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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di mercoledì 30 giugno 2010

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 30 giugno 2010.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Donadi, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leo, Leone, Lo Monte, Lupi, Lusetti, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Mura, Mussolini, Nucara, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Tabacci, Tremonti, Urso, Valducci, Vegas, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta)

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Antonioni, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, De Biasi, Donadi, Fitto, Gregorio Fontana, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leo, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Mura, Mussolini, Nucara, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Tabacci, Tremonti, Urso, Valducci, Vegas, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

In data 29 giugno 2010 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
FARINA COSCIONI ed altri: «Norme per la prevenzione della sindrome fetale alcolica» (3583);
DAMIANO ed altri: «Disposizioni concernenti l'etichettatura dei prodotti e la tracciabilità dei processi di lavorazione per assicurare l'informazione dei consumatori e la tutela delle produzioni nazionali» (3584).

Saranno stampate e distribuite.

Adesione di un deputato a una proposta di legge.

La proposta di legge DAL LAGO e LUCIANO DUSSIN: «Nuove norme in materia di esercizio della prostituzione» (2127) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Chiappori.

Assegnazione di una proposta di inchiesta parlamentare a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, la seguente proposta di inchiesta parlamentare è assegnata, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia):
DI PIETRO ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla pubblicazione del contenuto dell'intercettazione del colloquio tra il deputato Piero Fassino e Giovanni Consorte nel dicembre 2005, nonché sulle conseguenze e sull'uso politico della sua diffusione» (doc. XXII, n. 20) - Parere della V Commissione.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

I Commissione (Affari costituzionali):
ZACCHERA e MIGLIORI: «Modifiche alla legge 27 dicembre 2001, n. 459, recante norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero» (3390) Parere delle Commissioni II, III, V, XI e XII.

II Commissione (Giustizia):
TAGLIALATELA: «Disposizioni in materia di crediti nei confronti di amministrazioni dello Stato e di enti pubblici, nonché delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, delle aziende ospedaliero-universitarie, dei policlinici universitari a gestione diretta, degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico, degli istituti zooprofilattici sperimentali e delle agenzie sanitarie regionali» (3502) Parere delle Commissioni I, V, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e VII (Cultura):
MIGLIOLI: «Norme in materia di pluralismo informatico e di incentiva- zione della diffusione del software libero» (3547) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, IX, X e XI.

Trasmissione dal ministro dell'interno.

Il ministro dell'interno, con lettere del 25 giugno 2010, ha trasmesso due note relative all'attuazione data all'ordine del giorno BERNARDINI ed altri n. 9/3210/1, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 24 febbraio 2010, concernente l'effettiva applicazione della normativa e del sistema sanzionatorio sull'affissione abusiva di manifesti di propaganda elettorale, e, per la parte di propria competenza, all'ordine del giorno DUILIO n. 9/2561-A/64, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 27 luglio 2009, concernente la regolarizzazione di colf e badanti.
La suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali) competente per materia.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

La Commissione europea, in data 29 giugno 2010, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di decisione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri dell'Unione europea, riuniti in sede di Consiglio, concernente la conclusione dell'accordo sullo spazio aereo comune tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e la Georgia, dall'altro (COM(2010)339 definitivo), e relativo allegato, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alla III Commissione (Affari esteri), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Comunicazione di nomine ministeriali.

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 16, 23 e 24 giugno 2010, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le seguenti comunicazioni concernenti il conferimento, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 19, di incarichi di livello dirigenziale generale, che sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali), nonché alle Commissioni sottoindicate:
la comunicazione concernente il seguente incarico nell'ambito del Ministero dell'interno:
al dottor Carlo Meloni, l'incarico di direttore della direzione centrale per i servizi di ragioneria presso il dipartimento della pubblica sicurezza;
alla II Commissione (Giustizia) la comunicazione concernente il seguente incarico nell'ambito del Ministero della giustizia:
al dottor Luigi Di Mauro, l'incarico di direttore della direzione generale del personale e della formazione nell'ambito del dipartimento per la giustizia minorile;
alla VII Commissione (Cultura) la comunicazione concernente il seguente incarico nell'ambito del Ministero per i beni e le attività culturali:
all'architetto Federica Galloni, l'incarico di direttore della direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

Nell'Allegato A al resoconto della seduta del 23 giugno 2010, a pagina 5, prima colonna, quarantaduesima riga, deve leggersi: «degli» e non: «per gli» come stampato.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 20 MAGGIO 2010, N. 72, RECANTE MISURE URGENTI PER IL DIFFERIMENTO DI TERMINI IN MATERIA AMBIENTALE E DI AUTOTRASPORTO, NONCHÉ PER L'ASSEGNAZIONE DI QUOTE DI EMISSIONE DI CO2 (A.C. 3496-A)

A.C. 3496-A - Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

A.C. 3496-A - Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul provvedimento elaborato dalla Commissione di merito

PARERE FAVOREVOLE

Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 2.1, 2.2, 2.4, 2.7, 2.13, 2.14, 2.18 e 2.22 e sull'articolo aggiuntivo 2.020, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sui restanti emendamenti.

A.C. 3496-A - Articolo unico

ARTICOLO UNICO DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

1. Il decreto-legge 20 maggio 2010, n. 72, recante misure urgenti per il differimento di termini in materia ambientale e di autotrasporto, nonché per l'assegnazione di quote di emissione di anidride carbonica, è convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge.
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

ARTICOLI DEL DECRETO-LEGGE NEL TESTO DEL GOVERNO

Art. 1.
(Differimento di termini).

1. Le dichiarazioni di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70, per le quali i soggetti tenuti, con riferimento all'anno 2009, si avvalgano del modello unico di dichiarazione ambientale aggiornato ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della medesima legge con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 27 aprile 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 98 del 28 aprile 2010, possono essere presentate fino al 30 giugno 2010. Sono fatte salve le dichiarazioni presentate, con riferimento all'anno 2009, avvalendosi del modello allegato al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 2 dicembre 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 294 del 17 dicembre 2008.
2. Per l'anno 2010, il termine di cui all'articolo 55 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e successive modificazioni, per il versamento dei premi assicurativi da parte delle imprese di autotrasporto di merci in conto terzi, è fissato al 16 giugno. Non si applicano sanzioni a carico delle imprese che, nelle more dell'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, non hanno provveduto al pagamento dei premi assicurativi di cui al primo periodo entro il termine del 16 giugno 2010, ovvero hanno corrisposto somme inferiori a quelle dovute e, pertanto, sono considerate in regola ai fini degli obblighi assicurativi.

Art. 2.
(Misure urgenti in materia di emissioni di CO2).

1. Per le installazioni sottoposte alla direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che non hanno ricevuto quote di emissione di CO2 a titolo gratuito a causa dell'esaurimento della riserva per i nuovi entranti, il Comitato di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 216, e successive modificazioni, determina il numero di quote di CO2 spettanti a titolo gratuito agli operatori di impianti o parti di impianto, riconosciuti come «nuovi entranti» ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera m), del decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 216, e ne dà comunicazione agli aventi diritto e all'Autorità per l'energia elettrica ed il gas.
2. L'Autorità per l'energia elettrica ed il gas definisce i crediti spettanti agli aventi diritto sulla base della quantità di quote comunicatale ai sensi del comma 1 e con riferimento all'andamento dei prezzi delle quote sui mercati europei. Le partite economiche da rimborsare sono determinate entro il 31 marzo di ciascun anno, con riferimento alle quote di spettanza degli aventi diritto per l'anno solare precedente. Per le quote spettanti ai nuovi entranti per il 2009, le partite economiche devono essere determinate entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. I crediti di cui al comma 2, comprensivi degli interessi maturati nella misura del tasso legale, sono liquidati agli aventi diritto nei limiti dei proventi della vendita all'asta delle quote di CO2 di cui all'articolo 10 della citata direttiva 2003/87/CE, come modificata dalla direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, entro 90 giorni dal versamento dei suddetti proventi senza aggravi per l'utenza elettrica e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. In attuazione del principio di invarianza degli oneri a carico dell'utenza elettrica, sono abrogati i commi 18 e 19 dell'articolo 27 della legge 23 luglio 2009, n. 99.
4. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono stabilite le procedure di versamento all'entrata del bilancio dello Stato dei proventi della vendita all'asta delle quote di emissione di CO2 e la successiva riassegnazione ai pertinenti capitoli di spesa.
5. Con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono stabilite le modalità di rimborso dei crediti di cui al comma 2, anche in relazione alle effettive entrate.

Art. 3.
(Entrata in vigore).

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

A.C. 3496-A - Modificazioni della Commissione

MODIFICAZIONI APPORTATE DALLA COMMISSIONE

All'articolo 1:
al comma 1:
al primo periodo, le parole: «pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 98» sono sostituite dalle seguenti: «pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 98»;
al secondo periodo, le parole: «pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 294» sono sostituite dalle seguenti: «pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 294»;
al comma 2:
al primo periodo, dopo le parole: «all'articolo 55» sono inserite le seguenti: «, comma 5,»;
il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Le imprese che non hanno provveduto al pagamento dei premi assicurativi di cui al primo periodo alle scadenze previgenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, ovvero hanno corrisposto somme inferiori a quelle dovute, sono considerate in regola ai fini degli obblighi contributivi e pertanto non si applicano le sanzioni civili previste dall'articolo 116, comma 8, lettera a), della legge 23 dicembre 2000, n. 388, fermo restando l'obbligo di cui al primo periodo».

All'articolo 2:
al comma 1, la parola: «CO2» è sostituita dalle seguenti: «anidride carbonica (CO2)»;
al comma 3, le parole: «come modificata dalla direttiva 2009/29/CE» sono sostituite dalle seguenti: «come sostituito dalla direttiva 2009/29/CE» e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, e successive modificazioni»;
nella rubrica, la parola: «CO2» è sostituita dalle seguenti: «anidride carbonica».

Nel titolo, la parola: «CO2» è sostituita dalle seguenti: «anidride carbonica».

A.C. 3496-A - Proposte emendative

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE AGLI ARTICOLI DEL DECRETO-LEGGE
(Non sono comprese quelle ritirate)

ART. 1.
(Differimento di termini).

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
1-bis. All'articolo 8, comma 4-ter, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, le parole: «30 giugno 2010» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2011».
* 1. 3. Braga, Mariani, Realacci, Bocci, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Martella, Morassut, Motta, Viola.
(Inammissibile)

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
1-bis. All'articolo 8, comma 4-ter, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, le parole: «30 giugno 2010» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2011».
* 1. 4. Lanzarin, Togni, Guido Dussin.
(Inammissibile)

Sopprimere il comma 2.
1. 6. Piffari, Scilipoti, Borghesi.

ART. 2.
(Misure urgenti in materia di emissioni di anidride carbonica).

Al comma 1, sostituire le parole da: Comitato di cui fino alla fine del comma con le seguenti: Ministero dello sviluppo economico, con decreto da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, determina per ogni tipologia di impianto il numero di quote di anidride carbonica da assegnarsi a titolo gratuito in base alle «migliori tecnologie disponibili» (MTD) che consentano le più basse emissioni.

Conseguentemente, dopo il comma 1, aggiungere i seguenti:
1-bis. Le quote di anidride carbonica assegnate con il PNA (Piano nazionale delle assegnazioni) non utilizzate dai vecchi impianti nel 2009, sono ritirate e tornano nelle disponibilità del Comitato di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 216, e successive modificazioni.
1-ter. Il Comitato di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 216, e successive modificazioni, in base al decreto ministeriale di cui al comma 1, determina il numero di quote di CO2 spettanti a titolo gratuito agli operatori di impianti o parti di impianto, riconosciuti come «nuovi entranti» ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera m), del decreto legislativo 4 aprile 2006. n. 216, e ne dà comunicazione agli aventi diritto e all'Autorità per l'energia elettrica ed il gas.
1-quater. Il numero totale di quote di cui al comma 1-ter non può in ogni caso essere superiore al numero di quote non utilizzate dai vecchi impianti rispetto alle previsioni del PNA (Piano nazionale delle assegnazioni).
2. 4. Realacci, Mariani, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Martella, Morassut, Motta, Viola, Zamparutti, De Pasquale.

Sostituire i commi 2, 3, 4 e 5 con i seguenti:
2. Agli operatori di impianti o parti di impianto riconosciuti come nuovi entranti di cui al comma 1, sono annualmente trasferiti a titolo gratuito fino al raggiungimento del numero di quote a loro spettanti:
a) le quote di emissione di CO2 non utilizzate annualmente dagli impianti già in esercizio, in conseguenza di una riduzione della loro produzione;
b) eventuali ulteriori quote di emissione di CO2, trasferite dagli impianti già in esercizio ai nuovi entranti, secondo le modalità di cui al comma 3.

3. Le quote di emissione da trasferire annualmente ai nuovi entranti sono a carico in modo differenziato degli impianti già operanti, in proporzione della loro produzione annuale, e sulla base del loro discostamento da coefficienti di emissione basati sugli impianti più efficienti per ciascun settore di attività, o sulle migliori tecnologie disponibili (MTD).
4. Il Comitato di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 216, individua modalità di attuazione delle disposizioni del presente articolo, nonché i criteri di cui al comma 3 e le relative quote da trasferire.
2. 2. Piffari, Scilipoti, Borghesi.

Al comma 3, primo periodo, dopo le parole: liquidati agli aventi diritto nei limiti aggiungere le seguenti: delle disponibilità del Fondo per la gestione delle quote di emissione di gas serra, da destinare alla riserva nuovi entranti di cui ai commi 3-bis e seguenti, nonché, residualmente e solo a eventuale integrazione, nei limiti del 50 per cento massimo,

Conseguentemente, dopo il comma 3, aggiungere i seguenti:
3-bis. Presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è istituito il Fondo per la gestione delle quote di emissione di gas serra di cui alla direttiva 2003/87/CE, da destinare alla «riserva nuovi entranti», già previsto dall'articolo 2, comma 554, lettera e), della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
3-ter. Il Ministro dello sviluppo economico, su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, con decreto da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, e quindi con propri successivi decreti, provvede ad aggiornare la componente tariffaria A3, di cui al provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi 29 aprile 1992, n. 6/92. La componente destinata al sostegno delle fonti energetiche assimilate deve essere ridotta in misura tale da garantire un risparmio annuo di 250 milioni di euro e comunque per un importo non superiore al 20 per cento della remunerazione complessiva riconosciuta alle suddette fonti assimilate.
3-quater. La riduzione della componente destinata al sostegno delle fonti energetiche assimilate di cui al comma 3-ter deve avvenire senza corrispondente riduzione della componente tariffaria A3. Il risparmio conseguente alle risorse liberatesi dalla suddetta rimodulazione è quindi riassegnato al Fondo di cui al comma 3-bis, fino alla liquidazione dei crediti di cui al comma 2. Successivamente alla liquidazione dei medesimi crediti, i successivi risparmi previsti dal comma 3-ter, devono comportare una corrispondente riduzione della componente tariffaria A3, e sono finalizzati ad interventi per interventi di risparmio energetico e per lo sviluppo delle fonti rinnovabili ai fini del raggiungimento degli obiettivi europei collegati al «pacchetto energia-clima».
3-quinquies. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas intensifica le previste attività di controllo e verifica con relativi sopralluoghi su impianti che producono energia elettrica da fonti rinnovabili e assimilate (Cip6) e sugli impianti di cogenerazione. Eventuali recuperi di incentivi indebitamente percepiti sono utilizzati per le finalità di cui al comma 3-quater.
2. 7. Piffari, Scilipoti, Borghesi.

Al comma 3, sostituire il secondo periodo con il seguente: All'articolo 27, comma 19, primo periodo, della legge 23 luglio 2009, n. 99, e successive modificazioni, le parole: «dall'anno 2012» sono sostituite dalle seguenti: «dall'anno 2013».
2. 21. Raisi.

Al comma 4, sostituire le parole: ai pertinenti capitoli di spesa con le seguenti: per le attività stabilite dall'articolo 10, paragrafo 3, della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 ottobre 2003, come modificato dall'articolo 1 della direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009, ai pertinenti capitoli di spesa in deroga a quanto previsto dall'articolo 2, commi 615, 616 e 617, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
2. 20. Fallica.
(Approvato)

Dopo il comma 5, aggiungere il seguente:
5-bis. Ai fini dell'applicazione delle tariffe incentivanti stabilite dai decreti attuativi del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, gli impianti fotovoltaici i cui soggetti responsabili sono enti locali o regioni sono considerati comunque rientranti nella tipologia degli impianti realizzati sugli edifici e sono equiparati agli impianti di potenza minima. Gli enti locali, per i progetti di realizzazione di impianti fotovoltaici sul proprio territorio, approvati con deliberazione delle rispettive giunte nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2009 e il 31 dicembre 2011, e non ancora realizzati, hanno diritto ad usufruire delle tariffe incentivanti ai sensi dell'articolo 7 del medesimo decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, in vigore al momento della deliberazione, senza l'applicazione di riduzioni tariffarie, a condizione che la realizzazione dell'impianto avvenga nei ventiquattro mesi successivi alla data della deliberazione stessa.
2. 9. Polledri, Lanzarin, Tommaso Foti, Mariani, Guido Dussin, Togni, Piffari.
(Inammissibile)

Dopo il comma 5, aggiungere il seguente:
5-bis. Il comma 1 dell'articolo 2-sexies del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 2010, n. 41, è sostituito dal seguente:
«1. Le tariffe incentivanti di cui all'articolo 6 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 19 febbraio 2007, recante criteri e modalità per incentivare la produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 23 febbraio 2007, sono riconosciute a tutti i soggetti che, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 5 del medesimo decreto ministeriale, abbiano concluso, entro il 31 dicembre 2010, l'installazione dell'impianto fotovoltaico, ivi inclusi i lavori sul punto di connessione, abbiano comunicato al gestore di rete e al GSE, entro la medesima data, la fine lavori ed entrino in esercizio entro il 30 giugno 2011».
2. 10. Tortoli.
(Inammissibile)

Dopo il comma 5 aggiungere il seguente:
5-bis. L'articolo 42 della legge 23 luglio 2009, n. 99, si interpreta nel senso che:
a) la tariffa onnicomprensiva introdotta dal comma 6, lettera a), si applica agli impianti entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2007, fermo restando quanto previsto al comma 8 per gli impianti di proprietà di aziende agricole o gestiti in connessione con aziende agricole, agro-alimentari, di allevamento e forestali, entrati in esercizio commerciale dopo il 31 dicembre 2007;
b) la tariffa onnicomprensiva introdotta dal comma 6, lettera c), e i coefficienti introdotti dal comma 4 si applicano agli impianti entrati in esercizio dopo l'entrata in vigore della medesima legge 23 luglio 2009, n. 99. Agli impianti entrati in esercizio prima dell'entrata in vigore della legge 23 luglio 2009, n. 99, continuano ad applicarsi i coefficienti e le tariffe onnicomprensive in vigore prima delle modifiche introdotte dalla medesima legge, ad eccezione di quanto previsto dalla lettera a).
2. 11. Tortoli.
(Inammissibile)

Dopo il comma 5, aggiungere il seguente:
5-bis. L'articolo 42 della legge 23 luglio 2009, n. 99, va inteso nel senso che:
a) la tariffa onnicomprensiva introdotta dal comma 6, lettera a), si applica agli impianti entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2007, fermo restando quanto previsto al comma 8 per gli impianti di proprietà di aziende agricole o gestiti in connessione con aziende agricole, agro-alimentari di allevamento e forestali, entrati in esercizio commerciale dopo il 31 dicembre 2007;
b) la tariffa onnicomprensiva introdotta dal comma 6, lettera c), si applica agli impianti entrati in esercizio dopo l'entrata in vigore della medesima legge 23 luglio 2009, n. 99.
2. 12. Tortoli.
(Inammissibile)

Dopo il comma 5, aggiungere il seguente:
5-bis. I finanziamenti e gli incentivi di cui al secondo periodo del comma 1117 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono concessi ai soli impianti realizzati e operativi alla data del 1o gennaio 2008, data di entrata in vigore della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Al medesimo comma 1117, ultimo periodo, le parole: «per i quali si applicano le disposizioni di cui al comma 1118» sono soppresse.
2. 13. Tortoli.
(Inammissibile)

Dopo il comma 5 aggiungere il seguente:
5-bis. Per far fronte alle criticità di sicurezza del sistema elettrico derivanti dall'incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili non programmabili, il Ministro dello sviluppo economico, entro il termine di cui al comma 2, può disporre un rafforzamento, fino ad una potenza di 1.000 MW, degli strumenti finalizzati a garantire la sicurezza del sistema elettrico, con remunerazione non superiore a quella prevista per equivalenti servizi per la sicurezza e privilegiando i servizi che comportano minor impatto ambientale.
2. 14. Tortoli.
(Inammissibile)

Dopo il comma 5, aggiungere il seguente:
5-bis. Al fine di contrastare le attività speculative legate allo sviluppo e all'autorizzazione di progetti di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, che comportano l'avvio di procedimenti autorizzativi da parte di soggetti che non concludono la realizzazione degli impianti, il Ministro dello sviluppo economico determina, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, opportune misure affinché l'istanza per l'autorizzazione di cui all'articolo 12, comma 3, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, sia accompagnata da congrue garanzie finanziarie poste a carico del soggetto che richiede il rilascio dell'autorizzazione e di eventuali successivi subentranti.
2. 17. Tortoli.

Dopo il comma 5, aggiungere il seguente:
5-bis. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 344, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si applicano, nella misura e alle condizioni ivi previste, anche alle spese sostenute entro il 31 dicembre 2011. Al relativo onere, pari a 40 milioni di euro per gli anni dal 2011 al 2014, si provvede mediante corrispondente riduzione delle risorse assegnate al Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, di cui all'articolo 18, comma 1 lettera b-bis) del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
* 2. 18. Guido Dussin, Lanzarin, Togni.
(Inammissibile)

Dopo il comma 5, aggiungere il seguente:
5-bis. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 344, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si applicano, nella misura e alle condizioni ivi previste, anche alle spese sostenute entro il 31 dicembre 2011. Al relativo onere, pari a 40 milioni di euro per gli anni dal 2011 al 2014, si provvede mediante corrispondente riduzione delle risorse assegnate al Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, di cui all'articolo 18, comma 1 lettera b-bis) del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
* 2. 22. Realacci, Mariani, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Martella, Morassut, Motta, Viola, De Pasquale.
(Inammissibile)

Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente:
Art. 2-bis. - 1. All'articolo 11, comma 2-ter, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, le parole: «31 dicembre 2010» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2011».
2. 020. Tommaso Foti.

A.C. 3496-A - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
il testo del decreto-legge in esame rende definitiva una misura che ripristina la certezza del diritto nell'ambito di un sistema regolatorio che coinvolge i più grandi impianti industriali ed energetici italiani e che, da un punto di vista squisitamente tecnico, risulta solida e coerente con la normativa europea e nazionale rilevante;
il testo propone una soluzione praticabile, quanto mai necessaria ed urgente al problema dell'esaurimento della «riserva nuovi entranti» a disposizione dell'Italia per la gestione nazionale della direttiva ETS, aggiustando una situazione potenzialmente discriminatoria verso impianti nuovi e, almeno in linea di principio, tecnologicamente più efficienti, che avrebbe pregiudicato un'evoluzione positiva della complessiva struttura produttiva esistente;
la misura rettifica una situazione che avrebbe portato l'Italia ad essere in infrazione sia rispetto alla direttiva europea ETS, che rispetto alle norme sulla concorrenza. La direttiva, infatti, prevede che i «nuovi entranti» (soggetti industriali entrati in esercizio dopo la definizione dei PNA - piani nazionali di allocazione degli Stati membri per il periodo 2008-2012) debbano ricevere un trattamento omogeneo e quindi un quantitativo di quote a titolo gratuito pari a quello dei soggetti già sul mercato e quindi previsti all'interno del PNA;
la soluzione prevista dal decreto-legge e confermata dalla legge di conversione prevede di attingere ai proventi delle aste di quote di emissione che saranno attivate a partire dal 2012, come previsto dalla normativa europea in materia e si stima che i proventi derivanti dalle aste di quote italiane del solo primo anno (circa 1.5 miliardi di euro, stima conservativa) ammonteranno a circa il doppio del costo stimato per la misura in oggetto del decreto nel suo complesso (800 milioni);
alla luce di tanto, pur non ritenendo sussistano dubbi sull'incompatibilità tra l'allocazione di parte dei proventi delle aste ai fini di questa misura e quanto previsto dalla normativa europea in termini di uso di tali proventi,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative volte a prevedere l'inserimento di un vincolo, così come dettato dalla normativa europea, di utilizzo di parte dei fondi derivanti dai proventi delle aste per misure che contribuiscano alla lotta ai cambiamenti climatici, a livello nazionale a sostegno dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabili e in futuri provvedimenti l'istituzione di un apposito «Fondo per la gestione delle quote di emissione di gas serra di cui alla direttiva 2003/87/CE», da destinare all'acquisto di quote di CO2 con cui assicurarne la disponibilità per i nuovi entranti.
9/3496-A/1. Di Biagio, Vignali.

La Camera,
premesso che:
il testo del decreto-legge in esame rende definitiva una misura che ripristina la certezza del diritto nell'ambito di un sistema regolatorio che coinvolge i più grandi impianti industriali ed energetici italiani e che, da un punto di vista squisitamente tecnico, risulta solida e coerente con la normativa europea e nazionale rilevante;
il testo propone una soluzione praticabile, quanto mai necessaria ed urgente al problema dell'esaurimento della «riserva nuovi entranti» a disposizione dell'Italia per la gestione nazionale della direttiva ETS, aggiustando una situazione potenzialmente discriminatoria verso impianti nuovi e, almeno in linea di principio, tecnologicamente più efficienti, che avrebbe pregiudicato un'evoluzione positiva della complessiva struttura produttiva esistente;
la misura rettifica una situazione che avrebbe portato l'Italia ad essere in infrazione sia rispetto alla direttiva europea ETS, che rispetto alle norme sulla concorrenza. La direttiva, infatti, prevede che i «nuovi entranti» (soggetti industriali entrati in esercizio dopo la definizione dei PNA - piani nazionali di allocazione degli Stati membri per il periodo 2008-2012) debbano ricevere un trattamento omogeneo e quindi un quantitativo di quote a titolo gratuito pari a quello dei soggetti già sul mercato e quindi previsti all'interno del PNA;
la soluzione prevista dal decreto-legge e confermata dalla legge di conversione prevede di attingere ai proventi delle aste di quote di emissione che saranno attivate a partire dal 2012, come previsto dalla normativa europea in materia e si stima che i proventi derivanti dalle aste di quote italiane del solo primo anno (circa 1.5 miliardi di euro, stima conservativa) ammonteranno a circa il doppio del costo stimato per la misura in oggetto del decreto nel suo complesso (800 milioni);
alla luce di tanto, pur non ritenendo sussistano dubbi sull'incompatibilità tra l'allocazione di parte dei proventi delle aste ai fini di questa misura e quanto previsto dalla normativa europea in termini di uso di tali proventi,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative volte a prevedere l'inserimento di un vincolo, così come dettato dalla normativa europea, di utilizzo di parte dei fondi derivanti dai proventi delle aste per misure che contribuiscano alla lotta ai cambiamenti climatici, a livello nazionale a sostegno dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabili e in futuri provvedimenti l'istituzione di un apposito «Fondo per la gestione delle quote di emissione di gas serra di cui alla direttiva 2003/87/CE», da destinare anche all'acquisto di quote di CO2 con cui assicurarne la disponibilità per i nuovi entranti.
9/3496-A/1. (Testo modificato nel corso della seduta) Di Biagio, Vignali, Torrisi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del disegno di legge in esame provvede ad assegnare a titolo gratuito quote di emissione di CO2 ai nuovi impianti industriali a maggiore emissioni di gas serra entrati in esercizio dopo l'aprile 2009, in quanto si è esaurita la «Riserva nuovi entranti» prevista dalla Decisione di assegnazione delle quote di CO2 per il periodo 2008-2012;
si tratta di quegli impianti energetici e industriali entrati - o che entreranno - in funzione (i cosiddetti impianti «nuovi entranti») dopo l'adozione del Piano nazionale di assegnazione (PNA) delle quote per il periodo 2008-2012, e successivamente ad aprile 2009;
il provvedimento in esame provvede ad assegnare a titolo gratuito le suddette quote di CO2 spettanti ai «nuovi entranti» rimasti esclusi dall'assegnazione delle quote ad essi riservate, individuando, come copertura dei circa 780 milioni di euro stimati necessari alla suddetta assegnazione, i futuri proventi della vendita all'asta delle quote di CO2 per il periodo 2013-2020, prevista dall'articolo 10 della direttiva 2003/87/CE e successive modificazioni;
la decisione che il Governo ha preso con il decreto-legge in esame prevede quindi che gli impianti nuovi entranti utilizzeranno quei proventi delle future aste di quote di emissioni, che la normativa comunitaria attuale prevede che debbano andare principalmente per politiche a favore del clima;
il suddetto articolo 10 della direttiva 2003/87/CE, come sostituito dalla direttiva 2009/29/CE, dispone espressamente che almeno il 50 per cento dei proventi della vendita all'asta di quote di emissione, debba essere utilizzato per uno o più dei seguenti scopi: a) ridurre le emissioni dei gas a effetto serra; b) sviluppare le energie rinnovabili al fine di rispettare l'impegno comunitario di utilizzare il 20 per cento di energia rinnovabile entro il 2020 e sviluppare altre tecnologie che contribuiscano alla transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio sicura e sostenibile e aiutare a rispettare l'impegno comunitario di incrementare l'efficienza energetica del 20 per cento per il 2020; c) favorire misure atte ad evitare la deforestazione; d) incoraggiare il passaggio a modalità di trasporto pubblico a basse emissioni, eccetera;
è evidente quindi che l'articolo 2 in esame, prevedendo l'utilizzo dei proventi delle future aste per finalità diverse da quelle indicate dalla Unione europea, si pone in evidente contrasto con quanto ci chiede la medesima Unione europea, in termini di investimenti per politiche industriali virtuose,

impegna il Governo

a garantire comunque, nel pieno rispetto di quanto previsto dalla direttiva 2009/29/CE, una cifra corrispondente ad almeno il 50 per cento dei futuri proventi della vendita all'asta delle quote di CO2 per il periodo 2013-2020, da destinare allo sviluppo eco-sostenibile e al raggiungimento degli obiettivi comunitari «20-20-20», come indicati dall'articolo 10 della suddetta 2003/87/CE, come sostituito dalla direttiva 2009/29/CE.
9/3496-A/2. Piffari, Scilipoti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del disegno di legge in esame provvede ad assegnare a titolo gratuito quote di emissione di CO2 ai nuovi impianti industriali a maggiore emissioni di gas serra entrati in esercizio dopo l'aprile 2009, in quanto si è esaurita la «Riserva nuovi entranti» prevista dalla Decisione di assegnazione delle quote di CO2 per il periodo 2008-2012;
si tratta di quegli impianti energetici e industriali entrati - o che entreranno - in funzione (i cosiddetti impianti «nuovi entranti») dopo l'adozione del Piano nazionale di assegnazione (PNA) delle quote per il periodo 2008-2012, e successivamente ad aprile 2009;
il provvedimento in esame provvede ad assegnare a titolo gratuito le suddette quote di CO2 spettanti ai «nuovi entranti» rimasti esclusi dall'assegnazione delle quote ad essi riservate, individuando, come copertura dei circa 780 milioni di euro stimati necessari alla suddetta assegnazione, i futuri proventi della vendita all'asta delle quote di CO2 per il periodo 2013-2020, prevista dall'articolo 10 della direttiva 2003/87/CE e successive modificazioni;
la decisione che il Governo ha preso con il decreto-legge in esame prevede quindi che gli impianti nuovi entranti utilizzeranno quei proventi delle future aste di quote di emissioni, che la normativa comunitaria attuale prevede che debbano andare principalmente per politiche a favore del clima;
il suddetto articolo 10 della direttiva 2003/87/CE, come sostituito dalla direttiva 2009/29/CE, dispone espressamente che almeno il 50 per cento dei proventi della vendita all'asta di quote di emissione, debba essere utilizzato per uno o più dei seguenti scopi: a) ridurre le emissioni dei gas a effetto serra; b) sviluppare le energie rinnovabili al fine di rispettare l'impegno comunitario di utilizzare il 20 per cento di energia rinnovabile entro il 2020 e sviluppare altre tecnologie che contribuiscano alla transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio sicura e sostenibile e aiutare a rispettare l'impegno comunitario di incrementare l'efficienza energetica del 20 per cento per il 2020; c) favorire misure atte ad evitare la deforestazione; d) incoraggiare il passaggio a modalità di trasporto pubblico a basse emissioni, eccetera;

impegna il Governo

a garantire comunque, nel pieno rispetto di quanto previsto dalla direttiva 2009/29/CE, una cifra superiore al 50 per cento dei futuri proventi della vendita all'asta delle quote di CO2 per il periodo 2013-2020, da destinare allo sviluppo eco-sostenibile e al raggiungimento degli obiettivi comunitari «20-20-20», come indicati dall'articolo 10 della suddetta 2003/87/CE, come sostituito dalla direttiva 2009/29/CE.
9/3496-A/2. (Testo modificato nel corso della seduta) Piffari, Scilipoti.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca, tra le altre, disposizioni in materia di rifiuti;
in materia di rifiuti, l'articolo 8, comma 4-ter, della legge 26 febbraio 2010, n. 25 prevede che i Centri di raccolta dei rifiuti urbani ed assimilati già operanti sulla base di disposizioni regionali o di enti locali devono provvedere, entro la scadenza del 30 giugno 2010, agli adeguamenti tecnici previsti dal decreto del ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 aprile 2008 e dal successivo decreto ministeriale 13 maggio 2009;
gli adeguamenti a cui devono adempiere i Centri di raccolta prevedono procedure tecniche ed amministrative per le quali sono necessarie risorse economiche e una tempistica in molti casi incompatibili con il rispetto del termine del 30 giugno, anche per i gravosi vincoli alla spesa imposti dal patto di stabilità agli enti locali titolari degli impianti;
a norma vigente il rischio concreto è che in alcune aree del Paese i Centri di raccolta al 30 giugno 2010 non siano effettivamente in grado di adeguarsi alle prescrizioni tecniche e normative previste dal decreto ministeriale 8 aprile 2008 e dal successivo decreto ministeriale 13 maggio 2009;
in tale contesto si determinerebbero ripercussioni sulla gestione dei servizi di raccolta differenziata, soprattutto nei centri di dimensioni minori dove i Centri di raccolta rappresentano il punto di riferimento per il conferimento dei rifiuti differenziati da parte dei cittadini. Oltre a ciò, chiusura dei Centri di raccolta potrebbe dare origine all'abbandono incontrollato o al deposito illegale di rifiuti, anche pericolosi, con conseguenti rischi per la salute e per l'ambiente;
sul medesimo argomento la Commissione Ambiente in data 29 ottobre 2008 aveva approvato all'unanimità una risoluzione che impegnava il Governo a valutare la possibilità di differire i termini previsti dal decreto ministeriale 8 aprile 2008, prevedendo nel contempo una disciplina diversificata per gli enti territoriali, che tenesse conto degli elevati standard di operatività già raggiunti da alcuni comprensori con le strutture esistenti e di meglio aderire alla diversificata realtà territoriale del Paese in tema di raccolta differenziata, nonché a verificare la possibilità di individuare finanziamenti agevolati a sostegno economico degli interventi di adeguamento delle strutture esistenti;
l'articolo 1 del provvedimento in oggetto produce il differimento di termini in materia ambientale e, in particolare, il comma 1 concerne il differimento di termini relativi ad adempimenti amministrativi riguardanti la gestione dei rifiuti;
in tale quadro, appare opportuno assumere provvedimenti volti a scongiurare il concreto rischio di sospensione del servizio di raccolta differenziata presso i Centri di raccolta che alla data del 30 giugno 2010 non avranno potuto provvedere all'adeguamento tecnico ai sensi del decreto ministeriale 8 aprile 2008 e dal successivo decreto ministeriale 13 maggio 2009, anche attraverso un differimento della prossima scadenza del 30 giugno 2010 e prevedendo forme di esclusione degli interventi di adeguamento tecnologico dai vincoli del patto di stabilità,

impegna il Governo

a dare attuazione a quanto previsto, in particolare, nell'ultimo capoverso delle premesse.
9/3496-A/3.Braga, Mariani, Margiotta, Bratti, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il contenimento delle emissioni di anidride carbonica per ridurre il rischio di mutamenti climatici affrontato in questo provvedimento è una delle più grandi sfide che l'umanità ha davanti;
il nostro Paese ha già assunto in sede internazionale e in particolare in sede europea importanti e vincolanti impegni di riduzione delle emissioni di CO2 nell'ambito del programma detto «20-20-20»;
nella crisi economica grave e prolungata che stiamo vivendo gli investimenti in risparmio energetico, fonti rinnovabili, innovazione, ricerca e in generale nella green economy possono rappresentare un importante volano per la ripresa dell'economia e renderla al tempo stesso più competitiva e più vicina alle esigenze delle persone, delle comunità, dei territori;
la misura del credito d'imposta del 55 per cento per i privati che intraprendono azioni volte ad aumentare l'efficienza energetica degli edifici ha avuto notevole successo. È stata utilizzata da circa 600.000 famiglie con un giro d'affari di 9 miliardi di euro ed ha coinvolto migliaia di imprese nell'edilizia e nell'indotto del settore, garantendo l'occupazione per decine di migliaia di lavoratori. Ha al tempo stesso garantito importanti risparmi nelle emissioni di CO2 contribuendo ad alleggerire la bolletta energetica delle famiglie;
grazie alle misure stanziate negli anni passati l'Italia sta recuperando, con successo, il ritardo accumulato rispetto ad altri paesi europei nel campo delle fonti rinnovabili attivando anche un importante comparto economico, che rischia di essere messo in discussione dalle misure attualmente previste nella manovra finanziaria,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di garantire la continuità al credito d'imposta del 55 per cento previsto per il miglioramento energetico degli edifici, anche per sostenere un importante settore della nostra economia;
a dare stabilità, seppur prevedendo le necessarie riduzioni che accompagnino il pieno ingresso nel mercato, alle misure di incentivo previste per le fonti rinnovabili;
a favorire in entrambi i settori un maggior ruolo delle istituzioni locali che possono ottenere da queste azioni importanti benefici anche di natura economica.
9/3496-A/4.Realacci, Mariani, Bratti, Bocci, Braga, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Martella, Morassut, Motta, Viola, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 comma 1 del provvedimento in esame prevede una proroga dei termini per la presentazione del MUD, modello unico di dichiarazione ambientale, necessaria in relazione alla difficoltà ancora esistente di mettere a regime il procedimento che porta alla creazione del Sistri sistema di tracciabilità dei rifiuti;
quella in questione costituisce l'ultima di innumerevoli proroghe introdotte dal Governo nei vari provvedimenti emanati, necessarie a sanare profonde carenze legislative createsi in mancanza di vere riforme strutturali su numerose questioni critiche presenti in vari settori del Paese;
l'utilizzo del sistema di proroga pur intervenendo a sanare d'urgenza questioni delicate che riguardano lo sviluppo e il rilancio di molti sistemi produttivi del Paese costituisce uno strumento che non dà certezza normativa, creando inoltre una distorsione del mercato a vantaggio di alcuni attori e incrementando i costi per la collettività;
un'ulteriore ennesima proroga in futuro sulle questioni in oggetto non sarebbe assolutamente giustificata e sicuramente costituirebbe un danno per il Paese,

impegna il Governo

ad evitare nei futuri provvedimenti l'utilizzo delle proroghe dei termini in materia di Sistri, in luogo dell'adozione di misure strutturali che portino respiro all'intero settore.
9/3496-A/5.Libè, Dionisi, Mondello.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 comma 2 del provvedimento in esame prevede il differimento di termini per il versamento dei premi assicurativi da parte delle imprese di autotrasporto di merci in conto terzi;
quella in questione costituisce l'ultima di innumerevoli proroghe introdotte dal Governo nei vari provvedimenti emanati, necessarie a sanare profonde carenze legislative createsi in mancanza di vere riforme strutturali su numerose questioni critiche presenti in vari settori del Paese;
l'utilizzo del sistema di proroga pur intervenendo a sanare d'urgenza questioni delicate che riguardano lo sviluppo e il rilancio di molti sistemi produttivi del Paese, costituisce uno strumento che non dà certezza normativa, creando inoltre una distorsione del mercato a vantaggio di alcuni attori e incrementando i costi per la collettività;
un'ulteriore ennesima proroga in futuro sulle questioni in oggetto non sarebbe assolutamente giustificata sicuramente costituirebbe un danno per il Paese,

impegna il Governo

ad evitare nei futuri provvedimenti l'utilizzo delle proroghe dei termini in materia di autotrasporto in luogo dell'adozione di misure strutturali che portino respiro all'intero settore.
9/3496-A/6.Mondello, Libè, Dionisi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 comma 344 della legge 27 dicembre 2006, numero 296, ha disposto una detrazione dall'imposta lorda per una quota pari al 55 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo della detrazione di 100.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di pari importo relative ad interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti, che conseguono un valore limite di fabbisogno di energia primaria annuo per la climatizzazione invernale inferiore di almeno il 20 per cento rispetto ai valori riportati nell'allegato C, numero 1), tabella 1, annesso al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192;
negli ultimi provvedimenti di finanza pubblica il Governo ha ritenuto di non dover dar corso a successive estensioni delle facilitazioni per le spese sostenute per la riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare del Paese;
tale provvedimento ha permesso, negli anni passati, di attivare una grande quantità di interventi sul fronte del risparmio domestico; nelle case e negli edifici infatti si consuma una buona parte dell'energia e, quindi, si emette una buona parte di CO2 del nostro Paese. Vi sono abitazioni con livelli di efficienza energetica pari alla metà rispetto, ad esempio, alle abitazioni tedesche, irlandesi o svedesi;
il credito di imposta pari al 55 per cento ha consentito, in questi anni, di attivare circa seicentomila interventi in abitazioni private, mettendo in moto un giro di affari di circa 9 miliardi di euro, producendo decine di migliaia di posti di lavoro per migliaia di imprese nell'edilizia e nell'indotto, quindi, svolgendo, oltre che un'importantissima azione di contenimento dei consumi energetici e delle emissioni di CO2, anche una fondamentale azione di rianimazione di un settore ad alta intensità occupazionale come quello dell'edilizia;
se questo provvedimento non venisse rifinanziato sarebbe un ulteriore colpo alla direzione di un Paese che scommette, come fattore anche competitivo, sull'innovazione tecnologica, sul risparmio energetico, sull'utilizzo delle fonti rinnovabili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nei prossimi provvedimenti legislativi la possibilità di reintrodurre norme in funzione del ripristino delle facilitazioni sul credito d'imposta per interventi di riqualificazione energetica degli edifici domestici del Paese.
9/3496-A/7.Mondello, Libè, Dionisi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame concerne misure in materia ambientale;
è stata annunciata la volontà della multinazionale Australiana Key Petroleum di fare sondaggi nel mare a sud dell'Isola d'Elba, in una zona da iscriversi dal largo delle coste meridionali dell'isola d'Elba fino a Montecristo (includendo molto probabilmente il mare protetto di Pianosa), per la ricerca petrolifera e di gas naturale;
al riguardo si sono registrate diverse prese di posizione di piena contrarietà, attraverso gli organi di stampa, da parte del ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dall'assessore regionale e dal presidente del Parco dell'arcipelago toscano;
il turismo, fonte economica principale dell'economia dell'arcipelago, sta attraversando un lungo periodo di crisi e che l'idea di instaurare una qualunque stazione di estrazione di gas e petrolio danneggerebbe drasticamente l'immagine delle isole interessate,

impegna il Governo

a provvedere, tempestivamente, ogni iniziativa volta ad accertare l'effettiva volontà di procedere alle richiamate attività di trivellazione al largo delle coste dell'Isola d'Elba, di Pianosa e di Montecristo e, laddove confermata, ad assumere tutte le misure necessarie per escludere che un'attività così pericolosa per l'equilibrio dell'ambiente marino, possa realizzarsi in un contesto così delicato quale quello dell'arcipelago toscano.
9/3496-A/8.Velo.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca, tra le altre, disposizioni incidenti sulla materia della energia da fonti rinnovabili,

impegna il Governo

ad adottare, tenendo conto anche di quanto sarà definito in sede di Conferenza unificata, iniziative normative volte a con fermare tutte le misure premiali attualmente previste a favore degli impianti fotovoltaici i cui soggetti responsabili sono enti locali o regioni e, in particolare, a prevedere un incremento della tariffa incentivante pari al 5 per cento per gli impianti fotovoltaici realizzati da enti locali su immobili in propria disponibilità.
9/3496-A/9.Lanzarin, Foti, Mariani, Margiotta, Ghiglia, Braga, Libè, Polledri, Piffari, Realacci.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative per garantire il funzionamento dell'ufficio ispettivo veterinario del porto di Gioia Tauro - 3-01150

NUCARA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa, poi verificate in loco, risulta che nel porto di Gioia Tauro manca l'ufficio ispettivo veterinario e che il pesce in arrivo, in particolare il tonno acquistato e utilizzato da ditte per la conservazione dello stesso, proprio in virtù della mancanza dell'ufficio che ha in carico l'ispezione di tale prodotto alimentare, deve fare il giro d'Italia per arrivare a destinazione dell'industria conserviera che è ubicata a pochi chilometri dal porto di Gioia Tauro;
le industrie in Calabria non sono molte, per non dire che non esistono, e, in virtù della chiusura dell'ufficio in questione per inadeguatezza dello stesso, secondo la comunicazione dell'Unione europea, da oltre 7 mesi il porto di Gioia Tauro «sconta questo handicap». Altre questioni riguardano i raccordi ferroviari già realizzati ma inutilizzati per mancanza di autorizzazione da parte di Rete ferroviaria italiana -:
quali iniziative intenda prendere il Governo per una maggiore e migliore utilizzazione di questa importante infrastruttura e, in particolare, se il Ministro interrogato non ritenga, considerato che i locali dell'ufficio ispettivo veterinario sono stati ristrutturati secondo normativa, di concedere, se fosse possibile, almeno un'autorizzazione provvisoria, dalla quale potrebbe scaturire una migliore funzionalità del porto, e maggiori benefici per le industrie conserviere del tonno, che ovviamente aumenterebbero la loro competitività sui mercati nazionali e internazionali.(3-01150)
(29 giugno 2010)

Iniziative per la definizione del nuovo piano nazionale d'azione per l'infanzia e l'adolescenza - 3-01151

CAPITANIO SANTOLINI, BINETTI, ANNA TERESA FORMISANO, MONDELLO, DELFINO, POLI, VIETTI, VOLONTÈ, CICCANTI, COMPAGNON, NARO, RAO, GALLETTI, LIBÈ, OCCHIUTO, MEREU e CIOCCHETTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'assenza ormai dal 2004 - data dell'ultimo piano per l'infanzia approvato dal Governo - di un orientamento nazionale delle politiche per l'infanzia e l'adolescenza rende sempre più urgente la necessità di definire, nell'ambito della concertazione istituzionale con i vari livelli di governo e nel rispetto della sussidiarietà, un efficace strumento di riferimento;
la proposta di piano per l'infanzia e l'adolescenza presentata dall'Osservatorio nazionale nell'ottobre 2009 è frutto di lunghi mesi di lavori di gruppo, analisi e approfondimenti da parte di una grande pluralità di soggetti, ma ad oggi non è stato ancora approvato dal Governo e adottato;
il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (organo sussidiario all'Assemblea generale dell'Onu), nell'ambito del lavoro di verifica del rispetto della Convenzione Onu da parte dei Paesi membri, nel febbraio 2010 ha indirizzato all'Italia un documento contenente numerose conclusioni e raccomandazioni, tra cui proprio l'adozione del nuovo piano nazionale;
il Sottosegretario Giovanardi ha ribadito nel corso dell'informativa presso il Senato della Repubblica il 22 aprile 2010 quanto già precedentemente annunciato alla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, vale a dire la prossima approvazione dello schema di piano da parte dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, naturalmente tutto ciò si riferiva al mese d'aprile 2010;
il Governo si è impegnato, anche in occasione della Conferenza nazionale sull'infanzia e l'adolescenza, tenutasi a Napoli nel novembre 2009, a proseguire il percorso per l'adozione del piano, ma ad oltre sei mesi di distanza non è ancora iniziato l'iter di approvazione: non si conoscono i reali motivi per i quali continua a slittare l'avvio dell'iter di approvazione del piano nazionale per l'infanzia e l'adolescenza -:
quali iniziative urgenti intenda attuare per accelerare il processo di consultazione interna con i ministeri e di concertazione istituzionale con le regioni, al fine di convocare l'Osservatorio e procedere al più presto alla definizione di un piano nazionale d'azione per l'infanzia e l'adolescenza sulla base della proposta già presentata dall'Osservatorio nel 2009.
(3-01151)
(29 giugno 2010)

Iniziative in materia di corresponsione dell'assegno di invalidità ai cittadini extracomunitari sprovvisti di permesso di soggiorno - 3-01152

REGUZZONI, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, LUSSANA, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
è dei giorni scorsi la notizia che secondo la Corte costituzionale è illegittima la norma che garantisce assegni di invalidità solo ai cittadini extracomunitari possessori di carta di soggiorno;
la vicenda trae spunto dalla causa di una rumena immigrata in Piemonte, che, in seguito ad un incidente, è divenuta invalida, con il riconoscimento del diritto all'assegno di invalidità in quanto comunitaria, e che ha chiesto anche gli arretrati, che si riferivano ad un periodo in cui la Romania non era ancora entrata nell'Unione europea;
la richiesta era stata bocciata proprio in virtù del disposto ex lege n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001), che subordina appunto l'assegno sociale al possesso della carta di soggiorno; ma in appello la corte di Torino sollevava questione di legittimità costituzionale dell'articolo 80, comma 19, della citata legge n. 388 del 2000, nella parte in cui tale disposizione, nello stabilire che «ai sensi dell'articolo 41 del decreto legislativo 25 luglio 1988, n. 286, l'assegno sociale e le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali sono concessi, alle condizioni previste dalla legislazione medesima, agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno», subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri regolarmente soggiornanti nel nostro Paese dell'assegno mensile di invalidità, ex articolo 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118, (Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5, e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili);
a parere dei giudici remittenti, infatti, il subordinare il diritto alle prestazioni previdenziali alla titolarità della carta di soggiorno, e quindi all'ulteriore requisito della permanenza di almeno cinque anni nel territorio dello Stato italiano, introdurrebbe una discriminazione dello straniero nei confronti del cittadino italiano, in contrasto con quanto stabilito, a livello internazionale, dall'articolo 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1952 e, a livello nazionale, dall'articolo 117 della Costituzione, ovvero la norma che obbliga lo Stato italiano a fare leggi, anche in materia di immigrazione, che rispettino l'ordinamento comunitario ed internazionale;
secondo la Corte costituzionale, dunque, come la Corte europea dei diritti dell'uomo ha più volte precisato, sebbene la Convenzione del 1952 non ponga in capo agli Stati membri alcun obbligo di adottare un sistema di protezione sociale o di assicurare un determinato livello di prestazioni assistenziali, rispettando la scelta del legislatore nazionale, tuttavia se tali prestazioni sono istituite e concesse, la normativa che li prevede non dovrà essere discriminatoria in ottemperanza all'articolo 14 della Convenzione medesima;
tale interpretazione ha portato perciò la Corte costituzionale a dichiarare - sia pure apparentemente non all'unanimità e con una spaccatura a Palazzo della Consulta, come riportato dalle cronache dei giornali - l'illegittimità costituzionale del citato articolo 80, comma 19, della legge finanziaria per il 2001, affermando che è in gioco un «bisogno primario» dell'individuo, in quanto trattasi di «un'erogazione destinata non già ad integrare il minor reddito dipendente dalle condizioni soggettive, ma a fornire alla persona un minimo di sostentamento atto ad assicurare la sopravvivenza»;
è innegabile che tale apertura pone l'Inps a reale rischio di tracollo ed è, altresì, evidente come la posizione dei giudici sia in controtendenza con le misure adottate dal Governo con la recente manovra, di cui al decreto-legge n. 78 del 2010, per ridurre la spesa in materia di invalidità -:
come il Governo intenda intervenire per risolvere la questione, atteso che si profila il rischio di gravissimi effetti sui conti pubblici, nonché di vanificare l'operato finora praticato in termini di verifiche e controlli sui trattamenti di invalidità e di contrasto alle frodi in materia di invalidità civile, al fine di «stanare» i cosiddetti falsi invalidi e contenere la crescita esponenziale della relativa spesa pensionistica. (3-01152)
(29 giugno 2010)

Iniziative di competenza del Governo per garantire il rilancio dello stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco - 3-01153

BALDELLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
affinché il Paese riprenda un robusto processo di crescita è necessario creare i presupposti per stimolare anche lo sviluppo del Mezzogiorno mediante una nuova e straordinaria capacità di attrazione di investimenti;
per promuovere nuovi investimenti non è necessario solo un diverso regime fiscale, ma, soprattutto, un sistema di incentivi normativi capaci di favorirli e di espandere la base occupazionale;
tutte le parti sociali - ad eccezione della Cgil - hanno sottoscritto nel gennaio del 2009 un nuovo assetto contrattuale e di relazioni industriali, nel quale la dimensione aziendale e territoriale assume una specifica centralità e nel quale è prevista la possibilità di deroghe al sistema definito, al fine di promuovere l'occupazione;
la Fiat ha presentato un nuovo programma di investimenti per il rilancio globale dell'azienda, offrendo la disponibilità a localizzare nello stabilimento di Pomigliano d'Arco la produzione della Panda, oggi prodotta in Polonia, con un investimento di circa 700 milioni di euro, a fronte di un recupero di produttività e dell'abbattimento di comportamenti viziosi, che da sempre caratterizzano quello stabilimento, e di condizioni di carattere straordinario di per sé non generalizzabili derivanti dall'esistenza dell'alternativa polacca;
quattro organizzazioni sindacali su cinque - con la sola eccezione della Fiom Cgil - hanno sottoscritto l'accordo contrattuale, che nelle condizioni date si presentava come il più adatto a consentire che quell'investimento avesse luogo e nello stesso tempo assicurava anche un vantaggio salariale per alcune delle figure professionali dello stabilimento;
tale accordo è stato sottoposto a referendum e il 63 per cento dei lavoratori di quello stabilimento - ha votato quasi il 96 per cento degli aventi diritto - ha approvato quell'intesa, garantendo appunto le condizioni affinché l'investimento della Fiat abbia luogo -:
quali iniziative intenda assumere il Governo per consentire l'esito positivo di questa vicenda.(3-01153)
(29 giugno 2010)

Iniziative per la proroga delle agevolazioni in materia previdenziale per il settore agricolo - 3-01156

OLIVERIO, ZUCCHI, MARAN, QUARTIANI, GIACHETTI, AGOSTINI, BRANDOLINI, MARCO CARRA, CENNI, CUOMO, DAL MORO, FIORIO, MARROCU, MARIO PEPE, SANI, SERVODIO e TRAPPOLINO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il settore agricolo italiano è frutto dell'insieme delle peculiarità e delle difficoltà specifiche vissute dai singoli territori;
in tale prospettiva il Mezzogiorno e territori montani particolarmente svantaggiati rivestono un'importanza cruciale per il settore primario e pertanto è necessario valutare con attenzione le misure utili a sostenere e rilanciare il comparto agricolo mediante un sostegno alle categorie produttive interessate;
è fondamentale sostenere le categorie produttive del settore agricolo intervenendo sugli oneri di natura previdenziale gravanti sui datori di lavoro agricolo e sugli stessi lavoratori come già stabilito per il triennio 2006-2008 dall'articolo 01, comma 2, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito con modificazioni, dalla legge n. 81 del 2006;
il decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2 all'articolo 01 con il comma 2 ha disposto che, dal 1o gennaio 2006 e per il triennio 2006-2008, le agevolazioni contributive per i datori di lavoro agricoli in zone svantaggiate o particolarmente svantaggiate fossero più vantaggiose rispetto a quanto stabilito dall'articolo 9, commi 5, 5-bis e 5-ter della legge n. 67 del 1988;
in particolare il decreto-legge n. 2 del 2006 ha stabilito che:
nei territori montani particolarmente svantaggiati (ossia situati ad una altitudine di almeno 700 metri), lo sgravio contributivo, rispetto a quanto normalmente dovuto sul territorio nazionale, spetta nella misura del 75 per cento dei contributi a carico del datore di lavoro (pertanto la quota da versare sarà del 25 per cento, quindi più bassa rispetto alla quota del 30 per cento attualmente dovuta);
nelle zone agricole svantaggiate, comprese le aree dell'obiettivo 1 del regolamento (CE) n. 1260/1999, recante «Disposizioni generali sui Fondi strutturali», nonché i territori dei comuni delle regioni Abruzzo, Molise e Basilicata, lo sgravio contributivo compete nella misura del 68 per cento (pertanto la quota da versare sarà del 32 per cento, notevolmente più bassa rispetto al 60 per cento attualmente previsto);
l'articolo 1-ter del decreto-legge n. 171 del 2008 ha disposto l'applicazione, fino al 31 dicembre 2009, delle agevolazioni contributive previste dall'articolo 9, commi da 5 a 5-ter, della legge 67 del 1988, nei territori montani particolarmente svantaggiati e nelle zone agricole svantaggiate, nelle misure - più favorevoli - stabilite dall'articolo 01, comma 2, del decreto-legge n. 2 del 2006;
l'articolo 2, comma 49 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, Legge finanziaria 2010, ha, da ultimo, prorogato per il periodo 1o gennaio-31 luglio 2010, la rideterminazione delle agevolazioni contributive di cui all'articolo 9, commi 5, 5-bis e 5-ter della legge 67 del 1988, nelle misure più favorevoli;
alla luce della riforma della politica agricola comunitaria tale intervento non si configura come di natura assistenziale bensì ha una valenza strutturale per tali imprese e per il settore intero;
la modalità con cui l'esecutivo proroga le misure di agevolazione contributiva, quasi mese per mese, confermano una gestione difficile ed insufficiente dell'ordinario anche in presenza di situazioni oggettivamente critiche poiché le agevolazioni riguardano territori svantaggiati o particolarmente svantaggiati;
a fronte della richiesta di una stabilizzazione delle agevolazioni previdenziali avanzata dal mondo agricolo, il Governo non è in grado di fornire certezze e, fino ad ora, si è limitato a proroghe prossime alla scadenza, senza che su di esse ci sia la certezza di ulteriori interventi -:
se sia intenzione del Governo assumere iniziative normative volte a prorogare, almeno fino al 31 dicembre 2010, le agevolazioni in materia previdenziale per il settore agricolo nelle modalità più vantaggiose previste dall'articolo 01, comma 2 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito con modificazioni, dalla legge n. 81 del 2006. (3-01156)

Chiarimenti in ordine alle ragioni della nomina del Ministro senza portafoglio onorevole Aldo Brancher - 3-01154

DONADI, DI PIETRO, EVANGELISTI, BORGHESI, MESSINA e DI STANISLAO. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
il 18 giugno 2010 il deputato Aldo Brancher, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri per il federalismo, è stato nominato Ministro per la sussidiarietà e il decentramento;
ad avviso degli interroganti, la sopra indicata nomina, a tutti gli effetti una promozione, mina la salvaguardia dell'onore e del prestigio delle istituzioni - trattasi di carica di piena rappresentanza politica - in quanto caduta su una persona attualmente imputata nel processo inerente al tentativo di scalata alla Banca Antonveneta da parte della Banca popolare italiana, già Banca popolare di Lodi, e che, negli anni passati, è stata condannata in primo grado ed in appello per falso in bilancio e finanziamento illecito al Partito socialista italiano, reati poi caduti in forza, rispettivamente, della depenalizzazione e della riduzione dei termini di prescrizione introdotte dal Governo Berlusconi II;
oltre all'inopportunità, ad avviso degli interroganti, l'inusitato passaggio dall'incarico di Sottosegretario a Ministro desta ancora maggiori perplessità, ove si guardi alle funzioni cui egli è chiamato o, meglio, sarebbe chiamato, a fronte della perdurante incertezza nell'attribuzione della delega e del suo contenuto, incertezza non inusuale, ma che in questo caso, ad avviso degli interroganti, assurge ad emblema dell'immotivata istituzione del nuovo ministero, le cui funzioni rischiano di intrecciarsi con quelle di altri dicasteri e competenze già consolidati, di confondersi con quelle del Ministro per i rapporti con le regioni, del Ministro per le riforme per il federalismo, del Ministro per la semplificazione normativa - con i quali il neo Ministro già lavorava a strettissimo contatto dalla sua posizione di Sottosegretario con delega per il federalismo - e del Ministro per l'attuazione del programma di Governo, oltre che di coincidere con quelle già esercitate in qualità di Sottosegretario;
nei giorni scorsi la notizia dell'imminente udienza del processo «Antonveneta», in cui avrebbe dovuto comparire il Sottosegretario Brancher, rinviata a causa di impegni istituzionali e fissata da ultimo per il 26 giugno 2010, ad avviso degli interroganti ha gettato più di un'ombra sulle ragioni della sua repentina promozione a Ministro;
il decorso degli eventi successivi - da ultimo il tentativo di avvalersi tempestivamente del legittimo impedimento - ad avviso degli interroganti pone un grave pregiudizio sulla figura del neo Ministro, che è apparso più reattivo ad un uso pretestuoso e personale delle istituzioni e delle loro prerogative che a servire il Paese;
negli ultimi giorni della campagna elettorale del 2008, il candidato Silvio Berlusconi ha dichiarato ai telespettatori che «nel Governo del Popolo della libertà ci saranno dodici ministri e 4 di questi saranno donne»: in un percorso appena biennale, i Ministri sono via via aumentati fino a raggiungere l'attuale compagine di 24;
il 16 giugno 2010 il Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi ha ribadito, nel suo intervento all'assemblea di Confcommercio, di «voler dimezzare coloro che vivono di politica»;
a fronte del persistente dibattito sulla riduzione dei costi della politica sulla finanza pubblica e del rilevante interesse che esso riveste in particolare oggi, davanti ai grandi sacrifici richiesti ai cittadini per fronteggiare la grave crisi economica, l'istituzione di un nuovo ministero, ad avviso degli interroganti privo di natura e attività specifiche, e la promozione del Sottosegretario Brancher risultano, ad avviso degli interroganti, come uno schiaffo ai milioni di italiani per bene, inficiano le proposizioni di risparmio in ordine ai costi della finanza pubblica e di efficacia ed efficienza delle istituzioni pubbliche e determinano un'immotivata duplicazione di strutture e di costi per i cittadini -:
quali siano le reali ragioni della promozione alla carica di Ministro del Sottosegretario Brancher. (3-01154)
(29 giugno 2010)

MOZIONI CARLUCCI, RIVOLTA, MURA ED ALTRI N. 1-00261, LIVIA TURCO ED ALTRI N. 1-00393, BINETTI ED ALTRI N. 1-00396 LUSSANA ED ALTRI N. 1-00398, CALGARO ED ALTRI N. 1-00400 E CARLUCCI, D'INCECCO, LUSSANA, BINETTI, MURA, CALGARO ED ALTRI N. 1-00401 SULLA PREVENZIONE E CURA DEL CARCINOMA AL SENO

Mozioni

La Camera,
premesso che:
il tumore al seno rappresenta la forma più diffusa di carcinoma femminile: ogni anno in tutto il mondo vengono diagnosticati più di 1 milione di nuovi casi e 400.000 donne muoiono per questa malattia; nei Paesi ad economia avanzata 1 donna su 100 si ammala entro i 45 anni, 2 su 100 entro i 50 e altre 8 fra i 50 e gli 80, cioè entro la speranza di vita media di questi Paesi;
nel 2007 in Europa l'incidenza del tumore al seno è stata di oltre 280.000 nuovi casi e la mortalità di circa 75.000;
in Italia ogni anno si ammalano di tumore al seno circa 37.000 donne (dato che rappresenta il 20-25 per cento di tutti i tumori maligni femminili), di cui il 30 per cento prima dei 50 anni, il 45 per cento fra 50 e 70 ed il 25 per cento dopo i 70; sono circa 450.000 le donne che hanno avuto negli ultimi 10 anni una diagnosi di carcinoma mammario, di cui quasi la metà negli ultimi 5;
in Italia il tumore al seno rappresenta la prima causa di morte fra le donne di età compresa tra i 35 ed i 45 anni; 8.000 decessi all'anno testimoniano l'elevato rischio di mortalità della malattia, seppure in diminuzione;
una recente indagine, commissionata dalla Lega italiana per la lotta ai tumori (Lilt), ha stimato i costi del tumore al seno tra i 29.000 ed i 31.000 euro per ogni singola patologia, in relazione alla gravità della malattia, alle eventuali complicanze, alla complessità e alla durata del previsto ciclo di terapia; la stima considera, innanzitutto, i costi medico-sanitari diretti ed indiretti (per l'86 per cento rimborsati dal servizio sanitario nazionale), ma anche i costi non sanitari direttamente connessi con la malattia (trasferte e spostamenti che spesso coinvolgono anche i familiari e i parenti più stretti delle pazienti), la diminuzione del reddito familiare legata alla forzata astensione dal lavoro della donna e, infine, gli oneri derivanti da una diversa gestione dell'economia domestica in relazione all'inabilità della donna a svolgere il proprio essenziale ruolo all'interno della famiglia;
al di là del pur rilevante impatto economico e dei costi sociali a carico della collettività, il tumore al seno rappresenta una vera e propria patologia sociale, con evidenti ripercussioni sulla qualità complessiva della vita di tutto il nucleo familiare e dei parenti più stretti delle donne colpite dalla malattia. Si tratta di una patologia da fronteggiare, allora, con strumenti adeguati alla consapevolezza che la salute della donna costituisce il fondamentale paradigma non solo del livello complessivo di benessere della famiglia e della società tutta, ma anche, più in generale, del complessivo livello di civiltà, democrazia e sviluppo del Paese;
fondamentale per ridurre i casi di insorgenza del carcinoma mammario è la prevenzione primaria basata sull'adozione di uno stile di vita tale da ridurre significativamente i fattori di rischio oggettivo, quali l'obesità, l'eccessivo consumo di alcool, una cattiva alimentazione e la protratta esposizione a radiazioni ionizzanti; in presenza di tali fattori e, comunque, di situazioni oggettive, quali l'età, la familiarità con la malattia, l'esistenza di disturbi nel ciclo mestruale, diviene essenziale un'efficace prevenzione secondaria basata sulla diagnosi precoce, assicurata da uno screening mammografico organizzato, strumento sensibile ed affidabile per identificare allo stadio iniziale tumori anche di piccolissime dimensioni che possono essere immediatamente trattati con terapie meno invasive, aumentando le probabilità di guarigione e riducendo di quasi il 50 per cento il rischio di mortalità;
i presupposti per una migliore efficacia della cura del tumore al seno sono, in conclusione, un'adeguata campagna di sensibilizzazione e di informazione, una diagnosi il più possibile precoce della malattia, una consapevole adesione delle pazienti al percorso terapeutico e un adeguato supporto psicologico alle donne colpite. A tal riguardo, le linee guida concernenti la prevenzione, la diagnosi e l'assistenza in oncologia, approvate l'8 marzo 2001 dalla conferenza Stato-regioni, prevedono, sostanzialmente in linea con gli standard adottati dagli altri Paesi europei, l'offerta gratuita a tutte le donne residenti in Italia in età compresa fra i 50 e i 70 anni di uno screening mammografico con frequenza biennale, secondo dettagliate modalità organizzative e qualitative;
tale previsione è stata successivamente inserita nell'elenco dei livelli essenziali di assistenza, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001, che individua gli standard minimi qualitativi e quantitativi delle prestazioni sanitarie, da garantire in modo appropriato ed uniforme in tutte le diverse realtà regionali;
l'intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005 ha ribadito il principio dell'uniforme erogazione dei livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale e ha demandato ad un apposito comitato, istituito presso il ministero della salute, il compito di monitorare e verificare l'appropriatezza delle prestazioni e di certificare l'esatto adempimento degli obblighi regionali in materia sanitaria, ai fini dell'adozione delle successive misure da parte del previsto tavolo congiunto di verifica;
il numero di donne effettivamente destinatario dell'invito a sottoporsi al previsto screening per la diagnosi precoce del carcinoma mammario risulta notevolmente aumentato negli ultimi quattro anni; tuttavia, nel 2007, a fronte di 7 milioni e 400 mila donne potenzialmente interessate allo screening biennale, solo 2 milioni e 200 mila sono state effettivamente sollecitate ad effettuare la mammografia (dato che su base nazionale rappresenta il 62 per cento del target annuale di riferimento);
negli ultimi anni la conoscenza dei fattori di rischio di tipo genetico coinvolti nello sviluppo del carcinoma della mammella ha avuto un rapido sviluppo, con l'identificazione del gene TP53 e dei geni BRCA1 e BRCA2, responsabili di forme autosomiche dominanti di predisposizione allo sviluppo della neoplasia mammaria, definite ad «alta penetranza», in quanto mutazioni in questi geni conferiscono un aumento significativo del rischio di sviluppare tale neoplasia;
permane, inoltre, un forte squilibrio fra il Nord e il Centro da un lato e il Sud e le Isole dall'altro: mentre nelle prime due macroaree si è vicini ad un'estensione tra il 70 per cento e l'82 per cento delle donne invitate ad effettuare i controlli, nelle regioni meridionali e insulari tale indicatore supera di poco il 27 per cento,

impegna il Governo:

a considerare il tumore al seno tra le priorità della sanità pubblica e ad avviare ogni intervento idoneo a fronteggiare lo stesso;
a predisporre, di conseguenza, un progetto nazionale per la promozione delle informazioni e la necessaria sensibilizzazione sull'adozione di un corretto stile di vita, nonché sull'importanza di una diagnosi precoce, coinvolgendo anche i medici di medicina generale e i servizi territoriali;
a promuovere progetti di supporto multidisciplinari per le donne che abbiano ricevuto diagnosi di tumore al seno;
a monitorare con attenzione e continuità l'andamento dei programmi di screening mammografico, demandando al comitato per la verifica dei livelli essenziali di assistenza l'effettuazione di specifiche rilevazioni concernenti le diverse modalità organizzative e i differenti costi sostenuti, al fine di evidenziare le migliori pratiche e promuovere la loro estensione in tutte le realtà regionali;
ad assumere ogni iniziativa idonea ad eliminare le evidenziate differenze nell'attuazione dei programmi di screening mammografico;
a valutare, compatibilmente con il rispetto degli equilibri di finanza pubblica e di contenimento della spesa sanitaria, l'adozione di misure incentivanti e premiali per le regioni che evidenzino rispetto alla situazione attuale maggior efficacia ed efficienza nella realizzazione di programmi di diagnosi precoce del tumore al seno;
a predisporre linee guida per l'istituzione di percorsi diversificati di screening mammografici e di presa in carico delle donne a maggior rischio di carcinoma alla mammella, in quanto portatrici dei geni BRCA, in coerenza con i risultati degli studi promossi dal ministero della salute nell'ambito del piano nazionale screening;
ad adottare, d'intesa con le regioni, tutte le iniziative opportune per superare le problematiche che a tutt'oggi impediscono la piena realizzazione di una prestazione diagnostica essenziale per diminuire i costi sociali e i rischi di mortalità della malattia.
(1-00261)
(Nuova formulazione) «Carlucci, Rivolta, Mura, Bocciardo, Centemero, Bertolini, Pelino, Goisis, Frassinetti, Di Virgilio, Biancofiore, Antonione, Moles, Palagiano, Misiti».

La Camera,
premesso che:
il tumore al seno rappresenta la forma più diffusa di carcinoma femminile: ogni anno in tutto il mondo vengono diagnosticati più di 1 milione di nuovi casi e 400.000 donne muoiono per questa malattia; nei Paesi ad economia avanzata 1 donna su 100 si ammala entro i 45 anni, 2 su 100 entro i 50 e altre 8 fra i 50 e gli 80, cioè entro la speranza di vita media di questi Paesi;
nel 2007 in Europa l'incidenza del tumore al seno è stata di oltre 280.000 nuovi casi e la mortalità di circa 75.000;
in Italia ogni anno si ammalano di tumore al seno circa 37.000 donne (dato che rappresenta il 20-25 per cento di tutti i tumori maligni femminili), di cui il 30 per cento prima dei 50 anni, il 45 per cento fra 50 e 70 ed il 25 per cento dopo i 70; sono circa 450.000 le donne che hanno avuto negli ultimi 10 anni una diagnosi di carcinoma mammario, di cui quasi la metà negli ultimi 5;
in Italia il tumore al seno rappresenta la prima causa di morte fra le donne di età compresa tra i 35 ed i 45 anni; 8.000 decessi all'anno testimoniano l'elevato rischio di mortalità della malattia, seppure in diminuzione;
una recente indagine, commissionata dalla Lega italiana per la lotta ai tumori (Lilt), ha stimato i costi del tumore al seno tra i 29.000 ed i 31.000 euro per ogni singola patologia, in relazione alla gravità della malattia, alle eventuali complicanze, alla complessità e durata del previsto ciclo di terapia; la stima considera, innanzitutto, i costi medico-sanitari diretti ed indiretti (per l'86 per cento rimborsati dal servizio sanitario nazionale), ma anche i costi non sanitari direttamente connessi con la malattia (trasferte e spostamenti che spesso coinvolgono anche i familiari e i parenti più stretti delle pazienti), la diminuzione del reddito familiare legata alla forzata astensione dal lavoro della donna e, infine, gli oneri derivanti da una diversa gestione dell'economia domestica in relazione all'inabilità della donna a svolgere il proprio essenziale ruolo all'interno della famiglia;
al di là del pur rilevante impatto economico e dei costi sociali a carico della collettività, il tumore al seno rappresenta una vera e propria patologia sociale, con evidenti ripercussioni sulla qualità complessiva della vita di tutto il nucleo familiare e dei parenti più stretti delle donne colpite dalla malattia. Si tratta di una patologia da fronteggiare, allora, con strumenti adeguati alla consapevolezza che la salute della donna costituisce il fondamentale paradigma non solo del livello complessivo di benessere della famiglia e della società tutta, ma anche, più in generale, del complessivo livello di civiltà, democrazia e sviluppo del Paese;
fondamentale per ridurre i casi di insorgenza del carcinoma mammario è la prevenzione primaria basata sull'adozione di uno stile di vita tale da ridurre significativamente i fattori di rischio oggettivo, quali l'obesità, l'eccessivo consumo di alcool, una cattiva alimentazione e la protratta esposizione a radiazioni ionizzanti; in presenza di tali fattori e, comunque, di situazioni oggettive, quali l'età, la familiarità con la malattia, l'esistenza di disturbi nel ciclo mestruale, diviene essenziale un'efficace prevenzione secondaria basata sulla diagnosi precoce, assicurata da un screening mammografico organizzato, strumento sensibile ed affidabile per identificare allo stadio iniziale tumori anche di piccolissime dimensioni che possono essere immediatamente trattati con terapie meno invasive, aumentando le probabilità di guarigione e riducendo di quasi il 50 per cento il rischio di mortalità;
i presupposti per una migliore efficacia della cura del tumore al seno sono, in conclusione, un'adeguata campagna di sensibilizzazione e di informazione, una diagnosi il più possibile precoce della malattia, una consapevole adesione delle pazienti al percorso terapeutico e un adeguato supporto psicologico alle donne colpite. A tal riguardo le «linee guida concernenti la prevenzione, la diagnosi e l'assistenza in oncologia», approvate l'8 marzo 2001 dalla conferenza Stato-regioni, prevedono, sostanzialmente in linea con gli standard adottati dagli altri Paesi europei, l'offerta gratuita a tutte le donne residenti in Italia in età compresa fra i 50 e i 70 anni di uno screening mammografico con frequenza biennale, secondo dettagliate modalità organizzative e qualitative;
tale previsione è stata successivamente inserita nell'elenco dei livelli essenziali di assistenza, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001, che individua gli standard minimi qualitativi e quantitativi delle prestazioni sanitarie da garantire in modo appropriato ed uniforme in tutte le diverse realtà regionali;
l'intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005, ha ribadito il principio dell'uniforme erogazione dei livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale e ha demandato ad un apposito comitato, istituito presso il ministero della salute, il compito di monitorare e verificare l'appropriatezza delle prestazioni e di certificare l'esatto adempimento degli obblighi regionali in materia sanitaria, ai fini dell'adozione delle successive misure da parte del previsto tavolo congiunto di verifica;
il numero di donne effettivamente destinatario dell'invito a sottoporsi al previsto screening per la diagnosi precoce del carcinoma mammario risulta notevolmente aumentato negli ultimi quattro anni; tuttavia, nel 2007, a fronte di 7 milioni e 400 mila donne potenzialmente interessate allo screening biennale, solo 2 milioni e 200 mila sono state effettivamente sollecitate ad effettuare la mammografia (dato che su base nazionale rappresenta il 62 per cento del target annuale di riferimento);
negli ultimi anni la conoscenza dei fattori di rischio di tipo genetico coinvolti nello sviluppo del carcinoma della mammella ha avuto un rapido sviluppo con l'identificazione del gene TP53 e dei geni BRCA1 e BRCA2, responsabili di forme autosomiche dominanti di predisposizione allo sviluppo della neoplasia mammaria, definite ad «alta penetranza», in quanto mutazioni in questi geni conferiscono un aumento significativo del rischio di sviluppare tale neoplasia;
permane, inoltre, un forte squilibrio fra il Nord e il Centro, da un lato, e il Sud e le isole dall'altro: mentre nelle prime due macroaree si è vicini a un'estensione tra il 70 per cento e l'82 per cento delle donne invitate ad effettuare i controlli, nelle regioni meridionali e insulari tale indicatore supera di poco il 27 per cento,

impegna il Governo:

a considerare il tumore al seno quale patologia sociale e il contrasto alla malattia quale priorità per la sanità pubblica;
a predisporre, di conseguenza, un progetto nazionale per la promozione delle informazioni e la necessaria sensibilizzazione sull'adozione di un corretto stile di vita e sull'importanza di una diagnosi precoce, coinvolgendo anche i medici di medicina generale e i servizi territoriali;
a promuovere progetti di supporto multidisciplinari per le donne che abbiano ricevuto diagnosi di tumore al seno e ad incentivare la creazione di unità di patologia mammaria (breast unit) presso la maggior parte delle aziende ospedaliere quale modello organizzativo che, pur nella definizione di un percorso terapeutico, ponga sempre al centro la donna e tutti gli aspetti che tale patologia comporta sulla vita della paziente;
a monitorare con attenzione e continuità nelle diverse regioni l'andamento dei programmi di screening mammografico, demandando al comitato per la verifica dei livelli essenziali di assistenza l'effettuazione di specifiche rilevazioni concernenti le diverse modalità organizzative e i differenti costi sostenuti, al fine di evidenziare le migliori pratiche e promuovere la loro estensione in tutte le realtà regionali;
ad assumere ogni iniziativa idonea ad eliminare le evidenziate differenze nell'attuazione dei programmi di screening mammografico;
a predisporre linee guida per l'istituzione di percorsi di screening mammografici e di presa in carico delle donne a maggior rischio di carcinoma alla mammella, in quanto portatrici dei geni BRCA, in coerenza con i risultati degli studi promossi dal ministero della salute nell'ambito del piano nazionale screening;
a valutare l'adozione di misure incentivanti e premiali per le regioni che evidenzino, rispetto alla situazione attuale, maggior efficacia ed efficienza nella realizzazione di programmi di diagnosi precoce del tumore al seno, specialmente per quelle regioni che adottino programmi di screening mammografico associato alla visita senologica, quale importante ed insostituibile momento di dialogo della donna con l'oncologo, specialista della patologia mammaria, per un giusto inquadramento del problema ed una corretta informazione sul carcinoma mammario;
ad adottare, d'intesa con le regioni, tutte le iniziative opportune per superare le problematiche che a tutt'oggi impediscono la piena realizzazione di una prestazione diagnostica essenziale per diminuire i costi sociali e i rischi di mortalità della malattia;
a definire, su proposta del comitato paritetico permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 9 dell'intesa sottoscritta il 23 marzo 2005 tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, un termine ultimo nei confronti delle regioni inadempienti per la realizzazione di quanto già previsto negli attuali livelli essenziali di assistenza in termini di presa in carico, screening e prevenzione del carcinoma mammario, applicando, in caso di permanenza dell'inadempimento, l'articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131.
(1-00393)
«Livia Turco, Lenzi, Ghizzoni, Argentin, Bossa, Bucchino, Burtone, D'Incecco, Farina Coscioni, Grassi, Miotto, Murer, Pedoto, Sarubbi, Sbrollini».

La Camera,
premesso che:
il carcinoma mammario risulta essere la prima causa di mortalità per tumore nel sesso femminile: il numero dei decessi per questa patologia si attesta tra i 12.000 e i 13.000 ogni anno e il fenomeno risulta ancora più drammatico se si considera che ogni anno vi sono tra i 33.000 e i 37.000 nuovi casi (circa 1 donna su 13);
grazie alla possibilità di ottenere diagnosi sempre più precoci in Italia, la patologia viene diagnosticata nel 30,4 per cento dei casi a donne con meno di 44 anni, nel 37,7 per cento a donne di età compresa tra i 45 ed i 64 anni e nel 18 per cento a donne di età maggiore di 65 anni. Entro i 65 anni nella popolazione femminile una diagnosi di tumore su tre è rappresentata da un carcinoma mammario;
in particolare, si segnala che il 15 per cento dei tumori al seno viene diagnosticato durante la gravidanza probabilmente per l'innalzamento dell'età media della prima gravidanza (tra i 34 e i 38 anni); ma probabilmente anche perché l'82 per cento dei tumori del seno sono sensibili all'azione degli estrogeni, che aumentano notevolmente durante la gravidanza. In questa ipotesi, la maternità in età avanzata rappresenta un fattore di rischio, eppure questa è la tendenza che si va affermando nei Paesi occidentali, in cui matrimonio e maternità negli ultimi anni si sono spostati in avanti di circa 10 anni;
purtroppo, a quasi 20 anni dall'avvio dei programmi biennali di screening per la diagnosi precoce del tumore al seno, poco più del 60 per cento delle donne aventi diritto riceve l'invito a sottoporsi alla mammografia, per cui circa 3 milioni di italiane restano escluse da questa importante azione di prevenzione. Inoltre, la percentuale di donne che accedono ai controlli periodici è fortemente squilibrata fra il Nord e il Centro da un lato, dove varia tra il 70 e l'80 per cento, e il Sud e le Isole dall'altro, dove si supera di poco il 25 per cento. La mancata adesione ai programmi di screening comporta un ritardo nella diagnosi e diminuisce le chance della terapia, che oggi può portare alla guarigione in un numero crescente di casi;
recenti rilevazioni dell'Associazione italiana registro tumori (Airtum) mostrano che la mortalità per il tumore alla mammella è in diminuzione rispetto a quella osservata nel 1970; ma questo dato deve tener conto delle modalità specifiche con cui viene calcolato questo indice. Perché come spiega il segretario nazionale dell'Airtum, Eugenio Paci, se è vero che nel 1970 morivano 24 donne ogni 100.000 e oggi ne muoiono più di 37, la ragione in parte sta nel fatto che oggi la popolazione italiana è più vecchia di quella di quarant'anni fa e il tumore al seno colpisce maggiormente le donne in età avanzata. Di fatto, accade che l'incremento della popolazione anziana fa aumentare il numero assoluto di donne che si ammalano, ma quando con un artificio statistico (standardizzazione dei tassi) si cancella l'effetto dovuto all'invecchiamento, sembra che oggi le donne muoiono meno di 40 anni fa;
una recente indagine ha stimato i costi del tumore al seno tra i 30.000 ed i 35.000 euro, a seconda della gravità e delle complicanze che presenta; la stima include costi diretti di tipo medico-sanitario, circa l'80 per cento, e costi indiretti circa il 20 per cento, che spesso comportano una riduzione del reddito familiare dovuto alle mutate condizioni lavorative della donna affetta da tumore. In ogni caso, il tumore al seno rappresenta una vera e propria patologia sociale, con evidenti ripercussioni sulla qualità di vita complessiva di tutto il nucleo familiare. Non si può, infatti, ignorare che questo tipo di tumore colpisce in genere donne che, oltre al loro lavoro professionale, si fanno carico della famiglia e della gestione della casa;
poiché negli ultimi anni la conoscenza dei fattori di rischio di tipo genetico coinvolti nello sviluppo del carcinoma della mammella ha avuto un rapido sviluppo, con l'identificazione del gene TP53 e dei geni BRCA1 e BRCA2, responsabili di forme autosomiche dominanti di predisposizione allo sviluppo della neoplasia mammaria, definite ad «alta penetranza», diventa utile affiancare allo screening mammografico anche lo screening genetico nelle persone giovani, in cui sussistano dei fattori di familiarità, in quanto questi geni rivelano un significativo rischio di sviluppare tale neoplasia;
il 29 aprile 2010 la conferenza Stato-regioni ha sottoscritto l'intesa sul piano nazionale della prevenzione 2010-2012; tale intesa prevede che le regioni si impegnino ad adottare, entro il 30 settembre 2010, il piano regionale di prevenzione per la realizzazione degli interventi previsti dal piano nazionale della prevenzione;
in base a detto piano, le regioni e le province autonome sono chiamate ad adattare obiettivi e finalità del piano nazionale della prevenzione alle proprie realtà locali, elaborando un piano regionale per i prossimi 3 anni. Per permettere un intenso scambio di conoscenze e di esperienze fra i numerosi tecnici che da anni lavorano e agiscono sul tema e sui servizi di prevenzione, è stato predisposto un supporto alla progettazione e alla valutazione dei documenti dei piani regionali: «Supporto al piano nazionale della prevenzione e alla formazione per responsabili e operatori impegnati nei progetti dei piani regionali di prevenzione 2009-2011»;
l'intento del piano è quello di attivare, entro la fine del 2010, una comunità di tecnici, esperti, dirigenti del servizio sanitario provenienti da tutto il territorio nazionale, che, grazie alla condivisione di conoscenze ed esperienze su questa piattaforma, permetta alle singole regioni di mettere a punto dei piani di prevenzione centrati sul cittadino, solidi dal punto di vista metodologico ed efficaci rispetto agli obiettivi fissati;
il Sottosegretario Roccella, in risposta all'interrogazione n. 5-02359, a firma Nunzio Francesco Testa e inerente ai programmi di screening mammografici, ha dichiarato che era in corso di definizione il nuovo piano nazionale della prevenzione 2010-2012, che prevede, tra gli obiettivi prioritari, la possibilità di offrire standard diagnostici e terapeutici sempre più elevati a tutti i cittadini italiani, riducendo il gap esistente fra le diverse aree del Paese, e consente il contenimento della spesa sanitaria, con una sempre maggiore razionalizzazione delle risorse,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative volte ad abbassare l'età in cui è garantito il primo screening mammografico, portandola dai 50 anni attualmente previsti ai 40 anni, per offrire una copertura diagnostica precoce ed efficace anche alle donne più giovani, in cui il carcinoma della mammella sembra decisamente in aumento;
a garantire l'accesso omogeneo alla diagnosi precoce in tutto il Paese, eliminando le sempre più evidenti discrepanze tra le regioni del Nord, del Centro e del Sud Italia, istituendo una banca dati dalla quale si possa rilevare la concreta omogeneizzazione della prevenzione sull'intero territorio, considerando la patologia inquadrata all'interno dei livelli essenziali di assistenza;
a migliorare l'andamento dei programmi di screening mammografico, attribuendo al comitato per la verifica dei livelli essenziali di assistenza il compito di monitorare con continuità e attenzione i differenti costi e le molteplici modalità organizzative, promuovendo l'omogeneità dell'estensione in tutte le differenti realtà regionali;
a convocare tempestivamente un tavolo di confronto tra Governo e rappresentanti delle regioni, finalizzato a monitorare le regioni che sono in ritardo nell'attuazione dei programmi di screening e a fissare insieme un percorso che le porti ad allinearsi ai livelli nazionali entro i prossimi 3 anni;
a monitorare e verificare l'appropriatezza delle prestazioni e l'esatto adempimento degli obblighi del servizio sanitario, promuovendo, con il coinvolgimento delle regioni, campagne informative atte a favorire attivamente l'accesso allo screening, informando le donne sull'importanza di eseguire una mammografia ogni due anni;
ad assicurare opportuni livelli di qualità nel settore della prevenzione, grazie alla formazione degli operatori e allo sviluppo di adeguati programmi di educazione sanitaria, così come raccomandato dalle linee guida europee;
a garantire la tempestiva attuazione del piano nazionale della prevenzione 2010-2012, così come sottoscritto in sede di conferenza Stato-regioni il 29 aprile 2010, assicurando il rispetto dei termini previsti.
(1-00396)
«Binetti, Nunzio Francesco Testa, Vietti, De Poli, Capitanio Santolini, Anna Teresa Formisano, Mondello, Volontè, Rao, Ciccanti, Naro, Compagnon, Occhiuto, Ciocchetti».

La Camera,
premesso che:
negli ultimi anni, il tema della prevenzione, diagnosi e cura del carcinoma al seno è stato oggetto di reiterati interventi programmatici e di indirizzo non solo a livello nazionale, ma anche a livello europeo ed in ambito regionale;
a livello nazionale, la legge 26 maggio 2004, n. 138, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81, recante interventi urgenti per fronteggiare situazioni di pericolo per la salute pubblica, ha stanziato 10 milioni di euro per il 2004, 20 milioni e 975 mila euro per il 2005 e 21 milioni e 200 mila euro per il 2006 per la promozione della prevenzione secondaria dei tumori attraverso l'attivazione dello screening del cancro al colon retto e il consolidamento degli interventi già in atto per lo screening del cancro al seno e del collo dell'utero, il suddetto finanziamento è stato destinato direttamente dal Ministero della salute alle regioni, alle province autonome e agli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, al fine di garantire l'immediata erogazione delle prestazioni di prevenzione ai cittadini;
le istituzioni dell'Unione europea hanno impegnato gli Stati membri a potenziare, nell'ambito delle loro politiche sanitarie, gli interventi di prevenzione, diagnosi precoce e cura nei confronti della patologia in esame; si pensi, ad esempio, alla risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 5 giugno 2003, che individuava quale obiettivo programmatico per gli Stati membri la riduzione del 25 per cento della mortalità per tumore al seno, contribuendo ad eliminare le differenze nei tassi di sopravvivenza tra i diversi paesi dell'Unione;
anche le regioni non hanno mancato di sviluppare autonome iniziative di settore, rivolte ora alla formazione degli operatori coinvolti nella lotta al tumore al seno, ora alla realizzazione di campagne istituzionali per la sensibilizzazione delle donne; in particolare, molte regioni hanno avviato campagne informative per la prevenzione dei tumori femminili, di regola rivolti alle donne in fascia d'età dai 50 ai 69 anni, coinvolte attraverso espliciti inviti postali da parte delle Asl territorialmente competenti nella realizzazione di un esame di approfondimento diagnostico;
la pluralità di iniziative ed azioni avviate nel settore conferma che qualsiasi strategia di intervento finalizzata alla prevenzione e cura del carcinoma al seno deve necessariamente realizzarsi in una prospettiva multilevel, fondata sulla fissazione di obiettivi comuni e sull'autonomia nella realizzazione dei percorsi assistenziali; tale rilievo trova conferma nel Piano oncologico nazionale 2010/2012 presentato dal ministro Fazio il 22 gennaio 2010, che distingue le azioni programmatiche da implementare in «Azioni centrali di sistema» (riguardanti gli obiettivi il cui raggiungimento è legato alla responsabilità di governo nazionale, ma anche, per il rispettivo ambito, di governo regionale) ed «Azioni affidate ai sistema sanitario» (riguardanti gli obiettivi e le azioni attuate sotto la responsabilità del sistema sanitario nelle sue dimensioni nazionali, regionali e locali);
il potenziamento dei servizi di prevenzione e cura del carcinoma al seno presuppone, al contempo, una strategia integrata di intervento, che ai profili più prettamente assistenziali affianchi quelle riforme organizzative atte a garantire alte donne un'assistenza specialistica e mirata nel confronti del carcinoma al seno;
tale strategia integrata di intervento presuppone che sia dato seguito alle linee di indirizzo dettata dalla programmazione sanitaria nazionale nel settore oncologico, che prevede la diffusione della diagnosi precoce, la valorizzazione dell'ospedalizzazione domicilio, la creazione di strutture ospedaliere specializzate nel settore e la promozione della ricerca sia di base che finalizzata;
nel settore della prevenzione, è necessario proseguire gli interventi già avviati sia nella prevenzione primaria (con riferimento, in particolare, all'educazione sanitaria e all'adozione di stili di vita salubri), sia in quella secondaria (le campagne di screening); per quanto riguarda lo screening, l'utilità delta diagnosi precoce ai fini della riduzione della mortalità è confermata dalle statistiche elaborate a livello internazionale, che testimoniano che la mortalità tende ad aumentare in tutti i paesi europei, ad eccezione di quelli (si tratta, in particolare, dei paesi nordici e della Gran Bretagna) che per primi hanno attivato programmi di screening rivolti ad ampie percentuali della popolazione femminile;
il nostro Paese ha registrato, negli ultimi anni, un significativo potenziamento degli strumenti di screening, anche se permane un evidente divario tra il Nord e il Sud del Paese: dati recenti testimoniano che circa 3 milioni di donne sono state coinvolte nei programmi biennali di screening mammografico, ma poco più del 60 per cento delle donne aventi diritto accede ai controlli periodici; l'implementazione delle campagne di screening presenta inoltre una forte differenziazione regionale, in quanto la percentuale di donne che accede a controlli periodici si attesta nel Nord e Centro Italia su una percentuale del 70-80 per cento, che si riduce vertiginosamente al 25 per cento nel Sud e nelle isole;
la prevenzione secondaria deve essere accompagnata dalla prosecuzione degli interventi di prevenzione universale o primaria, focalizzati sulla sensibilizzazione ed informazione della popolazione femminile in merito alle precauzioni da adottare al fine di ridurre il rischio di tumore al seno, con particolare riguardo alla diffusione della diagnosi precoce, che rappresenta una delle forme di intervento più accessibili ed efficaci in chiave preventiva;
accanto agli strumenti di prevenzione, la lotta al tumori al seno richiede un'attenzione costante ai programmi di ricerca, con particolare riguardo a quelli finalizzati ad elaborare nuovi protocolli terapeutici o di diagnosi e nuove terapie farmacologiche; il Piano oncologico nazionale 2010-2012 sottolinea l'esigenza di offrire standard diagnostici e terapeutici sempre più elevati a tutti a cittadini italiani, riducendo il «gap» esistente fra le diverse aree del Paese e contribuendo al contenimento della spesa sanitaria; per realizzare tali obiettivi si rende necessario investire nell'innovazione e nella ricerca clinica in oncologia, orientando tali interventi allo sviluppo di nuove tecnologie sia in campo diagnostico che terapeutico;
infine, per quanto riguarda gli interventi di assistenza ospedaliera e domiciliare alle donne colpite da carcinoma al seno, è questo un ambito di intervento che, stante il rilievo sovraregionale di molte delle strutture specializzate nell'assistenza oncologica, ricade direttamente sulla responsabilità politica e gestionale delle regioni; in questo ambito, ferma restando l'autonomia regionale, è opportuno incentivare, con un atto di intesa della Conferenza Stato-regioni, l'adozione di programmi assistenziali finalizzati a garantire un'assistenza personalizzata alle donne colpite da tumore al seno; in particolare, nasce l'esigenza di prevedere un'assistenza non solo sanitaria, ma anche sociale - ed in particolare psicologica - alle pazienti, che consenta loro di conseguire, nel più breve tempo possibile, un completo recupero dalla malattia;
se questi sono i tre pilastri (prevenzione, ricerca scientifica, assistenza personalizzata) che necessariamente devono accompagnare la futura politica sanitaria multilevel nella lotta al carcinoma al seno, vi sono altri interventi a carattere strumentale che potrebbero contribuire a rafforzare queste tre linee di azione;
da un lato, emerge l'esigenza di affrontare le problematiche relative alle patologie del seno (malattie di diversa eziologia, in particolare tumori) in forma specifica, attraverso l'istituzione di centri senologici ambulatoriali di diagnosi e cura e di reparti chirurgici di ricovero in regime ordinario e di day-hospital;
dall'altro lato, è opportuno riflettere sulle interazioni esistenti tra il sempre più frequente ricorso della popolazione femminile a protesi mammarie e l'incidenza del carcinoma al seno; anche nel nostro Paese, come nel resto d'Europa, si è registrato negli ultimi anni un continuo aumento nel numero della donne che, a scopo di ricostruzione chirurgica e per ragioni estetiche, decidono di ricorrere a protesi mammarie. In mancanza di dati ufficiali sul fenomeno, si stima che la percentuale di donne che ricorre ad interventi chirurgici per motivi estetici si attesti attorno al 75-80 per cento, mentre solo il 20-25 per cento è mossa da esigenze mediche. Indipendentemente dalle motivazioni che sono all'origine della scelta, è comunque appurato che il ricorso ad impianti protesici mammari comporta delle conseguenze spesso non irrilevanti per la salute della donna, conseguenze che ovviamente variano a seconda della tecnica utilizzata e del materiale di riempimento impiegato. Nonostante l'esistenza di una prima casistica sulla questione, i rischi connessi agli interventi di plastica mammaria continuano ad essere sottovalutati dalle donne che decidono di ricorrervi, anche perché non sempre viene garantita loro un'adeguata informazione sulla sicurezza dei prodotti e sulle condizioni di adeguato utilizzo dei medesimi. La presenza di un impianto protesico mammario può, in determinate circostanze, ostacolare la riuscita degli esami diagnostici, quali la mammografia, volti ad accertare l'assenza di masse tumorali;
per ovviare a tali negative interazioni, si dovrebbe valutare l'istituzione di un registro nazionale degli impianti protesici mammari che, attraverso la collaborazione con i registri regionali istituiti in ogni regione e provincia autonoma, raccolga tutti i dati relativi alle protesi mammarie impiantate in Italia, con specifico riguardo alle informazioni concernenti la durata dell'impianto, i suoi effetti collaterali e le potenziali controindicazioni dell'intervento; in particolare, è assolutamente necessario favorire la più ampia informazione possibile alle pazienti, per evitare che scelte approssimative fatte al presente possano pregiudicare l'efficacia delle attività future di prevenzione,

impegna il Governo

a promuovere un coordinamento degli interventi rivolti alla prevenzione e cura del carcinoma al seno secondo un approccio integrato e multilevel informato alle seguenti linee di indirizzo:
a) proseguire, in cooperazione con le regioni, i programmi di prevenzione secondaria già avviati nei confronti del carcinoma al seno, con l'intento di promuovere una più consapevole ed informata partecipazione della popolazione femminile alle campagne di screening, e quindi di ridurre il divario esistente tra la popolazione destinataria dei programmi di prevenzione e le pazienti che effettivamente si sottopongono agli interventi di diagnosi;
b) promuovere, in cooperazione con le regioni, la consapevolezza delle donne rispetto alla diagnosi precoce, attraverso campagne istituzionali specificamente rivolte all'universo femminile;
c) promuovere progetti sperimentali integrati tra le regioni ed il Ministero della salute, finalizzati ad implementare su un campione selezionato di pazienti forme di prevenzione secondaria e primaria innovative e potenzialmente più efficaci;
d) favorire la circolazione delle best practices consolidatesi a livello regionale, affinché attraverso il confronto interregionale sia possibile promuovere un miglioramento continuo degli standard assistenziali;
e) promuovere, in coerenza con il Piano oncologico nazionale 2010/2012, l'innovazione e la ricerca clinica nel settore, orientando tali interventi allo sviluppo di nuove tecnologie sia in campo diagnostico che terapeutico;
f) coordinare il monitoraggio degli interventi predisposti dalle regioni preordinati alla valorizzazione dell'ospedalizzazione a domicilio e alla predisposizione di protocolli integrati di assistenza socio-sanitaria a favore delle donne affette da tumore al seno;
a sviluppare in collaborazione con le regioni una rete di centri senologici ambulatoriali di diagnosi e cura e di reparti chirurgici di ricovero in regime ordinario e di day-hospital;
a presentare in tempi brevi alle Camere il disegno di legge, già approvato in Consiglio dei ministri, istitutivo del registro nazionale degli impianti protesici mammari che, in collaborazione con i registri regionali istituiti in ogni regione e provincia autonoma, raccolga tutti i dati relativi alle protesi mammarie impiantate in Italia;
ad adottare iniziative volte a garantire alle donne che scelgono di impiantare protesi mammaria una più ampia ed esaustiva informazione non solo sulla sicurezza dei prodotti e sulle condizioni di adeguato utilizzo dei medesimi, ma anche sui possibili eventi avversi correlati all'impianto e sulle potenziali controindicazioni in termini di effettività dello screening per la diagnosi del tumore al seno.
(1-00398)
«Lussana, Reguzzoni, Comaroli, Dal Lago, Goisis, Lanzarin, Molteni, Munerato, Negro, Pastore, Rivolta».

La Camera,
premesso che:
nel mondo vi sono numerosi programmi nazionali di prevenzione e diagnosi precoce oncologica dei tumori della mammella, colon-retto, prostata, cervice uterina, endometrio e di sensibilizzazione dei medici di base circa la diagnosi precoce delle patologie tumorali di tiroide, testicoli, ovaie, linfonodi, cavità orale, pelle;
nei paesi industrializzati il carcinoma mammario è, per incidenza e mortalità, al primo posto tra i tumori maligni della popolazione femminile e il Giappone è l'unico paese industrializzato dove questa malattia è poco comune (ma le figlie delle emigrate negli USA in due generazioni perdono la protezione, probabilmente dovuta a fattori ambientali, stili di vita e alimentazione);
il carcinoma mammario è la prima causa di morte fra le donne di età compresa fra i 35 ed i 45 anni;
allo stesso tempo è una delle forme tumorali con prognosi più favorevole, infatti in più dei quattro quinti dei casi si sopravvive più di cinque anni ed in più della metà dei casi si guarisce e questa alta percentuale di successi è strettamente connessa alla precocità della diagnosi, che aumenta inoltre la possibilità di eseguire un intervento conservativo;
i principali fattori di rischio ad oggi conosciuti sono l'età, la predisposizione famigliare, il non avere figli e l'età tardiva della prima maternità, il menarca precoce e la menopausa tardiva, l'eccesso alimentare di grassi animali, l'obesità, l'utilizzo prolungato di anticoncezionali in periodo perimenopausale e in donne giovani con quadro displastico mammario, le radiazioni ionizzanti (pregressi trattamenti di tumori della tiroide e linfomi);
visto il ridotto numero di fattori di rischio realisticamente modificabili e il loro limitato impatto sul rischio di sviluppare il tumore, la strada della prevenzione secondaria, e quindi dello screening, è attualmente quella più indicata per ridurre la mortalità da carcinoma mammario;
lo screening clinico e mammografico consente di individuare tumori in fase precoce garantendo trattamenti meno invasivi, aumentando le probabilità di guarigione e riducendo del 20-40 per cento (a seconda degli autori) la mortalità di chi vi si sottopone;
la mortalità per carcinoma mammario, negli ultimi 30 anni, si è ridotta drasticamente per effetto combinato di almeno due fattori: lo screening e il miglioramento dei protocolli terapeutici, mentre un apporto incerto è stato dato dal follow up, in particolare da quello intensivo, la cui efficacia sulla sopravvivenza è stata dimostrata essere totalmente sovrapponibile a quella garantita dal follow up minimo;
in Italia ogni anno (dati 2008) si stimano circa 31.000 nuovi casi di carcinoma mammario e circa 11.000 morti causate da questa neoplasia, 7 donne su 100 manifestano clinicamente un tumore mammario entro gli ottanta anni di età, inoltre nel meridione e nelle isole l'incidenza della malattia è più bassa e sale progressivamente andando al Nord;
una recente indagine (Lega italiana per la lotta ai tumori) ha stimato che ogni nuovo caso di tumore mammario costa tra i 30.000 ed i 35.000 euro (comprendendo costi diretti ed indiretti);
il cancro del seno rappresenta quindi una vera patologia sociale, con grandi ripercussioni (come per tutte le patologie neoplastiche) sulla vita dell'intero nucleo famigliare di chi ne è affetto;
i sistemi sanitari universalistici, che riconoscono come valore rendere possibile a tutti il medesimo accesso all'assistenza sanitaria, senza barriere sociali, economiche o culturali, sono di fatto condannati a combattere un'eterna battaglia contro le diseguaglianze; la qualità dei servizi sanitari goduti dai cittadini, infatti, può essere pesantemente influenzata dai contesti socio-economici; molti studi dimostrano che le classi più agiate hanno mediamente più facile accesso a diagnosi più tempestive e cure migliori, con differenze significative in termini di salute, che tendono ad aumentare nel tempo;
i programmi di screening organizzati partecipano dello sforzo per ridurre le diseguaglianze di salute e proprio i presupposti che li contraddistinguono, come l'inserimento dell'intera popolazione bersaglio all'interno di percorsi diagnostici e terapeutici di qualità controllata, possono rappresentare un efficace strumento riequilibratore;
in Italia il primo atto normativo riguardante gli screening, cioè la ricerca della presenza di una patologia nella popolazione apparentemente sana, è il Piano sanitario nazionale 1998-2000, che ha esteso gli screening a tutto il territorio nazionale;
l'8 marzo 2001 la Conferenza Stato-regioni ha approvato le «Linee guida» concernenti la prevenzione, la diagnosi e l'assistenza in oncologia, prevedendo l'offerta gratuita a tutte le donne residenti in Italia in età compresa fra i 50 e i 70 anni di uno screening mammografico con frequenza biennale;
l'inserimento dei programmi di screening oncologico organizzati tra i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001) e la nascita, nello stesso anno, dell'Osservatorio Nazionale Screening (ONS) hanno dato un grosso impulso allo sviluppo di programmi organizzati;
nel 2001 è stata decisa l'esenzione del ticket per gli esami di screening del tumore mammario, del carcinoma della cervice uterina e del carcinoma del colon;
l'Osservatorio Nazionale Screening (cui aderiscono il Gruppo italiano per lo screening mammografico, il Gruppo italiano per lo screening del cervicocarcinoma ed il Gruppo italiano per lo screening colo-rettale) dal marzo 2005 ha una convenzione con il Ministero della salute come strumento tecnico a supporto delle regioni per l'attivazione dei programmi di screening, e del Ministero per la definizione delle modalità operative, del monitoraggio e della valutazione dei programmi, fornendo consulenza per la gestione informatizzata, la formazione, il miglioramento della qualità e il piano di comunicazione in materia di screening oncologici;
ogni anno l'ONS promuove una sessione sullo stato di attuazione dello screening oncologico in Italia con il CCM e con i 3 gruppi di screening italiani;
la legge 138 del 2004 ha impegnato il Paese a colmare gli squilibri dell'offerta di screening tra le diverse regioni e l'intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005 ha ribadito il principio dell'uniforme erogazione dei livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale e ha demandato ad un apposito comitato, istituito presso il Ministero della salute, il compito di monitorare e verificate l'appropriatezza delle prestazioni e di certificare l'esatto adempimento degli obblighi regionali in materia sanitaria, ai fini delle successive misure da parte del previsto tavolo congiunto di verifica; il decreto ministeriale del 18 ottobre 2005 ha ricostruito i gruppi di lavoro sugli screening oncologici, che hanno aggiornato le linee guida sugli screening, pubblicate nel novembre 2006;
è incardinato all'interno della direzione generale della prevenzione sanitaria il Centro nazionale per la prevenzione ed il controllo delle malattie, organismo di coordinamento tra il Ministero della salute e le regioni per le attività di sorveglianza, prevenzione e risposta tempestiva all'emergenza, con il compito di collegare l'azione del sistema sanitario ai grandi network internazionali, creando ponti tra il mondo della ricerca e le strutture sanitarie e tra le esperienze migliori e le realtà ancora in crescita, attivando partnership e collaborazioni e costruendo così la rete della sanità pubblica in Italia, con particolare attenzione alla coesione e all'equità, perché siano assicurati in tutte le regioni italiane, per tutti i cittadini, in ogni strato sociale, uguali possibilità di accesso agli interventi di prevenzione;
i primi programmi organizzati di screening mammografico in Italia sono partiti tra gli anni ottanta e novanta e nel 2008 in Italia circa due milioni e mezzo di donne sono state invitate a sottoporsi allo screening, più della metà ha accolto l'invito e di queste circa una su venti è stata chiamata ad effettuare un supplemento di indagine;
a quasi vent'anni dall'avvio dei programmi biennali di screening, poco più del 60 per cento della donne aventi diritto riceve l'invito a sottoporsi alla mammografia, con un forte squilibrio tra il Nord e il Centro da un lato (70-80 per cento) ed il Sud e le Isole dall'altro (25 per cento), permane inoltre un divario notevole tra l'estensione teorica e quella effettiva;
il numero piuttosto elevato di richiami e l'incidenza superiore alla norma di tumori intervallo (quei tumori che vengono diagnosticati durante l'intervallo biennale tra due mammografia) suggerisce una situazione di potenziale criticità per numerosi programmi e questo richiama alla necessità di porre in atto con maggiore sistematicità interventi e procedure di verifica di qualità del percorso diagnostico;
la miglior misura per valutare l'efficacia di uno screening è la riduzione della mortalità, che ci conferma che lo screening è stato in grado di intervenire sulla patologia in uno stadio così precoce da guarirla, ma accanto a indicatori di esito come la mortalità (la cui valutazione richiede decenni) è importante valutare indicatori di processo e tra questi l'adesione all'invito a sottoporsi ad indagini (bassi valori nell'adesione predicono bassa riduzione della mortalità);
poiché esistono evidenze scientifiche sul fatto che l'estensione della fascia di età riduca la mortalità, la recente inclusione nella popolazione bersaglio, da parte di diversi programmi, delle donne in fasce di età più giovane (45-49 anni) e l'estensione dello screening fino a 74 anni è da prendere attentamente in considerazione, pur coscienti della difficoltà attuale in molte aree del Paese ad offrire la mammografia con periodicità biennale regolare alla intera popolazione bersaglio della fascia 50-69 anni e della presenza in letteratura di indicazioni scientifiche di analisi costo-efficacia discordanti;
negli ultimi anni la conoscenza dei fattori di rischio di tipo genetico coinvolti nello sviluppo del carcinoma mammario ha identificato alcuni geni, responsabili di forme autosomiche dominanti di predisposizione allo sviluppo della neoplasia, definite «ad alta penetranza», in quanto conferiscono un aumento molto significativo del rischio di sviluppare la neoplasia, diventa perciò utile affiancare allo screening mammografico anche lo screening genetico nelle persone giovani in cui vi sia anamnesi di famigliarità;
è una situazione paradossale quella che si trova a vivere in questo momento l'Italia meridionale: da una parte sta lentamente perdendo il «vantaggio competitivo» che l'aveva vista per decenni caratterizzata da una minore incidenza della malattia oncologica rispetto al Nord, dall'altra, tuttavia, soffre di debolezze strutturali in due delle aree di maggiore efficacia nel contrasto ai tumori: i programmi organizzati di screening oncologici e quegli straordinari sensori delle dinamiche oncologiche che sono i registri tumori (copertura di popolazione del 42,5 per cento al Nord, 25,5 per cento al Centro e 15,2 per cento al Sud);
i principali problemi dei programmi di screening nell'Italia meridionale sono il ritardo nell'estensione, lo scollamento tra estensione teorica ed effettiva, un indice di adesione nettamente più basso (spesso inferiore al 50 per cento che rappresenta il valore minimo accettabile), un più elevato numero di richiami e di «tumori intervallo», una diagnosi tardiva con un conseguente minore ricorso alla chirurgia conservativa;
un indice di adesione inferiore allo standard minimo accettabile (50 per cento) è molto preoccupante in quanto si traduce in una sostanziale inefficacia nella riduzione della mortalità con la conseguente inutilità del programma di screening;
il 29 aprile 2010 la Conferenza Stato-regioni ha sottoscritto l'intesa sul piano nazionale della prevenzione 2010-2012 e in base a questo piano le regioni sono tenute ad elaborare un proprio piano regionale per i prossimi 3 anni,

impegna il Governo

a predisporre un progetto nazionale di informazione e coinvolgimento dei cittadini che insista sulla prevenzione primaria, con una sempre più diffusa conoscenza degli stili di vita e delle abitudini alimentari atti a ridurre l'incidenza di alcune neoplasie, e sulla prevenzione secondaria con un importante stimolo ad aderire alle campagne nazionali di screening oncologico;
a coinvolgere nella preparazione e diffusione nazionale di tale campagna i medici di famiglia e le associazioni di ammalati e di volontari;
a coinvolgere le regioni nel monitoraggio del numero di pazienti donne di ogni singolo medico di famiglia che aderiscono ai programmi di screening mammografico, così da esercitare azione di stimolo all'informazione;
a garantire l'accesso omogeneo alla diagnosi precoce in tutto il Paese, mediante un progetto concordato con le regioni in collaborazione con l'ONS, che permetta, con scadente precise ed eventuali meccanismi incentivanti o sanzionatori, di eliminare l'intollerabile divario esistente tra Centro-Nord e Sud del Paese in materia di prevenzione e terapia oncologica, così da garantire il reale rispetto dei LEA su tutto il territorio nazionale;
a istituzionalizzare un sistema di certificazione della qualità dei programmi di screening, ponendo in atto con maggiore sistematicità interventi e procedure di verifica di qualità del percorso diagnostico, in modo da ridurre l'incidenza di falsi positivi e di «tumori intervallo»;
ad individuare, in collaborazione con le regioni, una forma di rafforzata governance centrale della prevenzione oncologica, così da rendere maggiormente omogenei i modelli territoriali, la raccolta dei dati e la compatibilità dei sistemi informativi, spesso alla base della difficoltà ad ottenere in modo rapido ed efficace un quadro credibile della situazione su tutto il territorio nazionale;
ad incrementare e omogeneizzare sul territorio nazionale il livello di qualità diagnostica in campo oncologico mediante programmi formativi del personale addetto agli screening con regolari verifiche da parte di centri regionali di formazione e controllo di qualità e adesione a linee guida nazionali;
ad incentivare e diffondere omogeneamente sul territorio nazionale le cosiddette «breast units» cioè quelle equipe multidisciplinari cui riferire tutte le pazienti che necessitino di approfondimento diagnostico ed eventuale terapia in campo mammario, così da garantire loro la totale presa in carico dal punto di vista psicologico, diagnostico, chirurgico demolitivo e ricostruttivo, medico-oncologico e la presenza di associazioni di volontari e malati;
a predisporre linee guida per l'istituzione di percorsi diversificati di screening per le donne a maggior rischio anamnestico di insorgenza di tumore mammario, per le quali è utile prevedere la mappatura genetica ed un inizio ad età più precoce dello screening mammografico;
a prendere attentamente in considerazione l'opportunità di includere nella popolazione bersaglio dello screening mammografico, le donne nelle fasce di età 45-49 70-74 anni;
a garantire la tempestiva attuazione del Piano nazionale della prevenzione 2010-2012 così come sottoscritto in sede di Conferenza Stato-regioni il 29 aprile 2010, assicurando il rispetto dei termini previsti.
(1-00400)
«Calgaro, Calearo Ciman, Cesario, Lanzillotta, Mosella, Pisicchio, Tabacci, Vernetti, Brugger».

La Camera,
premesso che:
il tumore al seno rappresenta la forma più diffusa di carcinoma femminile: ogni anno in tutto il mondo vengono diagnosticati più di 1 milione di nuovi casi e 400.000 donne muoiono per questa malattia; nei paesi ad economia avanzata 1 donna su 100 si ammala entro i 45 anni, 2 su 100 entro i 50 e altre 8 fra i 50 e gli 80, cioè entro la speranza di vita media di questi paesi;
nei 2007 in Europa l'incidenza del tumore al seno è stata di oltre 280.000 nuovi casi e la mortalità di circa 75,000;
in Italia ogni anno si ammalano di tumore al seno circa 37,000 donne (dato che rappresenta il 20-25 per cento di tutti i tumori maligni femminili); di cui il 30 per cento prima dei 50 anni, il 45 per cento tra 50 e 70 ed il 25 per cento dopo i 70; sono circa 450.000 le donne che hanno avuto negli ultimi 10 anni una diagnosi di carcinoma mammario, di cui quasi la metà negli ultimi 5;
in Italia il tumore al seno rappresenta la prima causa di morte fra le donne di età compresa trai 35 ed i 45 anni; 8.000 decessi all'anno testimoniano l'elevato rischio di mortalità della malattia, seppure in diminuzione;
una recente indagine, commissionata dalla Lega italiana per la lotta ai tumori (Lilt), ha stimato i costi del tumore al seno tra i 29.000 ed i 31.000 euro per ogni singola patologia, in relazione alla gravità della malattia, alle eventuali complicanze, alla complessità e alla durata del previsto ciclo di terapia; la stima considera, innanzitutto, i costi medico-sanitari diretti ed indiretti (per l'86 per cento rimborsati dal servizio sanitario nazionale), ma anche i costi non sanitari direttamente connessi con la malattia (trasferte e spostamenti che spesso coinvolgono anche i familiari e i parenti più stretti delle pazienti), la diminuzione del reddito familiare legata alla forzata astensione dal lavoro della donna e, infine, gli oneri derivanti da una diversa gestione dell'economia domestica in relazione all'inabilità della donna a svolgere il proprio essenziale ruolo all'interno della famiglia;
al di là del pur rilevante impatto economico e dei costi sociali a carico della collettività, il tumore al seno rappresenta una vera e propria patologia sociale, con evidenti ripercussioni sulla qualità complessiva della vita di tutto il nucleo familiare e dei parenti più stretti delle donne colpite dalla malattia. Si tratta di una patologia da fronteggiare, allora, con strumenti adeguati alla consapevolezza che la salute della donna costituisce il fondamentale paradigma non solo del livello complessivo di benessere della famiglia e della società tutta, ma anche, più in generale, del complessivo livello di civiltà, democrazia e sviluppo del Paese;
fondamentale per ridurre i casi di insorgenza del carcinoma mammario è la prevenzione primaria basata sull'adozione di uno stile di vita tale da ridurre significativamente i fattori di rischio oggettivo, quali l'obesità, l'eccessivo consumo di alcool, una cattiva alimentazione e la protratta esposizione a radiazioni ionizzanti; in presenza di tali fattori e, comunque, di situazioni oggettive, quali l'età, la familiarità con la malattia, l'esistenza di disturbi nel ciclo mestruale, diviene essenziale un'efficace prevenzione secondaria basata sulla diagnosi precoce, assicurata da uno screening mammografico organizzato, strumento sensibile ed affidabile per identificare allo stadio iniziale tumori anche di piccolissime dimensioni che possono essere immediatamente trattati con terapie meno invasive, aumentando le probabilità di guarigione e riducendo di quasi il 50 per cento il rischio di mortalità;
i presupposti per una migliore efficacia della cura del tumore al seno sono, in conclusione, un'adeguata campagna di sensibilizzazione e di informazione, una diagnosi il più possibile precoce della malattia, una consapevole adesione delle pazienti al percorso terapeutico e un adeguato supporto psicologico alle donne colpite. A tal riguardo, le linee guida concernenti la prevenzione, la diagnosi e l'assistenza in oncologia, approvate l'8 marzo 2001 dalla Conferenza Stato-regioni, prevedono, sostanzialmente in linea con gli standard adottati dagli altri paesi europei, l'offerta gratuita a tutte le donne residenti in Italia in età compresa fra i 50 e i 70 armi di uno screening mammografico con frequenza biennale, secondo dettagliate modalità organizzative e qualitative;
tale previsione è stata successivamente inserita nell'elenco dei livelli essenziali di assistenza, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001, che individua gli standard minimi qualitativi e quantitativi delle prestazioni sanitarie, da garantire in modo appropriato ed uniforme in tutte le diverse realtà regionali;
l'intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005 ha ribadito il principio dell'uniforme erogazione dei livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale e ha demandato ad un apposito comitato, istituito presso il Ministero della salute, il compito di monitorare e verificare l'appropriatezza delle prestazioni e di certificare l'esatto adempimento degli obblighi regionali in materia sanitaria, ai fini dell'adozione delle successive misure da parte del previsto tavolo congiunto di verifica;
il numero di donne effettivamente destinatario dell'invito a sottoporsi al previsto screening per la diagnosi precoce del carcinoma mammario risulta notevolmente aumentato negli ultimi quattro anni; tuttavia, nel 2007, a fronte di 7 milioni e 400 mila donne potenzialmente interessate allo screening biennale, solo 2 milioni e 200 mila sono state effettivamente sollecitate ad effettuare la mammografia (dato che su base nazionale rappresenta il 62 per cento del target annuale di riferimento);
negli ultimi anni la conoscenza dei fattori di rischio di tipo genetico coinvolti nello sviluppo del carcinoma della mammella ha avuto un rapido sviluppo, con l'identificazione del gene TP53 e dei geni BRCA1 e BRCA2, responsabili di forme autosomiche dominanti di predisposizione allo sviluppo della neoplasia mammaria, definite ad «alta penetranza», in quanto mutazioni in questi geni conferiscono un aumento significativo del rischio di sviluppare tale neoplasia;
permane, inoltre, un forte squilibrio fra il Nord e il Centro da un lato e il Sud e le Isole dall'altro: mentre nelle prime due macroaree si è vicini ad un'estensione tra il 70 per cento e l'82 per cento delle donne invitate ad effettuare i controlli, nelle regioni meridionali e insulari tale indicatore supera di poco il 27 per cento,

impegna il Governo:

a) a considerare il tumore al seno tra le priorità della sanità pubblica e ad avviare ogni intervento idoneo a fronteggiare lo stesso;
b) a promuovere progetti sperimentali integrati tra il Ministero della salute e le regioni per la promozione delle informazioni e la necessaria sensibilizzazione sull'adozione di un corretto stile di vita, nonché sull'importanza di una diagnosi precoce, coinvolgendo anche i medici di medicina generale e i servizi territoriali;
c) a promuovere progetti di supporto multidisciplinari per le donne che abbiano ricevuto diagnosi di tumore al seno;
d) a monitorare con attenzione e continuità dei andamento dei programmi di screening, mammografico, demandando ai comitato per la verifica dei LEA l'effettuazione di specifiche rilevazioni concernenti le diverse modalità organizzative e i differenti costi sostenuti, al fine di evidenziare le migliori pratiche e promuovere la loro estensione in tutte le realtà regionali;
e) ad assumere ogni iniziativa idonea ad eliminare le evidenziate differenze nell'attuazione dei programmi di screening mammografico;
f) a valutare, compatibilmente con il rispetto degli equilibri di finanza pubblica e di contenimento della spesa sanitaria, l'adozione di misure incentivanti e premiali per le regioni che evidenzino rispetto alla situazione attuale maggiore efficacia ed efficienza nella realizzazione di programmi di diagnosi precoce del tumore al seno;
g) ad assicurare una specifica iniziativa di affiancamento per le regioni inadempienti a quanto previsto negli attuali LEA, in termini di presa in carico, screening e prevenzione del carcinoma per consentire l'adozione di specifici programmi di recupero dei ritardi. Tali programmi saranno valutati dal CCM e dal Comitato per la verifica dei LEA, e condizioneranno l'accesso da parte delle regioni alla quota premiale del 3 per cento dell'intero finanziamento regionale per i servizi sanitari;
h) a predisporre linee guida per l'istituzione di percorsi diversificati di screening mammografici e di presa in carico delle donne a maggior rischio di carcinoma alla mammella, in quanto portatrici dei geni BRCA, in coerenza con i risultati degli studi promossi dal Ministero della salute nell'ambito del piano nazionale screening;
i) a proseguire in cooperazione con le regioni i programmi di prevenzione secondaria già avviati nei confronti del carcinoma al seno, con l'intento di promuovere una più consapevole ed informata partecipazione della popolazione femminile alle campagne di screening e quindi ridurre il divario esistente tra la popolazione destinataria dei programmi di prevenzione e le pazienti che effettivamente si sottopongono agli interventi di diagnosi;
l) a promuovere in coerenza con il Piano oncologico nazionale 2010/2012, rinnovazione e la ricerca clinica nel settore, orientando tali interventi allo sviluppo di nuove tecnologie sia in campo diagnostico che terapeutico;
m) a coordinare il monitoraggio degli interventi predisposti dalle regioni preordinati alla valorizzazione della ospedalizzazione a domicilio e alla predisposizione di protocolli integrati di assistenza socio-sanitaria a favore delle donne affette da tumore al seno;
n) a promuovere la possibilità di avviare un sistema di verifica e valutazione della qualità dei programmi di screening, ponendo in atto con maggiore sistematicità interventi e procedure di verifica di qualità del percorso diagnostico, in modo da ridurre l'incidenza di falsi positivi e di «tumori intervallo»;
o) ad individuare, in collaborazione con le regioni, una forma di rafforzata governance centrale della prevenzione oncologica, così da rendere maggiormente omogenei i modelli territoriali, la raccolta dei dati e la compatibilità dei sistemi informativi, spesso alla base della difficoltà ad ottenere in modo rapido ed efficace un quadro credibile della situazione su tutto il territorio nazionale;
p) ad incentivare e diffondere omogeneamente sul territorio nazionale le cosiddette «breast unite» cioè quelle equipe multidisciplinari cui riferire tutte le pazienti che necessitino di approfondimento diagnostico ed eventuale terapia in campo mammario, così da garantire loro la totale presa in carico dal punto di vista psicologico, diagnostico, chirurgico demolitivo e ricostruttivo, medico-oncologico e la presenza di associazioni di volontari e malati;
q) fatti salvi i programmi già in essere tra il Ministero della salute e le regioni per migliorare la qualificazione degli interventi di senologia diagnostica, per garantire la diagnosi tempestiva anche sotto l'attuale soglia di età per lo screening, il Governo avvia uno specifico approfondimento in ordine alla strategia di abbassamento della soglia dai 50 anni ai 40 anni, sia sotto il profilo tecnico-scientifico relativo al costo efficacia, sia sotto il profilo dell'inserimento nei LEA;
r) ad adottare iniziative volte a garantire alle donne che scelgono di impiantare protesi mammarie una più ampia ed esaustiva informazione non solo sulla sicurezza dei prodotti e sulle condizioni di adeguato utilizzo dei medesimi, ma anche sui possibili eventi avversi correlati all'impianto e sulle potenziali controindicazioni in termini di effettività dello screening per la diagnosi del tumore al seno;
s) a completare l'iter normativo del disegno di legge, già approvato in Consiglio dei ministri in prima lettura, istitutivo del registro nazionale degli impianti protesici mammari che, in collaborazione con i registri regionali istituiti in ogni regione e provincia autonoma, raccolga tutti i dati relativi alle protesi mammarie impiantate in Italia.
(1-00401)
«Carlucci, D'Incecco, Lussana, Binetti, Mura, Calgaro, Rivolta, Di Virgilio, Palumbo».

La Camera,
premesso che:
il tumore al seno rappresenta la forma più diffusa di carcinoma femminile: ogni anno in tutto il mondo vengono diagnosticati più di 1 milione di nuovi casi e 400.000 donne muoiono per questa malattia; nei paesi ad economia avanzata 1 donna su 100 si ammala entro i 45 anni, 2 su 100 entro i 50 e altre 8 fra i 50 e gli 80, cioè entro la speranza di vita media di questi paesi;
nei 2007 in Europa l'incidenza del tumore al seno è stata di oltre 280.000 nuovi casi e la mortalità di circa 75,000;
in Italia ogni anno si ammalano di tumore al seno circa 37,000 donne (dato che rappresenta il 20-25 per cento di tutti i tumori maligni femminili); di cui il 30 per cento prima dei 50 anni, il 45 per cento tra 50 e 70 ed il 25 per cento dopo i 70; sono circa 450.000 le donne che hanno avuto negli ultimi 10 anni una diagnosi di carcinoma mammario, di cui quasi la metà negli ultimi 5;
in Italia il tumore al seno rappresenta la prima causa di morte fra le donne di età compresa trai 35 ed i 45 anni; 8.000 decessi all'anno testimoniano l'elevato rischio di mortalità della malattia, seppure in diminuzione;
una recente indagine, commissionata dalla Lega italiana per la lotta ai tumori (Lilt), ha stimato i costi del tumore al seno tra i 29.000 ed i 31.000 euro per ogni singola patologia, in relazione alla gravità della malattia, alle eventuali complicanze, alla complessità e alla durata del previsto ciclo di terapia; la stima considera, innanzitutto, i costi medico-sanitari diretti ed indiretti (per l'86 per cento rimborsati dal servizio sanitario nazionale), ma anche i costi non sanitari direttamente connessi con la malattia (trasferte e spostamenti che spesso coinvolgono anche i familiari e i parenti più stretti delle pazienti), la diminuzione del reddito familiare legata alla forzata astensione dal lavoro della donna e, infine, gli oneri derivanti da una diversa gestione dell'economia domestica in relazione all'inabilità della donna a svolgere il proprio essenziale ruolo all'interno della famiglia;
al di là del pur rilevante impatto economico e dei costi sociali a carico della collettività, il tumore al seno rappresenta una vera e propria patologia sociale, con evidenti ripercussioni sulla qualità complessiva della vita di tutto il nucleo familiare e dei parenti più stretti delle donne colpite dalla malattia. Si tratta di una patologia da fronteggiare, allora, con strumenti adeguati alla consapevolezza che la salute della donna costituisce il fondamentale paradigma non solo del livello complessivo di benessere della famiglia e della società tutta, ma anche, più in generale, del complessivo livello di civiltà, democrazia e sviluppo del Paese;
fondamentale per ridurre i casi di insorgenza del carcinoma mammario è la prevenzione primaria basata sull'adozione di uno stile di vita tale da ridurre significativamente i fattori di rischio oggettivo, quali l'obesità, l'eccessivo consumo di alcool, una cattiva alimentazione e la protratta esposizione a radiazioni ionizzanti; in presenza di tali fattori e, comunque, di situazioni oggettive, quali l'età, la familiarità con la malattia, l'esistenza di disturbi nel ciclo mestruale, diviene essenziale un'efficace prevenzione secondaria basata sulla diagnosi precoce, assicurata da uno screening mammografico organizzato, strumento sensibile ed affidabile per identificare allo stadio iniziale tumori anche di piccolissime dimensioni che possono essere immediatamente trattati con terapie meno invasive, aumentando le probabilità di guarigione e riducendo di quasi il 50 per cento il rischio di mortalità;
i presupposti per una migliore efficacia della cura del tumore al seno sono, in conclusione, un'adeguata campagna di sensibilizzazione e di informazione, una diagnosi il più possibile precoce della malattia, una consapevole adesione delle pazienti al percorso terapeutico e un adeguato supporto psicologico alle donne colpite. A tal riguardo, le linee guida concernenti la prevenzione, la diagnosi e l'assistenza in oncologia, approvate l'8 marzo 2001 dalla Conferenza Stato-regioni, prevedono, sostanzialmente in linea con gli standard adottati dagli altri paesi europei, l'offerta gratuita a tutte le donne residenti in Italia in età compresa fra i 50 e i 70 armi di uno screening mammografico con frequenza biennale, secondo dettagliate modalità organizzative e qualitative;
tale previsione è stata successivamente inserita nell'elenco dei livelli essenziali di assistenza, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001, che individua gli standard minimi qualitativi e quantitativi delle prestazioni sanitarie, da garantire in modo appropriato ed uniforme in tutte le diverse realtà regionali;
l'intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005 ha ribadito il principio dell'uniforme erogazione dei livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale e ha demandato ad un apposito comitato, istituito presso il Ministero della salute, il compito di monitorare e verificare l'appropriatezza delle prestazioni e di certificare l'esatto adempimento degli obblighi regionali in materia sanitaria, ai fini dell'adozione delle successive misure da parte del previsto tavolo congiunto di verifica;
il numero di donne effettivamente destinatario dell'invito a sottoporsi al previsto screening per la diagnosi precoce del carcinoma mammario risulta notevolmente aumentato negli ultimi quattro anni; tuttavia, nel 2007, a fronte di 7 milioni e 400 mila donne potenzialmente interessate allo screening biennale, solo 2 milioni e 200 mila sono state effettivamente sollecitate ad effettuare la mammografia (dato che su base nazionale rappresenta il 62 per cento del target annuale di riferimento);
negli ultimi anni la conoscenza dei fattori di rischio di tipo genetico coinvolti nello sviluppo del carcinoma della mammella ha avuto un rapido sviluppo, con l'identificazione del gene TP53 e dei geni BRCA1 e BRCA2, responsabili di forme autosomiche dominanti di predisposizione allo sviluppo della neoplasia mammaria, definite ad «alta penetranza», in quanto mutazioni in questi geni conferiscono un aumento significativo del rischio di sviluppare tale neoplasia;
permane, inoltre, un forte squilibrio fra il Nord e il Centro da un lato e il Sud e le Isole dall'altro: mentre nelle prime due macroaree si è vicini ad un'estensione tra il 70 per cento e l'82 per cento delle donne invitate ad effettuare i controlli, nelle regioni meridionali e insulari tale indicatore supera di poco il 27 per cento,

impegna il Governo:

a) a considerare il tumore al seno tra le priorità della sanità pubblica e ad avviare ogni intervento idoneo a fronteggiare lo stesso;
b) a promuovere progetti sperimentali integrati tra il Ministero della salute e le regioni per la promozione delle informazioni e la necessaria sensibilizzazione sull'adozione di un corretto stile di vita, nonché sull'importanza di una diagnosi precoce, coinvolgendo anche i medici di medicina generale e i servizi territoriali;
c) a promuovere progetti di supporto multidisciplinari per le donne che abbiano ricevuto diagnosi di tumore al seno;
d) a monitorare con attenzione e continuità dei andamento dei programmi di screening, mammografico, demandando ai comitato per la verifica dei LEA l'effettuazione di specifiche rilevazioni concernenti le diverse modalità organizzative e i differenti costi sostenuti, al fine di evidenziare le migliori pratiche e promuovere la loro estensione in tutte le realtà regionali;
e) ad assumere ogni iniziativa idonea ad eliminare le evidenziate differenze nell'attuazione dei programmi di screening mammografico;
f) a valutare, compatibilmente con il rispetto degli equilibri di finanza pubblica e di contenimento della spesa sanitaria, l'adozione di misure incentivanti e premiali per le regioni che evidenzino rispetto alla situazione attuale maggiore efficacia ed efficienza nella realizzazione di programmi di diagnosi precoce del tumore al seno;
g) ad assicurare una specifica iniziativa di affiancamento per le regioni inadempienti a quanto previsto negli attuali LEA, in termini di presa in carico, screening e prevenzione del carcinoma per consentire l'adozione di specifici programmi di recupero dei ritardi. Tali programmi saranno valutati dal CCM e dal Comitato per la verifica dei LEA, e condizioneranno l'accesso da parte delle regioni alla quota premiale del 3 per cento dell'intero finanziamento regionale per i servizi sanitari;
h) a predisporre linee guida per l'istituzione di percorsi diversificati di screening mammografici e di presa in carico delle donne a maggior rischio di carcinoma alla mammella, in quanto portatrici dei geni BRCA, in coerenza con i risultati degli studi promossi dal Ministero della salute nell'ambito del piano nazionale screening;
i) a proseguire in cooperazione con le regioni i programmi di prevenzione secondaria già avviati nei confronti del carcinoma al seno, con l'intento di promuovere una più consapevole ed informata partecipazione della popolazione femminile alle campagne di screening e quindi ridurre il divario esistente tra la popolazione destinataria dei programmi di prevenzione e le pazienti che effettivamente si sottopongono agli interventi di diagnosi;
l) a promuovere in coerenza con il Piano oncologico nazionale 2010/2012, rinnovazione e la ricerca clinica nel settore, orientando tali interventi allo sviluppo di nuove tecnologie sia in campo diagnostico che terapeutico;
m) a coordinare il monitoraggio degli interventi predisposti dalle regioni preordinati alla valorizzazione dell'assistenza a domicilio e alla predisposizione di protocolli integrati di assistenza socio-sanitaria a favore delle donne affette da tumore al seno;
n) a promuovere la possibilità di avviare un sistema di verifica e valutazione della qualità dei programmi di screening, ponendo in atto con maggiore sistematicità interventi e procedure di verifica di qualità del percorso diagnostico, in modo da ridurre l'incidenza di falsi positivi e di «tumori intervallo»;
o) ad individuare, in collaborazione con le regioni, una forma di rafforzata governance centrale della prevenzione oncologica, così da rendere maggiormente omogenei i modelli territoriali, la raccolta dei dati e la compatibilità dei sistemi informativi, spesso alla base della difficoltà ad ottenere in modo rapido ed efficace un quadro credibile della situazione su tutto il territorio nazionale;
p) ad incentivare e diffondere omogeneamente sul territorio nazionale le cosiddette «breast unite» cioè quelle equipe multidisciplinari cui riferire tutte le pazienti che necessitino di approfondimento diagnostico ed eventuale terapia in campo mammario, così da garantire loro la totale presa in carico dal punto di vista psicologico, diagnostico, chirurgico demolitivo e ricostruttivo, medico-oncologico e la presenza di associazioni di volontari e malati;
q) fatti salvi i programmi già in essere tra il Ministero della salute e le regioni per migliorare la qualificazione degli interventi di senologia diagnostica, per garantire la diagnosi tempestiva anche sotto l'attuale soglia di età per lo screening, il Governo avvia uno specifico approfondimento in ordine alla strategia di abbassamento della soglia dai 50 anni ai 40 anni, sia sotto il profilo tecnico-scientifico relativo al costo efficacia, sia sotto il profilo dell'inserimento nei LEA;
r) ad adottare iniziative volte a garantire alle donne che scelgono di impiantare protesi mammarie una più ampia ed esaustiva informazione non solo sulla sicurezza dei prodotti e sulle condizioni di adeguato utilizzo dei medesimi, ma anche sui possibili eventi avversi correlati all'impianto e sulle potenziali controindicazioni in termini di effettività dello screening per la diagnosi del tumore al seno;
s) a completare l'iter normativo del disegno di legge, già approvato in Consiglio dei ministri in prima lettura, istitutivo del registro nazionale degli impianti protesici mammari che, in collaborazione con i registri regionali istituiti in ogni regione e provincia autonoma, raccolga tutti i dati relativi alle protesi mammarie impiantate in Italia.
(1-00401)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Carlucci, D'Incecco, Lussana, Binetti, Mura, Calgaro, Rivolta, Di Virgilio, Palumbo».