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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 222 di martedì 29 settembre 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 9,05.

GIUSEPPE FALLICA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 24 settembre 2009.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alessandri, Balocchi, Brancher, Brugger, Cirielli, Gregorio Fontana, Lo Monte, Lusetti, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Molgora, Nucara, Pescante e Scajola sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di petizioni.

PRESIDENTE. Invito l'onorevole segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

GIUSEPPE FALLICA, Segretario, legge:
FULVIO FIORENTINI, da Civita Castellana (Viterbo), chiede la riforma delle modalità di accesso al pubblico impiego, al fine di assicurare la più ampia partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica (701) - alla XI Commissione (Lavoro);
SIMONA ANDREOZZI, da Roveredo in Piano (Pordenone), e numerosi altri cittadini chiedono il potenziamento dei servizi scolastici per l'infanzia a Roveredo in Piano (702) - alla VII Commissione (Cultura);
CARLO TASCIOTTI, da Roma, e altri cittadini chiedono l'istituzione dell'ordine professionale e dell'albo degli statistici (703) - alla VII Commissione (Cultura);
MARINO SAVINA, da Roma, chiede l'inasprimento delle sanzioni per i delitti contro i minori (704) - alla II Commissione (Giustizia);
ALESSANDRO ROCCHI, da Roma, chiede:
che dal 1o giugno al 15 settembre non possano svolgersi votazioni per elezioni politiche, amministrative e referendarie e che i cittadini non possano essere chiamati alle urne più di una volta all'anno, nonché modifiche alla disciplina dell'istituto referendario (705) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
misure per accelerare la ricostruzione nelle aree dell'Abruzzo colpite dagli eventi sismici di quest'anno (706) - alla VIII Commissione (Ambiente);
che il riordino delle norme in materia di intercettazioni telefoniche, attualmente Pag. 2all'esame del Parlamento, non determini una riduzione delle capacità di contrasto e repressione dei reati (707) - alla II Commissione (Giustizia);
MATTEO LA CARA, da Vercelli, chiede:
che i politici siano tenuti a presentare un certificato che ne attesti l'estraneità alle organizzazioni mafiose (708) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
che, nell'ambito della riforma federalista, sia introdotta la forma di governo del cancellierato (709) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
che le regioni eroghino un assegno integrativo ai soggetti con un reddito inferiore a 450 euro (710) - alla XII Commissione (Affari sociali);
CESARE COSTANTINI, da Roma, e numerosissimi altri cittadini chiedono interventi per assicurare il tempo pieno nelle scuole primarie e secondarie di primo grado del Friuli-Venezia Giulia (711) - alla VII Commissione (Cultura);
MORENO SGARALLINO, da Terracina (Latina), chiede:
che nei biglietti delle lotterie nazionali siano indicate le probabilità di vincita (712) - alla VI Commissione (Finanze);
misure per assicurare l'identificazione del personale sanitario (713) - alla XII Commissione (Affari sociali);
misure per verificare le capacità di guida e la conoscenza del codice della strada da parte dei cittadini stranieri residenti in Italia (714) - alla IX Commissione (Trasporti);
FRANCESCO CIERI, da Termoli (Campobasso), chiede l'introduzione di un'addizionale alle imposte sui redditi da destinare agli interventi in favore delle aree dell'Abruzzo colpite dagli eventi sismici di quest'anno (715) - alla VI Commissione (Finanze);
AGOSTINO PARISI e VINCENZO PARISI, da Palermo, chiedono la corretta applicazione delle norme in materia di collocamento preferenziale sul mercato del lavoro degli ex appartenenti alle Forze armate (716) - alla IV Commissione (Difesa);
MASSIMO BUONOMO, da Casoria (Napoli), chiede il riordino delle istituzioni rappresentative dei cittadini italiani residenti all'estero e l'incremento delle risorse destinate all'assistenza dei medesimi cittadini (717) - alla III Commissione (Affari esteri).

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1749 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, recante disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009 (Approvato dal Senato) (A.C. 2714) (ore 9,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, recante disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009.
Ricordo che nella seduta di ieri è iniziata la discussione sulle linee generali.

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 2714)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Quartiani. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, altri colleghi hanno già avuto modo di soffermarsi su molti degli errori che sono contenuti in questo decreto-legge, errori di impostazione che consideriamo parte fondamentale di un approccio sbagliato del Governo di fronte alla crisi economica ed al proseguire di una condizione difficile del Paese per Pag. 3quanto riguarda soprattutto i livelli occupazionali e la tenuta del sistema delle imprese italiane.
Ma prima ancora che discutere attorno a questioni che attengono alla politica economica e di bilancio seguita da questo Governo - avremmo modo di farlo in occasione dell'apertura della sessione di bilancio tuttavia, com'è naturale, non possiamo non farvi riferimento anche oggi - ricordo che discutiamo di un decreto-legge correttivo di una manovra che si è voluta anticipata alla fine di luglio e che sostanzialmente ha sottratto alla legge finanziaria il compito di definire indirizzi di investimento, di spesa e di innovazione rispetto alla legislazione vigente.
La legge finanziaria si è trasformata, come si vede e come si vedrà, in una legge che non è in grado di implementare e definire le iniziative del Governo e la discussione del Parlamento attorno a indirizzi che dovrebbero essere già contenuti nel DPEF a correzione anche della legislazione vigente.
Di anno in anno ci troviamo naturalmente di fronte ad esigenze diverse dal prorogare in maniera astratta e semplicistica norme che non possono riproporsi così come sono di fronte all'aggravarsi della crisi economica o di fronte ad una serie di emergenze che il Paese è costretto ad affrontare, da quelle che riguardano l'integrazione e l'accoglienza degli immigrati al settore scolastico, alla domanda di ammortizzatori sociali alla crescita della divaricazione dei redditi e addirittura all'aumento delle povertà e delle condizioni di povertà di tante famiglie, di tanti individui e persone nel nostro Paese.
Naturalmente questo quadro si iscrive all'interno di un atteggiamento del Governo e della maggioranza che stressa e debilita le istituzioni democratiche e rappresentative in un rapporto sempre più dettato da una logica dirigista e populista alla quale si ispirano il Governo e la Presidenza del Consiglio che tende a rappresentare questo Parlamento come un ostacolo alla realizzazione di politiche che, peraltro, tendono a limitarsi alla registrazione, ad esempio nel campo economico, di ciò che accade e di ciò che consegnerà il mercato nel futuro, anziché tendere a realizzare politiche che vi intervengano per regolare questo mercato, per indirizzarlo, per renderlo meno astrattamente una condizione che agisce negativamente sulle relazioni tra persone e potenze sociali che sono costrette ad operare - lo ripeto - in una situazione di grave difficoltà economica.
Tutte le istituzioni internazionali, finanziarie, economiche che si occupano in particolare delle previsioni ci dicono che, anche a fronte di una leggera crescita del PIL nei Paesi occidentali e nella stessa Europa, vi sarà comunque una lunghissima coda che durerà anni che riguarda la possibilità di dare occupazione e una prospettiva di lavoro anzitutto a coloro che già sono occupati ma, prima ancora, a coloro che devono essere occupati e inseriti nel mondo del lavoro - penso soprattutto alle fasce giovanili e alle donne - che sono le più colpite insieme ai giovani in questa crisi.
Ebbene, in queste condizioni il Governo decide, anche attorno alla definizione di proprie decisioni di carattere economico che si iscrivono all'interno di politiche e di norme che sono scritte all'interno di decreti, di riproporci un decreto correttivo di una manovra che già era stata imposta con la fiducia a questo Parlamento negli ultimi giorni di luglio, un ulteriore motivo attraverso il quale vengono stressate e debilitate, come dicevo prima, le istituzioni, con una cura da cavallo di populismo e di dirigismo insieme, con una cultura politica che oserei definire popolaresca e antidemocratica.
Questa, signor Presidente, mi pare la prima emergenza nel nostro Paese, la prima emergenza che chiede a noi almeno di rappresentare al Paese una condizione nella quale probabilmente ci si costringerà ancora nelle prossime ore, cioè quella per cui non solo si propone un decreto correttivo di un provvedimento che aveva già sottratto alla legge finanziaria funzioni proprie di indirizzo, di intervento e che sottraeva già al Parlamento un ruolo proprio e una funzione di discussione, ma Pag. 4probabilmente ci si accinge anche a chiedere il voto di fiducia persino su un decreto correttivo che era stato uno degli elementi di discussione da parte del Governo con la Presidenza della Repubblica, affinché il Presidente garantisse la propria firma sul provvedimento di luglio.
Le correzioni che nel decreto correttivo erano contenute sono state stravolte nella discussione e nella norma, così come ci è stata qui presentata dopo che il Senato ha introdotto variazioni di rilievo, che non erano contenute nel decreto alla firma del Presidente della Repubblica, che correggeva il precedente decreto.
Mi riferisco soprattutto ad alcune questioni: in primo luogo, nel settore dell'energia, ai poteri ulteriori che vengono assegnati ai commissari per le reti di distribuzione e di trasporto di energia elettrica e di gas ed alla vicenda della produzione e dei siti di produzione, visto che oggi ci si orienta molto in termini di legislazione da parte dell'intervento del Governo, pensandolo in termini di urgenza, verso quello che dovrebbe essere l'impianto della scelta nucleare del Paese.
Ebbene, ad esempio, non ci si affida ad una politica di programmazione, ad un piano energetico, ad una conferenza energetica in cui tutti gli attori vengano chiamati ad una definizione comune con Governo, Parlamento, enti locali, regioni, società e aziende che operano all'interno del settore energetico per convenire su una scelta comune di interesse bipartisan di tutto il Paese, che anche qui, nel settore energetico, ha uno dei nodi di fondo da risolvere per alleggerire il peso dell'energia e il costo dell'energia sulle famiglie, per alleggerire il peso dell'energia sui costi di produzione, per migliorare il tasso di produttività del nostro Paese, per non dipendere sempre dall'estero, per modernizzare il nostro sistema, per allargarlo e liberalizzarlo. Sì, liberalizzarlo, perché voi avete dimenticato questa parola. Avete appreso come noi, ad esempio, che in Germania ha vinto una coalizione che allea CDU-CSU e liberali e quella coalizione intende rilanciare le liberalizzazioni.
Voi, anziché le liberalizzazioni, continuate ad applicare una logica ed una politica dirigista, che non è neanche di piano, ma che si affida semplicemente alla necessità del momento.
Ecco, allora, i commissari con poteri speciali che, al di là delle norme e delle leggi vigenti, possono forzare la situazione, e che bypassano la necessità costituzionale di definire politiche convergenti e scelte comuni tra Stato nazionale, regioni ed enti locali, soprattutto in campo di energia.
Voglio ricordarvi, infatti, che il Titolo V e l'articolo 117 della Costituzione ci riconducono alla necessità di dare corso, anche attraverso la nostra legislazione, in maniera appropriata, ad un modo di scrivere le norme che sia fedele a quanto scritto nella Carta costituzionale. Il trasporto, la distribuzione e la produzione di energia (ad esempio, per gli impianti di generazione sopra i 300 megawatt) sono questioni riconducibili ai poteri concorrenti e, quindi, non possono riguardare solo lo Stato centrale.
Continuate ad insistere e a ripercorrere gli stessi errori che avevate già percorso nella legislatura - la XIV - in cui avevate avuto la responsabilità di governare. Avevate previsto il cosiddetto «sblocca centrali», ma avete avuto come risultato un gran numero di contenziosi. Adesso utilizzate il commissariamento e avete un approccio alle questioni energetiche tale per cui avete contro tutte le regioni - anche quelle che governate - perché pretendete di imporre scelte che, invece, vanno condivise con le popolazioni.
In particolare, se parliamo della necessità di modernizzare e aprire la rete (sia elettrica che del gas), se parliamo della necessità di modernizzare questo sistema, se dobbiamo produrre energia in modo diffuso e coinvolgere le famiglie e le aziende in un processo di efficientamento e di efficienza, perché imporre che la rete si faccia in un certo modo, altrimenti è previsto un commissario? Perché imporre che si debba produrre in un certo modo, altrimenti è previsto un commissario?
Credo che questa sia una delle questioni con cui, in maniera evidente, stressate Pag. 5non solo le istituzioni, ma anche il rapporto con i rappresentanti dei cittadini locali, con quei cittadini che sarebbero interessati e pronti ad essere coinvolti in una politica energetica nuova ed innovativa, in cui, per la prima volta, grazie anche ad una serie di rivoluzioni nel campo della green economy, potrebbero essere direttamente interessati a diventare non solo utenti, ma anche agenti e produttori di energia. Non lo fate.
Signor Presidente, un'altra questione con cui voi Governo e voi maggioranza di centrodestra stressate il rapporto tra le istituzioni e i cittadini e il Paese è quella relativa all'introduzione, in maniera ampia, a seguito delle modifiche adottate dal Senato, dello spettro di disponibilità con riferimento al cosiddetto scudo fiscale.
Sembra che sia diventato l'unico strumento attraverso il quale pensate di ricavare qualche risorsa in più rispetto a quelle che non siete stati in grado di ricavare in questo periodo per rilanciare quella che avete chiamato - perché così l'ha definita il Ministro dell'economia - una «fase 2».
In altri termini, ci proporrete una Finanziaria in cui non è scritto niente, fatta solo di tabelle, e poi, come regalo natalizio, sperate che arrivi qualcosa a dicembre, entro il 15 del mese, da uno scudo fiscale che si è trasformato in un condono, quasi in un'amnistia. Per coloro che non rispettano la legge né la legalità, per coloro che, attraverso una serie di reati, hanno portato all'estero i capitali, per coloro che lo hanno fatto anche attraverso azioni criminose e criminali, aprite un beneficio di legge che li garantisce nei confronti dell'azione penale.
Ebbene, signor Presidente cosa accade? Proponete una «fase 2», che dipenderà tutta da quanto arriverà dallo scudo fiscale. E se non arriverà nulla? Se non arriverà nulla, non vi saranno soldi per la detassazione degli stipendi, né per i contratti, né per il tanto decantato «piano casa», né per la contrattazione aziendale.
Forse non ci saranno neanche i soldi per il 5 per mille, cioè i soldi di tutti i cittadini che pagano regolarmente le tasse. Voi dichiarate che il 5 per mille arriverà - forse - se coloro, che le tasse non le hanno pagate e le hanno evase, portando all'estero i capitali, reintrodurranno quei capitali in Italia, pagando solamente una piccola parte di tasse, cioè al massimo il 5 per cento. Da costoro, che sono stati evasori e non hanno pagato le tasse, dipenderà la circostanza che vengano messi a disposizione i soldi che noi che abbiamo presentato il modello Unico e il modello 730 abbiamo inteso indirizzare all'associazionismo, al terzo settore, alla cooperazione internazionale e alla cooperazione allo sviluppo. Il 5 per mille dei nostri redditi è in funzione del rientro di denaro proveniente dallo scudo fiscale, cioè dai benefici di legge e penali che voi volete regalare agli evasori. Bel gesto! E come volete arrivare a fine legislatura se non comincerete almeno ad intraprendere due grandi azioni, ad esempio il recupero dei soldi che servono a questo bilancio dello Stato, il cui debito è arrivato al 120 per cento del PIL, mentre il deficit ad oltre il 6 per cento? Come volete fare per affrontare una crisi economica che durerà nel tempo e certamente non ci libererà prima della fine della legislatura, prevista per il 2013?
Noi vorremmo partecipare con voi alla definizione di indirizzi chiari che vadano a favore del Paese, delle sue imprese e delle sue famiglie e invece «no», ci proponete lo scudo fiscale. E poi cosa ci proporrete?
Signor Presidente, ho già avuto modo di affermarlo in altre circostanze, ma è bene ripeterlo: repetita iuvant. In sede di aggiornamento di bilancio, il Governo e la maggioranza hanno sottoposto il Parlamento a qualcosa che non si era mai vista prima. In quella sede, sono stati spostati, a legislazione vigente, più di 17 miliardi di euro, pari ad un punto percentuale di PIL. Tale importo è stato spostato dalle spese previste per gli investimenti, quindi per il rilancio e lo sviluppo del Paese, che sono assai importanti, ed è stato destinato a coprire le spese correnti ordinarie, cioè le spese dei Ministeri e della burocrazia, quella spesa per la pubblica amministrazione Pag. 6che voi qui, un anno fa, signor Presidente e signor rappresentante del Governo, avevate annunciato che avreste tagliato. Avete fatto tagli lineari e il risultato è che la spesa corrente ordinaria dello Stato è aumentata dell'8 per cento e avete dovuto fare una cosa mai vista nella storia della Repubblica: avete spostato risorse dalle spese per investimenti previste a legislazione vigente, cioè previste non nella legge finanziaria, ma nella manovra di luglio e nell'aggiornamento di bilancio, a spese correnti ordinarie, perché non siete stati capaci neanche di realizzare quei tagli che voi avevate giudicato necessari. E dove volete prenderle le risorse? Dallo scudo fiscale. Non siete stati capaci di risparmiare e avete fatto crescere la spesa della pubblica amministrazione e dei Ministeri che governate. Questa è una vergogna per l'Italia, è una questione che gli italiani devono conoscere, perché la maggioranza degli italiani hanno affidato a voi il buon esito della politica di bilancio e i loro soldi, e voi li state buttando al vento. Non siete in grado neanche di imporre all'amministrazione centrale tagli e risparmi che sono necessari per ricavare risorse utili da mettere in campo per rilanciare l'economia nel nostro Paese e per venire incontro alle difficoltà delle famiglie, dei lavoratori dipendenti, degli artigiani e della piccola impresa.
Signor Presidente, perché il Governo ha ritenuto necessario lo scudo? Come dicevo, si tratta di un altro condono, quasi di un'amnistia, perché vengono garantiti coloro che hanno realizzato ricchezze attraverso reati nei confronti del fisco e truffando gli italiani e l'Italia. Perché, benché il Ministro Tremonti avesse promesso l'anno scorso che non avrebbe fatto neanche un condono?
Questo è più di uno condono: voi garantite il falso in bilancio, voi garantite penalmente coloro che hanno, in modo fraudolento, messo in discussione il buon rapporto che deve esistere tra l'amministrazione fiscale, lo Stato e i cittadini. Voi indicate una strada ai cittadini italiani eticamente discutibile, anzi da mettere in discussione, perché premiate coloro che, in modo fraudolento, sono venuti meno alla loro responsabilità invece di garantire un patto sociale e costituzionale tra cittadini fondato su un responsabile rapporto che riguarda la fiscalità generale. Voi fondate in questo la ricerca di risorse necessarie, per far fronte ad una vostra incapacità di governare, di gestire la cosa pubblica e premiate coloro che sono venuti meno alle loro responsabilità di cittadini di questo Paese. Che devono dire tutti coloro che non hanno mai usato alcuna tecnica, alcuno strumento di evasione o elusione fiscale e si tratta della stragrande maggioranza di coloro che operano nella piccola e media impresa, nel settore dell'artigianato e anche del commercio. Che devono dire di fronte a questo esempio? Devono fare lo stesso anche loro? Devono aspettarsi, magari tra un anno o due, un altro scudo fiscale, un altro condono, un'altra legalizzazione dei reati penali oltre che amministrativi o fiscali?
Signor Presidente, questo scudo fiscale è la vergogna di questo Governo e noi lo vogliamo dire in questo Parlamento, non semplicemente per denunciare. Avevamo avanzato delle proposte chiare in questo Parlamento, avevamo proposto di risparmiare in maniera selettiva, di indicare quali dovessero essere i settori dell'amministrazione dello Stato da cui ricavare un punto per cento di PIL, risparmiando, e di ricavare da questo risparmio risorse utili in parte per rilanciare lo sviluppo e per sostenere la aziende che, in questo periodo, non hanno un euro a disposizione, nemmeno in prestito dalle banche: i vostri Tremonti bond, come avete visto, non funzionano. In proposito avevate previsto entrate per qualche miliardo di euro. Ma come volete che, a livello di mercato, oggi, la gran parte degli istituti bancari si metta ad utilizzare un bond che costa l'8,5 per cento, una percentuale da strozzinaggio? Come volete che lo usino? Non lo fanno, quindi quei soldi non vi entrano, non vi entreranno e per questo avete introdotto lo scudo fiscale.
Signor Presidente, credo proprio che l'Italia si meriti qualcosa di diverso da questo Governo. Facendo così, invece, i Pag. 7confini dell'etica pubblica diventano assai labili. Neanche ci è consentito il dibattito parlamentare perché stiamo utilizzando la fase della discussione sulle linee generali ma oggi porrete la questione di fiducia dopo che avremmo votato le pregiudiziali di costituzionalità, perché è chiaro che un'amnistia non può essere introdotta con una normale legge o con un decreto-legge. Voi qui, con lo scudo fiscale, state introducendo sostanzialmente un'amnistia che avrebbe bisogno di una lettura assai diversa e di una maggioranza assai più qualificata di quella che voi porterete eventualmente a votare con un semplice voto di fiducia in questo Parlamento su un provvedimento che avete stravolto rispetto agli impegni che avevate assunto nel mese di agosto, nel momento in cui l'altro decreto-legge, il decreto «madre» della manovra, aveva presentato una serie di errori che dovevate correggere. Li avete talmente corretti che state ottenendo lo stesso effetto di quel cavaliere che, spinto dalla voglia di stravincere, salta su un cavallo ma si dà una spinta eccessiva e cade dall'altra parte. Evitiamo, signor Presidente, di far cadere dall'altra parte l'Italia, c'è ancora tempo, usiamo il Parlamento per discutere.
Il Governo e la maggioranza non siano così disattenti alle questioni che l'opposizione pone perché è un'opposizione responsabile. Evitiamo veemenza ed insulti, magari scambiando atteggiamenti di piccoli gruppuscoli e, anzi, vendendoli all'opinione pubblica, quasi che noi, il Partito Democratico e le altre forze nel Parlamento, siamo coloro che rappresentano frange estremiste che non contano nulla in questo Paese. Ciò avviene su tutte le questioni, dalla politica internazionale a quella di difesa e alle questioni dell'immigrazione.
Inoltre, non si vuole discutere né usare lo strumento parlamentare. Ma lo strumento parlamentare, nel momento in cui vi è una democrazia che tende ad essere maggioritaria, è anche utile alla maggioranza. Se proprio volete pensare al Parlamento come il luogo in cui la maggioranza è sostanzialmente il momento attraverso il quale si realizza la politica del Governo, allora non stressate la stessa maggioranza attraverso una serie infinita di decreti-legge, «decretini», decreti-legge che ne correggono altri e che impediscono ai colleghi di maggioranza di fare il loro mestiere. Consentite loro non solo di discutere ma di fare anche qualche proposta.
So che vi sono tanti colleghi nella maggioranza che non condividono questa impostazione che è stata data anche a questo decreto-legge e allo scudo fiscale. È possibile cambiarlo, è possibile tornare almeno allo spirito originario che non condividiamo ma che, almeno, aveva una propria costituzionalità. Invece «no»! Avete detto «sì» ad un emendamento al Senato proposto da un collega di maggioranza e il Governo ha dato parere positivo allo stravolgimento anticostituzionale che è proprio di questo decreto-legge. Ebbene, signor Presidente, credo che tutte queste siano ragioni per cui abbiamo la necessità, di nuovo, di insistere con la Presidenza della Camera, con i gruppi parlamentari e i loro responsabili e con tutto il Governo perché si riporti nella sede propria una discussione che potremmo certo fare sulla politica economica e di bilancio quando apriremo la sessione di bilancio. Tuttavia, se non concordiamo anche sulla necessità di fare svolgere al Parlamento il ruolo che gli compete, rischiamo di trovarci in una condizione in cui il Governo stesso non avrà neppure la possibilità di trovare e reperire il contributo necessario per essere sostenuto in quest'Aula.
A forza di pressioni e di imposizioni, è difficile che una maggioranza regga il tempo di una legislatura. Non abbiamo alcuna fretta e siamo pronti a discutere. La nostra discussione non è strumentale ad alcun intervento (né sarebbe oggi possibile con i numeri dati) sul piano politico che metta in discussione questa maggioranza e avanzi ribaltoni. Come sapete, questo non è il punto. Pertanto, non si può dire a questo Parlamento non discutete perché altrimenti ci ribaltate la politica del Governo. Non è così. Almeno aprite una fase seria di confronto con il Parlamento Pag. 8e con il Paese, rimettete in discussione alcune scelte che avevate fatto prima della crisi economica e che continuate a perseguire come se la crisi economica non ci fosse stata. Questo è profondamente sbagliato per l'Italia e per il Paese, ed è uno dei motivi per cui voteremo contro la conversione di questo decreto-legge.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fogliardi. Ne ha facoltà.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, vorrei cominciare proprio dalle ultime considerazioni del collega Quartiani.
Il sottosegretario Giorgetti sa benissimo - perché abbiamo affrontato questo argomento parlando di crisi economica anche a suo tempo in terra veneta - che, personalmente, di fronte alla gravissima crisi economica che attanaglia il Paese, credo che l'ipotesi di un rientro dei capitali dall'estero era una valutazione che si poteva quanto meno affrontare in un tavolo di discussione e di riflessione.
Avevo personalmente manifestato, anche quale professionista del settore, che molto probabilmente, se impostata in maniera corretta, se considerata come ultima spiaggia nei confronti dei molti evasori fiscali, se spiegata in termini di ritorno in termini di immissione nel ciclo produttivo del Paese, poteva essere una valutazione sulla quale, lo ripeto, si poteva quanto meno avviare un confronto serio in quest'Aula del Parlamento.
Così non è stato ed oggi ci troviamo a discutere di un provvedimento che è il frutto di un emendamento ad un altro emendamento su un problema di tale portata e di tale gravità, così come viene posto. Credo che il dibattito iniziato ieri, ma che già ci ha visto presenti anche in Commissione, abbia messo in risalto in tutta la sua gravità la questione: il premio ai furbi; l'anonimato agli evasori; le garanzie per il malaffare. Addirittura, anche il presunto terrorismo potrebbe trovare copertura in questo provvedimento.
Ma, oltre ai tanti e gravi messaggi, credo che ve ne siano almeno tre che, a mio giudizio, meritano di essere evidenziati. Intanto, parto da una riflessione: nel documento approvato nell'ultima Commissione di vigilanza sull'anagrafe tributaria (documento di ricerca proprio per affrontare il grave problema dell'evasione) si è arrivati al punto di ipotizzare un controllo collegato alla social card dei pensionati per verificarne gli eventuali pagamenti in nero.
Ebbene, su questo provvedimento ci siamo astenuti alla fine, perché ci sembrava paradossale che il problema dell'evasione venisse affrontato, tra l'altro, postulando anche un'ipotesi di questo tipo. Parto da questa considerazione per dire che realmente qui si cerca di uccidere il moscerino per far finta di non vedere l'elefante.
Vi sono in questo provvedimento, a mio giudizio, tre ordini di gravissimi fatti. Un primo elemento è dato da quella che è stata definita una sanatoria per i falsi in bilancio. Addirittura vi è la sanatoria per chi ha bruciato o ha gettato i libri contabili. Se volessimo fare una battuta diremmo che il Governo, con questo provvedimento, ha finalmente affrontato il tema della semplificazione fiscale e che il messaggio che viene mandato è il seguente: cari imprenditori, cari professionisti, bruciate, buttate, che tanto non serve più a niente; oggi è arrivato Babbo Natale per tempo.
Ma il problema è molto più grave se si pensa alle società fantasma, alle società controllate e collegate fatte ad hoc come scatole cinesi per imbrogliare, per raggirare, per nascondere, per scaricare, perché è vero che i reati che sono stati già scovati non potranno usufruire di questo beneficio, ma quanti altri se ne nascondono dietro ad ipotesi di questo tipo?
Tutti coloro che avranno usufruito e che avranno messo in atto marchingegni di questo genere finalmente potranno essere premiati e trovare la giusta soddisfazione.
Un secondo elemento - sul piano proprio educativo e civico a mio giudizio - gravissimo è il messaggio che con questo decreto-legge il Governo manda ai molti professionisti impegnati nella consulenza fiscale e tributaria. Parlo ovviamente di Pag. 9commercialisti, di consulenti del lavoro, di tributaristi, di avvocati, dei tanti professionisti seri cui mi onoro di appartenere conoscendone la categoria. Non sono quelli che hanno consulenziato le scatole cinesi o le società fantasma, ma quelli che anche oggi e domani si troveranno a fare le ore piccole per rispettare i tempi di spedizione dei tanti modelli unici, che scadranno proprio domani, e i tempi di redazione degli studi di settore, sui quale siete stati sordi e non avete voluto recepire nessuna possibilità di eccezionalità e cancellazione, anche sugli emendamenti e sugli ordini del giorno che avevamo proposto.
Sto insomma parlando dei tanti professionisti che in tanti anni di carriera si sono sempre prodigati per consigliare il cittadino contribuente nella maniera più corretta, per interpretare le leggi dello Stato, per raccomandare ai contribuenti che bisognava fare la propria parte del dovere, quei professionisti che si assumono la responsabilità di apporre, e che hanno apposto, i visti a molte dichiarazioni - non dimentichiamolo - assumendo una forte responsabilità. Sono quei professionisti, che in quest'Aula vorrei in questa occasione rappresentare, che sono con me nel corpo umano vene e arterie per condurre la linfa vitale in tutto quello che è il territorio, ovvero la partecipazione dei cittadini al sostenimento dello Stato e l'attuazione di quell'articolo 53 della Costituzione sulla capacità contributiva, che invita tutti a concorrere secondo le proprie disponibilità le proprie capacità.
Quindi, quei professionisti che seriamente hanno in questi anni consigliato e ragionato in questo modo oggi si sentiranno nuovamente beffati e si sentiranno dire dal proprio cliente: «Ha visto dottore che lei mi raccomandava sempre che dovevo fare, versare e dire? Ha visto come è andata a finire?». Quei professionisti oggi si sentono indirettamente dire oggi: «Cambiate mestiere, perché non ci sarà più bisogno di voi neanche in futuro e quella funzione vitale che avete rappresentato potrà essere benissimo accantonata».
Ma c'è un terzo elemento molto più grave ancora e concretamente percepibile. Le banche, ancora una volta, vengono premiate dal Governo con questo provvedimento. In questi giorni il sottoscritto, come tantissimi altri colleghi, si trova ad operare: ieri in studio ho ricevuto almeno sette telefonate di agenzie di credito che invitano a partecipare a convegni e a meeting perché stanno cercando di rastrellare il più possibile i proventi e i denari che arriveranno dall'estero in virtù di questo provvedimento.
Le banche avranno ancora una volta il premio senza che questo provvedimento nulla preveda a loro carico. Ho già avuto modo di sottolineare in Commissione che a nulla valgono le raccomandazioni e le esortazioni del Ministro Tremonti, quando dice che l'economia deve fare un passo indietro rispetto alla politica perché la politica dovrebbe controllare e comandare questi processi, quando noi assistiamo nel giro di pochi mesi che dopo la beffa che stiamo vivendo sulla moratoria che era stata concessa e applicata (o che si diceva doveva essere) le banche saranno anche premiate.
Quella moratoria non sta per essere assolutamente attuata perché rappresenta invece un ulteriore aggravio per i piccoli e medi imprenditori che addirittura quando devono accedere in banca devono chiedere se sono registrate irregolarità nelle retribuzioni ai dipendenti nell'ultimo anno; se hanno registrato irregolarità verso enti previdenziali; se hanno registrato contenziosi fiscali; se hanno fatto ricorso ad ammortizzatori sociali. Pensate un po' per chi doveva essere questa moratoria poi, molto probabilmente per qualche miliardario che di questi problemi non ne aveva. E ancora se allegano una copia di corrispondenza con il debitore e se sono disponibili a cedere la posizione; ancora, se i crediti elencati dovranno essere ceduti alla banca e la cessione dovrà contemplare tutta una serie di condizioni che dovranno essere comunicate; e ancora, che la banca si riserva se assoggettare la domanda o meno nel rispetto delle proprie procedure interne; e ancora, se la banca avrà titolo Pag. 10per richiedere il rimborso di eventuali danni, addirittura, in presenza magari di qualche irregolarità; dulcis in fundo nessun diritto o azione o danno potrà essere eccepito. Queste sono solo alcune, che per brevità e per rimanere nei termini mi limito ad enunciare, signor Presidente, delle condizioni gravissime che le banche sottopongono oggi agli imprenditori rendendo pressoché nulla la moratoria.
Ebbene a fronte di questo abbiamo un richiamo, una trattativa, una valutazione su quelli che potevano essere i benefici per gli istituti di credito? No, abbiamo un premio: banche, spalancate gli sportelli che arrivano denari dall'estero, premiando i furbi che magari avrete in qualche maniera facilitato e che oggi vi riempiono gratis et amore Dei.
Per tutti questi motivi ribadisco, Presidente, quale fosse la necessità di un dibattito serio, approfondito, in primis nelle Commissioni preposte dove si può attentamente valutare e disquisire di questo, ribadendo quanto enunciato inizialmente: non siamo contrari assolutamente, potevano esserci anche delle valutazioni da farsi per il recupero di quel denaro che può essere anche fondamentale, ma non si può andare a premiare molto probabilmente mafiosi, terroristi, camorristi e chi più ne ha più ne metta.
Di fronte a questo non possiamo non dire che non daremo il nostro voto favorevole all'ennesima beffa ai tanti italiani e ai tanti professionisti onesti che operano in questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vannucci. Ne ha facoltà.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, abbiamo visto con la conversione di questo decreto-legge l'ennesima scorrettezza di questa maggioranza e di questo Governo. Questo provvedimento ci consegna, secondo il nostro punto di vista, tre questioni che vorrei nel mio intervento brevemente analizzare. La prima ovviamente è sul merito, sul merito ci dobbiamo tornare. C'è stata sullo scudo fiscale, mi riferisco esclusivamente a questo, una discussione nel decreto-legge anticrisi, una discussione approfondita con vari tentativi da parte dei colleghi di maggioranza di inserire norme che la stessa maggioranza non condivideva.
Di fronte ad ogni tentativo che avveniva ogni giorno, i colleghi di maggioranza presentatori di vari emendamenti rimanevano spiazzati molto spesso dallo stesso Ministro Tremonti che diceva: non riconosco testi apocrifi, il nostro scudo fiscale si farà e si farà con il concerto dei Paesi europei, sulla stessa linea che hanno seguito e che seguiranno gli altri Paesi europei. È stata una furbata, perché poi con il decreto-legge correttivo che è stato approvato (di cui poi affronterò i problemi di metodo che sono ancor più gravi, se è possibile, dei problemi di merito) si è poi arrivati, invece, a quei famosi testi apocrifi che il Ministro Tremonti non riconosceva.
Con questo decreto-legge che ci apprestiamo a convertire, da una parte, vengono corrette le enormità che erano state previste per la Corte dei conti e che noi avevamo denunciato in Aula, si pone rimedio alla rivolta del Ministro dell'ambiente che veniva espropriato delle proprie funzioni e si correggono le enormità della norma sul Ponte sullo Stretto che, in quanto riferita proprio ad una persona specifica, presentava, quindi, profili di incostituzionalità evidenti; dall'altra parte, invece, riguardo allo scudo fiscale si è tornati ai famosi testi apocrifi che il Ministro Tremonti non riconosceva.
Quindi, secondo noi si è peggiorato il testo e la gravità, sottosegretario Giorgetti, sta nel fatto che qui si estende la franchigia ai reati penali impliciti nell'esportazione illecita dei capitali, ad una gamma che va dal falso in bilancio alla falsa fatturazione, all'occultamento, alla distruzione dei documenti contabili e alle false comunicazioni sociali, impedendo l'utilizzo degli elementi emersi anche nei procedimenti giudiziari che potranno essere avviati a carico dei beneficiari dello scudo. Tutto ciò, insieme alla garanzia dell'anonimato che nessun altro Paese concede, permette di nascondere fondi neri e capitali Pag. 11di ogni provenienza. Presidente, è stato eliminato, di fatto, l'obbligo di segnalazione ai fini dell'antiriciclaggio: credo che sia una triste pagina di questo Parlamento che dovrebbe consigliare alla maggioranza di fermarsi, di ripensarci, di ridiscutere tutta la materia.
Noi non abbiamo mai ostacolato l'idea dello scudo fiscale, in linea di principio. Sin dall'inizio abbiamo detto, infatti, che se questo si fa sulla base di un concerto europeo e, soprattutto, se si fa assieme ad una vera politica di contrasto ai paradisi fiscali, che ci sembra stia prendendo piede, non certo per merito del nostro Paese, ma per gli obblighi che l'OCSE ha stabilito e per il concerto che c'è stato con gli altri Paesi - del resto non può che essere così, lo dico anche a beneficio vostro e del nostro Paese: una vera, effettiva ed efficace lotta ai paradisi fiscali o è globale o non lo è, non può essere fatta da un singolo Stato - quindi, se c'è questa politica, forse possiamo dire ai cittadini: è l'ultima occasione, prendete l'ultimo treno per sistemare le vostre cose. Ma come sistemarle? Con questo tasso che va dall'1 al 5 per cento? È dimostrato ormai scientificamente che è assolutamente il più basso al mondo, forse si avvicina, ma per difetto, all'Argentina, non è certo in linea con quello che hanno fatto altri Paesi europei, come l'Inghilterra che viaggia al costo del 44 per cento, o gli Stati Uniti che viaggiano al costo del 49 per cento. Poi vi abbiamo detto: come pensate questa manovra sullo scudo fiscale, solo per fare cassa o che sia realmente efficace per la ripresa dell'economia?
Vi abbiamo detto inoltre: perché non differenziamo allora questo tasso del 5 per cento prevedendolo solo per chi fa rientrare i propri fondi dall'estero per capitalizzare le proprie aziende? In un Paese dove spesso diciamo che ci sono aziende povere e imprenditori ricchi, questa sarebbe stata la strada maestra; in un Paese dove in questo momento le imprese e le aziende soffrono di liquidità (che rappresenta il loro vero problema), forse questa sarebbe stata la molla affinché veramente questo scudo fiscale fosse utilizzato in funzione della ripresa.
Siete voluti andare avanti così, ad ogni costo, e oggi ci troviamo di fronte a questa forzatura, a questo colpo di mano, a questa pagina che ci espone al mondo come un Paese dove lo Stato di diritto è continuamente messo in discussione. Tutte le parole che noi abbiamo usato in questi mesi di crisi economica, i grandi richiami del Ministro Tremonti ad una nuova etica verso l'economia dove vanno a finire? Che messaggio mandiamo agli italiani e al Paese? Qual è il messaggio che mandiamo anche rispetto all'enciclica di Papa Benedetto XVI che tutti abbiamo salutato, preso a riferimento e giudicata opportuna? Forse il messaggio è che i furbi vengono sempre premiati? Il sottosegretario Giorgetti era presente in Commissione e io ho fatto una battuta che, Presidente Leone, ripropongo anche a lei. Il mio panettiere o il mio barbiere che subisce verifiche dalla Guardia di finanza...

PRESIDENTE. Il barbiere non ha bisogno della mia collaborazione.

MASSIMO VANNUCCI. Prendiamo, ad esempio, gli artigiani o le persone che spesso evadono anche il fisco, in quanto si tratta di un'autodifesa perché lo Stato non riesce a controllare, quindi non c'è sufficiente concorrenza ed è concorrenza sleale. Ebbene, queste persone subiscono le visite fiscali come è giusto che sia, tuttavia non hanno esportato i proventi della loro evasione a Lugano, o in un altro paradiso fiscale. Allora, mi chiedo quale sia la posizione di queste persone di fronte al provvedimento in esame. I grandi caroselli, le grandi operazioni di evasione, i grandi ammanchi verso il fisco vengono puliti, sanati e messi in lavatrice pagando il 5 per cento. Ma per altre persone ciò non accade, quindi invoco la par condicio per tutti gli evasori italiani, Presidente Leone. C'è un tema di ingiustizia perché di fatto questo è un condono che viene offerto solo a pochi ed è questo il problema principale. Questo, inoltre, rappresenta Pag. 12il merito del provvedimento, la gravità di ciò che è stato fatto e il motivo per cui questo ramo del Parlamento non dovrebbe procedere alla conversione del decreto-legge.
In ordine al metodo, mi chiedo da cosa nasce questo decreto-legge correttivo. Nasce dagli errori che prima ho richiamato e che furono compiuti nel decreto-legge anticrisi, dalla rivolta del Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare, dalle enormità fatte rispetto alla Corte dei conti con il famoso emendamento Bernardo che provocò una reazione nel Paese. Il Presidente della Repubblica, attento e responsabile, per controfirmare pretese un decreto-legge correttivo che contestualmente, nello stesso giorno e nelle stesse ore, fosse emanato assieme alla legge di conversione.
Io non avrei mai pensato, Presidente Leone, che noi su questo decreto-legge correttivo fossimo tornati sopra. Io la considero un'assoluta mancanza di rispetto verso il Presidente della Repubblica, una forzatura, un colpo di mano, un provvedimento di una gravità inaudita che entra nei rapporti istituzionali.
La via maestra sarebbe stata quella di modificare quel decreto-legge, che era sbagliato, l'errore era riconosciuto da tutti. Non avete voluto farlo ed io chiamai questo provvedimento correttivo il decreto «salva ferie», perché eravate già tutti in partenza, con le valigie fatte, e già la maggioranza dimostrava nei numeri di non tenere.
La disponibilità del Presidente della Repubblica di accettare di controfirmare quel provvedimento con un decreto-legge correttivo, oggi viene vanificata con le modifiche che il Senato ha apportato. Questo francamente è grave, ed una pagina di spregiudicatezza assoluta che questa maggioranza lo faccia fare al Parlamento, cioè che lo faccia fare attraverso un'iniziativa parlamentare, che mette ancora più in difficoltà il Presidente della Repubblica, che si chiederà come potrebbe discutere, ed a ragione, un provvedimento del Parlamento. Questa è la vera e propria «polpetta avvelenata» rispetto ai corretti rapporti istituzionali; la dimostrazione che il Capo dello Stato ha sempre dato nell'essere un riferimento certo per i cittadini di questo nostro Paese.
Per quanto riguarda il metodo, quindi, non dico che sovrasti il merito, perché l'enormità del merito è tale che ci espone, come dicevo, a problemi ed a rischi, fuori dal concerto e dal contesto europeo, fuori dal contesto delle nazioni dove lo Stato di diritto si può chiamare tale.
Rispetto, invece, al tema più generale della crisi, che quantomeno nel titolo rimane (disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi), voglio dire una parola in questa apertura di lavori di questa settimana, dopo questo convulso fine settimana, che ha visto la chiusura della festa nazionale del Popolo della Libertà e l'intervento del Presidente del Consiglio. Francamente, io mi sono sentito offeso dalle parole e dal livore del Presidente del Consiglio. Quelle sistemate ancora una volta dal Presidente della Repubblica non le voglio riprendere, ma quelle sulla crisi economica sì, perché dire che la sinistra o l'opposizione nel nostro Paese abbia tifato per la crisi è falso.
L'opposizione, e il Partito Democratico in particolare, di fronte alla crisi si è sempre atteggiata con parole di responsabilità, con una proposizione di collaborazione o di confronto. Francamente, mi sento offeso da quelle parole e considero rischiose anche le parole del Presidente del Consiglio. Lo abbiamo più spesso richiamato alla realtà delle cose.
Non si può dire che la crisi è alle nostre spalle e il giorno dopo sentire i dati dell'INPS, che ha ricevuto 1 milione di richieste di disoccupazione. Mi potrete dire che 1 milione di richieste non corrispondono ad 1 milione di disoccupati, ma tutti i dati, l'esperienza e la statistica ci dicono che una domanda su due in questi casi si traducono in una disoccupazione costante. Oggi, registriamo - sono anche dati del Censis - 500 mila disoccupati in più in Italia, dal momento che questo Paese e il mondo sono entrati in crisi.
Ci sono stati aumenti esponenziali della cassa integrazione e non sappiamo quanti, Pag. 13conclusa la cassa integrazione, rientreranno. Sono convinto che quella cifra di 500 mila lavoratori, purtroppo, è destinata a crescere. Presidente del Consiglio, la crisi sarà alle nostre spalle quando i 500 mila disoccupati avranno ritrovato un lavoro e quando i milioni di cassintegrati saranno rientrati nelle loro aziende.
Solo quando si tornerà a lavorare e a produrre si potrà dire che la crisi è alle nostre spalle, solo quando questo Paese tornerà a crescere. I primi segnali di uscita dalla crisi in Europa ci vengono dalla Francia e dalla Germania: sono gli unici due Paesi che hanno adottato concrete misure anticrisi, che questo Paese non ha adottato. Ora l'inoperosità del Ministro Tremonti, nella vostra capacità di comunicazione mediatica, sembra essere diventata un vanto, ma la Francia e la Germania quale via hanno seguito? È la via che sarebbe per noi consigliata.
Presidente Leone, le segnalo che il nostro Paese rimane al ventisettesimo posto per il potere di acquisto delle nostre famiglie. Al ventisettesimo posto! Sediamo nel G8, non c'è più, comunque sediamo nel G20, ma siamo al ventisettesimo posto. Le segnalo, ancora, che in Italia vi è un calo dei consumi costante da 18 mesi. Avevamo più bisogno di altri, più di Francia e Germania, di operare sul mercato interno e di fare ripartire la domanda interna, perché vi è un altro dato grave della produzione e delle esportazioni e possiamo dare sostegno all'economia reale solo se facciamo azioni per la ripresa della domanda interna.
La strada maestra è abbassare le tasse per i redditi bassi, abbassare le aliquote, dare rimborsi agli incapienti. Dobbiamo cercare di mettere almeno 100 euro in più nelle tasche dei dipendenti e dei pensionati, 100 euro in più al mese. Dobbiamo farlo attraverso la riduzione fiscale: solo così può ripartire un minimo di consumi e solo così può ripartire l'economia. Questo dovrebbe essere il confronto, non queste furbizie che fate sullo scudo fiscale.
Sottosegretario Giorgetti, noi lo abbiamo anche usato per le nostre coperture, in particolare, per la rottamazione; e questo produrrebbe entrate per lo Stato. Dare 100 euro al mese in più a pensionati e a lavoratori a reddito basso sarebbe un provvedimento che si finanzierebbe in gran parte da solo, riversando immediatamente tutto sui consumi; darebbe un considerevole gettito all'erario, si può ancora fare.
Abbiamo perso l'occasione: se solo aveste rinunciato all'operazione dell'ICI per i ricchi, se aveste rinunciato alle quote latte, se aveste affrontato direttamente la questione Alitalia. Sono i casi che spesso citiamo e che ora mi ricordo, ma ne potrei citare molti altri: sarebbero avanzati fondi per un'operazione di questo tipo, ma siamo ancora in tempo a farla e vi è la nostra disponibilità a farla, però non dovete prenderci in giro.
Siamo disponibili al confronto, ma abbiamo seri dubbi sulla possibilità di poterlo praticare, quando siamo di fronte ad un provvedimento come questo, per il quale credo anche, dalle notizie di stampa, che state pensando di porre la questione di fiducia.
Credo che, con questi chiari di luna, con l'esempio che avete dato con questo provvedimento, forzando i rapporti istituzionali e usando il Parlamento come uno scudo per un colpo di mano di una gravità inaudita, questo dialogo, questo confronto, questo dibattito, purtroppo, si fa sempre più difficile.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, nel luglio del 2006, in quest'Aula, venne discusso con grande passione e anche con grande scontro un provvedimento di indulto che trovò qui una maggioranza trasversale, ma vi erano alcuni partiti, sempre trasversali, che fecero qui dentro una battaglia contro quel provvedimento, ritenendolo antieducativo, sbagliato, un provvedimento che favoriva gli atti illeciti e il compimento di atti penalmente rilevanti.
Quella battaglia fu condotta anche da due allora partiti - uno si chiamava Pag. 14Alleanza Nazionale, uno si chiamava Lega Nord - che oggi in Aula sono pronti a votare un provvedimento di amnistia (mi dispiace che il relatore che rappresenta la Lega non sia in Aula in questo momento) a danno di milioni di italiani, di italiani onesti, quelli che pagano le tasse, quelli che lavorano dieci, dodici ore al giorno, operai, impiegati, lavoratori, piccoli imprenditori, artigiani, quelli che fanno fatica ogni giorno a mandare avanti la loro impresa ma che l'hanno fatto con onestà e pagando le tasse dovute a questo Stato. Oggi schiaffeggiate quegli italiani onesti, li prendete a pugni con un provvedimento come questo, un provvedimento che favorisce gli evasori fiscali, i grandi evasori fiscali; perché quelle persone, quei milioni di italiani di cui parlavo prima, forse all'estero sono andati qualche volta in vacanza, magari non in tempo di crisi, ma non certo per portare soldi, non certo a portare il frutto dell'evasione fiscale o il frutto della corruzione.
Il provvedimento in esame favorisce non soltanto gli evasori fiscali, ma anche quelli che hanno esportato i soldi all'estero a motivo di corruzione. Vorrei qui ricordare che la Corte dei conti ha potuto calcolare in 60 miliardi di euro all'anno il frutto della corruzione, quella che passa spesso proprio attraverso i paradisi fiscali, attraverso l'esportazione illegale di capitali.
E allora accuso politicamente questo Governo, per le azioni che ha compiuto in questo anno e mezzo, di essere al servizio degli evasori fiscali, al servizio dei corruttori. Vi sono provvedimenti presi in questo anno e mezzo che vanno tutti in una direzione: da quello che ha cancellato la tracciabilità dei pagamenti, a quello che ha di fatto favorito l'evasione totale; perché un evasore totale scoperto oggi, di fronte alla contestazione da parte dei verificatori della guardia di finanza piuttosto che dell'Agenzia delle entrate, può mettersi in regola pagando le tasse dovute più una miserrima sanzione, quindi conviene evadere, conviene fare l'evasore totale: questo è l'insegnamento che questo Governo ha dato ai contribuenti italiani, molti dei quali oggi pensano realmente se devono pagare, di fronte ad azioni, di fronte a comportamenti, di fronte ad amnistie, di fronte a condoni tombali come quello che stiamo approvando in questi giorni.
E questo Governo ha fatto di peggio, perché prima ha fatto scappare i buoi, e dopo ha dichiarato a gran voce, in modo roboante, in modo fantasmagorico che sta colpendo coloro che utilizzano i paradisi fiscali. Mi fa solamente ridere un Presidente del Consiglio che si presenta all'ONU - voi non capite quanta perdita di credibilità questo Paese subisce quando un Presidente del Consiglio, che per anni, documentatamente, come è stato verificato dalle inchieste della magistratura, ha utilizzato a man bassa i paradisi fiscali per motivi di corruzione, col conto All Iberian e con molti altri conti per pagare tangenti - ed e afferma: noi vogliamo fare la lotta ai paradisi fiscali. Ma che credibilità può avere a livello internazionale un Paese che si presenta in un contesto come quello con dichiarazioni di questo tipo? La verità è che avete fatto scappare i buoi, e poi vi è venuto in mente di colpire gli arbitraggi internazionali.
È veramente ridicolo che un Ministro che prima, quadro non faceva il Ministro faceva il consulente di grandi imprese, di grandi organizzazioni, il consulente fiscale, non abbia presentato quel provvedimento il giorno dopo che è stato nominato Ministro.
Sto ancora aspettando che il Ministro Tremonti risponda ad una mia interrogazione, che faceva riferimento a delle banche - e parlo di Barclays Bank a Milano, di Unicredit e di Intesa - che con una sola operazione di arbitraggio passata attraverso paradisi fiscali in Lussemburgo e fatta su lire turche e sterline inglesi in un colpo solo hanno evaso - loro forse dicono eluso, ma io dico evaso - 30 milioni di euro, sempre alla faccia degli italiani onesti che pagano le tasse!
Ed ecco che a queste persone, a questi soggetti, a queste grandi imprese e a questi grandi evasori noi oggi facciamo dei regali. Altro che Alì Babà! Il nostro Ministro Pag. 15Tremonti è un altro personaggio che a me pare esca da qualche fumetto, perché è anche capace di far finta di colpire le banche parafrasando o citando Bertolt Brecht quando dice che forse è meglio fondare una banca che rapinarla.
Ma lui, dopo queste belle affermazioni, è colui che a quelle banche fa i regali e le attacca di giorno per poi di notte andare a letto con loro: questo è il comportamento di questo Ministro, che parla della caverna di Alì Babà da svuotare! Ma pensate un po': parla della caverna di Alì Babà da svuotare, ma poi prepara un provvedimento come quello al nostro esame che permette a qualcuno di entrare quando la caverna è stata svuotata tutta! Questo è il comportamento del Governo: lo scudo fiscale sarà l'apoteosi dei furbetti e dei furboni, di ogni categoria: le migliaia di evasori, soprattutto grandi evasori, che hanno nascosto i tesori di famiglia (ma su questo torneremo). Siamo nel ridicolo pure quando si costringe il direttore dell'Agenzia delle entrate a rilasciare roboanti dichiarazioni per tutta l'estate. Anche a tale riguardo ho presentato un'interrogazione e pretenderò una risposta dal Ministro: si parla infatti di 180 mila italiani indagati ma voglio sapere a quanti di questi è stata data formalmente notizia del fatto di essere indagati per attività svolte nei paradisi fiscali, perché scopriremo che non ve ne sarà nessuno!
Si è dichiarato che l'eredità Agnelli non potrà fruire di questo scudo fiscale e lo si è fatto in modo roboante, come a dire: vedete come siamo bravi, noi! Poi si scopre, però, che l'atto formale nei confronti della famiglia Agnelli e dei suoi eredi è stato siglato il 7 di agosto e quindi dopo che questo decreto-legge era entrato in vigore: si vergogni della comunicazione messa in atto da questo Governo per prendere ulteriormente in giro gli italiani raccontando balle come queste!
Prima hanno evaso il fisco e adesso sono pronti a truffare lo Stato una seconda volta: sono imprenditori, grandi imprenditori, grandi professionisti, grandi finanzieri e manager che faranno la cresta sui soldi per farli tornare in patria! E ci dobbiamo aggiungere un'altra organizzazione che farà tornare i soldi in patria: la criminalità organizzata, che da sempre ha usato i paradisi fiscali e l'estero e che ora potrà riciclare e pulire quel denaro sporco pagando cifre assolutamente ridicole.
Questo è l'effetto dello scudo fiscale e tutto sarà facile, facilissimo: il rischio è minimo, i vantaggi grandi. La stessa cosa successe peraltro tra il 2001 e il 2003 all'epoca degli altri scudi fiscali, e tutto lascia pensare che la grande beffa continuerà anche oggi: sta infatti per scattare - anzi è già scattata - l'operazione «ponti d'oro» per i capitali. Si tratta di manovre che sono già in atto, altro che i custodi della caverna di Alì Babà, per usare la metafora del Ministro dell'economia e delle finanze: i grandi avvocati d'affari, i banchieri e i fiduciari svizzeri già stanno lavorando e si stanno attrezzando per far fronte alle richieste dei clienti.
Giochi di sponda perché si fanno appositamente per fruire di tutti i vantaggi. Si fanno ora per fruire di tutti i vantaggi, tanto non si potrà neppure dire il nome di chi ha approfittato di questo ignobile provvedimento. Giochi di sponda estero su estero sono già in atto alimentati attraverso prestiti delle banche, di banche compiacenti alle quali il Ministro Tremonti, che di giorno le accusa, poi fa i regali, e anche questo è un regalo fatto alle banche. Si stanno facendo valutazioni gonfiate di beni patrimoniali, di case, di gioielli, di opere d'arte, rientri falsi di fondi neri che in realtà stanno in Italia. Questo è ciò che succede: rimpatri di capitali che sono stati trasferiti all'estero non anni fa, non cinque anni fa, ma quando questo provvedimento era in preparazione e si sapeva che sarebbe stato approvato.
Basta guardare quanto avvenuto in passato. C'è stato qualche anno fa un caso che ha fatto scalpore e che riguardava Giovanni Consorte, il numero uno di Unipol e il suo vice, Sacchetti. Costoro riportavano in patria nel 2002 dieci milioni di euro incassati a Montecarlo, fuori tempo massimo, rispetto alla scadenza che aveva a quel tempo lo scudo Tremonti, la fine di luglio del 2001. Pag. 16
Non furono scoperti dal fisco che allora come oggi si guarderà bene dall'intervenire in queste vicende, salvo far dichiarare al direttore dell'Agenzia delle entrate che siamo lì, tutti quelli che hanno portato soldi all'estero sono sotto tiro. In realtà, non furono scoperti dal fisco, ma dai magistrati che stavano indagando sulla famosa vicenda della scalata di Fiorani alla Banca Antonveneta. Sapete cosa scoprirono in quell'occasione? Scoprirono che a pianificare questa operazione di rientro illegale fu un certo Claudio Zulli. Chi è Claudio Zulli? Un commercialista bresciano che ha collaborato a lungo con l'ex studio Tremonti: pensate un po'!
Questi sono i collegamenti di cui bisogna parlare e che bisogna denunciare: un Ministro che in pieno conflitto di interessi fino all'altro ieri insegnava come non pagare le tasse alla gente, alle grandi imprese, alle grandi banche, alle grandi organizzazioni, ed oggi le favorisce! È un conflitto di interessi enorme pari soltanto a quello del nostro Presidente del Consiglio.
Com'è noto, Consorte e Sacchetti, patteggiarono la condanna a dieci mesi di reclusione e poi hanno chiuso tutte le loro pendenze nel 2008 versando una dozzina di milioni all'erario. Ma gli evasori pronti a fare operazioni come queste sono migliaia, un esercito. È una strada che molti seguiranno perché anche questa volta la probabilità di farla franca sarà alta, altissima come già accadde in passato, perché i controlli non ve ne saranno, perché nessuno potrà citare, documentare e denunciare coloro che compiono queste operazioni.
Comunque, le norme già come sono oggi si prestano a mille abusi. Pensate che la legge dice che basta pagare una sciocchezza. In seguito parlerò di alcuni confronti internazionali. Altro che ce lo chiede l'Europa, vergogna! L'Europa fa pagare il dovuto a chi vuol far rientrare capitali esportati illegalmente all'estero. Fa pagare perlomeno tutte le imposte che dovevano essere pagate e che sono state evase. Soltanto in un Paese come il nostro si può pensare di far pagare un cinque per cento delle somme in gioco e delle somme esportate illegalmente.
Il Governo garantisce l'anonimato: ecco la collusione, ecco la correità di questo Governo rispetto a quegli atti illegali.
Garantisce l'anonimato ai titolari dei conti bancari italiani su cui andranno a finire quei capitali già occultati, cioè lo Stato rinuncerà ad ogni pretesa verso di loro. È un'amnistia vera e propria che il provvedimento che ci arriva dal Senato ha allargato in modo inaccettabile, perché permette di coprire anni e anni di corruzione: infatti i falsi in bilancio si fanno per creare depositi all'estero a scopo di evasione o di corruzione, così stanno le cose. È un'offerta che il Governo fa difficile da rifiutare.
Poniamo il caso che un evasore voglia riportare in Italia una somma superiore a quella di cui dispone all'estero: per esempio - facciamo cifre tonde e piccole, anche se sappiamo che sono molto più grandi - 100.000 euro invece di 50.000. Facilissimo: basta ottenere un prestito estero su estero da una banca compiacente, dando magari in garanzia i titoli posseduti all'estero illegalmente e il gioco è fatto, il vantaggio è garantito. Infatti, in futuro il fisco non potrà richiedere nulla a questi signori nei limiti di quei 100.000 euro che ha riportato in Italia, anche se non li aveva all'estero: di fatto diventa un'amnistia e un condono tombale che non vale solo per la somma riportata, ma si estenderà a tutta la posizione di quel contribuente. In altre parole, costui potrà coprirsi e cautelarsi ben di più, pagando semplicemente la miseria del 5 per cento; poi restituirà piano piano il finanziamento alla banca estero su estero con cui ha fatto l'operazione, magari utilizzando i fondi neri che costituirà dall'anno prossimo, perché questo signori è evidente.
Come l'indulto ha riportato nel giro di un anno le persone in carcere, voi pensate che da dopo la scadenza dello scudo fiscale evasori fiscali, corruttori e criminalità organizzata smetteranno di fare queste operazioni? No: il giorno dopo riprenderanno esattamente come prima, anzi Pag. 17più di prima, perché vi sarà un esempio macroscopico di uno Stato che umilia i deboli e favorisce i forti, i poteri economici, quelli grandi. Infatti, gli artigiani non portano capitali all'estero, i piccoli commercianti non portano capitali all'estero, i lavoratori dipendenti non portano capitali all'estero, i piccoli professionisti non portano capitali all'estero.
Come dicevo, la vergogna ancor più grande si prova quando si cerca di considerare che questo è un dato richiesto dall'Unione europea. Prendo tre Paesi a caso - Italia, Regno Unito e Stati Uniti - che hanno stabilito le misure per il rientro di capitali illegalmente esportati e faccio un confronto: l'Italia, compresa la sanzione, richiede un costo del 5 per cento; il Regno Unito chiede la restituzione di tutte le tasse non pagate più una sanzione del 10 per cento, il che fa il 44 per cento; gli Stati Uniti chiedono anch'essi il pagamento delle tasse più una sanzione del 14 per cento, il che fa il 49 per cento. Su 100 euro illegalmente esportati e rimpatriati un cittadino britannico ne paga 44, un cittadino americano ne paga 49, un evasore italiano ne paga 5: in ciò sta la vergogna del provvedimento in esame, la vergogna che nasce anche dalla constatazione che, come dicevo prima, si è cercato di accreditare l'idea che lo Stato stia colpendo e punendo chi ha capitali all'estero.
Invece, è chiaro ed evidente che, con riferimento a tale situazione, nessuno - o pochissimi - dei soggetti di cui parliamo ha ricevuto una qualche formale comunicazione da parte dell'Agenzia delle entrate in base alla quale potrà fruire ampiamente di questo regalo.
Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Questo è un atto sporco e grave, con cui chi in passato si è sempre detto contrario a condoni ed indulti - mi riferisco ad Alleanza nazionale, anche se oggi non esiste più, e alla Lega - sta schiaffeggiando i cittadini del nord che la Lega vuole difendere, quelli che lavorano dalla mattina alla sera, quelli che pagano le tasse, quegli artigiani che, anzi, spesso, pagano le tasse anche per le grandi imprese che vi sfuggono. Tutti questi cittadini, questi piccoli imprenditori si vedono oggi umiliati. Voi, ex di Alleanza nazionale che ora fate parte del Popolo della Libertà, e voi rappresentanti della Lega state commettendo un atto gravissimo verso soggetti che, in passato, difendevate, e lo fate per una questione di potere.
Noi andremo nelle piazze a denunciare questo comportamento, a denunciare che chi dichiarava di voler assumere comportamenti morali anche nell'attività politica - sto parlando, infatti, dei rappresentanti del popolo - oggi ha venduto la dignità dei cittadini che rappresenta con un provvedimento che, dopo che verrà approvato, li renderà conniventi con gli evasori fiscali, con i corruttori e con la criminalità organizzata.
Noi dell'Italia dei Valori - ci auguriamo insieme anche ad altri partiti di opposizione - faremo tutto quello che è possibile per contrastare, fino alla fine, il provvedimento in discussione e rivolgiamo un appello al Presidente della Repubblica.
Signor Presidente, ci rifletta, perché in questa sede vi è un'amnistia mascherata, che avrebbe bisogno delle maggioranze previste dalla Costituzione e di una legge ordinaria, non di un decreto-legge, per essere approvata. Ci rifletta, perché anche lei rappresenta, in questo momento, tutti gli italiani onesti che pagano le tasse, che lavorano e che oggi sono presi in giro da questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, la pregherei gentilmente di avvisarmi quando stanno per scadere cinque minuti, perché il mio intervento, essendo intervenuti molti colleghi dell'opposizione, in particolare del mio gruppo, è volto semplicemente a chiarire alcune piccole questioni.
Signor Presidente, non solo lei ha dovuto ascoltare gli oltre trenta interventi che si sono sviluppati dalla giornata di ieri Pag. 18a quella di oggi - e la ringraziamo, perché, per sventura, ha dovuto presiedere una seduta lunghissima - ma anche il Governo e i relatori.
L'onorevole Alberto Giorgetti non lo dirà mai, ma - astraendoci dalla logica che, ormai, ci porta ad una contrapposizione anche nell'ascoltarci - sono convinto che abbia apprezzato in ciascuno degli interventi alcuni aspetti e alcune ragioni e che abbia appreso alcuni dubbi che ciascun deputato, prima che ciascun rappresentante delle istituzioni e del Governo, non potrebbe non avere ricostruendo la storia del provvedimento in discussione, tenendo conto non solo di tutti i presagi, ma anche dei rischi che emergono dalla lettura del provvedimento stesso.
Perché dico questo, signor Presidente? Se fossimo in grado di fare la storia legislativa di questi provvedimenti, ricorderemmo di quando, prima dell'estate, affrontammo il decreto-legge anticrisi in Commissione, anche in quel caso, l'onorevole Fugatti e l'onorevole Moroni erano relatori. Se in questo Paese vi fosse un rapporto sano tra maggioranza e opposizione, se questo fosse in grado di produrre, dal punto di vista legislativo, qualcosa di buono e di utile, probabilmente non ci sarebbe stato bisogno del decreto-legge correttivo voluto poi dal Presidente della Repubblica per le ragioni che conosciamo. Infatti, nell'interlocuzione che si è sviluppata all'interno della Commissione nel corso dei suoi lavori, quei problemi e quelle situazioni, chiaramente oltre il limite della costituzionalità e dell'accettabilità parlamentare, i deputati dell'opposizione li avevano ampiamente segnalati.
Siccome, però, si deve essere sordi, perché ci si deve piegare ai voleri del Governo e neanche più si affrontano le questioni in modo sereno, cercando di capire dove, evidentemente, ci sono degli sbagli, con delle forzature procedurali in Commissione e votando degli emendamenti in blocco, oppure votando solo quelli scelti dai relatori con il parere favorevole e, addirittura, impedendo all'opposizione di poter votare i propri, si è voluta realizzare una forzatura e poi, a chiusura del procedimento, è successo qualcosa di assolutamente anomalo che sempre più forza e crea delle cicatrici nelle nostre procedure parlamentari, oltre che istituzionali. A distanza di poche ore dal voto di fiducia sulla conversione in legge di un decreto-legge al quale sarebbe stato tranquillamente possibile apportare delle modifiche immediate, siamo dovuti ricorrere alla contemporanea emanazione di un altro decreto-legge per correggere quanto del primo - come vi avevamo detto - non andava bene.
Ora ci troviamo in una situazione simile. Succede, infatti che, facendo un po' il gioco delle tre carte, voi, su richiesta del Presidente della Repubblica, siete costretti ad emanare un decreto-legge per correggere un decreto-legge precedente sul quale avete posto la fiducia, nonostante i rilievi che noi avevamo avanzato. Poi, in corso d'opera, ricorrete a un sistema che - anche qui, al di là della contrapposizione, vi invito a riflettere su quello che state facendo - rischia di minare la funzione del Presidente della Repubblica, oltre che quella del Parlamento. Ormai lo stile è quello di presentare dei provvedimenti che si sa perfettamente saranno cambiati rispetto a quelli che vengono sottoposti alla firma del Presidente della Repubblica, arrivando poi a pretendere che egli li controfirmi al termine del processo legislativo come se nulla fosse accaduto. Tutto ciò sta diventando problematico.
La discussione sullo scudo fiscale, signor Presidente, sottosegretario Giorgetti e onorevoli relatori, l'abbiamo già fatta, e già in occasione dell'esame del decreto-legge anticrisi vi abbiamo spiegato che quella norma così vaga sarebbe stata il cavallo di Troia per poter realizzare operazioni ben più problematiche, come quelle che poi si sono verificate.
Siccome non siete riusciti ad inserirla, perché, con i problemi che già c'erano nel decreto-legge anticrisi originario, se lo aveste fatto probabilmente sarebbe andata molto diversamente, avete aspettato che il Presidente della Repubblica firmasse il decreto-legge di correzione a quel decreto-legge, nel quale, ovviamente, questa norma Pag. 19non c'entrava niente. Non avete avuto la faccia di farlo direttamente con un emendamento del Governo, ma lo avete fatto per mezzo di un prestanome, un senatore che - come lo stesso ha anche dichiarato in un'intervista a Fabrizio Roncone su Il Corriere della sera - quel giorno passava per la Commissione finanze del Senato e ha ricevuto in mano questo emendamento da presentare, chiaramente predisposto dai tecnici del Governo.
Il Governo, a differenza di quello che ha fatto tante volte in quest'Aula e anche al Senato, dichiara di essere favorevole a quell'emendamento, quindi vi pone la sua firma e la maggioranza lo approva al Senato. Poi, siccome la paternità non è sufficiente, se ne appropria il Governo, così eludendo e umiliando la funzione del Parlamento e anche del Presidente del Repubblica, venite in Aula alla Camera e, sapendo che in questa sede, probabilmente, gli equilibri sono un po' diversi - perché il problema sta iniziando a creare una discussione, oltre che qui dentro, anche nel Paese - ricorrete al solito sistema di porre la fiducia su un decreto-legge correttivo. Questo è il tema fondamentale, questo è problema sul quale dovrete riflettere.
Al di là di tutte le considerazioni di merito che sono state chiaramente delineate dai colleghi, onorevole Giorgetti, il Governo si ponga il problema: probabilmente non siete soltanto voi e sono anni che si fanno cicatrici sulla prassi parlamentare e anche istituzionale, ma in quest'ultimo periodo, con il combinato disposto di decreti-legge vuoti che vengono riempiti in corso d'opera che modificano decreti originari e che poi vengono approvati con la fiducia, voi state non solo umiliando la funzione del Parlamento ma anche quella di garanzia del Presidente della Repubblica.
Formulo un'ultima notazione e concludo, signor Presidente, perché se ne sentono di tutti i colori. Vorrei far notare, con tutto il rispetto per tutti coloro che sono intervenuti (almeno i colleghi della Lega, che sono i paladini della lotta contro l'indulto e le ignominie che sono state commesse, non hanno parlato) che i colleghi dell'Italia dei Valori continuano a ripetere - lo hanno fatto anche ieri, con il loro leader - che sostanzialmente ci troviamo nella stessa situazione. Vorrei sommessamente dire al giudice Di Pietro prima che all'onorevole Di Pietro e a tutti i colleghi dell'Italia dei Valori, della Lega e tutti coloro che sostengono una tesi così bizzarra, che la piccola differenza nella quale ci troviamo è che l'indulto di cui all'articolo 79 non solo è previsto ma normato dalla nostra Costituzione. In questo caso, stiamo elaborando però una norma che va contro la Costituzione, per le ragioni che ieri il collega Evangelisti ci ha dottamente enunciato perché viola, tanto per cominciare, l'articolo 3 della Costituzione nel quale si sancisce il principio di uguaglianza tra tutti i cittadini. Vorrei fosse chiaro che si può anche parlare soltanto per distruggere una causa, magari perché ciò porta voti o si titilla la parte probabilmente peggiore che c'è nello stomaco degli italiani, magari dopo averli caricati ed eccitati su determinati temi, per passare poi all'incasso ma, per lo meno qua dentro, si abbia il buon gusto di parlare di cose reali. Stiamo parlando dell'indulto, dal quale peraltro, come lei ricorderà, signor Presidente, è esclusa tutta una serie di reati, tra i quali anche quello di riciclaggio e che riguarda persone che stanno in galera e alle quali, dopo un certo numero di anni, nel presupposto che si siano comportate bene, viene ridotta di qualcosa la pena. Noi invece stiamo parlando di gente che ha evaso, che non ha mai portato niente, alla quale si fa il regalo di pulire tutto quello che ha commesso di sporco nella sua esistenza dal punto di vista fiscale e di venirlo a lavare in casa nostra. Questo è il quadro. Se, per l'onorevole Di Pietro, per i colleghi della Lega e per tutti coloro che ci illuminano ogni giorno con il loro giudizio su determinate valutazioni le due cose si equivalgono, mi arrendo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 20

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 2714)

PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori rinunziano alle repliche.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, ringrazio tutti i colleghi per gli interventi che sono stati svolti in sede di discussione sulle linee generali e, in parte, per le ultime considerazioni dell'onorevole Giachetti, non avendo difficoltà, in qualità di rappresentante del Governo, a riconoscere che, nell'ambito delle considerazioni svolte dai colleghi intervenuti, vi sono elementi di interesse per riflettere su quelli che saranno gli scenari di lavoro da parte del Governo e della maggioranza.
Il Governo ovviamente non condivide alcuni elementi di merito che sono stati rappresentati dai colleghi in particolar modo dell'opposizione e non può condividere alcuni toni che sono stati qui riportati da parte dell'opposizione, in merito a considerazioni che vanno da valutazioni espresse sul Presidente del Consiglio e sul ministro Tremonti a scelte collegiali che il Governo, più in generale, ha fino ad oggi adottato. A nostro modo di vedere si è andati un po' sopra le righe in riferimento alla portata complessiva dello scudo fiscale non solo in termini di merito, per quello che riguarda la scelta nazionale, ma anche nella più ampia materia di coordinamento relativamente a ciò che gli altri Paesi hanno previsto sempre in materia di scudo fiscale.
Buona parte delle considerazioni che sono state svolte in questa sede erano state già affrontate in sede di Commissione. Vorrei riprendere solo alcuni argomenti: innanzitutto una considerazione generale sull'obiettivo del Governo attorno allo scudo fiscale, partendo dalle dinamiche d'Aula, Presidente Leone, ovvero da quello che è accaduto al Senato e ovviamente, dalla posizione del Governo in merito al famoso emendamento Fleres.
Credo che non sfugga all'onorevole Giachetti quale sia il dialogo ordinario tra maggioranza e Governo. Pertanto, il fatto che vi sia un emendamento parlamentare che raccolga elementi che sono di interesse del Governo è una circostanza, comunque, che consideriamo positiva, come sempre è avvenuto nella dinamica del confronto tra Governo e Parlamento. Non si può dire che questo possa essere poi un elemento dietro cui il Governo vada a nascondersi, rispetto alla scelta e al testo proposto dal senatore Fleres, perché il Governo, sia in Commissione sia in Aula, ha ribadito che quel testo era condiviso, appunto, dal Governo. Dunque, non ci siamo nascosti dietro nulla e crediamo che quel testo sia complessivamente migliorativo. Ma sulla base di quali elementi? Credo che essi siano stati in parte dimenticati o non adeguatamente considerati da parte dell'opposizione, nel momento in cui è stata rappresentata la loro posizione contraria. Fra l'altro, sottolineo, come ho già rilevato in Commissione, una progressiva posizione negativa: da una prima fase di dialogo, riscontrata al Senato, si è passati all'opposizione più dura, espressa anche in questa sede. Tuttavia, a nostro avviso tale opposizione dura non è giustificata per una serie di elementi. Il primo è rappresentato dall'obiettivo prioritario del Governo, vale a dire ottenere risorse che rientrano sul territorio nazionale e che sono messe a disposizione del credito e, quindi, dello sviluppo. Questa è una condizione fondamentale.
Altrettanto importante o sostanzialmente alla pari è il peso che queste risorse possano determinare in termini di entrata. Quindi, oggi non vi è una priorità che viene assegnata dal Governo al tema dell'entrata. Sostanzialmente, i due pilastri fondamentali sono l'entrata straordinaria - ovviamente a fronte del rientro di capitali - e il rientro dei capitali, che è un elemento portante alla pari. Pag. 21
Credo che, nel momento in cui andiamo a verificare la questione relativa al modo con cui sono stati adottati da altri Paesi gli scudi fiscali, è giusto ricordare alcune questioni che forse qui non sono state totalmente evidenziate dall'opposizione. La prima è che, comunque, si tratta di una norma coordinata in sede europea e con gli altri Paesi che stanno affrontando la crisi. Pertanto, l'Italia non è sola su queste scelte ma, evidentemente, negli Stati Uniti, in Francia, nel Regno Unito e in altri Paesi si è valutato, in modo coordinato, di adottare strumenti che potessero far rientrare i capitali dall'estero. Questa è la prima scelta di coordinamento. Dunque, l'Italia non è sola nella scelta in sede europea. Questo tipo di valutazione è stata quantomeno accettata - non dico apprezzata, che potrebbe essere considerato eccessivo dall'opposizione - all'interno di un coordinamento complessivo di norme di natura finanziaria.
Perché l'Italia adotta un'aliquota vantaggiosa? Perché dà priorità, come prima ho ribadito, all'elemento quantitativo e non solo a quello qualitativo. L'elemento quantitativo è importante perché le scelte che sono state adottate sul settore del credito dagli altri Paesi sono diverse da quelle dell'Italia, onorevole Giachetti e altri deputati dell'opposizione. Nelle scelte adottate dagli altri Paesi - e richiamo la vostra attenzione - in materia di credito si è tenuto conto dei loro sistemi creditizi e delle loro condizioni complessive, economiche e creditizie, del loro debito pubblico, che è comunque inferiore al nostro e che è cresciuto, in questi mesi, alla luce di una serie di interventi che hanno puntato a nazionalizzare alcuni istituti di credito e a fornire una risposta diversa in termini, ovviamente, di sostegno per il credito alle famiglie e alle imprese, attraverso un'operazione che è andata a gravare sul debito pubblico. Quindi, l'Italia ha compiuto scelte diverse. Aveva e ha un debito pubblico elevato e non ha potuto né voluto intervenire direttamente sul capitale delle banche, se non attraverso strumenti che consentissero alle aziende di credito di potersi patrimonializzare e di poter ulteriormente avere risorse a disposizione da consegnare ad imprese e famiglie. Tuttavia, abbiamo adottato strumenti che non andavano a toccare il debito pubblico.
È evidente che in questo quadro la possibilità di intervenire da parte nostra, per quello che riguarda le leve sul credito, è stato un intervento molto più complesso e molto più sofisticato. Ricordo a me stesso il varo di interventi di risorse comunque strettamente legate all'utilizzo della SACE, la Cassa depositi e prestiti, la leva complessiva degli oltre 40 miliardi di euro che sarebbero dovuti entrare - non abbiamo difficoltà a riconoscerlo e lo ha detto anche il Ministro - nel mercato e quindi sostenere famiglie e imprese.
Forse, fino ad oggi, questi strumenti non sono stati pienamente utilizzati dagli istituti di credito. Non abbiamo difficoltà ad ammettere che forse bisognerà porsi anche il problema di intervenire in modo diverso (questo non è da escludere). Credo, peraltro, che da parte del Ministro alcuni messaggi siano stati ad oggi dati. Dicevo degli scudi degli altri Paesi e quindi del tema del vantaggio fiscale strettamente connesso alla quantità di risorse che vorremmo rientrassero.
Per quello che riguarda poi il tema più generale dei periodi d'imposta connessi, vorrei ricordare che il Regno Unito - visto che l'Italia aveva sbagliato all'epoca a fare il precedente scudo Tremonti - interviene sugli ultimi venti periodi di imposta. Probabilmente, oggi c'è un ricorso da parte del Regno Unito ad un intervento che noi abbiamo adottato qualche anno fa.
Altri Paesi come gli Stati Uniti prendono in considerazione gli ultimi sei periodi di imposta, mentre la Francia i periodi di imposta di prescrizione legale di ciascuna imposta accertabile. Anche gli altri Paesi hanno adottato scelte che comunque andavano nel senso di una ripresa significativa o di un periodo comunque sostanzialmente lungo di periodi di imposta accertabile. Si tratta, quindi, di una scelta assolutamente omogenea a quella degli altri Paesi. Pag. 22
Vorrei poi sottolineare come, a proposito della lotta sui paradisi fiscali, è giusto ribadire che vi è il tema dell'anonimato. Non è solo un tema italiano: non è presente nel Regno Unito, ma c'è in Francia e mi riferisco al professionista che è in grado di mantenere l'anonimato. Quindi, comunque, la scelta dell'anonimato non è una scelta solo italiana ed evidentemente è funzionale alla capacità di fornire una risposta in termini di quantità.
L'ultima riflessione che vorrei svolgere - ovviamente non ho la velleità di modificare le opinioni dell'opposizione, ma giusto per lasciare degli elementi a verbale e a disposizione dei colleghi - è relativa alle coperture a fini penali. Sulle coperture a fini penali abbiamo sostanzialmente una omogeneità di tutela da parte degli altri scudi.
Sulla questione dell'amnistia - francamente non sono un giurista e quindi altri interverranno in modo molto più efficace del sottoscritto - è palese che garantiamo esattamente quanto viene garantito da parte degli altri Stati in materia di scudo fiscale per riuscire ad ottenere il rientro di capitali, ma, allo stesso tempo, è evidente che abbiamo un ritorno ed una prestazione a fronte di questa concessione, cosa che non avviene nell'amnistia.
È palese come questo argomento riguardi una scelta che viene adottata dal Parlamento senza avere un ritorno diretto, ma che ha motivazioni di ordine politico, sociale e di convinzione giuridica personale molto forti che quindi rientra pienamente nelle caratteristiche costituzionali.
Ci permettiamo di segnalare che lo scudo funziona esclusivamente per la tutela nei confronti di alcuni reati fiscali (solo quelli) che riguardano più in generale il tema dell'economia e non certamente della criminalità organizzata, signor Presidente.
Vorrei anche ricordare, da questo punto di vista, per quanto riguarda lo scudo (e in particolar modo in materia di segnalazione, a proposito della modifica fatta che dà la possibilità e non obbliga più alla segnalazione di intermediari e liberi professionisti), che il Governo anticipa in questa sede che la disposizione di cui al comma 3 dovrà essere interpretata alla luce del primo periodo del comma 4 dell'articolo 13-bis medesimo, in base al quale è già stato stabilito che il perfezionamento del rimpatrio, ovvero della regolarizzazione, rende applicabili altresì le disposizioni di quell'articolo 17 del decreto-legge n. 350 del 2001, convertito dalla legge n. 409 del 2001.
In base a tale ultimo articolo, alle operazioni di rimpatrio ovvero di regolarizzazione, si applicano le disposizioni concernenti gli obblighi di adeguata verifica di registrazione e di segnalazione previsti dal menzionato decreto legislativo n. 231 del 2007 e tutte le altre disposizioni in materia penale di lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo. Inoltre, le operazioni anzidette non costituiscono di per sé elemento sufficiente ai fini della valutazione dei profili di sospetto per la segnalazione, ferma rimanendo la valutazione degli altri elementi previsti del medesimo articolo 41.
Pertanto, i soggetti destinatari degli obblighi stabiliti dal decreto legislativo n. 231 del 2007, nel perfezionamento delle procedure di rimpatrio ovvero di regolarizzazione, sono soggetti all'obbligo di segnalazione nei casi in cui sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che le attività oggetto delle medesime procedure siano frutto di reati diversi da quelli per i quali si determina la causa di non punibilità di cui al citato comma 4 dell'articolo 13-bis. Oltre a questo, c'è un preciso disciplinare da parte della Banca d'Italia che prevede meccanismi molto chiari per quello che riguarda la vigilanza sulle segnalazioni da parte degli intermediari.
Concludendo, signor Presidente, il Governo quindi ribadisce che questo intervento ha l'obiettivo di sostenere lo sviluppo e va nel segno complessivo di ottenere risorse che sono da considerare una tantum relativamente alle entrate, ma che potrebbero in questa fase essere un elemento importante per quanto riguarda il sostegno a famiglie ed imprese. Relativamente al tema della lotta ai paradisi Pag. 23fiscali, il Governo mantiene i suoi impegni in sede internazionale con questa norma, che è comunque sostanzialmente coordinata a quella degli altri scudi. Ribadisce, inoltre, che le sanzioni, al contrario di quanto accade negli altri paesi (Regno Unito, Stati Uniti e Francia), per le imposte evase e, quindi, per tutti coloro che non utilizzeranno lo scudo, saranno molto più pesanti rispetto a quelle che sono sostanzialmente ordinarie impostate dagli altri paesi e che, quindi, daranno un vero e proprio giro di vite dopo questa fase insieme al combinato disposto dei provvedimenti che si stanno assumendo in sede internazionale di lotta nei confronti dei paradisi fiscali.
Quindi, signor Presidente, ringrazio del dibattito e mi auguro che anche queste poche considerazioni possano aiutare l'Assemblea a votare con piena consapevolezza all'interno ovviamente di un contesto nel quale il Ministero dell'economia e delle finanze continua a sostenere e credere nello sviluppo e nella possibilità di avere risorse aggiuntive per sostenere il nostro Paese in questa fase (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, non voglio aggiungere una coda, ma il tema è delicato. Abbiamo spiegato come secondo noi questo provvedimento arrivi con una serie di forzature che sono avvenute prima e anche qui alla Camera. La prego, ovviamente non per sfiducia nei suoi confronti, ma perché riteniamo che l'argomento sia di particolare delicatezza, di chiedere al Presidente della Camera che, prima di procedere rispetto a questo provvedimento, si prenda in considerazione il fatto che noi non possiamo prevedere che il Governo cambi sostanzialmente un pezzo di questo decreto-legge attraverso una lettera interpretativa letta in sede di replica e che sostituisce materialmente non soprattutto il testo, ma le conseguenze di una norma.
Se il Governo vuole, ha la possibilità di intervenire in fase di modifica di questo decreto-legge attraverso degli emendamenti che può presentare in qualunque momento; addirittura se ha intenzione di porre la fiducia, lo può fare attraverso un emendamento che ovviamente è inserito all'interno della fiducia, ma la prego di prendere visione con attenzione del testo letto in sede di replica, quindi, in modo assolutamente informale rispetto al provvedimento che abbiamo adesso: è chiaro che la replica è una sede politica e non normativa.
Ma il testo che è stato letto dal Governo in sede di replica con correzioni, anzi con interpretazioni di quella norma è un testo molto delicato che la prego di considerare perché, lo ripeto, il Governo ha la possibilità di modificare il decreto ma attraverso le vie formali nel rispetto del Regolamento. Non lo si può fare attraverso canali terzi perché si deve avere la possibilità di convertire questo decreto entro il 3 ottobre perché scade. Ci sono delle procedure e la pregherei, prima di arrivare alle 14,30 con il voto e con la fase successiva di questo decreto, di fare in modo che gli uffici possano compiere una valutazione attenta di quanto è stato detto in sede di replica dal sottosegretario (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito avrà luogo a partire dalle ore 14, con l'esame e la votazione delle questioni pregiudiziali presentate.

Discussione del disegno di legge: Istituzione del Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza (A.C. 2008-A) e delle abbinate proposte di legge: Bocciardo, De Poli, Pisicchio, Palomba, Veltroni ed altri, Iannaccone ed altri, Cosenza (A.C. 127-349-858-1197-1591-1913 e 2199) (ore 11,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Istituzione del Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza e delle abbinate proposte Pag. 24di legge di iniziativa dei deputati Bocciardo, De Poli, Pisicchio, Palomba, Veltroni ed altri, Iannaccone ed altri, Cosenza.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2008-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni I (Affari costituzionali) e XII (Affari sociali) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
La relatrice per la Commissione Affari costituzionali, onorevole Calabria, ha facoltà di svolgere la relazione.

ANNAGRAZIA CALABRIA, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il testo che le Commissioni I e XII sottopongono all'approvazione dell'Assemblea è finalizzato ad istituire la nuova figura del Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, dando così finalmente attuazione alle indicazioni contenute nelle principali Convenzioni internazionali ed europee in materia e rispondendo ad un'esigenza da tempo sentita nel nostro Paese e più volte raccomandata anche in sede parlamentare.
Il provvedimento al nostro esame dà in particolare attuazione all'articolo 31, secondo comma, della Costituzione che stabilisce che la Repubblica protegge l'infanzia e la gioventù favorendo gli istituti necessari a tale scopo. Al contempo si recepisce quanto previsto dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991 n. 176, che chiede agli Stati firmatari di adoperarsi per garantire i diritti del fanciullo anche attraverso la creazione di istituzioni specifiche incaricate di vigilare sul suo benessere ed alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre del 1950. Infine la Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996 e resa esecutiva dalla legge 20 marzo 2003 n. 77, prevede che gli Stati si attivino per la promozione e per l'esercizio dei diritti dei minori attraverso appositi organi con compiti tra l'altro di proposta, consultivi, di informazione e di ascolto dei minori.
Per quanto riguarda le indicazioni emerse in sede europea ricordo che la tutela dei diritti dei minori è considerato un campo di azione prioritario nel programma legislativo e di lavoro della Commissione europea per il 2009. Al contempo l'istituzione da parte degli Stati membri di Garanti per l'infanzia in attuazione delle Convenzioni internazionali in materia è stata espressamente auspicata dal Parlamento europeo nella risoluzione «Verso una strategia dell'Unione europea sui diritti dei minori» adottata il 16 gennaio 2008. L'importanza di una maggiore tutela dei minori nel corso dei procedimenti giudiziari e delle indagini è sottolineata inoltre in una raccomandazione del Parlamento europeo al Consiglio sulla lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia infantile, approvata in plenaria il 3 febbraio 2009.
La Convenzione ONU in particolare rappresenta lo strumento normativo internazionale più importante e completo in materia di promozione e tutela dei diritti dell'infanzia e costituisce uno strumento giuridico vincolante per gli Stati che lo ratificano nella misura massima consentita delle risorse disponibili. In Italia dopo la ratifica occorsa nel 1991 si è svolto un lungo ed intenso lavoro di approfondimento e di riflessione che ha portato all'istituzione con carattere permanente della Commissione bicamerale dell'infanzia, dell'Osservatorio nazionale e del Centro nazionale di documentazione ed analisi Pag. 25per l'infanzia e l'adolescenza, creando un sistema integrato di competenze, di ruoli e di funzioni.
Nella XIV legislatura è stata approvata all'unanimità dall'Assemblea della Camera una mozione finalizzata a sollecitare l'istituzione del Garante nazionale, tenuto conto delle numerose proposte di legge di origine parlamentare depositate da entrambi i rami del Parlamento.
La stessa Commissione parlamentare per l'infanzia, nella relazione per l'istituzione del Garante approvata dall'Assemblea della Camera il 29 luglio 2003, ha sottolineato la necessità di adeguare la legislazione vigente per dare seguito a quanto previsto dalle Convenzioni internazionali ed europee sopra richiamate.
Alla luce di quanto premesso, si configura l'opportuna e ormai troppo a lungo necessitata istituzione in Italia dell'importante figura del Garante per l'infanzia e l'adolescenza che, sebbene non si configuri come autorità indipendente, si pone come soggetto che vigila, che promuove e coordina tutti i soggetti interessati e il cui vasto compito di attività si colloca nell'ambito della promozione dei diritti dei minori in generale. Il disegno di legge in esame, così come modificato nel corso del dibattito in sede referente, reca disposizioni in questa direzione ed è mio precipuo auspicio, in questa sede, richiamare l'attenzione e la sensibilità di tutti voi, onorevoli colleghi, nei confronti di questo tema che credo non solo debba raccogliere il consenso unanime dell'Assemblea per ottemperare ad un vincolo di esecuzione sovranazionale, ma per contribuire altresì a donare un'immagine dell'Italia, ed in particolare della sua massima istituzione democratica, che se chiamata ad intervenire nel campo della tutela di minori, che quando si parla dei figli e dell'Italia tutta, sia, almeno in questa occasione, finalmente unita.
Nell'illustrazione del contenuto delle disposizioni del testo e dell'istruttoria legislativa, mi soffermerò su quelle, tra le disposizioni del provvedimento in esame, che attengono più strettamente alla competenza della Commissione affari costituzionali, vale a dire le disposizione di cui agli articoli 1, 2 e 5, concernenti l'istituzione e la struttura dell'organo Garante per l'infanzia e l'adolescenza. Ricordo preliminarmente che le Commissioni riunite I e XII hanno avviato l'esame dei progetti di legge nella seduta del 12 febbraio scorso deliberando di adottare quale testo base per il seguito dell'esame il disegno di legge n. 2008 del Governo. Successivamente, nell'ambito dell'istruttoria legislativa sul provvedimento sono state svolte alcune audizioni informali che hanno consentito di acquisire le valutazioni degli organismi operanti nel settore quali Telefono azzurro, l'Istituto nazionale per i diritti dei minori, l'UNICEF Italia, Save the children e di tenere conto dell'esperienza da loro maturata. Al contempo, sono state svolte audizioni dei garanti regionali dell'infanzia, laddove istituiti, e degli organismi analoghi così da avviare un'interlocuzione con gli organismi che, in sede locale, hanno già svolto la funzione di tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.
Le Commissioni hanno quindi proceduto all'esame degli emendamenti presentati con un confronto ampio ed articolato che ha consentito di giungere alla definizione di un testo sicuramente migliorativo, grazie al contributo di tutti i gruppi parlamentari. Sono stati infatti accolti molti emendamenti con riferimento, soprattutto, agli articoli 2 e 3. Le modifiche che hanno interessato in particolare l'articolo 2 hanno la finalità di definire un organismo quanto più possibile autonomo ed indipendente dotato, al tempo stesso, di una marcata professionalità ed esperienza nel campo dei diritti dei minori.
All'articolo 2 si prevede, dunque, che l'istituendo Garante per l'infanzia e l'adolescenza, organo monocratico, non sia soggetto ad alcuna forma di controllo gerarchico e funzionale e che sia nominato con determinazione adottata d'intesa dai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Il Garante dura in carica quattro anni e può essere riconfermato per non più di una volta. Il testo elaborato dalle Commissioni prevede che per tutta la durata dell'incarico il Garante non possa esercitare, a pena di decadenza, Pag. 26alcuna attività professionale o di consulenza, essere amministratore o dipendente di enti pubblici o privati né ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura o rivestire cariche elettive o incarichi in associazioni od organismi che svolgono attività nei settori dell'infanzia e dell'adolescenza. Se dipendente pubblico, secondo l'ordinamento di appartenenza, sarà collocato fuori ruolo o in aspettativa senza assegni per tutta la durata del mandato. Si stabilisce, inoltre, che il compenso a lui spettante sia determinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, nei limiti stabiliti dall'articolo 7 che reca la copertura finanziaria del provvedimento.
All'articolo 5 si prevede, quindi, che il Garante per lo svolgimento dei propri compiti si avvalga delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili presso il Dipartimento per le politiche della famiglia e presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri. Su quest'ultimo profilo, in ogni modo, il Ministro, su sollecitazione delle Commissioni, ha preannunciato lo svolgimento di ulteriori approfondimenti e valutazioni al fine di giungere ad una formulazione che consenta al nuovo organismo di operare con la massima efficacia ed autonomia, anche sotto il profilo delle dotazioni organiche e funzionali. Tale profilo dovrà chiaramente tenere conto anche dell'esiguità di risorse finanziarie disponibili a livello nazionale, in linea con la politica del Governo di stimolare la crescita mantenendo, al contempo, la stabilità dei conti pubblici.
L'auspicio, in ogni modo, è quello di poter risolvere tale aspetto nel corso dell'iter parlamentare così da superare anche le perplessità evidenziate da alcuni colleghi nel corso dell'esame delle Commissioni di merito. Ricordo, infine, che tutti i rilievi espressi dalle Commissioni in sede consultiva saranno approfonditi e valutati nell'ambito del Comitato dei diciotto affinché possano essere, per quanto possibile, recepiti. Al tempo stesso, in tale sede potrà essere effettuato un ulteriore confronto sugli emendamenti formulati dai vari gruppi e sulla questione, preannunciata dal Governo, che attiene all'organizzazione degli uffici del Garante. Rammento nuovamente l'auspicio che è chiaramente quello di poter giungere a un testo quanto più possibile condiviso su un tema che è a cuore di tutti noi, quale è quello della tutela dei diritti dei minori (Applausi).

PRESIDENTE. La relatrice per la XII Commissione, onorevole Castellani, ha facoltà di svolgere la sua relazione.

CARLA CASTELLANI, Relatrice per la XII Commissione. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, finalmente anche nel nostro Paese ci accingiamo in quest'Aula a varare un provvedimento finalizzato ad istituire il Garante nazionale dell'infanzia e dell'adolescenza. Nel corso delle ultime legislature sono state numerose le proposte di legge in materia depositate nei due rami del Parlamento, tutte proposte di iniziativa parlamentare, espressioni di tutte le forze politiche e testimonianza di una nuova e spiccata sensibilità verso i minori non più considerati solo oggetto di tutele, ma soggetti portatori di specifici diritti.
Con l'istituzione di tale figura, peraltro già presente in molti Paesi europei e non solo europei, l'Italia dà attuazione a quanto previsto al comma 2 dell'articolo 31 della nostra Costituzione; a quanto previsto nella Convenzione sui diritti dell'infanzia fatta a New York il 20 novembre del 1989 e resa esecutiva nel nostro Paese della legge n. 176 del 1991; dà seguito a quanto previsto nella Convenzione europea fatta a Strasburgo nel gennaio 1996 e ratificata in Italia della legge n. 77 del 2003; nonché a quanto previsto dalla risoluzione dell'Assemblea generale dell'ONU n. 48/134 del 1993 e nei diversi atti di indirizzo e risoluzioni del Parlamento nazionale, del Parlamento europeo e del Consiglio d'Europa. La Convenzione di New York rappresenta indubbiamente lo strumento normativo internazionale più importante e completo in materia di promozione e tutela dei diritti dell'infanzia, Pag. 27costituisce uno strumento giuridico vincolante per gli Stati che la ratificano ed esorta i Governi ad impegnarsi per rendere i diritti in essa pronunciati prioritari e per assicurarli nella misura massima consentita dalle risorse disponibili.
In Italia, dopo la ratifica della Convenzione di New York, sono stati istituiti diversi organismi e mi riferisco alla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza istituita dalla legge n. 451 del 1997 con compiti di indirizzo e controllo sulla concreta attuazione degli accordi internazionali e della legislazione relativa ai diritti allo sviluppo armonico dei soggetti in età evolutiva. La Commissione può richiedere informazioni, dati o documenti sui risultati delle attività svolte concernenti diritti dei minori e riferisce alle Camere sui risultati della propria attività formulando osservazioni e proposte per l'adeguamento della legislazione vigente al fine di assicurarne la corrispondenza alla normativa comunitaria e ai principi della citata Convenzione di New York.
Mi riferiscono, inoltre, all'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza istituito anch'esso con la legge n. 451 del 1997 e attualmente regolata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 103 del 2007 che ne affida la presidenza congiunta al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e al sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega alle politiche per la famiglia. L'Osservatorio coordina amministrazioni centrali, regioni, enti locali, associazioni, ordini professionali ed organizzazioni non governative che si occupano di tutela dei diritti dei minori. Mi riferisco, altresì, al Centro nazionale di documentazione ed analisi per l'infanzia e l'adolescenza che si occupa di raccolta e diffusione di dati statistici, pubblicazioni scientifiche e normative approvate, mappatura aggiornata dei servizi e delle risorse destinate all'infanzia a livello nazionale, regionale e locale, analisi della condizione dell'infanzia, predisposizione di schemi di rapporto e relazioni istituzionali, formulazione di proposte per l'elaborazione di progetti pilota ed interventi.
Infine, mi riferisco all'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pedopornografia minorile, operante attualmente presso il Dipartimento per le pari opportunità, con il compito di acquisire e monitorare i dati e le informazioni relativi alle attività svolte da tutte le pubbliche amministrazioni per la prevenzione e la repressione del fenomeno dell'abuso e dello sfruttamento sessuale dei minori.
A livello regionale, per contro, nel corso di questi due decenni, sono state diverse le regioni che hanno istituito con leggi apposite la figura del garante regionale dell'infanzia e dell'adolescenza o figure analoghe, ma poche lo hanno effettivamente nominato. Di recente, la regione Friuli Venezia Giulia e la regione Marche hanno ricompreso nella figura del difensore civico anche le funzioni del garante regionale dell'infanzia e dell'adolescenza. In realtà, per sviluppare un sistema nazionale integrato di tutela e garanzia dei diritti dei minori, è indispensabile che tale sistema abbia un punto cardine di coordinamento, promozione e stimolo nella figura del garante nazionale, ma sul piano operativo è importante anche il livello regionale, poiché è a questo livello che si collocano prevalentemente le politiche di welfare.
I garante dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, infatti, oltre che organi di promozione, vigilanza e mediazione dei conflitti, sono parte integrante di un sistema avanzato di Stato sociale, titolari di una funzione di stimolo e di facilitazione, che esercitano secondo il principio di sussidiarietà, a beneficio di tutti coloro che operano in relazione ai minori di età: le istituzioni pubbliche ai diversi livelli territoriali, i servizi pubblici e privati, le famiglie, l'associazionismo, i professionisti, nonché gli stessi bambini. La finalità di un simile sistema integrato è quella di operare in maniera sempre più incisiva, ognuno nel rispetto del proprio ruolo, affinché i diritti sanciti dalla Convenzione di New York del 1989 siano, in prospettiva, effettivamente esercitati e goduti. Ed è a Pag. 28questa filosofia di fondo che si ispira il provvedimento oggi al nostro esame, un provvedimento di iniziativa governativa, approvato all'unanimità dal Consiglio dei ministri nell'agosto del 2008, che ha ottenuto nel novembre successivo il parere favorevole, con alcune integrazioni in sede di Conferenza Stato-regioni, ed assegnato all'inizio di gennaio 2009 alle Commissioni di merito affari costituzionali e affari sociali.
Nello scorso febbraio, è iniziato, in sede referente ed in seduta congiunta, l'esame del disegno di legge del Governo e degli altri disegni di legge di iniziativa parlamentare in materia correlati. Dopo il dibattito che ne è scaturito, anche al fine di velocizzare i lavori, è stato adottato come testo base il testo del Governo, su cui si è stabilito di lavorare con proposte emendative.
In maggio, sono state effettuate le audizioni delle associazioni che operano nel campo dei diritti dei minori e sono stati auditi anche i garanti regionali, laddove istituiti. Le audizioni hanno portato un contributo importante alla discussione e al dibattito, che, pur nella diversità di posizioni su alcuni punti del testo, ha visto però un approccio costruttivo e collaborativo in Commissione da parte di tutti, anche con la presentazione di emendamenti, sia di maggioranza che di opposizione, molti dei quali, specie quelli attinenti alle modalità di nomina, ai requisiti a alle incompatibilità, nonché ai compiti e alle funzioni da assegnare al garante, sono state accolti, migliorando sicuramente il provvedimento, su cui le Commissioni interessate hanno espresso parere favorevole, alcune con osservazioni. Manca ancora per l'Aula il parere della V Commissione.
Rimane ancora qualche nodo da sciogliere. Il mio auspicio è che, nel corso dei lavori, si possano trovare punti di intesa, come già avvenuto in Commissione, al fine di poter varare - mi auguro all'unanimità - questo provvedimento di grande spessore sociale e culturale.
Entrando nel merito dell'esame delle parti di mia competenza, che riguardano compiti e funzioni del garante, previsti dagli articoli 3, 4 e 6 del provvedimento, l'articolo 3 delinea l'ambito di attività del Garante, specificando i compiti che ad esso sono attribuiti e prevedendo forme di collaborazione con istituzioni nazionali e regionali e con l'autorità giudiziaria. Viene prevista l'istituzione della Conferenza nazionale per la garanzia dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Al fine di tutelare ed attuare tali diritti, il Garante promuove e verifica quanto previsto dalla convenzione di New York e dalle disposizioni europee e nazionali, formula, sulla base di quanto premesso l'articolo 12 della Convenzione europea, proposte e pareri in relazione ai provvedimenti ed agli atti riguardanti l'esercizio del diritto dei minori, collabora con la rete dei Garanti europei, sostiene forme idonee di consultazione dei minori e delle associazioni familiari, di collaborazione con tutti i soggetti pubblici e privati, la cui attività sia finalizzata alla tutela dei diritti e degli interessi dei minori.
Verifica che ai minori siano garantite pari opportunità nell'accesso alle cure e nell'esercizio del loro diritto alla salute e pari opportunità nell'accesso all'istruzione, anche nei periodi di ricovero in ospedale; esprime il proprio parere sul Piano nazionale di azione predisposto dall'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza prima della sua trasmissione alla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza; esprime un parere sul rapporto che il Governo presenta ogni cinque anni al Comitato ONU dei diritti del fanciullo; è consultato dal Governo nella fase di predisposizione dei disegni di legge e degli atti normativi in materia di tutela dei diritti dei minori; formula osservazioni in merito all'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali relativi ai minori e vigila sul rispetto dei livelli medesimi.
Il Garante, altresì, promuove studi e ricerche nazionali sull'attuazione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in collaborazione con l'Osservatorio nazionale sulla famiglia, con l'Osservatorio nazionale Pag. 29per l'infanzia e l'adolescenza, con il Centro nazionale di documentazione ed analisi per l'infanzia e l'adolescenza, nonché con l'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pedopornografia minorile.
Promuove opportune sinergie con la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza; collabora con i garanti regionali e, a tal fine, viene istituita la Conferenza nazionale per la garanzia dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza; segnala agli organi giudiziari competenti le situazioni pregiudizievoli o di rischio per i minori, nonché gli abusi di rilevanza penale o per i quali possono essere adottate iniziative da parte delle procure competenti.
L'articolo 4 conferisce al Garante la facoltà, nello svolgimento della sua attività, di accedere ad informazioni e di effettuare accertamenti e controlli, sempre ai fini della tutela dei minori, nel rispetto dei principi normativi stabiliti in materia di accesso, partecipazione e trasparenza.
In particolare, il Garante può richiedere informazioni alle pubbliche amministrazioni nonché a qualsiasi soggetto pubblico o ente privato nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di protezione dei dati personali.
Può accedere a strutture pubbliche o a enti privati ove siano presenti minori nelle forme e con le modalità concordate con le amministrazioni competenti, visitare gli istituti penali per i minorenni previa autorizzazione degli organi competenti e accedere a banche dati o archivi, sentito il Garante per la protezione dei dati personali.
L'articolo 6 consente a tutte le persone interessate di segnalare al Garante i casi di violazione o di situazioni di rischio di violazione dei diritti dei minori attraverso un apposito numero verde. Le procedure e le modalità di presentazione delle segnalazioni sono stabilite dal Garante con propria determinazione nel rispetto delle competenze dei servizi territoriali.
Concludo ribadendo l'auspicio di un dibattito sereno e costruttivo anche in quest'Aula, con la consapevolezza che, nel corso dei lavori, potremo sicuramente migliorare il provvedimento ed arrivare finalmente, anche nel nostro Paese, ad avere un Garante nazionale dell'infanzia e dell'adolescenza (Applausi).

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
È iscritto a parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, onorevole Ministro, onorevoli colleghi, dopo 20 anni dall'approvazione della Convenzione dell'ONU sui diritti dei bambini e dopo 18 anni dalla legge di ratifica il Parlamento arriva a definire una propria normativa sul Garante dei diritti dei minori.
Si tratta di una misura lungamente o, forse, lunghissimamente attesa da una cultura dei diritti dei minori che in Italia si è venuta consolidando negli anni, che, però, ha bisogno di essere rinforzata. A cagione di un ridotto interesse per questi stessi problemi, essa ha bisogno di essere rafforzata da un organismo ulteriore, che in questa proposta di legge viene chiamato Garante dei diritti dei minori.
Intervengo su questo tema con una passione che mi deriva dalla mia lunga esperienza di giudice minorile, e di responsabile al Ministero della giustizia dell'organizzazione appunto della giustizia per i minori; con una passione che non si è mai sopita, che mi consente, oggi che non mi occupo più ex professo di questi temi, di vederli in maniera più ampia e più generale, e in maniera anche forse un pochino più distaccata.
La cultura dei minori in Italia ha avuto una progressiva accentuazione, determinata in particolare da due fattori: dai giudici minorili e dalla cultura delle scienze sociali e psicologiche, in modo particolare da parte degli operatori sociali e degli educatori che fino dal dopoguerra hanno dato un impulso straordinario alla crescita di tale cultura, introducendo anche innovazioni importanti, in modo particolare per quanto riguarda i minori «infrattori», Pag. 30i minori che hanno commesso reato, per un cammino sempre più improntato al recupero sociale del minore, sempre meno improntato all'automatismo sanzionatorio. Questa cultura degli operatori del settore, degli educatori e degli assistenti sociali, è stata poi supportata fortemente da una cultura scientifica degli psicologi, dei sociologi, dei pedagogisti i quali hanno anch'essi elaborato delle linee di orientamento che tendevano sostanzialmente a favorire il recupero sociale del minore piuttosto che a determinare la definitiva consegna alle fasce di marginalità deviante.
Naturalmente in questa lunga strada possono esservi stati degli eccessi, nel senso che alla volontà di perseguire il recupero sociale del minorenne può essersi accompagnata una banalizzazione del senso della regola; e difatti al termine di questo lungo bilanciamento tra concezione «neoclassica» della sanzione automatica nei confronti di ogni minore, e, all'opposto, della cultura della banalizzazione della regola, e quindi dell'esclusione in ogni caso del minore dalle proprie responsabilità, per una responsabilità sociale in ordine alla devianza del minore, si è arrivati ad un atto importantissimo, che ci è copiato ed apprezzato anche dagli altri Paesi, che è costituito dal decreto del Presidente della Repubblica n. 488 del 1988, relativo a disposizioni sul processo penale minorile. Sono quelle vigenti, che stanno dando risultati straordinari, nel senso che tra queste due opposte culture, entrambe insoddisfacenti perché sostanzialmente entrambe lasciavano il minore solo di fronte a se stesso, consegnato ad un buio esistenziale, e spesso sociale, che era la causa più evidente e sempre esistente, anche secondo uno studio delle Nazioni Unite, della propria devianza sociale, si è arrivati alla cultura della responsabilità. Vi è un processo penale che fin dalla denuncia come luogo attraverso il quale il minore, ma anche tutti gli ambienti ai quali esso fa riferimento vengono responsabilizzati, anche attraverso un istituto assolutamente innovativo come è la sospensione del processo con la messa alla prova, in merito al recupero sociale del minore.
Questa cultura è di straordinario impatto, e si è rivelata anche di forte successo anche nei confronti della prevenzione della criminalità: la sospensione del processo con la messa alla prova nel 75 per cento dei casi, e sono oramai migliaia, ha avuto un esito positivo. Questo significa che il minore, attraverso un progetto di recupero che passava innanzitutto attraverso la sua collaborazione, è arrivato a rifarsi un volto socialmente apprezzabile, e non è stato più considerato come un soggetto comunque da punire, da consegnare definitivamente al circuito penale, alle fasce di marginalità deviante, ma, attraverso la sua collaborazione ad un progetto di recupero, ha avuto la dimostrazione che egli non è fatto per essere consegnato tra i delinquenti, bensì per camminare a testa alta nella società.
Ed è da allora che si è arrivati ad una drastica riduzione della recidiva dei minori, perché il superamento positivo della prova ha costituito un rinforzo straordinario della personalità del minore il quale, una volta capito che da solo riesce a non continuare in un comportamento deviante, poi è non è voluto tornare a mettersi di nuovo contro le regole sociali.
Sotto il profilo penale, anche in attuazione delle cosiddette regole minime di Pechino per l'amministrazione della giustizia minorile approvate dall'Assemblea delle Nazioni Unite nel 1990, in Italia si è arrivati ad una legislazione di straordinaria rilevanza e significato che altri Stati ci invidiano e in riferimento alla quale ci chiedono spesso di essere aiutati a capire e ad organizzare le loro strutture.
Un altro dei terreni sui quali la cultura minorile si è fortemente impegnata è quello invece della protezione e della tutela dei minori. Sotto questo profilo vi sono state evoluzioni sia nella normativa del codice civile sia in quella relativa alle adozioni, che man mano hanno sopperito ad alcune deficienze di rito e di carattere processuale che lasciavano esclusivamente Pag. 31alla magistratura minorile il compito di decidere in una posizione spesso difficile, che non era quella di terzietà.
Il rito minorile non può che essere un rito camerale nel senso che l'officialità, cioè l'obbligatorietà ad assumere informazioni nei confronti o in favore della situazione del minore, è una cosa ineludibile perché si tratta di soggetti che non hanno di per sé la capacità giuridica né quella di stare in giudizio ed è quindi necessario che vi sia un soggetto (come il giudice in questo caso, il pubblico ministero che promuove l'azione di protezione, e la giustizia minorile che poi deve decidere) che deve avere la capacità di valutare la situazione e quindi anche di assumere informazioni di per sé.
Questa cultura ha trovato qualche criticità nel senso che spesso la decisione sulla protezione del minore si è scontrata con il diritto dei genitori ad educare il minore, che ha conosciuto una soluzione ora in un caso ora in un altro.
Sovente il diritto del minore all'educazione in caso di inadempienze familiari e sociali (e la protezione di tale diritto) si è infatti scontrato con il diritto naturale dei genitori ad educare i figli, anche in conformità agli articoli 29 e 30 della nostra Costituzione.
Questo è stato uno dei punti di maggiore criticità che talvolta, anche per la gestione mediatica dei fatti che sono avvenuti, ha riversato sulla magistratura minorile responsabilità che non erano sue. Prima di tutto bisogna infatti procedere alla tutela del minore: come dice la Convenzione di New York, occorre che la società nel suo complesso favorisca e tuteli il migliore interesse del minore (the best interest of the child). In questa corsa alla tutela dei minori possono essersi verificati dei conflitti tra il diritto del bambino ad essere comunque educato e a diventare un soggetto capace di sviluppare tutte le proprie potenzialità nella società e quello dei genitori; ma la tutela dei minori, indipendentemente dai genitori, è prevista dalla stessa Costituzione laddove si dice che i genitori hanno il diritto e il dovere di educare i propri bambini ma che, in caso di incapacità dei genitori, è lo Stato che deve provvedere a garantire ugualmente i diritti dei bambini.
In questo conflitto ha giocato in maniera molto forte l'organizzazione sociale che giustamente, sotto l'aspetto della tutela e della protezione, è stata affidata da un decreto, concernente norme di attuazione, alla pubblica amministrazione, rappresentata dai comuni di residenza dei bambini, ma che spesso o in molti casi non è stata in grado di garantire alla famiglia nel suo complesso la capacità di adempiere ai suoi compiti: dei genitori di educare, da una parte, e dei bambini di essere educati in maniera adeguata dall'altra.
Queste cose non sembrino estranee rispetto alla questione che stiamo dibattendo. Non lo sono affatto perché da una parte affondano le loro radici all'interno della Convenzione di New York del 1989 nel senso che tutte le cose che ho detto oggi trovano lì una risposta come indicazione di intervento agli Stati e non sono estranee rispetto al disegno di legge che oggi stiamo discutendo nel senso che ci stiamo domandando chi è il Garante dei diritti dei minori, che cosa può garantire e come può garantire i diritti dei minori che scaturiscono dalla Convenzione di New York o come li può garantire in un'organizzazione sociale complessa come quella del nostro Stato che vede una serie di soggetti avere delle competenze sul corretto sviluppo del bambino e sul suo corretto diritto ad essere educato e, d'altra parte, sul diritto dei genitori a poter educare i bambini.
La premessa che ho fatto sta tutta qui nel senso che nel momento in cui riteniamo che sia necessario che il nostro ordinamento, la nostra società, il nostro Stato si doti di un organismo capace di garantire i diritti dei minori dobbiamo collocarlo adeguatamente nella pluralità di competenze che sussistono su questo problema e su questo settore.
Anzitutto non vi è dubbio che il Garante è un organo amministrativo che fa parte e rientra all'interno della pubblica amministrazione. Pertanto si pone il problema di tutta una serie di rapporti con le Pag. 32altre pubbliche amministrazioni che si devono occupare dei diritti dei minori nell'ordinarietà dei casi e del loro corretto sviluppo sociale e, quindi, anche in funzione general-preventiva, in funzione di apprestamento dei mezzi attraverso i quali ogni famiglia può essere posta in condizioni di adempiere ai propri compiti. Vi è quindi un problema di rapporti tra il Garante e le altre autorità amministrative.
Dobbiamo chiederci chi è e cosa può fare questo soggetto che irrompe in un panorama complesso, multiforme; come si deve muovere per non sgomitare in maniera non corretta o viceversa per evitare che esso sia un mero notaio, un mero passacarte, un burocrate, insieme e vicino a tanti altri, a molte altre amministrazioni, ciascuna delle quali si tiene ben stretta la propria competenza. Parliamo della sanità, parliamo dell'istruzione, parliamo dell'assistenza sociale, parliamo delle regioni. Che cosa deve fare questo soggetto per essere un soggetto effettivamente Garante dei diritti dei minori? Quali poteri gli stiamo attribuendo, come lo stiamo configurando? Da una parte questo riguarda i rapporti tra questo organo amministrativo e le altre pubbliche amministrazioni. È ovvio che nei confronti degli organi costituzionali, come il Parlamento e il Governo - il Governo inteso come sintesi del benessere sociale e, quindi, come sintesi di tutti gli interventi anche protettivi che riguardano i minori - è evidente che questi non possono essere sottoposti e soggetti all'Autorità garante. Non possono essere soggetti autoritativamente; ma dipende dai poteri che diamo al Garante valutare se egli può rispetto ad altre pubbliche amministrazioni intervenire e in che termini può intervenire: se come un semplice osservatore, un semplice passacarte oppure no.
L'altra questione è quella che riguarda i rapporti tra il Garante e la giurisdizione: è evidente che noi abbiamo un ordinamento giuridico strutturato in modo tale che all'interno della famiglia può entrare solamente la giurisdizione, la famiglia, cioè, è un punto di una delicatezza talmente importante che la nostra Costituzione l'ha circondata di una garanzia. Non può darsi che, come in altri Stati, vi sia la pubblica amministrazione che autonomamente interviene all'interno della sfera familiare: questo da noi è vietato, perché i diritti soggettivi dei genitori all'educazione e il diritto dei bambini all'educazione sono diritti soggettivi e non interessi su cui la pubblica amministrazione direttamente e per propria iniziativa può incidere.
La pubblica amministrazione interviene se vi sono da valutare diritti soggettivi soltanto su richiesta del giudice: un assistente sociale non può intervenire salvo casi o situazioni di emergenza in cui il bambino sta morendo o si trova in stato di abbandono, ma questi sono interventi di emergenza e non interventi sulla relazione familiare. Gli interventi sulla relazione familiare, nel senso di incidere sui diritti soggettivi, possono essere attuati solamente dalla magistratura.
Signor Presidente, quanto tempo ho ancora? Quanto tempo ho utilizzato?

PRESIDENTE. Ha ancora una decina di minuti a disposizione. Rispetto alla previsione di conclusione di tutta la discussione sulle linee generali si deve regolare lei insieme ai colleghi.

FEDERICO PALOMBA. Allora mi avvio alla conclusione, signor Presidente.
Mi pare che siamo posti di fronte a questo nodo fondamentale, ecco perché noi dell'Italia dei Valori avevamo proposto un emendamento forte e serio: il Garante sia chiamato Autorità garante e ad essa siano concessi poteri effettivi, affinché non sia un mero simulacro che non ha alcuna possibilità di intervenire anche quando si ravvisano e si verificano effettive riduzioni o limitazioni dei diritti dei bambini.
Se è questo che si vuole, a noi - diciamo la verità - interessa poco.
Noi, invece, vogliamo che sia istituito un organo che ha effettivi poteri, sia pure - e qui sono d'accordo con la presidente della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza - sotto il controllo del Parlamento, perché è giusto che il Pag. 33Parlamento controlli tutto: il Governo, l'autorità amministrativa e via dicendo.
Attribuiamo poteri di controllo al Parlamento, ma controllo si ha quando si esercitano o si possono esercitare poteri: qui, se non si attribuiscono poteri, c'è poco da controllare, perché se tale organo non può fare niente, non farà niente. Ciò era connesso alla qualità e alla natura dell'organo stesso come autorità indipendente (questo aggettivo è stato aggiunto e mi fa piacere), ma come autorità che ha poteri effettivi di imporre ed evidentemente di sanzionare comportamenti: questo è il punto che noi vediamo criticamente in questa situazione.
Ho visto che le relatrici nelle Commissioni I e XII hanno affermato che il Garante non è un'autorità, ma quasi una sorta di funzionario che collega le cose, a cui si chiede come sta andando la questione della scuola o della sanità e via dicendo. Qui dobbiamo chiarirci bene le idee: o questo Garante ha dei poteri o, altrimenti, è una delle tante figure, per giunta sottoposto al potere forte delle amministrazioni centrali e regionali, che non risolverà alcun problema.
Sarà semplicemente un flatus vocis - al massimo, quello che gli spagnoli chiamano el derecho de queja, cioè il diritto di mugugno - ma se non potrà fare niente, allora non garantirà proprio un bel niente. Ecco perché abbiamo chiesto che questo organo sia un'autorità garante, indipendente, anche con poteri sanzionatori.
Signor Presidente, vorrei fare un esempio e poi concludo, anche se si sarà capita l'impostazione che vogliamo dare al Garante in discussione. I mezzi televisivi, la stampa, i mezzi telematici in genere, quotidianamente, compiono azioni fortemente lesive del diritto all'educazione dei bambini, trasmettendo, ad esempio, anche durante le fasce protette, programmi in cui vi sono scene di violenza e di sessualità spinta; non parliamo, poi, di Internet.
Signor Presidente, chi interviene su tutto ciò? Perché non diamo all'Autorità garante in oggetto il potere di intervenire e di sanzionare questi comportamenti? Si tratta, infatti, di poteri forti, fortissimi, che hanno bisogno di un'autorità indipendente che li sanzioni e li colpisca, con sanzioni pecuniarie - perché non potrebbe erogare sanzioni penali - ed, eventualmente, anche con sanzioni interdittive e sospensive (facendoli chiudere per quindici giorni, o per tre mesi, se insistono). Altrimenti, signor Presidente, di quale garanzia stiamo parlando? Vogliamo istituire un burocrate o un passacarte? Interessa poco alla collettività italiana.
Signor Presidente, i diritti dei minori sono ancora diritti minori, ancora sottoposti alla mediazione degli adulti e, quindi, spesso sottoposti anche alla disattenzione, al disinteresse ed anche alle pratiche commerciali dei vari soggetti che operano nel campo dell'informazione.
Signor Presidente, spero di aver dato un'idea generale. Tutti gli emendamenti che abbiamo presentato in abbondanza sono di contorno, perché questo è il cuore del problema. Il Parlamento controlli il Garante - come afferma giustamente la presidente della Commissione parlamentare bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza - ma il controllo esiste, se il Garante ha poteri. Se non ha poteri, c'è poco da controllare, perché non si può controllare il nulla.
Signor Presidente, confidiamo che il dibattito parlamentare, che si giova del contributo e della partecipazione di tanti colleghi, che sono molto sensibili e molto preparati, si svolga al di là degli schieramenti. Non stiamo decidendo questioni politiche, stiamo decidendo dei diritti dei bambini e di come si rendono effettive le prescrizioni della Convenzione di New York.
Al di là degli schieramenti, vorrei che anche il Governo, insieme a tutto il Parlamento, ripensasse a questa figura. Se fosse una figura sbiadita, scialba, opaca e di mero collegamento, forse, non ve ne sarebbe nemmeno bisogno, perché è il Consiglio dei ministri l'organo politicamente ed amministrativamente deputato a stabilire e a realizzare i collegamenti. Se vogliamo un Garante esterno a questo organo, dobbiamo seriamente pensare ad un soggetto dotato dei citati poteri. Pag. 34
Noi dell'Italia dei Valori, crediamo in questi principi e abbiamo presentato degli emendamenti. Speriamo che il dibattito parlamentare possa portare luce e chiarezza. Alla fine del dibattito stesso, valuteremo quale atteggiamento assumere, considerando che per noi questa tappa è di fondamentale importanza.
Vorremmo poter concorrere, insieme a tutti gli altri, ad una valutazione positiva, ma naturalmente ciò dipenderà da quale testo uscirà dal dibattito complessivo (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori, Partito Democratico e Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Capitanio Santolini. Ne ha facoltà.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, effettivamente questo è un momento importante nella vita parlamentare. Discutere del Garante per l'infanzia non è cosa da poco, quindi dobbiamo essere grati al Ministro e anche a coloro che hanno calendarizzato questo provvedimento, finalmente, dopo venti anni di attesa. Da questo punto di vista, quindi, possiamo dichiarare di essere soddisfatti di avere acceso i riflettori su una figura che è prevista (è bene ricordarlo) dal 1989 e dalla Convenzione di New York, pertanto sono giusto venti anni che questo auspicio è disatteso.
Ricordo anche, a futura memoria, che nel 1991 l'Italia ha ratificato la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, quindi siamo ampiamente in ritardo.
Ricordo inoltre, anche questo a futura memoria, che la nostra Costituzione (qui torniamo indietro addirittura di 60 anni) prevede delle figure che tutelino la maternità e l'infanzia. In particolare, l'articolo 31 della Costituzione recita: «La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo».
Credo che nessun articolo della Costituzione sia stato così dimenticato e così tradito come questo articolo 31; mi riferisco soprattutto alla prima parte, ma non è questo il tema della giornata. Le provvidenze economiche e il sostegno alle famiglie sono dimenticate esattamente da sessant'anni e adesso cerchiamo di attuare la seconda parte che protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù favorendo gli istituti necessari. Si tratta, quindi, di una questione estremamente importante a cui dobbiamo dedicare tutta l'attenzione dovuta.
Va anche ricordato, sempre a futura memoria, che il Garante per l'infanzia è già presente in alcune regioni, non è quindi una novità assoluta. In alcune regioni il Garante è stato istituito, è attivo e ha funzioni le più diverse, che vanno dalla diffusione della cultura dei diritti dell'infanzia, alla promozione di studi scientifici e alla vigilanza diretta sugli istituti che assistono i minori in difficoltà, funzioni estremamente diverse. Tra i Garanti regionali, alcuni hanno funzionato ed altri meno, cioè alcune regioni sono soddisfatte della presenza del Garante, mentre altre hanno denunciato la totale inutilità di un istituto di questo genere. Vi è, quindi, un panorama eterogeneo e diversificato a cui bisogna dare unità.
Fino a qui gli aspetti positivi del provvedimento di cui stiamo discutendo. Veniamo ora alle note dolenti, che non sono assenti.
L'articolo 1 istituisce la figura del Garante «al fine di assicurare la piena attuazione e la tutela dei diritti e degli interessi delle persone di minore età (...)».
Già in questo articolo 1 si configura qualcosa che non è in linea con quanto noi pensiamo. Infatti, sono completamente ignorati i Garanti regionali, che ci sono, sono stati istituiti e, lo ripeto, hanno compiti diversi, funzioni diverse, alcuni funzionano meno ed altri meglio. Avevamo chiesto di prevedere non soltanto il Garante nazionale, ma anche - almeno citandoli - quelli regionali per consentire Pag. 35un'uniformità di presenza e un'uniformità di impostazione, proprio nell'interesse dei minori.
I Garanti regionali sono importanti, non è pensabile che il Garante nazionale possa arrivare a tutto: quindi gli indirizzi essenziali e i ruoli dei Garanti regionali andavano in qualche modo citati per assicurare un'armonizzazione tra leggi regionali e provvedimenti che essi assumeranno. Ciò non è stato fatto né accettato, e ne prendiamo buona nota.
Tuttavia, le note dolenti devono ancora arrivare perché sulla questione dei Garanti regionali non faremo certo battaglie fino alla morte, se ne può discutere e ci rendiamo conto che non si tratta di una cosa di primaria importanza. Lo è invece quello che viene fuori dagli articoli 2 e 3 che riguardano rispettivamente i requisiti e i compiti del Garante. Si tratta delle due note dolenti di questo provvedimento.
Per quanto concerne i requisiti, occorre intenderci sulla filosofia di fondo di questo benedetto Garante. I requisiti previsti dal provvedimento sono - vado a richiamare l'articolo 2 - quelli di piena autonomia e di indipendenza di giudizio e di valutazione. Il Garante non è soggetto ad alcuna forma di controllo gerarchico o funzionale ed è un organo monocratico. Questo c'è scritto nel provvedimento. Ovviamente il Garante è scelto tra persone di notoria indipendenza ed è fissata una serie di paletti per assicurarne la terzietà.
Mi sembrerebbe un atto di fede e un'accettazione assolutamente acritica il fatto di postulare tali requisiti di indipendenza di giudizio e di valutazione di questa figura, dal momento che poi, negli articoli successivi, in particolar all'articolo 5, si stabilisce che il medesimo Garante si avvale delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili presso il dipartimento per le politiche della famiglia e presso il dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Come è noto - non lo devo ricordare certo io agli illustri colleghi presenti - i dipartimenti per le pari opportunità e per le politiche della famiglia sono istituiti presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e questo significa appoggiare una figura come quella del Garante alla Presidenza del Consiglio. Tutto il resto è filosofia, esercitazione accademica.
La verità è che questo provvedimento si avvale delle risorse umane, finanziarie e strumentali dei suddetti dipartimenti. Non ho dubbi che le persone che verranno indicate saranno degnissime, ma ho seri dubbi che, dovendosi avvalere delle risorse umane e strumentali di un dipartimento che è Governo, possano essere così autonome e indipendenti.
Sollevo questi dubbi a prescindere dal fatto che governi il centrodestra, il centrosinistra o il centro: non si tratta di una questione di schieramenti ma di una questione di principio, di filosofia a monte, perché altrimenti questa figura, a mio avviso, parte come una sorta di anatra zoppa che non ha né credibilità né autorità.
Il problema che abbiamo sollevato sia in sede di I Commissione (Affari costituzionali) che di XII Commissione (Affari sociali) - ed è uno dei nodi che ci preoccupa di più - è il fatto stesso che i medesimi dipartimenti per le pari opportunità e per le politiche della famiglia alla fine non siano indipendenti; non sono un Ministero, ma sono riferibili alla Presidenza del Consiglio.
Giorni fa, in vista di questa discussione sulle linee generali, mi sono dedicata all'esercizio di cercare di capire tutte le figure che in qualche modo si occupano dell'infanzia.
Ho cominciato a scriverli a mano e poi, alla fine, li abbiamo messi in bella copia. Ne sono uscite sei pagine piene zeppe di organismi che in Italia, in questi ultimi venti anni, si occupano di infanzia. Come quando si dice che troppa comunicazione equivale a nessuna comunicazione o che troppe leggi sono uguali a nessuna legge, allo stesso modo, troppe figure che si occupano dell'infanzia equivale a dire che nessuna si occupa dell'infanzia, perché vi è una parcellizzazione di competenza e di micro e macro competenze che sono veramente incredibili. Immagino che il Ministro Pag. 36Carfagna sia consapevole di ciò, perché, se ho fatto tale esercizio, immagino che l'abbia fatto necessariamente anche lei.
In questo elenco vi sono dei Ministeri che hanno delle competenze. Non solo il tribunale dei minori o gli osservatori sull'infanzia o quello sulla famiglia ma, ad esempio, il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali ha competenza da questo punto di vista; ma anche il Ministero dell'interno, quello della giustizia e quello degli affari esteri. In sostanza, ogni Ministero ha un pezzettino di competenze per quanto riguarda la tutela dei minori.
Nel provvedimento in esame si aggiunge un altro pezzettino di competenza al Ministero per le pari opportunità che, evidentemente, ne era privo. Poiché tutti i ministeri devono dotarsi di un settore che si occupa di infanzia, evidentemente qui si è seguita la stessa logica. Ma la figura del Garante è altro. Dopo vent'anni di attesa si poteva immaginare che alla figura del Garante si attribuissero compiti e funzioni estremamente diversi. Personalmente, immaginavo il Garante quasi come una sorta di Authority; ma tale non è perché si è voluta seguire un'altra strada. Tuttavia, a questo punto è una figura che non ha neanche il compito di presiedere e garantire un coordinamento serio tra tutte queste realtà e tutte queste parcellizzate competenze.
Pertanto, abbiamo dei seri dubbi sui requisiti di questo Garante mentre, inoltre, si dà per scontata la sua piena indipendenza e autonomia. Ma sicuramente non potrà essere indipendente, malgrado le rassicurazioni del Ministro che, non dubito, sono state espresse in perfetta buona fede. Tuttavia, non metto la mano sul fuoco sul fatto che una figura, che è a capo di una struttura all'interno di un Ministero e, quindi, che dipende da una figura governativa, possa essere del tutto indipendente.
Passo ora all'articolo 3, relativo ai compiti del Garante. In questo articolo vi sono dei verbi che ho evidenziato. Si dice, infatti, che il Garante promuove, collabora, assicura consultazioni, propone l'adozione di iniziative, esprime pareri, verifica e che è consultato dal Governo. Ma come è possibile che il Governo consulti una figura che è già presso il Governo? In altri termini, come si può creare questo corto circuito strano per cui una figura che è presso il Governo - perché è presso il Dipartimento delle pari opportunità - viene, però, consultato dal Governo? Evidentemente la mattina alle 8, prendendo il caffè, si consultano, perché sono nella stessa stanza.

ALESSANDRA MUSSOLINI. Brava Capitanio Santolini!

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Che senso ha tutto questo discorso? Inoltre, il Garante esprime il proprio parere sul rapporto che il Governo presenta. Esprime il parere sul Governo ma fa parte del Governo o perlomeno è appoggiato dal Governo e, quindi, non si capisce bene. In più, il Garante formula osservazioni, segnala all'autorità, promuove e presenta. Tutti verbi molto belli e importanti, ma non è presente un coordinamento serio, un fare sintesi e un riportare ad unum qualche cosa che deve rivolgersi a favore e a tutela dell'infanzia che oggi sappiamo non essere abbastanza tutelata. Tutti i giorni vi sono cronache di minori sfruttati, abusati e abbandonati. Basta ricordare la tratta e il traffico di organi, ma anche semplicemente i bambini oggetto di violenza nelle scuole, il bullismo e altro ancora. Voglio dire che non possiamo affermare che, poiché abbiamo una delle legislazioni migliori da moltissimi punti di vista, abbiamo la coscienza a posto in ordine alla tutela dei minori.
Credo che i compiti del Garante siano molto, ma molto discutibili, anche perché, quando si dice che esprime pareri - lo abbiamo chiesto negli emendamenti presentati - ritengo debbano essere pareri obbligatori. Non dico vincolanti, perché, forse, sarebbe stata una misura eccessiva, ma esprimere pareri obbligatori sì, perché, previsto in questo modo, ciò non è garantito. Pag. 37
Non è detto in maniera esplicita che il Garante deve esprimere un parere obbligatorio. Nel testo è scritto che esprime un parere. Certamente lo può esprimere, tuttavia mi sembra che sia un modo molto soft di prevedere la figura del Garante anche perché, se andiamo a vedere sempre questo enorme numero di soggetti che hanno competenze, è previsto che anche loro esprimano pareri, per cui vi è l'aggiunta di un parere ad un elenco enorme di pareri che altri enti ed altre figure devono esprimere.
«Formula osservazioni» al riguardo, ma queste osservazioni come saranno tenute in conto? Il formulare osservazioni è anch'esso un modo soft, perché non si capisce se poi tali osservazioni verranno tenute in debito conto. Altra stranezza è che il Garante promuove studi e ricerche sull'attuazione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (al comma 2 dell'articolo 3), avvalendosi dei dati e delle informazioni dell'Osservatorio nazionale per la famiglia.
Ma vi sono, sempre in questo elenco che mi sono divertita a fare, gli osservatori nazionali sull'infanzia e l'adolescenza. Perché bisogna esprimerlo in maniera esplicita? È una sottigliezza questa e non una cosa dirimente, però non capisco il perché. Forse perché l'Osservatorio nazionale per la famiglia funziona e gli altri «no»? Mi viene da pensare così. Non si capisce perché il Garante debba andare a prendere informazioni dall'Osservatorio nazionale per la famiglia e non da quelli sull'adolescenza o sull'infanzia che sono istituiti (ce ne sono ben due). Si tratta di un problema di fondo - lo ripeto - quello relativo ai requisiti e ai compiti.
Poi, andando avanti in maniera rapida perché mi sembra di aver detto le cose essenziali, vi è il problema dei fondi. Anche in questo caso si apre una nota molto, ma molto dolente. 200 mila euro: 0,1 milioni di euro presi al Dipartimento per le pari opportunità (così c'è scritto) e 0,1 milioni di euro presi al Dipartimento della famiglia.
Siamo alla solita ed eterna guerra tra poveri, perché non si può immaginare di fare partire un Garante per l'infanzia che in qualche modo leva risorse alle donne o alle famiglie. Mi sembra veramente fuori dal mondo. 200 mila euro, che sono una cifra ridicola per far funzionare effettivamente un garante, il Governo avrebbe potuto avere la buona grazia di trovarli fuori da questi bilanci, al di fuori delle competenze che sono in capo al Dipartimento per le pari opportunità e al Dipartimento della famiglia.
Mi sembra veramente una guerra tra poveri, tanto è vero che abbiamo qui la verifica delle quantificazioni - si tratta di un testo ufficiale - in cui si dice che appare opportuno che il Governo chiarisca quali siano le strutture che verranno destinate all'ufficio del garante. Andrebbe chiarito se le risorse residue siano sufficienti allo svolgimento dei compiti attualmente attribuiti a tali strutture. Già hanno pochissimi soldi, si tolgono loro altri 100 mila euro da più parti.
Per questo, si chiede che il Governo chiarisca se le risorse residue siano sufficienti allo svolgimento dei compiti previsti dai due Dipartimenti (che si vedono depauperati di risorse), anche al fine di evitare una duplicazione di strutture e di attività suscettibili di determinare diseconomie, oltre che incertezze in merito alla titolarità di determinate competenze. Non lo dice l'opposizione, ma un organo ufficiale.
Con riferimento all'istituzione della Conferenza nazionale per la garanzia dei diritti dell'infanzia e della adolescenza appare necessario che il Governo chiarisca le modalità di funzionamento di tale struttura (non se ne parla proprio nel provvedimento) al fine di verificare l'effettiva applicabilità della clausola di salvaguardia finanziaria prevista nel testo medesimo.
A proposito della Conferenza nazionale dell'infanzia, sappiamo che esiste un Piano nazionale dell'infanzia che deve essere predisposto ogni due anni. Si tratta di un piano previsto per legge, quindi non è un'idea che ci sembrava importante. Non è che funzioni alla meraviglia, però esistono delle competenze con un Piano nazionale. Come si sovrappone una Conferenza Pag. 38nazionale sull'infanzia al Piano nazionale dell'infanzia? Per l'amor di Dio, il tutto potrebbe essere compatibile, ma va chiarito.
Ricordo poi, perché ci sono stata, che dieci anni fa l'allora Ministro del welfare Livia Turco organizzò una Conferenza nazionale sull'infanzia, la prima, cui non ne sono seguite altre. Non sono riuscita a capire se il Ministro Livia Turco si rifacesse ad una legge precedente o a qualche disposizione. Non sono riuscita a risalire all'origine normativa, però l'ha organizzata, perché sono stata lì a Firenze per tre giorni. Come si colloca una Conferenza nazionale dell'infanzia rispetto al Piano e a tutte le altre competenze che hanno queste altre strutture che si sono formate nel corso di venti anni? Anche questo non si capisce.
Noi avevamo chiesto nei nostri emendamenti ovviamente che non si procedesse a depauperare i due dipartimenti perché ci sembrava davvero una guerra tra poveri, come affermato, ma i nostri emendamenti sono stati respinti. Quindi, poiché la norma prevede che non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (anche questo è espresso nella legge), ci chiediamo come possa funzionare un Garante per l'infanzia che dovrebbe avere tutti i compiti previsti. Non ha quelli che noi avremmo voluto che avesse, ma il problema si pone in maniera molto seria.
Concludendo, credo che il rischio che le competenze del Garante si sovrappongano a quelle di altri soggetti sia reale perché tutto questo non è stato chiarito. Credo anche che le competenze plurime diffuse nel territorio creino molta confusione se non sono coordinate da un Garante in maniera seria. Credo che l'indipendenza del Garante sia messa in discussione. Credo anche che non si possa predisporre un elenco nel quale porre allo stesso livello e sotto il profilo della stessa importanza tutte le figure che il Garante può consultare, mettendo sullo stesso piano le associazione familiari rispetto ad altri enti. Voglio dire che vi sono delle priorità di consultazione e di presenza. Le associazioni familiari hanno titolo per essere considerate come interlocutori decisivi e prioritari di un Garante. Tutto questo non è stato preso in considerazione.
Quindi, credo che l'istituzione del Garante sia una grande occasione perduta. La maggioranza ha i numeri per approvare un provvedimento del genere. Quindi, non possiamo che prenderne atto. Non vorrei davvero che fosse una grande occasione perduta e non vorrei che fosse l'occasione per istituire una sorta di organismo di facciata che non è né una cosa, né l'altra e che magari possa indurre l'ennesima delusione in coloro che da tanti anni aspettano un provvedimento del genere.
Quindi, accolgo l'invito della collega Castellani che auspica una convergenza e una condivisione nell'approvazione di questo disegno di legge. Accolgo il suo invito a rivedere alcuni passaggi e parti di questo provvedimento.
Mi auguro che ci sia il tempo, visto come stanno andando i lavori parlamentari, per discuterne in maniera seria, però rimangono tutti i dubbi, se non ci sarà un cambiamento di fondo sulla filosofia di questo Garante. Rimangono tutti i dubbi che ho espresso e che, lo dico con estremo rammarico, rischiano di vanificare la fatica e lo sforzo che tutti certamente vogliamo mettere in campo per avere una tutela seria e vera per l'infanzia e l'adolescenza (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Prima di dare la parola alla collega Sbrollini, per una migliore visione del prosieguo dei nostri lavori ricordo che alle 14 è prevista la ripresa della seduta con successive votazioni e che entro le 13,30 dovremo chiudere questa fase, per poter consentire quanto meno il ricambio dell'aria in quest'Aula! Non voglio comprimere i tempi di nessuno, ma invito a tener conto di queste indicazioni, altrimenti saremo costretti a rinviare ad altra seduta il prosieguo della discussione generale.
È iscritta a parlare l'onorevole Sbrollini. Ne ha facoltà.

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DANIELA SBROLLINI. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghe e colleghi, oggi discutiamo - come è stato già detto - di un tema davvero importante e delicato, proprio perché siamo uno dei pochi Paesi in Europa a non avere ancora istituito il Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza. Così come devo, purtroppo, ancora sottolineare come sono troppo pochi i Garanti regionali in Italia: ne abbiamo cinque o sei su venti regioni. L'esigenza di dare al nostro Paese una figura autonoma e indipendente - voglio ancora sottolinearlo, poi spiegherò i motivi - in grado di affermare pienamente i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza nasce proprio dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, stipulata a New York nel 1989, con un approccio nuovo e moderno legato alle politiche sociali e delle famiglie.
Quando parliamo di politiche sociali parliamo di scelte importanti nel rapporto tra vita privata e vita pubblica; ciò riguarda il futuro dei nostri figli e quindi la crescita e l'investimento responsabile sulle nuove generazioni. Per questo il mio partito, il Partito Democratico, come tutti gli altri gruppi parlamentari, ha presentato una proposta di legge su questo tema, proprio perché lo riteniamo un argomento assolutamente importante, prioritario, utile per la nostra società, una società - anch'io lo vorrei ricordare - dove troppo spesso i bambini, i minori, le famiglie sono lasciati da soli. Ce lo dicono, purtroppo, i dati drammatici che vediamo ogni giorno nella nostra vita: pochi servizi, poche risorse economiche, poche città a misura di bambine e di bambini, troppe paure e troppe fragilità nel diventare adulti, troppi abusi e troppe violenze su di loro e poca attenzione, invece di pensare al loro sviluppo e alla loro crescita, alla loro creatività e al loro talento.
Ecco perché questo provvedimento ha avuto anche un lungo iter per arrivare ad un testo base che noi speravamo fosse il più condiviso possibile - un iter già iniziato, lo voglio ricordare, dal Governo Prodi - che ha visto in questi mesi audire i maggiori attori sociali e culturali, le associazioni che si occupano di questi temi, i medici, le associazioni delle famiglie, tutti coloro che operano da anni in questo campo.
Noi del Partito Democratico siamo partiti con questi presupposti e volevamo che ci fosse davvero un clima sereno e costruttivo per affrontare al meglio questo argomento, perché questo tema non dovrebbe avere colore politico.
Per questo non comprendiamo la vostra chiusura anche rispetto a due punti sostanziali che per noi sono fondamentali se vogliamo istituire davvero appieno la figura del Garante, peraltro perfettamente in linea con le richieste espresse dai maggiori interlocutori in questo campo che anche noi abbiamo incontrato.
Mi sono già soffermata anche nella Commissione affari sociali sui due punti fondamentali, ma insisto su di essi perché sono basilari. Il primo aspetto riguarda la questione dell'autonomia del Garante, una figura davvero indipendente, con provate competenze nei campi dei diritti umani, del diritto dei minori e della famiglia. Per questo anche noi nella nostra proposta di legge abbiamo voluto sottolineare bene i requisiti e le competenze che deve avere il Garante nazionale per l'infanzia, un requisito, fra tutti, è quello di essere nominato dal Presidente della Repubblica, quindi con un'autorevolezza riconosciuta, precisa. Inoltre, è necessario, che l'incarico di Garante sia davvero incompatibile con qualunque altro impiego pubblico e privato, con qualunque altra attività professionale o imprenditoriale o con una carica anche elettiva, e che lo stesso abbia anche un'etica, una moralità riconosciuta. Noi insistiamo molto su questo aspetto perché se consideriamo anche i Garanti degli altri Paesi europei questo è un punto fondamentale.
L'altro aspetto riguarda il profilo economico. Abbiamo chiesto esplicitamente, e anche su questo non c'è stata alcuna risposta, né apertura da parte del Governo, che si provveda a dotarsi di un fondo speciale, proprio, previsto dal Ministero dell'economia. Pag. 40
Se noi partiamo da questi due punti cardini allora possiamo davvero istituire una figura di alto profilo, in grado di monitorare costantemente il campo dei diritti dei minori in Italia e di coordinarsi anche con gli altri Paesi d'Europa senza confliggere con il ruolo delle regioni e con i Garanti regionali, ma anzi che sia tale da fungere anche da pungolo per l'istituzione di tale figura nelle tante regioni dove la stessa oggi non esiste. È l'unico modo per poter interpretare al meglio le priorità e per agire con strumenti moderni atti a dare risposte concrete.
Noi vogliamo seguire questa impostazione, vogliamo davvero che si discuta di questo tema, non su altro, perché altrimenti il Garante diventa una figura di facciata, una visibilità che il Governo e il Ministero si vogliono creare, ma che non porta ad alcunché nel campo dei diritti dei minori, delle famiglie. Lo dico in maniera molto chiara perché non voglio che su questo vi siano equivoci.
Voi, invece, avete imboccato un'altra strada e a me dispiace dover sottolineare, anche come componente della Commissione bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza, che non ci sia stato alcun confronto, al di là della Commissione affari sociali che certamente ha un ruolo importante, ma credo che un confronto tra le due Commissioni, ossia tra la Commissione affari sociali e la Commissione bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza era assolutamente necessario. Oggi, invece, mi pare che voi abbiate scelto un'altra strada, quella del non confronto e quella di istituire una sorta di Authority controllata dal Governo, con fondi da sottrarre alle già magre risorse dei dipartimenti per le politiche delle famiglie e delle pari opportunità.
Allora, mi chiedo e vi chiedo, visto che siamo ancora in una fase di discussione e quindi possiamo ancora collaborare, e noi non faremo mancare ovviante il nostro apporto fino in fondo, perché volete smantellare un iter, un percorso che abbiamo cercato di seguire insieme in questi anni proprio dopo aver ascoltato anche le figure che maggiormente operano in questo campo? Perché allora ridurre il Garante ad una mera figura che poi nei fatti non porterà a nulla e perderà inevitabilmente di autorevolezza e di moralità?
Anche in questi giorni, abbiamo depositato in Commissione molti emendamenti secondo noi migliorativi del testo partendo dai due aspetti che sottolineavo prima; abbiamo trovato chiusura rispetto a molti degli emendamenti che avevamo già presentato nella Commissione affari sociali, li abbiamo ritirati perché li ripresenteremo in Aula. Tuttavia, chiediamo davvero - mi rivolgo al Ministro, ma anche alle colleghe e ai colleghi relatori - che si possa confrontarci ancora e migliorare il testo, però questi sono i due punti, non parliamo d'altro, perché l'autonomia e i fondi per noi sono assolutamente prioritari nella discussione che vogliamo fare assieme.
In conclusione, ricordo che in quest'Aula siamo riusciti anche di recente, una settimana fa, ad approvare all'unanimità una legge molto importante come quella delle cure palliative, relativa anche all'accesso delle cure palliative ai bambini e ai minori. Perché allora non cerchiamo anche questa volta di lavorare assieme, di capire quali sono davvero le necessità nell'istituire questa figura? Ci sono i tempi e le modalità, quindi si tratta soltanto di avere la buona volontà in questi giorni, da qui alla prossima settimana, per cercare davvero di rivedere e di correggere il tiro rispetto alle questioni che io e molti colleghi prima di me abbiamo sollevato.
Quindi, faccio un appello e un auspicio prima di tutto al Ministro affinché davvero si possa riaprire una discussione seria sul confronto reciproco (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fucci. Ne ha facoltà.

BENEDETTO FRANCESCO FUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la figura del Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza esiste già in altri molti Paesi europei in virtù del fatto che essa è prevista, come già ricordato dalle relatrici in avvio di questa discussione, dall'articolo 18 Pag. 41della Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre del 1989 e ratificata dal Parlamento italiano con legge n. 176 del 1991.
Giova ricordare quanto afferma l'articolo 18 della Convenzione sui diritti del fanciullo che tra l'altro recita: «Al fine di garantire e di promuovere i diritti enunciati nella presente Convenzione, gli Stati parte provvedono alla creazione di istituzioni, istituti e servizi incaricati di vigilare sul benessere del fanciullo». Come ricordato, la strada di una figura in tutto e del tutto assimilabile a quella del Garante, come delineata dal provvedimento al nostro esame, è stata quella scelta da molti altri Paesi nostri partner comunitari, quali Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Norvegia, Portogallo, Spagna e Svezia.
Sempre a proposito di Europa, bisogna ricordare pure la Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli del 1996, ratificata dal Parlamento italiano con legge n. 77 del 2003, anch'essa all'articolo 12 invita gli Stati aderenti a istituire organi che abbiano i seguenti quattro scopi che ripropongo testualmente: formulare proposte per rafforzare il dispositivo legislativo relativo all'esercizio dei diritti dei fanciulli; formulare pareri sui progetti legislativi relativi all'esercizio dei diritti del fanciullo; fornire informazioni generali relative all'esercizio dei diritti dei fanciulli ai mezzi di comunicazione, al pubblico e alle persone o agli organi che si occupano di questioni relative ai fanciulli; ricercare infine l'opinione dei fanciulli e fornire loro ogni informazione appropriata.
Sulla bontà dello scopo che sta alla base dell'istituzione del Garante non può esserci alcun dubbio. D'altronde lo dimostra il fatto che, a fianco del disegno di legge del Governo al nostro esame, in sede referente le Commissioni riunite I e XII hanno esaminato altre proposte di legge di iniziativa parlamentare e sostanzialmente analoghe nelle finalità presentate da deputati di tutti i gruppi presenti alla Camera. Il disegno di legge del Governo, che mi auguro di cuore ci apprestiamo ad approvare in prima lettura, elenca in modo dettagliato tutti i compiti del Garante, così come assicura in modo inequivocabile la sua autonomia e la sua piena indipendenza di giudizio sia tramite il fatto che esso viene nominato dai Presidenti delle Camere, sia tramite la previsione di incompatibilità con altre attività professionali o di consulenza.
Il lavoro svolto in sede di Commissioni riunite è stato molto proficuo con l'approvazione di alcuni importanti emendamenti che, a mio parere, hanno ulteriormente migliorato il testo base sul quale, occorre ricordarlo, lo stesso Governo, per il tramite del Ministro Carfagna, ha mostrato la massima apertura a possibili modificazioni. Si è intervenuti, quindi, su alcune questioni delicate quali quelle della possibile sovrapposizione di competenze tra il Garante e la Commissione parlamentare per l'infanzia e quella del rapporto tra il Garante e le analoghe figure con competenza locale già istituite in alcune regioni quali il Veneto, l'Abruzzo, il Friuli Venezia Giulia, la Puglia, il Lazio e le Marche. Particolarmente qualificanti, a mio parere, sono due di questi emendamenti approvati, entrambi riguardanti l'articolo 3 del provvedimento al nostro esame, in cui sono elencati nel dettaglio i compiti del Garante.
Il primo emendamento è quello che offre al Garante anche il compito di segnalare all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e agli organi competenti le eventuali violazioni della disciplina in materia di tutela dei minori nella programmazione radiotelevisiva, promuovendo altresì iniziative volte a sviluppare nei minori capacità critiche e a suscitare nei media una maggiore sensibilità e rispetto verso i minori medesimi. Ritengo di importanza cruciale, in un'epoca come quella attuale, in cui i messaggi da parte dei mezzi di comunicazione nei confronti dei giovani e persino dei giovanissimi sono sempre più pervasivi, che il tema della tutela dei nostri ragazzi davanti alla televisione e ad Internet sia considerato assolutamente prioritario, per il benessere e per il tranquillo sviluppo psicologico e mentale dei giovani. Pag. 42
Il secondo emendamento qualificante approvato in Commissione è quello secondo cui il Garante, nello svolgimento delle proprie funzioni, promuove le opportune sinergie con la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza e si avvale delle relazioni presentate dalla medesima Commissione. Questa soluzione, da una parte, ci aiuta a valorizzare, per il tramite della Commissione parlamentare per l'infanzia, il ruolo del nostro Parlamento, mentre, dall'altra, salvaguarda le rispettive competenze. Quando si parla di tutela dell'infanzia e dell'adolescenza, infatti, si parla di un argomento delicatissimo, che va affrontato, da parte dello Stato, non solo con il massimo, ove possibile, delle risorse, ma anche con quell'autorevolezza che sarebbe impossibile di fronte a deleterie forme di concorrenza tra istituzioni.
In tal senso, mi piace ricordare come la relatrice del provvedimento per la XII Commissione, onorevole Castellani, nella prima seduta delle Commissioni in sede referente sul provvedimento, abbia citato espressamente la necessità di evitare duplicazioni e sovrapposizioni di ruoli e di compiti.
Per inciso, ritengo utile ricordare anche che esiste l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, il quale predispone ogni due anni il piano nazionale di azioni e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo di soggetti in età evolutiva, nonché la relazione sulle condizioni dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia e sull'attuazione dei relativi diritti.
Vorrei sottoporre alla vostra attenzione, in maniera telegrafica, quattro questioni. In primo luogo, in precedenza ho parlato di messaggi violenti, cui i giovani sono sottoposti a causa dell'esposizione continua rispetto ai mezzi come la televisione, i videogiochi o Internet, ma tengo a ritornare su questo punto, perché lo ritengo di primaria importanza. Per quanto riguarda la seconda questione, vi sono i terribili fenomeni della pedofilia e della pedopornografia. Vi è in terzo luogo un'altra questione, che le cronache stanno facendo emergere sempre di più, quella dello sfruttamento di minori per l'accattonaggio, in particolare da parte di alcune comunità nomadi.
Infine, in una società come quella dell'Italia di oggi, in cui il tradizionale tessuto familiare sta di fatto conoscendo nuove forme di scollamento, cresce il numero di giovani che rischiano di essere vero e proprio oggetto di contesa tra i genitori o che vengono dati in affido o in adozione.
Cresce, inoltre, come ben sappiamo, il numero delle adozioni internazionali effettuate dalle famiglie italiane ed anche l'arrivo di una generazione di minori provenienti da Paesi e culture diverse pone nuove questioni in termini di tutela. Si tratta, quindi, come appare in modo chiaro, di quattro aspetti ben diversi tra loro, che per questo non possono essere, per così dire, buttati insieme in un medesimo calderone.
Ritengo, tuttavia, pertinente rilevare come su tutti e quattro questi punti, nel corso della presente legislatura, il Parlamento e il Governo siano già intervenuti in modo energico, oppure stiano intervenendo, sia con la proposta di legge al nostro esame, sia con altri provvedimenti in corso di esame. Infatti, per quanto riguarda l'esposizione di bambini e adolescenti a messaggi sbagliati e pericolosi da parte della televisione e di Internet, ricordo che la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza sta conducendo un'indagine conoscitiva molto approfondita, mentre - è utile ricordarlo - ci sono già stati numerosi recenti interventi da parte del Parlamento europeo, con risoluzioni che invitano gli Stati membri dell'Unione europea stessa a stabilire nuove legislazioni, anche di carattere penale, per esempio per tutelare i bambini dai videogiochi e dai messaggi più pericolosi per il loro sereno sviluppo psicologico. Come ricordato prima, di questo tema si parla proprio all'interno del provvedimento al nostro esame. Quanto alla lotta contro la pedofilia e la pedopornografia, che deve essere inflessibile, tutti noi sappiamo bene come attualmente nella Commissione giustizia di questo ramo del Parlamento Pag. 43sia in corso l'esame in sede referente di numerose proposte di legge di iniziativa parlamentare.
In relazione, poi, al tristissimo fenomeno dell'accattonaggio, che ormai caratterizza non più solo i grandi centri urbani, ma anche molte zone di provincia sull'intero territorio nazionale, è invece intervenuto l'ultimo provvedimento sulla sicurezza approvato dal Parlamento, che colpisce, in particolare, quei genitori che sfruttano i propri figli, impedendo loro, in effetti, di andare a scuola, e quindi costringendoli a un futuro senza alcuna prospettiva.
Con riguardo al tema degli affidi e delle adozioni, vorrei sottolineare proprio il provvedimento al nostro esame, nel momento in cui esso afferma, all'articolo 3, che il Garante ha tra i suoi primi scopi quello di promuovere il pieno rispetto dei diritti del minore nel momento in cui questo, ancora in tenera età, si trova a vivere un momento della sua vita estremamente delicato e potenzialmente suscettibile di situazioni di disagio.
Come abbiamo visto, quindi, e mi avvio velocemente alla conclusione, il tema della tutela dei minori è di tale importanza e delicatezza che esso va a toccare molteplici campi, dalla famiglia al sistema dell'istruzione, dal mondo della comunicazione al rapporto tra Stato e realtà territoriali.
Proprio per questo, sono certo, la figura del Garante si colloca, per definizione, in modo funzionale e opportuno nell'ambito della promozione dei diritti del minore in generale e, allo stesso tempo, ben si integra nell'attuale azione complessiva di Governo e Parlamento in materia di politiche per la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lo Moro. Ne ha facoltà.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, interverrò molto brevemente: la collega Sbrollini ha già chiarito qual è la posizione del gruppo del Partito Democratico, ma vorrei intervenire su alcuni punti specifici.
Innanzitutto, volevo dire alle relatrici che ho molto apprezzato il tono e la sostanza delle loro relazioni e dei loro interventi, come del resto ho molto apprezzato il clima che si è creato nelle Commissioni, pure in una situazione di aperto contrasto, come ricordava anche la collega del gruppo dell'Unione di Centro.
Siamo tutti consapevoli di essere davanti a una novità positiva e siamo tutti consapevoli del ruolo e anche della responsabilità, che abbiamo tutti noi e che hanno, innanzitutto, in questo momento, anche le due relatrici, di completare l'iter legislativo con il maggiore consenso possibile, possibilmente anche in maniera bipartisan, senza fare pesare appartenenze politiche.
Infatti, questi sono argomenti in cui le appartenenze politiche dovrebbero contare poco, come vi sono altri argomenti sensibili in cui prevale non dico il buonsenso, ma l'interesse comune, e l'interesse comune nell'applicazione di una Convenzione cui si arriva 20 anni dopo, che riguarda, poi, i diritti dell'adolescenza e dell'infanzia, dovrebbe pesare fino in fondo.
I punti critici: è stato chiarito quali sono per molti dei gruppi parlamentari, di opposizione, si intende, ma, per la verità, non vedo quanto c'entri il discorso dell'opposizione. Quali sono i punti critici? Si è fatto già riferimento alle risorse economiche, ma soprattutto alle risorse umane. Vorrei insistere su questo punto: non ho citato a caso le relatrici, perché il vero interlocutore, in questo momento, è il Governo.
Non voglio ridurre il ruolo delle relatrici, ma penso che in loro incontreremo ben pochi ostacoli, avendole ascoltate e seguite formalmente e informalmente; conoscendone la sensibilità, penso che si arriverebbe a una condivisione fino in fondo.
Il Governo ha, probabilmente, dei paletti e anche dei limiti nel suo operare, perché, da una parte, si vuole questa legge, dall'altra parte, probabilmente, non vi Pag. 44sono le risorse economiche e umane per lavorare ad un testo che garantisca sul serio quello che si afferma.
Vorrei cominciare con il dire, in questo mio brevissimo intervento, che l'autonomia e l'indipendenza non sono cose che si dichiarano, ma che si organizzano. Noi, come Commissione affari costituzionali - il presidente Bruno lo ricorderà meglio di me - ci siamo occupati dell'organizzazione dello Stato. L'organizzazione è funzionale, è l'elemento che garantisce il funzionamento di uno Stato, e quindi l'elemento organizzativo non è strumentale, non è banalmente un mezzo, ma è l'elemento di garanzia.
Leggendo tutti i ruoli e le funzioni che si assegnano a questo Garante, vi sono dei momenti in cui si perde il senso anche delle critiche che si fanno. Noi vorremmo - lo abbiamo detto tutti - un Garante più autonomo, più indipendente, che sia garantito e possa garantire. Tutte queste cose sono state dette e le richiamo soltanto, non vi è bisogno che perda più tempo su questo.
Ma poi, nel leggere l'elencazione delle funzioni, vengono dei dubbi; non soltanto perché sembra che vi sia troppa sovrapposizione o vi sia il pericolo di sovrapposizione con altri organismi, con l'Osservatorio e con la Commissione bicamerale: ho dei dubbi anche di sovrapposizione con dei ruoli di Governo.
Vi sono due aspetti, che vorrei richiamare espressamente, che vengono elencati, che sono stati introdotti in maniera analitica: uno è la lettera n) dell'articolo 3, comma 1 (parlo delle funzioni, ovviamente), quello dove si dice che il Garante segnala all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e agli organi competenti le eventuali violazioni della disciplina in materia di tutela dei minori (...); e l'altro è il comma 6 dello stesso articolo, dove si dice che il Garante segnala alla procura della Repubblica presso il tribunale dei minorenni situazioni di disagio di minori, al fine di consentire l'adozione di provvedimenti (...)...
Ho letto questi due punti perché sono così analitici e così pregnanti, così importanti rispetto a quanto avviene in Italia, e alla necessità che si avverte di una garanzia più forte, sia sul piano giudiziario che sul piano della comunicazione, che mi sono chiesta: questo Garante, il nostro Garante, che tipo di organizzazione dovrebbe avere? E poi: questi punti si citano così esplicitamente, ma dove sono le sanzioni? Perché quando si finisce per dire che il Garante addirittura segnala, bisognerebbe capire cosa succede se il Garante non segnala. Mi sembra che vi sia una qualche sovrapposizione anche con organismi esterni, e addirittura con l'autorità giudiziaria: sembra un supercommissario, un supermagistrato quello che stiamo disegnando.
Mi viene allora la preoccupazione di capire, perché si è entrati talmente nel merito, per cercare di disegnare funzioni importanti, che alla fine ho l'impressione che in qualche modo ci abbiamo preso la mano. Stiamo probabilmente esagerando: per alcune cose non c'è chi non vede che un qualsiasi Garante, anche di tipo regionale, segnala, se viene a conoscenza di un problema, una situazione di rischio alla magistratura; ma quando la si esemplifica in maniera così significativa, gli si dà così forza, diventa addirittura imperiosa, perché si dice «segnala», diventa un obbligo, allora vengono dei dubbi. I dubbi delle sovrapposizioni, pertanto, sono più d'uno.
Al Ministro Carfagna, però, vorrei segnalare un dubbio, che mi viene, di sovrapposizione rispetto alle sue funzioni, perché fino adesso abbiamo parlato della necessità di avere garanzie che il Garante possa lavorare in piena autonomia; e per garantirci tutto questo si è fatto un discorso di natura quasi soggettiva.
Del resto, non capirei diversamente cosa significa, quando si dice nel testo del Governo che il Garante è scelto tra persone di notoria indipendenza; non si offre cioè un'organizzazione che garantisce l'indipendenza, ma si vuole - dunque sul piano caratteriale? soggettivo? - un Garante che notoriamente sia indipendente.
E allora, Ministro Carfagna, sono preoccupata, perché il Governo è cosa che sta a cuore anche all'opposizione, qualunque Pag. 45Governo, a partire da quello in carica: immagino un Garante dell'adolescenza che non solo può darsi che trascurerà i rapporti con la Commissione bicamerale, può darsi tante cose, ma intanto gira liberamente negli uffici del suo Ministero, e negli uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri, utilizza gli stessi dipendenti, non ha risorse, e quindi siccome ha degli obblighi, pretende anche di essere ascoltato, pretende di svolgere le sue funzioni. E probabilmente penso che si troverà in difficoltà non il Garante, se veramente ha voglia di lavorare, ma probabilmente qualcun altro; perché tra l'altro, mentre chiunque di noi, chiunque sia qui ad ascoltare e a parlare questa mattina, risponde all'elettorato, risponde al Parlamento, risponde al Governo; i parlamentari devono sottoporsi alla valutazione dell'elettorato, un Ministro può essere sfiduciato (non parlo di lei, ovviamente, parlo di un Ministro, di qualsiasi Ministro della Repubblica), può perdere l'incarico, può venire meno il rapporto di fiducia. Non così per il Garante, che non è soggetto neanche a revoca.
L'impressione è che si crei un soggetto organo monocratico e che, per un verso, si ecceda nell'attribuirgli funzioni che comportano anche una sovrapposizione e che sono talmente analitiche da cominciare ad essere eccessive e che, per un altro verso, non gli si forniscano invece i mezzi economici e i dipendenti ma gli si offra la possibilità di utilizzare dipendenti che sono istruiti e formati come professionisti e come dipendenti pubblici per svolgere altre funzioni.
Da questo punto di vista vedo qualcosa di delicato. Facevo prima ad una collega questo esempio (ciascuno ovviamente trae gli esempi dall'ambito dei luoghi che ha frequentato): pensate all'ufficio di un qualsiasi GIP, al quale venga messo a disposizione lo stesso personale del pubblico ministero. Quali garanzie di riservatezza e di segretezza, quali garanzie di professionalità vi sarebbero, quale professione dovrebbero svolgere i cancellieri o gli operatori messi a disposizione dell'uno o dell'altro? Non voglio estremizzare né esagerare, ma nella pubblica amministrazione già abbiamo il problema di formare i dipendenti ed è un problema serio, visti anche i toni che spesso il Ministro Brunetta usa quando parla dei dipendenti pubblici.
Questa sovrapposizione però comporta anche un deficit di formazione notevole ed allora vorremmo capire come si formeranno, con quali fondi, se saranno distaccati o non dovranno svolgere contestualmente altre funzioni. Ho l'impressione che, con questa contestualità del Garante e del Ministro, degli operatori e dei dipendenti che lavorano per queste due persone, con un Ministro che è un politico e risponde a qualcuno (perché tutti i politici rispondono a qualcuno) e il Garante che invece non è neanche revocabile ed è sul piano soggettivo talmente di notoria indipendenza da poter fare il bello e il cattivo tempo, qualcosa ci stia sfuggendo.
Lo dico al Ministro perché sono convinta che le due relatrici e tutti i soggetti coinvolti nella discussione mi hanno ascoltato e capiranno che c'è del buon senso anche in ciò che l'opposizione sta cercando di dire e nei rischi che non si vogliono correre.
Ritengo anche che il Ministro dovrebbe cominciare a pensare a tutelare, attraverso la tutela anche del suo ruolo, qualcosa che va al di là e che non è soggettivo perché ovviamente le funzioni di un Ministro, di un Dicastero e di un Dipartimento non hanno nulla di soggettivo, ma vanno al di là delle persone fisiche (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mussolini. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA MUSSOLINI. Signor Presidente, lungi da me il voler rompere questo clima di serenità che si è instaurato e che va benissimo. Forse se vi fosse stato questo stesso confronto con il Governo, che è mancato con i componenti della Commissione bicamerale, come invece vi è stato, più che un confronto, un dialogo all'interno delle Commissioni affari sociali Pag. 46e affari costituzionali, non si sarebbe arrivati a questo punto.
Ormai non ho più tempo ma le cose bisogna dirle. Non starò qui a ripetere i vari organismi presenti: ho detto tante volte che ci sono più osservatori che minori, però questi osservatori vengono finanziati come vengono finanziati i numeri verdi (il 114).
Durante le leggi finanziarie fioccano milioni di euro e ci sono organismi come purtroppo il Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia (con il presidente, il coordinatore dell'attività scientifica, il comitato scientifico) o l'Osservatorio Ciclope, che non ha il comitato scientifico ma viene finanziato.
Dagli interventi dei miei colleghi mi sento assolutamente di dire al Governo una cosa ben precisa: ben venga l'istituzione di questo Garante, ma per poter votare «sì» all'istituzione del Garante esso deve avere delle caratteristiche, altrimenti diventa qualche cosa di diverso.
Un primo punto fondamentale è che esso deve avere la terzietà e l'autonomia e non può essere incardinato presso il Dipartimento per le politiche della famiglia o presso il Dipartimento per le pari opportunità, perché non può essere che «se la suona e se la canta da solo» dal momento che non è autonomo e non ha terzietà. Questo è un punto fondamentale.
Dunque diremo certamente «sì», anche come maggioranza, convintamente «sì» ad una figura che è realmente autonoma.
Seconda questione: di necessità deve poter essere revocato secondo le modalità con cui viene nominato dal Presidente della Camera e del Senato, allo stesso modo, perché se a questo Garante accade qualsiasi cosa deve esserci un intervento preciso. Infatti, come dicevano prima i miei colleghi, ognuno di noi deve poter essere giudicato e rimosso dall'incarico se si stanno commettendo errori e azioni poco opportune.
Terzo aspetto: i soldi. Questo Garante, questo signore o signora attualmente presso il Dipartimento per le pari opportunità o presso il Dipartimento della famiglia percepirà un'indennità di 200 mila euro l'anno pari a 16 mila 600 euro al mese: un bello stipendiolo. Perché non fare un rimborso spese? Non capisco perché, se rimangono queste le condizioni, debba essere anche stipendiato.
Dunque queste sono le mie perplessità e se, come ho notato negli atteggiamenti delle care relatrici, sussiste questa volontà di modificare il testo, rendiamo realmente operativo questo Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza (speriamo che se si riuscirà a istituire questo Garante poi debbano inevitabilmente nascere garanti regionali). L'aspetto importante che abbiamo inserito nel testo che non c'era è il collegamento tra il Garante nazionale e i garanti regionali che o non ci sono, come hanno detto, oppure sono sostituito da altre figure analoghe. Su questo vi deve essere uno standard: infatti quando si parla di infanzia e di adolescenza è necessario essere netti e chiari.
Come presidente della Commissione per l'infanzia e l'adolescenza, che mi onoro di presiedere, non sono d'accordo e non do il mio assenso ad una figura che è di parte, che viene stipendiata, che praticamente dovrebbe fare quanto non fanno altri organi: infatti la questione più importante è che noi dovremmo predisporre un piano nazionale dell'infanzia che è fermo al 2003 e ancora non vede luce. Dunque prima d'iniziare a istituire figure che sono necessarie e fondamentali o garantiamo questi tre punti dei quali quello più importante è la terzietà, vale a dire che questo Garante deve stare da un'altra parte, con autonomia, con segretari, con uffici: ce la fate? Sì. Altrimenti se deve stare presso il Ministero per le pari opportunità o presso Giovanardi praticamente non si sa chi possa essere questo Garante e come possa essere peraltro consultato dal Governo: è il Governo stesso, è paragovernativo e viene consultato dal Governo? Inoltre vi è un'evidente sovrapposizione con la Commissione bicamerale. Ritengo che se vi sarà l'intenzione del Governo di venire incontro ai gruppi dell'opposizione ma anche ad alcuni della maggioranza su questi punti si possa veramente Pag. 47arrivare ad una figura con questi correttivi in grado di poter agire, forse.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vanalli. Ne ha facoltà.

PIERGUIDO VANALLI. Signor Presidente, ho già avuto modo di esprimere il mio parere in Commissione riguardo a questo argomento e già tutte le colleghe che mi hanno preceduto hanno sollevato le perplessità che in fondo sono di tutti. Ritengo, per intervenire in breve come al solito, che all'interno degli emendamenti che sono stati presentati da tutti i gruppi vi siano anche le risposte agli interrogativi che sono stati sollevati in Aula questa mattina in merito all'imparzialità del Garante, alla composizione degli uffici e al ritrovamento di fondi necessari per il funzionamento degli uffici. Sono stati presentati emendamenti che prevedono l'accorpamento di altre strutture che si occupano grosso modo dello stesso compito. Pertanto, come già abbiamo lavorato bene in Commissione durante la stesura del testo presentato in Aula, ritengo che all'interno del Comitato dei diciotto vi sia lo spazio, il modo, il tempo e la volontà anche per trovare la quadra su un testo definitivo.
Certamente io forse sono l'unico maschio in mezzo a tutte le signore che hanno parlato adesso e quindi sono dotato di poca sensibilità rispetto a loro.
L'onorevole Mussolini ha già accennato a quella che sembrerebbe essere una «brutta cosa», cioè l'impressione che tutto ciò che stiamo mettendo insieme alla fine serva per trovare posto a qualcuno del Ministero, realizzando una figura ben remunerata che non si sa bene cosa vada a fare. Penso che non sia nell'interesse di nessuno continuare a sollecitare questa idea e quindi favorirla anche con atteggiamenti troppo ostruzionistici da parte mia, pertanto invito tutti a cercare di trovare una soluzione a questo problema.
Ripeto, gli emendamenti non sono numerosi ma sono tutti pertinenti a trovare una soluzione ragionevole per tutte le perplessità sollevate, quindi anche da parte nostra vi sarà piena disponibilità ad arrivare alla costituzione del Garante - ci mancherebbe altro - ma naturalmente non deve essere una figura svuotata di ogni sua funzione e non deve essere una figura che viene creata perché vi è l'occasione per i vent'anni prossimi della sua istituzione come figura in senso sovranazionale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, l'intervento portante per l'Italia dei Valori è già stato svolto dall'onorevole Palomba e a quello mi rifaccio. Tenevo soltanto a dire alcune cose delle quali mi sono reso già interprete in Commissione, anche perché provengo da una delle poche regioni - le Marche - che ha già il Garante per l'infanzia. Credo che l'iniziativa sia lodevole ma che debba essere chiarito bene - e confido molto nella fase di discussione e spero approvazione degli emendamenti - che tipo di iniziativa il Parlamento, e segnatamente in questa fase questa Camera, vuole intraprendere.
È indubbio che il Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza sia una figura specialmente di questi tempi importantissima, però mi sia consentito rappresentare alcune perplessità: la prima riguarda il fatto che non riesco a cogliere nell'articolato il raccordo funzionale con i garanti regionali, cioè quale sia il compito di quelli regionali e quale sia il compito di quello nazionale.
L'altra problematica portante, che ho ravvisato nella mia regione e quindi come esperienza la metto a disposizione di tutti, è il rischio di un conflitto, a volte latente e a volte sostanziale, con il tribunale dei minori, perché molto spesso si trovano a svolgere ruoli analoghi e, chiaramente, il tribunale dei minori ha ruoli cogenti ed esecutivi estremamente maggiori.
Qui introduco un'altra perplessità che ho e che è quella sui poteri del Garante: infatti, se come mi sembra il Garante ha poteri limitati ad ispirare indagini e a Pag. 48pregare altri organi di fare o non fare determinate cose, diventa uno strumento assolutamente inutile in quanto l'iniziativa pubblica o privata può rivolgersi tranquillamente ai garanti regionali o ai tribunali dei minori e lì il discorso finisce.
Altre perplessità sono quelle relative allo stanziamento, che non mi sembra adeguato ad un organo di tale importanza, mentre per contro mi sembra eccessiva la previsione della remunerazione della figura del Garante. Quindi, corriamo il rischio di strapagare una figura sfornita di poteri cogenti.
Ultima notazione: non me ne vogliano i Presidenti delle Camere, che sono figure istituzionali delle quali ovviamente ci fidiamo, ma credo che un organismo garante di questo livello potrebbe prescindere dalla nomina fatta da organismi sì istituzionali, ma in qualche modo aventi una rilevanza anche politica - come stiamo peraltro vedendo in questi giorni - per essere affidata ad altri organismi. Mi viene da proporre, ad esempio, il Presidente della Repubblica, che è figura che già nomina autorevoli figure costituzionali come parte dei giudici della Corte costituzionale e non solo.
Quindi, mi avvio alla conclusione, anche perché credo che i cinque minuti a mia disposizione stiano terminando.
L'iniziativa legislativa è senz'altro degna di essere approfondita e portata in fondo bene. Non mi sembra che il punto di partenza sia molto significativo nella possibilità di esplicitare le proprie funzioni. Credo che - come sarebbe, ed è, compito della Camera dei deputati - il lavoro sugli emendamenti potrebbe produrre un testo migliore di quello sul quale abbiamo lavorato in Commissione e che vediamo in questa prima fase qui in Aula.
Pertanto, il nostro auspicio è che possiamo, tutti insieme, partorire una legge buona.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 2008-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che le relatrici rinunziano alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

MARIA ROSARIA CARFAGNA, Ministro per le pari opportunità. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio tutti coloro che sono intervenuti in questa discussione sulle linee generali, perché hanno affrontato un importante tema come quello dell'istituzione del Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, un tema importante non solo per la materia trattata, ma anche perché mira a dare compiuta attuazione, come è stato ricordato anche dalle relatrici, al dettato costituzionale ed alle Convenzioni internazionali in materia di tutela dell'infanzia.
Anche il nostro Paese, alla stregua di numerosi altri Stati, si accinge ad istituire un organismo nazionale con compiti di promozione e di tutela dei diritti dei minori, in linea con le indicazioni contenute nelle Convenzioni che sono state citate da coloro che sono intervenuti.
Il testo in discussione prevede che al Garante sia assicurata la piena autonomia ed indipendenza di giudizio e di valutazione e che esso non sia assoggettato ad alcuna forma di controllo gerarchico o funzionale.
Ciò significa che, proprio per garantire l'assoluta neutralità nella sua azione, è escluso che il Garante possa essere sottoposto a vincoli di dipendenza gerarchica rispetto al Governo. Vorrei precisare che il personale che verrà prelevato - se così si può dire - dal dipartimento per le pari opportunità e dal dipartimento per le politiche per la famiglia viene ceduto e risponderà solo ed esclusivamente al Garante. I dipartimenti rinunciano ad un numero consistente di personale, si spogliano di un numero importante di unità per creare questa figura che, come è stato detto, si aspetta da vent'anni qui in Italia. Pag. 49
L'ufficio del Garante non avrà sede né presso il dipartimento per le pari opportunità, né presso il dipartimento per le politiche per la famiglia.
Per quanto riguarda la necessità che è stata avanzata di prevedere la revocabilità della figura del Garante, vorrei riflettere sul fatto che, se una figura è revocabile non è più autonoma e, quindi, cade il presupposto fondamentale del Garante. Una figura di garanzia non può essere revocabile, così come, un esempio su tutti, non è revocabile il Presidente della Camera dei deputati. Diverso è il rapporto che si instaura tra il Garante per l'infanzia e l'adolescenza nei confronti del Parlamento, con forme di raccordo che si manifestano sia in sede di investitura, mediante l'attribuzione del potere di nomina del Garante ai Presidenti di Camera e Senato, sia nella fase di informazione parlamentare, mediante la presentazione alle Camere di una relazione annuale sull'attività svolta.
Per accentuare la necessità di raccordo con il Parlamento, giudico molto rilevante l'inserimento, in sede di esame, da parte delle Commissioni di un espresso richiamo alla promozione di opportune sinergie con la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza e all'utilizzazione delle relazioni da questa presentate.
L'autonomia e l'indipendenza sono garantite anche dai requisiti soggettivi di indipendenza, comprovata professionalità, competenza ed esperienza nel campo dei diritti dei minori richiesti al Garante.
A tale organo, chiamato a esercitare la sua attività a tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, il disegno di legge attribuisce importanti compiti di proposta, con riferimento al diritto alla famiglia, all'educazione, all'istruzione e alla salute; compiti consultivi, in relazione sia al Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti dell'infanzia, sia ai disegni di legge e agli atti normativi in materia; compiti di informazione, mediante la promozione di iniziative di sensibilizzazione e di diffusione della conoscenza e della cultura dei diritti dell'infanzia; infine, compiti di ascolto dei minori, delle associazioni e di tutti i soggetti comunque interessati alla tutela dei diritti dei minori.
Il Garante potrà, inoltre, segnalare alle competenti autorità giudiziarie situazioni di disagio per i minori, in modo da consentire l'adozione di provvedimenti e l'apertura di procedimenti di protezione. Anche a tal fine, viene messo a disposizione un apposito numero telefonico di emergenza gratuito, volto a consentire a tutti la segnalazione di violazioni dei diritti dei minori.
Nell'espletamento di tali attività il Garante potrà richiedere a qualsiasi soggetto pubblico o ente privato informazioni rilevanti ai fini della tutela dei minori, nonché l'accesso, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, a banche dati o ad archivi. Il Garante, infine, potrà richiedere alle amministrazioni competenti di accedere, secondo forme e modalità concordate, a strutture pubbliche e ad enti privati ove siano presenti minori.
Sul corretto svolgimento di tali compiti è chiamato a vigilare il Parlamento, al quale il Garante è tenuto a presentare una relazione annuale sull'attività svolta.
Il testo oggi in discussione è stato sottoposto ad un approfondito esame da parte delle Commissioni riunite, che ha visto anche il coinvolgimento delle principali associazioni a tutela dei diritti dei minori, nonché dei garanti regionali.
Vorrei ringraziare per il lavoro svolto le relatrici, per l'efficace attività di approfondimento, di relazione e di miglioramento del testo, e tutti i membri delle Commissioni riunite che hanno partecipato proficuamente al lavoro di approfondimento svolto. Grazie a questo lavoro, al lavoro di tutti voi, il testo oggi in discussione presenta oggettivamente notevoli miglioramenti. Mi riferisco, in particolare, alla previsione dei compiti del Garante in ordine al rispetto delle pari opportunità nell'accesso alle cure e nell'esercizio del diritto alla salute dei minori e alla previsione di un potere di segnalazione all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di eventuali violazioni della disciplina in materia di minori nella programmazione radiotelevisiva. Pag. 50
È stata poi accolta, in risposta alle istanze provenienti dalle associazioni di tutela dei diritti dei minori e dai garanti regionali, la richiesta di prevedere un'apposita conferenza, presieduta dal Garante e composta dai garanti regionali, ove istituiti, o da figure analoghe, che sarà la sede ideale di raccordo per la promozione dell'adozione di linee comuni di azione, nel rispetto delle competenze e dell'autonomia organizzativa delle regioni, delle province autonome e delle autonomie locali in materia di politiche attive di sostegno all'infanzia e all'adolescenza.
In conclusione, mi sembra che l'ottimo lavoro condotto dalle relatrici e dalle Commissioni abbia portato ad un testo pregevole, dando atto del rilevante ruolo del Garante che, ne sono certa, servirà a dare voce e a stimolare politiche di tutela e di difesa dei diritti dei fanciulli e degli adolescenti.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervengo per un richiamo al Regolamento e, in particolar modo, faccio riferimento all'articolo 8, in considerazione delle ragioni per le quali lei ha dato la parola al Ministro. Credo sia stato molto utile perché tali considerazioni ci aiutano a capire. Ovviamente non entriamo nella discussione politica che si è svolta, ciascuno di noi ha avuto la possibilità di intervenire e potrà confrontare il livello della discussione all'interno della maggioranza con le considerazioni svolte dal Ministro.
Non vorrei tuttavia, signor Presidente, che si prendesse un'abitudine, a partire da quello che è successo nel capitolo precedente, in ragione della quale, in sede di replica, il Governo interviene e dà un'interpretazione di come dovrebbe essere qualcosa che dobbiamo fare.
Vorrei fosse chiaro a noi tutti che al momento esiste un testo che è quello licenziato dalla Commissione. Esso stabilisce chiaramente alcune cose, su di esso si sono espressi i deputati di tutti i gruppi e ciascuno potrà valutare qual è il consenso o meno rispetto al medesimo. Le parole del Ministro non modificano la sostanza di quel testo. Il Ministro può auspicare alcune cose: le valutazioni politiche che sono state formulate fino ad ora dicono, a mio avviso, che lo stesso non vale per la maggioranza.
Vorrei soltanto riprendere sommessamente, affinché rimanga agli atti, se non altro per la storia di questo Parlamento, la considerazione svolta dall'onorevole Ministro, in funzione della quale un organo di garanzia è tale se non è revocabile. Mi permetto di dire che eleggiamo un Presidente della Repubblica che è il supremo organo di garanzia e che può essere messo in stato d'accusa con una procedura rafforzata. Anche il Presidente della Repubblica, che è l'esempio massimo di garanzia della Costituzione nel nostro Paese, ove commetta dei reati particolari, può essere sottoposto a giudizio ed eventualmente essere mandato a casa.
Mi rendo conto probabilmente che il Garante per l'infanzia e l'adolescenza non deve rispondere alle medesime regole - lo deciderà la Commissione - però non neghiamo che esistano organi di garanzia che - sottoposti, lo ripeto, a procedure rafforzate - debbano rimettere il loro mandato.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, il suo non è stato un richiamo regolamentare ma solo una non condivisione di qualche affermazione fatta dal Ministro, nient'altro.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 14 con il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, recante disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009, previo esame e votazione delle questioni pregiudiziali presentate.

Pag. 51

La seduta, sospesa alle 13,15, è ripresa alle 14,05.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Buttiglione, Caparini, Lombardo e Palumbo sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, le volevo chiedere la cortesia, prima dell'intervento dell'onorevole Bressa e visto che stamattina avevo posto un problema che riguarda proprio questo fatto, se fosse possibile...

PRESIDENTE. Ne sono a conoscenza, certo!

ROBERTO GIACHETTI. Intervengo per sapere se è possibile conoscere le sue considerazioni rispetto a...

PRESIDENTE. Non mancheranno!
Ha chiesto di parlare l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà. Sono curioso di sentirla!

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, sono pronto a soddisfare la sua curiosità.
Signor Presidente, stiamo assistendo ad un fatto abbastanza singolare e molto grave. Stiamo votando un decreto-legge correttivo di un altro decreto-legge e già questa è una bizzarria sul piano delle procedure costituzionali. Però, oggi si è verificato un fatto nuovo e molto grave. Una delle accuse più documentate e più forti che, come opposizione, abbiamo rivolto al provvedimento in esame riguarda l'anonimato di chi utilizza lo scudo. Copriamo i reati compiuti per portare i soldi all'estero e diciamo agli intermediari finanziari di ignorare l'odore di mafia e di terrorismo che questi soldi hanno.
Questa mattina il sottosegretario Giorgetti ha innovato la procedura parlamentare e ha utilizzato, per la prima volta nella storia di questo Parlamento, un'interpretazione trascendentale, cioè a priori. Il sottosegretario Giorgetti dice (cito le parole che ha pronunciato stamattina): «in particolare, si dispone la non obbligatorietà della segnalazione di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 231 del 2007» (stiamo parlando del terzo comma dell'articolo 13-bis). Aggiunge il sottosegretario Giorgetti: «si può al riguardo anticipare che la disposizione di cui al terzo comma dovrà essere interpretata alla luce del primo periodo del quarto comma dell'articolo 13-bis medesimo, in base al quale è già stabilito che il perfezionamento del rimpatrio, ovvero della regolarizzazione, rende applicabili, altresì, le disposizioni di cui all'articolo 17 del decreto-legge n. 350 del 2001».
In poche parole, il sottosegretario Giorgetti afferma che gli obblighi di adeguata verifica, di registrazione e di segnalazione sussistono. In poche parole, egli dà ragione alle osservazioni che, come opposizione, abbiamo svolto. Ma il fatto, di per sé, è Pag. 52gravissimo. Infatti, riconoscete la giustezza della nostra critica ma anziché seguire la prassi parlamentare corretta, vale a dire un emendamento per correggere l'errore, innovate e interpretate a priori. È così perché lo decidiamo noi! Questo potrebbe rappresentare un precedente gravissimo, che potrebbe essere foriero di futuri squassi costituzionali che non siamo neanche in grado di immaginare per quanto gravi possano essere.
Credo che di fronte a questa disinvoltura del Governo vi debba essere una ferma e precisa presa di posizione da parte della Presidenza della Camera, che non può consentire disinvolture costituzionali di questo tipo. Se il Governo vuole correggere, come pare di capire delle intenzioni del sottosegretario Giorgetti, una norma vergognosa, ha un'unica strada: cancellare questa norma e presentare un emendamento che elimina questa norma, tornando così al testo iniziale che, tra l'altro, è stato vistato dal Presidente della Repubblica. Queste è la serietà e la correttezza costituzionale. Fuori di qui vi è solo il buio istituzionale, la confusione normativa, la fine dello stato e della certezza del diritto e della legalità costituzionale. Stiamo attenti. Non vorrei che oggi, in un clima di disinvoltura e di distrazione e in un'Aula in parte distratta, perché si sa che tra poco il Governo porrà la questione di fiducia per cui molti colleghi non sono nemmeno presenti a Roma, compissimo un atto la cui gravità e la cui portata, sul piano della prassi parlamentari, non siamo ancora in grado di comprendere quali effetti devastanti potrà avere per la legalità costituzionale nel nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Comprendo pienamente le forti motivazioni politiche dell'onorevole Bressa che ha ripreso, più o meno letteralmente, quanto sostenuto oggi dall'onorevole Giachetti.
La Presidenza, però, ha il dovere di ricordare ai colleghi che, nel corso dei lavori parlamentari, il Governo può esprimere tutte le considerazioni che ritiene opportune anche con riferimento al significato delle disposizioni recate nei progetti di legge.
L'onorevole Bressa e l'onorevole Giachetti sono colleghi che sanno che da questo punto di vista non c'è, rispetto a numerosissimi precedenti, alcuna innovazione della nostra procedura. Del tutto diversi, e non è competente il Presidente della Camera, i rilievi di carattere politico che sono stati anche testè riferiti.
Come è noto, una cosa è il procedimento di formazione della legge, prerogativa esclusiva del Parlamento, altra cosa è la sua applicazione o la sua interpretazione, operazioni queste che competono ai diversi soggetti a ciò chiamati dall'ordinamento secondo le regole ordinarie previste dall'ordinamento medesimo.
È di tutta evidenza che quanto ha testè riferito la Presidenza non entra minimamente nel merito delle osservazioni di contenuto, e quindi squisitamente politiche, fatte dagli onorevoli Giachetti e Bressa.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1749 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, recante disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009 (Approvato dal Senato) (A.C. 2714) (ore 14,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, recante disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta odierna si è conclusa la discussione sulle linee generali ed ha avuto luogo la replica del rappresentante del Governo, mentre i relatori vi hanno rinunciato.

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(Esame di questioni pregiudiziali - A.C. 2714)

PRESIDENTE. Ricordo che sono state presentate le questioni pregiudiziali Di Pietro ed altri n. 1, Vietti ed altri n. 2 e Soro ed altri n. 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 2714).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 14,12).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 2714.

(Ripresa esame di questioni pregiudiziali - A.C. 2714)

PRESIDENTE. Avverto che, a norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione. In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti (purché appartenenti a gruppi diversi), per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti.
Al termine della discussione si procederà, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, quarto periodo, del Regolamento, ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.
Avverto che la questione pregiudiziale Vietti n. 2 è stata sottoscritta anche dall'onorevole Casini.
L'onorevole Evangelisti ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Di Pietro ed altri n. 2, di cui è cofirmatario, per dieci minuti.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, noi dell'Italia dei Valori vogliamo denunciare l'incostituzionalità e anche l'immoralità di questo decreto-legge che oggi è sottoposto alla nostra attenzione e al nostro vaglio per la conversione in legge.
In primo luogo, perché questa maggioranza e questo Governo hanno preso in giro lo stesso Presidente della Repubblica. Infatti, era stato proprio il Presidente della Repubblica che, con un gesto di gentilezza istituzionale, pensando di avere a che fare con dei gentiluomini, aveva firmato la conversione del decreto-legge n. 78 del 2009, benché contenesse delle norme sbagliate, a condizione che il Governo le avesse poi corrette e modificate.
Nelle stesse ore, contestualmente, avete fatto quindi un decreto-legge correttivo al provvedimento su cui avevate posto la questione di fiducia. A questa specie di gentlemen agreement istituzionale in cui il Capo dello Stato, lo ripeto, vi aveva voluto offrire la possibilità di un atto di resipiscenza operosa avete risposto rendendo ancora più incostituzionali ed immorali le norme sullo scudo fiscale.
Quindi, siamo in presenza di un vero e proprio schiaffo istituzionale di cui vi dovete assumere la piena responsabilità come maggioranza. Ma non c'è soltanto questo aspetto politico, morale e istituzionale. C'è proprio la Costituzione. Avete una volta di più violato la Costituzione italiana, perché essa, per l'appunto, non prevede che i decreti-legge possano essere correttivi. Nella Costituzione i decreti-legge correttivi non esistono.
I decreti-legge correttivi sono per davvero una istituto che non rientra nell'articolo 77 della Costituzione. Lo stesso nostro Comitato per la legislazione ha raccomandato che si abbia cura di adottare metodi di produzione legislativa che evitino la necessità del ricorso ad un decreto-legge che abbia come esclusiva Pag. 54finalità quella di correggere disposizioni approvate in sede di conversione.
Come è stato messo in rilievo ieri adeguatamente e propriamente anche dal collega onorevole Zaccaria, quando è entrato in vigore il decreto-legge n. 103 del 2009 sostanzialmente ancora non era stata pubblicata la legge di conversione del decreto n. 78 del 2009, quello precedente. Quindi, da un punto di vista formale le norme non esistono. Pertanto, avete operato una abrogazione di norme che non sono mai esistite.
Tra l'altro, in un solo decreto-legge avete infilato tre materie diverse e, quindi, siamo in presenza di un decreto-legge che è e va contro la Costituzione perché è altamente eterogeneo e sostanzialmente è un atto che nella nostra Carta non è in ogni caso previsto. Non si capisce poi la ragione politica e costituzionale che possa giustificare l'anonimato in questo testo. C'è già stata un'osservazione intelligente da parte dei colleghi che mi hanno preceduto che hanno posto una questione che non era soltanto politica. L'articolo 27 della Costituzione stabilisce, infatti, che la responsabilità penale è personale e se tale responsabilità è personale, evidentemente è personale anche l'esenzione dalla responsabilità.
Quindi, non si può pensare che sia personale la responsabilità quando devi condannare, mentre quando deve esentare qualcuno lo fai in blocco cioè praticamente all'oscuro. Esenti tutto, un gruppo, una famiglia, una banca, uno studio professionale, un'impresa. Come è già stato sottolineato, questo tipo di tecnica di condono si configura più come una vera e propria amnistia frodando così il dettato costituzionale che per l'amnistia richiede una maggioranza qualificata e la sottrae alla decretazione d'urgenza.
Infatti, non c'era assolutamente bisogno di emendare al Senato questo provvedimento, che già di per sé gridava vendetta e lo avete peggiorato perché avete introdotto l'esenzione per quanto riguarda il falso in bilancio per coloro che rimpatriano attività finanziarie e patrimoniali detenute fuori dal territorio dello Stato e avete di fatto concesso un'amnistia. Sempre con riferimento alla Carta costituzionale, l'articolo 79 stabilisce che l'amnistia sia concessa con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera in ogni suo articolo e nella votazione finale e non certo attraverso l'utilizzo della decretazione d'urgenza in sede di conversione in legge ordinaria.
Estendere, quindi, la copertura dello scudo fiscale a fattispecie gravi e penalmente rilevanti quali il falso in bilancio, senza abrogare le norme che tali reati puniscono, significa raggiungere lo stesso risultato della concessione di un'amnistia, facendo venir meno di fatto le condizioni di punibilità di reati profondamente offensivi nei confronti della comunità sociale ed equiparando al contempo chi ha commesso un atto illecito a chi invece si è sempre comportato nel rispetto delle leggi. L'amnistia, lo voglio ricordare, è la rinuncia dello Stato a punire i soggetti che hanno commesso un reato e la rilevanza di questo cedimento dell'autorità statale è stata da tempo avvertita, tanto che l'articolo 79 della Costituzione è stato modificato nel senso di stabilire che l'amnistia, lo ripeto, venga concessa con legge deliberata con la maggioranza qualificata di entrambi i rami del Parlamento.
Potrei continuare ancora, ma quello che mi preme sottolineare, andando alle conclusioni, è che i soggetti beneficiati dalla norma sullo scudo fiscale (così come risultante dal testo approvato dal Senato della Repubblica e sul quale vi preparate a porre l'ennesima questione di fiducia) non potranno essere perseguiti per reati tributari o di falso in bilancio, il mezzo con cui sono stati prodotti i capitali che lo Stato «liceizza».
Per questo abbiamo detto nella discussione sulle linee generali e lo ripetiamo oggi che questa norma è una vera e propria bandiera dell'illegalità, perché trasmetterà comunque all'Italia un messaggio di opportunismo: renderà evidente a tutti che adempiere ai propri obblighi tributari, ai Pag. 55principi etici irrinunciabili nella gestione delle imprese, è un'ingenuità o, ancor peggio, è antieconomico.
Questa norma deve considerarsi, oltre che incostituzionale ed immorale, anche una legge criminogena, perché produrrà l'effetto di favorire la futura evasione fiscale, convincendo tutti che «pagare le tasse» è cosa inutile e soprattutto perché costituirà una vera e propria forma di favoreggiamento nei confronti delle forme più gravi di delinquenza organizzata.
Polizia, carabinieri, guardia di finanza e magistratura non potranno nemmeno trovare le prove di questi reati, forse conosciuti per altre vie, poiché il provento del reato sarà ormai sparito.
Questa norma, tra l'altro, contiene disposizioni che vanno contro persino le direttive comunitarie ed arriva fino ad assicurare l'impunità ai trafficanti di droga, di armi, di esseri umani e di donne e ai sequestratori di persona: infatti non ci sarà più la possibilità di colpire ogni meccanismo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e finanziarie. Non ci sarà più l'obbligo e la possibilità da parte degli intermediari e dei professionisti di inviare apposite segnalazioni alla Unità di informazione finanziaria presso la Banca d'Italia quando esiste il sospetto che siano in corso operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. In buona sostanza, dunque, non vi sarà alcun tipo di segnalazione per coloro che rimpatriano capitali anche col sospetto finanziamento del terrorismo o di riciclaggio di moneta derivante da attività criminali.
Quindi - queste sono le nostre conclusioni sulle quali vi invitiamo a riflettere e poi a votare di conseguenza - questa norma sullo scudo fiscale è una norma criminale, voluta per fare interessi criminali. Infatti, lo ricordo ancora, fino ad ora i capitali che stavano o stanno all'estero, quelli regolari, potevano rientrare tranquillamente in Italia. Quelli che non potevano e che non possono finora rientrare sono quelli di cui non può dirsi da dove vengono, quelli che fino ad ora ogni volta che venivano scoperti venivano perseguiti dal codice penale, perché si trattava di riciclaggio di denaro sporco. Oggi invece il riciclaggio viene premiato: si fa riciclaggio di Stato con questa norma! Fino ad oggi le indagini venivano fatte grazie ad un conto corrente o ad un deposito scoperto all'estero e si cominciava a vedere da quale fonte di reato provenivano quei fondi. Da oggi non si potrà più indagare, una volta che quei soldi saranno rientrati.
Con questa disposizione il nostro Paese è diventato e diventerà sempre di più il lavatoio mondiale della criminalità organizzata per i reati commessi in passato e per quelli che saranno commessi in futuro. Come ha bene messo in luce ieri l'onorevole Di Pietro, il falso in bilancio sta ad una miriade di reati, dall'appropriazione indebita alla corruzione e all'evasione fiscale, così come la pistola sta al rapinatore: è un reato mezzo per un reato fine. L'avere o non avere denaro non è legato direttamente al falso in bilancio in sé, che è una mera operazione contabile, una falsa comunicazione sociale, è legato piuttosto ad un'appropriazione, ad una bancarotta, ad una spoliazione, ad una corruzione. Inoltre le disposizioni al nostro esame, oltre ad aver stravolto la disciplina dello scudo fiscale previsto dal precedente decreto, rappresentano la prova provata della volontà di questo Governo di affossare un principio fondamentale, il nocciolo duro della nostra Carta costituzionale, in forza del quale tutti i cittadini sono - o meglio, dovrebbero essere - uguali davanti alla legge.
Infine, la predetta disposizione costituisce un'inaccettabile violazione dell'articolo 53 della Costituzione in forza del quale tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva: un principio che rappresenta non solo un criterio di misurazione del prelievo di ricchezza, ma anche il presupposto di legittimità dell'imposizione tributaria che si collega strettamente con il principio di uguaglianza, che ho citato prima, di cui all'articolo 3.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FABIO EVANGELISTI. Concludo, signor Presidente. Per tutti questi motivi noi diciamo Pag. 56che questa norma è incostituzionale e vogliamo che non si proceda oltre nella discussione e nell'esame. In fondo possiamo soltanto augurarci sommessamente che il Presidente Giorgio Napolitano questa volta non promulghi questo decreto (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Vietti ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 2.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non parlerò del merito di questo provvedimento perché ne ha parlato ampiamente e con molta puntualità ieri l'onorevole Tabacci in sede di discussione sulle linee generali. Qui dobbiamo discutere un profilo molto specifico che è quello dell'incostituzionalità di questo provvedimento.
Anzitutto voglio far notare che la legge di conversione del decreto-legge n. 78 e questo decreto-legge correttivo entrano in vigore contestualmente lo stesso giorno, il 5 agosto: ciò da solo dimostra che non vi è necessità ed urgenza. È inutile scomodare la giurisprudenza della Corte che ha sempre ricordato che perché ci siano i requisiti del decreto-legge ci vuole la preesistenza di una situazione di fatto che comporti la necessità e l'urgenza.
Qui non c'è e in qualche modo il decreto-legge stesso lo confessa candidamente perché nel preambolo, anche qui con una violazione costituzionale, non si fa alcun cenno a quali sarebbero le ragioni di necessità e di urgenza per adottarlo, evidentemente perché non ci sono. Tutti ricordiamo, infatti, la genesi di questo provvedimento: fu un compromesso affinché la legge di conversione del decreto-legge precedente non venisse rinviata alle Camere, e dunque, è una ragione tutta politica. Tuttavia, quella ragione politica, anche comprensibile, che vide il Capo dello Stato impegnato in una iniziativa correttiva ai limiti delle sue prerogative, giustamente esercitate, non può certamente sanare il vizio giuridico dell'incostituzionalità.
Ma vi è un'altra grave ragione di violazione della Costituzione: è la violazione dello stesso articolo 70 che stabilisce il bicameralismo come sistema ordinario di approvazione delle leggi nel nostro sistema costituzionale: la funzione legislativa è esercitata congiuntamente dalle due Camere, la funzione legislativa lasciata al Governo è puramente residuale. Ebbene, cosa è avvenuto in questo caso? Si è interrotto prematuramente, il 24 luglio con il voto di fiducia alla Camera e il 1o agosto con il voto di fiducia al Senato, l'iter legislativo della legge di conversione del primo decreto-legge che scadeva - si noti - il 30 agosto, cioè un mese dopo l'apposizione della questione fiducia al Senato, dunque addirittura con un mese di margine che avrebbe permesso che la legge venisse modificata e si producesse l'ordinaria navetta tra le due Camere, che è il sistema con cui in questo Paese si devono approvare le leggi.
Evidentemente, per il timore che i parlamentari della maggioranza preferissero andare in vacanza, anziché discutere di questo provvedimento, si è deciso di chiudere la discussione, di porre la questione di fiducia, di convertire il decreto-legge un mese prima della scadenza. Anche qui si tratta di un argomento tutto politico, di politica balneare, che si può anche comprendere, ma questa ragione non può nascondere l'anomalia costituzionale di ricorrere ad un decreto-legge per sanare le contraddizioni di un decreto-legge precedente. Peraltro, tali contraddizioni sono il frutto - si noti - di modifiche che erano state introdotte nel corso del dibattito parlamentare, dunque non stavano nel decreto originario firmato dal Capo dello Stato, ma erano emendamenti introdotti nel passaggio parlamentare, già mettendo, quindi, il Capo dello Stato di fronte ad un testo che era diverso da quello che aveva firmato, tanto che alla Camera lo scudo fiscale fu introdotto con l'articolo 13-bis che era aggiuntivo rispetto al testo originario.
Dunque, vi è una serie reiterata di violazioni delle competenze del Parlamento: si è fatto ricorso ad un altro Pag. 57decreto-legge per modificare il primo, mentre si era ancora in termini per cambiarlo con la legge di conversione ordinaria. Dunque siamo di fronte ad un ricorso abnorme del potere legislativo dell'Esecutivo così come la Costituzione lo limita, ma non solo. Si è poi addirittura cambiato, strada facendo, il contenuto del decreto-legge correttivo con l'emendamento Fleres, per cui una seconda volta si mette il Capo dello Stato di fronte al contenuto di un testo diverso da quello che è stato firmato anche già in versione correttiva. Infine, apponendo oggi, come sappiamo che avverrà, la questione di fiducia sul correttivo corretto, perché si porrà la fiducia sul correttivo così com'è stato corretto strada facendo, si strangola definitivamente il dibattito parlamentare.
Voglio aggiungere, senza peraltro tirare il Capo dello Stato per la giacca nelle nostre discussioni, cosa che non siamo soliti fare, che in questo modo si metterà il Capo dello Stato in una situazione estremamente imbarazzante, perché se non promulgasse il correttivo corretto strada facendo rispetto alla versione che ha firmato, ritornerebbe o rimarrebbe in vigore la versione precedente che proprio il Capo dello Stato giudicò accettabile solo nella misura in cui fosse stata corretta con il secondo decreto che lui firmò, come aveva deciso di fare (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
Dunque, siamo di fronte non all'ennesimo trucco per espropriare il Parlamento delle sue competenze ma siamo di fronte - colleghi lo voglio dire anche se sappiamo che è una litania che ormai ripetiamo troppo spesso - ad una falla vera e propria nel complesso equilibrio della nostra Carta costituzionale. Questo può rilevarsi davvero un grimaldello per alterare gli equilibri dei rapporti tra poteri.
Svolgo una conclusione finale, signor Presidente, come ha già detto il collega dell'Italia dei Valori che mi ha preceduto. Attraverso l'emendamento Fleres si introduce nel testo, alterandolo rispetto al suo contenuto originario, un'amnistia mascherata. Si esclude la punibilità di tutta una serie di reati, tributari e societari, che voglio ricordare pro memoria per noi stessi: falsità materiale, falsità ideologica in atto pubblico, falsità in scritture private, soppressione e occultamento di atti, false comunicazioni sociali, falso in bilancio. Ma agli amici della Lega chiedo: dove è la tolleranza zero nei confronti del crimine del Ministro Maroni e della Lega Nord (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro)? I criminali sono soltanto gli extracomunitari mentre tutti gli altri che violano il codice possono essere oggetto di una sanatoria generalizzata? Ricordo che l'articolo 79 della Costituzione prevede che l'amnistia deve essere concessa con legge deliberata a maggioranza dei due terzi e certamente nessuno avrebbe mai potuto immaginare che la si potesse introdurre con un decreto-legge. Con questo si fa un regalo non soltanto a chi ha violato la legge, ma si dà un messaggio di impunità e di sfiducia nelle istituzioni a tutti i cittadini.
Scriveva Cesare Beccaria: «La clemenza è la virtù del legislatore e non dell'esecutore delle leggi. Deve risplendere nel codice e non già nei giudizi particolari». Dunque, se anche clemenza si volesse e si potesse dare, questa sarebbe esclusivamente una competenza del Parlamento e mai potrebbe essere rivendicata dall'Esecutivo. Infatti, una diversa punizione degli stessi reati commessi nelle stesse condizioni viola platealmente non solo quel principio di eguaglianza su cui si fonda la nostra civiltà giuridica, ma viola quel principio su cui si fonda la nostra civiltà tout court (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. L'onorevole Causi ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Soro ed altri n. 3, di cui è cofirmatario.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, non è un pregiudizio a priori che porta il Partito Democratico a chiedere al Parlamento di non procedere all'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge correttivo del decreto-legge n. 78 del 2009, ma Pag. 58si tratta di una valutazione ponderata che ha al centro le norme sul cosiddetto «scudo fiscale» con riferimento sia al testo originario, sia alle modifiche apportate al Senato.
Il Partito Democratico e tutte le opposizioni sono state sempre fin dall'inizio molto critiche sull'impianto dello scudo, ma adesso il nostro giudizio non può che diventare ancora e più fortemente contrario. Inoltre, è nostro dovere denunciare ad alta voce i gravi rischi di questa nuova versione dello scudo fiscale, la sua inefficacia per le imprese italiane, la sua valenza del tutto negativa per la credibilità dello Stato nel rapporto con i contribuenti e con le imprese oneste, il suo potenziale danno di immagine per il Paese.
Al Senato, signori della maggioranza, avete esteso lo scudo in tre direzioni. Innanzitutto, di esso potranno avvalersi anche le società di persone e di capitali per regolarizzare somme giacenti presso controllate o collegate estere. Inoltre, i soggetti scudati saranno protetti non solo da illeciti amministrativi civili e tributari, ma anche da illeciti penali come le false comunicazioni sociali, il falso in bilancio, ed altro ancora. A luglio avevamo denunciato questo scudo dicendo che era un vero e proprio condono, ma oggi diventa ancor più di un condono: quasi un'amnistia che dovrebbe essere approvata dal Parlamento con maggioranza qualificata e non ricorrendo all'ennesima forzatura del voto di fiducia.
È vero che, come concordato con la Presidenza della Repubblica, vengono esclusi i procedimenti in corso, ma è altrettanto vero che di quell'intesa non facevano certamente parte le rilevanti estensioni applicative, che rappresentano una clamorosa eterogenesi dei fini, da cui è nata l'esigenza del decreto correttivo. Soprattutto, non ne faceva parte la terza estensione, quella a nostro avviso più pericolosa, cioè l'esenzione delle operazioni scudate dall'obbligo di segnalazione nell'ambito della normativa in materia di antiriciclaggio. Chiunque può capire che il combinato disposto delle tre estensioni apre la strada al rischio di potere impunemente lavare i denari le cui origini possono risalire ad attività illecite e criminali. Il rischio, quindi, è che il nostro Paese contravvenga a normative europee in materia di antiriciclaggio e di antiterrorismo, da cui deriva la violazione dell'articolo 11 della Costituzione, da noi paventata nella questione pregiudiziale oggi presentata, il tutto con buona pace dei nuovi global legal standard, di cui Ministro dell'economia e delle finanze si fa grande vanto, per averli l'Italia proposti nelle sedi internazionali.
Ci chiediamo con quale credibilità, da ora in avanti, il nostro Paese e il nostro Governo potranno partecipare attivamente alla costruzione di nuove regole per la finanza e per l'economia mondiale, per il contrasto alla criminalità economica, se adesso la vostra maggioranza si prenderà la responsabilità di approvare questo scudo, il quale rischia di allontanare l'Italia dal rispetto di importanti regole internazionali e di avvicinarlo, invece alle legislazioni opache dei Paesi off shore, che strizzano l'occhio a qualsiasi capitale, senza curarsi di valutarne la provenienza.
Eppure, la normativa antiriciclaggio sta producendo risultati importanti: le segnalazioni sospette all'Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia, da parte degli intermediari, sono cresciute del 16 per cento nel 2008 e del 50 per cento nel primo semestre del 2009.
C'è forse qualcuno nei banchi della maggioranza o del Governo interessato a gettare qualche granello di sabbia per interrompere questa crescita? Mi rendo conto che si tratta di una accusa forte, ma mi sembra a questo punto del tutto lecita. Si modifichi allora questo testo, si dia certezza agli intermediari e agli operatori di giustizia, si cancelli al comma 3 del nuovo articolo 13-bis ogni riferimento agli obblighi di segnalazione. Non è convincente, infatti, quanto dichiarato dal sottosegretario Giorgetti in sede di replica. Se davvero gli intermediari dovranno trattare l'operazione di regolarizzazione ai fini antiriciclaggio al pari di qualsiasi altra operazione finanziaria, ma perché allora la norma sullo scudo deve contenere questo Pag. 59specifico richiamo introdotto al Senato? Se Giorgetti ha ragione, ne segue la necessità, come l'opposizione sostiene, di modificare questo testo. Ma anche nel migliore dei casi, quindi escludendo i casi di riciclaggio di denaro ottenuto con attività criminali, cioè nel caso di imprese che abbiano costituito scatole estere, con il solo obiettivo di pagare meno tasse, la norma non solo fa a pugni con elementari criteri di equità fiscale, ma non impone neppure che l'emersione di queste somme sia almeno soggetta al vincolo di rafforzare il patrimonio dell'impresa. Non è vero, insomma, che questo scudo è il prezzo da pagare per riportare dentro un po' di denaro che oggi serve alle imprese italiane in difficoltà. È palese ormai - qualsiasi cittadino se ne rende conto - che la norma italiana sullo scudo fiscale si discosta fortemente da quelle messe in campo dagli altri Paesi. Era già così nell'impianto di luglio, come le opposizioni hanno sempre denunciato. Negli altri Paesi, lo scudo non prevede il totale lavaggio delle somme regolarizzate dal punto di vista della loro posizione fiscale. Se i redditi da cui si era in passato formato il capitale, poi portato all'estero, non fossero stati correttamente esposti al fisco, in tutti i Paesi si pagano le imposte ordinarie dovute. Gli incentivi consistono solo nell'abbattimento delle sanzioni.
L'impianto della norma italiana, invece, depotenzia l'ordinaria attività di accertamento da parte dello Stato e contraddice anche la volontà dell'Esecutivo di andare verso forme di redditometro per il contrasto all'evasione.
Se, infatti, si vogliono utilizzare indicatori indiretti dello stile di vita del contribuente per verificare la veridicità delle sue dichiarazioni, mi domando e vi domando: se un contribuente ha detenuto per alcuni anni presso un conto corrente svizzero alcune centinaia di migliaia di euro, poi regolarizzati, ma non sarà anche questo un suo indicatore di capacità fiscale, oltre alla casa in cui abita e allo yacht che possiede?
Mi rivolgo, adesso, in conclusione, alle deputate e ai deputati della maggioranza: nel voto che adesso esprimerete sulla pregiudiziale presentata dal Partito Democratico e su quelle degli altri gruppi di opposizione fate valere - è questo il mio appello - le ragioni della coscienza e della libera valutazione di merito, diritto e prerogativa di ogni parlamentare.
Siamo ancora in tempo per non far commettere allo Stato italiano una serie di errori gravi, dalle conseguenze imprevedibili. Siamo in tempo per riunire il Comitato dei diciotto e modificare il decreto correttivo, approvando un piccolo pacchetto di emendamenti in modo da riportare lo scudo fiscale italiano in linea con quelli degli altri Paesi, e possiamo farlo in breve tempo, senza correre il rischio di far decadere il decreto-legge.
Allora sì che potrete dire che state facendo come Obama, perché, invece, così com'è, lo scudo italiano con Obama, con Sarkozy e con Gordon Brown non ha davvero nulla a che vedere.
Certo, con questa norma si portano un po' di soldi a casa per un bilancio pubblico in difficoltà, ma vi domando: qual è il prezzo di questi soldi? Si tratta di uno schiaffo in faccia ai contribuenti onesti e alle imprese che sono sempre rimaste nei confini della legalità, a vantaggio di altre persone ed altre imprese che, in qualche caso, potremmo limitarci a definire furbe, ma che invece, in altri casi, rischiano di essere soggetti che hanno costruito il loro capitale con attività illecite e criminali.
Non credo che questo prezzo sia accettabile per la Repubblica: non è accettabile, come prezzo da pagare, il vulnus alla legalità, al rispetto delle regole, il rischio di porre il nostro Paese fuori linea dagli standard etici internazionali, di abbassare la guardia nel contrasto alla criminalità organizzata - ho finito - e di far questo, per giunta, proprio mentre il Governo si vanta di una politica di stretta sul fronte della microcriminalità.
Lo Stato non deve essere debole con i forti e forte con i deboli, ma giusto ed equo con tutti. Non fate questo sbaglio, non infliggete questo colpo al Paese. Noi, dall'opposizione, faremo di tutto per impedirlo, ma voi adesso potrete, esprimendo Pag. 60voto favorevole sulle pregiudiziali, fare in modo che l'Italia possa restare a testa alta e tutta unita a dare forza nella comunità internazionale alla battaglia per scrivere e imporre regole nuove e più etiche alla finanza e all'economia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà per cinque minuti.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, si contestano oggi i requisiti di necessità e urgenza di questo decreto-legge. Basterebbe solo ricordare che sono norme anticrisi: in un periodo di crisi internazionale esse necessitano e, da qui, l'urgenza di emanare conseguenti decreti-legge.
Inoltre si contesta anche lo scudo fiscale: si afferma che è un condono tributario ed un'amnistia mascherata. Chi lo dice, il centrosinistra, è lo stesso che ha proposto e votato l'indulto svuota-carceri e, a tal riguardo, ho ancora nei ricordi una trasmissione televisiva, Report, che ha denunciato gli effetti derivanti dall'indulto del Governo Prodi, che ha graziato migliaia di ladri, imbroglioni ed evasori già condannati e messi in galera (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Sicché è da capire da che pulpito arrivano queste pregiudiziali, che, ovviamente, respingeremo. Le accuse continuano relativamente, ad esempio, all'abuso d'ufficio. Anche qui, ricordo la legge del centrosinistra del 1999 fatta per arginare le conseguenze della vicenda SME, il tentato arricchimento di De Benedetti, da parte di Prodi.
Ebbene, si misero di traverso tre tribunali, impedirono la svendita e l'arricchimento: vinse Craxi, vinsero la Fininvest, la Ferrero, la Barilla, le Confcooperative; alla fine vinse il Paese, che incassò tre volte tanto quello che gli amici avevano promesso a De Benedetti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Allora, per evitare i processi a Prodi, si cambiò la legge, e fu reso perseguibile l'abuso d'ufficio solo se questo aveva provocato arricchimenti certi; ma nessuno si arricchì, solo perché tre tribunali dissero che ciò non era possibile. Abbiamo quindi bene in mente qual è la credibilità che può arrivare, verificate queste azioni, dal centrosinistra, che anche oggi proclama la sua volontà di regalare a piene mani catastrofismo tattico, che però sta stancando il Paese.
Noi non siamo dei criminali, e ricordiamo le prove che esibiamo del rispetto della Costituzione e delle relative regole: il nostro Governo sta operando contro la mafia e 4,5 miliardi sono stati confiscati o sequestrati ad essa. La guardia di finanza con noi può operare (con voi un po' meno, e dopo vedremo il perché) e ci ricorda che nei primi cinque mesi del 2009, con questo Governo, è riuscita a scoprire redditi nascosti al fisco per 13,7 miliardi di euro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), recupero IVA per 2,3 miliardi, rilievi IVA per 8,7 miliardi; a fine settembre sono stati recuperati quasi 4 miliardi di euro nascosti all'estero.
Questi procedimenti sono stati iniziati e quindi sono esclusi dallo scudo, scudo aperto per due mesi che non riguarderà le strutture fisse create per costituire fondi neri o evasioni, perché di sicuro queste strutture sono già soggette ad accertamenti pregressi e quindi escluse da esso, ma probabilmente sarà rivolto a chi ha commesso qualche sporadica irregolarità, cioè molti imprenditori del nord fuggiti quando governava il centrosinistra di Visco (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
La guardia di finanza la facciamo lavorare e respingiamo le pregiudiziali.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LUCIANO DUSSIN. Ricordo invece a chi ci sta offendendo che con noi la guardia di finanza porta questi risultati; con loro, se qualcuno si ricorda, si è verificata la vicenda del generale Speciale, che è stato encomiato, ma appena aveva cominciato a mettere il naso nell'affare Unipol, che senza soldi voleva comprare la BNL, è stato cacciato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Visto Pag. 61quindi che non abbiamo nulla da imparare sul rispetto della democrazia e sui dettati della nostra Costituzione, voteremo contro queste proposte che arrivano dalla sinistra (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bernardo. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, credo che non sfugga a nessuno che le diverse questioni pregiudiziali che le opposizioni hanno deciso di presentare per contestare i provvedimenti del Governo, non siano entrate nel merito del contenuto vero, di ricette alternative, soprattutto laddove i provvedimenti sono di carattere economico-finanziario nell'interesse del Paese. Vedo che vi è in maniera evidente un atteggiamento che ci porta all'incostituzionalità dei provvedimenti.
Entrando nel merito delle questioni, l'ascolto dei rappresentanti delle opposizioni, con il loro anticipare eventuali sentenze della Corte costituzionale, l'essere esegeti del Capo dello Stato, del Presidente della Repubblica, e il rendersi interpreti di quello che dovrebbe essere il pensiero del Capo dello Stato su provvedimenti come questo, credo che metta in evidenza due aspetti.
Da una parte, la gravità con cui si utilizzano strumenti che potremmo definire impropri rispetto al richiamo alla incostituzionalità, come se poi non esistessero - o non esistano - organismi o organi preposti a svolgere le opportune verifiche su provvedimenti come questi; dall'altra, la pochezza di contenuti e l'assenza di argomenti da parte delle opposizioni, che in momenti come questo dovrebbero dare il conforto necessario al Paese, entrando nel merito dei contenuti.
Rispetto alle contestazioni che ci sono state mosse da parte dei diversi rappresentanti e alla necessità di entrare nel merito di ciò che significa un provvedimento, penso anche a realtà come quella dell'Italia dei Valori che ricerca l'audience. Questo provvedimento viene messo e tracciato in un ambito che vede una posizione importante del nostro Paese a livello di Unione europea e una comunità di intenti riguardo a provvedimenti economici che hanno visto questo Paese capofila. Rispetto poi a quello che ricordava ieri l'onorevole Di Pietro, ossia a quella dignità che noi non avremmo nel firmare emendamenti di contenuto alto rispetto anche ai correttivi che sono stati adottati, raccogliendo pure gli inviti provenienti dal Capo dello Stato, la dignità nostra sta nel fatto di esaminare i singoli emendamenti, di entrare nel merito dei contenuti e di condividere un percorso importante e necessario per il nostro Paese.
Ecco perché credo che sia ingiusto, anche da parte delle opposizioni, non mettere in risalto un dato che viene riportato dagli organismi internazionali di politica economica nonché nei convegni di questi giorni, ossia di quale sia la lotta all'evasione messa in campo da parte di questo Governo o l'inasprimento anche delle pene nei confronti dell'azione che stanno conducendo diversi organismi. Sono di oggi gli interventi da parte del direttore generale dell'Agenzia delle entrate e del Comando generale della guardia di finanza su che cosa significhi uno «scudo» così preparato, perché da una parte si lotti e si continui a lottare contro quei Paesi e quella cosiddetta lista nera affinché i capitali rientrino e, dall'altra, si intraprenda un'azione che porti questo Governo e il Paese a continuare in quello slancio che necessariamente deve avere per la nostra gente e per il mondo produttivo, dal momento che il rientro dei capitali avrà quelle finalità.
Ecco perché vorremmo che vi fosse un dibattito vero sui contenuti senza fare ricorso a proclami di incostituzionalità che tali non possono essere. Ricordavo prima il ricorso a eventuali sentenze che non ci sono state da parte della Corte costituzionale o l'atto di quella gravità che c'è nell'immaginare di dover dare consigli al Capo dello Stato su come dovrebbe agire in momenti come questo, laddove è da un anno che il Paese è capofila rispetto a provvedimenti importanti nel dare risposte al mondo del lavoro e al sistema produttivo, Pag. 62anche entrando nel merito di quelli che dovrebbero essere i comportamenti e di quel testo che viene contestato perché continueremmo a favorire, come qualcuno sostiene, la criminalità organizzata piuttosto che il terrorismo, dimenticando gli organismi preposti, l'azione che viene svolta da questo Governo e quindi quelle realtà a livello europeo.

PRESIDENTE. Onorevole Bernardo, deve concludere.

MAURIZIO BERNARDO. È per questa ragione che riteniamo di dover rispondere «no» e quindi esprimere un voto contrario sulle diverse questioni pregiudiziali presentate (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, passiamo ai voti.
Avverto è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico. Prego i colleghi di prendere posto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Di Pietro ed altri n. 1, Vietti ed altri n. 2 e Soro ed altri n. 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Barani, prego resista e cerchi di votare... onorevole Frattini... l'onorevole Ciocchetti ha votato... onorevole Cardinale... onorevole Tempestini... l'onorevole Mazzarella ha votato... onorevole Barani, la vedo... ecco anche l'onorevole Barani ora ha votato... l'onorevole Sardelli si sbraccia ma ora ha votato...

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti 485
Votanti 482
Astenuti 3
Maggioranza 242
Hanno votato 215
Hanno votato no 267
(La Camera respinge - Vedi votazionia ).

Prendo atto che i deputati Realacci, Argentin e Galletti hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito a votare.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 2714)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 2714), nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 2714).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 2714).
Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 2714) che è distribuito in fotocopia.
Avverto, infine, che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 7, del Regolamento le seguenti proposte emendative, già presentate in Commissione ed in tale sede dichiarate inammissibili, in quanto non strettamente attinenti alla materia oggetto del decreto-legge: Marchi 1.99, Marchi 1.100, Marchi 1.101, in materia di contenimento del costo delle commissioni bancarie; Esposito 1.105, volto a modificare norme per la riduzione del costo dell'energia; Schirru 1.115, volto a introdurre un'esclusione al divieto di nuove assunzioni di personale previsto dal comma 7 dell'articolo 17 del decreto-legge n. 78 del 2009; Di Biagio 1.71, volto a prorogare le detrazioni per carichi di famiglia per i soggetti non residenti.
Informo l'Assemblea che, tenuto conto del numero di emendamenti presentati, in relazione all'applicazione dell'articolo 85-bis del Regolamento, il gruppo Italia dei Valori è stato invitato a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Mastromauro. Ne ha facoltà.

Pag. 63

MARGHERITA ANGELA MASTROMAURO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, componenti del Governo, il decreto-legge correttivo al pacchetto misure anticrisi, in particolare le norme sullo scudo fiscale, stanno compromettendo gravemente l'immagine del nostro Paese, e di conseguenza la credibilità della sua classe politica, non solo delle forze di maggioranza, che questo decreto l'hanno pensato e modificato ad arte, ma anche delle opposizioni che rischiano di diventare complici di un disegno politico amorale totalmente al di fuori dell'etica pubblica, che è uno dei principi che di solito innervano la politica nelle democrazie, ma non in Italia evidentemente.
È per questo, perché non ci piace questa connivenza, e non vogliamo renderci in alcun modo responsabili di tali immoralità, che la nostra opposizione è, e sarà, durissima. I colleghi che mi hanno proceduto negli interventi, hanno spiegato nel dettaglio i gravi limiti di questo provvedimento con cui il Governo vuole recuperare liquidità, facendo rientrare i capitali italiani depositati all'estero con un nuovo condono a vantaggio, non solo dei più ricchi, ma soprattutto dei più sleali. Dunque, è un condono a tutti gli effetti, come abbiamo detto più volte, cui potranno adire coloro i quali hanno portato illecitamente denaro all'estero, come chi ha commesso reati di bancarotta fraudolenta, falso in bilancio, ricettazione e riciclaggio.
Si tratta di una legge veramente immorale, senza sottovalutare il fatto che nel nostro Paese esiste la criminalità organizzata cui questo nuovo scudo fiscale porterà certamente delle agevolazioni, perché è uno scudo produttivo per i criminali e per le grandi organizzazioni che accumulano capitali all'estero con il traffico di droga, armi, vite umane e riciclaggio. Allora lo Stato cosa fa? Offre l'opportunità di far rientrare in Italia questi fondi in condizioni di superfavore. È un provvedimento che probabilmente non porterà neanche il gettito che ci aspettiamo, come è accaduto anche in passato.
Ma è sulla questione più specificatamente morale che mi vorrei soffermare. Nel nostro Paese il centrodestra, con una certa superficialità, ha introdotto la filosofia del condono onnicomprensivo ovvero della non punibilità applicata ai settori più svariati: «chi sbaglia, non paga» sembra essere il motto della classe politica attualmente al Governo, anzi chi sbaglia riceve addirittura un premio, come nel caso specifico dello scudo fiscale.
Insomma, è un mondo un po' al rovescio, un mondo che sembra fatto per i furbi, in cui il Governo pensa a loro, li tutela, e non tutela invece chi vive onestamente. La classe politica al Governo avalla queste condotte criminali. Questo è molto grave, e io credo che, davvero, l'esempio che stiamo dando, non solo alla società ma alle giovani generazioni, rappresenti un terribile precedente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Romano. Ne ha facoltà.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO. Signor Presidente, farò finta di non sapere che il Governo si appresta a porre la questione di fiducia sul provvedimento in esame, altrimenti dovremmo parlare della funzione di questo Parlamento, tema già noto ma che - per quel che sento - oggi non interessa nemmeno più agli stessi parlamentari, quasi che le sue stesse invocazioni cadano ormai nel vuoto, nel silenzio, nel mancato ascolto del Governo, ma (più grave) anche nel mancato ascolto di questa Aula parlamentare, che dovrebbe avere interesse invece, maggioranza e opposizione insieme, a tutelare il ruolo del Parlamento stesso. Il Governo in questo provvedimento ha proceduto in modo frammentario e confuso. Ha prima introdotto con un emendamento il tema dello scudo fiscale nel decreto-legge n. 78 del 2009, quindi ha apportato talune modifiche a tale disciplina, e poi ha modificato radicalmente lo strumento con un emendamento di origine parlamentare approvato dal Senato, nonostante ci fossero i Pag. 64tempi, poiché il decreto-legge scadeva il 28 agosto.
Signor Presidente, mi perdoni, io non chiedo l'ascolto dell'Aula, ma chiedo quanto meno che vi sia meno brusio per cui si può anche non ascoltare, ma non bisogna disturbare chi sta svolgendo il suo intervento nell'interesse del Paese, considerato che tanti colleghi forse fanno gli interessi soltanto di qualcuno in questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Onorevole Romano, condivido pienamente e mi auguro che i colleghi abbiano inteso e quindi siano conseguenti. Prego onorevole, continui.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO. Signor Presidente, se non cessa il brusio mi rifiuto di continuare.

PRESIDENTE. Onorevole Romano, lei sa che è brutta e antica abitudine quella dell'Aula...

FRANCESCO SAVERIO ROMANO. Ma io mi non preoccupo del fatto che non si ascolti, quanto del fatto che col brusio si impedisca di parlare.

PRESIDENTE. No, nessuno le impedisce di parlare.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO. Ma è così.

PRESIDENTE. La prego di continuare. Prego comunque i colleghi di prestare attenzione.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO. Anche al banco del Governo, grazie Presidente. Noi ci siamo posti alcune domande. Per l'estrema delicatezza delle tematiche che sono affrontate, il provvedimento doveva essere necessariamente esitato dalla Commissione solo in poche ore? E qual è il motivo dell'estrema compressione dei tempi, visto che i contenuti erano limitati e noti ormai da tempo?
La verità è, caro Presidente, onorevoli colleghi, che si tende a consolidare il progressivo stravolgimento del procedimento legislativo, che sta determinando (oggi ne è un esempio) purtroppo conseguenze nefaste sotto il profilo istituzionale e sotto il profilo ordinamentale. Si conferma la tendenza del Governo a voler realizzare riforme di grande portata attraverso emendamenti approvati frettolosamente nell'ambito dell'esame dei decreti-legge, ricorrendo poi, come oggi, al voto di fiducia, calpestando così il principio della certezza del diritto e della pena, per privilegiare - dice così il Governo - le esigenze di cassa. Si tratta di un pericoloso segnale di disponibilità rispetto agli interessi non solo degli evasori fiscali.
Non mi limiterei a chiamare questo provvedimento «scudo fiscale» perché per le modifiche apportate oggi è un vero e proprio «scudo penale», uno scudo che a noi sembra tanto un colpo di spugna mascherato, non soltanto perché favorisce chi illecitamente ha portato i capitali all'estero, ma perché, attraverso le modifiche apportate al Senato, oggi chi sa di avere commesso uno di quei reati che sono divenuti non punibili nel provvedimento che stiamo esaminando, avrà l'interesse, anche se non ha i capitali all'estero, a portarli per acquisire una soluzione a buon mercato nel nostro Paese.
Dunque, si tratta di impunità a buon mercato vera e propria: con pochi euro si può ottenere l'impunità per tutta una serie di reati per i quali in altre parti del mondo, in Europa e negli Stati Uniti d'America sono pesantemente condannati, se è vero, com'è vero, che dopo lo scandalo Enron negli Stati Uniti il falso in bilancio è punibile con trent'anni di carcere. Invece, in Italia si premia chi ha dato informazioni false al mercato e chi ha contribuito a determinare l'attuale situazione di crisi. Del resto, i dibattiti che hanno interessato l'origine della crisi si sono soffermati spesso sull'aspetto dei comportamenti e sulla mancanza di etica. Questa misura è contenuta in un provvedimento che ingiustamente si chiama «anticrisi» perché la crisi si risolve prima con Pag. 65l'etica, e non con un comportamento che non soltanto scoraggia l'etica, ma che incoraggia le persone a frodare lo Stato (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
Dunque, cari colleghi, oggi questo scudo penale non può che incontrare la nostra critica. Noi e il nostro gruppo parlamentare eravamo disposti, con tutte le riserve del caso, a votare lo scudo fiscale. Avrebbe dovuto almeno svolgere la funzione di volano dell'economia, avrebbe dovuto almeno evitare che le risorse rimpatriate ritornino all'estero; come in Portogallo e in Belgio si sarebbe dovuto apprezzare chi acquista titoli di Stato, ovvero rafforza il capitale delle banche. Non ci convincono le motivazioni del Governo e della maggioranza sulle esigenze di cassa, considerato che comunque non vi è alcuna intenzione di porre in essere seri provvedimenti anticrisi.
In questo particolare provvedimento appare oltraggioso, confermando una politica di tutela degli evasori e dei titolari di rendita, un messaggio sbagliato e dannoso agli operatori produttivi, a chi invece lavora onestamente e nel nostro Paese onestamente paga le tasse allo Stato.
Ma immagino anche l'imbarazzo di tanti operatori del settore e di tanti commercialisti, che si sentiranno dire dai propri clienti: come hai visto non c'è bisogno dei tuoi consigli; come hai visto non c'è bisogno di pagare le tasse; come hai visto se ho fatto falso in bilancio, con pochi euro posso essere non soltanto assolto da quell'accusa, ma posso per di più portare indietro i miei capitali.
Non capiamo noi l'atteggiamento della Lega, che grida sempre alla legalità e a me sembra che abbai alla luna; infatti, non capisco quale sia l'atteggiamento, che noi condividiamo, della tolleranza zero nei confronti di tutte le mafie, nei confronti di tutte le criminalità organizzate, nei confronti del terrorismo, mentre poi si consente di non «odorare» il denaro che potrebbe rientrare da questo provvedimento proprio perché fonte di illeciti mafiosi e terroristici.
Non bisogna avere paura delle parole. Se il Governo, come temiamo, porrà la questione di fiducia, faremo una dura opposizione in Parlamento e nel Paese. Aldilà degli aspetti di tipo costituzionale che anche il collega Vietti ha evocato con riguardo all'amnistia truccata e per decreto-legge, si pone una questione politica fondamentale.
Questo Parlamento deve essere chiamato ad esprimersi compiutamente su fatti che non sono di irrilevante portata: quando si tratta di condonare così tanti reati, quando si tratta di realizzare un'amnistia truccata, questi sono fatti e temi che non possono che essere dibattuti in Parlamento e sui quali il Parlamento deve potersi pronunciare.
Queste modifiche allontanano ancora di più il nostro Paese dalle nazioni economicamente più sviluppate. Non è vero, signor Ministro, che si parla ancora di analoghi provvedimenti in Francia, Stati Uniti e Gran Bretagna: non è vero, l'ha già detto anche fra Jean Paul Fitoussi (intanto in Francia vi è una tassazione più elevata).
Capisco anche la logica del condono, ma chi è riuscito a portare capitali all'estero e chi ha frodato lo Stato deve quanto meno essere sanzionato e, se non deve essere sanzionato, deve pagare almeno quanto pagano gli onesti cittadini in questo Paese e non bisogna offrire loro una scappatoia di tipo penale, fiscale ed economico, con piccole mance e offerte allo Stato.
Anche sulla scelta di garantire l'anonimato alla dichiarazione di emersione determina un grave vulnus alla capacità del nostro Paese di contrastare i paradisi fiscali, che è già gravemente minata da ritardi che sono evidenziati dall'azione di governo. Vi sono alcuni Paesi che, con le cosiddette dodici convenzioni, hanno già realizzato grandi passi avanti e in questo campo noi siamo enormemente in ritardo: non abbiamo alcuna possibilità di sapere da dove vengono questi soldi e perché là li hanno portati.
Noi abbiamo presentato soltanto due emendamenti, mi sembrava fin troppo logico: uno è soppressivo, perché questo a Pag. 66noi sembra un colpo di spugna, questo a noi sembra uno scudo penale, questo a noi sembra un provvedimento vergognoso. Inoltre, il nostro gruppo, pur riconoscendo che si trattava di una misura ortodossa, non si era opposto allo scudo fiscale perché comunque si tutelava il perseguimento dei reati. Invece, rileviamo la gravità del provvedimento che ci viene offerto all'esame oggi e, rispetto ai presunti vantaggi dei cittadini onesti che deriverebbero dal fatto che con le entrate dello scudo si evita l'aumento della tassazione, non vi è dall'altro lato un messaggio nei confronti degli italiani onesti che va nel giusto senso.
Questo è un Paese che, come gli altri Paesi d'Europa, sta attraversando grandi difficoltà, signor Ministro, ed io non credo che tali questioni vengano risolte attraverso le scorciatoie che questo Governo vuole percorrere, per una sola semplice ragione: perché in questo Paese - e lo dice la Costituzione - siamo tutti uguali e i disonesti non possono valere di più (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, abbiamo il piacere di avere il Ministro, auspicando naturalmente che vi sia un confronto diretto: sarebbe la prima volta che capita, almeno rispetto al decreto anticrisi nel suo complesso e anche rispetto al decreto-legge n. 103 del 2009, che dovrebbe correggere, signor Ministro, quello che qualcun'altro nel mese di luglio, nei modi democratici e regolamentari previsti, aveva detto in tempi non sospetti, e cioè che alcune norme contenute nel decreto-legge n. 78 del 2009 si dovevano scrivere diversamente, perché sarebbero state incostituzionali e avrebbero creato profonde ingiustizie.
Mi riferisco non soltanto alle tre norme oggetto di correzione da parte del decreto-legge in esame, ma anche a quelle che riguardavano, per esempio, l'eccessivo reddito previsto per sanare le badanti, quelle persone provenienti da Paesi extracomunitari che esercitano attività importanti dal punto di vista sociale, norme che, invece, non sono state corrette, nonostante le sollecitazioni.
Ho prestato molta attenzione alla replica del sottosegretario Giorgetti, a conclusione della discussione sulle linee generali e, se mi permette, signor sottosegretario, volevo fare due osservazioni critiche molto pesanti. Innanzitutto, lei ha detto una grande falsità, poi vi è una grande contraddizione tra le sue affermazioni e il testo al nostro esame.
Circa la falsità, lei ha affermato che quanto contenuto in questo decreto-legge è frutto di un accordo a livello internazionale perché anche altri Paesi del mondo occidentale hanno già introdotto o starebbero per introdurre lo scudo fiscale per far rientrare capitali esportati clandestinamente. Così non è, e lo sanno anche le pietre. Perché lo affermo? Perché se vi fosse stato un accordo in tal senso, si sarebbero concordate le aliquote e si sarebbe concordato il campo d'azione; si sarebbero cioè stabiliti i reati da sanare (se «solo» quelli contabili, oppure se nella partita avrebbe dovuto essere incluso - come di fatto è incluso nel testo al nostro esame - anche il falso in bilancio).
Se lo scudo fiscale fosse stato concordato a livello internazionale, si sarebbero convenute anche le condizioni, quali, ad esempio, quella di non prevedere l'anonimato. Lei ha affermato che in Francia esiste l'anonimato, ma così non è, signor sottosegretario, si informi meglio. Né negli Stati Uniti, né in Gran Bretagna, né in Francia, il provvedimento di rientro dei capitali attribuisce una copertura totale dell'anonimato.
Per quanto riguarda le condizioni poste dai tre Paesi che ho citato, esse non prendono affatto in considerazione il reato di falso in bilancio, non sanano le scritture contabili errate volutamente falsificate; semmai, sanano l'esportazione di capitale da parte di persone fisiche frutto di altro genere, cioè di errata dichiarazione dei redditi (voluta, naturalmente, non sbagliata). Pag. 67
Inoltre, voi ponete una condizione sulle aliquote da applicare ai cittadini - si fa per dire a chiamare cittadini coloro che usano soltanto il Paese per poi esportare quanto hanno prodotto, più o meno legalmente (per lo più illegalmente) in altri Paesi. La condizione è di far pagare l'aliquota del 5 per cento rispetto ad un rendimento previsto del 2 per cento annuo, poi applicate su questo il 50 per cento. Non è così. Intanto, signor Ministro, mi deve spiegare infatti quale avveduto investitore persona fisica italiana è stato stimolato a portare all'estero fior di quattrini per ricavarvi un rendimento del 2 per cento: sto parlando naturalmente degli anni pregressi, quando anche in Italia il rendimento era ben superiore. Non era questa la condizione. Se i capitali sono stati portati all'estero, è stato, ovviamente, per ottenere un'esenzione fiscale, ma anche per ricavarne un rendimento maggiore. Perché avete considerato soltanto l'aliquota di rendimento del 2 per cento?
Inoltre, parlate di un periodo di cinque anni, ma anche questa è una mezza verità. Qual è quel cittadino italiano o quella società italiana, anche residente all'estero e collegata o controllata da società italiane, che andrà a dichiarare all'intermediario finanziario o alla banca di cui si avvarrà per far rientrare i capitali che gli stessi sono stati portati all'estero cinque anni fa, quattro anni fa o tre anni fa? Non accadrà nel modo più assoluto, ma dirà semplicemente che sono stati portati all'estero solo ieri o qualche mese fa, in modo tale che il rendimento sul quale viene abbattuta la tassa del 50 per cento sia calcolato esclusivamente su un anno.
Pertanto, signor Ministro, il 50 per cento del rendimento del 2 per cento, per un anno, è pari all'1 per cento quando, invece, lei sa benissimo che in Gran Bretagna e negli Stati Uniti su quel capitale esportato all'estero, se si vuole farlo rientrare, lo si dovrà assoggettare ad un'aliquota di rito, che può essere del 35, del 40 o del 50 per cento. Se quel cittadino o quella persona giuridica italiana si fossero assoggettati, con quel reddito, alle aliquote previste oggi in Italia, avrebbero subito lo stesso trattamento. Invece no! A questi signori, che hanno pensato di evadere le tasse e che hanno falsificato i bilanci, fate un regalo, facendogli pagare l'1 per cento.
In Francia fanno anche peggio e, oltre a far pagare le aliquote di rito, prevedono anche le sanzioni e gli interessi, arrivando addirittura al 70 o all'80 per cento, se vogliono regolarizzare i loro capitali esportati clandestinamente all'estero.
E qui ci siamo. Richiamo l'attenzione sull'avverbio, signor Ministro. Perché un italiano ha dovuto portare all'estero, clandestinamente, i propri capitali? Chi sono quei signori che dovevano o hanno ritenuto di doversi nascondere, portando clandestinamente all'estero i propri capitali, se non quelli che questi capitali li hanno prodotti illegalmente? Ecco perché, quindi, stiamo parlando per davvero di un'amnistia, di uno scudo penale totale, di un'amnistia per mafiosi, per trafficanti internazionali di droga e nei confronti dei terroristi che hanno mosso capitali per sovvenzionare attività criminali terroristiche, un regalo ai trafficanti di esseri umani. E poi voi dite che siete contro i trafficanti di immigrati clandestini quando, invece, ne favorite l'operatività, perché sappiamo benissimo - lo sa anche lei, il suo Presidente del Consiglio e il Ministro dell'interno - che le operazioni di immigrazione clandestina partono dall'Italia e vengono mosse dalle mafie italiane, che si avvalgono, ovviamente, di manovalanza all'estero. Questi sono i regali che voi fate.
Lei mi risponderà che non è vero, perché semplicemente saniamo il falso in bilancio e le scritture contabili errate e non, invece, i capitali malavitosi, quelli di mafiosi e delle altre categorie che ho appena elencato. Ma mi vuole spiegare, signor Ministro, come si può individuare se un patrimonio esportato clandestinamente all'estero è frutto di un «semplice» falso in bilancio o se, invece, non sia il frutto di quei reati penali pesantissimi di cui il nostro Paese va abbondantemente esportando all'estero, cioè la mafia, il terrorismo e i trafficanti di esseri umani? Non lo hanno scritto sulla fronte, né Pag. 68hanno un cartello appeso al collo che dica che è un patrimonio frutto di queste azioni penali gravissime. Semplicemente diranno al loro intermediario finanziario che sono soldi frutto di scritture contabili sbagliate e, quindi, semplicemente si avvalgono di una legge vergognosa che questo Parlamento e questo Governo oggi vogliono approvare.
Ho detto Governo, signor Ministro, perché ho voluto, per un istante, credere in lei quando il 5 agosto avete emanato questo decreto-legge, che correggeva e metteva un po' di ordine rispetto al decreto-legge anticrisi. A dirlo non sono solo io, ma anche il presidente del gruppo del Popolo della Libertà al Senato della Repubblica, quando riferì dell'emendamento Fleres. Questo senatore che, con tutto il rispetto, per la prima volta ho il piacere di sentire nominato, mi ricorda Cirami. Qualcuno lo ricorderà. Fu usato proprio da lei e dal Ministro della giustizia di allora per varare una delle tante leggi ad personam. Oggi lei ha usato il senatore Fleres per far approvare un emendamento, inserendo anche il falso in bilancio tra i reati che verranno condonati.
Allora con quale coraggio vi presenterete ai cittadini italiani per chiedere, in un momento così difficile come questo, che si facciano carico anche delle persone disoneste e mafiose che oggi aiutate in questo modo vergognoso, in un momento di grande difficoltà, quando la disoccupazione fotografata dall'INPS è ormai assunta in questi dodici mesi in un milione di persone, quando la disoccupazione è aumentata in questi primi sei mesi del 2009 di quasi mezzo milione di cittadini, quando addirittura la presidente di Confindustria non più tardi di ieri ha detto al Governo e al Parlamento che la disoccupazione, se le cose stanno in questo modo, nei prossimi mesi ed anche nel 2010 raggiungerà vertici incredibili e potrebbe provocare per davvero un'instabilità sociale?
Allora - lo dico con grande passione umana e sociale rispetto a questo Paese, signor Ministro - non vorrei che nelle prossime settimane, grazie anche a questo provvedimento, piazza Montecitorio e le piazze d'Italia fossero invase dai cittadini onesti che pagano quotidianamente, mensilmente, semestralmente e annualmente le loro tasse e le loro imposte nazionali e locali, stufi di fare la parte di dovere anche per coloro che a questo dovere non hanno mai adempiuto e che vengono da voi premiati, e che questi cittadini si rivoltassero contro di voi.
Se per caso contate su una reazione delle forze dell'ordine di contenimento rispetto a questa massa di cittadini, state certi che questa non ci sarà. E sa perché non ci sarà, signor Ministro? Non si metta le mani nei capelli (per fortuna sua ne ha)! Non ci sarà perché le prime ad essere danneggiate in tutto questo sono, per l'appunto, le forze dell'ordine, perché non hanno avuto risorse e strumenti per combattere la malavita. Non mi riferisco soltanto a quella che vi fa comodo identificare, ma anche alla malavita dei colletti bianchi (cioè di coloro che falsificano i bilanci e le scritture contabili e che nascondono all'estero capitali mafiosi) e - è questo il punto più dolente e delicato - dei colletti rossi. Lo dicevo nella discussione sulle linee generali, ma lei non c'era, signor Ministro. Mi riferisco a coloro che si sono sporcati le mani, le camicie, e quindi magari anche il colletto della camicia, di sangue. Mi riferisco a coloro che utilizzano gli esseri umani come semplici cose.
Ebbene, nei confronti di questi delinquenti fate una sanatoria, un'amnistia, seguendo peraltro procedure non codificate, o meglio previste, ma che non rispettate, circa l'acquisizione di un consenso rispetto ad amnistie di questi reati (volgari e pesanti) che richiederebbero una maggioranza qualificata.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

RENATO CAMBURSANO. Ecco perché vi diciamo assolutamente di no e i nostri emendamenti, che stanno alla base di questo mio intervento, vanno nella direzione soprattutto di azzerare l'articolo 13-bis, così come esce dalla riscrittura che ci Pag. 69è pervenuta dal Senato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, stiamo affrontando in questo momento la fase di discussione del complesso degli emendamenti di un provvedimento importante, che ha avuto una discussione generale ampia (oltre 30 interventi). Molti esponenti di spicco sono intervenuti in quest'Aula nel corso della discussione generale che si è svolta nella giornata di ieri e che si è protratta anche nella mattinata di oggi. L'Assemblea pochi minuti fa ha respinto le questioni pregiudiziali presentate dai gruppi dell'opposizione e, in questo momento, ha concluso l'intervento il terzo collega, dei tre gruppi di opposizione, sul complesso degli emendamenti.
Avendo di fronte a noi, signor Presidente, la prospettiva di oltre 60 interventi da un quarto d'ora l'uno sul complesso degli emendamenti - quindi complessivamente si tratta di 900 minuti, ossia di 15 ore di interventi - ed essendo questo un provvedimento non soltanto importante, ma che scade in settimana, chiedo, a nome del gruppo del Popolo della Libertà e ai sensi dell'articolo 44 del Regolamento, che venga posta in votazione la chiusura della discussione sul complesso degli emendamenti.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, è stato chiesto a norma dell'articolo 44, comma 1, del Regolamento da un rappresentante di gruppo con consistenza numerica superiore a venti deputati di chiudere la discussione sul complesso delle proposte emendative presentate. Come è noto, possono intervenire su tale richiesta un oratore contro e uno a favore per non più di cinque minuti ciascuno.
Ha chiesto di parlare contro l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, ci stiamo avviando alla venticinquesima questione di fiducia in poco più di un anno di vita di questo Parlamento. Il Governo Berlusconi ha presentato nel corso di questi mesi 42 decreti-legge e, come è solito ricordare il collega Zaccaria, è bene non contare solo i decreti-legge, ma anche pesarli, per valutare la portata normativa che i decreti stessi hanno. Se non li contiamo solo, ma ne valutiamo anche la portata normativa, ci rendiamo conto che l'85 per cento dell'attività legislativa svolta in questi mesi è in capo all'iniziativa del Governo.
A questo proposito, occorre porsi alcune domande importanti. In primo luogo, mettere in capo l'attività legislativa in maniera così pesante al Governo da un lato snatura la funzione stessa dei decreti-legge, ma soprattutto cancella la funzione principale del Parlamento: l'iniziativa legislativa. Separazione dei poteri? Ma quando mai, quando l'unico potere reale è concentrato nelle mani e nella volontà del Governo! Funzione di controllo e di indirizzo da parte del Parlamento? Ma quando mai, se le nostre prese di posizione vengono continuamente e pervicacemente irrise, non solo non prese in considerazione, ma irrise, come è accaduto anche quest'oggi!
Tocqueville parlava di dittatura della maggioranza, ma la sua era una visione idilliaca di quelle che potevano essere le degenerazioni della democrazia parlamentare. Se noi volessimo usare nell'accezione tocquevilliana il concetto di dittatura oggi potremmo parlare di dittatura del Governo, nemmeno della maggioranza, perché la maggioranza è prona alla volontà e al dettato del Governo e del suo Presidente del Consiglio.
L'unico organo costituzionalmente rilevante sembra essere il Presidente del Consiglio dei ministri e il Governo da lui presieduto. Ma non è e non può essere così. C'è bisogno di una forte tenuta del Parlamento. A tal proposito, mi consenta, signor Presidente Fini, io che stimo e apprezzo la sua attività, le debbo dire che oggi ha dato una risposta deludente ed elusiva alla questione che avevamo posto con riferimento alle parole pronunciate in Pag. 70quest'Aula dal Governo attraverso il sottosegretario Alberto Giorgetti. Noi ci troviamo di fronte, oltre alle cose che ho già detto (ovvero a questo utilizzo perverso dei decreti-legge con la posizione del voto di fiducia) anche ad un'ulteriore novità: quella di un'interpretazione preventiva del contenuto della legge stessa, un'interpretazione aprioristica. Noi ci troviamo di fronte in questo provvedimento all'articolo 13-bis, che al comma 3 dice che non è obbligatorio segnalare alle autorità preposte chi fa rientrare capitali e può essere in qualche modo riconducibile ad attività di criminalità organizzata e terrorismo. Al comma 3 si dice che questa cosa non deve essere fatta, non c'è l'obbligo della segnalazione, e al comma 4 si fa riferimento invece ad un articolo di un successivo provvedimento legislativo che, invece, indica l'obbligatorietà di questa azione.
Noi abbiamo fatto presente che questa è una vera e propria aporia, si tratta di un'irragionevolezza assoluta, perché non si può al comma 3 dire una cosa e al comma 4 dire il suo esatto contrario. Questa, che non è una presa di posizione polemica da parte dell'opposizione, ma una constatazione sul testo di questa legge, è stata in qualche modo irrisa.
Si è detto che il Governo può utilizzare durante il dibattito parlamentare lo strumento dell'interpretazione così come meglio ritiene opportuno. Ma in questo caso non si tratta di interpretare una norma, si tratta di rendere chiara una norma che dice una cosa e il suo esatto contrario. Non potremo mai accettare che in quest'Aula passi la logica che la legge dice una cosa ma il Governo la interpreta in maniera esattamente contraria e opposta.
Nel corso di questi giorni sono venute alla luce due figure importanti della vita civile e istituzionale del nostro Paese che proprio sul tema della criminalità economica hanno rappresentato un punto di responsabilità civile altissima: il Governatore Baffi e Giorgio Ambrosoli, l'uno dimissionato e l'altro morto per le questioni che avevano sollevato con grande senso di responsabilità, e avevano tenuto duro, durante la vicenda Sindona. Ebbene, io credo che noi oggi abbiamo il dovere di restituire credibilità allo Stato, di restituire la responsabilità e il senso dello Stato. È esattamente quello che come opposizione faremo, facendo l'opposizione più dura che i Regolamenti parlamentari ci consentono perché in questo momento è in gioco il senso dello Stato, è in gioco il senso di appartenenza dello Stato, è in gioco il ruolo di questo Parlamento che deve diventare paladino della difesa del senso dello Stato, cosa che questo Governo non sta facendo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare a favore l'onorevole Simonetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO SIMONETTI. Signor Presidente, il gruppo della Lega Nord è chiaramente favorevole alla proposta dell'onorevole Baldelli di chiusura del dibattito sul complesso degli emendamenti per le motivazioni esposte in sede di richiesta: ci sono state decine di interventi e c'è la scadenza del 3 ottobre per la conversione del decreto. Pertanto il mio intervento è in appoggio alla richiesta dell'onorevole Baldelli (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla richiesta di chiusura della discussione sul complesso delle proposte emendative presentate.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Cristaldi... onorevole Nannicini... onorevole Cesa... onorevole Mura... onorevole Bonanno... onorevole Mazzocchi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti e votanti 511
Maggioranza 256
Hanno votato 280
Hanno votato no 231
(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Pag. 71

Prendo atto che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito a votare.
Ricordo che a norma dell'articolo 85, commi 4 e 6, del Regolamento hanno facoltà di intervenire una sola volta, per non più di cinque minuti ciascuno, i primi firmatari o altro proponente degli emendamenti che non siano già intervenuti nella discussione, sempre che non abbiano già preso la parola altri firmatari dei medesimi emendamenti.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, in sede di discussione sulle linee generali ricordavo che qui, nel luglio 2006, con una maggioranza trasversale fu approvata la norma sull'indulto e che all'epoca due partiti in questa trasversalità fecero una battaglia contro: si chiamavano Alleanza Nazionale (oggi non c'è più, è confluita nel Popolo della Libertà) e Lega Nord.
Oggi qui, in quest'Aula, tali partiti vanno a votare un provvedimento che è ben peggio di qualunque indulto, è un provvedimento di amnistia a danno di milioni di italiani, di italiani onesti, quelli che pagano le tasse, quelli che lavorano dodici ore al giorno: operai, impiegati, lavoratori, piccoli imprenditori e artigiani, quelli che faticano ogni giorno per mandare avanti la loro impresa e lo fanno con onestà, pagando le tasse allo Stato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)...

PRESIDENTE. Onorevole Borghesi, prego, proceda.

ANTONIO BORGHESI. Oggi voi schiaffeggiate quegli italiani, li umiliate, li prendete a pugni con un provvedimento come questo che favorisce i grandi evasori fiscali, perché gli altri all'estero ci sono andati forse qualche volta in vacanza quando le cose andavano bene e quando non c'era la crisi. Ora, invece, questo provvedimento favorisce non solo gli evasori fiscali, ma anche quelli che hanno portato i soldi all'estero per causa di corruzione, per corrompere: 60 miliardi, dice la Corte dei conti, reati di corruzione che passano tutti attraverso quei paradisi fiscali.
Allora io accuso politicamente questo Governo, per le azioni che ha compiuto in questo anno e mezzo, di essere un Governo a servizio degli evasori fiscali e a servizio dei corruttori; sono stati adottati provvedimenti che vanno in quella direzione: dalla cancellazione della tracciabilità dei pagamenti, alla possibilità, addirittura, per un evasore totale di potersi mettere in regola con il fisco pagando una sanzione piccolissima. Questo è l'insegnamento che il Governo dà ai contribuenti italiani, molti dei quali oggi, di fronte a un provvedimento come questo, penseranno davvero se in futuro valga la pena di comportarsi onestamente nei confronti dello Stato.
Riguardo alla credibilità internazionale del nostro Paese, quando un Presidente del Consiglio che in questi anni ha documentatamente usato i paradisi fiscali per corruzione, dal conto All Iberian in avanti, va all'ONU a dire: cancelliamo i paradisi fiscali, ma quale credibilità può avere un Paese il cui Presidente del Consiglio si comporta in questo modo?

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 15,45)

ANTONIO BORGHESI. Il nostro Ministro Robin Tremonti, che non vedo più, definito dal Presidente il genio della lampada di Aladino, parla di Alì Babà, di caverne piene di tesori... ma quale tesoro? Voi avete fatto fuggire i buoi e poi avete detto agli italiani: abbiamo chiuso la porta agli evasori fiscali. Ministro Tremonti, è ridicolo l'intervento sull'arbitraggio fatto oggi, lei lo doveva fare il giorno successivo a quello in cui era diventato Ministro per essere credibile!
Questo è un provvedimento che non serve più perché il tesoro è stato totalmente Pag. 72portato via dalla caverna di Alì Babà e avete passato l'estate facendo dire al direttore dell'Agenzia delle entrate che ci sono 180 mila italiani indagati. Risponda alla mia interrogazione, Ministro, mi dica quanti di quei 180 mila hanno ricevuto un atto formale! Avete persino detto che l'eredità Agnelli non potrà utilizzare lo scudo fiscale, invece si è scoperto che l'atto formale è del 7 agosto, cinque giorni dopo che questo decreto-legge era in vigore! Vergogna, non prendete in giro gli italiani come state facendo! Non voglio dimenticare che in passato, caro Ministro Tremonti che non c'è più, è stato sistemato anche chi l'ha fatto in ritardo: ricordo il caso Consorte...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Borghesi.

ANTONIO BORGHESI. Devo già concludere, Presidente?

PRESIDENTE. Sì.

ANTONIO BORGHESI. Va bene, Presidente. Questo è un atto sporco e grave, e mi rivolgo soprattutto alla Lega e ad Alleanza Nazionale, i cui elettori in larga parte hanno sempre ritenuto che fosse necessario un comportamento di onestà e di moralità e oggi vengono umiliati dal provvedimento che voi state votando. Noi andremo nelle piazze a dire a questi cittadini come vi comportate qui, come state difendendo i grandi evasori, i corruttori, come state difendendo e favorendo la criminalità organizzata (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, considerato che il Ministro Tremonti non è più in Aula, ripeterò alcune questioni al sottosegretario Giorgetti, che per la verità è sempre molto attento in Commissione, e quindi conosce buona parte dei temi che riproponiamo in Aula.
Ma sarebbe opportuno, signor sottosegretario, ricordare al Ministro Tremonti almeno gli impegni assunti in Aula dal Governo, mentre lui li ha assunti per due volte nel dibattito sul decreto-legge n. 112 del 2008 e durante l'esame del «provvedimento anticrisi n. 1»; poi vi sono stati gli «anticrisi n. 2, n. 3» e questo dovrebbe essere «l'anticrisi n. 4». Dall'autunno scorso, tra provvedimenti centrali e i loro allegati, ormai siamo nella condizione di poter enumerare i provvedimenti anticrisi. Tuttavia, almeno due volte il Ministro Tremonti in quest'Aula, dopo essere stato messo alle strette dal Partito Democratico, aveva promesso che in questa legislatura non ci sarebbe mai stato un condono. Il condono, invece, vi è stato e a quell'impegno avevano seguito altri: «mai più», come il «mai più» ai tagli trasversali che poi si sono verificati con la scuola; come il «mai più» al blocco degli investimenti degli enti locali, ma poi vi è stato per due volte il blocco del Patto di stabilità tutto scaricato sugli enti locali; come il «mai più» dei FAS regionali. In realtà, ora il Ministro potrà mantenere la promessa perché sul Fondo nazionale per le aree sottoutilizzate non c'è più un euro e, quindi, il Governo non potrà più fare alcun taglio.
Lo scudo fiscale che avete proposto non ha nulla a che vedere con gli altri Paesi che spesso propagandate e millantate come Paesi ai quali vi siete ispirati e penso alla Germania, alla Francia o al Regno Unito per restare nella cornice indicata dal Ministro dell'economia e delle finanze. Costa poco fare rientrare denaro uscito evadendo, costa molto poco in Italia. Nessuno di noi - immagino certamente non lei, signor sottosegretario, in quanto conosco il suo rigore e probabilmente neanche il Ministro Tremonti (o forse qualcuno il Ministro Tremonti ne conoscerà) - conosce persone italiane e contribuenti onesti sani di mente che, dopo avere pagato le tasse, portano i loro soldi all'estero per un tour in giro per mondo. Quindi, siccome nessuno di noi conosce persone di questo tipo, allora abbiamo la certezza e la consapevolezza che le risorse che rientrano sia Pag. 73da Paesi fuori dall'Unione europea, sia da quelli dell'Unione europea sono in realtà risorse evase e uscite dall'Italia al nero. Quindi, sono risorse sulle quali non sono state pagate le imposte e che rientrano in Italia con un'imposta che, se all'evasore va male, sarà pari al 5 per cento, mentre se all'evasore va bene, ovvero se aveva evaso uno, due, tre o quattro anni prima, l'imposta sarà dell'1, del 2, del 3, del 4 per cento.
Ma quello che più ci indigna e che molto opportunamente il collega Borghesi ha richiamato poco fa è l'allargamento degli effetti che in questo provvedimento in realtà state imponendo alla parte onesta - per nostra fortuna, la maggioranza - degli italiani contribuenti. Mi riferisco all'allargamento degli effetti, che riguarda i reati come le dichiarazioni fraudolente, il non pagamento di imposta sia sui redditi che i mancati versamenti di IVA, gli artifici contabili, l'occultazione di documenti, le false comunicazioni sociali. Insomma, siamo tornati, signor sottosegretario Giorgetti e signor Presidente, alla legislatura 2001-2006, quando l'unica traccia rimasta di quei Governi Berlusconi era in realtà il tentativo di rendere la vita più semplice a chi non paga le imposte.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FRANCESCO BOCCIA. Come ricordava il collega Borghesi prima, mi chiedo dove sia finita la Lega che si batte in realtà per la credibilità delle istituzioni. Un'ultima proposta ve l'avevamo già fatta ma avete bocciato gli emendamenti; di conseguenza ci siamo ritornati prima dell'estate e continuiamo anche ora a ricordarvelo anche se siete in malafede: il Governo ci risponda sul perché non raddoppia almeno l'aliquota (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, per la verità volevo ringraziare anche il Presidente Fini, per aver consentito nella giornata di ieri, nella Sala della Regina, la presentazione del libro Mafia pulita, in occasione della quale il procuratore della Repubblica di Bari ci ha precisato, con grande cognizione tecnica, come è cambiata oggi la mafia, che non è più quella che intendevamo una volta, con la coppola e con la lupara. Perciò, oggi viene chiamata «mafia pulita», che è una contraddizione in termini: mafia pulita proprio perché oggi la mafia è diventata un'impresa sporca, soprattutto un'impresa che riesce bene a mimetizzarsi nell'economia. Troppo spesso, infatti, oggi la mafia è nell'economia, molto spesso la mafia è proprio l'economia, perché oggi la mafia del terzo millennio, riesce a movimentare in Italia capitali per circa 460 miliardi di euro. Questo è il movimentato della mafia, più il lavoro nero che abbiamo qui in Italia. Ed ecco perché bisogna dare segnali completamente opposti. Per questa ragione volevo ringraziare il Presidente Fini, perché mentre ieri abbiamo condiviso l'analisi e gli strumenti da mettere in campo per contrastare la mafia, oggi una politica ipocrita falsa e che frega i cittadini fa esattamente il contrario, perché oggi si continua ad aiutare la mafia.
Guardate, questo provvedimento di oggi fa pendant con un provvedimento che è stato licenziato qui in Parlamento nel luglio 2009. Lo ricordate il pacchetto sicurezza? Ebbene, era il pacchetto sicurezza, ma per mettere in sicurezza la mafia. Il Governo Berlusconi ha messo in sicurezza la mafia, ha garantito la sicurezza alla mafia, perché già con quel provvedimento, che è entrato in vigore il 28 luglio 2009, la legge n. 94 del 2009, di fatto si inibisce in Italia lo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose. Con quel provvedimento, infatti, è stata elevata la soglia di gravità degli indizi in base ai quali vengono sciolte le amministrazioni comunali per infiltrazioni mafiose, da un lato, mentre, dall'altro, sono stati eliminati gli strumenti con i quali bisognava contrastare e controllare il grado di indizi di infiltrazione mafiosa nelle amministrazioni stesse, perché nelle commissione d'accesso non è più prevista Pag. 74la presenza delle forze dell'ordine, di carabinieri, della polizia di Stato, della DIA, che danno le notizie investigative e il supporto informatico. È grazie a loro che si riesce a scoprire il connubio con la criminalità organizzata in un'amministrazione comunale. Ebbene, con questo provvedimento di fatto il Governo Berlusconi ha consentito che la mafia entrasse nelle istituzioni. Ecco perché oggi c'è mafia pulita, ecco perché la mafia non ammazza più e non fa più attentati, perché oggi viene riconosciuta. Oggi il Governo Berlusconi legittima mafia pulita. Il Governo Berlusconi prima ha fatto entrare gli uomini mafiosi nelle istituzioni con la legge n. 94 del 2009, adesso con lo scudo fiscale permette che i capitali mafiosi, che grondano di sangue, i capitali della criminalità organizzata, del traffico della droga, possano ritornare in Italia, pagando un semplice 5 per cento, mentre bisognava aggredire quel tipo di capitali per il rimanente 95 per cento, come dice Di Pietro.
Questo avrebbe dovuto fare un Governo che davvero vuole contrastare l'illegalità. Dunque, queste sono ragioni tecniche...

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, la prego di concludere.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, concludo dicendo che, per questa ragione, voi con atti legislativi state favorendo la mafia.
Per questa ragione, in questo Parlamento, vi è una maggioranza Popolo della Libertà-Lega che è un maggioranza mafiosa e criminogena. Questa maggioranza mafiosa e criminogena sta aiutando... (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Barbato. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bocci. Ne ha facoltà.

GIANPIERO BOCCI. Signor Presidente, quello che dobbiamo provare a fare in un confronto serio tra maggioranza e opposizione è di ricercare possibilmente un elemento di verità sulle cose che vengono discusse in quest'Aula. Lo dobbiamo al Paese e agli italiani e, per questo, credo che, con molta sincerità e lealtà, dobbiamo dire agli italiani che oggi non stiamo discutendo un provvedimento che cerca di dare risposte serie alla crisi del Paese, ma stiamo votando un provvedimento che è un condono vero e proprio.
Aggiungerei che è un condono a basso costo, un condono che è anonimo, come è stato definito dal collega Paolo Baretta ieri, nel suo articolato intervento, un condono che, sostanzialmente, non obbliga al rientro delle somme esportate, che copre il falso in bilancio e che rischia di coprire anche - questo è un altro aspetto sottovalutato dalla maggioranza e dal Governo, ma che noi denunciamo - il carattere malavitoso del patrimonio evaso.
Non è accettabile, non è possibile! Non possiamo condividere un provvedimento ingiusto e pericoloso che ci porta indietro negli anni e che ci ricorda, come veniva prima sottolineato dal collega Boccia, la stessa esperienza della legislatura 2001-2006: condoni, sanatorie, penalizzazioni continue per i cittadini onesti e continue possibilità per i disonesti di trovare nella norma che viene proposta dal Governo di centrodestra la via di uscita ad atteggiamenti e ad atti di illegalità.
Onestamente, questo Paese non merita risposte di questo tipo. Questo è un Paese che, invece, chiede al Governo interventi seri sul versante della ripresa. Oggi abbiamo una situazione drammatica che riguarda la disoccupazione: abbiamo visto, proprio in queste ore, che abbiamo un boom per cui la disoccupazione sta aumentando spaventosamente, del 53 per cento in un anno, e la cassa integrazione sale del 222 per cento.
Di fronte ad una situazione così difficile e complessa, di fronte a tante famiglie che non ce la fanno più e che rischiano, con questa crisi, di scendere sotto la soglia di povertà, questo Governo, come ha già fatto in passato, non fa altro che riproporre sanatorie e condoni che vanno ad agevolare le situazioni dei furbi e dei disonesti. Pag. 75
Credo che il Parlamento debba fare un atto di verità: dobbiamo iniziare a dire che, attraverso questo provvedimento, si crea e si realizza un vero colpo di spugna. Il Ministro Tremonti - lo ha ricordato sempre chi mi ha preceduto - all'inizio di questa legislatura, in quest'Aula, ha detto che non vi sarebbero stati più provvedimenti di questo contenuto, che non vi sarebbe più stata una sanatoria, un condono, che sarebbe stata la legislatura della legalità, del rispetto delle regole, della salvaguardia dei cittadini onesti, di quelli che pagano le tasse regolarmente, di quelli che denunciano le proprie ricchezze.
In realtà, il Ministro Tremonti è come Pulcinella: per l'ennesima volta, di fronte al Paese, fa una cosa contraria alle stesse cose che ha dichiarato e annunciato agli italiani. Questo Ministro è un produttore di condoni, questo Governo è una fabbrica di condoni e di sanatorie, che, tra l'altro, dobbiamo avere l'onestà di dire che non riescono nemmeno a cogliere gli obiettivi che si prefiggono, non hanno mai dato risultati positivi, alla faccia di una politica seria, alla faccia di una politica che vuole, invece, combattere il debito pubblico e che vuole sanare i conti del Paese.
Il Governo deve dire agli italiani e al Paese come intende risolvere i problemi delle famiglie, come intende risolvere i problemi dei lavoratori, come intende stare accanto a chi paga regolarmente le tasse, come intende salvaguardare soprattutto chi rispetta le leggi.
Il Governo Prodi, in quei due anni, una cosa importante comunque l'ha realizzata, il Paese l'aveva compresa: la necessità di combattere l'evasione fiscale. Oggi, con l'ulteriore provvedimento in esame, invece si sceglie la strada di allargare le maglie, di abbassare il profilo del controllo.

PRESIDENTE. Deve concludere.

GIANPIERO BOCCI. E se volete in qualche modo si dà al Paese il messaggio di un profilo etico che scende sempre di più.
Per queste ragioni noi diciamo allora che stiamo dalla parte dei cittadini onesti, dei lavoratori, di coloro che intendono rispettare le leggi, e per queste cose diciamo che il provvedimento non può essere né condiviso né accettabile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, qualcuno in Aula l'ha già ripetuto: è la venticinquesima questione di fiducia che questo Governo pone. Ma allora è una battuta, quella che il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi aveva fatto a suo tempo: in Parlamento servono i presidenti di gruppo. Lui è andato oltre la battuta: non servono più neanche i presidenti di gruppo, probabilmente.
Credo che il provvedimento in discussione sia unico nel suo genere: tutte le altre nazioni che hanno deciso di adottare un provvedimento di questo tipo non avevano fatto quello che aveva fatto l'Italia in precedenza: indulti, condoni fiscali, tombali, abbiamo fatto di tutto. Con quale intento? L'intento - lo voglio dire, ripetere e ancora sottolineare - è quello che il collega Borghesi ha detto, con un piglio diverso, probabilmente, ma nel contenuto uguale: credo che siano provvedimenti solo a favore dei potenti, solo a favore degli evasori, solo a favore dei criminali, solo a favore dei mafiosi. E credo che il provvedimento darà poi la possibilità a queste persone, a questi imprenditori che non sono di fatto veri imprenditori, gente che paga le tasse, che dà da lavorare onestamente a delle persone, di convertire del denaro sporco, non dichiarato, fatto non si sa in quali modi; avranno la possibilità di investire capitali immensi: si prevedono 60 miliardi di euro.
Avranno la possibilità di mettere in circolo denaro ufficiale, a fronte di attività criminose. Stiamo incentivando la malavita! Stiamo dando la possibilità alla mafia e alla criminalità più bieca di espandersi sul mercato del legale. Non credo che questo sia il provvedimento giusto; non credo che gli altri Stati più democratici Pag. 76del nostro, tipo Francia, Germania, Inghilterra, Stati Uniti o altro stiano affrontando lo scudo fiscale o il rientro dei capitali dall'estero in questo modo: noi, come al solito, riusciamo a distorcere tutto! Credo che, nonostante quanto il Presidente Berlusconi continua a dire nei suoi comizi (e sono veramente comizi: il pulpito, che ha definito lui, della sua festa nazionale era un comizio; ma un Presidente del Consiglio deve avere la dignità di Presidente del Consiglio anche durante i comizi, per cui non può esprimersi in un certo modo, credo che debba rispettare la dignità di tutti) il provvedimento in discussione non dà dignità al nostro Paese: il nostro Paese non ha ancora guadagnato quella dignità all'estero che il Presidente del Consiglio continua a dire; anzi, con il provvedimento in discussione ritorneremo probabilmente alle origini. Daremo la possibilità alle istituzioni criminose di una scalata al potere vero, al potere reale, alle attività imprenditoriali, quelle che ancora sono sane e sul nostro territorio hanno bisogno di assistenza.
Credo che su questa assistenza, a questo problema che il Governo sta affrontando non si riesca, col provvedimento in esame, a portare benefici. Ci dica cosa farà il Ministro Tremonti di questi soldi! Come riuscirà a sfruttarli? In che modo riesce a metterli in circolo? O darà ancora la possibilità alle grandi imprese, ai grandi criminali e agli appalti strani di poter dare «polvere e fuoco» con questi soldi oramai sporchi di sangue? Non penso che questo sia il modo corretto per affrontare una crisi, per far rientrare dei capitali; credo che l'accordo sarebbe stato meglio fosse stato fatto con altri Stati, ed affrontato in modo diverso, in modo serio e insieme ad altri, che potevano fare la pressione giusta sullo Stato-paradiso, sullo Stato che è fuori dalla legalità, per farci consegnare gli elenchi; come ha tentato di fare il Presidente Obama con la Svizzera, con lo Stato federale svizzero, che ha minacciato.
Se avessimo avuto questa possibilità e avessimo affrontato insieme questo provvedimento, esso sarebbe divenuto un «provvedimento vero» che, forse, avrebbe ottenuto anche il voto delle minoranze (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Bratti, che aveva chiesto di parlare. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, il Ministro Tremonti adesso non è più Robin Hood ma è passato ad essere Babbo Natale: ai ricchi evasori che detengono all'estero illegalmente - questo è il problema che noi stiamo sottolineando, «illegalmente» - 550 miliardi di euro il Governo ha risposto con un regalo, a nostro avviso un regalo indecente e indecoroso, un vero e proprio condono, lo scudo fiscale (un maxiregalo, quindi, per la parte più ricca del Paese e per i più agiati).
Avete offerto un'ancora di salvataggio a chi ha evaso il fisco a discapito, come sempre d'altronde - dall'inizio di questa legislatura -, degli onesti; garantite poi l'anonimato e cancellate il reato di omessa dichiarazione: insomma è una vera e propria amnistia concessa a chi si è arricchito alle spalle dei cittadini onesti e dello Stato stesso. Cosa dobbiamo dire allora? Forza a tutti gli evasori: fate ciò che vi pare perché tanto questo vi è concesso dall'attuale Governo!
È un Governo che ha negato ad oltre 2 milioni 800 mila persone che hanno perso il lavoro o stanno per perderlo una qualsiasi forma di protezione sociale; a costoro avete detto: arrangiatevi perché noi abbiamo altro da fare, abbiamo da pensare agli evasori fiscali. Evviva allora il Ministro Tremonti, che a questo punto è anche il «Ministro degli evasori».
Ai precari della scuola che lamentano tagli di oltre 50 mila posti (ed ogni anno questi tagli aumenteranno, tanto che si può ormai affermare che esista una questione precari) avete offerto soltanto l'elemosina. Non vi siete interessati di coloro che hanno perso il posto di lavoro mentre avete prodotto tagli esagerati alla scuola; bisogna dire che la scuola è tanto lontana dai vostri pensieri, dal momento che la Pag. 77scuola forma menti critiche e le menti critiche non fanno comodo a questo Governo. Volete una scuola minima con meno ore di lezione, meno docenti e meno sicurezza nelle scuole ed un solo più, quello di un numero maggiore di alunni per classe (più alunni in classi che, oltretutto, non sono neanche in sicurezza nel 40 per cento dei casi).
Non vi sta bene la libera informazione. Volete portarci a 24 ore di cartoni animati in tv e farci tornare alla lettura di Topolino o magari ad una riedizione del Corriere dei piccoli: queste sono le letture consigliate dall'attuale Governo, altro che libera informazione! Quindi siete tanto duri con gli immigrati, oltremodo con i precari, esageratamente con i lavoratori dipendenti, ma tanto, tanto buoni con gli evasori. Per voi è importante che i cittadini vi seguano, non che i cittadini comprendano. Ma questa volta i cittadini italiani hanno compreso: gli onesti saranno penalizzati e tutti capiranno che chi è disonesto avrà ed otterrà sempre di più da questo Governo (ottiene, appunto, lo scudo fiscale del quale oggi stiamo parlando).
Signor Presidente, c'è sempre qualcuno che è più furbo degli altri ed è palese che questo Governo, oggi, sta proteggendo i più furbi: ancora una volta la vittoria è dei più furbi, prodotta dall'attuale Governo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Braga. Ne ha facoltà.

CHIARA BRAGA. Signor Presidente, da alcuni giorni stiamo discutendo in quest'Aula del provvedimento correttivo del decreto-legge n. 78 del 2009. Si tratta di un provvedimento sbagliato dal punto di vista procedurale ed anche di contenuto (lo hanno dichiarato meglio di me, già nella seduta di ieri e negli interventi che mi hanno preceduto, diversi colleghi del gruppo del Partito Democratico).
È un provvedimento sbagliato dal punto di vista procedurale perché, per la prima volta, si interviene su un decreto-legge attraverso un provvedimento correttivo, testimoniando la mancanza di unitarietà dell'intervento licenziato dal Governo e convertito a luglio dalla Camera con la fiducia. La motivazione per cui in questi giorni è stato licenziato dal Governo questo decreto correttivo rimanda, almeno nelle dichiarazioni della Presidenza del Consiglio dei ministri, alla necessità di migliorarlo sotto alcuni aspetti non emersi o non risolti in prima stesura. Ci siamo resi conto che non è così.
Non è così per la modifiche introdotte allo strumento dello scudo fiscale, che ha assunto la vera e propria connotazione di un condono fiscale. Le disposizioni che sono state introdotte al Senato hanno completamente snaturato l'oggetto e la ratio di quel provvedimento, prevedendo una serie di modifiche che vanno a beneficiare ulteriormente, anche con misure di carattere penale, le persone che hanno trasferito capitali all'estero, e che oggi sono invogliate a riportarli in Italia, potendo beneficiare di condizioni favorevoli. L'estensione dello scudo fiscale a reati tributari di primaria importanza, come la dichiarazione fraudolenta e il falso in bilancio, segna un passo indietro rispetto alla cultura della legalità del nostro Paese. È un messaggio profondamente sbagliato e controproducente proprio nel momento di difficoltà economica che sta affrontando il nostro Paese. Il condono tributario è un'amnistia mascherata che non comporta nemmeno l'obbligo di segnalazione di operazioni sospette in materia di antiriciclaggio. È una misura sulla quale ci siamo fermamente opposti e sulla quale continueremo a sottolineare la nostra opposizione in Aula.
Nell'illustrare il mio emendamento vorrei portare all'attenzione della Camera anche un'altra materia che è stata oggetto di revisione con questo decreto correttivo. Mi riferisco, in particolare, agli aspetti di competenza ambientale ed energetica contenuti all'articolo 4 del decreto-legge n. 78. L'articolo 4 prevedeva norme di semplificazione per gli interventi di produzione, trasmissione e distribuzione di energia da realizzare con capitale prevalentemente o interamente privato, qualora ricorressero Pag. 78particolari ragioni di urgenza. Ricordiamoci che parlando di procedure e di interventi di produzione, trasmissione e distribuzione di energia, ci si riferisce anche all'energia nucleare. Gli interventi di facilitazione e di velocizzazione delle procedure, attraverso anche l'intervento del commissario straordinario, vanno ad agire, anche nella formulazione attuale, in questo settore così importante e delicato per il Paese.
Quali sono state le modifiche introdotte rispetto al decreto-legge n. 78? Per prima cosa è stato fortunatamente reintrodotto il concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con quello della semplificazione normativa, nella procedura di individuazione di quegli interventi. Questa modifica è stata il frutto di una fortissima pressione di un'opposizione ferma svolta in Commissione e in Aula dalle forze di opposizione e dalle rappresentanze ambientaliste che finalmente - per fortuna - hanno trovato risposte in questo provvedimento.
L'altra modifica riguarda i poteri del commissario di Governo che è previsto che intervenga solo quando le amministrazioni pubbliche non abbiano rispettato i termini previsti per legge. Su queste modifiche diamo un giudizio positivo, ma continuiamo ad avere fortissime perplessità ed esprimiamo una forte criticità e contrarietà sul meccanismo del commissariamento, così come è stato definito, e sull'imposizione della localizzazione dei siti che ancora oggi non coinvolge adeguatamente, e mortifica, il sistema delle autonomie di governo locale, non riconoscendo nemmeno pienamente il ruolo delle agenzie terze di valutazione ambientale, come la commissione per la valutazione di impatto ambientale, che invece dovrebbero garantire ai cittadini la realizzazione efficace e certa delle infrastrutture energetiche previste in questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che ci accingiamo, anzi che vi accingete ad approvare ci dà la cifra di come questo Governo e questa maggioranza siano fuori da ogni realtà, o meglio non la vogliono prendere in considerazione perché per loro è troppo brutta, così abituati alle veline, all'avanspettacolo di quarta e quinta fila. Però voglio ricordare un paio di questioni che dovrebbero far tremare i polsi a chi governa e al Presidente Berlusconi. Noi abbiamo qualche milione di disoccupati in Italia, abbiamo, ad oggi, un milione di domande di assegno di disoccupazione presso l'INPS, abbiamo - se questo non basta - in Italia un raccordo bruttissimo di cui bisogna vergognarsi: 774 morti sul lavoro solo in questo inizio del 2009; 774 mila 200 infortuni avvenuti sul lavoro, e a fronte di questo, piuttosto che prendere in esame provvedimenti seri, immediati, strutturali e che diano risposte definitive, noi abbiamo a che fare con un «condonificio». A questo ormai si è ridotto il Parlamento, non per colpa nostra.
Questo, Presidente, colleghi e rappresentanti del Governo, è un provvedimento piccolo piccolo, dai risultati modesti, di cui bisogna veramente vergognarsi (di cui vi dovete vergognare), che ci allontana ancora di più dai Governi e dalle nazioni più evolute e più emancipate. Non prenderò in considerazione alcuni aspetti dei quali hanno parlato benissimo i miei colleghi, in special modo il collega Cambursano, andando nel dettaglio e facendo capire nello specifico qual è stata e quale sarà la portata del provvedimento in termini economici e di risorse per il nostro Stato. Però per quegli aspetti che rimandano alla cultura di un Paese, agli aspetti sociali della nostra realtà, e alla rappresentanza politica di questo Governo e di questo Parlamento, ebbene, alcune cose bisogna dirle anche - come si dice da noi - a lettere grosse e con poche parole.
È stata minata la credibilità di questo Parlamento e di questo Governo, ma anche di questo Stato, ulteriormente e forse in maniera irreparabile. A livello europeo Pag. 79forse siamo non più gli ultimi, ma siamo fuori dall'uscio, fuori dalla porta. Bisognava invece approvare un provvedimento che fosse condiviso, concordato e che ci riunisse agli altri Paesi europei e all'Unione europea, che ci riconciliasse con gli altri Paesi a livello internazionale e che definisse una linea importante, declinata con norme altrettanto precise e decise nel combattere quella piaga, evitando così il condono fiscale. Ancora una volta, invece, questo provvedimento ci dimostra che il Governo è solo, però in questa sua solitudine rischia e di fatto isola anche la nostra nazione, anche la nostra comunità sul piano - come dicevo - della credibilità.
Inoltre, sotto il profilo della presenza e della rappresentanza politica si sta «bypassando» ancora una volta il coinvolgimento dell'Aula. In questo caso il provvedimento sarebbe potuto diventare di tutto il Parlamento, che ancora una volta viene impedito nel suo lavoro, nelle sue funzioni, nel suo ruolo, così come definito dalla Costituzione. Questo ancora una volta, colleghi è un atto sbagliato, in un momento sbagliato, ed è contro la gente per bene, contro chi paga le tasse, e calpesta i doveri e i vincoli fondanti della nostra Costituzione.
Ancora una volta poi il Governo smentisce se stesso, quando prende gli impegni con gli italiani e poi non li mantiene. Su questo livello di confronto politico noi dobbiamo costringere la maggioranza e il Governo a ragionare anche nel tempo che rimane, e dentro il Parlamento che è deputato a risolvere i problemi che sono presenti in questa nostra Italia così martoriata da una serie di arretratezze e che sta attraversano il momento più grande della sua crisi economica finanziaria.

PRESIDENTE. Deve concludere.

AUGUSTO DI STANISLAO. Credo che in questo momento, ancora una volta, il Governo abbia perso una grande battaglia di credibilità e stia perdendo la sfida dell'emancipazione, la sfida per far diventare questo Paese veramente europeo, veramente emancipato e libero (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Martella. Ne ha facoltà.

ANDREA MARTELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, con l'emendamento che sto per illustrare vogliamo ancora una volta spiegare in questa Aula le ragioni della nostra contrarietà al provvedimento, che - come abbiamo detto - introduce l'ennesimo condono, l'ennesima sanatoria tombale.
Per la seconda volta si parla di rientro di capitali dall'estero. C'è un tratto che lega in tutto questo i Governi Berlusconi e il Ministro dell'economia e delle finanze e c'è soprattutto un giudizio che oggi possiamo dare con molta nettezza. Questa è la politica finanziaria del Governo. Si parla tanto di legalità, di lotta alla criminalità e, in realtà, ci si affida al rientro dei capitali per trovare copertura. Abbiamo cercato di spiegare, come gruppo del Partito Democratico e come forza di opposizione, quali sono state sin dall'inizio le nostre critiche, le nostre riserve, il nostro giudizio negativo sull'impianto dello scudo fiscale. Ma oggi, come hanno detto nel corso degli interventi i colleghi che mi hanno preceduto, a cominciare dall'onorevole Causi durante la discussione sulle linee generali, ancora una volta ci troviamo di fronte ad un provvedimento più grave, più sbagliato, più dannoso di quanto lo fosse all'inizio. Vogliamo denunciare questi rischi.
Si tratta di una nuova versione di scudo fiscale che è inefficace per la patrimonializzazione delle imprese, che ha una valenza del tutto negativa per il vulnus che viene generato alla credibilità dello Stato in rapporto ai contribuenti e alle imprese oneste e che, oltretutto, arreca un grave danno all'immagine internazionale del nostro Paese.
Si è voluto estendere questo scudo in tre direzioni. Potranno avvalersene le società di persone e di capitale per regolarizzare somme giacenti presso controllate e collegate estere non soltanto persone fisiche. I soggetti scudati potranno essere Pag. 80protetti non soltanto da eventuali illeciti di tipo amministrativo, civile e tributario ma anche rispetto a illeciti con rilevanza penale come la dichiarazione fraudolenta e, per dirlo in parole chiare, che hanno a che fare con l'occultazione e la distruzione dei documenti, con le false comunicazioni sociali, meglio note come falso in bilancio.
In terzo luogo, non ne faceva parte la terza estensione, quella a nostro avviso più pericolosa, cioè l'esenzione delle operazioni scudate dall'obbligo di segnalazione di operazioni sospette in materia di antiriciclaggio. Insomma, avevamo denunciato questo scudo dicendo che era un vero e proprio condono; oggi diventa ancor più di un condono, quasi un'amnistia che, come abbiamo detto, dovrebbe essere approvata dal Parlamento con maggioranza qualificata e non ricorrendo all'ennesima forzatura del voto di fiducia, ricorrendo ancora una volta al combinato disposto della richiesta del voto di fiducia sulla conversione di un decreto-legge rispetto al quale il Governo impedisce al Parlamento e anche ai parlamentari di maggioranza di centrodestra, naturalmente assenti come il Governo, di dire la propria opinione in libertà senza essere ancora uno volta ammutoliti.
Insomma, è un provvedimento rischioso, un provvedimento che apre al rischio di lavare denari le cui origini possono risalire ad attività illecite e criminali. È un decreto-legge che potremmo definire una specie di brutta lavanderia. Il pericolo è quindi che il nostro Paese contravvenga a quelle che sono le normative europee in materia di antiriciclaggio e di antiterrorismo, con il rischio che venga meno, come ho detto, anche la nostra credibilità nei confronti degli altri Paesi e degli altri Governi a livello internazionale. Penso che vi sia ancora il tempo, signor Presidente, per correggere questo decreto-legge assolutamente dannoso...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Martella.

ANDREA MARTELLA. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Correggere il decreto-legge in esame facendo in modo che si produca un provvedimento che sia linea con gli altri Paesi europei, non come questo perché il provvedimento in esame non ha nulla a che vedere con lo scudo fiscale di Sarkozy, con quello di Gordon Brown o di Obama. Con questo decreto-legge si fa pagare un grave prezzo ai cittadini italiani, alle imprese oneste, ma soprattutto questo non è un prezzo accettabile per la Repubblica, ossia non è accettabile che si paghi un costo così grande a danno della legalità e del rispetto delle regole. Vi chiediamo, per davvero, di poter intervenire perché questo provvedimento venga modificato e riportato ad una filosofia che non arrechi danni al nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghi, è triste il fatto che ci si lasci parlare sapendo che al termine dei nostri interventi verrà posta la questione di fiducia, quasi come se si dicesse a chiare lettere che le nostre parole, parole di rappresentanti del popolo nella Camera dei deputati, sono vane: parlate, parlate, tanto noi abbiamo già deciso. Abbiamo già deciso con la venticinquesima fiducia, una cosa abnorme e che si avvia a battere tutti i record repubblicani, mentre stiamo parlando, badiamo bene, di modificazioni peggiorative dello scudo fiscale, non dello scudo fiscale, che comunque, se anche potessimo con un colpo di spugna cancellare questa normativa, resterebbe.
Stiamo discutendo di peggiorare ancora questa manovra, dopo aver buttato via - lo ricordo e lo ricorderò ancora nei miei interventi - 7 miliardi di euro sull'Alitalia, dopo che avete approvato il lodo Alfano (che speriamo il prossimo 6 ottobre la Corte costituzionale bocci), dopo aver buttato per oscuri motivi (ma non tanto oscuri) 5 miliardi sulla Libia; intanto registriamo in un anno un milione di disoccupati, il licenziamento di massa dei precari Pag. 81della scuola e tantissime morti bianche, morti sul lavoro.
Ebbene, mi pare che vi sia qualcosa che non quadra in questa nazione e nell'attività di Governo, di questo Governo che governa questa nazione in un modo che sempre di più ci rende lo zimbello all'estero, come può facilmente vedersi dalla stampa estera.
Con la norma in esame si tende a legalizzare il rimpatrio di capitali, per vasta parte di natura illecita, in maniera assolutamente anonima, ad un costo assolutamente simbolico, il 5 per cento, non paragonabile con altri strumenti similari adottati all'estero, il cui costo si aggira intorno al 50 per cento.
Ciò mi fa venire in mente un cosa che ho già detto in Commissione affari costituzionali, quando si è votata - e noi abbiamo votato contro - la costituzionalità del provvedimento in esame; mi fa venire in mente gli articoli 3 e 53 della Costituzione: l'articolo 3 afferma che tutti sono uguali davanti alla legge e che comunque tutti noi siamo cittadini eguali di questa nazione; l'articolo 53 afferma che ognuno contribuisce alle necessità e alle esigenze di gestione dello Stato secondo la propria capacità contributiva.
Le nostre eccezioni di costituzionalità sono state da poco bocciate. Non mi sembra però che siamo tutti uguali davanti allo Stato, perché chi ha evaso pagherà soltanto il 5 per cento, mentre chi ha pagato le tasse le ha pagate e quindi mi viene in mente l'espressione: chi ha avuto, ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato, ha dato.
A proposito dell'articolo 53 della Costituzione, chi ha ingenti capitali all'estero pagherà il 5 per cento di tasse, mentre chi avesse quelle stesse cifre e avesse - come ve ne sono tanti - pagato le tasse, avrà pagato circa il 50 per cento. Quindi, non mi sembra che vi sia uguaglianza e vi sia eguale capacità contributiva davanti allo Stato.
La normativa in esame reca un'amnistia mascherata, che si fa beffa del dettato costituzionale in quanto è un'amnistia adottata senza i numeri e le maggioranze qualificate richieste. È un invito ad evadere anche per il futuro, perché tanto vi sarà sempre la speranza che possa venire fuori un altro condono ed è un assist terribile alla criminalità organizzata.
Ma se qualcuno in quest'Aula si è stupito, dico che non c'è da stupirsene perché questo è il Governo che dopo un anno ancora non ha sciolto il comune di Fondi, un comune conclamatamente (per relazioni prefettizie) in mano alla criminalità organizzata e nel mentre il Ministro Maroni si fa bello di aver nel frattempo sciolto altri dodici comuni...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DAVID FAVIA. ...questo di Fondi ancora non è stato sciolto. Questa norma, contenuta nel provvedimento in esame, è analoga al mancato scioglimento del comune di Fondi, cioè è la mano stretta alla criminalità organizzata ed è un riciclaggio di Stato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Morassut. Ne ha facoltà.

ROBERTO MORASSUT. Signor Presidente, questo provvedimento è soprattutto profondamente ingiusto. Esso è eccepibile sul piano della costituzionalità, come abbiamo sottolineato in passato, e soprattutto rappresenta uno schiaffo alle migliaia di famiglie e alle centinaia di migliaia di cittadini italiani che attraverseranno, in questi e nei prossimi mesi, negli anni futuri e ancora per molto tempo, gli effetti di una crisi gravissima, che il Paese affronta con tanti ritardi strutturali, con riforme mancate e con ritardi sociali, oltre alla incapacità del Governo di indovinare i tempi e le modalità per combattere questa crisi.
Non più di quattro o cinque mesi fa sono stati resi pubblici due importanti rapporti, che fotografano esattamente la situazione sociale, economica ed anche civile del Paese. Il primo è il rapporto dell'ISTAT, che ha affermato che in Italia si buttano dalla finestra ogni anno 100 Pag. 82miliardi di euro per evasione ed elusione fiscale. Il secondo rapporto è quello della procura della Corte dei conti, che ha reso noto e ha quantificato in circa 60 miliardi il costo della corruzione della pubblica amministrazione. Dunque, si tratta di 160 miliardi di euro all'anno che vengono dispersi dalle casse dello Stato e nei confronti dei quali il Governo non trova di meglio che proporre questo provvedimento.
È un provvedimento che suona come un condono, nel senso di «con-dono», vale a dire che vengono donate a chi ha violato la legge e a chi si è fatto beffe della giustizia fiscale e della legge in generale migliaia di miliardi. I costi di questa operazione e di questo provvedimento verranno pagati dai lavoratori dipendenti, da migliaia di famiglie e da quei ceti medi che soffrono gravemente e che segnano il passo in questo momento molto difficile della vita economica e sociale del Paese.
L'Italia, come gran parte dei Paesi occidentali, attraversa un momento difficile perché, sia per le caratteristiche della crisi finanziaria sia per gli effetti della crisi energetica che è in atto nel pianeta, si stanno determinando condizioni per un accumulo di tante risorse in poche mani e per un impoverimento generalizzato della società. Le nostre società si stanno spaccando in due. Con questa massa di risorse, con questi oltre 150 miliardi l'anno si potrebbe impostare un'importante politica di riforme economiche, sociali e civili per ridare fiato al sistema dell'economia, ai ceti medi e anche ai consumi.
Dunque, questo provvedimento è discutibile sul piano costituzionale in ordine alla parità dei cittadini di fronte alla legge, ma anche sul piano degli effetti della cura nei confronti della crisi che attraversiamo e del beneficio che ne possono trarre milioni di cittadini.
In particolare, in questo provvedimento abbiamo cercato di operare per abrogare un aspetto che voglio sottolineare nel corso del mio intervento. Si tratta della necessità di intervenire su quella parte del decreto-legge che concentra nelle mani del Governo, in forma centralistica e in barba ad ogni ispirazione di carattere federalista della riforma del sistema istituzionale e anche dell'impostazione che questo Esecutivo ha creduto di dare al governo del Paese in materia di decentramento dei poteri, i poteri per la localizzazione e per le scelte in materia energetica, superando il vincolo di consultazione e di coinvolgimento delle realtà regionali (regioni e province autonome), secondo quanto stabilito dalla stessa legge, che prevede che in materia di politica energetica queste decisioni debbano essere condivise degli enti locali e che rientrino, dunque, in una materia concorrente.
Questo aspetto del provvedimento è sbagliato perché si eludono le prerogative delle regioni in una materia concorrente.
Si consegna un altro potere nelle mani dei commissari straordinari. Nel nostro Paese si parla di federalismo (il Governo fa molta propaganda e molta ideologia sul federalismo), ma poi consegna, pezzo dopo pezzo, parti importanti della vita amministrativa del Paese a sistemi centralizzati, ai commissari straordinari, anche laddove non vi sono le condizioni di emergenza e di straordinarietà previste dalla legge.
Facendo così, però, non solo si tolgono alle popolazioni interessate e si espropriano le amministrazioni regionali, le amministrazioni provinciali e gli enti locali di un potere importante di coinvolgimento della popolazione, ma si crea un grande disordine.
Voglio ricordare cosa accadde, per esempio, nella regione Basilicata quando fu deciso di localizzare nella zona di Scansano i rifiuti provenienti dalla produzione energetica nucleare ed il blocco che fu determinato dalla mobilitazione delle popolazioni e dei comuni.
Per quella strada non solo non si risolvono i problemi, non solo si fa una sana politica energetica, ma alla fine non si prendono neanche le decisioni. Quindi, in questo provvedimento, oltre alle questioni centrali che sono legate a scelte sbagliate di politica economica, ad una manciata di denari che viene cercata e Pag. 83raccolta per prendere una boccata di ossigeno in barba ad una grande operazione di ingiustizia...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROBERTO MORASSUT. ...si prendono delle iniziative, e specificatamente quella che ho descritto, che finiscono per creare ulteriore caos, ulteriore ingiustizia, ulteriore scasso del sistema istituzionale (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Messina. Ne ha facoltà.

IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, domenica è accaduto un fatto increscioso ad Agrigento. Il presidente della locale squadra di calcio, dopo un risultato straordinario (5-0) ha dedicato la vittoria della squadra a un soggetto, arrestato il 18 settembre, che secondo la DDA avrebbe cercato di ricostruire le cosche di Palma di Montechiaro.
Il presidente della squadra ha continuato commentando: ma perché vi meravigliate? Se avessi dedicato ad un politico nessuno avrebbe avuto niente da ridire.
Ecco, vede signor Presidente, questo è il tema: politica come mafia, politica come sostegno alla criminalità organizzata. Sono questi l'idea e il messaggio che state facendo passare attraverso provvedimenti iniqui che danneggiano soltanto ed esclusivamente coloro i quali onestamente pagano le tasse e cercano di portare avanti le loro famiglie. Bene in quel caso ha fatto il questore a revocare la licenza alla squadra, bene ha fatto il sindaco e bene farebbe a levare lo stadio e negare i contributi.
Quale esempio viene da questo Governo? Il lodo Alfano, ossia puntare a depenalizzare per quattro cariche dello Stato i reati che avrebbero commesso o potrebbero commettere. Ma io credo che in un Paese civile le quattro più alte cariche dello Stato non hanno timori di questo genere, perché evidentemente simili reati non ne hanno commessi prima, né pensano di commetterne durante o dopo il loro mandato. Si tratta di una depenalizzazione per il Premier e le cariche dello Stato.
Al contrario, vi sono anche parlamentari del PdL che hanno dichiarato sui giornali di aver segnalato al Premier personalmente mesi fa le questioni relative alle navi dei veleni in Calabria, alla necessità di intervenire, perché c'erano dei bambini a Crotone che sono stati in scuole sotto le quali c'erano scorie radioattive e che quindi hanno seri problemi di salute, ma su questo non c'è stato nessun intervento. La nave è ferma e non fa le ricerche. Invece di intervenire, le scuole sono state mestamente chiuse dal sindaco di Crotone, perché i bambini sono risultati tutti quanti positivi (si tratta di 290 bambini). Altro che Abruzzo! Eppure su questo il Governo non interviene, perché è impegnato e interessato ad intervenire sullo scudo fiscale.
Più che scudo fiscale, chiamiamolo con il suo nome: depenalizzazione dei reati nei confronti degli evasori. Non bisogna segnalare all'antiriciclaggio le operazioni sospette che normalmente venivano segnalate (così non è negli altri Paesi europei).
Si conserva l'anonimato, cosa che non è negli altri Paesi. Si paga il 5 per cento, e questo è straordinario. Si paga il 5 per cento quando un pensionato paga il 27 per cento e quando chi paga le tasse ha sicuramente un tasso da pagare più elevato per redditi realizzati onestamente, nell'esercizio del proprio lavoro. Chi, invece, illecitamente trae dei vantaggi paga solo il 5 per cento: non solo non hai pagato le tasse, non solo hai violato la legge, ma ti premiano e paghi il 5 per cento.
Poi cosa c'entrava eliminare il falso in bilancio? Hai evaso le tasse e ti premiamo per questo, ma che tu, oltre ad evadere le tasse, devi pure intrallazzare nei bilanci e cambiare le carte in tavola falsificandole, questo è veramente troppo. Si premiano sostanzialmente con questo provvedimento gli italiani disonesti. L'Italia sta diventando il migliore paradiso fiscale del mondo oppure stiamo arrivando al livello colombiano: alcuni Pag. 84hanno dimenticato che ad un certo punto i narcotrafficanti proposero al Governo colombiano di pagare il debito pubblico dello Stato in cambio dell'impunità. Più o meno è quanto sta accadendo in Italia con questo provvedimento. Chi ha portato all'estero i guadagni realizzati illecitamente (mafia, 'ndrangheta, criminalità organizzata e chi più ne ha più ne metta) viene oggi premiato e rientrando paga il 5 per cento.
Che facciamo, cerchiamo i soldi che provengono da illeciti? Ma in questo caso tali soldi si sequestrano, non si premiano, non possono essere affrancati. Il Presidente del Consiglio e il suo Ministro non fanno altro ogni giorno che dire che i soldi ci sono.

PRESIDENTE. Onorevole Messina, la prego di concludere.

IGNAZIO MESSINA. Mi lasci concludere velocemente, signor Presidente. I soldi ci sono, lo ha dichiarato il Ministro, «non immaginate nemmeno quanti soldi abbiamo per gli ammortizzatori sociali». Quindi, se avete tutti questi soldi, perché premiare chi invece ha abusato favorendo la mafia e la criminalità organizzata? Concludo velocemente: voi presentate la ventiseiesima fiducia, noi ci appelliamo al Presidente della Repubblica affinché al contrario non firmi...

PRESIDENTE. Onorevole Messina, dovrebbe concludere.

IGNAZIO MESSINA. ...non vi dia la fiducia, ma la sua autorevole sfiducia a nome di tutti gli italiani onesti e che, soprattutto, pagano le tasse (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vaccaro. Ne ha facoltà.

GUGLIELMO VACCARO. Signor Presidente, sento il dovere di riprendere e sottoscrivere idealmente tutte le notazioni che i colleghi hanno rassegnato in quest'Aula. Sono tutte sincere, motivate e cariche di buonsenso. Non ci sono toni polemici in questa discussione, non ci sono approcci ideologici. Vi è solo il desiderio di rappresentare in maniera chiara qui in questo Parlamento e agli italiani che ci seguono l'assurdità di quello che sta accadendo. Ci troviamo a riprendere un decreto-legge che era già stato varato e che abbisognava di qualche correzione e di qualche piccolo approfondimento.
Questo vagone, che si aggiunge improvvisamente a un decreto-legge anticrisi, diventa un condono. Non ci sono altre considerazioni da fare, se non quella di esortare il senso di responsabilità residuo, qualora ancora vi fosse un residuo di responsabilità nell'azione di questo Governo, per un sussulto di dignità, con il quale riprendere a guardare in maniera sincera e a sguardo alto tutti i contribuenti di questo Paese, tutti i cittadini ai quali non è data la possibilità di andare in giro per il mondo a depositare altrove i propri risparmi. Mi riferisco a persone che non riescono a risparmiare, che in questi mesi difficili di crisi stanno erodendo le risorse messe da parte in anni e anni di difficoltà e che si vedono superate da chi, in maniera intelligente, creativa o fantasiosa, ha scelto modalità a dir poco disdicevoli di accumulo delle proprie risorse. Noi non ci fermiamo a quanto accaduto a luglio scorso (non è stata scritta una bellissima pagina della storia legislativa di questo Paese, con un condono di fatto che in qualche modo aiuta le casse in difficoltà dello Stato ad essere rimpinguate).
Acceleriamo, ed estendiamo a macchia d'olio tutti i benefici possibili e immaginabili, che ieri ha illustrato in maniera didascalica e chiara Il Sole 24 ore: chi ha avuto la possibilità, essendo in viaggio o a casa, di leggerlo, se ne è accorto, trovando una bella colonna, che sembrava una partita doppia dei libri di ragioneria, con su scritto: tre anni e due mesi, sì o no. La prevalenza era: non è più reato, non vi preoccupate, state sereni, fra qualche giorno tutti i vostri problemi e tutte le vostre preoccupazioni saranno risolti.
È questo il Paese che stiamo costruendo? È questa la fiducia fiscale di cui Pag. 85parliamo spesso e che è destinata a crollare? Ricordiamolo, la fiducia è un dato immateriale, basta un gesto come questo per infrangere quella costruzione e renderla vana e ci vorranno anni, lustri, decenni per ritrovare un rapporto di equilibrio fra i comportamenti fiscali dei cittadini e le giuste attese di uno Stato che ha un debito pubblico capace di impegnare 70 miliardi di interessi passivi per la dissennata politica degli anni passati.
Noi ci mettiamo ad aiutare in termini di disponibilità questi atteggiamenti, trasformiamo un condono in un perdono totale, diciamo di riportare i soldi e non approfondiamo, non segnaliamo una valutazione di opportunità. Avremmo potuto fare molto meglio, questo e l'altro provvedimento, avremmo potuto vincolare il rientro degli investimenti, per esempio, avremmo potuto fare qualcosa - riprendo l'intervento del collega che mi ha preceduto - che avesse potuto assegnare un tratto di nobiltà e di decenza a questo gesto proditorio, dicendo: tutti i soldi che rientrano vanno per investimenti in ricerca e in sviluppo, per l'Abruzzo, per realizzare nuovi posti di lavoro, nel fondo per gli ammortizzatori sociali per le persone in difficoltà, che di mese in mese non sanno se riavranno quello che gli è stato promesso.
Invece nulla, queste risorse andranno in parte, il 5 per cento, tanti lo hanno detto, allo Stato, a differenza di quello che accade in altri Paesi citati come esempi da mutuare, e per il 95 per cento sui conti correnti di questi evasori.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GUGLIELMO VACCARO. Io chiedo al Governo di ripensarci. Tra poco arriverà la fiducia, lo sappiamo, ma intanto si è creato un grande atto di sfiducia, e questa non è una bella pagina della nostra attività parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, capisco che questo dibattito interessi a pochi, ma è anche l'unico spazio che l'opposizione ha nella situazione data per far sentire la sua voce. Credo che ci siano dei soggetti che abbiano anche il dovere di ascoltarla questa voce, oltre al Governo anche i relatori. Che nessuno dei due relatori sia presente in Aula mi pare...

PRESIDENTE. È presente il presidente della Commissione.

ANTONIO BORGHESI. Ma il presidente della Commissione non è il relatore, credo che anche il relatore dovrebbe esserci.

PRESIDENTE. Ma è il presidente della Commissione, rappresenta la Commissione.

ANTONIO BORGHESI. Non è la stessa cosa, Presidente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zazzera. Ne ha facoltà.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, oggi discutiamo di un provvedimento che dovrebbe tenere a mente quello che dice la Costituzione: la legge è uguale per tutti. In realtà con questo provvedimento la legge non è affatto uguale per tutti, neppure nella discussione parlamentare che avete soppresso, perché questo è un Governo fascista e piduista. Questo è un Governo presieduto da un Presidente che ha goduto dei condoni e che è un evasore fiscale; uno che ha costruito offshore nei paradisi fiscali, che non ha mai detto da dove ha preso i soldi per costruire il suo impero televisivo, che non ha mai spiegato se quei soldi avessero una provenienza da fondi neri. Quei soldi sono serviti però a pagare la politica per avere le frequenze, quei soldi sono serviti per finanziare Forza Italia che Antonio Ingroia definisce gradita alla mafia. Pag. 86
Ci auguriamo, visto che in questi giorni si è riaperta la discussione sulle stragi del 1992-1993, che venga chiarito quale ruolo hanno giocato la politica e Forza Italia nel rapporto con la mafia, con le stragi del 1992-1993, con la morte di Paolo Borsellino. Da un Governo illegale non possiamo che aspettarci, quindi, leggi illegali, illegittime, continui condoni.
Con questo provvedimento voi state confermando il «papello» di Riina, voi confermate di avere un debito con la mafia, e gli presentate il provvedimento di legge che è gradito ai mafiosi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Permettete ai capitali mafiosi di diventare legali, di tornare in patria e di riciclarsi, capitali provenienti dal traffico di droga, dalle tangenti, da operazioni illecite. Voi stringete la mano, in un patto scellerato, con i mafiosi, con i «tangentari»: sono quelli che vi hanno assicurato i voti e che ora, in qualche maniera, dovete ricambiare.
Dov'è la Lega che, tempo fa, sulle pagine de la Padania definiva il Presidente Berlusconi, ben prima di noi in Parlamento, un mafioso? Dov'è la sua autonomia? Con questo provvedimento il Governo assume il volto istituzionale della mafia, con questo provvedimento forse Berlusconi non avrà pagato le mignotte di Tarantini, ma certamente avrà permesso alle organizzazioni criminali, che a Tarantini davano la cocaina, di ottenere un gran favore attraverso questa legge (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Causi. Ne ha facoltà.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, questo intervento mi dà l'opportunità di soffermarmi su alcuni degli emendamenti che il Partito Democratico ha presentato. Mi riferisco, in particolare, all'emendamento 1.80 che reca la mia prima firma, insieme agli onorevoli Gasbarra e Nannicini, e ai successivi emendamenti De Micheli 1.84, Carella 1.83 e Graziano 1.77.
In questi quattro emendamenti, troverete la possibilità di emendare sia il testo originario del decreto-legge n. 78 del 2009, sia il decreto-legge correttivo, in modo da riportare il testo della norma legislativa relativa allo scudo fiscale italiano esattamente dentro gli standard utilizzati dagli altri Paesi che hanno adottato norme analoghe, ma molto diverse da quella contenuta in questo decreto.
L'emendamento Causi 1.80, se accolto, porterebbe lo scudo fiscale italiano ad essere uguale a quello americano. Infatti, l'emendamento è stato scritto esattamente traducendo ciò che si trova sul sito Internet dell'Internal revenue service in merito alle procedure e alle modalità con cui i contribuenti americani possono regolarizzare le somme espatriate, ovvero «rendere all'amministrazione finanziaria, anche mediante loro intermediari (...), una dichiarazione autografa che certifichi in modo completo e accurato le origini dei capitali esportati, che contenga l'impegno al pagamento delle imposte, delle sanzioni eventualmente accertate dall'Agenzia delle entrate e dei relativi interessi legali». Negli Stati Uniti si pagano le imposte ordinarie per le somme originariamente eventualmente evase, ma c'è il riconoscimento di una sanzione abbattuta al 20 per cento. Questo è il merito dell'emendamento Carella 1.83, quindi, se si volesse modificare la norma, diciamo indigeribile, che è contenuta nel decreto-legge in esame, e portarla ad essere come quella di Obama, vi basta, cara maggioranza, caro Governo, dare parere favorevole e votare gli emendamenti Causi 1.80 e Carella 1.83.
L'emendamento De Micheli 1.84, invece, fa riferimento al modello francese, che permette una sorta di trattativa fra contribuente ed amministrazione.
Il sottosegretario Giorgetti stamattina ha detto un'inesattezza: l'anonimato è consentito solo durante la trattativa e alla fine di essa si redige un verbale, non anonimo, secondo un procedimento simile a quello che noi potremmo chiamare di accertamento con adesione. Infine, l'emendamento 1.77 renderebbe questa norma italiana a norma (scusate il gioco di parole) con quella inglese. Pag. 87
Vi è un elemento che accomuna le esperienze francese, inglese e americana, ovvero la mancanza di anonimato. Guardate che noi solleviamo questo aspetto non tanto pensando all'ipotesi di vessare ancora di più questi contribuenti. Se qualcuno ci avesse proposto un tavolo di lavoro serio per verificare i tipi di sanzioni, di interessi e di incentivi noi lo avremmo accettato. Ma il punto sull'anonimato ha a che vedere con un'altra questione, ovvero con la possibilità per l'amministrazione finanziaria di venire a conoscenza degli istituti finanziari e delle piazze finanziare presso cui questi capitali hanno risieduto durante gli anni dell'illegale esportazione.
La tracciabilità dei movimenti di capitale è un elemento informativo fondamentale per fare veramente la lotta ai paradisi fiscali, ed è grazie alla tracciabilità che, ad esempio, l'amministrazione americana ha potuto ricostruire i dati relativi ai conti correnti (soprattutto agli istituti finanziari presso cui risiedevano) di molti contribuenti americani e aprire, sulla base di questo, specifici e duri contenziosi, ad esempio nel caso americano con alcune banche svizzere.
Quindi, non poniamo la questione dell'anonimato in modo pregiudiziale soltanto dal punto di vista del quanto si paga, ma la poniamo - lo vogliamo ricordare - dal punto di vista della possibilità di fare anche in Italia davvero una lotta ai paradisi fiscali. Ci sembra che queste norme, così come sono, di fatto dicono che questo Governo non vuole fare una vera lotta ai paradisi fiscali o, perlomeno, non la fa con questo scudo e non la fa per quanto riguarda i capitali che potranno avvalersi di questo scudo.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Causi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, la prima cosa che vorrei sottolineare a beneficio dei pochi colleghi presenti e, soprattutto, di chi eventualmente ascoltasse queste nostre solitarie riflessioni, è che la genesi di questo provvedimento la dice lunga anche sulla modalità deontologicamente molto scorretta sul piano istituzionale che viene seguita come prassi per legiferare nel nostro Paese. Stiamo parlando di un decreto-legge che, come noi sappiamo, era nato per correggere un altro decreto-legge, con una decorrenza coincidente e nello stesso giorno. Ciò ha ispirato anche la satira del nostro Paese, e rimando alla bellissima vignetta del Corriere della sera che diceva, se non ricordo male: un decreto lava l'altro.
Sostanzialmente siamo di fronte ad una situazione in cui non solo la decretazione d'urgenza è diventata una via ordinaria di legislazione, ma utilizziamo dei decreti-legge per correggere gli effetti di decreti-legge immediatamente precedenti che hanno decorrenza esattamente lo stesso giorno: una specie di mostro giuridico, se così posso dire. La cosa poi assume un aspetto ancora più grottesco perché questo decreto-legge viene utilizzato come un sotterfugio non solo per inserire nel testo del decreto stesso una norma che il Presidente della Repubblica aveva chiesto venisse inserita e che riguardava la Corte dei conti (ciò per far sì che non venisse ristretto il perimetro di esercizio del controllo della Corte dei conti, al fine di non determinare danno erariale), ma anche per mettere mano anche a questo scudo fiscale in modo, posso dire, un poco odioso, e che non si giustifica neanche con la ragione che viene addotta circa il fatto che noi dovremmo recuperare un po' di soldi. Ho sentito il viceministro Vegas dire alla radio che è il caso di domandarsi se da un punto di vista legislativo è più morale agire favorendo il fatto che i capitali vadano all'estero, o è più morale far rientrare i capitali. Sinceramente mi sembra un ragionamento molto capzioso e molto scorretto.
Il perno di questo decreto-legge per quanto riguarda il cosiddetto scudo fiscale Pag. 88è stato appena richiamato e riguarda l'anonimato. È chiaro che se non si è nella possibilità di individuare i titolari dei capitali che rientrano in un Paese, decadono automaticamente tutti i reati legati a questi capitali. Quindi, non si può assolutamente perseguire alcuno rispetto ad alcune cose che, peraltro, sono state oggetto anche di precedente intervento legislativo.
Penso ad esempio al decreto legislativo n. 231 del 2007, che faceva obbligo quanto meno di denunciare i casi sospetti, in cui le azioni fraudolente fossero molto gravi e potessero addirittura portare ad utilizzare risorse per finanziare il terrorismo a livello internazionale. Questa, come è stato detto, è una vera e propria amnistia, per la quale, anche secondo me, sarebbe stato opportuno domandarsi se il requisito di quantità di parlamentari che votano dovesse essere quello dei due terzi oppure la maggioranza ordinaria. Per non farla lunga - a beneficio di quelli che ascoltano - vorrei richiamare per titoli semplicemente quello che ha riportato ieri Il Sole 24 Ore, che non è un giornale bolscevico, se ricordo bene, che a tutta pagina ha titolato: «Dallo scudo una tutela penale (quasi) piena». Faccio solo pochi esempi di un lungo elenco che Il Sole 24 Ore fa, per dire che cosa sana questo scudo fiscale. Primo esempio: dichiarazione fraudolenta per imposte dirette o IVA, mediante utilizzo di fatture false per qualsiasi importo. È prevista una sanzione con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni e vi è la copertura dello scudo. Secondo esempio: dichiarazione fraudolenta per imposte dirette o IVA, mediante utilizzo di fatture indicanti un importo superiore a quello reale. È prevista la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni e vi è la copertura da parte dello scudo. Altro esempio: dichiarazione fraudolenta di imposte dirette o IVA, mediante altre artifizi, indicando elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi. È prevista la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni e vi è la copertura dello scudo. Per la dichiarazione infedele mediante l'indicazione di elementi attivi inferiori a quelli effettivi o elementi passivi fittizi, che comporterebbe la reclusione da uno a tre anni, vi è ancora la copertura dello scudo.
Posso continuare, c'è una pagina intera e invito quelli che ascoltano a leggere Il Sole 24 Ore di lunedì 28 settembre; vi troveranno un'analisi dettagliata di ciò che è accaduto.

PRESIDENTE. Onorevole Duilio, la prego di concludere.

LINO DUILIO. Signor Presidente, concludo dicendo che questo è un provvedimento veramente poco civile, peraltro con la posizione della questione di fiducia si mortifica il Parlamento e si continua nella incultura della legalità, che credo non faccia onore al nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per sottolineare alcune contraddizioni che ho evidenziato nell'ambito di questo provvedimento, che in qualche modo segue una linea nera di misure tese a facilitare l'evasione fiscale e ad innervare il nostro Paese di una sorta di illegalità strisciante, che viene portata, ad esempio, in numerosi provvedimenti adottati fino ad oggi da questo Governo. Ricordo che il 13 marzo 2008 - eravamo in piena campagna elettorale - il Ministro Tremonti ebbe ad annunciare che la proposta del Popolo della Libertà era realizzabile perché mirava a fare riforme per modernizzare il Paese, alla detassazione legata alla produttività. Vi era un'altra promessa di Tremonti: basta con i condoni. Oggi, diceva il Ministro in pectore, non ci sono più le condizioni per farlo, non li ho certo fatti volentieri, ma perché costretto dalla dura necessità. I condoni sono una cosa del passato. Adesso, con questo provvedimento del cosiddetto scudo fiscale, che a me pare di poter ribattezzare uno scafandro fiscale, perché qui con la non punibilità di Pag. 89molti reati, dalla frode fiscale al falso in bilancio, all'omessa segnalazione per le ipotesi di riciclaggio legate alla criminalità organizzata, abbiamo veramente blindato un'operazione di riciclaggio di denaro sporco, che viene lavato con questo tasso del 5 per cento, con la mazzetta del 5 per cento.
Lo Stato dovrebbe adottare misure tese a garantire la certezza del diritto, soprattutto una coalizione di Governo che ha vinto le elezioni sullo slogan della sicurezza per i cittadini. Che sicurezza per i cittadini? Quale legalità voi portate come esempio con provvedimenti di questo tipo, che premiano quelli che hanno violato la legge, evaso le tasse, portato i capitali dall'estero e non soltanto le imprese più o meno illecite, ma anche operazioni di bassa criminalità organizzata?
Poiché vi sono queste deroghe al codice penale, che sono state stigmatizzate anche dall'Associazione nazionale magistrati, che ha puntato il dito contro questo provvedimento, segnalandone l'illegalità rispetto ai canoni della certezza del diritto e della pena, ecco che, con questo stesso provvedimento, accettate tutta una serie di operazioni della criminalità organizzata che vengono ripulite con lo scudo fiscale.
Noi aspettiamo da parte del Presidente della Repubblica un segnale più coraggioso di quanto non sia stato fatto fino ad oggi su un provvedimento che è additato, come dicevo, con grandi dubbi di costituzionalità, non solo da noi in Parlamento, ma anche da illustri giuristi ed economisti.
Cito la testimonianza di Victor Uckmar: lo scudo fiscale assimila l'Italia all'Argentina. È quell'Argentina dei bond che hanno messo sul lastrico decine di migliaia di famiglie e che oggi voi inseguite, in un esempio di ripulitura di capitali all'estero che garantisce l'anonimato degli evasori e che li gratifica con questo piccolo balzello, ben diverso da quello che è stato fatto in altri Paesi dell'OCSE. Gli Stati Uniti d'America, la Gran Bretagna, la Germania, la Francia, questi Paesi hanno sì adottato misure analoghe, ma senza la garanzia dell'anonimato e con un'imposizione dei tributi fino all'ultimo centesimo, magari rateizzati, con qualche sanzione.
Qui in Italia, il Paese dell'illegalità, del «Governo della legalità», almeno strillato negli slogan, abbiamo, invece, questa strisciante forma di illegalità che pone il cittadino di fronte al bivio: rispetto la legge, pago le tasse e, alla fine, rispondo allo Stato secondo coscienza o mi avvalgo di tutti gli escamotage e di tutti i benefici...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CARLO MONAI. ...della legislazione di emergenza che il Governo Berlusconi, ad ogni piè sospinto, mi garantisce per non pagare le tasse, per farla franca e per evitare le condanne a cui, viceversa, gli altri cittadini sarebbero tenuti?
Da questo punto di vista, ribadiamo la nostra contrarietà e ci meravigliamo che, come dicevo, anche la Lega Nord, che ha sbandierato questo tema della sicurezza del cittadino, che passa anche attraverso la tutela del suo patrimonio e della legalità fiscale, blandisca il Governo Berlusconi su questa strada (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo emendamento è sostanzialmente uno di quelli cardine da noi presentati, perché mira a riportare lo scudo fiscale, e comunque il provvedimento legislativo che era stato adottato, ai criteri ispiratori e al dibattito, anche parlamentare e delle Commissioni, che si era svolto a luglio.
Non vi era alcun bisogno di inserire in sede di conversione del decreto correttivo al Senato un emendamento che stravolgesse la stessa filosofia dello scudo fiscale che era stato approvato. Non poteva rientrare certamente come nozione di correlativo far sì che venisse ampliata la sfera e l'ambito di non punibilità delle condotte collegate all'evasione fiscale, soprattutto all'esportazione dei capitali, perché già era Pag. 90stato previsto il reato connesso all'esportazione di capitali, al fatto che si dovessero far rientrare quei capitali pagando un'imposta straordinaria, che, a nostro avviso, è troppo esigua, ma che, comunque, era stata fissata dalla legge al 5 per cento.
Il reato strettamente connesso, cioè il reato che, in qualche modo, era necessario prevedere come non punibile, era quello relativo alla omessa o infedele dichiarazione dei redditi. Quello era lo strumento necessario, unicamente necessario a consentire questo famigerato rientro di capitali, che doveva poi salvare tutto il Paese dalla crisi economica in cui si trova.
Invece in maniera surrettizia, in maniera sicuramente non trasparente - perché tale correzione, tale integrazione non è stata prevista in Consiglio dei ministri, non è stata sottoposta nel testo originario, rimesso anche alla firma del Capo dello Stato - attraverso un emendamento al Senato si apre un varco, si apre una voragine di non punibilità, una sacca enorme di non punibilità, che va a comprendere una serie di comportamenti che non sono quelli del mero evasore, dell'evasore che comunque ha ritenuto di non pagare le tasse su un consistente, o non consistente, comunque un certo patrimonio che ha depositato all'estero e che si vuole far rientrare in Italia per rimpinguare le nostre casse: si vuole premiare il contribuente disonesto, l'imprenditore particolarmente disonesto che non solo ha evaso le tasse, ha omesso una dichiarazione, ha reso una dichiarazione infedele, ma ha compiuto atti di fraudolenza gravi, ha compiuto atti di frode, atti di frode fiscale, atti di frode in bilancio, quel falso in bilancio che è previsto in una legislazione che è stata varata dal precedente Governo di centrodestra come un reato rilevante dal punto di vista penale, laddove vi è un danno grave ai creditori, laddove vi è un danno grave ai soci, laddove vi è un danno grave ai risparmiatori.
Quella condotta, con questa maglia così aperta, tutte queste condotte, che sicuramente sono di grave impatto proprio nella convivenza civile e nel regime che deve essere a base di un libero mercato, vengono sanate, solo per il fatto che questo imprenditore è stato più furbo degli altri: ha compiuto questi gravi reati, ha compiuto questi artifizi rilevanti, ha ingannato soci, risparmiatori e creditori, e in più ha portato tali reati all'estero. Perché vi troverete una marea di potenziali imprenditori, che magari hanno compiuto quelle stesse frodi, ma non hanno compiuto il fatto in più, cioè hanno portato denaro all'estero!

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.

DONATELLA FERRANTI. E si creerà quell'irragionevolezza, quella disparità di trattamento che viola la Costituzione; e non ci lamentiamo poi se le denunce e le questioni di incostituzionalità vengono proposte nelle aule di tribunale, perché le aule di tribunale sono quelle preposte a sollevare tali questioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Leoluca Orlando. Ne ha facoltà.

LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, svolgerò un intervento assolutamente sottotono, avendo interesse che quanto affermo possa essere registrato a futura memoria. Vorrei rivolgermi al Ministro, che non c'è, e in sua assenza al signor sottosegretario, il cui sguardo mi fa sorgere un interrogativo: in epoca stalinista si mandava a rappresentare una posizione chi non la condivideva; per l'apprezzamento che ho per il signor sottosegretario, mi sorge il dubbio che egli sia qui a difendere una posizione che non condivide e che non può condividere.
Siamo infatti in presenza di un vero e proprio nuovo «papello» Stato-mafia. Tra quindici anni Dio non voglia che scopriremo essere questo uno degli elementi di un accordo perverso tra il crimine organizzato e lo Stato, che passa attraverso un'aperta violazione dell'articolo 3 della Costituzione, passa attraverso un'aperta violazione dell'articolo 53 della Costituzione, Pag. 91e che sostanzialmente finisce con il creare una condizione di privilegio per quanti sono comunque in una posizione illegale.
Sono in una posizione illegale perché illegale e sporco era il denaro che è stato portato all'estero, sono in una posizione illegale perché comunque sporco quel denaro è diventato per essere denaro di evasione fiscale. E la cosa singolare è che mentre ai contribuenti si chiedono le normali aliquote, a chi per molti anni ha evaso il fisco si consente di rientrare, con un effetto che indirettamente produce una vera e propria amnistia nei confronti di reati gravissimi.
La circostanza che tra questi reati gravissimi non venga incluso il falso in bilancio, come noto, è falso perché poi, a sua volta, il meccanismo è costruito in maniera tale per cui, siccome il denaro non reca la dizione «falso in bilancio», verranno ovviamente sanate anche le somme frutto di quel reato.
Credo che di fronte a questo provvedimento non resti altro da fare che invocare l'intervento del Capo dello Stato, al quale credo non possa interessare andare ad avallare un «papello» tra Stato e mafia del quale chi è responsabile oggi dovrà un giorno sicuramente vergognarsi (i «papelli» si fanno così nel terzo millennio, non in uno scantinato o in una stalla di Corleone, ma attraverso provvedimenti come questo, che denunciamo con tutta la forza possibile).
Sappiamo che tale provvedimento produce un doppio danno: da un lato, rappresenta un colpo mortale alla lotta al terrorismo (essendo evidente che attraverso questo meccanismo i finanziatori del terrorismo potranno liberamente muoversi, mentre invece la normativa fin qui applicata in campo internazionale mirava a colpire il patrimonio che poteva finanziare il terrorismo); dall'altro, non produce alcun beneficio all'economia italiana perché forse questo Governo non si è accorto che oramai non c'è più la vecchia lira, ma l'euro, e quindi questo denaro quando rientra in Italia può benissimo essere utilizzato per investire e promuovere ricchezza in Germania piuttosto che in Spagna o in Francia.
Con queste considerazioni non possiamo fare altro che registrare il reato che si sta consumando nel senso che, a nostro avviso, è criminogeno provocare simili comportamenti. Confidiamo nell'intervento del Capo dello Stato e ci rassegniamo ad accontentarci che le nostre posizioni vengano verbalizzate a futura memoria (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pizzetti. Ne ha facoltà.

LUCIANO PIZZETTI. Signor Presidente, assistiamo ad un provvedimento che rappresenta - di questo ne va dato atto - una continuità, quella di un Governo che saltella con coerenza - coerenza rispetto alle indecisioni - sulla crisi del Paese, questo è il punto. Il provvedimento, in particolare la misura dello scudo fiscale, suscita grandi preoccupazioni; in sé potrebbe essere, se correttamente impostato, un atto condivisibile per certi versi, forse più comprensibile per altri, però vi è un «ma» ed è quello di come viene poi indirizzato, in particolare sulla base degli interventi compiuti al Senato.
È previsto il rientro dei capitali illegalmente esportati per immetterli nel circuito virtuoso dell'economia; ciò può anche reggere, ma viene stabilita un'estensione degli effetti particolarmente negativi e inaccettabili che rende il provvedimento non dico odioso, ma certamente mal sopportabile.
Non c'è solo il tema dell'amnistia su aspetti importanti in altri Paesi sanzionati molto duramente (il falso in bilancio, la frode fiscale), ma c'è una sorta di laissez-faire dell'illegalità e delle furbizie, ed è questo che colpisce.
È un atto che contraddice le intenzioni dichiarate del Governo di combattere l'illegalità finanziaria: quale connessione, quale coerenza c'è tra quello che si intende dire e fare sulla questione dei paradisi fiscali e il falso in bilancio? È come se il Ministro Tremonti, che ultimamente Pag. 92tanto parla di etica e di economia, avesse improvvisamente saltato da quel libro un po' di pagine. Ciò che emerge come contraddizione sono anche le dichiarazioni del Governo di combattere la criminalità per poi varare un provvedimento che si avvale sostanzialmente e copre forme di riciclaggio e di sommerso che sono delle risorse finanziarie (e i punti chiave su cui si muove la moderna criminalità). Credo che questo Paese abbia bisogno di legalità, ma questa sorta di maggioranza double-face la rivendica contro la parte più debole ed esposta e la rende invece molto lieve, una sorta di legalità à la carte, per i furbi.
Il termine «clandestinità», naturalmente, è un termine importante, però l'immigrato clandestino è considerato un reietto, mentre l'esportatore clandestino è considerato una sorta di benefattore che meno male che esiste perché riporta in Italia, a sostegno dell'economia in crisi, un po' di soldi sottratti. È questa doppiezza della faccia feroce e del buffetto sulla guancia che non funziona e che rende assolutamente incoerente l'azione di questo Governo rispetto alle esigenze del Paese, anche rispetto al tema del come affrontare la crisi.
In sostanza, penso che questo sia un provvedimento lassista che non ha eguali nei provvedimenti assunti dai Governi di altri paesi. La garanzia dell'amnistia, alla fine, è una sorta di omertà di Stato, ed è su questo che dovrebbero maggiormente riflettere la maggioranza e il Governo. Il Governo precedente ha fatto la «lenzuolata» contro le corporazioni e per la mobilità sociale. Questo Governo ha varato questo provvedimento per coprire gli evasori e per occultare l'eccesso di mobilità finanziaria. È un atteggiamento che si sta assumendo anche su altri aspetti.
Al di là dello scudo fiscale, siamo di fronte ad un Governo e ad una maggioranza che hanno fatto del federalismo una questione fondamentale e centrale del proprio agire. Però, da un lato, evocate il federalismo, dall'altro, praticate il commissariamento. In particolare, contravvenite anche alle buone regole che lo stesso testo costituzionale definisce. Soprattutto - lo voglio sottolineare a latere - il tema della produzione e del trasporto dell'energia sottrae potestà alle regioni (è stato evidenziato anche dal Servizio studi della Camera dei deputati). Ma com'è possibile evocare in questa maniera e poi razzolare in un'altra maniera?
Signor Presidente, ho l'impressione che questo sia il Governo delle illusioni, ma temo che alla fine, quando la bolla esploderà, sarà un problema serio per questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Paladini. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con lo scudo fiscale ter, con annessa sanatoria per il falso in bilancio, si va verso la ventitreesima fiducia. Di conseguenza, l'unico articolo di cui è composto il decreto-legge correttivo del provvedimento anticrisi, sarà votato senza prendere in considerazione le centinaia e centinaia di modifiche presentate dalle opposizioni. Capisco, comprendo, la necessità di blindare il provvedimento, ma questo la dice lunga sulla reale considerazione delle opposizioni. Era fondamentale che da questa amnistia - si può anche chiamare condono - non dovesse essere tolto l'obbligo di segnalazione ai fini dell'antiriciclaggio. In questo modo, invece, si istituzionalizza l'economia sommersa, il lavoro irregolare, e il messaggio che si dà ai cittadini è devastante.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 17,25)

GIOVANNI PALADINI. Qui si lancia il messaggio che conviene evadere e, prima o poi, il Governo dovrà rendere conto al Paese di questo politiche scellerate. Questa è una capitolazione, una pietra tombale, con la quale il Governo si prepara a cancellare, veramente per pochissimi soldi, i reati di natura tributaria. Questo decreto-legge, di fatto, pulisce degli illeciti gravissimi. Pag. 93Sarebbe più giusto dire che si tratta di un'amnistia e che l'operazione costerà la ridicola quota del 5 per cento. Ma la cosa inaudita è che garantirà il più totale anonimato. Nessuno nel Governo sarà mai in grado di spiegare ad un lavoratore per quale motivo il suo salario è tassato al 30 per cento, mentre i capitali in nero debbano essere tassati al 5 per cento. Certo che cercare di risolvere la crisi con questi provvedimenti, con questo modello, con questi metodi, è veramente sbagliato.
Ancora più grave è dire che la possibilità del rinnovo dei contratti del pubblico impiego viene fatta dipendere proprio dal rientro dei capitali all'estero degli evasori. Alcuni giornali oggi hanno titolato: Italia uguale Argentina, lontana dai Paesi anglosassoni. Credo che questo dia e debba dare il senso di come in Italia si cerca di governare, e soprattutto di quanto siano importanti i lavoratori.
Vedete, nessuno ha associato questo provvedimento alla problematica dei lavoratori. Nessuno ha associato questo provvedimento alla problematica delle tassazioni. Ma è veramente incredibile, ed è veramente simpatico, vedere che chi evade, chi ha i capitali in nero, abbia una tassazione del 5 per cento, mentre un lavoratore (che deve pagare tutti i suoi tributi e la sua tassazione) debba essere tassato al 30 per cento. Credo che questo la dica lunga anche su quello che il Governo si prepara a fare. Vediamo oggi i banchi del Governo in quest'Aula vuoti. Vi siede il sottosegretario che ci sta ascoltando con molta attenzione...

PRESIDENTE. Deve concludere.

GIOVANNI PALADINI. Ma l'attenzione che il Governo mette - ho concluso - in quella che è l'importanza delle opposizioni avrà una risposta da parte del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Brandolini. Ne ha facoltà.

SANDRO BRANDOLINI. Signor Presidente, dopo aver approvato cinque, sei, forse sette decreti anticrisi siamo di fronte ad un correttivo che in realtà anziché - appunto - correggere ciò che era da correggere rispetto all'ultimo decreto, di fatto estende lo scudo fiscale, in sé discutibile soprattutto per l'esiguità della sanzione prevista per il rientro dei capitali, e di fatto prevede anche uno scudo contro il falso in bilancio. Quindi si tratta di un vero e proprio condono, di una sanatoria tombale che ancora una volta dà ai furbi (se vogliamo essere buoni) la possibilità di farla franca. E ancora una volta, come in passato, questi soldi che rientreranno non saranno utilizzati per portare il Paese fuori da una crisi drammatica.
I decreti anticrisi hanno «parlato» poco di crisi. C'era bisogno di uno scudo in quei decreti, e ce n'è tuttora bisogno, anzi forse questo bisogno è aumentato. Mi riferisco all'esigenza di mettere uno scudo di fronte alla crisi a favore dei disoccupati (che sono aumentati e che sono diventati più di un milione), uno scudo contro l'impoverimento della popolazione italiana. Sono milioni ormai le famiglie che non solo - come si diceva e come lo stesso centrodestra diceva in campagna elettorale - non arrivano alla fine del mese, in quanto oggi abbiamo centinaia di migliaia di famiglie che non arrivano neanche all'inizio del mese, perché di fronte alla perdita dell'unico reddito che avevano (a seguito della perdita del lavoro) non hanno nessuna possibilità di reddito e di sussistenza.
Vorrei anche ricordare che in tutti questi provvedimenti anticrisi vi è stata una parola che non è mai apparsa e questa parola è «agricoltura», cioè il secondo settore per importanza nel nostro Paese in termini di esportazione, l'agroalimentare, e comunque il settore primario, oggi sempre di più fondamentale sia nella competizione internazionale sia per le esigenze nazionali. Ebbene questo settore sta vivendo una crisi profonda. Anche per questo settore era necessario uno scudo di fronte alla perdita di reddito dei coltivatori diretti e degli agricoltori che stanno Pag. 94subendo pesantemente gli effetti della crisi con una riduzione consistente del reddito, che oggi vendono cereali, pesche in estate, vino in questo periodo per non parlare dei suini e del latte. I produttori producono e poi vendono ad un prezzo più basso dei costi di produzione.
Ebbene di fronte a tutto questo non c'è uno straccio di idea, uno straccio di proposta che li ponga quanto meno dinanzi ad uno Stato che li aiuta, che li incoraggia, che crea una rete di protezione, che quindi sviluppa quella coesione che è sempre necessaria soprattutto negli eventi di crisi per affrontare le difficoltà. Ma c'è di più: gli agricoltori, oltre alla crisi economica, devono sopportare anche gli eventi climatici cioè gli effetti di un clima che si modifica fino ad impazzire sempre di più e crea danni alle colture agricole che sono taglieggiate non soltanto dai prezzi ma anche dalle calamità.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Brandolini.

SANDRO BRANDOLINI. Lo Stato anche in questo caso non ha stanziato una lira per il Fondo di solidarietà vale a dire per dare la possibilità ai coltivatori colpiti dalle crisi e dalle intemperie di avere un loro risarcimento. Dunque, di fronte a tutto questo è inevitabile che vi sia una nostra ferma opposizione, un'opposizione che cresce nel Paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, noi deputati dell'Italia dei Valori abbiamo chiesto di intervenire tutti per una semplice ragione. Sappiamo che può essere inutile questo nostro parlare in quanto il Governo ha già deciso di porre la venticinquesima questione di fiducia e, quindi, di bloccare totalmente il dibattito in Aula ma lo facciamo per una ragione ad alto valore simbolico, cioè non vogliamo farla passare liscia a questo Governo nell'approvazione da parte loro di un provvedimento che noi consideriamo estremamente dannoso per la nostra comunità e inoculatore di germi terribili quali quello che essere furbi e violare le regole serve e produce effetti anche economici.
Mi vorrei soffermare su tre aspetti: il primo è che non vi è l'obbligo di segnalazione da parte degli intermediari finanziari del rientro dei capitali. Il secondo è quello per il quale vengono sostanzialmente amnistiati alcuni gravissimi reati e il terzo è quello che riguarda il potere di azione della Corte dei conti per ottenere il risarcimento del danno erariale. Sono tre disposizioni micidiali che combinate insieme danno l'idea di uno Stato che favorisce soltanto coloro che violano la legge, gli evasori, e coloro che trasferiscono i capitali illeciti all'estero.
Vorrei dire che la mancanza di obbligo di segnalazione incide negativamente sull'applicazione dell'articolo 112 della Costituzione concernente l'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale. Infatti, attraverso il velo che scende su tutte le notizie relative alla costituzione illecita di capitali all'estero, la magistratura non riuscirà mai a venirne a conoscenza e naturalmente gli organi di polizia non riusciranno mai a sapere qual è l'origine dei capitali costituiti all'estero e se, in ipotesi, si tratta di capitali di illecita provenienza, di illecita formazione come ad esempio capitali mafiosi o capitali provenienti dal riciclaggio.
Questa disposizione incide molto negativamente e impedisce anche la riprovazione sociale nei confronti di coloro che violano la legge: tutto si fa tacere, nessuno deve sapere niente. In questo modo non saranno tanto le partite IVA, quelle dei normali imprenditori che denunciano tutto fino alla fine e tengono i capitali qui perché non ne hanno neanche per le loro imprese, ma saranno soltanto i grandi capitali a beneficiarne.
L'altro punto riguarda la sostanziale impunità relativamente a fatti gravissimi, la cui conoscenza ed il cui perseguimento è prodromico all'accertamento se ci si trovi in presenza di comportamenti molto più gravi, come quelli per esempio connessi con la criminalità organizzata. Pag. 95
Il terzo punto è quello relativo alla fortissima limitazione dell'azione per danno erariale della Corte dei conti: in questo modo si viola l'articolo 100 della Costituzione, che impone alla Corte di esercitare l'azione di risarcimento per danno erariale. Se si vincola la Corte dei conti nel potere di esercizio dell'azione per il danno erariale, concretamente si fa in modo che la Corte dei conti non possa procedere e non possa neanche eventualmente, procedendo, segnalare all'autorità giudiziaria penale che ci si trova di fronte a fatti gravissimi di criminalità organizzata.
Ho già detto ieri che viene consumata l'ennesima truffa politica ai danni del Presidente della Repubblica, ai danni del Parlamento e ai danni dei cittadini. Oggi dico che questo Governo è riuscito a coniare alcune nuove definizioni di se stesso: da Governo formalmente costituzionale si trasforma in un Governo delle anticostituzionalità e da uno Stato di diritto, sta facendo del nostro uno Stato di rovescio (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole De Micheli, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, onorevoli colleghi e rappresentanti del Governo, siamo all'ennesima richiesta di fiducia da parte del Governo su un decreto-legge che dovrebbe essere correttivo di qualcosa fatto in fretta il 1o luglio: siamo a fine settembre e in realtà, dentro al decreto-legge in esame, troviamo qualcosa di molto più grave, perché questo è il condono peggiore nella storia della Repubblica italiana. Vorrei parlare un po' da romano: credo che questa sia un'autorizzazione a fare le rapine con passamontagna e a nascondere chi poi le ha fatte.
Ma non è di questo che intendo parlarvi, quanto dell'emendamento su cui ho apposto la mia firma, perché il decreto correttivo in esame ritocca una materia importantissima e strategica, che è quella legata alla gestione delle reti elettriche e degli impianti di produzione di energia elettrica. Vi ricordate cosa era successo all'inizio di luglio? Vi era stato un piccolo conflitto fra due Ministri; da un lato vi era il Ministro per la semplificazione normativa, che ha un compito, che non è quello di vigilare sulle leggi vigenti, bensì di semplificarle, non semplificarne l'applicazione, ma proporre in concreto, qui in Parlamento, modifiche della legge.
Ebbene, in tale occasione si escludeva a priori il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in merito alla scelta di nominare i commissari straordinari per la soluzione di problemi che, a dire del Governo, dovrebbero essere di fondamentale importanza e sostenuti da capitali privati. Allora, il Ministro dichiarò alla stampa che si sarebbe dimesso e il nostro Presidente del Consiglio, da buon milanese, rispose, in quel periodo: ghe pensi mì e rimetteremo a posto le questioni.
Ma il problema non sta nel fatto che escludemmo allora, con quel decreto-legge, il Ministro dell'ambiente perché oggi lo riproponiamo e aumentiamo, all'interno di questo decreto-legge, il valore del Ministro per la semplificazione normativa. In realtà, andiamo ad avallare una scelta compiuta dal decreto-legge, che dà mandato solo al Governo, senza indicazioni di sorta, di nominare i commissari, i quali possono intervenire in sfregio a qualsiasi normativa e direttive europea e al rispetto della nostra Costituzione (essendo questa materia demandata alle regioni), e scavalcando qualsiasi principio di federalismo (che pure continuiamo a invocare), nonché qualsiasi concetto di sussidiarietà orizzontale fra gli enti e di partecipazione dei territori a tali scelte. Riteniamo - e questo è ancora più grave - che sia assurdo pensare che la scelta delle aree dove si costruiranno le centrali nucleari, volute da questo Governo, sarà effettuata dai commissari.
Si tratta di uno strumento assurdo. Il commissario infatti deve essere «straordinario» Pag. 96e la sua nomina deve essere episodica. Non servono dieci commissari per le grandi opere. Ricordo, peraltro, che in questa circostanza rivediamo anche il commissario straordinario per il ponte sullo Stretto di Messina per rimettere a posto qualcosa, dando mandato, di fatto ampio e universale, di violare qualsiasi normativa europea e senza rispettare il territorio delle popolazioni locali in scelte realmente strategiche per l'economia italiana ed europea, che dovrebbero essere condivise.
Come condividiamo con l'Europa le scelte relative ai gasdotti, ai metanodotti e ai porti dove, tramite i rigassificatori, attraverso le strade del mare, dovremo portare energia in Italia, non possiamo su questa materia pensare che, invece, siamo bravi e far decidere solo ed esclusivamente il Governo con propri provvedimenti e senza nessuna direttiva dal Parlamento. Escludere il Parlamento da questo tema è gravissimo. Per queste ragioni insisteremo nel chiedere, anche nei prossimi decreti-legge, la modifica di questi provvedimenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Iannuzzi. Ne ha facoltà.

TINO IANNUZZI. Signor Presidente, quando fu varato il decreto-legge correttivo del precedente decreto-legge anticrisi, il n. 78 del 2009, la ratio e la portata era chiara ed era ispirata alla necessità di adempiere ai richiami giusti e forti del Presidente della Repubblica, per porre riparo a quelle norme del decreto-legge n. 78 che ponevano grandissimi profili di contrasto con le norme e i principi dell'ordinamento costituzionale e dell'ordinamento giuridico. Si trattava, cioè, di modificare e di eliminare le norme del decreto-legge n. 78 del 2009 riguardanti gli interventi per la distribuzione e per la produzione di energia, anche per porre riparo allo sgarbo politico-istituzionale arrecato al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con la formulazione preesistente, nonché per modificare le norme sulla giurisdizione contabile, per evitare di imbavagliare e soffocare l'esercizio dell'attività istruttoria da parte delle procure della Corte dei conti in tema di giudizi per danno erariale e all'immagine.
Invece, nel testo che è stato adottato dal Governo è stato inserito, al Senato, senza alcuna necessità e senza alcun collegamento con le finalità e la portata originaria del decreto-legge, la normativa sullo scudo fiscale. È stata prima sussurrata, poi oggetto di svariate trattative e, infine, è stata varata.
Essa è stata varata in un testo che è particolarmente negativo e grave, sia nella sua portata e nel suo significato generale, sia nella sua formulazione specifica e nelle sue conseguenze operative più dirette.
Da quest'ultimo punto di vista, è particolarmente grave - lo sottolineiamo con forza in quest'Aula al Paese - che nel prevedere questa nuova versione dello scudo fiscale avete eliminato l'obbligo di segnalazione di tutte le operazioni illegali in tema di movimenti di capitali anche rispetto alla normativa antiriciclaggio e antimafia. Inoltre, avete notevolmente esteso la portata e l'ambito operativo della sanatoria dell'immunità penale che concedete, perché oltre alle fattispecie di reato legate alle diverse forme di evasione fiscale, avete incluso altre ipotesi, come anche il falso in bilancio.
La sanzione penale pecuniaria che avete previsto per chi farà rientrare i capitali illegalmente trasferiti all'estero è del tutto irrisoria e modesta, ben al di sotto dei limiti e dell'entità che altri Paesi e altri Stati hanno previsto quando hanno adottato normative che si possano ricondurre a quella oggi in esame.
Ma quello che è ancora più grave è la portata più generale del provvedimento che avete adottato, perché viene trasmesso al Paese un messaggio profondamente sbagliato e grave, che premia chi viola la legge, chi non rispetta le regole, chi evade e porta all'estero illegalmente e immoralmente capitali e ricchezze, che dà immunità e salvezza penale a costoro. È un messaggio grave anche rispetto alla lotta, che dovrebbe essere intransigente e ferma, contro la criminalità organizzata, proprio Pag. 97per l'eliminazione che avete previsto dell'obbligo di segnalazione di queste vicende illegali rispetto alla normativa antiriciclaggio e antimafia.
Con questa misura si indebolisce gravemente il principio di legalità, l'autorità e ancora di più l'autorevolezza dello Stato, il senso delle istituzioni, e si fa una cosa che un Parlamento non dovrebbe mai fare, perché il Parlamento adempie la sua funzione quando traduce in norma e regola giuridica, un valore alto e profondo che c'è nella coscienza e nel cuore delle persone e delle comunità e che è capace di orientare verso comportamenti virtuosi gli individui e la comunità, portandoli a perseguire obiettivi alti, limpidi e di grande interesse generale.
Solo allora la legge adempie alla sua funzione: riesce ad indirizzare, a conformare e a orientare in maniera virtuosa i comportamenti e gli orientamenti delle persone. Ciò non avviene e lo scudo fiscale (questa sanatoria penale che avete previsto) rappresenta un atto grave e brutto.
È una pessima pagina, devastante e vergognosa, per l'Italia vera e più profonda che lavora e che si sacrifica, che rispetta la legge e rispetta lo Stato, adempie il dovere, ma vuole limpidezza nei comportamenti dello Stato e delle istituzioni.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

TINO IANNUZZI. Invece, tutto questo non avviene. È una pessima pagina che oggi scriviamo per il Paese più vero, più profondo e più bello che abbiamo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, credo che essenzialmente due siano le ragioni di una forte e sottolineata difficoltà, anzi, assolutamente netta non accettazione di questa impostazione che il Governo ha inteso dare predisponendo il decreto-legge sul scudo fiscale.
La prima credo sia stata già sufficientemente e bene illustrata dai rappresentanti dell'opposizione del mio stesso gruppo in quest'Aula nel corso degli interventi che abbiamo ascoltato. Questo è un provvedimento che non incentiva il rientro dei capitali, ma la reiterazione di un'azione e di un comportamento di tipo illegale.
Spinge a realizzare nuovamente ciò che è stato fatto in passato, portando capitali e, quindi, risorse del nostro Paese all'estero. È così lieve la sanzione. Guardiamo che cosa hanno fatto gli altri Paesi. Non sono mosso da sacro furore antigovernativo sempre e comunque, non ho una visione ideologicamente antipatizzante nei confronti del Governo. Tuttavia, ci sono dei dati rispetto ai quali non si può fare a meno di esprimere una considerazione carica di criticità. Il 20 per cento, il 30 per cento, addirittura il 50 per cento: tali sono le sanzioni poste da Francia, Inghilterra e Stati Uniti, rispetto al rientro dei capitali. Noi facciamo invece un gesto di considerazione amichevole, solo un buffetto, e un invito, al tempo stesso, a riprovarci.
Onorevole rappresentante del Governo, credo che questo provvedimento si innesti all'interno di una trama di comportamenti complessivi che hanno in qualche modo concorso a modificare l'antropologia di questo Paese. Non faccio riferimento a fatti di cronaca, ad elementi di gossip, ma è tutto l'insieme che determina una condizione - me lo lasci dire, onorevole rappresentante del Governo - di brutta epoque. Se c'è stata una belle epoque, questa è una brutta epoque, nella quale sostanzialmente diventa lecito comportarsi in modo illecito, illegale, tanto poi c'è una sanzione lieve, tanto poi arriva un amnistia. Questo è il secondo elemento che ritengo caratterizzi il provvedimento ed è un elemento culturale, di senso antropologico, come dicevamo momento fa.
La terza ragione di netto contrasto rispetto alle modalità con le quali il Governo si appresta a realizzare la richiesta che verrà fatta successivamente di voto di fiducia attiene appunto a questo. Non ho Pag. 98l'abitudine di portare una contabilità così compiuta, ma credo che saremo di fronte al ventitreesimo voto di fiducia.

PRESIDENTE. Onorevole Pisicchio, la prego di concludere.

PINO PISICCHIO. Concludo e ringrazio il Presidente per avermi ricordato di essere alla fine del mio intervento. Primo Levi diceva: «Se questo è un uomo»; io dico: se questo è un Parlamento, costretto a ricorrere ai voti di fiducia. Credo che questo tema sul ruolo del Parlamento e del Governo sia serio. Poi possiamo anche fare un regime presidenzialistico, ma con le regole introdotte dalla procedura costituzionale, non con un presidenzialismo strisciante. Se questo sia il Parlamento designato dalla Costituzione, francamente non lo so.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Capano. Ne ha facoltà.

CINZIA CAPANO. Signor Presidente, questo decreto-legge correttivo, in realtà, non è correttivo del precedente, ma dell'articolo 53 della Costituzione. È come se oggi scrivessimo nell'articolo 53 che tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro disonestà contributiva. Una legge dello Stato non è solo una disciplina tecnica di una fattispecie, ma ha un valore simbolico e rappresenta la formazione dei valori che guidano un Paese. Il valore che oggi questa maggioranza afferma è quello della volontà di proteggere l'economia illegale.
Il Ministro Tremonti dimostra di volere essere il Ministro di quella economia e non di quell'altra che oggi vede le imprese sane soffrire davanti alla crisi, e neanche di quelle piccole e medie imprese, neanche di quei lavoratori autonomi, il cosiddetto popolo della partita IVA, a cui questo Governo aveva promesso di ridurre le loro tasse, non di eliminare quelle degli evasori e soprattutto di quegli evasori per fatturazione falsa, quelli che inquinano l'economia.
L'emendamento a mia firma tende ad escludere da questo beneficio, chiamiamolo così, almeno quelle ipotesi di inquinamento dell'economia, perché quella fatturazione falsa non è un reato che macchia solo la singola impresa, ma ha bisogno di costruire un sistema di complicità con le altre imprese che si allarga a macchia d'olio fino a comprendere il riciclaggio di denaro sporco. Io non so se il Governo si è posto il problema di quella massa di liquidità accumulata illecitamente che potrebbe rientrare in Italia e finanziare nuove attività illecite; non so se si è posto il problema di cosa potrebbe accadere in quelle aree del sud del Paese, dove l'attività illecita è gestita con successo dalla criminalità organizzata. Evidentemente al sud si è voluto sottrarre ogni ipotesi di sviluppo economico lecito, riducendo le risorse fino a zero, annullando i fondi FAS, come è stato detto in precedenza, e lasciando invece che l'economia illecita si incrementasse.
Poi con questo decreto si introduce un criterio pericolosissimo, quello della monetizzazione della responsabilità penale, che apre degli scenari assai gravi per la legalità. Certo è una materia che non vi è particolarmente simpatica, su cui avete sempre lavorato poco e male: per gli immigrati il carcere, per gli evasori l'impunità. Un Governo forte con i deboli e debole con i forti, altro che il Robin Hood a cui dichiarava di ispirarsi il Ministro Tremonti, sembra che la sua musa sia piuttosto la Repubblica delle banane.
Su Il Corriere della Sera di una settimana fa c'era una lettera di un'avvocata che raccontava di come, dopo dieci anni di attività professionale, la crisi l'avesse costretta a tornare a fare per due giorni alla settimana la dipendente in uno studio legale, e che nello stesso tempo vedeva suoi coetanei, che magari dichiaravano i suoi stessi redditi, trascorrere le vacanze su grandi yatch o su elicotteri. Bene, con questo provvedimento è come se voi aveste preso a schiaffi quell'avvocato insieme a tutti quei liberi professionisti che oggi stanno vivendo momenti durissimi, e aveste premiato quelli con lo yatch, quelli che Pag. 99non pagano le tasse ma fanno andare i propri soldi in altri Paesi. Questo è il valore simbolico che affermate con questo provvedimento, questo è il senso dello Stato che avete, e per questo i cittadini non vi crederanno mai più (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Porcino. Ne ha facoltà.

GAETANO PORCINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo alle solite: la fiducia, di nuovo. La crisi non c'è, va tutto bene, come dice il Presidente Berlusconi, le case ai terremotati abbiamo provveduto a consegnarle, la disoccupazione non c'è più, tutti stanno bene, il benessere è diffuso: il paese di bengodi, insomma. I pensionati fingono a dire che stanno male, gli studenti sono contenti della riforma Gelmini e pure i professori; sono specialmente contenti tutti gli studenti che in questa settimana avranno avuto l'esito dei test di ingresso per le facoltà universitarie, una norma che io ritengo aberrante e che impedisce di fatto il diritto allo studio, violenta la libera scelta per un percorso scolastico, professionale e di vita. Anche in questo l'Italia dei Valori quanto prima interverrà energicamente per far sapere come la pensa, per fare una battaglia su questo argomento e per far valere e sostenere il rispetto della Carta costituzionale.
Tutto va bene, insomma, tutto è a posto, tutto quello che dicono le opposizioni è una mistificazione; io invece ritengo che tutto quello che si dice sia una mistificazione e una finzione e la verità vera, Presidente, è che la gente non arriva alla fine del mese. Come al solito si tenta di impedire che le opposizioni possano esercitare in Parlamento le funzioni loro assegnate dalla Costituzione e dagli italiani, e quello di oggi è l'ennesimo tentativo.
Siamo di nuovo alla fiducia, si sta snaturando il ruolo del Parlamento, si stanno facendo tutte le forzature ad usum Delphini della Carta costituzionale. Qui la fiducia la otterrete, caro rappresentante del Governo che non vedo più, sicuramente la otterrete, perché avete una larga maggioranza, e quindi non è difficile ottenerla. Vedremo quanto prima se la stessa fiducia ve l'accorderanno gli italiani, però, appena ci sarà la prossima occasione.
Come dicevo prima, adesso siamo all'ennesima forzatura: lo scudo fiscale. Io ritengo che sia un condono, Presidente, non uno scudo fiscale, bensì una sanatoria, un inno all'evasione fiscale. Non mi meraviglierei se avanti di questo passo quanto prima proponessero di depenalizzare il furto, la rapina, l'omicidio, e tutto quello che può servire per favorire gli amici e magari gli amici degli amici, senza dare alle opposizioni, e questo è grave, però, la possibilità di esprimere il loro dissenso, di discutere i propri emendamenti. Infatti, siamo di fronte ad un provvedimento blindato dall'ennesima fiducia, per l'esattezza la ventitreesima, che nulla ha a che vedere, come vorrebbe la Carta costituzionale, con la necessità e l'urgenza. Forse mi sbaglio io: la necessità e l'urgenza magari ci sono, ma non nell'interesse degli italiani, nell'interesse dei soliti noti e degli evasori fiscali. Ma noi siamo qua, siamo attenti, siamo vigili, così come è vigile il popolo italiano; state tranquilli che quanto prima lo stato di malessere che c'è sarà ancora più evidente e gli italiani nel momento in cui dovranno scegliere se accordarvi o meno la fiducia sapranno come comportarsi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marantelli. Ne ha facoltà.

DANIELE MARANTELLI. Signor Presidente, il Partito Democratico sta organizzando un'opposizione netta, vogliamo provare a far decadere il decreto-legge sullo scudo fiscale, decreto ingiusto ed immorale, voglio dirlo apertamente al Ministro Vito che è presente in Aula.
Ho presentato un emendamento sul tema dei commissariamenti. In sintesi, si prevede l'individuazione con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di Pag. 100investimenti pubblici da assoggettare a procedure derogatorie, nonché l'investimento di un commissario con poteri di impulso e anche sostitutivi. Per mezzo di tali poteri si consente ai commissari di agire per mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente. Qualche mese fa abbiamo approvato il provvedimento sul federalismo fiscale, per la sua attuazione si sta procedendo con il passo della lumaca e, in qualche caso, del gambero. L'unità del Paese non è a rischio perché un deputato di Gemonio propone di sostituire l'inno di Mameli con il Va, pensiero, ma perché la crisi dello Stato fa crescere il rancore nel nord e la dipendenza nel sud. Da mesi siamo in presenza di provvedimenti, e questo non fa eccezione, che contraddicono i principi contenuti nel provvedimento sul federalismo fiscale: mi chiedo come faccia la Lega Nord ad approvarli. C'è forse una spiegazione: padrun cumanda, caval el trota, si dice a Varese, lo traduco: il padrone comanda, il cavallo trotta.
Farò qualche esempio concreto che riguarda il passato. I 140 milioni regalati al comune di Catania rispettano il criterio di premiare le amministrazioni virtuose? No, e intanto i comuni corretti, nel nord, ma non solo, sono strangolati dai vincoli del Patto di stabilità che impediscono di utilizzare risorse che hanno in cassa per rispondere ai problemi dei loro cittadini. La mancata realizzazione di migliaia di piccole opere, impedisce, del resto, quelle misure anticicliche che peraltro sono perseguite da altri Paesi europei. Intanto il debito pubblico è giunto a 1.751 miliardi di euro, con un aumento di circa 100 miliardi nell'ultimo anno: dove sono finiti?
Il Ministro Brunetta si è distinto per la lotta agli sprechi e ai fannulloni nella pubblica amministrazione, con giudizi spesso volgari nei confronti di migliaia di poliziotti, insegnanti, infermieri, dipendenti pubblici in generale, che fanno il loro dovere con stipendi non certo da nababbi. Bene, la spesa corrente nell'ultimo anno è cresciuta di 35 miliardi di euro, 70 mila miliardi di vecchie lire: dove sono finiti? Insomma, a me pare chiaro che vi sia una distanza profonda tra la narrazione del Governo e le condizioni reali delle famiglie italiane: preoccupazioni per il lavoro, per lo stato della sanità, della scuola, dei trasporti.
A proposito, Berlusconi non doveva fare il secondo Consiglio dei ministri, dopo quello di Napoli, a Malpensa? Dopo quello di Napoli, a Napoli è tornato diverse volte per svariate ragioni, ma a Malpensa non lo abbiamo mai visto.
Lo scudo fiscale è un provvedimento assunto anche in altri Paesi europei, ma la proposta perseguita e sostenuta dal PdL e dalla Lega in questo caso, permettetemi di dirlo, è una vergogna. La proposta stride con la serietà e l'impegno con il quale i lavoratori, gli artigiani, i commercianti e i piccoli imprenditori onesti stanno affrontando la crisi economica. Ai colleghi della Lega Nord e del PdL desidero rivolgere una domanda semplice, molto semplice: siete mai stati in una banca d'affari in Canton Ticino? Se ci siete stati è facile capire, anche per chi ha fatto solo la quinta elementare, che regalare vantaggi ad attività illegali e mafiose è immorale, mentre migliaia di artigiani e piccoli imprenditori sono in sofferenza per le difficoltà di accesso al credito.
Il Ministro Tremonti per primo sa che gli inviti alle banche, se si limitano ad un'opera di moral suasion (come dicono quelli che se la tirano), contano meno del due di briscola, altro che primato della politica sulla finanza. Bisogna fare attenzione perché il distacco tra le istituzioni e i cittadini cresce e sta crescendo e alle ultime elezioni politiche il primo partito è stato quello di quei cittadini che hanno deciso di rimanere a casa. Voglio svolgere queste considerazioni politiche anche perché Alberto Giorgetti è una persona che stimo e so che sa anche ascoltare. Allora, in conclusione, è per questa ragione che in questo contesto abbiamo deciso di presentare un emendamento che è in perfetta sintonia con i principi del federalismo fiscale contenuti nella legge approvata qualche mese fa. Sì, quindi, al federalismo Pag. 101fiscale; no a questo indecente scudo fiscale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sull'argomento oggi si è discusso abbastanza, e si è parlato di decreto-legge anticrisi e di scudo fiscale. Però molte volte quando noi parliamo, non dico tutti ma in parte, diventiamo incomprensibili per i cittadini che ci ascoltano. Quando parliamo di decreto-legge anticrisi e di scudo fiscale vogliamo far capire ai cittadini che è importante fare determinate operazioni affinché ritornino nelle casse dello Stato dei soldi che potrebbero essere utilizzati per la gente.
Allora, parlando con la lingua del popolo mi domando: ma i 300 milioni di euro che avevamo dato alla famosa Alitalia dove sono andati a finire e come li abbiamo utilizzati? Perché non sono ritornati nelle nostre casse come era stato qui dentro, da parte della maggioranza, sostenuto?
Mi viene un'altra riflessione. Oggi tutti i giornali ne parlano, ma da sei mesi si fa un grande chiacchiericcio e si parla dell'H1N1, di questo virus che sta infettando il mondo e che potrebbe essere la distruzione del Paese, in modo particolare dell'Italia. Si comprano dosi di vaccino, quantità enormi, ma qualcuno dichiara che la prima tornata di vaccinazione avverrà a novembre, mentre la seconda avverrà a gennaio, quando la pandemia si presuppone che sia, quasi con certezza, tra il 15 e il 30 novembre! Allora, che senso ha dire che dobbiamo risparmiare e vedere come recuperare il denaro per metterlo a disposizione della collettività, del Paese e dei cittadini? Ciò accade quando, invece, questo Governo non solo sperpera il denaro, ma è un Governo avallato trasversalmente da alcuni parlamentari che non solo comprano il vaccino, ma hanno anche la spudoratezza di dire agli italiani che deve essere fatto nel mese di gennaio quando non c'è più nessuna necessità, a costo del rischio della vita!
C'è un altro fatto importante, di cui tutti i giornali parlano e su cui molti parlamentari forse non riflettono. Qualcuno dice che addirittura dovremmo associare il vaccino: dovremmo fare il vaccino antinfluenzale insieme a quello per l'H1N1, non conoscendo i rischi che potrebbe apportare una simile associazione di vaccini! Questi vaccini insieme potrebbero dare l'alterazione della velocità di crescita della cellula, con conseguenze drammatiche all'interno dell'organismo.
Non è solo un problema di parlare o pensare con mentalità non corretta nei confronti degli italiani, ma qualche volta c'è anche l'incompetenza da parte di coloro i quali dovrebbero essere i rappresentanti del nostro popolo. Pensiamo per un attimo a quello che sta avvenendo all'interno di questa nostra Italia, una grande confusione che non si riesce più a capire. Non si riesce più a parlare di politica né a creare le condizioni del dialogo e del dibattito, per costruire qualcosa di serio nell'interesse degli italiani, ma si parla solo un linguaggio incomprensibile, di delegittimazione: si delegittima il Parlamento e coloro i quali parlano un linguaggio nell'interesse del popolo e si ridicolizzano molte volte coloro i quali parlano il linguaggio del popolo e popolare!
Infatti, molti leader all'interno di questo Parlamento sono abituati ad utilizzare parolone grosse che diventano incomprensibili, ma non si misurano con la realtà, non conoscono quello che effettivamente esiste nella realtà italiana. È una realtà che è divisa in due: c'è un nord e un sud. Si parla del ponte sullo stretto di Messina, di soldi che dovrebbero essere utilizzati per fare questa grandissima opera. Ma ci siete mai stati voi in Sicilia, per capire come si vive in questo territorio, dove mancano le basi e le infrastrutture minimali di comunicazione e di altro tipo?
Tanti potrebbero essere gli argomenti da affrontare all'interno di questo Parlamento, ma concludo dicendo che spero che trasversalmente si prenda coscienza seria e che si apra una dialettica politica feroce, ma costruttiva, nell'interesse degli Pag. 102italiani (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Melis. Ne ha facoltà.

GUIDO MELIS. Signor Presidente, mi consenta, come hanno fatto altri colleghi, di esprimere anche io lo sconcerto per come si sta svolgendo il dibattito, con mezzo Parlamento del tutto assente - solo l'onorevole Contento, che saluto, è presente, e questo aumenta la mia stima per lui - con la consapevolezza dell'inutilità di questo dibattito, perché naturalmente tutti sappiamo che incombe la solita scure della fiducia. Secondo i miei calcoli, sarebbe la venticinquesima o la ventiseiesima volta. Ma che modo di legiferare è questo, con più di due questioni di fiducia al mese in un anno, se si deducono i mesi di agosto, con soli decreti-legge, con un'iniziativa di parte parlamentare praticamente azzerata, con provvedimenti di traduzione in leggi omnibus, nelle quali, come fossero vagoni vuoti, si mette di tutto e talvolta il contrario di tutto, con errori che vengono sanati da successivi decreti-legge e poi magari sanati da altri decreti-legge ancora? Come si può pensare di legiferare in questo modo e poi meravigliarsi che il ruolo del Parlamento subisca una così drastica riduzione nella stima dell'opinione pubblica del Paese?
Signor Presidente, noi presentiamo un breve ma significativo emendamento, che mira ad evitare che lo scudo fiscale, cioè la grande sanatoria, possa estendersi anche all'articolo 10 del decreto legislativo n. 74 del 2000, quello che punisce chi, al fine di evadere, occulta o distrugge le scritture contabili e i documenti. Ma sappiamo benissimo che si tratta soltanto di un debolissimo tentativo di reazione. Sappiamo bene che è un po' come il bambino della favola, che teneva il suo piccolo dito nel foro della diga per impedire l'alluvione. Ma qui l'alluvione, lo straripamento e il travolgimento dello Stato di diritto è già in atto con questo decreto-legge che ci avete ammannito nel corso della legislatura. Lo chiamate scudo fiscale, ma io ieri sera in quest'Aula l'ho chiamato coperta, coltre, corazza fiscale, per impedire lo sguardo indiscreto dei giudici in tutta una serie impressionante di reati.
Non condivido il ragionamento che sta alla base di questo provvedimento, cioè che, se si sana il reato principale, approvando lo scudo fiscale, come l'abbiamo approvato, ahimè, a luglio, poi dobbiamo sanare tutti i reati corollario, cioè i reati commessi per mascherare il reato principale. È una ben curiosa teoria questa!
Ieri ho chiamato questa teoria con la denominazione di reati a grappolo, un po' come gli acini dell'uva: li si mangia tutti, finché non resta soltanto il raspo. Ci sarà pure una ragione, signor Presidente, se in nessun altro Paese del mondo lo scudo fiscale è così esteso ed è, soprattutto, così anonimo: configura un condono così tombale da far parlare a buon diritto, secondo me, di amnistia mascherata.
Vi sarà una ragione se gli altri Paesi, Paesi liberali, garantisti - non parlo certamente di socialismo reale, posto che esista ancora da qualche parte del mondo - prevedono misure molto più caute nel consentire a questi capitali evasi di rientrare.
Per questo siamo contrari, perché si porta qui l'ennesimo colpo alla credibilità dello Stato di diritto. Bisogna stare molto attenti a demolire le regole: le regole sono il fondamento della convivenza civile. Non è detto che il fatto che le elezioni o i sondaggi elettorali premino chi distrugge le regole, ci garantisca che poi il problema viene risolto. Non è detto che, dopo aver distrutto le regole, non ci ritroviamo di fronte alle gravissime conseguenze di questa distruzione. Temo che sarà molto difficile in questo Paese ritornare a uno stato normale, in cui le regole fondamentali che ci siamo lasciati alle spalle, che, ad una ad una, stiamo distruggendo, e i ponti che, ad uno ad uno, stiamo facendo saltare alle nostre spalle potranno essere ricostruiti. Per questo siamo contrari a questo provvedimento e per questo ci lamentiamo che si voglia porre la fiducia su di esso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rota. Ne ha facoltà.

IVAN ROTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, si potrebbe prendere atto che non importa nulla a questo Governo del cittadino, quel cittadino normale, che combatte ogni giorno per far quadrare il suo quotidiano. Si potrebbe prendere atto che, al di là degli spot sull'ottimo stato di salute della nostra economia, i dati ci dicono che i disoccupati aumentano e che i bilanci delle aziende non tornano.
Si potrebbe cedere alla tentazione di una silente resa a questo arrogante Governo, un Governo dei poteri forti, dei conflitti di interessi, delle connivenze, ma noi dell'Italia dei Valori vogliamo continuare, invece, nel nostro ruolo di opposizione vera, coerente, intransigente.
Noi dell'Italia dei Valori vogliamo affermare il diritto a una libertà, che deve essere la libertà di accedere al mondo del lavoro, di essere informati in maniera oggettiva, di poter concorrere all'interno di un mercato, di poter avere una garanzia sul futuro, di poter vivere onestamente ed esserne fieri. Certo, è una libertà per la quale serve coraggio: la libertà, tante volte, necessita di coraggio per essere affermata.
Venendo al motivo di questo ennesimo ricorso alla fiducia, noi dell'Italia dei Valori vogliamo ribadire, lasciando questo a futura memoria, che anche questi atti del Governo, questi atti di questa maggioranza, composta da partiti e da forze che derivano dall'esperienza di Alleanza Nazionale oppure da forze come la Lega, che hanno sostenuto nei tempi una moralità che oggi hanno smarrito pure loro, sono immorali.
Con un'informazione distorta e con una manipolazione dei termini si parla di scudo fiscale, di rientro di capitali dall'estero; di fatto, per dare a questi termini il loro giusto significato, si tratta dell'ennesimo condono, si parla della pulizia di denaro sporco. Dobbiamo prendere atto e coscienza che l'Italia, con questo provvedimento, diventa il più grande paradiso fiscale.
Chi oggi ha dei grossi capitali all'estero li ha in barba allo Stato, li ha in barba agli italiani. Peggio ancora: li ha messi da parte, li ha accumulati sulla pelle degli italiani, avendoli realizzati con frode fiscale, attraverso la camorra, la mafia oppure la droga; non vi era motivo infatti altrimenti di ricorrere ancora a questa pulizia, visto che in passato, proprio con l'altro Governo, appoggiato ancora dagli stessi partiti che compongono questa maggioranza, era già stato approvato un condono fiscale. Chi non aveva fatto rientrare i capitali allora evidentemente li aveva ancora più sporchi: adesso si sta dando loro la possibilità di rimpatriarli; avendoli esportati, e non essendoci il reato di esportazione di valuta, se fossero stati guadagnati legalmente potevano essere riportati.
Come è allora accettabile che le piccole aziende, i piccoli artigiani, gli imprenditori, quelli che vivono casa sopra e laboratorio sotto per sedici ore al giorno, a cercare di produrre e tenere in piedi l'economia, non abbiano un fido da 5 mila, 10 mila, 20 mila euro per continuare la propria attività, dallo stesso sistema bancario che adesso farà i ponti d'oro, metterà i tappeti rossi, tratterà coi guanti bianchi gente che queste mani invece le ha sporcate di sangue o ha realizzato guadagni sulla pelle degli italiani? Le stesse banche che accetteranno tranquillamente, perché così ripianeranno i loro bilanci di situazioni incredibili che hanno toccato gli italiani? Come è possibile, come è accettabile che questi capitali rientrino al 5 per cento, quando abbiamo i nostri pensionati che hanno un'aliquota al 20 per cento, quando abbiamo le aziende piccole e medie che pagano una tassazione del 50 per cento? Come è accettabile che gli evasori la facciano ancora una volta franca?

PRESIDENTE. La invito a concludere.

IVAN ROTA. Concludo, signor Presidente, con una domanda al Parlamento attraverso di lei: come è accettabile il cattivo esempio che questo Parlamento da mesi, da quando si è insediato, sta dando, Pag. 104facendo valere la legge del più furbo, del mariuolo, perché tanto sa che arriverà il Governo di turno, il Governo che cerca di difendere il potente rispetto al cittadino, che consentirà loro di avere un condono, di avere sempre la scappatoia per i propri furtarelli? Ebbene, noi di Italia dei Valori non lo accettiamo e non lo accetteremo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vico. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, questa mattina il Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti, nel corso di un intervento ad un convegno che è stato organizzato dalla Guardia di finanza e dall'Agenzia delle entrate, ha rilasciato una serie di dichiarazioni, che mi permetterò per sintesi di riportare all'Aula e ai colleghi.
La prima. Dice il Ministro: crediamo che la casistica maggiore dei rimpatri dei capitali avrà come obiettivo quello di continuare l'attività di impresa e di mantenere i posti di lavoro agli operai, e di non chiudere i capannoni.
Seconda dichiarazione. I proventi dello scudo fiscale andranno a favore di scuola, di università e del 5 per mille. Continua il Ministro: tra non pagare per niente e pagare un 5 per cento è più giusto pagare e rientrare, e se stai dentro continui a pagare, se stai fuori stai fuori.
Permettetemi l'ultima dichiarazione del Ministro. I capitali criminali, dice il Ministro, credo che non faranno rimpatrio: o sono già in Italia perfettamente «sbiancati», o sono e restano all'estero per continuare la loro attività. Su quest'ultima dichiarazione, perché le altre si commentano da sole, sarebbe utile che il Ministro venisse in Parlamento per narrarci e certificare i capitali «sbiancati», e come li si controlla.
Le dichiarazioni del Ministro sono fatue, onorevole sottosegretario Giorgetti, perché l'emendamento approvato al Senato che tra qualche ora, blindato, passerà con la vostra richiesta del voto di fiducia ha disposto che le operazioni di regolarizzazione e di rimpatrio non comportano l'obbligo di segnalazione di operazioni sospette in materia di antiriciclaggio o di finanziamento del terrorismo disciplinate dall'articolo 41 del decreto legislativo n. 231 del 2007.
Sono fatue, non sono vere, e non dire le cose vere in questo Paese è un reato che viene considerato veniale ma non è così, perché le modifiche apportate nel corso dell'esame del provvedimento e che ci riproponete con la blindatura del voto di fiducia, oltre ai citati reati di infedele o omessa dichiarazione, comportano ora, con l'emersione, effetti estintivi anche per alcune fattispecie di reati e di falsità in atti contemplate dal codice penale (come la dichiarazione fraudolenta ai fini dell'imposta sui redditi e dell'IVA, gli artifici contabili, l'occultazione o la distruzione di documenti e, infine, il cosiddetto falso in bilancio).
Per un'intera giornata di lavori presso le Commissioni vi abbiamo chiesto di cancellare l'emendamento del senatore Fleres, ma voi ci portate al voto di fiducia: questo è un danno al Paese e al Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Motta. Ne ha facoltà.

CARMEN MOTTA. Signor Presidente, il provvedimento al nostro esame sostituisce parte dell'articolo 4 del decreto-legge n. 78 del 2009, il famoso decreto-legge anticrisi del luglio scorso. Le modifiche introdotte al Senato, oltre al tema dello scudo fiscale che molti colleghi hanno qui ampiamente argomentato, riguardano anche materie attinenti all'ambiente.
Illustrerò molto brevemente il contenuto di un nostro emendamento attinente appunto a questi temi, in particolare alla materia ambientale in relazione alla produzione di energia, per due motivi. In primo luogo, intendo segnalare che con questo provvedimento voi mettete una «pezza» alla pessima figura che il Governo aveva riservato alla Ministra del Pag. 105l'ambiente e della tutela del territorio e del mare, onorevole Prestigiacomo, proprio nel luglio scorso, quando non era stato previsto - o meglio, era stato escluso nella prima stesura del provvedimento - il concerto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare relativamente agli interventi che riguardano la trasmissione e la distribuzione dell'energia. Si è messa una «pezza» e così, sulla promessa di modificare il testo, la Ministra Prestigiacomo aveva ritirato le dimissioni minacciate.
Sono storie tipiche di come il Governo e questa maggioranza si comportano (questa vicenda era stata all'attenzione dei giornali e del Parlamento, perché era veramente incredibile come su temi fondamentali ed opere importanti riguardanti la distribuzione dell'energia, le centrali idroelettriche ed eoliche e il sistema fotovoltaico il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare fosse stato completamente dimenticato).
Inoltre, queste norme prevedono che per motivi di urgenza sia contemplato l'intervento di un Commissario straordinario. Allora, venendo al merito del nostro emendamento, noi vogliamo evitare il rischio che tra qualche anno, quando sarà concluso l'iter attuativo delle norme sul nucleare, si faccia ricorso a questa procedura di intervento commissariale per nominare dei commissari che possano escludere gli enti territoriali e le regioni nella localizzazione degli impianti nucleari. Affermo ciò, perché proprio oggi il sottosegretario Saglia, rispondendo in Commissione attività produttive a diverse interrogazioni sul nucleare, ha voluto tranquillizzare, e ha detto che i decreti legislativi attuativi in via di definizione dovranno essere adottati in stretto rapporto con le regioni, ascoltando le Commissione parlamentari competenti, e che nulla sarà deliberato contro la volontà dei territori. Vorremmo crederci, ma per ora, nel testo vigente, è previsto che il parere delle regioni non sia vincolante. Anche se sulla stampa di oggi il sottosegretario Saglia e il Ministro Scajola vogliono rassicurare, non possiamo fidarci neanche su questa materia. Lo scudo fiscale è un esempio. Come maggioranza, a luglio, avevate approvato un testo, ora ne approvate un altro che va nella direzione opposta a ciò che avevate escluso di realizzare: un condono tombale, un'amnistia vera e propria. Allora, non siete credibili sul condono e neanche sul nucleare, perché non mantenete le promesse fatte al Paese, non mantenete fede agli impegni assunti nel Parlamento; non possiamo fidarci, quindi, neanche sulle regole del nucleare.
Hanno fatto bene, dunque, le regioni che hanno presentato ricorso alla Corte costituzionale per salvaguardare le proprie competenze in materia di tutela del territorio e dell'ambiente. Il presidente dell'Emilia Romagna e della Conferenza Stato-regioni, Vasco Errani, è stato chiaro e netto: niente nucleare in Emilia Romagna senza l'accordo della regione, e ciò è sacrosanto, al di là del merito che si voglia esprimere sul nucleare. Spero che questi interventi che l'opposizione sta svolgendo in un'Aula che vede i banchi della maggioranza vuoti possano essere utili a tutti quei cittadini che state ingannando.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CARMEN MOTTA. I cittadini onesti, quelli che sono interessati alla verità su una norma che copre reati tributari, violazioni contabili, ma anche reati di riciclaggio, e perfino di corruzione, perché non si possono identificare i titolari dei capitali rientranti. Si tratta di cittadini interessati alla verità che dovranno avere la pazienza di leggere gli atti parlamentari perché non credo che i mass media daranno particolare risalto a questa nostra battaglia. Ma noi continueremo fiduciosi che i cittadini onesti alla fine capiranno e si ricorderanno anche di questo inganno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Aniello Formisano, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato. Pag. 106
Ha chiesto di parlare l'onorevole Servodio. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA SERVODIO. Signor Presidente, riconosciamo - anche io in modo particolare - la sensibilità democratica del sottosegretario Giorgetti, per cui non voglio ripercorrere le osservazioni illustrate dai miei colleghi, mi limito a sottolineare in modo particolare le osservazioni del collega Duilio, che riportava un articolo importante e significativo de Il Sole 24 Ore che illustra molto bene gli effetti di questo provvedimento. Tutto ciò vuol dire che, in questi giorni, in Commissione, l'opposizione non ha voluto fare una battaglia ideologica; non l'abbiamo mai voluta fare in questa legislatura. Non siamo contro lo scudo fiscale inteso come l'hanno inteso i Paesi della Unione europea. Signor Presidente, riconoscendo anche a lei un grande senso dello Stato e delle istituzioni, qui si tratta di mettere in crisi le regole della vita democratica di questo Paese.
Si tratta di introdurre un elemento molto pericoloso rispetto al rapporto tra cittadini e Stato e si va al di là di un ragionamento puramente tecnico, mettendo in crisi il rapporto tra cittadini e Stato, perché quando si vuole fare cassa e si vogliono trovare risorse per il bilancio dello Stato, indebolendo l'autorità e l'autorevolezza dello Stato stesso, e incidendo su questo rapporto, si fa un danno non solo democratico ma anche economico al Paese. Allora perché non abbiamo intrapreso la strada degli altri paesi della Comunità? Quali erano i principi a cui dovevamo ispirarci? La trasparenza e la tracciabilità. Noi dovevamo imitare gli altri Paesi della Comunità europea per far rientrare sì i capitali, ma attraverso una battaglia ai paradisi fiscali. In altre parole noi non mettiamo in discussione il principio, mettiamo in discussione il fatto che è stato - io direi - strumentalmente utilizzata questa opportunità, che tutti i paesi della Comunità europea hanno introdotto, per fare altro, per fare un'amnistia, per rendere - sottosegretario - questo Paese una specie di «Italietta».
La nostra amarezza dipende dal fatto che siete sordi all'invito da parte dell'opposizione ad alzare il tiro e la qualità democratica di questo Paese, la credibilità di questo Paese. Infatti non si può fare cassa facendo un'amnistia, legalizzando i capitali che provengono da un'attività illecita. Questo è un danno al Paese, non è solo un danno culturale, è un danno politico, un danno di immagine, che certamente non porta investimenti seri, leciti in questo Paese.
Rispetto alle affermazioni di oggi di Tremonti - vi faceva riferimento l'onorevole Vico prima - secondo le quali utilizzeremo queste risorse per alcune finalità, voglio dire che a me hanno insegnato che il mezzo non giustifica i fini. Noi introduciamo veramente un profilo culturale antidemocratico per cui chi fa attività illecita un giorno o l'altro avrà un'amnistia. Credo che si tratti di un dato pericoloso per lo sviluppo di questo Paese.
Noi eravamo - sottosegretario, mi riferisco agli emendamenti che abbiamo presentato in Commissione e in Aula - per ripristinare la tracciabilità e per ripristinare le imposte. Era giusto ed è giusto che rientrino i capitali, ma ad alcune condizioni trasparenti. Questa maggioranza e questo Governo non possano sentirsi padroni dello Stato e mi riferisco anche alla richiesta del voto di fiducia su un provvedimento che incide sui diritti e sui doveri dei cittadini e che incide su quella parte importante della Costituzione. Questo provvedimento non può essere portato avanti con un voto di fiducia, doveva essere discusso, e noi eravamo pronti a discutere, ma ci avete impedito di farlo.
Voi state scrivendo una pagina molto brutta, molto brutta - lo ripeto - di questa seconda Repubblica. Avete sempre detto che la prima Repubblica ha scritto pagine amare, ma questa è una pagina amara perché incide proprio sul cuore della democrazia in questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rossomando. Ne ha facoltà.

Pag. 107

ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, mi ricollego subito all'intervento che mi ha preceduto. L'emendamento di cui sono firmataria sta proprio nella scia e nella ratio di ripristinare la trasparenza e la tracciabilità. Cosa vogliamo dire noi oggi con questi emendamenti e con i nostri interventi? Vogliamo riportare l'attenzione sul fatto che la crisi che stiamo attraversando e il dramma che stanno vivendo moltissime famiglie, lavoratori e lavoratrici, imporrebbero la forza, la presenza e l'autorevolezza dello Stato, il senso della comunità dei cittadini (diremmo meglio della comunità dei consociati), il senso del noi nell'affrontare il contingente e il senso del noi nell'affrontare una prospettiva per il futuro.
Invece, questo Governo e questa maggioranza si esprimono con autoritarismo al posto di esprimersi in difesa della legalità (quindi nel rapporto tra cittadino e istituzioni) e con il localismo e l'insicurezza al posto del rafforzamento della comunità dei cittadini e dell'unità che parte dai territori.
Questo è del tutto evidente nel provvedimento in esame non soltanto perché, come è stato ripetuto più volte, è una forma di amnistia ma perché incide, intervenendo sulla questione della tracciabilità e della riconoscibilità del flusso finanziario illegale, proprio su quelli che sono gli strumenti che lo Stato ha per combattere la criminalità. C'è dunque questa differenza che viene sottolineata proprio laddove negli altri Paesi si è escluso l'anonimato e si è esclusa la non punibilità, prevedendo peraltro il pagamento integrale delle imposte evase.
Ciò è ancor più grave quando noi vediamo sbandierare ogni giorno un aumento di pene e di reati e quindi provvedimenti che risultano del tutto inefficaci perché, contemporaneamente, lo Stato viene privato di qualsiasi strumento per l'accertamento dei reati, producendo un danno veramente enorme nel rapporto tra Stato e cittadino. Infatti, è noto che la lotta alla criminalità è soprattutto conoscenza, flusso di informazione ed è soprattutto tracciabilità dei capitali.
Quello che ci chiediamo - è una domanda retorica - è se tutto questo sia un atteggiamento voluto o si tratti di dilettanti allo sbaraglio: magari ci risponde. Ciò che ci sembra - è necessario ribadire ancora una volta - è che voi esprimete un progetto che sostanzialmente si basa su tre linee programmatiche: con i forti si tratta e, alla fine, in un qualche modo ci si accorda concedendo molto; ai deboli non si danno tutele e diritti ma una pietosa carità - vedi la social card - e ognuno si arrangi e, se proprio vuole, si chiuda nella piccola cittadella cullandosi con una nenia magari in patois o nel dialetto locale e rinunci comunque ad un progetto condiviso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Garavini. Ne ha facoltà.

LAURA GARAVINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quasi tutti i giorni dobbiamo vedere un Presidente del Consiglio che recita la parte del paladino della sicurezza. Sentiamo Berlusconi e anche il Ministro dell'interno Maroni fare grandi proclami sui presunti successi nella lotta alle mafie. A ferragosto Berlusconi è arrivato addirittura a sostenere di volere passare alla storia come il Presidente del Consiglio che ha distrutto la criminalità organizzata. C'è una certa dissonanza con quello che invece ci propone il provvedimento che andiamo ad affrontare questa settimana.
Oggi ci troviamo a dover votare un provvedimento che legalizza il rimpatrio dei capitali dall'estero ma chiedo al Presidente del Consiglio: è chiara qual è la natura dei capitali che sono stati portati all'estero? Ci sono soltanto tre possibilità: o sono soldi legati all'evasione fiscale o sono frutto di corruzione oppure sono soldi riciclati dalle mafie. Spesso si tratta proprio di soldi frutto dei crimini più efferati portati all'estero per eludere le leggi antimafia o la confisca.
Come si può dire che si vuole combattere la criminalità organizzata se si attua un'amnistia come quella che ci viene proposta? Se si allargano le maglie e si dà la Pag. 108possibilità a chi ha portato all'estero i suoi capitali sporchi di riportarli illegalmente in Italia, pagando soltanto un misero 5 per cento del capitale e tralasciando tutte le tasse non versate, quando si sa esattamente che proprio le mafie sono coloro che riciclano i loro sporchi guadagni all'estero, questa non è lotta alla mafia, questo è favorire le mafie, questo significa fare il gioco delle mafie. Noi del PD non vogliamo che vengano fatti sconti alla criminalità organizzata. Questo è un modo per affossare la lotta alla criminalità organizzata. Con questo decreto-legge si cerca di cancellare con un colpo di spugna le norme antiriciclaggio e si riporta indietro la lotta alle criminalità organizzate di decenni.
Traffico di stupefacenti, traffico di armi, traffico di esplosivi e di esseri umani: questi sono solo alcuni dei reati attraverso i quali la criminalità organizzata produce una quantità impressionante di denaro, svariati milioni di euro che ripulisce reinvestendoli proprio e soprattutto all'estero.
La crisi economica ha arricchito ulteriormente le organizzazioni mafiose, che sono le uniche a disporre di liquidità in quantità illimitata. In questa situazione è come se il Governo aprisse le porte agli evasori, ai riciclatori, ai corruttori. Il Governo cancella l'obbligo per gli intermediari finanziari di segnalare le operazioni sospette di riciclaggio, di chi rimpatria i capitali, prevedendo in altre parole la totale impunità dei colpevoli. Questo non solo è inaccettabile, ma è una sorta di istigazione a delinquere. Quale imprenditore infatti si azzarderà a compiere investimenti legali, se solo gli imprenditori che evadono e delinquono vengono premiati, mentre quelli seri continuano ad essere lasciati irrimediabilmente soli anche rispetto alla grave crisi con la quale ci stiamo confrontando?
Allora il Governo con il provvedimento in esame non cerca semplicemente delle risorse, ma dimostra di voler svendere alla criminalità organizzata il sistema di legalità del nostro Paese e questa è una vergogna. La lotta alle mafie dovrebbe essere un impegno di tutti, senza distinzione politica, una battaglia comune in difesa della legalità nel nostro Paese.
Il decreto-legge in esame, invece, dimostra che al di là di tutti i proclami noi dell'opposizione siamo soli nel combattere la criminalità organizzata. Di questo passo questo Governo non sarà noto come il Governo che ha sconfitto le mafie, ma al contrario come il Governo che favorisce le mafie e le agevola anche in Parlamento, per di più a colpi di fiducia, con provvedimenti al limite della costituzionalità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Touadi. Ne ha facoltà.

JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, col provvedimento in esame assistiamo all'ennesimo stravolgimento della legalità nel nostro Paese. In questi mesi abbiamo visto il lodo Alfano, lo scudo offerto al Presidente del Consiglio, abbiamo visto i condoni edilizi e oggi l'amnistia tributaria e societaria. Questi reati in altri Paesi e in altre democrazie con tutt'altra sensibilità destano un biasimo sociale pressoché unanime, perché si tratta di reati che rompono il patto sociale sul quale si regge una democrazia salda.
Con questo emendamento ed altri che hanno preceduto e che seguiranno noi chiediamo di escludere dal provvedimento in esame il reato di cui all'articolo 3 del decreto-legge 10 marzo 2000, n. 74, che tratta di dichiarazione fraudolenta mediante artificio a scopo di evasione fiscale. Infatti, noi pensiamo che questo sia un ulteriore vulnus alla moralità pubblica.
Signor Presidente, lei sa che una norma senza sanzione è una pia esortazione, ma qui ci avviciniamo addirittura alla cancellazione della norma stessa., con conseguente indebolimento del senso di legalità dei nostri concittadini in questo e in altri ambiti della vita collettiva. Vogliamo combattere questa norma criminogena, che tra l'altro è in palese violazione del principio di uguaglianza fra cittadini. Avremo due categorie di cittadini: gli onesti che pagano Pag. 109regolarmente le tasse e quelli che le evadono sistematicamente, attendendo fiduciosi la sanatoria che arriva comunque, nonostante le rassicurazioni del Ministro Tremonti.
Vi sarebbe anche da riflettere sulla violazione dell'articolo 79 della Costituzione, secondo il quale l'amnistia è concessa solo con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera in ogni suo articolo e nella votazione finale e non certo attraverso l'utilizzo dello strumento della decretazione d'urgenza in sede di conversione in legge ordinaria. Vogliamo quindi dire anche che il provvedimento in esame è un vulnus alla competitività tra imprese e rende poco appetibile il nostro sistema-paese, che non offre garanzie di trasparenza alle imprese che vogliono investire nel nostro Paese.
Il sistema Paese si allontana dall'Europa e dal mondo civile, che funziona secondo il sistema della prevedibilità dell'impianto legale, che impone a tutti gli stessi comportamenti e le stesse attese da parte degli operatori. Usciamo, con questo scudo fiscale, dalla legalità nazionale e internazionale, ma la cosa più grave è che ratifichiamo e diamo un sigillo ufficiale alle pratiche della malavita organizzata e delle mafie, con le loro contabilità occulte e parallele rispetto a quelle legali e valide per tutti.
È un peccato, perché il Parlamento e il Governo devono essere baluardo di legalità e noi, con questo provvedimento, diamo non solo un cattivo esempio alle nuove generazioni, ma apriamo la stura a tutte le illegalità, mettendo il nostro Paese in condizione di non essere più in grado di attrarre gli investimenti esteri, che non vi trovano le garanzie legali sufficienti e il sufficiente clima di concorrenza leale, che è il fulcro di un mondo economico globalizzato, dove tutti i Paesi devono, in qualche modo, attenersi a regole chiare e rispettate da tutti.
Ci opporremo a questo provvedimento con tutte le forze ma, soprattutto, ci opporremo alla secessione dalla Costituzione che stanno attuando il Governo e questa maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Viola. Ne ha facoltà.

RODOLFO GIULIANO VIOLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, francamente sono in difficoltà a intervenire oggi, per il semplice fatto che tutto il Parlamento si ritrova, per l'ennesima volta, ad affrontare - e mi spiace usare un termine forte, ma non ne trovo altri - quello che è un atto di arroganza.
Un mese e mezzo fa il Presidente della Repubblica, non di fronte a questo provvedimento ma ad un altro provvedimento del Governo, disse che non andava bene e che si doveva correggerlo contestualmente. La risposta del Governo al Presidente della Repubblica fu: sì, lo modifico, ma come voglio e, anzi, aggravo il senso di quello che avevo approvato fino ad ora. Questo è un atto di arroganza nei confronti delle più alta carica della Stato, del Parlamento e, fino a prova contraria, nei confronti di tutto il sistema Paese.
Ho ascoltato le parole puntuali dei colleghi che sono intervenuti nel dibattito fino ad ora e che hanno giustificato la presa di distanza e la fortissima critica verso questo provvedimento e questo scudo fiscale, che di scudo fiscale non ha niente, se non la trasformazione in una vera e propria amnistia e in una sanatoria tombale di reati di tipo fiscale, con tutte le conseguenze che ne derivano. Tuttavia, l'aspetto che deve preoccupare i cittadini italiani, che ci preoccupa come parlamentari e che penso debba preoccupare il Presidente della Repubblica è che ci troviamo di fronte a un tentativo, ormai a un fatto compiuto, di esautorare il ruolo del Parlamento. Tale affermazione non deve essere vuota retorica e penso che dobbiamo riaffermarlo con forza. Il senso degli interventi di oggi, da parte del gruppo parlamentare del Partito Democratico, dice finalmente che dobbiamo dire «basta» a questo modo di agire e al fatto che si arrivi con provvedimenti di questa Pag. 110pesantezza. Ieri il collega Zaccaria ha parlato della pesantezza dei decreti-legge e, da questo punto di vista, dobbiamo dire «basta» all'introduzione e alla modifica con decreti-legge di parti importanti del nostro sistema ordinamentale, senza confronto politico né dibattito, senza il confronto con le parti sociali, né con un mondo che, al di fuori e in qualche misura, ci guarda e che attende risposte concrete a una crisi importante che tutto il Paese sta affrontando.
Da questo punto di vista, il motivo del nostro dissenso è assoluto, a causa della contraddittorietà che presenta questo provvedimento. Penso alla questione in materia di energia. Gli emendamenti - e sono il primo firmatario di uno di questi - riguardano soprattutto il fatto che il provvedimento in esame esautora le amministrazioni locali e le regioni nelle decisioni in materia di energia.
Non possiamo adottare provvedimenti in una materia così delicata sopra e contro le regioni. Lo dico con molta serenità di fronte al ruolo importante che ha nel Governo un partito a forte connotazione localista come la Lega e lo dico perché, da questo punto di vista, questo è l'ennesimo momento di contraddizione nella politica del Governo che, da una parte, fa proclami, ma nella sostanza esautora il ruolo delle amministrazioni locali e toglie spazio alla decisione dei governi locali. Questa è una delle cose più gravi che contenute nel provvedimento.
Allora, si capisce come non possiamo permettere che un provvedimento di questo tipo passi sotto silenzio, perché questo sarebbe successo e questo succederà se non continueremo in questa battaglia importantissima, non per un provvedimento specifico, ma per il ruolo che questo provvedimento può assumere dentro al Paese.
Invitiamo ad una riflessione profonda. Il presidente della giunta regionale del Veneto, Galan, ha detto che farà le centrali nucleari nel Veneto. Insomma, che lo vada a dire ai cittadini del Veneto e si confronti con i cittadini. Non si possono fare queste cose per decreto-legge.
Per questo motivo, ci opporremo con tutta la nostra forza alla prosecuzione del provvedimento in esame. Invitiamo il Presidente della Repubblica a fare in modo che non venga perpetrato un altro abuso nei confronti del Parlamento e dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zamparutti. Ne ha facoltà.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, con questo mio intervento voglio esprimere una forte critica al sistema dei commissari che questo provvedimento introduce (o per meglio dire corregge), perché si tratta di una soluzione che certamente non è esclusiva di questo Governo, ma che è frutto di una logica dettata dall'emergenza.
In questo caso, si tratta dell'emergenza dovuta all'impasse delle autorizzazioni di opere che rientrano in una materia concorrente in base alla riformulazione dell'articolo 117 della nostra Costituzione avvenuto con la riforma del Titolo V.
La proposta del ricorso ai commissari è, da questo punto di vista, un rimedio anche peggiore del problema a cui vorrebbe far fronte, perché si sostituisce il sistema dell'autorizzazione concertata Stato-regioni con una figura di chiaro segno dirigista, che presenta, anche nel suo funzionamento e nelle modalità con cui opererà, elementi di arbitrio, oltre ad essere di tutta evidenza uno strumento in mano al Governo centrale.
Penso che la figura del commissario possa servire certamente a fare alcune opere, che sia una figura nata sostanzialmente in vista del ritorno al nucleare, ma anche che sia uno strumento con scarse garanzie di governance democratica.
Inoltre, nel contesto di uno Stato, quale lo Stato italiano, azionista dell'ENEL, è evidente che in questa maniera il Governo si troverà in una situazione di endemico conflitto di interessi nel momento in cui dovrà decidere quali investimenti commissariare. Immagino già che saranno quelli attinenti ai siti nucleari che verranno Pag. 111realizzati a seguito degli accordi in corso tra ENEL e EDF.
Penso che la figura dei commissari avrebbe potuto avere un senso se almeno la lista dei progetti da commissariare fosse stata espressione di un piano energetico nazionale in qualche modo condiviso o almeno chiaramente definito dal Governo.
Invece, sul fronte del piano energetico nazionale o meglio (come viene definita anche in alcuni provvedimenti adottati nel corso di questa legislatura, ma poi non completamente attuati) della definizione di una strategia energetica nazionale, come Radicali da sempre la richiediamo e la vediamo però sempre solo annunciata, ma mai elaborata e realizzata, insieme ad una fantomatica conferenza per l'energia, sulla quale pure ci è stato un impegno con una tempificazione alla sua attuazione da parte del Governo, ma che viene invece costantemente rinviata. In assenza di una definizione di una strategia energetica nazionale di ampio respiro e ampiamente condivisa, la figura dei commissari non fa che corrispondere ad un dirigismo del Governo nello scegliere gli investimenti, peraltro con poca trasparenza e con modalità poco democratiche.

PRESIDENTE. Onorevole Zamparutti, la prego di concludere.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Quello che serve, invece, nell'ambito energetico è più mercato, più competizione, anzitutto nel settore del gas. Credo che pure con la riformulazione e con il ripristino anche delle competenze del Ministero dell'ambiente in queste materie si sia davvero molto lontani dal realizzare quello che realmente serve al nostro Paese, anche in termini di uscita dalla crisi in cui ci troviamo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Carella. Ne ha facoltà.

RENZO CARELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, gli utilizzatori finali e privilegiati di questo provvedimento sono i furbi, i disonesti e le banche. Sì, proprio le banche: se pensiamo a 100 miliardi di rientro di capitali, 5 miliardi sarà l'introito dello Stato, 10 miliardi di euro sarà l'introito di mediatori finanziari e di banche. Mi riferisco a quelle stesse banche che il Ministro Tremonti ogni giorno critica perché taglieggiano i risparmiatori con commissioni mostruose, come afferma il Ministro.
Signor Ministro, secondo noi, anziché parlare, lei deve agire. Sono anni che ricopre la carica di Ministro dell'economia, e solo oggi si accorge di queste nefandezze? Ci aspettiamo con urgenza un provvedimento del Governo a difesa dei risparmiatori. Signor Ministro Tremonti, lei vuole continuare a fare la predica al mondo, ma non ne ha le capacità e l'autorevolezza. Provi a fare il Ministro dell'economia, portando provvedimenti di legge che aiutino i redditi più bassi, che sostengano le pensioni e aiutino veramente le piccole e medie imprese nell'accesso al credito. La sua ossessione sui banchieri è più frutto di un complesso che lei ha verso chi dirige i più grandi istituti di credito e la Banca d'Italia, più che la volontà di regolamentare e rendere più trasparente il loro agire a difesa delle imprese e dei risparmiatori. Avrebbe tutto il nostro appoggio se lei volesse agire veramente. Anziché i condoni fiscali, ci porti all'esame di Commissioni e Parlamento norme di comportamento meno farraginose e astruse, che vengono regolarmente aggirate dalle banche a difesa dei diritti di chi accede al credito e di chi consegna alle banche i propri risparmi.
Signor Presidente del Consiglio, lei che ha portato i saluti al Popolo della Libertà del Presidente degli Stati Uniti Obama, spero che non abbia la faccia tosta di appropriarsi del carisma e della credibilità politica del Presidente degli Stati Uniti, visto che sosteneva i suoi avversari. Ma la faccia una cosa all'americana! Imiti lo scudo fiscale di quel Paese, ed è questo il cuore dell'emendamento con il quale noi tentiamo di modificare l'articolo 13-bis. Pag. 112Questa modifica porterebbe la norma in esame allo standard di molti Paesi, compresi gli Stati Uniti.
Sulla base di una dichiarazione spontanea del contribuente si regolarizzano i capitali detenuti all'estero, si pagano, se dovute, tutte le imposte originarie evase e si ottiene un abbattimento della sanzione al 20 per cento. Proprio perché trattasi di una dichiarazione volontaria, non c'è l'anonimato e quindi si eliminano dal provvedimento i pericoli legati all'accumulo di capitali provenienti da attività criminose.
C'è equità fiscale in questo emendamento nei confronti dei cittadini e delle imprese che hanno pagato regolarmente le tasse, come l'artigiano o il commerciante, che sono stati accertati e che hanno pagato tributi e sanzioni, mentre quelli che hanno evaso sono perseguiti, altrimenti se fossero andati all'estero, magari a Lugano, oggi l'avrebbero fatta franca. Noi diamo ancora una volta un pugno in faccia a cittadini e imprese che lavorano e pagano per il buon funzionamento dello Stato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Strizzolo. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, con molti colleghi intervenuti non solo in quest'Aula, ma anche in Commissione, in più occasioni abbiamo ribadito la netta contrarietà a questo provvedimento, che paradossalmente non risolve nessuno dei problemi che il Governo, invece, ha dichiarato di voler risolvere con questo decreto correttivo.
Innanzitutto, desidero porre in evidenza una pesante contraddizione. Il Ministro Tremonti in quel di Cernobbio davanti a una platea qualificata di esponenti del mondo economico e finanziario, nazionale e internazionale, con affermazioni tra l'altro riportate su tutti i quotidiani nazionali, aveva dichiarato che il Tesoro e il Governo avevano a disposizione risorse in una misura neppure immaginabile per far fronte al problema degli ammortizzatori sociali. Mentre poi, almeno con una delle motivazioni per cui si è dato vita a questo tipo di intervento, il cosiddetto scudo fiscale, con questi correttivi, che nei fatti lo hanno trasformato in una sorta di sanatoria, si è spiegato che esso serve a recuperare denaro e risorse per intervenire nei diversi campi in cui il Governo deve portare avanti le sue iniziative.
C'è una pesante contraddizione in questo atteggiamento e, fin quando la contraddizione è a livello di qualche associazione tipo bocciofila (con tutto il rispetto per le bocciofile), si può anche comprendere, ma quando è a livello di Governo del Paese che si fanno queste affermazioni, ne va di mezzo non solo e non tanto la credibilità dell'esponente del Governo che le rilascia, ma ne va di mezzo la credibilità dell'intero Paese, delle istituzioni e anche ovviamente del complesso delle forze politiche impegnate nei due rami del Parlamento.
Un altro punto che abbiamo cercato di sottolineare e diversi colleghi lo hanno detto, è che con questo provvedimento si dà un messaggio sbagliato al Paese, perché ancora una volta si va a premiare chi ha fatto il furbo, chi non ha pagato le tasse, mettendo in difficoltà quei soggetti, gli imprenditori, i piccoli artigiani, i commercianti, i professionisti e i lavoratori autonomi, che - come ricordava il collega Fogliardi stamattina - grazie anche al suggerimento del proprio consulente fiscale hanno ottemperato puntualmente a tutti gli impegni.
Di fronte a una situazione di questo genere, è chiaro che viene innescato un meccanismo psicologico pro futuro per cui magari qualcuno che si era comportato regolarmente si chiede: ma chi me lo fa fare?
Quindi, anche questo è un aspetto che non va sottovalutato perché in uno Stato moderno - certamente non ho la presunzione di spiegarlo io, lo dicono i maggiori esperti di diritto, di fisco, ma anche di rapporto trasparente tra Governo, istituzioni pubbliche e contribuenti - se non c'è questo clima, questo rapporto di fiducia stabile nel tempo tra il cittadino, il contribuente e il Governo e chi è preposto alla Pag. 113gestione dei tributi fiscali, se viene meno questa fiducia, alla fine si arreca un danno complessivo all'intero Paese.
Inoltre mi chiedo con quale credibilità qualche autorevole esponente di questo Governo, a cominciare dal Premier, ha partecipato ai summit internazionali dove si discuteva di definizione di regole per disciplinare i mercati finanziari ed evitare quello che è accaduto in quest'ultimo anno, se nello stesso tempo, in quest'Aula, si porta avanti un provvedimento di segno nettamente opposto.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

IVANO STRIZZOLO. Mi avvio a concludere, signor Presidente. Purtroppo il tempo manca, ma voglio citare un'altra pesante contraddizione, dal momento che mentre il Presidente di questa Camera, Fini, denuncia che in questo Paese c'è un rischio di penetrazione della mafia nel sistema economico e produttivo, ecco bello e confezionato un provvedimento che aiuta la mafia e probabilmente anche qualche gruppo terrorista a riciclare i fondi. Questi, tra l'altro, una volta «ripuliti», non sono soggetti neppure al vincolo, come abbiamo sottolineato in Commissione, di impiegare tali risorse nelle imprese del nostro Paese, proprio al fine di contribuire al rilancio e alla ripresa dell'attività economica produttiva. Non si prevede neppure questo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Graziano. Ne ha facoltà.

STEFANO GRAZIANO. Signor Presidente, il decreto-legge n. 103 del 2009 ha avuto origine dalla necessità di chiarire la portata di alcune disposizioni del decreto-legge n. 78 del 2009, in particolare per quel che riguarda l'applicazione dello scudo fiscale, quello varato a luglio. Infatti, la versione approvata dal Consiglio dei ministri chiarisce che dall'ambito applicativo dello scudo fiscale rimangono esclusi i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 78 del 2009. Il Governo ha parlato di necessità e doverosità degli interventi per evitare conseguenze negative derivanti dall'entrata in vigore di alcune norme previste dal decreto-legge di luglio.
Gli argomenti oggetto di modifica, non modificati in sede di conversione in legge, costituiscono il contenuto di una soluzione confusa e farraginosa dal punto di vista legislativo, quale quella di un decreto-legge correttivo, incivile e immorale per il suo impatto economico e sociale. La posizione della questione di fiducia ne aggrava sicuramente il giudizio perché mortifica, con metodo ormai ordinario, il rapporto istituzionale tra il Parlamento e il Governo. Le dinamiche parlamentari risultano profondamente compromesse da questa modalità di azione in rapporto alla complessità e alla gravità delle misure, introdotte in maniera veloce e senza un approfondimento, intaccando la qualità e la quantità del contrasto al crimine organizzato, con particolare riferimento all'aggressione dei patrimoni mafiosi e al riciclaggio, che l'attenzione del Paese concentra su vicende quali l'illecitamente prodotto dalle organizzazioni criminali, senza peraltro sottacere cosa si aspetta il Paese. Senz'altro è concentrato sulla crisi economica, che non gode di un congruo riscontro da parte del Governo; i bisogni del Paese e gli indirizzi dell'azione governativa viaggiano su binari ormai paralleli e si muovono con tempi assolutamente diversi. Le gravi conseguenze occupazionali derivanti dalla crisi non ricevono alcuna considerazione nell'ambito di un progetto di politica economica.
Il tentativo di fare cassa a tutti i costi con lo scudo fiscale è la priorità, una priorità ingiusta ed inefficace, essendo risorse che non andranno alle famiglie o alla scuola, come si dice, ma destinate a ritornare all'estero. Le disposizioni sullo scudo fiscale ampliano oggettivamente e soggettivamente la portata della misura, trasformandola di fatto in un'amnistia mascherata: questo va detto con molta chiarezza. Quindi, anche se illegale, l'importante è fare cassa, e questo non è Pag. 114immaginabile in un Paese civile. Così ha preso forma un nuovo strumento esteso anche alle società partecipate o collegate all'estero che introduce la non punibilità di una serie di reati societari, a cominciare dal falso in bilancio, ed elimina per le condotte che portano al rimpatrio di capitali l'obbligo della denuncia delle operazioni sospette. Ciò avviene in un momento particolarmente delicato di contrasto al terrorismo internazionale e alla criminalità organizzata, quella che si occupa ed esercita le proprie attività prevalentemente attraverso le attività finanziarie illegali.
Come si accorda la norma che esclude l'obbligo della denuncia di un'operazione sospetta con gli obiettivi di legalità e di sicurezza tanto sbandierati da questo Governo? Lo vorrei domandare e vorrei una risposta su questo. Cosa dire poi della garanzia di anonimato accordata a chi aderisce allo scudo? Vorrei che il Governo rispondesse su questo. Le risposte alle tante domande non fanno che denunciare la portata fallimentare del provvedimento, drammatico dal punto di vista sociale del Paese, con il quale questo Paese uscirà con un'immagine gravemente compromessa rispetto al rigore e all'etica che generalmente ci hanno contraddistinto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Margiotta. Ne ha facoltà.

SALVATORE MARGIOTTA. Signor Presidente, purtroppo ancora una volta e su un decreto-legge di grande importanza, che dovrebbe dare risposte alla crisi economica (quindi incidere direttamente sulla vita dei cittadini italiani), assistiamo sostanzialmente allo svilimento di ruolo e funzione del Parlamento. Già la vicenda di luglio fu paradossale: mentre in Senato si approvava in via definitiva un decreto-legge, contemporaneamente era pronto un testo di un decreto-legge correttivo, peraltro in virtù della moral suasion del Presidente della Repubblica.
Ora siamo alle solite: intanto il decreto-legge è arrivato all'esame della Camera solo la settimana scorsa; le Commissioni competenti V e VI hanno dovuto analizzarlo, esaminarlo e valutare i pareri in tempi rapidissimi, per non parlare della altre Commissioni. La Commissione VIII (Ambiente) della quale faccio parte, che è coinvolta da aspetti rilevanti di questo decreto-legge, ha dovuto licenziarlo giovedì mattina dopo quindici minuti di discussione, di esame e di voto del parere, ovviamente con il voto contrario del gruppo del Partito Democratico.
Siamo, inoltre, alle solite in quanto si procede ancora una volta con la fiducia. Abbiamo sentito colleghi ricordare che siamo alla venticinquesima fiducia in pochissimo tempo, da quando è iniziata questa legislatura. Fiducia, dibattito strozzato, nessuna possibilità di apportare modifiche, emendamenti, a cui si è lavorato, del tutto inutilizzati e ancora una volta impotenza da parte dei deputati a svolgere fino in fondo il ruolo per il quale sono stati eletti e per il quale, peraltro, percepiscono un'indennità.
Ciò riguarda il metodo, poi se si esamina il merito e se guardiamo da vicino al testo emergono alcuni aspetti davvero sconcertanti. Il primo è quello che riguarda lo scudo fiscale, ma non aggiungerò nulla alle parole già dette stasera. Dico soltanto che si tratta contemporaneamente di un'amnistia, di un condono fiscale e di un'amnistia penale: un vero e proprio colpo di genio del Ministro e del centrodestra.
Voglio, invece, soffermarmi su alcuni aspetti di stretto interesse della Commissione ambiente. Si introduce il concerto del Ministero dell'ambiente sulle procedure d'urgenza per la realizzazione di impianti per la produzione di energia elettrica. Ricordo la querelle di luglio scorso, querelle anche giornalistica, con il Ministro Prestigiacomo e il Ministro Calderoli a litigare: la prima che rivendicava la propria titolarità sull'argomento mentre il secondo la negava.
Ricordo persino il paradosso di un ordine del giorno, presentato peraltro a mia firma con altri colleghi del gruppo del Partito Democratico della Commissione Pag. 115ambiente, nel quale chiedevamo al Governo di ripristinare tale titolarità, non accolto dal Governo e respinto dall'Aula proprio mentre il Governo faceva esattamente quello che l'ordine del giorno chiedeva di fare: davvero un paradosso, del quale ancora non so darmi spiegazioni.
Corretto questo aspetto, nell'iter parlamentare salta fuori un'altra bruttura: l'esame parlamentare ha soppresso l'obbligo di intesa con regioni e province autonome per gli interventi relativi alla trasmissione e distribuzione dell'energia. Non solo è una scelta politica gravissima e sbagliata, perché è folle pensare di attuare interventi in materia energetica, magari di energia nucleare, senza il concerto di regioni e province autonome, ma siamo di fronte - lo evidenziano gli ottimi uffici delle nostre Commissioni - a una violazione della Costituzione, perché l'articolo 117, comma 3, individua produzione, trasporto e distribuzione di energia quale materia concorrente. Dunque, non solo è una scelta sbagliata, inefficace, poco opportuna e poco saggia, ma anche una scelta che viola la Costituzione.
Insomma, è un brutto pasticcio: un iter parlamentare irriguardoso del nostro ruolo e della nostra funzione, un emendamento approvato al Senato per la depenalizzazione di reati gravissimi e, infine, persino una violazione della Costituzione. Purtroppo, questo Governo, di giorno in giorno, ci dimostra davvero che al peggio ma c'è mai fine (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Nannicini. Ne ha facoltà.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, siamo di nuovo ad un decreto-legge veloce, che corregge un vecchio decreto-legge, il n. 78 del 2009, che è entrato in vigore il 5 agosto scorso. Se leggo il contenuto dell'intero decreto-legge, si prevedono: interventi urgenti per le reti dell'energia, su cui altri colleghi si sono soffermati, società dello Stretto di Messina, l'articolo 1, comma 1, lettera b), su cui mi soffermerò per illustrare il mio emendamento, disposizioni concernenti il rimpatrio di attività finanziarie e patrimoniali detenute fuori del territorio dello Stato.
Già il titolo mi incuriosisce, perché è legittimo avere attività finanziarie all'estero, se lo facciamo con i moduli e in accordo con gli Stati e secondo gli indirizzi che ci vengono dati dall'Unione europea e dal mondo. Quindi, sarebbe stato bene forse scrivere, invece di dibattere di scudo o di condono, di attività finanziarie e patrimoniali illegalmente esportate - lo ripeto: illegalmente - e detenute all'estero, fuori del territorio nazionale. Infatti, si tratta di riportare in Italia, con il costo dell'1 per cento annuo (non del 5 per cento, perché è previsto al massimo il cinque per cento se gli anni sono cinque), all'interno del territorio nazionale, capitali esportati illegittimamente, ossia non corrispondentemente alle leggi.
Infatti, se una società, un cittadino o chiunque, vuole acquistare o promuovere investimenti all'estero, lo può fare con denari che sono legalmente detenuti dopo la tassazione nazionale. Lo dico perché il decreto-legge n. 78 del 2009 era partito non male, perché vi era un articolo in cui prevedeva di tassare i capitali che stanno all'estero e di trovare una disciplina per il soggetto fiscale passivo residente in Italia.
Ricordo che l'ufficio studi e alcune note della Banca d'Italia ci dicevano che alcuni capitali all'estero avevano una redditività del 9 per cento annuo. Nel 2006, 2007 e 2008, in alcuni paradisi fiscali, la redditività dei capitali detenuti all'estero era del 9 per cento. C'era una base di tassazione per riportarli in Italia che parlava del 50 per cento del limite della redditività. Si è inventata una redditività del 2 per cento, qualcuno in qualche convegno ha anche la sfacciataggine di dire che si riportano con il 50 per cento, perché quell'1 per cento è il 2 per cento della resa tassata al 50 per cento.
Ma la cosa più bella è la modifica effettuata dal Senato per cui si elimina il problema dell'obbligatorietà dell'informazione, cioè non vi è più l'obbligo di presentare l'informazione e non vi è più Pag. 116obbligo di date, perché le date sono slittate non al 5 agosto, ma si va, addirittura, alla data di conversione del presente decreto. Questa è la domanda che emerge forte: perché si vuole peggiorare uno strumento che già l'opinione pubblica aveva visto in modo negativo? Sentivo, mentre ero in auto, un camionista dire che il 19 agosto 2010 deve acquistare una concessione per poter continuare a fare il suo lavoro. È legittimo e giusto regolamentare tutte le attività, ma come si può mantenere il tessuto sociale e connettivo di un Paese, quando si rompono le regole rispetto al tema fondamentale dei capitali e del sistema fiscale?
Il mio emendamento 1.74, che ho firmato con l'onorevole Portas, riduceva il danno. Mi scuso, signor Presidente, se lo leggo in modo molto didattico, perché prevedeva - prevedeva perché scompare, sta nelle carte - che l'utilizzabilità a sfavore del contribuente prevista ai sensi dell'articolo 13-bis, comma 3, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito dalla legge n. 102 del 2009, così come modificato dal comma 1, si applica ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROLANDO NANNICINI. Il nostro emendamento toglieva l'assenza di segnalazioni, cioè si può fare il condono anche in assenza di segnalazione.
È un correttivo veramente sbagliato rispetto alle procedure. Anche l'attesa finanziaria - mi scuso e concludo subito, signor Presidente - che non è quantificata, 5, 6 o 7 miliardi, non ha la destinazione precisa che meriterebbe un decreto anticrisi, perché tutti i soldi che vengono dal condono dovrebbero andare ad aumentare le detrazioni fiscali del lavoro dipendente e del lavoro da pensione per aumentare la domanda interna.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROLANDO NANNICINI. Allora avrei potuto capire i pasticci che si fanno; invece, si fanno pasticci senza un ritorno per il Paese reale. Grazie di nuovo, signor Presidente: è la terza scampanellata e mi metto a sedere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rubinato. Ne ha facoltà.

SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, vorrei intanto fare alcuni conti insieme a voi e ai cittadini, che magari ci stanno anche ascoltando. È già stato detto chi ci guadagna e chi non ci guadagna da questo condono e da questa amnistia.
Ho chiesto al signore che mi fa il caffè la mattina, con cui ho parlato in questi giorni, cosa pensasse di questo scudo fiscale, e lui, da barista che si alza ogni mattina alle sei per aprire il bar e fare il caffè e che va a dormire a mezzanotte, mi ha detto: soldi ce ne sono pochi; facciamone rientrare un po', ce n'è bisogno. Gli ho fatto fare due conti: quando tu fai un caffè e non emetti lo scontrino, ed è successo, su un'evasione di 90 centesimi lo Stato ti sanziona, quando ti pizzica, con una sanzione che vale 516 euro. Se paghi subito, sono 129 euro, il che significa che, siccome sei un modestissimo e piccolissimo imprenditore di te stesso, che vivi del tuo lavoro, siccome sei un modestissimo e piccolissimo evasore fiscale, lo Stato decide che la sanzione nel tuo caso è di 140 volte l'importo evaso.
Saliamo un po' nella gerarchia: se sei un piccolo imprenditore pizzicato, fondatamente oppure no, con gli studi di settore, e, supponiamo che ti venga detto che non sei congruo per 20 mila euro, lo Stato stabilisce che, su quei 20 mila euro di presunto accertamento superiore, tu devi pagare le tasse, le sanzioni e gli interessi.
E quindi su quei 20 mila euro - se non vuoi fare tutta la processione del giudizio tributario, più un secondo grado di Cassazione, e non vuoi spendere i soldi, anticiparli, pagando pure le imposte che comunque ti iscrivono a ruolo, la maggiore imposta fino al 50 per cento di tutto - se tratti Pag. 117con lo Stato, con l'Agenzia delle entrate, di quei 20 mila euro 15 mila li devi lasciare sul piatto allo Stato. Quindi in questo casi la sanzione non è 140 volte l'importo evaso, è il 75 per cento dell'importo evaso: un po' più consistente lo è.
Se però saliamo al Gotha degli evasori fiscali, quelli che invece i capitali li possono portare all'estero perché sono consistenti, allora a quel punto lo Stato i conti non li fa più così bene, li fa in modo indecente: chiede il 5 per cento. È un meretricio! Ed è a danno delle persone che si alzano la mattina alle cinque; non sto neanche parlando di quelli che hanno la ritenuta fiscale alla fonte, che non possono decidere se evadere o no uno Stato che si comporta in questo modo: sto parlando della giustizia nello stesso bacino di evasione fiscale. Allora, a questo punto siamo al 5 per cento: un vero regalo! Tra l'altro le banche, a cui fate un altro grande regalo, si stanno attrezzando con prodotti finanziari eccezionali: tu riporti i capitali, me li lasci da gestire cinque anni (questo stanno offrendo); alla fine del quinto anno tu non ti preoccupare: ti do io i soldi che hai pagato allo Stato per il rientro di questi capitali.
Ma non siamo ancora al meglio: mettiamo che c'è un imprenditore che li ha portati fuori, in questo momento deve capitalizzare la sua impresa, vuole tenere i dipendenti al lavoro, quindi gli servono per fare un po' di bene a questo Paese in questo momento. Bene. È un caso che succeda, perché non c'è nessuna disposizione, nella normativa che voi approvate, che li aiuti a far ciò, questa cosa virtuosa; comunque mettiamo che un imprenditore decida di farlo. In questo caso, in qualche modo, un minimo di accettabilità morale c'è.
Però il Gotha del Gotha degli evasori è un altro, e al Senato ci abbiamo pensato, ci avete pensato: sono quelli che riciclano il capitale, i capitali sporchi, frutto dei reati (a voi sta molto a cuore la sicurezza), e sono addirittura quelli che finanziano il terrorismo. È gravissimo, un attentato alla sicurezza nazionale: in un colpo solo avete avuto il coraggio di introdurre (di farla introdurre, tra l'altro, da un collega parlamentare) una norma che cancella l'obbligo agli intermediari finanziari di denunciare le operazioni sospette non solo di riciclaggio, ma anche di finanziamento al terrorismo. È un'offesa anche ai nostri soldati morti in Afghanistan! Perché non correggete almeno questo aspetto?
I miei emendamenti proponevano questo; mi par di capire che non vengano accolti neppure questi. Allora però non si può parlare di sicurezza quando arrivano le «carrette dal mare»: la sicurezza, nel caso di terrorismo internazionale finanziato da questi capitali, non è invece cosa che vi interessa. Secondo me è un provvedimento iniquo, ingiusto e che i cittadini italiani forse ora pensano ci porterà un po' di denaro in questo momento di difficoltà, ma alla fine sarà una diga aperta all'illegalità e alle ingiustizie di Stato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi per illustrazione degli emendamenti presentati.

(Posizione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 2714)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Ministro per i rapporti con il Parlamento. Ne ha facoltà.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, il decreto-legge del quale la Camera sta discutendo scade nel corso di questa settimana. Il Governo ha evidenti ragioni, di carattere anche istituzionale, che venga convertito nei termini costituzionalmente previsti. Per queste ragioni pongo la questione di fiducia sull'approvazione senza emendamenti ed articoli aggiuntivi dell'articolo unico del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge n. 103 del 2009, che reca modifiche al decreto-legge n. 78 del 2009.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

Pag. 118

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, non è solo una curiosità: normalmente quando il Governo interviene in Aula, ci annuncia che la questione di fiducia è stata, oltre che per iniziativa del Ministro per i rapporti con il Parlamento, che indubbiamente non può che farci piacere, deliberata dal Consiglio dei ministri. Siccome non ho udito in che occasione il Consiglio dei ministri ha autorizzato il Ministro per i rapporti con il Parlamento a porre la questione fiducia, le sarei grato se potessimo essere edotti di questo prima di intervenire sul merito.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, non ho difficoltà ad esaudire la legittima curiosità dell'onorevole Giachetti. La posizione della questione di fiducia è stata deliberata e autorizzata dal Consiglio dei ministri nel corso dell'ultima seduta che si è svolta la settimana scorsa, in sede anche di approvazione del disegno di legge finanziaria. Nel corso di quel Consiglio dei ministri si è fatto un esame anche dei lavori parlamentari e si è preso atto che a disposizione delle Camere per convertire in legge il decreto-legge al nostro esame vi erano solo pochi giorni e quindi, ove si rendesse necessario, è stata deliberata l'autorizzazione alla posizione della questione di fiducia. Credo che le condizioni si siano verificate e per questo, signor Presidente, ho proceduto con la decisione.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, che possiamo dire di fronte a questo ormai reiterato oltraggio a questo Parlamento? Questa volta c'è qualcosa di peggio, c'è qualcosa di più. Parliamo di un decreto-legge che doveva correggere un decreto-legge su richiesta del Capo dello Stato, di fronte al quale, con la posizione del voto di fiducia e quindi senza la possibilità reale di interloquire o di intervenire nei contenuti (infatti in sede di Commissioni sono stati fatti degli strappi pretendendo di chiudere in pochissime ore il lavoro presso le Commissioni stesse, che quindi non è stato in realtà un lavoro), abbiamo visto quello che oggi è accaduto in Aula.
Benché questa sia la conclusione evidente, la gravità questa volta è doppia, perché in quel decreto-legge correttivo che, ripeto, doveva correggere delle anomalie si è riusciti ad infilare un elemento di grave peggioramento che, a nostro giudizio, è incostituzionale, perché di fatto introduce un'amnistia per la quale la nostra Costituzione prevede altre modalità di forma nonché di voto. Dunque, rispetto al passato quello che mi sento di aggiungere è che questa fiducia, per il peso ed il valore che ha, rappresenta forse l'inizio nel nostro Paese della morte della democrazia parlamentare. Quindi, l'unica cosa che in questo momento mi sento di dire è quella, forse, di invitare i colleghi ad alzarsi in piedi per osservare un minuto di silenzio. So che non posso farlo perché lei giustamente non mi permetterebbe di stare un minuto senza parlare, ma virtualmente è ciò che oggi mi sento di chiedere ai colleghi che sono ancora presenti (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PIER PAOLO BARETTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, Ministro Vito, è evidente che c'è qualcosa che non va nella situazione kafkiana nella quale ci stiamo cacciando tutti. Stiamo discutendo di un provvedimento oggettivamente importante e da voi riconosciuto come tale con una maggioranza totalmente assente da tutto il dibattito Pag. 119di ieri e dalla parte del dibattito di oggi, con una opposizione che è costretta ad un ruolo snervante per poter accendere qualche «lampadina» su una questione che invece è di primaria importanza e con un Governo ridotto ad un costante ricorso alla fiducia, per prudenza decisa addirittura prima che il dibattito parlamentare iniziasse (esso infatti è iniziato ieri).
C'è qualcosa che non va e penso che, indipendentemente dalle opinioni politiche e dalle parti in gioco, sarebbe utile che il Parlamento riflettesse e affrontasse tale questione. È una questione di Regolamenti? È una questione di logiche che stanno cambiando? È una questione di modalità con le quali il Governo vuole accedere alle proprie prerogative e il Parlamento alle sue? Bene, è il momento di discuterne.
Non penso che si possa andare avanti quattro anni in una situazione nella quale la maggioranza, le opposizioni e il Governo vivono questa condizione reciproca: è deprimente per tutti. Signor Ministro, penso addirittura - mi consenta e non mi fraintenda - che sia addirittura deprimente per lei, che ogni settimana è costretto a ripetere la stessa formula, che sta diventando francamente monotona.
Peraltro, il provvedimento in discussione ha un valore importante, e noi non abbiamo avuto un atteggiamento pregiudiziale. Abbiamo condiviso la linea del Governo contro i paradisi fiscali, sia in Commissione, sia nella discussione a luglio. Abbiamo apprezzato, apprezziamo, ed applaudiamo, il lavoro che il nostro Paese sta svolgendo, anche per merito del Governatore Draghi. Si tratta di un ruolo importante nella definizione delle nuove regole del gioco. Ieri sera, nella discussione sulle linee generali, una collega, l'onorevole Madia, ha dichiarato di sentirsi orgogliosa delle parole che il Presidente del Consiglio ha pronunciato a Pittsburgh in merito alla questione delle regole. Tutto questo ci stupisce ancora di più, leggendo il testo del decreto-legge correttivo presentato. Avevamo chiesto che in Commissione fossero presenti i Ministri Tremonti o Alfano. Oggi era balenata questa possibilità che abbiamo coltivato con un certo interesse; eravamo interessati ad ascoltare e a confrontarci.
Ci sono delle domande che sono rimaste inevase nella discussione, non abbiamo avuto risposte. L'unica risposta è stata la corretta risposta istituzionale del sottosegretario Giorgetti, resa questa mattina alla fine della discussione sulle linee generali, che, con tutto il rispetto per il sottosegretario, non ha chiarito le questioni centrali. Non ho tempo per riproporgliele, ma credo che sia giusto che in questa situazione tutto ciò sia chiaro (non tanto le nostre opinioni, che sono state ripetute, visto che, come ha detto ieri sera un collega, se dopo sette ore non sono state chiarite, evidentemente, non le si vuole capire). Ma la prima questione che vi riguarda è: cosa è successo da luglio a settembre per giustificare un cambio di rotta così evidente e drastico? Certamente non è stata l'Europa a chiedervi il cambiamento. Che cosa è successo, dunque, per giustificare che la discussione sia stata spostata da un piano ad un altro? Voglio ricordarvi che a luglio - noi abbiamo seguito bene la discussione anche in Commissione - si era già discusso del condono fiscale, e il Ministro Tremonti, in prima persona, stoppò quella discussione in maniera ufficiale di fronte a tutto il Paese. Cos'è intervenuto allora in questi due mesi, in questo mese e mezzo?
Il Ministro ha dichiarato questa mattina che se non si faceva così sarebbe stato un suicidio per gli evasori. Ma proprio tutte queste misure servivano? Servivano tutte insieme queste norme per evitare il suicidio di questi poveri evasori? Serviva l'anonimato? Serviva il non obbligo a dichiarare la provenienza? Serviva il falso in bilancio? Tutto insieme; siamo convinti che era tutto necessario? A questo punto, una volta che si è messo in gioco tutto ciò, vi era almeno da aspettarsi il vincolo della patrimonializzazione, almeno quello.
Penso che il problema del messaggio fiscale agli italiani sia un problema tutto aperto, del quale dobbiamo discutere, che il patto con gli onesti sia un problema serio che coinvolge anche questo Governo Pag. 120e che non bastino più le dichiarazioni. Ma, allora, qual è il limite che vi ponete? Lasciate perdere le nostre opinioni - tanto non c'è ascolto -, ma qual è il limite che vi ponete? Tra un evasore che ha guadagnato onestamente i soldi in Italia, e poi, commettendo un reato, li porta all'estero, e un evasore che oltre a portarli all'estero, li ha prima guadagnati illegalmente, c'è una differenza? Esiste una graduatoria di logiche politiche e giuridiche per voi, attorno alle quali costruire le vostre coerenze? Penso che queste siano questioni che abbiamo bisogno di comprendere. La nostra proposta è stata in tutte queste ore semplice: non ci è piaciuto il decreto-legge di giugno, però torniamo almeno a quello, almeno aveva una sua logica, questi cambiamenti l'hanno stravolto completamente; o si torna lì, o vi è qualcosa che sta prendendo la mano a tutti, anche al Governo e alla maggioranza. Vi è qualcosa che mi sfugge.
Mi vengono in mente le dichiarazioni del Ministro Brunetta a Cortina sui poteri forti. Vedo ombre lunghe anche su questo schermo, che possono in qualche modo farci riflettere sull'andamento di questa situazione. La verità - concludo, signor Ministro - è che forse mi rendo conto che è una situazione ingarbugliata nella quale anche voi vi siate cacciati. Forse è più facile scrivere libri di etica che scrivere decreti fiscali etici. Però - come voi sapete bene - è sulle leggi non sui testi letterari che si giudicano i Governi, e, come ha detto stamattina il Ministro Tremonti, il tempo è galantuomo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, ho motivo di ritenere che l'opposizione abbia tutto il diritto di sostenere le proprie tesi, e di argomentarle anche in un dibattito parlamentare come quello su questo provvedimento, dibattito che si è svolto con una lunga fase di discussione generale che ha visto la maggioranza sostanzialmente costretta per ragioni di tempo a interromperla, dando inizio alla discussione sul complesso degli emendamenti, che si è protratta per diverse ore. Così si sono svolti circa una cinquantina di interventi e i colleghi hanno avuto modo, seppur con tempo diverso, contingentato, di esprimere le loro opinioni e di illustrare gli emendamenti di cui erano i primi firmatari. Ritengo che il Governo abbia avuto un atteggiamento molto lineare in questa fase, nel sottolineare l'urgenza dei termini di conversione di questo decreto, visto che scadrà in settimana. Quindi, a fronte dell'andamento del dibattito che si è svolto, del numero degli emendamenti, dell'atteggiamento evidentemente ostruzionistico da parte dell'opposizione che non ha nascosto la contrarietà nel merito del provvedimento, e neanche un'azione di filibustering parlamentare (qualcuno dei colleghi dell'opposizione ha dichiarato di voler far decadere il provvedimento, impedendo a questa Camera di approvare questo provvedimento e quindi di convertire il decreto stesso), è assolutamente giustificabile e comprensibile la decisione del Governo di porre la fiducia sul provvedimento per fare in modo che venga convertito nei tempi necessari.
Si è già svolto il dibattito e la discussione generale, durante la quale v'è stata la possibilità del confronto tra maggioranza e opposizione, con il contributo dei relatori e con quello non secondario - in termini di replica - del sottosegretario onorevole Giorgetti, che ha offerto dei chiarimenti, che possono essere più o meno graditi ai colleghi, ma comunque questi chiarimenti ci sono stati.
Il provvedimento contiene norme importanti e significative, che non riguardano soltanto lo scudo fiscale, su cui c'è evidentemente da parte dell'opposizione la necessità o la volontà di drammatizzare lo scontro tra maggioranza e opposizione stessa. Ma vi sono norme che riguardano le competenze del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la Corte dei conti. Quindi, non è soltanto quello l'oggetto del provvedimento, anche Pag. 121se quella parte del provvedimento è una parte sostanziale, importante, che si è anche arricchita attraverso un dibattito parlamentare che pure si è svolto con tempi importanti nell'altro ramo del Parlamento, al Senato della Repubblica. In questa fase io ritengo che il Governo, in maniera molto lineare, adducendo la motivazione concreta della necessità di convertire il provvedimento in tempo utile per evitare la decadenza del provvedimento medesimo, abbia posto la questione di fiducia. A questa questione di fiducia, ovviamente per quanto riguarda il Popolo della libertà, noi rispondiamo con una conferma della fiducia al Governo e soprattutto con il sostegno politico parlamentare a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, ormai abbiamo perso il conto delle fiducie, però questa fiducia è posta su un decreto che è stato adottato senza la giustificazione che si richiede per i decreti e con tutti i tempi necessari per portarli avanti.
Contestualmente al decreto-legge principale è stato emanato un altro decreto-legge di correzione del decreto-legge principale. Successivamente, molto tempo dopo, al Senato, a dimostrazione che c'erano i tempi per discutere in maniera diversa, è stato presentato un emendamento di correzione al decreto-legge di correzione del decreto-legge principale. Fatto veramente di difficile comprensione rispetto a quelle che dovrebbero essere le regole di comportamento quando si legifera in un Parlamento democratico come questo.
Già di per sé questo non giustifica ciò che questa maggioranza e, soprattutto, questo Governo stanno facendo. Inoltre si chiede la fiducia, l'ennesima: 23, 25, ormai non conta il numero, siamo andati oltre, abbiamo splafonato. Per quale motivo? Si può chiedere la fiducia per un motivo importante per il Paese, per un motivo nobile. La chiedete sullo scudo fiscale, sul quale vi potevano essere anche molte convergenze e dentro il quale viene inserito un condono, che non è fiscale ma è sicuramente un condono penale, un condono tombale su reati odiosi, che gridano vendetta soprattutto da parte degli italiani onesti che lavorano, che si impegnano e pagano le tasse.
Questo è peggio di un'amnistia, peggio di un indulto che qualcuno ha tanto vituperato ma che tuttavia è previsto nella nostra Costituzione. Questa fiducia significa incentivare i paradisi fiscali per alcuni dei disonesti italiani che in questo momento potrebbero tranquillamente ritornare con i loro capitali nel nostro Paese. Ma, soprattutto, questa fiducia è una pugnalata alla legalità, una pugnalata alle regole, all'etica politica, al rispetto delle regole, in quanto tali motivo fondamentale di credibilità che una nazione deve avere e le istituzioni devono difendere.
Se poi pensiamo che dentro il provvedimento in esame tra gli altri reati è compreso il falso in bilancio, come possiamo dimenticare i dibattiti che abbiamo fatto in questa sede pensando alle migliaia di azionisti, di obbligazionisti, di risparmiatori imbrogliati dalle persone che hanno fatto del falso in bilancio un loro impegno professionale? Noi in qualche modo adesso diamo la possibilità di ripulirli e farli diventare delle persone apparentemente oneste. Qui dovremmo guardare certamente ad un grande Paese come gli Stati Uniti, che dopo determinati segnali ha previsto fino a trent'anni per il falso in bilancio.
Mi chiedo, dunque, signor Presidente, come sia possibile non preoccuparsi per questa fiducia. Ho ascoltato e sono rimasto sorpreso dall'ultimo intervento nel quale, alla fine, si è detto che, in fin dei conti, l'opposizione ha avuto il tempo di parlare, ha potuto fare cinquanta interventi questo pomeriggio. Come dire: avete detto la vostra, avete avuto tutto il tempo. Non ce l'hanno regalato, ma ci siamo Pag. 122ritagliati il minimo indispensabile previsto dal Regolamento della Camera, a fronte di una scelta che sicuramente non è democratica, come quella che in questo momento questa maggioranza e questo Governo stanno portando avanti. A queste persone chiedo: non ci ricordiamo forse la passata legislatura, quando insieme contestavamo al Governo Prodi certi comportamenti e certi atteggiamenti sulle fiducie quando offendevano l'opposizione democratica in quel Parlamento? Quando con i colleghi dell'UdC ero all'opposizione del Governo Prodi, lamentavamo questi atteggiamenti che adesso con il Governo Berlusconi sono peggiori di quelli del Governo Prodi.
Pertanto, concludendo, affermo che questa fiducia non è come le altre, ma è peggio delle altre: non soltanto è arroganza, ma esprime il massimo disprezzo per il Parlamento. E se esprime il massimo disprezzo per il Parlamento esprime il massimo disprezzo per il Paese e se esprime il massimo disprezzo per il Paese esprime il massimo disprezzo per gli italiani, soprattutto per gli italiani onesti che pagano le tasse e che vogliono essere governati da un Governo e da una maggioranza, comunque da istituzioni, che rispettino la loro onestà.
%In tale situazione credo che questa fiducia più delle altre ci vedrà impegnati a contrastarla non solo con il voto di domani, ma ogni giorno, dopodomani, nel Paese, a sostegno degli italiani onesti che dovranno subire l'ennesima fiducia e dovranno subire soprattutto l'ennesima umiliazione da questo Governo.

ROBERTO COTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, vorrei far notare ai colleghi alcune cose, anche se mi rendo conto che questo dibattito è un po' un teatrino, perché tutte le volte che il Governo pone la questione di fiducia ovviamente si assiste all'intervento da parte degli esponenti dell'opposizione, che gridano quasi al colpo di Stato perché è stata posta la questione di fiducia, perché se ne abusa e via dicendo.

IVANO STRIZZOLO. È Brunetta che ha parlato di colpo di Stato, non noi!

PRESIDENTE. Onorevole Strizzolo, per cortesia! Prego, onorevole Cota.

ROBERTO COTA. Il provvedimento in esame scade il 3 ottobre e quindi è evidente che a fronte dei numerosi interventi che si sono svolti durante la discussione generale - 30 interventi dei 60 che vi sono stati sul complesso degli emendamenti - e degli interventi che erano già stati «prenotati» sotto forma di iscrizione a parlare o si utilizzava lo strumento della fiducia oppure il decreto-legge in esame non avrebbe potuto essere convertito in tempo utile.
Dunque, se dobbiamo fare un discorso legato al funzionamento del Parlamento dobbiamo fare un discorso - e su questo potremmo anche trovarci d'accordo - collegato alla necessità di una riforma dei Regolamenti parlamentari. Se riusciremo a fare la riforma dei Regolamenti parlamentari e riusciremo a garantire la certezza dei tempi nella discussione e nell'approvazione di provvedimenti, allora forse potremmo anche fare a meno, anzi potremo - e io ritengo a questo punto che dovremo - fare a meno di ricorrere così spesso alla posizione della questione di fiducia per poter approvare i provvedimenti in tempi certi. Ma è questo il punto che dobbiamo affrontare e sul quale richiamo anche le opposizioni a dare il loro contributo, perché questo è un interesse di maggioranza, è un interesse di opposizione, è un interesse collegato a tutto il Parlamento e al suo funzionamento.
Inoltre, per cortesia, lasciamo perdere i minuti di silenzio e utilizziamoli quando è il caso di utilizzarli (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 123

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei in questo caso non strumentalmente, ma realmente riferirmi al buon andamento dei nostri lavori rispetto alla Presidenza. La mia richiesta al collega Vito relativa a quando fosse stata autorizzata dal Consiglio dei ministri la posizione della questione di fiducia non è casuale e ci aiuta anche a superare alcune bugie che hanno le gambe corte: onorevole Cota, il Governo avrebbe deciso di porre la questione di fiducia perché si è reso conto degli interventi? Lei lo sa quando il Consiglio dei ministri ha autorizzato la posizione della questione di fiducia? Il 22 settembre, quando era ancora in corso al Senato il dibattito sul decreto-legge in esame. Quindi, lasciate perdere, e almeno riconosceteci un po' di dignità: la posizione della questione di fiducia è stata decisa dal Consiglio dei ministri quando il dibattito era ancora in corso al Senato, quindi pensi, onorevole Cota, di che cosa sta parlando.
Però signor Presidente, siccome qui ognuno ha fatto la sua parte, legittimamente il Ministro Vito ha posto la questione di fiducia e noi abbiamo fatto i nostri rilievi, è utile, se non disturbo la collega Servodio, ricordare che in tutta questa vicenda abbiamo impiegato 15 ore di discussione, comprese le relazioni dei relatori, la posizione da parte del Governo della questione di fiducia e via dicendo. In altre parole, da ieri sono complessivamente 15 ore di discussione e per un provvedimento ci stanno tutte.
Adesso si pone un problema, perché il Governo ha legittimamente fatto la sua parte, ha posto la fiducia e noi abbiamo legittimamente fatto la nostra; adesso l'unica cosa che chi ha il compito di dirigere - e per questo mi riferisco al buon andamento dei lavori - questo nostro percorso deve sapere è semplicemente quale sia lo stato dell'arte: fiducia decisa l'altra settimana, quando ancora non era qui il provvedimento, 15 ore complessive discussione e ci rimane, dopo la questione di fiducia posta per l'ennesima volta dal Governo, la possibilità di usare uno strumento, che è quello delle dichiarazioni di voto, degli ordini del giorno e delle dichiarazioni di voto finale.
Si sappia che nell'economia complessiva dei nostri lavori ciò che è rimasto all'opposizione è questo. Poi, ovviamente, ci affidiamo alle valutazioni, alla sensibilità e anche alla tradizionale attenzione che la Presidenza ha nei confronti, in questo caso, dei diritti dell'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare per un richiamo all'articolo 8 del Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intanto perché voglio sottolineare il tono vagamente minatorio, ma forse ho sbagliato e intuito male. Tuttavia, credo che la Presidenza abbia contezza, nella sua sobrietà e autorevolezza, di quali siano i diritti dell'opposizione e quali i diritti della maggioranza, di quali siano i doveri del Parlamento e di ciascun ramo delle due Camere e di ciascuna Presidenza per il proprio ramo.
Inoltre intervengo, signor Presidente, per precisare che il Consiglio dei ministri non decide la posizione della questione di fiducia, ma autorizza a porla e tale autorizzazione, collega Giachetti come lei sa bene, evidentemente è intervenuta anche su provvedimenti sui quali non è stata posta la questione di fiducia. Infatti, il Governo preventivamente autorizza il Ministro per i rapporti con il Parlamento o il ministro competente o un suo autorevole esponente a porre la questione di fiducia qualora immagini che questa debba o possa essere posta.
Pertanto, si tratta di un'autorizzazione a porre la questione di fiducia non della decisione di porla che spetta al Governo stesso, nella figura dell'esponente a ciò Pag. 124preposto - il Ministro per i rapporti con il Parlamento - o anche dal ministro competente, nel caso in cui il Governo registri un andamento dei lavori d'Aula tale per cui, come in questo caso ha giustificato il Ministro per i rapporti con il Parlamento, i tempi siano talmente stretti da prevedere il rischio della non conversione del provvedimento d'urgenza o addirittura per altri argomenti che sono stati posti all'attenzione di questa Assemblea in altre occasioni come, ad esempio, una questione di fiducia che viene posta sul merito del provvedimento, proprio perché il Governo ritiene che la forza, l'importanza, la considerazione politica e il peso del provvedimento stesso siano tali da giustificare il ricorso alla questione di fiducia, che non è un colpo di Stato, voglio ricordarlo, ma è certamente uno strumento previsto dai Regolamenti parlamentari e dal nostro ordinamento.
Certamente credo che sia valido e ancora molto attuale, in un quadro dove le dinamiche fra Governo e Parlamento, oltre che tra maggioranza e opposizione, si consumano in un lungo iter di discussioni, di considerazioni e di valutazioni sull'opportunità o meno di modifiche dei Regolamenti parlamentari, quello che il Presidente Fini affermò in occasione della posizione di una questione di fiducia, qualche mese fa, vale a dire che il confronto su questi temi vada effettuato nella Giunta per il Regolamento, dove vi sono già proposte.
È vero che il centrodestra ha depositato alcune proposte, che il centrosinistra ne ha depositate delle altre e che il dibattito sulla riforma dei Regolamenti, già nell'altro ramo del Parlamento, si è avviato. È altrettanto vero che vi sono proposte che addirittura stabiliscono uno statuto e dei diritti dell'opposizione nonché una figura unica di portavoce dell'opposizione, ma anche che abbiamo di fronte delle opposizioni diverse. Infatti, vi è un'opposizione come l'Unione di Centro, con carattere interlocutorio e, per alcuni versi, anche collaborativo in ordine ad alcuni provvedimenti; un'altra come l'Italia dei Valori, che assume un atteggiamento conflittuale contro il Presidente del Consiglio e decide di fare un'opposizione da ariete e il Partito Democratico che in questo momento ha un suo segretario... tuttavia, non voglio svolgere una dinamica di natura politica, ma vi è la disponibilità a sedersi ad un tavolo per riformare questo sistema.
Infine, per quanto riguarda la Presidenza credo che essa non abbia bisogno né di avvocati né di atteggiamenti vagamente intimidatori. Vi sono le peculiarità dell'opposizione, vi è il diritto della Presidenza di condurre i lavori e quello della maggioranza di esercitare le proprie facoltà, ivi compresa anche quella di porre la questione di fiducia.

PRESIDENTE. Ricordo che la Presidenza ha già avuto modo di precisare, fin dalla seduta del 16 aprile 1997, che non è nella facoltà del Parlamento sindacare le modalità seguite dal Governo per la decisione di porre la questione di fiducia, dal momento che si tratterebbe di una valutazione su interna corporis di altro organo costituzionale.
D'altra parte, è vero che la questione posta dall'onorevole Giachetti impegna questa Presidenza a non ignorare i diritti dell'opposizione e i diritti del Parlamento. Ma a questo fine credo che la riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo di domani mattina sarà la prima occasione per rispondere a questa preoccupazione, così come la Giunta per il Regolamento per le modifiche che sono allo studio e all'esame della stessa.
Avendo posto il Governo la questione di fiducia alle ore 19,35 di oggi la votazione per appello nominale avrà inizio alla stessa ora di domani. Le dichiarazioni di voto, a norma dell'articolo 116, comma 3, del Regolamento avranno inizio domani alle ore 18,15. Il termine per la presentazione degli ordini del giorno è fissato alle ore 14 di domani.
La Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata per domani alle ore 10 per definire l'ulteriore seguito dell'esame. In quella sede si procederà, altresì, alla predisposizione del programma dei lavori per i mesi di ottobre-dicembre 2009 e del Pag. 125calendario per il mese di ottobre. Lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata previsto per la seduta di domani non avrà luogo.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 30 settembre 2009, alle 18,15:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1749 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, recante disposizioni correttive del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009 (Approvato dal Senato) (2714).
- Relatori:
Moroni, per la V Commissione; Fugatti, per la VI Commissione.

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Istituzione del Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza (2008-A).

e delle abbinate proposte di legge: BOCCIARDO; DE POLI; PISICCHIO; PALOMBA; VELTRONI ed altri; IANNACCONE ed altri; COSENZA (127-349-858-1197-1591-1913-2199).
- Relatori: Calabria, per la I Commissione; Castellani, per la XII Commissione.

La seduta termina alle 20,05.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO MARCO CAUSI IN SEDE DI ILLUSTRAZIONE DELLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE ALL'ARTICOLO UNICO DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2714

MARCO CAUSI. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, non è un pregiudizio a priori che porta il Partito Democratico a chiedere al Parlamento di non procedere all'esame del decreto correttivo del decreto n. 78. Si tratta di una valutazione ponderata, che ha al centro le norme sul cosiddetto «scudo fiscale», con riferimento sia al testo originario sia alle modifiche apportate in Senato.
Il Partito Democratico, e tutte le opposizioni, sono state fin dall'inizio molto critiche sull'impianto dello «scudo fiscale». Ma adesso il nostro giudizio non può che diventare ancora e più fortemente contrario. Di più: è nostro dovere denunciare ad alta voce i gravi rischi di questa nuova versione di «scudo fiscale», la sua inefficacia per la patrimonializzazione delle imprese, la sua valenza del tutto negativa per il vulnus generato alla credibilità dello Stato in rapporto ai contribuenti e alle imprese oneste, il suo potenziale danno per l'immagine internazionale del paese.
In Senato, signori della maggioranza, avete esteso lo «scudo» in tre direzioni. Primo, di esso potranno avvalersi anche le società di persone e di capitali, per regolarizzare somme giacenti presso controllate o collegate estere, e non più soltanto persone fisiche, enti non commerciali e società semplici. Secondo, i soggetti «scudati» saranno protetti non solo da eventuali illeciti di tipo amministrativo, civile e tributario, ma anche da illeciti che hanno rilevanza penale, come la dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti ovvero mediante l'utilizzo di artifici contabili, l'occultazione o distruzione di documenti, le false comunicazioni sociali (meglio note come «falso in bilancio»).
Insomma, a luglio avevamo denunciato questo «scudo» dicendo che era un vero e proprio condono, oggi diventa ancor più di un condono, quasi un'amnistia, che dovrebbe essere approvata dal Parlamento con maggioranza qualificata e non ricorrendo all'ennesima forzatura del voto di fiducia.
È vero che, come concordato fra Governo e Presidenza della Repubblica, vengono esclusi i procedimenti in corso. Ma è Pag. 126altrettanto vero che di quella intesa non facevano certamente parte le rilevanti estensioni applicative, che rappresentano una clamorosa eterogenesi dei fini da cui è nata l'esigenza del decreto correttivo.
E soprattutto non ne faceva parte la terza estensione, quella a nostro avviso più pericolosa, e cioè l'esenzione delle operazioni «scudate» dall'obbligo di segnalazione di operazioni sospette in materia di antiriciclaggio.
Chiunque può capire che il combinato disposto delle tre estensioni apre la strada al rischio di poter impunemente «lavare» denari le cui origini possono risalire ad attività illecite e criminali. Il rischio quindi che il nostro Paese contravvenga alle normative europee in materia di antiriciclaggio e di antiterrorismo, da cui deriva la violazione dell'articolo 11 della Costituzione, da noi paventata nella questione pregiudiziale oggi presentata.
Il tutto, con buona pace dei nuovi global legal standard di cui il Ministro dell'Economia si fa grande vanto per averli l'Italia proposti nelle sedi internazionali. Con quale credibilità, infatti, d'ora in avanti il nostro paese e il nostro Governo potrà partecipare attivamente alla costruzione di nuove regole per la finanza e per l'economia mondiale, per la vigilanza dei comportamenti distorsivi generati dagli operatori mossi da motivazioni speculative, per il contrasto alla criminalità economica, se adesso la vostra maggioranza si prenderà la responsabilità di approvare questo «scudo»? Esso rischia di allontanare il nostro paese dal rispetto di importanti regole internazionali e di avvicinarlo invece alle legislazioni opache dei paesi off-shore, che strizzano l'occhio a qualsiasi capitale, senza curarsi di valutarne la provenienza.
Eppure, la nuova normativa antiriciclaggio sta producendo importanti risultati. Le segnalazioni sospette all'Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia da parte degli intermediari sono cresciute del 16 per cento nel 2008 rispetto al 2007 e del 50 per cento nel primo semestre del 2009 rispetto al corrispondente periodo del 2008. C'è forse qualcuno nei banchi della maggioranza o del Governo interessato a gettare qualche granello di sabbia per interrompere questa crescita?
Mi rendo conto che si tratta di un'accusa forte, ma mi sembra a questo punto del tutto lecita, avvalorata, peraltro, dall'assenza del Ministro dell'economia e delle finanze dalla discussione di merito del decreto correttivo sia al Senato che alla Camera. Il Ministro sta forse, anche lui, subendo qualche diktat da parte di componenti della sua maggioranza o di lobby che a queste componenti fanno riferimento?
Si modifichi allora questo testo, si dia certezza agli intermediari e agli operatori di giustizia. Si cancelli al comma 3 del nuovo articolo 13-bis, così come risultante dall'emendamento Fleres, ogni riferimento all'esenzione dagli obblighi di segnalazione. Non è convincente infatti quanto dichiarato dal sottosegretario Giorgetti in sede di replica. Se davvero gli intermediari dovranno trattare le operazioni di regolarizzazione dall'estero al pari di qualsiasi altra operazione, per quale motivo la norma legislativa sullo «scudo fiscale» deve contenere il richiamo specifico a qualche forma di esenzione introdotto in Senato? Se Giorgetti ha ragione, ne segue la necessità, come l'opposizione sostiene, di modificare il testo.
Ma anche nel migliore dei casi - quindi escludendo i casi di riciclaggio di denaro ottenuto con attività criminali - e cioè in quello di imprese che abbiano costituito scatole estere con il solo obiettivo di pagare meno tasse, la norma non solo fa a pugni con elementari criteri di equità fiscale, ma non impone neppure che l'emersione di queste somme sia almeno soggetta al vincolo di rafforzare il patrimonio dell'impresa. Non è vero, insomma, che questo «scudo» è il prezzo da pagare per riportare dentro un po' di denaro che oggi serve alle imprese italiane in difficoltà.
È palese, ormai, e qualsiasi cittadino se ne rende conto, che la normativa italiana Pag. 127sulla regolarizzazione dei capitali espatriati si discosta fortemente da quelle messe in campo dagli altri paesi.
Era già così nell'impianto dello scudo di luglio, come le opposizioni hanno denunciato. Negli altri paesi lo scudo non prevede il totale lavaggio delle somme regolarizzate dal punto di vista della loro posizione fiscale. Se i redditi da cui si era, in passato, formato il capitale poi trasportato all'estero non fossero stati correttamente esposti al fisco, in tutti i paesi si pagano le imposte ordinarie dovute. Gli incentivi consistono nell'abbattimento delle sole sanzioni (20 per cento negli Stati Uniti, 10 per cento nel Regno Unito, fra il 10 e il 40 per cento in Francia a seconda della gravità dell'omissione).
L'impianto della norma italiana, invece, depotenzia l'ordinaria attività di accertamento da parte dello Stato. Ad esempio, la Guardia di finanza ha recuperato, nei soli cinque mesi iniziali del 2009, 3,1 miliardi di evasione internazionale. Ma in futuro lo sforzo della Guardia di Finanza rischia di essere vanificato, poiché le somme protette dallo scudo non potranno più rientrare negli ordinari accertamenti.
Ciò contraddice anche la volontà dell'esecutivo di andare verso forme di «redditometro» per il contrasto all'evasione. Se infatti si vogliono utilizzare indicatori indiretti dello stile di vita del contribuente per verificare la veridicità delle sue dichiarazioni fiscali, mi domando e vi domando: se un contribuente ha detenuto per alcuni anni presso un conto corrente svizzero alcune centinaia di migliaia di euro poi regolarizzati, non sarà anche questo un indicatore della sua capacità fiscale, oltre alla casa in cui abita o allo yacht che possiede?
Ma soprattutto in nessun altro paese è previsto l'anonimato. Neppure in Francia, caro sottosegretario Giorgetti, diversamente da quanto lei ha detto. In Francia l'anonimato è garantito solo durante la fase istruttoria. Alla fine della trattativa fra amministrazione e contribuente viene redatto un formale verbale di regolarizzazione nominativo, un po' come avviene in Italia nei casi di accertamento con adesione.
L'anonimato, si badi, è importante non tanto ai fini della perseguibilità dei soggetti in sede tributaria, quanto ai fini della lotta ai paradisi fiscali. La quale si fa raccogliendo dati sugli intermediari finanziari e sulle piazze finanziarie presso cui le somme sono state collocate durante il periodo dell'esportazione. Ricostruendo, insomma, una tracciabilità per questi capitali.
È così che le amministrazioni fiscali acquisiscono informazioni cruciali, da utilizzare per indurre a più miti consigli le banche e i paesi fuori linea. È così, ad esempio che l'amministrazione fiscale statunitense ha costruito le informazioni che le hanno permesso di aprire specifici e duri contenziosi con alcune banche svizzere.
E tutto si tiene, in fondo: si comprende così anche il colpevole ritardo con cui il Governo italiano si sta muovendo per firmare le convenzioni sugli scambi di informazioni con i paesi che fanno parte della «lista nera» dell'Ocse. Con il rischio che questi paesi le firmino con altri Stati, escano dalla sanzione della lista nera, e non abbiano più incentivi a concedere le stesse procedure agli Stati che arrivano in ritardo. E sembra che questo stia già avvenendo nel caso del paese per noi più importante ai fini del contrasto agli illeciti finanziari e all'evasione fiscale, e cioè la Svizzera.
Mi rivolgo adesso, in conclusione, alle deputate e ai deputati della maggioranza. Nel voto che adesso esprimerete sulla pregiudiziale presentata dal Partito Democratico e su quelle degli altri gruppi di opposizione fate valere, è questo il mio appello, le ragioni della coscienza e della libera valutazione di merito, diritto e prerogativa di ogni parlamentare. Siamo ancora in tempo per non far commettere allo Stato italiano una serie di errori gravi, dalle conseguenze imprevedibili. Siamo in tempo per riunire il Comitato dei nove e modificare il decreto correttivo approvando un piccolo pacchetto di emendamenti, Pag. 128in modo da riportare lo scudo fiscale italiano in linea con quelli degli altri paesi. E possiamo far questo in poco tempo, senza correre il rischio di far decadere il decreto. Allora sì che potrete dire che state facendo come Obama, perché invece così com'è lo scudo italiano con Obama, con Sarkozy e con Gordon Brown non ha davvero nulla a che vedere.
Certo, con questa norma si portano un po' di soldi a casa per un bilancio pubblico in difficoltà. Ma, vi domando, qual è il prezzo di questi soldi? Si tratta di uno schiaffo in faccia ai contribuenti onesti e alle imprese che sono sempre rimaste nei confini della legalità. A vantaggio di altre persone ed imprese che in qualche caso potremmo limitarci a definire «furbe», ma che in altri casi rischiano di essere soggetti che hanno costruito il loro capitale con attività illecite e criminali.
Non credo che questo prezzo sia accettabile per la Repubblica. Non è accettabile, come prezzo da pagare, il vulnus alla legalità, al rispetto delle regole; il rischio di porre il nostro paese fuori linea dagli standard etici internazionali, di abbassare la guardia nel contrasto alla criminalità economica, che è la manifestazione di gravi patologie dietro cui alberga la criminalità organizzata.
E di far questo, per giunta, proprio mentre il Governo si vanta per una politica di stretta sul fronte della microcriminalità. Lo Stato non deve essere debole con i forti e forte con i deboli, ma giusto ed equo con tutti. Non fate questo sbaglio, non infliggete questo colpo al paese. Noi, dall'opposizione, faremo di tutto per impedirlo. Voi adesso potrete, con il voto favorevole alle pregiudiziali del Partito Democratico e delle altre opposizioni, fare in modo che l'Italia possa restare a testa alta, e tutta unita, a dare forza in tutte le sedi internazionali alla battaglia mondiale per scrivere ed imporre regole nuove e più etiche alla finanza e all'economia.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 2)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. DDL 2714 - quest. preg. 1, 2 e 3 485 482 3 242 215 267 45 Resp.
2 Nom. chius. discuss. compl. emendamenti 511 511 256 280 231 41 Appr.