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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di mercoledì 15 luglio 2009

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 15 luglio 2009.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Balocchi, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brancher, Bratti, Briguglio, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Castiello, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Conte, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Fiano, Fitto, Gregorio Fontana, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Graziano, La Russa, Leo, Leone, Lo Monte, Lucà, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Migliori, Milanato, Molgora, Mussolini, Nucara, Leoluca Orlando, Pecorella, Pescante, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Paolo Russo, Saglia, Scajola, Soro, Stefani, Stucchi, Tenaglia, Tremonti, Urso, Vegas, Vietti, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta)

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Balocchi, Berlusconi, Bindi, Bocci, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brancher, Bratti, Briguglio, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Castiello, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Conte, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Fiano, Fitto, Gregorio Fontana, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Graziano, La Russa, Leo, Leone, Lo Monte, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Migliori, Milanato, Molgora, Mussolini, Nucara, Leoluca Orlando, Pecorella, Pescante, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Paolo Russo, Saglia, Scajola, Soro, Stefani, Stucchi, Tenaglia, Tremonti, Urso, Vegas, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

In data 14 luglio 2009 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
PICCHI: «Modifiche al codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, per la reintroduzione del diritto di brevetto in favore delle università e degli enti pubblici di ricerca» (2607);
TORRISI: «Modifiche al codice civile e altre disposizioni concernenti la disciplina del condominio negli edifici» (2608);
CARLUCCI: «Disposizioni per la destinazione di una quota dell'1 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche alla cultura e alle attività culturali» (2609);
DELFINO: «Disposizioni per promuovere la formazione professionale, l'occupazione, l'orientamento e il reinserimento professionale dei disoccupati e dei lavoratori ultraquarantenni» (2610);
DAMIANO: «Modifiche al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, e all'articolo 74 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, concernenti l'applicazione delle disposizioni in materia di forme pensionistiche complementari ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni» (2611);
DAMIANO: "Modifiche al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, concernenti la costituzione di fondi di riserva presso le forme pensionistiche complementari" (2612).

Saranno stampate e distribuite.

Adesione di un deputato a una proposta di legge.

La proposta di legge CATANOSO: «Disposizioni in materia di protezione degli animali» (1152) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Brigandì.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

II Commissione (Giustizia):
DE CORATO ed altri; CAPARINI ed altri; LUSSANA; PRESTIGIACOMO; ANGELA NAPOLI; POLLASTRINI ed altri; PELINO ed altri; disegno di legge d'iniziativa del Governo; SALTAMARTINI ed altri; PELINO e SBAI; CARLUCCI; COSENZA: «Disposizioni in materia di rilievi fotografici dei latitanti per i delitti di cui agli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale» (già articolo 6 del testo unificato delle proposte di legge nn. 574-611-666-688-817-924-952-2142-2167-2194-2229 e del disegno di legge n. 1424, approvato in sede referente dalla II Commissione permanente, stralciato con deliberazione dell'Assemblea il 14 luglio 2009) (574-611-666-688-817-924-952-1424-2142-2167-2194-2229-ter) Parere delle Commissioni I, V e XII;
BELLANOVA ed altri: «Riforma della normativa processuale del lavoro» (755) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento) e XII;
MUSSOLINI: «Modifiche al codice civile in materia di riconoscimento e di successione ereditaria dei figli naturali» (2519) Parere della I Commissione.

VI Commissione (Finanze):
DELFINO: «Nuova disciplina delle cooperative e dei consorzi di garanzia collettiva dei fidi» (1359) Parere delle Commissioni I, II, V, X e XIV.

IX Commissione (Trasporti):
MAZZOCCHI ed altri: «Disciplina degli esercizi di telefonia e delle strutture assimilate» (223) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), X e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

XI Commissione (Lavoro):
DELFINO: «Disposizioni per il trasferimento degli insegnanti della scuola primaria dipendenti dalle amministrazioni comunali nei ruoli dello Stato» (1144) Parere delle Commissioni I, V e VII.

XII Commissione (Affari sociali):
LUCÀ ed altri: «Rifinanziamento del Fondo per le non autosufficienze, di cui all'articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296» (2372) Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
SCANDROGLIO ed altri: «Disposizioni concernenti l'esercizio della libera professione da parte del personale sanitario dipendente dal Servizio sanitario nazionale» (2529) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e XII (Affari sociali):
SBROLLINI ed altri: «Disposizioni per l'accesso delle giovani generazioni al futuro nonché deleghe al Governo in materia di riordino della disciplina delle professioni intellettuali e di istituzione di una "Carta giovani" per la fruizione di servizi culturali» (2404) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), III, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), VIII, IX, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Annunzio della pendenza di un procedimento contabile ai fini di una deliberazione in materia d'insindacabilità.

In data 15 luglio 2009 - ai sensi dell'articolo 3, comma 4, della legge n. 140 del 2003 - dalla Corte dei conti-sezione giurisdizionale per la regione Campania, è pervenuta, unitamente alla comunicazione che il procedimento è stato sospeso, copia degli atti relativi ad un procedimento contabile per responsabilità erariale a carico di Paolo Cirino Pomicino, Carlo D'Amato, Francesco De Lorenzo, Giulio Di Donato e Ugo Grippo, deputati all'epoca dei fatti, affinché la Camera deliberi se i fatti per i quali si procede concernano o meno opinioni espresse o voti dati da membri del Parlamento nell'esercizio delle loro funzioni, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.

Tali atti sono stati assegnati alla competente Giunta per le autorizzazioni. Copia dell'ordinanza di trasmissione da parte della Corte dei conti-sezione giurisdizionale per la Campania sarà stampata e distribuita (doc. IV-ter, n. 9).

Annunzio di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee.

Nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 20 giugno 2009, C. 141, sono state pubblicate le seguenti sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, relative a cause in cui la Repubblica italiana è parte o adottate a seguito di domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un'autorità giurisdizionale italiana, che sono inviate, ai sensi dell'articolo 127-bis del regolamento, alle sottoindicate Commissioni competenti per materia nonché alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
2009/C 141/09 - Cause riunite da C-352/07 a C-356/07, da C-365/07 a C-367/07 e C-400/07: sentenza della Corte (quarta sezione) 2 aprile 2009 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio) - A. Menarini Industrie Farmaceutiche Riunite Srl, FIRMA Srl, Laboratori Guidotti SpA, Istituto Lusofarmaco d'Italia SpA, Malesi Istituto Farmacobiologico SpA, Menarini International Operations Luxembourg SA (C 352/07)/Ministero della salute, Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), e nei confronti di: Sanofi Aventis SpA, Sanofi Aventis SpA (C 353/07)/Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), IFB Stroder Srl (C 354/07)/Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), Schering Plough SpA (C 355/07)/Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), e nei confronti di: Baxter SpA, Bayer SpA (C 356/07)/Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), Ministero della salute, Simesa SpA (C 365/07)/Ministero della salute, Agenzia italiana del farmaco (AIFA), e nei confronti di: Merck Sharp & Dohme (Italia) SpA, Abbott SpA (C 366/07)/Ministero della salute, Agenzia italiana del farmaco (AIFA), Baxter SpA (C 367/07)/Agenzia italiana del farmaco (AIFA), e nei confronti di: Merck Sharp & Dohme (Italia) SpA, et SALF SpA (C 400/07)/Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), Ministero della salute (direttiva 89/105/CEE - Trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi delle specialità per uso umano - articolo 4 - Blocco dei prezzi - Riduzione dei prezzi) (doc. LXXXIX, n. 65) - alla XII Commissione (Affari sociali);
2009/C 141/15 - Causa C 415/07: sentenza della Corte (seconda sezione) 2 aprile 2009 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal tribunale ordinario di Nocera Inferiore Italia) - Lodato Gennaro & C. SpA/Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), SCCI (Aiuti di Stato a favore dell'occupazione - Orientamenti in materia di aiuti a favore dell'occupazione - Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale - Regolamento (CE) n. 2204 del 2002 - Nozione di «creazione di posti di lavoro» - Calcolo dell'incremento del numero di posti di lavoro) (doc. LXXXIX, n. 66) - alla XI Commissione (Lavoro);
2009/C 141/21 - Causa C-509/07: sentenza della Corte (prima sezione) 23 aprile 2009 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal tribunale di Bergamo - Italia) - Luigi Scarpelli/NEOS Banca SpA (Direttiva 87/102/CEE - Tutela dei consumatori - Credito al consumo - Inadempimento del contratto di vendita) (doc. LXXXIX, n. 67) - alla VI Commissione (Finanze).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI BUTTIGLIONE ED ALTRI N. 1-00192, BARANI, LAURA MOLTENI, COMMERCIO ED ALTRI N. 1-00211, FARINA COSCIONI ED ALTRI N. 1-00213, MURA ED ALTRI N. 1-00214 E LIVIA TURCO ED ALTRI N. 1-00221 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A CONTRASTARE L'USO DELL'ABORTO COME STRUMENTO DI CONTROLLO DEMOGRAFICO

Mozioni

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo afferma il diritto alla vita di ogni essere umano;
l'articolo 6, paragrafo 1, dell'Accordo internazionale sui diritti civili e politici, adottato dall'Assemblea generale dell'Onu il 16 dicembre 1966 ed entrato in vigore il 23 marzo 1976, prevede che il diritto alla vita è inerente alla persona umana. Questo diritto deve essere protetto dalla legge e nessuno può essere arbitrariamente privato della vita;
secondo l'articolo 6 della Convenzione sui diritti dell'infanzia, gli Stati parti riconoscono che ogni fanciullo ha un diritto inerente alla vita ed assicurano in tutta la misura del possibile la sopravvivenza e lo sviluppo del fanciullo;
l'articolo 1 della legge n. 194 del 1978 afferma che «l'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite»;
la diffusione nel mondo della pratica dell'aborto selettivo a danno prevalentemente delle concepite di sesso femminile sta provocando in alcune aree geografiche un forte squilibrio fra i sessi;
è sempre crescente il numero delle legislazioni straniere che attivamente promuovono l'aborto come strumento di controllo demografico e delle politiche che colpiscono con sanzioni di vario genere le donne che rifiutano l'aborto,

impegna il Governo

a promuovere la stesura e l'approvazione di una risoluzione delle Nazioni Unite che condanni l'uso dell'aborto come strumento di controllo demografico ed affermi il diritto di ogni donna a non essere costretta ad abortire.
(1-00192)
«Buttiglione, Vietti, Volontè, Capitanio Santolini, Pezzotta, Occhiuto, Binetti».

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo afferma il diritto alla vita di ogni essere umano;
l'articolo 6, paragrafo 1, dell'Accordo internazionale sui diritti civili e politici, adottato dall'Assemblea generale dell'Onu il 16 dicembre 1966 ed entrato in vigore il 23 marzo 1976, prevede che il diritto alla vita è inerente alla persona umana. Questo diritto deve essere protetto dalla legge e nessuno può essere arbitrariamente privato della vita;
secondo l'articolo 6 della Convenzione sui diritti dell'infanzia, gli Stati parti riconoscono che ogni fanciullo ha un diritto inerente alla vita ed assicurano in tutta la misura del possibile la sopravvivenza e lo sviluppo del fanciullo;
l'articolo 1 della legge n. 194 del 1978 afferma che «l'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite»;
la diffusione nel mondo della pratica dell'aborto selettivo a danno prevalentemente delle concepite di sesso femminile sta provocando in alcune aree geografiche un forte squilibrio fra i sessi;
è sempre crescente il numero delle legislazioni straniere che attivamente promuovono l'aborto come strumento di controllo demografico e delle politiche che colpiscono con sanzioni di vario genere le donne che rifiutano l'aborto,

impegna il Governo

a promuovere, ricercando a tal fine il necessario consenso alla presentazione, una risoluzione delle Nazioni Unite che condanni l'uso dell'aborto come strumento di controllo demografico ed affermi il diritto di ogni donna a non essere costretta ad abortire, favorendo politiche che aiutino a rimuovere le cause economiche e sociali dell'aborto.
(1-00192)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Buttiglione, Vietti, Volontè, Capitanio Santolini, Pezzotta, Occhiuto, Binetti».

La Camera,
premesso che:
la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, all'articolo 3, recita: «ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona»;
la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, all'articolo 2, afferma: «il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge»;
l'Organizzazione mondiale della sanità, sul punto, ha individuato, quale obiettivo primario, il miglioramento della qualità della vita della madre e del bambino;
è aumentata in termini consistenti, in ambito internazionale, la diffusione di legislazioni che promuovono l'aborto come strumento di controllo demografico e di politiche punitive nei confronti delle donne che rifiutano di abortire; aumenta, altresì, nel mondo, in termini significativi, la diffusione della pratica dell'aborto selettivo responsabile, in specifiche aree geografiche, di un forte squilibrio tra i sessi;
per quanto riguarda il nostro Paese, l'articolo 1 della legge n. 194 del 1978 afferma che lo Stato riconosce il «valore sociale della maternità», tutela la vita umana dal suo inizio e ribadisce, altresì, che «l'interruzione volontaria della gravidanza non è mezzo per il controllo delle nascite»;
inalterata resta tuttora la validità dell'impianto di tale legge rispetto alle condizioni ed alle modalità del ricorso all'interruzione volontaria della gravidanza,

impegna il Governo

a farsi promotore, presso le Nazioni Unite, di una risoluzione che condanni solennemente l'uso dell'aborto quale strumento di controllo demografico e dell'aborto selettivo confermando, altresì, il pieno diritto della donna alla procreazione.
(1-00211)
«Barani, Laura Molteni, Commercio, Carlucci, Palumbo, Ciccioli, Bocciardo, Castellani, De Luca, Di Virgilio, Fucci, Girlanda, Patarino, De Nichilo Rizzoli, Baldelli».

La Camera,
premesso che:
la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, all'articolo 3, recita: «ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona»;
la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, all'articolo 2, afferma: «il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge»;
l'Organizzazione mondiale della sanità, sul punto, ha individuato, quale obiettivo primario, il miglioramento della qualità della vita della madre e del bambino;
è aumentata in termini consistenti, in ambito internazionale, la diffusione di legislazioni che promuovono l'aborto come strumento di controllo demografico e di politiche punitive nei confronti delle donne che rifiutano di abortire; aumenta, altresì, nel mondo, in termini significativi, la diffusione della pratica dell'aborto selettivo responsabile, in specifiche aree geografiche, di un forte squilibrio tra i sessi;
per quanto riguarda il nostro Paese, l'articolo 1 della legge n. 194 del 1978 afferma che lo Stato riconosce il «valore sociale della maternità», tutela la vita umana dal suo inizio e ribadisce, altresì, che «l'interruzione volontaria della gravidanza non è mezzo per il controllo delle nascite»;
inalterata resta tuttora la validità dell'impianto di tale legge rispetto alle condizioni ed alle modalità del ricorso all'interruzione volontaria della gravidanza,

impegna il Governo

a promuovere, ricercando a tal fine il necessario consenso alla presentazione, una risoluzione delle Nazioni Unite che condanni l'uso dell'aborto come strumento di controllo demografico ed affermi il diritto di ogni donna a non essere costretta ad abortire, favorendo politiche che aiutino a rimuovere le cause economiche e sociali dell'aborto.
(1-00211)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Barani, Laura Molteni, Commercio, Carlucci, Palumbo, Ciccioli, Bocciardo, Castellani, De Luca, Di Virgilio, Fucci, Girlanda, Patarino, De Nichilo Rizzoli, Baldelli».

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 della legge 22 maggio 1978, n. 194, afferma che: «Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l'aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite»;
la legge n. 194 del 1978, con la quale si è disciplinato e regolamentato il ricorso all'aborto, ha portato ad una riduzione del 60 per cento delle interruzioni di gravidanza e del 90 per cento degli aborti clandestini, praticati spesso in condizioni sanitarie inadeguate, con rischio per la salute della donna. L'ultima relazione annuale sull'attuazione di questa legge rileva come nel 2.007 vi sia stato un decremento del 3 per cento rispetto al 2006 e del 45,9 per cento rispetto al 1982;
le cause che possono indurre una donna ad interrompere volontariamente una gravidanza sono molteplici e questa decisione non è mai priva di coinvolgimento emotivo;
alcune patologie diagnosticate precocemente nel periodo prenatale possono indurre la gestante ad adottare una scelta dolorosa e drastica, come quella di interrompere la gravidanza;
la volontà di abortire si può presentare - molto più frequentemente - nei casi di gravidanza «accidentale» non programmata;
nonostante taluni condannino l'uso dei mezzi contraccettivi, così come l'uso del profilattico come mezzo di prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale, e predichino l'astinenza dai rapporti come metodo migliore per affrontare entrambi i problemi, tale scelta è poco seguita dalla maggior parte della popolazione mondiale;
per ridurre ulteriormente il ricorso all'aborto è necessario promuovere la contraccezione e i metodi per la procreazione responsabile, realizzando specifiche campagne informative e pubblicitarie sui sistemi contraccettivi. Inoltre, occorre rimuovere gli ostacoli che limitano l'accesso alla contraccezione d'emergenza, la cosiddetta «pillola del giorno dopo», che non è abortiva e la cui efficacia è massima nelle prime 12 ore dal rapporto e si dimezza ogni 12 ore,

impegna il Governo:

ad assumere ogni iniziativa sul piano internazionale, previo un ampio confronto in ambito nazionale, al fine di ridurre l'utilizzo dell'aborto come strumento di controllo demografico e, in particolare, volte a:
a) diffondere l'informazione sessuale anche nelle scuole, prevedendone l'inserimento tra le materie di insegnamento, e non solamente tra i più giovani e tra le fasce di popolazione più a rischio;
b) aumentare la diffusione e la reperibilità dei presidi contraccettivi;
c) incrementare l'informazione riguardo alle patologie geneticamente trasmissibili;
d) consentire a chi lo richiede la diagnosi genetica prima che la gravidanza insorga anche nelle coppie ad elevato rischio per specifiche patologie, così da contribuire ad una sostanziale riduzione delle cause capaci di indurre la donna ad abortire;
a promuovere la stesura e l'approvazione di una risoluzione delle Nazioni Unite che:
a) condanni l'uso dell'aborto come strumento di controllo demografico;
b) affermi il diritto di ogni donna a non essere costretta ad abortire;
c) promuova campagne di informazione e distribuzione di sistemi anticoncezionali per la procreazione responsabile;
d) sostenga e rafforzi le iniziative delle agenzie Onu che mirano alla riduzione dell'incremento incontrollato della natalità;
e) promuova la libera diffusione, senza ricetta medica, degli strumenti di «contraccezione di emergenza».
(1-00213)
«Farina Coscioni, Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Zamparutti, Mario Pepe (Pdl), Colombo, Ferrari, Melis».

La Camera,
premesso che:
l'aborto è sempre un'esperienza estremamente drammatica e dolorosa, che lascia una ferita profonda in tutte le donne che si trovano nella condizione di praticarlo;
è, quindi, indispensabile incentivare tutti gli strumenti per prevenire una gravidanza indesiderata, ridurre le cause principali che possono indurre la donna a ricorrere all'interruzione della gravidanza e offrirle la possibilità di poter liberamente e consapevolmente scegliere il momento per la propria maternità;
in tutto il mondo le politiche di pianificazione familiare e l'educazione sessuale rappresentano ancora oggi uno dei mezzi principali per il controllo delle nascite e per una seria ed efficace politica demografica, oltre che uno strumento importantissimo in grado di contribuire a ridurre il ricorso per molte donne all'interruzione volontaria della gravidanza;
è evidente che il ricorso all'aborto è una realtà purtroppo difficilmente eliminabile, anche perché nessun metodo contraccettivo è del tutto sicuro e il rischio di una gravidanza non desiderata è spesso sottovalutato, soprattutto tra le fasce di età più giovani. È, quindi, necessaria una politica che punti sulla diffusione di una corretta informazione sull'uso dei contraccettivi e sull'attenzione alla salute sessuale e riproduttiva della donna e dell'uomo, cercando di raggiungere con azioni mirate, le fasce più «a rischio», quali appunto quelle adolescenziali, quelle immigrate e quelle con un minor grado di istruzione;
in questo ambito l'uso del profilattico va visto non solo come metodo anticoncezionale tra i più sicuri, ma anche come importante strumento - soprattutto in alcuni Paesi in via di sviluppo - per la prevenzione e il controllo delle malattie sessualmente trasmissibili;
a livello internazionale l'aborto rimane illegale in molti Paesi e nella maggior parte del continente africano, dove, ad esempio, è la seconda causa di mortalità femminile tra le donne ricoverate in ospedale in Etiopia, mentre in Nigeria causa il 13 per cento dei decessi delle donne in gravidanza;
dai dati emersi da uno studio del 2007, realizzato da un gruppo di scienziati dell'Organizzazione mondiale della sanità e del Guttmacher institute di New York, pubblicato dalla rivista di medicina Lancet, è stato messo in evidenza come, per esempio, in Uganda, dove l'aborto è illegale e i programmi di educazione sessuale prevedono unicamente l'astinenza, i tassi di abortività stimati nell'anno 2003 sono di 54 ogni mille donne, vale a dire più del doppio degli Usa, dove nello stesso anno i numeri si assestano su 21 aborti ogni 1000 gravidanze. I tassi più bassi - 12 ogni 1000 gravidanze - sono registrati in Europa occidentale, dove l'aborto è legale e la contraccezione ampiamente diffusa;
purtroppo, ancora oggi, in troppi Paesi del mondo, il ricorso all'aborto è visto come mezzo utile e necessario per un controllo demografico e come strumento di pianificazione familiare e di prevenzione delle nascite;
va, peraltro, condannata e contrastata con forza la pratica aberrante in uso in alcuni Paesi che ricorrono al vergognoso aborto selettivo dei feti di sesso femminile per riequilibrare il rapporto tra bambini e bambine nati,

impegna il Governo:

a promuovere una forte iniziativa da parte dell'Unione europea nei confronti di quei Paesi che tollerano o impongono l'interruzione di gravidanza come strumento di controllo demografico o la pratica orribile dell'aborto selettivo;
ad attivarsi in sede internazionale - anche attraverso lo strumento della cooperazione internazionale e dei progetti bilaterali tra l'Italia ed i Paesi in via di sviluppo - al fine di favorire la diffusione e realizzazione di tutte quelle iniziative socio-sanitarie in grado di ridurre il ricorso all'interruzione della gravidanza e di prevenirlo garantendo il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, ciò attraverso:
a) un'efficace e capillare campagna di sensibilizzazione e di informazione finalizzata a favorire una maternità responsabile;
b) la creazione e il potenziamento di consultori familiari e di strutture socio-sanitarie e percorsi assistenziali e di prevenzione;
c) l'attuazione di ogni utile iniziativa per favorire la diffusione delle conoscenze in questo ambito, garantendo informazioni corrette per accrescere la consapevolezza dei più giovani, anche per quanto concerne l'utilizzo corretto e consapevole dei metodi contraccettivi;
d) una corretta informazione sui contraccettivi, un'attenzione alla salute sessuale e riproduttiva della donna e dell'uomo, cercando di raggiungere le fasce più a rischio (sulla base della condizione sociale e dell'età), con spazi loro dedicati, intercettandole nei loro ambienti (scuole, comunità di immigrati ed altri) e potenziando i consultori e i presidi ospedalieri;
e) vere politiche di aiuto e di sostegno alla procreazione consapevole e alla tutela della maternità, sviluppando al contempo la cultura della prevenzione e di una sessualità responsabile.
(1-00214)
«Mura, Palagiano, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Di Giuseppe».

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo afferma il diritto alla vita di ogni essere umano;
la conferenza dell'Onu svoltasi al Cairo nel 1994 afferma il valore della salute riproduttiva intesa come stato di benessere della persona e della famiglia, come esercizio della libertà e della responsabilità verso la procreazione da parte delle donne e degli uomini. Essa indica la salute riproduttiva come uno dei traguardi da conseguire in ogni parte del mondo attraverso la lotta alla povertà, l'accesso all'istruzione, la realizzazione di servizi sanitari adeguati e la promozione della contraccezione e della tutela sociale della maternità;
l'Organizzazione mondiale della sanità sollecita gli Stati e le nazioni a promuovere servizi sanitari basati sull'universalità di accesso alle prestazioni, dando priorità alle fasce deboli della popolazione, a partire dalle donne e dai bambini;
la risoluzione Onu del 2000 sugli «obiettivi di sviluppo del millennio» afferma il diritto alla salute come diritto umano fondamentale e componente essenziale della crescita economica e sociale e indica la promozione della maternità libera e responsabile e la tutela della salute materno-infantile tra gli otto obiettivi da realizzare entro il 2015;
secondo l'articolo 6 della Convenzione sui diritti dell'infanzia, gli Stati riconoscono che ogni fanciullo ha un diritto inerente alla vita ed assicurano in tutta la misura del possibile la sopravvivenza e lo sviluppo del fanciullo;
l'articolo 1 della legge n. 194 del 1978 afferma che l'interruzione volontaria della gravidanza non è un mezzo di controllo delle nascite e riconosce l'autodeterminazione e la libertà di scelta della donna e della coppia;
la diffusione nel mondo della pratica dell'aborto selettivo a danno prevalentemente delle concepite di sesso femminile sta provocando in alcune aree geografiche un forte squilibrio tra i sessi,

impegna il Governo:

a promuovere la stesura e l'approvazione di una risoluzione delle Nazioni Unite che riconosca la tutela sociale della maternità e la libertà di scelta della donna e della coppia quale indirizzo fondamentale di una politica demografica che sia rispettosa della dignità umana e condanni il ricorso all'aborto quale strumento di controllo delle nascite e, dunque, come politica demografica;
a incrementare le politiche di cooperazione allo sviluppo aventi come obiettivo prioritario la promozione della salute delle donne e dei bambini.
(1-00221)
«Livia Turco, Binetti, Murer, Sbrollini, Bossa, Coscia, Schirru, Velo, Mosella, De Biasi, Motta, Codurelli, Gnecchi, Froner, Madia, Braga, Pes, D'Incecco».

MOZIONI GHIZZONI ED ALTRI N. 1-00204, GARAGNANI, GOISIS, LATTERI ED ALTRI N. 1-00206, ZAZZERA ED ALTRI N. 1-00216 E CAPITANIO SANTOLINI ED ALTRI N. 1-00218 CONCERNENTI MISURE A FAVORE DELLA SCUOLA PUBBLICA

Mozioni

La Camera,
premesso che:
i tagli, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, indiscriminati e insostenibili di risorse e personale per la scuola (pari ad una riduzione di 8 miliardi di euro e di 132.000 docenti e personale ata nell'arco di tre anni), previsti dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (la cosiddetta «manovra d'estate»), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, hanno determinato un grave impoverimento della scuola pubblica, privandola delle risorse indispensabili per lo sviluppo dell'azione didattica, educativa, di istruzione e ricerca e smantellandone punti essenziali di qualità;
le opzioni che le famiglie hanno espresso con le iscrizioni all'anno scolastico 2009-2010 hanno evidenziato il mancato apprezzamento per l'ipotesi del maestro unico nell'ambito di 24 ore, previsto dalla suddetta «manovra d'estate 2008», privilegiando, con percentuali che superano il 90 per cento, l'opzione del modulo a 30 ore ed il tempo pieno nella scuola primaria e il tempo prolungato nella scuola secondaria di primo grado;
il larghissimo movimento composto da studenti, insegnanti, personale della scuola e genitori e da una larga parte degli amministratori locali ha espresso, con numerose e partecipate manifestazioni, una netta contrarietà all'impoverimento e alla dequalificazione della scuola pubblica;
la petizione popolare promossa dal Partito democratico, che è stata sottoscritta da centinaia di migliaia di cittadini in tutto il Paese, richiede un impegno forte del Parlamento per riformare la scuola con l'obiettivo di realizzare:
a) una scuola pubblica, di qualità, più autonoma e radicata nel territorio;
b) una scuola che valorizzi il merito e non lasci indietro nessuno, capace di educare al rispetto e alla responsabilità e di rendere effettivo il diritto all'istruzione, costituzionalmente garantito per tutti e per ciascuno, e il raggiungimento di un diploma o di una qualifica professionale almeno triennale, come garanzia minima della realizzazione dei diritti di cittadinanza e di accesso ai «gradi più alti degli studi»;
c) una scuola più sicura e qualificata per allievi, insegnanti, dirigenti e personale ata, con adeguate risorse finanziarie e di personale, con la stabilizzazione dei rapporti di lavoro e con interventi per la sicurezza, la funzionalità e il decoro delle strutture scolastiche;
inoltre, per i comuni e le popolazioni interessati dagli eventi sismici che hanno colpito la regione Abruzzo il 6 aprile 2009, il Partito democratico ha presentato, nel corso dell'esame del disegno di legge Atto Senato n. 1534 («Conversione in legge del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile»), poi approvato in via definitiva (legge 24 giugno 2009, n. 77), una serie di emendamenti finalizzati a garantire il funzionamento ed il proseguimento dell'attività didattica in Abruzzo e la tutela dei livelli occupazionali nelle scuole abruzzesi,

impegna il Governo:

a dare una risposta alle famiglie in merito alle richieste sul tempo scuola (tempo pieno, modulo a 30 ore, tempo prolungato), sulla scuola dell'infanzia e sulla qualità della didattica ed a porre in essere misure che rafforzino il patto educativo scuola-famiglie;
ad assegnare risorse adeguate alle scuole, per il loro funzionamento e l'offerta formativa;
ad adottare tutte le iniziative necessarie per ridurre in modo considerevole il taglio degli 87.341 docenti e dei 44.500 lavoratori ata precari, a partire dall'anno scolastico corrente 2008-2009;
ad attuare un piano straordinario nazionale per la messa a norma degli edifici scolastici, per il risparmio energetico, per la realizzazione di laboratori e attrezzature didattiche, anche con la riduzione dei vincoli del patto di stabilità, che blocca gli investimenti degli enti locali, e lo snellimento delle procedure amministrative;
ad evitare la chiusura delle piccole scuole - in montagna e nelle isole minori - laddove queste costituiscono presidio pubblico insostituibile per l'educazione dei bambini e per la comunità;
ad adottare, inoltre, iniziative urgenti al fine di modificare in modo sostanziale i provvedimenti che riguardano:
a) i tagli di 8 miliardi di euro e di 132.000 lavoratori della scuola, attuati con la cosiddetta manovra finanziaria estiva del 2008;
b) il piano programmatico e i regolamenti attuativi della predetta manovra finanziaria relativi alla scuola elementare e media, nonché alla chiusura delle scuole;
c) le disposizioni relative al maestro unico, all'orario di 24 ore settimanali e all'abolizione delle compresenze dei docenti nella scuola elementare;
ad adottare iniziative urgenti e interventi diversificati, al fine di garantire la più rapida ripresa delle attività scolastiche nei comuni colpiti dal terremoto in Abruzzo, tenendo conto che i decreti ministeriali emanati in data 17 aprile 2009 dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, onorevole Gelmini, hanno ad oggetto misure di primo intervento ancora, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, largamente insufficienti per dare risposte esaustive e durature alla complessità dei problemi presenti in quei territori duramente colpiti;
a sospendere per la regione Abruzzo, colpita dagli eventi sismici del 6 aprile 2009, le previste riduzioni di organico di personale docente e di personale ata, congelando gli organici per i prossimi tre anni, in modo da facilitare la riorganizzazione dell'intera rete scolastica;
a riconoscere la validità ad ogni effetto di legge dell'anno scolastico per gli studenti e per tutto il personale della scuola, compreso quello a tempo determinato;
ad assumere iniziative volte a riconfermare tutto il personale a tempo determinato anche per il prossimo anno scolastico;
a rendere disponibili quote aggiuntive di permessi, sia per il personale in servizio residente nelle zone colpite dal sisma, che per sostenere eventuali iniziative di volontariato finalizzate all'attività di docenza;
ad intervenire su alcune procedure amministrative in atto che riguardano il personale della scuola, al fine di snellirne al massimo le modalità e di rendere non perentorie le scadenze per coloro che risiedono e/o prestano attività lavorativa nelle zone coinvolte dal sisma;
a garantire, infine, le necessarie forme di flessibilità per i lavoratori attualmente ospitati in strutture lontane dalle sedi di servizio;
a mettere in atto, a seguito di un'approfondita discussione che coinvolga tutte le forze politiche, provvedimenti volti a:
a) garantire per gli studenti il diritto allo studio ed al successo scolastico, finanziando, d'intesa con le regioni e gli enti locali, un piano nazionale straordinario per assicurare borse di studio, libri gratuiti per i dieci anni della scuola dell'obbligo, mense e trasporti, garantire il successo scolastico dei bambini disabili e svantaggiati e la piena integrazione dei bambini immigrati e contrastare la dispersione e l'abbandono scolastico;
b) realizzare un piano straordinario di aggiornamento in servizio dei docenti, partendo dalla scuola media e dal biennio dell'obbligo, con priorità per la matematica, le discipline scientifiche e linguistiche;
c) attivare un sistema di valutazione delle scuole e dei docenti, gestito da una «autorità esterna», riguardante docenti e dirigenti scolastici e relativo al funzionamento delle scuole e ai risultati di apprendimento conseguiti dai ragazzi, in termini di crescita relativa, al fine di individuare e diffondere le migliori esperienze e di incentivarle e di sostenere le situazioni di svantaggio;
d) assegnare un numero certo e stabile di insegnanti e di personale ata (organico funzionale) alle scuole sulla base di criteri oggettivi, in modo da garantire continuità didattica e autonomia, per realizzare un piano dell'offerta formativa di qualità, nel rispetto delle norme nazionali;
e) avviare, d'intesa con le regioni, da subito, sperimentazioni in varie province, come già stabilito dalla legge finanziaria per il 2008 del Governo Prodi, per migliorare l'efficacia e l'efficienza della spesa per l'istruzione, lasciando le risorse risparmiate ai territori e alle scuole che le hanno realizzate, premiando cosi le realtà più virtuose;
f) avanzare una proposta di riforma partecipata della scuola superiore, che valorizzi i saperi tecnici e scientifici, porti a sistema il meglio delle sperimentazioni realizzate nelle scuole superiori e mantenga l'unitarietà del sistema, inclusi gli istituti professionali di Stato, garantendo, inoltre, e rendendo effettivo, secondo la normativa approvata dal Governo Prodi, l'obbligo di istruzione a 16 anni;
g) riconoscere l'apprendimento per tutta la vita come diritto di ogni cittadino, potenziando, a tal fine, il raccordo scuola-università, i centri territoriali per l'educazione degli adulti, la formazione professionale e le università degli adulti e della terza età;
h) stabilizzare dall'anno in corso 50.000 docenti e 10.000 lavoratori ata, in attuazione del piano di assunzioni previsto dalla legge finanziaria per il 2007 del Governo Prodi, prorogare tale piano per altre due annualità e attribuire un'indennità di disoccupazione per due anni (pari al 60 per cento della retribuzione nel primo anno e al 50 per cento nel secondo) ai precari, il cui contratto non possa essere assolutamente rinnovato, che hanno lavorato per almeno 180 giorni nell'anno scolastico 2008-2009.
(1-00204)
«Ghizzoni, Coscia, Soro, Sereni, Bressa, Fioroni, Bachelet, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Nicolais, Pes, Picierno, Rossa, Antonino Russo, Sarubbi, Siragusa, Marco Carra».

La Camera,
premesso che:
i tagli, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, indiscriminati e insostenibili di risorse e personale per la scuola (pari ad una riduzione di 8 miliardi di euro e di 132.000 docenti e personale ata nell'arco di tre anni), previsti dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (la cosiddetta «manovra d'estate»), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, hanno determinato un grave impoverimento della scuola pubblica, privandola delle risorse indispensabili per lo sviluppo dell'azione didattica, educativa, di istruzione e ricerca e smantellandone punti essenziali di qualità;
le opzioni che le famiglie hanno espresso con le iscrizioni all'anno scolastico 2009-2010 hanno evidenziato il mancato apprezzamento per l'ipotesi del maestro unico nell'ambito di 24 ore, previsto dalla suddetta «manovra d'estate 2008», privilegiando, con percentuali che superano il 90 per cento, l'opzione del modulo a 30 ore ed il tempo pieno nella scuola primaria e il tempo prolungato nella scuola secondaria di primo grado;
il larghissimo movimento composto da studenti, insegnanti, personale della scuola e genitori e da una larga parte degli amministratori locali ha espresso, con numerose e partecipate manifestazioni, una netta contrarietà all'impoverimento e alla dequalificazione della scuola pubblica;
la petizione popolare promossa dal Partito democratico, che è stata sottoscritta da centinaia di migliaia di cittadini in tutto il Paese, richiede un impegno forte del Parlamento per riformare la scuola con l'obiettivo di realizzare:
a) una scuola pubblica, di qualità, più autonoma e radicata nel territorio;
b) una scuola che valorizzi il merito e non lasci indietro nessuno, capace di educare al rispetto e alla responsabilità e di rendere effettivo il diritto all'istruzione, costituzionalmente garantito per tutti e per ciascuno, e il raggiungimento di un diploma o di una qualifica professionale almeno triennale, come garanzia minima della realizzazione dei diritti di cittadinanza e di accesso ai «gradi più alti degli studi»;
c) una scuola più sicura e qualificata per allievi, insegnanti, dirigenti e personale ata, con adeguate risorse finanziarie e di personale, con la stabilizzazione dei rapporti di lavoro e con interventi per la sicurezza, la funzionalità e il decoro delle strutture scolastiche;
inoltre, per i comuni e le popolazioni interessati dagli eventi sismici che hanno colpito la regione Abruzzo il 6 aprile 2009, il Partito democratico ha presentato, nel corso dell'esame del disegno di legge Atto Senato n. 1534 («Conversione in legge del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile»), poi approvato in via definitiva (legge 24 giugno 2009, n. 77), una serie di emendamenti finalizzati a garantire il funzionamento ed il proseguimento dell'attività didattica in Abruzzo e la tutela dei livelli occupazionali nelle scuole abruzzesi,

impegna il Governo:

a dare una risposta alle famiglie in merito alle richieste sul tempo scuola (tempo pieno, modulo a 30 ore, tempo prolungato), sulla scuola dell'infanzia e sulla qualità della didattica ed a porre in essere misure che rafforzino il patto educativo scuola-famiglie;
ad assegnare risorse adeguate alle scuole, per il loro funzionamento e l'offerta formativa;
ad adottare tutte le iniziative necessarie per ridurre in modo considerevole il taglio degli 87.341 docenti e dei 44.500 lavoratori ata precari, a partire dall'anno scolastico corrente 2008-2009;
ad attuare un piano straordinario nazionale per la messa a norma degli edifici scolastici;
ad evitare la chiusura delle piccole scuole - in montagna e nelle isole minori - laddove queste costituiscono presidio pubblico insostituibile per l'educazione dei bambini e per la comunità;
ad adottare, inoltre, iniziative urgenti al fine di modificare in modo sostanziale i provvedimenti che riguardano:
a) i tagli di 8 miliardi di euro e di 132.000 lavoratori della scuola, attuati con la cosiddetta manovra finanziaria estiva del 2008;
b) il piano programmatico e i regolamenti attuativi della predetta manovra finanziaria relativi alla scuola elementare e media, nonché alla chiusura delle scuole;
c) le disposizioni relative al maestro unico, all'orario di 24 ore settimanali e all'abolizione delle compresenze dei docenti nella scuola elementare;
ad adottare iniziative urgenti e interventi diversificati, al fine di garantire la più rapida ripresa delle attività scolastiche nei comuni colpiti dal terremoto in Abruzzo, tenendo conto che i decreti ministeriali emanati in data 17 aprile 2009 dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, onorevole Gelmini, hanno ad oggetto misure di primo intervento ancora, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, largamente insufficienti per dare risposte esaustive e durature alla complessità dei problemi presenti in quei territori duramente colpiti;
a sospendere per la regione Abruzzo, colpita dagli eventi sismici del 6 aprile 2009, le previste riduzioni di organico di personale docente e di personale ata, congelando gli organici per i prossimi tre anni, in modo da facilitare la riorganizzazione dell'intera rete scolastica;
a riconoscere la validità ad ogni effetto di legge dell'anno scolastico per gli studenti e per tutto il personale della scuola, compreso quello a tempo determinato;
ad assumere iniziative volte a riconfermare tutto il personale a tempo determinato anche per il prossimo anno scolastico;
a rendere disponibili quote aggiuntive di permessi, sia per il personale in servizio residente nelle zone colpite dal sisma, che per sostenere eventuali iniziative di volontariato finalizzate all'attività di docenza;
ad intervenire su alcune procedure amministrative in atto che riguardano il personale della scuola, al fine di snellirne al massimo le modalità e di rendere non perentorie le scadenze per coloro che risiedono e/o prestano attività lavorativa nelle zone coinvolte dal sisma;
a garantire, infine, le necessarie forme di flessibilità per i lavoratori attualmente ospitati in strutture lontane dalle sedi di servizio;
a mettere in atto, a seguito di un'approfondita discussione che coinvolga tutte le forze politiche, provvedimenti volti a:
a) garantire per gli studenti il diritto allo studio ed al successo scolastico, finanziando, d'intesa con le regioni e gli enti locali, un piano nazionale straordinario per assicurare borse di studio, libri gratuiti per i dieci anni della scuola dell'obbligo, mense e trasporti, garantire il successo scolastico dei bambini disabili e svantaggiati e la piena integrazione dei bambini immigrati e contrastare la dispersione e l'abbandono scolastico;
b) realizzare un piano straordinario di aggiornamento in servizio dei docenti, partendo dalla scuola media e dal biennio dell'obbligo, con priorità per la matematica, le discipline scientifiche e linguistiche;
c) attivare un sistema di valutazione delle scuole e dei docenti, gestito da una «autorità esterna», riguardante docenti e dirigenti scolastici e relativo al funzionamento delle scuole e ai risultati di apprendimento conseguiti dai ragazzi, in termini di crescita relativa, al fine di individuare e diffondere le migliori esperienze e di incentivarle e di sostenere le situazioni di svantaggio;
d) assegnare un numero certo e stabile di insegnanti e di personale ata (organico funzionale) alle scuole sulla base di criteri oggettivi, in modo da garantire continuità didattica e autonomia, per realizzare un piano dell'offerta formativa di qualità, nel rispetto delle norme nazionali;
e) avviare, d'intesa con le regioni, da subito, sperimentazioni in varie province, come già stabilito dalla legge finanziaria per il 2008 del Governo Prodi, per migliorare l'efficacia e l'efficienza della spesa per l'istruzione, lasciando le risorse risparmiate ai territori e alle scuole che le hanno realizzate, premiando cosi le realtà più virtuose;
f) avanzare una proposta di riforma partecipata della scuola superiore, che valorizzi i saperi tecnici e scientifici, porti a sistema il meglio delle sperimentazioni realizzate nelle scuole superiori e mantenga l'unitarietà del sistema, inclusi gli istituti professionali di Stato, garantendo, inoltre, e rendendo effettivo, secondo la normativa approvata dal Governo Prodi, l'obbligo di istruzione a 16 anni;
g) riconoscere l'apprendimento per tutta la vita come diritto di ogni cittadino, potenziando, a tal fine, il raccordo scuola-università, i centri territoriali per l'educazione degli adulti, la formazione professionale e le università degli adulti e della terza età;
h) stabilizzare dall'anno in corso 50.000 docenti e 10.000 lavoratori ata, in attuazione del piano di assunzioni previsto dalla legge finanziaria per il 2007 del Governo Prodi, prorogare tale piano per altre due annualità e attribuire un'indennità di disoccupazione per due anni (pari al 60 per cento della retribuzione nel primo anno e al 50 per cento nel secondo) ai precari, il cui contratto non possa essere assolutamente rinnovato, che hanno lavorato per almeno 180 giorni nell'anno scolastico 2008-2009.
(1-00204)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Ghizzoni, Coscia, Soro, Sereni, Bressa, Fioroni, Bachelet, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Nicolais, Pes, Picierno, Rossa, Antonino Russo, Sarubbi, Siragusa, Marco Carra».

La Camera,
premesso che:
è avvertita l'esigenza di migliorare le prestazioni della scuola e la qualità dei servizi - anche nell'ottica di una riqualificazione della spesa pubblica - di valorizzare il merito e l'impegno del personale docente e di offrire ai giovani percorsi più adeguati e rispondenti anche alle esigenze del mondo del lavoro, realizzando quindi:
a) una scuola di qualità, più autonoma e radicata nel territorio;
b) una scuola che valorizzi il merito, che sia realmente per tutti capace di educare ai valori della cittadinanza e della legalità, capace di rendere effettivo il diritto all'istruzione, garantito dalla nostra Carta costituzionale;
c) il miglioramento della qualità dell'offerta scolastica, anche con riferimento alla qualità delle relative strutture;
è avvertita l'esigenza di offrire alle famiglie più articolazioni orarie e un modello di insegnamento più funzionale all'innalzamento degli obiettivi di apprendimento, in particolare nella scuola primaria;
la situazione determinatasi nella provincia dell'Aquila, a seguito dei recenti eventi sismici, richiede interventi volti a garantire il regolare svolgimento delle attività educative e scolastiche,

impegna il Governo:

preso atto delle risposte positive che si è già riusciti a garantire alle famiglie in merito alle richieste del tempo scuola, a porre in essere misure ulteriori che rafforzino il patto educativo scuola-famiglia;
a dar conto delle iniziative avviate per rendere sicuri gli edifici scolastici;
ad assumere tutte le iniziative necessarie per consentire nelle zone della regione Abruzzo, colpite dagli eventi sismici, la regolare chiusura del corrente anno scolastico e il regolare avvio del prossimo;
a continuare a garantire per gli studenti il diritto allo studio ed al successo scolastico, anche d'intesa con le regioni e gli enti locali, così come il pieno diritto all'istruzione degli allievi diversamente abili, il contrasto alla dispersione e all'abbandono scolastico e l'integrazione degli immigrati;
a valorizzare la formazione del personale della scuola e a sviluppare il sistema di formazione in servizio del personale medesimo;
a valorizzare l'autonomia degli istituti scolastici statali, anche mediante l'attribuzione di risorse finanziarie determinate sulla base di criteri generali e trasparenti, in un'ottica di sostegno alla qualità dell'azione didattica e di riqualificazione della spesa pubblica;
a introdurre e potenziare metodi di valutazione oggettiva degli studenti, degli insegnanti e delle scuole;
a completare la riforma della scuola in itinere, con scelte partecipate attinenti alla governance, al ruolo del dirigente scolastico e allo status dei docenti;
a rendere note le iniziative che si intendono adottare in favore del personale precario della scuola.
(1-00206)
«Garagnani, Goisis, Latteri, Aprea, Granata, Frassinetti, Rampelli, Baldelli».

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha fortemente penalizzato la scuola pubblica, prevedendo tagli indiscriminati di risorse e di personale (riduzione di 8 miliardi di euro e di 132.000 docenti e personale ata in tre anni);
ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, la scuola pubblica viene smantellata dalla riforma scolastica, a vantaggio della scuola privata, che, invece, riceverà sostegni economici;
l'articolo 33 della Costituzione sul diritto allo studio afferma che la Repubblica istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi, enti e privati possono istituire scuole senza oneri a carico dello Stato, assicurando a chi le istituisce e a chi le frequenta pari opportunità;
la scuola pubblica va riformata nel senso della valorizzazione del merito, dell'efficienza, dell'innovazione e della modernità. È necessaria una scuola pubblica che funzioni, dove siano davvero efficaci gli organi di controllo della gestione dei fondi pubblici ad essa destinati;
l'autonomia scolastica, tra le riforme, è un obiettivo da raggiungere, ma deve essere intesa come autonomia di azione e pensiero della scuola, piuttosto che come esclusiva autonomia finanziaria;
il Governo è rimasto, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, insensibile di fronte alle numerose manifestazioni spontanee indette da studenti, docenti e famiglie, dimostrando scarsa attenzione nei riguardi di un settore cardine, che, attraverso l'istruzione delle nuove generazioni, serve alla formazione culturale di un Paese;
con i provvedimenti in materia scolastica, il Governo ha messo in discussione il funzionamento stesso di una scuola pubblica efficiente e qualificante. Ad esempio, con la drastica riduzione delle ore di studio del diritto e dell'economia negli istituti tecnici e nei licei, si procura un grave danno agli studenti, i quali, peraltro, troveranno maggiori difficoltà nell'affrontare il percorso universitario;
la riduzione del numero degli istituti convittuali e semiconvittuali rappresenta un disagio per le famiglie;
il nuovo regolamento introdotto dal ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per la gestione delle graduatorie ad esaurimento è particolarmente critico per gli insegnanti precari, in quanto il decreto ministeriale n. 42 del 2009 prevede l'inserimento in fine alla graduatoria, per coloro che scelgano tre province ex novo, in aggiunta a quella precedentemente individuata. Conseguentemente, molti docenti precari hanno presentato ricorso, mentre tanti altri, non potendo affrontare le spese processuali, continuano a sperare in un ripensamento del Governo. Altri ancora hanno presentato ricorso mediante sindacato Anief, accolto dal tribunale amministrativo regionale del Lazio il 5 giugno 2009. La richiesta di sospensiva del decreto ministeriale n. 42 del 2009, avanzata dal sindacato ha fatto emergere l'incoerenza del provvedimento e, ad avviso del tribunale amministrativo regionale del Lazio, la disponibilità espressa dai docenti ad insegnare in altra provincia, oltre quella già indicata, non inciderebbe sul merito e, pertanto, sui punteggi già acquisiti;
il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha introdotto la figura del maestro unico e il modulo delle 24 ore per la frequenza scolastica, nonostante le contestazioni di genitori e docenti. Il monitoraggio sulle iscrizioni scolastiche ha rilevato come la nuova organizzazione del Governo sia stata una scelta fallimentare. Il boom delle richieste del tempo pieno è stato eclatante e il Governo non soltanto non ha saputo rispondere alle reali esigenze delle famiglie, ma ha anche dimostrato di non poter attuare il nuovo assetto scolastico, a causa dell'insufficienza del personale docente (ridotto sensibilmente dallo stesso Governo) e delle gravi carenze strutturali;
l'articolo 3 della Costituzione sancisce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, perciò il principio della scuola deve essere l'inclusività, attraverso l'integrazione, la multiculturalità e la complessità. In Italia, invece, si rivede il sistema di accesso degli studenti stranieri alla scuola di ogni ordine e grado, prevedendo il loro accesso solo previo superamento di test e prove specifiche di valutazione con l'istituzione di classi ponte per gli stranieri;
il sistema scolastico voluto dal Governo, con l'aumento del numero di alunni per classe e la contestuale diminuzione del personale docente, rende inattuabile il modello della scuola inclusiva. Tale progetto di integrazione, infatti, è irrealizzabile in un sistema ove al maestro unico è affidata la gestione di un numero crescente di alunni. Al contrario, solo attraverso docenti preparati e continuamente aggiornati, è possibile garantire una didattica capace di rispondere ai bisogni di ogni singolo alunno, comprendere le problematiche connesse alla loro crescita e condividere il progetto formativo con i familiari;
mentre il Governo italiano ridefinisce il sistema scolastico sulla base del criterio della riduzione dei costi per il bilancio statale, riduce sensibilmente il personale scolastico, impedisce l'accesso alla professione con la sospensione del ciclo di specializzazione per gli insegnanti di scuola secondaria (ssis) e blocca le graduatorie scolastiche, l'amministrazione americana punta a motivare gli insegnanti con piani di avanzamento di carriera legati al successo ottenuto nelle classi, incrementando il numero degli insegnanti (circa 100.000 docenti in più), ritenendo la conoscenza un valore fondamentale per trovare un'occupazione e per creare nuovi posti di lavoro: per questo nel «piano anticrisi» degli Usa (da 800 miliardi di dollari) si sostengono la scuola, la ricerca e l'università;
quello americano non è certamente l'unico modello scolastico al quale guardare. Basti pensare alla realtà finlandese, che vanta un tasso di alfabetizzazione tra i più alti al mondo e una dispersione scolastica quasi nulla. In Finlandia la professione docente è altamente prestigiosa e l'insegnante gode di ampia considerazione e sostegno. Essendo un Paese con poche risorse, la Finlandia punta molto su quelle umane, ponendo una particolare attenzione agli studenti con difficoltà di apprendimento. Sono gli stessi insegnanti a dedicare loro particolare supporto, potendo usufruire anche del contributo di esperti psicologi della scuola. La Finlandia, in sostanza, fa del principio di integrazione un motivo di progresso sociale;
le nuove norme sui tagli alla scuola voluti dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sono state dichiarate parzialmente illegittime dai giudici della Corte costituzionale, perché in violazione dell'articolo 117 della Costituzione;
la sentenza n. 200 della Corte costituzionale del 24 giugno 2009, in particolare, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di due parti del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133: l'utilizzo del regolamento per definire «criteri, tempi e modalità per la determinazione e l'articolazione dell'azione di ridimensionamento della rete scolastica» (articolo 64, comma 4, lettera f-bis) e l'attribuzione anche allo Stato della possibilità di «prevedere specifiche misure finalizzate alla riduzione del disagio degli utenti» per la chiusura o accorpamento degli istituti scolastici nei piccoli comuni (articolo 64, comma 4, lettera f-ter);
l'aumento del numero degli studenti per classe, inoltre, non appare una scelta responsabile, se si considera che oltre il 42 per cento degli edifici scolastici non è agibile. Il Governo ha stanziato 300 milioni per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, dopo il disastro avvenuto in Abruzzo, in ogni caso insufficienti, soprattutto se paragonati ai 14 miliardi richiesti dal responsabile della protezione civile, dottor Bertolaso. Le scuole continuano ad essere insicure, mentre l'incremento del numero di alunni per classe aggrava i rischi per l'incolumità degli alunni medesimi;
la scuola non può essere considerata un contenitore per collocare personale a spese della collettività e senza una seria programmazione, tuttavia, è inaccettabile che dalla scuola venga fuori una classe di docenti senza alcuna possibilità di pianificazione del futuro in un modello di precarizzazione costante. La scuola pubblica efficiente deve programmare il personale docente, il suo ricambio e la sua formazione;
è in fase di discussione, sia parlamentare che all'interno delle organizzazioni sindacali e di rappresentanza della scuola, la riforma della scuola pubblica in senso autonomo. Pur rilevando la necessità di riformare le istituzioni scolastiche, la trasformazione dei consigli di istituto in consigli di amministrazione, delle scuole in fondazioni e l'assunzione diretta dei docenti su chiamata dei dirigenti apre la strada ad una autonomia, di fatto, finanziaria e gestionale, che mette in discussione l'assetto costituzionale della scuola pubblica,

impegna il Governo:

a garantire il rispetto dei principi sanciti dagli articoli 3, 33 e 34 della Costituzione italiana;
a investire risorse economiche e umane nella scuola pubblica;
ad assicurare la formazione continua dei docenti e a raggiungere un sistema scolastico non come luogo di rigore di giudizio, ma come momento di aggregazione e di crescita culturale dei giovani;
a garantire la partecipazione attiva degli studenti in progetti didattici che siano anche da stimolo per un costruttivo confronto interculturale;
ad assicurare la scuola inclusiva, in cui la preparazione degli insegnanti sia tale da poter rispondere efficacemente ai bisogni di ogni singolo alunno, comprendere le problematiche connesse alla crescita degli studenti e condividere il progetto formativo con i familiari;
a rispondere alle reali esigenze delle famiglie sulle ore di frequenza scolastica;
ad assumere iniziative urgenti per ridurre i tagli degli 87.341 docenti e dei 44.500 lavoratori ata precari;
ad assumere iniziative per garantire la messa in sicurezza degli edifici scolastici;
ad assumere iniziative concrete finalizzate a garantire la condizione lavorativa dei precari nella scuola;
a incrementare le risorse da destinare al settore dell'istruzione, avvicinando l'Italia agli standard dell'Unione europea.
(1-00216)
«Zazzera, Di Giuseppe, Donadi, Evangelisti, Borghesi».

La Camera,
premesso che:
la scuola pubblica italiana vive da tempo una situazione di grandissima difficoltà finanziaria e gestionale, evidenziata dall'impossibilità di molti istituti scolastici di far fronte alle spese ordinarie;
i numerosi tagli apportati dal Governo alla scuola previsti dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, fanno emergere un quadro davvero preoccupante della scuola pubblica, la quale viene in tal modo impoverita in termini di qualità e formazione;
i dati parlano, infatti, di una limitazione di risorse e di personale pari a circa 8 miliardi di euro e di circa 134.000 docenti e personale ata in tre anni;
la legge finanziaria per il 2009 ha, poi, ridotto di ben 50 milioni di euro il fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche;
durante l'anno scolastico 2008-2009 numerosi istituti hanno denunciato mancanza di risorse per pagare le supplenze, le utenze, le visite fiscali e l'organizzazione dei corsi di recupero pomeridiani, con la conseguenza che gli alunni sono stati costretti a rimanere senza docente per molte ore, creando in tal modo discontinuità didattica;
il piano di «razionalizzazione» che investe e stravolge la scuola pubblica determina per gli alunni, in particolare quelli della scuola dell'infanzia e della scuola primaria, la perdita di un'opportunità irripetibile, quella, cioè, di poter ricevere, secondo i propri bisogni, gli adeguati stimoli per crescere in modo armonico e globale in una fase evolutiva in cui la capacità di apprendimento del bambino è particolarmente significativa;
la circolare interministeriale 2 aprile 2009, n. 38, sulle dotazioni organiche del personale docente per l'anno scolastico 2009-2010 ha quantificato in 42.100 posti le riduzioni da operare a partire dal prossimo anno scolastico;
per raggiungere tale risultato si prevede una prima riduzione di 37.100 posti in organico di diritto e una successiva riduzione di 5.000 posti in organico di fatto nel mese di settembre 2009;

le iscrizioni all'anno scolastico 2009-2010 hanno evidenziato una preferenza delle famiglie per il tempo pieno con due docenti, bocciando le scelte del Governo di calcolare gli organici sulle 24 ore settimanali;
infatti, dai dati del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca risulta che solo il 3 per cento delle famiglie, che hanno iscritto i propri figli alla prima classe della scuola primaria, ha scelto l'orario settimanale di 24 ore, solo il 7 per cento ha scelto l'orario di 27 ore, il 56 per cento ha scelto l'orario con i moduli a 30 ore e il 34 per cento ha scelto il tempo pieno con l'orario di 40 ore;
inoltre le scuole paritarie, secondo quanto sancito dalla legge n. 62 del 2000, sono scuole che a tutti gli effetti sono inserite nel sistema scolastico italiano e che, quindi, erogano un servizio pubblico;
in base a quanto sopra e in base alla Costituzione italiana (articolo 33), gli studenti che le frequentano hanno diritto ad «un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali»;
a nove anni dall'introduzione della legge n. 62 del 2000, la sua applicazione effettiva risulta ancora disattesa, con il rischio di essere vanificata non solo dalla crisi economica in atto, ma anche da scelte governative non sempre lungimiranti;
sarebbe opportuno garantire in tempi certi i finanziamenti per le scuole paritarie e il ripristino delle risorse ad esse sottratte dalla manovra economica e solo in parte rimborsate;
la scuola in generale, statale e non statale, deve essere l'ultimo settore a cui una società toglie le proprie risorse;
concetti quali autonomia, libertà di scelta educativa delle famiglie, qualità dell'insegnamento e sussidiarietà sono principi sanciti dalla Costituzione e in uno Stato democratico libero ed efficiente devono essere garantiti e promossi,

impegna il Governo:

a prendere le misure necessarie ad assicurare alla scuola le risorse adeguate per il suo funzionamento e per la qualità dell'offerta formativa;
ad adottare le iniziative necessarie per limitare i tagli di docenti e lavoratori ata precari previsti dalla legge finanziaria per il 2009;
ad evitare la chiusura delle scuole nelle comunità montane e nelle isole minori, al fine di non pregiudicare il diritto all'istruzione di molti bambini;
ad incrementare la messa in sicurezza negli edifici scolastici, visto che da alcuni rapporti, come quello di Legambiente, il 42 per cento degli edifici scolastici non sarebbe a norma;
ad adottare iniziative che modifichino i provvedimenti riguardanti i tagli previsti dalla manovra finanziaria del 2008 e le disposizioni che riguardano l'orario di 24 ore settimanali;
a dar vita ad un sistema scolastico capace di valorizzare ed armonizzare tute le esperienze scolastiche di un territorio, facendole convergere in un unico sistema pubblico, così come previsto dalla legge n. 62 del 2000;
in sede di attuazione della riforma del federalismo fiscale per quanto concerne la materia scolastica, a favorire in modo strutturale la libertà di scelta educativa delle famiglie.
(1-00218)
«Capitanio Santolini, Volontè, Buttiglione, Vietti, Ciocchetti».

La Camera,
premesso che:
la scuola pubblica italiana vive da tempo una situazione di grandissima difficoltà finanziaria e gestionale, evidenziata dall'impossibilità di molti istituti scolastici di far fronte alle spese ordinarie;

i numerosi tagli apportati dal Governo alla scuola previsti dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, fanno emergere un quadro davvero preoccupante della scuola pubblica, la quale viene in tal modo impoverita in termini di qualità e formazione;
i dati parlano, infatti, di una limitazione di risorse e di personale pari a circa 8 miliardi di euro e di circa 134.000 docenti e personale ata in tre anni;
la legge finanziaria per il 2009 ha, poi, ridotto di ben 50 milioni di euro il fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche;
durante l'anno scolastico 2008-2009 numerosi istituti hanno denunciato mancanza di risorse per pagare le supplenze, le utenze, le visite fiscali e l'organizzazione dei corsi di recupero pomeridiani, con la conseguenza che gli alunni sono stati costretti a rimanere senza docente per molte ore, creando in tal modo discontinuità didattica;
il piano di «razionalizzazione» che investe e stravolge la scuola pubblica determina per gli alunni, in particolare quelli della scuola dell'infanzia e della scuola primaria, la perdita di un'opportunità irripetibile, quella, cioè, di poter ricevere, secondo i propri bisogni, gli adeguati stimoli per crescere in modo armonico e globale in una fase evolutiva in cui la capacità di apprendimento del bambino è particolarmente significativa;
la circolare interministeriale 2 aprile 2009, n. 38, sulle dotazioni organiche del personale docente per l'anno scolastico 2009-2010 ha quantificato in 42.100 posti le riduzioni da operare a partire dal prossimo anno scolastico;
per raggiungere tale risultato si prevede una prima riduzione di 37.100 posti in organico di diritto e una successiva riduzione di 5.000 posti in organico di fatto nel mese di settembre 2009;
le iscrizioni all'anno scolastico 2009-2010 hanno evidenziato una preferenza delle famiglie per il tempo pieno con due docenti, bocciando le scelte del Governo di calcolare gli organici sulle 24 ore settimanali;
infatti, dai dati del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca risulta che solo il 3 per cento delle famiglie, che hanno iscritto i propri figli alla prima classe della scuola primaria, ha scelto l'orario settimanale di 24 ore, solo il 7 per cento ha scelto l'orario di 27 ore, il 56 per cento ha scelto l'orario con i moduli a 30 ore e il 34 per cento ha scelto il tempo pieno con l'orario di 40 ore;
inoltre le scuole paritarie, secondo quanto sancito dalla legge n. 62 del 2000, sono scuole che a tutti gli effetti sono inserite nel sistema scolastico italiano e che, quindi, erogano un servizio pubblico;
in base a quanto sopra e in base alla Costituzione italiana (articolo 33), gli studenti che le frequentano hanno diritto ad «un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali»;
a nove anni dall'introduzione della legge n. 62 del 2000, la sua applicazione effettiva risulta ancora disattesa, con il rischio di essere vanificata non solo dalla crisi economica in atto, ma anche da scelte governative non sempre lungimiranti;
sarebbe opportuno garantire in tempi certi i finanziamenti per le scuole paritarie e il ripristino delle risorse ad esse sottratte dalla manovra economica e solo in parte rimborsate;
la scuola in generale, statale e non statale, deve essere l'ultimo settore a cui una società toglie le proprie risorse;
concetti quali autonomia, libertà di scelta educativa delle famiglie, qualità dell'insegnamento e sussidiarietà sono principi sanciti dalla Costituzione e in uno Stato democratico libero ed efficiente devono essere garantiti e promossi,

impegna il Governo:

a prendere le misure necessarie ad assicurare alla scuola le risorse adeguate per il suo funzionamento e per la qualità dell'offerta formativa;
ad adottare le iniziative necessarie per limitare i tagli di docenti e lavoratori ata precari previsti dalla legge finanziaria per il 2009;
ad evitare la chiusura delle scuole nelle comunità montane e nelle isole minori, al fine di non pregiudicare il diritto all'istruzione di molti bambini;
ad incrementare la messa in sicurezza negli edifici scolastici, visto che da alcuni rapporti, come quello di Legambiente, il 42 per cento degli edifici scolastici non sarebbe a norma;
ad adottare iniziative che modifichino i provvedimenti riguardanti i tagli previsti dalla manovra finanziaria del 2008 e le disposizioni che riguardano l'orario di 24 ore settimanali;
a dar vita ad un sistema scolastico capace di valorizzare ed armonizzare tute le esperienze scolastiche di un territorio, facendole convergere in un unico sistema pubblico, così come previsto dalla legge n. 62 del 2000;
a favorire in modo strutturale la libertà di scelta educativa delle famiglie.
(1-00218)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Capitanio Santolini, Volontè, Buttiglione, Vietti, Ciocchetti».

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Contenuti del Piano delle opere prioritarie 2009 - n. 3-00596

VALDUCCI, BALDELLI, TESTONI, LANDOLFI, ANTONINO FOTI, TRAVERSA e TOTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il Cipe, con delibera adottata nella seduta del 26 giugno 2009, ha definito il piano delle opere prioritarie 2009, finanziato anche dal fondo infrastrutture per un importo di 7.596 milioni di euro, e ha proceduto all'approvazione di alcune delibere di assegnazione dei fondi;
è imminente la presentazione del documento di programmazione economico-finanziaria e dell'allegato relativo alle infrastrutture strategiche;
la politica di realizzazione delle infrastrutture rappresenta un elemento essenziale, sia per favorire nel breve termine la ripresa dell'economia nazionale, sia per porre le condizioni, nel medio e lungo termine, di un incremento delle potenzialità di crescita del Paese -:
quali siano le opere cantierabili entro il 31 dicembre 2009, a quanto ammontino i finanziamenti che saranno destinati a ciascuna di esse e quali siano i tempi presumibili per la loro realizzazione. (3-00596)

Iniziative per garantire un adeguato servizio di trasporto aereo, anche alla luce dei recenti disservizi riscontrati in relazione all'attività della compagnia aerea Cai-Alitalia - n. 3-00597

OCCHIUTO, VIETTI, COMPAGNON, DRAGO, CICCANTI, VOLONTÈ, NARO, GALLETTI e LIBÈ. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
ammonterebbero a oltre tre miliardi e mezzo i costi del salvataggio della ex compagnia di bandiera Alitalia, cui andrebbero aggiunti quelli riguardanti la cassa integrazione e le conseguenze di un monopolio che, di fatto, permane;
parlando a margine dell'assembla annuale della Consob a Milano, l'amministratore delegato di Alitalia, Roberto Colaninno, a chi gli chiedeva se ci sarà una fusione tra la sua compagnia e Air One ha affermato che «è troppo presto per dirlo», anche se il settimanale L'Espresso della scorsa settimana cita un comunicato dell'amministratore delegato della Cai, Sabelli, in cui viene dato l'addio definitivo al progetto di fusione con una mail ai manager;
nella citata mail Sabelli scrive che: «È stato definito l'assetto strutturale con cinque operatori aerei a presidio dei rispettivi asset e segmenti di attività: Alitalia focalizzata sul mercato intercontinentale e sul mercato di breve/medio raggio; Air One orientata a integrare l'operatività sul mercato breve/medio raggio; Cai 2 (Volare) volta ad integrare l'attività di Alitalia ed Air One; Cai 1 (Alitalia express) e City liner dedicate ad attività di tipo regionale. Le flotte ed i rispettivi equipaggi verranno progressivamente allineati a questo assetto in un arco temporale di 4-5 mesi»;
intanto, crescono i disagi segnalati dagli utenti, con voli cancellati per guasti o per altri ingiustificati motivi, equipaggi in cronico ritardo, bagagli perduti o lasciati in partenza perché non imbarcabili su aerei troppo piccoli, servizi scadenti, magazzini senza scorte e riparazioni rinviate;
l'elenco dei casi di inefficienze segnalati da L'Espresso sono numerosi: si va dal portello in alluminio del pannello carburante da fissare con nastro adesivo ad ogni rifornimento, ai monitor guasti per vedere i film anche in prima classe, dai servizi igienici inutilizzabili anche su lunghe tratte, ai compattatori dei rifiuti fuori uso, dai refrigeratori per i pasti in panne alle telecamere di sorveglianza antiterrorismo fuori uso, così come le apparecchiature ausiliarie per fornire energia;
si parla anche di certificati di aeronavigabilità scaduti che dovrebbero tenere a terra gli aerei per la revisione, mentre con i vecchi manuali Alitalia anche una toilette guasta avrebbe impedito il decollo e costretto alla sostituzione dell'aereo;
le manutenzioni degli aerei, secondo il settimanale, sono fatte in Turchia, Israele e Singapore, mentre quasi duemila tecnici italiani, tra società primarie ed indotto, rischiano di perdere il lavoro causando l'azzeramento delle manutenzioni in Italia: come chiedeva Air France, la cui offerta fu poi fatta naufragare dal Governo;
la pubblicazione delle statistiche relative a puntualità, cancellazione dei voli e smarrimento dei bagagli da parte dell'Associazione delle compagnie aeree europee (Aea), per quanto riguarda il periodo novembre 2008 - marzo 2009, conferma quanto evidenziato dall'articolo citato;
tutto questo non poteva non avere delle conseguenze: ed infatti, secondo il Corriere economia di lunedì 15 giugno 2009, Alitalia avrebbe avuto nei primi cinque mesi del 2009 una perdita secca di 2,7 milioni di passeggeri, nonostante il monopolio esistente sulla rotta Milano-Roma, quella che raccoglie più passeggeri in Europa;
dal momento che le tariffe praticate dalla compagnia sono superiori a quelle delle compagnie low cost, sempre secondo il Corriere economia, Alitalia penserebbe ad una nuova politica di prezzi, ma, data la struttura dei suoi costi e la sua organizzazione logistica, difficilmente potrebbe ottenere ricavi se solo provasse a vendere i biglietti allo stesso prezzo delle vere compagnie low cost;
se il «piano Fenice» prevedeva di trasportare 28 milioni di passeggeri nel 2009 (giunti quasi a metà 2009 non si è arrivati neanche a un terzo) per contenere le perdite a 200 milioni di euro (preventivando prezzi dei biglietti più alti di quelli attuali, così come quelli del carburante), ci si chiede quali saranno le conseguenze per gli utenti di questo squilibrio finanziario sempre più accentuato;
la nuova compagnia nei proclami del Governo doveva essere lo strumento per incentivare la ripresa nel settore del turismo, ma la strategia della ricerca di una posizione di rendita sul mercato domestico è fallita, in quanto i passeggeri hanno «tradito» le attese, un po' per la crisi economica, un po' perché hanno trovato più conveniente viaggiare con la Freccia rossa di Trenitalia o con compagnie low cost;
sembrerebbe che la decisione di salvare Alitalia non abbia più sostenitori, stando alle dichiarazioni di esponenti della maggioranza di Governo che hanno persino invitato le centinaia di viaggiatori, costretti nelle ultime settimane a fare i conti con voli cancellati e consistenti ritardi per voli in partenza dall'aeroporto di Torino Caselle, a fare causa all'Alitalia, dimenticando di aver avallato politicamente tale scelta;
l'ingente esborso di denaro pubblico avrebbe potuto avere una destinazione più proficua (ad esempio, il quoziente familiare), senza contare la perdurante chiusura del mercato del servizio di trasporto aereo e i disservizi recati alla clientela, che si sta orientando verso altre compagnie che forniscono migliori servizi a costi inferiori, non curandosi della difesa dell'italianità -:
che cosa il Governo intenda fare per garantire ai passeggeri italiani la possibilità di volare con puntualità a costi ragionevoli e con servizi in linea con gli standard delle altre compagnie europee. (3-00597)

Iniziative del Governo in merito all'emergenza rifiuti a Palermo - n. 3-00598

D'ANTONI, SERENI, BRESSA, QUARTIANI, GIACHETTI, BERRETTA, BURTONE, CAPODICASA, CARDINALE, ENZO CARRA, CAUSI, GENOVESE, LEVI, PIERDOMENICO MARTINO, ANTONINO RUSSO, SAMPERI e SIRAGUSA. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
nella Gazzetta ufficiale del 3 luglio 2009 è stata pubblicata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi n. 3786, che per il comune di Palermo dispone «in deroga all'articolo 77-bis, comma 30, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133, a deliberare, entro il 30 settembre 2009, la variazione dell'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche»;
tale ordinanza, che permette specificatamente ed esclusivamente all'amministrazione palermitana di centrodestra di aumentare le addizionali irpef, è ritagliata, ad avviso degli interroganti, sulle necessità del sindaco Diego Cammarata, che intende ripianare in questo modo e, dunque, a spese dei cittadini, i debiti dell'Amia, azienda partecipata che si occupa della gestione dei rifiuti;
secondo indiscrezioni sempre più pressanti e verosimili, il sindaco di Palermo intende addirittura raddoppiare l'addizionale in questione, portandola dall'attuale 0,4 per cento allo 0,8 per cento;
se si intendessero raddrizzare le storture che hanno portato all'attuale debito dell'Amia e alla conseguente emergenza rifiuti di Palermo, ad avviso degli interroganti, si dovrebbero compiere ben altre azioni: rinunciare alle assunzioni clientelari, razionalizzare gli uffici, implementare sistemi di controllo che certifichino la produttività e l'efficienza, congedare definitivamente la classe dirigente che ha permesso un tale dissesto;
il semplice «fare cassa» non modifica le cause strutturali che stanno dietro alle ingenti perdite delle aziende comunali. Ad avviso degli interroganti, se questo «fare cassa» si traduce, come nel caso specifico, in quello che appare uno scippo ai danni dei più deboli, allora si rende solo evidente l'assenza di un'amministrazione, la quale, inoltre, appare tecnicamente e politicamente inadeguata ad affrontare la questione;
in campagna elettorale, il Presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, ha proclamato più volte l'intenzione di non aumentare in alcun modo la pressione fiscale sugli italiani -:
se il Governo intenda proseguire su questa linea, che incentiva, ad avviso degli interroganti, la mala amministrazione e scarica tutti i costi e tutti i sacrifici sulle fasce sociali più deboli o se, invece, sul caso concreto intenda assumere iniziative tali da incidere sulle cause reali e strutturali alla base dell'attuale crisi dei rifiuti a Palermo. (3-00598)

Ricadute scientifiche, tecnologiche e industriali conseguenti alla recente decisione di riavviare il programma di costruzioni di centrali nucleari in Italia - n. 3-00599

LA MALFA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Parlamento ha approvato nei giorni scorsi la decisione di riavviare Italia un programma di costruzioni di centrali nucleari;
è inevitabile, dopo la forzata interruzione della costruzione di impianti nucleari in Italia, stringere un patto di collaborazione con dei costruttori stranieri che forniscano la migliore tecnologia ad oggi disponibile;
è, comunque, indispensabile nell'interesse dello sviluppo tecnologico del nostro Paese che, parallelamente alla costruzione di nuovi impianti, vi sia anche l'acquisizione e l'interiorizzazione di tecnologia nucleare da parte di imprese italiane;
è stato annunciato nei mesi scorsi un accordo fra il Governo francese e il Governo italiano -:
se e quali società italiane siano state o saranno chiamate a partecipare all'iniziativa e quali siano le prevedibili ricadute scientifiche, tecnologiche e industriali per il nostro sistema economico. (3-00599)

Iniziative di competenza del ministro dell'economia e delle finanze in merito ad irregolarità compiute dalla società pubblica di riscossione Equitalia - n. 3-00600

PISICCHIO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il sistema della riscossione delle imposte locali, tributi che complessivamente si aggirano intorno ai 20 miliardi di euro annui, poggia in misura preponderante sulla società a capitale pubblico Equitalia, alle cui competenze sono affidati 4637 comuni, con una popolazione complessiva di 30 milioni di cittadini;
tale società, che è stata più volte al centro di controverse vicende, chiamata in causa dalle associazioni dei consumatori per gli innumerevoli episodi legati alle cosiddette «cartelle pazze», vale a dire cartelle esattoriali emanate per crediti inesistenti e procedure di pignoramento illegittime, esprime la sua attività d'istituto in una condizione alquanto paradossale;
la società pubblica, infatti, da un lato fa registrare, rispetto all'immenso ammontare dei crediti non esatti, circa 200 miliardi di euro nel periodo 2000/2007, una percentuale di recupero delle imposte pari soltanto al 4 per cento del valore dell'evaso, dall'altro continua ad esercitare la sua missione di recupero crediti facendo registrare gravi e non infrequenti episodi di negligenza;
gli errori di Equitalia, che si traducono, ad avviso dell'interrogante, in vere e proprie vessazioni di gabellieri medievali nei confronti dei cittadini-consumatori, hanno anche recentemente interessato la Corte dei conti, che, con sentenza n. 28 del 2009, ha condannato la società al pagamento di 1.465.384 euro con rivalutazione ed interessi, a motivo di interventi di esazione non dovuti;
le stime dei contribuenti parlano di 9,8 miliardi di euro (per quasi cinquanta milioni di cartelle esattoriali illegittime) non dovuti pagati in dieci anni da cittadini ignari o disposti ad accettare una vessazione pecuniaria di entità limitata, pur di non imbarcarsi in un'odissea giudiziaria per veder riconosciuto il diritto a non pagare nuovamente la multa già pagata, in molti casi accettando consapevolmente la vessazione per evitare il pignoramento del veicolo -:
quali tempestivi e risolutivi interventi, compresa una procedura formale di verifica, il Ministro interrogato intenda adottare per far cessare una situazione che all'interrogante appare di inaccettabile vessazione nei confronti dei cittadini da parte di una società pubblica, la cui missione, invece, sarebbe quella di recuperare le risorse ingenti sottratte all'erario e, quindi, tali da ridurre drasticamente il nostro debito pubblico. (3-00600)

Chiarimenti in merito agli incidenti verificatisi nel corso della manifestazione svoltasi a Vicenza il 4 luglio 2009 e misure per prevenire in futuro il ripetersi di tali incidenti - n. 3-00601

COTA, LUCIANO DUSSIN, DAL LAGO, REGUZZONI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DESIDERATI, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOGLIATO, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIBELLI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, LUSSANA, MACCANTI, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MONTAGNOLI, MUNERATO, NEGRO, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 4 luglio 2009, in coincidenza con la festa nazionale degli Stati Uniti ed in vista del vertice del G8 che avrebbe avuto luogo nella settimana successiva, è stata indetta a Vicenza una manifestazione per protestare contro i lavori di ampliamento del locale aeroporto Dal Molin, parte di un progetto di potenziamento della presenza militare americana nella città di Vicenza;
per la prima volta, dal comando statunitense, al fine di scongiurare i pericoli derivanti dalla presenza di eventuali facinorosi, è stata negata alla cittadinanza la possibilità di visitare la base americana Ederle, solitamente aperta in occasione della festa nazionale statunitense;
durante la suddetta manifestazione, alla quale hanno preso parte anche persone a volto coperto, alcune delle quali con caschi, si sono registrati momenti di forte tensione e scontri, con lanci di sassi e fumogeni da parte dei manifestanti contro la polizia;
la manifestazione è soltanto l'ultima di una serie che ha interessato la città di Vicenza negli ultimi anni, generando un significativo allarme sociale per le possibili conseguenze sull'ordine pubblico;
l'amministrazione comunale di Vicenza ha spesso assunto, ad avviso degli interroganti, un atteggiamento ambiguo verso queste manifestazioni (a cui talora hanno partecipato esponenti della stessa amministrazione comunale), a dispetto dei rischi e dei disagi che esse inevitabilmente comportano, e tuttora continua a fare pressioni, in sintonia con i comitati «No Dal Molin», affinché l'ampliamento della base statunitense non avvenga, nonostante che i lavori siano già iniziati -:
quali siano le informazioni di cui disponga il Governo in merito ai fatti citati nella premessa a riguardo della manifestazione svoltasi a Vicenza il 4 luglio 2009, nonché quali misure intenda adottare per prevenire in futuro il ripetersi di incidenti, anche alla luce del fatto che parte delle forze di polizia presenti nella provincia di Vicenza sono destinate al controllo del presidio permanente Dal Molin (organizzato contro l'ampliamento della base statunitense) e, quindi, sottratte alle loro normali funzioni di garanzia dell'ordine pubblico. (3-00601)

MOZIONI BORGHESI ED ALTRI N. 1-00203, PEZZOTTA ED ALTRI N. 1-00208, CAZZOLA, CAPARINI ED ALTRI N. 1-00212, DAMIANO ED ALTRI N. 1-00219, ZAMPARUTTI ED ALTRI N. 1-00220 E LO MONTE ED ALTRI N. 1-00223 CONCERNENTI INIZIATIVE PER L'ESTENSIONE DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI AI LAVORATORI PRECARI

Mozioni

La Camera,
premesso che:
secondo la rilevazione da parte dell'Istat delle forze di lavoro nel nostro Paese nel primo trimestre 2009, il numero di occupati risulta pari a 22.966.000 unità, segnalando un dato negativo (meno 0,9 per cento, pari a meno 204.000 unità su base annua);
in termini destagionalizzati e in confronto al quarto trimestre 2008, l'occupazione nell'insieme del territorio nazionale registra una flessione pari allo 0,3 per cento. Il tasso di occupazione della popolazione tra 15 e 64 anni scende di nove decimi di punto rispetto al primo trimestre 2008, portandosi al 57,4 per cento. Il numero delle persone in cerca di occupazione registra il quinto aumento tendenziale consecutivo, portandosi a 1.982.000 unità (+ 221.000 unità, pari al + 12,5 per cento rispetto al primo trimestre 2008). Il tasso di disoccupazione passa dal 7,1 per cento del primo trimestre 2008 all'attuale 7,9 per cento. Rispetto al quarto trimestre 2008, al netto dei fattori stagionali, il tasso di disoccupazione aumenta di 3 decimi di punto;
la crisi finanziaria internazionale, come era facile prevedere, si è dunque trasformata in crisi economica e sta facendo sentire i suoi effetti anche nel nostro Paese. Diversi importanti istituti di previsione della Banca d'Italia, della Confindustria, di enti di ricerca indipendenti, indicano un ulteriore aggravamento della crisi in Italia, con una caduta del prodotto interno lordo nel 2009 superiore al 2,5 per cento e un aumento della disoccupazione sopra il 8 per cento;
i Ministri Sacconi e Tremonti hanno messo in discussione i dati dell'Istat sui disoccupati, sostenendo pubblicamente che l'Istat li ricaverebbe da un campione di mille persone, più o meno come quello usato per i sondaggi elettorali;
in merito alle modalità di rilevazione dei dati sulla disoccupazione, l'Istat ha precisato, con un suo comunicato del 26 giugno 2009, quanto segue:
a) sono 280 mila le famiglie (per un totale di circa 680 mila individui) che in un anno partecipano all'indagine sulle forze di lavoro in qualità di rispondenti. La rilevazione è dunque ampia e affidabile, con un tasso di risposta tra i più elevati d'Europa: pari all'88 per cento;
b) l'indagine è condotta non solo telefonicamente, ma, in circa la metà dei casi, con interviste faccia a faccia presso il domicilio delle famiglie, che sono successivamente intervistate telefonicamente. Ciò consente il raggiungimento delle persone senza telefono e quelle che hanno più difficoltà a comprendere l'italiano, come nel caso della popolazione straniera;
c) per definire una persona disoccupata non viene posta una sola domanda, né viene chiesto se è disoccupata. Al contrario, l'accertamento della condizione di disoccupazione viene fatto in modo stringente, sulla base di un ampio numero di quesiti volti a rilevare la situazione oggettiva della persona e non la percezione. Disoccupato è chi è senza lavoro, lo sta cercando attivamente ed è disponibile a iniziare a lavorare entro due settimane;
d) l'Istat per la rilevazione applica la metodologia stabilita da Eurostat, l'ufficio statistico dell'Unione europea, e definita con un apposito regolamento. La definizione è la stessa per tutti i Paesi;
se i due autorevoli Ministri ritengono che le informazioni dell'Istat sui disoccupati siano inattendibili dovrebbero intervenire con immediatezza per evitare che siano fornite all'opinione pubblica informazioni false;
ma, disgraziatamente per il nostro Paese, i dati dell'Istat sono reali e nessun ottimismo di maniera può occultare questa verità;
nelle piccole imprese, che costituiscono l'80 per cento del totale delle imprese e assorbono il 90 per cento dell'occupazione, sono cominciati i licenziamenti e le cessazioni di attività. Gli ultimi dati resi noti dalla Banca d'Italia, ottenuti applicando il loro consolidato modello econometrico a quanto si rileva nell'andamento del terzo quadrimestre del 2008, dicono che la recessione si aggraverà e proseguirà almeno per tutto il 2009 e per il 2010. Oltre 1,2 milioni di lavoratori perderanno il posto di lavoro nel prossimo biennio, con conseguenze sociali devastanti e con un impatto sui consumi che farà da moltiplicatore della crisi;
nel corso dell'anno 2009 arriveranno a scadenza più di 2 milioni di contratti di lavoro a termine. È impossibile prevedere quanti di questi verranno confermati, ma è senza dubbio facile prevedere che la maggioranza di questi non verrà confermato e, in assenza di ammortizzatori sociali, si tradurranno in «licenziamenti di fatto»;
nel 2009 le liste di disoccupazione rischiano di essere ingrossate, soprattutto, da lavoratori precari, per i quali non si può neanche parlare di licenziamento, perché semplicemente questi ultimi non si vedranno confermato il contratto. Si tratta di lavoratori completamente sprovvisti di qualsiasi forma di ammortizzatore sociale, anche perché al momento non risulta ancora nessun dispositivo attuativo di quegli ammortizzatori in deroga previsti per il 2009: le risorse che dovevano servire a questo scopo previste nel decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, sono ancora del tutto bloccate. Si tratta di una cospicua somma, otto miliardi di euro, che sarà destinata probabilmente non ai lavoratori più deboli, poiché alla loro ripartizione si provvederà in sede di contrattazione. L'indennità di disoccupazione dovrebbe essere ispirata al principio per cui il mantenimento del reddito, in caso di perdita o assenza di lavoro, costituisca un diritto di tutti e non il risultato della contrattazione tra Governo e parti sociali per i lavoratori dei settori «forti»;
secondo le analisi effettuate da un osservatorio qualificato, come la Cgia di Mestre, i lavoratori precari hanno raggiunto a fine settembre 2008 quota 2.812.700, corrispondenti al 12 per cento del totale degli occupati in Italia, con una forte concentrazione nel Mezzogiorno. Dal 2004 al settembre 2008 sono aumentati del 16,9 per cento: dunque, cinque volte di più dell'incremento registrato dai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, cresciuti nello stesso periodo del 3,1 per cento;
i lavoratori precari in tutte le loro articolazioni rappresentano, dunque, una categoria in costante crescita: il 12 per cento dell'occupazione complessiva e quasi l'80 per cento della nuova occupazione;
il mondo del precariato è una realtà complessa e variegata, oltre che in costante crescita: ai lavoratori a tempo determinato si affiancano quelli con contratti di somministrazione, i vecchi interinali e poi i lavoratori parasubordinati, con tutta la miriade di differenti tipologie contrattuali;
per i cosiddetti contratti di collaborazione, in relazione ai quali si stima che ne scadranno tra 300 mila e 400 mila all'anno, non c'è ovviamente alcuna possibilità di accesso alla cassa integrazione in deroga e per essi è stato previsto, nel decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, quello del «sostegno all'economia», un sussidio quasi simbolico e di difficile applicazione, pari al 10 per cento del reddito dell'ultimo anno;
le misure attivate dal Governo sono state inefficaci a mettere un argine alla crisi in atto. Gli stanziamenti previsti sono totalmente inadeguati a far fronte alla grave crisi economica ed occupazionale. Non saranno capaci di far fronte neppure alle esigenze di ammortizzatori sociali del primo semestre del 2009. Per di più, con il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, e col disegno di legge Atto Senato n. 1167, è stato prima smantellato e poi abolito il processo di stabilizzazione del personale precario avviato con le due leggi finanziarie del Governo Prodi. Ciò, da solo, determinerà la perdita di lavoro di oltre 160 mila lavoratori precari della pubblica amministrazione e della scuola;
i provvedimenti sul mercato del lavoro, contenuti nel «decreto anticrisi» varato dal Governo nella sua riunione di venerdì 26 giugno 2009, alla luce della forte crescita della disoccupazione a inizio 2009, risultano, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, del tutto inadeguati;
il provvedimento più importante consiste nella proroga della proroga, la possibilità concessa ai lavoratori in cassa integrazione di allungare ulteriormente la durata dei trattamenti loro riservati e addirittura rimpinguarli fino al 100 per 100 cento del salario precedente. Questo avverrà frequentando corsi di formazione forniti dalla stessa impresa presso cui operavano. La misura non può certo migliorare le opportunità di impiego di quei lavoratori, che sono occupati in quelle tante imprese che non hanno un futuro oltre la crisi;
niente è previsto, viceversa, per quei 400 mila precari, quasi tutti giovani, che non si sono visti rinnovare il contratto dall'inizio della crisi, secondo i dati sin qui disponibili (che si fermano a tre mesi fa);
di questi, nella migliore delle ipotesi, solo uno su tre riceve un sussidio di disoccupazione ordinario per pochi mesi, a fronte di una durata della disoccupazione che nel cinquanta per cento dei casi è superiore ai 12 mesi;
manca di nuovo qualsiasi misura di sostegno a favore dei lavoratori a tempo determinato o parasubordinati, che non hanno diritto a nessun tipo di ammortizzatore sociale in caso di sospensione o cessazione del lavoro;
la stessa Banca d'Italia stima che si tratti di circa 1.600.000 lavoratori e ci ricorda, inoltre, che, nelle famiglie in cui sono presenti solo lavoratori «atipici», l'incidenza della povertà è stimata al 47 per cento,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative al fine di estendere tutte le tipologie di ammortizzatori sociali, attuali e future, a tutti i lavoratori con contratti a tempo determinato o con altre forme di lavoro precario quando siano stati superati i 36 mesi di lavoro, comunque realizzati, nell'arco degli ultimi 5 anni.
(1-00203)
«Borghesi, Donadi, Evangelisti, Paladini, Porcino, Di Pietro, Di Stanislao».

La Camera,
premesso che:
la crisi economica internazionale, lontana dall'essere stata superata dalle misure governative in corso, rischia di assumere una portata sempre più vasta, così come testimoniano anche le recenti rilevazioni di Istat, Confindustria e Banca d'Italia. Le figure più penalizzate sono, soprattutto, i disoccupati, i cassintegrati e i lavoratori con rapporto di lavoro precario, quasi tutti giovani, che, come segnalano tutti i recenti dati, sono i primi a fare le spese della crisi, in quanto le prime azioni delle aziende per ridimensionare il personale sono volte a non rinnovare i contratti precari;
in un contesto così descritto sono enfatizzate le tradizionali criticità del sistema di ammortizzatori sociali in Italia, a partire dai limiti strutturali di inclusività del sistema (per settore, dimensioni aziendali, tipologie contrattuali). I due terzi degli occupati a tempo indeterminato sono impegnati in settori che non rientrano nel sistema cassa integrazione/mobilità, che copre solo i settori industria/indotto/grande distribuzione e solo le aziende medio grandi; il 13 per cento degli occupati ha un lavoro flessibile ed alla scadenza non ne troverà un altro; le coperture dell'indennità di disoccupazione sono molto inferiori, soprattutto per durata, ai livelli europei; i lavoratori non sono sostenuti da un adeguato funzionamento dei centri per l'impiego, che operano ancora a macchia di leopardo; il sistema è caratterizzato dalla mancanza di responsabilizzazione del lavoratore, a causa dell'assenza di collegamento con le politiche attive, e dell'impresa, che non è tenuta in alcun modo a preoccuparsi della ricollocazione;
nelle passate legislature ed in quella attuale non è stato finora trovato il consenso necessario ad una riforma strutturale degli ammortizzatori sociali, a causa dei notevoli problemi di finanziamento che essa comporta;
i provvedimenti del Governo rappresentano misure tampone, non in grado, pertanto, di dare soluzioni di lungo periodo, limitandosi ad ampliare il sistema dei cosiddetti ammortizzatori in deroga, rendendo disponibili risorse stornate da altre destinazioni e, comunque, a carico della fiscalità generale;
anche il recente decreto-legge n. 78 del 2009, recante provvedimenti anticrisi, contiene, all'articolo 1, misure in materia di ammortizzatori sociali indirizzati ai lavoratori a tempo indeterminato, non tenendo conto, quindi, di tutti i lavoratori con contratti a tempo determinato o interessati da altre tipologie di lavoro precario;
sono ancora privi di coperture adeguate i lavoratori precari, che incrementano le liste di disoccupazione e che non raggiungono i requisiti soggettivi previsti per la cassa integrazione. Va tenuto presente che l'indennità di disoccupazione a requisiti ridotti richiede che sia stato versato almeno un contributo settimanale prima dell'ultimo biennio e che, in ogni caso, gli ammortizzatori in deroga richiedono una certa anzianità assicurativa (tre mesi per la cassa integrazione e dodici mesi per l'indennità di mobilità). Anche per gli apprendisti restano problemi aperti, essendo state previste soluzioni che li ammettono agli interventi in deroga, ma non, paradossalmente, a quelli ordinari;
le misure legislative fino ad oggi attuate non danno la possibilità di migliorare le opportunità di impiego, neppure per quei lavoratori attualmente occupati in imprese destinate a non avere un futuro oltre la crisi. È ampiamente documentato che chi è in cassa integrazione dedica solo un terzo del tempo rispetto a chi è disoccupato nella ricerca di un impiego alternativo. I tempi della cassa integrazione e l'utilizzo non strutturato degli ammortizzatori sociali rischiano di causare un procrastinarsi dei tempi per la ricerca di un nuovo lavoro, che renderà ulteriormente difficile la collocazione in futuro;
tutto ciò riveste una gravità maggiore alla luce degli ultimi dati Istat che rivelano un calo dell'occupazione concentrato, soprattutto, tra i lavoratori con contratto a tempo determinato (154.000), tra i lavoratori con collaborazioni coordinate e continuative (107.000) e tra i lavoratori autonomi (meno 163.000), tipologia, in cui, almeno in parte, si nasconde il lavoro precario. È evidente che la crisi in atto aumenterà la precarietà del lavoro, rendendo sempre più imminente la necessità di adottare i necessari provvedimenti a favore di detta categoria di lavoratori;
con riferimento al periodo che va dal 29 dicembre 2008 al 29 marzo 2009, l'Istituto nazionale di statistica ha evidenziato che nel primo trimestre 2009 l'offerta di lavoro rispetto allo stesso periodo del 2008 ha registrato un incremento dello 0,1 per cento (17.000 unità). Rispetto al quarto trimestre 2008, al netto dei fattori stagionali, l'offerta di lavoro si è ridotta dello 0,1 per cento. Nel primo trimestre 2009 il numero di occupati è risultato pari a 22.966.000 unità, segnalando un dato negativo (meno 0,9 per cento, pari a meno 204.000 unità su base annua). Il calo sintetizza la discesa di 426.000 unità della componente italiana e la crescita di 222.000 unità di quella straniera. In termini destagionalizzati e in confronto al quarto trimestre 2008, l'occupazione nell'insieme del territorio nazionale registra una flessione pari allo 0,3 per cento. Si è assistito ad un aumento del numero delle persone in cerca di occupazione (il quinto aumento tendenziale consecutivo), portando tale numero a 1.982.000 unità (più 221.000 unità, pari al più 12,5 per cento rispetto al primo trimestre 2008). Il tasso di disoccupazione è passato dal 7,1 per cento del primo trimestre 2008 all'attuale 7,9 per cento. Rispetto al quarto trimestre 2008, al netto dei fattori stagionali, il tasso di disoccupazione è aumentato di tre decimi di punto;
anche i dati recenti forniti dal centro studi di Confindustria attestano che la situazione economica in atto è tutt'altro che equilibrata, con un debito pubblico in crescita e consumi in calo. Nel 2009 è prevista, in Italia, una contrazione del 4,9 per cento del prodotto interno lordo, con un tasso di occupazione ancora in calo. L'economia dovrebbe tornare a crescere dello 0,7 per cento nel 2010, ma così, come confermato anche dal presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, «senza un cambiamento strutturale non sarà possibile nessuna ripresa per 5 anni». Il debito pubblico, crescerà dal 105,7 per cento del prodotto interno lordo nel 2008 al 114,7 per cento nel 2009, fino a toccare nel 2010 il 117,5 per cento;
sempre secondo le rilevazioni di Confindustria, nei due anni tra il primo trimestre del 2008 e il primo del 2010, la recessione causerà la perdita di circa un milione di unità di lavoro (tra posti di lavoro e cassa integrazione). Il tasso di disoccupazione arriverà nel 2009 all'8,6 per cento e nel 2010 al 9,3 per cento, livello che non veniva più toccato dal 2000;
si segnalano, di converso, alcune iniziative positive a livello locale, che, in virtù di accordi con le parti sociali, hanno permesso di sbloccare ingenti fondi per finanziare importanti forme di sostegno al reddito di ampie categorie di lavoratori precari;
in periodi di crisi come quello in atto, inoltre, è evidente che i settori in via di ristrutturazione costituiscono una risorsa per il Paese, una risorsa su cui investire adeguatamente, sia in termini economici che di risorse umane,

impegna il Governo:

a porre in essere le iniziative adeguate, atte a valorizzare il confronto tra Governo e parti sociali, tali da consentire un indirizzo chiaro per una riforma strutturale del sistema di ammortizzatori sociali, che garantisca le misure adeguate a:
a) determinare l'estensione delle differenti tipologie di ammortizzatori sociali ai lavoratori che ancora non ne godono;
b) estendere gli ammortizzatori sociali, con le opportune modalità, anche ai lavoratori precari ed ai collaboratori, prevedendo per essi requisiti di accesso agevolati;
c) tutelare sia le situazioni di sospensione che quelle di perdita del lavoro;
d) riqualificare il sistema dei servizi per l'impiego, perché possa sostenere adeguati programmi per la riqualificazione professionale ed il reinserimento occupazionale, per garantire la reimmissione dei lavoratori nel mercato del lavoro;
e) al fine di rendere finanziariamente sostenibile la riforma, prevedere il concorso finanziario degli enti bilaterali, realizzando, dunque, un sistema misto che si fondi, da una parte, sull'assicurazione obbligatoria all'Inps, dall'altra su forme mutualistico-contrattuali.
(1-00208)
«Pezzotta, Delfino, Poli, Vietti, Compagnon, Ciccanti, Naro, Tassone, Galletti, Occhiuto».

La Camera,
premesso che:
la crisi economica internazionale, lontana dall'essere stata superata dalle misure governative in corso, rischia di assumere una portata sempre più vasta, così come testimoniano anche le recenti rilevazioni di Istat, Confindustria e Banca d'Italia. Le figure più penalizzate sono, soprattutto, i disoccupati, i cassintegrati e i lavoratori con rapporto di lavoro precario, quasi tutti giovani, che, come segnalano tutti i recenti dati, sono i primi a fare le spese della crisi, in quanto le prime azioni delle aziende per ridimensionare il personale sono volte a non rinnovare i contratti precari;
in un contesto così descritto sono enfatizzate le tradizionali criticità del sistema di ammortizzatori sociali in Italia, a partire dai limiti strutturali di inclusività del sistema (per settore, dimensioni aziendali, tipologie contrattuali). I due terzi degli occupati a tempo indeterminato sono impegnati in settori che non rientrano nel sistema cassa integrazione/mobilità, che copre solo i settori industria/indotto/grande distribuzione e solo le aziende medio grandi; il 13 per cento degli occupati ha un lavoro flessibile ed alla scadenza non ne troverà un altro; le coperture dell'indennità di disoccupazione sono molto inferiori, soprattutto per durata, ai livelli europei; i lavoratori non sono sostenuti da un adeguato funzionamento dei centri per l'impiego, che operano ancora a macchia di leopardo; il sistema è caratterizzato dalla mancanza di responsabilizzazione del lavoratore, a causa dell'assenza di collegamento con le politiche attive, e dell'impresa, che non è tenuta in alcun modo a preoccuparsi della ricollocazione;
nelle passate legislature ed in quella attuale non è stato finora trovato il consenso necessario ad una riforma strutturale degli ammortizzatori sociali, a causa dei notevoli problemi di finanziamento che essa comporta;
i provvedimenti del Governo rappresentano misure tampone, non in grado, pertanto, di dare soluzioni di lungo periodo, limitandosi ad ampliare il sistema dei cosiddetti ammortizzatori in deroga, rendendo disponibili risorse stornate da altre destinazioni e, comunque, a carico della fiscalità generale;
anche il recente decreto-legge n. 78 del 2009, recante provvedimenti anticrisi, contiene, all'articolo 1, misure in materia di ammortizzatori sociali indirizzati ai lavoratori a tempo indeterminato, non tenendo conto, quindi, di tutti i lavoratori con contratti a tempo determinato o interessati da altre tipologie di lavoro precario;
sono ancora privi di coperture adeguate i lavoratori precari, che incrementano le liste di disoccupazione e che non raggiungono i requisiti soggettivi previsti per la cassa integrazione. Va tenuto presente che l'indennità di disoccupazione a requisiti ridotti richiede che sia stato versato almeno un contributo settimanale prima dell'ultimo biennio e che, in ogni caso, gli ammortizzatori in deroga richiedono una certa anzianità assicurativa (tre mesi per la cassa integrazione e dodici mesi per l'indennità di mobilità). Anche per gli apprendisti restano problemi aperti, essendo state previste soluzioni che li ammettono agli interventi in deroga, ma non, paradossalmente, a quelli ordinari;
le misure legislative fino ad oggi attuate non danno la possibilità di migliorare le opportunità di impiego, neppure per quei lavoratori attualmente occupati in imprese destinate a non avere un futuro oltre la crisi. È ampiamente documentato che chi è in cassa integrazione dedica solo un terzo del tempo rispetto a chi è disoccupato nella ricerca di un impiego alternativo. I tempi della cassa integrazione e l'utilizzo non strutturato degli ammortizzatori sociali rischiano di causare un procrastinarsi dei tempi per la ricerca di un nuovo lavoro, che renderà ulteriormente difficile la collocazione in futuro;
tutto ciò riveste una gravità maggiore alla luce degli ultimi dati Istat che rivelano un calo dell'occupazione concentrato, soprattutto, tra i lavoratori con contratto a tempo determinato (154.000), tra i lavoratori con collaborazioni coordinate e continuative (107.000) e tra i lavoratori autonomi (meno 163.000), tipologia, in cui, almeno in parte, si nasconde il lavoro precario. È evidente che la crisi in atto aumenterà la precarietà del lavoro, rendendo sempre più imminente la necessità di adottare i necessari provvedimenti a favore di detta categoria di lavoratori;
con riferimento al periodo che va dal 29 dicembre 2008 al 29 marzo 2009, l'Istituto nazionale di statistica ha evidenziato che nel primo trimestre 2009 l'offerta di lavoro rispetto allo stesso periodo del 2008 ha registrato un incremento dello 0,1 per cento (17.000 unità). Rispetto al quarto trimestre 2008, al netto dei fattori stagionali, l'offerta di lavoro si è ridotta dello 0,1 per cento. Nel primo trimestre 2009 il numero di occupati è risultato pari a 22.966.000 unità, segnalando un dato negativo (meno 0,9 per cento, pari a meno 204.000 unità su base annua). Il calo sintetizza la discesa di 426.000 unità della componente italiana e la crescita di 222.000 unità di quella straniera. In termini destagionalizzati e in confronto al quarto trimestre 2008, l'occupazione nell'insieme del territorio nazionale registra una flessione pari allo 0,3 per cento. Si è assistito ad un aumento del numero delle persone in cerca di occupazione (il quinto aumento tendenziale consecutivo), portando tale numero a 1.982.000 unità (più 221.000 unità, pari al più 12,5 per cento rispetto al primo trimestre 2008). Il tasso di disoccupazione è passato dal 7,1 per cento del primo trimestre 2008 all'attuale 7,9 per cento. Rispetto al quarto trimestre 2008, al netto dei fattori stagionali, il tasso di disoccupazione è aumentato di tre decimi di punto;
anche i dati recenti forniti dal centro studi di Confindustria attestano che la situazione economica in atto è tutt'altro che equilibrata, con un debito pubblico in crescita e consumi in calo. Nel 2009 è prevista, in Italia, una contrazione del 4,9 per cento del prodotto interno lordo, con un tasso di occupazione ancora in calo. L'economia dovrebbe tornare a crescere dello 0,7 per cento nel 2010, ma così, come confermato anche dal presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, «senza un cambiamento strutturale non sarà possibile nessuna ripresa per 5 anni». Il debito pubblico, crescerà dal 105,7 per cento del prodotto interno lordo nel 2008 al 114,7 per cento nel 2009, fino a toccare nel 2010 il 117,5 per cento;
sempre secondo le rilevazioni di Confindustria, nei due anni tra il primo trimestre del 2008 e il primo del 2010, la recessione causerà la perdita di circa un milione di unità di lavoro (tra posti di lavoro e cassa integrazione). Il tasso di disoccupazione arriverà nel 2009 all'8,6 per cento e nel 2010 al 9,3 per cento, livello che non veniva più toccato dal 2000;
si segnalano, di converso, alcune iniziative positive a livello locale, che, in virtù di accordi con le parti sociali, hanno permesso di sbloccare ingenti fondi per finanziare importanti forme di sostegno al reddito di ampie categorie di lavoratori precari;
in periodi di crisi come quello in atto, inoltre, è evidente che i settori in via di ristrutturazione costituiscono una risorsa per il Paese, una risorsa su cui investire adeguatamente, sia in termini economici che di risorse umane,

impegna il Governo:

a porre in essere le iniziative adeguate, atte a valorizzare il confronto tra Governo e parti sociali, tali da consentire un indirizzo chiaro per una riforma strutturale del sistema di ammortizzatori sociali, che garantisca le misure adeguate a:
a) garantire il ricorso agli ammortizzatori sociali ai lavoratori subordinati;
b) migliorare le tutele ai lavoratori parasubordinati anche ampliando le possibilità di accesso alle misure già previste;
c) tutelare sia le situazioni di sospensione che quelle di perdita del lavoro;
d) assumere iniziative verso e con le regioni e le province per riqualificare il sistema dei servizi per l'impiego, perché possa sostenere adeguati programmi per la riqualificazione professionale ed il reinserimento occupazionale, per garantire la reimmissione dei lavoratori nel mercato del lavoro;
e) al fine di rendere finanziariamente sostenibile la riforma, prevedere il concorso finanziario degli enti bilaterali, realizzando, dunque, un sistema misto che si fondi, da una parte, sull'assicurazione obbligatoria all'Inps, dall'altra su forme mutualistico-contrattuali.
(1-00208)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Pezzotta, Delfino, Poli, Vietti, Compagnon, Ciccanti, Naro, Tassone, Galletti, Occhiuto».

La Camera,
premesso che:
il Governo ha dovuto affrontare le ripercussioni di una gravissima crisi internazionale che hanno determinato nell'anno in corso una netta flessione del prodotto interno lordo;
tale situazione ha inevitabilmente prodotto delle conseguenze molto serie sul terreno dell'occupazione, che potevano essere ben più gravi se il Governo non avesse accompagnato i processi con provvedimenti di volta in volta adeguati, pur in un quadro di complessa attenzione alla stabilità dei conti pubblici, a fronteggiare l'emergenza, sia intervenendo sulla struttura produttiva e dei servizi, sia sostenendo le persone e le famiglie in difficoltà e a maggiore rischio di povertà, sia garantendo l'intervento degli ammortizzatori sociali a beneficio dei lavoratori sospesi dal lavoro a causa delle improvvise ed acute difficoltà di mercato, in cui sono incorse nei mesi scorsi tante imprese, la cui condizione stenta tuttora, nonostante i primi cauti segnali positivi, ad invertire il trend della crisi;
i dati dell'occupazione non possono non risentire dell'attuale situazione di difficoltà dell'economia, anche se risultano comunque meno negativi di quelli di altri Paesi europei. Nel primo trimestre 2009, infatti, l'offerta di lavoro ha registrato, rispetto allo stesso periodo del 2008, un incremento dello 0,1 per cento (17.000 unità). Rispetto al quarto trimestre 2008, al netto dei fattori stagionali, l'offerta di lavoro si riduce dello 0,1 per cento. Nel primo trimestre 2009 il numero di occupati risulta pari a 22.966.000 unità, segnalando un dato negativo (meno 0,9 per cento, pari a meno 204.000 unità su base annua). Il calo sintetizza la discesa di 426.000 unità della componente italiana e la crescita di 222.000 unità di quella straniera, a riprova, quest'ultimo dato, che il mercato del lavoro, pur nelle sue contraddizioni, presenta ancora significativi segnali di vitalità;
non sarebbe corretto giudicare l'azione del Governo prescindendo dal contesto in cui si è trovato ad operare, caratterizzato da uno shock violento della crisi, che, nel giro di pochi giorni, ha fatto correre al sistema economico internazionale dei rischi gravissimi e causato cambiamenti repentini, assolutamente inediti e portatori di effetti sconosciuti, anche perché le tradizionali terapie di contrasto messe in campo dai Governi, in modo coordinato, non sempre si sono rivelate efficaci;
è l'andamento della cassa integrazione ad evidenziare la problematicità dello sforzo sostenuto dall'intero Paese per salvare il proprio apparato produttivo e per mantenere il più a lungo possibile il rapporto di lavoro tra le aziende costrette a fare ricorso agli ammortizzatori sociali e i loro dipendenti;
nel mese di giugno 2009 si registrata una contrazione delle ore complessivamente autorizzate rispetto a quelle del mese precedente (meno 8 per cento); il totale è, infatti, passato da 87 milioni di ore autorizzate a maggio 2009 a 80 milioni di giugno 2009. Rispetto al mese di giugno 2008, nel quale furono autorizzate 15,4 milioni di ore, l'incremento è stato del 419 per cento. Anche nel mese in esame si registra un deciso incremento di ore autorizzate rispetto allo stesso mese dell'anno precedente (+680 per cento); la variazione complessiva del periodo gennaio-giugno 2009 è +502 per cento. Gli interventi ordinari autorizzati nel mese di giugno 2009 sono, comunque, diminuiti rispetto a maggio 2009 dell'11,5 per cento (58,7 contro 66,4 milioni di ore);
il numero delle ore autorizzate di integrazione salariale è, tuttavia, a livelli inferiori a quelli riscontrati nel mese di gennaio 2009 (il picco delle ore si è registrato a febbraio 2009): il che è sicuramente un segnale positivo, ancorché non ancora consolidato;
il trend della cassa integrazione, dall'autunno 2008 ad oggi, è buon testimone dello sforzo richiesto alle finanze pubbliche per scongiurare che la crisi provocasse una massiccia e immediata riduzione degli organici;
grande è stata la dimensione dell'impegno imposto dall'incalzare della crisi al Governo, che ha dovuto rispondere con altrettanta prontezza per mandare alle imprese e ai lavoratori un segnale forte che invitasse a non trarre conseguenze affrettate per quanto riguarda i livelli occupazionali;
anche grazie all'accordo con le regioni, è stato possibile stanziare un ingente ammontare di risorse (8 miliardi in un biennio) per ampliare la cassa integrazione in deroga ed estenderne l'intervento anche nei settori del lavoro dipendente, fino a quel momento sprovvisti;
una diversa scelta, a favore di un rafforzamento complessivo dell'indennità di disoccupazione e della sua estensione a tutto il mondo del lavoro (utilizzando parte delle risorse stanziate per la cassa integrazione guadagni in deroga), avrebbe finito per inviare un segnale distorto alle aziende, come se restasse solamente la via dei licenziamenti individuali o collettivi per far fronte alle difficoltà strutturali delle imprese;
il Governo non si è limitato solo ad operare affinché nessuno restasse indietro, mediante gli istituti di tutela del reddito da lavoro, ma ha provveduto anche a sostenere l'occupazione attraverso la salvaguardia della struttura produttiva, del relativo indotto e, quindi, dei posti di lavoro, nel quadro dei diversi «pacchetti anticrisi» di volta in volta approvati;
per la prima volta è stata predisposta una specifica misura di tutela - sia pure una tantum - a beneficio dei collaboratori in condizione di monocommittenza;
da ultimo il decreto-legge n. 78 del 2009, in aggiunta alle misure a sostegno delle imprese, che costituisce un elemento centrale della politica del Governo, prefigura alcuni interventi di carattere particolarmente innovativo, specie per quanto riguarda le misure rivolte a mantenere i lavoratori collegati alle loro imprese mediante procedure che ne favoriscano le ri-professionalizzazione, nonché i progetti di autoimprenditorialità, il cui finanziamento è in parte sostenuto dalla possibilità di capitalizzare le risorse derivanti dagli ammortizzatori sociali riconosciuti ai singoli cassintegrati o disoccupati interessati ad intraprendere un lavoro autonomo;
secondo stime recenti ed attendibili, una riforma dell'indennità di disoccupazione comporterebbe, sulla base delle proposte che circolano nel dibattito corrente, oneri aggiuntivi di finanza pubblica compresi tra 4 e 15 miliardi di euro, difficilmente sostenibili nell'attuale contesto di finanza pubblica per un istituto che, già adesso, realizza un'ampia copertura delle differenti realtà del mercato del lavoro,

impegna il Governo:

a proseguire nelle iniziative intraprese, coniugando, in un quadro di strategia organica, misure a favore delle imprese, provvedimenti di sostegno dell'occupazione e di salvaguardia del reddito, garantendo la necessaria copertura finanziaria;
a vigilare affinché siano applicate con rigore le norme della cosiddetta «legge Biagi», che prevedono, in via presuntiva, la sussistenza di un rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato nei casi in cui sia riconosciuta l'irregolarità del rapporto di collaborazione, favorendo lo sviluppo e l'ampliamento dei centri preposti alla certificazione e promuovendo l'accesso dei giovani al mercato del lavoro, anche mediante il contratto di apprendistato e una maggiore integrazione tra scuola e mondo del lavoro, assumendo, altresì, ogni utile iniziativa rivolta a rimuovere, in questa fase e in via transitoria, d'intesa con le parti sociali, ogni ostacolo che limiti, anche in via di fatto, la loro occupabilità;
a considerare, altresì, la possibilità di rendere strutturale l'indennità sperimentale di reinserimento, istituendola come prestazione previdenziale specifica di natura assicurativa (al pari di altre prestazioni oggi riconosciute in caso di malattia, maternità, assegni familiari) a favore di talune categorie di collaboratori e di lavoratori atipici in posizione economicamente dipendente;
a procedere, in un'ottica di strategia federalista, nella valorizzazione del ruolo delle regioni per l'attuazione delle politiche attive di lavoro e di sostegno al reddito, per meglio rispondere, anche utilizzando di comune intesa le risorse regionali, alle differenti esigenze territoriali dei lavoratori e dei datori di lavoro.
(1-00212)
«Cazzola, Caparini, Baldelli, Moffa, Bonino, Fedriga, Munerato, Pelino, Saltamartini, Scandroglio».

La Camera,
premesso che:
come ampiamente e unanimemente certificato da molteplici organismi internazionali e istituti indipendenti, la crisi economica mondiale, rapidamente trasferitasi dai mercati finanziari ai settori produttivi, ha investito in pieno anche il nostro Paese, con un vistoso calo del prodotto interno lordo, nell'ordine del 5 per cento per il 2009 e prospettive altrettanto recessive per il 2010 e corrispondenti drammatici effetti sull'occupazione e sul reddito delle famiglie;
secondo il servizio studi della Confindustria, nel 2009 saranno 600 mila i lavoratori che perderanno il posto di lavoro e la disoccupazione salirà all'8,4 per cento, mentre sulla base dei dati Inps emerge un incremento di oltre il 500 per cento rispetto al 2008 del ricorso alla cassa integrazione ordinaria da parte delle aziende;
in tale contesto negativo, si evidenzia la condizione di circa due milioni di lavoratori precari, che, come autorevolmente richiamato dal Governatore della Banca d'Italia, rischiano di essere totalmente esclusi da ogni forma di sostegno del reddito in caso di licenziamento. Dalle tabelle elaborate dalla Banca d'Italia su dati Istat, emerge che, in caso di perdita del lavoro tra coloro che rimarrebbero senza alcun tipo di sostengo al reddito, ci sarebbero 800 mila lavoratori autonomi parasubordinati (diversi dai collaboratori), la grande maggioranza dei quasi 400 mila collaboratori e quasi 700 mila lavoratori a tempo determinato e interinali;
a fronte di tale scenario, le misure varate dal Governo appaiono, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, del tutto inadeguate e decontestualizzate - come nel caso della detassazione degli straordinari o, attualmente, l'ipotesi di corrispondere, in un'unica soluzione, al lavoratore le mensilità di cassa integrazione o di indennità di disoccupazione per l'avvio di una attività autonoma prevista dal decreto-legge n. 78 del 2009, al momento all'esame della Camera dei deputati - o poco più che simboliche, quale si sta rivelando il sussidio, previsto dall'articolo 19 del decreto-legge n. 185 del 2008, corrisposto ai collaboratori a progetto in caso di disoccupazione. Tale previsione, seppure rappresenti la prima misura ipotizzata al riguardo, appare, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, del tutto inadeguata per gli importi riconosciuti e del tutto insoddisfacente per la ristrettezza della platea dei lavoratori interessati, tanto è vero che sinora sono state presentate solo 1.800 domande;
se, inoltre, si considerano gli effetti dell'interruzione del processo di stabilizzazione del personale precario delle pubbliche amministrazioni avviato con le due leggi finanziarie del Governo Prodi, appaiono come sempre più fondate le critiche che evidenziano la mancanza di una strategia condivisa di sostegno all'occupazione, tanto per i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato che per i lavoratori precari, e di riforma degli ammortizzatori sociali, così come delineato e concordato tra Governo e parti sociali, con il protocollo del 23 luglio 2007;
del resto, anche l'accordo raggiunto con le regioni non si propone di avviare la riforma degli ammortizzatori sociali, cosa che è diventata urgente, ma si limita ad intervenire sui vecchi strumenti, aumentando le risorse sulla cassa integrazione in deroga, mentre nulla si è previsto riguardo all'ipotesi di allungamento dei periodi di cassa integrazione ordinaria;
appare necessario approntare, anche con strumenti eccezionali, un complesso di misure che affronti seriamente e in maniera integrata e innovativa il tema della tutela dell'occupazione e del reddito dei lavoratori, sia nella difficile e inedita fase congiunturale che stiamo attraversando, sia nel nuovo scenario che caratterizzerà un moderno sistema produttivo. A tal riguardo, il Partito democratico ha avanzato precise proposte, sia in occasione dell'esame del citato decreto-legge n. 185 del 2008, sia con appositi progetti di legge, come, ad esempio, quelli volti ad assicurare l'estensione delle misure di sostegno del reddito dei lavoratori esclusi dall'applicazione degli strumenti previsti in materia di ammortizzatori sociali (Atto Senato n. 1110 - Finocchiaro, Treu e altri; Atto Camera n. 2100 - Damiano e altri) o l'ampliamento dei periodi di riconoscimento della cassa integrazione ordinaria (Atto Camera n. 2452 - Bellanova e altri);
laddove perdurasse l'inazione o la frammentarietà delle misure sin qui varate, si rischia di far ricadere esclusivamente sui lavoratori e, in particolare, sui lavoratori più deboli, quali risultano i lavoratori precari e i lavoratori delle imprese artigiane e delle piccole imprese industriali, gli effetti della crisi economica,

impegna il Governo:

ad adottare, quanto prima, misure volte ad assicurare forme di sostegno del reddito, attraverso l'istituzione di un assegno mensile di disoccupazione, pari almeno al 60 per cento della retribuzione percepita ogni mese nell'ultimo anno lavorativo, per tutti quei lavoratori attualmente esclusi dall'accesso agli strumenti previsti dal sistema di ammortizzatori sociali e che hanno perso il posto in conseguenza della recessione economica;
ad estendere a tutti i lavoratori le tutele della cassa integrazione previste nei casi di crisi temporanea e di sospensione del lavoro;
a prevedere una misura straordinaria di estensione dei periodi di cassa integrazione ordinaria, che consenta alle imprese di superare la grave fase recessiva, senza disperdere il patrimonio di competenze professionali del proprio personale dipendente;
a procedere, con il coinvolgimento delle parti sociali, al varo di un disegno organico di riforma degli ammortizzatori sociali.
(1-00219)
«Damiano, Soro, Sereni, Bressa, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Letta, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, Marco Carra».

La Camera,
premesso che:
la crisi mondiale, che ha parzialmente investito anche l'Italia, ha solo evidenziato la gravità della situazione assistenziale e previdenziale esistente nel nostro Paese e non certamente creato l'attuale dissesto sociale derivante dalla concessione di ammortizzatori sociali solo a particolari categorie di lavoratori, minando la coesione sociale necessaria a superare tutti assieme, senza escludere nessuno, la crisi in corso;
l'Ocse, il 23 giugno 2009, ha rilevato come la spesa pensionistica in Italia assorba circa un terzo delle uscite statali complessive, ovvero quasi il doppio rispetto alla media degli altri Paesi Ocse. La previdenza pesa per il 30 per cento sul bilancio statale italiano, contro il 16 per cento della media Ocse. Secondo l'Ocse, un sistema così concepito induce a sottrarre risorse di spesa pubblica a altri settori preferibili, quali il welfare e l'istruzione. I contributi previdenziali raggiungono, inoltre, il 33 per cento degli stipendi, rispetto a una media Ocse del 21 per cento. L'istituto ha, inoltre, rilevato come l'applicazione delle riforme delle pensioni in Italia avanzi molto lentamente rispetto agli altri Paesi dell'Ocse e come, inoltre, molti dei cambiamenti vitali per la sostenibilità finanziaria dei costi del sistema previdenziale siano stati ripetutamente rinviati;
le recenti stime Ocse prevedono un calo del prodotto interno lordo del 5,3 per cento per tutto il 2009 e salvo una lieve, ma insufficiente, ripresa nel 2010, con un più 0,4 per cento;
il 29 maggio 2009 il Governatore della Banca d'Italia, dottor Mario Draghi, ha rilevato come, negli ultimi 20 anni, quella italiana sia stata una storia di produttività stagnante, bassi investimenti, bassi salari, bassi consumi, tasse alte e come una risposta incisiva all'emergenza sia possibile solo se accompagnata da comportamenti e da riforme che rialzino la crescita dal basso sentiero degli ultimi decenni. Serve, ad avviso del Governatore, una riforma organica e rigorosa, che razionalizzi l'insieme degli ammortizzatori sociali esistenti e ne renda più universali i trattamenti;
secondo il dottor Lorenzo Bini Smaghi, membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea, l'Italia deve fare attenzione al debito e contenere l'indebitamento pubblico, in quanto se la disoccupazione resterà elevata per lungo tempo, comprimerà la crescita. Secondo Bini Smaghi, non bisogna aspettare la ripresa, ma occorre riformare il mercato del lavoro, il che comporta il riassetto del welfare in generale, e riequilibrare la spesa sociale;
l'indagine Istat delle forze di lavoro in Italia segna un tasso di occupazione nella popolazione tra i 15 e i 64 anni fermo al 57,4 per cento nel primo trimestre 2009, pari a 22.966.000 occupati, con un calo dello 0,9 per cento; su base annua si stima che la perdita dell'impiego coinvolgerà 204.000 unità di lavoratori;
il tasso di disoccupazione passa, dal 7,1 per cento del primo trimestre 2008, all'attuale 7,9 per cento, contando circa 1.982.000 unità di lavoratori in cerca di un'occupazione e registrando un ulteriore aumento tendenziale rispetto alle quattro stime precedenti, registrando più 221.000 unità di disoccupati in più, pari al più 12,5 per cento rispetto al primo trimestre 2008;
il recente rapporto Istat sulle forze lavoro indica numeri preoccupanti specie al Sud: nel Mezzogiorno il tasso di inattività registra un significativo incremento (dal 47,9 per cento del primo trimestre 2008 al 48,8 per cento);
il «decreto anticrisi» varato pochi mesi fa dal Governo tutela non più del 12,5 per cento dei lavoratori parasubordinati, del 20 per cento degli apprendisti e del 60 per cento delle persone con contratti a tempo determinato, ovvero non tutela proprio chi ne avrebbe più bisogno, dal momento che, secondo i dati Istat, nell'ultimo anno sono rimasti disoccupati 154 mila lavoratori con contratto a tempo determinato, 107 mila lavoratori con collaborazioni coordinate e continuative, 163 mila lavoratori autonomi;
l'Italia ha un sistema di ammortizzatori sociali e welfare che non garantisce la totalità dei lavoratori, con un tasso di disoccupazione che potrebbe non solo toccare la soglia del 10 per cento nel 2009, ma continuare a crescere anche successivamente: il 70 per cento dei disoccupati non è coperto da alcun ammortizzatore sociale ed anche le stime più prudenti indicano in oltre un milione il numero dei nuovi disoccupati in Italia entro il 2010;
i due terzi della spesa sociale continuano ad essere vincolati alla spesa pensionistica, anche perché l'Italia ha l'età pensionabile tra le più basse nell'Unione europea (si noti che l'aspettativa di vita è salita a 78,5 anni per gli uomini, che vanno in pensione in media a 58 anni, ed a 84 per le donne, che vanno in pensione in media a 57 anni);
per completare la cosiddetta «riforma Biagi» del mercato del lavoro è necessario «disporre anche in Italia di un nuovo assetto della regolazione e del sistema di incentivi e ammortizzatori, che concorra a realizzare un bilanciamento tra flessibilità e sicurezza»;
è necessario riformare integralmente il sistema delle integrazioni al reddito dei disoccupati, con un sistema universale di ammortizzatori sociali che assicuri il lavoratore nel momento in cui passa dallo stato di occupazione a quello di disoccupazione involontaria, come è stato ripetutamente ribadito dallo stesso Marco Biagi in numerose pubblicazioni;
le risorse per realizzare la necessaria riforma degli ammortizzatori sociali possono essere reperite anche attraverso l'equiparazione dell'età pensionabile delle donne a quella degli uomini e l'innalzamento graduale della stessa per tutti, uomini e donne, a 65 anni non oltre il 2018. In questo modo si reperirebbero risorse, a regime, fino a 7 miliardi di euro ogni anno, da destinare proprio al welfare universalistico, sul modello del welfare to work (governare la disoccupazione, riqualificare i lavoratori un tempo impiegati in settori decotti e di ricollocarli sul mercato del lavoro), ed alle pensioni più basse;
il Governo ha lasciato scadere, senza esercitarla, la delega prevista dal comma 28 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, che impegnava il Governo ad emanare, entro 12 mesi, uno o più decreti legislativi finalizzati a riformare la materia degli ammortizzatori sociali per il riordino degli istituti a sostegno del reddito, nel rispetto del principi e criteri definiti dalla stessa legge;
il 25 giugno 2009 è giunta la messa in mora della condanna europea in materia di regime previdenziale Inpdap per la mancata equiparazione dell'età pensionabile tra uomini e donne, sancita dalla sentenza del 13 novembre 2008 della Corte di giustizia europea, per la violazione dell'articolo 141 del Trattato dell'Unione europea, che riguarda «la parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore»;
in seguito alla violazione dell'articolo 141 del Trattato dell'Unione europea, il Governo - e in particolare i Ministri Sacconi e Brunetta, rispettivamente Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione - è chiamato a rispondere a breve, pena la comminazione di una probabile onerosa sanzione ai danni dell'Italia per mancato recepimento dell'istanza europea e mancata armonizzazione del sistema pensionistico Inpdap,

impegna il Governo:

a dare corso alle indicazioni provenienti dalla Commissione europea, armonizzando il nostro sistema di welfare, riconsiderando il sistema previdenziale, come suggerito da illustri economisti, dal Governatore della Banca d'Italia Draghi e dall'Ocse, al fine di liberare le risorse necessarie al finanziamento del nuovo sistema di ammortizzatori sociali e, in tale quadro, a procedere nell'immediato a un'equiparazione dell'età pensionabile di uomini e donne nella pubblica amministrazione, come previsto dalla condanna europea con la sentenza del 13 novembre 2008;
ad adottare iniziative per ripristinare la delega prevista dalla legge 24 dicembre 2007, n. 247, per la riforma degli ammortizzatori sociali, al fine di creare «uno strumento unico indirizzato al sostegno del reddito e al reinserimento lavorativo dei soggetti disoccupati senza distinzione di qualifica, appartenenza settoriale, dimensione di impresa e tipologia di contratti di lavoro», integrato, sulla base del modello di welfare to work, con le politiche attive del lavoro e con un regime sanzionatorio dei comportamenti elusivi dell'impegno a una ricerca attiva dei lavoro da parte del disoccupato;
a provvedere ad una riforma integrale degli ammortizzatori sociali, al fine di creare un unico sistema universale di integrazione al reddito per le persone che passano dallo stato di occupazione allo stato di disoccupazione involontaria, senza distinzione (al contrario di quanto accaduto finora) di qualifica, appartenenza settoriale, dimensione di impresa e tipologia di contratti di lavoro.
(1-00220)
«Zamparutti, La Malfa, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Guzzanti, Lehner, Mecacci, Nucara, Maurizio Turco».

La Camera,
premesso che:
la crisi mondiale, che ha parzialmente investito anche l'Italia, ha solo evidenziato la gravità della situazione assistenziale e previdenziale esistente nel nostro Paese e non certamente creato l'attuale dissesto sociale derivante dalla concessione di ammortizzatori sociali solo a particolari categorie di lavoratori, minando la coesione sociale necessaria a superare tutti assieme, senza escludere nessuno, la crisi in corso;
l'Ocse, il 23 giugno 2009, ha rilevato come la spesa pensionistica in Italia assorba circa un terzo delle uscite statali complessive, ovvero quasi il doppio rispetto alla media degli altri Paesi Ocse. La previdenza pesa per il 30 per cento sul bilancio statale italiano, contro il 16 per cento della media Ocse. Secondo l'Ocse, un sistema così concepito induce a sottrarre risorse di spesa pubblica a altri settori preferibili, quali il welfare e l'istruzione. I contributi previdenziali raggiungono, inoltre, il 33 per cento degli stipendi, rispetto a una media Ocse del 21 per cento. L'istituto ha, inoltre, rilevato come l'applicazione delle riforme delle pensioni in Italia avanzi molto lentamente rispetto agli altri Paesi dell'Ocse e come, inoltre, molti dei cambiamenti vitali per la sostenibilità finanziaria dei costi del sistema previdenziale siano stati ripetutamente rinviati;
le recenti stime Ocse prevedono un calo del prodotto interno lordo del 5,3 per cento per tutto il 2009 e salvo una lieve, ma insufficiente, ripresa nel 2010, con un più 0,4 per cento;
il 29 maggio 2009 il Governatore della Banca d'Italia, dottor Mario Draghi, ha rilevato come, negli ultimi 20 anni, quella italiana sia stata una storia di produttività stagnante, bassi investimenti, bassi salari, bassi consumi, tasse alte e come una risposta incisiva all'emergenza sia possibile solo se accompagnata da comportamenti e da riforme che rialzino la crescita dal basso sentiero degli ultimi decenni. Serve, ad avviso del Governatore, una riforma organica e rigorosa, che razionalizzi l'insieme degli ammortizzatori sociali esistenti e ne renda più universali i trattamenti;
secondo il dottor Lorenzo Bini Smaghi, membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea, l'Italia deve fare attenzione al debito e contenere l'indebitamento pubblico, in quanto se la disoccupazione resterà elevata per lungo tempo, comprimerà la crescita. Secondo Bini Smaghi, non bisogna aspettare la ripresa, ma occorre riformare il mercato del lavoro, il che comporta il riassetto del welfare in generale, e riequilibrare la spesa sociale;
l'indagine Istat delle forze di lavoro in Italia segna un tasso di occupazione nella popolazione tra i 15 e i 64 anni fermo al 57,4 per cento nel primo trimestre 2009, pari a 22.966.000 occupati, con un calo dello 0,9 per cento; su base annua si stima che la perdita dell'impiego coinvolgerà 204.000 unità di lavoratori;
il tasso di disoccupazione passa, dal 7,1 per cento del primo trimestre 2008, all'attuale 7,9 per cento, contando circa 1.982.000 unità di lavoratori in cerca di un'occupazione e registrando un ulteriore aumento tendenziale rispetto alle quattro stime precedenti, registrando più 221.000 unità di disoccupati in più, pari al più 12,5 per cento rispetto al primo trimestre 2008;
il recente rapporto Istat sulle forze lavoro indica numeri preoccupanti specie al Sud: nel Mezzogiorno il tasso di inattività registra un significativo incremento (dal 47,9 per cento del primo trimestre 2008 al 48,8 per cento);
il «decreto anticrisi» varato pochi mesi fa dal Governo tutela non più del 12,5 per cento dei lavoratori parasubordinati, del 20 per cento degli apprendisti e del 60 per cento delle persone con contratti a tempo determinato, ovvero non tutela proprio chi ne avrebbe più bisogno, dal momento che, secondo i dati Istat, nell'ultimo anno sono rimasti disoccupati 154 mila lavoratori con contratto a tempo determinato, 107 mila lavoratori con collaborazioni coordinate e continuative, 163 mila lavoratori autonomi;
l'Italia ha un sistema di ammortizzatori sociali e welfare che non garantisce la totalità dei lavoratori, con un tasso di disoccupazione che potrebbe non solo toccare la soglia del 10 per cento nel 2009, ma continuare a crescere anche successivamente: il 70 per cento dei disoccupati non è coperto da alcun ammortizzatore sociale ed anche le stime più prudenti indicano in oltre un milione il numero dei nuovi disoccupati in Italia entro il 2010;
i due terzi della spesa sociale continuano ad essere vincolati alla spesa pensionistica, anche perché l'Italia ha l'età pensionabile tra le più basse nell'Unione europea (si noti che l'aspettativa di vita è salita a 78,5 anni per gli uomini, che vanno in pensione in media a 58 anni, ed a 84 per le donne, che vanno in pensione in media a 57 anni);
per completare la cosiddetta «riforma Biagi» del mercato del lavoro è necessario «disporre anche in Italia di un nuovo assetto della regolazione e del sistema di incentivi e ammortizzatori, che concorra a realizzare un bilanciamento tra flessibilità e sicurezza»;
è necessario riformare integralmente il sistema delle integrazioni al reddito dei disoccupati, con un sistema universale di ammortizzatori sociali che assicuri il lavoratore nel momento in cui passa dallo stato di occupazione a quello di disoccupazione involontaria, come è stato ripetutamente ribadito dallo stesso Marco Biagi in numerose pubblicazioni;
le risorse per realizzare la necessaria riforma degli ammortizzatori sociali possono essere reperite anche attraverso l'equiparazione dell'età pensionabile delle donne a quella degli uomini e l'innalzamento graduale della stessa per tutti, uomini e donne, a 65 anni non oltre il 2018. In questo modo si reperirebbero risorse, a regime, fino a 7 miliardi di euro ogni anno, da destinare proprio al welfare universalistico, sul modello del welfare to work (governare la disoccupazione, riqualificare i lavoratori un tempo impiegati in settori decotti e di ricollocarli sul mercato del lavoro), ed alle pensioni più basse;
il Governo ha lasciato scadere, senza esercitarla, la delega prevista dal comma 28 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, che impegnava il Governo ad emanare, entro 12 mesi, uno o più decreti legislativi finalizzati a riformare la materia degli ammortizzatori sociali per il riordino degli istituti a sostegno del reddito, nel rispetto del principi e criteri definiti dalla stessa legge;
il 25 giugno 2009 è giunta la messa in mora della condanna europea in materia di regime previdenziale Inpdap per la mancata equiparazione dell'età pensionabile tra uomini e donne, sancita dalla sentenza del 13 novembre 2008 della Corte di giustizia europea, per la violazione dell'articolo 141 del Trattato dell'Unione europea, che riguarda «la parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore»;
in seguito alla violazione dell'articolo 141 del Trattato dell'Unione europea, il Governo - e in particolare i Ministri Sacconi e Brunetta, rispettivamente Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione - è chiamato a rispondere a breve, pena la comminazione di una probabile onerosa sanzione ai danni dell'Italia per mancato recepimento dell'istanza europea e mancata armonizzazione del sistema pensionistico Inpdap,

impegna il Governo

a definire, nei tempi e nei modi suggeriti dall'andamento della crisi e con il coinvolgimento delle parti sociali, l'armonizzazione del nostro sistema di welfare in coerenza con gli indirizzi europei, sia in tema di previdenza, sia in tema di ammortizzatori sociali, sulla base del modello di welfare to work.
(1-00220)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Zamparutti, La Malfa, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Guzzanti, Lehner, Mecacci, Nucara, Maurizio Turco».

La Camera,
premesso che:
gli ammortizzatori sociali sono un intervento che ha ricadute diverse a seconda delle aree territoriali e delle regioni alle quali si rivolge. Nel Sud, pur essendo presente una realtà industriale, questa ha numeri di occupati e presenza territoriale assai diversa dal Nord del Paese;
in tale ambito la cassa integrazione non può essere l'unica modalità attraverso la quale leggere l'impatto della crisi attraversata dal sistema produttivo nazionale: infatti, il Mezzogiorno è caratterizzato da una forte presenza di lavoro precario e da una disoccupazione rilevante;
nelle regioni del Mezzogiorno i disoccupati, di fatto, sono senza ammortizzatori sociali, mentre le risorse finanziarie destinate al Mezzogiorno sono utilizzate per affrontare la crisi dell'intero Paese, oltretutto le regioni del Mezzogiorno non hanno gli strumenti per erogare direttamente misure che affrontino la grave crisi occupazionale;
l'economia del Mezzogiorno, attraverso la concatenazione fra problemi irrisolti e minacce derivanti dalla globalizzazione, è ancora più fragile con gravi problemi strutturali, non attraendo investimenti ed esportando in maniera largamente insufficiente;
sovente si afferma che la crisi economica riguarda soprattutto il Centro-Nord: la realtà è ben altra e più complessa, più articolata e più difficile;
le ragioni del convincimento che la crisi economica riguardi esclusivamente il Nord risiede nell'osservazione esclusiva dell'indicatore congiunturale della cassa integrazione. Infatti, ad esempio, i dati della cassa integrazione guadagni ordinaria relativi al mese di febbraio 2009 furono impressionanti: risultava che la crescita delle ore autorizzate rispetto al 2008 raggiungeva il 527 per cento nel Nord, il 386 per cento nel Centro e il 300 per cento nel Sud. Su 65 milioni di ore, ben 50 milioni erano nelle regioni del Centro-Nord: oggi questi dati sembrano migliorare grazie all'azione del Governo;
il quadro cambia profondamente se si analizzano i dati dell'indagine Istat sulle forze lavoro, relativi al quarto trimestre 2008, sulla cui base emerge che il mercato del lavoro meridionale è realmente drammatico. Infatti, al Sud alla fine del 2008 l'occupazione si è ridotta di 126 mila unità rispetto al 2007. Nel medesimo periodo nel Centro-Nord, pur con un forte rallentamento, l'occupazione è aumentata di 150 mila unità;
relativamente alla sola industria meridionale, questa ha perso nel 2008 circa 65 mila addetti, mentre il settore delle costruzioni ne ha persi altri 30 mila. Questi dati, che non sono riscontrabili nella crescita della cassa integrazione, ci dicono che migliaia di lavoratori con contratto a termine, una delle categorie dei precari fortemente presente nel Mezzogiorno, sono irrimediabilmente senza lavoro e senza reddito, nonché privi di copertura di un sistema di ammortizzatori sociali adeguato;
i dati del 2009 nel settore industriale meridionale, pur non ancora ufficiali, ugualmente raccontano della terribile situazione sul versante dei licenziamenti nelle piccole imprese dell'indotto e nell'appalto dei grandi insediamenti produttivi, che da sempre ricorrono ai contratti a termine. Scatta, infatti, la cassa integrazione ordinaria per i lavoratori dei grandi insediamenti della siderurgia (Taranto), dell'auto (Pomigliano d'Arco, Termini Imerese, Termoli, Sulmona, Cnh di Lecce ed altri), della meccanica varia (elettrodomestici in Campania), della metallurgia non ferrosa e chimica di base sarda (Portovesme, Porto Torres), della componentistica pugliese, del mobile imbottito murgiano-lucano, del tessile, abbigliamento e calzaturiero; mentre per i contratti a termine delle piccole imprese scattano i licenziamenti;
questo è un quadro che, anche se riferito alla sola industria, evidenzia la necessità di dare risposte immediate nell'ambito del sostegno ai redditi, oltre che in supporto al sistema produttivo. Ma il sistema attuale degli ammortizzatori sociali si presenta incompleto ed asimmetrico, non in grado di assicurare le tutele universali;
con la crisi sono emerse gerarchie di gravità sempre maggiori. Ci sono coloro che hanno perso il posto di lavoro e hanno meccanismi di protezione sociale, a cominciare dalla cassa integrazione. Ci sono i disoccupati da lungo tempo, sopra i cinquant'anni, che non sanno come rientrare nel circuito attivo, ci sono i laureati e i giovani in genere che non riescono ad entrare nel mondo del lavoro, a ciò si deve aggiungere l'emergenza, che impone di non lasciare centinaia di migliaia di persone di colpo a reddito zero;
giova ricordare che l'accordo Governo-regioni sugli ammortizzatori sociali è stato finanziato quasi totalmente con fondi delle regioni meridionali. Degli 8 miliardi complessivi, 2,6 miliardi sono a carico del fondo sociale europeo e ben 4 miliardi sono del fondo per le aree sottoutilizzate, per l'85 per cento vincolato alle regioni meridionali. Questo pur importante e prezioso accordo copre il sistema cassa integrazione e deroghe, ma ovviamente non interviene su quella parte di mercato del lavoro meridionale che registra i licenziamenti, non interviene sul precariato, non interviene con alcuna norma di sostegno al reddito;
il vero intervento di ammortizzatori sociali per il Mezzogiorno dovrebbe essere quello di avviare e sostenere una serie di misure che affrontino il disequilibrio tra Nord e Sud, tenendo conto delle peculiarità del Mezzogiorno attraverso forme di promozione dell'occupazione, sia di quella giovanile, che di quella in uscita dalle realtà di piccole, medie e grandi imprese;
con il decreto-legge n. 78 del 2009 il Governo, ferme restando le iniziative intraprese a sostegno delle imprese, è intervenuto con azioni nei confronti di lavoratori che sono percettori di sostegno al reddito, al fine di sviluppare progetti di formazione e riqualificazione; inoltre, si è provveduto al rifinanziamento delle proroghe a 24 mesi della cassa integrazione per cessazione attività e all'aumento del 20 per cento del trattamento di integrazione salariale nei contratti di solidarietà;
interventi, quelli attivati dal Governo, certamente positivi, ma che ancora una volta vengono finanziati da risorse del fondo per le aree sottoutilizzate, quindi del Mezzogiorno, che sono state destinate al fondo sociale per l'occupazione, e in ogni caso ancora insufficienti per contrastare la disoccupazione e l'inoccupazione presente nel Sud e che ancora meno affrontano in maniera decisa la precarietà lavorativa e la povertà di larghe fasce di popolazioni del Sud,

impegna il Governo:

ad attuare e finanziare in maniera adeguata, nel quadro della riforma degli ammortizzatori sociali, iniziative che tendano a colmare il disequilibrio tra il Nord e il Sud del Paese, attraverso forme di promozione dell'occupazione e di sostegno al reddito nelle regioni meridionali, in particolare nei casi di crisi occupazionale, anche assegnando sgravi fiscali a quelle imprese, in particolare piccole e medie, che assumono a tempo indeterminato e investendo risorse congrue per favorire iniziative imprenditoriali di microimprese da parte di giovani meridionali;
a promuovere e sostenere tutte le iniziative per garantire la tutela dei lavoratori precari e atipici che perdono il lavoro, anche favorendone la stabilizzazione;
a considerare e a promuovere l'accesso al microcredito da parte di soggetti, disoccupati da almeno 12 mesi, inattivi o appartenenti a categorie svantaggiate, residenti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia;
a favorire il sostegno alle famiglie, in particolare ai lavoratori delle piccole e medie imprese, comprese quelle artigiane, del commercio e dell'agricoltura, nonché ai lavoratori atipici, che rappresentano più del 90 per cento della realtà del nostro Paese e sono destinatari degli ammortizzatori sociali in deroga, anche adottando iniziative normative volte a non computare ai fini del rispetto del patto di stabilità interno gli stanziamenti destinati al sostegno del reddito dei lavoratori espulsi dai processi produttivi.
(1-00223)
«Lo Monte, Belcastro, Commercio, Iannaccone, Latteri, Lombardo, Sardelli, Brugger».

La Camera,
premesso che:
gli ammortizzatori sociali sono un intervento che ha ricadute diverse a seconda delle aree territoriali e delle regioni alle quali si rivolge. Nel Sud, pur essendo presente una realtà industriale, questa ha numeri di occupati e presenza territoriale assai diversa dal Nord del Paese;
in tale ambito la cassa integrazione non può essere l'unica modalità attraverso la quale leggere l'impatto della crisi attraversata dal sistema produttivo nazionale: infatti, il Mezzogiorno è caratterizzato da una forte presenza di lavoro precario e da una disoccupazione rilevante;
nelle regioni del Mezzogiorno i disoccupati, di fatto, sono senza ammortizzatori sociali, mentre le risorse finanziarie destinate al Mezzogiorno sono utilizzate per affrontare la crisi dell'intero Paese, oltretutto le regioni del Mezzogiorno non hanno gli strumenti per erogare direttamente misure che affrontino la grave crisi occupazionale;
l'economia del Mezzogiorno, attraverso la concatenazione fra problemi irrisolti e minacce derivanti dalla globalizzazione, è ancora più fragile con gravi problemi strutturali, non attraendo investimenti ed esportando in maniera largamente insufficiente;
sovente si afferma che la crisi economica riguarda soprattutto il Centro-Nord: la realtà è ben altra e più complessa, più articolata e più difficile;
le ragioni del convincimento che la crisi economica riguardi esclusivamente il Nord risiede nell'osservazione esclusiva dell'indicatore congiunturale della cassa integrazione. Infatti, ad esempio, i dati della cassa integrazione guadagni ordinaria relativi al mese di febbraio 2009 furono impressionanti: risultava che la crescita delle ore autorizzate rispetto al 2008 raggiungeva il 527 per cento nel Nord, il 386 per cento nel Centro e il 300 per cento nel Sud. Su 65 milioni di ore, ben 50 milioni erano nelle regioni del Centro-Nord: oggi questi dati sembrano migliorare grazie all'azione del Governo;
il quadro cambia profondamente se si analizzano i dati dell'indagine Istat sulle forze lavoro, relativi al quarto trimestre 2008, sulla cui base emerge che il mercato del lavoro meridionale è realmente drammatico. Infatti, al Sud alla fine del 2008 l'occupazione si è ridotta di 126 mila unità rispetto al 2007. Nel medesimo periodo nel Centro-Nord, pur con un forte rallentamento, l'occupazione è aumentata di 150 mila unità;
relativamente alla sola industria meridionale, questa ha perso nel 2008 circa 65 mila addetti, mentre il settore delle costruzioni ne ha persi altri 30 mila. Questi dati, che non sono riscontrabili nella crescita della cassa integrazione, ci dicono che migliaia di lavoratori con contratto a termine, una delle categorie dei precari fortemente presente nel Mezzogiorno, sono irrimediabilmente senza lavoro e senza reddito, nonché privi di copertura di un sistema di ammortizzatori sociali adeguato;
i dati del 2009 nel settore industriale meridionale, pur non ancora ufficiali, ugualmente raccontano della terribile situazione sul versante dei licenziamenti nelle piccole imprese dell'indotto e nell'appalto dei grandi insediamenti produttivi, che da sempre ricorrono ai contratti a termine. Scatta, infatti, la cassa integrazione ordinaria per i lavoratori dei grandi insediamenti della siderurgia (Taranto), dell'auto (Pomigliano d'Arco, Termini Imerese, Termoli, Sulmona, Cnh di Lecce ed altri), della meccanica varia (elettrodomestici in Campania), della metallurgia non ferrosa e chimica di base sarda (Portovesme, Porto Torres), della componentistica pugliese, del mobile imbottito murgiano-lucano, del tessile, abbigliamento e calzaturiero; mentre per i contratti a termine delle piccole imprese scattano i licenziamenti;
questo è un quadro che, anche se riferito alla sola industria, evidenzia la necessità di dare risposte immediate nell'ambito del sostegno ai redditi, oltre che in supporto al sistema produttivo. Ma il sistema attuale degli ammortizzatori sociali si presenta incompleto ed asimmetrico, non in grado di assicurare le tutele universali;
con la crisi sono emerse gerarchie di gravità sempre maggiori. Ci sono coloro che hanno perso il posto di lavoro e hanno meccanismi di protezione sociale, a cominciare dalla cassa integrazione. Ci sono i disoccupati da lungo tempo, sopra i cinquant'anni, che non sanno come rientrare nel circuito attivo, ci sono i laureati e i giovani in genere che non riescono ad entrare nel mondo del lavoro, a ciò si deve aggiungere l'emergenza, che impone di non lasciare centinaia di migliaia di persone di colpo a reddito zero;
giova ricordare che l'accordo Governo-regioni sugli ammortizzatori sociali è stato finanziato quasi totalmente con fondi delle regioni meridionali. Degli 8 miliardi complessivi, 2,6 miliardi sono a carico del fondo sociale europeo e ben 4 miliardi sono del fondo per le aree sottoutilizzate, per l'85 per cento vincolato alle regioni meridionali. Questo pur importante e prezioso accordo copre il sistema cassa integrazione e deroghe, ma ovviamente non interviene su quella parte di mercato del lavoro meridionale che registra i licenziamenti, non interviene sul precariato, non interviene con alcuna norma di sostegno al reddito;
il vero intervento di ammortizzatori sociali per il Mezzogiorno dovrebbe essere quello di avviare e sostenere una serie di misure che affrontino il disequilibrio tra Nord e Sud, tenendo conto delle peculiarità del Mezzogiorno attraverso forme di promozione dell'occupazione, sia di quella giovanile, che di quella in uscita dalle realtà di piccole, medie e grandi imprese;
con il decreto-legge n. 78 del 2009 il Governo, ferme restando le iniziative intraprese a sostegno delle imprese, è intervenuto con azioni nei confronti di lavoratori che sono percettori di sostegno al reddito, al fine di sviluppare progetti di formazione e riqualificazione; inoltre, si è provveduto al rifinanziamento delle proroghe a 24 mesi della cassa integrazione per cessazione attività e all'aumento del 20 per cento del trattamento di integrazione salariale nei contratti di solidarietà;
interventi, quelli attivati dal Governo, certamente positivi, ma che ancora una volta vengono finanziati da risorse del fondo per le aree sottoutilizzate, quindi del Mezzogiorno, che sono state destinate al fondo sociale per l'occupazione, e in ogni caso ancora insufficienti per contrastare la disoccupazione e l'inoccupazione presente nel Sud e che ancora meno affrontano in maniera decisa la precarietà lavorativa e la povertà di larghe fasce di popolazioni del Sud,

impegna il Governo:

ad assumere, nel quadro della riforma degli ammortizzatori sociali, iniziative che tendano a colmare il disequilibrio tra il Nord e il Sud del Paese, attraverso misure finalizzate a favorire l'occupazione, soprattutto nelle piccole e medie imprese;
ad incentivare e sostenere le iniziative di auto-impiego e di microimpresa, anche facilitando l'accesso al credito e al microcredito;
a rafforzare, d'intesa con le regioni, iniziative e misure di politiche attive del lavoro;
ad individuare, solo in tale ambito, forme di sostegno al reddito, al fine di superare ogni forma di assistenzialismo.
(1-00223)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Lo Monte, Belcastro, Commercio, Iannaccone, Latteri, Lombardo, Sardelli, Brugger».