Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute >>

XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di giovedì 11 giugno 2009

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta dell'11 giugno 2009.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Balocchi, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Borghesi, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Fitto, Gregorio Fontana, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leone, Lo Monte, Lucà, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Milanato, Molgora, Mura, Nucara, Leoluca Orlando, Pescante, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Saglia, Scajola, Soro, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso, Vegas, Vietti, Vito, Volontè.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

Albonetti, Alessandri, Balocchi, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Borghesi, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Fitto, Gregorio Fontana, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leone, Lo Monte, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Milanato, Molgora, Mura, Nucara, Leoluca Orlando, Pescante, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Saglia, Scajola, Soro, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso, Vegas, Vito, Volontè.

Annunzio di proposte di legge.

In data 10 giugno 2009 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
PEZZOTTA: «Norme in materia di mediazione familiare nonché modifica all'articolo 155-sexies del codice civile, concernente l'ascolto dei minori nei casi di separazione dei coniugi» (2503);
BENAMATI ed altri: «Misure di equa riparazione in favore delle vittime delle stragi nazifasciste delle quali è stata rinvenuta documentazione negli archivi della Procura generale militare della Repubblica in Roma e delle vittime di altre stragi simili perpetrate durante la seconda guerra mondiale» (2504).

Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di un disegno di legge.

In data 10 giugno 2009 è stato presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge:
dal ministro della gioventù:
«Norme in materia di riconoscimento e sostegno alle comunità giovanili» (2505).

Sarà stampato e distribuito.

Adesione di un deputato a una proposta di legge.

La proposta di legge LUSSANA ed altri: «Nuove norme in materia di affidamento condiviso dei figli» (2209) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Cassinelli.

Ritiro di una proposta di legge.

Il deputato Mura ha comunicato di ritirare la seguente proposta di legge:
MURA: «Norme relative alla professione del consulente filosofico e istituzione del relativo albo professionale» (1288).

La proposta di legge sarà pertanto cancellata dall'ordine del giorno.

Trasmissione dal Senato.

In data 11 giugno 2009 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:
S. 1078-B. - «Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2008» (approvato dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato) (2320-bis-B).
Sarà stampato e distribuito.

Assegnazione di un progetto di legge a Commissione in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:

X Commissione (Attività produttive):
MAZZOCCHI ed altri: «Disposizioni a tutela della concorrenza nel settore dei centri commerciali (outlet)» (221) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Assegnazione del disegno di legge comunitaria 2008.

A norma del comma 1 degli articoli 72 e 126-ter del regolamento, il seguente disegno di legge è assegnato, in sede referente, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
S. 1078-B. «Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivati dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2008» (Approvato dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato) (2320-bis-B) - Parere delle Commissioni I e X.

Assegnazione del disegno di legge comunitaria 2009 e della relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nel 2008, ai sensi dell'articolo 126-ter del regolamento.

A norma del comma 1 degli articoli 72 e 126-ter del regolamento, il seguente disegno di legge è assegnato, in sede referente, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), con il parere di tutte le altre Commissioni e della Commissione parlamentare per le questioni regionali:
«Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2009» (2449).

A norma del comma 1 dell'articolo 126-ter del regolamento, è altresì assegnata alla XIV Commissione, con il parere di tutte le altre Commissioni e della Commissione parlamentare per le questione regionali, la relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nel 2008 (doc. LXXXVII, n. 2).

Trasmissione dal ministro dell'interno.

Il ministro dell'interno, con lettere del 26, 27, 28 maggio e 1o giugno 2009, ha trasmesso cinque note relative all'attuazione data agli ordini del giorno MECACCI ed altri n. 9/2041/3, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 21 gennaio 2009, concernente la possibilità di istituire un sistema di monitoraggio satellitare sulle rotte marine tra la Libia e l'Italia, NACCARATO n. 9/1366/16, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 16 luglio 2008, riguardante la promozione della stipula dei patti per la sicurezza, e, per la parte di propria competenza, all'ordine del giorno RUGGHIA ed altri n. 9/1713/12, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 13 novembre 2008, riguardante interventi volti ad assicurare la continuità del rapporto di servizio dei volontari in ferma breve e prefissata, CICU ed altri n. 9/1713/18, accolto dal Governo nella medesima seduta dell'Assemblea, concernente la detassazione parziale delle componenti accessorie della retribuzione del personale del comparto sicurezza-difesa e dei Vigili del fuoco, BERTOLINI n. 9/1519/9, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 31 luglio 2008, riguardante iniziative volte a proporre nelle sedi comunitarie misure specifiche per l'efficace contrasto dell'immigrazione clandestina.

Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali) competente per materia.

Trasmissione dal ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali.

Il ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, con lettera del 27 maggio 2009, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno MOSELLA ed altri n. 0/1713/XII/7, accolto dal Governo nella seduta della XII Commissione (Affari sociali) del 15 ottobre 2008, concernente il ripristino degli stanziamenti di bilancio volti a garantire il migliore funzionamento dei nuclei antisofisticazione e sanità dei Carabinieri.

La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali) competente per materia.

Trasmissione dal ministro della difesa.

Il ministro della difesa, con lettera del 29 maggio 2009, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno VILLECCO CALIPARI ed altri n. 9/2031-A/8, accolto come raccomandazione dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 12 febbraio 2009, concernente iniziative volte a valorizzare la specificità degli operatori del comparto sicurezza-difesa e il ruolo delle rappresentanze militari.

La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla IV Commissione (Difesa) competente per materia.

Trasmissione dal ministro dell'economia e delle finanze.

Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 1o giugno 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 60, comma 7, secondo periodo, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, la relazione sulle metodologie per la valutazione degli effetti sul fabbisogno e sull'indebitamento netto del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni (doc. XXVII, n. 9).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B  al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

Sono pervenute alla Presidenza dai competenti Ministeri risposte scritte ad interrogazioni. Sono pubblicate nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

Nell'Allegato A al resoconto della seduta del 10 giugno 2009 alla pagina 70, seconda colonna, dopo la tredicesima riga inserire le seguenti:

La Camera,
premesso che:
il problema delle intercettazioni telefoniche continua a riproporsi all'attenzione del Parlamento e dell'opinione pubblica, in quanto si tratta di un fenomeno che incide sulla dignità dei cittadini e sulla loro privacy;
vi sono stati numerosi casi di fughe di notizie che, quasi mai, si sono risolte con l'individuazione dei responsabili;
in alcuni casi le intercettazioni coinvolgono soggetti che nulla hanno a che vedere con le inchieste giudiziarie, per cui il fenomeno si può trasformare in una gogna mediatica, con danni gravi e spesso irreparabili per l'onorabilità e la reputazione dei cittadini;
tutto ciò lede la privacy e la dignità delle persone, la cui sfera privata viene invasa arbitrariamente,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, ogni misura utile ad introdurre più rigorose garanzie procedurali nella difesa del segreto investigativo ed utile a far sì che la situazione descritta in premessa non si verifichi in futuro accentuando i controlli a carico di chi, per i propri compiti istituzionali o di ufficio, venga in possesso delle intercettazioni e sia in grado di diffonderle.
9/1415-A/78.Porcino.

DISEGNO DI LEGGE: NORME IN MATERIA DI INTERCETTAZIONI TELEFONICHE, TELEMATICHE E AMBIENTALI. MODIFICA DELLA DISCIPLINA IN MATERIA DI ASTENSIONE DEL GIUDICE E DEGLI ATTI DI INDAGINE. INTEGRAZIONE DELLA DISCIPLINA SULLA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DELLE PERSONE GIURIDICHE (A.C. 1415-A) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE JANNONE; CONTENTO; TENAGLIA ED ALTRI; VIETTI E RAO; BERNARDINI ED ALTRI (A.C. 290-406-1510-1555-1977)

A.C. 1415-A - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, recante norme in materia di intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, rappresenta una tappa fondamentale di un processo di riforma in una materia alquanto delicata che, oltre ad incidere in maniera significativa sul diritto penale sostanziale e processuale, deve necessariamente tener conto di interessi contrapposti e costituzionalmente rilevanti, quali l'esigenza di ricerca della prova, il diritto di cronaca e il diritto alla riservatezza del soggetto intercettato;
il tema delle intercettazioni è stato anche in passato oggetto di grande attenzione sia da parte dell'opinione pubblica, sia da parte del Parlamento ma, in moltissimi casi, si è assistito ad una vera e propria strumentalizzazione, con clamorosi casi di fughe di notizie e coinvolgimento di persone estranee ad una determinata inchiesta giudiziaria oggetto di intercettazione, con gravi danni alla privacy dei soggetti coinvolti e a cui, soprattutto, non è seguita l'individuazione dei responsabili;
è necessario, dunque, contrastare l'uso improprio di uno strumento di grande importanza nella lotta alla criminalità, attraverso un inasprimento delle sanzioni nei confronti appunto di chi, per motivi istituzionali o d'ufficio, detiene il contenuto delle intercettazioni,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa di propria competenza, anche di natura normativa, volta a ridurre il rischio dell'abuso dello strumento delle intercettazioni telefoniche, telematiche ed ambientali, con maggiori controlli ed un inasprimento delle sanzioni nei confronti dei soggetti che, per i propri compiti istituzionali o di ufficio, vengano in possesso del testo delle intercettazioni e le diffondano in modo improprio recando ingiusto danno alle persone coinvolte.
9/1415-A/1. Garagnani.

La Camera,
premesso che:
è urgente e nel programma del Governo razionalizzare e contenere l'eccessivo costo delle intercettazioni telefoniche;
le spese relative a queste operazioni sono oggi tutte riunite in un capitolo di spesa (1360) ove confluiscono tutte le altre diversificate spese di giustizia, da quelle previste per il gratuito patrocinio a quelle relative ai periti;
in detto capitolo, accanto a tutte le altre spese di giustizia, con riguardo alle operazioni di intercettazione sono imputati sia gli oneri eventualmente dovuti agli operatori sia le spese dei fornitori di servizi a supporto delle attività di intercettazioni: le prestazioni dei primi, obbligatorie, sono determinate nella forma di canone annuo ai sensi dell'articolo 96 del decreto legislativo 1o agosto 2003 n. 259 (codice delle comunicazioni elettroniche); i costi dei secondi sono rimessi al libero mercato;
la riunione all'interno di un unico capitolo di spesa di voci tanto diverse, anche quando interessano la medesima fattispecie come nel caso delle intercettazioni, impedisce qualsiasi forma di programmazione di spesa,

impegna il Governo

a verificare la possibilità di istituire un capitolo di spesa autonomo dedicato alle intercettazioni telefoniche e articolato, al suo interno, tra le spese sostenute dai fornitori di servizi e quelle relative agli eventuali oneri da riconoscere agli operatori.
9/1415-A/2.Nicola Molteni, Brigandì, Paolini.

La Camera,
premesso che:
è urgente e nel programma del Governo razionalizzare i costi delle operazioni di intercettazione;
l'articolo 21 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, come sostituito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, in sede di conversione, prevede che «per il pagamento delle spese di giustizia non è ammesso il ricorso all'anticipazione da parte degli uffici postali, tranne che per gli atti di notifiche nei procedimenti penali e per gli atti di notifiche e di espropriazione forzata nei procedimenti civili quando i relativi oneri sono a carico dell'erario»;
l'applicazione di tale disposizione alle spese sostenute dai fornitori di servizi a supporto dell'attività di intercettazione ha sensibilmente rallentato il saldo di quanto loro dovuto con ricadute sulla razionalizzazione delle spese di giustizia e, più in generale, sull'efficienza del sistema,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di adottare le necessarie iniziative legislative al fine di ripristinare l'anticipazione da parte degli uffici postali dei costi sostenuti dai fornitori dei servizi a supporto delle attività di intercettazioni.
9/1415-A/3. Brigandì, Nicola Molteni, Paolini.

La Camera,
premesso che:
è urgente e nel programma del Governo razionalizzare i costi delle operazioni di intercettazione;
l'articolo 21 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, come sostituito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, in sede di conversione, prevede che «per il pagamento delle spese di giustizia non è ammesso il ricorso all'anticipazione da parte degli uffici postali, tranne che per gli atti di notifiche nei procedimenti penali e per gli atti di notifiche e di espropriazione forzata nei procedimenti civili quando i relativi oneri sono a carico dell'erario»;
l'applicazione di tale disposizione alle spese sostenute dai fornitori di servizi a supporto dell'attività di intercettazione ha sensibilmente rallentato il saldo di quanto loro dovuto con ricadute sulla razionalizzazione delle spese di giustizia e, più in generale, sull'efficienza del sistema,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di adottare le necessarie iniziative al fine di garantire che ogni anno siano liquidati almeno parte dei costi sostenuti dai fornitori dei servizi a supporto delle attività di intercettazioni.
9/1415-A/3. (Testo modificato nel corso della seduta)Brigandì, Nicola Molteni, Paolini.

La Camera,
premesso che:
il traffico illecito dei rifiuti e altri reati ambientali - come gli incendi boschivi dolosi e lo sfruttamento degli animali da parte della criminalità organizzata - sono delitti gravissimi che ogni anno concorrono a danneggiare gravemente il territorio italiano mettendo a rischio l'incolumità delle persone e dell'ambiente;
anche grazie alle intercettazioni telefoniche, rese possibili nelle indagini per questi reati dall'articolo 53-bis del «decreto Ronchi» (oggi articolo 260 del decreto legislativo. n. 152 del 2006), le forze dell'ordine dal 2002 ad oggi hanno portato a buon fine 131 inchieste, con 841 arresti, che vedevano coinvolte 574 aziende e denunciato 2425 persone tra imprenditori, autotrasportatori, funzionari pubblici e tecnici corrotti, intermediari nella gestione dei rifiuti oltre a diverse organizzazioni criminali;
il traffico e lo smaltimento illegale dei rifiuti è un crimine odioso che avvelena l'aria, contamina le falde acquifere, inquina i fiumi e le coltivazioni agricole, minaccia la salute dei cittadini, contaminando con metalli pesanti, diossine e altre sostanze cancerogene prodotti che arrivano sulla tavola delle famiglie. Questo fenomeno è purtroppo diffuso in quasi tutte le regioni italiane, ma in alcune aree del Paese, come la Campania, gli smaltimenti illegali di rifiuti pericolosi e i roghi dei clan della camorra hanno causato delle vere e proprie piaghe per quei territori e l'abbattimento di migliaia di capi di bestiame il cui latte risultava contaminato da tali quantità di diossina da essere considerato un rifiuto industriale;
si tratta di un fenomeno che alimenta il redditizio giro d'affari delle ecomafie stimabile, solo per il ciclo dei rifiuti in 7 miliardi di euro. Un'intricata rete criminale che conta su pratiche collaudate di corruzione, frode, evasione fiscale, in cui imprenditori e amministratori pubblici, non sempre inconsapevoli, affidano i rifiuti a pseudo professionisti dediti alla truffa dello smaltimento illecito. Una pratica spregiudicata, che annienta l'economia pulita, quasi sempre condotta attraverso la falsificazione dei documenti di accompagnamento, il cosiddetto giro bolla, che trasforma rifiuti speciali, spesso nocivi, in rifiuti, per così dire, innocui,

impegna il Governo

a vigilare affinché le nuove norme introdotte in materia di intercettazioni telefoniche non indeboliscano il contrasto nei confronti di questi reati gravissimi e la repressione di uno dei fronti più avanzati delle politiche criminali ed economiche delle ecomafie.
9/1415-A/4. Realacci, Granata, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Frassinetti, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Mariani, Martella, Mastromauro, Morassut, Motta, Murgia, Rampelli, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
le disposizioni del comma 28, lettera a), dell'articolo 1 estendono ai siti informatici le procedure di rettifica delle informazioni ritenute non veritiere o lesive della reputazione dei soggetti coinvolti;
come già si rilevava nel parere espresso sul provvedimento in esame dalla IX Commissione (trasporti, poste e telecomunicazioni) in data 18 febbraio 2009, tale previsione, in quanto riferita ad un termine generico come «siti informatici», potrebbe essere interpretata nel senso di porre l'obbligo di rettifica a carico, piuttosto che degli autori dei contenuti diffamatori, dei gestori di piattaforme che ospitano contenuti realizzati da terzi, che, in considerazione del volume dei contenuti ospitati dalla piattaforma, non sarebbero in grado di far fronte a tale obbligo;
la disposizione sopra richiamata dovrebbe pertanto essere interpretata nel senso di porre l'obbligo di rettifica, di cui all'articolo 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, come modificato dalla lettera a) del comma 28 dell'articolo 1 del provvedimento in esame, a carico degli autori dei contenuti diffamatori,

impegna il Governo

ad assumere tutte le opportune iniziative per assicurare che in fase di applicazione delle disposizioni dell'articolo 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, come modificato dalla lettera a) del comma 28 dell'articolo 1 del provvedimento in esame, siano applicate nel senso di porre l'obbligo di rettifica a carico degli autori dei contenuti diffamatori.
9/1415-A/5. Valducci.

La Camera,
premesso che:
le disposizioni del comma 28, lettera a), dell'articolo 1 estendono ai siti informatici le procedure di rettifica delle informazioni ritenute non veritiere o lesive della reputazione dei soggetti coinvolti;
come già si rilevava nel parere espresso sul provvedimento in esame dalla IX Commissione (trasporti, poste e telecomunicazioni) in data 18 febbraio 2009, tale previsione, in quanto riferita ad un termine generico come «siti informatici», potrebbe essere interpretata nel senso di porre l'obbligo di rettifica a carico, piuttosto che degli autori dei contenuti diffamatori, dei gestori di piattaforme che ospitano contenuti realizzati da terzi, che, in considerazione del volume dei contenuti ospitati dalla piattaforma, non sarebbero in grado di far fronte a tale obbligo;
la disposizione sopra richiamata dovrebbe pertanto essere interpretata nel senso di porre l'obbligo di rettifica, di cui all'articolo 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, come modificato dalla lettera a) del comma 28 dell'articolo 1 del provvedimento in esame, a carico degli autori dei contenuti diffamatori,

impegna il Governo

a vigilare in modo che in fase di applicazione delle disposizioni dell'articolo 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, come modificato dalla lettera a) del comma 28 dell'articolo 1 del provvedimento in esame, siano applicate nel senso di porre l'obbligo di rettifica a carico degli autori dei contenuti diffamatori.
9/1415-A/5. (Testo modificato nel corso della seduta)Valducci.

La Camera,
premesso che:
le modifiche apportate dalla Commissione al testo giunto in Aula contengono disposizioni che hanno destato un forte allarme tra gli operatori dell'informazione e nei settore dell'editoria;
in particolare, è disposto il divieto della pubblicazione, anche per riassunto, di ogni documentazione e degli atti relativi a conversazioni, anche telefoniche o flussi di comunicazioni informatiche o telematiche o i dati riguardanti il traffico telefonico, anche se non più coperti dal segreto, fino alla fine delle indagini preliminari;
è previsto altresì il divieto assoluto di pubblicare il contenuto delle richieste di misure cautelari fino a quando indagato e difensore non ne siano venuti a conoscenza;
nei casi più gravi, quando siano pubblicati brani di intercettazioni destinate alla distruzione o di persone estranee alle indagini è, infine previsto il carcere per i giornalisti;
infine, sono state inasprite le sanzioni pecuniarie nei confronti degli editori,

impegna il Governo

a valutare, ferma restando la necessità di garantire e tutelare il diritto alla privacy e di evitare abusi e distorsioni, l'opportunità di monitorare l'impatto della norma in questione sul diritto costituzionalmente garantito della libertà di espressione e a verificare che non venga limitato pesantemente il diritto dei cittadini ad essere informati, prevedendone eventualmente i correttivi conseguenti.
9/1415-A/6. Rao, Vietti, Occhiuto.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali rappresentano un prezioso ed insostituibile strumento di indagine soprattutto nella lotta al crimine organizzato, al terrorismo e ad altri delitti particolarmente gravi;
allo stato, il servizio di intercettazione è affidato a società private altamente specializzate, su incarico degli uffici giudiziari, tuttavia risulterebbe che le procure abbiamo maturato, nel corso degli anni, un debito pari a circa 450 milioni di euro;
il mancato introito di tale importo espone le aziende interessate al rischio di fallimento tanto che tali società hanno indetto il blocco delle attività di intercettazione richieste dall'autorità giudiziaria, in quanto impossibilitate a svolgere il proprio lavoro;
tale eventualità comprometterebbe numerose indagini in corso in materia di criminalità organizzata,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile a garantire il saldo del credito vantato dalle aziende incaricate dello svolgimento delle operazioni captative e ad adoperarsi per evitare nel futuro analoghe situazioni, sia per impedire la chiusura delle aziende sia per evitare la sospensione delle operazioni e quindi delle indagini in corso.
9/1415-A/7. Compagnon, Vietti, Rao, Occhiuto.

La Camera,
premesso che:
la scoperta di archivi paralleli, contenenti documentazioni ed atti relativi a conversazioni telefoniche o riguardanti il traffico telefonico di persone coinvolte in indagini giudiziarie, ha dimostrato come il conferimento del servizio di intercettazioni a privati possa diventare fonte di abusi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere iniziative normative volte all'istituzione di un ente pubblico titolare e responsabile di tutte le operazioni di intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche, di altre forme di telecomunicazione, di immagini mediante riprese visive, e l'acquisizione della documentazione del traffico delle conversazioni o comunicazioni, richieste e autorizzate dall'autorità giudiziaria.
9/1415-A/8. Pezzotta, Vietti, Rao, Occhiuto.

La Camera,
premesso che:
la scoperta di archivi paralleli, contenenti documentazioni ed atti relativi a conversazioni telefoniche o riguardanti il traffico telefonico di persone coinvolte in indagini giudiziarie, ha dimostrato come il conferimento del servizio di intercettazioni a privati possa diventare fonte di abusi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere iniziative per l'istituzione del Centro unico già previsto dalla legge Finanziaria per il 2008, responsabile di tutte le operazioni di intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche, di altre forme di telecomunicazione, di immagini mediante riprese visive, e dell'acquisizione della documentazione del traffico delle conversazioni o comunicazioni, richieste e autorizzate dall'autorità giudiziaria.
9/1415-A/8. (Testo modificato nel corso della seduta)Pezzotta, Vietti, Rao, Occhiuto.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
l'articolo l, commi 1 e 2, modifica gli articoli 36 e 53 del codice di procedura penale prevedendo un ulteriore obbligo di astensione del giudice e di sostituzione del pubblico ministero nel caso in cui, rispettivamente, il giudice abbia rilasciato pubbliche dichiarazioni e il pubblico ministero risulti solamente iscritto nel registro degli indagati per il reato di illecita rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale (articolo 379-bis del codice di procedura penale);
tale norma costituisce un grave attacco, per la sua indeterminatezza e discrezionalità di valutazione delle condotte, all'autonomia e alla indipendenza della magistratura: in particolare si presta a strumentalizzazioni, perché è sufficiente un esposto o una denuncia nei confronti di un pubblico ministero «scomodo» per l'iscrizione nel registro delle notizie di reato di un procedimento a suo carico per il reato ex articolo 379-bis del codice di procedura penale, per autorizzare il procuratore della Repubblica a provvedere alla sostituzione dello stesso nell'indagine di cui è assegnatario,

impegna il Governo

a riferire al Parlamento, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. acquisendo i dati dalle procure generali della Repubblica e dai presidenti delle corti d'appello, circa i casi in cui il giudice è stato chiamato ad astenersi e quelli in cui il pubblico ministero è stato sostituito nelle indagini perché indagato per il reato di cui all'articolo 379-bis codice di procedura penale, evidenziando anche i nomi degli esponenti o la fonte della notizia di reato, nonché l'esito del procedimento a carico del magistrato medesimo.
9/1415-A/9. Ferranti.

La Camera,

impegna il Governo

a riferire al Parlamento, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. acquisendo i dati dalle procure generali della Repubblica e dai presidenti delle corti d'appello, circa i casi in cui il giudice è stato chiamato ad astenersi e quelli in cui il pubblico ministero è stato sostituito nelle indagini perché indagato per il reato di cui all'articolo 379-bis codice di procedura penale.
9/1415-A/9. (Testo modificato nel corso della seduta)Ferranti.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi,

impegna il Governo

ad adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, adeguate misure volte al monitoraggio degli effetti dell'applicazione delle nuove norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche ed ambientali.
9/1415-A/10. Tenaglia.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini per reati ambientali.
9/1415-A/11. Melis.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di violenza sessuale.
9/1415-A/12. Ciriello, Pollastrini.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite al reato di stalking.
9/1415-A/13. Concia.

La Camera,
premesso che:
uno dei campi in cui più delicato è il contrasto tra le esigenze investigative proprie della giustizia penale e quelle di tutela del diritto alla riservatezza è costituito, con tutta evidenza, dalle intercettazioni di comunicazioni;
i commi 15 e 16 dell'emendamento 1.1000 del Governo vietano l'utilizzazione delle intercettazioni qualora nel corso dell'udienza preliminare o del dibattimento il titolo del reato, al quale gli stessi afferiscono, venga modificato in un altro che non consente l'intercettazione;
si tratta di un passaggio normativo necessario per contrastare il fenomeno delle iscrizioni strumentali,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere una deroga che consenta comunque l'utilizzazione dei risultati delle intercettazioni ogni qualvolta e solo nel caso in cui vi sia semplice mutamento del nomen iuris della fattispecie contestata, fermo restando il divieto di utilizzabilità in relazione al reato concorrente o alle ipotesi di fatto nuovo o diverso.
9/1415-A/14. Piffari.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati legati allo sfruttamento della prostituzione.
9/1415-A/15. Madia.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati contro la pubblica amministrazione.
9/1415-A/16. Naccarato.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati in materia di sicurezza sul lavoro.
9/1415-A/17. Gatti.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 317 del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/18. Vassallo.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 319-ter del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/19. Bachelet.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 423-bis del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/20. Barbi, Boccia.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 575 del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/21. Berretta.

La Camera,
premesso che:
come dimostrano le numerose operazioni delle forze dell'ordine, oggi le organizzazioni criminali sono sempre più capillari e sempre meno identificabili;
operano organizzazioni criminali i cui componenti non sono affiliati ai gruppi mafiosi;
lo strumento di ricerca della prova, quale è l'intercettazione, è necessario a verificare gli eventuali collegamenti delle organizzazioni criminali con le realtà mafiose,

impegna il Governo

entro sei mesi dall'approvazione della presente legge, a informare il Parlamento sull'attuazione della stessa al fine di verificare la necessità delle modifiche normative per consentire l'autorizzazione a disporre le intercettazioni per reati di criminalità organizzata sulla base di sufficienti indizi di reato.
9/1415-A/22. Andrea Orlando, Bossa.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 600-ter del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/23. Boccuzzi.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 600-quinquies del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/24. Calvisi.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 605 del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/25. Cardinale, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 609-bis del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/26. Marco Carra.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 609-quater del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/27.Cuomo.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 628 del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/28.De Biasi.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 629 del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/29. De Micheli.

La Camera,
premesso che:
vi sono reati di grande allarme sociale come: sequestro di persona, violenza sessuale, usura, concussione, omicidio, corruzione in atti giudiziari, atti di violenza con minorenne;
alcuni dei reati succitati sono strettamente collegati alla criminalità organizzata come, in particolare, l'estorsione e l'usura;
per questi reati lo strumento di ricerca della prova dell'intercettazione è fondamentale per acquisire gli elementi necessari ad individuarne gli autori,

impegna il Governo

entro sei mesi dall'approvazione della presente legge, a informare il Parlamento sull'attuazione della stessa al fine di verificare la necessità delle modifiche normative per consentire l'autorizzazione a disporre le intercettazioni per reati di sequestro di persona, violenza sessuale, usura, concussione, omicidio, corruzione in atti giudiziari, atti di violenza con minorenne, sulla base di sufficienti indizi di reato.
9/1415-A/30.Garavini.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 644 del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/31.De Torre.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/32.Farinone.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/33.Fiorio.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 317 del codice penale.
9/1415-A/34.Froner.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 319 del codice penale.
9/1415-A/35.Ginefra.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 319-ter del codice penale.
9/1415-A/36.Gnecchi.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 423-bis del codice penale.
9/1415-A/37.Graziano.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 575 del codice penale, a carico di ignoti.
9/1415-A/38.Laratta.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 600-bis del codice penale, a carico di ignoti.
9/1415-A/39.Lenzi.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 600-ter del codice penale.
9/1415-A/40.Lo Moro.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 600-quinquies del codice penale.
9/1415-A/41.Marrocu.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 319 del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/42.Piccolo.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 605 del codice penale.
9/1415-A/43.Mastromauro.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 609-bis del codice penale.
9/1415-A/44.Meta.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 609-quater del codice penale.
9/1415-A/45.Miglioli.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 628 del codice penale.
9/1415-A/46.Mosca.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 629 del codice penale.
9/1415-A/47.Murer.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 644 del codice penale.
9/1415-A/48.Oliverio.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
9/1415-A/49.Peluffo.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75.
9/1415-A/50.Pes.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame introduce una profonda innovazione in merito alla competenza ad autorizzare l'intercettazione, che viene affidata al tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha richiesto l'intercettazione, in composizione collegiale;
lo strumento intercettivo è un supporto di indagine fondamentale, se immediatamente attivato, specialmente per alcuni tipi di indagine, in quanto consente di ottenere con immediatezza informazioni indispensabili al successo dell'azione di polizia;
il nuovo testo del disegno di legge in esame prevede che le intercettazioni sono consentite nei procedimenti relativi a tutti i reati di «allarme sociale», con particolare riferimento a quelli commessi contro le donne e i minori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni direttiva utile affinché le modalità investigative si svolgano in modo sempre più efficace nei procedimenti relativi ai reati commessi a mezzo del telefono o delle reti informatiche ai danni di minori.
9/1415-A/51.Di Giuseppe.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 644 del codice penale.
9/1415-A/52.Touadi.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 628 del codice penale.
9/1415-A/53.Cavallaro.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 609-quater del codice penale.
9/1415-A/54.Mattesini.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 609-bis del codice penale.
9/1415-A/55.Codurelli.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 605 del codice penale.
9/1415-A/56.Cuperlo.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 600-quinquies del codice penale.
9/1415-A/57.Sbrollini.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 600-ter del codice penale.
9/1415-A/58.Sarubbi.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 600-bis del codice penale.
9/1415-A/59.Tidei.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 575 del codice penale.
9/1415-A/60.Rossomando.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 423-bis del codice penale.
9/1415-A/61.Braga.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 319-ter del codice penale.
9/1415-A/62.Samperi.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 319 del codice penale.
9/1415-A/63.Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 629 del codice penale.
9/1415-A/64.Tocci.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 317 del codice penale.
9/1415-A/65.Zaccaria, Picierno.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
9/1415-A/66.Tullo.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75.
9/1415-A/67.Velo.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 544-quater del codice penale.
9/1415-A/68.Margiotta.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 544-quinquies del codice penale.
9/1415-A/69.Zampa.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano uno strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
il provvedimento in esame interessa pesantemente anche la produzione libraria e impatta in modo significativo sulla attività degli editori e su quella degli autori;
il divieto di pubblicazione degli atti di indagine, anche se non più coperti dal segreto, i cavillosi riferimenti ora al contenuto ora al riassunto degli atti di indagine pubblicabili e le pesantissime sanzioni pecuniarie a carico dell'editore che li pubblica, mettono un vero e proprio bavaglio al diritto-dovere dell'informazione e «forzano» gli autori ed editori a una censura preventiva e contraria ai principi di libertà democratica in vigore nei principali paesi occidentali e chiaramente affermati anche nella nostra Costituzione,

impegna il Governo

a riferire al Parlamento, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, in merito all'applicazione delle norme in essa contenute, con particolare riferimento a quelle che introducono reati a carico di giornalisti, editori e autori di pubblicazioni.
9/1415-A/70.Ghizzoni.

La Camera,
premesso che:
la normativa vigente, ribadita nel provvedimento in esame, prevede un particolare riguardo nel caso in cui l'azione penale è esercitata nei confronti di un ecclesiastico o di un religioso del culto cattolico, prevedendo che l'informazione sia inviata all'ordinario della diocesi a cui appartiene l'imputato;
tale previsione di legge ha le sue radici nella legge 25 marzo 1985, n.121, (Ratifica ed esecuzione dell'accordo con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede) dove al punto 2, lettera b), si legge: «La Repubblica italiana assicura che l'autorità giudiziaria darà comunicazione all'autorità ecclesiastica competente per territorio dei procedimenti penali promossi a carico di ecclesiastici» e nella modifica dell'articolo 129 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, approvata dal Governo Prodi;
questa norma fa degli appartenenti al clero cattolico dei cittadini che rispondono prima alle autorità ecclesiastiche che a quelle civili,

impegna il Governo

a rivedere la normativa sopraindicata affinché lo Stato non interferisca nella libera testimonianza della Chiesa o di qualsiasi altra comunità di fede e al tempo stesso garantisca che la Chiesa non sia coinvolta nell'azione di un organo dello Stato quale la magistratura.
9/1415-A/71.Maurizio Turco, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci.

La Camera
premesso che:
il provvedimento in esame intende intervenire sulla delicata materia delle intercettazioni telefoniche e ambientali, al fine di disciplinare in maniera più adeguata rispetto all'attuale disciplina il rapporto tra le necessità investigative e la libertà dei cittadini di essere informati, nonché il diritto degli stessi a vedere tutelata la loro riservatezza. Il diritto al rispetto della vita privata e familiare e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee costituiscono infatti valori tutelati, oltre che dagli articoli 13 e 15 della Costituzione, anche dagli articoli 8 e 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a introdurre il riconoscimento del divieto della pubblicazione degli atti di indagine preliminare e degli atti posti in essere dal pubblico ministero o dal difensore, fino a che non siano concluse le indagini preliminari.
9/1415-A/72.Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame introduce una profonda innovazione in merito alla competenza ad autorizzare l'intercettazione, che viene affidata al tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha richiesto l'intercettazione, in composizione collegiale;
lo strumento intercettivo è un supporto di indagine fondamentale, se immediatamente attivato, specialmente per alcuni tipi di indagine (attentati terroristici, sequestro di persona, omicidio), in quanto consente di ottenere con immediatezza informazioni indispensabili al successo dell'azione di polizia;
l'istituzione di un collegio che deve autorizzare l'impiego delle intercettazioni - sostitutiva della responsabilità del singolo procuratore - porterebbe un inevitabile allungamento dei tempi di attivazione e di intervento delle Forze dell'ordine e, in alcune procure, alla paralisi del sistema con conseguenze drammatiche;
il tribunale distrettuale in funzione collegiale deve decidere non solo sulle intercettazioni, ma anche sulle proroghe, ma i tribunali distrettuali sono pochi, e la maggior parte di essi è rappresentata da piccoli tribunali sparsi per il territorio;
accentrare tutto a livello di tribunale distrettuale, in funzione collegiale, significa ingolfare totalmente il lavoro dei magistrati, fino a determinare stati di paralisi dell'attività giurisdizionale, anche alla luce delle vigenti regole in tema di incompatibilità del giudice;
una conseguenza immediata della citata innovazione, inoltre, è rappresentata dalla perdita dell'autonomia e della responsabilità dell'azione del singolo procuratore della Repubblica;
vi sono casi in cui l'immediatezza delle attività di intercettazione è fattore essenziale di successo (ad esempio attentati terroristici, sequestro di persona, omicidio);
si verificherebbe un'evidente discrasia tra i poteri dei magistrati che, se da un lato possono condannare, dall'altro non potranno disporre un accertamento istruttorio;
il testo prevede che la durata delle operazioni è prevista per un periodo massimo di trenta giorni (anche non continuativo) ed è consentita una prima proroga da parte del tribunale su richiesta motivata del pubblico ministero fino a quindici giorni, anche non continuativi, ed un'ulteriore proroga fino a quindici giorni, anche non continuativi, solo qualora siano emersi nuovi elementi, specificamente indicati nel provvedimento di proroga;
per i delitti di particolare allarme sociale di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale la durata massima delle operazioni è aumentata a quaranta giorni, e può essere prorogata dal tribunale con decreto motivato per periodi successivi di venti giorni, qualora permangano i presupposti indicati nel comma 1 dell'articolo 267 del codice di procedura penale, entro i termini di durata massima delle indagini preliminari,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative volte a prevedere deroghe che consentano, comunque, di conciliare i limiti tassativi previsti dal testo in termini di limiti di durata delle attività di intercettazione con le esigenze dei casi in cui le modalità investigative si presentino più articolate e pertanto richiedano tempi più lunghi, anche al fine di non vanificare il lavoro fino a quel momento svolto.
9/1415-A/73.Aniello Formisano.

La Camera
premesso che:
l'utilizzo degli impianti di vigilanza audiovisiva soprattutto nei confronti di esercizi pubblici e commerciali e di imprese si è rivelato un efficace deterrente per l'azione di contrasto al racket;
i suddetti strumenti di indagine, insieme alle intercettazioni telefoniche, si sono dimostrati strategici nel contrastare la strategia di controllo e penetrazione nell'economia legale da parte delle mafie, oltreché strumenti di sicurezza innovativi ed efficaci per la libera attività imprenditoriale,

impegna il Governo

a vigilare affinché le nuove norme introdotte in materia di intercettazioni non indeboliscano il contrasto nei confronti di questi reati gravissimi sempre collegati alle attività delle mafie e non limitino l'attività di indagine delle procure e delle Forze dell'ordine.
9/1415-A/74.Granata, Realacci.

La Camera
premesso che:
il disegno di legge in esame introduce una profonda innovazione in merito alla competenza ad autorizzare l'intercettazione, che viene affidata al tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha richiesto l'intercettazione, in composizione collegiale;
lo strumento intercettivo è un supporto di indagine fondamentale, se immediatamente attivato, specialmente per alcuni tipi di indagine (attentati terroristici, sequestro di persona, omicidio), in quanto consente di ottenere con immediatezza informazioni indispensabili al successo dell'azione di polizia;
a partire dal 2004 molte procure, su indicazione ministeriale, hanno avviato ricerche di mercato per selezionare le aziende in grado di fornire tali servizi. In seguito a tali ricerche di mercato sono state ottenute economie superiori al 50 per cento, oltretutto con un notevole incremento della qualità dei servizi;
non tutte le sedi hanno eseguito ricerche di mercato; si evidenzia la grave disomogeneità di prezzo applicato alle distinte procure;
sarebbe opportuno estendere il metodo a tutte le sedi, specialmente quelle che attuano un numero più elevato di intercettazioni;
il disegno di legge prevede che la registrazione avvenga presso le 26 sedi di corte d'appello, mentre l'ascolto possa essere autorizzato presso le singole procure o addirittura presso le sedi operative della Polizia giudiziaria;
il nuovo impianto normativo, quindi, comporterà inevitabilmente maggiori costi, in quanto sarà necessario realizzare una poderosa infrastruttura di rete per collegare le sedi periferiche alle sedi distrettuali con costi enormi considerata la larghezza di banda necessaria per garantire un servizio adeguato;
attualmente la tariffa indiscriminatamente (senza ricerca di mercato) applicata è di 20 euro bersaglio/giorno ed oltre,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità dell'emanazione di una circolare del Ministero della giustizia che imponga, con effetto immediato, a tutte le procure della Repubblica le ricerche di mercato e l'applicazione di tariffe massime di 14-10 euro bersaglio/giorno, in luogo di 20 euro/bersaglio ed oltre.
9/1415-A/75.Favia.

La Camera
premesso che:
nel provvedimento in esame si prevede che sia il tribunale distrettuale, in funzione collegiale, a decidere non solo l'autorizzazione delle intercettazioni, ma anche le proroghe;
l'attribuzione della competenza ad autorizzare le intercettazioni al giudice in composizione collegiale non potrà non comportare problemi organizzativi gravissimi, soprattutto nei tribunali di piccole dimensioni;
nei tribunali di minori dimensioni, infatti, la disciplina unita a quella delle incompatibilità dei magistrati determinerebbe il pericoloso approssimarsi di quel limite di saturazione oltre il quale si verifica la materiale impossibilità di celebrare i processi;
in tutti gli uffici giudiziari interessati il «sicuro maggiore aggravio dei carichi di lavoro», senza che «sia stata prevista alcuna misura organizzativa idonea a attenuarne gli effetti di immediato aumento delle loro competenze», «si ripercuoterà inevitabilmente sulla capacità di definizione ordinaria dei processi, rallentando ulteriormente i tempi di esaurimento degli affari giudiziari»;
tale aggravio costituirà anche un ulteriore grave ostacolo alla possibilità di disporre le intercettazioni e molti operatori del diritto e delle forze dell'ordine hanno rilevato come questa nuova normativa costituisca un forte arretramento nella lotta contro la criminalità,

impegna il Governo

a valutare le ricadute dell'applicazione della normativa di cui sopra al fine di predisporre tutte le opportune iniziative atte a far fronte al rilevante carico di lavoro sopra ipotizzato, compresi i mezzi materiali e l'ampliamento dell'organico degli uffici dei magistrati, anche al fine di recuperare un buon livello di efficacia dell'azione della magistratura.
9/1415-A/76.Monai.

La Camera
premesso che:
il problema delle intercettazioni telefoniche continua a riproporsi all'attenzione del Parlamento e dell'opinione pubblica, in quanto si tratta di un fenomeno che incide sulla dignità dei cittadini e sulla loro privacy;
vi sono stati numerosi casi di fughe di notizie che, quasi mai, si sono risolte con l'individuazione dei responsabili;
in alcuni casi le intercettazioni coinvolgono soggetti che nulla hanno a che vedere con le inchieste giudiziarie, per cui il fenomeno si può trasformare in una gogna mediatica, con danni gravi e spesso irreparabili per l'onorabilità e la reputazione dei cittadini;
un'attenzione particolare deve essere posta all'esigenza di arginare il fenomeno della indiscriminata pubblicazione, da parte degli organi di stampa e dei mass media, di stralci o anche di interi verbali relativi a conversazioni captate dagli organi requirenti;
i commi 23, 24 e 25 dell'emendamento 1.1000 del Governo estendono ai siti informatici le procedure di rettifica delle informazioni ritenute non veritiere o lesive della reputazione dei soggetti coinvolti, prevedendo che «per i siti informatici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono»;
tale previsione, in quanto riferita ad un termine generico come «siti informatici», sembra porre l'obbligo di rettifica a carico, piuttosto che degli autori dei contenuti diffamatori, dei gestori di piattaforme che ospitano contenuti realizzati da terzi, che, in considerazione del volume dei contenuti ospitati dalla piattaforma, non sarebbero in grado di far fronte a tale obbligo,

impegna il Governo

ad intraprendere ogni iniziativa volta a far sì che l'obbligo di rettifica, di cui all'articolo 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, come modificato dai commi 23, 24 e 25 dell'emendamento 1.1000 del Governo, piuttosto che essere riferito genericamente «ai siti informatici», debba essere riferito ai giornali e periodici diffusi per via telematica e soggetti all'obbligo di registrazione di cui all'articolo 5 della citata legge n. 47 del 1948.
9/1415-A/77.Pisicchio.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame introduce una profonda innovazione in merito alla competenza ad autorizzare l'intercettazione, che viene affidata al tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha richiesto l'intercettazione, in composizione collegiale;
lo strumento intercettivo è un supporto di indagine fondamentale, se immediatamente attivato, specialmente per alcuni tipi di indagine (attentati terroristici, sequestro di persona, omicidio), in quanto consente di ottenere con immediatezza informazioni indispensabili al successo dell'azione di polizia;
il disegno di legge in esame prevede che la registrazione avvenga presso le 26 sedi di corte d'appello, mentre l'ascolto possa essere autorizzato presso le singole procure o addirittura presso le sedi operative della polizia giudiziaria;
ciò comporta maggiori costi, in quanto sarebbe necessario realizzare una poderosa infrastruttura di rete - per collegare le sedi periferiche alle sedi distrettuali - con costi enormi considerata la larghezza di banda necessaria per garantire un servizio adeguato;
comporta, inoltre, minori garanzie di sicurezza, in quanto le registrazioni, che fino ad ora vengono eseguite localmente all'interno di ogni singola procura, circoleranno sulla rete dalle sedi distrettuali alle sedi periferiche con la possibilità di essere a loro volta illegalmente intercettate ed ascoltate;
comporta, ancora, riduzione dell'autonomia delle procure di minore dimensione, maggiore controllo/dipendenza dalla sede distrettuale con conseguente aumento dei tempi di indagine e dei tempi processuali: esattamente l'opposto delle esigenze di razionalizzazione e di economia di una moderna magistratura;
la contabilità del Ministero della giustizia iscrive i costi di gestione dei sistemi informatizzati per le intercettazioni di telecomunicazioni come «noleggio» di apparati;
sebbene 10 anni fa si trattasse effettivamente di noleggio, ora si tratta di «servizi completi» che vanno dalla fornitura degli apparati allo sviluppo, in tempo reale, degli stessi, alla formazione della polizia giudiziaria, all'assistenza continuativa e alla fornitura di materiali di consumo;
la soddisfazione delle esigenze istituzionali impone expertise, ricerca ed investimenti nel campo delle intercettazioni che nessuna struttura statale al mondo può possedere in proprio e che solo società private del settore - tra loro in forte competizione, con lunga esperienza progettuale e di ricerca, in regola con i requisiti di sicurezza imposti per legge (NOS) - possono condensare per offrire un servizio di estrema delicatezza e sofisticazione che non può essere banalizzato con la voce «noleggio apparati»;
lo scenario attuale offre poco meno di una decina di società italiane, in possesso di NOS, costruttrici di sistemi e proprietarie dei sistemi informatizzati - fortemente impegnate nella ricerca - che sono in concorrenza per fornire i migliori e più avanzati servizi alle procure della Repubblica e per stare al passo con l'accelerata evoluzione dei sistemi di comunicazione;
a partire dal 2004 molte procure, su indicazione ministeriale, hanno avviato ricerche di mercato per selezionare le aziende in grado di fornire tali servizi. In seguito a tali ricerche di mercato sono state ottenute economie superiori al 50 per cento, oltretutto con un notevole incremento della qualità dei servizi;
la centralizzazione del sistema rischia di ricreare, ora, le condizioni di monopolio, esistenti 10 anni or sono e riproporrebbe le tipiche problematiche dello scarso impegno nella ricerca, con costi elevati e bassissima qualità del servizio a causa dell'assenza della competitività scientifica tra i fornitori, con conseguente riduzione dell'efficacia investigativa,

impegna il Governo

ad intraprendere ogni iniziativa volta a perseguire la competitività interna, mediante la costituzione di una task force tecnica, indirizzata dai Ministeri della giustizia, dell'interno, della difesa e dai servizi di intelligence con la partecipazione dei migliori ingegneri delle poche società italiane di ricerca, progettazione e sviluppo di sistemi per intercettazioni.
9/1415-A/79.Misiti.

INTERPELLANZE URGENTI

Iniziative ispettive in relazione all'inchiesta della Procura della Repubblica di Torino concernente l'erogazione dei fondi per gli eventi alluvionali del 1994 e del 2000 - n. 2-00384

A)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
la legge n. 365 del 2000 prevedeva provvidenze differenziate fra chi avesse subito solo l'alluvione del 2000 rispetto a chi, in Piemonte, avesse subito anche quella del 1994, destinando a questi ultimi provvidenze significativamente diverse;
il dipartimento della protezione civile emanò una circolare, stabilendo che «il criterio della già avvenuta fruizione del contributo, previsto per l'alluvione del 1994, deve ritenersi, sin dall'inizio, l'unico criterio valido ai fini della fruibilità del contributo per i soggetti nuovamente danneggiati dall'alluvione del 2000»;
il criterio di cui alla detta circolare fu pedissequamente recepito dalla circolare regionale 3/LAP;
tale ultima circolare, pur annullata dal tribunale amministrativo regionale del Piemonte, fu successivamente dichiarata legittima dal Consiglio di Stato;
in seguito al procedimento penale scaturito da presunte illecite richieste di indennizzo, la regione Piemonte dispose una commissione d'inchiesta, che terminò con tre relazioni, concordanti, di cui la più specifica, «Palma», accertò, come le altre, illegittime erogazioni disposte dalla regione e le elencò analiticamente;
recentemente, a seguito di interrogazione in forma scritta, il dipartimento della protezione civile ribadì che la circolare da esso emanata, che impegnava l'agire della regione Piemonte, non era mai stata messa in discussione da alcuno e, quindi, non avrebbe dovuto essere disapplicata dal dirigente regionale responsabile del procedimento amministrativo di erogazione degli indennizzi in questione;
i fatti sopra accennati hanno anche dato luogo a procedimenti penali, per presunte illecite erogazioni di somme, a carico di diversi soggetti, ad esclusione del dirigente regionale responsabile del procedimento amministrativo di erogazione degli indennizzi in questione;
tale dirigente regionale, addirittura, è stato solo escusso quale persona informata sui fatti e, benché avesse esposto - nel corso del procedimento - fatti e condotte al medesimo ascrivibili e adombrabili di illegalità, non risulta sia stato sottoposto ad alcun procedimento penale;
dalle relazioni stilate dalle commissioni d'inchiesta regionali, e da quella «Palma», in particolare, emerge che la regione Piemonte erogò illegittimamente la complessiva somma 43.564.422.784 di vecchie lire, certamente in un caso «in cui era conveniente da parte dell'ufficio» e n. 18 casi «e da parte della pubblica amministrazione (udienza 24 febbraio 2006 - teste Cavalletto, tribunale Torino)», e verosimilmente in un totale di n. 50 casi;
in realtà destano serie perplessità i seguenti fatti:
a) il pubblico ministero impostò l'imputazione di truffa su una falsa prospettazione di mancanza di eventi alluvionali subiti dagli imputati, quando il criterio era quello dell'aver o meno percepito le provvidenze statali nel 1994;
b) il pubblico ministero non agì per impedire l'evento, limitandosi, invece, a sequestrare solo la somma versata in pagamento della regione, pur essendone a conoscenza precedentemente (con il rischio di vedere trattenute quelle somme da parte dell'istituto di credito, trattandosi di versamento su conto corrente in stato fortemente debitorio), essendo il dirigente regionale che provvide al pagamento a stretto contatto con quel pubblico ministero, nonché amico personale dell'ufficiale di polizia giudiziaria in servizio alle dirette dipendenze del prefato pubblico ministero;
c) il pubblico ministero non ritenne di promuovere l'azione penale a carico del dirigente regionale in questione, malgrado questi avesse pacificamente ammesso di aver agito almeno in un caso in deroga alla circolare 3/LAP, con danno, ancora attuale, pari a circa 2.300.000.000 di vecchie lire (udienza 20 febbraio 2006 - teste Picaretta, tribunale Torino; 20 marzo 2006 - teste Palma, tribunale Torino);
d) il pubblico ministero neppure indagò il dirigente regionale in parola, il quale già in precedenti note a sua firma e, in sede giudiziaria, aveva dichiarato: «A Moncalieri l'alluvione non arrivò proprio, io so benissimo che lì l'alluvione non è mai arrivata» e malgrado ciò aveva disposto l'erogazione di indennizzi;
e) il trattamento riservato dal pubblico ministero ad altri soggetti, per vicende assai meno evidenti, fu, di contro, rigoroso e costellato da richieste di emissioni di misure cautelari personali;
in ogni caso appare evidente agli interpellanti che non appare giuridicamente ipotizzabile la commissione del reato dell'assessore senza il concorso del direttore, avendo questi, per legge, assoluta propria autonomia esecutiva -:
se, in relazione alla vicenda giudiziaria penale ricordata in premessa, intenda provvedere, al fine di accertare l'eventuale sussistenza di rilevanti omissioni o trattamenti immotivatamente differenziati addebitabili al pubblico ministero competente, l'effettuazione di un'apposita inchiesta amministrativa a cura dell'ispettorato generale presso il ministero della giustizia.
(2-00384)
«Lehner, Vanalli, Volpi, Crosio, Fugatti, Munerato, Caparini, Polledri, Bitonci, Lanzarin, Fedriga, Alessandri, Rainieri, Consiglio, Gidoni, Guido Dussin, Sardelli, Bragantini, Comaroli, Renato Farina, Reguzzoni, Laboccetta, Goisis, Landolfi, De Luca, Dima, Lo Presti, Bonino, Nicola Molteni, D'Amico, Torazzi, Fava, Pini, Dal Lago, Barani, Laura Molteni».
(13 maggio 2009)

Modalità di utilizzo dei voli di Stato da parte del Governo - n. 2-00396 e n. 2-00397

B)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
da notizie pubblicate in questi giorni dai più diffusi quotidiani nazionali sembra emergere un uso dei voli di Stato, da parte del Governo, che non risponderebbe alle finalità «di conferire certezza nei tempi e celerità nei trasferimenti delle Autorità per consentire alle stesse di attendere efficacemente e compiutamente allo svolgimento dei propri compiti istituzionali, ovvero ad assicurare loro un adeguato livello di tutela o il trattamento protocollare connesso al rango rivestito», finalità fissate nella direttiva del 25 luglio 2008, emanata dal Presidente del Consiglio dei ministri -:
se corrisponda al vero che i voli di Stato della Presidenza del Consiglio dei ministri siano stati utilizzati per trasportare persone prive di incarichi pubblici invitate a partecipare ad eventi privati, sia prima che dopo l'emanazione della direttiva del 25 luglio 2008;
quanti siano e chi siano i viaggiatori imbarcati dagli aerei della Presidenza del Consiglio dei ministri negli ultimi dodici mesi che non siano membri di Governo o loro collaboratori istituzionali;
quali siano i costi globali dei voli di Stato dell'ultimo anno;
quali siano i criteri che la Presidenza del Consiglio dei ministri ha adottato per determinare le nuove modalità dell'uso dei suddetti voli di Stato definite nella direttiva del 25 luglio 2008, che ha abrogato le precedenti direttive emanate dal Presidente del Consiglio dei ministri Prodi, che avrebbero potuto dare ottimi risultati sia sul piano della diminuzione di spesa e sia sul piano del perseguimento dell'obiettivo di un corretto ed istituzionale uso dei voli di Stato.
(2-00396)
«Sereni, Bressa, Rosato, Fiano, Mogherini Rebesani, Zaccaria, Amici, Villecco Calipari, Ferranti, Santagata».
(9 giugno 2009)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi diversi quotidiani nazionali hanno riportato la notizia secondo cui, in occasione di «feste e cerimonie» private tenutesi presso la residenza del Presidente del Consiglio dei ministri, in Sardegna, diversi ospiti avrebbero raggiunto tale destinazione avvalendosi di aerei di Stato;
la possibilità di fare ricorso a voli di Stato era stata drasticamente ridotta dal Governo Prodi, che intervenne con una direttiva e un decreto specificamente mirati a ridimensionarne l'utilizzo, restringendo di molto i requisiti necessari per farvi ricorso e diminuendo la platea dei soggetti che potevano usufruirne;
l'attuale Governo tra i suoi primi atti ufficiali ha deciso di abrogare tali normative;
secondo quanto riportano diversi quotidiani, sui voli di Stato hanno viaggiato spesso «con Silvio Berlusconi, personaggi che non fanno parte dell'entourage autorizzato», presenti in quanto invitati;
la procura di Roma ha deciso di intervenire mettendo sotto osservazione quei «voli di Stato e dell'aeronautica militare che avrebbero portato amici e ospiti del Primo Ministro Silvio Berlusconi nell'aeroporto di Olbia, per consentire loro di raggiungere feste e cerimonie organizzate a villa Certosa». Il procuratore Giovanni Ferrara «ha disposto accertamenti per chiarire se nell'utilizzo degli aerei a disposizione del Premier siano stati commessi comportamenti penalmente rilevanti o abusi»;
nei prossimi giorni dalla procura sarà acquisita la normativa che regola l'impiego dei voli a disposizione delle cariche istituzionali, con la possibilità che si apra poi uno specifico fascicolo presso il tribunale dei ministri;
è necessario che chi ricopre incarichi pubblici, a qualsiasi livello, sappia mantenere sempre un comportamento adeguato alle proprie responsabilità, chi ha l'onore e l'onere di rappresentare il nostro Paese ha il dovere di garantire la massima trasparenza e correttezza del proprio operato, il rispetto della legge deve essere un imperativo categorico per le massime cariche istituzionali del nostro Paese;
attualmente, confrontando i primi mesi del 2009 con quelli del 2008, il ricorso ai voli di Stato appare triplicato, con un aggravio per le casse dello Stato considerevole;
in una situazione economica particolarmente difficile e con lo stato di emergenza da fronteggiare in Abruzzo, non è accettabile, ad avviso degli interpellanti, che denaro pubblico venga utilizzato a fini privati, dilapidato senza ritegno e senza ragione -:
se non ritenga doveroso riferire con la massima urgenza sui costi che l'attuale Governo ha affrontato negli ultimi dodici mesi per il ricorso ai voli di Stato, su quali siano le ragioni che ne hanno determinato l'aumento, chi siano i soggetti che ne hanno beneficiato, quali siano i requisiti sulla base dei quali si è dato accesso ai medesimi e, infine, se non ritenga opportuno, come fatto dal precedente Governo Prodi, intervenire per rendere più rigoroso l'utilizzo dei voli di Stato, onde evitare un inutile ed offensivo spreco di risorse e denaro pubblico.
(2-00397)
«Di Pietro, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Mura, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Di Stanislao, Di Giuseppe, Favia, Aniello Formisano, Giulietti, Messina, Misiti, Monai, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Pisicchio, Porcino, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».
(9 giugno 2009)