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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di giovedì 29 luglio 2010

TESTO AGGIORNATO AL 30 LUGLIO 2010

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 29 luglio 2010.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Donadi, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leone, Lo Monte, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Antonio Martino, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Mura, Nucara, Leoluca Orlando, Pecorella, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Urso, Vegas, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Donadi, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leo, Leone, Lo Monte, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Antonio Martino, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Mura, Mussolini, Nucara, Leoluca Orlando, Pecorella, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Urso, Vegas, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

In data 28 luglio 2010 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
TORRISI: «Disposizioni in materia di decoro della bandiera» (3668);
TORRISI: «Disposizioni per il riconoscimento di un ulteriore indennizzo ai soggetti titolari di beni, diritti e interessi perduti a seguito di provvedimenti emanati dalle autorità libiche dal 1o settembre 1969» (3669);
TORRISI: «Disciplina delle strutture ricettive della nautica da diporto» (3670);
TORRISI: «Concessione di contributi dello Stato all'Associazione nazionale privi della vista ed ipovedenti» (3671);
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE CAZZOLA: «Modifica dell'articolo 39 della Costituzione in materia di rappresentanza e di rappresentatività delle organizzazioni sindacali» (3672);
BRAGANTINI e DAL LAGO: «Disposizioni in materia di disciplina delle grandi reti di trasporto stradale nazionale, nonché trasferimento delle strade statali alle regioni e soppressione della società ANAS Spa» (3673).

Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

La proposta di legge MARCHI ed altri: «Modifiche all'articolo 2598 del codice civile e all'articolo 4, comma 49, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e altre disposizioni per il rafforzamento della lotta contro la contraffazione dei prodotti di provenienza e di origine italiana e in materia di repressione della contraffazione e dell'abusivismo commerciale» (1520) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Vaccaro.

La proposta di legge LULLI ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale» (2653) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Vaccaro.

La proposta di legge LULLI ed altri: «Disposizioni per favorire lo sviluppo della mobilità mediante veicoli che non producono emissioni di anidride carbonica» (2844) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Vaccaro.

La proposta di legge LULLI ed altri: «Introduzione dell'articolo 1-bis del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, concernente l'applicazione della procedura di amministrazione straordinaria per la ristrutturazione industriale di grandi imprese operanti nel settore dei servizi di pubblica utilità ad alto contenuto tecnologico» (3315) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Vaccaro.

La proposta di legge DI BIAGIO ed altri: «Delega al Governo per l'istituzione dell'Ente nazionale di previdenza e assistenza dei liberi professionisti» (3522) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Barbieri, Di Virgilio e Razzi.

La proposta di legge MIGLIOLI: «Istituzione del marchio etico per il riconoscimento delle imprese socialmente responsabili» (3565) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Vaccaro.

La proposta di legge REGUZZONI ed altri: «Disposizioni per il trasferimento a Milano delle sedi della Commissione nazionale per le società e la borsa e dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato» (3572) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Pianetta e Toto.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

I Commissione (Affari costituzionali):
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE IANNACCONE ed altri: «Modifica dell'articolo 68 della Costituzione, concernente le immunità dei membri del Parlamento» (3395) Parere della II Commissione;
MIGLIOLI: «Norme sulla libertà religiosa e abrogazione della legislazione sui culti ammessi» (3613) Parere delle Commissioni II, III, IV, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XII e XIII.

II Commissione (Giustizia):
DELLA VEDOVA: «Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, concernente la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica» (3640) Parere delle Commissioni I, VI e X.

III Commissione (Affari esteri):
«Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 9 marzo 1948, n. 812, recante nuove norme relative all'Ordine della Stella della Solidarietà Italiana» (3624) Parere delle Commissioni I e V;
«Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e la Presidenza dell'Iniziativa centro-europea - InCE - sull'istituzione del Segretariato esecutivo InCE a Trieste, fatto a Vienna il 29 maggio 2009» (3625) Parere delle Commissioni I, II, V, VI, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

VI Commissione (Finanze):
MOSCA: «Introduzione dell'articolo 62-bis.1 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, in materia di applicazione degli studi di settore alle lavoratrici libere professioniste in caso di maternità» (3349) Parere delle Commissioni I, II, V, X, XI e XII.

IX Commissione (Trasporti):
META ed altri: «Disposizioni per la costruzione e l'esercizio di navi cisterna specializzate nel recupero di idrocarburi sversati in mare» (3548) Parere delle Commissioni I, V, VI, VIII, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale) e XIV.

X Commissione (Attività produttive):
GHIGLIA ed altri: «Disposizioni per la realizzazione di reti infrastrutturali a servizio dei veicoli alimentati ad energia elettrica» (3553) Parere delle Commissioni I, II, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), IX, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

XI Commissione (Lavoro):
PROPOSTA DI LEGGE D'INIZIATIVA POPOLARE: «Regole democratiche sulle rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro, la rappresentatività delle organizzazioni sindacali e il referendum per l'efficacia dei contratti collettivi di lavoro» (3604) Parere delle Commissioni I, II, V e X.

Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e III (Affari esteri):
DI VIRGILIO: «Istituzione della Commissione parlamentare per la promozione e la tutela dei diritti umani» (3538) Parere della V Commissione.

Trasmissione dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.

Con lettera in data 29 luglio 2010, il presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 35, comma 1, della legge 3 agosto 2007, n. 124, la relazione annuale, approvata dal Comitato medesimo nella seduta svoltasi in pari data (doc. XXXIV, n. 5).

Tale documento sarà stampato e distribuito.

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

La Corte dei conti - sezione di controllo per gli affari comunitari ed internazionali - con lettera in data 26 luglio 2010, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la delibera n. 5 del 2010, con la quale la sezione stessa ha approvato la relazione speciale concernente irregolarità e frodi in materia agricola.

Questa documentazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio), alla XIII Commissione (Agricoltura) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

La Corte dei conti - sezione del controllo sugli enti - con lettera in data 27 luglio 2010, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto italiano di studi germanici (IISG), per l'esercizio 2008. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 222).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

Il ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con lettere del 12 e del 15 luglio 2010, ha trasmesso dieci note relative all'attuazione data agli ordini del giorno: RAMPELLI ed altri n. 9/1634/5, accolto come raccomandazione dal Governo nella seduta dell'Assemblea dell'8 ottobre 2008, concernente la possibilità per le famiglie e per gli studenti di scegliere i libri di testo nell'ambito di una lista segnalata dal docente, FRASSINETTI ed altri n. 9/1634/6, riguardante la necessità di motivare adeguatamente una valutazione negativa in condotta, PIFFARI n. 9/1634/11, concernente iniziative volte alla formazione dei docenti e del personale scolastico per affrontare le difficoltà degli studenti nell'età preadolescenziale, RUGGHIA ed altri n. 9/1634/34, riguardante l'indicazione annuale dei tetti massimi di spesa per ciascuna classe di studenti, MOTTA ed altri n. 9/1634/37, riguardante il possibile inserimento nelle graduatorie ad esaurimento di coloro i quali siano stati ammessi con riserva ai corsi abilitanti istituiti dalle università, VOLONTÈ n. 9/1634/225, riguardante la disciplina sull'adozione dei libri di testo scolastici, CICCANTI n. 9/1634/226, concernente misure atte a prevedere un coinvolgimento dei genitori e degli studenti nella scelta e nell'adozione dei libri di testo, accolti dal Governo nella seduta dell'Assemblea dell'8 ottobre 2008, MONAI n. 9/1634/8, accolto dal Governo ed approvato dall'Assemblea nella seduta del 9 ottobre 2008, concernente il riferimento alle nozioni sui diritti fondamentali dell'uomo e del cittadino dell'Unione europea nell'ambito dell'insegnamento della materia «cittadinanza e costituzione», Antonino RUSSO ed altri n. 9/1386/257, in parte accolto ed in parte accolto come raccomandazione dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 23 luglio 2008, riguardante iniziative in materia di riforma del reclutamento degli insegnanti, BARBIERI ed altri n. 9/1496/4, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 29 luglio 2008, concernente l'esclusione dalle graduatorie ex permanenti di specializzandi del IX ciclo delle scuole di specializzazione all'insegnamento secondario (SSIS), di accademie, di conservatori, della facoltà di scienza della formazione primaria.

Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla VII Commissione (Cultura) competente per materia.

Trasmissione dal ministro dell'interno.

Il ministro dell'interno, con lettera in data 22 luglio 2010, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, la relazione sull'attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione investigativa antimafia, relativa al secondo semestre 2009 (doc. LXXIV, n. 4).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla II Commissione (Giustizia).

Trasmissione dal ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Il ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con lettere del 27 luglio 2010, ha trasmesso due note relative all'attuazione data agli ordini del giorno ASCIERTO n. 9/1713/25, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 13 novembre 2008, e CAPARINI ed altri n. 9/1441-ter-C/6, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 30 giugno 2009, concernenti la determinazione dei canoni per gli accessi carrai.

Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla IX Commissione (Trasporti) competente per materia.

Trasmissione dal ministro per i beni e le attività culturali.

Il ministro per i beni e le attività culturali, con lettera in data 28 luglio 2010, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, quinto comma, della legge 20 marzo 1975, n. 70, la relazione sull'attività svolta dall'Ente teatrale italiano (ETI) nell'anno 2009, corredata dal conto consuntivo riferito alla medesima annualità e dal bilancio preventivo per l'anno 2010.

Questa documentazione è stata trasmessa alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissioni da Ministeri.

I Ministeri competenti hanno dato comunicazione dei decreti ministeriali recanti variazioni di bilancio autorizzate ai sensi delle sottoindicate disposizioni legislative:
articolo 9-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468;
articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279;
articolo 17, commi 6, 7, 14 e 16, della legge 23 dicembre 2009, n. 192.

Tali comunicazioni sono trasmesse alla V Commissione (Bilancio), nonché alle Commissioni competenti per materia.

Annunzio di risoluzioni del Parlamento europeo.

Il Presidente del Parlamento europeo ha trasmesso il testo di ventuno risoluzioni approvate nella sessione dal 5 all'8 luglio 2010, che sono assegnate, a norma dell'articolo 125, comma 1, del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnate alle stesse in sede primaria:
risoluzione legislativa relativa al progetto di decisione del Consiglio che autorizza gli Stati membri ad aderire alla convenzione concernente le esposizioni internazionali firmata a Parigi il 22 novembre 1928 e completata dai protocolli del 10 maggio 1948, 16 novembre 1966 e 30 novembre 1972 e dagli emendamenti del 24 giugno 1982 e del 31 maggio 1988 (doc. XII, n. 511) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, del protocollo sulla gestione integrata delle zone costiere del Mediterraneo della convenzione sulla protezione dell'ambiente marino e del litorale del Mediterraneo (doc. XII, n. 512) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo fra l'Unione europea e l'Islanda e la Norvegia ai fini dell'applicazione di talune disposizioni della decisione 2008/615/GAI del Consiglio sul potenziamento della cooperazione transfrontaliera, soprattutto nella lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera, e della decisione 2008/616/GAI del Consiglio relativa all'attuazione della decisione 2008/615/GAI sul potenziamento della cooperazione transfrontaliera, soprattutto nella lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera, compreso l'allegato (doc. XII, n. 513) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione, della convenzione fra l'Unione europea, da una parte, e la Confederazione svizzera e il Principato del Liechtenstein, dall'altra, recante le modalità di partecipazione di tali Stati all'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea (doc. XII, n. 514) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sulla strategia dell'Unione europea per la regione del Mar Baltico e il ruolo delle macroregioni nella futura politica di coesione (doc. XII, n. 515) - alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
risoluzione legislativa relativa alla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai diritti dei passeggeri nel trasporto effettuato con autobus e che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 (doc. XII, n. 516) - alla IX Commissione (Trasporti);
risoluzione legislativa relativa alla posizione del Consiglio in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai diritti dei passeggeri che viaggiano via mare e per vie navigabili interne e che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 (doc. XII, n. 517) - alla IX Commissione (Trasporti);
risoluzione legislativa sulla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul quadro generale per la diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti nel settore del trasporto stradale e nelle interfacce con altri modi di trasporto (doc. XII, n. 518) - alla IX Commissione (Trasporti);
risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle formalità di dichiarazione delle navi in arrivo o in partenza da porti degli Stati membri della Comunità e che abroga la direttiva 2002/6/CE (doc. XII, n. 519) - alla IX Commissione (Trasporti);
risoluzione sulla promozione dell'accesso dei giovani al mercato del lavoro, rafforzamento dello statuto dei tirocinanti e degli apprendisti (doc. XII, n. 520) - alla XI Commissione (Lavoro);
risoluzione sui contratti atipici, i percorsi professionali garantiti, la flessicurezza e le nuove forme di dialogo sociale (doc. XII, n. 521) - alla XI Commissione (Lavoro);
risoluzione legislativa relativa alla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai nuovi alimenti, che modifica il regolamento (CE) n. 1331/2008 e che abroga il regolamento (CE) n. 258/97 ed il regolamento (CE) n. 1852/2001 della Commissione (doc. XII, n. 522) - alle Commissioni riunite XII (Affari sociali) e XIII (Agricoltura);
risoluzione legislativa relativa alla posizione del Consiglio in seconda lettura in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento) (rifusione) (doc. XII, n. 523) - alla VIII Commissione (Ambiente);
risoluzione legislativa relativa alla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce gli obblighi degli operatori che commercializzano legno e prodotti da esso derivati (doc. XII, n. 524) - alle Commissioni riunite X (Attività produttive) e XIII (Agricoltura);
risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE per quanto riguarda i requisiti patrimoniali per il portafoglio di negoziazione e le ricartolarizzazioni e il riesame delle politiche retributive da parte delle autorità di vigilanza (doc. XII, n. 525) - alla VI Commissione (Finanze);
risoluzione recante raccomandazioni alla Commissione sulla gestione delle crisi transfronteliere nel settore bancario (doc. XII, n. 526) - alla VI Commissione (Finanze);
risoluzione sulla domanda di adesione dell'Islanda all'Unione europea (doc. XII, n. 527) - alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e XIV (Politiche dell'Unione europea);
risoluzione legislativa sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America sul trattamento e il trasferimento di dati di messaggistica finanziaria dall'Unione europea agli Stati Uniti ai fini del programma di controllo delle transazioni finanziarie dei terroristi (doc. XII, n. 528) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sull'Albania (doc. XII, n. 529) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sulla situazione in Kirghizistan (doc. XII, n. 530) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sull'entrata in vigore della Convenzione sulle munizioni a grappolo (CCM) e il ruolo dell'Unione europea (doc. XII, n. 531) - alla III Commissione (Affari esteri).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

La Commissione europea, in data 28 luglio 2010, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione di un accordo volontario di partenariato tra l'Unione europea e la Repubblica del Camerun sull'applicazione delle normative nel settore forestale, sulla governance e sul commercio del legname e dei suoi derivati importati nell'Unione europea (FLEGT) (COM(2010)406 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione di un protocollo all'accordo di partenariato e di cooperazione che istituisce un partenariato tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e l'Ucraina, dall'altra, riguardante un accordo quadro fra l'Unione europea e l'Ucraina sui principi generali della partecipazione dell'Ucraina ai programmi dell'Unione (COM(2010)407 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

Il ministro per le politiche europee, con lettera in data 29 luglio 2010, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 3 e 19 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione di documenti dall'Assemblea parlamentare dell'Unione dell'Europa occidentale.

Il Presidente dell'Assemblea parlamentare dell'Unione dell'Europa occidentale - Assemblea interparlamentare europea della sicurezza e della difesa - ha trasmesso, in data 12 luglio 2010, i testi dei documenti approvati nel corso della 58a sessione plenaria svoltasi a Parigi dal 15 al 17 giugno 2010. Tali documenti sono assegnati, a norma dell'articolo 125, comma 1, del regolamento, alle sottoindicate Commissioni permanenti nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se ad esse non già assegnati in sede primaria:
Raccomandazione n. 852, sulla difesa europea e il Trattato di Lisbona - Risposta al rapporto annuale del Consiglio (doc. XII-ter, n. 44) - alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e IV (Difesa);
Raccomandazione n. 853, sull'istituzione di un premio europeo «cittadinanza, sicurezza e difesa» (doc. XII-ter, n. 45) - alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e IV (Difesa);
Raccomandazione n. 854, sull'Iran e il Medio Oriente (doc. XII-ter, n. 46) - alla III Commissione (Affari esteri);
Raccomandazione n. 855, sul mercato transatlantico degli equipaggiamenti di difesa (doc. XII-ter, n. 47) - alla IV Commissione (Difesa);
Raccomandazione n. 856, sull'Unione europea e i Balcani occidentali (doc. XII-ter, n. 48) - alla III Commissione (Affari esteri);
Raccomandazione n. 857, sulla cooperazione europea nel settore degli elicotteri militari (doc. XII-ter, n. 49) - alla IV Commissione (Difesa);
Raccomandazione n. 858, sull'Afghanistan - Spiegare al pubblico il perché di una guerra (doc. XII-ter, n. 50) - alla III Commissione (Affari esteri);
Raccomandazione n. 859, sui conflitti congelati e la sicurezza europea (doc. XII-ter, n. 51) - alla III Commissione (Affari esteri);
Raccomandazione n. 860, sulla cooperazione medica tra le Forze armate europee (doc. XII-ter, n. 52) - alle Commissioni riunite IV (Difesa) e XII (Affari sociali);
Raccomandazione n. 861, sulla cooperazione strutturata permanente ai sensi del Trattato di Lisbona - Risposta alla relazione annuale del Consiglio (doc. XII-ter, n. 53) - alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e IV (Difesa);
Raccomandazione n. 862, sugli aspetti militari dello spazio: i satelliti di allerta precoce e per l'intercettazione di segnali elettronici (ELINT) - Risposta alla relazione annuale del Consiglio (doc. XII-ter, n. 54) - alla IV Commissione (Difesa);
Raccomandazione n. 863, sulla sicurezza europea rispetto al problema dei rifiuti spaziali (doc. XII-ter, n. 55) - alla X Commissione (Attività produttive);
Risoluzione n. 138, sul monitoraggio della PESD nei Parlamenti nazionali e nel Parlamento europeo - Risposta alla relazione annuale del Consiglio (doc. XII-ter, n. 56) - alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e IV (Difesa).

Annunzio di sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo.

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 26 luglio 2010, ha dato comunicazione, ai sensi della legge 9 gennaio 2006, n. 12, delle seguenti sentenze pronunciate dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato italiano, passate in giudicato nei mesi di maggio e giugno 2010, che sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia nonché alla III Commissione (Affari esteri):
sentenza 2 febbraio 2010: Leone n. 30506/07, in materia di pubblicità dei processi di applicazione delle misure di prevenzione. Constata la violazione dell'articolo 6, articolo 1, relativo al diritto ad un equo processo, in relazione a procedimento svolto ai sensi dell'articolo 4, comma 6, della legge n. 1423 del 1956, in materia di applicazione di misure di prevenzione nei confronti di persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità, cui provvede il tribunale in camera di consiglio, poiché, ai fini del diritto ad un equo processo, è essenziale che al soggetto interessato dal procedimento venga almeno offerta la possibilità di sollecitare una pubblica udienza. In merito alla asserita iniquità della procedura conclusasi con la confisca dei beni dei ricorrenti in assenza di una pronuncia di condanna nei loro confronti, dichiara non sussistente la violazione dell'articolo 6, articolo 1, relativo al diritto ad un equo processo, in quanto le misure di prevenzione patrimoniali previste dalla legislazione italiana non trovano applicazione solo sulla base di sospetti a carico del destinatario ma anche sull'oggettiva sproporzione tra i beni posseduti e le fonti di legittimo reddito dimostrabile (doc. CLXXIV, n. 185) - alla II Commissione (Giustizia);
sentenza 16 febbraio 2010: Barbaro n. 16436/02, in materia di detenzione in regime di applicazione dell'articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975. La mancanza di qualsiasi decisione sul merito dei ricorsi promossi avverso i provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 41-bis della legge 354 del 1975, annullando l'effetto del controllo giurisdizionale sui provvedimenti medesimi, costituisce violazione del diritto ad un equo processo, sotto il profilo del diritto all'esame del merito dei ricorsi, tutelato dall'articolo 6, articolo 1, CEDU (doc. CLXXIV, n. 186) - alla II Commissione (Giustizia);
sentenza 8 dicembre 2009: Miccichè e Guerrera n. 28987/04, in materia di ragionevole durata dei processi. La Corte, richiamando la propria copiosa giurisprudenza in materia, ha constatato, limitatamente ad alcuni ricorrenti, la violazione dell'articolo 6, articolo 1, CEDU, relativo al diritto ad un processo equo sotto il profilo della ragionevole durata (doc. CLXXIV, n. 187) - alla II Commissione (Giustizia);
sentenza 1o dicembre 2009: Stolder n. 24418/03, in materia di detenzione in regime di applicazione dell'articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975, Constata la violazione dell'articolo 8 CEDU relativo al diritto al rispetto della vita privata e familiare sotto il profilo della libertà di corrispondenza, poiché il controllo esercitato sulla corrispondenza ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 354 del 1975, nel testo previgente alle modifiche introdotte con la legge n. 95 del 2004, contrasta con il principio di legalità (doc. CLXXIV, n. 188) - alla II Commissione (Giustizia);
sentenza 2 marzo 2010: Lefevre n. 34871/02, in materia dì ragionevole durata del processo. Constata la violazione dell'articolo 6 CEDU, relativo al diritto ad un equo processo sotto il profilo della ragionevole durata, anche all'esito di procedimento ex lege n. 89 del 2001 considerata l'insufficienza dell'equa riparazione concessa, pari al 23 per cento di quella che sarebbe stata accordata dalla Corte EDU. Sussiste violazione anche per il ritardo nell'erogazione dell'equa riparazione ex lege n. 89 del 2001 oltre un ragionevole termine dalla data in cui la pronuncia che l'ha stabilita è divenuta definitiva, tale da determinare una frustrazione suscettibile di dar luogo ad una voce supplementare di danno in sede di applicazione dell'articolo 41 CEDU (doc. CLXXIV, n. 189) - alla II Commissione (Giustizia);
sentenza 16 marzo 2010; Natale n. 25872/02, in materia di ragionevole durata del processo. Constata la violazione dell'articolo 6 CEDU, relativo al diritto ad un equo processo sotto il profilo della ragionevole durata (doc. CLXXIV, n, 190) - alla II Commissione (Giustizia);
sentenza 16 marzo 2010: Marzola Centri di Fisiokinesiterapia S.A.S. n. 32810/02, in materia di ragionevole durata del processo. Constata la violazione dell'articolo 6 CEDU, relativo al diritto ad un equo processo sotto il profilo della ragionevole durata (doc. CLXXIV, n. 191) - alla II Commissione (Giustizia);
sentenza 16 marzo 2010: Briganti e Canella n. 32860/02 e n. 32917/02, in materia di ragionevole durata del processo. Constata la violazione dell'articolo 6 CEDU, relativo al diritto ad un equo processo sotto il profilo della ragionevole durata (doc. CLXXIV, n. 192) - alla II Commissione (Giustizia);
sentenza 16 marzo 2010: Volta e altri n. 43674/02, in materia di ragionevole durata del processo. Constata la violazione dell'articolo 6 CEDU, relativo al diritto ad un equo processo sotto il profilo della ragionevole durata (doc. CLXXIV, n. 193) - alla II Commissione (Giustizia);
sentenza 16 marzo 2010; Atzei n. 11978/03, in materia di ragionevole durata del processo. Constata la violazione dell'articolo 6 CEDU, relativo al diritto ad un equo processo sotto il profilo della ragionevole durata (doc. CLXXIV, n. 194) - alla II Commissione (Giustizia);
sentenza 16 marzo 2010: Di Belmonte n. 72638/01, in materia di applicazione retroattiva di una norma tributaria. Integra la violazione dell'articolo 1, protocollo n. 1, CEDU l'applicazione retroattiva di una legge in materia fiscale entrata in vigore sette mesi dopo la sentenza con cui si stabiliva l'indennità di espropriazione ed il risarcimento dovuto, in quanto l'applicazione della nuova legge ha alterato il giusto equilibrio tra le esigenze di interesse generale e gli imperativi di salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo (nel caso dì specie, la Corte ha affermato che se l'amministrazione avesse dato tempestiva esecuzione alla decisione che fissava l'importo dell'indennità di esproprio, questa non sarebbe stata assoggettata al nuovo regime fiscale nel frattempo intervenuto) (doc. CLXXIV, n, 195) - alla VI Commissione (Finanze);
sentenza 16 marzo 2010; Sanchirico e Lamorte n. 11013/04 e n. 11080/04, in materia di ragionevole durata del processo. Constata la violazione dell'articolo 6 CEDU, relativo al diritto ad un equo processo sotto il profilo della ragionevole durata (doc. CLXXIV, n. 196) - alla II Commissione (Giustizia);
sentenza 16 marzo 2010: Landino n. 11213/04, in materia di ragionevole durata del processo. Constata la violazione dell'articolo 6 CEDU, relativo al diritto ad un equo processo sotto il profilo della ragionevole durata (doc. CLXXIV, n. 197) - alla II Commissione (Giustizia);
sentenza 12 gennaio 2010: Mole n. 24421/03, in materia di detenzione in regime di applicazione dell'articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975. La mancanza dì qualsiasi decisione sul merito dei ricorsi promossi avverso i provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 41-bis della legge 354 del 1975, annullando l'effetto del controllo giurisdizionale sui provvedimenti medesimi, costituisce violazione del diritto ad un equo processo, sotto il profilo del diritto all'esame del merito dei ricorsi, tutelato dall'articolo 6, articolo 1, CEDU (doc. CLXXIV, n, 198) - alla II Commissione (Giustizia).

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

Il Ministero dell'interno, con lettere in data 23 luglio 2010, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dei decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento dei consigli comunali di Premosello Chiovenda (Verbano Cusio Ossola), Monteforte Irpino (Avellino), Bormio (Sondrio), Alassio (Savona), Girifalco (Catanzaro), Cicagna (Genova), Montebelluna (Treviso), San Felice a Cancello (Caserta) e Locorotondo (Bari).

Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Comunicazioni ai sensi dell'articolo 3, comma 44, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

L'Azienda sanitaria provinciale di Caltanissetta, con lettera in data 12 luglio 2010, ha trasmesso alla Presidenza, ai sensi dell'articolo 3, comma 44, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, la comunicazione concernente atti comportanti spese per emolumenti o retribuzioni, con l'indicazione dei destinatari e dell'importo dei relativi compensi.

Tale comunicazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).

Comunicazioni di nomine ministeriali.

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 23 luglio 2010, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le seguenti comunicazioni concernenti il conferimento, ai sensi dei commi 4 e 10 del medesimo articolo 19, di incarichi di livello dirigenziale generale, che sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali) nonché alle Commissioni sottoindicate:
alla II Commissione (Giustizia) le comunicazioni concernenti i seguenti incarichi nell'ambito del Ministero della giustizia:
alla dottoressa Floretta Rolleri, l'incarico di direttore dell'ufficio speciale per la gestione e la manutenzione degli edifici giudiziari di Napoli, nell'ambito del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi;
al dottor Sergio Di Amato, l'incarico di direttore della direzione generale magistrati, nell'ambito del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi;

alla VII Commissione (Cultura) la comunicazione concernente il seguente incarico nell'ambito del Ministero per i beni e le attività culturali:
alla dottoressa Anna Maria Buzzi, l'incarico di direttore dell'organismo indipendente di valutazione della performance;

alla VIII Commissione (Ambiente) le comunicazioni concernenti i seguenti incarichi nell'ambito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare:
al dottor Aldo Cosentino, l'incarico di direttore della direzione generale per la protezione della natura e del mare;
al dottor Corrado Clini, l'incarico di direttore della direzione generale per lo sviluppo sostenibile, il clima e l'energia.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

Nell'Allegato A al resoconto della seduta del 20 luglio 2010, a pagina 5, seconda colonna, alla decima riga, si intendono aggiunte le seguenti parole: «tale proposta è altresì assegnata alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorrere dal 20 luglio 2010;».

DISEGNO DI LEGGE: S. 2228 - CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 31 MAGGIO 2010, N. 78, RECANTE MISURE URGENTI IN MATERIA DI STABILIZZAZIONE FINANZIARIA E DI COMPETITIVITÀ ECONOMICA (A.C. 3638)

A.C. 3638 - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, all'articolo 12, comma 10, prevede che, con effetto sulle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1o gennaio 2011, il computo dei trattamenti di fine servizio (TFS) di tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche individuate dall'Istituto nazionale di statistica ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, avvenga in base a quanto previsto dall'articolo 2120 del codice civile in materia di trattamento di fine rapporto (TFR), con applicazione dell'aliquota del 6,91 per cento;
tale prescrizione s'inquadra nel contesto di una serie di interventi mirati a limitare la spesa pubblica e quindi è volta ad assicurare risparmi nei TFS corrisposti ai propri dipendenti dalle citate amministrazioni;
la norma in esame è applicabile anche al personale del comparto sicurezza e difesa e a quello del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, caratterizzato da un'acclarata specificità di stato giuridico e/o di impiego - che comporta la sottoposizione a rinunce, rischi e disagi non comparabili con quelli richiesti agli altri pubblici dipendenti - e conseguentemente titolare di un assetto retributivo e previdenziale complesso e peculiare;
in tale contesto, specie per il personale in argomento, è indispensabile assicurare che la disposizione in esame, necessariamente espressa in termini generali e concettuali, sia applicata in maniera equa, conforme alla volontà del legislatore e coerente con il quadro normativo complessivo,

impegna il Governo:

a fornire con riguardo all'articolo 12, comma 10 del decreto-legge in esame, con riferimento al personale delle Forze armate e di polizia nonché del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, un'interpretazione in linea con i principi ispiratori delle norma stessa, in particolare al fine di chiarire inequivocabilmente che, a decorrere dal 1o gennaio 2011, il TFS (indennità di buonuscita) del predetto personale discenderà dalla sommatoria di due quote:
la prima determinata integralmente secondo le preesistenti disposizioni, prendendo a riferimento le voci utili dell'ultima retribuzione percepita in servizio e l'anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 2010;
la seconda determinata con le modalità previste dall'articolo 2120 del codice civile, prendendo a riferimento l'anzianità contributiva maturata dal 1o gennaio 2011 alla data del congedamento e, a meno di diverso accordo con le rappresentanze del personale interessato, tutte le somme, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del servizio, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto erogato a titolo di rimborso spese;
in particolare le modalità di dettaglio per il computo della seconda quota e le connesse modalità di contribuzione dovranno essere fissate entro il 31 dicembre 2010 di concerto con le rappresentanze del personale interessato, anche al fine di individuare analiticamente le voci retributive per le quali dal 1o gennaio 2011 la contribuzione potrà essere rapportata a una base maggiorata del 15 per cento, allo scopo di assicurare con riferimento a detta quota un beneficio corrispondente a quello dell'aumento figurativo dei «sei scatti di stipendio» previsto dalla normativa applicabile per il calcolo della prima.
9/3638/1. Ascierto.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, all'articolo 12, comma 10, prevede che, con effetto sulle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1o gennaio 2011, il computo dei trattamenti di fine servizio (TFS) di tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche individuate dall'Istituto nazionale di statistica ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, avvenga in base a quanto previsto dall'articolo 2120 del codice civile in materia di trattamento di fine rapporto (TFR), con applicazione dell'aliquota del 6,91 per cento;
tale prescrizione s'inquadra nel contesto di una serie di interventi mirati a limitare la spesa pubblica e quindi è volta ad assicurare risparmi nei TFS corrisposti ai propri dipendenti dalle citate amministrazioni;
la norma in esame è applicabile anche al personale del comparto sicurezza e difesa e a quello del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, caratterizzato da un'acclarata specificità di stato giuridico e/o di impiego - che comporta la sottoposizione a rinunce, rischi e disagi non comparabili con quelli richiesti agli altri pubblici dipendenti - e conseguentemente titolare di un assetto retributivo e previdenziale complesso e peculiare;
in tale contesto, specie per il personale in argomento, è indispensabile assicurare che la disposizione in esame, necessariamente espressa in termini generali e concettuali, sia applicata in maniera equa, conforme alla volontà del legislatore e coerente con il quadro normativo complessivo,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di fornire con riguardo all'articolo 12, comma 10 del decreto-legge in esame, con riferimento al personale delle Forze armate e di polizia nonché del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, un'interpretazione in linea con i principi ispiratori delle norma stessa, in particolare al fine di chiarire inequivocabilmente che, a decorrere dal 1o gennaio 2011, il TFS (indennità di buonuscita) del predetto personale discenderà dalla sommatoria di due quote:
la prima determinata integralmente secondo le preesistenti disposizioni, prendendo a riferimento le voci utili dell'ultima retribuzione percepita in servizio e l'anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 2010;
la seconda determinata con le modalità previste dall'articolo 2120 del codice civile, prendendo a riferimento l'anzianità contributiva maturata dal 1o gennaio 2011 alla data del congedamento e, a meno di diverso accordo con le rappresentanze del personale interessato, tutte le somme, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del servizio, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto erogato a titolo di rimborso spese;
in particolare le modalità di dettaglio per il computo della seconda quota e le connesse modalità di contribuzione dovranno essere fissate entro il 31 dicembre 2010 di concerto con le rappresentanze del personale interessato, anche al fine di individuare analiticamente le voci retributive per le quali dal 1o gennaio 2011 la contribuzione potrà essere rapportata a una base maggiorata del 15 per cento, allo scopo di assicurare con riferimento a detta quota un beneficio corrispondente a quello dell'aumento figurativo dei «sei scatti di stipendio» previsto dalla normativa applicabile per il calcolo della prima.
9/3638/1. (Testo modificato nel corso della seduta) Ascierto.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, all'articolo 9, comma 32, prevede che a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che, alla scadenza di un incarico di livello dirigenziale, anche in dipendenza dei processi di riorganizzazione, non intendono, anche in assenza di una valutazione negativa, confermare l'incarico conferito al dirigente, conferiscono al medesimo dirigente un altro incarico, anche di valore economico inferiore. Non si applicano le eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli; a decorrere dalla medesima data è abrogato l'articolo 19, comma 1-ter, secondo periodo, del decreto legislativo n. 165 del 2001. Resta fermo che, nelle ipotesi di cui al presente comma, al dirigente viene conferito un incarico di livello generale o di livello non generale, a seconda, rispettivamente, che il dirigente appartenga alla prima o alla seconda fascia;
la disposizione, così formulata, potrebbe introdurre nell'ordinamento la reformatio in peius, rendendo possibile l'attribuzione di un incarico inferiore anche in assenza di valutazione negativa, e senza obbligo di motivazione;
tale previsione deve essere applicata nel rispetto del buon andamento dell'azione amministrativa, per attuare i principi costituzionali di trasparenza e imparzialità della pubblica amministrazione, in applicazione dei principi in più occasioni ribaditi dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Cassazione, tesi ad evitare forme di spoils system occulto o dissimulato (ex multis Corte Cost. n. 103 e 104 del 2007 e Cass. n. 9814 del 2008),

impegna il Governo

a dare adeguate disposizioni operative affinché l'applicazione della norma di cui alla premessa avvenga esclusivamente in ipotesi di mancanza di ogni altra possibilità di incarico in grado di garantire il rispetto del divieto di reformatio in peius, e comunque a seguito di congruo preavviso al dirigente, e tramite adeguata motivazione.
9/3638/2. Antonino Foti, Moffa, Aprea, Cazzola.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, all'articolo 9, comma 2-bis, prevede che l'ammontare complessivo delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, non può superare l'importo dell'anno 2010 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio;
tale norma potrebbe incontrare serie difficoltà di attuazione se non si fa cesse riferimento, per la riduzione, al valore medio della retribuzione del personale in servizio e, inoltre, se non si facesse salva l'attribuzione al Fondo della retribuzione individuale di anzianità (R.I.A.) del personale che cessa dal servizio, secondo le norme contrattuali in vigore per tutti i settori,

impegna il Governo

a dare adeguate disposizioni operative affinché la riduzione proporzionale, prevista al citato comma 2-bis, sia considerata media pro capite, ferma restando altresì l'attribuzione al Fondo della R.I.A. del personale cessato dal servizio, ai sensi delle norme contrattuali in vigore.
9/3638/3. Aprea, Moffa, Cazzola.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, all'articolo 9, comma 2-bis, prevede che l'ammontare complessivo delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, non può superare l'importo dell'anno 2010 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio;
tale norma potrebbe incontrare serie difficoltà di attuazione se non si facesse riferimento, per la riduzione, al valore medio della retribuzione del personale in servizio e, inoltre, se non si facesse salva l'attribuzione al Fondo della retribuzione individuale di anzianità (R.I.A.) del personale che cessa dal servizio, secondo le norme contrattuali in vigore per tutti i settori,

impegna il Governo

a dare adeguate disposizioni operative, se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, affinché la riduzione proporzionale, prevista al citato comma 2-bis, sia considerata media pro capite, ferma restando altresì l'attribuzione al Fondo della R.I.A. del personale cessato dal servizio, ai sensi delle norme contrattuali in vigore.
9/3638/3. (Testo modificato nel corso della seduta) Aprea, Moffa, Cazzola, Torrisi.

La Camera,
premesso che:
va espresso apprezzamento per l'operato del Commissariato generale per le onoranze ai caduti in guerra, di seguito Onorcaduti, che nei decenni successivi alla Seconda guerra mondiale si è contraddistinto nella pietosa opera di recupero e sistemazione delle salme dei militari italiani, vittime dei conflitti combattuti dal nostro Paese;
va rilevata l'esistenza e la proliferazione di siti-sacrario eretti a memoria di fatti bellici, talvolta equiparati ope legis ai cimiteri di guerra seppur privi di salme;
è necessario valorizzare luoghi della memoria e siti ove persero la vita anche centinaia, se non addirittura migliaia, di militari italiani;
vanno tenuti presenti i perduranti vincoli rappresentati dagli obiettivi di risanamento della finanza pubblica,

impegna il Governo

a rilanciare l'attività di recupero e valorizzazione dei siti della memoria, con l'apporto di Onorcaduti ma altresì di Difesa Servizi Spa, impiegando nel restauro e mantenimento dei manufatti presenti nei luoghi della memoria anche strumenti di contrattualistica privata come il project financing.
9/3638/4. Gidoni.

La Camera,
premesso che:
va espresso apprezzamento per l'operato del Commissariato generale per le onoranze ai caduti in guerra, di seguito Onorcaduti, che nei decenni successivi alla Seconda guerra mondiale si è contraddistinto nella pietosa opera di recupero e sistemazione delle salme dei militari italiani, vittime dei conflitti combattuti dal nostro Paese;
va rilevata l'esistenza e la proliferazione di siti-sacrario eretti a memoria di fatti bellici, talvolta equiparati ope legis ai cimiteri di guerra seppur privi di salme;
è necessario valorizzare luoghi della memoria e siti ove persero la vita anche centinaia, se non addirittura migliaia, di militari italiani;
vanno tenuti presenti i perduranti vincoli rappresentati dagli obiettivi di risanamento della finanza pubblica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rilanciare l'attività di recupero e valorizzazione dei siti della memoria, con l'apporto di Onorcaduti ma altresì di Difesa Servizi Spa, impiegando nel restauro e mantenimento dei manufatti presenti nei luoghi della memoria anche strumenti di contrattualistica privata come il project financing.
9/3638/4. (Testo modificato nel corso della seduta) Gidoni.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, che contiene misure urgenti finalizzate alla stabilizzazione finanziaria e alla competitività economica, anticipando fra l'altro l'attuazione degli indirizzi comuni assunti in tal senso in sede europea a seguito della crisi economica e finanziaria ellenica, è principalmente strutturato in uno scenario generale volto a ridurre la spesa corrente, nonché a fronteggiare, attraverso adeguate misure, il contrasto all'evasione fiscale e contemporaneamente dall'aspettativa che le norme previste, possano produrre benefici derivanti dalla riduzione del debito pubblico, come dimostrato da altri Paesi europei, ovverosia che il risanamento della finanza pubblica sia precondizione alla crescita economica;
il decreto-legge in particolare, nella determinazione delle riduzioni dei trasferimenti agli enti territoriali, in cui è stato previsto il coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, assicurando così ampia autonomia nella definizione delle politiche volte a rispettare i saldi fissati, fissa altresì le condizioni volte a definire l'approvazione del decreto attuativo sul federalismo fiscale, concernente l'autonomia tributaria delle imposte relative a Comuni e Province, la cui riforma costituisce una riorganizzazione strutturale dell'ordinamento fiscale e finanziario della Repubblica italiana;
le norme contenute nell'articolo 14 del provvedimento in esame, riguardante il taglio dei trasferimenti correnti previsti per gli enti territoriali con specifico riferimento alle Province, tuttavia intervengono in maniera indiscriminata ed iniqua, in particolare per quegli enti locali i cui bilanci risultano in attivo e con una disponibilità di risorse finanziarie inutilizzabili, come ad esempio l'ente della Provincia di Bari, a causa dei vincoli previsti dal patto di stabilità interno per gli enti locali;
secondo quanto emerge da un'analisi effettuata dall'Unione delle province italiane, proprio la Provincia di Bari, risulta tra gli enti locali a livello nazionale maggiormente penalizzati dalle disposizioni contenute nel decreto-legge in esame, che prevede una riduzione di trasferimenti di oltre 8 milioni nel 2011 e di quasi 14 milioni nel 2012, nei confronti dell'ente provinciale barese;
appare conseguentemente evidente l'esigenza di provvedere attraverso un intervento legislativo ad hoc, nella ridefinizione del patto di stabilità interno per gli enti locali e del relativo meccanismo previsto dall'articolo 77-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, al fine di stabilire una nuova base di calcolo, dei coefficienti aggiornati ed una nuova ripartizione dei trasferimenti correnti, che consenta per determinati enti locali, come ad esempio la suddetta Provincia di Bari, che concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica i cui saldi di bilancio rappresentano dei tendenziali positivi e pertanto ritenuti virtuosi, affinché possano svincolarsi dalle rigidità dei vincoli previsti dal patto di stabilità interno e conseguentemente destinare i fondi accantonati stabiliti dalla legge n. 133 del 2008, per interventi volti a garantire sviluppo e crescita economica e sociale delle aree territoriali competenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, parallelamente all'emanazione del decreto attuativo sul federalismo fiscale, ogni iniziativa idonea volta ad una rivisitazione organica dell'articolo 77-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, al fine di valorizzare gli enti locali, che rispettino i saldi finanziari previsti dalle disposizioni contenute nel medesimo articolo e si impegnino ad aumentare la spesa in conto capitale in misura proporzionale alla riduzione della spesa corrente, concedendo la facoltà di svincolare le risorse finanziarie, attualmente inutilizzabili a causa dei vincoli del patto del stabilità interno che impedisce la programmazione di interventi e investimenti, e consentire invece ai comuni e alle province virtuose, la destinazione delle medesime risorse vincolate, per lo sviluppo e la competitività del sistema economico e sociale locale.
9/3638/5. Distaso, Torrisi, Antonio Pepe.

La Camera,
premesso che:
l'operazione «scudo fiscale», avviata dall'articolo 13-bis del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e prorogata dall'articolo 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, si è conclusa con un recupero di attività per complessivi 104,5 miliardi di euro (il 98 per cento dei quali costituiti da rimpatri in Italia) e un incasso per l'erario di 5,6 miliardi di euro;
rispetto ad operazioni analoghe condotte in altri Paesi dell'Unione Europea il successo è stato enorme, segno della vitalità dell'economia italiana, ma anche della «disinvoltura» con la quale gli italiani muovono i propri capitali; il livello dell'imposta prevista sui capitali e patrimoni rientranti, originariamente del 5 per cento poi lievemente aumentata, ha certamente reso appetibile il rientro; per tali motivi l'operazione non solo ha giovato all'economia nazionale, aumentando i capitali circolanti, ma ha anche favorito i possessori dei capitali e patrimoni riemersi o rientrati;
il decreto in esame riduce la spesa pubblica di 27 miliardi nel prossimo triennio e, pur senza aumentare il livello generale della tassazione, impone sacrifici a tutti gli italiani; motivi di equità generale impongono di richiedere uno sforzo supplementare anche a tutti i cittadini che hanno goduto delle agevolazioni dello «scudo fiscale»,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità e la possibilità di introdurre nei prossimi provvedimenti economici, a titolo di solidarietà nazionale, un'imposta straordinaria pari al 5 per cento delle attività rimpatriate o regolarizzate a carico dei contribuenti che hanno beneficiato delle norme in materia di attività finanziarie e patrimoniali detenute fuori del territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 13-bis del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 e dell'articolo 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25;
a destinare le maggiori entrare derivanti dall'imposta straordinaria alle seguenti finalità:
ad incrementare il bilancio del Ministero della difesa in funzione delle esigenze di funzionamento e di ammodernamento;
ad incrementare il bilancio del Ministero della giustizia per il potenziamento degli uffici giudiziari;
ad incrementare la quota di risorse destinate alle Regioni a statuto ordinario, ripartiti secondo le modalità previste dai Fondi perequativi anche al fine di favorire il passaggio al Federalismo fiscale;
ad incrementare le risorse destinate agli obiettivi previsti dal comma 4 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2010: fronteggiare la diminuzione della domanda interna e riduzione della pressione fiscale nei confronti delle famiglie con figli e dei percettori di reddito medio-basso, con priorità per i lavoratori dipendenti e i pensionati;
a rafforzare infine gli obiettivi di stabilizzazione della finanza pubblica individuati dal decreto-legge in esame.
9/3638/6. Vitali.

La Camera,
premesso che:
l'operazione «scudo fiscale», avviata dall'articolo 13-bis del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e prorogata dall'articolo 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, si è conclusa con un recupero di attività per complessivi 104,5 miliardi di euro (il 98 per cento dei quali costituiti da rimpatri in Italia) e un incasso per l'erario di 5,6 miliardi di euro;
rispetto ad operazioni analoghe condotte in altri Paesi dell'Unione Europea il successo è stato enorme, segno della vitalità dell'economia italiana, ma anche della «disinvoltura» con la quale gli italiani muovono i propri capitali; il livello dell'imposta prevista sui capitali e patrimoni rientranti, originariamente del 5 per cento poi lievemente aumentata, ha certamente reso appetibile il rientro; per tali motivi l'operazione non solo ha giovato all'economia nazionale, aumentando i capitali circolanti, ma ha anche favorito i possessori dei capitali e patrimoni riemersi o rientrati;
il decreto in esame riduce la spesa pubblica di 27 miliardi nel prossimo triennio e, pur senza aumentare il livello generale della tassazione, impone sacrifici a tutti gli italiani; motivi di equità generale impongono di richiedere uno sforzo supplementare anche a tutti i cittadini che hanno goduto delle agevolazioni dello «scudo fiscale»,

impegna il Governo:

a destinare compatibilmente con le esigenze primarie di finanza pubblica maggiori risorse alle seguenti finalità:
ad incrementare il bilancio del Ministero della difesa in funzione delle esigenze di funzionamento e di ammodernamento;
ad incrementare il bilancio del Ministero della giustizia per il potenziamento degli uffici giudiziari;
ad incrementare la quota di risorse destinate alle Regioni a statuto ordinario, ripartiti secondo le modalità previste dai Fondi perequativi anche al fine di favorire il passaggio al Federalismo fiscale;
ad incrementare le risorse destinate agli obiettivi previsti dal comma 4 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2010: fronteggiare la diminuzione della domanda interna e riduzione della pressione fiscale nei confronti delle famiglie con figli e dei percettori di reddito medio-basso, con priorità per i lavoratori dipendenti e i pensionati;
a rafforzare infine gli obiettivi di stabilizzazione della finanza pubblica individuati dal decreto-legge in esame.
9/3638/6. (Testo modificato nel corso della seduta) Vitali, Torrisi.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame ha effettuato una riduzione pari a 30 milioni annui per un triennio del finanziamento pubblico disposto dalla legge n. 152 del 2001 a favore dei patronati sindacali;
i risparmi realizzati in tal modo concorreranno alla compensazione degli effetti derivanti dall'aumento contributivo dello 0,09 per cento di cui all'articolo 1, comma 10, della legge n. 247 del 2007 al fine di garantire la non applicazione del predetto aumento contributivo nella misura prevista;
si pone il problema di superare l'attuale meccanismo automatico di finanziamento (con aliquota pari allo 0,226 per cento sull'intero montante contributivo) con una soluzione più flessibile e meno onerosa, mediante un confronto con i soggetti interessati che, anche in questa circostanza, hanno dimostrato senso di responsabilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di sollecitare le amministrazioni pubbliche e gli enti previdenziali a sottoscrivere nuove convenzioni con i patronati sindacali allo scopo di allargare i servizi di assistenza e di tutela assicurati ai lavoratori, a partire dal loro coinvolgimento nella esperienza delle «reti amiche».
9/3638/7. Cazzola, Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3, comma 5, della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché di materia di energia», prevede l'incremento delle risorse assegnate al Fondo per il finanziamento di programmi di intervento nelle zone franche urbane, di cui all'articolo 1, comma 340, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, al fine di favorirne la distribuzione territoriale;
il 28 ottobre 2009 il Ministero dello sviluppo economico ha stabilito la realizzazione di 22 «zone franche urbane», individuate in aree di disagio sociale e occupazionale, e pertanto, destinatarie di strategie per lo sviluppo e l'occupazione concentrate in un programma di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro imprese, anche in alcune regioni del Nord;
con delibera CIPE dell'8 maggio 2009 n. 14/2009 sono state individuate le zone franche urbane ammesse al finanziamento;
l'articolo 43 del decreto-legge in esame, ha previsto l'istituzione nel Meridione d'Italia di zone a burocrazia zero e, nell'ipotesi di coincidenza con le precedenti zone franche urbane, le risorse previste per queste ultime siano utilizzate dal sindaco competente per le nuove iniziative produttive avviate nelle zone a burocrazia zero;
da tale previsione sono rimaste escluse le zone franche urbane individuate dalla predetta delibera CIPE nelle regioni Lazio, Toscana e Liguria, con l'effetto di rendere del tutto incerto il regime di applicazione delle risorse assegnate al Fondo per il finanziamento dei programmi di intervento nelle citate zone franche urbane;
si rende opportuno un chiarimento da parte del Governo circa la conferma della fruizione da parte delle zone franche urbane individuate nelle regioni Lazio, Toscana e Liguria delle risorse già assegnate per i citati programmi di interventi o l'impegno a prevedere l'assimilazione del regime introdotto dall'articolo 43 del decreto-legge in esame alle zone franche urbane individuate nelle predette regioni Lazio, Toscana e Liguria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assimilare il regime normativo, introdotto dall'articolo 43 del decreto-legge in esame, alle zone franche urbane individuate nelle regioni Lazio, Toscana e Liguria o a confermare per esse la piena operatività delle risorse già assegnate al Fondo per il finanziamento dei programmi di intervento nelle zone franche urbane.
9/3638/8. Orsini.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame si inserisce con coerenza nell'ambito della politica economica del Governo che, come riconosciuto dallo stesso Governatore della Banca d'Italia, attraverso una serie di misure è volta a colpire gli sprechi e favorire la crescita economica, a lottare contro l'evasione fiscale e al contenimento dei costi gestione di numerosi enti, senza tuttavia per questo mettere a repentaglio posti di lavoro;
con particolare riferimento proprio al settore agricolo, il provvedimento in esame prevede la soppressione di alcuni enti ed una complessiva rivisitazione dell'organigramma generale delle competenze, del controllo e delle attribuzioni delle funzioni di alcuni dei medesimi enti, comportando risultati positivi in termini di contenimento e di riequilibrio dei costi e di risparmio della spesa pubblica;
è tuttavia importante sostenere, in considerazione dell'attuale fase economica particolare, il settore agricolo, strategico per l'economica nazionale, attraverso significative e mirate disposizioni volte a rilanciare lo sviluppo e la competitività dell'intera filiera agricola italiana;
è assolutamente necessario prevedere ogni iniziativa volta alla stabilizzazione o almeno un'ulteriore proroga delle agevolazioni contributive in scadenza al prossimo 31 luglio, senza le quali le aziende agricole situate in zone di montagna o svantaggiate si troveranno ad affrontare un insostenibile aumento del costo del lavoro, che le porrà fuori dal mercato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni azione, compatibilmente con le risorse finanziarie a disposizione, volta a sostenere le aziende agricole, per le finalità esposte in premessa.
9/3638/9. Nastri, Torrisi.

La Camera,
premesso che:
il Governo che ha previsto che i risparmi derivanti dall'equiparazione dell'età pensionabile delle donne nel pubblico impiego siano destinati al fondo asili nido e al fondo non autosufficienza, ripartiti rispettivamente per un terzo e due terzi della cifra complessiva;
la cifra complessiva dei risparmi scaturenti da tale manovra è stimata, dal 2012, in 3 miliardi e 750 milioni di euro in dieci anni e, a regime, in 245 milioni di euro annui negli anni successivi;
l'Italia presenta ritardi in materia di uguaglianza di genere, causati largamente anche dalla mancanza di servizi di cura e assistenza che sollevino le donne dagli eccessivi carichi domestici cui, per una cultura arretrata che poco ha promosso la condivisione e un maggiore equilibrio tra uomini e donne e uno Stato assente, sono state costrette;
la cifra derivante dell'equiparazione dell'età pensionabile delle donne nel pubblico impiego è rilevante, ed è importante riuscire a destinare tutte le risorse disponibili in misure che aiutino le donne a rientrare nel mercato del lavoro e a vivere con maggiore serenità gli impegni di «condivisione» dei carichi familiari, quando presenti, aumentando anche la crescita economica nel nostro Paese;
esiste la necessità di utilizzare queste somme non solo nei capitoli di spesa più importanti per affrontare i problemi di condivisione e conciliazione dei carichi familiari di donne e uomini, ma anche di valutare le tipologie e modalità di servizi di assistenza e cura più in linea con le necessità italiane e al passo con le innovazioni e le buone pratiche europee,

impegna il Governo:

a prendere in considerazione, con utili approfondimenti, anche l'utilizzo dei CESU in Italia; i CESU infatti sono voucher dal valore nominale, spendibili quasi come un buono pasto nel settore dei servizi, acquistabili ovunque, il cui costo viene per un quarto sostenuto dallo Stato (con costo previsto di circa 300 milioni di euro l'anno, in linea con i risparmi derivanti dall'equiparazione dell'età pensionabile) e per la restante parte da chi acquista, in genere le famiglie che hanno bisogno di badanti, baby sitter, assistenza alla persona;
a valutare le ricerche in tale ambito che, traslando il modello di voucher in Italia, stimano gli effetti, grazie ad una emersione almeno dell'80 per cento degli 842 mila lavoratori domestici in nero del 2007 (673 mila unità) e un fiorire di contributi sociali, in 1,2 miliardi all'anno di contributi e corpose entrate fiscali per l'IRPEF. La riforma dei servizi alla persona sul modello CESU, ha solo un costo di «attivazione» piuttosto modesto, e produce ricchezza fino ad autofinanziarsi e portare ulteriori benefici per le casse italiane;
a considerare i CESU come possibili moltiplicatore di ricchezza, come i risultati francesi testimoniano, e a rendere disponibili gli ulteriori consistenti risparmi per un eventuale «tesoretto» da investire in asili nido e incentivi all'occupazione femminile.
9/3638/10. Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
la legge n. 210 del 1992, ispirandosi al principio della solidarietà sociale, ha istituito un indennizzo, da parte dello Stato, in favore di tutte le persone contagiate dai virus dell'epatite e dall'HIV con danni irreversibili a seguito di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni di sangue e somministrazione di emoderivati;
il comma 2, dell'articolo 2 della legge n. 210 del 1992 ha stabilito che tale indennizzo fosse integrato dalla somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale;
sull'interpretazione dell'articolo 2 della legge n. 210 del 1992 è sorta una vera e propria questione giuridica, con diversi orientamenti giurisprudenziali di merito, fondata sul fatto se la rivalutazione dell'indennizzo vitalizio dovesse riguardare l'indennizzo nella sua globalità, e conseguentemente dovesse ricomprendere anche la somma corrispondente all'indennità integrativa speciale o, viceversa, dovesse ricomprendere solo l'indennizzo in senso stretto;
il decreto-legge in esame è intervenuto nuovamente in materia con l'articolo 11, comma 13, che reca una norma d'interpretazione autentica del comma 2 dell'articolo 2 della legge n. 210 del 1992;
viene chiarito che il comma 2, dell'articolo 2 della legge 210 del 1992 si interpreta nel senso che la somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale non è rivalutata secondo il tasso d'inflazione; in pratica si ritiene rivalutabile solo la prima componente del complessivo indennizzo, pari a circa al 5 per cento del totale e non la seconda componente - l' indennità integrativa speciale - che rappresenta la parte più consistente dell'indennizzo stesso;
con l'articolo 11, comma 14, si stabilisce invece che, fermo restando gli effetti esplicati da sentenze passate in giudicato, per i periodi da essa definiti, a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto cessa l'efficacia di provvedimenti emanati al fine di rivalutare la somma di cui al comma 13, in forza di un titolo esecutivo. Sono fatti salvi gli effetti prodottisi fino alla data di entrata in vigore del presente decreto;
l'importo dell'indennizzo ha già perso valore a causa della svalutazione monetaria unito al fatto dell'intervenuto cambio lira/euro, molte delle persone danneggiate, per cause a loro non imputabili, si ritrovano nella condizione di non poter lavorare a causa della malattia contratta e a dover contare su un mezzo di sostentamento pari a circa 550,74 euro mensili, alquanto riduttivo ma soprattutto inidoneo a ricoprire tutte le spese per le cure e terapie che sono loro necessarie;

impegna il Governo

ad adottare tutte le opportune iniziative normative e finanziarie volte a consentire una vita dignitosa ai soggetti contagiati dai virus dell'epatite e dall'HIV con danni irreversibili a seguito di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni di sangue e somministrazione di emoderivati, garantendo in tal modo due diritti fondamentali della Costituzione, il diritto alla salute (articolo 32 della Costituzione) e il diritto all'assistenza sociale (articolo 38 della Costituzione).
9/3638/11. Mazzocchi.

La Camera,
premesso che:
la legge n. 210 del 1992, ispirandosi al principio della solidarietà sociale, ha istituito un indennizzo, da parte dello Stato, in favore di tutte le persone contagiate dai virus dell'epatite e dall'HIV con danni irreversibili a seguito di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni di sangue e somministrazione di emoderivati;
il comma 2, dell'articolo 2 della legge n. 210 del 1992 ha stabilito che tale indennizzo fosse integrato dalla somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale;
sull'interpretazione dell'articolo 2 della legge n. 210 del 1992 è sorta una vera e propria questione giuridica, con diversi orientamenti giurisprudenziali di merito, fondata sul fatto se la rivalutazione dell'indennizzo vitalizio dovesse riguardare l'indennizzo nella sua globalità, e conseguentemente dovesse ricomprendere anche la somma corrispondente all'indennità integrativa speciale o, viceversa, dovesse ricomprendere solo l'indennizzo in senso stretto;
il decreto-legge in esame è intervenuto nuovamente in materia con l'articolo 11, comma 13, che reca una norma d'interpretazione autentica del comma 2 dell'articolo 2 della legge n. 210 del 1992;
viene chiarito che il comma 2, dell'articolo 2 della legge 210 del 1992 si interpreta nel senso che la somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale non è rivalutata secondo il tasso d'inflazione; in pratica si ritiene rivalutabile solo la prima componente del complessivo indennizzo, pari a circa al 5 per cento del totale e non la seconda componente - l' indennità integrativa speciale - che rappresenta la parte più consistente dell'indennizzo stesso;
con l'articolo 11, comma 14, si stabilisce invece che, fermo restando gli effetti esplicati da sentenze passate in giudicato, per i periodi da essa definiti, a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto cessa l'efficacia di provvedimenti emanati al fine di rivalutare la somma di cui al comma 13, in forza di un titolo esecutivo. Sono fatti salvi gli effetti prodottisi fino alla data di entrata in vigore del presente decreto;
l'importo dell'indennizzo ha già perso valore a causa della svalutazione monetaria unito al fatto dell'intervenuto cambio lira/euro, molte delle persone danneggiate, per cause a loro non imputabili, si ritrovano nella condizione di non poter lavorare a causa della malattia contratta e a dover contare su un mezzo di sostentamento pari a circa 550,74 euro mensili, alquanto riduttivo ma soprattutto inidoneo a ricoprire tutte le spese per le cure e terapie che sono loro necessarie;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tutte le opportune iniziative normative e finanziarie volte a consentire una vita dignitosa ai soggetti contagiati dai virus dell'epatite e dall'HIV con danni irreversibili a seguito di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni di sangue e somministrazione di emoderivati, garantendo in tal modo due diritti fondamentali della Costituzione, il diritto alla salute (articolo 32 della Costituzione) e il diritto all'assistenza sociale (articolo 38 della Costituzione).
9/3638/11. (Testo modificato nel corso della seduta) Mazzocchi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5, comma 6, del decreto-legge in esame esclude dal diritto alla corresponsione del gettone di presenza i consiglieri circoscrizionali, ma introduce un'eccezione per i consiglieri circoscrizionali delle città metropolitane. Per questi ultimi infatti l'ammontare del gettone di presenza non può superare l'importo pari ad un quarto dell'indennità prevista per il rispettivo presidente;
il riferimento alle città metropolitane è funzionale a introdurre una deroga limitata ai grandi comuni rispetto alla previsione abrogativa, deroga introdotta nel corso dell'esame parlamentare;
le città metropolitane possono essere istituite nelle aree metropolitane in cui sono ricompresi i comuni elencati agli articoli 23 e 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42,

impegna il Governo

a interpretare il significato e l'ambito applicativo della norma, che trova così immediata applicazione, nel senso che per città metropolitane si intendono i comuni capoluogo di regione come individuati negli articoli 23 e 24 della legge n. 42 del 2009.
9/3638/12. Osvaldo Napoli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5, comma 6, del decreto-legge in esame esclude dal diritto alla corresponsione del gettone di presenza i consiglieri circoscrizionali, ma introduce un'eccezione per i consiglieri circoscrizionali delle città metropolitane. Per questi ultimi infatti l'ammontare del gettone di presenza non può superare l'importo pari ad un quarto dell'indennità prevista per il rispettivo presidente;
il riferimento alle città metropolitane è funzionale a introdurre una deroga limitata ai grandi comuni rispetto alla previsione abrogativa, deroga introdotta nel corso dell'esame parlamentare;
le città metropolitane possono essere istituite nelle aree metropolitane in cui sono ricompresi i comuni elencati agli articoli 23 e 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42,

impegna il Governo

a interpretare il significato e l'ambito applicativo della norma, che trova così immediata applicazione, nel senso che per città metropolitane si intendono i comuni capoluogo di regione con almeno 250.000 abitanti come individuati negli articoli 23 e 24 della legge n. 42 del 2009.
9/3638/12. (Testo modificato nel corso della seduta) Osvaldo Napoli, Distaso, Torrisi.

La Camera,
premesso che:
con l'entrata in vigore della legge 8 aprile 2010, n. 55, recante «Disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri», vengono tutelate le produzioni «made in Italy» di alcuni settori produttivi;
a seguito della recente crisi economica mondiale numerose aziende, soprattutto del Nord del Paese, hanno chiuso gli stabilimenti, con il conseguente licenziamento di centinaia di operai, non potendo resistere sul mercato a causa della concorrenza sleale esercitata da taluni prodotti provenienti dall'estero ma che vengono commercializzati e assemblati nel nostro Paese ad un costo molto inferiore, rispetto agli stessi articoli prodotti da aziende italiane e venduti sul territorio;
la Costituzione afferma il principio della libertà dell'iniziativa economica privata consentendo a qualsiasi persona di diventare un imprenditore e svolgere un'attività economica;
la concorrenza tra gli imprenditori è libera, ma deve svolgersi nel rispetto di alcune regole e di alcuni limiti stabiliti dalla legge a tutela di interessi generali;
al fine di conseguire un'adeguata informazione per i consumatori sul processo produttivo è importante che nell'etichetta dei prodotti finiti e intermedi l'impresa produttrice fornisca in modo chiaro e sintetico informazioni specifiche sulla conformità dei processi di lavorazione alle norme vigenti in materia di lavoro, garantendo il rispetto delle convenzioni siglate in seno all'Organizzazione internazionale del lavoro lungo tutta la catena di fornitura, sulla certificazione di igiene e di sicurezza dei prodotti, sull'esclusione dell'impiego di minori nella produzione, sul rispetto della normativa europea e sul rispetto degli accordi internazionali in materia ambientale,

impegna il Governo

ad estendere anche ad altri importanti settori produttivi del nostro Paese gli effetti della legge richiamata in premessa, rendendo chiara ed evidente la provenienza di tutti prodotti, in modo da tutelare le aziende nazionali, nonché i consumatori finali.
9/3638/13. Stucchi.

La Camera,
premesso che:
con l'entrata in vigore della legge 8 aprile 2010, n. 55, recante «Disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri», vengono tutelate le produzioni «made in Italy» di alcuni settori produttivi;
a seguito della recente crisi economica mondiale numerose aziende, soprattutto del Nord del Paese, hanno chiuso gli stabilimenti, con il conseguente licenziamento di centinaia di operai, non potendo resistere sul mercato a causa della concorrenza sleale esercitata da taluni prodotti provenienti dall'estero ma che vengono commercializzati e assemblati nel nostro Paese ad un costo molto inferiore, rispetto agli stessi articoli prodotti da aziende italiane e venduti sul territorio;
la Costituzione afferma il principio della libertà dell'iniziativa economica privata consentendo a qualsiasi persona di diventare un imprenditore e svolgere un'attività economica;
la concorrenza tra gli imprenditori è libera, ma deve svolgersi nel rispetto di alcune regole e di alcuni limiti stabiliti dalla legge a tutela di interessi generali;
al fine di conseguire un'adeguata informazione per i consumatori sul processo produttivo è importante che nell'etichetta dei prodotti finiti e intermedi l'impresa produttrice fornisca in modo chiaro e sintetico informazioni specifiche sulla conformità dei processi di lavorazione alle norme vigenti in materia di lavoro, garantendo il rispetto delle convenzioni siglate in seno all'Organizzazione internazionale del lavoro lungo tutta la catena di fornitura, sulla certificazione di igiene e di sicurezza dei prodotti, sull'esclusione dell'impiego di minori nella produzione, sul rispetto della normativa europea e sul rispetto degli accordi internazionali in materia ambientale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere anche ad altri importanti settori produttivi del nostro Paese gli effetti della legge richiamata in premessa, rendendo chiara ed evidente la provenienza di tutti prodotti, in modo da tutelare le aziende nazionali, nonché i consumatori finali.
9/3638/13. (Testo modificato nel corso della seduta) Stucchi.

La Camera,
premesso che:
questa manovra economica penalizza enormemente il comparto sicurezza e difesa;
tra gli aspetti particolarmente penalizzanti sotto il profilo del trattamento economico risulta essere l'articolo 9, comma 21, del testo in esame;
l'articolo 8, comma 11-bis, recita testualmente: « Al fine di tenere conto della specificità del comparto sicurezza-difesa e delle peculiari esigenze del comparto del soccorso pubblico, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un fondo con una dotazione di 80 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2011 e 2012 destinato al finanziamento di misure perequative per il personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco interessato alle disposizioni di cui all'articolo 9, comma 21. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri competenti, sono individuate le misure e la ripartizione tra i Ministeri dell'interno, della difesa, delle infrastrutture e dei trasporti, della giustizia, dell'economia e delle finanze e delle politiche agricole alimentari e forestali delle risorse del fondo di cui al primo periodo. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a disporre, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio»,

impegna il Governo:

a fornire formale interpretazione della norma prevista all'articolo 8, comma 11-bis, al fine di un esaustivo chiarimento circa la natura delle «misure perequative» di cui trattasi ed in particolare in che modo esse incideranno sulle posizioni dei singoli operatori;
ad escludere i compensi accessori relativi a trasferimenti, missioni, presenza qualificata, lavoro straordinario, assegno funzionale e indennità pensionabile dal tetto della retribuzione complessiva per l'anno 2010, imposta come limite di riferimento dal provvedimento in esame per il comparto sicurezza e difesa.
9/3638/14. Fiano, Villecco Calipari.

La Camera,
premesso che:
la grave recessione economica rischia di aggravare ulteriormente le condizioni del nostro Paese ed in particolar modo quelle della sua parte meno avanzata dal punto di vista dello sviluppo economico, il Mezzogiorno, dove si registra un forte calo dei sistemi produttivi ed un tasso di disoccupazione giovanile al di sopra della media nazionale che spinge i giovani ad attivare l'antico processo di esodo dalle proprie comunità;
il quadro che si può dedurre dall'analisi delle prospettive macroeconomiche assume toni ancora più allarmanti nelle aree della Campania interna (Sannio, Irpinia, area salernitana) dove le precarie condizioni di sviluppo rendono più che mai necessario avviare, d'intesa con la regione Campania, un piano concreto e fattivo di interventi relativo alle infrastrutture fondamentali occorrenti al territorio,

impegna il Governo

a porre il Mezzogiorno d'Italia al centro di ogni politica di sviluppo, predisponendo nella utilizzazione del Fondo Infrastrutture con altre risorse destinate alle aree del Sud, consistenti finanziamenti per la realizzazione di opere infrastrutturali materiali ed immateriali nella Campania interna (Sannio, Irpinia, area salernitana).
9/3638/15. Mario Pepe (PD), Pes.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 6, comma 5, del presente decreto prevede che, a partire dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore del decreto, lo statuto degli enti pubblici non economici e di tutti gli organismi pubblici anche con personalità giuridica di diritto privato contenga una norma di limitazione del numero dei componenti gli organi di amministrazione e controllo a cinque e dei collegi dei revisori a tre componenti;
il medesimo comma 5 dispone che siano le Amministrazioni vigilanti a provvedere all'adeguamento mediante i regolamenti di cui all'articolo 2, comma 634, legge 24 dicembre 2007, n. 244;
la relazione tecnica del Governo presentata sulla manovra economica sotto il profilo finanziario non rileva effetti finanziari con specifico riferimento al comma in esame (eventuali risparmi saranno computati solo a consuntivo);
il Club Alpino Italiano (CAI) è ente pubblico non economico, il cui bilancio non è computato nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione;
il comitato centrale del CAI peraltro è composto da membri che svolgono le funzioni istituzionali attribuite loro a titolo gratuito;
l'articolo 10-bis (termini in materia di «taglia-enti» e di «taglia-leggi») del decreto-legge n. 194 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 25 del 2010, al comma 1, reca una norma interpretativa dell'articolo 26, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in materia di procedimento taglia-enti, interpretandosi nel senso che l'effetto soppressivo previsto dal secondo periodo concerne gli enti pubblici non economici con dotazione organica pari o superiore alle 50 unità, con esclusione degli enti già espressamente esclusi dal primo periodo del comma 1;
il CAI rientra tra gli enti confermati al di sotto delle 50 unità per i quali il comma 2 del medesimo articolo 10-bis del decreto-legge n. 194 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 25 del 2010 prevede che «gli enti confermati possono essere oggetto di regolamenti di riordino» ed essendo per quanto concerne il CAI tale riordino già intercorso,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di interpretare la norma prevista dall'articolo 6, comma 5, del decreto-legge in esame nel senso che gli enti pubblici, anche economici, e gli organismi pubblici anche con personalità giuridica di diritto privato in parola sono da intendersi quelli inseriti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuato dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, rendendo così implicita l'esclusione dall'attuazione del disposto dell'articolo 6, comma 5, del decreto in esame degli enti non ricadenti in tale fattispecie, tra i quali il CAI e l'ACI.
9/3638/16. Quartiani, Nicco, Froner.

La Camera,
premesso che:
le disposizioni di cui agli articoli 6 e 9 fanno riferimento alle pubbliche amministrazioni come individuate dall'ISTAT ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge n. 196 del 2009. In tale elenco ISTAT figurano sia il CONI, sia la CONI Servizi SpA, sia molte Federazioni sportive nazionali (31, su 45);
per il CONI - in ragione della sua natura di ente pubblico non economico nazionale - non v'è dubbio che sia compreso tra gli enti soggetti alle citate disposizioni, altrettanto non vale per la CONI Servizi SpA e le Federazioni sportive nazionali, sia perché laddove nello stesso provvedimento si è voluto fare riferimento alle società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'ISTAT, lo si è fatto espressamente e in modo specifico, sia perché nel concetto di «pubbliche amministrazioni», come definito dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche» sono comprese «tutte le amministrazioni dello Stato ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziate delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300»;
la CONI Servizi SpA e le Federazioni sportive nazionali, benché inserite nel suddetto elenco ISTAT, non sono pertanto da intendersi quali pubbliche amministrazioni, in quanto essendo il CONI il destinatario delle risorse provenienti dal bilancio dello Stato, l'assoggettamento alle norme oltre al CONI - anche di CONI Servizi SpA e delle Federazioni sportive nazionali (cui il CONI trasferisce i contributi statali) - si concretizzerebbe in una duplicazione di intervento nei confronti delle medesime risorse;
è quindi evidente che con riguardo alla CONI Servizi SpA e alle Federazioni sportive nazionali, con particolare riferimento alle tematiche afferenti il personale ed i contratti di lavoro, debbano essere applicate le disposizioni rivolte alle società e non quelle dirette alle pubbliche amministrazioni anche perché allo stato attuale anche i contratti collettivi di lavoro applicati sono di tipo privatistico e, per espressa indicazione fornita ufficialmente sin dal 2004 dal Ministero della funzione pubblica, vengono negoziati direttamente dalla società, esulando quindi dall'iter di rinnovo per il tramite dell'ARAN proprio dei contratti delle pubbliche amministrazioni;
l'articolo 6, comma 5, prevede che tutti gli enti pubblici provvedono all'adeguamento dei propri statuti al fine di assicurare che, a decorrere dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, gli organi di amministrazione e quelli di controllo, ove non già costituiti in forma monocratica, nonché il collegio dei revisori, siano costituiti da un numero non superiore rispettivamente a cinque e tre componenti;
non è possibile l'applicazione di tale disposizione per gli organi del CONI (Consiglio Nazionale e Giunta Nazionale, composti rispettivamente da 75 e 20 membri, prevalentemente di natura elettiva), la cui composizione è prevista da una specifica disposizione legislativa (decreto legislativo n. 242 del 1999) nonché in attuazione delle regole della Carta Olimpica del Comitato Olimpico Internazionale, stante il principio di autonomia dell'ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell'ordinamento sportivo internazionale ai sensi del decreto-legge n. 220 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 280 del 2003;
occorre altresì considerare che, alla luce delle suddette norme, i membri degli organi di amministrazione del CONI o sono eletti in rappresentanza delle rispettive categorie (atleti, tecnici, rappresentati degli enti di promozione sportiva, delle discipline sportive associate, delle associazioni benemerite, delle strutture provinciali e regionali del CONI) o sono membri di diritto (presidenti delle Federazioni sportive nazionali e membri italiani del CIO);
analogo problema si pone per le Federazioni sportive nazionali aventi natura di ente pubblico (Unione Italiana Tiro a Segno - Automobil Club d'Italia - Aero Club d'Italia) che, in base alle norme dell'ordinamento sportivo nazionale e internazionale, nonché in attuazione del richiamato decreto legislativo n. 242 del 1999, sono tenute ad assicurare nei propri organi direttivi la presenza di determinate categorie (atleti, tecnici);
l'articolo 6, comma 12, introduce per le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, un contenimento delle spese per missione, prevedendo in particolare che le stesse non possono effettuare spese per missioni, anche all'estero, per un ammontare superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009;
tale disposizione è altamente pregiudizievole per il CONI in considerazione del fatto che lo svolgimento di attività sportive su base non annuale comporta un disallineamento temporale delle esigenze che non possono avere come base di riferimento su cui operare la riduzione a un solo anno, nella specie il 2009, ma è necessario prevedere che il limite da assumere a riferimento a base di calcolo deve essere computato con riferimento alla media di spesa sostenuta per le stesse finalità nel quadriennio 2006-2009,

impegna il Governo:

ad adottare ogni utile misura, anche di natura interpretativa, volta a specificare che, con riguardo alla CONI Servizi SpA e alle Federazioni sportive nazionali, con particolare riferimento alle tematiche afferenti il personale ed i contratti di lavoro, debbano essere applicate le disposizioni rivolte alle società e non quelle dirette alle pubbliche amministrazioni;
ad adottare ogni utile misura, anche di natura interpretativa, volta a specificare che le disposizioni di cui all'articolo 6, comma 5, del decreto-legge in esame, non si applichino al CONI e alle Federazioni sportive nazionali aventi natura di ente pubblico per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 242 del 1999;
ad adottare ogni utile misura, anche di natura interpretativa, volta a specificare che, con riguardo al CONI, il limite di spesa per missioni di cui all'articolo 6, comma 12, del decreto-legge in esame, è computato con riferimento alla media di spesa sostenuta per le stesse finalità nel quadriennio 2006-2009.
9/3638/17. Bonciani.

La Camera,
premesso che:
la manovra finanziaria approvata al Senato introdurrà alcune semplificazioni che attengono i procedimenti per dare inizio ad attività d'impresa attraverso una diversa procedura denominata SCIA (segnalazione certificata inizio attività);
con il maxi emendamento è stata tolta all'articolo 19 della legge n. 241 del 1990 la dicitura «pubblica incolumità» che invece era riportata nella legge originale;
l'eliminazione della dicitura «pubblica incolumità» è da ritenersi una grave mancanza di attenzione verso i compiti istituzionali con particolare riguardo all'impegno quotidiano che il Corpo dei Vigili del Fuoco rivolge alla sicurezza dei cittadini e dei lavoratori nonché alla salvaguardia dei beni e dell'ambiente;
non si comprendono i motivi dell'eliminazione della dicitura «pubblica incolumità» in quanto l'attività dei Vigili del Fuoco non produce ritardi in termini di inizio attività e determina un introito per lo Stato, che si quantifica in 60 milioni di euro e non un esborso;
inoltre l'articolo in questione determina quindi un minore introito per le casse dello Stato, e pertanto la norma appare anticostituzionale in ragione del fatto che non prevede la copertura per le mancate entrate che ne deriveranno,

impegna il Governo

a stabilire che le autorizzazioni rilasciate dal Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco a tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro, dei lavoratori in generale ed in particolari dei propri lavoratori, rientrino fra le materie escluse dal procedimento di semplificazione di cui al nuovo articolo 19 della legge n. 241 del 1990.
9/3638/18. Laffranco, Ascierto.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, all'articolo 12, comma 12-sexies, dispone che il requisito anagrafico della pensione di vecchiaia per le lavoratrici alle dipendenze della pubblica amministrazione sia elevato a 65 anni a partire dal lo gennaio 2012; ciò allo scopo di ottemperare alla sentenza della Corte di Giustizia della Comunità europea del 13 novembre 2008,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di applicare, se le condizioni di finanza pubblica lo consentiranno, le deroghe previste dalla norma citata e mantenere i requisiti vigenti per l'esercizio del diritto al pensionamento (le cosiddette finestre) nei confronti delle lavoratrici colpite dal provvedimento, affinché non debbano aggiungere all'incremento del requisito anagrafico anche l'elevazione a un anno della decorrenza del trattamento.
9/3638/19. Golfo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 55 del decreto-legge in esame, in sede di conversione, è stato modificato con l'introduzione del comma 2-quinquies il quale prevede che, al fine di garantire la maggiore tutela degli interessi pubblici erariali e di difesa della salute pubblica connessi alla gestione di esercizi di vendita di tabacchi, tenuto conto altresì della elevata professionalità richiesta per l'espletamento di tale attività, non può gestire un magazzino chi non abbia conseguito, entro sei mesi dall'assegnazione, l'idoneità professionale all'esercizio dell'attività di rivenditore di generi di monopolio all'esito di appositi corsi di formazione disciplinati sulla base di convenzione stipulata tra l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative;
nell'ambito delle attività preordinate alla stipula della convenzione tra l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, è necessario assicurare la massima celerità alla definizione del complesso delle azioni dirette a dare esecuzione al dettato normativo in esame, garantendo proficui rapporti di collaborazione con le organizzazioni di categoria effettivamente espressione della stessa, senza innescare il pericolo di una nociva e sterile moltiplicazione di soggetti che possano strumentalmente rivendicare una partecipazione in attività di così elevato rilievo per l'erario senza essere al contempo legittimati da effettiva ed adeguata rappresentatività;
al fine di non compromettere la portata dell'intera disposizione diretta ad assicurare la maggiore tutela degli interessi pubblici erariali e di difesa della salute pubblica connessi alla gestione di esercizi di vendita di tabacchi, è necessario che la stipula delle citate convenzioni per la disciplina di appositi corsi di formazione avvenga tra l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative che rappresentano in via esclusiva non meno del 10 per cento degli appartenenti alla categoria,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile misura di attuazione anche di natura interpretativa affinché la stipula della convenzione per la disciplina di appositi corsi di formazione diretti al conseguimento dell'idoneità professionale all'esercizio dell'attività di rivenditore di generi di monopolio avvenga tra l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative che rappresentano in via esclusiva non meno del 10 per cento degli appartenenti alla categoria.
9/3638/20. Bernardo, Torrisi.

La Camera,
premesso che:
uno dei cardini della manovra finanziaria sotto il profilo strettamente economico è costituito dal principio fissato dall'articolo 9, comma 1, che prevede il congelamento degli incrementi economici comunque denominati per il personale appartenente alla pubblica amministrazione;
nel corso dei lavori parlamentari il testo decreto-legge in esame è stato migliorato in questa parte essenziale, senza tuttavia pregiudicare il mantenimento dell'invarianza dei saldi, chiarendo che il meccanismo di congelamento dei trattamenti economici dei dipendenti pubblici non può riguardare le parti accessorie della retribuzione connesse alla presenza in servizio. In questo modo, variazioni delle retribuzioni dipendenti da eventi specifici quali, a mero titolo esemplificativo, malattia, maternità, missioni all'estero non comportano l'effetto del blocco delle retribuzioni per gli anni 2011, 2012 e 2013. Ciò significa che per tali annualità rimane impregiudicata la possibilità per il singolo dipendente pubblico di percepire una retribuzione anche superiore a quella percepita nell'anno 2010 e ciò senza compromettere il principio fondamentale posto alla base dell'intera manovra, dell'invarianza dei saldi complessivi. Tale chiarimento, operato in sede di conversione nell'ambito dei lavori in sede referente, si applica a tutto il personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni, contrattualizzato e non contrattualizzato ed in particolare al comparto sicurezza e difesa;
per garantire l'effettività di questo risultato, con riferimento alle risorse finanziarie destinate al pagamento della parte accessoria della retribuzione, l'intervento operato nel corso dei lavori presso il Senato della Repubblica ha anche consentito di chiarire che non si opera più un congelamento riferito al trattamento del singolo dipendente, cioè a quanto a tal titolo il singolo aveva percepito nell'anno 2010, ma il congelamento è ora riferito al totale delle risorse a questo scopo utilizzate dalle singole amministrazioni che, pertanto, all'interno dell'identico budget di spesa, potranno garantire esattamente gli stessi standard di risultato. All'interno quindi del monte risorse complessivamente invariate, al singolo dipendente potrà essere garantita la possibilità di percepire, per la parte accessoria della retribuzione, anche di più di quanto aveva percepito nell'anno precedente ovviamente sulla base delle attività effettivamente espletate e comunque senza aggravio per la finanza pubblica;
per il comparto sicurezza e difesa e per i vigili del fuoco, con riferimento alle risorse finanziarie di cui all'articolo 8, comma 11-bis, del decreto-legge in esame, in quanto destinate ad alimentare la parte accessoria del trattamento retributivo spettante al personale, le stesse non rientrano nel congelamento del trattamento retributivo individuale stabilito dall'articolo 9, comma 1, del decreto-legge in esame,

impegna il Governo:

ad adottare ogni utile provvedimento, anche di natura interpretativa, volto a specificare che, anche per il comparto sicurezza e difesa e per i vigili del fuoco, con riferimento alle risorse finanziarie destinate al pagamento della parte accessoria della retribuzione, non si opera un congelamento riferito al trattamento del singolo dipendente, cioè a quanto a tal titolo il singolo aveva percepito nell'anno 2010, ma il congelamento è riferito al totale delle risorse a questo scopo utilizzate dalle singole amministrazioni che, pertanto, all'interno dell'identico budget di spesa, potranno garantire esattamente gli stessi standard di risultato; in particolare a garantire che all'interno del monte risorse complessivamente invariate, al singolo dipendente potrà essere assicurata la possibilità di percepire, per la parte accessoria della retribuzione, anche di più di quanto aveva percepito nell'anno precedente ovviamente sulla base delle attività effettivamente espletate e comunque senza aggravio per la finanza pubblica;
ad adottare ogni utile provvedimento, anche di natura interpretativa, volto a specificare che per il comparto sicurezza e difesa e per i vigili del fuoco, con riferimento alle risorse finanziarie di cui all'articolo 8, comma 11-bis, del decreto-legge in esame, in quanto destinate ad alimentare la parte accessoria della retribuzione spettante al personale, le stesse non rientrano nel congelamento del trattamento retributivo individuale stabilito dall'articolo 9, comma 1, del decreto-legge in esame.
9/3638/21. Pugliese.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 7, comma 7, lettera h), prevede che al presidente degli enti pubblici di assistenza e previdenza sia dovuto, per l'esercizio delle funzioni inerenti alla carica, un emolumento onnicomprensivo stabilito con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
la citata disposizione intende riferirsi evidentemente al corrispettivo che spetta al Presidente degli Enti pubblici di previdenza ed assistenza per l'espletamento di tale specifica carica, facendo quindi salvi altri eventuali emolumenti che lo stesso Presidente potrebbe percepire in relazione allo svolgimento di altre attività ed incarichi di natura pubblica o privata;
la disposizione in argomento, nella sua attuale formulazione, potrebbe ingenerare dubbi interpretativi sulla effettiva portata della norma e, conseguentemente, si rende necessario specificare che dall'emolumento onnicomprensivo spettante al Presidente degli Enti pubblici di assistenza e previdenza rimangono in ogni caso esclusi eventuali emolumenti comunque denominati che lo stesso Presidente potrebbe percepire per lo svolgimento di altre attività ed incarichi di natura pubblica o privata,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile provvedimento, anche di natura interpretativa, al fine di chiarire che, con riguardo alla portata applicativa dell'articolo 7, comma 7, lettera h), rimane in ogni caso ferma, per il presidente di un ente pubblico di previdenza e di assistenza, la possibilità di percepire altri eventuali compensi e/o emolumenti comunque denominati derivanti dallo svolgimento di altre attività ed incarichi di natura pubblica o privata.
9/3638/22. Berardi.

La Camera,
premesso che:
con il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009 alla tabella 7 «stato di previsione del Ministero dell'istruzione» il capitolo di bilancio riguardo l'istituzione scolastica non statale veniva ridotto di oltre 133 milioni di euro, ovvero del 25 per cento rispetto al bilancio assestato 2008 e lo stesso è stato reintegrato attraverso un emendamento per importo pari a 120 milioni di euro;
con il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010, alla tabella 7, il capitolo di bilancio riguardante l'istituzione scolastica non statale è stato ridotto di oltre 133 milioni di euro, ovvero del 25 per cento rispetto al bilancio assestato 2008 e a quanto previsto per il 2009 e lo stesso è stato reintegrato attraverso emendamento del Governo per importo pari a 130 milioni di euro;
nel bilancio triennale 2009-2011 era previsto per il bilancio di previsione dello Stato anche per l'anno 2011 un taglio pari a 228 milioni di euro alla tabella 7, il capitolo di bilancio riguardante l'istituzione scolastica non statale;
con la mozione Cicchitto, Cota ed altri n. 1-00154 in materia di parità scolastica, approvata dalla Camera nella seduta di mercoledì 6 maggio 2009, si impegna il Governo, tra le altre cose, a realizzare le condizioni per un'effettiva libertà di scelta educativa fra scuole statali e paritarie incrementando, fin dal disegno di legge di bilancio per il 2010, le risorse destinate al sistema paritario;
la riduzione della spesa pubblica è elemento essenziale del risanamento economico del Paese, confermando le priorità contenute nel DPEF e nel suo aggiornamento, e risulta essenziale scongiurare un aumento della spesa delle famiglie che la riduzione del fondo per le scuole non statali renderebbe certo,

impegna il Governo

a reintegrare il fondo in bilancio previsionale 2011 «istituzioni scolastiche non statali» fino al raggiungimento della quota prevista per il 2008 e a garantire almeno lo stesso livello di finanziamento per i successivi anni.
9/3638/23. Toccafondi.

La Camera,
premesso che:
con il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009 alla tabella 7 «stato di previsione del Ministero dell'istruzione» il capitolo di bilancio riguardo l'istituzione scolastica non statale veniva ridotto di oltre 133 milioni di euro, ovvero del 25 per cento rispetto al bilancio assestato 2008 e lo stesso è stato reintegrato attraverso un emendamento per importo pari a 120 milioni di euro;
con il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010, alla tabella 7, il capitolo di bilancio riguardante l'istituzione scolastica non statale è stato ridotto di oltre 133 milioni di euro, ovvero del 25 per cento rispetto al bilancio assestato 2008 e a quanto previsto per il 2009 e lo stesso è stato reintegrato attraverso emendamento del Governo per importo pari a 130 milioni di euro;
nel bilancio triennale 2009-2011 era previsto per il bilancio di previsione dello Stato anche per l'anno 2011 un taglio pari a 228 milioni di euro alla tabella 7, il capitolo di bilancio riguardante l'istituzione scolastica non statale;
con la mozione Cicchitto, Cota ed altri n. 1-00154 in materia di parità scolastica, approvata dalla Camera nella seduta di mercoledì 6 maggio 2009, si impegna il Governo, tra le altre cose, a realizzare le condizioni per un'effettiva libertà di scelta educativa fra scuole statali e paritarie incrementando, fin dal disegno di legge di bilancio per il 2010, le risorse destinate al sistema paritario;
la riduzione della spesa pubblica è elemento essenziale del risanamento economico del Paese, confermando le priorità contenute nel DPEF e nel suo aggiornamento, e risulta essenziale scongiurare un aumento della spesa delle famiglie che la riduzione del fondo per le scuole non statali renderebbe certo,

impegna il Governo

a reintegrare, se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, il fondo in bilancio previsionale 2011 «istituzioni scolastiche non statali» fino al raggiungimento della quota prevista per il 2008 e a garantire almeno lo stesso livello di finanziamento per i successivi anni.
9/3638/23. (Testo modificato nel corso della seduta) Toccafondi, Renato Farina, Rubinato.

La Camera,
premesso che:
il Governo dando prova di essere attento ai principi del marketing strategico, ha ideato aree del Paese, tutte ubicate nel Meridione, apparentemente libere dagli impacci del principio di legalità costituito dall'istruttoria assegnata dalle leggi agli uffici pubblici;
tale previsione smantella lo stato di diritto facendolo regredire all'epoca degli albori dell'Unità d'Italia;
ciò avviene proprio all'atto della celebrazione dei centocinquanta anni dell'Unità d'Italia;
le regioni meridionali interessate vengono additate come laboratorio dell'inefficienza pubblica,

impegna il Governo:

ad emanare nei confronti dei «Commissari» che saranno nominati, direttive stringenti perché i procedimenti amministrativi assunti nei loro effetti concreti sotto la loro responsabilità, derivino da un'attività istruttoria strettamente corrispondente alle procedure di cui alla legge n. 241 del 1990;
a riferire al Parlamento con apposita relazione annuale su detta disposizione, nell'ambito della più ampia relazione sulla attuazione della legge n. 241 del 1990.
9/3638/24. Pisicchio.

La Camera,
premesso che:
il Governo dando prova di essere attento ai principi del marketing strategico, ha ideato aree del Paese, tutte ubicate nel Meridione, apparentemente libere dagli impacci del principio di legalità costituito dall'istruttoria assegnata dalle leggi agli uffici pubblici;
tale previsione smantella lo stato di diritto facendolo regredire all'epoca degli albori dell'Unità d'Italia;
ciò avviene proprio all'atto della celebrazione dei centocinquanta anni dell'Unità d'Italia;
le regioni meridionali interessate vengono additate come laboratorio dell'inefficienza pubblica,

impegna il Governo:

ad emanare nei confronti dei «Commissari» che saranno nominati, direttive stringenti perché i procedimenti amministrativi assunti nei loro effetti concreti sotto la loro responsabilità, derivino da un'attività istruttoria strettamente corrispondente alle procedure di cui alla legge n. 241 del 1990 fermo restando in ogni caso quanto previsto dall'articolo 43 del decreto-legge in esame;
a riferire al Parlamento con apposita relazione annuale su detta disposizione, nell'ambito della più ampia relazione sulla attuazione della legge n. 241 del 1990.
9/3638/24. (Testo modificato nel corso della seduta) Pisicchio.

La Camera,
premesso che:
le misure di contenimento delle spese di previdenza sono fondate sulla premessa di un prolungamento della vita lavorativa;
come noto, le statistiche comunitarie testimoniano che solo il 36 per cento degli italiani di età compresa fra 55 e 64 anni sono occupati contro una media europea del 46 per cento, con punte del 56 per cento in Germania;
l'economia reale nella dinamica industriale, dei servizi, e del commercio indica una tendenza espulsiva dei lavoratori ultracinquantacinquenni;
la contraddizione è ignorata sia nella contrattazione collettiva sia nella legislazione del lavoro, talché il processo può definirsi non governato,

impegna il Governo

al fine di correggere un trend che provoca un allargamento della forbice generazionale a fronte dell'invecchiamento della popolazione, ad istituire tempestivamente un tavolo di concertazione tripartito che abbia ad oggetto l'elaborazione di misure di contemperamento delle dinamiche retributive, contributive, previdenziali, assistenziali, con quelle della maturazione da parte dei lavoratori di un'età compresa tra gli anni 55 e quella stabilita nelle leggi e nei contratti per il loro pensionamento.
9/3638/25. Mosella.

La Camera,
premesso che:
le misure di contenimento delle spese di previdenza sono fondate sulla premessa di un prolungamento della vita lavorativa;
come noto, le statistiche comunitarie testimoniano che solo il 36 per cento degli italiani di età compresa fra 55 e 64 anni sono occupati contro una media europea del 46 per cento, con punte del 56 per cento in Germania;
l'economia reale nella dinamica industriale, dei servizi, e del commercio indica una tendenza espulsiva dei lavoratori ultracinquantacinquenni;
la contraddizione è ignorata sia nella contrattazione collettiva sia nella legislazione del lavoro, talché il processo può definirsi non governato,

impegna il Governo

al fine di valutare un trend che provoca un allargamento della forbice generazionale a fronte dell'invecchiamento della popolazione, ad istituire senza oneri per la finanza pubblica un tavolo di concertazione che abbia ad oggetto l'approfondimento della problematica indicata in premessa.
9/3638/25. (Testo modificato nel corso della seduta) Mosella.

La Camera,
premesso che:
la legge 24 dicembre 1993, n. 537, all'articolo 9, comma 7, ha previsto che: « Entro il 31 marzo di ciascun anno, il Ministro della difesa, sentite le competenti Commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, definisce con proprio decreto il piano annuale di gestione del patrimonio abitativo della Difesa, con l'indicazione dell'entità, dell'utilizzo e della futura destinazione degli alloggi di servizio, nonché degli alloggi non più ritenuti utili nel quadro delle esigenze dell'Amministrazione e quindi transitabili in regime di locazione ovvero alienabili, anche mediante riscatto. Il piano indica altresì i parametri di reddito sulla base dei quali gli attuali utenti degli alloggi di servizio, ancorché si tratti di personale in quiescenza o di vedove non legalmente separate né divorziate, possono mantenerne la conduzione, purché non siano proprietari di altro alloggio di certificata abitabilità. I proventi derivanti dalla gestione o vendita del patrimonio alloggiativo sono utilizzati per la realizzazione di nuovi alloggi di servizio e per la manutenzione di quelli esistenti»;
con l'articolo 43 della legge del 23 dicembre 1994, n. 724, è stata stabilita l'entità del canone da corrispondere da parte degli utenti, calcolato sulla base dell'equo canone;
in applicazione di tali norme, la possibilità di mantenere la conduzione dell'alloggio oltre i limiti regolamentari, è stata successivamente ampliata agli utenti il cui nucleo familiare convivente comprenda un portatore di handicap grave;
l'articolo 6, comma 21-quater, del decreto-legge in esame recita che: «Con decreto del Ministero della difesa, adottato d'intesa con l'Agenzia del demanio, sentito il Consiglio centrale della rappresentanza militare, si provvede alla rideterminazione, a decorrere dal 1o gennaio 2011, del canone di occupazione dovuto dagli utenti non aventi titolo alla concessione di alloggi di servizio del Ministero della difesa, fermo restando per l'occupante l'obbligo di rilascio entro il termine fissato dall'Amministrazione, anche se in regime di proroga, sulla base dei prezzi di mercato, ovvero, in mancanza di essi, delle quotazioni rese disponibili dall'Agenzia del territorio, del reddito dell'occupante e della durata dell'occupazione. Le maggiorazioni del canone derivanti dalla rideterminazione prevista dal presente comma affluiscono ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate per le esigenze del Ministero della difesa»,

impegna il Governo

nella fase di applicazione della normativa sopra richiamata a garantire, agli utenti che non superano la soglia di reddito familiare annuo lordo stabilita annualmente dal Ministro della difesa con il decreto emanato ai sensi dell'articolo 9, comma 7, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, l'applicazione del canone così come definito con l'articolo 43 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, mirando a contemperare le esigenze dell'amministrazione con le condizioni sociali degli utenti.
9/3638/26. Marsilio.

La Camera,
premesso che:
la legge 24 dicembre 1993, n. 537, all'articolo 9, comma 7, ha previsto che: « Entro il 31 marzo di ciascun anno, il Ministro della difesa, sentite le competenti Commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, definisce con proprio decreto il piano annuale di gestione del patrimonio abitativo della Difesa, con l'indicazione dell'entità, dell'utilizzo e della futura destinazione degli alloggi di servizio, nonché degli alloggi non più ritenuti utili nel quadro delle esigenze dell'Amministrazione e quindi transitabili in regime di locazione ovvero alienabili, anche mediante riscatto. Il piano indica altresì i parametri di reddito sulla base dei quali gli attuali utenti degli alloggi di servizio, ancorché si tratti di personale in quiescenza o di vedove non legalmente separate né divorziate, possono mantenerne la conduzione, purché non siano proprietari di altro alloggio di certificata abitabilità. I proventi derivanti dalla gestione o vendita del patrimonio alloggiativo sono utilizzati per la realizzazione di nuovi alloggi di servizio e per la manutenzione di quelli esistenti»;
con l'articolo 43 della legge del 23 dicembre 1994, n. 724, è stata stabilita l'entità del canone da corrispondere da parte degli utenti, calcolato sulla base dell'equo canone;
in applicazione di tali norme, la possibilità di mantenere la conduzione dell'alloggio oltre i limiti regolamentari, è stata successivamente ampliata agli utenti il cui nucleo familiare convivente comprenda un portatore di handicap grave;
l'articolo 6, comma 21-quater, del decreto-legge in esame recita che: «Con decreto del Ministero della difesa, adottato d'intesa con l'Agenzia del demanio, sentito il Consiglio centrale della rappresentanza militare, si provvede alla rideterminazione, a decorrere dal 1o gennaio 2011, del canone di occupazione dovuto dagli utenti non aventi titolo alla concessione di alloggi di servizio del Ministero della difesa, fermo restando per l'occupante l'obbligo di rilascio entro il termine fissato dall'Amministrazione, anche se in regime di proroga, sulla base dei prezzi di mercato, ovvero, in mancanza di essi, delle quotazioni rese disponibili dall'Agenzia del territorio, del reddito dell'occupante e della durata dell'occupazione. Le maggiorazioni del canone derivanti dalla rideterminazione prevista dal presente comma affluiscono ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate per le esigenze del Ministero della difesa»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire, agli utenti che non superano la soglia di reddito familiare annuo lordo stabilita annualmente dal Ministro della difesa con il decreto emanato ai sensi dell'articolo 9, comma 7, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, l'applicazione del canone così come definito con l'articolo 43 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, mirando a contemperare le esigenze dell'amministrazione con le condizioni sociali degli utenti.
9/3638/26. (Testo modificato nel corso della seduta) Marsilio.

La Camera,
premesso che:
nell'ambito del provvedimento in esame risultano completamente assenti disposizioni volte all'implementazione della banda larga, infrastruttura di fondamentale importanza per l'ammodernamento delle imprese e per lo sviluppo dei servizi della pubblica amministrazione nel nostro Paese;
in particolare risultano assenti le opportune iniziative di carattere normativo volte a prevedere la possibilità di assegnare parte del «dividendo digitale», ovvero le frequenze liberate a seguito del passaggio delle trasmissioni televisive dall'analogico al digitale, attraverso procedure di evidenza pubblica competitiva, la cui base d'asta sia determinata tenendo conto della media delle valutazioni economiche riscontrate negli altri paesi dell'Unione europea;
in Germania, ove si è appena conclusa la gara per l'assegnazione del «dividendo digitale» agli operatori di telefonia mobile, è stata superata la quota di 4,4 miliardi di euro, una somma quasi pari a quella tagliata annualmente a tutte le Regioni italiane con il provvedimento in esame;
appare quanto mai urgente garantire la piena attuazione dei principi dettati dalla Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni del 13 novembre 2007 - Trarre il massimo beneficio dal dividendo digitale in Europa: un approccio comune all'uso dello spettro liberato dal passaggio al digitale COM(2007) 700 e della Decisione della Commissione del 6 maggio 2010 relativa all'armonizzazione delle condizioni tecniche d'uso della bande di frequenze 790-862 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazioni elettroniche dell'Unione Europea;
appare necessario garantire che il passaggio definitivo alla trasmissione televisiva digitale terrestre avvenga senza la possibilità di consolidamento di posizioni dominanti nel mercato del digitale che, di fatto, impediscano la massimizzazione dell'introito economico a favore dello Stato e lo sviluppo dei servizi di telecomunicazioni per i servizi innovativi quali la banda larga;
appare altresì necessario assicurare che il passaggio definitivo alla trasmissione televisiva digitale terrestre avvenga in conformità dei principi dettati dalla legge n. 249 del 1997, nonché della Delibera dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 181/09/CONS, secondo cui il piano nazionale di assegnazione delle frequenze (PNAF) deve riservare almeno un terzo dei programmi irradiabili all'emittenza televisiva locale,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche normative, volte a mettere a bando parte delle frequenze liberate dallo switch off della tv analogica, con il duplice obiettivo di recuperare risorse per la finanza pubblica e aumentare le risorse per la banda larga;
a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche normative, volte a garantire l'effettiva riserva prevista per legge in favore delle emittenti locali, per ogni area tecnica di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico del 10 settembre 2008 recante «Definizione di un calendario per il passaggio definitivo alla trasmissione televisiva digitale terrestre, con l'indicazione delle aree territoriali interessate e delle rispettive scadenze», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 del 10 ottobre 2008, di un terzo delle risorse frequenziali pianificabili nel rispetto del coordinamento internazionale.
9/3638/27. Di Pietro, Donadi, Borghesi, Monai, Cimadoro, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede un taglio di circa 3,5 miliardi di euro per il trasporto pubblico locale in Italia,
in particolare, il provvedimento in esame prevede l'abrogazione del comma 302 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2008, ovvero della normativa che ha trasformato i trasferimenti statali per il trasporto pubblico locale in compartecipazione al gettito dell'accisa sul gasolio per autotrazione, e quindi l'abrogazione delle norma che disponevano la corresponsione, per tutto l'anno 2010, delle risorse per i servizi ferroviari di interesse regionale e locale in concessione a Ferrovie dello Stato S.p.A che sono stati - con decorrenza 1o giugno 1999 - delegati alle regioni per quanto concerne le funzioni e i compiti di programmazione e amministrazione;
risulta poi contestualmente abrogata la disposizione che, in relazione all'attribuzione alle regioni a statuto ordinario della compartecipazione al gettito dell'accisa sul gasolio per autotrazione, determinava, a decorrere dall'anno 2011, le quote di compartecipazione di ciascuna regione, in modo tale che le stesse consentissero di corrispondere anche l'importo individuato in base al citato comma 302;
attualmente, dunque, il taglio in materia di «Servizi ferroviari di interesse regionale e locale in concessione», previsto all'allegato 1 della manovra, è pari a 1.223 milioni di euro per l'anno 2011, di cui 1.181 a Trenitalia e 42 agli altri concessionari;
inoltre, sono presenti importanti riduzioni delle dotazioni finanziarie delle missioni di spesa dei Ministeri, contenute nell'Allegato I: in particolare si segnala:
a) alla voce «Ministero dell'economia e delle finanze», la riduzione relativa alla missione «Diritto alla mobilità» di 231.800.000 euro per il 2011, di 280.432.000 euro per il 2012 e di 233.432.000 euro per il 2013, e la riduzione relativa alla missione «Infrastrutture pubbliche e logistica» di 79.581.000 euro per il 2011 e di 180.000.000 euro per il 2012;
b) alla voce «Ministero delle infrastrutture e dei trasporti», la riduzione relativa alla missione «Diritto alla mobilità» di 10.742.000 euro per il 2011, di 10.450.000 euro per il 2011 e di 11.398.000 euro per il 2013, e la riduzione relativa alla missione «Infrastrutture pubbliche e logistica», di 17.965.000 euro per il 2011, di 12.714 .000 per il 2012 e di 12.648.000 per il 2013;
le predette riduzioni si sommano ai tagli assai consistenti già operati in sede di approvazione delle leggi finanziaria e di bilancio, che avevano drasticamente ridotto gli stanziamenti relativi alle missioni sopra citate;
gli effetti diretti e indiretti prodotti dal provvedimento al nostro esame si potrebbero ragionevolmente concretare in un gravissimo depauperamento di tutti i servizi di trasporto ferroviario nel nostro Paese, con il contestuale il rischio di aumenti rilevanti delle tariffe e ripercussioni sul fronte occupazionale delle aziende e dei settori indotti,

impegna il Governo:

ad adottare le opportune iniziative normative volte stanziare adeguati finanziamenti per il potenziamento del trasporto ferroviario nel territorio nazionale, con particolare riguardo alle aree del Mezzogiorno;
ad adottare le opportune iniziative, anche normative, volte a dare seguito con la massima sollecitudine agli impegni assunti in sede parlamentare a seguito dell'approvazione da parte della Camera dei deputati della mozione in materia di trasporto ferroviario n. 1-00414 con il consenso unanime di maggioranza ed opposizione.
9/3638/28. Monai, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede un taglio di circa 3,5 miliardi di euro per il trasporto pubblico locale in Italia,
in particolare, il provvedimento in esame prevede l'abrogazione del comma 302 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2008, ovvero della normativa che ha trasformato i trasferimenti statali per il trasporto pubblico locale in compartecipazione al gettito dell'accisa sul gasolio per autotrazione, e quindi l'abrogazione delle norma che disponevano la corresponsione, per tutto l'anno 2010, delle risorse per i servizi ferroviari di interesse regionale e locale in concessione a Ferrovie dello Stato S.p.A che sono stati - con decorrenza 1o giugno 1999 - delegati alle regioni per quanto concerne le funzioni e i compiti di programmazione e amministrazione;
risulta poi contestualmente abrogata la disposizione che, in relazione all'attribuzione alle regioni a statuto ordinario della compartecipazione al gettito dell'accisa sul gasolio per autotrazione, determinava, a decorrere dall'anno 2011, le quote di compartecipazione di ciascuna regione, in modo tale che le stesse consentissero di corrispondere anche l'importo individuato in base al citato comma 302;
attualmente, dunque, il taglio in materia di «Servizi ferroviari di interesse regionale e locale in concessione», previsto all'allegato 1 della manovra, è pari a 1.223 milioni di euro per l'anno 2011, di cui 1.181 a Trenitalia e 42 agli altri concessionari;
inoltre, sono presenti importanti riduzioni delle dotazioni finanziarie delle missioni di spesa dei Ministeri, contenute nell'Allegato I: in particolare si segnala:
a) alla voce «Ministero dell'economia e delle finanze», la riduzione relativa alla missione «Diritto alla mobilità» di 231.800.000 euro per il 2011, di 280.432.000 euro per il 2012 e di 233.432.000 euro per il 2013, e la riduzione relativa alla missione «Infrastrutture pubbliche e logistica» di 79.581.000 euro per il 2011 e di 180.000.000 euro per il 2012;
b) alla voce «Ministero delle infrastrutture e dei trasporti», la riduzione relativa alla missione «Diritto alla mobilità» di 10.742.000 euro per il 2011, di 10.450.000 euro per il 2011 e di 11.398.000 euro per il 2013, e la riduzione relativa alla missione «Infrastrutture pubbliche e logistica», di 17.965.000 euro per il 2011, di 12.714 .000 per il 2012 e di 12.648.000 per il 2013;
le predette riduzioni si sommano ai tagli assai consistenti già operati in sede di approvazione delle leggi finanziaria e di bilancio, che avevano drasticamente ridotto gli stanziamenti relativi alle missioni sopra citate;
gli effetti diretti e indiretti prodotti dal provvedimento al nostro esame si potrebbero ragionevolmente concretare in un gravissimo depauperamento di tutti i servizi di trasporto ferroviario nel nostro Paese, con il contestuale il rischio di aumenti rilevanti delle tariffe e ripercussioni sul fronte occupazionale delle aziende e dei settori indotti,

impegna il Governo:

ad adottare, se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, le opportune iniziative normative volte stanziare adeguati finanziamenti per il potenziamento del trasporto ferroviario nel territorio nazionale, con particolare riguardo alle aree del Mezzogiorno;
ad adottare le opportune iniziative, anche normative, volte a dare seguito con la massima sollecitudine agli impegni assunti in sede parlamentare a seguito dell'approvazione da parte della Camera dei deputati della mozione in materia di trasporto ferroviario n. 1-00414 con il consenso unanime di maggioranza ed opposizione.
9/3638/28. (Testo modificato nel corso della seduta) Monai, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
la cantieristica navale è, come a più riprese riconosciuto dallo stesso Governo, un settore strategico dell'economia italiana, caratterizzato da alta intensità di lavoro ed elevati indici di innovazione tecnologica, senza peraltro comportare ripercussioni ambientali di segno negativo;
Fincantieri - Cantieri navali italiani spa è uno dei maggiori gruppi industriali - per fatturato e numero di addetti - esistenti in Europa e nel mondo, attivo nel settore della cantieristica crocieristica, militare e mercantile e rappresenta, pertanto, una delle più importanti realtà produttive del nostro Paese;
il gruppo industriale Fincantieri, stando ai dati dei bilanci consolidati degli ultimi anni, ha alle proprie dirette dipendenze circa 8.500 addetti, impiegando altresì - nell'ambito dei propri lavori e servizi esternalizzati in appalto e dell'indotto complessivamente considerato - altre migliaia di lavoratori, stimati prudenzialmente in oltre 18.000 unità;
più in particolare, i lavoratori della Fincantieri (i cosiddetti «costruttori navali», come vengono solitamente chiamati in ossequio alla straordinaria tradizione cantieristica italiana) risultano approssimativamente così ripartiti: 1) per la costruzione delle navi da crociera: presso la sede di Trieste (progettazione, circa 750 addetti) e tre cantieri navali a Monfalcone (1.700 addetti, il più grande del gruppo), Marghera (1200 addetti) e Genova Sestri Ponente (800 addetti); 2) per il comparto militare e le commesse «speciali» (navi oceanografiche, diamantifere, rimorchiatori, e altro): Genova (progettazione, 400 addetti) e due cantieri navali a Riva Trigoso (Sestri Levante, 900 addetti) e al Muggiano (La Spezia, 800 addetti); 3) per i trasporti (navi ferries, traghetti per il trasporto di passeggeri, e altro) la progettazione nella già menzionata sede di Trieste e tre cantieri navali: Ancona (quasi 600 addetti), Castellammare di Stabia (600 addetti) e Palermo (500 addetti). In ognuna delle predette città, alla luce dei numeri sopra ricordati, ciascun cantiere navale della società Fincantieri costituisce una delle principali aziende cittadine e dunque fonte di occupazione e ricchezza per i rispettivi territori, oltre a rappresentare un elemento caratterizzante e storicamente radicato, avendo segnato e permeato di sé le vicende sociali delle città medesime nel corso degli anni;
la crisi economica in atto rischia di avere ripercussioni drammatiche e ricadute occupazionali gravissime nel settore della cantieristica e, in particolare, sul gruppo industriale Fincantieri con circa 1600 lavoratori già attualmente collocati in cassa integrazione, che si stima potranno arrivare all'abnorme cifra di 2000 unità alla fine del 2010;
a fine dicembre 2009 il Governo aveva dichiarato l'avvio di commesse pubbliche straordinarie a sostegno del settore;
per i due pattugliatori da parte del Ministero della difesa è stato emesso, con grande ritardo rispetto agli impegni assunti, il bando di gara e, quindi, la cantierabilità di queste due unità realisticamente non potrà avvenire prima di altri 4-5 mesi;
tutto ciò comporta il risultato pratico - già ampiamente denunciato dai sindacati di settore (Fim, Fiom e Uilm) - che dalle commesse pubbliche per tutto il 2010 non arrivi nei cantieri navali neppure un'ora di lavoro;
in data 17 giugno 2010, durante lo svolgimento in Assemblea dell'interpellanza urgente n. 2-00759 (Iniziative del Governo a sostegno del gruppo industriale Fincantieri, con particolare riferimento alla cantierabilità delle commesse pubbliche), il Governo, rappresentato dalla persona del Sottosegretario di Stato per la Giustizia Giacomo Caliendo, ha assicurato che la Marina militare ha proceduto all'assegnazione di importanti ordini e Fincantieri, per parte sua, sarebbe riuscita ad acquisire significative commesse all'estero, quali quella relativa alla realizzazione della seconda parte del programma Fremm (Fregata europea multi missione) per quattro unità, quella relativa alla realizzazione della seconda coppia di sommergibili Classe U212A, quella relativa all'acquisizione di un contratto per una nave rifornitrice di squadra per la Marina indiana, con opzione per una seconda unità, nonché quella per il refitting di due navi veloci lanciamissili per il Kenya ed il contratto per una corvetta per gli Emirati Arabi Uniti;
nell'audizione presso la Commissione industria del Senato, l'amministratore delegato della società Fincantieri ha evidenziato la solidità del bilancio confermando, in caso di acquisizione di nuove commesse, l'impegno a mantenere l'attuale assetto produttivo e la volontà di ripartire i carichi di lavoro equamente su tutti i cantieri;
nonostante le rassicurazioni fornite dal Governo sulle commesse per la Fincantieri non sembra ancora che sia stata ancora garantita l'immediata cantierabilità delle stesse,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative per garantire l'immediata cantierabilità delle commesse pubbliche solo recentemente messe a bando, nonché l'immediata cantierabilità delle altre commesse acquisite sul mercato internazionale indicate dal Governo nell'ambito dello svolgimento della citata interpellanza urgente n. 2-00759.
9/3638/29. Favia, Di Pietro, Donadi, Palagiano, Scilipoti, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
il Governo ha introdotto nella manovra finanziaria, di cui al decreto-legge in esame, la disposizione che eleva l'età pensionale per le lavoratrici del pubblico impegno a 65 anni a decorrere dal 1o gennaio 2012;
questa previsione modifica quella precedentemente contenuta nel decreto-legge n. 78 del 2009, che invece prevedeva un innalzamento più graduale, fino ad arrivare a 65 anni a decorrere dal 2018;
l'innalzamento è stato imputato ad un obbligo di derivazione comunitaria, sancito dalla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 13 novembre 2008 nella causa C-46/07;
la previsione dell'innalzamento dell'età pensionabile attua la predetta sentenza in maniera formale, parziale ed incompleta, dato che in essa è detto esplicitamente che la condanna dell'Italia non è dovuta alla sola differenza del requisito anagrafico per il riconoscimento della pensione di vecchiaia tra uomini e donne, ma al fatto che l'Italia ha sostenuto che tale differenziazione avrebbe una funzione compensativa, legata alla difficoltà delle dipendenti pubbliche, in Italia, di conciliare vita lavorativa e vita familiare (punto 33);
la sentenza ha affermato che la funzione compensativa evocata dall'Italia non appare sufficiente a giustificare la disparità di trattamento, poiché punto centrale è la realizzazione effettiva di pari opportunità, destinando adeguate risorse ad un sistema di servizi che aiutino le donne ad avere carriere lavorative regolari, che vadano dagli asili nido all'assistenza familiare, che in Italia sono ancora molto al di sotto della media degli altri Paesi dell'Unione e lontanissimi dai parametri di Lisbona (punti 57 e 58 della sentenza);
l'innalzamento dell'età pensionabile per non risolversi in una misura puramente formale, necessita di essere accompagnata dallo stanziamento di risorse adeguate in favore del lavoro femminile e del riconoscimento del lavoro svolto dalle donne senza alcun corrispettivo economico, ma soprattutto l'investimento di risorse per superare il gap socio culturale esistente in Italia, che fa ancora ricadere sulle donne molti di questi lavori non retribuiti - dalla crescita dei figli, ai lavori domestici, alla cura delle persone anziane - rafforzando così uno stereotipo maschilista legato al genere;
le economie derivanti dall'innalzamento dell'età pensionistica femminile nel pubblico impiego vengono fatte confluire dal Governo nel Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, per interventi dedicati a politiche sociali e familiari con particolare attenzione alla non autosufficienza e all'esigenza di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare delle lavoratrici;
la relazione tecnica del Governo quantifica in circa 20/25 mila il numero delle lavoratrici del pubblico impiego interessate dall'accelerazione nell'aumento dell'età anagrafica per accedere al trattamento pensionistico di vecchiaia;
la stessa relazione quantifica gli effetti di risparmio connessi a quest'accelerazione in 10 milioni di euro per il 2012; 150 per il 2013; 250 per il 2014; 350 per il 2015; 300 per il 2016; 200 per il 2017; 100 per il 2018; 50 per il 2019; per un totale di l miliardo e 310 milioni di euro;
maggiore è invece la crescita della dotazione del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, prevista dall'articolo 12, comma 12-sexies. Infatti nello stesso periodo considerato, 2012-2019, il Governo lo rimpingua di 3 miliardi 346 milioni di euro e di 242 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020,

impegna il Governo

a utilizzare tutte le risorse aggiuntive destinate dall'articolo 12, comma 12-sexies, al Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale per l'aumento della presenza femminile nel mondo del lavoro, per l'eliminazione delle differenze salariali e contributive tra lavoro maschile e femminile, per favorire la continuità lavorativa femminile, per politiche di sostegno alla maternità e interventi dedicati al riconoscimento del valore economico delle attività di cura e familiari, al superamento degli stereotipi socio culturali legati al genere; nonché a valutare il trasferimento delle predette somme in un fondo dedicato costituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
9/3638/30. Mura, Di Giuseppe, Paladini, Porcino, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
il pesante aumento dei costi di produzione e degli oneri previdenziali ha creato effetti drammatici per l'intero settore agricolo;
in particolare sugli oneri previdenziali è necessario intervenire tempestivamente per evitare un ulteriore aggravamento della crisi vissuta dalle imprese agricole e in particolare delle imprese agricole del Sud, che si riverserebbe anche in un aggravamento dei livelli occupazionali ed un decremento delle produzioni tipiche;
l'intero comparto agricolo, non solo è stato escluso sino ad oggi dalle misure straordinarie anticrisi adottate per altri settori, ma rischia di vedersi sottrarre anche risorse di cui disponeva, come quelle per le assicurazioni e per le agevolazioni contributive nel Mezzogiorno e nell'aree svantaggiate;
il decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, all'articolo 01, comma 2, ha disposto che, dal 1o gennaio 2006 e per il triennio 2006-2008, le agevolazioni contributive per i datori di lavoro agricoli in zone svantaggiate o particolarmente svantaggiate fossero più vantaggiose rispetto a quanto stabilito dall'articolo 9, commi 5, 5-bis e 5-ter, della legge n. 67 del 1988;
l'articolo 1-ter del decreto-legge n. 171 del 2008 ha disposto l'applicazione, fino al 31 dicembre 2009, delle agevolazioni contributive previste dall'articolo 9, commi da 5 a 5-ter, della legge n. 67 del 1988, nei territori montani particolarmente svantaggiati e nelle zone agricole svantaggiate, nelle misure - più favorevoli - stabilite dall'articolo 01, comma 2, del decreto-legge n. 2 del 2006;
l'articolo 2, comma 49, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010) ha, da ultimo, prorogato per il periodo 1o gennaio -31 luglio 2010 la rideterminazione delle agevolazioni contributive di cui all'articolo 9, commi 5, 5-bis e 5-ter della legge n. 67 del 1988, nelle misure più favorevoli;
dal prossimo 31 luglio viene a cessare la proroga della fiscalizzazione degli oneri sociali prevista dalla legge finanziaria del 2010, in questo modo, le aziende agricole situate in zone di montagna o svantaggiate si troveranno ad affrontare un insostenibile aumento del costo del lavoro, che le porrà fuori dal mercato;
gli opprimenti oneri contributivi mettono in pericolo l'agricoltura italiana. A forte rischio sono soprattutto le imprese agricole che operano in montagna e nelle zone svantaggiate e che utilizzano manodopera. Su di esse, infatti, si abbatteranno, dal prossimo primo agosto, costi pesantissimi;
con la fine della fiscalizzazione, diventerà insostenibile la situazione per migliaia di imprenditori agricoli che danno occupazione. Le agevolazioni contributive (meno 75 per cento per la montagna e meno 68 per cento per le aree svantaggiate) finiscono e da agosto gli aumenti saranno considerevoli e per le aziende che già operano in condizioni di difficoltà le prospettive appaiono drammatiche;
il danno è rilevante perché proprio 1'80 per cento delle giornate denunciate all'Inps sono svolte in territori agevolati. E proprio le aziende delle aree svantaggiate rappresentano il 55 per cento del totale;
ogni manovra varata da parte del Governo non ha fatto altro che tagliare risorse vive all'agricoltura, anche il decreto-legge in esame, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, si caratterizza per la totale assenza di misure importanti e necessarie, tra queste sarà penalizzata una categoria tra le più deboli, che dovrà a breve affrontare il costo della mancata proroga degli sgravi sui contributi previdenziali che finora sono stati garantiti alle imprese agricole di vaste aree montane e svantaggiate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di un intervento che preveda un'ulteriore proroga delle agevolazioni contributive per le zone svantaggiate e di montagna almeno fino al 31 dicembre 2010.
9/3638/31. Di Giuseppe, Rota, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
nel solco degli sforzi per realizzare un risanamento economico complessivo della spesa pubblica finalizzato al rispetto dei parametri di Maastricht, sono stati decisi tagli lineari del 10 per cento delle risorse finanziarie con consistenti ripercussioni per la stessa funzionalità delle amministrazioni, in particolar modo in un settore strategico e fondamentale quale è quello della politica estera;
la decurtazione a carico del Ministero degli affari esteri ammonta a circa 44 milioni di euro nel 2011, di cui 21 milioni di risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo;
ciò significa inevitabilmente una ricaduta negativa sia sulla promozione delle priorità di politica estera italiana (e la cooperazione ne è parte integrante) sia sulla tutela degli interessi nazionali all'estero;
anche nel decreto-legge sul rifinanziamento delle missioni internazionali, recentemente approvato alla Camera, sono stati confermati tagli inaccettabili alla cooperazione allo sviluppo, riduzioni di risorse generalizzate a tutti i teatri operativi in cui è presente un nostro contingente, nonostante le affermazioni di principio più volte riaffermate dal Governo, anche in sede di importanti consessi internazionali, che vanno in direzione contraria agli intenti dichiarati;
questi tagli precedono la già prevista e ulteriore decurtazione degli stanziamenti per la cooperazione a dono per gli anni 2011 e 2012,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di recuperare risorse almeno pari alla decurtazione di 21 milioni di euro prevista nell'ambito dell'applicazione dei tagli lineari del 10 per cento di cui al comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge in esame, con riferimento alle risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo.
9/3638/32. Evangelisti, Borghesi, Cambursano, Bossa.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 45 del decreto-legge in esame prevede, al comma 1, che le risorse liberatesi da eventuali risoluzioni anticipate delle convenzioni CIP6/92 per le fonti assimilate - risorse costituite dalla differenza tra gli oneri che si realizzerebbero in caso di mancata risoluzione anticipata delle convenzioni e quelli da liquidare ai produttori aderenti alla risoluzione - saranno riassegnate ad un apposito Fondo destinato ad interventi nel settore della ricerca e dell'università;
la risoluzione anticipata su base volontaria delle convenzioni CIP6 (altrimenti in scadenza negli anni successivi fino al 2020), era stata stabilita dall'articolo 30, comma 20, della legge 23 luglio 2009, n. 99;
la possibilità di risolvere anticipatamente le convenzioni CIP6 da parte dei produttori di fonti energetiche assimilate (impianti che utilizzano calore di risulta o fumi di scarico; impianti che utilizzano forme di energia recuperabile in processi e in impianti, impianti che usano gli scarti di lavorazione o di processi, termovalorizzatori, impianti di cogenerazione), è certamente un primo positivo passo verso l'uscita definitiva dal finanziamento dello Stato - con oneri a carico delle bollette elettriche - alla produzione di energia assimilata che in tutti questi anni ha finito per distogliere risorse che sarebbero dovute andare unicamente a incentivare le vere fonti rinnovabili;
l'impatto complessivo degli incentivi CIP6, sulla cosiddetta «componente tariffaria A3», e quindi sulla nostra bolletta elettrica, è di circa 2,4 miliardi di euro, di cui poco meno di 1 miliardo riguarda le fonti rinnovabili, e poco più di 1,4 miliardi di euro riguarda invece le fonti assimilate;
attualmente circa il 18 per cento dell'energia ritirata dal Gestore dei servizi elettrici (GSE) è prodotta da fonti rinnovabili, e ben l'82 per cento da fonti assimilate. In termini di incentivi riconosciuti, tuttavia, poiché alle fonti rinnovabili è riconosciuta una remunerazione maggiore, queste ultime incidono per il 41 per cento contro il 59 per cento delle fonti assimilate;
in tal senso vanno individuati ulteriori e più incisivi interventi volti ad accelerare l'uscita dagli incentivi previsti per le suddette fonti assimilate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di accelerare la risoluzione anticipata delle suddette convenzioni e quindi l'uscita definitiva dai meccanismi di incentivazione CIP6, prevedendo una loro graduale riduzione annuale per quei produttori di fonti energetiche assimilate che scelgono di non risolvere anticipatamente la relativa convenzione, con contestuale riduzione del prezzo dell'energia elettrica per i consumatori finali mediante riduzione della componente tariffaria A3.
9/3638/33. Piffari, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 45, comma 3, del decreto-legge in esame, conferma l'obbligo di acquisto da parte del GSE dei certificati verdi invenduti - che era stato soppresso nella versione iniziale dell'articolo 45 - stabilendo inoltre che dal 2011 deve essere assicurata la riduzione del 30 per cento dell'importo complessivo derivante dal ritiro dei certificati verdi rispetto al 2010, e che almeno l'80 per cento della riduzione derivi dal contenimento della quantità di certificati verdi in eccesso. Non sono peraltro chiare le modalità con le quali il Governo provveda a dette riduzioni;
la normativa sui certificati verdi, principale meccanismo di garanzia del sistema di sostegno alla crescita delle fonti rinnovabili, prevede che tutte le imprese produttrici di elettricità abbiano una quota obbligatoria di produzione di energia da fonti rinnovabili. Quota che si può raggiungere sia con produzione propria, sia acquistando i certificati verdi dai produttori terzi;
la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili viene così incentivata e finanziata garantendo, comunque, un margine di redditività alle aziende «verdi» in modo che, se anche non riescono a collocare sul mercato tutti i certificati, possono contare sul riacquisto dei certificati in eccesso da parte del GSE nazionale, anche al fine di sostenere il prezzo dei certificati medesimi;
si sottolinea al proposito che l'impegno preso in sede UE prevede il raggiungimento da parte dell'Italia degli obiettivi collegati al cosiddetto «pacchetto clima» in base ai quali il contributo delle fonti rinnovabili al fabbisogno energetico nazionale deve raggiungere il 17 per cento entro il 2020;
da una simulazione matematica svolta da Anev (Associazione produttori di energia da fonti rinnovabili), è risultato che per riportare l'equilibrio tra domanda e offerta servirebbe fino al 2011 un incremento della quota d'obbligo pari a 2,75 per cento per gli anni 2011, 2012 e 2013 e poi di almeno dell'1,5 per cento fino al 2020 (con una media per il periodo dell'1,88 per cento annuo), rimanendo comunque l'obbligo del ritiro dell'eccesso di offerta da parte del GSE;
innalzare l'obbligo di immissione di energia verde nel mix elettrico, favorendo in tal modo una spinta alla domanda di certificati verdi, si può rivelare, in questa fase, uno strumento necessario sia per il raggiungimento degli obiettivi UE in questo ambito, sia per il contenimento della quantità di certificati verdi in eccesso come richiede proprio l'articolo 45, comma 3, del decreto-legge in esame,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative volte a prevedere che la riduzione dell'importo complessivo derivante dal ritiro dei certificati verdi in eccesso da parte del GSE avvenga anche attraverso un contestuale aumento delle quote obbligatorie minime di elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili.
9/3638/34. Leoluca Orlando, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 45, comma 3, del decreto-legge in esame, conferma l'obbligo di acquisto da parte del GSE dei certificati verdi invenduti - che era stato soppresso nella versione iniziale dell'articolo 45 - stabilendo inoltre che dal 2011 deve essere assicurata la riduzione del 30 per cento dell'importo complessivo derivante dal ritiro dei certificati verdi rispetto al 2010, e che almeno l'80 per cento della riduzione derivi dal contenimento della quantità di certificati verdi in eccesso. Non sono peraltro chiare le modalità con le quali il Governo provveda a dette riduzioni;
la normativa sui certificati verdi, principale meccanismo di garanzia del sistema di sostegno alla crescita delle fonti rinnovabili, prevede che tutte le imprese produttrici di elettricità abbiano una quota obbligatoria di produzione di energia da fonti rinnovabili. Quota che si può raggiungere sia con produzione propria, sia acquistando i certificati verdi dai produttori terzi;
la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili viene così incentivata e finanziata garantendo, comunque, un margine di redditività alle aziende «verdi» in modo che, se anche non riescono a collocare sul mercato tutti i certificati, possono contare sul riacquisto dei certificati in eccesso da parte del GSE nazionale, anche al fine di sostenere il prezzo dei certificati medesimi;
si sottolinea al proposito che l'impegno preso in sede UE prevede il raggiungimento da parte dell'Italia degli obiettivi collegati al cosiddetto «pacchetto clima» in base ai quali il contributo delle fonti rinnovabili al fabbisogno energetico nazionale deve raggiungere il 17 per cento entro il 2020;
da una simulazione matematica svolta da Anev (Associazione produttori di energia da fonti rinnovabili), è risultato che per riportare l'equilibrio tra domanda e offerta servirebbe fino al 2011 un incremento della quota d'obbligo pari a 2,75 per cento per gli anni 2011, 2012 e 2013 e poi di almeno dell'1,5 per cento fino al 2020 (con una media per il periodo dell'1,88 per cento annuo), rimanendo comunque l'obbligo del ritiro dell'eccesso di offerta da parte del GSE;
innalzare l'obbligo di immissione di energia verde nel mix elettrico, favorendo in tal modo una spinta alla domanda di certificati verdi, si può rivelare, in questa fase, uno strumento necessario sia per il raggiungimento degli obiettivi UE in questo ambito, sia per il contenimento della quantità di certificati verdi in eccesso come richiede proprio l'articolo 45, comma 3, del decreto-legge in esame,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative volte a prevedere che la riduzione dell'importo complessivo derivante dal ritiro dei certificati verdi in eccesso da parte del GSE avvenga anche attraverso un contestuale aumento delle quote obbligatorie minime di elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili.
9/3638/34. (Testo modificato nel corso della seduta) Leoluca Orlando, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
la recente sentenza della Corte Costituzionale del marzo 2010, n. 121, è intervenuta relativamente al Piano casa previsto dall'articolo 11 e dall'articolo 13 del decreto 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dichiarando incostituzionali alcune parti dei suddetti articoli;
in particolare la Corte ha ritenuto che «la possibilità che, nel piano nazionale di edilizia abitativa, trovino posto programmi integrati per promuovere interventi di edilizia residenziale non aventi carattere sociale entra in contraddizione con le premesse che legittimano l'intera costruzione»;
la Corte ha infatti - tra l'altro - dichiarato incostituzionale la norma di cui alla lettera e) del comma 3 del suddetto articolo 11, che prevede espressamente «la realizzazione di programmi integrati di promozione di edilizia residenziale anche sociale» limitatamente alla parola «anche» premessa a «sociale» in quanto - secondo la Consulta - il termine «anche» consente l'introduzione di finalità diverse da quelle che presiedono all'intera normativa avente ad oggetto il piano nazionale di edilizia residenziale pubblica;
in sostanza la Corte afferma che non è possibile che lo Stato finanzi interventi che non abbiano esclusivamente la finalità sociale e, il termine edilizia residenziale inserito nella norma più volte, va inteso esclusivamente come edilizia residenziale pubblica e, quindi, «sociale»;
poiché la medesima dizione - oggetto della sentenza - è riportata nell'articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 luglio 2009 recante il «Piano nazionale di edilizia abitativa», ne deriva che la Corte Costituzionale valuta tale inciso da eliminare anche dal medesimo DPCM attuativo del Piano casa;
l'intero assetto del suddetto DPCM, così come di ogni altro provvedimento attuativo, va quindi rivisto alla luce e in piena coerenza con i dettami della Corte Costituzionale,

impegna il Governo

a modificare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 luglio 2009, recante il «Piano nazionale di edilizia abitativa», rendendolo coerente con la sentenza della Corte Costituzionale n. 121 del 2010, e a ritirare il bando di gara per l'individuazione della società di gestione del risparmio (Sgr) che dovrà gestire i fondi immobiliari, al fine di escludere che, nel previsto piano nazionale di edilizia abitativa, trovino posto programmi integrati per promuovere interventi di edilizia residenziale non aventi carattere sociale, nonché finanziamenti di programmi integrati nei quali siano presenti anche alloggi di edilizia residenziale non pubblica.
9/3638/35. Cimadoro, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 39 del decreto-legge in esame prevede una serie di disposizioni in favore dei territori colpiti dagli eventi sismici del 6 aprile 2009 verificatisi in Abruzzo;
tra le altre, sono disposte la proroga delle disposizioni in tema di sospensione dei versamenti e degli adempimenti tributari e le modalità di riscossione dei tributi e contributi sospesi, nonché di effettuazione degli adempimenti tributari oggetto di sospensione;
il decreto-legge n. 78 del 2009 aveva prorogato a gennaio 2010 la sospensione dei versamenti tributari e contributivi, disponendo la facoltà di rateizzare, fino a 24 rate mensili, le somme complessivamente dovute a seguito della sospensione. Successivamente l'articolo 2, comma 198, della legge finanziaria 2010, ha fissato al mese di giugno 2010 la scadenza della prima delle 60 rate dovute per il versamento dei pagamenti sospesi;
il suddetto articolo 39 del decreto-legge in esame ha quindi previsto la ripresa della riscossione dei tributi, dei contributi e dei premi INAIL non versati dai contribuenti, nonché le modalità per l'effettuazione degli adempimenti tributari sospesi, disponendo che la riscossione dei tributi, dei contributi e dei premi oggetto di sospensione dovrà avvenire mediante il pagamento di 120 rate mensili di pari importo a decorrere da gennaio 2011;
la proroga a gennaio 2011, nonché «l'allungamento» della restituzione in 120 rate mensili, vanno certamente nella giusta direzione, ma va ricordato che dette modalità non equiparano il sisma in Abruzzo agli eventi sismici avvenuti nelle regioni Marche ed Umbria del 1997 e a quelli avvenuti nelle province di Campobasso e Foggia del 2002, laddove si è invece prevista la restituzione in 120 rate del solo 40 per cento dei tributi e contributi dovuti;
a oltre 15 mesi dal sisma, la situazione nella quale si trovano gli enti e le istituzioni locali abruzzesi impegnati nella gestione del post-terremoto rimane comunque ancora drammatica, con una ricostruzione praticamente ferma a causa della mancanza dei fondi necessari;
come denunciato anche dallo stesso sindaco dell'Aquila, la «situazione è drammatica perché l'economia è allo stremo e non riesce a partire la vera ricostruzione, e la ricostruzione è ferma perché non abbiamo risorse». Il comune ha inoltre un debito di 70 milioni di euro con tutti gli albergatori, per mancanza di soldi per coprire le spese dell'emergenza e garantire l'assistenza agli sfollati ospitati presso le strutture provvisorie e gli alberghi della costa adriatica;
l'impegno e la promessa del Governo a garantire un miliardo di euro l'anno per la durata della ricostruzione è rimasto di fatto ancora lettera morta,

impegna il Governo:

a prevedere, anche con provvedimenti di urgenza, ulteriori risorse economiche indispensabili per avviare la vera ricostruzione e consentire alle amministrazioni locali di far fronte ai debiti nel frattempo accumulati, accompagnandole con interventi finalizzati a snellire le procedure burocratiche al fine di aumentare le capacità di spesa dei fondi disponibili;
a valutare l'opportunità di una completa equiparazione delle disposizioni per gli adempimenti tributari e contributivi relativi al terremoto che ha colpito la provincia dell'Aquila alle disposizioni relative agli eventi sismici avvenuti nelle regioni Marche ed Umbria del 1997 e a quelli avvenuti nelle province di Campobasso e Foggia del 2002, laddove si è disposta la restituzione del solo 40 per cento dei tributi e contributi sospesi.
9/3638/36. Di Stanislao, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 39 del decreto-legge in esame prevede una serie di disposizioni in favore dei territori colpiti dagli eventi sismici del 6 aprile 2009 verificatisi in Abruzzo;
tra le altre, sono disposte la proroga delle disposizioni in tema di sospensione dei versamenti e degli adempimenti tributari e le modalità di riscossione dei tributi e contributi sospesi, nonché di effettuazione degli adempimenti tributari oggetto di sospensione;
il decreto-legge n. 78 del 2009 aveva prorogato a gennaio 2010 la sospensione dei versamenti tributari e contributivi, disponendo la facoltà di rateizzare, fino a 24 rate mensili, le somme complessivamente dovute a seguito della sospensione. Successivamente l'articolo 2, comma 198, della legge finanziaria 2010, ha fissato al mese di giugno 2010 la scadenza della prima delle 60 rate dovute per il versamento dei pagamenti sospesi;
il suddetto articolo 39 del decreto-legge in esame ha quindi previsto la ripresa della riscossione dei tributi, dei contributi e dei premi INAIL non versati dai contribuenti, nonché le modalità per l'effettuazione degli adempimenti tributari sospesi, disponendo che la riscossione dei tributi, dei contributi e dei premi oggetto di sospensione dovrà avvenire mediante il pagamento di 120 rate mensili di pari importo a decorrere da gennaio 2011;
la proroga a gennaio 2011, nonché «l'allungamento» della restituzione in 120 rate mensili, vanno certamente nella giusta direzione, ma va ricordato che dette modalità non equiparano il sisma in Abruzzo agli eventi sismici avvenuti nelle regioni Marche ed Umbria del 1997 e a quelli avvenuti nelle province di Campobasso e Foggia del 2002, laddove si è invece prevista la restituzione in 120 rate del solo 40 per cento dei tributi e contributi dovuti;
a oltre 15 mesi dal sisma, la situazione nella quale si trovano gli enti e le istituzioni locali abruzzesi impegnati nella gestione del post-terremoto rimane comunque ancora drammatica, con una ricostruzione praticamente ferma a causa della mancanza dei fondi necessari;
come denunciato anche dallo stesso sindaco dell'Aquila, la «situazione è drammatica perché l'economia è allo stremo e non riesce a partire la vera ricostruzione, e la ricostruzione è ferma perché non abbiamo risorse». Il comune ha inoltre un debito di 70 milioni di euro con tutti gli albergatori, per mancanza di soldi per coprire le spese dell'emergenza e garantire l'assistenza agli sfollati ospitati presso le strutture provvisorie e gli alberghi della costa adriatica;
l'impegno e la promessa del Governo a garantire un miliardo di euro l'anno per la durata della ricostruzione è rimasto di fatto ancora lettera morta,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di prevedere, anche con provvedimenti di urgenza, ulteriori risorse economiche indispensabili per avviare la vera ricostruzione e consentire alle amministrazioni locali di far fronte ai debiti nel frattempo accumulati, accompagnandole con interventi finalizzati a snellire le procedure burocratiche al fine di aumentare le capacità di spesa dei fondi disponibili;
a valutare l'opportunità di una completa equiparazione delle disposizioni per gli adempimenti tributari e contributivi relativi al terremoto che ha colpito la provincia dell'Aquila alle disposizioni relative agli eventi sismici avvenuti nelle regioni Marche ed Umbria del 1997 e a quelli avvenuti nelle province di Campobasso e Foggia del 2002, laddove si è disposta la restituzione del solo 40 per cento dei tributi e contributi sospesi.
9/3638/36. (Testo modificato nel corso della seduta) Di Stanislao, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 19 del decreto-legge in esame riguarda l'aggiornamento del catasto e il recupero di unità immobiliari attualmente non censite. Si prevede che i titolari di diritti reali sugli immobili che abbiano subito variazioni di consistenza o di destinazione, sono obbligati a presentare entro il 31 dicembre 2010, la dichiarazione di aggiornamento catastale a fini fiscali. L'Agenzia del Territorio, successivamente rende disponibili ai Comuni le dichiarazioni di accatastamento per i controlli di conformità urbanistico-edilizia;
l'emersione dell'immobile è prevista solamente ai fini della regolarizzazione catastale e quindi non sana eventuali altri illeciti, come, per esempio, gli abusi edilizi;
secondo le stime contenute nella relazione tecnica, che accompagna il provvedimento in esame, tale recupero dovrebbe riguardare 1,3 milioni di unità, con una corrispondente rendita catastale di circa 627 milioni di euro. Le regolarizzazioni previste potrebbero incidere sull'IRPEF (la relazione tecnica stima un recupero di gettito di 104 milioni di euro annui) e - ma non viene quantificato l'eventuale gettito - sui tributi regionali e locali;
va peraltro sottolineato, con riguardo ai controlli in merito alla conformità urbanistico-edilizia, che il testo del provvedimento non distingue fra le varie tipologie di immobili non dichiarati al catasto: se si tratti di fabbricati costruiti secondo le prescrizioni del piano regolatore generale, di fabbricati che non abbiano più il requisito della ruralità, oppure di immobili edificati in zona incompatibile con la destinazione urbanistica;
la norma quindi non esclude espressamente dalla sanatoria catastale gli edifici non regolarizzabili dal punto di vista urbanistico, perché ad esempio realizzati in aree vincolate, accrescendo le problematiche giuridiche e finanziarie della disposizione;. In pratica senza alcuna chiara norma di esclusione, si rischia di legittimare tutto l'esistente senza alcun tipo di vincolo;
se è evidente che non tutte le «case fantasma» costituiscono un illecito penale, è però certo che un immobile abusivo è necessariamente «fantasma». In quest'ultimo caso è però molto difficile ipotizzare che un proprietario di un immobile abusivo lo denunci al catasto regolarizzandosi conseguentemente dal punto di vista fiscale (ma non da quello urbanistico), sapendo che detto immobile rischia di venire demolito. In caso di abuso, infatti, la regolarizzazione equivale a mettere i propri dati a disposizione del comune, che sarebbe tenuto ad intervenire anche per la eventuale demolizione, ove prevista. Peraltro buona parte delle «case fantasma» sono ubicate in quelle aree - come i centri minori o zone di campagna - in gran parte coperte da vincoli paesaggistici;
quanto suddetto, nonché il rischio che il gettito previsto dalla regolarizzazione catastale risulti sensibilmente inferiore alle stime attese dal Governo, fa temere un condono edilizio come corollario della regolarizzazione catastale, in mancanza della quale è infatti incerto che lo Stato incassi il maggior gettito atteso entro fine anno;
nel giugno scorso il Governo ha comunque più volte escluso ogni possibilità di un nuovo condono edilizio,

impegna il Governo:

a prevedere che la regolarizzazione catastale prevista dal decreto-legge in esame sia applicabile ai soli immobili realizzati in conformità con la normativa urbanistica ed edilizia vigente, secondo le prescrizioni del piano regolatore generale ed in zona compatibile con la destinazione urbanistica, escludendo comunque gli immobili abusivi non regolarizzabili dal punto di vista urbanistico, e quelli realizzati in aree a rischio sismico o idrogeologico;
a non adottare alcuna iniziativa finalizzata alla riproposizione del condono edilizio.
9/3638/37. Aniello Formisano, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
la filiera bieticolo-saccarifera in Italia è interessata da una gravissima crisi, che rischia di compromettere definitivamente il futuro del settore e di provocare l'abbandono di una consistente superficie di terreno coltivato e la perdita di numerosi posti di lavoro;
le difficoltà del settore bieticolo-saccarifero sono sorte a seguito dell'approvazione della riforma dell'organizzazione comune di mercato dello zucchero, adottata dalla Commissione europea nel 2006, in conseguenza della quale l'Italia è stata costretta a rinunciare al 67 per cento della quota nazionale della produzione di zucchero;
tale riduzione ha provocato la chiusura di quindici stabilimenti saccariferi su un totale di diciannove presenti sul territorio nazionale; l'Italia si trova ora con sole quattro strutture di produzione;
la riforma dell'organizzazione comune di mercato, decisa dall'Unione europea nel 2006, aveva previsto un investimento pari a centotrenta milioni di euro per i quattro stabilimenti rimasti, affinché fossero adeguati ai nuovi parametri europei: tale riforma prevedeva aiuti nazionali e comunitari, autorizzati fino al 2010, per consentire l'adattamento del settore alle nuove condizioni;
questi aiuti sono stati erogati per il triennio dal 2006 al 2008, ma non sono ancora state stanziate le risorse nazionali relative agli anni 2009 e 2010, pari a 43 milioni di euro ciascuno, e nella legge finanziaria per il 2010 non vi è traccia di queste risorse;
l'aspettativa degli impegni assunti dallo Stato in sede comunitaria ha portato le imprese agricole ed industriali ad elaborare propri programmi e ad effettuare investimenti che sono stati poi puntualmente disattesi, con conseguenze disastrose in termini di occupazione e di difficoltà da parte delle aziende del settore;
il gruppo dell'Italia dei Valori ha presentato nella XVI legislatura diversi emendamenti e ordini del giorno per impegnare il Governo a ristabilire detti aiuti nazionali, proprio per non dismettere un intero comparto di produzione assolutamente italiano, composto da aziende italiane e, soprattutto, destinato a divenire un settore fiorente dell'economia europea;
con un precedente atto di indirizzo, il Governo si era impegnato a prestare maggiore attenzione a questo settore, ma nulla è stato fatto in tal senso,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, anche con provvedimento di urgenza, di un intervento volto al reperimento delle risorse necessarie alla sopravvivenza del settore bieticolo-saccarifero.
9/3638/38. Razzi, Di Giuseppe, Di Pietro, Rota, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 40-bis proroga al 31 dicembre del 2010 il pagamento delle rate, dovute dai produttori di latte a titolo di multa per il latte da essi prodotto in eccesso, che vengono a scadere il 30 giugno 2010;
in materia di quote latte, l'articolo 8-quater del decreto-legge n. 5 del 2009, ha definito un nuovo piano di rateizzazione, per somme non inferiori a 25.000 euro, delle multe relative a qualunque campagna lattiera precedente a quella allora in corso del 2008-2009;
le modalità di rateizzazione dei debiti sono state definite con il decreto 10 marzo 2010 del Commissario straordinario per le quote latte;
il piano di rientro previsto dal decreto-legge n. 5 è stato oggetto esclusivamente di negoziati verbali con la Commissione europea, concludendosi con un gentlemen's agreement;
in merito peraltro, il Commissario europeo Ciolos ha sottolineato che il piano del 2009 «non si fonda direttamente sul diritto UE [ma] mira ad agevolare la gestione finanziaria dell'onere, per i produttori, di pagare tutte le somme dovute a titolo del prelievo suddetto. Perciò, se sospendesse l'applicazione di tale piano l'Italia sarebbe ancora più distante dall'adempimento dei suoi obblighi di riscossione ai sensi del diritto UE»;
inoltre per il periodo che va dal 2002/2003 al 2008/2009, a causa delle multe dovute dai produttori di latte, la Comunità ha ridotto annualmente i trasferimenti all'Italia a titolo di aiuti all'agricoltura: per l'intero periodo il prelievo nazionale dovuto, e trattenuto, è stato pari a 1.151 milioni di euro; di questi restano da riscuotere 1.030 milioni di euro. Come dichiarato dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, le risorse ad oggi sottratte all'Italia, nel caso delle quote latte, sono state pari a 1,708 miliardi di euro;
la formulazione dell'articolo 40-bis, peraltro, non produce effetti nei confronti dei soggetti che hanno aderito al piano di rateizzazione previsto dal decreto-legge n. 49 del 2003, che non prevede scadenze al 30 giugno 2010. Limitata è inoltre anche la sua applicazione nei confronti dei produttori aderenti al rateizzo di cui al decreto-legge n. 5, poiché sarebbero esclusi quelli con rate scadenti il 31 dicembre;
come dichiarato alle Commissioni parlamentari competenti dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il provvedimento in esame non ha nulla a che vedere con la crisi del settore lattiero-caseario;
il Ministro ha affermato che si tratta di una disposizione che si pone in chiaro contrasto con l'ordinamento dell'Unione europea e che determinerà senza dubbio una sanzione per l'Italia; per tale motivo l'8 luglio 2010 il Ministro ha scritto al Commissario Ciolos ritenendo necessario fare tutto il possibile per evitare una condanna del Paese. Il giorno dopo il Commissario europeo ha confermato per lettera che la norma di proroga si pone in contrasto con la normativa europea ed anche con gli impegni assunti dall'Italia in materia;
il Ministro ha sottolineato che una richiesta di dilazione del pagamento delle multe era già stata respinta dalla Commissione europea nel dicembre 2009. Nel Consiglio dei ministri svoltosi il 9 luglio 2010 si era stabilito di modificare l'articolo 40-bis prevedendo la subordinazione dell'effettiva attuazione della disposizione alla verifica positiva da parte dei competenti organi dell'Unione europea, ma tale modifica non è stata poi introdotta nel corso dell'esame da parte del Senato;
il Ministro ha anche evidenziato che la norma recata dall'articolo 40-bis si applica ad un'esigua minoranza di produttori di latte. Dei 1.008 produttori che hanno richiesto entro il mese di febbraio 2010 la rateizzazione per un importo pari a 418 milioni di euro, per i quali la scadenza della prima rata era fissata al 30 giugno 2010, ad oggi soltanto 109 hanno accettato la proposta di rateizzazione, per un debito pari a 20,2 milioni di euro, ed è su questi ultimi che ha effetto l'articolo 40-bis. Ovvero si tratta di un numero irrisorio;
l'articolo 40-bis determina peraltro un sensibile danno a tutti quei produttori che sinora hanno pagato le multe loro comminate;
ciò espone l'Italia ad ulteriori gravi sanzioni da parte dell'Unione europea e danni alla sua immagine internazionale, in un momento nel quale si avvia un negoziato di revisione della politica agricola comune a livello europeo;
secondo costante giurisprudenza la normativa nazionale in contrasto con quella prevalente di fonte comunitaria deve essere disapplicata,

impegna il Governo

a valutare attentamente il disposto di cui all'articolo 40-bis del decreto-legge in esame verificando gli effetti derivanti anche sotto il profilo comunitario, che si pone in aperto contrasto con il diritto comunitario, al fine di adottare ulteriori iniziative volte a scongiurare possibili future sanzioni comunitarie.
9/3638/39. Rota, Di Giuseppe, Razzi, Aniello Formisano, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
la manovra economica non contiene nessuna misura che riguardi la crescita del nostro Paese o che riguardi le misure di sostegno al reddito di chi è rimasto senza lavoro, soprattutto in questo momento di gravissima crisi;
la legge n. 247 del 2007, legge di attuazione del protocollo del welfare, siglato nel 2007, aveva delegato il Governo ad adottare, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi finalizzati a riformare la materia degli ammortizzatori sociali per il riordino degli istituti a sostegno del reddito;
tale delega è scaduta il 1o gennaio 2009, senza che il Governo vi abbia dato seguito;
all'articolo 46 del «collegato lavoro» la delega è stata procrastinata per altri ventiquattro mesi a decorrere dall'entrata in vigore del suddetto collegato, rinviato dal Presidente della Repubblica alle Camere ed ora all'esame del Senato;
i tempi sembrano essere destinati a dilatarsi, senza speranza che il Governo intenda seriamente mettere mano ad una seria e organica riforma tra le più essenziali tra quelle che riguardano il mondo del lavoro;
gli interventi compiuti in materia, che riguardano microsettori del mondo del lavoro o alcune categorie di lavoratori, come i collaboratori a progetto, non sono sufficienti a far aumentare seriamente le garanzie dei lavoratori contro la perdita del lavoro e nelle situazioni di crisi,

impegna il Governo

a dare esecuzione a quanto previsto dalla legge di attuazione del protocollo welfare del 2007 in materia di ammortizzatori sociali per il riordino degli istituti a sostegno del reddito, nel rispetto delle procedure ivi previste, anche valutando la possibilità di fare ricorso alla decretazione di urgenza.
9/3638/40. Porcino, Paladini, Borghesi, Cambursano.

La Camera,

impegna il Governo

a dare esecuzione a quanto previsto dalla legge di attuazione del protocollo welfare del 2007 in materia di ammortizzatori sociali per il riordino degli istituti a sostegno del reddito, nel rispetto delle procedure ivi previste, anche valutando la possibilità di fare ricorso alla decretazione di urgenza.
9/3638/40. (Testo modificato nel corso della seduta) Porcino, Paladini, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, all'articolo 12, commi da 12-bis a 12-quinquies, dispone l'innalzamento dei requisiti per l'accesso ai trattamenti pensionistici;
tali commi esplicitamente affermano di dare attuazione alla disciplina sull'adeguamento dei requisiti per l'accesso al pensionamento agli incrementi della speranza di vita, di cui all'articolo 22-ter, comma 2, del decreto-legge n. 78 del 2009;
tuttavia, nonostante tale affermazione, la procedura di aggiornamento dei requisiti prevista dai commi da 12-bis a 12-quinquies, sostanzialmente sostituisce l'articolo 22-ter, comma 2, del decreto-legge n. 78 del 2009, senza, peraltro, disporne l'abrogazione;
in particolare, si prevede, che l'aggiornamento dei requisiti anagrafici per l'accesso ai trattamenti pensionistici avvenga con cadenza triennale, mentre l'articolo 22-ter lo dispone con riferimento ai 5 anni precedenti;
si prevede inoltre che l'intero incremento della speranza di vita rilevato si trasformi in un aumento della vita lavorativa;
la scelta di un aggiornamento quinquennale, anziché triennale, e la trasformazione in anni di lavoro in più di solo una parte dell'incremento della speranza di vita, da un lato darebbero alle lavoratrici e ai lavoratori la possibilità di progettare la propria vita in maniera più stabile e su un orizzonte di medio-lungo periodo; dall'altro consentirebbero di non ritardare eccessivamente l'immissione nel mondo del lavoro dei giovani, con il rischio di creare squilibri;
al contempo, pur introducendo un innalzamento dell'età minima per il pensionamento, andrebbe prevista una flessibilità in uscita dal mondo del lavoro per consentire ai lavoratori di scegliere in base alle proprie esigenze, nel rispetto della sostenibilità della spesa pensionistica,

impegna il Governo

a valutare ogni strumento utile per valorizzare la possibilità per il lavoratore di scegliere, in maniera flessibile ed in un arco di tempo pluriennale, il momento opportuno per uscire dal mercato del lavoro, e ad adottare ulteriori iniziative volte a stabilire criteri di innalzamento dell'età pensionabile rispettosi dei progetti, delle aspettative di vita dei lavoratori nonché della crescita del prodotto interno lordo, pur nel rispetto della sostenibilità complessiva della spesa pensionistica.
9/3638/41. Barbato, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
la riduzione delle risorse ha coinvolto anche il settore della ricerca;
alla riduzione delle risorse finanziarie si aggiunge la crescita della precarietà e la conferma del blocco del turn over; in particolare, il blocco del turn over rende impossibile la stabilizzazione dei precari e la crescita dimensionale del sistema ricerca;
all'articolo 7 del provvedimento in esame è stato inserito il comma 31-octies che riguarda le amministrazioni subentranti alle funzioni degli enti soppressi, per le quali il limite del contingente di personale di supporto previsto dall'articolo 74 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 non è superabile neanche nella fase di rideterminazione della dotazione organica, effettuata a seguito dell'assorbimento di personale proveniente dagli enti;
sono previste procedure di mobilità volontaria (comma 8 dell'articolo 50) per i ricercatori e tecnologi e per una parte dei tecnici degli enti soppressi verso l'ISTAT. Per non disperdere competenze professionali specifiche del settore e salvaguardare gli inquadramenti contrattuali si sarebbe potuto prevedere più in generale la possibilità di mobilità verso gli altri enti di ricerca, senza limitarla solo ad una specifica attività;
inoltre, questa possibile norma di «salvaguardia», anche se volontaria, viene limitata ad una parte del personale degli enti soppressi, escludendo amministrativi e parte dei tecnici. Anche per questa via si opera la frammentazione della ricerca pubblica;
queste misure possono mettere a rischio la partecipazione a programmi europei nei relativi settori di competenza, con azzeramento dei cofinanziamenti delle relative attività e la conseguente perdita di grandi professionalità e di un immenso patrimonio di conoscenze specifiche;
ai tagli dello Stato, che hanno comportato una diminuzione di un terzo di spesa del Ministero, si aggiunge la stretta sui bilanci di regioni ed enti locali che ne limita le risorse e le possibilità d'azione e programmazione con una riduzione drastica dei servizi erogati al cittadino, dunque, inevitabilmente anche il settore culturale risentirà degli effetti della minore capacità di spesa delle amministrazioni locali;
è auspicabile che i nostri giovani debbano avere un futuro basato sulla cultura, sulla conoscenza e sulla creatività affinché non si debba più assistere ad una sistematica emigrazione intellettuale che priva il Paese delle sue migliori risorse intellettuali;
è comprovato che con la logica dei tagli, senza intervenire sulle ragioni della crisi, si attacca l'autonomia degli enti e si spegne la ricerca,

impegna il Governo:

ad intraprendere azioni coraggiose che colpiscano le inefficienze e valorizzino le eccellenze e la qualità;
ad applicare criteri selettivi trasparenti e condivisi in grado di ridurre gli sprechi e di aumentare realmente la produttività salvaguardando tutte le figure professionali che garantiscono la ricerca, servizi ai cittadini e l'immagine del nostro Paese all'estero.
9/3638/42. Cambursano.

La Camera,
premesso che:
la scuola non viene risparmiata dalla scure della manovra all'esame;
l'effetto combinato del blocco dei contratti e delle anzianità di servizio avrà conseguenze su tutta la vita lavorativa, sulla liquidazione e sulla pensione di impiegati e docenti della scuola; inoltre si verificherà l'ulteriore penalizzazione del prelevamento annuo da 800 a 3000 euro dagli stipendi;
la manovra all'esame si inserisce in un contesto già drammatico per la scuola, le ultime finanziarie infatti hanno azzerato i fondi per il funzionamento didattico e amministrativo nelle scuole statali, rendendo difficile il lavoro quotidiano e il mantenimento dell'offerta formativa;
si prevede la perdita di migliaia di cattedre per il prossimo anno; il dato complessivo a livello nazionale è di circa 25 mila cattedre e 15 mila posti in meno per il personale ATA per l'anno scolastico 2010- 2011, che si aggiungono ai 57 mila posti persi l'anno scorso;
tra le misure si evidenzia il blocco degli insegnanti di sostegno, in particolare, si contravviene alla sentenza della Corte Costituzionale, che aveva ribadito l'incostituzionalità della normativa statale sul rapporto alunni/docenti per gli alunni disabili e si bloccano quindi per il 2010/2011 le deroghe per i posti di sostegno;
dal 2011 si prevedono tagli alle risorse del 50 per cento; in particolare le già esigue risorse previste per la formazione vengono dimezzate. Questo significa una perdita di 4.224.495 euro. Le risorse disponibili dal 2011 per la formazione ammonteranno all'incirca a 5 euro a lavoratore;
inoltre si prevede il taglio del 50 per cento di tutte le missioni comprese quelle all'estero. A rischio la partecipazione ai progetti internazionali, a molti viaggi/stage di istruzione all'estero e l'impossibilità di svolgere gli esami finali di Stato nelle scuole italiane all'estero;
ancora, si prevedono 104 milioni di tagli annui a partire dal 2011, che, se si applicassero in forma lineare ai fondi delle scuole, taglierebbero circa 43 milioni di euro; le voci più colpite sono ancora una volta quelle che rappresentano il valore aggiunto alla didattica: corsi di recupero, ampliamento dell'offerta formativa, progetti di alternanza scuola lavoro;
a queste risorse vanno aggiunti, in fine, i 9 milioni di euro tagliati dal bilancio del Ministero dell'economia e delle finanze finalizzati all'istruzione;
per i lavoratori del comparto scuola salta la possibilità di rinnovo del contratto collettivo nazionale per gli anni 2010-2012;
sono ridotti gli stanziamenti previsti nella finanziaria 2010 e l'erogazione viene spostata al 2012; in particolare la manovra toglie 420 milioni di euro (36 per cento) già appostati in bilancio per pagare l'indennità di vacanza contrattuale dei dipendenti pubblici, che pertanto verrà rideterminata e quindi diminuita,

impegna il Governo

a rafforzare le politiche scolastiche, incrementando innanzitutto le risorse da destinare all'istruzione, al fine di dare un orientamento chiaro ad una scuola in forte difficoltà.
9/3638/43. Zazzera, Di Giuseppe, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
la scuola non viene risparmiata dalla scure della manovra all'esame;
l'effetto combinato del blocco dei contratti e delle anzianità di servizio avrà conseguenze su tutta la vita lavorativa, sulla liquidazione e sulla pensione di impiegati e docenti della scuola; inoltre si verificherà l'ulteriore penalizzazione del prelevamento annuo da 800 a 3000 euro dagli stipendi;
la manovra all'esame si inserisce in un contesto già drammatico per la scuola, le ultime finanziarie infatti hanno azzerato i fondi per il funzionamento didattico e amministrativo nelle scuole statali, rendendo difficile il lavoro quotidiano e il mantenimento dell'offerta formativa;
si prevede la perdita di migliaia di cattedre per il prossimo anno; il dato complessivo a livello nazionale è di circa 25 mila cattedre e 15 mila posti in meno per il personale ATA per l'anno scolastico 2010- 2011, che si aggiungono ai 57 mila posti persi l'anno scorso;
tra le misure si evidenzia il blocco degli insegnanti di sostegno, in particolare, si contravviene alla sentenza della Corte Costituzionale, che aveva ribadito l'incostituzionalità della normativa statale sul rapporto alunni/docenti per gli alunni disabili e si bloccano quindi per il 2010/2011 le deroghe per i posti di sostegno;
dal 2011 si prevedono tagli alle risorse del 50 per cento; in particolare le già esigue risorse previste per la formazione vengono dimezzate. Questo significa una perdita di 4.224.495 euro. Le risorse disponibili dal 2011 per la formazione ammonteranno all'incirca a 5 euro a lavoratore;
inoltre si prevede il taglio del 50 per cento di tutte le missioni comprese quelle all'estero. A rischio la partecipazione ai progetti internazionali, a molti viaggi/stage di istruzione all'estero e l'impossibilità di svolgere gli esami finali di Stato nelle scuole italiane all'estero;
ancora, si prevedono 104 milioni di tagli annui a partire dal 2011, che, se si applicassero in forma lineare ai fondi delle scuole, taglierebbero circa 43 milioni di euro; le voci più colpite sono ancora una volta quelle che rappresentano il valore aggiunto alla didattica: corsi di recupero, ampliamento dell'offerta formativa, progetti di alternanza scuola lavoro;
a queste risorse vanno aggiunti, in fine, i 9 milioni di euro tagliati dal bilancio del Ministero dell'economia e delle finanze finalizzati all'istruzione;
per i lavoratori del comparto scuola salta la possibilità di rinnovo del contratto collettivo nazionale per gli anni 2010-2012;
sono ridotti gli stanziamenti previsti nella finanziaria 2010 e l'erogazione viene spostata al 2012; in particolare la manovra toglie 420 milioni di euro (36 per cento) già appostati in bilancio per pagare l'indennità di vacanza contrattuale dei dipendenti pubblici, che pertanto verrà rideterminata e quindi diminuita,

impegna il Governo

a rafforzare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, le politiche scolastiche, incrementando innanzitutto le risorse da destinare all'istruzione, al fine di dare un orientamento chiaro ad una scuola in forte difficoltà.
9/3638/43. (Testo modificato nel corso della seduta) Zazzera, Di Giuseppe, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
il Governo mostra di non tener conto del ruolo della cultura nello sviluppo economico e sociale del Paese e riduce ulteriormente le risorse ad un settore già colpito, negli ultimi anni, da forti tagli di spesa;
i tagli previsti per il Ministero per i beni e le attività culturali ammontano a 58 milioni di euro (per il 2011 e per il 2012); i tagli ai contributi per gli enti culturali sono del 50 per cento; inoltre è prevista una riduzione dei finanziamenti pari a 13 milioni di euro;
la manovra rischia di mettere in discussione il principio costituzionale di tutela e promozione del nostro patrimonio culturale, artistico, ambientale, sancito dall'articolo 9 della Costituzione;
la riduzione del 50 per cento delle risorse destinate agli istituti culturali, quasi fossero tutti enti inutili, senza l'individuazione di criteri o parametri oggettivi che valutino l'effettiva esistenza di sprechi, decreterà un ulteriore e indiscriminato abbassamento dell'intervento pubblico per la cultura, che mette ormai a rischio quantità e qualità dei servizi culturali nel Paese;
non si investe, anzi risultano ulteriormente penalizzate le ricchezze artistiche ed ambientali, l'industria creativa e la produzione culturale che anzi sono un volano per l'economia, la competitività locale e l'occupazione;
la necessità di ridurre spese e sprechi è condivisa da tutti, ma non è possibile rinunciare alla cultura, depauperare il Paese di quelle ricchezze di storia e produzione artistica che sono la nostra carta d'identità sulla scena internazionale;
la recessione culturale rappresenta un danno troppo grave che il Paese non si può permettere e i cui effetti negativi si farebbero sentire per molti anni ben al di là della crisi economica,

impegna il Governo

ad attuare cambiamenti radicali alle politiche per salvaguardare i settori della conoscenza, anche incoraggiando il coinvolgimento dei privati, oggi non adeguatamente sostenuto.
9/3638/44. Palomba, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
il Governo mostra di non tener conto del ruolo della cultura nello sviluppo economico e sociale del Paese e riduce ulteriormente le risorse ad un settore già colpito, negli ultimi anni, da forti tagli di spesa;
i tagli previsti per il Ministero per i beni e le attività culturali ammontano a 58 milioni di euro (per il 2011 e per il 2012); i tagli ai contributi per gli enti culturali sono del 50 per cento; inoltre è prevista una riduzione dei finanziamenti pari a 13 milioni di euro;
la manovra rischia di mettere in discussione il principio costituzionale di tutela e promozione del nostro patrimonio culturale, artistico, ambientale, sancito dall'articolo 9 della Costituzione;
la riduzione del 50 per cento delle risorse destinate agli istituti culturali, quasi fossero tutti enti inutili, senza l'individuazione di criteri o parametri oggettivi che valutino l'effettiva esistenza di sprechi, decreterà un ulteriore e indiscriminato abbassamento dell'intervento pubblico per la cultura, che mette ormai a rischio quantità e qualità dei servizi culturali nel Paese;
non si investe, anzi risultano ulteriormente penalizzate le ricchezze artistiche ed ambientali, l'industria creativa e la produzione culturale che anzi sono un volano per l'economia, la competitività locale e l'occupazione;
la necessità di ridurre spese e sprechi è condivisa da tutti, ma non è possibile rinunciare alla cultura, depauperare il Paese di quelle ricchezze di storia e produzione artistica che sono la nostra carta d'identità sulla scena internazionale;
la recessione culturale rappresenta un danno troppo grave che il Paese non si può permettere e i cui effetti negativi si farebbero sentire per molti anni ben al di là della crisi economica,

impegna il Governo

a salvaguardare i settori della conoscenza, anche incoraggiando il coinvolgimento dei privati.
9/3638/44. (Testo modificato nel corso della seduta) Palomba, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
in seguito alle crisi finanziarie del 2007-2008, di quella attuale e delle crisi del Sud-est asiatico, dell'America latina e della Russia, è diventato sempre più necessario regolamentare i mercati finanziari controllando fenomeni negativi dovuti alla sempre maggiore internazionalizzazione dei mercati finanziari, come le transazioni finanziarie a breve o brevissimo termine, ma anche attuando modalità alternative per affrontare su scala globale problemi quali la povertà e il degrado ambientale;
nei tre decenni scorsi abbiamo assistito a un progressivo allontanamento dell'economia finanziaria da quella reale, un «divorzio» che ha trasformato profondamente la struttura dell'economia mondiale;
nella maggior parte dei Paesi occidentali, negli anni '80, ogni controllo sui capitali è stato progressivamente ridotto, come ogni controllo e limitazione alle attività delle banche commerciali e di investimento. Quest'ondata di liberalizzazione ha fatto sì che nel decennio successivo molti Paesi in via di sviluppo abbandonassero a loro volta i controlli sui movimenti di capitali;
nel corso degli ultimi anni, in molti Paesi, si sono moltiplicate le iniziative anche parlamentari tese a formulare proposte per porre un freno alla speculazione finanziaria internazionale e per prevenire i rischi di destabilizzazione delle valute e delle economie e società nazionali;
tra le proposte più note figura quella avanzata da James Tobin, Premio Nobel per l'economia nel 1981. La sua proposta è diventata un po' l'emblema della volontà di riconquistare alla democrazia gli spazi ad essa confiscati dall'espandersi del dominio della sfera finanziaria su scala planetaria, e della volontà di operare una ridistribuzione della ricchezza tra il Nord ed il Sud del Mondo, fornendo importanti risorse per finanziare la cooperazione allo sviluppo e la lotta alla povertà;
a partire da quel contributo si è sviluppato un ampio dibattito a livello scientifico internazionale che ha approfondito la concreta praticabilità della Tobin-tax;
certo la Tobin Tax non esaurisce di per sé il dibattito sulla regolazione dell'economia su scala globale, sulla mondializzazione e sulle relazioni Nord-Sud. Ma può costituire un passo in avanti verso la costruzione di un'economia mondiale nella quale la crescita sia messa al servizio di un sviluppo cooperativo e della riduzione delle ineguaglianze;
più in generale, essa solleva il tema di una nuova architettura finanziaria, economica e sociale internazionale;
oggi, con la mondializzazione, con la crisi dello Stato nazionale (terreno fondamentale e soggetto attivo del Welfare), con lo sviluppo impetuoso dei flussi finanziari, di beni, di servizi e di popolazione, esiste un serio rischio (peraltro già in atto) di ritorno ad un capitalismo senza regole. Dopo lo sganciamento, avvenuto nel 1971, del valore del dollaro USA da quello dell'oro e la liberalizzazione del mercato delle valute, il volume delle transazioni monetarie si è moltiplicato per 100. Il volume delle transazioni sul mercato delle valute è passato da una media di 200 miliardi di dollari al giorno ad una di circa 3.000 miliardi di dollari al giorno (il doppio del nostro Pil nazionale annuale, tanto per avere un'idea della dimensione in gioco);
attualmente, più del 95 per cento delle transazioni finanziarie non hanno nessun legame con lo scambio di merci, di servizi o con investimenti, e sono puramente speculative. Più del 40 per cento di queste transazioni corrispondono a delle operazioni di acquisto e di rivendita che si esauriscono in un periodo inferiore ai 3 giorni, e l'80 per cento del volume globale delle transazioni corrispondono a delle operazioni che si svolgono in meno di una settimana;
l'informatica e le telecomunicazioni hanno dato un impulso fortissimo ad una tendenza che solo 20 anni fa rappresentava un fenomeno marginale. Gli operatori speculano su delle variazioni anche minime dei tassi e dei corsi di cambio tra le valute, anticipandole o provocandole;
le risorse valutarie che le banche centrali possono movimentare equivalgono appena al volume delle transazioni quotidiane sul mercato mondiale. In virtù del loro carattere imprevedibile, questi movimenti di capitali possono in poche ore provocare il crollo di una moneta, la crisi dell'economia di un intero Paese e fare sprofondare tutta la sua popolazione nella recessione. Non si tratta di un pericolo astratto: basta avere a mente la crisi messicana del 1995, la crisi del Sud-est asiatico nel 1997, la crisi russa del 1998, la crisi brasiliana del 1999; e se non vogliamo andare a vedere solo in casa degli altri, basta ricordare il ruolo del Fondo Quorum di Georges Soros nella crisi del Sistema monetario europeo (SME) nel 1993;
dopo la crisi asiatica si era sviluppato un dibattito sulla necessità di una profonda riforma del sistema finanziario e sulla necessità di «una nuova architettura finanziaria internazionale». Sono passati 13 anni, ma niente è cambiato. Il sistema finanziario internazionale è sempre lo stesso, vulnerabile ed esposto oggi come allora agli effetti dei suoi propri eccessi;
la stragrande maggioranza delle transazioni sulle valute (l'82 per cento) viene effettuata su 8 piazze finanziarie, il 96 per cento delle transazioni su 16 piazze: in pratica l'Europa, gli Usa, il Giappone, Hong Kong, Singapore e poco più. Circa il 50 per cento degli scambi avviene all'interno dell'Unione europea e circa l'80 per cento su piazze situate nei Paesi del G7 o nell'Unione europea. Questi dati delimitano il terreno d'azione per fare adottare l'imposta Tobin su scala internazionale;
per formulare la sua proposta, James Tobin ha ripreso un'intuizione del 1936 di Keynes, il quale esaminando le cause della crisi del 1929 già all'epoca, proponeva di tassare sia pure in misura ridotta tutte le transazioni finanziarie;
la maggior parte delle speculazioni sul mercato delle valute consiste nel giocare d'anticipo su variazioni anche minime dei tassi e dei cambi delle monete; questa pratica può consentire grossi guadagni a causa delle somme rilevanti impiegate e si possono così determinare reazioni a catena di dimensioni gigantesche;
la proposta della tassa Tobin consiste in un'imposta con un'aliquota molto bassa che non coinvolge gli scambi di beni e servizi e gli investimenti, ma che colpisce le transazioni speculative che operano molteplici andirivieni, operando come un freno per tali pratiche. James Tobin paragonava questa imposta ad «granello di sabbia negli ingranaggi della finanza internazionale»;
se l'aliquota della Tobin tax fosse dello 0,1 per cento, valutando per un determinato giorno una variazione dello 0,2 per cento del cambio tra due monete, l'operazione di acquisto e di rivendita su 1 miliardo di dollari potrebbe fruttare 2 milioni di dollari: l'esatto ammontare dell'imposta. Per l'operatore l'operazione perde il suo interesse ed egli non interverrà sul mercato che per variazioni prevedibilmente superiori allo 0,2 per cento;
gli economisti sostengono che in realtà il potere di dissuasione sarebbe più significativo, perché il differenziale da prendere in considerazione deve fare riferimento al tasso di profitto di un investimento «senza rischio», ad esempio, in titoli del tesoro del Paese della moneta di partenza. Si calcola che il potere di dissuasione reale dell'imposta sarebbe superiore per una data operazione al doppio del valore dell'aliquota. L'operazione speculativa, infatti, è «interessante» per gli operatori se il guadagno atteso ha un tasso superiore alla somma della percentuale di profitto dovuto ad un investimento «sicuro» nel Paese della moneta di origine al quale va aggiunto il doppio dell'aliquota della Tobin tax;
per questo gli economisti che sostengono il valore dell'introduzione di questa imposta propongono un'aliquota molto bassa pari allo 0,05 per cento. Molti studi hanno confermato che una tassa dello 0,05 per cento su ogni transazione potrebbe generare un gettito pari a circa 655 miliardi di dollari l'anno;
gli effetti positivi della Tobin tax sarebbero tre: una certa stabilizzazione dei flussi finanziari; una maggiore autonomia degli Stati e delle Banche centrali nella gestione della propria politica monetaria; la creazione di un gettito importante;
l'obiezione più comune all'introduzione della Tobin tax è quella che paventa il dirottamento dei flussi finanziari verso i Paesi che non applicano tale tassa o verso centri off-shore, cioè verso Paesi a regimi fiscalmente privilegiati ossia verso i cosiddetti «paradisi fiscali»;
c'è da considerare che misure simili alla tassa Tobin sono state introdotte negli ultimi anni in Paesi quali il Cile e la Malesia, per scoraggiare i flussi di capitali a breve termine, ad esempio, imponendo una cauzione calcolata come quota percentuale del capitale investito in relazione alla durata dell'impiego, con ricaduta positive sulla stabilità monetaria e sugli investimenti;
occorre ricordare anche come diversi ed importanti mercati finanziari applicano già oggi delle imposte sulle transazioni del mercato azionario come a Singapore (0,2 per cento), a Hong Kong (0,4 per cento), negli USA (0,0034 per cento) ed in Francia (dallo 0,6 allo 0,3 per cento a seconda dell'ammontare e della tipologia della transazione);
inoltre, i motivi per cui si utilizzano le grandi piazze finanziarie sono molteplici ed importanti: quali la sicurezza e la struttura evoluta del mercato stesso; caratteristiche che fanno sì che i centri off-shore non possono facilmente sostituire Londra o Wall Street. Peraltro una misura dissuasiva può essere quella di tassare con un'aliquota alta tutte le uscite di capitali da un centro off-shore verso una grande piazza finanziaria;
queste misure aiuterebbero anche l'azione dei governi nel quadro della lotta internazionale al riciclaggio del denaro sporco;
un movimento a favore della Tobin-tax si è sviluppato da diversi anni in diversi Paesi. Fuori dall'Unione europea l'iniziativa più importante è rappresentata dall'approvazione da parte del Parlamento canadese, nel marzo 1999, con una maggioranza dei due terzi, di una mozione a favore dell'introduzione di questa imposta. Altre iniziative hanno interessato i parlamenti del Brasile e perfino il Congresso degli Stati uniti;
il governo finlandese si è pronunciato a favore dell'imposta. Dibattiti importanti si sono svolti nella Camera dei Comuni; esistono intergruppi parlamentari e sono state presentate mozioni in tal senso in vari parlamenti europei (Francia, Belgio, Italia, ecc...);
una nuova opinione pubblica mondiale chiede una gestione diversa della mondializzazione dell'economia, che costruisca una nuova solidarietà internazionale sui terreni della lotta alla povertà e per lo sviluppo umanamente sostenibile;
ultimamente si sono pronunciati a favore di un'imposta sulle transazioni finanziarie sia l'ex premier britannico Brown che l'attuale primo ministro tedesco Merkel;
in un suo recente intervento, l'ex Ministro dell'economia e delle finanze, Vincenzo Visco, ha auspicato la costituzione di un fondo internazionale al quale conferire quote di debito sovrano dei diversi Paesi variabili in relazione all'impatto della crisi su ciascun Paese, scorporandole dai bilanci nazionali. L'attivo del fondo dovrebbe essere assicurato - sempre secondo la proposta di Visco - dall'introduzione, decisa collettivamente dagli Stati, di un'imposta dedicata sulle transazioni finanziarie il cui gettito - com'è noto - sarebbe ampiamente sufficiente. Se la proposta non fosse praticabile a livello globale, potrebbe funzionare anche se limitata a livello di Unione europea;
l'introduzione di una imposta sulle transazioni valutarie potrebbe, comunque, diminuire il carico fiscale sui fattori produttivi nazionali (ed europei) e fornire risorse per affrontare su scala internazionale problemi che diventano sempre più globali quali la difesa dell'ambiente, la povertà, la cooperazione allo sviluppo, la sicurezza,

impegna il Governo

a prendere tutte le possibili iniziative in tutte le sedi internazionali opportune al fine di ottenere l'istituzione di un imposta sulle transazioni finanziarie ed in particolare su quelle a breve o brevissima scadenza, coinvolgendo la stessa Unione europea a partire del Consiglio europeo e dall'Ecofin.
9/3638/45. Donadi, Evangelisti, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
in seguito alle crisi finanziarie del 2007-2008, di quella attuale e delle crisi del Sud-est asiatico, dell'America latina e della Russia, è diventato sempre più necessario regolamentare i mercati finanziari controllando fenomeni negativi dovuti alla sempre maggiore internazionalizzazione dei mercati finanziari, come le transazioni finanziarie a breve o brevissimo termine, ma anche attuando modalità alternative per affrontare su scala globale problemi quali la povertà e il degrado ambientale;
nei tre decenni scorsi abbiamo assistito a un progressivo allontanamento dell'economia finanziaria da quella reale, un «divorzio» che ha trasformato profondamente la struttura dell'economia mondiale;
nella maggior parte dei Paesi occidentali, negli anni '80, ogni controllo sui capitali è stato progressivamente ridotto, come ogni controllo e limitazione alle attività delle banche commerciali e di investimento. Quest'ondata di liberalizzazione ha fatto sì che nel decennio successivo molti Paesi in via di sviluppo abbandonassero a loro volta i controlli sui movimenti di capitali;
nel corso degli ultimi anni, in molti Paesi, si sono moltiplicate le iniziative anche parlamentari tese a formulare proposte per porre un freno alla speculazione finanziaria internazionale e per prevenire i rischi di destabilizzazione delle valute e delle economie e società nazionali;
tra le proposte più note figura quella avanzata da James Tobin, Premio Nobel per l'economia nel 1981. La sua proposta è diventata un po' l'emblema della volontà di riconquistare alla democrazia gli spazi ad essa confiscati dall'espandersi del dominio della sfera finanziaria su scala planetaria, e della volontà di operare una ridistribuzione della ricchezza tra il Nord ed il Sud del Mondo, fornendo importanti risorse per finanziare la cooperazione allo sviluppo e la lotta alla povertà;
a partire da quel contributo si è sviluppato un ampio dibattito a livello scientifico internazionale che ha approfondito la concreta praticabilità della Tobin-tax;
certo la Tobin Tax non esaurisce di per sé il dibattito sulla regolazione dell'economia su scala globale, sulla mondializzazione e sulle relazioni Nord-Sud. Ma può costituire un passo in avanti verso la costruzione di un'economia mondiale nella quale la crescita sia messa al servizio di un sviluppo cooperativo e della riduzione delle ineguaglianze;
più in generale, essa solleva il tema di una nuova architettura finanziaria, economica e sociale internazionale;
oggi, con la mondializzazione, con la crisi dello Stato nazionale (terreno fondamentale e soggetto attivo del Welfare), con lo sviluppo impetuoso dei flussi finanziari, di beni, di servizi e di popolazione, esiste un serio rischio (peraltro già in atto) di ritorno ad un capitalismo senza regole. Dopo lo sganciamento, avvenuto nel 1971, del valore del dollaro USA da quello dell'oro e la liberalizzazione del mercato delle valute, il volume delle transazioni monetarie si è moltiplicato per 100. Il volume delle transazioni sul mercato delle valute è passato da una media di 200 miliardi di dollari al giorno ad una di circa 3.000 miliardi di dollari al giorno (il doppio del nostro Pil nazionale annuale, tanto per avere un'idea della dimensione in gioco);
attualmente, più del 95 per cento delle transazioni finanziarie non hanno nessun legame con lo scambio di merci, di servizi o con investimenti, e sono puramente speculative. Più del 40 per cento di queste transazioni corrispondono a delle operazioni di acquisto e di rivendita che si esauriscono in un periodo inferiore ai 3 giorni, e l'80 per cento del volume globale delle transazioni corrispondono a delle operazioni che si svolgono in meno di una settimana;
l'informatica e le telecomunicazioni hanno dato un impulso fortissimo ad una tendenza che solo 20 anni fa rappresentava un fenomeno marginale. Gli operatori speculano su delle variazioni anche minime dei tassi e dei corsi di cambio tra le valute, anticipandole o provocandole;
le risorse valutarie che le banche centrali possono movimentare equivalgono appena al volume delle transazioni quotidiane sul mercato mondiale. In virtù del loro carattere imprevedibile, questi movimenti di capitali possono in poche ore provocare il crollo di una moneta, la crisi dell'economia di un intero Paese e fare sprofondare tutta la sua popolazione nella recessione. Non si tratta di un pericolo astratto: basta avere a mente la crisi messicana del 1995, la crisi del Sud-est asiatico nel 1997, la crisi russa del 1998, la crisi brasiliana del 1999; e se non vogliamo andare a vedere solo in casa degli altri, basta ricordare il ruolo del Fondo Quorum di Georges Soros nella crisi del Sistema monetario europeo (SME) nel 1993;
dopo la crisi asiatica si era sviluppato un dibattito sulla necessità di una profonda riforma del sistema finanziario e sulla necessità di «una nuova architettura finanziaria internazionale». Sono passati 13 anni, ma niente è cambiato. Il sistema finanziario internazionale è sempre lo stesso, vulnerabile ed esposto oggi come allora agli effetti dei suoi propri eccessi;
la stragrande maggioranza delle transazioni sulle valute (l'82 per cento) viene effettuata su 8 piazze finanziarie, il 96 per cento delle transazioni su 16 piazze: in pratica l'Europa, gli Usa, il Giappone, Hong Kong, Singapore e poco più. Circa il 50 per cento degli scambi avviene all'interno dell'Unione europea e circa l'80 per cento su piazze situate nei Paesi del G7 o nell'Unione europea. Questi dati delimitano il terreno d'azione per fare adottare l'imposta Tobin su scala internazionale;
per formulare la sua proposta, James Tobin ha ripreso un'intuizione del 1936 di Keynes, il quale esaminando le cause della crisi del 1929 già all'epoca, proponeva di tassare sia pure in misura ridotta tutte le transazioni finanziarie;
la maggior parte delle speculazioni sul mercato delle valute consiste nel giocare d'anticipo su variazioni anche minime dei tassi e dei cambi delle monete; questa pratica può consentire grossi guadagni a causa delle somme rilevanti impiegate e si possono così determinare reazioni a catena di dimensioni gigantesche;
la proposta della tassa Tobin consiste in un'imposta con un'aliquota molto bassa che non coinvolge gli scambi di beni e servizi e gli investimenti, ma che colpisce le transazioni speculative che operano molteplici andirivieni, operando come un freno per tali pratiche. James Tobin paragonava questa imposta ad «granello di sabbia negli ingranaggi della finanza internazionale»;
se l'aliquota della Tobin tax fosse dello 0,1 per cento, valutando per un determinato giorno una variazione dello 0,2 per cento del cambio tra due monete, l'operazione di acquisto e di rivendita su 1 miliardo di dollari potrebbe fruttare 2 milioni di dollari: l'esatto ammontare dell'imposta. Per l'operatore l'operazione perde il suo interesse ed egli non interverrà sul mercato che per variazioni prevedibilmente superiori allo 0,2 per cento;
gli economisti sostengono che in realtà il potere di dissuasione sarebbe più significativo, perché il differenziale da prendere in considerazione deve fare riferimento al tasso di profitto di un investimento «senza rischio», ad esempio, in titoli del tesoro del Paese della moneta di partenza. Si calcola che il potere di dissuasione reale dell'imposta sarebbe superiore per una data operazione al doppio del valore dell'aliquota. L'operazione speculativa, infatti, è «interessante» per gli operatori se il guadagno atteso ha un tasso superiore alla somma della percentuale di profitto dovuto ad un investimento «sicuro» nel Paese della moneta di origine al quale va aggiunto il doppio dell'aliquota della Tobin tax;
per questo gli economisti che sostengono il valore dell'introduzione di questa imposta propongono un'aliquota molto bassa pari allo 0,05 per cento. Molti studi hanno confermato che una tassa dello 0,05 per cento su ogni transazione potrebbe generare un gettito pari a circa 655 miliardi di dollari l'anno;
gli effetti positivi della Tobin tax sarebbero tre: una certa stabilizzazione dei flussi finanziari; una maggiore autonomia degli Stati e delle Banche centrali nella gestione della propria politica monetaria; la creazione di un gettito importante;
l'obiezione più comune all'introduzione della Tobin tax è quella che paventa il dirottamento dei flussi finanziari verso i Paesi che non applicano tale tassa o verso centri off-shore, cioè verso Paesi a regimi fiscalmente privilegiati ossia verso i cosiddetti «paradisi fiscali»;
c'è da considerare che misure simili alla tassa Tobin sono state introdotte negli ultimi anni in Paesi quali il Cile e la Malesia, per scoraggiare i flussi di capitali a breve termine, ad esempio, imponendo una cauzione calcolata come quota percentuale del capitale investito in relazione alla durata dell'impiego, con ricaduta positive sulla stabilità monetaria e sugli investimenti;
occorre ricordare anche come diversi ed importanti mercati finanziari applicano già oggi delle imposte sulle transazioni del mercato azionario come a Singapore (0,2 per cento), a Hong Kong (0,4 per cento), negli USA (0,0034 per cento) ed in Francia (dallo 0,6 allo 0,3 per cento a seconda dell'ammontare e della tipologia della transazione);
inoltre, i motivi per cui si utilizzano le grandi piazze finanziarie sono molteplici ed importanti: quali la sicurezza e la struttura evoluta del mercato stesso; caratteristiche che fanno sì che i centri off-shore non possono facilmente sostituire Londra o Wall Street. Peraltro una misura dissuasiva può essere quella di tassare con un'aliquota alta tutte le uscite di capitali da un centro off-shore verso una grande piazza finanziaria;
queste misure aiuterebbero anche l'azione dei governi nel quadro della lotta internazionale al riciclaggio del denaro sporco;
un movimento a favore della Tobin-tax si è sviluppato da diversi anni in diversi Paesi. Fuori dall'Unione europea l'iniziativa più importante è rappresentata dall'approvazione da parte del Parlamento canadese, nel marzo 1999, con una maggioranza dei due terzi, di una mozione a favore dell'introduzione di questa imposta. Altre iniziative hanno interessato i parlamenti del Brasile e perfino il Congresso degli Stati uniti;
il governo finlandese si è pronunciato a favore dell'imposta. Dibattiti importanti si sono svolti nella Camera dei Comuni; esistono intergruppi parlamentari e sono state presentate mozioni in tal senso in vari parlamenti europei (Francia, Belgio, Italia, ecc...);
una nuova opinione pubblica mondiale chiede una gestione diversa della mondializzazione dell'economia, che costruisca una nuova solidarietà internazionale sui terreni della lotta alla povertà e per lo sviluppo umanamente sostenibile;
ultimamente si sono pronunciati a favore di un'imposta sulle transazioni finanziarie sia l'ex premier britannico Brown che l'attuale primo ministro tedesco Merkel;
in un suo recente intervento, l'ex Ministro dell'economia e delle finanze, Vincenzo Visco, ha auspicato la costituzione di un fondo internazionale al quale conferire quote di debito sovrano dei diversi Paesi variabili in relazione all'impatto della crisi su ciascun Paese, scorporandole dai bilanci nazionali. L'attivo del fondo dovrebbe essere assicurato - sempre secondo la proposta di Visco - dall'introduzione, decisa collettivamente dagli Stati, di un'imposta dedicata sulle transazioni finanziarie il cui gettito - com'è noto - sarebbe ampiamente sufficiente. Se la proposta non fosse praticabile a livello globale, potrebbe funzionare anche se limitata a livello di Unione europea;
l'introduzione di una imposta sulle transazioni valutarie potrebbe, comunque, diminuire il carico fiscale sui fattori produttivi nazionali (ed europei) e fornire risorse per affrontare su scala internazionale problemi che diventano sempre più globali quali la difesa dell'ambiente, la povertà, la cooperazione allo sviluppo, la sicurezza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prendere tutte le possibili iniziative in tutte le sedi internazionali opportune al fine di ottenere l'istituzione di un imposta sulle transazioni finanziarie ed in particolare su quelle a breve o brevissima scadenza, coinvolgendo la stessa Unione europea a partire del Consiglio europeo e dall'Ecofin.
9/3638/45. (Testo modificato nel corso della seduta) Donadi, Evangelisti, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
nell'ultimo trentennio, in Italia e nel resto del mondo, si è affermata una tendenza di lungo periodo che penalizza i redditi della stragrande maggioranza delle classi medie, lavoratori dipendenti e quanti ad essi assimilabili per condizione di lavoro. Le disparità di reddito sono tornate ad aumentare fino a livelli che erano normali negli anni '20, ma che si riteneva fossero stati eliminati. Questo è accaduto per l'abbandono della politica di piena occupazione e per la deregolamentazione del sistema finanziario. Il welfare State come base del contratto sociale è stato sostituito dall'accesso al credito. I cittadini anche con redditi medio-bassi hanno cercato protezione nell'indebitamento e sono stati coinvolti nella finanziarizzazione dell'economia, contribuendo ad alimentare bolle speculative, fino al crollo e a una crisi che è insieme economica, politica e umana;
l'Italia rappresenta il fanalino di coda sugli stipendi dei lavoratori dipendenti: a parità di potere d'acquisto, il nostro Paese occupa il ventitreesimo posto sui trenta paesi dell'Ocse, con un salario medio netto annuo che ammonta a 21.374 dollari, pari a poco più di 14.700 euro. Lo rileva l'Eurispes nel «Rapporto Italia 2010», dove si legge inoltre, che a pesare ulteriormente sulle buste paga degli italiani è il cuneo fiscale. L'Italia occupa la ventitreesima posizione e supera solo il Portogallo, la Repubblica Ceca, la Turchia, la Polonia, la Slovacchia, l'Ungheria ed il Messico;
volendo fare un paragone con gli altri cittadini europei, il lavoratore italiano percepisce un compenso salariale che è inferiore del 44 per cento rispetto al dipendente inglese, guadagna il 32 per cento in meno di quello irlandese, il 28 per cento in meno di un tedesco, il 19 per cento in meno di un greco, il 18 per cento in meno del cittadino francese e il 14 per cento in meno di quello spagnolo;
inoltre, dal confronto con altri paesi dell'OCSE, emerge che l'Italia è ai primi posti per cuneo fiscale, ossia la parte di costo del lavoro che finisce nelle tasche dello Stato. Lo Stato si prende circa il 47 per cento del salario lordo dei lavoratori;
nel frattempo sono cresciuti i profitti e le rendite, per le quali oltretutto sono previste imposte sostitutive dell'Irpef che in quasi tutti i casi vengono attualmente calcolate con un aliquota pari al 12,5 per cento;
da tempo si discute nel nostro Paese sulla necessità, anche per un elementare senso di equità fiscale, di aumentare tale aliquota del 12,5 per cento fino a raggiungere la media europea pari al 20-21 per cento;
è iniqua una tassazione sui redditi personali, oggi essenzialmente da lavoro, che va dal 23 per cento al 43 per cento, mentre stock option, capital gain, dividendi, ecc., sono tassati al 12,5 per cento. Lo squilibrio è evidente. In altri Paesi non è così. La cedolare secca, inventata per garantire l'anonimato, dovrebbe essere più alta e non più bassa della tassazione ordinaria;
in altri Paesi si è aperta una discussione sull'opportunità di considerare le stock option come parte rilevante della retribuzione dei manager, perché in troppi casi provocano distorsioni e convenienze che confliggono con l'interesse dell'impresa;
aumentare la tassazione sulle rendite finanziarie non significa aumentare la pressione fiscale ma piuttosto fare un'operazione di redistribuzione e di riequilibrio tra chi, senza saperlo, paga il 27 per cento e chi, sapendolo, paga di meno - basti pensare alle stock option - ed è invogliato a investire nel mercato azionario;
le imprese avrebbero meno convenienza a investire nella speculazione finanziaria rispetto agli investimenti produttivi: anche dal punto di vista imprenditoriale, dunque, ci dovrebbe essere interesse a riequilibrare il profitto e la rendita;
diventa urgente dunque, non solo ai fini dell'equità sociale del nostro sistema fiscale, omogeneizzare la tassazione delle rendite finanziarie prevedendo un'aliquota unica, riducendo di conseguenza l'aliquota attualmente al 27 per cento - prevista ad esempio per i depositi in conto corrente con un risparmio per i titolari dei conti di 6-700 milioni annui - e innalzando quella del 12,5 per cento;
la traduzione concreta di questo intendimento costituisce un importante obiettivo di giustizia fiscale e di riequilibrio della tassazione, visto il maggior peso fiscale che grava sul lavoro dipendente e autonomo, sul reddito di impresa e sulle altre fonti di reddito;
le maggiori entrate derivanti da specifiche modalità di attuazione dell'aliquota unica dovrebbero essere destinate a ridurre contestualmente la tassazione sulle persone fisiche con riferimento prioritario ai redditi da lavoro dipendente, che in questi anni hanno visto una perdita consistente di potere d'acquisto;
occorre intervenire stabilendo in misura pari al 20 per cento la prima aliquota dell'Irpef, fissando al 20 per cento l'aliquota Ires da applicare agli utili societari reinvestiti in azienda per favorirne la capitalizzazione, stabilendo pari al 20 per cento l'aliquota dell'imposta sui proventi derivanti dalla speculazione finanziaria;
sarebbe opportuno, inoltre, recuperare altre risorse necessarie a tali scopi attraverso un efficace contrasto all'evasione fiscale reintroducendo le norme introdotte del Governo Prodi e soppresse dall'attuale Esecutivo, quali la tracciabilità dei pagamenti e l'elenco clienti fornitori,

impegna il Governo:

ad assumere le opportune iniziative di carattere normativo, ferme restando le prerogative del Parlamento, finalizzate al riordino del trattamento tributario dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria, nonché delle gestioni individuali di patrimoni e degli organismi di investimento collettivo mobiliare, e ad apportare modifiche al regime delle ritenute alla fonte sui redditi di capitale o delle imposte sostitutive afferenti i medesimi redditi, con l'esclusione dei redditi derivanti da titoli emessi dallo Stato;
ad approntare una più globale riforma fiscale orientata a tassare meno i fattori produttivi, il lavoro e il capitale, e, maggiormente, i consumi di beni di lusso e le attività speculative, salvaguardando il principio costituzionale della progressività della tassazione in relazione ai livelli effettivi di reddito, tramite l'applicazione di tre aliquote ognuna pari al 20 per cento: una come prima aliquota Irpef per alleggerire il peso fiscale dei redditi medio-bassi; una come aliquota Ires da applicare agli utili societari reinvestiti in azienda e una per la tassazione delle rendite derivanti dalle attività finanziarie speculative.
9/3638/46. Messina, Barbato, Cambursano, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
nell'ultimo trentennio, in Italia e nel resto del mondo, si è affermata una tendenza di lungo periodo che penalizza i redditi della stragrande maggioranza delle classi medie, lavoratori dipendenti e quanti ad essi assimilabili per condizione di lavoro. Le disparità di reddito sono tornate ad aumentare fino a livelli che erano normali negli anni '20, ma che si riteneva fossero stati eliminati. Questo è accaduto per l'abbandono della politica di piena occupazione e per la deregolamentazione del sistema finanziario. Il welfare State come base del contratto sociale è stato sostituito dall'accesso al credito. I cittadini anche con redditi medio-bassi hanno cercato protezione nell'indebitamento e sono stati coinvolti nella finanziarizzazione dell'economia, contribuendo ad alimentare bolle speculative, fino al crollo e a una crisi che è insieme economica, politica e umana;
l'Italia rappresenta il fanalino di coda sugli stipendi dei lavoratori dipendenti: a parità di potere d'acquisto, il nostro Paese occupa il ventitreesimo posto sui trenta paesi dell'Ocse, con un salario medio netto annuo che ammonta a 21.374 dollari, pari a poco più di 14.700 euro. Lo rileva l'Eurispes nel «Rapporto Italia 2010», dove si legge inoltre, che a pesare ulteriormente sulle buste paga degli italiani è il cuneo fiscale. L'Italia occupa la ventitreesima posizione e supera solo il Portogallo, la Repubblica Ceca, la Turchia, la Polonia, la Slovacchia, l'Ungheria ed il Messico;
volendo fare un paragone con gli altri cittadini europei, il lavoratore italiano percepisce un compenso salariale che è inferiore del 44 per cento rispetto al dipendente inglese, guadagna il 32 per cento in meno di quello irlandese, il 28 per cento in meno di un tedesco, il 19 per cento in meno di un greco, il 18 per cento in meno del cittadino francese e il 14 per cento in meno di quello spagnolo;
inoltre, dal confronto con altri paesi dell'OCSE, emerge che l'Italia è ai primi posti per cuneo fiscale, ossia la parte di costo del lavoro che finisce nelle tasche dello Stato. Lo Stato si prende circa il 47 per cento del salario lordo dei lavoratori;
nel frattempo sono cresciuti i profitti e le rendite, per le quali oltretutto sono previste imposte sostitutive dell'Irpef che in quasi tutti i casi vengono attualmente calcolate con un aliquota pari al 12,5 per cento;
da tempo si discute nel nostro Paese sulla necessità, anche per un elementare senso di equità fiscale, di aumentare tale aliquota del 12,5 per cento fino a raggiungere la media europea pari al 20-21 per cento;
è iniqua una tassazione sui redditi personali, oggi essenzialmente da lavoro, che va dal 23 per cento al 43 per cento, mentre stock option, capital gain, dividendi, ecc., sono tassati al 12,5 per cento. Lo squilibrio è evidente. In altri Paesi non è così. La cedolare secca, inventata per garantire l'anonimato, dovrebbe essere più alta e non più bassa della tassazione ordinaria;
in altri Paesi si è aperta una discussione sull'opportunità di considerare le stock option come parte rilevante della retribuzione dei manager, perché in troppi casi provocano distorsioni e convenienze che confliggono con l'interesse dell'impresa;
aumentare la tassazione sulle rendite finanziarie non significa aumentare la pressione fiscale ma piuttosto fare un'operazione di redistribuzione e di riequilibrio tra chi, senza saperlo, paga il 27 per cento e chi, sapendolo, paga di meno - basti pensare alle stock option - ed è invogliato a investire nel mercato azionario;
le imprese avrebbero meno convenienza a investire nella speculazione finanziaria rispetto agli investimenti produttivi: anche dal punto di vista imprenditoriale, dunque, ci dovrebbe essere interesse a riequilibrare il profitto e la rendita;
diventa urgente dunque, non solo ai fini dell'equità sociale del nostro sistema fiscale, omogeneizzare la tassazione delle rendite finanziarie prevedendo un'aliquota unica, riducendo di conseguenza l'aliquota attualmente al 27 per cento - prevista ad esempio per i depositi in conto corrente con un risparmio per i titolari dei conti di 6-700 milioni annui - e innalzando quella del 12,5 per cento;
la traduzione concreta di questo intendimento costituisce un importante obiettivo di giustizia fiscale e di riequilibrio della tassazione, visto il maggior peso fiscale che grava sul lavoro dipendente e autonomo, sul reddito di impresa e sulle altre fonti di reddito;
le maggiori entrate derivanti da specifiche modalità di attuazione dell'aliquota unica dovrebbero essere destinate a ridurre contestualmente la tassazione sulle persone fisiche con riferimento prioritario ai redditi da lavoro dipendente, che in questi anni hanno visto una perdita consistente di potere d'acquisto;
occorre intervenire stabilendo in misura pari al 20 per cento la prima aliquota dell'Irpef, fissando al 20 per cento l'aliquota Ires da applicare agli utili societari reinvestiti in azienda per favorirne la capitalizzazione, stabilendo pari al 20 per cento l'aliquota dell'imposta sui proventi derivanti dalla speculazione finanziaria;
sarebbe opportuno, inoltre, recuperare altre risorse necessarie a tali scopi attraverso un efficace contrasto all'evasione fiscale reintroducendo le norme introdotte del Governo Prodi e soppresse dall'attuale Esecutivo, quali la tracciabilità dei pagamenti e l'elenco clienti fornitori,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di assumere le opportune iniziative di carattere normativo, ferme restando le prerogative del Parlamento, finalizzate al riordino del trattamento tributario dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria, nonché delle gestioni individuali di patrimoni e degli organismi di investimento collettivo mobiliare, e ad apportare modifiche al regime delle ritenute alla fonte sui redditi di capitale o delle imposte sostitutive afferenti i medesimi redditi, con l'esclusione dei redditi derivanti da titoli emessi dallo Stato;
ad approntare una più globale riforma fiscale orientata a tassare meno i fattori produttivi, il lavoro e il capitale, e, maggiormente, i consumi di beni di lusso e le attività speculative, salvaguardando il principio costituzionale della progressività della tassazione in relazione ai livelli effettivi di reddito, tramite l'applicazione di tre aliquote ognuna pari al 20 per cento: una come prima aliquota Irpef per alleggerire il peso fiscale dei redditi medio-bassi; una come aliquota Ires da applicare agli utili societari reinvestiti in azienda e una per la tassazione delle rendite derivanti dalle attività finanziarie speculative.
9/3638/46. (Testo modificato nel corso della seduta) Messina, Barbato, Cambursano, Borghesi.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame, all'articolo 48, introduce alcune novelle al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, (legge fallimentare), con specifico riferimento alla disciplina del concordato preventivo e dell'accordo di ristrutturazione dei debiti;
il comma 2-bis dell'articolo 48, aggiunge alla legge fallimentare l'articolo 217-bis che prevede ipotesi derogatorie di esenzione dai reati di bancarotta e allarga i casi di non punibilità dei reati di bancarotta semplice e fraudolenta nei casi di dissesto finanziario delle aziende;
il nuovo articolo 217-bis prevede una causa di esclusione della punibilità rispetto alle fattispecie di bancarotta semplice e bancarotta fraudolenta, nei casi in cui il fallito esegua pagamenti o operazioni:
1. in esecuzione di un concordato preventivo,
2. in esecuzione di un accordo di ristrutturazione dei debiti,
3. in esecuzione di un piano (previsto dall'articolo 67 legge fallimentare) che appaia idoneo a consentire il risanamento dell'esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata da un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili e che abbia i requisiti previsti dall'articolo 28, lettere a) e b) della legge fallimentare, ai sensi dell'articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile;
con il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, è stata introdotta nell'ambito del diritto fallimentare la figura dell'esperto, che nel concordato preventivo deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano, negli accordi di ristrutturazione l'attuabilità del piano, nel piano di risanamento la ragionevolezza del piano;
la nuova figura professionale è caratterizzata da un'irragionevole disparità dei requisiti richiesti nelle diverse ipotesi introdotte dal legislatore: il professionista dell'articolo 161 deve possedere i requisiti dell'articolo 28 legge fallimentare, l'estensore dell'attestato dei piani di risanamento richiama l'articolo 2501-bis, quarto comma del codice civile, mentre l'esperto degli accordi di ristrutturazione non deve possedere alcuna specifica qualità professionale;
si tratta di una diversificazione priva di ogni giustificazione, anche alla luce del fatto che tali nuove funzioni, alle quali faranno da contraltare nuove responsabilità connesse all'inevitabile espandersi della tutela risarcitoria, richiederanno una nuova figura di professionista, dotato di una maggiore indipendenza rispetto al cliente debitore, di quella «imparzialità» che il delicatissimo ruolo di verificatore ed attestatore della fattibilità, attuabilità o ragionevolezza del piano richiede;
la nomina dell'esperto incaricato di attestare, ai sensi dell'articolo 67, comma 3, lettera d) della legge fallimentare, la ragionevolezza del piano di risanamento dell'esposizione debitoria non compete al Tribunale bensì unicamente all'imprenditore;
inoltre, altro elemento rilevante è l'emarginazione della giurisdizione in merito all'attestato di risanamento che emerge con assoluta nettezza; raggiunge la sua massima espressione, laddove si consideri che non è previsto alcun potere di controllo o di valutazione del piano di salvataggio da parte del giudice se non in una eventuale fase contenziosa, il cui controllo non sarà mai di merito, ma esclusivamente finalizzato a valutare la coerenza dell'atto dispositivo al piano di salvataggio, ovvero la sua irragionevolezza;
a differenza della relazione richiesta per i piani previsti in ipotesi di concordato preventivo, nei casi di cui agli articoli 67, comma 3 (piani di risanamento) e 182-bis (accordi di ristrutturazione), l'esperto non sarà tenuto a fornire alcuna attestazione di veridicità dei dati aziendali. Considerazione quest'ultima che introduce la questione relativa ai profili di responsabilità dell'esperto in caso di successivo fallimento o, comunque, di inadempimento del debitore, sia nei confronti della società che dei creditori. Responsabilità contrattuale nei confronti della società (in caso di fallimento destinata ad essere attratta nella legittimazione esclusiva del curatore) ed extracontrattuale nei confronti dei creditori;
gli accordi di ristrutturazione, presentati come la traduzione italiana del pre-packaged, lasciano forti dubbi in ordine alla loro efficacia rispetto agli obiettivi prefissati. Un primo profilo di debolezza dell'istituto è rappresentato dalla vincolatività di tali accordi, limitata ai soli aderenti, con la conseguenza che viene meno uno dei pilastri dell'omologo istituto statunitense: la protezione dalle azioni esecutive. Un secondo profilo di debolezza è rappresentato dal mancato riconoscimento della prededuzione nel successivo fallimento per l'erogazione di nuova finanza avvenuta nel corso della procedura;
da ultimo non può neppure essere tralasciato il fatto che il legislatore ha completamente omesso di regolamentare le eventuali ripercussioni sul versante penale in caso di successivo fallimento, le possibili responsabilità per concorso in bancarotta preferenziale o per concorso in bancarotta da aggravamento del dissesto conseguente a ritardata richiesta del fallimento ai sensi dell'articolo 217 della legge fallimentare;
il beneficio previsto dall'articolo 67 comma 3, lettera e) non appare di certo sufficiente ad attribuire agli accordi la natura di valido strumento di superamento delle crisi d'impresa, tenuto conto che anche sotto questo profilo, quello relativo agli effetti protettivi nei confronti dei terzi (creditori e non), l'intervento legislativo lascia ampie zone d'ombra, ad esempio, in tema di perdurante responsabilità delle banche ai sensi dell'articolo 2497 del codice civile e, soprattutto, per concessione abusiva di credito,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative volte a regolare in maniera puntuale gli accordi di ristrutturazione previsti dall'articolo 67 della legge fallimentare, in maniera tale da razionalizzare la normativa vigente con riferimento alla responsabilità delle banche come disciplinata dall'articolo 2497 del codice civile, con particolare riguardo alla concessione abusiva di credito;
a valutare l'opportunità di regolare in materia puntuale i profili di responsabilità dell'esperto in caso di successivo fallimento, o comunque di inadempimento del debitore, sia nei confronti della società che dei creditori.
9/3638/47. Borghesi.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame, all'articolo 48, introduce alcune novelle al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, (legge fallimentare), con specifico riferimento alla disciplina del concordato preventivo e dell'accordo di ristrutturazione dei debiti;
il comma 2-bis dell'articolo 48, aggiunge alla legge fallimentare l'articolo 217-bis che prevede ipotesi derogatorie di esenzione dai reati di bancarotta e allarga i casi di non punibilità dei reati di bancarotta semplice e fraudolenta nei casi di dissesto finanziario delle aziende;
il nuovo articolo 217-bis prevede una causa di esclusione della punibilità rispetto alle fattispecie di bancarotta semplice e bancarotta fraudolenta, nei casi in cui il fallito esegua pagamenti o operazioni:
1. in esecuzione di un concordato preventivo,
2. in esecuzione di un accordo di ristrutturazione dei debiti,
3. in esecuzione di un piano (previsto dall'articolo 67 legge fallimentare) che appaia idoneo a consentire il risanamento dell'esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata da un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili e che abbia i requisiti previsti dall'articolo 28, lettere a) e b) della legge fallimentare, ai sensi dell'articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile;
con il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, è stata introdotta nell'ambito del diritto fallimentare la figura dell'esperto, che nel concordato preventivo deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano, negli accordi di ristrutturazione l'attuabilità del piano, nel piano di risanamento la ragionevolezza del piano;
la nuova figura professionale è caratterizzata da un'irragionevole disparità dei requisiti richiesti nelle diverse ipotesi introdotte dal legislatore: il professionista dell'articolo 161 deve possedere i requisiti dell'articolo 28 legge fallimentare, l'estensore dell'attestato dei piani di risanamento richiama l'articolo 2501-bis, quarto comma del codice civile, mentre l'esperto degli accordi di ristrutturazione non deve possedere alcuna specifica qualità professionale;
si tratta di una diversificazione priva di ogni giustificazione, anche alla luce del fatto che tali nuove funzioni, alle quali faranno da contraltare nuove responsabilità connesse all'inevitabile espandersi della tutela risarcitoria, richiederanno una nuova figura di professionista, dotato di una maggiore indipendenza rispetto al cliente debitore, di quella «imparzialità» che il delicatissimo ruolo di verificatore ed attestatore della fattibilità, attuabilità o ragionevolezza del piano richiede;
la nomina dell'esperto incaricato di attestare, ai sensi dell'articolo 67, comma 3, lettera d) della legge fallimentare, la ragionevolezza del piano di risanamento dell'esposizione debitoria non compete al Tribunale bensì unicamente all'imprenditore;
inoltre, altro elemento rilevante è l'emarginazione della giurisdizione in merito all'attestato di risanamento che emerge con assoluta nettezza; raggiunge la sua massima espressione, laddove si consideri che non è previsto alcun potere di controllo o di valutazione del piano di salvataggio da parte del giudice se non in una eventuale fase contenziosa, il cui controllo non sarà mai di merito, ma esclusivamente finalizzato a valutare la coerenza dell'atto dispositivo al piano di salvataggio, ovvero la sua irragionevolezza;
a differenza della relazione richiesta per i piani previsti in ipotesi di concordato preventivo, nei casi di cui agli articoli 67, comma 3 (piani di risanamento) e 182-bis (accordi di ristrutturazione), l'esperto non sarà tenuto a fornire alcuna attestazione di veridicità dei dati aziendali. Considerazione quest'ultima che introduce la questione relativa ai profili di responsabilità dell'esperto in caso di successivo fallimento o, comunque, di inadempimento del debitore, sia nei confronti della società che dei creditori. Responsabilità contrattuale nei confronti della società (in caso di fallimento destinata ad essere attratta nella legittimazione esclusiva del curatore) ed extracontrattuale nei confronti dei creditori;
gli accordi di ristrutturazione, presentati come la traduzione italiana del pre-packaged, lasciano forti dubbi in ordine alla loro efficacia rispetto agli obiettivi prefissati. Un primo profilo di debolezza dell'istituto è rappresentato dalla vincolatività di tali accordi, limitata ai soli aderenti, con la conseguenza che viene meno uno dei pilastri dell'omologo istituto statunitense: la protezione dalle azioni esecutive. Un secondo profilo di debolezza è rappresentato dal mancato riconoscimento della prededuzione nel successivo fallimento per l'erogazione di nuova finanza avvenuta nel corso della procedura;
da ultimo non può neppure essere tralasciato il fatto che il legislatore ha completamente omesso di regolamentare le eventuali ripercussioni sul versante penale in caso di successivo fallimento, le possibili responsabilità per concorso in bancarotta preferenziale o per concorso in bancarotta da aggravamento del dissesto conseguente a ritardata richiesta del fallimento ai sensi dell'articolo 217 della legge fallimentare;
il beneficio previsto dall'articolo 67 comma 3, lettera e) non appare di certo sufficiente ad attribuire agli accordi la natura di valido strumento di superamento delle crisi d'impresa, tenuto conto che anche sotto questo profilo, quello relativo agli effetti protettivi nei confronti dei terzi (creditori e non), l'intervento legislativo lascia ampie zone d'ombra, ad esempio, in tema di perdurante responsabilità delle banche ai sensi dell'articolo 2497 del codice civile e, soprattutto, per concessione abusiva di credito,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative volte a regolare in maniera puntuale gli accordi di ristrutturazione previsti dall'articolo 67 della legge fallimentare, in maniera tale da razionalizzare la normativa vigente con riferimento alla responsabilità delle banche come disciplinata dall'articolo 2497 del codice civile, con particolare riguardo alla concessione abusiva di credito.
9/3638/47. (Testo modificato nel corso della seduta) Borghesi.

La Camera,
premesso che:
anche se il 21 luglio scorso il Ministro dell'economia dichiarava che: «è stato fatto uno sciopero contro il blocco del turn-over nella sanità ma il blocco non c'è», e che su tale posizione si è allineato anche il Ministro della Salute, in realtà è arduo individuare all'interno del testo della manovra correttiva, l'esclusione dei medici dal suddetto blocco del turn-over, come dichiarato dai due ministri;
rimane comunque il dato che al blocco del turn-over del personale medico, che riguarda oltre 20.000 medici non sostituiti, si aggiunge la inevitabile certezza del «licenziamento» del 50 per cento dei precari (articolo 9, comma 28), che sono prevalentemente impegnati nelle attività di Pronto Soccorso e in altre importanti attività dei servizi sanitari ospedalieri e territoriali. Il previsto taglio al ricorso ai contratti di lavoro atipici, ha infatti effetti ancora più pesanti in un settore, quale quello della sanità, dove la presenza e il ruolo dei lavoratori precari è fondamentale. La prima conseguenza sarà inevitabilmente sulla riduzione quantitativa e qualitativa delle prestazioni erogate con aumento dei tempi di attesa dei cittadini;
a tal proposito, sono circa 12 mila i medici assunti con contratto a tempo determinato, e molti servizi sanitari che gestiscono l'emergenza si reggono principalmente proprio sui suddetti precari. Il Pronto soccorso della periferia romana e della provincia, per esempio, sono retti al 50 per cento da personale medico e infermieristico precario. Ma è a rischio anche l'assistenza sanitaria in carcere in conseguenza del fatto che, su 5.500 addetti, circa 5.000 sono precari; così come l'area della prevenzione veterinaria con 1.200 veterinari precari a fronte dei circa 6.000 dirigenti contrattualizzati;
a quanto suesposto, va aggiunto il previsto blocco contrattuale per i dipendenti pubblici ed il mancato riconoscimento degli aumenti stipendiali - fino a 40.000 euro in meno per i più giovani nei 4 anni di blocco contrattuale; che avrà come probabile conseguenza la «fuga di massa» delle professionalità sanitarie italiane dal Sistema Sanitario Nazionale, impoverendo ancora di più le strutture e i servizi sanitari del nostro Paese;
l'Allegato 1 al disegno di legge in esame prevede inoltre un taglio per il Ministero della salute, di 13,7 milioni di euro per l'anno 2011, di 14,10 milioni di euro per l'anno 2012, e di 14,1 milioni di euro per l'anno 2013;
per quanto riguarda inoltre il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il medesimo Allegato 1, impone un taglio di 175 mila euro (256 mila euro nel 2013) per i diritti sociali, politiche sociali e famiglia, e 11 mila euro per le politiche dell'immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, per ciascun anno del triennio 2011-2013;
il taglio pesantissimo dei trasferimenti alle Regioni, porterà inoltre, fin da subito, ad una riduzione dei servizi di assistenza alla persona e dei servizi sociali a forte componente sanitaria (disabilità, non autosufficienza, assistenza domiciliare, ecc.);
ciò che risulta evidente in questa manovra economica è che il comparto sanità è tra i più colpiti, concorrendo alla riduzione della spesa pubblica per 1,2 miliardi di euro a partire dal 2012. Di questi, circa 628 milioni di euro sono recuperati da tagli al personale sanitario e la restante parte, per un ammontare pari a 600 milioni di euro a regime, da tagli alla spesa farmaceutica;
il provvedimento in esame, dispone inoltre che l'Aifa, provveda a individuare, fra i medicinali a carico della spesa farmaceutica ospedaliera, quelli che, in quanto utilizzabili sia in ambito ambulatoriale che domiciliare, debbano essere invece erogati attraverso l'assistenza farmaceutica territoriale per un importo annuo di 600 milioni di euro. Detta previsione può tuttavia presentare dei rischi per l'effettiva continuità e qualità di cura di patologie anche molto gravi, come per esempio l'Aids e il cancro, laddove vengono somministrati alcuni farmaci che presentano spesso una serie di effetti collaterali che non possono essere sottovalutati. La prevista dispensazione in farmacia territoriale potrebbe quindi indurre i pazienti in erronee valutazioni della «sicurezza» di questi farmaci e portare a variazioni della somministrazione che potrebbero avere effetti anche molto seri;
gravissima è inoltre la previsione contenuta ai commi 13 e 14, dell'articolo 11, concernente gli indennizzi a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati, ovvero di contagio da persone rientranti nelle suddette fattispecie;
in base alla normativa in vigore, tali soggetti hanno diritto ad un assegno per 15 anni più un assegno una tantum per il periodo compreso tra il manifestarsi dell'evento dannoso e il conseguimento dell'indennizzo summenzionato. L'assegno quindicennale è quindi integrato da una somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale, prevista per la prima qualifica funzionale degli impiegati civili dello Stato;
il comma 13 esclude in modo inaccettabile che tale importo integrativo sia rivalutato in relazione al tasso di inflazione al contrario dell'assegno suddetto, che è adeguato in base al tasso di inflazione programmato. Come se non bastasse, tale esclusione ha carattere di interpretazione autentica ed ha quindi, effetto retroattivo. Inoltre, il successivo comma 14 fa salvi solamente gli effetti delle sentenze passate in giudicato, limitatamente a periodi anteriori alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame. Ne consegue invece che, per eventuali cause e procedimenti ancora in corso, o in caso di provvedimenti emanati e finalizzati al riconoscimento della rivalutazione della suddetta indennità integrativa speciale, si applica questa norma e quindi non si riconosce detta rivalutazione;
come evidente, si tratta di una vera ingiustizia a danno di persone che già hanno subito pesanti conseguenze a seguito di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati che sono state danneggiate, in qualche modo, dallo Stato stesso. Il non voler riconoscere alla suddetta indennità alcuna rivalutazione, comporta inevitabilmente che, tra qualche anno, detta indennità integrativa - già irrisoria - sarà praticamente azzerata, perché erosa dall'inflazione,

impegna il Governo:

a esplicitare con chiarezza che il previsto il blocco del turn-over non si applica al settore della sanità, così come ribadito dal Ministro dell'economia e dal Ministro della Salute;
a valutare l'opportunità di contenere il previsto taglio del 50 per cento dei precari al personale medico e infermieristico impiegato nelle strutture ospedaliere con particolare riferimento ai lavoratori impegnati nelle attività di Pronto Soccorso e in altre importanti attività dei servizi sanitari ospedalieri e territoriali;
a verificare con le regioni la coerenza delle disposizioni introdotte dal decreto legge in esame con i contenuti del Patto della Salute di cui alla legge n. 191 del 2009, valutando, in questo ambito, l'opportunità di rifinanziare le risorse a favore dell'edilizia sanitaria, come previste dal medesimo Patto che garantiva l'incremento di 1 miliardo di euro per gli investimenti finalizzati all'adeguamento strutturale e tecnologico del SSN;
a provvedere al rifinanziamento del fondo per le non autosufficienze, e individuando le opportune risorse per garantire quei servizi socio-assistenziali indispensabili, fortemente compromessi dalla drastica riduzione dei trasferimenti alle Regioni;
a prevedere le opportune forme di vigilanza affinché il previsto passaggio dall'ospedale alla farmacia di molti farmaci oggi di uso esclusivo ospedaliero, non metta a rischio l'accesso e l'effettiva continuità e qualità della cura di patologie anche molto gravi, nonché di verificare la piena disponibilità dei medesimi farmaci a livello di farmacia territoriale.
9/3638/48. Palagiano, Mura, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
dopo la pesante sforbiciata inflitta al comparto della Polizia di Stato dalla legge n. 133 del 2008 - meno 492 milioni di euro - il provvedimento in titolo taglia ulteriormente le risorse del 10 per cento - meno 65 milioni di euro - per un totale di 557 mln di riduzione, pari al 35 per cento del bilancio per il 2011;
risalendo all'ultimo disegno di legge di bilancio, la missione «Ordine pubblico e sicurezza» del Ministero dell'interno è quella che registrava l'unico segno negativo che neanche la somma algebrica delle variazioni di segno diverso dei diversi programmi ha potuto compensare (l'entità della riduzione ammontava a circa 270 milioni di euro, pari al 3,46 per cento delle risorse);
le priorità «elettorali» assegnate alla sicurezza e all'ordine pubblico, i riconoscimenti pubblici del Governo verso ogni singolo operatore di polizia per i numerosi risultati conseguiti nella lotta al crimine ed alla mafie appaiono incongruenti ed improvvidi, ove misurati sui fatti;
la ricaduta effettiva dei tagli è molto pesante per il comparto, non solo in materia di riconoscimenti economici, ma soprattutto sulle strutture e sulle risorse strumentali: è già prevista la chiusura di diversi Commissariati, tra i primi sacrificati comparirebbe quello di Chiaiano, in provincia di Napoli, vicino alla discarica, insieme a due Centri di formazione (Scuola di Campobasso e Centro di formazione linguistica di Milano); oltre il 60 per cento delle imbarcazioni, degli aerei e degli elicotteri operativi della polizia sono a terra per mancanza di manutenzione, di pezzi di ricambio, di carburanti; il fondo per l'acquisto di pistole, munizioni, giubbotti antiproiettile, armamenti per i Nocs è stato tagliato dell'80 per cento;
i tagli e le riduzioni di spesa previste per il comparto della polizia non possono ritenersi adeguati all'attuazione dei programmi volti al contrasto della criminalità ed alla tutela dei cittadini e del territorio, oltre che di efficace prevenzione in ordine ai reati;
le risorse economico-strumentali a concreta disposizione delle forze di polizia non possono che ritenersi lontane ed inadeguate rispetto alle esigenze indicate e ciò è strettamente connesso con il rispetto e la dignità delle medesime,

impegna il Governo

a rimodulare, nei termini e con le modalità disposti dall'articolo 2 del decreto-legge in esame, le dotazioni finanziarie delle missioni di spesa del Ministero dell'interno e del Ministero dell'economia e delle finanze in modo da ripristinare, almeno in parte, le risorse della missione 007 - Ordine pubblico e sicurezza.
9/3638/49. Paladini, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
dopo la pesante sforbiciata inflitta al comparto della Polizia di Stato dalla legge n. 133 del 2008 - meno 492 milioni di euro - il provvedimento in titolo taglia ulteriormente le risorse del 10 per cento - meno 65 milioni di euro - per un totale di 557 mln di riduzione, pari al 35 per cento del bilancio per il 2011;
risalendo all'ultimo disegno di legge di bilancio, la missione «Ordine pubblico e sicurezza» del Ministero dell'interno è quella che registrava l'unico segno negativo che neanche la somma algebrica delle variazioni di segno diverso dei diversi programmi ha potuto compensare (l'entità della riduzione ammontava a circa 270 milioni di euro, pari al 3,46 per cento delle risorse);
le priorità «elettorali» assegnate alla sicurezza e all'ordine pubblico, i riconoscimenti pubblici del Governo verso ogni singolo operatore di polizia per i numerosi risultati conseguiti nella lotta al crimine ed alla mafie appaiono incongruenti ed improvvidi, ove misurati sui fatti;
la ricaduta effettiva dei tagli è molto pesante per il comparto, non solo in materia di riconoscimenti economici, ma soprattutto sulle strutture e sulle risorse strumentali: è già prevista la chiusura di diversi Commissariati, tra i primi sacrificati comparirebbe quello di Chiaiano, in provincia di Napoli, vicino alla discarica, insieme a due Centri di formazione (Scuola di Campobasso e Centro di formazione linguistica di Milano); oltre il 60 per cento delle imbarcazioni, degli aerei e degli elicotteri operativi della polizia sono a terra per mancanza di manutenzione, di pezzi di ricambio, di carburanti; il fondo per l'acquisto di pistole, munizioni, giubbotti antiproiettile, armamenti per i Nocs è stato tagliato dell'80 per cento;
i tagli e le riduzioni di spesa previste per il comparto della polizia non possono ritenersi adeguati all'attuazione dei programmi volti al contrasto della criminalità ed alla tutela dei cittadini e del territorio, oltre che di efficace prevenzione in ordine ai reati;
le risorse economico-strumentali a concreta disposizione delle forze di polizia non possono che ritenersi lontane ed inadeguate rispetto alle esigenze indicate e ciò è strettamente connesso con il rispetto e la dignità delle medesime,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rimodulare, nei termini e con le modalità disposti dall'articolo 2 del decreto-legge in esame, le dotazioni finanziarie delle missioni di spesa del Ministero dell'interno e del Ministero dell'economia e delle finanze in modo da ripristinare, almeno in parte, le risorse della missione 007 - Ordine pubblico e sicurezza.
9/3638/49. (Testo modificato nel corso della seduta) Paladini, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
il comma 14 dell'articolo 6 dispone una riduzione pari al 20 per cento delle spese sostenute nel 2009 dalle amministrazioni pubbliche per «l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi»;
l'Italia detiene l'assurdo primato del maggior numero di auto di rappresentanza: sarebbero, secondo le stime del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, oltre 90.000; al secondo posto, ma piuttosto distanziati, gli Stati Uniti d'America, con 72.000, seguiti dalla Francia, con 63.000, al quarto posto il Regno Unito con 56.000, la Germania con 55.000, la Turchia con 51.000, la Spagna con 42.000, il Giappone con 30.000, la Grecia con 30.000;
nel primo trimestre del 2010, l'aumento del numero delle auto blu è proseguito con un trend positivo pari a + 0,6 punti percentuali, nonostante una disposizione che fin dal 1991 ne limita l'uso ai soli ministri, sottosegretari e ad alcuni direttori generali;
il costo complessivo di queste autovetture - sempre secondo lo stesso Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione - è di oltre 4 miliardi di euro l'anno, di cui un miliardo per consumi, assicurazione, manutenzione e noleggi, gli altri tre miliardi sono spesi per gli addetti al parco auto;
pur nella consapevolezza dei costi intrinseci e di funzionamento della democrazia, non di meno è bene riconoscere l'uso proprio ed efficiente dall'abuso degli strumenti e dei simboli della rappresentanza, in particolare verso quelli che risultano particolarmente invisi ai cittadini, nel momento in cui sono richiesti loro enormi sacrifici e la dignità delle istituzioni risulta adombrata;
le misure di razionalizzazione dei costi delle istituzioni, ove attuate con severità ed efficacia, possono assolvere compiti di varia natura - sollievo per le casse statali, riavvicinamento della «casta» ai cittadini, liberazione di risorse per altri e primari settori in sofferenza, cui l'azione di governo potrebbe destinare maggiori risorse, quali la sicurezza e la giustizia,

impegna il Governo:

ad intervenire in maniera ben più decisa, nella predisposizione del disegno di legge di bilancio, sulla riduzione delle spese sostenute dalle amministrazioni pubbliche per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi, disponendo una percentuale di riduzione pari almeno al 70 per cento, mantenendo le medesime esclusioni inerenti il Corpo dei vigili del fuoco ed i servizi di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblici;
a valutare, inoltre, l'opportunità di introdurre il divieto, per tutte le amministrazioni pubbliche, di noleggio di autovetture con autista.
9/3638/50. Scilipoti, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
il comma 14 dell'articolo 6 dispone una riduzione pari al 20 per cento delle spese sostenute nel 2009 dalle amministrazioni pubbliche per «l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi»;
l'Italia detiene l'assurdo primato del maggior numero di auto di rappresentanza: sarebbero, secondo le stime del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, oltre 90.000; al secondo posto, ma piuttosto distanziati, gli Stati Uniti d'America, con 72.000, seguiti dalla Francia, con 63.000, al quarto posto il Regno Unito con 56.000, la Germania con 55.000, la Turchia con 51.000, la Spagna con 42.000, il Giappone con 30.000, la Grecia con 30.000;
nel primo trimestre del 2010, l'aumento del numero delle auto blu è proseguito con un trend positivo pari a + 0,6 punti percentuali, nonostante una disposizione che fin dal 1991 ne limita l'uso ai soli ministri, sottosegretari e ad alcuni direttori generali;
il costo complessivo di queste autovetture - sempre secondo lo stesso Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione - è di oltre 4 miliardi di euro l'anno, di cui un miliardo per consumi, assicurazione, manutenzione e noleggi, gli altri tre miliardi sono spesi per gli addetti al parco auto;
pur nella consapevolezza dei costi intrinseci e di funzionamento della democrazia, non di meno è bene riconoscere l'uso proprio ed efficiente dall'abuso degli strumenti e dei simboli della rappresentanza, in particolare verso quelli che risultano particolarmente invisi ai cittadini, nel momento in cui sono richiesti loro enormi sacrifici e la dignità delle istituzioni risulta adombrata;
le misure di razionalizzazione dei costi delle istituzioni, ove attuate con severità ed efficacia, possono assolvere compiti di varia natura - sollievo per le casse statali, riavvicinamento della «casta» ai cittadini, liberazione di risorse per altri e primari settori in sofferenza, cui l'azione di governo potrebbe destinare maggiori risorse, quali la sicurezza e la giustizia,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di intervenire in maniera ben più decisa, nella predisposizione del disegno di legge di bilancio, sulla riduzione delle spese sostenute dalle amministrazioni pubbliche per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi, disponendo una percentuale di riduzione pari almeno al 70 per cento, mantenendo le medesime esclusioni inerenti il Corpo dei vigili del fuoco ed i servizi di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblici;
a valutare, inoltre, l'opportunità di introdurre il divieto, per tutte le amministrazioni pubbliche, di noleggio di autovetture con autista.
9/3638/50. (Testo modificato nel corso della seduta) Scilipoti, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
premesso che:
secondo attendibili dati di fonte Banca d'Italia, il cuneo fiscale sul lavoro è di circa 5 punti superiore alla media degli altri Paesi dell'area dell'Euro, mentre il prelievo sui redditi da lavoro più bassi e quello sulle imprese, inclusa l'Irap, è più elevato di 6 punti;
tale condizione di svantaggio competitivo deriva anche dall'evasione fiscale, stimata, seppure approssimativamente con riguardo all'Iva intorno al 30 per cento della base imponibile (pari a circa 2 punti di Pil),

impegna il Governo

ad eliminare dal novero degli strumenti di politica finanziaria misure di condono, anche nella forma più deleteria dello «Scudo Fiscale», ad assumere la questione dell'evasione fiscale come questione nazionale, nonché a promuovere la costituzione di un Tavolo Paritetico con le forze dell'opposizione per l'elaborazione di un Piano di Intervento di cadenza annuale.
9/3638/51. Calearo Ciman.

La Camera,
premesso che:
secondo attendibili dati di fonte Banca d'Italia, il cuneo fiscale sul lavoro è di circa 5 punti superiore alla media degli altri Paesi dell'area dell'Euro, mentre il prelievo sui redditi da lavoro più bassi e quello sulle imprese, inclusa l'Irap, è più elevato di 6 punti;
tale condizione di svantaggio competitivo deriva anche dall'evasione fiscale, stimata, seppure approssimativamente con riguardo all'Iva intorno al 30 per cento della base imponibile (pari a circa 2 punti di Pil),

impegna il Governo

a continuare ad assumere la questione dell'evasione fiscale come questione prioritaria nazionale.
9/3638/51. (Testo modificato nel corso della seduta) Calearo Ciman.

La Camera,
premesso che:
la scelta sistematica di penalizzare i Comuni con continui tagli ed imponendo vincoli relativi al patto di stabilità che limitano gli investimenti esclude il ruolo fondamentale che essi hanno nel rilancio dell'economia, soprattutto in tempi di pesante crisi economica ed occupazionale, in quanto i Comuni, investendo ogni anno risorse sul territorio, favoriscono le imprese e la creazione di posti di lavoro e, al tempo stesso, garantiscono ai cittadini una serie di servizi fondamentali, con particolare attenzione alle fasce meno abbienti ed a rischio emarginazione;
l'entità dei nuovi tagli ai trasferimenti erariali a beneficio dei Comuni, che già dispongono di pochissime risorse a causa della mancata copertura del gettito ICI eliminato dal Governo e della crisi edilizia con la conseguente contrazione degli oneri di urbanizzazione, oltre a colpire indistintamente anche quelli che si impegnano responsabilmente ad attuare politiche di rigore e di buon governo, obbligherà i Comuni a ridurre in qualità e quantità molti servizi essenziali a favore dei cittadini e, per far quadrare i conti, ad aumentare le quote di costo a carico delle famiglie che, già duramente colpite insieme alle fasce sociali più deboli dalla crisi economica in corso, saranno ancora una volta le sole a farne le spese,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative volte ad alleggerire, per i Comuni fino a 10.000 abitanti, i vincoli e le restrizioni del patto di stabilità, onde consentire loro di attuare i compiti istituzionali, di assicurare i servizi essenziali, di garantire la sicurezza e la vigilanza municipale e di realizzare le opere di manutenzione, di custodia e di pulizia della viabilità.
9/3638/52. Giorgio Merlo, Pes.

La Camera,
premesso che:
la scelta sistematica di penalizzare i Comuni con continui tagli ed imponendo vincoli relativi al patto di stabilità che limitano gli investimenti esclude il ruolo fondamentale che essi hanno nel rilancio dell'economia, soprattutto in tempi di pesante crisi economica ed occupazionale, in quanto i Comuni, investendo ogni anno risorse sul territorio, favoriscono le imprese e la creazione di posti di lavoro e, al tempo stesso, garantiscono ai cittadini una serie di servizi fondamentali, con particolare attenzione alle fasce meno abbienti ed a rischio emarginazione;
l'entità dei nuovi tagli ai trasferimenti erariali a beneficio dei Comuni, che già dispongono di pochissime risorse a causa della mancata copertura del gettito ICI eliminato dal Governo e della crisi edilizia con la conseguente contrazione degli oneri di urbanizzazione, oltre a colpire indistintamente anche quelli che si impegnano responsabilmente ad attuare politiche di rigore e di buon governo, obbligherà i Comuni a ridurre in qualità e quantità molti servizi essenziali a favore dei cittadini e, per far quadrare i conti, ad aumentare le quote di costo a carico delle famiglie che, già duramente colpite insieme alle fasce sociali più deboli dalla crisi economica in corso, saranno ancora una volta le sole a farne le spese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative volte ad alleggerire, per i Comuni fino a 10.000 abitanti, i vincoli e le restrizioni del patto di stabilità, onde consentire loro di attuare i compiti istituzionali, di assicurare i servizi essenziali, di garantire la sicurezza e la vigilanza municipale e di realizzare le opere di manutenzione, di custodia e di pulizia della viabilità.
9/3638/52. (Testo modificato nel corso della seduta) Giorgio Merlo, Pes.

La Camera,
premesso che:
nel periodo 2000-2008, secondo i dati Svimez, il Mezzogiorno è cresciuto la metà del Centro-Nord; questa condizione ingiusta sulla quale le politiche pubbliche si sono dimostrate tradizionalmente fallimentari produce impropriamente conseguenze politiche nazionali;
i programmi operativi nazionali e i programmi operativi regionali non si sono dimostrati sufficienti a contrastare le cause profonde del ritardo dello sviluppo;
le politiche di coesione soffrono loro malgrado di un male interno costituito da ciò che può definirsi «distanza morale» dal Mezzogiorno d'Italia;
alla luce delle osservazioni Svimez il peggior andamento del Mezzogiorno deriva da una ridotta efficacia della politica regionale di sviluppo, nazionale e comunitaria conseguente ad una dimensione della spesa pubblica per investimenti inferiore al necessario ed a quanto programmato; l'inefficacia degli interventi è derivata dalla loro scarsa qualità a causa della dispersione delle risorse, della preferenza per le domande localistiche, per la scadente progettazione e realizzazione degli interventi,

impegna il Governo

a sostenere le previste azioni regionali di riduzione e/o azzeramento dell'aliquota Irap alle imprese che avviano nuove attività al Sud affiancandole con politiche della produzione al cui interno siano chiaramente ravvisabili le opzioni meridionalistiche, prevedendo altresì sanzioni risarcitorie per il territorio del Mezzogiorno ove le iniziative suddette siano aggirate dai singoli operatori pubblici e privati.
9/3638/53. Cesario.

La Camera,
premesso che:
nel periodo 2000-2008, secondo i dati Svimez, il Mezzogiorno è cresciuto la metà del Centro-Nord; questa condizione ingiusta sulla quale le politiche pubbliche si sono dimostrate tradizionalmente fallimentari produce impropriamente conseguenze politiche nazionali;
i programmi operativi nazionali e i programmi operativi regionali non si sono dimostrati sufficienti a contrastare le cause profonde del ritardo dello sviluppo;
le politiche di coesione soffrono loro malgrado di un male interno costituito da ciò che può definirsi «distanza morale» dal Mezzogiorno d'Italia;
alla luce delle osservazioni Svimez il peggior andamento del Mezzogiorno deriva da una ridotta efficacia della politica regionale di sviluppo, nazionale e comunitaria conseguente ad una dimensione della spesa pubblica per investimenti inferiore al necessario ed a quanto programmato; l'inefficacia degli interventi è derivata dalla loro scarsa qualità a causa della dispersione delle risorse, della preferenza per le domande localistiche, per la scadente progettazione e realizzazione degli interventi,

impegna il Governo

a sostenere, se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, le previste azioni regionali di riduzione e/o azzeramento dell'aliquota Irap alle imprese che avviano nuove attività al Sud affiancandole con politiche della produzione al cui interno siano chiaramente ravvisabili le opzioni meridionalistiche, prevedendo altresì sanzioni risarcitorie per il territorio del Mezzogiorno ove le iniziative suddette siano aggirate dai singoli operatori pubblici e privati.
9/3638/53. (Testo modificato nel corso della seduta) Cesario.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame contiene misure che intervengono su materie attinenti i trattamenti pensionistici;
tali misure in materia previdenziale contribuiscono a stabilizzare ulteriormente il sistema e a contenere gli effetti della crisi per quanto riguarda l'incidenza della spesa pensionistica sul PIL,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative - appena lo consentiranno le condizioni di finanza pubblica - che includano tra i soggetti nei cui confronti continuano ad applicarsi, in deroga, le disposizioni in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, anche i lavoratori dipendenti che abbiano aderito ad un piano individuale incentivato di esodo con cessazione del rapporto di lavoro entro il 30 aprile 2010 (purché in attuazione di atti o accordi stipulati prima di tale data), nonché i lavoratori che, entro il 30 aprile 2010, siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione sociale a fini pensionistici da parte delle gestioni di previdenza obbligatoria a cui sono iscritti e abbiano in corso il versamento delle relative rate mensili e i soggetti che si trovino, alla medesima data, in stato di disoccupazione;
ad ampliare - ove se ne manifesti la necessità al fine di garantire uniformità di trattamento - il tetto di 10.000 domande riferito ai casi di mobilità di cui all'articolo 12 commi 5 e 6 del disegno di legge in esame.
9/3638/54. Pelino, Cazzola, Vincenzo Antonio Fontana, Antonino Foti, Mottola, Saltamartini, Ceccacci Rubino, Mannucci.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame contiene misure che intervengono su materie attinenti i trattamenti pensionistici;
tali misure in materia previdenziale contribuiscono a stabilizzare ulteriormente il sistema e a contenere gli effetti della crisi per quanto riguarda l'incidenza della spesa pensionistica sul PIL,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative - appena lo consentiranno le condizioni di finanza pubblica - che includano tra i soggetti nei cui confronti continuano ad applicarsi, in deroga, le disposizioni in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, anche i lavoratori dipendenti che abbiano aderito ad un piano individuale incentivato di esodo con cessazione del rapporto di lavoro entro il 30 aprile 2010 (purché in attuazione di atti o accordi stipulati prima di tale data), nonché i lavoratori che, entro il 30 aprile 2010, siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione sociale a fini pensionistici da parte delle gestioni di previdenza obbligatoria a cui sono iscritti e abbiano in corso il versamento delle relative rate mensili e i soggetti che si trovino, alla medesima data, in stato di disoccupazione;
a valutare l'opportunità di ampliare - ove se ne manifesti la necessità al fine di garantire uniformità di trattamento - il tetto di 10.000 domande riferito ai casi di mobilità di cui all'articolo 12 commi 5 e 6 del disegno di legge in esame.
9/3638/54. (Testo modificato nel corso della seduta) Pelino, Cazzola, Vincenzo Antonio Fontana, Antonino Foti, Mottola, Saltamartini, Ceccacci Rubino, Mannucci.

La Camera,
premesso che:
il comma 33 dell'articolo 14 del disegno di legge in esame, stabilisce che la tariffa per la gestione dei rifiuti urbani prevista dall'articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, (codice dell'ambiente), non ha natura tributaria e che le controversie in ordine a tale tariffa rientrano nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria;
il comma 11 dell'articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 prevede che, sino alla emanazione del regolamento attuativo adottato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e fino al compimento degli adempimenti per l'applicazione della tariffa, continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti;
sino all'emanazione del regolamento attuativo permane vigente la tariffa di igiene ambientale istituita con il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;
ai sensi dell'articolo 5, comma 2-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito in legge dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, i Comuni, a decorrere dal 30 giugno 2010, in assenza del regolamento adottato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, possono istituire la tariffa di igiene ambientale ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti;
sussiste l'assimilazione tra la natura della tariffa istituita con il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e la tariffa prevista dall'articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,

impegna il Governo

affinché la disposizione contenuta al comma 33 dell'articolo 14 del disegno di legge in esame sia interpretata nel senso che la stessa trova applicazione, sino all'entrata in vigore della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani prevista dall'articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, anche con riguardo alla tariffa di igiene ambientale istituita con il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
9/3638/55. Murgia.

La Camera,
premesso che:
in occasione del 150o anniversario dell'Unità d'Italia sono state stanziate considerevoli risorse economiche per l'organizzazione di importanti e importanti eventi celebrativi, nonché per la realizzazione e il restauro di opere, anche infrastrutturali, di carattere culturale e artistico;
il comma 4 dell'articolo 55 del disegno di legge in esame prevede un'integrazione di 18,5 milioni di euro per l'anno 2010 del fondo per il funzionamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri finalizzata alle manifestazioni connesse alle celebrazioni del 150o anniversario dell'Unità d'Italia;
numerosi monumenti risorgimentali di rilevante interesse culturale ed artistico, come, ad esempio, il monumento funerario sito al Verano dedicato a Goffredo Mameli e la tomba monumentale sita al Gianicolo dedicata ad Anita Garibaldi, per citarne alcuni, oltre a numerose opere erette in Italia, necessitano di urgenti interventi di recupero;
le celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia, offriranno la possibilità di apprezzare opere artistiche e culturali dedicate ai Padri risorgimentali, e saranno un'occasione unica per avviare una profonda riflessione sull'identità nazionale del nostro Popolo, rafforzando i valori di spirito patriottico e il profondo legame alla Nazione che hanno animato il processo storico dell'Unità d'Italia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare adeguate risorse già stanziate per le celebrazioni del 150o Anniversario dell'Unità d'Italia ad interventi di recupero e ripristino di opere monumentali ed artistiche dedicate al Risorgimento d'Italia.
9/3638/56. Frassinetti.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame contiene misure in materia previdenziale che contribuiscono a stabilizzare ulteriormente il sistema e a contenere gli effetti della crisi per quanto riguarda l'incidenza della spesa pensionistica sul PIL,

impegna il Governo

a valutare, entro la fine della legislatura, l'opportunità di adottare iniziative normative volte a ripristinare, nel sistema contributivo, criteri e modalità di pensionamento flessibile per tipologia e genere all'interno di un range che assuma come soglia minima di pensionamento i requisiti anagrafici raggiunti nel sistema retributivo e sia coordinato con le normative riguardanti l'aggancio automatico all'incremento dell'attesa di vita e l'aggiornamento dei coefficienti di trasformazione, allo scopo di conciliare un incremento graduale dell'età effettiva di pensionamento - in linea con le dinamiche demografiche - e le propensioni delle persone.
9/3638/57. Lorenzin, Cazzola, Barani.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame contiene misure in materia previdenziale che contribuiscono a stabilizzare ulteriormente il sistema e a contenere gli effetti della crisi per quanto riguarda l'incidenza della spesa pensionistica sul PIL,

impegna il Governo

a valutare, entro la fine della legislatura, se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, l'opportunità di adottare iniziative normative volte a ripristinare, nel sistema contributivo, criteri e modalità di pensionamento flessibile per tipologia e genere all'interno di un range che assuma come soglia minima di pensionamento i requisiti anagrafici raggiunti nel sistema retributivo e sia coordinato con le normative riguardanti l'aggancio automatico all'incremento dell'attesa di vita e l'aggiornamento dei coefficienti di trasformazione, allo scopo di conciliare un incremento graduale dell'età effettiva di pensionamento - in linea con le dinamiche demografiche - e le propensioni delle persone.
9/3638/57. (Testo modificato nel corso della seduta) Lorenzin, Cazzola, Barani.

La Camera,
premesso che:
tutte le amministrazioni dello Stato devono essere chiamate ad una comune operazione-risparmio al fine di contenere i costi pubblici che negli ultimi anni sembrano essere fuori controllo e la cui riduzione appare necessaria per il rilancio economico e produttivo del Paese;
all'interno di questa manovra un ruolo importante è quello svolto dagli Enti Locali e particolarmente dai Comuni;
in passato, l'atteggiamento delle amministrazioni comunali nel riguardo della spesa pubblica è stato molto diversificato confermando che molti comuni hanno tenuto in ordine i loro conti seguendo ed applicando i previsti patti di stabilità ed applicando parametri di obbiettiva buona amministrazione, mentre altri comuni hanno creato deficit a volte molto pensanti pur spesso in presenza di un sostanziale spreco delle risorse pubbliche;
non sarebbe pertanto corretto considerare tutte le amministrazioni locali alla stessa stregua, senza tener conto di chi in passato ha già fatto sacrifici e chi invece ha scialato o sprecato pubbliche risorse,

impegna il Governo:

a sviluppare sistemi di controllo della spesa locale tesi a premiare le amministrazioni che seguano i piani di contenimento della spesa generale, obbligando invece nel contempo - tramite una riduzione dei trasferimenti - le amministrazioni «sprecone» a ridurre le loro spese generali, di personale e, più in generale, affinché contengano le spese;
a considerare l'applicazione di equi «costi standard» come elemento capace di dare una stabilità al sistema ed una equità ai trasferimenti;
a concedere agli enti locali che applichino politiche virtuose la libertà di poter più liberamente accedere al credito per investimenti, dando così vita ad un sistema premiante ed incentivante nel rispetto di quei principi di federalismo fiscale solidale e responsabile che debbono necessariamente diventare una caratteristica della spesa pubblica italiana.
9/3638/58. Zacchera.

La Camera,
premesso che:
tutte le amministrazioni dello Stato devono essere chiamate ad una comune operazione-risparmio al fine di contenere i costi pubblici che negli ultimi anni sembrano essere fuori controllo e la cui riduzione appare necessaria per il rilancio economico e produttivo del Paese;
all'interno di questa manovra un ruolo importante è quello svolto dagli Enti Locali e particolarmente dai Comuni;
in passato, l'atteggiamento delle amministrazioni comunali nel riguardo della spesa pubblica è stato molto diversificato confermando che molti comuni hanno tenuto in ordine i loro conti seguendo ed applicando i previsti patti di stabilità ed applicando parametri di obbiettiva buona amministrazione, mentre altri comuni hanno creato deficit a volte molto pensanti pur spesso in presenza di un sostanziale spreco delle risorse pubbliche;
non sarebbe pertanto corretto considerare tutte le amministrazioni locali alla stessa stregua, senza tener conto di chi in passato ha già fatto sacrifici e chi invece ha scialato o sprecato pubbliche risorse,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di sviluppare sistemi di controllo della spesa locale tesi a premiare le amministrazioni che seguano i piani di contenimento della spesa generale, obbligando invece nel contempo - tramite una riduzione dei trasferimenti - le amministrazioni «sprecone» a ridurre le loro spese generali, di personale e, più in generale, affinché contengano le spese;
a considerare l'applicazione di equi «costi standard» come elemento capace di dare una stabilità al sistema ed una equità ai trasferimenti;
a concedere agli enti locali che applichino politiche virtuose la libertà di poter più liberamente accedere al credito per investimenti, dando così vita ad un sistema premiante ed incentivante nel rispetto di quei principi di federalismo fiscale solidale e responsabile che debbono necessariamente diventare una caratteristica della spesa pubblica italiana.
9/3638/58. (Testo modificato nel corso della seduta) Zacchera.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede, all'articolo 43, che possano essere istituite nel Meridione d'Italia zone a burocrazia zero;
tali zone sono istituite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno;
Lamezia Terme, pur essendo la terza città della Calabria, è afflitta dal più elevato tasso di disoccupazione di tale regione, con una percentuale pari al 30 per cento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di dare priorità, nell'adozione del decreto di cui al secondo capoverso delle premesse, alla Calabria ed, in particolare, al Comune di Lamezia Terme, al fine di porre rimedio ai gravi problemi occupazionali e di sviluppo che affliggono tale territorio, potenziale volano di sviluppo dell'intera regione.
9/3638/59. D'Ippolito.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9, comma 21, del disegno di legge in esame, reca tre interventi comportanti effetti negativi sul trattamento economico dei dipendenti pubblici in regime di diritto pubblico. In particolare: blocca per il triennio 2011-2013 l'adeguamento automatico dei dirigenti in regime di diritto pubblico; blocca per il medesimo periodo e per lo stesso personale l'attribuzione di classi e scatti di anzianità; sancisce i soli effetti giuridici per le progressioni di carriera comunque denominate disposte nel triennio, sia per i dirigenti non contrattualizzati sia per il personale contrattualizzato;
il comma 11-bis dell'articolo 8, prevede, allo scopo di tutelare la specificità del comparto sicurezza e difesa e di quello del soccorso pubblico, l'istituzione di un fondo di 80 milioni di euro, per il solo biennio 2011 e 2012, per il finanziamento di misure perequative in favore del personale delle Forze armate e di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, da individuare con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri competenti, volte a compensare gli effetti di cui al citato comma 21 dell'articolo 9;
la relazione tecnica al disegno di legge in esame non determina con esattezza i risparmi attesi dall'applicazione dell'articolo 9, comma 21, con riguardo al comparto sicurezza e difesa e a quello del soccorso pubblico, e non reca alcuna previsione con riferimento agli effetti finanziari derivanti dal blocco delle promozioni;
la dotazione di 80 milioni di euro del fondo di cui all'articolo 8, comma 11-bis, potrebbe, pertanto, risultare non sufficiente per garantire l'adozione, con il menzionato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di efficaci e complete misure perequative delle previsioni del menzionato comma 21, in favore del personale dei citati comparti,

impegna il Governo:

a verificare l'idoneità delle risorse di cui all'articolo 8, comma 11-bis, integrando, ove necessario, le stesse fino a consentire l'adozione di efficaci e complete misure perequative degli effetti di ciascuna delle disposizioni recate dall'articolo 9, comma 21, a tutela della specificità di status e di impiego del personale delle Forze armate e di polizia e di quello del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
a prevedere adeguate risorse per il fondo di cui in premessa anche per l'ulteriore anno 2013, allo scopo di consentire l'adozione delle necessarie misure perequative anche in tale anno nel quale continuano a operare gli effetti dell'articolo 9, comma 21.
9/3638/60. Fallica, Cicu, Cirielli, Moles, Paglia, De Angelis, Holzmann, Marini, Mazzoni, Speciale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9, comma 1, del disegno di legge in esame, prevede che, nel triennio 2011-2013, il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, ivi inclusi quelli di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche, come identificate dall'Istituto nazionale di statistica ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possa superare quello in godimento nell'anno 2010;
tale disposizione costituisce una misura di salvaguardia diretta a garantire il conseguimento dei risparmi nel settore dei redditi da lavoro dipendente erogati dalle citate amministrazioni correlati all'attuazione degli interventi di contenimento della spesa pubblica di cui al medesimo articolo 9 e che ad essa la relazione tecnica non riconnette alcun effetto finanziario diretto;
la suddetta disposizione, nel corso dell'iter parlamentare, è stata modificata nel senso di precisare che la determinazione del trattamento economico riferito all'anno 2010, quale limite retributivo di riferimento, va computato al «netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazione dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d'anno (...), maternità, malattia, missioni svolte all'estero, effettiva presenza in servizio»;
la nuova formulazione della disposizione non può che essere volta a evitare ingiustificate sperequazioni nei confronti del personale che, nel caso in cui il tetto retributivo fosse stato riferito al trattamento economico complessivo effettivamente goduto nell'anno 2010, per il solo fatto di essere destinatario nel citato triennio, per esigenze dell'amministrazione, di provvedimenti di destinazione ad altra sede di servizio o ad altro incarico, anche all'estero, non avrebbe potuto, al pari del personale destinatario di analoghi provvedimenti di impiego prima del 2011, vedere riconosciuti gli emolumenti e le indennità, anche di natura compensativa per le spese sostenute dal dipendente, previsti per la nuova posizione di impiego;
tale precisazione, in questo senso, risulta indispensabile per salvaguardare, fatti salvi i saldi complessivi, la specificità dello status giuridico e di impiego del personale delle Forze armate e di polizia e di quello del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, caratterizzato da una mobilità e flessibilità di impiego, sul territorio nazionale e all'estero, non riscontrabile in nessun altro settore del pubblico impiego, cui sono correlati specifici istituti retributivi volti a compensare i maggiori rischi e disagi, nonché il più elevato grado di professionalità richiesto per funzioni specialistiche;
una diversa interpretazione porterebbe alla situazione paradossale per cui il militare appartenente ad un reparto non impiegato in missioni internazionali all'estero nell'anno 2010 ma che lo fosse nell'anno 2011 non risulterebbe destinatario di alcun compenso aggiuntivo, inclusa la diaria di missione all'estero;
parimenti devono ritenersi non computabili ai fini del raggiungimento del tetto retributivo del 2010 le misure perequative, di cui all'articolo 8, comma 11-bis, per il personale delle Forze armate e di polizia e per quello del Corpo nazionale dei vigili del fuoco interessato alle disposizioni del comma 21 del medesimo articolo, giacché diversamente le citate misure perequative risulterebbero non erogabili,

impegna il Governo

a dare corretta interpretazione sistematica all'articolo 9, comma 1, e all'articolo 8, comma 11-bis, con specifico riferimento al personale delle Forze armate e di polizia, nonché a quello del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nel senso che, nel rispetto dei saldi complessivi, quanto da esso percepito per compensi accessori connessi con lo svolgimento del servizio, assegni spettanti per l'assolvimento delle specifiche funzioni senza demerito, modifiche della posizione di impiego e misure perequative individuate con il previsto decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, deve ritenersi non computabile ai fini del raggiungimento del tetto retributivo di cui alla medesima disposizione, il quale va considerato non come riferito al singolo dipendente ma al totale delle risorse utilizzate dalle singole amministrazioni per l'erogazione dei citati compensi. In particolare, devono quindi ritenersi escluse dal tetto retributivo di cui all'articolo 9, comma 1, oltre a quanto previsto dall'articolo 8, comma 11-bis, anche le indennità operative delle Forze armate, l'indennità pensionabile delle Forze di polizia, l'assegno funzionale e l'omogeneizzazione retributiva, gli incrementi stipendiali parametrali non connessi a promozioni, le indennità per trasferimento, missione e presenza qualificata in servizio.
9/3638/61. Cicu, Fallica, De Angelis, Paglia, Holzmann, Marini Giulio, Mazzoni, Speciale, Cirielli, Moles.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame, all'articolo 9 e, in parte, dall'articolo 14, reca misure rivolte al pubblico impiego, che rappresenta il fulcro dell'azione amministrativa statale e territoriale e che, pur in una fase di necessari sacrifici, deve essere adeguatamente valorizzato e motivato, anche mediante il più ampio ricorso ai previsti strumenti legislativi premiali, posti in essere anche nel corso della corrente legislatura,

impegna il Governo

a promuovere, appena lo consentiranno le condizioni di finanza pubblica, la produttività e il merito, anche per il personale con qualifiche dirigenziali, attraverso la contrattazione decentrata nonché a ripristinare il riconoscimento degli aumenti periodici di anzianità a partire dal personale della scuola.
9/3638/62. Vincenzo Antonio Fontana.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame, all'articolo 9 e, in parte, dall'articolo 14, reca misure rivolte al pubblico impiego, che rappresenta il fulcro dell'azione amministrativa statale e territoriale e che, pur in una fase di necessari sacrifici, deve essere adeguatamente valorizzato e motivato, anche mediante il più ampio ricorso ai previsti strumenti legislativi premiali, posti in essere anche nel corso della corrente legislatura,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di promuovere, appena lo consentiranno le condizioni di finanza pubblica, la produttività e il merito, anche per il personale con qualifiche dirigenziali, attraverso la contrattazione decentrata nonché a ripristinare il riconoscimento degli aumenti periodici di anzianità a partire dal personale della scuola.
9/3638/62. (Testo modificato nel corso della seduta) Vincenzo Antonio Fontana.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 25 del disegno di legge in esame dispone che « A decorrere dal 1o luglio 2010 le banche e le Poste Italiane S.p.a. operano una ritenuta del 10 per cento a titolo di acconto dell'imposta sul reddito dovuta dai beneficiari, con obbligo di rivalsa, all'atto dell'accredito dei pagamenti relativi ai bonifici disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d'imposta. Le ritenute sono versate con le modalità di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate sono individuate le tipologie di pagamenti nonché le modalità di esecuzione degli adempimenti relativi alla certificazione e alla dichiarazione delle ritenute»;
a tutt'oggi non risulta emanato il provvedimento sopra menzionato, cosicché gli istituti di credito non dispongono di indicazioni idonee sulle modalità attraverso cui effettuare la ritenuta e, conseguentemente, i bonifici risultano bloccati,

impegna il Governo

a voler sollecitare il Direttore dell'Agenzia delle Entrate affinché provveda ad emanare il provvedimento recante le modalità di esecuzione degli adempimenti previsti dalla norma di legge di cui in premessa.
9/3638/63. Tommaso Foti.

La Camera,

impegna il Governo

ad adottare iniziative, anche di carattere legislativo, al fine di escludere dall'ambito di applicazione dell'articolo 9, comma 28 - in base al quale, a decorrere dall'anno 2011, la spesa delle pubbliche amministrazioni per contratti di lavoro a tempo determinato, contratti di collaborazione coordinata e continuativa, contratti di formazione lavoro, somministrazione di lavoro e altre forme di lavoro temporaneo, non può eccedere il 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009 - gli enti del Servizio sanitario nazionale e, in particolare, le strutture e i settori in cui l'apporto dei lavoratori assunti con le suddette forme contrattuali risulti essenziale per l'erogazione del servizio.
9/3638/64. Barani, Castellani.

La Camera,

impegna il Governo

ad adottare iniziative, anche di carattere legislativo, se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, al fine di escludere dall'ambito di applicazione dell'articolo 9, comma 28 - in base al quale, a decorrere dall'anno 2011, la spesa delle pubbliche amministrazioni per contratti di lavoro a tempo determinato, contratti di collaborazione coordinata e continuativa, contratti di formazione lavoro, somministrazione di lavoro e altre forme di lavoro temporaneo, non può eccedere il 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009 - gli enti del Servizio sanitario nazionale e, in particolare, le strutture e i settori in cui l'apporto dei lavoratori assunti con le suddette forme contrattuali risulti essenziale per l'erogazione del servizio.
9/3638/64. (Testo modificato nel corso della seduta) Barani, Castellani.

La Camera,

impegna il Governo

a mettere in atto, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, tutti gli strumenti possibili affinché la riduzione, rispettivamente, delle risorse spettanti alle regioni a statuto ordinario e dei trasferimenti erariali dovuti alle province e ai comuni con popolazione superiore a 5 mila abitanti, di cui all'articolo 14, comma 2, non incida negativamente sui livelli dei servizi sociali e sanitari erogati da detti enti.
9/3638/65. Castellani, Barani.

La Camera,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di mettere in atto, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, tutti gli strumenti possibili affinché la riduzione, rispettivamente, delle risorse spettanti alle regioni a statuto ordinario e dei trasferimenti erariali dovuti alle province e ai comuni con popolazione superiore a 5 mila abitanti, di cui all'articolo 14, comma 2, non incida negativamente sui livelli dei servizi sociali e sanitari erogati da detti enti.
9/3638/65. (Testo modificato nel corso della seduta) Castellani, Barani.

La Camera,

impegna il Governo

ad assumere iniziative, anche di carattere legislativo, volte a salvaguardare la Lega italiana per la lotta contro i tumori (LILT) dagli effetti della riduzione del 50 per cento degli stanziamenti sui capitoli degli stati di previsione delle amministrazioni vigilanti relativi al contributo dello Stato a enti, istituti, fondazioni e altri organismi di cui all'articolo 7, comma 24, del disegno di legge in esame.
9/3638/66. Bocciardo, Castellani.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 47, comma 1, lettera b) del disegno di legge in esame prevede che «La società ANAS S.p.A., salva la preventiva verifica da parte del Governo presso la Commissione europea di soluzioni diverse da quelle previste nel presente comma che assicurino i medesimi introiti per il bilancio dello Stato e che garantiscano il finanziamento incrociato per il tunnel di base del Brennero e le relative tratte di accesso nonché la realizzazione da parte del concessionario di opere infrastrutturali complementari sul territorio di riferimento, anche urbane o consistenti in gallerie, entro il 31 dicembre 2010 pubblica il bando di gara per l'affidamento della concessione di costruzione e gestione dell'autostrada del Brennero. A tal fine il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, impartisce direttive ad ANAS S.p.A. in ordine ai contenuti del bando di gara e del relativo capitolato o disciplinare, ivi compreso il valore della concessione, le relative modalità di pagamento e la quota minima di proventi annuale, comunque non inferiore a quanto accantonato in media negli esercizi precedenti, che il concessionario è autorizzato ad accantonare nel fondo di cui all'articolo 55, comma 13, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, nonché l'indicazione delle opere infrastrutturali complementari, anche urbane o consistenti in gallerie, la cui realizzazione, anche mediante il ricorso alla finanza di progetto, deve rientrare tra gli obblighi assunti dal concessionario. Il predetto bando deve prevedere un versamento annuo di 70 milioni di euro, a partire dalla data dell'affidamento e fino a concorrenza del valore di concessione, che viene versato all'entrata del bilancio dello Stato (...)»;
in ogni caso la succitata lettera b) del comma 1 dell'articolo 47 prevede l'obbligatoria realizzazione da parte del concessionario di opere infrastrutturali complementari sul territorio di riferimento, anche urbane o consistenti in gallerie;
si ritiene imprescindibile che tra tali opere infrastrutturali, da pianificarsi comunque previa intesa con gli enti locali interessati, debbano essere comprese le seguenti:
il collegamento sotto il Monte Baldo tra il Basso Trentina (comune di Avio) o l'Alto Veronese (comune di Brentino Belluno) con il Garda veronese (comuni di Malcesine o Brenzone);
il cosiddetto Tunnel del Peller che collega la Valle di Non con la Valle di Sole in provincia di Trento;
il termine sul versante trantino della Valdastico,

impegna il Governo

ad adottare tutte le iniziative di competenza affinché nel bando di gara per l'affidamento della concessione di costruzione e gestione dell'autostrada del Brennero che tra le opere infrastrutturali complementari siano comprese anche il collegamento sotto il Monte Baldo tra il Basso Trentino (comune di Avio) o l'Alto Veronese (comune di Brentino Belluno) con il Garda veronese (comuni di Malcesìne o Brenzone), il cosiddetto Tunnel del Peller che collega la Valle di Non con la Valle di Sole in provincia di Trento e il termine sul versante trentina della Valdastico, da pianificare d'intesa con gli enti locali interessati.
9/3638/67. Fugatti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 14, comma 32, vieta ai comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti di costituire società, prevedendo che, entro la data del 31 dicembre 2011, tali comuni debbano mettere in liquidazione le società già costituite ovvero cedere le rispettive partecipazioni;
la disposizione lascia fermo quanto previsto dai commi 27, 28 e 29, dell'articolo 3, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), che in particolare dispongono che le amministrazioni pubbliche non possano costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società, ammettendo comunque la costituzione di società che producano servizi di interesse generale e che forniscano servizi di committenza o di centrali di committenza a livello regionale a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici, nonché l'assunzione di partecipazioni in tali società da parte delle amministrazioni;
nel corso dell'esame al Senato è stato aggiunto un periodo al citato comma 32 che demanda ad un decreto la determinazione delle modalità attuative della disciplina in oggetto, nonché ulteriori ipotesi di esclusione dall'ambito di applicazione;
tale decreto deve essere emanato dal Ministro per i rapporti con le regioni, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per le riforme per il federalismo, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame;
sul tema dei servizi pubblici locali sono recentemente intervenute normative dirette a salvaguardare, a determinate condizioni di efficiente gestione e di tutela dei diritti degli utenti, il principio dell'affidamento in house;
in virtù della ragionevolezza delle richiamate normative, nell'ambito delle esclusioni previste dall'ultimo periodo del comma 32, andrebbe valutata l'incongruità del divieto ivi previsto qualora le società abbiano ad oggetto i servizi pubblici locali;
inoltre, andrebbe valutata l'opportunità di permettere comunque il mantenimento di società pubbliche o a partecipazione pubblica qualora tali società garantiscano condizioni di efficienza e di virtuosità comparativamente non svantaggiose per i cittadini rispetto ad altre forme societarie come, ad esempio, la chiusura dei bilanci in utile, il reinvestimento nell'attività della società di almeno dell'80 per cento degli utili e la riduzione dei costi per il personale,

impegna il Governo

nell'ambito del decreto ministeriale previsto dall'ultimo periodo del comma 32 dell'articolo 14, che dovrà definire le modalità attuative della disciplina nonché ulteriori ipotesi di esclusione dall'ambito di applicazione della norma, a valutare la possibilità di escludere dall'obbligo di liquidazione le società che abbiano ad oggetto i servizi pubblici locali, nonché quelle che sono in grado di garantire condizioni di efficienza comparativamente non svantaggiose per i cittadini rispetto ad altre forme societarie.
9/3638/68. Comaroli, Fugatti, Polledri.

La Camera,
premesso che:
il Parco nazionale del Gran Paradiso è il più antico parco nazionale italiano, istituito con regio decreto-legge n. 1584 del 3 dicembre 1922;
si estende su una superficie di 70.318 ettari tra le Regioni Valle d'Aosta e Piemonte e costituisce l'area alpina con la maggior presenza faunistica, 40 specie di mammiferi e 100 di uccelli nidificanti;
ha svolto una funzione essenziale nella sopravvivenza e salvaguardia dello stambecco, presente oggi in circa 2.700 esemplari, dalla cui popolazione si sono originate tutte le altre ora diffuse sull'arco alpino;
ha una flora alpina ricca e varia, oltre 1.500 specie, caratterizzata da piante rarissime, spesso relitte delle glaciazioni, molte delle quali ospitate nel giardino botanico Paradisia, a Cogne, per l'immediata fruizione turistica e didattica;
è interamente Zona di protezione speciale (ZPS) e Sito di importanza comunitaria (SIC); costituisce una importante risorsa economica per le popolazioni locali, essendo visitato ogni anno da circa 1,5 milioni di persone, in un'ottica di turismo sostenibile;
svolge una significativa funzione nell'educazione ambientale, con programmi didattici per le scuole, attività estive ed un Centro di educazione ambientale con annesso ostello a Noasca, nove centri visitatori, con strutture espositive ed ecomusei;
è un luogo eccezionale per la ricerca scientifica sulla biologia e l'eco-etologia di specie animali protette, sulla genetica di conservazione di alcune specie, sulla fenologia forestale e dei pascoli, sul glacialismo;
partecipa, in seno alla Fondation Grand-Paradis, promossa dalla Regione autonoma Valle d'Aosta, ad un positivo coordinamento con le attività delle comunità territoriali;
l'articolo 7, comma 24, del decreto-legge in esame prevede il taglio del 50 per cento, rispetto all'anno 2009, del contributo dello Stato al Parco nazionale del Gran Paradiso ed agli altri Parchi nazionali;
tale riduzione delle risorse disponibili comporterebbe per il Parco nazionale del Gran Paradiso, con un finanziamento per il 2010 di 2.296.505 euro, non solo una drastica riduzione delle attività del Parco, anche di gestione ordinaria, ma renderebbe impossibile la regolare erogazione degli stipendi al personale, tra cui i 63 guardaparco cui è affidata la sorveglianza del territorio, retribuiti direttamente dall'ente Parco, il cui ammontare per il 2009 è stato di 3.926.437 euro,

impegna il Governo

a reintegrare prontamente in un prossimo provvedimento le risorse necessarie per un regolare funzionamento del Parco nazionale del Gran Paradiso e degli altri Parchi nazionali italiani, al fine di consentire la prosecuzione della insostituibile azione di conservazione, tutela e promozione del patrimonio faunistico, floristico ed ambientale loro affidato.
9/3638/69. Nicco, Quartiani, Cambursano, Compagnon, Brugger, Zeller.

La Camera,
premesso che:
il Parco nazionale del Gran Paradiso è il più antico parco nazionale italiano, istituito con regio decreto-legge n. 1584 del 3 dicembre 1922;
si estende su una superficie di 70.318 ettari tra le Regioni Valle d'Aosta e Piemonte e costituisce l'area alpina con la maggior presenza faunistica, 40 specie di mammiferi e 100 di uccelli nidificanti;
ha svolto una funzione essenziale nella sopravvivenza e salvaguardia dello stambecco, presente oggi in circa 2.700 esemplari, dalla cui popolazione si sono originate tutte le altre ora diffuse sull'arco alpino;
ha una flora alpina ricca e varia, oltre 1.500 specie, caratterizzata da piante rarissime, spesso relitte delle glaciazioni, molte delle quali ospitate nel giardino botanico Paradisia, a Cogne, per l'immediata fruizione turistica e didattica;
è interamente Zona di protezione speciale (ZPS) e Sito di importanza comunitaria (SIC); costituisce una importante risorsa economica per le popolazioni locali, essendo visitato ogni anno da circa 1,5 milioni di persone, in un'ottica di turismo sostenibile;
svolge una significativa funzione nell'educazione ambientale, con programmi didattici per le scuole, attività estive ed un Centro di educazione ambientale con annesso ostello a Noasca, nove centri visitatori, con strutture espositive ed ecomusei;
è un luogo eccezionale per la ricerca scientifica sulla biologia e l'eco-etologia di specie animali protette, sulla genetica di conservazione di alcune specie, sulla fenologia forestale e dei pascoli, sul glacialismo;
partecipa, in seno alla Fondation Grand-Paradis, promossa dalla Regione autonoma Valle d'Aosta, ad un positivo coordinamento con le attività delle comunità territoriali;
l'articolo 7, comma 24, del decreto-legge in esame prevede il taglio del 50 per cento, rispetto all'anno 2009, del contributo dello Stato al Parco nazionale del Gran Paradiso ed agli altri Parchi nazionali;
tale riduzione delle risorse disponibili comporterebbe per il Parco nazionale del Gran Paradiso, con un finanziamento per il 2010 di 2.296.505 euro, non solo una drastica riduzione delle attività del Parco, anche di gestione ordinaria, ma renderebbe impossibile la regolare erogazione degli stipendi al personale, tra cui i 63 guardaparco cui è affidata la sorveglianza del territorio, retribuiti direttamente dall'ente Parco, il cui ammontare per il 2009 è stato di 3.926.437 euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reintegrare prontamente in un prossimo provvedimento le risorse necessarie per un regolare funzionamento del Parco nazionale del Gran Paradiso e degli altri Parchi nazionali italiani, al fine di consentire la prosecuzione della insostituibile azione di conservazione, tutela e promozione del patrimonio faunistico, floristico ed ambientale loro affidato.
9/3638/69. (Testo modificato nel corso della seduta) Nicco, Quartiani, Cambursano, Compagnon, Brugger, Zeller.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame stabilisce, all'articolo 40-bis, che il pagamento degli importi dovuti dai produttori di latte a titolo di multa (prelievo supplementare) per il latte da essi prodotto in eccesso, la cui scadenza è il 30 giugno 2010 come previsto dai piani di rateizzazione di cui al decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119, ed al decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, sia prorogato fino al 31 dicembre 2010;
il piano di rateizzazione del 2003, previsto per consentire ai produttori di estinguere i propri debiti per l'eccesso di produzione lattiera nei periodi dal 1995/96 al 2001/02, era considerato parte di un accordo politico tra l'Italia e l'Unione europea, sancito dalla decisione 2003/530/CE al fine di risolvere definitivamente la complessa questione della non corretta applicazione in Italia del regime delle quote latte;
il successivo piano di rateizzazione del 2009, concesso al fine di agevolare ulteriormente il rientro dai debiti relativi alle campagne lattiere precedenti a quella allora in corso del 2008 e del 2009, è stato oggetto di negoziati verbali con la Commissione europea, come rilevato anche dal Commissario europeo per l'agricoltura, il quale ha ribadito come tale piano «non si fonda direttamente sul diritto UE», ma «il diritto UE impone all'Italia di assicurare l'effettiva riscossione dei prelievi sulle eccedenze dovuti dai produttori di latte»;
qualora si sospendesse l'applicazione del suesposto piano, l'Italia risulterebbe ancora più distante dall'adempimento dei suoi obblighi di riscossione ai sensi del diritto UE;
proprio lo stesso Commissario europeo ha inoltre precisato che la sospensione dei pagamenti, prevista dalla norma contenuta nel provvedimento in esame, sarebbe non solo in netto contrasto con il diritto dell'Unione europea, ma anche con i ripetuti impegni, assunti a livello politico dal Governo italiano, ovvero di imporre una rigorosa ed efficiente applicazione del regime delle quote latte in Italia;
la Commissione europea, in considerazione di quanto suesposto, sarebbe costretta conseguentemente ad avviare la procedura appropriata ai sensi del Trattato europeo, ovvero d'infrazione;
occorre pertanto evitare che la complicata vicenda delle quote latte finisca per pregiudicare e indebolire politicamente la posizione italiana nell'ambito del delicato processo di riforma della PAC,

impegna il Governo

a prevedere che sia data attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 40-bis del decreto-legge in esame previa verifica positiva da parte dei competenti organi comunitari, al fine di garantire una coerente e corretta applicazione del diritto dell'Unione europea ed evitare l'attivazione di procedure di infrazione nei confronti dell'Italia.
9/3638/70. Beccalossi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame stabilisce, all'articolo 40-bis, che il pagamento degli importi dovuti dai produttori di latte a titolo di multa (prelievo supplementare) per il latte da essi prodotto in eccesso, la cui scadenza è il 30 giugno 2010 come previsto dai piani di rateizzazione di cui al decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119, ed al decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, sia prorogato fino al 31 dicembre 2010;
il piano di rateizzazione del 2003, previsto per consentire ai produttori di estinguere i propri debiti per l'eccesso di produzione lattiera nei periodi dal 1995/96 al 2001/02, era considerato parte di un accordo politico tra l'Italia e l'Unione europea, sancito dalla decisione 2003/530/CE al fine di risolvere definitivamente la complessa questione della non corretta applicazione in Italia del regime delle quote latte;
il successivo piano di rateizzazione del 2009, concesso al fine di agevolare ulteriormente il rientro dai debiti relativi alle campagne lattiere precedenti a quella allora in corso del 2008 e del 2009, è stato oggetto di negoziati verbali con la Commissione europea, come rilevato anche dal Commissario europeo per l'agricoltura, il quale ha ribadito come tale piano «non si fonda direttamente sul diritto UE», ma «il diritto UE impone all'Italia di assicurare l'effettiva riscossione dei prelievi sulle eccedenze dovuti dai produttori di latte»;
qualora si sospendesse l'applicazione del suesposto piano, l'Italia risulterebbe ancora più distante dall'adempimento dei suoi obblighi di riscossione ai sensi del diritto UE;
proprio lo stesso Commissario europeo ha inoltre precisato che la sospensione dei pagamenti, prevista dalla norma contenuta nel provvedimento in esame, sarebbe non solo in netto contrasto con il diritto dell'Unione europea, ma anche con i ripetuti impegni, assunti a livello politico dal Governo italiano, ovvero di imporre una rigorosa ed efficiente applicazione del regime delle quote latte in Italia;
la Commissione europea, in considerazione di quanto suesposto, sarebbe costretta conseguentemente ad avviare la procedura appropriata ai sensi del Trattato europeo, ovvero d'infrazione;
occorre pertanto evitare che la complicata vicenda delle quote latte finisca per pregiudicare e indebolire politicamente la posizione italiana nell'ambito del delicato processo di riforma della PAC,

impegna il Governo

a prevedere che sia data attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 40-bis del decreto-legge in esame verificando gli effetti derivanti anche sotto il profilo comunitario.
9/3638/70. (Testo modificato nel corso della seduta) Beccalossi.

La Camera,
premesso che:
l'asse portante dell'economia del Paese è costituito dalle piccole e medie imprese;
le PMI, infatti, rappresentano il 70,8 per cento del valore aggiunto totale dell'economia del Paese;
esse affidano la comunicazione dei loro prodotti alle TV locali e, quindi, più le TV locali sono forti, più sono in grado di comunicare il prodotto delle PMI attraverso la pubblicità, quindi farne aumentare i consumi, la produzione e, di conseguenza, i livelli occupazionali;
questo importante legame è stato recepito dal Parlamento che, in un ordine del giorno approvato all'unanimità da entrambi i rami nei mesi a cavallo tra il 1992 ed il 1993, prendeva atto «della stretta correlazione fra lo sviluppo del sistema televisivo locale e la crescita delle piccole e medie imprese» e impegnava, quindi, il Governo ad assumere iniziative idonee a sostenere l'equilibrio economico delle emittenti locali;
l'articolo 10 della legge n. 422 del 1993 ha destinato alle emittenti locali una cifra pari a 270 milioni di euro, da prelevare dalle risorse derivanti dal canone RAI, che i cittadini versano ogni anno;
in un contesto di crisi mondiale, europea e quindi italiana, il settore televisivo locale, con la legge finanziaria 2009, ha subito una riduzione sino al 60 per cento rispetto alle misure di sostegno precedentemente deliberate (150 milioni di euro), ma che raggiunge 1'80 per cento rispetto a quanto previsto dalla legge (270 milioni di euro);
nella seduta del 13 maggio 2009, nel corso dell'approvazione del DDL 1195, collegato alla finanziaria in materia di energia, il Governo ha accolto un ordine del giorno recante l'impegno a definire gli incentivi previsti dalla normativa vigente per le TV locali;
nella seduta del 13 novembre 2009, nel corso della discussione della legge finanziaria 2010 presso il Senato, il Governo ha accolto un ordine del giorno in cui si impegnava a ripristinare il fondo per l'emittenza locale recuperando i tagli e riportandolo la cifra a 150 milioni di euro a decorrere dal 2011 con una norma da inserire nella stessa finanziaria 2010 nel corso del passaggio alla Camera;
di quest'ultimo ordine del giorno il Governo ha attuato solo un parziale recupero dei tagli, e solo relativamente all'anno 2010, lasciando invariato il taglio previsto a carico del fondo per il 2011 (che passa da 150 a 54 milioni di euro);
l'incertezza che grava sul fondo sta disorientando il settore televisivo locale, impegnato a pianificare investimenti di grandi proporzioni per affrontare il passaggio al digitale in un momento di grave crisi economica che, inevitabilmente, comporta riduzioni di fatturato pubblicitario sino al 50 per cento,

impegna il Governo

ad assumere ogni opportuna iniziativa volta a prevedere, entro e non oltre la prossima legge di stabilità, per il prossimo triennio la stabilizzazione delle misure di sostegno di cui all'articolo 10 della legge 422 del 1993 almeno con importo uguale a quello stanziato negli anni 2008 e 2009, già inferiore del 44 per cento rispetto a quanto previsto dalla su citata norma.
9/3638/71. Franzoso.

La Camera,
premesso che:
l'asse portante dell'economia del Paese è costituito dalle piccole e medie imprese;
le PMI, infatti, rappresentano il 70,8 per cento del valore aggiunto totale dell'economia del Paese;
esse affidano la comunicazione dei loro prodotti alle TV locali e, quindi, più le TV locali sono forti, più sono in grado di comunicare il prodotto delle PMI attraverso la pubblicità, quindi farne aumentare i consumi, la produzione e, di conseguenza, i livelli occupazionali;
questo importante legame è stato recepito dal Parlamento che, in un ordine del giorno approvato all'unanimità da entrambi i rami nei mesi a cavallo tra il 1992 ed il 1993, prendeva atto «della stretta correlazione fra lo sviluppo del sistema televisivo locale e la crescita delle piccole e medie imprese» e impegnava, quindi, il Governo ad assumere iniziative idonee a sostenere l'equilibrio economico delle emittenti locali;
l'articolo 10 della legge n. 422 del 1993 ha destinato alle emittenti locali una cifra pari a 270 milioni di euro, da prelevare dalle risorse derivanti dal canone RAI, che i cittadini versano ogni anno;
in un contesto di crisi mondiale, europea e quindi italiana, il settore televisivo locale, con la legge finanziaria 2009, ha subito una riduzione sino al 60 per cento rispetto alle misure di sostegno precedentemente deliberate (150 milioni di euro), ma che raggiunge 1'80 per cento rispetto a quanto previsto dalla legge (270 milioni di euro);
nella seduta del 13 maggio 2009, nel corso dell'approvazione del DDL 1195, collegato alla finanziaria in materia di energia, il Governo ha accolto un ordine del giorno recante l'impegno a definire gli incentivi previsti dalla normativa vigente per le TV locali;
nella seduta del 13 novembre 2009, nel corso della discussione della legge finanziaria 2010 presso il Senato, il Governo ha accolto un ordine del giorno in cui si impegnava a ripristinare il fondo per l'emittenza locale recuperando i tagli e riportandolo la cifra a 150 milioni di euro a decorrere dal 2011 con una norma da inserire nella stessa finanziaria 2010 nel corso del passaggio alla Camera;
di quest'ultimo ordine del giorno il Governo ha attuato solo un parziale recupero dei tagli, e solo relativamente all'anno 2010, lasciando invariato il taglio previsto a carico del fondo per il 2011 (che passa da 150 a 54 milioni di euro);
l'incertezza che grava sul fondo sta disorientando il settore televisivo locale, impegnato a pianificare investimenti di grandi proporzioni per affrontare il passaggio al digitale in un momento di grave crisi economica che, inevitabilmente, comporta riduzioni di fatturato pubblicitario sino al 50 per cento,

impegna il Governo

ad assumere, se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, ogni opportuna iniziativa volta a prevedere, entro e non oltre la prossima legge di stabilità, per il prossimo triennio la stabilizzazione delle misure di sostegno di cui all'articolo 10 della legge 422 del 1993 almeno con importo uguale a quello stanziato negli anni 2008 e 2009, già inferiore del 44 per cento rispetto a quanto previsto dalla su citata norma.
9/3638/71. (Testo modificato nel corso della seduta) Franzoso.

La Camera
premesso che:
il disegno di legge in esame interviene, in un contesto economico-finanziario caratterizzato da una forte decelerazione dell'economia europea e dal conseguente rallentamento della crescita del PIL, con una manovra finanziaria volta al contenimento della spesa pubblica e, parallelamente, all'incremento delle entrate derivanti dal contrasto all'evasione e all'elusione fiscale;
l'azione del Governo è diretta a garantire la stabilità della finanza pubblica quale precondizione per l'adozione di misure di sviluppo economico volte a salvaguardare il risparmio delle famiglie, sostenerne i redditi e i consumi, incentivare gli investimenti privati e sviluppare quelli pubblici;
in tale prospettiva il temporaneo blocco dei contratti del settore pubblico rappresenta una dolorosa necessità ma la durata di esso deve essere quanto più breve possibile;
in ragione della minore esposizione ai fattori specifici di crisi rispetto agli altri partner europei, segnali positivi indicano per l'Italia, nel quadro della imminente ripresa internazionale, una ripresa dell'economia e un'espansione del PIL nel biennio 2011-2012 tale da consentire di rispettare gli impegni assunti in sede europea e di sviluppare, contemporaneamente, una politica economica di crescita, di recupero della produttività e di sostegno alle famiglie e alle imprese;
la manovra in esame si propone una rigorosa azione di controllo e di contenimento della spesa pubblica, con particolare riferimento a quella corrente primaria;
nell'ambito delle predette misure di contenimento, i trattamenti economici dei dipendenti pubblici per gli anni dal 2011 al 2013 non potranno superare il livello previsto per l'anno corrente e, in considerazione della gravità della situazione economica, è disposta la sospensione delle procedure contrattuali e negoziali per gli anni 2010-2012;
in tal modo si impongono consistenti sacrifici, pur necessari, a tutti i dipendenti del settore pubblico;
le disposizioni di cui all'articolo 61 del decreto-legge n. 112 del 2008 e di cui all'articolo 27 del decreto legislativo n. 150 del 2009 consentono di destinare una quota delle risorse derivanti dai risparmi legati a processi di riorganizzazione al finanziamento della contrattazione collettiva integrativa per le amministrazioni pubbliche;
va, peraltro, riconosciuto che la riforma del lavoro pubblico approvata in questa legislatura è la più incisiva azione di riordino organico della materia dai primi Anni Novanta, e che il suo obiettivo è migliorare l'organizzazione e le performance dell'amministrazione, quali decisivi fattori di sviluppo dell'economia;
tale riforma attua un preciso indirizzo politico-programmatico del Governo e della maggioranza parlamentare che lo sostiene, nel rispetto degli impegni assunti con gli elettori,

impegna il Governo:

a) a destinare prioritariamente le eventuali risorse che dovessero rendersi disponibili in ragione del miglioramento della congiuntura economica al finanziamento della contrattazione collettiva del settore pubblico, riconsiderando ove possibile i vincoli introdotti per il triennio 2011-2013 con il decreto-legge in via di conversione;
b) a proseguire nella politica di attuazione delle citate disposizioni legislative e a prevedere, anche nell'ambito della prossima Decisione di finanza pubblica, fermo restando il rispetto dei saldi complessivi, che si proceda alla verifica e alla quantificazione delle suindicate risorse finanziarie aggiuntive, destinate a premiare l'efficienza e la qualità delle prestazioni lavorative individuali sulla base del processo di misurazione e valutazione della performance;
c) a proseguire nell'attuazione delle disposizioni in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza del settore pubblico, di cui al decreto legislativo n. 150 del 2009 e ad individuare - nel quadro della prossima Decisione di finanza pubblica, fermo restando il rispetto dei saldi complessivi e dei vincoli assunti in sede comunitaria - adeguate risorse finanziarie da destinare ai trattamenti economici accessori dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni in ragione della qualità e produttività delle prestazioni lavorative nonché della loro attitudine all'innovazione.
9/3638/72. Moffa.

La Camera
premesso che:
il disegno di legge in esame interviene, in un contesto economico-finanziario caratterizzato da una forte decelerazione dell'economia europea e dal conseguente rallentamento della crescita del PIL, con una manovra finanziaria volta al contenimento della spesa pubblica e, parallelamente, all'incremento delle entrate derivanti dal contrasto all'evasione e all'elusione fiscale;
l'azione del Governo è diretta a garantire la stabilità della finanza pubblica quale precondizione per l'adozione di misure di sviluppo economico volte a salvaguardare il risparmio delle famiglie, sostenerne i redditi e i consumi, incentivare gli investimenti privati e sviluppare quelli pubblici;
in tale prospettiva il temporaneo blocco dei contratti del settore pubblico rappresenta una dolorosa necessità ma la durata di esso deve essere quanto più breve possibile;
in ragione della minore esposizione ai fattori specifici di crisi rispetto agli altri partner europei, segnali positivi indicano per l'Italia, nel quadro della imminente ripresa internazionale, una ripresa dell'economia e un'espansione del PIL nel biennio 2011-2012 tale da consentire di rispettare gli impegni assunti in sede europea e di sviluppare, contemporaneamente, una politica economica di crescita, di recupero della produttività e di sostegno alle famiglie e alle imprese;
la manovra in esame si propone una rigorosa azione di controllo e di contenimento della spesa pubblica, con particolare riferimento a quella corrente primaria;
nell'ambito delle predette misure di contenimento, i trattamenti economici dei dipendenti pubblici per gli anni dal 2011 al 2013 non potranno superare il livello previsto per l'anno corrente e, in considerazione della gravità della situazione economica, è disposta la sospensione delle procedure contrattuali e negoziali per gli anni 2010-2012;
in tal modo si impongono consistenti sacrifici, pur necessari, a tutti i dipendenti del settore pubblico;
le disposizioni di cui all'articolo 61 del decreto-legge n. 112 del 2008 e di cui all'articolo 27 del decreto legislativo n. 150 del 2009 consentono di destinare una quota delle risorse derivanti dai risparmi legati a processi di riorganizzazione al finanziamento della contrattazione collettiva integrativa per le amministrazioni pubbliche;
va, peraltro, riconosciuto che la riforma del lavoro pubblico approvata in questa legislatura è la più incisiva azione di riordino organico della materia dai primi Anni Novanta, e che il suo obiettivo è migliorare l'organizzazione e le performance dell'amministrazione, quali decisivi fattori di sviluppo dell'economia;
tale riforma attua un preciso indirizzo politico-programmatico del Governo e della maggioranza parlamentare che lo sostiene, nel rispetto degli impegni assunti con gli elettori,

impegna il Governo:

se le condizioni di finanza pubblica lo consentono:
a) a destinare prioritariamente le eventuali risorse che dovessero rendersi disponibili in ragione del miglioramento della congiuntura economica al finanziamento della contrattazione collettiva del settore pubblico, riconsiderando ove possibile i vincoli introdotti per il triennio 2011-2013 con il decreto-legge in via di conversione;
b) a proseguire nella politica di attuazione delle citate disposizioni legislative e a prevedere, anche nell'ambito della prossima Decisione di finanza pubblica, fermo restando il rispetto dei saldi complessivi, che si proceda alla verifica e alla quantificazione delle suindicate risorse finanziarie aggiuntive, destinate a premiare l'efficienza e la qualità delle prestazioni lavorative individuali sulla base del processo di misurazione e valutazione della performance;
c) a proseguire nell'attuazione delle disposizioni in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza del settore pubblico, di cui al decreto legislativo n. 150 del 2009 e ad individuare - nel quadro della prossima Decisione di finanza pubblica, fermo restando il rispetto dei saldi complessivi e dei vincoli assunti in sede comunitaria - adeguate risorse finanziarie da destinare ai trattamenti economici accessori dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni in ragione della qualità e produttività delle prestazioni lavorative nonché della loro attitudine all'innovazione.
9/3638/72. (Testo modificato nel corso della seduta) Moffa.

La Camera,
premesso che:
il comma 24 dell'articolo 7 riduce, a decorrere dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, gli stanziamenti sui capitoli iscritti per il 2010 agli stati di previsione delle amministrazioni centrali vigilanti relativi al contributo dello Stato a enti, istituti, fondazioni e altri organismi per una quota pari al 50 per cento delle dotazioni dell'anno 2009;
risulta necessario assicurare la prosecuzione dell'attività di screening e di campagna di diagnosi precoce del tumore al seno da parte della LILT (Lega italiana lotta ai tumori) attraverso i suoi laboratori diagnostici;
la Lega italiana per la lotta contro i tumori (LILT) avrà una riduzione totale dei fondi ordinari per gli effetti della riduzione del 50 per cento degli stanziamenti sui capitoli degli stati di previsione delle amministrazioni vigilanti relativi al contributo dello Stato a enti, istituti, fondazioni e altri organismi, di cui all'articolo 7, comma 24,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di assumere iniziative, anche normative, volte a sostenere e salvaguardare l'attività ordinaria di prevenzione del tumore al seno da parte della LILT prevedendo, altresì, di ripristinare i fondi già stanziati e ripartiti con decreto interministeriale per l'anno 2010 di cui al capitolo 3412 dello stato di previsione della spesa del Ministero della salute.
9/3638/73. De Luca, Barani, Bocciardo.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in discussione reca misure in materia di stabilizzazione finanziaria;
l'articolo 32 della Costituzione, nel riconoscere la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, ricomprende nella sua tutela non solo l'attività di cura, ma anche quella di prevenzione;
l'attività di prevenzione delle patologie, dove possibile, è un atto dovuto in termini scientifici, sociali, etici nonché economici, una pratica che - riducendo il ricorso alle cure - ha il pregio di contrastare il trend di crescita strutturale della spesa sanitaria nazionale, che nel 2008 ha raggiunto il 9,1 per cento del Pil;
come riconosciuto dal Piano sanitario nazionale (PSN) 2006-2008, negli anni passati gli investimenti in prevenzione (vaccinazioni, lotta al fumo di tabacco, all'obesità e al diabete, all'uso di alcol e di droghe, agli incidenti domestici) sono stati scarsi, nonostante sia noto che essi sono quelli con il massimo ritorno in termini economici e di salute;
il Piano sanitario nazionale 2006 -2008 ha stabilito che il 5 per cento del Fondo sanitario nazionale debba essere destinato ad attività di prevenzione;
tale riserva di risorse è stata successivamente ribadita e confermata sia dal Patto per la salute 2010-2012, siglato il 3 dicembre 2009, che dal Piano nazionale della prevenzione del 29 aprile 2010, per l'attuazione del quale le Regioni e le Province autonome hanno convenuto di destinare ulteriori 200 milioni di euro rispetto alle risorse già previste per la realizzazione degli obiettivi del Piano sanitario nazionale;
per l'attuazione del Patto per la salute 2010-2012 lo Stato si impegna ad assicurare 104.614 milioni di euro per l'anno 2010 e 106.934 milioni di euro per l'anno 2011, e il 5 per cento di tale somma da destinare alla prevenzione ammonta dunque a 5.230 milioni per il 2010 e 5.346,7 per il 2011;
nell'ambito delle attività di prevenzione un ruolo di primo piano è svolto dalle vaccinazioni, che costituiscono strumenti sempre più efficaci in termini economici e di salute per la prevenzione primaria di patologie diffuse e gravi;
non esistono procedure di verifica e controllo sulla reale destinazione alla prevenzione, da parte delle regioni e province autonome, della quota di Fondo sanitario nazionale ad essa riservata nella misura del 5 per cento;
ai sensi dell'articolo 1 del Piano nazionale della prevenzione 2010-2012 le regioni si impegnano ad adottare, entro il 30 settembre 2010, il Piano regionale di prevenzione;
dalla valutazione della performance dei sistemi sanitari regionali commissionata dal Ministero della salute al Laboratorio Management e Sanità della Scuola superiore Sant'Anna emerge una sensibile disomogeneità nella copertura vaccinale tra le diverse regioni;
l'esistenza di un monopolio nel mercato dei vaccini obbligatori ha indotto un aumento dei prezzi d'acquisto degli stessi da parte del Servizio sanitario nazionale, ha ridotto la possibilità per i consumatori di scegliere tra diversi prodotti e modelli di prevenzione e ha aumentato il rischio di incapienza dell'offerta rispetto alla domanda,

impegna il Governo:

ad assumere tutte le iniziative di propria competenza affinché la quota del 5 per cento degli stanziamenti relativi al Fondo sanitario nazionale sia non solo allocata per il perseguimento di politiche di prevenzione, ma altresì finalizzata dagli enti regionali e provinciali autonomi, mediante l'esatta individuazione delle missioni e relative risorse da utilizzare, nell'ambito dei propri bilanci, al perseguimento degli specifici obiettivi di prevenzione e in particolare delle politiche vaccinali;
a valutare se la scelta di acquistare i vaccini obbligatori, soprattutto i cd. polivalenti, presso un solo produttore sia compatibile con l'obiettivo di stabilizzare le finanze pubbliche, evitare concentrazioni dell'offerta di tipo monopolistico e ridurre l'incidenza delle stesse sulla spesa sanitaria nazionale, oltre che con lo sviluppo di un mercato concorrenziale e con la garanzia per i consumatori e per gli erogatori pubblici di servizi sanitari di poter scegliere autonomamente tra prodotti differenti.
9/3638/74. Della Vedova, Cazzola.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in discussione reca misure in materia di stabilizzazione finanziaria;
l'articolo 32 della Costituzione, nel riconoscere la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, ricomprende nella sua tutela non solo l'attività di cura, ma anche quella di prevenzione;
l'attività di prevenzione delle patologie, dove possibile, è un atto dovuto in termini scientifici, sociali, etici nonché economici, una pratica che - riducendo il ricorso alle cure - ha il pregio di contrastare il trend di crescita strutturale della spesa sanitaria nazionale, che nel 2008 ha raggiunto il 9,1 per cento del Pil;
come riconosciuto dal Piano sanitario nazionale (PSN) 2006-2008, negli anni passati gli investimenti in prevenzione (vaccinazioni, lotta al fumo di tabacco, all'obesità e al diabete, all'uso di alcol e di droghe, agli incidenti domestici) sono stati scarsi, nonostante sia noto che essi sono quelli con il massimo ritorno in termini economici e di salute;
il Piano sanitario nazionale 2006 -2008 ha stabilito che il 5 per cento del Fondo sanitario nazionale debba essere destinato ad attività di prevenzione;
tale riserva di risorse è stata successivamente ribadita e confermata sia dal Patto per la salute 2010-2012, siglato il 3 dicembre 2009, che dal Piano nazionale della prevenzione del 29 aprile 2010, per l'attuazione del quale le Regioni e le Province autonome hanno convenuto di destinare ulteriori 200 milioni di euro rispetto alle risorse già previste per la realizzazione degli obiettivi del Piano sanitario nazionale;
per l'attuazione del Patto per la salute 2010-2012 lo Stato si impegna ad assicurare 104.614 milioni di euro per l'anno 2010 e 106.934 milioni di euro per l'anno 2011, e il 5 per cento di tale somma da destinare alla prevenzione ammonta dunque a 5.230 milioni per il 2010 e 5.346,7 per il 2011;
nell'ambito delle attività di prevenzione un ruolo di primo piano è svolto dalle vaccinazioni, che costituiscono strumenti sempre più efficaci in termini economici e di salute per la prevenzione primaria di patologie diffuse e gravi;
non esistono procedure di verifica e controllo sulla reale destinazione alla prevenzione, da parte delle regioni e province autonome, della quota di Fondo sanitario nazionale ad essa riservata nella misura del 5 per cento;
ai sensi dell'articolo 1 del Piano nazionale della prevenzione 2010-2012 le regioni si impegnano ad adottare, entro il 30 settembre 2010, il Piano regionale di prevenzione;
dalla valutazione della performance dei sistemi sanitari regionali commissionata dal Ministero della salute al Laboratorio Management e Sanità della Scuola superiore Sant'Anna emerge una sensibile disomogeneità nella copertura vaccinale tra le diverse regioni;
l'esistenza di un monopolio nel mercato dei vaccini obbligatori ha indotto un aumento dei prezzi d'acquisto degli stessi da parte del Servizio sanitario nazionale, ha ridotto la possibilità per i consumatori di scegliere tra diversi prodotti e modelli di prevenzione e ha aumentato il rischio di incapienza dell'offerta rispetto alla domanda,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di assumere tutte le iniziative di propria competenza affinché la quota del 5 per cento degli stanziamenti relativi al Fondo sanitario nazionale sia non solo allocata per il perseguimento di politiche di prevenzione, ma altresì finalizzata dagli enti regionali e provinciali autonomi, mediante l'esatta individuazione delle missioni e relative risorse da utilizzare, nell'ambito dei propri bilanci, al perseguimento degli specifici obiettivi di prevenzione e in particolare delle politiche vaccinali;
a valutare se la scelta di acquistare i vaccini obbligatori, soprattutto i cd. polivalenti, presso un solo produttore sia compatibile con l'obiettivo di stabilizzare le finanze pubbliche, evitare concentrazioni dell'offerta di tipo monopolistico e ridurre l'incidenza delle stesse sulla spesa sanitaria nazionale, oltre che con lo sviluppo di un mercato concorrenziale e con la garanzia per i consumatori e per gli erogatori pubblici di servizi sanitari di poter scegliere autonomamente tra prodotti differenti.
9/3638/74. (Testo modificato nel corso della seduta) Della Vedova, Cazzola.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame comporta ulteriori tagli al Ministero degli affari esteri che potrebbero ulteriormente aggravare la già critica situazione per il settore della cooperazione allo sviluppo, sia per quanto riguarda le risorse, sia per quanto riguarda il funzionamento amministrativo della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo;
da più di un decennio, inoltre, numerose organizzazioni non governative operanti nell'ambito della cooperazione allo sviluppo sono creditrici nei confronti dell'amministrazione pubblica per un ammontare complessivo di circa 30 milioni di euro per un numero di circa 500 progetti, già completati e rendicontati;
l'esposizione finanziaria di numerose Ong ha ormai superato in molti casi la soglia critica, tanto da far rischiare loro il fallimento;
in particolare, a causa del deficit di risorse umane dell'ufficio preposto, non si riesce a riassorbire, nonostante gli sforzi profusi, il forte arretrato che per essere smaltito, secondo stime approssimative, richiederebbe un anno di lavoro per sei dipendenti in pianta stabile;
in un momento così difficile, l'eventuale smaltimento dell'arretrato per progetti già rendicontati rappresenterebbe forse l'unica possibilità di sopravvivenza per numerose Ong operanti da decenni in questo settore;
in forza dell'articolo 16, comma 1, lettera d) della legge n. 49 del 1987 - che prevede la possibilità di richiedere il distacco presso la Direzione Generale per la Cooperazione allo sviluppo di personale di altre amministrazioni dello Stato - la DGCS presso il Ministero degli affari esteri ha formalmente richiesto alla Guardia di Finanza la messa a disposizione di almeno sette unità in posizione di comando, al fine di smaltire questo arretrato, senza ancora aver ricevuto risposta,

impegna il Governo

ad adottare iniziative volte a dotare, nel più breve tempo possibile, la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo presso il Ministero degli affari esteri di unità aggiuntive di personale, in posizione di comando, individuando nell'ambito delle strutture dell'amministrazione dello Stato, quelle più idonee a fornire il suddetto personale.
9/3638/75. Pezzotta, Pianetta, Tempestini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 6, comma 2, del decreto-legge in esame, come modificato dal Senato, impone del tutto irragionevolmente, ai fini del contenimento della spesa pubblica, l'azzeramento dei compensi dei componenti degli organi di enti e fondazioni finanziate in misura maggioritaria dai privati, mentre in altra parte del provvedimento ci si limita a stabilire una mera riduzione dei compensi dei componenti degli organi di enti e società interamente finanziate a carico dei bilanci pubblici,

impegna il Governo

ad assumere sollecitamente le iniziative atte a stabilire una definizione puntuale degli enti privati cui si applica il citato comma 2 dell'articolo 6 del decreto-legge in esame, distinguendo quelli sovvenzionati da enti pubblici e quelli sovvenzionati in misura non superiore al cinquanta percento a carico di bilanci pubblici e con fatturato non inferiore a 20 milioni di euro, al fine di escludere questi ultimi dall'applicazione della norma in questione.
9/3638/76. Lanzillotta.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 6, comma 2, del decreto-legge in esame, come modificato dal Senato, impone del tutto irragionevolmente, ai fini del contenimento della spesa pubblica, l'azzeramento dei compensi dei componenti degli organi di enti e fondazioni finanziate in misura maggioritaria dai privati, mentre in altra parte del provvedimento ci si limita a stabilire una mera riduzione dei compensi dei componenti degli organi di enti e società interamente finanziate a carico dei bilanci pubblici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere sollecitamente le iniziative atte a stabilire una definizione puntuale degli enti privati cui si applica il citato comma 2 dell'articolo 6 del decreto-legge in esame, distinguendo quelli sovvenzionati da enti pubblici e quelli sovvenzionati in misura non superiore al cinquanta percento a carico di bilanci pubblici e con fatturato non inferiore a 20 milioni di euro, al fine di escludere questi ultimi dall'applicazione della norma in questione.
9/3638/76. (Testo modificato nel corso della seduta) Lanzillotta.

La Camera,
premesso che:
le sanzioni erogate per le quote latte sono costate 1,7 milioni di euro di mancati trasferimenti di finanziamenti europei all'Italia, risorse di cui avrebbe potuto beneficiare l'intero comparto agricolo, e la percentuale dei produttori che non hanno rispettato le quote loro assegnate è pari a circa 1'1,5 per cento di tutti i produttori di latte nel nostro Paese;
la legge 30 maggio 2003, n. 119, aveva previsto la possibilità, di cui molti produttori hanno approfittato, di rateizzare il prelievo dovuto e tale piano di rateizzazione era parte di un accordo politico, sancito dalla Decisione unanimemente adottata dal Consiglio il 16 luglio 2003, raggiunto all'epoca tra l'Unione europea e l'Italia, per mettere fine all'annosa questione della non corretta applicazione in Italia del regime sulle quote latte;
la legge 9 aprile 2009, n. 33, ha autorizzato una nuova rateizzazione del debito pregresso, consentendo di agevolare ulteriormente la gestione finanziaria dell'onere;
anche sulla base dei dati forniti dalla relazione elaborata dal Comando dei carabinieri delle politiche agricole e alimentari, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, l'AGEA, nonché il Commissario straordinario per le quote latte concordano sull'inesistenza di qualsiasi elemento oggettivo che possa supportare verificate irregolarità di entità tale da incidere in modo apprezzabile sul calcolo del prelievo, confermando così le conclusioni a cui erano arrivate tutte le commissioni di indagine fino ad oggi;
nel corso dell'esame della manovra finanziaria presso il Senato della Repubblica è stata inserita, mediante un emendamento del relatore, confermato dal maxi-emendamento del Governo, la proroga al 31 dicembre 2010 dei pagamenti dei prelievi previsti dai piani di rateizzazione delle multe sulle quote latte;
la norma in questione fa espresso riferimento alla negativa congiuntura internazionale e agli accertamenti sulle conseguenze della crisi sul comparto lattiero-caseario;
circa la richiesta di dilazione del pagamento della sesta rata di cui alla decisione 2003/530/CE del Consiglio, formulata dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali pro tempore, la Commissione europea, nel mese di dicembre 2009, ha negato nel modo più assoluto tale possibilità;
l'articolo 1 della citata decisione 2003/530/CE fa inequivocabile riferimento alla necessità che il debito sia interamente rimborsato mediante rate annuali di uguale importo;
la Commissione, nel suo rapporto al Consiglio del 26 marzo 2010, ha nuovamente espresso preoccupazione per l'estrema lentezza con la quale l'Italia opera l'esazione dei prelievi sulle eccedenze che non sono oggetto del piano di rateizzazione del 2003;
da ultimo il 9 luglio 2010, il Commissario europeo all'agricoltura, esaminata la norma sulle quote latte inserita nella manovra finanziaria, ha immediatamente inviato una nota al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali informandolo che la norma in questione, qualora approvata, porterà inevitabilmente all'avvio di una procedura di infrazione ai sensi del Trattato UE, con gravissime conseguenze sulla finanza pubblica;
nella medesima nota del Commissario europeo all'agricoltura si pone in evidenza come la norma in questione si ponga in contrasto non solo con il diritto dell'Unione Europea, ma anche con i ripetuti impegni assunti a livello politico dal Governo italiano di imporre una rigorosa applicazione del regime delle quote in latte, impegno da ultimo riconfermato nell'ambito del compromesso politico raggiunto con l'Health Check della PAC;
tale posizione di netto contrasto con il diritto dell'Unione europea rischia di pregiudicare ed indebolire politicamente la posizione italiana nell'ambito del delicato processo di riforma della PAC,

impegna il Governo:

a dare attuazione alla disposizione di proroga dei pagamenti dei prelievi previsti dai piani di rateizzazione delle multe sulle quote latte solo previa verifica positiva da parte dei competenti organi comunitari al fine di garantire una coerente e corretta applicazione del diritto dell'Unione europea ed evitare l'attivazione di procedure di infrazione nei confronti dell'Italia;
a monitorare, attraverso gli accertamenti di natura economica e finanziaria di cui alla disposizione in premessa citata, anche per il tramite di ISMEA, oltre che del competente Dipartimento ministeriale, l'andamento della negativa congiuntura internazionale ed ai riflessi sul comparto lattiero-caseario.
9/3638/77. Paolo Russo.

La Camera,
premesso che:
le sanzioni erogate per le quote latte sono costate 1,7 milioni di euro di mancati trasferimenti di finanziamenti europei all'Italia, risorse di cui avrebbe potuto beneficiare l'intero comparto agricolo, e la percentuale dei produttori che non hanno rispettato le quote loro assegnate è pari a circa 1'1,5 per cento di tutti i produttori di latte nel nostro Paese;
la legge 30 maggio 2003, n. 119, aveva previsto la possibilità, di cui molti produttori hanno approfittato, di rateizzare il prelievo dovuto e tale piano di rateizzazione era parte di un accordo politico, sancito dalla Decisione unanimemente adottata dal Consiglio il 16 luglio 2003, raggiunto all'epoca tra l'Unione europea e l'Italia, per mettere fine all'annosa questione della non corretta applicazione in Italia del regime sulle quote latte;
la legge 9 aprile 2009, n. 33, ha autorizzato una nuova rateizzazione del debito pregresso, consentendo di agevolare ulteriormente la gestione finanziaria dell'onere;
anche sulla base dei dati forniti dalla relazione elaborata dal Comando dei carabinieri delle politiche agricole e alimentari, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, l'AGEA, nonché il Commissario straordinario per le quote latte concordano sull'inesistenza di qualsiasi elemento oggettivo che possa supportare verificate irregolarità di entità tale da incidere in modo apprezzabile sul calcolo del prelievo, confermando così le conclusioni a cui erano arrivate tutte le commissioni di indagine fino ad oggi;
nel corso dell'esame della manovra finanziaria presso il Senato della Repubblica è stata inserita, mediante un emendamento del relatore, confermato dal maxi-emendamento del Governo, la proroga al 31 dicembre 2010 dei pagamenti dei prelievi previsti dai piani di rateizzazione delle multe sulle quote latte;
la norma in questione fa espresso riferimento alla negativa congiuntura internazionale e agli accertamenti sulle conseguenze della crisi sul comparto lattiero-caseario;
circa la richiesta di dilazione del pagamento della sesta rata di cui alla decisione 2003/530/CE del Consiglio, formulata dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali pro tempore, la Commissione europea, nel mese di dicembre 2009, ha negato nel modo più assoluto tale possibilità;
l'articolo 1 della citata decisione 2003/530/CE fa inequivocabile riferimento alla necessità che il debito sia interamente rimborsato mediante rate annuali di uguale importo;
la Commissione, nel suo rapporto al Consiglio del 26 marzo 2010, ha nuovamente espresso preoccupazione per l'estrema lentezza con la quale l'Italia opera l'esazione dei prelievi sulle eccedenze che non sono oggetto del piano di rateizzazione del 2003;
da ultimo il 9 luglio 2010, il Commissario europeo all'agricoltura, esaminata la norma sulle quote latte inserita nella manovra finanziaria, ha immediatamente inviato una nota al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali informandolo che la norma in questione, qualora approvata, porterà inevitabilmente all'avvio di una procedura di infrazione ai sensi del Trattato UE, con gravissime conseguenze sulla finanza pubblica;
nella medesima nota del Commissario europeo all'agricoltura si pone in evidenza come la norma in questione si ponga in contrasto non solo con il diritto dell'Unione Europea, ma anche con i ripetuti impegni assunti a livello politico dal Governo italiano di imporre una rigorosa applicazione del regime delle quote in latte, impegno da ultimo riconfermato nell'ambito del compromesso politico raggiunto con l'Health Check della PAC;
tale posizione di netto contrasto con il diritto dell'Unione europea rischia di pregiudicare ed indebolire politicamente la posizione italiana nell'ambito del delicato processo di riforma della PAC,

impegna il Governo:

a dare attuazione alla disposizione di proroga dei pagamenti dei prelievi previsti dai piani di rateizzazione delle multe sulle quote latte verificando gli effetti derivanti anche sotto il profilo comunitario;
a monitorare, attraverso gli accertamenti di natura economica e finanziaria di cui alla disposizione in premessa citata, senza oneri per la finanza pubblica.
9/3638/77. (Testo modificato nel corso della seduta) Paolo Russo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15 del provvedimento in esame ha previsto l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di ANAS SpA;
per l'individuazione delle tratte e dei raccordi autostradali gestiti dall'ANAS da sottoporre a pedaggio occorre verificare e tener conto della loro situazione effettiva di utilizzazione e fruizione, dello stato di lavori in corso di ammodernamento e messa in sicurezza;
è necessario poi valutare, tratta per tratta, l'esistenza di adeguate reti di viabilità ordinaria alternativa prima di introdurre il pedaggio;
non si può infine prescindere dalle concrete e specifiche condizioni economiche e sociali delle comunità interessate,

impegna il Governo

in sede di applicazione dell'articolo 15 del provvedimento in esame, ad escludere l'introduzione del pedaggio su tratte e su raccordi autostradali, gestiti direttamente dell'ANAS, quando siano tratte o raccordi disagiati o con lavori in corso di ammodernamento e messa in sicurezza e fino al loro totale completamento, quando non esiste, inoltre, un'adeguata e funzionale rete di viabilità ordinaria alternativa ed infine tenendo conto delle condizioni economiche e sociali delle comunità e dei territori interessati.
9/3638/78. Jannuzzi, Boffa.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15 del provvedimento in esame ha previsto l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di ANAS SpA;
per l'individuazione delle tratte e dei raccordi autostradali gestiti dall'ANAS da sottoporre a pedaggio occorre verificare e tener conto della loro situazione effettiva di utilizzazione e fruizione, dello stato di lavori in corso di ammodernamento e messa in sicurezza;
è necessario poi valutare, tratta per tratta, l'esistenza di adeguate reti di viabilità ordinaria alternativa prima di introdurre il pedaggio;
non si può infine prescindere dalle concrete e specifiche condizioni economiche e sociali delle comunità interessate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di escludere l'introduzione del pedaggio su tratte e su raccordi autostradali, gestiti direttamente dell'ANAS, quando siano tratte o raccordi disagiati o con lavori in corso di ammodernamento e messa in sicurezza e fino al loro totale completamento, quando non esiste, inoltre, un'adeguata e funzionale rete di viabilità ordinaria alternativa ed infine tenendo conto delle condizioni economiche e sociali delle comunità e dei territori interessati.
9/3638/78. (Testo modificato nel corso della seduta) Jannuzzi, Boffa.

La Camera,
premesso che:
in occasione del terremoto dell'Aquila, a differenza di quanto avvenuto in occasione di precedenti eventi sismici di portata comparabile, non è stata emanata una legge organica che disciplini gli interventi per la ricostruzione;
si rende necessario superare la gestione emergenziale tipica dell'intervento del Dipartimento nazionale di Protezione civile, restituendo agli enti preposti la pienezza delle competenze, individuando fonti certe di copertura finanziaria e assicurando forme di coinvolgimento decisionale della popolazione locale,

impegna il Governo

a promuovere un disegno di legge organico che definisca:
le disposizioni per le autorità commissariali e locali che consentano di predisporre in tempi certi la quantificazione del danno e la redazione degli atti di pianificazione e programmazione necessari al celere avanzamento della ricostruzione;
le fonti di copertura finanziaria e l'approvvigionamento con certezza di copertura finanziaria, con l'istituzione di una tassazione di scopo;
gli adempimenti relativi alla sospensione del pagamento delle rate dei mutui accesi dai proprietari delle abitazioni lesionate fino all'effettivo rientro nell'abitazione dei beneficiari;
le norme di rilevanza finanziaria e fiscale (tasse, contributi, Equitalia), nonché quelle riguardanti il sostegno all'economia e all'occupazione, stabilendo agevolazioni di carattere contributivo e fiscale, anche in accordo con l'ABI, per un comportamento equo ed univoco nel trattamento del credito agevolato a favore di tutti gli operatori economici con sede nei comuni del cratere;
l'inizio della restituzione delle imposte sospese e non versate a far data dall'aprile 2019 nella misura del 40 per cento da effettuarsi in dieci anni;
misure atte a favorire l'apertura di nuove attività economiche e il rilancio di quelle esistenti nei comuni del cratere, al fine di dare impulso a nuova occupazione, anche attraverso lo strumento della zona franca;
obblighi di trasparenza e pubblicità, in particolare attraverso la pubblicazione su internet dei dati in formato aperto, sulla destinazione dei fondi erogati, i contratti stipulati, le procedure di assegnazione, i dati societari delle imprese private destinatarie dei fondi per la ricostruzione;
le forme di coinvolgimento attivo della popolazione locale;
un piano di interventi urgente per la messa in sicurezza del territorio, in particolar modo rispetto al dissesto idrogeologico e il rischio sismico;
obblighi e incentivi per assicurare la riqualificazione energetica degli edifici pubblici e privati;
ad operare nell'ambito dei seguenti principi generali:
rispetto del principio costituzionale di sussidiarietà verticale, attribuendo un opportuno ruolo a tutti i livelli istituzionali coinvolti nella ricostruzione, dallo Stato (sia a livello centrale che attraverso il Commissario) alla Regione e alla Provincia ed anzitutto ai comuni;
rispetto del principio di sussidiarietà dell'ausilium afferre, prevedendo che le strutture nazionali, regionali e commissariali provvedano al sostegno tecnico ed operativo, non aprioristicamente sostitutivo, degli organi tecnici degli enti locali, chiamati ad un compito di straordinario impegno;
rispetto del principio costituzionale di sussidiarietà orizzontale, restituendo al più presto ai cittadini e agli altri soggetti privati, entro un quadro chiaro, certo e comprensibile di governo, la effettiva capacità di intervento e partecipazione.
9/3638/79. Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Pes.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame, all'articolo 7, comma 1, istituisce il «polo della sicurezza», sopprimendo l'Ipsema e l'Ispels e attribuendo le relative funzioni all'Inail;
il nuovo ente può costituire la risposta di carattere istituzionale per rendere sempre più efficace ed adeguata l'azione per la difesa della salute e della sicurezza dei lavoratori,

impegna il Governo

a promuovere ogni iniziativa utile a rendere al più presto pienamente operativo il nuovo ente risultante dall'incorporazione dell'Ipsema e dell'Ispels nell'Inail.
9/3638/80. Nizzi, Cazzola.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 52, comma 1, del provvedimento in esame introduce un'interpretazione dell'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, con il prevedere che la vigilanza sulle fondazioni bancarie è attribuita al Ministero dell'economia e delle finanze indipendentemente dalla circostanza che le fondazioni controllino, direttamente o indirettamente società bancarie;
la norma non è omogenea né conferente con il decreto-legge in cui è contenuta; per questi motivi la proposta emendativa n. 2.15 del medesimo contenuto di cui all'Atto Camera n. 3350 è stata giudicata non ammissibile dalle Commissioni riunite VI e X della Camera dei deputati;
tale norma, lungi dall'essere interpretativa, è una norma innovativa che si sovrappone ad una legge ancora in vigore. L'articolo 52, comma 1, infatti, prevede puntualmente una «nuova autorità di controllo sulle persone giuridiche private» laddove l'articolo 10 del decreto legislativo n. 153 del 1999 fa semplicemente riferimento alla «nuova disciplina dell'autorità di controllo sulle persone giuridiche». Mette il conto di rilevare come solo le norme di interpretazione autentica prive di effetti innovativi possono avere efficacia retroattiva e non è questa la fattispecie in cui ricade l'articolo 52 in esame, che quindi contrasta con i principi costituzionali;
la norma confligge con un disegno di legge in esame al Consiglio dei Ministri che regolamenterà in via definitiva le fondazioni che non esercitano il controllo sulle società bancarie e che trovano il loro ambito normativa nel Titolo II, Libro I, del codice civile;
dal punto di vista sostanziale la norma, contravvenendo ai principi di civiltà giuridica connessi alla certezza del diritto, travolge una pronuncia del TAR Lazio (sentenza n. 12532/2009) la quale, sul tema della vigilanza sulle fondazioni ex bancarie, è chiarissima ed univoca nell'affidarne i poteri alle prefetture ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 2000;
sul punto specifico della vigilanza v'è concordia, anche da parte della giurisprudenza costituzionale, nel ritenere che i poteri prefettizi siano idonei a realizzare la necessaria sovraintendenza sulle fondazioni ex bancarie,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative che tengano conto della posizione peculiare, in termini di assetti di vigilanza, delle fondazioni ex bancarie, così come acclarata dalla giurisprudenza costituzionale e, recentemente, dal TAR del Lazio, nonché degli interessi coinvolti, dello scopo e delle attività delle fondazioni ex bancarie, in sede riforma del Titolo II del Libro I del codice civile.
9/3638/81. Versace, Antonino Foti, Calearo Ciman, Berardi, Barbareschi, Mazzucca, Porcu, Di Biagio, Realacci, Vignali, Savino, Gasbarra, Raisi, Renato Farina, Perina, Bocchino, Galletti, De Poli, Occhiuto, Libè.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 52, comma 1, del provvedimento in esame introduce un'interpretazione dell'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, con il prevedere che la vigilanza sulle fondazioni bancarie è attribuita al Ministero dell'economia e delle finanze indipendentemente dalla circostanza che le fondazioni controllino, direttamente o indirettamente società bancarie;
la norma non è omogenea né conferente con il decreto-legge in cui è contenuta; per questi motivi la proposta emendativa n. 2.15 del medesimo contenuto di cui all'Atto Camera n. 3350 è stata giudicata non ammissibile dalle Commissioni riunite VI e X della Camera dei deputati;
tale norma, lungi dall'essere interpretativa, è una norma innovativa che si sovrappone ad una legge ancora in vigore. L'articolo 52, comma 1, infatti, prevede puntualmente una «nuova autorità di controllo sulle persone giuridiche private» laddove l'articolo 10 del decreto legislativo n. 153 del 1999 fa semplicemente riferimento alla «nuova disciplina dell'autorità di controllo sulle persone giuridiche». Mette il conto di rilevare come solo le norme di interpretazione autentica prive di effetti innovativi possono avere efficacia retroattiva e non è questa la fattispecie in cui ricade l'articolo 52 in esame, che quindi contrasta con i principi costituzionali;
la norma confligge con un disegno di legge in esame al Consiglio dei Ministri che regolamenterà in via definitiva le fondazioni che non esercitano il controllo sulle società bancarie e che trovano il loro ambito normativa nel Titolo II, Libro I, del codice civile;
dal punto di vista sostanziale la norma, contravvenendo ai principi di civiltà giuridica connessi alla certezza del diritto, travolge una pronuncia del TAR Lazio (sentenza n. 12532/2009) la quale, sul tema della vigilanza sulle fondazioni ex bancarie, è chiarissima ed univoca nell'affidarne i poteri alle prefetture ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 2000;
sul punto specifico della vigilanza v'è concordia, anche da parte della giurisprudenza costituzionale, nel ritenere che i poteri prefettizi siano idonei a realizzare la necessaria sovraintendenza sulle fondazioni ex bancarie,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative che tengano conto della posizione peculiare, in termini di assetti di vigilanza, delle fondazioni ex bancarie, così come acclarata dalla giurisprudenza costituzionale e, recentemente, dal TAR del Lazio, nonché degli interessi coinvolti, dello scopo e delle attività delle fondazioni ex bancarie, in sede riforma del Titolo II del Libro I del codice civile.
9/3638/81. (Testo modificato nel corso della seduta) Versace, Antonino Foti, Calearo Ciman, Berardi, Barbareschi, Mazzucca, Porcu, Di Biagio, Realacci, Vignali, Savino, Gasbarra, Raisi, Renato Farina, Perina, Bocchino, Galletti, De Poli, Occhiuto, Libè.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, definisce disposizioni atte a tutelare i produttori di latte che non hanno rispettato il regime delle quote latte sancito dalla normative Ue, dimostrando una indiscutibile sensibilità nei confronti di una particolare categoria di lavoratori sebbene questi rappresentino un numero esiguo;
in occasione della discussione della legge finanziaria 2010 la relazione approvata dalla Commissione affari esteri della Camera ha sollecitato la necessità di rifinanziamento degli interventi a favore delle collettività italiane all'estero;
la legge n. 2 del 2009, la cosiddetta manovra anticrisi - ricollegabile alla ratio del provvedimento in esame - ha confermato una misura di sostegno al reddito rivolta alla categoria di lavoratori italiani residenti all'estero, modificando le disposizioni della legge finanziaria 2007 e riconoscendo, all'articolo 6, la proroga al 2010 per le detrazioni fiscali per carichi di famiglia in loro favore;
al momento il suddetto diritto è riconosciuto in maniera limitata a quei cittadini italiani residenti all'estero che producono un reddito assoggettabile ad IRPEF in Italia, - circa 6000 cittadini collocando questa categoria di lavoratori in una condizione di sostanziale disparità nei confronti dei residenti nel territorio nazionale;
il 5 maggio 2010 il Governo ha accolto nell'ambito del provvedimento cosiddetti incentivi l'impegno ad estendere il diritto alla fruizione delle detrazioni fiscali per carichi di famiglia ai residenti all'estero oltre l'anno 2010;
la richiesta di impegno formulata al Governo al fine di riconoscere ai lavoratori italiani residenti all'estero un diritto ed un sostegno meritorio e doveroso è stata accolta con favore dallo stesso Governo anche in occasione dell'esame della legge finanziaria 2010, dell'atto Camera 2561, dell'atto Camera 1386, della legge finanziaria 2009, e dell'atto Camera 2714, cosiddetto correttivo anticrisi,

impegna il Governo

a riconoscere con apposite disposizioni nell'ambito di provvedimenti affini per materia - da varare inderogabilmente entro il 2010 - il diritto alla fruizione delle detrazioni fiscali per carichi di famiglia ai residenti all'estero oltre l'anno 2010.
9/3638/82. Angeli, Di Biagio, Berardi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, definisce disposizioni atte a tutelare i produttori di latte che non hanno rispettato il regime delle quote latte sancito dalla normative Ue, dimostrando una indiscutibile sensibilità nei confronti di una particolare categoria di lavoratori sebbene questi rappresentino un numero esiguo;
in occasione della discussione della legge finanziaria 2010 la relazione approvata dalla Commissione affari esteri della Camera ha sollecitato la necessità di rifinanziamento degli interventi a favore delle collettività italiane all'estero;
la legge n. 2 del 2009, la cosiddetta manovra anticrisi - ricollegabile alla ratio del provvedimento in esame - ha confermato una misura di sostegno al reddito rivolta alla categoria di lavoratori italiani residenti all'estero, modificando le disposizioni della legge finanziaria 2007 e riconoscendo, all'articolo 6, la proroga al 2010 per le detrazioni fiscali per carichi di famiglia in loro favore;
al momento il suddetto diritto è riconosciuto in maniera limitata a quei cittadini italiani residenti all'estero che producono un reddito assoggettabile ad IRPEF in Italia, - circa 6000 cittadini collocando questa categoria di lavoratori in una condizione di sostanziale disparità nei confronti dei residenti nel territorio nazionale;
il 5 maggio 2010 il Governo ha accolto nell'ambito del provvedimento cosiddetti incentivi l'impegno ad estendere il diritto alla fruizione delle detrazioni fiscali per carichi di famiglia ai residenti all'estero oltre l'anno 2010;
la richiesta di impegno formulata al Governo al fine di riconoscere ai lavoratori italiani residenti all'estero un diritto ed un sostegno meritorio e doveroso è stata accolta con favore dallo stesso Governo anche in occasione dell'esame della legge finanziaria 2010, dell'atto Camera 2561, dell'atto Camera 1386, della legge finanziaria 2009, e dell'atto Camera 2714, cosiddetto correttivo anticrisi,

impegna il Governo

se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, a riconoscere con apposite disposizioni nell'ambito di provvedimenti affini per materia - da varare inderogabilmente entro il 2010 - il diritto alla fruizione delle detrazioni fiscali per carichi di famiglia ai residenti all'estero oltre l'anno 2010.
9/3638/82. (Testo modificato nel corso della seduta) Angeli, Di Biagio, Berardi.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in discussione, all'articolo 7, commi 31-ter e seguenti, sopprime l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, istituita dall'articolo 102 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
il trasferimento delle funzioni al Ministero dell'interno e i tempi del relativo esercizio, nonché l'individuazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie riallocate presso il dicastero, sono demandati ad un decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
nelle more dell'emanazione del decreto ministeriale, la continuità delle attività di interesse pubblico dell'Agenzia e la sua operatività sono salvaguardate «fino al perfezionamento del processo di riorganizzazione»,

impegna il Governo

a prevedere che il consiglio nazionale di amministrazione previsto dal comma 2 dell'articolo 102 del citato decreto legislativo n. 267 del 2000 resti in carica fino all'emanazione del decreto ministeriale;
a prevedere che i componenti dei consigli di amministrazione delle sezioni regionali dell'Agenzia cessino dalla propria carica all'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.
9/3638/83. Graziano, Rubinato, Laratta.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, prevede all'articolo 6, comma 14, che le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 1999, n. 196, incluse le autorità indipendenti, non possono effettuare spese di ammontare superiore all'80 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi;
la percentuale di riduzione del 20 per cento rispetto al 2009 sulla spesa sostenuta dalle pubbliche amministrazioni appare ancora troppo contenuta rispetto agli effettivi sprechi che in tale ambito per un lungo periodo sono stati perpetrati;
stando ai dati pubblicati dagli organi di informazione le vetture in dotazione alla Pubblica amministrazione sono circa 600 mila. Un numero di mezzi che rispetto al resto del mondo vede il nostro Paese al primo posto rispetto al resto del mondo. Un rapporto incredibilmente alto, se si pensa, stando sempre alle notizie riportate dai media, che a fronte delle nostre oltre 600 mila auto blu, ce ne sono 72.000 negli Usa, 61 mila in Francia, 55 mila nel Regno Unito e 54 mila in Germania, fino ad arrivare alle 22 mila del Portogallo;
con propria direttiva il Ministro per la Pubblica amministrazione, ha avvito un monitoraggio finalizzato ad accertare la reale consistenza del parco auto utilizzato dalle amministrazioni pubbliche al fine di ottenere dei dati obiettivi di partenza in merito al loro utilizzo concreto sulla base dei quali costruire poi soluzioni razionali e innovative atte a portare, anche nel lungo periodo, significativi risparmi di spesa per le casse pubbliche,

impegna il Governo

a valutare positivamente l'opportunità di adottare ulteriori misure atte ad aumentare al 50 per cento la percentuale di riduzione sulla spesa sostenuta dalle pubbliche amministrazioni per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture.
9/3638/84. Maggioni.

La Camera,
premesso che:
durante l'esame del decreto-legge al Senato è stato soppresso il comma 12 dell'articolo 12 del decreto-legge che recava l'interpretazione autentica delle disposizioni dell'articolo 4, comma 90, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 e dall'articolo 3-quater, comma 1, del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, che autorizzano i soggetti colpiti dagli eventi alluvionali in Piemonte del novembre 1994, destinatari di provvedimenti di agevolazione in tema di versamento di tributi, contributi previdenziali e premi, a definire in via automatica la propria posizione, pagando il 10 per cento di quanto dovuto;
in particolare, tali norme estendono agli alluvionati del Piemonte le agevolazioni già riconosciute ai terremotati della Sicilia orientale;
il comma 12, andando oltre i limiti di un intervento di effettiva interpretazione autentica e contraddicendo il chiaro tenore letterale delle disposizioni interpretate, precisava che i predetti benefici si applicano esclusivamente ai versamenti tributari ed ai connessi adempimenti, e non anche ai versamenti contributivi previdenziali, senza rimborso di quanto eventualmente già versato a titolo di contribuzione dovuta;
la soppressione di tale comma era attesa con grande preoccupazione dalle imprese piemontesi, già provate dagli eventi calamitosi e dalla recente crisi economica, in quanto veniva avvertito come un atto di prepotenza da parte dell'INPS in spregio dei diritti delle imprese operanti in Piemonte sanciti dalla legge;
il comma 2 dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione reca misure di salvaguardia degli effetti del decreto-legge, facendo salvi gli atti e i provvedimenti adottati nonché gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del comma 12 dell'articolo 12;
tale ultima disposizione, costituente clausola di stile in sede di conversione di norme contenute in decreti-legge, intende mantenere fermi gli eventuali effetti definitivi riconducibili a provvedimenti amministrativi inoppugnabili od a pronunce giudiziali passate in giudicato emanati nel breve periodo di vigenza della norma abrogata in sede di conversione del decreto legge;
il comma 12 dell'articolo 12 si presentava come una norma di interpretazione autentica che il Parlamento ha giudicato, da un lato, non opportuna, dall'altro di dubbia legittimità costituzionale perché dietro l'apparenza di una norma interpretativa celava una norma innovativa foriera di disparità di trattamento tra posizioni giuridiche soggettive equivalenti, provvedendo conseguentemente alla sua soppressione e al ripristino integrale del beneficio previsto dalle disposizioni legislative interpretate;
una eventuale diversa interpretazione della predetta clausola di salvezza degli effetti dell'articolo 12, comma 12, del decreto-legge crea discriminazioni inammissibili tra le imprese vittime di eventi calamitosi e sarà, senz'altro, causa di ulteriori contenziosi con ricadute negative sulla finanza pubblica,

impegna il Governo

a recepire la predetta interpretazione dell'articolo 1, comma 2, della legge di conversione del decreto-legge n. 78 del 2010, nel senso di mantenere fermi esclusivamente gli effetti definitivi riconducibili a provvedimenti inoppugnabili od a pronunce giudiziali passate in giudicato emanati nel breve periodo di vigenza della norma abrogata in sede di conversione del decreto-legge.
9/3638/85. Simonetti, Togni, Allasia, Fogliato, Buonanno, Cavallotto, Pastore, Stradella, Armosino.

La Camera,
premesso che:
il comma 15 dell'articolo 11 del decreto in esame detta alcune disposizioni finalizzate a rendere operativa l'evoluzione della Tessera Sanitaria (TS) di cui al comma 1 dell'articolo 50 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 verso la Tessera Sanitaria - Carta nazionale dei servizi (TS-CNS);
la Tessera Sanitaria è la tessera personale che ha sostituito il tesserino del codice fiscale per tutti i cittadini aventi diritto alle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale; la Tessera contiene, oltre ai dati anagrafici e assistenziali, anche il codice fiscale, è valida sull'intero territorio nazionale e permette di ottenere servizi sanitari anche nei paesi dell'Unione Europea, in sostituzione del modello cartaceo E 111;
la Tessera Sanitaria costituisce un importante strumento per l'informatizzazione del Servizio sanitario nazionale, destinato a promuovere un più effettivo sistema di monitoraggio della spesa sanitaria, e quindi a favorire una migliore gestione delle risorse spese nella sanità;
per attuare tali obiettivi, negli ultimi anni sono state adottate numerose linee guida, rivolte in primo luogo ai medici e ai farmacisti e agli altri operatori del settore, per l'invio telematico delle prescrizioni sanitarie;
contestualmente, è stata introdotta nel nostro paese la carta d'identità elettronica (CIE), il documento di identificazione che ai sensi dell'articolo 7-vicies ter della Legge 31 marzo 2005 n. 43 è destinato progressivamente a sostituire la carta d'identità cartacea sul territorio italiano;
nella carta d'identità elettronica sono contenuti, oltre ai fondamentali dati anagrafici del titolare, anche il codice fiscale. In base al Codice dell'Amministrazione Digitale, inoltre, il microprocessore della carta d'identità elettronica potrà contenere, a richiesta dell'interessato, ove si tratti di dati sensibili, l'indicazione del gruppo sanguigno, le opzioni di carattere sanitario previste dalla legge, tutti gli altri dati utili al fine di razionalizzare e semplificare l'azione amministrativa e i servizi resi al cittadino, anche per mezzo dei portali, nel rispetto della normativa in materia di riservatezza;
le potenzialità della carta d'identità elettronica, nonché l'esigenza di adeguare il processo di informatizzazione della pubblica amministrazione al criterio della semplificazione e della razionalizzazione degli strumenti di accesso ai servizi, rendono necessario adottare misure di riorganizzazione della TS-CNS, finalizzate a farla confluire all'interno della carta d'identità elettronica,

impegna il Governo

a valutare positivamente l'idea di un riordino del sistema di informatizzazione del Servizio sanitario nazionale incentrato sulla Tessera Sanitaria-Carta Nazionale dei Servizi, al fine di far confluire tale tessera all'interno della Carta d'identità elettronica, e quindi dotare i cittadini di un unico documento elettronico per l'interazione informatica con la pubblica amministrazione.
9/3638/86. Bragantini.

La Camera,
premesso che:
il comma 15 dell'articolo 11 del decreto in esame detta alcune disposizioni finalizzate a rendere operativa l'evoluzione della Tessera Sanitaria (TS) di cui al comma 1 dell'articolo 50 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 verso la Tessera Sanitaria - Carta nazionale dei servizi (TS-CNS);
la Tessera Sanitaria è la tessera personale che ha sostituito il tesserino del codice fiscale per tutti i cittadini aventi diritto alle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale; la Tessera contiene, oltre ai dati anagrafici e assistenziali, anche il codice fiscale, è valida sull'intero territorio nazionale e permette di ottenere servizi sanitari anche nei paesi dell'Unione Europea, in sostituzione del modello cartaceo E 111;
la Tessera Sanitaria costituisce un importante strumento per l'informatizzazione del Servizio sanitario nazionale, destinato a promuovere un più effettivo sistema di monitoraggio della spesa sanitaria, e quindi a favorire una migliore gestione delle risorse spese nella sanità;
per attuare tali obiettivi, negli ultimi anni sono state adottate numerose linee guida, rivolte in primo luogo ai medici e ai farmacisti e agli altri operatori del settore, per l'invio telematico delle prescrizioni sanitarie;
contestualmente, è stata introdotta nel nostro paese la carta d'identità elettronica (CIE), il documento di identificazione che ai sensi dell'articolo 7-vicies ter della Legge 31 marzo 2005 n. 43 è destinato progressivamente a sostituire la carta d'identità cartacea sul territorio italiano;
nella carta d'identità elettronica sono contenuti, oltre ai fondamentali dati anagrafici del titolare, anche il codice fiscale. In base al Codice dell'Amministrazione Digitale, inoltre, il microprocessore della carta d'identità elettronica potrà contenere, a richiesta dell'interessato, ove si tratti di dati sensibili, l'indicazione del gruppo sanguigno, le opzioni di carattere sanitario previste dalla legge, tutti gli altri dati utili al fine di razionalizzare e semplificare l'azione amministrativa e i servizi resi al cittadino, anche per mezzo dei portali, nel rispetto della normativa in materia di riservatezza;
le potenzialità della carta d'identità elettronica, nonché l'esigenza di adeguare il processo di informatizzazione della pubblica amministrazione al criterio della semplificazione e della razionalizzazione degli strumenti di accesso ai servizi, rendono necessario adottare misure di riorganizzazione della TS-CNS, finalizzate a farla confluire all'interno della carta d'identità elettronica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di valutare positivamente l'idea di un riordino del sistema di informatizzazione del Servizio sanitario nazionale incentrato sulla Tessera Sanitaria-Carta Nazionale dei Servizi, al fine di far confluire tale tessera all'interno della Carta d'identità elettronica, e quindi dotare i cittadini di un unico documento elettronico per l'interazione informatica con la pubblica amministrazione.
9/3638/86. (Testo modificato nel corso della seduta) Bragantini.

La Camera,
premesso che:
le disposizioni contenute nell'articolo 45 intervengono sugli incentivi dei certificati verdi e del CIP6 con lo scopo di garantire l'efficienza del meccanismo incentivante dei certificati verdi medesimi rispetto alla diffusione dell'energia verde;
il Governo ha promosso una serie di iniziative a favore della diffusione dell'energia da fonti rinnovabili, dell'efficienza energetica e del risparmio energetico, anche ai fini del rispetto dell'obiettivo di riduzione delle emissioni climalteranti stabilito in ambito comunitario;
la detrazione IRPEF del 55 per cento per la riqualificazione energetica degli edifici si è dimostrata uno strumento valido per migliorare la qualità degli edifici sotto il profilo energetico e garantire la riduzione dei consumi energetici;
tale incentivo scade il 31 dicembre 2010;

impegna il Governo

nei prossimi provvedimenti legislativi di carattere finanziario, a valutare la possibilità di prevedere l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi da 344 a 347, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nella misura e alle condizioni ivi previste, anche alle spese sostenute entro il 31 dicembre 2011.
9/3638/87. Lanzarin, Guido Dussin, Togni, Alessandri.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 46, allo scopo di garantire l'efficientamento della spesa pubblica e poter reinvestire in opere infrastrutturali, prevede la revoca dei mutui accesi con la Cassa depositi e prestiti entro il 31 dicembre 2006, ad onere di ammortamento a totale carico dello Stato, e non ancora erogati;
il CIPE provvede alla rassegnazione delle risorse derivanti dalle revoche per la prosecuzione delle opere della legge obiettivo, con priorità al finanziamento del MO.S.E., nel limite massimo di 400 milioni di euro. La relazione tecnica stima un importo non inferiore ai 635 milioni di euro proveniente dalle revoche;
il collegamento ferroviario AV/AC Verona-Padova costituisce parte della trasversale est-ovest Torino - Milano - Venezia, inserita nel Corridoio europeo n. 5 Lione-Kiev e rappresenta un tassello importante di una delle più significative opere strategiche della legge obiettivo;
la popolazione interessata manifesta un crescente allarme per l'assenza di stanziamenti destinati alla progettazione ed alla realizzazione della linea ferroviaria AV/AC nel tratto Verona-Padova, anche a seguito di uno slittamento temporale negli anni successivi dei finanziamenti destinati alla progettazione dell'opera nell'ambito dell'Aggiornamento 2009 del Contratto di programma 2007-2011 tra il Ministero delle Infrastrutture ed RFI;
la paura è quella che l'intero Nord-Est sta per perdere un'occasione irripetibile per continuare a svolgere il ruolo di locomotiva dell'economia del Paese, a causa dei ritardi della realizzazione della linea AV/AC nel territorio veneto;
il Governo ha manifestato una rinnovata attenzione istituzionale verso il tema della prosecuzione della linea ferroviaria AV/AC nel territorio Veneto, peraltro già definita «opera prioritaria» nell'allegato infrastrutture al DPEF 2010-2013;

impegna il Governo

ad utilizzare parte delle risorse derivanti dalle revoche di cui all'articolo 46 per il finanziamento della progettazione del collegamento ferroviario AV/AC Verona-Padova, ritenendo tale opera prioritaria ed improcrastinabile per l'intero sistema infrastrutturale del Nord.
9/3638/88. Montagnoli, Lanzarin, Dal Lago, Bragantini, Negro.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 46, allo scopo di garantire l'efficientamento della spesa pubblica e poter reinvestire in opere infrastrutturali, prevede la revoca dei mutui accesi con la Cassa depositi e prestiti entro il 31 dicembre 2006, ad onere di ammortamento a totale carico dello Stato, e non ancora erogati;
il CIPE provvede alla rassegnazione delle risorse derivanti dalle revoche per la prosecuzione delle opere della legge obiettivo, con priorità al finanziamento del MO.S.E., nel limite massimo di 400 milioni di euro. La relazione tecnica stima un importo non inferiore ai 635 milioni di euro proveniente dalle revoche;
il collegamento ferroviario AV/AC Verona-Padova costituisce parte della trasversale est-ovest Torino - Milano - Venezia, inserita nel Corridoio europeo n. 5 Lione-Kiev e rappresenta un tassello importante di una delle più significative opere strategiche della legge obiettivo;
la popolazione interessata manifesta un crescente allarme per l'assenza di stanziamenti destinati alla progettazione ed alla realizzazione della linea ferroviaria AV/AC nel tratto Verona-Padova, anche a seguito di uno slittamento temporale negli anni successivi dei finanziamenti destinati alla progettazione dell'opera nell'ambito dell'Aggiornamento 2009 del Contratto di programma 2007-2011 tra il Ministero delle Infrastrutture ed RFI;
la paura è quella che l'intero Nord-Est sta per perdere un'occasione irripetibile per continuare a svolgere il ruolo di locomotiva dell'economia del Paese, a causa dei ritardi della realizzazione della linea AV/AC nel territorio veneto;
il Governo ha manifestato una rinnovata attenzione istituzionale verso il tema della prosecuzione della linea ferroviaria AV/AC nel territorio Veneto, peraltro già definita «opera prioritaria» nell'allegato infrastrutture al DPEF 2010-2013;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di utilizzare parte delle risorse derivanti dalle revoche di cui all'articolo 46 per il finanziamento della progettazione del collegamento ferroviario AV/AC Verona-Padova, ritenendo tale opera prioritaria ed improcrastinabile per l'intero sistema infrastrutturale del Nord.
9/3638/88. (Testo modificato nel corso della seduta) Montagnoli, Lanzarin, Dal Lago, Bragantini, Negro.

La Camera,
premesso che:
gli stretti vincoli del patto di stabilità in vigore e la persistenza della congiuntura negativa hanno messo in grave difficoltà i comuni;
in particolare l'applicazione dei criteri di competenza mista e del calcolo del saldo finanziario non sono idonei a consentire una certa elasticità di bilancio almeno per i comuni in avanzo di amministrazione, con grave penalizzazione per le spese di investimento,
la necessità di migliorare i saldi di finanza pubblica impone un ulteriore taglio di 1,5 miliardi di euro delle risorse dei comuni per l'anno 2011 e di 2,5 miliardi a decorrere dal 2012;
in attesa della concreta attuazione del federalismo fiscale, l'accordo del 9 luglio scorso tra il Ministro dell'economia e delle finanze e l'ANCI, ha stabilito l'impegno a rivedere in autunno e per l'anno 2011 i criteri del patto di stabilità per risolvere la difficile situazione finanziaria, che numerosi comuni vivono;
la revisione del patto di stabilità, in concomitanza con i decreti attuativi della legge n. 42 del 2009 per attribuire ai comuni risorse finanziarie indipendenti, è un momento importante per stabilire un positivo contributo alla riduzione dei deficit della P.A. da parte dei comuni, che nel contempo non penalizzi la crescita del Pil a livello territoriale;
i princìpi che ispirano la revisione del patto non possono prescindere dall'adozione di criteri meritocratici, ossia criteri premianti le gestioni equilibrare dei comuni virtuosi,
si apprezza per quanto sopra l'introduzione all'articolo 14, comma 2, nel decreto in esame della norma che prevede l'adozione di criteri di virtuosità nella ripartizione dei nuovi tagli imposti con la manovra;
in tale direzione sono state presentate istanze parlamentari su tutti i provvedimenti vertenti sui patto di stabilità nell'ultimo triennio;

impegna il Governo

in occasione della prossima revisione dei criteri del patto di stabilità annunciata dal Ministro dell'economia e delle finanze, ad adottare una disciplina che rimoduli il concorso degli enti locali alla riduzione dell'indebitamento della P.A., in base ai criteri di virtuosità degli enti stessi, allo scopo di rendere meno incisivi i tagli ed i vincoli per gli enti caratterizzati da indici di virtuosità correlati all'autonomia finanziaria, alla spesa per il personale, alla lotta contro l'evasione fiscale.
9/3638/89. Bitonci.

La Camera,
premesso che:
gli stretti vincoli del patto di stabilità in vigore e la persistenza della congiuntura negativa hanno messo in grave difficoltà i comuni;
in particolare l'applicazione dei criteri di competenza mista e del calcolo del saldo finanziario non sono idonei a consentire una certa elasticità di bilancio almeno per i comuni in avanzo di amministrazione, con grave penalizzazione per le spese di investimento,
la necessità di migliorare i saldi di finanza pubblica impone un ulteriore taglio di 1,5 miliardi di euro delle risorse dei comuni per l'anno 2011 e di 2,5 miliardi a decorrere dal 2012;
in attesa della concreta attuazione del federalismo fiscale, l'accordo del 9 luglio scorso tra il Ministro dell'economia e delle finanze e l'ANCI, ha stabilito l'impegno a rivedere in autunno e per l'anno 2011 i criteri del patto di stabilità per risolvere la difficile situazione finanziaria, che numerosi comuni vivono;
la revisione del patto di stabilità, in concomitanza con i decreti attuativi della legge n. 42 del 2009 per attribuire ai comuni risorse finanziarie indipendenti, è un momento importante per stabilire un positivo contributo alla riduzione dei deficit della P.A. da parte dei comuni, che nel contempo non penalizzi la crescita del Pil a livello territoriale;
i princìpi che ispirano la revisione del patto non possono prescindere dall'adozione di criteri meritocratici, ossia criteri premianti le gestioni equilibrare dei comuni virtuosi,
si apprezza per quanto sopra l'introduzione all'articolo 14, comma 2, nel decreto in esame della norma che prevede l'adozione di criteri di virtuosità nella ripartizione dei nuovi tagli imposti con la manovra;
in tale direzione sono state presentate istanze parlamentari su tutti i provvedimenti vertenti sui patto di stabilità nell'ultimo triennio;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in occasione della prossima revisione dei criteri del patto di stabilità annunciata dal Ministro dell'economia e delle finanze, di adottare una disciplina che rimoduli il concorso degli enti locali alla riduzione dell'indebitamento della P.A., in base ai criteri di virtuosità degli enti stessi, allo scopo di rendere meno incisivi i tagli ed i vincoli per gli enti caratterizzati da indici di virtuosità correlati all'autonomia finanziaria, alla spesa per il personale, alla lotta contro l'evasione fiscale.
9/3638/89. (Testo modificato nel corso della seduta) Bitonci.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo:
valutato positivamente, in particolare, il contenuto dell'articolo 18, il quale disciplina la partecipazione dei Comuni all'attività di accertamento dei tributi e dei contributi; la disposizione eleva dal 30 al 33 per cento la quota attribuita ai comuni delle maggiori somme di tributi statali, nonché delle sanzioni civili applicate sui maggiori contributi, riscossi con l'intervento dei comuni stessi nella fase di accertamento;
considerato che il fenomeno delle cosiddette «slot machine» ha ormai raggiunto in Italia dimensioni assai rilevanti, tanto che nel 2010 la raccolta supererà i trenta miliardi di euro e che, allo stesso modo, pure l'evasione fiscale nel comparto è assai cospicua; frequenti sono le azioni della guardia di finanza dalle quali emergono migliaia di macchinette donate o non collegate alla rete telematica dei concessionari;
considerato che i Comuni, attraverso la polizia locale, possono facilmente controllare i bar e gli altri locali dove sono installate le slot, dando un grosso contributo al fisco italiano, smascherando le macchinette illegali e recuperando, così, ingenti somme di denaro sottratte all'imposizione fiscale,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative volte a prevedere che i Comuni partecipino attivamente ai controlli e agli accertamenti relativi al prelievo erariale unico, attribuendo ai Comuni stessi il 33 per cento delle maggiori entrate relative al prelievo stesso.
9/3638/90. Desiderati, Montagnoli.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo:
valutato positivamente, in particolare, il contenuto dell'articolo 18, il quale disciplina la partecipazione dei Comuni all'attività di accertamento dei tributi e dei contributi; la disposizione eleva dal 30 al 33 per cento la quota attribuita ai comuni delle maggiori somme di tributi statali, nonché delle sanzioni civili applicate sui maggiori contributi, riscossi con l'intervento dei comuni stessi nella fase di accertamento;
considerato che il fenomeno delle cosiddette «slot machine» ha ormai raggiunto in Italia dimensioni assai rilevanti, tanto che nel 2010 la raccolta supererà i trenta miliardi di euro e che, allo stesso modo, pure l'evasione fiscale nel comparto è assai cospicua; frequenti sono le azioni della guardia di finanza dalle quali emergono migliaia di macchinette donate o non collegate alla rete telematica dei concessionari;
considerato che i Comuni, attraverso la polizia locale, possono facilmente controllare i bar e gli altri locali dove sono installate le slot, dando un grosso contributo al fisco italiano, smascherando le macchinette illegali e recuperando, così, ingenti somme di denaro sottratte all'imposizione fiscale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative volte a prevedere che i Comuni partecipino attivamente ai controlli e agli accertamenti relativi al prelievo erariale unico, attribuendo ai Comuni stessi il 33 per cento delle maggiori entrate relative al prelievo stesso.
9/3638/90. (Testo modificato nel corso della seduta) Desiderati, Montagnoli.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo:
valutato positivamente il rigore con il quale il Governo procede alla riduzione della spesa pubblica a tutti i livelli amministrativi, moltiplicando gli sforzi per contrastare l'evasione fiscale;
i trasferimenti di valuta tramite le agenzie di money transfer hanno raggiunto in Italia valori importanti, in continua crescita; nel 2007 si stima che le rimesse totali siano state pari a 6,044 miliardi; si tratta essenzialmente di lavoratori stranieri che trasferiscono all'estero gran parte dei loro guadagni ottenuti in Italia; i flussi dal nostro Paese in base alla destinazione vedono al primo posto la Repubblica popolare Cinese con il 27,92 per cento dei totale dei flussi registrati nei 2007 pari a 1,687 miliardi di euro, malgrado i cinesi residenti nel nostro Paese rappresentino solo il 4,93 per cento del totale degli stranieri;

impegna il Governo

a prevedere l'istituzione di un'imposta di bollo sui trasferimenti di denaro all'estero effettuati tramite i money transfer.
9/3638/91. Buonanno, Montagnoli.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo:
valutato positivamente il rigore con il quale il Governo procede alla riduzione della spesa pubblica a tutti i livelli amministrativi, moltiplicando gli sforzi per contrastare l'evasione fiscale;
i trasferimenti di valuta tramite le agenzie di money transfer hanno raggiunto in Italia valori importanti, in continua crescita; nel 2007 si stima che le rimesse totali siano state pari a 6,044 miliardi; si tratta essenzialmente di lavoratori stranieri che trasferiscono all'estero gran parte dei loro guadagni ottenuti in Italia; i flussi dal nostro Paese in base alla destinazione vedono al primo posto la Repubblica popolare Cinese con il 27,92 per cento dei totale dei flussi registrati nei 2007 pari a 1,687 miliardi di euro, malgrado i cinesi residenti nel nostro Paese rappresentino solo il 4,93 per cento del totale degli stranieri;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere l'istituzione di un'imposta di bollo sui trasferimenti di denaro all'estero effettuati tramite i money transfer.
9/3638/91. (Testo modificato nel corso della seduta) Buonanno, Montagnoli.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
valutato positivamente, in particolare, il contenuto dell'articolo 49 in tema di semplificazione delle procedure per l'avvio delle nuove iniziative imprenditoriali; la segnalazione certificata di inizio attività sostituirà ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale;
valutato positivamente anche il contenuto dell'articolo 23, con il quale vengono specificamente considerate ai fini della selezione delle posizioni da sottoporre a controllo da parte dell'Agenzia delle entrate, della Guardia di Finanza e dell'INPS le imprese che cessano l'attività entro un anno dalla data di inizio;
considerato che molte tra queste imprese sono extra UE ed è quasi impossibile per l'amministrazione finanziaria recuperare le somme che queste hanno evaso o non hanno versato durante la loro breve attività;

impegna il Governo

a prevedere che all'atto dell'apertura della partita Iva, le società ed i cittadini extra UE debbano depositare una garanzia fideiussoria bancaria o assicurativa a favore dell'Agenzia delle Entrate in modo da garantire gli eventuali versamenti di imposte e contributi dovuti nell'esercizio dell'attività.
9/3638/92. D'Amico, Bitonci.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
valutato positivamente, in particolare, il contenuto dell'articolo 49 in tema di semplificazione delle procedure per l'avvio delle nuove iniziative imprenditoriali; la segnalazione certificata di inizio attività sostituirà ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale;
valutato positivamente anche il contenuto dell'articolo 23, con il quale vengono specificamente considerate ai fini della selezione delle posizioni da sottoporre a controllo da parte dell'Agenzia delle entrate, della Guardia di Finanza e dell'INPS le imprese che cessano l'attività entro un anno dalla data di inizio;
considerato che molte tra queste imprese sono extra UE ed è quasi impossibile per l'amministrazione finanziaria recuperare le somme che queste hanno evaso o non hanno versato durante la loro breve attività;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, previa autorizzazione comunitaria, di prevedere che all'atto dell'apertura della partita Iva, le società ed i cittadini extra UE debbano depositare una garanzia fideiussoria bancaria o assicurativa a favore dell'Agenzia delle Entrate in modo da garantire gli eventuali versamenti di imposte e contributi dovuti nell'esercizio dell'attività.
9/3638/92. (Testo modificato nel corso della seduta) D'Amico, Bitonci.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
valutato positivamente il rigore con il quale il Governo procede alla riduzione della spesa pubblica a tutti i livelli amministrativi, moltiplicando gli sforzi per contrastare l'evasione fiscale;
considerato che nell'attuale fase di crisi il Governo sta chiedendo sacrifici a tutte le categorie, lavoratori subordinati ed imprese, ma che esistono particolari categorie di persone che godono di trattamenti pensionistici molto elevati, magari dopo aver svolto un'attività lavorativa abbastanza breve;

impegna il Governo

a valutare l'istituzione di un contributo di solidarietà sui trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie i cui importi risultino complessivamente superare l'importo di 60.000 euro annui.
9/3638/93. Munerato, Fedriga.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
valutato positivamente il rigore con il quale il Governo procede alla riduzione della spesa pubblica a tutti i livelli amministrativi, moltiplicando gli sforzi per contrastare l'evasione fiscale;
considerata l'attenzione che il Governo ha sempre avuto nei confronti delle vittime dei crack finanziari;
considerato che ai possessori di azioni di Alitalia è stato riconosciuto un rimborso pari a 0,2722 euro per ogni azione, attraverso l'emissione di buoni del tesoro poliennali con scadenza il 31 dicembre 2012, senza interessi e con un limite massimo di 50.000 euro;
considerato che gli ex azionisti Alitalia sono comunque penalizzati, dal momento che il valore di rimborso è inferiore rispetto al valore che le azioni hanno avuto nell'ultimo anno;

impegna il Governo

a trovare nuovi strumenti per tutelare ed indennizzare gli ex azionisti e obbligazionisti di Alitalia, prevedendo anche forme di concambio con le azioni della nuova Alitalia.
9/3638/94. Di Vizia, Montagnoli.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
valutato positivamente il rigore con il quale il Governo procede alla riduzione della spesa pubblica a tutti i livelli amministrativi, moltiplicando gli sforzi per contrastare l'evasione fiscale;
considerata l'attenzione che il Governo ha sempre avuto nei confronti delle vittime dei crack finanziari;
considerato che ai possessori di azioni di Alitalia è stato riconosciuto un rimborso pari a 0,2722 euro per ogni azione, attraverso l'emissione di buoni del tesoro poliennali con scadenza il 31 dicembre 2012, senza interessi e con un limite massimo di 50.000 euro;
considerato che gli ex azionisti Alitalia sono comunque penalizzati, dal momento che il valore di rimborso è inferiore rispetto al valore che le azioni hanno avuto nell'ultimo anno;

impegna il Governo

se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, a trovare nuovi strumenti per tutelare ed indennizzare gli ex azionisti e obbligazionisti di Alitalia, prevedendo anche forme di concambio con le azioni della nuova Alitalia.
9/3638/94. (Testo modificato nel corso della seduta) Di Vizia, Montagnoli.

La Camera,
premesso che:
la politica della salute in Italia, nonostante l'articolo 32, primo comma, della Costituzione, è definitivamente confinata alla sola logica degli equilibri finanziari;
con la devoluzione alle Regioni della gestione della Sanità si mostra con sempre maggiore chiarezza che la crisi della finanza sanitaria vede tra le sue cause principali la mancanza di efficienza e di professionalità nella gestione dei servizi alla salute, al punto che è frequente la constatazione che dove la spesa sanitaria pro-capite è più elevata i servizi sono tra i più scadenti;
la magniloquenza delle previsioni del presente decreto legge impone ai commissari ad acta di procedere entro quindici giorni dalla sua entrata in vigore alla conclusione della ricognizione dei debiti delle Regioni, con la predisposizione di un piano che individui modalità e tempi di pagamento e questo piano non pare ad oggi essere pervenuto;
è sempre più evidente il fatto che, nonostante il dettato costituzionale, i LEA e la probabile buona volontà dei ministri che si sono succeduti, si stanno configurando in Italia due diversi servizi sanitari: uno di elevata qualità nel centro-nord ed uno di qualità nettamente inferiore nelle regioni meridionali;

impegna il Governo

a convocare un Forum Nazionale della Salute, al quale partecipino i soggetti pubblici e privati che interagiscono nel determinare il funzionamento del servizio sanitario, nel corso dei quale siano delineate le condizioni di analisi e di proposta atte a trasformare la spesa sanitaria in una derivata accettabile finanziariamente ma anche costituzionalmente dell'organizzazione del servizio sanitario nazionale.
9/3638/95. Calgaro.

La Camera,
premesso che:
l'introduzione di meccanismi di valutazione delle amministrazioni e dei dipendenti pubblici finalizzata al miglioramento e al riconoscimento del merito costituisce uno degli elementi qualificanti del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;
l'articolo 9, comma 1, del presente decreto, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica blocca, per il triennio 2011-2013, il trattamento economico individuale complessivo dei dipendenti pubblici, anche di qualifica dirigenziale, prevedendo che esso non possa in ogni caso superare il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010;
si tratta di una clamorosa smentita delle linee di indirizzo del Dicastero per la pubblica amministrazione e l'innovazione;

impegna il Governo

a verificare l'impatto della normativa introdotta con l'articolo 9, comma 1, del presente decreto rispetto alle disposizioni contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 e sull'efficienza del servizio prestato dal personale del Ministero dell'economia e finanze e a riferirne alle competenti Commissioni parlamentari entro un anno dall'approvazione della presente legge.
9/3638/96. Cuperlo.

La Camera,
premesso che:
l'introduzione di meccanismi di valutazione delle amministrazioni e dei dipendenti pubblici finalizzata al miglioramento e al riconoscimento del merito costituisce uno degli elementi qualificanti del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;
l'articolo 9, comma 1, del presente decreto, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica blocca, per il triennio 2011-2013, il trattamento economico individuale complessivo dei dipendenti pubblici, anche di qualifica dirigenziale, prevedendo che esso non possa in ogni caso superare il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010;
si tratta di una clamorosa smentita delle linee di indirizzo del Dicastero per la pubblica amministrazione e l'innovazione;

impegna il Governo

a verificare l'impatto della normativa introdotta con l'articolo 9, comma 1, del presente decreto rispetto alle disposizioni contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 e sull'efficienza del servizio prestato dal personale del Ministero dello sviluppo economico e a riferirne alle competenti Commissioni parlamentari entro un anno dall'approvazione della presente legge.
9/3638/97. Lo Moro.

La Camera,
premesso che:
l'introduzione di meccanismi di valutazione delle amministrazioni e dei dipendenti pubblici finalizzata al miglioramento e al riconoscimento del merito costituisce uno degli elementi qualificanti del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;
l'articolo 9, comma 1, del presente decreto, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica blocca, per il triennio 2011-2013, il trattamento economico individuale complessivo dei dipendenti pubblici, anche di qualifica dirigenziale, prevedendo che esso non possa in ogni caso superare il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010;
si tratta di una clamorosa smentita delle linee di indirizzo del Dicastero per la pubblica amministrazione e l'innovazione;

impegna il Governo

a verificare l'impatto della normativa introdotta con l'articolo 9, comma 1, del presente decreto rispetto alle disposizioni contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 e sull'efficienza del servizio prestato dal personale del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali e a riferirne alle competenti Commissioni parlamentari entro un anno dall'approvazione della presente legge.
9/3638/98. Giovanelli.

La Camera,

premesso che:
negli ultimi dieci anni il divario tra il Centro-Nord e il Mezzogiorno è cresciuto, vanificando il buon andamento degli anni precedenti, che avevano registrato una riduzione della forbice tra le due aree del Paese;
i processi di internazionalizzazione delle economie anziché favorire nuove opportunità di sviluppo per le aree sottoutilizzate hanno ulteriormente aggravato le loro condizioni socio-economiche;
in particolare, la centralità nel dibattito politico del federalismo fiscale e la non mai chiarita questione settentrionale, hanno eliminato dalla discussione sullo sviluppo del Paese la centralità del dualismo territoriale, provocando l'abbandono di qualsiasi politica di riequilibrio e la nascita di una falsa mitologia sulle ingenti risorse trasferite al Sud e dilapidate;
la recente relazione della Svimez, presentata il 20 luglio c.a., fotografa la condizione attuale del Mezzogiorno, documentando ampiamente il deterioramento generale delle regioni a Sud di Roma;
l'analisi degli studiosi della Svimez constatano come la recessione dell'economia mondiale ha colpito in modo particolare il Mezzogiorno, smentendo l'opinione di quanti ritenevano che la crisi internazionale avrebbe avuto ricadute meno gravi sul Mezzogiorno perché meno dipendente dalle esportazioni;
nel 2009 il prodotto interno lordo si è ridotto nel Mezzogiorno del 4,5 per cento, mentre nell'anno precedente era stato di -1,5 per cento;
disastroso è stato il crollo degli investimenti fissi lordi, diminuiti del 9,6 per cento e la contrazione dei consumi, ridottisi del 2,6 per cento;
l'aspetto più preoccupante è il rischio della scomparsa del comparto industriale, che ha fatto registrare nel solo 2009 la perdita di 61 mila posti di lavoro, provocando il giusto allarme di una annunciata catastrofe sociale;
le altre aree deboli dell'Unione Europea hanno resistito meglio alla recessione internazionale e in alcuni casi hanno aumentato le esportazioni verso l'estero;
da tutto ciò appare evidente l'urgenza di una politica di sviluppo del Mezzogiorno che assuma le risorse esistenti in quest'area come opportunità nazionali da utilizzare nella difficile fase della congiuntura economica;
la ripresa di una coerente politica di valorizzazione delle aree a ritardo di sviluppo dovrà affrontare i nodi, non sciolti, che ne ostacolano la loro trasformazione e che si possono riassumere:
nuova politica di promozione industriale, in grado di sterilizzare le diseconomie esterne che rendono non competitive sui mercati le merci prodotte. Le piccole e medie imprese sono messe in difficoltà, nella fase attuale, dalle restrizioni creditizie che si riflettono sulla produzione e contemporaneamente vedono aggravate la penuria di liquidità dalla pretesa dello Stato di imporre un privilegio, di fatto assoluto, ai propri crediti attraverso l'esibizione del DURC ogni qual volta le aziende incassano una somma di denaro da un'amministrazione pubblica. Il DURC, che attesta la piena regolarità contributiva delle imprese, in una fase di grave crisi, come l'attuale, ha accresciuto le difficoltà per le piccole imprese, sarebbe saggio sospendere momentaneamente la disposizione di legge che ha introdotto il sistema di salvaguardia per i crediti dello Stato,
esame ed analisi della profonda crisi del settore agricolo, che ha subito il crollo dei prezzi, non sapendo opporsi alla concorrenza spagnola, per giunta aggredito dalle contraffazione dei prodotti del bacino del mediterraneo, importati in Italia tramite uno dei Paesi dell'Unione Europea. Si rende urgente il rinnovo della fiscalizzazione degli oneri contributivi per l'impossibilità del settore di poter sopportare il costo previdenziale del lavoro che è il più alto d'Europa. Il rilancio, con adeguata dotazione finanziaria, della ex Cassa per la piccola proprietà contadina in modo da incentivare accorpamenti e formazioni di aziende industriali. Pesa ancora negativamente l'eccessiva polverizzazione e frammentazione della proprietà fondiaria. Incentivi per la promozione della innovazione e meccanizzazione delle aziende, nonché per il marketing;
il differenziale del costo del denaro tra Nord e Sud contribuisce ad allontanare i tempi del riequilibrio e concorre a rendere difficile l'attività di impresa nel Mezzogiorno. È matura la soluzione di una norma che preveda l'obbligo di chiedere la stessa remunerazione del denaro a parità di solvibilità del debitore;
l'arretratezza delle infrastrutture materiali e immateriali è un serio ostacolo al mantenimento dell'attuale sistema produttivo e alla nascita di nuove iniziative. La prospettiva del mercato di libero scambio nel Mediterraneo anziché essere una opportunità può diventare per il Mezzogiorno una occasione persa, qualora non si dovessero adottare gli indispensabili finanziamenti per le infrastrutture e non si dotassero le università del Sud di quelle risorse necessarie per metterle in condizione di primeggiare nell'Europa del Sud;
il contrasto alle organizzazioni delinquenziali, che pure ha conseguito negli ultimi anni ottimi risultati, dovrà essere ancora più incalzante e incisivo. Enorme è la potenza economica delle mafie, oramai di dimensione internazionale, che non risparmia dalla loro invasività nemmeno le regioni sviluppate del Nord, come dimostrano gli ultimi arresti di Milano;
i messaggi positivi rappresentati dal netto miglioramento dell'istruzione nel Mezzogiorno, fino al punto di leggere, nella Relazione della Svimez, che la percentuale dei ragazzi che ha conseguito il diploma è superiore al Sud, potrebbero rivelarsi effimeri se non si dovessero determinare condizioni di sbocchi occupazionali. Purtroppo i dati non inducono all'ottimismo: il rientro di occupati occasionali dal Nord e la grave crisi del sistema produttivo meridionale fanno temere un futuro non roseo;
il doloroso aumento della povertà si concentra, soprattutto, nelle regioni meridionali, accanto a forme gravi di devianze;
nelle condizioni sopra descritte non può essere compresa la utilizzazione del fondo FAS per usi impropri quali le quote latte dei produttori, il terremoto dell'Abruzzo, i rifiuti della Campania, il dissesto del comune di Catania, la formazione professionale per gli espulsi dalle industrie, costrette a ridurre il personale per la recessione e via di seguito;
il Presidente del Consiglio e il Governo avevano preannunciato un piano di sviluppo per il Mezzogiorno del quale si sono perse le tracce;
l'attuazione del federalismo fiscale corre il rischio di fallire e di creare inconciliabili contrasti territoriali se contemporaneamente non si dovesse dare avvio trasformazione delle aree a ritardo di sviluppo,

impegna il Governo

a voler definire, nei prossimi mesi, e comunque prima della legge di stabilità, un piano di sviluppo del Mezzogiorno, necessario per rafforzare la ripresa economica del Paese, aumentare la competitività del sistema produttivo nazionale e mantenere, come obiettivo irrinunciabile, l'unificazione economica del Paese.
9/3638/99. Cesare Marini.

La Camera,

premesso che:
negli ultimi dieci anni il divario tra il Centro-Nord e il Mezzogiorno è cresciuto, vanificando il buon andamento degli anni precedenti, che avevano registrato una riduzione della forbice tra le due aree del Paese;
i processi di internazionalizzazione delle economie anziché favorire nuove opportunità di sviluppo per le aree sottoutilizzate hanno ulteriormente aggravato le loro condizioni socio-economiche;
in particolare, la centralità nel dibattito politico del federalismo fiscale e la non mai chiarita questione settentrionale, hanno eliminato dalla discussione sullo sviluppo del Paese la centralità del dualismo territoriale, provocando l'abbandono di qualsiasi politica di riequilibrio e la nascita di una falsa mitologia sulle ingenti risorse trasferite al Sud e dilapidate;
la recente relazione della Svimez, presentata il 20 luglio c.a., fotografa la condizione attuale del Mezzogiorno, documentando ampiamente il deterioramento generale delle regioni a Sud di Roma;
l'analisi degli studiosi della Svimez constatano come la recessione dell'economia mondiale ha colpito in modo particolare il Mezzogiorno, smentendo l'opinione di quanti ritenevano che la crisi internazionale avrebbe avuto ricadute meno gravi sul Mezzogiorno perché meno dipendente dalle esportazioni;
nel 2009 il prodotto interno lordo si è ridotto nel Mezzogiorno del 4,5 per cento, mentre nell'anno precedente era stato di -1,5 per cento;
disastroso è stato il crollo degli investimenti fissi lordi, diminuiti del 9,6 per cento e la contrazione dei consumi, ridottisi del 2,6 per cento;
l'aspetto più preoccupante è il rischio della scomparsa del comparto industriale, che ha fatto registrare nel solo 2009 la perdita di 61 mila posti di lavoro, provocando il giusto allarme di una annunciata catastrofe sociale;
le altre aree deboli dell'Unione Europea hanno resistito meglio alla recessione internazionale e in alcuni casi hanno aumentato le esportazioni verso l'estero;
da tutto ciò appare evidente l'urgenza di una politica di sviluppo del Mezzogiorno che assuma le risorse esistenti in quest'area come opportunità nazionali da utilizzare nella difficile fase della congiuntura economica;
la ripresa di una coerente politica di valorizzazione delle aree a ritardo di sviluppo dovrà affrontare i nodi, non sciolti, che ne ostacolano la loro trasformazione e che si possono riassumere:
nuova politica di promozione industriale, in grado di sterilizzare le diseconomie esterne che rendono non competitive sui mercati le merci prodotte. Le piccole e medie imprese sono messe in difficoltà, nella fase attuale, dalle restrizioni creditizie che si riflettono sulla produzione e contemporaneamente vedono aggravate la penuria di liquidità dalla pretesa dello Stato di imporre un privilegio, di fatto assoluto, ai propri crediti attraverso l'esibizione del DURC ogni qual volta le aziende incassano una somma di denaro da un'amministrazione pubblica. Il DURC, che attesta la piena regolarità contributiva delle imprese, in una fase di grave crisi, come l'attuale, ha accresciuto le difficoltà per le piccole imprese, sarebbe saggio sospendere momentaneamente la disposizione di legge che ha introdotto il sistema di salvaguardia per i crediti dello Stato,
esame ed analisi della profonda crisi del settore agricolo, che ha subito il crollo dei prezzi, non sapendo opporsi alla concorrenza spagnola, per giunta aggredito dalle contraffazione dei prodotti del bacino del mediterraneo, importati in Italia tramite uno dei Paesi dell'Unione Europea. Si rende urgente il rinnovo della fiscalizzazione degli oneri contributivi per l'impossibilità del settore di poter sopportare il costo previdenziale del lavoro che è il più alto d'Europa. Il rilancio, con adeguata dotazione finanziaria, della ex Cassa per la piccola proprietà contadina in modo da incentivare accorpamenti e formazioni di aziende industriali. Pesa ancora negativamente l'eccessiva polverizzazione e frammentazione della proprietà fondiaria. Incentivi per la promozione della innovazione e meccanizzazione delle aziende, nonché per il marketing;
il differenziale del costo del denaro tra Nord e Sud contribuisce ad allontanare i tempi del riequilibrio e concorre a rendere difficile l'attività di impresa nel Mezzogiorno. È matura la soluzione di una norma che preveda l'obbligo di chiedere la stessa remunerazione del denaro a parità di solvibilità del debitore;
l'arretratezza delle infrastrutture materiali e immateriali è un serio ostacolo al mantenimento dell'attuale sistema produttivo e alla nascita di nuove iniziative. La prospettiva del mercato di libero scambio nel Mediterraneo anziché essere una opportunità può diventare per il Mezzogiorno una occasione persa, qualora non si dovessero adottare gli indispensabili finanziamenti per le infrastrutture e non si dotassero le università del Sud di quelle risorse necessarie per metterle in condizione di primeggiare nell'Europa del Sud;
il contrasto alle organizzazioni delinquenziali, che pure ha conseguito negli ultimi anni ottimi risultati, dovrà essere ancora più incalzante e incisivo. Enorme è la potenza economica delle mafie, oramai di dimensione internazionale, che non risparmia dalla loro invasività nemmeno le regioni sviluppate del Nord, come dimostrano gli ultimi arresti di Milano;
i messaggi positivi rappresentati dal netto miglioramento dell'istruzione nel Mezzogiorno, fino al punto di leggere, nella Relazione della Svimez, che la percentuale dei ragazzi che ha conseguito il diploma è superiore al Sud, potrebbero rivelarsi effimeri se non si dovessero determinare condizioni di sbocchi occupazionali. Purtroppo i dati non inducono all'ottimismo: il rientro di occupati occasionali dal Nord e la grave crisi del sistema produttivo meridionale fanno temere un futuro non roseo;
il doloroso aumento della povertà si concentra, soprattutto, nelle regioni meridionali, accanto a forme gravi di devianze;
nelle condizioni sopra descritte non può essere compresa la utilizzazione del fondo FAS per usi impropri quali le quote latte dei produttori, il terremoto dell'Abruzzo, i rifiuti della Campania, il dissesto del comune di Catania, la formazione professionale per gli espulsi dalle industrie, costrette a ridurre il personale per la recessione e via di seguito;
il Presidente del Consiglio e il Governo avevano preannunciato un piano di sviluppo per il Mezzogiorno del quale si sono perse le tracce;
l'attuazione del federalismo fiscale corre il rischio di fallire e di creare inconciliabili contrasti territoriali se contemporaneamente non si dovesse dare avvio trasformazione delle aree a ritardo di sviluppo,

impegna il Governo

se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, a voler definire, nei prossimi mesi, e comunque prima della legge di stabilità, un piano di sviluppo del Mezzogiorno, necessario per rafforzare la ripresa economica del Paese, aumentare la competitività del sistema produttivo nazionale e mantenere, come obiettivo irrinunciabile, l'unificazione economica del Paese.
9/3638/99. (Testo modificato nel corso della seduta) Cesare Marini.

La Camera,
premesso che:
l'introduzione di meccanismi di valutazione delle amministrazioni e dei dipendenti pubblici finalizzata al miglioramento e al riconoscimento del merito costituisce uno degli elementi qualificanti del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;
l'articolo 9, comma 1, del presente decreto, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica blocca, per il triennio 2011-2013, il trattamento economico individuale complessivo dei dipendenti pubblici, anche di qualifica dirigenziale, prevedendo che esso non possa in ogni caso superare il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010;
si tratta di una clamorosa smentita delle linee di indirizzo del Dicastero per la pubblica amministrazione e l'innovazione;

impegna il Governo

a verificare l'impatto della normativa introdotta con l'articolo 9, comma 1, del presente decreto rispetto alle disposizioni contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 e sull'efficienza del servizio prestato dal personale del Ministero del lavoro e politiche sociali e a riferirne alle competenti Commissioni parlamentari entro un anno dall'approvazione della presente legge.
9/3638/100.Genovese.

La Camera,
premesso che:
da diversi anni nella pubblica amministrazione si assiste al negativo fenomeno dei vincitori di concorsi non assunti;
a causa della normativa sul blocco del turn over nelle assunzioni, migliaia di persone - spesso giovani che hanno dedicato tempo e risorse per affrontare e vincere un concorso pubblico - si vedono procrastinata la propria assunzione con grave danno personale e delle stesse pubbliche amministrazioni che si vedono private delle competenze di cui necessiterebbero,
tale situazione riguarda tutti i comparti della Pubblica Amministrazione e secondo le notizie diffuse dal «Comitato vincitori non assunti della Pubblica Amministrazione», attraverso l'omonimo sito Internet, sarebbero circa 70.000 i cittadini vincitori ovvero idonei di concorsi pubblici che si trovano dopo mesi e a volte anni in attesa di assunzione;

impegna il Governo

ad effettuare un monitoraggio al fine di stabilire il numero effettivo dei vincitori di concorso non assunti nelle varie amministrazioni dello Stato, fornendo alle Camere i relativi dati;
ad adottare le opportune iniziative affinché le Pubbliche Amministrazioni e gli enti pubblici rispettino le percentuali di assunzioni relativamente ai posti banditi riservati al personale interno ed esterno, abbattendo il fenomeno dei vincitori non assunti.
9/3638/101. Madia, Damiano, Berretta, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
da diversi anni nella pubblica amministrazione si assiste al negativo fenomeno dei vincitori di concorsi non assunti;
a causa della normativa sul blocco del turn over nelle assunzioni, migliaia di persone - spesso giovani che hanno dedicato tempo e risorse per affrontare e vincere un concorso pubblico - si vedono procrastinata la propria assunzione con grave danno personale e delle stesse pubbliche amministrazioni che si vedono private delle competenze di cui necessiterebbero,
tale situazione riguarda tutti i comparti della Pubblica Amministrazione e secondo le notizie diffuse dal «Comitato vincitori non assunti della Pubblica Amministrazione», attraverso l'omonimo sito Internet, sarebbero circa 70.000 i cittadini vincitori ovvero idonei di concorsi pubblici che si trovano dopo mesi e a volte anni in attesa di assunzione;

impegna il Governo

ad effettuare un monitoraggio al fine di stabilire il numero effettivo dei vincitori di concorso non assunti nelle varie amministrazioni dello Stato, fornendo alle Camere i relativi dati;
se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, ad adottare le opportune iniziative affinché le Pubbliche Amministrazioni e gli enti pubblici rispettino le percentuali di assunzioni relativamente ai posti banditi riservati al personale interno ed esterno, abbattendo il fenomeno dei vincitori non assunti.
9/3638/101. (Testo modificato nel corso della seduta) Madia, Damiano, Berretta, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in oggetto prevedendo all'articolo 12, comma 12-sexies, la modifica del comma 1 dell'articolo 22-ter del decreto-legge n. 78 del 2009, relativo all'età pensionabile delle dipendenti pubbliche, dispone che il raggiungimento del requisito anagrafico dei 65 anni ai fini del riconoscimento della pensione di vecchiaia operi a regime a decorrere dal 1o gennaio 2012, comportando quindi un incremento anagrafico pari a quattro anni, in luogo del sistema di incrementi progressivi che prevedeva il raggiungimento, a regime, dei 65 anni a decorrere dal 2018;
il medesimo articolo 12, comma 12-sexies, modificando il comma 3 dell'articolo 22-ter del decreto-legge n. 78 del 2009, stabilisce che le economie derivanti dall'attuazione del comma 1 confluiscano nel Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera b-bis), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive modificazioni, per interventi dedicati a politiche sociali e familiari con particolare attenzione alla non autosufficienza e all'esigenza di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare delle lavoratrici,

impegna il Governo

a operare affinché all'interno del suddetto fondo siano previste specifiche risorse, destinate alle donne oggetto del provvedimento in esame, per il riconoscimento dei contributi figurativi per ogni figlio e per ogni periodo, adeguatamente certificato, di cura e assistenza prestato a familiari.
9/3638/102. Gatti, Damiano, Berretta, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in oggetto prevedendo all'articolo 12, comma 12-sexies, la modifica del comma 1 dell'articolo 22-ter del decreto-legge n. 78 del 2009, relativo all'età pensionabile delle dipendenti pubbliche, dispone che il raggiungimento del requisito anagrafico dei 65 anni ai fini del riconoscimento della pensione di vecchiaia operi a regime a decorrere dal 1o gennaio 2012, comportando quindi un incremento anagrafico pari a quattro anni, in luogo del sistema di incrementi progressivi che prevedeva il raggiungimento, a regime, dei 65 anni a decorrere dal 2018;
il medesimo articolo 12, comma 12-sexies, modificando il comma 3 dell'articolo 22-ter del decreto-legge n. 78 del 2009, stabilisce che le economie derivanti dall'attuazione del comma 1 confluiscano nel Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera b-bis), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive modificazioni, per interventi dedicati a politiche sociali e familiari con particolare attenzione alla non autosufficienza e all'esigenza di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare delle lavoratrici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di operare affinché all'interno del suddetto fondo siano previste specifiche risorse, destinate alle donne oggetto del provvedimento in esame, per il riconoscimento dei contributi figurativi per ogni figlio e per ogni periodo, adeguatamente certificato, di cura e assistenza prestato a familiari.
9/3638/102. (Testo modificato nel corso della seduta) Gatti, Damiano, Berretta, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.

La Camera,
premesso che:
l'aggiornamento degli assegni familiari al reale costo di cura e crescita di un figlio o di altra persona a carico non appaiono rimodulati rispetto non solo al costo della vita, ma anche alle esigenze della famiglia;
il sistema attuale di aggiornamento degli assegni familiari avviene alla fine di luglio di ogni anno, in quanto si attendono i dati finali delle dichiarazioni dei redditi dell'anno precedente, necessari a definire l'importo da erogare ad ogni famiglia,
la crisi economico-industriale che ha travolto anche il nostro Paese rende il meccanismo di definizione degli assegni inadatto alle reali esigenze della famiglia, soprattutto se il genitore perde il lavoro all'inizio dell'anno, in quanto egli percepirà l'adeguamento degli assegni in base alle differenze reddituali dell'anno precedente, mentre per avere invece la somma adeguata e corrispondente al nuovo status della famiglia dovrà attendere l'anno successivo

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative volte ad adeguare l'assegno per il nucleo familiare, di cui alla legge n. 153 del 1988, e successive modificazioni e integrazioni, alla classe di reddito presuntiva per l'anno in corso, fatto salvo il ricalcolo a conguaglio dell'assegno stesso, nei casi di perdita o sospensione del lavoro, che i lavoratori interessati possono richiedere, anche attraverso trasmissione telematica della domanda.
9/3638/103. Rampi, Bobba, Damiano, Berretta, Bellanova, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Mattesini, Miglioli, Mosca, Santagata, Madia, Schirru, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'aggiornamento degli assegni familiari al reale costo di cura e crescita di un figlio o di altra persona a carico non appaiono rimodulati rispetto non solo al costo della vita, ma anche alle esigenze della famiglia;
il sistema attuale di aggiornamento degli assegni familiari avviene alla fine di luglio di ogni anno, in quanto si attendono i dati finali delle dichiarazioni dei redditi dell'anno precedente, necessari a definire l'importo da erogare ad ogni famiglia,
la crisi economico-industriale che ha travolto anche il nostro Paese rende il meccanismo di definizione degli assegni inadatto alle reali esigenze della famiglia, soprattutto se il genitore perde il lavoro all'inizio dell'anno, in quanto egli percepirà l'adeguamento degli assegni in base alle differenze reddituali dell'anno precedente, mentre per avere invece la somma adeguata e corrispondente al nuovo status della famiglia dovrà attendere l'anno successivo

impegna il Governo

se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, ad adottare ulteriori iniziative volte ad adeguare l'assegno per il nucleo familiare, di cui alla legge n. 153 del 1988, e successive modificazioni e integrazioni, alla classe di reddito presuntiva per l'anno in corso, fatto salvo il ricalcolo a conguaglio dell'assegno stesso, nei casi di perdita o sospensione del lavoro, che i lavoratori interessati possono richiedere, anche attraverso trasmissione telematica della domanda.
9/3638/103. (Testo modificato nel corso della seduta) Rampi, Bobba, Damiano, Berretta, Bellanova, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Mattesini, Miglioli, Mosca, Santagata, Madia, Schirru, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
in data 30 marzo 2010 è stato emanato un decreto interministeriale a firma dei Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il giorno successivo, il quale stabilisce che «Le tariffe agevolate per le spedizioni di prodotti editoriali di cui ai decreti ministeriali del 13 novembre 2002 e del 1o febbraio 2005, continuano ad applicarsi fino al 31 marzo 2010»;
le maggiori conseguenze saranno subite in particolare dalle piccole associazioni, il non profit e la stampa locale e diocesana che dal 10 aprile fino a dicembre 2010, faranno fatica a non sospendere le pubblicazioni, le quali rappresentano un capitolo di bilancio essenziale e un efficace strumento per campagne promozionali e di raccolta fondi;
il Governo ha stanziato 30 milioni di euro nel decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, cosiddetto «decreto incentivi», limitatamente al 2010 e alle sole organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus), a fronte di un taglio di 60 milioni, pari quindi al 50 per cento del danno subito dal settore non profit;
nonostante siano passati più tre mesi dalla conversione del citato decreto legge, il decreto interministeriale, ad oggi, non è stato ancora firmato dal titolare del dicastero dell'economia e delle finanze, mentre l'associazionismo è ormai costretto a ritirare alcune uscite editoriali o addirittura a sospendere l'attività,

impegna il Governo:

ad ottemperare il prima possibile e comunque prima della pausa estiva a quanto disposto nell'articolo 2, comma 2-undecies, del decreto-legge n. 40 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73;
ad adottare i provvedimenti necessari al fine di ripristinare le tariffe agevolate preesistenti al 10 aprile 2010, estendendone i benefici alla stampa periodica;
ad istituire un tavolo di trattative tra il Governo, gli editori, i rappresentanti delle associazioni e del settore non profit, al fine di predisporre un apposito provvedimento che garantisca certezza e continuità all'erogazione dei fondi.
9/3638/104. Bobba, Madia, Damiano, Berretta, Bellanova, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
in data 30 marzo 2010 è stato emanato un decreto interministeriale a firma dei Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il giorno successivo, il quale stabilisce che «Le tariffe agevolate per le spedizioni di prodotti editoriali di cui ai decreti ministeriali del 13 novembre 2002 e del 1o febbraio 2005, continuano ad applicarsi fino al 31 marzo 2010»;
le maggiori conseguenze saranno subite in particolare dalle piccole associazioni, il non profit e la stampa locale e diocesana che dal 10 aprile fino a dicembre 2010, faranno fatica a non sospendere le pubblicazioni, le quali rappresentano un capitolo di bilancio essenziale e un efficace strumento per campagne promozionali e di raccolta fondi;
il Governo ha stanziato 30 milioni di euro nel decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, cosiddetto «decreto incentivi», limitatamente al 2010 e alle sole organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus), a fronte di un taglio di 60 milioni, pari quindi al 50 per cento del danno subito dal settore non profit;
nonostante siano passati più tre mesi dalla conversione del citato decreto legge, il decreto interministeriale, ad oggi, non è stato ancora firmato dal titolare del dicastero dell'economia e delle finanze, mentre l'associazionismo è ormai costretto a ritirare alcune uscite editoriali o addirittura a sospendere l'attività,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di ottemperare il prima possibile e comunque prima della pausa estiva a quanto disposto nell'articolo 2, comma 2-undecies, del decreto-legge n. 40 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73;
ad adottare i provvedimenti necessari al fine di ripristinare le tariffe agevolate preesistenti al 10 aprile 2010, estendendone i benefici alla stampa periodica;
ad istituire un tavolo di trattative tra il Governo, gli editori, i rappresentanti delle associazioni e del settore non profit, al fine di predisporre un apposito provvedimento che garantisca certezza e continuità all'erogazione dei fondi.
9/3638/104. (Testo modificato nel corso della seduta) Bobba, Madia, Damiano, Berretta, Bellanova, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
secondo le rilevazioni Istat nel nostro Paese, oggi un giovane su due è senza lavoro ed il tasso di disoccupazione nella fascia di età 15-24 anni nello scorso mese di maggio ha raggiunto il 29,2 per cento;
il permanere di una situazione di grave crisi economica nel nostro Paese colpisce in maniera più drammatica proprio i giovani che non solo hanno sempre più difficoltà a trovare lavoro, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, ma ne hanno pagato maggiormente le conseguenze: il 63 per cento dei posti di lavoro persi nel 2009 ha riguardato lavoratori a termine e a progetto, in larghissima parte giovani e donne; nella fascia di età 18 - 29 anni, la perdita di occupati ha raggiunto le 300.000 unità corrispondenti al 79 per cento della flessione occupazionale complessiva;
secondo dati elaborati da Confartigianato nel 2009 in sei Regioni il tasso di disoccupazione dei giovani tra 15 e 24 anni è risultato superiore al 30 per cento: in Sardegna è al 44,7 per cento, in Sicilia al 38,5 per cento, in Basilicata al 38,3 per cento, in Campania al 38,1 per cento, in Puglia al 32,6 per cento, in Calabria al 3 1,8 per cento e nel Lazio al 30,6 per cento,

impegna il Governo

a definire e approvare entro il 31 dicembre 2010 un «Piano straordinario di interventi a sostegno dell'occupazione delle nuove generazioni».
9/3638/105. Mattesini, Damiano, Berretta, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
secondo le rilevazioni Istat nel nostro Paese, oggi un giovane su due è senza lavoro ed il tasso di disoccupazione nella fascia di età 15-24 anni nello scorso mese di maggio ha raggiunto il 29,2 per cento;
il permanere di una situazione di grave crisi economica nel nostro Paese colpisce in maniera più drammatica proprio i giovani che non solo hanno sempre più difficoltà a trovare lavoro, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, ma ne hanno pagato maggiormente le conseguenze: il 63 per cento dei posti di lavoro persi nel 2009 ha riguardato lavoratori a termine e a progetto, in larghissima parte giovani e donne; nella fascia di età 18 - 29 anni, la perdita di occupati ha raggiunto le 300.000 unità corrispondenti al 79 per cento della flessione occupazionale complessiva;
secondo dati elaborati da Confartigianato nel 2009 in sei Regioni il tasso di disoccupazione dei giovani tra 15 e 24 anni è risultato superiore al 30 per cento: in Sardegna è al 44,7 per cento, in Sicilia al 38,5 per cento, in Basilicata al 38,3 per cento, in Campania al 38,1 per cento, in Puglia al 32,6 per cento, in Calabria al 3 1,8 per cento e nel Lazio al 30,6 per cento,

impegna il Governo

se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, a definire e approvare entro il 31 dicembre 2010 un «Piano straordinario di interventi a sostegno dell'occupazione delle nuove generazioni».
9/3638/105. (Testo modificato nel corso della seduta) Mattesini, Damiano, Berretta, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede che dal 2011 le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici non economici, gli enti di ricerca e le università potranno spendere la metà di quanto speso nel 2009 per i contratti dei precari, Lo stesso contenimento vale per la spesa di personale relativa a contratti di formazione lavoro, somministrazione nonché lavoro accessorio;
con le finanziarie per il 2007 e per il 2008 del Governo Prodi si era provveduto a risolvere la drammatica ed annosa situazione dei lavoratori precari attraverso procedure di stabilizzazione sanando così un'anomala situazione che ha visto l'utilizzazione, per anni, del lavoro di persone che, in molti casi, vincitori o idonei di concorsi o selezioni svolte negli anni passati, non erano e non sono mai state assunte, a causa del continuo blocco delle assunzioni;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative normative al fine di stabilizzare i lavoratori precari della pubblica amministrazione.
9/3638/106. Boccuzzi, Damiano, Berretta, Bellanova, Bobba, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
in questa manovra si torna ad agire sulle pensioni, pur avendo avuto rassicurazioni dal Presidente dell'INPS, in occasione della sua audizione alla Camera il 27 aprile 2010 che i fondi pensione sono in attivo di ben 9 miliardi e 700 milioni;
continuare ad intervenire sulle pensioni crea insicurezza, alimenta l'alibi nelle persone di pensare che non arriveranno mai alla pensione e che conviene guadagnare di più e non farsi assicurare, si alimenta il lavoro nero, l'elusione ed evasione contributiva;
è evidente, inoltre, che alcune norme sono state pensate per impedire alle donne dipendenti del Pubblico Impiego di andare in pensione prima, impedendo nei fatti alle stesse di dimettersi volontariamente trasferendo la propria posizione assicurativa all'INPS con l'articolo 1 della legge 29 del 1979; il Governo, infatti, a decorrere dal 1o luglio 2010, ha reso oneroso per tutti, lavoratrici e lavoratori, l'articolo della legge 29 del 1979 (trasferimento della contribuzione da altri fondi all'INPS) finora gratuito;
sono stati, inoltre, abrogati tutti gli altri articoli che prevedevano il trasferimento della contribuzione all'INPS gratuitamente: legge 322 del 1958 (costituzione della posizione assicurativa all'INPS); articolo 3, comma 14 decreto legislativo n. 562 del 1996 (Fondo di previdenza per gli elettrici), articolo 28 della legge 1450 del 1956 (fondo di previdenza per i telefonici), articolo 40 della legge 1646 del 1962 (personale dipendente amministrazioni statali, anche con ordinamento autonomo, personale iscritto agli Istituti di previdenza ora INPDAP, personale iscritto all'IPOST), l'articolo 124 del decreto del Presidente della Repubblica 1092 del 1973 (dipendenti civili statali, militari in servizio permanente e continuativo), l'articolo 21, comma 4 e l'articolo 40, comma 3 della legge 958 del 1986 (carabinieri, graduati e militari di truppa, sergenti di complemento);
si impedisce, quindi, alle donne di andare in pensione a 60 anni e anziché rispondere realmente alla sentenza della Corte europea si impedisce loro di scegliere una pensione più bassa, ma liquidata dall'INPS all'età prevista nel settore privato;
le norme sopra descritte garantivano equità cosa che, al momento, è messa in serio pericolo con le modifiche introdotte dal Governo al presente provvedimento; cosa accadrà a tutti i lavoratori e le lavoratrici che hanno contributi sia INPS che INPDAP. Si crea, in questo modo, un danno a tutti coloro che non hanno un percorso in unico fondo previdenziale,

impegna il Governo

a valutare con attenzione gli effetti delle abrogazioni descritte in premessa, valutando altresì la possibilità di correggere una situazione che discrimina i lavoratori e le lavoratrici che non hanno un unico percorso previdenziale.
9/3638/107. Schirru, Damiano, Berretta, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata.

La Camera,
premesso che:
già con la legge finanziaria per il 1997 (legge n. 662 del 1996), fu approvata una norma, purtroppo mai attuata, che prevedeva incentivi per gli anziani, agevolando loro l'uscita dal lavoro e contestualmente permetteva di assumere giovani lavoratori con contratto di lavoro a part-time;
con la legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, commi 1160 e 1161 della legge n. 296 del 2006), è stata riproposta, con alcune modifiche, la medesima norma, prevedendo incentivi sia per il lavoratore con 55 anni di età, che per l'azienda;
lo sgravio contributivo si perfeziona nel momento in cui il lavoratore «anziano» trasforma il contratto di lavoro a tempo parziale, e contemporaneamente l'azienda assume per la differenza fra l'orario parziale e il tempo pieno, un giovane disoccupato di età inferiore ai 25 anni o inferiore ai 29 anni se laureato;
l'eccessiva rigidità nella fissazione di limiti di età per l'accesso alla pensione rischia, infatti, di disperdere un ingente patrimonio cognitivo e di esperienze formatosi nel tempo, anche grazie a significativi investimenti pubblici; la possibilità di mantenere, in maniera flessibile, il lavoratore «anziano», permettendo contemporaneamente l'assunzione di un giovane lavoratore, consente di non disperdere il patrimonio di conoscenze e la grande professionalità acquisita in azienda, trasferendo tali conoscenze alle nuove generazioni che entrano nel mondo del lavoro;
per l'attuazione della suddetta misura, sono state poste in bilancio risorse per gli anni 2008 e 2009, pari a 82,2 milioni di euro destinate a finanziare accordi aziendali, al fine di creare nuovi posti di lavoro per i giovani e ridurre le uscite dal sistema produttivo dei lavoratori anziani;
la norma, definita nella legge finanziaria per il 2007, come: «accordo di solidarietà fra generazioni», prevede per la messa a regime, l'emanazione di un decreto concertato fra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro dell'Economia e delle Finanze, sentita la Conferenza Stato-regioni e le organizzazioni sindacali, con il quale stabilire le modalità, i contenuti e requisiti di accesso al finanziamento, nonché la ripartizione delle risorse;
il Trattato di Lisbona sottolinea con forza la necessità di favorire un progressivo allungamento dell'età attiva in funzione della dinamica della speranza di vita, anche al fine di garantire la sostenibilità dei sistemi previdenziali. Di contro, il tasso di disoccupazione nella popolazione tra 15 e 24 anni è stato calcolato dall'Istat pari al 29,5 per cento, con un aumento di 1,4 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 4,5 punti percentuali rispetto ad aprile 2009,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere all'emanazione di un decreto, come previsto dalla normativa vigente, concertato fra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-regioni e le organizzazioni sindacali con il quale stabilire le modalità, i contenuti e requisiti di accesso al finanziamento, nonché la ripartizione delle risorse.
9/3638/108. Bellanova, Damiano, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.

La Camera,
premesso che:
con il decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 e successive modificazioni, la maggioranza di Governo ha introdotto, non solo il collocamento obbligatorio in quiescenza dei dipendenti pubblici, al compimento dei 40 anni di anzianità contributiva ma anche la possibilità di uscire 5 anni prima del raggiungimento dei requisiti per l'accesso alla pensione;
nel contempo il Governo, contraddittoriamente, sostiene la necessità di elevare l'età per il pensionamento, intervenendo in tal senso con il provvedimento in esame, considerando sia il calcolo dell'aspettativa di vita per quanto riguarda la definizione dell'età pensionabile, sia il calcolo delle prestazioni pensionistiche;
numerose proposte di legge dei diversi schieramenti presentate sia alla Camera che al Senato affrontano la questione della riforma delle pensioni sia per aspetti particolari che di sistema;
il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, rispondendo all'atto ispettivo n. 4-04782 sul numero delle dipendenti donne cui sia stata comunicata la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro, ha sostenuto 18 febbraio 2010: «Tuttavia, in conformità ai principi di trasparenza ed accessibilità a cui deve ispirarsi in ogni caso l'attività degli uffici pubblici, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione intende, anche in riscontro all'istanza dell'interrogante, avviare, presso tutte le amministrazioni pubbliche, una ricognizione delle modalità di applicazione delle suddette normative e dei relativi effetti»;

impegna il Governo

a riferire alle Camere, previo attento monitoraggio, il numero dei dipendenti pubblici collocati obbligatoriamente a riposo, in base all'articolo 17, comma 35-novies, della legge n. 102 del 2009, con particolare riferimento alla quantità sia degli uomini che delle donne, all'età anagrafica degli stessi, alla loro ripartizione nei diversi settori della pubblica amministrazione, anche al fine di verificare con esattezza a quale età siano stati collocati obbligatoriamente a riposo.
9/3638/109. Codurelli, Damiano, Berretta, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
con la legge 23 dicembre 1999 n. 488, articolo 51, comma 2, è stata introdotta la facoltà, per i lavoratori iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, di riscattare annualità di lavoro prestato in periodi antecedenti all'entrata in vigore dell'assoggettamento all'obbligo contributivo di cui alla predetta legge n. 335;
come si può leggere nel sito INPS, la facoltà di chiedere il riscatto è data a tutti i lavoratori dipendenti, autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, mezzadri e coloni), ai lavoratori iscritti ai fondi speciali, a coloro che sono soggetti al contributo per il lavoro parasubordinato (collaboratori coordinati e continuativi), ai venditori porta a porta, nonché ai liberi professionisti (senza cassa di categoria);
con messaggio n. 25982 del 19 novembre 2008, l'INPS chiariva che la facoltà di riscatto dei contributi ante 1o aprile 1996, poteva essere esercitata dai liberi professionisti senza cassa di categoria, solo con riferimento esclusivo a periodi di attività prestata in veste di collaboratori coordinati e continuativi;
è evidente la condizione di disparità di trattamento che penalizza questa tipologia di lavoro autonomo rispetto a quella dei lavoratori parasubordinati, entrambe iscritte alla gestione separata INPS, che preclude ai professionisti senza cassa di categoria, la possibilità di poter riscattare periodi di attività di libero professionista, antecedenti l'anno 1996 e non si comprende la ratio di questa rigidità normativa, nonostante il costo del riscatto di contributi sia a totale carico dei richiedenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di fare chiarezza sulla norma richiamata, correggendo il relativo decreto ministeriale 2 ottobre 2001, al fine di estendere anche ai liberi professionisti senza cassa di categoria, la facoltà di esercitare il riscatto dei contributi per l'attività prestata come libero professionista in periodi antecedenti il 1996.
9/3638/110. Miglioli, Madia, Damiano, Berretta, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Mattesini, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.

La Camera,
premesso che:
è necessario prevedere un Sistema di perequazione delle pensioni che eviti il progressivo impoverimento dei pensionati;
si è, infatti, tornati a una situazione di continua perdita del potere d'acquisto in assenza di misure compensative per i pensionati che tengano conto della situazione economica generale e dello sviluppo o del mancato sviluppo del Paese; se è giusto tenere conto, a tal fine, dell'aspettativa di vita, è altrettanto necessario tenere conto del lavoro svolto e delle condizioni socio-ambientali in cui si opera;
in questo senso la modifica del meccanismo di perequazione delle pensioni già in essere non garantisce a sufficienza il potere d'acquisto delle pensioni. Lo stesso dicasi per il meccanismo che regolamenta la fruizione dell'integrazione al trattamento minimo, che necessita di una modifica al fine di consentirne l'accesso a una platea più ampia di beneficiari;
lo Stato integra al minimo ogni anno 4,5 milioni di pensioni, con un importo medio di integrazione di circa 3.100 euro annui, per una spesa complessiva di circa 13,9 miliardi di euro (dati del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, anno 2005), Questo dimostra che le pensioni sono basse e che l'integrazione al trattamento minimo è una misura indispensabile per la sopravvivenza di chi le percepisce;
è utile ricordare, inoltre, qualora la pensione risulta insufficiente per fare fronte ai bisogni essenziali, lo Stato deve comunque intervenire, attraverso i comuni, destinando risorse aggiuntive della fiscalità generale alle politiche assistenziali; si pensi, alle rette delle case di riposo, per le quali, qualora il reddito personale o familiare non sia sufficiente, interviene il sostegno pubblico;
l'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) rende noto (11 gennaio 2010) che la crisi economica incide fortemente sul reddito reale delle famiglie e che il potere d'acquisto è in calo dell'1,6 per cento in soli dodici mesi (nel periodo tra ottobre 2008 e settembre 2009). Rispetto alla problematica in esame, va anche segnalato che da anni non è più garantita la restituzione del fiscal drag e ciò ha ridotto ulteriormente il reddito a disposizione dei pensionati e dei lavoratori, Secondo l'ultimo rapporto dell'ISTAT, in Italia, nel 2008, le famiglie che si trovano in condizioni di povertà relativa sono stimate in 2.737,000 e rappresentano 111,3 per cento delle famiglie residenti. Nel complesso sono 8.078.000 gli individui poveri, il 13,6 per cento dell'intera popolazione. Nel 2008, in Italia, 1.126.000 famiglie (il 4,6 per cento delle famiglie residenti) risultano in condizione di povertà assoluta, per un totale di 2.893.000 individui, ossia il 4,9 per cento dell'intera popolazione. Anche nell'anno 2009, con un -1,9 per cento, i consumi sono stati in calo, mentre per l'anno corrente è atteso un rimbalzo con un modesto +0,6 per cento; le stime sono state effettuate dall'ufficio studi della Confcommercio, il quale, tra l'altro, prevedeva per l'anno 2009 una caduta in Italia del prodotto interno lordo del 4,9 per cento, cui dovrebbe seguire nel 2010 un rimbalzo dello 0,6 per cento, e dello 0,8 per cento nel 2011. Questo dato è ancora più allarmante qualora si consideri che il 2009 ha registrato uno dei tassi di inflazione più basso degli ultimi decenni. L'incidenza della spesa alimentare (dati 2008) sul totale della spesa delle famiglie è del 18,8 per cento (2 punti in meno rispetto al 1990) e ammonta in media a 466 euro mensili, ovvero a 5,592 euro l'anno;
mentre per i lavoratori questa perdita è recuperata, seppur in parte, attraverso i rinnovi contrattuali, per i pensionati l'attuale sistema di perequazione delle pensioni si sta dimostrando sempre più inadeguato a garantire un'effettiva perequazione;

impegna il Governo

a rivedere l'attuale sistema di perequazione delle pensioni anche tramite un aumento automatico che recuperi la perdita del potere d'acquisto delle stesse calcolato dall'ISTAT al fine di garantire non solo l'adeguamento al costo della vita ma anche il recupero del potere di acquisto delle pensioni stesse.
9/3638/111. Berretta, Madia, Damiano, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
è necessario prevedere un Sistema di perequazione delle pensioni che eviti il progressivo impoverimento dei pensionati;
si è, infatti, tornati a una situazione di continua perdita del potere d'acquisto in assenza di misure compensative per i pensionati che tengano conto della situazione economica generale e dello sviluppo o del mancato sviluppo del Paese; se è giusto tenere conto, a tal fine, dell'aspettativa di vita, è altrettanto necessario tenere conto del lavoro svolto e delle condizioni socio-ambientali in cui si opera;
in questo senso la modifica del meccanismo di perequazione delle pensioni già in essere non garantisce a sufficienza il potere d'acquisto delle pensioni. Lo stesso dicasi per il meccanismo che regolamenta la fruizione dell'integrazione al trattamento minimo, che necessita di una modifica al fine di consentirne l'accesso a una platea più ampia di beneficiari;
lo Stato integra al minimo ogni anno 4,5 milioni di pensioni, con un importo medio di integrazione di circa 3.100 euro annui, per una spesa complessiva di circa 13,9 miliardi di euro (dati del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, anno 2005), Questo dimostra che le pensioni sono basse e che l'integrazione al trattamento minimo è una misura indispensabile per la sopravvivenza di chi le percepisce;
è utile ricordare, inoltre, qualora la pensione risulta insufficiente per fare fronte ai bisogni essenziali, lo Stato deve comunque intervenire, attraverso i comuni, destinando risorse aggiuntive della fiscalità generale alle politiche assistenziali; si pensi, alle rette delle case di riposo, per le quali, qualora il reddito personale o familiare non sia sufficiente, interviene il sostegno pubblico;
l'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) rende noto (11 gennaio 2010) che la crisi economica incide fortemente sul reddito reale delle famiglie e che il potere d'acquisto è in calo dell'1,6 per cento in soli dodici mesi (nel periodo tra ottobre 2008 e settembre 2009). Rispetto alla problematica in esame, va anche segnalato che da anni non è più garantita la restituzione del fiscal drag e ciò ha ridotto ulteriormente il reddito a disposizione dei pensionati e dei lavoratori, Secondo l'ultimo rapporto dell'ISTAT, in Italia, nel 2008, le famiglie che si trovano in condizioni di povertà relativa sono stimate in 2.737,000 e rappresentano 111,3 per cento delle famiglie residenti. Nel complesso sono 8.078.000 gli individui poveri, il 13,6 per cento dell'intera popolazione. Nel 2008, in Italia, 1.126.000 famiglie (il 4,6 per cento delle famiglie residenti) risultano in condizione di povertà assoluta, per un totale di 2.893.000 individui, ossia il 4,9 per cento dell'intera popolazione. Anche nell'anno 2009, con un -1,9 per cento, i consumi sono stati in calo, mentre per l'anno corrente è atteso un rimbalzo con un modesto +0,6 per cento; le stime sono state effettuate dall'ufficio studi della Confcommercio, il quale, tra l'altro, prevedeva per l'anno 2009 una caduta in Italia del prodotto interno lordo del 4,9 per cento, cui dovrebbe seguire nel 2010 un rimbalzo dello 0,6 per cento, e dello 0,8 per cento nel 2011. Questo dato è ancora più allarmante qualora si consideri che il 2009 ha registrato uno dei tassi di inflazione più basso degli ultimi decenni. L'incidenza della spesa alimentare (dati 2008) sul totale della spesa delle famiglie è del 18,8 per cento (2 punti in meno rispetto al 1990) e ammonta in media a 466 euro mensili, ovvero a 5,592 euro l'anno;
mentre per i lavoratori questa perdita è recuperata, seppur in parte, attraverso i rinnovi contrattuali, per i pensionati l'attuale sistema di perequazione delle pensioni si sta dimostrando sempre più inadeguato a garantire un'effettiva perequazione;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivedere l'attuale sistema di perequazione delle pensioni anche tramite un aumento automatico che recuperi la perdita del potere d'acquisto delle stesse calcolato dall'ISTAT al fine di garantire non solo l'adeguamento al costo della vita ma anche il recupero del potere di acquisto delle pensioni stesse.
9/3638/111. (Testo modificato nel corso della seduta) Berretta, Madia, Damiano, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 della Costituzione, riconosce i seguenti princìpi fondamentali: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società».
l'Italia ha un buon livello di legislazione a favore della parità e contro le discriminazione fra i sessi, ma nonostante i buoni principi giuridici, sia nell'accesso al lavoro, sia in termini di occupazione in generale, ma soprattutto di progressione di carriera e di retribuzioni, le disuguaglianze fra uomini e donne sono ancora notevoli. La pensione è la sintesi del percorso lavorativo, dimostra in modo evidente la durata e la consistenza della contribuzione versata durante tutta la propria attività produttiva. È risaputo che l'integrazione al trattamento minimo sia un fenomeno tipicamente femminile come altrettanto le pensioni di anzianità siano tipicamente maschili. Purtroppo anche verificando gli importi delle pensioni di nuova liquidazione, si confermano i dati storici: mediamente le donne hanno pensioni che corrispondono alla metà dell'importo medio degli uomini. I motivi sono storicamente purtroppo sempre gli stessi, il percorso lavorativo delle donne registra molte interruzioni, lavoro a tempo parziale, poca carriera, retribuzioni più basse. In compenso però la società gode di tanto lavoro gratuito delle donne. Le baby pensionate del pubblico per anni hanno garantito un'economia di servizi parallela a quella istituzionale. I mille lavori invisibili delle donne hanno sostenuto di fatto il sistema di welfare. Purtroppo il lavoro in famiglia non viene rilevato dalle statistiche ufficiali e se non fossero le donne ad occuparsi della pulizia della casa, della cura dei bambini e degli anziani e di tutte quelle mansioni invisibili, ma indispensabili all'interno della famiglia, questi servizi dovrebbero essere acquistati sul mercato e quindi assumerebbero un preciso valore economico quantificabile (dal libro di Alberto Alesina e Andrea Ichino: «L'Italia fatta in casa»);
l'attuale sistema di servizi alla famiglia lascia vuoti che le donne in modo particolare si vedono costrette a colmare, sostituendosi all'offerta dei servizi per la cura dei figli, degli anziani e dei disabili. Si pensi, infatti, che solo per quanto riguarda i servizi di supporto alla prima infanzia (0-3 anni), l'Italia offre una copertura in media del 10 per cento contro il 33 per cento richiesto dall'Unione Europea. In tal senso, «la scelta» delle donne di star fuori dal mondo del lavoro o di ripiegare forzatamente sul part time o altre forme di lavori atipici, che consentano loro di conciliare al meglio l'impegno del lavoro di cura, risulta quindi quasi una decisione obbligata, che però non corrisponde sicuramente al progetto di ideale lavorativo cui le donne avrebbero aspirato;
se prendiamo a riferimento gli altri paesi europei, prescindendo dalla tutela della gravidanza/maternità (cioè il periodo a ridosso della nascita) che esiste in tutti i paesi europei, è presente una generosa forma di contribuzione figurativa per la crescita dei figli. In Francia, alle lavoratrici madri sono riconosciuti 2 anni di contribuzione figurativa a figlio e fino a tre anni (a scelta tra madre e padre), oltre ad un eventuale supplemento di pensione (pari al 10 per cento in più) per chi abbia avuto almeno tre figli. La Francia è uno dei paesi con tasso di fecondità più elevato in Europa. In Grecia, sono riconosciuti da uno ad un massimo di quattro anni di contribuzione figurativa, in relazione al numero di figli avuti;
la scelta quasi obbligata delle donne di assenza dal mercato del lavoro, più o meno per brevi o lunghi periodi comporta una ulteriore penalizzazione sulle donne, soprattutto per quanto attiene l'aspetto previdenziale. A differenza degli uomini, sono molte di più le donne che arrivano alla pensione di vecchiaia perché per la scarsità di contributi accumulati nel corso degli anni, sono poche le donne che maturano i requisiti per l'accesso al pensionamento per anzianità contributiva;
va considerato inoltre che sono ben 4,5 milioni le pensioni integrate al trattamento minimo, con un importo medio di integrazione di circa 3100 euro annui per pensione. Su 4,5 milioni di pensioni integrate, di ben 3,5 milioni sono titolari le donne (dati del Ministero dell'economia e finanze - Ragioneria dello Stato anno 2005). Si consideri, come detto sopra, che per le pensioni liquidate con il sistema contributivo, non esisterà più l'integrazione al trattamento minimo e ciò comporterà un ulteriore reale peggioramento, per le donne in particolare;
la distribuzione per classi di anzianità contributiva nel territorio nazionale delle pensioni dirette INPS di vecchiaia e invalidità (circa 8.439.000 pensioni - Isfol 2003 su dati INPS), evidenzia che il 52 per cento delle pensioni erogate a donne è liquidato con una contribuzione fino a 20 anni ( in particolare fino a 15 anni il 25 per cento delle pensioni e da 15 a 20 anni il 27 per cento delle pensioni «femminili») e solo il 9,9 per cento delle titolari donne raggiungono la fascia di contributi fra 35 e 40 anni;
fino al 1992 si poteva realmente pensare che esistesse una condizione di favore per la pensione delle donne: nel pubblico impiego potevano cessare il lavoro dopo 14 anni 6 mesi e un giorno e percepire una pensione, anche se bassa, dai 19 anni 6 mesi e un giorno, nel privato 15 anni di contribuzione e 55 anni di età per la pensione di vecchiaia, e come detto sopra, la stragrande maggioranza delle pensioni delle donne veniva integrata al trattamento minimo;
l'integrazione al trattamento minimo esiste dal 1952 (articolo 10 della legge n. 218 del 1952) e ne ha diritto solo chi non possiede redditi assoggettabili all'Irpef per un importo lordo annuo superiore a 2 volte l'ammontare della pensione minima, però dal 1994 ha rilievo anche il reddito del coniuge. I redditi cumulati non devono superare il quadruplo della pensione minima Inps, nel 2010 pari a 23.970,44 euro;
tutte le riforme e le modifiche che si sono attuate negli ultimi 18 anni hanno pesantemente modificato i requisiti e le condizioni in particolare per le donne, tutti i risparmi fatti avrebbero dovuto essere investiti per aumentare l'occupazione femminile e restituire, quindi, alle donne ciò che veniva loro tolto in modo da favorire la loro autonomia e la realizzazione di un progetto di vita anche nel lavoro;
le proposte che il Partito Democratico ha portato avanti in questo periodo sono molte, ma riteniamo che come minimo si debbano garantire interventi migliorativi che offrano contribuzione figurativa alle donne: per i trattamenti pensionistici delle lavoratrici vanno riconosciuti periodi di accredito figurativo:
a) per assenza dal lavoro per periodi di educazione e assistenza dei figli fino all'ottavo anno di età in ragione di ventiquattro mesi per ciascun figlio;
b) per assenza dal lavoro per assistenza a figli dal sesto anno di età, al coniuge e al genitore purché conviventi, nel caso ricorrano le condizioni previste dall'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per la durata di venticinque giorni complessivi l'anno, nel limite massimo complessivo di ventiquattro mesi;
c) a prescindere dall'assenza o meno dal lavoro al momento del verificarsi dell'evento maternità, è riconosciuto alla lavoratrice un anticipo di età rispetto al requisito di accesso alla pensione di vecchiaia di cui al comma 19 pari a ventiquattro mesi per ogni figlio e nel limite massimo di sessanta mesi. In alternativa al detto anticipo la lavoratrice può optare per la determinazione del trattamento pensionistico con applicazione del moltiplicatore di cui all'allegata tabella A, relativo all'età di accesso al trattamento pensionistico, maggiorato di due anni in caso di un figlio, e maggiorato di quattro anni in caso di due o più figli;
si ritiene che sia giusto prevedere che a decorrere dal 1o gennaio 2011, per i trattamenti pensionistici determinati secondo il sistema esclusivamente retributivo o secondo il sistema pro quota di cui al comma 12, sia riconosciuto alla lavoratrice un anticipo di età rispetto al requisito di accesso alla pensione di vecchiaia pari a ventiquattro mesi per ogni figlio e nel limite massimo di sessanta mesi;
le economie derivanti dall'attuale manovra finanziaria possono confluire nel Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera b-bis), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive modificazioni, per interventi dedicati a politiche sociali e familiari con particolare attenzione alla non autosufficienza e all'esigenza di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare delle lavoratrici,

impegna il Governo:

a monitorare in maniera costante la situazione pensionistica delle donne, con la valutazione annuale sulle nuove liquidazioni;
a valutare il risparmio che tutte le riforme dal 1992 ad oggi hanno comportato, tali dati sono indispensabili per «quantificare» il credito che le donne hanno maturato in questi anni rispetto alle pensioni e per poter affrontare con cognizione di causa gli interventi sulle pensioni di cui si va parlando;
a restituire alle donne il risparmio ottenuto garantendo una contribuzione figurativa adeguata all'impegno familiare e di lavori di cura che le donne quotidianamente offrono alle famiglie e alla società tutta.
9/3638/112. Gnecchi, Madia, Damiano, Berretta, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 della Costituzione, riconosce i seguenti princìpi fondamentali: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società».
l'Italia ha un buon livello di legislazione a favore della parità e contro le discriminazione fra i sessi, ma nonostante i buoni principi giuridici, sia nell'accesso al lavoro, sia in termini di occupazione in generale, ma soprattutto di progressione di carriera e di retribuzioni, le disuguaglianze fra uomini e donne sono ancora notevoli. La pensione è la sintesi del percorso lavorativo, dimostra in modo evidente la durata e la consistenza della contribuzione versata durante tutta la propria attività produttiva. È risaputo che l'integrazione al trattamento minimo sia un fenomeno tipicamente femminile come altrettanto le pensioni di anzianità siano tipicamente maschili. Purtroppo anche verificando gli importi delle pensioni di nuova liquidazione, si confermano i dati storici: mediamente le donne hanno pensioni che corrispondono alla metà dell'importo medio degli uomini. I motivi sono storicamente purtroppo sempre gli stessi, il percorso lavorativo delle donne registra molte interruzioni, lavoro a tempo parziale, poca carriera, retribuzioni più basse. In compenso però la società gode di tanto lavoro gratuito delle donne. Le baby pensionate del pubblico per anni hanno garantito un'economia di servizi parallela a quella istituzionale. I mille lavori invisibili delle donne hanno sostenuto di fatto il sistema di welfare. Purtroppo il lavoro in famiglia non viene rilevato dalle statistiche ufficiali e se non fossero le donne ad occuparsi della pulizia della casa, della cura dei bambini e degli anziani e di tutte quelle mansioni invisibili, ma indispensabili all'interno della famiglia, questi servizi dovrebbero essere acquistati sul mercato e quindi assumerebbero un preciso valore economico quantificabile (dal libro di Alberto Alesina e Andrea Ichino: «L'Italia fatta in casa»);
l'attuale sistema di servizi alla famiglia lascia vuoti che le donne in modo particolare si vedono costrette a colmare, sostituendosi all'offerta dei servizi per la cura dei figli, degli anziani e dei disabili. Si pensi, infatti, che solo per quanto riguarda i servizi di supporto alla prima infanzia (0-3 anni), l'Italia offre una copertura in media del 10 per cento contro il 33 per cento richiesto dall'Unione Europea. In tal senso, «la scelta» delle donne di star fuori dal mondo del lavoro o di ripiegare forzatamente sul part time o altre forme di lavori atipici, che consentano loro di conciliare al meglio l'impegno del lavoro di cura, risulta quindi quasi una decisione obbligata, che però non corrisponde sicuramente al progetto di ideale lavorativo cui le donne avrebbero aspirato;
se prendiamo a riferimento gli altri paesi europei, prescindendo dalla tutela della gravidanza/maternità (cioè il periodo a ridosso della nascita) che esiste in tutti i paesi europei, è presente una generosa forma di contribuzione figurativa per la crescita dei figli. In Francia, alle lavoratrici madri sono riconosciuti 2 anni di contribuzione figurativa a figlio e fino a tre anni (a scelta tra madre e padre), oltre ad un eventuale supplemento di pensione (pari al 10 per cento in più) per chi abbia avuto almeno tre figli. La Francia è uno dei paesi con tasso di fecondità più elevato in Europa. In Grecia, sono riconosciuti da uno ad un massimo di quattro anni di contribuzione figurativa, in relazione al numero di figli avuti;
la scelta quasi obbligata delle donne di assenza dal mercato del lavoro, più o meno per brevi o lunghi periodi comporta una ulteriore penalizzazione sulle donne, soprattutto per quanto attiene l'aspetto previdenziale. A differenza degli uomini, sono molte di più le donne che arrivano alla pensione di vecchiaia perché per la scarsità di contributi accumulati nel corso degli anni, sono poche le donne che maturano i requisiti per l'accesso al pensionamento per anzianità contributiva;
va considerato inoltre che sono ben 4,5 milioni le pensioni integrate al trattamento minimo, con un importo medio di integrazione di circa 3100 euro annui per pensione. Su 4,5 milioni di pensioni integrate, di ben 3,5 milioni sono titolari le donne (dati del Ministero dell'economia e finanze - Ragioneria dello Stato anno 2005). Si consideri, come detto sopra, che per le pensioni liquidate con il sistema contributivo, non esisterà più l'integrazione al trattamento minimo e ciò comporterà un ulteriore reale peggioramento, per le donne in particolare;
la distribuzione per classi di anzianità contributiva nel territorio nazionale delle pensioni dirette INPS di vecchiaia e invalidità (circa 8.439.000 pensioni - Isfol 2003 su dati INPS), evidenzia che il 52 per cento delle pensioni erogate a donne è liquidato con una contribuzione fino a 20 anni ( in particolare fino a 15 anni il 25 per cento delle pensioni e da 15 a 20 anni il 27 per cento delle pensioni «femminili») e solo il 9,9 per cento delle titolari donne raggiungono la fascia di contributi fra 35 e 40 anni;
fino al 1992 si poteva realmente pensare che esistesse una condizione di favore per la pensione delle donne: nel pubblico impiego potevano cessare il lavoro dopo 14 anni 6 mesi e un giorno e percepire una pensione, anche se bassa, dai 19 anni 6 mesi e un giorno, nel privato 15 anni di contribuzione e 55 anni di età per la pensione di vecchiaia, e come detto sopra, la stragrande maggioranza delle pensioni delle donne veniva integrata al trattamento minimo;
l'integrazione al trattamento minimo esiste dal 1952 (articolo 10 della legge n. 218 del 1952) e ne ha diritto solo chi non possiede redditi assoggettabili all'Irpef per un importo lordo annuo superiore a 2 volte l'ammontare della pensione minima, però dal 1994 ha rilievo anche il reddito del coniuge. I redditi cumulati non devono superare il quadruplo della pensione minima Inps, nel 2010 pari a 23.970,44 euro;
tutte le riforme e le modifiche che si sono attuate negli ultimi 18 anni hanno pesantemente modificato i requisiti e le condizioni in particolare per le donne, tutti i risparmi fatti avrebbero dovuto essere investiti per aumentare l'occupazione femminile e restituire, quindi, alle donne ciò che veniva loro tolto in modo da favorire la loro autonomia e la realizzazione di un progetto di vita anche nel lavoro;
le proposte che il Partito Democratico ha portato avanti in questo periodo sono molte, ma riteniamo che come minimo si debbano garantire interventi migliorativi che offrano contribuzione figurativa alle donne: per i trattamenti pensionistici delle lavoratrici vanno riconosciuti periodi di accredito figurativo:
a) per assenza dal lavoro per periodi di educazione e assistenza dei figli fino all'ottavo anno di età in ragione di ventiquattro mesi per ciascun figlio;
b) per assenza dal lavoro per assistenza a figli dal sesto anno di età, al coniuge e al genitore purché conviventi, nel caso ricorrano le condizioni previste dall'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per la durata di venticinque giorni complessivi l'anno, nel limite massimo complessivo di ventiquattro mesi;
c) a prescindere dall'assenza o meno dal lavoro al momento del verificarsi dell'evento maternità, è riconosciuto alla lavoratrice un anticipo di età rispetto al requisito di accesso alla pensione di vecchiaia di cui al comma 19 pari a ventiquattro mesi per ogni figlio e nel limite massimo di sessanta mesi. In alternativa al detto anticipo la lavoratrice può optare per la determinazione del trattamento pensionistico con applicazione del moltiplicatore di cui all'allegata tabella A, relativo all'età di accesso al trattamento pensionistico, maggiorato di due anni in caso di un figlio, e maggiorato di quattro anni in caso di due o più figli;
si ritiene che sia giusto prevedere che a decorrere dal 1o gennaio 2011, per i trattamenti pensionistici determinati secondo il sistema esclusivamente retributivo o secondo il sistema pro quota di cui al comma 12, sia riconosciuto alla lavoratrice un anticipo di età rispetto al requisito di accesso alla pensione di vecchiaia pari a ventiquattro mesi per ogni figlio e nel limite massimo di sessanta mesi;
le economie derivanti dall'attuale manovra finanziaria possono confluire nel Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera b-bis), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive modificazioni, per interventi dedicati a politiche sociali e familiari con particolare attenzione alla non autosufficienza e all'esigenza di conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare delle lavoratrici,

impegna il Governo:

a monitorare in maniera costante la situazione pensionistica delle donne, con la valutazione annuale delle nuove liquidazioni;
a valutare il risparmio che tutte le riforme dal 1992 ad oggi hanno comportato, e se le condizioni di finanza pubblica lo consentono a restituire alle donne il risparmio ottenuto.
9/3638/112. (Testo modificato nel corso della seduta) Gnecchi, Madia, Damiano, Berretta, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 12, al comma 5 del presente provvedimento prevede l'applicazione della normativa previgente per i trattamenti pensionistici, a condizione che i lavoratori maturino i requisiti per l'accesso al pensionamento a decorrere dal termine del 1o gennaio 2011, di cui al successivo comma 6, e comunque nei limiti di 10.000 soggetti beneficiari, a favore:
dei lavoratori collocati in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991, sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 30 aprile 2010, e che maturino i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità di cui all'articolo 7, comma 2, della legge n. 223 del 1991 (lettera a);
dei lavoratori collocati in mobilità lunga, ai sensi dell'articolo 7, commi 6 e 7, della legge n. 223 del 1991, per effetto di accordi collettivi stipulati entro il 30 aprile 2010 (lettera b);
dei lavoratori che, all'entrata in vigore del provvedimento in esame, siano titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore di cui all'articolo 2, comma 28, della legge n. 662 del 1996 (lettera c);
tale disposizione esclude la possibilità di usufruire della normativa previgente per coloro che hanno perduto il posto di lavoro negli ultimi anni a causa della crisi economica, nonché coloro che stanno volontariamente proseguendo il versamento dei contributi previdenziali;

impegna il Governo

a monitorare l'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 12, comma 5, del decreto-legge in esame, al fine di valutare l'opportunità adottare ulteriori iniziative normative volte a derogare al limite di 10 mila soggetti beneficiari, includendo nelle deroghe i lavoratori che abbiano perso involontariamente il posto di lavoro e coloro che in maniera volontaria stiano effettuando i versamenti dei contributi previdenziali, al fine di poter usufruire della normativa previgente in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici.
9/3638/113. Damiano, Madia, Berretta, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, Lovelli.

La Camera,
premesso che:
il secondo rapporto sullo stato di attuazione della strategia di Lisbona pubblicato il 23 ottobre 2007 e coordinato dal Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei Ministri evidenzia che il tasso di occupazione femminile in Italia si attesta al 46,3 per cento, rispetto alla media dell'Unione del 57,4, e si trova largamente al di sotto dell'obiettivo finale fissato al 60 per cento nel 2010 ed anche dell'obiettivo intermedio fissato al 57 per cento per il 2005;
le ragioni che determinano il perdurare di uno scarso livello di partecipazione delle donne al mercato del lavoro dipendono in parte dalla necessità, che ancora grava principalmente su di esse, di coniugare le responsabilità familiari con gli obblighi derivanti dallo svolgimento di un'attività lavorativa stabile e continuativa;
per le donne italiane conciliare lavoro e carichi familiari resta un fattore di alta criticità come testimoniato dalle differenze nei tassi di occupazione femminile calcolati in funzione del ruolo ricoperto in famiglia: per le donne da 35 a 44 anni, si passa dall'87,3 per cento di occupate tra le single, al 55,5 per cento tra quelle con figli, fino a raggiungere il 37,5 per cento tra quelle con 3 o più figli;
il ritardo nello sviluppo delle pari opportunità appare particolarmente consistente se si considerano gli sbocchi professionali dei laureati ed il mercato del lavoro delle alte professionalità, basti considerare che, così come rilevato dall'ISTAT, a un anno dal conseguimento del diploma di laurea meno della metà delle donne lavora, contro il 57 per cento degli uomini. Inoltre la maggioranza delle donne che lavorano svolge attività poco remunerative e sottodimensionate rispetto al titolo di studio;
la Corte di giustizia dell'Unione europea, con la sentenza del 13 novembre 2008 ha condannato l'Italia per la disparità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda la diversa età di accesso alle pensioni di vecchiaia nel settore del lavoro pubblico: 60 per le donne 65 per gli uomini;
a parità di posizione nella professione, le donne guadagnano molto meno degli uomini, con differenze che vanno da un minimo del 13 per cento fra gli impiegati fino a superare il 20 per cento tra i manager;
nel 2005 dei quasi 2,9 milioni di professionisti, dirigenti e quadri rilevati dall'ISTAT solo poco più del 30 per cento sono di sesso femminile;
la presenza decrescente di donne in posizioni di maggiore responsabilità è indice evidente delle difficoltà che esse incontrano ad accedere a posizioni elevate nel mondo del lavoro;
per le donne italiane conciliare lavoro e carichi familiari resta un fattore di alta criticità come è testimoniato dalle differenze nei tassi di occupazione femminile calcolati in funzione del ruolo ricoperto in famiglia: per le donne da 35 a 44 anni, si passa dall'87,3 per cento di occupate tra le single al 74,3 per cento tra le partner in coppia senza figli, al 55,5 per cento tra le partner in coppia con figli, fino a raggiungere il 37,5 per cento tra quelle con 3 o più figli;
la funzione sociale della maternità continua ad essere penalizzata rispetto all'accesso e alla permanenza nel mercato del lavoro, imputabile principalmente a diversi fattori quali l'iniqua distribuzione dei carichi di lavoro familiare, la persistente carenza dei servizi per l'infanzia, le forme di discriminazione sul lavoro subite dalle donne madri o in gravidanza, l'insufficienza delle reti di aiuto formale (asili nido e strutture per l'infanzia);
la peculiarità del nostro Paese è ravvisabile nel ricorso intenso alla rete di aiuti informale e alla solidarietà intergenerazionale. Sei bambini su dieci sono affidati ai nonni quando la madre lavora. Questo avviene principalmente per la carenza di servizi per l'infanzia;
secondo dati ISTAT dal 1998 al 2005 il numero di bambini che frequentano il nido è cresciuto di 100 mila unità, passando dall'11 al 13,8 per cento del totale dei bambini da zero a due anni: un incremento importante, considerando che la maggioranza dei bambini che utilizzano il nido ha la mamma che lavora (77 per cento);
l'offerta di asili nido, misurata rispetto al numero dei bambini di età inferiore ai tre anni, mostra tuttavia differenze rilevanti nel livello di attivazione territoriale del servizio. La loro carenza, soprattutto al Sud e nelle Isole, condiziona decisamente il rapporto con il lavoro delle donne, al punto tale che 564mila donne inattive hanno dichiarato che sarebbero disponibili a lavorare e a cercare lavoro, in presenza di servizi sociali adeguati; tra le donne occupate, 160 mila passerebbero da un regime orario part-time a full time;
l'interruzione dell'attività lavorativa dovuta alla nascita di un figlio può comportare un rischio elevato di non reinserirsi nel mondo del lavoro, o di rimanerne a lungo al di fuori. Tra le donne che nel corso della vita hanno smesso di lavorare, il 17,7 per cento lo ha fatto per la nascita del figlio;
emerge in tutta evidenza la necessità di tutelare i diritti della donna nella fase della vita in cui deve conciliare l'essere madre con la sua partecipazione alla vita attiva e produttiva;

impegna il Governo

a valutare la possibilità di destinare i risparmi conseguenti dall'applicazione dell'innalzamento dell'età pensionabile per le lavoratrici del pubblico impiego al finanziamento del piano decennale per gli asili nido.
9/3638/114. Mosca, Madia, Damiano, Berretta, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Mattesini, Miglioli, Rampi, Santagata, Schirru, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto legge prevede, all'articolo 12, commi 1 e 2, l'introduzione delle cosiddette «finestre scorrevoli», in base alle quali i lavoratori conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico, per coloro i quali sono liquidate le pensioni a carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti, trascorsi dodici mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti; mentre per coloro i quali conseguono il trattamento di pensione a carico delle gestioni per gli artigiani, i commercianti e i coltivatori diretti nonché della gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, trascorsi diciotto mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti;
tale disposizione include nello slittamento dei termini di decorrenza anche i lavoratori e le lavoratrici che abbiano maturato il requisito di anzianità contributiva pari ad almeno quaranta anni,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui all'articolo 12, commi 1 e 2, del decreto-legge in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere una deroga per i lavoratori che abbiano maturato il requisito di anzianità contributiva pari ad almeno 40 anni di contributi, considerando anche che il periodo in eccedenza non contribuisce ai fini del trattamento pensionistico.
9/3638/115. Santagata, Madia, Damiano, Berretta, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Schirru, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto legge prevede, all'articolo 12, commi 1 e 2, l'introduzione delle cosiddette «finestre scorrevoli», in base alle quali i lavoratori conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico, per coloro i quali sono liquidate le pensioni a carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti, trascorsi dodici mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti; mentre per coloro i quali conseguono il trattamento di pensione a carico delle gestioni per gli artigiani, i commercianti e i coltivatori diretti nonché della gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, trascorsi diciotto mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti;
tale disposizione include nello slittamento dei termini di decorrenza anche i lavoratori e le lavoratrici che abbiano maturato il requisito di anzianità contributiva pari ad almeno quaranta anni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di monitorare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui all'articolo 12, commi 1 e 2, del decreto-legge in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere una deroga per i lavoratori che abbiano maturato il requisito di anzianità contributiva pari ad almeno 40 anni di contributi, considerando anche che il periodo in eccedenza non contribuisce ai fini del trattamento pensionistico.
9/3638/115. (Testo modificato nel corso della seduta) Santagata, Madia, Damiano, Berretta, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Schirru, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il comma 2 dell'articolo 42 concede alle imprese appartenenti ad una delle reti riconosciute ai sensi dei commi successivi del medesimo articolo 42 vantaggi fiscali, amministrativi e finanziari, nonché la possibilità di stipulare convenzioni con l'A.B.I. nei termini definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988 entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto;
successivamente il medesimo articolo nel sostituire il comma 4-ter dell'articolo 3 del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, introduce una serie di obblighi relativi al contratto di rete ai quali dovrebbero adempiere non più le imprese di cui al comma 2 dell'articolo in questione quanto invece direttamente gli imprenditori che dovrebbero sottoscrivere il contratto medesimo, ciò senza tenere conto che soprattutto nelle società è possibile che determinati obblighi siano svolti da manager o semplici collaboratori dell'imprenditore medesimo;
il contratto prevede, tra l'altro, l'obbligo sulla base di un programma comune di rete, di collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all'esercizio delle proprie imprese ovvero di scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora di esercitare in comune una o più attività rientranti nell'oggetto della propria impresa. Il contratto può anche prevedere l'istituzione di un fondo patrimoniale comune e la nomina di un organo comune incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l'esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso;
secondo le modifiche apportate il contratto di rete sarà soggetto a iscrizione nella sezione del registro delle imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante e l'efficacia del contratto decorrerà da quando è stata eseguita l'ultima delle iscrizioni prescritte a carico di tutti coloro che ne sono stati sottoscrittori originari;
la norma nel suo complesso appare confusa, da un lato il sottoscrittore del contratto di rete è l'imprenditore dall'altro le agevolazioni relative al contratto saranno fruite dall'impresa, con il rischio di aprire falle sul fronte dell'interpretazione e dell'effettiva possibilità di applicazione della norma,

impegna il Governo

a chiarire l'effettiva applicabilità dell'articolo 42, in primo luogo riguardo alla sovrapposizione tra obblighi imposti all'imprenditore e agevolazioni erogate all'impresa, ed in secondo luogo chiarendo quale differenza pratica e giuridica sussista tra le reti d'impresa ed i consorzi.
9/3638/116. Fadda.

La Camera,
premesso che:
con la direttiva 2009/28/CE sulla promozione delle energie rinnovabili, sono stati fissati obiettivi giuridicamente vincolanti per ciascuno Stato membro, per incrementare l'attuale quota complessiva di energie rinnovabili sul consumo energetico finale della UE fino al 20 per cento nel 2020. Per l'Italia l'incremento finale, entro il 2020, dovrà essere non inferiore al 17 per cento. La legge 96 del 2010 (legge comunitaria 2009) delega il Governo al recepimento della predetta direttiva 2009/28/CE;
l'articolo 45 reca disposizioni in materia di destinazione delle risorse derivanti dalla risoluzione anticipata delle convenzioni CIP6 e di ritiro dei certificati verdi da parte del GSE, confermando l'obbligo di acquisto da parte del GSE dei certificati verdi invenduti e integrando le disposizioni in materia introdotte dal comma 149 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, con l'aggiunta del nuovo comma 149-bis che intende ridurre l'esborso a carico del GSE per l'acquisto dei certificati verdi;
il comma 149 stabilisce che a partire dal 2008 e fino al raggiungimento dell'obiettivo minimo della copertura del 25 per cento del consumo interno di energia elettrica con fonti rinnovabili, il GSE ritira, su richiesta del produttore, i certificati verdi, in scadenza nell'anno, eccedenti rispetto a quelli necessari per assolvere all'obbligo di immissione di una quota;
il ritiro fino ad oggi era effettuato ad un prezzo pari al prezzo medio riconosciuto ai certificati verdi registrato nell'anno precedente da parte del Gestore del mercato elettrico (GME) e trasmesso al GSE entro il 31 gennaio di ciascun anno;
la modifica in oggetto intende ridurre ad un massimo del 30 per cento rispetto a quello relativo alle competenze dell'anno 2010, l'importo complessivo derivante dal ritiro, da parte del GSE, dei certificati verdi a decorrere dalle competenze dell'anno 2011, prevedendo che almeno l'80 per cento di tale riduzione derivi dal contenimento della quantità di certificati verdi in eccesso,

impegna il Governo

a raggiungere l'obiettivo della riduzione del costo dell'energia per i consumatori e a conseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni assegnati al Paese, nel rispetto dei principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 prevedendo in particolare un meccanismo di graduale incremento - su base annuale fino al 2020 - della quota d'obbligo ed un simmetrico decremento del valore di ritiro, e prevedendo altresì che il valore minimo sia comunque inferiore al prezzo previsto dal comma 148 della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
9/3638/117. Albonetti.

La Camera,
premesso che:
con la direttiva 2009/28/CE sulla promozione delle energie rinnovabili, sono stati fissati obiettivi giuridicamente vincolanti per ciascuno Stato membro, per incrementare l'attuale quota complessiva di energie rinnovabili sul consumo energetico finale della UE fino al 20 per cento nel 2020. Per l'Italia l'incremento finale, entro il 2020, dovrà essere non inferiore al 17 per cento. La legge 96 del 2010 (legge comunitaria 2009) delega il Governo al recepimento della predetta direttiva 2009/28/CE;
l'articolo 45 reca disposizioni in materia di destinazione delle risorse derivanti dalla risoluzione anticipata delle convenzioni CIP6 e di ritiro dei certificati verdi da parte del GSE, confermando l'obbligo di acquisto da parte del GSE dei certificati verdi invenduti e integrando le disposizioni in materia introdotte dal comma 149 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, con l'aggiunta del nuovo comma 149-bis che intende ridurre l'esborso a carico del GSE per l'acquisto dei certificati verdi;
il comma 149 stabilisce che a partire dal 2008 e fino al raggiungimento dell'obiettivo minimo della copertura del 25 per cento del consumo interno di energia elettrica con fonti rinnovabili, il GSE ritira, su richiesta del produttore, i certificati verdi, in scadenza nell'anno, eccedenti rispetto a quelli necessari per assolvere all'obbligo di immissione di una quota;
il ritiro fino ad oggi era effettuato ad un prezzo pari al prezzo medio riconosciuto ai certificati verdi registrato nell'anno precedente da parte del Gestore del mercato elettrico (GME) e trasmesso al GSE entro il 31 gennaio di ciascun anno;
la modifica in oggetto intende ridurre ad un massimo del 30 per cento rispetto a quello relativo alle competenze dell'anno 2010, l'importo complessivo derivante dal ritiro, da parte del GSE, dei certificati verdi a decorrere dalle competenze dell'anno 2011, prevedendo che almeno l'80 per cento di tale riduzione derivi dal contenimento della quantità di certificati verdi in eccesso,

impegna il Governo

a raggiungere l'obiettivo della riduzione del costo dell'energia per i consumatori e a conseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni assegnati al Paese, nel rispetto dei principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009, valutando l'opportunità di prevedere in particolare un meccanismo di graduale incremento - su base annuale fino al 2020 - della quota d'obbligo ed un simmetrico decremento del valore di ritiro, e prevedendo altresì che il valore minimo sia comunque inferiore al prezzo previsto dal comma 148 della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
9/3638/117. (Testo modificato nel corso della seduta) Albonetti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 49, commi da 1 a 4, reca disposizioni in materia di conferenza di servizi, mentre i commi da 4-bis a 4-quinquies sostituiscono la disciplina della dichiarazione di inizio attività con quella della segnalazione certificata di inizio attività, oltre a prevedere altre norme di semplificazione amministrativa per le imprese;
la modifica della disciplina della conferenza di servizi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, è volta a semplificarne la procedura ed accelerare i tempi per l'adozione del provvedimento finale, in particolare, viene rimessa al Governo la decisione finale in caso di motivato dissenso da parte delle amministrazioni cosiddette sensibili (tutela del paesaggio, salute ed ambiente), modificando anche la relativa procedura di composizione del dissenso; vengono inoltre previste norme di coordinamento con le procedure di VIA, VAS e AIA;
la disciplina in materia di Conferenza di servizi è già stata modificata profondamente dalla legge n. 15 del 2005 e dalla legge n. 69 del 2009;
per quanto attiene il contenuto dei commi da 4-bis a 4-quinquies l'introduzione della segnalazione certificata di inizio attività - SCIA, rappresenta un'ulteriore modifica nel merito di una materia già molto complessa attinente alla dichiarazione di inizio attività, a sua volta più volte modificata; altrettanto si può dire riguardo alla disciplina attinente la misurazione degli oneri amministrativi contenuta per ultimo anche nell'atto Camera 2754 in discussione nella X Commissione della Camera,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui all'articolo 49 del provvedimento in esame, anche al fine di adottare ulteriori iniziative volte a semplificare e coordinare la disciplina in materia di semplificazione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese tenendo conto delle innumerevoli norme ad essa afferenti, integrandole con una serie di provvedimenti approvati o in itinere che trattano di identiche materie ed in particolare con i regolamenti relativi allo sportello unico delle attività produttive e all'agenzia delle imprese, al fine di evitare che l'eccesso di norme sulla semplificazione renda sempre più complicata e difficile la vita delle imprese e dei cittadini.
9/3638/118. Mastromauro.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 49, commi da 1 a 4, reca disposizioni in materia di conferenza di servizi, mentre i commi da 4-bis a 4-quinquies sostituiscono la disciplina della dichiarazione di inizio attività con quella della segnalazione certificata di inizio attività, oltre a prevedere altre norme di semplificazione amministrativa per le imprese;
la modifica della disciplina della conferenza di servizi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, è volta a semplificarne la procedura ed accelerare i tempi per l'adozione del provvedimento finale, in particolare, viene rimessa al Governo la decisione finale in caso di motivato dissenso da parte delle amministrazioni cosiddette sensibili (tutela del paesaggio, salute ed ambiente), modificando anche la relativa procedura di composizione del dissenso; vengono inoltre previste norme di coordinamento con le procedure di VIA, VAS e AIA;
la disciplina in materia di Conferenza di servizi è già stata modificata profondamente dalla legge n. 15 del 2005 e dalla legge n. 69 del 2009;
per quanto attiene il contenuto dei commi da 4-bis a 4-quinquies l'introduzione della segnalazione certificata di inizio attività - SCIA, rappresenta un'ulteriore modifica nel merito di una materia già molto complessa attinente alla dichiarazione di inizio attività, a sua volta più volte modificata; altrettanto si può dire riguardo alla disciplina attinente la misurazione degli oneri amministrativi contenuta per ultimo anche nell'atto Camera 2754 in discussione nella X Commissione della Camera,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di monitorare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui all'articolo 49 del provvedimento in esame, anche al fine di adottare ulteriori iniziative volte a semplificare e coordinare la disciplina in materia di semplificazione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese tenendo conto delle innumerevoli norme ad essa afferenti, integrandole con una serie di provvedimenti approvati o in itinere che trattano di identiche materie ed in particolare con i regolamenti relativi allo sportello unico delle attività produttive e all'agenzia delle imprese, al fine di evitare che l'eccesso di norme sulla semplificazione renda sempre più complicata e difficile la vita delle imprese e dei cittadini.
9/3638/118. (Testo modificato nel corso della seduta) Mastromauro.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 49, reca modifiche alle disposizioni in materia di conferenza di servizi e sostituisce la disciplina della dichiarazione di inizio attività con quella della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA);
in generale le molte modifiche apportate dal Governo in materia di semplificazione degli adempimenti amministrativi rimandano a deleghe la cui scadenza è spesso molto lontana nel tempo, e dunque le relative norme non sono di applicabilità immediata;
in tale contesto per aiutare le imprese che, pur nella presente crisi economica, fanno investimenti e hanno l'obiettivo di crescere, sarebbe utile in caso di realizzazione o di modifica di un impianto produttivo, di apertura di unità locale o laboratorio manifatturiero, semplificare con una norma di immediata applicazione la relativa disciplina, prevedendo che sulla base di elaborati progettuali e della dichiarazione di conformità del progetto alla normativa vigente applicabile, resa sotto la propria responsabilità dalla società professionale o dal professionista autori del progetto, purché muniti di idonea assicurazione per la responsabilità professionale, pari almeno al valore economico dell'opera, il comune che riceve la dichiarazione e la relativa documentazione, rilasci contestualmente la ricevuta, che costituisca titolo per l'avvio immediato dell'attività o dell'intervento dichiarato,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a semplificare l'attuale disciplina in materia di realizzazione o di modifica di un impianto produttivo, di apertura di unità locale o laboratorio manifatturiero accelerando i tempi d'intervento del comune e accorciando l'iter della conferenza di servizi nel caso di interventi edilizi.
9/3638/119. De Micheli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 49, commi da 4-bis a 4-quinquies sostituisce la disciplina della dichiarazione di inizio attività con la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA);
l'introduzione della segnalazione certificata di inizio attività consente che l'attività oggetto della segnalazione possa essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all'amministrazione competente e che tale amministrazione, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti che consentono l'utilizzo della SCIA, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione, adotti motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni;
in tale contesto suscita apprensione l'ambiguità della disciplina recata dal comma 4 dell'articolo 19 della legge n. 241 del 1990, così come modificato dall'articolo 49, comma 4-bis, del decreto-legge in esame che prevede, decorso il termine per l'adozione dei predetti provvedimenti da parte dell'amministrazione che quest'ultima possa intervenire solo a posteriori quando ci si trovi in presenza del pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l'ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale, lasciando spazio in tal modo alla possibilità che il danno avvenga effettivamente,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui al comma 4 dell'articolo 19 della legge n. 241 del 1990, così come modificato dall'articolo 49, comma 4-bis, del decreto-legge in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che in tutti i casi l'amministrazione intervenga immediatamente ogni qual volta si profili la possibilità o si ravvisi pericolo di un danno grave e irreparabile per il patrimonio artistico e culturale, per l'ambiente, per il paesaggio, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale.
9/3638/120. Sanga.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 49 sostituisce la disciplina della dichiarazione di inizio attività con quella della segnalazione certificata di inizio attività, oltre a prevedere altre norme di semplificazione amministrativa per le imprese;
questa ulteriore modifica si aggiunge alle molte altre apportate dal Governò in materia di semplificazione degli adempimenti amministrativi per le imprese creando confusione e rendendo sempre più difficile l'attuazione della riforma, anche perché scollegata dalle nuove norme in materia di sportello unico delle attività produttive e di agenzie delle imprese;

impegna il Governo

a chiarire che la segnalazione di inizio attività deve essere presentata ai sensi della legislazione vigente, al SUAP competente per il territorio in cui si svolge l'attività o è situato l'impianto o, nelle more della predisposizione degli sportelli unici, alle amministrazioni competenti per territorio.
9/3638/121. Zunino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 49 sostituisce la disciplina della dichiarazione di inizio attività con quella della segnalazione certificata di inizio attività, oltre a prevedere altre norme di semplificazione amministrativa per le imprese;
questa ulteriore modifica si aggiunge alle molte altre apportate dal Governò in materia di semplificazione degli adempimenti amministrativi per le imprese creando confusione e rendendo sempre più difficile l'attuazione della riforma, anche perché scollegata dalle nuove norme in materia di sportello unico delle attività produttive e di agenzie delle imprese;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di chiarire che la segnalazione di inizio attività deve essere presentata ai sensi della legislazione vigente, al SUAP competente per il territorio in cui si svolge l'attività o è situato l'impianto o, nelle more della predisposizione degli sportelli unici, alle amministrazioni competenti per territorio.
9/3638/121. (Testo modificato nel corso della seduta) Zunino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 41 del decreto in esame introduce un regime fiscale di attrazione degli investimenti esteri in Italia, consentendo alle imprese estere residenti in uno Stato membro dell'Unione Europea che intraprendano in Italia nuove attività economiche di applicare, in luogo del regime tributario italiano, una diversa normativa fiscale scelta fra quelle esistenti nell'Unione;
a tal fine, tali imprese potranno interpellare l'Amministrazione finanziaria ai sensi del decreto legge 269 del 2003, avviando una complessa e articolata procedura di ruling internazionale che dovrebbe concludersi con un accordo che vincola l'Amministrazione finanziaria e l'impresa per il periodo d'imposta di stipula dell'accordo e per i due successivi, salvo che non intervengano mutamenti rilevanti nelle circostanze di fatto o di diritto che derivano dall'accordo sottoscritto;
la scelta del regime fiscale si applica esclusivamente alle imprese residenti in uno Stato membro dell'Unione Europea diverso dall'Italia che intraprendano in Italia attività economiche nuove, ossia attività economiche che non risultino già avviate alla data del 31 maggio 2010, data di entrata in vigore del decreto-legge, svolte effettivamente nel territorio dello Stato;
l'articolo 41 del decreto specifica che il regime fiscale che l'impresa può sostituire con quello estero è solo quello relativo alla «normativa tributaria statale italiana»; in altre parole, la disciplina tributaria estera prescelta non sostituisce i tributi diversi da quelli erariali, che dovrebbero continuare ad incidere sull'impresa contestualmente al regime estero prescelto, creando duplicazioni d'imposta e seri problemi applicativi;
il decreto non specifica quali siano i tributi statali italiani cui la norma si riferisce, né chiarisce se la prevista alternatività con la normativa tributaria sia riferita alla sola imposizione diretta o anche all'imposizione indiretta;
le imprese UE che intraprendano nuove attività economiche in Italia possono chiedere l'applicazione delle regole fiscali vigenti in altro Stato europeo anche per i loro dipendenti e collaboratori, per un periodo di tre anni;
nel disposto della norma non è chiaro se l'estensione ai dipendenti e ai collaboratori dell'impresa sia subordinato al requisito della residenza fuori dall'Italia di tali soggetti, né è chiaro a quale forma di collaborazione con l'impresa si applichi tale agevolazione;
l'articolo 41 del decreto in esame si presta a numerosi rilievi critici, ed in particolare:
non è compatibile con il principio di eguaglianza stabilito dall'articolo 3 della Costituzione, poiché considera fattispecie uguali (l'avvio di una nuova attività economica nel territorio italiano da parte di un'impresa) in modo diverso (potendo una impresa residente in uno Stato UE scegliere il regime tributario applicato nell'unione più favorevole e un'impresa residente in Italia essendo vincolata ad avviare tale iniziativa con il regime tributario italiano, senza alcuna facoltà di scelta), ponendosi così in contrasto anche con il più generale principio di ragionevolezza;
se l'intento della norma è quella di favorire l'avvio di nuove attività economiche in Italia, così formulata potrebbe determinare un risultato paradossale, favorendo in modo straordinario l'impresa estera che avvii nuove attività in Italia - basti pensare che il sistema fiscale, ad oggi, più vantaggioso in Europa è quello irlandese, che applica alle imprese una tassazione del 12,5 per cento - penalizzando in modo grave l'impresa italiana che intenda avviare una nuova attività nel medesimo settore, che si troverebbe a subire un prelievo molto più elevato rispetto all'impresa estera concorrente operante nello stesso territorio, senza dire del carico contributivo diseguale per lavoratori e dipendenti, con effetti anche sull'uguaglianza sostanziale dei lavoratori occupati in Italia;
configura anche un'aperta violazione del diritto comunitario e in particolare del principio della libertà di stabilimento e della libera circolazione delle persone e dei capitali, a danno delle imprese italiane, che proprio sul loro territorio si trovano a fronteggiare la concorrenza di imprese estere, che godono di un regime fiscale di maggior favore determinato per legge;
la disposizione in questione può, tra l'altro, incentivare comportamenti elusivi da parte di imprese italiane, che potrebbero essere indotte a insediare nuove società con sede nei paesi europei, cosicché il vantaggio derivante dall'attrazione di capitali dall'estero potrebbe essere più che neutralizzato dalle scelte allocative delle imprese italiane;
non è chiaro, infine, se la limitazione triennale del nuovo regime si riferisca esclusivamente ai lavoratori dipendenti e collaboratori dell'impresa che intraprenda nuove attività in Italia, ovvero anche al regime fiscale di favore per l'impresa estera che avvii nuove attività in Italia; in questo ultimo caso l'impresa estera non avrebbe alcun interesse a localizzare una nuova attività economica in Italia - impianti fissi, uffici, stabilimenti - per beneficiare solo per tre anni del regime fiscale speciale;
la fase del cosiddetta «sviluppo» da parte di un'impresa di un'idea innovativa è senz'altro quella più complessa e costosa, e pertanto sono necessari adeguati incentivi fiscali e finanziari sia per favorire il trasferimento di tecnologia dal settore della ricerca a quello produttivo, sia per individuare le applicazioni - e il mercato - potenziali, sia per elaborare il prototipo del prodotto finale;
le imprese di nuova formazione, nelle prime fasi di vita, hanno elevate potenzialità di reddito ma anche un elevato fabbisogno finanziario, difficile da coprire soprattutto nelle imprese tecnologiche che utilizzino innovazioni o scoperte o che producano su scala il prototipo di un prodotto o di un servizio di cui non si conosce il valore commerciale e i possibili sbocchi di mercato;
per i gruppi di imprese residenti in Italia, che abbiano partecipazioni di controllo in un'impresa localizzata in uno dei paesi compresi nella cosiddetta black list del Ministero dell'Economia di cui al decreto ministeriale 21 novembre 2001, le norme in vigore prevedono che i redditi da esse prodotti siano imputati per trasparenza in capo all'impresa residente che ne detiene le partecipazioni, in proporzione all'ammontare di esse, a decorrere dalla chiusura dell'esercizio o periodo di gestione del soggetto estero partecipato ai sensi dell'articolo 167, comma 1, del TUIR; di conseguenza, tali redditi concorrono alla formazione del reddito imponibile della società residente ai fini IRES (Imposta sul reddito delle società) e sono pertanto soggetti a un'aliquota fiscale del 27,5 per cento;
per evitare la doppia tassazione dell'utile distribuito dette imprese devono richiedere all'Agenzia delle Entrate, mediante il cosiddetto «interpello speciale», la disapplicazione della disciplina delle Controlled Foreign Companies (società estere controllate) che abbiano sede in un «paradiso fiscale», dimostrando che la società estera controllata svolge un'effettiva attività industriale o commerciale e che la localizzazione nel «paradiso fiscale» non è motivata da finalità elusiva, ma da effettive ragioni economiche, ovvero che «dalle partecipazioni non consegue l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati»;

impegna il Governo:

ad adottare ulteriori iniziative, anche normative, volte:
ad estendere quanto disposto dall'articolo 41 del decreto in esame a favore delle imprese europee anche alle imprese italiane che intraprendano in Italia nuove attività economiche, consentendo anche ad esse di applicare, almeno per il triennio di avvio, in luogo del regime tributario italiano, una diversa normativa fiscale scelta fra quelle esistenti nell'Unione;
ad introdurre altresì nell'ambito del nostro ordinamento un regime fiscale di favore per imprese che investano nel patrimonio netto di aziende innovative nella fase iniziale dell'attività (start-up), in cui è fondamentale la presenza di finanziatori esterni in grado di apportare capitali e competenze (venture capital);
a valutare a tal fine l'opportunità di incentivare, con un beneficio analogo a quello previsto per gli investimenti in nuovi impianti, i soggetti che investano nel patrimonio netto di start-up con l'esclusione dall'imposizione sul reddito d'impresa del 100 per cento del valore dell'investimento in tali aziende, purché costituite da meno di 5 anni, e a condizione che le imprese beneficiarie realizzino l'applicazione del frutto di una ricerca o di un'innovazione, ovvero di piani di sviluppo tecnologici o di progetti di ricerca, prevedendo, per evitare possibili forme di elusione fiscale, che l'investimento incentivato riguardi imprese di recente formazione, nelle fasi iniziali del proprio sviluppo, che realizzino progetti selezionati in base a specifici criteri di valutazione quali livello di innovazione, validità ed originalità dei risultati attesi, fattibilità del progetto sotto il profilo tecnico-scientifico e finanziario, adeguatezza scientifica, tecnica ed organizzativa delle strutture disponibili nell'impresa per lo sviluppo del progetto, prospettive di ricaduta tecnico-scientifica e applicativa, con particolare riferimento al territorio e agli operatori dei settori interessati;

ad adottare, inoltre, al fine di contrastare gli insediamenti nei paradisi e l'elusione fiscale, ulteriori iniziative normative volte a stabilire, per i gruppi di imprese residenti in Italia, l'applicazione obbligatoria dell'istituto del Consolidato Fiscale Mondiale, prevedendo che in Italia il reddito prodotto all'estero da gruppi italiani sia soggetto a tassazione con un'aliquota agevolata non superiore al 23 per cento con lo scomputo delle imposte effettivamente pagate all'estero; in tal modo, potendo i gruppi di imprese a fronte di un minimo incremento d'imposta, evitare i costi amministrativi e la complessa burocrazia degli interpelli «disapplicativi», si favorisce il rientro in Italia dei frutti delle loro attività all'estero e si realizza un più trasparente rapporto con l'Amministrazione Finanziaria, fondato su regole certe, precise ed univoche per tutti.
9/3638/122. Rubinato, Fogliardi, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 41 del decreto in esame introduce un regime fiscale di attrazione degli investimenti esteri in Italia, consentendo alle imprese estere residenti in uno Stato membro dell'Unione Europea che intraprendano in Italia nuove attività economiche di applicare, in luogo del regime tributario italiano, una diversa normativa fiscale scelta fra quelle esistenti nell'Unione;
a tal fine, tali imprese potranno interpellare l'Amministrazione finanziaria ai sensi del decreto legge 269 del 2003, avviando una complessa e articolata procedura di ruling internazionale che dovrebbe concludersi con un accordo che vincola l'Amministrazione finanziaria e l'impresa per il periodo d'imposta di stipula dell'accordo e per i due successivi, salvo che non intervengano mutamenti rilevanti nelle circostanze di fatto o di diritto che derivano dall'accordo sottoscritto;
la scelta del regime fiscale si applica esclusivamente alle imprese residenti in uno Stato membro dell'Unione Europea diverso dall'Italia che intraprendano in Italia attività economiche nuove, ossia attività economiche che non risultino già avviate alla data del 31 maggio 2010, data di entrata in vigore del decreto-legge, svolte effettivamente nel territorio dello Stato;
l'articolo 41 del decreto specifica che il regime fiscale che l'impresa può sostituire con quello estero è solo quello relativo alla «normativa tributaria statale italiana»; in altre parole, la disciplina tributaria estera prescelta non sostituisce i tributi diversi da quelli erariali, che dovrebbero continuare ad incidere sull'impresa contestualmente al regime estero prescelto, creando duplicazioni d'imposta e seri problemi applicativi;
il decreto non specifica quali siano i tributi statali italiani cui la norma si riferisce, né chiarisce se la prevista alternatività con la normativa tributaria sia riferita alla sola imposizione diretta o anche all'imposizione indiretta;
le imprese UE che intraprendano nuove attività economiche in Italia possono chiedere l'applicazione delle regole fiscali vigenti in altro Stato europeo anche per i loro dipendenti e collaboratori, per un periodo di tre anni;
nel disposto della norma non è chiaro se l'estensione ai dipendenti e ai collaboratori dell'impresa sia subordinato al requisito della residenza fuori dall'Italia di tali soggetti, né è chiaro a quale forma di collaborazione con l'impresa si applichi tale agevolazione;
l'articolo 41 del decreto in esame si presta a numerosi rilievi critici, ed in particolare:
non è compatibile con il principio di eguaglianza stabilito dall'articolo 3 della Costituzione, poiché considera fattispecie uguali (l'avvio di una nuova attività economica nel territorio italiano da parte di un'impresa) in modo diverso (potendo una impresa residente in uno Stato UE scegliere il regime tributario applicato nell'unione più favorevole e un'impresa residente in Italia essendo vincolata ad avviare tale iniziativa con il regime tributario italiano, senza alcuna facoltà di scelta), ponendosi così in contrasto anche con il più generale principio di ragionevolezza;
se l'intento della norma è quella di favorire l'avvio di nuove attività economiche in Italia, così formulata potrebbe determinare un risultato paradossale, favorendo in modo straordinario l'impresa estera che avvii nuove attività in Italia - basti pensare che il sistema fiscale, ad oggi, più vantaggioso in Europa è quello irlandese, che applica alle imprese una tassazione del 12,5 per cento - penalizzando in modo grave l'impresa italiana che intenda avviare una nuova attività nel medesimo settore, che si troverebbe a subire un prelievo molto più elevato rispetto all'impresa estera concorrente operante nello stesso territorio, senza dire del carico contributivo diseguale per lavoratori e dipendenti, con effetti anche sull'uguaglianza sostanziale dei lavoratori occupati in Italia;
configura anche un'aperta violazione del diritto comunitario e in particolare del principio della libertà di stabilimento e della libera circolazione delle persone e dei capitali, a danno delle imprese italiane, che proprio sul loro territorio si trovano a fronteggiare la concorrenza di imprese estere, che godono di un regime fiscale di maggior favore determinato per legge;
la disposizione in questione può, tra l'altro, incentivare comportamenti elusivi da parte di imprese italiane, che potrebbero essere indotte a insediare nuove società con sede nei paesi europei, cosicché il vantaggio derivante dall'attrazione di capitali dall'estero potrebbe essere più che neutralizzato dalle scelte allocative delle imprese italiane;
non è chiaro, infine, se la limitazione triennale del nuovo regime si riferisca esclusivamente ai lavoratori dipendenti e collaboratori dell'impresa che intraprenda nuove attività in Italia, ovvero anche al regime fiscale di favore per l'impresa estera che avvii nuove attività in Italia; in questo ultimo caso l'impresa estera non avrebbe alcun interesse a localizzare una nuova attività economica in Italia - impianti fissi, uffici, stabilimenti - per beneficiare solo per tre anni del regime fiscale speciale;
la fase del cosiddetta «sviluppo» da parte di un'impresa di un'idea innovativa è senz'altro quella più complessa e costosa, e pertanto sono necessari adeguati incentivi fiscali e finanziari sia per favorire il trasferimento di tecnologia dal settore della ricerca a quello produttivo, sia per individuare le applicazioni - e il mercato - potenziali, sia per elaborare il prototipo del prodotto finale;
le imprese di nuova formazione, nelle prime fasi di vita, hanno elevate potenzialità di reddito ma anche un elevato fabbisogno finanziario, difficile da coprire soprattutto nelle imprese tecnologiche che utilizzino innovazioni o scoperte o che producano su scala il prototipo di un prodotto o di un servizio di cui non si conosce il valore commerciale e i possibili sbocchi di mercato;
per i gruppi di imprese residenti in Italia, che abbiano partecipazioni di controllo in un'impresa localizzata in uno dei paesi compresi nella cosiddetta black list del Ministero dell'Economia di cui al decreto ministeriale 21 novembre 2001, le norme in vigore prevedono che i redditi da esse prodotti siano imputati per trasparenza in capo all'impresa residente che ne detiene le partecipazioni, in proporzione all'ammontare di esse, a decorrere dalla chiusura dell'esercizio o periodo di gestione del soggetto estero partecipato ai sensi dell'articolo 167, comma 1, del TUIR; di conseguenza, tali redditi concorrono alla formazione del reddito imponibile della società residente ai fini IRES (Imposta sul reddito delle società) e sono pertanto soggetti a un'aliquota fiscale del 27,5 per cento;
per evitare la doppia tassazione dell'utile distribuito dette imprese devono richiedere all'Agenzia delle Entrate, mediante il cosiddetto «interpello speciale», la disapplicazione della disciplina delle Controlled Foreign Companies (società estere controllate) che abbiano sede in un «paradiso fiscale», dimostrando che la società estera controllata svolge un'effettiva attività industriale o commerciale e che la localizzazione nel «paradiso fiscale» non è motivata da finalità elusiva, ma da effettive ragioni economiche, ovvero che «dalle partecipazioni non consegue l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati»;

impegna il Governo:

ad adottare ulteriori iniziative, anche normative, volte:
ad estendere quanto disposto dall'articolo 41 del decreto in esame a favore delle imprese europee anche alle imprese italiane che intraprendano in Italia nuove attività economiche, consentendo anche ad esse di applicare, almeno per il triennio di avvio, in luogo del regime tributario italiano, una diversa normativa fiscale scelta fra quelle esistenti nell'Unione;
ad introdurre altresì nell'ambito del nostro ordinamento un regime fiscale di favore per imprese che investano nel patrimonio netto di aziende innovative nella fase iniziale dell'attività (start-up), in cui è fondamentale la presenza di finanziatori esterni in grado di apportare capitali e competenze (venture capital);
a valutare a tal fine l'opportunità di incentivare, con un beneficio analogo a quello previsto per gli investimenti in nuovi impianti, i soggetti che investano nel patrimonio netto di start-up con l'esclusione dall'imposizione sul reddito d'impresa del 100 per cento del valore dell'investimento in tali aziende, purché costituite da meno di 5 anni, e a condizione che le imprese beneficiarie realizzino l'applicazione del frutto di una ricerca o di un'innovazione, ovvero di piani di sviluppo tecnologici o di progetti di ricerca, prevedendo, per evitare possibili forme di elusione fiscale, che l'investimento incentivato riguardi imprese di recente formazione, nelle fasi iniziali del proprio sviluppo, che realizzino progetti selezionati in base a specifici criteri di valutazione quali livello di innovazione, validità ed originalità dei risultati attesi, fattibilità del progetto sotto il profilo tecnico-scientifico e finanziario, adeguatezza scientifica, tecnica ed organizzativa delle strutture disponibili nell'impresa per lo sviluppo del progetto, prospettive di ricaduta tecnico-scientifica e applicativa, con particolare riferimento al territorio e agli operatori dei settori interessati;

a valutare l'opportunità di adottare, inoltre, al fine di contrastare gli insediamenti nei paradisi e l'elusione fiscale, ulteriori iniziative normative volte a stabilire, per i gruppi di imprese residenti in Italia, l'applicazione obbligatoria dell'istituto del Consolidato Fiscale Mondiale, prevedendo che in Italia il reddito prodotto all'estero da gruppi italiani sia soggetto a tassazione con un'aliquota agevolata non superiore al 23 per cento con lo scomputo delle imposte effettivamente pagate all'estero; in tal modo, potendo i gruppi di imprese a fronte di un minimo incremento d'imposta, evitare i costi amministrativi e la complessa burocrazia degli interpelli «disapplicativi», si favorisce il rientro in Italia dei frutti delle loro attività all'estero e si realizza un più trasparente rapporto con l'Amministrazione Finanziaria, fondato su regole certe, precise ed univoche per tutti.
9/3638/122. (Testo modificato nel corso della seduta) Rubinato, Fogliardi, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
i consistenti tagli operati dal provvedimento in esame alle risorse destinate al dicastero della giustizia dimostrano il carattere meramente simbolico - come tale inefficace - della politica del Governo, che a fronte della continua introduzione di nuove norme incriminatrici, non prevede le risorse necessarie alla loro applicazione, sia in sede giudiziaria che penitenziaria, con il rischio di aggravare ulteriormente non solo la disfunzionalità del sistema giudiziario, ma anche di minare la certezza del diritto e la stessa legittimazione e credibilità della funzione dell'amministrazione della giustizia, con gravi pregiudizi per la sicurezza e la tutela giurisdizionale dei diritti per i cittadini;
in questo quadro il comma 7 dell'articolo 12 per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche il riconoscimento dell'indennità premio di fine servizio, dell'indennità di buonuscita, del TFR e di ogni altra indennità equipollente corrisposta una tantum comunque denominata, spettante in seguito a cessazione di servizio venga erogata in un unico importo annuale, qualora l'ammontare complessivo, al lordo delle trattenute fiscali, sia complessivamente pari o inferiore a 90.000 euro; in due importi annuali, qualora l'ammontare sia complessivamente superiore a 90.000 euro ma inferiore a 150.000 euro. In tal caso, il primo importo erogato sarà pari a 90.000 euro, il secondo sarà pari all'ammontare residuo; in tre importi annuali, qualora l'ammontare sia pari o superiore a 150.000 euro. In tal caso, il primo importo erogato rata sarà pari a 90.000 euro, il secondo a 60.000 euro ed il terzo all'ammontare residuo;
il comma 9 dell'articolo 12 stabilisce che il comma 7 non si applica in ogni caso, ai collocamenti a riposo per raggiungimento dei limiti di età entro la data del 30 novembre 2010;
il comma 9 dell'articolo 12 potrebbe evitare gravissimi danni alla giurisdizione in ragione del sicuro esodo di moltissimi magistrati che raggiungono l'età pensionabile entro il 30 novembre 2010, ovvero che l'hanno già raggiunta e che non intendono subire la rateizzazione della indennità di liquidazione,

impegna il Governo

ad interpretare il comma 9 dell'articolo 12 del decreto-legge in esame nel senso che le disposizioni di cui al comma 7 non si applicano in ogni caso a coloro che, pur restando in servizio, abbiano conseguito o conseguiranno il diritto al collocamento a riposo per raggiungimento dei limiti di età entro la data del 30 novembre 2010.
9/3638/123. Samperi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 47 del decreto-legge in esame reca disposizioni speciali per la gara che individuerà il nuovo concessionario dell'autostrada del Brennero (A22), sia relativamente ai tempi di pubblicazione del bando, che in ordine al versamento annuo di 70 milioni di euro dovuto dal concessionario a partire dalla data dell'affidamento e fino a concorrenza del valore di concessione che viene versato all'entrata del bilancio dello Stato;
con riferimento all'asse infrastrutturale del Brennero, ma relativamente al collegamento ferroviario, sono state modificate le disposizioni relative alla provvista finanziaria per la sua realizzazione, onde allinearle con il procedimento di individuazione della nuova concessionaria autostradale del medesimo asse;
in particolare, il comma 1, lettera a), differisce al 31 luglio 2010 il termine per l'approvazione ex lege degli schemi di convenzione con la società ANAS S.p.a. già sottoscritti dalle società concessionarie autostradali, prevede che la società ANAS S.p.A. entro 31 dicembre 2010 pubblichi il bando di gara per l'affidamento della concessione di costruzione e gestione dell'autostrada del Brennero e che il Governo, preliminarmente, verifichi presso la Commissione europea soluzioni diverse da quelle già previste nell'articolo 8-duodecies, comma 2-bis, del decreto-legge 59 del 2008, in modo da assicurare i medesimi introiti per il bilancio dello Stato, garantire il finanziamento incrociato per il tunnel di base del Brennero e le relative tratte di accesso, nonché la realizzazione, a carico del concessionario, di opere infrastrutturali complementari sul territorio di riferimento, anche urbane o consistenti in gallerie;
per le finalità di cui sopra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, darà indicazioni ad ANAS S.p.A. sui contenuti del bando di gara, che dovrà prevedere un versamento annuo di 70 milioni di euro,

impegna il Governo

a chiarire che il versamento annuo di 70 milioni di euro previsto nel bando di gara che individuerà il nuovo concessionario della A22 debba ritenersi sostitutivo ad ogni effetto del canone e di ogni altro onere di concessione.
9/3638/124. Brugger, Zeller.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 47 del decreto-legge in esame reca disposizioni speciali per la gara che individuerà il nuovo concessionario dell'autostrada del Brennero (A22), sia relativamente ai tempi di pubblicazione del bando, che in ordine al versamento annuo di 70 milioni di euro dovuto dal concessionario a partire dalla data dell'affidamento e fino a concorrenza del valore di concessione che viene versato all'entrata del bilancio dello Stato;
con riferimento all'asse infrastrutturale del Brennero, ma relativamente al collegamento ferroviario, sono state modificate le disposizioni relative alla provvista finanziaria per la sua realizzazione, onde allinearle con il procedimento di individuazione della nuova concessionaria autostradale del medesimo asse;
in particolare, il comma 1, lettera a), differisce al 31 luglio 2010 il termine per l'approvazione ex lege degli schemi di convenzione con la società ANAS S.p.a. già sottoscritti dalle società concessionarie autostradali, prevede che la società ANAS S.p.A. entro 31 dicembre 2010 pubblichi il bando di gara per l'affidamento della concessione di costruzione e gestione dell'autostrada del Brennero e che il Governo, preliminarmente, verifichi presso la Commissione europea soluzioni diverse da quelle già previste nell'articolo 8-duodecies, comma 2-bis, del decreto-legge 59 del 2008, in modo da assicurare i medesimi introiti per il bilancio dello Stato, garantire il finanziamento incrociato per il tunnel di base del Brennero e le relative tratte di accesso, nonché la realizzazione, a carico del concessionario, di opere infrastrutturali complementari sul territorio di riferimento, anche urbane o consistenti in gallerie;
per le finalità di cui sopra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, darà indicazioni ad ANAS S.p.A. sui contenuti del bando di gara, che dovrà prevedere un versamento annuo di 70 milioni di euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di chiarire che il versamento annuo di 70 milioni di euro previsto nel bando di gara che individuerà il nuovo concessionario della A22 debba ritenersi sostitutivo ad ogni effetto del canone e di ogni altro onere di concessione.
9/3638/124. (Testo modificato nel corso della seduta) Brugger, Zeller.

La Camera,
premesso che:
è già previsto, ai sensi del decreto legislativo n. 503 del 1992, per i dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio per un periodo massimo di un biennio oltre il limite di età per il collocamento a riposo per essi previsto;
per i magistrati, categoria impegnata nella lotta alla criminalità, è prevista la facoltà di rimanere in servizio fino al compimento del settantacinquesimo anno di età;
con la legge finanziaria per il 1997, in attesa di un'organica riforma del sistema degli ammortizzatori sociali, sono state predisposte misure per il perseguimento di politiche attive di sostegno del reddito e dell'occupazione per fronteggiare crisi di enti e aziende pubblici e privati erogatori di servizi di pubblica utilità;
i dipendenti con qualifica dirigenziale delle Forze di Polizia ad ordinamento civile, pur essendo una categoria addetta a un servizio pubblico essenziale per il Paese, non sono equiparati, per quanto riguarda la possibilità di prolungare il servizio oltre i limiti d'età, ai dipendenti civili dello Stato,

impegna il Governo

a far fronte, anche in altro provvedimento, a questa situazione di disparità di trattamento, prevedendo anche per i dipendenti con qualifica dirigenziale delle Forze di Polizia come è già disposto per i dipendenti civili dello Stato, la possibilità di prolungare il servizio per un biennio oltre i limiti d'età.
9/3638/125. Giulio Marini, Sammarco.

La Camera,
premesso che:
è già previsto, ai sensi del decreto legislativo n. 503 del 1992, per i dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio per un periodo massimo di un biennio oltre il limite di età per il collocamento a riposo per essi previsto;
per i magistrati, categoria impegnata nella lotta alla criminalità, è prevista la facoltà di rimanere in servizio fino al compimento del settantacinquesimo anno di età;
con la legge finanziaria per il 1997, in attesa di un'organica riforma del sistema degli ammortizzatori sociali, sono state predisposte misure per il perseguimento di politiche attive di sostegno del reddito e dell'occupazione per fronteggiare crisi di enti e aziende pubblici e privati erogatori di servizi di pubblica utilità;
i dipendenti con qualifica dirigenziale delle Forze di Polizia ad ordinamento civile, pur essendo una categoria addetta a un servizio pubblico essenziale per il Paese, non sono equiparati, per quanto riguarda la possibilità di prolungare il servizio oltre i limiti d'età, ai dipendenti civili dello Stato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere anche per i dipendenti con qualifica dirigenziale delle Forze di Polizia come è già disposto per i dipendenti civili dello Stato, la possibilità di prolungare il servizio per un biennio oltre i limiti d'età.
9/3638/125. (Testo modificato nel corso della seduta) Giulio Marini, Sammarco.

La Camera,

impegna il Governo

a dare attuazione a quanto previsto dall'articolo 2, comma 21, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, assegnando alla Regione Friuli Venezia Giulia - nell'ambito di un prossimo provvedimento finanziario - l'ulteriore importo di 283 milioni di euro, determinato con la procedura stabilita dal sopra richiamato dettato normativo, a valere quale compartecipazione erariale spettante ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto legislativo 31 luglio 2007, n. 137 e in ottemperanza della sentenza della Corte Costituzionale n. 74 del 13 marzo 2009.
9/3638/126. Strizzolo, Maran, Rosato, Cuperlo, Pes.

La Camera,
premesso che:
la crisi in atto si sta manifestando in modo più intenso rispetto alle precedenti sia per il sistema economico in generale sia per il settore delle costruzioni in particolare;
alla fine del 2009 gli investimenti in abitazioni, secondo l'Ance, si sono ridotti di quasi dieci punti percentuali in termini reali rispetto al 2008; in particolare l'edilizia residenziale registra un decremento del 19 per cento per gli investimenti in nuove abitazioni e dell'1 per cento per il recupero abitativo;
anche i livelli produttivi del 2010 per il settore delle costruzioni risultano comunque condizionati dalla flessione delle iniziative messe in cantiere negli ultimi anni, dal rallentamento dei lavori in corso a causa delle difficoltà di finanziamento ed, in alcune zone, dalle difficoltà che si registrano nella vendita dei nuovi fabbricati;
gli effetti della crisi sono molto pesanti anche sui settori fornitori di materiali da costruzione e di manufatti;
l'attività straordinaria e ordinaria di manutenzione, riqualificazione, ristrutturazione e recupero del patrimonio esistente rappresenta più del 56 per cento del valore della produzione del settore delle costruzioni; è dunque la principale attività del settore;
secondo autorevoli Centri Studi, come il Cresme, nel 2007, su un totale di 199 miliardi di euro in valori correnti di valore delle costruzioni, più di 78 miliardi si riferiscono ad interventi di manutenzione straordinaria, ristrutturazione, recupero e riqualificazione e 33 miliardi alla manutenzione ordinaria del patrimonio esistente mentre 87,2 miliardi di euro sono destinati al mercato delle nuove costruzioni;
è essenziale sostenere le ristrutturazioni e le riqualificazioni del patrimonio esistente, soprattutto di quello più degradato, come gli alloggi di edilizia residenziale pubblica; migliorando l'abitabilità, la salubrità e l'efficienza energetica di tali abitazioni, si possono recuperare non meno di 20.000 alloggi a canone sociale e si può dare un forte impulso al mercato delle ristrutturazioni; il patrimonio di alloggi sociali pubblici è infatti di circa un milione di immobili, di cui 750.000 di proprietà degli ex Istituti autonomi per le case popolari e di aziende pubbliche;

impegna il Governo:

a introdurre opportune integrazioni normative affinché, a decorrere dal periodo d'imposta in corso, le disposizioni relative alla detrazione del 36 per cento per interventi di ristrutturazione edilizia e quelle relative alla detrazione del 55 per cento per interventi di riqualificazione energetica siano estese anche alle spese sostenute, per i medesimi interventi effettuati su alloggi di edilizia residenziale pubblica e sulle loro pertinenze, in proprietà o in gestione degli Istituti autonomi per le case popolari, ai fini dell'imposta sul reddito delle società dagli stessi dovuta;
a provvedere adeguate risorse per il finanziamento di tali agevolazioni e l'introduzione a regime nel nostro ordinamento.
9/3638/127. Fogliardi.

La Camera,
premesso che:
la crisi in atto si sta manifestando in modo più intenso rispetto alle precedenti sia per il sistema economico in generale sia per il settore delle costruzioni in particolare;
alla fine del 2009 gli investimenti in abitazioni, secondo l'Ance, si sono ridotti di quasi dieci punti percentuali in termini reali rispetto al 2008; in particolare l'edilizia residenziale registra un decremento del 19 per cento per gli investimenti in nuove abitazioni e dell'1 per cento per il recupero abitativo;
anche i livelli produttivi del 2010 per il settore delle costruzioni risultano comunque condizionati dalla flessione delle iniziative messe in cantiere negli ultimi anni, dal rallentamento dei lavori in corso a causa delle difficoltà di finanziamento ed, in alcune zone, dalle difficoltà che si registrano nella vendita dei nuovi fabbricati;
gli effetti della crisi sono molto pesanti anche sui settori fornitori di materiali da costruzione e di manufatti;
l'attività straordinaria e ordinaria di manutenzione, riqualificazione, ristrutturazione e recupero del patrimonio esistente rappresenta più del 56 per cento del valore della produzione del settore delle costruzioni; è dunque la principale attività del settore;
secondo autorevoli Centri Studi, come il Cresme, nel 2007, su un totale di 199 miliardi di euro in valori correnti di valore delle costruzioni, più di 78 miliardi si riferiscono ad interventi di manutenzione straordinaria, ristrutturazione, recupero e riqualificazione e 33 miliardi alla manutenzione ordinaria del patrimonio esistente mentre 87,2 miliardi di euro sono destinati al mercato delle nuove costruzioni;
è essenziale sostenere le ristrutturazioni e le riqualificazioni del patrimonio esistente, soprattutto di quello più degradato, come gli alloggi di edilizia residenziale pubblica; migliorando l'abitabilità, la salubrità e l'efficienza energetica di tali abitazioni, si possono recuperare non meno di 20.000 alloggi a canone sociale e si può dare un forte impulso al mercato delle ristrutturazioni; il patrimonio di alloggi sociali pubblici è infatti di circa un milione di immobili, di cui 750.000 di proprietà degli ex Istituti autonomi per le case popolari e di aziende pubbliche;

impegna il Governo:

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a introdurre opportune integrazioni normative affinché, a decorrere dal periodo d'imposta in corso, le disposizioni relative alla detrazione del 36 per cento per interventi di ristrutturazione edilizia e quelle relative alla detrazione del 55 per cento per interventi di riqualificazione energetica siano estese anche alle spese sostenute, per i medesimi interventi effettuati su alloggi di edilizia residenziale pubblica e sulle loro pertinenze, in proprietà o in gestione degli Istituti autonomi per le case popolari, ai fini dell'imposta sul reddito delle società dagli stessi dovuta;
a provvedere adeguate risorse per il finanziamento di tali agevolazioni e l'introduzione a regime nel nostro ordinamento.
9/3638/127. (Testo modificato nel corso della seduta) Fogliardi.

La Camera,
premesso che:
le aziende agricole del Mezzogiorno scontano un ritardo strutturale rispetto al contesto nazionale: piccole aziende, «troppo vecchie» e poco orientate all'innovazione;
l'agricoltura nel Mezzogiorno, pur rappresentando oltre il 40 per cento della produzione agricola nazionale, risulta poco presente sul mercato nazionale e su quello internazionale; le aziende agricole del Mezzogiorno coprono infatti non più del 15 per cento del totale dei prodotti agricoli esportati;
le organizzazioni di produttori hanno un ruolo essenziale nella distribuzione dei prodotti agricoli: ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 102 del 2005, hanno infatti come scopo principale la commercializzazione della produzione degli agricoltori che ne fanno parte;
per sviluppare tale commercializzazione, le organizzazioni di produttori hanno molteplici funzioni; devono infatti assicurare la programmazione della produzione e l'adeguamento della stessa alla domanda, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo; concentrare l'offerta e commercializzare direttamente la produzione degli associati; partecipare alla gestione delle crisi di mercato; ridurre i costi di produzione e stabilizzare i prezzi alla produzione; promuovere pratiche colturali e tecniche di produzione rispettose dell'ambiente e del benessere degli animali, allo scopo di migliorare la qualità delle produzioni e l'igiene degli alimenti, di tutelare la qualità delle acque, dei suoli e del paesaggio e di favorire la biodiversità, nonché di favorire processi di rintracciabilità, anche ai fini dell'assolvimento degli obblighi di cui al regolamento (CE) n. 178/2002; devono inoltre assicurare la trasparenza e la regolarità dei rapporti economici con gli associati nella determinazione dei prezzi di vendita dei prodotti; realizzare iniziative relative alla logistica; adottare tecnologie innovative e favorire l'accesso a nuovi mercati, anche attraverso l'apertura di sedi o uffici commerciali;
per svolgere tali funzioni e organizzare i relativi programmi, le organizzazioni di produttori costituiscono fondi di esercizio alimentati da contributi degli aderenti, calcolati in base ai quantitativi o al valore dei prodotti effettivamente commercializzati;
i contributi degli aderenti alle organizzazioni dei produttori possono essere integrati da finanziamenti pubblici, nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato;
è necessario favorire la costituzione di organizzazioni di produttori e lo sviluppo di quelle esistenti per un'efficiente distribuzione dei prodotti agricoli sul mercato, in particolare delle produzioni delle aziende agricole del Mezzogiorno,

impegna il Governo:

a favorire la ristrutturazione, la razionalizzazione e la competitività delle imprese agricole mediante la costituzione di nuove organizzazioni dei produttori e il rafforzamento di quelle esistenti, migliorando così la distribuzione dei prodotti e riducendo i costi di commercializzazione e di trasporto;
a incrementare i versamenti compiuti dai soci al fondo di esercizio delle organizzazioni dei produttori, costituiti nei territori del Mezzogiorno, eseguiti entro il 31 dicembre 2011, integrandoli con un contributo, a carico del bilancio dello Stato, pari al doppio dell'ammontare di ciascun versamento spontaneo dei soci;
a favorire la nascita e lo sviluppo delle organizzazioni di produttori disponendo opportune modifiche normative in modo da prevedere che le spese, documentate e documentabili, per gli adempimenti necessari ad operazioni di costituzione di organizzazioni di produttori, in tutto il Mezzogiorno, siano a carico dello Stato.
9/3638/128. Laganà Fortugno.

La Camera,
premesso che:
le aziende agricole del Mezzogiorno scontano un ritardo strutturale rispetto al contesto nazionale: piccole aziende, «troppo vecchie» e poco orientate all'innovazione;
l'agricoltura nel Mezzogiorno, pur rappresentando oltre il 40 per cento della produzione agricola nazionale, risulta poco presente sul mercato nazionale e su quello internazionale; le aziende agricole del Mezzogiorno coprono infatti non più del 15 per cento del totale dei prodotti agricoli esportati;
le organizzazioni di produttori hanno un ruolo essenziale nella distribuzione dei prodotti agricoli: ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 102 del 2005, hanno infatti come scopo principale la commercializzazione della produzione degli agricoltori che ne fanno parte;
per sviluppare tale commercializzazione, le organizzazioni di produttori hanno molteplici funzioni; devono infatti assicurare la programmazione della produzione e l'adeguamento della stessa alla domanda, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo; concentrare l'offerta e commercializzare direttamente la produzione degli associati; partecipare alla gestione delle crisi di mercato; ridurre i costi di produzione e stabilizzare i prezzi alla produzione; promuovere pratiche colturali e tecniche di produzione rispettose dell'ambiente e del benessere degli animali, allo scopo di migliorare la qualità delle produzioni e l'igiene degli alimenti, di tutelare la qualità delle acque, dei suoli e del paesaggio e di favorire la biodiversità, nonché di favorire processi di rintracciabilità, anche ai fini dell'assolvimento degli obblighi di cui al regolamento (CE) n. 178/2002; devono inoltre assicurare la trasparenza e la regolarità dei rapporti economici con gli associati nella determinazione dei prezzi di vendita dei prodotti; realizzare iniziative relative alla logistica; adottare tecnologie innovative e favorire l'accesso a nuovi mercati, anche attraverso l'apertura di sedi o uffici commerciali;
per svolgere tali funzioni e organizzare i relativi programmi, le organizzazioni di produttori costituiscono fondi di esercizio alimentati da contributi degli aderenti, calcolati in base ai quantitativi o al valore dei prodotti effettivamente commercializzati;
i contributi degli aderenti alle organizzazioni dei produttori possono essere integrati da finanziamenti pubblici, nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato;
è necessario favorire la costituzione di organizzazioni di produttori e lo sviluppo di quelle esistenti per un'efficiente distribuzione dei prodotti agricoli sul mercato, in particolare delle produzioni delle aziende agricole del Mezzogiorno,

impegna il Governo:

se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, a favorire la ristrutturazione, la razionalizzazione e la competitività delle imprese agricole mediante la costituzione di nuove organizzazioni dei produttori e il rafforzamento di quelle esistenti, migliorando così la distribuzione dei prodotti e riducendo i costi di commercializzazione e di trasporto;
a incrementare i versamenti compiuti dai soci al fondo di esercizio delle organizzazioni dei produttori, costituiti nei territori del Mezzogiorno, eseguiti entro il 31 dicembre 2011, integrandoli con un contributo, a carico del bilancio dello Stato, pari al doppio dell'ammontare di ciascun versamento spontaneo dei soci;
a favorire la nascita e lo sviluppo delle organizzazioni di produttori disponendo opportune modifiche normative in modo da prevedere che le spese, documentate e documentabili, per gli adempimenti necessari ad operazioni di costituzione di organizzazioni di produttori, in tutto il Mezzogiorno, siano a carico dello Stato.
9/3638/128. (Testo modificato nel corso della seduta) Laganà Fortugno.

La Camera,
premesso che:
il riordino dei ruoli e delle carriere delle Forze armate e delle Forze di polizia è un provvedimento molto atteso dal personale e dalle stesse Amministrazioni;
è necessario adeguare l'organizzazione del personale alle esigenze di una più razionale e valida funzionalità alle esigenze d'impiego;
è necessario affrontare la questione del riordino delle carriere in modo organico per far fronte alle varie problematiche in un quadro di soluzioni armoniche e omogenee tra loro;

impegna il Governo

a mettere a disposizioni delle proposte di legge in discussione risorse adeguate per corrispondere positivamente alle esigenze di una riforma organica dei ruoli e delle carriere delle Forze armate e delle Forze di polizia.
9/3638/129. Fioroni.

La Camera,
premesso che:
il riordino dei ruoli e delle carriere delle Forze armate e delle Forze di polizia è un provvedimento molto atteso dal personale e dalle stesse Amministrazioni;
è necessario adeguare l'organizzazione del personale alle esigenze di una più razionale e valida funzionalità alle esigenze d'impiego;
è necessario affrontare la questione del riordino delle carriere in modo organico per far fronte alle varie problematiche in un quadro di soluzioni armoniche e omogenee tra loro;

impegna il Governo

se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, a mettere a disposizioni delle proposte di legge in discussione risorse adeguate per corrispondere positivamente alle esigenze di una riforma organica dei ruoli e delle carriere delle Forze armate e delle Forze di polizia.
9/3638/129. (Testo modificato nel corso della seduta) Fioroni.

La Camera,
premesso che:
la legge 24 dicembre 2007, n. 244, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2008), prevede all'articolo 2 corna 627: «In relazione alle esigenze derivanti dalla riforma strutturale connessa al nuovo modello delle Forze armate, conseguito alla sospensione del servizio obbligatorio di leva, il Ministero della difesa predispone, con criteri di semplificazione, di razionalizzazione e di contenimento della spesa, un programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio di cui all'articolo 5, primo comma, della legge 18 agosto 1978, n. 497.»;
la stessa legge prevede il diritto alla continuità, alla conduzione dell'alloggio, rimanendo in affitto, per coloro che non sono in grado di acquistare l'alloggio in cui abitano, se messo in vendita, all'articolo 2, comma 628, lettera b) laddove sancisce che sia assicurata «...la permanenza negli alloggi dei conduttori delle unità immobiliari e delle vedove, con basso reddito familiare, non superiore a quello determinato annualmente con il decreto ministeriale di cui all'articolo 9, comma 7, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ovvero con componenti familiari portatori di handicap, dietro corresponsione del canone in vigore all'atto della vendita, aggiornato in base agli indici ISTAT»,

impegna il Governo

nella fase di applicazione dell'articolo 6, comma 21-quater, del decreto-legge in esame, a non imporre maggiorazioni di canone rispetto a quello già in vigore nei confronti degli utenti con reddito familiare annuo lordo non superiore a quello fissato annualmente dal decreto del Ministro della difesa richiamato in premessa.
9/3638/130. Luongo.

La Camera,
premesso che:
la legge 24 dicembre 2007, n. 244, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2008), prevede all'articolo 2 corna 627: «In relazione alle esigenze derivanti dalla riforma strutturale connessa al nuovo modello delle Forze armate, conseguito alla sospensione del servizio obbligatorio di leva, il Ministero della difesa predispone, con criteri di semplificazione, di razionalizzazione e di contenimento della spesa, un programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio di cui all'articolo 5, primo comma, della legge 18 agosto 1978, n. 497.»;
la stessa legge prevede il diritto alla continuità, alla conduzione dell'alloggio, rimanendo in affitto, per coloro che non sono in grado di acquistare l'alloggio in cui abitano, se messo in vendita, all'articolo 2, comma 628, lettera b) laddove sancisce che sia assicurata «...la permanenza negli alloggi dei conduttori delle unità immobiliari e delle vedove, con basso reddito familiare, non superiore a quello determinato annualmente con il decreto ministeriale di cui all'articolo 9, comma 7, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ovvero con componenti familiari portatori di handicap, dietro corresponsione del canone in vigore all'atto della vendita, aggiornato in base agli indici ISTAT»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nella fase di applicazione dell'articolo 6, comma 21-quater, del decreto-legge in esame, di non imporre maggiorazioni di canone rispetto a quello già in vigore nei confronti degli utenti con reddito familiare annuo lordo non superiore a quello fissato annualmente dal decreto del Ministro della difesa richiamato in premessa.
9/3638/130. (Testo modificato nel corso della seduta) Luongo.

La Camera,
premesso che:
il Consiglio Supremo di Difesa del 10 marzo 2010, ha affermato che l'attuazione di una comune politica estera e di difesa e sicurezza nell'ambito dell'Unione europea costituisce obbiettivo vitale per gli Stati membri e per la crescita dell'Europa, al duplice scopo di concorrere alla costruzione di uno strumento politico-militare comune più efficace dal punto di vista operativo e più economico;
il settore degli investimenti per l'acquisizione dei sistemi d'arma ha fruito delle risorse finanziarie relative alle programmazioni di lunga durata approvate dal Parlamento negli ultimi decenni, sulla base del modello di difesa definito nell'anno 2000, su 190.000 uomini, ed in ottemperanza degli impegni assunti dal Paese in ambito internazionale;
la discussione sul nuovo modello di difesa, che dovrà necessariamente tenere conto dei radicali mutamenti intervenuti nello scenario geopolitico mondiale e nel diverso impegno che tutto ciò comporta per il nostro strumento militare, iniziata in Parlamento si è interrotta ed è quindi necessario riprenderla fino a giungere a delle conclusioni significative;
appare opportuno in questo quadro rimodulare la politica degli investimenti sui sistemi d'arma, coerentemente con le scelte relative al nuovo modello di difesa, in linea con la situazione economica del Paese con quanto sta avvenendo in altri paesi europei e negli Stati Uniti;
si tratta di scelte complesse che richiedono il pieno coinvolgimento dei molti soggetti interessati nell'ambito e nella sede di una specifica discussione parlamentare;

impegna il Governo

nella fase dell'applicazione della norma di cui all'articolo 6, comma 21-ter; del decreto-legge in esame, a rispettare le prerogative del Parlamento sottoponendo qualunque ipotesi di decisione alle competenti Commissioni parlamentari prima di assumerla.
9/3638/131. Garofani.

La Camera,
premesso che:
il Consiglio Supremo di Difesa del 10 marzo 2010, ha affermato che l'attuazione di una comune politica estera e di difesa e sicurezza nell'ambito dell'Unione europea costituisce obbiettivo vitale per gli Stati membri e per la crescita dell'Europa, al duplice scopo di concorrere alla costruzione di uno strumento politico-militare comune più efficace dal punto di vista operativo e più economico;
il settore degli investimenti per l'acquisizione dei sistemi d'arma ha fruito delle risorse finanziarie relative alle programmazioni di lunga durata approvate dal Parlamento negli ultimi decenni, sulla base del modello di difesa definito nell'anno 2000, su 190.000 uomini, ed in ottemperanza degli impegni assunti dal Paese in ambito internazionale;
la discussione sul nuovo modello di difesa, che dovrà necessariamente tenere conto dei radicali mutamenti intervenuti nello scenario geopolitico mondiale e nel diverso impegno che tutto ciò comporta per il nostro strumento militare, iniziata in Parlamento si è interrotta ed è quindi necessario riprenderla fino a giungere a delle conclusioni significative;
appare opportuno in questo quadro rimodulare la politica degli investimenti sui sistemi d'arma, coerentemente con le scelte relative al nuovo modello di difesa, in linea con la situazione economica del Paese con quanto sta avvenendo in altri paesi europei e negli Stati Uniti;
si tratta di scelte complesse che richiedono il pieno coinvolgimento dei molti soggetti interessati nell'ambito e nella sede di una specifica discussione parlamentare;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nella fase dell'applicazione della norma di cui all'articolo 6, comma 21-ter; del decreto-legge in esame, di rispettare le prerogative del Parlamento sottoponendo qualunque ipotesi di decisione alle competenti Commissioni parlamentari prima di assumerla.
9/3638/131. (Testo modificato nel corso della seduta) Garofani.

La Camera,
premesso che:
i tagli lineari decisi con la legge n. 133 del 2008, e quelli previsti dal decreto-legge in esame, mettono in seria difficoltà il mantenimento di un soddisfacente livello di addestramento del personale, della manutenzione dei mezzi, delle condizioni di sicurezza e delle esigenze logistiche direttamente connesse alle attività operative;

impegna il Governo

nella fase di applicazione delle norme contenute nell'articolo 2 del decreto-legge in esame, a non far ricadere nuovamente sulle spese per l'esercizio le ulteriori riduzioni finanziarie previste nel provvedimento.
9/3638/132. Carella.

La Camera,
premesso che:
i tagli lineari decisi con la legge n. 133 del 2008, e quelli previsti dal decreto-legge in esame, mettono in seria difficoltà il mantenimento di un soddisfacente livello di addestramento del personale, della manutenzione dei mezzi, delle condizioni di sicurezza e delle esigenze logistiche direttamente connesse alle attività operative;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nella fase di applicazione delle norme contenute nell'articolo 2 del decreto-legge in esame, di non far ricadere nuovamente sulle spese per l'esercizio le ulteriori riduzioni finanziarie previste nel provvedimento.
9/3638/132. (Testo modificato nel corso della seduta) Carella.

La Camera,
premesso che:
l'istituzione della cosiddetta «mini-naia» rappresenta per le Forze Armate un impegno di risorse finanziarie ed operative che avrebbero potuto trovare migliore e più utile destinazione;
pur mantenendo un giudizio critico sulla decisione di investire le risorse in una attività che non ha alcun effetto positivo sulla funzionalità delle Forze Armate,

impegna il Governo:

a garantire, contestualmente ad un eventuale avvio della «mini-naia», maggiori risorse al servizio civile;
a rispettare il principio delle pari opportunità nella selezione dei giovani da avviare ai corsi di formazione a carattere teorico-pratico presso i reparti militari, garantendo la totale parità di genere;
ad ammettere anche i giovani che non possiedono i titoli di studio al fine di mitigare i danni derivanti dall'abbandono scolastico e favorirne le occasione di integrazione e il senso di responsabilità sociale.
9/3638/133. Villecco Calipari.

La Camera,
premesso che:
l'istituzione della cosiddetta «mini-naia» rappresenta per le Forze Armate un impegno di risorse finanziarie ed operative che avrebbero potuto trovare migliore e più utile destinazione;
pur mantenendo un giudizio critico sulla decisione di investire le risorse in una attività che non ha alcun effetto positivo sulla funzionalità delle Forze Armate,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di garantire, contestualmente ad un eventuale avvio della «mini-naia», maggiori risorse al servizio civile;
a rispettare il principio delle pari opportunità nella selezione dei giovani da avviare ai corsi di formazione a carattere teorico-pratico presso i reparti militari, garantendo la totale parità di genere;
ad ammettere anche i giovani che non possiedono i titoli di studio al fine di mitigare i danni derivanti dall'abbandono scolastico e favorirne le occasione di integrazione e il senso di responsabilità sociale.
9/3638/133. (Testo modificato nel corso della seduta) Villecco Calipari.

La Camera,
premesso che:
le misure contenute nell'articolo 9, si prefiggono un contenimento delle spese in materia di pubblico impiego e agiscono nei confronti del personale militare operando il blocco dei rinnovi contrattuali, misura già grave in sé, soprattutto quando applicata a stipendi medio bassi, quali possono essere considerati quelli percepiti da due terzi degli operatori del comparto sicurezza e difesa;
ma le stesse norme, intervengono su trattamenti economici che dovrebbero essere corrisposti in relazione a funzioni diverse attribuite al personale per la promozione ad un grado più elevato, per l'avvicendamento negli incarichi o per variazioni di stato giuridico, che non verranno percepiti, in quanto lo stesso articolo prevede che nel triennio 2011/2013 non si potrà corrispondere un trattamento superiore a quello conseguito nel 2010;
il combinato disposto di queste norme può avere effetti molto gravi sulla funzionalità stessa dello strumento militare,

impegna il Governo:

nella fase di concreta applicazione delle norme, a riconoscere anche sul piano economico i trattamenti derivanti da promozioni, assunzioni di funzioni diverse, prolungata attività di servizio svolto senza demerito e variazioni di stato giuridico anche attraverso le misure perequative previste dal articolo 8, comma 11-bis, al fine di garantire che gli interventi perequativi abbiano effetti totalmente compensativi nei confronti del personale di ogni grado, ruolo e categoria;
a ripartire le risorse destinate a tali perequazioni tra il personale dei corpi interessati in sede di concertazione e contrattazione con i rappresentanti sindacali e i COCER.
9/3638/134. Letta.

La Camera,
premesso che:
le misure contenute nell'articolo 9, si prefiggono un contenimento delle spese in materia di pubblico impiego e agiscono nei confronti del personale militare operando il blocco dei rinnovi contrattuali, misura già grave in sé, soprattutto quando applicata a stipendi medio bassi, quali possono essere considerati quelli percepiti da due terzi degli operatori del comparto sicurezza e difesa;
ma le stesse norme, intervengono su trattamenti economici che dovrebbero essere corrisposti in relazione a funzioni diverse attribuite al personale per la promozione ad un grado più elevato, per l'avvicendamento negli incarichi o per variazioni di stato giuridico, che non verranno percepiti, in quanto lo stesso articolo prevede che nel triennio 2011/2013 non si potrà corrispondere un trattamento superiore a quello conseguito nel 2010;
il combinato disposto di queste norme può avere effetti molto gravi sulla funzionalità stessa dello strumento militare,

impegna il Governo:

nella fase di concreta applicazione delle norme, a valutare l'opportunità di riconoscere anche sul piano economico i trattamenti derivanti da promozioni, assunzioni di funzioni diverse, prolungata attività di servizio svolto senza demerito e variazioni di stato giuridico anche attraverso le misure perequative previste dal articolo 8, comma 11-bis, al fine di garantire che gli interventi perequativi abbiano effetti totalmente compensativi nei confronti del personale di ogni grado, ruolo e categoria;
a ripartire le risorse destinate a tali perequazioni tra il personale dei corpi interessati in sede di concertazione e contrattazione con i rappresentanti sindacali e i COCER.
9/3638/134. (Testo modificato nel corso della seduta) Letta.

La Camera,
premesso che:
le norme contenute nel provvedimento che intervengono in materia di trattamenti di fine rapporto risultano, se applicate al personale militare, ancor più penalizzanti in quanto in contrasto con i limiti di età per la cessazione dal servizio previsti dalle norme sullo stato giuridico e l'avanzamento e con le norme che disciplinano i vari ordinamenti del personale militare e delle forze di polizia;

impegna il Governo

ad istituire i fondi di previdenza complementare per il personale del comprato sicurezza difesa e dei vigili del fuoco prima che le norme di cui all'articolo 12 comma 10, abbiano concreti effetti.
9/3638/135. Rosato.

La Camera,
premesso che:
le norme contenute nel provvedimento che intervengono in materia di trattamenti di fine rapporto risultano, se applicate al personale militare, ancor più penalizzanti in quanto in contrasto con i limiti di età per la cessazione dal servizio previsti dalle norme sullo stato giuridico e l'avanzamento e con le norme che disciplinano i vari ordinamenti del personale militare e delle forze di polizia;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire i fondi di previdenza complementare per il personale del comprato sicurezza difesa e dei vigili del fuoco prima che le norme di cui all'articolo 12 comma 10, abbiano concreti effetti.
9/3638/135. (Testo modificato nel corso della seduta) Rosato.

La Camera,
premesso che:
il crescente impegno delle Forze armate sia nei compiti nazionali che in quelli fuori area comporta anche maggiori esigenze nella logistica di supporto,

impegna il Governo

a garantire, nei limiti della flessibilità del bilancio, risorse adeguate per i servizi dell'indotto necessari alle Forze Armate con prestazioni fornite prettamente sotto forma di appalto da parte di cooperative o aziende di servizi, che riguardano l'assemblaggio, la fornitura e le spedizioni di beni e servizi di prima necessità per le Forze armate evitandone qualunque ridimensionamento rispetto ai valori medi degli ultimi tre anni.
9/3638/136. Mogherini Rebesani.

La Camera,
premesso che:
il crescente impegno delle Forze armate sia nei compiti nazionali che in quelli fuori area comporta anche maggiori esigenze nella logistica di supporto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire, nei limiti della flessibilità del bilancio, risorse adeguate per i servizi dell'indotto necessari alle Forze Armate con prestazioni fornite prettamente sotto forma di appalto da parte di cooperative o aziende di servizi, che riguardano l'assemblaggio, la fornitura e le spedizioni di beni e servizi di prima necessità per le Forze armate evitandone qualunque ridimensionamento rispetto ai valori medi degli ultimi tre anni.
9/3638/136. (Testo modificato nel corso della seduta) Mogherini Rebesani.

La Camera,
premesso che:
durante il pomeriggio dello scorso sabato 24 luglio, una violenta tromba d'aria si è abbattuta sulla zona meridionale del Veneto provocando gravi danni alle coltivazioni soprattutto frutteti e vigneti, agli edifici, ai parchi pubblici e alle strutture;
le città più colpite sono state Abano Terme, Montegrotto Terme, Albignasego (in provincia di Padova) e l'isola di Pellestrina (in provincia di Venezia);
in tali circostanze la regione del Veneto ha chiesto lo stato di calamità naturale;
in particolare, per quanto riguarda il sostegno alle imprese agricole colpite da avversità atmosferiche eccezionali, le norme vigenti prevedono che essere attivati interventi compensativi ex post del Fondo di solidarietà nazionale per i danni alle produzioni ed alle strutture aziendali, qualora le stesse non siano comprese nel piano assicurativo annuale per la copertura dei rischi con polizze assicurative agevolate;
al riguardo si evidenzia che il decreto legislativo n. 102 del 2004 nel testo modificato dal decreto legislativo n. 82 del 2008, stabilisce che per i danni assicurabili con polizze agevolate non sono attivabili gli interventi compensativi del Fondo;
altra condizione per l'attivazione degli interventi compensativi ex post, è la presenza di una incidenza di danno sulla produzione lorda vendibile superiore al 30 per cento;
ai sensi della vigente normativa, per le colture, strutture e avversità, non assicurabili al mercato agevolato, in relazione alla tipologia dei danni, possono essere concessi i seguenti aiuti a favore delle aziende agricole colpite:
a) contributi in conto capitale fino all'80 per cento del danno sulla produzione lorda vendibile, ordinaria;
b) prestiti ad ammortamento quinquennale per le maggiori esigenze di conduzione aziendale nell'anno in cui si è verificato l'evento ed in quello successivo;
c) proroga delle rate delle operazioni di credito in scadenza nell'anno in cui si è verificato l'evento calamitoso;
d) contributi in conto capitale per il ripristino delle strutture aziendali e la ricostituzione delle scorte eventualmente compromesse o distrutte;
è indispensabile che il Governo riconosca senza indugi lo stato di emergenza dichiarato dalla Regione Veneto in seguito agli eventi eccezionali accaduti il 24 luglio, segnatamente per quanto riguarda il settore agricolo, allo scopo prevedendo risorse adeguate ai danni in tal senso provocati dall'evento calamitoso,

impegna il Governo:

ad assicurare il proprio massimo impegno ad assecondare le richieste di risarcimento danni provenienti dalla Regione Veneto in conseguenza dell'evento calamitoso eccezionale verificatosi il 24 luglio 2010,
in particolare, per quanto riguarda il settore agricolo, ad emanare d'urgenza il decreto di declaratoria di attivazione delle misure di aiuto previste dal decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, nel testo modificato dal decreto legislativo 18 aprile 2008 n. 82,
compatibilmente con le esigenze primarie delle imprese agricole, ad adottare anche misure volte al ripristino delle infrastrutture connesse all'attività agricola, tra cui quelle irrigue e di bonifica, con onere della spesa a carico del Fondo di solidarietà nazionale.
9/3638/137. Negro.

La Camera,
premesso che:
durante il pomeriggio dello scorso sabato 24 luglio, una violenta tromba d'aria si è abbattuta sulla zona meridionale del Veneto provocando gravi danni alle coltivazioni soprattutto frutteti e vigneti, agli edifici, ai parchi pubblici e alle strutture;
le città più colpite sono state Abano Terme, Montegrotto Terme, Albignasego (in provincia di Padova) e l'isola di Pellestrina (in provincia di Venezia);
in tali circostanze la regione del Veneto ha chiesto lo stato di calamità naturale;
in particolare, per quanto riguarda il sostegno alle imprese agricole colpite da avversità atmosferiche eccezionali, le norme vigenti prevedono che essere attivati interventi compensativi ex post del Fondo di solidarietà nazionale per i danni alle produzioni ed alle strutture aziendali, qualora le stesse non siano comprese nel piano assicurativo annuale per la copertura dei rischi con polizze assicurative agevolate;
al riguardo si evidenzia che il decreto legislativo n. 102 del 2004 nel testo modificato dal decreto legislativo n. 82 del 2008, stabilisce che per i danni assicurabili con polizze agevolate non sono attivabili gli interventi compensativi del Fondo;
altra condizione per l'attivazione degli interventi compensativi ex post, è la presenza di una incidenza di danno sulla produzione lorda vendibile superiore al 30 per cento;
ai sensi della vigente normativa, per le colture, strutture e avversità, non assicurabili al mercato agevolato, in relazione alla tipologia dei danni, possono essere concessi i seguenti aiuti a favore delle aziende agricole colpite:
a) contributi in conto capitale fino all'80 per cento del danno sulla produzione lorda vendibile, ordinaria;
b) prestiti ad ammortamento quinquennale per le maggiori esigenze di conduzione aziendale nell'anno in cui si è verificato l'evento ed in quello successivo;
c) proroga delle rate delle operazioni di credito in scadenza nell'anno in cui si è verificato l'evento calamitoso;
d) contributi in conto capitale per il ripristino delle strutture aziendali e la ricostituzione delle scorte eventualmente compromesse o distrutte;
è indispensabile che il Governo riconosca senza indugi lo stato di emergenza dichiarato dalla Regione Veneto in seguito agli eventi eccezionali accaduti il 24 luglio, segnatamente per quanto riguarda il settore agricolo, allo scopo prevedendo risorse adeguate ai danni in tal senso provocati dall'evento calamitoso,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di assicurare il proprio massimo impegno ad assecondare le richieste di risarcimento danni provenienti dalla Regione Veneto in conseguenza dell'evento calamitoso eccezionale verificatosi il 24 luglio 2010,
in particolare, per quanto riguarda il settore agricolo, ad emanare d'urgenza il decreto di declaratoria di attivazione delle misure di aiuto previste dal decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, nel testo modificato dal decreto legislativo 18 aprile 2008 n. 82,
compatibilmente con le esigenze primarie delle imprese agricole, ad adottare anche misure volte al ripristino delle infrastrutture connesse all'attività agricola, tra cui quelle irrigue e di bonifica, con onere della spesa a carico del Fondo di solidarietà nazionale.
9/3638/137. (Testo modificato nel corso della seduta) Negro.

La Camera,
premesso che:
il Ministero della Difesa è autorizzato a promuovere la costituzione di uno o più fondi comuni di investimento immobiliare, allo scopo di conseguire attraverso la valorizzazione e l'alienazione di immobili militari, le risorse necessarie a soddisfare le esigenze infrastrutturali e alloggiative delle Forze Armate;
tra le esigenze infrastrutturali assume decisamente priorità una serie di interventi per garantire la piena funzionalità degli stabilimenti e degli arsenali costituenti l'area industriale della difesa finalizzata alla manutenzione dei mezzi e dei sistemi d'arma indispensabili al nostro strumento militare;
tali realtà, da considerare a pieno titolo industriali, sono messe in crisi sia dal mancato aggiornamento delle dotazioni organiche, sia dal mancato ripianamento organico di personale civile che lascia il servizio per raggiunti limiti di età a causa del persistere, oltre ogni ragionevole motivo, di un blocco del turn-over anche in questo settore, che ha prodotto negli organici del personale civile della Difesa una carenza di addirittura 8.384 unità rispetto alle dotazioni organiche a regime;
tali carenze stanno progressivamente determinando gravi e diffuse inefficienze nei più importanti enti dell'amministrazione della difesa, e soprattutto in quelli dell'area industriale, con gravi ed evidenti ripercussioni sulla funzionalità di tali enti, ammesse anche dal Governo in sede parlamentare;
per far fronte alle suddette gravi carenze, che comunque continuano ad aggravarsi con ritmo sostenuto a causa di ulteriori pensionamenti, sono stati autorizzati ed espletati nuovi concorsi pubblici, senza che, al termine della fase concorsuale, a causa delle limitazioni alle assunzioni previste dalla normativa vigente, sia seguito però il relativo procedimento di assunzione;
si è quindi determinata di fatto una situazione che vede oltre 500 vincitori di concorso non assunti dei quali, invece, la difesa ha necessità;
nei prossimi cinque anni cesserà dal servizio, per raggiunti limiti di età, un numero di dipendenti civili impiegati nell'area industriale della difesa determinante per quantità e qualità professionali e nel garantire la continuità dei processi produttivi industriali;
vi è l'assoluta necessità di affiancare, da subito, nuove e qualificate risorse umane alle figure professionali già presenti negli enti dell'area industriale della difesa in tempo utile prima che parte del personale attuale lasci il servizio per raggiunti limiti di età;
senza un'immissione di nuove risorse umane qualunque progetto di razionalizzazione degli stabilimenti dell'area industriale della difesa diventa impraticabile,
le misure contenute nel decreto-legge in esame prevedono una ulteriore selettività nelle spese per la difesa,

impegna il Governo:

nell'ambito della prevista flessibilità nella rimodulazione delle risorse finanziarie:
a garantire, nella fase di rimodulazione delle spese per l'esercizio, le risorse necessarie a raggiungere la piena funzionalità degli stabilimenti e degli arsenali, che costituiscono la struttura fondamentale dell'area industriale della difesa e consentirne il necessario rinnovamento infrastrutturale e una piena capacità operativa anche attraverso l'immissione di risorse umane qualificate, considerandoli fattore indispensabile per la funzionalità dello strumento militare;
ad abilitare gli stabilimenti che ne abbiano la potenzialità a fornire beni e servizi a titolo oneroso ad altri soggetti pubblici o privati che li richiedano, realizzando con ciò anche forme di autofinanziamento;
a presentare un piano per l'area industriale della difesa, con particolare riferimento ai poli principali dell'Esercito e agli arsenali della Marina Militare, che ridefinisca gli obiettivi da raggiungere e le risorse umane e materiali necessarie.
9/3638/138. La Forgia.

La Camera,
premesso che:
il Ministero della Difesa è autorizzato a promuovere la costituzione di uno o più fondi comuni di investimento immobiliare, allo scopo di conseguire attraverso la valorizzazione e l'alienazione di immobili militari, le risorse necessarie a soddisfare le esigenze infrastrutturali e alloggiative delle Forze Armate;
tra le esigenze infrastrutturali assume decisamente priorità una serie di interventi per garantire la piena funzionalità degli stabilimenti e degli arsenali costituenti l'area industriale della difesa finalizzata alla manutenzione dei mezzi e dei sistemi d'arma indispensabili al nostro strumento militare;
tali realtà, da considerare a pieno titolo industriali, sono messe in crisi sia dal mancato aggiornamento delle dotazioni organiche, sia dal mancato ripianamento organico di personale civile che lascia il servizio per raggiunti limiti di età a causa del persistere, oltre ogni ragionevole motivo, di un blocco del turn-over anche in questo settore, che ha prodotto negli organici del personale civile della Difesa una carenza di addirittura 8.384 unità rispetto alle dotazioni organiche a regime;
tali carenze stanno progressivamente determinando gravi e diffuse inefficienze nei più importanti enti dell'amministrazione della difesa, e soprattutto in quelli dell'area industriale, con gravi ed evidenti ripercussioni sulla funzionalità di tali enti, ammesse anche dal Governo in sede parlamentare;
per far fronte alle suddette gravi carenze, che comunque continuano ad aggravarsi con ritmo sostenuto a causa di ulteriori pensionamenti, sono stati autorizzati ed espletati nuovi concorsi pubblici, senza che, al termine della fase concorsuale, a causa delle limitazioni alle assunzioni previste dalla normativa vigente, sia seguito però il relativo procedimento di assunzione;
si è quindi determinata di fatto una situazione che vede oltre 500 vincitori di concorso non assunti dei quali, invece, la difesa ha necessità;
nei prossimi cinque anni cesserà dal servizio, per raggiunti limiti di età, un numero di dipendenti civili impiegati nell'area industriale della difesa determinante per quantità e qualità professionali e nel garantire la continuità dei processi produttivi industriali;
vi è l'assoluta necessità di affiancare, da subito, nuove e qualificate risorse umane alle figure professionali già presenti negli enti dell'area industriale della difesa in tempo utile prima che parte del personale attuale lasci il servizio per raggiunti limiti di età;
senza un'immissione di nuove risorse umane qualunque progetto di razionalizzazione degli stabilimenti dell'area industriale della difesa diventa impraticabile,
le misure contenute nel decreto-legge in esame prevedono una ulteriore selettività nelle spese per la difesa,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità, nell'ambito della prevista flessibilità nella rimodulazione delle risorse finanziarie:
di garantire, nella fase di rimodulazione delle spese per l'esercizio, le risorse necessarie a raggiungere la piena funzionalità degli stabilimenti e degli arsenali, che costituiscono la struttura fondamentale dell'area industriale della difesa e consentirne il necessario rinnovamento infrastrutturale e una piena capacità operativa anche attraverso l'immissione di risorse umane qualificate, considerandoli fattore indispensabile per la funzionalità dello strumento militare;
ad abilitare gli stabilimenti che ne abbiano la potenzialità a fornire beni e servizi a titolo oneroso ad altri soggetti pubblici o privati che li richiedano, realizzando con ciò anche forme di autofinanziamento;
a presentare un piano per l'area industriale della difesa, con particolare riferimento ai poli principali dell'Esercito e agli arsenali della Marina Militare, che ridefinisca gli obiettivi da raggiungere e le risorse umane e materiali necessarie.
9/3638/138. (Testo modificato nel corso della seduta) La Forgia.

La Camera,
premesso che:
il decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, reca «Disposizioni per disciplinare la trasformazione progressiva dello strumento militare in professionale, a norma dell'articolo 3, comma 1, della legge 14 novembre 2000, n. 331»;
la legge 23 agosto 2004, n. 226, reca la «Sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, nonché delega al Governo per il conseguente coordinamento con la normativa di settore»;
le Forze Armate incontrano difficoltà per dare continuità al reclutamento dei volontari di truppa secondo gli organici stabiliti con le normative sopra richiamate al fine di assicurare il completamento del passaggio dallo strumento militare di leva a quello professionale;
la riduzione delle risorse destinate al reclutamento ha effetti negativi anche nella fase di passaggio dei volontari trattenuti con ferme a tempo determinato nel servizio permanente,

impegna il Governo

a garantire, nell'intero triennio 2011-2013, avvalendosi della flessibilità di bilancio, le risorse necessarie all'immissione nel servizio permanente di tutti i volontari che ne hanno i requisiti.
9/3638/139. Giacomelli.

La Camera,
premesso che:
il decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, reca «Disposizioni per disciplinare la trasformazione progressiva dello strumento militare in professionale, a norma dell'articolo 3, comma 1, della legge 14 novembre 2000, n. 331»;
la legge 23 agosto 2004, n. 226, reca la «Sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, nonché delega al Governo per il conseguente coordinamento con la normativa di settore»;
le Forze Armate incontrano difficoltà per dare continuità al reclutamento dei volontari di truppa secondo gli organici stabiliti con le normative sopra richiamate al fine di assicurare il completamento del passaggio dallo strumento militare di leva a quello professionale;
la riduzione delle risorse destinate al reclutamento ha effetti negativi anche nella fase di passaggio dei volontari trattenuti con ferme a tempo determinato nel servizio permanente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire, nell'intero triennio 2011-2013, avvalendosi della flessibilità di bilancio, le risorse necessarie all'immissione nel servizio permanente di tutti i volontari che ne hanno i requisiti.
9/3638/139. (Testo modificato nel corso della seduta) Giacomelli.

La Camera,
premesso che:
le nostre Forze Armate sono impegnate in misura crescente nelle operazioni fuori area;
a fronte di tale impegno crescente corrispondono riduzioni di risorse per il reclutamento e per l'esercizio;
il combinato disposto di questi due fattori di fatto comporta una prolungata permanenza fuori area delle unità impegnate nelle missioni internazionali con un aumento delle condizioni di stress psicologico, clinicamente accertate come proprie delle situazioni di peace-keeping, soprattutto laddove i fattori ambientali e il contesto operativo sono molto pesanti;

impegna il Governo

ad assumere ogni misura utile per mettere a disposizione delle Forze Armate risorse adeguate a garantire al personale una migliore assistenza psicologica anche costituendo presso la sanità militare uno specifico dipartimento in grado di trattare le specifiche situazioni che vanno sotto il nome «disturbo post-traumatico da stress».
9/3638/140. Migliavacca.

La Camera,
premesso che:
le nostre Forze Armate sono impegnate in misura crescente nelle operazioni fuori area;
a fronte di tale impegno crescente corrispondono riduzioni di risorse per il reclutamento e per l'esercizio;
il combinato disposto di questi due fattori di fatto comporta una prolungata permanenza fuori area delle unità impegnate nelle missioni internazionali con un aumento delle condizioni di stress psicologico, clinicamente accertate come proprie delle situazioni di peace-keeping, soprattutto laddove i fattori ambientali e il contesto operativo sono molto pesanti;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere ogni misura utile per mettere a disposizione delle Forze Armate risorse adeguate a garantire al personale una migliore assistenza psicologica anche costituendo presso la sanità militare uno specifico dipartimento in grado di trattare le specifiche situazioni che vanno sotto il nome «disturbo post-traumatico da stress».
9/3638/140. (Testo modificato nel corso della seduta) Migliavacca.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 8, comma 5, reca disposizioni ai fini dell'ottimizzazione della spesa per consumi intermedi delle Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato;
sotto la classificazione di consumi intermedi vengono comprese per le Forze Armate anche le spese per l'addestramento, la sicurezza del personale, la manutenzione dei mezzi e la logistica di prima linea;

impegna il Governo

a tener conto di questa particolarità che incide direttamente sull'efficienza del nostro strumento militare nell'ambito della formulazione dei criteri e delle indicazioni di riferimento per l'efficientamento della spesa suddetta che il Ministero dell'economia e delle finanza dovrà fornire al Ministero delle difesa entro il 31 marzo 2011 ai sensi di quanto disposto dalla norma richiamata in premessa.
9/3638/141. Recchia.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 8, comma 5, reca disposizioni ai fini dell'ottimizzazione della spesa per consumi intermedi delle Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato;
sotto la classificazione di consumi intermedi vengono comprese per le Forze Armate anche le spese per l'addestramento, la sicurezza del personale, la manutenzione dei mezzi e la logistica di prima linea;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di tener conto di questa particolarità che incide direttamente sull'efficienza del nostro strumento militare nell'ambito della formulazione dei criteri e delle indicazioni di riferimento per l'efficientamento della spesa suddetta che il Ministero dell'economia e delle finanza dovrà fornire al Ministero delle difesa entro il 31 marzo 2011 ai sensi di quanto disposto dalla norma richiamata in premessa.
9/3638/141. (Testo modificato nel corso della seduta) Recchia.

La Camera,
premesso che:
con la legge finanziaria del 23 dicembre 2009 n. 191, articoli da 27 a 36 è stata introdotta una norma che ha previsto la costituzione di una società per azioni denominata Difesa Servizi spa;
compito principale della società che diventerà centrale unica di committenza dovrebbe essere quello di svolgere attività negoziale volta all'acquisizione di beni mobili, servizi e prestazioni idonei a consentire l'espletamento dei compiti istituzionali del Ministero della difesa, in settori non direttamente connessi con l'attività operativa delle Forze Armate;
le misure introdotte con la manovra finanziaria per il triennio 2011-2013 consigliano di evitare il proliferare di centri di spesa ed anzi di evitare duplicazioni e conseguenti diseconomie connesse con l'esistenza di altre entità, funzionalmente dedicate, da legislatore al perseguimento di finalità analoghe,

impegna il Governo

a rinunciare alla realizzazione della costituenda Difesa Servizi spa o a rinviarne le attività al termine del triennio 2011-2013 e comunque non prima 2014.
9/3638/142. Rugghia, Barbato, Rosato.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 8 comma 5 reca disposizioni ai fini dell'ottimizzazione della spesa per consumi intermedi delle Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato;
il Ministero dell'Economia e delle Finanza dovrà fornire al Ministero delle Difesa entro il 31 marzo 2011 ai sensi di quanto disposto dalla norma richiamata in premessa i criteri e le indicazioni di riferimento per l'efficientamento della spesa suddetta;
il patrimonio di competenze e professionalità proprio della sanità militare ha visto ridursi con la sospensione del servizio militare di leva obbligatoria una serie di compiti connessi con la chiamata di leva,

impegna il Governo

a valorizzare le competenze e le professionalità della sanità militare in un più stretto e organico rapporto con il Servizio sanitario nazionale.
9/3638/143. Ciriello.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 8 comma 5 reca disposizioni ai fini dell'ottimizzazione della spesa per consumi intermedi delle Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato;
il Ministero dell'Economia e delle Finanza dovrà fornire al Ministero delle Difesa entro il 31 marzo 2011 ai sensi di quanto disposto dalla norma richiamata in premessa i criteri e le indicazioni di riferimento per l'efficientamento della spesa suddetta;
il patrimonio di competenze e professionalità proprio della sanità militare ha visto ridursi con la sospensione del servizio militare di leva obbligatoria una serie di compiti connessi con la chiamata di leva,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di valorizzare le competenze e le professionalità della sanità militare in un più stretto e organico rapporto con il Servizio sanitario nazionale.
9/3638/143. (Testo modificato nel corso della seduta) Ciriello.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
pur nel rispetto dei saldi fissati, sarebbe stato preferibile effettuare scelte selettive e misure in grado di incidere su disfunzioni e sprechi che ostacolano un funzionamento efficiente, sui meccanismi strutturali che generano la spesa, adottando misure di razionalizzazione non incidenti su spese essenziali per il comparto esteri;
per quanto attiene al Ministero degli Affari Esteri, il taglio lineare del 10 per cento si traduce in una riduzione complessiva di 43.926.000 euro per il 2011, di 43.885.000 euro per il 2012 e di 43015.000 per il 2013 che inciderà in modo rilevante e preoccupante sulla missione «Italia in Europa e nel mondo»;
tali tagli si aggiungono a quelli già operati nella precedente manovra finanziaria e di bilancio che aveva fatto registrare una diminuzione complessiva di oltre 89 milioni di euro, in aggiunta a quella operata nel 2008 di circa 500 milioni;
è grave la ripetuta sottostima delle necessità finanziarie della Farnesina, una sottovalutazione confermata anche dal recente Rendiconto e Assestamento del bilancio dello Stato per il 2010 il quale, nell'evidenziare lo scostamento pari a circa l'11 per cento tra le previsioni di spesa e gli importi a consuntivi relativi al 2009, testimonia il quadro errato e irrealistico sulle previsioni di risparmio, puntualmente disattese e suscettibili di importanti variazioni in particolare per quanto concerne la Missione «L'Italia in Europa e nel mondo»;
lo stato di previsione del Ministero degli affari esteri, dopo l'ennesima manovra correttiva del Governo (la decima in due anni), finisce per incidere sempre meno sul volume delle spese finali (0,4 per cento dello scorso anno) del bilancio dello Stato, rendendo l'attività del Ministero degli affari esteri sempre più marginale;
le continue riduzioni delle dotazioni finanziarie per il comparto esteri rendono difficile, se non addirittura impossibile, la gestione dell'ordinaria attività del Ministero, non solo relativamente al funzionamento della rete diplomatico-consolare e al livello dei servizi forniti ai cittadini e alle imprese italiane all'estero, ma anche per l'adempimento delle obbligazioni conseguenti agli accordi internazionali e agli impegni contratti a livello internazionale dal nostro Paese;
le manovre di bilancio dovrebbero escludere dai tagli tutte quelle dotazioni finanziarie che integrano la proiezione internazionale dell'Italia e che rappresentano lo strumento per il rispetto degli impegni presi nelle Organizzazioni Internazionali delle quali il paese fa parte, o nell'ambito di trattati, convenzioni od accordi bilaterali o multilaterali. Le poste di spesa discendenti da impegni assunti a livello internazionale, dovrebbero dunque considerarsi indisponibili, in quanto generatori di spese obbligatorie, non suscettibili di valutazioni discrezionali,

impegna il Governo

a provvedere, nell'ambito della prossima manovra finanziaria e di bilancio, al ripristino degli stanziamenti ridotti dal taglio lineare delle missioni di spesa del Ministero degli affari esteri, con particolare riferimento alla Missione «L'italia in Europa e nel mondo», al fine di rispettare gli impegni contratti in sede internazionale e di scongiurare il rischio di compromettere il ruolo e l'immagine del nostro Paese all'estero.
9/3638/144. Tempestini, Pes.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
pur nel rispetto dei saldi fissati, sarebbe stato preferibile effettuare scelte selettive e misure in grado di incidere su disfunzioni e sprechi che ostacolano un funzionamento efficiente, sui meccanismi strutturali che generano la spesa, adottando misure di razionalizzazione non incidenti su spese essenziali per il comparto esteri;
per quanto attiene al Ministero degli Affari Esteri, il taglio lineare del 10 per cento si traduce in una riduzione complessiva di 43.926.000 euro per il 2011, di 43.885.000 euro per il 2012 e di 43015.000 per il 2013 che inciderà in modo rilevante e preoccupante sulla missione «Italia in Europa e nel mondo»;
tali tagli si aggiungono a quelli già operati nella precedente manovra finanziaria e di bilancio che aveva fatto registrare una diminuzione complessiva di oltre 89 milioni di euro, in aggiunta a quella operata nel 2008 di circa 500 milioni;
è grave la ripetuta sottostima delle necessità finanziarie della Farnesina, una sottovalutazione confermata anche dal recente Rendiconto e Assestamento del bilancio dello Stato per il 2010 il quale, nell'evidenziare lo scostamento pari a circa l'11 per cento tra le previsioni di spesa e gli importi a consuntivi relativi al 2009, testimonia il quadro errato e irrealistico sulle previsioni di risparmio, puntualmente disattese e suscettibili di importanti variazioni in particolare per quanto concerne la Missione «L'Italia in Europa e nel mondo»;
lo stato di previsione del Ministero degli affari esteri, dopo l'ennesima manovra correttiva del Governo (la decima in due anni), finisce per incidere sempre meno sul volume delle spese finali (0,4 per cento dello scorso anno) del bilancio dello Stato, rendendo l'attività del Ministero degli affari esteri sempre più marginale;
le continue riduzioni delle dotazioni finanziarie per il comparto esteri rendono difficile, se non addirittura impossibile, la gestione dell'ordinaria attività del Ministero, non solo relativamente al funzionamento della rete diplomatico-consolare e al livello dei servizi forniti ai cittadini e alle imprese italiane all'estero, ma anche per l'adempimento delle obbligazioni conseguenti agli accordi internazionali e agli impegni contratti a livello internazionale dal nostro Paese;
le manovre di bilancio dovrebbero escludere dai tagli tutte quelle dotazioni finanziarie che integrano la proiezione internazionale dell'Italia e che rappresentano lo strumento per il rispetto degli impegni presi nelle Organizzazioni Internazionali delle quali il paese fa parte, o nell'ambito di trattati, convenzioni od accordi bilaterali o multilaterali. Le poste di spesa discendenti da impegni assunti a livello internazionale, dovrebbero dunque considerarsi indisponibili, in quanto generatori di spese obbligatorie, non suscettibili di valutazioni discrezionali,

impegna il Governo

se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, a provvedere, nell'ambito della prossima manovra finanziaria e di bilancio, al ripristino degli stanziamenti ridotti dal taglio lineare delle missioni di spesa del Ministero degli affari esteri, con particolare riferimento alla Missione «L'italia in Europa e nel mondo», al fine di rispettare gli impegni contratti in sede internazionale e di scongiurare il rischio di compromettere il ruolo e l'immagine del nostro Paese all'estero.
9/3638/144. (Testo modificato nel corso della seduta) Tempestini, Pes.

La Camera,
premesso che:
l'approvazione dell'atto in esame, relativo a misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e la competitività economica, comporta tagli di bilancio di rilevantissima entità, ottenuti, nella maggior parte dei casi, con riduzioni di finanziamenti, decurtazioni e tagli lineari che non tengono conto della diversa situazione dei compatti, della differente natura delle spese, del contributo già assicurato dai medesimi settori alla razionalizzazione del bilancio, finendo per provocare asimmetrie e iniquità patenti, prive di una logica e di una strategia politica;
il rifinanziamento delle missioni internazionali in cui sono impiegate le Forze armate richiede risorse finanziarie per quasi un miliardo e mezzo di euro all'anno, risorse che non sono assicurate attraverso un meccanismo stabile e continuativo ma reperendo di volta in volta, in occasione del rinnovo parlamentare delle missioni stesse ovvero in seno a diversi provvedimenti economici, le coperture necessarie ad assicurare la proroga del mandato per un ulteriore semestre, destinandole al Fondo missioni istituito con legge 296 del 27 dicembre 2006;
per numero di uomini e mezzi e per la rilevanza delle responsabilità assunte oltre che alla luce dell'importanza strategica delle aree in cui sono presenti le nostre Forze armate, la presenza internazionale italiana nelle missioni di pace costituisce un tratto essenziale dell'azione internazionale dell'Italia;
alla luce di questa ultima considerazione, la questione della quantità e della certezza delle risorse destinate alle missioni internazionali deve essere affrontata e risolta in maniera strutturale, evidenziando altrimenti una non sufficiente attenzione tanto al sostegno del lavoro e dell'impegno stesso degli uomini che partecipano alle missioni quanto verso il mantenimento di impegni internazionali sui quali si misura l'affidabilità del Paese;
per quanto positive le norme di cui all'articolo 8, comma 11 del decreto in esame - sulla integrale riassegnazione dei rimborsi corrisposti dalle Nazioni Unite per l'attività compiuta dai contingenti italiani impegnati in missioni di pace - e all'articolo 55, comma 5, inserito al Senato che garantisce un ulteriore finanziamento di 320 milioni per il Fondo missioni, le stesse non appaiono sufficienti,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile nel più breve tempo possibile atta ad assicurare un finanziamento stabile, congruo e prevedibile, sia con riferimento alla quantità di risorse che alla loro copertura, del Fondo per le missioni internazionali di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge numero 296 del 27 dicembre 2006.
9/3638/145. Arturo Parisi.

La Camera,
premesso che:
l'approvazione dell'atto in esame, relativo a misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e la competitività economica, comporta tagli di bilancio di rilevantissima entità, ottenuti, nella maggior parte dei casi, con riduzioni di finanziamenti, decurtazioni e tagli lineari che non tengono conto della diversa situazione dei compatti, della differente natura delle spese, del contributo già assicurato dai medesimi settori alla razionalizzazione del bilancio, finendo per provocare asimmetrie e iniquità patenti, prive di una logica e di una strategia politica;
il rifinanziamento delle missioni internazionali in cui sono impiegate le Forze armate richiede risorse finanziarie per quasi un miliardo e mezzo di euro all'anno, risorse che non sono assicurate attraverso un meccanismo stabile e continuativo ma reperendo di volta in volta, in occasione del rinnovo parlamentare delle missioni stesse ovvero in seno a diversi provvedimenti economici, le coperture necessarie ad assicurare la proroga del mandato per un ulteriore semestre, destinandole al Fondo missioni istituito con legge 296 del 27 dicembre 2006;
per numero di uomini e mezzi e per la rilevanza delle responsabilità assunte oltre che alla luce dell'importanza strategica delle aree in cui sono presenti le nostre Forze armate, la presenza internazionale italiana nelle missioni di pace costituisce un tratto essenziale dell'azione internazionale dell'Italia;
alla luce di questa ultima considerazione, la questione della quantità e della certezza delle risorse destinate alle missioni internazionali deve essere affrontata e risolta in maniera strutturale, evidenziando altrimenti una non sufficiente attenzione tanto al sostegno del lavoro e dell'impegno stesso degli uomini che partecipano alle missioni quanto verso il mantenimento di impegni internazionali sui quali si misura l'affidabilità del Paese;
per quanto positive le norme di cui all'articolo 8, comma 11 del decreto in esame - sulla integrale riassegnazione dei rimborsi corrisposti dalle Nazioni Unite per l'attività compiuta dai contingenti italiani impegnati in missioni di pace - e all'articolo 55, comma 5, inserito al Senato che garantisce un ulteriore finanziamento di 320 milioni per il Fondo missioni, le stesse non appaiono sufficienti,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile atta ad assicurare un finanziamento congruo sia con riferimento alla quantità di risorse che alla loro copertura, del Fondo per le missioni internazionali di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge numero 296 del 27 dicembre 2006.
9/3638/145. (Testo modificato nel corso della seduta) Arturo Parisi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
pur nel rispetto dei saldi fissati, sarebbe stato preferibile effettuare scelte selettive e misure in grado di incidere su disfunzioni e sprechi che ostacolano un funzionamento efficiente, sui meccanismi strutturali che generano la spesa, adottando misure di razionalizzazione non incidenti su spese essenziali per il compatto esteri;
per quanto attiene al Ministero degli Affari Esteri, il taglio lineare del 10 per cento si traduce in una riduzione complessiva di 43.926.000 euro per il 2011, di 43.885.000 euro per il 2012 e di 43.015.000 per il 2013 che inciderà in modo rilevante e preoccupante sulla missione «Italia in Europa e nel mondo»;
il taglio lineare del 10 per cento, frutto di una logica ragionieristica, comporterà un'ulteriore erosione delle strutture della politica estera nazionale, incidendo su programmi fondamentali per il comparto estero, con ricadute preoccupanti sulle risorse volte a tutelare le esigenze delle comunità italiane all'estero. Si tratta di risorse vitali per il funzionamento della rete diplomatico consolare, per il sostegno dei nostri connazionali più bisognosi all'estero, per la promozione della lingua e della cultura italiana e la proiezione dell'Italia nel mondo;
i pesanti tagli previsti dalla manovra correttiva determineranno un'ulteriore ridimensionamento della rete diplomatico-consolare, nell'assoluta assenza di un progetto ambizioso per la valorizzazione dell'esistente e di una razionalizzazione improntata a maggiori economie e maggiori efficienze. Il processo di razionalizzazione avviato dal Governo è unicamente improntato alla chiusura di sedi consolari, con ripercussioni negative soprattutto laddove permane una consistente presenza di comunità italiane e dove rileva una posizione strategica italiana nella promozione dell'interscambio commerciale e culturale con paesi importanti. Stenta invece a partire il progetto di una reale razionalizzazione della rete diplomatico-consolare improntato alla ristrutturazione tecnologica e informatizzata delle sedi all'estero,

impegna il Governo

a provvedere, nell'ambito della prossima manovra finanziaria e di bilancio, al ripristino degli stanziamenti in favore dei programmi di rinnovamento tecnologico, di potenziamento dei servizi informatici e telematici a distanza finalizzati alla realizzazione del cosiddetto «consolato digitale» e a reintegrare le risorse atte a garantire il livello dei servizi forniti a cittadini e imprese italiane all'estero.
9/3638/146. Corsini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
pur nel rispetto dei saldi fissati, sarebbe stato preferibile effettuare scelte selettive e misure in grado di incidere su disfunzioni e sprechi che ostacolano un funzionamento efficiente, sui meccanismi strutturali che generano la spesa, adottando misure di razionalizzazione non incidenti su spese essenziali per il compatto esteri;
per quanto attiene al Ministero degli Affari Esteri, il taglio lineare del 10 per cento si traduce in una riduzione complessiva di 43.926.000 euro per il 2011, di 43.885.000 euro per il 2012 e di 43.015.000 per il 2013 che inciderà in modo rilevante e preoccupante sulla missione «Italia in Europa e nel mondo»;
il taglio lineare del 10 per cento, frutto di una logica ragionieristica, comporterà un'ulteriore erosione delle strutture della politica estera nazionale, incidendo su programmi fondamentali per il comparto estero, con ricadute preoccupanti sulle risorse volte a tutelare le esigenze delle comunità italiane all'estero. Si tratta di risorse vitali per il funzionamento della rete diplomatico consolare, per il sostegno dei nostri connazionali più bisognosi all'estero, per la promozione della lingua e della cultura italiana e la proiezione dell'Italia nel mondo;
i pesanti tagli previsti dalla manovra correttiva determineranno un'ulteriore ridimensionamento della rete diplomatico-consolare, nell'assoluta assenza di un progetto ambizioso per la valorizzazione dell'esistente e di una razionalizzazione improntata a maggiori economie e maggiori efficienze. Il processo di razionalizzazione avviato dal Governo è unicamente improntato alla chiusura di sedi consolari, con ripercussioni negative soprattutto laddove permane una consistente presenza di comunità italiane e dove rileva una posizione strategica italiana nella promozione dell'interscambio commerciale e culturale con paesi importanti. Stenta invece a partire il progetto di una reale razionalizzazione della rete diplomatico-consolare improntato alla ristrutturazione tecnologica e informatizzata delle sedi all'estero,

impegna il Governo

se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, a provvedere, nell'ambito della prossima manovra finanziaria e di bilancio, al ripristino degli stanziamenti in favore dei programmi di rinnovamento tecnologico, di potenziamento dei servizi informatici e telematici a distanza finalizzati alla realizzazione del cosiddetto «consolato digitale» e a reintegrare le risorse atte a garantire il livello dei servizi forniti a cittadini e imprese italiane all'estero.
9/3638/146. (Testo modificato nel corso della seduta) Corsini.

La Camera,
premesso che:
il Comitato per l'intervento nella Sir, al quale successivamente sono stati dati compiti di intervento anche in settori ad alta tecnologia in crisi, ha operato nell'arco di trenta anni una profonda ed attenta liquidazione di tutte le aziende in stato di insolvenza che le erano state affidate, facendo recuperare allo Stato cifre considerevoli;
il Comitato Sir ha ora in portafoglio solo società in liquidazione, senza alcuna più attività industriale o commerciale, e le residuali procedure liquidatorie richiedono tempi lunghi per una loro definizione in ragione delle molte e complesse cause civili tuttora pendenti. Il Comitato detiene, sia direttamente che nelle proprie controllate, una importante liquidità pari a circa 440 milioni di Euro che potrebbe essere acquisita rapidamente dallo Stato se si accelerassero le procedure di chiusura dei lavori di liquidazione da parte del Comitato stesso che, del resto, nella sua trentennale storia ha già svolto tutte le attività fondamentali per il salvataggio delle aziende che avevano possibilità di stare sul mercato;
il decreto legge in esame prevede il trasferimento delle attività del Comitato per l'intervento nella Sir ad altra azienda, Fintecna o una sua controllata; così facendo si chiude un Ente ormai inutile per crearne un altro che impiegherebbe anni per completare la liquidazione, affrontando ulteriori spese, gravate inoltre dalla creazione di un apposito comitato di periti che dovrebbe valutare i costi da sostenere da qui alla fine delle procedure giudiziarie in corso;
una valutazione difficile ed incerta, quella del comitato di periti in quanto è arduo prevedere l'esito delle cause aperte sia per i costi che per i tempi. Ciò comporta, tra l'altro, il danno per il Tesoro di non poter disporre subito di tutte le risorse del Comitato Sir che ammontano, come detto, a circa 440 milioni di euro;
esiste una soluzione più semplice e diretta che consiste nel dare al Comitato per l'intervento nella Sir il compito di completare tutte le operazioni di liquidazione entro l'anno, ricorrendo da subito alla vendita delle proprie partecipazioni mediante asta pubblica, così da poter trasferire al Tesoro entro ottobre tutti i 440 milioni, e non solo 200 milioni previsti dal decreto governativo, per poter poi chiudere definitivamente ogni operatività entro il 31 dicembre con il trasferimento alle casse dello Stato degli eventuali residui;
i componenti del Comitato sono già dei liquidatori ed hanno tutte le possibilità di valutare correttamente i propri asset residui e quindi fare una gara pubblica cedendo al miglior offerente. Inoltre, il Comitato è vigilato dalla Corte dei Conti e dalla Ragioneria Generale dello Stato che quindi dispongono delle situazioni economiche aggiornate tempestivamente,

impegna il Governo

a verificare e valutare prima del trasferimento delle attività del Comitato ad altra azienda, Fintecna o una sua controllata, la possibilità per i componenti del Comitato per l'Intervento nella Sir e in Settori ad Alta Tecnologia, istituito con decreto-legge 9 luglio 1980, n. 301, dpcm 5 settembre 1980, e legge 28 ottobre 1980 n. 687, di attivare immediatamente le procedure di vendita, in un unico lotto, di tutte le attività residue non liquide, costituite principalmente dalle partecipazioni tuttora detenute nella Ristrutturazione Elettronica SpA in liquidazione e nel Consorzio Bancario SIR SpA in liquidazione e da residui crediti fiscali, con prezzo base d'asta pari al valore di carico in bilancio delle attività stesse scontato del 10 per cento in modo da poter concludere tutte le procedure entro il 31 ottobre 2010, versando in pari data al bilancio dello Stato tutte le somme liquide già disponibili nonché rivenienti dalla vendita delle suddette attività, al netto di euro 5 milioni destinati al soddisfo dei residui oneri di chiusura della liquidazione del Comitato Sir, procedendo così entro il 31 dicembre 2010 alla cessazione di ogni funzione del Comitato, dopo aver redatto un rendiconto finale della sua attività e trasferito al bilancio dello Stato le eventuali somme residue dopo la chiusura di tutte le pendenze riguardanti le spese di funzionamento e di cessazione di rapporti di lavoro.
9/3638/147. Milo, Belcastro, Gaglione, Iannaccone, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15 del decreto legge in esame prevede che entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del citato decreto con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri siano stabiliti i criteri e le modalità per l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta all'Anas spa;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall'articolo 15 del decreto legge in esame dovrà indicare anche le tratte da sottoporre a pedaggio;
numerosi tratti autostradali sono in fase di ammodernamento e di messa in sicurezza con lavori ancora in fase di completamento spesso anche senza una adeguata rete di viabilità ordinaria alternativa;
in particolare tale situazione di grave disagio è presente in tratte autostradali che percorrono il Meridione;
appare incongruo far pagare un pedaggio, in particolare a cittadini del Meridione che già soffrono di una rete autostradale degradata in fase di ammodernamento o in messa in sicurezza, allo scopo di pagare con l'aumento o l'introduzione di pedaggi, le spese dei lavori a loro stessi, mentre lo Stato taglierebbe i finanziamenti,

impegna il Governo

in fase di predisposizione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall'articolo 15 del decreto-legge in esame, a non inserire nell'elenco delle tratte da sottoporre a pedaggio le tratte autostradali gestite dall'Anas che versino in condizioni disagiate, che siano in fase di ammodernamento e di messa in sicurezza.
9/3638/148. Iannaccone, Belcastro, Gaglione, Milo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15 del decreto legge in esame prevede che entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del citato decreto con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri siano stabiliti i criteri e le modalità per l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta all'Anas spa;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall'articolo 15 del decreto legge in esame dovrà indicare anche le tratte da sottoporre a pedaggio;
numerosi tratti autostradali sono in fase di ammodernamento e di messa in sicurezza con lavori ancora in fase di completamento spesso anche senza una adeguata rete di viabilità ordinaria alternativa;
in particolare tale situazione di grave disagio è presente in tratte autostradali che percorrono il Meridione;
appare incongruo far pagare un pedaggio, in particolare a cittadini del Meridione che già soffrono di una rete autostradale degradata in fase di ammodernamento o in messa in sicurezza, allo scopo di pagare con l'aumento o l'introduzione di pedaggi, le spese dei lavori a loro stessi, mentre lo Stato taglierebbe i finanziamenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in fase di predisposizione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall'articolo 15 del decreto-legge in esame, di non inserire nell'elenco delle tratte da sottoporre a pedaggio le tratte autostradali gestite dall'Anas che versino in condizioni disagiate, che siano in fase di ammodernamento e di messa in sicurezza.
9/3638/148. (Testo modificato nel corso della seduta) Iannaccone, Belcastro, Gaglione, Milo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
il comma 1 dell'articolo 15 del decreto legge in esame prevede che entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del citato decreto con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri siano stabiliti i criteri e le modalità per l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta all'Anas spa;
sono numerose le tratte autostradali nel Meridione inadeguate che necessitano o sono in corso lavori di ammodernamento o di messa in sicurezza;
spesso sono assenti anche adeguate reti di viabilità ordinaria alternativa;
il degrado e l'insufficienza della rete autostradale e della viabilità per il Meridione è un handicap evidente per lo sviluppo economico delle aree interessate e per affrontare il disagio economico e sociale di aree svantaggiate;
in tali casi l'ipotesi prevista dal comma 1 di disporre pedaggi a pagamento o l'aumento degli stessi risulta essere particolarmente penalizzante per il Meridione, oltre che ingiusto e ingiustificato;

impegna il Governo

a non applicare le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 15 del decreto-legge in esame alle tratte autostradali gestite dall'Anas che collegano città delle regioni che versano in condizioni di disagio economico e sociale.
9/3638/149. Belcastro, Gaglione, Iannaccone, Milo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
il comma 1 dell'articolo 15 del decreto legge in esame prevede che entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del citato decreto con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri siano stabiliti i criteri e le modalità per l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta all'Anas spa;
sono numerose le tratte autostradali nel Meridione inadeguate che necessitano o sono in corso lavori di ammodernamento o di messa in sicurezza;
spesso sono assenti anche adeguate reti di viabilità ordinaria alternativa;
il degrado e l'insufficienza della rete autostradale e della viabilità per il Meridione è un handicap evidente per lo sviluppo economico delle aree interessate e per affrontare il disagio economico e sociale di aree svantaggiate;
in tali casi l'ipotesi prevista dal comma 1 di disporre pedaggi a pagamento o l'aumento degli stessi risulta essere particolarmente penalizzante per il Meridione, oltre che ingiusto e ingiustificato;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di non applicare le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 15 del decreto-legge in esame alle tratte autostradali gestite dall'Anas che collegano città delle regioni che versano in condizioni di disagio economico e sociale.
9/3638/149. (Testo modificato nel corso della seduta) Belcastro, Gaglione, Iannaccone, Milo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
pur nel rispetto dei saldi fissati, sarebbe stato preferibile effettuare scelte selettive e misure in grado di incidere su disfunzioni e sprechi che ostacolano un funzionamento efficiente, sui meccanismi strutturali che generano la spesa, adottando misure di razionalizzazione non incidenti su spese essenziali;
per quanto attiene al Ministero degli Affari Esteri, il taglio lineare del 10 per cento si traduce in una riduzione complessiva di 43.926.000 euro per il 2011, di 43.885.000 euro per il 2012 e di 43015.000 per il 2013 che inciderà in modo rilevante e preoccupante sulla missione «Italia in Europa e nel mondo»;
la manovra è sbagliata in quanto si limita a ridurre la spesa pubblica in modo indiscriminato e non equo, è strutturalmente debole e iniqua, priva di una prospettiva per il futuro dei cittadini, ai quali viene chiesto l'ennesimo sacrificio senza che a ciò corrisponda la contemporanea previsione di misure e mezzi atti a generare crescita e sviluppo per il futuro;
una manovra, che sebbene sia presentata come una manovra europea, è poco in linea con quanto predisposto da altri paesi membri. In Europa, la maggior parte dei paesi ha scelto di impegnare rilevanti risorse di bilancio, accanto a manovre di stabilizzazione economica, per attuare provvedimenti di stimolo all'economia, alla sanità e al welfare. Nei paesi del nord Europa si chiedono sacrifici ai cittadini più abbienti, in Francia e in Germania, accanto ai tagli degli sprechi non si sacrificano le risorse in favore delle famiglie, dell'educazione della scuola. In Germania oltre la metà del maggiore deficit è imputabile a misure di sostegno dell'economia (tra le quali rileva l'intangibilità delle risorse in favore della ricerca); in Spagna circa un terzo; in Francia poco più di un quarto;
in controtendenza con quanto avviene nei paesi europei e anche negli Stati Uniti, per l'Italia, gli interventi di sostegno anti-crisi hanno avuto un impatto nullo sul disavanzo, mentre avrebbero attenuato la caduta del Pil per circa 0,5 punti percentuali, secondo i recenti dati della Banca d'Italia;
il taglio lineare del 10 per cento, frutto di una logica ragionieristica, comporterà un ulteriore erosione delle strutture della politica estera nazionale e inciderà sui programmi rilevanti per il compatto estero, con ricadute preoccupanti sulle risorse volte a tutelare le esigenze delle comunità italiane all'estero. Si tratta di risorse vitali per il funzionamento della rete diplomatico consolare, per il sostegno dei nostri connazionali più bisognosi all'estero, per la promozione della lingua e della cultura italiana e la proiezione dell'Italia nel mondo;
i pesanti tagli previsti dalla manovra correttiva determineranno un'ulteriore ridimensionamento della rete diplomatico-consolare, nell'assoluta assenza di un progetto ambizioso per la valorizzazione dell'esistente e di una razionalizzazione improntata a maggiori economie e maggiori efficienze. Il processo di razionalizzazione avviato dal Governo è unicamente improntato alla chiusura di sedi consolari, con ripercussioni negative soprattutto laddove permane una consistente presenza di comunità italiane e dove rileva una posizione strategica italiana nella promozione dell'interscambio commerciale e culturale con paesi importanti. Stenta invece a partire il progetto di una reale razionalizzazione della rete diplomatico-consolare improntato alla ristrutturazione tecnologica e informatizzata delle sedi all'estero,

impegna il Governo

a procedere ad una reale razionalizzazione della rete diplomatico-consolare, mediante la predisposizione di misure volte all'eliminazione delle duplicazioni nella struttura esistente, all'accorpamento in un'unica figura di riferimento diplomatico delle diverse rappresentanze operanti nella stessa sede, all'integrazione degli uffici amministrativi nelle stesse località e alla trasformazione di alcuni consolati generali in agenzie consolari presso le ambasciate presenti nella stessa città; nonché all'adozione di misure di semplificazione amministrativa degli uffici all'estero e alla predisposizione di programmi in grado di rispondere in tempi adeguati alle esigenze delle imprese e dei cittadini italiani all'estero.
9/3638/150. Soro.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
pur nel rispetto dei saldi fissati, sarebbe stato preferibile effettuare scelte selettive e misure in grado di incidere su disfunzioni e sprechi che ostacolano un funzionamento efficiente, sui meccanismi strutturali che generano la spesa, adottando misure di razionalizzazione non incidenti su spese essenziali;
per quanto attiene al Ministero degli Affari Esteri, il taglio lineare del 10 per cento si traduce in una riduzione complessiva di 43.926.000 euro per il 2011, di 43.885.000 euro per il 2012 e di 43015.000 per il 2013 che inciderà in modo rilevante e preoccupante sulla missione «Italia in Europa e nel mondo»;
la manovra è sbagliata in quanto si limita a ridurre la spesa pubblica in modo indiscriminato e non equo, è strutturalmente debole e iniqua, priva di una prospettiva per il futuro dei cittadini, ai quali viene chiesto l'ennesimo sacrificio senza che a ciò corrisponda la contemporanea previsione di misure e mezzi atti a generare crescita e sviluppo per il futuro;
una manovra, che sebbene sia presentata come una manovra europea, è poco in linea con quanto predisposto da altri paesi membri. In Europa, la maggior parte dei paesi ha scelto di impegnare rilevanti risorse di bilancio, accanto a manovre di stabilizzazione economica, per attuare provvedimenti di stimolo all'economia, alla sanità e al welfare. Nei paesi del nord Europa si chiedono sacrifici ai cittadini più abbienti, in Francia e in Germania, accanto ai tagli degli sprechi non si sacrificano le risorse in favore delle famiglie, dell'educazione della scuola. In Germania oltre la metà del maggiore deficit è imputabile a misure di sostegno dell'economia (tra le quali rileva l'intangibilità delle risorse in favore della ricerca); in Spagna circa un terzo; in Francia poco più di un quarto;
in controtendenza con quanto avviene nei paesi europei e anche negli Stati Uniti, per l'Italia, gli interventi di sostegno anti-crisi hanno avuto un impatto nullo sul disavanzo, mentre avrebbero attenuato la caduta del Pil per circa 0,5 punti percentuali, secondo i recenti dati della Banca d'Italia;
il taglio lineare del 10 per cento, frutto di una logica ragionieristica, comporterà un ulteriore erosione delle strutture della politica estera nazionale e inciderà sui programmi rilevanti per il compatto estero, con ricadute preoccupanti sulle risorse volte a tutelare le esigenze delle comunità italiane all'estero. Si tratta di risorse vitali per il funzionamento della rete diplomatico consolare, per il sostegno dei nostri connazionali più bisognosi all'estero, per la promozione della lingua e della cultura italiana e la proiezione dell'Italia nel mondo;
i pesanti tagli previsti dalla manovra correttiva determineranno un'ulteriore ridimensionamento della rete diplomatico-consolare, nell'assoluta assenza di un progetto ambizioso per la valorizzazione dell'esistente e di una razionalizzazione improntata a maggiori economie e maggiori efficienze. Il processo di razionalizzazione avviato dal Governo è unicamente improntato alla chiusura di sedi consolari, con ripercussioni negative soprattutto laddove permane una consistente presenza di comunità italiane e dove rileva una posizione strategica italiana nella promozione dell'interscambio commerciale e culturale con paesi importanti. Stenta invece a partire il progetto di una reale razionalizzazione della rete diplomatico-consolare improntato alla ristrutturazione tecnologica e informatizzata delle sedi all'estero,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere ad una reale razionalizzazione della rete diplomatico-consolare, mediante la predisposizione di misure volte all'eliminazione delle duplicazioni nella struttura esistente, all'accorpamento in un'unica figura di riferimento diplomatico delle diverse rappresentanze operanti nella stessa sede, all'integrazione degli uffici amministrativi nelle stesse località e alla trasformazione di alcuni consolati generali in agenzie consolari presso le ambasciate presenti nella stessa città; nonché all'adozione di misure di semplificazione amministrativa degli uffici all'estero e alla predisposizione di programmi in grado di rispondere in tempi adeguati alle esigenze delle imprese e dei cittadini italiani all'estero.
9/3638/150. (Testo modificato nel corso della seduta) Soro.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
pur nel rispetto dei saldi fissati, sarebbe stato preferibile effettuare scelte selettive e misure in grado di incidere su disfunzioni e sprechi che ostacolano un funzionamento efficiente, sui meccanismi strutturali che generano la spesa, adottando misure di razionalizzazione non incidenti su spese essenziali per il compatto esteri;
per quanto attiene al Ministero degli Affari Esteri, il taglio lineare del 10 per cento si traduce in una riduzione complessiva di 43.926,000 euro per il 2011, di 43.885.000 euro per il 2012 e di 43.015.000 per il 2013 che inciderà in modo rilevante e preoccupante sulla missione «Italia in Europa e nel mondo»;
il taglio lineare del 10 per cento, frutto di una logica ragionieristica, comporterà un'ulteriore erosione delle strutture della politica estera nazionale, incidendo sui programmi fondamentali per il comparto estero, con ricadute preoccupanti sulle risorse volte a tutelare le esigenze delle comunità italiane all'estero. Si tratta di risorse vitali per il funzionamento della rete diplomatico consolare, per il sostegno dei nostri connazionali più bisognosi all'estero, per la promozione della lingua e della cultura italiana e la proiezione dell'Italia nel mondo;
i pesanti tagli previsti dalla manovra correttiva determineranno un'ulteriore ridimensionamento della rete diplomatico-consolare, nell'assoluta assenza di un progetto ambizioso per la valorizzazione dell'esistente e di una razionalizzazione improntata a maggiori economie e maggiori efficienze. Il processo di razionalizzazione avviato dal Governo è unicamente improntato alla chiusura di sedi consolari, con ripercussioni negative soprattutto laddove permane una consistente presenza di comunità italiane e dove rileva una posizione strategica italiana nella promozione dell'interscambio commerciale e culturale con paesi importanti. Stenta invece a partire il progetto di una reale razionalizzazione della rete diplomatico-consolare improntato alla ristrutturazione tecnologica e informatizzata delle sedi all'estero,

impegna il Governo

a provvedere, nell'ambito della prossima manovra finanziaria e di bilancio, al ripristino delle risorse atte a garantire la realizzazione dei programmi in favore delle attività di promozione e diffusione della cultura italiana all'estero, nonché all'incremento dell'insegnamento della lingua e dell'assistenza educativa, scolastica, e culturale dei lavoratori italiani all'estero.
9/3638/151. Narducci.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
pur nel rispetto dei saldi fissati, sarebbe stato preferibile effettuare scelte selettive e misure in grado di incidere su disfunzioni e sprechi che ostacolano un funzionamento efficiente, sui meccanismi strutturali che generano la spesa, adottando misure di razionalizzazione non incidenti su spese essenziali per il compatto esteri;
per quanto attiene al Ministero degli Affari Esteri, il taglio lineare del 10 per cento si traduce in una riduzione complessiva di 43.926,000 euro per il 2011, di 43.885.000 euro per il 2012 e di 43.015.000 per il 2013 che inciderà in modo rilevante e preoccupante sulla missione «Italia in Europa e nel mondo»;
il taglio lineare del 10 per cento, frutto di una logica ragionieristica, comporterà un'ulteriore erosione delle strutture della politica estera nazionale, incidendo sui programmi fondamentali per il comparto estero, con ricadute preoccupanti sulle risorse volte a tutelare le esigenze delle comunità italiane all'estero. Si tratta di risorse vitali per il funzionamento della rete diplomatico consolare, per il sostegno dei nostri connazionali più bisognosi all'estero, per la promozione della lingua e della cultura italiana e la proiezione dell'Italia nel mondo;
i pesanti tagli previsti dalla manovra correttiva determineranno un'ulteriore ridimensionamento della rete diplomatico-consolare, nell'assoluta assenza di un progetto ambizioso per la valorizzazione dell'esistente e di una razionalizzazione improntata a maggiori economie e maggiori efficienze. Il processo di razionalizzazione avviato dal Governo è unicamente improntato alla chiusura di sedi consolari, con ripercussioni negative soprattutto laddove permane una consistente presenza di comunità italiane e dove rileva una posizione strategica italiana nella promozione dell'interscambio commerciale e culturale con paesi importanti. Stenta invece a partire il progetto di una reale razionalizzazione della rete diplomatico-consolare improntato alla ristrutturazione tecnologica e informatizzata delle sedi all'estero,

impegna il Governo

se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, a provvedere, nell'ambito della prossima manovra finanziaria e di bilancio, al ripristino delle risorse atte a garantire la realizzazione dei programmi in favore delle attività di promozione e diffusione della cultura italiana all'estero, nonché all'incremento dell'insegnamento della lingua e dell'assistenza educativa, scolastica, e culturale dei lavoratori italiani all'estero.
9/3638/151. (Testo modificato nel corso della seduta) Narducci.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento in esame dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
pur nel rispetto dei saldi fissati, sarebbe stato preferibile effettuare scelte selettive e misure in grado di incidere su disfunzioni e sprechi che ostacolano un funzionamento efficiente, sui meccanismi strutturali che generano la spesa, adottando misure di razionalizzazione non incidenti su spese essenziali per il compatto esteri;
tali tagli si aggiungono a quelli già operati nella precedente manovra finanziaria e di bilancio che aveva fatto registrare una diminuzione complessiva di oltre 89 milioni di euro, in aggiunta a quella operata nel 2008 di circa 500 milioni;
tali tagli si aggiungono a quelli già operati in sede di approvazione di Finanziaria e Bilancio, dove gli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero Affari Esteri avevano fatto registrare una diminuzione complessiva di oltre 89 milioni di euro, in aggiunta a quella precedente operata nel 2008 di circa 500 milioni;
i pesanti tagli previsti dalla manovra correttiva penalizzeranno ancora una volta le già esigue risorse destinate alla cooperazione e allo sviluppo e alle gestione di sfide globali. L'Italia, riducendo costantemente e in modo indifferenziato sull'APS, decide di privarsi di uno strumento fondamentale di politica estera, determinando un peggioramento dell'attuale tendenza all'allontanamento dall'obiettivo europeo previsto per il 2010, anno della scadenza dell'obiettivo collettivo europeo dello 0,56 per cento del Pil da destinare all'APS, e con il rischio di mettere fortemente in crisi la credibilità internazionale del nostro Paese;
le osservazioni contenute nella recente Relazione della Corte dei Conti sul rendiconto generale dello Stato, per quanto concerne la cooperazione allo sviluppo, confermano la suddetta tendenza, segnalando un basso indice dei pagamenti in conto competenza (pari al 44 per cento) e un preoccupante ritardo nel raggiungimento degli Obiettivi del Millennio;
secondo il recente rapporto «AidWatch» 2010, l'aiuto pubblico allo sviluppo dei Paesi europei sta mancando gli Obiettivi del Millennio e l'Italia, contrariamente a quanto promesso in sede internazionale, sarà la maggiore responsabile del mancato raggiungimento dell'obiettivo europeo per l'aiuto allo sviluppo, con 40 per cento dell'ammanco europeo rispetto a quanto promesso nel 2005,

impegna il Governo

a provvedere, nell'ambito della prossima manovra finanziaria e di bilancio, al ripristino degli stanziamenti in favore delle risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo e alla gestioni nelle sfide globali.
9/3638/152. Fassino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento in esame dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
pur nel rispetto dei saldi fissati, sarebbe stato preferibile effettuare scelte selettive e misure in grado di incidere su disfunzioni e sprechi che ostacolano un funzionamento efficiente, sui meccanismi strutturali che generano la spesa, adottando misure di razionalizzazione non incidenti su spese essenziali per il compatto esteri;
tali tagli si aggiungono a quelli già operati nella precedente manovra finanziaria e di bilancio che aveva fatto registrare una diminuzione complessiva di oltre 89 milioni di euro, in aggiunta a quella operata nel 2008 di circa 500 milioni;
tali tagli si aggiungono a quelli già operati in sede di approvazione di Finanziaria e Bilancio, dove gli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero Affari Esteri avevano fatto registrare una diminuzione complessiva di oltre 89 milioni di euro, in aggiunta a quella precedente operata nel 2008 di circa 500 milioni;
i pesanti tagli previsti dalla manovra correttiva penalizzeranno ancora una volta le già esigue risorse destinate alla cooperazione e allo sviluppo e alle gestione di sfide globali. L'Italia, riducendo costantemente e in modo indifferenziato sull'APS, decide di privarsi di uno strumento fondamentale di politica estera, determinando un peggioramento dell'attuale tendenza all'allontanamento dall'obiettivo europeo previsto per il 2010, anno della scadenza dell'obiettivo collettivo europeo dello 0,56 per cento del Pil da destinare all'APS, e con il rischio di mettere fortemente in crisi la credibilità internazionale del nostro Paese;
le osservazioni contenute nella recente Relazione della Corte dei Conti sul rendiconto generale dello Stato, per quanto concerne la cooperazione allo sviluppo, confermano la suddetta tendenza, segnalando un basso indice dei pagamenti in conto competenza (pari al 44 per cento) e un preoccupante ritardo nel raggiungimento degli Obiettivi del Millennio;
secondo il recente rapporto «AidWatch» 2010, l'aiuto pubblico allo sviluppo dei Paesi europei sta mancando gli Obiettivi del Millennio e l'Italia, contrariamente a quanto promesso in sede internazionale, sarà la maggiore responsabile del mancato raggiungimento dell'obiettivo europeo per l'aiuto allo sviluppo, con 40 per cento dell'ammanco europeo rispetto a quanto promesso nel 2005,

impegna il Governo

se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, a provvedere, nell'ambito della prossima manovra finanziaria e di bilancio, al ripristino degli stanziamenti in favore delle risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo e alla gestioni nelle sfide globali.
9/3638/152. (Testo modificato nel corso della seduta) Fassino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
pur nel rispetto dei saldi fissati, sarebbe stato preferibile effettuare scelte selettive e misure in grado di incidere su disfunzioni e sprechi, che ostacolano un funzionamento efficiente, sui meccanismi strutturali che generano la spesa, adottando misure di razionalizzazione non incidenti su spese essenziali per il compatto esteri;
per quanto attiene al Ministero degli Affari Esteri, il taglio lineare del 10 per cento si traduce in una riduzione complessiva di 43.926.000 euro per il 2011, di 43.885.000 euro per il 2012 e di 43.015.000 per il 2013 che inciderà in modo rilevante e preoccupante sulla missione «Italia in Europa e nel mondo»;
tali tagli si aggiungono a quelli già operati nella precedente manovra finanziaria e di bilancio che aveva fatto registrare una diminuzione complessiva di oltre 89 milioni di euro, in aggiunta a quella operata nel 2008 di circa 500 milioni;
i pesanti tagli operati con la manovra correttiva avranno ripercussioni negative su stanziamenti fondamentali per il comparto estero, con particolare riguardo ai contributi che integrano la proiezione internazionale dell'Italia e che rappresentano lo strumento per il rispetto degli impegni presi nelle Organizzazioni Internazionali, delle quali il nostro paese fa parte o nell'ambito di trattati, convenzioni od accordi bilaterali o multilaterali;
le previste riduzioni potrebbero comportare una decurtazione di risorse indispensabili per garantire il puntuale rispetto da parte dell'Italia dei versamenti dovuti ai fini della partecipazione al Fondo per l'Aids e le pandemie, che ha già visto negli scorsi anni un ritardo del conferimento dei fondi dovuti dal nostro Paese e l'accumulo di un conseguente debito, in evidente contraddizione con gli impegni in materia di tutela della salute e sostegno ai Sistemi sanitari dei paesi in via di sviluppo che l'Italia assume nelle sedi internazionali;
il Fondo globale per la Lotta all'AIDS, la Tubercolosi e la Malaria costituisce un partenariato internazionale pubblico e privato che si occupa di attrarre e distribuire risorse aggiuntive per prevenire e curare l'HIV/AIDS, la tubercolosi e la malaria, promuovendo la terapia salvavita con i farmaci antiretrovirali per oltre 2.3 milioni di persone in tutto il mondo,

impegna il Governo

a prevedere lo stanziamento, in occasione dei prossimi provvedimenti inerenti la finanza pubblica, delle risorse necessarie a garantire il puntuale e integrale versamento delle somme dovute per la partecipazione al Fondo globale per la lotta all'AIDS, la tubercolosi e la malaria.
9/3638/153. Pistelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
pur nel rispetto dei saldi fissati, sarebbe stato preferibile effettuare scelte selettive e misure in grado di incidere su disfunzioni e sprechi, che ostacolano un funzionamento efficiente, sui meccanismi strutturali che generano la spesa, adottando misure di razionalizzazione non incidenti su spese essenziali per il compatto esteri;
per quanto attiene al Ministero degli Affari Esteri, il taglio lineare del 10 per cento si traduce in una riduzione complessiva di 43.926.000 euro per il 2011, di 43.885.000 euro per il 2012 e di 43.015.000 per il 2013 che inciderà in modo rilevante e preoccupante sulla missione «Italia in Europa e nel mondo»;
tali tagli si aggiungono a quelli già operati nella precedente manovra finanziaria e di bilancio che aveva fatto registrare una diminuzione complessiva di oltre 89 milioni di euro, in aggiunta a quella operata nel 2008 di circa 500 milioni;
i pesanti tagli operati con la manovra correttiva avranno ripercussioni negative su stanziamenti fondamentali per il comparto estero, con particolare riguardo ai contributi che integrano la proiezione internazionale dell'Italia e che rappresentano lo strumento per il rispetto degli impegni presi nelle Organizzazioni Internazionali, delle quali il nostro paese fa parte o nell'ambito di trattati, convenzioni od accordi bilaterali o multilaterali;
le previste riduzioni potrebbero comportare una decurtazione di risorse indispensabili per garantire il puntuale rispetto da parte dell'Italia dei versamenti dovuti ai fini della partecipazione al Fondo per l'Aids e le pandemie, che ha già visto negli scorsi anni un ritardo del conferimento dei fondi dovuti dal nostro Paese e l'accumulo di un conseguente debito, in evidente contraddizione con gli impegni in materia di tutela della salute e sostegno ai Sistemi sanitari dei paesi in via di sviluppo che l'Italia assume nelle sedi internazionali;
il Fondo globale per la Lotta all'AIDS, la Tubercolosi e la Malaria costituisce un partenariato internazionale pubblico e privato che si occupa di attrarre e distribuire risorse aggiuntive per prevenire e curare l'HIV/AIDS, la tubercolosi e la malaria, promuovendo la terapia salvavita con i farmaci antiretrovirali per oltre 2.3 milioni di persone in tutto il mondo,

impegna il Governo

se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, a prevedere lo stanziamento, in occasione dei prossimi provvedimenti inerenti la finanza pubblica, delle risorse necessarie a garantire il puntuale e integrale versamento delle somme dovute per la partecipazione al Fondo globale per la lotta all'AIDS, la tubercolosi e la malaria.
9/3638/153. (Testo modificato nel corso della seduta) Pistelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
pur nel rispetto dei saldi fissati, sarebbe stato preferibile effettuare scelte selettive e misure in grado di incidere su disfunzioni e sprechi, che ostacolano un funzionamento efficiente, sui meccanismi strutturali che generano la spesa, adottando misure di razionalizzazione non incidenti su spese essenziali per il compatto esteri;
per quanto attiene al Ministero degli Affari Esteri, il taglio lineare del 10 per cento si traduce in una riduzione complessiva di 43.926.000 euro per il 2011, di 43.885.000 euro per il 2012 e di 43.015.000 per il 2013 che inciderà in modo rilevante e preoccupante sulla missione «Italia in Europa e nel mondo»;
tali tagli si aggiungono a quelli già operati in sede di approvazione di Finanziaria e Bilancio, dove gli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero Affari Esteri avevano fatto registrare una diminuzione complessiva di oltre 89 milioni di euro, in aggiunta a quella precedente operata nel 2008 di circa 500 milioni;
destano profonda preoccupazione gli effetti dei tagli sui contributi volontari nell'area dei diritti umani, in particolare per quanto riguarda i programmi specifici realizzati da altri organismi internazionali, come l'Alto Commissariato per i diritti umani (OHCHR), l'Alto Commissariato per i rifugiati (UNHCR), l'OIM, altre agenzie delle Nazioni Unite che dipendono da fondi volontari, I tagli incideranno negativamente soprattutto in considerazione delle numerose raccomandazioni che recentemente l'Italia si è impegnata a realizzare, in seguito alla conclusione della Revisione Periodica Universale del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, Tali raccomandazioni richiamano il nostro Paese ad un adeguamento legislativo urgente per l'istituzione di una Autorità indipendente garante per i diritti umani (ai sensi dei principi di Parigi), per l'adeguamento dei codici penali al Tribunale penale internazionale e per l'adeguamento pieno alle Convenzioni e ai Protocolli opzionali contro la tortura,

impegna il Governo

a provvedere, nell'ambito della prossima manovra finanziaria e di bilancio, al potenziamento dei contributi volontari nell'ambito alla partecipazione italiana ad organismi internazionali per la realizzazione dei programmi in tema di diritti umani.
9/3638/154. Colombo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
pur nel rispetto dei saldi fissati, sarebbe stato preferibile effettuare scelte selettive e misure in grado di incidere su disfunzioni e sprechi, che ostacolano un funzionamento efficiente, sui meccanismi strutturali che generano la spesa, adottando misure di razionalizzazione non incidenti su spese essenziali per il compatto esteri;
per quanto attiene al Ministero degli Affari Esteri, il taglio lineare del 10 per cento si traduce in una riduzione complessiva di 43.926.000 euro per il 2011, di 43.885.000 euro per il 2012 e di 43.015.000 per il 2013 che inciderà in modo rilevante e preoccupante sulla missione «Italia in Europa e nel mondo»;
tali tagli si aggiungono a quelli già operati in sede di approvazione di Finanziaria e Bilancio, dove gli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero Affari Esteri avevano fatto registrare una diminuzione complessiva di oltre 89 milioni di euro, in aggiunta a quella precedente operata nel 2008 di circa 500 milioni;
destano profonda preoccupazione gli effetti dei tagli sui contributi volontari nell'area dei diritti umani, in particolare per quanto riguarda i programmi specifici realizzati da altri organismi internazionali, come l'Alto Commissariato per i diritti umani (OHCHR), l'Alto Commissariato per i rifugiati (UNHCR), l'OIM, altre agenzie delle Nazioni Unite che dipendono da fondi volontari, I tagli incideranno negativamente soprattutto in considerazione delle numerose raccomandazioni che recentemente l'Italia si è impegnata a realizzare, in seguito alla conclusione della Revisione Periodica Universale del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, Tali raccomandazioni richiamano il nostro Paese ad un adeguamento legislativo urgente per l'istituzione di una Autorità indipendente garante per i diritti umani (ai sensi dei principi di Parigi), per l'adeguamento dei codici penali al Tribunale penale internazionale e per l'adeguamento pieno alle Convenzioni e ai Protocolli opzionali contro la tortura,

impegna il Governo

se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, a provvedere, nell'ambito della prossima manovra finanziaria e di bilancio, al potenziamento dei contributi volontari nell'ambito alla partecipazione italiana ad organismi internazionali per la realizzazione dei programmi in tema di diritti umani.
9/3638/154. (Testo modificato nel corso della seduta) Colombo.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame, relativo a misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e la competitività economica, determina tagli di bilancio di rilevantissima entità, ottenuti, nella maggior parte dei casi, con riduzioni di finanziamenti, decurtazioni e tagli lineari che non tengono conto della diversa situazione dei compatti, della differente natura delle spese, del contributo già assicurato dai medesimi settori alla razionalizzazione del bilancio, finendo per provocare asimmetrie e iniquità patenti, prive di una logica e di una strategia politica;
in particolare, la previsione del taglio del 50 per cento, a partire dall'anno 2011, delle spese sostenute da tutte le amministrazioni pubbliche per attività di formazione inciderà sulle attività dell'istituto diplomatico e potrebbe avere conseguenze negative sull'autorizzazione a bandire annualmente concorsi di accesso alla carriera diplomatica nel quinquennio 2010-2014, funzionale ad adeguare gli organici della carriera diplomatica per garantire la partecipazione dell'Italia al Servizio europeo per l'azione esterna (autorizzazione prevista dal decreto-legge n. 1 del 2000);
sulla suddetta previsione lo stesso Sottosegretario agli Esteri Scotti ha espresso talune perplessità, evidenziando che l'attività di formazione, soprattutto in fase di avvio del Servizio europeo di azione esterna, rivestirebbe invece una particolare importanza, e di eguale tenore sono state le dichiarazione dell'ambasciatore Massolo, segretario generale della Farnesina, il quale nel corso della sua audizione in Commissione esteri sul SEAE ha dichiarato testualmente che «qualora con la manovra in vista le amministrazioni pubbliche fossero Costrette a tagliare del 50 per cento i fondi per la formazione, ciò potrebbe recare un colpo letale a queste nostre necessità di formazione»,

impegna il Governo

a provvedere, nell'ambito dei prossimi provvedimenti di finanza pubblica, a riassegnare i fondi e le risorse necessarie a garantire l'adeguata qualità e continuità alla formazione del corpo diplomatico, con riguardo alla formazione e preparazione dei funzionari destinati al nuovo Servizio europeo per l'azione esterna.
9/3638/155. Maran.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame, relativo a misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e la competitività economica, determina tagli di bilancio di rilevantissima entità, ottenuti, nella maggior parte dei casi, con riduzioni di finanziamenti, decurtazioni e tagli lineari che non tengono conto della diversa situazione dei compatti, della differente natura delle spese, del contributo già assicurato dai medesimi settori alla razionalizzazione del bilancio, finendo per provocare asimmetrie e iniquità patenti, prive di una logica e di una strategia politica;
in particolare, la previsione del taglio del 50 per cento, a partire dall'anno 2011, delle spese sostenute da tutte le amministrazioni pubbliche per attività di formazione inciderà sulle attività dell'istituto diplomatico e potrebbe avere conseguenze negative sull'autorizzazione a bandire annualmente concorsi di accesso alla carriera diplomatica nel quinquennio 2010-2014, funzionale ad adeguare gli organici della carriera diplomatica per garantire la partecipazione dell'Italia al Servizio europeo per l'azione esterna (autorizzazione prevista dal decreto-legge n. 1 del 2000);
sulla suddetta previsione lo stesso Sottosegretario agli Esteri Scotti ha espresso talune perplessità, evidenziando che l'attività di formazione, soprattutto in fase di avvio del Servizio europeo di azione esterna, rivestirebbe invece una particolare importanza, e di eguale tenore sono state le dichiarazione dell'ambasciatore Massolo, segretario generale della Farnesina, il quale nel corso della sua audizione in Commissione esteri sul SEAE ha dichiarato testualmente che «qualora con la manovra in vista le amministrazioni pubbliche fossero Costrette a tagliare del 50 per cento i fondi per la formazione, ciò potrebbe recare un colpo letale a queste nostre necessità di formazione»,

impegna il Governo

se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, a provvedere, nell'ambito dei prossimi provvedimenti di finanza pubblica, a riassegnare i fondi e le risorse necessarie a garantire l'adeguata qualità e continuità alla formazione del corpo diplomatico, con riguardo alla formazione e preparazione dei funzionari destinati al nuovo Servizio europeo per l'azione esterna.
9/3638/155. (Testo modificato nel corso della seduta) Maran.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame, relativo a misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e la competitività economica, comporta tagli di bilancio di rilevantissima entità, ottenuti, nella maggior parte dei casi, con riduzioni di finanziamenti, decurtazioni e tagli lineari che non tengono conto della diversa situazione dei compatti, della differente natura delle spese, del contributo già assicurato dai medesimi settori alla razionalizzazione del bilancio, finendo per provocare asimmetrie e patenti iniquità prive di una logica e di una strategia politica;
in particolare, i tagli previsti si traducono in un'ulteriore riduzione delle risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo e alle gestione di sfide globali, determinando un peggioramento dell'attuale tendenza all'allontanamento dall'obiettivo europeo previsto per il 2010, anno della scadenza dell'obiettivo collettivo europeo dello 0,56 per cento del Pil da destinare all'APS, e con il grave rischio di mettere fortemente in crisi la credibilità internazionale del nostro Paese;
potrebbero ridursi le risorse destinate, presso il Ministero delle Finanze, alla corresponsione dei contributi volontari o ai fini di ricapitalizzazione dei fondi e delle banche internazionali cui l'Italia partecipa, costituenti una quota rilevante del nostro impegno multilaterale a favore dello sviluppo. Tale eventualità esporrebbe il Paese a morosità o inadempienze gravi che, oltre a ostacolare l'azione positiva di queste istituzioni internazionali, finirebbe per ridurre la credibilità del Paese, la sua affidabilità e in definitiva il suo peso politico;
in particolare, è grave decurtare le risorse destinate all'Associazione internazionale per lo sviluppo (IDA), istituzione del gruppo della Banca Mondiale la cui particolare funzione è concedere crediti ai Governi dei Paesi più poveri a tassi particolarmente agevolati, in considerazione del fatto che ancora è in corso l'erogazione delle somme dovute dall'Italia a seguito dell'ultima ricapitalizzazione dell'Ida mentre sono stati avviati i negoziati per la nuova ricostituzione del capitale;

impegna il Governo

a prevedere lo stanziamento, in occasione dei prossimi provvedimenti inerenti la finanza pubblica, delle risorse necessarie a garantire il puntuale e integrale versamento delle somme eventualmente ancora dovute per le avvenute ricapitalizzazioni dell'IDA, nonché a prevedere gli opportuni accantonamenti destinati a dare seguito agli impegni che l'Italia dovrà contrarre dando seguito alle nuove negoziazioni in corso.
9/3638/156. Barbi.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame, relativo a misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e la competitività economica, comporta tagli di bilancio di rilevantissima entità, ottenuti, nella maggior parte dei casi, con riduzioni di finanziamenti, decurtazioni e tagli lineari che non tengono conto della diversa situazione dei compatti, della differente natura delle spese, del contributo già assicurato dai medesimi settori alla razionalizzazione del bilancio, finendo per provocare asimmetrie e patenti iniquità prive di una logica e di una strategia politica;
in particolare, i tagli previsti si traducono in un'ulteriore riduzione delle risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo e alle gestione di sfide globali, determinando un peggioramento dell'attuale tendenza all'allontanamento dall'obiettivo europeo previsto per il 2010, anno della scadenza dell'obiettivo collettivo europeo dello 0,56 per cento del Pil da destinare all'APS, e con il grave rischio di mettere fortemente in crisi la credibilità internazionale del nostro Paese;
potrebbero ridursi le risorse destinate, presso il Ministero delle Finanze, alla corresponsione dei contributi volontari o ai fini di ricapitalizzazione dei fondi e delle banche internazionali cui l'Italia partecipa, costituenti una quota rilevante del nostro impegno multilaterale a favore dello sviluppo. Tale eventualità esporrebbe il Paese a morosità o inadempienze gravi che, oltre a ostacolare l'azione positiva di queste istituzioni internazionali, finirebbe per ridurre la credibilità del Paese, la sua affidabilità e in definitiva il suo peso politico;
in particolare, è grave decurtare le risorse destinate all'Associazione internazionale per lo sviluppo (IDA), istituzione del gruppo della Banca Mondiale la cui particolare funzione è concedere crediti ai Governi dei Paesi più poveri a tassi particolarmente agevolati, in considerazione del fatto che ancora è in corso l'erogazione delle somme dovute dall'Italia a seguito dell'ultima ricapitalizzazione dell'Ida mentre sono stati avviati i negoziati per la nuova ricostituzione del capitale;

impegna il Governo

se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, a prevedere lo stanziamento, in occasione dei prossimi provvedimenti inerenti la finanza pubblica, delle risorse necessarie a garantire il puntuale e integrale versamento delle somme eventualmente ancora dovute per le avvenute ricapitalizzazioni dell'IDA, nonché a prevedere gli opportuni accantonamenti destinati a dare seguito agli impegni che l'Italia dovrà contrarre dando seguito alle nuove negoziazioni in corso.
9/3638/156. (Testo modificato nel corso della seduta) Barbi.

La Camera,
premesso che:
la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), ha esteso le detrazioni fiscali per carichi di famiglia, previste dall'articolo 1, comma 1324, ai lavoratori ed alle lavoratrici residenti all'estero limitatamente agli anni 2007, 2008 e 2009, a condizione che gli stessi dimostrino che le persone alle quali tali detrazioni si riferiscono non possiedano un reddito complessivo superiore, al lordo degli oneri deducibili, al limite previsto dall'articolo 12, comma 2, compresi i redditi prodotti fuori dal territorio dello Stato, e di non godere, nel Paese di residenza, di alcun beneficio fiscale connesso ai carichi familiari;
il Ministero dell'economia e delle finanze ha emanato, con decreto 2 agosto 2007, n. 149, recante regolamento concernente le detrazioni per i carichi di famiglia ai soggetti non residenti, di cui all'articolo 1, comma 1324, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le norme applicative della legge;
il limite temporale 2007, 2008 e 2009, prorogato di 1 anno fino al 2010, ha posto e pone i residenti all'estero, che producono un reddito assoggettabile ad IRPEF in Italia, in una condizione di sostanziale disparità nei confronti dei residenti nel territorio nazionale, fissando un limite temporale ingiusto per coloro i quali non godono, nel Paese di residenza, di benefici connessi ai carichi famigliari.

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative che prevedano il superamento del limite temporale del 2010 e comunque prevedere la definitiva estensione delle detrazioni fiscali per carichi di famiglia ai residenti all'estero.
9/3638/157. Fedi.

La Camera,
premesso che:
la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), ha esteso le detrazioni fiscali per carichi di famiglia, previste dall'articolo 1, comma 1324, ai lavoratori ed alle lavoratrici residenti all'estero limitatamente agli anni 2007, 2008 e 2009, a condizione che gli stessi dimostrino che le persone alle quali tali detrazioni si riferiscono non possiedano un reddito complessivo superiore, al lordo degli oneri deducibili, al limite previsto dall'articolo 12, comma 2, compresi i redditi prodotti fuori dal territorio dello Stato, e di non godere, nel Paese di residenza, di alcun beneficio fiscale connesso ai carichi familiari;
il Ministero dell'economia e delle finanze ha emanato, con decreto 2 agosto 2007, n. 149, recante regolamento concernente le detrazioni per i carichi di famiglia ai soggetti non residenti, di cui all'articolo 1, comma 1324, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le norme applicative della legge;
il limite temporale 2007, 2008 e 2009, prorogato di 1 anno fino al 2010, ha posto e pone i residenti all'estero, che producono un reddito assoggettabile ad IRPEF in Italia, in una condizione di sostanziale disparità nei confronti dei residenti nel territorio nazionale, fissando un limite temporale ingiusto per coloro i quali non godono, nel Paese di residenza, di benefici connessi ai carichi famigliari.

impegna il Governo

se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, ad adottare ulteriori iniziative normative che prevedano il superamento del limite temporale del 2010 e comunque prevedere la definitiva estensione delle detrazioni fiscali per carichi di famiglia ai residenti all'estero.
9/3638/157. (Testo modificato nel corso della seduta) Fedi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero. Per quanto attiene al Ministero degli Affari Esteri, il taglio lineare si traduce in una riduzione complessiva di 43.926.000 euro per il 2011, di 43.885.000 euro per il 2012 e di 43.015.000 per il 2013 che inciderà in modo preoccupante sulla missione «Italia in Europa e nel mondo»;
il taglio lineare del 10 per cento, frutto di una logica ragionieristica, comporterà un'ulteriore riduzione di risorse che inciderà su programmi fondamentali per il comparto estero e in particolar modo sulle risorse volte a tutelare le esigenze delle comunità italiane all'estero, risorse vitali per il funzionamento della rete diplomatico consolare e per il sostegno dei nostri connazionali più bisognosi all'estero;
negli ultimi anni gli investimenti destinati all'assistenza diretta e indiretta dei nostri connazionali indigenti, presenti soprattutto nei paesi di storica immigrazione in America Latina, hanno conosciuto una progressiva contrazione che ha determinato l'obiettiva impossibilità di corrispondere anche a casi urgenti e drammatici;
solo nel 2010 i capitoli del Bilancio del MAE intestati alla così detta assistenza indiretta (cap. 3105) e a quella diretta (cap. 3121) hanno subito una decurtazione rispettivamente del 29,1 per cento e del 27,3 per cento, nonostante la parziale reintegrazione in sede di assestamento di Bilancio;
per il 2011 su queste voci peserà, oltre alla prevista decurtazione lineare del 10 per cento, la mancanza delle somme recuperate nel corso dell'anno, con un ulteriore radicale abbattimento delle risorse a disposizione di interventi che per loro natura, riguardando il bene primario della salute degli anziani e la tutela di soggetti particolarmente vulnerabili, sono fortemente anelastici;
il Governo italiano è vincolato a rinnovare le polizze sanitarie stipulate nel recente passato in alcuni paesi dell'America meridionale e l'entità dei tagli mette seriamente a rischio tale adempimento, con conseguenze purtroppo drammatiche per gli attuali beneficiari e negative per la stessa credibilità internazionale del nostro Paese,

impegna il Governo

a prevedere, nell'ambito dei prossimi provvedimenti inerenti la finanza pubblica, una reintegrazione dei capitoli del Ministero degli Affari esteri dedicati all'assistenza diretta e indiretta dei nostri connazionali indigenti all'estero e a far in modo che non venga meno, di fronte ad una situazione di così acuto e diffuso disagio sociale, un impegno di elementare sostegno e solidarietà.
9/3638/158. Porta.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero. Per quanto attiene al Ministero degli Affari Esteri, il taglio lineare si traduce in una riduzione complessiva di 43.926.000 euro per il 2011, di 43.885.000 euro per il 2012 e di 43.015.000 per il 2013 che inciderà in modo preoccupante sulla missione «Italia in Europa e nel mondo»;
il taglio lineare del 10 per cento, frutto di una logica ragionieristica, comporterà un'ulteriore riduzione di risorse che inciderà su programmi fondamentali per il comparto estero e in particolar modo sulle risorse volte a tutelare le esigenze delle comunità italiane all'estero, risorse vitali per il funzionamento della rete diplomatico consolare e per il sostegno dei nostri connazionali più bisognosi all'estero;
negli ultimi anni gli investimenti destinati all'assistenza diretta e indiretta dei nostri connazionali indigenti, presenti soprattutto nei paesi di storica immigrazione in America Latina, hanno conosciuto una progressiva contrazione che ha determinato l'obiettiva impossibilità di corrispondere anche a casi urgenti e drammatici;
solo nel 2010 i capitoli del Bilancio del MAE intestati alla così detta assistenza indiretta (cap. 3105) e a quella diretta (cap. 3121) hanno subito una decurtazione rispettivamente del 29,1 per cento e del 27,3 per cento, nonostante la parziale reintegrazione in sede di assestamento di Bilancio;
per il 2011 su queste voci peserà, oltre alla prevista decurtazione lineare del 10 per cento, la mancanza delle somme recuperate nel corso dell'anno, con un ulteriore radicale abbattimento delle risorse a disposizione di interventi che per loro natura, riguardando il bene primario della salute degli anziani e la tutela di soggetti particolarmente vulnerabili, sono fortemente anelastici;
il Governo italiano è vincolato a rinnovare le polizze sanitarie stipulate nel recente passato in alcuni paesi dell'America meridionale e l'entità dei tagli mette seriamente a rischio tale adempimento, con conseguenze purtroppo drammatiche per gli attuali beneficiari e negative per la stessa credibilità internazionale del nostro Paese,

impegna il Governo

se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, a prevedere, nell'ambito dei prossimi provvedimenti inerenti la finanza pubblica, una reintegrazione dei capitoli del Ministero degli Affari esteri dedicati all'assistenza diretta e indiretta dei nostri connazionali indigenti all'estero e a far in modo che non venga meno, di fronte ad una situazione di così acuto e diffuso disagio sociale, un impegno di elementare sostegno e solidarietà.
9/3638/158. (Testo modificato nel corso della seduta) Porta.

La Camera,
premesso che:
la legge 6 agosto 2008, n. 133, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, stabilisce, all'articolo 20, comma 10, che, a decorrere dal 1o gennaio 2009, l'assegno sociale di cui all'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, è corrisposto agli aventi diritto a condizione che abbiano soggiornato legalmente, in via continuativa, per almeno dieci anni nel territorio nazionale;
il nuovo requisito di dieci anni di soggiorno legale necessario ai fini del perfezionamento del diritto all'assegno sociale è stato introdotto con il decreto-legge n. 112 del 2008 per evitare che cittadini stranieri immigrati in Italia sulla base della semplice iscrizione anagrafica possano usufruire della prestazione assistenziale in questione;
l'assegno sociale è una prestazione assistenziale, che prescinde cioè da qualsiasi versamento contributivo, introdotta dalla legge n. 335 del 1995 in sostituzione della precedente pensione sociale. Possono farne richiesta i residenti in Italia che siano cittadini italiani, cittadini della Comunità Europea e cittadini extracomunitari in possesso della carta di soggiorno. L'assegno viene erogato solo al compimento dei 65 anni di età, non è reversibile, ed è subordinato a specifici limiti reddituali;
il requisito dei dieci anni di residenza purtroppo ha colpito e colpisce oltre i cittadini stranieri anche i cittadini italiani emigrati e in stato di estrema povertà, che sono rientrati o intendono rientrare in Italia per trascorrervi serenamente la loro vecchiaia ed i quali non possono far valere dieci anni di residenza continuativa nel nostro Paese,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare iniziative normative che prevedano la corresponsione dell'assegno sociale ai cittadini italiani emigrati che rientrino in Italia per risiedervi permanentemente a prescindere dal periodo di residenza fatto valere nel nostro Paese ed a patto che soddisfino i requisiti anagrafici e reddituali stabiliti dalla legge 8 agosto 1995, n. 335.
9/3638/159. Gianni Farina.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame persegue la diminuzione del disavanzo pubblico dal 5 per cento del Pil di quest'anno al 3,95 nel 2011 e al di sotto della soglia del 3 per cento, ossia al 2,7 per cento nel 2012, in ottemperanza al vincolo europeo circa la stabilizzazione della spesa pubblica;
il provvedimento è l'ennesima manovra di stabilizzazione finanziaria - la decima in due anni di legislatura - che ripercorre la logica dei tagli lineari sulle dotazioni di spesa delle missioni del bilancio dello Stato, di parte corrente e di conto capitale. L'articolo 2, infatti, dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
la manovra è sbagliata in quanto limita a ridurre la spesa pubblica in modo indiscriminato e non equo, è strutturalmente debole e iniqua, priva di una prospettiva per il futuro dei cittadini, ai quali viene chiesto l'ennesimo sacrificio senza che a ciò corrisponda la contemporanea previsione di misure e mezzi atti a generare crescita e sviluppo per il futuro;
una manovra, che sebbene sia presentata come una manovra europea, è poco in linea con quanto predisposto da altri paesi membri. In Europa, la maggior parte dei paesi ha scelto di impegnare rilevanti risorse di bilancio, accanto a manovre di stabilizzazione economica, per attuare provvedimenti di stimolo all'economia, alla sanità e al welfare. Nei paesi del nord Europa si chiedono sacrifici ai cittadini più abbienti, in Francia e in Germania, accanto ai tagli degli sprechi non si sacrificano le risorse in favore delle famiglie, dell'educazione della scuola. In Germania oltre la metà del maggiore deficit è imputabile a misure di sostegno dell'economia (tra le quali rileva l'intangibilità delle risorse in favore della ricerca); in Spagna circa un terzo; in Francia poco più di un quarto;
in controtendenza con quanto avviene nei paesi europei e anche negli Stati Uniti, per l'Italia, gli interventi di sostegno anti-crisi hanno avuto un impatto nullo sul disavanzo, mentre avrebbero attenuato la caduta del Pil per circa 0,5 punti percentuali, secondo i recenti dati della Banca d'Italia;
il taglio lineare del 10 per cento, frutto di una logica ragionieristica, comporterà un'ulteriore erosione delle risorse che incidono su programmi fondamentali con un forte impatto sull'azione e l'immagine del nostro Paese all'estero;
destano particolare preoccupazione gli effetti dei tagli sui contributi volontari nell'area dei diritti umani, in particolare per quanto riguarda i programmi specifici realizzati da altri organismi internazionali, come l'Alto Commissariato per i diritti umani (OHCHR), l'Alto Commissariato per i rifugiati (UNHCR), l'OIM, altre agenzie delle Nazioni Unite che dipendono da fondi volontari. I tagli incideranno negativamente soprattutto in considerazione delle numerose raccomandazioni che recentemente l'Italia si è impegnata a realizzare, in seguito alla conclusione della Revisione Periodica Universale del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite. Tali raccomandazioni richiamano il nostro Paese ad un adeguamento legislativo urgente per l'istituzione di una Autorità indipendente garante per i diritti umani (ai sensi dei principi di Parigi), per l'adeguamento dei codici penali al Tribunale penale internazionale e per l'adeguamento pieno alle Convenzioni e ai Protocolli opzionali contro la tortura,

impegna il Governo

a provvedere, nell'ambito della prossima manovra finanziaria e di bilancio, al reintegro delle risorse finalizzate all'erogazione dei contributi italiani agli organismi internazionali, allo scopo di garantire la specifica attuazione degli impegni che l'Italia ha dichiarato di voler assumere a conclusione della Revisione Periodica Universale del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite del 2010 per la realizzazione di programmi in tema di diritti umani e per il pieno adeguamento del nostro ordinamento alle Convenzioni internazionali.
9/3638/160. Gozi.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame persegue la diminuzione del disavanzo pubblico dal 5 per cento del Pil di quest'anno al 3,95 nel 2011 e al di sotto della soglia del 3 per cento, ossia al 2,7 per cento nel 2012, in ottemperanza al vincolo europeo circa la stabilizzazione della spesa pubblica;
il provvedimento è l'ennesima manovra di stabilizzazione finanziaria - la decima in due anni di legislatura - che ripercorre la logica dei tagli lineari sulle dotazioni di spesa delle missioni del bilancio dello Stato, di parte corrente e di conto capitale. L'articolo 2, infatti, dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
la manovra è sbagliata in quanto limita a ridurre la spesa pubblica in modo indiscriminato e non equo, è strutturalmente debole e iniqua, priva di una prospettiva per il futuro dei cittadini, ai quali viene chiesto l'ennesimo sacrificio senza che a ciò corrisponda la contemporanea previsione di misure e mezzi atti a generare crescita e sviluppo per il futuro;
una manovra, che sebbene sia presentata come una manovra europea, è poco in linea con quanto predisposto da altri paesi membri. In Europa, la maggior parte dei paesi ha scelto di impegnare rilevanti risorse di bilancio, accanto a manovre di stabilizzazione economica, per attuare provvedimenti di stimolo all'economia, alla sanità e al welfare. Nei paesi del nord Europa si chiedono sacrifici ai cittadini più abbienti, in Francia e in Germania, accanto ai tagli degli sprechi non si sacrificano le risorse in favore delle famiglie, dell'educazione della scuola. In Germania oltre la metà del maggiore deficit è imputabile a misure di sostegno dell'economia (tra le quali rileva l'intangibilità delle risorse in favore della ricerca); in Spagna circa un terzo; in Francia poco più di un quarto;
in controtendenza con quanto avviene nei paesi europei e anche negli Stati Uniti, per l'Italia, gli interventi di sostegno anti-crisi hanno avuto un impatto nullo sul disavanzo, mentre avrebbero attenuato la caduta del Pil per circa 0,5 punti percentuali, secondo i recenti dati della Banca d'Italia;
il taglio lineare del 10 per cento, frutto di una logica ragionieristica, comporterà un'ulteriore erosione delle risorse che incidono su programmi fondamentali con un forte impatto sull'azione e l'immagine del nostro Paese all'estero;
destano particolare preoccupazione gli effetti dei tagli sui contributi volontari nell'area dei diritti umani, in particolare per quanto riguarda i programmi specifici realizzati da altri organismi internazionali, come l'Alto Commissariato per i diritti umani (OHCHR), l'Alto Commissariato per i rifugiati (UNHCR), l'OIM, altre agenzie delle Nazioni Unite che dipendono da fondi volontari. I tagli incideranno negativamente soprattutto in considerazione delle numerose raccomandazioni che recentemente l'Italia si è impegnata a realizzare, in seguito alla conclusione della Revisione Periodica Universale del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite. Tali raccomandazioni richiamano il nostro Paese ad un adeguamento legislativo urgente per l'istituzione di una Autorità indipendente garante per i diritti umani (ai sensi dei principi di Parigi), per l'adeguamento dei codici penali al Tribunale penale internazionale e per l'adeguamento pieno alle Convenzioni e ai Protocolli opzionali contro la tortura,

impegna il Governo

se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, a provvedere, nell'ambito della prossima manovra finanziaria e di bilancio, al reintegro delle risorse finalizzate all'erogazione dei contributi italiani agli organismi internazionali, allo scopo di garantire la specifica attuazione degli impegni che l'Italia ha dichiarato di voler assumere a conclusione della Revisione Periodica Universale del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite del 2010 per la realizzazione di programmi in tema di diritti umani e per il pieno adeguamento del nostro ordinamento alle Convenzioni internazionali.
9/3638/160. (Testo modificato nel corso della seduta) Gozi.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame persegue la diminuzione del disavanzo pubblico dal 5 per cento del Pil di quest'anno al 3,95 nel 2011 e al di sotto della soglia del 3 per cento, ossia al 2,7 per cento nel 2012, in ottemperanza al vincolo europeo circa la stabilizzazione della spesa pubblica;
il provvedimento è l'ennesima manovra di stabilizzazione finanziaria - la decima in due anni di legislatura - che ripercorre la logica dei tagli lineari sulle dotazioni di spesa delle missioni del bilancio dello Stato, di parte corrente e di conto capitale. L'articolo 2, infatti, dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
la manovra è sbagliata in quanto limita a ridurre la spesa pubblica in modo indiscriminato e non equo, è strutturalmente debole e iniqua, priva di una prospettiva per il futuro dei cittadini, ai quali viene chiesto l'ennesimo sacrificio senza che a ciò corrisponda la contemporanea previsione di misure e mezzi atti a generare crescita e sviluppo per il futuro;
i tagli iniqui contenuti nella manovra colpiscono le regioni e gli enti locali senza distinzione tra amministrazioni più o meno virtuose e con un evidente squilibrio a favore delle amministrazioni centrali che, seppure fonti di notevoli sprechi ed inefficienze, vengono penalizzate assai meno delle regioni e degli enti locali. Queste misure colpiranno, attraverso i tagli ai servizi pubblici, i cittadini meno privilegiati. Ben 3,5 miliardi di euro sono sottratti al trasporto pubblico locale, che finiranno inevitabilmente per svantaggiare quelle fasce di ceto medio, lavoratori e studenti, che quotidianamente usano i mezzi pubblici per i loro spostamenti;
una manovra, che sebbene sia presentata come una manovra europea, è poco in linea con quanto predisposto da altri paesi membri. In Europa, la maggior parte dei paesi ha scelto di impegnare rilevanti risorse di bilancio, accanto a manovre di stabilizzazione economica, per attuare provvedimenti di stimolo all'economia, alla sanità e al welfare. Nei paesi del nord Europa si chiedono sacrifici ai cittadini più abbienti, in Francia e in Germania, accanto ai tagli degli sprechi non si sacrificano le risorse in favore delle famiglie, dell'educazione della scuola. In Germania oltre la metà del maggiore deficit è imputabile a misure di sostegno dell'economia (tra le quali rileva l'intangibilità delle risorse in favore della ricerca); in Spagna circa un terzo; in Francia poco più di un quarto;
in controtendenza con quanto avviene nei paesi europei e anche negli Stati Uniti, per l'Italia, gli interventi di sostegno anti-crisi hanno avuto un impatto nullo sul disavanzo, mentre avrebbero attenuato la caduta del Pil per circa 0,5 punti percentuali, secondo i recenti dati della Banca d'Italia,

impegna il Governo

ad attivarsi nelle sedi competenti europee per promuovere, accanto a misure di stabilizzazione economica, anche politiche attive di crescita e di sviluppo, al fine di concordare l'opportunità di reperire risorse aggiuntive, come prelievi alternativi sugli intermediari internazionali e la tassa sulle transazioni finanziarie, in grado di colpire gli speculatori e di far acquisire risorse aggiuntive da destinare all'occupazione, all'educazione, alla ricerca e allo sviluppo, senza colpire i ceti più deboli e le fasce produttive.
9/3638/161. Farinone, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame persegue la diminuzione del disavanzo pubblico dal 5 per cento del Pil di quest'anno al 3,95 nel 2011 e al di sotto della soglia del 3 per cento, ossia al 2,7 per cento nel 2012, in ottemperanza al vincolo europeo circa la stabilizzazione della spesa pubblica;
il provvedimento è l'ennesima manovra di stabilizzazione finanziaria - la decima in due anni di legislatura - che ripercorre la logica dei tagli lineari sulle dotazioni di spesa delle missioni del bilancio dello Stato, di parte corrente e di conto capitale. L'articolo 2, infatti, dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
la manovra è sbagliata in quanto limita a ridurre la spesa pubblica in modo indiscriminato e non equo, è strutturalmente debole e iniqua, priva di una prospettiva per il futuro dei cittadini, ai quali viene chiesto l'ennesimo sacrificio senza che a ciò corrisponda la contemporanea previsione di misure e mezzi atti a generare crescita e sviluppo per il futuro;
i tagli iniqui contenuti nella manovra colpiscono le regioni e gli enti locali senza distinzione tra amministrazioni più o meno virtuose e con un evidente squilibrio a favore delle amministrazioni centrali che, seppure fonti di notevoli sprechi ed inefficienze, vengono penalizzate assai meno delle regioni e degli enti locali. Queste misure colpiranno, attraverso i tagli ai servizi pubblici, i cittadini meno privilegiati. Ben 3,5 miliardi di euro sono sottratti al trasporto pubblico locale, che finiranno inevitabilmente per svantaggiare quelle fasce di ceto medio, lavoratori e studenti, che quotidianamente usano i mezzi pubblici per i loro spostamenti;
una manovra, che sebbene sia presentata come una manovra europea, è poco in linea con quanto predisposto da altri paesi membri. In Europa, la maggior parte dei paesi ha scelto di impegnare rilevanti risorse di bilancio, accanto a manovre di stabilizzazione economica, per attuare provvedimenti di stimolo all'economia, alla sanità e al welfare. Nei paesi del nord Europa si chiedono sacrifici ai cittadini più abbienti, in Francia e in Germania, accanto ai tagli degli sprechi non si sacrificano le risorse in favore delle famiglie, dell'educazione della scuola. In Germania oltre la metà del maggiore deficit è imputabile a misure di sostegno dell'economia (tra le quali rileva l'intangibilità delle risorse in favore della ricerca); in Spagna circa un terzo; in Francia poco più di un quarto;
in controtendenza con quanto avviene nei paesi europei e anche negli Stati Uniti, per l'Italia, gli interventi di sostegno anti-crisi hanno avuto un impatto nullo sul disavanzo, mentre avrebbero attenuato la caduta del Pil per circa 0,5 punti percentuali, secondo i recenti dati della Banca d'Italia,

impegna il Governo

se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, ad attivarsi nelle sedi competenti europee per promuovere, accanto a misure di stabilizzazione economica, anche politiche attive di crescita e di sviluppo, al fine di concordare l'opportunità di reperire risorse aggiuntive, come prelievi alternativi sugli intermediari internazionali e la tassa sulle transazioni finanziarie, in grado di colpire gli speculatori e di far acquisire risorse aggiuntive da destinare all'occupazione, all'educazione, alla ricerca e allo sviluppo, senza colpire i ceti più deboli e le fasce produttive.
9/3638/161. (Testo modificato nel corso della seduta) Farinone, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame persegue la diminuzione del disavanzo pubblico dal 5 per cento del Pil di quest'anno al 3,95 nel 2011 e al di sotto della soglia del 3 per cento, ossia al 2,7 per cento nel 2012, in ottemperanza al vincolo europeo circa la stabilizzazione della spesa pubblica;
il provvedimento è l'ennesima manovra di stabilizzazione finanziaria - la decima in due anni di legislatura - che ripercorre la logica dei tagli lineari sulle dotazioni di spesa delle missioni del bilancio dello Stato, di parte corrente e di conto capitale. L'articolo 2, infatti, dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
la manovra è sbagliata in quanto limita a ridurre la spesa pubblica in modo indiscriminato e non equo, è strutturalmente debole e iniqua, priva di una prospettiva per il futuro dei cittadini, ai quali viene chiesto l'ennesimo sacrificio senza che a ciò corrisponda la contemporanea previsione di misure e mezzi atti a generare crescita e sviluppo per il futuro;
una manovra, che sebbene sia presentata come una manovra europea, è poco in linea con quanto predisposto da altri paesi membri. In Europa, la maggior parte dei paesi ha scelto di impegnare rilevanti risorse di bilancio, accanto a manovre di stabilizzazione economica, per attuare provvedimenti di stimolo all'economia, alla sanità, al welfare, all'istruzione e alla ricerca;
nei paesi del nord Europa si chiedono sacrifici ai cittadini più abbienti, in Francia e in Germania, accanto ai tagli degli sprechi non si sacrificano le risorse in favore delle famiglie, dell'istruzione e della ricerca. In Germania oltre la metà del maggiore deficit è imputabile a misure di sostegno dell'economia (tra le quali rileva l'intangibilità delle risorse in favore della ricerca), in Spagna circa un terzo, in Francia poco più di un quarto;
in controtendenza con quanto avviene nei paesi europei e anche negli Stati Uniti, per l'Italia, gli interventi di sostegno anti-crisi hanno avuto un impatto nullo sul disavanzo, mentre avrebbero attenuato la caduta del Pil per circa 0,5 punti percentuali, secondo i recenti dati della Banca d'Italia,

impegna il Governo

a prevedere, nell'ambito dei prossimi provvedimenti inerenti la finanza pubblica, ulteriori e specifiche risorse in linea con le misure anticrisi adottate in altri Paesi europei, con particolare riguardo alla promozione di incentivi in favore della ricerca, capaci di far rientrare dall'estero i giovani talenti italiani e di attrarre nuovi giovani talenti dall'estero.
9/3638/162. Losacco, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame persegue la diminuzione del disavanzo pubblico dal 5 per cento del Pii di quest'anno al 3,95 nel 2011 e al di sotto della soglia del 3 per cento, ossia al 2,7 per cento nel 2012, in ottemperanza al vincolo europeo circa la stabilizzazione della spesa pubblica;
il provvedimento è l'ennesima manovra di stabilizzazione finanziaria - la decima in due anni di legislatura - che ripercorre la logica dei tagli lineari sulle dotazioni di spesa delle missioni del bilancio dello Stato, di parte corrente e di conto capitale. L'articolo 2, infatti, dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
la manovra è sbagliata in quanto limita a ridurre la spesa pubblica in modo indiscriminato e non equo, è strutturalmente debole e iniqua, priva di una prospettiva per il futuro dei cittadini, ai quali viene chiesto l'ennesimo sacrificio senza che a ciò corrisponda la contemporanea previsione di misure e mezzi atti a generare crescita e sviluppo per il futuro;
una manovra, che sebbene sia presentata come una manovra europea, è poco in linea con quanto predisposto da altri paesi membri. In Europa, la maggior parte dei paesi ha scelto di impegnare rilevanti risorse di bilancio, accanto a manovre di stabilizzazione economica, per attuare provvedimenti di stimolo all'economia, alla sanità, al welfare, all'istruzione e alla ricerca;
nei paesi del nord Europa si chiedono sacrifici ai cittadini più abbienti, in Francia e in Germania, accanto ai tagli degli sprechi non si sacrificano le risorse in favore delle famiglie, dell'istruzione e della ricerca. In Germania oltre la metà del maggiore deficit è imputabile a misure di sostegno dell'economia (tra le quali rileva l'intangibilità delle risorse in favore della ricerca), in Spagna circa un terzo, in Francia poco più di un quarto;
in controtendenza con quanto avviene nei paesi europei e anche negli Stati Uniti, per l'Italia, gli interventi di sostegno anti-crisi hanno avuto un impatto nullo sul disavanzo, mentre avrebbero attenuato la caduta del Pil per circa 0,5 punti percentuali, secondo i recenti dati della Banca d'Italia,

impegna il Governo

se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, a prevedere, nell'ambito dei prossimi provvedimenti inerenti la finanza pubblica, ulteriori e specifiche risorse in linea con le misure anticrisi adottate in altri Paesi europei, con particolare riguardo alla promozione di incentivi in favore della ricerca, capaci di far rientrare dall'estero i giovani talenti italiani e di attrarre nuovi giovani talenti dall'estero.
9/3638/162. (Testo modificato nel corso della seduta) Losacco, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame contiene alcune disposizioni riguardanti la materia dell'antifrode e dell'antiriciclaggio, nonché di contrasto e prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio (articoli 20, 36 e 37);
in particolare, l'articolo 20 prevede la reintroduzione della tracciabilità e la limitazione all'uso del contante e dei titoli al portatore, introdotta durante la XV Legislatura e cancellata inopinatamente all'inizio della legislatura corrente; la disposizione, ora ripristinata, abbassa da 12.500 a 5.000 la soglia al di sopra della quale è sancito l'obbligo di ricorrere a strumenti di pagamento rintracciabili, tornando così alla versione iniziale del decreto legislativo n. 231 del 2007, di attuazione della Direttiva comunitaria del 2005 concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, e della direttiva del 2006 che ne reca misure di esecuzione;
in riferimento alle disposizioni antiriciclaggio, rileva l'articolo 37 che dà mandato al ministero dell'economia per l'individuazione della black list, in aderenza alle decisioni assunte dal Gafi (Gruppo intergovernativo d'azione finanziaria internazionale contro il riciclaggio di capitali), dall'Ocse o sulla base di altre informazioni risultanti da cooperazioni bilaterali, anche in riferimento alla necessità di trasparenza degli assetti proprietari di società che prendono parte alle procedure di appalto pubblico;
tali disposizioni, sebbene contengano alcuni profili importanti, si rivelano insufficienti a far fronte a un fenomeno criminale complesso, pervasivo in ogni settore della società italiana e di carattere transnazionale;
le organizzazioni criminali, sempre più mafie di affari, e sempre più aggressive nell'acquisire spazi di potere economico per alterare il mercato e inquinare il sistema finanziario, evidenziano l'urgenza di intervenire più efficacemente per contrastare il riciclaggio e soprattutto il fenomeno del cosiddetto «antiriciclaggio», uno dei più importanti canali di utilizzazione dei proventi dei delitti posti in essere dal crimine organizzato;
la mancata introduzione nel nostro ordinamento della fattispecie criminale specifica dell'«autoriciclaggio», ci priva di uno strumento importante di prevenzione e repressione di una modalità cui ricorrono sempre più spesso le associazioni criminali di stampo mafioso, che occultano la provenienza illecita delle loro risorse, traendo da ingenti patrimoni le risorse per la loro attività illegale. In base alle previsioni penali vigenti, l'autore o il complice del reato presupposto non è punibile per il reato di riciclaggio, mentre lo è il terzo estraneo al reato presupposto che cooperi con il reo;
è necessario prevedere che le attuali disposizioni sul riciclaggio si applichino anche nei confronti della persona che ha concorso nel reato presupposto, ad eccezione degli atti di godimento che non eccedano l'uso dei beni secondo la naturale destinazione, ovvero in caso di utilizzo del denaro dei beni o delle altre utilità provento del reato presupposto per finalità non speculative, imprenditoriali o commerciali,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative, nel termine di tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, affinché sia introdotta l'autonoma fattispecie di reato concernente «autoriciclaggio», al fine di colmare una grave lacuna del nostro ordinamento e potenziare gli strumenti di contrasto al fenomeno, sempre più complesso, del riciclaggio di ingenti patrimoni e flussi finanziari mafiosi.
9/3638/163. Garavini.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame contiene alcune disposizioni riguardanti la materia dell'antifrode e dell'antiriciclaggio, nonché di contrasto e prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio (articoli 20, 36 e 37);
in particolare, l'articolo 20 prevede la reintroduzione della tracciabilità e la limitazione all'uso del contante e dei titoli al portatore, introdotta durante la XV Legislatura e cancellata inopinatamente all'inizio della legislatura corrente; la disposizione, ora ripristinata, abbassa da 12.500 a 5.000 la soglia al di sopra della quale è sancito l'obbligo di ricorrere a strumenti di pagamento rintracciabili, tornando così alla versione iniziale del decreto legislativo n. 231 del 2007, di attuazione della Direttiva comunitaria del 2005 concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, e della direttiva del 2006 che ne reca misure di esecuzione;
in riferimento alle disposizioni antiriciclaggio, rileva l'articolo 37 che dà mandato al ministero dell'economia per l'individuazione della black list, in aderenza alle decisioni assunte dal Gafi (Gruppo intergovernativo d'azione finanziaria internazionale contro il riciclaggio di capitali), dall'Ocse o sulla base di altre informazioni risultanti da cooperazioni bilaterali, anche in riferimento alla necessità di trasparenza degli assetti proprietari di società che prendono parte alle procedure di appalto pubblico;
tali disposizioni, sebbene contengano alcuni profili importanti, si rivelano insufficienti a far fronte a un fenomeno criminale complesso, pervasivo in ogni settore della società italiana e di carattere transnazionale;
le organizzazioni criminali, sempre più mafie di affari, e sempre più aggressive nell'acquisire spazi di potere economico per alterare il mercato e inquinare il sistema finanziario, evidenziano l'urgenza di intervenire più efficacemente per contrastare il riciclaggio e soprattutto il fenomeno del cosiddetto «antiriciclaggio», uno dei più importanti canali di utilizzazione dei proventi dei delitti posti in essere dal crimine organizzato;
la mancata introduzione nel nostro ordinamento della fattispecie criminale specifica dell'«autoriciclaggio», ci priva di uno strumento importante di prevenzione e repressione di una modalità cui ricorrono sempre più spesso le associazioni criminali di stampo mafioso, che occultano la provenienza illecita delle loro risorse, traendo da ingenti patrimoni le risorse per la loro attività illegale. In base alle previsioni penali vigenti, l'autore o il complice del reato presupposto non è punibile per il reato di riciclaggio, mentre lo è il terzo estraneo al reato presupposto che cooperi con il reo;
è necessario prevedere che le attuali disposizioni sul riciclaggio si applichino anche nei confronti della persona che ha concorso nel reato presupposto, ad eccezione degli atti di godimento che non eccedano l'uso dei beni secondo la naturale destinazione, ovvero in caso di utilizzo del denaro dei beni o delle altre utilità provento del reato presupposto per finalità non speculative, imprenditoriali o commerciali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative, nel termine di tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, affinché sia introdotta l'autonoma fattispecie di reato concernente «autoriciclaggio», al fine di colmare una grave lacuna del nostro ordinamento e potenziare gli strumenti di contrasto al fenomeno, sempre più complesso, del riciclaggio di ingenti patrimoni e flussi finanziari mafiosi.
9/3638/163. (Testo modificato nel corso della seduta) Garavini.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame è volto a conseguire la diminuzione del disavanzo pubblico dal 5 per cento del Pil di quest'anno al 3,95 nel 2011 e al di sotto della soglia del 3 per cento, ossia al 2,7 per cento nel 2012, in ottemperanza al vincolo europeo circa la stabilizzazione della spesa pubblica;
il provvedimento è l'ennesima manovra di stabilizzazione finanziaria - la decima in due anni di legislatura - che ripercorre la logica dei tagli lineari sulle dotazioni di spesa delle missioni del bilancio dello Stato, di parte corrente e di conto capitale. L'articolo 2, infatti, dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
la manovra è sbagliata in quanto limita a ridurre la spesa pubblica in modo indiscriminato e non equo, è strutturalmente debole e iniqua, priva di una prospettiva per il futuro dei cittadini, ai quali viene chiesto l'ennesimo sacrificio senza che a ciò corrisponda la contemporanea previsione di misure e mezzi atti a generare crescita e sviluppo per il futuro;
i tagli iniqui contenuti nella manovra colpiscono le regioni e gli enti locali senza distinzione tra amministrazioni più o meno virtuose e con un evidente squilibrio a favore delle amministrazioni centrali che, seppure fonti di notevoli sprechi ed inefficienze, vengono penalizzate assai meno delle regioni e degli enti locali. Queste misure colpiranno, attraverso i tagli ai servizi pubblici, i cittadini meno privilegiati. Ben 3,5 miliardi di euro sono sottratti al trasporto pubblico locale, che finiranno inevitabilmente per svantaggiare quelle fasce di ceto medio, lavoratori e studenti, che quotidianamente usano i mezzi pubblici per i loro spostamenti;
una manovra, che sebbene sia presentata come una manovra europea, è poco in linea con quanto predisposto da altri paesi membri. In Europa, la maggior parte dei paesi ha scelto di impegnare rilevanti risorse di bilancio, accanto a manovre di stabilizzazione economica, per attuare provvedimenti di stimolo all'economia, alla sanità e al welfare. Nei paesi del nord Europa si chiedono sacrifici ai cittadini più abbienti, in Francia e in Germania, accanto ai tagli degli sprechi non si sacrificano le risorse in favore delle famiglie, dell'educazione della scuola. In Germania oltre la metà del maggiore deficit è imputabile a misure di sostegno dell'economia (tra le quali rileva l'intangibilità delle risorse in favore della ricerca); in Spagna circa un terzo; in Francia poco più di un quarto;
in controtendenza con quanto avviene nei paesi europei e anche negli Stati Uniti, per l'Italia, gli interventi di sostegno anti-crisi hanno avuto un impatto nullo sul disavanzo, mentre avrebbero attenuato la caduta del Pil per circa 0,5 punti percentuali, secondo i recenti dati della Banca d'Italia,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare iniziative normative volte a introdurre, accanto a misure di stabilizzazione economica, anche misure concordate a livello europeo, per tutelare le fasce a rischio di povertà nel nostro Paese e in Europa, in favore dell'introduzione del reddito minimo europeo, per realizzare un Piano urgente per il lavoro e l'occupazione e per evitare fenomeni di dumping sociale, in aderenza al quanto prospettato nel Rapporto di Mario Monti, «Una nuova strategia per il mercato unico», consegnato il 10 maggio scorso al Presidente della Commissione europea.
9/3638/164. Castagnetti.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame è volto a conseguire la diminuzione del disavanzo pubblico dal 5 per cento del Pil di quest'anno al 3,95 nel 2011 e al di sotto della soglia del 3 per cento, ossia al 2,7 per cento nel 2012, in ottemperanza al vincolo europeo circa la stabilizzazione della spesa pubblica;
il provvedimento è l'ennesima manovra di stabilizzazione finanziaria - la decima in due anni di legislatura - che ripercorre la logica dei tagli lineari sulle dotazioni di spesa delle missioni del bilancio dello Stato, di parte corrente e di conto capitale. L'articolo 2, infatti, dispone una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie a legislazione vigente delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
la manovra è sbagliata in quanto limita a ridurre la spesa pubblica in modo indiscriminato e non equo, è strutturalmente debole e iniqua, priva di una prospettiva per il futuro dei cittadini, ai quali viene chiesto l'ennesimo sacrificio senza che a ciò corrisponda la contemporanea previsione di misure e mezzi atti a generare crescita e sviluppo per il futuro;
i tagli iniqui contenuti nella manovra colpiscono le regioni e gli enti locali senza distinzione tra amministrazioni più o meno virtuose e con un evidente squilibrio a favore delle amministrazioni centrali che, seppure fonti di notevoli sprechi ed inefficienze, vengono penalizzate assai meno delle regioni e degli enti locali. Queste misure colpiranno, attraverso i tagli ai servizi pubblici, i cittadini meno privilegiati. Ben 3,5 miliardi di euro sono sottratti al trasporto pubblico locale, che finiranno inevitabilmente per svantaggiare quelle fasce di ceto medio, lavoratori e studenti, che quotidianamente usano i mezzi pubblici per i loro spostamenti;
una manovra, che sebbene sia presentata come una manovra europea, è poco in linea con quanto predisposto da altri paesi membri. In Europa, la maggior parte dei paesi ha scelto di impegnare rilevanti risorse di bilancio, accanto a manovre di stabilizzazione economica, per attuare provvedimenti di stimolo all'economia, alla sanità e al welfare. Nei paesi del nord Europa si chiedono sacrifici ai cittadini più abbienti, in Francia e in Germania, accanto ai tagli degli sprechi non si sacrificano le risorse in favore delle famiglie, dell'educazione della scuola. In Germania oltre la metà del maggiore deficit è imputabile a misure di sostegno dell'economia (tra le quali rileva l'intangibilità delle risorse in favore della ricerca); in Spagna circa un terzo; in Francia poco più di un quarto;
in controtendenza con quanto avviene nei paesi europei e anche negli Stati Uniti, per l'Italia, gli interventi di sostegno anti-crisi hanno avuto un impatto nullo sul disavanzo, mentre avrebbero attenuato la caduta del Pil per circa 0,5 punti percentuali, secondo i recenti dati della Banca d'Italia,

impegna il Governo

se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, a valutare la possibilità di adottare iniziative normative volte a introdurre, accanto a misure di stabilizzazione economica, anche misure concordate a livello europeo, per tutelare le fasce a rischio di povertà nel nostro Paese e in Europa, in favore dell'introduzione del reddito minimo europeo, per realizzare un Piano urgente per il lavoro e l'occupazione e per evitare fenomeni di dumping sociale, in aderenza al quanto prospettato nel Rapporto di Mario Monti, «Una nuova strategia per il mercato unico», consegnato il 10 maggio scorso al Presidente della Commissione europea.
9/3638/164. (Testo modificato nel corso della seduta) Castagnetti.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame delinea nella sostanza di una manovra correttiva da 24,9 miliardi di euro nel biennio 2010-2011 che penalizza in particolare Regioni ed enti locali e taglia il welfare colpendo in particolare l'assistenza sanitaria;
la manovra è stata giustificata dalle richieste di un maggior rigore da parte della Commissione Europea nel contenimento della spesa pubblica, ma è stata concepita e realizzata, come dimostrano le numerose proteste da parte delle categorie più disparate della stessa amministrazione pubblica, spesso operando tagli di carattere quantitativo piuttosto che qualitativo, che vanno ad incidere anche su servizi essenziali che dovrebbero essere garantiti dallo Stato o dalle autonomie locali;
i Governatori delle Regioni nel loro documento presentato il 9 giugno scorso in occasione dell'incontro con i ministri dell'economia e delle finanze, delle regioni e delle riforme hanno calcolato, come riportato dal Sole 24 Ore, che «su una spesa nel biennio di 64 miliardi di euro, le Regioni a statuto ordinario subirebbero tagli di spesa del 13,28 per cento, quelle speciali del 4,16 per cento. I Comuni del 3,1 per cento, le Province del 3,7 per cento, mentre per lo Stato il taglio sarebbe soltanto dell'1,22 per cento». Per questi motivi nella riunione della Conferenza delle Regioni del 15 giugno è stato approvato un documento all'unanimità in cui si definisce il disegno di legge in esame «testo senza condivisione, né sulle misure né sull'entità del taglio»;
il taglio appare tanto più grave se si effettua una valutazione qualitativa dei tagli di spesa, perché si tagliano nel biennio più di 3.557 milioni di euro al trasporto pubblico locale (asset chiave per qualsiasi politica che voglia perseguire l'obiettivo della riduzione del traffico privato) e quasi 461 milioni di euro alla spesa ambientale;
un'ulteriore preoccupazione deriva dall'erosione progressiva delle risorse di bilancio del Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare che, a quanto si ricava dall'Allegato 1 al dl 78/2010, nel triennio 2011-2013 dovrebbe portare ad un'ulteriore riduzione di 8 milioni e 566 mila euro (4 milioni e 387 mila euro nel biennio 2011-2012);
la riduzione progressiva della capacità operativa del Governo in campo ambientale appare essere un disegno tanto ineluttabile, quanto intollerabile; già nei tagli alle spese dei vari dicasteri contenuti due anni fa nel primo decreto Tremonti (decreto legge n. 112 del 2008): il Governo si era ripromesso che in tre anni, dal 2009 al 2011, i fondi del Ministero dell'ambiente sarebbero stati ridotti del 52 per cento; il taglio previsto da quella prima ambiziosa Manovra triennale stabiliva, già due anni fa, una riduzione nel triennio di 678 milioni di euro sui 1.300 milioni di euro realmente disponibili nel 2008;
lo stesso Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare aveva già denunciato, a fine 2009, un ulteriore ridimensionamento, del bilancio del Ministero dai circa 1.700 milioni di euro nel 2008, ai 1.265 milioni del 2009, ai 738 milioni circa del 2010, per arrivare a 590 milioni di euro nel 2011;
il comma 24 dell'articolo 7 del provvedimento in esame prevede la riduzione del 50 per cento degli stanziamenti sui competenti capitoli degli stati di previsione delle amministrazioni vigilanti relativi al contributo dello Stato a enti, istituti, fondazioni e altri organismi rispetto all'anno 2009;
il 2010 è stato proclamato dall'Onu anno internazionale della Biodiversità per richiamare l'attenzione del mondo alla problematiche legate alla perdita di biodiversità;
nel nostro Paese si è celebrata da poco la Prima Conferenza nazionale per la Biodiversità che ha lanciato anche la Strategia Nazionale per la Biodiversità, anche in vista dell'appuntamento di ottobre a Nagoya dove si terrà la COP 10 della Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica;
in Italia il sistema delle Aree Protette previsto e disciplinato dalla Legge 394/91 rappresenta il più importante strumento per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del nostro Paese, permettendoci non solo di valorizzare aree altrimenti depresse e marginali, ma anche di onorare impegni internazionali, come quello della Convenzione ratificato con legge n. 124 del 14 febbraio 1994 e obblighi comunitari, come quello legato al sistema Natura 2000;
si ritiene pertanto che gli enti di gestione della aree protette debbano essere esclusi dal taglio generalizzato previsto dal comma 24 dell'articolo 7 poiché questo taglio bloccherebbe (non è un rischio ma un dato di fatto) l'operatività dei singoli enti, a cominciare dalla possibilità di pagare gli stipendi dei dipendenti; verrebbero azzerate le attività di vigilanza dei territori, di ricerca scientifica, di valorizzazione delle risorse naturali del territorio;
in sostanza, si bloccherebbe il funzionamento della Legge n. 394 del 1991, legge quadro sulle Aree Protette, senza aver previsto meccanismi alternativi che comunque consentano l'assolvimento della funzione dei Parchi prevista dalla Legge quadro; attualmente le risorse trasferite alle Aree Protette sono esigue e per poter programmare le attività gli enti devono ricorrere a bandi e opportunità che arrivano da privati o dall'Unione Europea; un ulteriore taglio, anche inferiore al 50 per cento, impedirebbe anche lo svolgimento di queste attività di ricerca di fondi,

impegna il Governo

a garantire che le pur necessarie scelte di rigore economico non comportino conseguenze irreparabili sul sistema delle aree protette italiane e sul funzionamento degli enti parco, rischiando di mettere in crisi quella forma di economia che trae linfa vitale dallo stato di salute dei parchi e delle riserve del nostro paese.
9/3638/165. Ginoble, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Zamparutti, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame delinea nella sostanza di una manovra correttiva da 24,9 miliardi di euro nel biennio 2010-2011 che penalizza in particolare Regioni ed enti locali e taglia il welfare colpendo in particolare l'assistenza sanitaria;
la manovra è stata giustificata dalle richieste di un maggior rigore da parte della Commissione Europea nel contenimento della spesa pubblica, ma è stata concepita e realizzata, come dimostrano le numerose proteste da parte delle categorie più disparate della stessa amministrazione pubblica, spesso operando tagli di carattere quantitativo piuttosto che qualitativo, che vanno ad incidere anche su servizi essenziali che dovrebbero essere garantiti dallo Stato o dalle autonomie locali;
i Governatori delle Regioni nel loro documento presentato il 9 giugno scorso in occasione dell'incontro con i ministri dell'economia e delle finanze, delle regioni e delle riforme hanno calcolato, come riportato dal Sole 24 Ore, che «su una spesa nel biennio di 64 miliardi di euro, le Regioni a statuto ordinario subirebbero tagli di spesa del 13,28 per cento, quelle speciali del 4,16 per cento. I Comuni del 3,1 per cento, le Province del 3,7 per cento, mentre per lo Stato il taglio sarebbe soltanto dell'1,22 per cento». Per questi motivi nella riunione della Conferenza delle Regioni del 15 giugno è stato approvato un documento all'unanimità in cui si definisce il disegno di legge in esame «testo senza condivisione, né sulle misure né sull'entità del taglio»;
il taglio appare tanto più grave se si effettua una valutazione qualitativa dei tagli di spesa, perché si tagliano nel biennio più di 3.557 milioni di euro al trasporto pubblico locale (asset chiave per qualsiasi politica che voglia perseguire l'obiettivo della riduzione del traffico privato) e quasi 461 milioni di euro alla spesa ambientale;
l'articolo 15, comma 1, del disegno di legge in esame prevede l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas Spa;
il comma 2 del sopracitato articolo dispone inoltre le norme transitorie relative al provvedimento: in attesa dell'apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, è infatti prevista una «maggiorazione tariffaria forfettaria di un euro per le classi di pedaggio A e B e di due euro per le classi di pedaggio 3, 4 e 5, presso le stazioni di esazione delle autostrade a pedaggio che si interconnettono con le autostrade e i raccordi autostradali in gestione diretta Anas»;
lo stesso articolo 15 sopracitato specifica inoltre, al comma 3, che l'applicazione del pedaggio in questione è «in relazione ai costi di investimento e di manutenzione straordinaria oltre che a quelli relativi alla gestione» della tratta stradale;
il comma 4, articolo 15, del provvedimento in esame prevede che venga aumentato di alcuni millesimi di euro (da 1 a 5 millesimi, calcolato sulle percorrenza chilometrica e a seconda della classe di pedaggio dei veicoli) il canone annuo che deve essere corrisposto dai concessionari ad ANAS SpA dalle concessionari autostradali;
come rilevato da «Il Sole 24 Ore» ciò ha comportato aumenti dei pedaggi su tutta la rete autostradale dall'1,5 al 5 per cento dal primo luglio 2010 e altrettanto dal primo giugno 2011; l'ipotesi è quindi quella di un trasferimento integrale dei sovracanoni sulle tariffe, con una penalizzazione maggiore sui percorsi brevi intorno ai 60 km;
di conseguenza ci troviamo di fronte all'ennesimo aumento d'ufficio ope legis, delle tariffe autostradali, in una situazione in cui il settore autostradale è tra quelli più protetti nel nostro Paese e quello che a meno sofferto della crisi;
i dati Aiscat (l'associazione delle concessionarie autostradali) relativi al 2009 - sempre secondo quanto riportato da «Il Sole 24 Ore» del 10 maggio 2010 - hanno rilevato 82 miliardi di chilometri percorsi, appena lo 0,9 per cento in meno rispetto all'anno precedente, quasi che siano stati del tutto irrilevanti per il settore la contrazione lo scorso anno del PIL (-5 per cento), della produzione industriale (-17,5 per cento) e dei consumi di carburanti (-2,9 per cento);
gli aumenti conseguenti all'introduzione della norma sono stati estremamente variabili ed irrazionali: per il raccordo autostradale Valle d'Aosta l'aumento è dello 0,51 per cento, la Tangenziale di Napoli balza del 6,63 per cento; inoltre: Torino-Quincinetto +6,57 per cento; Milano-Serravalle +2,48 per cento; Piacenza-Brescia +2,61 per cento; Brescia-Padova +1,59 per cento; Parma-La Spezia +1,61 per cento; Milano-Torino +19,46 per cento, Torino-Piacenza +12,63 per cento; Venezia-Padova +0,66 per cento; Torino-Savona +0,73 per cento; Torino-Bardonecchia +4,57 per cento; Genova-Ventimiglia +1,83 per cento; Sestri Levante-Livorno +4,55 per cento; Livorno-Rosignano M. +5,14 per cento; Napoli-Salerno +4,89 per cento; Torino-Aosta +2,90 per cento; Raccordo Gran S. Bernardo +2,71 per cento; Asti-Cuneo +9,30;
in pratica si è tornati, con l'avallo del Governo, a valori del tutto arbitrari a spese dei consumatori, invece che fare riferimento a parametri oggettivi per calcolare i pedaggi a fronte di investimenti delle concessionarie;
si ritiene, quindi, che sia profondamente ingiusto, visti gli ampi margini di profitto che pur in un periodo di gravissima crisi sono stati conseguiti dalle Concessionarie autostradali, che il sovracanone richiesto da ANAS venga scaricato sugli utenti,

impegna il Governo:

ad introdurre ulteriori iniziative normative volte a rivedere il sistema tariffario autostradale in modo da ridurre il costo dei pedaggi e da razionalizzarne le entrate, facendo riferimento a parametri obiettivi che tengono conto degli investimenti effettuati dalle società concessionarie;
a prevedere l'esclusione dal pedaggio, disposto dai commi 1 e 2 dell'articolo 15 del provvedimento in esame, sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas Spa per i cittadini residenti nei comuni in cui insistono le rispettive autostrade e i raccordi autostradali;
a prevedere che l'Anas Spa debba destinare le maggiori entrate, provenienti dai singoli pedaggi introdotti per la fruizione delle autostrade e dei raccordi autostradali, ai rispettivi compartimenti regionali per consentire la corretta manutenzione ordinaria e straordinaria dei relativi tratti stradali.
9/3638/166. Ceccuzzi, Iannuzzi, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Zamparutti, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame delinea nella sostanza di una manovra correttiva da 24,9 miliardi di euro nel biennio 2010-2011 che penalizza in particolare Regioni ed enti locali e taglia il welfare colpendo in particolare l'assistenza sanitaria;
la manovra è stata giustificata dalle richieste di un maggior rigore da parte della Commissione Europea nel contenimento della spesa pubblica, ma è stata concepita e realizzata, come dimostrano le numerose proteste da parte delle categorie più disparate della stessa amministrazione pubblica, spesso operando tagli di carattere quantitativo piuttosto che qualitativo, che vanno ad incidere anche su servizi essenziali che dovrebbero essere garantiti dallo Stato o dalle autonomie locali;
i Governatori delle Regioni nel loro documento presentato il 9 giugno scorso in occasione dell'incontro con i ministri dell'economia e delle finanze, delle regioni e delle riforme hanno calcolato, come riportato dal Sole 24 Ore, che «su una spesa nel biennio di 64 miliardi di euro, le Regioni a statuto ordinario subirebbero tagli di spesa del 13,28 per cento, quelle speciali del 4,16 per cento. I Comuni del 3,1 per cento, le Province del 3,7 per cento, mentre per lo Stato il taglio sarebbe soltanto dell'1,22 per cento». Per questi motivi nella riunione della Conferenza delle Regioni del 15 giugno è stato approvato un documento all'unanimità in cui si definisce il disegno di legge in esame «testo senza condivisione, né sulle misure né sull'entità del taglio»;
il taglio appare tanto più grave se si effettua una valutazione qualitativa dei tagli di spesa, perché si tagliano nel biennio più di 3.557 milioni di euro al trasporto pubblico locale (asset chiave per qualsiasi politica che voglia perseguire l'obiettivo della riduzione del traffico privato) e quasi 461 milioni di euro alla spesa ambientale;
l'articolo 15, comma 1, del disegno di legge in esame prevede l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas Spa;
il comma 2 del sopracitato articolo dispone inoltre le norme transitorie relative al provvedimento: in attesa dell'apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, è infatti prevista una «maggiorazione tariffaria forfettaria di un euro per le classi di pedaggio A e B e di due euro per le classi di pedaggio 3, 4 e 5, presso le stazioni di esazione delle autostrade a pedaggio che si interconnettono con le autostrade e i raccordi autostradali in gestione diretta Anas»;
lo stesso articolo 15 sopracitato specifica inoltre, al comma 3, che l'applicazione del pedaggio in questione è «in relazione ai costi di investimento e di manutenzione straordinaria oltre che a quelli relativi alla gestione» della tratta stradale;
il comma 4, articolo 15, del provvedimento in esame prevede che venga aumentato di alcuni millesimi di euro (da 1 a 5 millesimi, calcolato sulle percorrenza chilometrica e a seconda della classe di pedaggio dei veicoli) il canone annuo che deve essere corrisposto dai concessionari ad ANAS SpA dalle concessionari autostradali;
come rilevato da «Il Sole 24 Ore» ciò ha comportato aumenti dei pedaggi su tutta la rete autostradale dall'1,5 al 5 per cento dal primo luglio 2010 e altrettanto dal primo giugno 2011; l'ipotesi è quindi quella di un trasferimento integrale dei sovracanoni sulle tariffe, con una penalizzazione maggiore sui percorsi brevi intorno ai 60 km;
di conseguenza ci troviamo di fronte all'ennesimo aumento d'ufficio ope legis, delle tariffe autostradali, in una situazione in cui il settore autostradale è tra quelli più protetti nel nostro Paese e quello che a meno sofferto della crisi;
i dati Aiscat (l'associazione delle concessionarie autostradali) relativi al 2009 - sempre secondo quanto riportato da «Il Sole 24 Ore» del 10 maggio 2010 - hanno rilevato 82 miliardi di chilometri percorsi, appena lo 0,9 per cento in meno rispetto all'anno precedente, quasi che siano stati del tutto irrilevanti per il settore la contrazione lo scorso anno del PIL (-5 per cento), della produzione industriale (-17,5 per cento) e dei consumi di carburanti (-2,9 per cento);
gli aumenti conseguenti all'introduzione della norma sono stati estremamente variabili ed irrazionali: per il raccordo autostradale Valle d'Aosta l'aumento è dello 0,51 per cento, la Tangenziale di Napoli balza del 6,63 per cento; inoltre: Torino-Quincinetto +6,57 per cento; Milano-Serravalle +2,48 per cento; Piacenza-Brescia +2,61 per cento; Brescia-Padova +1,59 per cento; Parma-La Spezia +1,61 per cento; Milano-Torino +19,46 per cento, Torino-Piacenza +12,63 per cento; Venezia-Padova +0,66 per cento; Torino-Savona +0,73 per cento; Torino-Bardonecchia +4,57 per cento; Genova-Ventimiglia +1,83 per cento; Sestri Levante-Livorno +4,55 per cento; Livorno-Rosignano M. +5,14 per cento; Napoli-Salerno +4,89 per cento; Torino-Aosta +2,90 per cento; Raccordo Gran S. Bernardo +2,71 per cento; Asti-Cuneo +9,30;
in pratica si è tornati, con l'avallo del Governo, a valori del tutto arbitrari a spese dei consumatori, invece che fare riferimento a parametri oggettivi per calcolare i pedaggi a fronte di investimenti delle concessionarie;
si ritiene, quindi, che sia profondamente ingiusto, visti gli ampi margini di profitto che pur in un periodo di gravissima crisi sono stati conseguiti dalle Concessionarie autostradali, che il sovracanone richiesto da ANAS venga scaricato sugli utenti,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di introdurre ulteriori iniziative normative volte a rivedere il sistema tariffario autostradale in modo da ridurre il costo dei pedaggi e da razionalizzarne le entrate, facendo riferimento a parametri obiettivi che tengono conto degli investimenti effettuati dalle società concessionarie;
a prevedere l'esclusione dal pedaggio, disposto dai commi 1 e 2 dell'articolo 15 del provvedimento in esame, sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas Spa per i cittadini residenti nei comuni in cui insistono le rispettive autostrade e i raccordi autostradali;
a prevedere che l'Anas Spa debba destinare le maggiori entrate, provenienti dai singoli pedaggi introdotti per la fruizione delle autostrade e dei raccordi autostradali, ai rispettivi compartimenti regionali per consentire la corretta manutenzione ordinaria e straordinaria dei relativi tratti stradali.
9/3638/166. (Testo modificato nel corso della seduta) Ceccuzzi, Iannuzzi, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Zamparutti, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame delinea, nella sostanza, una manovra correttiva da 24,9 miliardi di euro nel biennio 2010-2011 che penalizza in particolare Regioni ed enti locali e taglia il welfare colpendo in particolare l'assistenza sanitaria;
la manovra è stata giustificata dalle richieste di un maggior rigore da parte della Commissione Europea nel contenimento della spesa pubblica, ma è stata concepita e realizzata, come dimostrano le numerose proteste da parte delle categorie più disparate della stessa amministrazione pubblica, spesso operando tagli di carattere quantitativo piuttosto che qualitativo, che vanno ad incidere anche su servizi essenziali che dovrebbero essere garantiti dallo Stato o dalle autonomie locali;
i Governatori delle Regioni nel loro documento presentato il 9 giugno scorso in occasione dell'incontro con i ministri dell'economia e delle finanze, delle regioni e delle riforme hanno calcolato, come riportato dal Sole 24 Ore, che «su una spesa nel biennio di 64 miliardi di euro, le Regioni a statuto ordinario subirebbero tagli di spesa del 13,28 per cento, quelle speciali del 4,16 per cento. I Comuni del 3,1 per cento, le Province del 3,7 per cento, mentre per lo Stato il taglio sarebbe soltanto dell'1,22 per cento». Per questi motivi nella riunione della Conferenza delle Regioni del 15 giugno è stato approvato un documento all'unanimità in cui si definisce il disegno di legge in esame «testo senza condivisione, né sulle misure né sull'entità del taglio»;
il taglio appare tanto più grave se si effettua una valutazione qualitativa dei tagli di spesa, perché si tagliano nel biennio più di 3.557 milioni di euro al trasporto pubblico locale (asset chiave per qualsiasi politica che voglia perseguire l'obiettivo della riduzione del traffico privato) e quasi 461 milioni di euro alla spesa ambientale;
il comma 6-ter, lettera a), dell'articolo 15, prevede che le compensazioni per le concessioni di derivazione di acqua per uso idroelettrico vengano destinate anche a misure di «compensazione territoriale»;
il testo nasce da una modifica del testo originario del decreto, il quale consente azioni di «compensazione» solo se destinate al «miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza», mentre con l'aggiunta succitata si apre alla possibilità di utilizzare in modo estensivo, generico ed improprio le eventuali compensazioni ambientali in interventi, che nulla hanno a che vedere con le finalità per le quali queste sono state concepite,

impegna il Governo

ad adoperarsi affinché, nella fase attuativa della norma citata in premessa, le risorse provenienti dalle compensazioni per le concessioni di acqua per uso idroelettrico vengano destinate prioritariamente - se non esclusivamente - ad interventi di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza.
9/3638/167. Benamati, Iannuzzi, Mariani, Realacci, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame delinea, nella sostanza, una manovra correttiva da 24,9 miliardi di euro nel biennio 2010-2011 che penalizza in particolare Regioni ed enti locali e taglia il welfare colpendo in particolare l'assistenza sanitaria;
la manovra è stata giustificata dalle richieste di un maggior rigore da parte della Commissione Europea nel contenimento della spesa pubblica, ma è stata concepita e realizzata, come dimostrano le numerose proteste da parte delle categorie più disparate della stessa amministrazione pubblica, spesso operando tagli di carattere quantitativo piuttosto che qualitativo, che vanno ad incidere anche su servizi essenziali che dovrebbero essere garantiti dallo Stato o dalle autonomie locali;
i Governatori delle Regioni nel loro documento presentato il 9 giugno scorso in occasione dell'incontro con i ministri dell'economia e delle finanze, delle regioni e delle riforme hanno calcolato, come riportato dal Sole 24 Ore, che «su una spesa nel biennio di 64 miliardi di euro, le Regioni a statuto ordinario subirebbero tagli di spesa del 13,28 per cento, quelle speciali del 4,16 per cento. I Comuni del 3,1 per cento, le Province del 3,7 per cento, mentre per lo Stato il taglio sarebbe soltanto dell'1,22 per cento». Per questi motivi nella riunione della Conferenza delle Regioni del 15 giugno è stato approvato un documento all'unanimità in cui si definisce il disegno di legge in esame «testo senza condivisione, né sulle misure né sull'entità del taglio»;
il taglio appare tanto più grave se si effettua una valutazione qualitativa dei tagli di spesa, perché si tagliano nel biennio più di 3.557 milioni di euro al trasporto pubblico locale (asset chiave per qualsiasi politica che voglia perseguire l'obiettivo della riduzione del traffico privato) e quasi 461 milioni di euro alla spesa ambientale;
il comma 6-ter, lettera a), dell'articolo 15, prevede che le compensazioni per le concessioni di derivazione di acqua per uso idroelettrico vengano destinate anche a misure di «compensazione territoriale»;
il testo nasce da una modifica del testo originario del decreto, il quale consente azioni di «compensazione» solo se destinate al «miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza», mentre con l'aggiunta succitata si apre alla possibilità di utilizzare in modo estensivo, generico ed improprio le eventuali compensazioni ambientali in interventi, che nulla hanno a che vedere con le finalità per le quali queste sono state concepite,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adoperarsi affinché, nella fase attuativa della norma citata in premessa, le risorse provenienti dalle compensazioni per le concessioni di acqua per uso idroelettrico vengano destinate prioritariamente - se non esclusivamente - ad interventi di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza.
9/3638/167. (Testo modificato nel corso della seduta) Benamati, Iannuzzi, Mariani, Realacci, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame delinea nella sostanza di una manovra correttiva da 24,9 miliardi di euro nel biennio 2010-2011 che penalizza in particolare Regioni ed enti locali e taglia il welfare colpendo in particolare l'assistenza sanitaria;
la manovra è stata giustificata dalle richieste di un maggior rigore da parte della Commissione Europea nel contenimento della spesa pubblica, ma è stata concepita e realizzata, come dimostrano le numerose proteste da parte delle categorie più disparate della stessa amministrazione pubblica, spesso operando tagli di carattere quantitativo piuttosto che qualitativo, che vanno ad incidere anche su servizi essenziali che dovrebbero essere garantiti dallo Stato o dalle autonomie locali;
i Governatori delle Regioni nel loro documento presentato il 9 giugno scorso in occasione dell'incontro con i ministri dell'economia e delle finanze, delle regioni e delle riforme hanno calcolato, come riportato dal Sole 24 Ore, che «su una spesa nel biennio di 64 miliardi di euro, le Regioni a statuto ordinario subirebbero tagli di spesa del 13,28 per cento, quelle speciali del 4,16 per cento. I Comuni del 3,1 per cento, le Province del 3,7 per cento, mentre per lo Stato il taglio sarebbe soltanto dell'1,22 per cento». Per questi motivi nella riunione della Conferenza delle Regioni del 15 giugno è stato approvato un documento all'unanimità in cui si definisce il disegno di legge in esame «testo senza condivisione, né sulle misure né sull'entità del taglio»;
il taglio appare tanto più grave se si effettua una valutazione qualitativa dei tagli di spesa, perché si tagliano nel biennio più di 3.557 milioni di euro al trasporto pubblico locale (asset chiave per qualsiasi politica che voglia perseguire l'obiettivo della riduzione del traffico privato) e quasi 461 milioni di euro alla spesa ambientale;
l'articolo 19 del provvedimento in esame introduce una norma finalizzata all'emersione ai fini fiscali dell'immenso patrimonio immobiliare finora non censito e rilevato dall'Agenzie del Territorio attraverso un accurato rilievo aerofotogrammetrico;
la relazione tecnica di accompagnamento al decreto legge stima «prudenzialmente» un sommerso fiscale per 1,3 milioni di unità immobiliari prevedendo una corrispondente rendita catastale di circa 627 milioni di euro;
la norma non fa chiarezza sui cosiddetti «abusi edilizi sostanziali», quelli cioè realizzati in assenza di titolo abilitativo e su aree inedificabili oppure in eccesso rispetto alla volumetria consentita, o per l'insediamento di destinazioni d'uso non previste dalla disciplina urbanistica o in contrasto con le prescrizioni edilizie di legge o di regolamenti, rispetto ai quali non è posto esplicitamente l'obbligo di demolizione;
in assenza di tale specifica previsione il Comune sarà libero di scegliere di far finta di niente oppure provvedere all'abbattimento giacché, come noto, solo nei casi di irregolarità formali - interventi compiuti in assenza di titolo abilitativo ma conformi a PRG e regolamento edilizio - è possibile procedere al rilascio della concessione in sanatoria;
appare difficile pensare che i comuni possano intraprendere la più gravosa - e onerosa - strada dell'abbattimento e degli inevitabili contenziosi che ne deriverebbero, rispetto a quella più agevole - e redditizia per le casse comunali - dell'inerzia;
tale meccanismo sembra far leva su una profonda illegalità che potrebbe essere sanzionata solo con l'intervento dell'Autorità Giudiziaria sebbene limitatamente ai casi di abusivismo edilizio ancora punibili per non intervenuta prescrizione del reato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre, in successivi interventi normativi, dei meccanismi correttivi che impongano l'automaticità della demolizione nei confronti degli immobili frutto di un abuso edilizio sostanziale.
9/3638/168. Marantelli, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame delinea nella sostanza di una manovra correttiva da 24,9 miliardi di euro nel biennio 2010-2011 che penalizza in particolare Regioni ed enti locali e taglia il welfare colpendo in particolare l'assistenza sanitaria;
la manovra è stata giustificata dalle richieste di un maggior rigore da parte della Commissione Europea nel contenimento della spesa pubblica, ma è stata concepita e realizzata, come dimostrano le numerose proteste da parte delle categorie più disparate della stessa amministrazione pubblica, spesso operando tagli di carattere quantitativo piuttosto che qualitativo, che vanno ad incidere anche su servizi essenziali che dovrebbero essere garantiti dallo Stato o dalle autonomie locali;
i Governatori delle Regioni nel loro documento presentato il 9 giugno scorso in occasione dell'incontro con i ministri dell'economia e delle finanze, delle regioni e delle riforme hanno calcolato, come riportato dal Sole 24 Ore, che «su una spesa nel biennio di 64 miliardi di euro, le Regioni a statuto ordinario subirebbero tagli di spesa del 13,28 per cento, quelle speciali del 4,16 per cento. I Comuni del 3,1 per cento, le Province del 3,7 per cento, mentre per lo Stato il taglio sarebbe soltanto dell'1,22 per cento». Per questi motivi nella riunione della Conferenza delle Regioni del 15 giugno è stato approvato un documento all'unanimità in cui si definisce il dl 78/2010 «testo senza condivisione, né sulle misure né sull'entità del taglio»;
il taglio appare tanto più grave se si effettua una valutazione qualitativa dei tagli di spesa, perché si tagliano nel biennio più di 3.557 milioni di euro al trasporto pubblico locale (asset chiave per qualsiasi politica che voglia perseguire l'obiettivo della riduzione del traffico privato) e quasi 461 milioni di euro alla spesa ambientale;
l'articolo 43 del provvedimento in esame, al comma 1, consente l'istituzione di «zone a burocrazia zero» nel Meridione d'Italia, in aree non soggette a vincolo; in tali zone le nuove iniziative produttive godono di tre tipi di vantaggi:
i provvedimenti conclusivi dei procedimenti amministrativi di qualunque natura ed oggetto, ad esclusione di quelli di natura tributaria, sono adottati in via esclusiva da un Commissario di Governo attraverso un meccanismo di silenzio-assenso;
priorità di assegnazione delle risorse previste per le zone franche urbane dall'articolo 1, comma 340, della legge n. 296 del 2006;
priorità assoluta da parte delle Prefetture - nella realizzazione ed attuazione dei piani di presidio e sicurezza del territorio - alle iniziative da assumere negli ambiti territoriali in cui insistono le zone a burocrazia zero;
appare inoltre caratterizzata da eccessiva vaghezza la locuzione «non soggette a vincolo» riferita alle aree di applicazione della norma in esame,

impegna il Governo

a precisare, in successivi atti normativi, che il tipo di vincolo a cui sono soggette le zone per le quali si possa prevedere lo snellimento procedurale stabilito con l'articolo 43 del provvedimento in esame, sia quello paesaggistico o storico-artistico.
9/3638/169. Esposito, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame delinea nella sostanza di una manovra correttiva da 24,9 miliardi di euro nel biennio 2010-2011 che penalizza in particolare Regioni ed enti locali e taglia il welfare colpendo in particolare l'assistenza sanitaria;
la manovra è stata giustificata dalle richieste di un maggior rigore da parte della Commissione Europea nel contenimento della spesa pubblica, ma è stata concepita e realizzata, come dimostrano le numerose proteste da parte delle categorie più disparate della stessa amministrazione pubblica, spesso operando tagli di carattere quantitativo piuttosto che qualitativo, che vanno ad incidere anche su servizi essenziali che dovrebbero essere garantiti dallo Stato o dalle autonomie locali;
i Governatori delle Regioni nel loro documento presentato il 9 giugno scorso in occasione dell'incontro con i ministri dell'economia e delle finanze, delle regioni e delle riforme hanno calcolato, come riportato dal Sole 24 Ore, che «su una spesa nel biennio di 64 miliardi di euro, le Regioni a statuto ordinario subirebbero tagli di spesa del 13,28 per cento, quelle speciali del 4,16 per cento. I Comuni del 3,1 per cento, le Province del 3,7 per cento, mentre per lo Stato il taglio sarebbe soltanto dell'1,22 per cento». Per questi motivi nella riunione della Conferenza delle Regioni del 15 giugno è stato approvato un documento all'unanimità in cui si definisce il dl 78/2010 «testo senza condivisione, né sulle misure né sull'entità del taglio»;
il taglio appare tanto più grave se si effettua una valutazione qualitativa dei tagli di spesa, perché si tagliano nel biennio più di 3.557 milioni di euro al trasporto pubblico locale (asset chiave per qualsiasi politica che voglia perseguire l'obiettivo della riduzione del traffico privato) e quasi 461 milioni di euro alla spesa ambientale;
l'articolo 43 del provvedimento in esame, al comma 1, consente l'istituzione di «zone a burocrazia zero» nel Meridione d'Italia, in aree non soggette a vincolo; in tali zone le nuove iniziative produttive godono di tre tipi di vantaggi:
i provvedimenti conclusivi dei procedimenti amministrativi di qualunque natura ed oggetto, ad esclusione di quelli di natura tributaria, sono adottati in via esclusiva da un Commissario di Governo attraverso un meccanismo di silenzio-assenso;
priorità di assegnazione delle risorse previste per le zone franche urbane dall'articolo 1, comma 340, della legge n. 296 del 2006;
priorità assoluta da parte delle Prefetture - nella realizzazione ed attuazione dei piani di presidio e sicurezza del territorio - alle iniziative da assumere negli ambiti territoriali in cui insistono le zone a burocrazia zero;
appare inoltre caratterizzata da eccessiva vaghezza la locuzione «non soggette a vincolo» riferita alle aree di applicazione della norma in esame,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di precisare, in successivi atti normativi, che il tipo di vincolo a cui sono soggette le zone per le quali si possa prevedere lo snellimento procedurale stabilito con l'articolo 43 del provvedimento in esame, sia quello paesaggistico o storico-artistico.
9/3638/169. (Testo modificato nel corso della seduta) Esposito, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame delinea nella sostanza di una manovra correttiva da 24,9 miliardi di euro nel biennio 2010-2011 che penalizza in particolare Regioni ed enti locali e taglia il welfare colpendo in particolare l'assistenza sanitaria;
la manovra è stata giustificata dalle richieste di un maggior rigore da parte della Commissione Europea nel contenimento della spesa pubblica, ma è stata concepita e realizzata, come dimostrano le numerose proteste da parte delle categorie più disparate della stessa amministrazione pubblica, spesso operando tagli di carattere quantitativo piuttosto che qualitativo, che vanno ad incidere anche su servizi essenziali che dovrebbero essere garantiti dallo Stato o dalle autonomie locali;
i Governatori delle Regioni nel loro documento presentato il 9 giugno scorso in occasione dell'incontro con i ministri dell'economia e delle finanze, delle regioni e delle riforme hanno calcolato, come riportato dal Sole 24 Ore, che «su una spesa nel biennio di 64 miliardi di euro, le Regioni a statuto ordinario subirebbero tagli di spesa del 13,28 per cento, quelle speciali del 4,16 per cento. I Comuni del 3,1 per cento, le Province del 3,7 per cento mentre per lo Stato il taglio sarebbe soltanto dell'1,22 per cento». Per questi motivi nella riunione della Conferenza delle Regioni del 15 giugno è stato approvato un documento all'unanimità in cui si definisce il dl 78/2010 «testo senza condivisione, né sulle misure né sull'entità del taglio»;
il taglio appare tanto più grave se si effettua una valutazione qualitativa dei tagli di spesa, perché si tagliano nel biennio più di 3.557 milioni di euro al trasporto pubblico locale (asset chiave per qualsiasi politica che voglia perseguire l'obiettivo della riduzione del traffico privato) e quasi 461 milioni di euro alla spesa ambientale;
l'articolo 45 del provvedimento in esame stabilisce di destinare i risparmi provenienti dalle risoluzione anticipate delle convenzioni CIP6 a non meglio identificati progetti di ricerca del Ministero della Pubblica istruzione;
la norma iniziale, modificata durante l'esame al Senato, disponeva l'abolizione dell'obbligo - da parte del GSE - del ritiro dell'eccesso dell'offerta di certificati verdi;
le modifiche intervenute al Senato, pur migliorando sostanzialmente il testo, hanno lasciato comunque un quadro normativo piuttosto confuso, con il rischio, paventato anche dalle associazioni di categoria, di effetti negative sul settore e conseguente blocco degli investimenti;
il meccanismo dei certificati verdi - come ha sottolineato il quotidiano «La Repubblica» del 15 giugno, riprendendo i giudizi di Confindustria, Abi e associazioni imprenditoriali di settore - sinora ha ben funzionato, producendo negli anni ottimi risultati: 4,5 miliardi di euro di investimenti realizzati e 2,8 miliardi di euro in programma; 25 mila posti di lavoro nel settore delle energie rinnovabili che potrebbero salire a 67 mila nel 2020,

impegna il Governo

a promuovere l'avvio di un tavolo di discussione con le associazioni di categoria, le associazioni di tutela ambientale e le associazioni dei consumatori per valutare l'opportunità di rivedere la norma in modo da trovare un punto di equilibrio tra le esigenze del mercato, dei consumatori e della tutela ambientale, cercando di tutelare un settore economico e produttivo in crescita.
9/3638/170. Bratti, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame delinea nella sostanza di una manovra correttiva da 24,9 miliardi di euro nel biennio 2010-2011 che penalizza in particolare Regioni ed enti locali e taglia il welfare colpendo in particolare l'assistenza sanitaria;
la manovra è stata giustificata dalle richieste di un maggior rigore da parte della Commissione Europea nel contenimento della spesa pubblica, ma è stata concepita e realizzata, come dimostrano le numerose proteste da parte delle categorie più disparate della stessa amministrazione pubblica, spesso operando tagli di carattere quantitativo piuttosto che qualitativo, che vanno ad incidere anche su servizi essenziali che dovrebbero essere garantiti dallo Stato o dalle autonomie locali;
i Governatori delle Regioni nel loro documento presentato il 9 giugno scorso in occasione dell'incontro con i ministri dell'economia e delle finanze, delle regioni e delle riforme hanno calcolato, come riportato dal Sole 24 Ore, che «su una spesa nel biennio di 64 miliardi di euro, le Regioni a statuto ordinario subirebbero tagli di spesa del 13,28 per cento, quelle speciali del 4,16 per cento. I Comuni del 3,1 per cento, le Province del 3,7 per cento mentre per lo Stato il taglio sarebbe soltanto dell'1,22 per cento». Per questi motivi nella riunione della Conferenza delle Regioni del 15 giugno è stato approvato un documento all'unanimità in cui si definisce il dl 78/2010 «testo senza condivisione, né sulle misure né sull'entità del taglio»;
il taglio appare tanto più grave se si effettua una valutazione qualitativa dei tagli di spesa, perché si tagliano nel biennio più di 3.557 milioni di euro al trasporto pubblico locale (asset chiave per qualsiasi politica che voglia perseguire l'obiettivo della riduzione del traffico privato) e quasi 461 milioni di euro alla spesa ambientale;
l'articolo 45 del provvedimento in esame stabilisce di destinare i risparmi provenienti dalle risoluzione anticipate delle convenzioni CIP6 a non meglio identificati progetti di ricerca del Ministero della Pubblica istruzione;
la norma iniziale, modificata durante l'esame al Senato, disponeva l'abolizione dell'obbligo - da parte del GSE - del ritiro dell'eccesso dell'offerta di certificati verdi;
le modifiche intervenute al Senato, pur migliorando sostanzialmente il testo, hanno lasciato comunque un quadro normativo piuttosto confuso, con il rischio, paventato anche dalle associazioni di categoria, di effetti negative sul settore e conseguente blocco degli investimenti;
il meccanismo dei certificati verdi - come ha sottolineato il quotidiano «La Repubblica» del 15 giugno, riprendendo i giudizi di Confindustria, Abi e associazioni imprenditoriali di settore - sinora ha ben funzionato, producendo negli anni ottimi risultati: 4,5 miliardi di euro di investimenti realizzati e 2,8 miliardi di euro in programma; 25 mila posti di lavoro nel settore delle energie rinnovabili che potrebbero salire a 67 mila nel 2020,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di promuovere l'avvio di un tavolo di discussione con le associazioni di categoria, le associazioni di tutela ambientale e le associazioni dei consumatori per valutare l'opportunità di rivedere la norma in modo da trovare un punto di equilibrio tra le esigenze del mercato, dei consumatori e della tutela ambientale, cercando di tutelare un settore economico e produttivo in crescita.
9/3638/170. (Testo modificato nel corso della seduta) Bratti, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame delinea nella sostanza di una manovra correttiva da 24,9 miliardi di euro nel biennio 2010-2011 che penalizza in particolare Regioni ed enti locali e taglia il welfare colpendo in particolare l'assistenza sanitaria;
la manovra è stata giustificata dalle richieste di un maggior rigore da parte della Commissione Europea nel contenimento della spesa pubblica, ma è stata concepita e realizzata, come dimostrano le numerose proteste da parte delle categorie più disparate della stessa amministrazione pubblica, spesso operando tagli di carattere quantitativo piuttosto che qualitativo, che vanno ad incidere anche su servizi essenziali che dovrebbero essere garantiti dallo Stato o dalle autonomie locali;
i Governatori delle Regioni nel loro documento presentato il 9 giugno scorso in occasione dell'incontro con i ministri dell'economia e delle finanze, delle regioni e delle riforme hanno calcolato, come riportato dal Sole 24 Ore, che «su una spesa nel biennio di 64 miliardi di euro, le Regioni a statuto ordinario subirebbero tagli di spesa del 13,28 per cento, quelle speciali del 4,16 per cento. I Comuni del 3,1 per cento, le Province del 3,7 per cento, mentre per lo Stato il taglio sarebbe soltanto dell'1,22 per cento». Per questi motivi nella riunione della Conferenza delle Regioni del 15 giugno è stato approvato un documento all'unanimità in cui si definisce il disegno di legge in esame «testo senza condivisione, né sulle misure né sull'entità del taglio»;
il taglio appare tanto più grave se si effettua una valutazione qualitativa dei tagli di spesa, perché si tagliano nel biennio più di 3.557 milioni di euro al trasporto pubblico locale (asset chiave per qualsiasi politica che voglia perseguire l'obiettivo della riduzione del traffico privato) e quasi 461 milioni di euro alla spesa ambientale;
alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 47 del disegno di legge in esame si stabilisce, nella sostanza, che vengano approvate per legge tutte le convenzioni autostradali già firmate tra ANAS SpA e società concessionarie entro il 31 luglio prossimi;
questa disposizione è stata concepita dopo che nella presente legislatura sono state già approvate ope legis, ex articolo 8-duodecies del dl 59/2008, converto nella l. 101/2008 (come richiamato al comma 1 dell'articolo 7 del disegno di legge in esame), dieci convenzioni;
ancora una volta sembra che si voglia eludere, con una disposizione normativa, il percorso di verifica previsto dal comma 84 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 262 del 2006, in ragione del quale ogni schema di convenzione deve passare al vaglio del Nucleo per l'Attuazione delle linee guida per la Regolazione dei Servizi di pubblica utilità, per poi passare all'esame del CIPE, e alle Commissioni parlamentari competenti in materia;
la scelta del Governo sembra orientata a garantire i privilegi delle società concessionarie autostradali che, in questo modo, operano in un mercato protetto; un meccanismo discorsivo il cui prezzo è pagato dai consumatori,

impegna il Governo:

ad evitare, in futuro, simili forzature e a rispettare i principi introdotti con il decreto-legge n. 262 del 2006, il cui obiettivo è quello di evitare automatismi che potrebbero essere eccessivamente discrezionali e basati prevalentemente su valutazioni di carattere politico.
9/3638/171. Martella, Viola, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame delinea nella sostanza di una manovra correttiva da 24,9 miliardi di euro nel biennio 2010-2011 che penalizza in particolare Regioni ed enti locali e taglia il welfare colpendo in particolare l'assistenza sanitaria;
la manovra è stata giustificata dalle richieste di un maggior rigore da parte della Commissione Europea nel contenimento della spesa pubblica, ma è stata concepita e realizzata, come dimostrano le numerose proteste da parte delle categorie più disparate della stessa amministrazione pubblica, spesso operando tagli di carattere quantitativo piuttosto che qualitativo, che vanno ad incidere anche su servizi essenziali che dovrebbero essere garantiti dallo Stato o dalle autonomie locali;
i Governatori delle Regioni nel loro documento presentato il 9 giugno scorso in occasione dell'incontro con i ministri dell'economia e delle finanze, delle regioni e delle riforme hanno calcolato, come riportato dal Sole 24 Ore, che «su una spesa nel biennio di 64 miliardi di euro, le Regioni a statuto ordinario subirebbero tagli di spesa del 13,28 per cento, quelle speciali del 4,16 per cento. I Comuni del 3,1 per cento, le Province del 3,7 per cento, mentre per lo Stato il taglio sarebbe soltanto dell'1,22 per cento». Per questi motivi nella riunione della Conferenza delle Regioni del 15 giugno è stato approvato un documento all'unanimità in cui si definisce il disegno di legge in esame «testo senza condivisione, né sulle misure né sull'entità del taglio»;
il comma 2 dell'articolo 49 del provvedimento in esame prevede la modifica del comma 7 dell'articolo 14-ter della legge n. 241 del 1990 in modo che, nella conferenza dei servizi, sia introdotto un meccanismo di silenzio-assenso per l'acquisizione dei pareri di alcuni organismi interessati;
il testo approvato al Senato peggiora di gran lunga la situazione in quanto gli interessi paesaggistico territoriali non sono esclusi dal meccanismo del silenzio assenso come invece previsto nel testo originario del decreto legge; appare evidente la minaccia alla corretta tutela dell'ambiente, dei beni del patrimonio culturale, della salute e della pubblica incolumità;
la norma, inoltre, indebolisce significativamente il ruolo delle Sovrintendenze, per le quali sarà oggettivamente difficile - per ragioni di organico - partecipare alle conferenze dei servizi,

impegna il Governo

a valutare con attenzione le conseguenze di una eccessiva «deregulation» dei meccanismi di funzionamento della conferenza dei servizi, che potrebbe relegare le esigenze di tutela ambientale e storica ad un ruolo ingiustamente marginale, e a dichiararsi disponibile ad apportare opportune e condivise correzioni alla norma che troppo frettolosamente si è scelto di approvare.
9/3638/172. Motta, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame delinea nella sostanza di una manovra correttiva da 24,9 miliardi di euro nel biennio 2010-2011 che penalizza in particolare Regioni ed enti locali e taglia il welfare colpendo in particolare l'assistenza sanitaria;
la manovra è stata giustificata dalle richieste di un maggior rigore da parte della Commissione Europea nel contenimento della spesa pubblica, ma è stata concepita e realizzata, come dimostrano le numerose proteste da parte delle categorie più disparate della stessa amministrazione pubblica, spesso operando tagli di carattere quantitativo piuttosto che qualitativo, che vanno ad incidere anche su servizi essenziali che dovrebbero essere garantiti dallo Stato o dalle autonomie locali;
i Governatori delle Regioni nel loro documento presentato il 9 giugno scorso in occasione dell'incontro con i ministri dell'economia e delle finanze, delle regioni e delle riforme hanno calcolato, come riportato dal Sole 24 Ore, che «su una spesa nel biennio di 64 miliardi di euro, le Regioni a statuto ordinario subirebbero tagli di spesa del 13,28 per cento, quelle speciali del 4,16 per cento. I Comuni del 3,1 per cento, le Province del 3,7 per cento, mentre per lo Stato il taglio sarebbe soltanto dell'1,22 per cento». Per questi motivi nella riunione della Conferenza delle Regioni del 15 giugno è stato approvato un documento all'unanimità in cui si definisce il disegno di legge in esame «testo senza condivisione, né sulle misure né sull'entità del taglio»;
il comma 2 dell'articolo 49 del provvedimento in esame prevede la modifica del comma 7 dell'articolo 14-ter della legge n. 241 del 1990 in modo che, nella conferenza dei servizi, sia introdotto un meccanismo di silenzio-assenso per l'acquisizione dei pareri di alcuni organismi interessati;
il testo approvato al Senato peggiora di gran lunga la situazione in quanto gli interessi paesaggistico territoriali non sono esclusi dal meccanismo del silenzio assenso come invece previsto nel testo originario del decreto legge; appare evidente la minaccia alla corretta tutela dell'ambiente, dei beni del patrimonio culturale, della salute e della pubblica incolumità;
la norma, inoltre, indebolisce significativamente il ruolo delle Sovrintendenze, per le quali sarà oggettivamente difficile - per ragioni di organico - partecipare alle conferenze dei servizi,

impegna il Governo

a valutare le conseguenze della «deregulation» dei meccanismi di funzionamento della conferenza dei servizi.
9/3638/172.(Testo modificato nel corso della seduta)Motta, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame delinea nella sostanza di una manovra correttiva da 24,9 miliardi di euro nel biennio 2010-2011 che penalizza in particolare Regioni ed enti locali e taglia il welfare colpendo in particolare l'assistenza sanitaria;
la manovra è stata giustificata dalle richieste di un maggior rigore da parte della Commissione Europea nel contenimento della spesa pubblica, ma è stata concepita e realizzata, come dimostrano le numerose proteste da parte delle categorie più disparate della stessa amministrazione pubblica, spesso operando tagli di carattere quantitativo piuttosto che qualitativo, che vanno ad incidere anche su servizi essenziali che dovrebbero essere garantiti dallo Stato o dalle autonomie locali;
i Governatori delle Regioni nel loro documento presentato il 9 giugno scorso in occasione dell'incontro con i ministri dell'economia e delle finanze, delle regioni e delle riforme hanno calcolato, come riportato dal Sole 24 Ore, che «su una spesa nel biennio di 64 miliardi di euro, le Regioni a statuto ordinario subirebbero tagli di spesa del 13,28 per cento quelle speciali del 4,16 per cento. I Comuni del 3,1 per cento, le Province del 3,7 per cento, mentre per lo Stato il taglio sarebbe soltanto dell'1,22 per cento». Per questi motivi nella riunione della Conferenza delle Regioni del 15 giugno è stato approvato un documento all'unanimità in cui si definisce il disegno di legge in esame «testo senza condivisione, né sulle misure né sull'entità del taglio»;
il taglio appare tanto più grave se si effettua una valutazione qualitativa dei tagli di spesa, perché si tagliano nel biennio più di 3.557 milioni di euro al trasporto pubblico locale (asset chiave per qualsiasi politica che voglia perseguire l'obiettivo della riduzione del traffico privato) e quasi 461 milioni di euro alla spesa ambientale;
con l'articolo 49 del provvedimento in esame è stato introdotto un nuovo comma 4-bis all'articolo 19 della legge n. 241/1990 che sostituisce la Dichiarazione di Inizio Attività (DIA) con la Segnalazione Certificata di inizio attività (SCIA);
la norma, pur lievemente migliorata durante l'esame in aula al Senato con l'esclusione dei «casi in cui sussistono vincoli ambientali, paesaggistici o culturali», comporta un discutibile ribaltamento delle procedure, mettendo in secondo piano l'attività di controllo, che potrà essere svolta solo ex post, con immaginabili difficoltà qualora l'amministrazione riscontri l'eventuale assenza dei requisiti stabiliti dalla legge,

impegna il Governo

a prendere in considerazione, nell'ambito di successive iniziative normative, l'ipotesi di ripristinare la precedente procedura DIA, di cui all'articolo 19 della legge n. 241 del 1990, tra l'altro recentemente modificato con l'articolo 9 della legge n. 69 del 2009, anche in considerazione del fatto che il proposito di garantire una maggiore libertà nell'attività di impresa viene già pienamente soddisfatto dall'attuale DIA senza mettere a rischio il territorio italiano con le importanti ricadute in termini di sicurezza ambientale e pubblica incolumità.
9/3638/173. Braga, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il settore agricolo versa da tempo in una situazione di difficoltà, ulteriormente aggravata dalla generale crisi economica e dall'accresciuta pressione concorrenziale determinata dalla globalizzazione;
il settore agricolo costituisce uno degli elementi fondamentali del tessuto produttivo nazionale, sia in termini occupazionali sia per il livello di assoluta eccellenza raggiunto dalle produzioni agricole nazionali;
in tale contesto la fiscalizzazione degli oneri contribuitivi gravanti sugli imprenditori agricoli costituisce un importante strumento di sostegno del comparto, atteso da tutte le organizzazioni rappresentative e dagli operatori del settore,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare quanto prima, nell'ambito di ulteriori iniziative normative, le norme per la fiscalizzazione degli oneri sociali a carico degli imprenditori agricoli.
9/3638/174. Antonio Pepe, Distaso.

La Camera,
premesso che:
il 31 dicembre 2010 scadrà la vigenza delle agevolazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici - detrazione del 55 per cento delle spese sostenute - introdotte dalla legge finanziaria per il 2007 e più volte prorogate dalle leggi finanziarie successive;
queste agevolazioni hanno permesso a decine di migliaia di famiglie ed imprese di introdurre negli edifici tecniche avanzate finalizzate al risparmio energetico: si pensi solamente ai panelli solari, alle coibentazioni ed isolazioni di facciate e tetti, a serramenti e finestrature isolanti, all'uso della geotermia; tutto a concorrere alla creazione di sistemi complessi, quali ad esempio CasaClima - KlimaHaus, esportati in tutto il mondo per la loro capacità di generare economia «pulita», cioè risparmio di preziose risorse energetiche;
molto di tutto questo, senza l'agevolazione statale che ha persuaso tantissimi cittadini ed imprese alla scelta ecologica, non sarebbe stato possibile; questi provvedimenti hanno, inoltre, decisamente contribuito alla crescita della produzione, nel nostro Paese, di quelle tecnologie che prima venivano del tutto importate, nonché hanno costituito fonte di reddito, in un momento di grave crisi economica, per migliaia di piccole imprese impegnate nel recupero energetico. Le circa 600.000 domande presentate in tre anni, portano a calcolare un volume di poco meno di 8 miliardi di euro di investimenti in ristrutturazioni ed isolamento di edifici, in installazione di pannelli solari e fotovoltaici, di caldaie a condensazione, infissi ed impianti a maggiore efficienza;
è in fase di pubblicazione uno studio ENEA-CPESME che dimostra la fattibilità, in termini di crescita del bilancio dello Stato, di tali agevolazioni; le minori entrate determinate dalle detrazioni sarebbero infatti compensate dalle maggiori entrate derivanti dall'imposizione fiscale sui nuovi investimenti e dal contributo che tali strumenti hanno dato rispetto a fenomeni di evasione fiscale; va considerato inoltre il rilevante impatto occupazionale che queste misure inducono;
anche la Commissione Ambiente della Camera, nell'ambito della discussione del decreto-legge n. 79 del 2009 (decreto anticrisi), ha espresso parere favorevole in merito alla permanenza di queste agevolazioni. - tale proposta, fortemente condivisa dalla CNA Confederazione Nazionale dell'Artigianato e delle PMT, contribuirebbe non poco a dare certezze sia agli operatori economici che ai cittadini, nonché ad evitare che la crisi economica nella quale si trova il nostro Paese si ripercuota in modo pesante su settori nei quali è estremamente significativa la presenza di aziende artigiane e di piccole imprese, e generi un sostanziale blocco degli interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica degli edifici, con una conseguente influenza negativa, sia in termini economici sia occupazionali, sui settori delle costruzioni, dell'impiantistica, della produzione di serramenti ed infissi ed un aumento dell'economia sommersa con conseguente danno alle casse erariali,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di portare a regime, mediante l'adozione di ulteriori iniziative normative, le detrazioni per le spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente - detrazione del 55 per cento delle spese sostenute - introdotte dalla legge finanziaria 2007 e più volte prorogate dalle leggi di bilancio successive, dando così una positiva risposta alla richiesta di stabilità del quadro normativo proveniente dall'intera filiera produttiva interessata da tali agevolazioni.
9/3638/175. Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame delinea nella sostanza di una manovra correttiva da 24,9 miliardi di euro nel biennio 2010-2011 che penalizza in particolare Regioni ed enti locali e taglia il welfare colpendo in particolare l'assistenza sanitaria;
la manovra è stata giustificata dalle richieste di un maggior rigore da parte della Commissione Europea nel contenimento della spesa pubblica, ma è stata concepita e realizzata, come dimostrano le numerose proteste da parte delle categorie più disparate della stessa amministrazione pubblica, spesso operando tagli di carattere quantitativo piuttosto che qualitativo, che vanno ad incidere anche su servizi essenziali che dovrebbero essere garantiti dallo Stato o dalle autonomie locali;
i Governatori delle Regioni nel loro documento presentato il 9 giugno scorso in occasione dell'incontro con i ministri dell'economia e delle finanze, delle regioni e delle riforme hanno calcolato, come riportato dal Sole 24 Ore, che «su una spesa nel biennio di 64 miliardi di euro, le Regioni a statuto ordinario subirebbero tagli di spesa del 13,28 per cento, quelle speciali del 4,16 per cento. I Comuni del 3,1 per cento, le Province del 3,7 per cento, mentre per lo Stato il taglio sarebbe soltanto dell'1,22 per cento». Per questi motivi nella riunione della Conferenza delle Regioni del 15 giugno è stato approvato un documento all'unanimità in cui si definisce il disegno di legge in esame «testo senza condivisione, né sulle misure né sull'entità del taglio»;
il taglio appare tanto più grave se si effettua una valutazione qualitativa dei tagli di spesa, perché si tagliano nel biennio più di 3.557 milioni di euro al trasporto pubblico locale (asset chiave per qualsiasi politica che voglia perseguire l'obiettivo della riduzione del traffico privato) e quasi 461 milioni di euro alla spesa ambientale;
appare ormai non più rinviabile, al fine di contenere la spesa pubblica senza dare vita a tagli indiscriminati che possono produrre disagi e disservizi, l'adozione di misure per assicurare il controllo di gestione dei singoli progetti di spesa;
dette misure consentirebbero, altresì, di assicurare il rispetto della legalità ed il corretto agire della pubblica amministrazione, prevenire fenomeni di corruzione e di infiltrazione mafiosa, favorire l'efficacia, la trasparenza e il controllo in tempo reale dell'azione amministrativa nella gestione della spesa pubblica,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a:
istituire un'apposita anagrafe, presso l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, presso la quale tutte le stazioni appaltanti avranno l'obbligo di iscriversi;
prevedere che l'Autorità attribuisca un apposito codice per tutti i contratti pubblici a prescindere dalla procedura di affidamento, dall'importo e dal settore, prima dell'avvio della procedura di affidamento di qualsiasi contratto pubblico di lavori, servizi e forniture;
stabilire che le informazioni relative ai singoli contratti dovranno essere correlate in modo univoco con i codici degli strumenti di bilancio e inserite in una banca dati nazionale dei contratti pubblici, istituita presso l'Autorità;
imporre l'obbligo della trasparenza e della pubblicità di tutti i dati così acquisiti, anche attraverso la diffusione attraverso un sito web dedicato.
9/3638/176. Margiotta, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Morassut, Motta, Viola, Zamparutti, Pes.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame delinea nella sostanza di una manovra correttiva da 24,9 miliardi di euro nel biennio 2010-2011 che penalizza in particolare Regioni ed enti locali e taglia il welfare colpendo in particolare l'assistenza sanitaria;
la manovra è stata giustificata dalle richieste di un maggior rigore da parte della Commissione Europea nel contenimento della spesa pubblica, ma è stata concepita e realizzata, come dimostrano le numerose proteste da parte delle categorie più disparate della stessa amministrazione pubblica, spesso operando tagli di carattere quantitativo piuttosto che qualitativo, che vanno ad incidere anche su servizi essenziali che dovrebbero essere garantiti dallo Stato o dalle autonomie locali;
i Governatori delle Regioni nel loro documento presentato il 9 giugno scorso in occasione dell'incontro con i ministri dell'economia e delle finanze, delle regioni e delle riforme hanno calcolato, come riportato dal Sole 24 Ore, che «su una spesa nel biennio di 64 miliardi di euro, le Regioni a statuto ordinario subirebbero tagli di spesa del 13,28 per cento, quelle speciali del 4,16 per cento. I Comuni del 3,1 per cento, le Province del 3,7 per cento, mentre per lo Stato il taglio sarebbe soltanto dell'1,22 per cento». Per questi motivi nella riunione della Conferenza delle Regioni del 15 giugno è stato approvato un documento all'unanimità in cui si definisce il disegno di legge in esame «testo senza condivisione, né sulle misure né sull'entità del taglio»;
il taglio appare tanto più grave se si effettua una valutazione qualitativa dei tagli di spesa, perché si tagliano nel biennio più di 3.557 milioni di euro al trasporto pubblico locale (asset chiave per qualsiasi politica che voglia perseguire l'obiettivo della riduzione del traffico privato) e quasi 461 milioni di euro alla spesa ambientale;
appare ormai non più rinviabile, al fine di contenere la spesa pubblica senza dare vita a tagli indiscriminati che possono produrre disagi e disservizi, l'adozione di misure per assicurare il controllo di gestione dei singoli progetti di spesa;
dette misure consentirebbero, altresì, di assicurare il rispetto della legalità ed il corretto agire della pubblica amministrazione, prevenire fenomeni di corruzione e di infiltrazione mafiosa, favorire l'efficacia, la trasparenza e il controllo in tempo reale dell'azione amministrativa nella gestione della spesa pubblica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a:
istituire un'apposita anagrafe, presso l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, presso la quale tutte le stazioni appaltanti avranno l'obbligo di iscriversi;
prevedere che l'Autorità attribuisca un apposito codice per tutti i contratti pubblici a prescindere dalla procedura di affidamento, dall'importo e dal settore, prima dell'avvio della procedura di affidamento di qualsiasi contratto pubblico di lavori, servizi e forniture;
stabilire che le informazioni relative ai singoli contratti dovranno essere correlate in modo univoco con i codici degli strumenti di bilancio e inserite in una banca dati nazionale dei contratti pubblici, istituita presso l'Autorità;
imporre l'obbligo della trasparenza e della pubblicità di tutti i dati così acquisiti, anche attraverso la diffusione attraverso un sito web dedicato.
9/3638/176.(Testo modificato nel corso della seduta)Margiotta, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Morassut, Motta, Viola, Zamparutti, Pes.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame delinea nella sostanza di una manovra correttiva da 24,9 miliardi di euro nel biennio 2010-2011 che penalizza in particolare Regioni ed enti locali e taglia il welfare colpendo in particolare l'assistenza sanitaria;
la manovra è stata giustificata dalle richieste di un maggior rigore da parte della Commissione Europea nel contenimento della spesa pubblica, ma è stata concepita e realizzata, come dimostrano le numerose proteste da parte delle categorie più disparate della stessa amministrazione pubblica, spesso operando tagli di carattere quantitativo piuttosto che qualitativo, che vanno ad incidere anche su servizi essenziali che dovrebbero essere garantiti dallo Stato o dalle autonomie locali;
i Governatori delle Regioni nel loro documento presentato il 9 giugno scorso in occasione dell'incontro con i ministri dell'economia e delle finanze, delle regioni e delle riforme hanno calcolato, come riportato dal Sole 24 Ore, che «su una spesa nel biennio di 64 miliardi di euro, le Regioni a statuto ordinario subirebbero tagli di spesa del 13,28 per cento, quelle speciali del 4,16 per cento. I Comuni del 3,1 per cento, le Province del 3,7 per cento, mentre per lo Stato il taglio sarebbe soltanto dell'1,22 per cento». Per questi motivi nella riunione della Conferenza delle Regioni del 15 giugno è stato approvato un documento all'unanimità in cui si definisce il disegno di legge in esame «testo senza condivisione, né sulle misure né sull'entità del taglio»;
il taglio appare tanto più grave se si effettua una valutazione qualitativa dei tagli di spesa, perché si tagliano nel biennio più di 3.557 milioni di euro al trasporto pubblico locale (asset chiave per qualsiasi politica che voglia perseguire l'obiettivo della riduzione del traffico privato) e quasi 461 milioni di euro alla spesa ambientale;
il comma 16 dell'articolo 14 del provvedimento in esame consente di introdurre un contributo straordinario sulle valorizzazioni immobiliari generate dallo strumento urbanistico;
la norma nasce dall'esigenza di porre fine ad un contenzioso avviato sulle norme tecniche di attuazione della variante al piano regolatore generale del Comune di Roma, che prevedeva detta possibilità e che erano state dichiarate illegittime dal TAR del Lazio, con la sentenza n. 1524 del 2010;
il principio giuridico affermato nella variante al piano regolatore appare sicuramente condivisibile, anche perché costituisce un efficace correttivo all'enorme vantaggio economico che comporta la trasformazione della destinazione urbanistica delle aree, come confermato dalla sentenza del Consiglio di Stato intervenuta il 13 luglio 2010, ossia successivamente all'emanazione del provvedimento in esame, che ha ribaltato il giudizio del TAR dei Lazio;
la scelta operata dal Comune di Roma merita di essere estesa all'intero territorio nazionale, in modo da consentire a tutti gli enti locali di poter applicare misure compensative,

impegna il Governo:

a adottare iniziative normative volte a prevedere che i comuni possano applicare un contributo straordinario sulle valorizzazioni immobiliari e sui programmi urbanistici indiretti e sugli interventi diretti per i quali sono previste, nelle norme dello strumento urbanistico generale vigente (PRG), incentivazioni urbanistiche, calcolato sul valore aggiuntivo da essere derivante;
a stabilire che detto contributo sia esclusivamente finalizzato alla realizzazione di opere pubbliche e di urbanizzazione primaria e secondaria e quindi indirizzato sul capitolo di bilancio degli investimenti;
a computare detto contributo fino al limite massimo dell'80 per cento del valore aggiuntivo.
9/3638/177. Morassut, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Motta, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame delinea nella sostanza di una manovra correttiva da 24,9 miliardi di euro nel biennio 2010-2011 che penalizza in particolare Regioni ed enti locali e taglia il welfare colpendo in particolare l'assistenza sanitaria;
la manovra è stata giustificata dalle richieste di un maggior rigore da parte della Commissione Europea nel contenimento della spesa pubblica, ma è stata concepita e realizzata, come dimostrano le numerose proteste da parte delle categorie più disparate della stessa amministrazione pubblica, spesso operando tagli di carattere quantitativo piuttosto che qualitativo, che vanno ad incidere anche su servizi essenziali che dovrebbero essere garantiti dallo Stato o dalle autonomie locali;
i Governatori delle Regioni nel loro documento presentato il 9 giugno scorso in occasione dell'incontro con i ministri dell'economia e delle finanze, delle regioni e delle riforme hanno calcolato, come riportato dal Sole 24 Ore, che «su una spesa nel biennio di 64 miliardi di euro, le Regioni a statuto ordinario subirebbero tagli di spesa del 13,28 per cento, quelle speciali del 4,16 per cento. I Comuni del 3,1 per cento, le Province del 3,7 per cento, mentre per lo Stato il taglio sarebbe soltanto dell'1,22 per cento». Per questi motivi nella riunione della Conferenza delle Regioni del 15 giugno è stato approvato un documento all'unanimità in cui si definisce il disegno di legge in esame «testo senza condivisione, né sulle misure né sull'entità del taglio»;
il taglio appare tanto più grave se si effettua una valutazione qualitativa dei tagli di spesa, perché si tagliano nel biennio più di 3.557 milioni di euro al trasporto pubblico locale (asset chiave per qualsiasi politica che voglia perseguire l'obiettivo della riduzione del traffico privato) e quasi 461 milioni di euro alla spesa ambientale;
il comma 16 dell'articolo 14 del provvedimento in esame consente di introdurre un contributo straordinario sulle valorizzazioni immobiliari generate dallo strumento urbanistico;
la norma nasce dall'esigenza di porre fine ad un contenzioso avviato sulle norme tecniche di attuazione della variante al piano regolatore generale del Comune di Roma, che prevedeva detta possibilità e che erano state dichiarate illegittime dal TAR del Lazio, con la sentenza n. 1524 del 2010;
il principio giuridico affermato nella variante al piano regolatore appare sicuramente condivisibile, anche perché costituisce un efficace correttivo all'enorme vantaggio economico che comporta la trasformazione della destinazione urbanistica delle aree, come confermato dalla sentenza del Consiglio di Stato intervenuta il 13 luglio 2010, ossia successivamente all'emanazione del provvedimento in esame, che ha ribaltato il giudizio del TAR dei Lazio;
la scelta operata dal Comune di Roma merita di essere estesa all'intero territorio nazionale, in modo da consentire a tutti gli enti locali di poter applicare misure compensative,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative volte a prevedere che i comuni possano applicare un contributo straordinario sulle valorizzazioni immobiliari e sui programmi urbanistici indiretti e sugli interventi diretti per i quali sono previste, nelle norme dello strumento urbanistico generale vigente (PRG), incentivazioni urbanistiche, calcolato sul valore aggiuntivo da essere derivante;
a stabilire che detto contributo sia esclusivamente finalizzato alla realizzazione di opere pubbliche e di urbanizzazione primaria e secondaria e quindi indirizzato sul capitolo di bilancio degli investimenti;
a computare detto contributo fino al limite massimo dell'80 per cento del valore aggiuntivo.
9/3638/177.(Testo modificato nel corso della seduta)Morassut, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Motta, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame delinea nella sostanza di una manovra correttiva da 24,9 miliardi di euro nel biennio 2010-2011 che penalizza in particolare Regioni ed enti locali e taglia il welfare colpendo in particolare l'assistenza sanitaria;
la manovra è stata giustificata dalle richieste di un maggior rigore (la parte della Commissione Europea nel contenimento della spesa pubblica, ma è stata concepita e realizzata, come dimostrano le numerose proteste (la parte delle categorie più disparate della stessa amministrazione pubblica, spesso operando tagli di carattere quantitativo piuttosto che qualitativo, che vanno ad incidere anche su servizi essenziali che dovrebbero essere garantiti dallo Stato o dalle autonomie locali;
i Governatori delle Regioni nel loro documento presentato il 9 giugno scorso in occasione dell'incontro con i ministri dell'economia e delle finanze, delle regioni e delle riforme hanno calcolato, come riportato dal Sole 24 Ore, che «su una spesa nel biennio di 64 miliardi di euro, le Regioni a statuto ordinario subirebbero tagli di spesa del 13,28 per cento, quelle speciali del 4,16 per cento. I Comuni del 3,1 per cento, le Province del 3,7 per cento, mentre per lo Stato il taglio sarebbe soltanto dell'1,22 per cento». Per questi motivi nella riunione della Conferenza delle Regioni del 15 giugno è stato approvato un documento all'unanimità in cui si definisce il disegno di legge in esame «testo senza condivisione, né sulle misure né sull'entità del taglio»;
il taglio appare tanto più grave se si effettua una valutazione qualitativa dei tagli di spesa, perché si tagliano nel biennio più di 3.557 milioni di euro al trasporto pubblico locale (asset chiave per qualsiasi politica che voglia perseguire l'obiettivo della riduzione del traffico privato) e quasi 461 milioni di euro alla spesa ambientale;
la riduzione progressiva della capacità operativa del Governo in campo ambientale appare essere un disegno tanto ineluttabile quanto intollerabile; già nei tagli alle spese dei vari dicasteri contenuti due anni fa nel decreto-legge 25 giugno 2008, convertito, in legge, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, il Governo si era ripromesso che, in tre anni, dal 2009 al 2011, i fondi del Ministero dell'ambiente sarebbero stati ridotti del 52 per cento; il taglio previsto da quella prima ambiziosa Manovra triennale stabiliva, già due anni fa, una riduzione nel triennio di 678 milioni di euro sui 1.300 milioni di euro realmente disponibili nel 2008;
lo stesso Ministro per l'ambiente, la tutela del territorio e del mare aveva già denunciato, a fine 2009, un ulteriore ridimensionamento del bilancio del Ministero di competenza dai circa 1.700 milioni di euro nel 2008, ai 1.265 milioni di 2009, ai 738 milioni circa del 2010, per arrivare a 590 milioni di euro nel 2011;
l'articolo 2 del provvedimento in esame prevede la riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie, iscritte a legislazione vigente nell'ambito delle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge n. 196 del 2009, delle missioni di spesa di ciascun Ministero che, a quanto si ricava dall'Allegato 1 al decreto, nel triennio 2011-2013 dovrebbe portare per il Ministero dell'Ambiente ad un'ulteriore riduzione di 8 milioni e 566 mila euro (4 milioni e 387 mila euro nel biennio 2011-2012);
il programma riguardante la Conservazione dell'assetto idrogeologico ha subito un drastico ridimensionamento di risorse e il Piano strategico nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico è ancora al palo;
la maggior parte del territorio del nostro Paese è ad alto rischio idrogeologico: alluvioni, frane e smottamenti causano ogni anno vittime e danni gravissimi alle abitazioni e alle strutture produttive, comportando un esborso notevole per le casse dello Stato solo per riparare e rimborsare i danni;
la prevenzione - attraverso la messa in sicurezza delle aree a rischio e la manutenzione del territorio, con una vasta opera di rimboschimento dei pendii e di controllo degli alvei dei fiumi - è l'unica politica efficace per ridurre drasticamente gli eventi calamitosi e rappresenta la più grande e indispensabile opera pubblica del Paese;
il ministro per l'ambiente, la tutela del territorio e del mare ha dichiarato nei scorsi giorni che «a livello nazionale riguardo alla difesa del suolo abbiamo una situazione drammatica e d'emergenza: abbiamo calcolato che 10 miliardi di euro non sarebbero sufficienti per far fronte a tutti gli interventi che servono»,

impegna il Governo

ad assumere come impegno prioritario della propria azione una diffusa e capillare opera di prevenzione del rischio idrogeologico, attraverso uno sforzo straordinario che coinvolga uomini, mezzi e risorse, nella prospettiva di consistenti risparmi per la finanza pubblica che la messa in sicurezza del territorio garantirebbe per il futuro.
9/3638/178. Bocci, Mariani, Realacci, Benamati, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Zamparutti, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la drastica riduzione delle risorse per gli Enti Parco nazionali, operato con il disegno di legge in esame, pone gli Enti stessi in gravissime difficoltà operative, mettendo in discussione la possibilità di far fronte ad impegni di spesa obbligatori (pagamento del personale dipendente, affitto delle sedi, fornitura della benzina per la vigilanza del Corpo Forestale dello Stato, prevenzione degli incendi) cioè, in pratica, ponendoli a rischio di sopravvivenza, come più volte segnalato dal Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;
le risorse previste dalla Legge di assestamento, destinate oggi a ventitre Enti Parco, rappresentano, in cifra assoluta, il cinquanta per cento di quelle stanziate già nel 1998 (e in seguito rimaste mediamente analoghe) e allora destinate ad un numero inferiore di Enti funzionanti e comunque già a quel tempo insufficienti a coprire le esigenze di completamento delle rispettive piante organiche e di garantire al meglio alcune esigenze gestionali primarie come quelle della vigilanza;
il dimezzamento delle risorse è operato dalla Legge di assestamento sulla base di una equiparazione degli Enti Parco nazionali con gli Enti controllati dai diversi Ministeri, equiparazione che non considera due aspetti specifici sostanziali: uno relativo alla natura di soggetto misto, in cui hanno una parte fondamentale gli Enti Locali che trovano diretta rappresentanza nell'ambito del Consiglio Direttivo dell'Ente e nella Comunità del Parco; l'altro riferito alla funzione di governo del territorio attraverso due dei principali strumenti di gestione e promozione di area vasta previsti dalla legge quali il Piano del Parco e il Piano di Sviluppo Socioeconomico, strumenti nei quali trovano sintesi gli interessi di tutela sovraordinati che sono in capo allo Stato e gli interessi di sviluppo e promozione delle comunità locali;
vi sono fondamentali ed esclusivi adempimenti di legge - quali ad esempio i pareri e i nulla osta relativi sia alle misure di salvaguardia, sia alle disposizioni previste dal Piano del Parco, sia ancora alle valutazioni d'incidenza su aree tutelate da vincoli comunitari - che gli Enti Parco sono tenuti a rispettare e che sarebbero messi a rischio per il forte indebolimento della loro funzionalità, con conseguenti gravi problemi tanto per gli Enti Locali interessati quanto per i cittadini e gli operatori economici residenti;
oltre agli aspetti sopra richiamati esistono superiori e inoppugnabili ragioni che militano a favore del mantenimento delle capacità gestionali degli Enti Parco nazionali, legate alla insostituibile funzione che essi svolgono per la salvaguardia ambientale così come sancita dalla legge 394/91, cioè per la tutela di paesaggi, ambienti, ecosistemi, specie di fauna e flora che si annoverano fra i più preziosi del Paese, insieme a ricchissime testimonianze di storia e tradizione locale. Si tratta di luoghi della nostra identità comune, simboli dell'Italia all'estero; rappresentano una parte cospicua di una responsabilità che gli italiani hanno nei confronti del resto del mondo;
specie in questo anno, proclamato dalle Nazioni Unite quale Anno Internazionale della Biodiversità, è doveroso per ogni autorità responsabile adoperarsi per il più ampio sostegno alla lotta contro la perdita di biodiversità, lotta alla quale i parchi sono prioritariamente destinati - come affermato dalla Carta di Siracusa approvata nel vertice internazionale dell'aprile 2009, secondo la linea già contenuta nell'articolo 8 della Convenzione mondiale sulla diversità biologica, (CBD, Rio de Janeiro 1992) ratificata dall'Italia con Legge n. 124 del 14 febbraio 1994 - e che i parchi nazionali italiani, come confermato nella recente prima Conferenza Nazionale sulla biodiversità e da riconoscimenti anche internazionali, hanno dimostrato di saper condurre con capacità, professionalità ed ottime esperienze nonostante l'impiego complessivo di soli 522 dipendenti a fronte dei circa 800 previsti dalle piante organiche;
l'indotto economico provocato dai pur esigui finanziamenti destinati ai Parchi nazionali è di grandissimo interesse in settori chiave quali il turismo di natura e quello scolastico, l'artigianato di qualità, la promozione dei prodotti e delle produzioni agroalimentari tipiche, la difesa del suolo dai fenomeni di dissesto idrogeologico, e che l'interruzione delle innumerevoli attività in corso o programmate dagli Enti Parco nazionali vedrebbe disattese le aspettative di tante comunità locali, specie di aree marginali o di nuovo e diverso sviluppo perché provocherebbe la perdita di finanziamenti europei già acquisiti, come sempre in passato, in misura sostanziosa; determinerebbe l'abbandono di iniziative di promozione di sviluppo sostenibile; causerebbe la chiusura di insostituibili servizi come quelli di educazione all'ambiente e alla sostenibilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di:
monitorare l'applicazione delle norme in premessa al fine di adottare ulteriori provvedimenti volti a ricostituire un flusso di finanziamenti agli Enti Parco nazionali in linea con le necessità e delle funzioni di tutela del territorio e dell'ambiente ad essi affidati;
permettere al Ministero dell'Ambiente della tutela del territorio e del mare, nell'ambito delle risorse già disponibili, di garantire tali funzioni.
9/3638/179. Realacci, Mariani, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, Zamparutti, Tortoli, Bonciani, Toto, Stradella.

La Camera,
premesso che:
dopo oltre due anni dall'inizio della legislatura, con il provvedimento in esame, si conferma il profilo programmatico dell'esecutivo, caratterizzato da incertezze, confusione ed interventi inadeguati alle esigenze del Paese;
la tutela giurisdizionale costituisce uno strumento imprescindibile per assicurare ai cittadini la garanzia e la piena attuazione dei loro diritti, non solo in sede penale ma anche in ambito civile, tributario e amministrativo;
in particolare, le cause civili attualmente pendenti sono più di 5 milioni (con una crescita media annua del 7,5 per cento); per avere giustizia oggi un cittadino attende anche fino a sette anni e mezzo e, una volta giunta la sentenza, questa risulta spesso priva di qualsiasi effetto positivo per chi intendeva far valere un proprio diritto: è necessario, quindi, procedere allo smaltimento dell'arretrato civile, ma rifuggendo da logiche emergenziali e di rottamazione affrontando una riforma di sistema capace di riportare l'arretrato come i nuovi flussi di contenzioso a tempi di esaurimento che assicurino la ragionevole durata dei processi;
i giudici che si occupano di civile in Italia sono solo 2.000,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a stanziare 80.000.000 di euro all'anno al fine di dotare ciascun magistrato di due assistenti stagisti, che collaboreranno con il giudice nella ricerca dei materiali giurisprudenziali, nell'assistenza in corso di udienza e nella catalogazione dei precedenti delle sezioni giudicanti.
9/3638/180. Cavallaro, Capano, Ferranti, Andrea Orlando, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Picierno, Rossomando, Samperi, Tenaglia Tidei, Touadi.

La Camera,
premesso che:
dopo oltre due anni dall'inizio della legislatura, con il provvedimento in esame, si conferma il profilo programmatico dell'esecutivo, caratterizzato da incertezze, confusione ed interventi inadeguati alle esigenze del Paese;
la tutela giurisdizionale costituisce uno strumento imprescindibile per assicurare ai cittadini la garanzia e la piena attuazione dei loro diritti, non solo in sede penale ma anche in ambito civile, tributario e amministrativo;
in particolare, le cause civili attualmente pendenti sono più di 5 milioni (con una crescita media annua del 7,5 per cento); per avere giustizia oggi un cittadino attende anche fino a sette anni e mezzo e, una volta giunta la sentenza, questa risulta spesso priva di qualsiasi effetto positivo per chi intendeva far valere un proprio diritto: è necessario, quindi, procedere allo smaltimento dell'arretrato civile, ma rifuggendo da logiche emergenziali e di rottamazione affrontando una riforma di sistema capace di riportare l'arretrato come i nuovi flussi di contenzioso a tempi di esaurimento che assicurino la ragionevole durata dei processi;
i giudici che si occupano di civile in Italia sono solo 2.000,

impegna il Governo

se le condizioni di finanza pubblica lo consentono, ad adottare ulteriori iniziative normative volte a stanziare 80.000.000 di euro all'anno al fine di dotare ciascun magistrato di due assistenti stagisti, che collaboreranno con il giudice nella ricerca dei materiali giurisprudenziali, nell'assistenza in corso di udienza e nella catalogazione dei precedenti delle sezioni giudicanti.
9/3638/180.(Testo modificato nel corso della seduta)Cavallaro, Capano, Ferranti, Andrea Orlando, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Picierno, Rossomando, Samperi, Tenaglia Tidei, Touadi.

La Camera,
premesso che:
il comma 21-quinquies dell'articolo 6 prevede l'emanazione di un D.P.C.M. volto a disciplinare i termini e le modalità per la vendita dei titoli di cui all'articolo 2 del decreto-legge n. 143 del 2008, (azioni, obbligazioni, Bot, Cct, ecc.) oggetto di sequestro nell'ambito di procedimenti penali o per l'applicazione di misure di prevenzione antimafia di cui alla legge n. 575 del 1965 e il cui ricavato affluisce al cd. Fondo unico giustizia;
si tratta di un D.P.C.M. di natura regolamentare, per il quale, quindi, non sono necessari né il parere del Consiglio di Stato, né l'obbligo di registrazione della Corte dei Conti;
considerato che:
si tratta di un dispositivo suscettibile di recare oneri a carico della finanza pubblica, poiché la norma potrebbe risultare inapplicabile attesa la composizione dei portafogli titoli da liquidare che contengono valori non negoziabili come polizze, garanzie ed altri titoli di valore reale pressoché nullo. La vendita di titoli sequestrati configura, in realtà, la cessione di valori e di beni di proprietà di terzi e può determinare, all'atto del possibile dissequestro, oneri a carico del bilancio dello Stato per la restituzione del titolo stesso. L'eventualità della restituzione è, peraltro, esclusa dal testo presentato dal Governo, il quale prevede la restituzione del solo ricavato;
l'affidamento delle procedure di vendita dei titoli sequestrati all'operatore finanziario detentore degli stessi, oltre ad estromettere Equitalia giustizia dalla gestione delle risorse di cui è responsabile, non ne garantirebbe l'ottimale collocazione sul mercato, stante l'assenza di controlli e la mancata disciplina della possibile situazione di conflitto. Ciò potrebbe determinare oneri a carico del bilancio dello Stato per la differenza tra il valore nominale e il valore di realizzo. La liquidazione delle attività sequestrate potrebbe altresì determinare un contenzioso volto ad ottenere il riconoscimento di eventuali danni patrimoniali derivanti dalla vendita di beni dissequestrati;
anche per questi motivi la Commissione bilancio del Senato aveva sollevato il problema di copertura in merito alla previsione di questo Fondo,

impegna il Governo:

a riferire al Parlamento, entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, circa gli effetti sui saldi di finanza pubblica derivanti dall'applicazione della normativa introdotta;
a presentare alle Camere entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge, una relazione dettagliata sugli interventi finanziati con il fondo giustizia e i relativi impegni di spesa.
9/3638/181. Capano.

La Camera,
premesso che:
il comma 21-quinquies dell'articolo 6 prevede l'emanazione di un D.P.C.M. volto a disciplinare i termini e le modalità per la vendita dei titoli di cui all'articolo 2 del decreto-legge n. 143 del 2008, (azioni, obbligazioni, Bot, Cct, ecc.) oggetto di sequestro nell'ambito di procedimenti penali o per l'applicazione di misure di prevenzione antimafia di cui alla legge n. 575 del 1965 e il cui ricavato affluisce al cd. Fondo unico giustizia;
si tratta di un D.P.C.M. di natura regolamentare, per il quale, quindi, non sono necessari né il parere del Consiglio di Stato, né l'obbligo di registrazione della Corte dei Conti;
considerato che:
si tratta di un dispositivo suscettibile di recare oneri a carico della finanza pubblica, poiché la norma potrebbe risultare inapplicabile attesa la composizione dei portafogli titoli da liquidare che contengono valori non negoziabili come polizze, garanzie ed altri titoli di valore reale pressoché nullo. La vendita di titoli sequestrati configura, in realtà, la cessione di valori e di beni di proprietà di terzi e può determinare, all'atto del possibile dissequestro, oneri a carico del bilancio dello Stato per la restituzione del titolo stesso. L'eventualità della restituzione è, peraltro, esclusa dal testo presentato dal Governo, il quale prevede la restituzione del solo ricavato;
l'affidamento delle procedure di vendita dei titoli sequestrati all'operatore finanziario detentore degli stessi, oltre ad estromettere Equitalia giustizia dalla gestione delle risorse di cui è responsabile, non ne garantirebbe l'ottimale collocazione sul mercato, stante l'assenza di controlli e la mancata disciplina della possibile situazione di conflitto. Ciò potrebbe determinare oneri a carico del bilancio dello Stato per la differenza tra il valore nominale e il valore di realizzo. La liquidazione delle attività sequestrate potrebbe altresì determinare un contenzioso volto ad ottenere il riconoscimento di eventuali danni patrimoniali derivanti dalla vendita di beni dissequestrati;
anche per questi motivi la Commissione bilancio del Senato aveva sollevato il problema di copertura in merito alla previsione di questo Fondo,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di riferire al Parlamento, entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, circa gli effetti sui saldi di finanza pubblica derivanti dall'applicazione della normativa introdotta;
a presentare alle Camere entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge, una relazione dettagliata sugli interventi finanziati con il fondo giustizia e i relativi impegni di spesa.
9/3638/181.(Testo modificato nel corso della seduta)Capano.

La Camera,
premesso che:
dopo oltre due anni dall'inizio della legislatura, con il provvedimento in esame, si conferma il profilo programmatico dell'esecutivo, caratterizzato da incertezze, confusione ed interventi inadeguati alle esigenze del Paese;
rilevato che:
la tutela giurisdizionale costituisce uno strumento imprescindibile per assicurare ai cittadini la garanzia e la piena attuazione dei loro diritti, non solo in sede penale ma anche in ambito civile, tributario e amministrativo;
l'efficienza del sistema giudiziario presuppone necessariamente un'efficace distribuzione sul territorio nazionale degli uffici giudiziari e l'adeguatezza della loro struttura dimensionale: per questo la revisione della geografia giudiziaria da un lato e delle dimensioni degli uffici giudiziari dall'altro, rappresenta una priorità da perseguire prevedendo l'individuazione di una rete omogenea di tribunali ordinari secondo criteri obbiettivi di prossimità di tipo socioeconomico e territoriale, con particolare attenzione alle zone di forte criminalità organizzata, a quelle con intensa densità abitativa e ove vi sia una rilevante domanda di giustizia, nonché ulteriori criteri che saranno individuati dopo il confronto con i territori;
allo stesso tempo si dovrà procedere verso l'incremento delle risorse strumentali e umane, attualmente del tutto insufficienti e sproporzionate rispetto ai carichi di lavoro degli uffici, e verso la completa ed effettiva informatizzazione (e telematizzazione) del procedimento, semplificando il regime delle notifiche, tenuto conto della recente introduzione delle modalità di notifica tramite posta elettronica certificata;
per quanto riguarda le risorse finanziare, è necessario ripristinare almeno le previsioni, anche se largamente insufficienti, approvate dalla Finanziaria 2010 che con la nuova manovra economica scendono di ulteriori 47,83 milioni di euro per 2011 e di 48,52 milioni di euro per il 2012,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative, anche di carattere normativo, volte a varare un piano per la riqualificazione del personale, mediante lo stanziamento di 40 milioni di euro, e per l'assunzione di almeno 4.000 nuove unità, stanziando a tal fine 152 milioni di euro.
9/3638/182. Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Picierno, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Touadi, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
dopo oltre due anni dall'inizio della legislatura, con il provvedimento in esame, si conferma il profilo programmatico dell'esecutivo, caratterizzato da incertezze, confusione ed interventi inadeguati alle esigenze del Paese;
rilevato che:
la tutela giurisdizionale costituisce uno strumento imprescindibile per assicurare ai cittadini la garanzia e la piena attuazione dei loro diritti, non solo in sede penale ma anche in ambito civile, tributario e amministrativo;
l'efficienza del sistema giudiziario presuppone necessariamente un'efficace distribuzione sul territorio nazionale degli uffici giudiziari e l'adeguatezza della loro struttura dimensionale: per questo la revisione della geografia giudiziaria da un lato e delle dimensioni degli uffici giudiziari dall'altro, rappresenta una priorità da perseguire prevedendo l'individuazione di una rete omogenea di tribunali ordinari secondo criteri obbiettivi di prossimità di tipo socioeconomico e territoriale, con particolare attenzione alle zone di forte criminalità organizzata, a quelle con intensa densità abitativa e ove vi sia una rilevante domanda di giustizia, nonché ulteriori criteri che saranno individuati dopo il confronto con i territori;
allo stesso tempo si dovrà procedere verso l'incremento delle risorse strumentali e umane, attualmente del tutto insufficienti e sproporzionate rispetto ai carichi di lavoro degli uffici, e verso la completa ed effettiva informatizzazione (e telematizzazione) del procedimento, semplificando il regime delle notifiche, tenuto conto della recente introduzione delle modalità di notifica tramite posta elettronica certificata;
per quanto riguarda le risorse finanziare, è necessario ripristinare almeno le previsioni, anche se largamente insufficienti, approvate dalla Finanziaria 2010 che con la nuova manovra economica scendono di ulteriori 47,83 milioni di euro per 2011 e di 48,52 milioni di euro per il 2012,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ad adottare ulteriori iniziative, anche di carattere normativo, volte a varare un piano per la riqualificazione del personale, mediante lo stanziamento di 40 milioni di euro, e per l'assunzione di almeno 4.000 nuove unità, stanziando a tal fine 152 milioni di euro.
9/3638/182.(Testo modificato nel corso della seduta)Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Picierno, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Touadi, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
dopo oltre due anni dall'inizio della legislatura, con il provvedimento in esame, si conferma il profilo programmatico dell'esecutivo, caratterizzato da incertezze, confusione ed interventi inadeguati alle esigenze del Paese;
la tutela giurisdizionale costituisce uno strumento imprescindibile per assicurare ai cittadini la garanzia e la piena attuazione dei loro diritti, non solo in sede penale ma anche in ambito civile, tributario e amministrativo;
la garanzia del diritto dei cittadini alla sicurezza presuppone necessariamente - oltre all'efficienza dell'azione delle forze dell'ordine cui vanno assicurati i mezzi indispensabili per il loro operato - un sistema giudiziario efficiente, per il cui miglioramento è necessario stanziare risorse adeguate e idonee a realizzare un effettivo miglioramento della qualità dell'amministrazione della giustizia; l'efficienza del sistema giudiziario rappresenta una condizione essenziale per la promozione dello sviluppo economico del Paese, favorendone la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali, anche in virtù di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione delle obbligazioni contrattuali;
il nostro sistema giudiziario soffre, oggi, di gravi carenze strutturali, che non sono affrontate dal Governo anche a causa delle scarse risorse stanziate: ne è prova l'ultima manovra finanziaria che le ha ulteriormente ridotte rispetto all'esercizio precedente, quando già rappresentavano soltanto l'1,4 per cento del bilancio dello Stato;
al taglio di oltre 327 milioni di euro operato nel corso della precedente finanziaria si vanno ad aggiungere, con il provvedimento in esame, altri 140 milioni di euro nel triennio di tagli alla missione 6 - Giustizia. Una riduzione significativa e suscettibile di determinare un ulteriore forte decremento dello standard qualitativo dell'amministrazione della giustizia se si considera che a tale missione sono ricondotti quattro 'programmi' cruciali per la funzionalità della giustizia - e quindi anche per la sicurezza e la tutela dei diritti dei cittadini - come quelli dell'amministrazione penitenziaria, della giustizia civile e penale, della giustizia minorile e dell'edilizia giudiziaria, penitenziaria e minorile;
tali disposizioni aggravano ulteriormente la disfunzionalità che già oggi caratterizza i sistemi giudiziario e penitenziario e in generale l'amministrazione della giustizia che con gli ulteriori tagli contenuti nel decreto rischia addirittura la paralisi;
le forti riduzioni di spesa previste dal Ministero della giustizia ostacoleranno in misura significativa la piena attuazione delle politiche per la sicurezza e il contrasto alla criminalità, impedendo il celere ed effettivo accertamento dei reati e l'identificazione dei colpevoli, nonché la prevenzione dei delitti, in palese contraddizione con quanto asserito dagli esponenti del Governo e della stessa maggioranza non solo in sede parlamentare o in contesti istituzionali, ma anche nell'ambito di dichiarazioni rese alla stampa;
la riduzione delle risorse rischia di rallentare l'informatizzazione dei procedimenti civili, penali, amministrativi e di prevenzione, necessaria per assicurare la qualità complessiva del «servizio giustizia», come è imposto, peraltro, dalle crescenti esigenze di cooperazione internazionale;
i consistenti tagli operati dai provvedimenti in analisi alle risorse destinate al dicastero della giustizia dimostrano il carattere meramente simbolico - come tale inefficace - della politica del Governo, che a fronte della continua introduzione di nuove norme incriminatrici, non prevede le risorse necessarie alla loro applicazione, sia in sede giudiziaria che penitenziaria, con il rischio di aggravare ulteriormente non solo la disfunzionalità del sistema giudiziario, ma anche di minare la certezza del diritto e la stessa legittimazione e credibilità della funzione dell'amministrazione della giustizia, con gravi pregiudizi per la sicurezza e la tutela giurisdizionale dei diritti per i cittadini,

impegna il Governo

ad assumere iniziative normative volte a prevedere lo stanziamento di fondi per attuare misure concrete volte alla prevenzione del fenomeno degli atti persecutori, per costruire campagne educative volte al rispetto della donna e della persona in generale, a partire dalla scuola, per predisporre e promuovere codici etici per l'informazione, la pubblicità e, in generale, riguardo all'immagine femminile, contro i linguaggi violenti e prevaricanti.
9/3638/183. Concia, Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Ciriello, Cuperlo, Melis, Picierno, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Touadi, Sarubbi.

La Camera,
premesso che:
dopo oltre due anni dall'inizio della legislatura, con il provvedimento in esame, si conferma il profilo programmatico dell'esecutivo, caratterizzato da incertezze, confusione ed interventi inadeguati alle esigenze del Paese;
la tutela giurisdizionale costituisce uno strumento imprescindibile per assicurare ai cittadini la garanzia e la piena attuazione dei loro diritti, non solo in sede penale ma anche in ambito civile, tributario e amministrativo;
la garanzia del diritto dei cittadini alla sicurezza presuppone necessariamente - oltre all'efficienza dell'azione delle forze dell'ordine cui vanno assicurati i mezzi indispensabili per il loro operato - un sistema giudiziario efficiente, per il cui miglioramento è necessario stanziare risorse adeguate e idonee a realizzare un effettivo miglioramento della qualità dell'amministrazione della giustizia; l'efficienza del sistema giudiziario rappresenta una condizione essenziale per la promozione dello sviluppo economico del Paese, favorendone la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali, anche in virtù di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione delle obbligazioni contrattuali;
il nostro sistema giudiziario soffre, oggi, di gravi carenze strutturali, che non sono affrontate dal Governo anche a causa delle scarse risorse stanziate: ne è prova l'ultima manovra finanziaria che le ha ulteriormente ridotte rispetto all'esercizio precedente, quando già rappresentavano soltanto l'1,4 per cento del bilancio dello Stato;
al taglio di oltre 327 milioni di euro operato nel corso della precedente finanziaria si vanno ad aggiungere, con il provvedimento in esame, altri 140 milioni di euro nel triennio di tagli alla missione 6 - Giustizia. Una riduzione significativa e suscettibile di determinare un ulteriore forte decremento dello standard qualitativo dell'amministrazione della giustizia se si considera che a tale missione sono ricondotti quattro 'programmi' cruciali per la funzionalità della giustizia - e quindi anche per la sicurezza e la tutela dei diritti dei cittadini - come quelli dell'amministrazione penitenziaria, della giustizia civile e penale, della giustizia minorile e dell'edilizia giudiziaria, penitenziaria e minorile;
tali disposizioni aggravano ulteriormente la disfunzionalità che già oggi caratterizza i sistemi giudiziario e penitenziario e in generale l'amministrazione della giustizia che con gli ulteriori tagli contenuti nel decreto rischia addirittura la paralisi;
le forti riduzioni di spesa previste dal Ministero della giustizia ostacoleranno in misura significativa la piena attuazione delle politiche per la sicurezza e il contrasto alla criminalità, impedendo il celere ed effettivo accertamento dei reati e l'identificazione dei colpevoli, nonché la prevenzione dei delitti, in palese contraddizione con quanto asserito dagli esponenti del Governo e della stessa maggioranza non solo in sede parlamentare o in contesti istituzionali, ma anche nell'ambito di dichiarazioni rese alla stampa;
la riduzione delle risorse rischia di rallentare l'informatizzazione dei procedimenti civili, penali, amministrativi e di prevenzione, necessaria per assicurare la qualità complessiva del «servizio giustizia», come è imposto, peraltro, dalle crescenti esigenze di cooperazione internazionale;
i consistenti tagli operati dai provvedimenti in analisi alle risorse destinate al dicastero della giustizia dimostrano il carattere meramente simbolico - come tale inefficace - della politica del Governo, che a fronte della continua introduzione di nuove norme incriminatrici, non prevede le risorse necessarie alla loro applicazione, sia in sede giudiziaria che penitenziaria, con il rischio di aggravare ulteriormente non solo la disfunzionalità del sistema giudiziario, ma anche di minare la certezza del diritto e la stessa legittimazione e credibilità della funzione dell'amministrazione della giustizia, con gravi pregiudizi per la sicurezza e la tutela giurisdizionale dei diritti per i cittadini,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ad assumere iniziative normative volte a prevedere lo stanziamento di fondi per attuare misure concrete volte alla prevenzione del fenomeno degli atti persecutori, per costruire campagne educative volte al rispetto della donna e della persona in generale, a partire dalla scuola, per predisporre e promuovere codici etici per l'informazione, la pubblicità e, in generale, riguardo all'immagine femminile, contro i linguaggi violenti e prevaricanti.
9/3638/183.(Testo modificato nel corso della seduta)Concia, Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Ciriello, Cuperlo, Melis, Picierno, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Touadi, Sarubbi.

La Camera,
premesso che:
dopo oltre due anni dall'inizio della legislatura, con il provvedimento in nostro esame, si conferma il profilo programmatico dell'esecutivo, caratterizzato da incertezze, confusione ed interventi inadeguati alle esigenze del Paese;
la tutela giurisdizionale costituisce uno strumento imprescindibile per assicurare ai cittadini la garanzia e la piena attuazione dei loro diritti, non solo in sede penale ma anche in ambito civile, tributario e amministrativo;
la garanzia del diritto dei cittadini alla sicurezza presuppone necessariamente - oltre all'efficienza dell'azione delle forze dell'ordine cui vanno assicurati i mezzi indispensabili per il loro operato - un sistema giudiziario efficiente, per il cui miglioramento è necessario stanziare risorse adeguate e idonee a realizzare un effettivo miglioramento della qualità dell'amministrazione della giustizia; l'efficienza del sistema giudiziario rappresenta una condizione essenziale per la promozione dello sviluppo economico del Paese, favorendone la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali, anche in virtù di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione delle obbligazioni contrattuali;
il nostro sistema giudiziario soffre, oggi, di gravi carenze strutturali, che non sono affrontate dal Governo anche a causa delle scarse risorse stanziate: ne è prova l'ultima manovra finanziaria che le ha ulteriormente ridotte rispetto all'esercizio precedente, quando già rappresentavano soltanto l'1,4 per cento del bilancio dello Stato;
considerato che:
al taglio di oltre 327 milioni di euro operato nel corso della precedente finanziaria si vanno ad aggiungere, con il provvedimento in esame, altri 140 milioni di euro nel triennio di tagli alla missione 6 - Giustizia. Una riduzione significativa e suscettibile di determinare un ulteriore forte decremento dello standard qualitativo dell'amministrazione della giustizia se si considera che a tale missione sono ricondotti quattro «programmi» cruciali per la funzionalità della giustizia - e quindi anche per la sicurezza e la tutela dei diritti dei cittadini - come quelli dell'amministrazione penitenziaria, della giustizia civile e penale, della giustizia minorile e dell'edilizia giudiziaria, penitenziaria e minorile;
tali disposizioni aggravano ulteriormente la disfunzionalità che già oggi caratterizza i sistemi giudiziario e penitenziario e in generale l'amministrazione della giustizia che con gli ulteriori tagli contenuti nel decreto rischia addirittura la paralisi;
le forti riduzioni di spesa previste dal Ministero della giustizia ostacoleranno in misura significativa la piena attuazione delle politiche per la sicurezza e il contrasto alla criminalità, impedendo il celere ed effettivo accertamento dei reati e l'identificazione dei colpevoli, nonché la prevenzione dei delitti, in palese contraddizione con quanto asserito dagli esponenti del Governo e della stessa maggioranza non solo in sede parlamentare o in contesti istituzionali, ma anche nell'ambito di dichiarazioni rese alla stampa;
la riduzione delle risorse rischia di rallentare l'informatizzazione dei procedimenti civili, penali, amministrativi e di prevenzione, necessaria per assicurare la qualità complessiva del «servizio giustizia», come è imposto, peraltro, dalle crescenti esigenze di cooperazione internazionale;
i consistenti tagli operati dai provvedimenti in analisi alle risorse destinate al dicastero della giustizia dimostrano il carattere meramente simbolico - come tale inefficace - della politica del Governo, che a fronte della continua introduzione di nuove norme incriminatrici, non prevede le risorse necessarie alla loro applicazione, sia in sede giudiziaria che penitenziaria, con il rischio di aggravare ulteriormente non solo la disfunzionalità del sistema giudiziario, ma anche di minare la certezza del diritto e la stessa legittimazione e credibilità della funzione dell'amministrazione della giustizia, con gravi pregiudizi per la sicurezza e la tutela giurisdizionale dei diritti per i cittadini,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative volte a garantire adeguati finanziamenti al Ministero della Giustizia per l'attuazione del processo telematico, per investimenti adeguati nell'informatica giudiziaria, nella formazione e incentivazione economica e professionale del personale dell'amministrazione della giustizia.
9/3638/184. Andrea Orlando, Ferranti, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Picierno, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Touadi.

La Camera,
premesso che:
dopo oltre due anni dall'inizio della legislatura, con il provvedimento in nostro esame, si conferma il profilo programmatico dell'esecutivo, caratterizzato da incertezze, confusione ed interventi inadeguati alle esigenze del Paese;
la tutela giurisdizionale costituisce uno strumento imprescindibile per assicurare ai cittadini la garanzia e la piena attuazione dei loro diritti, non solo in sede penale ma anche in ambito civile, tributario e amministrativo;
la garanzia del diritto dei cittadini alla sicurezza presuppone necessariamente - oltre all'efficienza dell'azione delle forze dell'ordine cui vanno assicurati i mezzi indispensabili per il loro operato - un sistema giudiziario efficiente, per il cui miglioramento è necessario stanziare risorse adeguate e idonee a realizzare un effettivo miglioramento della qualità dell'amministrazione della giustizia; l'efficienza del sistema giudiziario rappresenta una condizione essenziale per la promozione dello sviluppo economico del Paese, favorendone la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali, anche in virtù di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione delle obbligazioni contrattuali;
il nostro sistema giudiziario soffre, oggi, di gravi carenze strutturali, che non sono affrontate dal Governo anche a causa delle scarse risorse stanziate: ne è prova l'ultima manovra finanziaria che le ha ulteriormente ridotte rispetto all'esercizio precedente, quando già rappresentavano soltanto l'1,4 per cento del bilancio dello Stato;
considerato che:
al taglio di oltre 327 milioni di euro operato nel corso della precedente finanziaria si vanno ad aggiungere, con il provvedimento in esame, altri 140 milioni di euro nel triennio di tagli alla missione 6 - Giustizia. Una riduzione significativa e suscettibile di determinare un ulteriore forte decremento dello standard qualitativo dell'amministrazione della giustizia se si considera che a tale missione sono ricondotti quattro «programmi» cruciali per la funzionalità della giustizia - e quindi anche per la sicurezza e la tutela dei diritti dei cittadini - come quelli dell'amministrazione penitenziaria, della giustizia civile e penale, della giustizia minorile e dell'edilizia giudiziaria, penitenziaria e minorile;
tali disposizioni aggravano ulteriormente la disfunzionalità che già oggi caratterizza i sistemi giudiziario e penitenziario e in generale l'amministrazione della giustizia che con gli ulteriori tagli contenuti nel decreto rischia addirittura la paralisi;
le forti riduzioni di spesa previste dal Ministero della giustizia ostacoleranno in misura significativa la piena attuazione delle politiche per la sicurezza e il contrasto alla criminalità, impedendo il celere ed effettivo accertamento dei reati e l'identificazione dei colpevoli, nonché la prevenzione dei delitti, in palese contraddizione con quanto asserito dagli esponenti del Governo e della stessa maggioranza non solo in sede parlamentare o in contesti istituzionali, ma anche nell'ambito di dichiarazioni rese alla stampa;
la riduzione delle risorse rischia di rallentare l'informatizzazione dei procedimenti civili, penali, amministrativi e di prevenzione, necessaria per assicurare la qualità complessiva del «servizio giustizia», come è imposto, peraltro, dalle crescenti esigenze di cooperazione internazionale;
i consistenti tagli operati dai provvedimenti in analisi alle risorse destinate al dicastero della giustizia dimostrano il carattere meramente simbolico - come tale inefficace - della politica del Governo, che a fronte della continua introduzione di nuove norme incriminatrici, non prevede le risorse necessarie alla loro applicazione, sia in sede giudiziaria che penitenziaria, con il rischio di aggravare ulteriormente non solo la disfunzionalità del sistema giudiziario, ma anche di minare la certezza del diritto e la stessa legittimazione e credibilità della funzione dell'amministrazione della giustizia, con gravi pregiudizi per la sicurezza e la tutela giurisdizionale dei diritti per i cittadini,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ad adottare iniziative normative volte a garantire adeguati finanziamenti al Ministero della Giustizia per l'attuazione del processo telematico, per investimenti adeguati nell'informatica giudiziaria, nella formazione e incentivazione economica e professionale del personale dell'amministrazione della giustizia.
9/3638/184.(Testo modificato nel corso della seduta)Andrea Orlando, Ferranti, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Picierno, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Touadi.

La Camera,
premesso che:
dopo oltre due anni dall'inizio della legislatura, con il provvedimento in esame, si conferma il profilo programmatico dell'esecutivo, caratterizzato da incertezze, confusione ed interventi inadeguati alle esigenze del Paese;
la tutela giurisdizionale costituisce uno strumento imprescindibile per assicurare ai cittadini la garanzia e la piena attuazione dei loro diritti, non solo in sede penale ma anche in ambito civile, tributario e amministrativo;
la garanzia del diritto dei cittadini alla sicurezza presuppone necessariamente - oltre all'efficienza dell'azione delle forze dell'ordine cui vanno assicurati i mezzi indispensabili per il loro operato - un sistema giudiziario efficiente, per il cui miglioramento è necessario stanziare risorse adeguate e idonee a realizzare un effettivo miglioramento della qualità dell'amministrazione della giustizia; l'efficienza del sistema giudiziario rappresenta una condizione essenziale per la promozione dello sviluppo economico del Paese, favorendone la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali, anche in virtù di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione delle obbligazioni contrattuali;
il nostro sistema giudiziario soffre, oggi, di gravi carenze strutturali, che non sono affrontate dal Governo anche a causa delle scarse risorse stanziate: ne è prova l'ultima manovra finanziaria che le ha ulteriormente ridotte rispetto all'esercizio precedente, quando già rappresentavano soltanto l'1,4 per cento del bilancio dello Stato;
al taglio di oltre 327 milioni di euro operato nel corso della precedente finanziaria si vanno ad aggiungere, con il provvedimento in esame, altri 140 milioni di euro nel triennio di tagli alla missione 6 - Giustizia. Una riduzione significativa e suscettibile di determinare un ulteriore forte decremento dello standard qualitativo dell'amministrazione della giustizia se si considera che a tale missione sono ricondotti quattro «programmi» cruciali per la funzionalità della giustizia - e quindi anche per la sicurezza e la tutela dei diritti dei cittadini - come quelli dell'amministrazione penitenziaria, della giustizia civile e penale, della giustizia minorile e dell'edilizia giudiziaria, penitenziaria e minorile;
tali disposizioni aggravano ulteriormente la disfunzionalità che già oggi caratterizza i sistemi giudiziario e penitenziario e in generale l'amministrazione della giustizia che con gli ulteriori tagli contenuti nel decreto rischia addirittura la paralisi;
le forti riduzioni di spesa previste dal Ministero della giustizia ostacoleranno in misura significativa la piena attuazione delle politiche per la sicurezza e il contrasto alla criminalità, impedendo il celere ed effettivo accertamento dei reati e l'identificazione dei colpevoli, nonché la prevenzione dei delitti, in palese contraddizione con quanto asserito dagli esponenti del Governo e della stessa maggioranza non solo in sede parlamentare o in contesti istituzionali, ma anche nell'ambito di dichiarazioni rese alla stampa;
la riduzione delle risorse rischia di rallentare l'informatizzazione dei procedimenti civili, penali, amministrativi e di prevenzione, necessaria per assicurare la qualità complessiva del «servizio giustizia», come è imposto, peraltro, dalle crescenti esigenze di cooperazione internazionale;
i consistenti tagli operati dai provvedimenti in analisi alle risorse destinate al dicastero della giustizia dimostrano il carattere meramente simbolico - come tale inefficace - della politica del Governo, che a fronte della continua introduzione di nuove norme incriminatrici, non prevede le risorse necessarie alla loro applicazione, sia in sede giudiziaria che penitenziaria, con il rischio di aggravare ulteriormente non solo la disfunzionalità del sistema giudiziario, ma anche di minare la certezza del diritto e la stessa legittimazione e credibilità della funzione dell'amministrazione della giustizia, con gravi pregiudizi per la sicurezza e la tutela giurisdizionale dei diritti per i cittadini,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative volte a prevedere adeguati finanziamenti per l'ufficio del processo inteso come complessivo progetto di ristrutturazione degli uffici giudiziari, necessario per ottenere l'ottimizzazione delle risorse e l'accelerazione dei tempi dei processi assicurando alla giurisdizione un fattivo supporto organizzativo.
9/3638/185. Tenaglia, Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Picierno, Rossomando, Samperi, Tidei, Touadi, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
dopo oltre due anni dall'inizio della legislatura, con il provvedimento in esame, si conferma il profilo programmatico dell'esecutivo, caratterizzato da incertezze, confusione ed interventi inadeguati alle esigenze del Paese;
la tutela giurisdizionale costituisce uno strumento imprescindibile per assicurare ai cittadini la garanzia e la piena attuazione dei loro diritti, non solo in sede penale ma anche in ambito civile, tributario e amministrativo;
la garanzia del diritto dei cittadini alla sicurezza presuppone necessariamente - oltre all'efficienza dell'azione delle forze dell'ordine cui vanno assicurati i mezzi indispensabili per il loro operato - un sistema giudiziario efficiente, per il cui miglioramento è necessario stanziare risorse adeguate e idonee a realizzare un effettivo miglioramento della qualità dell'amministrazione della giustizia; l'efficienza del sistema giudiziario rappresenta una condizione essenziale per la promozione dello sviluppo economico del Paese, favorendone la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali, anche in virtù di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione delle obbligazioni contrattuali;
il nostro sistema giudiziario soffre, oggi, di gravi carenze strutturali, che non sono affrontate dal Governo anche a causa delle scarse risorse stanziate: ne è prova l'ultima manovra finanziaria che le ha ulteriormente ridotte rispetto all'esercizio precedente, quando già rappresentavano soltanto l'1,4 per cento del bilancio dello Stato;
al taglio di oltre 327 milioni di euro operato nel corso della precedente finanziaria si vanno ad aggiungere, con il provvedimento in esame, altri 140 milioni di euro nel triennio di tagli alla missione 6 - Giustizia. Una riduzione significativa e suscettibile di determinare un ulteriore forte decremento dello standard qualitativo dell'amministrazione della giustizia se si considera che a tale missione sono ricondotti quattro «programmi» cruciali per la funzionalità della giustizia - e quindi anche per la sicurezza e la tutela dei diritti dei cittadini - come quelli dell'amministrazione penitenziaria, della giustizia civile e penale, della giustizia minorile e dell'edilizia giudiziaria, penitenziaria e minorile;
tali disposizioni aggravano ulteriormente la disfunzionalità che già oggi caratterizza i sistemi giudiziario e penitenziario e in generale l'amministrazione della giustizia che con gli ulteriori tagli contenuti nel decreto rischia addirittura la paralisi;
le forti riduzioni di spesa previste dal Ministero della giustizia ostacoleranno in misura significativa la piena attuazione delle politiche per la sicurezza e il contrasto alla criminalità, impedendo il celere ed effettivo accertamento dei reati e l'identificazione dei colpevoli, nonché la prevenzione dei delitti, in palese contraddizione con quanto asserito dagli esponenti del Governo e della stessa maggioranza non solo in sede parlamentare o in contesti istituzionali, ma anche nell'ambito di dichiarazioni rese alla stampa;
la riduzione delle risorse rischia di rallentare l'informatizzazione dei procedimenti civili, penali, amministrativi e di prevenzione, necessaria per assicurare la qualità complessiva del «servizio giustizia», come è imposto, peraltro, dalle crescenti esigenze di cooperazione internazionale;
i consistenti tagli operati dai provvedimenti in analisi alle risorse destinate al dicastero della giustizia dimostrano il carattere meramente simbolico - come tale inefficace - della politica del Governo, che a fronte della continua introduzione di nuove norme incriminatrici, non prevede le risorse necessarie alla loro applicazione, sia in sede giudiziaria che penitenziaria, con il rischio di aggravare ulteriormente non solo la disfunzionalità del sistema giudiziario, ma anche di minare la certezza del diritto e la stessa legittimazione e credibilità della funzione dell'amministrazione della giustizia, con gravi pregiudizi per la sicurezza e la tutela giurisdizionale dei diritti per i cittadini,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ad adottare iniziative normative volte a prevedere adeguati finanziamenti per l'ufficio del processo inteso come complessivo progetto di ristrutturazione degli uffici giudiziari, necessario per ottenere l'ottimizzazione delle risorse e l'accelerazione dei tempi dei processi assicurando alla giurisdizione un fattivo supporto organizzativo.
9/3638/185.(Testo modificato nel corso della seduta)Tenaglia, Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Picierno, Rossomando, Samperi, Tidei, Touadi, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame prevede tagli lineari del 10 per cento delle dotazioni finanziarie (spese rimodulabili) delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
nello specifico, l'Allegato 1 alla manovra correttiva riporta relativamente al Ministero della salute un taglio di 13.706 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 2.322 per la ricerca e l'innovazione e 8,364 per la tutela alla salute, di 14.105 milioni di euro per l'anno 2012 e di 14.090 milioni di euro per l'anno 2013 mentre per il ministero del lavoro e delle politiche sociali prevede un taglio di 12.326 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 175 per i diritti sociali, politiche sociali e famiglia, 11 per le politiche dell'immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, un taglio di 12.235 milioni di euro per l'anno 2012 ed un analogo taglio per l'anno 2013;
il settore sanitario è chiamato a contribuire alla riduzione della spesa pubblica per un ammontare di circa 1,2 miliardi di euro a decorrere dall'anno 2012. Circa 628 milioni di euro sono recuperati da tagli al personale sanitario e la restante parte, per un ammontare pari a 600 milioni di euro a regime, da tagli alla spesa farmaceutica;
la manovra interviene in modo indiscriminato sul pubblico impiego, negando alla radice l'incentivazione del merito, dimezzando il numero dei lavoratori a tempo determinato o con contratti di collaborazione e bloccando il turn-over senza distinguere le specificità e le diversissime esigenze di ciascun ambito;
quindi, se appare assolutamente condivisibile la lotta agli sprechi, non è pensabile di risolvere il problema della spesa sanitaria intervenendo in modo drastico ed indiscriminato sulla sanità pubblica, la riqualificazione del sistema sanitario passa necessariamente attraverso misure aventi carattere strutturale e non emergenziale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui in premessa al fine di assicurare agli enti del servizio sanitario nazionale e alle regioni, per poter garantire la continuità assistenziale e l'erogazione delle prestazioni sanitarie comprese nei livelli essenziali d'assistenza, tutte le risorse economiche adeguate affinché tali enti possano, tra le altre misure organizzative, anche continuare ad avvalersi del personale con contratti a tempo determinato o comunque con contratti atipici nei limiti delle dotazioni organiche previste negli anni precedenti;
ad adottare tutte le misure normative e economiche atte a far fronte alle conseguenze dell'eventuale applicazione del blocco delle assunzioni a tempo determinato dei giovani precari impegnati nel pronto soccorso sui tempi di attesa dei cittadini, sulla sicurezza delle cure.
9/3638/186. D'Incecco, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame prevede tagli lineari del 10 per cento delle dotazioni finanziarie (spese rimodulabili) delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
nello specifico, l'Allegato 1 alla manovra correttiva riporta relativamente al Ministero della salute un taglio di 13.706 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 2.322 per la ricerca e l'innovazione e 8,364 per la tutela alla salute, di 14.105 milioni di euro per l'anno 2012 e di 14.090 milioni di euro per l'anno 2013 mentre per il ministero del lavoro e delle politiche sociali prevede un taglio di 12.326 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 175 per i diritti sociali, politiche sociali e famiglia, 11 per le politiche dell'immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, un taglio di 12.235 milioni di euro per l'anno 2012 ed un analogo taglio per l'anno 2013;
il settore sanitario è chiamato a contribuire alla riduzione della spesa pubblica per un ammontare di circa 1,2 miliardi di euro a decorrere dall'anno 2012. Circa 628 milioni di euro sono recuperati da tagli al personale sanitario e la restante parte, per un ammontare pari a 600 milioni di euro a regime, da tagli alla spesa farmaceutica;
la manovra interviene in modo indiscriminato sul pubblico impiego, negando alla radice l'incentivazione del merito, dimezzando il numero dei lavoratori a tempo determinato o con contratti di collaborazione e bloccando il turn-over senza distinguere le specificità e le diversissime esigenze di ciascun ambito;
quindi, se appare assolutamente condivisibile la lotta agli sprechi, non è pensabile di risolvere il problema della spesa sanitaria intervenendo in modo drastico ed indiscriminato sulla sanità pubblica, la riqualificazione del sistema sanitario passa necessariamente attraverso misure aventi carattere strutturale e non emergenziale,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ad adottare misure normative e economiche atte a far fronte alle conseguenze dell'eventuale applicazione del blocco delle assunzioni a tempo determinato dei giovani precari impegnati nel pronto soccorso sui tempi di attesa dei cittadini, sulla sicurezza delle cure.
9/3638/186.(Testo modificato nel corso della seduta)D'Incecco, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame prevede tagli lineari del 10 per cento delle dotazioni finanziarie (spese rimodulabili) delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
nello specifico, l'Allegato 1 alla manovra correttiva riporta relativamente al Ministero della salute un taglio di 13.706 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 2.322 per la ricerca e l'innovazione e 8.364 per la tutela alla salute, di 14.105 milioni di euro per l'anno 2012 e di 14.090 milioni di euro per l'anno 2013 mentre per il ministero del lavoro e delle politiche sociali prevede un taglio di 12.326 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 175 per i diritti sociali, politiche sociali e famiglia, 11 per le politiche dell'immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, un taglio di 12.235 milioni di euro per l'anno 2012 ed un analogo taglio per l'anno 2013;
il settore sanitario è chiamato a contribuire alla riduzione della spesa pubblica per un ammontare di circa 1,2 miliardi di euro a decorrere dall'anno 2012. Circa 628 milioni di euro sono recuperati da tagli al personale sanitario e la restante parte, per un ammontare pari a 600 milioni di euro a regime, da tagli alla spesa farmaceutica;
la manovra interviene in modo indiscriminato sul pubblico impiego, negando alla radice 1'incentivazione del merito, dimezzando il numero dei lavoratori a tempo determinato o con contratti di collaborazione e bloccando il turn-over senza distinguere le specificità e le diversissime esigenze di ciascun ambito;
non è chiaro se al comporto sanità si applichi o meno le regola del blocco del turn-over, visto che alcune regioni in disavanzo sono già intervenute bloccando il turn-over del personale sanitario;
il nuovo Patto per la Salute 2010-2012 siglato il 3 dicembre 2009 tra lo stato e le regioni prevede all'articolo 12 (personale del servizio sanitario nazionale) la proroga per gli anni 2010-2012 delle finalità di cui all'articolo 1, comma 565, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 tra cui l'ulteriore contenimento della spesa de personale degli enti del Servizio sanitario nazionale, compreso quello operante nelle aziende ospedaliero universitaria a carico anche parziale del Servizio sanitario nazionale;
quindi, se appare assolutamente condivisibile la lotta agli sprechi, non è pensabile di risolvere il problema della spesa sanitaria intervenendo in modo drastico ed indiscriminato sulla sanità pubblica, la riqualificazione del sistema sanitario passa necessariamente attraverso misure aventi carattere strutturale e non emergenziale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di garantire al comparto sanità tutte le risorse economiche necessarie e una chiarezza normativa necessaria atta ad evitare il blocco del turnover in quanto, la garanzia di turnover dei Medici e dirigenti sanitari, veterinari ed amministrativi del Sistema sanitario merita certezze e chiarezza al fine di non generare discriminazioni tra una Regione e l'altra e tra un'Azienda sanitaria e l'altra.
9/3638/187. Lenzi.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame prevede tagli lineari del 10 per cento delle dotazioni finanziarie (spese rimodulabili) delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
nello specifico, l'Allegato 1 alla manovra correttiva riporta relativamente al Ministero della salute un taglio di 13.706 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 2.322 per la ricerca e l'innovazione e 8.364 per la tutela alla salute, di 14.105 milioni di euro per l'anno 2012 e di 14.090 milioni di euro per l'anno 2013 mentre per il ministero del lavoro e delle politiche sociali prevede un taglio di 12.326 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 175 per i diritti sociali, politiche sociali e famiglia, 11 per le politiche dell'immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, un taglio di 12.235 milioni di euro per l'anno 2012 ed un analogo taglio per l'anno 2013;
il settore sanitario è chiamato a contribuire alla riduzione della spesa pubblica per un ammontare di circa 1,2 miliardi di euro a decorrere dall'anno 2012. Circa 628 milioni di euro sono recuperati da tagli al personale sanitario e la restante parte, per un ammontare pari a 600 milioni di euro a regime, da tagli alla spesa farmaceutica;
la manovra interviene in modo indiscriminato sul pubblico impiego, negando alla radice 1'incentivazione del merito, dimezzando il numero dei lavoratori a tempo determinato o con contratti di collaborazione e bloccando il turn-over senza distinguere le specificità e le diversissime esigenze di ciascun ambito;
non è chiaro se al comporto sanità si applichi o meno le regola del blocco del turn-over, visto che alcune regioni in disavanzo sono già intervenute bloccando il turn-over del personale sanitario;
il nuovo Patto per la Salute 2010-2012 siglato il 3 dicembre 2009 tra lo stato e le regioni prevede all'articolo 12 (personale del servizio sanitario nazionale) la proroga per gli anni 2010-2012 delle finalità di cui all'articolo 1, comma 565, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 tra cui l'ulteriore contenimento della spesa de personale degli enti del Servizio sanitario nazionale, compreso quello operante nelle aziende ospedaliero universitaria a carico anche parziale del Servizio sanitario nazionale;
quindi, se appare assolutamente condivisibile la lotta agli sprechi, non è pensabile di risolvere il problema della spesa sanitaria intervenendo in modo drastico ed indiscriminato sulla sanità pubblica, la riqualificazione del sistema sanitario passa necessariamente attraverso misure aventi carattere strutturale e non emergenziale,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di garantire al comparto sanità tutte le risorse economiche necessarie e una chiarezza normativa necessaria atta ad evitare il blocco del turnover in quanto, la garanzia di turnover dei Medici e dirigenti sanitari, veterinari ed amministrativi del Sistema sanitario merita certezze e chiarezza al fine di non generare discriminazioni tra una Regione e l'altra e tra un'Azienda sanitaria e l'altra.
9/3638/187.(Testo modificato nel corso della seduta)Lenzi.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame prevede tagli lineari del 10 per cento delle dotazioni finanziarie (spese rimodulabili) delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
nello specifico, l'Allegato 1 alla manovra correttiva riporta relativamente al Ministero della salute un taglio di 13.706 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 2.322 per la ricerca e l'innovazione e 8.364 per la tutela alla salute, di 14.105 milioni di euro per l'anno 2012 e di 14.090 milioni di euro per l'anno 2013 mentre per il ministero del lavoro e delle politiche sociali prevede un taglio di 12.326 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 175 per i diritti sociali, politiche sociali e famiglia, 11 per le politiche dell'immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, un taglio di 12.235 milioni di euro per l'anno 2012 ed un analogo taglio per l'anno 2013;
il settore sanitario è chiamato a contribuire alla riduzione della spesa pubblica per un ammontare di circa 1,2 miliardi di euro a decorrere dall'anno 2012. Circa 628 milioni di euro sono recuperati da tagli al personale sanitario e la restante parte, per un ammontare pari a 600 milioni di euro a regime, da tagli alla spesa farmaceutica;
la manovra interviene in modo indiscriminato sul pubblico impiego, negando alla radice 1'incentivazione del merito, dimezzando il numero dei lavoratori a tempo determinato o con contratti di collaborazione e bloccando il turn-over senza distinguere le specificità e le diversissime esigenze di ciascun ambito;
quindi, se appare assolutamente condivisibile la lotta agli sprechi, non è pensabile di risolvere il problema della spesa sanitaria intervenendo in modo drastico ed indiscriminato sulla sanità pubblica, la riqualificazione del sistema sanitario passa necessariamente attraverso misure aventi carattere strutturale e non emergenziale,

impegna il Governo:

a monitorare gli effetti applicativi delle norme richiamate in premessa al fine di individuare tutte le risorse economico e finanziarie affinché le regioni possano fornire in maniera adeguata tutte le prestazioni previste in materia sanitaria;
a adottare iniziative normative volte a rivedere le modalità di distribuzione e di divisione delle risorse economico finanziaria nel settore della sanità dal livello centrale a livello regionale, attualmente fortemente incentrato sull'anzianità della popolazione residente in ciascuna regione, in quanto tale sistema penalizza le Regioni del sud, in particolare la regione Puglia che, per questo calcolo riceve molto meno di Regioni con analoga o inferiore popolazione e, considerando tra l'altro nella distribuzione delle risorse finanziarie anche l'indice di povertà che, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, considera dirimente ai fini della sanità stessa.
9/3638/188. Grassi.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame prevede tagli lineari del 10 per cento delle dotazioni finanziarie (spese rimodulabili) delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
nello specifico, l'Allegato 1 alla manovra correttiva riporta relativamente al Ministero della salute un taglio di 13.706 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 2.322 per la ricerca e l'innovazione e 8.364 per la tutela alla salute, di 14.105 milioni di euro per l'anno 2012 e di 14.090 milioni di euro per l'anno 2013 mentre per il ministero del lavoro e delle politiche sociali prevede un taglio di 12.326 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 175 per i diritti sociali, politiche sociali e famiglia, 11 per le politiche dell'immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, un taglio di 12.235 milioni di euro per l'anno 2012 ed un analogo taglio per l'anno 2013;
il settore sanitario è chiamato a contribuire alla riduzione della spesa pubblica per un ammontare di circa 1,2 miliardi di euro a decorrere dall'anno 2012. Circa 628 milioni di euro sono recuperati da tagli al personale sanitario e la restante parte, per un ammontare pari a 600 milioni di euro a regime, da tagli alla spesa farmaceutica;
la manovra interviene in modo indiscriminato sul pubblico impiego, negando alla radice 1'incentivazione del merito, dimezzando il numero dei lavoratori a tempo determinato o con contratti di collaborazione e bloccando il turn-over senza distinguere le specificità e le diversissime esigenze di ciascun ambito;
quindi, se appare assolutamente condivisibile la lotta agli sprechi, non è pensabile di risolvere il problema della spesa sanitaria intervenendo in modo drastico ed indiscriminato sulla sanità pubblica, la riqualificazione del sistema sanitario passa necessariamente attraverso misure aventi carattere strutturale e non emergenziale,

impegna il Governo:

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a monitorare gli effetti applicativi delle norme richiamate in premessa al fine di individuare tutte le risorse economico e finanziarie affinché le regioni possano fornire in maniera adeguata tutte le prestazioni previste in materia sanitaria;
a adottare iniziative normative volte a rivedere le modalità di distribuzione e di divisione delle risorse economico finanziaria nel settore della sanità dal livello centrale a livello regionale, attualmente fortemente incentrato sull'anzianità della popolazione residente in ciascuna regione, in quanto tale sistema penalizza le Regioni del sud, in particolare la regione Puglia che, per questo calcolo riceve molto meno di Regioni con analoga o inferiore popolazione e, considerando tra l'altro nella distribuzione delle risorse finanziarie anche l'indice di povertà che, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, considera dirimente ai fini della sanità stessa.
9/3638/188.(Testo modificato nel corso della seduta)Grassi.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame prevede tagli lineari del 10 per cento delle dotazioni finanziarie (spese rimodulabili) delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
nello specifico, l'Allegato 1 alla manovra correttiva riporta relativamente al Ministero della salute un taglio di 13.706 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 2.322 per la ricerca e l'innovazione e 8.364 per la tutela alla salute, di 14.105 milioni di euro per l'anno 2012 e di 14.090 milioni di euro per l'anno 2013 mentre per il ministero del lavoro e delle politiche sociali prevede un taglio di 12.326 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 175 per i diritti sociali, politiche sociali e famiglia, 11 per le politiche dell'immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, un taglio di 12.235 milioni di euro per l'anno 2012 ed un analogo taglio per l'anno 2013;
le politiche sociali non possono essere solo considerate come una voce di spesa nel bilancio di uno stato a cui vanno anteposte politiche di risanamento economico, di investimenti produttivi e in infrastrutture;
le politiche a vantaggio delle persone e delle famiglie sono invece investimenti per lo sviluppo in quanto creano al pari della ricerca scientifica, delle politiche educative e formative i presupposti al progresso sociale e civile di un paese;
investire sulla persona, sulle sue capacità, sulla sua autonomia, sulla capacità di autorganizzarsi, significa produrre ricchezza economica e sociale indispensabile allo sviluppo;
lo sviluppo di un Paese, il rinnovamento del rapporto di fiducia tra Istituzioni e cittadini e lo stretto legame tra solidarietà, sicurezza e legalità, si realizzano, prima di tutto, con l'affermazione di una politica che superi le disuguaglianze e garantisca diritti e tutele a tutti, cittadini e non,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a:
introdurre tutte le misure atte a prevenire le condizioni di povertà, assumendo come riferimento l'Agenda sociale europea, nonché a definire i livelli essenziali delle prestazioni sociali (leps), così come previsti all'articolo 22 della legge quadro n. 328 del 2000 e dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e ad integrare con risorse economiche adeguate il fondo nazionale per le politiche sociali, in modo da garantire, su tutto il territorio nazionale, sia risorse adeguate per il mantenimento, sia opportunità reali per l'inserimento sociale;
ad individuare gli indirizzi, gli strumenti e le risorse per un Piano nazionale contro le povertà prendendo in carico le persone e le famiglie che sono in condizioni disagiate;
a definire una politica universalistica di lotta alle povertà superando la giungla attuale di interventi settoriali, categoriali e locali che il più delle volte accentuano le diseguaglianze perché tutelano alcuni e non altri nelle stesse condizioni di bisogno;
ad adottare le misure normative ed economiche necessarie affinché gli enti locali possano costituire punti unici d'Accesso alla rete integrata dei servizi sociali per la presa in carico delle persone e delle famiglie mediate progetti assistenziali personalizzati finalizzati al superamento delle condizioni di disagio economico e delle cause che lo determinano.
9/3638/189. Livia Turco.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame prevede tagli lineari del 10 per cento delle dotazioni finanziarie (spese rimodulabili) delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
nello specifico, l'Allegato 1 alla manovra correttiva riporta relativamente al Ministero della salute un taglio di 13.706 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 2.322 per la ricerca e l'innovazione e 8.364 per la tutela alla salute, di 14.105 milioni di euro per l'anno 2012 e di 14.090 milioni di euro per l'anno 2013 mentre per il ministero del lavoro e delle politiche sociali prevede un taglio di 12.326 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 175 per i diritti sociali, politiche sociali e famiglia, 11 per le politiche dell'immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, un taglio di 12.235 milioni di euro per l'anno 2012 ed un analogo taglio per l'anno 2013;
le politiche sociali non possono essere solo considerate come una voce di spesa nel bilancio di uno stato a cui vanno anteposte politiche di risanamento economico, di investimenti produttivi e in infrastrutture;
le politiche a vantaggio delle persone e delle famiglie sono invece investimenti per lo sviluppo in quanto creano al pari della ricerca scientifica, delle politiche educative e formative i presupposti al progresso sociale e civile di un paese;
investire sulla persona, sulle sue capacità, sulla sua autonomia, sulla capacità di autorganizzarsi, significa produrre ricchezza economica e sociale indispensabile allo sviluppo;
lo sviluppo di un Paese, il rinnovamento del rapporto di fiducia tra Istituzioni e cittadini e lo stretto legame tra solidarietà, sicurezza e legalità, si realizzano, prima di tutto, con l'affermazione di una politica che superi le disuguaglianze e garantisca diritti e tutele a tutti, cittadini e non,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a:
introdurre tutte le misure atte a prevenire le condizioni di povertà, assumendo come riferimento l'Agenda sociale europea, nonché a definire i livelli essenziali delle prestazioni sociali (leps), così come previsti all'articolo 22 della legge quadro n. 328 del 2000 e dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e ad integrare con risorse economiche adeguate il fondo nazionale per le politiche sociali, in modo da garantire, su tutto il territorio nazionale, sia risorse adeguate per il mantenimento, sia opportunità reali per l'inserimento sociale;
ad individuare gli indirizzi, gli strumenti e le risorse per un Piano nazionale contro le povertà prendendo in carico le persone e le famiglie che sono in condizioni disagiate;
a definire una politica universalistica di lotta alle povertà superando la giungla attuale di interventi settoriali, categoriali e locali che il più delle volte accentuano le diseguaglianze perché tutelano alcuni e non altri nelle stesse condizioni di bisogno;
ad adottare le misure normative ed economiche necessarie affinché gli enti locali possano costituire punti unici d'Accesso alla rete integrata dei servizi sociali per la presa in carico delle persone e delle famiglie mediate progetti assistenziali personalizzati finalizzati al superamento delle condizioni di disagio economico e delle cause che lo determinano.
9/3638/189.(Testo modificato nel corso della seduta)Livia Turco.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame prevede tagli lineari del 10 per cento delle dotazioni finanziarie (spese rimodulabili) delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
nello specifico, l'Allegato 1 alla manovra correttiva riporta relativamente al Ministero della salute un taglio di 13.706 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 2.322 per la ricerca e l'innovazione e 8.364 per la tutela alla salute, di 14.105 milioni di euro per l'anno 2012 e di 14.090 milioni di euro per l'anno 2013 mentre per il ministero del lavoro e delle politiche sociali prevede un taglio di 12.326 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 175 per i diritti sociali, politiche sociali e famiglia, 11 per le politiche dell'immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, un taglio di 12.235 milioni di euro per l'anno 2012 ed un analogo taglio per l'anno 2013;
le politiche sociali non possono essere solo considerate come una voce di spesa nel bilancio di uno stato a cui vanno anteposte politiche di risanamento economico, di investimenti produttivi e in infrastrutture;
le politiche a vantaggio delle persone e delle famiglie sono invece investimenti per lo sviluppo in quanto creano al pari della ricerca scientifica, delle politiche educative e formative i presupposti al progresso sociale e civile di un paese;
l'Italia, alla stregua di tutti gli altri Paesi economicamente e socialmente avanzati, invecchia e, che oltre il 20 per cento dei suoi sessanta milioni di abitanti conta più di 65 anni, in quasi 6 milioni hanno più di 75 anni;
se il dato è un positivo segnale di benessere diffuso e di complessiva soddisfacente tutela sociale e sanitaria del cittadino, c'è però da considerare che inevitabilmente un crescente numero di anziani è affetto da malattie croniche o comunque vive situazioni psicofisiche invalidanti e, ciò determina un progressivo aumento del fenomeno della non autosufficienza, che cresce dopo i 65 anni e si impenna dopo gli 80;
fonti diverse, dal Censis all'ISTAT, sono concordi nello stimare in oltre 2,7 milioni gli anziani non autosufficienti con un trend di crescita proiettato verso i 3 milioni nel 2015,

impegna il Governo:

a considerare tra le sue priorità il problema della non autosufficienza delle persone anziane sia escludendo tra i tagli ai trasferimenti delle regioni le risorse destinate alla non autosufficienza sia individuando le risorse necessarie per l'anno 2011;
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a riorganizzare l'intera materia definendo anche i livelli essenziali d'assistenza delle prestazioni sociali (leps), così come previsti all'articolo 22 della legge quadro n. 328 del 2000 e dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, inserendoci le prestazioni per la non autosufficienza affinché si possano avere prestazioni uniformi su tutto il territorio nazionale.
9/3638/190. Argentin.

La Camera:
premesso che:
il disegno di legge in esame prevede tagli lineari del 10 per cento delle dotazioni finanziarie (spese rimodulabili) delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
nello specifico, l'Allegato 1 alla manovra correttiva riporta relativamente al Ministero della salute un taglio di 13.706 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 2.322 per la ricerca e l'innovazione e 8.364 per la tutela alla salute, di 14.105 milioni di euro per l'anno 2012 e di 14.090 milioni di euro per l'anno 2013 mentre per il ministero del lavoro e delle politiche sociali prevede un taglio di 12.326 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 175 per i diritti sociali, politiche sociali e famiglia, 11 per le politiche dell'immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, un taglio di 12.235 milioni di euro per l'anno 2012 ed un analogo taglio per l'anno 2013;
la legge 25 febbraio 1992, n. 210 e successive modificazioni ed integrazioni, prevede un indennizzo economico a favore dei soggetti lesi in seguito a trasfusioni con sangue o da somministrazioni di emoderivati infetti,
il decreto-legge n. 159 del 1o ottobre 2007, recante interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, convertito dalla legge 29 novembre 2007 n. 222, all'articolo 33 prevede uno stanziamento di 150 milioni di euro per l'anno 2007 per le transazioni con soggetti danneggiati e promotori di risarcimento tuttora pendenti;
la legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007), all'articolo 2, comma 361, concede per le transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazione obbligatorie che abbiano instaurato azioni di risarcimento danni tuttora pendenti, una spesa 180 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008;
mentre chi ha cause pendenti è ancora in attesa della quantificazioni dell'indennizzo, la norma in esame colpisce retroattivamente chi già è beneficiario in virtù di una sentenza passata in giudicato ed esecutiva;
l'articolo 11 comma 13 del provvedimento in esame reca una norma d'interpretazione autentica del comma 2, dell'articolo 2, della legge 25 febbraio 1992, n. 210;
come riconosciuto dalla Corte costituzionale, l'indennizzo previsto dall'articolo 1 della legge n. 210 del 1992 consiste in una misura di sostegno economico fondata sulla solidarietà collettiva garantita ai cittadini, alla stregua degli articoli 2 e 38 della Costituzione, a fronte di eventi generanti una situazione di bisogno (sentenze n. 342 del 2006, n. 226 del 2000 e n. 118 del 1996) e trova il proprio fondamento nella «insufficienza dei controlli sanitari fino ad allora predisposti» in questo specifico settore (sentenza n. 476 del 2002);
l'indennizzo previsto dalla legge n. 210 del 1992 è composto da due parti, un assegno, reversibile per quindici anni e cumulabile con ogni altro emolumento a qualsiasi titolo percepito, rivalutabile annualmente sulla base del tasso di inflazione programmato (articolo 2, comma 1) e una somma corrispondente all'indennità integrativa speciale prevista per la prima qualifica funzionale degli impiegati civili dello Stato di cui alla legge n. 324 del 1959 che va ad integrare l'indennizzo sopra descritto (articolo 2, comma 2);
la norma di interpretazione autentica recata dal comma 13 chiarisce che la somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale che integra l'indennizzo non è rivalutata secondo il tasso d'inflazione mentre il comma 14 dello stesso articolo stabilisce che, fermo restando gli effetti esplicati da sentenze passate in giudicato per i periodi da esse definiti, cessa l'efficacia di provvedimenti emanati al fine di rivalutare la predetta somma, in forza di un titolo esecutivo;
quindi, se appare assolutamente condivisibile la lotta agli sprechi, non è pensabile risolverla limitando l'indennizzo a coloro che si trovino in tale situazione per una negligenza dello Stato.

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della normativa di cui all'articolo 11 commi 13 e 14 del provvedimento in esame al fine di garantire, a tutti coloro che hanno diritto all'indennizzo, eguale trattamento economico evitando così discriminazioni tra soggetti già fortemente penalizzati dalla negligenza nei controlli da parte dello Stato italiano ed evitando che siano ancora una volta i soggetti più deboli a dover pagare il risanamento dei conti pubblici.
9/3638/191. Sarubbi.

La Camera:
premesso che:
il disegno di legge in esame prevede tagli lineari del 10 per cento delle dotazioni finanziarie (spese rimodulabili) delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
nello specifico, l'Allegato 1 alla manovra correttiva riporta relativamente al Ministero della salute un taglio di 13.706 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 2.322 per la ricerca e l'innovazione e 8.364 per la tutela alla salute, di 14.105 milioni di euro per l'anno 2012 e di 14.090 milioni di euro per l'anno 2013 mentre per il ministero del lavoro e delle politiche sociali prevede un taglio di 12.326 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 175 per i diritti sociali, politiche sociali e famiglia, 11 per le politiche dell'immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, un taglio di 12.235 milioni di euro per l'anno 2012 ed un analogo taglio per l'anno 2013;
la legge 25 febbraio 1992, n. 210 e successive modificazioni ed integrazioni, prevede un indennizzo economico a favore dei soggetti lesi in seguito a trasfusioni con sangue o da somministrazioni di emoderivati infetti,
il decreto-legge n. 159 del 1o ottobre 2007, recante interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, convertito dalla legge 29 novembre 2007 n. 222, all'articolo 33 prevede uno stanziamento di 150 milioni di euro per l'anno 2007 per le transazioni con soggetti danneggiati e promotori di risarcimento tuttora pendenti;
la legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007), all'articolo 2, comma 361, concede per le transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazione obbligatorie che abbiano instaurato azioni di risarcimento danni tuttora pendenti, una spesa 180 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008;
mentre chi ha cause pendenti è ancora in attesa della quantificazioni dell'indennizzo, la norma in esame colpisce retroattivamente chi già è beneficiario in virtù di una sentenza passata in giudicato ed esecutiva;
l'articolo 11 comma 13 del provvedimento in esame reca una norma d'interpretazione autentica del comma 2, dell'articolo 2, della legge 25 febbraio 1992, n. 210;
come riconosciuto dalla Corte costituzionale, l'indennizzo previsto dall'articolo 1 della legge n. 210 del 1992 consiste in una misura di sostegno economico fondata sulla solidarietà collettiva garantita ai cittadini, alla stregua degli articoli 2 e 38 della Costituzione, a fronte di eventi generanti una situazione di bisogno (sentenze n. 342 del 2006, n. 226 del 2000 e n. 118 del 1996) e trova il proprio fondamento nella «insufficienza dei controlli sanitari fino ad allora predisposti» in questo specifico settore (sentenza n. 476 del 2002);
l'indennizzo previsto dalla legge n. 210 del 1992 è composto da due parti, un assegno, reversibile per quindici anni e cumulabile con ogni altro emolumento a qualsiasi titolo percepito, rivalutabile annualmente sulla base del tasso di inflazione programmato (articolo 2, comma 1) e una somma corrispondente all'indennità integrativa speciale prevista per la prima qualifica funzionale degli impiegati civili dello Stato di cui alla legge n. 324 del 1959 che va ad integrare l'indennizzo sopra descritto (articolo 2, comma 2);
la norma di interpretazione autentica recata dal comma 13 chiarisce che la somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale che integra l'indennizzo non è rivalutata secondo il tasso d'inflazione mentre il comma 14 dello stesso articolo stabilisce che, fermo restando gli effetti esplicati da sentenze passate in giudicato per i periodi da esse definiti, cessa l'efficacia di provvedimenti emanati al fine di rivalutare la predetta somma, in forza di un titolo esecutivo;
quindi, se appare assolutamente condivisibile la lotta agli sprechi, non è pensabile risolverla limitando l'indennizzo a coloro che si trovino in tale situazione per una negligenza dello Stato.

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a valutare gli effetti applicativi della normativa di cui all'articolo 11 commi 13 e 14 del provvedimento in esame al fine di garantire, a tutti coloro che hanno diritto all'indennizzo, eguale trattamento economico evitando così discriminazioni tra soggetti già fortemente penalizzati dalla negligenza nei controlli da parte dello Stato italiano ed evitando che siano ancora una volta i soggetti più deboli a dover pagare il risanamento dei conti pubblici.
9/3638/191.(Testo modificato nel corso della seduta)Sarubbi.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame prevede tagli lineari del 10 per cento delle dotazioni finanziarie (spese rimodulabili) delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
nello specifico, l'Allegato 1 alla manovra correttiva riporta relativamente al Ministero della salute un taglio di 13.706 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 2.322 per la ricerca e l'innovazione e 8.364 per la tutela alla salute, di 14.105 milioni di euro per l'anno 2012 e di 14.090 milioni di euro per l'anno 2013 mentre per il ministero del lavoro e delle politiche sociali prevede un taglio di 12.326 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 175 per i diritti sociali, politiche sociali e famiglia, 11 per le politiche dell'immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, un taglio di 12.235 milioni di euro per l'anno 2012 ed un analogo taglio per l'anno 2013;
all'articolo 10, comma 4, del provvedimento in esame si prevede un programma di verifiche sui titolari di benefici economici di invalidità civile pari a 250.000 unità;
nonostante il decreto ministeriale del Ministro dell'economia e delle finanze del 2 agosto 2007 escluda dal piano di verifica coloro che siano affetti da tipologie di malattie a carattere ingravescente, l'Inps ha convocando nei precedenti programmi di verifica anche soggetti esenti,

impegna il Governo

ad adottare iniziative nei confronti dell'Inps affinché abbia cura di evitare i controlli su soggetti portatori di menomazioni di natura irreversibile o di patologie rispetto alle quali sono escluse visite di controllo sulla permanenza dello stato invalidante ai sensi del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 2 agosto 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 settembre 2007, n. 225 onde evitare che tali soggetti debbano subire un ulteriore umiliazioni rispetto al loro stato di salute.
9/3638/192. Murer.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame prevede tagli lineari del 10 per cento delle dotazioni finanziarie (spese rimodulabili) delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
nello specifico, l'Allegato 1 alla manovra correttiva riporta relativamente al Ministero della salute un taglio di 13.706 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 2.322 per la ricerca e l'innovazione e 8.364 per la tutela alla salute, di 14.105 milioni di euro per l'anno 2012 e di 14.090 milioni di euro per l'anno 2013 mentre per il ministero del lavoro e delle politiche sociali prevede un taglio di 12.326 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 175 per i diritti sociali, politiche sociali e famiglia, 11 per le politiche dell'immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, un taglio di 12.235 milioni di euro per l'anno 2012 ed un analogo taglio per l'anno 2013;
all'articolo 10, comma 4, del provvedimento in esame si prevede un programma di verifiche sui titolari di benefici economici di invalidità civile pari a 250.000 unità;
nonostante il decreto ministeriale del Ministro dell'economia e delle finanze del 2 agosto 2007 escluda dal piano di verifica coloro che siano affetti da tipologie di malattie a carattere ingravescente, l'Inps ha convocando nei precedenti programmi di verifica anche soggetti esenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative nei confronti dell'Inps affinché abbia cura di evitare i controlli su soggetti portatori di menomazioni di natura irreversibile o di patologie rispetto alle quali sono escluse visite di controllo sulla permanenza dello stato invalidante ai sensi del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 2 agosto 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 settembre 2007, n. 225 onde evitare che tali soggetti debbano subire un ulteriore umiliazioni rispetto al loro stato di salute.
9/3638/192.(Testo modificato nel corso della seduta)Murer.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 7 del comma 3-bis del provvedimento in esame prevede la soppressione dell'Ente nazionale di assistenza magistrale (ENAM), istituito in base al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 21 ottobre 1947, n. 1346, ratificato dalla legge 21 marzo 1953, n. 90, e successive modificazioni e, le sue funzioni sono attribuite all'INPDAP che succede in tutti i rapporti attivi e passivi;
l'ENAM è nato dalla fusione dell'istituto Nazionale Orfani dei Maestri con l'Istituto Nazionale di Assistenza Magistrale ed è oggi, un Ente pubblico non economico, con personalità giuridica di diritto pubblico, posto sotto la vigilanza del Ministero della Pubblica Istruzione;
tale ente, da sessant'anni, fa assistenza sociale e sanitaria ai suoi soci e, come ha sostenuto all'inizio di quest'anno il Consiglio di Stato, agisce per «sostenere fasce di cittadini non sufficientemente sorrette dal sistema pubblico» e cioè proprio quei maestri delle scuole materne ed elementari che hanno stipendi molto bassi e, ora bloccati, che hanno vinto la partita per il ripristino degli scatti di anzianità ma che ora si vedono nuovamente attaccati;
attualmente, come è noto, l'ENAM si finanzia con l'0,80 per cento dello stipendio dei maestri in servizio, nonché dei dirigenti scolastici, ex direttori didattici, ha 330 mila soci ma assicura prestazioni a una platea di 1,3 milioni di persone considerando pensionati e familiari;
l'85 per cento delle entrate servono a coprire prestazioni sociosanitarie (circa 20 milioni di euro nel 2009), interventi per eventi eccezionali come il sisma in Abruzzo (3 milioni di euro) e a sostegno di casi di particolare indigenza, soggetti non autosufficienti e borse di studio agli orfani degli iscritti;
la misura di soppressione non ha senso né vantaggi e non serve a contenere la spesa pubblica in quanto l'Enam non costa un centesimo allo Stato ed è finanziato dal contributo del personale a cui sono destinate prestazioni di natura assistenziale e mutualistica;
nel caso di accorpamento dell'Enam all'Inpdap, deve essere trasferito anche l'ingente patrimonio immobiliare di case e centri estivi e climatico-termali (con la presenza media annuale di 10 mila persone) costruiti in oltre sessant'anni di risparmi e investimenti. Un patrimonio che, come ha stimato nel 2009 l'Agenzia del Territorio, ha un valore totale di oltre 107 milioni di euro. Questo è un patrimonio dei maestri italiani. Di nessun altro. «L'accorpamento sarebbe un vero e proprio esproprio», come ha affermato il presidente dell'Enam;

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma richiamata in premessa, che dispone la soppressione dell'Ente nazionale di assistenza magistrale (ENAM) e il passaggio delle sue funzioni nonché del suo patrimonio all'INPDAP, considerato che tale ente non incide sul bilancio dello Stato poiché viene interamente finanziato dai maestri della scuola primaria e dell'infanzia, nonché dagli ex direttori didattici.
9/3638/193. Pedoto, Pes, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'Allegato 1 alla manovra correttiva riporta relativamente al Ministero della salute un taglio di 13 706 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 2.322 per la ricerca e l'innovazione e 8.364 per la tutela alla salute, di 14.105 milioni di euro per l'anno 2012 e di 14.090 milioni di euro per l'anno 2013 mentre per il ministero del lavoro e delle politiche sociali prevede un taglio di 12.326 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 175 per i diritti sociali, politiche sociali e famiglia, 11 per le politiche dell'immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, un taglio di 12.235 milioni di euro per l'anno 2012 ed un analogo taglio per l'anno 2013;
il settore sanitario è chiamato a contribuire alla riduzione della spesa pubblica per un ammontare di circa 1,2 miliardi di euro a decorrere dall'anno 2012. Circa 628 milioni di euro sono recuperati da tagli al personale sanitario e la restante parte, per un ammontare pari a 600 milioni di euro a regime, da tagli alla spesa farmaceutica;
la non chiarezza del provvedimento fa si che se fosse confermata l'ipotesi di un contenimento del 50 per cento delle spese per i precari nel comporto sanità, i precari potrebbero essere dimezzati comportando «effetti devastanti» soprattutto «in punti nevralgici come i Pronto Soccorso»;
il numero dei professionisti della sanità che operano nel sistema pubblico con un lavoro flessibile, spesso con contratti atipici di breve durata, sono aumentati «a causa del blocco delle assunzioni imposto dalle leggi finanziarie e dai vari piani di rientro» e , come sottolinea l'Anaao-assomed (l'associazione dei medici dirigenti), ricordando, dati alla mano dal Conto annuale 2008 della Ragioneria dello Stato, «solo la dirigenza esprime da sola 8.239 precari (circa il 60 per cento donne) tra medici, veterinari e dirigenti sanitari, professionali, tecnici ed amministrativi»;
un'alta percentuale di precarizzazione del lavoro si trova anche nell'area della prevenzione veterinaria, con 1.200 veterinari precari a fronte dei circa 6.000 dirigenti contrattualizzati;
ridurre il numero dei medici, soprattutto nei Pronto soccorso avrà effetti devastanti, con un aumento dei carichi di lavoro per chi resta, un allungamento delle liste di attesa e ripercussioni inevitabili sulla qualità del servizio. Senza contare poi che con il blocco del turn-over, nei prossimi 4 anni andranno in pensione 30mila medici che potranno essere sostituiti solo in minima parte,

impegna il Governo:

ad assicurare tutte le risorse economiche necessarie per tutelare i posti di lavoro nel comparto sanità, tutelando così anche le prestazioni dovute ai cittadini;
a precisare, in sede di applicazione delle disposizioni richiamate in premessa, se il comparto sanità sia escluso o meno dalla normativa sul blocco delle assunzioni di cui all'articolo 9 comma 5 e comunque a prevedere, anche mediante iniziative di carattere normativo, una deroga al blocco delle assunzioni nonché alla riduzione dei posti letto nelle unità di pronto soccorso.
9/3638/194. Lucà, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'Allegato 1 alla manovra correttiva riporta relativamente al Ministero della salute un taglio di 13 706 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 2.322 per la ricerca e l'innovazione e 8.364 per la tutela alla salute, di 14.105 milioni di euro per l'anno 2012 e di 14.090 milioni di euro per l'anno 2013 mentre per il ministero del lavoro e delle politiche sociali prevede un taglio di 12.326 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 175 per i diritti sociali, politiche sociali e famiglia, 11 per le politiche dell'immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, un taglio di 12.235 milioni di euro per l'anno 2012 ed un analogo taglio per l'anno 2013;
il settore sanitario è chiamato a contribuire alla riduzione della spesa pubblica per un ammontare di circa 1,2 miliardi di euro a decorrere dall'anno 2012. Circa 628 milioni di euro sono recuperati da tagli al personale sanitario e la restante parte, per un ammontare pari a 600 milioni di euro a regime, da tagli alla spesa farmaceutica;
la non chiarezza del provvedimento fa si che se fosse confermata l'ipotesi di un contenimento del 50 per cento delle spese per i precari nel comporto sanità, i precari potrebbero essere dimezzati comportando «effetti devastanti» soprattutto «in punti nevralgici come i Pronto Soccorso»;
il numero dei professionisti della sanità che operano nel sistema pubblico con un lavoro flessibile, spesso con contratti atipici di breve durata, sono aumentati «a causa del blocco delle assunzioni imposto dalle leggi finanziarie e dai vari piani di rientro» e , come sottolinea l'Anaao-assomed (l'associazione dei medici dirigenti), ricordando, dati alla mano dal Conto annuale 2008 della Ragioneria dello Stato, «solo la dirigenza esprime da sola 8.239 precari (circa il 60 per cento donne) tra medici, veterinari e dirigenti sanitari, professionali, tecnici ed amministrativi»;
un'alta percentuale di precarizzazione del lavoro si trova anche nell'area della prevenzione veterinaria, con 1.200 veterinari precari a fronte dei circa 6.000 dirigenti contrattualizzati;
ridurre il numero dei medici, soprattutto nei Pronto soccorso avrà effetti devastanti, con un aumento dei carichi di lavoro per chi resta, un allungamento delle liste di attesa e ripercussioni inevitabili sulla qualità del servizio. Senza contare poi che con il blocco del turn-over, nei prossimi 4 anni andranno in pensione 30mila medici che potranno essere sostituiti solo in minima parte,

impegna il Governo:

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ad assicurare tutte le risorse economiche necessarie per tutelare i posti di lavoro nel comparto sanità, tutelando così anche le prestazioni dovute ai cittadini;
a precisare, in sede di applicazione delle disposizioni richiamate in premessa, se il comparto sanità sia escluso o meno dalla normativa sul blocco delle assunzioni di cui all'articolo 9 comma 5 e comunque a prevedere, anche mediante iniziative di carattere normativo, una deroga al blocco delle assunzioni nonché alla riduzione dei posti letto nelle unità di pronto soccorso.
9/3638/194.(Testo modificato nel corso della seduta)Lucà, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame prevede tagli lineari del 10 per cento delle dotazioni finanziarie (spese rimodulabili) delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
nello specifico, l'Allegato 1 alla manovra correttiva riporta relativamente al Ministero della salute un taglio di 13706 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 2.322 per la ricerca e l'innovazione e 8.364 per la tutela alla salute, di 14,105 milioni di euro per l'anno 2012 e di 14.090 milioni di euro per l'anno 2013 mentre per il ministero del lavoro e delle politiche sociali prevede un taglio di 12.326 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 175 per i diritti sociali, politiche sociali e famiglia, 11 per le politiche dell'immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, un taglio di 12.235 milioni di euro per l'anno 2012 ed un analogo taglio per l'anno 2013;
le strutture per la prima infanzia sono insufficienti nel tessuto del nostro Paese, che la richiesta di strutture è superiore alla reale offerta e che gli Asili Nido, oltre che un aiuto per le famiglie sono anche un luogo in cui i bambini trovano cure ed assistenza adeguata;
l'impegno deve essere quello di aumentarne la presenza, facilitarne l'accesso con rette adeguate e congrue alle possibilità delle famiglie;
il progetto del «Fondo Decennale» per gli asili nido, era teso a migliorare una situazione di arretratezza del nostro Paese in questo settore specifico dell'infanzia,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative volte a:
rifinanziare il fondo decennale per gli asili nido per poter garantire aiuti concreti e supporti adeguati all'infanzia e alle famiglie;
prevedere una modifica del testo unico delle imposte sui redditi, al fine di inserire una detrazione delle spese documentate sostenute per i servizi di assistenza e cura di figli minori nonché per il pagamento delle rette relative alla frequenza degli asili nido.
9/3638/195. Sbrollini, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame prevede tagli lineari del 10 per cento delle dotazioni finanziarie (spese rimodulabili) delle missioni di spesa di ciascun Ministero;
nello specifico, l'Allegato 1 alla manovra correttiva riporta relativamente al Ministero della salute un taglio di 13706 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 2.322 per la ricerca e l'innovazione e 8.364 per la tutela alla salute, di 14,105 milioni di euro per l'anno 2012 e di 14.090 milioni di euro per l'anno 2013 mentre per il ministero del lavoro e delle politiche sociali prevede un taglio di 12.326 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 175 per i diritti sociali, politiche sociali e famiglia, 11 per le politiche dell'immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, un taglio di 12.235 milioni di euro per l'anno 2012 ed un analogo taglio per l'anno 2013;
le strutture per la prima infanzia sono insufficienti nel tessuto del nostro Paese, che la richiesta di strutture è superiore alla reale offerta e che gli Asili Nido, oltre che un aiuto per le famiglie sono anche un luogo in cui i bambini trovano cure ed assistenza adeguata;
l'impegno deve essere quello di aumentarne la presenza, facilitarne l'accesso con rette adeguate e congrue alle possibilità delle famiglie;
il progetto del «Fondo Decennale» per gli asili nido, era teso a migliorare una situazione di arretratezza del nostro Paese in questo settore specifico dell'infanzia,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ad adottare iniziative normative volte a:
rifinanziare il fondo decennale per gli asili nido per poter garantire aiuti concreti e supporti adeguati all'infanzia e alle famiglie;
prevedere una modifica del testo unico delle imposte sui redditi, al fine di inserire una detrazione delle spese documentate sostenute per i servizi di assistenza e cura di figli minori nonché per il pagamento delle rette relative alla frequenza degli asili nido.
9/3638/195.(Testo modificato nel corso della seduta)Sbrollini, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
nello specifico, l'Allegato 1 alla manovra correttiva riporta relativamente al Ministero della salute un taglio di 13706 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 2322 per la ricerca e l'innovazione e 8.364 per la tutela alla salute, di 14.105 milioni di euro per l'anno 2012 e di 14.090 milioni di euro per l'anno 2013 mentre per il ministero del lavoro e delle politiche sociali prevede un taglio di 12.326 milioni di euro per l'anno 2011 di cui 175 per i diritti sociali, politiche sociali e famiglia, Il per le politiche dell'immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, un taglio di 12.235 milioni di euro per l'anno 2012 ed un analogo taglio per l'anno 2013;
la violenza, prevalentemente intrafamiliare, è la prima causa di morte delle donne;
in Italia, secondo i dati ISTAT e del Ministero dell'interno, nel corso dell'ultimo anno, un milione di donne ha subito violenza fisica o sessuale e nei primi sei mesi del 2007 ne sono state uccise 62, 141 sono state oggetto di tentato omicidio, 1.805 sono state abusate, 10.383 sono state vittime di sevizie o maltrattamenti;
dal 2004 al 2005 le violenze sessuali sono aumentate del 22 per cento e un caso su tre di decessi conseguenti a violenze carnali riguarda attualmente donne uccise dal marito, dal convivente o dal fidanzato;
sono in costante ascesa le molestie ripetute e ossessive (cosiddetto stalking) nei confronti di donne che sfociano spesso nell'uccisione della vittima o che comunque causano loro rilevanti pregiudizi psico-fisici;
l'intensità e il grado di diffusione di tali forme di violenza e abuso nei confronti delle donne sono tali da avere suggerito alla letteratura sociologica di coniare il termine di «femminicidio», a proposito di tale attacco alle donne intese come genere;

impegna il Governo:

ad adottare iniziative normative volte a:
stanziare risorse adeguate al fine di promuovere la diffusione in tutte le zone d'Italia e in particolare nel Mezzogiorno dei centri anti-violenza e delle case-rifugio, quali strutture indispensabili per la tutela delle vittime di violenza sessuale, nonché per il contrasto a tale crimine, la sensibilizzazione della società nei confronti di questo fenomeno e la promozione di una cultura che riconosca il valore e i diritti delle donne;
valorizzare la funzione dei centri-antiviolenza e delle case-rifugio, destinando a tali strutture finanziamenti sufficienti rispetto ai loro compiti, tipizzandone tra l'altro funzioni e finalità, nonché mettendo a disposizione delle donne che non comprendano la lingua italiana un mediatore culturale per comunicare con il personale dei centri;
istituire un registro dei centri accreditati in base a precisi criteri, nonché un coordinamento nazionale dei centri anti-violenza;
ricomprendere, all'interno dei livelli essenziali delle prestazioni di accoglienza e socioassistenziali, le attività a tutela delle donne vittime di violenza, quali in particolare quelle volte all'assistenza e al soccorso di tali persone, nonché all'istituzione di centri antiviolenza e case-rifugio per l'accoglienza temporanea delle persone che subiscono violenza, anche ad indirizzo riservato, cui attribuire competenze nell'ambito della progettazione dei percorsi di reintegrazione personale e sociale;
rifinanziare il Fondo di cui all'articolo 2, comma 463, della legge 244 del 2007.
9/3638/196. Bossa, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 15 del disegno di legge in esame prevede nuove norme per il pagamento del pedaggio autostradale per le autostrade ed i raccordi autostradali gestiti direttamente da ANAS, nonché per le autostrade in concessione;
per l'attuazione della disposizione è prevista l'emanazione di un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri entro 45 giorni dalla entrata in vigore del presente decreto;
peraltro, l'Anas spa è il gestore della rete stradale di interesse nazionale, prevalentemente non soggetta a pedaggio;
da tempo è in corso un contenzioso riguardante alcune incongruenze circa l'ammontare dei canoni richiesti agli utenti che risiedono lungo le strade statali ed hanno accesso alle stesse;
si tratta di richieste inoltrate da Anas riguardanti l'ammontare di canoni che appaiono disomogenei nelle modalità di calcolo, e comunque di importo rilevantissimo;
i contatti in corso fra i cittadini coinvolti, peraltro associati nel «comitato passi carrai» e l'amministrazione dell'Anas hanno già condotto all'interessamento del competente Ministero anche su sollecitazione di numerosi atti ispettivi presentati da parlamentari di vari gruppi politici,

impegna il Governo:

a valutare, nell'ambito delle intese da raggiungere con l'Anas anche in sede di applicazione delle norme sopraindicate, la possibilità di individuare le iniziative più opportune affinché il contenzioso aperto con centinaia di contribuenti venga risolto con equità e secondo criteri di ragionevolezza nella applicazione dei canoni richiesti;
a valutare l'opportunità di concordare con l'Anas criteri e modalità affinché gli incrementi dei canoni che periodicamente vengono aggiornati non superino l'andamento dell'inflazione.
9/3638/197. Miotto.

La Camera,
premesso che:
al fine di contrastare i fenomeni di esclusione sociale negli spazi urbani e favorire l'integrazione sociale e culturale delle popolazioni abitanti in circoscrizioni o quartieri delle città caratterizzati da degrado urbano e sociale, la legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), all'articolo 1, comma 340, ha istituito le zone franche urbane, con un numero di abitanti non superiore a 30.000;
ai sensi del comma 342 dell'articolo 2 della legge finanziaria 2007, spetta al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale (ora del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali), provvedere alla definizione dei criteri per l'allocazione delle risorse e per la individuazione e la selezione delle zone franche urbane, sulla base di parametri socio-economici, rappresentativi dei fenomeni di degrado;
la stessa legge finanziaria del 2007, nel subordinare l'efficacia delle disposizioni istitutive delle zone franche urbane all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 88, par. 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, ha istituto un Fondo nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, per il finanziamento di programmi di intervento da realizzarsi in tali zone;
con delibera n. 5 del 30 gennaio 2008, il CIPE ha fissato i criteri e gli indicatori per la delimitazione delle zone franche urbane e il 1o ottobre 2008 il Ministero dello sviluppo economico - Dipartimento politiche di sviluppo ha reso noto che sono state selezionate, sulle 64 proposte pervenute, 22 «zone franche urbane» in aree di disagio sociale e occupazionale che hanno diritto a incentivi e agevolazioni fiscali e previdenziali, per nuove attività economiche;
con delibera CIPE n. 14 dell'8 maggio 2009 è stata definita l'allocazione finanziaria per le zone franche urbane ammesse al finanziamento;
l'articolo 3 comma 5 della legge 23 luglio 2009, n. 99 recante: «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia», autorizza il CIPE a destinare risorse, fino al limite di 50 milioni di euro annui, al Fondo destinato a finanziare le agevolazioni previste per le zone franche urbane a valere sulle risorse disponibili del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS). La medesima disposizione, ai fini dell'utilizzo delle risorse stanziate, assegna al CIPE il compito di provvedere, con le modalità di cui al comma 342 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2007, ad aggiornare i criteri e gli indicatori per l'individuazione e la delimitazione delle zone franche urbane al fine di incrementare progressivamente la loro distribuzione territoriale;
l'articolo 43 del disegno di legge in esame ha previsto l'istituzione nel Meridione d'Italia di zone a burocrazia zero e ove la zona a burocrazia zero coincida, nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, con una delle zone franche urbane individuate dalla citata delibera CIPE dell'8 maggio 2009, n. 14, le risorse previste per tali zone franche urbane ai sensi dell'articolo 1, comma 340, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono utilizzate dal Sindaco territorialmente competente per la concessione di contributi diretti alle nuove iniziative produttive avviate nelle zone a burocrazia zero;
da tale previsione sono rimasti esclusi i comuni di Ventimiglia, di Massa e di Carrara già individuati nelle zone franche urbane dalla predetta delibera CIPE, con l'effetto di rendere del tutto incerto il regime di applicazione delle risorse assegnate al Fondo per il finanziamento dei programmi di intervento nelle citate zone franche urbane;
si rende opportuno un chiarimento da parte del Governo circa la conferma della fruizione da parte delle zone franche urbane individuate delle risorse già assegnate per i citati programmi di interventi per i comuni di Ventimiglia, di Massa e di Carrara o l'impegno a prevedere l'assimilazione del regime introdotto dall'articolo 43 del decreto-legge in esame alle zone franche urbane individuate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assimilare, mediante ulteriori iniziative di carattere normativo, la disciplina, introdotta dall'articolo 43 del disegno di legge in esame, alle zone franche urbane individuate nelle regioni Toscana e Liguria o a confermare per esse la piena operatività delle risorse già assegnate al Fondo per il finanziamento dei programmi di intervento nelle zone franche urbane.
9/3638/198. Portas.

La Camera,
premesso che:
al fine di contenere i costi a carico dei cittadini e delle imprese, l'articolo 3 del decreto-legge n. 185 del 2008, convertito dalla legge n. 2 del 2009, aveva disposto la sospensione dei meccanismi di adeguamento tariffario dall'entrata in vigore del medesimo decreto-legge e sino a tutto il 2009, fatta eccezione per i provvedimenti volti al recupero dei soli maggiori oneri effettivamente sostenuti e per le tariffe del servizio idrico e dei settori elettrico e del gas, per i quali settori è stata disposta una specifica disciplina;
l'articolo 5, comma 7, del decreto-legge n. 194 del 2009, convertito dalla legge n. 25 del 2010, ha prorogato al 31 dicembre 2010 il blocco selettivo delle tariffe, di cui al citato articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 185 del 2008, ed ha previsto che sia esclusa dal blocco anche la regolazione tariffaria relativa ai servizi aeroportuali offerti in regime di esclusiva, ai servizi di trasporto ferroviario sottoposti a regime di obbligo di servizio pubblico e alle tariffe postali agevolate;
a seguito della mozione 1-00025 approvata dall'Assemblea nella seduta del 7 ottobre 2008, il Senato ha proceduto alla istituzione della «Commissione straordinaria per il controllo dei prezzi», di durata triennale, alla quale sono stati affidati compiti di studio, osservazione e iniziativa, formulazione di proposte e relazioni all'Assemblea, votazione di risoluzioni alla conclusione dell'esame di affari ad essa assegnati, formulazione di pareri su disegni di legge e affari deferiti ad altre Commissioni;
il 18 febbraio 2009 la succitata Commissione ha avviato una indagine conoscitiva sulle determinanti della dinamica del sistema dei prezzi e delle tariffe, sull'attività dei pubblici poteri e sulle ricadute sui cittadini consumatori, alla cui origine si collocano gli episodi di aumento dei prezzi che nel 2008 hanno interessato la filiera produttiva e commerciale, dall'approvvigionamento delle materie prime fino alla vendita al dettaglio;
secondo la recente indagine Istat, nel 2009, il reddito disponibile delle famiglie consumatrici in termini correnti è diminuito del 2,6 cento rispetto all'anno precedente. Considerando la sottostante variazione dei prezzi, il potere d'acquisto ha subito una flessione del 2,5 per cento, proseguendo fa tendenza alla diminuzione iniziata già nel 2008 (-0,9 per cento);
dai dati Istat dello scorso giugno si rileva che l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività presenta una variazione di più 1,3 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente;
secondo Federconsumatori e Adusbef, seppure in lieve frenata, il tasso di inflazione all'1,3 per cento si conferma un dato estremamente grave, per il fatto che l'onda lunga di cassa integrazione e licenziamenti non accenna ad arrestarsi, perciò la capacità di acquisto delle famiglie continua a diminuire e ciò comporterà ricadute di 390 euro annui per ogni famiglia, contribuendo così e ridurne ulteriormente la capacità di acquisto, con pesantissime ricadute sui consumi, non solo in termini quantitativi, ma anche dal punto di vista qualitativo;

impegna il Governo:

a prevedere, nella prossima legge di stabilità, norme volte a contenere nei limiti del tasso di inflazione programmata gli aumenti delle tariffe dei prezzi regolamentati e dei prezzi nei settori sottoposti ai regimi di concessione o autorizzazione, nonché dei canoni per alloggi ad uso sociale;
qualora si verifichino aumenti delle tariffe e dei prezzi superiori al tasso di inflazione programmata a prevedere, nell'ambito di un'iniziativa di carattere normativo a tale riguardo, che gli enti o le imprese responsabili presentino una relazione esplicativa delle ragioni degli aumenti medesimi.
9/3638/199. Causi, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
al fine di contrastare i fenomeni di esclusione sociale negli spazi urbani e favorire l'integrazione sociale e culturale delle popolazioni abitanti in circoscrizioni o quartieri delle città caratterizzati da degrado urbano e sociale, la legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), all'articolo 1, comma 340, ha istituito le zone franche urbane, con un numero di abitanti non superiore a 30.000;
le Zone franche urbane consentono alle imprese che si insediano nei quartieri più svantaggiati dei comuni d'Italia individuati di usufruire di sgravi fiscali notevoli grazie ai fondi Europei. Il che può significare una notevole ripresa economica nelle zone interessate e un incentivo anche all'assunzione di dipendenti;
ai sensi del comma 342 dell'articolo 2 della legge finanziaria 2007, spetta al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale (ora del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali), provvedere alla definizione dei criteri per l'allocazione delle risorse e per la individuazione e la selezione delle zone franche urbane, sulla base di parametri socio-economici, rappresentativi dei fenomeni di degrado;
la stessa legge finanziaria del 2007, nel subordinare l'efficacia delle disposizioni istitutive delle zone franche urbane all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 88, par. 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, ha istituto un Fondo nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, per il finanziamento di programmi di intervento da realizzarsi in tali zone;
con delibera n. 5 del 30 gennaio 2008, il CIPE ha fissato i criteri e gli indicatori per la delimitazione delle zone franche urbane e il 10 ottobre 2008 il Ministero dello sviluppo economico - Dipartimento politiche di sviluppo ha reso noto che sono state selezionate, sulle 64 proposte pervenute, 22 «zone franche urbane» in aree di disagio sociale e occupazionale che hanno diritto a incentivi e agevolazioni fiscali e previdenziali, per nuove attività economiche;
con delibera CIPE n. 14 dell'8 maggio 2009 è stata definita l'allocazione finanziaria per le zone franche urbane ammesse al finanziamento;
l'articolo 3, comma 5, della legge 23 luglio 2009, n.99 recante: «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia», autorizza il CIPE a destinare risorse, fino al limite di 50 milioni di euro annui, al Fondo destinato a finanziare le agevolazioni previste per le zone franche urbane a valere sulle risorse disponibili del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS). La medesima disposizione, ai fini dell'utilizzo delle risorse stanziate, assegna al CIPE il compito di provvedere, con e modalità di cui al comma 342 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2007, ad aggiornare i criteri e gli indicatori per l'individuazione e la delimitazione delle zone franche urbane al fine di incrementare progressivamente la loro distribuzione territoriale;
l'articolo 43 del disegno di legge in esame ha previsto l'istituzione nel Meridione d'Italia di zone a burocrazia zero e ove la zona a burocrazia zero coincida, nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, con una delle zone franche urbane individuate dalla citata delibera CIPE dell'8 maggio 2009, n. 14, le risorse previste per tali zone franche urbane ai sensi dell'articolo 1, comma 340, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono utilizzate dal Sindaco territorialmente competente per la concessione di contributi diretti alle nuove iniziative produttive avviate nelle zone a burocrazia zero;
tra l'istituto delle Zone franche urbane e quello delle Zone a burocrazia zero esistono sostanziali differenze sia per e aree individuate cui sono rivolti gli aiuti, che non coincidono, sia per la filosofia, agli antipodi perché, di fatto, mentre le zone franche urbane sono articolate «su quattro diverse esenzioni (Irpef e Irap per 5 anni, contributi previdenziali sui dipendenti assunti per 5 anni e esenzione Ici per 5 anni, nonché la riduzione delle suddette tasse per i 9 anni successivi)», con le Zone a burocrazia zero si dà direttamente ai sindaci territorialmente competenti la responsabilità di «concedere contributi, diretti alle nuove iniziative produttive, ivi avviate a decorrere dalla data di entrata in vigore» del decreto-legge n. 78 del 2010;
entrambi gli istituti attingono dallo stesso Fondo di finanziamento che attiva però solo iniziative per le nuove imprese nate dopo il 31 maggio 2010;
il decreto attuativo richiamato dal decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative» (Milleproroghe) per rendere operative le Zone franche urbane dal 10 gennaio 2010, con la destinazione dei fondi già precedentemente ripartiti non è stato al momento ancora varato;
i sindaci dei Comuni sono preoccupati per la rivisitazione, introdotta con a il decreto-legge n. 78 del 2010, delle Zone Franche Urbane in non meglio definite e chiare zone a burocrazia zero e temono il rischio che venga meno uno strumento tanto atteso per il rilancio di alcune zone svantaggiate d'Italia;
forti perplessità vanno espresse su tale previsione per la parte in cui si stabilisce che nel caso in cui taluna delle zone a burocrazia zero coincida con una delle zona franca urbana, il Sindaco utilizza le risorse previste in favore della Zona franca urbana ai sensi dell' articolo 1, comma 340, della Legge n.296 del 2006 per la concessione di contributi alle nuove iniziative produttive avviate nelle zone a burocrazia zero assimilando di fatto la norma ad una riproposizione dell'emendamento al decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative» (Milleproroghe) sulle Zone franche urbane, poi ritirato dal Governo, che trasformava le esenzioni fiscali in contributi erogati dai Sindaci interessati;
la previsione apre di fatto rilevanti dubbi interpretativi che conducono a ritenere «cassato» di fatto l'istituto delle Zone franche urbane, vanificando uno sforzo di approfondimento e programmazione durato anni;
il regime di sgravi fiscali collegati alle Zone franche urbane è stato autorizzato dalla Commissione europea, mentre il nuovo regime di incentivazione introdotto attraverso erogazione di contributi (che in realtà è un regime «tradizionale», molto conosciuto nel Mezzogiorno e risultato molto inefficace) non gode ancora di tale autorizzazione, per ottenere la quale si dovrebbe avviare il relativo negoziato con gli organi dell'Unione Europa competenti;
si rende opportuno un chiarimento da parte del Governo circa la conferma della fruizione da parte delle zone franche urbane individuate delle risorse già assegnate per i citati programmi di interventi;

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative volte ad estendere il regime normativo, introdotto dall'articolo 43 del disegno di legge in esame, alle zone franche urbane come definite all'articolo 1, comma 340 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) e ad emanare il decreto attuativo richiamato dal decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194.
9/3638/200. Capodicasa.

La Camera,
premesso che:
al fine di contrastare i fenomeni di esclusione sociale negli spazi urbani e favorire l'integrazione sociale e culturale delle popolazioni abitanti in circoscrizioni o quartieri delle città caratterizzati da degrado urbano e sociale, la legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), all'articolo 1, comma 340, ha istituito le zone franche urbane, con un numero di abitanti non superiore a 30.000;
le Zone franche urbane consentono alle imprese che si insediano nei quartieri più svantaggiati dei comuni d'Italia individuati di usufruire di sgravi fiscali notevoli grazie ai fondi Europei. Il che può significare una notevole ripresa economica nelle zone interessate e un incentivo anche all'assunzione di dipendenti;
ai sensi del comma 342 dell'articolo 2 della legge finanziaria 2007, spetta al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale (ora del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali), provvedere alla definizione dei criteri per l'allocazione delle risorse e per la individuazione e la selezione delle zone franche urbane, sulla base di parametri socio-economici, rappresentativi dei fenomeni di degrado;
la stessa legge finanziaria del 2007, nel subordinare l'efficacia delle disposizioni istitutive delle zone franche urbane all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 88, par. 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, ha istituto un Fondo nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, per il finanziamento di programmi di intervento da realizzarsi in tali zone;
con delibera n. 5 del 30 gennaio 2008, il CIPE ha fissato i criteri e gli indicatori per la delimitazione delle zone franche urbane e il 10 ottobre 2008 il Ministero dello sviluppo economico - Dipartimento politiche di sviluppo ha reso noto che sono state selezionate, sulle 64 proposte pervenute, 22 «zone franche urbane» in aree di disagio sociale e occupazionale che hanno diritto a incentivi e agevolazioni fiscali e previdenziali, per nuove attività economiche;
con delibera CIPE n. 14 dell'8 maggio 2009 è stata definita l'allocazione finanziaria per le zone franche urbane ammesse al finanziamento;
l'articolo 3, comma 5, della legge 23 luglio 2009, n.99 recante: «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia», autorizza il CIPE a destinare risorse, fino al limite di 50 milioni di euro annui, al Fondo destinato a finanziare le agevolazioni previste per le zone franche urbane a valere sulle risorse disponibili del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS). La medesima disposizione, ai fini dell'utilizzo delle risorse stanziate, assegna al CIPE il compito di provvedere, con e modalità di cui al comma 342 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2007, ad aggiornare i criteri e gli indicatori per l'individuazione e la delimitazione delle zone franche urbane al fine di incrementare progressivamente la loro distribuzione territoriale;
l'articolo 43 del disegno di legge in esame ha previsto l'istituzione nel Meridione d'Italia di zone a burocrazia zero e ove la zona a burocrazia zero coincida, nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, con una delle zone franche urbane individuate dalla citata delibera CIPE dell'8 maggio 2009, n. 14, le risorse previste per tali zone franche urbane ai sensi dell'articolo 1, comma 340, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono utilizzate dal Sindaco territorialmente competente per la concessione di contributi diretti alle nuove iniziative produttive avviate nelle zone a burocrazia zero;
tra l'istituto delle Zone franche urbane e quello delle Zone a burocrazia zero esistono sostanziali differenze sia per e aree individuate cui sono rivolti gli aiuti, che non coincidono, sia per la filosofia, agli antipodi perché, di fatto, mentre le zone franche urbane sono articolate «su quattro diverse esenzioni (Irpef e Irap per 5 anni, contributi previdenziali sui dipendenti assunti per 5 anni e esenzione Ici per 5 anni, nonché la riduzione delle suddette tasse per i 9 anni successivi)», con le Zone a burocrazia zero si dà direttamente ai sindaci territorialmente competenti la responsabilità di «concedere contributi, diretti alle nuove iniziative produttive, ivi avviate a decorrere dalla data di entrata in vigore» del decreto-legge n. 78 del 2010;
entrambi gli istituti attingono dallo stesso Fondo di finanziamento che attiva però solo iniziative per le nuove imprese nate dopo il 31 maggio 2010;
il decreto attuativo richiamato dal decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative» (Milleproroghe) per rendere operative le Zone franche urbane dal 10 gennaio 2010, con la destinazione dei fondi già precedentemente ripartiti non è stato al momento ancora varato;
i sindaci dei Comuni sono preoccupati per la rivisitazione, introdotta con a il decreto-legge n. 78 del 2010, delle Zone Franche Urbane in non meglio definite e chiare zone a burocrazia zero e temono il rischio che venga meno uno strumento tanto atteso per il rilancio di alcune zone svantaggiate d'Italia;
forti perplessità vanno espresse su tale previsione per la parte in cui si stabilisce che nel caso in cui taluna delle zone a burocrazia zero coincida con una delle zona franca urbana, il Sindaco utilizza le risorse previste in favore della Zona franca urbana ai sensi dell' articolo 1, comma 340, della Legge n.296 del 2006 per la concessione di contributi alle nuove iniziative produttive avviate nelle zone a burocrazia zero assimilando di fatto la norma ad una riproposizione dell'emendamento al decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative» (Milleproroghe) sulle Zone franche urbane, poi ritirato dal Governo, che trasformava le esenzioni fiscali in contributi erogati dai Sindaci interessati;
la previsione apre di fatto rilevanti dubbi interpretativi che conducono a ritenere «cassato» di fatto l'istituto delle Zone franche urbane, vanificando uno sforzo di approfondimento e programmazione durato anni;
il regime di sgravi fiscali collegati alle Zone franche urbane è stato autorizzato dalla Commissione europea, mentre il nuovo regime di incentivazione introdotto attraverso erogazione di contributi (che in realtà è un regime «tradizionale», molto conosciuto nel Mezzogiorno e risultato molto inefficace) non gode ancora di tale autorizzazione, per ottenere la quale si dovrebbe avviare il relativo negoziato con gli organi dell'Unione Europa competenti;
si rende opportuno un chiarimento da parte del Governo circa la conferma della fruizione da parte delle zone franche urbane individuate delle risorse già assegnate per i citati programmi di interventi;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative volte ad estendere il regime normativo, introdotto dall'articolo 43 del disegno di legge in esame, alle zone franche urbane come definite all'articolo 1, comma 340 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) e ad emanare il decreto attuativo richiamato dal decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194.
9/3638/200.(Testo modificato nel corso della seduta)Capodicasa.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 54 del disegno di legge in esame contiene misure per contenere le spese di funzionamento di Expo 2015 S.p.a., stabilendo che le assunzioni possano essere deliberate esclusivamente dal Consiglio di amministrazione e introduce un obbligo di relazione in merito alle spese di gestione;
il comma 4 dello citato articolo 54 prevede l'invio, da parte di Expo 2015 S.p.a., di una relazione trimestrale sull'utilizzo delle risorse di cui al comma 1 per la copertura delle spese di gestione di Expo 2015 S.p.A. e sulle iniziative in materia di assunzione di personale, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministero dell'economia e delle finanze ed a quello delle infrastrutture e dei trasporti una relazione al fine di un monitoraggio trimestrale da parte del Governo della gestione economica e delle assunzioni;

impegna il Governo

a presentare al Parlamento, entro il 30 ottobre di ogni anno, la relazione annuale sulle attività e sullo stato patrimoniale della società di gestione Expo 2015 S.p.a., sullo stato di avanzamento delle opere e delle iniziative collegate nonché sullo stato di adesione dei privati al finanziamento per ciascuna opera.
9/3638/201. Merloni.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 54 del disegno di legge in esame contiene misure per contenere le spese di funzionamento di Expo 2015 S.p.a.;
con decreto del Ministro dell'Interno del 14 marzo 2003 è stato costituito il Comitato di Coordinamento per l'Alta Sorveglianza delle Grandi Opere con il compito di «cabina di regia», di livello centrale, per l'attività di monitoraggio delle infrastrutture di rilevante interesse strategico;
con decreto del Ministro dell'Interno, in data 23 dicembre 2009, di concerto con i Ministri della Giustizia e delle Infrastrutture e dei Trasporti, è stata istituita presso la Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di Milano, la Sezione specializzata del Comitato di Coordinamento per l'Alta Sorveglianza delle Grandi Opere, in attuazione dell'articolo 3-quinquies, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito dalla legge 20 novembre 2009, n. 166;
con decreto del Ministro dell'Interno, in data 13 gennaio 2010, è stata formalizzata la composizione della predetta Sezione. Tale struttura opera a supporto dell'attività del Prefetto e in raccordo con il Comitato di Coordinamento per l'Alta Sorveglianza delle Grandi Opere nonché con il Gruppo Interforze Centrale per l'EXPO 2015 con incarico di prevenzione e contrasto alle infiltrazioni mafiose negli interventi per la realizzazione dell'EXPO 2015;

impegna il Governo

ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte ad incrementare adeguatamente le risorse umane, a supporto della sezione specializzata del comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere di cui all'articolo 180, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, istituita presso la Prefettura - ufficio territoriale del Governo - in considerazione dell'alto valore del lavoro svolto e dal crescente carico richiesto alla citata sezione.
9/3638/202. Vaccaro, Pes.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 54 del disegno di legge in esame contiene misure per contenere le spese di funzionamento di Expo 2015 S.p.a.;
con decreto del Ministro dell'Interno del 14 marzo 2003 è stato costituito il Comitato di Coordinamento per l'Alta Sorveglianza delle Grandi Opere con il compito di «cabina di regia», di livello centrale, per l'attività di monitoraggio delle infrastrutture di rilevante interesse strategico;
con decreto del Ministro dell'Interno, in data 23 dicembre 2009, di concerto con i Ministri della Giustizia e delle Infrastrutture e dei Trasporti, è stata istituita presso la Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di Milano, la Sezione specializzata del Comitato di Coordinamento per l'Alta Sorveglianza delle Grandi Opere, in attuazione dell'articolo 3-quinquies, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito dalla legge 20 novembre 2009, n. 166;
con decreto del Ministro dell'Interno, in data 13 gennaio 2010, è stata formalizzata la composizione della predetta Sezione. Tale struttura opera a supporto dell'attività del Prefetto e in raccordo con il Comitato di Coordinamento per l'Alta Sorveglianza delle Grandi Opere nonché con il Gruppo Interforze Centrale per l'EXPO 2015 con incarico di prevenzione e contrasto alle infiltrazioni mafiose negli interventi per la realizzazione dell'EXPO 2015;

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte ad incrementare adeguatamente le risorse umane, a supporto della sezione specializzata del comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere di cui all'articolo 180, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, istituita presso la Prefettura - ufficio territoriale del Governo - in considerazione dell'alto valore del lavoro svolto e dal crescente carico richiesto alla citata sezione.
9/3638/202.(Testo modificato nel corso della seduta)Vaccaro, Pes.

La Camera,
premesso che:
nel corso degli ultimi anni le risorse per far fronte al diritto soggettivo dei beneficiari dei contributi e delle provvidenze per l'editoria hanno registrato un significativo contenimento;
il decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25 reca, all'articolo 10-sexies, il «differimento dell'applicazione di disposizioni in materia di contributi all'editoria» e prevede il ripristino dei contributi per l'editoria dovuti ai beneficiari per l'annualità 2009, dopo che la finanziaria 2010 aveva previsto un tetto di spesa che andava a pregiudicare la continuità operativa di numerose imprese editrici di giornali e quotidiani;
tali misure, tuttavia, non riguardano tutta la platea dei possibili beneficiari e le eccezioni previste destano forti perplessità;
le lettere a) e b) del comma 1 del citato articolo stabiliscono che ai contributi relativi al 2009 spettanti alle imprese editoriali costituite in forma di cooperative, gestite da cooperative, che editano giornali nelle lingue delle minoranze linguistiche nazionali ecc. non si applica il disposto di cui all'articolo 2, comma 62, della «finanziaria» per il 2010, che pone il limite dello stanziamento ad hoc iscritto in tabella C nella erogazione dei contributi e delle provvidenze de quibus;
la lettera d), del comma 1 del citato articolo dispone una riduzione del 50 per cento del contributo complessivo calcolato per ciascun soggetto per i contributi relativi all'anno 2009, limitatamente ai quotidiani italiani editi e diffusi all'estero per far fronte alla norma - inclusa nel medesimo provvedimento - tesa a ripristinare per il 2010, e al massimo al 100 per cento, i contributi dovuti al diritto soggettivo per testate ed emittenti di partito, no profit e cooperative;
questa situazione desta particolare preoccupazione fra i soggetti beneficiari delle provvidenze e dei contributi per l'editoria la cui continuità operativa è ora a forte rischio;
occorre provvedere con massima urgenza ad una attenta riforma della disciplina relativa alla concessione di contributi e provvidenze per l'editoria allo scopo di garantire l'effettivo pluralismo dell'informazione e la sopravvivenza di diverse testate, altrimenti destinate a sparire dalla scena;
l'applicazione della sopra indicata normativa va ad incidere sull'ammontare delle risorse destinate alle circa 150 testate italiane edite all'estero o edite in Italia per essere distribuite oltre confine applicando una riduzione del contributo relativo all'anno 2009 del 50 per cento e mettendo in discussione la sopravvivenza stessa delle realtà editoriali, considerando anche che i costi del 2009 sono già stati sostenuti dalle imprese ed un riassorbimento retroattivo delle risorse risulterebbe difficilmente gestibile;
l'applicazione delle sopra indicate disposizioni comporterebbe un riassorbimento delle risorse alla stampa italiana oltre confine pari a 5 milioni di euro;
i prodotti editoriali editi o distribuiti oltre confine rappresentano il principale riferimento culturale ed informativo delle comunità italiane all'estero, oltre che il veicolo indiscusso della promozione della lingua e cultura italiana e della crescita e valorizzazione del made in Italy;

impegna il Governo

a adottare iniziative normative volte a garantire l'erogazione integrale dei contributi a favore dei quotidiani italiani editi e diffusi all'estero e per i quotidiani editi dalle associazioni dei consumatori, rimuovendo il limite del 50 per cento previsto dal comma 1, lettera d) dell'articolo 10-sexies del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25.
9/3638/203. Levi, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
nel corso degli ultimi anni le risorse per far fronte al diritto soggettivo dei beneficiari dei contributi e delle provvidenze per l'editoria hanno registrato un significativo contenimento;
il decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25 reca, all'articolo 10-sexies, il «differimento dell'applicazione di disposizioni in materia di contributi all'editoria» e prevede il ripristino dei contributi per l'editoria dovuti ai beneficiari per l'annualità 2009, dopo che la finanziaria 2010 aveva previsto un tetto di spesa che andava a pregiudicare la continuità operativa di numerose imprese editrici di giornali e quotidiani;
tali misure, tuttavia, non riguardano tutta la platea dei possibili beneficiari e le eccezioni previste destano forti perplessità;
le lettere a) e b) del comma 1 del citato articolo stabiliscono che ai contributi relativi al 2009 spettanti alle imprese editoriali costituite in forma di cooperative, gestite da cooperative, che editano giornali nelle lingue delle minoranze linguistiche nazionali ecc. non si applica il disposto di cui all'articolo 2, comma 62, della «finanziaria» per il 2010, che pone il limite dello stanziamento ad hoc iscritto in tabella C nella erogazione dei contributi e delle provvidenze de quibus;
la lettera d), del comma 1 del citato articolo dispone una riduzione del 50 per cento del contributo complessivo calcolato per ciascun soggetto per i contributi relativi all'anno 2009, limitatamente ai quotidiani italiani editi e diffusi all'estero per far fronte alla norma - inclusa nel medesimo provvedimento - tesa a ripristinare per il 2010, e al massimo al 100 per cento, i contributi dovuti al diritto soggettivo per testate ed emittenti di partito, no profit e cooperative;
questa situazione desta particolare preoccupazione fra i soggetti beneficiari delle provvidenze e dei contributi per l'editoria la cui continuità operativa è ora a forte rischio;
occorre provvedere con massima urgenza ad una attenta riforma della disciplina relativa alla concessione di contributi e provvidenze per l'editoria allo scopo di garantire l'effettivo pluralismo dell'informazione e la sopravvivenza di diverse testate, altrimenti destinate a sparire dalla scena;
l'applicazione della sopra indicata normativa va ad incidere sull'ammontare delle risorse destinate alle circa 150 testate italiane edite all'estero o edite in Italia per essere distribuite oltre confine applicando una riduzione del contributo relativo all'anno 2009 del 50 per cento e mettendo in discussione la sopravvivenza stessa delle realtà editoriali, considerando anche che i costi del 2009 sono già stati sostenuti dalle imprese ed un riassorbimento retroattivo delle risorse risulterebbe difficilmente gestibile;
l'applicazione delle sopra indicate disposizioni comporterebbe un riassorbimento delle risorse alla stampa italiana oltre confine pari a 5 milioni di euro;
i prodotti editoriali editi o distribuiti oltre confine rappresentano il principale riferimento culturale ed informativo delle comunità italiane all'estero, oltre che il veicolo indiscusso della promozione della lingua e cultura italiana e della crescita e valorizzazione del made in Italy;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative volte a garantire l'erogazione integrale dei contributi a favore dei quotidiani italiani editi e diffusi all'estero e per i quotidiani editi dalle associazioni dei consumatori, rimuovendo il limite del 50 per cento previsto dal comma 1, lettera d) dell'articolo 10-sexies del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25.
9/3638/203.(Testo modificato nel corso della seduta)Levi, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il comma 12 dell'articolo 6 introduce limiti alle spese per missioni da parte delle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della P.A., incluse le autorità indipendenti;
in particolare, sancisce, a decorrere dal 2011, il divieto di effettuare spese per missioni per un ammontare superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nel 2009;
la violazione del limite costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale;
il limite di spesa può essere superato in casi eccezionali, previa adozione di un provvedimento motivato adottato dall'organo di vertice dell'amministrazione, da comunicare preventivamente agli organi di controllo ed agli organi di revisione dell'ente;
tutto ciò costituisce un grave ostacolo soprattutto per le università ed enti di ricerca, nonché per quelle istituzioni scolastiche che periodicamente organizzano incontri all'estero degli studenti accompagnati dal personale docente;

impegna il Governo

a valutare la possibilità, per quanto riguarda le università, gli enti di ricerca e le istituzioni scolastiche, di concordare una soluzione, che le istituzioni richiamate possano avvalersi della possibilità di proseguire i proficui contatti con le corrispondenti istituzioni estere in modo tale che sia assicurata la partecipazione a convegni, riunioni e altri importanti momenti di incontro per il proficuo proseguimento della propria attività di studio e ricerca.
9/3638/204. Zampa, Levi, Ghizzoni, Bachelet, Coscia, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Pes, Rossa, Antonino Russo, Siragusa, Pes.

La Camera,
premesso che:
i 22.550 precari degli Enti locali siciliani, da anni aspettano la stabilizzazione;
la proroga di un anno del loro contratto, così come stabilito dal Senato, non è sufficiente poiché mantiene inalterata la situazione attuale;
occorre dare a questi lavoratori una risposta definitiva;

impegna il Governo

a consentire alla Regione siciliana, nell'ambito della propria potestà legislativa, di poter emanare, in deroga alle disposizioni statali vigenti in materia di assunzioni di personale e di patto di stabilità, norme volte a garantire la stabilizzazione di personale destinatario del regime transitorio dei lavori socialmente utili da almeno dieci anni ovvero titolare di contratti a tempo determinato, stipulati a seguito di processi di stabilizzazione di lavoratori impegnati in attività socialmente utili, da almeno tre anni.
9/3638/205. Siragusa, Berretta, Burtone, Capodicasa, Cardinale, Causi, D'Antoni, Genovese, Antonino Russo, Samperi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9, comma 32, prevede che nelle pubbliche amministrazioni, alla scadenza di un incarico di livello dirigenziale, anche in assenza di valutazione negativa, si possa non riconfermare l'incarico conferito al dirigente, conferendo al medesimo dirigente un altro incarico anche di valore economico inferiore
in ciò si ravvisa chiaramente l'intento di introdurre e rendere legale un sistema di spoil system a tutti i livelli dirigenziali della pubblica amministrazione,

impegna il Governo

a pubblicare la lista dei dirigenti rimossi in assenza di valutazione negativa e dei direttori generali che, in base al suddetto comma ne hanno operato la rimozione ed a reperire risorse affinché sia conservato il trattamento economico dei dirigenti ai quali, benché meritevoli, non è stato riconfermato l'incarico.
9/3638/206. Bachelet, Ghizzoni, Coscia, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Pes, Rossa, Antonino Russo, Siragusa.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9, comma 32, prevede che nelle pubbliche amministrazioni, alla scadenza di un incarico di livello dirigenziale, anche in assenza di valutazione negativa, si possa non riconfermare l'incarico conferito al dirigente, conferendo al medesimo dirigente un altro incarico anche di valore economico inferiore
in ciò si ravvisa chiaramente l'intento di introdurre e rendere legale un sistema di spoil system a tutti i livelli dirigenziali della pubblica amministrazione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di pubblicare la lista dei dirigenti rimossi in assenza di valutazione negativa e dei direttori generali che, in base al suddetto comma ne hanno operato la rimozione ed a reperire risorse affinché sia conservato il trattamento economico dei dirigenti ai quali, benché meritevoli, non è stato riconfermato l'incarico.
9/3638/206.(Testo modificato nel corso della seduta)Bachelet, Ghizzoni, Coscia, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Pes, Rossa, Antonino Russo, Siragusa.

La Camera,
premesso che:
il Fondo unico per lo spettacolo (FUS), istituito con la legge n. 163 del 1985, è lo strumento finanziario attraverso il quale lo stato sostiene le attività del settore spettacolo, sia del cinema che dello spettacolo dal vivo, rifinanziato ogni anno con la legge finanziaria, viene ripartito tra i vari settori con un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali;
la gestione del suddetto Fondo consente, infatti, di assegnare contributi ad enti, istituzioni, associazioni, organismi ed imprese operanti nei settori delle attività cinematografiche, musicali, di danza, teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante, nonché di promuovere e sostenere manifestazioni ed iniziative di carattere e rilevanza nazionali da svolgere in Italia o all'estero;
rispetto alle risorse previste dalla legge finanziaria 2007, con una dotazione di 444 milioni per il 2007 e di 544 milioni di euro per il 2008 e il 2009, con le misure previste dalla legge finanziaria 2009 si è registrato una decurtazione che ha portato i finanziamenti al minimo storico;
l'inadeguatezza e la scarsità di tali stanziamenti per la produzione e l'industria dello spettacolo italiano potrebbero determinare, di fatto, la chiusura di interi settori di attività che, al contrario, sono da considerare strategici per la ripresa del Paese e necessitano di adeguatezza progettuale, sia in termini di finanziamento, sia in termini di programmazione e di politica di interventi;
la gravissima situazione finanziaria, che interessa in particolare lo spettacolo dal vivo, mette a rischio la possibilità di portare a termine la riforma del settore, attesa da più di trent'anni; il cinema italiano vive una stagione felice, che potrà essere interrotta dalla mancanza di adeguate risorse per la crescita e la qualità del prodotto cinematografico e audiovisivo e dalla sottovalutazione dell'importanza dell'industria dei contenuti, essenziale per ricollocare l'Italia nel mercato europeo e globale della comunicazione;
lo spettacolo in Italia, nel suo complesso, conta all'incirca 250.000 addetti, tra artisti, tecnici, operatori, maestranze e una tale esiguità di finanziamenti pubblici mette in serio rischio i livelli occupazionali dell'intero comparto e il sistema dei diritti e degli ammortizzatori sociali;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reperire, nei provvedimenti finanziari dei prossimi mesi, risorse adeguate a garantire un significativo incremento delle risorse del Fondo unico dello spettacolo, a mettere in atto tutti i provvedimenti necessari a prevenire una crisi del settore, che potrebbe avere riflessi devastanti sulla intera industria culturale nazionale, e ad intraprendere con decisione la strada della valorizzazione e nella crescita delle attività dello spettacolo, parte essenziale dell'identità nazionale.
9/3638/207. De Biasi, Ghizzoni, Bachelet, Coscia, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Pes, Rossa, Antonino Russo, Siragusa.

La Camera,
visto il ruolo fondamentale che svolgono l'Istituto italiano per gli studi storici e l'Istituto italiano per gli studi filosofici, aventi sede in Napoli, destinatari di specifiche misure del CIPE a sostegno delle rispettive attività di ricerca e formazione di rilevante interesse pubblico per lo sviluppo dell'integrazione europea e mediterranea delle aree del Mezzogiorno, di cui al comma 219 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e al comma 1149 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
considerato l'altissimo profilo scientifico e culturale che rivestono tali organismi nel panorama mondiale degli istituti culturali e considerato che le loro attività consentono che anche in aree socialmente svantaggiate del Paese si moltiplichino le occasioni di studio, di alta formazione e di ricerca;
visto il ruolo determinante che può essere svolto da tali istituti superiori per promuovere il rientro in Italia di ricercatori residenti all'estero;
considerato il riconoscimento unanime ed internazionale per l'intensa e proficua attività culturale dell'Istituto italiano per gli studi storici e l'Istituto italiano per gli studi filosofici che in una moderna «società della conoscenza» devono essere tutelati e valorizzati in ogni modo,

impegna il Governo

ad elaborare un quadro di interventi e risorse che preveda stanziamenti annuali in favore delle attività dei predetti istituti anche attraverso il rinnovarsi delle misure già destinate agli stessi per gli esercizi 2008 e 2009.
9/3638/208. Nicolais, Ghizzoni, Bachelet, Coscia, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Pes, Rossa, Antonino Russo, Siragusa.

La Camera,
visto il ruolo fondamentale che svolgono l'Istituto italiano per gli studi storici e l'Istituto italiano per gli studi filosofici, aventi sede in Napoli, destinatari di specifiche misure del CIPE a sostegno delle rispettive attività di ricerca e formazione di rilevante interesse pubblico per lo sviluppo dell'integrazione europea e mediterranea delle aree del Mezzogiorno, di cui al comma 219 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e al comma 1149 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
considerato l'altissimo profilo scientifico e culturale che rivestono tali organismi nel panorama mondiale degli istituti culturali e considerato che le loro attività consentono che anche in aree socialmente svantaggiate del Paese si moltiplichino le occasioni di studio, di alta formazione e di ricerca;
visto il ruolo determinante che può essere svolto da tali istituti superiori per promuovere il rientro in Italia di ricercatori residenti all'estero;
considerato il riconoscimento unanime ed internazionale per l'intensa e proficua attività culturale dell'Istituto italiano per gli studi storici e l'Istituto italiano per gli studi filosofici che in una moderna «società della conoscenza» devono essere tutelati e valorizzati in ogni modo,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ad elaborare un quadro di interventi e risorse che preveda stanziamenti annuali in favore delle attività dei predetti istituti anche attraverso il rinnovarsi delle misure già destinate agli stessi per gli esercizi 2008 e 2009.
9/3638/208.(Testo modificato nel corso della seduta)Nicolais, Ghizzoni, Bachelet, Coscia, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Pes, Rossa, Antonino Russo, Siragusa.

La Camera,
premesso che:
attraverso la disposizione di cui l'articolo 9, comma 23, del decreto-legge in esame, anche dopo la modifica apportata al testo dal Senato con l'introduzione del riferimento all'articolo 8, comma 14, con cui sono state indicate le modalità per individuare la destinazione delle risorse già destinate alle premialità dall'articolo 64, comma 9, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalle legge n. 133 del 2008, continua ad essere negato il diritto del personale della scuola al conseguimento degli scatti retributivi secondo le modalità contrattuali vigenti e continua ad essere esclusa la validità strutturale, ai fini della carriera del medesimo, del triennio 2010-2012;
tale previsione comporta in termini finanziari, come stabilito dalla relazione tecnica, un grave danno economico per la sola categoria dei dipendenti del comparto scuola, corrispondente ad un risparmio della spesa pubblica al 2047 di 18,72 miliardi di euro. Ciò significherà, a decorrere dal 2011, una riduzione di 320 milioni, che diventerebbero 640 nel 2012 e 960 nel 2013;
tali riduzioni di spesa sono rimaste nel decreto-legge in esame e la diversa destinazione delle risorse di cui all'articolo 8, comma 14, non ha alcuna relazione con la loro riaffermata permanenza nell'ambito della manovra prefigurata dal decreto;
la disposizione di cui al citato articolo 9, comma 23, in occasione della stipula definitiva del primo contratto collettivo nazionale di lavoro successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, andrebbe a porsi in contrasto con quanto stabilito all'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001,

impegna il Governo

a fare in modo che, in sede di adozione del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da emanare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, le risorse siano finalizzate al finanziamento degli scatti retributivi maturati nel triennio 2010-2012 dal personale decente e dal personale ATA della scuola.
9/3638/209. Pes, Ghizzoni, Bachelet, Coscia, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Rossa, Antonino Russo, Siragusa.

La Camera,
premesso che:
attraverso la disposizione di cui l'articolo 9, comma 23, del decreto-legge in esame, anche dopo la modifica apportata al testo dal Senato con l'introduzione del riferimento all'articolo 8, comma 14, con cui sono state indicate le modalità per individuare la destinazione delle risorse già destinate alle premialità dall'articolo 64, comma 9, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalle legge n. 133 del 2008, continua ad essere negato il diritto del personale della scuola al conseguimento degli scatti retributivi secondo le modalità contrattuali vigenti e continua ad essere esclusa la validità strutturale, ai fini della carriera del medesimo, del triennio 2010-2012;
tale previsione comporta in termini finanziari, come stabilito dalla relazione tecnica, un grave danno economico per la sola categoria dei dipendenti del comparto scuola, corrispondente ad un risparmio della spesa pubblica al 2047 di 18,72 miliardi di euro. Ciò significherà, a decorrere dal 2011, una riduzione di 320 milioni, che diventerebbero 640 nel 2012 e 960 nel 2013;
tali riduzioni di spesa sono rimaste nel decreto-legge in esame e la diversa destinazione delle risorse di cui all'articolo 8, comma 14, non ha alcuna relazione con la loro riaffermata permanenza nell'ambito della manovra prefigurata dal decreto;
la disposizione di cui al citato articolo 9, comma 23, in occasione della stipula definitiva del primo contratto collettivo nazionale di lavoro successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, andrebbe a porsi in contrasto con quanto stabilito all'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di fare in modo che, in sede di adozione del decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da emanare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, le risorse siano finalizzate al finanziamento degli scatti retributivi maturati nel triennio 2010-2012 dal personale decente e dal personale ATA della scuola.
9/3638/209.(Testo modificato nel corso della seduta)Pes, Ghizzoni, Bachelet, Coscia, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Rossa, Antonino Russo, Siragusa.

La Camera,
premesso che:
a causa della situazione di crescente squilibrio finanziario delle università, negli ultimi anni il Fondo di funzionamento ordinario dell'università è stato allocato, nonostante il modello CNVSU, quasi esclusivamente sulla base delle quote storiche di spesa;
non si fa nessun riferimento alle modalità di riparto dei fondi e soprattutto al «patto per le università» siglato nell'agosto 2007, inserito nella legge finanziaria 2008, mai abrogato, con il quale il Ministero e gli atenei hanno sancito una reciproca assunzione di responsabilità, mediante la quale il primo si impegna a trasferire adeguate risorse tenendo conto del tasso di inflazione e delle dinamiche delle retribuzioni, mentre gli atenei, sottoposti ad un efficace sistema di valutazione, si vincolano al rispetto di strategie di razionalizzazione della spesa, all'adozione di un sistema programmatorio degli interventi, al miglioramento delle qualità dei servizi e dell'offerta didattica;
sarebbe ulteriormente opportuno prevedere l'unificazione di tutti i finanziamenti statali alle università in un solo capitolo di spesa,

impegna il Governo

a prevedere già per il prossimo anno un adeguato rifinanziamento del Fondo di funzionamento ordinario dell'università.
9/3638/210. Ghizzoni, Bachelet, Coscia, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Pes, Rossa, Antonino Russo, Siragusa.

La Camera,
premesso che:
a causa della situazione di crescente squilibrio finanziario delle università, negli ultimi anni il Fondo di funzionamento ordinario dell'università è stato allocato, nonostante il modello CNVSU, quasi esclusivamente sulla base delle quote storiche di spesa;
non si fa nessun riferimento alle modalità di riparto dei fondi e soprattutto al «patto per le università» siglato nell'agosto 2007, inserito nella legge finanziaria 2008, mai abrogato, con il quale il Ministero e gli atenei hanno sancito una reciproca assunzione di responsabilità, mediante la quale il primo si impegna a trasferire adeguate risorse tenendo conto del tasso di inflazione e delle dinamiche delle retribuzioni, mentre gli atenei, sottoposti ad un efficace sistema di valutazione, si vincolano al rispetto di strategie di razionalizzazione della spesa, all'adozione di un sistema programmatorio degli interventi, al miglioramento delle qualità dei servizi e dell'offerta didattica;
sarebbe ulteriormente opportuno prevedere l'unificazione di tutti i finanziamenti statali alle università in un solo capitolo di spesa,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a prevedere già per il prossimo anno un adeguato rifinanziamento del Fondo di funzionamento ordinario dell'università.
9/3638/210.(Testo modificato nel corso della seduta)Ghizzoni, Bachelet, Coscia, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Pes, Rossa, Antonino Russo, Siragusa.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9, comma 23, del decreto-legge in esame prevede che, per il personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) della scuola, gli anni 2010, 2011 e 2012 non sono utili ai fini della maturazione degli incrementi economici previsti dalle vigenti disposizioni contrattuali per effetto dei passaggi tra posizioni stipendiali;
il comma 14 dell'articolo 8 del decreto-legge in esame destina al settore scolastico, in modo assolutamente generico, le economie di cui all'articolo 64, comma 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
si ricorda che il comma 9 del citato articolo 64 destinava specificatamente, a decorrere dall'anno 2010, i predetti risparmi all'incremento delle risorse contrattuali stanziate per la valorizzazione e lo sviluppo professionale della carriera del personale della scuola;
in base a quanto disposto dal comma 14 dell'articolo 8, i risparmi previsti dall'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, invece di essere destinati al cd. Fondo per il merito, saranno utilizzati per ripianare i debiti pregressi e finanziare le spese ordinarie delle scuole;
in seguito ad un'ampia mobilitazione delle organizzazioni sindacali ed alle proteste del personale docente e del personale ATA della scuola, in sede di esame della manovra finanziaria in Commissione Bilancio è stata approvata, con un emendamento del relatore, una norma che prevede che la destinazione delle risorse previste dal comma 14 dell'articolo 8 «è stabilita con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative»;
con lo stesso emendamento del relatore è stata poi approvata una disposizione che aggiunge al comma 23 dell'articolo 9 il seguente periodo: «È fatto salvo quanto previsto dall'articolo 8, comma 14.»;
il combinato disposto delle due norme dovrebbe garantire, secondo quanto annunciato dal relatore, la destinazione delle suddette risorse al finanziamento degli scatti retributivi maturati dal personale docente e dal personale ATA nel triennio 2010-2012;
in realtà, affermare che la destinazione delle risorse già riservate alla premialità dall'articolo 64, comma 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sia stabilita del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, non significa in nessun modo che queste risorse debbano essere necessariamente destinate a finanziare il pagamento degli scatti retributivi maturati dal personale docente e dal personale ATA nel triennio 2010-2012;
tale modifica non indica in alcun modo la destinazione delle risorse, ma esclusivamente il modo per individuarla: poiché sarà il decreto del Ministro a stabilire la destinazione delle risorse previste dal comma 14 dell'articolo 8, si può solo auspicare che il decreto stabilisca che tali somme siano corrisposte (in forme e modalità che è davvero difficile prefigurare) a compensazione della mancata attribuzione di tali scatti nel corso del triennio, ben consapevoli del fatto che quanto assicurato dal relatore non ha alcun valore giuridico;
continua infatti ad essere negato il diritto del personale della scuola al conseguimento degli scatti retributivi secondo le modalità contrattuali vigenti e continua ad essere esclusa la validità strutturale, ai fini della carriera del medesimo, del triennio 2010-2012;
tale previsione comporta in termini finanziari, come stabilito dalla relazione tecnica, un grave danno economico per la sola categoria dei dipendenti del comparto scuola, corrispondente ad un risparmio della spesa pubblica al 2047 di 18,72 miliardi di euro. Ciò significherà una riduzione di 320 milioni di euro lordi per l'anno 2011, di 640 milioni di euro lordi per l'anno 2012 e di 960 milioni di euro lordi per l'anno 2013,

impegna il Governo

a dare attuazione a quanto affermato dal relatore in sede di esame in Commissione Bilancio riguardo la destinazione delle economie di cui all'articolo 64, comma 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, prevedendo espressamente, in sede di adozione del decreto del Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca, da emanare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, che le suddette risorse siano finalizzate al finanziamento degli scatti retributivi maturati nel triennio 2010-2012 dal personale decente e dal personale ATA della scuola.
9/3638/211. Rossa, Ghizzoni, Bachelet, Coscia, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Pes, Antonino Russo, Siragusa.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9, comma 23, del decreto-legge in esame prevede che, per il personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) della scuola, gli anni 2010, 2011 e 2012 non sono utili ai fini della maturazione degli incrementi economici previsti dalle vigenti disposizioni contrattuali per effetto dei passaggi tra posizioni stipendiali;
il comma 14 dell'articolo 8 del decreto-legge in esame destina al settore scolastico, in modo assolutamente generico, le economie di cui all'articolo 64, comma 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
si ricorda che il comma 9 del citato articolo 64 destinava specificatamente, a decorrere dall'anno 2010, i predetti risparmi all'incremento delle risorse contrattuali stanziate per la valorizzazione e lo sviluppo professionale della carriera del personale della scuola;
in base a quanto disposto dal comma 14 dell'articolo 8, i risparmi previsti dall'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, invece di essere destinati al cd. Fondo per il merito, saranno utilizzati per ripianare i debiti pregressi e finanziare le spese ordinarie delle scuole;
in seguito ad un'ampia mobilitazione delle organizzazioni sindacali ed alle proteste del personale docente e del personale ATA della scuola, in sede di esame della manovra finanziaria in Commissione Bilancio è stata approvata, con un emendamento del relatore, una norma che prevede che la destinazione delle risorse previste dal comma 14 dell'articolo 8 «è stabilita con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative»;
con lo stesso emendamento del relatore è stata poi approvata una disposizione che aggiunge al comma 23 dell'articolo 9 il seguente periodo: «È fatto salvo quanto previsto dall'articolo 8, comma 14.»;
il combinato disposto delle due norme dovrebbe garantire, secondo quanto annunciato dal relatore, la destinazione delle suddette risorse al finanziamento degli scatti retributivi maturati dal personale docente e dal personale ATA nel triennio 2010-2012;
in realtà, affermare che la destinazione delle risorse già riservate alla premialità dall'articolo 64, comma 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sia stabilita del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, non significa in nessun modo che queste risorse debbano essere necessariamente destinate a finanziare il pagamento degli scatti retributivi maturati dal personale docente e dal personale ATA nel triennio 2010-2012;
tale modifica non indica in alcun modo la destinazione delle risorse, ma esclusivamente il modo per individuarla: poiché sarà il decreto del Ministro a stabilire la destinazione delle risorse previste dal comma 14 dell'articolo 8, si può solo auspicare che il decreto stabilisca che tali somme siano corrisposte (in forme e modalità che è davvero difficile prefigurare) a compensazione della mancata attribuzione di tali scatti nel corso del triennio, ben consapevoli del fatto che quanto assicurato dal relatore non ha alcun valore giuridico;
continua infatti ad essere negato il diritto del personale della scuola al conseguimento degli scatti retributivi secondo le modalità contrattuali vigenti e continua ad essere esclusa la validità strutturale, ai fini della carriera del medesimo, del triennio 2010-2012;
tale previsione comporta in termini finanziari, come stabilito dalla relazione tecnica, un grave danno economico per la sola categoria dei dipendenti del comparto scuola, corrispondente ad un risparmio della spesa pubblica al 2047 di 18,72 miliardi di euro. Ciò significherà una riduzione di 320 milioni di euro lordi per l'anno 2011, di 640 milioni di euro lordi per l'anno 2012 e di 960 milioni di euro lordi per l'anno 2013,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di dare attuazione a quanto affermato dal relatore in sede di esame in Commissione Bilancio riguardo la destinazione delle economie di cui all'articolo 64, comma 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, prevedendo espressamente, in sede di adozione del decreto del Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca, da emanare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, che le suddette risorse siano finalizzate al finanziamento degli scatti retributivi maturati nel triennio 2010-2012 dal personale decente e dal personale ATA della scuola.
9/3638/211.(Testo modificato nel corso della seduta)Rossa, Ghizzoni, Bachelet, Coscia, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Pes, Antonino Russo, Siragusa.

La Camera,
premesso che:
il comma 2 dell'articolo 6 rende onorifica, a decorrere dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, la partecipazione agli organi collegiali - anche di amministrazione - degli enti che comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche, nonché la titolarità degli organi medesimi;
la partecipazione e la titolarità degli organi collegiali di cui al predetto comma comporta esclusivamente il rimborso delle spese sostenute, ove previsto dalla normativa vigente e, qualora siano già previsti, i gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta giornaliera;
sotto il profilo sanzionatorio, la norma in esame stabilisce, in primo luogo, che la violazione di quanto sopra previsto determina responsabilità erariale e che gli atti adottati dagli organi degli enti e degli organismi pubblici interessati sono nulli; invece gli enti privati che non si adeguano a quanto previsto da tale comma non possono ricevere, neanche indirettamente, contributi o utilità a carico delle finanze pubbliche, ad eccezione dell'eventuale devoluzione, in base alla vigente normativa, del 5 per mille del gettito IRPEF;
l'ultimo periodo di tale comma prevede che le disposizioni ivi previste non si applichino a tutta una serie di soggetti, ai quali sono stati aggiunti, nel corso dell'esame presso il Senato, le ONLUS, le associazioni di promozione sociale, gli enti pubblici economici individuati con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze su proposta del Ministero vigilante, nonché le società;
in tale elencazione non vengono espressamente citati gli enti e le fondazioni di diritti privato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di includere gli enti e le fondazioni di diritto privato che ricevono contributi pubblici per meno della metà del loro bilancio e che hanno un fatturato superiore ai 20 milioni di euro nella deroga della disposizione in esame.
9/3638/212.Coscia, Ghizzoni, Bachelet, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Pes, Rossa, Antonino Russo, Siragusa.

La Camera,
premesso che:
la situazione degli edifici scolastici nel nostro Paese versa ormai in gravi condizioni;
troppo spesso la cronaca ci riporta all'attenzione il rilevante problema della fatiscenza degli edifici scolastici e, purtroppo, ogni volta che si ripresenta questa evidenza si registrano perdite di vite umane, feriti o tragedie scampate;
la stampa parla di 6.900 edifici di cui è ignota la data di costruzione, più di mille sono datati fra il '500 e l'800, di 803 istituti scolastici ospitati in strutture destinate ad altro scopo; di lavori di ristrutturazione e ampliamento che anziché migliorare la sicurezza e la solidità degli edifici ne hanno messo in discussione la stabilità senza modificarne la destinazione d'uso;
dei 43 mila edifici scolastici solo il 22 per cento ha beneficiato di ristrutturazioni e messa in sicurezza nonostante le leggi vigenti in materia che sono rigorosamente prescrittive;
oltre la fatiscenza delle strutture esistenti, non è stato avviato un serio programma per la costruzione di nuovi edifici scolastici tanto che molti comuni si trovano nella condizione di non poter ospitare gli alunni presenti sul territorio,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità, anche tramite un provvedimento specifico, di destinare un'adeguata quota di risorse all'incremento, in via straordinaria per gli anni 2010-2011, a sostegno delle iniziative volte alla messa in sicurezza degli edifici scolastici;
a prevedere la possibilità di avviare un monitoraggio sulla carenza di edifici scolastici su scala nazionale, predisponendo un piano straordinario per la costruzione di nuove scuole a fronte delle necessità rilevate.
9/3638/213.De Pasquale, Ghizzoni, Bachelet, Coscia, De Biasi, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Pes, Rossa, Antonino Russo, Siragusa.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9, comma 1, per il triennio 2011-2013, prevede che il trattamento economico individuale complessivo dei dipendenti pubblici, anche di qualifica dirigenziale, non possa in ogni caso superare il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010;
a tale disposizione si accompagna la sospensione dei meccanismi di adeguamento retributivo per il personale in regime di diritto, tra i quali i professori universitari e i ricercatori. Per questi la progressione di carriera e degli scatti di stipendio sarà utile solo ai fini giuridici, senza alcun effetto di natura economica;
per i ricercatori esordienti che in questi tre anni diventeranno docenti, con uno stipendio iniziale che si aggira intorno ai 1.200 euro mensili, la manovra si tradurrà in un perdita di 7.659 euro l'anno, circa il 32,7 per cento dello stipendio annuale, secondo una stima elaborata dal Sole 24 Ore;
i ricercatori non confermati che hanno già all'attivo due scatti stipendiali, nei prossimi anni si vedono congelati aumenti per più di 8 mila euro l'anno, cioè circa il 27,6 per cento della loro busta paga, che oggi al netto viaggia intorno a 1.530 euro mensili,

impegna il Governo

ad adottare, previo monitoraggio dell'applicazione della norma citata in premessa, ulteriori iniziative normative volte a prevedere la possibilità per i ricercatori universitari di una forma di attenuazione della norma di cui in premessa al fine di consentire loro di beneficiare dello scatto di carriera non solo ai fini giuridici.
9/3638/214.Antonino Russo, Ghizzoni, Bachelet, Coscia, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Melandri, Nicolais, Pes, Rossa, Siragusa.

La Camera,
premesso che:
il comma 28 dell'articolo 9 riduce del 50 per cento, rispetto alla spesa sostenuta nell'anno 2009, la spesa delle pubbliche amministrazioni:
a) per il personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
b) per i contratti di formazione lavoro, gli altri rapporti formativi, la somministrazione di lavoro, nonché il lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, lettera d) decreto legislativo n. 276 del 2003, (attività lavorative di natura occasionale rese nell'ambito di manifestazioni sportive, culturali, fieristiche o caritatevoli e di lavori di emergenza o di solidarietà anche in caso di committente pubblico);
la disposizione si applica a partire dall'anno 2011 alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, alle agenzie, incluse le agenzie fiscali, agli enti pubblici non economici, alle università e agli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo n. 276 del 2003;
con la modifica apportata al Senato è stato rimosso il riferimento agli enti di ricerca come destinatari della norma in esame;
anche le università dovranno applicare la disposizione in esame,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi della norma citata in premessa, valutando l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere la possibilità che, al pari degli enti di ricerca, anche le università possano derogare dalla disposizione di cui all'articolo 9, comma 28.
9/3638/215.Mazzarella, Ghizzoni, Bachelet, Coscia, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Melandri, Nicolais, Pes, Rossa, Antonino Russo, Siragusa.

La Camera,
premesso che:
il settore agricolo italiano è frutto dell'insieme delle peculiarità e delle difficoltà specifiche vissute dai singoli territori e, in tale prospettiva, il Mezzogiorno ed i territori montani particolarmente svantaggiati rivestono un'importanza cruciale per il settore primario;
è necessario valutare con attenzione le misure utili a sostenere e rilanciare il comparto agricolo mediante un sostegno alle categorie produttive interessate;
il 31 luglio prossimo scadono le proroghe delle agevolazioni contributive per le aziende agricole collocate nelle zone svantaggiate e nelle zone di montagna;
a partire dal 1o agosto, molte di queste aziende rischiano di chiudere schiacciate dalle difficoltà connesse alla loro collocazione in territori difficili in cui la meccanizzazione è assolutamente problematica e alla dimensione aziendale che non consente di reggere una competitività oramai del tutto basata sul ribasso spietato del prezzo;
in questi territori e in quelle aziende si produce, tuttavia, un'eccellenza agroalimentare che è il fiore all'occhiello del Made in Italy e che garantisce un contributo di primo piano all'economia italiana;
è fondamentale sostenere queste categorie produttive, in particolare, prevedendo la proroga delle agevolazioni contributive, per i datori di lavoro agricoli in zone svantaggiate o particolarmente svantaggiate, nella misura più favorevole disposta dall'articolo 01, comma 2 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 81 del 2006;
in particolare il decreto-legge n. 2 del 2006 ha stabilito che:
nei territori montani particolarmente svantaggiati (ossia situati ad una altitudine di almeno 700 metri), lo sgravio contributivo, rispetto a quanto normalmente dovuto sul territorio nazionale, spetta nella misura del 75 per cento dei contributi a carico del datore di lavoro (pertanto la quota da versare sarà del 25 per cento, quindi più bassa rispetto alla quota del 30 per cento dovuta ai sensi dell'articolo 9, commi 5, 5-bis e 5-ter della legge n. 67 del 1988);
nelle zone agricole svantaggiate, comprese le aree dell'obiettivo 1 del Regolamento (CE) n. 1260/1999, recante «Disposizioni generali sui Fondi strutturali», nonché i territori dei comuni delle regioni Abruzzo, Molise e Basilicata, lo sgravio contributivo compete nella misura del 68 per cento (pertanto la quota da versare sarà del 32 per cento, notevolmente più bassa rispetto al 60 per cento dovuta ai sensi dell'articolo 9, commi 5, 5-bis e 5-ter della legge n. 67 del 1988);
alla luce della riforma della Politica agricola comunitaria tale intervento non si configura come di natura assistenziale, bensì ha una valenza strutturale per tali imprese e per il settore intero;
il 30 giugno scorso, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, rispondendo ad una interrogazione a risposta immediata in Aula, in cui si chiedevano informazioni sulla possibilità di una proroga almeno fino al 31 dicembre 2010 della misura agevolata, ha dichiarato di non essere «in grado di dare una risposta definitiva circa la compatibilità della proroga con le condizioni di finanza pubblica» e che «sono in corso d'esame emendamenti in questo senso riguardanti il decreto-legge che contiene la manovra del Governo» il cui «iter parlamentare è in corso presso l'altra Camera e a quell'iter necessariamente non posso in questo momento che rimettermi.»;
allo stato attuale, né l'iter presso il Senato né l'iter presso la Camera, hanno contribuito a risolvere la questione e nessuna proroga è stata disposta per la misura in oggetto;
ad oggi la proroga per gli sgravi contributivi non c'è, e questo silenzio è molto preoccupante perché gli sgravi contributivi assumono un particolare valore in quanto intervengono nelle aree più deboli, nelle zone montane, nel Mezzogiorno, laddove la crisi sta producendo gli effetti più gravi, laddove è più difficile fare impresa, ma anche laddove si producono molte eccellenze del sistema agroalimentare del nostro Paese e dove si svolge anche un'importante funzione di presidio del territorio;
come dichiarato il 4 luglio scorso dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, in un articolo del «Corriere della Sera», le sue richieste al Ministro dell'economia per il sostegno al settore primario si sono concentrate su tre interventi principali uno dei quali è appunto la proroga delle agevolazioni contributive fino al 31 dicembre a sostegno delle zone svantaggiate,

impegna il Governo

a prorogare quanto prima le agevolazioni in materia previdenziale per il settore agricolo nelle modalità più vantaggiose previste dall'articolo 01, comma 2 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 81 del 2006.
9/3638/216.Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Pepe, Sani, Servodio, Trappolino, Siragusa, Vico, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il settore agricolo italiano è frutto dell'insieme delle peculiarità e delle difficoltà specifiche vissute dai singoli territori e, in tale prospettiva, il Mezzogiorno ed i territori montani particolarmente svantaggiati rivestono un'importanza cruciale per il settore primario;
è necessario valutare con attenzione le misure utili a sostenere e rilanciare il comparto agricolo mediante un sostegno alle categorie produttive interessate;
il 31 luglio prossimo scadono le proroghe delle agevolazioni contributive per le aziende agricole collocate nelle zone svantaggiate e nelle zone di montagna;
a partire dal 1o agosto, molte di queste aziende rischiano di chiudere schiacciate dalle difficoltà connesse alla loro collocazione in territori difficili in cui la meccanizzazione è assolutamente problematica e alla dimensione aziendale che non consente di reggere una competitività oramai del tutto basata sul ribasso spietato del prezzo;
in questi territori e in quelle aziende si produce, tuttavia, un'eccellenza agroalimentare che è il fiore all'occhiello del Made in Italy e che garantisce un contributo di primo piano all'economia italiana;
è fondamentale sostenere queste categorie produttive, in particolare, prevedendo la proroga delle agevolazioni contributive, per i datori di lavoro agricoli in zone svantaggiate o particolarmente svantaggiate, nella misura più favorevole disposta dall'articolo 01, comma 2 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 81 del 2006;
in particolare il decreto-legge n. 2 del 2006 ha stabilito che:
nei territori montani particolarmente svantaggiati (ossia situati ad una altitudine di almeno 700 metri), lo sgravio contributivo, rispetto a quanto normalmente dovuto sul territorio nazionale, spetta nella misura del 75 per cento dei contributi a carico del datore di lavoro (pertanto la quota da versare sarà del 25 per cento, quindi più bassa rispetto alla quota del 30 per cento dovuta ai sensi dell'articolo 9, commi 5, 5-bis e 5-ter della legge n. 67 del 1988);
nelle zone agricole svantaggiate, comprese le aree dell'obiettivo 1 del Regolamento (CE) n. 1260/1999, recante «Disposizioni generali sui Fondi strutturali», nonché i territori dei comuni delle regioni Abruzzo, Molise e Basilicata, lo sgravio contributivo compete nella misura del 68 per cento (pertanto la quota da versare sarà del 32 per cento, notevolmente più bassa rispetto al 60 per cento dovuta ai sensi dell'articolo 9, commi 5, 5-bis e 5-ter della legge n. 67 del 1988);
alla luce della riforma della Politica agricola comunitaria tale intervento non si configura come di natura assistenziale, bensì ha una valenza strutturale per tali imprese e per il settore intero;
il 30 giugno scorso, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, rispondendo ad una interrogazione a risposta immediata in Aula, in cui si chiedevano informazioni sulla possibilità di una proroga almeno fino al 31 dicembre 2010 della misura agevolata, ha dichiarato di non essere «in grado di dare una risposta definitiva circa la compatibilità della proroga con le condizioni di finanza pubblica» e che «sono in corso d'esame emendamenti in questo senso riguardanti il decreto-legge che contiene la manovra del Governo» il cui «iter parlamentare è in corso presso l'altra Camera e a quell'iter necessariamente non posso in questo momento che rimettermi.»;
allo stato attuale, né l'iter presso il Senato né l'iter presso la Camera, hanno contribuito a risolvere la questione e nessuna proroga è stata disposta per la misura in oggetto;
ad oggi la proroga per gli sgravi contributivi non c'è, e questo silenzio è molto preoccupante perché gli sgravi contributivi assumono un particolare valore in quanto intervengono nelle aree più deboli, nelle zone montane, nel Mezzogiorno, laddove la crisi sta producendo gli effetti più gravi, laddove è più difficile fare impresa, ma anche laddove si producono molte eccellenze del sistema agroalimentare del nostro Paese e dove si svolge anche un'importante funzione di presidio del territorio;
come dichiarato il 4 luglio scorso dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, in un articolo del «Corriere della Sera», le sue richieste al Ministro dell'economia per il sostegno al settore primario si sono concentrate su tre interventi principali uno dei quali è appunto la proroga delle agevolazioni contributive fino al 31 dicembre a sostegno delle zone svantaggiate,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a prorogare quanto prima le agevolazioni in materia previdenziale per il settore agricolo nelle modalità più vantaggiose previste dall'articolo 01, comma 2 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 81 del 2006.
9/3638/216.(Testo modificato nel corso della seduta)Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Pepe, Sani, Servodio, Trappolino, Siragusa, Vico, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'andamento stagionale dello scorso inverno, caratterizzato da basse temperature, ha reso necessario un maggiore ricorso al riscaldamento delle serre per le produzioni agricole, floricole e vivaistiche, con il conseguente aumento di consumi di carburanti;
all'aumento dei consumi di carburante si aggiunge il permanere di uno stato di difficoltà nel quale operano ormai da tempo le imprese agricole, floricole e vivaistiche e le aziende fornitrici di carburanti, reso ultimamente ancora più gravoso dalla decisione n. 5497 della Commissione europea del 13 luglio 2009 che ha dichiarato incompatibile con il mercato comune il regime di aiuto sotto forma di esenzione delle accise sul gasolio utilizzato sotto serra ed ha disposto il recupero degli aiuti indebitamente concessi;
la decisione della Commissione riguarda espressamente i regimi agevolati concessi nei periodi 2001, 2002, 2003 e 2004 e non menziona i medesimi regimi che hanno trovato applicazione anche nei periodi 2005-2009;
l'Agenzia delle dogane ha disposto un'applicazione estensiva della decisione Ue e, con propria circolare del 3 novembre 2009, ha comunicato alle ditte fornitrici di gasolio agricolo l'impossibilità di un ulteriore riconoscimento del beneficio anche in assenza di una espressa abrogazione della norma nazionale che estendeva il regime agevolato all'anno 2009, determinando la cessazione dell'applicazione della accisa agevolata;
al contrario di quanto affermato dall'Agenzia delle dogane, il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ha, da subito, ritenuto che, in assenza di una specifica decisione che dichiari quest'ultima norma in contrasto con la normativa comunitaria, ovvero in mancanza di una legge abrogativa della disposizione vigente, le amministrazioni nazionali non possono disapplicare la norma in vigore;
il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, anche su sollecitazione delle regioni, oltre ad aver confermato l'accisa agevolata per il 2009, ha presentato ricorso in merito alla decisione comunitaria;
le decisioni del Ministero non hanno sortito alcun effetto e, in mancanza di un'ulteriore comunicazione dell'Agenzia delle dogane, i distributori continuano ad applicare le istruzioni della circolare dell'Agenzia del 3 novembre 2009,

impegna il Governo

ad individuare urgentemente nuovi interventi legislativi, anche alla luce delle indicazioni emerse in sede comunitaria, che consentano di mantenere un regime fiscale agevolato per il gasolio agricolo utilizzato nelle coltivazioni sotto serra.
9/3638/217.Cenni, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'andamento stagionale dello scorso inverno, caratterizzato da basse temperature, ha reso necessario un maggiore ricorso al riscaldamento delle serre per le produzioni agricole, floricole e vivaistiche, con il conseguente aumento di consumi di carburanti;
all'aumento dei consumi di carburante si aggiunge il permanere di uno stato di difficoltà nel quale operano ormai da tempo le imprese agricole, floricole e vivaistiche e le aziende fornitrici di carburanti, reso ultimamente ancora più gravoso dalla decisione n. 5497 della Commissione europea del 13 luglio 2009 che ha dichiarato incompatibile con il mercato comune il regime di aiuto sotto forma di esenzione delle accise sul gasolio utilizzato sotto serra ed ha disposto il recupero degli aiuti indebitamente concessi;
la decisione della Commissione riguarda espressamente i regimi agevolati concessi nei periodi 2001, 2002, 2003 e 2004 e non menziona i medesimi regimi che hanno trovato applicazione anche nei periodi 2005-2009;
l'Agenzia delle dogane ha disposto un'applicazione estensiva della decisione Ue e, con propria circolare del 3 novembre 2009, ha comunicato alle ditte fornitrici di gasolio agricolo l'impossibilità di un ulteriore riconoscimento del beneficio anche in assenza di una espressa abrogazione della norma nazionale che estendeva il regime agevolato all'anno 2009, determinando la cessazione dell'applicazione della accisa agevolata;
al contrario di quanto affermato dall'Agenzia delle dogane, il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ha, da subito, ritenuto che, in assenza di una specifica decisione che dichiari quest'ultima norma in contrasto con la normativa comunitaria, ovvero in mancanza di una legge abrogativa della disposizione vigente, le amministrazioni nazionali non possono disapplicare la norma in vigore;
il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, anche su sollecitazione delle regioni, oltre ad aver confermato l'accisa agevolata per il 2009, ha presentato ricorso in merito alla decisione comunitaria;
le decisioni del Ministero non hanno sortito alcun effetto e, in mancanza di un'ulteriore comunicazione dell'Agenzia delle dogane, i distributori continuano ad applicare le istruzioni della circolare dell'Agenzia del 3 novembre 2009,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ad individuare urgentemente nuovi interventi legislativi, anche alla luce delle indicazioni emerse in sede comunitaria, che consentano di mantenere un regime fiscale agevolato per il gasolio agricolo utilizzato nelle coltivazioni sotto serra.
9/3638/217.(Testo modificato nel corso della seduta)Cenni, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'Ense, Ente nazionale delle sementi elette, viene soppresso dal provvedimento in esame prevedendo che le sue funzioni vengano attribuite all'Inran, Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione;
la soppressione dell'Ense, disposta nell'ambito di un più ampio riordino del perimetro e dei costi della pubblica amministrazione finalizzato alla stabilizzazione finanziaria, appare incomprensibile alla luce della natura e della mission dell'ente stesso;
in particolare la soppressione dell'Ense produce solo effetti negativi in termini qualitativi e nessuna riduzione del perimetro dalla pubblica amministrazione poiché l'ente non ne fa già parte;
al contrario, l'attribuzione delle funzioni dell'Ense all'Inran produce l'effetto contrario: fa rientrare nel perimetro della PA compiti che oggi ne sono fuori;
l'Ense non beneficia di alcun contributo ordinario da parte dello Stato e poiché trae le proprie risorse quasi esclusivamente dalle attività svolte, non concorre al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica in sede di Unione Europea;
l'Ense è un ente market, nel quale le entrate coprono la totalità delle spese, per cui l'inserimento nel perimetro delle P.A., a seguito dell'accorpamento all'Inran, non determina effetti apprezzabili sui saldi di finanza pubblica;
se l'accorpamento non produce né risparmi di spesa, né tantomeno costi ulteriori, esso rischia di minare la qualità del servizio svolto dall'ente;
infatti l'Ense, come evidenziato nelle conclusioni della relazione, del 10 novembre 2009, della Corte dei Conti al Parlamento, è «una istituzione pubblica di riferimento del settore sementiero, la cui attività di certificazione, indispensabile garanzia della qualità e »tracciabilità« del prodotto commercializzato, si accompagna ad un'opera intensa di ricerca e sperimentazione per la messa a punto e l'attuazione di nuove metodologie per la valutazione tecnologica e varietale delle sementi. Né minore rilievo assumono i compiti dell'Ense con riguardo all'attività di assistenza, supervisione e controllo dei soggetti privati che, sulla base del vigente quadro normativo, adempiano in proprio, su base volontaria, alle attività di certificazione.»;
i rischi derivanti dalla soppressione dell'Ense sono molteplici e paradossali; il più importante è quello connesso alle ripercussioni negative sull'industria sementiera che attualmente può contare su di una organizzazione specialistica adeguatamente flessibile e tempestiva negli interventi,

impegna il Governo

a chiarire quale sia il progetto operativo e di risparmio che persegue sopprimendo l'Ense e ad adottare tutte le iniziative più efficaci affinché non venga disperso il capitale umano di competenze specifiche, vengano salvaguardate le condizioni contrattuali dei lavoratori e non diminuisca la qualità del servizio fornito dall'Ense anche mediante una più attenta valutazione delle questioni esposte in premessa.
9/3638/218.Sani, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
ancora una volta il provvedimento in esame ripropone l'annosa vicenda delle quote latte disponendo con l'articolo 40-bis che il pagamento degli importi con scadenza al 30 giugno 2010, previsti dai piani di rateizzazione di cui al decreto-legge 28 marzo 2003, n, 49, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119, ed al decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, sia prorogato fino al 31 dicembre 2010;
la questione delle quote latte è stata inserita nel provvedimento in esame con l'obiettivo dichiarato di far fronte alla grave crisi in cui versa il settore lattiero-caseario, «a seguito della negativa congiuntura internazionale e degli accertamenti in corso»;
in realtà la prevista proroga dei pagamenti con scadenza al 30 giugno 2010 non costituisce un intervento di rilancio per il settore lattiero caseario. Infatti, la proroga non si applicherà ai piani di rateizzazione di cui al decreto-legge n. 49 del 2003, convertito nella legge n. 119 del 2003, perché le rate di questi piani scadono il 31 dicembre di ogni anno. Si applicherà invece ad una parte dei piani di rateizzazione di cui al decreto-legge n. 5 del 2009, convertito nella legge n. 33 del 2009, ovvero solo a quelli per i quali la scadenza della prima rata era fissata al 30 giugno 2010;
se da un lato si continua ad intervenire sul settore lattiero-caseario con modalità che non premiano la legalità, la trasparenza ed il rispetto delle regole, dall'altro lato si continua a rimandare l'applicazione di misure già previste ma mai attuate, quali ad esempio le misure per favorire l'accesso al credito dei produttori che hanno acquistato quote latte successivamente al periodo di applicazione della legge del 2003, che consentirebbero di incidere positivamente sul comparto;
il comma 2 dell'articolo 8-septies, del decreto-legge n. 5 del 2009 prevede, infatti, che, al fine di favorire le misure di accesso al credito, i produttori che abbiano acquistato quote latte successivamente al periodo di applicazione del decreto-legge n. 49 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2003, possano avvalersi, sino all'emanazione del decreto che disciplinerà il funzionamento del Fondo finanza di impresa, del Fondo di garanzia di cui all'articolo 15 della legge n. 266 del 1997, come rifinanziato dall'articolo 11 del decreto-legge n. 185 del 2008, per un importo comunque non inferiore a 45 milioni di euro per il 2009;
in realtà, il fondo di garanzia, di cui all'articolo 15 della legge n. 266 del 1997, che avrebbe dovuto assicurare la copertura dei 45 milioni di euro per il 2009, non ha mai avuto la capienza necessaria per consentire la realizzazione dell'intervento di cui al comma 2 dell'articolo 8-septies;
il comma 2 dell'articolo 8-septies è stato modificato in corso di approvazione del decreto-legge n. 5 del 2009, prevedendo che solo dopo «l'attivazione» del fondo di garanzia, ossia solo dopo che le risorse saranno rese disponibili, il Ministro dell'economia e delle finanze potrà emanare il decreto che dispone l'assegnazione dei 45 milioni al comparto agricolo finalizzate a favorire le misure di accesso al credito per i produttori che hanno acquistato quote latte,

impegna il Governo

a reperire le risorse non inferiori a 45 milioni di euro per il sostegno dell'intero settore lattiero-caseario e di coloro che hanno operato all'interno delle regole, come previsto dal decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito con modificazioni dalla legge 9 aprile 2009, n. 33.
9/3638/219.Zucchi, Oliverio, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, Pizzetti.

La Camera,
premesso che:
ancora una volta il provvedimento in esame ripropone l'annosa vicenda delle quote latte disponendo con l'articolo 40-bis che il pagamento degli importi con scadenza al 30 giugno 2010, previsti dai piani di rateizzazione di cui al decreto-legge 28 marzo 2003, n, 49, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119, ed al decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, sia prorogato fino al 31 dicembre 2010;
la questione delle quote latte è stata inserita nel provvedimento in esame con l'obiettivo dichiarato di far fronte alla grave crisi in cui versa il settore lattiero-caseario, «a seguito della negativa congiuntura internazionale e degli accertamenti in corso»;
in realtà la prevista proroga dei pagamenti con scadenza al 30 giugno 2010 non costituisce un intervento di rilancio per il settore lattiero caseario. Infatti, la proroga non si applicherà ai piani di rateizzazione di cui al decreto-legge n. 49 del 2003, convertito nella legge n. 119 del 2003, perché le rate di questi piani scadono il 31 dicembre di ogni anno. Si applicherà invece ad una parte dei piani di rateizzazione di cui al decreto-legge n. 5 del 2009, convertito nella legge n. 33 del 2009, ovvero solo a quelli per i quali la scadenza della prima rata era fissata al 30 giugno 2010;
se da un lato si continua ad intervenire sul settore lattiero-caseario con modalità che non premiano la legalità, la trasparenza ed il rispetto delle regole, dall'altro lato si continua a rimandare l'applicazione di misure già previste ma mai attuate, quali ad esempio le misure per favorire l'accesso al credito dei produttori che hanno acquistato quote latte successivamente al periodo di applicazione della legge del 2003, che consentirebbero di incidere positivamente sul comparto;
il comma 2 dell'articolo 8-septies, del decreto-legge n. 5 del 2009 prevede, infatti, che, al fine di favorire le misure di accesso al credito, i produttori che abbiano acquistato quote latte successivamente al periodo di applicazione del decreto-legge n. 49 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2003, possano avvalersi, sino all'emanazione del decreto che disciplinerà il funzionamento del Fondo finanza di impresa, del Fondo di garanzia di cui all'articolo 15 della legge n. 266 del 1997, come rifinanziato dall'articolo 11 del decreto-legge n. 185 del 2008, per un importo comunque non inferiore a 45 milioni di euro per il 2009;
in realtà, il fondo di garanzia, di cui all'articolo 15 della legge n. 266 del 1997, che avrebbe dovuto assicurare la copertura dei 45 milioni di euro per il 2009, non ha mai avuto la capienza necessaria per consentire la realizzazione dell'intervento di cui al comma 2 dell'articolo 8-septies;
il comma 2 dell'articolo 8-septies è stato modificato in corso di approvazione del decreto-legge n. 5 del 2009, prevedendo che solo dopo «l'attivazione» del fondo di garanzia, ossia solo dopo che le risorse saranno rese disponibili, il Ministro dell'economia e delle finanze potrà emanare il decreto che dispone l'assegnazione dei 45 milioni al comparto agricolo finalizzate a favorire le misure di accesso al credito per i produttori che hanno acquistato quote latte,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a reperire le risorse non inferiori a 45 milioni di euro per il sostegno dell'intero settore lattiero-caseario e di coloro che hanno operato all'interno delle regole, come previsto dal decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito con modificazioni dalla legge 9 aprile 2009, n. 33.
9/3638/219.(Testo modificato nel corso della seduta)Zucchi, Oliverio, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, Pizzetti.

La Camera,
premesso che:
nel sistema economico italiano l'agroalimentare rappresenta uno dei maggiori comparti produttivi, offrendo un bacino occupazionale insostituibile, specie nel Mezzogiorno e nelle aree più marginali, e al tempo stesso assicura la gestione di oltre 14 milioni di ettari di terreni ed il presidio di un territorio ben più ampio;
l'attuale situazione dell'economia e il dibattito sulla riforma della PAC evidenziano nuove sfide ed opportunità per il settore che può continuare ad offrire un contributo rilevante al rilancio economico ed allo sviluppo dei territori italiani;
in tale contesto assumono un'importanza strategica le misure connesse al rilancio degli investimenti, dell'innovazione e della ricerca e le misure per agevolare il ricambio generazionale quale componente avanzata e qualificata nel quadro di una politica agricola nazionale tesa a sviluppare un sistema agroalimentari di qualità capace di competere a livello mondiale;
muovendo da tali considerazioni, nel 2007 è stato istituito un apposito Fondo per lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile in agricoltura con una dotazione di 50 milioni di euro per il quinquennio 2007-2011;
tale dotazione rappresentava, nelle intenzioni del legislatore, un primo passo per porre come centrale la questione dell'imprenditorialità giovanile in agricoltura;
in realtà la questione è stata pian piano abbandonata e i relativi finanziamenti o non sono stati spesi oppure sono stati rimodulati al ribasso dirottando le risorse su altri interventi estranei alla finalità del ricambio generazionale;
così è stato per l'anno 2009, il cui stanziamento è stato ridotto da 10 a 5 milioni di euro senza peraltro che siano stati emanati i bandi per utilizzare le residue risorse, così è per l'anno 2010, che reca uno stanziamento di competenza pari a soli 4,986 milioni di euro ancora del tutto inutilizzati,

impegna il Governo

a predisporre i necessari interventi affinché le risorse per il ricambio generazionale delle imprese agricole vengano utilizzate mediante appositi bandi e la questione dell'imprenditorialità giovanile in agricoltura torni ad essere centrale mediante l'immissione nel sistema di nuove risorse peraltro già iscritte nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
9/3638/220.Trappolino, Cenni, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Cesare Marini, Pes, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
nel sistema economico italiano l'agroalimentare rappresenta uno dei maggiori comparti produttivi, offrendo un bacino occupazionale insostituibile, specie nel Mezzogiorno e nelle aree più marginali, e al tempo stesso assicura la gestione di oltre 14 milioni di ettari di terreni ed il presidio di un territorio ben più ampio;
l'attuale situazione dell'economia e il dibattito sulla riforma della PAC evidenziano nuove sfide ed opportunità per il settore che può continuare ad offrire un contributo rilevante al rilancio economico ed allo sviluppo dei territori italiani;
in tale contesto assumono un'importanza strategica le misure connesse al rilancio degli investimenti, dell'innovazione e della ricerca e le misure per agevolare il ricambio generazionale quale componente avanzata e qualificata nel quadro di una politica agricola nazionale tesa a sviluppare un sistema agroalimentari di qualità capace di competere a livello mondiale;
muovendo da tali considerazioni, nel 2007 è stato istituito un apposito Fondo per lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile in agricoltura con una dotazione di 50 milioni di euro per il quinquennio 2007-2011;
tale dotazione rappresentava, nelle intenzioni del legislatore, un primo passo per porre come centrale la questione dell'imprenditorialità giovanile in agricoltura;
in realtà la questione è stata pian piano abbandonata e i relativi finanziamenti o non sono stati spesi oppure sono stati rimodulati al ribasso dirottando le risorse su altri interventi estranei alla finalità del ricambio generazionale;
così è stato per l'anno 2009, il cui stanziamento è stato ridotto da 10 a 5 milioni di euro senza peraltro che siano stati emanati i bandi per utilizzare le residue risorse, così è per l'anno 2010, che reca uno stanziamento di competenza pari a soli 4,986 milioni di euro ancora del tutto inutilizzati,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a predisporre i necessari interventi affinché le risorse per il ricambio generazionale delle imprese agricole vengano utilizzate mediante appositi bandi e la questione dell'imprenditorialità giovanile in agricoltura torni ad essere centrale mediante l'immissione nel sistema di nuove risorse peraltro già iscritte nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
9/3638/220.(Testo modificato nel corso della seduta)Trappolino, Cenni, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Cesare Marini, Pes, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'agricoltura italiana vive un momento di grave crisi che necessita di un impegno più deciso rispetto a quello che si è fatto in questo primo scorcio di legislatura;
la crisi ha prodotto quattro effetti principali: una diminuzione dei prezzi agricoli e del fatturato delle imprese; un peggioramento sensibile del margine di filiera; un allargamento della forbice tra prezzi al consumo e prezzi agricoli alla produzione e, ancora, una diminuzione dei redditi;
i dati Eurostat certificano che il reddito agricolo reale per ogni singolo lavoratore nel 2009 ha subito una diminuzione del 25 per cento rispetto al 2008. La contrazione dei redditi in Europa è stata del 12 per cento, quindi l'Italia ha un record negativo, superiore del doppio rispetto alla media europea;
anche la situazione del credito in agricoltura è notevolmente peggiorata: il tasso di crescita tendenziale del credito nel settore agricolo si è più che dimezzato, passando dal 6 per cento del 2007 al 2,7 per cento dei primi nove mesi del 2009;
l'agricoltura italiana necessita di politiche strutturali e di imprese che facciano scelte strategiche e coraggiose in grado di rilanciare la competitività e la produttività del comparto con scelte imprenditoriali basate su nuove strategie, che mettano al centro la ricerca e anche l'innovazione;
l'agricoltura oggi ha bisogno anche di un approccio multifunzionale ed intersettoriale, che tenga conto delle interconnessioni che esistono con la tutela dell'ambiente e la salvaguardia del territorio, con la sicurezza alimentare e la tutela della salute dei cittadini;
siamo alla vigilia di appuntamenti importanti. È iniziato in sede comunitaria il processo di revisione della politica agricola comune, che avrà delle ripercussioni certe sul sistema agroalimentare italiano ed è necessario che il Parlamento avvii al più presto una comune riflessione, al fine di creare le condizioni per tutelare l'agricoltura italiana e per rilanciare il settore agro-alimentare;
a fronte dello scenario delineato il Governo non solo non adotta alcun provvedimento per contrastare la crisi del settore agricolo, ma manifesta continue difficoltà anche mantenere gli impegni consolidati di finanza pubblica per l'agricoltura, come documentano le incertezze generali sul Fondo di solidarietà nazionale, sugli sgravi degli oneri sociali per i settori svantaggiati e di montagna, oppure sugli interventi programmati nel settore bieticolo-saccarifero,

impegna il Governo

ad intervenire in maniera urgente al fine di assicurare alle imprese del settore bieticolo-saccarifero il finanziamento integrale delle ultime due campagne di produzione.
9/3638/221.Marco Carra, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
l'agricoltura italiana vive un momento di grave crisi che necessita di un impegno più deciso rispetto a quello che si è fatto in questo primo scorcio di legislatura;
la crisi ha prodotto quattro effetti principali: una diminuzione dei prezzi agricoli e del fatturato delle imprese; un peggioramento sensibile del margine di filiera; un allargamento della forbice tra prezzi al consumo e prezzi agricoli alla produzione e, ancora, una diminuzione dei redditi;
i dati Eurostat certificano che il reddito agricolo reale per ogni singolo lavoratore nel 2009 ha subito una diminuzione del 25 per cento rispetto al 2008. La contrazione dei redditi in Europa è stata del 12 per cento, quindi l'Italia ha un record negativo, superiore del doppio rispetto alla media europea;
anche la situazione del credito in agricoltura è notevolmente peggiorata: il tasso di crescita tendenziale del credito nel settore agricolo si è più che dimezzato, passando dal 6 per cento del 2007 al 2,7 per cento dei primi nove mesi del 2009;
l'agricoltura italiana necessita di politiche strutturali e di imprese che facciano scelte strategiche e coraggiose in grado di rilanciare la competitività e la produttività del comparto con scelte imprenditoriali basate su nuove strategie, che mettano al centro la ricerca e anche l'innovazione;
l'agricoltura oggi ha bisogno anche di un approccio multifunzionale ed intersettoriale, che tenga conto delle interconnessioni che esistono con la tutela dell'ambiente e la salvaguardia del territorio, con la sicurezza alimentare e la tutela della salute dei cittadini;
siamo alla vigilia di appuntamenti importanti. È iniziato in sede comunitaria il processo di revisione della politica agricola comune, che avrà delle ripercussioni certe sul sistema agroalimentare italiano ed è necessario che il Parlamento avvii al più presto una comune riflessione, al fine di creare le condizioni per tutelare l'agricoltura italiana e per rilanciare il settore agro-alimentare;
a fronte dello scenario delineato il Governo non solo non adotta alcun provvedimento per contrastare la crisi del settore agricolo, ma manifesta continue difficoltà anche mantenere gli impegni consolidati di finanza pubblica per l'agricoltura, come documentano le incertezze generali sul Fondo di solidarietà nazionale, sugli sgravi degli oneri sociali per i settori svantaggiati e di montagna, oppure sugli interventi programmati nel settore bieticolo-saccarifero,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ad intervenire in maniera urgente al fine di assicurare alle imprese del settore bieticolo-saccarifero il finanziamento integrale delle ultime due campagne di produzione.
9/3638/221.(Testo modificato nel corso della seduta)Marco Carra, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
l'agricoltura italiana vive un momento di grave crisi che necessita di un impegno più deciso rispetto a quello che si è fatto in questo primo scorcio di legislatura;
la crisi ha prodotto quattro effetti principali: una diminuzione dei prezzi agricoli e del fatturato delle imprese; un peggioramento sensibile del margine di filiera; un allargamento della forbice tra prezzi al consumo e prezzi agricoli alla produzione e, ancora, una diminuzione dei redditi;
i dati Eurostat certificano che il reddito agricolo reale per ogni singolo lavoratore nel 2009 ha subito una diminuzione del 25 per cento rispetto al 2008. La contrazione dei redditi in Europa è stata del 12 per cento, quindi l'Italia ha un record negativo, superiore del doppio rispetto alla media europea;
anche la situazione del credito in agricoltura è notevolmente peggiorata: il tasso di crescita tendenziale del credito nel settore agricolo si è più che dimezzato, passando dal 6 per cento del 2007 al 2,7 per cento dei primi nove mesi del 2009;
l'agricoltura italiana necessita di politiche strutturali e di imprese che facciano scelte strategiche e coraggiose in grado di rilanciare la competitività e la produttività del comparto con scelte imprenditoriali basate su nuove strategie, che mettano al centro la ricerca e anche l'innovazione;
l'agricoltura oggi ha bisogno anche di un approccio multifunzionale ed intersettoriale, che tenga conto delle interconnessioni che esistono con la tutela dell'ambiente e la salvaguardia del territorio, con la sicurezza alimentare e la tutela della salute dei cittadini;
siamo alla vigilia di appuntamenti importanti. È iniziato in sede comunitaria il processo di revisione della politica agricola comune, che avrà delle ripercussioni certe sul sistema agroalimentare italiano ed è necessario che il Parlamento avvii al più presto una comune riflessione, al fine di creare le condizioni per tutelare l'agricoltura italiana e per rilanciare il settore agro-alimentare;
a fronte dello scenario delineato il Governo non solo non adotta alcun provvedimento per contrastare la crisi del settore agricolo, ma manifesta continue difficoltà anche mantenere gli impegni consolidati di finanza pubblica per l'agricoltura, come documentano le incertezze generali sul Fondo di solidarietà nazionale, sugli sgravi degli oneri sociali per i territori svantaggiati e di montagna, oppure sugli interventi programmati nel settore bieticolo-saccarifero;
nessun intervento è stato previsto per il settore suinicolo, cerealicolo, tabacchicolo e ortofrutticolo;
manca un disegno organico di rilancio e sviluppo del settore agroindustriale, a differenza degli altri Paesi europei, in particolare - per citarne qualcuno - Francia, Spagna e Germania, che hanno predisposto una pianificazione strategica nazionale e hanno stanziato ingenti risorse per sostenere il settore agricolo;
tali carenze sono ancora più pesanti alla luce della grave emergenza che sta vivendo il comparto della pesca, che la normativa europea inchioda al rispetto di nuove e più rigide regole; se tale processo non sarà adeguatamente governato, guidando il settore verso nuove modalità di gestione dell'attività produttiva e definendo un nuovo ruolo delle imprese ittiche nella filiera, i contraccolpi socioeconomici ed occupazionali derivanti da tale cambiamento saranno devastanti,

impegna il Governo

a prevedere con la massima urgenza un piano di gestione per il settore della pesca che consenta alle imprese e agli operatori del comparto di far fronte ai nuovi obblighi comunitari, tutelando allo stesso tempo le specificità e le tradizioni del nostro Paese.
9/3638/222.Agostini, Sani, Oliverio, Zucchi, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
l'agricoltura italiana vive un momento di grave crisi che necessita di un impegno più deciso rispetto a quello che si è fatto in questo primo scorcio di legislatura;
la crisi ha prodotto quattro effetti principali: una diminuzione dei prezzi agricoli e del fatturato delle imprese; un peggioramento sensibile del margine di filiera; un allargamento della forbice tra prezzi al consumo e prezzi agricoli alla produzione e, ancora, una diminuzione dei redditi;
i dati Eurostat certificano che il reddito agricolo reale per ogni singolo lavoratore nel 2009 ha subito una diminuzione del 25 per cento rispetto al 2008. La contrazione dei redditi in Europa è stata del 12 per cento, quindi l'Italia ha un record negativo, superiore del doppio rispetto alla media europea;
anche la situazione del credito in agricoltura è notevolmente peggiorata: il tasso di crescita tendenziale del credito nel settore agricolo si è più che dimezzato, passando dal 6 per cento del 2007 al 2,7 per cento dei primi nove mesi del 2009;
l'agricoltura italiana necessita di politiche strutturali e di imprese che facciano scelte strategiche e coraggiose in grado di rilanciare la competitività e la produttività del comparto con scelte imprenditoriali basate su nuove strategie, che mettano al centro la ricerca e anche l'innovazione;
l'agricoltura oggi ha bisogno anche di un approccio multifunzionale ed intersettoriale, che tenga conto delle interconnessioni che esistono con la tutela dell'ambiente e la salvaguardia del territorio, con la sicurezza alimentare e la tutela della salute dei cittadini;
siamo alla vigilia di appuntamenti importanti. È iniziato in sede comunitaria il processo di revisione della politica agricola comune, che avrà delle ripercussioni certe sul sistema agroalimentare italiano ed è necessario che il Parlamento avvii al più presto una comune riflessione, al fine di creare le condizioni per tutelare l'agricoltura italiana e per rilanciare il settore agro-alimentare;
a fronte dello scenario delineato il Governo non solo non adotta alcun provvedimento per contrastare la crisi del settore agricolo, ma manifesta continue difficoltà anche mantenere gli impegni consolidati di finanza pubblica per l'agricoltura, come documentano le incertezze generali sul Fondo di solidarietà nazionale, sugli sgravi degli oneri sociali per i territori svantaggiati e di montagna, oppure sugli interventi programmati nel settore bieticolo-saccarifero;
nessun intervento è stato previsto per il settore suinicolo, cerealicolo, tabacchicolo e ortofrutticolo;
manca un disegno organico di rilancio e sviluppo del settore agroindustriale, a differenza degli altri Paesi europei, in particolare - per citarne qualcuno - Francia, Spagna e Germania, che hanno predisposto una pianificazione strategica nazionale e hanno stanziato ingenti risorse per sostenere il settore agricolo;
tali carenze sono ancora più pesanti alla luce della grave emergenza che sta vivendo il comparto della pesca, che la normativa europea inchioda al rispetto di nuove e più rigide regole; se tale processo non sarà adeguatamente governato, guidando il settore verso nuove modalità di gestione dell'attività produttiva e definendo un nuovo ruolo delle imprese ittiche nella filiera, i contraccolpi socioeconomici ed occupazionali derivanti da tale cambiamento saranno devastanti,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a prevedere con la massima urgenza un piano di gestione per il settore della pesca che consenta alle imprese e agli operatori del comparto di far fronte ai nuovi obblighi comunitari, tutelando allo stesso tempo le specificità e le tradizioni del nostro Paese.
9/3638/222.(Testo modificato nel corso della seduta)Agostini, Sani, Oliverio, Zucchi, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
l'agricoltura italiana vive un momento di grave crisi che necessita di un impegno più deciso rispetto a quello che si è fatto in questo primo scorcio di legislatura;
i dati Eurostat certificano che il reddito agricolo reale per ogni singolo lavoratore nel 2009 ha subito una diminuzione del 25 per cento rispetto al 2008. La contrazione dei redditi in Europa è stata del 12 per cento, quindi l'Italia ha un record negativo, superiore del doppio rispetto alla media europea;
anche la situazione del credito in agricoltura è notevolmente peggiorata: il tasso di crescita tendenziale del credito nel settore agricolo si è più che dimezzato, passando dal 6 per cento del 2007 al 2,7 per cento dei primi nove mesi del 2009;
l'agricoltura italiana necessita di politiche strutturali e di imprese che facciano scelte strategiche e coraggiose in grado di rilanciare la competitività e la produttività del comparto con scelte imprenditoriali basate su nuove strategie, che mettano al centro la ricerca e anche l'innovazione;
l'agricoltura oggi ha bisogno anche di un approccio multifunzionale ed intersettoriale, che tenga conto delle interconnessioni che esistono con la tutela dell'ambiente e la salvaguardia del territorio, con la sicurezza alimentare e la tutela della salute dei cittadini;
siamo alla vigilia di appuntamenti importanti. È iniziato in sede comunitaria il processo di revisione della politica agricola comune, che avrà delle ripercussioni certe sul sistema agroalimentare italiano ed è necessario che il Parlamento avvii al più presto una comune riflessione, al fine di creare le condizioni per tutelare l'agricoltura italiana e per rilanciare il settore agro-alimentare;
manca un disegno organico di rilancio e sviluppo del settore agroindustriale, a differenza degli altri Paesi europei, in particolare - per citarne qualcuno - Francia, Spagna e Germania, che hanno predisposto una pianificazione strategica nazionale e hanno stanziato ingenti risorse per sostenere il settore agricolo,

impegna il Governo

ad intervenire per la definizione di un patto interprofessionale che coinvolga per intero la filiera agroalimentare, dal produttore alla grande distribuzione organizzata, che sulla base della proposta avanzata e approvata dalla Conferenza Stato-regioni fronteggi la crisi dei prezzi e aumenti il reddito disponibile per i lavoratori del settore agricolo anche con l'obiettivo di pervenire nel medio periodo ad un sistema efficiente ed efficace di assicurazione dell'impresa agricola contro i rischi economici e ambientali.
9/3638/223.Brandolini, Oliverio, Zucchi, Agostini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
l'agricoltura italiana vive un momento di grave crisi che necessita di un impegno più deciso rispetto a quello che si è fatto in questo primo scorcio di legislatura;
i dati Eurostat certificano che il reddito agricolo reale per ogni singolo lavoratore nel 2009 ha subito una diminuzione del 25 per cento rispetto al 2008. La contrazione dei redditi in Europa è stata del 12 per cento, quindi l'Italia ha un record negativo, superiore del doppio rispetto alla media europea;
anche la situazione del credito in agricoltura è notevolmente peggiorata: il tasso di crescita tendenziale del credito nel settore agricolo si è più che dimezzato, passando dal 6 per cento del 2007 al 2,7 per cento dei primi nove mesi del 2009;
l'agricoltura italiana necessita di politiche strutturali e di imprese che facciano scelte strategiche e coraggiose in grado di rilanciare la competitività e la produttività del comparto con scelte imprenditoriali basate su nuove strategie, che mettano al centro la ricerca e anche l'innovazione;
l'agricoltura oggi ha bisogno anche di un approccio multifunzionale ed intersettoriale, che tenga conto delle interconnessioni che esistono con la tutela dell'ambiente e la salvaguardia del territorio, con la sicurezza alimentare e la tutela della salute dei cittadini;
siamo alla vigilia di appuntamenti importanti. È iniziato in sede comunitaria il processo di revisione della politica agricola comune, che avrà delle ripercussioni certe sul sistema agroalimentare italiano ed è necessario che il Parlamento avvii al più presto una comune riflessione, al fine di creare le condizioni per tutelare l'agricoltura italiana e per rilanciare il settore agro-alimentare;
manca un disegno organico di rilancio e sviluppo del settore agroindustriale, a differenza degli altri Paesi europei, in particolare - per citarne qualcuno - Francia, Spagna e Germania, che hanno predisposto una pianificazione strategica nazionale e hanno stanziato ingenti risorse per sostenere il settore agricolo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire per la definizione di un patto interprofessionale che coinvolga per intero la filiera agroalimentare, dal produttore alla grande distribuzione organizzata, che sulla base della proposta avanzata e approvata dalla Conferenza Stato-regioni fronteggi la crisi dei prezzi e aumenti il reddito disponibile per i lavoratori del settore agricolo anche con l'obiettivo di pervenire nel medio periodo ad un sistema efficiente ed efficace di assicurazione dell'impresa agricola contro i rischi economici e ambientali.
9/3638/223.(Testo modificato nel corso della seduta)Brandolini, Oliverio, Zucchi, Agostini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
la grave crisi che ha investito l'agricoltura italiana ha prodotto quattro effetti principali: una diminuzione dei prezzi agricoli e del fatturato delle imprese; un peggioramento sensibile del margine di filiera; un allargamento della forbice tra prezzi al consumo e prezzi agricoli alla produzione e, ancora, una diminuzione dei redditi;
il reddito agricolo reale per ogni singolo lavoratore nel 2009 ha subito una diminuzione del 25 per cento rispetto al 2008 e il tasso di crescita tendenziale del credito nel settore agricolo si è più che dimezzato, passando dal 6 per cento del 2007 al 2,7 per cento dei primi nove mesi del 2009;
è iniziato in sede comunitaria il processo di revisione della politica agricola comune, che avrà delle ripercussioni certe sul sistema agroalimentare italiano ed è necessario che il Parlamento avvii al più presto una comune riflessione, al fine di creare le condizioni per tutelare l'agricoltura italiana e per rilanciare il settore agro-alimentare;
l'agricoltura italiana necessita di politiche strutturali e di imprese che facciano scelte strategiche e coraggiose in grado di rilanciare la competitività e la produttività del compatto con scelte imprenditoriali basate su nuove strategie, che mettano al centro la ricerca e anche l'innovazione;
l'agricoltura oggi ha bisogno anche di un approccio multifunzionale ed intersettoriale, che tenga conto delle interconnessioni che esistono con la tutela dell'ambiente e la salvaguardia del territorio, con la sicurezza alimentare e la tutela della salute dei cittadini;
a fronte dello scenario delineato, manca un disegno organico di rilancio e sviluppo del settore agroindustriale e non è stata predisposta alcuna pianificazione strategica nazionale o stanziamenti di risorse per sostenere il settore primario,

impegna il Governo

ad attivare un programma di sostegno al processo di internazionalizzazione delle imprese agroalimentari italiane per migliorare la loro capacità di inserimento nei mercati esteri e di intervenire con nuove risorse sui crediti di imposta per investimenti produttivi in agricoltura, dando priorità agli investimenti che mirano all'aggregazione dell'offerta.
9/3638/224.Fiorio, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la grave crisi che ha investito l'agricoltura italiana ha prodotto quattro effetti principali: una diminuzione dei prezzi agricoli e del fatturato delle imprese; un peggioramento sensibile del margine di filiera; un allargamento della forbice tra prezzi al consumo e prezzi agricoli alla produzione e, ancora, una diminuzione dei redditi;
il reddito agricolo reale per ogni singolo lavoratore nel 2009 ha subito una diminuzione del 25 per cento rispetto al 2008 e il tasso di crescita tendenziale del credito nel settore agricolo si è più che dimezzato, passando dal 6 per cento del 2007 al 2,7 per cento dei primi nove mesi del 2009;
è iniziato in sede comunitaria il processo di revisione della politica agricola comune, che avrà delle ripercussioni certe sul sistema agroalimentare italiano ed è necessario che il Parlamento avvii al più presto una comune riflessione, al fine di creare le condizioni per tutelare l'agricoltura italiana e per rilanciare il settore agro-alimentare;
l'agricoltura italiana necessita di politiche strutturali e di imprese che facciano scelte strategiche e coraggiose in grado di rilanciare la competitività e la produttività del compatto con scelte imprenditoriali basate su nuove strategie, che mettano al centro la ricerca e anche l'innovazione;
l'agricoltura oggi ha bisogno anche di un approccio multifunzionale ed intersettoriale, che tenga conto delle interconnessioni che esistono con la tutela dell'ambiente e la salvaguardia del territorio, con la sicurezza alimentare e la tutela della salute dei cittadini;
a fronte dello scenario delineato, manca un disegno organico di rilancio e sviluppo del settore agroindustriale e non è stata predisposta alcuna pianificazione strategica nazionale o stanziamenti di risorse per sostenere il settore primario,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attivare un programma di sostegno al processo di internazionalizzazione delle imprese agroalimentari italiane per migliorare la loro capacità di inserimento nei mercati esteri e di intervenire con nuove risorse sui crediti di imposta per investimenti produttivi in agricoltura, dando priorità agli investimenti che mirano all'aggregazione dell'offerta.
9/3638/224.(Testo modificato nel corso della seduta)Fiorio, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la soppressione di alcuni enti connessi all'attività del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, disposta nell'ambito di un più ampio riordino del perimetro e dei costi della pubblica amministrazione finalizzato alla stabilizzazione finanziaria, appare del tutto insoddisfacente e non appare il frutto di un lavoro approfondito e strategico di vera razionalizzazione finalizzata al rilancio competitivo dell'azione della pubblica amministrazione;
una maggior efficienza e razionalizzazione della pubblica amministrazione e degli enti collegati al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali è urgente, non tanto e non solo nell'ottica di sopprimerne alcuni, ma soprattutto nell'ottica di produrre un effettivo rilancio di alcuni di essi strumentali allo sviluppo del settore agricolo, come nel caso del Centro di ricerca agroalimentare (CRA) oppure dell'Agea, per velocizzare e anticipare i pagamenti dei fondi europei,

impegna il Governo

ad adoperarsi per un effettivo riordino degli enti collegati al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali nell'ottica di fornire un significativo apporto allo sviluppo del settore e allo snellimento degli adempimenti burocratici a carico delle aziende agricole.
9/3638/225.Piccolo, Mario Pepe (PD), Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
la soppressione di alcuni enti connessi all'attività del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, disposta nell'ambito di un più ampio riordino del perimetro e dei costi della pubblica amministrazione finalizzato alla stabilizzazione finanziaria, appare del tutto insoddisfacente e non appare il frutto di un lavoro approfondito e strategico di vera razionalizzazione finalizzata al rilancio competitivo dell'azione della pubblica amministrazione;
una maggior efficienza e razionalizzazione della pubblica amministrazione e degli enti collegati al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali è urgente, non tanto e non solo nell'ottica di sopprimerne alcuni, ma soprattutto nell'ottica di produrre un effettivo rilancio di alcuni di essi strumentali allo sviluppo del settore agricolo, come nel caso del Centro di ricerca agroalimentare (CRA) oppure dell'Agea, per velocizzare e anticipare i pagamenti dei fondi europei,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adoperarsi per un effettivo riordino degli enti collegati al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali nell'ottica di fornire un significativo apporto allo sviluppo del settore e allo snellimento degli adempimenti burocratici a carico delle aziende agricole.
9/3638/225.(Testo modificato nel corso della seduta)Piccolo, Mario Pepe (PD), Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
la difficile congiuntura economica nazionale e internazionale avrebbe richiesto, in questa fase, da parte del Governo, una straordinaria capacità di programmazione e l'adozione di misure eccezionali, dirette al rilancio produttivo del sistema agroalimentare, soprattutto sul piano degli investimenti, dell'innovazione e della modernizzazione del settore;
i contenuti della programmazione finanziaria del Governo non vanno in questa direzione;
ancora una volta, i problemi dell'agricoltura non hanno ricevuto risposte concrete, soprattutto sul fronte di una riduzione degli alti costi produttivi e dei pesanti oneri sociali a carico delle imprese agricole,

impegna il Governo

a dare piena attuazione al Fondo per le crisi di mercato, di cui all'articolo 1, comma 1072, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, prevedendone il contestuale rifinanziamento, al fine di dare un concreto sostegno alle imprese dei settori produttivi agricoli maggiormente colpiti dalla situazione di crisi economica e di mercato.
9/3638/226.Pompili, Cuomo, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
la difficile congiuntura economica nazionale e internazionale avrebbe richiesto, in questa fase, da parte del Governo, una straordinaria capacità di programmazione e l'adozione di misure eccezionali, dirette al rilancio produttivo del sistema agroalimentare, soprattutto sul piano degli investimenti, dell'innovazione e della modernizzazione del settore;
i contenuti della programmazione finanziaria del Governo non vanno in questa direzione;
ancora una volta, i problemi dell'agricoltura non hanno ricevuto risposte concrete, soprattutto sul fronte di una riduzione degli alti costi produttivi e dei pesanti oneri sociali a carico delle imprese agricole,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a dare piena attuazione al Fondo per le crisi di mercato, di cui all'articolo 1, comma 1072, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, prevedendone il contestuale rifinanziamento, al fine di dare un concreto sostegno alle imprese dei settori produttivi agricoli maggiormente colpiti dalla situazione di crisi economica e di mercato.
9/3638/226.(Testo modificato nel corso della seduta)Pompili, Cuomo, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
l'agricoltura italiana vive un momento di grave crisi che necessita di un impegno più deciso rispetto a quello che si è fatto in questo primo scorcio di legislatura;
la crisi ha prodotto quattro effetti principali: una diminuzione dei prezzi agricoli e del fatturato delle imprese; un peggioramento sensibile del margine di filiera; un allargamento della forbice tra prezzi al consumo e prezzi agricoli alla produzione e, ancora, una diminuzione dei redditi;
in tale contesto, anche la situazione del credito in agricoltura è notevolmente peggiorata: il tasso di crescita tendenziale del credito nel settore agricolo si è più che dimezzato, passando dal 6 per cento del 2007 al 2,7 per cento dei primi nove mesi del 2009;
le crescenti difficoltà incontrate sul mercato creditizio dalle aziende agricole, rende urgente l'individuazione di uno strumento ad hoc che fornisca garanzie alle imprese del settore per agevolare l'accesso a finanziamenti bancari e per contribuzioni in conto interessi a fronte di investimenti o di operazioni di consolidamento del debito;
la legge n. 191 del 2009, all'articolo 2, comma 53, ha consentito l'accesso al Fondo di garanzia costituito presso il Mediocredito Centrale S.p.a. per la parziale assicurazione ai crediti concessi dagli istituti di credito a favore delle piccole e medie imprese (di cui all'articolo 15 della legge 7 agosto 1997, n. 266) anche all'ulteriore scopo di favorire l'accesso al credito con finalità di investimento e di consolidamento della passività, attraverso il rafforzamento delle attività del fondo di garanzia nazionale e dei confidi agricoli, per un limite massimo di risorse pari a 20 milioni di euro;
tale disponibilità non appare sufficiente ad assicurare la piena operatività di uno strumento che è di fondamentale importanza per la stessa sopravvivenza delle imprese agricole,

impegna il Governo

ad individuare le necessarie risorse affinché le imprese operanti nel settore agroalimentare abbiano il necessario sostegno per accedere ai finanziamenti bancari e alle contribuzioni in conto interessi a fronte di investimenti o di operazioni di consolidamento del debito.
9/3638/227.Dal Moro, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Fiorio, Marrocu, Pepe, Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
l'agricoltura italiana vive un momento di grave crisi che necessita di un impegno più deciso rispetto a quello che si è fatto in questo primo scorcio di legislatura;
la crisi ha prodotto quattro effetti principali: una diminuzione dei prezzi agricoli e del fatturato delle imprese; un peggioramento sensibile del margine di filiera; un allargamento della forbice tra prezzi al consumo e prezzi agricoli alla produzione e, ancora, una diminuzione dei redditi;
in tale contesto, anche la situazione del credito in agricoltura è notevolmente peggiorata: il tasso di crescita tendenziale del credito nel settore agricolo si è più che dimezzato, passando dal 6 per cento del 2007 al 2,7 per cento dei primi nove mesi del 2009;
le crescenti difficoltà incontrate sul mercato creditizio dalle aziende agricole, rende urgente l'individuazione di uno strumento ad hoc che fornisca garanzie alle imprese del settore per agevolare l'accesso a finanziamenti bancari e per contribuzioni in conto interessi a fronte di investimenti o di operazioni di consolidamento del debito;
la legge n. 191 del 2009, all'articolo 2, comma 53, ha consentito l'accesso al Fondo di garanzia costituito presso il Mediocredito Centrale S.p.a. per la parziale assicurazione ai crediti concessi dagli istituti di credito a favore delle piccole e medie imprese (di cui all'articolo 15 della legge 7 agosto 1997, n. 266) anche all'ulteriore scopo di favorire l'accesso al credito con finalità di investimento e di consolidamento della passività, attraverso il rafforzamento delle attività del fondo di garanzia nazionale e dei confidi agricoli, per un limite massimo di risorse pari a 20 milioni di euro;
tale disponibilità non appare sufficiente ad assicurare la piena operatività di uno strumento che è di fondamentale importanza per la stessa sopravvivenza delle imprese agricole,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare le necessarie risorse affinché le imprese operanti nel settore agroalimentare abbiano il necessario sostegno per accedere ai finanziamenti bancari e alle contribuzioni in conto interessi a fronte di investimenti o di operazioni di consolidamento del debito.
9/3638/227.(Testo modificato nel corso della seduta)Dal Moro, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Fiorio, Marrocu, Pepe, Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
il Rapporto Svimez 2010 sull'economia del Mezzogiorno mette in evidenza una condizione al limite del collasso, con occupazione e redditi ripiombati ai livelli del 2001 emigrazione interna e lavoro sommerso alle stelle; povertà al massimo storico dal secondo dopoguerra. L'analisi Svimez indica, quindi, in maniera incontrovertibile come la recessione abbia prodotto al Sud i suoi effetti più devastanti sia in termini economici che sociali;
l'economia meridionale somma all'attuale inversione ciclica debolezze strutturali che affondano le radici nel tempo e si aggravano con la crisi. Questo fatto, unitamente alla rilevanza macroeconomica del Mezzogiorno, rende evidente l'importanza che riveste lo sviluppo del Sud per le prospettive di crescita nazionale. Senza abbattere il cronico sottoutilizzo delle risorse umane e materiali nelle regioni meridionali, ha rilevato Bankitalia, l'obiettivo di uscire dal ristagno appare del tutto velleitario;
in contrasto con questa indicazione, l'esecutivo ha assunto finora una strategia sostanzialmente antimeridionalista, azzerando ogni intervento a favore del Mezzogiorno sia in termini di risorse stanziate che di strumenti specifici. Il continuo ricorso al Fas nazionale per la copertura di provvedimenti di carattere generale ha determinato nei fatti un'ulteriore divaricazione tra le condizioni economiche e sociali delle zone forti e quelle delle zone deboli. Questa sistematica distrazione di fondi, valutabile nella somma di almeno 26 miliardi di euro (fonte: Svimez), oltre a compromettere il rispetto dell'originario vincolo di ripartizione delle risorse del Fondo (si riconosceva alle regioni sottoutilizzate almeno 1'85 per cento del complesso delle risorse) ha di fatto azzerato le politiche di sviluppo che le regioni del Sud realizzano solo grazie al trasferimento di fondi stanziati dal Governo centrale e dall'Unione europea;
a questa sistematica distrazione di fondi, si è aggiunta una miope politica di tagli per gli imprenditori meridionali che ha annullato l'operatività del credito d'imposta, lasciando le aziende del Sud senza alcuna fiscalità di sviluppo e deprimendo ancora di più le prospettive di crescita delle zone sottosviluppate;
la manovra correttiva che stiamo approvando si inserisce a pieno titolo nel solco antimeridionalista sopra descritto sancendo la totale cancellazione della questione meridionale dall'agenda politica nazionale. Le misure e i tagli contenuti nel provvedimento tendono infatti a ridurre il tema dello sviluppo delle aree depresse a un problema marginale da risolvere con provvedimenti locali piuttosto che con politiche economiche nazionali, per di più controproducenti. Tale è il caso delle misure sull'Irap che spacciate come interventi di fiscalità di sviluppo sono in realtà un ulteriore colpo alle regioni meridionali e alle loro già esili finanze; tale è il caso dell'abolizione delle zone franche urbane, sostituendole con un istituto ancora non ben definito come la zona a burocrazia zero, che potranno coincidere con le Zfu già individuate dal Cipe;
la battaglia contro gli sprechi deve essere rigorosa e inflessibile. Deve essere chiaro che incentivare la crescita economica e sociale delle zone e delle fasce deboli non vuol dire promuovere politiche parassitarie. Gli sprechi, le inefficienze e le politiche clientelari si nutrono proprio dell'incapacità di un territorio di esprimere una rete produttiva e sociale adeguatamente sviluppata. Per questo il Fas avrebbe dovuto finanziare infrastrutture e fiscalità di sviluppo. Invece è stato usato dal Governo attuale per coprire le spese correnti nazionali più disparate;
lo sviluppo delle reti di infrastrutture, materiali e immateriali, costituisce un obiettivo centrale per incrementare la competitività e la crescita dei territori deboli. Trasporti, energia, logistica e sanità, ma anche reti bancarie, d'impresa e network di raccordo tra scuola e lavoro sono al centro di questa impellente priorità. Questo significa che al Sud è più che mai urgente creare nuovi network, potenziare le realtà già esistenti e completare quelle in corso d'opera. Il quadro che ci troviamo di fronte è a dir poco avvilente. Gli investimenti indirizzati al Sud dalle grandi aziende a capitale pubblico sono con tutta evidenza insufficienti. In questi due anni grandi realtà pubbliche come Anas, Ferrovie dello Stato ed Enel hanno praticamente abbandonato il Sud, Per capirlo è sufficiente dare un'occhiata ai dati ufficiali. Per quanto riguarda le ferrovie, solo il 7,8 per cento delle linee ferroviarie ad alta velocità si sviluppa infatti nel Mezzogiorno (la Napoli-Salerno). E nei prossimi anni la situazione non migliorerà: tutti i cantieri TAV riguarderanno esclusivamente tratte settentrionali. Sul versante della rete ferroviaria ordinaria la musica non cambia: nel 2009 Trenitalia ha indirizzato al Sud appena il 18 per cento delle risorse investite per l'ammodernamento della rete (Enel non va molto meglio, con il 30 per cento);
l'estate scorsa il Governo annunciava come imminente un piano straordinario per il Mezzogiorno. A più di un anno di distanza, di tale provvedimento non si vede ancora l'ombra;
il 13 gennaio 2010 la Camera dei deputati ha approvato, contro il parere del Governo, la mozione 1-300, che - sul piano specificamente meridionalista - impegna l'esecutivo a dare risposte concrete e veloci su tre capitoli fondamentali: il reintegro delle quote distratte dal Fondo aree sottoutilizzate (Fas), il ripristino integrale di strumenti di fiscalità di sviluppo come il credito d'imposta e le Zone franche urbane e l'attivazione di un piano-occupazione che incentivi il lavoro produttivo nelle aree deboli. Questo documento risulta ad oggi ancora gravemente e totalmente disatteso,

impegna il Governo

a restituire le somme del Fondo aree sottoutilizzate disperse in questi due anni per la copertura di provvedimenti di carattere generale e a utilizzare le disponibilità ancora presenti per la realizzazione, nel più breve tempo possibile, di un piano strategico di infrastrutture nel Mezzogiorno con l'obiettivo di dimezzare, entro il 2013, l'inaccettabile divario esistente tra Nord e Sud nelle infrastrutture e nei servizi resi dall'amministrazione pubblica ai cittadini, in particolare, per quel che riguarda il potenziamento e l'ammodernamento della rete ferroviaria, la realizzazione delle linee di Alta velocità e l'incremento degli investimenti nei territori del sud da parte dei grandi gruppi pubblici come Ferrovie, Anas e Enel.
9/3638/228.D'Antoni, Oliverio, Boccia, Marini, Capodicasa, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in discussione reca disposizioni in favore dei territori colpiti dagli eventi sismici del 6 aprile 2009 verificatesi in Abruzzo, anche grazie ad un emendamento presentato all'ultimo momento dopo due consistenti manifestazioni di cittadini avvenute a L'Aquila e a Roma;
con l'emendamento approvato si proroga l'avvio della restituzione dei versamenti tributari e contributivi, sospesi dall'aprile 2009 fino al 30 giugno 2010, al gennaio 2011 lasciando invariata la data del 30 giugno 2010 per la ripresa ordinaria dei pagamenti dei tributi e contributi escludendo solo i titolari da reddito di impresa o di lavoro autonomo con volume di affari non superiore ai 200.000 euro;
le condizioni previste per la restituzione di quanto sospeso ai cittadini aquilani colpiti dal sisma sono però ancora molto lontane da quanto previsto per le popolazioni colpite da altre calamità naturali in anni passati;
ben altro trattamento è stato riservato ai cittadini umbri e marchigiani colpiti dal sisma del '97 per i quali la restituzione delle somme sospese è iniziata 12 anni dopo l'evento, in 120 rate e nella misura del 40 per cento delle somme dovute,

impegna il Governo

a predisporre le misure necessarie per prevedere nei confronti dei cittadini colpiti dal sisma del 6 aprile 2009 lo stesso trattamento riservato ai cittadini delle Marche, dell'Umbria e del Molise colpiti dal terremoto o dei cittadini di Alessandria colpiti dall'alluvione.
9/3638/229.Lolli, Franceschini, Bersani, D'Incecco, Ginoble, Livia Turco, Tenaglia, Mantini, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la difficile congiuntura economica nazionale e internazionale richiede una straordinaria capacità di programmazione e l'adozione di misure urgenti affinché l'agricoltura italiana non si trovi a dover fronteggiare anche una contrazione del sostegno comunitario per il finanziamento dei Piani di sviluppo regionale;
il confronto con le regioni, intercorso negli ultimi tempi, per rendere coerenti gli interventi previsti nel piano di sviluppo rurale evitando il disimpegno automatico dei fondi comunitari, ha portato all'individuazione di alcuni meccanismi di semplificazione e razionalizzazione burocratica che consentirebbero di assicurare il quasi totale utilizzo delle risorse finanziarie già stanziate dall'Unione europea per il periodo 2007-2013 per lo sviluppo rurale;
l'articolo 29 del regolamento (CE) n. 1290/2005 prevede, infatti, che ciascuna regione e provincia autonoma è chiamata a spendere le risorse assegnate nel rispetto della regola cosiddetta del «n + 2», la quale stabilisce che quanto impegnato sul bilancio dell'Unione europea nell'anno «n» debba essere speso dalla regione interessata entro i due anni successivi, pena il disimpegno automatico delle risorse non spese;
risulta necessario e urgente che il Governo, d'intesa con le regioni, adotti quanto prima un Piano nazionale di interventi straordinari per sostenere ed accelerare il pieno utilizzo delle risorse stanziate per i piani di sviluppo rurale che consenta di semplificazione le procedure amministrative relative ai pagamenti delle misure a superficie e a capo di bestiame da parte dell'organismo pagatore, Agea, consentendo l'integrale pagamento entro il 31 dicembre 2010 di tutte le annualità fino al 2009 e una anticipazione, pari al 75 per cento del dovuto, dell'annualità 2010;
il meccanismo dell'anticipazione dei pagamenti condiviso dalle regioni e sostenuto anche dall'Agea, come dichiarato nell'audizione in Commissione agricoltura nell'ambito del dibattito sul FEASR, consentirebbe di utilizzare subito oltre la metà delle risorse non spese e a rischio disimpegno, riducendo il danno per l'Italia a meno di 200 milioni di euro;
accanto al meccanismo dell'anticipazione dei pagamenti risulta fondamentale che il Piano individui misure che permettano alle imprese di superare le difficoltà connesse a carenze di liquidità e di accesso al credito che determinano l'impossibilità di partecipare al cofinanziamento degli interventi previsti dal Piano di sviluppo rurale producendo residui non spesi da restituire alla comunità europea,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di consentire all'Agea, nell'ambito dei Fondi relativi ai Piani di sviluppo rurale, l'integrale pagamento entro il 31 dicembre 2010 di tutte le annualità fino al 2009 e una anticipazione, pari al 75 per cento del dovuto, dell'annualità 2010;
a valutare l'opportunità di attivare meccanismi per agevolare l'accesso al credito alle imprese che intendono avvalersi delle misure per gli investimenti dei piani di sviluppo rurale, anche prevedendo l'utilizzo di un fondo rotativo che, in prima istanza, utilizzi le risorse stanziate per la rete rurale nazionale.
9/3638/230.Servodio, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Trappolino, Pes.

La Camera,
premesso che:
l'introduzione di meccanismi di valutazione delle amministrazioni e dei dipendenti pubblici, finalizzata al miglioramento e al riconoscimento del merito, costituisce uno degli elementi qualificanti del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;
l'articolo 9, comma 1, del presente decreto, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, blocca, per il triennio 2011-2013, il trattamento economico individuale complessivo dei dipendenti pubblici, anche di qualifica dirigenziale, prevedendo che esso non possa in ogni caso superare il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010;
si tratta di una clamorosa smentita delle linee di indirizzo del Dicastero per la pubblica amministrazione e l'innovazione,

impegna il Governo

a verificare l'impatto della normativa introdotta con l'articolo 9, comma 1, del presente decreto rispetto alle disposizioni contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, e sull'efficienza del servizio prestato dal personale del Ministero dell'interno e a riferirne alle competenti Commissioni parlamentari entro un anno dall'approvazione della legge di conversione del presente decreto.
9/3638/231.Ferrari.

La Camera,
premesso che:
gli utenti dei servizi di trasporto pubblico locale, in gran parte, rappresentano quella fascia di cittadinanza che più delle altre risente degli effetti della crisi economica che sta investendo le principali economie e, in particolar modo, il nostro Paese;
pur in fase di recessione e di difficoltà di equilibrio dei saldi di finanza pubblica, rinunciare a sostenere e a investire sul sistema di trasporto ferroviario locale comporta un immediato peggioramento della condizione economica e di vita di milioni di cittadini, un inevitabile aggravamento della situazione di sovrautilizzazione delle infrastrutture viarie urbane e extraurbane, con il corollario di ulteriore sinistrosità e altissimi costi sociali e ambientali;
sostenere gli investimenti in tale settore rappresenterebbe, inoltre, un volano per il rilancio di importanti settori produttivi in cui il nostro Paese può vantare presidi di eccellenza, con evidenti ricadute positive sui livelli occupazionali;
la dotazione di mezzi ferroviari per il trasporto pendolari non appare assolutamente all'altezza delle esigenze della mobilità del Paese, oltre che delle aspettative dei milioni di cittadini che ogni giorno scelgono il mezzo a più basso impatto ambientale e sociale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, già in occasione dei prossimi provvedimenti di natura economico-finanziaria, disposizioni volte ad assicurare adeguate risorse finanziarie per gli investimenti di ammodernamento e efficienza dei mezzi ferroviari destinati al trasporto pendolare.
9/3638/232.Meta, Velo, Lovelli, Tullo, Gasbarra, Bonavitacola, Cardinale, Pierdomenico Martino, Ginefra, Laratta, Merlo, Fiano, Boffa, Gentiloni Silveri, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
le infrastrutture di trasporto sono parte del cosiddetto capitale sociale di un Paese e costituiscono un potente fattore di crescita della produttività e di sviluppo di ogni altro settore dell'economia, ovvero di competitività complessiva del Paese;
è necessario un forte impegno finanziario per il potenziamento dell'infrastruttura e dei servizi ferroviari, volto a incrementare la qualità e la quantità del trasporti su ferro e ad assicurarne sempre migliori standard di sicurezza;
in tale ambito appare prioritario il problema dell'impatto delle linee storiche sui centri abitati anche con stanziamenti appositi che consentano di migliorare la sicurezza delle linee,

impegna il Governo

a prevedere, già in occasione della predisposizione di prossimi provvedimenti, l'incremento delle risorse destinate a sostenere gli investimenti ferroviari, prevedendo appositi accantonamenti finalizzati alla messa in sicurezza delle stazioni, delle abitazioni e degli edifici nei centri abitati attraversati da linee ferroviarie, a tal fine verificando che il gruppo Ferrovie dello Stato assuma i relativi impegni, anche in attuazione dei contratti di servizio e di programma con lo Stato.
9/3638/233.Velo, Meta, Lovelli, Tullo, Gasbarra, Bonavitacola, Cardinale, Pierdomenico Martino, Ginefra, Laratta, Merlo, Fiano, Boffa, Gentiloni Silveri, Pes, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
le infrastrutture di trasporto sono parte del cosiddetto capitale sociale di un Paese e costituiscono un potente fattore di crescita della produttività e di sviluppo di ogni altro settore dell'economia, ovvero di competitività complessiva del Paese;
è necessario un forte impegno finanziario per il potenziamento dell'infrastruttura e dei servizi ferroviari, volto a incrementare la qualità e la quantità del trasporti su ferro e ad assicurarne sempre migliori standard di sicurezza;
in tale ambito appare prioritario il problema dell'impatto delle linee storiche sui centri abitati anche con stanziamenti appositi che consentano di migliorare la sicurezza delle linee,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a prevedere, già in occasione della predisposizione di prossimi provvedimenti, l'incremento delle risorse destinate a sostenere gli investimenti ferroviari, prevedendo appositi accantonamenti finalizzati alla messa in sicurezza delle stazioni, delle abitazioni e degli edifici nei centri abitati attraversati da linee ferroviarie, a tal fine verificando che il gruppo Ferrovie dello Stato assuma i relativi impegni, anche in attuazione dei contratti di servizio e di programma con lo Stato.
9/3638/233.(Testo modificato nel corso della seduta)Velo, Meta, Lovelli, Tullo, Gasbarra, Bonavitacola, Cardinale, Pierdomenico Martino, Ginefra, Laratta, Merlo, Fiano, Boffa, Gentiloni Silveri, Pes, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
le infrastrutture di trasporto sono parte del cosiddetto capitale sociale di un Paese e costituiscono un potente fattore di crescita della produttività e di sviluppo di ogni altro settore dell'economia, ovvero di competitività complessiva del Paese;
come propugnato costantemente dall'Unione europea, il potenziamento del trasporto ferroviario costituisce in sé obiettivo di interesse generale, tanto che il finanziamento pubblico della realizzazione e della manutenzione delle infrastrutture ferroviarie non rientra nel campo di applicazione della normativa sugli aiuti di stato;
un sistema ferroviario aperto e competitivo rappresenta uno sei presupposti infrastrutturali per il rilancio economico e sociale del paese e, a tal fine, appare necessario superare l'anomalia italiana, rispetto alla quale è in corso una procedura di infrazione da parte della Commissione europea, relativamente alla non corretta trasposizione delle direttive 91/440/CEE e 2001/14/CE, per la violazione del principio dell'indipendenza delle funzioni essenziali e di un accesso equo e non discriminatorio alle infrastrutture ferroviarie a tutte le imprese. La citata normativa comunitaria, infatti, stabilisce che le funzioni relative alla preparazione e all'adozione delle decisioni riguardanti le licenze delle imprese ferroviarie, l'assegnazione delle linee ferroviarie e l'imposizione dei diritti per l'utilizzo dell'infrastruttura nonché il controllo del rispetto degli obblighi di servizio pubblico previsti nella prestazione di taluni servizi, debbano essere svolte da enti o società indipendenti economicamente e sul piano decisionale ed organizzativo nonché giuridicamente distinte dalla società che fornisce servizi di trasporto ferroviario,

impegna il Governo

a rivedere l'attuale disciplina in materia di individuazione dell'autorità nazionale ai sensi delle direttive 91/440/CEE, e 2001/14/CE, prevedendo l'istituzione di un apposito organismo autonomo e indipendente.
9/3638/234.Lovelli, Meta, Velo, Tullo, Gasbarra, Bonavitacola, Cardinale, Pierdomenico Martino, Ginefra, Laratta, Merlo, Fiano, Boffa, Gentiloni Silveri.

La Camera,
premesso che:
le infrastrutture di trasporto sono parte del cosiddetto capitale sociale di un Paese e costituiscono un potente fattore di crescita della produttività e di sviluppo di ogni altro settore dell'economia, ovvero di competitività complessiva del Paese;
come propugnato costantemente dall'Unione europea, il potenziamento del trasporto ferroviario costituisce in sé obiettivo di interesse generale, tanto che il finanziamento pubblico della realizzazione e della manutenzione delle infrastrutture ferroviarie non rientra nel campo di applicazione della normativa sugli aiuti di stato;
un sistema ferroviario aperto e competitivo rappresenta uno sei presupposti infrastrutturali per il rilancio economico e sociale del paese e, a tal fine, appare necessario superare l'anomalia italiana, rispetto alla quale è in corso una procedura di infrazione da parte della Commissione europea, relativamente alla non corretta trasposizione delle direttive 91/440/CEE e 2001/14/CE, per la violazione del principio dell'indipendenza delle funzioni essenziali e di un accesso equo e non discriminatorio alle infrastrutture ferroviarie a tutte le imprese. La citata normativa comunitaria, infatti, stabilisce che le funzioni relative alla preparazione e all'adozione delle decisioni riguardanti le licenze delle imprese ferroviarie, l'assegnazione delle linee ferroviarie e l'imposizione dei diritti per l'utilizzo dell'infrastruttura nonché il controllo del rispetto degli obblighi di servizio pubblico previsti nella prestazione di taluni servizi, debbano essere svolte da enti o società indipendenti economicamente e sul piano decisionale ed organizzativo nonché giuridicamente distinte dalla società che fornisce servizi di trasporto ferroviario,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivedere l'attuale disciplina in materia di individuazione dell'autorità nazionale ai sensi delle direttive 91/440/CEE, e 2001/14/CE, prevedendo l'istituzione di un apposito organismo autonomo e indipendente.
9/3638/234.(Testo modificato nel corso della seduta)Lovelli, Meta, Velo, Tullo, Gasbarra, Bonavitacola, Cardinale, Pierdomenico Martino, Ginefra, Laratta, Merlo, Fiano, Boffa, Gentiloni Silveri.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in questione, prevede apposite disposizioni in materia di concessioni autostradali e di incremento dei pedaggi autostradali e dei raccordi autostradali gestiti dalla società ANAS;
risulta ancora irrisolto il tema della separazione tra le funzioni di gestione e le funzioni di regolazione e vigilanza sull'operato dei soggetti titolari di concessioni autostradali,

impegna il Governo

a istituire, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili, l'Agenzia nazionale per la sicurezza stradale, con il compito di operare in piena indipendenza di giudizio e completa autonomia organizzativa e finanziaria, allo scopo di tutelare e garantire la sicurezza stradale, nonché la manutenzione e l'efficiente gestione della rete stradale nazionale, svolgendo le funzioni assegnatele nel rispetto dei principio di sussidiarietà e delle competenze delle regioni e degli enti locali;
a prevedere che, tenuto conto degli indirizzi generali di politica economica, ambientale e sociale, l'Agenzia:
promuova e garantisca adeguati livelli di sicurezza, efficienza e qualità della rete stradale nazionale; vigili sulla realizzazione degli investimenti infrastrutturali e strutturali per l'adeguamento, la manutenzione e lo sviluppo della rete stradale nazionale a carico dei soggetti proprietario e concessionari;
stabilisca i livelli qualitativi minimi che i soggetti sottoposti alla sua competenza sono tenuti a garantire e vigili sul loro rispetto;
controlli che le condizioni di prestazione dei servizi e di realizzazione degli investimenti siano conformi alla legge, ai regolamenti, agli atti di regolazione ed ai contenuti del contratto di concessione;
richieda ai soggetti proprietari e concessionari le informazioni e l'esibizione dei documenti necessari per l'esercizio delle sue funzioni;
svolga ispezioni presso i soggetti vigilati, qualora sussistano elementi indicatori di possibili violazioni;
svolga indagini conoscitive di natura generale, eventualmente in collaborazione con l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e con altre amministrazioni o autorità di regolazione; valuti i reclami, le istanze e le segnalazioni presentati dagli utenti e dai consumatori, singoli o associati, ai fini dei l'esercizio delle proprio competenze;
a trasferire all'Agenzia le funzioni attualmente esercitate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dall'ANAS, nonché dagli altri enti strumentali, riferibili ai compiti di sicurezza del settore autostradale.
9/3638/235.Tullo, Meta, Velo, Lovelli, Gasbarra, Bonavitacola, Cardinale, Pierdomenico Martino, Ginefra, Laratta, Merlo, Fiano, Boffa, Gentiloni Silveri.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in questione, prevede apposite disposizioni in materia di concessioni autostradali e di incremento dei pedaggi autostradali e dei raccordi autostradali gestiti dalla società ANAS;
risulta ancora irrisolto il tema della separazione tra le funzioni di gestione e le funzioni di regolazione e vigilanza sull'operato dei soggetti titolari di concessioni autostradali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili, l'Agenzia nazionale per la sicurezza stradale, con il compito di operare in piena indipendenza di giudizio e completa autonomia organizzativa e finanziaria, allo scopo di tutelare e garantire la sicurezza stradale, nonché la manutenzione e l'efficiente gestione della rete stradale nazionale, svolgendo le funzioni assegnatele nel rispetto dei principio di sussidiarietà e delle competenze delle regioni e degli enti locali;
a prevedere che, tenuto conto degli indirizzi generali di politica economica, ambientale e sociale, l'Agenzia:
promuova e garantisca adeguati livelli di sicurezza, efficienza e qualità della rete stradale nazionale; vigili sulla realizzazione degli investimenti infrastrutturali e strutturali per l'adeguamento, la manutenzione e lo sviluppo della rete stradale nazionale a carico dei soggetti proprietario e concessionari;
stabilisca i livelli qualitativi minimi che i soggetti sottoposti alla sua competenza sono tenuti a garantire e vigili sul loro rispetto;
controlli che le condizioni di prestazione dei servizi e di realizzazione degli investimenti siano conformi alla legge, ai regolamenti, agli atti di regolazione ed ai contenuti del contratto di concessione;
richieda ai soggetti proprietari e concessionari le informazioni e l'esibizione dei documenti necessari per l'esercizio delle sue funzioni;
svolga ispezioni presso i soggetti vigilati, qualora sussistano elementi indicatori di possibili violazioni;
svolga indagini conoscitive di natura generale, eventualmente in collaborazione con l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e con altre amministrazioni o autorità di regolazione; valuti i reclami, le istanze e le segnalazioni presentati dagli utenti e dai consumatori, singoli o associati, ai fini dei l'esercizio delle proprio competenze;
a trasferire all'Agenzia le funzioni attualmente esercitate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dall'ANAS, nonché dagli altri enti strumentali, riferibili ai compiti di sicurezza del settore autostradale.
9/3638/235.(Testo modificato nel corso della seduta)Tullo, Meta, Velo, Lovelli, Gasbarra, Bonavitacola, Cardinale, Pierdomenico Martino, Ginefra, Laratta, Merlo, Fiano, Boffa, Gentiloni Silveri.

La Camera,
premesso che:
gli utenti dei servizi di trasporto pubblico locale, in gran parte, rappresentano quella fascia di cittadinanza che più delle altre risente degli effetti della crisi economica che sta investendo le principali economie e, in particolar modo, il nostro Paese;
secondo i dati resi noti dal CENSIS nel mese di marzo 2008, sono più di 13 milioni i pendolari in Italia (pari al 22,2 per cento della popolazione residente). Un dato cresciuto fra il 2001 e il 2007 del 35,8 per cento pari ad un incremento di 3,5 milioni di persone. Secondo l'indagine ISTAT il treno viene utilizzato dal 14,8 per cento dei pendolari, cioè più di 1,9 milioni di persone, per spostarsi in ambito locale e metropolitano, come unico mezzo di trasporto o in combinazione con altri mezzi;
un'importante misura di carattere fiscale, già sperimentata in passato, di agevolazione degli oneri relativi agli abbonamenti ai mezzi di trasporto pubblico locale rappresenterebbe un'utile strumento per favorire tale modalità di trasporto, nonché per sostenere il reddito dei cittadini che rinunciano all'uso del mezzo privato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reintrodurre, già in occasione dei prossimi provvedimenti di natura economico-finanziaria, disposizioni di agevolazione fiscale per l'acquisto di abbonamenti annuali di servizi di trasporto pubblico.
9/3638/236.Gasbarra, Meta, Velo, Lovelli, Tullo, Bonavitacola, Cardinale, Pierdomenico Martino, Ginefra, Laratta, Merlo, Fiano, Boffa, Gentiloni Silveri, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
le infrastrutture di trasporto sono parte del cosiddetto capitale sociale di un Paese e costituiscono un potente fattore di crescita della produttività e di sviluppo di ogni altro settore dell'economia, ovvero di competitività complessiva del Paese;
in tale quadro, una funzione fondamentale è svolta da una moderna e coordinata rete portuale, frutto di una chiara strategia di politica infrastrutturale, puntando sugli scali sede di autorità portuale;
il sostegno delle iniziative di investimento in tali infrastrutture rappresenterebbe una misura di efficientamento della portualità nazionale, oltre che opportunità di lavoro per il sistema delle imprese che operano nella realizzazione di dette opere infrastrutturali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, già in occasione dei prossimi provvedimenti di natura economico-finanziaria, disposizioni volte ad assicurare adeguate risorse finanziarie per gli investimenti di ammodernamento e efficienza delle strutture portuali del nostro paese programmate dalle autorità portuali.
9/3638/237.Bonavitacola, Meta, Velo, Lovelli, Tullo, Gasbarra, Cardinale, Pierdomenico Martino, Ginefra, Laratta, Merlo, Fiano, Boffa, Gentiloni Silveri.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in questione, prevede apposite disposizioni in materia di concessioni autostradali e di incremento dei pedaggi autostradali e dei raccordi autostradali gestiti dalla società ANAS;
il tema della sicurezza stradale merita ogni sforzo e una strategia integrata di interventi, nell'ambito della quale, l'aspetto normativo costituisce solo il, seppure indispensabile, quadro di riferimento; nel 2008, 4.731 individui hanno perso la vita e 310.739 hanno subito lesioni di diversa gravità nei 218.963 incidenti stradali;
come noto, tra i fattori che maggiormente influiscono sulla sicurezza della circolazione stradale, dopo il comportamento degli utenti e la condizione dei mezzi, lo stato delle strade rappresenta un elemento imprescindibile su cui non possono essere ridimensionati gli interventi di manutenzione e implemento delle condizioni d'uso, pena un aggravarsi dell'alto costo sociale di vite umane e di costi per la collettività, soprattutto in considerazione delle esigenze di alcuni utenti quali i ciclisti e motociclisti;
non c'è dubbio che un ampio margine di miglioramento possa essere compiuto su tutto il sistema viario, nazionale e locale, sia per quanto riguarda la qualità del manto stradale, sia per la funzionalità della segnaletica verticale e orizzontale, sia per i sistemi di protezione e di informazione degli utenti,

impegna il Governo

pur in considerazione della difficile congiuntura economica, ad assicurare che le risorse finanziarie destinate alla manutenzione e sicurezza delle rete stradale siano incrementate in ragione dei flussi di traffico e dello stato delle infrastrutture viarie.
9/3638/238.Cardinale, Meta, Velo, Lovelli, Tullo, Gasbarra, Bonavitacola, Pierdomenico Martino, Ginefra, Laratta, Merlo, Fiano, Boffa, Gentiloni Silveri.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in questione, prevede apposite disposizioni in materia di concessioni autostradali e di incremento dei pedaggi autostradali e dei raccordi autostradali gestiti dalla società ANAS;
il tema della sicurezza stradale merita ogni sforzo e una strategia integrata di interventi, nell'ambito della quale, l'aspetto normativo costituisce solo il, seppure indispensabile, quadro di riferimento; nel 2008, 4.731 individui hanno perso la vita e 310.739 hanno subito lesioni di diversa gravità nei 218.963 incidenti stradali;
come noto, tra i fattori che maggiormente influiscono sulla sicurezza della circolazione stradale, dopo il comportamento degli utenti e la condizione dei mezzi, lo stato delle strade rappresenta un elemento imprescindibile su cui non possono essere ridimensionati gli interventi di manutenzione e implemento delle condizioni d'uso, pena un aggravarsi dell'alto costo sociale di vite umane e di costi per la collettività, soprattutto in considerazione delle esigenze di alcuni utenti quali i ciclisti e motociclisti;
non c'è dubbio che un ampio margine di miglioramento possa essere compiuto su tutto il sistema viario, nazionale e locale, sia per quanto riguarda la qualità del manto stradale, sia per la funzionalità della segnaletica verticale e orizzontale, sia per i sistemi di protezione e di informazione degli utenti,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, pur in considerazione della difficile congiuntura economica, ad assicurare che le risorse finanziarie destinate alla manutenzione e sicurezza delle rete stradale siano incrementate in ragione dei flussi di traffico e dello stato delle infrastrutture viarie.
9/3638/238.(Testo modificato nel corso della seduta)Cardinale, Meta, Velo, Lovelli, Tullo, Gasbarra, Bonavitacola, Pierdomenico Martino, Ginefra, Laratta, Merlo, Fiano, Boffa, Gentiloni Silveri.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in questione, prevede apposite disposizioni in materia di concessioni autostradali e di incremento dei pedaggi autostradali e dei raccordi autostradali gestiti dalla società ANAS;
nel 2008, 4.731 individui hanno perso la vita e 310.739 hanno subito lesioni di diversa gravità nei 218.963 incidenti stradali;
come noto, tra i fattori che maggiormente influiscono sulla sicurezza della circolazione stradale, dopo il comportamento degli utenti e la condizione dei mezzi, lo stato delle strade rappresenta un elemento imprescindibile su cui non possono essere ridimensionati gli interventi di manutenzione e implemento delle condizioni d'uso, pena un aggravarsi dell'alto costo sociale di vite umane e di costi per la collettività, soprattutto in considerazione delle esigenze di alcuni utenti quali i ciclisti e motociclisti;
soprattutto per quanto concerne la rete gestita dalla società Anas e dalle società di concessione autostradale, appare necessario un intervento mirato a migliorare il grado di informazione e assistenza degli utenti sulle condizioni di traffico e meteorologiche,

impegna il Governo

a prevedere un'apposita strategia di intervento volta migliorare, prioritariamente sulle strade nazionali e sulle autostrade, il grado di informazione e assistenza degli utenti sulle condizioni di traffico e meteorologiche, tra le altre, implementando la diffusione dei pannelli a messaggio variabile.
9/3638/239.Pierdomenico Martino, Meta, Velo, Lovelli, Tullo, Gasbarra, Bonavitacola, Cardinale, Ginefra, Laratta, Merlo, Fiano, Boffa, Gentiloni Silveri.

La Camera,
premesso che:
le infrastrutture di trasporto sono parte del cosiddetto capitale sociale di un Paese e costituiscono un potente fattore di crescita della produttività e di sviluppo di ogni altro settore dell'economia, ovvero di competitività complessiva del Paese;
pur in fase di recessione e di difficoltà di equilibrio dei saldi di finanza pubblica, rinunciare a sostenere e a investire sui grandi assi di collegamento ferroviario, comporta un immediato peggioramento della condizione economica e di vita di milioni di cittadini, oltre che un fattore di squilibrio territoriale che penalizza sempre più le aree del mezzogiorno, che da sempre soffrono di una carenza infrastrutturale che ne pregiudica la possibilità di rilancio economico e sociale;
sostenere gli investimenti in tale settore rappresenterebbe, inoltre, un volano per il rilancio di importanti settori produttivi in cui il nostro Paese può vantare presidi di eccellenza, con evidenti ricadute positive sui livelli occupazionali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, già in occasione dei prossimi provvedimenti di natura economico-finanziaria, disposizioni volte ad assicurare adeguate risorse finanziarie per gli investimenti di implementazione della rete ferroviaria, volti superare il divario infrastrutturale tra le diverse aree del paese a scapito delle regioni meridionali, portando celermente a conclusione, in via prioritaria, la procedura di finanziamento della linea ad Alta capacità Napoli-Bari.
9/3638/240.Ginefra, Meta, Velo, Lovelli, Tullo, Gasbarra, Bonavitacola, Cardinale, Pierdomenico Martino, Laratta, Merlo, Fiano, Boffa, Gentiloni Silveri.

La Camera,
premesso che:
le infrastrutture di trasporto sono parte del cosiddetto capitale sociale di un Paese e costituiscono un potente fattore di crescita della produttività e di sviluppo di ogni altro settore dell'economia, ovvero di competitività complessiva del Paese;
l'esigenza del potenziamento del trasporto merci via mare e ferro rappresenta una priorità per favorire una equilibrata ripresa del nostro sistema economico, da conseguire anche attraverso la definizione di una precisa cornice nazionale di connessioni intermodali, da individuare tramite l'elaborazione di un apposito piano nazionale della mobilità, all'interno del quale definire il piano nazionale della logistica;
in questa ottica, appare necessario, pur alla luce della difficile congiuntura economica, favorire e sostenere l'investimento in opere di potenziamento delle connessioni ferroviarie e stradali degli scali portuali ricompresi nelle circoscrizioni delle autorità portuali, favorendone così la loro produttività e la competitività;
concentrare gli sforzi finanziari per gli investimenti infrastrutturali su opere di tale natura, anziché sulle grandi opere che comportano tempi, impegni finanziari e complesse ricadute di natura ambientale che ne compromettono l'efficacia anticiclica, rappresenterebbe un indubbio e più tempestivo volano di sviluppo per la nostra economia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, già in occasione dei prossimi provvedimenti di natura economico-finanziaria, disposizioni volte ad assicurare adeguate risorse finanziarie per il potenziamento delle connessioni ferroviarie e stradali con i porti ricompresi nella circoscrizione delle autorità portuali.
9/3638/241.Laratta, Meta, Velo, Lovelli, Tullo, Gasbarra, Bonavitacola, Cardinale, Pierdomenico Martino, Ginefra, Merlo, Fiano, Boffa, Gentiloni Silveri.

La Camera,
premesso che:
la difficile fase congiunturale e la delicata situazione dei conti pubblici meriterebbero ogni sforzo volto per la valorizzazione dei beni pubblici, nonché per favorire lo sviluppo delle condizioni economiche e giuridiche per lo sviluppo di servizi e attività economiche innovative;
un'importante risorsa resasi recentemente disponibile, attraverso il passaggio alla tecnologia del digitale terrestre per la trasmissione di prodotti televisivi, quale l'uso delle frequenze analogiche, rischia di rimanere improduttivo, con danno per le entrate dello Stato e compromissione dello sviluppo di servizi innovativi nel campo della telefonia mobile;
altri paesi, anche in ambito UE, hanno ricavato significativi introiti dal così detto «dividendo di spettro», mentre, a tutt'oggi, il nostro paese non ha adottato nessuna misura per destinare ai nuovi servizi di telecomunicazioni una parte delle frequenze liberate nel passaggio dall'analogico al digitale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, già in occasione dei prossimi provvedimenti di natura economico-finanziaria, disposizioni volte ad assicurare un'adeguata valorizzazione delle frequenze liberate dal passaggio al digitale terrestre, favorendo la diffusione di nuovi servizi di telefonia mobile.
9/3638/242.Melandri, Meta, Velo, Lovelli, Tullo, Gasbarra, Bonavitacola, Cardinale, Pierdomenico Martino, Ginefra, Laratta, Fiano, Boffa, Gentiloni Silveri, Giorgio Merlo, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
da molto tempo la mancanza di risorse per la ricerca scientifica e per l'aggiornamento professionale è considerata uno dei limiti strutturali più gravi nel nostro Paese: ciò ha provocato negli anni un costante impoverimento scientifico e culturale con gravi conseguenze sul piano della produttività delle imprese e della loro capacità di stare sui mercati internazionali nonché delle condizioni professionali e umane del personale;
in tale senso il ricorso alla formazione post-universitaria come strumento necessario e fondante per il complesso articolato delle università, da un lato, e del mondo delle imprese e delle professioni intellettuali, dall'altro lato, rappresenta uno dei cardini sui quali basare una politica di rilancio del nostro sistema produttivo;
appare necessario individuare adeguate modalità operative per favorire e per incentivare, in maniera diffusa e il più possibile partecipata, il ricorso a esperienze di formazione post-universitaria da parte dei nostri giovani laureati;
lo strumento del corso post-universitario rappresenta un elemento fondamentale per la successiva attività professionale di molti neolaureati, sia che la formazione venga svolta in Italia sia che essa venga svolta all'estero;
la formazione post-universitaria rappresenta un vero investimento sul proprio materiale «intellettuale» da parte dei giovani, e a tal fine appare doveroso da parte dello Stato favorire tale investimento adottando politiche fiscali che possano incentivare il ricorso alla formazione post-universitaria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, già in occasione dei prossimi provvedimenti di natura economico-finanziaria, disposizioni volte a riconoscere forme di sostegno fiscale per le spese sostenute per la formazione post-universitaria.
9/3638/243.Viola, Pes, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 43 del decreto-legge in esame, recante la rubrica «Zone a burocrazia zero», al comma 2, lettera b), così recita: « ove la zona a burocrazia zero coincida, nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, con una delle zone franche urbane individuate dalla delibera CIPE dell'8 maggio 2009, n. 14, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 159 dell'11 luglio 2009, le risorse previste per tali zone franche urbane ai sensi dell'articolo 1, comma 340, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono utilizzate dal Sindaco territorialmente competente per la concessione di contributi diretti alle nuove iniziative produttive avviate nelle zone a burocrazia zero»;
le Zone Franche Urbane (ZFU) sono aree infra-comunali di dimensione minima prestabilita dove si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro imprese. Obiettivo prioritario delle ZFU è favorire lo sviluppo economico e sociale di quartieri ed aree urbane caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale, e con potenzialità di sviluppo inespresse;
l'iniziativa nasce dall'esperienza francese delle Zones Franches Urbaines, lanciata nel 1996 e oggi attiva in più di 100 quartieri;
per il finanziamento del dispositivo di previsione delle ZFU, la legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006, articolo 1, comma 340 e seguenti) istituisce un Fondo di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. La legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2008, articolo 1, commi 561, 562 e 563) ha confermato tale stanziamento e definito in maggiore dettaglio le agevolazioni fiscali e previdenziali che, in ogni caso, avrebbero dovuto trovare la loro definizione particolareggiata in un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze;
in questa prima fase pilota, l'istituzione di un numero limitato ZFU nelle città italiane prevedeva agevolazioni fiscali e previdenziali per rafforzare la crescita imprenditoriale e occupazionale nelle piccole imprese di nuova costituzione ivi localizzate;
tali agevolazioni, della durata di 5 anni (con graduale phasing out negli anni successivi), avrebbero dovuto riguardare:
esenzione dalle imposte sui redditi;
esenzione dall'IRAP;
esenzione dall'ICI;
esonero dal versamento dei contributi previdenziali;
ed in misura minore e circoscritta, è previsto anche il sostegno ad imprese già operanti nelle medesime aree;
nel suo disegno definitivo, il dispositivo adottato prevede l'ammissibilità ai benefici ad aree urbane, caratterizzate da significativi fenomeni di disagio sociale, localizzate in 22 città distribuite sull'intero territorio nazionale oltre che nelle regioni del Mezzogiorno, in Toscana le città di Massa e di Carrara e in Liguria la città di Ventimiglia;
per l'individuazione di tali aree comunali ammesse nelle ZFU sono stati utilizzati indicatori oggettivi costruiti sulla base di dati infra-comunali del censimento 2001 e l'istruttoria condotta dal Dipartimento per le politiche dello sviluppo si è conclusa con la trasmissione al CIPE di una proposta tecnica di individuazione;
dopo aver raccolto il Parere favorevole della Conferenza Unificata in data 25 marzo 2009, la proposta tecnica elaborata dal DPS ha ottenuto l'approvazione del CIPE nella seduta dell'8 maggio 2009. Tali disposizioni confluiscono in una delibera di individuazione e di allocazione delle risorse a 22 Zone Franche Urbane per agevolazioni fiscali e previdenziali a favore di nuovi insediamenti produttivi si è arrivati al conseguimento dell'autorizzazione della Commissione Europea;
nel mese di ottobre 2009, il Ministero per lo sviluppo economico ha convocato i sindaci interessati per sottoscrivere con loro veri e propri contratti di attivazione delle Zone Franche Urbane, e in particolare per le città di Massa e di Carrara, il primo importo biennale delle agevolazioni veniva quantificato in poco più di 5 milioni di euro;
è attesa ancora l'emanazione del decreto di attuazione ed i benefici previsti per le ZFU avrebbero dovuto partire dal gennaio 2010, in considerazione anche della grande attesa suscitata dal tessuto di piccole e piccolissime aziende che costituiscono il tessuto economico e produttivo in particolare del territorio delle città di Massa e di Carrara;
è importante non deludere le attese e le aspettative ingenerate dal provvedimento di previsione delle cosiddette Zone Franche Urbane per agevolazioni fiscali e previdenziali a favore di nuovi insediamenti produttivi,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di recupero della situazione delle città di Massa e di Carrara per la Toscana e della città di Ventimiglia per la Liguria, escluse dalle zone a burocrazia zero, sostenendo l'obiettivo di favorire lo sviluppo economico e sociale di questi territori già depressi da una lunga crisi economica ed occupazionale, assicurando che l'istituto delle Zone Franche Urbane non venga formalmente abrogato e si proceda quanto prima all'emanazione di apposito decreto di attuazione per consentire l'effettiva entrata in vigore dei benefici previsti a favore delle aree sopramenzionate.
9/3638/244.Rigoni, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la selettività nell'attribuzione dei premi ai dipendenti della pubblica amministrazione costituisce uno degli elementi qualificanti del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;
l'articolo 9, comma 1, del decreto-legge in esame, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica blocca, per il triennio 2011-2013, il trattamento economico individuale complessivo dei dipendenti pubblici, anche di qualifica dirigenziale, prevedendo che esso non possa in ogni caso superare il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010;
si tratta di una clamorosa smentita delle linee di indirizzo del Dicastero per la pubblica amministrazione e l'innovazione;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, previo monitoraggio dell'applicazione della disposizione citata in premessa, ulteriori iniziative normative improntate ad attuare il principio della selettività nell'attribuzione dei premi ai dipendenti della pubblica amministrazione.
9/3638/245.D'Antona, Amici, Bordo, Bressa, Ferrari, Fontanelli, Giachetti, Giovanelli, Lo Moro, Minniti, Naccarato, Pollastrini, Vassallo, Zaccaria.

La Camera,
premesso che:
l'introduzione di meccanismi di valutazione delle amministrazioni e dei dipendenti pubblici, finalizzata al miglioramento e al riconoscimento del merito, costituisce uno degli elementi qualificanti del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;
l'articolo 9, comma 21, del decreto-legge in esame, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, stabilisce che per il personale in regime di diritto pubblico non si applicano i meccanismi di adeguamento retributivo previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448;
in sintesi, per il personale della PA in regime di diritto pubblico si prevede il blocco degli incrementi retributivi a titolo di adeguamento automatico per gli anni 2011, 2012 e 2013, che il triennio 2011-2013 non sia utile ai fini della maturazione degli automatismi stipendiali (classi e scatti) correlati all'anzianità di servizio e che le progressioni di carriera comunque denominate disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 abbiano effetto per i predetti anni ai soli fini giuridici;
si tratta di una clamorosa smentita delle linee di indirizzo del Dicastero per la pubblica amministrazione e l'innovazione,

impegna il Governo

a verificare l'impatto della normativa introdotta dall'articolo 9, comma 21, del presente decreto rispetto alle disposizioni contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.
9/3638/246.Bordo, Amici, Bressa, D'Antona, Ferrari, Fontanelli, Giachetti, Giovanelli, Lo Moro, Minniti, Naccarato, Pollastrini, Vassallo, Zaccaria.

La Camera,
premesso che:
l'introduzione di meccanismi di valutazione delle amministrazioni e dei dipendenti pubblici, finalizzata al miglioramento e al riconoscimento del merito, costituisce uno degli elementi qualificanti del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;
l'articolo 9, comma 1, del presente decreto, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica blocca, per il triennio 2011-2013, il trattamento economico individuale complessivo dei dipendenti pubblici, anche di qualifica dirigenziale, prevedendo che esso non possa in ogni caso superare il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010;
si tratta di una clamorosa smentita delle linee di indirizzo del Dicastero per la pubblica amministrazione e l'innovazione,

impegna il Governo

a verificare l'impatto della normativa introdotta con l'articolo 9, comma 1, del presente decreto rispetto alle disposizioni contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, e sull'efficienza del servizio prestato dal personale delle agenzie fiscali e a riferirne alle competenti Commissioni parlamentari entro un anno dall'approvazione della legge di conversione del presente decreto.
9/3638/247.Giachetti.

La Camera,
premesso che:
l'introduzione di meccanismi di valutazione delle amministrazioni e dei dipendenti pubblici, finalizzata al miglioramento e al riconoscimento del merito, costituisce uno degli elementi qualificanti del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;
l'articolo 9, comma 1, del presente decreto, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica blocca, per il triennio 2011-2013, il trattamento economico individuale complessivo dei dipendenti pubblici, anche di qualifica dirigenziale, prevedendo che esso non possa in ogni caso superare il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010;
si tratta di una clamorosa smentita delle linee di indirizzo del Dicastero per la pubblica amministrazione e l'innovazione,

impegna il Governo

a verificare l'impatto della normativa introdotta con l'articolo 9, comma 1, del presente decreto rispetto alle disposizioni contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, e sull'efficienza del servizio prestato dal personale degli enti di regolazione dell'attività economica e a riferirne alle competenti Commissioni parlamentari entro un anno dall'approvazione della legge di conversione del presente decreto.
9/3638/248.Zaccaria.

La Camera,
premesso che:
l'introduzione di meccanismi di valutazione delle amministrazioni e dei dipendenti pubblici, finalizzata al miglioramento e al riconoscimento del merito, costituisce uno degli elementi qualificanti del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;
l'articolo 9, comma 1, del presente decreto, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica blocca, per il triennio 2011-2013, il trattamento economico individuale complessivo dei dipendenti pubblici, anche di qualifica dirigenziale, prevedendo che esso non possa in ogni caso superare il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010;
si tratta di una clamorosa smentita delle linee di indirizzo del Dicastero per la pubblica amministrazione e l'innovazione,

impegna il Governo

a verificare l'impatto della normativa introdotta l'articolo 9, comma 1, del presente decreto rispetto alle disposizioni contenute decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.
9/3638/249.Amici, Bordo, Bressa, D'Antona, Ferrari, Fontanelli, Giachetti, Giovanelli, Lo Moro, Minniti, Naccarato, Pollastrini, Vassallo, Zaccaria.

La Camera,
premesso che:
il comma 21-quinquies dell'articolo 6 prevede l'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri volto a disciplinare i termini e le modalità per la vendita dei titoli di cui all'articolo 2 del decreto-legge n. 143 del 2008, (azioni, obbligazioni, Bot, Cct, eccetera) oggetto di sequestro nell'ambito di procedimenti penali o per l'applicazione di misure di prevenzione antimafia di cui alla legge n. 575 del 1965 e il cui ricavato affluisce al cosiddetto Fondo unico giustizia;
si tratta di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di natura regolamentare, per il quale, quindi, non sono necessari né il parere del Consiglio di Stato, né l'obbligo di registrazione della Corte dei conti;
si tratta di un dispositivo suscettibile di recare oneri a carico della finanza pubblica, poiché la norma potrebbe risultare inapplicabile attesa la composizione dei portafogli titoli da liquidare che contengono valori non negoziabili come polizze, garanzie ed altri titoli di valore reale pressoché nullo;
la vendita di titoli sequestrati configura, in realtà, la cessione di valori e di beni di proprietà di terzi e può determinare, all'atto del possibile dissequestro, oneri a carico del bilancio dello Stato per la restituzione del titolo stesso. L'eventualità della restituzione è, peraltro, esclusa dal testo presentato dal Governo, il quale prevede la restituzione del solo ricavato;
l'affidamento delle procedure di vendita dei titoli sequestrati all'operatore finanziario detentore degli stessi, oltre ad estromettere Equitalia giustizia dalla gestione delle risorse di cui è responsabile, non ne garantirebbe l'ottimale collocazione sul mercato, stante l'assenza di controlli e la mancata disciplina della possibile situazione di conflitto. Ciò potrebbe determinare oneri a carico del bilancio dello Stato per la differenza tra il valore nominale e il valore di realizzo. La liquidazione delle attività sequestrate potrebbe altresì determinare un contenzioso volto ad ottenere il riconoscimento di eventuali danni patrimoniali derivanti dalla vendita di beni dissequestrati;
anche per questi motivi la Commissione bilancio del Senato aveva sollevato il problema di copertura in merito alla previsione di questo Fondo,

impegna il Governo:

a riferire al Parlamento, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, circa gli effetti sui saldi di finanza pubblica derivanti dall'applicazione della normativa introdotta;
a presentare alle Camere, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, una relazione dettagliata sugli interventi finanziati con il fondo giustizia e i relativi impegni di spesa.
9/3638/250.Bressa.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5, comma 6, esclude dal diritto alla corresponsione del gettone di presenza i consiglieri circoscrizionali, ma introduce un'eccezione per i consiglieri circoscrizionali delle città metropolitane. Per questi ultimi infatti l'ammontare del gettone di presenza non può superare l'importo pari ad un quarto dell'indennità prevista per il rispettivo presidente;
il riferimento alle città metropolitane è funzionale a introdurre una deroga limitata ai grandi comuni rispetto alla previsione abrogativa, deroga introdotta nel corso dell'esame parlamentare;
le città metropolitane possono essere istituite nelle aree metropolitane in cui sono ricompresi i comuni elencati agli articoli 23 e 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42,

impegna il Governo:

a interpretare il significato e l'ambito applicativo della norma, che trova così immediata applicazione, nel senso che per città metropolitane si intendono i comuni capoluogo di regione come individuati negli articoli 23 e 24 della legge n. 42 del 2009.
9/3638/251.Fontanelli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5, comma 6, esclude dal diritto alla corresponsione del gettone di presenza i consiglieri circoscrizionali, ma introduce un'eccezione per i consiglieri circoscrizionali delle città metropolitane. Per questi ultimi infatti l'ammontare del gettone di presenza non può superare l'importo pari ad un quarto dell'indennità prevista per il rispettivo presidente;
il riferimento alle città metropolitane è funzionale a introdurre una deroga limitata ai grandi comuni rispetto alla previsione abrogativa, deroga introdotta nel corso dell'esame parlamentare;
le città metropolitane possono essere istituite nelle aree metropolitane in cui sono ricompresi i comuni elencati agli articoli 23 e 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di interpretare il significato e l'ambito applicativo della norma, che trova così immediata applicazione, nel senso che per città metropolitane si intendono i comuni capoluogo di regione come individuati negli articoli 23 e 24 della legge n. 42 del 2009.
9/3638/251.(Testo modificato nel corso della seduta)Fontanelli.

La Camera,
premesso che:
nelle ultime riunioni del Cipe sono stati sbloccati importanti finanziamenti di opere infrastrutturali:
tali opere interessano quasi esclusivamente il Centro e il Nord del nostro Paese;
negli ultimi anni è aumentato il gap infrastrutturale che separa il Mezzogiorno dalle altre aree del Paese, un trend confermato dalle ultime scelte compiute dal Governo in tema di approvazione e finanziamento di opere infrastrutturali;
il quadro complessivo delle risorse stanziante nel campo delle infrastrutture vede, tra il 2007 e il 2010, una caduta degli investimenti pari all' 8,8 per cento, come confermato dallo Svimez nel suo ultimo rapporto annuale sullo stato dell'economia meridionale;
la necessità di mettere in moto un processo di crescita economica è strettamente collegata all'esigenza di investire in importanti programmi di sviluppo infrastrutturale, in particolar modo nel Sud Italia dove, da decenni, proprio la mancanza di una rete infrastrutturale, estesa e di qualità, ha mortificato ogni ambizione di sviluppo;
il nuovo protagonismo, economico e culturale, che sta assumendo il Mar Mediterraneo, testimoniato dalla creazione di un'area di libero scambio tra Europa e i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, offre al Mezzogiorno nuove e straordinarie opportunità di sviluppo;
queste ultime considerazioni confermano quanto sia urgente realizzare al Sud alcune grandi opere dall'assoluto valore strategico. E tra queste assumono una valenza particolare sia il progetto di potenziamento e riqualificazione della Linea ferroviaria ad Alta Capacità Napoli-Bari sia il completamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria;
il 20 luglio 2010 le Commissioni riunite VIII (Ambiente, territorio e lavori pubblici) e IX (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera dei deputati hanno approvato all'unanimità una risoluzione, primi firmatari on. Costantino Boffa e on. Tino Iannuzzi, sulla «Realizzazione di infrastrutture ferroviarie, autostradali e stradali nel Mezzogiorno», con la quale si impegna il Governo a far approvare dal Cipe:
a) il progetto preliminare dell'Alta Capacità Napoli-Bari e il progetto definitivo del primo lotto della linea, ovvero la variante Cancello-Napoli e il tratto Cancello-Frasso Telesino; il finanziamento integrale ed in tempi certi e ravvicinati delle risorse (2,7 miliardi di euro) utili a garantire il completamento dei lavori di ammodernamento e messa in sicurezza della Salerno-Reggio Calabria;
b) il progetto definitivo per il raddoppio della strada statale Telesina;
è la terza volta che, in una Commissione parlamentare, viene votata all'unanimità una risoluzione in cui si evidenzia l'assoluta strategicità della Napoli-Bari nella prospettiva di un processo forte di crescita e sviluppo del Mezzogiorno d'Italia. Grazie alla realizzazione di quest'opera infatti il Sud sarà finalmente interconnesso con i Corridoi transeuropei 1 (Berlino-Palermo) e 8 (Bari-Sofia-Varna);
il 25 maggio 2010, cento deputati, appartenenti a tutti gli schieramenti politici, hanno sottoscritto una lettera, indirizzata al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nella quale si chiede di inserire «all'ordine del giorno della prossima seduta del Cipe» l'approvazione del preliminare dell'Alta capacità Napoli-Bari e lo sblocco definitivo dell'iter per il raddoppio della strada statale «Telesina»;
in tutte le occasioni di discussione parlamentare, nelle Commissioni competenti e in Aula, su risoluzioni, interrogazioni e ordini del giorno basati sulla necessità per il Sud di finanziare al più presto queste importantissime opere infrastrutturali, si realizza sempre una forte convergenza politica che va oltre le divisioni di schieramento,

impegna il Governo

a portare all'approvazione del Cipe, alla prima riunione utile, il progetto preliminare dell'Alta capacità Napoli-Bari e il progetto definitivo del primo lotto della linea, ovvero la variante Cancello-Napoli e il tratto Cancello-Frasso Telesino; finanziamento integrale ed in tempi certi e ravvicinati delle risorse utili a garantire il completamento dei lavori di ammodernamento e messa in sicurezza dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria; il progetto definitivo per il raddoppio della strada statale Telesina, in modo da procedere immediatamente all'effettuazione della gara e successivamente all'apertura dei cantieri.
9/3638/252.Boffa.

La Camera,
premesso che:
nelle ultime riunioni del Cipe sono stati sbloccati importanti finanziamenti di opere infrastrutturali:
tali opere interessano quasi esclusivamente il Centro e il Nord del nostro Paese;
negli ultimi anni è aumentato il gap infrastrutturale che separa il Mezzogiorno dalle altre aree del Paese, un trend confermato dalle ultime scelte compiute dal Governo in tema di approvazione e finanziamento di opere infrastrutturali;
il quadro complessivo delle risorse stanziante nel campo delle infrastrutture vede, tra il 2007 e il 2010, una caduta degli investimenti pari all' 8,8 per cento, come confermato dallo Svimez nel suo ultimo rapporto annuale sullo stato dell'economia meridionale;
la necessità di mettere in moto un processo di crescita economica è strettamente collegata all'esigenza di investire in importanti programmi di sviluppo infrastrutturale, in particolar modo nel Sud Italia dove, da decenni, proprio la mancanza di una rete infrastrutturale, estesa e di qualità, ha mortificato ogni ambizione di sviluppo;
il nuovo protagonismo, economico e culturale, che sta assumendo il Mar Mediterraneo, testimoniato dalla creazione di un'area di libero scambio tra Europa e i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, offre al Mezzogiorno nuove e straordinarie opportunità di sviluppo;
queste ultime considerazioni confermano quanto sia urgente realizzare al Sud alcune grandi opere dall'assoluto valore strategico. E tra queste assumono una valenza particolare sia il progetto di potenziamento e riqualificazione della Linea ferroviaria ad Alta Capacità Napoli-Bari sia il completamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria;
il 20 luglio 2010 le Commissioni riunite VIII (Ambiente, territorio e lavori pubblici) e IX (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera dei deputati hanno approvato all'unanimità una risoluzione, primi firmatari on. Costantino Boffa e on. Tino Iannuzzi, sulla «Realizzazione di infrastrutture ferroviarie, autostradali e stradali nel Mezzogiorno», con la quale si impegna il Governo a far approvare dal Cipe:
a) il progetto preliminare dell'Alta Capacità Napoli-Bari e il progetto definitivo del primo lotto della linea, ovvero la variante Cancello-Napoli e il tratto Cancello-Frasso Telesino; il finanziamento integrale ed in tempi certi e ravvicinati delle risorse (2,7 miliardi di euro) utili a garantire il completamento dei lavori di ammodernamento e messa in sicurezza della Salerno-Reggio Calabria;
b) il progetto definitivo per il raddoppio della strada statale Telesina;
è la terza volta che, in una Commissione parlamentare, viene votata all'unanimità una risoluzione in cui si evidenzia l'assoluta strategicità della Napoli-Bari nella prospettiva di un processo forte di crescita e sviluppo del Mezzogiorno d'Italia. Grazie alla realizzazione di quest'opera infatti il Sud sarà finalmente interconnesso con i Corridoi transeuropei 1 (Berlino-Palermo) e 8 (Bari-Sofia-Varna);
il 25 maggio 2010, cento deputati, appartenenti a tutti gli schieramenti politici, hanno sottoscritto una lettera, indirizzata al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nella quale si chiede di inserire «all'ordine del giorno della prossima seduta del Cipe» l'approvazione del preliminare dell'Alta capacità Napoli-Bari e lo sblocco definitivo dell'iter per il raddoppio della strada statale «Telesina»;
in tutte le occasioni di discussione parlamentare, nelle Commissioni competenti e in Aula, su risoluzioni, interrogazioni e ordini del giorno basati sulla necessità per il Sud di finanziare al più presto queste importantissime opere infrastrutturali, si realizza sempre una forte convergenza politica che va oltre le divisioni di schieramento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di portare all'approvazione del Cipe, alla prima riunione utile, il progetto preliminare dell'Alta capacità Napoli-Bari e il progetto definitivo del primo lotto della linea, ovvero la variante Cancello-Napoli e il tratto Cancello-Frasso Telesino; finanziamento integrale ed in tempi certi e ravvicinati delle risorse utili a garantire il completamento dei lavori di ammodernamento e messa in sicurezza dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria; il progetto definitivo per il raddoppio della strada statale Telesina, in modo da procedere immediatamente all'effettuazione della gara e successivamente all'apertura dei cantieri.
9/3638/252.(Testo modificato nel corso della seduta)Boffa.

La Camera,
premesso che:
è necessario incrementare e promuovere le azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nell'accesso alle attività d'impresa, anche modificando l'articolo 45 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198;
per promuovere nuova imprenditoria femminile è necessario riqualificare e rifinanziare il Fondo nazionale per l'imprenditoria femminile istituito con l'articolo 3, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 215;
in particolare è necessario attivare azioni positive volte a sostenere ed incrementare la quota di donne che intraprendono attività autonome e imprenditoriali e a sostenere lo sviluppo di tali attività incrementando i fondi ad esse destinati,

impegna il Governo

a destinare una quota non inferiore al 25 per cento del Fondo per la finanza d'impresa di cui all'articolo 1, comma 847, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, al sostegno e alla creazione di nuove imprese femminili, nonché ai consolidamento aziendale di micro, piccole e medie imprese femminili.
9/3638/253.Pollastrini.

La Camera,
premesso che:
è necessario incrementare e promuovere le azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nell'accesso alle attività d'impresa, anche modificando l'articolo 45 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198;
per promuovere nuova imprenditoria femminile è necessario riqualificare e rifinanziare il Fondo nazionale per l'imprenditoria femminile istituito con l'articolo 3, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 215;
in particolare è necessario attivare azioni positive volte a sostenere ed incrementare la quota di donne che intraprendono attività autonome e imprenditoriali e a sostenere lo sviluppo di tali attività incrementando i fondi ad esse destinati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare una quota non inferiore al 25 per cento del Fondo per la finanza d'impresa di cui all'articolo 1, comma 847, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, al sostegno e alla creazione di nuove imprese femminili, nonché ai consolidamento aziendale di micro, piccole e medie imprese femminili.
9/3638/253.(Testo modificato nel corso della seduta)Pollastrini.

La Camera,
premesso che:
è indispensabile prevedere azioni di sostegno per aumentare le opportunità di lavoro dei ricercatori universitari nel Mezzogiorno, sostenendo le piccole e medie imprese anche artigiane che intendono potenziare l'attività di ricerca applicata mediante l'avvio di nuovi progetti,

impegna il Governo

a prevedere la concessione di un credito d'imposta fino al 60 per cento dei costi sostenuti per il finanziamento di nuovi contratti per attività di ricerca di durata triennale, rinnovabili per ulteriori tre anni, stipulati dagli atenei e dagli enti di ricerca pubblici aventi sede legale nelle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato istitutivo della Comunità europea, per ogni nuova assunzione a tempo pieno, di titolari di dottorato di ricerca, nonché di laureati con esperienza nel settore della ricerca, o di possessori di altro titolo di formazione post-laurea, residenti nelle citate regioni meridionali.
9/3638/254.Picierno.

La Camera,
premesso che:
è indispensabile prevedere azioni di sostegno per aumentare le opportunità di lavoro dei ricercatori universitari nel Mezzogiorno, sostenendo le piccole e medie imprese anche artigiane che intendono potenziare l'attività di ricerca applicata mediante l'avvio di nuovi progetti,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a prevedere la concessione di un credito d'imposta fino al 60 per cento dei costi sostenuti per il finanziamento di nuovi contratti per attività di ricerca di durata triennale, rinnovabili per ulteriori tre anni, stipulati dagli atenei e dagli enti di ricerca pubblici aventi sede legale nelle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato istitutivo della Comunità europea, per ogni nuova assunzione a tempo pieno, di titolari di dottorato di ricerca, nonché di laureati con esperienza nel settore della ricerca, o di possessori di altro titolo di formazione post-laurea, residenti nelle citate regioni meridionali.
9/3638/254.(Testo modificato nel corso della seduta)Picierno.

La Camera
premesso che:
è necessario consolidare l'attività di garanzia collettiva dei fidi nelle Regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato istitutivo della Comunità europea, anche incentivi per il rafforzamento dei medesimi e per la promozione di interventi di fusione e di accorpamento tra confidi e cooperative di cui all'articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni nelle regioni sopra indicate,

impegna il Governo

a prevedere che i versamenti compiuti dai soci, ivi compresi i soci sostenitori, al fondo rischi dei predetti consorzi di garanzia collettiva fidi, siano integrati con un contributo a carico del bilancio dello Stato, pari al doppio dell'ammontare di ciascun versamento, da effettuare entro il 31 dicembre 2013 e a concedere un contributo diretto ad integrare la disponibilità del fondo del consorzio o della cooperativa che risulti dalle eventuali fusioni, destinato alla prestazione di garanzie a favore delle imprese consorziate o socie.
9/3638/255.Calvisi.

La Camera
premesso che:
è necessario consolidare l'attività di garanzia collettiva dei fidi nelle Regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato istitutivo della Comunità europea, anche incentivi per il rafforzamento dei medesimi e per la promozione di interventi di fusione e di accorpamento tra confidi e cooperative di cui all'articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni nelle regioni sopra indicate,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a prevedere che i versamenti compiuti dai soci, ivi compresi i soci sostenitori, al fondo rischi dei predetti consorzi di garanzia collettiva fidi, siano integrati con un contributo a carico del bilancio dello Stato, pari al doppio dell'ammontare di ciascun versamento, da effettuare entro il 31 dicembre 2013 e a concedere un contributo diretto ad integrare la disponibilità del fondo del consorzio o della cooperativa che risulti dalle eventuali fusioni, destinato alla prestazione di garanzie a favore delle imprese consorziate o socie.
9/3638/255.(Testo modificato nel corso della seduta)Calvisi.

La Camera,
premesso che:
è necessario intervenire tempestivamente a sostegno del sistema produttivo nazionale per facilitarne l'accesso al credito e il consolidamento del debito delle piccole e medie imprese anche integrando la disciplina recata dall'articolo 3, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33;
l'intervento deve essere finalizzato alla prestazione di garanzie a prima richiesta alle banche iscritte all'albo di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 10 settembre 1993, n. 385, prioritariamente su finanziamenti a medio e lungo termine, anche garantiti da consorzi di garanzia collettiva fidi (Confidi) di cui all'articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, concessi dalle banche alle micro, piccole e medie imprese, nonché a favorire le operazioni finalizzate al consolidamento a medio termine dei debiti a breve,

impegna il Governo

a istituire, presso la presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti S.p.A., il Fondo temporaneo di garanzia interbancario, la cui dotazione può essere reperita a valere sulle risorse del risparmio postale, nonché su quota parte delle risorse del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese di cui, all'articolo 1, commi 354-366, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
9/3638/256.Misiani.

La Camera,
premesso che:
è necessario intervenire tempestivamente a sostegno del sistema produttivo nazionale per facilitarne l'accesso al credito e il consolidamento del debito delle piccole e medie imprese anche integrando la disciplina recata dall'articolo 3, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33;
l'intervento deve essere finalizzato alla prestazione di garanzie a prima richiesta alle banche iscritte all'albo di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 10 settembre 1993, n. 385, prioritariamente su finanziamenti a medio e lungo termine, anche garantiti da consorzi di garanzia collettiva fidi (Confidi) di cui all'articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, concessi dalle banche alle micro, piccole e medie imprese, nonché a favorire le operazioni finalizzate al consolidamento a medio termine dei debiti a breve,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire, presso la presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti S.p.A., il Fondo temporaneo di garanzia interbancario, la cui dotazione può essere reperita a valere sulle risorse del risparmio postale, nonché su quota parte delle risorse del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese di cui, all'articolo 1, commi 354-366, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
9/3638/256.(Testo modificato nel corso della seduta)Misiani.

La Camera,
premesso che:
nell'attuale fase di crisi economico-produttiva è necessario destinare risorse al finanziamento di interventi mirati a facilitare operazioni di concessione di garanzie su finanziamenti e di partecipazione al capitale di rischio delle imprese e al finanziamento di programmi di investimento per la nascita ed il consolidamento delle imprese operanti in comparti di attività ad elevato contenuto tecnologico, al rafforzamento patrimoniale delle piccole e medie imprese localizzate nelle aree dell'obiettivo 1 e dell'obiettivo 2 di cui al regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, nonché a programmi ai sviluppo posti in essere da piccole e medie imprese e per sostenere la creazione di nuove imprese femminili ed il consolidamento aziendale di piccole e medie imprese femminili,

impegna il Governo

ad assegnare ulteriori cospicue risorse nel triennio 2011-2013 al Fondo finanza d'impresa di cui all'articolo 1, comma 847, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, al fine di garantire la prosecuzione delle operazioni di concessione di garanzie su finanziamenti e di partecipazione al capitale di rischio delle imprese.
9/3638/257.Marchi.

La Camera,
premesso che:
nell'attuale fase di crisi economico-produttiva è necessario destinare risorse al finanziamento di interventi mirati a facilitare operazioni di concessione di garanzie su finanziamenti e di partecipazione al capitale di rischio delle imprese e al finanziamento di programmi di investimento per la nascita ed il consolidamento delle imprese operanti in comparti di attività ad elevato contenuto tecnologico, al rafforzamento patrimoniale delle piccole e medie imprese localizzate nelle aree dell'obiettivo 1 e dell'obiettivo 2 di cui al regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, nonché a programmi ai sviluppo posti in essere da piccole e medie imprese e per sostenere la creazione di nuove imprese femminili ed il consolidamento aziendale di piccole e medie imprese femminili,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ad assegnare ulteriori cospicue risorse nel triennio 2011-2013 al Fondo finanza d'impresa di cui all'articolo 1, comma 847, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, al fine di garantire la prosecuzione delle operazioni di concessione di garanzie su finanziamenti e di partecipazione al capitale di rischio delle imprese.
9/3638/257.(Testo modificato nel corso della seduta)Marchi.

La Camera,
premesso che:
nell'attuale fase di incertezza dei mercati internazionali è necessario sostenere le piccole e medie imprese esportatrici con lo scopo di rafforzare il sistema nazionale delle esportazioni,

impegna il Governo

a triplicare il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale per il periodo d'imposta in vigore al 1o gennaio 2010, alle piccole e medie imprese esportatrici che negli ultimi tre anni abbiano realizzato nei mercati internazionali almeno il 20 per cento del loro fatturato complessivo e che, nel 2009, abbiano registrato un decremento pari almeno al 10 per cento del fatturato realizzato nei predetti mercati, confrontato con quello realizzato nel primo semestre 2008.
9/3638/258.Melis.

La Camera,
premesso che:
nell'attuale fase di difficoltà particolarmente sentita dalle piccole e medie imprese esportatrici e con lo scopo di sostenere la collaborazione tra le predette imprese,

impegna il Governo

a riconoscere per gli anni 2011, 2012 e 2013, alle piccole e medie imprese, anche costituite in forma cooperativa, un credito di imposta nella misura del 50 per cento del valore degli investimenti realizzati nel corso degli ultimi 115 anni in attività dirette in altri Stati membri o Paesi terzi, in eccedenza rispetto alla media degli analoghi investimenti realizzati nei tre periodi di imposta precedenti.
9/3638/259.Marchignoli.

La Camera,
premesso che:
nell'attuale fase di difficoltà particolarmente sentita dalle piccole e medie imprese esportatrici e con lo scopo di sostenere la collaborazione tra le predette imprese,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a riconoscere per gli anni 2011, 2012 e 2013, alle piccole e medie imprese, anche costituite in forma cooperativa, un credito di imposta nella misura del 50 per cento del valore degli investimenti realizzati nel corso degli ultimi 115 anni in attività dirette in altri Stati membri o Paesi terzi, in eccedenza rispetto alla media degli analoghi investimenti realizzati nei tre periodi di imposta precedenti.
9/3638/259.(Testo modificato nel corso della seduta)Marchignoli.

La Camera,
premesso che:
sono necessarie politiche di sviluppo e risorse orientate a favorire il trasferimento di idee progettuali dal settore della ricerca pubblica e privata al settore produttivo, per la realizzazione di studi di fattibilità, di proposte progettuali innovative elaborate dalle imprese proponenti e per l'elaborazione dei prototipi che incorporano l'innovazione,

impegna il Governo

a istituire, presso il Ministero dello sviluppo economico, un Fondo destinato all'anticipazione delle citate risorse d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'artico 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in merito alla ripartizione delle medesime tra le regioni sulla base di indicatori demografici e socio-economici, nel rispetto della potestà regolamentare delle regioni, delle province, dei comuni e delle città metropolitane in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite in materia di ricerca scientifica e tecnologica e di sostegno all'innovazione per i settori produttivi.
9/3638/260.Tocci.

La Camera,
premesso che:
sono necessarie politiche di sviluppo e risorse orientate a favorire il trasferimento di idee progettuali dal settore della ricerca pubblica e privata al settore produttivo, per la realizzazione di studi di fattibilità, di proposte progettuali innovative elaborate dalle imprese proponenti e per l'elaborazione dei prototipi che incorporano l'innovazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire, presso il Ministero dello sviluppo economico, un Fondo destinato all'anticipazione delle citate risorse d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'artico 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in merito alla ripartizione delle medesime tra le regioni sulla base di indicatori demografici e socio-economici, nel rispetto della potestà regolamentare delle regioni, delle province, dei comuni e delle città metropolitane in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite in materia di ricerca scientifica e tecnologica e di sostegno all'innovazione per i settori produttivi.
9/3638/260.(Testo modificato nel corso della seduta)Tocci.

La Camera,
premesso che:
il settore del turismo soffre della doppia caduta dei flussi esteri ed interni, dovuta alla crisi economica che colpisce i redditi delle famiglie in tutta Europa e in buona parte del mondo;
è indispensabile prevedere iniziative immediate di sostegno al settore a partire dalla creazione di pacchetti turistici e dei relativi servizi, da parte di consorzi, reti e filiere piccole e medie imprese turistiche, rivolti ad organizzazioni senza scopo di lucro di turismo sociale e di cittadinanza attiva, finalizzati alla promozione del turismo sostenibile e ambientale, e caratterizzati dalla presenza di servizi turistici e culturali, da servizi di trasporto e servizi accessori, dalla vendita anche tramite internet, e da un prezzo concorrenziale,

impegna il Governo

a ridurre l'aliquota IVA sui predetti pacchetti con lo scopo di abbattere le tariffe turistiche e favorire lo sviluppo del mercato interno.
9/3638/261.Marchioni, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame non prevede misure né contingenti, né strutturali di supporto all'avvio della ripresa economica e sociale del Paese;
la crisi economica in corso ha colpito in modo profondo la già precaria situazione occupazionale dei giovani, aumentando drammaticamente il tasso di disoccupazione giovanile, che ha raggiunto il 25,4 per cento (il triplo del tasso nazionale e ben al sopra di quello europeo);
come dimostrano i più recenti indicatori ISTAT, il prezzo sociale più elevato della crisi economica è stato fino ad oggi pagato dai giovani: il 63 per cento dei posti di lavoro persi nel 2009 ha riguardato lavoratori a termine e a progetto, in larghissima parte giovani e donne; nella fascia di età 18-29 anni, la perdita di occupati ha raggiunto le 300.000 unità corrispondenti al 79 per cento della flessione occupazionale complessiva;
il percorso di autonomia si allunga sempre più verso i 40 anni per un numero sempre drammaticamente crescente di giovani, condizionando pesantemente il perseguimento degli obiettivi esistenziali, formativi e professionali degli stessi;
la discontinuità lavorativa continua a pregiudicare, per milioni di giovani cittadini e cittadine, la prospettiva di una copertura previdenziale dignitosa, azzerando per essi il rispetto e la garanzia di un diritto pieno di cittadinanza e perpetuando una delle iniquità più pesanti, ingiustificabili e incomprensibili del nostro tempo;
la condizione di esclusione si sta aggravando anche per la fascia di adolescenti, di età compresa tra i 15 e i 19 anni: sono ormai circa due milioni coloro che risultano fuori dal mercato del lavoro, così come da qualsiasi percorso formativo o scolastico;
le grandi crisi economiche e congiunturali - come più volte affermato anche dal Presidente della Repubblica - possono costituire una straordinaria opportunità di cambiamento per abbattere barriere e rendite non più accettabili, sotto la spinta dell'emergenza e del recupero di competitività,
il binomio giovani generazioni/ammodernamento del Paese può realmente cambiare la struttura della nostra società e liberare quel vastissimo giacimento di energie fresche e competenze indispensabile per la ripresa della crescita,

impegna il Governo

ad approvare entro il 31 dicembre 2010 un «Piano straordinario di interventi a sostegno dell'autonomia finanziaria delle nuove generazioni» che preveda il riconoscimento di agevolazioni fiscali per l'accesso dei giovani alla locazione dell'abitazione principale.
9/3638/262.Marrocu, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame non prevede misure né contingenti, né strutturali di supporto all'avvio della ripresa economica e sociale del Paese;
la crisi economica in corso ha colpito in modo profondo la già precaria situazione occupazionale dei giovani, aumentando drammaticamente il tasso di disoccupazione giovanile, che ha raggiunto il 25,4 per cento (il triplo del tasso nazionale e ben al sopra di quello europeo);
come dimostrano i più recenti indicatori ISTAT, il prezzo sociale più elevato della crisi economica è stato fino ad oggi pagato dai giovani: il 63 per cento dei posti di lavoro persi nel 2009 ha riguardato lavoratori a termine e a progetto, in larghissima parte giovani e donne; nella fascia di età 18-29 anni, la perdita di occupati ha raggiunto le 300.000 unità corrispondenti al 79 per cento della flessione occupazionale complessiva;
il percorso di autonomia si allunga sempre più verso i 40 anni per un numero sempre drammaticamente crescente di giovani, condizionando pesantemente il perseguimento degli obiettivi esistenziali, formativi e professionali degli stessi;
la discontinuità lavorativa continua a pregiudicare, per milioni di giovani cittadini e cittadine, la prospettiva di una copertura previdenziale dignitosa, azzerando per essi il rispetto e la garanzia di un diritto pieno di cittadinanza e perpetuando una delle iniquità più pesanti, ingiustificabili e incomprensibili del nostro tempo;
la condizione di esclusione si sta aggravando anche per la fascia di adolescenti, di età compresa tra i 15 e i 19 anni: sono ormai circa due milioni coloro che risultano fuori dal mercato del lavoro, così come da qualsiasi percorso formativo o scolastico;
le grandi crisi economiche e congiunturali - come più volte affermato anche dal Presidente della Repubblica - possono costituire una straordinaria opportunità di cambiamento per abbattere barriere e rendite non più accettabili, sotto la spinta dell'emergenza e del recupero di competitività,
il binomio giovani generazioni/ammodernamento del Paese può realmente cambiare la struttura della nostra società e liberare quel vastissimo giacimento di energie fresche e competenze indispensabile per la ripresa della crescita,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di approvare entro il 31 dicembre 2010 un «Piano straordinario di interventi a sostegno dell'autonomia finanziaria delle nuove generazioni» che preveda il riconoscimento di agevolazioni fiscali per l'accesso dei giovani alla locazione dell'abitazione principale.
9/3638/262.(Testo modificato nel corso della seduta)Marrocu, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame non prevede misure né contingenti, né strutturali di supporto all'avvio della ripresa economica e sociale del Paese;
la crisi economica in corso ha colpito in modo profondo la già precaria situazione occupazionale dei giovani, aumentando drammaticamente il tasso di disoccupazione giovanile, che ha raggiunto il 25,4 per cento (il triplo del tasso nazionale e ben al sopra di quello europeo);
come dimostrano i più recenti indicatori ISTAT, il prezzo sociale più elevato della crisi economica è stato fino ad oggi pagato dai giovani: il 63 per cento dei posti di lavoro persi nel 2009 ha riguardato lavoratori a termine e a progetto, in larghissima parte giovani e donne; nella fascia di età 18-29 anni, la perdita di occupati ha raggiunto le 300.000 unità corrispondenti al 79 per cento della flessione occupazionale complessiva;
il percorso di autonomia si allunga sempre più verso i 40 anni per un numero sempre drammaticamente crescente di giovani, condizionando pesantemente il perseguimento degli obiettivi esistenziali, formativi e professionali degli stessi;
la discontinuità lavorativa continua a pregiudicare, per milioni di giovani cittadini e cittadine, la prospettiva di una copertura previdenziale dignitosa, azzerando per essi il rispetto e la garanzia di un diritto pieno di cittadinanza e perpetuando una delle iniquità più pesanti, ingiustificabili e incomprensibili del nostro tempo;
la condizione di esclusione si sta aggravando anche per la fascia di adolescenti, di età compresa tra i 15 e i 19 anni: sono ormai circa due milioni coloro che risultano fuori dal mercato del lavoro, così come da qualsiasi percorso formativo o scolastico;
le grandi crisi economiche e congiunturali - come più volte affermato anche dal Presidente della Repubblica - possono costituire una straordinaria opportunità di cambiamento per abbattere barriere e rendite non più accettabili, sotto la spinta dell'emergenza e del recupero di competitività,
il binomio giovani generazioni/ammodernamento del Paese può realmente cambiare la struttura della nostra società e liberare quel vastissimo giacimento di energie fresche e competenze indispensabile per la ripresa della crescita,

impegna il Governo

ad approvare entro il 31 dicembre 2010 un «Piano straordinario di interventi a sostegno dell'autonomia finanziaria delle nuove generazioni» che preveda il sostegno al trasferimento intergenerazionale delle piccole imprese, dell'artigianato, del commercio e del turismo, dell'agricoltura e della cooperazione e all'avvio di nuove attività in tali ambiti.
9/3638/263.Rossomando, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame non prevede misure né contingenti, né strutturali di supporto all'avvio della ripresa economica e sociale del Paese;
la crisi economica in corso ha colpito in modo profondo la già precaria situazione occupazionale dei giovani, aumentando drammaticamente il tasso di disoccupazione giovanile, che ha raggiunto il 25,4 per cento (il triplo del tasso nazionale e ben al sopra di quello europeo);
come dimostrano i più recenti indicatori ISTAT, il prezzo sociale più elevato della crisi economica è stato fino ad oggi pagato dai giovani: il 63 per cento dei posti di lavoro persi nel 2009 ha riguardato lavoratori a termine e a progetto, in larghissima parte giovani e donne; nella fascia di età 18-29 anni, la perdita di occupati ha raggiunto le 300.000 unità corrispondenti al 79 per cento della flessione occupazionale complessiva;
il percorso di autonomia si allunga sempre più verso i 40 anni per un numero sempre drammaticamente crescente di giovani, condizionando pesantemente il perseguimento degli obiettivi esistenziali, formativi e professionali degli stessi;
la discontinuità lavorativa continua a pregiudicare, per milioni di giovani cittadini e cittadine, la prospettiva di una copertura previdenziale dignitosa, azzerando per essi il rispetto e la garanzia di un diritto pieno di cittadinanza e perpetuando una delle iniquità più pesanti, ingiustificabili e incomprensibili del nostro tempo;
la condizione di esclusione si sta aggravando anche per la fascia di adolescenti, di età compresa tra i 15 e i 19 anni: sono ormai circa due milioni coloro che risultano fuori dal mercato del lavoro, così come da qualsiasi percorso formativo o scolastico;
le grandi crisi economiche e congiunturali - come più volte affermato anche dal Presidente della Repubblica - possono costituire una straordinaria opportunità di cambiamento per abbattere barriere e rendite non più accettabili, sotto la spinta dell'emergenza e del recupero di competitività,
il binomio giovani generazioni/ammodernamento del Paese può realmente cambiare la struttura della nostra società e liberare quel vastissimo giacimento di energie fresche e competenze indispensabile per la ripresa della crescita,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di approvare entro il 31 dicembre 2010 un «Piano straordinario di interventi a sostegno dell'autonomia finanziaria delle nuove generazioni» che preveda il sostegno al trasferimento intergenerazionale delle piccole imprese, dell'artigianato, del commercio e del turismo, dell'agricoltura e della cooperazione e all'avvio di nuove attività in tali ambiti.
9/3638/263.(Testo modificato nel corso della seduta)Rossomando, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame non prevede misure né contingenti, né strutturali di supporto all'avvio della ripresa economica e sociale del Paese;
la crisi economica in corso ha colpito in modo profondo la già precaria situazione occupazionale dei giovani, aumentando drammaticamente il tasso di disoccupazione giovanile, che ha raggiunto il 25,4 per cento (il triplo del tasso nazionale e ben al sopra di quello europeo);
come dimostrano i più recenti indicatori ISTAT, il prezzo sociale più elevato della crisi economica è stato fino ad oggi pagato dai giovani: il 63 per cento dei posti di lavoro persi nel 2009 ha riguardato lavoratori a termine e a progetto, in larghissima parte giovani e donne; nella fascia di età 18-29 anni, la perdita di occupati ha raggiunto le 300.000 unità corrispondenti al 79 per cento della flessione occupazionale complessiva;
il percorso di autonomia si allunga sempre più verso i 40 anni per un numero sempre drammaticamente crescente di giovani, condizionando pesantemente il perseguimento degli obiettivi esistenziali, formativi e professionali degli stessi;
la discontinuità lavorativa continua a pregiudicare, per milioni di giovani cittadini e cittadine, la prospettiva di una copertura previdenziale dignitosa, azzerando per essi il rispetto e la garanzia di un diritto pieno di cittadinanza e perpetuando una delle iniquità più pesanti, ingiustificabili e incomprensibili del nostro tempo;
la condizione di esclusione si sta aggravando anche per la fascia di adolescenti, di età compresa tra i 15 e i 19 anni: sono ormai circa due milioni coloro che risultano fuori dal mercato del lavoro, così come da qualsiasi percorso formativo o scolastico;
le grandi crisi economiche e congiunturali - come più volte affermato anche dal Presidente della Repubblica - possono costituire una straordinaria opportunità di cambiamento per abbattere barriere e rendite non più accettabili, sotto la spinta dell'emergenza e del recupero di competitività,
il binomio giovani generazioni/ammodernamento del Paese può realmente cambiare la struttura della nostra società e liberare quel vastissimo giacimento di energie fresche e competenze indispensabile per la ripresa della crescita,

impegna il Governo

ad approvare entro il 31 dicembre 2010 un «Piano straordinario di interventi a sostegno dell'autonomia finanziaria delle nuove generazioni» che preveda l'introduzione di percorsi innovativi per le nuove professioni, fortemente integrati con il sistema della formazione, delle professioni e dell'impresa.
9/3638/264.Touadi, Pes, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame non prevede misure né contingenti, né strutturali di supporto all'avvio della ripresa economica e sociale del Paese;
la crisi economica in corso ha colpito in modo profondo la già precaria situazione occupazionale dei giovani, aumentando drammaticamente il tasso di disoccupazione giovanile, che ha raggiunto il 25,4 per cento (il triplo del tasso nazionale e ben al sopra di quello europeo);
come dimostrano i più recenti indicatori ISTAT, il prezzo sociale più elevato della crisi economica è stato fino ad oggi pagato dai giovani: il 63 per cento dei posti di lavoro persi nel 2009 ha riguardato lavoratori a termine e a progetto, in larghissima parte giovani e donne; nella fascia di età 18-29 anni, la perdita di occupati ha raggiunto le 300.000 unità corrispondenti al 79 per cento della flessione occupazionale complessiva;
il percorso di autonomia si allunga sempre più verso i 40 anni per un numero sempre drammaticamente crescente di giovani, condizionando pesantemente il perseguimento degli obiettivi esistenziali, formativi e professionali degli stessi;
la discontinuità lavorativa continua a pregiudicare, per milioni di giovani cittadini e cittadine, la prospettiva di una copertura previdenziale dignitosa, azzerando per essi il rispetto e la garanzia di un diritto pieno di cittadinanza e perpetuando una delle iniquità più pesanti, ingiustificabili e incomprensibili del nostro tempo;
la condizione di esclusione si sta aggravando anche per la fascia di adolescenti, di età compresa tra i 15 e i 19 anni: sono ormai circa due milioni coloro che risultano fuori dal mercato del lavoro, così come da qualsiasi percorso formativo o scolastico;
le grandi crisi economiche e congiunturali - come più volte affermato anche dal Presidente della Repubblica - possono costituire una straordinaria opportunità di cambiamento per abbattere barriere e rendite non più accettabili, sotto la spinta dell'emergenza e del recupero di competitività,
il binomio giovani generazioni/ammodernamento del Paese può realmente cambiare la struttura della nostra società e liberare quel vastissimo giacimento di energie fresche e competenze indispensabile per la ripresa della crescita,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di approvare entro il 31 dicembre 2010 un «Piano straordinario di interventi a sostegno dell'autonomia finanziaria delle nuove generazioni» che preveda l'introduzione di percorsi innovativi per le nuove professioni, fortemente integrati con il sistema della formazione, delle professioni e dell'impresa.
9/3638/264.(Testo modificato nel corso della seduta)Touadi, Pes, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame non prevede misure né contingenti, né strutturali di supporto all'avvio della ripresa economica e sociale del Paese;
la crisi economica in corso ha colpito in modo profondo la già precaria situazione occupazionale dei giovani, aumentando drammaticamente il tasso di disoccupazione giovanile, che ha raggiunto il 25,4 per cento (il triplo del tasso nazionale e ben al sopra di quello europeo);
come dimostrano i più recenti indicatori ISTAT, il prezzo sociale più elevato della crisi economica è stato fino ad oggi pagato dai giovani: il 63 per cento dei posti di lavoro persi nel 2009 ha riguardato lavoratori a termine e a progetto, in larghissima parte giovani e donne; nella fascia di età 18-29 anni, la perdita di occupati ha raggiunto le 300.000 unità corrispondenti al 79 per cento della flessione occupazionale complessiva;
il percorso di autonomia si allunga sempre più verso i 40 anni per un numero sempre drammaticamente crescente di giovani, condizionando pesantemente il perseguimento degli obiettivi esistenziali, formativi e professionali degli stessi;
la discontinuità lavorativa continua a pregiudicare, per milioni di giovani cittadini e cittadine, la prospettiva di una copertura previdenziale dignitosa, azzerando per essi il rispetto e la garanzia di un diritto pieno di cittadinanza e perpetuando una delle iniquità più pesanti, ingiustificabili e incomprensibili del nostro tempo;
la condizione di esclusione si sta aggravando anche per la fascia di adolescenti, di età compresa tra i 15 e i 19 anni: sono ormai circa due milioni coloro che risultano fuori dal mercato del lavoro, così come da qualsiasi percorso formativo o scolastico;
le grandi crisi economiche e congiunturali - come più volte affermato anche dal Presidente della Repubblica - possono costituire una straordinaria opportunità di cambiamento per abbattere barriere e rendite non più accettabili, sotto la spinta dell'emergenza e del recupero di competitività,
il binomio giovani generazioni/ammodernamento del Paese può realmente cambiare la struttura della nostra società e liberare quel vastissimo giacimento di energie fresche e competenze indispensabile per la ripresa della crescita,

impegna il Governo

ad approvare entro il 31 dicembre 2010 un «Piano straordinario di interventi a sostegno dell'autonomia finanziaria delle nuove generazioni» che preveda il riconoscimento di un supporto amministrativo, gestionale e finanziario alla formazione di forme aggregate d'impresa di giovani.
9/3638/265.Naccarato, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame non prevede misure né contingenti, né strutturali di supporto all'avvio della ripresa economica e sociale del Paese;
la crisi economica in corso ha colpito in modo profondo la già precaria situazione occupazionale dei giovani, aumentando drammaticamente il tasso di disoccupazione giovanile, che ha raggiunto il 25,4 per cento (il triplo del tasso nazionale e ben al sopra di quello europeo);
come dimostrano i più recenti indicatori ISTAT, il prezzo sociale più elevato della crisi economica è stato fino ad oggi pagato dai giovani: il 63 per cento dei posti di lavoro persi nel 2009 ha riguardato lavoratori a termine e a progetto, in larghissima parte giovani e donne; nella fascia di età 18-29 anni, la perdita di occupati ha raggiunto le 300.000 unità corrispondenti al 79 per cento della flessione occupazionale complessiva;
il percorso di autonomia si allunga sempre più verso i 40 anni per un numero sempre drammaticamente crescente di giovani, condizionando pesantemente il perseguimento degli obiettivi esistenziali, formativi e professionali degli stessi;
la discontinuità lavorativa continua a pregiudicare, per milioni di giovani cittadini e cittadine, la prospettiva di una copertura previdenziale dignitosa, azzerando per essi il rispetto e la garanzia di un diritto pieno di cittadinanza e perpetuando una delle iniquità più pesanti, ingiustificabili e incomprensibili del nostro tempo;
la condizione di esclusione si sta aggravando anche per la fascia di adolescenti, di età compresa tra i 15 e i 19 anni: sono ormai circa due milioni coloro che risultano fuori dal mercato del lavoro, così come da qualsiasi percorso formativo o scolastico;
le grandi crisi economiche e congiunturali - come più volte affermato anche dal Presidente della Repubblica - possono costituire una straordinaria opportunità di cambiamento per abbattere barriere e rendite non più accettabili, sotto la spinta dell'emergenza e del recupero di competitività,
il binomio giovani generazioni/ammodernamento del Paese può realmente cambiare la struttura della nostra società e liberare quel vastissimo giacimento di energie fresche e competenze indispensabile per la ripresa della crescita,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di approvare entro il 31 dicembre 2010 un «Piano straordinario di interventi a sostegno dell'autonomia finanziaria delle nuove generazioni» che preveda il riconoscimento di un supporto amministrativo, gestionale e finanziario alla formazione di forme aggregate d'impresa di giovani.
9/3638/265.(Testo modificato nel corso della seduta)Naccarato, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame non prevede misure né contingenti, né strutturali di supporto all'avvio della ripresa economica e sociale del Paese;
la crisi economica in corso ha colpito in modo profondo la già precaria situazione occupazionale dei giovani, aumentando drammaticamente il tasso di disoccupazione giovanile, che ha raggiunto il 25,4 per cento (il triplo del tasso nazionale e ben al sopra di quello europeo);
come dimostrano i più recenti indicatori ISTAT, il prezzo sociale più elevato della crisi economica è stato fino ad oggi pagato dai giovani: il 63 per cento dei posti di lavoro persi nel 2009 ha riguardato lavoratori a termine e a progetto, in larghissima parte giovani e donne; nella fascia di età 18-29 anni, la perdita di occupati ha raggiunto le 300.000 unità corrispondenti al 79 per cento della flessione occupazionale complessiva;
il percorso di autonomia si allunga sempre più verso i 40 anni per un numero sempre drammaticamente crescente di giovani, condizionando pesantemente il perseguimento degli obiettivi esistenziali, formativi e professionali degli stessi;
la discontinuità lavorativa continua a pregiudicare, per milioni di giovani cittadini e cittadine, la prospettiva di una copertura previdenziale dignitosa, azzerando per essi il rispetto e la garanzia di un diritto pieno di cittadinanza e perpetuando una delle iniquità più pesanti, ingiustificabili e incomprensibili del nostro tempo;
la condizione di esclusione si sta aggravando anche per la fascia di adolescenti, di età compresa tra i 15 e i 19 anni: sono ormai circa due milioni coloro che risultano fuori dal mercato del lavoro, così come da qualsiasi percorso formativo o scolastico;
le grandi crisi economiche e congiunturali - come più volte affermato anche dal Presidente della Repubblica - possono costituire una straordinaria opportunità di cambiamento per abbattere barriere e rendite non più accettabili, sotto la spinta dell'emergenza e del recupero di competitività,
il binomio giovani generazioni/ammodernamento del Paese può realmente cambiare la struttura della nostra società e liberare quel vastissimo giacimento di energie fresche e competenze indispensabile per la ripresa della crescita,

impegna il Governo:

ad approvare entro il 31 dicembre 2010 un «Piano straordinario di interventi a sostegno dell'autonomia finanziaria delle nuove generazioni» che preveda il superamento del dualismo del mercato del lavoro, ai fini del pieno accesso dei giovani lavoratori al sistema legale di tutele e protezioni.
9/3638/266.Scarpetti, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame non prevede misure né contingenti, né strutturali di supporto all'avvio della ripresa economica e sociale del Paese;
la crisi economica in corso ha colpito in modo profondo la già precaria situazione occupazionale dei giovani, aumentando drammaticamente il tasso di disoccupazione giovanile, che ha raggiunto il 25,4 per cento (il triplo del tasso nazionale e ben al sopra di quello europeo);
come dimostrano i più recenti indicatori ISTAT, il prezzo sociale più elevato della crisi economica è stato fino ad oggi pagato dai giovani: il 63 per cento dei posti di lavoro persi nel 2009 ha riguardato lavoratori a termine e a progetto, in larghissima parte giovani e donne; nella fascia di età 18-29 anni, la perdita di occupati ha raggiunto le 300.000 unità corrispondenti al 79 per cento della flessione occupazionale complessiva;
il percorso di autonomia si allunga sempre più verso i 40 anni per un numero sempre drammaticamente crescente di giovani, condizionando pesantemente il perseguimento degli obiettivi esistenziali, formativi e professionali degli stessi;
la discontinuità lavorativa continua a pregiudicare, per milioni di giovani cittadini e cittadine, la prospettiva di una copertura previdenziale dignitosa, azzerando per essi il rispetto e la garanzia di un diritto pieno di cittadinanza e perpetuando una delle iniquità più pesanti, ingiustificabili e incomprensibili del nostro tempo;
la condizione di esclusione si sta aggravando anche per la fascia di adolescenti, di età compresa tra i 15 e i 19 anni: sono ormai circa due milioni coloro che risultano fuori dal mercato del lavoro, così come da qualsiasi percorso formativo o scolastico;
le grandi crisi economiche e congiunturali - come più volte affermato anche dal Presidente della Repubblica - possono costituire una straordinaria opportunità di cambiamento per abbattere barriere e rendite non più accettabili, sotto la spinta dell'emergenza e del recupero di competitività,
il binomio giovani generazioni/ammodernamento del Paese può realmente cambiare la struttura della nostra società e liberare quel vastissimo giacimento di energie fresche e competenze indispensabile per la ripresa della crescita,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di approvare entro il 31 dicembre 2010 un «Piano straordinario di interventi a sostegno dell'autonomia finanziaria delle nuove generazioni» che preveda il superamento del dualismo del mercato del lavoro, ai fini del pieno accesso dei giovani lavoratori al sistema legale di tutele e protezioni.
9/3638/266.(Testo modificato nel corso della seduta)Scarpetti, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame non prevede misure né contingenti, né strutturali di supporto all'avvio della ripresa economica e sociale del Paese;
la crisi economica in corso ha colpito in modo profondo la già precaria situazione occupazionale dei giovani, aumentando drammaticamente il tasso di disoccupazione giovanile, che ha raggiunto il 25,4 per cento (il triplo del tasso nazionale e ben al sopra di quello europeo);
come dimostrano i più recenti indicatori ISTAT, il prezzo sociale più elevato della crisi economica è stato fino ad oggi pagato dai giovani: il 63 per cento dei posti di lavoro persi nel 2009 ha riguardato lavoratori a termine e a progetto, in larghissima parte giovani e donne; nella fascia di età 18-29 anni, la perdita di occupati ha raggiunto le 300.000 unità corrispondenti al 79 per cento della flessione occupazionale complessiva;
il percorso di autonomia si allunga sempre più verso i 40 anni per un numero sempre drammaticamente crescente di giovani, condizionando pesantemente il perseguimento degli obiettivi esistenziali, formativi e professionali degli stessi;
la discontinuità lavorativa continua a pregiudicare, per milioni di giovani cittadini e cittadine, la prospettiva di una copertura previdenziale dignitosa, azzerando per essi il rispetto e la garanzia di un diritto pieno di cittadinanza e perpetuando una delle iniquità più pesanti, ingiustificabili e incomprensibili del nostro tempo;
la condizione di esclusione si sta aggravando anche per la fascia di adolescenti, di età compresa tra i 15 e i 19 anni: sono ormai circa due milioni coloro che risultano fuori dal mercato del lavoro, così come da qualsiasi percorso formativo o scolastico;
le grandi crisi economiche e congiunturali - come più volte affermato anche dal Presidente della Repubblica - possono costituire una straordinaria opportunità di cambiamento per abbattere barriere e rendite non più accettabili, sotto la spinta dell'emergenza e del recupero di competitività,
il binomio giovani generazioni/ammodernamento del Paese può realmente cambiare la struttura della nostra società e liberare quel vastissimo giacimento di energie fresche e competenze indispensabile per la ripresa della crescita,

impegna il Governo:

ad approvare entro il 31 dicembre 2010 un «Piano straordinario di interventi a sostegno dell'autonomia finanziaria delle nuove generazioni» che preveda il sostegno alla copertura pensionistica futura dei lavoratori giovani.
9/3638/267.Tidei, Pes, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame non prevede misure né contingenti, né strutturali di supporto all'avvio della ripresa economica e sociale del Paese;
la crisi economica in corso ha colpito in modo profondo la già precaria situazione occupazionale dei giovani, aumentando drammaticamente il tasso di disoccupazione giovanile, che ha raggiunto il 25,4 per cento (il triplo del tasso nazionale e ben al sopra di quello europeo);
come dimostrano i più recenti indicatori ISTAT, il prezzo sociale più elevato della crisi economica è stato fino ad oggi pagato dai giovani: il 63 per cento dei posti di lavoro persi nel 2009 ha riguardato lavoratori a termine e a progetto, in larghissima parte giovani e donne; nella fascia di età 18-29 anni, la perdita di occupati ha raggiunto le 300.000 unità corrispondenti al 79 per cento della flessione occupazionale complessiva;
il percorso di autonomia si allunga sempre più verso i 40 anni per un numero sempre drammaticamente crescente di giovani, condizionando pesantemente il perseguimento degli obiettivi esistenziali, formativi e professionali degli stessi;
la discontinuità lavorativa continua a pregiudicare, per milioni di giovani cittadini e cittadine, la prospettiva di una copertura previdenziale dignitosa, azzerando per essi il rispetto e la garanzia di un diritto pieno di cittadinanza e perpetuando una delle iniquità più pesanti, ingiustificabili e incomprensibili del nostro tempo;
la condizione di esclusione si sta aggravando anche per la fascia di adolescenti, di età compresa tra i 15 e i 19 anni: sono ormai circa due milioni coloro che risultano fuori dal mercato del lavoro, così come da qualsiasi percorso formativo o scolastico;
le grandi crisi economiche e congiunturali - come più volte affermato anche dal Presidente della Repubblica - possono costituire una straordinaria opportunità di cambiamento per abbattere barriere e rendite non più accettabili, sotto la spinta dell'emergenza e del recupero di competitività,
il binomio giovani generazioni/ammodernamento del Paese può realmente cambiare la struttura della nostra società e liberare quel vastissimo giacimento di energie fresche e competenze indispensabile per la ripresa della crescita,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di approvare entro il 31 dicembre 2010 un «Piano straordinario di interventi a sostegno dell'autonomia finanziaria delle nuove generazioni» che preveda il sostegno alla copertura pensionistica futura dei lavoratori giovani.
9/3638/267.(Testo modificato nel corso della seduta)Tidei, Pes, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 7, al comma 18, prevede la soppressione dell'ISAE e l'attribuzione delle relative funzioni all'ISTAT;
l'ISAE è un ente pubblico di ricerca che svolge principalmente analisi e studi a supporto delle decisioni di politica economica e sociale del Governo, del Parlamento e delle pubbliche amministrazioni;
il lavoro istituzionale di analisi e di valutazione dell'andamento dell'economia e delle misure di politica economica è sempre stato di grande rilievo e rigore scientifico e di notevole utilità per la comunità economica e per i decisori politici;
la recente crisi in Grecia, dovuta anche una non corretta impostazione dei dati di finanza pubblica, dimostra quanto sia importanze la presenza e il lavoro, all'interno dei Paesi dell'Unione europea, di organismi, terzi ed indipendenti rispetto all'esecutivo;
la nuova legge di contabilità e finanza pubblica attribuisce ai Presidenti delle Camere i poteri di concordare la costituzione di organismi tecnici incaricati nell'analisi degli andamenti della finanza pubblica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di trasformare l'ISAE in un'apposita struttura che, sulla base di intese stipulate con la Camera dei deputati e con il Senato della Repubblica, svolga attività di analisi e ricerca in materia, economica e finanziaria in collaborazione con i relativi uffici di supporto tecnico.
9/3638/268.Sereni, Baretta, Ventura, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Vannucci.

La Camera,
premesso che:
la meccanica strumentale, cioè i macchinari destinati alle attività manifatturiere, sono la base su cui si regge la competitività dell'industria, soprattutto in un mondo in cui la concorrenza di prezzo è appannaggio di nazioni emergenti con strutture dei costi molto favorevoli;
il fatto di disporre di costruttori di eccellenza mondiale aventi sede in Italia, legati alle imprese utilizzatrici da rapporti di lungo periodo, che si traducono in una conoscenza approfondita delle esigenze e, quindi, in una maggiore capacità di rispondervi, è un grandissimo vantaggio competitivo per l'industria italiana. La crescita e l'affermarsi dell'industria nazionale della meccanica strumentale hanno accompagnato, dal secondo dopoguerra in poi, lo sviluppo economico e sociale del paese. Ad oggi, il settore è arrivato a comprendere oltre 6.000 imprese che danno lavoro a più di 175.000 persone, un lavoro qualificato e di qualità. Nel corso degli anni l'industria italiana di comparto ha raggiunto e sopravanzato quella degli altri paesi europei, che pure avevano tradizione più radicata come Regno Unito o Francia, diventando il secondo produttore continentale dopo la Germania (quando non il primo, come avviene in molti comparti);
oggi, nel settore della meccanica strumentale, l'Italia vanta competenze eccezionali, che ne fanno uno dei partner tecnologici preferiti da utilizzatori di tutto il mondo. Macchine e sistemi fondati sulla modularità funzionale, adeguabili alle variazioni di produzione molto più facilmente e velocemente delle classiche unità di lavorazione, caratterizzano l'offerta dei costruttori italiani, capaci, come nessun altro, di conciliare know-how tecnologico con eclettismo creativo, esaltando, così, la propria vocazione alla specializzazione. A riprova di questo, i due terzi della produzione di questi sono destinati all'estero, facendo del nostro paese uno dei primissimi esportatori a livello mondiale. Il saldo commerciale del settore è strutturalmente in attivo e nel 2009 ha raggiunto il valore di 14.400 milioni. Con questo risultato, le imprese italiane della meccanica strumentale hanno dato un robusto contributo all'economia nazionale, in un periodo in cui conti con l'estero sono in sofferenza;
la crisi del 2009 ha, comunque, messo in grave difficoltà i costruttori italiani, che hanno registrato un crollo repentino della domanda, esteso a tutti i mercati e i settori clienti. Il valore della produzione ha raggiunto i 28.670 milioni di euro, in calo del 30 per cento; anche l'occupazione nel settore ha subito un'erosione, passando da oltre 186.000 unità a poco più di 175.000. I primi mesi del 2010 hanno registrato una timida inversione di tendenza ma i livelli della domanda, soprattutto quella interna, sono ancora lontani dalla normalità. Questo ha gravi implicazioni non solo per i costruttori di macchinari, che vedono prolungarsi il periodo di difficoltà, ma soprattutto per le prospettive di competitività dell'industria manifatturiera nazionale;
una lunga pausa nell'acquisizione di tecnologia produttiva avanzata si riflette necessariamente e negativamente sulla capacità di realizzare prodotti finiti qualitativamente all'avanguardia, che è l'unica strategia vincente per l'industria italiana. Si ricorda che un elemento caratteristico dell'economia italiana è di essere una delle principali economie manifatturiere, seconda sola alla Germania in Europa: la diffusione della tecnologia è, quindi, strettamente legata al livello dei mezzi di produzione utilizzati dalle imprese;
è necessario che la mano pubblica intervenga a scongiurare il rischio di un indebolimento della struttura portante dell'economia del paese, adottando provvedimenti che favoriscano gli investimenti delle imprese e anticipino il lento sviluppo della domanda, in modo da tutelare il patrimonio tecnologico ed economico rappresentato dalle imprese della meccanica strumentale, che saranno così in grado di fornire il loro contributo alla crescita dell'economia anche negli anni a venire,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di escludere dall'imposizione sul reddito di impresa il 50 per cento del valore degli investimenti in nuovi macchinari e in nuove apparecchiature appartenenti al comparto dei beni strumentali.
9/3638/269.Pianetta.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del decreto-legge in esame, in deroga alle norme in materia di flessibilità di cui all'articolo 23 della legge n. 196 del 2009, limitatamente al triennio 2011-2013, prevede che, con il disegno di legge di bilancio, per motivate esigenze, possano essere rimodulate le dotazioni finanziarie tra le missioni di ciascuno stato di previsione, con riferimento alle spese rimodulabili, di cui all'articolo 21, comma 7, della citata legge n. 196;
attualmente, l'articolo 23, comma 1, della legge n. 196 del 2009, recante una nuova disciplina organica in materia di contabilità e di finanza pubblica, prevede che la rimodulazione delle predette risorse possa riguardare esclusivamente i programmi appartenenti alla medesima missione di spesa;
la deroga introdotta con l'articolo 2 del decreto-legge è stata giustificata dal Governo sulla base delle rilevanti riduzioni di spesa previste dallo stesso decreto, che potrebbero rendere necessario ricorrere alla rimodulazione delle risorse tra missioni di spesa diverse, e quindi anche tra diverse amministrazioni, al fine di assicurare la regolare gestione ed il buon andamento delle amministrazioni interessate;
la deroga in questione appare tuttavia di notevole rilievo, sia in quanto incide su una legge di sistema di recente approvata dal Parlamento con un ampio consenso, sia a motivo dei riflessi della stessa sul delicato equilibrio dei rapporti tra Governo e Parlamento in materia di bilancio, che trova una copertura costituzionale nell'articolo 81 della Carta fondamentale;
la previsione normativa in questione, oltre ad avere carattere transitorio, deve essere esercitata in modo da fornire il massimo delle garanzie in ordine alla possibilità del Parlamento di conoscere le specifiche ragioni che inducono il Governo a procedere alla rimodulazione degli stanziamenti di bilancio nel senso anzidetto, nonché di correggere, qualora lo ritenga opportuno, le scelte maturate nell'ambito dell'Esecutivo;

impegna il Governo

ad esercitare tali più ampi poteri in materia di flessibilità esclusivamente con il disegno di legge di bilancio, in modo da consentire al Parlamento di valutare e modificare le rimodulazioni proposte, anche attraverso la previa trasmissione delle proposte di rimodulazione formulate dai singoli Ministeri, nonché a dare atto in maniera puntuale, negli appositi allegati agli stati di previsione della spesa nei quali devono essere indicate le autorizzazioni legislative di cui si propongono le modifiche ed i corrispondenti importi, delle specifiche esigenze, opportunamente motivate, che inducono le amministrazioni interessate a procedere alla rimodulazione delle risorse, indicando le conseguenze delle misure di flessibilità proposte sull'esercizio delle funzioni amministrative coinvolte, anche al fine di consentire alle Camere di verificare puntualmente le variazioni degli stanziamenti relativi alle singole missioni e programmi e di valutare compiutamente le scelte compiute dal Governo riguardo alle diverse politiche pubbliche.
9/3638/270.Duilio, Giancarlo Giorgetti, Baretta, Ciccanti, Borghesi, Gioacchino Alfano, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
la crisi economica e finanziaria internazionale che ormai da ormai due anni investe pesantemente l'economia nazionale si sta riflettendo con particolare intensità nelle regioni del Mezzogiorno, dove si registrano evidenti difficoltà nel settore-produttivo, significativi e preoccupanti incrementi del tasso di disoccupazione e conseguenti ricadute sul livello dei redditi da lavoro delle famiglie,
gli effetti della crisi internazionale sul Mezzogiorno sono stati aggravati nel corso della legislatura in corso dall'azione dell'esecutivo che ha provveduto a smantellare, in modo sistematico, le politiche economiche e fiscali che fino al 2008 hanno costituito un punto di sostegno reale per tutti i settori produttivi presenti sul territorio;
il principale strumento finanziario per gli interventi nel Mezzogiorno, ovvero il Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) è stato praticamente azzerato nel breve volgere di due anni, e da ultimo con gli interventi previsti dal decreto legge in esame, ed una parte consistente delle risorse finanziarie sono state reindirizzate per esplicita scelta dell'esecutivo verso finalità diverse da quelle originariamente previste e programmate;
per effetto di tali interventi, lo strumento generale di governo finalizzato alla realizzazione di interventi strutturali ed infrastrutturali nelle aree sottoutilizzate, con risorse addizionali rispetto a quelle comunitarie, ha perso l'originaria finalità: quella di sviluppare una politica nazionale regionale coerente con i principi e le regole di politica comunitaria;
dallo svuotamento del FAS e dal taglio di risorse alla missione 028 - Politiche di sviluppo e riequilibrio operato con il decreto-legge al nostro esame, consegue lo smantellamento di quanto programmato nel Quadro Strategico nazionale 2007-2013 ed un forte indebolimento delle risorse aggiuntive disponibili per le politiche di sviluppo, ivi comprese quelle destinate ad accrescere il capitale sociale dell'area nei settori dell'istruzione, dell'assistenza per l'infanzia e per gli anziani, dei rifiuti urbani e dei servizi idrici;
il miglioramento e il potenziamento della dotazione infrastrutturale del Mezzogiorno, in termini di reti e nodi, di plurimodalità e di logistica, e soprattutto di grandi assi di collegamento, sono la precondizione essenziale per lo sviluppo economico dell'area. Tuttavia, al di là di annunci reiterati su infrastrutture di dubbia fattibilità e utilità come il Ponte sullo Stretto di Messina, l'esecutivo non ha ancora provveduto a stanziare risorse adeguate alla realizzazione e al completamento di infrastrutture ferroviarie, stradali e portuali necessarie allo sviluppo del Mezzogiorno;
dall'inizio della legislatura il tema delle infrastrutture è stato affrontato prevalentemente con le modalità del varo di programmi e l'apertura di numerosi cantieri, disperdendo in numerose iniziative ingenti risorse che al contrario potrebbero essere utilizzate per migliorare, in tempi brevi e certi, le infrastrutture esistenti e per portare a termine quelle già avviate o prossime ad entrare in funzione;
ad aggravare la situazione, amplificando i tempi previsti per la realizzazione delle opere, intervengono poi anche fattori di governo delle iniziative. Gli obiettivi di infrastrutturazione dei piani approvati dal Cipe non sempre coincidono con le esigenze di sviluppo territoriale delle regioni e degli enti locali. Il mancato coordinamento degli interventi tra le regioni e il governo, anche per integrare risorse che l'unione europea assegna ai due differenti livelli di governo, è un elemento che crea ritardi e confusione, nelle iniziative di infrastrutturazione del Mezzogiorno,

impegna il Governo:

a ristabilire le originarie dotazioni finanziarie per il Mezzogiorno, a partire dal FAS, confermando la destinazione dell'85 per cento di tali risorse alle aree meridionali anche in ossequio delle disposizioni contenute nell'articolo 119 comma 5 della Costituzione;
a sbloccare le risorse FAS destinate ai piani di sviluppo e di investimento regionali, impegnando le Regioni a partecipare a progetti e programmi di carattere sovra regionale la cui cabina di regia sia coordinata e condivisa;
a ripristinare il corretto metodo di programmazione del QSN e delle risorse destinate alle politiche di sviluppo e coesione garantendo l'effettiva aggiuntività a carico del bilancio dello Stato, così come previsto dall'articolo 15 del Regolamento CEE a 1083/2006 per il periodo 2007-2013, informando periodicamente il Parlamento, provvedendo, fra l'altro, a rimuovere i tagli alla missione 028 Sviluppo e coesione territoriale del Ministero dello sviluppo economico, adottati con il provvedimento al nostro esame;
ad istituire un'apposita cabina di regia, come previsto dall'articolo 1, comma 864, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), con la partecipazione del Governo e delle Regioni finalizzata ad individuare gli interventi nel settore delle infrastrutture e trasporti di maggiore rilevanza per lo sviluppo del Mezzogiorno.
9/3638/271.Boccia, Villecco Calipari, D'Antoni, Cesare Marini, Vico, Oliverio.

La Camera,
premesso che:
la crisi economica e finanziaria internazionale che ormai da ormai due anni investe pesantemente l'economia nazionale si sta riflettendo con particolare intensità nelle regioni del Mezzogiorno, dove si registrano evidenti difficoltà nel settore-produttivo, significativi e preoccupanti incrementi del tasso di disoccupazione e conseguenti ricadute sul livello dei redditi da lavoro delle famiglie,
gli effetti della crisi internazionale sul Mezzogiorno sono stati aggravati nel corso della legislatura in corso dall'azione dell'esecutivo che ha provveduto a smantellare, in modo sistematico, le politiche economiche e fiscali che fino al 2008 hanno costituito un punto di sostegno reale per tutti i settori produttivi presenti sul territorio;
il principale strumento finanziario per gli interventi nel Mezzogiorno, ovvero il Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) è stato praticamente azzerato nel breve volgere di due anni, e da ultimo con gli interventi previsti dal decreto legge in esame, ed una parte consistente delle risorse finanziarie sono state reindirizzate per esplicita scelta dell'esecutivo verso finalità diverse da quelle originariamente previste e programmate;
per effetto di tali interventi, lo strumento generale di governo finalizzato alla realizzazione di interventi strutturali ed infrastrutturali nelle aree sottoutilizzate, con risorse addizionali rispetto a quelle comunitarie, ha perso l'originaria finalità: quella di sviluppare una politica nazionale regionale coerente con i principi e le regole di politica comunitaria;
dallo svuotamento del FAS e dal taglio di risorse alla missione 028 - Politiche di sviluppo e riequilibrio operato con il decreto-legge al nostro esame, consegue lo smantellamento di quanto programmato nel Quadro Strategico nazionale 2007-2013 ed un forte indebolimento delle risorse aggiuntive disponibili per le politiche di sviluppo, ivi comprese quelle destinate ad accrescere il capitale sociale dell'area nei settori dell'istruzione, dell'assistenza per l'infanzia e per gli anziani, dei rifiuti urbani e dei servizi idrici;
il miglioramento e il potenziamento della dotazione infrastrutturale del Mezzogiorno, in termini di reti e nodi, di plurimodalità e di logistica, e soprattutto di grandi assi di collegamento, sono la precondizione essenziale per lo sviluppo economico dell'area. Tuttavia, al di là di annunci reiterati su infrastrutture di dubbia fattibilità e utilità come il Ponte sullo Stretto di Messina, l'esecutivo non ha ancora provveduto a stanziare risorse adeguate alla realizzazione e al completamento di infrastrutture ferroviarie, stradali e portuali necessarie allo sviluppo del Mezzogiorno;
dall'inizio della legislatura il tema delle infrastrutture è stato affrontato prevalentemente con le modalità del varo di programmi e l'apertura di numerosi cantieri, disperdendo in numerose iniziative ingenti risorse che al contrario potrebbero essere utilizzate per migliorare, in tempi brevi e certi, le infrastrutture esistenti e per portare a termine quelle già avviate o prossime ad entrare in funzione;
ad aggravare la situazione, amplificando i tempi previsti per la realizzazione delle opere, intervengono poi anche fattori di governo delle iniziative. Gli obiettivi di infrastrutturazione dei piani approvati dal Cipe non sempre coincidono con le esigenze di sviluppo territoriale delle regioni e degli enti locali. Il mancato coordinamento degli interventi tra le regioni e il governo, anche per integrare risorse che l'unione europea assegna ai due differenti livelli di governo, è un elemento che crea ritardi e confusione, nelle iniziative di infrastrutturazione del Mezzogiorno,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di ristabilire le originarie dotazioni finanziarie per il Mezzogiorno, a partire dal FAS, confermando la destinazione dell'85 per cento di tali risorse alle aree meridionali anche in ossequio delle disposizioni contenute nell'articolo 119 comma 5 della Costituzione;
a sbloccare le risorse FAS destinate ai piani di sviluppo e di investimento regionali, impegnando le Regioni a partecipare a progetti e programmi di carattere sovra regionale la cui cabina di regia sia coordinata e condivisa;
a ripristinare il corretto metodo di programmazione del QSN e delle risorse destinate alle politiche di sviluppo e coesione garantendo l'effettiva aggiuntività a carico del bilancio dello Stato, così come previsto dall'articolo 15 del Regolamento CEE a 1083/2006 per il periodo 2007-2013, informando periodicamente il Parlamento, provvedendo, fra l'altro, a rimuovere i tagli alla missione 028 Sviluppo e coesione territoriale del Ministero dello sviluppo economico, adottati con il provvedimento al nostro esame;
ad istituire un'apposita cabina di regia, come previsto dall'articolo 1, comma 864, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), con la partecipazione del Governo e delle Regioni finalizzata ad individuare gli interventi nel settore delle infrastrutture e trasporti di maggiore rilevanza per lo sviluppo del Mezzogiorno.
9/3638/271.(Testo modificato nel corso della seduta)Boccia, Villecco Calipari, D'Antoni, Cesare Marini, Vico, Oliverio.

La Camera,
premesso che:
nel corso degli ultimi anni le risorse per far fronte al diritto soggettivo dei beneficiari dei contributi e delle provvidenze per l'editoria hanno registrato un significativo contenimento;
questa situazione desta particolare preoccupazione fra i soggetti beneficiari delle provvidenze e dei contributi per l'editoria la cui continuità operativa è ora a forte rischio;
occorre provvedere con massima urgenza ad una attenta riforma della disciplina relativa alla concessione di contributi e provvidenze per l'editoria allo scopo di garantire l'effettivo pluralismo dell'informazione e la sopravvivenza di diverse testate, altrimenti destinate a sparire dalla scena,

impegna il Governo

a presentare entro la fine del 2010 un disegno di legge di riforma dei contributi all'editoria, finalizzato a introdurre norme di maggior rigore nei criteri di accesso e di assegnazione dei contributi, atte a ridurre il fabbisogno necessario per far fronte a questo impegno di tutela del pluralismo e a ristabilire in modo pieno il carattere di diritto soggettivo ai contributi diretti all'editoria, garantendo al contempo una riduzione dei relativi oneri dello Stato.
9/3638/272.Ventura, Baretta, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
a fronte della reiterata negazione della gravità e dell'ampiezza della crisi economica in atto e, per altro verso, del netto aggravamento degli indicatori macroeconomici e del quadro di finanza pubblica, il Governo - attraverso il provvedimento in esame effettua con decretazione d'urgenza un'ingente manovra correttiva straordinaria in corso d'anno (la quarta in un anno e mezzo e verosimilmente non l'ultima), presentandola al Paese come imposta dalla crisi internazionale e dai vincoli europei di bilancio;
questa manovra evidenzia la sostanziale inefficacia delle politiche di bilancio adottate e, in particolare, la mancanza di una politica di contenimento strutturale del debito pubblico, capace di incidere significativamente sui conti pubblici, ma soprattutto di lasciare nel Paese un'impronta permanente, in termini di modernizzazione e di sviluppo;
il riferimento è in primo luogo alle politiche di liberalizzazione, che pure hanno costituito per il nostro Paese un'importante leva di sviluppo e di contenimento del debito pubblico fino all'anno 2008, ridotte successivamente in termini di quantità e qualità di operazioni effettuate;
il nostro Paese ha una notevole tradizione nel settore delle libere professioni e tuttora dispone di eccellenti professionisti nei vari campi ove l'apporto di cultura e saperi specialistici, di conoscenze tecniche, di capacità dell'intelletto e dell'ingegno costituiscono l'essenza del servizio professionale;
l'Unione europea è intervenuta più volte sul tema ribadendo l'importanza del ruolo svolto dalle attività professionali, ma richiedendo nel contempo più circolazione e libertà nel mercato di tali servizi, più qualità e adeguata trasformazione dei vincoli nazionali disposti a favore degli organismi professionali in vincoli a favore della collettività degli utenti;
numerosi sono stati nelle legislature precedenti i progetti di legge per riformare il sistema delle libere professioni adeguandolo alle esigenze moderne, purtroppo senza un esito positivo;
la mancata attuazione della riforma delle professioni si è tradotta in una forte limitazione delle possibilità di accesso da parte soprattutto delle nuove generazioni,

impegna il Governo:

a modernizzare il ruolo e l'assetto degli ordini professionali per qualificarne l'esercizio, assicurare gli obblighi di corretta e trasparente informazione agli utenti, la concorrenza e la credibilità della professione nonché a tutelare l'interesse pubblico risolvendo situazioni di conflitto;
a garantire pari opportunità alle giovani generazioni attraverso l'accorciamento della distanza tra le fasi di studio, tirocinio ed accesso all'esercizio effettivo della professione;
ad eliminare qualunque requisito di età o anzianità di esercizio nell' accesso alle cariche elettive degli organi nazionali e territoriali degli ordini e infine la previsione di sostegni e borse di studio per giovani professionisti in situazioni di disagio economico;
a riconoscere le libere associazioni costituite su base volontaria e senza diritto di esclusiva tra professionisti che svolgono attività non regolamentate in ordini, attribuendo ad esse anche compiti di qualificazione professionale.
9/3638/273.Lulli, Cavallaro, Ferranti, Vico.

La Camera,
premesso che:
a fronte della reiterata negazione della gravità e dell'ampiezza della crisi economica in atto e, per altro verso, del netto aggravamento degli indicatori macroeconomici e del quadro di finanza pubblica, il Governo - attraverso il provvedimento in esame effettua con decretazione d'urgenza un'ingente manovra correttiva straordinaria in corso d'anno (la quarta in un anno e mezzo e verosimilmente non l'ultima), presentandola al Paese come imposta dalla crisi internazionale e dai vincoli europei di bilancio;
questa manovra evidenzia la sostanziale inefficacia delle politiche di bilancio adottate e, in particolare, la mancanza di una politica di contenimento strutturale del debito pubblico, capace di incidere significativamente sui conti pubblici, ma soprattutto di lasciare nel Paese un'impronta permanente, in termini di modernizzazione e di sviluppo;
il riferimento è in primo luogo alle politiche di liberalizzazione, che pure hanno costituito per il nostro Paese un'importante leva di sviluppo e di contenimento del debito pubblico fino all'anno 2008, ridotte successivamente in termini di quantità e qualità di operazioni effettuate;
il nostro Paese ha una notevole tradizione nel settore delle libere professioni e tuttora dispone di eccellenti professionisti nei vari campi ove l'apporto di cultura e saperi specialistici, di conoscenze tecniche, di capacità dell'intelletto e dell'ingegno costituiscono l'essenza del servizio professionale;
l'Unione europea è intervenuta più volte sul tema ribadendo l'importanza del ruolo svolto dalle attività professionali, ma richiedendo nel contempo più circolazione e libertà nel mercato di tali servizi, più qualità e adeguata trasformazione dei vincoli nazionali disposti a favore degli organismi professionali in vincoli a favore della collettività degli utenti;
numerosi sono stati nelle legislature precedenti i progetti di legge per riformare il sistema delle libere professioni adeguandolo alle esigenze moderne, purtroppo senza un esito positivo;
la mancata attuazione della riforma delle professioni si è tradotta in una forte limitazione delle possibilità di accesso da parte soprattutto delle nuove generazioni,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di modernizzare il ruolo e l'assetto degli ordini professionali per qualificarne l'esercizio, assicurare gli obblighi di corretta e trasparente informazione agli utenti, la concorrenza e la credibilità della professione nonché a tutelare l'interesse pubblico risolvendo situazioni di conflitto;
a garantire pari opportunità alle giovani generazioni attraverso l'accorciamento della distanza tra le fasi di studio, tirocinio ed accesso all'esercizio effettivo della professione;
ad eliminare qualunque requisito di età o anzianità di esercizio nell' accesso alle cariche elettive degli organi nazionali e territoriali degli ordini e infine la previsione di sostegni e borse di studio per giovani professionisti in situazioni di disagio economico;
a riconoscere le libere associazioni costituite su base volontaria e senza diritto di esclusiva tra professionisti che svolgono attività non regolamentate in ordini, attribuendo ad esse anche compiti di qualificazione professionale.
9/3638/273.(Testo modificato nel corso della seduta)Lulli, Cavallaro, Ferranti, Vico.

La Camera,
premesso che:
a fronte della reiterata negazione della gravità e dell'ampiezza della crisi economica in atto e, per altro verso, del netto aggravamento degli indicatori macroeconomici e del quadro di finanza pubblica, il Governo - attraverso il provvedimento in esame - effettua con decretazione d'urgenza un'ingente manovra correttiva straordinaria in corso d'anno (la quarta in un anno e mezzo e verosimilmente non l'ultima), presentandola al Paese come imposta dalla crisi internazionale e dai vincoli europei di bilancio;
questa manovra evidenzia la sostanziale inefficacia delle politiche di bilancio adottate e, in particolare, la mancanza di una politica di contenimento strutturale del debito pubblico, capace di incidere significativamente sui conti pubblici, ma soprattutto di lasciare nel Paese un'impronta permanente, in termini di modernizzazione e di sviluppo;
il riferimento è in primo luogo alle politiche di liberalizzazione, che pure hanno costituito per il nostro Paese un'importante leva di sviluppo e di contenimento del debito pubblico fino all'anno 2008, ridotte successivamente in termini di quantità e qualità di operazioni effettuate;
considerato che:
il settore della distribuzione dei carburanti che è oggi dominato da un oligopolio costituito da 8 società integrate verticalmente (cioè che contestualmente producono, commercializzano all'ingrosso e vendono al dettaglio);
mancano nel nostro Paese, sia forti operatori commerciali puri in grado di contrattare liberamente con i produttori sul piano nazionale e internazionale le migliori condizioni di acquisto dei carburanti, sia un numero sufficiente di rivenditori al dettaglio autonomi rispetto ai produttori e indipendenti sul piano dell'offerta commerciale e quindi dei prezzi di vendita;
l'intervento pubblico è motivato dalla presenza di una strozzatura del mercato che determina nella formazione del prezzo industriale dei carburanti un divario strutturale con la media UE di almeno 4 centesimi al litro. La presenza di pochi operatori indipendenti rappresenta la riprova che nel canale della rete di vendita a marchio delle compagnie petrolifere esistono extra costi che gravano sulla collettività dei consumatori e limitano la competitività della nostra economia;
in virtù di una maggiore pressione concorrenziale, con una diminuzione prevista dei prezzi di vendita di 4 centesimi al litro si potrebbe assicurare alla collettività un risparmio complessivo stimabile in circa 2 miliardi di euro nel triennio:

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attuare misure volte a liberalizzare il mercato dei carburanti, in particolare prevedendo di concedere la facoltà ai distributori legati da vincoli di esclusiva alle compagnie petrolifere di approvvigionarsi di carburanti presso altri fornitori.
9/3638/274.Vico, Lulli, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Zunino, Pes.

La Camera,
premesso che:
a fronte della reiterata negazione della gravità e dell'ampiezza della crisi economica in atto e, per altro verso, del netto aggravamento degli indicatori macroeconomici e del quadro di finanza pubblica, il Governo - attraverso il provvedimento in esame - effettua con decretazione d'urgenza un'ingente manovra correttiva straordinaria in corso d'anno (la quarta in un anno e mezzo e verosimilmente non l'ultima), presentandola al Paese come imposta dalla crisi internazionale e dai vincoli europei di bilancio;
questa manovra evidenzia la sostanziale inefficacia delle politiche di bilancio adottate e, in particolare, la mancanza di una politica di contenimento strutturale del debito pubblico, capace di incidere significativamente sui conti pubblici, ma soprattutto di lasciare nel Paese un'impronta permanente, in termini di modernizzazione e di sviluppo;
il riferimento è in primo luogo alle politiche di liberalizzazione, che pure hanno costituito per il nostro Paese un'importante leva di sviluppo e di contenimento del debito pubblico fino all'anno 2008, ridotte successivamente in termini di quantità e qualità di operazioni effettuate;
considerato che:
il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 aveva dato un primo parziale, ma deciso, segnale di apertura del mercato e di abbattimento dei vincoli amministrativi, eliminando alcune restrizioni alla concorrenza segnalate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
tali misure hanno rappresentato una rilevante discontinuità politico-culturale toccando settori che nel loro insieme assumono rilevanza strategica, per la complessiva incidenza sul versante della competitività e sulla vita quotidiana dei cittadini;

impegna il Governo:

ad aumentare la concorrenza nel settore della distribuzione dei farmaci, migliorare l'accessibilità del servizio ai consumatori e favorire lo sbocco professionale dei laureati in farmacia dando la facoltà alle cosiddette parafarmacie e ai corner della grande distribuzione di vendere anche i farmaci di fascia C e quindi tutti i medicinali non dispensati dal Servizio sanitario nazionale.
9/3638/275.Froner, Lulli, Fadda, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Vico, Zunino.

La Camera,
premesso che:
nel 2008 (fonte ISTAT), di fronte ad un peggioramento del deficit della pubblica amministrazione di quasi 20 miliardi di euro rispetto al 2007, il deficit dei comuni si è ridotto, rispetto al 2007, di 1,2 miliardi di euro, mentre per il 2009, dalle stime dell'ANCI emerge che, a fronte ad un ulteriore deterioramento del saldo delle pubbliche amministrazioni di 35 miliardi di euro, i comuni prevedono un miglioramento di 300 milioni di euro;
questo significa che parte rilevante delle manovre del passato biennio, in termini di contenimento del disavanzo, è ricaduta sugli enti locali, così generando un sempre più evidente stato di grave crisi finanziario-economica;
il contributo maggiore della correzione dei saldi operata dal decreto-legge in esame è richiesto alle amministrazioni territoriali: ai comuni, in particolare, è richiesto un sacrificio di 1.500 milioni di euro per l'anno 2011 e 2500 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012;
ancora una volta si interviene (con decretazione d'urgenza) sul Patto di stabilità interno, mutando le regole vigenti, con effetto già dal 2011, e collegandole ad un nuovo sistema sanzionatorio, destinato ad azzerare i trasferimenti statali per una quota elevatissima di comuni;
l'articolo 14, ai commi 14 e 16, rende disponibili, per il comune di Roma, alcuni strumenti nell'ambito degli interventi di rientro del debito pregresso;
in particolare, l'istituzione di un'addizionale sui diritti di imbarco, l'incremento dell'addizionale comunale all'IRPEF fino al limite massimo dello 0,4 per cento, l'introduzione di un contributo di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive della città e di un contributo straordinario sulle valorizzazioni immobiliari generate da modifiche dello strumento urbanistico, la possibilità di introdurre una maggiorazione fino al 3 per mille dell'imposta comunale sugli immobili - ICI sulle abitazioni diverse dalla prima casa e la destinazione dei proventi derivanti dagli oneri di urbanizzazione anche per le spese di manutenzione ordinaria;
poiché il contributo alla manovra finanziaria richiesto ai comuni mette a rischio la continuità dei servizi e l'equilibrio finanziario di molte amministrazioni e che criteri di ragionevolezza, equità e parità di trattamento tra amministrazioni e tra cittadini ed operatori economici dovrebbero far evitare che un solo comune disponga di margini di manovra sulle entrate preclusi a tutti gli altri, a fronte di condizioni di severa restrizione delle risorse rese disponibili all'intero sistema delle autonomie locali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere la disciplina proposta per il Comune di Roma ad altre realtà territoriali.
9/3638/276.Nannicini.

La Camera,
premesso che:
l'Irap, l'imposta regionale sulle attività produttive, è stata istituita nell'ambito della riforma della finanza locale con decreto legislativo del 15 dicembre 1997, n. 446, ed è entrata in vigore nel 1998 andando a sostituire una serie di altre imposte vigenti;
l'imposta, andando a colpire il reddito al lordo del costo del personale, grava in particolar modo su imprese ad alta intensità di manodopera riducendone la redditività; tuttavia l'Irap svolge la sua funzione sociale finanziando il 40 per cento della spesa sanitaria italiana (Ottobre 2009);
in presenza di una perdita di esercizio, l'imposta rischia di aggravare ulteriormente le condizioni economiche e di rallentare la ripresa;
l'imposta regionale è stata oggetto di diversi ricorsi alla Corte costituzionale per presunti vizi di costituzionalità ma ad oggi, la Corte ha respinto tutte le censure dei ricorrenti;
l'Irap ha inciso in maniera più pesante sulle imprese di più piccole dimensioni che, in larga misura, erano esonerate dal pagamento del principale tributo che l'imposta regionale sulle attività produttive è andata a sostituire, ovvero l'Ilor;
proprio nell'ottica della riduzione della pressione fiscale, volta alla ripresa economica del Paese, appare prioritario intervenire sull'Irap con riferimento particolare a quella applicabile alle imprese di più piccole dimensioni;
il Governo promette periodicamente e, da ultimo, anche durante l'esame del provvedimento in oggetto, interventi di riduzione dell'Irap ma al momento, l'ultimo intervento a sostegno dell'imprenditoria italiana che riguarda l'Irap è quello introdotto dal governo Prodi al comma 50 dell'articolo 1, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria 2008), in cui tra gli altri interventi in materia di riduzione dell'aliquota Irap e modifica delle modalità di determinazione della base imponibile, veniva proposto un innalzamento della franchigia di imposizione (no tax area IRAP) applicabile alle imprese individuali e società di persone;
in una fase congiunturale di crisi economica come quella cui stiamo assistendo, con la fiducia dei consumatori e delle imprese in discesa, sarebbe auspicabile intervenire con un innalzamento della deduzione forfettaria dell'Irap,

impegna il Governo

a provvedere quanto prima ad adottare iniziative normative volte ad innalzare il tetto di deduzione forfettaria dell'Irap applicabile alle imprese di più piccole dimensioni.
9/3638/277.Fluvi, Lulli, Baretta, Ventura, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'Irap, l'imposta regionale sulle attività produttive, è stata istituita nell'ambito della riforma della finanza locale con decreto legislativo del 15 dicembre 1997, n. 446, ed è entrata in vigore nel 1998 andando a sostituire una serie di altre imposte vigenti;
l'imposta, andando a colpire il reddito al lordo del costo del personale, grava in particolar modo su imprese ad alta intensità di manodopera riducendone la redditività; tuttavia l'Irap svolge la sua funzione sociale finanziando il 40 per cento della spesa sanitaria italiana (Ottobre 2009);
in presenza di una perdita di esercizio, l'imposta rischia di aggravare ulteriormente le condizioni economiche e di rallentare la ripresa;
l'imposta regionale è stata oggetto di diversi ricorsi alla Corte costituzionale per presunti vizi di costituzionalità ma ad oggi, la Corte ha respinto tutte le censure dei ricorrenti;
l'Irap ha inciso in maniera più pesante sulle imprese di più piccole dimensioni che, in larga misura, erano esonerate dal pagamento del principale tributo che l'imposta regionale sulle attività produttive è andata a sostituire, ovvero l'Ilor;
proprio nell'ottica della riduzione della pressione fiscale, volta alla ripresa economica del Paese, appare prioritario intervenire sull'Irap con riferimento particolare a quella applicabile alle imprese di più piccole dimensioni;
il Governo promette periodicamente e, da ultimo, anche durante l'esame del provvedimento in oggetto, interventi di riduzione dell'Irap ma al momento, l'ultimo intervento a sostegno dell'imprenditoria italiana che riguarda l'Irap è quello introdotto dal governo Prodi al comma 50 dell'articolo 1, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria 2008), in cui tra gli altri interventi in materia di riduzione dell'aliquota Irap e modifica delle modalità di determinazione della base imponibile, veniva proposto un innalzamento della franchigia di imposizione (no tax area IRAP) applicabile alle imprese individuali e società di persone;
in una fase congiunturale di crisi economica come quella cui stiamo assistendo, con la fiducia dei consumatori e delle imprese in discesa, sarebbe auspicabile intervenire con un innalzamento della deduzione forfettaria dell'Irap,

impegna il Governo

a parità di gettito a provvedere quanto prima ad adottare iniziative normative volte ad innalzare il tetto di deduzione forfettaria dell'Irap applicabile alle imprese di più piccole dimensioni.
9/3638/277.(Testo modificato nel corso della seduta)Fluvi, Lulli, Baretta, Ventura, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
a fronte della reiterata negazione della gravità e dell'ampiezza della crisi economica in atto e, per altro verso, del netto aggravamento degli indicatori macroeconomici e del quadro di finanza pubblica, il Governo - attraverso il provvedimento in esame - effettua con decretazione d'urgenza un'ingente manovra correttiva straordinaria in corso d'anno (la quarta in un anno e mezzo e verosimilmente non l'ultima), presentandola al Paese come imposta dalla crisi internazionale e dai vincoli europei di bilancio;
questa manovra evidenzia la sostanziale inefficacia delle politiche di bilancio adottate e, in particolare, la mancanza di una politica di contenimento strutturale del debito pubblico, capace di incidere significativamente sui conti pubblici, ma soprattutto di lasciare nel Paese un'impronta permanente, in termini di modernizzazione e di sviluppo;
rimangono aperte numerose questioni per la tenuta complessiva del sistema produttivo nazionale e per la tutela dell'occupazione, come quella relativa al carico fiscale delle imprese e del lavoro autonomo nella negativa fase congiunturale in atto, che meriterebbe ben altra attenzione da parte del Governo,

impegna il Governo

a predisporre opportune e tempestive misure per incrementare i limiti di fatturato e i limiti di spesa per la disponibilità di beni strumentali ai fini dell'applicazione del regime fiscale semplificato per i contribuenti minimi, nonché a ridurre la ritenuta d'acconto applicata sui medesimi soggetti, allo scopo di evitare ricorrenti crediti fiscali, soprattutto per i più giovani.
9/3638/278.Colaninno, Lulli, Fadda, Froner, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Vico, Zunino.

La Camera,
premesso che:
a fronte della reiterata negazione della gravità e dell'ampiezza della crisi economica in atto e, per altro verso, del netto aggravamento degli indicatori macroeconomici e del quadro di finanza pubblica, il Governo - attraverso il provvedimento in esame - effettua con decretazione d'urgenza un'ingente manovra correttiva straordinaria in corso d'anno (la quarta in un anno e mezzo e verosimilmente non l'ultima), presentandola al Paese come imposta dalla crisi internazionale e dai vincoli europei di bilancio;
questa manovra evidenzia la sostanziale inefficacia delle politiche di bilancio adottate e, in particolare, la mancanza di una politica di contenimento strutturale del debito pubblico, capace di incidere significativamente sui conti pubblici, ma soprattutto di lasciare nel Paese un'impronta permanente, in termini di modernizzazione e di sviluppo;
rimangono aperte numerose questioni per la tenuta complessiva del sistema produttivo nazionale e per la tutela dell'occupazione, come quella relativa al carico fiscale delle imprese e del lavoro autonomo nella negativa fase congiunturale in atto, che meriterebbe ben altra attenzione da parte del Governo,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a predisporre opportune e tempestive misure per incrementare i limiti di fatturato e i limiti di spesa per la disponibilità di beni strumentali ai fini dell'applicazione del regime fiscale semplificato per i contribuenti minimi, nonché a ridurre la ritenuta d'acconto applicata sui medesimi soggetti, allo scopo di evitare ricorrenti crediti fiscali, soprattutto per i più giovani.
9/3638/278.(Testo modificato nel corso della seduta)Colaninno, Lulli, Fadda, Froner, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Vico, Zunino.

La Camera,
premesso che:
parte rilevante delle manovre del passato biennio, in termini di contenimento del disavanzo, è ricaduta sugli enti decentrati, così generando un sempre più evidente stato di grave crisi finanziario-economica;
già il decreto legge n. 112 del 2008 ha stabilito un concorso degli enti territoriali alla manovra di finanza pubblica per il triennio 2009-2011 pari, rispettivamente, 3.150 milioni, 5200 milioni e 9.200 di euro;
con il provvedimento in esame la misura del concorso alla manovra a carico degli enti territoriali è determinato, addirittura, in 6.300 milioni di euro nel 2011 e 8.500 milioni a decorrere dal 2012: questo significa che le misure correttive nette poste a carico del comparto delle amministrazioni locali rappresentano una quota della manovra complessiva pari alla metà nell'esercizio 2011 e a un terzo nei due esercizi successivi;
il decreto non chiarisce come i tagli verranno ripartiti. È certa una riduzione dei trasferimenti erariali a comuni e province, ma non la loro distribuzione tra i singoli enti, ed è ipotizzabile che i tagli siano «lineari», senza distinzione tra enti virtuosi e viziosi;
per quanto riguarda il comparto dei comuni, è giusto ricordare che essi hanno dato il miglior contributo al processo di risanamento dei conti pubblici, come attestato dalle Istituzioni di controllo e ripetutamente e di recente dalla Corte dei Conti;
tuttavia, il Governo ha rinunciato ancora una volta a fare un ragionamento sulla revisione delle regole del Patto di stabilità, operando invece un taglio netto dei trasferimenti erariali;
l'impatto della manovra su comuni e province creerà gravi situazioni di insostenibilità e paralisi politico-amministrativa in molte realtà locali, imponendo una riduzione della spesa non praticabile;
alla riduzione dei trasferimenti erariali si somma l'obiettivo vigente per il 2011 e il persistente blocco della marginale autonomia impositiva e finanziaria riconosciuta ma impedita ai comuni;
per quanto riguarda le regioni a statuto ordinario, la riduzione concerne l'abolizione, per 4,5 miliardi di euro, dei trasferimenti elargiti a seguito della devoluzione delle competenze alle Regioni alla fine degli anni Novanta. Sono risorse vincolate a settori specifici, dai trasporti locali, agli incentivi alle imprese, all'edilizia pubblica, all'ambiente, alla viabilità, all'agricoltura;
la spesa non sanitaria delle regioni a statuto ordinario è pari complessivamente a circa 32 miliardi di euro; dunque, il taglio di 4,5 miliardi corrisponde a circa il 14 per cento di contrazione nella spesa, una cifra difficilmente assorbibile nel giro di un così breve lasso di tempo da parte delle regioni, senza una corrispondente forte riduzione nei servizi offerti ai cittadini;
la distribuzione dei tagli tra le regioni, inoltre, evidenzia che le più penalizzate in rapporto alla popolazione saranno le regioni piccole e quelle meridionali, una circostanza che solleva perplessità sia sulla sostenibilità che sull'equità dell'intervento previsto;
sono evidenti e inevitabili ripercussioni sulle politiche sia sociali che di investimento poste in essere nei territori, sulla qualità dei servizi offerti alle comunità e sulla possibilità di svolgere un ruolo attivo, in verità già ampiamente penalizzato negli ultimi anni, di volano per l'economia locale;
il segno complessivo della manovra non è solo quello della riduzione delle risorse a regioni ed enti locali; è anche quello della riduzione dei loro spazi di autonomia. Se a ciò si aggiungono gli interventi limitativi sulle, entrate (eliminazione Ici prima casa per i comuni, blocco addizionali comunali e regionali sull'Irpef, blocco spazi di manovra sull'Irap per le regioni) è chiaro che il federalismo praticato dal Governo è molto diverso da quello dichiarato;
si evidenzia in modo sempre più netto una contraddizione nell'indirizzo politico-istituzionale del Governo, che da un lato propaganda la costruzione di un assetto istituzionale di stampo federale teso a valorizzare la capacità dei livelli di governo decentrati, mentre dall'altro declina concretamente il federalismo fiscale esclusivamente come riduzione della spesa, attribuita unilateralmente e pregiudizialmente solo agli enti territoriali,

impegna il Governo

a provvedere già in ottobre, con la prossima legge di stabilità, a ridurre il concorso finanziario delle regioni e degli enti locali alla manovra di finanza pubblica per il triennio 2011-2013, in modo da garantire adeguate risorse finanziarie per le politiche sociali e di investimento poste in essere nei territori dagli enti decentrati.
9/3638/279.Franceschini, Ventura, Maran, Villecco Calipari, Baretta, Boccia, Amici, Lenzi, Rosato, Giachetti, Quartiani, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
parte rilevante delle manovre del passato biennio, in termini di contenimento del disavanzo, è ricaduta sugli enti decentrati, così generando un sempre più evidente stato di grave crisi finanziario-economica;
già il decreto legge n. 112 del 2008 ha stabilito un concorso degli enti territoriali alla manovra di finanza pubblica per il triennio 2009-2011 pari, rispettivamente, 3.150 milioni, 5200 milioni e 9.200 di euro;
con il provvedimento in esame la misura del concorso alla manovra a carico degli enti territoriali è determinato, addirittura, in 6.300 milioni di euro nel 2011 e 8.500 milioni a decorrere dal 2012: questo significa che le misure correttive nette poste a carico del comparto delle amministrazioni locali rappresentano una quota della manovra complessiva pari alla metà nell'esercizio 2011 e a un terzo nei due esercizi successivi;
il decreto non chiarisce come i tagli verranno ripartiti. È certa una riduzione dei trasferimenti erariali a comuni e province, ma non la loro distribuzione tra i singoli enti, ed è ipotizzabile che i tagli siano «lineari», senza distinzione tra enti virtuosi e viziosi;
per quanto riguarda il comparto dei comuni, è giusto ricordare che essi hanno dato il miglior contributo al processo di risanamento dei conti pubblici, come attestato dalle Istituzioni di controllo e ripetutamente e di recente dalla Corte dei Conti;
tuttavia, il Governo ha rinunciato ancora una volta a fare un ragionamento sulla revisione delle regole del Patto di stabilità, operando invece un taglio netto dei trasferimenti erariali;
l'impatto della manovra su comuni e province creerà gravi situazioni di insostenibilità e paralisi politico-amministrativa in molte realtà locali, imponendo una riduzione della spesa non praticabile;
alla riduzione dei trasferimenti erariali si somma l'obiettivo vigente per il 2011 e il persistente blocco della marginale autonomia impositiva e finanziaria riconosciuta ma impedita ai comuni;
per quanto riguarda le regioni a statuto ordinario, la riduzione concerne l'abolizione, per 4,5 miliardi di euro, dei trasferimenti elargiti a seguito della devoluzione delle competenze alle Regioni alla fine degli anni Novanta. Sono risorse vincolate a settori specifici, dai trasporti locali, agli incentivi alle imprese, all'edilizia pubblica, all'ambiente, alla viabilità, all'agricoltura;
la spesa non sanitaria delle regioni a statuto ordinario è pari complessivamente a circa 32 miliardi di euro; dunque, il taglio di 4,5 miliardi corrisponde a circa il 14 per cento di contrazione nella spesa, una cifra difficilmente assorbibile nel giro di un così breve lasso di tempo da parte delle regioni, senza una corrispondente forte riduzione nei servizi offerti ai cittadini;
la distribuzione dei tagli tra le regioni, inoltre, evidenzia che le più penalizzate in rapporto alla popolazione saranno le regioni piccole e quelle meridionali, una circostanza che solleva perplessità sia sulla sostenibilità che sull'equità dell'intervento previsto;
sono evidenti e inevitabili ripercussioni sulle politiche sia sociali che di investimento poste in essere nei territori, sulla qualità dei servizi offerti alle comunità e sulla possibilità di svolgere un ruolo attivo, in verità già ampiamente penalizzato negli ultimi anni, di volano per l'economia locale;
il segno complessivo della manovra non è solo quello della riduzione delle risorse a regioni ed enti locali; è anche quello della riduzione dei loro spazi di autonomia. Se a ciò si aggiungono gli interventi limitativi sulle, entrate (eliminazione Ici prima casa per i comuni, blocco addizionali comunali e regionali sull'Irpef, blocco spazi di manovra sull'Irap per le regioni) è chiaro che il federalismo praticato dal Governo è molto diverso da quello dichiarato;
si evidenzia in modo sempre più netto una contraddizione nell'indirizzo politico-istituzionale del Governo, che da un lato propaganda la costruzione di un assetto istituzionale di stampo federale teso a valorizzare la capacità dei livelli di governo decentrati, mentre dall'altro declina concretamente il federalismo fiscale esclusivamente come riduzione della spesa, attribuita unilateralmente e pregiudizialmente solo agli enti territoriali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di provvedere già in ottobre, con la prossima legge di stabilità, a ridurre il concorso finanziario delle regioni e degli enti locali alla manovra di finanza pubblica per il triennio 2011-2013, in modo da garantire adeguate risorse finanziarie per le politiche sociali e di investimento poste in essere nei territori dagli enti decentrati.
9/3638/279.(Testo modificato nel corso della seduta)Franceschini, Ventura, Maran, Villecco Calipari, Baretta, Boccia, Amici, Lenzi, Rosato, Giachetti, Quartiani, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il passaggio del sistema televisivo alla tecnologia digitale utilizzando più efficienti algoritmi di compressione del segnale rispetto a quanto avviene con la tv analogica consente di trasmettere un maggior numero di canali utilizzando una porzione minore dello spettro delle frequenze elettromagnetiche;
la porzione di spettro che si guadagna, il Dividendo Digitale, è una risorsa fondamentale per l'intero comparto della comunicazione e per la stessa industria delle telecomunicazioni, poiché le frequenze liberate possono essere utilizzate per irradiare nuovi canali televisivi e radiofonici, per trasmettere ad alta definizione parte dei canali televisivi esistenti o essere utilizzate dagli operatori telefonici per implementare servizi di connettività mobile, in particolare per quanto riguarda Internet a banda larga sui telefoni cellulari;
la possibilità di assegnare ai nuovi servizi di telecomunicazione, attraverso procedure di evidenza pubblica, le frequenze liberate a seguito del passaggio delle trasmissioni televisive dall'analogico al digitale è già stata effettuata o prevista in gran parte dei Paesi europei;
in Germania, in cui si è appena conclusa la gara per l'assegnazione del dividendo digitale agli operatori di telefonia mobile, è stata superata quota 4,4 miliardi di euro, una somma quasi pari a quella tagliata annualmente a tutte le regioni italiane dalla Manovra finanziaria;
negli Stati Uniti, in Spagna, in Francia, nel Regno Unito e in Svizzera sono già stati previsti propri bandi nazionali;
secondo lo studio della Commissione Europea, «A European approach to the digital divide» del settembre 2009, l'apertura ai servizi mobili a banda larga entro il 2015 in tutti gli Stati membri permetterebbe di creare un valore aggiunto pari almeno a 17 miliardi di euro, che potrebbe raggiungere i 44 miliardi di euro in finzione del ritmo di sviluppo dei servizi senza fili in banda larga;
la decisione della Commissione europea del 6 maggio 2010/267/EU ha stabilito regole armonizzate per l'allocazione delle frequenze radio da parte degli Stati membri con lo scopo di favorire l'utilizzo per le reti a banda larga senza fili, e richiede che gli stessi Stati mettano parte del dividendo digitale a disposizione per i servizi di comunicazione mobile a banda larga;
il nuovo Piano nazionale di assegnazione delle frequenze, approvato dall'Agcom il 3 giugno 2010, prevede di mettere a disposizione dei servizi di telecomunicazione le risorse non utilizzate, i cosiddetti white spaces, derivanti dalla nuova allocazione, resa più efficiente dalla compressione del segnale in tecnica digitale;
complice la crisi economica, gli investimenti nella banda larga in Italia sono in una fase di stallo e il piano dei Viceministro dello sviluppo economico di portare in tutte le case italiane la banda larga a 2magbit/s, che prevedeva tra l'altro la creazione di 60 mila nuovi posti di lavoro, 30 mila nuovi cantieri e una crescita del Pil pari allo 0,2 per cento, è stato pesantemente depotenziato dal blocco dei fondi già approvati dal Cipe,

impegna il Governo:

a conferire all'Agcom il compito di individuare le frequenze destinate all'implementazione dei servizi della banda larga mobile, i cui diritti d'uso dovranno essere assegnati con gara ad offerta economica entro 12 mesi dalla pubblicazione della legge di conversione del presente decreto, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica;
a destinare un terzo delle risorse ricavate con la gara a interventi tesi a combattere il digital divide e a promuovere la diffusione della banda larga.
9/3638/280.Gentiloni Silveri, Baretta, Ventura, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il passaggio del sistema televisivo alla tecnologia digitale utilizzando più efficienti algoritmi di compressione del segnale rispetto a quanto avviene con la tv analogica consente di trasmettere un maggior numero di canali utilizzando una porzione minore dello spettro delle frequenze elettromagnetiche;
la porzione di spettro che si guadagna, il Dividendo Digitale, è una risorsa fondamentale per l'intero comparto della comunicazione e per la stessa industria delle telecomunicazioni, poiché le frequenze liberate possono essere utilizzate per irradiare nuovi canali televisivi e radiofonici, per trasmettere ad alta definizione parte dei canali televisivi esistenti o essere utilizzate dagli operatori telefonici per implementare servizi di connettività mobile, in particolare per quanto riguarda Internet a banda larga sui telefoni cellulari;
la possibilità di assegnare ai nuovi servizi di telecomunicazione, attraverso procedure di evidenza pubblica, le frequenze liberate a seguito del passaggio delle trasmissioni televisive dall'analogico al digitale è già stata effettuata o prevista in gran parte dei Paesi europei;
in Germania, in cui si è appena conclusa la gara per l'assegnazione del dividendo digitale agli operatori di telefonia mobile, è stata superata quota 4,4 miliardi di euro, una somma quasi pari a quella tagliata annualmente a tutte le regioni italiane dalla Manovra finanziaria;
negli Stati Uniti, in Spagna, in Francia, nel Regno Unito e in Svizzera sono già stati previsti propri bandi nazionali;
secondo lo studio della Commissione Europea, «A European approach to the digital divide» del settembre 2009, l'apertura ai servizi mobili a banda larga entro il 2015 in tutti gli Stati membri permetterebbe di creare un valore aggiunto pari almeno a 17 miliardi di euro, che potrebbe raggiungere i 44 miliardi di euro in finzione del ritmo di sviluppo dei servizi senza fili in banda larga;
la decisione della Commissione europea del 6 maggio 2010/267/EU ha stabilito regole armonizzate per l'allocazione delle frequenze radio da parte degli Stati membri con lo scopo di favorire l'utilizzo per le reti a banda larga senza fili, e richiede che gli stessi Stati mettano parte del dividendo digitale a disposizione per i servizi di comunicazione mobile a banda larga;
il nuovo Piano nazionale di assegnazione delle frequenze, approvato dall'Agcom il 3 giugno 2010, prevede di mettere a disposizione dei servizi di telecomunicazione le risorse non utilizzate, i cosiddetti white spaces, derivanti dalla nuova allocazione, resa più efficiente dalla compressione del segnale in tecnica digitale;
complice la crisi economica, gli investimenti nella banda larga in Italia sono in una fase di stallo e il piano dei Viceministro dello sviluppo economico di portare in tutte le case italiane la banda larga a 2magbit/s, che prevedeva tra l'altro la creazione di 60 mila nuovi posti di lavoro, 30 mila nuovi cantieri e una crescita del Pil pari allo 0,2 per cento, è stato pesantemente depotenziato dal blocco dei fondi già approvati dal Cipe,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di conferire all'Agcom il compito di individuare le frequenze destinate all'implementazione dei servizi della banda larga mobile, i cui diritti d'uso dovranno essere assegnati con gara ad offerta economica entro 12 mesi dalla pubblicazione della legge di conversione del presente decreto, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica;
a destinare un terzo delle risorse ricavate con la gara a interventi tesi a combattere il digital divide e a promuovere la diffusione della banda larga.
9/3638/280.(Testo modificato nel corso della seduta)Gentiloni Silveri, Baretta, Ventura, Boccia, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
nel 2009 il Governo ha approvato alcune norme sui servizi pubblici locali contenuti nel testo del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166;
in alcuni articoli pubblicati sulla stampa il Governo giudicava le nuove norme come un traguardo lungamente atteso volto a realizzare un obiettivo chiaro: rendere più aperto e competitivo il settore, aumentare l'efficienza e diminuire gli sprechi. Il nuovo quadro normativo avrebbe dovuto - secondo le intenzioni del Governo e del Ministro per le politiche europee - favorire in tutti i settori, compreso quello idrico, l'industrializzazione del sistema, l'irrobustimento delle aziende, la trasparenza attraverso il meccanismo delle gare e il consolidarsi di un vero mercato dei servizi;
l'articolo 15, dal comma 6-bis al 6-quinquies, del decreto-legge in esame, introduce alcune modifiche alla disciplina in materia di concessioni idroelettriche;
in una recente segnalazione, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato sottolinea che alcune delle innovazioni introdotte potrebbe portare «distorsioni della concorrenza per l'aggiudicazione di tali concessioni»;
in particolare, - si legge nella segnalazione - per tutte le concessioni in scadenza successivamente al 2015 un'eventuale proroga delle concessioni risulterebbe del tutto ingiustificata. Quanto all'ulteriore proroga di sette anni di cui beneficerebbero unicamente gli operatori localizzati in alcune province del Nord, essa risulta assolutamente ingiustificata. Tale norma appare fortemente discriminatoria tra operatori localizzati in diversi contesti geografici. Inoltre, essa reintroduce fittiziamente una preferenza per il concessionario uscente e gli enti locali (e/o società di enti locali) già oggetto di rilievo in due interventi di segnalazione dell'Autorità ex articolo 21 della legge n. 287 del 1990 e in una procedura di infrazione della Comunità europea,

impegna il Governo:

a corrispondere ai rilievi effettuati dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato per evitare gravi distorsioni del sistema;
a verificare la compatibilità delle norme introdotte dalla manovra rispetto ai contenuti del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166.
9/3638/281.Federico Testa, Vico.

La Camera,
premesso che:
nel 2009 il Governo ha approvato alcune norme sui servizi pubblici locali contenuti nel testo del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166;
in alcuni articoli pubblicati sulla stampa il Governo giudicava le nuove norme come un traguardo lungamente atteso volto a realizzare un obiettivo chiaro: rendere più aperto e competitivo il settore, aumentare l'efficienza e diminuire gli sprechi. Il nuovo quadro normativo avrebbe dovuto - secondo le intenzioni del Governo e del Ministro per le politiche europee - favorire in tutti i settori, compreso quello idrico, l'industrializzazione del sistema, l'irrobustimento delle aziende, la trasparenza attraverso il meccanismo delle gare e il consolidarsi di un vero mercato dei servizi;
l'articolo 15, dal comma 6-bis al 6-quinquies, del decreto-legge in esame, introduce alcune modifiche alla disciplina in materia di concessioni idroelettriche;
in una recente segnalazione, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato sottolinea che alcune delle innovazioni introdotte potrebbe portare «distorsioni della concorrenza per l'aggiudicazione di tali concessioni»;
in particolare, - si legge nella segnalazione - per tutte le concessioni in scadenza successivamente al 2015 un'eventuale proroga delle concessioni risulterebbe del tutto ingiustificata. Quanto all'ulteriore proroga di sette anni di cui beneficerebbero unicamente gli operatori localizzati in alcune province del Nord, essa risulta assolutamente ingiustificata. Tale norma appare fortemente discriminatoria tra operatori localizzati in diversi contesti geografici. Inoltre, essa reintroduce fittiziamente una preferenza per il concessionario uscente e gli enti locali (e/o società di enti locali) già oggetto di rilievo in due interventi di segnalazione dell'Autorità ex articolo 21 della legge n. 287 del 1990 e in una procedura di infrazione della Comunità europea,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di corrispondere ai rilievi effettuati dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato per evitare gravi distorsioni del sistema;
a verificare la compatibilità delle norme introdotte dalla manovra rispetto ai contenuti del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166.
9/3638/281.(Testo modificato nel corso della seduta)Federico Testa, Vico.

La Camera,
premesso che:
a fronte dell'ampiezza della crisi economica in atto e, del netto aggravamento degli indicatori macroeconomici e del quadro di finanza pubblica, il Governo - attraverso il provvedimento in esame - effettua con decretazione d'urgenza un'ingente manovra correttiva straordinaria in corso d'anno, orientata a riportare i saldi di finanza pubblica ai livelli concordati con le istituzioni europee nell'ambito del Patto di stabilità e crescita;
il provvedimento in esame non prevede misure né contingenti, né strutturali di supporto all'avvio della ripresa economica e sociale del Paese e di sostegno ai redditi dei lavoratori;
una via efficace per sostenere i redditi dei lavoratori è quella dell'incremento dell'importo delle misure di sostegno dei carichi familiari, in modo da incrementare il reddito disponibile delle famiglie che più soffrono gli effetti della crisi tutt'ora in corso:

impegna il Governo

ad introdurre misure di sostegno al reddito per tutti lavoratori, a tal fine provvedendo già con la prossima legge di stabilità ad incrementare gli importi degli assegni al nucleo familiare e le detrazioni fiscali per carichi di famiglia.
9/3638/282.Baretta, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Duilio, De Micheli, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Ventura, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
a fronte dell'ampiezza della crisi economica in atto e, del netto aggravamento degli indicatori macroeconomici e del quadro di finanza pubblica, il Governo - attraverso il provvedimento in esame - effettua con decretazione d'urgenza un'ingente manovra correttiva straordinaria in corso d'anno, orientata a riportare i saldi di finanza pubblica ai livelli concordati con le istituzioni europee nell'ambito del Patto di stabilità e crescita;
il provvedimento in esame non prevede misure né contingenti, né strutturali di supporto all'avvio della ripresa economica e sociale del Paese e di sostegno ai redditi dei lavoratori;
una via efficace per sostenere i redditi dei lavoratori è quella dell'incremento dell'importo delle misure di sostegno dei carichi familiari, in modo da incrementare il reddito disponibile delle famiglie che più soffrono gli effetti della crisi tutt'ora in corso:

impegna il Governo

a parità di gettito, ad introdurre misure di sostegno al reddito per tutti lavoratori, a tal fine provvedendo già con la prossima legge di stabilità ad incrementare gli importi degli assegni al nucleo familiare e le detrazioni fiscali per carichi di famiglia.
9/3638/282.(Testo modificato nel corso della seduta)Baretta, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Duilio, De Micheli, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Ventura, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'introduzione di meccanismi di valutazione delle amministrazioni e dei dipendenti pubblici, finalizzata al miglioramento e al riconoscimento del merito, costituisce uno degli elementi qualificanti del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;
l'articolo 9, comma 1, del presente decreto, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica blocca, per il triennio 2011-2013, il trattamento economico individuale complessivo dei dipendenti pubblici, anche di qualifica dirigenziale, prevedendo che esso non possa in ogni caso superare il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010;
si tratta di una clamorosa smentita delle linee di indirizzo del Dicastero per la pubblica amministrazione e l'innovazione;

impegna il Governo

a verificare l'impatto della normativa introdotta con l'articolo 9, comma 1, del presente decreto rispetto alle disposizioni contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, e sull'efficienza del servizio prestato dal personale del Ministero degli affari esteri e a riferirne alle competenti commissioni parlamentari entro un anno dall'approvazione della legge di conversione del presente decreto.
9/3638/283.Vassallo, Pes.

La Camera,
premesso che:
l'introduzione di meccanismi di valutazione delle amministrazioni e dei dipendenti pubblici, finalizzata al miglioramento e al riconoscimento del merito, costituisce uno degli elementi qualificanti del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;
l'articolo 9, comma 1, del presente decreto, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica blocca, per il triennio 2011-2013, il trattamento economico individuale complessivo dei dipendenti pubblici, anche di qualifica dirigenziale, prevedendo che esso non possa in ogni caso superare il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010;
si tratta di una clamorosa smentita delle linee di indirizzo del Dicastero per la pubblica amministrazione e l'innovazione,

impegna il Governo

a verificare l'impatto della normativa introdotta con l'articolo 9, comma 1, del presente decreto rispetto alle disposizioni contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, e sull'efficienza del servizio prestato dal personale del ministero della difesa e a riferirne alle competenti Commissioni parlamentari entro un anno dall'approvazione della legge di conversione del presente decreto.
9/3638/284.Minniti.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame riguarda anche il personale del comparto sicurezza-difesa;
durante l'esame del provvedimento prima al Senato e poi in Commissione bilancio alla Camera sono stati evidenziati molti problemi relativi alla specificità del comparto sicurezza-difesa e sono stati sottolineati gli aspetti più delicati che potrebbero venire compromessi con l'applicazione di alcune norme contenute nella Manovra 2010;
il Governo ha tenuto conto di alcune delle osservazioni avanzate ed ha, anche se in modo parziale, tenuto conto delle esigenze di questo settore specifico e del suo ruolo strategico,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative normative al fine di:
introdurre un'eccezione per il personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco interessate dal blocco per le indennità e trattamenti accessori legati all'impiego in Patria e all'estero, all'attività operativa, alla progressione di carriera ed ai passaggi di ruolo;
esentare l'intero comparto sicurezza-difesa dal blocco delle progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli armi 2011, 2012 e 2013;
in particolare esentare il personale contrattualizzato delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco dal blocco delle progressioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 al fine di assicurarne gli effetti economici oltre che giuridici;
prorogare fino al 31 dicembre 2015 la possibilità di essere collocati in ausiliaria, a domanda dell'interessato che abbia prestato non meno di 40 anni di servizio effettivo;
equiparare a tutti gli effetti le cessazioni dal servizio permanente a domanda, previste dalla legge 19 maggio 1986, n. 224, a quelle per raggiungimento del limite di età;
riassegnare al pertinente capitolo di spesa del Ministero della difesa, per l'alimentazione del fondo-casa, le rate di ammortamento dei mutui concessi attraverso il fondo-casa, che ora confluiscono nel bilancio dello Stato.
9/3638/285.Paglia.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame riguarda anche il personale del comparto sicurezza-difesa;
durante l'esame del provvedimento prima al Senato e poi in Commissione bilancio alla Camera sono stati evidenziati molti problemi relativi alla specificità del comparto sicurezza-difesa e sono stati sottolineati gli aspetti più delicati che potrebbero venire compromessi con l'applicazione di alcune norme contenute nella Manovra 2010;
il Governo ha tenuto conto di alcune delle osservazioni avanzate ed ha, anche se in modo parziale, tenuto conto delle esigenze di questo settore specifico e del suo ruolo strategico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative normative al fine di:
introdurre un'eccezione per il personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco interessate dal blocco per le indennità e trattamenti accessori legati all'impiego in Patria e all'estero, all'attività operativa, alla progressione di carriera ed ai passaggi di ruolo;
esentare l'intero comparto sicurezza-difesa dal blocco delle progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli armi 2011, 2012 e 2013;
in particolare esentare il personale contrattualizzato delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco dal blocco delle progressioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 al fine di assicurarne gli effetti economici oltre che giuridici;
prorogare fino al 31 dicembre 2015 la possibilità di essere collocati in ausiliaria, a domanda dell'interessato che abbia prestato non meno di 40 anni di servizio effettivo;
equiparare a tutti gli effetti le cessazioni dal servizio permanente a domanda, previste dalla legge 19 maggio 1986, n. 224, a quelle per raggiungimento del limite di età;
riassegnare al pertinente capitolo di spesa del Ministero della difesa, per l'alimentazione del fondo-casa, le rate di ammortamento dei mutui concessi attraverso il fondo-casa, che ora confluiscono nel bilancio dello Stato.
9/3638/285.(Testo modificato nel corso della seduta)Paglia.

La Camera,
premesso che,
il decreto-legge contiene interventi in materia previdenziale, ed in particolare le c.d. «finestre mobili» e lo slittamento della decorrenza della pensione per i lavoratori dipendenti pubblici e privati e per i lavoratori autonomi -rispettivamente di 12 e 18 mesi - che maturano i requisiti dal 2011 in poi;
sono fatti salvi dalle nuove disposizioni i lavoratori collocati in mobilità nel limite massimo di 10mila unità e che, ai fini dell'osservanza di tale limite, è affidato all'Inps il monitoraggio, sulla base della data di cessazione del rapporto di lavoro, delle domande di pensionamento dei lavoratori che intendano avvalersi della deroga, con il conseguente compito di non prendere più in considerazione ulteriori domande al raggiungimento del tetto di 10mila;
tale tetto possa essere insufficiente, anche e soprattutto alla luce dei molteplici accordi di mobilità conseguenti alla grave crisi occupazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di un previo monitoraggio sul numero dei soggetti collocati in mobilità all'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge e, in caso di esito superiore al limite delle l0mila unità, a vagliare l'ipotesi di reperire nuove ed ulteriori risorse finanziare per includere l'intera platea tra i destinatari beneficiari.
9/3638/286.Fedriga, Reguzzoni, Fogliato, Montagnoli, Caparini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 54 del decreto in discussione prevede nuove norme riguardanti l' Expo in particolare l'utilizzo, in misura proporzionale alla partecipazione azionaria detenuta dallo Stato, di una quota non superiore al 4 per cento delle risorse già autorizzate dall'articolo 14, comma 1, del decreto-legge 112/2008 per il finanziamento delle opere delle quali la Società Expo 2015 S.p.A. è soggetto attuatore, ferma restando la partecipazione pro quota alla copertura delle medesime spese da parte degli altri azionisti, a valere sui rispettivi finanziamenti;
l'Expo 2015 sarà uno straordinario evento universale che ha come tema feeding the planet, energy for life con l'obiettivo di predisporre un piano per la visibilità alla tradizione, alla creatività e all'innovazione nel settore dell'alimentazione, raccogliendo tematiche già sviluppate dalle precedenti edizioni di questa manifestazione e riproponendole alla luce dei nuovi scenari globali al centro dei quali c'è il tema del diritto ad un'alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutto il pianeta;
nella seduta n. 114 di mercoledì 14 gennaio 2009, la Camera ha approvato parzialmente l'ordine del giorno n. 9/1972/86 nelle parti che riguardano l'impegno a: «a reperire la totalità dei fondi necessari per il completamento di tutte le opere previste dal dossier di candidatura di Expo 2015;» e «a relazionare annualmente sulle attività e sullo stato patrimoniale della società di gestione e sullo stato di avanzamento delle opere e delle iniziative collegate per il raggiungimento di Expo 2015»;
il 21 aprile 2009 anche in una mozione approvata dalla Camera viene chiesto l'impegno al Governo di relazionare sullo stato dell'Expo 2015;
il 16 dicembre 2009 il Governo ha accolto l'ordine del giorno n. 9/2936-A/254 che lo impegna: "ad individuare le forme opportune affinché le opere previste nell'allegato 1 e allegato 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 ottobre 2008 non siano considerate nel saldo del patto di stabilità interno dei comuni, in cui insistono tali opere per la quota da imputare nel bilancio per ogni anno fino al compimento dell'opera stessa e comunque non oltre il 2015,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare le procedure per l'acquisto delle aree del sito Expo 2015 e predisporre il progetto di destinazione d'uso con la prevalente destinazione di pubblica utilità;
a considerare la necessità di aumentare le risorse umane a supporto della Sezione Specializzata del Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere di cui all'articolo 180, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 istituita presso la Prefettura - Ufficio territoriale del Governo;
a valutare l'opportunità di aumentare al 10 per cento della quota delle risorse, già autorizzate dall'articolo 14, comma 1, del decreto-legge 112/2008, per le spese di gestione della società Expo 2015 S.p.A.
9/3638/287.Peluffo, Pes, Misiani.

La Camera,
premesso che:
la legge 14 aprile 1957, n. 277 prevede l'«Istituzione in Roma di un Museo storico della Liberazione» e all'articolo 2 prevede: «il Museo ha per fine di assicurare al patrimonio storico nazionale la più completa ed ordinata documentazione degli eventi storici nei quali si concretò e si svolse la lotta per la liberazione di Roma durante il periodo 8 settembre 1943- 4 giugno 1944. Per realizzare tale fine il Museo cura la raccolta, la conservazione e l'ordinamento di cimeli, documenti e quanto altro valga a dare testimonianza ed a diffondere la conoscenza di quel glorioso periodo»;
il Museo storico della liberazione di via Tasso, in Roma, che ha sede nell'edificio che fu prigione della Gestapo, ha un'articolazione pluralista e rappresentativa composta da esperti, rappresentanti ministeriali e comunali,

impegna il Governo

a garantire il contributo annuo previsto per il Museo storico della liberazione e i contributi previsti per tutti gli organismi storici e della memoria.
9/3638/288.Verini, Pes, Ghizzoni.

La Camera,
premesso che:
la legge 14 aprile 1957, n. 277 prevede l'«Istituzione in Roma di un Museo storico della Liberazione» e all'articolo 2 prevede: «il Museo ha per fine di assicurare al patrimonio storico nazionale la più completa ed ordinata documentazione degli eventi storici nei quali si concretò e si svolse la lotta per la liberazione di Roma durante il periodo 8 settembre 1943- 4 giugno 1944. Per realizzare tale fine il Museo cura la raccolta, la conservazione e l'ordinamento di cimeli, documenti e quanto altro valga a dare testimonianza ed a diffondere la conoscenza di quel glorioso periodo»;
il Museo storico della liberazione di via Tasso, in Roma, che ha sede nell'edificio che fu prigione della Gestapo, ha un'articolazione pluralista e rappresentativa composta da esperti, rappresentanti ministeriali e comunali,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a garantire il contributo annuo previsto per il Museo storico della liberazione e i contributi previsti per tutti gli organismi storici e della memoria.
9/3638/288.(Testo modificato nel corso della seduta)Verini, Pes, Ghizzoni.

La Camera,
premesso che:
con il comma 49 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 sono state prorogate sino al 31 luglio 2009 le agevolazioni previdenziali agricole in favore dei territori montani particolarmente svantaggiati nella misura del 75 per cento e nelle zone agricole svantaggiate nella misura del 68 per cento di quanto dovuto dai datori di lavoro agricolo;
si tratta di una misura automatica di sostegno del reddito agricolo in essere sin dal 1988 (articolo 9, commi 5, 5-bis e 5-ter, della legge 11 marzo 1988, n. 67) che ha sostenuto i redditi agrari e ha limitato sia la disoccupazione agricola, sia il dilagare del lavoro nero (in particolare extracomunitario) in aree economicamente fragili,

impegna il Governo

a prevedere, già nei provvedimenti della prossima sessione di bilancio, la proroga al 31/12/2010 della misura esposta in premessa, adottandola con effetto retroattivo dal 1o agosto 2010;
a valutare la possibilità di stabilizzare la misura in via definitiva, in considerazione dei numerosi vantaggi, concernenti sia il sostegno alla base occupazionale, sia il presidio e la cura del territorio, che ne derivano.
9/3638/289.Marinello, Gioacchino Alfano, Franzoso, Traversa, Marsilio.

La Camera,
premesso che:
con il comma 49 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 sono state prorogate sino al 31 luglio 2009 le agevolazioni previdenziali agricole in favore dei territori montani particolarmente svantaggiati nella misura del 75 per cento e nelle zone agricole svantaggiate nella misura del 68 per cento di quanto dovuto dai datori di lavoro agricolo;
si tratta di una misura automatica di sostegno del reddito agricolo in essere sin dal 1988 (articolo 9, commi 5, 5-bis e 5-ter, della legge 11 marzo 1988, n. 67) che ha sostenuto i redditi agrari e ha limitato sia la disoccupazione agricola, sia il dilagare del lavoro nero (in particolare extracomunitario) in aree economicamente fragili,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a prevedere, già nei provvedimenti della prossima sessione di bilancio, la proroga al 31/12/2010 della misura esposta in premessa, adottandola con effetto retroattivo dal 1o agosto 2010;
a valutare la possibilità di stabilizzare la misura in via definitiva, in considerazione dei numerosi vantaggi, concernenti sia il sostegno alla base occupazionale, sia il presidio e la cura del territorio, che ne derivano.
9/3638/289.(Testo modificato nel corso della seduta)Marinello, Gioacchino Alfano, Franzoso, Traversa, Marsilio.

La Camera,
premesso che:
il comma 6-bis, introdotto all'articolo 11 nel corso dell'iter di approvazione in Senato, prevede che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, sia avviato un apposito confronto tecnico tra il Ministero della salute, il Ministero dell'economia e delle finanze, l'AIFA e le associazioni di categoria maggiormente rappresentative, per la revisione dei criteri di remunerazione della spesa farmaceutica;
i criteri che dovranno essere seguiti per la revisione del sistema di remunerazione sono i seguenti: estensione delle modalità di tracciabilità e controllo a tutte le forme di distribuzione dei farmaci, possibilità di introduzione di una remunerazione della farmacia basata su una prestazione fissa in aggiunta ad una ridotta percentuale sul prezzo di riferimento del farmaco che, stante la prospettata evoluzione del mercato farmaceutico, garantisca una riduzione della spesa per il Servizio sanitario nazionale;
il sistema di revisione dei meccanismi di remunerazione è una questione che presenta notevole importanza per la professione e che il nuovo modello da mettere a punto, prevedendo un compenso fisso per ogni prestazione, riveste una natura ontologicamente professionale e che la materia dei compensi professionali, da sempre, rientra nell'ambito delle competenze istituzionali proprie delle rappresentanze ordinistiche;
rilevata, pertanto, la necessità che l'Ordine Nazionale possa in tale sede portare il proprio competente contributo, in rappresentanza delle istanze professionali dei farmacisti italiani,

impegna il Governo

a convocare, unitamente alle altre associazioni di categoria, la Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani, invitandola a partecipare ai lavori del suddetto tavolo di confronto.
9/3638/290.Romele, Marinello.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame dispone interventi per la messa in sicurezza dei conti pubblici e per il rilancio dell'economia nazionale, complessivamente considerata; l'economia turistica, in particolare quella basata sullo sfruttamento delle coste e dei meravigliosi mari che bagnano la Penisola, oltre a costituire una fonte di entrate nette per la bilancia commerciale nazionale, è volano di sviluppo fondamentale per le regioni meridionali; in tale ambito qualsiasi intervento che possa costituire pericolo non solo per l'ambiente marino, ma anche per le economie locali e regionali, va attentamente meditato;
il disastro ambientale avvenuto nel Golfo del Messico a causa della incontrollata fuoriuscita di petrolio da un pozzo di profondità, nonostante si trattasse di tecnologie collaudate da decenni, ha mostrato come l'economia di interi Stati, oltre che i sistemi ecologici, possano essere messi a repentaglio da un solo errore umano;
nel parere sullo schema di decreto legislativo correttivo del testo unico delle norme ambientali di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le Commissioni ambiente di Camera e Senato hanno richiesto la modifica dell'articolo 6 del decreto legislativo medesimo, nel senso di vietare il rilascio di autorizzazioni per la ricerca e la coltivazione di idrocarburi liquidi e/o gassosi entro 12 miglia marine dal perimetro esterno delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, anche relativamente ai procedimenti autorizzatori in corso;
il divieto si estende anche alle autorizzazioni per la ricerca e la coltivazione di idrocarburi liquidi e/o gassosi nelle zone di mare poste entro cinque miglia dalla costa lungo l'intero perimetro nazionale;
per le aree ove non siano previsti espressi divieti occorre comunque effettuare la valutazione di impatto ambientale, acquisendo il parere obbligatorio degli enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree interessate dalla ricerca, dalla prospezione o dalla coltivazione di idrocarburi in mare;
con interpellanza urgente 2-00717 discussa il 20 maggio 2010, deputati di tutti i gruppi hanno chiesto conto delle autorizzazioni alla prospezione nei mari siciliani, avanzate da società energetiche; sono stati fatti presente non solo i rischi economici, ma anche quelli geologici, ben più rilevanti, trattandosi di zone ad elevato vulcanismo; è peraltro notizia di questi giorni che la British Petroleum, responsabile, per gravi e provate negligenze, del disastro del Golfo del Messico, è stata autorizzata dal Governo libico a prospezioni petrolifere nel Golfo della Sirte,

impegna il Governo

a dare piena ed immediata attuazione, alle modifiche del Codice ambientale di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, esposte in premessa;
qualora la prospezione di idrocarburi liquidi e/o gassosi sia autorizzata, a valutare la possibilità di incrementare sensibilmente le misure di compensazione ambientale in favore degli enti territoriali coinvolti;
a valutare la possibilità di richiedere adeguate fidejussioni di copertura rischi, alle società autorizzate alle prospezioni ed alle coltivazioni;
ad intervenire presso le Autorità libiche affinché richieda alla British Petroleum l'utilizzo della migliore tecnologia estrattiva possibile, al fine di minimizzare i rischi per il Mar Mediterraneo.
9/3638/291.Garofalo, Marinello.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame dispone interventi per la messa in sicurezza dei conti pubblici e per il rilancio dell'economia nazionale, complessivamente considerata; l'economia turistica, in particolare quella basata sullo sfruttamento delle coste e dei meravigliosi mari che bagnano la Penisola, oltre a costituire una fonte di entrate nette per la bilancia commerciale nazionale, è volano di sviluppo fondamentale per le regioni meridionali; in tale ambito qualsiasi intervento che possa costituire pericolo non solo per l'ambiente marino, ma anche per le economie locali e regionali, va attentamente meditato;
il disastro ambientale avvenuto nel Golfo del Messico a causa della incontrollata fuoriuscita di petrolio da un pozzo di profondità, nonostante si trattasse di tecnologie collaudate da decenni, ha mostrato come l'economia di interi Stati, oltre che i sistemi ecologici, possano essere messi a repentaglio da un solo errore umano;
nel parere sullo schema di decreto legislativo correttivo del testo unico delle norme ambientali di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le Commissioni ambiente di Camera e Senato hanno richiesto la modifica dell'articolo 6 del decreto legislativo medesimo, nel senso di vietare il rilascio di autorizzazioni per la ricerca e la coltivazione di idrocarburi liquidi e/o gassosi entro 12 miglia marine dal perimetro esterno delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, anche relativamente ai procedimenti autorizzatori in corso;
il divieto si estende anche alle autorizzazioni per la ricerca e la coltivazione di idrocarburi liquidi e/o gassosi nelle zone di mare poste entro cinque miglia dalla costa lungo l'intero perimetro nazionale;
per le aree ove non siano previsti espressi divieti occorre comunque effettuare la valutazione di impatto ambientale, acquisendo il parere obbligatorio degli enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree interessate dalla ricerca, dalla prospezione o dalla coltivazione di idrocarburi in mare;
con interpellanza urgente 2-00717 discussa il 20 maggio 2010, deputati di tutti i gruppi hanno chiesto conto delle autorizzazioni alla prospezione nei mari siciliani, avanzate da società energetiche; sono stati fatti presente non solo i rischi economici, ma anche quelli geologici, ben più rilevanti, trattandosi di zone ad elevato vulcanismo; è peraltro notizia di questi giorni che la British Petroleum, responsabile, per gravi e provate negligenze, del disastro del Golfo del Messico, è stata autorizzata dal Governo libico a prospezioni petrolifere nel Golfo della Sirte,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di dare piena ed immediata attuazione, alle modifiche del Codice ambientale di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, esposte in premessa;
qualora la prospezione di idrocarburi liquidi e/o gassosi sia autorizzata, a valutare la possibilità di incrementare sensibilmente le misure di compensazione ambientale in favore degli enti territoriali coinvolti;
a valutare la possibilità di richiedere adeguate fidejussioni di copertura rischi, alle società autorizzate alle prospezioni ed alle coltivazioni;
ad intervenire presso le Autorità libiche affinché richieda alla British Petroleum l'utilizzo della migliore tecnologia estrattiva possibile, al fine di minimizzare i rischi per il Mar Mediterraneo.
9/3638/291.(Testo modificato nel corso della seduta)Garofalo, Marinello.

La Camera,
premesso che,
la presente manovra è visibilmente inadeguata a sorreggere il corso finanziario dello Stato e le ragioni dello sviluppo delle famiglie e delle imprese;
autorevoli osservatori indipendenti (in primo luogo la Banca d'Italia), nelle loro analisi consentono di leggere con sufficiente certezza l'inadeguatezza della manovra in corso e l'esigenza di un ulteriore intervento nell'imminente autunno;

impegna il Governo

a presentare, nell'interesse esclusivo del Paese anziché di questo o quel gruppo, una relazione al Parlamento entro il 30 settembre 2010, per dar conto della prima attuazione del presente decreto;
ad aprire un Tavolo di confronto con le opposizioni, che abbia al proprio ordine del giorno l'individuazione di criteri di intervento selettivi che consentano di scongiurare il rischio di ulteriori tagli lineari o, addirittura, casuali.
9/3638/292.Tabacci, Vernetti.

La Camera,
premesso che,
la presente manovra è visibilmente inadeguata a sorreggere il corso finanziario dello Stato e le ragioni dello sviluppo delle famiglie e delle imprese;
autorevoli osservatori indipendenti (in primo luogo la Banca d'Italia), nelle loro analisi consentono di leggere con sufficiente certezza l'inadeguatezza della manovra in corso e l'esigenza di un ulteriore intervento nell'imminente autunno;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di presentare, nell'interesse esclusivo del Paese anziché di questo o quel gruppo, una relazione al Parlamento entro il 30 settembre 2010, per dar conto della prima attuazione del presente decreto;
ad aprire un Tavolo di confronto con le opposizioni, che abbia al proprio ordine del giorno l'individuazione di criteri di intervento selettivi che consentano di scongiurare il rischio di ulteriori tagli lineari o, addirittura, casuali.
9/3638/292.(Testo modificato nel corso della seduta)Tabacci, Vernetti.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, definendo disposizioni atte a tutelare i produttori di latte che non hanno rispettato il regime delle quote latte sancito dalla normative Ue, ha dimostrato una indiscutibile sensibilità nei confronti di una particolare categoria professionale manifestante evidenti difficoltà;
la legge 26 febbraio 2010, n. 25 - c.d. milleproroghe - ha introdotto l'articolo 10-sexies concernente il «Differimento dell'applicazione di disposizioni in materia di contributi all'editoria» disponendo al comma 1 lettera d) una riduzione del 50 per cento del contributo complessivo calcolato per ciascun soggetto per i contributi relativi all'anno 2009, limitatamente ai quotidiani italiani editi e diffusi all'estero per far fronte alla norma - inclusa nel medesimo provvedimento - tesa a ripristinare per il 2010 e al massimo al 100 per cento i contributi dovuti al diritto soggettivo per testate ed emittenti di partito, no profit e cooperative;
l'applicazione della suindicata normativa va ad incidere sull'ammontare delle risorse destinate alle circa 150 testate italiane edite all'estero o edite in Italia per essere distribuite oltre confine applicando una riduzione del contributo relativo all'anno 2009 del 50 per cento mettendo in discussione la sopravvivenza stessa delle realtà editoriali, considerando anche che i costi del 2009 sono già stati sostenuti dalle imprese ed un riassorbimento retroattivo delle risorse risulterebbe difficilmente gestibile;
l'applicazione delle suindicate disposizioni comporrebbe un riassorbimento delle risorse alla stampa italiana oltre confine pari a 5 milioni di euro;
i prodotti editoriali, editi o distribuiti oltre confine, rappresentano il principale riferimento culturale ed informativo delle comunità italiane all'estero, oltre che il veicolo indiscusso della promozione della lingua e cultura italiana e della crescita e valorizzazione del Made in Italy,

impegna il Governo

a riformulare, con apposite disposizioni nell'ambito di provvedimenti affini per materia, - da varare inderogabilmente entro il 2010 - il comma 1 lettera d) della legge 26 febbraio 2010, n. 25, al fine di ripristinare l'ammontare completo dei contributi relativi all'anno 2009 erogati a favore delle realtà editoriali italiane operanti all'estero.
9/3638/293.Tremaglia, Berardi, Angeli, Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, definendo disposizioni atte a tutelare i produttori di latte che non hanno rispettato il regime delle quote latte sancito dalla normative Ue, ha dimostrato una indiscutibile sensibilità nei confronti di una particolare categoria professionale manifestante evidenti difficoltà;
la legge 26 febbraio 2010, n. 25 - c.d. milleproroghe - ha introdotto l'articolo 10-sexies concernente il «Differimento dell'applicazione di disposizioni in materia di contributi all'editoria» disponendo al comma 1 lettera d) una riduzione del 50 per cento del contributo complessivo calcolato per ciascun soggetto per i contributi relativi all'anno 2009, limitatamente ai quotidiani italiani editi e diffusi all'estero per far fronte alla norma - inclusa nel medesimo provvedimento - tesa a ripristinare per il 2010 e al massimo al 100 per cento i contributi dovuti al diritto soggettivo per testate ed emittenti di partito, no profit e cooperative;
l'applicazione della suindicata normativa va ad incidere sull'ammontare delle risorse destinate alle circa 150 testate italiane edite all'estero o edite in Italia per essere distribuite oltre confine applicando una riduzione del contributo relativo all'anno 2009 del 50 per cento mettendo in discussione la sopravvivenza stessa delle realtà editoriali, considerando anche che i costi del 2009 sono già stati sostenuti dalle imprese ed un riassorbimento retroattivo delle risorse risulterebbe difficilmente gestibile;
l'applicazione delle suindicate disposizioni comporrebbe un riassorbimento delle risorse alla stampa italiana oltre confine pari a 5 milioni di euro;
i prodotti editoriali, editi o distribuiti oltre confine, rappresentano il principale riferimento culturale ed informativo delle comunità italiane all'estero, oltre che il veicolo indiscusso della promozione della lingua e cultura italiana e della crescita e valorizzazione del Made in Italy,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a riformulare, con apposite disposizioni nell'ambito di provvedimenti affini per materia, - da varare inderogabilmente entro il 2010 - il comma 1 lettera d) della legge 26 febbraio 2010, n. 25, al fine di ripristinare l'ammontare completo dei contributi relativi all'anno 2009 erogati a favore delle realtà editoriali italiane operanti all'estero.
9/3638/293.(Testo modificato nel corso della seduta)Tremaglia, Berardi, Angeli, Di Biagio.

La Camera,
premesso che,
il provvedimento in esame all'articolo 7, reca disposizioni in materia di soppressione ed incorporazione di enti ed organismi pubblici;
il suindicato articolo prevede la soppressione dell'Ipsema, Istituto previdenziale per il settore marittimo, che dovrebbe confluire nell'Inail al fine di creare un «megaente» onnicomprensivo;
la soppressione dell'Ipsema e la sua conseguente confluenza nell'Inail comporta delle gravi ripercussioni in termini di specificità operativa e capacità procedurale nel settore oltre che gravi danni agli operatori del mare e ai circa 450 mila lavoratori del settore, che stanno protestando ormai da due mesi contro questa scelta;
la XI Commissione aveva avviato, nel febbraio di quest'anno, l'esame di un articolato progetto di legge (A.C. 2863) diretto ad istituire l'Ente sociale italiano della navigazione, le cui finalità erano quelle di riunire in un unico ente previdenziale il settore della navigazione e dei soggetti operanti nel campo marittimo, compreso l'Ipsema;
stando all'istruttoria preliminare, il progetto Esin avrebbe comportato un risparmio per l'erario di circa 14 milioni di euro a fronte dei circa 600 mila euro derivanti dalla confluenza dell'Ipsema all' Inail;
l'Italia è chiamata a ratificare entro dicembre 2010, la Convenzione ILO sul lavoro marittimo, le cui disposizioni prevedono la costituzione di uno specifico ente dedicato alla sicurezza, prevenzione e welfare dei marittimi, cioè un ente uguale all'IPSEMA:

impegna il Governo

a valutare l'eventualità di avviare la razionalizzazione delle funzioni in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali inerente a tutti i soggetti che svolgono attività in mare ovvero in ambito lagunare, lacuale e fluviale, nonché al conseguimento di risparmi di spesa, attribuendo ad un unico ente pubblico, di nuova costituzione, le funzioni nonché competenze attribuite alla molteplicità delle strutture pubbliche attualmente operanti nell'ambito del suindicato settore marittimo.
9/3638/294.Di Biagio, Moffa.

La Camera,
premesso che:
il Comune di Catania sta vivendo una delle fasi più buie della sua storia amministrativa;
il dissesto finanziario è alle porte nonostante il governo nazionale abbia elargito 140 milioni di euro a fondo perduto per il ripiano del debito;
non si è mai andato fino in fondo nell'analisi delle ragioni delle difficoltà finanziarie del comune rinvenibili in gestioni «allegre» della finanza pubblica locale;
a pagare sono i cittadini con l'assenza di servizi a partire dal trasporto pubblico, all'assistenza, dai servizi per l'infanzia,

impegna il Governo

a presentare al Parlamento, entro 60 giorni dalla approvazione della legge di conversione del presente decreto, una informativa su come sono stati utilizzati i 140 milioni di euro erogati in favore del comune di Catania per il ripiano del debito di bilancio.
9/3638/295.Burtone.

La Camera,
premesso che:
il comparto della filiera della mozzarella di bufala rappresenta uno dei prodotti di qualità del made in Italy noto in tutto il mondo;
in Campania costituisce una delle principali voci della produzione lattiero casearia;
gli operatori sono fortemente preoccupati dalla concorrenza sleale di pessima qualità che costituisce una vera minaccia per la salute dei cittadini e per il buon nome di un prodotto eccellente;
i cosiddetti casi della mozzarella blu rappresentano un punto di non ritorno rispetto alla necessità di tutelare le produzioni tipiche di qualità in sede nazionale e comunitaria;
si è tenuta nelle scorse settimane l'iniziativa promossa nella Valle del Sele sulla cosiddetta «giornata della mozzarella» per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla sicurezza alimentare e sulla qualità del prodotto alla presenza dei rappresentanti istituzionali e degli operatori del settore,

impegna il Governo

ad istituire entro 60 giorni dalla approvazione della presente legge un tavolo nazionale per la istituzione della giornata della mozzarella di bufala al fine di tutelare e promuovere un prodotto d'eccellenza del settore agroalimentare italiano e campano.
9/3638/296.Cuomo.

La Camera,
premesso che:
la norma di cui al comma 8 dell'articolo 6 del decreto-legge in esame è finalizzata alla riduzione delle spese per relazioni pubbliche, organizzazione convegni e mostre, pubblicità e rappresentanza per tutte le Amministrazioni pubbliche al fine di diminuire i costi degli apparati produttivi della P.A.;
in particolare si stabilisce che a decorrere dal 2011 tutte le Amministrazioni interessate possono effettuare le suddette spese nel limite massimo del 20 per cento di quella sostenuta nell'anno 2009;
pur condividendo l'obiettivo della norma di riduzione dell'indebitamento, si sottolinea che il suddetto taglio per le Amministrazioni centrali e per enti pubblici di una certa dimensione è accettabile e sostenibile, diversamente per i comuni, in particolare quelli di piccole o medie dimensioni, tale norma è penalizzante in modo eccessivo rispetto all'utilità di risparmio che il Governo intende conseguire;
di fatto, per i comuni, già in difficoltà per il blocco degli investimenti conseguente alla rigidità dei vincoli del patto di stabilità, è rilevante organizzare eventi, mostre, occasioni per pubblicizzare le caratteristiche del proprio territorio, per attrarre flussi turistici ovvero opportunità di investimento e conoscenza del territorio;
i comuni, nel rispetto del patto di stabilità, hanno comunque l'obbligo di ridurre il saldo finanziario per concorrere al risanamento dei conti della P.A,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative normative al fine di introdurre alcune deroghe al rispetto del vincolo di spesa richiamato in premessa da parte dei comuni, in particolare quelli minori, consentendo loro una autonomia di spesa in proposito, considerata l'importanza che ha l'organizzazione di mostre, convegni e altri eventi per lo sviluppo dei territori a livello locale.
9/3638/297.Allasia.

La Camera,
premesso che:
attualmente i detenuti ospitati nei 206 istituti di pena italiani sono circa 69.000, a fronte di una capienza regolamentare di 43.087 posti e «tollerabile» di 64.237; siamo, dunque, ampiamente oltre la soglia massima di tolleranza;
il dato relativo al pesante sovraffollamento delle strutture penitenziarie è reso ancor più drammatico dalla carenza degli organici degli agenti di polizia penitenziaria e del personale civile (educatori, psicologi e assistenti sociali);
di fronte ad una tanto grave situazione, i tempi effettivi di realizzazione e le fonti di finanziamento del cosiddetto «Piano Carceri» approvato il 12 gennaio 2010 non risultano essere adeguati, atteso che della somma necessaria al suo completamento, ossia 1 miliardo e 600 milioni di euro, attualmente sarebbero disponibili solo 250 milioni, ai quali la legge finanziaria 2010 ha aggiunto un finanziamento di soli 500 milioni di euro, per un importo complessivo che, quindi, non raggiunge la metà delle ipotizzate necessità di investimento;
la costruzione di 18 nuovi istituti di pena flessibili (di prima accoglienza o destinati a detenuti con pene lievi) e di 47 nuovi padiglioni all'interno delle strutture già esistenti sarà destinata a non avere alcuna utilità e/o efficacia concreta se non sarà presto accompagnata da un notevole aumento degli organici della polizia penitenziaria e del personale civile;
i tagli alle risorse destinate alla giustizia conseguenti alla cosiddetta finanziaria triennale dell'estate 2008 (decreto-legge 112/2008, convertito nella legge 133/2008), stanno causando esiziali difficoltà di gestione ed efficienza amministrativa in tutti gli istituti penitenziari, difficoltà che, in taluni casi, raggiungono punte di vera e propria «emergenza umanitaria», in palese contraddizione con i diritti costituzionalmente garantiti;
nel comparto giustizia, nell'ultimo triennio, i tagli ammontano a circa 140 milioni di euro, il che ha provocato pesanti ripercussioni anche sui fondi necessari a pagare la benzina dei mezzi per la traduzione dei detenuti o su quelli destinati alla manutenzione degli istituti di pena e alle missioni del personale penitenziario;
in particolare, per quanto riguarda le risorse destinate al solo settore dell'Amministrazione Penitenziaria, il presente provvedimento prevede tagli per complessivi 18 milioni e 600.000 mila euro; poco meno della metà di questi tagli, ovvero 7 milioni e 400.000 mila euro, riguarda le spese di mantenimento, assistenza e rieducazione dei detenuti, con effetti deleteri sulle mercedi e sul lavoro dei custoditi, il che non farà altro che aggravare nei prossimi mesi la mancanza di attività quali lo studio ed il lavoro all'interno delle carceri;
è evidente che se le carceri continueranno ad essere considerate il luogo in cui riversare tutti gli esclusi sociali e i soggetti deboli della società, l'aumento della popolazione detenuta risulterà essere sempre più inversamente proporzionale alle risorse disponibili e alla presenza del personale di polizia penitenziaria, degli educatori, degli psicologi e degli assistenti sociali, il tutto all'interno di un sistema carcerario che per nulla garantisce il rispetto del dettato costituzionale,

impegna il Governo

ad affrontare concretamente, mediante una mirata e lungimirante programmazione, la grave emergenza del sovraffollamento degli istituti di pena, da un lato evitando il susseguirsi di interventi normativi settoriali in campo penale che non fanno altro che acuire le problematiche connesse all'elevato numero dei detenuti e, dall'altro, riducendo l'attuale popolazione carceraria e, quindi, i costi necessari alla sua amministrazione e gestione, ampliando la tipologia delle misure alternative attualmente previste mediante l'introduzione dell'istituto della messa alla prova e dei patti per il reinserimento e la sicurezza sociale e riducendo l'area dell'illecito penale relativamente a comportamenti di scarso disvalore sociale mediante un effettivo ampliamento ed una concreta differenziazione delle tipologie sanzionatorie, affiancando alla pena detentiva altre pene interdittive non privative delle libertà personali;
ad adottare ulteriori iniziative volte a rivedere il Piano Carceri approvato dal Governo il 12 gennaio 2010 investendo una quota-parte delle risorse ad esso destinate:
a) nel sostegno del vigente (e scarsamente utilizzato) sistema delle misure alternative alla pena detentiva mediante un meccanismo di co-finanziamento dei progetti finalizzati al reinserimento sociale dei detenuti e degli internati;
b) nella realizzazione di programmi di riabilitazione e reinserimento sociale dei condannati mediante l'utilizzo effettivo dei fondi della Cassa delle Ammende a ciò vincolati;
c) nell'attuazione del diritto allo studio e al lavoro in carcere;
ad adottare ulteriori iniziative al fine di ripristinare nel corso della prossima manovra finanziaria i tagli previsti a carico dell'Amministrazione Penitenziaria nel corso degli ultimi tre anni.
9/3638/298.Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
attualmente i detenuti ospitati nei 206 istituti di pena italiani sono circa 69.000, a fronte di una capienza regolamentare di 43.087 posti e «tollerabile» di 64.237; siamo, dunque, ampiamente oltre la soglia massima di tolleranza;
il dato relativo al pesante sovraffollamento delle strutture penitenziarie è reso ancor più drammatico dalla carenza degli organici degli agenti di polizia penitenziaria e del personale civile (educatori, psicologi e assistenti sociali);
di fronte ad una tanto grave situazione, i tempi effettivi di realizzazione e le fonti di finanziamento del cosiddetto «Piano Carceri» approvato il 12 gennaio 2010 non risultano essere adeguati, atteso che della somma necessaria al suo completamento, ossia 1 miliardo e 600 milioni di euro, attualmente sarebbero disponibili solo 250 milioni, ai quali la legge finanziaria 2010 ha aggiunto un finanziamento di soli 500 milioni di euro, per un importo complessivo che, quindi, non raggiunge la metà delle ipotizzate necessità di investimento;
la costruzione di 18 nuovi istituti di pena flessibili (di prima accoglienza o destinati a detenuti con pene lievi) e di 47 nuovi padiglioni all'interno delle strutture già esistenti sarà destinata a non avere alcuna utilità e/o efficacia concreta se non sarà presto accompagnata da un notevole aumento degli organici della polizia penitenziaria e del personale civile;
i tagli alle risorse destinate alla giustizia conseguenti alla cosiddetta finanziaria triennale dell'estate 2008 (decreto-legge 112/2008, convertito nella legge 133/2008), stanno causando esiziali difficoltà di gestione ed efficienza amministrativa in tutti gli istituti penitenziari, difficoltà che, in taluni casi, raggiungono punte di vera e propria «emergenza umanitaria», in palese contraddizione con i diritti costituzionalmente garantiti;
nel comparto giustizia, nell'ultimo triennio, i tagli ammontano a circa 140 milioni di euro, il che ha provocato pesanti ripercussioni anche sui fondi necessari a pagare la benzina dei mezzi per la traduzione dei detenuti o su quelli destinati alla manutenzione degli istituti di pena e alle missioni del personale penitenziario;
in particolare, per quanto riguarda le risorse destinate al solo settore dell'Amministrazione Penitenziaria, il presente provvedimento prevede tagli per complessivi 18 milioni e 600.000 mila euro; poco meno della metà di questi tagli, ovvero 7 milioni e 400.000 mila euro, riguarda le spese di mantenimento, assistenza e rieducazione dei detenuti, con effetti deleteri sulle mercedi e sul lavoro dei custoditi, il che non farà altro che aggravare nei prossimi mesi la mancanza di attività quali lo studio ed il lavoro all'interno delle carceri;
è evidente che se le carceri continueranno ad essere considerate il luogo in cui riversare tutti gli esclusi sociali e i soggetti deboli della società, l'aumento della popolazione detenuta risulterà essere sempre più inversamente proporzionale alle risorse disponibili e alla presenza del personale di polizia penitenziaria, degli educatori, degli psicologi e degli assistenti sociali, il tutto all'interno di un sistema carcerario che per nulla garantisce il rispetto del dettato costituzionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di affrontare concretamente, mediante una mirata e lungimirante programmazione, la grave emergenza del sovraffollamento degli istituti di pena, da un lato evitando il susseguirsi di interventi normativi settoriali in campo penale che non fanno altro che acuire le problematiche connesse all'elevato numero dei detenuti e, dall'altro, riducendo l'attuale popolazione carceraria e, quindi, i costi necessari alla sua amministrazione e gestione, ampliando la tipologia delle misure alternative attualmente previste mediante l'introduzione dell'istituto della messa alla prova e dei patti per il reinserimento e la sicurezza sociale e riducendo l'area dell'illecito penale relativamente a comportamenti di scarso disvalore sociale mediante un effettivo ampliamento ed una concreta differenziazione delle tipologie sanzionatorie, affiancando alla pena detentiva altre pene interdittive non privative delle libertà personali;
ad adottare ulteriori iniziative volte a rivedere il Piano Carceri approvato dal Governo il 12 gennaio 2010 investendo una quota-parte delle risorse ad esso destinate:
a) nel sostegno del vigente (e scarsamente utilizzato) sistema delle misure alternative alla pena detentiva mediante un meccanismo di co-finanziamento dei progetti finalizzati al reinserimento sociale dei detenuti e degli internati;
b) nella realizzazione di programmi di riabilitazione e reinserimento sociale dei condannati mediante l'utilizzo effettivo dei fondi della Cassa delle Ammende a ciò vincolati;
c) nell'attuazione del diritto allo studio e al lavoro in carcere;
ad adottare ulteriori iniziative al fine di ripristinare nel corso della prossima manovra finanziaria i tagli previsti a carico dell'Amministrazione Penitenziaria nel corso degli ultimi tre anni.
9/3638/298.(Testo modificato nel corso della seduta)Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 17, comma 2, del decreto-legge in esame, autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze a concedere la garanzia dello Stato, mediante l'emissione di titoli di stato a medio - lungo termine, sulle passività della società composta dagli Stati membri dell'UEM;
da oltre 30 anni il Governo libico è debitore nei confronti di cittadini, enti e società italiani che hanno operato in Libia e che rischiano il fallimento perché sin attesa del pagamento dei loro crediti per beni forniti, lavori effettuati e servizi prestati in Libia dal 1o gennaio 1970 al 28 ottobre 2002, crediti riconosciuti nella loro entità di 450 milioni di euro anche dal Governo libico;
in conformità a quanto sancito nell'articolo 13, Capo II, dell'accordo bilaterale stipulato dal Governo italiano con il Governo della Repubblica libica a Bengasi il 30 agosto del 2008 - legge di autorizzazione alla ratifica 6 febbraio 2009, n. 7 si è in seguito previsto, al fine di chiudere il contenzioso con il passato, un risarcimento annuale e per 20 anni di 200 milioni di euro da parte del Governo italiano nei confronti di quello libico, nonché la corresponsione di indennizzi ai soggetti titolari di beni, diritti e interessi sottoposti in Libia a misure limitative;
il 17 settembre 2008 il Ministro Frattini ha dichiarato nell'aula del Senato che il Governo libico ha offerto la somma di 450 milioni di euro per i crediti delle imprese, dichiarati insufficienti da parte italiana;
a oggi, luglio 2010, è ancora in corso di esame presso la 6a Commissione permanente del Senato un testo unificato (ex ddl 413 - 465 - 508), concernente disposizioni in materia di garanzia dello Stato sui crediti vantati da cittadini, enti e società italiani per beni forniti, lavori effettuati e servizi prestati in Libia dal 1o gennaio 1970 al 28 ottobre 2002;
l'articolo 1 del suddetto testo unificato sancisce che lo Stato italiano concede una garanzia sovrana nel limite massimo di 450 milioni di euro e per la durata di cinque anni, finalizzato allo smobilizzo dei crediti insoluti non assicurati, accertati e quantificati;
in più occasioni il Governo si è espresso pubblicamente per garantire che i crediti vantati dalle imprese italiane nei confronti della Libia, sarebbero stati pagati;
nonostante tali promesse, ad oggi, tali crediti restano purtroppo inesigibili recando grave pregiudizio alle imprese italiane e alla credibilità del nostro paese che è stato il primo paese europeo ad stipulare un trattato di amicizia con la Libia,

impegna il Governo

anche in ottemperanza al dettato dell'articolo 35 della Costituzione, a prevedere forme di garanzia statale per i crediti delle imprese italiane citate in premessa visto il mancato pagamento degli stessi da parte del Governo libico, nonché ad emanare quanto prima il decreto per la corresponsione degli indennizzi di cui all'articolo 4 della legge n. 7 del 2009.
9/3638/299.Mecacci, Duilio, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
con il decreto-legge in esame vengono introdotte nell'ordinamento delle norme che incideranno direttamente sul trattamento economico del personale dei comparti Sicurezza e Difesa, nonché di quelli del soccorso pubblico;
fin dalla pubblicazione del testo sulla Gazzetta Ufficiale e, successivamente nell'ambito della discussione al Senato della legge di conversione, si sono svolte eclatanti manifestazioni di protesta organizzate dalle differenti sigle delle Organizzazioni Sindacali delle Forze di polizia e di alcuni esponenti dei Consigli Centrali della Rappresentanza militare dell'Aeronautica e del Corpo della guardia di finanza che hanno visto anche oltre 1.500.000 di cittadini italiani sottoscrivere una raccolta di firme per sostenere le ragioni della protesta;
a seguito di tali risolute ed eccezionali forme di protesta, i Ministri della Difesa e dell'Interno hanno pubblicamente annunciato e poi successivamente presentato nel corso della discussione del provvedimento da parte dell'Assemblea del Senato della Repubblica, che le ha approvate, alcune proposte emendative che secondo i promotori offriranno delle adeguate soluzioni alle numerose problematiche riscontrate dalle citate Organizzazioni Sindacali;
nel corso di una conferenza stampa i medesimi Ministri annunciavano la presentazione di un apposito ordine del giorno per impegnare il Governo ad una corretta interpretazione delle norme contenute nella manovra finanziaria correttiva all'esame dell'Assemblea della Camera dei Deputati, in accoglimento delle ragioni poste a fondamento della protesta attuata dalle Organizzazioni Sindacali e dalle Rappresentanze militari dell'Aeronautica e del Corpo della guardia di finanza;
sono state molteplici e autorevoli le dichiarazioni pubbliche di esponenti della maggioranza sulla volontà del governo di attuare un pieno e reale riconoscimento della specificità del lavoro degli appartenenti ai comparti Sicurezza e Difesa, nonché di quelli del Corpo dei Vigili del fuoco, che rendono necessario e improcrastinabile dare piena attuazione agli ordini del giorno 9/3210/2 a firma di Maurizio Turco, 9/3210/3 Maria Antonietta Farina Coscioni, 9/3210/4 Matteo Mecacci, 9/3210/6 Elisabetta Zamparutti, 9/3210/9 Marco Beltrandi, tutti accolti come raccomandazione;
il Ministro della difesa ha recentemente reso noto la decisione di provvedere ad una riduzione delle spese destinate ai sistemi d'arma destinati alle Forze armate, riducendo di 25 unità l'acquisizione già programmata del velivolo Eurofighter, dando così, in una attuazione anticipata dell'articolo 6, comma 21-ter, una parziale, ma concreta, risposta alle molteplici richieste in tal senso,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza le opportune iniziative normative con le quali si disponga che:
l'articolo 8, comma 11-bis, del decreto di cui al disegno di legge di conversione del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, si interpreta nel senso che il fondo appositamente istituito per gli anni 2011 e 2012 è utilizzato per il pagamento delle misure retributive di natura fissa e continuativa, compreso il trattamento accessorio, dell'assegno funzionale pensionabile, delle indennità operative delle forze armate, degli emolumenti spettanti conseguentemente a promozioni , anche in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 9, comma 21 del medesimo decreto legge;
l'articolo 9, comma 1, del decreto di cui al disegno di legge di conversione del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, si interpreta nel senso che per gli armi 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo erogato dalle pubbliche amministrazioni, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo i della legge 31 dicembre 2009, n. 196, ad eccezione delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, II. 165, non può superare, in ogni caso, il totale della spesa effettuato per l'anno 2010, al netto degli importi derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse, nonché, in ogni caso, quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque denominate, maternità, malattia, missioni svolte all'estero, effettiva presenza in servizio;
l'articolo 9, comma 2-bis, del decreto di cui al disegno di legge di conversione del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, si interpreta nel senso che a decorrere dal 1o gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, escluse quelle di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo, non può superare il corrispondente importo dell'anno 2010 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio, salvo quanto previsto dalla norma di interpretazione autentica dell'articolo 9, comma 1, del medesimo decreto legge;
l'articolo 9, comma 21, del decreto di cui al disegno di legge di conversione del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, si interpreta nel senso che le disposizioni in esso contenute non si applicano al personale dei comparti difesa e sicurezza, nonché a quello del soccorso pubblico;
l'articolo 9, comma 30, del decreto di cui al disegno di legge di conversione del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, si interpreta nel senso che le somme accantonate per gli effetti dei provvedimenti normativi di cui all'articolo 3, comma 155, secondo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 35o, sono rese disponibili a decorrere dal 1o gennaio 2011 per provvedere alla necessaria copertura finanziaria di provvedimenti normativi in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale non direttivo e non dirigente delle Forze armate e delle Forze di polizia, da emanarsi entro il 31 dicembre 2011;
l'articolo 9, comma 34, del decreto legge allegato al disegno di legge di conversione del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, si interpreta nel senso che a decorrere dall'anno 2014, l'indennità di impiego operativo per reparti di campagna prevista dall'articolo 4, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 1o maggio 1996, n. 360, è corrisposta nel limite di spesa determinato per l'anno 2008, ridotto del 30 per cento. Fatte salve le attribuzioni disposte entro il 31 dicembre 2010;
a procedere, tramite opportune iniziative anche di carattere normativo, verso un riassetto ed una riorganizzazione delle progressioni economiche e delle carriere, estesa a tutto il personale Forze armate e delle Forze di polizia, al fine di dare pieno significato alla "specificità delle funzioni e dei compiti ad essi assegnati dalla Costituzione e dai rispettivi Ordinamenti;
a sostenere il processo di reclutamento del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia, destinando adeguate risorse per accelerare l'attuazione del modello professionale, al fine di pervenire ad un ottimale bilanciamento della configurazione organica;
a valutare ogni possibile soluzione per attuare una sospensione, almeno fino al i gennaio 2014, del Programma pluriennale di A/R n. SMD 02/2009, relativo all'acquisizione del sistema d'arma Joint Strike Fighter e realizzazione dell'associata linea FACO/MRO&Ue conseguentemente a valutare la possibile attuazione di una riduzione di almeno 5o dei velivoli programmati per l'acquisizione, al fine di reperire le indispensabili risorse economiche necessarie a garantire ai comparti Sicurezza e Difesa la piena operatività per il raggiungimento dei fini istituzionali.
9/3638/300.Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Zamparutti, Pes.

La Camera,
premesso che:
con il decreto-legge in esame vengono introdotte nell'ordinamento delle norme che incideranno direttamente sul trattamento economico del personale dei comparti Sicurezza e Difesa, nonché di quelli del soccorso pubblico;
fin dalla pubblicazione del testo sulla Gazzetta Ufficiale e, successivamente nell'ambito della discussione al Senato della legge di conversione, si sono svolte eclatanti manifestazioni di protesta organizzate dalle differenti sigle delle Organizzazioni Sindacali delle Forze di polizia e di alcuni esponenti dei Consigli Centrali della Rappresentanza militare dell'Aeronautica e del Corpo della guardia di finanza che hanno visto anche oltre 1.500.000 di cittadini italiani sottoscrivere una raccolta di firme per sostenere le ragioni della protesta;
a seguito di tali risolute ed eccezionali forme di protesta, i Ministri della Difesa e dell'Interno hanno pubblicamente annunciato e poi successivamente presentato nel corso della discussione del provvedimento da parte dell'Assemblea del Senato della Repubblica, che le ha approvate, alcune proposte emendative che secondo i promotori offriranno delle adeguate soluzioni alle numerose problematiche riscontrate dalle citate Organizzazioni Sindacali;
nel corso di una conferenza stampa i medesimi Ministri annunciavano la presentazione di un apposito ordine del giorno per impegnare il Governo ad una corretta interpretazione delle norme contenute nella manovra finanziaria correttiva all'esame dell'Assemblea della Camera dei Deputati, in accoglimento delle ragioni poste a fondamento della protesta attuata dalle Organizzazioni Sindacali e dalle Rappresentanze militari dell'Aeronautica e del Corpo della guardia di finanza;
sono state molteplici e autorevoli le dichiarazioni pubbliche di esponenti della maggioranza sulla volontà del governo di attuare un pieno e reale riconoscimento della specificità del lavoro degli appartenenti ai comparti Sicurezza e Difesa, nonché di quelli del Corpo dei Vigili del fuoco, che rendono necessario e improcrastinabile dare piena attuazione agli ordini del giorno 9/3210/2 a firma di Maurizio Turco, 9/3210/3 Maria Antonietta Farina Coscioni, 9/3210/4 Matteo Mecacci, 9/3210/6 Elisabetta Zamparutti, 9/3210/9 Marco Beltrandi, tutti accolti come raccomandazione;
il Ministro della difesa ha recentemente reso noto la decisione di provvedere ad una riduzione delle spese destinate ai sistemi d'arma destinati alle Forze armate, riducendo di 25 unità l'acquisizione già programmata del velivolo Eurofighter, dando così, in una attuazione anticipata dell'articolo 6, comma 21-ter, una parziale, ma concreta, risposta alle molteplici richieste in tal senso,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare con urgenza le opportune iniziative normative con le quali si disponga che:
l'articolo 8, comma 11-bis, del decreto di cui al disegno di legge di conversione del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, si interpreta nel senso che il fondo appositamente istituito per gli anni 2011 e 2012 è utilizzato per il pagamento delle misure retributive di natura fissa e continuativa, compreso il trattamento accessorio, dell'assegno funzionale pensionabile, delle indennità operative delle forze armate, degli emolumenti spettanti conseguentemente a promozioni , anche in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 9, comma 21 del medesimo decreto legge;
l'articolo 9, comma 1, del decreto di cui al disegno di legge di conversione del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, si interpreta nel senso che per gli armi 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo erogato dalle pubbliche amministrazioni, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo i della legge 31 dicembre 2009, n. 196, ad eccezione delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, II. 165, non può superare, in ogni caso, il totale della spesa effettuato per l'anno 2010, al netto degli importi derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse, nonché, in ogni caso, quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque denominate, maternità, malattia, missioni svolte all'estero, effettiva presenza in servizio;
l'articolo 9, comma 2-bis, del decreto di cui al disegno di legge di conversione del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, si interpreta nel senso che a decorrere dal 1o gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, escluse quelle di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo, non può superare il corrispondente importo dell'anno 2010 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio, salvo quanto previsto dalla norma di interpretazione autentica dell'articolo 9, comma 1, del medesimo decreto legge;
l'articolo 9, comma 21, del decreto di cui al disegno di legge di conversione del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, si interpreta nel senso che le disposizioni in esso contenute non si applicano al personale dei comparti difesa e sicurezza, nonché a quello del soccorso pubblico;
l'articolo 9, comma 30, del decreto di cui al disegno di legge di conversione del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, si interpreta nel senso che le somme accantonate per gli effetti dei provvedimenti normativi di cui all'articolo 3, comma 155, secondo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 35o, sono rese disponibili a decorrere dal 1o gennaio 2011 per provvedere alla necessaria copertura finanziaria di provvedimenti normativi in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale non direttivo e non dirigente delle Forze armate e delle Forze di polizia, da emanarsi entro il 31 dicembre 2011;
l'articolo 9, comma 34, del decreto legge allegato al disegno di legge di conversione del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, si interpreta nel senso che a decorrere dall'anno 2014, l'indennità di impiego operativo per reparti di campagna prevista dall'articolo 4, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 1o maggio 1996, n. 360, è corrisposta nel limite di spesa determinato per l'anno 2008, ridotto del 30 per cento. Fatte salve le attribuzioni disposte entro il 31 dicembre 2010;
a procedere, tramite opportune iniziative anche di carattere normativo, verso un riassetto ed una riorganizzazione delle progressioni economiche e delle carriere, estesa a tutto il personale Forze armate e delle Forze di polizia, al fine di dare pieno significato alla "specificità delle funzioni e dei compiti ad essi assegnati dalla Costituzione e dai rispettivi Ordinamenti;
a sostenere il processo di reclutamento del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia, destinando adeguate risorse per accelerare l'attuazione del modello professionale, al fine di pervenire ad un ottimale bilanciamento della configurazione organica;
a valutare ogni possibile soluzione per attuare una sospensione, almeno fino al i gennaio 2014, del Programma pluriennale di A/R n. SMD 02/2009, relativo all'acquisizione del sistema d'arma Joint Strike Fighter e realizzazione dell'associata linea FACO/MRO&Ue conseguentemente a valutare la possibile attuazione di una riduzione di almeno 5o dei velivoli programmati per l'acquisizione, al fine di reperire le indispensabili risorse economiche necessarie a garantire ai comparti Sicurezza e Difesa la piena operatività per il raggiungimento dei fini istituzionali.
9/3638/300.(Testo modificato nel corso della seduta)Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Zamparutti, Pes.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 46 del provvedimento in esame disciplina la revoca di mutui assunti dalla Cassa depositi e prestiti entro il 31 dicembre 2006 con oneri interamente a carico dello Stato ed interamente non erogati ai soggetti beneficiari;
tale disposizione rischia di compromettere la realizzazione di interventi di potenziamento infrastrutturale nei vari territori nazionali;
in particolare, le risorse destinate al sistema idroviario padano-veneto, subirebbero un colpo ferale e con esso le attese delle popolazioni locali e degli operatori economici dell'area;
le opere per lo sviluppo e il potenziamento idroviario padano-veneto hanno un costo complessivo pari a 61 milioni di euro e che tutte le opere trovano copertura nei fondi stanziati per lo sviluppo del settore dalle leggi 413/98 e 350/90,

impegna il Governo

ad escludere, attraverso il decreto con cui il Ministro dell'economia e delle finanze dovrà individuare le risorse da revocare, le risorse destinate al sistema idroviario padano-veneto dall'applicazione della norma di cui all'articolo 46 del presente provvedimento.
9/3638/301.Pizzetti, Marco Carra.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 41 reca disposizioni sul regime fiscale di attrazione europea finalizzate ad attirare in Italia imprese di altri paesi europei consentendo alle imprese estere residenti in uno Stato membro dell'Unione Europea di applicare sul territorio italiano, in luogo del regime tributario vigente in Italia, una diversa normativa fiscale scelta fra quelle esistenti all'interno della Unione;
la disciplina estera non si intende alternativa anche ai tributi diversi da quelli erariali;
il comma 1-bis. introdotto nel corso del provvedimento al Senato, precisa, con finalità antielusive, che la facoltà indicata nel comma 1 si applica esclusivamente alle attività economiche nuove - ossia di attività economiche che non risultano già avviate alla data del 31 maggio 2010 (data di entrata in vigore del decreto-legge) - svolte effettivamente nel territorio dello Stato;
la scelta da parte di tali imprese di svolgere una nuova attività economica in Italia chiedendo l'applicazione delle regole fiscali vigenti altro Stato europeo è estesa anche ai loro dipendenti e collaboratori che avranno quindi la facoltà di applicare un regime fiscale più favorevole per un periodo di tre anni;
vi è un'evidente violazione della concorrenza e una discriminazione a danno dei residenti e dei lavoratori italiani: i confinanti avrebbero due contratti di lavoro diversi;
l'applicazione del dettato normativo è estremamente difficile e pone un ostacolo applicativo per i giudici tributari in quanto l'Agenzia delle entrate dovrebbe conoscere 27 normative più favorevoli;
consentire alle imprese estere residenti in uno Stato membro dell'Unione europea di applicare in luogo del regime tributario italiano una diversa normativa fiscale scelta tra quelle esistenti all'interno dell'Unione potrebbe determinare una forma di concorrenza sleale nei confronti delle imprese italiane,

impegna il Governo

a chiarire quali siano i tributi statali italiani cui la norma si riferisce e, in particolare, se la prevista alternatività con la normativa tributaria sia riferita alla sola imposizione diretta o anche all'imposizione indiretta;

a prevedere, nell'ambito dell'obbligo di interpellare l'amministrazione finanziaria secondo quanto previsto dal decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, adeguate misure di tutela per il tessuto produttivo nazionale al fine di evitare che il regime fiscale di attrazione europea non si traduca di fatto solo in una forma di concorrenza sleale e in un danno per i lavoratori italiani senza alcun vantaggio di natura competitiva per l'intero sistema paese;

ad adottare, in luogo di agevolazioni fiscali, opportune misure per le imprese in materia di semplificazione amministrativa e di facilitazione nell'accesso al credito, tali da consentire l'attrazione di imprese estere e al contempo favorire le imprese nazionali.
9/3638/302.Vannucci.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 41 reca disposizioni sul regime fiscale di attrazione europea finalizzate ad attirare in Italia imprese di altri paesi europei consentendo alle imprese estere residenti in uno Stato membro dell'Unione Europea di applicare sul territorio italiano, in luogo del regime tributario vigente in Italia, una diversa normativa fiscale scelta fra quelle esistenti all'interno della Unione;
la disciplina estera non si intende alternativa anche ai tributi diversi da quelli erariali;
il comma 1-bis. introdotto nel corso del provvedimento al Senato, precisa, con finalità antielusive, che la facoltà indicata nel comma 1 si applica esclusivamente alle attività economiche nuove - ossia di attività economiche che non risultano già avviate alla data del 31 maggio 2010 (data di entrata in vigore del decreto-legge) - svolte effettivamente nel territorio dello Stato;
la scelta da parte di tali imprese di svolgere una nuova attività economica in Italia chiedendo l'applicazione delle regole fiscali vigenti altro Stato europeo è estesa anche ai loro dipendenti e collaboratori che avranno quindi la facoltà di applicare un regime fiscale più favorevole per un periodo di tre anni;
vi è un'evidente violazione della concorrenza e una discriminazione a danno dei residenti e dei lavoratori italiani: i confinanti avrebbero due contratti di lavoro diversi;
l'applicazione del dettato normativo è estremamente difficile e pone un ostacolo applicativo per i giudici tributari in quanto l'Agenzia delle entrate dovrebbe conoscere 27 normative più favorevoli;
consentire alle imprese estere residenti in uno Stato membro dell'Unione europea di applicare in luogo del regime tributario italiano una diversa normativa fiscale scelta tra quelle esistenti all'interno dell'Unione potrebbe determinare una forma di concorrenza sleale nei confronti delle imprese italiane,

impegna il Governo

a chiarire quali siano i tributi statali italiani cui la norma si riferisce e, in particolare, se la prevista alternatività con la normativa tributaria sia riferita alla sola imposizione diretta o anche all'imposizione indiretta;

a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito dell'obbligo di interpellare l'amministrazione finanziaria secondo quanto previsto dal decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, adeguate misure di tutela per il tessuto produttivo nazionale al fine di evitare che il regime fiscale di attrazione europea non si traduca di fatto solo in una forma di concorrenza sleale e in un danno per i lavoratori italiani senza alcun vantaggio di natura competitiva per l'intero sistema paese;

ad adottare, in luogo di agevolazioni fiscali, opportune misure per le imprese in materia di semplificazione amministrativa e di facilitazione nell'accesso al credito, tali da consentire l'attrazione di imprese estere e al contempo favorire le imprese nazionali.
9/3638/302.(Testo modificato nel corso della seduta)Vannucci.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame, all'articolo 8, comma 14, modifica la destinazione delle risorse di cui all'articolo 64, comma 9, del decreto-legge 112/08 (convertito dalla legge n.133/08) che recitava: «una quota parte delle economie di spesa di cui al comma 6 e' destinata, nella misura del 30 per cento, ad incrementare le risorse contrattuali stanziate per le iniziative dirette alla valorizzazione ed allo sviluppo professionale della carriera del personale della Scuola», in conseguenza della scelta operata per il contenimento delle spese in materia di impiego pubblico con il blocco della tornata contrattuale per il triennio 2010-2012;
lo stesso comma prevede che dette risorse siano «comunque destinate al settore scolastico» e la relazione tecnica precisa che «la norma ...destina le economie di cui all'articolo 64, comma 9, della legge 133/08 al ripianamento dei debiti pregressi delle istituzioni scolastiche ovvero al finanziamento delle spese per supplenze brevi e di funzionamento, ivi comprese quelle per le attività di cui all'articolo 78, comma 31 della L 388/2000 [soggetti impegnati in progetti di lavoro socialmente utili presso gli istituti scolastici]»;
in seguito al maxiemendamento presentato al Senato, con le modifiche apportate all'articolo 9, comma 23 - nel quale è stato fatto salvo il disposto dell'articolo 8, comma 14 emendato dal Senato con l'aggiunta della parole: «La destinazione delle risorse previste dal presente comma è stabilita con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative» - la relazione tecnica rileva che «è possibile utilizzare il 30 per cento delle economie di cui all'articolo 64, comma 9, della legge 6 agosto 2008, n. 133, previa prescritta certificazione delle stesse, per il personale docente e ATA della scuola, ai fini di un graduale sblocco degli scatti di anzianità, congelati per effetto del citato comma 23, mediante compensazione delle correlate economie di spesa»;
come riportato da un settimanale on line di settore, in un recente seminario, svoltosi ad Ischia dal 18 al 22 luglio, si è rilevato che la pur apprezzata sopracitata disponibilità del Governo a sbloccare gli scatti di anzianità avverrà purtroppo a scapito della valorizzazione professionale dei docenti e quindi a scapito dell'innovazione della scuola;
il documento della Commissione europea «Europa 2020», nell'individuare che «uscire dalla crisi è certamente la priorità immediata, ma è ancora più importante non cercare di tornare alla situazione precedente alla crisi» poiché «Anche prima della crisi, c'erano molti settori in cui l'Europa non progrediva con sufficiente rapidità rispetto al resto del mondo», ribadisce che l'Europa deve evitare il declino aumentando la sua capacità di ottenere risultati ancora migliori attraverso tre priorità: crescita intelligente, crescita sostenibile, crescita inclusiva, laddove per «crescita intelligente» si intende «quella che promuove la conoscenza e l'innovazione come motori della nostra futura crescita. Ciò significa migliorare la qualità dell'istruzione», garantendo investimenti efficienti, migliorando i risultati, la pertinenza e il collegamento col mercato del lavoro;
già Il Consiglio europeo di Barcellona del 2002 aveva posto l'obiettivo di fare dei sistemi europei di istruzione e di formazione un riferimento di qualità a livello mondiale entro il 2010;
nel giugno 2009, il Parlamento e il Consiglio d'Europa raccomandano agli stati membri di «utilizzare e sviluppare ulteriormente il quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità ..., allo scopo di migliorare e sviluppare ulteriormente i loro sistemi di istruzione e formazione professionale, ...nonché promuovere una cultura del miglioramento della qualità e dell'innovazione a tutti i livelli» definendo entro il giugno 2011 «un approccio ...che coinvolga le parti sociali, le autorità regionali e locali e tutti i soggetti interessati»;
in Italia sono ancora completamente assenti o poco definite azioni sistemiche rivolte alla garanzia della qualità dell'istruzione, laddove la quasi totalità dei Paesi europei, basti pensare a Francia e Regno Unito, vanta una grande tradizione storica di ricerca, di valutazione, di supporto al miglioramento; impegno recentemente accentuato e inserito nei piani nazionali di superamento della crisi economica come accade in Germania;
per attuare quanto previsto dalla raccomandazione più sopra citata, per il compito auspicato anche recentemente dal Ministro dell'istruzione «di migliorare la qualità del nostro sistema scolastico» (conferenza stampa sui test Invalsi, 15.7.10), è necessario, dunque in Italia, lo sforzo straordinario di definire una strategia organica per la qualità della scuola italiana in modo da non farci cogliere impreparati sia di fronte a valutazioni internazionali (quali l'OCSE-PISA), sia di fronte all'estremo bisogno di innovazione del Paese (al Sud per sconfiggere l'arretratezza, al Nord per vincere la sfida della competitività produttiva) e, per tale impegno, è indispensabile la costruzione di un sistema completo di valutazione, incentivazione e miglioramento;
i sistemi di valutazione, di incentivazione e di miglioramento sono strettamente interdipendenti e, per essere efficaci devono avere indicatori certi, preventivamente conosciuti, con chiarezza di percorso e di obbiettivi, in modo da generare fiducia, coinvolgimento e processi virtuosi di riflessione e di autoformazione nella comunità docente e dirigente;
le azione rivolte alla qualità della scuola richiedono: il supporto di alte professionalità, meccanismi cooperativi e non competitivi, il riconoscimento del merito di ciascuno in funzione delle capacità che può esprimere, l'accompagnamento di ogni scuola verso il massimo del suo potenziale, la partecipazione al processo anche di studenti e genitori, l'accountability delle scuole dell'autonomia; la veicolazione delle buone prassi;
tale strategia, per essere organica e rendere la valutazione una risorsa strate-gica per il miglioramento. deve comprendere quattro obiettivi tra loro in stretta relazione: sistema scolastico nel suo complesso (nazionale e regionale), istituzioni scolastiche autonome (interna collegata al POF e esterna in contesto), personale (prestazioni e specializzazione), esiti scolastici (apprendimenti, competenze, ricerca didattica e analisi della spendibilità dei titoli di studio);
i compiti da svolgere possono essere raggruppati in tre grandi filoni: la raccolta di dati (compresi gli esiti nazionali degli apprendimenti attraverso prove oggettive); la ricerca didattica e la formazione in servizio (in raccordo con le regioni, con le università, con organismi europei e internazionali); e i team di valutazione esterna delle autonomie scolastiche con il mandato del miglioramento (gli `ispettori');

tali compiti corrispondono rispettivamente all'attuale Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI), all'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica (ANSAS ex Indire con gli lire) e ad una entità inedita per l'Italia, che dovrebbe corrispondere al 'corpo degli ispettori';
tali entità debbono essere rivisitate, potenziate, o in un caso costruita, nella loro necessaria completa autonomia amministrativa, scientifica e professionale affinché il loro operato possa essere condotto in modo imparziale e con la massima trasparenza, attraverso criteri condivisi e comunicati, con il contributo di esperti anche internazionali, dell'Università e delle migliori esperienze e della professionalità della Scuola; componenti del mondo accademico, tenendo conto del panorama internazionale;
risulta necessario prevedere la redazione e la presentazione annuale di un 'Rapporto Nazionale' al Parlamento e al Governo, realizzato con la collaborazione degli Istituti sopra menzionati e attraverso istituti di ricerca, Università e organismi di livello internazionali,

impegna il Governo

a destinare adeguate risorse già dalla prossima legge di stabilità volte alla costituzione di un sistema autonomo ed organico di valutazione, incentivazione e miglioramento della scuola italiana, che tenga conto delle valutazioni sopra esposte;
a prevedere una apposita unità previsionale di base. destinata a finanziare stabilmente l'attività del sistema nazionale di valutazione, incentivazione e miglioramento.
9/3638/303.De Torre, Ghizzoni, Nicolais, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame, all'articolo 8, comma 14, modifica la destinazione delle risorse di cui all'articolo 64, comma 9, del decreto-legge 112/08 (convertito dalla legge n.133/08) che recitava: «una quota parte delle economie di spesa di cui al comma 6 e' destinata, nella misura del 30 per cento, ad incrementare le risorse contrattuali stanziate per le iniziative dirette alla valorizzazione ed allo sviluppo professionale della carriera del personale della Scuola», in conseguenza della scelta operata per il contenimento delle spese in materia di impiego pubblico con il blocco della tornata contrattuale per il triennio 2010-2012;
lo stesso comma prevede che dette risorse siano «comunque destinate al settore scolastico» e la relazione tecnica precisa che «la norma ...destina le economie di cui all'articolo 64, comma 9, della legge 133/08 al ripianamento dei debiti pregressi delle istituzioni scolastiche ovvero al finanziamento delle spese per supplenze brevi e di funzionamento, ivi comprese quelle per le attività di cui all'articolo 78, comma 31 della L 388/2000 [soggetti impegnati in progetti di lavoro socialmente utili presso gli istituti scolastici]»;
in seguito al maxiemendamento presentato al Senato, con le modifiche apportate all'articolo 9, comma 23 - nel quale è stato fatto salvo il disposto dell'articolo 8, comma 14 emendato dal Senato con l'aggiunta della parole: «La destinazione delle risorse previste dal presente comma è stabilita con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative» - la relazione tecnica rileva che «è possibile utilizzare il 30 per cento delle economie di cui all'articolo 64, comma 9, della legge 6 agosto 2008, n. 133, previa prescritta certificazione delle stesse, per il personale docente e ATA della scuola, ai fini di un graduale sblocco degli scatti di anzianità, congelati per effetto del citato comma 23, mediante compensazione delle correlate economie di spesa»;
come riportato da un settimanale on line di settore, in un recente seminario, svoltosi ad Ischia dal 18 al 22 luglio, si è rilevato che la pur apprezzata sopracitata disponibilità del Governo a sbloccare gli scatti di anzianità avverrà purtroppo a scapito della valorizzazione professionale dei docenti e quindi a scapito dell'innovazione della scuola;
il documento della Commissione europea «Europa 2020», nell'individuare che «uscire dalla crisi è certamente la priorità immediata, ma è ancora più importante non cercare di tornare alla situazione precedente alla crisi» poiché «Anche prima della crisi, c'erano molti settori in cui l'Europa non progrediva con sufficiente rapidità rispetto al resto del mondo», ribadisce che l'Europa deve evitare il declino aumentando la sua capacità di ottenere risultati ancora migliori attraverso tre priorità: crescita intelligente, crescita sostenibile, crescita inclusiva, laddove per «crescita intelligente» si intende «quella che promuove la conoscenza e l'innovazione come motori della nostra futura crescita. Ciò significa migliorare la qualità dell'istruzione», garantendo investimenti efficienti, migliorando i risultati, la pertinenza e il collegamento col mercato del lavoro;
già Il Consiglio europeo di Barcellona del 2002 aveva posto l'obiettivo di fare dei sistemi europei di istruzione e di formazione un riferimento di qualità a livello mondiale entro il 2010;
nel giugno 2009, il Parlamento e il Consiglio d'Europa raccomandano agli stati membri di «utilizzare e sviluppare ulteriormente il quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità ..., allo scopo di migliorare e sviluppare ulteriormente i loro sistemi di istruzione e formazione professionale, ...nonché promuovere una cultura del miglioramento della qualità e dell'innovazione a tutti i livelli» definendo entro il giugno 2011 «un approccio ...che coinvolga le parti sociali, le autorità regionali e locali e tutti i soggetti interessati»;
in Italia sono ancora completamente assenti o poco definite azioni sistemiche rivolte alla garanzia della qualità dell'istruzione, laddove la quasi totalità dei Paesi europei, basti pensare a Francia e Regno Unito, vanta una grande tradizione storica di ricerca, di valutazione, di supporto al miglioramento; impegno recentemente accentuato e inserito nei piani nazionali di superamento della crisi economica come accade in Germania;
per attuare quanto previsto dalla raccomandazione più sopra citata, per il compito auspicato anche recentemente dal Ministro dell'istruzione «di migliorare la qualità del nostro sistema scolastico» (conferenza stampa sui test Invalsi, 15.7.10), è necessario, dunque in Italia, lo sforzo straordinario di definire una strategia organica per la qualità della scuola italiana in modo da non farci cogliere impreparati sia di fronte a valutazioni internazionali (quali l'OCSE-PISA), sia di fronte all'estremo bisogno di innovazione del Paese (al Sud per sconfiggere l'arretratezza, al Nord per vincere la sfida della competitività produttiva) e, per tale impegno, è indispensabile la costruzione di un sistema completo di valutazione, incentivazione e miglioramento;
i sistemi di valutazione, di incentivazione e di miglioramento sono strettamente interdipendenti e, per essere efficaci devono avere indicatori certi, preventivamente conosciuti, con chiarezza di percorso e di obbiettivi, in modo da generare fiducia, coinvolgimento e processi virtuosi di riflessione e di autoformazione nella comunità docente e dirigente;
le azione rivolte alla qualità della scuola richiedono: il supporto di alte professionalità, meccanismi cooperativi e non competitivi, il riconoscimento del merito di ciascuno in funzione delle capacità che può esprimere, l'accompagnamento di ogni scuola verso il massimo del suo potenziale, la partecipazione al processo anche di studenti e genitori, l'accountability delle scuole dell'autonomia; la veicolazione delle buone prassi;
tale strategia, per essere organica e rendere la valutazione una risorsa strate-gica per il miglioramento. deve comprendere quattro obiettivi tra loro in stretta relazione: sistema scolastico nel suo complesso (nazionale e regionale), istituzioni scolastiche autonome (interna collegata al POF e esterna in contesto), personale (prestazioni e specializzazione), esiti scolastici (apprendimenti, competenze, ricerca didattica e analisi della spendibilità dei titoli di studio);
i compiti da svolgere possono essere raggruppati in tre grandi filoni: la raccolta di dati (compresi gli esiti nazionali degli apprendimenti attraverso prove oggettive); la ricerca didattica e la formazione in servizio (in raccordo con le regioni, con le università, con organismi europei e internazionali); e i team di valutazione esterna delle autonomie scolastiche con il mandato del miglioramento (gli `ispettori');
tali compiti corrispondono rispettivamente all'attuale Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI), all'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica (ANSAS ex Indire con gli lire) e ad una entità inedita per l'Italia, che dovrebbe corrispondere al 'corpo degli ispettori';
tali entità debbono essere rivisitate, potenziate, o in un caso costruita, nella loro necessaria completa autonomia amministrativa, scientifica e professionale affinché il loro operato possa essere condotto in modo imparziale e con la massima trasparenza, attraverso criteri condivisi e comunicati, con il contributo di esperti anche internazionali, dell'Università e delle migliori esperienze e della professionalità della Scuola; componenti del mondo accademico, tenendo conto del panorama internazionale;
risulta necessario prevedere la redazione e la presentazione annuale di un 'Rapporto Nazionale' al Parlamento e al Governo, realizzato con la collaborazione degli Istituti sopra menzionati e attraverso istituti di ricerca, Università e organismi di livello internazionali,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a destinare adeguate risorse già dalla prossima legge di stabilità volte alla costituzione di un sistema autonomo ed organico di valutazione, incentivazione e miglioramento della scuola italiana, che tenga conto delle valutazioni sopra esposte;
a prevedere una apposita unità previsionale di base. destinata a finanziare stabilmente l'attività del sistema nazionale di valutazione, incentivazione e miglioramento.
9/3638/303.(Testo modificato nel corso della seduta)De Torre, Ghizzoni, Nicolais, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 6 comma 12 ultimo periodo sopprime il rimborso chilometrico per spese di viaggio del personale dipendente previsto dall'articolo 15 della legge 18/12/1973, n. 836,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che il predetto articolo 6 comma 12 ultimo periodo non si applichi alle funzioni ispettive svolte dal personale tecnico incaricato sui cantieri relativi alla realizzazione e manutenzione di opere pubbliche, quando sussista la necessità di controllare il normale svolgimento dei lavori e di prevenire pericoli per l'incolumità pubblica e/o danni all'Ente appaltante. La deroga dovrebbe riguardare enti di estese dimensioni territoriali (escludendo dalla deroga i Comuni) per i quali la dotazione dei mezzi di servizio non sia sufficiente a garantire il regolare espletamento delle suddette funzioni o comunque risulti antieconomico per l'Ente medesimo.
9/3638/304.Molgora.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 39 del decreto in esame prevede l'ulteriore sospensione dei versamenti tributari e contributivi nei confronti delle persone fisiche che hanno subito danni dal sisma del 6 aprile 2009 in Abruzzo;
i comuni della provincia di Messina di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 2 ottobre 2009 furono colpiti da eccezionali eventi atmosferici che causarono notevoli danni;
ancora oggi sono evidenti le conseguenze degli eccezionali eventi atmosferici, che hanno aggravato il precario assetto idrogeologico della zona, sul sistema economico e produttivo nonché le ripercussioni a livello occupazionale sui cittadini residenti nei comuni della provincia di Messina;
è necessario sostenere ulteriormente i cittadini residenti nei comuni della provincia di Messina attraverso la sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari nonché dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali dal 30 giugno 2010 a1 31 dicembre 2010, prevedendo altresì che la ripresa della riscossione dei tributi non versati per effetto della sospensione avvenga senza la l'applicazione di sanzioni ed interessi, mediante la corresponsione pari al 40 per cento degli importi dovuti da versare in 120 rate mensili di pari importo a decorrere dal gennaio 2014,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti in favore dei residenti nei comuni della provincia di Messina colpiti da eccezionali eventi atmosferici, così come previsto per i cittadini dell'Aquila, per la sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari nonché dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali dal 30 giugno 2010 al 31 dicembre 2010, prevedendo altresì che la ripresa della riscossione dei tributi non versati per effetto della sospensione avvenga senza la l'applicazione di sanzioni ed interessi, mediante la corresponsione pari al 40 per cento degli importi dovuti da versare in 120 rate mensili di pari importo a decorrere dal gennaio 2014.
9/3638/305.Lo Monte, Commercio, Misiti, Latteri, Lombardo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 39 del decreto in esame prevede l'ulteriore sospensione dei versamenti tributari e contributivi nei confronti delle persone fisiche che hanno subito danni dal sisma del 6 aprile 2009 in Abruzzo;
i comuni della provincia di Messina di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 2 ottobre 2009 furono colpiti da eccezionali eventi atmosferici che causarono notevoli danni;
ancora oggi sono evidenti le conseguenze degli eccezionali eventi atmosferici, che hanno aggravato il precario assetto idrogeologico della zona, sul sistema economico e produttivo nonché le ripercussioni a livello occupazionale sui cittadini residenti nei comuni della provincia di Messina;
è necessario sostenere ulteriormente i cittadini residenti nei comuni della provincia di Messina attraverso la sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari nonché dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali dal 30 giugno 2010 a1 31 dicembre 2010, prevedendo altresì che la ripresa della riscossione dei tributi non versati per effetto della sospensione avvenga senza la l'applicazione di sanzioni ed interessi, mediante la corresponsione pari al 40 per cento degli importi dovuti da versare in 120 rate mensili di pari importo a decorrere dal gennaio 2014,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ad adottare gli opportuni provvedimenti in favore dei residenti nei comuni della provincia di Messina colpiti da eccezionali eventi atmosferici, così come previsto per i cittadini dell'Aquila, per la sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari nonché dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali dal 30 giugno 2010 al 31 dicembre 2010, prevedendo altresì che la ripresa della riscossione dei tributi non versati per effetto della sospensione avvenga senza la l'applicazione di sanzioni ed interessi, mediante la corresponsione pari al 40 per cento degli importi dovuti da versare in 120 rate mensili di pari importo a decorrere dal gennaio 2014.
9/3638/305.(Testo modificato nel corso della seduta)Lo Monte, Commercio, Misiti, Latteri, Lombardo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 44 del decreto-legge in esame prevede incentivi per il rientro in Italia dei ricercatori residenti all'estero;
la ricerca è fondamentale per sostenere nel meridione uno dei settori strategici ed è altresì fondamentale creare le condizioni per il rientro anche di ricercatori meridionali che sono una risorsa essenziale e che proprio a causa della mancanza di sbocchi professionali adeguati sono stati costretti a emigrare;
per contribuire a sbocchi professionali dei ricercatori che rientrano dall'estero si potrebbe realizzare un laboratorio di ricerca attrezzato per la ricerca scientifica e tecnologica sui materiali presso la facoltà SMSN dell'Università di Messina che gestirà tale struttura insieme alle università di Catania e Palermo, anche in consorzio con altre università italiane e un laboratorio di aerodinamica e prove su galleria del vento da localizzare nel comune di Villa San Giovanni (RC) o in quello di Reggio Calabria come struttura della facoltà di Ingegneria dell'Università di Reggio Calabria da gestire insieme con le Università di Cosenza e Catanzaro,

impegna il Governo

al fine di creare le condizioni concrete per il rientro in Italia di ricercatori, a verificare in tempi brevi, attraverso un tavolo tecnico interistituzionale con i soggetti interessati, la fattibilità della realizzazione:
a) di un laboratorio di ricerca attrezzato per la ricerca scientifica e tecnologica sui materiali presso la facoltà SMSN dell'Università di Messina che potrebbe gestire tale struttura insieme alle università di Catania e Palermo, anche in consorzio con altre università italiane;
b) un laboratorio di aerodinamica e prove su galleria del vento da localizzare nel comune di Villa San Giovanni (RC) o in quello di Reggio Calabria come struttura della facoltà di Ingegneria dell'Università di Reggio Calabria da gestire insieme con le Università di Cosenza e Catanzaro.
9/3638/306.Misiti, Lo Monte, Latteri, Lombardo, Commercio.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 44 del decreto-legge in esame prevede incentivi per il rientro in Italia dei ricercatori residenti all'estero;
la ricerca è fondamentale per sostenere nel meridione uno dei settori strategici ed è altresì fondamentale creare le condizioni per il rientro anche di ricercatori meridionali che sono una risorsa essenziale e che proprio a causa della mancanza di sbocchi professionali adeguati sono stati costretti a emigrare;
per contribuire a sbocchi professionali dei ricercatori che rientrano dall'estero si potrebbe realizzare un laboratorio di ricerca attrezzato per la ricerca scientifica e tecnologica sui materiali presso la facoltà SMSN dell'Università di Messina che gestirà tale struttura insieme alle università di Catania e Palermo, anche in consorzio con altre università italiane e un laboratorio di aerodinamica e prove su galleria del vento da localizzare nel comune di Villa San Giovanni (RC) o in quello di Reggio Calabria come struttura della facoltà di Ingegneria dell'Università di Reggio Calabria da gestire insieme con le Università di Cosenza e Catanzaro,

impegna il Governo

al fine di creare le condizioni concrete per il rientro in Italia di ricercatori, valutare l'opportunità di verificare in tempi brevi, attraverso un tavolo tecnico interistituzionale con i soggetti interessati, la fattibilità della realizzazione:
a) di un laboratorio di ricerca attrezzato per la ricerca scientifica e tecnologica sui materiali presso la facoltà SMSN dell'Università di Messina che potrebbe gestire tale struttura insieme alle università di Catania e Palermo, anche in consorzio con altre università italiane;
b) un laboratorio di aerodinamica e prove su galleria del vento da localizzare nel comune di Villa San Giovanni (RC) o in quello di Reggio Calabria come struttura della facoltà di Ingegneria dell'Università di Reggio Calabria da gestire insieme con le Università di Cosenza e Catanzaro.
9/3638/306.(Testo modificato nel corso della seduta)Misiti, Lo Monte, Latteri, Lombardo, Commercio.

La Camera,
premesso che:
il PAR-FAS (programma attuativo regionale FAS) è lo strumento di programmazione delle risorse per le aree sottoutilizzate che viene elaborato dalle regioni secondo le indicazioni della Delibera CIPE n. 166 del 21 dicembre 2007, «Attuazione del Quadro Strategico Nazionale (QSN) 2007-2013 programmazione del fondo per le aree sottoutilizzate»;
la strategia di politica regionale unitaria attuata, esclusivamente o in parte, attraverso risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate deve rispettare i principi stabiliti dal suddetto QSN per l'utilizzo delle risorse comunitarie e di cofinanziamento nazionale;
l'approvazione dei Programmi operativi nazionali (PON) e regionali (POR) e dei relativi cofinanziamenti nazionali ha però reso operativa solo parzialmente la nuova programmazione, e ciò a causa dei ritardi nella definizione dei Piani Attuativi Regionali (PAR) delle risorse nazionali per le aree sottoutilizzate (FAS), a supporto e integrazione di quelle comunitarie;
il ritardo della programmazione dei PAR-FAS è stato ricondotto, da parte del Governo, alla necessità di una sua riprogrammazione anticiclica alla luce della recessione che ha investito nell'ultimo trimestre del 2008 tutti i Paesi industrializzati, quale conseguenza della crisi finanziaria che si è progressivamente aggravata e diffusa in tutto il mondo raggiungendo il suo picco nel 2009;
entro l'anno 2009 il CIPE ha ultimato le prese d'atto, corredate dalle relative osservazioni, di tutti i PAR-FAS (programmi attuativi regionali) di interesse strategico e predisposti alla luce della suddetta riprogrammazione, alle quali però non è seguita l'approvazione degli stessi da parte del Governo;
ciò rischia di indebolire e quindi impedire l'azione delle regioni a sostegno dello sviluppo dei territori;
lo sblocco dei fondi PAR-FAS è un punto ormai dirimente nei rapporti tra Stato e Regioni,

impegna il Governo

ad ultimare le fasi di approvazione dei Piani attuativi regionali e ad ripristinare le risorse del FAS gestite a livello centrale.
9/3638/307.Commercio, Lo Monte, Latteri, Lombardo, Misiti.

La Camera,
premesso che:
il PAR-FAS (programma attuativo regionale FAS) è lo strumento di programmazione delle risorse per le aree sottoutilizzate che viene elaborato dalle regioni secondo le indicazioni della Delibera CIPE n. 166 del 21 dicembre 2007, «Attuazione del Quadro Strategico Nazionale (QSN) 2007-2013 programmazione del fondo per le aree sottoutilizzate»;
la strategia di politica regionale unitaria attuata, esclusivamente o in parte, attraverso risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate deve rispettare i principi stabiliti dal suddetto QSN per l'utilizzo delle risorse comunitarie e di cofinanziamento nazionale;
l'approvazione dei Programmi operativi nazionali (PON) e regionali (POR) e dei relativi cofinanziamenti nazionali ha però reso operativa solo parzialmente la nuova programmazione, e ciò a causa dei ritardi nella definizione dei Piani Attuativi Regionali (PAR) delle risorse nazionali per le aree sottoutilizzate (FAS), a supporto e integrazione di quelle comunitarie;
il ritardo della programmazione dei PAR-FAS è stato ricondotto, da parte del Governo, alla necessità di una sua riprogrammazione anticiclica alla luce della recessione che ha investito nell'ultimo trimestre del 2008 tutti i Paesi industrializzati, quale conseguenza della crisi finanziaria che si è progressivamente aggravata e diffusa in tutto il mondo raggiungendo il suo picco nel 2009;
entro l'anno 2009 il CIPE ha ultimato le prese d'atto, corredate dalle relative osservazioni, di tutti i PAR-FAS (programmi attuativi regionali) di interesse strategico e predisposti alla luce della suddetta riprogrammazione, alle quali però non è seguita l'approvazione degli stessi da parte del Governo;
ciò rischia di indebolire e quindi impedire l'azione delle regioni a sostegno dello sviluppo dei territori;
lo sblocco dei fondi PAR-FAS è un punto ormai dirimente nei rapporti tra Stato e Regioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di ultimare le fasi di approvazione dei Piani attuativi regionali e ad ripristinare le risorse del FAS gestite a livello centrale.
9/3638/307.(Testo modificato nel corso della seduta)Commercio, Lo Monte, Latteri, Lombardo, Misiti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 40 del decreto-legge in esame prevede che in anticipazione del federalismo fiscale e tenuto conto della grave crisi economica particolarmente rilevante al Sud, nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, le citate Regioni possano con proprie leggi disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei riguardi delle nuove iniziative produttive, che possano portare anche all'azzeramento delle aliquote relative all'Irap;
la fiscalità di vantaggio è uno strumento capace di attrarre investimenti e può risultare determinante per colmare il gap sociale ed economico esistente nelle Regioni del Mezzogiorno rispetto ad altre aree del Paese, tenuto conto che la stessa normativa comunitaria ritiene compatibili i sostegni e gli aiuti che si rivolgano a territori ove vi è una grave crisi occupazionale o livelli di vita significativamente più bassi;
tutti gli studi e le ricerche segnalano come al Sud sia strategico affrontare la piaga della disoccupazione;
è certo che migliori condizioni fiscali sono fondamentali per l'apertura di nuove iniziative produttive che possano, nelle aree svantaggiate meridionali, da una parte, compensare le carenze in particolare di infrastrutture e servizi e, dall'altra, essere un volano occupazionale;
è strategicamente necessario incentivare le politiche di sviluppo del mezzogiorno non solo perché questo rappresenta una opportunità per l'intera economia nazionale ma anche perché è il meridione che possiede le maggiori potenzialità di crescita produttiva in termini di presenza di risorse materiali ed immateriali;
il citato articolo 40 pur addossando l'onere alle Regioni, un onere non certo di lieve entità, consente di sfruttare una occasione che non va persa anche per dimostrare concretamente l'efficacia dello strumento della fiscalità di vantaggio, questa volta gestito direttamente dalle Regioni meridionali;
l'articolo 40 del decreto-legge n. 78 del 2010 limita alle nuove attività produttive l'applicazioni delle nuove e più favorevoli condizioni fiscali, ma sarebbe utile in tale contesto ampliare le agevolazioni fiscali anche alle imprese, già operanti nel Mezzogiorno e che assumano nuovo personale a tempo pieno;
sarebbe strategico per il sud affrontare, concretamente attraverso la fiscalità di vantaggio, sia le nuove attività produttive sia quelle già esistenti che possono dare un contributo essenziale alla precarietà che impedisce condizioni di vita stabili e serene,

impegna il Governo

a sostenere e favorire l'applicazione di aliquote relative all'Irap, più favorevoli fino all'azzeramento delle stesse, come previsto dall'articolo 40 del decreto-legge in esame 2010, oltre che per le nuove attività produttive, anche alle imprese nel sud che assumono personale a tempo indeterminato.
9/3638/308.Latteri, Lo Monte, Misiti, commercio, Lombardo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 40 del decreto-legge in esame prevede che in anticipazione del federalismo fiscale e tenuto conto della grave crisi economica particolarmente rilevante al Sud, nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, le citate Regioni possano con proprie leggi disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei riguardi delle nuove iniziative produttive, che possano portare anche all'azzeramento delle aliquote relative all'Irap;
la fiscalità di vantaggio è uno strumento capace di attrarre investimenti e può risultare determinante per colmare il gap sociale ed economico esistente nelle Regioni del Mezzogiorno rispetto ad altre aree del Paese, tenuto conto che la stessa normativa comunitaria ritiene compatibili i sostegni e gli aiuti che si rivolgano a territori ove vi è una grave crisi occupazionale o livelli di vita significativamente più bassi;
tutti gli studi e le ricerche segnalano come al Sud sia strategico affrontare la piaga della disoccupazione;
è certo che migliori condizioni fiscali sono fondamentali per l'apertura di nuove iniziative produttive che possano, nelle aree svantaggiate meridionali, da una parte, compensare le carenze in particolare di infrastrutture e servizi e, dall'altra, essere un volano occupazionale;
è strategicamente necessario incentivare le politiche di sviluppo del mezzogiorno non solo perché questo rappresenta una opportunità per l'intera economia nazionale ma anche perché è il meridione che possiede le maggiori potenzialità di crescita produttiva in termini di presenza di risorse materiali ed immateriali;
il citato articolo 40 pur addossando l'onere alle Regioni, un onere non certo di lieve entità, consente di sfruttare una occasione che non va persa anche per dimostrare concretamente l'efficacia dello strumento della fiscalità di vantaggio, questa volta gestito direttamente dalle Regioni meridionali;
l'articolo 40 del decreto-legge n. 78 del 2010 limita alle nuove attività produttive l'applicazioni delle nuove e più favorevoli condizioni fiscali, ma sarebbe utile in tale contesto ampliare le agevolazioni fiscali anche alle imprese, già operanti nel Mezzogiorno e che assumano nuovo personale a tempo pieno;
sarebbe strategico per il sud affrontare, concretamente attraverso la fiscalità di vantaggio, sia le nuove attività produttive sia quelle già esistenti che possono dare un contributo essenziale alla precarietà che impedisce condizioni di vita stabili e serene,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a sostenere e favorire l'applicazione di aliquote relative all'Irap, più favorevoli fino all'azzeramento delle stesse, come previsto dall'articolo 40 del decreto-legge in esame 2010, oltre che per le nuove attività produttive, anche alle imprese nel sud che assumono personale a tempo indeterminato.
9/3638/308.(Testo modificato nel corso della seduta)Latteri, Lo Monte, Misiti, commercio, Lombardo.

La Camera,
premesso che:
l'adozione anticipata della manovra triennale per il periodo 2011-2013 con il decreto-legge in esame ha comportato l'impossibilità di rispettare il complesso delle procedure in materia di finanza pubblica definite dalla legge 31 dicembre 2009, n. 196;
le regioni e gli enti locali sono chiamati a fornire un rilevantissimo contributo al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica perseguiti dalla predetta manovra triennale attraverso un taglio dei trasferimenti pari, per le regioni, a 4.000 milioni di euro per il 2011 e 4.500 milioni di euro annui a decorrere dal 2012 e, per gli enti locali, a 1.800 milioni di euro per il 2011 e 3.000 milioni di euro annui a decorrere dal 2012;
le modalità e le dimensioni del contributo degli enti territoriali alla manovra è stato stabilito senza alcuna preventiva forma di concertazione e di condivisione degli obiettivi con i soggetti interessati, al contrario di quanto prevede in via generale la legge n. 196 del 2009, in coerenza con l'impostazione federalista del Titolo V della Carta costituzionale;
in particolare, l'articolo 10, comma 5, della legge n. 196 del 2009, prevede che il Governo, tenendo conto delle determinazioni assunte in sede di definizione del patto di convergenza, invii alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, per il preventivo parere, le linee guida per la ripartizione degli obiettivi e che, entro il medesimo termine, le linee guida siano trasmesse alle Camere;
l'articolo 14, comma 2, del decreto-legge in esame, nel prevedere le riduzioni dei trasferimenti, dispone peraltro che in sede di attuazione del federalismo fiscale non si tenga conto delle predette riduzioni;
è necessario ripristinare quanto prima un corretto rapporto tra Governo ed enti territoriali in materia di finanza pubblica, nel pieno rispetto dei principi e delle procedure stabiliti dalla legge n. 196 del 2009, in materia di contabilità e finanza pubblica, e dalla legge n. 42 del 2009, in materia di federalismo fiscale,

impegna il Governo

a trasmettere senza ritardo alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica e alle Camere le linee guida di cui all'articolo 10, comma 5, della legge n. 196 del 2009 e a chiarire come intenda non considerare, in sede di attuazione del federalismo fiscale, le riduzioni dei trasferimenti in favore degli enti territoriali, altrimenti insostenibili, adottando, nei tempi più brevi consentiti, i relativi provvedimenti normativi.
9/3638/309.Giancarlo Giorgetti, Gioacchino Alfano, Baretta, Cambursano, Commercio, Bitonci, Ciccanti.

La Camera,
premesso che
l'ANAS SpA è ancora ricompresa nel perimetro della pubblica amministrazione ai fini del calcolo del debito pubblico;
per non essere più considerata tale è assolutamente necessario diminuire i trasferimenti dello stato ad ANAS e far sì che i proventi da servizi offerti diventino prevalenti e le disposizioni previste dall'articolo 15 vanno in tal senso,

impegna il Governo

a stabilire criteri e modalità per la monetizzazione dei crediti residui vantati da ANAS nei confronti dei concessionari autostradali quali corrispettivo per le concessioni autostradali, al fine di ridurre i trasferimenti correnti dello Stato ad ANAS;
a valutare l'opportunità di iniziare un percorso per una parziale privatizzazione dell'ANAS e a vincolarne i proventi al finanziamento di progetti infrastrutturali dalla stessa ANAS.
9/3638/310.Picchi.

La Camera,
premesso che
l'ANAS SpA è ancora ricompresa nel perimetro della pubblica amministrazione ai fini del calcolo del debito pubblico;
per non essere più considerata tale è assolutamente necessario diminuire i trasferimenti dello stato ad ANAS e far sì che i proventi da servizi offerti diventino prevalenti e le disposizioni previste dall'articolo 15 vanno in tal senso,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di stabilire criteri e modalità per la monetizzazione dei crediti residui vantati da ANAS nei confronti dei concessionari autostradali quali corrispettivo per le concessioni autostradali, al fine di ridurre i trasferimenti correnti dello Stato ad ANAS;
a valutare l'opportunità di iniziare un percorso per una parziale privatizzazione dell'ANAS e a vincolarne i proventi al finanziamento di progetti infrastrutturali dalla stessa ANAS.
9/3638/310.(Testo modificato nel corso della seduta)Picchi.

La Camera,
premesso che,
il provvedimento in esame prevede all'articolo 9, commi 1, 2 e 2, tagli e riduzioni di retribuzione, nonché di possibilità di progressione di carriera comunque denominate;
tali riduzioni e prescrizioni rischiano di disincentivare la qualità della prestazione dei dirigenti pubblici e, conseguentemente, l'efficienza dei servizi resi ai cittadini dalla pubblica amministrazione;

impegna il Governo

prima della definizione della legge di stabilità di cui alla legge n.196/2009, a verificare la possibilità di recuperare risorse finanziare atte a garantire la valorizzazione del merito e della professionalità dei dirigenti pubblici, nel rispetto della corrispondenza tra la qualità e la quantità del lavoro reso.
9/3638/311.Mazzuca.

La Camera,
premesso che,
il provvedimento in esame prevede all'articolo 9, commi 1, 2 e 2, tagli e riduzioni di retribuzione, nonché di possibilità di progressione di carriera comunque denominate;
tali riduzioni e prescrizioni rischiano di disincentivare la qualità della prestazione dei dirigenti pubblici e, conseguentemente, l'efficienza dei servizi resi ai cittadini dalla pubblica amministrazione;

impegna il Governo

valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica e prima della definizione della legge di stabilità di cui alla legge n.196/2009, di verificare la possibilità di recuperare risorse finanziare atte a garantire la valorizzazione del merito e della professionalità dei dirigenti pubblici, nel rispetto della corrispondenza tra la qualità e la quantità del lavoro reso.
9/3638/311.(Testo modificato nel corso della seduta)Mazzuca.

La Camera,
premesso che:
i Lea (livelli essenziali di assistenza) possono essere definiti come le prestazioni che il Servizio sanitario nazionale deve garantire a tutti i cittadini su tutto il territorio italiano, gratuitamente o dietro il pagamento di ticket sanitari;
la loro introduzione è stata ritenuta un passo indispensabile nell'ottica dell'adozione di una nuova politica in ambito sanitario, che tenga conto delle reali esigenze dei cittadini pazienti e garantisca prestazioni quantitativamente e qualitativamente omogenee su tutto il territorio;
la loro prima definizione risale all'accordo stipulato tra il Governo e le regioni in materia sanitaria 1'8 agosto 2001, occasione in cui viene peraltro sottolineata la necessità che i livelli di assistenza siano sempre misurabili;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001 ha stabilito quali patologie rientrano fra i LEA, fornendo anche indicazioni circa l'organizzazione dei vari servizi sanitari regionali, i quali dovrebbero puntare alla prevenzione, più che alla cura delle patologie, in accordo con una politica di riduzione degli sprechi in ambito sanitario. La loro introduzione ha, dunque, significato per il sistema sanitario il tentativo di ridefinire in modo più preciso i diritti sanitari dei cittadini;
assicurare i livelli essenziali di assistenza, insomma, vuoi dire prendersi cura del paziente fin oltre la sua dimissione dall'ospedale, per esempio attraverso i servizi di assistenza domiciliare integrata o all'interno delle residenze sanitarie assistite, che danno modo di gestire i soggetti che hanno necessità di degenza a lungo termine o di assistenza al proprio domicilio;
il 23 ottobre 2009 è stato siglato un accordo Stato-Regioni che aumenta per il 2010 a oltre 106 miliardi di euro (e ancora più per i due anni successivi) il finanziamento per il SSN e dunque non hanno ragione di essere eventuali opposizioni di copertura relativamente al rinnovo dei LEA e del Nomenclatore;
ad oggi la versione del Nomenclatore in vigore per i cittadini è ancora quella del 1999 (che peraltro classifica prodotti risalenti spesso ai primi anni '90) e ciò significa che in molti casi i cittadini, per disporre di ausili moderni, debbono pagare di persona quello che sarebbe loro diritto avere gratuitamente ma che formalmente non fa parte del vecchio Nomenclatore,

impegna il Governo

ad emanare il decreto sui LEA entro il mese di settembre 2010, termine da considerarsi perentorio salvo che il ministro dell'economia non comunichi al Parlamento le ragioni che considerasse ostative all'emanazione del decreto in questione entro il termine indicato.
9/3638/312.Farina Coscioni, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9, comma 21, del decreto-legge in esame, reca misure volte a contenere la spesa del personale in regime di diritto pubblico, attraverso il congelamento dei meccanismi di adeguamento retributivo per gli anni 2011, 2012 e 2013;
tali misure, senz'altro necessarie e condivisibili vista l'attuale situazione di crisi che richiede sacrifici da parte di tutte le categorie di lavoratori, tuttavia, hanno come destinatari anche il personale della carriera diplomatica;
la specificità e la delicatezza della funzione svolta dal personale della carriera diplomatica richiede che vengano preservati i meccanismi automatici di progressione stipendiale al fine di garantire l'efficienza e l'eccellenza della loro professionalità,

impegna il Governo

a rendere disponibili le necessarie risorse finanziarie, nel corso della prossima manovra di bilancio, per procedere al rifinanziamento dell'articolo 9 del 28 luglio 1999, n. 266, al fine di poter consentire al predetto personale di progredire nella carriera anche dal punto vista economico.
9/3638/313.Antonione, Tempestini, Barbi, Moles, Narducci, Di Biagio, Zacchera.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9, comma 21, del decreto-legge in esame, reca misure volte a contenere la spesa del personale in regime di diritto pubblico, attraverso il congelamento dei meccanismi di adeguamento retributivo per gli anni 2011, 2012 e 2013;
tali misure, senz'altro necessarie e condivisibili vista l'attuale situazione di crisi che richiede sacrifici da parte di tutte le categorie di lavoratori, tuttavia, hanno come destinatari anche il personale della carriera diplomatica;
la specificità e la delicatezza della funzione svolta dal personale della carriera diplomatica richiede che vengano preservati i meccanismi automatici di progressione stipendiale al fine di garantire l'efficienza e l'eccellenza della loro professionalità,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a rendere disponibili le necessarie risorse finanziarie, nel corso della prossima manovra di bilancio, per procedere al rifinanziamento dell'articolo 9 del 28 luglio 1999, n. 266, al fine di poter consentire al predetto personale di progredire nella carriera anche dal punto vista economico.
9/3638/313.(Testo modificato nel corso della seduta)Antonione, Tempestini, Barbi, Moles, Narducci, Di Biagio, Zacchera.

La Camera,
premesso che:
il 2010 è l'anno della scadenza dell'obiettivo collettivo europeo dello 0,56 per cento del PIL da destinare all'aiuto pubblico allo sviluppo;
purtroppo, stando alle prime anticipazioni ufficiali, soprattutto a causa del disinvestimento finanziario del nostro Paese, l'Unione europea mancherà l'obiettivo e l'Italia si mostrerà alla comunità internazionale come un partner inaffidabile;
esiste un problema di credibilità internazionale, dato il divario tra gli impegni assunti (UE, G8 e G20, Fondo Globale contro l'Aids, Malaria e TBC) e gli atti conseguenti che annullano tali impegni;
nella legge finanziaria 2010 si riconferma per la cooperazione allo sviluppo il taglio drastico del 2009 (-56 per cento rispetto al 2008) ed è prevista per gli anni 2011 e 2012 una riduzione del 71 per cento;
durante la XV legislatura il bilancio del Ministero Affari Esteri ha invece visto per quanto concerne la cooperazione allo sviluppo due anni consecutivi d'incrementi (+74 per cento nel 2007 e +15 per cento nel 2008);
il decreto 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 ha ridotto le dotazioni di tutti i ministeri, compreso quello degli affari esteri, le cui dotazioni sono state decurtate di circa 400 milioni (un taglio del 14 per cento rispetto alle disponibilità 2008);
il citato decreto-legge ha previsto specificatamente per la cooperazione allo sviluppo una riduzione di 170 milioni di euro, rappresentando il 45 per cento del taglio complessivo al Ministero;
oltre alla cooperazione allo sviluppo, il bilancio del Ministero degli affari esteri si compone di differenti programmi tra i quali il dicastero avrebbe avuto la facoltà di ridistribuire il taglio di 421 milioni di euro previsto dalla legge 133/08. Tra i programmi vi sono integrazione europea, italiani nel mondo, promozione culturale ed infine pace-sicurezza;
dopo l'approvazione della legge 133/08, avvalendosi della possibilità di rimodulare le spese, il Ministero degli affari esteri ha deciso di concentrare tutto il taglio sulle risorse previste dalla legge 49/1987 che hanno subito una riduzione finale del 56 per cento (circa 400 milioni di euro), anche se queste rappresentavano allora solo il 26 per cento delle spese del Ministero;
dal 2000 al 2007 gli stanziamenti per la cooperazione allo sviluppo della legge 49/87 hanno rappresentato in media il 24,5 per cento delle disponibilità complessive del Ministero degli affari esteri;
l'incidenza della cooperazione sul bilancio del Ministero degli affari esteri si conferma 15,7 per cento nel 2010 (come nel 2009) ed è pari allo 0,042 per cento delle risorse del bilancio dello Stato (l'incidenza era dello 0,043 per cento nel 2009);
tra 2008 e 2010 il bilancio del Ministero Affari Esteri si contrae del 18 per cento, con significative variazioni interne: il programma cooperazione allo sviluppo si riduce del 56 per cento, mentre la cooperazione politica cresce del 24,4 per cento arrivando a costituire il 59 per cento del bilancio, circa 1,2 miliardi di euro;
l'articolo 2 del decreto-legge in esame prevede un taglio generale del 10 per cento alle missioni dei Ministeri, escludendo università, ricerca, informatica e 5 per mille, rinviando all'Allegato 1 per ulteriori dettagli;
l'allegato indica un taglio complessivo del bilancio statale per 2,4 miliardi di euro, a cui il Ministero degli affari esteri contribuisce per 43 milioni di euro; non molto se consideriamo che il bilancio MAE è di circa 2 miliardi di euro;
all'interno del Ministero degli affari esteri la Missione «Italia nel Mondo», che contiene il programma cooperazione allo sviluppo, viene decurtata di 42 milioni di euro;
se, come avvenuto con la legge 133/08, il Ministero degli affari esteri deciderà di fare assorbire il taglio previsto di 42 milioni di euro dal programma Cooperazione allo sviluppo, gli stanziamenti della legge 49/87 nel 2010 saranno di appena 170 milioni di euro: si tratta di un ammontare che copre appena i costi amministrativi (circa 25 milioni di euro) e il rifinanziamento delle iniziative pluriennali già approvate negli anni precedenti (circa 110 milioni di euro); la Cooperazione allo sviluppo sarebbe in grado di approvare nuove iniziative per 30 milioni di euro, pari a meno di 1/6 delle disponibilità ad inizio 2010,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di non ripartire sul programma «Cooperazione allo sviluppo» la riduzione di 42 milioni di euro prevista dal decreto-legge in esame per la Missione «Italia nel Mondo» del Ministero degli affari esteri, in quanto un ulteriore ribasso danneggerebbe gravemente la cooperazione bilaterale allo sviluppo, già di per sé in agonia a causa dei tagli apportati con le leggi finanziarie per gli anni 2009 e 2010;
a mantenere e favorire, in questa fase di grande limitatezza dei fondi, il patrimonio acquisito negli anni dagli attori della cooperazione allo sviluppo ed in particolare dalle Ong, alcune delle quali hanno ricevuto apprezzamento dai governi locali e dalle agenzie internazionali con cui collaborano e pertanto i loro interventi dovrebbero essere considerati prioritari nella programmazione delle cooperazione bilaterale del nostro Paese;
ad adottare opportune iniziative per una migliore razionalizzazione della cooperazione, con l'attuazione di una vera e riconosciuta sussidiarietà, che veda coinvolti, in un approccio di sistema, i principali soggetti, dalle Ong, alle imprese, alle università, alle Regioni.
9/3638/314.Adornato, Pezzotta.

La Camera,
premesso che:
il 2010 è l'anno della scadenza dell'obiettivo collettivo europeo dello 0,56 per cento del PIL da destinare all'aiuto pubblico allo sviluppo;
purtroppo, stando alle prime anticipazioni ufficiali, soprattutto a causa del disinvestimento finanziario del nostro Paese, l'Unione europea mancherà l'obiettivo e l'Italia si mostrerà alla comunità internazionale come un partner inaffidabile;
esiste un problema di credibilità internazionale, dato il divario tra gli impegni assunti (UE, G8 e G20, Fondo Globale contro l'Aids, Malaria e TBC) e gli atti conseguenti che annullano tali impegni;
nella legge finanziaria 2010 si riconferma per la cooperazione allo sviluppo il taglio drastico del 2009 (-56 per cento rispetto al 2008) ed è prevista per gli anni 2011 e 2012 una riduzione del 71 per cento;
durante la XV legislatura il bilancio del Ministero Affari Esteri ha invece visto per quanto concerne la cooperazione allo sviluppo due anni consecutivi d'incrementi (+74 per cento nel 2007 e +15 per cento nel 2008);
il decreto 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 ha ridotto le dotazioni di tutti i ministeri, compreso quello degli affari esteri, le cui dotazioni sono state decurtate di circa 400 milioni (un taglio del 14 per cento rispetto alle disponibilità 2008);
il citato decreto-legge ha previsto specificatamente per la cooperazione allo sviluppo una riduzione di 170 milioni di euro, rappresentando il 45 per cento del taglio complessivo al Ministero;
oltre alla cooperazione allo sviluppo, il bilancio del Ministero degli affari esteri si compone di differenti programmi tra i quali il dicastero avrebbe avuto la facoltà di ridistribuire il taglio di 421 milioni di euro previsto dalla legge 133/08. Tra i programmi vi sono integrazione europea, italiani nel mondo, promozione culturale ed infine pace-sicurezza;
dopo l'approvazione della legge 133/08, avvalendosi della possibilità di rimodulare le spese, il Ministero degli affari esteri ha deciso di concentrare tutto il taglio sulle risorse previste dalla legge 49/1987 che hanno subito una riduzione finale del 56 per cento (circa 400 milioni di euro), anche se queste rappresentavano allora solo il 26 per cento delle spese del Ministero;
dal 2000 al 2007 gli stanziamenti per la cooperazione allo sviluppo della legge 49/87 hanno rappresentato in media il 24,5 per cento delle disponibilità complessive del Ministero degli affari esteri;
l'incidenza della cooperazione sul bilancio del Ministero degli affari esteri si conferma 15,7 per cento nel 2010 (come nel 2009) ed è pari allo 0,042 per cento delle risorse del bilancio dello Stato (l'incidenza era dello 0,043 per cento nel 2009);
tra 2008 e 2010 il bilancio del Ministero Affari Esteri si contrae del 18 per cento, con significative variazioni interne: il programma cooperazione allo sviluppo si riduce del 56 per cento, mentre la cooperazione politica cresce del 24,4 per cento arrivando a costituire il 59 per cento del bilancio, circa 1,2 miliardi di euro;
l'articolo 2 del decreto-legge in esame prevede un taglio generale del 10 per cento alle missioni dei Ministeri, escludendo università, ricerca, informatica e 5 per mille, rinviando all'Allegato 1 per ulteriori dettagli;
l'allegato indica un taglio complessivo del bilancio statale per 2,4 miliardi di euro, a cui il Ministero degli affari esteri contribuisce per 43 milioni di euro; non molto se consideriamo che il bilancio MAE è di circa 2 miliardi di euro;
all'interno del Ministero degli affari esteri la Missione «Italia nel Mondo», che contiene il programma cooperazione allo sviluppo, viene decurtata di 42 milioni di euro;
se, come avvenuto con la legge 133/08, il Ministero degli affari esteri deciderà di fare assorbire il taglio previsto di 42 milioni di euro dal programma Cooperazione allo sviluppo, gli stanziamenti della legge 49/87 nel 2010 saranno di appena 170 milioni di euro: si tratta di un ammontare che copre appena i costi amministrativi (circa 25 milioni di euro) e il rifinanziamento delle iniziative pluriennali già approvate negli anni precedenti (circa 110 milioni di euro); la Cooperazione allo sviluppo sarebbe in grado di approvare nuove iniziative per 30 milioni di euro, pari a meno di 1/6 delle disponibilità ad inizio 2010,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di non ripartire sul programma «Cooperazione allo sviluppo» la riduzione di 42 milioni di euro prevista dal decreto-legge in esame per la Missione «Italia nel Mondo» del Ministero degli affari esteri, in quanto un ulteriore ribasso danneggerebbe gravemente la cooperazione bilaterale allo sviluppo, già di per sé in agonia a causa dei tagli apportati con le leggi finanziarie per gli anni 2009 e 2010;
a mantenere e favorire, in questa fase di grande limitatezza dei fondi, il patrimonio acquisito negli anni dagli attori della cooperazione allo sviluppo ed in particolare dalle Ong, alcune delle quali hanno ricevuto apprezzamento dai governi locali e dalle agenzie internazionali con cui collaborano e pertanto i loro interventi dovrebbero essere considerati prioritari nella programmazione delle cooperazione bilaterale del nostro Paese;
ad adottare opportune iniziative per una migliore razionalizzazione della cooperazione, con l'attuazione di una vera e riconosciuta sussidiarietà, che veda coinvolti, in un approccio di sistema, i principali soggetti, dalle Ong, alle imprese, alle università, alle Regioni.
9/3638/314.(Testo modificato nel corso della seduta)Adornato, Pezzotta.

La Camera,
premesso che:
è opportuno e necessario conciliare l'interesse primario delle amministrazioni pubbliche a poter liberamente valutare la rispondenza del trattamento in servizio ad un interesse attuale dell'amministrazione con quello, parimenti prioritario, di razionalizzare la spesa nel settore pensionistico ed allineare la normativa italiana in materia previdenziale a quella degli altri Stati europei;
già nel 2004 la Banca Centrale Europea, operando un raffronto tra i diversi sistemi previdenziali, ebbe modo di definire il nostro sistema pensionistico «alquanto anomalo» rispetto a quello europeo, in quanto dalla relazione annuale risultava che il numero dei pensionati italiani era di gran lunga superiore in rapporto a quello dei contribuenti;
il documento analitico terminava con la seguente considerazione: «Obiettivo principale della maggior parte degli sforzi di riforma nel settore delle pensioni è quello di aumentare l'età effettiva del pensionamento creando gli incentivi per un allungamento della vita lavorativa e aumentando i periodi contributivi necessari ad ottenere il diritto alle prestazioni»;
analoghe considerazioni venivano svolte dall'Organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) qualche tempo dopo, quando evidenziava in particolare che nella fascia di età compresa tra i 60 e i 65 anni, la percentuale di popolazione attiva in Italia si ferma al 19 per cento rispetto alla media dei Paesi industrializzati che superano abbondantemente il 35 per cento;
recentemente anche il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, ha confermato che in Italia, nella fascia di età compresa tra i 60 e i 65 anni lavora solo il 19 per cento della popolazione attiva, rispetto al 33 per cento dei tedeschi e degli spagnoli, del 45 per cento degli inglesi e del 60 per cento degli svedesi;
a riguardo, appare significativo annotare il pensiero del premio nobel, Franco Modigliani, grande assertore dell'innalzamento dell'età pensionabile, che parlando di equità sociale già si espresse in questi termini: «Una spesa pensionistica eccessiva sottrae sicuramente risorse ad altri investimenti pubblici che maggiormente possono contribuire allo sviluppo di un Paese»;
il complesso sistema legislativo italiano in materia di previdenza è stato costruito nel tempo sulla base di queste logiche di pensiero, tant'è vero che il decreto-legge 28 maggio 2004, all'articolo 1-quater consente alla maggior parte dei dipendenti pubblici di permanere in servizio fino al compimento del settantesimo anno di età, subordinando la valutazione della permanenza in servizio alle effettive esigenze dell'amministrazione di appartenenza;
tuttavia, i commi 35 novies e decies dell'articolo 17 del decreto in esame, dispongono che le pubbliche amministrazioni possono, a decorrere dal compimento dell'anzianità massima contributiva di quaranta anni del personale dipendente, risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro e il contratto individuale, anche del personale dirigenziale, con un preavviso di sei mesi, fermo restando quanto previsto dalla disciplina vigente in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici,

impegna il Governo

alla luce delle considerazioni svolte in premessa ed in sintonia con le strategie promosse dall'Unione europea, di valutare attentamente l'opportunità di modificare la disciplina vigente limitando la risoluzione dei rapporti di lavoro al personale dipendente che abbia raggiunto entrambe i requisiti dell'anzianità contributiva massima ed i limiti di età per il collocamento a riposo, eliminando in tal modo ogni discriminazione in ragione dell'età.
9/3638/315.Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
con una modifica introdotta al Senato alla manovra correttiva viene prevista la possibilità per le imprese di compensare i propri crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione con eventuali debiti iscritti a ruolo;
in particolare, dal 1o gennaio 2011 le imprese che hanno crediti certi ed esigibili verso la Pubblica Amministrazione potranno richiedere apposita certificazione alla stessa, utile per compensare successivamente eventuali debiti nei confronti di Equitalia Spa;
tale possibilità, tuttavia, non è concessa ai professionisti, molti dei quali vantano consistenti crediti nei confronti della Pubblica Amministrazione per il lavoro professionale svolto;
non si comprendono i motivi di tale esclusione anche alla luce del fatto che nei provvedimenti adottati in questi mesi dal Governo per fare fronte alla crisi economica, non è stato previsto nulla per sostenere la categoria delle professioni che soffre, forse più di altri settori, i disagi economici imposti dalla congiuntura sfavorevole,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative anche di tipo legislativo volte consentire anche ai professionisti di beneficiare dell'opportunità della compensare i crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione con gli eventuali debiti iscritti a ruolo.
9/3638/316.Mantini, Galletti,

La Camera,
premesso che:
il comma 16-bis dell'articolo 19, modificando l'articolo 58, comma 7, del decreto-legge 112/2008, prevede che anche per le procedure di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica (e.r.p.) di cui alla legge 560/1993 (secondo la quale sono alloggi e.r.p. quelli acquisiti, realizzati o recuperati, ivi compresi quelli di cui alla legge 52/1976, a totale carico o con il concorso o contributo dello Stato, della regione o di enti pubblici territoriali, nonché con i fondi derivanti da contributi dei lavoratori ai sensi della legge 60/1963, dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali, nonché dagli IACP e dai loro consorzi comunque denominati e disciplinati con legge regionale) vi è la possibilità di individuare forme di valorizzazione alternative rispetto alla procedura individuata dalla citata legge n. 560 del 1993, nel rispetto dei principi di salvaguardia dell'interesse pubblico e mediante l'utilizzo di strumenti competitivi;
la legge n. 560/1993, modificata dalla legge n. 136 del 1999, ha consentito agli enti proprietari di alloggi e.r.p. di porre in vendita parte dei patrimonio immobiliare amministrato, definendo i requisiti richiesti agli acquirenti, i criteri per la determinazione del prezzo di vendita, la destinazione delle risorse così acquisite, fissando altresì una percentuale massima, pari al settantacinque per cento, del patrimonio alienabile nel territorio di ciascuna provincia;
il comma 1 dell'articolo 58 del decreto-legge n. 112 del 2008 prevede che siano regioni, province, comuni e altri enti locali a disporre l'individuazione, con delibera del proprio organo di Governo e in base della documentazione dei propri archivi ed uffici, dei singoli beni immobili che ricadono nel territorio di propria competenza; tali beni devono essere non strumentali all'esercizio delle proprie funzioni istituzionali e suscettibili di essere valorizzati ovvero dismessi;
la disposizione introdotta dal comma 16-bis dell'articolo 19 significherebbe estendere il meccanismo delle cartolarizzazioni al processo di dismissione delle case popolari, un meccanismo di finanziamento che ha già provocato ingenti danni al patrimonio degli enti previdenziali pubblici;
le conseguenze che si avrebbero se Regioni e enti locali adottassero questa procedura sarebbero gravi, in quanto si incentiverebbe la svendita del patrimonio pubblico esistente in blocco al sistema creditizio per monetizzare qualcosa subito, ma Regioni ed enti locali ricaverebbero da queste dismissioni risorse ulteriormente dimezzate a fronte della perdita della proprietà patrimonio: si privatizzerebbe da subito il patrimonio dell'edilizia residenziale pubblica, sostanzialmente eliminando la gestione pubblica degli IACP e degli ATER,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma sopra citata, introdotta nel decreto-legge in esame nel corso dell'esame al Senato, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad evitare di estendere alla privatizzazione delle case popolari il processo della cartolarizzazione degli immobili pubblici.
9/3638/317.Anna Teresa Formisano, Compagnon.

La Camera,
premesso che:
il comma 16-bis dell'articolo 19, modificando l'articolo 58, comma 7, del decreto-legge 112/2008, prevede che anche per le procedure di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica (e.r.p.) di cui alla legge 560/1993 (secondo la quale sono alloggi e.r.p. quelli acquisiti, realizzati o recuperati, ivi compresi quelli di cui alla legge 52/1976, a totale carico o con il concorso o contributo dello Stato, della regione o di enti pubblici territoriali, nonché con i fondi derivanti da contributi dei lavoratori ai sensi della legge 60/1963, dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali, nonché dagli IACP e dai loro consorzi comunque denominati e disciplinati con legge regionale) vi è la possibilità di individuare forme di valorizzazione alternative rispetto alla procedura individuata dalla citata legge n. 560 del 1993, nel rispetto dei principi di salvaguardia dell'interesse pubblico e mediante l'utilizzo di strumenti competitivi;
la legge n. 560/1993, modificata dalla legge n. 136 del 1999, ha consentito agli enti proprietari di alloggi e.r.p. di porre in vendita parte dei patrimonio immobiliare amministrato, definendo i requisiti richiesti agli acquirenti, i criteri per la determinazione del prezzo di vendita, la destinazione delle risorse così acquisite, fissando altresì una percentuale massima, pari al settantacinque per cento, del patrimonio alienabile nel territorio di ciascuna provincia;
il comma 1 dell'articolo 58 del decreto-legge n. 112 del 2008 prevede che siano regioni, province, comuni e altri enti locali a disporre l'individuazione, con delibera del proprio organo di Governo e in base della documentazione dei propri archivi ed uffici, dei singoli beni immobili che ricadono nel territorio di propria competenza; tali beni devono essere non strumentali all'esercizio delle proprie funzioni istituzionali e suscettibili di essere valorizzati ovvero dismessi;
la disposizione introdotta dal comma 16-bis dell'articolo 19 significherebbe estendere il meccanismo delle cartolarizzazioni al processo di dismissione delle case popolari, un meccanismo di finanziamento che ha già provocato ingenti danni al patrimonio degli enti previdenziali pubblici;
le conseguenze che si avrebbero se Regioni e enti locali adottassero questa procedura sarebbero gravi, in quanto si incentiverebbe la svendita del patrimonio pubblico esistente in blocco al sistema creditizio per monetizzare qualcosa subito, ma Regioni ed enti locali ricaverebbero da queste dismissioni risorse ulteriormente dimezzate a fronte della perdita della proprietà patrimonio: si privatizzerebbe da subito il patrimonio dell'edilizia residenziale pubblica, sostanzialmente eliminando la gestione pubblica degli IACP e degli ATER,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi della norma sopra citata, introdotta nel decreto-legge in esame nel corso dell'esame al Senato, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad evitare di estendere alla privatizzazione delle case popolari il processo della cartolarizzazione degli immobili pubblici.
9/3638/317.(Testo modificato nel corso della seduta)Anna Teresa Formisano, Compagnon.

La Camera,
premesso che:
il comma 2 dell'articolo 11, prevede per le regioni sottoposte ai piani di rientro in cui operi il commissario ad acta per l'attuazione del piano medesimo che si proceda, entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, alla conclusione della procedura di ricognizione dei debiti accertati (nel settore sanitario) e che predisponga un piano che individui modalità e tempi di pagamento dei debiti medesimi;
viene, altresì, introdotto il divieto di intraprendere o proseguire fino al 31 dicembre 2010 azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni, in attuazione di quanto disposto dall'articolo 13, comma 15 dell'Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concernente il nuovo Patto per la salute per gli armi 2010-2012;
tale divieto era già previsto per il 2010 dall'articolo 2, comma 89 della legge 191/2009 (legge finanziaria per il 2010) ma, in virtù della novella di cui all'articolo 1, comma 23-vicies del Decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, esso è stato riferito solo ai primi due mesi dell'anno;
secondo la relazione illustrativa al disegno di legge tale divieto è diretto ad evitare che le procedure esecutive compromettano, rallentino o addirittura impediscano l'attuazione del citato piano dei pagamenti;
tuttavia tale norma rischia di far chiudere le imprese che operano con il servizio sanitario nazionale e avrà come effetto di inaridire ogni fonte di credito, per non parlare delle pesantissime ricadute occupazionali;
si tratta di una norma tesa solo a proteggere le Asl che hanno dimostrato concretamente di non saper gestire le risorse loro affidate o di gestirle irresponsabilmente che condanna tutte quelle imprese che hanno dimostrato di aver rispettato i Piani di contenimento della spesa sanitaria, ricevendo in cambio i ritardi nei rimborsi e l'insolvenza,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma citata in premessa al fine di adottare, appena le condizioni lo consentiranno, ulteriori iniziative normative volte a modificarne il contenuto; ciò anche in considerazione del fatto che si tratta di una norma che premia l'irresponsabilità di comportamenti e la scarsa trasparenza operativa oltre a danneggiare imprese e operatori del settore con grave ricadute occupazionali.
9/3638/318.Occhiuto.

La Camera,
premesso che:
il comma 2 dell'articolo 11, prevede per le regioni sottoposte ai piani di rientro in cui operi il commissario ad acta per l'attuazione del piano medesimo che si proceda, entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, alla conclusione della procedura di ricognizione dei debiti accertati (nel settore sanitario) e che predisponga un piano che individui modalità e tempi di pagamento dei debiti medesimi;
viene, altresì, introdotto il divieto di intraprendere o proseguire fino al 31 dicembre 2010 azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni, in attuazione di quanto disposto dall'articolo 13, comma 15 dell'Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concernente il nuovo Patto per la salute per gli armi 2010-2012;
tale divieto era già previsto per il 2010 dall'articolo 2, comma 89 della legge 191/2009 (legge finanziaria per il 2010) ma, in virtù della novella di cui all'articolo 1, comma 23-vicies del Decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, esso è stato riferito solo ai primi due mesi dell'anno;
secondo la relazione illustrativa al disegno di legge tale divieto è diretto ad evitare che le procedure esecutive compromettano, rallentino o addirittura impediscano l'attuazione del citato piano dei pagamenti;
tuttavia tale norma rischia di far chiudere le imprese che operano con il servizio sanitario nazionale e avrà come effetto di inaridire ogni fonte di credito, per non parlare delle pesantissime ricadute occupazionali;
si tratta di una norma tesa solo a proteggere le Asl che hanno dimostrato concretamente di non saper gestire le risorse loro affidate o di gestirle irresponsabilmente che condanna tutte quelle imprese che hanno dimostrato di aver rispettato i Piani di contenimento della spesa sanitaria, ricevendo in cambio i ritardi nei rimborsi e l'insolvenza,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma citata in premessa.
9/3638/318.(Testo modificato nel corso della seduta)Occhiuto.

La Camera,
premesso che:
il 31 dicembre 2010 scadrà la vigenza delle agevolazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici - detrazione del 55 per cento delle spese sostenute - introdotte dalla legge finanziaria 2007 e più volte prorogate dalle leggi di bilancio successive;
queste agevolazioni hanno permesso a decine di migliaia di famiglie ed imprese di introdurre negli edifici tecniche avanzate finalizzate al risparmio energetico: si pensi solamente ai panelli solari, alle coibentazioni ed isolazioni di facciate e tetti, a serramenti e finestrature isolanti, all'uso della geotermia; tutto a concorrere alla creazione di sistemi complessi, quali ad esempio CasaClima - KlimaHaus, esportati in tutto il mondo per la loro capacità di generare economia «pulita», cioè risparmio di preziose risorse energetiche;
molto di tutto questo, senza l'agevolazione statale che ha persuaso tantissimi cittadini ed imprese alla scelta ecologica, non sarebbe stato possibile. Non si sottovaluti nemmeno la buona ragione che le politiche ecologiche costituiscono un'eccellenza dell'economia sia del Trentino sia dell'Alto Adige. Questi provvedimenti hanno, inoltre, decisamente contribuito alla crescita della produzione, nel nostro Paese, di quelle tecnologie che prima venivano del tutto importate, nonché hanno costituito fonte di reddito, in un momento di grave crisi economica, per migliaia di piccole imprese impegnate nel recupero energetico. Le circa 600.000 domande presentate in tre anni, portano a calcolare un volume di poco meno di 8 miliardi di euro di investimenti in ristrutturazioni ed isolamento di edifici, in installazione di pannelli solari e fotovoltaici, di caldaie a condensazione, infissi ed impianti a maggiore efficienza;
è in fase di pubblicazione uno studio ENEA-CRESME che dimostra la fattibilità, in termini di crescita del bilancio dello Stato, di tali agevolazioni; le minori entrate determinate dalle detrazioni sono infatti compensate dalle maggiori entrate derivanti dall'imposizione fiscale sui nuovi investimenti e dal contributo che tali strumenti hanno dato rispetto a fenomeni di evasione fiscale. Va considerato inoltre il rilevante impatto occupazionale che queste misure inducono;
una proroga contribuirebbe non poco a dare certezze sia agli operatori economici che ai cittadini, nonché ad evitare che la crisi economica nella quale si trova il nostro Paese si ripercuota in modo pesante su settori nei quali è estremamente significativa la presenza di aziende artigiane e di piccole imprese, e generi un sostanziale blocco degli interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica degli edifici, con una conseguente influenza negativa, sia in termini economici sia occupazionali, sui settori delle costruzioni, dell'impiantistica, della produzione di serramenti ed infissi ed un aumento dell'economia sommersa con conseguente danno alle casse erariali,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di portare a regime le detrazioni per le spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente - detrazione del 55 per cento delle spese sostenute - introdotte dalla legge finanziaria.
9/3638/319.Ruggeri, Libè.

La Camera,
premesso che:
il 31 dicembre 2010 scadrà la vigenza delle agevolazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici - detrazione del 55 per cento delle spese sostenute - introdotte dalla legge finanziaria 2007 e più volte prorogate dalle leggi di bilancio successive;
queste agevolazioni hanno permesso a decine di migliaia di famiglie ed imprese di introdurre negli edifici tecniche avanzate finalizzate al risparmio energetico: si pensi solamente ai panelli solari, alle coibentazioni ed isolazioni di facciate e tetti, a serramenti e finestrature isolanti, all'uso della geotermia; tutto a concorrere alla creazione di sistemi complessi, quali ad esempio CasaClima - KlimaHaus, esportati in tutto il mondo per la loro capacità di generare economia «pulita», cioè risparmio di preziose risorse energetiche;
molto di tutto questo, senza l'agevolazione statale che ha persuaso tantissimi cittadini ed imprese alla scelta ecologica, non sarebbe stato possibile. Non si sottovaluti nemmeno la buona ragione che le politiche ecologiche costituiscono un'eccellenza dell'economia sia del Trentino sia dell'Alto Adige. Questi provvedimenti hanno, inoltre, decisamente contribuito alla crescita della produzione, nel nostro Paese, di quelle tecnologie che prima venivano del tutto importate, nonché hanno costituito fonte di reddito, in un momento di grave crisi economica, per migliaia di piccole imprese impegnate nel recupero energetico. Le circa 600.000 domande presentate in tre anni, portano a calcolare un volume di poco meno di 8 miliardi di euro di investimenti in ristrutturazioni ed isolamento di edifici, in installazione di pannelli solari e fotovoltaici, di caldaie a condensazione, infissi ed impianti a maggiore efficienza;
è in fase di pubblicazione uno studio ENEA-CRESME che dimostra la fattibilità, in termini di crescita del bilancio dello Stato, di tali agevolazioni; le minori entrate determinate dalle detrazioni sono infatti compensate dalle maggiori entrate derivanti dall'imposizione fiscale sui nuovi investimenti e dal contributo che tali strumenti hanno dato rispetto a fenomeni di evasione fiscale. Va considerato inoltre il rilevante impatto occupazionale che queste misure inducono;
una proroga contribuirebbe non poco a dare certezze sia agli operatori economici che ai cittadini, nonché ad evitare che la crisi economica nella quale si trova il nostro Paese si ripercuota in modo pesante su settori nei quali è estremamente significativa la presenza di aziende artigiane e di piccole imprese, e generi un sostanziale blocco degli interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica degli edifici, con una conseguente influenza negativa, sia in termini economici sia occupazionali, sui settori delle costruzioni, dell'impiantistica, della produzione di serramenti ed infissi ed un aumento dell'economia sommersa con conseguente danno alle casse erariali,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a considerare l'opportunità di portare a regime le detrazioni per le spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente - detrazione del 55 per cento delle spese sostenute - introdotte dalla legge finanziaria.
9/3638/319.(Testo modificato nel corso della seduta)Ruggeri, Libè.

La Camera,
premesso che:
la funzione insostituibile degli operatori del Comparto Sicurezza e Difesa è unanimemente riconosciuta, così come l'impegno e la professionalità da questi quotidianamente profusi al servizio dei cittadini e delle istituzioni, anche se spesso ed inspiegabilmente non viene ad essi corrisposto un adeguato riconoscimento in termini di mezzi e risorse;
tra le diverse norme contenute nella manovra riguardanti il Comparto Sicurezza e Difesa, che dispongono pesanti tagli alla spesa in questo settore, quella che risulta maggiormente penalizzante per gli operatori è dettata dai commi 1 e 21 dell'articolo 9 (il primo prevede, per il triennio 2011/2013, il blocco del trattamento economico, compreso quello «accessorio» al trattamento in godimento nell'anno 2010, il secondo, invece, congela, sempre per triennio citato, senza possibilità di recupero, gli scatti automatici e limita ai soli effetti giuridici e non retributivi le eventuali progressioni di carriera), solo in parte mitigata dal comma 11 bis dell'articolo 8;
tale ultima disposizione, relativa al contenimento delle spese in materia di impiego pubblico, prevede, al fine di tenere conto della specificità del comparto sicurezza-difesa e delle peculiari esigenze del comparto del soccorso pubblico, l'istituzione di un Fondo con una dotazione di 80 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2011 e 2012 destinato al finanziamento di misure perequative per il personale delle Forze Armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
non pare sufficientemente chiaro cosa si debba intendere per «misure perequative», ed in che modo queste misure incideranno sulle posizioni dei singoli dipendenti del comparto;
il citato comma 11 bis dell'articolo 8 prevede che le citate «misure perequative» e la ripartizione del fondo tra i ministeri interessati sono individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta dei Ministri competenti;
le «misure perequative» in argomento in quanto riferite al «trattamento economico del personale dipendente» e, pertanto, in base ai principi costituzionali ed a quelli generali dell'ordinamento rientrano sicuramente nella sfera di competenza delle organizzazioni sindacali e dei comitati di rappresentanza militare interessati,

impegna il Governo

a voler acquisire sulla bozza del decreto del Presidente del Consiglio che individuerà le «misure perequative» e distribuirà le risorse del Fondo previsto dall'articolo 8, comma 11 bis, il parere delle organizzazioni sindacali e dei comitati di rappresentanza militare del personale del Comparto sicurezza e difesa anche mediante l'istituzione di appositi tavoli di confronto;
a valutare l'opportunità di formulare in tempi rapidi un'interpretazione autentica delle disposizioni sopra richiamate che attesti formalmente, nel modo più esplicito, che non si produrranno tagli sui compensi accessori relativi a trasferimenti, missioni, presenza qualificata, lavoro straordinario, nonché sull'assegno di funzione e sulle indennità pensionabili.
9/3638/320.Casini, Cesa, Ciccanti, Galletti, Compagnon, Rao, Tassone, Ria, Mantini, Occhiuto, Lusetti, Volontè, Naro, Bosi, Delfino.

La Camera,
premesso che:
la funzione insostituibile degli operatori del Comparto Sicurezza e Difesa è unanimemente riconosciuta, così come l'impegno e la professionalità da questi quotidianamente profusi al servizio dei cittadini e delle istituzioni, anche se spesso ed inspiegabilmente non viene ad essi corrisposto un adeguato riconoscimento in termini di mezzi e risorse;
tra le diverse norme contenute nella manovra riguardanti il Comparto Sicurezza e Difesa, che dispongono pesanti tagli alla spesa in questo settore, quella che risulta maggiormente penalizzante per gli operatori è dettata dai commi 1 e 21 dell'articolo 9 (il primo prevede, per il triennio 2011/2013, il blocco del trattamento economico, compreso quello «accessorio» al trattamento in godimento nell'anno 2010, il secondo, invece, congela, sempre per triennio citato, senza possibilità di recupero, gli scatti automatici e limita ai soli effetti giuridici e non retributivi le eventuali progressioni di carriera), solo in parte mitigata dal comma 11 bis dell'articolo 8;
tale ultima disposizione, relativa al contenimento delle spese in materia di impiego pubblico, prevede, al fine di tenere conto della specificità del comparto sicurezza-difesa e delle peculiari esigenze del comparto del soccorso pubblico, l'istituzione di un Fondo con una dotazione di 80 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2011 e 2012 destinato al finanziamento di misure perequative per il personale delle Forze Armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
non pare sufficientemente chiaro cosa si debba intendere per «misure perequative», ed in che modo queste misure incideranno sulle posizioni dei singoli dipendenti del comparto;
il citato comma 11 bis dell'articolo 8 prevede che le citate «misure perequative» e la ripartizione del fondo tra i ministeri interessati sono individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta dei Ministri competenti;
le «misure perequative» in argomento in quanto riferite al «trattamento economico del personale dipendente» e, pertanto, in base ai principi costituzionali ed a quelli generali dell'ordinamento rientrano sicuramente nella sfera di competenza delle organizzazioni sindacali e dei comitati di rappresentanza militare interessati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di voler acquisire sulla bozza del decreto del Presidente del Consiglio che individuerà le «misure perequative» e distribuirà le risorse del Fondo previsto dall'articolo 8, comma 11 bis, il parere delle organizzazioni sindacali e dei comitati di rappresentanza militare del personale del Comparto sicurezza e difesa anche mediante l'istituzione di appositi tavoli di confronto;
a valutare l'opportunità di formulare in tempi rapidi un'interpretazione autentica delle disposizioni sopra richiamate che attesti formalmente, nel modo più esplicito, che non si produrranno tagli sui compensi accessori relativi a trasferimenti, missioni, presenza qualificata, lavoro straordinario, nonché sull'assegno di funzione e sulle indennità pensionabili.
9/3638/320.(Testo modificato nel corso della seduta)Casini, Cesa, Ciccanti, Galletti, Compagnon, Rao, Tassone, Ria, Mantini, Occhiuto, Lusetti, Volontè, Naro, Bosi, Delfino.

La Camera,
premesso che:
il grave problema della fatiscenza degli edifici scolastici si ripresenta purtroppo in evidenza nel momento in cui si registrano perdite di vite umane, feriti o tragedie scampate;
un paese civile non può continuare a far finta che il problema non esista, né può immaginare di affidare opere di ristrutturazione con appalti al ribasso, o nascondere le responsabilità del Governo dietro giustificazioni senza fondamento (complessità e durata dei lavori, enormità dei numeri e somme necessarie) e censimenti mai iniziati o che durano da decenni sui quali non si fa nessuna verifica;
alcune stima parlano di 6.900 edifici di cui è ignota la data di costruzione, più di mille sono datati fra il '500 e 1'800; di 803 istituti scolastici ospitati in strutture destinate ad altro scopo; di lavori di ristrutturazione e ampliamento che anziché migliorare la sicurezza e la solidità degli edifici ne hanno messo in discussione la stabilità senza modificarne la destinazione d'uso;
dei 43 mila edifici scolastici solo il 22 per cento ha beneficiato di ristrutturazioni e messa in sicurezza nonostante le leggi vigenti in materia che sono rigorosamente prescrittive;
gli edifici scolastici accolgono bambini, adolescenti e giovani; pertanto gli enti locali, il Ministero dell'istruzione, il Ministero delle infrastrutture e la protezione civile dovrebbero assicurare il massimo dell'efficienza e della sicurezza predisponendo i controlli previsti dalla legge che ovviamente non sono di sola pertinenza dei dirigenti scolastici ma richiedono al valutazione tecnica di figure professionali specifiche,

impegna il Governo

ad adottare, nell'ambito delle proprie competenze, le opportune iniziative volte:
a trasferire con urgenza gli istituti scolastici ospitati per superare l'emergenza in edifici non destinati a questo uso, in locali idonei e a norma secondo la legge sull'edilizia scolastica;
a reperire fondi aggiuntivi da destinare alla costruzione di nuovi edifici al fine di sostituire progressivamente quelli più vecchi;
ad avviare anche con la collaborazione degli uffici tecnici comunali e provinciali un piano di controlli a tappeto che stili una lista di interventi urgenti per scongiurare ulteriori incidenti;
a utilizzare i fondi del piano triennale e gli stanziamenti del CIPE avviando i lavori di messa in sicurezza e di ristrutturazione del patrimonio immobiliare destinato a istituti di istruzione.
9/3638/321.Rao.

La Camera,
premesso che:
il grave problema della fatiscenza degli edifici scolastici si ripresenta purtroppo in evidenza nel momento in cui si registrano perdite di vite umane, feriti o tragedie scampate;
un paese civile non può continuare a far finta che il problema non esista, né può immaginare di affidare opere di ristrutturazione con appalti al ribasso, o nascondere le responsabilità del Governo dietro giustificazioni senza fondamento (complessità e durata dei lavori, enormità dei numeri e somme necessarie) e censimenti mai iniziati o che durano da decenni sui quali non si fa nessuna verifica;
alcune stima parlano di 6.900 edifici di cui è ignota la data di costruzione, più di mille sono datati fra il '500 e 1'800; di 803 istituti scolastici ospitati in strutture destinate ad altro scopo; di lavori di ristrutturazione e ampliamento che anziché migliorare la sicurezza e la solidità degli edifici ne hanno messo in discussione la stabilità senza modificarne la destinazione d'uso;
dei 43 mila edifici scolastici solo il 22 per cento ha beneficiato di ristrutturazioni e messa in sicurezza nonostante le leggi vigenti in materia che sono rigorosamente prescrittive;
gli edifici scolastici accolgono bambini, adolescenti e giovani; pertanto gli enti locali, il Ministero dell'istruzione, il Ministero delle infrastrutture e la protezione civile dovrebbero assicurare il massimo dell'efficienza e della sicurezza predisponendo i controlli previsti dalla legge che ovviamente non sono di sola pertinenza dei dirigenti scolastici ma richiedono al valutazione tecnica di figure professionali specifiche,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ad adottare, nell'ambito delle proprie competenze, le opportune iniziative volte:
a trasferire con urgenza gli istituti scolastici ospitati per superare l'emergenza in edifici non destinati a questo uso, in locali idonei e a norma secondo la legge sull'edilizia scolastica;
a reperire fondi aggiuntivi da destinare alla costruzione di nuovi edifici al fine di sostituire progressivamente quelli più vecchi;
ad avviare anche con la collaborazione degli uffici tecnici comunali e provinciali un piano di controlli a tappeto che stili una lista di interventi urgenti per scongiurare ulteriori incidenti;
a utilizzare i fondi del piano triennale e gli stanziamenti del CIPE avviando i lavori di messa in sicurezza e di ristrutturazione del patrimonio immobiliare destinato a istituti di istruzione.
9/3638/321.(Testo modificato nel corso della seduta)Rao.

La Camera,
premesso che:
la legge n. 441 del 1982 ha introdotto l'obbligo della dichiarazione delle spese elettorali sostenute dai candidati quando ancora il sistema elettorale prevedeva il voto di preferenza, per cui tutti i candidati avevano la possibilità di competere;
con la successiva legge n. 270 del 2005 è stato abrogato il voto di preferenza per cui i candidati risultano eletti secondo l'ordine di lista fino alla concorrenza dei seggi spettanti;
appare chiaro che le probabilità per i candidati delle liste minori di essere eletti risulta altamente limitata, ma non è venuta meno l'obbligatorietà della presentazione della dichiarazione delle spese elettorali,
risulterebbe che molti candidati «di servizio», messi cioè in lista solo per completarne il numero previsto dalla normativa, non avendo nessun interesse a sostenere spese elettorali per evidenti motivi e che non hanno presentato alcuna dichiarazione, hanno ricevuto verbali di multe per alcune decine di migliaia di euro, sanzione prevista dalla citata legge n. 441 del 1982;
tali verbali sono stati anche impugnati, senza esito, dai diretti interessati e nelle sentenze di 1o e 2o grado si è fatto riferimento esplicito al fatto che al momento questo prevede la normativa vigente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire con provvedimenti, anche di tipo legislativo, al fine di sanare una situazione che danneggia i candidati non eletti che, a causa dell'attuale sistema elettorale, già in partenza sanno di non avere alcuna possibilità di elezione e che si prestano solo per motivi «riempitivi e di servizio» a sottoscrivere l'accettazione di candidatura.
9/3638/322.Dionisi, Ciocchetti.

La Camera,
premesso che:
dal 1o luglio scorso è in vigore una maggiorazione tariffaria forfettaria di un euro per le classi di pedaggio A e B e di due euro per le classi di pedaggio 4 e 5 da applicare presso le stazioni di esazione delle autostrade a pedaggio assentite in concessione che si interconnettono con le autostrade e i raccordi autostradali in gestione diretta ANAS;
su 26 caselli interessati da questa soprattassa, ben nove barriere autostradali sono situate a Roma; la maggiorazione produrrà un gettito stimato in 35-40 milioni di euro annui, tutti gravanti sulle tasche dei cittadini romani;
negli ultimi venti anni il comune di Roma ha perso il 10 per cento della popolazione, mentre i comuni dell'hinterland sono aumentati di oltre 500 mila abitanti;
tuttavia il lavoro ed i servizi sono ancora concentrati per l'80 per cento nella capitale costringendo sia gli abitanti della provincia che le imprese dislocate nella cintura metropolitana a sostenere quotidianamente oneri di trasporto aggiuntivi, a causa dei continui spostamenti per motivi di lavoro o studio;
il decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 7 recante Attuazione della direttiva 2006/38/CE, che modifica la direttiva 1999/62/CE, relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l'uso di alcune infrastrutture dispone che le «aliquote dei pedaggi riscossi possono essere differenziate, al fine, fra l'altro, di lottare contro i danni ambientali e la congestione, ridurre al minimo i danni alle infrastrutture, ottimizzare l'uso dell'infrastruttura interessata o promuovere la sicurezza stradale, a condizione che la differenziazione: a) sia proporzionale all'obiettivo perseguito; b) sia trasparente e non discriminatoria, segnatamente riguardo alla cittadinanza del trasportatore, il paese o luogo di stabilimento dei trasportatore o di immatricolazione dell'autoveicolo, oppure l'origine o la destinazione del trasporto; c) non sia finalizzata a generare ulteriori introiti da pedaggio tali da comportare pedaggi medi ponderati non conformi al comma 9»;
a titolo di esempio, l'Austria ha utilizzato le risorse provenienti dall'aumento del 25 per cento del pedaggio autostradale per realizzare il traforo del Brennero,

impegna il Governo

a vigilare affinché il gettito derivante dall'aumento del pedaggio imposto dall'articolo 15 sui raccordi autostradali in gestione diretta ANAS sia destinato a finanziare investimenti sul territorio in cui è stato raccolto.
9/3638/323.Mereu, Ciocchetti, Dionisi, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
dopo tre anni di attesa desta sconcerto e malcontento la mancata approvazione e conseguente entrata in vigore, con relativo finanziamento, del decreto del Presidente dei Consiglio dei ministri riguardante i nuovi livelli essenziali di assistenza;
si tratta di un provvedimento atteso dalla comunità delle persone colpite da sclerosi laterale amiotrofica e dei loro familiari, in grado di fornire le prime risposte efficaci sull'attuazione di percorsi di continuità assistenziale ospedale-territorio e di assistenza domiciliare ad alta complessità, uniformi ed omogenei su tutto il territorio nazionale, al contrario di quanto accade oggi;
parimenti importante ed ineludibile è l'entrata in vigore del nuovo nomenclatore tariffario delle protesi e degli ausili, atti a supportare la persona con disabilità nel cercare di favorirne la massima autonomia funzionale ed una migliore qualità di vita;
si tratta di un provvedimento non più rinviabile anche perché la civiltà di un Paese si misura anche dal grado di attenzione e di sostegno riservato alla vita e dal modo con il quale si mettono i propri cittadini nella condizione di vivere con dignità anche l'esperienza della malattia, e non solo dall'impegno per il rispetto dell'equilibrio dei conti pubblici,

impegna il Governo

a procedere senza ulteriori ritardi all'emanazione del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri riguardante i livelli essenziali di assistenza e del nomenclatore tariffario delle protesi e degli ausili con il relativo finanziamento, attesi con fin troppa pazienza e fiducia dalle persone portatrici di sclerosi laterale amiotrofica e dai loro familiari, che rivendicano dalle istituzioni quella attenzione e quella sensibilità necessaria ad assicurare il rispetto del diritto costituzionalmente garantito ad un assistenza dovuta e degna di tale nome.
9/3638/324.Nunzio Francesco Testa, Casini, Binetti.

La Camera,
premesso che:
dopo tre anni di attesa desta sconcerto e malcontento la mancata approvazione e conseguente entrata in vigore, con relativo finanziamento, del decreto del Presidente dei Consiglio dei ministri riguardante i nuovi livelli essenziali di assistenza;
si tratta di un provvedimento atteso dalla comunità delle persone colpite da sclerosi laterale amiotrofica e dei loro familiari, in grado di fornire le prime risposte efficaci sull'attuazione di percorsi di continuità assistenziale ospedale-territorio e di assistenza domiciliare ad alta complessità, uniformi ed omogenei su tutto il territorio nazionale, al contrario di quanto accade oggi;
parimenti importante ed ineludibile è l'entrata in vigore del nuovo nomenclatore tariffario delle protesi e degli ausili, atti a supportare la persona con disabilità nel cercare di favorirne la massima autonomia funzionale ed una migliore qualità di vita;
si tratta di un provvedimento non più rinviabile anche perché la civiltà di un Paese si misura anche dal grado di attenzione e di sostegno riservato alla vita e dal modo con il quale si mettono i propri cittadini nella condizione di vivere con dignità anche l'esperienza della malattia, e non solo dall'impegno per il rispetto dell'equilibrio dei conti pubblici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere senza ulteriori ritardi all'emanazione del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri riguardante i livelli essenziali di assistenza e del nomenclatore tariffario delle protesi e degli ausili con il relativo finanziamento, attesi con fin troppa pazienza e fiducia dalle persone portatrici di sclerosi laterale amiotrofica e dai loro familiari, che rivendicano dalle istituzioni quella attenzione e quella sensibilità necessaria ad assicurare il rispetto del diritto costituzionalmente garantito ad un assistenza dovuta e degna di tale nome.
9/3638/324.(Testo modificato nel corso della seduta)Nunzio Francesco Testa, Casini, Binetti.

La Camera,
premesso che:
la manovra finanziaria è insufficiente, non affronta le riforme strutturali né prevede adeguate misure in settori che vivono forti disagi, come quello delle piccole e medie imprese ;
è necessario invece un intervento strutturale che consenta a nuove imprese di avviare la propria attività e a quelle già esistenti di superare la crisi;
la concessione del prestito d'onore e i finanziamenti alle microimprese, previsti dal decreto legislativo n. 185 del 2000, sono strumenti utili per agevolare l'avvio di nuove attività, soprattutto da parte dei giovani, ma, a parte la evidente carenza di fondi rispetto al reale fabbisogno del settore, i criteri previsti dalla normativa vigente per il loro funzionamento necessitano di aggiustamenti per consentirne un impiego più diffuso e strumentale ad una ripresa delle attività e degli investimenti, soprattutto al Sud;
sarebbe, infatti, opportuno prevedere un aumento della quota dei finanziamenti ricevuti a da destinare alle spese di gestione, ad esempio, per il personale, i fitti, le utenze, che, in realtà, sono i maggiori oneri che un impresa, soprattutto di piccole dimensioni, deve sopportare;
l'impiego di una maggior percentuale di fondi per le spese di gestione, darebbe, inoltre, una boccata d'ossigeno in più anche alle imprese già esistenti, evitando chiusure e licenziamenti;
presenterebbe, altresì, indubbi vantaggi una regionalizzazione del sistema, che attualmente è gestito a livello centrale da Invitalia, nonostante le Regioni abbiano una maggiore cognizione dei bisogni del sistema produttivo che insiste sul loro territorio, inoltre combinando quote dei fondi Fas ai programmi regionali POR, l'impresa si impegnerebbe in mutui che poggiano su risorse pubbliche e non bancarie, innescando un meccanismo virtuoso,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare provvedimenti che migliorino il sistema di agevolazioni alle imprese ed eliminino le criticità di cui in premessa.
9/3638/325.Ria.

La Camera,
premesso che:
l'Unione Nazionale Incremento Razze Equine (UNIRE) è interessata ormai da tempo da una grave crisi finanziaria ed organizzativa che ha portato al suo ennesimo commissariamento il 23 giugno 2010;
la attuale situazione di disavanzo si viene aggravando di giorno in giorno;
non sono stati approvati i bilanci 2008 e 2009 mentre quello relativo all'esercizio in corso è soggetto alla firma del nuovo Commissario nominato ma che non si insedierà prima della seconda metà del prossimo settembre;
il settore risente ormai da tempo di una carenza di direzione tecnica ed amministrativa sempre più grave provocata dalla inadeguatezza dell'UNIRE;
l'andamento delle scommesse ippiche registra una inarrestata e prevedibilmente inarrestabile flessione; circostanza questa che accresce il disavanzo dell'UNIRE;
appare opportuna una riforma dell'attuale sistema delle scommesse ippiche al fine di un loro rilancio nell'ambito del complessivo comparto dei giochi e della gestione della AAMS - Azienda Autonoma Monopoli di Stato,

impegna il Governo

a sopprimere l'UNIRE, istituito con regio decreto 24 maggio 1932, n. 624, facendo subentrare il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali nei relativi compiti ed attribuzioni, e il Ministero dell'economia e delle finanze e l'AAMS - Azienda Autonoma Monopoli di Stato, nei relativi compiti ed attribuzioni.
9/3638/326.Enzo Carra, Lusetti, Ria, Marco Carra, Castagnetti.

La Camera,
premesso che:
l'Unione Nazionale Incremento Razze Equine (UNIRE) è interessata ormai da tempo da una grave crisi finanziaria ed organizzativa che ha portato al suo ennesimo commissariamento il 23 giugno 2010;
la attuale situazione di disavanzo si viene aggravando di giorno in giorno;
non sono stati approvati i bilanci 2008 e 2009 mentre quello relativo all'esercizio in corso è soggetto alla firma del nuovo Commissario nominato ma che non si insedierà prima della seconda metà del prossimo settembre;
il settore risente ormai da tempo di una carenza di direzione tecnica ed amministrativa sempre più grave provocata dalla inadeguatezza dell'UNIRE;
l'andamento delle scommesse ippiche registra una inarrestata e prevedibilmente inarrestabile flessione; circostanza questa che accresce il disavanzo dell'UNIRE;
appare opportuna una riforma dell'attuale sistema delle scommesse ippiche al fine di un loro rilancio nell'ambito del complessivo comparto dei giochi e della gestione della AAMS - Azienda Autonoma Monopoli di Stato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di sopprimere l'UNIRE, istituito con regio decreto 24 maggio 1932, n. 624, facendo subentrare il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali nei relativi compiti ed attribuzioni, e il Ministero dell'economia e delle finanze e l'AAMS - Azienda Autonoma Monopoli di Stato, nei relativi compiti ed attribuzioni.
9/3638/326.(Testo modificato nel corso della seduta)Enzo Carra, Lusetti, Ria, Marco Carra, Castagnetti.

La Camera,
premesso che:
nel novembre del 2002 è stato bandito un concorso per la copertura di 443 posti di cancellieri ed ufficiali giudiziari. L'anno seguente, sono state pubblicate le graduatorie e si è proceduto alle prime, parziali immissioni in ruolo. Nel corso degli anni, a fronte dei ripetuti blocchi nelle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni, si è provveduto all'assorbimento dei vincitori nei posti scoperti, anche non tenendo conto del criterio della distrettualità, per cui è avvenuto che molti calabresi siano stati impiegati al Nord;
sono rimasti tagliati fuori da ogni possibilità di assorbimento solo 50 idonei, di cui 38 calabresi;
nel 2009 il Governo ha imposto un ulteriore giro di vite nelle assunzioni pubbliche, prevedendo tuttavia la proroga al 31 dicembre 2010 delle graduatorie aperte, compresa quella fissata a seguito del concorso del novembre 2002;
sebbene l'assunzione di queste residue unità sia stata autorizzata quasi un anno fa dal Ministero della Giustizia nulla si è ancora mosso, e col passare del tempo diventa sempre più concreta la drammatica eventualità che questi giovani possano perdere i diritti conquistati sul «campo»,

impegna il Governo

a procedere in tempi rapidi all'immissione in ruolo dei 38 vincitori presso gli uffici giudiziari calabresi, ormai ridotti in ginocchio dalla carenza di personale e senza l'apporto dei quali i tribunali calabresi rischiano di collassare definitivamente.
9/3638/327.Tassone, Occhiuto.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 12 ha introdotto la parificazione dell'età pensionabile delle donne a quella degli uomini nel pubblico impiego alla luce delle decisioni comunitarie che non hanno lasciato margini e dilazioni rispetto alla sua entrata in vigore fissata al 2011;
tuttavia, resta ferma la necessità di dare una maggiore tutela alle donne nella maternità, nel periodo del puerperio e, quindi, in presenza di figli;
il criterio che aveva determinato la scelta della differenza di età risiedeva nel favorire le donne nel loro lavoro di madri e in famiglia;
occorre invece recuperare il duplice ruolo familiare e di madri delle donne prevedendo agevolazioni contributive figurative per ogni figlio, da utilizzare quando la donna ritenga più opportuno;
la nascita di figli gioverebbe enormemente al sistema pensionistico compensando nel tempo le spese e riequilibrando un sistema che sta andando verso il collasso proprio per lo squilibrio tra troppi pensionati e pochi giovani lavoratori;
in particolare, si dovrebbero prevedere meccanismi agevolativi da utilizzare quando la donna ritenga più opportuno, alla fine della carriera o in un momento importante della vita familiare, per seguire i figli o accudire gli anziani, soprattutto in presenza di un handicap,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ad adottare provvedimenti che favoriscano la possibilità per le donne di poter conciliare i tempi del lavoro di cura con l'impegno professionale, attraverso la previsione di contribuzione figurative da computare secondo il numero dei figli e/o la presenza di figli o anziani in condizioni di disabilità.
9/3638/328.(Testo modificato nel corso della seduta)Capitanio Santolini, Galletti, Delfino.

La Camera
premesso che:
negli ultimi anni si è verificata una forte diminuzione della sensibilità alle problematiche connesse all'inserimento scolastico e all'integrazione degli alunni portatori di handicap;
l'impegno in questo settore ha costituito un punto di qualità per il sistema scolastico italiano rispetto a quello degli altri Paesi europei che collocano inadeguatamente gli insegnanti di sostegno a carico del Servizio sociosanitario;
i tagli al personale avranno conseguenze anche sul numero degli insegnanti di sostegno,

impegna il Governo

a ridefinire il ruolo professionale dei docenti di sostegno nel quadro del riassetto complessivo dei profili professionali dei docenti, anche con l'introduzione di una specifica classe di concorso;
a non allentare l'impegno su questa tematica privilegiando la dimensione solidale e inclusiva che deve contraddistinguere il sistema scolastico e formativo rispetto alle necessità contabili.
9/3638/329.Lusetti, Delfino.

La Camera
premesso che:
negli ultimi anni si è verificata una forte diminuzione della sensibilità alle problematiche connesse all'inserimento scolastico e all'integrazione degli alunni portatori di handicap;
l'impegno in questo settore ha costituito un punto di qualità per il sistema scolastico italiano rispetto a quello degli altri Paesi europei che collocano inadeguatamente gli insegnanti di sostegno a carico del Servizio sociosanitario;
i tagli al personale avranno conseguenze anche sul numero degli insegnanti di sostegno,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ridefinire il ruolo professionale dei docenti di sostegno nel quadro del riassetto complessivo dei profili professionali dei docenti, anche con l'introduzione di una specifica classe di concorso;
a non allentare l'impegno su questa tematica privilegiando la dimensione solidale e inclusiva che deve contraddistinguere il sistema scolastico e formativo rispetto alle necessità contabili.
9/3638/329.(Testo modificato nel corso della seduta)Lusetti, Delfino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 12 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, recita al quinto comma che: «All'individuazione dell'alunno come persona handicappata ed all'acquisizione della documentazione risultante dalla diagnosi funzionale, fa seguito un profilo dinamico-funzionale ai fini della formulazione di un piano educativo individualizzato, alla cui definizione provvedono congiuntamente, con la collaborazione dei genitori della persona handicappata, gli operatori delle unità sanitarie locali e, per ciascun grado di scuola, personale insegnante specializzato della scuola, con la partecipazione dell'insegnante operatore psico-pedagogico individuato secondo criteri stabiliti dal Ministro della pubblica istruzione. Il profilo indica le caratteristiche fisiche, psichiche e sociali ed affettive dell'alunno e pone in rilievo sia le difficoltà di apprendimento conseguenti alla situazione di handicap e le possibilità di recupero, sia le capacità possedute che devono essere sostenute, sollecitate e progressivamente rafforzate e sviluppate nel rispetto delle scelte culturali della persona handicappata.»;
sempre l'articolo 12 della suddetta legge al comma 7 prevede che: «I compiti attribuiti alle unità sanitarie locali dai commi 5 e 6 sono svolti secondo le modalità indicate con apposito atto di indirizzo e coordinamento emanato ai sensi dell'articolo 5, primo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833»;
l'articolo 2 del decreto-legge 27 agosto 1993, n. 324, interpreta l'articolo 12, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 nel senso che: «l'individuazione dell'alunno come persona handicappata, necessaria per assicurare l'esercizio del diritto all'educazione, all'istruzione ed all'integrazione scolastica di cui agli articoli 12 e 13 della medesima legge, non consiste nell'accertamento previsto dall'articolo 4 della legge stessa, ma è effettuata secondo i criteri stabiliti nell'atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 7 dell'anzidetto articolo 12. In attesa dell'adozione dell'atto di indirizzo e coordinamento, al fine di garantire i necessari interventi di sostegno, all'individuazione provvedono, nel rispetto delle relative competenze, uno psicologo, ovvero un medico specialista nella patologia denunciata, in servizio presso l'unità sanitaria locale di residenza dell'alunno»;
non è condivisibile costringere l'handicap in un cordone sanitario limitante rispetto alla sua dimensione sociale. L'handicap non è né può essere inteso come una questione esclusivamente di carattere sanitario quanto piuttosto dovrebbe investire tutta la società in tutte le sue espressioni;
l'atto di indirizzo e coordinamento di cui sopra non è stato ancora emanato,

impegna il Governo

ad adottare tempestivamente l'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 12, comma 7, della legge n. 104 del 1992 ai fini di promuovere e sostenere la questione dell'handicap non come una problematica limitatamente sanitaria bensì sociale.
9/3638/330.Delfino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 7, al comma 1, prevede la soppressione dell'ISPESL e l'attribuzione delle relative funzioni all'INAIL che, sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero della salute, succede in tutti i rapporti attivi e passivi dello stesso ISPESL;
lo stesso comma 1 precisa che la soppressione dell'ISPESL è attuata al fine di assicurare la piena integrazione delle funzioni assicurative e di ricerca connesse alla materia della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro e il coordinamento stabile delle attività previste dall'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2008, ottimizzando le risorse ed evitando duplicazioni di attività;
il comma 4 del medesimo articolo 7 prevede, per quanto riguarda l'ISPESL, che, con decreti di natura non regolamentare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della salute, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, siano trasferite le risorse strumentali, umane e finanziarie dell'ente soppresso, sulla base delle risultanze dei bilanci di chiusura della gestione alla data di entrata in vigore dello stesso decreto-legge;
a norma dell'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 419 del 1999, l'ISPESL è centro di riferimento nazionale di informazione, documentazione, ricerca, sperimentazione, controllo e formazione in materia di tutela della salute e della sicurezza e benessere nei luoghi di lavoro;
l'attività dell'ISPESL, la sua esperienza consolidata e le varie professionalità del personale di ruolo e a contratto in esso integrato costituiscono un insostituibile patrimonio di conoscenza e di competenze, il cui apporto risulta essenziale ai fini di una efficace politica nazionale di prevenzione e contrasto al fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali;
l'ISPESL è interlocutore privilegiato di numerosi enti istituzionali, centrali e periferici, nonché di varie organizzazioni rappresentative di imprese e lavoratori, per tutte le questioni attinenti alla sicurezza sul lavoro, collaborando in numerosi progetti di prevenzione e vigilanza in tale settore;
l'ISPESL è altresì referente nazionale delle istituzioni comunitarie, in particolare dell'Agenzia europea per la salute e la sicurezza sul lavoro (OSHA), per tutti i progetti in tale settore, e come tale destinatario di importanti finanziamenti, che verrebbero persi ove non si garantisse la continuità dell'esercizio delle sue funzioni;
l'ISPESL si qualifica in modo specifico per la sua natura di ente di ricerca, laddove l'INAIL è, diversamente, un ente con finalità precipuamente assicurative, il che potrebbe comportare la necessità di adeguamenti sul piano organizzativo e normativo,

impegna il Governo

a definire, nel processo di trasferimento delle risorse strumentali, umane e finanziarie dell' ISPESL, soluzioni organizzative tali da garantire, da parte dell'INAIL, la continuità del pieno esercizio di tutte le funzioni precedentemente svolte dall' ISPESL, come stabilite dal decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 2002 e con garanzia dell'autonomia della ricerca;
ad assicurare, per quanto concerne in particolare il trasferimento delle risorse umane, la salvaguardia di tutte le professionalità attualmente in servizio presso l'ISPESL, sia con rapporto di lavoro a tempo determinato che indeterminato, nel rispetto del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto enti di ricerca e della normativa vigente alla data di entrata in vigore del decreto-legge in conversione;
a garantire il subentro dell'INAIL anche in tutti i progetti di ricerca, di collaborazione, di consulenza a qualsiasi titolo definiti, in sede nazionale ed internazionale, nei quali è attualmente presente l'ISPESL, con le medesime modalità e condizioni, con particolare riguardo ai rapporti instaurati con gli organismi comunitari e, conseguentemente, all'acquisizione e all'utilizzo dei relativi finanziamenti;
ad introdurre tutte le modifiche normative, statutarie e regolamentari necessarie per consentire all'INAIL di svolgere le funzioni precedentemente esercitate dall' ISPESL e la prosecuzione dei relativi rapporti giuridici attivi e passivi, inclusi i rapporti di lavoro in essere con il personale attualmente in servizio.
9/3638/331.Ciocchetti, Dionisi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 7, al comma 1, prevede la soppressione dell'ISPESL e l'attribuzione delle relative funzioni all'INAIL che, sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero della salute, succede in tutti i rapporti attivi e passivi dello stesso ISPESL;
lo stesso comma 1 precisa che la soppressione dell'ISPESL è attuata al fine di assicurare la piena integrazione delle funzioni assicurative e di ricerca connesse alla materia della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro e il coordinamento stabile delle attività previste dall'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2008, ottimizzando le risorse ed evitando duplicazioni di attività;
il comma 4 del medesimo articolo 7 prevede, per quanto riguarda l'ISPESL, che, con decreti di natura non regolamentare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della salute, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, siano trasferite le risorse strumentali, umane e finanziarie dell'ente soppresso, sulla base delle risultanze dei bilanci di chiusura della gestione alla data di entrata in vigore dello stesso decreto-legge;
a norma dell'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 419 del 1999, l'ISPESL è centro di riferimento nazionale di informazione, documentazione, ricerca, sperimentazione, controllo e formazione in materia di tutela della salute e della sicurezza e benessere nei luoghi di lavoro;
l'attività dell'ISPESL, la sua esperienza consolidata e le varie professionalità del personale di ruolo e a contratto in esso integrato costituiscono un insostituibile patrimonio di conoscenza e di competenze, il cui apporto risulta essenziale ai fini di una efficace politica nazionale di prevenzione e contrasto al fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali;
l'ISPESL è interlocutore privilegiato di numerosi enti istituzionali, centrali e periferici, nonché di varie organizzazioni rappresentative di imprese e lavoratori, per tutte le questioni attinenti alla sicurezza sul lavoro, collaborando in numerosi progetti di prevenzione e vigilanza in tale settore;
l'ISPESL è altresì referente nazionale delle istituzioni comunitarie, in particolare dell'Agenzia europea per la salute e la sicurezza sul lavoro (OSHA), per tutti i progetti in tale settore, e come tale destinatario di importanti finanziamenti, che verrebbero persi ove non si garantisse la continuità dell'esercizio delle sue funzioni;
l'ISPESL si qualifica in modo specifico per la sua natura di ente di ricerca, laddove l'INAIL è, diversamente, un ente con finalità precipuamente assicurative, il che potrebbe comportare la necessità di adeguamenti sul piano organizzativo e normativo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di definire, nel processo di trasferimento delle risorse strumentali, umane e finanziarie dell' ISPESL, soluzioni organizzative tali da garantire, da parte dell'INAIL, la continuità del pieno esercizio di tutte le funzioni precedentemente svolte dall' ISPESL, come stabilite dal decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 2002 e con garanzia dell'autonomia della ricerca;
ad assicurare, per quanto concerne in particolare il trasferimento delle risorse umane, la salvaguardia di tutte le professionalità attualmente in servizio presso l'ISPESL, sia con rapporto di lavoro a tempo determinato che indeterminato, nel rispetto del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto enti di ricerca e della normativa vigente alla data di entrata in vigore del decreto-legge in conversione;
a garantire il subentro dell'INAIL anche in tutti i progetti di ricerca, di collaborazione, di consulenza a qualsiasi titolo definiti, in sede nazionale ed internazionale, nei quali è attualmente presente l'ISPESL, con le medesime modalità e condizioni, con particolare riguardo ai rapporti instaurati con gli organismi comunitari e, conseguentemente, all'acquisizione e all'utilizzo dei relativi finanziamenti;
ad introdurre tutte le modifiche normative, statutarie e regolamentari necessarie per consentire all'INAIL di svolgere le funzioni precedentemente esercitate dall' ISPESL e la prosecuzione dei relativi rapporti giuridici attivi e passivi, inclusi i rapporti di lavoro in essere con il personale attualmente in servizio.
9/3638/331.(Testo modificato nel corso della seduta)Ciocchetti, Dionisi.

La Camera,
premesso che:
le agevolazioni finanziarie previste dal Titolo II del decreto legislativo n. 185 del 2000 (meglio conosciute come «Prestito d'onore e Microimpresa) costituiscono il principale strumento di sostegno alla realizzazione e all'avvio di piccole attività imprenditoriali, in forma individuale o societaria, da parte di disoccupati o di persone in cerca di prima occupazione;
la gestione di tali agevolazioni (contributo a fondo perduto e mutuo a tasso agevolato) è affidata a Invitalia, l'Agenzia nazionale per l'attrazione di investimenti e lo sviluppo di impresa Spa, già Sviluppo Italia;
Invitalia, dopo una valutazione della domanda e della documentazione, concede ai soggetti ammessi alle agevolazioni il capitale necessario per l'intero investimento in macchinari e attrezzature, oltre ad un ulteriore contributo forfetario per le spese di gestione del primo anno di attività;
i beneficiari dell'agevolazione sono tenuti a restituire solo la metà delle somme percepite in cinque o in sette anni al tasso di interesse pari allo 0,2 per cento, pertanto la metà delle somme percepite è a fondo perduto;
tali incentivi sono stati rifinanziati pressoché ininterrottamente dal 2003 a tutt'oggi, consentendo la creazione di molte iniziative economiche,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità che la politica dei tagli alla spesa pubblica non blocchi, per l'esaurimento dei fondi disponibili, questi incentivi finanziari che finora hanno consentito la nascita di nuove imprese e creato nuovi posti di lavoro nel Mezzogiorno.
9/3638/332.Cera.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede la non rivalutazione, secondo il tasso di inflazione programmato, della parte prevalente dell'indennizzo riconosciuto ai danneggiati da trasfusione ed emoderivati ai sensi della legge 25 febbraio 1992, n. 210;
migliaia di cittadini hanno contratto epatite a seguito di trasfusione infetta e hanno ottenuto l'indennizzo previsto dalla legge n. 210 del 1992 composto da una quota rivalutata annualmente e da un'indennità integrativa speciale non rivalutata;
la cifra totale dell'indennizzo è rimasta sostanzialmente invariata determinando una progressiva perdita del potere di acquisto. Due sentenze della Corte di Cassazione (15894/05 e 18109/07) hanno chiarito che anche la somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale andava rivalutata, permettendo ai danneggiati di avanzare richiesta al Ministro della salute;
la norma contenuta nel provvedimento in esame, all'articolo 11, interrompe la possibilità del recupero della rivalutazione per il passato e preclude per il futuro il beneficio di maggiorazione, fermi restando gli effetti esplicitati solo dalle sentenze passate in giudicato,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi della norma sopra citata al fine di valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere la norma medesima, introdotta nel decreto-legge in esame, per consentire il riconoscimento della rivalutazione dell'indennizzo per la quota parte dell'indennità integrativa speciale ed eliminare l'incidenza negativa che la norma introdotta produce sui procedimenti giudiziari in corso, non ancora sfociati in sentenze passate in giudicato.
9/3638/333.Binetti.

La Camera,
premesso che:
il sistema scolastico italiano sembra voler escludere di fatto le famiglie dal diritto di scegliere liberamente dove iscrivere i propri figli nonostante siano passati dieci anni dall'introduzione della legge sull'autonomia scolastica in Italia;
infatti, anche se sono stati recuperati i 130 milioni di euro destinati alle scuole paritarie tagliati per il 2010, permane grande incertezza riguardo ai prossimi finanziamenti, poiché sul reintegro del taglio delle risorse di oltre 220 milioni previsto per il 2011, anno per cui le scuole materne paritarie hanno già raccolto le preiscrizioni, non è stata data alcuna assicurazione;
molti uffici scolastici regionali lamentano inoltre i notevoli ritardi con cui i fondi già stanziati e destinati alle scuole paritarie dalla legge finanziaria vengono assegnati;
la mancata erogazione dei finanziamenti limita la possibilità di offrire un sistema educativo di qualità,

impegna il Governo

ad adottare in tempi rapidi provvedimenti che superino l'aleatorietà ed esiguità dei finanziamenti per le scuole paritarie, al fine di garantire a tutti la libertà di accesso all'educazione secondo quanto stabilito dalla Costituzione.
9/3638/334.Volontè, Ciccanti, Galletti, Capitanio Santolini.

La Camera,
premesso che:
il sistema scolastico italiano sembra voler escludere di fatto le famiglie dal diritto di scegliere liberamente dove iscrivere i propri figli nonostante siano passati dieci anni dall'introduzione della legge sull'autonomia scolastica in Italia;
infatti, anche se sono stati recuperati i 130 milioni di euro destinati alle scuole paritarie tagliati per il 2010, permane grande incertezza riguardo ai prossimi finanziamenti, poiché sul reintegro del taglio delle risorse di oltre 220 milioni previsto per il 2011, anno per cui le scuole materne paritarie hanno già raccolto le preiscrizioni, non è stata data alcuna assicurazione;
molti uffici scolastici regionali lamentano inoltre i notevoli ritardi con cui i fondi già stanziati e destinati alle scuole paritarie dalla legge finanziaria vengono assegnati;
la mancata erogazione dei finanziamenti limita la possibilità di offrire un sistema educativo di qualità,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ad adottare in tempi rapidi provvedimenti che superino l'aleatorietà ed esiguità dei finanziamenti per le scuole paritarie, al fine di garantire a tutti la libertà di accesso all'educazione secondo quanto stabilito dalla Costituzione.
9/3638/334.(Testo modificato nel corso della seduta)Volontè, Ciccanti, Galletti, Capitanio Santolini.

La Camera,
premesso che:
alla fine del luglio 2009 il CIPE diede il via libera allo stanziamento di 262 milioni di euro per il metrò di Bologna, inserendolo tra le 12 opere infrastrutturali approvate per un totale di 3 miliardi di euro;
i vincoli di spesa imposti ai comuni dal patto di stabilità sta determinando uno slittamento dei tempi di realizzazione dell'opera nonostante la disponibilità delle risorse;
con i limiti imposti dal Patto di stabilità, il Comune non potrà neanche investire nel metrò la propria quota di 110 milioni di euro;
se entro la fine dell'anno il Comune non riuscirà a fare il bando di gara, i 270 milioni stanziati dal CIPE torneranno nelle casse dello Stato e saranno poi dirottati su altre opere;
si fa presente che i poteri di Sindaco, Giunta e Consiglio Comunale di Bologna sono affidati ad un commissario straordinario a seguito delle dimissioni del sindaco,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, tenuto conto della improbabile deroga al Patto di stabilità più volte richiesta per tale scopo, di disporre una proroga che consenta uno slittamento della tempistica delle procedure del bando di gara al fine di consentire il mantenimento della destinazione dei fondi stanziati dal CIPE per la realizzazione del metrò di Bologna per un altro anno, anche in vista del rinnovo degli organi comunali.
9/3638/335.Galletti.

La Camera,
premesso che:
con decreto 11 settembre 2007, il Ministero dell'Interno ha indetto, per il personale precario della propria amministrazione, una procedura concorsuale per titoli ed esami, al fine di assorbirne 650 unità con contratto a tempo determinato;
al concorso erano ammessi i profili professionali di coadiutori amministrativi contabili, area funzionale B, posizione economica Bl, da assegnare agli uffici delle questure e allo sportello unico per l'immigrazione presso le prefetture;
il contratto a tempo determinato, della durata totale di 36 mesi, costituiva requisito necessario per la stabilizzazione definitiva dei 650 precari, secondo la legge allora vigente e successivamente abrogata;
il 2 gennaio 2008, con decreto ministeriale 3 settembre 2007, decreto ministeriale 28 dicembre 2007, decreto ministeriale 20 febbraio 2008, decreto ministeriale 9 settembre 2008, si è proceduto all'assunzione a tempo determinato delle 650 unità, attraverso concorso pubblico per titoli ed esami;
i 650 coadiutori amministrativi contabili hanno sottoscritto un primo contratto individuale della durata in realtà solo di un biennio (2008-2009), cui agganciare per il 2010, una proroga contrattuale di un ulteriore anno in quanto, come riportato da circolare urgentissima dello stesso Ministero dell'interno 31 dicembre 2008 prot. n. M/6161/650 COAD: «(...) avrà, al momento, durata di ventiquattro mesi non sussistendo la piena copertura finanziaria, relativamente ai previsti trentasei mesi. Si fa presente, comunque, che una volta acquisiti i necessari finanziamenti si procederà alla proroga dei citati contratti per ulteriori 12 mesi»;
con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3828 del 27 novembre 2009, concernente «Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile per il contrasto e la gestione dell'eccezionale afflusso di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea», pubblicata in Gazzetta Ufficiale 5 dicembre 2009, è stata autorizzata la proroga della durata dei contratti a tempo determinato del personale assunto presso gli sportelli unici (ai sensi dell'articolo 1, comma 349, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, entro i limiti di spesa di 1,6 milioni di euro) fino al 31 dicembre 2010;
secondo le stesse pubbliche amministrazioni interessate, le 650 unità vincitrici di detto concorso (con contratto in scadenza nel dicembre 2010) che attualmente prestano servizio presso gli sportelli unici per l'immigrazione delle prefetture, nonché gli uffici immigrazione delle questure risultano essere indispensabili per l'ordinaria e fluida attività degli uffici territoriali del Governo nonché degli uffici delle questure;
la mancata stabilizzazione dei 650 coadiutori amministrativi provocherebbe la dispersione di un patrimonio di know how e professionalità specifica, maturato in anni di lavoro precario ed esperienza sul campo,

impegna il Governo

in attesa della definitiva stabilizzazione, a prorogare di ulteriori dodici mesi i contratti di lavoro individuali a tempo determinato in scadenza il prossimo 31 dicembre 2010, di cui alla procedura concorsuale indetta con decreto del Ministero dell'interno dell'1l settembre 2007 stipulati dall'Amministrazione dell'interno il 31 dicembre 2008.
9/3638/336.Compagnon, Sbrollini, Rubinato.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 7 del disegno di legge in esame ha ridotto del 50 per cento le risorse per le aree protette nazionali, mettendo a rischio la sopravvivenza dei parchi stessi;
riducendo gli stanziamenti per i parchi oltre alle spese correnti che comprendono gli stipendi dei dipendenti fino al pagamento delle bollette, spese che già assorbono il 50 per cento del totale', si potrebbero perdere i sistemi di vigilanza delle aree protette, i danni provocati dalla fauna, e rischio sono anche i piani anti-incendi boschivi, per quali ogni anno vengono impiegate risorse pari a circa 300 milioni di euro;
sono circa 35 milioni turisti che ogni anno visitano i parchi e la chiusura dei parchi avrebbe pesanti ricadute sia per l'indotto che per le casse dello Stato che potrebbe non avere più questo introito;
questo taglio si inserirebbe in un contesto che già vede le aree protette in forte crisi nonostante fatturino circa 2 miliardi di euro e danno lavoro a 86.000 persone, proteggendo contemporaneamente 57.000 specie animali ed il 50 per cento della flora europea;
la norma in questione equipara di fatto, i 24 parchi nazionali come enti o fondazioni non tenendo in considerazione la diversità del patrimonio da gestire;
un territorio protetto fornisce un notevole contributo alle diverse economie, dal turismo all'agricoltura di qualità, alle attività educative e formative per i giovani,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative che, nel rispetto dei vincoli di bilancio, puntino a salvaguardare il patrimonio naturale dei parchi nazionali e verificare l'opportunità di destinare risorse in grado di rilanciarne la loro funzione di tutela del paesaggio e della biodiversità e di valorizzazione delle peculiarità territoriali del nostro Paese.
9/3638/337.Libè, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
la cantieristica navale è un settore strategico dell'economia italiana, caratterizzato da alta intensità di lavoro ed elevati indici di innovazione tecnologica, senza peraltro comportare ripercussioni ambientali di segno negativo;
Fincantieri - Cantieri navali italiani S.p.a. è uno dei maggiori gruppi industriali - per fatturato e numero di addetti - esistenti in Europa e nel mondo, attivo nel settore della cantieristica crocieristica, militare e mercantile e rappresenta, pertanto, una delle più importanti realtà produttive del nostro Paese;
il gruppo industriale Fincantieri, stando ai dati dei bilanci consolidati degli ultimi anni, ha alle proprie dirette dipendenze circa 8.500 addetti, impiegando altresì - nell'ambito dei propri lavori e servizi esternalizzati in appalto e dell'indotto complessivamente considerato - altre migliaia di lavoratori, stimati prudenzialmente in oltre 18.000 unità, distribuiti nelle sedi di Trieste, Monfalcone, Marghera, Genova, Sestri Ponente, Sestri Levante, Muggiano, Ancona, Castellammare di Stabia e Palermo;
in ognuna di tali città ciascun cantiere navale della società Fincantieri costituisce una delle principali aziende cittadine e dunque fonte di occupazione e ricchezza per i rispettivi territori, oltre a rappresentare un elemento caratterizzante e storicamente radicato, avendo segnato e permeato di sé le vicende sociali delle città medesime nel corso degli anni;
la crisi economica in atto rischia di avere ripercussioni drammatiche e ricadute occupazionali gravissime nel settore della cantieristica e, in particolare, sul gruppo industriale Fincantieri; dove già circa 1600 lavoratori sono collocati in cassa integrazione e si stima di poter arrivare all'abnorme cifra di 2000 unità alla fine del 2010;
il 18 dicembre 2009 si è svolto presso il Ministero dello sviluppo economico, alla presenza del Ministro, un incontro per esaminare le problematiche relative alla situazione di crisi della cantieristica italiana;
in quella occasione il Ministro ha espresso il proprio impegno ad assicurare il necessario sostegno finanziario alle iniziative commerciali di Fincantieri, a rendere operativi i programmi delle capitanerie di porto, ad accelerare la fornitura di unità navali per la Marina militare e per la Protezione civile, a favorire la costruzione di piattaforme galleggianti quale soluzione flessibile a fronte dell'emergenza carceri ed infine ad utilizzare l'occasione del passaggio della Tirrenia Spa alle regioni per rinnovare la flotta del traghetti;
nella medesima occasione il Governo si è impegnato, anche, a sostenere a livello europeo il programma di rinnovamento dei mezzi navali da trasporto merci e passeggeri al fine di favorire il miglioramento della sicurezza e limitare l'Impatto ambientale negativo;
da parte della società Fincantieri vi è stato l'impegno a non procedere ad alcuna chiusura di cantieri e a ripartire le attività tra le diverse unità produttive per mitigare l'impatto della crisi;
la situazione della cantieristica italiana, tuttavia, è andata sempre più aggravandosi tanto che le organizzazioni sindacali di settore già ad aprile hanno chiesto l'apertura di un tavolo per definire in tempi rapidi un piano di politica industriale con tutte le misure necessarie a sostenere efficacemente il settore, anche perché le iniziative volte ad ottenere commesse pubbliche, che potessero ridurre gli effetti della crisi, non hanno ottenuto risultati e non sono comunque immediatamente cantierabili;
la Fincantieri ha comunicato che a partire da lunedì 5 luglio avrebbe messo in cassa integrazione ordinaria per tredici settimane, 190 degli 800 dipendenti degli stabilimenti del Muggiano;
tale annuncio è stato preceduto dalla comunicazione dell'avvio o della prosecuzione della cassa integrazione anche nel cantieri di Monfalcone, Ancona, Palermo e Castellammare di Stabia;
anche il settore militare non è sfuggito alla crisi e alla Fincantieri di Riva Trigoso è prevista una rotazione trimestrale della cassa integrazione a partire da novembre per effetto della mancanza di commesse, problema che riguarderà anche il cantiere di Sestri Ponente per un totale di 385 lavoratori;
il completamento di due sommergibili per la Marina militare, di due pattugliatori per gli Emirati Arabi, di uno yacht di 140 metri e l'allestimento di due fregate multi missione europee (FREMM) non sono sufficienti a mantenere gli attuali livelli occupazionali nei cantieri liguri di Riva Trigoso, Sestri Ponente e Muggiano,

impegna il Governo

ad adottare opportune iniziative per garantire l'immediata cantierabilità delle commesse pubbliche messe a bando nonché l'avvio di commesse pubbliche straordinarie a sostegno dell'industria cantieristica onde scongiurare l'ulteriore acuirsi di una crisi di settore dalle ricadute occupazionali drammatiche per i lavoratori e per i territori coinvolti.
9/3638/338.Mondello, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
la cantieristica navale è un settore strategico dell'economia italiana, caratterizzato da alta intensità di lavoro ed elevati indici di innovazione tecnologica, senza peraltro comportare ripercussioni ambientali di segno negativo;
Fincantieri - Cantieri navali italiani S.p.a. è uno dei maggiori gruppi industriali - per fatturato e numero di addetti - esistenti in Europa e nel mondo, attivo nel settore della cantieristica crocieristica, militare e mercantile e rappresenta, pertanto, una delle più importanti realtà produttive del nostro Paese;
il gruppo industriale Fincantieri, stando ai dati dei bilanci consolidati degli ultimi anni, ha alle proprie dirette dipendenze circa 8.500 addetti, impiegando altresì - nell'ambito dei propri lavori e servizi esternalizzati in appalto e dell'indotto complessivamente considerato - altre migliaia di lavoratori, stimati prudenzialmente in oltre 18.000 unità, distribuiti nelle sedi di Trieste, Monfalcone, Marghera, Genova, Sestri Ponente, Sestri Levante, Muggiano, Ancona, Castellammare di Stabia e Palermo;
in ognuna di tali città ciascun cantiere navale della società Fincantieri costituisce una delle principali aziende cittadine e dunque fonte di occupazione e ricchezza per i rispettivi territori, oltre a rappresentare un elemento caratterizzante e storicamente radicato, avendo segnato e permeato di sé le vicende sociali delle città medesime nel corso degli anni;
la crisi economica in atto rischia di avere ripercussioni drammatiche e ricadute occupazionali gravissime nel settore della cantieristica e, in particolare, sul gruppo industriale Fincantieri; dove già circa 1600 lavoratori sono collocati in cassa integrazione e si stima di poter arrivare all'abnorme cifra di 2000 unità alla fine del 2010;
il 18 dicembre 2009 si è svolto presso il Ministero dello sviluppo economico, alla presenza del Ministro, un incontro per esaminare le problematiche relative alla situazione di crisi della cantieristica italiana;
in quella occasione il Ministro ha espresso il proprio impegno ad assicurare il necessario sostegno finanziario alle iniziative commerciali di Fincantieri, a rendere operativi i programmi delle capitanerie di porto, ad accelerare la fornitura di unità navali per la Marina militare e per la Protezione civile, a favorire la costruzione di piattaforme galleggianti quale soluzione flessibile a fronte dell'emergenza carceri ed infine ad utilizzare l'occasione del passaggio della Tirrenia Spa alle regioni per rinnovare la flotta del traghetti;
nella medesima occasione il Governo si è impegnato, anche, a sostenere a livello europeo il programma di rinnovamento dei mezzi navali da trasporto merci e passeggeri al fine di favorire il miglioramento della sicurezza e limitare l'Impatto ambientale negativo;
da parte della società Fincantieri vi è stato l'impegno a non procedere ad alcuna chiusura di cantieri e a ripartire le attività tra le diverse unità produttive per mitigare l'impatto della crisi;
la situazione della cantieristica italiana, tuttavia, è andata sempre più aggravandosi tanto che le organizzazioni sindacali di settore già ad aprile hanno chiesto l'apertura di un tavolo per definire in tempi rapidi un piano di politica industriale con tutte le misure necessarie a sostenere efficacemente il settore, anche perché le iniziative volte ad ottenere commesse pubbliche, che potessero ridurre gli effetti della crisi, non hanno ottenuto risultati e non sono comunque immediatamente cantierabili;
la Fincantieri ha comunicato che a partire da lunedì 5 luglio avrebbe messo in cassa integrazione ordinaria per tredici settimane, 190 degli 800 dipendenti degli stabilimenti del Muggiano;
tale annuncio è stato preceduto dalla comunicazione dell'avvio o della prosecuzione della cassa integrazione anche nel cantieri di Monfalcone, Ancona, Palermo e Castellammare di Stabia;
anche il settore militare non è sfuggito alla crisi e alla Fincantieri di Riva Trigoso è prevista una rotazione trimestrale della cassa integrazione a partire da novembre per effetto della mancanza di commesse, problema che riguarderà anche il cantiere di Sestri Ponente per un totale di 385 lavoratori;
il completamento di due sommergibili per la Marina militare, di due pattugliatori per gli Emirati Arabi, di uno yacht di 140 metri e l'allestimento di due fregate multi missione europee (FREMM) non sono sufficienti a mantenere gli attuali livelli occupazionali nei cantieri liguri di Riva Trigoso, Sestri Ponente e Muggiano,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ad adottare opportune iniziative per garantire l'immediata cantierabilità delle commesse pubbliche messe a bando nonché l'avvio di commesse pubbliche straordinarie a sostegno dell'industria cantieristica onde scongiurare l'ulteriore acuirsi di una crisi di settore dalle ricadute occupazionali drammatiche per i lavoratori e per i territori coinvolti.
9/3638/338.(Testo modificato nel corso della seduta)Mondello, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
i costi delle imprese agricole sono sempre più alle stelle. Tra mezzi di produzione (concimi. mangimi, sementi, antiparassitari, gasolio), oneri contributivi e burocratici, siamo in presenza di un peso insostenibile;
dal 2000 ad oggi, si è assistito a rincari considerevoli;
gli ultimi dati diffusi dall'Istat, confermano la grande difficoltà delle imprese agricole e dell'intero settore;
nel primo trimestre dell'anno sono cresciuti i prezzi dei generi necessari alla produzione agricola, (+ 1,2 per cento), ma allo stesso tempo sono diminuiti quelli dei prodotti venduti dagli agricoltori (- 6,2 per cento);
questa situazione mostra un settore ormai allo sbando, caratterizzato da un pesantissimo calo dei redditi» da un aumento dei costi produttivi e da una significativa caduta dei consumi alimentari;
la crisi nelle campagne è ormai dilagante tanto che un agricoltore su tre rischia di chiudere;
le imprese agricole sono ormai allo stremo, aggravate anche dal costo della burocrazia che rappresenta un freno alla loro produzione;
nonostante le continue sollecitazioni al Governo per ridurre i costi, quali l'accisa zero sul gasolio per tutte le aziende e la proroga della fiscalizzazione degli oneri sociali, gli agricoltori vivono una crisi strutturale e una competitività in costante frenata,

impegna il Governo

tenuto conto che il prossimo 31 luglio 2010 andrà a scadere la proroga per la fiscalizzazione delle zone svantaggiate e montane, a varare urgentemente provvedimenti legislativi straordinari e concreti e un nuovo progetto di sviluppo al fine di sostenere in maniera forte e duratura le imprese agricole che oggi vivono una grave emergenza.
9/3638/339.Ruvolo.

La Camera,
premesso che:
i costi delle imprese agricole sono sempre più alle stelle. Tra mezzi di produzione (concimi. mangimi, sementi, antiparassitari, gasolio), oneri contributivi e burocratici, siamo in presenza di un peso insostenibile;
dal 2000 ad oggi, si è assistito a rincari considerevoli;
gli ultimi dati diffusi dall'Istat, confermano la grande difficoltà delle imprese agricole e dell'intero settore;
nel primo trimestre dell'anno sono cresciuti i prezzi dei generi necessari alla produzione agricola, (+ 1,2 per cento), ma allo stesso tempo sono diminuiti quelli dei prodotti venduti dagli agricoltori (- 6,2 per cento);
questa situazione mostra un settore ormai allo sbando, caratterizzato da un pesantissimo calo dei redditi» da un aumento dei costi produttivi e da una significativa caduta dei consumi alimentari;
la crisi nelle campagne è ormai dilagante tanto che un agricoltore su tre rischia di chiudere;
le imprese agricole sono ormai allo stremo, aggravate anche dal costo della burocrazia che rappresenta un freno alla loro produzione;
nonostante le continue sollecitazioni al Governo per ridurre i costi, quali l'accisa zero sul gasolio per tutte le aziende e la proroga della fiscalizzazione degli oneri sociali, gli agricoltori vivono una crisi strutturale e una competitività in costante frenata,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, tenuto conto che il prossimo 31 luglio 2010 andrà a scadere la proroga per la fiscalizzazione delle zone svantaggiate e montane, a varare urgentemente provvedimenti legislativi straordinari e concreti e un nuovo progetto di sviluppo al fine di sostenere in maniera forte e duratura le imprese agricole che oggi vivono una grave emergenza.
9/3638/339.(Testo modificato nel corso della seduta)Ruvolo.

La Camera,
premesso che:
la normativa vigente dispone, in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno nell'esercizio precedente, il divieto agli enti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione continuata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto;
tale disposizione sta determinando il rischio di paralisi del funzionamento delle amministrazioni interessate, in particolare per le difficoltà incontrate nel procedere ad assunzioni di personale, anche in mobilità, in grado di sostituire le figure dirigenziali apicali andati in quiescenza;
inoltre non si potrà procedere alla loro sostituzione con dirigenti appartenenti ad altre aree e privi dei necessari titoli culturali e professionali per poter dirigere settori diversi da quelli di competenza;
una eventuale deroga al divieto di cui sopra non comporterebbe oneri aggiuntivi a carico delle amministrazioni in quanto la posizione contributiva e contrattuale del dirigente trattenuto in servizio rimane cristallizzata al momento dell'ulteriore mantenimento in servizio, senza usufruire di eventuali nuovi aumenti contrattuali e senza l'obbligo per le amministrazioni di pagamento dei contributi previdenziali;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere una deroga, adeguatamente e analiticamente motivata nonché temporanea ed eccezionale, al limite posto dalla normativa vigente di cui sopra, in maniera da consentire alle amministrazioni interessate di evitare il collasso ed il blocco della ordinaria attività a discapito della collettività
9/3638/340.Naro.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede, all'articolo 7, la soppressione dell'IPOST, dell'IPSEMA, dell'ISPESL e dell'ENAM, le cui funzioni vengono trasferite all'INAIL e all'INPS, che subentrano in tutti rapporti attivi e passivi, al fine di assicurare la piena integrazione delle funzioni in materia di previdenza e assistenza, ottimizzando le risorse ed evitando duplicazioni di attività;
per effetto della soppressione dell'Ente Nazione di Assistenza e Previdenza per i Pittori, Scultori, Musicisti, Scrittori ed Autori Drammatici (ENAPPSMSAD), le relative funzioni sono trasferite all'ENPALS (Ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo), che vedrà conseguentemente aumentata la dotazione organica di un numero pari all'unità di personale di ruolo trasferite in servizio presso l'ENAPPSMSAD;
l'ENPALS è un ente piccolo previdenziale con funzioni che potrebbero essere accorpate all'INPS così come avvenuto per gli altri enti previdenziali, ottimizzando le risorse in risposta alle medesime motivazioni delle soppressioni attuate con il citato articolo 7,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, in successivi provvedimenti legislativi, che anche l'ENPALS sia accorpato all'INPS.
9/3638/341.Poli.

La Camera,
premesso che:
il decreto legge all'esame prevede all'articolo 7, comma 19, la soppressione dell'EIM (Ente Italiano Montagna);
all'interno dell'Ente esiste un nucleo operativo tecnico che possiede gli strumenti tecnologici e uno storico d'informazioni, dati, modelli ed elaborazioni, utili per la predisposizione di progetti e per operare un valido supporto alle politiche per la montagna italiana. Pertanto è importante cercare di salvaguardare tali competenze, mantenendole al servizio delle aree montane;
in un momento di grande cambiamento nella governance dei territori come quello attuale è strategico disporre di una struttura tecnico-scientifica che lavori in stretta relazione con gli organi di governo locali, regionali e nazionali delle aree montane, in grado di generare scenari complessivi ma descrittivi e rappresentativi delle diverse specificità territoriali, indicatori e modelli previsionali, che favoriscano l'individuazione di azioni e provvedimenti appropriati per la valorizzazione e lo sviluppo di territori peculiari come quelli montani;
strategico è anche il possibile ruolo nell'elaborazione e coordinamento di progetti che intercettino e veicolino verso le aree montane italiane i finanziamenti comunitari dedicati alle aree marginali;
tale servizio, ovviamente, diviene efficace ed efficiente solo se ben coordinato, messo in rete con tutte le realtà istituzionali locali, nazionali ed internazionali che si occupano di montagna concorrendo all'attuazione del federalismo fiscale nei territori montani attraverso il supporto tecnico scientifico alle istituzioni centrali e locali in materia di governo della montagna e, più in generale, in merito agli interventi legislativi su base territoriale, alla definizione delle strategie e progetti innovativi per raccogliere le istanze di sviluppo socioeconomico e culturale dei territori montani ed infine facilitare l'accesso dei territori montani alle fonti di finanziamento internazionali e nazionali;

impegna il Governo

in sede di attuazione della norma richiamata in premessa, a procedere alla stipula di una convenzione con la sede dell'università della montagna di Edolo (Bs) al fine di mantenere le competenze del personale del servizio per l'informazione geografica e territoriale oltre che della relativa dotazione hardware e software (GIS); ad attribuire al DAR la competenza economico-legislativa dell'EIM e a designare un coordinatore generale di raccordo tra sede decentrata e il DAR.
9/3638/342.Caparini, Molgora, Volpi.

La Camera,
premesso che:
il decreto legge all'esame prevede all'articolo 7, comma 19, la soppressione dell'EIM (Ente Italiano Montagna);
all'interno dell'Ente esiste un nucleo operativo tecnico che possiede gli strumenti tecnologici e uno storico d'informazioni, dati, modelli ed elaborazioni, utili per la predisposizione di progetti e per operare un valido supporto alle politiche per la montagna italiana. Pertanto è importante cercare di salvaguardare tali competenze, mantenendole al servizio delle aree montane;
in un momento di grande cambiamento nella governance dei territori come quello attuale è strategico disporre di una struttura tecnico-scientifica che lavori in stretta relazione con gli organi di governo locali, regionali e nazionali delle aree montane, in grado di generare scenari complessivi ma descrittivi e rappresentativi delle diverse specificità territoriali, indicatori e modelli previsionali, che favoriscano l'individuazione di azioni e provvedimenti appropriati per la valorizzazione e lo sviluppo di territori peculiari come quelli montani;
strategico è anche il possibile ruolo nell'elaborazione e coordinamento di progetti che intercettino e veicolino verso le aree montane italiane i finanziamenti comunitari dedicati alle aree marginali;
tale servizio, ovviamente, diviene efficace ed efficiente solo se ben coordinato, messo in rete con tutte le realtà istituzionali locali, nazionali ed internazionali che si occupano di montagna concorrendo all'attuazione del federalismo fiscale nei territori montani attraverso il supporto tecnico scientifico alle istituzioni centrali e locali in materia di governo della montagna e, più in generale, in merito agli interventi legislativi su base territoriale, alla definizione delle strategie e progetti innovativi per raccogliere le istanze di sviluppo socioeconomico e culturale dei territori montani ed infine facilitare l'accesso dei territori montani alle fonti di finanziamento internazionali e nazionali;

impegna il Governo

in sede di attuazione della norma richiamata in premessa, a valutare l'opportunità di procedere alla stipula di una convenzione con la sede dell'università della montagna di Edolo (Bs) al fine di mantenere le competenze del personale del servizio per l'informazione geografica e territoriale oltre che della relativa dotazione hardware e software (GIS); ad attribuire al DAR la competenza economico-legislativa dell'EIM e a designare un coordinatore generale di raccordo tra sede decentrata e il DAR.
9/3638/342.(Testo modificato nel corso della seduta)Caparini, Molgora, Volpi.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame, all'articolo 7, comma 3-bis, prevede che «al fine di assicurare la piena integrazione delle funzioni in materia di previdenza e assistenza, l'Ente nazionale di assistenza magistrale (ENAM), istituito in base al decreto legislativo del Capo provvisorio dello stato 21 ottobre 1947, n. 1346, ratificato dalla legge 21 maggio 1953, n. 90, e successive modificazioni, è soppresso e le relative funzioni sono attribuite all'INPDAP che succede in tutti i rapporti attivi e passivi»;
tale norma introduce una disparità di trattamento all'interno del personale della scuola, obbligando solo una parte di esso (quello in servizio nelle scuole primarie o proveniente dai ruoli delle stesse) a versare mensilmente una quota contributiva destinata a concorrere invece alla disponibilità complessiva dell'INPDAP per interventi assistenziali e previdenziali,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative di carattere normativo, in grado di garantire che, a partire, dalla data della prevista confluenza del soppresso ENAM nell'INPDAP, la contribuzione in favore di quest'ultimo - per la parte che prima era versata all'ENAM - abbia carattere volontario.
9/3638/343.Barbieri, Aprea.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame, all'articolo 7, comma 3-bis, prevede che «al fine di assicurare la piena integrazione delle funzioni in materia di previdenza e assistenza, l'Ente nazionale di assistenza magistrale (ENAM), istituito in base al decreto legislativo del Capo provvisorio dello stato 21 ottobre 1947, n. 1346, ratificato dalla legge 21 maggio 1953, n. 90, e successive modificazioni, è soppresso e le relative funzioni sono attribuite all'INPDAP che succede in tutti i rapporti attivi e passivi»;
tale norma introduce una disparità di trattamento all'interno del personale della scuola, obbligando solo una parte di esso (quello in servizio nelle scuole primarie o proveniente dai ruoli delle stesse) a versare mensilmente una quota contributiva destinata a concorrere invece alla disponibilità complessiva dell'INPDAP per interventi assistenziali e previdenziali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere le opportune iniziative di carattere normativo, in grado di garantire che, a partire, dalla data della prevista confluenza del soppresso ENAM nell'INPDAP, la contribuzione in favore di quest'ultimo - per la parte che prima era versata all'ENAM - abbia carattere volontario.
9/3638/343.(Testo modificato nel corso della seduta)Barbieri, Aprea.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame ha stabilito il principio della SCIA con la quale si consente l'inizio dell'attività tramite una segnalazione degli interessati e prevede altresì, che, in ragione di particolari interessi pubblici da tutelare alcune funzioni pubbliche strategiche vengono salvaguardate;
tra queste non è stata inserita quella della pubblica incolumità che si estrinseca nella certificazione di prevenzione incendi svolta dal Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, funzione fondamentale per assicurare la sicurezza alle imprese, ai lavoratori ed agli operatori del soccorso in caso di incidente,

impegna il Governo

a chiarire, mediante l'adozione di iniziative di carattere normativo, che la pubblica incolumità rientra tra gli interessi pubblici salvaguardati dal procedimento semplificatorio di cui all'articolo 19 della legge n. 241 del 1990.
9/3638/344.Grimaldi, Fallica.

La Camera,
premesso che:
la legge n. 117 del 2009 prevedeva il distacco dei comuni di San Leo, Pennabilli, Novafeltria, Sant'Agata Feltria, Talamello, Casteldelci e Maiolo dalla provincia di Pesaro e Urbino e dalla regione Marche e loro aggregazione alla provincia di Rimini e alla regione Emilia-Romagna;
l'iter sta procedendo ma i costi da sostenere sono ingenti;
la quantificazione dei costi è di circa 2 milioni di euro; a copertura di ciò, nella legge n. 88 del 2009, all'articolo 25 è prevista l'istituzione di un fondo per l'acquisto di carburanti;
tale fondo non è mai stato attivato,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative volte ad istituire un apposito fondo da destinare esclusivamente al completamento del passaggio dei comuni di San Leo, Pennabilli, Novafeltria, Sant'Agata Feltria, Talamello, Casteldelci e Maiolo dalla provincia di Pesaro e Urbino e dalla regione Marche e loro aggregazione alla provincia di Rimini e alla regione Emilia-Romagna, attingendo dalla dotazione del'articolo 25 della legge 88 del 2009.
9/3638/345.Pini.

La Camera,
premesso che:
la legge n. 117 del 2009 prevedeva il distacco dei comuni di San Leo, Pennabilli, Novafeltria, Sant'Agata Feltria, Talamello, Casteldelci e Maiolo dalla provincia di Pesaro e Urbino e dalla regione Marche e loro aggregazione alla provincia di Rimini e alla regione Emilia-Romagna;
l'iter sta procedendo ma i costi da sostenere sono ingenti;
la quantificazione dei costi è di circa 2 milioni di euro; a copertura di ciò, nella legge n. 88 del 2009, all'articolo 25 è prevista l'istituzione di un fondo per l'acquisto di carburanti;
tale fondo non è mai stato attivato,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ad adottare iniziative normative volte ad istituire un apposito fondo da destinare esclusivamente al completamento del passaggio dei comuni di San Leo, Pennabilli, Novafeltria, Sant'Agata Feltria, Talamello, Casteldelci e Maiolo dalla provincia di Pesaro e Urbino e dalla regione Marche e loro aggregazione alla provincia di Rimini e alla regione Emilia-Romagna, attingendo dalla dotazione del'articolo 25 della legge 88 del 2009.
9/3638/345.(Testo modificato nel corso della seduta)Pini.

La Camera,
premesso che
il 26 giugno 2009, il Cipe ha dato la definitiva approvazione del progetto preliminare dell'interporto di Termini Imerese, già incluso tra gli hub interportuali del programma delle infrastrutture strategiche varato nel 2001, ed il relativo stanziamento di 80 milioni di euro, possono rappresentare un potente volano in grado di ridare fiato a tutta l'economia regionale e a sostenere l'occupazione;
l'interporto, infatti, si configura come un centro di trasporto ed interscambio portuale delle merci dotato di impianti capaci di integrare il trasporto ferroviario e quello su gomma ed il distretto di Termini Imerese potrà tornare al centro dell'economia siciliana;
la realizzazione dell'interporto di Termini Imerese, cantierato ma fermo a causa della mancanza di fondi, fa parte di un accordo allora stilato tra Governo, sindacati e Fiat;
secondo lo studio di prefattibilità, l'interporto di Termini Imerese, che deve essere connesso al porto, comprende tre aree funzionali: intermodale, logistica e servizi. L'area totale prevista varia da 104mila a 222mila metri quadrati. Le altre strutture che potrebbero affiancare l'interporto sono l'autoporto di Tremonzelli ed il raddoppio della linea ferroviaria Fiumefreddo-Castelbuono,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere uno stanziamento di 200 milioni di euro nel 2011 e 50 milioni di euro nel 2012, per la realizzazione della Piastra logistica dell'interporto di Termini Imerese, al fine di dare impulso allo sviluppo dell'area industriale già interessata da una grave crisi economica.
9/3638/346.Lombardo, Lo Monte, Commercio, Latteri, Misiti.

La Camera,
premesso che
il 26 giugno 2009, il Cipe ha dato la definitiva approvazione del progetto preliminare dell'interporto di Termini Imerese, già incluso tra gli hub interportuali del programma delle infrastrutture strategiche varato nel 2001, ed il relativo stanziamento di 80 milioni di euro, possono rappresentare un potente volano in grado di ridare fiato a tutta l'economia regionale e a sostenere l'occupazione;
l'interporto, infatti, si configura come un centro di trasporto ed interscambio portuale delle merci dotato di impianti capaci di integrare il trasporto ferroviario e quello su gomma ed il distretto di Termini Imerese potrà tornare al centro dell'economia siciliana;
la realizzazione dell'interporto di Termini Imerese, cantierato ma fermo a causa della mancanza di fondi, fa parte di un accordo allora stilato tra Governo, sindacati e Fiat;
secondo lo studio di prefattibilità, l'interporto di Termini Imerese, che deve essere connesso al porto, comprende tre aree funzionali: intermodale, logistica e servizi. L'area totale prevista varia da 104mila a 222mila metri quadrati. Le altre strutture che potrebbero affiancare l'interporto sono l'autoporto di Tremonzelli ed il raddoppio della linea ferroviaria Fiumefreddo-Castelbuono,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere uno stanziamento di 200 milioni di euro nel 2011 e 50 milioni di euro nel 2012, per la realizzazione della Piastra logistica dell'interporto di Termini Imerese, al fine di dare impulso allo sviluppo dell'area industriale già interessata da una grave crisi economica.
9/3638/346.(Testo modificato nel corso della seduta)Lombardo, Lo Monte, Commercio, Latteri, Misiti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 14 del decreto-legge in esame contiene, oltre ad ulteriori tagli dei trasferimenti agli enti locali per il 2011 e 2012, anche una serie di indicazioni che limitano l'autonomia degli enti comunali nelle assunzioni di personale;
infatti, il comma 9 modifica in senso restrittivo l'articolo 76 del decreto-legge n. 112 del 2008 in materia di assunzioni di personale, stabilendo una disciplina ancor più restrittiva;
la norma prevede il blocco totale delle assunzioni per gli enti la cui spesa per il personale è pari o superiore al 40 per cento della spesa corrente; gli altri enti possono procedere ad assunzioni solo nel limite del 20 per cento delle cessazioni dell'anno precedente;
la necessità di riportare in equilibrio i saldi di finanza pubblica comporta per il 2011 e il 2012 un ulteriore sacrificio, che è rilevante soprattutto per gli enti locali e territoriali,
nella valutazione dell'indebitamento netto del settore degli enti locali, è opportuno distinguere le gestioni positive dei comuni virtuosi, che presentano bilanci in attivo, che dall'anno 2008 ad oggi soffrono per l'inasprimento dei vincoli del patto, nonostante le deroghe per le spese per gli investimenti introdotte con provvedimenti legislativi dal 2009;
in materia di assunzioni di personale, bisogna valutare che, per un comune virtuoso, che nella gestione degli ultimi 5 anni abbia privilegiato la destinazione delle risorse ad investimenti ovvero a servizi di utilità sociale, piuttosto che ad aumentare senza necessità il personale fisso, il limite delle assunzioni del 20 per cento potrebbe essere penalizzante e non consono alle esigenze di personale già ridotto dalla oculata gestione;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, ad invarianza dei saldi di finanza pubblica fissati, di prevedere, mediante l'adozione di iniziative di carattere normativo, eventuali deroghe alle assunzioni, oltre i limiti previsti dal presente decreto- legge, solo per i comuni che effettivamente hanno una spesa per il personale in linea ovvero inferiore alla media nazionale e avranno necessità dal 2011 di procedere ad assunzioni, pur restando nei limiti dell'incidenza del 40 per cento della spesa corrente.
9/3638/347.Rondini.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame determina ulteriori tagli agli enti locali per il 2011 e 2012, che si aggiungono agli stretti vincoli del patto di stabilità, adottati con il decreto-legge n. 112 del 2008;
il persistere della congiuntura economica negativa e l'ipotesi di una ripresa dell'economia comunque lenta, aggrava la situazione sia dei comuni che presentano avanzi di gestione, ma soprattutto di quelli con bilanci in disavanzo ed indebitati, di fatto la gran parte degli enti locali lamentano uno stato di «stallo» della loro gestione, impossibilità di offrire migliori servizi ai cittadini o soddisfare la domanda crescente dei medesimi, ovvero di contribuire al rilancio dell'economia locale con nuovi investimenti per le ridotte risorse;
i comuni intestatari di mutui pluriennali stipulati prima della recessione hanno interesse a rinegoziare i medesimi per poter usufruire di un tasso migliore, nonché per spalmare in più anni l'indebitamento e quindi liberare risorse finanziare da destinare alle esigenze del territorio;
una eventuale rinegoziazione per rideterminare il piano di ammortamento, un tasso di interesse più favorevole, modalità e tempi di rimborso della quota capitale correlati al prolungamento della durata del mutuo, potrebbe essere di grande utilità per i comuni ai fini dell'ottimizzazione della gestione del debito;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative di carattere normativo volte ad autorizzare la Cassa Depositi e Prestiti a rinegoziare i mutui dei Comuni, nel rispetto dei vincoli dei saldi di finanza pubblica.
9/3638/348.Forcolin.

La Camera,
premesso:
che il disegno di legge in esame è volto a regolamenta le congiunture economiche che si appalesano urgenti e che appare comunque opportuno fissare ulteriori obiettivi;

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a parametrare tutte le retribuzioni e remunerazioni dei dipendenti dallo Stato alle indennità percepite dai Parlamentari che, come è noto, sono equiparate a quella di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione, riconoscendo un importo limitato per ogni grado o qualifica che si ritenga superiore.
9/3638/349.Brigandì, Chiappori.

La Camera,
premesso:
che il disegno di legge in esame è volto a regolamenta le congiunture economiche che si appalesano urgenti e che appare comunque opportuno fissare ulteriori obiettivi;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di adottare ulteriori iniziative normative volte a parametrare tutte le retribuzioni e remunerazioni dei dipendenti dallo Stato alle indennità percepite dai Parlamentari che, come è noto, sono equiparate a quella di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione, riconoscendo un importo limitato per ogni grado o qualifica che si ritenga superiore.
9/3638/349.(Testo modificato nel corso della seduta)Brigandì, Chiappori.

La Camera,
premesso che:
professori e ricercatori universitari non hanno una storia retributiva disciplinata dai contratti, come il pubblico impiego in generale, ma dagli incrementi di stipendio automatici;
il decreto legge 78/2010 recante «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica», attraverso una serie di interventi articolati su varie direttrici e la riduzione dei costi della pubblica amministrazione, di fatto attraverso i commi 10, 14 e 15, prevede che professori e ricercatori universitari non realizzeranno alcuno scatto retributivo negli anni 2011, 2012 e 2013, non dando luogo al recupero dell'anzianità maturata allo scadere del triennio sino alla quiescenza
questa misura penalizza maggiormente i giovani ricercatori universitari perché andrà a gravare in modo pesante sul trattamento pensionistico a cui saranno soggetti a fine carriera universitaria
la cancellazione permanente degli scatti retributivi di professori e ricercatori universitari determina solo esigui risparmi di spesa e introduce un'ingiustificata discriminazione ai danni di un comparto interessato da importanti riforme nella logica del merito (DDL Gelmini)

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attivare in tempi brevi nuove misure affinché si possano riconoscere ai professori e ricercatori universitari gli scatti stipendiali dovuti alla fine del triennio 2011-2013.
9/3638/350.Giammanco.