centri storici ci siano delle costruzioni che non devono esserci, dal punto di vista culturale e storico. In questo senso, speriamo che il provvedimento in arrivo sia valido, provvedimento che in seguito potremo valutare meglio.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16.

La seduta, sospesa alle 15,50, è ripresa alle 16,05.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bruno, Conte, Cosentino, Mura e Zacchera sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, desidero protestare fermamente per un comportamento del Governo che giudico poco corretto. Circa due settimane fa il gruppo Italia dei Valori ha presentato un atto ispettivo rivolto al Ministro degli affari sociali, l'interpellanza urgente Di Pietro n. 2-00340, concernente la questione della ristrutturazione di Telecom, la soppressione di ventidue sedi e gli effetti conseguenti, in particolare nell'area lombardo veneta.
Il sottosegretario Viespoli per due volte consecutive, per vie informali, ci ha chiesto, adducendo motivi di indisponibilità vari, di poter spostare in avanti di una settimana la risposta alla nostra interpellanza. Assistendo oggi al question time ho capito perché: oggi il Ministro Sacconi ha risposto ad un analogo atto ispettivo della Lega Nord, quasi del tutto sovrapponibile.
Credo che questo comportamento del sottosegretario Viespoli sia inaccettabile e poco corretto in quanto dovrebbe essere la regola per il Governo, quando risponde ad atti ispettivi urgenti - sia che si tratti di interpellanze sia che si tratti di interrogazioni a riposta immediata - sentire il dovere di rispondere esattamente secondo l'ordine di presentazione degli atti stessi.
Intento pertanto inviare una comunicazione al Presidente della Camera in ordine a quanto avvenuto nei termini testé indicati.

Pag. 39

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 2263-A (ore 16,07).

PRESIDENTE. Avverto che la Commissione ha presentato gli emendamenti 1.201, 1.202, 3.201, 4.200, 4.201, 4.202, 4.203, 4.204 nonché il subemendamento 0.6.200.200.
Con riferimento a tali proposte emendative, che sono state trasmesse ai gruppi e sono in distribuzione, avverto che il termine per la presentazione di subemendamenti è fissato alle ore 17 di oggi.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta ha avuto inizio lo svolgimento degli interventi sul complesso delle proposte emendative.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 2263-A)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, mi permetterò di fare qualche valutazione in riferimento alla proposte emendative e quindi anche al testo cui si riferiscono, seguendo un ragionamento che hanno fatto questa mattina i miei colleghi di gruppo intervenuti: Mannino, Volontè, Cera e Tabacci.
Abbiamo avanzato, sia in sede di discussione sulle linee generali e anche questa mattina (come dianzi dicevo), una serie di perplessità su questo provvedimento. Lo avevano fatto anche i miei colleghi di partito al Senato dove era stata presentata una pregiudiziale di costituzionalità.
Si trattava di una pregiudiziale di costituzionalità sufficientemente motivata che si riferiva e si riferisce, a mio avviso, all'articolo 3 della Costituzione. Infatti, oltre a non ravvisare i motivi di urgenza e di necessità - perché questa vicenda risale ormai a moltissimi anni fa, al 1984, e quindi sono trascorsi venticinque anni - l'articolo 3 della Costituzione, come ricordavo, tutela quelli che sono i principi di equità, di giustizia e di uguaglianza. Con questo provvedimento credo che si crei proprio un vulnus rispetto ai requisiti di uguaglianza e, soprattutto, di rispetto dei cittadini.
Quando osservo che non si rispetta il requisito di uguaglianza affermo, quindi, che vi è stata più una corsa a tutelare una parte della platea interessata alla vicenda che non certamente tutta una realtà che riguarda i produttori lattiero-caseari. Voglio semplicemente dire, signor Presidente, che la vicenda delle quote latte, che ci trasciniamo ormai da moltissimi anni, ha creato delle situazioni certamente negative anche per quanto riguarda questo comparto. Sono state chiuse sessantamila stalle e credo che la tutela - ecco perché il vulnus all'articolo 3 della Costituzione - prevista da questo provvedimento vada in direzione semplicemente di una parte e non, ovviamente, dei produttori. Inoltre, vengono ad essere penalizzati i virtuosi, coloro che hanno rispettato le regole, coloro che hanno rispettato le norme comunitarie e viene ad essere semplicemente garantita quella realtà di produttori (molto limitata, per dire la verità) che hanno violato le regole del buon comportamento, che hanno debordato, che hanno certamente costituito un vulnus. Soprattutto, vengono a crearsi momenti di turbativa nella produzione del latte e lattiero-casearia all'interno del nostro Paese.
Questo dato e questo aspetto, signor Presidente, hanno determinato situazioni certamente negative per quanto riguarda anche la nostra presenza e la nostra politica all'interno dell'Unione europea. E noi sappiamo da quali zone e da quali territori vengono anche queste turbolenze, tanto per essere molto chiari, e da dove vengono queste violazioni che, ovviamente, hanno creato una situazione di disagio e, soprattutto, di grande preoccupazione, ma anche una posizione di disistima e di mancata considerazione del nostro Paese e di squilibrio nel nostro Paese e all'interno, anche, dell'Unione europea.
Devo sottolineare un aspetto con molta chiarezza. Se queste vicende avessero riguardato una parte del nostro Paese, se Pag. 40avessero riguardato il sud, certamente il partito del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali avrebbe creato grandi movimenti e sommovimenti anche plateali, non solo in quest'Aula ma anche all'interno del nostro Paese. Il fatto vero è che è che si è creato un vulnus forte, perché questo provvedimento, come altre vicende, viene varato sotto la spinta di alcune lobby, sotto la spinta di alcuni produttori che hanno notevolmente violato - e lo ripeto - le regole comunitarie, che certamente hanno continuato a produrre (alcuni hanno ceduto le loro quote pur continuando a produrre) e, quindi, in dispregio delle norme comunitarie e delle regole del buon comportamento, della lealtà e soprattutto dell'etica che certamente vengono richieste anche a tali produttori.
Pertanto, signor Presidente, quella che oggi si cerca di contrabbandare come una grande conquista, ottenuta a livello europeo, in realtà non c'è stata e questo anche quando si parla di un aumento del 5 per cento delle quote. Infatti, non è altro che un'anticipazione rispetto al plafond che l'Italia deve ottenere fino al 2015 di 750 mila tonnellate di latte.
Questo anticipo, guarda caso, va a privilegiare semplicemente coloro che hanno violato le norme e coloro che sono andati in eccedenza. Sono previste diverse categorie: la categoria A ricomprende quelli che si sono comportati virtuosamente ed hanno rispettato le regole e la B gli affittuari, che beneficiano di questo anticipo e di questo fondo, che sono coloro che hanno violato e, almeno da quanto stimato rispetto ai dati e agli elementi che sono in nostro possesso, sono quasi il 50 per cento.
Si capisce che un provvedimento, così costruito, non va in direzione del rafforzamento e del rilancio del settore, ma finisce per piegarlo maggiormente e per rendere sempre più difficile la nostra presenza, come dicevo poc'anzi, all'interno dell'Unione europea. Per questi motivi siamo estremamente preoccupati e contrari al provvedimento in esame, anche perché non ve n'era bisogno.
Infatti, già la legge n. 119 del 2003 aveva stabilito alcuni principi e fatto uscire il Paese da una serie di difficoltà in questo settore. Ricordiamo nel 2003 i movimenti e i blocchi stradali di alcuni produttori. La legge n. 119 del 2003 è un punto di riferimento, nonché un tetto che è stato confermato da un'ultima sentenza del Consiglio di Stato su ricorso della regione Piemonte.
Non si è capito, dunque, il perché di questo decreto-legge. Forse si tratta di un decreto-legge che reca la fotografia di coloro che sono beneficiari di una tutela che certamente non avrebbero e non dovrebbero meritare. Ricordo, signor Presidente, qual è stata la polemica nel corso degli anni che riguardava coloro che erano produttori di olio e di grano e l'interazione per quanto riguarda i benefici comunitari.
Qui, però, ci troviamo in una situazione alquanto delicata, più difficile e più complessa e credo che la preoccupazione dovrebbe essere molto esplicita. Non so se il Ministro dirà nel corso del nostro lavoro emendativo qual è stato il clima che si è trovato ad affrontare anche in Europa. Vi è una situazione di grande disagio e di grande disistima nel nostro Paese e certamente questo provvedimento non va nella direzione di arricchire la nostra credibilità a livello dell'Europa.
Il fatto vero è che c'è uno sforzo in questo momento, attraverso questo provvedimento, di determinare tutele che non avrebbero dovuto avere né cittadinanza, ne dignità. Ritengo che questo sia ovviamente il dato più importante e più significativo, oltre al tema ricordato da molti colleghi, ossia il fatto che vengono emarginate le regioni poiché il commissario distribuisce direttamente alle aziende e non alle regioni.
Abbiamo ieri discusso e poi votato, con grande enfasi da parte di alcuni gruppi, la legge sul federalismo fiscale. Qui ovviamente la politica federale o la politica delle autonomie viene ad essere sacrificata sull'altare degli interessi particolari e degli interessi settoriali. Ci troviamo infatti di fronte ad una situazione che ha scarsa attinenza con la politica, con la dignità Pag. 41dell'Aula, del Parlamento e con lo stesso prestigio che un Governo della Repubblica italiana dovrebbe avere. Signor Presidente, questi sono i motivi che ci hanno spinto a presentare una serie di contributi come proposte emendative.
C'è poi un altro dato che a mio avviso è importante - mi accingo a concludere il mio intervento - ed è il parere della Commissione bilancio. La Commissione bilancio fa chiaramente intravedere che non c'è una copertura finanziaria.
Certamente ci sono sempre i soccorsi e oggi il soccorso è rappresentato dal FAS, il solito FAS che anche in questo caso viene a tutelare l'illecito che si è consumato in una parte del territorio nazionale, per quaranta o cento persone che siano. Il FAS dovrebbe cambiare nome, in questo momento bisognerebbe chiamarlo «FAP», fondo assistenza della Padania. Questo FAS o FAP alimenta un contributo di una parte del territorio nazionale, perché è giusto che non siano risorse per il sud o per le aree sviluppate, ma che siano fondi che riguardano alcuni cittadini della Padania che spingono, costituiscono delle lobby, premono e condizionano la vita del Governo e del Ministero delle politiche agricole e alimentari. Questo credo che sia il dato vero; possiamo essere d'accordo o meno, ma questa è la realtà rappresentata da questo provvedimento.
Signor Presidente, stavo parlando del parere della Commissione bilancio. Come si fa e come ha fatto la Commissione bilancio, che poi è diretta e guidata da un ottimo collega, a dare un parere positivo, il nulla osta, dopo aver detto chiaramente che l'articolo 4, comma 8-quater, è suscettibile di determinare oneri non quantificati e non coperti? Si dice poi che non reca le necessarie risorse al fine dell'integrale copertura dell'onere di 20 milioni di euro posto a suo carico. C'è tutta una fase descrittiva in questo parere che è profondamente negativa, perché non ci sono le coperture; ecco il perché del soccorso del cosiddetto FAS che ho ribattezzato. Il parere della Commissione bilancio dice chiaramente che la materia è riservata alla contrattazione integrativa per il personale civile e per il personale del comparto sicurezza e difesa, mediante il recepimento di accordi con le organizzazioni sindacali con possibili effetti emulativi.
Ma ci sono anche altri problemi che riguardano quest'area forte di tutela. Il testo si riferisce al reiterato versamento dell'intera rata, non si parla nemmeno del mancato pagamento, anche parziale, della rata. Questo significa che c'è una soluzione, sic et simpliciter, senza una minima preoccupazione e una minima riserva rispetto al senso e alla ratio di un provvedimento che si intende portare all'attenzione e all'approvazione dell'Aula.
Per questi motivi noi andremo avanti con la nostra azione e il nostro impegno, con il nostro contributo. Lo faremo nel rigore e nel rispetto del Parlamento e dei produttori per un rilancio del comparto agricolo e alimentare del nostro Paese.
Signor Presidente, lei deve capire che così non si va avanti, la politica agricola e alimentare è molto ampia, articolata e complessa all'interno del nostro Paese. Qui ci si è consumati, in questi momenti e in questi ultimi anni, semplicemente dedicandosi alle quote latte, ad una parte della parte, senza avere una visione forte e ampia della cose.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIO TASSONE. Ho finito, signor Presidente. Ma c'è un altro aspetto: il Ministero delle politiche agricole e alimentari doveva costituire un momento forte di riferimento all'interno dell'Europa. Con questo provvedimento, con questa azione da parte del Governo abbiamo perso un'occasione, come si suol dire, e non abbiamo aumentato la dignità per il nostro Paese nella nostra azione e nel nostro impegno (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Assiste ai nostri lavori il Vicepresidente della Repubblica del Nicaragua, Jaime Morales Carazo. Lo saluto a nome di tutta l'Assemblea (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

Pag. 42

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, quando concluderò questo mio intervento farò una proposta ben precisa e concreta al Ministro Zaia che sarà quella di avviare immediatamente un'inchiesta interna su determinati fatti, riferendo in tempi molto brevi al Parlamento.
Inizio, però, da Piero Calamandrei, perché recentemente è stato pubblicato il testo inedito di un suo intervento pronunciato nel gennaio 1940 e che Gustavo Zagrebelsky, Presidente emerito della Corte costituzionale, ha definito apologia della legalità. In questo discorso, ad un certo punto Calamandrei dice: «attraverso l'astrattezza della legge, della legge fatta non per un solo caso ma per tutti i casi simili, è dato a tutti noi di sentire nella sorte altrui la nostra stessa sorte, indipendentemente dalla bontà del suo contenuto ed anche quando il contenuto della legge non ci piace». Dico questo perché noi, come gruppo dell'Italia dei Valori, riteniamo che questo provvedimento che riguarda le quote latte faccia riferimento a una legge che, comunque sia, andava osservata (come si suol dire: dura lex, sed lex) e quindi troviamo non accettabile che il decreto-legge possa di fatto prevedere che i furbi hanno ragione.
Noi riteniamo che tale legge dovesse essere rispettata e che, pertanto, chi ha sbagliato non possa essere oggi non solo salvato e aiutato, ma addirittura reso destinatario di benefici ulteriori rispetto a coloro che hanno osservato la legge. Dico questo pur accingendomi ad affermare che forse, però, questa legge aveva dei presupposti che, in qualche modo, dovevano essere verificati non tanto per il gusto di compiere una verifica a posteriori, ma perché c'è motivo di ritenere che nelle vicende delle quote latte sia capitato di tutto e di più, ci siano stati furbi e «furbetti del quartierino» che si sono arricchiti, nonché collusioni indubbie tra politica e determinate aree dell'economia e comportamenti veramente discutibili anche da parte delle corporazioni degli agricoltori o di chi li rappresentava. Quindi è giusto che noi sappiamo alla fine se, e in che modo, i presupposti sulla base dei quali oggi chiediamo ai nostri produttori e allevatori di pagare delle multe sono giusti.
Vorrei allora riprendere, per sommi capi, il rapporto conclusivo di un'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione agricoltura nella XIII legislatura e ricordare al Ministro (che probabilmente lo sa già, ma anche ai colleghi) che, nel definire la produzione assegnata al nostro Paese, non furono assunti i dati ISTAT perché essi furono ritenuti, come dire, non espressivi della richiesta avanzata a quel tempo dall'Unione europea e da noi recepita, che prevedeva che la denuncia della produzione avvenisse su due livelli, ossia, da un lato, nel momento del primo acquirente, quindi della prima consegna, dall'altro, per i casi di vendita diretta che, come era evidente, rappresenta il caso principale delle aziende che trasformavano anche quel latte, nel momento della vendita.
I dati dell'ISTAT non furono considerati attendibili poiché, ad esempio, tra l'altro non comprendevano le aziende con meno di tre capi di bestiame che non erano censite e quelle che in qualche modo si erano sottratte all'indagine statistica per protesta. C'è da dire, però, che con il quarto censimento dell'agricoltura e con nuove metodologie di rilevazione i quantitativi consegnati vengono definiti da 84 a 100 milioni di quintali.
Il successivo regime di applicazione previsto dalla legge n. 468 del 1992, volto a responsabilizzare i singoli produttori e ad obbligare ai controlli e all'esercizio delle funzioni amministrative da parte dell'AIMA, ha portato comunque ad una quota complessiva nazionale che passa da 90 milioni a 99 milioni di quintali.
Successivamente, come è noto, vi sono state altre variazioni e, secondo un bollettino dell'AIMA del 1993, si è arrivati addirittura a 114 milioni di quintali con una quota distribuita tra 138 mila unità produttive.
Si arriva, infine, al 1994 quando si prevede l'assegnazione di 96 milioni di quintali a 107 mila aziende titolari di quote.
Tale comportamento sembra quasi che serva a far sì che la quota definita in 99 Pag. 43milioni di quintali fosse quella a cui bisognava obbligatoriamente arrivare e che le manovre dovevano essere fatte in modo tale che quella fosse la produzione di riferimento.
La verità, tuttavia, è che in questa operazione vi sono state molte vicende discutibili, in particolare il fatto che si è innestato un commercio di quote latte sul quale qualcuno si è arricchito e non è detto che sia partito da basi certe. Stando ai dati dell'anagrafe è emblematico che risulti che perfino in una città come Roma e, in particolare, a piazza Navona vi sia una stalla con 600 capi: ciò evidentemente dà conto di fatti che sono assolutamente inimmaginabili.
Con il cambio delle normative si arriva a situazioni anche paradossali, come la cessazione della gestione informatizzata dei capi di bestiame che scappano dal modello L1, nel quale, da un lato, vi è la dichiarazione della quantità di latte prodotto, ma, dall'altro, si inserisce a mano il numero dei capi. Il risultato è che nessuno sa come avvenga il trattamento di quei dati, perché vi è un altro sancta sanctorum, l'AGEA, ovvero una specie di Fort Knox in cui è difficile entrare e penetrare e che non si sa bene come tratti i dati in una situazione che rende praticamente impossibile capire realmente cosa è avvenuto.
La verità è che per la quantità di prodotti ottenuti attraverso il latte si fa ricorso a dei coefficienti, che li ritrasformano in quantità di latte. I coefficienti sono palesemente falsi ed è facilmente dimostrabile che la conversione attuata con quel tipo di criterio non è in realtà rappresentativa dell'effettiva quantità di latte di partenza. Mi riferisco al fatto che, come è noto, alcuni regolamenti della Comunità europea, ad esempio il regolamento n. 1788 del 2003, stabiliscono per l'Italia che il tenore di grasso presente in un chilo di latte vale 36,88 grammi. È evidente che quello dovrebbe essere il riferimento, ma così non è perché nella trasformazione ci si dimentica che dal latte si ottiene anche il burro con risultati che portano ad una produzione di latte probabilmente largamente superiore.
Io, comunque, non ho la chiave dei dati e ritengo necessaria un'indagine amministrativa volta a recuperarli e ad esaminare realmente come sono stati trattati - mi riferisco soprattutto ai dati raccolti manualmente - da parte di AGEA.
Diventa, però, pensabile che con quei coefficienti, che non garantirebbero una traduzione in vera quantità di latte, si possa essere arrivati a dati sbagliati. Mi riferisco anche al fatto, ad esempio, che da dati ufficiali dell'Unione europea - mi riferisco ad una relazione della Commissione in data 12 dicembre del 2007 - risulta che l'Italia produrrebbe 3 milioni di quintali di formaggi DOP (cioè fatti con latte italiano) in più rispetto al 1988 (questo nel 2007).
Poiché, sempre nella relazione dell'Unione europea, viene indicato che per 1 chilogrammo di formaggio occorrerebbero mediamente 8 chilogrammi di latte, ne deriva un risultato che appare clamoroso, perché 3 milioni moltiplicati per otto vogliono dire 24 milioni di latte in più rispetto al 1988.
Dunque, il problema è che, se analizziamo prima i dati di AIMA e poi quelli di AGEA, risulta che in Italia, in realtà, produciamo la stessa quantità di latte rispetto 1988, cioè circa 105-110 milioni di quintali di latte all'anno. Quindi, qualcuno dovrebbe dirci come è possibile che dal 1988 in avanti, solo per la maggiore quantità di formaggio prodotto con latte italiano, si siano prodotti 24 milioni di quintali di latte in più. Evidentemente, ci sono conti che non tornano.
Non credo che questo decreto-legge affronti realmente i problemi, che vanno verificati. Credo - lo ribadisco - che quando sarà sollevato il coperchio di questa pentola, dentro troveremo di tutto. Ci sono anche responsabilità politiche: il Ministro Alemanno dovrebbe dirci cosa ha fatto nei cinque anni in cui è stato Ministro dell'agricoltura, in cui ha, in realtà, reiterato provvedimenti che risultano del tutto uguali a quelli del 1989. Pag. 44
Signor Ministro, è evidente, quindi, che vi è il problema di avviare una seria inchiesta. È chiaro che sul piano parlamentare si potrebbe persino pensare ad una Commissione di inchiesta parlamentare, però credo che, in attesa di un eventuale lungo processo, come può essere quello di addivenire ad una proposta di legge in tal senso, il Ministro abbia tutti gli strumenti per avviare un'indagine interna, se non l'ha ancora fatto, e per riferire entro sei mesi a questo Parlamento sui risultati di quell'indagine.
È evidente, infatti, che, se per caso dovessimo scoprire che lì dentro ci sono stati, come credo, colpevoli arricchimenti di aziende, che non avevano vacche da latte, che poi hanno venduto e alle quali sono state riconosciute quote latte poi immesse sul mercato, qualcuno deve assumersene la responsabilità, anche politica. Credo che abbiamo un obbligo nei confronti dei produttori seri, che hanno cercato di attenersi alla legge.
Piero Calamandrei non ha pensato a problemi di conflitto di interesse, perché non immaginava che ci dovessero essere leggi sui conflitti di interesse. Tuttavia, abbiamo appreso dalla stampa che tra di noi, per esempio, c'è un grande «splafonatore». Sempre la stampa ci ha detto che questo grande «splafonatore» ha anche «splafonato» ulteriormente, persino vendendosi le quote. Eppure, partecipa a questo processo legislativo, mentre avrebbe il dovere morale di astenersi.
Voglio ricordare che nel diritto societario italiano l'amministratore che partecipa, trovandosi in una situazione di conflitto di interesse, integra persino una fattispecie di natura penale.
Capisco che il Parlamento è al di sopra e al di fuori della legge, cosa che per me è assolutamente inaccettabile; però, capisco che per molti costituzionalisti sia così.
Concludo, ribadendo l'invito.
Noi abbiamo presentato un emendamento - ringrazio il Ministro e il Governo di averlo accettato - che, oltre a prevedere di nuovo l'informatizzazione dei dati relativi ai capi di bestiame, dà la possibilità al Ministro di effettuare dei controlli incrociati rispetto ad un'altra anagrafe, quella veterinaria presente presso il Ministero della salute. Credo che se, in pochi mesi, il Ministro realizzerà tutto ciò, e ce lo verrà a riferire, capiremo come all'interno di questa vicenda vi sia ancora molto da scoprire.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mario Pepe (PD). Ne ha facoltà.

MARIO PEPE (PD). Signor Presidente, signor Ministro, colleghi parlamentari, mi pare che l'argomento così come affrontato nel decreto-legge abbia assunto una centralità e una forza di argomentazione politica-istituzionale all'interno Parlamento di notevole rilevanza.
Vi è un bisogno, lo avverto - lo dico al Ministro che so essere molto sensibile e competente sulle discipline agroalimentari -, vi è un desiderio, una forte richiesta dei produttori e delle imprese, di porre di nuovo al centro del dibattito l'argomento agricoltura con riferimento alle molteplici attività ad essa connesse e alle agrofiliere produttive; vi è una domanda di centralità.
Indubbiamente lei non è responsabile di una considerazione dell'agricoltura come res residuale di una logica politica che ha guidato gli eventi in questi ultimi anni.
Ricordo alcuni interventi svolti in questa sede alcuni anni addietro sullo stesso argomento, sulle stesse vertenze e sulle stesse questioni che hanno interessato, fino ad ora, il Parlamento e la Commissione agricoltura.
Però, al di là degli sforzi che sono stati compiuti, e della sua presenza autorevole e sollecitatrice di un approccio collaborativo al decreto-legge, l'alba ci ha consegnato alle penombre della notte, e non alla risoluzione del problema. L'approvazione del testo è rimasta una questione tutta interna alla maggioranza.
Avevamo insistito nel sottolineare che vi sono due questioni: una di merito e una di metodo. Signor Ministro, quando si affrontano problemi di una delicatezza e di un annosità tale da richiedere comunque Pag. 45una rateizzazione o una sanatoria (come la si voglia definire), è necessario acquisire una maggiore intenzionalità corale del Parlamento e delle forze politiche. Non si possono affrontare d'autorità e d'imperio questioni delicate come gli splafonamenti di questo settore produttivo (senza considerare gli altri settori produttivi).
L'altra considerazione di merito: ci siamo resi conto nel corso dell'approfondimento in Commissione del decreto-legge che, nonostante l'accattivante relazione (però senza spiragli e prospettive) del presidente relatore, nel merito sulle questioni affrontate vi è stata una chiusura e il contributo delle minoranze, del Partito Democratico, non è stato accolto come sarebbe stato giusto e opportuno.
Lei ha esordito nella replica - che ho letto con molta attenzione - e nella relazione svolta in Commissione, dicendo che noi abbiamo ottenuto dei risultati: avere acquisito all'interno della Comunità europea e della Commissione, una maggiore credibilità per quanto riguarda la gestione di questo delicato settore. Ritengo che all'interno di una concezione dell'Europa incardinata sulle produzioni per quote, un risultato lo abbiamo ottenuto.
Questa mattina ho sentito dire dall'autorevole onorevole Mannino, già Ministro competente del settore dell'agricoltura, che noi dobbiamo spingere e dare sussulti di liberalizzazione e di innovazione alla Comunità europea, ma è chiaro che sono argomenti che fuoriescono da questo dibattito e anche dalle scelte che possiamo fare.
Tuttavia, all'interno di una agricoltura per quote, per così dire «quotizzata», noi riteniamo che aver condotto a casa il risultato di un miglioramento del 5 per cento nel possesso di nuove quote non è un fatto negativo, se accettiamo la logica di competere all'interno di una concezione dell'agricoltura fatta in questo modo.
Mi pare che anche qui la Lega abbia fatto grandi passi avanti, perché si era partiti da una considerazione della Comunità europea come vincolo e come laccio e lacciuolo allo sviluppo delle attività produttive (soprattutto in agricoltura). Così non è, i cambiamenti ci sono stati, e bisogna prendere atto concretamente che sono stati compiuti passi avanti in questo rapportarci alla Comunità europea.
Mi pare che, per quanto riguarda il merito degli emendamenti, la proposta molto attenta e molto seria che ha avanzato il Partito Democratico, senza escludere le proposte emendative degli altri gruppi politici, miri a questo obiettivo. Si tratta di un ritardo tattico nell'approvazione del decreto-legge? Di una difficoltà che si vuole creare al Ministro leghista? Io ritengo di no. Ritengo che sia un'esigenza di emendabilità richiesta dallo stesso testo, che rispetto al Senato (pur essendosi fatti dei passi in avanti come lei ha dichiarato nella replica) ha bisogno di essere ancora arricchito e implementato con soluzioni migliorative. Se questo è vero, se la replica (la sua replica) non è smentita dal Ministro Zaia, io ritengo che si possa uscire dall'argomento o con un tecnicismo risolutore - che è nella tradizione del Regolamento della Camera dei deputati - o con una condivisione concreta e operativa del testo del provvedimento, cercando di trovare una soluzione comune. Ma io ritengo che la proposta degli emendamenti del Partito Democratico sia molto significativa.
Ministro, vorrei solo dirle che in questi giorni, in particolare ieri, noi ci siamo beati di affrontare il tema di un federalismo panico, che affronta tutte le questioni. Però, lei deve convenire che, rispetto all'argomentazione del ruolo e del significato delle regioni, e della materia delle assegnazioni delle quote latte, noi, rispetto alle dichiarazioni concettuali del principio «tutto alle autonomie locali» e alla centralità delle federazioni regionali, oggi con un'azione cogente, forte, talvolta violenta (verbalmente si intende), respingiamo nella emarginazione e nella rimozione istituzionale gli organismi regionali, affidando l'erogazione delle quote da erogare ad un personaggio eccezionale. Mi riferisco ad un altro commissario che, scelto tra i dirigenti e ubbidendo ad una logica trascendentale e inconcepibile, procede Pag. 46all'assegnazione delle quote, ritenendo che questo «federalismo latteo» indubbiamente non aiuta a premiare il regionalismo storico che noi abbiamo alimentato in questi anni e che voi della Lega avete sostenuto giustamente ritenendo valida una motivazione di ordine locale, non localistico.
Quindi, le proposte contenute nel dossier emendativo del Partito Democratico vanno considerate attentamente, perché si tratta di ragionare bene su due fondi che lei ritiene importanti. Uno è il fondo di rotazione, a giustificazione di altre erogazioni. Se è un fondo povero di risorse non può certamente fronteggiare la tematica dell'assegnazione delle quote latte.
L'altro è il Fondo di solidarietà che noi sappiamo costituire un unicum nella politica europea: la concezione di un fondo che provveda a ristorare e a dare la possibilità alle imprese agricole di avere un accesso facile al credito. Oggi tale tema viene così fortemente riconfermato dal Governo in carica ritenendo che si tratti di una grande rivoluzione sul piano metodologico quando questo appartiene alla tradizione politica e istituzionale del nostro Paese e della nostra Repubblica rispetto alla solidarietà che è necessario dare alle imprese agricole nel momento delle difficoltà generali. Questi fondi devono essere meglio rimpinguati. Si dice che siano stati aumentati: non riteniamo che alla base vi sia un rimpinguamento soltanto fittizio, retorico, ragionieristico ma non corrisponde ad esso una cospicua assegnazione di risorse per affrontare le questioni.
L'altro argomento che ritorna anche nel decreto-legge in esame, dopo i 34 miliardi di euro sottratti ai fondi FAS, noi aggiungiamo nel pacchetto di ristoro, nel rimpinguamento che andiamo a disporre, ulteriori fondi sottratti ai fondi FAS che per fisiologia e per deliberazione istituzionale appartengono al sud d'Italia per il quale, signor Ministro, voglio spendere un'ultima parola in conclusione del mio intervento.
Lei ha affrontato con piglio giovanile l'argomento quote latte, ritenendo che andava affrontato e risolto da molti anni. Con lo stesso piglio, la stessa capacità e la stessa abilità, lei dovrebbe invece imporre al Governo una riflessione forte sul settore dell'agricoltura, in modo particolare nel Mezzogiorno d'Italia, dove vi è una strutturale difficoltà a rilanciare l'agricoltura mediterranea, che non è inferiore per qualità e per quantità ad altre colture e ad altre filiere produttive. Immaginiamo il peso e il ruolo che l'agricoltura riveste nel Mezzogiorno d'Italia. Si dovrebbero avere analoghe politiche di ristoro, analoghi impegni a rimpinguare il Fondo di solidarietà per le regioni del Mezzogiorno d'Italia. Lo so che il Ministro durante un'intervista a la Padania ha dichiarato che sono quattro gli assi fondamentali di questo provvedimento. Li condivido ma prima di essi viene l'asse cardinale, la pietra angolare: riconsiderare, senza infingimenti e senza chiusure territoriali, l'agricoltura nella sua globalità all'interno del nostro Paese. So che lei indossa scarponi per fare un trekking rurale e per affrontare sul territorio le questioni agricole. Qui, oggi, a questo punto lei dovrebbe indossare una scarpa più felpata e saper trovare una linea d'accordo con le opposizioni per approvare il decreto-legge in esame e per chiudere definitivamente l'annosa questione delle quote latte (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, signor Ministro, egregi colleghi, diciamo subito che rispetto all'intento di recuperare tutta la nostra capacità produttiva ad una definitiva e regolare stabilizzazione della vicenda delle quote latte, noi come Unione di Centro non abbiamo alcuna preclusione o pregiudiziale. Altrettanto fermamente dobbiamo sottolineare la nostra volontà di evitare sanatorie e benefici sperequati rispetto a tutti i produttori che hanno seguito il percorso della regolarizzazione prevista dalla legge 30 maggio 2003, n. 119. Per tale motivo avevamo sospeso il nostro giudizio nell'attesa di verificare la possibilità, la disponibilità Pag. 47e l'impegno del Governo e della maggioranza a voler porre fine a tale situazione e a superare una produzione illegale che sicuramente ha creato in questi anni grandi problemi di credibilità nell'ambito europeo che da sempre, peraltro, contesta la capacità del nostro Paese di gestire in maniera coerente e corretta la questione delle quote latte.
È indubbio che la disponibilità derivante dalla possibilità di utilizzare l'intero incremento del 5 per cento costituisce un'opportunità che va colta, senza però stravolgere gli elementi fondamentali del regime delle quote latte, definiti dalla legge n. 119 del 2003.
La questione va comunque ripartita tra il problema degli esuberi produttivi, quello del debito accumulato dagli splafonatori e il problema dell'equa assegnazione a tutta la platea dei produttori delle quote disponibili fin dalla prossima campagna.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 17)

ANGELO COMPAGNON. E dire che dal testo giunto dal Senato erano emersi elementi positivi, mentre ci preoccupano soprattutto le modifiche intervenute sul tema della rinuncia ai contenziosi e la contrarietà del Governo e del relatore ad accogliere proposte emendative mirate a rafforzare l'importante passo compiuto al Senato, relativo alla rinuncia dei contenziosi.
Allo stesso modo, francamente, appare insostenibile la reintroduzione della soglia minima di sforamento del 5 per cento. Vi è il rischio, quindi, che a seguito di tale provvedimento, se non si pone mano alle necessarie e ineludibili modifiche, si determini una situazione di ancora maggiore conflittualità e un'ulteriore e profonda divisione e lacerazione nella filiera. Due sono i punti negativi: la rateizzazione delle multe pregresse e la suddivisione delle nuove quote assegnate al nostro Paese. Sono in molti ad evocare la parola «condono» a favore delle aziende indifferenti alle regole imposte dall'Unione europea e dalla legge n. 119 del 2003. Da una parte abbiamo circa 40 mila aziende che hanno contenuto la produzione secondo le regole ed hanno speso centinaia di milioni di euro per acquistare le quote latte; dall'altra parte, un gruppo di aziende che non si è attenuto alle regole, agendo in modo scorretto soprattutto nei riguardi di chi si è indebitato per mettersi in regola, di chi ha fatto sforzi veri, di chi ha affittato le quote per regolarizzarsi. A nostro avviso, bastava l'applicazione della legge n. 119 del 2003 per l'assegnazione delle nuove quote, rispettando in questo modo la legalità ottenuta con grandi fatiche.
Non vogliamo chiamarlo condono? Allora chiamiamola sanatoria per chi ha agito fuori dalle regole, per quell'1,6 per cento di produttori che genera il 75 per cento dello splafonamento. Se si voleva dare un segnale all'Unione europea sulla definitiva chiusura del contenzioso delle multe, si doveva prendere una strada diversa da quella imboccata, che è certamente quella sbagliata. Non credo che l'Europa voglia questo tipo di soluzione.
Ieri avete approvato, peraltro con grande enfasi, il testo sul federalismo fiscale e cosa notiamo? Che il decreto-legge in discussione non ha avuto la condivisione delle regioni, che modifica in negativo la relazione tra Stato e regioni sul settore e anzi, mentre la legge n. 119 del 2003 per le regioni prevedeva un ruolo di gestione amministrativa del sistema di prelievo, nell'irrogazione di sanzioni, nella riscossione coattiva, insomma un ruolo attivo per il fatto che la materia agricola è materia esclusiva delle regioni, nel decreto-legge in esame si ritorna al centralismo, con l'istituzione di un commissario straordinario.
Non ci convince l'ordine di assegnazione delle quote, perché non si può pensare di distribuire questa quota di produzione aggiuntiva senza fare differenza tra chi in questi anni ha affittato le quote e chi in questi anni ha ecceduto nella sua produzione. Ci chiediamo poi se il fondo di rotazione potrà, così come è concepito, svolgere adeguatamente la sua funzione: ricordiamo che è nato per sostenere Pag. 48coloro che in questi anni hanno investito nell'acquisto di quote ad un valore che oggi si è fortemente deprezzato e che rischia di deprezzarsi ulteriormente, per il fatto che nel 2015 il regime delle quote scomparirà, bruciando gli investimenti fatti ed esponendo le aziende al recupero delle banche. Pertanto, il fondo si troverà a far fronte a nuove emergenze.
Infine, vi sono la rateizzazione trentennale e il costo elevato degli interessi, che rischierebbero di disincentivare le adesioni, vanificando l'obiettivo del decreto-legge in esame e lasciando immutata la situazione.
Il Ministro Zaia ha sbandierato, non molto tempo fa, il negoziato chiuso in novembre, che ha concesso all'Italia un aumento di produzione del 5 per cento, anticipato al 2009, rispetto agli altri Paesi, che avranno l'aumento di produzione nella misura dell'1 per cento all'anno per i prossimi cinque anni. Se questo deve essere il prezzo che la stragrande maggioranza degli allevatori deve pagare, forse era meglio lasciare le quote come erano, come hanno fatto gli altri Paesi, che non credo siano più sprovveduti del nostro.
Come Unione di Centro, oggi riproponiamo alcune proposte emendative, che nascono da un confronto con le organizzazioni professionali e con le cooperative rappresentative di migliaia di aziende, che mirano a rendere certa la rinuncia a tutti i contenziosi e al versamento della prima rata delle multe pregresse, quali condizioni per ottenere le nuove assegnazioni; a definire tempi e regole certe per l'istruttoria delle domande di rateizzazione, il versamento della prima rata e la revoca dell'assegnazione; a fornire una risposta equa ai produttori che, per coprire la maggiore produzione, hanno affittato quote a titolo oneroso; a garantire che il fondo di sostegno previsto da questo provvedimento sia idoneo a soddisfare le esigenze di sviluppo e di crescita e le carenze di liquidità sia dei produttori che hanno sempre rispettato la legge, sia di quelli che si sono regolarizzati a seguito della legge n. 119 del 2003.
Con riferimento alla copertura, certo, non fa piacere la difficoltà con la quale oggi abbiamo ritardato l'inizio dei nostri lavori per consentire alla Commissione bilancio di esprimere un parere favorevole. Già questo dimostra che la partenza ed il metodo non sono quelli migliori, ma, soprattutto, preoccupa il fatto che si continui a prendere i fondi, laddove non si dovrebbero prendere: mi riferisco ai fondi FAS o, addirittura, ai cosiddetti «conti dormienti». Mi piace mutuare l'intervento del collega Tabacci, che oggi ha detto - e lo ripeto - al signor Ministro e al Governo che i cosiddetti «conti dormienti» si sono svegliati e che quelli che non si sono svegliati, probabilmente, hanno cambiato camera da letto.
L'agricoltura italiana, che sta attraversando mesi molto difficili, ha bisogno di essere governata da provvedimenti profondamente condivisi, che tutelino le aziende ed assicurino loro il credito necessario sulla base di un sistema di norme condiviso per ogni comparto e per ogni settore. Riconosciamo, peraltro - come abbiamo fatto in occasione di molti altri provvedimenti - che nel provvedimento in discussione sono inserite altre norme di largo e profondo interesse per tutto il mondo agricolo, che vanno oltre la normativa delle cosiddette quote latte. Mi riferisco ai temi che il provvedimento contiene per quanto riguarda il Fondo di solidarietà nazionale, la proroga delle agevolazioni previdenziali e le norme in materia di contenziosi con l'INPS. Tutto ciò non deve essere inteso come compensazione di ingiustizie consumate ai danni degli allevatori che, con fatica, si erano adeguati alla legge n. 119 del 2003.
Onorevole Ministro, il gruppo dell'Unione di Centro, come sempre, è pronto a fare la sua parte in maniera costruttiva, ma solo se saranno apportate quelle modifiche che vedrebbero riaffermati, nella loro sostanza, molti dei principi di legalità e di equità previsti dalla legge n. 119 del 2003, che consideriamo una assoluta priorità. In caso contrario, la nostra sarà una ferma opposizione per tutelare quelle migliaia e migliaia di allevatori che, con i Pag. 49loro trattori, sono andati ad Arcore e a Gemonio, non certo per fare una passeggiata.
Nemmeno noi, in quest'Aula e in questo Parlamento, vogliamo fare solo una passeggiata oratoria: vogliamo essere fermi e determinati, con coraggio e coerenza, come ieri abbiamo fatto con riferimento al federalismo fiscale e oggi alle cosiddette quote latte. Non una passeggiata, ma una ferma posizione nei confronti non solo degli allevatori onesti, ma della legalità e del rispetto delle regole di cui il nostro Paese ha bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Saluto il Presidente dell'Assemblea parlamentare dell'OSCE, Joao Soares, e gli altri parlamentari dell'Assemblea internazionale dell'OSCE presenti in tribuna, che hanno partecipato oggi ad un importante convegno nella sede della Camera, su: «L'architettura di sicurezza europea: ruolo attuale e futuro dell'OSCE», organizzato dalla delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare, presieduta dall'onorevole Migliori. Presidente, benvenuto in questo tempio della libertà italiana (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zinzi. Ne ha facoltà.

DOMENICO ZINZI. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, il decreto-legge 5 febbraio 2009, n. 4, reca una serie di disposizioni urgenti in materia di produzione lattiera e di rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario. Le questioni affrontate dal provvedimento riguardano da un lato la necessità di assicurare l'assegnazione del quantitativo nazionale della produzione di latte garantita ai produttori e dall'altro di assicurare la rateizzazione dei debiti contratti dagli allevatori relativamente alle cosiddette quote latte.
Sostanzialmente, vi è una condivisione circa la necessità di dare un quadro definitivo al settore lattiero-caseario, superando definitivamente le incongruenze esistenti. Il comparto lattiero-caseario sta effettivamente attraversando una fase di enormi difficoltà, ragione per la quale gli operatori del settore si attendono un provvedimento che confermi una soluzione coerente con il percorso fatto in questi anni. La maggior parte degli allevatori, pur di rispettare la normativa sulle quote e restare nella legalità, ha affrontato grandi sacrifici - soprattutto economici - per l'acquisto o l'affitto di quote, mentre molti non si sono adeguati alla normativa vigente e hanno cominciato a produrre al di là della legge, conducendo una concorrenza sleale.
Durante l'esame al Senato sono state introdotte rilevanti modifiche migliorative del testo quali l'inserimento di un esplicito riferimento alle zone montane, includendole fra le realtà svantaggiate; la rinuncia ai contenziosi giudiziari sulle multe pregresse; la proroga al 31 dicembre 2009 delle agevolazioni contributive per le imprese agricole operanti in determinate zone svantaggiate e l'interpretazione autentica della norma sull'indennità giornaliera e di malattia dei lavoratori agricoli.
Devo manifestare, tuttavia, che durante il dibattito in Commissione alla Camera sono venute meno le speranze suscitate dall'atteggiamento tenuto dalla maggioranza all'inizio della discussione. Il testo licenziato dalla Commissione agricoltura non ha permesso di portare avanti ulteriori modifiche sulla scia del percorso già avviato al Senato. Ora devo constatare che non vi sarà la possibilità di vedere riaffermati nella loro sostanza molti dei principi di legalità ed equità recati dalla legge n. 119 del 2003. Sia il relatore, sia il Governo hanno prestato scarsa attenzione al fatto che occorreva evitare penalizzazioni nei confronti di chi si è sempre mantenuto in un percorso di legalità. È, invece, fondamentale l'approvazione definitiva di un provvedimento coerente con i principi di legalità e di equità sanciti dalla legge n. 119 del 2003, al fine di garantire a tutti i produttori del comparto lattiero-caseario pari opportunità e possibilità di miglioramento della loro struttura aziendale. Pag. 50
Non c'è stata la volontà e il coraggio da parte del Governo e della maggioranza di rendere più stringente l'obbligo delle rinunce al contenzioso, di definire norme e modalità chiare da non consentire in futuro comportamenti elusivi sul percorso di regolarizzazione. L'approvazione di alcune proposte emendative della Lega ha reso il testo ancor più ambiguo e incerto, anche per quello che riguarda l'assegnazione delle nuove quote latte.
La sordità della maggioranza è stata totale, rispetto alla nostra richiesta di evitare di premiare proprio coloro che hanno maggiormente violato la legge con il rifiuto di ampliare agli ultimi cinque periodi (e non soltanto al 2007 e al 2008) la produzione di riferimento, nonché a stabilire il limite del 100 per cento della quota già in possesso del produttore.
Il gruppo dell'Unione di centro, signor Ministro, trova assolutamente ingiustificabile voler difendere la normativa in questione con le altre norme, anche se giuste, contenute nel provvedimento introdotte al Senato e alla Camera relative al Fondo di solidarietà nazionale e alla proroga delle agevolazioni previdenziali perché si tratta di provvidenze irrinunziabili per tutto il mondo agricolo e sulle quali il Governo è in netto ritardo. Si tratta di questioni che non possano essere indicate come compensative di eventuali ingiustizie consumate a danno degli allevatori che si sono adeguati, se pur con fatica, alla legge n. 119 del 2003. Il gruppo parlamentare dell'UDC ha sviluppato il confronto al Senato e poi presso la XIII Commissione (Agricoltura) della Camera, con lo scopo di risolvere il problema rappresentato dagli esuberi produttivi, dal debito accumulato da molti splafonatori e dall'equa assegnazione, a tutti i produttori, delle quote disponibili, fin dalla prossima campagna.
Le nostre proposte, signor Ministro, che sono il frutto di un confronto con le organizzazioni professionali e cooperative che rappresentano migliaia di aziende, sono finalizzate a rendere certa la rinuncia a tutti i contenziosi e il versamento della prima rata delle multe pregresse, quali condizioni per ottenere nuove assegnazioni. Sono finalizzate a definire tempi e regole certe per l'istruttoria delle domande di rateizzazione, il versamento della prima rata e la revoca dell'assegnazione, a dare una risposta pronta ed equa a quei produttori che, per coprire l'esubero produttivo, hanno affittato quote a titolo oneroso e a garantire che il Fondo di sostegno, previsto giustamente nel provvedimento, sia sufficiente e idoneo a soddisfare le necessità di liquidità, sia di quei produttori che sono sempre stati nella legalità, sia di quelli che si sono regolarizzati sulla base della legge n. 119 del 2003.
Se non si pone mano alle necessarie modifiche si determinerà una situazione di ancor maggiore conflittualità e un'ulteriore divisione della filiera e di tutto il comparto agricolo che, mai come oggi, ha bisogno di provvedimenti che tutelino le aziende e assicurino loro il credito necessario in base a norme condivise da ogni comparto e settore (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.

MAINO MARCHI. Signor Presidente, colleghi deputati, vorrei subito porre e sottolineare una questione procedurale: questo provvedimento, sia al Senato sia alla Camera, ha visto l'avvio della discussione sulle linee generali, in Aula, in assenza del parere della Commissione bilancio. Sia al Senato sia qui alla Camera, il passaggio in Commissione bilancio ha determinato modifiche sostanziali, al Senato direttamente, nel senso che il parere espresso ha portato poi in Aula a modifiche rilevanti; alla Camera, i problemi emersi prima ancora dell'espressione del parere, hanno portato la XIII Commissione (Agricoltura) a quattro modifiche rilevanti, concernenti altrettante questioni importanti. Di esse, una modificava il testo approvato al Senato, tre venivano introdotte ex novo nell'esame del provvedimento in sede di Commissione agricoltura qui alla Camera. Altre sono continuamente in corso e lo vediamo anche dai Pag. 51termini fissati per la presentazione di subemendamenti. Ritengo che questo non sia il miglior modo di procedere. Si avvia una discussione in Aula su un oggetto che poi si modifica immediatamente dopo.
La discussione e l'analisi in Commissione bilancio in questo modo avviene con tempi e modalità strozzate e sbrigative ed è questo un rischio che si corre, lo voglio segnalare, anche per un prossimo provvedimento che arriverà all'esame dell'Aula ossia il decreto legge relativo agli incentivi per la rottamazione. Anche per questo provvedimento domani in Aula è previsto l'avvio della discussione sulle linee generali, ma la Commissione bilancio non ha ancora fatto un esame compiuto del provvedimento.
Altre due questioni che vorrei porre riguardano la trasparenza. Ai problemi posti dal Partito Democratico in Commissione bilancio al Senato relativamente agli effetti sulla finanza pubblica derivanti dalla rateizzazione la Ragioneria dello Stato ha risposto che problemi non vi erano in quanto quelle entrate, tenuto conto dei contenziosi in corso, non erano state considerate nei tendenziali a legislazione vigente in base ai quali viene definito il bilancio dello Stato.
Il Partito Democratico ha criticato quella risposta al Senato perché si mette in dubbio la contabilizzazione di entrate previste a legislazione vigente che come tali debbono essere scontate nel bilancio annuale.
Questi rilievi sono stati sollevati anche dagli uffici della Camera e il relatore in Commissione bilancio ha inserito questo tema, da noi anche sottolineato, tra le questioni che ha definito come «fronzoli», anche se non mi pare che siano proprio di questa natura.
Il sottosegretario Vegas ci ha risposto che questi crediti non potevano essere inseriti nei tendenziali perché inesigibili, tuttavia essi non sono mai stati dichiarati inesigibili. Forse questo faceva parte dei patti, non del tutto esplicitati pubblicamente, di maggioranza, ma non delle norme, delle leggi di questo Stato.
È un tema generale, è importante, il Parlamento deve conoscere già dal DPEF i criteri con cui sono costruiti i tendenziali e non mesi dopo l'approvazione della legge finanziaria e del tutto incidentalmente perché emerge casualmente dall'analisi di un decreto legge.
Tuttavia, dalla risposta del sottosegretario Vegas in Commissione bilancio desumo la seconda questione sulla trasparenza. Se i contenziosi del passato hanno portato a considerare inesigibili crediti previsti dalle leggi vigenti per salvaguardare la legalità e le prospettive della finanza pubblica bisogna trarne tutte le conseguenze cioè dobbiamo fare leggi più chiare.
Invece, in questo decreto-legge c'è una perla, quella contenuta nell'articolo 4, comma 7. Al Senato il testo è stato licenziato in tal modo: «la mancata effettuazione del versamento anche per una sola rata determinata ai sensi del comma 5, comporta la decadenza dal beneficio della rateizzazione e dalle quote di cui l'interessato sia titolare (...)». Il testo licenziato dalla Commissione agricoltura della Camera e all'esame di quest'Aula recita invece: «il mancato reiterato versamento dell'intera rata determinata ai sensi del comma 5, comporta la decadenza dal beneficio della rateizzazione e dalle quote di cui l'interessato sia titolare (...)».
Quel termine, «reiterato», è stato da noi criticato ampiamente a partire dalla discussione sulle linee generali tenutasi lunedì. Essa determinerà nuovi contenziosi e darà spazio a diverse interpretazioni. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ha risposto al quesito in Commissione bilancio dicendo che il termine non darà vita a nuovi contenziosi perché «reiterato» è da tutti interpretato come: due volte, due rate; tuttavia, chi si occupa di giustizia dirà che certamente questo termine darà vita a nuovi contenziosi e che l'interpretazione sarà soggettiva da parte di ogni giudice, di ogni magistrato.
Spesso il centrodestra critica i giudici per le loro sentenze e poi in questa sede si approvano leggi tali che lasciano spazio ad interpretazioni diverse. Pag. 52
La verità è che questo decreto-legge è stato costruito per favorire chi ha commesso irregolarità e illegalità e punire chi si è comportato correttamente. Al Senato siete stati costretti ad apportare delle modifiche, qui alla Camera cercate di ricostruire condizioni per favorire i furbi.
Lo si vede anche dal parere della Commissione bilancio sugli emendamenti. Il Governo ha chiesto di esprimere parere contrario - e la Commissione si è adeguata - su emendamenti che, pur non presentando evidenti profili problematici di carattere finanziario, secondo il Governo potevano determinare conseguenze relative al rischio di superare nuovamente la quota nazionale attribuita a livello comunitario. Ne richiamo una di queste proposte emendative, l'emendamento Oliverio 1.27. Secondo il decreto-legge in esame le assegnazioni vengono effettuate con priorità che mettono sullo stesso piano gli splafonatori (anche del 100 per cento) e le aziende che hanno coperto con affitti di quota la produzione in esubero. L'emendamento Oliverio 1.27 tende a mettere gli affittuari prima degli splafonatori, i regolari prima degli irregolari. Per il Governo stabilire che chi rispetta la legge ha diritto alla precedenza su chi non la rispetta può determinare delle conseguenze negative per la finanza pubblica. Siamo al paradosso!
In generale, questo intervento nel settore agricolo, comprensivo delle questioni previdenziali e di una parte delle necessità per il Fondo di solidarietà, dimostra, in primo luogo, che non è vero che il Governo aveva già previsto tutto con le cosiddette leggi finanziarie d'estate e d'autunno. Infatti, appena è arrivato l'inverno in ogni provvedimento si rincorrono questioni non nuove ma già presenti ed evidenziate al tempo dell'esame del disegno di legge finanziaria.
In secondo luogo, non si sono varati ancora seri interventi anticrisi a sostegno dei settori produttivi. Lo stesso Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, sempre in Commissione bilancio, ha prima sostenuto che l'agricoltura era l'unico settore con un decreto-legge anticrisi, il decreto-legge n. 171 del 2008, ma poi si è corretto con l'affermazione che era il primo settore. Comunque, rimane un'ammissione sulle carenze delle politiche del Governo a sostegno dell'economia.
In terzo luogo, non volendo riconoscere che gli interventi anticrisi devono portare a modificare i saldi, devono essere finanziati in deficit e con una manovra poliennale di rientro, perché riconoscere questo metterebbe in discussione la preveggenza del Ministro Tremonti, allora si deve continuamente fare il gioco delle tre carte (ma qui siamo, ormai, ad una decina di carte) e alla fine si arriva sempre al FAS. Vi sono tre esempi in questo decreto-legge: il Fondo di garanzia di 45 milioni con l'ultimo emendamento, il 6.200 della Commissione, viene finanziato con il Fondo di garanzia di cui al decreto-legge n. 185 del 2008, quello anticrisi, il Fondo cioè per l'accesso al credito delle piccole e medie imprese. Il limite massimo previsto da quel decreto-legge era 450 milioni, finanziati con risorse derivanti dalle revoche delle agevolazioni di cui alla legge n. 488 del 1992. Si diceva che erano risorse insufficienti (vi ricorderete le polemiche sui soldi veri). Si è svolto un incontro del Presidente del Consiglio con esponenti di Confindustria e si è annunciato un miliardo e 300 milioni. Ebbene, adesso con il decreto legge n. 5 del 2009, quello sugli incentivi per la rottamazione delle auto, i 450 milioni vengono utilizzati in parte per coprire quel decreto-legge mentre, ai fini del Fondo di garanzia, ne rimangono 80 per il 2009 e 95 per il 2010. Adesso a quegli 80 milioni partecipano anche gli agricoltori. Sarà bene che ne venga informata la presidente Marcegaglia.
Il secondo aspetto è costituito dal Fondo per le agevolazioni previdenziali. Dai 154 milioni, previsti inizialmente nel testo all'esame dell'Aula, si passa a 103 milioni, per arrivare al 30 settembre, perché mancavano le coperture vere. In altre parole, si naviga a vista. Siamo a tre mesi, che restano scoperti su una parte molto importante per il settore dell'agricoltura. E poi vi è il Fondo di solidarietà con l'esigenza di 330 milioni. Alla fine se ne Pag. 53trovano 110, con fondi dormienti in futuro reintegrati con il FAS, per l'ennesima volta. Il Ministro dice che si coprono le esigenze del 2008 e che è un'eredità del passato Governo. Ma il centrodestra governa dal maggio 2008 e non ha previsto nulla per il 2009 nella legge finanziaria. Solo con il cosiddetto decreto-legge «milleproroghe» ha stanziato 65 milioni e solo ora si chiude il 2008 con altri 110 milioni.
Resta scoperto tutto il 2009 e, secondo la logica secondo la quale la colpa è di chi c'era prima, questo Governo ha la colpa di non aver stanziato nulla per il 2009. Discutibili, tra l'altro, sono le coperture e i fondi dormienti - se ne è già parlato - e poi, alla fine, si torna, per coprire quel fondo, sempre al FAS nel 2011.
Anche su un altro aspetto siamo ad un continuo stop and go: i canoni demaniali per l'acquacoltura e le agevolazioni contributive in agricoltura, questione inserita nel decreto-legge n. 171 del 2008 qui in Aula alla Camera, abrogato con il decreto milleproroghe, ripristinato dalla Commissione agricoltura della Camera in questo decreto-legge e soppresso dalla Commissione agricoltura della Camera dopo il parere espresso dalla Commissione bilancio.
È evidente un modo di operare scoordinato e contraddittorio tra il Ministro dell'agricoltura e il Ministro dell'economia e delle finanze. È quasi un thriller: in ogni momento c'è un nuovo colpo di scena, ma così non si governa un Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, dalla legge n. 468 del 1992 - che era la legge base che regolava il settore lattiero caseario - sono stati emanati ben nove decreti-legge. Dopo la riforma della materia delle quote latte, con il decreto-legge n. 49 del 2003, sono stati invece emanati altri cinque decreti-legge. Si tratta, quindi, di un settore abbastanza addormentato.
La maggiorazione del 5 per cento accordata all'Italia relativamente all'assegnazione della quota nazionale decisa dal Consiglio dei ministri e dalla Commissione europea lo scorso 20 novembre del 2008 poteva essere però un'occasione per definire nel 2009 le pendenze giudiziarie in corso in modo equo e imparziale.
Il nuovo articolo 10-bis introdotto dal decreto-legge in esame nel testo del decreto n. 49 del 2003 deroga sia per la procedura sia per i criteri di assegnazione alla riforma di cui allo stesso decreto-legge n. 49. L'Unione di Centro ha sollevato al Senato, lo scorso 4 marzo, con il capogruppo D'Alia una questione pregiudiziale su questo decreto-legge perché introduce in modo irrazionale disposizioni a favore di coloro i quali hanno violato sistematicamente le norme nazionali e comunitarie accumulando debiti di dimensioni rilevanti.
Tale favore ad una particolare categoria di cittadini che non ha rispettato la legge è ancora più evidente con l'attribuzione delle competenze ad un commissario straordinario a livello nazionale anziché alle regioni per l'assegnazione delle quote latte aggiuntive senza criteri e senza regole. Si tratta di una riserva politica che la Lega Nord attribuisce a se stessa per gestire direttamente il rapporto con le aziende lattiero casearie al fine di vantare il merito dell'assegnazione maggiorata del 5 per cento contrattata con la Commissione europea dal Ministro di Zaia (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) - Zaia, chiedo scusa, però è importante che si capisca quel che sto dicendo - in cambio di altri cedimenti dell'Italia in materia di agricoltura a favore di altri Paesi europei.
Penso alle rinunce dell'Italia in materia di tabacchi e grana padano e, quindi, altri comparti italiani hanno pagato questo vantaggio clientelare a favore degli amici della Lega. Si riconosce la «megasanatoria» prioritariamente alle aziende che nel periodo 2007-2008 abbiano realizzato consegne eccedenti rispetto alla propria quota e risultino ancora in produzione nella campagna di assegnazione.
Si tratta di favorire un centinaio di grandi produttori che hanno sforato i tetti Pag. 54di quote latte negli anni scorsi. Per questa minoranza di furbi (che non solo non hanno rispettato la legge, non hanno pagato i prelievi e sono rimasti debitori dello Stato, ma si sono rivenduti le quote e hanno seguitato a produrre latte), la Lega Nord oggi chiede grazia al Parlamento.
Sono oltre centomila i produttori di latte che rispettano la legge. La rispettano soprattutto i piccoli produttori. Ci sono poi decine di migliaia di produttori che sono iscritti nel registro nazionale dei cosiddetti splafonatori che dovrebbero beneficiare di questo decreto-legge. Questi piccoli produttori però rappresentano la base di consenso dei grandi evasori. Non so se la Lega Nord mira a difendere per ragioni elettorali quel centinaio di grandi evasori e quelle decine di migliaia di piccoli evasori. Quello che risulta è che con questo decreto-legge si difendono gli evasori, quelli che eludono la legge, quelli che fanno i furbi a danno degli onesti.
La Lega Nord e la maggioranza vengono oggi a difendere, qui, in quest'Aula, quell'Italia dei favori e dei privilegi che domina sull'Italia che lavora e produce, che fa sacrifici rispettando le leggi: un bel colpo di spugna. Se non si tratta di un beneficio, perché il Ministro Zaia si intesta, attraverso il commissario nazionale, il rapporto diretto con le imprese interessate? Perché sottrae alle regioni la regolazione dei rapporti con le imprese? Non sono l'agricoltura e le produzioni agroalimentari una competenza esclusiva delle regioni? Che c'entra lo Stato? Se c'è un interesse obiettivo e generale, per quale motivo non riconoscere a istituzioni terze costituzionalmente competenti l'attuazione delle disposizioni previste da questo decreto-legge? È davvero strana questa storia, se si pensa che tutto ciò si intesta a un Ministro federalista e a un partito che ieri ha brindato per l'approvazione del federalismo fiscale.
A queste domande però non ci saranno risposte, perché, se c'è una gestione padronale degli interessi pubblici da parte di questo Governo, è chiaro che le conseguenze non possono che essere queste. Non si fa ciò che è giusto, ma ciò che conviene. C'è poi un'altra questione che non è stata chiarita, quella delle coperture finanziarie. La Ragioneria generale dello Stato durante l'esame al Senato ha chiaramente ribadito che l'efficacia della rateizzazione resta subordinata al preventivo assenso della Commissione europea.
Il Ministro Zaia ha assicurato che non si tratta di aiuti di Stato, che c'è un accordo non scritto in sede di Commissione europea e che non saranno sollevati problemi. Certo è che, se così fosse, si creerebbe un precedente che potrebbe vanificare il principio della libera concorrenza e che premia i furbi che violano le norme nazionali ed europee.
Altre questioni però rimangono aperte: l'incidenza di maggiori spese e minori entrate riguarda i saldi di finanza pubblica. Gli emendamenti presentati in varia misura propongono tali questioni che saranno meglio sviluppate in sede di discussione degli stessi. Gli emendamenti sarebbero stati più puntuali in materia di copertura di bilancio, se ci fosse stato più tempo per riflettere sull'emendamento 6.200 della Commissione. Si tratta di coperture cabriolet, fittizie a valere sulle risorse FAS e sui «fondi dormienti».
Si attinge a quel calderone indefinito dove il Governo pesca ogni volta che deve sostenere scelte impossibili, come ha già fatto per l'Alitalia. Ho chiesto in V Commissione una relazione tecnica vidimata dalla Ragioneria generale dello Stato, che specificasse la disponibilità di risorse del FAS e dei «fondi dormienti», ma tale richiesta è stata ostinatamente ignorata. Si sfondano i conti pubblici attraverso operazioni finanziarie inventate e di fantasia. C'è una gestione del bilancio dello Stato da «furbetti del quartierino», si imputano spese a fondi inesistenti e non quantificati.
Si compie un falso in bilancio. Si manipola il bilancio per sostenere una congrega di furbi a danno di milioni di italiani che lavorano onestamente.
La riprova che non si rispettano più le regole del bilancio è rappresentata dal parere favorevole della V Commissione, espresso dal collega Marinello e dalla sua maggioranza, sulle coperture: una vergogna, Pag. 55sia nel merito che nel metodo. Dopo aver rilevato che la rateizzazione dei debiti a tutti i produttori agricoli determina minori entrate prive di quantificazione e copertura, dopo aver accertato che il differimento dei versamenti e degli adempimenti a carico degli acquirenti delle quote latte determina oneri non quantificati e non coperti, dopo aver rilevato che il comma 1-bis dell'articolo 6 comporta oneri privi di copertura, nonostante costino 20 milioni di euro, dopo aver sottolineato ed evidenziato tutto ciò, esprime parere favorevole in base all'articolo 81 della Costituzione solo perché le minori e maggiori risorse sono recuperate sul FAS e sui «fondi dormienti».
Due concetti sul FAS vanno espressi. La finanziaria 2007 aveva stanziato complessivamente 64 miliardi 379 milioni di euro. La rimodulazione fatta con la finanziaria 2008 aveva ridotto detto fondo a 63 miliardi 273 milioni di euro. A seguito delle numerose riduzioni apportate dal Governo Berlusconi nel corso del 2008 le risorse sono state quantificate per il periodo 2007-2013 in 52 miliardi 800 milioni di euro. In base al comunicato stampa del CIPE del 6 marzo scorso le somme per la programmazione 2007-2013 sono ridotte ulteriormente a 45 miliardi di euro. Dopo questi tagli così vistosi ed evidenti quante risorse sono ancora disponibili nel 2009 per sostenere gli oneri di questo decreto-legge? Nessuna risposta.
Sui «fondi dormienti» il paesaggio dei numeri è ancora più complesso. I «fondi dormienti» sono fondi immobilizzati e dimenticati nei conti correnti delle banche da almeno dieci anni. Il Tesoro ha disposto nel 2007 di destinarli alle vittime dei crack finanziari, soprattutto Cirio e Parmalat. Le associazioni dei consumatori sostengono che si tratta di un fondo di circa 13 miliardi di euro. Oltre alle vittime dei crack finanziari sono serviti anche per la stabilizzazione dei precari, per la social card dei poveri e per i piccoli risparmiatori Alitalia, per evitare le cause contro la società e i manager che così sono stati graziati per la loro gestione fallimentare sia dalla Lega che dal Governo e dalla sua maggioranza di destra. Quanta parte di questo fondo c'è ancora? Basta a soddisfare il fabbisogno finanziario di questo decreto-legge? Sono disponibili e in che quantità questi« fondi dormienti»? Anche qui non c'è alcuna risposta.
Sono alla mia terza legislatura, sempre nella Commissione bilancio, e non ho mai visto una gestione così bugiarda e così faziosa. L'Unione di Centro non può non denunciare questa violazione della Costituzione e questa gestione allegra della finanza pubblica in un periodo così grave per l'economia italiana. Prima o poi gli italiani apriranno gli occhi; intanto noi con i nostri emendamenti cominceremo a farlo con questo decreto-legge in modo più evidente e più impegnativo, come stiamo facendo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. La regola per la quale i Ministri sono qui per ascoltare i colleghi in Aula e, quindi, è bene parlare con loro fuori dall'Aula, vale anche per le gentili colleghe. Mi piange il cuore, ma non posso esimermi dal farlo osservare.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Bellotti. Ne ha facoltà.

LUCA BELLOTTI. Signor Presidente, signor Ministro, pensavo di intervenire su un tema assolutamente complicato e complesso, quello delle quote latte, in maniera diversa, ma l'onorevole Ceccanti mi porta a fare delle riflessioni molto amare sul comportamento dell'Unione di Centro.
Mi meraviglio innanzitutto del fatto che, dinanzi alla volontà di questo decreto-legge di azzerare situazioni complicate, generate ormai da danni, addirittura venga preso di mira il Ministro dicendo che copre quelli che possono essere stati gli inganni, quando ricordo che, proprio in questo Parlamento, non più tardi di qualche anno fa, avete votato l'indulto, quindi avete messo fuori dalla galere dei delinquenti (Commenti del deputato Ciccanti). Allora, non credo che la volontà di sistemare, di allineare il mondo agricolo e i tanti allevatori che, magari nella complessità Pag. 56delle norme hanno la volontà di riprendere un cammino collaborativo e costruttivo, possa in qualche modo essere stigmatizzata dal vostro intervento. Ricordo anche che, non più tardi di due anni fa, anche voi avete fatto parte della coalizione che ha discusso e ha portato avanti con il Ministro Alemanno l'annosa questione delle quote latte e, oggi, sembra che ve ne siate dimenticati. La vostra mi sembra una sorta di ipocrisia resa virtù.
Vorrei anche ricordare che dal 2002-2003, proprio grazie al Ministro Alemanno, che non avete mai avuto il buon gusto di nominare, nel nostro Paese è iniziata una sorta di rivoluzione nell'agricoltura con la certificazione dell'anagrafe bovina, elemento indispensabile per tentare di dare un'unità di misura a tali questioni assolutamente complicate. Quindi questo risultato l'abbiamo realizzato noi all'epoca e noi, grazie anche a questo provvedimento, che sicuramente - me lo auguro - potrà essere migliorato, e a tale scopo chiedo veramente la collaborazione del Ministro, potremmo in quest'Aula aumentare il livello di legalità in questa direzione.
Aggiungo che capita raramente di parlare di agricoltura in quest'Aula; purtroppo, dobbiamo discutere di un problema serio, quello delle quote latte, per il quale in questi 25 anni il nostro mondo agricolo ha fatto una gran brutta figura nei confronti dell'Europa. Oggi mi aspetto che lei, signor Ministro, possa dire che, da questo momento in avanti, si fa sul serio su tale questione; dobbiamo scusarci con gli italiani, con una larga parte del mondo dell'agricoltura, con tanti allevatori onesti che, da subito, si sono allineati. Credo, inoltre, che questa dovrebbe essere anche l'occasione per svolgere una riflessione sulla responsabilità che tutti noi dobbiamo assumere, sicuramente il mondo della politica, ma anche il mondo sindacale, perché molte cose si sapevano, troppe cose si sono protratte e si sono lasciate andare senza intervenire in maniera seria e decisa. Perciò mi auguro, signor Ministro, che questo sia un punto irrinunciabile anche del suo intervento alla fine dell'esame del provvedimento.
Abbiamo letto in questi giorni sulla stampa che l'Italia, il nostro Paese, è il quarto contribuente all'interno dell'Unione europea; purtroppo, però, in questi ultimi anni non siamo stati i quarti attori, i protagonisti dell'Unione. Ricordo, ad esempio, la questione del tabacco sulla quale abbiamo dovuto in qualche modo soccombere e quella relativa a tante altre organizzazioni, o meglio disorganizzazioni, dei mercati. Mi riferisco, ad esempio, alla questione che riguarda la rivisitazione del settore bieticolo-saccarifero sulla quale, purtroppo, il nostro Paese si è presentato in Europa pieno di buone speranze e di buona volontà, ma è tornato molto ridimensionato. Quindi, mi auguro, signor Ministro, che questo provvedimento possa avere l'approvazione di una larga parte del Parlamento e la forza di mettere veramente un punto fermo, importante sulla questione delle quote latte.
Inoltre, nelle repliche dei colleghi non ho sentito parlare di una questione che, signor Ministro, dovrà affrontare in Europa, ovvero quella dei nitrati. Oggi parliamo di quote latte, ma se non riusciamo ad intervenire in Europa in maniera concreta per la regolarizzazione e per l'adeguamento di una normativa che penalizza, anzi uccide tutto il nostro mondo e tutto il nostro settore zootecnico, purtroppo questa legittima e giusta discussione sulle quote latte potrebbe essere azzerata e annullata dall'intervento devastante della normativa sui nitrati.
Al centrosinistra, sempre di memoria corta, ricordo anche che questo provvedimento diventa assolutamente necessario perché, oltre a portare sulla questione delle quote latte un contributo importante, necessita anche di una visione su altri settori: gli sgravi contributivi, il Fondo di solidarietà, gli incentivi sulle assicurazioni fondamentali per la salvaguardia della nostra agricoltura. Al centrosinistra dico di vedere cosa aveva previsto Visco nelle precedenti leggi finanziarie: zero lire, zero risorse. Sicuramente abbiamo fatto ciò in Pag. 57un momento di difficoltà economica e in due momenti distinti e separati, tuttavia abbiamo ripristinato un fondo assolutamente importante, vitale e strategico per il sostentamento della nostra agricoltura.
Quindi, signor Ministro e onorevoli colleghi, credo che di fronte ad un questione seria e grave come quella contenuta nel provvedimento in esame vi debba essere una risposta non lacerante. Le responsabilità sono facili da spartire, ma credo che in questo momento ci sia bisogno di una risposta unificante per dare credibilità al mondo politico, a quello dell'agricoltura e a quello della zootecnia.
Signor Ministro, lei sa che questo provvedimento - se ne è parlato anche in Commissione agricoltura - doveva essere inquadrato in un contesto più ampio del nostro Paese, ma a volte non ci sono i tempi. Serve, infatti, una legge del settore, una definizione e una cornice quadro. Il nostro è un Paese dove spesso tutti noi parliamo del made in Italy, ma nel nostro Paese produciamo sì e no il 60 per cento del nostro fabbisogno di latte e il 50 per cento del nostro fabbisogno zootecnico. La nostra capacità di seminare i nostri semi è zero, quindi la nostra agricoltura per molti aspetti è derivante da altri sistemi di ricerca e purtroppo anche quella del nostro settore di ricerca è una questione che deve essere affrontata in maniera seria e complessiva.
Lei sa, signor Ministro, che questo provvedimento non a tutti piace. Avremmo voluto migliorarlo e a molti è sembrato più uno slogan di campagna elettorale che non un'oggettiva affermazione di principio. Quindi, per molti di noi è un'affermazione di fiducia anche nei nostri confronti, perché non possiamo permetterci di avere un Ministro debole e non sostenuto in maniera adeguata in un'Europa dove dobbiamo difenderci. L'Europa non è quella delle diplomazie, bensì quella dei forti e anche noi vogliamo andare con un Ministro forte che porti a casa risultati importanti e attesi dall'agricoltura italiana (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Motta. Ne ha facoltà.

CARMEN MOTTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'onorevole Paolo Russo, relatore in Aula del provvedimento al nostro esame, in sede di discussione sulle linee generali ha sostenuto che il decreto-legge rappresenta - cito testualmente - un'occasione imperdibile per risolvere finalmente un problema, quello delle quote latte.
Sarebbe stato più corretto affermare che poteva essere un'occasione imperdibile, perché di fatto invece, nel merito, questo provvedimento fa esattamente il contrario. Diciamo che è proprio un'occasione perduta e lo sarà, se non saranno accolte le proposte emendative che l'opposizione propone, in particolare le proposte emendative del Partito Democratico.
Infatti, il decreto-legge prevede sostanzialmente la rateizzazione di un debito che, nel corso degli anni, è andato via via incrementandosi, prodotto dalle multe per eccesso di produzione di latte, che l'Italia paga all'Europa e che vede coloro che le hanno causate ostinati a non pagarle. Questo è il cuore del problema. Chi le sta pagando queste multe? Tutti, i produttori, ma anche i consumatori di latte. Tutti i cittadini italiani pagano le sanzioni all'Europa, mentre chi le ha generate ha fatto di tutto per non pagarle; e devo dire che fino a qui ci è riuscito.
Sbagliamo, allora, a sostenere che questo decreto-legge nel merito si occupa di loro e principalmente di loro, di questi produttori? Infatti, l'aumento di produzione del 5 per cento, anticipata al 2009, concessa all'Italia nel recente negoziato europeo, ha un preciso obiettivo: stabilizzare il mercato, sanando le irregolarità di cui sono stati e sono protagonisti una percentuale minoritaria dei produttori italiani.
La storia delle quote latte non è nuova per il nostro Paese. Il problema fu affrontato nel 2003, quando il Parlamento, a larghissima maggioranza, approvò la legge n. 119 del 2003. Cito volentieri il Ministro dell'agricoltura di allora, l'onorevole Alemanno. Pag. 58Ricordo che allora a votare contro fu la Lega Nord. Anzi, per la precisione (io ero parlamentare in quella legislatura), la Lega, signor Ministro, in quell'occasione fece ostruzionismo, tenendo quest'Aula inchiodata per una settimana sul provvedimento (caso più unico che raro quello di una forza dell'allora maggioranza che fece ostruzionismo contro se stessa).
Alla fine, il provvedimento fu approvato e doveva metter fine al trascinamento di una vicenda che ci faceva poco onore in tutta Europa, ma fu approvato appunto senza il voto della Lega.
Con quella legge, si definirono le procedure per favorire, con un percorso di rateizzazione, il pagamento del debito generato dalle multe, fino a quel momento non pagate, procedimento di rateizzazione al quale aderirono la stragrande maggioranza dei produttori. Si trattava di una rateizzazione di 14 anni a interessi zero, che finalmente sembrava l'unica strada per far rientrare nella regolarità un settore vitale per il comparto agroalimentare, un comparto, onorevoli colleghi, signor Ministro, come lei ben sa, fondamentale per la nostra economia nazionale. Stiamo parlando di circa 40 mila produttori di latte e di una produzione di grande qualità, che alimenta una delle produzioni più pregiate di formaggi, che qualificano il made in Italy. Mi riferisco al parmigiano reggiano e al grana padano.
Signor Ministro, provengo dal territorio che produce il parmigiano reggiano, conosco la difficoltà e la crisi che sta attraversando l'intero sistema e gli sforzi che si stanno producendo per uscirne. Questo decreto-legge non aiuta certo, ma anzi accentua una situazione di drammaticità della crisi del settore, che sopporta oggi i prezzi del latte alle stalle pari a quelli degli anni Ottanta, che, se non compensati in modo davvero molto urgente, porteranno ad una crisi irreversibile molte aziende, con conseguenze ovvie anche sul piano occupazionale.
Il Governo sostanzialmente, però, con questo provvedimento va nel senso opposto alla direzione di marcia che sarebbe necessaria per ridare fiato al comparto.
Sono questi i motivi che hanno portato la maggioranza delle organizzazioni agricole, anche nel mio territorio, la provincia di Parma - vedo signor Ministro che lei non è interessato: pazienza - ad organizzare una mobilitazione permanente, così come accaduto a livello nazionale, nel cuore della Padania. L'hanno fatto, ci tengo a sottolinearlo, in modo pacifico senza arrecare danno alla collettività, diversamente da quanto fatto da quel gruppo ben circoscritto di produttori, gli stessi tutelati dalle norme contenute...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Motta, devo nuovamente pregare di non distrarre il Ministro che è qui per ascoltare l'Aula.

CARMEN MOTTA. Grazie, signor Presidente. Dicevo che ciò è avvenuto diversamente da quanto fatto da quel gruppo ben circoscritto di produttori, gli stessi tutelati dalle norme contenute nel decreto-legge che, qualche anno fa, organizzarono blocchi stradali, presidiarono gli aeroporti e arrivarono a scontrarsi con le forze dell'ordine. Tutto ciò a proposito di rispetto della legalità, della sicurezza di cui oggi proprio gli esponenti della Lega Nord fanno un punto irrinunciabile della loro politica. Oggi, ma non ieri, quando si schieravano a fianco dei produttori ribelli e sostenevano apertamente le loro forme di protesta evidentemente per calcolo politico, non certo nell'interesse della maggioranza degli agricoltori, degli allevatori e dei consumatori italiani.
Si tratta di quella frangia di allevatori ribelli che non ha mai rispettato le quote latte, né pagato un euro delle multe che l'Unione europea ha imposto a chi ha prodotto, e produce, oltre il plafond aziendale. Ecco perché non si può non ascoltare da parte del Governo le ragioni di chi ha protestato civilmente in questi mesi, chiedendo sostegno al settore, ma soprattutto rispetto per coloro che hanno lavorato, e vogliono lavorare, rispettando le regole, e che per questo hanno pagato un prezzo economico non indifferente.
Queste proteste hanno contribuito a modificare il decreto-legge al Senato. Il Pag. 59Partito Democratico si è sempre confrontato nel merito, lavorando per arrivare ad un testo che non tradisse le aspettative della maggioranza delle associazioni degli agricoltori. Qualcosa si è ottenuto al Senato con la rinuncia al contenzioso per coloro che intendano aderire alla rateizzazione. Peccato che alla Camera, proprio in Commissione agricoltura, il testo è stato peggiorato, e l'inosservanza del pagamento, anche solo di una rata, da condizione di decadenza dal beneficio della rateizzazione, si trasforma in mancato e reiterato versamento dell'intera rata. Mi perdoni, signor Ministro, ma questa è una presa in giro. Questo significa rendere le garanzie meno cogenti, meno certe, insomma il solito tradizionale metodo italiano: fatta la legge, trovato l'inganno.
Gli emendamenti presentati dal Partito Democratico, in estrema sintesi, sono stati articolati seguendo un ordine di priorità nell'assegnazione delle quote che prevedono: primo, i produttori che hanno avuto la quota B tagliata; secondo, i produttori affittuari di quota; e, terzo, gli splafonatori.
Denunciamo anche il ruolo negato alle regioni, in questo provvedimento, che non hanno condiviso il merito del decreto-legge, e che, come nel caso della regione Emilia Romagna, hanno inviato a lei, signor Ministro, una proposta di riparto concordata con le organizzazioni agricole; non mi pare che lei ne abbia tenuto conto.
È veramente incredibile che proprio ieri quest'Aula abbia approvato il federalismo fiscale, con grande esultanza da parte della Lega Nord (partito a cui appartiene il signor Ministro), mentre questo decreto-legge prevede un rapporto Stato-regioni opposto, in aperto contrasto con la legge n. 119 del 2003 che assegnava alle regioni un ruolo importante, non foss'altro perché la materia agricola è di competenza regionale.
Come accade per troppi provvedimenti di questo Governo, si predica bene, ma si razzola male, e ciò che colpisce è che a razzolare male in questo caso è il partito che ha fatto della lotta al centralismo romano un suo cavallo di battaglia; evidentemente, Roma ladrona va benissimo quando fa comodo per le campagne elettorali (solo in certi ambiti e non in altri), ma poi si arriva ovviamente a prevedere l'istituzione dell'ennesimo commissario, che in questo caso, dovrebbe disciplinare i rapporti con gli splafonatori. A questo il Partito Democratico resta fermamente contrario, anche se questo punto resta l'unico su cui la Commissione ha accettato una nostra proposta emendativa.
E che dire dell'inadeguatezza del fondo di rotazione, nato con l'intento di sostenere il settore lattiero-caseario e, in particolare, coloro che in questi anni hanno investito nell'acquisto di quote, si sono indebitati, hanno rischiato?
Sulla copertura poi diciamo che il Ministro ha lavorato di fantasia. Si toglie al fondo della meccanizzazione, al piano forestale e ai piani nazionali di settore. Si tratta del solito gioco delle tre carte - mi permetta signor Ministro - in contrasto perfino con il decreto-legge sulla rottamazione.
Sul fondo di solidarietà la copertura dove è stata trovata? Ma certo, con il «bancomat FAS» e con una quota di fondi dormienti. Ma io chiedo a quest'Aula: si può sapere, questo Parlamento può sapere a quanto ammontano questi fondi che rispuntano ogni volta che c'è un buco da chiudere?
Vedremo se nel confronto in Aula sarà possibile eliminare quei tratti di ingiustizia e di iniquità più palesi, eliminare quelle norme che rendono il decreto-legge un condono per chi non ha rispettato le leggi; perché questa è la verità, triste, ma verità innegabile!
La maggioranza e il Governo lo dovrebbero sentire come un loro dovere nei confronti di chi si è indebitato per mettersi in regola, di chi ha fatto sforzi veri per rimanere sul mercato; si tratta di agricoltori che il Presidente del Consiglio per primo dovrebbe premiare per essere stati, oltre che onesti imprenditori, anche imprenditori ottimisti - come lui vuole - e che ora, invece, si sentono traditi ed abbandonati. Pag. 60
Se non cambierà il testo, se i nostri emendamenti non saranno accolti, il nostro voto - signor Ministro - sarà nettamente contrario perché stiamo dalla parte degli agricoltori, degli allevatori e dei consumatori, di quella parta onesta del Paese che vorrebbe almeno per una volta non vedersi «fregata» - mi scusi il termine - dai soliti furbi, questa volta in gran parte del nord.
Vogliamo sperare che il Governo cambi idea, nell'interesse del Paese e di un settore strategico importantissimo per combattere la crisi.
Questa volta, signor Ministro, onorevoli colleghi, non potrete fare giochi di prestigio. Sarete giudicati per quello che farete, e gli agricoltori hanno le idee chiare in proposito.
Vede, signor Ministro, in quest'Aula vi sono palesi conflitti di interesse, e lei lo sa. Noi del Partito Democratico siamo, invece, con quegli agricoltori, con quegli allevatori, con tutti quegli imprenditori che hanno in questi anni difeso le loro stalle, che hanno difeso il loro lavoro, che hanno difeso la loro imprenditorialità con onestà, che non hanno conflitti d'interessi ed è con loro che noi ovviamente ci schieriamo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Come previsto dalla nuova organizzazione dei lavori, convenuta in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, a questo punto la seduta deve essere sospesa per riprendere alle ore 19.

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo solo per sottolineare il fatto che vi sarebbe stata anche da parte del mio gruppo - e credo di altri gruppi - la tendenziale disponibilità a non sospendere (a non fare la pausa, ma a proseguire con gli interventi), ma il gruppo dell'Unione di Centro, in particolare, non ha accondisceso all'idea di non fare la pausa. Giustamente, la Presidenza, nei casi in cui anche soltanto un gruppo non acconsente a questa disponibilità, evidentemente è costretta a far rispettare la pausa. Si tratta evidentemente da parte dell'Unione di Centro di una scelta di natura anche politica per l'atteggiamento che sta avendo nei confronti di questo decreto-legge.
Vorrei sottolineare, per la completezza del resoconto e per lasciare agli atti la questione sull'ordine dei lavori di questa seduta, i motivi per cui in questa fase si è sospeso e il fatto che la Presidenza consapevolmente ha preso atto della indisponibilità di uno dei gruppi a non sospendere la seduta. Quindi, in questo momento sospendiamo per un'ora i lavori per riprendere tra un'ora la seduta ancora sul complesso degli emendamenti.

PRESIDENTE. Onorevole Baldelli, come lei giustamente ha sottolineato, la Presidenza è vincolata a quanto deliberato in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, e quindi ciò può essere modificato solo con l'unanimità dei gruppi.

DOMENICO SCILIPOTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, intervengo non perché voglia difendere qualcuno in quest'Aula, ma soltanto per un fatto di correttezza. Infatti, circa una settimana fa, quando in questa Aula si intervenne chiedendo l'interruzione di circa un'ora, alcuni colleghi della Lega e del Popolo della Libertà affermarono che gli impegni erano impegni e si dovevano mantenere.
Non capisco in questo momento l'intervento da parte del rappresentante del Popolo della Libertà che accusa in modo velato i colleghi dell'Unione di Centro. La mia non vuole essere polemica, ma soltanto una riflessione attenta sul fatto che, se vi sono degli impegni, questi devono essere rispettati.

MAURO LIBÈ. Chiedo di parlare.

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PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, soltanto per completezza di informazione, voglio ringraziare l'onorevole Baldelli che ha spiegato la motivazione della sospensione. Noi anche politicamente vogliamo marcare il punto; come la Lega lo ha fatto su altri provvedimenti chiedendo che fosse mantenuta la regola della sospensione, anche noi continuiamo a farlo su questo. Abbiamo delle esigenze che in questo momento mi sembrano più importanti del fatto di andare avanti con un decreto-legge demenziale (Commenti).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervengo sommessamente per ricordare che stiamo semplicemente applicando una regola che è legata direttamente alla nuova procedura di votazione, la quale tiene nel suo corpo anche tale regola. Eventualmente, come è del tutto evidente, per derogare a questa regola vi deve essere un accordo tra i gruppi.
Vorrei dire, tuttavia, al collega dell'Unione di Centro e così anche ai colleghi della Lega Nord Padania che noi stiamo sperimentando un'ora di sospensione che non è finalizzata a marcare un punto politico, ma a consentire che vi sia concentrazione sulle votazioni e poi tempo libero per compiere determinate azioni che sono state anche elencate molto precisamente in quest'Aula.
Suggerirei - lo dico a lei per verificarlo insieme al Presidente - di riflettere sul fatto che nella sperimentazione effettuata ci siamo resi conto che un'ora è eccessiva e che, forse, sarebbe possibile restringere questa sospensione a mezz'ora attraverso un accordo di pari valore rispetto a quello concluso in precedenza. In questo modo possiamo risolvere il problema di non stare un'ora senza far niente, guadagnando un po' di tempo nel lavoro e, contemporaneamente, trovare anche il modo di usare gli strumenti che ci siamo dati, quasi fisiologici, non per dar vita ad un'iniziativa politica, ma per fare ciò che ci serve.
Mi sembra bislacco dire che noi usiamo l'ora di sospensione per fare opposizione politica (la facciamo in tanti altri modi), soprattutto poi da parte di un partito che ci ha spesso rimproverato che non si fa ostruzionismo, ma si sta in Aula e si lavora. Oggi, invece, scopriamo che usa questi argomenti nuovi del filibustering: ci fa piacere ma richiamiamo i fatti per quelli che sono. È un accordo tecnico: poiché stiamo sempre con il dito pigiato (perché per fortuna non si vota più per due o per tre), inchiodati e seduti per ore, forse vi sono delle esigenze.
Probabilmente, signor Presidente, valutiamo - lo verifichi con l'Ufficio di Presidenza e con il Presidente - se queste esigenze possono essere ristrette ad un periodo più breve.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Giachetti, le sue proposte verranno riferite nelle sedi idonee. Nel frattempo, come dicevano i romani, qui iure suo utitur, neminem laedit.
Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 19.

La seduta, sospesa alle 18,10, è ripresa alle 19,05.

PRESIDENTE. Avverto che è stato presentato il subemendamento Ruvolo 0.3.201.1, che è in distribuzione.
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Naccarato. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO NACCARATO. Signor Presidente e colleghi, gli emendamenti presentati dal Partito Democratico hanno la finalità di migliorare il decreto-legge in esame e mirano a raggiungere tre obiettivi fondamentali. Innanzitutto, quello di assicurare che la distribuzione delle quote venga fatta in modo equo, tenendo conto di chi è già in regola sulla base della legge Pag. 62n. 119 del 2003 e di chi, nel passato, ha prodotto una maggiore quantità di latte sapendo che stava violando la legge.
Questo è un punto di grande importanza, perché abbiamo provato a spiegare nella discussione generale e poi in Commissione, prima al Senato poi alla Camera, che al decreto-legge in esame noi avremmo preferito l'applicazione integrale della legge in vigore. Da questo punto di vista vi è stata secondo me una grande imprecisione e una grande sottovalutazione, perché quella legge fu frutto di un'intesa molto larga in Parlamento, venne promossa dall'allora Ministro Alemanno (e ciò è stato ricordato con un certo orgoglio da alcuni parlamentari del centrodestra), eravamo e siamo in presenza di una buona legge e non si capisce per quale ragione questa normativa non sia stata applicata. Tra l'altro, si tenga conto che quella legge aveva già prodotto una scrematura a suo tempo ed era stata immaginata ed attuata con l'obiettivo di mettere la parola fine alla questione delle quote, che durava da lungo tempo. Sulla base di quella legge, molti allevatori e molti produttori fecero sacrifici importanti, si indebitarono, si assunsero dei rischi per rientrare nella legalità e rispettare le regole. Il decreto-legge in esame dà uno schiaffo a queste persone e premia chi, invece, in presenza di quella legge rifiutò comunque di aderire ad un principio di legalità.
Il secondo obiettivo è quello di impedire che il decreto-legge in esame introduca un premio verso chi ha agito nell'illegalità. Anche qui si tocca un tasto secondo me molto importante. Peraltro, lo dicevano alcuni colleghi prima di me, siamo in presenza di alcuni conflitti di interesse anche abbastanza palesi in questa discussione, perché vi è, ad esempio, un parlamentare che ha totalizzato, nell'arco di questi anni, un milione 700.000 euro di multe e che avrebbe vantaggi consistenti se il decreto-legge in esame dovesse venire convertito in legge. È un punto che va considerato, bisogna tenerne conto: visto che spesso si parla di conflitti di interesse su larga scala, qui siamo in presenza di conflitti magari più piccoli, ma che sono comunque molto grandi rispetto al tema di cui si sta parlando. Quindi, vi è il tema della legalità e del rispetto delle regole.
Il terzo obiettivo è quello di rispettare le competenze delle regioni, assegnando ad esse le funzioni che la legge già attribuisce loro per l'assegnazione finale delle quote. Anche qui siamo in presenza della legge di cui parlavo prima, che aveva risolto questo aspetto, dando competenze importanti su una materia di grande rilevanza, quale l'assegnazione delle quote, alle regioni, che, in questo caso, vengono completamente scavalcate dal decreto-legge in esame e vedono addirittura l'introduzione di un commissario che, in qualche modo, richiama il massimo del centralismo in termini di funzioni e di potere. Questi sono i tre punti fondamentali che tengono insieme gli emendamenti del Partito Democratico con i quali vogliamo correggere le scelte sbagliate contenute nel decreto-legge in esame.
Vi sono due ingiustizie che vanno cancellate assolutamente e mi auguro che gli emendamenti, da questo punto di vista, possano essere accolti nelle prossime ore. Il primo è quello del rispetto delle regole, tema di cui si parla e viene evocato molto spesso, in particolare anche dai parlamentari eletti nelle liste di maggioranza (penso alla forza politica anche del Ministro competente in materia); ci si riempie la bocca di regole e di legalità, poi quando bisogna prendere provvedimenti che vanno in questa direzione evidentemente si preferisce premiare chi invece ha fatto dell'illegalità e dell'aggiramento delle norme un modo di vivere e di operare. Peraltro attenzione, perché qui si tocca una materia molto delicata in termini anche di concorrenza: infatti, siccome siamo in materia di produzione, capite che se noi aiutiamo chi non ha rispettato le regole favoriamo di fatto un meccanismo di concorrenza sleale e danneggiamo chi, invece, facendo la stessa cosa ma in maniera regolare si trova a doverlo fare in condizioni assolutamente svantaggiose.
Il secondo tema è quello del rispetto delle competenze e dei ruoli delle regioni. Pag. 63Se non ho capito male quanto riportato dalle agenzie di stampa, mi sembra che, mentre sul tema dell'edilizia e del cosiddetto piano casa, vi è una discussione in seno alla maggioranza che, in qualche modo, ha considerato il ruolo delle regioni e degli enti locali, in questa materia, sul ruolo delle regioni si passa sopra, in cavalleria. E siamo in presenza anche di regioni - è stato citato, in precedenza, il caso dell'Emilia Romagna - che non solo avevano voluto mantenere la competenza, ma la avevano anche esercitata e si erano rese promotrici di un criterio di assegnazione delle quote.
Credo che procedere per decreto-legge in questa materia, spogliando le regioni di questa competenza, sia un atto di arroganza e di centralismo, che ricorda stagioni che mi auguravo fossero superate, soprattutto, nel momento in cui questo Parlamento si parla molto di federalismo e del ruolo delle regioni e degli enti locali.
Questi sono i punti attorno ai quali abbiamo provato a predisporre delle proposte emendative, che, come avrete visto, sono tutti di merito e cercano di incidere e di migliorare il provvedimento. Da questo punto di vista, mi è parso di aver colto in alcuni interventi dei colleghi del «nascente» Popolo della Libertà, che inizia a manifestarsi una certa insofferenza tra chi, con riferimento alla precedente legislatura di Governo del centrodestra, attorno alla legge promossa dal Ministro Alemanno, aveva incardinato il ripristino della legalità sulle quote latte, e oggi si vede palesemente beffato, sbugiardato e tradito da un provvedimento del Governo che va in assoluta controtendenza rispetto a ciò che si era fatto. Mi auguro che questi segni di nervosismo e di differenza si possano manifestare apertamente in occasione delle votazioni delle proposte emendative. Vi sono alcuni colleghi del Popolo della Libertà che hanno presentato emendamenti assolutamente condivisibili, che coincidono - mi auguro che i colleghi che hanno seguito il provvedimento se siano accorti - con quelli presentati dal gruppo dell'Unione di Centro e dal Partito Democratico. Ciò significa che in questo provvedimento vi è qualcosa di più profondo che non funziona. Non vi è solo un aspetto politico: il fatto di voler premiare i furbi e di non voler rispettare la legalità ha colpito, ed è stato colto al di là dell'appartenenza politica e da come le forze politiche si sono schierate sul provvedimento. Spero che, in relazione a questo aspetto, nelle prossime ore, un po' di coraggio possa portare all'approvazione di alcuni emendamenti migliorativi del testo.
Con riferimento alle proposte emendative, insistiamo, in particolare, su sei questioni. La prima è legata al fondo dedicato ai produttori che hanno rispettato le regole: chiediamo che vi siano risorse adeguate. Poiché in relazione a questo aspetto, sono stati ricordati i «balletti» in Commissione bilancio ed i pareri espressi, bisognerebbe avere il coraggio di dire che i fondi non vi sono e che il provvedimento, di fatto, non ha una copertura finanziaria adeguata. Nelle promesse iniziali del provvedimento, si parlava di 500 milioni di euro. Di tali 500 milioni non vi è traccia da nessuna parte; poi, sono diventati 25 milioni, poi, 35 milioni; ora, si prova a sostenere che sono 45 milioni. Credo che se si vuole davvero aiutare il settore e risolvere il problema, sia necessario destinare a tale questione le risorse che servono davvero. Se la quantificazione di 500 milioni di euro corrisponde alle esigenze vere del settore, allora è necessario prevedere 500 milioni di euro. Non credo che sia un problema di Bruxelles. A mio avviso, infatti, ci si è vantati, in modo un po' superficiale, di aver fatto la «voce grossa» a Bruxelles e di aver portato a casa chissà cosa. Credo che il problema sia qui a Roma e che sia necessario, in sede di Governo centrale, trovare le risorse che, invece, vengono utilizzate per altre questioni e, magari, buttate via in sprechi di varia natura e non utilizzate nel settore di cui si sta parlando.
La seconda questione è relativa all'ormai famigerato, oserei dire, articolo 4, comma 7: al Senato si era ottenuto un punto di mediazione dignitoso, mentre in Commissione alla Camera, con l'introduzione Pag. 64del termine «reiterato» si è deciso sostanzialmente di introdurre, per chi ha accettato la rateizzazione del debito, la possibilità di eludere l'obbligo di pagamento delle rate, mantenendo contemporaneamente la titolarità delle quote assegnate. Siamo alla furbizia nella furbizia, all'eccesso, mi sentirei di dire, signor Ministro, nell'aggirare le regole e le norme. Probabilmente, la questione era stata colta al Senato e si era deciso di migliorarla, ma, in questa sede, si è voluto scavalcare anche quel poco di lavoro positivo che era stato svolto nell'altro ramo del Parlamento. In questo modo, il termine « reiterato», ha il senso della beffa rispetto a tutti coloro che si sono messi in regola negli anni precedenti.
Peraltro, ciò aprirà una serie di contenziosi legali che credo difficilmente si riuscirà a fronteggiare, aprendo le porte, di fatto, ad un altro provvedimento di sanatoria da assumere nei prossimi mesi.
La terza questione: chi aderisce alla rateizzazione delle multe precedenti, come previsto - non ripeto l'argomento - dalla legge n. 119 del 2003, deve rinunciare ad ogni azione giudiziaria intrapresa. Anche in questo caso, si tratta di un criterio minimale di giustizia rispetto a chi ha compiuto scelte diverse, altrimenti creiamo dei doppi privilegiati rispetto a chi si è attenuto al rispetto della norma. Quarta questione: va modificato l'ordine di priorità di assegnazione delle quote; gli affittuari di quote devono andare al secondo posto e gli splafonatori devono andare al terzo. Si tratta, anche qui, di un criterio di giustizia minimale, anche sulla base dei tanti ragionamenti svolti negli anni scorsi, in particolare proprio nel 2003, quando venne varata la legge di cui si è parlato a lungo. Quinta questione: la rateizzazione deve essere contenuta, secondo il nostro punto di vista, in venti anni - per ragioni che non credo di dover spiegare all'Assemblea - perché questo darebbe un'armonia e una razionalità maggiore all'argomento. Infine, prima dell'assegnazione delle quote, i soggetti interessati dovranno pagare almeno una rata di multe pregresse.
Come si vede, signor Ministro e colleghi, il tentativo dell'opposizione - e, mi pare di capire e insisto su questo punto, anche di una parte delle forze di maggioranza - è quello di migliorare il testo del decreto-legge, perché è evidente a tutti che siamo in presenza di una serie di ingiustizie, di favori e di premialità rispetto a chi si è comportato in maniera irregolare ed ha violato palesemente la legge nell'arco di questi anni. Parliamo di una minoranza di soggetti, a fronte di una larga maggioranza di persone che, invece, ha scelto, in maniera faticosa e difficile, di assumersi la responsabilità di quanto era stato fatto in precedenza e di sanare la situazione precedentemente violata.
Se il Governo davvero andrà avanti su questa strada e non verranno accolte le proposte emendative di cui parlavo poco fa, credo che ci troveremo di fronte ad un atto di grande gravità, a una sorta di condono mascherato che rischia di aprire un fronte di ulteriore illegalità nei prossimi mesi e nei prossimi anni, perché il messaggio che si manda al Paese è che chi fa il furbo e chi non rispetta le regole viene premiato e viene messo in condizione di continuare a farlo a spese di tutti i contribuenti. Credo che sarebbe un pessimo segnale che il Parlamento può fare ancora in tempo a correggere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei fare una precisazione iniziale. In questi mesi abbiamo seguito con grande attenzione il Ministro nella sua attività di Governo e voglio dire che abbiamo trovato anche tante azioni positive tra quelle che ha compiuto e non diamo del suo operato un giudizio negativo. Proprio per questo equilibrio nel giudizio che abbiamo espresso, siamo molto sorpresi della pervicacia che il Governo sta mostrando nella discussione su questo decreto-legge.
Che ci sia qualcosa che non va, penso lo dimostrino non solo le riflessioni che si Pag. 65fanno in quest'Aula, ma le iniziative di protesta che da settimane si stanno svolgendo nelle regioni del nord del nostro Paese. Sembrerebbe che il Governo sia intervenuto con una decretazione d'urgenza avendo in mente solo l'obiettivo di sanare prevalentemente la posizione di una quota irrisoria di allevatori: si parla dell' 1,58 per cento del totale degli allevatori responsabili del 75 per cento dello splafonamento.
Eppure, c'era una legge, si tratta della n. 119 del 2003, vogliamo ricordarla, che se fosse stata applicata per l'assegnazione delle nuove quote, avrebbe garantito quella legalità ottenuta con grandi fatiche, nel corso del tempo, dal 98 per cento degli allevatori e avrebbe evitato ai «furbetti del quartierino» di avvalersi di questa sorta di impunità. È già stato detto che il testo del Governo, che era stato migliorato dal Senato nella parte dei contenziosi, grazie alle sollecitazioni pervenute dalla Ragioneria generale dello Stato, è addirittura stato peggiorato. Come non definire, infatti, un peggioramento, la decisione di tutta la maggioranza che ha modificato il testo, prevedendo il mancato reiterato versamento dell'intera rata come condizione per sancire la decadenza dal beneficio della rateizzazione e dalle quote assegnate, rendendola oltremodo permissiva. Si toglie il rigore laddove era stato inserito, a fatica, nel corso dell'iter di questo provvedimento al Senato. L'Unione di Centro è fermamente convinta che vadano evitati sanatorie e benefici sperequati rispetto a tutti i produttori che hanno seguito il percorso della regolarizzazione prevista dalla legge n. 119 del 2003.
Signor Presidente, recentemente, il Presidente della Confcooperative della Lombardia ha sottolineato come nessuno ci abbia spiegato, né abbia spiegato ai diretti interessati, per quale ragione, in Italia, la maggioranza degli allevatori, diversamente da quanto avviene nel resto dell'Europa, sarà esclusa dall'assegnazione delle quote aggiuntive, pensate e attribuite per garantire al sistema, da qui al 2015, un'uscita morbida e graduale dal regime protetto.
Signor Presidente, ci hanno spiegato ma non convinto, che doveva essere normalizzata la situazione anomala, tutta italiana, dello sforamento delle quote dopo la venticinquennale esperienza del regime. Altri ci hanno spiegato ma non convinto che dovevamo, con questo provvedimento, evitare all'Italia l'annuale pagamento delle multe a Bruxelles, che lo Stato anticipa ma che poi non riesce a recuperare se non marginalmente. Altri, infine, ma non ci hanno convinto neanche loro, ci hanno spiegato che bisognava evitare di chiudere le stalle di chi si è reso responsabile di questa situazione, riversando tutto ciò sulle spalle di tutti gli allevatori.
La verità è un'altra: ci troviamo di fronte ad un'evidente discriminazione, ad una palese violazione dei principi di concorrenza tra chi è restato nella legalità e chi, invece, se ne è infischiato. Ritengo che il Governo, prima di varare, con questo testo, un decreto-legge di questo tipo, debba fare una riflessione profonda, sul segnale che si trasmetta al Paese, un segnale di liberi tutti. Chi ha rispettato le leggi viene penalizzato a scapito di chi, queste leggi, le ha coscientemente evase (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori). Se si voleva dare un segnale all'Unione europea relativo alla definitiva chiusura del contenzioso delle multe, non mi sembra che questa sia stata la strada giusta. Non credo che l'Europa voglia questo tipo di soluzione.
Come ha detto nel dibattito odierno il collega Compagnon, avete approvato con grande soddisfazione il provvedimento, per noi spot, sul federalismo fiscale e cosa ci troviamo di fronte oggi? Il decreto legge non ha avuto la condivisione delle regioni, modifica in negativo la relazione tra Stato e regioni nel settore: anzi, mentre la legge n. 119 del 2003 prevedeva per le regioni un ruolo di gestione amministrativa del sistema di prelievo, nell'irrogazione di sanzioni, nella riscossione coattiva, insomma un ruolo attivo, per il fatto che la materia agricola è materia di competenza esclusiva delle regioni, per finire in bellezza nel Pag. 66decreto legge si torna al centralismo con l'istituzione di un commissario straordinario.
Onorevoli colleghi, qui si procede con una sorta di schizofrenia istituzionale; esiste il forte rischio, quindi, che a seguito di tale provvedimento, se non si pone mano alle necessarie e ineludibili modifiche, si determini una situazione di ancora maggiore conflittualità ed un'ulteriore profonda divisione e lacerazione della filiera.
Ci chiediamo poi se il fondo di rotazione sarà in grado di sostenere quegli allevatori che hanno investito nell'acquisto di quote ad un valore che oggi si è fortemente deprezzato e che rischia di deprezzarsi ulteriormente per il fatto che nel 2015 il regime delle quote scomparirà, bruciando gli investimenti fatti ed esponendo le aziende al recupero delle banche. Pertanto il fondo si troverà a fare fronte a nuove emergenze.
Dovrebbe destare preoccupazione più il fatto che hanno cessato l'attività oltre sessantamila stalle in quindici anni, più del 60 per cento di quelle attive nel 1995-1996, che preoccuparsi di quelle poche che hanno scelto volontariamente la strada dell'illegalità.
Vedete, sono in molti in quest'Aula ad evocare la parola: «condono». Da una parte abbiamo circa quarantamila aziende che hanno contenuto la produzione secondo le regole, hanno speso centinaia di milioni di euro per acquistare le quote latte; dall'altra parte, un gruppo di aziende che non si è attenuto alle regole, agendo in modo scorretto soprattutto nei riguardi di chi si è indebitato per mettersi in regola, di chi ha fatto sforzi veri, di chi ha affittato le quote per regolarizzarsi.
Se il prezzo del negoziato chiuso dal Ministro deve essere fatto pagare alla stragrande maggioranza degli allevatori, forse era meglio lasciare le quote dove erano, come hanno fatto gli altri Paesi che non credo siano più sprovveduti di noi.
Nel corso di questo dibattito il collega Ciccanti si è soffermato ampiamente sul problema delle coperture e non ci tornerò sopra. Voglio solo ripetere...

FABIO RAINIERI. Peccato che il Ministro che ha accettato le quote era il tuo!

PIER FERDINANDO CASINI. ...io, comunque, onorevoli colleghi, non ho fretta per cui posso stare qui fino alle nove e posso parlare anche solo io (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro - Commenti)... Capisco che c'è chi difende legittimamente i propri interessi...

ANTONIO BORGHESI. Conflitto di interessi!

PIER FERDINANDO CASINI. ...ed è legittimo, però mi sembra che non possiamo nobilitare la vicenda come se si trattasse degli interessi dei cittadini perché gli interessi dei cittadini sono un'altra cosa (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
Onorevoli colleghi, il collega Ciccanti si è soffermato ampiamente sul problema della copertura e non tornerò sull'argomento, voglio solo ripetere qui le nostre proposte emendative che mirano a rendere certa la rinuncia a tutti i contenziosi e il versamento della prima rata delle multe pregresse quali condizioni per ottenere le nuove assegnazioni; a garantire che il fondo previsto sia idoneo a soddisfare l'esigenza di sviluppo e di crescita e a soddisfare le carenze di liquidità, sia dei produttori che hanno sempre rispettato la legge, sia di quelli che si sono regolarizzati con la legge n. 119 del 2003. Le nostre proposte emendative mirano inoltre a definire tempi e regole certe per l'istruttoria delle domande di rateizzazione, il versamento della prima rata e la revoca dell'assegnazione; a fornire una risposta equa ai produttori che per coprire la maggiore produzione hanno affittato quote a titolo oneroso.
Non bastano norme condivisibili e di largo e profondo interesse, che vanno oltre la normativa delle quote latte. L'aumento del Fondo di solidarietà nazionale, la proroga delle agevolazioni previdenziali e le norme in materia di contenziosi con l'INPS non devono, però, costituire la foglia di fico di questo provvedimento. Pag. 67
L'agricoltura italiana ha bisogno di essere governata da provvedimenti profondamente condivisi, che tutelino le aziende e assicurino loro il credito necessario, sulla base di un sistema di norme condivise per ogni comparto e settore. Onorevole Ministro, ci auguriamo che lei dia un segnale di serietà a quelle migliaia e migliaia di allevatori che con i loro trattori e con grande rispetto, anche nei suoi confronti, sono andati ad Arcore e Gemonio e che domani saranno qui, a Montecitorio, non per fare una passeggiata ma per sostenere le loro ragioni. Non credo, francamente, che alcune tra le associazioni più rappresentative del settore agricolo siano tutte vittime di allucinazioni. Credo che siano categorie e persone che si confrontano con problemi seri e che vanno trattati seriamente.
Noi siamo pronti a fare, come al solito, la nostra parte in modo costruttivo, ma solo se saranno apportate quelle modifiche che vedrebbero riaffermati i principi di legalità e di equità. In caso contrario, faremo un'opposizione chiara e limpida, non avendo paura nemmeno di ricorrere a forme ostruzionistiche e sapendo che nessun caso come questo legittima una battaglia parlamentare seria a favore degli allevatori onesti (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, verrebbe da dire: ci risiamo con le quote latte! In queste giornate, abbiamo ascoltato ore di discussione parlamentare relative a questo problema. Tuttavia, sono stati dibattiti prevalentemente vuoti di contenuti politici; ne abbiamo appena avuto un esempio. Sembrano discussioni da ragioniere che applicano, senza ragionare, norme che sono fallite in tutta l'Unione europea e addirittura vi è stato qualcuno che, pur di andare contro il nostro Ministro, cercava di portare la discussione sui problemi dell'agricoltura del nord e dell'agricoltura del sud quando entrambe sono in grave difficoltà, proprio perché mancano le regole. Le regole sono mancate anche nel 1984 quando il Ministro dell'agricoltura - tale Pandolfi, che l'onorevole Casini dovrebbe ricordare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) per la lunga amicizia politica che li univa - ha disastrato l'agricoltura in questo Paese per poi abbracciare politiche ancora più fallimentari in seno all'Unione europea.
Ebbene, i dati sono all'evidenza di tutti. I nostri pochi produttori sopravvissuti si trovano, dopo il fallimento delle regole - quelle delle quote europee che dovevano garantire un certo prezzo per sottrarre alla fame gli operatori agricoli -, ad ottenere 35 centesimi per litro di latte contro fiumi di latte che arrivano dai Paesi dell'est e che invadono i nostri mercati ad un prezzo del 300 per cento minore rispetto a quello da noi praticato. Questo vuol dire «chiudere». Questi sono i discorsi politici che sono mancati in queste ore all'interno del Parlamento italiano.
I nostri produttori sono disarmati e senza difesa, e noi cosa facciamo? Discutiamo per multare gli ultimi che sono riusciti a non chiudere le loro stalle. Mi sembra che sia una cosa di un'assurdità talmente evidente che se qualche cittadino oggi ha assistito ai nostri dibattiti si sarà chiesto se viviamo sulla terra o se sconfiniamo nell'assurdità siderale.
Abbiamo scritto una bruttissima pagina di storia nel dibattito politico interno con l'affrontare problemi contingenti come questi. I numeri li ha ricordati qualcun altro prima di me: 60 mila stalle di mucche da latte sono state chiuse. Vogliamo chiudere anche le ultime? Fatelo pure, ma finalmente abbiamo un Ministro che sta cercando di arginare almeno i risultati negativi delle politiche degli amici dell'UdC, allora democristiani e democristiani a tutt'oggi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Con i fallimenti della politica vogliamo evitare anche i fallimenti degli ultimi operatori sopravvissuti nel settore dell'agricoltura. Bisogna avere coraggio. Mi ricordo Pag. 68che nel 1996 dissi all'allora Ministro Pinto, che era presente, che servivano delle regole. L'Unione europea ha fallito, abbiamo chiuso migliaia di stalle in tutta Europa a fronte di mezzo mondo che muore di fame e questo è un crimine contro l'umanità che qualcuno vorrebbe continuare a perpetrare anche nelle prossime ore (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Il fallimento dell'agricoltura, delle politiche democristiane e delle politiche europee ha fatto anche questo. Lo ripeto: a fronte di mezzo mondo che sta morendo di fame, chiudiamo le attività produttive che creano generi alimentari. C'è da vergognarsi solo per questo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Ciò avviene solo perché non abbiamo il coraggio di fare politica.
Dissi all'allora Ministro che se fossi stato al suo posto mi sarei armato di un grosso bastone di legno duro (soprattutto duro) e sarei andato nelle sedi dell'Unione europea. Se qualcuno non capisce queste cose, farei piazza pulita, perché abbiamo una dignità che è quella di salvaguardare le produzioni che devono non solo garantire il lavoro a casa nostra, ma anche evitare la fame nel resto del mondo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Quanto sta succedendo in agricoltura in queste ore è paragonabile solo ai fallimenti del mondo finanziario che abbiamo vissuto e che hanno impoverito il globo intero. Bisogna avere il coraggio di dire le cose. Siamo capaci, da questo Parlamento, di mandare messaggi chiari all'Unione europea? Avete fallito con le quote; le cifre, le ho ricordate prima: siamo fuori mercato. Chiudono non solo i produttori di latte che, loro malgrado, si sono messi in regola pagando multe da delinquenti, ma chiuderanno anche i pochi che cerchiamo di salvare da queste multe.
Infatti, a fronte dei 18 centesimi a litro per il latte che arriva dalla Lettonia o dalla Polonia, noi pratichiamo prezzi superiori del 300 per cento e sono aiuti di Stato. Quindi, chiudono sia gli uni, sia gli altri e sono rimaste poche stalle. Questo decreto-legge cerca di entrare nel merito e di capire quali sono state le responsabilità, ma soprattutto cerca di salvare il salvabile e non di distruggere anche quanto è ancora salvabile. Se dopo si decide di chiudere le attività del settore dell'agricoltura impiegheremo qualche altro mezzo milione di italiani nel pubblico impiego, tanto all'epoca dei democristiani ne sono stati inventati di posti all'interno delle scuole, delle poste, e via così (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
I 1700 miliardi di euro di debito pubblico, sono anche da ascriversi alla responsabilità di alcuni settori di quest'Aula. Si tratta di misure di buonsenso. Strumentalizzare delle manifestazioni di agricoltori che sono stati confusi in maniera artificiale dalla politica di questo Paese - perché queste cose non vengono spiegate a queste persone - per racimolare pochi voti oggi (per perderne di più domani e creare altri diecimila fallimenti nell'intero settore) mi sembra un fatto che si scontra con il buon senso.
Quindi, non possiamo far altro che dare il nostro appoggio al Ministro, dirgli di continuare nella sua battaglia e, soprattutto, di avere quel coraggio in seno all'Unione europea che non ha avuto una lunga serie di Ministri dell'agricoltura del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) perché quando si deve insistere sulle soluzioni logiche, che non vanno contro gli interessi dell'umanità (perché di questo stiamo parlando), bisogna avere il coraggio di picchiare duro.
Sono convinto, perché lo conosco da una vita, che il nostro Ministro non si sottrarrà a queste beghe che durano il battito del volar d'ali di una farfalla, quindici minuti di sensazioni all'interno degli spot dei telegiornali. Dopodomani è finito tutto, ci si inventa un'altra battaglia politica, ma i disoccupati restano. Noi siamo contro la disoccupazione derivante dalla politica infame. Signor Ministro, la ringrazio del suo lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Viola. Ne ha facoltà.

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RODOLFO GIULIANO VIOLA. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, avrei voluto tentare di discutere del merito dell'argomento che abbiamo di fronte, per tentare di portare un contributo ad una discussione importante, non semplicemente e solamente per i tanti produttori, allevatori e imprese che operano in questo settore. Penso che sia importante perché è un esempio del modo in cui si stanno affrontando le cose nel nostro Paese. Abbiamo vissuto in questi anni, lo ricordava adesso il collega Dussin, in questo settore in modo particolare, una crisi delle regole. Lui stesso citava un suo colloquio con l'allora Ministro Pinto, dicendo che era necessario dare delle regole.
La storia di questa vicenda ci dice che le regole che sono state poste nel tempo e negli anni non sono mai state rispettate. È un esempio di mancanza di legalità in un settore particolarmente delicato. Vengo personalmente da quella storia che l'onorevole Dussin ha continuamente messo alla gogna nel suo intervento. Non ho difficoltà a dire che mi onoro di venire da quella storia e che molte scelte che sono state fatte negli anni hanno reso questo Paese migliore. Tuttavia, nello stesso tempo non ho difficoltà a riconoscere che sono stati fatti degli errori, da parte non solo di chi ha governato, ma anche di chi è stato al fianco del mondo della produzione e ha sollecitato gli allevatori per troppi e tanti anni a dire che poi sarebbe arrivato qualcuno a risolvere il problema.
Per professione ho vissuto vicino al mondo dell'impresa e della produzione del latte, sono un veterinario e mi occupavo di zootecnia. Vivevo quel mondo direttamente e ho visto la trasformazione di troppa gente a cui è stato detto di andare avanti, dal momento che sarebbe arrivato qualcuno a sanare le cose, ma a cui poi ad un certo tutto la Comunità europea, a metà degli anni Novanta, disse che non avrebbe più sanato le situazioni. Quel mondo andò in crisi. Anziché proporre a quel mondo di provare a ragionare su basi nuove, non semplicemente garantendo un tessuto sociale che aveva permesso di uscire gradualmente dal mondo della produzione primaria per avviarsi verso altri sistemi di produzione, qualcuno ha pensato bene di cavalcare quella protesta.

PRESIDENTE. Scusate, debbo reiterare l'invito ai deputati a non disturbare il Ministro che è qui, non per privati colloqui, ma per ascoltare il dibattito in Assemblea. State facendo una riunione diversa da quella per la quale è stata convocata questa Assemblea. Prego, onorevole Viola, continui...

RODOLFO GIULIANO VIOLA. Spiace, invece, contraddire l'onorevole Luciano Dussin quando parla di qualcuno che strumentalizza le organizzazioni della produzione. Non è così. Qualcuno ricorda i trattori lungo la A4 nel Veneto alcuni anni fa e chi oggi siede sui banchi di questo Parlamento (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). .. È inutile dire che sono gli altri che strumentalizzano, è evidente che ci sono stati momenti nei quali qualcuno ha deciso che questa protesta doveva essere cavalcata. Le associazioni, non i partiti, verranno domani a manifestare, non ci saranno le bandiere di partito a sventolare, ma quelle delle associazioni. Quindi, riparto da quel tema, c'è stato un corto circuito. Anziché usare quella che fu una vera crisi di settore per far crescere le aziende in produttività attraverso l'innovazione, la si è usata per istillare nei confronti del sistema una rabbia che doveva essere canalizzata e alla quale dovevamo in qualche modo dare delle risposte.
Naturalmente in quegli anni il sistema della produzione si è evoluto, io sono il primo a dire che siamo di fronte ad una contraddizione in termini, ma non ho sentito di fronte ai giusti dati portati dall'onorevole Luciano Dussin delle proposte alternative.
Quando mi si dice che il latte che viene prodotto all'estero ha un costo al produttore che è trecento volte più basso del nostro, probabilmente c'è un problema di sistema. Non possiamo negarlo e dire semplicemente che si deve aumentare la produzione, perché comunque quello è il Pag. 70prezzo con cui arriva il latte dall'estero, quello è il prezzo con cui il nostro latte va in competizione e non è semplicemente aumentando illimitatamente la produzione che riusciamo a risolvere il problema. Questo è un principio basilare di economia, abbiamo a che fare con un prodotto alimentare.
Io sono il primo a dire che potremo risolvere alcuni problemi nel mondo, lo sappiamo, ma c'è lo stoccaggio della Comunità europea dei prodotti lattiero caseari, sappiamo cos'è. Non alimentiamo questa discussione se vogliamo che sia seria, se vogliamo fare in modo che il lavoro serio che è stato fatto prosegua anche su questa vicenda. Ringrazio i colleghi della Commissione agricoltura per il lavoro che hanno svolto in questi mesi di confronto serio con il Ministro e che ha prodotto risultati importanti.
Il gruppo del Partito Democratico si è messo a disposizione per fare un progetto serio anche sulle quote latte. Noi riconosciamo l'aumento della quota che è stato ottenuto a livello comunitario. Naturalmente, anche qui al di là della propaganda, sappiamo che questo aumento è stato dato a tutti i Paesi della comunità e non è semplicemente un aumento anticipato e non rateizzato nel tempo, ma questo fa parte degli accordi per sistemare anche le situazioni nazionali. Questo aumento deve tornare come mezzo di sviluppo per il nostro sistema produttivo.
Da questo punto di vista la proposta che viene oggi, lo ripeto, non rimette a posto le regole, onorevole Dussin, ma sancisce una cesura profonda con chi le regole le ha rispettate, e sono i più. Qui non vogliamo dare le multe e mandare a casa tutti gli allevatori italiani, noi vogliamo che quelli che hanno fatto finta che il sistema potesse andare avanti così rispondano di quello che hanno fatto, così facciamo in modo che il 90-95 per cento dei produttori venga rispettato. Se noi garantiamo questo, signor Ministro, siamo in grado di dare una prospettiva a questo settore che è un settore importante nella nostra economia, un settore che non solo dà lavoro ma garantisce quel sistema di qualità che il made in Italy produce.
Da questo punto di vista abbiamo assistito in queste ore ad una profonda discussione. Io e lei veniamo dalla stessa parte d'Italia, dal nordest, dal Veneto, siamo vicini di casa. Ieri, assieme si è costruita una pagina importante, il Partito Democratico si è astenuto sul progetto del federalismo. Non è stata un'astensione facile, siamo un partito nazionale e abbiamo l'idea della nazione, ma nello stesso tempo riconosciamo come questo sia uno strumento importante per il nostro Paese e ci siamo messi a lavorare, con tutti i nostri parlamentari, tutti assieme e senza nessuna distinzione, per dare un prodotto migliore al nostro Paese su quel progetto.
Con lo stesso atteggiamento positivo noi siamo a dire al signor Ministro: non vada avanti, ma si fermi, ci ripensi. Non stiamo fornendo un buon prodotto, soprattutto per quel mondo a cui so che lei tiene molto. Ho potuto apprezzare il suo lavoro fatto nella regione Veneto e penso che il ruolo che oggi occupa sia anche frutto di quel lavoro; ma allo stesso tempo dobbiamo fermarci di fronte alla protesta del mondo della produzione che verrà qui domani, quando ci dirà che non è d'accordo. Confagricoltura non rappresenta l'ultimo pezzettino di questo mondo e noi dobbiamo rispettare questo mondo come tutti gli altri che stanno protestando per queste cose.
Il rispetto delle regole è il rispetto dei produttori onesti che sono i più, che si sono indebitati per acquistare le quote, che si sono indebitati per andare in affitto, che si sono indebitati per mantenere un livello di produzione e di qualità di prodotto che permettesse loro di stare sul mercato, perché hanno creduto di mantenere il loro lavoro sulla terra, permettendo anche al nostro sistema produttivo e ambientale di garantire la tenuta. Chi viene dalla pianura padana sa quanto è importante che questi mondi continuino a lavorare.
Allora, signor Ministro, le chiediamo con forza che questo progetto sia condiviso Pag. 71perché non è nostro, né vostro: la questione delle quote latte, caro Luciano Dussin, non può essere di una parte e non si tratta di dover accontentare qualcuno dal punto di vista elettorale. Purtroppo, per troppo tempo abbiamo assistito in questi mesi di Governo al pagamento di alcune cambiali politiche; non è possibile continuare ad andare avanti così a dispetto delle regole e di chi ha rispettato la legge (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).
Cosa andiamo a dire, signor Ministro, a quelle migliaia di produttori che hanno osservato le regole, che hanno pagato profumatamente? Tutti gli interventi emendativi del nostro gruppo tendono a tenere in considerazione questo aspetto, quello delle regole, per fare in modo che il nostro sistema si riconosca in un progetto ampio di governo dell'agricoltura italiana e in questo senso chiedo una revisione del provvedimento.
Non vada avanti, signor Ministro, a differenza del collega Dussin non le dico di continuare su questa strada ma di fermarsi, di ascoltare; non siamo qui a tentare di fare un ostruzionismo di facciata, stiamo tentando di portare il nostro contributo vero al progetto. Gli interventi di questa giornata e quelli che seguiranno il mio vogliono dare un contributo importante; ci permetta di farlo nell'interesse soprattutto dell'agricoltura italiana (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pezzotta. Ne ha facoltà.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, onorevole Ministro, onorevoli colleghi, io non mi vergogno di essere stato e di essere democristiano, proprio non me ne vergogno assolutamente, anzi lo rivendico come titolo di onore! Occorre che lo dica (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Sì, bene, bravi! È inutile che qui ci si richiami a De Gasperi e ad altri e poi non si abbia la coerenza di queste scelte; io rivendico il mio essere stato democristiano (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
Lo dico pensando all'agricoltura: quando faremo la storia dell'agricoltura italiana, soprattutto dal dopoguerra in poi, ci renderemo conto di come la politica dei democristiani abbia cambiato il volto della nostra agricoltura. Ricordo l'azione del Ministro Marcora che, forse più di altri, ha modernizzato questo settore e non bisogna dimenticarlo.
Vorrei ricordare, per gli smemorati, la riforma agraria contro il latifondo, che non fu una battaglia semplice, che emancipò migliaia di persone, la tutela della piccola proprietà contadina, i patti agrari, il superamento della mezzadria... (Commenti del deputato Ascierto). Sì, è l'apologia, la giusta apologia ...

MARIO TASSONE. C'è chi fa l'apologia del reato e chi fa l'apologia di una certa storia!

SAVINO PEZZOTTA. È una giusta apologia di quello che è stato realizzato per la gente che lavorava e produceva dandole dignità, perché noi non dimentichiamo cosa erano i contadini al nord e al sud in quel tempo e come siano stati emancipati da un'azione attenta alla dimensione agricola del nostro Paese. Allora è bene che qualcuno si metta a studiare la storia, gli farebbe bene e l'aiuterebbe a ragionare (Una voce dai banchi del gruppo Lega Nord Padania: E tu a lavorare!). Ho lavorato forse più di te!
Si è liberato il bracciantato agricolo dal caporalato... (Commenti dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Cari colleghi ...

SAVINO PEZZOTTA. ... si è sostenuto chi lavorava e produceva e non, come succede oggi, la speculazione.
Se le persone, gli agricoltori, gli allevatori manifestano, ci sarà pure qualche ragione popolare che sta in campo, altro che dire cose diverse! Pag. 72
A proposito dei bastoni, questi sono strumenti per sorreggersi e non da usare contro qualcuno e qualcosa. Mi inquieta sempre quando si parla di bastoni contro qualcuno. Anche questo è un modo di ragionare che in quest'Aula non bisognerebbe utilizzare.
Signor Presidente, sono convinto che quando questo Paese uscirà dalla campagna elettorale che lo tormenta da quindici anni, forse potremo affrontare le questioni con serenità e con maggiore concretezza avendo soprattutto a mente gli interessi del Paese e delle persone. Non possiamo proteggere gli amici, ma abbiamo la necessità di rispondere alle esigenze più generali e più comprensive, che è ciò che non sta avvenendo.
Avanzo queste osservazioni perché sono convinto - così come purtroppo si è fatto per l'introduzione del federalismo fiscale - che il problema annoso delle quote del latte sia stato affrontato con un'ottica esclusivamente rivolta alle questioni elettorali e alla tutela di pochi cari amici. Questa è la verità e non un'altra! Far predominare l'interesse elettorale corporativo è sempre qualcosa che non aiuta a valutare le questioni dentro un'ottica di interesse generale e di bene comune.
Da tempo noi dell'Unione di Centro siamo convinti dell'urgenza e della necessità di dare un quadro di certezze e di stabilità al settore lattiero-caseario. Conosciamo le difficoltà degli operatori del settore, la loro esigenza di avere un provvedimento che dia un quadro definitivo e che confermi una situazione attraverso percorsi responsabili, chiari ma soprattutto giusti. Non ci sono ignoti i sacrifici che la maggior parte degli allevatori ha fatto per rispettare le normative sulle quote e adempiere a quanto prevedevano le leggi. Questo è un comportamento che non può e non deve essere mortificato. Come classe dirigente di questo Paese dobbiamo fare ogni sforzo perché i comportamenti virtuosi (che già scarseggiano) siano sempre e ovunque tutelati e promossi. Questo è il nostro compito, non abbiamo altri compiti: promuovere la virtuosità nell'agire e nel fare, che significa il rispetto della legge ed equità, e non determinare condizioni di privilegio per alcuno.
Meraviglia che a fare queste proposte siano gli stessi paladini di una legalità che viene utilizzata come arma contro i più deboli. La legalità vale per tutti e non ci può essere una legalità per i deboli e una tolleranza per i forti e per coloro che hanno modalità e modi diversi (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori)! Ciò non è ammissibile e non appartiene al costume repubblicano. I forti si arrangiano da soli. La prospettiva del rispetto delle regole è necessaria ed essenziale e mi attendo che le proposte da noi avanzate nel dibattito e tramite i nostri emendamenti riescano a trovare delle risposte precise. Altrimenti questo provvedimento finirà per privilegiare coloro che non si sono allineati alle normative e che hanno continuato a produrre al di là di ogni norma, determinando così una concorrenza sleale nei confronti dei produttori che si sono comportati legalmente ed onestamente. Altro che premiare il merito, qui si premia la furbizia e questo non è ammissibile!
La modifica dell'articolo 4 prevede elementi di profonda criticità e non deve essere fatta. Essa prevede e peggiora quanto modificato in Senato. Non c'era alcuna ragione per introdurre la possibilità di eludere l'obbligo del pagamento delle rate per coloro che hanno accettato la rateizzazione del debito.
Questo riapre tutto il contenzioso, che il decreto-legge avrebbe dovuto chiudere definitivamente. Gli emendamenti approntati al testo lo rendono ambiguo e incerto e lasciano aperte tutte le possibilità elusive.
Noi, come Unione di Centro, non facciamo una battaglia contro un Ministro, perché è il Ministro di qualcuno. Per noi, i Ministri sono Ministri della Repubblica e, come tali, li guardiamo e li rispettiamo. Pertanto, il Ministro è anche il mio Ministro e mi rivolgo a lui da repubblicano, chiedendogli di essere attento alle ragioni che metto in campo. Nessuno può appropriarsi Pag. 73di una funzione istituzionale. Credo che il Ministro dovrebbe dissociarsi da questa appropriazione, per ribadire la sua dimensione di rappresentanza generale, perché credo che questo sia un elemento necessario di fondo.
Noi, come Unione di Centro, siamo interessati ad affrontare e a risolvere la questione, non a creare turbamenti, ma la questione si risolve se ci sono elementi di equità e di coerenza, non lasciando aperte tutte le ambiguità che in questo decreto-legge abbiamo rilevato. Proprio per questo, in termini cooperativi e collaborativi, auspichiamo che il dibattito in Aula produca e modifichi questa normativa, per rispondere alle giuste esigenze dei produttori, dei lavoratori e delle persone che domani saranno qui a manifestare, ma per ridare anche un segnale all'intero settore agricolo.
Certamente, anch'io sono convinto che i grandi cambiamenti che sono in corso, che stanno modificando la divisione internazionale del lavoro, si stanno mostrando anche attraverso la crisi alimentare, di cui purtroppo non parla nessuno (o se ne parla troppo poco), che Benedetto XVI ha avuto il coraggio di sollevare nel suo viaggio in Africa. Noi ci siamo persi a parlare di preservativi e di cose di questo genere, ma il discorso sulla questione agricola a livello internazionale che il Papa ha fatto in Africa ci dovrebbe far riflettere, perché la questione agricola diventa una questione anche per i Paesi industriali e questo non può più essere considerato un settore marginale. Esso diventa un settore strategico, e se diventa tale non bisogna mortificarlo, ma dargli fiducia. Con questo provvedimento, a questo settore non diamo fiducia, anzi la rovesciamo nel suo contrario.
Sono questi gli elementi su cui vogliamo discutere. Noi vorremmo risposte precise su questo, sulla questione delle quote, sulle risorse, sul Fondo di rotazione. Abbiamo proposto emendamenti e su questi vogliamo delle risposte precise.
Non siamo venuti in quest'Aula per votare «no», ma per votare «sì», a patto che le nostre proposte, i nostri emendamenti, siano accolti. In noi c'è uno spirito costruttivo, perché siamo interessati al settore e ai problemi che esso ha, ma c'è un problema che va oltre la questione del settore e che si deve sollevare. Il rispetto delle leggi, per evitare iniquità e disparità di trattamento, deve essere un elemento che unifica tutti. Bisogna dare un messaggio positivo agli allevatori ed a tutti gli operatori agricoli, perché avremo bisogno di investimenti in agricoltura. Bisogna ripristinare un clima di fiducia tra operatori economici, lavoratori e istituzioni.
Bisogna dare un ruolo, e un significato, agli elementi di coesione, di compattezza e di onestà. Bisogna dare una risposta attenta anche alle aree di montagna dove i piccoli agricoltori fanno oggi da presidio di un territorio che rischia, se abbandonato anche da essi, di continuare nella disgregazione che sta subendo e nell'abbandono. Ecco da dove nasce la nostra proposta, il nostro incalzare il Governo per avere un provvedimento che sia utile al Paese, agli agricoltori, all'insieme della nostra comunità.
Se le risposte non saranno adeguate alle nostre sollecitazioni, allora saremo costretti a votare contro (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Dozzo. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, signor Ministro, quando si parla di latte e di quote latte in quest'Aula - non è la prima volta - questo tema desta sempre grande interesse. Ogni qual volta vi è una discussione, vi sono tantissimi colleghi che prendono la parola e illustrano la loro posizione giusta o sbagliata che sia.
Abbiamo notato, tuttavia, che in tutti questi anni, gira e rigira, si dicono sempre le stesse cose. Però, ogni qual volta si parla di quote latte, di multe e quant'altro, ci si dimentica di fare la storia della questione. Non è che la storia si possa mettere in un angolo perché tutto è correlato in questa questione complicata e difficile, dove normative su normative si sono accavallate, Pag. 74dove anche per un tecnico specializzato in questo settore è difficile comprendere tutta la portata del problema.
Mi chiedo, inoltre, come mai tanti nostri colleghi che parlano di quote latte, di multe, di giustizia e di uguaglianza, magari poi non hanno mai letto un solo decreto, una sola legge sulla questione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Bisogna fare un po' di storia perché si evocano le parole - le ho ascoltate migliaia di volte ormai in questi due giorni - equità, giustizia e uguaglianza: parole sacrosante! Mi chiedo allora e chiedo a voi: ad esempio, nel 1994, dove stavano l'equità, la giustizia, e l'uguaglianza, allorché per una presa di posizione politica si è voluto, in un colpo solo, tagliare il 74 per cento di produzione della quota B? Dato che bisognava rientrare di un milione di tonnellate di produzione di quote assegnata all'Italia (l'Europa, infatti, considerando la quota assegnata troppo elevata ci disse che avremmo dovuto rientrare di un milione di tonnellate) sapete a chi sono stati applicati i tagli? Non a tutti coloro cui era stata assegnata una quota di produzione, ma solamente ai produttori e agli allevatori della Padania (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Perché con la legge n. 468 del 1992 si era previsto solamente di dare una priorità alle zone montane? Su questo vi è da discutere: capisco che chi ha la malga in montagna ha più difficoltà nel produrre di chi sta in pianura, ma vi sono altri modi per compensare queste difficoltà.
Vorrei ricordare agli amici dell'UdC, che allora si chiamavano CCD, che proprio con un emendamento da loro votato sono state inserite nelle priorità, e quindi esentate dal taglio delle quote, anche quelle aziende situate in zona obiettivo 1 (e voi sapete che nell'obiettivo 1 rientra tutto il sud d'Italia) e in zona obiettivo 5B.
Quindi, da un giorno all'altro, i nostri produttori padani si sono trovati decurtati del 74 per cento della quota B, una quota molto importante. Cosa dovevano fare? Dovevano vendere subito le vacche? Dovevano mettere un rubinetto per fermare la produzione? È questa la situazione!
All'epoca, noi della Lega avevamo detto che per essere giusti, uguali ed equanimi bisognava operare un taglio lineare per tutti i produttori. È questa l'eguaglianza. Ma non si è voluto intervenire in questo modo.
Proseguendo, molti produttori si sono mantenuti nella legalità. Benissimo! Magari sono quei produttori che hanno usufruito di comodati, di affitti, di soccide. Basta guardare - scusate, lo dico per coloro che non l'hanno mai fatto - questo libricino. Questa è la relazione dell'allora generale Lecca al Ministro dell'agricoltura Pinto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) e vorrei che quanti sono intervenuti qui in questi due giorni - se non l'hanno mai fatto - andassero a leggerlo. È molto istruttivo. Cosa dice? Guardate che quei produttori tanto coscienziosi facevano una precompensazione privata tra di loro, tramite i famosi contratti di comodato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Questa precompensazione naturalmente copriva gli uni e gli altri: uno non perdeva la quota e gli altri, anche se producevano in più, venivano coperti dalla quota di produzione.
Chi è che subiva? Bisogna, infatti, anche pensare il perché di tante rivolte fatte in questi anni. Prendiamo alcune campagne (1996-1997, 1997-1998) di produzione lattiera. Si trattava di circa 96 mila aziende; adesso sono molto meno (poi ci domandiamo il perché). Con riferimento ai modelli L1, chi aveva splafonato? Circa la metà delle aziende, quindi la metà dei produttori non erano in regola ma, guarda caso, sempre per le priorità di compensazione e sempre per avere a cuore le aziende localizzate in montagna. Ma bisogna distinguere, perché ad esempio - e non cito il sud, ma il mio Veneto - un'azienda nella zona di montagna Feltre (Belluno) (montagna per modo di dire, poiché si tratta di una vallata) con 300 capi non ha mai ricevuto alcuna multa, mentre a cinque chilometri di distanza lo stesso tipo di azienda, pressappoco con 240 capi, purtroppo riceveva molte multe da pagare. Perché? Perché ci sono le Pag. 75priorità compensative. Allora, di 40 mila che avevano splafonato - e che dovevano pagare tutti quanti, se fossimo stati giusti ed equanimi (se vogliamo parlare di uguaglianza) - con le priorità compensative su chi ricadeva la multa? Sempre e solamente sui soliti 14 mila-15 mila produttori. Dove si trovavano? Si trovavano in Padania (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! È questa la vostra giustizia? È questa la vostra giustizia? Lo chiedo a coloro che si sono sempre riempiti la bocca. Allora pensate che non vi sia una reazione da parte di questi produttori? Pensate che se ne stiano buoni con le mani in mano?
Vado oltre. Mi riferisco ai produttori virtuosi. Ma quanti sono quei produttori - lo abbiamo visto dagli «L1» - che fino a novembre-dicembre producevano, e poi ad un certo punto (nei mesi di gennaio, febbraio e marzo) non si produceva più? Le vacche avevano smesso di produrre. Bello scherzo della natura, eh? Un miracolo, giustamente. Ci siamo mai chiesti dove andava finire quel latte? Ma questi erano virtuosi, non hanno mai splafonato. Ma molto probabilmente per questi tre mesi vendevano il latte in nero! È questa la situazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Allora questi sono virtuosi e quant'altro. Bene, ci sono anche purtroppo - io dico: purtroppo! - coloro che si sono messi in regola e hanno pagato fior di quattrini per comprare le quote. Ci siamo chiesti il perché, e chi ha voluto dare valore venale alle quote (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)? E adesso mi vengono a dire che si sono indebitati? Magari sono le stesse organizzazioni che poi firmavano i contratti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). E adesso vengono a fare le manifestazioni? Perché, come abbiamo sempre sostenuto, non era solamente la quota una concessione a produrre?
Perché si è voluto dare un valore venale alla quota? Abbiamo visto i risultati. Così come li hanno visti, d'altronde, coloro che dicevano, che hanno sempre sostenuto e sostengono ancora adesso - guarda caso si capisce perché, in un primo momento, il sistema di quote doveva rimanere cinque anni, poi è stato prorogato a nove anni e adesso sino al 2015 - di stare attenti perché, se salta il sistema delle quote, il prezzo del latte sarà azzerato.
Ogni anno vedo una grande «litigata» per il prezzo del latte tra i produttori e coloro che li rappresentano e i caseifici, e quant'altro. Non mi sembra che in tutti questi anni il prezzo del latte sia stato remunerativo per i nostri produttori: non mi sembra, anche se posso sbagliarmi. Ma tutte le persone che hanno sempre sostenuto la necessità delle quote e, quindi, di obblighi e - guarda caso sempre per quelle famose priorità compensative - la necessità di far pagare le multe ai soliti noti (e magari saranno gli stessi che hanno manifestato), mi chiedo se per caso non si siano messe una mano sulla coscienza e abbiano cambiato idea. Non penso: infatti, sapete perché c'è così tanta voglia di rivalsa nei confronti di questi maledetti, stramaledetti COBAS? Perché questi, per la prima volta nella storia dell'agricoltura, in questo modo erano riusciti a mettere in contraddizione le diverse organizzazioni professionali. Infatti, all'interno delle organizzazioni professionali, i veri produttori si erano così disillusi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Questa è la storia vera e per questo nutrono un grande astio nei confronti dei COBAS.
Certo, vi sono anche coloro che hanno frodato. Ma vorrei ricordare a tutti che la pur famosa e tanto decantata legge n. 119 del 2003 e, in particolare, l'articolo 4-bis l'abbiamo voluti noi, io personalmente, per non attribuire la quota a coloro che avevano venduto la propria quota e per non attribuire ulteriori assegnazioni a coloro che avevano venduto in parte o in toto la quota. Quell'emendamento l'ho fatto io, noi della Lega, tanto per essere chiari! Non abbiamo nessuna paura se qui qualcuno ha splafonato o cos'altro: l'abbiamo voluto noi!
Concludo, signor Presidente. Sapete perché non abbiamo votato la legge n. 119? Per il fatto che volevamo riscontrare Pag. 76in essa la stessa equità che era stata applicata per gli agricoltori che non avevano pagato i contributi SCAU (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Sapete cosa sono i contributi SCAU? Ebbene i contributi SCAU sono i contributi previdenziali che non erano stati pagati per una somma di 6400 miliardi, di cui 2500 di sanzioni e 3900 di evasioni. E sapete dove erano stati pagati questi contributi? Si trattava di contributi non pagati da 300 mila aziende, di cui 208 mila erano allora nell'obiettivo 1 (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Dunque, mi chiedo per quale motivo per coloro che non avevano pagato 6400 miliardi si è voluto disporre un condono e far pagare soltanto il 30 per cento, mentre per coloro che hanno le multe da pagare si vuole far pagare il 100 per cento. Perché questi due pesi e queste due misure?
Mi ricordo assolutamente che, qui, in quest'Aula nessuno si è alzato a dire che questa non è equità, questa non è uguaglianza: questa è la questione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Dunque, avevamo avanzato questa proposta: i produttori, gli splafonatori che hanno la multa pagano il 30 per cento delle loro multe. Non hanno voluto accettare questa proposta ed è per questo che noi abbiamo votato «no» e siamo stati contrari alla legge n. 119.
Da ultimo, signor Ministro, siamo in una situazione kafkiana. Sarei tentato di votare contro il suo decreto-legge: sa per quale motivo?
Le sembra giusto e le sembra equanime o uguale che nella legge n. 119 del 2003 vi sia una rateizzazione a zero interessi e qui una rateizzazione con gli interessi all'8-9 per cento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)? Vi sembra giusto questo? A me, no! Allora perché due pesi e due misure? Queste sono piccole riflessioni, mi ero ripromesso di non parlare di tale questione, anche perché risale al 1994.
Concludo signor Presidente: con il collega Viola io ero presente e ho preso anche denunce per aver bloccato gli aeroporti, il valico del Brennero e le autostrade, però non mi pento di quello che ho fatto, perché siamo nel giusto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, il collega che è testé intervenuto ha concluso il proprio intervento affermando: «Siamo nel giusto» e il Ministro lo ha applaudito. Non mi meraviglia l'applauso del Ministro, perché evidentemente deve essere convinto, se ha ritenuto di portare avanti con una procedura così inusuale un provvedimento così discusso e così particolare.
Tuttavia, signor Presidente e colleghi, vorrei parlare di una questione che non è riconducibile tecnicamente al provvedimento in esame ma che è una questione più generale, che può andare sotto il titolo dell'etica della politica, cioè domandarsi se un provvedimento di legge può essere fatto per andare incontro alle esigenze che sono state qui descritte, che appartengono non alla generalità dei produttori, bensì ad una quota particolare e ristretta di tali produttori. Allora noi ci dobbiamo domandare, poiché dobbiamo essere lo specchio del Paese, che messaggio mandiamo alla nazione, che messaggio mandiamo alle categorie dei produttori, quando mettiamo in essere provvedimenti che anziché interessare la generalità di una categoria del mondo del lavoro e della produzione, si preoccupano di andare incontro ad una particolare situazione di un piccolo gruppo di produttori.
Ma poi di che piccolo gruppo di produttori si tratta, signor Ministro e colleghi? Di che gruppo si tratta, se è il gruppo di coloro i quali sono stati renitenti ad una legge e ad un provvedimento di legge, peraltro votato - credo - anche dai colleghi della Lega (parlo della tanto citata, questa sera, legge n. 119 del 2003), che ha cercato di rimettere ordine in una situazione sicuramente di grande sconvolgimento, di grande malessere e di grande disagio, ma ha cercato di dare un ordine rispetto al quale coloro che si sono adeguati Pag. 77oggi patiscono un fatto grave, cioè patiscono un ribaltamento delle regole che li penalizza e, soprattutto, continuerà a farlo anche in futuro.
Altro che provvedimento di sanatoria: quello in esame è un provvedimento che è destinato - ecco l'aspetto più negativo di questa situazione - a creare elementi di concorrenza sleale nei confronti di coloro i quali si sono adeguati alla legge.
Questi sono i virtuosi, perché, altrimenti, non si capisce a cosa si riferisce il collega che è intervenuto. Se questo provvedimento - così com'è stato descritto da molti colleghi della Lega Nord che sono intervenuti - rende giustizia a situazioni che si sono determinate antecedentemente, allora mi domando quale messaggio mandiamo a coloro che, anziché rispettare le norme, si sono resi renitenti rispetto all'indirizzo legislativo ed oggi ricevono un superpremio.
Signor Ministro, credo che da parte sua e da parte del Governo sia doveroso anche dare informazioni sulla questione, tutt'altro che riduttiva, di come verranno distribuite le quote aggiuntive. Se fosse vero - e non se ne parla con troppa chiarezza - che, addirittura, nella distribuzione delle quote aggiuntive si penalizzano, o si premiano scarsamente, coloro che si sono messi in regola, rispetto a quanti, invece, si sono resi renitenti rispetto al provvedimento del 2003, allora sì, che sarebbe il trionfo dell'ingiustizia e di un malcostume tradotto in legge; allora sì, che si manderebbe un messaggio terrificante agli onesti e a coloro che hanno accettato le regole, hanno pagato con duro sacrificio e hanno subito anche le conseguenze di mercato e le difficoltà nella competizione leale nel libero mercato.
Cosa vogliamo costruire nel nostro Paese, nel momento in cui incombe una grave crisi economica, che metterà a dura prova anche i valori sui quali si fonda l'essere imprenditore? In questa fase - come è stato abbondantemente detto, anche a livello internazionale - l'essere imprenditore deve essere coniugato e animato anche da valori morali forti. Se si premiano i «furbetti del quartierino» (come sono stati definiti), che messaggio mandiamo ad un Paese che deve reagire ad una situazione di crisi? Questo è quello che ci preoccupa.
Come gruppo parlamentare, abbiamo dimostrato, in tutto questo scorcio iniziale di legislatura, di guardare con molta serietà ai provvedimenti legislativi. A volte, abbiamo avversato i provvedimenti del Governo, a volte li abbiamo appoggiati, cercando di discernere fra le scelte giuste e le scelte sbagliate. Ma credete davvero - e mi rivolgo ai colleghi della Lega Nord che hanno preso partito su questo provvedimento - che la generalità dei produttori, anche i padani, sia d'accordo con questo provvedimento? Credete davvero di mandare a coloro che si sono messi in regola un segnale incoraggiante? O diamo l'impressione di una «politichetta», che cerca di favorire gli amici, non solo a discapito di coloro che hanno pagato, ma anche a discapito del cittadino italiano che paga le tasse e che, per l'assenza delle corresponsioni da parte di chi doveva corrispondere, si trova anche vessato dal sistema fiscale? Vogliamo anche affrontare questo argomento?
Colleghi, se in un gruppo anche piccolo, ci leviamo in piedi per intervenire tutti, per fare su questo argomento una battaglia, vi siete domandati, perché? Siamo forse mossi da qualche particolare produttore? O, piuttosto, ci preoccupiamo di non mandare al Paese un segnale devastante?
Io credo che questo debba far riflettere. Ho sentito l'intervento di un collega dai banchi del Popolo della Libertà in cui si parlava di sanatoria. Egli sosteneva: ma come, voi siete contro una sanatoria quando avete votato l'indulto? Certo, io l'ho votato l'indulto, perché l'indulto in un certo momento della storia del Paese è servito anche per risolvere alcuni problemi di interesse generale. Vogliamo porre una similitudine con l'indulto per questo caso specifico? Considerato che vi sono coloro che si sono messi in regola, sarebbe come se, dopo aver mandato fuori dalle carceri per effetto dell'indulto chi aveva commesso dei reati, questi, dopo essere usciti, Pag. 78avessero ricominciato a commettere reati e noi avessimo deciso, con un provvedimento di legge, di concedere loro un ulteriore premio: non per coloro che, una volta rientrati nella società civile grazie all'indulto, si sono messi in regola e si sono messi a lavorare e a comportarsi da persone oneste, ma per coloro che hanno continuato a violare la legge noi emaniamo un provvedimento che ulteriormente li gratifica. Come verrebbe valutato tutto questo? È questo, credo, che dovrebbe essere rappresentato quando andiamo a parlare di questi argomenti. Credo che gli splafonatori recidivi non debbano essere premiati; credo che non possiamo premiare la furbizia, non possiamo gratificare chi ha scaricato sulla collettività i costi dei propri profitti non leciti. Che segnali manderemmo?
Soprattutto, signor Presidente, e mi avvio alla conclusione, dobbiamo anche parlare delle questioni proprie del mercato. Siamo tutti a credere nel grande valore del mercato che fa aggio su tutti i comportamenti, ma qui si tratta proprio della rottura delle regole del mercato, perché il mercato si basa sulle regole della leale concorrenza. Ditemi voi, allora, se in questa vicenda c'è leale concorrenza tra chi non paga le multe e splafona e chi, invece, si è messo in regola. Quale premio dobbiamo riconoscere a coloro che hanno rispettato le regole e hanno pagato? Quale sanzione applichiamo a carico di coloro che hanno splafonato? Se addirittura fosse vero che nella distribuzione delle quote si premiano ulteriormente coloro che hanno splafonato e coloro che hanno violato le norme, allora davvero dichiariamo di non credere più alle regole del mercato e di voler mandare al mondo della produzione e al mondo economico italiano messaggi del tipo: fregatevene del mercato, tanto qui chi ha protezioni se la cava sempre e può uscirne fuori e gli altri si arrangino. Ecco, questo «arrangiatevi» francamente non mi sembra un buon segnale.
Vorrei anche dire al Ministro che - come ricordava l'onorevole Casini - per altri versi egli usufruisce di un giudizio positivo. Anche ai colleghi della Lega do atto di essere in tante battaglie fortemente ancorati ai problemi della gente, anche quando ricoprono cariche amministrative locali. Non credo, signor Ministro e colleghi della Lega, che qui stiamo scrivendo una bella pagina e non credo che questa pagina premierà coloro che l'hanno sottoscritta e se ne sono resi protagonisti.
Se è vero che un certo consenso elettorale viene anche dal duro lavoro politico in mezzo alla gente, a contatto con gli interessi, quando si vanno a privilegiare piccole percentuali di produttori, magari molto vicini alla Lega, cercando di ricostruire su di loro la storia di battaglie anche giuste del passato, ma che sicuramente non possono costituire oggi la giustificazione morale per questo provvedimento, ritengo si compia un'operazione sbagliata. Il nostro invito allora, il nostro appello, è quello a una riflessione, a una riconsiderazione, soprattutto riprendendo...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FRANCESCO BOSI. ... quel percorso che aveva iniziato il Senato e che è stato bruscamente interrotto con una retromarcia che fa pensare a pressioni improprie sul Governo e sul gruppo parlamentare. Se questo non è vero attendiamo delle verifiche, dei segni e sicuramente ne saremo ben lieti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Codurelli. Ne ha facoltà.

LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, fa specie che chi prima ha dichiarato di essere probabilmente nel giusto, sui banchi non ci sia più, anche questo è un non rispetto. Costoro si auto assolvono. Si tratta di una puntualizzazione che mi premeva fare. Molto è stato già detto ma credo sia giusto ancora una volta puntualizzare perché siamo qui. Non è tanto per parlare quanto per ribadire alcuni concetti di fondo rispetto al provvedimento in esame. Pag. 79
Non sarebbe bastata l'applicazione della legge n. 119 per l'assegnazione delle nuove quote, rispettando in questo modo la legalità ottenuta con grande fatica nel corso del tempo, assicurando trasparenza nel processo ed evitando rischi concreti di alterazione del mercato, come ben ha evidenziato l'onorevole Pezzotta? Invece abbiamo assistito ad annunci propagandistici per aver conquistato, in sede europea, noi soltanto, l'ottenimento anticipato, in un'unica soluzione, delle quote finalizzate all'uscita, da qua a pochissimi anni. Invece gli altri Paesi hanno convenuto di dilazionare in modo programmato il quantitativo aggiuntivo di quote, noi invece no, preteso tutto e subito. Siamo più bravi probabilmente.
Si tratta di una scelta oculata e positiva? Ma positiva per chi? Si tratta di una giusta domanda cui chiediamo che corrisponda una risposta corretta e trasparente. Perché mentre il resto dell'Europa lavora a una politica seria per il dopo quote, così da governare meglio i contraccolpi, l'Italia spende subito il bonus, anche, probabilmente, quello traballante? La legge n. 119, peraltro, occorre ricordarlo, è stata approvata da un Governo di centrodestra. Legge che imponeva legalità ed equità tra i produttori sul mercato, essa è stata applicata con fatica e più spesso è stata sabotata - qualcuno, probabilmente, intendeva dire questo, prima, intervenendo - in un connubio tra parti politiche e minoranze fuori quota.
Se fosse stata applicata con rigore non avremmo bisogno di questo decreto-legge ma, purtroppo, quando sentiamo da Ministri di questo Governo, che hanno giurato sulla Costituzione, affermare che le leggi si fanno ma tanto si possono anche non applicare, credo si tratti di un messaggio di illegalità totale, vergognoso e drammatico per questo Paese! Ecco perché ritengo che questo decreto-legge, fatto per sanare chi ha agito fuori dalle regole e, occorre ricordarlo, a vantaggio dell'1,6 per cento dei produttori, che ha generato un 75 per cento di splafonamento, signor Ministro, esprima la cultura dell'illegalità. Assistiamo tutti i giorni a questo atteggiamento, forti con i deboli e deboli con i forti, tanti proclami ma accondiscendenti attraverso norme ad hoc per i forti: questa è la vostra cultura, una cultura che non è rispettosa della democrazia e delle leggi.
Si vuole far credere di ripristinare le regole continuando ad alterarle, sostenendo i furbi, ma la legalità non è la somma di tante furbizie, la legalità sta nel valore della legge uguale per tutti e nell'autorevolezza dello Stato che le fa rispettare senza trattare sottobanco con chicchessia.
La legalità non si può predicare nei giorni verso gli altri, lo diceva bene l'onorevole Pezzotta, verso i più deboli, verso gli stranieri, ma mai con se stessi. Diffidenze sono presenti da parte della Comunità europea e non verranno meno a fronte di quanto si sta oggi, ora, discutendo rispetto a questo provvedimento. Sono tanti i produttori che nelle settimane scorse, lo voglio ribadire anch'io, hanno manifestato con le loro associazioni, e le istituzioni stesse; in proposito richiamo un ordine del giorno, caro Ministro, che arriva dalla mia provincia, dalla giunta provinciale di Lecco che anche lei avrà ricevuto. Dunque, allora, sono solo strumentali o quando anche le istituzioni dicono che questo provvedimento non va bene non si ascoltano? Quelli che hanno manifestato ad Arcore ed a Gemonio, tutti questi pongono una condizione per continuare a stare correttamente sul mercato; chiedevano e chiedono che una legge non venga formulata pensando soprattutto a poche centinaia di aziende, ma che venga formulata pensando ai tanti che hanno investito e nell'investire si sono indebitati rischiando in proprio.
Nessuno di questi sta strumentalizzando, io credo, e nemmeno penso che siano disinformati. Chiedono semplicemente tutele ed il rispetto di una funzione importante dell'economia italiana, di questo nostro importante pezzo dell'economia, soprattutto in un momento di crisi così grave. Nulla e nessuno può essere affondato soprattutto chi è stato onesto sempre. A questi produttori il Governo e la maggioranza hanno risposto con questo Pag. 80provvedimento ingiusto ed iniquo; a chi chiede legalità e aiuti questo invece risponde con aiuti a coloro che hanno usato l'illegalità nella logica continua dei condoni. Qui, siamo, siete federalisti a ore perché questo provvedimento non ha visto la condivisione delle regioni e modifica in negativo le relazioni tra Stato e regioni sul settore. Bella figura nel momento in cui si festeggia il provvedimento votato ieri sul federalismo fiscale! Fino a quando pensate che si possa continuare a imbrogliare? La nomina di un commissario straordinario comporta la conseguente sottrazione alle regioni della gestione dell'assegnazione agli allevatori delle recenti quote supplementari a favore dell'Italia! Proprio le regioni e le province chiedono modifiche sostanziali nell'ottica sopra richiamata del rigore per dare competitività sia alle imprese di produzione che a quelle di trasformazione e distribuzione puntando nello stesso tempo a garantire al consumatore, lo voglio ribadire, e a tutti noi cittadini prodotti sicuri e di grande qualità.
Tutti i componenti della filiera devono assumersi le proprie responsabilità, io dico tutti; aspetto questo su cui voglio richiamare l'attenzione del Ministro. Le difficoltà ci sono e sono tante e si aggiungono a quanto oggi stiamo discutendo. Sono i piccoli produttori che ne stanno facendo le spese, visto il non coinvolgimento delle regioni, sono i tanti piccoli allevatori che oggi non si vedono nemmeno più ritirare il latte dalle grosse imprese trasformatrici e vengono strozzati sul prezzo.
Pertanto chiedo che si intervenga su questo punto con le regioni, con un immediato intervento anche presso la regione Lombardia affinché vengano sbloccate situazioni che sono critiche anche nella provincia di Lecco, nelle piccole realtà, dove la vera competitività è invece legata, lì, ad un contesto ove i riferimenti per le imprese siano individuati e sono individuati nella qualità delle produzioni, nel legame col territorio, nella trasformazione, nei formaggi DOP e tradizionali, nel rapporto sempre più diretto col consumatore, la cosiddetta filiera corta.
Tutto ciò acquista ancora più rilievo se si prendono in considerazione le aree montane, sì proprio le aree montane che conosco molto bene. Esse sono svantaggiate e, tuttavia, mantengono il territorio e vanno seriamente aiutate per l'ambiente e per tutto il contesto sociale che gli sta intorno. Politicamente, pertanto, a nostro avviso, si dovrebbero e si devono sostenere fino in fondo queste realtà e, soprattutto, quelli che hanno agito nella legalità. Qui sta la differenza.
Occorre condizionare i provvedimenti per l'assegnazione delle nuove quote ai produttori di latte che hanno perseguito il rispetto delle leggi, sostenendo gravosi sacrifici economici. Ciò che ho letto in questo istante non è neanche un emendamento del Partito Democratico, ma è quanto è pervenuto da un'istituzione, dalla provincia.
Ciò, dunque, è fondamentale perché l'intero settore lattiero-caseario deve essere finalmente portato a trasparenza completa. Pertanto, è necessario il massimo impegno di tutte le componenti istituzionali per assicurare il rispetto della legalità ed evitare problemi enormi al nostro Paese, affinché non si proceda più con condoni, e facendo in modo che la legge venga sempre rispettata.
Per questi motivi credo che il nostro Paese debba pur trovare una soluzione certa alla vicenda dei cosiddetti «irregolari del latte» che dura, ormai, da un quarto di secolo.
Credo che il Partito Democratico abbia lavorato con abnegazione anche in Commissione, con grande responsabilità e rigore al fine di trovare una soluzione, e il complesso degli emendamenti presentati tende proprio a raggiungere questo obiettivo, cioè a modificare tutte le norme che, in modo diretto o indiretto, favoriscono chi ha agito al di fuori della legge.
Dunque, il complesso dei nostri emendamenti migliorerebbe notevolmente i contenuti e andrebbe anche verso l'interesse di altri settori del comparto agricolo, come prima affermavo, cioè verso la cosiddetta filiera corta, introducendo misure a favore delle imprese che effettuano la Pag. 81stagionatura di lungo periodo, come altri colleghi hanno già ricordato, dando piena attuazione ai meccanismi di gestione del rischio in agricoltura e potenziando anche il ruolo per l'assicurazione e per l'adeguato fondo assicurativo.
Concludendo, signor Presidente, signor Ministro, voglio cogliere questa occasione per dire che è ora di affrontare la grave crisi del settore agro-alimentare del nostro Paese. Lo dobbiamo fare soprattutto in questo momento, perché la crisi che stiamo attraversando è gravissima. Questo è un settore importante per tutti noi. Occorre ridare fiducia ai nostri giovani nella legalità e una speranza per il futuro.
Ma, soprattutto, signor Ministro, gli spot non funzionano più. La crisi generale si accanisce con particolare violenza in un settore storicamente debole. Non vi è la necessità di sanatorie, ma di risorse vere per affrontare i problemi veri del settore agro-alimentare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cuomo. Ne ha facoltà.

ANTONIO CUOMO. Signor Presidente, signor Ministro, penso, senza per questo voler fare un torto al precedente decreto-legge, il n. 171 del 2008, che il decreto-legge in esame rappresenti davvero il primo concreto provvedimento che giunge all'esame dell'Assemblea in materia di agricoltura, vale a dire quello che può effettivamente dare una svolta migliorativa al mondo agricolo del nostro Paese. Questo sicuramente va al suo meritevole impegno, perché ha voluto portare all'esame dell'Assemblea questo decreto-legge.
Tuttavia, le debbo dire che percepisco che tale opportunità potrebbe forse essere sprecata dal Governo qualora, caro Ministro, lei non cogliesse, fino in fondo, il senso delle proposte emendative che i gruppi di opposizione - e in primo luogo il Partito Democratico - hanno proposto, dapprima in Commissione, e il presidente Paolo Russo ne è buon testimone.
Lo hanno fatto con impegno e con competenza, in uno spirito di accorta e aperta collaborazione. Credo che se il Governo restasse - o resterà, come si intravede e si percepisce dagli interventi dei colleghi della Lega - sordo, anche questa volta ho paura che si produrrà un duplice effetto negativo per il mondo dell'agricoltura. Da un lato, si avrebbe una sorta di svilimento del pur positivo risultato che lei stesso ha ottenuto in sede europea con l'attribuzione di un'aliquota aggiuntiva del 5 per cento di quote latte a partire dall'anno corrente e, dall'altro, credo che avremmo il rischio di tornare ad incentivare - stavolta esclusivamente nel settentrione d'Italia - le vecchie abitudini comportamentali di illegali e di furbetti.
Rispetto a questo, infatti, le ricordo che la quota del 2 per cento del 2008 che doveva essere assegnata in base alle norme della fatidica legge n. 119 del 2003 - che i suoi colleghi della Lega hanno bistrattato qualche minuto fa in quest'aula - andava invece a sommarsi alla quota del 5 per cento contrattata in sede europea e sarà quindi assegnata con altre regole di priorità, quelle che probabilmente usciranno all'indomani della conversione di questo decreto-legge. Ciò recherà un danno a quegli allevatori che avevano meritoriamente deciso di rispettare le norme introdotte, come diceva prima la collega che mi ha preceduto, dal decreto-legge n. 49 del 2003 che, tra l'altro, è stato approvato nel secondo Governo Berlusconi dalla stragrande maggioranza di questo Parlamento.
Signor Ministro, ritengo che bisogna aprire un'ulteriore riflessione su quello che abbiamo detto in questa lunga giornata di dibattito e bisogna farlo all'insegna di un elemento di responsabilità rispetto ai particolari che sicuramente verranno fuori e saranno evidenziati domani in Aula quando passeremo all'esame degli emendamenti.
Credo che lei possa avere la possibilità di creare le condizioni di modificare e di migliorare questo decreto-legge, non nell'interesse di una particolarità o di un pezzo del territorio del Paese, ma nell'interesse generale di tutto il Paese e anche del settentrione, ma con il rispetto di una introduzione nuova del sentimento non di Pag. 82egoismo, ma di solidarietà. Invece, il comportamento insistente di alcuni colleghi della Lega fa capire che vi è una chiusura di fondo che non è solo relativa al problema delle quote latte, ma a un problema di impostazione politica che la Lega sta dando a questo Governo. Di questo sono preoccupato.
Sono preoccupato perché il federalismo diventa un elemento di spot politico elettorale - visto che siamo alla vigilia di alcuni appuntamenti importanti -, poi il giorno dopo siamo alle prese con un altro decreto-legge importante ed anche su questo vedo la forza motrice della Lega rispetto alla maggioranza che probabilmente mette il Governo in una seria difficoltà rispetto agli obiettivi del Paese.
Signor Ministro, sono un deputato anonimo del sud, però già altre volte ho ricordato che il problema dell'Italia - e lei che partecipa quale rappresentante di questo Paese in sede europea lo capisce - è che nella misura in cui il nostro non è un Paese competitivo, saremo tenuti in una condizione che oserei definire di serie B.
Le faccio un esempio. Se dividessimo il nostro Paese da Roma in su e da Roma in giù, probabilmente la parte settentrionale diventerebbe la parte di un Paese più forte d'Europa, in termini di reddito pro capite, di servizi, di infrastrutture. Nella stessa condizione, la parte meridionale diventerebbe tra i paesi più deboli d'Europa. Non direi il più debole per una questione di ottimismo. Ma sicuramente da Roma in giù diventerebbe il Paese più debole d'Europa.
Purtroppo, siamo insieme, siamo lo stesso Paese. Siamo l'Italia da Torino a Palermo e questo elemento - ripeto, insisto ed insisterò sempre - di mantenere allargata la distanza tra il nord e il sud non renderà mai questo Paese competitivo. Quindi, caro Ministro, dico ai colleghi della Lega Nord che posso apprezzare la loro passione politica, il loro impegno particolare nel territorio, ma che non si va da nessuna parte se l'interesse dei colleghi della Lega Nord non è uguale rispetto al proprio territorio e a quello del sud; Non è uguale rispetto agli interessi degli allevatori del nord e rispetto agli allevatori del sud. Infatti, lo ripeto e insisto, siamo un Paese unito e credo, così come ho sentito da qualche intervento, abbiamo il dovere di mantenere questa unità, di renderla produttiva e solidale, quello che invece non vedo in quest'aula.
Quindi, vorrei avviarmi alle conclusioni non perché ho poco da dire, ma per non ripetere le tante motivazioni ripetute dai miei colleghi. Tuttavia, una domanda gliela voglio fare. Si tratta di una domanda particolare. Il Governo interviene, caro Ministro, con questo decreto-legge in materia di regolamentazione del mercato del latte con un provvedimento che ridistribuisce una aliquota ingente di quote latte senza essere però - questa è la domanda che faccio a lei e spero in una risposta domani - in possesso neanche dei dati aggregati: quanti sono i titolari di quota A e quanti quelli di quota B? E ancora: quanti sono gli «splafonatori» e, infine, quale è la loro misura di eccedenza media? Questa domanda è significativa, perché è il senso dell'intero decreto-legge che lei ha portato in quest'aula.
Infatti, rispetto a questa domanda lei non ci ha dato ancora nessun dato certo, non ci ha dato ancora nessuna risposta. Quindi, caro Ministro, concludo per davvero, accetti i nostri consigli, gli emendamenti che il Partito Democratico e gli altri partiti dell'opposizione hanno presentato prima in Commissione e che domattina esamineremo in quest'aula. Infatti, quegli emendamenti saranno capaci di migliorare un decreto-legge, che non dovrà servire a migliorare la qualità degli allevatori (che sappiamo furbetti e, sotto certi aspetti, anche illegali), ma dovrà servire a migliorare la qualità di tutti gli allevatori e soprattutto ad introdurre nella vostra pratica di governo un principio fondamentale, che è quello della responsabilità, della consapevolezza, dell'equità e della giustizia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sulla base dell'organizzazione dei lavori convenuta in sede di Pag. 83Conferenza dei presidenti di gruppo a questo punto terminiamo i nostri lavori.
Il seguito del dibattito è rinviato alla seduta di domani a partire dalle ore 9,30 con votazioni a partire dalle ore 10.

Modifica nella costituzione della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta odierna la Commissione parlamentare per le questioni regionali ha proceduto alla elezione del senatore Gianvittore Vaccari a segretario, in sostituzione del senatore Alberto Filippi, dimissionario dalla carica.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, con lettera pervenuta in data odierna, il presidente della Commissione finanze, anche a nome del presidente della Commissione attività produttive, ha chiesto di differire alla seduta di lunedì 30 marzo 2009 lo svolgimento della discussione sulle linee generali del disegno di legge di conversione del decreto-legge recante misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, prevista per domani, 26 marzo 2009.
La discussione sulle linee generali del suddetto disegno di legge di conversione avrà pertanto luogo nella seduta di lunedì 30 marzo 2009.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 26 marzo 2009, alle 9,30:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1367 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio 2009, n. 4, recante misure urgenti in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario (Approvato dal Senato) (2263-A).
- Relatore: Paolo Russo.

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (1415-A).
e delle abbinate proposte di legge JANNONE; CONTENTO; TENAGLIA ed altri; VIETTI e RAO; BERNARDINI ed altri (290-406-1510-1555-1977).
- Relatori: Bongiorno, per la maggioranza; Palomba e Ferranti, di minoranza.

(al termine delle votazioni)

3. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 21.

ERRATA CORRIGE

Nel resoconto stenografico della seduta del 24 marzo 2009, a pagina 27, seconda colonna, decima riga, la parola: «approva» si intende sostituita dalla seguente: «respinge»; a pagina 89, seconda colonna, quarantaquattresima riga, le parole: «ragioni e», si intendono sostituite dalla seguente: «maggiori».