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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di martedì 26 maggio 2009

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 26 maggio 2009.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Balocchi, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Fallica, Fassino, Fitto, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Malfa, La Russa, Leo, Leone, Lo Monte, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Migliori, Milanato, Mura, Nucara, Leoluca Orlando, Arturo Mario Luigi Parisi, Pecorella, Prestigiacomo, Ravetto, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Paolo Russo, Saglia, Scajola, Soro, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso, Valducci, Vegas, Vitali, Vito, Zacchera.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Balocchi, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Casini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Conte, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Fallica, Fassino, Fitto, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Malfa, La Russa, Leo, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lucà, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Migliori, Milanato, Mura, Nucara, Leoluca Orlando, Palumbo, Arturo Mario Luigi Parisi, Pecorella, Picchi, Prestigiacomo, Ravetto, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Paolo Russo, Saglia, Scajola, Soro, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso, Valducci, Vegas, Vitali, Vito, Zacchera.

Annunzio di proposte di legge.

In data 21 maggio 2009 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
GOISIS: «Istituzione del ruolo unico dei professori universitari e del ruolo dei ricercatori nonché disciplina relativa allo stato giuridico, al reclutamento e alla valutazione dell'attività scientifica e didattica dei medesimi» (2460);
RIVOLTA: «Modifiche alla legge 6 marzo 2001, n. 64, in materia di Servizio civile nazionale» (2461);
GIULIO MARINI: «Modifica all'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni» (2462);
BARBIERI: «Modifica all'articolo 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in materia di risoluzione del rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni con quaranta anni di anzianità contributiva» (2463);
GALATI: «Modifica al decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, in materia di nomina a prefetto e di promozione a viceprefetto rispettivamente dei viceprefetti e dei viceprefetti aggiunti collocati in quiescenza» (2464);
SANTELLI: «Abrogazione dell'articolo 75-bis del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, in materia di produzione e vendita di prodotti audiovisivi» (2465).

In data 25 maggio 2009 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
CALABRIA: «Disposizioni in materia di agevolazioni per i viaggi svolti in occasione delle elezioni politiche, europee e amministrative» (2467);
BERGAMINI: «Istituzione della corte d'appello, del tribunale per i minorenni e del tribunale di sorveglianza in Lucca» (2469).

Saranno stampate e distribuite.

Trasmissione dal Senato.

In data 21 maggio 2009 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza la seguente proposta di legge:
S. 1511. - Senatrice ADERENTI: «Concessione al comune di Castiglione delle Stiviere della medaglia d'oro al valor civile alla memoria delle sue cittadine che prestarono soccorso ai feriti delle battaglie di Solferino e di San Martino in occasione del 150o anniversario degli eventi» (approvata dalla 1a Commissione permanente del Senato) (2466).

In data 25 maggio 2009 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:
S. 1534. - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile» (approvato dal Senato) (2468).

Saranno stampati e distribuiti.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
I Commissione (Affari costituzionali):
SBAI e CONTENTO: «Modifica all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, concernente il divieto di indossare gli indumenti denominati burqa e niqab» (2422) Parere della II Commissione (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni);

S. 1511. - Senatrice ADERENTI: «Concessione al comune di Castiglione delle Stiviere della medaglia d'oro al valor civile alla memoria delle sue cittadine che prestarono soccorso ai feriti delle battaglie di Solferino e di San Martino in occasione del 150o anniversario degli eventi» (approvata dalla 1a Commissione permanente del Senato) (2466).

II Commissione (Giustizia):
MASTROMAURO ed altri: «Modifica all'articolo 61 del codice penale, in materia di circostanza aggravante per i delitti contro il patrimonio o determinati da motivi di lucro commessi in danno di persone di età superiore a settanta anni» (2336) Parere delle Commissioni I e XII;
CASSINELLI: «Modifica dell'articolo 30 della legge 31 maggio 1995, n. 218, in materia di legge regolatrice dei rapporti patrimoniali tra coniugi» (2347) Parere delle Commissioni I e III;

BERNARDINI ed altri: «Istituzione dell'Anagrafe digitale pubblica degli istituti di prevenzione e di pena» (2366) Parere delle Commissioni I, V, XI e XII.

III Commissione (Affari esteri):
«Ratifica ed esecuzione dell'Accordo internazionale del 2006 sui legni tropicali, con Allegati, fatto a Ginevra il 27 gennaio 2006» (approvato dal Senato) (2450) Parere delle Commissioni I, V, VIII, X, XIII e XIV;
«Ratifica ed esecuzione dei Protocolli di attuazione della Convenzione internazionale per la protezione delle Alpi, con annessi, fatta a Salisburgo il 7 novembre 1991» (approvato dal Senato) (2451) Parere delle Commissioni I, II, V, VI, VII, VIII, IX, X, XIII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

IV Commissione (Difesa):
RAISI: «Modifiche agli articoli 67 e 69 della legge 10 aprile 1954, n. 113, in materia di trattamento degli ufficiali delle Forze armate e del Corpo della guardia di finanza nella posizione di ausiliaria e di computo del medesimo agli effetti del trattamento di quiescenza» (2399) Parere delle Commissioni I, V e XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale);
RENATO FARINA ed altri: «Norme sulla disciolta struttura italiana dell'organizzazione clandestina nordatlantica "Stay Behind Nets", nota in Italia con il nome di "Gladio", e sul personale militare e civile volontario che era in essa inquadrato» (2408) Parere delle Commissioni I, III, V e XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale).

VI Commissione (Finanze):
JANNONE: «Modifiche all'articolo 35 del testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, in materia di banche di credito cooperativo» (967) Parere delle Commissioni I, II, V e XIV;
DI PIETRO ed altri: «Disposizioni concernenti l'applicazione delle detrazioni per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici siti nei comuni della provincia dell'Aquila e di altri comuni della regione Abruzzo colpiti dagli eventi sismici del 6 aprile 2009» (2386) Parere delle Commissioni I, V, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento) e X.

VII Commissione (Cultura):
PISICCHIO ed altri: «Modifiche alla legge 3 febbraio 1963, n. 69, in materia di ordinamento della professione di giornalista» (2393) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), V, IX, XI e XIV;
MALGIERI: «Istituzione di presìdi sanitari presso le sedi delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado» (2402) Parere delle Commissioni I, V, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
S. 1006-1036. - Senatori FRANCO VITTORIA e altri; Senatori ASCIUTTI e altri: «Nuove norme in materia di difficoltà specifiche d'apprendimento» (approvata, in un testo unificato, dalla 7a Commissione permanente del Senato) (2459) Parere delle Commissioni I, V, XI, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

X Commissione (Attività produttive):
JANNONE: «Disposizioni per il rilancio del settore turistico» (310) Parere delle Commissioni I, V, IX, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

XI Commissione (Lavoro):
PELINO ed altri: «Disposizioni concernenti l'integrazione della composizione della Commissione medico-ospedaliera per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, di cui all'articolo 165, primo comma, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, e del Comitato di verifica per le cause di servizio, previsto dall'articolo 10 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461» (2360) Parere delle Commissioni I, V e XII;
JANNONE: «Modifica all'articolo 4 della legge 12 giugno 1984, n. 222, in materia di requisiti di assicurazione e di contribuzione per il riconoscimento del diritto all'assegno di invalidità e alla pensione di inabilità» (2365) Parere delle Commissioni I, V, XII e XIII;
ANTONINO FOTI ed altri: «Interventi per agevolare la libera imprenditorialità e per il sostegno del reddito» (2424) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII, X (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Commissioni riunite III (Affari esteri) e VII (Cultura):
MALGIERI: «Disposizioni per la promozione e la diffusione della cultura, della lingua e della scienza italiane all'estero» (2401) Parere delle Commissioni I, V, X, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
«Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, con Allegato, adottata a Parigi il 2 novembre 2001, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno» (2411) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), IV, V, VIII e IX.

Annunzio di archiviazione di atti relativi a reati previsti dall'articolo 96 della Costituzione.

Con lettera pervenuta il 21 maggio 2009, il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ha comunicato che il collegio per i procedimenti relativi ai reati previsti dall'articolo 96 della Costituzione, costituito presso il suddetto tribunale, ha disposto, con decreto del 30 marzo 2009, l'archiviazione di atti relativi ad un procedimento per ipotesi di responsabilità nei confronti del deputato Ignazio La Russa, nella qualità di ministro della difesa pro tempore.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

La Corte dei conti - sezione del controllo sugli enti - con lettera in data 19 maggio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP), per l'esercizio 2007. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dell'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 97).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissione dal ministro dell'interno.

Il ministro dell'interno, con lettere del 27 aprile 2009, ha trasmesso due note relative all'attuazione data agli ordini del giorno ESPOSITO ed altri n. 9/22-A/3 e ZACCARIA ed altri n. 9/22-A/4, accolti dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 3 febbraio 2009, concernenti la previsione di requisiti diversi per liste presentate da partiti o forze politiche già rappresentati in sede di Parlamento europeo.

Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali) competente per materia.

Trasmissione dal ministro dell'economia e delle finanze.

Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettera del 13 maggio 2009, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data, per la parte di propria competenza, alla mozione MOLTENI ed altri n. 1/00084, accolta dal Governo ed approvata dall'Assemblea nella seduta del 28 gennaio 2009, riguardante iniziative a sostegno dei diritti delle persone con disabilità.

La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla VI Commissione (Finanze), competente per materia.

Trasmissione dal ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Il ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con lettere del 18 maggio 2009, ha trasmesso tre note relative all'attuazione data agli ordini del giorno: VANALLI ed altri n. 9/1713/32, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 13 novembre 2008, riguardante la disciplina dell'incentivo di cui all'articolo 92 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, BELTRANDI ed altri n. 9/1713/43, accolto dal Governo nella medesima seduta dell'Assemblea, concernente la trasformazione dei veicoli in circolazione in veicoli elettrici, DIMA ed altri n. 9/1185/17 e MISITI n. 9/1713/54, accolti dal Governo rispettivamente nelle sedute dell'Assemblea del 26 giugno e del 13 novembre 2008, riguardanti l'individuazione delle risorse finanziarie per la realizzazione di interventi infrastrutturali in Calabria e Sicilia.

Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alle Commissioni VIII (Ambiente) e IX (Trasporti) competenti per materia.

Trasmissione dal ministro degli affari esteri.

Il ministro degli affari esteri, con lettera in data 21 maggio 2009, ha comunicato, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 6 febbraio 1992, n. 180, concernente la partecipazione dell'Italia alle iniziative di pace e umanitarie in sede internazionale, che intende devolvere contributi al Corpo della guardia di finanza italiana, al Centro italo-tedesco Villa Vigoni e alla Società italiana per l'organizzazione internazionale (SIOI) per il finanziamento di determinati progetti.

Tale comunicazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

Trasmissione dal ministro per le politiche europee.

Il ministro per le politiche europee, con lettera in data 21 maggio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, la relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nel 2008 (doc. LXXXVII, n. 2).

Questo documento sarà stampato.

Annunzio di progetti di atti comunitari e dell'Unione europea.

Il ministro per le politiche europee, con lettera in data 22 maggio 2009, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 3 e 19 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, progetti di atti comunitari e dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee.

Nelle Gazzette Ufficiali dell'Unione europea del 4 aprile 2009, C 82, e del 18 aprile 2009, C 90, sono state pubblicate le seguenti sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, relative a cause in cui la Repubblica italiana è parte o adottate a seguito di domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un'autorità giurisdizionale italiana, che sono inviate, ai sensi dell'articolo 127-bis del regolamento, alle sottoindicate Commissioni competenti per materia nonché alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
2009/C 82/02 Causa C-110/05: Sentenza della Corte (Grande Sezione) 10 febbraio 2009 - Commissione delle Comunità europee/Repubblica italiana (Inadempimento di uno Stato - Articolo 28 CE - Nozione di «misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative all'importazione» - Divieto per ciclomotori, motocicli, tricicli e quadricicli di trainare rimorchi sul territorio di uno Stato membro - Sicurezza stradale - Accesso al mercato - Ostacolo - Proporzionalità) (doc. LXXXIX, n. 61) - alla IX Commissione (Trasporti);
2009/C 90/08 - Causa C-1/08: Sentenza della Corte (Terza Sezione) 19 febbraio 2009 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte suprema di cassazione - Italia) - Athesia Druck Srl/Ministero delle Finanze, Agenzia delle Entrate (Sesta direttiva IVA - Articolo 9, n. 2, lettera e) - Articolo 9, n. 3, lettera b) - Tredicesima direttiva IVA - Articolo 2 - Luogo della prestazione - Prestazioni pubblicitarie - Rimborso dell'IVA - Rappresentante fiscale) (doc. LXXXIX, n. 62) - alla VI Commissione (Finanze).

Annunzio di una sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo.

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 18 maggio 2009, ha dato comunicazione, ai sensi della legge 9 gennaio 2006, n. 12, della seguente sentenza pronunciata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato italiano, passata in giudicato nel mese di marzo 2009, che è inviata alla VIII Commissione (Ambiente) nonché alla III Commissione (Affari esteri):
sentenza 9 dicembre 2008: Cignoli e altri n. 68309/01, in materia di espropriazioni. Constata la violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 CEDU, relativo alla protezione della proprietà poiché nei casi di espropriazione per pubblica utilità solo il perseguimento di uno scopo legittimo può giustificare un'indennità notevolmente inferiore al valore commerciale del bene (doc. CLXXIV, n. 129).

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

Il Ministero dell'interno, con lettere in data 19 maggio 2009, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ha dato comunicazione dei decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento dei consigli comunali di Arce (Frosinone) e di Calcio (Bergamo).
Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Il Ministero dell'interno, con lettere in data 22 maggio 2009, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dei decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento dei consigli comunali di Peschiera Borromeo (Milano), Pettorazza Grimani (Rovigo), Rizziconi (Reggio Calabria), Arienzo (Caserta), Roppolo (Biella), Terno d'Isola (Bergamo) e Cerignola (Foggia).
Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Trasmissione della Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali.

Il presidente della Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, con lettera in data 8 maggio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 13, comma 1, lettera n), della legge 12 giugno 1990, n. 146, e successive modificazioni, copia dei verbali delle sedute della Commissione relative ai mesi di febbraio e marzo 2009.
Questa documentazione è trasmessa alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissione dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Il presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con lettera in data 22 maggio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 21 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, una segnalazione in merito al comma 7-bis dell'articolo 32 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, recante «Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale», convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2008, n. 2.
Questa documentazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).

Richieste di parere parlamentare su atti del Governo.

Il ministro della difesa, con lettera in data 20 maggio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 4 ottobre 1988, n. 436, la richiesta di parere parlamentare sul programma pluriennale di A/R n. SMD 04/2009, relativo all'acquisizione di sistemi controcarro di terza generazione con munizionamento e relativi supporti addestrativi e logistici (84).

Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla IV Commissione (Difesa), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 25 giugno 2009.

Il ministro della difesa, con lettera in data 20 maggio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 4 ottobre 1988, n. 436, la richiesta di parere parlamentare sul programma pluriennale di A/R n. SMD 05/2009, relativo alla fase di sviluppo e industrializzazione della munizione guidata LR (Long Range) per l'incremento della gittata e della precisione delle artiglierie sulle unità navali e terrestri - VULCANO (85).

Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla IV Commissione (Difesa), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 25 giugno 2009.

Il ministro della difesa, con lettera in data 20 maggio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 4 ottobre 1988, n. 436, la richiesta di parere parlamentare sul programma pluriennale di A/R n. SMD 06/2009, relativo alla realizzazione di tre stazioni «Anchor» fisse, con funzioni integrative e alternative al centro di gestione e di controllo di Vigna di Valle (Roma) del sistema satellitare per le telecomunicazioni denominato «SICRAL» (86).

Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla IV Commissione (Difesa), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 25 giugno 2009.

Il ministro della difesa, con lettera in data 20 maggio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 4 ottobre 1988, n. 436, la richiesta di parere parlamentare sul programma pluriennale di A/R n. SMD 07/2009, relativo allo sviluppo e all'integrazione di un sistema di autoprotezione infrarosso (Directed infra-Red counter-Measures - DIRCM) di ultima generazione basato su tecnologia laser, per la protezione degli assetti aerei dell'Aeronautica militare (87).

Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla IV Commissione (Difesa), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 25 giugno 2009.

Il ministro della difesa, con lettera in data 20 maggio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 4 ottobre 1988, n. 436, la richiesta di parere parlamentare sul programma pluriennale di A/R n. SMD 08/2009, relativo all'acquisizione di sedici veicoli protetti ambulanza VTMM (veicolo da trasporto medio multiruolo) e quattro veicoli protetti ambulanza VBM (veicolo blindato medio) per le esigenze di operazioni fuori dai confini nazionali (88).

Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla IV Commissione (Difesa), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 25 giugno 2009.

Il ministro della difesa, con lettera in data 20 maggio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 4 ottobre 1988, n. 436, la richiesta di parere parlamentare sul programma pluriennale di A/R n. SMD 09/2009, relativo alla produzione e supporto del missile AGM-88E Advanced anti-Radiation Guided Missile (AARGM) (89).

Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla IV Commissione (Difesa), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 25 giugno 2009.

Il ministro della difesa, con lettera in data 20 maggio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 4 ottobre 1988, n. 436, la richiesta di parere parlamentare sul programma pluriennale di A/R n. SMD 010/2009, relativo alla realizzazione del programma multinazionale denominato MUSIS-CSG correlato al futuro sistema satellitare europeo di osservazione della Terra (90).

Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla IV Commissione (Difesa), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 25 giugno 2009.

Il ministro della difesa, con lettera in data 20 maggio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 4 ottobre 1988, n. 436, la richiesta di parere parlamentare sul programma pluriennale di A/R n. SMD 11/2009, relativo all'ammodernamento della rete radar costiera con acquisizione della capacità di riconoscimento automatico con tecniche ISAR (Inverse Synthetic Aperture Radar) (91).

Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla IV Commissione (Difesa), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 25 giugno 2009.

Il ministro della difesa, con lettera in data 20 maggio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 4 ottobre 1988, n. 436, la richiesta di parere parlamentare sul programma pluriennale di A/R n. SMD 12/2009, relativo alla realizzazione di sistemi di simulazione «Constructive» e «Live» per l'addestramento terrestre (92).

Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla IV Commissione (Difesa), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 25 giugno 2009.

Il ministro della difesa, con lettera in data 20 maggio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 4 ottobre 1988, n. 436, la richiesta di parere parlamentare sul programma pluriennale di A/R n. SMD 13/2009, in cooperazione internazionale, denominato «NATO - Alliance Ground Surveillance Capability (NATO-AGS)», relativo al contributo italiano all'acquisizione, da parte dell'Alleanza Atlantica, di un sistema di sorveglianza aerea ad alta tecnologia basato su una flotta di otto velivoli a pilotaggio remoto «Global Hawk» e di un segmento terrestre di guida e controllo, da integrare nell'ambito del sistema C4ISTAR della NATO (93).

Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla IV Commissione (Difesa), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 25 giugno 2009.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

Nell'Allegato A al resoconto della seduta del 7 maggio 2009, a pagina 2, seconda colonna, alla ventottesima riga deve leggersi: «burqa» e non: «burka», come stampato.

MOZIONI FRANCESCHINI ED ALTRI N. 1-00161, IANNACCONE ED ALTRI N. 1-00168, VIETTI ED ALTRI N. 1-00170, CICCHITTO, COTA ED ALTRI N. 1-00171 E DI GIUSEPPE ED ALTRI N. 1-00172 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A FAVORIRE L'INSERIMENTO DEI GIOVANI DEL MEZZOGIORNO NEL MERCATO DEL LAVORO

Mozioni

La Camera,
premesso che:
contrariamente a quanto avvenuto in passato, quando il Mezzogiorno, proprio a causa della sua minore apertura internazionale, tendeva a risentire meno del rallentamento dell'economia mondiale, nell'attuale crisi mondiale sarà proprio nel Sud del Paese che la crisi morderà maggiormente, con effetti fortemente negativi sulla dinamica dei consumi, degli investimenti e dell'occupazione;
si tratta di una prospettiva allarmante e che rischia di determinare effetti pesanti in termini sia economici che sociali per le aree deboli del nostro Paese, già colpite strutturalmente da alti tassi di disoccupazione e da diffuse situazioni di povertà;
se la crisi sta certamente facendo sentire i suoi effetti drammatici nelle regioni centro-settentrionali, dove la cassa integrazione cresce di oltre il 600 per cento, tuttavia è nel Mezzogiorno che sta escludendo fasce crescenti di popolazione, soprattutto giovane, dal mercato del lavoro;
secondo l'Istat, nel quarto trimestre del 2008 l'occupazione nel Sud si è ridotta di 126 mila unità rispetto allo stesso periodo del 2007; inoltre, l'industria meridionale ha perso nel 2008 circa 65 mila addetti, le costruzioni altri 30 mila;
l'economia meridionale somma all'inversione ciclica debolezze strutturali, che affondano le loro radici nel tempo e che si aggravano nell'attuale fase congiunturale;
in un simile quadro la politica pubblica, che in altri momenti aveva sostenuto il Sud nelle fasi di crisi, sembra avere assunto una strategia sostanzialmente anti-meridionale;
il nostro Paese non crede più nel Sud e nelle sue possibilità di crescita, quando il Mezzogiorno resta, invece, un bacino ricco di potenzialità non pienamente sfruttate, verso cui dobbiamo orientare serie e nuove strategie d'intervento. Come ha ricordato qualche mese fa il Governatore della Banca d'Italia Draghi: «Il Paese non si riprende se il Sud non decolla»;
l'approccio seguito dal Governo Berlusconi ripropone un modello di intervento che privilegia il riposizionamento competitivo delle aree forti, nell'erronea convinzione che basti alleggerire gli ultimi vagoni, che rappresentano le aree deboli, del treno dell'economia italiana per farlo correre più forte;
i provvedimenti varati dall'attuale Esecutivo hanno di fatto azzerato ogni intervento a favore del Mezzogiorno, sia in termini di risorse stanziate sia di strumenti appropriati: basti citare il sistematico utilizzo delle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate;
il fondo per le aree sottoutilizzate è lo strumento principale per realizzare interventi aggiuntivi nel Mezzogiorno volti a ridurre il gap ancora esistente nelle dotazioni infrastrutturali e nella qualità dei servizi pubblici: nell'ultimo anno, invece, il fondo per le aree sottoutilizzate è stato utilizzato come un salvadanaio da poter utilizzare per ogni evenienza, un bancomat improprio, utile sia per far fronte alle promesse elettorali (come l'abolizione dell'ici), sia per coprire ogni tipo di esigenza di spesa corrente. I tagli del fondo per le aree sottoutilizzate ammontano a oltre 17 miliardi di euro;
inoltre, è proprio a valere sulle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate, già stanziate per la programmazione 2007-2013, che sono e saranno finanziate le cosiddette «misure anti-crisi» e anche quelle per far fronte all'emergenza terremoto previste dai fondi di nuova istituzione, ovvero il fondo infrastrutture, fondo sociale per occupazione e formazione, il fondo strategico per il paese a sostegno dell'economia reale;
a questa sistematica distrazione di fondi, si è aggiunta una miope politica di tagli per gli imprenditori meridionali: in una fase congiunturale così difficile, invece di supportare le imprese del Sud, il Governo ha di fatto annullato l'operatività del credito d'imposta per i nuovi investimenti nel Mezzogiorno, lasciando le aziende del Sud senza alcuna fiscalità di sviluppo e deprimendo ancora di più le prospettive di crescita delle zone sottoutilizzate. A questo va aggiunto il mancato avvio delle zone franche urbane;
servirebbero, invece, interventi per fronteggiare la crisi e allo stesso tempo per dare copertura sociale a larghi strati di occupazione, proprio quella più debole e precaria particolarmente presente al Sud, che al momento è totalmente scoperta;
il Meridione deve e può diventare un'opportunità per l'intero Paese, ma serve una svolta nella gestione delle risorse. Occorre ripartire con scelte coraggiose: incentivi chiari e trasparenti per le imprese; programmazione unitaria, quindi programmi strategici coordinati tra Stato centrale e regioni e non più progetti spot; meccanismi premiali per le amministrazioni che raggiungono target di servizio capaci di migliorare la vita della collettività; nuovo slancio civico e uno sforzo di tutti a non pensare più in termini localistici, indirizzando, invece, le energie su progetti di ricaduta ampia;
c'è una generazione di giovani meridionali che sta realizzando importanti progressi nei livelli di scolarizzazione, ormai arrivati anche per l'istruzione universitaria ai livelli del Centro-Nord, a cui dobbiamo dare risposte in termini di opportunità di impiego e di realizzazione individuale. Intorno a questa grande risorsa, sempre più scarsa in un continente che invecchia sempre più velocemente, vanno costruiti progetti di intervento in grado di aumentare la qualità dell'istruzione (e non certo i tagli indiscriminati previsti dal Ministro Gelmini), di accompagnare i giovani nella difficile fase di accesso al lavoro, di offrire loro adeguati sistemi di formazione fuori e dentro le aziende, anche per impedire che continui l'esodo verso il Nord dei giovani diplomati e laureati del Mezzogiorno;
è necessario approntare da subito un confronto con le parti sociali e i rappresentanti istituzionali dei territori del Mezzogiorno, al fine di mettere in campo un programma di interventi anti-ciclici per favorire l'ingresso delle nuove generazioni meridionali nel mercato del lavoro,

impegna il Governo:

a finanziare un piano volto a inserire nel mercato del lavoro almeno 100 mila giovani diplomati e laureati delle otto regioni del Mezzogiorno mediante stage presso imprese private, a tal fine prevedendo un compenso mensile a carico dello Stato per un periodo non inferiore a sei mesi, cui aggiungere un incentivo di 3.000 euro a favore dell'azienda in caso di assunzione a tempo indeterminato.
(1-00161) «Franceschini, Soro, Sereni, Bressa, Bersani, D'Antoni, Damiano, Lulli, Baretta, Fluvi, Bindi».

La Camera,
premesso che:
la crisi economica e finanziaria su scala internazionale colpisce in particolare modo un Mezzogiorno che si presenta ancora con il suo pesante fardello di problemi irrisolti. Il «check up Mezzogiorno», elaborato dall'Istituto per la promozione industriale e dall'area Mezzogiorno di Confindustria, ha confermato che «l'economia meridionale si è comportata in modo anticiclico rimanendo ai »margini« delle oscillazioni del ciclo economico, ma solo perché poco inserita nell'economia globale»;
tuttavia, il Mezzogiorno oggi non è più al riparo dagli eventi negativi esterni: la «protezione» derivante dall'isolamento è ora meno attiva. I sistemi economici sono molto più «connessi» che in passato e sicuramente anche il Mezzogiorno lo è, anche perché «la soggettività, i bisogni, gli atteggiamenti socio-culturali sono sempre più quelli tipici della modernità, non distinguibili dal resto d'Italia»;
la concatenazione fra problemi strutturali irrisolti e nuove minacce derivanti dalla globalizzazione rende l'economia delle regioni meridionali ancora più fragile; il Mezzogiorno non attrae investimenti, esporta poco, soprattutto se si esclude il contributo della grande industria a controllo esterno, e si presenta di fronte ai nuovi pericoli con il carico dei suoi problemi strutturali;
stando alle stime dell'Ufficio statistico delle Comunità europee (Eurostat) nel 2005 il prodotto interno lordo per abitante del Mezzogiorno era pari al 70 per cento della media UE27, con un lieve arretramento rispetto al 71 per cento del 2004. Anche nel Centro-Nord si è registrato un peggioramento, da 126 a 124. Nell'intervallo 2004-05, fra i vecchi Stati membri dell'UE15, Francia, Grecia, Olanda e Irlanda migliorano la propria collocazione, mentre peggiora la Gran Bretagna. Riguardo al livello di prodotto interno lordo per abitante, il Mezzogiorno è superato ormai non solo da Spagna, Grecia e Portogallo, ma anche da alcuni Paesi di nuovo accesso, come Repubblica ceca, Slovenia, Malta e Cipro. Fra le regioni meridionali, i valori più bassi sono registrati da Sicilia, Campania, Calabria e Puglia, le quattro regioni dell'obiettivo «convergenza». Gli alti tassi di sviluppo dei nuovi Paesi membri fanno prevedere un ulteriore peggioramento del posizionamento relativo del Mezzogiorno;
dodici punti separano il tasso di occupazione del Mezzogiorno e quello medio italiano, punti che diventano 20 se il confronto viene fatto con l'Italia settentrionale;
nel periodo 1995-2008, gli occupati sono aumentati di 2 milioni 701 mila unità nel Centro-Nord e di 483 mila unità nel Mezzogiorno; in termini percentuali, del 19 per cento nel primo caso, e dell'8 per cento nel secondo. Soprattutto, nel Sud l'aumento dell'occupazione si è esaurito nel periodo 1998-2002, mentre è continuato nel Centro-Nord. Tra il 2008 e il 2007 (primi tre trimestri), l'occupazione è cresciuta soltanto nel Centro-Nord (240 mila unità), a fronte di una sostanziale stazionarietà nel Mezzogiorno;
nel periodo 1995-2008, il tasso di disoccupazione è progressivamente disceso, prima nel Centro-Nord e successivamente, con circa cinque anni di ritardo, anche nel Mezzogiorno, fino al minimo del 2007, in cui sono stati raggiunti valori pari a circa la metà di quelli registrati all'inizio del periodo. I primi tre trimestri 2008 evidenziano un rialzo, più sensibile nel Sud. Alcune componenti, come le donne, i giovani e i disoccupati di lungo periodo, manifestano a Sud un particolare disagio, con un tasso di disoccupazione che si attesta al 32,3 per cento per i giovani meridionali;
da vari anni è ripreso un forte movimento migratorio dal Mezzogiorno verso le regioni del Centro-Nord. Negli ultimi cinque anni, l'emigrazione interna ha comportato ogni anno per il Mezzogiorno una perdita di oltre il 2 per mille della popolazione, con valori intorno al 2,4/2,5 per mille abitanti a partire dal 2004, particolarmente intensi in Campania (-4,3 per mille nel 2007), Calabria (-3,9) e Basilicata (-3,7);
alla luce dei dati sopra esposti, occorre rivedere la politica sull'utilizzo del fondo per le aree sottoutilizzate, dal quale, recentemente, l'Esecutivo ha attinto somme non destinate alla riduzione del divario infrastrutturale e al potenziamento dei servizi pubblici,

impegna il Governo:

a elaborare un piano straordinario per l'occupazione a favore dei giovani meridionali che preveda:
a) il sostegno alle imprese private che assumono, assegnando uno sgravio fiscale che copra il costo della manodopera fino a 12 mesi;
b) lo stanziamento di adeguate risorse per favorire iniziative autonome imprenditoriali dei giovani meridionali attraverso il meccanismo del finanziamento della microimpresa;
c) la promozione di ulteriori investimenti per colmare il gap infrastrutturale del Mezzogiorno attraverso la realizzazione di grandi opere;
d) lo stanziamento di risorse per l'adeguamento sismico degli edifici pubblici, in modo particolare delle scuole, e il risanamento idrogeologico del territorio;
e) lo sblocco del turnover nelle regioni dell'obiettivo «convergenza», con la contestuale attuazione di un meccanismo di assunzione di un dipendente nella pubblica amministrazione per ogni tre lavoratori assunti a tempo indeterminato nelle imprese private, da destinare al potenziamento dei servizi a favore delle fasce sociali più deboli.
(1-00168) «Iannaccone, Lo Monte, Belcastro, Commercio, Latteri, Lombardo, Milo, Sardelli, Brugger».

La Camera,
premesso che:
la crisi economica e finanziaria su scala internazionale colpisce in particolare modo un Mezzogiorno che si presenta ancora con il suo pesante fardello di problemi irrisolti. Il «check up Mezzogiorno», elaborato dall'Istituto per la promozione industriale e dall'area Mezzogiorno di Confindustria, ha confermato che «l'economia meridionale si è comportata in modo anticiclico rimanendo ai »margini« delle oscillazioni del ciclo economico, ma solo perché poco inserita nell'economia globale»;
tuttavia, il Mezzogiorno oggi non è più al riparo dagli eventi negativi esterni: la «protezione» derivante dall'isolamento è ora meno attiva. I sistemi economici sono molto più «connessi» che in passato e sicuramente anche il Mezzogiorno lo è, anche perché «la soggettività, i bisogni, gli atteggiamenti socio-culturali sono sempre più quelli tipici della modernità, non distinguibili dal resto d'Italia»;
la concatenazione fra problemi strutturali irrisolti e nuove minacce derivanti dalla globalizzazione rende l'economia delle regioni meridionali ancora più fragile; il Mezzogiorno non attrae investimenti, esporta poco, soprattutto se si esclude il contributo della grande industria a controllo esterno, e si presenta di fronte ai nuovi pericoli con il carico dei suoi problemi strutturali;
stando alle stime dell'Ufficio statistico delle Comunità europee (Eurostat) nel 2005 il prodotto interno lordo per abitante del Mezzogiorno era pari al 70 per cento della media UE27, con un lieve arretramento rispetto al 71 per cento del 2004. Anche nel Centro-Nord si è registrato un peggioramento, da 126 a 124. Nell'intervallo 2004-05, fra i vecchi Stati membri dell'UE15, Francia, Grecia, Olanda e Irlanda migliorano la propria collocazione, mentre peggiora la Gran Bretagna. Riguardo al livello di prodotto interno lordo per abitante, il Mezzogiorno è superato ormai non solo da Spagna, Grecia e Portogallo, ma anche da alcuni Paesi di nuovo accesso, come Repubblica ceca, Slovenia, Malta e Cipro. Fra le regioni meridionali, i valori più bassi sono registrati da Sicilia, Campania, Calabria e Puglia, le quattro regioni dell'obiettivo «convergenza». Gli alti tassi di sviluppo dei nuovi Paesi membri fanno prevedere un ulteriore peggioramento del posizionamento relativo del Mezzogiorno;
dodici punti separano il tasso di occupazione del Mezzogiorno e quello medio italiano, punti che diventano 20 se il confronto viene fatto con l'Italia settentrionale;
nel periodo 1995-2008, gli occupati sono aumentati di 2 milioni 701 mila unità nel Centro-Nord e di 483 mila unità nel Mezzogiorno; in termini percentuali, del 19 per cento nel primo caso, e dell'8 per cento nel secondo. Soprattutto, nel Sud l'aumento dell'occupazione si è esaurito nel periodo 1998-2002, mentre è continuato nel Centro-Nord. Tra il 2008 e il 2007 (primi tre trimestri), l'occupazione è cresciuta soltanto nel Centro-Nord (240 mila unità), a fronte di una sostanziale stazionarietà nel Mezzogiorno;
nel periodo 1995-2008, il tasso di disoccupazione è progressivamente disceso, prima nel Centro-Nord e successivamente, con circa cinque anni di ritardo, anche nel Mezzogiorno, fino al minimo del 2007, in cui sono stati raggiunti valori pari a circa la metà di quelli registrati all'inizio del periodo. I primi tre trimestri 2008 evidenziano un rialzo, più sensibile nel Sud. Alcune componenti, come le donne, i giovani e i disoccupati di lungo periodo, manifestano a Sud un particolare disagio, con un tasso di disoccupazione che si attesta al 32,3 per cento per i giovani meridionali;
da vari anni è ripreso un forte movimento migratorio dal Mezzogiorno verso le regioni del Centro-Nord. Negli ultimi cinque anni, l'emigrazione interna ha comportato ogni anno per il Mezzogiorno una perdita di oltre il 2 per mille della popolazione, con valori intorno al 2,4/2,5 per mille abitanti a partire dal 2004, particolarmente intensi in Campania (-4,3 per mille nel 2007), Calabria (-3,9) e Basilicata (-3,7);
alla luce dei dati sopra esposti, occorre rivedere la politica sull'utilizzo del fondo per le aree sottoutilizzate, dal quale, recentemente, l'Esecutivo ha attinto somme non destinate alla riduzione del divario infrastrutturale e al potenziamento dei servizi pubblici,

impegna il Governo:

a rafforzare le iniziative già assunte in direzione:
del sostegno alle imprese private che assumono;
dell'accompagnamento, attraverso meccanismi di finanziamento della microimpresa, delle iniziative autonome imprenditoriali dei giovani del Sud;
dell'accelerazione degli investimenti già individuati per colmare il gap infrastrutturale;
a prevedere, in un quadro di sostenibilità finanziaria e nel rispetto del patto di stabilità, ogni iniziativa utile a migliorare la qualità ed i livelli occupazionali della Pubblica Amministrazione.
(1-00168) (Testo modificato nel corso della seduta) «Iannaccone, Lo Monte, Belcastro, Commercio, Latteri, Lombardo, Milo, Sardelli, Brugger».

La Camera,
premesso che:
la crisi economica mondiale ha reso, in Italia, più drammatico il divario tra il Nord ed il Mezzogiorno, accusato di essere l'anello debole del Paese; nel contesto economico attuale, il permanere di detto sistema dicotomico rappresenta uno dei principali ostacoli alla crescita;
secondo i dati relativi all'ultimo trimestre del 2008 pubblicati dall'Istat, nel rapporto di «Rilevazione sulle forze di lavoro», in Italia gli occupati sono 23.349.000, un numero che segna una sostanziale interruzione della crescita su base annua, appena lo 0,1 per cento, pari a 24.000 unità. Il risultato è frutto di una media tra Nord, Centro e Sud e la crescita (minima) è data soprattutto dal lavoro straniero al Nord, mentre al Sud si registra una decrescita pesante dell'1,9 per cento, pari a -126.000 unità. Il tasso di occupazione della popolazione tra 15 e 64 anni è sceso di tre decimi rispetto al 2007, attestandosi al 58,5 per cento: vale a dire solo un italiano su due in età da lavoro conserva attualmente il posto;
il calo dell'occupazione nell'ultimo trimestre del 2008 si manifesta, soprattutto, nel lavoro non dipendente: -2,7 per cento, pari a -162.000 lavoratori. La crisi dell'industria in senso stretto riguarda maggiormente i dipendenti del Nord-Ovest (-1,3 per cento, -64.000 unità), ma anche quelli del Mezzogiorno. Il dato più preoccupante nel Sud riguarda il settore delle costruzioni: a fronte di una nuova riduzione dei dipendenti del 3 per cento, che equivale a 15.000 posti di lavoro in meno; il dato allarmante è costituito anche dalla contrazione del 9,4 per cento degli indipendenti, piccoli artigiani attivi nel settore dell'immobiliare, pari a 17.000 unità in meno;
la componente di genere fa registrare una particolare criticità nel Sud, dove il tasso di inattività delle donne residenti raggiunge il 62,8 per cento. I problemi sociali, culturali, di gestione delle risorse si sommano nel Sud in una miscela esplosiva;
le stime aggiornate al 2006 e al 2007 dell'Istat, sul numero di occupati residenti e sulle persone in cerca di occupazione per sistema locale del lavoro, rilevano che ampie zone del Mezzogiorno sono state investite da una riduzione complessiva della forza lavoro. I sistemi locali di Puglia, Basilicata, Calabria e Sardegna risultano i più colpiti, con un tasso di disoccupazione riferito al 2007 che le posiziona ai livelli più alti rispetto al resto del Paese;
è ormai evidente come tutti gli indicatori siano peggiorati al Sud, più che nel resto del Paese, compreso un incremento significativo del tasso di inattività (2,3 per cento, pari a 149.000 persone in più rispetto al 2007, che non cercano un'occupazione perché sono convinti di non trovarla o rimangono in attesa), amplificando la valenza negativa degli altri indicatori economici;
in questo particolare momento storico-economico, diventa cruciale non solo superare la diversa velocità fra Nord e Sud, ma anche valorizzare pienamente le tante possibilità di crescita del Meridione, messe a dura prova dagli effetti della recessione, in particolar modo in settori esposti alla concorrenza internazionale;
è concreto il rischio, inoltre, che la crisi travolga le piccole e medie imprese meridionali, impegnate nei seppur difficoltosi processi di riconversione;
il disagio delle imprese meridionali è reso ancor più palese dal contesto in cui operano, caratterizzato da arretramento delle strutture tecnologiche, da una diffusa economia sommersa e dalla presenza della criminalità organizzata e mafiosa, che tenta di penetrare ed inquinare l'intero tessuto dell'economia meridionale;
occorrono azioni mirate a destinare le risorse necessarie all'innovazione e all'attività di ricerca e sviluppo pubblica in generale e del sistema delle piccole e medie imprese nello specifico;
è necessario aggredire la crisi e lavorare sul lungo periodo, al fine di avviare un processo strutturale di rilancio dell'economia e di modifica delle condizioni dell'apparato industriale, per sanare il divario con il resto del Paese;
poiché nella strategia di sviluppo economico-sociale del Mezzogiorno la valorizzazione del capitale umano rappresenta da sempre un aspetto centrale, diventa imprescindibile rafforzare l'offerta di formazione, in modo da legarla maggiormente ai processi di sviluppo e finalizzarla alla creazione di un'occupazione stabile;
il libro bianco sul futuro del modello sociale intitolato «la vita buona nella società attiva», presentato dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, evidenzia, ancora una volta, la profonda divisione tra Nord e Sud nei livelli di quantità e qualità delle prestazioni sociali come nei tassi di attività della sua popolazione, rendendo, pertanto, inevitabili interventi in grado di sanare queste difformità nel lungo periodo e percorsi virtuosi di protezione sociale idonei a garantirne, in termini di crescita e di sviluppo, la piena sostenibilità;
non servono interventi una tantum circoscritti nel tempo;
le prospettive di rilancio del Mezzogiorno, inoltre, trovano un valido fondamento nella politica continentale volta a creare un polo di sviluppo mediterraneo in grado di competere con una propria specificità nel mercato globale, configurando in una nuova posizione di centralità l'intero Meridione, anche nell'ottica del nuovo ciclo (2008-2010) della strategia di Lisbona rinnovata per la crescita e l'occupazione,

impegna il Governo:

a prevedere adeguati finanziamenti finalizzati alla realizzazione di politiche innovative di formazione e di lavoro, in grado di dare alle giovani generazioni del Sud maggiori e migliori possibilità occupazionali, permettendo così all'intero Paese di progredire attraverso la trasformazione del Mezzogiorno d'Italia in una grande realtà produttiva capace di valorizzare le opportunità offerte dal proprio territorio;
a promuovere un piano di concertazione con le regioni su interventi di sostegno straordinari dell'occupazione e a finanziare interventi orientati non solo alla domanda, ma alla riorganizzazione dell'offerta produttiva, in direzione della strutturazione e del consolidamento delle piccole e medie imprese del Sud e del miglioramento della qualità del lavoro e delle produzioni;
ad attuare ogni utile intervento legislativo, atto a rendere più agevole l'assunzione di lavoratori temporanei, aumentando al contempo le garanzie per i periodi di non occupazione, attraverso l'utilizzo delle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate ancora riferibili al periodo di programmazione 2007-2013, assegnate al fondo sociale per l'occupazione e la formazione e ai programmi regionali e interregionali del Mezzogiorno;
a vigilare e garantire l'attuazione dei piani varati dalle regioni per fronteggiare l'emergenza occupazionale, che prevedono, in gran parte nel Meridione, misure per ridurre la disoccupazione e per incentivare l'impiego delle cosiddette fasce deboli (le donne in primis).
(1-00170) «Vietti, Occhiuto, Tassone, Pezzotta, Poli, Delfino, Compagnon, Cera, Nunzio Francesco Testa, Volontè, Ruvolo, Drago, Naro, Romano, Mannino».

La Camera,
premesso che:
la crisi economica mondiale ha reso, in Italia, più drammatico il divario tra il Nord ed il Mezzogiorno, accusato di essere l'anello debole del Paese; nel contesto economico attuale, il permanere di detto sistema dicotomico rappresenta uno dei principali ostacoli alla crescita;
secondo i dati relativi all'ultimo trimestre del 2008 pubblicati dall'Istat, nel rapporto di «Rilevazione sulle forze di lavoro», in Italia gli occupati sono 23.349.000, un numero che segna una sostanziale interruzione della crescita su base annua, appena lo 0,1 per cento, pari a 24.000 unità. Il risultato è frutto di una media tra Nord, Centro e Sud e la crescita (minima) è data soprattutto dal lavoro straniero al Nord, mentre al Sud si registra una decrescita pesante dell'1,9 per cento, pari a -126.000 unità. Il tasso di occupazione della popolazione tra 15 e 64 anni è sceso di tre decimi rispetto al 2007, attestandosi al 58,5 per cento: vale a dire solo un italiano su due in età da lavoro conserva attualmente il posto;
il calo dell'occupazione nell'ultimo trimestre del 2008 si manifesta, soprattutto, nel lavoro non dipendente: -2,7 per cento, pari a -162.000 lavoratori. La crisi dell'industria in senso stretto riguarda maggiormente i dipendenti del Nord-Ovest (-1,3 per cento, -64.000 unità), ma anche quelli del Mezzogiorno. Il dato più preoccupante nel Sud riguarda il settore delle costruzioni: a fronte di una nuova riduzione dei dipendenti del 3 per cento, che equivale a 15.000 posti di lavoro in meno; il dato allarmante è costituito anche dalla contrazione del 9,4 per cento degli indipendenti, piccoli artigiani attivi nel settore dell'immobiliare, pari a 17.000 unità in meno;
la componente di genere fa registrare una particolare criticità nel Sud, dove il tasso di inattività delle donne residenti raggiunge il 62,8 per cento. I problemi sociali, culturali, di gestione delle risorse si sommano nel Sud in una miscela esplosiva;
le stime aggiornate al 2006 e al 2007 dell'Istat, sul numero di occupati residenti e sulle persone in cerca di occupazione per sistema locale del lavoro, rilevano che ampie zone del Mezzogiorno sono state investite da una riduzione complessiva della forza lavoro. I sistemi locali di Puglia, Basilicata, Calabria e Sardegna risultano i più colpiti, con un tasso di disoccupazione riferito al 2007 che le posiziona ai livelli più alti rispetto al resto del Paese;
è ormai evidente come tutti gli indicatori siano peggiorati al Sud, più che nel resto del Paese, compreso un incremento significativo del tasso di inattività (2,3 per cento, pari a 149.000 persone in più rispetto al 2007, che non cercano un'occupazione perché sono convinti di non trovarla o rimangono in attesa), amplificando la valenza negativa degli altri indicatori economici;
in questo particolare momento storico-economico, diventa cruciale non solo superare la diversa velocità fra Nord e Sud, ma anche valorizzare pienamente le tante possibilità di crescita del Meridione, messe a dura prova dagli effetti della recessione, in particolar modo in settori esposti alla concorrenza internazionale;
è concreto il rischio, inoltre, che la crisi travolga le piccole e medie imprese meridionali, impegnate nei seppur difficoltosi processi di riconversione;
il disagio delle imprese meridionali è reso ancor più palese dal contesto in cui operano, caratterizzato da arretramento delle strutture tecnologiche, da una diffusa economia sommersa e dalla presenza della criminalità organizzata e mafiosa, che tenta di penetrare ed inquinare l'intero tessuto dell'economia meridionale;
occorrono azioni mirate a destinare le risorse necessarie all'innovazione e all'attività di ricerca e sviluppo pubblica in generale e del sistema delle piccole e medie imprese nello specifico;
è necessario aggredire la crisi e lavorare sul lungo periodo, al fine di avviare un processo strutturale di rilancio dell'economia e di modifica delle condizioni dell'apparato industriale, per sanare il divario con il resto del Paese;
poiché nella strategia di sviluppo economico-sociale del Mezzogiorno la valorizzazione del capitale umano rappresenta da sempre un aspetto centrale, diventa imprescindibile rafforzare l'offerta di formazione, in modo da legarla maggiormente ai processi di sviluppo e finalizzarla alla creazione di un'occupazione stabile;
il libro bianco sul futuro del modello sociale intitolato «la vita buona nella società attiva», presentato dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, evidenzia, ancora una volta, la profonda divisione tra Nord e Sud nei livelli di quantità e qualità delle prestazioni sociali come nei tassi di attività della sua popolazione, rendendo, pertanto, inevitabili interventi in grado di sanare queste difformità nel lungo periodo e percorsi virtuosi di protezione sociale idonei a garantirne, in termini di crescita e di sviluppo, la piena sostenibilità;
non servono interventi una tantum circoscritti nel tempo;
le prospettive di rilancio del Mezzogiorno, inoltre, trovano un valido fondamento nella politica continentale volta a creare un polo di sviluppo mediterraneo in grado di competere con una propria specificità nel mercato globale, configurando in una nuova posizione di centralità l'intero Meridione, anche nell'ottica del nuovo ciclo (2008-2010) della strategia di Lisbona rinnovata per la crescita e l'occupazione,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative di stimolo e coordinamento, nei confronti innanzitutto delle Regioni, per la valorizzazione delle politiche attive del lavoro, al fine di dare alle giovani generazioni del Sud maggiori e migliori opportunità occupazionali, permettendo così all'intero Paese di progredire attraverso la trasformazione del Mezzogiorno in una grande realtà produttiva capace di valorizzare le potenzialità offerte dal proprio territorio;
a rafforzare le previsioni di bonus assunzionali per favorire la trasformazione dei rapporti di lavoro temporaneo;
a vigilare e garantire l'attuazione dei piani varati dalle regioni per fronteggiare l'emergenza occupazionale, che prevedono, in gran parte nel Meridione, misure per ridurre la disoccupazione e per incentivare l'impiego delle cosiddette fasce deboli (le donne in primis).
(1-00170) (Testo modificato nel corso della seduta) «Vietti, Occhiuto, Tassone, Pezzotta, Poli, Delfino, Compagnon, Cera, Nunzio Francesco Testa, Volontè, Ruvolo, Drago, Naro, Romano, Mannino».

La Camera,
premesso che:
il Governo ha approvato il libro bianco proposto dal Ministro Maurizio Sacconi, nel quale le nuove politiche del lavoro si intrecciano con una visione innovativa delle politiche sociali. Il libro bianco costituirà il quadro di riferimento per le riforme sociali che verranno adottate nel corso della XVI legislatura;
dieci anni di riforme del mercato del lavoro - anche se non hanno sciolto il nodo di una più moderna regolazione della risoluzione individuale del rapporto di lavoro - non sono passati inutilmente e hanno iniziato a raccogliere i primi risultati. Dal 1997 sono stati creati più di tre milioni di posti di lavoro, due terzi dei quali rappresentati da contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato. Dal 1995 al 2008 gli occupati sono aumentati del 17 per cento (erano 23,367 milioni alla fine del 2008, contro poco meno di 20 milioni all'inizio del 1995, dopo la precedente recessione). La modesta crescita delle retribuzioni reali (al netto dell'inflazione) e la maggiore flessibilità del mercato (facilità d'assunzione e d'interruzione del rapporto), assicurata da numerose leggi di riforma, hanno reso più conveniente per le imprese l'utilizzo del lavoro, nonostante una crescita economica molto contenuta. Anche il tasso di disoccupazione si è molto ridotto: da più dell'11 per cento del 2005 al 6,7 per cento del 2008;
il tasso di occupazione, così decisivo per la sostenibilità del sistema di welfare e il radicamento di una società attiva, si è lentamente avvicinato alla media europea, crescendo di quasi 10 punti percentuali. È aumentato sensibilmente il numero di donne presenti nel mercato del lavoro;
per quanto riguarda il carattere dell'occupazione (e quindi la polemica sul cosiddetto «precariato») dal 1997 (anno del cosiddetto «pacchetto Treu») al 2006 (la cosiddetta «legge Biagi» è del 2003), quella a tempo pieno è aumentata di ben 2 milioni; quella a tempo parziale di 600 mila circa (il che non è un dato negativo se si considera che in Europa, laddove il lavoro a part time è elevato, è alta anche l'occupazione femminile). Va richiamata l'attenzione sul lavoro dipendente, che aumenta di circa 2,4 milioni di unità: 1,8 milioni sono permanenti, mentre l'incremento dei rapporti a termine è stato di 600 mila unità;
grazie alle riforme introdotte si è diffuso - anche se in termini non ancora sufficienti - l'impiego del lavoro a tempo parziale e di quelle forme di lavoro a orario modulato, che, consentendo una migliore conciliazione tra tempo di lavoro remunerato e lavoro di cura, offrono opportunità di inclusione sociale a persone altrimenti escluse dal mercato di lavoro;
rimane, tuttavia, ancora insufficiente il livello complessivo di valorizzazione del capitale umano, con particolare riferimento a Mezzogiorno e occupazione femminile. Tuttavia, negli ultimi 15 anni, secondo l'Istat, il tasso d'occupazione femminile (la percentuale delle donne che lavorano) è salito dal 37,8 al 47,2 per cento, mentre per gli uomini nello stesso periodo è passato dal 68,3 al 70,3 per cento. Quasi 2 milioni di donne in più hanno trovato un impiego, sebbene i servizi sociali forniti dallo Stato per facilitare l'occupazione femminile (gli asili nido e le scuole materne in particolare) non abbiano compiuto adeguati progressi nello stesso periodo. Ha giovato, soprattutto, la diffusione del lavoro a tempo parziale. Dal 1993 a oggi le lavoratrici dipendenti part time sono più che raddoppiate, passando da poco più di 1 milione a 2,12 milioni: dal 19 al 28 per cento del totale delle donne, con un'occupazione dipendente;
un fenomeno che non ha toccato la componente maschile delle forze di lavoro. Sono, invece, aumentati i lavoratori dipendenti, soprattutto quelli a termine e i collaboratori coordinati e continuativi a progetto, che ormai sono ben 2,3 milioni, il 10 per cento degli occupati totali e il 13,2 per cento di quelli dipendenti. Per quanto riguarda il lavoro a termine, tuttavia, il raffronto internazionale disponibile per tutti i Paesi vede l'Italia posizionata al 12,3 per cento di rapporti a tempo determinato sul totale del lavoro dipendente, contro una media europea del 14,3 per cento (Germania 14,2 per cento, Francia 13,5 per cento, Regno Unito 5,7 per cento);
negli ultimi 15 anni, secondo l'Istat, il numero dei giovani «attivi» (che lavorano o cercano un lavoro) è passato da 3,45 a 1,87 milioni. Il tasso di attività è sceso di 11 punti. Gli occupati sono scesi di 1 milione, passando da 2,5 milioni a meno di 1,5 milioni. Su questi dati incidono sicuramente i trend demografici che hanno fortemente contratto la popolazione delle coorti giovanili, ma la disoccupazione dei giovani è oggi pari al 23,9 per cento in Italia e al 36,8 per cento nel Mezzogiorno;
i giovani entrano tardi e male - e cioè in età avanzata rispetto ai coetanei europei e con conoscenze poco spendibili - nel mercato del lavoro, con la conseguenza di un frequente intrappolamento ai margini di esso e con lavori di bassa qualità;
le donne sono spesso costrette a percorsi discontinui per le persistenti difficoltà di conciliazione del tempo di lavoro con le cure domestiche. Subiscono discriminazioni nella carriera, nell'accesso al lavoro e nella retribuzione;
la fascia d'età che va dai 25 ai 54 anni ha fatto segnare un forte incremento (5 per cento) sia del tasso di attività, sia del tasso di occupazione. Quella che va dai 55 ai 64 anni ha invertito la tendenza, grazie alle politiche mirate a posticipare il pensionamento;
un lavoratore su quattro è autonomo. Il numero è rimasto stabile, intorno a 6 milioni, ma la percentuale (25 per cento) non ha confronti negli altri Paesi (10 per cento medio) ed è questo un punto di forza del mercato del lavoro, anche se nel suo ambito esistono aree di sostanziale sottoccupazione;
i lavoratori - e ancor più le lavoratrici - in età avanzata sono spesso indotti a un abbandono precoce del lavoro regolare, anche in conseguenza della struttura rigida della retribuzione. Nel complesso, è diffusamente assente l'opportunità di percorsi di continuo apprendimento, a causa delle caratteristiche autoreferenziali dell'offerta formativa e dell'insufficiente valorizzazione dell'impresa, quale luogo più idoneo all'aggiornamento delle competenze;
anche dopo le recenti innovazioni apportate dalle leggi Treu e Biagi, è palese l'insofferenza verso un corpo normativo sovrabbondante e ostile, che, pur senza dare vere sicurezze a chi lavora, intralcia inutilmente il dinamismo dei processi produttivi e l'innovazione nell'organizzazione del lavoro;
i lavoratori chiedono maggiori e più incisive tutele. Le imprese reclamano a loro volta un quadro di regole semplici, sostanziali più che formali, accettate e rispettate, in quanto contribuiscano a cementare rapporti fiduciari e collaborativi;
il processo di semplificazione documentale nella gestione dei rapporti di lavoro, avviato nel corso della XVI legislatura, rappresenta un primo passo per liberare il lavoro dal peso, divenuto oramai insostenibile, di una regolazione di dettaglio che intralcia, in un formalismo giuridico fine a se stesso e fonte di uno smisurato contenzioso, la libertà di azione degli operatori economici, senza portare alcun contributo alla tutela dei lavoratori;
le storiche carenze del mercato del lavoro si combinano con un'insufficiente disponibilità di servizi di accompagnamento al lavoro e con un sistema incompiuto di protezione del reddito dei disoccupati, che necessita periodicamente di interventi straordinari;
le potenzialità del nuovo apprendistato sono molte, ma ancora largamente inespresse. Non solo nella versione tradizionale e di tipo professionalizzante, volta cioè a insegnare un mestiere. Ancor più innovativi e fondamentali, per l'investimento in capitale umano e la produttività del lavoro, sono i contratti di apprendistato, che consentono il conseguimento di un titolo di studio, come nel caso dell'apprendistato per l'esercizio del diritto-dovere di istruzione e formazione, che consente l'acquisizione di una qualifica del secondo ciclo, e come nel caso dell'apprendistato di alta formazione, che è indirizzato sia ai percorsi tecnico-professionali, sia all'acquisizione di un titolo universitario e persino di un dottorato di ricerca;
il futuro occupazionale e previdenziale dei nostri giovani - è affermato nel libro bianco - si costruisce lavorando sulla qualità del sistema educativo e sul quel gioco di anticipo, che consenta, attraverso un effettivo raccordo tra scuola e impresa, un tempestivo ingresso nel mercato del lavoro. Sensibilizzando il sistema produttivo sulla valenza culturale e di prospettiva dell'accettazione delle generazioni in fase di apprendimento all'interno della proprie strutture, per valorizzare al massimo la capacità formativa della impresa, sino a oggi sottovalutata da tutti gli attori del mercato;
con le recenti riforme il quadro normativo si è collocato in questa direzione. Ma le molte previsioni di legge in materia sono rimaste disattese nella prassi operativa per il radicamento di una concezione assai vecchia dei modelli educativi e formativi. Una concezione lontana dalle logiche dei nuovi sistemi di produzione e organizzazione del lavoro, che porta ancora a vedere nella scuola e nel lavoro due mondi inesorabilmente separati;
il quadro occupazionale è cambiato ed è destinato a presentare seri problemi nel 2009 e nel 2010, in conseguenza delle dimensioni della caduta del prodotto interno lordo e della velocità della ripresa e dell'insorgere di nuovi inattesi gravi eventi, come il terremoto in Abruzzo;
è in tale complesso contesto che il Governo ha dovuto scegliere di rinviare la riforma degli ammortizzatori sociali e di predisporre, con l'essenziale aiuto delle regioni, un'imponente massa di risorse straordinarie (9 miliardi in un biennio) per il finanziamento della cassa integrazione cosiddetta «in deroga», perché rivolta ai settori che ne sono privi. Una decisione che ha consentito di estenderne la copertura e che si è rivelata opportuna, alla prova dei fatti, perché ha dato alle imprese - nella fase peggiore - la possibilità di prendere tempo, senza assumere decisioni irrevocabili come i licenziamenti (è bene ricordare, invece, che durante la permanenza in cassa integrazione prosegue il rapporto di lavoro);
a questa linea di condotta l'opposizione ha contrapposto il rafforzamento e l'estensione dell'indennità di disoccupazione, da realizzare anche mediante l'utilizzo di gran parte delle risorse che il Governo aveva destinato alla cassa integrazione in deroga, senza porsi il problema di quale sarebbe stato il segnale pratico che un provvedimento siffatto avrebbe inviato al sistema delle imprese;
se nessuno è stato lasciato solo di fronte alla crisi, i recenti provvedimenti sui settori che producono beni durevoli hanno messo in condizione l'economia italiana di arrestare la spirale recessiva e di prepararsi, in un quadro coerente sul piano internazionale, ad invertire il ciclo. L'operazione in cui è impegnata la Fiat sul piano internazionale apre delle importanti prospettive per il «sistema Italia» e determina un più sicuro quadro di riferimento anche per gli stabilimenti dislocati nel Mezzogiorno, che possono meglio utilizzare le loro potenzialità, prendendo parte ad un processo di sviluppo e di internazionalizzazione, anziché rinchiudersi in un mercato nazionale ed europeo, forzatamente angusto per un'impresa che si candida ad essere uno dei primi produttori al mondo (che è poi la condizione necessaria per affrontare la complessità dei problemi del futuro);
il contrasto alla disoccupazione si persegue con la promozione dell'incontro fra domanda ed offerta di lavoro, costruendo percorsi personalizzati di formazione, orientamento e accesso al lavoro;
politiche di intervento pubblico di carattere assistenziale per contrastare la disoccupazione nelle regioni meridionali si sono rivelate nel tempo inadeguate a sostenere l'occupabilità delle persone e la creazione di posti di lavoro di qualità e hanno creato sacche di sottoccupazione perennemente assistita, come nel caso di lavoratori socialmente utili;
la conferma e l'attuazione del piano per le infrastrutture, unitamente ai progetti e agli interventi per la ricostruzione delle aree terremotate dell'Abruzzo e all'attuazione di un piano per la costruzione di una moderna rete di smaltimento dei rifiuti, possono diventare, in breve tempo, un volano per il riscatto del Mezzogiorno,

impegna il Governo:

ad assumere la ricostruzione dell'Abruzzo come una sfida, un'occasione di sviluppo e di trasformazione produttiva non solo dell'economia di quella regione, ma di tutto il tessuto meridionale;
ad avviare il piano di opere pubbliche e di infrastrutture a cui il Governo ha affidato un ruolo decisivo per la ripresa economica del Paese, in particolare delle aree meridionali (con riguardo alle opere pubbliche previste in quei territori, a partire dal ponte sullo Stretto di Messina);
a promuovere, insieme alle regioni e agli enti locali delegati e agli operatori pubblici e privati del settore, in un contesto di massima trasparenza, piani di formazione professionale e di avviamento al lavoro, con il contributo delle università, allo scopo di determinare le condizioni affinché l'offerta di lavoro sia qualificata ed adeguata a far fronte alla domanda di lavoro, dando priorità all'apprendimento diretto all'interno delle aziende;
a realizzare nel Mezzogiorno e nelle altre aree svantaggiate, d'intesa con le regioni e gli enti locali, un progetto per «fare impresa» - prioritariamente nei settori del turismo, dei servizi alla persona, dell'hi-tech, del privato sociale - che abbia come principale obiettivo il reinserimento dei disoccupati e che coinvolga le associazioni imprenditoriali e il mondo cooperativo, finanziato in parte con le risorse degli ammortizzatori sociali, in parte con altre risorse reperibili a livello locale;
ad aprire a operatori privati polifunzionali, che agiscono in regime di autorizzazione o accreditamento e in cooperazione con i servizi pubblici del lavoro, allo scopo di ampliare la rete degli sportelli in grado di offrire formazione, orientamento, accompagnamento nel mercato del lavoro regolare, coinvolgendo le regioni e gli enti locali per facilitare l'incontro fra la domanda e l'offerta di lavoro e le università nel predisporre servizi di certificazione;
a sviluppare, nelle aree più svantaggiate del Sud, intese tra le parti sociali, secondo quanto prevede l'accordo quadro sulle relazioni industriali e attenendosi strettamente alle garanzie da esso richieste (poi confermate dall'accordo interconfederale del 15 aprile 2009), per il governo delle situazioni di crisi e per lo sviluppo economico ed occupazionale del territorio, anche attraverso la modifica, in tutto o in parte, pure in via sperimentale e temporanea, di singoli istituti economici o normativi disciplinati dai contratti collettivi nazionali.
(1-00171) (Nuova formulazione) «Cicchitto, Cota, Bocchino, Cazzola, Caparini, Baldelli, Fedriga, Stracquadanio, Cosenza».

La Camera,
premesso che:
il Governo ha approvato il libro bianco proposto dal Ministro Maurizio Sacconi, nel quale le nuove politiche del lavoro si intrecciano con una visione innovativa delle politiche sociali. Il libro bianco costituirà il quadro di riferimento per le riforme sociali che verranno adottate nel corso della XVI legislatura;
dieci anni di riforme del mercato del lavoro - anche se non hanno sciolto il nodo di una più moderna regolazione della risoluzione individuale del rapporto di lavoro - non sono passati inutilmente e hanno iniziato a raccogliere i primi risultati. Dal 1997 sono stati creati più di tre milioni di posti di lavoro, due terzi dei quali rappresentati da contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato. Dal 1995 al 2008 gli occupati sono aumentati del 17 per cento (erano 23,367 milioni alla fine del 2008, contro poco meno di 20 milioni all'inizio del 1995, dopo la precedente recessione). La modesta crescita delle retribuzioni reali (al netto dell'inflazione) e la maggiore flessibilità del mercato (facilità d'assunzione e d'interruzione del rapporto), assicurata da numerose leggi di riforma, hanno reso più conveniente per le imprese l'utilizzo del lavoro, nonostante una crescita economica molto contenuta. Anche il tasso di disoccupazione si è molto ridotto: da più dell'11 per cento del 2005 al 6,7 per cento del 2008;
il tasso di occupazione, così decisivo per la sostenibilità del sistema di welfare e il radicamento di una società attiva, si è lentamente avvicinato alla media europea, crescendo di quasi 10 punti percentuali. È aumentato sensibilmente il numero di donne presenti nel mercato del lavoro;
per quanto riguarda il carattere dell'occupazione (e quindi la polemica sul cosiddetto «precariato») dal 1997 (anno del cosiddetto «pacchetto Treu») al 2006 (la cosiddetta «legge Biagi» è del 2003), quella a tempo pieno è aumentata di ben 2 milioni; quella a tempo parziale di 600 mila circa (il che non è un dato negativo se si considera che in Europa, laddove il lavoro a part time è elevato, è alta anche l'occupazione femminile). Va richiamata l'attenzione sul lavoro dipendente, che aumenta di circa 2,4 milioni di unità: 1,8 milioni sono permanenti, mentre l'incremento dei rapporti a termine è stato di 600 mila unità;
grazie alle riforme introdotte si è diffuso - anche se in termini non ancora sufficienti - l'impiego del lavoro a tempo parziale e di quelle forme di lavoro a orario modulato, che, consentendo una migliore conciliazione tra tempo di lavoro remunerato e lavoro di cura, offrono opportunità di inclusione sociale a persone altrimenti escluse dal mercato di lavoro;
rimane, tuttavia, ancora insufficiente il livello complessivo di valorizzazione del capitale umano, con particolare riferimento a Mezzogiorno e occupazione femminile. Tuttavia, negli ultimi 15 anni, secondo l'Istat, il tasso d'occupazione femminile (la percentuale delle donne che lavorano) è salito dal 37,8 al 47,2 per cento, mentre per gli uomini nello stesso periodo è passato dal 68,3 al 70,3 per cento. Quasi 2 milioni di donne in più hanno trovato un impiego, sebbene i servizi sociali forniti dallo Stato per facilitare l'occupazione femminile (gli asili nido e le scuole materne in particolare) non abbiano compiuto adeguati progressi nello stesso periodo. Ha giovato, soprattutto, la diffusione del lavoro a tempo parziale. Dal 1993 a oggi le lavoratrici dipendenti part time sono più che raddoppiate, passando da poco più di 1 milione a 2,12 milioni: dal 19 al 28 per cento del totale delle donne, con un'occupazione dipendente;
un fenomeno che non ha toccato la componente maschile delle forze di lavoro. Sono, invece, aumentati i lavoratori dipendenti, soprattutto quelli a termine e i collaboratori coordinati e continuativi a progetto, che ormai sono ben 2,3 milioni, il 10 per cento degli occupati totali e il 13,2 per cento di quelli dipendenti. Per quanto riguarda il lavoro a termine, tuttavia, il raffronto internazionale disponibile per tutti i Paesi vede l'Italia posizionata al 12,3 per cento di rapporti a tempo determinato sul totale del lavoro dipendente, contro una media europea del 14,3 per cento (Germania 14,2 per cento, Francia 13,5 per cento, Regno Unito 5,7 per cento);
negli ultimi 15 anni, secondo l'Istat, il numero dei giovani «attivi» (che lavorano o cercano un lavoro) è passato da 3,45 a 1,87 milioni. Il tasso di attività è sceso di 11 punti. Gli occupati sono scesi di 1 milione, passando da 2,5 milioni a meno di 1,5 milioni. Su questi dati incidono sicuramente i trend demografici che hanno fortemente contratto la popolazione delle coorti giovanili, ma la disoccupazione dei giovani è oggi pari al 23,9 per cento in Italia e al 36,8 per cento nel Mezzogiorno;
i giovani entrano tardi e male - e cioè in età avanzata rispetto ai coetanei europei e con conoscenze poco spendibili - nel mercato del lavoro, con la conseguenza di un frequente intrappolamento ai margini di esso e con lavori di bassa qualità;
le donne sono spesso costrette a percorsi discontinui per le persistenti difficoltà di conciliazione del tempo di lavoro con le cure domestiche. Subiscono discriminazioni nella carriera, nell'accesso al lavoro e nella retribuzione;
la fascia d'età che va dai 25 ai 54 anni ha fatto segnare un forte incremento (5 per cento) sia del tasso di attività, sia del tasso di occupazione. Quella che va dai 55 ai 64 anni ha invertito la tendenza, grazie alle politiche mirate a posticipare il pensionamento;
un lavoratore su quattro è autonomo. Il numero è rimasto stabile, intorno a 6 milioni, ma la percentuale (25 per cento) non ha confronti negli altri Paesi (10 per cento medio) ed è questo un punto di forza del mercato del lavoro, anche se nel suo ambito esistono aree di sostanziale sottoccupazione;
i lavoratori - e ancor più le lavoratrici - in età avanzata sono spesso indotti a un abbandono precoce del lavoro regolare, anche in conseguenza della struttura rigida della retribuzione. Nel complesso, è diffusamente assente l'opportunità di percorsi di continuo apprendimento, a causa delle caratteristiche autoreferenziali dell'offerta formativa e dell'insufficiente valorizzazione dell'impresa, quale luogo più idoneo all'aggiornamento delle competenze;
anche dopo le recenti innovazioni apportate dalle leggi Treu e Biagi, è palese l'insofferenza verso un corpo normativo sovrabbondante e ostile, che, pur senza dare vere sicurezze a chi lavora, intralcia inutilmente il dinamismo dei processi produttivi e l'innovazione nell'organizzazione del lavoro;
i lavoratori chiedono maggiori e più incisive tutele. Le imprese reclamano a loro volta un quadro di regole semplici, sostanziali più che formali, accettate e rispettate, in quanto contribuiscano a cementare rapporti fiduciari e collaborativi;
il processo di semplificazione documentale nella gestione dei rapporti di lavoro, avviato nel corso della XVI legislatura, rappresenta un primo passo per liberare il lavoro dal peso, divenuto oramai insostenibile, di una regolazione di dettaglio che intralcia, in un formalismo giuridico fine a se stesso e fonte di uno smisurato contenzioso, la libertà di azione degli operatori economici, senza portare alcun contributo alla tutela dei lavoratori;
le storiche carenze del mercato del lavoro si combinano con un'insufficiente disponibilità di servizi di accompagnamento al lavoro e con un sistema incompiuto di protezione del reddito dei disoccupati, che necessita periodicamente di interventi straordinari;
le potenzialità del nuovo apprendistato sono molte, ma ancora largamente inespresse. Non solo nella versione tradizionale e di tipo professionalizzante, volta cioè a insegnare un mestiere. Ancor più innovativi e fondamentali, per l'investimento in capitale umano e la produttività del lavoro, sono i contratti di apprendistato, che consentono il conseguimento di un titolo di studio, come nel caso dell'apprendistato per l'esercizio del diritto-dovere di istruzione e formazione, che consente l'acquisizione di una qualifica del secondo ciclo, e come nel caso dell'apprendistato di alta formazione, che è indirizzato sia ai percorsi tecnico-professionali, sia all'acquisizione di un titolo universitario e persino di un dottorato di ricerca;
il futuro occupazionale e previdenziale dei nostri giovani - è affermato nel libro bianco - si costruisce lavorando sulla qualità del sistema educativo e sul quel gioco di anticipo, che consenta, attraverso un effettivo raccordo tra scuola e impresa, un tempestivo ingresso nel mercato del lavoro. Sensibilizzando il sistema produttivo sulla valenza culturale e di prospettiva dell'accettazione delle generazioni in fase di apprendimento all'interno della proprie strutture, per valorizzare al massimo la capacità formativa della impresa, sino a oggi sottovalutata da tutti gli attori del mercato;
con le recenti riforme il quadro normativo si è collocato in questa direzione. Ma le molte previsioni di legge in materia sono rimaste disattese nella prassi operativa per il radicamento di una concezione assai vecchia dei modelli educativi e formativi. Una concezione lontana dalle logiche dei nuovi sistemi di produzione e organizzazione del lavoro, che porta ancora a vedere nella scuola e nel lavoro due mondi inesorabilmente separati;
il quadro occupazionale è cambiato ed è destinato a presentare seri problemi nel 2009 e nel 2010, in conseguenza delle dimensioni della caduta del prodotto interno lordo e della velocità della ripresa e dell'insorgere di nuovi inattesi gravi eventi, come il terremoto in Abruzzo;
è in tale complesso contesto che il Governo ha dovuto scegliere di rinviare la riforma degli ammortizzatori sociali e di predisporre, con l'essenziale aiuto delle regioni, un'imponente massa di risorse straordinarie (9 miliardi in un biennio) per il finanziamento della cassa integrazione cosiddetta «in deroga», perché rivolta ai settori che ne sono privi. Una decisione che ha consentito di estenderne la copertura e che si è rivelata opportuna, alla prova dei fatti, perché ha dato alle imprese - nella fase peggiore - la possibilità di prendere tempo, senza assumere decisioni irrevocabili come i licenziamenti (è bene ricordare, invece, che durante la permanenza in cassa integrazione prosegue il rapporto di lavoro);
a questa linea di condotta l'opposizione ha contrapposto il rafforzamento e l'estensione dell'indennità di disoccupazione, da realizzare anche mediante l'utilizzo di gran parte delle risorse che il Governo aveva destinato alla cassa integrazione in deroga, senza porsi il problema di quale sarebbe stato il segnale pratico che un provvedimento siffatto avrebbe inviato al sistema delle imprese;
se nessuno è stato lasciato solo di fronte alla crisi, i recenti provvedimenti sui settori che producono beni durevoli hanno messo in condizione l'economia italiana di arrestare la spirale recessiva e di prepararsi, in un quadro coerente sul piano internazionale, ad invertire il ciclo. L'operazione in cui è impegnata la Fiat sul piano internazionale apre delle importanti prospettive per il «sistema Italia» e determina un più sicuro quadro di riferimento anche per gli stabilimenti dislocati nel Mezzogiorno, che possono meglio utilizzare le loro potenzialità, prendendo parte ad un processo di sviluppo e di internazionalizzazione, anziché rinchiudersi in un mercato nazionale ed europeo, forzatamente angusto per un'impresa che si candida ad essere uno dei primi produttori al mondo (che è poi la condizione necessaria per affrontare la complessità dei problemi del futuro);
il contrasto alla disoccupazione si persegue con la promozione dell'incontro fra domanda ed offerta di lavoro, costruendo percorsi personalizzati di formazione, orientamento e accesso al lavoro;
politiche di intervento pubblico di carattere assistenziale per contrastare la disoccupazione nelle regioni meridionali si sono rivelate nel tempo inadeguate a sostenere l'occupabilità delle persone e la creazione di posti di lavoro di qualità e hanno creato sacche di sottoccupazione perennemente assistita, come nel caso di lavoratori socialmente utili;
la conferma e l'attuazione del piano per le infrastrutture, unitamente ai progetti e agli interventi per la ricostruzione delle aree terremotate dell'Abruzzo e all'attuazione di un piano per la costruzione di una moderna rete di smaltimento dei rifiuti, possono diventare, in breve tempo, un volano per il riscatto del Mezzogiorno,

impegna il Governo:

ad assumere la ricostruzione dell'Abruzzo come una sfida, un'occasione di sviluppo e di trasformazione produttiva non solo dell'economia di quella regione, ma di tutto il tessuto meridionale;
ad avviare il piano di opere pubbliche e di infrastrutture a cui il Governo ha affidato un ruolo decisivo per la ripresa economica del Paese, in particolare delle aree meridionali (con riguardo alle opere pubbliche previste in quei territori, a partire dal ponte sullo Stretto di Messina);
a promuovere, insieme alle regioni e agli enti locali delegati e agli operatori pubblici e privati del settore iniziative volte al miglior utilizzo delle leve di politiche attive del lavoro affinché l'offerta di lavoro sia qualificata ed adeguata a far fronte alla domanda di lavoro, dando priorità all'apprendimento diretto all'interno delle aziende;
a realizzare nel Mezzogiorno e nelle altre aree svantaggiate, d'intesa con le regioni e gli enti locali, un progetto per «fare impresa» - prioritariamente nei settori del turismo, dei servizi alla persona, dell'hi-tech, del privato sociale - che abbia come principale obiettivo il reinserimento dei disoccupati e che coinvolga le associazioni imprenditoriali e il mondo cooperativo, finanziato in parte con le risorse degli ammortizzatori sociali, in parte con altre risorse reperibili a livello locale;
ad aprire a operatori privati polifunzionali, che agiscono in regime di autorizzazione o accreditamento e in cooperazione con i servizi pubblici del lavoro, allo scopo di ampliare la rete degli sportelli in grado di offrire formazione, orientamento, accompagnamento nel mercato del lavoro regolare, coinvolgendo le regioni e gli enti locali per facilitare l'incontro fra la domanda e l'offerta di lavoro e le università nel predisporre servizi di certificazione;
a sviluppare, nelle aree più svantaggiate del Sud, intese tra le parti sociali, secondo quanto prevede l'accordo quadro sulle relazioni industriali e attenendosi strettamente alle garanzie da esso richieste (poi confermate dall'accordo interconfederale del 15 aprile 2009), per il governo delle situazioni di crisi e per lo sviluppo economico ed occupazionale del territorio, anche attraverso la modifica, in tutto o in parte, pure in via sperimentale e temporanea, di singoli istituti economici o normativi disciplinati dai contratti collettivi nazionali.
(1-00171) (Ulteriore nuova formulazione) «Cicchitto, Cota, Bocchino, Cazzola, Caparini, Baldelli, Fedriga, Stracquadanio, Cosenza».

La Camera,
premesso che:
secondo la Svimez, nel quinquennio 1996-2001, le migrazioni interne dal Sud al Centro-Nord hanno prodotto saldi negativi di 100 mila giovani fra i 25 ed i 29 anni e di 88 mila fra i 20 ed i 24 anni. Cinquant'anni dopo la grande emigrazione di massa degli anni '50-'60, il Mezzogiorno si ritrova al punto di partenza;
le politiche comunitarie e pubbliche non hanno prodotto risultati apprezzabili. Il divario del Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord rimane ampio e peggiora la posizione relativa del Mezzogiorno in Europa, per la maggiore velocità di crescita delle altre regioni europee in ritardo di sviluppo;
è grave il ritardo di produttività del Mezzogiorno: la distanza dalla «media Paese» rimane superiore a 30 punti percentuali. I dati sulla produttività e sulla qualità del radicamento sul territorio delle imprese evidenziano una criticità per il Mezzogiorno, in difficoltà nel promuovere processi di sviluppo persistenti, guidati da fattori endogeni;
nel Mezzogiorno i tassi di disoccupazione si sono ridotti, ma con essi anche i tassi di attività. Aumentano gli inoccupati. In alcune regioni cresce un mercato del lavoro parallelo, che soppianta il mercato legale;
nel Mezzogiorno aumenta il numero dei laureati, ma sono poco ricercati dalle imprese e hanno difficoltà a trovare occupazione. Il Mezzogiorno registra una maggior prevalenza di occupati fermi al livello dell'istruzione dell'obbligo, le cui famiglie sono esposte al rischio povertà;
desta preoccupazione, per il Mezzogiorno, la compresenza di bassa occupazione, saldi migratori netti negativi e bassi tassi di natalità;
si sono invertite le tendenze demografiche iniziate negli anni '70. Nel Mezzogiorno la popolazione ha cominciato a diminuire, mentre è aumentata nel Centro-Nord. A questo andamento concorrono sia i flussi migratori sia i tassi di natalità. Nelle aree del Paese dove i servizi per l'infanzia e di supporto alle famiglie sono più sviluppati, si registra una correlazione positiva tra tasso di occupazione femminile e tasso dì natalità;
i giovani con meno di 30 anni nelle regioni meridionali registrano un tasso di disoccupazione del 19,8 per cento;
nel 2007, gli inattivi, che non studiano e non cercano lavoro, sono concentrati al 66 per cento nel Mezzogiorno. Di questi, il 42 per cento è donna;
il tasso d'attività del Mezzogiorno è fermo da 12 anni poco al di sopra del 52 per cento, con una punta del 57 per cento nel 2002 e con un andamento fortemente decrescente, dal 55,6 per cento del 2002 al 52,4 del 2007. Nello stesso periodo, il tasso d'attività a livello di Paese è cresciuto dal 58 per cento del 1995 al 63 per cento del 2007 e quello del Nord Est è passato dal 64 al 70 per cento. I dati del primo trimestre del 2008 segnalano per il Mezzogiorno un'ulteriore diminuzione del tasso di attività;
nel Mezzogiorno la quota di lavoro irregolare è del 19,6 per cento contro il 12,1 per cento del Paese nel suo complesso. Sulla consistenza di questa area grigia pesa l'assenza di servizi adeguati, pubblici e privati, per la ricerca del primo impiego e il reimpiego e la diffusione di meccanismi di reclutamento e di collocamento gestiti da reti informali e clientelari;
le persone di età compresa tra i 15 ed i 34 anni in cerca di prima occupazione nel Mezzogiorno sono pari al 56,2 per cento del totale nazionale; le donne il 51,9 per cento del totale nazionale - dato probabilmente sottovalutato in quanto molte ragazze rinunciano alla ricerca di un'occupazione uscendo dal mercato del lavoro. Per capire la gravità di questi dati bisogna considerare che la popolazione delle otto regioni meridionali rappresenta solo il 35 per cento del totale della popolazione nazionale;
il tasso di occupazione dei laureati fino ai 24 anni di età è del 43 per cento al Sud contro quasi il 76 per cento del Centro-Nord, mentre la percentuale di disoccupati sotto i 29 anni nel Mezzogiorno è tre volte maggiore che al Centro-Nord: 27 per cento contro 8 per cento;
nel Mezzogiorno la percentuale di occupati laureati (15,4 per cento) è inferiore di poco meno di un punto percentuale rispetto al Centro-Nord (16,3 per cento), mentre i diplomati sono meno numerosi di circa 7 punti percentuali rispetto al Centro-Nord (40,2 contro 47 per cento);
in ogni caso, il possesso di un diploma o di una laurea non sembra aiutare la ricerca di un lavoro, in quanto i giovani meridionali disoccupati con questi titoli di studio rappresentano il 58,6 per cento del totale nazionale dei disoccupati diplomati o laureati;
il più basso livello di capitale umano nel Mezzogiorno ha un impatto negativo in termini di produttività;
tra il 2001 e il 2006, il Mezzogiorno ha fatto registrare il tasso di crescita maggiore della popolazione laureata: 44,4 per cento, contro il 35,9 del Nord e il 33,5 del Centro. Nel 2006, il tasso di occupazione dei laureati del Mezzogiorno è stato del 72,6 per cento, con un divario di -5,6 punti percentuali rispetto alla media del Paese. Particolarmente negativo è il differenziale del tasso d'occupazione nella fascia d'età dai 25 ai 34 anni, -15 punti percentuali, probabilmente a causa della bassa domanda di neo laureati da parte delle imprese;
la difficoltà d'ingresso nel mercato del lavoro è confermata dai dati sugli inoccupati di lunga durata, in cerca di prima occupazione da 12 mesi e oltre. Il 75 per cento degli inoccupati di lunga durata risiede nel Mezzogiorno, con numeri particolarmente elevati in Campania (76 mila), Sicilia (71 mila) e in Puglia (55 mila);
uno studio recente sulla condizione dei giovani meridionali effettuato dalla Svimez ha confermato come donne e giovani restano nel Sud confinati ai margini del mercato del lavoro;
l'analisi, basata su una rielaborazione degli ultimi dati Istat, ha certificato che gli uomini sono più avvantaggiati delle donne a trovare lavoro. Una laurea aiuta più di un diploma a trovare un lavoro, mentre la professione e il titolo di studio del capofamiglia pesano fortemente sulla condizione professionale dei figli, segno di un forte immobilismo sociale;
l'attuale crisi economica colpisce in maniera pesante il Mezzogiorno, come dimostrano, ad esempio, le difficoltà dello stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco, la crisi del tessile in Molise e nel Salento, la crisi dei distretti del mobile della Murgia e del salotto, a partire dalla Natuzzi, per non citare l'industria in Campania o il comparto delle costruzioni;
i dati della cassa integrazione guadagni ordinaria, che rilevano un aumento più intenso nelle regioni del Centro-Nord, non deve ingannare: molte delle realtà produttive meridionali, anche a volere prescindere dalla larga diffusione del lavoro sommerso, non possono utilizzare tale ammortizzatore sociale;
nel Mezzogiorno, a fine 2008, prima che la crisi attuale si manifestasse in tutta la sua incidenza, l'occupazione si era ridotta di 126 mila unità rispetto al 2007, mentre nel medesimo periodo e nel Centro-Nord, pur rallentando, l'occupazione era aumentata di 150 mila unità;
per inquadrare meglio la situazione occupazionale del Meridione, basti pensare che in Campania ed in Sicilia, per citare due delle regioni più popolose del Sud, lavora poco più del 40 per cento della popolazione in età da lavoro (mentre nel 2004 era il 45 per cento) e le donne che lavorano sono meno di 3 su 10;
l'asimmetria nelle tutele assicurate da ammortizzatori sociali lacunosi e squilibrati incide, dunque, nel Mezzogiorno su un mercato del lavoro già gravato da elevata disoccupazione, mentre servirebbe un sistema di tutela universale, valido su tutto il territorio nazionale, in grado di sostenere il reddito di chi perde il lavoro di qualsiasi tipologia esso sia;
nel Sud alle difficoltà congiunturali si aggiungono le storiche carenze di competitività territoriale, infrastrutturali, amministrative e reddituali, aggravate dall'attuale crisi economica;
il Mezzogiorno soffre, infatti, di una carenza diffusa di dotazioni infrastrutturali, nell'istruzione, nei trasporti, nelle reti energetiche, nella sanità, nel turismo, nella grande distribuzione organizzata, nell'intermediazione finanziaria;
il divario tra Mezzogiorno e resto del Paese ha determinanti profonde, che sembrato proporre una forte dipendenza dallo stato iniziale: bassa qualità della pubblica amministrazione e del tessuto istituzionale e legale, insufficienza delle dotazioni infrastrutturali, esiguità delle economie di agglomerazione geografica;
lo stesso accordo sugli ammortizzatori sociali sottoscritto dalle regioni e dal Governo è stato in larga parte finanziato con risorse destinate al Sud: ben 4 miliardi su gli 8 miliardi previsti sono a carico del fondo per le aree sottoutilizzate (per l'85 per cento dovrebbe essere destinato al Mezzogiorno), mentre 2 miliardi provengono dal fondo sociale europeo. Inoltre, queste risorse servono a finanziare la cassa integrazione in deroga, misura che è di ben poca utilità per la grande maggioranza dei disoccupati meridionali;
complessivamente questo Governo in meno di un anno ha sottratto circa 19 miliardi al Mezzogiorno, infatti: i fondi per le aree sottoutilizzate stornati o ridotti dall'inizio della XVI legislatura sono stati pari a più di 16 miliardi di euro per il periodo 2008-2011: i fondi sono stati utilizzati, tra l'altro, per la crisi dei rifiuti in Campania, il taglio dell'ici per le abitazioni di lusso, per il contenimento della spesa pubblica nell'ambito della manovra di bilancio per il 2009, per il finanziamento del servizio sanitario nazionale, per il comune di Roma, per coprire il deficit del comune di Catania, per le spese relative al G8, per finanziare le misure anticrisi dalla social card al taglio dell'acconto ires e irap ed altro;
ulteriori fondi pari a 3 miliardi sono stati sottratti al Mezzogiorno, fondi destinati allo sviluppo delle isole minori, alla sicurezza dei trasporti nello Stretto di Messina, alle strade calabresi e siciliane, agli incentivi a sostegno delle imprese;
bisogna considerare che il fondo per le aree sottoutilizzate costituisce, dal 2003, lo strumento generale di governo della nuova politica regionale per la realizzazione di interventi in aree particolari del Paese - individuate sulla base dell'articolo 27, comma 16, della legge n. 488 del 1999 - legge finanziaria 2000 - che comprendono: le sei regioni «obiettivo 1» del ciclo di programmazione 2000-2006 (Basilicata, Campania, Calabria, Puglia, Sardegna, Sicilia); la regione Abruzzo; la regione Molise; le aree del Centro-Nord ricadenti nell'«obiettivo 2» e quelle in regime di sostegno transitorio; le zone beneficiarie di aiuti di Stato, ai sensi dell'articolo 87.3.c. del Trattato che istituisce l'Unione europea;
le risorse del fondo per le aree sottoutilizzate sono stabilite ogni anno dalla legge finanziaria e assegnate dal Cipe, al fine di perseguire l'obiettivo del riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese;
con i tagli imposti al fondo per le aree sottoutilizzate, operati senza il consulto delle regioni, con il rischio che non sia più applicabile il quadro strategico nazionale, si finanziano spese di gestione correnti e non politiche addizionali per lo sviluppo, così come previsto dalla destinazione dei fondi. È, di conseguenza, lo spirito stesso per cui era nato il fondo per le aree sottoutilizzate che viene stravolto, con il risultato che al Mezzogiorno vengono sottratti fondi indispensabili allo sviluppo. È importante tenere conto che anche il fondo per le aree sottoutilizzate destinati a regioni del Sud, che non rientrano nelle specificità previste per i medesimi, debbono essere considerati come fondi sottratti, perché, in questi casi, bisognerebbe utilizzare risorse ordinarie, come normalmente si fa per interventi nel Nord;
è da chiarire come queste finalizzazioni possano essere conciliate con il vincolo di destinare l'85 per cento del fondo per le aree sottoutilizzate al Mezzogiorno;
il risultato di queste scelte è lo smantellamento di quanto programmato nel quadro strategico nazionale 2007-2013 e un forte indebolimento delle risorse disponibili per le politiche regionali di sviluppo, con particolare riferimento al Mezzogiorno;
in qualche modo, questa situazione viene registrata dai dati prodotti dal dipartimento del ministero dello sviluppo economico, basati sui «conti pubblici territoriali»: per ogni 100 euro spesi dalla pubblica amministrazione in conto capitale, meno di 35 euro vanno al Sud;
sembra, dunque, definitivo l'addio agli obiettivi fissati sia dai Governi di centrosinistra che da quelli di centrodestra di una quota riservata al Sud pari al 45 per cento degli investimenti nazionali in infrastrutture e trasferimenti alle imprese;
negli ultimi anni le risorse ordinarie complessive per il Sud erogate dalla pubblica amministrazione sono calate di diversi punti percentuali, riducendosi a circa un quinto di quelle nazionali. Per questo i fondi europei sono stati vieppiù utilizzati anche per compensare la mancata spesa nazionale. C'è stato, dunque, un utilizzo improprio delle risorse comunitarie. A loro volta, le società di servizi pubblici a controllo o partecipazione pubblica, da Ferrovie dello Stato ad Anas ed Enel, hanno a loro volta riorientato i loro investimenti verso il centro-nord;
inoltre, sono stati chiusi i finanziamenti per il credito di imposta sia per gli investimenti delle imprese nel Mezzogiorno che per le assunzioni a tempo indeterminato, nonché le misure a favore dell'imprenditoria giovanile;
la dichiarazione di Barcellona prevedeva, tra l'altro, nell'ambito della prospettiva di estesa e sistematica cooperazione tra i Paesi delle sponde nord e sud del Mediterraneo, l'istituzione di una università del Mediterraneo. Si deve operare affinché le nostre università meridionali siano in grado di svolgere, facendo sistema, questo ruolo, coinvolgendole anche nella progettazione e nella realizzazione di grandi infrastrutture che interessano la regione mediterranea, nonché nelle iniziative a difesa dell'ambiente e nella ricerca di nuove fonti di energia e nella promozione di nuove imprese,

impegna il Governo:

a realizzare un efficace rapporto tra i servizi provinciali per l'impiego, le regioni e le strutture locali e private che operano sul mercato del lavoro, con un'attenzione forte alle persone più svantaggiate ed alle aree interne e con la promozione di servizi ed assistenza tecnica in grado di consentire ad ogni territorio di avere strutture di qualità e funzionanti;
ad attuare servizi pubblici che sappiano creare sinergie con la scuola, le strutture private ed i servizi delle organizzazioni di impresa e sindacali, nella promozione del nuovo apprendistato ed utilizzando lo strumento degli stage;
ad individuare in sede locale nuovi strumenti formativi e di incontro scuola-lavoro, premiando, ad esempio, con forti detrazioni di imposta le organizzazioni di impresa, le università e gli istituti tecnici che consentono ai ragazzi di svolgere un'esperienza di tirocinio formativo in un'impresa;
ad adottare iniziative per ripristinare il credito d'imposta per le imprese che assumono nel Mezzogiorno e con contratti a tempo indeterminato i giovani, con un incentivo maggiore per le giovani inoccupate e le mamme con più di 35 anni che vogliono tornare a lavorare, e per attuare un piano dando priorità alle regioni del Sud per aumentare gli asili nido e i servizi per l'infanzia e alle persone non autosufficienti;
a promuovere, con una forfettizzazione di imposte e contributi per i primi tre anni di attività, le iniziativa di autoimprenditorialità dei giovani meridionali, dando priorità a progetti innovativi basati sulle tecnologie informatiche e sul risparmio energetico;
a promuovere le opportune intese, anche internazionali, per creare nel Meridione, mettendo in rete le nostre università, «l'Università del Mediterraneo», un vero e proprio «hub mediterraneo della conoscenza», per una maggiore comprensione tra le culture, per la formazione delle classi dirigenti e dei quadri tecnici dei Paesi rivieraschi, per creare un grande incubatore di imprese innovative.
(1-00172) «Di Giuseppe, Misiti, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Leoluca Orlando, Messina».

La Camera,
premesso che:
secondo la Svimez, nel quinquennio 1996-2001, le migrazioni interne dal Sud al Centro-Nord hanno prodotto saldi negativi di 100 mila giovani fra i 25 ed i 29 anni e di 88 mila fra i 20 ed i 24 anni. Cinquant'anni dopo la grande emigrazione di massa degli anni '50-'60, il Mezzogiorno si ritrova al punto di partenza;
le politiche comunitarie e pubbliche non hanno prodotto risultati apprezzabili. Il divario del Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord rimane ampio e peggiora la posizione relativa del Mezzogiorno in Europa, per la maggiore velocità di crescita delle altre regioni europee in ritardo di sviluppo;
è grave il ritardo di produttività del Mezzogiorno: la distanza dalla «media Paese» rimane superiore a 30 punti percentuali. I dati sulla produttività e sulla qualità del radicamento sul territorio delle imprese evidenziano una criticità per il Mezzogiorno, in difficoltà nel promuovere processi di sviluppo persistenti, guidati da fattori endogeni;
nel Mezzogiorno i tassi di disoccupazione si sono ridotti, ma con essi anche i tassi di attività. Aumentano gli inoccupati. In alcune regioni cresce un mercato del lavoro parallelo, che soppianta il mercato legale;
nel Mezzogiorno aumenta il numero dei laureati, ma sono poco ricercati dalle imprese e hanno difficoltà a trovare occupazione. Il Mezzogiorno registra una maggior prevalenza di occupati fermi al livello dell'istruzione dell'obbligo, le cui famiglie sono esposte al rischio povertà;
desta preoccupazione, per il Mezzogiorno, la compresenza di bassa occupazione, saldi migratori netti negativi e bassi tassi di natalità;
si sono invertite le tendenze demografiche iniziate negli anni '70. Nel Mezzogiorno la popolazione ha cominciato a diminuire, mentre è aumentata nel Centro-Nord. A questo andamento concorrono sia i flussi migratori sia i tassi di natalità. Nelle aree del Paese dove i servizi per l'infanzia e di supporto alle famiglie sono più sviluppati, si registra una correlazione positiva tra tasso di occupazione femminile e tasso dì natalità;
i giovani con meno di 30 anni nelle regioni meridionali registrano un tasso di disoccupazione del 19,8 per cento;
nel 2007, gli inattivi, che non studiano e non cercano lavoro, sono concentrati al 66 per cento nel Mezzogiorno. Di questi, il 42 per cento è donna;
il tasso d'attività del Mezzogiorno è fermo da 12 anni poco al di sopra del 52 per cento, con una punta del 57 per cento nel 2002 e con un andamento fortemente decrescente, dal 55,6 per cento del 2002 al 52,4 del 2007. Nello stesso periodo, il tasso d'attività a livello di Paese è cresciuto dal 58 per cento del 1995 al 63 per cento del 2007 e quello del Nord Est è passato dal 64 al 70 per cento. I dati del primo trimestre del 2008 segnalano per il Mezzogiorno un'ulteriore diminuzione del tasso di attività;
nel Mezzogiorno la quota di lavoro irregolare è del 19,6 per cento contro il 12,1 per cento del Paese nel suo complesso. Sulla consistenza di questa area grigia pesa l'assenza di servizi adeguati, pubblici e privati, per la ricerca del primo impiego e il reimpiego e la diffusione di meccanismi di reclutamento e di collocamento gestiti da reti informali e clientelari;
le persone di età compresa tra i 15 ed i 34 anni in cerca di prima occupazione nel Mezzogiorno sono pari al 56,2 per cento del totale nazionale; le donne il 51,9 per cento del totale nazionale - dato probabilmente sottovalutato in quanto molte ragazze rinunciano alla ricerca di un'occupazione uscendo dal mercato del lavoro. Per capire la gravità di questi dati bisogna considerare che la popolazione delle otto regioni meridionali rappresenta solo il 35 per cento del totale della popolazione nazionale;
il tasso di occupazione dei laureati fino ai 24 anni di età è del 43 per cento al Sud contro quasi il 76 per cento del Centro-Nord, mentre la percentuale di disoccupati sotto i 29 anni nel Mezzogiorno è tre volte maggiore che al Centro-Nord: 27 per cento contro 8 per cento;
nel Mezzogiorno la percentuale di occupati laureati (15,4 per cento) è inferiore di poco meno di un punto percentuale rispetto al Centro-Nord (16,3 per cento), mentre i diplomati sono meno numerosi di circa 7 punti percentuali rispetto al Centro-Nord (40,2 contro 47 per cento);
in ogni caso, il possesso di un diploma o di una laurea non sembra aiutare la ricerca di un lavoro, in quanto i giovani meridionali disoccupati con questi titoli di studio rappresentano il 58,6 per cento del totale nazionale dei disoccupati diplomati o laureati;
il più basso livello di capitale umano nel Mezzogiorno ha un impatto negativo in termini di produttività;
tra il 2001 e il 2006, il Mezzogiorno ha fatto registrare il tasso di crescita maggiore della popolazione laureata: 44,4 per cento, contro il 35,9 del Nord e il 33,5 del Centro. Nel 2006, il tasso di occupazione dei laureati del Mezzogiorno è stato del 72,6 per cento, con un divario di -5,6 punti percentuali rispetto alla media del Paese. Particolarmente negativo è il differenziale del tasso d'occupazione nella fascia d'età dai 25 ai 34 anni, -15 punti percentuali, probabilmente a causa della bassa domanda di neo laureati da parte delle imprese;
la difficoltà d'ingresso nel mercato del lavoro è confermata dai dati sugli inoccupati di lunga durata, in cerca di prima occupazione da 12 mesi e oltre. Il 75 per cento degli inoccupati di lunga durata risiede nel Mezzogiorno, con numeri particolarmente elevati in Campania (76 mila), Sicilia (71 mila) e in Puglia (55 mila);
uno studio recente sulla condizione dei giovani meridionali effettuato dalla Svimez ha confermato come donne e giovani restano nel Sud confinati ai margini del mercato del lavoro;
l'analisi, basata su una rielaborazione degli ultimi dati Istat, ha certificato che gli uomini sono più avvantaggiati delle donne a trovare lavoro. Una laurea aiuta più di un diploma a trovare un lavoro, mentre la professione e il titolo di studio del capofamiglia pesano fortemente sulla condizione professionale dei figli, segno di un forte immobilismo sociale;
l'attuale crisi economica colpisce in maniera pesante il Mezzogiorno, come dimostrano, ad esempio, le difficoltà dello stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco, la crisi del tessile in Molise e nel Salento, la crisi dei distretti del mobile della Murgia e del salotto, a partire dalla Natuzzi, per non citare l'industria in Campania o il comparto delle costruzioni;
i dati della cassa integrazione guadagni ordinaria, che rilevano un aumento più intenso nelle regioni del Centro-Nord, non deve ingannare: molte delle realtà produttive meridionali, anche a volere prescindere dalla larga diffusione del lavoro sommerso, non possono utilizzare tale ammortizzatore sociale;
nel Mezzogiorno, a fine 2008, prima che la crisi attuale si manifestasse in tutta la sua incidenza, l'occupazione si era ridotta di 126 mila unità rispetto al 2007, mentre nel medesimo periodo e nel Centro-Nord, pur rallentando, l'occupazione era aumentata di 150 mila unità;
per inquadrare meglio la situazione occupazionale del Meridione, basti pensare che in Campania ed in Sicilia, per citare due delle regioni più popolose del Sud, lavora poco più del 40 per cento della popolazione in età da lavoro (mentre nel 2004 era il 45 per cento) e le donne che lavorano sono meno di 3 su 10;
l'asimmetria nelle tutele assicurate da ammortizzatori sociali lacunosi e squilibrati incide, dunque, nel Mezzogiorno su un mercato del lavoro già gravato da elevata disoccupazione, mentre servirebbe un sistema di tutela universale, valido su tutto il territorio nazionale, in grado di sostenere il reddito di chi perde il lavoro di qualsiasi tipologia esso sia;
nel Sud alle difficoltà congiunturali si aggiungono le storiche carenze di competitività territoriale, infrastrutturali, amministrative e reddituali, aggravate dall'attuale crisi economica;
il Mezzogiorno soffre, infatti, di una carenza diffusa di dotazioni infrastrutturali, nell'istruzione, nei trasporti, nelle reti energetiche, nella sanità, nel turismo, nella grande distribuzione organizzata, nell'intermediazione finanziaria;
il divario tra Mezzogiorno e resto del Paese ha determinanti profonde, che sembrato proporre una forte dipendenza dallo stato iniziale: bassa qualità della pubblica amministrazione e del tessuto istituzionale e legale, insufficienza delle dotazioni infrastrutturali, esiguità delle economie di agglomerazione geografica;
lo stesso accordo sugli ammortizzatori sociali sottoscritto dalle regioni e dal Governo è stato in larga parte finanziato con risorse destinate al Sud: ben 4 miliardi su gli 8 miliardi previsti sono a carico del fondo per le aree sottoutilizzate (per l'85 per cento dovrebbe essere destinato al Mezzogiorno), mentre 2 miliardi provengono dal fondo sociale europeo. Inoltre, queste risorse servono a finanziare la cassa integrazione in deroga, misura che è di ben poca utilità per la grande maggioranza dei disoccupati meridionali;
complessivamente questo Governo in meno di un anno ha sottratto circa 19 miliardi al Mezzogiorno, infatti: i fondi per le aree sottoutilizzate stornati o ridotti dall'inizio della XVI legislatura sono stati pari a più di 16 miliardi di euro per il periodo 2008-2011: i fondi sono stati utilizzati, tra l'altro, per la crisi dei rifiuti in Campania, il taglio dell'ici per le abitazioni di lusso, per il contenimento della spesa pubblica nell'ambito della manovra di bilancio per il 2009, per il finanziamento del servizio sanitario nazionale, per il comune di Roma, per coprire il deficit del comune di Catania, per le spese relative al G8, per finanziare le misure anticrisi dalla social card al taglio dell'acconto ires e irap ed altro;
ulteriori fondi pari a 3 miliardi sono stati sottratti al Mezzogiorno, fondi destinati allo sviluppo delle isole minori, alla sicurezza dei trasporti nello Stretto di Messina, alle strade calabresi e siciliane, agli incentivi a sostegno delle imprese;
bisogna considerare che il fondo per le aree sottoutilizzate costituisce, dal 2003, lo strumento generale di governo della nuova politica regionale per la realizzazione di interventi in aree particolari del Paese - individuate sulla base dell'articolo 27, comma 16, della legge n. 488 del 1999 - legge finanziaria 2000 - che comprendono: le sei regioni «obiettivo 1» del ciclo di programmazione 2000-2006 (Basilicata, Campania, Calabria, Puglia, Sardegna, Sicilia); la regione Abruzzo; la regione Molise; le aree del Centro-Nord ricadenti nell'«obiettivo 2» e quelle in regime di sostegno transitorio; le zone beneficiarie di aiuti di Stato, ai sensi dell'articolo 87.3.c. del Trattato che istituisce l'Unione europea;
le risorse del fondo per le aree sottoutilizzate sono stabilite ogni anno dalla legge finanziaria e assegnate dal Cipe, al fine di perseguire l'obiettivo del riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese;
con i tagli imposti al fondo per le aree sottoutilizzate, operati senza il consulto delle regioni, con il rischio che non sia più applicabile il quadro strategico nazionale, si finanziano spese di gestione correnti e non politiche addizionali per lo sviluppo, così come previsto dalla destinazione dei fondi. È, di conseguenza, lo spirito stesso per cui era nato il fondo per le aree sottoutilizzate che viene stravolto, con il risultato che al Mezzogiorno vengono sottratti fondi indispensabili allo sviluppo. È importante tenere conto che anche il fondo per le aree sottoutilizzate destinati a regioni del Sud, che non rientrano nelle specificità previste per i medesimi, debbono essere considerati come fondi sottratti, perché, in questi casi, bisognerebbe utilizzare risorse ordinarie, come normalmente si fa per interventi nel Nord;
è da chiarire come queste finalizzazioni possano essere conciliate con il vincolo di destinare l'85 per cento del fondo per le aree sottoutilizzate al Mezzogiorno;
il risultato di queste scelte è lo smantellamento di quanto programmato nel quadro strategico nazionale 2007-2013 e un forte indebolimento delle risorse disponibili per le politiche regionali di sviluppo, con particolare riferimento al Mezzogiorno;
in qualche modo, questa situazione viene registrata dai dati prodotti dal dipartimento del ministero dello sviluppo economico, basati sui «conti pubblici territoriali»: per ogni 100 euro spesi dalla pubblica amministrazione in conto capitale, meno di 35 euro vanno al Sud;
sembra, dunque, definitivo l'addio agli obiettivi fissati sia dai Governi di centrosinistra che da quelli di centrodestra di una quota riservata al Sud pari al 45 per cento degli investimenti nazionali in infrastrutture e trasferimenti alle imprese;
negli ultimi anni le risorse ordinarie complessive per il Sud erogate dalla pubblica amministrazione sono calate di diversi punti percentuali, riducendosi a circa un quinto di quelle nazionali. Per questo i fondi europei sono stati vieppiù utilizzati anche per compensare la mancata spesa nazionale. C'è stato, dunque, un utilizzo improprio delle risorse comunitarie. A loro volta, le società di servizi pubblici a controllo o partecipazione pubblica, da Ferrovie dello Stato ad Anas ed Enel, hanno a loro volta riorientato i loro investimenti verso il centro-nord;
inoltre, sono stati chiusi i finanziamenti per il credito di imposta sia per gli investimenti delle imprese nel Mezzogiorno che per le assunzioni a tempo indeterminato, nonché le misure a favore dell'imprenditoria giovanile;
la dichiarazione di Barcellona prevedeva, tra l'altro, nell'ambito della prospettiva di estesa e sistematica cooperazione tra i Paesi delle sponde nord e sud del Mediterraneo, l'istituzione di una università del Mediterraneo. Si deve operare affinché le nostre università meridionali siano in grado di svolgere, facendo sistema, questo ruolo, coinvolgendole anche nella progettazione e nella realizzazione di grandi infrastrutture che interessano la regione mediterranea, nonché nelle iniziative a difesa dell'ambiente e nella ricerca di nuove fonti di energia e nella promozione di nuove imprese,

impegna il Governo:

ad assumere con Regioni e Province le iniziative utili a migliorare i servizi per l'impiego soprattutto in direzione delle fasce sociali e delle aree territoriali più deboli, migliorando il raccordo con la scuola e il sistema produttivo anche attraverso meccanismi incentivanti;
ad avviare ogni utile iniziativa volta a promuovere le opportune intese, anche internazionali, per creare nel Meridione, mettendo in rete le nostre università, «l'Università del Mediterraneo».
(1-00172) (Testo modificato nel corso della seduta) «Di Giuseppe, Misiti, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Leoluca Orlando, Messina».

MOZIONI MANCUSO ED ALTRI N. 1-00136, FARINA COSCIONI ED ALTRI N. 1-00133, LIVIA TURCO ED ALTRI N. 1-00166, NUNZIO FRANCESCO TESTA ED ALTRI N. 1-00167 E PALAGIANO ED ALTRI N. 1-00173 CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA PREVENZIONE E LA CURA DELL'AIDS

Mozioni

La Camera,
premesso che:
per garantire uno Stato soddisfacente per i tutti i cittadini è necessario operare affinché ogni Paese partecipi in modo diretto e senza ostacoli alle reti, ai programmi di cooperazione internazionale in materia di salute, soprattutto tenuto conto del fatto che oggi sono maggiori le possibilità di una propagazione transfrontaliera di varie malattie infettive;
tra le malattie infettive, l'HIV/AIDS conosce una diffusione sempre maggiore a livello mondiale e un aumento, anche, nei Paesi europei;
il Parlamento europeo il 24 aprile 2007 ha adottato la risoluzione sulla lotta all'HIV/AIDS all'interno dell'Unione europea e nei Paesi vicini per il triennio 2007-2009;
il Parlamento europeo il 20 novembre 2008 ha adottato la risoluzione sull'HIV/AIDS-diagnosi precoce e cure tempestive;
in occasione della giornata internazionale della lotta all'HIV/AIDS 2008, la Commissione europea e il Consiglio dell'Unione europea hanno sottolineato l'importanza della diagnosi precoce attraverso la facilitazione dell'accesso al test ed hanno invitato tutti gli Stati membri a portare i loro risultati nel campo alla conferenza di Vienna che si terrà nel 2010;
le conclusioni delle conferenza «2008 HIV diagnosis HIV summit» della Presidenza francese dell'Unione europea, tenutasi a Parigi nel novembre 2008, nello stigmatizzare il ritardo nella diagnosi per l'HIV/AIDS, invitano gli Stati membri a mettere in atto con urgenza tutte le azioni per migliorare l'accesso al test in un sistema che lascia in Francia nell'ignoranza del proprio stato almeno 40.000 sieropositivi all'anno, permettendo, quindi, attraverso la diagnosi precoce di migliorare la qualità della loro vita e allo stesso tempo ridurre la trasmissione della malattia;
in base ad alcune recenti ricerche, si stima che nel nostro Paese siano circa 130.000 mila le persone sieropositive: poiché i casi accertati sono soltanto 65.000, il 50 per cento dei sieropositivi presenti in Italia risultano, attualmente, non identificati;
in Italia, come negli altri Paesi dell'Unione europea, il numero di nuovi contagi HIV continua a crescere: nel 2008 secondo gli ultimi dati del Centro operativo AIDS dell'Istituto superiore della sanità, oltre 4.000 persone si sono infettate con l'HIV;
nel 2008 il Centro operativo AIDS comunica che sono state 1.400 le persone sieropositive che si sono ammalate di HIV, quelle cioè che durante il 2008 anno hanno manifestato i segni di malattie conseguenti all'infezione dell'HIV;
la diminuzione dei casi di AIDS conclamato, nel nostro Paese, appare sempre meno netta e in alcune regioni, come il Lazio o la Toscana, si registra addirittura un nuovo incremento;
una larga percentuale di infezioni da virus HIV non vengono diagnosticate e molte di queste persone, che non sanno di essere infette, scopriranno di esserlo solo quando saranno afflitte dalle patologie correlate;
l'HIV/AIDS è una malattia trasmissibile ed esiste, quindi, il rischio di contagio da parte delle persone infette che non sanno ancora di esserlo;
l'introduzione di misure efficaci e realistiche di salute pubblica per facilitare la diagnosi precoce dell'infezione da HIV è indispensabile per evitare un'inconsapevole diffusione della malattia, dare migliori possibilità di cura e dare al sieropositivo maggiore possibilità di tutela dei propri diritti;
la lotta all'HIV/AIDS è una sfida complessa, che comprende un numero infinito di fattori in campo: il punto essenziale per affrontare la diffusione della malattia appare il raggiungimento della consapevolezza dello stato di sieropositività attraverso la diagnosi precoce e l'accesso ai test per l'HIV;
la piena tutela dei diritti umani e del diritto alla riservatezza è essenziale in ogni aspetto della risposta al virus dell'HIV,

impegna il Governo:

ad adottare le strategie necessarie per combattere in modo efficace l'HIV/AIDS attraverso prevenzione, educazione sanitaria, assistenza e cure, favorendo il ricorso a farmaci più avanzati;
a promuovere campagne di informazione e prevenzione dell'HIV in collaborazione con i medici sia di base che specializzati, coinvolgendo i docenti delle scuole secondarie;
a promuovere campagne di informazione, affidando anche alle associazioni onlus le campagne della promozione del test HIV nelle persone con comportamento a rischio, includendo nelle campagne di informazione anche i cittadini extracomunitari, i nomadi e le persone detenute nelle carceri;
ad affidare alla Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS, organo tecnico del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il compito di elaborare le linee guida nazionali per garantire, indurre e facilitare l'accesso al test, affinché tali linee guida individuino i gruppi di fragilità sociale verso le quali indirizzare le azioni strategiche di informazione, prevenzione e cura;
a definire strumenti chiari e modalità innovative per la garanzia per l'accesso informato quale l'introduzione di procedure standard nell'accettazione per il ricovero ospedaliero;
ad avviare procedure standard di test informato all'interno delle strutture carcerarie, nel momento dell'accoglienza delle persone immigrate in situazione di conclamato disagio sociale o, ad esempio, in presenza di patologie psichiatriche;
a trasmettere al Parlamento le conclusioni della Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS sulle sopra citate linee guida ogni sei mesi;
a migliorare la prevenzione e l'informazione sulle malattie sessualmente trasmesse e, in particolare, sull'HIV/AIDS e sulle epatiti, sottolineando la necessità di sottoporsi al test per permettere una diagnosi precoce;
a presentare una relazione annuale al Parlamento sulla diffusione e sulle campagne di prevenzione adottate.
(1-00136) «Mancuso, Palumbo, Barani, Laura Molteni, Mussolini, Baccini, Iannaccone, Di Virgilio, Abelli, Bocciardo, Castellani, Ciccioli, Stagno d'Alcontres, De Luca, Fucci, Garofalo, Girlanda, Lussana, Patarino, Porcu, De Nichilo Rizzoli, Rondini, Saltamartini, Scapagnini».

La Camera,
premesso che:
il Parlamento europeo ha approvato il 6 luglio 2006 la risoluzione sull'HIV/AIDS: «tempo di agire»;
il Parlamento europeo il 24 aprile 2007 ha adottato la risoluzione sulla lotta all'HIV/AIDS all'interno dell'Unione europea e nei Paesi vicini per il triennio 2007-2009;
il Parlamento europeo il 20 novembre 2008 ha adottato la risoluzione sull'HIV/AIDS: diagnosi precoce e cure tempestive;
il 1o dicembre 2008, giornata internazionale della lotta all'AIDS, la Commissione europea e il Consiglio dell'Unione europea hanno ribadito la necessità della diffusione del test per la diagnosi precoce e hanno richiesto a tutti gli Stati membri di mettere in atto tutte le azioni per la diffusione del test e di riferire sui risultati nel corso della prossima conferenza internazionale sull'AIDS che si svolgerà a Vienna nel 2010;
nel mese di novembre 2008 si è tenuta a Parigi, sotto l'egida della Presidenza francese, la conferenza «2008 HIV diagnosis summit», dove tutti gli Stati membri sono stati invitati a far emergere, sempre attraverso la diffusione del test, il sommerso della sieropositività, che oggi nella sola Francia è stimato in 40.000 persone ignare della propria condizione, in modo, attraverso la diagnosi precoce, da aumentare le loro aspettative di vita e, nel contempo, da diminuire le possibilità di trasmissione della malattia;
il 19 marzo 2009 si è tenuto a Roma l'HIV summit Italia 2009: «Diagnosi precoce, qualità della vita»;
secondo le ultime ricerche del reparto epidemiologia del dipartimento malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità, si stima che nel nostro Paese siano, in realtà, almeno 130 mila le persone sieropositive, mentre i casi diagnosticati sono soltanto 65 mila;
nel 2008, secondo i dati del Centro operativo AIDS dell'Istituto superiore di sanità, più di 4.000 persone si sono infettate con l'HIV, con un aumento dei nuovi contagi (al pari delle altre nazioni europee);
il Centro operativo AIDS indica che nel 2008 sono state 1.400 le persone sieropositive che si sono ammalate di AIDS;
un'elevata percentuale di infezioni da virus HIV non sono diagnosticate e queste persone, ignare del proprio stato, scopriranno di essere sieropositive solo quando saranno vittima di altre gravi patologie (l'Istituto superiore di sanità stima che il 50 per cento dei sieropositivi presenti in Italia siano non identificati);
l'HIV/AIDS è una malattia trasmissibile ed esiste, quindi, il grave rischio di contagio da parte di queste persone infette che non sanno ancora di esserlo, con grave nocumento della salute pubblica;
la riduzione degli ostacoli per l'accesso al test per l'HIV e la conseguente diagnosi precoce appaiono essere la strada auspicabile per dare adeguate possibilità di cura al sieropositivo, insieme all'indispensabile consapevolezza e tutela dei propri diritti e per rallentare la diffusione della malattia;
la piena tutela dei diritti umani e il rispetto della riservatezza e la protezione dei dati personali, è alla base di ogni azione contemplata nella risposta al virus dell'HIV,

impegna il Governo:

a richiedere con urgenza alla Commissione nazionale per la lotta contro l'Aids, organo tecnico-scientifico del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di definire le linee guida nazionali per indirizzare, indurre e garantire l'accesso al test dell'HIV, tali da indicare, altresì, i gruppi socialmente vulnerabili sui quali orientare le prime azioni, gli strumenti e le procedure consigliabili per la garanzia dell'accesso informato, come l'introduzione di innovative procedure standard nell'accettazione per il ricovero ospedaliero, un piano di azione per la richiesta standard di test informato all'interno delle strutture carcerarie, nel momento dell'accoglienza delle persone immigrate e nelle aree di evidente disagio sociale, test i cui risultati, oltre a migliorare la prevenzione dell'HIV/AIDS, permetteranno anche di raccogliere dati scientifici importanti per l'identificazione, da parte dell'Istituto superiore di sanità, di ceppi e sottoceppi dei virus presenti in Italia;
a richiedere alla Commissione nazionale per la lotta contro l'Aids di completare tali linee guida entro sei mesi;
a provvedere all'applicazione delle linee guida da parte delle istituzioni preposte;
a monitorare la puntuale applicazione delle linee guida su tutto il territorio nazionale, da parte delle istituzioni preposte;
a redigere una relazione annuale sull'applicazione delle linee guida al test dell'HIV in Italia da presentare alla Camera dei deputati.
(1-00133) «Farina Coscioni, Maurizio Turco, Zamparutti, Bernardini, Marrocu, Mecacci, Melis, Touadi, Tullo, Mario Pepe (PD), De Poli, Beltrandi, Duilio, Calvisi».

La Camera,
premesso che:
il Parlamento europeo ha approvato il 6 luglio 2006 la risoluzione sull'HIV/AIDS - «tempo di agire» - il 24 aprile 2007 ha adottato la risoluzione sulla lotta all'HIV/AIDS all'interno dell'Unione europea e nei Paesi vicini per il triennio 2007-2009 ed infine il 20 novembre 2008 ha adottato la risoluzione sull'HIV/AIDS - «diagnosi precoce e cure tempestive»;
il 1o dicembre 2008, giornata internazionale della lotta all'AIDS, la Commissione europea e il Consiglio dell'Unione europea hanno ribadito la necessità della diffusione del test per la diagnosi precoce e hanno richiesto a tutti gli Stati membri di mettere in atto tutte le azioni per la diffusione del test e di riferire sui risultati nel corso della prossima conferenza internazionale sull'AIDS che si svolgerà a Vienna nel 2010;
nel mese di novembre 2008 si è tenuto a Parigi, sotto l'egida della Presidenza francese, la conferenza «2008 HIV diagnosis summit», dove tutti gli Stati membri sono stati invitati a far emergere, sempre attraverso la diffusione del test, il sommerso delle sieropositività presente nel loro Paese;
nonostante i progressi delle terapie e le recenti sperimentazioni che aprono la strada alla possibilità di nuove cure, la malattia continua a mietere vittime in tutto il mondo. Secondo i dati forniti da Unaids, il programma congiunto delle Nazioni Unite sull'HIV e l'AIDS, dall'inizio dell'epidemia negli anni '90 sono morte circa 27 milioni di persone nel mondo;
anche in Italia e in Europa, dove lo scenario è meno allarmante, il numero di sieropositivi continua ad aumentare. Nel Sud del mondo, la situazione resta drammatica e l'infezione ha provocato 2,5 milioni di nuovi casi solo nel 2008;
il 19 marzo 2009 si è tenuto a Roma l'HIV summit Italia 2009: «Diagnosi precoce, qualità della vita»;
sono 58.400 i casi di AIDS notificati dall'inizio dell'epidemia fino al 31 dicembre 2007. Tenendo conto del ritardo della notifica, ragionevolmente questo numero sale a oltre 59.500. La regione più colpita in assoluto risulta essere la Lombardia, ma nell'ultimo anno il tasso di incidenza più elevato è quello del Lazio, seguito da Lombardia, Toscana, Emilia Romagna e Liguria;
cambiano le caratteristiche delle persone con AIDS: aumenta l'età, sia per gli uomini (43 anni) che per le donne (40 anni), diminuiscono i tossicodipendenti, aumentano gli stranieri (oltre il 20 per cento dei casi segnalati nell'ultimo anno). Diminuisce ulteriormente l'incidenza di casi di AIDS nei bambini: solo un nuovo caso pediatrico è stato segnalato nel corso del 2007. Per quanto riguarda le nuove diagnosi di infezione da HIV, per le quali non esiste ancora un sistema di sorveglianza nazionale, i dati provenienti da alcune regioni e province italiane mostrano una sostanziale stabilizzazione, che permette di stimare circa 4000 nuove infezioni l'anno nel nostro Paese (circa 11 infezioni ogni giorno);
nel 2007 le stime mostrano una sostanziale stabilità nel numero di nuovi casi di AIDS rispetto al 2006, segno che si è arrestata la tendenza al declino dell'incidenza di malattia conclamata che aveva caratterizzato l'era della haart (terapia antiretrovirale combinata). Ciò dipende dal mancato accesso precoce alla terapia (oltre il 60 per cento dei nuovi casi non ha effettuato terapia prima della diagnosi di AIDS) e consegue a un ritardo nell'esecuzione del test (oltre una persona su due scopre di essere sieropositiva al momento della diagnosi di AIDS o poco prima);
la causa del ritardo risiede in una bassa percezione del rischio, soprattutto in persone che hanno acquisito l'infezione per via sessuale;
un'elevata percentuale di infezioni da virus HIV non sono diagnosticate e queste persone, ignare del proprio stato, scoprono di essere sieropositive solo quando sono vittime di altre gravi patologie (l'Istituto superiore di sanità stima che il 50 per cento dei sieropositivi presenti in Italia siano non identificati);
tale situazione potrebbe ulteriormente aggravarsi qualora fossero approvate norme che rendano sempre più difficile l'accesso alle strutture del servizio sanitario nazionale da parte di tutti coloro che legalmente o illegalmente, stabilmente o momentaneamente, si trovino sul territorio dello Stato italiano;
l'HIV/AIDS è una malattia trasmissibile ed esiste, quindi, il grave rischio di contagio da parte di queste persone infette che non sanno ancora di esserlo, con grave nocumento della salute pubblica;
la riduzione degli ostacoli per l'accesso al test per l'HIV e la conseguente diagnosi precoce appaiono essere la strada auspicabile per dare adeguate possibilità di cura al sieropositivo, insieme all'indispensabile consapevolezza e tutela dei propri diritti e per rallentare la diffusione della malattia;
la piena tutela dei diritti umani e il rispetto della riservatezza e la protezione dei dati personali è alla base di ogni azione contemplata nella risposta al virus dell'HIV,

impegna il Governo:

a richiedere con urgenza alla Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS, organo tecnico del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di elaborare entro sei mesi dall'approvazione del presente atto le linee guida nazionali per garantire, indurre e facilitare l'accesso al test secondo le seguenti indicazioni:
a) individuazione di gruppi di fragilità sociale sui quali focalizzare i primi passi strategici;
b) definizione di strumenti chiari e modalità innovative per la garanzia dell'accesso informato, quali l'introduzione di procedure standard nell'accettazione per il ricovero ospedaliero o di procedure standard di test informato all'interno delle strutture carcerarie, nel momento dell'accoglienza delle persone immigrate, in situazioni di conclamato disagio sociale o, ad esempio, in presenza di patologie psichiatriche;
c) miglioramento dell'informazione e della prevenzione sulle malattie sessualmente trasmissibili e, in particolare, sull'HIV/AIDS e sulle epatiti, sottolineando la necessità di sottoporsi al test per permettere una diagnosi precoce;
a realizzare un piano di prevenzione, diagnosi precoce e terapia dell'AIDS, approntando misure specifiche, in particolare, per la tutela dei minori sieropositivi;
a stanziare risorse idonee per favorire la ricerca scientifica e la sperimentazione di nuovi trattamenti delle patologie sessualmente trasmissibili e dell'AIDS in particolare, in ottemperanza al dispositivo n. 1 della suddetta risoluzione del Parlamento europeo;
a realizzare un sistema di diagnosi precoce dell'infezione da HIV, anche nei confronti dei cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, a prescindere dalla condizione di regolarità o meno del loro soggiorno;
a garantire un costante monitoraggio in ordine alla diffusione del virus HIV nell'ambito della popolazione presente sul territorio nazionale, nel rispetto del diritto alla protezione dei dati personali dei soggetti interessati, ricorrendo, in particolare, a statistiche in forma aggregata e anonima;
ad adottare misure specifiche per migliorare lo standard di tutela del diritto inviolabile alla salute dei soggetti detenuti affetti da AIDS;
a realizzare campagne di sensibilizzazione, informazione e prevenzione dell'AIDS, favorendo, tra l'altro, l'insegnamento della prevenzione nelle scuole secondarie di secondo grado, affinché anche gli adolescenti possano acquisire un'adeguata consapevolezza su tale infezione;
ad adottare misure idonee a prevenire e contrastare ogni forma di discriminazione nei confronti dei soggetti affetti da AIDS, in ottemperanza al dispositivo n. 8 contenuto nella citata risoluzione del Parlamento europeo.
(1-00166) «Livia Turco, Sereni, Giachetti, Bossa, Bucchino, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Miotto, Mosella, Murer, Pedoto, Sbrollini».

La Camera,
premesso che:
l'HIV summit Italia 2009, tenutosi a Roma il 19 marzo 2009, ha confermato la tragica espansione di una malattia, ancora estremamente diffusa tra la popolazione;
esiste un rischioso «allarme sommerso» costituito dal fatto che il 55 per cento dei sieropositivi viene a conoscenza del proprio stato quando la malattia è in stato avanzato; negli anni '90 solo il 20 per cento veniva a conoscenza del proprio stato di sieropositività al momento della diagnosi di AIDS, oggi questo avviene quasi nel 60 per cento dei casi;
l'Istituto superiore di sanità stima che siano ben 120 mila gli italiani sieropositivi che ignorano di esserlo e che arrivano troppo tardi al test; chi vive nel Sud e nelle Isole ha una maggiore probabilità di arrivare tardi al test rispetto a chi vive al Nord, mentre gli stranieri, residenti nel nostro Paese, sono in assoluto coloro che hanno il rischio maggiore di fare tardi il test;
dal 1981 - anno di inizio del dilagare della malattia - in Italia si sono verificati oltre 60.000 casi di AIDS. Nel decennio 1995-2005, il trend di crescita era rallentato, mentre oggi l'infezione ha ricominciato a propagarsi intensamente fino ad arrivare a circa 4000 nuovi casi di contagio l'anno, registrati negli ultimi tre anni;
la drammaticità dei dati descritti scaturisce, in parte, dall'inspiegabile riduzione dell'attenzione, anche mediatica, sul fenomeno, che sta generando una sorta di «contagio inconsapevole», provocato dalle persone infette non diagnosticate. Risultano ancora troppo poche le iniziative e i canali di informazione volti a sensibilizzare l'opinione pubblica in materia di prevenzione e trattamento dell'HIV;
bisogna evidenziare, inoltre, che il problema della disinformazione e della trascuratezza sull'effettuazione del test non riguarda solo l'HIV, ma tutte le malattie sessualmente trasmesse;
infatti, secondo i dati trasmessi dall'Organizzazione mondiale della sanità, sono ben un milione i casi di malattie sessualmente trasmissibili accertate in Italia; di queste malattie sono solo 8 mila le notificate. L'incremento degli immigrati, spesso provenienti da Paesi pesantemente colpiti da questo tipo di malattia, procura maggiori difficoltà per un accesso più difficoltoso a test e cure;
non può essere sottovalutato, neanche, il drammatico problema dei neonati e dei minori esposti al rischio di contagio da HIV. L'Unicef evidenzia quanto sia forte l'esigenza di attuare misure urgenti e atte a garantire un'efficace prevenzione del contagio da virus HIV proprio nei confronti di queste categorie più deboli e indifese;
la risoluzione del Parlamento europeo del 20 novembre 2008 (n. RC-B6-0581/2008), sull'HIV/AIDS, «diagnosi precoce e cure tempestive», sancisce l'invito al Consiglio e alla Commissione europea a formulare una strategia sull'HIV, al fine di: promuovere la diagnosi precoce e la riduzione degli ostacoli alla sperimentazione; garantire un tempestivo trattamento e la comunicazione dei relativi benefici; garantire un accurato monitoraggio;
il Sottosegretario per il lavoro, la salute e le politiche sociali, professor Ferruccio Fazio, ha firmato il 21 gennaio 2009 il decreto di ricostituzione della Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS, con la finalità di fornire indicazioni sui messaggi prioritari oggetto delle campagne di informazione istituzionali, di delineare progetti di formazione medica continua dedicati al medico generico, con particolare attenzione al test e alla gestione della cronicità dell'infezione, nonché di promuovere l'insegnamento delle malattie infettive;
alla Commissione spetta, inoltre, la sorveglianza sui trend epidemiologici nei Paesi industrializzati e nel territorio nazionale, con particolare attenzione alla diffusione dell'infezione tra le categorie a rischio,

impegna il Governo:

ad attivare ogni utile disposizione atta ad aumentare l'attenzione nei confronti della sieropositività e a facilitare l'accesso ai test, in tutte le diverse realtà territoriali, ma soprattutto nelle zone in cui l'emergenza è più grave;
a sostenere, in maniera incisiva, ulteriori campagne di informazione necessarie a fornire un monitoraggio adeguato e aggiornato con riguardo alla malattia e alle possibili conseguenze e, ancor più, alle possibilità di prevenzione, soprattutto tra i giovani e le categorie a rischio;
a promuovere campagne di sensibilizzazione ed informazione, anche verso le future madri, in ordine alle possibili modalità di trasmissione del virus, favorendo, altresì, la diagnosi precoce, al duplice scopo di approntare le terapie idonee ad impedire l'aggravarsi della patologia, limitandone gli effetti pregiudizievoli, e di impedirne la trasmissione;
ad attuare piani di formazione e prevenzione continua anche al momento dell'ingresso nel nostro Paese delle persone immigrate, che diano la possibilità di garantire e migliorare la prevenzione su tutte le malattie sessualmente trasmesse e, in particolar modo, sull'HIV/AIDS;
ad adottate ogni possibile e puntuale iniziativa per dare efficacia alle misure previste dalla risoluzione adottata dal Parlamento europeo e citata in premessa;
a prevedere l'attuazione, da parte della Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS, di ogni utile iniziativa tesa ad elaborare un piano di azione nazionale, che fornisca linee guida organiche e dettagliate, in grado di individuare le aree deboli su cui agire in modo più particolareggiato, e tese a garantire interventi per la prevenzione, l'informazione, la ricerca.
(1-00167) «Nunzio Francesco Testa, De Poli, Oppi, Pisacane, Capitanio Santolini, Compagnon, Drago, Delfino, Ciccanti, Volontè».

La Camera,
premesso che:
dalla fine degli anni '80, l'epidemia di HIV/AIDS è divenuta uno dei principali problemi sanitari e una delle grandi priorità dell'Unione europea. L'Unione europea ha concentrato la propria azione su:
a) promozione della prevenzione e di una sempre maggiore sensibilizzazione;
b) migliore sorveglianza della malattia;
c) costituzione di reti per connettere fra loro i principali soggetti che lottano contro l'HIV/AIDS;
d) una più agevole diffusione delle buone pratiche;
l'Unione europea ha, inoltre, istituito organismi importanti per lo scambio d'informazioni e il coordinamento delle attività, a beneficio degli Stati membri e dei Paesi vicini, ed è attiva anche nei Paesi in via di sviluppo, fornendo, inoltre, un notevole sostegno al fondo mondiale per la lotta all'HIV/AIDS e ad altre istituzioni, al fine di rafforzare le misure e le azioni già adottate, in modo che apportino un valido contributo alla riduzione dell'epidemia di HIV/AIDS in futuro;
in Italia, come nel resto del mondo occidentale, il fenomeno HIV/AIDS si presta ormai a una doppia lettura contrastante:
a) l'aspetto positivo è che l'incidenza di AIDS (la malattia conclamata), che aveva toccato una punta massima di oltre 5500 nuovi casi nel 1995, è andata diminuendo a partire da metà del 1996. Ad oggi, sin dall'inizio dell'epidemia, i casi segnalati sono 60.346. La prevalenza di persone viventi con AIDS nell'ultimo anno è in aumento (si stimano oltre 21.500 pazienti viventi con AIDS); la diminuzione dei nuovi casi di AIDS non è, però, da attribuire a una diminuita incidenza delle nuove infezioni da HIV, quanto piuttosto all'effetto della terapia antiretrovirale combinata che ha rallentato la progressione della malattia, riducendo sia il numero dei pazienti che evolvono in fase conclamata che il numero dei decessi;
b) l'aspetto negativo è che l'aumento della sopravvivenza determina un incremento del numero delle persone sieropositive viventi e una parte di queste continua ad avere rapporti sessuali non protetti, magari perché inconsapevole del proprio stato di contagiosità, e ciò può contribuire alla diffusione dell'infezione, come testimoniato dall'elevato numero di nuove infezioni che si stima si verifichino ancora in Italia;
il fenomeno forse più preoccupante consiste, quindi, nell'incremento delle persone che scoprono di essere sieropositive solo al momento della diagnosi di AIDS, ovvero in uno stadio di malattia molto avanzato. La percentuale degli «inconsapevoli» è aumentata dal 21 per cento nel 1996 al 60 per cento nel 2008. Questo dato suggerisce che una parte rilevante di persone infette, soprattutto fra coloro che hanno acquisito l'infezione per via sessuale, ignora per molti anni la propria sieropositività: ciò gli impedisce di entrare precocemente in trattamento e di adottare quelle precauzioni che potrebbero diminuire il rischio di diffusione dell'infezione;
in questi anni si sono anche modificate le caratteristiche delle persone colpite. Innanzitutto, aumenta l'età delle persone con AIDS: se nel 1988 la media era di 29 anni per i maschi e 27 per le femmine, nel 2008 si arriva rispettivamente a 43 e 40 anni. Cambiano, inoltre, i fattori di rischio: la proporzione dei casi attribuibili alla tossicodipendenza è diminuita dal 66 per cento prima del 1997 al 25 per cento nel 2007-2008, mentre i contatti eterosessuali sono passati nello stesso periodo dal 15 per cento al 45 per cento;
l'epidemia di HIV/AIDS, quindi, non diminuisce, piuttosto si modifica. I sieropositivi vivono più a lungo e meglio, grazie alle nuove terapie, ma le dimensioni dell'epidemia aumentano, a causa dell'abbassamento della guardia conseguente alla bassa percezione del rischio di contrarre l'infezione, soprattutto per via sessuale;
l'educazione sulle vie di trasmissione dell'HIV e su come diminuire il rischio di esposizione a esso rappresenta, quindi, ancora oggi, uno dei mezzi principali per ridurre la diffusione del virus. In questo ambito la promozione dell'uso del profilattico deve essere a tutti gli effetti considerata come misura efficace, almeno per il controllo della malattia trasmissibile per via sessuale;
come riportato nella «Relazione sullo stato di attuazione delle strategie attivate per fronteggiare l'infezione da HIV», trasmessa al Parlamento il 28 febbraio 2008 dall'allora Ministro della salute Livia Turco, il programma nazionale di ricerca sull'AIDS, avviato alla fine degli anni '80, «ha usufruito, all'inizio di investimenti di significativa entità, mantenuti allo stesso livello fino alla metà degli anni '90. Dalla fine degli anni '90, l'entità del finanziamento si è costantemente ridotta e, soprattutto, ha perso la periodicità annuale». E ciò non può, quindi, non ripercuotersi sulla qualità stessa della ricerca italiana sull'AIDS e sul suo inserimento in campo internazionale;
se si analizza la diffusione del fenomeno in ambito internazionale, si evidenzia come nei Paesi sottosviluppati e in quelli in via di sviluppo, in particolare nel continente africano, la situazione è ben più drammatica e l'AIDS rappresenta un problema sanitario e sociale gravissimo e tragico nelle sue dimensioni. Secondo il rapporto Unaids, il numero degli infettati dal virus HIV è stimato in quasi 40 milioni di persone, di cui 30 milioni solo nel continente africano;
i bambini sono la popolazione più vulnerabile alla pandemia dell'HIV: oltre 15 milioni di bambini sotto i 15 anni sono orfani a causa di HIV/AIDS e oltre 2 milioni sono sieropositivi. Ogni minuto un bambino muore per cause collegate all'HIV/AIDS e quattro nuovi contagi avvengono fra adolescenti di età inferiore ai 15 anni;
strumento fondamentale di cooperazione e aiuto internazionale in questo ambito è rappresentato dal fondo globale per la lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria (gfatm);
questo fondo - meccanismo internazionale di finanziamento destinato a raccogliere ed erogare fondi per la lotta alle tre pandemie - è stato promosso nella sessione speciale dell'Assemblea generale dell'Onu, tenutasi a New York nel giugno 2001, ed è stato istituito nel vertice dei Paesi membri del G8 del 2001. Consiste in una partnership pubblico-privata, cui aderiscono numerosi Stati, tra i quali l'Italia, organismi internazionali e associazioni private, e finanzia attività di prevenzione e cura, nonché di consolidamento dei sistemi sanitari locali, prevalentemente destinate all'Africa;
dalla sua istituzione, il fondo globale ha approvato quasi 600 progetti di finanziamento, distribuiti tra 137 Paesi, per un valore totale di 10,2 miliardi di dollari. In questi anni di attività, il fondo è riuscito a salvare circa 2,5 milioni di vite umane;
il nostro Paese, nella XV legislatura, ha stanziato, come quota contributo al suddetto fondo, 260 milioni di euro, con il decreto-legge n. 81 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 127 del 2007, e ulteriori 130 milioni di euro, con il decreto legge n. 159 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 222 del 2007;
vale la pena sottolineare che l'Italia si è impegnata per 2,5 miliardi di dollari in 5 anni (2010-2015), per 130 milioni di dollari l'anno (2008-2010) di contributo al fondo globale per la lotta ad AIDS, tubercolosi e malaria (gfatm), per 1,8 miliardi di dollari per la prevenzione e cura dell'AIDS in età pediatrica e per 1,5 miliardi di dollari per la prevenzione della trasmissione dell'HIV da madre a figlio, oltre a partecipare a iniziative per lo sviluppo dei vaccini e per la formazione del personale sanitario, con particolare riferimento alla salute riproduttiva per la prevenzione della mortalità materna;
attualmente, però, il fondo globale per la lotta ad AIDS, tubercolosi e malaria si trova di fronte a 5 miliardi di dollari in meno rispetto ai finanziamenti previsti per il 2009-2010 ed è evidente che in assenza di adeguate risorse finanziarie risulta ancora più difficile garantire interventi sanitari per le popolazioni più vulnerabili,

impegna il Governo:

a favorire l'accesso ai servizi sanitari e allo sviluppo qualificato di reti interistituzionali di prevenzione sul fenomeno, con il pieno coinvolgimento delle associazioni impegnate nella lotta all'AIDS e alle malattie sessualmente trasmissibili;
a prevedere adeguate risorse per il programma nazionale di ricerca sull'AIDS, stante la riduzione costante del relativo finanziamento in questi ultimi dieci anni;
ad assicurare in tutti i centri del territorio nazionale, senza eccezioni, un accesso al test diagnostico pienamente gratuito, anonimo e volontario, visto che l'accesso al test viene segnalato in diminuzione, con pericolose conseguenze sulla ricostruzione del quadro epidemiologico e, in caso di sieropositività, con rischio di ritardo nella diagnosi;
a riprendere specifiche campagne informative, anche attraverso il servizio pubblico radiotelevisivo, con l'obiettivo di diffondere la conoscenza delle modalità di trasmissione del virus HIV, la consapevolezza della fondamentale rilevanza dei comportamenti individuali rispetto all'esposizione al rischio d'infezione, l'avvio di un percorso di autoresponsabilizzazione circa i propri comportamenti e la non discriminazione delle persone sieropositive;
a promuovere specifici progetti di prevenzione primaria nelle scuole per coinvolgere gli studenti in percorsi educativi e formativi sull'AIDS, la prevenzione, l'educazione sessuale, con particolare riferimento alle azioni individuali utili a ridurre il rischio di trasmissione del virus, a cominciare dall'uso consapevole del profilattico, come principale strumento di contrasto al rischio contagio;
a sostenere programmi di intervento ed aiuto nella lotta contro l'AIDS, attraverso l'incentivazione di progetti bilaterali tra l'Italia ed i Paesi in via di sviluppo, finanziati e coordinati dal ministero degli affari esteri, e dello strumento della cooperazione internazionale;
ad assicurare le risorse promesse al fondo globale per la lotta all'HIV/AIDS, tubercolosi e malaria (gfatm) e a non coprire tali stanziamenti attingendo dai fondi, già insufficienti, destinati alla cooperazione allo sviluppo.
(1-00173) (Nuova formulazione) «Palagiano, Mura, Donadi, Evangelisti, Borghesi».

MOZIONI FRANCESCHINI ED ALTRI N. 1-00165, VIETTI ED ALTRI N. 1-00178, COTA ED ALTRI N. 1-00179, CICCHITTO, IANNACCONE ED ALTRI N. 1-00180 E BORGHESI ED ALTRI N. 1-00181 E CICCHITTO, COTA E IANNACCONE ED ALTRI N. 1-00184 CONCERNENTI INIZIATIVE A SOSTEGNO DEL SETTORE MANIFATTURIERO

Mozioni

La Camera,
premesso che:
la crisi economica globale ha sconvolto una parte consistente del settore manifatturiero italiano, che rappresenta una fetta importante e strategica del prodotto interno lordo nazionale;
nonostante da più parti si cominci ad avanzare un timido ottimismo sull'uscita dalla crisi, per le piccole e medie imprese il peggio non è certamente passato: l'indicatore del clima di fiducia nell'industria manifatturiera di febbraio 2009 ha segnato un'ulteriore discesa, che ormai dura da 22 mesi; la contrazione è dovuta principalmente alla riduzione degli ordini interni ed esteri e dalle peggiorate aspettative di produzione;
la produzione industriale in Italia nel 2008 si è contratta del 4,3 per cento rispetto al 2007: la più forte caduta dal 1975; le rilevazioni di inizio 2009 non forniscono spunti di novità rispetto alla situazione precedente: nel mese di gennaio 2009 la produzione industriale realizzata in Italia è stata inferiore del 21,9 per cento a quella di gennaio 2008;
a febbraio 2009 la cassa integrazione ordinaria è cresciuta del 553,17 per cento, a marzo 2009 del 925 per cento rispetto agli stessi mesi del 2008, nel primo trimestre 2009 l'aumento è stato del 589 per cento rispetto ai primi tre mesi del 2008;
Unioncamere prevede quasi 90.000 dipendenti in meno in tutti i settori dell'economia solo nei primi 3 mesi del 2009, anche in conseguenza del fatto che il 31 per cento delle imprese manifatturiere ha registrato un peggioramento nella concessione del credito nell'ultimo anno;
il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi ha sostenuto, nel corso di una recente audizione svoltasi innanzi alla Commissione finanze della Camera dei deputati il 17 marzo 2009, che il credito delle banche italiane nei confronti delle imprese ha decelerato nettamente, colpendo particolarmente i prestiti alle imprese con meno di 20 addetti e all'industria manifatturiera;
a ciò si aggiunge il fatto che in Italia le imprese sono creditrici nei confronti dello Stato per cifre vicine ai 60 miliardi di euro, una situazione gravissima in questi tempi di crisi;
la crisi si fa pesantemente sentire anche nei distretti industriali dove la tendenza negativa è generalizzata: si stima che le aree distrettuali abbiano una cassa integrazione di circa 12 milioni di ore;
nel distretto tessile di Prato il monte ore della cassa integrazione (ordinaria e straordinaria) registrata nel febbraio 2009 è cresciuto rispetto al 2008 del 246,7 per cento. La media di crescita del 2008 rispetto al 2007 è stata del 49,7 per cento. Più che preoccupante lo scenario della mobilità: nel periodo gennaio-febbraio 2009 si è registrato - rispetto allo stesso periodo del 2008 - un aumento del 24,5 per cento. I licenziati sono passati da 407 a 539 (in tutto il 2008 i lavoratori in mobilità sono stati 1931);
nel distretto della ceramica di Sassuolo, che fattura poco meno di 8 miliardi di euro, occupa più di 42.000 dipendenti ed esporta oltre il 70 per cento della produzione ceramica nazionale in 150 Paesi, con un saldo attivo della bilancia commerciale di oltre 4 miliardi, a metà marzo 2009 risultano sospesi dal lavoro più di 5.000 lavoratori, di cui 3.000 in cassa integrazione ordinaria, 1.700 in cassa speciale, 500 a orario ridotto con contratto di solidarietà;
anche nei distretti dell'oreficeria (Valenza, Vicenza, Arezzo) la crisi ha un andamento molto preoccupante. Solo ad Arezzo nel mese di gennaio 2009 le ore di cassa integrazione (ordinaria e straordinaria) richieste sono state 188.583, + 292 per cento rispetto allo stesso mese del 2008 quando erano state 64.461; nel mese di febbraio 2009 le ore richieste sono salite a 333.942, con un incremento del 330 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente (erano state 101.232); nel mese di marzo 2009 le ore di cassa integrazione dalle 38.350 del 2008 sono salite a 301.235, con un incremento del 785 per cento;
ma sono molti altri i distretti in crisi: da quelli dell'occhialeria a quelli della nautica da diporto, dal vetro al mobile, al conciario, al calzaturiero e così via, in un vero e proprio bollettino di guerra: ciò fa dire che è questa una crisi senza precedenti, dalla quale è necessario uscire dando luogo a interventi di sostegno mirati, immediati ed efficaci;
con il decreto-legge n. 5 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, il Governo ha perso una buona occasione per mettere in campo interventi finalizzati a sostenere le piccole imprese e, in particolare, il sistema dei distretti italiani,

impegna il Governo:

a sostenere il reddito per i lavoratori dipendenti e autonomi, finalizzato alla ripresa del lavoro o al reimpiego e, comunque, fino al 31 dicembre 2010, attraverso cassa integrazione guadagni straordinaria, indennità di mobilità e assegno di disoccupazione, con tempi certi di erogazione dei trattamenti entro il quindicesimo giorno del mese successivo al verificarsi dell'evento;
ad adottare misure per la fruibilità effettiva da parte delle piccole e micro imprese dell'intervento del fondo centrale di garanzia (legge n. 662 del 1996 e legge n. 266 del 1997) e degli interventi previsti dal decreto-legge n. 5 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, e alla promozione di accordi operativi col sistema creditizio, volti a facilitare la rinegoziazione dei debiti delle piccole e micro imprese, in particolare per le aziende conto terziste;
ad introdurre quote riservate alle piccole e medie imprese negli appalti pubblici per la fornitura di beni e servizi;
ad accelerare il percorso della semplificazione amministrativa, secondo il principio di sussidiarietà nel rapporto tra imprese e pubblica amministrazione, favorendo l'avvio di nuove imprese;
ad introdurre, previa negoziazione con l'Unione europea, nei distretti industriali e a favore delle reti di impresa, un sistema fiscale premiante (detassazione degli investimenti) per le imprese che investono nel rafforzamento del capitale societario, del capitale tecnologico e del capitale umano (occupazione);
ad introdurre misure che consentano di equiparare, in termini di benefici fiscali, i consorzi di acquisto territoriali ai cosiddetti «grandi utilizzatori», riguardo ai consumi di energia elettrica e gas naturale;
a reintrodurre per le aziende tessili dell'applicazione monitorata degli studi di settore per il 2008 e il 2009, nei casi di forte contrazione del fatturato e/o diminuzione consistente delle ore lavorate;
a svolgere un'azione pressante presso l'Unione europea perché sia resa operativa la proposta di regolamento sulla etichettatura di origine di alcuni prodotti industriali, tra i quali quelli del settore tessile-abbigliamento, che la Commissione europea ha adottato il 16 dicembre 2005;
a svolgere, altresì, una costante pressione a livello dell'Unione europea, e ove possibile in accordi bilaterali con altri Paesi non appartenenti all'Unione europea, per raggiungere l'obiettivo della reciprocità dei dazi doganali e la rimozione delle barriere non tariffarie.
(1-00165) «Franceschini, Soro, Sereni, Bressa, Giacomelli, Lulli, Bersani, Baretta, Fluvi, Damiano, Bellanova, Ventura, Brandolini, Castagnetti, Ceccuzzi, Cenni, Codurelli, De Pasquale, Fontanelli, Froner, Gatti, Ghizzoni, Lanzillotta, Lenzi, Marchi, Marchioni, Martella, Mattesini, Merloni, Miglioli, Motta, Pizzetti, Scarpetti, Velo, Viola, Zucchi, Benamati, Marco Carra».

La Camera,
premesso che:
la crisi economica globale ha sconvolto una parte consistente del settore manifatturiero italiano, che rappresenta una fetta importante e strategica del prodotto interno lordo nazionale;
nonostante da più parti si cominci ad avanzare un timido ottimismo sull'uscita dalla crisi, per le piccole e medie imprese il peggio non è certamente passato: l'indicatore del clima di fiducia nell'industria manifatturiera di febbraio 2009 ha segnato un'ulteriore discesa, che ormai dura da 22 mesi; la contrazione è dovuta principalmente alla riduzione degli ordini interni ed esteri e dalle peggiorate aspettative di produzione;
la produzione industriale in Italia nel 2008 si è contratta del 4,3 per cento rispetto al 2007: la più forte caduta dal 1975; le rilevazioni di inizio 2009 non forniscono spunti di novità rispetto alla situazione precedente: nel mese di gennaio 2009 la produzione industriale realizzata in Italia è stata inferiore del 21,9 per cento a quella di gennaio 2008;
a febbraio 2009 la cassa integrazione ordinaria è cresciuta del 553,17 per cento, a marzo 2009 del 925 per cento rispetto agli stessi mesi del 2008, nel primo trimestre 2009 l'aumento è stato del 589 per cento rispetto ai primi tre mesi del 2008;
Unioncamere prevede quasi 90.000 dipendenti in meno in tutti i settori dell'economia solo nei primi 3 mesi del 2009, anche in conseguenza del fatto che il 31 per cento delle imprese manifatturiere ha registrato un peggioramento nella concessione del credito nell'ultimo anno;
il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi ha sostenuto, nel corso di una recente audizione svoltasi innanzi alla Commissione finanze della Camera dei deputati il 17 marzo 2009, che il credito delle banche italiane nei confronti delle imprese ha decelerato nettamente, colpendo particolarmente i prestiti alle imprese con meno di 20 addetti e all'industria manifatturiera;
a ciò si aggiunge il fatto che in Italia le imprese sono creditrici nei confronti dello Stato per cifre vicine ai 60 miliardi di euro, una situazione gravissima in questi tempi di crisi;
la crisi si fa pesantemente sentire anche nei distretti industriali dove la tendenza negativa è generalizzata: si stima che le aree distrettuali abbiano una cassa integrazione di circa 12 milioni di ore;
nel distretto tessile di Prato il monte ore della cassa integrazione (ordinaria e straordinaria) registrata nel febbraio 2009 è cresciuto rispetto al 2008 del 246,7 per cento. La media di crescita del 2008 rispetto al 2007 è stata del 49,7 per cento. Più che preoccupante lo scenario della mobilità: nel periodo gennaio-febbraio 2009 si è registrato - rispetto allo stesso periodo del 2008 - un aumento del 24,5 per cento. I licenziati sono passati da 407 a 539 (in tutto il 2008 i lavoratori in mobilità sono stati 1931);
nel distretto della ceramica di Sassuolo, che fattura poco meno di 8 miliardi di euro, occupa più di 42.000 dipendenti ed esporta oltre il 70 per cento della produzione ceramica nazionale in 150 Paesi, con un saldo attivo della bilancia commerciale di oltre 4 miliardi, a metà marzo 2009 risultano sospesi dal lavoro più di 5.000 lavoratori, di cui 3.000 in cassa integrazione ordinaria, 1.700 in cassa speciale, 500 a orario ridotto con contratto di solidarietà;
anche nei distretti dell'oreficeria (Valenza, Vicenza, Arezzo) la crisi ha un andamento molto preoccupante. Solo ad Arezzo nel mese di gennaio 2009 le ore di cassa integrazione (ordinaria e straordinaria) richieste sono state 188.583, + 292 per cento rispetto allo stesso mese del 2008 quando erano state 64.461; nel mese di febbraio 2009 le ore richieste sono salite a 333.942, con un incremento del 330 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente (erano state 101.232); nel mese di marzo 2009 le ore di cassa integrazione dalle 38.350 del 2008 sono salite a 301.235, con un incremento del 785 per cento;
ma sono molti altri i distretti in crisi: da quelli dell'occhialeria a quelli della nautica da diporto, dal vetro al mobile, al conciario, al calzaturiero e così via, in un vero e proprio bollettino di guerra: ciò fa dire che è questa una crisi senza precedenti, dalla quale è necessario uscire dando luogo a interventi di sostegno mirati, immediati ed efficaci;
con il decreto-legge n. 5 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, il Governo ha perso una buona occasione per mettere in campo interventi finalizzati a sostenere le piccole imprese e, in particolare, il sistema dei distretti italiani,

impegna il Governo:

a sostenere il reddito per i lavoratori dipendenti e autonomi, finalizzato alla ripresa del lavoro o al reimpiego e, comunque, fino al 31 dicembre 2010, attraverso cassa integrazione guadagni straordinaria, indennità di mobilità e assegno di disoccupazione, con tempi certi di erogazione dei trattamenti entro il quindicesimo giorno del mese successivo al verificarsi dell'evento;
ad adottare misure per la fruibilità effettiva da parte delle piccole e micro imprese dell'intervento del fondo centrale di garanzia (legge n. 662 del 1996 e legge n. 266 del 1997) e degli interventi previsti dal decreto-legge n. 5 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, e alla promozione di accordi operativi col sistema creditizio, volti a facilitare la rinegoziazione dei debiti delle piccole e micro imprese, in particolare per le aziende conto terziste;
all'introduzione di quote, riservate alle piccole e medie imprese, negli appalti pubblici indetti dai comuni con meno di 5.000 abitanti per la fornitura di beni e servizi, nei limiti imposti dalla normativa europea;
ad accelerare il percorso della semplificazione amministrativa, secondo il principio di sussidiarietà nel rapporto tra imprese e pubblica amministrazione, favorendo l'avvio di nuove imprese;
ad introdurre, previa negoziazione con l'Unione europea, nei distretti industriali e a favore delle reti di impresa, un sistema fiscale premiante (detassazione degli investimenti) per le imprese che investono nel rafforzamento del capitale societario, del capitale tecnologico e del capitale umano (occupazione);
ad introdurre misure che consentano di equiparare, in termini di benefici fiscali, i consorzi di acquisto territoriali ai cosiddetti «grandi utilizzatori», riguardo ai consumi di energia elettrica e gas naturale;
a reintrodurre per le aziende tessili dell'applicazione monitorata degli studi di settore per il 2008 e il 2009, nei casi di forte contrazione del fatturato e/o diminuzione consistente delle ore lavorate;
a svolgere un'azione pressante presso l'Unione europea perché sia resa operativa la proposta di regolamento sulla etichettatura di origine di alcuni prodotti industriali, tra i quali quelli del settore tessile-abbigliamento, che la Commissione europea ha adottato il 16 dicembre 2005;
a svolgere, altresì, una costante pressione a livello dell'Unione europea, e ove possibile in accordi bilaterali con altri Paesi non appartenenti all'Unione europea, per raggiungere l'obiettivo della reciprocità dei dazi doganali e la rimozione delle barriere non tariffarie.
(1-00165) (Testo modificato nel corso della seduta) «Franceschini, Soro, Sereni, Bressa, Giacomelli, Lulli, Bersani, Baretta, Fluvi, Damiano, Bellanova, Ventura, Brandolini, Castagnetti, Ceccuzzi, Cenni, Codurelli, De Pasquale, Fontanelli, Froner, Gatti, Ghizzoni, Lanzillotta, Lenzi, Marchi, Marchioni, Martella, Mattesini, Merloni, Miglioli, Motta, Pizzetti, Scarpetti, Velo, Viola, Zucchi, Benamati, Marco Carra».

La Camera,
premesso che:
la crisi finanziaria che ha investito i mercati internazionali negli ultimi mesi del 2008 ha colpito gravemente anche il sistema industriale del nostro Paese, da un lato attraverso una contrazione dei consumi, e quindi della produzione e del fatturato, dall'altro attraverso una drastica riduzione del credito alle imprese;
i dati sulla produzione industriale, resi noti nei giorni scorsi dall'Istat, confermano l'ampiezza della crisi in corso, con una flessione del 23,8 per cento nel mese di marzo 2009 rispetto allo stesso mese del 2008 ed una riduzione del 4,6 per cento rispetto al mese di febbraio 2009;
la flessione è diffusa in tutti i settori: gli indici destagionalizzati dei raggruppamenti principali di industrie evidenziano, in termini congiunturali, variazioni negative pari a -5,4 per cento per i beni intermedi, -4,3 per cento per i beni di consumo totale, -4,1 per cento per i beni strumentali e -2,6 per cento per l'energia;
le diminuzioni più marcate riguardano la metallurgia e i prodotti in metallo, le apparecchiature elettriche, gli autoveicoli, i mezzi di trasporto, la gomma, le materie plastiche e i minerali non metalliferi, mentre l'unico settore che registra un aumento della produzione è quello dell'industria farmaceutica;
nel complesso del primo trimestre 2009 la diminuzione dell'attività industriale è stata del 9,8 per cento (superiore a quella del quarto trimestre 2008 e pari all'8,5 per cento), anche se nel secondo trimestre 2009 l'Istat prevede una flessione limitata al 4,7 per cento;
anche il centro studi di Confindustria stima per aprile 2009 un aumento dell'attività produttiva dell'1,5 per cento rispetto a marzo (-4,6 per cento su febbraio 2009), profilando, quindi, il primo risultato positivo della produzione dopo undici mesi di flessioni congiunturali consecutive;
un'analoga previsione perviene dall'Isae, con un recupero dell'attività produttiva nel mese di aprile 2009 dello 0,7 per cento rispetto a marzo 2009, mentre per maggio 2009 una nuova caduta congiunturale della produzione intorno al 2,8 per cento, che dovrebbe essere seguita da un nuovo aumento a giugno 2009 del 3 per cento;
nel secondo trimestre, quindi, dovrebbe registrarsi un'attenuazione della fase negativa, sebbene la recessione continuerà;
in relazione ai primi 3 mesi del 2009, una recente indagine di Unioncamere registra la perdita di 90.000 dipendenti in tutti i settori dell'economia, anche in conseguenza del fatto che il 31 per cento delle imprese nazionali ha avuto difficoltà nell'ultimo anno ad ottenere prestiti presso gli istituti di credito;
nel comparto manifatturiero, che è quello che ha avuto le più grosse difficoltà nell'accesso al credito e che è quello maggiormente esposto alla concorrenza internazionale, i settori più colpiti dalla crisi nell'ultimo trimestre 2008 sono stati: vetro (-18,2 per cento), materie plastiche (-14 per cento), ceramiche e piastrelle (-11,2 per cento), gomma (-28,8 per cento), concia (tra il 15 e il 40 per cento in meno addirittura);
le imprese italiane pagano un prezzo sempre più alto per la crisi del credito: secondo una recente analisi dell'ufficio studi di Confartigianato, i maggiori tassi di interesse imposti dalle banche rispetto a quelli di riferimento fissati dalla Banca centrale europea generano alle imprese oneri finanziari annui per 13.837 milioni di euro (a dicembre 2008 questa cifra si attestava sui 12,5 miliardi);
i tassi sui prestiti pagati dalle imprese italiane sono, infatti, più alti rispetto a quelli degli altri principali Paesi europei: il gap è di 70 punti base (cioè pari allo 0,7 per cento) rispetto alla Spagna, di 82 punti base rispetto alla Germania e addirittura di 134 punti base rispetto alla Francia;
oltre all'aumento del costo del denaro, sarebbero peggiorate le condizioni di accesso al credito: a febbraio 2009, infatti, è aumentata la quota di imprese manifatturiere (40,2 per cento) che hanno registrato difficoltà (più accentuate per esportatori e produttori di beni intermedi), mentre l'8 per cento, per lo più piccole imprese, avrebbe richiesto e non ottenuto negli ultimi mesi un finanziamento;
le difficoltà di accesso al credito si manifestano soprattutto con richieste ingiustificate di rientro anticipato degli affidamenti, con l'aumento dello spread sui tassi di interesse, con richieste di maggiori garanzie, con l'allungamento dei tempi delle procedure burocratiche;
le maggiori difficoltà si incontrerebbero con gli istituti di credito di grandi dimensioni, mentre per le piccole imprese l'accesso al credito risulta più facile con le banche di minori dimensioni e radicate sul territorio, in particolare le banche popolari e gli istituti di credito cooperativo, che, infatti, erogano il 43,8 per cento del totale dei prestiti bancari alle micro e piccole imprese con meno di venti addetti;
recentemente l'Abi ha reso noto che, sebbene con un trend meno solido di quello riferito al 2007-2008 (+13,2 per cento), a febbraio 2009 i prestiti alle imprese sono cresciuti del 5,1 per cento rispetto allo stesso mese del 2008, anche se altri osservano che questi dati tengono conto delle operazioni a favore di grandi imprese, che hanno il vantaggio di essere molto più solvibili di tante altre piccole e medie aziende;
nei giorni scorsi il consiglio di amministrazione della Cassa depositi e prestiti ha dato il via libera alla concessione alle banche di una provvista finanziaria fino a 8 miliardi di euro, finanziata attraverso il risparmio postale e dedicata esclusivamente alle piccole e medie imprese: in base ad un accordo con l'Abi, la Cassa depositi e prestiti distribuirà subito una prima tranche di 3-4 miliardi di risorse alle banche in funzione dell'attuale quota di mercato di ciascun istituto nei confronti delle piccole e medie imprese, successivamente le assegnazioni seguiranno la dinamica di tiraggio evidenziata dai singoli istituti;
oltre a migliorare le condizioni di accesso al credito e a modificare i parametri e gli indici di congruità su cui si basano i meccanismi di accertamento della base imponibile attraverso gli studi di settore, sono necessari interventi più incisivi per ridurre il carico tributario che grava sulle imprese e abbattere le aliquote contributive e fiscali che pesano sul costo del lavoro;
secondo il rapporto Ocse che monitora il costo del lavoro nei trenta Paesi più industrializzati, in Italia il cuneo fiscale è aumentato dallo 0,8 per cento del 2005 allo 0,25 per cento del 2008, mentre negli altri Paesi Ocse si assiste ad un lento decremento per migliorare la competitività dell'industria locale;
la pressione complessiva sui redditi da lavoro sommata ai contributi previdenziali per ciascun dipendente era in Italia del 46,2 per cento nel 2007 e del 46,5 per cento nel 2008, mentre la media Ocse era del 37,7 per cento nel 2007 e del 37,4 per cento nel 2008;
le piccole e medie imprese per poter uscire dall'attuale periodo di recessione dovrebbero, inoltre, agire su due fronti: più flessibilità nei processi organizzativi, al fine di contenere i costi di produzione, e più innovazione di prodotto e di servizi;
considerato l'attuale momento di congiuntura negativa, dal momento che i ritardi di pagamento della pubblica amministrazione costano alle aziende 1,7 miliardi di oneri finanziari, dovrebbero, altresì, essere introdotti strumenti che agevolino e rendano tempestiva la riscossione dei crediti vantati da fornitori di beni e servizi nei confronti delle amministrazioni pubbliche (i dati sui ritardi di pagamento dimostrano come la pubblica amministrazione italiana sia il peggior pagatore a livello europeo, con ritardi che nella media raggiungono i 135 giorni, contro la media europea di 65),

impegna il Governo:

ad adottare misure aggiuntive immediate per rilanciare i consumi e incentivare la domanda, al fine di consentire alle imprese di fronteggiare l'emergenza crisi e di accrescere lo sviluppo e la competitività del Paese;
a sostenere e facilitare l'accesso al credito delle piccole e medie imprese, anche mediante il potenziamento e la valorizzazione del sistema dei consorzi fidi, che rappresentano uno strumento di mutualismo solidaristico capillarmente diffuso su tutto il Paese, che fornisce garanzie ai piccoli imprenditori per ottenere i finanziamenti necessari ad effettuare investimenti e creare occupazione;
ad adottare politiche che favoriscano la flessibilità e l'innovazione di prodotti e di processi produttivi, che sono per le imprese tra le misure più efficaci per uscire dalla crisi e fronteggiare la concorrenza internazionale;
ad effettuare interventi più incisivi per ridurre il carico tributario che grava sulle imprese e abbattere le aliquote contributive e fiscali che pesano sul costo del lavoro;
a sostenere e favorire gli investimenti delle piccole e medie imprese attraverso misure fiscali che alleggeriscano il peso degli interessi passivi relativi a finanziamenti diretti all'acquisizione di beni strumentali;
a procedere ad una revisione degli studi di settore, tenendo conto dell'impatto della crisi in modo mirato e selettivo, sia sui settori singolarmente considerati, sia sulle diverse aree territoriali, al fine di garantire la più ampia affidabilità dello strumento di accertamento;
ad adottare iniziative per una riforma degli ammortizzatori sociali che consenta un'adeguata copertura anche per quei settori che ne sono sprovvisti;
a procedere alla revisione delle tariffe dei premi assicurativi Inail, che in alcuni comparti per l'artigianato risultano estremamente elevati rispetto alle prestazioni erogate, generando un notevole avanzo di gestione ripetuto negli anni;
ad introdurre strumenti che agevolino e rendano tempestiva la riscossione dei crediti vantati da fornitori di beni e servizi nei confronti delle amministrazioni pubbliche, intervenendo sui tempi di pagamento anche mediante la compensazione tra debito tributario iscritto a ruolo e credito di qualsiasi natura vantato dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione.
(1-00178) «Vietti, Anna Teresa Formisano, Pezzotta, Ruggeri, Galletti, Volonté, Compagnon, Ciccanti, Naro, Libè, Occhiuto, Delfino».

La Camera,
premesso che:
la crisi finanziaria che ha investito i mercati internazionali negli ultimi mesi del 2008 ha colpito gravemente anche il sistema industriale del nostro Paese, da un lato attraverso una contrazione dei consumi, e quindi della produzione e del fatturato, dall'altro attraverso una drastica riduzione del credito alle imprese;
i dati sulla produzione industriale, resi noti nei giorni scorsi dall'Istat, confermano l'ampiezza della crisi in corso, con una flessione del 23,8 per cento nel mese di marzo 2009 rispetto allo stesso mese del 2008 ed una riduzione del 4,6 per cento rispetto al mese di febbraio 2009;
la flessione è diffusa in tutti i settori: gli indici destagionalizzati dei raggruppamenti principali di industrie evidenziano, in termini congiunturali, variazioni negative pari a -5,4 per cento per i beni intermedi, -4,3 per cento per i beni di consumo totale, -4,1 per cento per i beni strumentali e -2,6 per cento per l'energia;
le diminuzioni più marcate riguardano la metallurgia e i prodotti in metallo, le apparecchiature elettriche, gli autoveicoli, i mezzi di trasporto, la gomma, le materie plastiche e i minerali non metalliferi, mentre l'unico settore che registra un aumento della produzione è quello dell'industria farmaceutica;
nel complesso del primo trimestre 2009 la diminuzione dell'attività industriale è stata del 9,8 per cento (superiore a quella del quarto trimestre 2008 e pari all'8,5 per cento), anche se nel secondo trimestre 2009 l'Istat prevede una flessione limitata al 4,7 per cento;
anche il centro studi di Confindustria stima per aprile 2009 un aumento dell'attività produttiva dell'1,5 per cento rispetto a marzo (-4,6 per cento su febbraio 2009), profilando, quindi, il primo risultato positivo della produzione dopo undici mesi di flessioni congiunturali consecutive;
un'analoga previsione perviene dall'Isae, con un recupero dell'attività produttiva nel mese di aprile 2009 dello 0,7 per cento rispetto a marzo 2009, mentre per maggio 2009 una nuova caduta congiunturale della produzione intorno al 2,8 per cento, che dovrebbe essere seguita da un nuovo aumento a giugno 2009 del 3 per cento;
nel secondo trimestre, quindi, dovrebbe registrarsi un'attenuazione della fase negativa, sebbene la recessione continuerà;
in relazione ai primi 3 mesi del 2009, una recente indagine di Unioncamere registra la perdita di 90.000 dipendenti in tutti i settori dell'economia, anche in conseguenza del fatto che il 31 per cento delle imprese nazionali ha avuto difficoltà nell'ultimo anno ad ottenere prestiti presso gli istituti di credito;
nel comparto manifatturiero, che è quello che ha avuto le più grosse difficoltà nell'accesso al credito e che è quello maggiormente esposto alla concorrenza internazionale, i settori più colpiti dalla crisi nell'ultimo trimestre 2008 sono stati: vetro (-18,2 per cento), materie plastiche (-14 per cento), ceramiche e piastrelle (-11,2 per cento), gomma (-28,8 per cento), concia (tra il 15 e il 40 per cento in meno addirittura);
le imprese italiane pagano un prezzo sempre più alto per la crisi del credito: secondo una recente analisi dell'ufficio studi di Confartigianato, i maggiori tassi di interesse imposti dalle banche rispetto a quelli di riferimento fissati dalla Banca centrale europea generano alle imprese oneri finanziari annui per 13.837 milioni di euro (a dicembre 2008 questa cifra si attestava sui 12,5 miliardi);
i tassi sui prestiti pagati dalle imprese italiane sono, infatti, più alti rispetto a quelli degli altri principali Paesi europei: il gap è di 70 punti base (cioè pari allo 0,7 per cento) rispetto alla Spagna, di 82 punti base rispetto alla Germania e addirittura di 134 punti base rispetto alla Francia;
oltre all'aumento del costo del denaro, sarebbero peggiorate le condizioni di accesso al credito: a febbraio 2009, infatti, è aumentata la quota di imprese manifatturiere (40,2 per cento) che hanno registrato difficoltà (più accentuate per esportatori e produttori di beni intermedi), mentre l'8 per cento, per lo più piccole imprese, avrebbe richiesto e non ottenuto negli ultimi mesi un finanziamento;
le difficoltà di accesso al credito si manifestano soprattutto con richieste ingiustificate di rientro anticipato degli affidamenti, con l'aumento dello spread sui tassi di interesse, con richieste di maggiori garanzie, con l'allungamento dei tempi delle procedure burocratiche;
le maggiori difficoltà si incontrerebbero con gli istituti di credito di grandi dimensioni, mentre per le piccole imprese l'accesso al credito risulta più facile con le banche di minori dimensioni e radicate sul territorio, in particolare le banche popolari e gli istituti di credito cooperativo, che, infatti, erogano il 43,8 per cento del totale dei prestiti bancari alle micro e piccole imprese con meno di venti addetti;
recentemente l'Abi ha reso noto che, sebbene con un trend meno solido di quello riferito al 2007-2008 (+13,2 per cento), a febbraio 2009 i prestiti alle imprese sono cresciuti del 5,1 per cento rispetto allo stesso mese del 2008, anche se altri osservano che questi dati tengono conto delle operazioni a favore di grandi imprese, che hanno il vantaggio di essere molto più solvibili di tante altre piccole e medie aziende;
nei giorni scorsi il consiglio di amministrazione della Cassa depositi e prestiti ha dato il via libera alla concessione alle banche di una provvista finanziaria fino a 8 miliardi di euro, finanziata attraverso il risparmio postale e dedicata esclusivamente alle piccole e medie imprese: in base ad un accordo con l'Abi, la Cassa depositi e prestiti distribuirà subito una prima tranche di 3-4 miliardi di risorse alle banche in funzione dell'attuale quota di mercato di ciascun istituto nei confronti delle piccole e medie imprese, successivamente le assegnazioni seguiranno la dinamica di tiraggio evidenziata dai singoli istituti;
oltre a migliorare le condizioni di accesso al credito e a modificare i parametri e gli indici di congruità su cui si basano i meccanismi di accertamento della base imponibile attraverso gli studi di settore, sono necessari interventi più incisivi per ridurre il carico tributario che grava sulle imprese e abbattere le aliquote contributive e fiscali che pesano sul costo del lavoro;
secondo il rapporto Ocse che monitora il costo del lavoro nei trenta Paesi più industrializzati, in Italia il cuneo fiscale è aumentato dallo 0,8 per cento del 2005 allo 0,25 per cento del 2008, mentre negli altri Paesi Ocse si assiste ad un lento decremento per migliorare la competitività dell'industria locale;
la pressione complessiva sui redditi da lavoro sommata ai contributi previdenziali per ciascun dipendente era in Italia del 46,2 per cento nel 2007 e del 46,5 per cento nel 2008, mentre la media Ocse era del 37,7 per cento nel 2007 e del 37,4 per cento nel 2008;
le piccole e medie imprese per poter uscire dall'attuale periodo di recessione dovrebbero, inoltre, agire su due fronti: più flessibilità nei processi organizzativi, al fine di contenere i costi di produzione, e più innovazione di prodotto e di servizi;
considerato l'attuale momento di congiuntura negativa, dal momento che i ritardi di pagamento della pubblica amministrazione costano alle aziende 1,7 miliardi di oneri finanziari, dovrebbero, altresì, essere introdotti strumenti che agevolino e rendano tempestiva la riscossione dei crediti vantati da fornitori di beni e servizi nei confronti delle amministrazioni pubbliche (i dati sui ritardi di pagamento dimostrano come la pubblica amministrazione italiana sia il peggior pagatore a livello europeo, con ritardi che nella media raggiungono i 135 giorni, contro la media europea di 65),

impegna il Governo:

ad adottare misure aggiuntive immediate per rilanciare i consumi e incentivare la domanda, al fine di consentire alle imprese di fronteggiare l'emergenza crisi e di accrescere lo sviluppo e la competitività del Paese;
a sostenere e facilitare l'accesso al credito delle piccole e medie imprese, anche mediante il potenziamento e la valorizzazione del sistema dei consorzi fidi, che rappresentano uno strumento di mutualismo solidaristico capillarmente diffuso su tutto il Paese, che fornisce garanzie ai piccoli imprenditori per ottenere i finanziamenti necessari ad effettuare investimenti e creare occupazione;
ad adottare politiche che favoriscano la flessibilità e l'innovazione di prodotti e di processi produttivi, che sono per le imprese tra le misure più efficaci per uscire dalla crisi e fronteggiare la concorrenza internazionale;
ad effettuare, nei limiti imposti dalla normativa comunitaria, interventi più incisivi per ridurre il carico tributario che grava sulle imprese e abbattere le aliquote contributive e fiscali che pesano sul costo del lavoro;
a sostenere e favorire gli investimenti delle piccole e medie imprese attraverso misure fiscali che alleggeriscano il peso degli interessi passivi relativi a finanziamenti diretti all'acquisizione di beni strumentali;
a procedere, limitatamente al 2008, ad una revisione degli studi di settore, tenendo conto dell'impatto della crisi in modo mirato e selettivo, sia sui settori singolarmente considerati, sia sulle diverse aree territoriali, al fine di garantire la più ampia affidabilità dello strumento di accertamento;
ad adottare iniziative per una riforma degli ammortizzatori sociali che consenta un'adeguata copertura anche per quei settori che ne sono sprovvisti;
a procedere alla revisione delle tariffe dei premi assicurativi Inail, che in alcuni comparti per l'artigianato risultano estremamente elevati rispetto alle prestazioni erogate, generando un notevole avanzo di gestione ripetuto negli anni;
ad introdurre strumenti che agevolino e rendano tempestiva la riscossione dei crediti vantati da fornitori di beni e servizi nei confronti delle amministrazioni pubbliche, intervenendo sui tempi di pagamento anche mediante la compensazione tra debito tributario iscritto a ruolo e credito di qualsiasi natura vantato dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione.
(1-00178) (Testo modificato nel corso della seduta) «Vietti, Anna Teresa Formisano, Pezzotta, Ruggeri, Galletti, Volonté, Compagnon, Ciccanti, Naro, Libè, Occhiuto, Delfino».

La Camera,
premesso che;
gli effetti della crisi economica stanno avendo forti ripercussioni anche sul mondo del lavoro, soprattutto sulle imprese manifatturiere e su quelle che svolgono attività di ricerca, sperimentazione ed innovazione. L'Istat, nel IV trimestre 2008, conferma che la produzione manifatturiera nazionale è arretrata del -10,7 per cento (- 4,8 per cento su tutto il 2008);
a preoccupare è soprattutto il vuoto di domanda che le imprese si trovano a fronteggiare, come indica la consistenza del proprio portafoglio ordini a fine anno, in calo dell'8,8 per cento nel mercato nazionale e del 7,4 per cento su quelli esteri. Gli indicatori di merito confermano che il carattere della congiuntura, anche per parte del 2009, non sarà diverso;
pesante è poi la flessione del fatturato (-8,8 per cento), che, tuttavia, grazie ad un primo semestre sostanzialmente stabile, segna solo un -2,9 per cento nel complesso del 2008. La decisa caduta delle quotazioni delle materie prime (in particolare quelle energetiche e i metalli) e la contrazione della domanda hanno raffreddato i prezzi alla produzione, che, dopo le impennate della prima parte del 2008, contengono gli aumenti a +0,6 per cento. Nei settori più legati al ciclo degli investimenti, metalli, meccanica e mezzi di trasporto, i listini prezzi registrano variazioni negative;
il tessuto delle attività manifatturiere italiane, in particolare quello del Nord e del Centro, è tra i più performanti d'Europa; secondo elaborazioni di dati Eurostat 2005, nel Nord-Centro Italia (dove vive una popolazione solo di poco inferiore a quella della Spagna) il valore aggiunto manifatturiero pro capite, è assai elevato senza che per questo il Nord-Centro Italia presenti un «deludente» valore aggiunto totale pro capite rispetto agli altri maggiori Paesi dell'Unione europea; anzi quello del Nord-Centro Italia è tra i più elevati in Europa;
in particolare, la Lombarda ed il Nord Est presentano il valore aggiunto manifatturiero pro capite più alto in assoluto rispetto ai maggiori Paesi dell'Unione europea e, nello stesso tempo, è, però, anche un'area capace di generare un valore aggiunto pro capite nei rimanenti settori dell'economia (costruzioni, servizi ed altri) tra i più elevati rispetto agli altri maggiori Paesi dell'Unione europea;
dagli ultimi dati che l'Istat ha diffuso per il terzo trimestre del 2008, emerge che il tasso di disoccupazione è salito al 6,1 per cento, con un incremento dello 0,5 per cento rispetto al precedente anno; il numero delle persone in cerca di occupazione ha registrato il terzo aumento tendenziale consecutivo, portandosi a 1.527.000 unità, il 9 per cento in più rispetto allo stesso periodo 2007;
i dati sulle forze di lavoro, a detta dell'Istat, tracciano «un quadro in deterioramento del mercato del lavoro: si riduce molto la crescita dell'occupazione e si associa a un ulteriore allargamento della disoccupazione»;
l'industria ha registrato un'ulteriore riduzione tendenziale dell'occupazione (-1 per cento, pari a 53.000 unità), concentrata nel lavoro indipendente; d'altro canto, stando alle rilevazioni dell'Inps, anche il regime della cassa integrazione sta subendo incrementi eccezionali, con altissimi ricorsi alla sospensione dal lavoro per effetto del calo dei consumi;
sia a livello europeo, sia a livello nazionale e regionale, si afferma che, per fare fronte alla crisi in atto, una delle misure da sostenere sia l'incremento delle attività di ricerca e sviluppo tecnologico, prevedendo una linea privilegiata per il finanziamento pubblico alle azioni messe in atto dalle imprese che si orientano in questa direzione;
gli effetti della crisi stanno mettendo, tuttavia, in grande difficoltà proprio le attività private, soprattutto piccole e medie imprese della produzione manifatturiera e quelle della ricerca e di sperimentazione, che costituiscono l'offerta di tecnologia per le imprese della produzione;
queste imprese, ad elevatissimo investimento in forza lavoro specializzato e dotate di grandi patrimoni immateriali costituiti da brevetti, modelli e marchi, si sostengono con forti anticipazioni di risorse finanziarie da parte degli istituti di credito. Pertanto, è opportuno mettere quanto prima in atto interventi finanziari per sostenere l'operatività delle imprese che svolgono ricerca, sperimentazione e sviluppo in nuove tecnologie, per l'immediato ed il medio periodo;
nell'ambito delle imprese del settore manifatturiero si è ultimamente accentuato un ulteriore fenomeno destabilizzante, che si riverbera negativamente sull'intera tenuta del sistema produttivo ed occupazionale del Paese. Si tratta di un aspetto indotto dal processo della globalizzazione e noto come dislocazione dei processi produttivi, ovvero dell'organizzazione del processo produttivo su scala mondiale;
tale fenomeno non interessa più come in passato le sole imprese multinazionali, ma si estende ormai a tutte le imprese e prende il nome di delocalizzazione;
si assiste così ad un trasferimento vero e proprio di attività o di fasi della produzione da un Paese all'altro, soprattutto in vista di poter produrre a costi sempre più bassi. La spinta fondamentale a questo processo è duplice: le imprese cercano di essere presenti in mercati di sbocco, che appaiono sempre più vasti, e di ridurre i costi del lavoro per mantenere la loro competitività;
i fenomeni in questione esplicano conseguenze nel medio e lungo periodo spesso devastanti per i luoghi d'origine delle imprese dislocanti, poiché avvengono senza gradualità alcuna e senza che il Paese oggetto della delocalizzazione abbia il tempo di maturare la propria crescita. Si assiste, quindi, ad un fenomeno che vede un impoverimento del Paese di origine senza alcun beneficio immediato al Paese in cui è avvenuta la delocalizzazione. Gli effetti di tale mancanza di gradualità sono molto negativi, ripercuotendosi sulla sfera economica, sulla struttura e sulla composizione dei sistemi produttivi, nonché sulla sfera sociale di entrambi i Paesi;
il sistema produttivo italiano subisce gravi lesioni dal processo di delocalizzazione e le conseguenze sono anche più preoccupanti a causa delle difficoltà dell'economia italiana: ciò non solo rispetto agli eccezionali tassi di crescita di alcuni Paesi emergenti, ma anche rispetto alle altre economie internazionali ed europee;
la peculiare caratteristica del settore industriale ed artigianale italiano è la dimensione distrettuale del suo sistema produttivo;
l'organizzazione e la localizzazione del sistema produttivo formato da piccole e medie imprese, organizzate in concentrazioni territoriali, ha permesso alle relative aziende di beneficiare di vantaggi competitivi determinati dall'ambiente sociale ed economico in cui si collocano, da un sistema di risorse e di fornitura locale che consente di contenere il costo del lavoro e assicura flessibilità alle imprese, da un complesso di capacità e conoscenze di imprenditori e lavoratori che costituiscono la base dell'originalità e della qualità dei prodotti italiani;
zone particolarmente colpite e penalizzate dagli effetti della delocalizzazione industriale sono il Lombardo-Veneto ed il Piemonte, soprattutto riguardo al settore manifatturiero dell'industria della moda, dell'abbigliamento e del tessile;
la maggior parte, se non tutte, le aziende produttrici di abbigliamento hanno avviato vasti processi di trasferimento degli impianti in parti del mondo in cui più convenienti sono i fattori della produzione e, fra tutti, la forza lavoro e gli oneri sociali;
i Paesi esteri in cui hanno scelto di delocalizzare sono, in particolare, quelli a basso costo di manodopera, come: Marocco, Tunisia, Libia, Turchia, Egitto, Romania, Bulgaria, Moldavia. Bisogna fare i conti, in particolare in questo difficile momento di crisi economica, con le ripercussioni che tali fenomeni generano sulle imprese dell'indotto, che nei luoghi d'origine si sono sviluppate per fornire materie prime, servizi, forza lavoro e competenze immateriali alle imprese delocalizzanti;
piccole e medie imprese dell'indotto, con in media poche decine di operai, oggi sono in estrema difficoltà e molte in procinto di chiudere; molti posti di lavoro persi poi sono prettamente femminili;
è necessario ed urgente, quindi, scongiurare il pericolo di chiusura di molte di queste imprese e garantire la ripresa dell'indotto dell'industria dell'abbigliamento nel territorio italiano, in particolare nel Lombardo-Veneto e nel Piemonte, e parallelamente attivarsi in maniera pertinente e strategica affinché le imprese a rinomanza internazionale che operano nei mercati mondiali non decidano di delocalizzarsi ed anzi, ove già l'avessero fatto, siano incentivate a rafforzarsi e ad investire nelle sedi d'origine;
in queste circostanze sarebbe indispensabile attivare iniziative volte alla concessione di risorse immediate alle piccole imprese per permettere loro di fare fronte alla temporanea mancanza di liquidità e di proseguire la loro gestione produttiva, ma anche attuare una nuova politica di tutela delle realtà distrettuali del settore dell'abbigliamento tramite la concessione di agevolazioni e riduzioni degli oneri amministrativi e dei carichi fiscali e sociali, ma ad ogni modo legati al rispetto di specifiche condizioni, tra cui la permanenza nei luoghi d'origine, l'assunzione di forza lavoro locale, l'assegnazione di commesse ad imprese dell'area d'appartenenza;
nella comunicazione della Commissione europea «Small business act» viene sottolineata l'importanza delle piccole e medie imprese, in quanto creatrici di posti di lavoro e protagoniste della crescita delle comunità locali e regionali. La Commissione europea ha, quindi, individuato le iniziative essenziali da adottare, sia a livello europeo che degli Stati membri, verso tali realtà produttive, favorendo la creazione di condizioni di concorrenza paritarie per le piccole e medie imprese. Il 5 maggio 2009 la Commissione attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati ha approvato all'unanimità la risoluzione sullo «Small business act»;
con il decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, recante misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, sono state previste una serie di misure organiche e mirate per il salvataggio, la ripresa ed il sostegno delle imprese, segnatamente quelle piccole e medie dei settori in maggior crisi. Si rende urgente a riguardo dare immediata attuazione alle pertinenti previsioni del predetto decreto-legge che disciplinano tali misure;
da ultimo si deve anche ricordare che sulla Gazzetta ufficiale del 24 marzo 2009 è stata pubblicata la delibera Cipe sui criteri e modalità di funzionamento del fondo per il finanziamento degli interventi consentiti dagli orientamenti europei sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà (ex decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80). All'articolo 6 della citata delibera Cipe è prevista l'emanazione entro trenta giorni dalla predetta pubblicazione di un decreto ministeriale per l'attuazione della delibera;
risulta che lo schema di tale decreto ministeriale sia stato trasmesso da pochi giorni alla Conferenza Stato-regioni per l'iscrizione all'ordine del giorno. Sarebbe in tal senso indispensabile attivarsi affinché l'iter di valutazione del decreto sia urgentemente compiuto per l'immediata emanazione da parte del Governo,

impegna il Governo:

a dare immediata attuazione alle disposizioni relative alle misure urgenti a tutela dell'occupazione, alle disposizioni in favore delle piccole e medie imprese, nonché alle ulteriori norme volte al superamento dell'attuale crisi finanziaria, allo scopo previste dal decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33;
ad intraprendere le occorrenti iniziative affinché sia urgentemente emanato il decreto ministeriale previsto dalla delibera Cipe sui criteri e modalità di funzionamento del fondo per il finanziamento degli interventi consentiti dagli orientamenti europei sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà;
ad attivare un'organica azione di difesa e di sostegno alle imprese del settore del tessile dei territori votati, segnatamente dei distretti industriali, ricomprendendo in tali azioni l'osservanza da parte dei beneficiari di impegni diretti alla loro permanenza nei luoghi d'origine, al mantenimento e all'incremento della forza lavoro locale, all'assegnazione di lavori e all'eventuale esternalizzazione di processi produttivi ad imprese appartenenti all'indotto in cui esse operano;
a perseguire gli obiettivi di cui sopra, anche attraverso iniziative riguardanti:
a) la sottoscrizione di accordi con le organizzazioni rappresentative del sistema del credito per la concessione di prestiti temporanei ed a tassi agevolati, volti a mantenere in vita le imprese in difficoltà, prevedendo anche la possibilità di concordare con il sistema del credito una moratoria, per tutte le pratiche di finanziamento alle imprese, delle rateizzazioni della parte capitale fino al 31 dicembre 2009, limitando per tutto il periodo i pagamenti dovuti alla sola parte interessi;
b) la semplificazione degli adempimenti amministrativi;
c) la riduzione dei carichi fiscali (iva ed imposte sulla produzione) e degli oneri sociali;
d) la concessione di contributi per gli investimenti diretti alla ristrutturazione ed all'ammodernamento, soprattutto in campo tecnologico;
e) la riduzione del costo dell'energia, riportandolo sui livelli degli altri Paesi dell'Unione europea, con particolare riferimento ai settori con elevati consumi energetici, come l'industria tessile.
(1-00179) «Cota, Simonetti, Fava, Reguzzoni, Allasia, Torazzi, Pini».

La Camera,
premesso che:
i più recenti dati dell'Istat riguardanti l'indice della produzione industriale del mese di marzo 2009 hanno segnalato una diminuzione del 4,6 per cento rispetto al mese precedente, nonché una variazione congiunturale della media degli ultimi tre mesi rispetto a quella dei tre mesi immediatamente precedenti, pari a meno 9,8 per cento;
gli indici destagionalizzati dei raggruppamenti principali di industrie hanno registrato, in termini congiunturali, variazioni negative: meno 5,4 per cento per i beni intermedi, meno 4,3 per cento per i beni di consumo totale, meno 4,1 per cento per i beni strumentali e meno 2,6 per cento per l'energia; non tutti i comparti produttivi, tuttavia, presentano andamenti negativi, per giudicare i quali non sarebbe corretto dimenticare i rischi ben più gravi che - in conseguenza della crisi finanziaria - avrebbe potuto correre l'apparato produttivo se i Governi non avessero provveduto tempestivamente nell'autunno 2008 a «mettere in sicurezza» il sistema del credito e a garantire i risparmiatori;
come attestano i dati del prodotto interno lordo nel primo trimestre 2009 nell'«eurozona», in un contesto di crisi internazionale, il ciclo economico evidenzia, tuttora, una situazione di seria difficoltà, specie nel settore manifatturiero, mentre altri settori hanno avuto una maggiore tenuta;
le misure del Governo a sostegno dei settori di taluni beni di consumo durevoli - a partire dall'auto - hanno consentito di contenere gli effetti economici della crisi ed avviato, in coerenza con indicazioni di carattere internazionale, le premesse per un'inversione di tendenza entro il secondo semestre del 2009;
l'operazione Fiat-Chrysler - il cui successo dipende in larga parte dal primato che il gruppo torinese può vantare sul versante delle nuove tecnologie ecologiche - è un chiaro segnale della capacità del nostro sistema produttivo di superare la crisi, puntando sul cambiamento e sull'innovazione;
l'internazionalizzazione della più importante azienda manifatturiera del Paese è, altresì, una condizione necessaria per assicurarne lo sviluppo, garantirne la presenza sui mercati e preservare, nel contempo, una prospettiva agli stessi stabilimenti italiani;
al contrario, una chiusura della Fiat nel mercato nazionale ne determinerebbe il declino, in un mercato dell'auto che vedrà ridursi il numero dei soggetti produttori, a scapito, soprattutto, dei gruppi che non riusciranno ad essere competitivi, anche attraverso misure di delocalizzazione, e a mettere in campo la «massa critica» indispensabile alla stesse esigenze degli standard produttivi;
il Governo - una volta realizzata la joint venture con il colosso Usa - ha chiesto alla Fiat affidamenti per gli stabilimenti italiani, aprendo un tavolo di confronto che deve portare ad esiti utili e positivi;
nello stabilimento del gruppo automobilistico di Termini Imerese è stata interrotta la cassa integrazione ed è ripresa la produzione;
sono aperte delle trattative - con la partecipazione delle istituzioni e delle organizzazioni sindacali - per l'acquisto della Opel da parte della Fiat;
la riconversione dell'industria dell'auto assume un rilievo strategico per la consistenza dell'indotto;
l'impegno del Governo e delle regioni nel finanziamento della cassa integrazione in deroga (estesa, cioè, ai settori che ne sono privi, secondo criteri di flessibilità) ha consentito, fino ad ora, di difendere tanto l'occupazione quanto le imprese, che hanno avuto la possibilità di valutare la situazione e considerarne l'evoluzione, prima di procedere a decisioni definitive;
l'estensione, per la prima volta, della cassa integrazione in deroga alle piccole imprese da parte del Governo ha contribuito in modo sostanziale a valorizzare lo sforzo di tenuta dei livelli occupazionali, sostenuto dai micro e piccoli imprenditori italiani;
le misure di deregolazione e di semplificazione adottate dal Governo nel corso del 2008 hanno agevolato l'attività ordinaria delle imprese, in particolare delle micro e delle piccole;
tutti gli osservatori e le istituzioni internazionali sono concordi nel ritenere che le terapie adottate di concerto tra i Governi dei maggiori Paesi, sia sul versante della crisi del settore finanziario, dove sono in preparazione programmi di revisione di carattere strutturale, sia su quello dei comparti produttivi, abbiano arrestato la spirale verso il declino e posto le condizioni per la risalita;
la Banca centrale europea ha ridotto il tasso di sconto ai livelli più bassi ipotizzabili; ciò favorirà la riapertura del credito alle imprese;
nonostante le spinte al rialzo (dovute alla ripartenza della domanda cinese), il prezzo del greggio resta a livelli sostenibili;
l'Eni ha firmato in Egitto un contratto da 1,5 miliardi per lo sviluppo di progetti nei settori del gas e del petrolio; analoghe intese sono state sottoscritte per la fornitura del gas russo;
la X Commissione attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati ha votato all'unanimità, in data 5 maggio 2009, una risoluzione in riferimento alla comunicazione della Commissione europea «La strada per il miglioramento dell'ambiente per le piccole e medi imprese in Europa - Atto sulle piccole imprese "Small business act"»,

impegna il Governo:

a promuovere, unitamente alle istituzioni locali e alle parti sociali, delle conferenze di settore e/o di distretto industriale, allo scopo di individuare degli specifici «programmi di risanamento e sviluppo» in grado affrontare i nodi della crisi, con ogni possibile misura di contenimento e di ripresa;
a recepire integralmente, per primo in Europa, le indicazioni suggerite agli Stati membri dell'Unione europea dallo «Small business act» e a realizzare al più presto gli impegni previsti dalla risoluzione approvata dalla X Commissione della Camera dei deputati;
ad avviare, nei settori e nei distretti in cui operino i «programmi di risanamento e sviluppo», interventi di riconversione professionale della manodopera sospesa o in mobilità sulla base di quanto stabilito dall'articolo 19 del decreto-legge n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009;
ad accelerare i pagamenti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese creditrici e a predisporre le misure previste dalla legge per quanto riguarda la certificazione dei crediti suddetti, onde consentirne lo sconto da parte degli istituti di credito;
a proseguire nell'impegno per garantire la continuità del credito alle imprese, anche attraverso le risorse previste per i confidi;
a definire, anche sul piano normativo, la soggettività giuridica dei contratti di reti, come presupposto per una loro maggiore integrazione economica;
ad integrare le politiche orientate all'offerta di consulenza e servizi alle piccole e medie imprese e alla formazione dei lavoratori con politiche tese a modificare il posizionamento delle imprese e, quindi, la loro domanda di servizi e di lavoro qualificato;
a definire, di intesa con le regioni, il «piano casa», che, secondo le stime del Cresme, mobiliterà 42 miliardi di risorse aggiuntive dal 2009 al 2012 e comporterà una crescita del 27 per cento per l'edilizia abitativa nel 2010;
ad esaminare la compatibilità di un'azione volta a riservare una quota significativa degli incentivi pubblici, con particolare riferimento a quelli per la ricerca e l'innovazione e per l'internazionalizzazione, alle piccole imprese manifatturiere, anche attraverso forme semplificate di accesso;
ad emanare al più presto il regolamento dell'«Impresa in un giorno»;
ad adottare tutte le misure operative atte a garantire effettivamente l'applicazione ed il rispetto delle norme sui termini di pagamento dei fornitori;
a valutare la possibilità di avviare procedure di ristrutturazione dei crediti contributivi dovuti all'Inps da parte dei settori artigiani, come a suo tempo effettuato per quelli agricoli;
a considerare la possibilità di ridurre la contribuzione Inail per il settore artigiano;
a valutare la possibilità di accelerare gli investimenti delle Ferrovie dello Stato.
(1-00180) «Cicchitto, Iannaccone, Bocchino, Vignali, Cazzola, Moroni, Raisi, Baldelli, Della Vedova, Versace, Mazzuca, Cosenza».

La Camera,
premesso che:
il settore manifatturiero rappresenta una delle principali risorse del sistema produttivo italiano, è composto da un numero notevole di imprese, molte delle quali sono di media e piccola dimensione, e comprende al suo interno molteplici comparti, ognuno con una propria specializzazione. Tra quelli forse più significativi vanno citati quello dell'industria aeronautica, quello alimentare, automobilistico, chimico, elettronico, farmaceutico e poi ancora il comparto meccanico, minerario e siderurgico e quello tessile;
è un settore fisiologicamente in costante mutamento, caratterizzato da una capacità notevole di adattamento alle esigenze del consumo ed alle nuove tecnologie di produzione;
la crisi globale, sia finanziaria che economica, che in questi ultimi mesi ha colpito anche il nostro Paese, ha inevitabilmente prodotto effetti evidenti anche sul settore manifatturiero, che ha pagato e sta pagando anche per la peculiarità della sua composizione, cioè per la presenza al suo interno di un numero elevato di piccole e medie imprese;
la dimensione imprenditoriale è uno degli aspetti del sistema produttivo che in questi mesi appare evidentemente messo in discussione: la dimensione imprenditoriale appare, cioè, una variabile decisamente importante per far fronte alle difficoltà attuali; quanto più è ridotta tanto di più appare complesso per l'azienda superare la situazione attuale. Ricerca ed innovazione sono, infatti, fortemente legate alla dimensione aziendale. In questa ottica, è necessario riflettere sulla necessità di promuovere politiche specifiche che incentivino e promuovano le fusioni aziendali, con l'obiettivo di dare vita a realtà produttive più competitive;
nell'audizione del 17 marzo 2009, tenutasi presso la Commissione finanze della Camera dei deputati, il Governatore della Banca d'Italia ha riferito che il credito delle banche italiane nei confronti delle imprese è diminuito nettamente: questa diminuzione ha riguardato, in particolare, le aziende con meno di 20 addetti;
un altro aspetto che appare necessario approfondire è quello della flessibilità. Negli ultimi anni questo è diventato un terreno di confronto costante, che si è però caratterizzato, purtroppo, per una marcata ideologizzazione. Si è, dunque, inevitabilmente «corrotta» la possibilità concreta di fare della flessibilità un'opportunità di sviluppo ed uno strumento utilissimo per fronteggiare crisi congiunturali. La flessibilità può essere, infatti, uno degli strumenti più efficaci per le piccole e medie imprese per fronteggiare e battere la crisi, purché se ne impediscano abusi a discapito dei lavoratori, ai quali vanno garantiti strumenti di copertura dei redditi e dei servizi sociali tra una fase di occupazione e l'altra;
investire sulla tutela e lo sviluppo delle piccole e medie imprese significa investire sul futuro del Paese: negli ultimi 5 anni, infatti, otto posti di lavoro su dieci sono stati creati dalle piccole e medie imprese. La presenza sul territorio di piccole e medie imprese rappresenta un fondamentale serbatoio di crescita imprenditoriale e di sviluppo e, contemporaneamente, un pilastro per l'integrazione con le imprese più grandi;
uno dei freni principali che colpisce le piccole e medie imprese e, dunque, il settore manifatturiero nel suo complesso, è il peso della burocrazia, che continua a frenare la loro capacità di produzione;
appare necessario focalizzare una politica fiscale adeguata e mirata al settore manifatturiero e delle piccole e medie imprese, che in grande parte lo costituiscono, basata su indicatori chiari, certi e realistici, anche per quanto riguarda il carico fiscale (studi di settore);
è doveroso intervenire affinché le banche non limitino il credito alle piccole e medie imprese ed anzi siano disponibili, soprattutto in una fase di crisi come quella attuale, a finanziare e sostenere, accettandone i rischi, progetti di crescita e di sviluppo, in particolare quando questi siano fondati sull'innovazione tecnologica;
in alcuni comparti del settore manifatturiero appare, altresì, inevitabile, in un'ottica di sviluppo di medio e lungo termine, dunque svincolata dalla pur necessaria difesa contingente dagli effetti della crisi, investire su una concreta riconversione della produzione. Esistono comparti in cui la ripresa non appare concretamente perseguibile: i segnali di una flessione irreversibile erano antecedenti alla crisi congiunturale attuale, le cui ragioni appaiono ancora più profonde, tanto da poter essere definite sistemiche, in quanto legate a processi ad alta intensità di lavoro. In questi casi la riconversione della produzione è l'unica possibile alternativa, che può e deve essere perseguita, legandola allo sviluppo tecnologico ed anche, ove necessario, alla crescita dimensionale delle entità produttive;
favorire la crescita dimensionale, sviluppare l'innovazione tecnologica, diminuire il peso della burocrazia, sostenere una politica fiscale mirata, garantire il credito sono questi i punti principali su cui fondare il sostegno e lo sviluppo del settore manifatturiero e dei suoi molteplici comparti,

impegna il Governo:

ad intervenire a sostegno del settore manifatturiero con interventi mirati a favorire la crescita dimensionale, sviluppare l'innovazione tecnologica, diminuire il peso della burocrazia, sostenere una politica fiscale mirata, garantire il credito;
ad assicurare un'effettiva riduzione per una quota non inferiore almeno al 25 per cento degli oneri amministrativi e burocratici che attualmente gravano sulle imprese;
ad istituire uno sportello unico come punto di riferimento univoco nelle relazioni tra le piccole e medie imprese e la pubblica amministrazione, prevedendo, comunque, la possibilità che vengano certificati i crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione quale garanzia da fornire agli istituti di credito per l'ottenimento di anticipazioni;
a garantire alle piccole e medie imprese il rispetto dei tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni dei lavori svolti, anche in considerazione delle modifiche che l'Unione europea intende apportare alla direttiva europea sui ritardi di pagamento, al fine di prevedere che le piccole e medie imprese siano effettivamente pagate entro 30 giorni dai soggetti pubblici, anche attraverso meccanismi di compensazione;
a prevedere che i crediti scaduti ed esigibili, per fornitura di beni e servizi, possano essere ceduti da parte delle imprese, senza autorizzazione del soggetto debitore, ad enti come la Cassa depositi e prestiti, che provvederà a pagare il creditore, impegnando le pubbliche amministrazioni a restituire in via prioritaria alla Cassa depositi e prestiti le somme pagate, maggiorate degli interessi;
ad innalzare il tetto annuo per la compensazione automatica dei crediti d'imposta e contributivi da 516 mila euro (un miliardo delle vecchie lire) a un milione di euro;
ad introdurre, ove possibile, quote riservate alle piccole e medie imprese negli appalti pubblici per la fornitura di beni e servizi;
a sostenere le piccole e medie imprese, anche con opportuni meccanismi premianti, ai fini dell'adeguamento e del rispetto degli obiettivi posti dall'Unione europea in tema di clima e di energia;
a prendere gli opportuni impegni, in sede internazionale, per la revisione della normativa in materia doganale, per garantire maggiore trasparenza e rendere più stringenti le disposizioni in materia di acquisizione del marchio di origine del prodotto, al fine di tutelare il settore manifatturiero italiano;
a prevedere che tra i criteri seguiti per il finanziamento di progetti imprenditoriali da parte degli istituti di credito sia assicurata massima priorità alla valutazione dei progetti particolarmente originali ed orientati all'innovazione tecnologica;
di fronte delle difficoltà delle piccole e medie imprese di accedere al credito bancario, ad adottare iniziative volte a disporre l'incremento dei fondi di garanzia per le piccole e medie imprese (cosiddetta «fondo Bersani») e presso l'Artigiancassa.
(1-00181) «Borghesi, Misiti, Donadi, Evangelisti».

La Camera,
premesso che:
il settore manifatturiero rappresenta una delle principali risorse del sistema produttivo italiano, è composto da un numero notevole di imprese, molte delle quali sono di media e piccola dimensione, e comprende al suo interno molteplici comparti, ognuno con una propria specializzazione. Tra quelli forse più significativi vanno citati quello dell'industria aeronautica, quello alimentare, automobilistico, chimico, elettronico, farmaceutico e poi ancora il comparto meccanico, minerario e siderurgico e quello tessile;
è un settore fisiologicamente in costante mutamento, caratterizzato da una capacità notevole di adattamento alle esigenze del consumo ed alle nuove tecnologie di produzione;
la crisi globale, sia finanziaria che economica, che in questi ultimi mesi ha colpito anche il nostro Paese, ha inevitabilmente prodotto effetti evidenti anche sul settore manifatturiero, che ha pagato e sta pagando anche per la peculiarità della sua composizione, cioè per la presenza al suo interno di un numero elevato di piccole e medie imprese;
la dimensione imprenditoriale è uno degli aspetti del sistema produttivo che in questi mesi appare evidentemente messo in discussione: la dimensione imprenditoriale appare, cioè, una variabile decisamente importante per far fronte alle difficoltà attuali; quanto più è ridotta tanto di più appare complesso per l'azienda superare la situazione attuale. Ricerca ed innovazione sono, infatti, fortemente legate alla dimensione aziendale. In questa ottica, è necessario riflettere sulla necessità di promuovere politiche specifiche che incentivino e promuovano le fusioni aziendali, con l'obiettivo di dare vita a realtà produttive più competitive;
nell'audizione del 17 marzo 2009, tenutasi presso la Commissione finanze della Camera dei deputati, il Governatore della Banca d'Italia ha riferito che il credito delle banche italiane nei confronti delle imprese è diminuito nettamente: questa diminuzione ha riguardato, in particolare, le aziende con meno di 20 addetti;
un altro aspetto che appare necessario approfondire è quello della flessibilità. Negli ultimi anni questo è diventato un terreno di confronto costante, che si è però caratterizzato, purtroppo, per una marcata ideologizzazione. Si è, dunque, inevitabilmente «corrotta» la possibilità concreta di fare della flessibilità un'opportunità di sviluppo ed uno strumento utilissimo per fronteggiare crisi congiunturali. La flessibilità può essere, infatti, uno degli strumenti più efficaci per le piccole e medie imprese per fronteggiare e battere la crisi, purché se ne impediscano abusi a discapito dei lavoratori, ai quali vanno garantiti strumenti di copertura dei redditi e dei servizi sociali tra una fase di occupazione e l'altra;
investire sulla tutela e lo sviluppo delle piccole e medie imprese significa investire sul futuro del Paese: negli ultimi 5 anni, infatti, otto posti di lavoro su dieci sono stati creati dalle piccole e medie imprese. La presenza sul territorio di piccole e medie imprese rappresenta un fondamentale serbatoio di crescita imprenditoriale e di sviluppo e, contemporaneamente, un pilastro per l'integrazione con le imprese più grandi;
uno dei freni principali che colpisce le piccole e medie imprese e, dunque, il settore manifatturiero nel suo complesso, è il peso della burocrazia, che continua a frenare la loro capacità di produzione;
appare necessario focalizzare una politica fiscale adeguata e mirata al settore manifatturiero e delle piccole e medie imprese, che in grande parte lo costituiscono, basata su indicatori chiari, certi e realistici, anche per quanto riguarda il carico fiscale (studi di settore);
è doveroso intervenire affinché le banche non limitino il credito alle piccole e medie imprese ed anzi siano disponibili, soprattutto in una fase di crisi come quella attuale, a finanziare e sostenere, accettandone i rischi, progetti di crescita e di sviluppo, in particolare quando questi siano fondati sull'innovazione tecnologica;
in alcuni comparti del settore manifatturiero appare, altresì, inevitabile, in un'ottica di sviluppo di medio e lungo termine, dunque svincolata dalla pur necessaria difesa contingente dagli effetti della crisi, investire su una concreta riconversione della produzione. Esistono comparti in cui la ripresa non appare concretamente perseguibile: i segnali di una flessione irreversibile erano antecedenti alla crisi congiunturale attuale, le cui ragioni appaiono ancora più profonde, tanto da poter essere definite sistemiche, in quanto legate a processi ad alta intensità di lavoro. In questi casi la riconversione della produzione è l'unica possibile alternativa, che può e deve essere perseguita, legandola allo sviluppo tecnologico ed anche, ove necessario, alla crescita dimensionale delle entità produttive;
favorire la crescita dimensionale, sviluppare l'innovazione tecnologica, diminuire il peso della burocrazia, sostenere una politica fiscale mirata, garantire il credito sono questi i punti principali su cui fondare il sostegno e lo sviluppo del settore manifatturiero e dei suoi molteplici comparti,

impegna il Governo:

ad intervenire a sostegno del settore manifatturiero con interventi mirati a favorire la crescita dimensionale, sviluppare l'innovazione tecnologica, diminuire il peso della burocrazia, sostenere una politica fiscale mirata, garantire il credito;
ad assicurare un'effettiva riduzione per una quota non inferiore almeno al 25 per cento degli oneri amministrativi e burocratici che attualmente gravano sulle imprese;
ad istituire uno sportello unico come punto di riferimento univoco nelle relazioni tra le piccole e medie imprese e la pubblica amministrazione, prevedendo, comunque, la possibilità che vengano certificati i crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione quale garanzia da fornire agli istituti di credito per l'ottenimento di anticipazioni;
a garantire alle piccole e medie imprese il rispetto dei tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni dei lavori svolti, anche in considerazione delle modifiche che l'Unione europea intende apportare alla direttiva europea sui ritardi di pagamento, al fine di prevedere che le piccole e medie imprese siano effettivamente pagate entro 30 giorni dai soggetti pubblici, anche attraverso meccanismi di compensazione;
ad introdurre, ove possibile, quote riservate alle piccole e medie imprese negli appalti pubblici per la fornitura di beni e servizi;
a sostenere le piccole e medie imprese, anche con opportuni meccanismi premianti, ai fini dell'adeguamento e del rispetto degli obiettivi posti dall'Unione europea in tema di clima e di energia;
a prendere gli opportuni impegni, in sede internazionale, per la revisione della normativa in materia doganale, per garantire maggiore trasparenza e rendere più stringenti le disposizioni in materia di acquisizione del marchio di origine del prodotto, al fine di tutelare il settore manifatturiero italiano;
a prevedere che tra i criteri seguiti per il finanziamento di progetti imprenditoriali da parte degli istituti di credito sia assicurata massima priorità alla valutazione dei progetti particolarmente originali ed orientati all'innovazione tecnologica;
di fronte delle difficoltà delle piccole e medie imprese di accedere al credito bancario, ad adottare iniziative volte a disporre l'incremento dei fondi di garanzia per le piccole e medie imprese (cosiddetta «fondo Bersani») e presso Confidi.
(1-00181) (Testo modificato nel corso della seduta) «Borghesi, Misiti, Donadi, Evangelisti».

La Camera,
premesso che:
gli effetti della crisi economica stanno avendo forti ripercussioni anche sul mondo del lavoro, soprattutto sulle imprese manifatturiere e su quelle che svolgono attività di ricerca, sperimentazione ed innovazione. L'ISTAT, nel IV trimestre 2008, conferma che la produzione manifatturiera nazionale è arretrata del -10,7 per cento (-4,8 per cento su tutto il 2008);
riguardo ai primi mesi del 2009, l'indice della produzione industriale complessivamente considerato nel mese di marzo 2009 ha segnalato una diminuzione del 4,6 per cento rispetto al mese precedente nonché una variazione congiunturale della media degli ultimi tre mesi rispetto a quella dei tre mesi immediatamente precedenti pari a meno 9,8 per cento; nello stesso periodo gli indici destagionalizzati dei raggruppamenti principali di industrie hanno registrato, in termini congiunturali, variazioni negative: meno 5,4 per cento per i beni intermedi, meno 4,3 per cento per i beni di consumo totale, meno 4,1 per cento per i beni strumentali e meno 2,6 per cento per l'energia;
a fine 2008 le imprese si sono trovate a fronteggiare un calo del -8,8 per cento nel mercato nazionale e del -7,4 per cento su quelli esteri del proprio portafoglio ordini a fine anno; pesante è poi la flessione del fatturato nel secondo semestre 2008 (-8,8 per cento, -2,9 su base annuale), mentre i prezzi alla produzione, che contengono gli aumenti ad +0,6 per cento, si sono giovati della caduta delle quotazioni delle materie prime (in particolare quelle energetiche e i metalli). Nei settori più legati al ciclo degli investimenti, metalli, meccanica e mezzi di trasporto, i listini prezzi registrano variazioni negative; gli indicatori confermano che il carattere della congiuntura, anche per parte del 2009, non sarà diverso, prevedendo una situazione di seria difficoltà specie nel settore manifatturiero, a fronte della maggiore tenuta di altri settori;
dagli ultimi dati che l'ISTAT ha diffuso per il terzo trimestre del 2008, emerge che il tasso di disoccupazione è salito al 6,1 per cento, con un incremento dello 0,5 per cento rispetto al precedente anno; il numero delle persone in cerca di occupazione ha registrato il terzo aumento tendenziale consecutivo, portandosi a 1.527.000 unità, il 9 per cento in più rispetto allo stesso periodo 2007; l'industria ha registrato un'ulteriore riduzione tendenziale dell'occupazione (-1,0 per cento, pari a 53.000 unità), concentrata nel lavoro indipendente; d'altro canto, stando alle rilevazioni dell'Inps, anche il regime della cassa integrazione sta subendo incrementi eccezionali con altissimi ricorsi alla sospensione dal lavoro per effetto del calo dei consumi;
è opportuno ricordare i rischi ben più gravi che - in conseguenza della crisi finanziaria - avrebbe potuto correre l'apparato produttivo se il Governo italiano, già dall'estate 2008 ed i Governi dell'Unione in forma coordinata non avessero provveduto tempestivamente a «mettere in sicurezza» il sistema del credito e a garantire i risparmiatori le misure del Governo a sostegno dei settori di taluni beni di consumo durevoli - a partire dall'auto - hanno consentito di contenere gli effetti economici della crisi ed avviato, in coerenza con indicazioni di carattere internazionale, le premesse per un'inversione di tendenza entro il secondo semestre dell'anno in corso;
con il decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, recante misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, convertito in legge con modificazioni dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, sono state previste una serie di misure organiche riguardanti il sostegno del settore automobilistico e mirate per il salvataggio, la ripresa ed il sostegno delle imprese, segnatamente quelle piccole e medie dei settori in maggior crisi; le misure di deregolazione e di semplificazione adottate dal Governo nel corso del 2008 hanno agevolato l'attività ordinaria delle imprese, in particolare delle micro e delle piccole; l'estensione, per la prima volta, della cassa integrazione in deroga alle piccole imprese da parte del Governo ha contribuito alla tenuta dei livelli occupazionali;
le grandi imprese italiane si stanno caratterizzando per la rilevante espansione in ambito internazionale: l'operazione FIAT-Chrysler - il cui successo dipende in larga parte dal primato che il gruppo torinese può vantare sul versante delle nuove tecnologie ecologiche - è un chiaro segnale della capacità del nostro sistema produttivo di superare la crisi puntando sul cambiamento e sull'innovazione; l'internazionalizzazione della più importante azienda manifatturiera del Paese è altresì una condizione necessaria per assicurarne lo sviluppo, garantirne la presenza sui mercati e preservare, nel contempo, una prospettiva agli stessi stabilimenti italiani; il Governo - una volta realizzata la joint venture con il colosso Usa - ha chiesto alla FIAT affidamenti per gli stabilimenti italiani aprendo un tavolo di confronto che si intende portare ad esiti positivi; peraltro sono in corso le trattative per l'acquisto della Opel da parte della FIAT;
ai successi della FIAT si associano quelli dell'ENI, che prosegue una stretta partnership con il principale fornitore di gas dell'Unione, la Russia, ma non tralascia collaborazioni a tutto campo, quali da ultimo un contratto da 1,5 miliardi firmato in Egitto per lo sviluppo di progetti nei settori del gas e del petrolio;
tuttavia la peculiare caratteristica del settore industriale ed artigianale italiano è la dimensione distrettuale del suo sistema produttivo; in questo ambito l'organizzazione e le concentrazioni territoriali hanno permesso alle relative aziende di beneficiare di vantaggi competitivi determinati dall'ambiente sociale ed economico in cui si collocano, da un sistema di risorse e di fornitura locale che consente di contenere il costo del lavoro e assicura flessibilità alle imprese, da un complesso di capacità e conoscenze di imprenditori e lavoratori che costituiscono la base dell'originalità e della qualità dei prodotti italiani; non va dimenticato che il tessuto delle attività manifatturiere italiane, in particolare quello del Nord e del Centro, è tra i più performanti d'Europa; in particolare, la Lombardia ed il Nord Est presentano il valore aggiunto manifatturiero pro capite più alto in assoluto rispetto ai maggiori Paesi UE, con rilevanti risultati anche in altri settori dell'economia quali costruzioni, servizi;
ciò nonostante le piccole medie imprese, in particolare manifatturiere, stanno subendo il pesante fenomeno della delocalizzazione; si tratta di imprese ad elevatissimo investimento in forza lavoro specializzato e dotate di grandi patrimoni immateriali costituiti da brevetti, modelli e marchi, che si sostengono con forti anticipazioni di risorse finanziarie da parte degli istituti di credito;
è in atto un trasferimento vero e proprio di attività o di fasi della produzione da un Paese all'altro, soprattutto in vista di poter produrre a costi sempre più bassi. La spinta fondamentale a questo processo è duplice: le imprese cercano di essere presenti in mercati di sbocco che appaiono sempre più vasti e di ridurre i costi del lavoro per mantenere la loro competitività;
i fenomeni in questione esplicano conseguenze nel medio e lungo periodo spesso devastanti per i luoghi d'origine delle imprese dislocanti poiché avvengono senza gradualità alcuna e senza che il Paese oggetto della delocalizzazione abbia il tempo di maturare la propria crescita. Tutto ciò si ripercuote sulla sfera economica, sulla struttura e sulla composizione dei sistemi produttivi, nonché sulla sfera sociale di entrambi i Paesi; zone particolarmente colpite e penalizzate dagli effetti della delocalizzazione industriale sono il Lombardo-Veneto ed il Piemonte soprattutto riguardo al settore manifatturiero dell'industria della moda, dell'abbigliamento e del tessile;
nella comunicazione della Commissione europea «Small Business Act» viene sottolineata l'importanza delle piccole e medie imprese, in quanto creatrici di posti di lavoro e protagoniste della crescita delle comunità locali e regionali. La Commissione UE ha quindi individuato le iniziative essenziali da adottare, sia a livello europeo che degli Stati membri, verso tali realtà produttive, favorendo la creazione di condizioni di concorrenza paritarie per le piccole e medie imprese. Il 5 maggio 2009, la Commissione attività produttive della Camera dei deputati ha approvato all'unanimità la risoluzione sullo «Small Business Act»;
tutti gli osservatori e le istituzioni internazionali sono concordi nel ritenere che le terapie adottate di concerto tra i Governi dei maggiori Paesi, sia sul versante della crisi del settore finanziario dove sono in preparazione programmi di revisione di carattere strutturale, sia su quello dei comparti produttivi, abbiano arrestato la spirale verso il declino e posto le condizioni per la risalita;
la Bce ha ridotto il tasso di sconto ai livelli più bassi ipotizzabili; ciò favorirà la riapertura del credito alle imprese;
nonostante le spinte al rialzo (dovute alla ripartenza della domanda cinese) il prezzo del greggio resta a livelli sostenibili,

impegna il Governo:

a recepire integralmente, per primo in Europa, le indicazioni suggerite agli Stati membri dell'Unione europea dallo Small Business Act e a realizzare al più presto gli impegni previsti dalla risoluzione approvata in merito dalla X Commissione, anche attivando un'organica azione di difesa e di sostegno alle imprese del settore dell'abbigliamento dei territori vocati e ricomprendendo in tali azioni l'osservanza da parte dei beneficiari di impegni diretti alla loro permanenza nei luoghi d'origine, al mantenimento e all'incremento della forza lavoro locale, all'assegnazione di lavori e all'eventuale esternalizzazione di processi produttivi ad imprese appartenenti all'indotto in cui esse operano;
a dare immediata esecuzione alle disposizioni relative alle misure urgenti a tutela dell'occupazione, alle disposizioni in favore delle piccole e medie imprese, nonché alle ulteriori norme volte al superamento dell'attuale crisi finanziaria, allo scopo previste dal decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito in legge con modificazioni dall'articolo 1 della legge 9 aprile 2009, n. 33;
ad avviare, nei settori e nei distretti in cui operino i «programmi di risanamento e sviluppo», interventi a favore delle reti d'impresa, definendo, anche sul piano normativo, la soggettività giuridica delle reti d'impresa come presupposto per una loro maggiore integrazione economica;
ad intraprendere le occorrenti iniziative affinché sia urgentemente emanato il decreto ministeriale previsto dalla delibera CIPE pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 24 marzo 2009 relativa a criteri e modalità di funzionamento del fondo per il finanziamento degli interventi consentiti dagli orientamenti UE sugli aiuti di stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà;
ad accelerare i pagamenti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese creditrici e a predisporre le misure previste dalla legge per quanto riguarda la certificazione dei crediti suddetti onde consentirne lo sconto da parte degli istituti di credito, nonché ad adottare tutte le misure operative atte a garantire effettivamente l'applicazione ed il rispetto delle norme sui termini di pagamento dei fornitori;
a proseguire nell'impegno per garantire la continuità del credito alle imprese, anche attraverso le risorse previste per i confidi;
a perseguire gli obiettivi di tutela delle piccole e medie imprese nel settore manifatturiero anche attraverso l'attivazione di interventi riguardanti:
a) la sottoscrizione di accordi con le organizzazioni rappresentative del sistema del credito per la concessione di prestiti temporanei ed a tassi agevolati volti a mantenere in vita le imprese in difficoltà;
b) la semplificazione degli adempimenti amministrativi;
c) la riduzione dei carichi fiscali (Iva ed imposte sulla produzione) e degli oneri sociali;
d) la concessione di una quota significativa di incentivi per gli investimenti diretti alla ricerca e all'innovazione tecnologica delle PMI manifatturiere;
e) la riduzione del costo dell'energia, riportandolo sui livelli degli altri Paesi dell'UE, con particolare riferimento ai settori con elevati consumi energetici, come l'industria tessile;
ad emanare al più presto il regolamento dell'«Impresa in un giorno»;
a valutare la possibilità di un intervento per la riduzione delle aliquote contributive che pesano sul costo del lavoro delle imprese artigiane;
ad accelerare quanto più possibile, d'intesa con le regioni, la definizione del «piano casa»;
a considerare la possibilità di ridurre la contribuzione Inail per il settore artigiano.
(1-00184) «Cicchitto, Cota, Iannaccone, Bocchino, Vignali, Cazzola, Moroni, Fava, Simonetti, Raisi, Baldelli, Allasia, Della Vedova, Reguzzoni, Versace, Torazzi, Mazzuca, Cosenza».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).

DISEGNO DI LEGGE: RATIFICA ED ESECUZIONE DELL'ACCORDO SULLA FORZA MULTINAZIONALE DI PACE PER L'EUROPA SUD-ORIENTALE, CON CINQUE ANNESSI, FIRMATO A SKOPJE IL 26 SETTEMBRE 1998, DEL PROTOCOLLO AGGIUNTIVO FIRMATO AD ATENE IL 12 GENNAIO 1999, DEL SECONDO PROTOCOLLO AGGIUNTIVO, CON ANNESSI, FIRMATO A BUCAREST IL 30 NOVEMBRE 1999, DEL TERZO PROTOCOLLO AGGIUNTIVO FIRMATO AD ATENE IL 21 GIUGNO 2000, DEL QUARTO PROTOCOLLO AGGIUNTIVO, CON ALLEGATI, FIRMATO A ROMA L'11 DICEMBRE 2002 (A.C. 2259)

A.C. 2259 - Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo sulla Forza multinazionale di pace per l'Europa Sud-orientale, con cinque annessi, firmato a Skopje il 26 settembre 1998, il Protocollo aggiuntivo firmato ad Atene il 12 gennaio 1999, il secondo Protocollo aggiuntivo, con annessi, firmato a Bucarest il 30 novembre 1999, il terzo Protocollo aggiuntivo firmato ad Atene il 21 giugno 2000 e il quarto Protocollo aggiuntivo, con allegati, firmato a Roma l'11 dicembre 2002.

A.C. 2259 - Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

1. Piena ed intera esecuzione è data agli atti di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della loro entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo XV dell'Accordo di cui al medesimo articolo 1.

A.C. 2259 - Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 3.
(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

DISEGNO DI LEGGE: RATIFICA ED ESECUZIONE DELL'ACCORDO DI COOPERAZIONE TRA IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA E IL GOVERNO DEL REGNO DELL'ARABIA SAUDITA NEL CAMPO DELLA DIFESA, FIRMATO A ROMA IL 6 NOVEMBRE 2007 (A.C. 2384-A)

A.C. 2384-A - Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo di cooperazione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Regno dell'Arabia Saudita nel campo della difesa, firmato a Roma il 6 novembre 2007.

A.C. 2384-A - Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 7 dell'Accordo stesso.

A.C. 2384-A - Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 3.
(Copertura finanziaria).

1. Per l'attuazione della presente legge è autorizzata la spesa di 18.620 euro annui ad anni alterni a decorrere dal 2009. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2009, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.


2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

A.C. 2384-A - Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 4.
(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

A.C. 2384-A - Ordine del giorno

ORDINE DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
secondo quanto riportano numerose analisi indipendenti ed accurate del suo sistema giuridico, l'Arabia Saudita è un paese dove la legislazione, fondata sulla legge islamica della Sharia, non garantisce il rispetto di alcuni fondamentali diritti umani né ai cittadini sauditi né agli stranieri che vi vivono, diritti che sono previsti dalla Dichiarazione Universale dei diritti umani dell'ONU e dalle Convenzioni Internazionali che trattano questi temi;
le donne vengono discriminate in modo particolare in Arabia Saudita con limitazioni dei loro diritti che si estendono anche all'accesso al lavoro, all'educazione e al sistema giudiziario come denunciato dal Comitato contro le discriminazioni delle donne dell'ONU nel 2008;
la libertà di espressione non è garantita in Arabia Saudita esistendo precisi divieti di criticare il governo, e che i partiti politici sono vietati;
solo la pratica e l'insegnamento dell'Islam Wahabita è considerato legale in Arabia Saudita e che dunque la libertà religiosa non è tutelata;
in Arabia Saudita il numero delle esecuzioni capitali è tra i più alti al mondo in termini assoluti; le esecuzioni, che avvengono in pubblico e per decapitazione, nel 2008 sono state 102, e nei primi sei mesi del 2009, sono state 35, tra cui quelle di tre minorenni in palese violazione della Convenzione sui diritti del Fanciullo ratificata nel 1996;
l'Arabia Saudita segue un'interpretazione rigida della legge Islamica, e prescrive la pena di morte per omicidio, stupro, rapina armata, traffico di droga, stregoneria, adulterio, sodomia, omosessualità, rapina su autostrada, sabotaggio, apostasia (rinuncia all'Islam). In molti casi, gli imputati non sanno neanche che il loro processo si è concluso;
quasi i due terzi delle persone giustiziate sono stranieri, provenienti quasi tutti dai paesi poveri del Medio Oriente, dell'Africa e dell'Asia e che agli imputati è spesso negata l'assistenza di un avvocato prima del processo e la rappresentanza legale in aula;
molti giustiziati non sono neppure informati dell'esecuzione cui vanno incontro e comprendono quanto sta loro accadendo solo all'ultimo momento, quando un certo numero di poliziotti fa irruzione nella cella, chiamando la persona per nome e trascinandola fuori cori la forza. Agli imputati è spesso negata l'assistenza di un avvocato prima del processo e la rappresentanza legale in aula;
l'Italia si è fatta promotrice alle Nazioni unite di risoluzioni approvate dall'Assemblea Generale dell'ONU nel 2007 e nel 2008 che chiedono la moratoria universale della pena di morte e in particolare dei minorenni,

impegna il Governo

nell'ambito dei contatti bilaterali con l'Arabia Saudita e all'interno delle istituzioni internazionali che monitorano il rispetto dei diritti umani a chiedere alle istituzioni saudite di riformare la propria legislazione in linea con quanto prescritta dal diritto e dalle Convenzioni internazionali in materia e ad applicare la moratoria delle esecuzioni capitali come richiesto dall'Assemblea Generale dell'ONU.
9/2384-A/1. Maurizio Turco, Farina Coscioni, Beltrandi, Antonione.